Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali - A.C. 1741 (Schede di lettura e riferimenti normativi)
Riferimenti:
AC N. 1741/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 176
Data: 03/06/2009
Descrittori:
AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA   DICHIARAZIONE DI STATO DI CRISI DI AZIENDE
GRANDI IMPRESE   LEGGE DELEGA
Organi della Camera: II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Delega al Governo per il riordino della legislazione in materia di gestione delle crisi aziendali

A.C. 1741

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

n. 176

 

 

3 giugno 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti giustizia e attività produttive

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

 

 

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: GI0108.doc


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo  3

§      Amministrazione straordinaria  3

Contenuto del disegno di legge  23

§      Articolo 1 (Delega al Governo per la riforma della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi)23

§      Articolo 2 (Delega al Governo per la riforma della disciplina penale fallimentare)31

§      Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)54

Riferimenti normativi

§      Codice civile (artt. 2621, 2622, 2624, 2638)57

§      R.D. 16 marzo 1942, n. 267. Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa (artt. 97, 182-bis, 216-241)67

§      D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58. Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52 (art. 173-bis)76

§      L. 30 luglio 1998 n. 274. Disposizioni in materia di attività produttive (art. 1)77

§      D.Lgs. 8 luglio 1999 n. 270. Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della L. 30 luglio 1998, n. 274 (artt. 95 e 96)80

§      D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74. Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, a norma dell'articolo 9 della L. 25 giugno 1999, n. 205 (art. 11)81

§      D.Lgs.11 aprile 2002, n. 61. Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le societa' commerciali, a norma dell'articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (art. 4)82

§      D.L. 23 dicembre 2003, n. 347. Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza  (convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, L. 18 febbraio 2004, n. 39)83

§      D.L. 14 marzo 2005 n. 35. Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80) (art. 11)94

Documentazione

§      Unione europea - Comunicazione della Commissione su  Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (2004/C 244/02)101

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Quadro normativo

Amministrazione straordinaria

Disciplina generale: il decreto legislativo n. 270/1999

L'istituto dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è stato introdotto dal decreto-legge 30 gennaio 1979, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 aprile 1979, n. 95 (cosiddetta legge Prodi), accanto alle procedure concorsuali tradizionali (fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione controllata e concordato), per evitare il fallimento di imprese di rilevante interesse pubblico[1].

Nata come strumento temporaneo ed eccezionale, volto a consentire la verifica delle situazioni aziendali più rilevanti e l'individuazione sulla base di criteri socio-economici, delle attività risanabili e di quelle da liquidare, la legge n. 95/1979 nel corso degli anni è stata oggetto di varie censure da parte degli organi comunitari, i quali in diverse occasioni ne hanno rilevato l'incompatibilità con le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato.

Il contenzioso che ha accompagnato la procedura dell'amministrazione straordinaria fin dalla sua emanazione è stato superato nel 1999 con il D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270 emanato in attuazione della delega recata dall'art. 1 della legge 30 luglio 1998, n. 274, che aveva lo scopo di consentire una drastica riduzione della durata della procedura, di orientare la procedura stessa alla celere individuazione di un nuovo assetto imprenditoriale ed a potenziare gli strumenti di tutela dei creditori. Successivamente sul D.Lgs. 270/1999 si è innestata la procedura speciale di ammissione immediata all'amministrazione straordinaria introdotta dal decreto-legge n. 347/2003, in virtù del rinvio alle disposizioni del D.Lgs. 270/1999 operato dall'articolo 8 del DL medesimo.

II decreto legislativo n. 270/1999, recante la nuova disciplina dell'istituto dell'amministrazione straordinaria delle imprese in stato d'insolvenza, prende le mosse dalla definizione della natura e delle finalità dell'istituto, che viene definito come la procedura concorsuale della grande impresa commerciale insolvente, diretta alla conservazione del patrimonio produttivo, tramite la prosecuzione, la riattivazione ovvero la riconversione dell'attività imprenditoriale (art. 1).

Con il D.Lgs. l'ambito dei soggetti ammessi alla procedura viene circoscritto alle imprese, anche individuali, soggette alla legge fallimentare[2] e in possesso dei seguenti requisiti:

§      un numero di lavoratori subordinati non inferiore alle duecento unità (inclusi quelli che eventualmente fruiscono del trattamento di integrazione guadagni) (art. 2, comma 1, lett. a));

§      debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi, tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale, che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio (art. 2, comma 1, lett. b));

§      presenza di concrete prospettive di recupero (art. 27) da realizzarsi, alternativamente, mediante la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno ("programma di cessione dei complessi aziendali”) (comma 2, lett. a)[3], o tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di risanamento di durata non superiore a due anni ("programma di ristrutturazione") (comma 2, lett. b)),o - per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali - anche tramite la cessione di complessi di beni e contratti sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno (“programma di cessione dei complessi di beni e contratti “)(comma 2, lett. b-bis)[4].

 

Possono essere ammesse all’amministrazione straordinaria anche le imprese confiscate ai sensi della legge n. 575/1965 e succ. modif. anche in mancanza dei requisiti previsti dalle suindicate lettere a) e b) dell’art. 2, comma 1 (art. 2, comma 1-bis)[5].

La dichiarazione dello stato di insolvenza

II procedimento prende avvio dall'accertamento dello stato di insolvenza dell'impresa, la cui dichiarazione spetta al tribunale del luogo ove l'impresa ha la sede principale, con sentenza in camera di consiglio, su ricorso dell'imprenditore medesimo, di uno o più creditori, del pubblico ministero ovvero d'ufficio (art. 3).

A seguito della proposizione del ricorso, il tribunale convoca il ricorrente, l'imprenditore e il Ministro dell'industria[6] (di seguito Ministro), che può designare un delegato o inviare parere scritto e che viene invitato altresì ad indicare uno o tre commissari giudiziali, da nominarsi in caso di dichiarazione dello stato di insolvenza. II numero dei commissari viene stabilito dal tribunale (art. 7). II tribunale, con la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza, provvede alla nomina del giudice delegato per la procedura e a quella dei commissari giudiziali (in numero di tre solamente nei casi di eccezionale rilevanza e complessità della procedura), in conformità all'indicazione del Ministro ovvero autonomamente in caso di mancata o ritardata indicazione. Inoltre, ordina all'imprenditore il tempestivo deposito delle scritture contabili; assegna ai creditori ed ai terzi che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, il termine di presentazione delle domande; fissa luogo, giorno e ora dell'adunanza in cui sarà esaminato lo stato passivo innanzi al giudice delegato; stabilisce se la gestione provvisoria dell'impresa debba essere lasciata all'imprenditore insolvente ovvero affidata al commissario giudiziale (art. 8).

Gli interessati possono proporre opposizione contro la sentenza davanti al medesimo tribunale che l'ha pronunciata; tuttavia la proposizione dell'opposizione non sospende l'esecuzione della sentenza (art. 9). Anche l'eventuale revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza viene pronunciata dal tribunale con sentenza, senza pregiudizio per gli atti compiuti legalmente dagli organi della procedura (art. 10).

L'eventuale sentenza di accoglimento dell'opposizione, qualora questa sia proposta per carenza accertata dei requisiti richiesti dalla legge per l'ammissione alla procedura, non comporta la revoca della dichiarazione dello stato di insolvenza. In tal caso, a seguito del passaggio in giudicato di detta sentenza, il tribunale dispone, mediante decreto, la conversione della procedura nel fallimento, sempre che questo non sia già stato dichiarato (art. 11).

Se il ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza è respinto, il tribunale provvede con decreto motivato, contro il quale il ricorrente può proporre reclamo alla corte d'appello (art. 12).

In questa prima fase gli organi della procedura sono costituiti dal tribunale (art. 13) che ha effettuato la dichiarazione dello stato di insolvenza, cui è attribuita la competenza a conoscere di tutte le azioni che ne derivano indipendentemente dal valore delle stesse (eccetto le azioni reali immobiliari); dal giudice delegato; e dal commissario giudiziale che, nell'ambito dell'esercizio delle sue funzioni, riveste la qualifica di pubblico ufficiale. Contro gli atti del commissario giudiziale chiunque abbia interesse può proporre reclamo al giudice delegato che decide con decreto motivato.

Gli effetti della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza sono contemplati dall'art. 18 che, tra l'altro, dispone l'inefficacia, rispetto ai creditori, dei pagamenti di debiti precedenti alla dichiarazione eseguiti dall'imprenditore successivamente alla dichiarazione stessa, nell'eventualità in cui questi non siano stati autorizzati dal giudice delegato.

Il tribunale, qualora con la sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza non abbia disposto l'affidamento della gestione dell'impresa al commissario giudiziale, può provvedervi anche successivamente, mediante decreto di cui è prevista l'iscrizione nel registro delle imprese. II commissario è tenuto a rendere conto della propria gestione secondo le norme della legge fallimentare (art. 19) e deve comunicare ai creditori e ai terzi vantanti diritti reali immobiliari su beni in possesso dell'imprenditore insolvente il termine entro cui debbono essere presentate le rispettive domande, nonché le disposizioni contenute nella sentenza dichiarativa concernenti l'accertamento dello stato passivo (art. 22). I crediti sorti a seguito della continuazione dell'esercizio dell'impresa e della gestione del patrimonio del debitore successivamente alla dichiarazione, sono soddisfatti in prededuzione secondo le disposizioni dell'art. 111, comma 1, n. 1) della legge fallimentare (art. 20).

Se la dichiarazione dello stato di insolvenza riguarda una società con soci illimitatamente responsabili, è previsto che gli effetti della dichiarazione stessa si estendano a costoro, che debbono essere comunque sentiti dal tribunale prima che questo provveda; ad essi è inoltre attribuita la facoltà di proporre opposizione contro la sentenza (art. 23). Sono espressamente escluse, dall'ambito di applicazione delle disposizioni dettate per le società con soci illimitatamente responsabili, le società cooperative (art. 26).

La procedura di amministrazione straordinaria

Dichiarato lo stato di insolvenza, il commissario giudiziale deposita una relazione sulle cause che lo hanno determinato e una valutazione motivata relativa alle sussistenza delle condizioni previste dalla legge per l'ammissione alla procedura. Alla relazione, copia della quale deve essere trasmessa al Ministero dell’industria (attualmente: Ministero dello sviluppo economico), debbono essere allegati lo stato analitico e una stima delle attività, nonché l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei loro crediti e delle eventuali cause di prelazione (art. 28). II Ministero deve esprimere il proprio parere circa l'ammissione dell'impresa alla procedura.

Depositata la relazione, il tribunale dichiara con decreto motivato l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria, ovvero, se non ne sussistono le condizioni, il fallimento dell'impresa (art. 30). Contro tali decreti gli interessati possono proporre reclamo alla corte d'appello, senza che ciò sospenda l'esecuzione del decreto (art. 33). Nel caso in cui sia stata dichiarata l'apertura della procedura, il tribunale adotta o conferma i provvedimenti opportuni ai fini della prosecuzione dell'esercizio sotto la gestione del commissario giudiziale, fino alla nomina del commissario straordinario (art. 32).

Gli organi

Nel capo II del Titolo III sono contenute le norme relative agli organi che operano in questo secondo momento della procedura. Specificamente, gli atti in cui si concreta la procedura sono posti in essere dal commissario o dai tre commissari straordinari, nominati dal Ministero dell'industria cui compete la vigilanza sulla procedura; sono inoltre espressamente fatte salve le competenze del tribunale e del giudice delegato (artt. 37 e 38).

La legge stabilisce le forme di pubblicità cui è soggetta la nomina del commissario straordinario che determina la cessazione delle funzioni del commissario giudiziale (art. 38) L'articolo 5 del DL 119/2004 ha aggiunto all’articolo 38 il comma 1-bis diretto a disciplinare le cause di incompatibilità del commissario straordinario, stabilendo, segnatamente, che non può essere nominato commissario straordinario, pena la decadenza dall'ufficio: l'interdetto; l'inabilitato; chi è stato dichiarato fallito; chi ha riportato condanne a pene comportanti l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici. Inoltre, non possono essere nominati commissari straordinari: il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto grado dell'imprenditore insolvente; chi, avendo intrattenuto con l'impresa, personalmente o quale socio, amministratore o dipendente d'altra organizzazione imprenditoriale o professionale, rapporti non occasionali di collaborazione o consulenza con l'impresa, abbia preso parte o si sia comunque ingerito nella gestione che ha portato al dissesto dell'impresa. Infine, nell'accettare l'incarico il commissario straordinario è tenuto a dichiarare, sotto la propria responsabilità, che non ricorre alcuna delle ipotesi di incompatibilità sopra richiamate.

Al commissario straordinario sono affidate la gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni dell'imprenditore insolvente; nell'esercizio delle proprie funzioni il commissario straordinario riveste la qualifica di pubblico ufficiale (art. 40).

Gli atti di alienazione, di affitto di aziende o di rami delle stesse, nonché quelli di alienazione e di locazione di beni immobili (ovvero di beni mobili in blocco) o costituzione di diritti reali sugli stessi e le transazioni, di valore indeterminato o superiore a quattrocento milioni di lire (206.582,76 euro), necessitano di autorizzazione ministeriale, che può essere concessa sentito il comitato di sorveglianza (art. 42). Quest'ultimo, anch'esso di nomina ministeriale (come del resto il suo presidente), è composto da tre o cinque membri, uno (o due) dei quali scelto tra i creditori chirografari; i restanti (cui per l'attività svolta spetta un compenso) sono invece scelti tra esperti del ramo di attività esercitata dall'impresa o di procedure concorsuali (art. 45). Per quanto concerne le funzioni del comitato, esso è chiamato ad esprimere il proprio parere nei casi previsti dalla legge e in ogni altro caso in cui il ministero dell'Industria lo ritiene opportuno; esso delibera a maggioranza di voti dei suoi membri (art. 46).

Gli effetti

Il Capo III del Titolo III (artt. 48-52) è dedicato agli effetti dell'amministrazione straordinaria.

In particolare viene disposto che sui beni dei soggetti ammessi alla procedura non possono iniziarsi o proseguirsi azioni esecutive individuali, anche speciali (art. 48). L'art. 49 detta la disciplina cui sono soggette le azioni revocatorie; gli artt. 50 e 59 concernono invece i contratti in corso al momento dell'apertura dell'amministrazione straordinaria e i diritti della controparte. La disposizione con cui si conclude il Capo (art. 52) prevede che i crediti sorti per la prosecuzione dell'esercizio e la gestione del patrimonio dell'imprenditore insolvente siano soddisfatti in prededuzione secondo le norme della legge fallimentare. Il commissario straordinario provvede all'accertamento del passivo sulla base delle disposizioni contenute nella sentenza che ha dichiarato lo stato di insolvenza, secondo il procedimento contemplato dalla legge fallimentare (art. 53).

II Capo V del Titolo III è dedicato alla definizione ed esecuzione del programma del commissario straordinario che deve presentare al Ministro un programma di recupero dell'equilibrio economico dell'impresa da realizzarsi, alternativamente, seguendo la via della cessione dei complessi aziendali ovvero quella della ristrutturazione (art. 54). Ai criteri secondo i quali deve essere definito il programma, la cui redazione avviene sotto vigilanza ministeriale e in maniera conforme agli indirizzi di politica industriali adottati dal Ministero, è dedicato l'art. 55; in particolare deve essere salvaguardata "l'unità operativa dei complessi aziendali, tenuto conto degli interessi dei creditori".

Specificamente, nel programma deve essere contenuta l'indicazione: delle attività che si intende proseguire e di quelle invece da dismettere; del piano di eventuale alienazione dei beni non funzionali all'esercizio dell'impresa; delle previsioni economiche e finanziarie circa la prosecuzione dell'esercizio della stessa; delle modalità secondo cui provvedere alla copertura del fabbisogno finanziario, con la specificazione dei finanziamenti o delle altre agevolazioni pubbliche alle quali si preveda di ricorrere (art. 56).

