Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario Schema di D.Lgs. n. 317 - (art. 2, L. 42/2009)
Riferimenti:
SCH.DEC 317/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 291
Data: 21/02/2011
Descrittori:
FINANZA REGIONALE   L 2009 0042
PROVINCE   REGIONI
SPESA SANITARIA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze
Altri riferimenti:
L N. 42 DEL 05-MAG-09     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

Disposizioni in materia di autonomia
di entrata delle regioni a statuto ordinario
e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario

Schema di D.Lgs. n. 317

(art. 2, L. 42/2009)

 

 

 

 

 

 

 

n. 291

 

 

 

 

21 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Area finanza pubblica

( 066760-9496 * st_finanze@camera.it
( 066760-9932 * st_bilancio@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il:

Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 275

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: FI0446.doc


INDICE

Tavole sinottiche

§      Modifiche al sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario (periodo transitorio)2

§      Quadro sinottico del sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario (dal 2014)3

§      Quadro sinottico del sistema di finanziamento delle province (anni 2012-2016)4

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Oggetto)7

§      Articolo 2, commi 1 e 4 (Rideterminazione dell’addizionale all’IRPEF delle Regioni a statuto ordinario)11

§      Articolo 2, commi 2 e 3 (Fabbisogno sanitario)18

§      Articolo 3 (Compartecipazione regionale all’IVA)22

§      Articolo 4 (Riduzione dell’IRAP)27

§      Articolo 5 (Addizionale regionale all’IRPEF)30

§      Articolo 6 (Soppressione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario)38

§      Articolo 7 (Ulteriori tributi regionali)44

§      Articolo 8 (Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario ai Comuni e compartecipazione comunale alla addizionale regionale all’IRPEF)54

§      Articolo 9 (Livelli essenziali)59

§      Articolo 10 (Classificazione delle spese regionali)61

§      Articolo 11 (Fase a regime e fondo perequativo)62

§      Articolo 12 (Oggetto)73

§      Articolo 13 (Tributi propri connessi al trasporto su gomma)77

§      Articolo 14 (Soppressione dei trasferimenti statali alle Province e compartecipazione provinciale all’accisa sulla benzina)82

§      Articolo 15 (Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle Province e compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale)93

§      Articolo 16 (Ulteriori tributi provinciali)102

§      Articolo 17 (Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale)103

§      Articolo 18 (Classificazione delle spese provinciali)108

§      Articolo 19 (Fondo perequativo per comuni e province)113

§      Articolo 20 (Oggetto)123

§      Articolo 21 (Determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard)131

§      Articolo 22 (Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali)135

§      Articolo 23 (Revisione a regime dei fabbisogni standard)147

§      Articolo 24 (Disposizioni finali)148

§      Articolo 25 (Tributi previsti dall’articolo 2, comma 2, lettera q), della legge n. 42)153

§      Articolo 26 (Elementi informativi)156

§      Articolo 27 (Disposizione finanziaria)160

Ulteriori articoli oggetto dell’Intesa tra Governo e Autonomie

§      Articolo 1-bis (Misure in materia di finanza pubblica)163

§      Articolo 7-bis (Attribuzione alle Regioni del gettito derivante dalla lotta all'evasione fiscale)166

§      Articolo 7-ter (Riscossione)171

§      Articolo 7-quater (Misure compensative di interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali)176

§      Articolo 24-bis (Disposizioni particolari per Regioni a Statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)178

Testo a fronte tra lo schema di decreto legislativo n. 317 e il testo risultante dall’Intesa con le Autonomie.. 183


Premessa

 

 

Lo schema di decreto in esame è stato assegnato in data 10 gennaio 2011 alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nonché alle Commissioni bilancio delle Camere, stabilendosi il termine per l’espressione del parere nella data dell’11 marzo 2011.

Sullo schema è stata espressa l’intesa da parte della Conferenza unificata, sulla base di quanto prevede l’articolo 2, comma 3, della legge 5 maggio 2009, n. 42.

In relazione a ciò si segnala che nel presente dossier, nell’illustrare il contenuto degli articoli del provvedimento, si dà anche conto delle modifiche contenute nell’intesa medesima. Qualora tali modifiche consistano in articoli aggiuntivi, gli stessi sono commentati nella parte finale del dossier, dopo l’articolo 27.

 


 

Tavole sinottiche


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Oggetto)

 


1. Le disposizioni del presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e la conseguen­te soppressione di trasferimenti statali.

2. Le medesime disposizioni indivi­duano le compartecipazioni delle regioni a statuto ordinario al gettito di tributi erariali e i tributi delle Regioni a statuto ordinario, nonché disciplinano i meccanismi perequa­tiviche costituiscono le fonti di finanzia­mento del complesso delle spese delle stesse Regioni.

3. Il gettito delle fonti di finanziamento di cui al comma 2 è senza vincolo di destinazione.


 

 

L’articolo 1 specifica l’oggetto delle disposizioni contenute al Capo I dello schema in esame, precisando in primo luogo che le stesse sono volte ad assicurare l’autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione dei trasferimenti statali (comma 1).

 

Il comma 2 specifica altresì che le predette disposizioni sono volte a:

§      individuare le compartecipazioni delle regioni a statuto ordinario al gettito dei tributi erariali;

§      individuare i tributi delle regioni a statuto ordinario;

§      disciplinare i meccanismi perequativi alla base delle fonti di finanziamento del complesso delle spese delle regioni a statuto ordinario.

 

Il comma 3 chiarisce, infine, che il gettito delle predette fonti di finanziamento è da considerarsi senza vincolo di destinazione.

A tale riguardo, si rammenta che l’articolo 7, comma 1, lettera e), della legge delega considera senza vincolo di destinazione il gettito dei tributi regionali derivati e le compartecipazioni al gettito dei tributi erariali.

 

Il federalismo fiscale regionale nella legge delega

 

Si ricorda che le caratteristiche federali del nuovo sistema di finanza regionale sono prefigurate e disciplinate – con principi e criteri specifici di delega – dal Capo II della legge n. 42 del 2009, che ha riguardo particolare alla finanza delle regioni a statuto ordinario, dal comma 2 dell’articolo 1 e dall’articolo 27, che hanno riguardo all’assetto della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, e dall’articolo 20, che disciplina il passaggio dal vecchio al nuovo sistema con principi posti per il complesso delle regioni e criteri direttivi formulati per l’attuale sistema di finanza delle regioni a statuto ordinario.

 

Non sono diretti esclusivamente alle regioni, ma rilevano per esse gli articoli 16 e 22, che delineano il quadro della futura azione dello Stato per l’assegnazione di risorse aggiuntive da destinare agli interventi straordinari di cui al quinto comma dell’articolo 119, Cost. e l’articolo 18, che prefigura oggetto e procedura del “patto di convergenza” quale strumento per definire e governare il coordinamento della finanza pubblica.

 

Gli articoli 7, 8, 9 e 10 costituiscono il complesso unitario dei criteri in base ai quali il legislatore delegato è chiamato a disciplinare l’assetto della finanza delle regioni a statuto ordinario: l’articolo 7 le entrate, quale sia cioè la natura e la misura delle risorse da attribuire; l’articolo 8 le spese, e per queste il rapporto che intercorre fra il finanziamento delle funzioni esercitate e il livello delle spese che esse determinano; l’articolo 9 la perequazione, intendendo in questa il finanziamento delle funzioni con trasferimenti aggiuntivi in favore delle regioni che dispongono di minori capacità fiscale per abitante; l’articolo 10 la conversione degli attuali tributi e compartecipazioni delle regioni ordinarie alla disciplina oggetto dei decreti delegati.

 

In particolare, il nucleo della disciplina richiamata è nella ripartizione che l’articolo 8 della legge di delega fa delle funzioni e delle spese che queste determinano.

Secondo il profilo delle funzioni le spese, che attengono sia alle materie di competenza legislativa regionale che a quelle di competenza esclusiva statale affidate alle competenze amministrative regionali sono ripartite in due categorie principali, cui si aggiunge una terza che partecipa di entrambe:

-        spese determinate dall’esercizio di funzioni connesse alle «prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, quelle cioè i cui «livelli essenziali» devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (c.d. spese LEP, livelli essenziali delle prestazioni);

-        le altre spese, non riconducibili a quelle considerate alla lettera a, vale a dire le spese non LEP;

-        le spese per il trasporto pubblico locale che – per il livello delle prestazioni ed il livello del finanziamento che è loro assicurato – sono considerate per parte in entrambe le categorie.

Vi è anche una quarta categoria di spese – quelle straordinarie o speciali e perciò ‘eventuali’ – che possono riguardare tutte le funzioni ma che sono finanziate da contributi speciali dello Stato e dell’Unione europea e non danno luogo alla assegnazione di tributi, compartecipazioni o altra risorsa di carattere permanente.

 

Il livello delle entrate da assegnare alle regioni è determinato dal fabbisogno necessario a coprire “integralmente” l’esercizio ordinario delle funzioni secondo due parametri corrispondenti alla duplice classificazione delle spese:

-        quello necessario a finanziare le spese connesse alle «prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» è predeterminato sulla base di “costi standard” fissati dalla legge dello Stato;

-        le altre funzioni sono finanziate in ciascuna regione dal gettito dell’aliquota media di equilibrio dell’addizionale regionale all’IRPEF, fissata ad un valore sufficiente a pareggiare l’importo dei trasferimenti soppressi.

 

Per ciascun gruppo di funzioni e di spese l’articolo 7 indica i tributi che le finanziano e la misura delle entrate che ne devono derivare. Lo schema si ripete:

-        le entrate destinate al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sono costituite dal gettito, ad aliquota ed a base imponibile uniformi, derivante dai tributi propri derivati delle regioni (vale a dire i tributi istituiti da legge statale il cui gettito è attribuito alle regioni), cui si aggiungono l’addizionale regionale all’IRPEF e la compartecipazione all’IVA. Le aliquote sono fissate al livello minimo necessario per finanziare il fabbisogno occorrente per la prestazione dei servizi essenziali in almeno una regione. Nelle altre regioni ove il gettito è insufficiente alla copertura integrale del fabbisogno concorre la quota del Fondo perequativo;

-        le entrate destinate al finanziamento delle altre funzioni sono finanziate tramite l’attribuzione della addizionale regionale all’IRPEF, con aliquota uguale per tutte, stabilita con riferimento al totale della spesa per il complesso delle regioni, per modo che questo sia ‘coperto’ dal totale dei gettiti, anch’essi complessivamente considerati; nessuna perequazione è data per le regioni in cui il gettito pro-capite dell’addizionale è superiore o uguale a quello medio nazionale; per le altre regioni la perequazione è data sul parametro della capacità fiscale (gettito pro-capite) e non su quello della spesa.

 

Criteri e misura della perequazione sono disciplinati dall’articolo 9. Anche per questa si ripete lo schema delle spese:

-        per la parte destinata alla perequazione delle entrate che finanziano i livelli essenziali delle prestazioni il fondo è costituito da una quota dell’IVA, considerata indistintamente per tutte le regioni e sufficiente ad integrare il fabbisogno di spesa delle regioni (tutte le altre) che seguono nella scala decrescente quella con la maggiore capacità fiscale; il concorso della quota perequativa consente di finanziare integralmente in ciascuna regione il fabbisogno determinato secondo i costi standard;

-        per la parte destinata al finanziamento delle altre funzioni il fondo è costituito da una quota del gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF; come detto, la perequazione non assume come parametro la spesa ma la capacità fiscale pro-capite determinata in base al gettito del tributo in ciascuna regione; nessuna perequazione è data alle regioni in cui il gettito pro-capite supera quello medio del complesso delle regioni ordinarie; per le altre regioni il gettito pro-capite è integrato da una quota del fondo perequativo determinata in modo da «ridurre, ma non annullare» le differenze di capacità fiscale esistenti tra le regioni.

 

Stabilito secondo questi principi l’assetto definitivo della finanza regionale, gli articoli 10 e 20 ne disciplinano il passaggio da quello attuale a quello futuro: l’uno per la trasformazione delle norme che regolano attualmente la finanza delle regioni a statuto ordinario, l’altro per far si che il passaggio dal finanziamento della spesa storica al finanziamento dei fabbisogni avvenga gradualmente e progressivamente.

I tributi regionali propri e derivati, le compartecipazioni ai tributi erariali, le quote perequative e i trasferimenti che finanziano attualmente le funzioni già esercitate dalle regioni saranno sostituiti da entrate stabilite secondo i nuovi principi verificando, periodicamente, la congruità delle nuove fonti di entrata. Corrispettivamente, saranno soppressi nel bilancio dello Stato i capitoli che finanziano quelle spese.

Il “passaggio” avverrà nell’arco di cinque anni durante i quali dal valore dei trasferimenti perequativi e del complesso delle spese rilevati in ciascuna regione nel triennio 2006-2008 si passerà gradualmente ai valori perequativi determinati secondo i principi dell’articolo 9.

Lo stesso periodo transitorio inizierà a decorrere soltanto dopo che sarà stato determinato il contenuto finanziario dei livelli essenziali delle prestazioni. Il processo di convergenza dalla spesa storica al fabbisogno standard è assistito dalla garanzia che le nuove entrate, al livello di partenza, non siano inferiori a quelle soppresse o sostituite. In ogni caso è previsto che, per le funzioni non LEP, qualora «emergano situazioni oggettive di significativa e giustificata insostenibilità per alcune regioni», di questa possa farsene carico lo Stato, a proprio carico, per un ulteriore periodo di cinque anni.

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano il comma 2 dell’articolo 1 introduce un principio di esclusività, o di riserva di disciplina, inteso a delimitare l’efficacia delle disposizioni del testo e ad integrarne i principi, così da rendere la disciplina del federalismo fiscale compatibile e coerente con le prerogative dell’autonomia speciale. Il comma in parola elenca nominativamente gli articoli cui deve rifarsi il legislatore delegato: l’articolo 27, che disciplina l’introduzione della riforma tramite norme di attuazione degli statuti speciali, l’articolo 15, recante i principi che informano l’istituzione delle città metropolitane e l’articolo 22, che estende alle autonomie speciali la particolare procedura rivolta alla «perequazione infrastrutturale». La disciplina speciale dettata dall’articolo 27 adatta, (anche avvalendosi di specifici “tavoli di confronto” tra Governo e ciascuna autonomia speciale) alle specialità il procedimento di attuazione del federalismo fiscale in quegli ordinamenti ed elenca – con esclusione degli altri – i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi.


 

Articolo 2, commi 1 e 4
(Rideterminazione dell’addizionale all’IRPEF delle Regioni a statuto ordinario)

 


1. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale regionale all’IRPEFèrideterminatacon decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, da adottare entro il 30 giugno 2011, sentita la Conferenza Stato-Regioni, in modo tale da assicurareal complesso delle Regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi ai sensi dell’articolo 6 ed alle entrate derivanti dalla comparteci­pazione soppressa ai sensi dell’articolo 7, comma 3. All’aliquota così rideterminata si aggiungono, a decorrere dall’anno 2014, le percentuali indicate nel comma 1, lettere b) e c), dell’articolo 5 del presente decreto. Con il decreto di cui al presente comma sono ridotte le aliquote dell’Irpef di compe­tenza statale, con l’obiettivo di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.

4. Salvo quanto previsto dal comma 1, continua ad applicarsi la disciplina relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche, vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

I commi 1 e 4 dell’articolo in esame intervengono sulla disciplina dell’imposta sui redditi delle persone fisiche (IRPEF) e dell’addizionale regionale all’IRPEF prevedendo modifiche a decorrere dall’anno 2012. La disciplina in esame è contenuta anche nell’articolo 5 al quale, pertanto, occorre fare riferimento per ottenere un quadro esaustivo dell’imposta in questione.

 

L’addizionale regionale all’IRPEF è stata introdotta dall’articolo 50 del decreto legislativo n. 446/1997[1].

Ai sensi del citato articolo l’addizionale, non deducibile da altre imposte o tasse, è determinata applicando alla base imponibile IRPEF l’aliquota fissata dalla regione in cui il contribuente ha la residenza. L'addizionale regionale non è dovuta se l’imposta lorda IRPEF è inferiore alle detrazioni d’imposta spettanti e ai crediti d’imposta per redditi prodotti all’estero (commi 1 e 2).