Nel caso si scelga la via della cessione dei complessi aziendali, il programma dovrà inoltre contenere l'indicazione delle relative modalità e delle eventuali offerte pervenute; qualora invece si sia optato per l'indirizzo della ristrutturazione, il programma dovrà indicare anche le eventuali previsioni di ricapitalizzazione dell'impresa e di variazione degli assetti imprenditoriali, insieme a tempi e modalità di soddisfazione dei creditori.

Una integrazione dell’articolo 56 disposta dall’art. 14, comma 5, del DL 29 novembre 2008, n. 185 (convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2) stabilisce che le operazioni - previste dal commissario straordinario nel programma di salvataggio dell’impresa in stato di insolvenza - di cessione dei complessi aziendali (art. 27, comma 2, lettera a), del D.Lgs. 270/1999) o, per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, dei complessi di beni e contratti (art. 27, comma 2, lettera b-bis), del D.Lgs. 270/1999), in vista della liquidazione dei beni del cedente, non costituiscono comunque trasferimento di azienda, di ramo o di parti dell'azienda agli effetti dell'articolo 2112 c.c.[7]

Definito il programma, il Ministero con proprio decreto autorizza la sua esecuzione; in caso di mancata pronuncia del Ministero, il programma si intende comunque autorizzato. Dalla data dell'autorizzazione decorrono i termini di durata del programma (art. 57). Le modalità di autorizzazione del programma, nei casi in cui lo stesso preveda il ricorso a finanziamenti o agevolazioni pubbliche in base alla normativa comunitaria relativa agli aiuti statali per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, sono disciplinate dall'art. 58.

II programma autorizzato viene quindi comunicato dal commissario straordinario al tribunale e il giudice delegato ne dispone il deposito in cancelleria. L'imprenditore insolvente, i creditori ed ogni altro interessato possono prenderne visione ed estrarne copia (art. 59). E' inoltre prevista l'eventualità di richiesta da parte del commissario straordinario al Ministero di modificare il programma autorizzato o la sua sostituzione con altro programma di indirizzo diverso; anche la modifica o la sostituzione necessitano di autorizzazione (art. 60). II commissario straordinario presenta ogni tre mesi al Ministro una relazione sull'andamento dell'esercizio dell'impresa e sull'esecuzione del programma e, successivamente al termine di scadenza del programma, una relazione finale sugli esiti dell'esecuzione del programma stesso; tali relazioni sono inoltre sottoposte al parere del comitato di sorveglianza e copie delle stesse e del parere sono depositate presso la cancelleria del tribunale affinché gli interessati possano prenderne visione o estrarne copia (art. 61).

L'alienazione dei beni dell'impresa insolvente, in conformità delle previsioni del programma autorizzato, viene effettuata con forme adeguate alla natura dei beni e finalizzate al migliore realizzo, in conformità dei criteri generali stabiliti dal Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico). La vendita di beni immobili, aziende e rami d'azienda di valore superiore a lire cento milioni (51.645,69 euro) viene effettuata previo espletamento di idonee forme di pubblicità e il valore dei beni viene preventivamente determinato da uno o più esperti nominati dal commissario straordinario (art. 62)[8].

Periodicamente il commissario straordinario presenta al giudice delegato un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle stesse, insieme al parere comitato dei sorveglianza; le ripartizioni vengono effettuate secondo le disposizioni della legge fallimentare. Successivamente all'approvazione del conto della gestione (ed alla liquidazione del compenso del commissario) può aver luogo la ripartizione finale (art. 67). L'eventuale distribuzione di acconti parziali ai creditori trova la propria disciplina nell'art. 68.

La cessazione della procedura

Alle diverse ipotesi di cessazione della procedura di amministrazione straordinaria è dedicato il Capo VII del Titolo III. La prima eventualità contemplata è quella della conversione della procedura in oggetto nel fallimento (Sezione I), sia in corso che al termine della stessa.

Nel primo caso, qualora risulti che l'amministrazione straordinaria non può più essere utilmente proseguita, il tribunale, su richiesta del commissario straordinario (ma dopo che questi ne ha riferito al Ministro) ovvero d'ufficio, dispone la conversione in fallimento (art. 69).

Nel secondo caso il tribunale provvede analogamente tanto nell'eventualità in cui, essendo stato autorizzato un programma di cessione di complessi aziendali, alla scadenza del termine (salvo proroga) la cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, quanto in quella in cui, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, alla scadenza del programma l'imprenditore non sia in grado di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni (art. 70).

II tribunale dispone la conversione con decreto motivato, sentiti il Ministro, il commissario straordinario e l'imprenditore dichiarato insolvente; con il decreto vengono nominati il giudice delegato per la procedura ed il curatore. Con la pronuncia del decreto che dispone la conversione cessano le funzioni del commissario straordinario e del comitato di sorveglianza. Contro tale decreto può essere proposto reclamo alla corte di appello, che provvede in camera di consiglio, sentiti il commissario straordinario, l'imprenditore ed il reclamante (art. 71).

La cessazione della procedura di amministrazione straordinaria può inoltre avvenire a seguito della chiusura della procedura medesima (Sezione II).

Nell'eventualità in cui sia stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, quando alla scadenza del termine (originario o prorogato) tale cessione sia integralmente avvenuta, su richiesta del commissario straordinario ovvero d'ufficio il tribunale dichiara con decreto la cessazione dell'esercizio dell'impresa.

Il decreto in oggetto deve essere comunicato al Ministero e al Registro delle imprese; contro tale decreto chiunque può proporre reclamo alla corte di appello che, sentito il commissario, provvede in camera di consiglio. Il reclamo non ha effetto sospensivo. La legge dispone che dalla pronuncia dei decreto l'amministrazione straordinaria debba essere ad ogni effetto considerata come procedura concorsuale liquidatoria (art. 73).

Le diverse ipotesi di chiusura della procedura di amministrazione straordinaria sono previste dall'art. 74. Ciò si verifica nei seguenti casi: quando, entro i termini previsti dalla sentenza che ha dichiarato lo stato di insolvenza, non sono state avanzate domande di ammissione al passivo; quando, anche prima del termine di scadenza del programma, l'imprenditore insolvente abbia recuperato la capacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni; con il passaggio in giudicato delle sentenza di approvazione del concordato.

La procedura si chiude, inoltre, qualora sia stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, quando, anche prima della ripartizione finale dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero ammontare dei crediti ammessi o questi sono altrimenti estinti e i compensi degli organi della procedura e le spese della stessa sono state pagate, ovvero a seguito della ripartizione finale dell'attivo. Prima della chiusura il commissario deve sottoporre al Ministero dell'industria il bilancio finale della procedura con il conto della gestione, insieme ad una relazione del comitato di sorveglianza. A seguito di autorizzazione del Ministero tali atti sono depositati presso la cancelleria del tribunale; a questo gli interessati possono proporre, con ricorso, le loro contestazioni entro i termini fissati dalla legge; decorsi questi, in mancanza di contestazioni, bilancio e conto della gestione si intendono approvati (art. 75). Dietro richiesta del commissario straordinario o dell'imprenditore dichiarato insolvente, ovvero d'ufficio, il tribunale dichiara, con decreto motivato, la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria (art. 76).

II caso della riapertura della procedura trova la propria previsione nell'art. 77. La sezione III del capo VII (artt. 78 e 79) è invece dedicata all'eventualità che venga avanzata proposta di concordato.

II Titolo IV (suddiviso in due capi) contiene le norme dedicate ai gruppi di imprese, disciplinando l'ipotesi dell'estensione dell'amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo. Alle disposizioni di carattere procedurale è infine dedicato il Titolo V, mentre quelle penali sono contenute nel successivo Titolo VI. II decreto legislativo in esame si conclude con una serie di disposizioni di coordinamento, transitorie e finali, cui è dedicato il Titolo VII.

 

Disciplina speciale: DL 347/2003 e successive modifiche

Il decreto-legge n. 347 del 2003[9], recante Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, modificato ed integrato da tre successivi decreti-legge[10] e più recentemente dal decreto-legge n. 134 del 2008[11], ha introdotto nell'ordinamento italiano una nuova disciplina relativa alla procedura concorsuale di amministrazione straordinaria per le grandi imprese in stato di insolvenza, finalizzata alla ristrutturazione industriale delle stesse sotto la supervisione del Ministro competente. Questo intervento normativo, successivo alla ben nota vicenda del gruppo Parmalat, si è collocato nel contesto di diversi interventi del legislatore, tutti adottati nel presupposto che la crisi e il conseguente rischio di cessazione di attività di imprese di rilevanti dimensioni sia un fenomeno da evitare, nell'interesse della collettività: di qui, la messa a punto di una disciplina che ha inteso contemperare, non senza difficoltà, l'esigenza di tutelare l'interesse dei creditori con quella di consentire la ristrutturazione economica e finanziaria delle imprese stesse.

Il decreto-legge n. 347 del 2003 (c.d. legge Marzano) ha previsto misure volte a semplificare l'ammissione alla procedura concorsuale e a rafforzare i poteri riconosciuti all'autorità amministrativa, per imprese con:

§      almeno 500 lavoratori subordinati;

§      debiti per un ammontare complessivo non inferiore a 300 milioni di euro.

Le recenti modifiche e integrazioni introdotte dal citato decreto-legge n. 134 del 2008 hanno comportato l’estensione dell’ambito di applicazione delle norme anche alle imprese che intendono avvalersi, oltre che delle procedure di ristrutturazione economica e finanziaria, delle procedure di cessione di complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno.

La disciplina speciale di cui al decreto-legge n. 347 del 2003 prevede un diverso iter di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria rispetto a quello disciplinato dal decreto legislativo n. 270/1999.

Il decreto legislativo n. 270 del 1999, infatti, prevede che la procedura prenda avvio dall'accertamento da parte del Tribunale dello stato di insolvenza e della sussistenza delle condizioni occupazionali e debitorie previste dal decreto medesimo, e prosegua con la nomina del commissario giudiziale, al quale spetta tra l'altro il compito di redigere la relazione sulla sussistenza delle condizioni per il recupero dell'equilibrio economico dell'impresa che costituisce a sua volta la base sulla quale - acquisite le eventuali osservazioni dei creditori, dell'imprenditore insolvente e di ogni altro interessato e il parere del Ministero dello sviluppo economico - il Tribunale stesso decide l'ammissione all'amministrazione controllata.

Il decreto-legge n. 347/2003 (articolo 2) prevede invece che il Ministro dello sviluppo economico, valutata la sussistenza dello stato di insolvenza e dei menzionati requisiti occupazionali e debitori richiesti, possa procedere immediatamente, con proprio decreto, all'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e alla nomina del commissario straordinario. Per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, l’ammissione immediata alla procedura di amministrazione straordinaria, la nomina del commissario straordinario e la determinazione del relativo compenso, ivi incluse le altre condizioni dell’incarico, anche in deroga alla vigente normativa in materia, possono essere disposte con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro dello sviluppo economico. Le disposizione relative alle società di servizi pubblici essenziali sono state introdotte dal decreto-legge n.134/2008.

Il commissario straordinario provvede all’amministrazione dell’impresa e al compimento di ogni atto utile all’accertamento dello stato di insolvenza, sino alla sua dichiarazione con sentenza. Inoltre, prima dell'autorizzazione del programma di ristrutturazione può procedere al pagamento dei creditori anteriori, su autorizzazione dei giudice delegato, qualora si renda necessario per evitare un grave pregiudizio alla continuazione dell'attività di impresa o alla consistenza patrimoniale della stessa, e può, altresì, richiedere al Ministro l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di altre imprese del gruppopresentando contestuale ricorso al tribunale per la dichiarazione dello stato di insolvenza, qualora ricorrano le condizioni di cui all'articolo 81 del D.Lgs. 270/1999 (articolo 3)[12]. Per imprese del gruppo si intendono anche quelle che intrattengono rapporti contrattuali in via sostanzialmente esclusiva con l’impresa interessata dalla procedura, per la fornitura di servizi necessari allo svolgimento dell’attività.

L’applicazione della disciplina anche alle imprese del gruppo è riferita ad entrambe le ipotesi di ristrutturazione economico-finanziaria ovvero di cessione dei complessi aziendali, come previsto dal DL 134/2008.

 

Dichiarazione dello stato di insolvenza e programma del commissario straordinario

L'autorità giudiziaria interviene solo dopo l'adozione del decreto ministeriale di apertura della procedura concorsuale, pronunciandosi sul ricorso per la dichiarazione dello stato di insolvenza, presentato dall'impresa alla medesima autorità giudiziaria, ai sensi dell'art. 2, comma 1, contestualmente alla richiesta rivolta al Ministro.

Più precisamente, ai sensi dell’art. 4 la dichiarazione dello stato di insolvenza compete al tribunale, che vi provvede con sentenza da pubblicarsi entro quindici giorni dalla comunicazione del decreto di nomina del commissario straordinario, sentito il commissario medesimo, ove lo ritenga necessario, e il debitore, nel caso di richiesta da parte del commissario di ammissione alla procedura di altre imprese del gruppo. Con la stessa sentenza il tribunale assume i provvedimenti previsti dall'articolo 8, comma 1, lettere a), d) ed e), del D.Lgs. 270/1999[13]. La sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza determina inoltre, con riferimento alla data del decreto di ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, gli effetti, in quanto compatibili, indicati dal D.Lgs. 270/1999 che rinvia alla legge fallimentare.

Gli effetti del decreto di apertura della procedura vengono meno qualora il tribunale respinga la richiesta di dichiarazione dello stato di insolvenza, ovvero accerti l'insussistenza di anche uno solo dei requisiti richiesti per l'ammissione all'amministrazione straordinaria.

II programma di cessione di complessi aziendalio di ristrutturazione, che deve essere redatto considerando specificamente, anche ai fini della definizione della procedura di amministrazione straordinaria tramite concordato, la posizione dei piccoli risparmiatori, è presentato dal commissario straordinario al Ministro, entro il termine di centottanta giorni dalla data del decreto di nomina, con possibilità di proroga. Contestualmente al programma, il commissario presenta al giudice delegato la relazione particolareggiata descrittiva delle cause di insolvenza accompagnata da un'analisi estimativa delle attività e dall'elenco dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione. II programma e la relazione sono pubblicati, in estratto, tempestivamente, su almeno due quotidiani, ovvero secondo altra modalità ritenuta idonea dal giudice delegato. Copia della relazione e del programma sono trasmessi, entro tre giorni, al tribunale, trovando applicazione quanto previsto dall'art. 59 dei D.Lgs. 270/1999[14]. Le disposizioni concernenti la presentazione del programma del commissario non si applicano alle imprese operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali per le quali sia stato fatto immediato ricorso alla trattativa privata e con riferimento esclusivo ai beni, ai rami e ai complessi aziendali oggetto della trattativa.

Qualora non sia possibile adottare o il Ministro non autorizzi il programma di ristrutturazione il programma di cessione dei complessi aziendali, il tribunale, sentito il commissario straordinario, dispone la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento, fermo restando quanto previsto dall'articolo 70 del D.Lgs. 270/1999[15].

II programma di cessione può anche essere presentato dal commissario straordinario entro sessanta giorni dalla comunicazione della mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione e qualora venga autorizzato la sua durata massima è fissata in due anni, decorrenti dalla data di autorizzazione, in deroga alle disposizioni del citato art. 27, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 270/1999 che fissa tale durata in un anno.

Il Ministro dello sviluppo economico, su istanza del commissario straordinario, sentito il comitato di sorveglianza, può disporre la proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di dodici mesi, nel caso in cui al termine di scadenza il programma risulti eseguito solo in parte, in ragione della particolare complessità delle operazioni attinenti alla ristrutturazione o alla cessione a terzi dei complessi aziendali e delle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali.

Integrazioni introdotte dal citato DL 134/2008 concernenti le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali dispongono, in deroga all'art. 62 del D.Lgs. 270/1999 (sull'alienazione dei beni dell’impresa insolvente) che per tali società, nonché per le imprese del gruppo, il commissario straordinario possa individuare l'acquirente a trattativa privata, tra i soggetti che garantiscono la continuità del servizio, la rapidità dell’intervento e il rispetto dei requisiti previsti dalla legislazione nazionale, nonché dai Trattati sottoscritti dall’Italia. Il prezzo di cessione non deve essere inferiore a quello di mercato, risultante dalla perizia effettuata da primaria istituzione finanziaria, individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico.

Sempre con riguardo alle suddette società si dispone – con riferimento alle operazioni effettuate entro il 30 giugno 2009 - che le operazioni di concentrazione contemplate nel programma autorizzato rispondono a preminenti interessi generali e, fatto salvo quanto previsto dalla normativa comunitaria, non sono soggette all'autorizzazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato; tali operazioni devono comunque essere notificate preventivamente dalle parti all’Autorità medesima, unitamente alla proposta di misure idonee a prevenire il rischio di imposizione di prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per i consumatori. L'Autorità può tuttavia, entro trenta giorni dalla comunicazione dell’operazione, prescrivere modificazioni ed integrazioni alle suddette misure e definire il termine, non inferiore a tre anni, entro il quale le posizioni di monopolio eventualmente determinatesi devono cessare. In caso di inottemperanza si applicano le sanzioni di cui all’art. 19 della legge n. 287 del 1990.

Le imprese operanti nei servizi pubblici essenziali ammesse alla procedura di amministrazione straordinaria conservano, per sei mesi dalla data di ammissione alla procedura, le eventuali autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri atti o titoli per l’esercizio e la conduzione delle relative attività svolte alla data di sottoposizione delle stesse alla procedura concorsuale e, in caso di cessione di aziende e rami di aziende, sono trasferiti all’acquirente le autorizzazioni, certificazioni, licenze, concessioni o altri atti o titoli.

Per l'attuazione delle procedure il cui programma risulti già prorogato e che, in ragione della loro particolare complessità, non possano essere definite entro il termine indicato dalla norma, il Ministro dello sviluppo economico può inoltre disporre un’ulteriore proroga del termine di esecuzione del programma, per un massimo di dodici mesi (art.4, comma 4-septies).

 

Concordato

Disposizioni particolari sono previste per la soddisfazione dei creditori attraverso un concordato (art. 4-bis). Nell’ambito della proposta di concordato è infatti possibile:

§      suddividere in classi i creditori, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei;

§      contemplare un trattamento diverso a seconda della classe di creditori;

§      ristrutturare il debito e soddisfare i creditori attraverso una varietà di strumenti; in particolare, la proposta di concordato può prevedere l’attribuzione ai creditori, o ad alcune categorie di essi o a società da questi partecipate, di azioni o quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito;

§      attribuire ad un assuntore le attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato. E’ riconosciuta anche ai creditori o alle società da essi partecipate la possibilità di costituirsi come assuntori. Tale possibilità è prevista anche per le società, costituite dal commissario straordinario, le cui azioni siano destinate ad essere attribuite ai creditori per effetto del concordato. Viene inoltre prevista la possibilità, quale patto di concordato, di trasferimento all’assuntore delle azioni revocatorie, di cui all’art. 6 del DL 347/2003, promosse dal commissario straordinario fino alla data di pubblicazione della sentenza di approvazione del concordato.

La proposta di concordato comporta l’interruzione della procedura di accertamento del passivo dinanzi al giudice delegato. Anche la sola possibilità concreta che venga avanzata una proposta di concordato può comportare l'interruzione delle operazioni di verifica dello stato passivo, previa richiesta in tal senso del commissario straordinario al giudice delegato.

E’ prevista la formulazione di un'unica proposta di concordato, anche nel caso in cui l'amministrazione straordinaria riguardi un gruppo al quale faccia capo una pluralità di società. Viene, tuttavia, fatta salva l'autonomia delle masse attive e passive riconducibili alle singole imprese, da cui discende la possibilità di trattare in maniera differenziata creditori anche appartenenti alla stessa classe, a seconda dell'effettiva situazione giuridica e patrimoniale di ogni singola società alla quale è riferibile la proposta di concordato .

In capo al commissario straordinario, ove intenda ricorrere al concordato, grava l'obbligo di trasmettere alla cancelleria del tribunale copia del programma di ristrutturazione autorizzato dal Ministro, entro tre giorni dall'autorizzazione all'esecuzione del programma, nonché l'obbligo di depositare presso il giudice delegato istanza di concordato.

E’ in ogni caso prevista la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficialedella proposta di concordato, e, unitamente a questa, del provvedimento del giudice delegato che fissa il termine entro il quale tutti i soggetti che abbiano interesse a farlo possono depositare in cancelleria memorie scritte e proprie osservazioni sull'elenco dei creditori, gli importi ivi indicati e le eventuali cause di prelazione. Il medesimo termine vale anche per i soggetti esclusi dall'elenco dei creditori che intendano depositare domanda di ammissione dei rispettivi crediti; corredata dai documenti attestanti i diritti patrimoniali che si intende far valere.

Per ciò che concerne l’accertamento dello stato passivo nel concordato, è disposto che, entro sessanta giorni dalla pubblicazione in Gazzetta della proposta, il giudice delegato, in collaborazione con il commissario straordinario, forma gli elenchi dei creditori ammessi, di quelli esclusi e di quelli ammessi con riserva, con indicazione dei relativi importi e delle cause di prelazione.

In caso di ammissione di strumenti finanziari che non consentano l’individuazione nominativa dei soggetti legittimati, saranno ammessi nell’elenco i crediti relativi all’importo complessivo di ogni singola categoria di strumenti finanziari.

Gli elenchi suddetti sono depositati in cancelleria e dichiarati esecutivi con provvedimento del giudice delegato. Il commissario straordinario è tenuto a dare massima diffusione dell'elenco, necessariamente con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma anche con altri mezzi, in modo che i vari creditori ivi presenti siano immediatamente informati. Contestualmente al deposito degli elenchi, il giudice delegato stabilisce le modalità ed il termine entro cui i creditori ammessi e quelli ammessi con riserva sono chiamati a votare sulla proposta di concordato, nonché i criteri di legittimazione al voto dei portatori di strumenti finanziari il cui importo complessivo è già stato ammesso al voto.

Ai creditori esclusi, in tutto o in parte, o ammessi con riserva, è riconosciuto il diritto a ricorrere contro la decisione del giudice delegato. Il ricorso al giudice delegato ai fini dell’opposizione è disciplinato dagli articoli 98 e seguenti della legge fallimentare. E’ altresì riconosciuta ai creditori ammessi la possibilità di impugnare le ammissioni di altri creditori, ai sensi dell’articolo 98 della legge fallimentare.

I termini per proporre l’opposizione da parte dei creditori esclusi e ammessi con riserva, nonché l’impugnazione delle ammissioni di altri creditori, sono determinati in quindici giorni dalla comunicazione dell'avvenuta formazione degli elenchi per i creditori residenti in Italia ed in trenta giorni per i residenti all’estero.

Il concordato è approvato con il voto favorevole dei creditori cherappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Nel caso in cui i creditori siano ripartiti per classi, il concordato è approvato se ottiene il voto favorevole dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella stessa classe.

Qualora la predetta maggioranza sia raggiunta, il tribunale approva il concordato con sentenza in camera di consiglio. Il tribunale, quando sono previste diverse classi di creditori, può dichiarare approvato il concordato anche quando una o più delle classi eventualmente costituite risultino dissenzienti, a patto che sussista in ogni caso la maggioranza richiesta (art. 4-bis, comma 8) e che la maggioranza delle classi abbia approvato la proposta di concordato.

Il tribunale, ai fini dell’approvazione del concordato, deve comunque previamente appurare che le classi dissenzienti possano essere concretamente soddisfatte in misura non inferiore rispetto alle altre alternative concretamente praticabili.

La procedura di amministrazione straordinaria si conclude con il passaggio in giudicato della sentenza che approva il concordato.

Nel caso di sentenza di rigetto del concordato, ferma la prosecuzione dell’attività d’impresa, il commissario straordinario può presentare al Ministro delle attività produttive (ora: dello sviluppo economico) un programma di cessione dei complessi aziendali ai sensi dell'articolo 27, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 270/1999.

In caso di approvazione del programma di cessione, la prosecuzione dell'esercizio d’impresa può essere estesa fino a due anni, decorrenti dalla data di autorizzazione. Ciò in deroga a quanto previsto dal citato art. 27, comma 2, del D.Lgs. 270/1999.

Accertamento del passivo

L'accertamento del passivo si basa su criteri di celerità e speditezza, ed è svolto sulla base delle disposizioni dell'art. 53 del D.Lgs. 270/1999, il quale prevede che il commissario straordinario proceda all'accertamento del passivo sulla base delle disposizioni contenute nella sentenza di dichiarazione dello stato di insolvenza, secondo il procedimento contemplato dalla legge fallimentare. Al fine dell'accertamento, qualora sia stata autorizzata la presentazione di una proposta di concordato, si applicano le relative disposizioni contenute nell'art. 4-bis del DL 347/2003, anche in caso di mancata approvazione del medesimo.

Operazioni a salvaguardia del gruppo

Quanto alle operazioni di cessione e di utilizzo di beni, di aziende o di rami di esse, sono consentite purché finalizzate alla ristrutturazione dell'impresa o del gruppo o alla salvaguardia del valore economico e produttivo, totale o parziale, dell’impresa o del gruppo. L'autorizzazione per tali operazioni, richieste dal commissario straordinario, viene rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza; l'effettuazione delle medesime operazioni viene autorizzata anche prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, per motivi di urgenza, ferma restando la devoluzione alla cognizione del tribunale che ha dichiarato lo stato di insolvenza degli atti del commissario straordinario. Analogamente, il Ministero ha il compito di autorizzare, sempre su richiesta del commissario, il compimento delle operazioni necessarie per la salvaguardia della continuità dell'attività aziendale delle imprese del gruppo, fino a quando non sia autorizzato il programma di ristrutturazione. Questa autorizzazione non è richiesta per gli atti non eccedenti l'ordinaria amministrazione o di valore inferiore a duecentocinquantamila euro.

Disposizioni inerenti all'integrazione salariale straordinaria e alla mobilità per i dipendenti di imprese in amministrazione straordinaria operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali sono state introdotte dal decreto-legge n. 134/2008. In particolare, sono ridotti della metà i termini previsti dalle norme generali vigenti per quanto riguarda: le procedure di esame congiunto successivo alla comunicazione aziendale che prospetti la richiesta di integrazione salariale straordinaria o la sussistenza di eccedenze di personale; l'obbligo di comunicazione preventiva da parte del cedente e del cessionario alle rappresentanze ed associazioni sindacali interessate dell'intenzione di effettuare un trasferimento di azienda o di ramo d’azienda (art. 5, co. 2-ter). Si prevede inoltre che, con riferimento ai lavoratori, destinatari di trattamenti di integrazione salariale straordinaria o di mobilità, dipendenti dalle imprese in questione, per agevolarne la ricollocazione, sono concessi, al datore di lavoro che li assuma, i benefici previsti dalla disciplina generale per i soggetti in mobilità (art. 5, co. 2-quater).

 

Azioni revocatorie

Al commissario straordinario è riconosciuta (art. 6) la facoltà di proporre le azioni revocatorie degli atti pregiudizievoli ai creditori, previste dagli artt. 49 e 91 del D.Lgs. 270/1999[16], anche dopo l'autorizzazione alla esecuzione del programma di ristrutturazione, purché si traducano in un vantaggio per i creditori. Nel caso in cui la soddisfazione dei creditori avvenga tramite concordato, si applicano le disposizioni dell’art. 4-bis, comma 1, lett. c-bis) (relativa, nell’ambito del programma di ristrutturazione, all’attribuzione ad un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato), che prevedono la possibilità, quale patto di concordato, di trasferimento all’assuntore delle azioni revocatorie, di cui all’art. 6 del DL 347/2003, promosse dal commissario straordinario fino alla data di pubblicazione della sentenza di approvazione del concordato. Inoltre, i termini fissati dalle disposizioni della legge fallimentare[17],concernenti gli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, si computano a decorrere dall’emanazione del decreto di ammissione immediata dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e di nomina di un commissario straordinario.

Imprese del settore agroalimentare

Per talune tipologie di imprese operanti nel settore agroalimentare, l'autorizzazione all'esecuzione del programma di ristrutturazione deve essere adottate dal Ministro dello sviluppo economico d'intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali.

Il Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi

II decreto-legge n. 35/2005[18] all’art. 11, comma 3ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi, con una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 35 milioni di euro, nonché l'istituzione di un Comitato tecnico con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti che per la valutazione e l'attuazione degli interventi si avvalgono di Sviluppo Italia spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato.

II Fondo è stato successivamente rifinanziato dall'articolo 2 del DL 136/2006, recante Proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali,che in suo favore ha disposto per l'anno 2006 uno stanziamento di 15 milioni di euro. Più recentemente la legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) – che ha disposto un rifinanziamento del Fondo di 15 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 - intervenendo in merito al Fondo medesimo ha stabilito (comma 853) che i relativi interventi siano disposti in base ai criteri e alle modalità stabiliti dal CIPE, con propria delibera[19], su proposta del Ministro dello sviluppo economico, con la quale si provvederà, in particolare, a determinare:

§      la tipologia dell’aiuto concedibile;

§      le priorità di natura produttiva;

§      i requisiti economici e finanziari richiesti alle imprese ai fini della loro ammissione ai benefici.

Si ricorda, infine, che la medesima legge finanziaria per il 2007 (comma 852) reca un’autorizzazione di spesa per la costituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un’apposita struttura di cooperazione con il Ministero del lavoro, destinata ad attività ricognitive e di monitoraggio per il coordinamento delle politiche volte a contrastare il declino dell’apparato produttivo, anche attraverso la salvaguardia e il consolidamento dei livelli occupazionali delle grandi imprese in crisi (di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 270/1999). Tale struttura di cooperazione opera in collaborazione con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d’impresa oggetto d’intervento. A copertura dell’onere previsto, ammontante a 300 mila euro a decorrere dal 2007, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 3 della legge n. 140/1999[20].


Contenuto del disegno di legge

Articolo 1
(Delega al Governo per la riforma della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi)

 


      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, comprese le disposizioni per il salvataggio delle imprese che esercitano servizi pubblici di interesse economico essenziale, al fine di armonizzarne le disposizioni, di semplificarne le procedure e di assicurare la continuità aziendale e la salvaguardia dei posti di lavoro nel rispetto della tutela del credito e della concorrenza. La riforma, in coerenza con la normativa comunitaria e in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, realizza il necessario coordinamento, anche formale, con le altre disposizioni vigenti.
      2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze e per le politiche europee, e sono successivamente trasmessi alle Camere, al fine dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
      3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.
      4. Nell'attuazione della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) unificare le procedure previste dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, individuando quale provvedimento iniziale della procedura il decreto di ammissione alla medesima da parte del Ministro dello sviluppo economico;

          b) ridefinire il contenuto della domanda di ammissione alla procedura, prevedendo per l'impresa la possibilità di presentare un piano che possa prevedere, anche cumulativamente, la ristrutturazione, la cessione e l'affitto del patrimonio aziendale;

          c) prevedere che il commissario straordinario debba valutare il piano proponendo modifiche e integrazioni, ovvero presentando egli stesso un piano da sottoporre, in alternativa a quello dell'impresa, all'approvazione del Ministro dello sviluppo economico;

          d) prevedere espressamente, tra le operazioni autorizzabili per favorire il risanamento, l'affitto di beni, di aziende o di rami aziendali;

          e) prevedere che la durata del piano possa essere determinata da uno a due anni in funzione della complessità della procedura e che possa essere prorogata fino ad un massimo di un ulteriore anno in caso di eccezionali esigenze sopravvenute;

          f) prevedere che nel piano predisposto dal commissario straordinario ai sensi della lettera c) siano indicati il profilo dell'eventuale assuntore e i livelli minimi di soddisfacimento dei creditori;

          g) prevedere che l'individuazione dell'eventuale assuntore delle attività delle imprese possa avvenire anche nel corso dell'esecuzione del piano ovvero successivamente al deposito dell'istanza di concordato e che possano essere contemplate limitazioni nell'assunzione dei debiti;

          h) coordinare l'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari con le fattispecie di risanamento mediante ristrutturazione economica e finanziaria;

          i) prevedere la possibilità di concludere accordi di ristrutturazione approvati dal Ministero dello sviluppo economico nei casi di ricorso al beneficio del Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà, di cui all'articolo 11, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80;

          l) prevedere adeguate forme di tutela giurisdizionale dei creditori e dei terzi interessati, compatibili con le esigenze di celerità della procedura;

          m) prevedere una disciplina transitoria per le procedure in corso alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1.