L'aliquota ordinaria è fissata allo 0,9% ma ciascuna regione può, con proprio provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 dicembre dell'anno precedente a quello cui l'addizionale si riferisce, maggiorare l'aliquota fino all'1,4% (comma 3).

Per i redditi di lavoro dipendente e assimilati, l'addizionale regionale è determinata dai sostituti d'imposta (datori di lavoro); il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di 11 rate a decorrere dal mese successivo a quello del conguaglio (comma 4).

L'imposta è versata, in unica soluzione e nei termini previsti per il versamento delle ritenute e del saldo IRPEF, alla regione in cui il contribuente ha il domicilio fiscale alla data del 31 dicembre dell'anno cui si riferisce l'addizionale stessa, ovvero relativamente ai redditi di lavoro dipendente e assimilati alla regione in cui il sostituito ha il domicilio fiscale all'atto della effettuazione delle operazioni di conguaglio relative a detti redditi (comma 5).

Per la dichiarazione, la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, il contenzioso, le sanzioni e tutti gli aspetti non disciplinati espressamente, si applicano le disposizioni previste per l'imposta sul reddito delle persone fisiche. Le regioni partecipano alle attività di liquidazione e accertamento dell'addizionale regionale segnalando elementi e notizie utili e provvedono agli eventuali rimborsi richiesti dagli interessati dopo aver acquisito gli elementi necessari presso l'amministrazione finanziaria (comma 6).

Per il pagamento è ammessa la compensazione tra i crediti e i debiti di natura tributaria e contributiva vantati dal contribuente (comma 7).

 

Il comma 1, primo periodo, stabilisce che la misura dell’aliquota dell’addizionale regionale IRPEF sarà rideterminata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri,da adottare entro il 30 giugno 2011 su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

La nuova aliquota dovrà essere determinata in modo da garantire la neutralità del gettito complessivo delle regioni a statuto ordinario. In particolare, dovrà assicurare al complesso delle regioni a statuto ordinario un gettito il cui ammontare coincida con l’importo ottenuto dalla somma tra i trasferimenti statali soppressi (cfr. art. 6) e la compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina soppressa (cfr. art. 7, c. 3) (primo periodo).

Sarebbe opportuna una conferma, ed eventualmente una riformulazione della norma in esame, diretta a chiarire che la rideterminazione dell’aliquota dovrà garantire anche l’attuale gettito regionale relativo all’addizionale IRPEF vigente.

Il secondo periodo del comma in esame stabilisce che a decorrere dal 2014 la misura dell’aliquota sarà incrementata delle percentuali indicate nel comma 1, lettere b) e c) dell’articolo 5 (le quali individuano, rispettivamente, per l’anno 2014 e a decorrere dal 2015 la misura massima di incremento dell’aliquota di addizionale regionale IRPEF che le regioni, nell’ambito dell’autonomia tributaria loro attribuita, hanno la facoltà di deliberare).

Nel successivo paragrafo, al quale si rinvia, sono brevemente illustrate le disposizioni contenute nell’articolo 5 utili per una valutazione complessiva di quanto previsto dal periodo in esame a fini interpretativi e di coordinamento (v. infra).

Ai sensi del terzo periodo, contestualmente alla determinazione dell’aliquota dell’addizionale regionale IRPEF, il D.P.C.M. dovrà stabilire, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente, anche la riduzione delle aliquote IRPEF.

Si segnala che il comma in esame interviene sul sistema delle fonti che attualmente disciplinano l’IRPEF, attribuendo alcune potestà normative, ora regolate da una fonte di rango primario, ad una normativa di rango secondario. La misura dell’addizionale regionale IRPEF – attualmente disciplinata dall’articolo 50 del decreto legislativo n. 446 del 1997 – sarà, infatti, rideterminata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Inoltre, con il medesimo decreto dovranno essere ridotte le aliquote IRPEF, attualmente disciplinate dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 recante, all’articolo 11, la determinazione degli scaglioni di reddito imponibile e delle relative aliquote IRPEF.

Appare inoltre opportuno un chiarimento in merito all’obiettivo, espressamente indicato nella norma, di “mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente”. In particolare, andrebbe precisato se tale invarianza sia da riferire alle sole imposte IRPEF e addizionale regionale IRPEF tenuto conto che il termine “prelievo fiscale complessivo” sembrerebbe includere anche altre tipologie di imposte e tributi. Per tale disposizione si rinvia inoltre a quanto osservato più avanti nella parte concernente i profili finanziari.

 

Coordinamento con alcune disposizioni contenute nell’articolo 5

L’articolo 5, comma 1, per il cui approfondimento si rinvia alla relativa scheda illustrativa, prevede, in primo luogo, che sino alla rideterminazione effettuata con il DPCM di cui all’art. 2 in esame, l’aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF sia fissata in misura pari allo 0,9%.

In secondo luogo, disciplina il potere delle regioni a statuto ordinario di modificare la predetta aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF.

In particolare, nel caso in cui le regioni esercitino tale facoltà per aumentare l’aliquota di base, l’incremento della misura non può essere superiore:

allo 0,5%, sino all’anno 2013 (art. 5, co. 1, lettera a));

all’1,1%, per l’anno 2014 (art. 5, co. 1, lettera b));

al 2,1%, a decorrere dal 2015 (art. 5, co. 1, lettera c)).

Alla luce di quanto previsto dall’articolo 5, limitatamente agli aspetti sopra evidenziati, appaiono opportuni alcuni chiarimenti in merito all’interpretazione e alla portata normativa del secondo e del terzo periodo del comma 1 dell’articolo 2. Infatti, fermo restando che in un’ottica generale del provvedimento il secondo periodo sembrerebbe doversi interpretare come una conferma della facoltà attribuita alle regioni dal successivo articolo 5, il testo letterale della norma prevede che “all’aliquota così rideterminata si aggiungono” le misure percentuali indicate nel richiamato articolo 5.

In altre parole, la formulazione prevista dalla norma è suscettibile di diverse interpretazioni in merito alla natura – obbligatoria o facoltativa - dell’incremento dell’aliquota dell’addizionale regionale IRPEF applicabile a decorrere dal 2014.

In particolare, qualora il secondo periodo del comma 1 dell’art. 2 intenda ribadire il potere discrezionale attribuito alle regioni dall’art. 5, co. 1, risulterebbe privo di contenuto normativo e, così formulato, solleverebbe questioni interpretative; qualora, invece, intenda prevedere un incremento automatico dell’aliquota rideterminata con DPCM, andrebbe coordinato con quanto previsto nell’art. 5, co. 1, lettere b) e c) anche al fine di chiarire quale sia il reale potere discrezionale attribuito alle regioni.

 

Per quanto concerne la contestuale riduzione delle aliquote IRPEF prevista dal terzo periodo del comma 1 dell’articolo 2, andrebbe precisato - eventualmente anche al fine di escluderlo espressamente, come appare plausibile - se tale riduzione delle aliquote IRPEF debba operare anche in riferimento agli incrementi dell’addizionale regionale IRPEF previsti, con decorrenza 2014, dal secondo periodo del medesimo comma 1.

Infatti, qualora il secondo periodo fosse interpretato come una conferma della mera facoltà delle regioni di deliberare aumenti dell’aliquota dell’addizionale regionale la contestuale riduzione delle aliquote IRPEF non dovrebbe essere effettuata.

 

In proposito appare opportuno rammentare che ai sensi del successivo articolo 27 il provvedimento in esame non può comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 4 stabilisce che, salvo quanto previsto dal comma 1, continua ad applicarsi la disciplina IRPEF vigente alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda che le norme dispongono, a decorrere dal 2012, la rideterminazione, con DPCM da adottarsi entro il 30 giugno 2011, dell’aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF in misura tale da assicurare al complesso delle Regioni a statuto ordinario un ammontare di risorse pari alle minori entrate derivanti, a decorrere dallo stesso anno, dalla soppressione dei trasferimenti statali di parte corrente aventi carattere di generalità e permanenza e destinati all’esercizio delle competenze regionali, nonché dalla soppressione della compartecipazione regionale al gettito dell’accisa sulla benzina, di cui all’articolo 7, comma 3. Le norme prevedono contestualmente la riduzione delle aliquote IRPEF di competenza erariale, al fine di assicurare, nel complesso, l’invarianza della pressione fiscale.

La relazione, con riguardo alla soppressione della compartecipazione al gettito dell’accisa sulla benzina, in base ai dati dei rendiconti consuntivi per l’anno 2008, stima la relativa minore entrata in complessivi 1.734 milioni di euro[2].

Sulla base dei dati relativi ai versamenti effettuati nel 2008 per le sole Regioni a statuto ordinario, il gettito dell’addizionale regionale IRPEF, al netto degli effetti degli incrementi di aliquota consentiti autonomamente alle regioni, è stimato in 5,3 milioni di euro.

La relazione afferma che la soppressione, dal 2012, della compartecipazione regionale al gettito dell’accisa sulla benzina e dei trasferimenti statali di parte corrente genera, da un lato, un miglioramento per il bilancio dello Stato e, dall’altro, un peggioramento nei bilanci regionali a seguito delle minori entrate conseguenti alla suddette soppressione. Tali minori entrate sono compensate dalla rideterminazione dell’aliquota di base dell’addizionale IRPEF fissata in modo da assicurare lo stesso ammontare di risorse.

Le maggiori entrate registrate nel bilancio dello Stato e le minori spese per trasferimenti determinano lo spazio finanziario per ridurre le aliquote IRPEF di competenza erariale in misura tale da mantenere invariata la pressione fiscale complessiva. Pertanto gli interventi previsti dalle disposizioni non comportano alcuna variazione dei saldi di finanza pubblica.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva, in via preliminare, che la relazione tecnica fornisce esclusivamente un’indicazione sulla natura degli effetti che le diverse misure determinano sui bilanci dei soggetti coinvolti. La relazione non fornisce, con la sola esclusione dell’importo della compartecipazione regionale al gettito dell’accisa sulla benzina per l’anno 2008, una stima degli ammontari movimentati che consenta di verificare l’effettiva neutralità finanziaria delle disposizioni, sia ai fini dei saldi di finanza pubblica che della pressione fiscale complessiva. Il quadro finanziario delle compatibilità non è determinato nella R.T. e la compensatività complessiva degli interventi in esame potrà essere verificata solo a seguito dell’adozione:

§      entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, del DPCM di individuazione dei trasferimenti statali di parte corrente alle RSO oggetto di soppressione;

§      entro il 30 giugno 2011, del DPCM con il quale sono ridefinite, contestualmente, l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF e le aliquote dell’IRPEF di competenza erariale.

Degli atti di normativa secondaria, le norme in esame non dispongono l’ obbligo preliminare di trasmissione alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, né tali atti sembrano sottoposti agli obblighi di redazione della relazione tecnica riguardanti, ai sensi dell’articolo 2, comma 3, della legge n. 42 del 2009, gli schemi legislativi attuativi della riforma.

In merito ai profili finanziari andrebbero acquisiti chiarimenti circa la coincidenza temporale degli effetti finanziari degli interventi sui bilanci delle regioni, in relazione alle modalità di versamento dell’addizionale regionale all’IRPEF.

La rideterminazione dell’aliquota base dell’addizionale regionale all’IRPEF è prevista a decorrere dal 2012, contestualmente alla soppressione a partire da tale anno dei trasferimenti erariali (articolo 6, comma 1) e della compartecipazione all’accisa sulla benzina.

Ai sensi dell’articolo 50 del D.Lgs. n. 446 del 1997, infatti, l’addizionale regionale è versata, in unica soluzione con le modalità ed i termini per il versamento delle ritenute e del saldo dell’IRPEF e, pertanto nel periodo d’imposta successivo a quello di riferimento. Relativamente ai redditi di lavoro dipendente, l’imposta dovuta è determinata dai sostituti d’imposta all’atto di effettuazione delle operazioni di conguaglio relative a detti redditi (entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento). Il relativo importo è trattenuto in un numero massimo di undici rate, a partire dal periodo di paga successivo a quello in cui è effettuato il conguaglio e non oltre quello relativamente al quale le ritenute sono versate nel mese di dicembre.

Tale circostanza rileva anche ai fini dell’allineamento temporale delle quote di compartecipazione all’addizionale regionale IRPEF previste dal provvedimento per il finanziamento dei livelli inferiori di governo;

In merito al livello cui sarà rideterminata l’aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF, occorre segnalare che, a seguito di quanto previsto dallo schema di decreto recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale[3], con riguardo in particolare alla possibilità di optare per la cedolare secca sui canoni di locazione ad uso abitativo in luogo dell’ordinaria tassazione IRPEF,nonché con riguardo alla devoluzione ai comuni dell’imposta sui redditi derivante dai fabbricati non locati, il gettito di tale addizionale, a decorrere dal 2012, è destinato a ridursi. La relazione tecnica al citato provvedimento, stima in particolare, per l’introduzione della cedolare, una perdita di gettito per cassa a titolo di addizionale regionale pari a 146 milioni di euro nel 2012, 149 milioni nel 2013 e 152 milioni nel 2014. Andrebbe, pertanto, chiarito se, in sede di rideterminazione dell’aliquota di base dell’addizionale regionale si terrà conto di tale perdita di gettito per le regioni. Tale minore gettito è compensato nel quadro finanziario complessivo dello schema di decreto legislativo citato, dal maggior gettito derivante dalla cedolare secca. Tuttavia, sul piano normativo, non è previsto alcuno strumento che ne consenta il recupero da parte delle regioni;

In merito al comma 1 che dispone la riduzione delle aliquote IRPEF di competenza statale, al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente, la relazione tecnica afferma che la suddetta riduzione delle aliquote è finalizzata a mantenere invariata la pressione fiscale complessiva, a seguito della rideterminazione dell’aliquota di base dell’addizionale regionale.

In proposito si osserva che, se a livello aggregato i due obiettivi sono coincidenti, a livello di singoli contribuenti l’obiettivo di invarianza della pressione fiscale complessiva non esclude, in fase applicativa, che possano determinarsi seppur limitati effetti ridistributivi, in considerazione delle diverse caratteristiche dell’imposta principale e della relativa addizionale, con particolare riferimento al regime delle detrazioni.


 

Articolo 2, commi 2 e 3
(Fabbisogno sanitario)

 


2. Per l’anno 2012 il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello, stabilito dalla vigente normativa, del finanziamento del Servizio sanitario nazio­nale al quale ordinariamente concorre lo Stato.

3. Restano ferme le disposizioni in materia di quota premiale e di relativa erogabilità in seguito alla verifica degli adempimenti in materia sanitaria di cui all’articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché le disposizioni in materia di realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario, di rilievo nazionale e di relativa erogabilità delle corrispondenti risorse ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni, e in materia di fondo di garanzia e di recuperi, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, rispettivamente per minori ovvero maggiori gettiti fiscali effettivi rispetto a quelli stimati ai fini della copertura del fabbisogno sanitario standard regionale. Resta altresì fermo che al finanziamento della spesa sanitaria fino all’anno 2013 concorrono le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010, e le ulteriori risorse, previste da specifiche disposizioni, che ai sensi della normativa vigente sono ricomprese nel livello del finanziamento del Servizio sanitario nazio­nale cui concorre ordinariamente lo Stato.


 

 

Il comma 2 dell’articolo 2 stabilisce, per il 2012, che il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello, stabilito dalla vigente normativa, del finanziamento del Servizio sanitario nazionale al quale ordinariamente concorre lo Stato[4].

Il comma 3 dell’articolo 2, conferma le disposizioni in materia di erogabilità della quota premiale, in seguito alla verifica degli adempimenti in materia sanitaria di cui all’articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010).

 

In particolare, l’articolo 2, comma 68, della citata legge n. 191/2009, fissa al 97% il livello delle anticipazioni di tesoreria per il finanziamento della spesa sanitaria corrente[5]. Tale livello è elevato al 98% per le regioni risultate adempienti nell’ultimo triennio. La misura delle anticipazioni è riferita allo stanziamento risultante dai maggiori finanziamenti previsti dal Nuovo patto per la salute 2010-2012, (articolo 2, comma 67), ed è condizionata al rispetto delle misure disposte per il contenimento della spesa sanitaria, che riguardano, l’adozione di misure che consentono la riduzione del personale sanitario (commi 71-74) e, in generale, il rispetto degli altri adempimenti previsti per il mantenimento dell’equilibrio economico del settore sanitario (commi 92-97) nonché, per le regioni in disavanzo, l’adozione delle misure che garantiscono il ripristino dell’equilibrio finanziario della gestione (commi 75-91).