 

 

L’articolo 1 al comma 1 conferisce una delega al Governo per l’adozione, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, di uno o più decreti legislativi volti a riformare in modo organico la disciplina delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, attualmente recata dal D.Lgs. 270/1999[21] e dal DL 347/2003[22] e successive modifiche (cfr. paragrafo relativo al quadro normativo).

La riforma della suddetta disciplina, che comprende anche le disposizioni concernenti il salvataggio di imprese esercitanti servizi pubblici di interesse economico essenziale, è finalizzata all’armonizzazione delle disposizioni, alla semplificazione delle procedure e ad assicurare la continuità aziendale e la salvaguardia di posti di lavoro, in conformità con la disciplina comunitaria e con i principi e i criteri direttivi dettati dal successivo comma 4.

 

Si ricorda che le disposizioni relative al salvataggio di imprese esercitanti servizi pubblici di interesse economico essenziale sono state recentemente adottate con il decreto-legge n. 134 del 2008[23], che ha introdotto una serie di modifiche ed integrazioni al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347 (cd. legge Marzano).

 

Il comma 2 prevede per i suindicati decreti legislativi, che devono essere adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze e per le politiche europee, la loro trasmissione alle Camere ai fini dell’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari. Queste sono chiamate ad esprimersi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono comunque essere emanati. L’ultimo periodo del comma in oggetto dispone che qualora il termine per l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni in ordine ai decreti legislativi di riforma delle procedure di amministrazione straordinaria venga a scadere nei trenta giorni antecedenti o successivamente allo spirare del termine per l’esercizio della delega, la scadenza di quest’ultimo termine è prorogata di sessanta giorni.

 

Ai sensi del comma 3 è consentita l’emanazione da parte del Governo di decreti legislativi correttivi ed integrativi dei decreti di cui sopra - entro diciotto mesi dalla data della loro entrata in vigore – con la procedura previste al comma precedente.

 

Il comma 4 detta i seguenti principi e i criteri direttivi cui il Governo si dovrà attenere per l'attuazione della delega:

§     unificazione delle procedure previste dai citati D.Lgs. 270/1999 e DL 347/2003 e individuazione quale provvedimento iniziale della proceduradi amministrazione straordinariail decreto di ammissione del Ministro dello sviluppo economico (lett. a)).

Secondo il D.Lgs 270/1999 la procedura prende avvio dall'accertamento da parte del Tribunale dello stato di insolvenza e della sussistenza delle condizioni occupazionali e debitorie previste dal D.Lgs. medesimo e prosegue con la nomina del commissario giudiziale.Il DL 347/2003 prevede invece che sia ilMinistro dello sviluppo economico a procedere immediatamente, con proprio decreto, all'ammissione dell'impresa alla procedura e alla nomina del commissario straordinario.Per le società operanti nel settore dei servizi pubblici essenziali, l’ammissione immediata alla procedura può essere disposta con decreto sia del Presidente del Consiglio dei ministri sia del Ministro dello sviluppo economico.

Nella relazione illustrativa si attribuisce al principio di delega in esame una ulteriore valenza, che per la verità non sembrerebbe discendere direttamente dal testo del provvedimento: “la riunificazione della disciplina della crisi delle grandi imprese in un solo atto normativo, con ciò contribuendo alla razionalizzazione delle fonti e pervenendo ad una chiarezza, anche procedurale, oggi minata dalla già evidenziata sovrapposizione di norme non sempre coerenti e coordinate tra loro”;

§     ridefinizione del contenuto della domanda di ammissione alla procedura, in modo da consentire all'impresa la presentazione di un piano in cui si possa prevedere, anche cumulativamente, la ristrutturazione, la cessione e l'affitto del patrimonio aziendale (lett. b)).

L’art. 2 del DL 347/2003 dispone che l'impresa in possesso di determinati requisiti occupazionali e debitori (stabiliti dall’art. 1) può richiedere al Ministro dello sviluppo economico, con apposita istanza, presentando contestuale ricorso all’autorità giudiziaria per la dichiarazione dello stato di insolvenza, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria, mediante la ristrutturazione economica e finanziaria ovvero la cessione dei complessi aziendali. Il Ministro dello sviluppo economico, valutata la sussistenza dello stato di insolvenza e dei requisiti occupazionali e debitori richiesti, può procedere immediatamente, con proprio decreto, all'ammissione dell'impresa alla procedura di amministrazione straordinaria e alla nomina del commissario straordinario.

Inoltre, l’art. 4, comma 2, del DL 347/2003 prevede la presentazione di un "programma di cessione dei complessi aziendali” di durata non superiore ad un anno (ex art. 27, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 270/1999) o di un "programma di ristrutturazione" di durata non superiore a due anni (ex art. 27, comma 2, lett. b) del D.Lgs 270/1999). Il programma è presentato dal commissario straordinario al Ministro, entro il termine di centottanta giorni dalla data del decreto di nomina, con possibilità di proroga.

Nella relazione che accompagna il ddl in esame si rileva la situazione paradossale che si verifica nei casi in cui il commissario redige e sottoscrive un piano di ristrutturazione – obbligo a cui è tenuto a pena di revoca dell’incarico - pur essendo consapevole dell'impossibilità di pervenire al risanamento dell'impresa. Il criterio di delega illustrato consentirebbe di superare tali situazioni paradossali, “consentendo al commissario anche un'immediata vendita di beni patrimoniali ancora fruttuosi, garantendo così maggiore elasticità al modello procedimentale”.

Si consideri che in realtà tale problematica posta in rilievo dalla relazione è stata superata a seguito delle modifiche introdotte dal DL 134/2008, che ha comportato l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina sull’amministrazione straordinaria di cui al DL 347/2003 (cd legge Marzano) anche alle imprese che intendono avvalersi, invece che delle procedure di ristrutturazione economica e finanziaria, delle procedure di cessione di complessi aziendali, sulla base di un programma di prosecuzione dell'esercizio dell'impresa di durata non superiore ad un anno. Difatti, ai sensi dell’art. 4, comma 2, del DL 347/2003, come novellato dal DL 134/2008, il commissario straordinario entro il termine di centottanta giorni dalla data del decreto di nomina, provvede alla presentazione, alternativamente, in considerazione della situazione della specifica impresa insolvente, di un “programma di cessione dei complessi aziendali” oppure di un "programma di ristrutturazione".

§     valutazione del piano da parte del commissario straordinario, con possibilità per lo stesso commissario di proporre modifiche e integrazioni ovvero di presentare un piano alternativo a quello dell'impresa da sottoporre all'approvazione del Ministro dello sviluppo economico (lett. c)).

Secondo a relazione illustrativa il criterio di delega è volto ad una maggiore razionalità della procedura;

§     previsione espressa dell’affitto di beni, di aziende o di rami aziendali, tra le operazioni autorizzabili volte al risanamento (lett. d));

§     durata del piano determinata da uno a due anni in funzione della complessità della procedura, con possibilità di proroga al massimo fino ad un ulteriore anno per eccezionali esigenze sopravvenute (lett. e)).

L’articolo 27, comma 2, lett. a) e b), del D.Lgs. 270/1999 fissa la durata massima del programma di cessione dei complessi aziendali in un anno e la durata del programma diristrutturazione al massimo in due anni. Tuttavia l’art. 66 del medesimo decreto legislativo dispone che, se alla scadenza del programma di cessione dei complessi aziendali, la cessione non è ancora avvenuta, in tutto o in parte, ma risultano in corso iniziative di imminente definizione, il commissario straordinario può chiedere al tribunale, con l'autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentito il comitato di sorveglianza, la proroga del termine di scadenza del programma. Tale proroga può essere concessa una sola volta e per un periodo non superiore a tre mesi.

Il DL 347/2003, ferma restando la disciplina generale relativa alla durata massima del programma (di cessione o di ristrutturazione), di cui al D.Lgs 270/1999, prevede, in determinati casi, una durata massima del programma di cessione dei complessi aziendali più estesa; inoltre, il DL 347/2003 prevede in maniera più ampia e sistematica la possibilità di proroga del termine di esecuzione del programma. In particolare, ai sensi dell’art. 4, comma 4-bis, il programma di cessione può anche essere presentato dal commissario straordinario entro sessanta giorni dalla comunicazione della mancata autorizzazione del programma di ristrutturazione e, qualora venga autorizzato, la sua durata massima è fissata in due anni, decorrenti dalla data di autorizzazione, in deroga alle disposizioni del citato art. 27, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 270/1999 che fissa tale durata in un anno. Lo stesso art. 4 al comma 4-ter prevede che qualora al termine di scadenza il programma risulti eseguito solo in parte a causa della complessità delle operazioni di ristrutturazione o cessione dei complessi aziendali e delle difficoltà connesse alla definizione dei problemi occupazionali, il Ministro dello sviluppo economico, su istanza del commissario straordinario, può disporre la proroga del termine di esecuzione del programma per un massimo di dodici mesi. Inoltre, per l'attuazione delle procedure il cui programma risulti già prorogato ai sensi del menzionato comma 4-ter e che, in ragione della loro particolare complessità, non possano essere definite entro il termine indicato dalla norma, il Ministro dello sviluppo economico può inoltre disporre un’ulteriore proroga del termine di esecuzione del programma, per un massimo di dodici mesi (art.4, comma 4-septies). Infine, l’art. 4-bis (concordato) del DL 347/2003 al comma 11-bis stabilisce che in caso di programma di cessione dei complessi aziendali presentato dal Commissario straordinario entro sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza che respinge il concordato, la prosecuzione dell'esercizio d'impresa può avere una durata non superiore a due anni in deroga a quanto previsto dal citato D.Lgs. 270/1999;

§     indicazione, nel piano predisposto dal commissario straordinario, del profilo dell'eventuale assuntore(ossia, come si precisa nella relazione illustrativa, dei requisiti soggettivi minimi dei possibili assuntori quali solidità patrimoniale, vocazione industriale, ecc.) e dei livelli minimi di soddisfacimento dei creditori (lett. f)).

Si consideri che la relazione illustrativa afferma altresì che il piano predisposto dal commissario debba anche definire, almeno orientativamente, la procedura di selezione dei possibili assuntori (tale previsione non compare però espressamente nel testo del ddl).

L’art. 4-bis (concordato) del DL 347/2003 prevede l’attribuzione delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore. Possono costituirsi come assuntori anche i creditori, le società partecipate dai creditori, o le società costituite dal commissario straordinario, le cui azioni sono destinate, per effetto del concordato, ad essere attribuite ai creditori. La norma prevede, altresì, la possibilità di trasferimento all’assuntore, quale patto concordatario, delle azioni revocatorie promosse dal commissario straordinario fino alla data di pubblicazione della sentenza di approvazione del concordato;

§     possibile individuazione dell'eventuale assuntore delle attività delle imprese anche in corso di esecuzione del piano predisposto dal commissario straordinario o successivamente al deposito dell'istanza di concordato e possibili limitazioni previste nell'assunzione dei debiti (lett. g)).

Secondo la relazione illustrativa il criterio di delega è volto alla eliminazione delle attuali rigidità del sistema che, richiedendo l’individuazione dell’assuntore precedentemente all’approvazione del piano, non facilitano il ricorso a questo strumento;

§     coordinamento dell'esercizio delle azioni revocatorie fallimentari con le fattispecie di risanamento mediante ristrutturazione economica e finanziaria (lett. h)).

Si ricorda che l’art. 6 del DL 347/2003 riconosce al commissario straordinario la facoltà di proporre le azioni revocatorie degli atti pregiudizievoli ai creditori, previste dagli artt. 49 e 91 del D.Lgs. 270/1999[24], anche dopo l’autorizzazione alla esecuzione del programma di ristrutturazione, purché si traducano in un vantaggio per i creditori. Nel caso in cui la soddisfazione dei creditori avvenga tramite concordato, si applicano le disposizioni dell’art. 4-bis, comma 1, lett. c-bis) (relativa, nell’ambito del programma di ristrutturazione, all’attribuzione ad un assuntore delle attività delle imprese interessate dalla proposta di concordato), che prevedono la possibilità, quale patto di concordato, di trasferimento all’assuntore delle azioni revocatorie, di cui all’art. 6 del DL 347/2003, promosse dal commissario straordinario fino alla data di pubblicazione della sentenza di approvazione del concordato;

§     possibilità (“nella prospettiva di agevolare il superamento della crisi”, come chiarito dalla relazione) di concludere accordi di ristrutturazione di debito finanziati con il Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà istituito con il decreto-legge n. 35/2005 (c.d. decreto competitività)[25], previa approvazione del Ministero dello sviluppo economico (lett. i)).

II DL 35/2005, all’art. 11, comma 3,ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi, con una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 35 milioni di euro. II Fondo è stato successivamente rifinanziato dall'articolo 2 del DL 136/2006 recante Proroga di termini in materia di ammortizzatori sociali (15 milioni di euro per l'anno 2006). Più recentemente il fondo è stato rifinanziato in ragione di 15 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) che, inoltre, è intervenuta in merito al Fondo medesimo stabilendo che i relativi interventi siano disposti in base ai criteri e alle modalità stabiliti dal CIPE, con propria delibera[26], su proposta del Ministro dello sviluppo economico.(Cfr. paragrafo relativo al quadro normativo);

§     individuazione di adeguate forme di tutela giurisdizionale dei creditori e dei terzi interessati, compatibili con le esigenze di celerità della procedura (lett. l));

§     previsione di una disciplina transitoria per le procedure in corso alla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 (lett. m)).

 


Articolo 2
(Delega al Governo per la riforma della disciplina penale fallimentare)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con l'osservanza dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, uno o più decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle disposizioni penali in materia di procedure concorsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La riforma, in conformità ai princìpi e criteri direttivi di cui al comma 4, realizza il necessario coordinamento, anche formale, con le altre disposizioni vigenti.
      2. I decreti legislativi previsti dal comma 1 sono adottati su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico, e sono successivamente trasmessi alle Camere, al fine dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti legislativi possono essere comunque emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal comma 1 o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.
      3. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere emanati uno o più decreti legislativi correttivi e integrativi con il rispetto del procedimento di cui al comma 2.
      4. Nell'attuazione della delega di cui al comma 1, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) prevedere i seguenti delitti di bancarotta fraudolenta:

              1) bancarotta fraudolenta patrimoniale, consistente nella condotta dell'imprenditore individuale che, contemporaneamente allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa il patrimonio che, a norma delle leggi civili, è destinato al soddisfacimento dei creditori, ovvero espone o riconosce passività inesistenti finalizzate ad arrecare pregiudizio ai creditori; prevedere altresì quale reato la condotta dell'imprenditore individuale che cagiona intenzionalmente il dissesto;

              2) bancarotta fraudolenta documentale, consistente nella condotta dell'imprenditore individuale che, allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori ovvero di occultare il dissesto o la commissione dei reati di cui ai numeri 1) e 3), nei tre anni precedenti il provvedimento di apertura della procedura concorsuale, distrugge, sottrae, falsifica od omette di tenere i libri o le scritture contabili previsti dalla legge, ovvero tiene i medesimi in modo irregolare o incompleto;

              3) bancarotta fraudolenta preferenziale dell'imprenditore individuale, consistente nella condotta dell'imprenditore che, allo scopo di favorire taluni creditori a danno di altri, contemporaneamente allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, esegue pagamenti, o altre prestazioni estintive di obbligazioni, indebiti o non giustificati sotto il profilo giuridico o economico, ovvero simula titoli di prelazione;

          b) prevedere il delitto di bancarotta semplice, consistente nella condotta dell'imprenditore individuale che omette o ritarda la presentazione dell'istanza per l'apertura della procedura concorsuale in modo tale da aggravare il preesistente dissesto;

          c) prevedere il delitto di bancarotta del soggetto cui è estesa la procedura concorsuale, consistente nei fatti descritti alla lettera a), numeri 1) e 3), se commessi sui propri beni;

          d) prevedere il delitto di bancarotta fraudolenta impropria, consistente:

              1) nei fatti di cui alla lettera a) commessi dall'institore, da chi svolge, anche di fatto, funzioni di amministrazione, direzione, controllo o liquidazione di società, di imprenditori collettivi o di enti dichiarati insolventi, nonché dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari; prevedere per tali ipotesi, quale dolo alternativo, quello del fine di arrecare pregiudizio ai soci;

              2) in ulteriori condotte commesse mediante abuso dei poteri o violazione dei doveri relativi alla carica rivestita da parte dei soggetti di cui al numero 1), ovvero mediante false comunicazioni sociali o illecite operazioni sul capitale, sugli utili, sulle riserve o sul patrimonio sociale, purché tali condotte abbiano cagionato, aggravato od occultato il dissesto della società;

          e) prevedere il delitto di bancarotta semplice impropria consistente:

              1) nei fatti di cui alla lettera b) commessi dai soggetti di cui alla lettera d), numero 1);

              2) nel cagionare o aggravare il dissesto della società mediante condotte od operazioni manifestamente imprudenti o di pura sorte, eventualmente limitando la punibilità della condotta al caso in cui sia commessa in danno di società con azioni quotate in mercati regolamentati o diffuse tra il pubblico in misura rilevante;

          f) prevedere il reato di simulazione di credito, consistente nella presentazione, nel corso della procedura concorsuale, di domande di ammissione di crediti fraudolentemente simulati, anche per interposta persona;

          g) prevedere il reato di ricettazione fallimentare, consistente nella condotta di chi, consapevole dello stato di dissesto o dell'apertura della procedura concorsuale, senza essere creditore o titolare di diritti sul patrimonio dell'insolvente e senza concorrere con il medesimo, cagiona una diminuzione ingiustificata del patrimonio dell'insolvente stesso; prevedere circostanze attenuanti, ad effetto speciale, nel caso in cui le predette domande siano ritirate prima del provvedimento di cui all'articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, o, se manca l'accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell'esercizio dell'azione penale o nel caso in cui i beni, ingiustificatamente sottratti al patrimonio dell'insolvente, siano reintegrati, anche per equivalente;

          h) prevedere il delitto di falsa esposizione di dati o di informazioni o altri comportamenti fraudolenti, consistente:

              1) nell'esposizione di informazioni false o nell'omissione di informazioni imposte dalla legge per l'apertura delle procedure di concordato preventivo al fine di potervi accedere, ovvero per ottenere l'omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, e al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, ovvero per ottenere l'approvazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti da parte del Ministero dello sviluppo economico; prevedere altresì la punibilità delle condotte fraudolente commesse nel corso di tali procedure;

              2) nella simulazione di crediti inesistenti o in altri comportamenti di frode, al fine di influire sulla formazione delle maggioranze; prevedere che la stessa pena si applichi al creditore che riceve il pagamento o che accetta la promessa al fine dell'espressione del proprio voto;

          i) determinare le pene applicabili in relazione alla commissione dei delitti di cui alle lettere da a) a h), da graduare in riferimento alla gravità degli illeciti:

              1) per i delitti di cui alle lettere a), numeri 1) e 2), e d), nella parte in cui rinvia ai fatti descritti alla lettera a), numeri 1) e 2), prevedendo la pena della reclusione da individuare in una pena compresa, nel minimo, tra due e quattro anni e, nel massimo, tra otto e dodici anni;

              2) per i delitti di cui alle lettere a) numero 3), c), d), nella parte in cui rinvia ai fatti descritti alla lettera a), numero 3), f), g) e h), prevedendo la pena della reclusione non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;

              3) per i delitti di cui alle lettere b) ed e), prevedendo la pena della reclusione non inferiore a sei mesi e non superiore a due anni;

          l) prevedere circostanze aggravanti e attenuanti, anche ad effetto speciale, per i reati di cui alle lettere da a) a i) nel caso di più fatti ovvero se il fatto ha causato, rispettivamente, un danno patrimoniale di rilevante gravità ovvero di speciale tenuità ovvero se, prima del giudizio o prima del provvedimento di cui all'articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, è intervenuta l'integrale riparazione del danno patrimoniale ai creditori o, se manca l'accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell'esercizio dell'azione penale è intervenuta da parte dell'autore del fatto la consegna della contabilità o di altri documenti idonei alla completa ricostruzione contabile del patrimonio o del movimento degli affari;

          m) prevedere che alla condanna per i delitti di cui alle lettere a), b), d) ed e) consegue, in ogni caso, la pena accessoria dell'interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, per un periodo da stabilire;

          n) stabilire, agli effetti della legge penale, l'equiparazione dei curatori, dei commissari giudiziali o governativi e dei loro coadiutori ai pubblici ufficiali;

          o) prevedere che le condotte di cui alle lettere da a) ad e) costituiscano reato solo se alle medesime segua il provvedimento di apertura della procedura concorsuale e che le medesime disposizioni si applichino anche ai fatti commessi successivamente al provvedimento di apertura della procedura concorsuale;

          p) prevedere che, agli effetti della legge penale, non è ingiusto il vantaggio dell'impresa collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo;

          q) prevedere l'attribuzione in via esclusiva al curatore, fino alla definizione della procedura concorsuale, della legittimazione alla costituzione di parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per i reati di cui al presente comma, salvo che i creditori intendano far valere un titolo di azione propria o personale;

          r) prevedere, mediante la modificazione degli articoli 95 e 96 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, che l'equiparazione della dichiarazione dello stato di insolvenza alla dichiarazione di fallimento, ai fini della punibilità delle condotte indebite o ingiustificate tenute nel corso della procedura, sia limitata all'ipotesi di conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, nel corso o al termine della procedura, ovvero al caso in cui si riscontri la falsità dei presupposti per l'ammissione alla procedura;

          s) prevedere disposizioni transitorie relative alla disciplina dei fatti commessi prima della data di entrata in vigore dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al comma 1 e alla successione nel tempo delle nuove norme penali rispetto a quelle abrogate;

          t) disporre l'abrogazione delle norme incompatibili con quelle introdotte in attuazione della delega di cui al comma 1.


 

 

L’articolo 2 del disegno di legge delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi volti a riformare la disciplina dei reati fallimentari di cui al R.D. n. 267 del 1942 (cd. legge fallimentare).

In particolare, il comma 1 fissa in 12 mesi dall’entrata in vigore della legge delega, il termine entro il quale il Governo deve emanare i decreti legislativi, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui al comma 4, e assicurando il coordinamento della nuova disciplina con le altre disposizioni vigenti.

Il comma 2 delinea il procedimento che il Governo dovrà seguire per l’emanazione dei decreti legislativi; analiticamente:

§      adozione degli schemi di decreto, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico;

§      espressione del parere da parte delle commissioni parlamentari competenti entro 30 giorni dalla trasmissione degli schemi. Se il termine per l’espressione del parere viene a scadenza nei 30 giorni antecedenti lo spirare del termine di delega, quest’ultimo è prorogato di 60 giorni.

Il comma 3 reca la delega per l’adozione dei decreti correttivi, ponendo il termine di 18 mesi dall’entrata in vigore dei decreti legislativi di riforma ed esplicitando l’applicazione del procedimento di cui al comma 2.

 

Con riferimento alla delega per l’emanazione dei decreti correttivi, occorre precisare i principi e criteri direttivi applicabili.

 

Il comma 4 individua principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo nell’emanazione dei decreti delegati.

Di seguito si darà conto delle linee di riforma delineate dal disegno di legge, raffrontandole con una descrizione sintetica delle disposizioni attualmente in vigore e operando altresì un primo raffronto fra le sanzioni previste dalla delega (lettera i) e quelle attualmente vigenti.

 

In base alla lettera a), il Governo dovrà rivedere la disciplina dei delitti di bancarotta fraudolenta prevedendo le tre distinte ipotesi di bancarotta fraudolenta patrimoniale, documentale e preferenziale. La lettera o) (v. infra) individua come presupposto dei delitti di bancarotta fraudolenta il provvedimento di apertura della procedura concorsuale: ciò comporta che il delitto può essere commesso tanto in fase pre-concorsuale, quanto in fase post-concorsuale, ma l’apertura della procedura resta un requisito essenziale del reato.

 


Bancarotta fraudolenta: normativa vigente

Le tre diverse ipotesi del delitto di bancarotta fraudolenta sono attualmente disciplinate da un’unica disposizione: l'art. 216 della legge fallimentare.

Commette questo delitto l'imprenditore dichiarato fallito che, prima dell'intervento della sentenza di fallimento, ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni, ovvero - allo scopo di recare pregiudizio ai creditori - ha esposto o riconosciuto passività inesistenti[27] (c.d. bancarotta patrimoniale). Si configura la bancarotta anche se le predette condotte sono commesse dopo la sentenza e durante la procedura fallimentare (c.d. bancarotta post-fallimentare). Commette altresì il delitto di bancarotta fraudolente l'imprenditore dichiarato fallito che sottrae, distrugge o falsifica i libri e le scritture contabili allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare un danno ai creditori (c.d. bancarotta documentale), ovvero esegue pagamenti o simula titoli di prelazione per favorire taluno dei creditori (c.d. bancarotta preferenziale).

Si tratta di un reato proprio, che può essere commesso solo dall'imprenditore commerciale, cui vengono equiparati l'imprenditore occulto e colui che esercita l'attività commerciale per il perseguimento di un fine illecito. Con il fallito può concorrere nel reato anche un terzo, se la sua attività si è inserita nel processo criminoso con efficacia causale sull'evento.

L'elemento soggettivo, secondo alcuni, consiste nella volontà del soggetto agente di trarre profitto, per sé o per altri, dei fatti commessi con pregiudizio ai creditori (dolo specifico). Altri autori invece ritengono che sia sufficiente il dolo generico, ossia la sola volontà di compiere i vari atti a prescindere dallo scopo[28].

La pena è fissata nella reclusione da 3 a 10 anni in caso di bancarotta patrimoniale e documentale; nella reclusione da 1 a 5 anni in caso di bancarotta preferenziale. Inoltre, la specifica condanna per bancarotta fraudolenta comporta per 10 anni l'inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e, sempre per 10 anni, l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Il n. 1 della lettera a) definisce la bancarotta fraudolenta patrimoniale come «la condotta dell'imprenditore individuale che, contemporaneamente allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, distrae, occulta, dissimula, distrugge o dissipa il patrimonio che, a norma delle leggi civili, è destinato al soddisfacimento dei creditori, ovvero espone o riconosce passività inesistenti finalizzate ad arrecare pregiudizio ai creditori».

Nella norma di delega, rispetto alla normativa vigente, si evidenzia inoltre che:

§      autore del reato può essere il solo imprenditore individuale (per gli institori e gli amministratori v., infra, lettere d) ed e));

§      si fa riferimento, piuttosto che ai beni dell’imprenditore, al patrimonio destinato al soddisfacimento dei creditori; la relazione illustrativa precisa che ciò rappresenta un’estensione dell’oggetto della bancarotta patrimoniale, “con inclusione, ad esempio, del patrimonio del garante concorrente con il soggetto qualificato”.

 

La legge delega richiede, inoltre, la previsione di una fattispecie autonoma di reato per l'imprenditore individuale che cagiona intenzionalmente il dissesto.

 

Il n. 2 della lettera a) definisce la bancarotta fraudolenta documentale come la condotta dell'imprenditore individuale che nei tre anni precedenti il provvedimento di apertura della procedura concorsuale, allo scopo di:

-          arrecare pregiudizio ai creditori, o

-          occultare il dissesto o

-          occultare la commissione dei reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale o preferenziale,

distrugge, sottrae, falsifica od omette di tenere i libri o le scritture contabili previsti dalla legge, ovvero tiene i medesimi in modo irregolare o incompleto.

Rispetto alla normativa vigente, nella norma di delega:

·       è previsto un arco temporale entro il quale devono essere tenute le condotte che integrano la fattispecie (tre anni precedenti il provvedimento di apertura della procedura concorsuale);

·       è eliminata, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, la finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto.

 

Il n. 3 della lettera a) definisce la bancarotta fraudolenta preferenziale come la condotta dell'imprenditore che, allo scopo di favorire taluni creditori a danno di altri, contemporaneamente allo stato di insolvenza o al concreto pericolo del medesimo, esegue pagamenti, o altre prestazioni estintive di obbligazioni, indebiti o non giustificati sotto il profilo giuridico o economico, ovvero simula titoli di prelazione.

Rispetto alla normativa vigente, si evidenziano le seguenti novità:

·       con riferimento al profilo temporale, l’espressione «prima o durante la procedura fallimentare» è sostituita dal riferimento alla contemporaneità con lo stato di insolvenza o con il concreto pericolo del medesimo;

·       si specifica che la fattispecie è integrata non da un qualsiasi pagamento, ma da un pagamento, o comunque dall’estinzione di un’obbligazione, che risulti indebito o non giustificato sotto il profilo giuridico o economico.

 

Per quanto riguarda le sanzioni da applicare ai delitti di bancarotta fraudolenta, la lettera i), nn. 1) e 2) prevede la reclusione, così articolata:

 

Fattispecie

Sanzione

 

normativa vigente

A.C. 1741: principi delega

 

Minimo

Massimo

Minimo

Massimo

·       Bancarotta fraudolenta patrimoniale

3 anni

10 anni

da 2 a 4 anni

da 8 a 12 anni

·       Bancarotta fraudolenta documentale

3 anni

10 anni

da 2 a 4 anni

da 8 a 12 anni

·       Bancarotta fraudolenta preferenziale

1 anno

5 anni

1 anno

5 anni

 

Ai sensi della lettera b), il Governo dovrà rivedere la disciplina del delitto di bancarotta semplice. Il provvedimento di apertura della procedura concorsuale costituisce requisito essenziale anche di tale delitto, in base alla già richiamata lettera o).

 

 

Bancarotta semplice: normativa vigente

 

Attualmente, ai sensi dall'art. 217 della legge fallimentare, commette il delitto di bancarotta semplice l'imprenditore, dichiarato fallito, che effettua spese personali (o per la famiglia) eccessive rispetto alla sua condizione economica, che consuma parte del suo patrimonio in operazioni imprudenti, che compie gravi atti per ritardare il fallimento, che aggrava il proprio dissesto, omettendo la richiesta di fallimento (c.d. bancarotta patrimoniale) e, infine, che non soddisfa le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

Commette il medesimo delitto l'imprenditore, poi dichiarato fallito, che nei 3 anni precedenti alla dichiarazione di fallimento non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritte dalla legge, o li ha tenuti in maniera incompleta (c.d. bancarotta documentale).

Anche in questi casi si tratta di reati propri, che possono essere commessi solo dall'imprenditore commerciale, mentre l'elemento soggettivo può essere anche solo la colpa, ritenendosi quindi sufficiente ai fini della punibilità che il fallito abbia agito con imprudenza, imperizia o negligenza. Il dolo è richiesto solo in relazione all'inadempimento delle obbligazioni assunte in un precedente concordato[29].

La pena è fissata nella reclusione da 6 mesi a 2 anni, cui si aggiunge l'inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per massimo 2 anni.

 

Il disegno di legge delega limita le ipotesi di bancarotta semplice alla condotta dell'imprenditore individuale che omette o ritarda la presentazione dell'istanza per l'apertura della procedura concorsuale, così da aggravare il preesistente dissesto. Sostanzialmente la delega mantiene la sola ipotesi attualmente prevista dall’art. 217 LF, primo comma, n. 4).