La lettera c) del citato comma 68 prevede un ulteriore livello di verifica per la determinazione della misura delle anticipazioni previste del 97 per cento e del 98 per cento. In particolare, è stabilita una decurtazione dei due livelli di anticipazioni, rispettivamente, del 3 per cento e del 2 per cento (cosiddette quote premiali), quale misura cautelare in corso di verifica. La quota trattenuta è erogata all’esito positivo della verifica o, in caso negativo, quando la regione abbia attuato le misure correttive richiamate dai commi 71-74 (misure di riduzione del personale sanitario) e dai commi 92-97 (inadempimenti sugli altri vincoli di spesa).

 

La norma in esame conferma, altresì, le disposizioni in materia di realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario, di rilievo nazionale e di relativa erogabilità delle corrispondenti risorse ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni[6].

 

Il comma 34 dell’articolo 1 della citata legge n. 662 del 1996, prevede la possibilità di vincolare quote del Fondo sanitario nazionale per la realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale, con priorità per i progetti sulla tutela della salute materno-infantile, della salute mentale, della salute degli anziani nonché per quelli finalizzati alla prevenzione, e in particolare alla prevenzione delle malattie ereditarie.

Il successivo comma 34-bis, al fine di perseguire gli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale, prevede che le regioni elaborano specifici progetti sulla scorta di linee guida proposte dal Ministro della salute ed approvate con Accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. La Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della sanità, individua i progetti ammessi a finanziamento utilizzando le quote a tal fine vincolate del Fondo sanitario nazionale ai sensi del comma 34. La predetta modalità di ammissione al finanziamento è valida per le linee progettuali attuative del Piano sanitario nazionale fino all’anno 2008. A decorrere dall’anno 2009, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede a ripartire tra le regioni le medesime quote vincolate all’atto dell’adozione della propria delibera di ripartizione delle somme spettanti alle regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta di Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Al fine di agevolare le regioni nell’attuazione dei progetti di cui al comma 34, il Ministero dell’economia e delle finanze provvede ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell’importo complessivo annuo spettante a ciascuna regione, mentre l’erogazione del restante 30 per cento è subordinata all’approvazione da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni, comprensivi di una relazione illustrativa dei risultati raggiunti nell’anno precedente. Le mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell’anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione del 70 per cento già erogata.

 

Il comma 3 in esame conferma, inoltre, le norme in materia di fondo di garanzia e di recuperi, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56[7], rispettivamente per minori ovvero maggiori gettiti fiscali effettivi rispetto a quelli stimati ai fini della copertura del fabbisogno sanitario standard regionale.

 

In particolare, l’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 56 del 2000 ha istituito, tra l’altro, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo di garanzia (capitolo 2701)per compensare le regioni a statuto ordinario delle eventuali minori entrate dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF[8]. Nel caso di un gettito complessivo dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF superiore a quello previsto, si provvede al recupero delle eventuali maggiori entrate.

 

Da ultimo, la norma stabilisce che, fino al 2013, al finanziamento della spesa sanitaria concorrono:

§      le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010;

§      le ulteriori risorse[9], previste da specifiche disposizioni, che ai sensi della normativa vigente sono ricomprese nel livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato.

 


 

Articolo 3
(Compartecipazione regionale all’IVA)

 


1. A ciascuna Regione a statuto ordina­rio spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto.

2. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 l’aliquota di compartecipazione di cui al comma 1 è calcolata in base alla normati­va vigente, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE. A decorrere dall’anno 2014 l’aliquota è determinata con le modalità previste dal­l’articolo 11, commi 3 e 5, primo periodo.

3. A decorrere dall’anno 2013 le mo­dalità di attribuzione del gettito della compartecipazione Iva alle Regioni sono stabilite in conformità con il principio di territorialità. Il principio di territorialità tiene conto del luogo di consumo. I criteri di attuazione del presente comma sono stabiliti con decreto di natura non regola­mentaredel Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’eco­nomia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni identi­ficando il luogo di consumo con quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi. Nel caso dei servizi il luogo della prestazione può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore.


 

 

Il comma 1 stabilisce che a ciascuna regione a statuto ordinario spetta una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

 

Appare opportuno evidenziare che in sede di esame dello schema di decreto relativo al federalismo municipale (Atto n. 292) presso la Commissione bicamerale (si veda il testo contenuto nel parere non approvato in commissione il 3 febbraio 2011) è stata prevista l’introduzione di una compartecipazione all’IVA in favore dei Comuni di ammontare corrispondente al 2% del gettito IRPEF.

 

La compartecipazione all’IVA da parte delle regioni a statuto ordinario è già disciplinata nel nostro ordinamento ed è stata istituita dal decreto legislativo n. 56 del 2000[10], emanato in attuazione della precedente legge di riforma basata sul federalismo fiscale (legge n. 133/1999).

L’articolo 1 del citato decreto n. 56 ha disposto, con decorrenza 2001, la soppressione di alcuni trasferimenti erariali in favore delle regioni a statuto ordinario. Sul piano finanziario, la soppressione dei trasferimenti è stata compensata da:

-        una compartecipazione regionale al gettito IVA[11]. La norma originaria (articolo 2) fissava la compartecipazione in misura pari al 25,7% del gettito complessivo IVA come desunto dal rendiconto generale. Tale aliquota, tuttavia, non è mai stata applicata in quanto, ai sensi dell’art. 5, è stata rideterminata anno per anno (già nell’anno 2001 è stata elevata a 38,55% con DPCM 17 maggio 2001). Da ultimo, con DPCM del 21 ottobre 2010, l’aliquota di compartecipazione regionale per l’anno 2009 è stata rideterminata in misura pari a 44,71%;

-        un incremento dell’addizionale regionale IRPEF. L’articolo 3 del D.Lgs. n. 56/2000 ha introdotto un incremento dell’imposta stabilendo che l’aliquota ordinaria fosse elevata da 0,5 a 1% e che il valore massimo dell’aliquota applicabile dalle regioni fosse elevata da 0,9 a 1,4%. Contestualmente, sono state ridotte di 0,4 punti percentuali le aliquote IRPEF vigenti al momento;

-        un incremento della compartecipazione regionale al gettito delle accise sulla benzina. In particolare, l’originario articolo 4 ha elevato di 8 lire per litro di benzina venduta la quota di compartecipazione al gettito delle accise.

L’ammontare complessivo spettante alle regioni viene ripartito tra le stesse sulla base sia delle quote di trasferimenti soppressi per ciascuna sia della quota del fondo sanitario nazionale di parte corrente necessaria per finanziare la differenza tra il fabbisogno sanitario riconosciuto e le entrate specifiche delle regioni (IRAP, addizionale regionale 0,9% e altre entrate proprie). Le misure delle aliquote di compartecipazione nonché il prospetto di ripartizione tra le varie regioni sono stabilite con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri emanato annualmente.

 

Il comma 2 reca disposizioni finalizzate a determinare la quota dell’imposta sul valore aggiunto che dovrà essere riconosciuta, nel suo complesso, a tutte le regioni a statuto ordinario. I criteri per la successiva attribuzione a ciascuna regione, invece, sono disciplinati dal comma 3.

Ai fini della determinazione dell’aliquota di compartecipazione IVA la norma in esame individua due modalità: la prima interessa il periodo transitorio (2011-2013) e la seconda, a regime, si applica a decorrere dal 2014.

Per gli anni 2011, 2012 e 2013 continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti. In proposito, si ricorda che ai sensi di quanto disposto dal D.Lgs. n. 56 del 2000:

§      la misura delle aliquote di compartecipazione può essere rideterminata annualmente - al fine di garantire la compensazione dei trasferimenti soppressi - con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano (art. 5 del D.Lgs. n. 56/2000);

§      la base imponibile cui applicare l’aliquota di compartecipazione IVA corrisponde al gettito IVA complessivo realizzato nel penultimo anno precedente a quello in considerazione, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.

 

Sul piano della formulazione della norma si valuti l’opportunità di sostituire il rinvio alla “normativa vigente” con un riferimento più esplicito al sopra citato decreto legislativo n. 56 /2000.

A decorrere dal 2014 l’aliquota di compartecipazione è determinata ai sensi di quanto previsto dall’art. 11 comma 1 e 3 del presente provvedimento. Tali norme, più dettagliatamente esaminate nella relativa scheda illustrativa, stabiliscono che la compartecipazione sarà fissata in misura pari al livello minimo assoluto del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni rilevato in una sola regione. Alle regioni nelle quali il gettito tributario non risulta sufficiente a garantire la copertura finanziaria di tale fabbisogno è riconosciuta una quota del fondo perequativo istituito dal medesimo articolo 11. L’ammontare della compartecipazione sarà dunque stabilita annualmente con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

Si segnala che, rispetto alla normativa vigente, ai fini dell’emanazione del decreto del Presidente del consiglio dei ministri per la determinazione della misura annuale di compartecipazione all’IVA non è più richiesta, a decorrere dal 2014, l’intesa con la Conferenza permanente.

 

L’Intesa Governo-Autonomiepropone di modificare l’ultimo periodo del comma in esame al fine di chiarire che, anche a decorrere dal 2014, la determinazione dell’aliquota di compartecipazione dovrà essere effettuata considerando il gettito IVA al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.

 

Il comma 3 individua il criterio per la ripartizione della compartecipazione IVA, fissata nel suo complesso ai sensi del comma 2, tra le regioni a statuto ordinario.

In base alla normativa vigente, l’assegnazione a ciascuna regione avviene sulla base di parametri che dipendono dalla disciplina del finanziamento della spesa sanitaria corrente delle regioni a statuto ordinario secondo i seguenti criteri:

-        la percentuale di compartecipazione al gettito IVA (complessiva) varia annualmente in ragione del fabbisogno necessario a “coprire” la quota di spesa sanitaria corrente non “coperta” dal gettito IRAP, addizionale IRPEF, accisa e ticket sanitari;

-        la territorializzazione del gettito IVA è determinata in proporzione all’ammontare dei consumi registrati dall’ISTAT per ciascuna regione;

-        le regioni a cui la territorializzazione assegna somme maggiori del rispettivo fabbisogno sanitario “cedono” le somme eccedentarie al Fondo perequativo interregionale. Al bilancio di queste regioni affluisce soltanto una quota-parte dell’IVA territorializzata come propria, anche essa “perequata” dalla quota di spesa storica presa annualmente a riferimento nella determinazione del fabbisogno di spesa sanitaria corrente;

-        le regioni a cui la territorializzazione assegna somme minori del rispettivo fabbisogno sanitario ricevono integralmente la propria quota IVA territorializzata e, in aggiunta, una quota parte del Fondo perequativo interregionale, questa in misura corrispondente al completamento della “copertura” del rispondente fabbisogno.

 

In particolare, viene previsto che, a decorrere dal 2013, l’attribuzione a ciascuna regione della quota di compartecipazione spettante sia effettuato sulla base del criterio di territorialità.

Il criterio della territorialità tiene conto del luogo di consumo del bene o servizio oggetto di scambio; il comma in esame precisa che, nel caso delle prestazioni di servizio, il luogo di consumo può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore.

Le modalità attuative sono rimesse ad un decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato Regioni.

Andrebbe chiarito quale sia il soggetto cui viene conferita dalla norma la facoltà di identificare la fattispecie cui troverebbe applicazione, quale luogo della prestazione, il domicilio del fruitore.

L’Intesa Governo-Autonomie propone di modificare il comma in esame al fine di precisare che le regioni cui la norma si riferisce siano quelle a statuto ordinario.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera le disposizioni dell’articolo in esame.

 

In merito ai profili di quantificazione, rinviando alla scheda riguardante l’articolo 11, relativo alla fase a regime della riforma ed al fondo perequativo, andrebbe chiarito come si applichi la modifica del criterio di attribuzione alle regioni dell’IVA sulla base del principio di territorialità, prevista dalla norma già per il 2013. Fino a tale esercizio compreso, infatti, la compartecipazione in esame dovrebbe mantenere la medesima destinazione prevista dalla normativa vigente, finalizzata al finanziamento del sistema sanitario nazionale. Andrebbe, quindi, chiarito se la modifica del criterio di attribuzione previsto dalla norma in esame possa avere carattere sostanziale, in quanto diretta a modificare l’ammontare di risorse effettivamente attribuite a ciascuna regione, o debba assumere carattere meramente formale, modificando solo nominalmente l’ammontare attribuibile a ciascuna regione a parità di risorse effettivamente attribuite.

A decorrere dal 2014 andrebbe poi chiarito se l’attribuzione alle regioni della compartecipazione IVA sulla base del principio di territorialità riguardi l’intero ammontare della compartecipazione stessa o solo la quota[12], che non confluisce al fondo perequativo[13].


 

Articolo 4
(Riduzione dell’IRAP)

 


1. A decorrere dall’anno 2014ciascuna Regione a statuto ordinario, con propria legge, può ridurre le aliquote dell’IRAP fino ad azzerarle, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

2. L’eventuale riduzione o azzeramento dell’IRAP è esclusivamente a carico del bilancio della Regione e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dei fondi di cui all’articolo 11.

3. Non può essere disposta la riduzione dell’IRAP, se la maggiorazione di cui all’articolo 5, comma 1, è superiore allo 0,5 per cento.

4. Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio eco­nomico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari.


 

 

Il comma 1 attribuisce alle regioni a statuto ordinario la facoltà di ridurre l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), fino anche ad azzerarla, nel rispetto della normativa comunitaria e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell’Unione europea.

La modifica dell’aliquota prevista dal comma in esame deve essere disposta con legge regionale. In ogni caso, viene confermato il potere di variazione dell’aliquota attribuito alle regioni dall’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 446/1997[14] consistente nella facoltà di modificare, in aumento o in diminuzione fino ad un massimo di un punto percentuale, l’aliquota ordinaria IRAP nonché di applicare aliquote differenziate per settori di attività e per categorie di soggetti passivi.

Il richiamato articolo 16, (comma 1) fissa in misura pari a 3,9% l’aliquota ordinaria generale dell’IRAP, fatte salve le diverse aliquote fissate per:

-        le amministrazioni pubbliche, le amministrazioni della Camera dei Deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e gli organi legislativi delle regioni a statuto speciale relativamente al valore prodotto nell'esercizio di attività non commerciali. In questi casi, infatti, la base imponibile corrisponde al costo del personale dipendente e assimilato (art. 10-bis) e l’aliquota è fissata in misura pari all’8,5% (comma 2 dell’art. 16);

-        i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi relativamente ai quali l’aliquota è stabilita nella misura dell’1,9%.

Appare opportuno ricordare, sinteticamente, che a seguito della riduzione dell’aliquota ordinaria (da 4,25% a 3,9%) disposta con la legge finanziaria per il 2008[15] il comma 3 dell’articolo 16 è stato oggetto di una specifica interpretazione contenuta nella Risoluzione n. 13/DF del 10 dicembre 2008 del Dipartimento delle finanze direzione federalismo fiscale. Infatti, poiché la medesima legge finanziaria ha disposto anche l’obbligo di riparametrare le aliquote già modificate da parte delle regioni[16] la risoluzione ha precisato che la variazione (fissata dalla norma originaria in misura non superiore ad un punto percentuale rispetto all’aliquota del 4,25%) già deliberata dalle regioni non poteva essere superiore a 0,92% rispetto a 3,9%[17].

 

Tenuto conto che il comma in esame consente alle regioni di ridurre l’aliquota IRAP, il rinvio all’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997 troverebbe applicazione nella sola ipotesi in cui le regioni deliberino un incremento della richiamata aliquota d’imposta.

 

Il comma 2 stabilisce che nei casi in cui la regione deliberi una riduzione dell’imposta, il conseguente minor gettito è esclusivamente a carico della regione stessa e non comporta alcuna forma di compensazione perequativa.

 

L’Intesa Governo-Autonomiepropone di modificare i commi 1 e 2 al fine di ampliare il potere delle regioni consentendo, oltre alla riduzione delle aliquote, la facoltà di introdurre deduzioni dalla base imponibile (comma 1). La modifica al comma 2 ha finalità di coordinamento ed è diretta a stabilire che anche il minor gettito conseguente alla riduzione della base imponibile disposto dalla regione è ad esclusivo carico del bilancio regionale e non comporta alcuna compensazione perequativa.

 

La disposizione contenuta nel comma 3, in linea con quanto previsto nel comma 2 dell’articolo 5 del provvedimento in esame e alla cui scheda si rinvia, stabilisce che le regioni che hanno deliberato un incremento dell’addizionale regionale IRPEF superiore allo 0,5% non possono disporre la riduzione dell’aliquota IRAP. La finalità della norma, come chiarito nella relazione illustrativa allegata al provvedimento in esame, è quella di impedire il trasferimento del “carico tributario dalle imprese ai cittadini”.

 

Il comma 4, analogamente a quanto previsto nel comma 8 dell’articolo 5 del provvedimento in esame alla cui scheda illustrativa si rinvia, conferma l’applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazioni di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda che le norme in esame prevedono, per le regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 2014, la facoltà di intervenire, con propria legge, sulle aliquote IRAP fino ad azzerarle[18]. Gli effetti finanziari dell’esercizio di tale facoltà rimangono esclusivamente a carico dei bilanci delle regioni e non comportano alcuna forma di compensazione a carico del bilancio dello Stato.

La riduzione dell’IRAP non può, tuttavia, essere disposta se la regione ha adottato una maggiorazione dell’addizionale regionale dell’IRPEF superiore allo 0,5 per cento.

L’esercizio della facoltà riconosciuto alle regioni interessate è pertanto subordinato all’individuazione di corrispondenti compensazioni nell’ambito dei rispettivi bilanci. Da tali considerazioni discende la neutralità per la finanza pubblica delle misure in esame.

 


 

Articolo 5
(Addizionale regionale all’IRPEF)

 


1. Ciascuna Regione a Statuto ordinario può, con propria legge, aumen­tare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di base. La predetta aliquota di base è pari allo 0,9% sino alla rideterminazione effettuata ai sensi dell’ar­ticolo 2, comma 1, primo periodo. La maggiorazione non può essere superiore:

a) allo 0,5 per cento, sino all’anno 2013;

b) all’1,1 per cento, per l’anno 2014;

c) al 2,1 per cento, a decorrere dall’anno 2015.

2. Resta fermo il limite della maggiorazione dello 0,5 per cento, se la Regione abbia disposto la riduzione dell’IRAP. In ogni caso, la maggiorazione oltre lo 0,5 per cento non deve comportare aggravio, sino ai primi due scaglioni di reddito, a carico dei titolari di redditi da lavoro dipendente o da pensione in rela­zione ai predetti redditi; con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l’attuazione del presente periodo. In caso di riduzione, l’aliquota deve assicurare un gettito non inferioreall’ammontare dei trasferimenti regionali ai Comuni, soppressi in attuazione dell’arti­colo 8.

3. Per assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, le Regioni possono stabilire aliquotedell’ad­dizionale regionale all’IRPEFdifferenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale.

4. Le Regioni, nell’ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono disporre, con propria legge detrazioni in favore della famiglia, maggio­rando le detrazioni previste dall’articolo 12 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

5. Al fine di favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, quarto comma, della Costi­tuzione, le Regioni, nell’ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono inoltre disporre, con propria legge,detrazioni dall’addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regio­nale.

6. L’applicazione delle detrazioni previ­ste dai commi 4 e 5 è esclusivamente a carico del bilancio della Regione che le dispone e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dello Stato. In ogni caso deve essere garantita la previsione di cui al comma 2, ultimo periodo.

7. La possibilità di disporre le detrazioni di cui ai commi 4 e 5 è sospesa per le Regioni impegnate nei piani di rientro dal deficit sanitario alle quali è stata applicata la misura di cui all’articolo 2, comma 83, lettera b) e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per mancato rispetto del piano stesso.

8. Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel setto­re sanitario nei casi di squilibrio econo­mico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

9. L’eventuale riduzione dell’addizionale regionale all’IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dei fondi di cui all’articolo 11.


 

 

L’articolo 5 reca disposizioni in materia di addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) disciplinando, in particolare, il potere attribuito alle regioni a statuto ordinario di apportare modifiche nell’ambito dell’autonomia ad esse riconosciuta. La disciplina in esame è contenuta anche nell’articolo 2, comma 1, al quale, pertanto, occorre far riferimento per ottenere un quadro esaustivo dell’imposta in questione.

 

Il comma 1 stabilisce, in primo luogo, la misura dell’aliquota di base dell’addizionale regionale IRPEF e, in secondo luogo, attribuisce alle regioni a statuto ordinario la facoltà di modificarla.

L’aliquota di base viene fissata in misura pari allo 0,9%; tale aliquota opera “sino alla rideterminazione” effettuata con il DPCM da emanare ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del provvedimento in esame.

La misura dell’aliquota di base indicata dalla norma in esame coincide con quanto previsto, nell’ordinamento vigente, dall’articolo 50, comma 3, del decreto legislativo n. 446/1997 istitutivo dell’addizionale regionale IRPEF. Tale comma consente alle regioni di modificare l’aliquota con proprio provvedimento da pubblicare in Gazzetta Ufficiale e stabilisce che, in ogni caso, l’aliquota non può essere superiore all’1,4%.

Tuttavia, per le regioni che presentano un deficit finanziario nel settore sanitario sono state introdotte alcune deroghe che consentono l’applicazione di misure superiori delle aliquote d’imposta. Sulla materia si rinvia a quanto illustrato nei successivi commi 7 e 8.

 

Alle regioni a statuto ordinario è riconosciuta la facoltà di modificare la misura dell’aliquota di base. Tuttavia, in caso di maggiorazione l’incremento non può essere superiore:

a)      allo 0,5 per cento, sino all’anno 2013;

b)      all’1,1 per cento, per l’anno 2014;

c)      al 2,1 per cento, a decorrere dall’anno 2015.

 

Sul punto, nel rinviare a quanto osservato nell’articolo 2, comma 1, circa il coordinamento fra la norma in esame e il suddetto comma 1, si segnala che per quanto concerne la determinazione della misura massima di incremento applicabile dalle regioni, andrebbe confermato – ed eventualmente riformulato al fine di evitare dubbi interpretativi – che i valori indicati nelle lettere a), b) e c) rappresentano i punti percentuali da aggiungere all’aliquota di base.

 

Si evidenzia che la maggiorazione dell’aliquota prevista dal comma in esame può essere effettuata dalle regioni al fine di compensare il minor gettito conseguente alla soppressione di alcuni tributi regionali prevista, con decorrenza 2014, dall’articolo 7 del provvedimento in esame e alla cui scheda illustrativa si rinvia.

 

Il comma 2 introduce ulteriori limiti alla facoltà di modifica dell’addizionale IRPEF da parte delle regioni.

In particolare, in caso di maggiorazione dell’aliquota:

§      le regioni che hanno disposto la riduzione dell’IRAP (cfr. art. 4) non possono deliberare incrementi dell’addizionale IRPEF superiori allo 0,5 per cento.

La norma è diretta ad evitare una eccessiva traslazione del carico fiscale dalle imprese (soggetti passivi IRAP) alle persone fisiche (soggetti passivi dell’addizionale IRPEF). In proposito, infatti, la relazione illustrativa segnala che “la possibilità di azzerare l’IRAP, viene strutturata impedendo però di trasferire il carico tributario dalle imprese ai cittadini”;

§      le maggiorazioni superiori allo 0,5% - applicabili, ai sensi del comma 1, a decorrere dal 2014 – non devono comportare un aggravio del carico fiscale per i titolari di reddito da lavoro dipendente o da pensione limitatamente a tali redditi ed entro il limite d’importo corrispondente al secondo scaglione di reddito previsto dalla normativa IRPEF. A tal fine è prevista l’emanazione di un decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze per la determinazione delle modalità di attuazione.

Ai sensi dell’articolo 11 del TUIR, il primo scaglione di reddito interessa i valori imponibili fino a 15.000 euro, mentre il secondo scaglione di reddito interessa i valori imponibili compresi tra 15.001 e 28.000 euro.

Al fine di evitare dubbi interpretativi sarebbe opportuno confermare che gli scaglioni di reddito cui la norma si riferisce sono quelli indicati nell’articolo 11 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Si segnala, peraltro, che gli importi indicati nel richiamato articolo 11 sono relativi al reddito imponibile, ossia al reddito complessivo al netto degli oneri deducibili (rientrano, tra questi ultimi, i contributi previdenziali versati per i lavoratori domestici, alcune tipologie di erogazioni liberali, i contributi versati a forme pensionistiche complementari, ecc.).

L’ultimo periodo del comma in esame prevede che, nel caso in cui la regione intenda deliberare una riduzione dell’addizionale IRPEF, la nuova aliquota deve, in ogni caso, assicurare un gettito non inferiore all’ammontare dei trasferimenti regionali effettuati in favore dei comuni soppressi dall’articolo 8 del provvedimento in esame. Ai sensi del suddetto articolo, meglio illustrato nella relativa scheda, a decorrere dal 2013, gli attuali trasferimenti effettuati dalle regioni in favore dei comuni sono soppressi (comma 1) e il medesimo ammontare di risorse è garantito agli enti locali mediante l’introduzione di una compartecipazione dei comuni al gettito dell’addizionale regionale IRPEF (comma 2).

 

Andrebbe precisato il riferimento temporale cui è riferita la disposizione contenuta nell’ultimo periodo in esame, tenuto conto che la soppressione dei trasferimenti opera a decorrere dal 2013.

 

L’Intesa Governo-Autonomie propone di riformulare l’ultimo periodo del comma in esame al fine di stabilire che l’ammontare del gettito minimo (trasferimenti dalla regione ai comuni) debba essere garantito non solo dalla compartecipazione all’addizionale regionale ma anche dal gettito derivante dagli altri tributi regionali di cui all’articolo 8, comma 2.

 

Il comma 3 autorizza le regioni a stabilire aliquote dell’addizionale regionale IRPEF differenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale. La norma, viene precisato, è finalizzata ad assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e a garantire i criteri di progressività.

In proposito, si evidenzia che, ai sensi del successivo comma 9, la perdita di gettito conseguente alla riduzione dell’addizionale regionale IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione.

 

I commi 4, 5 e 6 recano disposizioni concernenti la facoltà per le regioni di introdurre detrazioni per familiari a carico ovvero sostituire l’erogazione di taluni sussidi con l’introduzione di nuove detrazioni fiscali.

 

In particolare, il comma 4 stabilisce che le misure delle detrazioni per carichi di famiglia fissate dall’articolo 12 del TUIR possono essere incrementate ed il maggiore beneficio opera in riduzione dell’addizionale regionale dovuta.

L’art. 12 del D.P.R. n. 917/1986, nel disciplinare le detrazioni IRPEF per familiari a carico, individua diverse misure del beneficio che variano in funzione del legame di parentela tra familiare e contribuente (coniuge, figlio, altro), del reddito del contribuente, dell’età dei figli e della presenza di eventuali soggetti disabili.

 

Il comma 5 prevede che, al fine di favorire la sussidiarietà orizzontale, le regioni possono introdurre detrazioni fiscali in luogo dell’erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione della regione stessa.

Al riguardo si rammenta che, come è noto, lo strumento della detrazione fiscale non produce effetti – ovvero li produce solo in parte – in caso di incapienza del contribuente il quale, in tali ipotesi, non potrebbe fruire dei benefici previsti dalla norma..

L’incapienza si verifica quando l’ammontare dell’imposta lorda è inferiore all’importo della detrazione fiscale e, pertanto, il contribuente non può fruire pienamente del beneficio fiscale previsto dalla normativa.

Gli effetti finanziari di minor gettito dovuti ai benefici fiscali introdotti dalle regioni in favore dei contribuenti sotto forma di detrazioni d’imposta ai sensi dei commi 4 e 5 sono a carico del bilancio della regione (comma 6). Viene in ogni caso ribadito che nel disciplinare tali agevolazioni fiscali, le regioni devono assicurare un gettito tributario non inferiore all’ammontare dei trasferimenti regionali ai comuni come indicato nell’ultimo periodo del comma 2.

 

I commi 7 e 8 prevedono dei limiti alle facoltà attribuite alle regioni, qualora queste ultime evidenzino degli squilibri nel settore sanitario ovvero siano impegnate in piani di rientro dal deficit sanitario.

I commi 174 e seguenti dell’articolo 1 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) hanno disposto che, in presenza di un disavanzo di gestione del settore sanitario, la regione è tenuta ad intervenire attraverso l’adozione di provvedimenti necessari per il ripianamento finanziario del settore, ivi inclusi gli aumenti dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche e le maggiorazioni dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) entro le misure massime stabilite dalla normativa vigente.

Successivamente, i commi 75 e seguenti dell’articolo 2 della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010) hanno introdotto ulteriori automatismi fiscali da applicare qualora le regioni interessate non raggiungano gli obiettivi fissati nel Piano di rientro dei disavanzi sanitari entro il termine perentorio in esso indicato. In particolare, il comma 86 stabilisce che il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, verificato annualmente, comporta, oltre all’applicazione delle misure previste dal comma 80 (mantenimento per l’intera durata del piano delle maggiorazioni IRAP e IRPEF previste e vincolo per la regione degli interventi individuati dal piano) e ferme restando le misure eventualmente scattate ai sensi del comma 83 (concernente la gestione commissariale della regione in disavanzo sanitario), l’incremento nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali dell’aliquota IRAP e di 0,30 punti percentuali dell’addizionale all’IRPEF.

Per l’anno 2010 le regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria hanno dovuto applicare le maggiorazioni dell’aliquota IRAP (+0,15 punti percentuali) e dell’addizionale regionale all’Irpef (+0,30 punti percentuali) rispetto al livello delle aliquote vigenti elevando, pertanto, all’1,7% la misura dell’aliquota ordinaria dell’addizionale regionale IRPEF. Ciò in quanto, come si legge dal comunicato dell’Agenzia delle entrate del 2 luglio 2010 “il Tavolo per la verifica degli adempimenti e il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza hanno constatato per le regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria la sussistenza delle condizioni per l’applicazione delle disposizioni recate dall’articolo 2, comma 86, della legge 191/2009, secondo le procedure di cui all’articolo 1, comma 174, della legge 311/2004”. In termini di cassa, la maggiorazione IRAP ha rilevato in sede di determinazione dell’acconto versato a novembre 2010 mentre per l’addizionale regionale IRPEF rileva nel 2011 in sede di conguaglio effettuato dal datore di lavoro per i redditi di lavoro dipendente ovvero in sede di saldo delle imposte per gli altri redditi.

 

In particolare, il comma 7 sospende la possibilità di disporre le detrazioni di cui ai commi 4 e 5 per le Regioni[19] impegnate nei piani di rientro dal deficit sanitario nelle quali è stato nominato il commissario ad acta e sono state incrementate le aliquote fiscali di 0,15 punti percentuali dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive e di 0,30 punti percentuali dell’addizionale all’IRPEF oltre al limite previsto dalla legislazione vigente, per il mancato rispetto del piano stesso.

Il comma 8 conferma gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazioni di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

 

Ai sensi del comma 9 il minor gettito derivante dalla riduzione delle aliquote dell’addizionale regionale all’IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione e non comporta alcuna forma di compensazione perequativa.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica sintetizza brevemente il contenuto delle disposizioni ricordando che le medesime consentono a ciascuna RSO di variare, con propria legge, l’aliquota di base dell’addizionale regionale all’IRPEF, fissata allo 0,9 per cento sino alla rideterminazione, prevista dal 2012, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, del provvedimento. Tale aliquota di base non può essere incrementata in misura superiore allo 0,5 per cento sino al 2013, all’1,1 per cento sino al 2014 ed al 2,1 per cento a decorrere dal 2015.

Qualora la regione abbia disposto la riduzione dell’IRAP, l’incremento dovrà essere obbligatoriamente contenuto nel limite dello 0,5 per cento.