Diversamente dalla disciplina vigente, il disegno di legge non richiede, come presupposto del reato, la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore. La lettera o), infatti, limita il presupposto del provvedimento di apertura della procedura concorsuale ai delitti di bancarotta fraudolenta (lett. a) e di bancarotta semplice impropria (lett. e).

Per quanto riguarda la sanzione da applicare al delitto di bancarotta semplice, la lettera i), n. 3) prevede la reclusione, da articolarsi nel seguente modo:

 

Fattispecie

Sanzione

 

(normativa vigente)

(A.C. 1741: principi delega)

 

Minimo

Massimo

Minimo

Massimo

·       Bancarotta semplice

6 mesi

2 anni

6 mesi

2 anni

 

 

Ai sensi della lettera c), il Governo dovrà prevedere ipotesi specifiche di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta fraudolenta preferenziale a carico del soggetto cui è estesa la procedura concorsuale e relativamente a condotte di disposizione dei propri beni.

 

Si ricorda che, già attualmente, soggetti attivi di fatti di bancarotta possono essere anche i soci illimitatamente responsabili di società in nome collettivo ed in accomandita semplice, ai quali il fallimento della società si estende a norma dell’art. 147 della legge fallimentare. La loro responsabilità può riguardare fatti commessi sia sul proprio patrimonio personale sia sul patrimonio della società.

 

In tali ipotesi, ai sensi della lettera i), n. 2), la sanzione dovrà essere della reclusione non inferiore ad un anno e non superiore a 5 anni. In questo caso dunque, il disegno di legge prevede una sanzione meno pesante rispetto a quella prevista, in generale, per i delitti di bancarotta fraudolenta (v. sopra).

 

Le lettere d) ed e) si riferiscono ai delitti di bancarotta impropria; anche a tali delitti si applica il criterio direttivo di cui alla lettera o) relativo al requisito essenziale del provvedimento di apertura della procedura.

 

Ai sensi della lettera d), il Governo dovrà disciplinare il delitto di bancarotta fraudolenta impropria.

 

c.d. Bancarotta fraudolenta impropria (Fatti di bancarotta fraudolenta): normativa vigente

 

Come detto, per punire il reato di bancarotta (fraudolenta o semplice) è necessaria la dichiarazione di fallimento e quindi occorre che il soggetto che commette il reato sia imprenditore commerciale non piccolo.

Ai sensi dell’art. 223 della legge fallimentare, le pene stabilite dall’art. 216 (reclusione da 3 a 10 anni per la bancarotta patrimoniale e documentale; reclusione da 1 a 5 anni per la bancarotta preferenziale; pena accessoria dell’inabilitazione all'esercizio di una impresa commerciale e dell'incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 10 anni) si applicano anche agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci ed ai liquidatori di società dichiarate fallite, se:

§         hanno commesso alcuni dei fatti indicati dall’art. 216;

§         hanno cagionato o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuni dei fatti previsti dal codice civile (articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634) come reati societari (false comunicazioni sociali, indebita restituzione dei conferimenti, illegale ripartizione di utili o riserve, operazioni in pregiudizio dei creditori, infedeltà patrimoniale, etc...);

§         hanno cagionato - con dolo o per effetto di operazioni dolose - il fallimento della società, anche semplicemente aggravando una situazione di dissesto già esistente[30].

Inoltre, ai sensi dell’art. 217 della legge fallimentare, le pene previste per il delitto di bancarotta fraudolenta possono essere comminate anche all’institore dell’imprenditore dichiarato fallito che abbia commesso i fatti di cui all’art. 116 L.F.

 

Il Governo dovrà (n. 1) ridisciplinare la fattispecie prevedendo che i delitti di bancarotta fraudolenta (patrimoniale, documentale o preferenziale) possano essere commessi, oltre che dall’imprenditore individuale (lett. a), anche da:

-          institore, ovvero colui che è preposto dal titolare all’esercizio di un’impresa commerciale (art. 2203 c.c.);

-          amministratori, direttori o soggetti preposti – anche di fatto - a funzioni di controllo o di liquidazione di società, imprenditori collettivi o enti dichiarati insolventi;

-          dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari.

In queste ipotesi, quanto all’elemento soggettivo, il Governo potrà prevedere come dolo alternativo, il fine di arrecare pregiudizio ai soci.

Il delitto di bancarotta fraudolenta impropria potrà essere configurato anche (n. 2) laddove

-       institore;

-       amministratori, direttori o soggetti preposti – anche di fatto - a funzioni di controllo o di liquidazione di società, imprenditori collettivi o enti dichiarati insolventi;

-       dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari

abbiano comunque cagionato, aggravato o occultato il dissesto della società attraverso:

   abuso dei propri poteri;

   violazione dei doveri relativi alla carica;

   false comunicazioni sociali;

   illecite operazioni sul capitale, gli utili, le riserve o il patrimonio sociale.

 

Per quanto riguarda la sanzione da applicare ai delitti di bancarotta fraudolenta impropria, la lettera i), nn. 1) e 2) prevede la reclusione, da articolarsi nel seguente modo:

 

Fattispecie

Sanzione

 

normativa vigente

A.C. 1741: principi delega

 

Minimo

Massimo

Minimo

Massimo

·       Bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale

3 anni

10 anni

da 2 a 4 anni

da 8 a 12 anni

·       Bancarotta fraudolenta impropria documentale

3 anni

10 anni

da 2 a 4 anni

da 8 a 12 anni

·       Bancarotta fraudolenta impropria preferenziale

1 anno

5 anni

1 anno

5 anni

 

 

Ai sensi della lettera e), il Governo dovrà disciplinare il delitto di bancarotta semplice impropria.

 

c.d. Bancarotta semplice impropria (Fatti di bancarotta semplice):
normativa vigente

 

Ai sensi dell’art. 224 della legge fallimentare, le pene stabilite nell’art. 217 L.F. per il delitto di bancarotta semplice (reclusione da 6 mesi a 2 anni e inabilitazione all'esercizio di un'impresa commerciale con incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per massimo 2 anni) si applicano anche agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci ed ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali abbiano:

§       fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

§       consumato una notevole parte del patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

§       compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

§       aggravato il dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione di fallimento o con altra grave colpa;

§       mancato di soddisfare le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare;

§       tenuto i libri e le scritture contabili in modo irregolare nei tre anni precedenti al fallimento;

§       concorso a cagionare ed aggravare il dissesto con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.

 

Nell’emanazione del decreto legislativo il Governo dovrà prevedere il delitto di bancarotta semplice impropria in due casi:

n. 1)           a fronte di institori, amministratori, direttori o soggetti preposti – anche di fatto - a funzioni di controllo o di liquidazione di società, imprenditori collettivi o enti dichiarati insolventi nonché dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari che omettano o ritardino la presentazione dell'istanza per l'apertura della procedura concorsuale, così da aggravare il preesistente dissesto (si riprende la fattispecie di bancarotta semplice delineata dalla lettera b);

n. 2)           a fronte di condotte o operazioni che determinano o aggravano il dissesto della società; si dovrà trattare di operazioni manifestamente imprudenti o di pura sorte; viene rimessa al Governo la valutazione dell’opportunità di prevedere la responsabilità penale solo se la condotta è commessa in danno di società con azioni quotate in borsa o diffuse tra il pubblico in misura rilevante.

 

Sarebbe opportuno esplicitare l’ambito soggettivo di applicazione del reato di bancarotta semplice impropria di cui alla lettera e), n. 2.

 

Per quanto riguarda la sanzione da applicare al delitto di bancarotta semplice impropria, la lettera i), n. 3) prevede la reclusione, da articolarsi nel seguente modo:

 

Fattispecie

Sanzione

 

normativa vigente

A.C. 1741: principi delega

 

Minimo

Massimo

Minimo

Massimo

·       Bancarotta semplice impropria

6 mesi

2 anni

6 mesi

2 anni

 

 

La lettera f) contiene principi e criteri direttivi cui dovrà attenersi il Governo nel regolamentare il reato di simulazione del credito.

 

Domanda di ammissione di crediti simulati: normativa vigente

 

Attualmente, l'articolo 232 prevede al primo comma il reato di domanda di ammissione di crediti simulati. Commette questo reato chiunque, fuori dei casi di concorso in bancarotta, anche per interposta persona, presenta domanda di ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente simulato[31].

Si tratta di un reato comune (chiunque) la cui condotta non si esaurisce nella presentazione della domanda di ammissione al passivo, ma comprende anche la fraudolenta simulazione, che deve accompagnare o precedere l'istanza di insinuazione.

La fattispecie rientra nella categoria dei reati di pericolo e, più precisamente, di pericolo presunto: per la sussistenza del reato pertanto non è necessario che la condotta abbia cagionato un danno effettivo al fallimento e alle aspettative dei creditori ammessi al concorso, ma è sufficiente che il pericolo di tale danno derivi presuntivamente dalla presentazione del credito fraudolentemente simulato, senza che ne rilevi l'ammissione o meno al passivo. L'elemento soggettivo viene individuato nel dolo generico.

La pena è la reclusione da 1 a 5 anni e la multa da 51 a 516 euro; il reato è attenuato e la pena dimezzata se la domanda è ritirata prima della verifica dello stato passivo (secondo comma).

 

Il disegno di legge, non innovando rispetto alla normativa vigente, definisce la fattispecie di simulazione di credito come la «presentazione, nel corso della procedura concorsuale, di domande di ammissione di crediti fraudolentemente simulati, anche per interposta persona».

Per quanto riguarda la sanzione da applicare al delitto di simulazione del credito, la lettera i), n. 2) prevede la reclusione, da articolarsi nel seguente modo:

 

Fattispecie

Sanzione

 

(normativa vigente)

(A.C. 1741: principi delega)

 

Minimo

Massimo

Minimo

Massimo

·       Simulazione del credito

1 anno

5 anni

1 anno

5 anni

 

+ multa

 

 

 

51 euro

516 euro

 

 

 

 

Ai sensi della lettera g) il Governo dovrà ridisciplinare il reato di ricettazione fallimentare.

 

Ricettazione fallimentare: normativa vigente

 

Attualmente, il reato di ricettazione fallimentare è previsto dal terzo comma dell'art. 232 L.F. Commette tale reato chiunque:

§       dopo la dichiarazione di fallimento sottrae, distrae, ricetta[32], ovvero dissimula beni del fallito (fuori dei casi di concorso in bancarotta o di favoreggiamento);

§       prima della dichiarazione di fallimento, pur essendo consapevole dello stato di dissesto dell'imprenditore che porterà al fallimento stesso, distrae o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo notevolmente inferiore al valore corrente[33].

Anche in questo caso – al pari della domanda di ammissione di crediti simulati - si tratta di reato comune (chiunque), di reato di pericolo presunto ed è richiesto il dolo generico.

La pena della reclusione da 1 a 5 anni è aumentata se l'acquirente è un imprenditore commerciale (quarto comma).

 

Il disegno di legge delega qualifica la ricettazione fallimentare come la «condotta di chi, consapevole dello stato di dissesto o dell'apertura della procedura concorsuale, senza essere creditore o titolare di diritti sul patrimonio dell'insolvente e senza concorrere con il medesimo, cagiona una diminuzione ingiustificata del patrimonio dell'insolvente stesso».

La lettera i), n. 2) prescrive al Governo di sanzionare la ricettazione fallimentare in base ai seguenti criteri:

 

Fattispecie

Sanzione

 

normativa vigente

A.C. 1741: principi delega

 

Minimo

Massimo

Minimo

Massimo

·       Ricettazione fallimentare

1 anno

5 anni

1 anno

5 anni

 

La lettera g) dispone, inoltre, che il Governo debba prevedere circostanze attenuanti ad effetto speciale che sembrano operare sia per il reato di ricettazione fallimentare che per la simulazione di credito, disciplinata dalla lettera precedente.

 

Si ricorda che le circostanze del reato (aggravanti e attenuanti) possono essere a effetto comune e a effetto speciale. Le prime comportano un aumento o una diminuzione della pena fino a un terzo della pena astrattamente prevista (cosiddetto aumento ordinario); le seconde comportano un aumento diverso (es. la metà) o addirittura l'applicazione di una pena di specie diversa (ad es. una circostanza può aggravare un reato punito normalmente con una semplice multa, sino a comportare la pena della reclusione).

 

In particolare, dovranno essere previste attenuanti:

·       per la simulazione di credito, se la domanda di ammissione del credito simulato è ritirata prima della comunicazione, da parte del curatore, dell’esito del procedimento di accertamento del passivo ovvero - se manca l'accertamento dei crediti o dei diritti - prima dell'esercizio dell'azione penale;

 

Attualmente, ai sensi dell’art. 232, secondo comma, il reato è attenuato e la pena dimezzata se la domanda è ritirata prima della verifica dello stato passivo.

 

·       per la ricettazione fallimentare, se i beni ingiustificatamente sottratti al patrimonio dell'insolvente sono reintegrati, anche per equivalente.

 

Ai fini di una maggiore chiarezza, tenuto conto dell’applicabilità delle attenuanti sia alla simulazione di credito sia alla ricettazione fallimentare, sarebbe opportuno inserire la disciplina delle attenuanti (attualmente contenuta solo nella lett. g) relativa alla ricettazione fallimentare) in una lettera autonoma o, in alternativa, indicare nella lettera f) le attenuanti applicabili alla simulazione di credito.

 

 

La lettera h) delega il Governo a disciplinare il delitto di falsa esposizione di dati o di informazioni all’interno del quale vengono individuate le seguenti fattispecie:

a)   esposizione di informazioni false o omissione di informazioni imposte dalla legge per poter accedere alle seguenti procedure:

-         concordato preventivo;

-         omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti;

 

L’art. 182-bis L.F. prevede che il debitore possa depositare, con la domanda per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, anche un accordo di ristrutturazione dei debiti. L’accordo, riservato agli imprenditori commerciali non esclusi dal fallimento o dall’amministrazione straordinaria, deve essere stipulato con tanti creditori che rappresentino almeno il 60% dell’ammontare dei crediti e deve essere corredato dalla relazione di un esperto avente ad oggetto l’attuabilità dell’accordo.

Il secondo comma dell’art. 182 bis stabilisce che l’accordo di ristrutturazione dei debiti è pubblicato nel Registro delle imprese ed entro 30 giorni i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il comma successivo stabilisce che il tribunale, una volta decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio, con decreto motivato.

L’omologazione rappresenta un controllo di legittimità che ha per oggetto innanzitutto i consensi prestati e il calcolo della percentuale dei crediti minima del 60%; è poi diretta a verificare l’idoneità dell’accordo ad assicurare il regolare pagamento dei creditori estranei, verifica che viene ovviamente fatta sulla base della relazione dell’esperto e di tutta la documentazione prodotta dall’imprenditore.

 

-         ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria;

 

Si segnala che la lettera h), n. 1, rinvia alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al d.lgs. n. 270 del 1999 e al d.l n. 347 dl 2003; tale rinvio andrà coordinato con l’articolo 1 del disegno di legge che contiene la delega per la riforma di tale disciplina.

 

-         approvazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti da parte del Ministero dello sviluppo economico (che costituiscono oggetto del criterio direttivo di cui all’articolo 1, comma 4, lettera i);

 

b)   simulazione di crediti inesistenti o altri comportamenti di frode, al fine di influire sulla formazione delle maggioranze. Il Governo dovrà inoltre prevede che la pena prevista in quest’ultima ipotesi (alterazione delle maggioranze) si applichi anche al creditore che riceve il pagamento o che accetta la promessa al fine dell'espressione del proprio voto.

 

Attualmente, fattispecie penali analoghe, o comunque riconducibili a quelle delineate dalla lettera h), sono rinvenibili nei seguenti articoli della legge fallimentare:

-      art. 220: è punito con la reclusione da 6 a 18 mesi il fallito che, fuori dall’ipotesi di bancarotta fraudolenta, nell'elenco nominativo dei suoi creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario o non deposita le scritture contabili; analoga sanzione si applica agli amministratori, ai direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite, ai sensi dell’art. 226 L.F.;

-      art. 233: è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa non inferiore a 103 euro il creditore che stipula col fallito, o con altri nell'interesse del fallito, vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato o nelle deliberazioni del comitato dei creditori (c.d. mercato di voto);

-      art. 236: è punito con la reclusione da 1 a 5 anni l’imprenditore che, al solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo, si sia attribuito attività inesistenti ovvero, per influire nella formazione della maggioranza, abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.