L’incremento dell’aliquota di base in misura superiore allo 0,5 per cento non potrà in ogni caso comportare un aggravio, sino ai due primi scaglioni di reddito[20], a carico dei titolari di reddito da lavoro dipendente o da pensione in relazione ai predetti redditi.

In caso di riduzione dell’aliquota di base, l’aliquota fissata dalla regione deve, comunque, assicurare un gettito non inferiore all’ammontare dei trasferimenti regionali ai Comuni, soppressi ai sensi del successivo articolo 8.

Le regioni che intendano graduare gli incrementi di aliquota in misura progressiva rispetto al reddito hanno l’obbligo di applicare i medesimi scaglioni vigenti per l’imposta erariale.

La relazione precisa, inoltre, che sia la facoltà per le regioni – con esclusione di quelle impegnate nei piani di rientro sanitari - di disporre detrazioni in favore delle famiglie, maggiorando quelle previste dall’articolo 13 del TUIR, sia la facoltà di disporre detrazioni dall’addizionale stessa in luogo dell’erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio ed altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale possono esercitarsi esclusivamente a carico dei bilanci delle singole regioni e non comportano, pertanto, alcuna forma di compensazione da parte del bilancio dello Stato.

Analogamente, non può comportare alcuna forma di compensazione da parte del bilancio dello Stato l’eventuale riduzione dell’aliquota di base dell’addizionale regionale,il cui esercizio è in ogni caso limitato dalla necessità di assicurare un gettito non inferiore ai soppressi trasferimenti regionali ai comuni.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che le disposizioni, come affermato dalla relazione tecnica, determinano effetti neutrali. Appare, in ogni caso, necessario acquisire chiarimenti in merito ad alcune delle disposizioni contenute nell’articolo in esame, anche al fine di meglio comprenderne i profili applicativi.

In particolare:

§      il comma 4 concede alle regioni, nell’ambito della addizionale di cui all’articolo in esame, la facoltà di disporre con propria legge detrazioni in favore della famiglia, maggiorando le detrazioni per carichi di famiglia di cui all’articolo 12 del TUIR. La norma non appare di chiara formulazione in quanto, da un lato, prevede che la suddetta facoltà operi esclusivamente nell’ambito dell’addizionale IRPEF, dall’altro, dispone che la medesima sia esercitata attraverso una maggiorazione delle detrazioni per carichi di famiglia previste dal TUIR. Si ricorda, in proposito, che le detrazioni di cui all’articolo 12 del TUIR sono, ove spettanti, utilizzate dal contribuente in riduzione dell’IRPEF lorda di competenza erariale. Pertanto, una loro maggiorazione comporterebbe una riduzione del gettito della suddetta imposta. Sembrerebbe, pertanto, opportuna una riformulazione della norma nel senso di prevedere per le regioni la possibilità di introdurre a loro volta autonome detrazioni modulate rispetto alla presenza di carichi di famiglia, da utilizzare, ove sussista capienza, esclusivamente in riduzione dell’ammontare dell’addizionale dovuta alle regioni;

§      il comma 5 prevede, per le regioni, la possibilità di sostituire con detrazioni dall’addizionale l’erogazione di sussidi, buoni di servizio, vaucher ed altre provvidenze di sostegno sociale previste dalla normativa regionale. Si segnala in proposito, come già segnalato in precedenza, che i due strumenti di sostegno alternativo, quali il contributo diretto ovvero la detrazione d’imposta, non si configurano, per il profilo finanziario, come perfettamente equivalenti, infatti, l’utilizzo della detrazione d’imposta trova un limite quantitativo nell’ammontare stesso dell’imposta dovuta.

Sempre in merito agli effetti di tale comma 5 si segnala che, con riguardo ai vincoli posti dal patto di stabilità interno, che per le regioni operano dal lato della spesa, la norma, a parità di saldo di bilancio, determina un indiretto miglioramento, in termini di rispetto del patto, della posizione della regione che opera la sostituzione.

 

Si segnala, infine, che il vincolo posto dal comma 2, in base al quale la maggiorazione dell’addizionale superiore allo 0,5 per cento non debba, comunque, comportare un aggravio a carico dei contribuenti titolari di redditi di lavoro dipendente o di pensione ricadenti nei primi due scaglioni potrebbe penalizzare le regioni nelle quali tale tipologia di contribuenti si presenti con la frequenza maggiore.


 

Articolo 6
(Soppressione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario)

 


1. A decorrere dall’anno 2012sono soppressi tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle Regioni a statuto ordinario aventi carattere di generalità e permanen­za e destinati all’esercizio delle competen­ze regionali, ivi compresi quelli finalizzati all’esercizio di funzioni da parte di Province e Comuni. Le Regioni a statuto ordinario esercitano l’autonomia tributaria prevista dagli articoli 4, 5, 7 e 8, comma 2, del presente decreto in modo da assicurare il rispetto dei termini fissati dal presente Capo. Sono esclusi dalla soppressione i trasferimenti relativi al fondo perequativo di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza Unificata, sono individuati i trasferimenti statali di cui al comma 1. Con ulteriore decreto adottato con le modalità previste dal primo periodo possono essere individuati ulteriori trasferimenti suscettibili di soppressione.


 

 

L’articolo dispone la soppressione di tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle regioni a statuto ordinario, a decorrere dal 2012 (comma 1).

I trasferimenti soppressi dovranno essere compensati con le entrate derivanti dall'incremento dell'addizionale IRPEF come disciplinato dall'articolo 2, comma 1, dello schema di decreto in esame.

 

Benché non richiamato esplicitamente, la norma attua l'articolo 8, comma 1, della legge delega. In particolare, la lettera f), che dispone la soppressione dei trasferimenti statali alle regioni diretti al finanziamento delle spese per l'esercizio delle funzioni regionali; sia riconducibili che non riconducibili alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali (art. 117, secondo comma, lett. m) Cost.). La lettera f) esclude dalla soppressione i contributi erariali per l'ammortamento dei mutui contratti dalle regioni.

 

I trasferimenti da sopprimere - e quindi la somma da 'compensare' - dovranno essere individuati – entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto – con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata (comma 2). Eventuali ulteriori trasferimenti da sopprimere dovranno essere individuati con le medesime modalità.

 

Sulla natura dei trasferimenti da sopprimere, la norma fornisce le seguenti informazioni:

§      devono avere carattere di generalità e permanenza;

§      sono quelli destinati al finanziamento dell'esercizio delle competenze regionali, compresi quelli destinati all'esercizio di funzioni da parte di province e comuni;

§      non sono da sopprimere (ossia non sono oggetto di fiscalizzazione) – come già stabilito dalla legge delega dall'articolo 8, comma 1, lett. h) - i trasferimenti del fondo perequativo istituito per compensare le minori entrate del gettito dell'accisa sulle benzine, poi inglobato nel gettito dell'IRAP[21].

 

Come ricordato anche nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto legislativo, la Relazione governativa sul federalismo fiscale[22], basata sui lavori della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale (COPAFF)[23], ha fornito indicazioni sia di carattere metodologico sia quantitative sui criteri utilizzabili per l'individuazione dell'ammontare dei trasferimenti che dovrà essere oggetto di fiscalizzazione.

 

La Relazione, nell’Allegato 2, sez. 1, opera un primo tentativo di individuazione dei trasferimenti statali alle Regioni che andranno soppressi. A tal fine sono utilizzati tre criteri metodologici:

-        quello della generalità, ossia della destinazione del trasferimento all’intera platea degli enti di un determinato comparto;

-        quello della permanenza, ossia della continuità nel tempo del trasferimento;

-        quello della riferibilità dei trasferimenti alle funzioni di competenza regionale; la legge delega prevede infatti una modifica dei criteri di finanziamento delle sole spese di competenza legislativa o amministrativa regionale.

La relazione sottolinea che i criteri sopra indicati possono essere interpretati in senso più o meno restrittivo e per ciascuna di tali interpretazioni sussistono profili problematici, di seguito sintetizzati, in merito ai quali andranno adottate soluzioni volte a limitare possibili contenziosi.

In particolare, i primi due criteri appaiono funzionali alla necessità di escludere, dai trasferimenti oggetto di soppressione, quelli aventi carattere di specialità, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera a), punto 1) della legge delega. Peraltro, non tutti i trasferimenti privi di un’assoluta generalità o permanenza possono essere considerati contributi speciali. La relazione propone quindi che i predetti criteri di generalità o permanenza - già adottati in termini stringenti per individuare i trasferimenti destinati a confluire al Fondo unico, ai sensi dell’art. 77, comma 2-bis, del DL n. 112/2008 - siano in questo caso interpretati in modo flessibile, al fine di contemperare l’esigenza di rispettare i criteri di delega in materia di soppressione dei trasferimenti con quella di consentire una concreta praticabilità della sostituzione dei predetti trasferimenti con risorse tributarie.

Ai trasferimenti già individuati per confluire nel Fondo unico (4.895 milioni di euro di cui però solo 2.743 di trasferimenti di parte corrente), vengono così aggiunte altre tipologie di stanziamenti:

-        1.591 milioni di euro riferiti a stanziamenti non permanenti ma neanche assimilabili a contributi speciali, che sono destinati a funzioni per le quali andrebbe assicurato il finanziamento permanente (fondo per le non autosufficienze, edilizia scolastica);

-        altri stanziamenti generali e permanenti per i quali è stata sollevata una questione di competenza, per 243 milioni di euro;

-        stanziamenti a favore delle regioni provenienti dal bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri per 756 milioni di euro.

L'ammontare complessivo così individuato (7.486 milioni di euro) è comprensivo di stanziamenti in conto capitale e di risorse destinate – sebbene in piccola parte - alle regioni a statuto speciale.

Una prima stima della ripartizione regionale dei trasferimenti da sopprimere è indicata nella sezione 2 dell'Allegato 2. Da questa stima le risorse destinate alle regioni a statuto ordinario risulterebbero pari a 6.382 milioni di euro, comprensivi, si ricorda, di stanziamenti in conto capitale, esclusi invece, secondo quanto stabilito dalla norma in esame, dalla fiscalizzazione.

 

L'individuazione dell'ammontare da sopprimere dovrebbe avvenire senza considerare il taglio dei trasferimenti operato dal decreto legge 78/2010 (convertito con modificazioni dalla legge 122/2010).

Si ricorda, infatti, che l'articolo 14, commi 1 e 2, dispone la riduzione delle risorse statali a qualsiasi titolo spettanti alle regioni a statuto ordinario di 4.000 milioni di euro per l'anno 2011 e 4.500 milioni di euro a decorrere dal 2012. La stessa norma dispone inoltre la neutralità delle misure ai fini dell'attuazione dell'articolo 8 della legge 42/2009.

 

Al comma 1 la norma in esame dispone, inoltre, che le regioni esercitano l’autonomia tributaria prevista dagli articoli 4, 5, 7 e 8, comma 2 in modo da «assicurare il rispetto dei termini fissati dal presente capo». Le norme citate disciplinano:

§      la facoltà per le regioni, a decorrere dal 2014, di ridurre l'IRAP fino ad azzerarla, (articolo 4) e di aumentare l'aliquota di base dell'addizione IRPEF in misura maggiore rispetto alla disciplina vigente (articolo 5);

§      la soppressione della compartecipazione regionale all'accisa sulla benzina dal 2012 e di tributi minori dal 2014 (articolo 7);

§      l’obbligo, per ciascuna regione di istituire, a decorrere dal 2013, una compartecipazione comunale all'addizionale regionale all'IRPEF tale da sostituire i trasferimenti della regione ai comuni (articolo 8, comma 2).

 

L'Intesa Governo-Autonomiedel 16 dicembre 2010, aggiunge il comma 2-bis al testo presentato dal Governo, al fine di disciplinare la copertura finanziaria di eventuali successive attribuzioni di funzioni alle regioni sulla base dell'articolo 118 della Costituzione.

In tal caso con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, dovranno essere disciplinate le modalità per assicurare il finanziamento delle funzioni trasferite, secondo quanto previsto dall'articolo 8, comma 1 lett. i) della legge 42/2009. La legge delega dispone, infatti, che nel caso siano trasferite dallo Stato alle regioni ulteriori funzioni amministrative, dovranno essere definite adeguate forme di copertura finanziaria dei relativi oneri, nel rispetto dei principi recati dalla medesima legge 42 e dall'articolo 7 della legge 131/2003 che disciplina l'esercizio delle funzioni amministrative da parte di Stato, Regioni, Enti locali.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica, riassumendo il contenuto della disposizione, ricorda che si prevede la soppressione di tutti i trasferimenti statali di parte corrente e aventi carattere di generalità e permanenza, destinati alle regioni a statuto ordinario per l’esercizio delle funzioni di competenza regionale, compresi quelli finalizzati all’esercizio di funzioni da parte di province e comuni. Tale soppressione, ai sensi dell’art. 2, comma 1, viene compensata con un incremento dell’addizionale regionale all’Irpef.

A tal fine verranno considerati i capitoli di parte corrente del bilancio dello Stato che presentano le prescritte caratteristiche di generalità e permanenza, così come individuati nell’ambito dell’analisi svolta in sede Copaff, riportata nell’Allegato 2 alla Relazione del Governo sul federalismo fiscale. Tale stima potrà essere suscettibile di modifica in sede di adozione del decreto del Presidente del consiglio dei Ministri cui è demandata, ai sensi del comma 2, l’individuazione dei trasferimenti da fiscalizzare.

In ogni caso si applicherà poi, la riduzione dei trasferimenti statali alle regioni a statuto ordinario prevista dal comma 2 dell’articolo 14 del decreto-legge n. 78/2010, pari a 4.000 mln di euro per il 2011 e 4.500 mln di euro a decorrere dal 2012.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva preliminarmente che la R.T. non reca un quadro riepilogativo degli effetti dell’intero provvedimento ed in particolare non fornisce la quantificazione dei trasferimenti soppressi.

La quantificazione operata dalla Copaff cui la RT fa rinvio – sottolineandone il carattere non vincolante, potendosi operare variazioni in sede di emanazione del DPCM - non risulta pienamente utilizzabile in quanto la quantificazione ivi riportata:

§      non distingue i trasferimenti di parte corrente, oggetto del provvedimento in esame, da quelli in conto capitale, non considerati dalle norme. Appare opportuno in proposito che sia chiarito se la soppressione di questi ultimi sia rinviata a un successivo provvedimento: la legge delega, infatti, nel prevedere l’integrale sostituzione dei trasferimenti attualmente spettanti alle regioni con risorse tributarie, non esclude quelli in conto capitale;

§      non distingue i trasferimenti volti al finanziamento delle funzioni LEP dagli altri. In assenza di tale distinzione – necessaria sia con riferimento ai trasferimenti oggetto di sostituzione con fonti tributarie, sia con riferimento ai trasferimenti non soppressi - non si dispone di informazioni in merito all’ammontare di risorse attualmente finalizzate dalle regioni ai due tipi di funzioni (pur in assenza di vincolo di destinazione). Tale informazione risulta significativa in quanto nella fase di prima applicazione della riforma, oltre al vincolo di invarianza del totale delle risorse attribuite rispetto ai trasferimenti soppressi, occorre rispettare anche il vincolo di integrale finanziamento delle funzioni LEP sulla base della spesa storica, attivando i necessari meccanismi di perequazione delle risorse tributarie attribuite;

§      non tiene conto del taglio ai trasferimenti operato dal D.L. 78/2010: non sono fornite in proposito informazioni sull’incidenza del predetto taglio sulle tipologie di trasferimenti considerate dalla Copaff ai fini della loro sostituzione con fonti di carattere tributario.

Infine, come già osservato nella parte descrittiva della presente scheda, non è chiaro su quale disposizione si basi l’affermazione della relazione tecnica che prevede che si tenga conto del taglio dei trasferimenti operati dall’articolo 14, comma 2 del D.L. 78/2010, in difformità con quanto previsto dall’ultimo periodo del citato comma 2. Tale ultima disposizione prevede infatti che, in sede di attuazione della legge delega sul federalismo fiscale, non si debba tenere conto del taglio menzionato. Nell’eventualità che tale norma trovasse applicazione, potrebbero determinarsi effetti finanziari negativi nel caso in cui si rendesse conseguentemente necessario il reintegro delle minori risorse tributarie attribuite.


 

Articolo 7
(Ulteriori tributi regionali)

 


1. Ferma la facoltà prevista dall’articolo 25, a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono soppressi la tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale, l’imposta regio­nale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del patrimonio indispo­nibile, la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l’addizionale regio­nale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica. Sono, conseguentemente, abrogati l’art. 190 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, l’art. 121 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, gli articoli da 1 a 7 e da 9 a 10 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, l’art. 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’art. 5 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’art. 18, comma 4, della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Qualora la Regione non si avvalga della facoltà prevista dall’articolo 25, essa fa fronte all’onere derivante dal presente comma con la riduzione di spese ovvero con il gettito de­rivante dall’eventuale incremento dell’addi­zionale regionale all’IRPEF ai sensi dell’articolo 5.

2. Salvo quanto previsto dal comma 1, alle Regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Ipredetti tributi costituiscono tributi propri derivati.

3. A decorrere dall’anno 2012 è soppressa la compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina.

4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 e dal comma 3, spettano altresì alle Regioni a statuto ordinario le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

L’articolo 7 reca disposizioni volte a completare il quadro delle entrate tributarie regionali.

 

Le disposizioni contenute nel testo dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri prevedono a tal fine la soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2014,di alcuni tributi regionali “minori” e della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina; parallelamente, sono attribuiti alle Regioni i tributi propri derivati e le altre compartecipazioni a tributi erariali secondo le disposizioni normative attualmente vigenti.

 

Il testo risultante dall’Intesa Governo-Autonomie, dal 1° gennaio 2014 trasforma in tributi propri regionali i predetti tributi “minori”, ferma restando per le Regioni la possibilità di sopprimerli. Non è prevista l’abrogazione della relativa disciplina statale. All’elenco dei tributi da sopprimere / trasformare viene aggiunta anche l’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili.

Si prevede inoltre di trasformare la tassa automobilistica regionale in tributo proprio delle Regioni, fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale.

 

Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri, nel sopprimere alcuni tributi regionali cd. “minori”, prevede altresì l’abrogazione della relativa disciplina statale. Tale disciplina, però, per sua natura trova attualmente applicazione sia nel territorio delle Regioni a statuto ordinario - destinatarie delle disposizioni del Capo I del presente schema di decreto -, sia nelle Regioni a statuto speciale, - cui le norme sul federalismo si applicano solo in parte e secondo specifici principi e criteri direttivi - nelle quali, al momento, tali tributi risultano operativi.

In merito si osserva, di conseguenza, che occorrerebbe precisare l’ambito applicativo delle disposizioni in commento, anche ai fini della valutazione dei relativi effetti finanziari, cui si rimanda per approfondimenti.

La formulazione del testo risultante dall’Intesa Governo-Autonomie, invece, nel consentire alle Regioni di sopprimere i suddetti tributi, una volta trasformati in tributi propri, lascia impregiudicata la vigenza delle norme statali che ne recano la disciplina. Tale formulazione, oltre a eliminare le eventuali incertezze applicative, appare coerente con quanto previsto all’articolo 24-bis dello schema – anch’esso concordato da Governo e autonomie – il quale, al comma 2, ribadisce l’applicazione delle norme della legge delega, tra l’altro, “nel rispetto” delle complessive disposizioni statutarie delle Autonomie speciali.

Il testo dell’articolo approvato dal Consiglio dei Ministri

Il testo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede (comma 1) la soppressione, operante a decorrere dal 1° gennaio 2014, delle seguenti imposte e tasse, nonché l’abrogazione della relativa disciplina legislativa e regolamentare:

§      la tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale.

La tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale è stata istituita sulla base dell’articolo 190 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, contestualmente abrogato dalla norma in esame. E’ dovuta da chi ottiene l'abilitazione all'esercizio di una professione e ha conseguito il titolo accademico in una Università che ha sede legale nella Regione. L'effettuato pagamento deve essere dimostrato all'atto della consegna del titolo di abilitazione ovvero, per le professioni per le quali non si fa luogo a rilascio del titolo, all'atto della iscrizione nell'albo o nel ruolo professionale. Il comma 1 della norma in esame dispone inoltre l’abrogazione dell’articolo 121 del D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616, ai sensi del quale le entrate (anche tributarie) degli enti pubblici nazionali e locali (quindi, anche delle Università) attribuite alle Regioni in virtù del trasferimento delle relative funzioni amministrative, ove derivanti da contributi o imposizioni a carico di persone fisiche o giuridiche o comunque a queste riferibili, ovvero pertinenti a beni mobili o immobili, sono percepite direttamente dalla Regione di domicilio fiscale o di ubicazione dei beni, con l'osservanza delle disposizioni in materia di istituzione di tributi propri recate dall’14 della legge 16 maggio 1970, n. 281, in quanto applicabile.

§      l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del patrimonio indisponibile.

§      l’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo.

Ai sensi dell’articolo 2 della legge 281/1970, di cui si propone la contestuale abrogazione, l’imposta sulle concessioni statali si applica alle concessioni per l'occupazione e l'uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato siti nel territorio della Regione (miniere, colture di pioppi su pertinenze idrauliche, demanio marittimo, ecc.), ad eccezione delle concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche. Le Regioni determinano l'ammontare dell'imposta in misura non superiore al triplo del canone di concessione. L'imposta è dovuta dal titolare della concessione, contestualmente e con le medesime modalità del canone di concessione ed è riscossa, per conto delle Regioni, dagli uffici competenti alla riscossione del canone stesso.

La norma in commento intende inoltre abrogare gli articoli da 1 a 7 e da 9 a 10 del D. L. 5 ottobre 1993, n. 400[24], la cui operatività era già stata limitata dall’articolo 11 della L. 29 marzo 2001, n. 135 (recante la riforma della legislazione nazionale del turismo).

Le disposizioni oggetto di abrogazione concernono: l’aggiornamento dei canoni per gli anni dal 1990 al 1993; la compensazione delle somme versate in eccedenza per il medesimo periodo, nonché di quelle versate dal 2004 in poi; l’affidamento alle regioni della competenza al rilascio e al rinnovo delle concessioni demaniali marittime; l’attribuzione alle regioni, a decorrere dal 1° gennaio 1995, dell'eventuale maggior gettito derivante dalla riscossione dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime rispetto a quello già previsto nel bilancio pluriennale dello Stato; le competenze degli enti portuali a determinare l’ammontare dei canoni con criteri diversi, per quanto concerne le concessioni rientranti nel proprio ambito territoriale; l’obbligo di garantire l’accesso al mare ai disabili.

Il citato articolo 11 della legge 135/2001 ha disposto che – tra l’altro – le suindicate norme, relative a concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, cessino di essere applicabili ove incompatibili con le linee guida del D.P.C.M. 13 settembre 2002 (recante il recepimento dell'accordo fra Stato, regioni e le province autonome sui princìpi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico) e con la disciplina regionale di recepimento o adeguamento alle predette linee guida, a decorrere dalla data di entrata in vigore della stessa disciplina regionale.

In merito si osserva che le norme in commento propongono di abrogare una disciplina statale che riguarda solo in parte le entrate delle regioni e che, sebbene in sostanza sia disapplicata, concerne aspetti più generali della gestione del demanio marittimo (come, ad esempio, le competenze delle autorità portuali e l’accesso dei disabili alle strutture);

§      la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali.

Ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 281 del 1970, essa è dovuta dai soggetti che occupano spazi ed aree pubbliche appartenenti alle Regioni. Per quanto non disposto dalla legge 281/1970, ad essa si applicano le norme che regolano l'analogo tributo provinciale. La determinazione dell’ammontare della tassa è lasciata alle Regioni, entro una forbice compresa tra 50 e il 150 per cento del quantum previsto dalle norme in tema di occupazione degli spazi e delle aree appartenenti alle province. All'accertamento, liquidazione e riscossione della tassa provvedono, per conto delle Regioni, gli Uffici competenti ad eseguire le dette operazioni per l'analogo tributo provinciale. Si ricorda in proposito che la TOSAP - Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche è disciplinata dagli articoli 38 a 57 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, come successivamente modificato. Ad essa sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del D.Lgs. 507/93);

§      le tasse sulle concessioni regionali.

Le tasse sulle concessioni regionali (articolo 3 della legge 281/1970, come modificato nel tempo, di cui si dispone l’abrogazione) si applicano agli atti e provvedimenti adottati dalle regioni nell'esercizio delle loro funzioni o dagli enti locali nell'esercizio delle funzioni regionali ad essi delegate, ai sensi degli articoli 117 e 118 della Costituzione. Tali atti sono indicati in un'apposita tariffa, da coordinare con le vigenti tariffe delle tasse sulle concessioni governative e sulle concessioni comunali e che deve indicare:

a)       gli atti e provvedimenti ai quali si applicano le tasse sulle concessioni regionali;

b)       i termini entro i quali il tributo relativo a ciascun atto o provvedimento soggetto deve essere corrisposto;

c)       l'ammontare del tributo dovuto per ciascun atto o provvedimento ad esso soggetto. Nel caso di provvedimento od atti già soggetti a tassa di concessione, sia governativa che regionale o comunale, l'ammontare del tributo sarà pari a quello dovuto prima della data di entrata in vigore della tariffa. In caso di provvedimenti o atti già assoggettati a tassa di concessione regionale di ammontare diverso in ciascuna regione, l'ammontare del tributo da indicare nella nuova tariffa sarà pari al 90 per cento del tributo di ammontare più elevato, e comunque non inferiore al tributo di ammontare meno elevato;

d)       eventuali norme, che disciplinano in modo particolare il tributo indicato in alcune voci di tariffa.

Il decreto delegato recante la tariffa deve contenere le voci delle tariffe delle tasse sulle concessioni governative e comunali che, per esigenze di coordinamento, devono essere abrogate con decorrenza dalla data di entrata in vigore della tariffa regionale contestualmente approvata. La norma dispone che con la medesima procedura e con l'osservanza degli stessi princìpi e criteri direttivi, entro due anni dall'entrata in vigore della tariffa, possono essere emanati decreti delegati modificativi. La suddetta tariffa è stata approvata con il decreto legislativo del 22 giugno 1991, n. 230.

La tariffa, oltre a recare disposizioni di coordinamento volte ad evitare l’assoggettamento a doppia imposizione (regionale e locale) di determinate tipologie di atti, reca la misura della tassa per la concessione per l'apertura e l'esercizio di farmacie, per l’autorizzazione all'apertura ed all'esercizio di stabilimenti di produzione e di smercio di acque minerali, naturali od artificiali, etc.

La normativa statale autorizza la legge regionale a disporre annualmente aumenti della tariffa anche con riferimento solo ad alcune voci, in misura non superiore al 20 per cento degli importi determinati per il periodo precedente, ovvero in misura non eccedente la maggiore percentuale di incremento disposta dallo Stato per le tasse sulle concessioni governative. Le Regioni provvedono all'accertamento, alla liquidazione ed alla riscossione delle tasse sulle concessioni regionali. L'atto o il provvedimento, per il quale sia stata corrisposta la tassa di concessione regionale, non è soggetto ad analoga tassa in altra regione, anche se l'atto o il provvedimento spieghi i suoi effetti al di fuori del territorio della regione che lo ha adottato;

§      l’addizionale regionale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica.

L’articolo 18, comma 6 della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (come modificato nel tempo e di cui si prevede l’abrogazione) ha concesso alle Regioni, a decorrere dal 1° gennaio 1994, la possibilità di istituire un'addizionale fino al 10 per cento dell'ammontare dei canoni annui relativi alle utenze di acqua pubblica. Di conseguenza, dalla medesima data non si applicano alle concessioni di acque pubbliche le suesposte norme in tema di imposte regionali sulle concessioni (articolo 2 L. 281/1970). I proventi derivanti dall'addizionale di tali canoni affluiscono in un fondo vincolato e sono destinati in via prioritaria alle attività di ricognizione delle opere e di programmazione degli interventi di adduzione, di distribuzione, di fognatura e di depurazione, ove non ancora effettuate.

 

Il medesimo comma 1 mantiene ferma la facoltà delle Regioni, con legge propria, di istituire tributi regionali e locali avendo riguardo a presupposti non assoggettati a imposizione da parte dello Stato ovvero, con la medesima fonte, di determinare variazioni di aliquote o agevolazioni fiscali applicabili da Comuni e Province (articolo 25, comma 1 dello schema in esame, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 7, comma 1, lettera b), n. 3) della legge delega sul federalismo fiscale, L. 42/2009).

Qualora la Regionenon si avvalga della predetta facoltà, essa provvede all’onere derivante dall’abolizione dei suddetti tributi mediante riduzione di spese ovvero con il gettito derivante dall’eventuale incremento dell’addizionale regionale all’IRPEF, ai sensi dell’articolo 5 dello schema in commento.

L’articolo 5 reca disposizioni in materia di addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) disciplinando, in particolare, il potere delle Regioni a statuto ordinario di apportare modifiche all’aliquota, nell’ambito dell’autonomia ad esse riconosciuta (per approfondimenti, si veda la relativa scheda di lettura).

 

Il comma 3 sopprime, dal 2012, la compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina.

L’articolo 3, comma 12 della legge n. 549 del 1995[25]ha attribuito, dal 1° gennaio 1996, una quota dell'accisa sulla benzina e sulla benzina senza piombo per autotrazione, nella misura originaria di lire 350 al litro, alla regione a statuto ordinario nel cui territorio avviene il consumo, a titolo di tributo proprio[26].L’articolo 5 del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56[27] ha demandato ad decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle finanze e del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano la periodica rideterminazione della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina.

Attualmente la misura della compartecipazione (ai sensi dell’articolo 4 del D.Lgs 56/2000) è pari a 0,1291 euro (250 lire) per litro di benzina venduto.

 

All’onere derivante dalla soppressione dell’addizionale si fa fronte mediante la rideterminazione dell’addizionale IRPEF, ai sensi dell’articolo 2, comma 1 dello schema in commento (alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

Restano attribuiti alle Regioni a statuto ordinario:

§      gli altri tributi (comma 2) ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto in commento, qualificati come tributi propri derivati (disciplinati con legge statale ed il cui gettito è devoluto alla Regione). La regione può variare l'aliquota entro una forbice fissata dalla legge dello Stato.

§      ferma restando l’attribuzione della compartecipazione IVA e l’abolizione della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina, le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali secondo le previsionidella legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto in commento (comma 4).

 

 

Resterebbero attribuiti alle Regioni a statuto ordinario i seguenti tributi:

-        Tassa automobilistica regionale (D.Lgs. 504/1992), ferma restando l’attribuzione alle Province di una compartecipazione a tale tributo, ai sensi dell’articolo 15 dello schema in esame, per il quale si veda la relativa scheda di lettura;

-        ARISGAM - Addizionale regionale all’imposta erariale sul gas metano (D.Lgs. 398/1990);

-        Imposta regionale sulla benzina (D.Lgs. 398/1990);

-        Tassa regionale per il diritto allo studio universitario (L. 549/1995);

-        Tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (L. 549/1995);

-        Imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (L. 342/2000);

-        Compartecipazione regionale alle accise sul gasolio per autotrazione (L. 244/2007).

Il testo dell’Intesa Governo-Autonomie.

Il testo del comma 1 risultante dall’Intesa Governo-Autonomie presenta, come già anticipato, alcune differenze rispetto a quello approvato dal Consiglio dei Ministri.

Dal 1° gennaio 2014 i suesposti tributi “minori” sono trasformati in tributi propri regionali, con la possibilità per le Regioni di sopprimerli. Non è prevista l’abrogazione della relativa normativa statale. All’elenco dei tributi da sopprimere o trasformare è aggiunta anche l’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili.

La disciplina della predetta imposta è contenuta negli articoli da 90 a 95 della legge 21 dicembre 2000, n. 342 (legge finanziaria 2001), di cui si propone l’abrogazione. Istituita a decorrere dall'anno 2001, incide per l’appunto sulle emissioni sonore degli aeromobili civili, nelle aree adiacenti gli aeroporti, con l’obiettivo prioritario della riduzione dell’inquinamento acustico (è infatti un tributo di scopo). L'imposta è dovuta alla regione o provincia autonoma per ogni decollo ed atterraggio degli aeromobili civili negli aeroporti civili. La legge ne determina la misura (art. 92 della legge 342/2000, con possibilità per le regioni di variare entro un “forbice” di valori). I previsti decreti che avrebbero dovuto stabilire le modalità applicative dell'imposta non sono stati emanati, né le regioni hanno variato la misura dell’imposta stabilita nella legge.