Inoltre, l’art. 95 del decreto legislativo n. 270 del 1999[34], in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, estende espressamente agli imprenditori (ed ai soci illimitatamente responsabili delle società personali) assoggettati alla procedura di amministrazione straordinaria le disposizioni penali dei capi I (bancarotta fraudolenta e semplice, ricorso abusivo al credito, denuncia di creditori inesistenti ed altre inosservanza sanzionate dall’art. 220 L.F.), II (reati commessi da persone diverse dal fallito) e IV (disposizioni di procedura) del titolo VI della legge fallimentare.

 

Si sottolinea come i delitti di frode di cui alla lettera h) si riferiscono anche a procedure concorsuali diverse dalla fallimentare (concordato preventivo; accordi di ristrutturazione dei debiti; ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria; accordi di ristrutturazione dei debiti da parte del Ministero dello sviluppo economico).

In base alla lettera i), n. 2), le fattispecie penali delineate dalla lettera h) dovranno essere sanzionate dal Governo con la reclusione non inferiore a un anno e non superiore a 5 anni.

 

Come preannunciato, la lettera i) detta principi e criteri direttivi in ordine all’entità delle sanzioni penali che il Governo dovrà prevedere per i reati fallimentari (su cui ci si è soffermati nella descrizione delle singole fattispecie).

 

Dalla formulazione della disposizione sembrerebbe che il numero 1) (relativo alle sanzioni applicabili alla bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, nonché alla bancarotta fraudolenta impropria patrimoniale e documentale) rimetta al legislatore delegato l’effettiva determinazione della sanzione, nell’ambito dei minimi e dei massimi posti dal legislatore delegante. I numeri 2) e 3), invece, prevederebbero direttamente le sanzioni applicabili alle fattispecie individuate, posto che, a differenza del numero 1), non fanno riferimento ad una successiva individuazione della pena.

Qualora questa fosse l’interpretazione corretta, andrebbe chiarito il significato, nell’alinea, del riferimento alla della graduazione delle pene in relazione alla gravità degli illeciti.

Qualora, invece, anche nelle fattispecie di cui ai numeri 2) e 3), l’effettiva determinazione delle sanzioni fosse rimessa al Governo, occorrebbe meglio esplicitarlo nella formulazione delle due disposizioni.

 

La lettera l) delega il Governo a prevedere per le diverse fattispecie penali una serie di circostanze aggravati e attenuanti, anche ad effetto speciale.

 

Circostanze aggravanti e attenuanti: normativa vigente

 

Attualmente, ai sensi dell’art. 219 della legge fallimentare, i reati di bancarotta fraudolenta (art. 216), bancarotta semplice (art. 217) e ricorso abusivo al credito (art. 218) sono aggravati se:

- i fatti commessi hanno cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità; in questo caso la pena è aumentata fino alla metà;

- il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti nella norma;

- il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un'impresa commerciale.

Gli stessi reati sono attenuati - e le pene ridotte fino al terzo - se i fatti commessi hanno cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità.

L’art. 221 prevede invece, in generale, che se al fallimento si applica il procedimento sommario, le pene previste per i reati commessi dal fallito sono ridotte fino al terzo.

 

In particolare, il Governo dovrà prevedere aggravanti nelle seguenti ipotesi:

-      se il colpevole ha commesso più fatti penalmente rilevanti;

-      se il fatto ha causato un danno di rilevante gravità.

 

Il legislatore dovrà invece prevedere attenuanti nelle seguenti ipotesi:

-      se il fatto ha causato un danno di speciale tenuità;

-      se il colpevole, prima del giudizio o della comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo, ha riparato integralmente il danno patrimoniale patito dai creditori;

-      se, in mancanza dell’accertamento dei crediti o dei diritti, prima dell'esercizio dell'azione penale l’autore del fatto ha consegnato la contabilità o comunque documenti idonei alla completa ricostruzione contabile del patrimonio o del movimento degli affari.

 

Ai sensi della lettera m), il Governo dovrà poi rivedere la disciplina delle pene accessorie.

 

 

Pene accessorie: normativa vigente

 

Attualmente, ferma la possibile applicazione delle pene accessorie previste dal codice penale, la legge fallimentare prevede le seguenti specifiche ipotesi:

-        in caso di bancarotta fraudolenta, inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 10 anni (artt. 216, 223 L.F.);

-        in caso di bancarotta semplice, inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per massimo 2 anni (artt. 217, 224 L.F.);

-        in caso di ricorso abusivo al credito, inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per massimo 3 anni (artt. 218, 225 L.F.);

-        in caso di interesse privato del curatore negli atti del fallimento, interdizione dai pubblici uffici (art. 228 L.F.)

-        nei casi più gravi di accettazione da parte del curatore di retribuzioni non dovute, inabilitazione all’ufficio di amministratore per minimo 2 anni (art. 229 L.F.).

 

In particolare il Governo dovrà prevedere, in caso di condanna per bancarotta fraudolenta, anche impropria, bancarotta semplice e bancarotta semplice impropria, l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. Spetterà al Governo stabilire la durata della pena accessoria.

 

La lettera n) delega il Governo a stabilire l’equiparazione, ai fini penali, dei curatori, dei commissari giudiziali o governativi e dei loro coadiutori ai pubblici ufficiali.

 

In base all’art. 357 del codice penale, sono pubblici ufficiali coloro che esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa: per pubblica funzione si intende una funzione disciplinata da norme di diritto pubblico e caratterizzata dal fatto che manifesta la volontà della pubblica amministrazione attraverso:

-      poteri autoritativi (esprimono un'autorità nei confronti dei cittadini: sono quindi pubblici ufficiali gli agenti di polizia, i controllori ferroviari ecc.);

-      poteri di certificazione (si hanno quando colui che li esercita può redigere documenti che, in base alla legge, valgono come prove: sono quindi pubblici ufficiali i notai, gli agenti di cambio, i testimoni di un processo ecc.).

Per quanto riguarda in particolare il curatore fallimentare, la dottrina ha da tempo rilevato che egli esercita una funzione pubblica: è un incaricato giudiziario che opera, a fianco del giudice, nell’interesse della giustizia, il che è conforme al riconoscimento legislativo della qualifica di pubblico ufficiale. Peraltro, l’art. 30 della legge fallimentare già attualmente dispone che «il curatore, per quanto attiene all’esercizio delle sue funzioni, è pubblico ufficiale».

 

La lettera o), come accennato in precedenza, individua il requisito essenziale dei delitti di bancarotta fraudolenta (anche impropria), di bancarotta semplice (anche impropria), nonché di bancarotta bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta fraudolenta preferenziale a carico del soggetto cui è estesa la procedura concorsuale, nel provvedimento di apertura della procedura concorsuale. In sostanza, tali fattispecie ricorrono solo se alle condotte individuate fa seguito l’apertura delle procedura. Se ciò accade, i reati saranno perseguibili anche se le condotte sono successive al verificarsi del presupposto.

 

La lettera p) invita il Governo a prevedere che, agli effetti della legge penale, non sia ingiusto «il vantaggio dell’impresa collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo».

Il principio enunciato non è estraneo al nostro ordinamento: infatti, l’art. 2634 del codice civile (come riformato nel 2002[35]), in tema di illeciti societari, nel prevedere il delitto di infedeltà patrimoniale degli amministratori[36], specifica appunto che «In ogni caso non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo».

Peraltro, da subito la Corte di cassazione ha affermato che la diversità degli interessi tutelati dalla legge penale fallimentare e dalla nuova disciplina dei reati societari, «impedisce che alla materia fallimentare possa applicarsi la norma prevista dall'art. 2634, comma terzo» (cfr. Sez. V, sent. n. 36629 del 24 settembre 2003). Ancor più recentemente, la Corte ha ribadito il principio affermando che «non può in alcun modo escludersi la configurabilità del reato di bancarotta fraudolenta per distrazione nel caso di trasferimento ingiustificato di beni da una società in stato di insolvenza ad altra società del medesimo gruppo che si trovi in difficoltà economiche» (cfr. Sez. V, sent. n. 4410 del 4 dicembre 2007).

 

La lettera q) delega il Governo a intervenire sulla procedura penale relativa ai reati fallimentari cui fa riferimento il comma in commento, così da consentire al solo curatore – fino alla definizione della procedura concorsuale – la costituzione di parte civile. I singoli creditori potranno costituirsi solo se intendono far valere un titolo di azione propria o personale.

 

Attualmente, a norma dell’art. 240 della legge fallimentare, la costituzione di parte civile dei singoli creditori è consentita soltanto se non si sia costituito il curatore (nel fallimento), il commissario giudiziale (nel concordato preventivo e nell’amministrazione controllata) o il commissario liquidatore (nella liquidazione coatta amministrativa) o quando intendono far valere un titolo di azione propria personale[37].

Tale limitazione, però, si riferisce esclusivamente al reato di bancarotta fraudolenta commesso dall’imprenditore commerciale dichiarato fallito o sottoposto alle altre procedure concorsuali e non trova applicazione, quindi, qualora si proceda per alcuno dei reati fallimentari commessi da persona diversa dal fallito (in questo senso cfr. Corte di cassazione, Sez. V, sent. n. 1727 del 11 febbraio 1988).

Peraltro, la Corte di cassazione ha chiarito che «i creditori sono legittimati ad esercitare l'azione civile nel procedimento penale per bancarotta fraudolenta in ogni caso in cui tale azione non sia esercitata dal curatore (cosiddetta legittimazione sussidiaria). Qualora, invece, i creditori intendano far valere un titolo di azione propria, personale (cosiddetta legittimazione principale), la costituzione di parte civile è consentita in concorso con quella esperita dal curatore» (Sez. V, sent. n. 11782 del 10 novembre 1980).

 

La lettera r) delega il Governo a modificare gli articoli 95 e 96 del decreto legislativo n. 270 del 1999, in tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi[38].

Tale riforma dovrà ovviamente essere coordinata con la più ampia revisione delle procedure di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, prevista dall’articolo 1 del disegno di legge delega in commento.

 

Si ricorda che l’art. 95 del decreto legislativo n. 270/99, estende espressamente agli imprenditori (ed ai soci illimitatamente responsabili delle società personali) assoggettati alla procedura di amministrazione straordinaria le disposizioni penali dei capi I (bancarotta fraudolenta e semplice, ricorso abusivo al credito, denuncia di creditori inesistenti ed altre inosservanza sanzionate dall’art. 220 L.F.), II (reati commessi da persone diverse dal fallito) e IV (disposizioni di procedura) del titolo VI della legge fallimentare. In relazione ai reati previsti dalle norme anzidette la dichiarazione dello stato di insolvenza (pronunciata ai sensi degli articoli 3 e 82 dello stesso decreto) viene equiparata alla dichiarazione di fallimento e svolge lo stesso ruolo di quest’ultima. Inoltre, per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 220 L.F. (Denuncia di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito), l’obbligo per il fallito di depositare i bilanci e le scritture contabili, deve intendersi sostituito dall’analogo obbligo imposto all’imprenditore dichiarato insolvente dall’art. 8 del decreto legislativo.

L’art. 96 del d.lgs. n. 270/1999 stabilisce che si applicano al commissario giudiziale ed al commissario straordinario, nonché alle persone che li coadiuvano nell’amministrazione della procedura, le disposizioni degli articoli 228 (interesse privato del curatore negli atti del fallimento), 229 (Accettazione di retribuzione non dovuta) e 230 (Omessa consegna o deposito di cose del fallimento) della legge fallimentare. Lo stesso commissario non può invece essere chiamato a rispondere né dei reati di bancarotta fraudolenta né di quelli di bancarotta fraudolenta impropria[39].

 

Il disegno di legge, in particolare, invita il Governo a prevedere a fini penali l’equiparazione della dichiarazione di insolvenza alla dichiarazione di fallimento solo nelle seguenti ipotesi:

-       conversione dell’amministrazione straordinaria in fallimento, nel corso o al termine della procedura;

-       accertata falsità dei presupposti per l’ammissione alla procedura.

 

Si ricorda che una disposizione analoga è stata originariamente inserita dal Senato nel disegno di legge di conversione del c.d. decreto-legge Alitalia[40] (cfr. A.C. 1742)[41]. Tale disposizione era stata successivamente espunta dal disegno di legge nel passaggio parlamentare alla Camera.

 

La lettera s) delega il governo a predisporre una normativa transitoria da applicare ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della riforma e per disciplinare la successione nel tempo delle nuove disposizioni penali rispetto alle previgenti.

 

Infine, la lettera t) invita il Governo ad abrogare le norme incompatibili con la riforma.


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Nell’ambito della comunicazione “Una corsia preferenziale per la piccola impresa” – Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (”Small Business Act”) (COM(2008)394) del 25 giugno 2008, la Commissione ha definito dieci princìpi essenziali per valorizzare le PMI, migliorando il contesto giuridico ed amministrativo ad esse applicabile nell’intera UE.

Uno di tali princìpi è inteso a “far sì che imprenditori onesti, che abbiano sperimentato l’insolvenza, ottengano rapidamente una seconda possibilità”. In base a tale principio gli Stati membri dovrebbero:

·       limitare ad un anno la durata delle procedure legali di scioglimento di un’impresa, in caso di bancarotta non fraudolenta;

·       far sì che i soggetti interessati ottengano lo stesso trattamento di chi avvia una nuova impresa, compresi i regimi di sostegno.

 

Si ricorda che la Camera ha esaminato, ai sensi dell’articolo 125 del proprio Regolamento, una risoluzione del Parlamento europeo del 4 dicembre 2008 relativa all’Atto europeo per le piccole imprese. Il 5 maggio 2009 la Commissione Attività produttive ha concluso l’esame con l’approvazione all’unanimità di una risoluzione (8-00042 Vignali). La Commissione Affari esteri e la Commissione Politiche dell’Unione europea avevano già espresso un parere rispettivamente il 17 marzo ed il 22 aprile 2009.

 

 

 




[1]     Scopo della nuova procedura era quello di evitare le soluzioni liquidatorie che non tengono conto dei rilevanti interessi, privati e pubblici, alla conservazione e al risanamento dell'impresa, contrariamente alle procedure concorsuali tradizionali la cui funzione essenziale, invece, è quella di tutelare l'interesse privato dei creditori a soddisfarsi sul patrimonio dell'imprenditore fallito. Infatti, l'amministrazione straordinaria introdotta dalla legge Prodi esclude il fallimento dell'impresa e prevede l'intervento di uno o più commissari, sotto la vigilanza del Ministero dell'industria (attualmente: Ministero dello sviluppo economico).

[2]     Con riferimento alla cd legge fallimentare (RD n. 267/1942), le cui disposizioni sono più volte richiamate dal D.Lgs. n. 270/1999, si segnala che sulla disciplina del citato RD ha inciso profondamente, innovandola significativamente ed abrogandone diverse parti (ad esempio l'intera disciplina dell'amministrazione controllata), il decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5, Riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali a norma dell'articolo 1, comma 5, della L. 14 maggio 2005, n. 80. Le disposizioni del D.Lgs. n. 5/2006 sono entrate in vigore il 16 luglio 2006.

[3]    In deroga a quanto disposto dalla lettera a) il DL 119/2004 recante modifiche al DL 347/2003 ha introdotto disposizioni particolari che prevedono la soddisfazione dei creditori attraverso un concordato (art. 4-bis, DL 347/2003). 

[4]    Quest’ultima condizione di ammissibilità alla procedura è stata introdotta con il DL 134/2008, art.1, comma 1-bis.

[5]    Il comma 1-bis è stato aggiunto dall’art. 1, comma 257, della L. 244/2007 (legge finanziaria 2008).

[6]    Attualmente: Ministro dello sviluppo economico.

[7]    L’art. 2112c.c. disciplina il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda o di ramo d’azienda.