 

Coerentemente, il testo dell’Intesa propone la soppressione della locuzione del comma 2 “salvo quanto previsto dal comma 1”.

 

Si propone inoltre di aggiungere un comma 1-bis all’articolo in esame, che intende trasformare la tassa automobilistica regionale in tributo proprio delle Regioni, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c) della legge delega n. 42 del 2009 (ovvero in un tributo istituito e disciplinato dalle regioni con proprie leggi, in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale).

Tale trasformazione avverrebbe mantenendo, tuttavia, i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale.

Si ricorda in proposito che, a decorrere dall’anno 1993, le regioni possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente (ai sensi dell’articolo 24 del D.Lgs. n. 504/1992[28]). Il tariffario unico nazionale è contenuto nel D.M. 27 dicembre 1997 (recante le tariffe delle tasse automobilistiche, come modificato dalla tabella 2 allegata alla legge finanziaria per il 2007, L. 27 dicembre 2006, n. 296; le nuove tariffe sono entrate in vigore nel 2007). Nel territorio delle Regioni a statuto speciale la tassa è rimasto un tributo erariale.

La legge statale (articolo 8, comma 7 della legge 27 dicembre 1997, n. 449) esenta in via permanente dall’obbligo di pagamento della tassa per i motoveicoli e gli autoveicoli dei soggetti diversamente abili, mentre le Regioni a statuto ordinario hanno previsto specifiche e ulteriori forme di agevolazione. Si veda, per approfondimenti, la scheda di lettura relativa all’articolo 15.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda che l’articolo in esame dispone (comma 1) la soppressione, a decorrere dal 1° gennaio 2014, di alcuni tributi regionali.

La relazione fornisce i dati riguardanti il gettito complessivo di tali tributi per le regioni a statuto ordinario desunti, per il 2008, dal rendiconto consuntivo delle regioni e, per il 2009, dai dati di cassa del sistema informativo Siope. Tali dati sono riportati nella tavola che segue.

 

(milioni di euro)

TRIBUTI

Incassi 2008

Incassi 2009

Tassa per l’abilitazione all’esercizio della professione

1,6

2,4

Imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del demanio marittimo

 

 

 

10,1

 

 

 

9,3

Addizionale regionale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica

Imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del patrimonio indisponibile

Tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali

74,0

70,0

Tasse sulle concessioni regionali [29]

TOTALE

85,7

81,7

 

La relazione ricorda, altresì, che le regioni a statuto ordinario possono far fronte alla perdita di gettito derivante dalla soppressione dei suddetti tributi mediante l’esercizio della facoltà di istituire nuovi tributi regionali o locali in riferimento a presupposti impositivi non assoggettati a prelievo erariale, nonché attraverso riduzioni di spesa o incrementi dell’aliquota di base dell’addizionale IRPEF.

La relazione tecnica precisa, inoltre, che, a decorrere dal 2012, è disposta (comma 3) la soppressione della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina. Si stima che la soppressione di tale compartecipazione, sulla base dei dati dei rendiconti consuntivi regionali per l’esercizio 2008, comporti per le regioni una minore entrata per complessivi 1.734 milioni di euro. Tale minore entrata è compensata attraverso la rideterminazione dell’aliquota di base dell’addizionale IRPEF, ai sensi del precedente articolo 2.

La relazione fornisce la seguente distribuzione regionale del gettito della suddetta compartecipazione.

 

(milioni di euro)

REGIONI

Quota compartecipazione accisa sulla benzina (dati rendiconto 2008)

Abruzzo

61,71

Basilicata

11,04

Calabria

62,24

Campania

123,63

Emilia Romagna

140,33

Lazio

183,85

Liguria

137,80

Lombardia

295,28

Marche

47,19

Molise

6,33

Piemonte

287,88

Puglia

96,62

Toscana

136,46

Umbria

21,05

Veneto

122,73

TOTALE REGIONI STATUTO ORDINARIO

1.734,14

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che le disposizioni non comportano, nel complesso, effetti sui saldi di finanza pubblica. Ciò in quanto, come specificato dalla stessa relazione tecnica, anche con riferimento agli effetti finanziari dell’articolo 2, le minori entrate per le regioni derivanti dalla soppressione della compartecipazione all’accisa sono compensate in sede di ridefinizione dell’aliquota dell’addizionale IRPEF. Il relativo maggior gettito per lo Stato è compensato dalle minori entrate derivanti dalla contestuale riduzione delle aliquote IRPEF di competenza erariale. Inoltre, a fronte della soppressione dei tributi regionali, sono indicate, per le regioni, le diverse misure cui ricorrere ai fini della compensazione dei relativi gettiti, ferme restando le disposizioni del patto di stabilità interno.

Le norme riguardanti la soppressione di alcuni tributi regionali (comma 1) evidenziano, peraltro, alcuni aspetti in relazione ai quali sarebbe opportuno acquisire ulteriori chiarimenti anche al fine di meglio comprenderne i profili applicativi.

In particolare:

§      andrebbe chiarito se la soppressione dei tributi in questione riguardi le sole regioni a statuto ordinario, come si evince dal contesto normativo in cui si colloca la disposizione, e se quindi, ove previsti, i medesimi tributi continuino ad applicarsi in riferimento ai territori delle regioni a statuto speciale;

§      in base ai dati sugli incassi desumibili dai bilanci regionali per l’anno 2008[30], il gettito dei principali tributi soppressi appare presentare una distribuzione regionale particolarmente sperequata. Ciò significa che, ai fini della compensazione delle relative perdite di gettito, talune regioni dovranno affrontare un maggior sforzo fiscale autonomo, anche in considerazione dei vincoli posti all’incremento dell’addizionale regionale IRPEF, ai sensi dell’articolo 5, commi 1 e 2, del provvedimento.

Si segnala, in proposito, che nel testo concordato tra Governo ed Autonomie, allegato al provvedimento in esame, si propone una riformulazione del comma 1. Tale riformulazione prevede la facoltà per le regioni di sopprimere i suddetti tributi[31] i quali, in ogni modo, a decorrere dal 1° gennaio 2014, sono trasformati in tributi propri regionali.

Infine, appare opportuno segnalare - pur considerando il non rilevante effetto in termini finanziari associato alle disposizioni di cui al comma 1 - che le medesime determinano uno spostamento di quota del prelievo regionale da determinate categorie di contribuenti, incise da tributi il cui presupposto impositivo risiede nell’esercizio di determinati diritti, alla fiscalità generale.

 


 

Articolo 8
(Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario
ai Comuni e compartecipazione comunale
alla addizionale regionale all’IRPEF)

 


1. Ciascuna Regione a statuto ordinario sopprime, a decorrere dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei Comuni, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), della legge n. 42.

2. Con efficacia a decorrere dall’anno 2013 ciascuna Regione a statuto ordinario determina con atto amministrativo, d’intesa con i Comuni del proprio territorio, una compartecipazione degli stessi alla addizionale regionale all’IRPEF di cui all’articolo 5, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressiai sensi del comma 1 del presente articolo. Può altresì adeguare l’aliquota sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei Comuni. La predetta quota di compartecipazione può, inoltre, essere successivamente incremen­tata, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti re­gionali suscettibili di soppressione.

3. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 120, comma 2, della Costituzione.

4. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attuazione del presente articolo, ciascuna Regione istitui­sce un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio alimentato dal gettito di cui al comma 2. Previo accordo con i Comuni, la Regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo Comune in cui si sono verificati i presup­posti di imposta.


 

 

L’articolo 8 prevede, al comma 1, che ciascuna regione a statuto ordinario sopprima, a decorrere dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei comuni, come previsto dall’articolo 11, comma 1, lettera e) della legge delega.

Il nuovo sistema di finanziamento delle spese degli enti locali, definito nel Capo III (articoli da 11 a 14) della legge n. 42/2009, prevede espressamente la soppressione dei trasferimenti statali e regionali attualmente diretti al finanziamento di tali enti (articolo 11, comma 1, lettera e). Dalla soppressione sono esclusi soltanto gli stanziamenti destinati alla costituzione dei fondi perequativi e quelli ancora in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.

 

Per quanto concerne l’ammontare dei trasferimenti regionali da sopprimere, la cui individuazione spetta alla singola regione, la Relazione tecnica precisa che non ci sono elementi per una valutazione in merito. La Relazione riporta, a titolo esemplificativo, i dati relativi al 2008, peraltro già forniti dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), nel documento allegato alla Relazione sul federalismo fiscale, presentata dal Governo a giugno 2010[32] (che individua circa 2.457 milioni di euro nel 2008 di trasferimenti regionali ai comuni). Si rinvia, per ulteriori approfondimenti, alla parte relativa ai profili finanziari.

 

I trasferimenti soppressi vengono sostituiti, a decorrere dal medesimo anno, con una compartecipazione al gettito della addizionale regionale all’IRPEF, di cui all’articolo 5, determinata da ciascuna regione con atto amministrativo,d’intesa con i comuni del proprio territorio, la cui aliquota è stabilita in misura tale da assicurare un importo esattamente corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma precedente (comma 2).

 

Il comma 2 prevede inoltre meccanismi di adeguamento dell’aliquota della compartecipazione da parte di ciascuna regione, sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei comuni.

La predetta quota di compartecipazione può altresì essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma – cioè con atto amministrativo, d’intesa con i comuni del territorio - in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di soppressione.

 

Si rileva che la disposizione in esame affida ad un atto amministrativo – ovvero ad una fonte di rango secondario – l’istituzione della compartecipazione, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di “assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi”, nonché la manovrabilità dell’aliquota di compartecipazione, con possibilità di adeguarla “sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei comuni”, ovvero di incrementarla nella misura corrispondente alla “individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di soppressione ”.

 

Nel caso in cui la regione non ottemperi alle descritte disposizioni, e non provveda a decorrere dal 2013 alla determinazione della compartecipazione, il comma 3 prevede l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione.

L’attivazione del potere sostitutivo nei confronti di regioni e province autonome fa capo alle disposizioni dell’articolo 120 della Costituzione e alla disciplina attuativa dettata dall’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. “legge La Loggia”). La disciplina generale prevede che si esplichi obbligatoriamente una procedura contestativa, seguita eventualmente da un termine monitorio e, solo successivamente, dalla attivazione del potere sostitutivo.

 

Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata il nuovo sistema di finanziamento dei comuni sostitutivo dei trasferimenti, il comma 4 prevede l’istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione comunale al gettito della addizionale regionale all’IRPEFistituita dal comma 2, a decorrere dall’anno 2013.

 

Ciascuna regione stabilisce, previo accordo con i comuni, le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

 

Si rileva che il comma in esame non precisa le modalità e la data di istituzione del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio - il quale dovrebbe verosimilmente essere istituito a decorrere dal 2013 - né il periodo di durata del medesimo. La norma demanda inoltre alla regione sia la definizione delle modalità di riparto del Fondo - al quale affluisce il gettito della compartecipazione comunale all’addizionale regionale all’IRPEF - sia la determinazione delle quote di gettito da devolvere annualmente ai singoli comuni in cui si sono verificati i presupposti di imposta, senza specificare se l’accordo preventivo da raggiungere tra la regione e i comuni - presumibilmente quelli ricadenti nel territorio regionale – abbia natura e valenza eventualmente vincolante; andrebbe pertanto chiarito se, in mancanza di tale accordo, la regione possa comunque procedere al riparto del Fondo.

 

In merito ai rilievi relativi al funzionamento del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio dei comuni (come di quello delle province, disciplinato dal successivo art. 15), si ricorda che analoghe problematiche sono state affrontate in sede di esame dello schema di decreto relativo al federalismo municipale (Atto n. 292) presso la Commissione bicamerale (si veda il testo contenuto nel parere non approvato in Commissione il 3 febbraio 2010), con riferimento al Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni.

In particolare, all’articolo 1, comma 5, del suddetto testo sono state inserite alcune disposizioni che chiariscono sia la portata dell’accordo preventivo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai fini dell’emanazione del decreto da parte del Ministro dell’interno relativo alle modalità di riparto del Fondo sperimentale, sia i criteri stessi di riparto del Fondo (in particolare, per il Fondo sperimentale di riequilibrio comunale, oltre al criterio dei fabbisogni standard, si è fatto riferimento alla necessità che, sino al 2013, una quota pari al 30% della dotazione del Fondosia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti).

 

Profili finanziari

 

La relazione tecnica, riassumendo il contenuto della disposizione, ricorda che si prevede la soppressione, a decorrere dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei Comuni. La relazione sottolinea che l’individuazione dei trasferimenti da considerare ai fini della soppressione è rimessa a ciascuna regione e pertanto non si è in grado di provvedere ad una stima degli stessi. A titolo esemplificativo è riportata la tavola 12 della relazione Copaff sul federalismo fiscale, che individua i trasferimenti regionali ai comuni, come risultanti dai bilanci degli stessi relativi al 2008.

(mln di euro)

2008

Trasferimenti correnti dalla Regione

Abruzzo

36,89

Basilicata

46,21

Calabria

64,74

Campania

316,60

Emilia Romagna

83,46

Lazio

625,33

Liguria

96,85

Lombardia

136,92

Marche

59,12

Molise

16,40

Piemonte

304,93

Puglia

202,44

Toscana

159,35

Umbria

49,93

Veneto

257,78

Totale Regioni S.O.

2.456,92

 

La relazione tecnica ricorda che la soppressione viene compensata con una compartecipazione dei Comuni all’addizionale regionale all’IRPEF di pari importo, il cui gettito va ad alimentare un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio. La regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo Comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva in via preliminare che andrebbe chiarito se la norma si interpreti nel senso indicato dalla relazione tecnica, secondo cui la individuazione dei trasferimenti ai comuni suscettibile di soppressione è rimessa alle regioni, le quali non sarebbero conseguentemente tenute alla soppressione della totalità dei trasferimenti di parte corrente erogati ai comuni del proprio territorio. In tal caso andrebbe altresì chiarito se le regioni abbiano piena discrezionalità nella scelta dei trasferimenti da sopprimere o siano comunque tenute alla soppressione di tutti quelli aventi carattere di generalità e permanenza.

Nel testo concordato tra Governo e autonomie si prevede in proposito di specificare che la soppressione concerne i trasferimenti aventi carattere di generalità e permanenza.

Tali chiarimenti appaiono funzionali, tra l’altro, a comprendere la significatività dei dati, riportati a titolo esemplificativo dalla relazione tecnica, riguardanti i trasferimenti correnti delle regioni a statuto ordinario ai comuni.

Si ricorda inoltre che tali dati, estratti dai bilanci delle regioni (tavola 12 della relazione Copaff), presentano significativi scostamenti rispetto agli analoghi dati estratti dai bilanci dei comuni (cfr. la tavola 7 della medesima relazione). In proposito la citata relazione Copaff evidenziava che i predetti scostamenti sarebbero dovuti essere oggetto di ulteriori approfondimenti.

In merito ai possibili riflessi del taglio dei trasferimenti alle regioni operato dal DL 78/2010, andrebbe chiarito se sussista la possibilità che le regioni traslino parzialmente verso i livelli inferiori di governo il taglio subito. Andrebbe chiarito in particolare se, nell’ambito dei trasferimenti regionali verso i comuni, ve ne siano di rimodulabili in conseguenza della ridotta disponibilità di risorse delle regioni. In tal caso, i dati della relazione tecnica, relativi ai trasferimenti regionali ai comuni nell’esercizio 2008, non risulterebbero rappresentativi delle risorse potenzialmente oggetto di soppressione.

Si segnala inoltre l’esigenza di una conferma che non sussistano fenomeni di incapienza dell’incremento dell’addizionale regionale all’IRPEF, disposto ai sensi dell’art. 2, rispetto alla compartecipazione alla medesima addizionale da attribuire ai comuni in sostituzione degli attuali trasferimenti regionali. Tali fenomeni potrebbero infatti, in linea teorica, sussistere per le regioni che attingono alle risorse del fondo perequativo.