[8]    Disposizioni in deroga a quanto stabilito dall’art. 62 sono state recentemente introdotte dal DL 134/2008 che ha modificato il DL 347/2003.

[9]    Il decreto-legge è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39.

[10]   Si tratta dei decreti-legge: 3 maggio 2004, n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 luglio 2004, n. 166; 29 novembre 2004, n. 281, convertito dalla legge 28 gennaio 2005, n. 6; 28 febbraio 2005, n. 22, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71.

[11]   Il DL 28 agosto 2008, n. 134 recante Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, L. 27 ottobre 2008, n. 166.

 

[12]   L'art. 81 del D.Lgs. 270/1999, consente - successivamente all'apertura della procedura madre e durante il suo svolgimento - l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria alle imprese del gruppo in stato di insolvenza, indipendentemente dal possesso dei requisiti relativi alle dimensioni e alla situazione debitoria dell'impresa. II comma 2, prevede, in particolare, che le imprese del gruppo possano essere ammesse all'amministrazione straordinaria solo: qualora presentino concrete prospettive di recupero dell'equilibrio economico delle attività imprenditoriali, da potersi realizzare, in via alternativa, tramite la cessione dei complessi aziendali, sulla base di un programma di cessione dei complessi aziendali, oppure tramite la ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa, sulla base di un programma di ristrutturazione; ovvero quando risulti comunque opportuna la gestione unitaria dell'insolvenza nell'ambito del gruppo, in quanto idonea ad agevolare, per i collegamenti di natura economica o produttiva esistenti tra le singole imprese, il raggiungimento degli obiettivi della procedura.

[13]   Si tratta di: a) nomina del giudice delegato per la procedura; d) assegnazione ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari su beni in possesso dell'imprenditore, di un termine non inferiore a novanta giorni e non superiore a centoventi giorni dalla data dell'ammissione della sentenza per la presentazione in cancelleria delle domande; e) fissazione di luogo, giorno e ora dell'adunanza in cui si procederà all'esame dello stato passivo davanti al giudice delegato.

[14]    Si ricorda, in particolare, che l'art. 59 del D.Lgs. 270/1999 prevede che il programma di ristrutturazione autorizzato venga comunicato dal commissario straordinario al tribunale e che il giudice delegato ne disponga il deposito in cancelleria, con esclusione delle parti in relazione alle quali siano ravvisabili esigenze di riservatezza. L'imprenditore insolvente, i creditori ed ogni altro interessato possono prenderne visione ed estrarne copia che reca l'indicazione della eventuale mancanza di parti per ragioni di riservatezza.

[15]    L'articolo 70 del D.Lgs. 270/1999 prevede che il tribunale, su richiesta del commissario straordinario o d'ufficio, disponga la conversione della procedura di amministrazione straordinaria in fallimento: a) quando, essendo stato autorizzato un programma di cessione dei complessi aziendali, tale cessione non sia ancora avvenuta, in tutto o in parte, alla scadenza del programma, salvo proroga del termine, secondo quanto previsto dall'articolo 66; b) quando, essendo stato autorizzato un programma di ristrutturazione, l'imprenditore non abbia recuperato la capacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni alla scadenza del programma.

[16]    L’art. 49 del D.Lgs. 270/1999 dispone che le azioni revocatorie previste dalla sezione III del capo III dei titolo II della legge fallimentare (RD 16 marzo 1942, n. 267) possano essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento (comma 1). La disposizione richiama dunque gli articoli da 64 a 71 (relativi agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori) della legge fallimentare e, fra questi, in particolar modo l'articolo 66, relativo all'azione revocatoria ordinaria nel fallimento. Quanto all'articolo 91 del D.Lgs. 270/1999, si ricorda che tale disposizione dà la possibilità di proporre l'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare (relativa agli atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie) nei confronti delle imprese del gruppo.

[17]    Si tratta, in particolare, degli artt. 64 e 65, 67 e 70 del RD 267/1942. Si ricorda che sulla disciplina recata dai citati articoli hanno inciso le disposizioni del DL. 35/2005 e del D.Lgs. 5/2006.

[18]    II decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di  azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale,pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[19]   Il CIPE ha provveduto alla definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento del Fondo con la delibera n. 22 del 24 aprile 2007. Merita segnalare, inoltre, che successivamente, con la sentenza n. 68/2008 del 10 marzo 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 853 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 “nella parte in cui non prevede che i poteri del CIPE di determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi di cui al Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà siano esercitati d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”. Pertanto, a seguito della sentenza, a partire dal 14/3/2008 è sospesa la ricezione delle domande e ogni attività istruttoria relativa al Fondo.

[20]   L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, Norme in materia di attività produttive (c.d. legge Bersani-bis) ha autorizzato, a partire dal 1999, una spesa annuale di 6 miliardi di lire (pari a circa 3.098.741 milioni di euro) da destinarsi ad attività di studio e ricerca nei settori delle attività produttive di competenza del Ministero dell’industria (ora: dello sviluppo economico). Lo stanziamento è riferito a tre fattispecie distinte per finalità o strumenti:

a.    collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti;

b.    costituzione di un nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto;

c.    utilizzo di esperti di alta qualificazione per il supporto alle attività di coordinamento di progetti e programmi ad alto contenuto tecnologico di imprese italiane nei settori aeronautico e spaziale e dei prodotti elettronici e ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.

[21]   D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della L. 30 luglio 1998, n. 274.

[22]   D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza, convertito con modificazioni dalla L. 18 febbraio 2004, n. 39.

[23]   Il DL 28 agosto 2008, n. 134, recante Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art.1, comma 1, L. 27 ottobre 2008, n. 166.

 

[24]   L’art. 49 del D.Lgs. 270/1999, dispone che le azioni revocatorie previste dalla sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267) possano essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento (comma 1). La disposizione richiama dunque gli articoli da 64 a 71 (relative agli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori) della legge fallimentare e, fra questi, in particolar modo l’articolo 66, relativo all’azione revocatoria ordinaria nel fallimento. Quanto all’art. 91 del medesimo decreto legislativo,si ricorda che tale disposizione dà la possibilità di proporre l'azione revocatoria prevista dall'articolo 67 della legge fallimentare (relativa agli atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie) nei confronti delle imprese del gruppo.

[25]    II decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di  azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[26]   Il CIPE ha provveduto alla definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento del Fondo con la delibera n. 22 del 24 aprile 2007. Merita segnalare, inoltre, che successivamente, con la sentenza n. 68/2008 del 10 marzo 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 853 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 “nella parte in cui non prevede che i poteri del CIPE di determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi di cui al Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà siano esercitati d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano”. Pertanto, a seguito della sentenza, a partire dal 14/3/2008 è sospesa la ricezione delle domande e ogni attività istruttoria relativa al Fondo.

[27]   La distrazione consiste nel destinare un bene ad un uso diverso da quello proprio; l'occultamento integra qualsiasi forma di nascondimento, materiale o con mezzi giuridici, dei beni; la distruzione rileva in caso di eliminazione o diminuzione del valore economico del bene; la dissipazione consiste nel distruggere, sciupare o scialacquare il proprio patrimonio; la sottrazione si ha quando si pone in essere un'attività tesa ad evitare che gli organi fallimentari entrino in possesso delle scritture contabili.

[28]   La Corte di Cassazione ha chiarito che l'art. 216 della legge fallimentare contempla nel numero 1 del primo comma due ipotesi di bancarotta fraudolenta sostanziale. Nella prima (distrazione, occultamento, dissimulazione, distruzione e dissipazione di beni) per la configurabilità del delitto è sufficiente il dolo generico, mentre nella seconda (esposizione o riconoscimento di passività inesistenti) si richiede il dolo specifico. Nel numero 2 del primo comma dell'art. 216 sono invece previste due ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale: La prima (sottrazione, distruzione e falsificazione parziale o totale di libri o altre scritture contabili) richiede il dolo specifico, mentre per la seconda (tenuta dei libri e delle scritture contabili in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari) è sufficiente il dolo generico (Sez. V, sent. n. 6148 del 15-05-1987, Bevilacqua). Peraltro, più recentemente (Sez. V, sent. n. 12897 del 11-11-1999, Tassan Din), la Suprema Corte ha affermato che in tema di bancarotta fraudolenta, l'elemento psicologico, desumibile da tutte le componenti che caratterizzano la condotta dell'imputato, consiste nel dolo generico, cioè nella consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa rispetto alle finalità dell'impresa e di compiere atti che cagionino, o possano cagionare, danno ai creditori, e questo anche nel caso in cui l'agente, pur non perseguendo direttamente il risultato, tuttavia lo preveda e ciò nonostante agisca, consentendo in tal modo il suo realizzarsi (dolo eventuale).

[29]   La Corte di Cassazione ha precisato che fra le due ipotesi di reato, quella di cui all'art. 216, n. 2, e quella di cui all'art. 217 della legge fallimentare, corrono rilevanti differenze, sia quanto all'elemento materiale, sia quanto all'elemento psicologico. Quanto all'elemento materiale, il primo è un reato di danno e inoltre coinvolge nella condotta punibile anche le scritture facoltative, mentre il secondo è un reato di pericolo presunto, per cui è irrilevante se la ricostruzione possa ugualmente effettuarsi anche "aliunde" e riguarda soltanto le scritture rese obbligatorie dal codice civile. Per ciò che concerne l'elemento psicologico, mentre il primo esige che lo scopo perseguito dall'agente sia indirizzato (dolo) proprio a rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, il secondo si accontenta della semplice colpa. Altre differenze riguardano il fatto che l'art. 216 si riferisce piuttosto al contenuto sostanziale delle scritture e l'art. 217 piuttosto, o almeno prevalentemente, all'osservanza delle formalità prescritte per la loro tenuta (numerazione, bollatura, vidimazione, cancellature, ordine delle annotazioni) e che per il secondo è previsto un termine breve di operatività temporale massima (tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento) (Sez. V, sent. n. 10068 del 04-10-1980, Tatone). Sempre in ordine all'elemento psicologico la Corte ha affermato che ai fini della sussistenza del reato previsto dall'art. 217, secondo comma, della legge fallimentare non è richiesto indefettibilmente il dolo, ma è sufficiente la colpa, intesa come violazione del dovere di diligenza, al quale è tenuto - per gli aspetti organizzativi di natura sia tecnica che amministrativa - colui che pretenda di esercitare professionalmente un'attività di impresa di qualsiasi tipo o natura; attività che deve essere svolta secondo le regole più comuni di conduzione economica di una società civile. In tale prospettiva psicologica nessuna rilevanza può essere conferita ad un eventuale errore, al fine dell'esclusione dell’elemento soggettivo del reato (Sez. V, sent. n. 7928 del 06-10-1983, Gabellini).

[30]   La Corte di Cassazione ha, infatti, affermato che, in tema di bancarotta cosiddetta impropria, la particolare fattispecie di cui all'art. 223, comma secondo, n. 2, L.F., riguardante gli amministratori, i direttori generali, i Sindaci ed i liquidatori di società fallite che hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società, «si applica anche nell'ipotesi in cui la condotta di una delle anzidette persone abbia aggravato una situazione di dissesto già esistente. L'aggravamento del dissesto deve essere considerato globalmente e non già con riferimento a singole situazioni debitorie, sicché quando l'entità complessiva del medesimo sia comunque rimasta invariata o sia stata persino ridotta, la circostanza che la condotta abusiva abbia incrementato determinate voci di passivo non giustifica, di per sé, un'affermazione di responsabilità ai sensi della disposizione in questione, salvo che non si accerti che la diminuzione del passivo, con riguardo ad altre voci, sia stata causata da fattori autonomi ed indipendenti. Solo in questo caso, infatti, è possibile affermare che, essendo per tali fattori migliorata la situazione, la condotta del soggetto, in sé considerata, ha comunque comportato un peggioramento» (Sez. V, sent. n. 19806 del 29 aprile 2003).

[31]   Per fraudolenta simulazione deve intendersi l'artificiosa predisposizione di elementi, come ad esempio documenti falsificati, idonei a far apparire come reale un credito in tutto o in parte inesistente.

[32]   La Corte di Cassazione ha chiarito che l'espressione “ricettare” nell'art. 232, comma terzo, non ha il significato della condotta costitutiva del delitto comune di ricettazione, ma va intesa nella sua accezione lessicale di dare ricetto, occultare, ricevere o tenere presso di sé clandestinamente od occultamente. Pertanto la ricettazione fallimentare è ravvisabile anche se l'agente riceve beni che l'imprenditore non abbia acquistato con mezzi costituenti reato (cfr. Sez. II, sent. n. 10202 del 28 ottobre 1982).

[33]   La giurisprudenza ha chiarito che il delitto di ricettazione prefallimentare è configurabile soltanto quando manchi un accordo con l'imprenditore fallito. Pertanto, il fatto del terzo non fallito che commetta distrazioni di beni prima del fallimento, in accordo con l'imprenditore, è punibile a titolo di concorso in bancarotta e non a norma dell’art. 232 della legge fallimentare (cfr. Corte di Cassazione, Sez. I, sent. n. 8131 del 25 luglio 1991; Sez. V, sent. n. 2056 del 19 febbraio 1994).

[34]   D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della L. 30 luglio 1998, n. 274.

[35]   Cfr. D.Lgs. 11 aprile 2002, n. 61, Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell'articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.

[36]   Il codice civile sanziona con la reclusione da 6 mesi a 3 anni gli amministratori, i direttori generali e i liquidatori, che, avendo un interesse in conflitto con quello della società, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, dispongono dei beni sociali, causando intenzionalmente alla società un danno patrimoniale (comma 1). La stessa pena si applica se il fatto è commesso in relazione a beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi, cagionando a questi ultimi un danno patrimoniale (comma 2). Il comma 3 specifica che non è ingiusto il profitto della società collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamente prevedibili, derivanti dal collegamento o dall'appartenenza al gruppo. Per la procedibilità del delitto di infedeltà patrimoniale è prevista la querela della persona offesa.

[37]   Per ciò che riguarda l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l’art. 97 del d.lgs. n. 270 del 1999 stabilisce che “la facoltà di costituzione di parte civile prevista dall’art. 240, primo comma, L.F. è esercitata, dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza dal commissario giudiziale e, dopo l’apertura della procedura di amministrazione straordinaria, dal commissario straordinario”.

[38]   D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, Nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a norma dell'articolo 1 della L. 30 luglio 1998, n. 274.

[39]   La Corte di cassazione (Sez. V, sent. n. 20076 del 05 maggio 2003) ha affermato infatti che i reati di cui agli articoli 216 e 223 della legge fallimentare sono reati propri del fallito e degli organi di amministrazione delle società fallite; il commissario straordinario «risponde, invece, dei reati propri del pubblico ufficiale, come risulta anche dal D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, che all'art. 40 disciplina i relativi poteri, attribuendogli, per quanto attiene alle sue funzioni, la qualifica di pubblico ufficiale, ed all'art. 96 stabilisce l'applicabilità delle sole disposizioni degli artt. 228, 229 e 230 della legge fallimentare, relative al curatore fallimentare, ad ulteriore conferma dell'equiparabilità della posizione del commissario straordinario a quella del curatore fallimentare».

[40]   Decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, Disposizioni urgenti in materia di ristrutturazione di grandi imprese in crisi, poi convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2008, n. 266.

[41]   A seguito dell’approvazione di un emendamento al disegno di legge di conversione, nel decreto legge veniva inserita una modifica al DL n. 347 del 2003 (Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza) in base alla quale «Le dichiarazioni dello stato di insolvenza a norma dell'articolo 4, comma 1, e dell'articolo 3, comma 3, del presente decreto e dell'articolo 3 e dell'articolo 82 del decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono equiparate alla dichiarazione di fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei capi I, II e IV del titolo VI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, solo nell'ipotesi in cui intervenga una conversione dell'amministrazione straordinaria in fallimento, in corso o al termine della procedura, ovvero nell'ipotesi di accertata falsità dei documenti posti a base dell'ammissione alla procedura».