Nel testo concordato tra Governo e autonomie si prevede in proposito di ampliare la facoltà di scelta delle regioni sui tributi potenzialmente oggetto di compartecipazione o devoluzione ai comuni in sostituzione dei trasferimenti, mantenendo comunque carattere prioritario all’addizionale regionale all’IRPEF.

Andrebbe infine fornito un chiarimento in merito alle modalità di coordinamento della perequazione delle risorse attribuite ai comuni ai sensi della norma in esame e di quelle previste dal successivo articolo 19, riferite alle risorse tributarie assegnate ai comuni in sostituzione dei trasferimenti erariali. Non è chiaro, in particolare, se anche le risorse di provenienza regionale (ovvero la compartecipazione all’addizionale IRPEF regionale e il connesso fondo sperimentale regionale) siano da considerarsi ai fini della perequazione complessiva delle risorse necessarie al finanziamento integrale delle funzioni fondamentali dei comuni.

Nel testo concordato tra Governo e autonomie si prevede in proposito di specificare che il fondo sperimentale regionale di riequilibrio cessi i suoi effetti dal momento dell’istituzione del fondo perequativo di cui all’art. 13 della Legge n. 42/2009.


 

Articolo 9
(Livelli essenziali)

 

1. Nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comuni­taria, nonché della specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali, la legge statale stabilisce la disciplina delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni. Fino a loro nuova determinazione, si considerano i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale vigente.

 

 

L’articolo 9 ribadisce l’esclusiva competenza statale nella definizione delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni. Tale determinazione avviene nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria, nella specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali. Fino alla loro nuova determinazione, si considerano i livelli di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale vigente.

 

Si ricorda che la nozione di livelli essenziali è stata introdotta nella Costituzione dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, di riforma del Titolo V, con riferimento alla competenza legislativa esclusiva dello Stato nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantirsi su tutto il territorio nazionale[33].

In ambito sanitario, i Livelli essenziali di assistenza (LEA) sono stati definiti dal D.P.C.M. 29 novembre 2001[34], che costituisce un classificatore e nomenclatore delle prestazioni sanitarie sulla base della loro erogabilità da parte del SSN[35]. Il decreto dedica un passaggio anche all’integrazione socio-sanitaria, ovveroalle prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale non risultano operativamente distinguibili e per le quali si è convenuta una percentuale di costo non attribuibile alle risorse finanziarie destinate al SSN. Precedentemente, il D.P.C.M. 14 febbraio 2001[36] aveva definito i livelli uniformi delle prestazioni socio-sanitarie di alta integrazione sanitaria. Tali prestazioni vengono distinte in:

-        prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, ovvero prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semiresidenziali.

-        prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, ovvero tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute.

La nozione dei livelli essenziali con riferimento alle prestazioni sociali (LIVEAS) era stata introdotta poco prima dall’articolo 22 della legge n. 328 del 2000[37], che vincola la definizione dei LIVEAS alle risorse economiche disponibili rinviando per una definizione più precisa al Piano sociale nazionale 2001-2003. L’articolo 22 definisce i Livelli essenziali delle prestazioni sociali (per macro-aree, come indirizzi e non come standard di erogazione), individuando a tal fine l’area di bisogno e quindi le prestazioni e gli interventi idonei a soddisfare quei bisogni, senza giungere tuttavia a una definizione puntuale dei servizi. In assenza di una normativa statale di determinazione dei LIVEAS, le scelte delle regioni si sono fortemente differenziate anche se sono state accomunate dal tentativo di costruire sistemi di nomenclatura dei servizi sociali, quali strumenti indispensabili di monitoraggio e programmazione.


 

Articolo 10
(Classificazione delle spese regionali)

 


1. Le spese di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 1), della legge n. 42del 2009 sono quelle relative ai livelli essenziali delle prestazioni nelle seguenti materie:

a) sanità;

b) assistenza sociale;

c) istruzione scolastica;

d) trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale;

e) ulteriori materie individuate in base all’articolo 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009.

2. Le spese di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 2), della legge n. 42 del 2009 sono individuate nelle spese diverse daquelle indicate nelcomma 1 del presente articolo e nell’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 3), della legge n. 42 del 2009.


 

 

L'articolo 10 esplicita la tipologia delle spese regionali considerate ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni, già 'classificate' dall'articolo 8, comma 1 lett. a) della legge delega, in:

1)   spese relative alle funzioni riconducibili alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nelle materia della sanità, assistenza sociale, istruzione scolastica, trasporto pubblico locale (limitatamente, in quest’ultimo caso, alle spese in conto capitale). Altre materie possono essere individuate dalla legge dello Stato che provvederà a determinare i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni secondo quanto disposto dall'art. 20, comma 2 della legge 42/2009.

2)   le spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni (non LEP) sono quelle diverse da quelle elencate nel comma 1 e le spese finanziate con contributi speciali, con i finanziamenti dell'Unione europea e con i cofinanziamenti nazionali previsti dall'articolo 16 della legge delega (disciplina degli interventi speciali previsti dal quinto comma dell'articolo 119 della Costituzione per promuovere lo sviluppo economico, la coesione sociale e per rimuovere gli squilibri economici e sociali).

 

Le due diverse tipologie di spese sono finanziate attraverso diverse tipologie di entrate regionali e soggette ad una diversa perequazione come disciplinato nel successivo articolo 11 (vedi infra), in attuazione dei principi contenuti nella legge delega all'articolo 8, comma 1.

 


 

Articolo 11
(Fase a regime e fondo perequativo)

 


1. A decorreredal 2014, al termine della fase sperimentale, in conseguenza dell’avvio del percorso di graduale convergenza verso i costi standard, le fonti di finanziamento dellespese delle Regioni di cui al comma 1 dell’articolo 10del presente decreto sono le seguenti:

a) lacompartecipazione all’Iva di cui all’art. 3;

b) l’addizionale Irpef ridefinita secondo le modalità del comma 1 dell’articolo 2;

c) l’Irap fino alla data della sua sostituzione con altri tributi;

d) quote del fondo perequativo di cui al comma 5;

e) le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010.

2. Ai fini del comma 1 il gettito dell’IRAP è valutato in base all’aliquota ordinariamente applicabile in assenza di variazioni disposte dalla Regione ovvero delle variazioni indicate dall’articolo 4, comma 4. Ai fini del comma 1 il gettito derivante dall’applicazione dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di cui all’articolo 5 è valutato in base all’aliquota calcolata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, primo periodo. Il gettito è, inoltre, valutato su base imponibile uniforme, con le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentitala Conferenza Stato-Regioni

3. La percentuale di compartecipazione all’IVA è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essen­ziali delle prestazioni in una sola regione. Per il finanziamento integraledei livelli essenziali delle prestazioni nelle regioni ove il gettito tributario è insufficiente, concorrono le quote del fondo perequativo di cui al comma 5 del presente articolo.

4. Le fonti di finanziamento dellespese di cui al comma 2 dell’articolo 10del presente decreto sono le seguenti:

a) i tributi propri derivati di cui all’articolo 7, comma 2, del presente decreto;

b) i tributi propri di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), n. 3) della legge n. 42 del 2009;

c) quote dell’addizionale regionale all’Irpef;

d) quote del fondo perequativo di cui al comma 7.

5. E’ istituito, dall’anno 2014, un fondo perequativo alimentato dal gettito prodotto da una compartecipazione al gettito dell’IVA determinata in modo tale dagarantire in ogni regione il finanziamento integrale delle spese di cui al comma 1 dell’art. 10 del presente decreto. Nel primo anno di funzionamento del fondo pere­quativo le suddette spese sono computate anche in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni devono gradual­mente convergere verso i costi standard. Le modalità della convergenza sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ai fini del presente comma, per il settore sanitario, la spesa coincide con il fabbisogno sanitario standard come definito ai sensi dell’articolo 21.

6. La differenza tra il fabbisogno finanziario necessario alla copertura delle spese di cui al comma 1 dell’art. 10 e il gettito regionale dei tributi ad esse dedicati, é determinato con l’esclusione delle variazioni di gettito prodotte dall’eser­cizio dell’autonomia tributaria, nonché dall’emersione della base imponibile riferi­bile al concorso regionale nell’attività di recupero fiscale. E’ inoltre garantita la copertura del differenziale certificato posi­tivo tra i dati previsionali e l’effettivo gettito dei tributi, escluso il gettito derivante dalla lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale, alla regione di cui alcomma 3, primo periodo. Nel caso in cui l’effettivo gettito dei tributi sia superiore ai dati previsionali, il differenziale certificato è acquisito al bilancio dello Stato.

7. Per il finanziamento delle spese di cui al comma 2 dell’articolo 10 del presente decreto, le quote del fondo perequativo sono assegnate alle Regioni sulla base dei seguenti criteri:

a) le Regioni con maggiore capacità fiscale, ovvero quelle nelle quali il gettito per abitante dell’addizionale regionale all’IRPEF supera il gettito medio nazionale per abitante, alimentano il fondo pere­quativo, in relazione all’obiettivo di ridurre le differenze interregionali di gettito per abitante rispetto al gettito medio nazionale per abitante;

b) le Regioni con minore capacità fiscale, ovvero quelle nelle quali il gettito per abitante dell’addizionale regionale all’IRPEF è inferiore al gettito medio nazionale per abitante, partecipano alla ripartizione del fondo perequativo, alimen­tato dalle Regioni di cui alla lettera a), in relazione all’obiettivo di ridurre le differen­ze interregionali di gettito per abitante rispetto al gettito medio nazionale per abitante;

c) il principio di perequazione delle differenti capacità fiscali di cui al comma 5 dovrà essere applicato in modo da ridurre le differenze tra i territori con diversa capacità fiscale per abitante senza alter­narne la graduatoria in termini di capacità fiscale per abitante;

d) la ripartizione del fondo perequativo tiene conto, per le regioni con popolazione al di sotto di un numero di abitanti determinato con le modalità previste al comma 8, ultimo periodo, del fattore della dimensione demografica in relazione inver­sa alla dimensione demografica stessa.

8. Le quote del fondo perequativo risultante dall’applicazione del presente articolo sono distintamente indicate nelle assegnazioni annuali. L’indicazione non comporta vincoli di destinazione. Nel primo anno di funzionamento la perequazione fa riferimento alle spese di cui all’articolo 10, comma 2, computate in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni la perequazione deve gradualmente convergere verso le capacità fiscali. Le modalità della convergenza nonché le modalità di attuazione delle lettere a), b) e c) del comma 7, sono stabilite con decreto di natura non regolamentare del Presiden­te del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze,d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.


 

 

L'articolo 11 disciplina la fase a regime, a decorrere dal 2014,del nuovo sistema di finanziamento delle regioni. Per ciascuna delle due categorie di spese (LEP e non LEP, come visto nell'articolo 10), elenca le fonti di finanziamento e disciplina il fondo perequativo.

 

La norma dà seguito ai principi contenuti della legge delega, in particolare:

§      le spese per i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) sono finanziate con il gettito, valutato ad aliquota e base imponibile uniforme, di:

-        tributi propri derivati (istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni);

-        addizionale regionale all'IRPEF;

-        compartecipazione regionale all'IVA;

-        quote del fondo perequativo;

-        IRAP, in via transitoria, fino alla sostituzione con altri tributi, (articolo 8, lett. d), L. 42/2009);

§      le aliquote dei tributi destinati al finanziamento delle spese per i LEP sono calcolate al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione (art. 8, co. 1 lett. g) L. 42/2009);

§      le spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni, sono finanziate attraverso il gettito di tributi propri derivati e di quote del fondo perequativo (art. 8, lett. e), L. 42/2009);

§      disciplina del fondo perequativo (articolo 9, L. 42/2009).

Finanziamento delle spese relative ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP), commi 1-3, 5-6

Il comma 1 elenca le entrate regionali che, a decorrere dal 2014, dovranno coprire le spese per le funzioni attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni nella sanità, nell'assistenza sociale, nell'istruzione scolastica e nel trasporto pubblico locale (conto capitale):

a)   compartecipazione all'IVA di cui all'articolo 3; dal 2014 la percentuale di compartecipazione è determinata dai sensi del comma 3 e del comma 5 primo periodo del presente articolo;

b)   l'addizionale IRPEF, come ridefinita ai sensi del comma 1 dell'articolo 2, ovvero aumento dell'aliquota base, dal 2012, per coprire i trasferimenti soppressi e la soppressione dell'accisa sulla benzina. Il comma 2 specifica che il gettito dell'addizionale IRPEF è 'valutato' in base all'aliquota stabilita dal comma 1 dell'articolo 2, primo periodo, ovvero l'aliquota 'standard' definita dal D.P.C.M., senza le eventuali variazioni regionali (disciplinate nell'articolo 5). Lo stesso comma 2 dispone inoltre che il gettito deve essere valutato su base imponibile uniforme - ovvero senza tener conto delle eventuali modifiche relative alla determinazione dell'imponibile ai fini fiscali da parte dello Stato - secondo le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Nell'Intesa Governo-Autonomie viene proposto (in riferimento all'articolo 11, comma 1) di modificare la lettera b) nel senso di sostituire con “quote dell'addizionale IRPEF” la dicitura “addizionale IRPEF” quale fonte di entrata regionale per il finanziamento delle spese essenziali;

c)   l'IRAP fino alla data della sua sostituzione con altri tributi. Il comma 2 specifica – in analogia con quanto fatto per l'addizionale IRPEF – che il gettito deve essere calcolato con riferimento all'aliquota base senza considerare le eventuali variazioni apportate dalle regioni e su base imponibile uniforme.

Si ricorda che l'articolo 4 dello schema di decreto in esame attribuisce alle regioni a statuto ordinario la facoltà di ridurre l’aliquota IRAP, fino anche ad azzerarla; nello stesso tempo viene confermata la possibilità prevista dalla normativa vigente di modificare l'aliquota in aumento o in diminuzione, nonché di applicare aliquote differenziate per settori di attività e per categorie di soggetti passivi. Si ricorda infine che l’aliquota ordinaria generale dell’IRAP è fissata al 3,9%. La relazione tecnica allegata allo schema di decreto riporta una stima, riferita al 2008, della distribuzione regionale del gettito di cassa dell'IRAP e dell'addizionale IRPEF, al netto delle manovre regionali. Il gettito complessivo delle regioni a statuto ordinario risulta essere pari, rispettivamente a 30.755 e 5.322 milioni di euro. Se si esclude la compartecipazione all'IVA – non considerata attualmente una entrata tributaria – IRAP e addizionale IRPEF costituiscono rispettivamente il 68 e il 14 per cento delle entrate tributarie regionali[38].

d)   quote del fondo perequativo definito dai commi 5 e 6, alimentato dal gettito della compartecipazione al gettito dell'IVA;

e)   entrate proprie, nella misura stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il 2010 per il servizio sanitario nazionale. Si tratta delle entrate delle aziende sanitarie (ticket e altro) che annualmente entrano a far parte del finanziamento del servizio sanitario nazionale. La norma dispone che vengano considerate nella misura determinata per il 2010. La somma – riportata nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto nella cifra di 1.721 milioni di euro - corrisponde a quanto riportato alla voce «ricavi e entrate proprie delle aziende sanitarie» nella Tabella B allegata all'Intesa raggiunta in sede di Conferenza Stato-Regioni sul riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l'anno 2010[39].

La compartecipazione IVA e il fondo perequativo

Le norme recate dall'articolo in esame sulla compartecipazione all'IVA e sul fondo perequativo ripropongono testualmente i principi indicati nella legge delega e rinviano a successivi atti la definizione sostanziale della disciplina.

In sintesi, l'aliquota della compartecipazione IVA verrebbe determinata nella misura sufficiente a coprire la parte mancante per il finanziamento del fabbisogno corrispondente ai LEP (sottratte quindi le altre entrate tributarie considerate al netto delle variazioni regionali e dell'eventuale recupero fiscale) nella regione in cui questa misura risulta essere minore. Il fabbisogno corrispondente ai LEP per il primo anno è determinato sulla base della spesa storica.

Per garantire la copertura del fabbisogno relativo ai LEP in tutte le altre regioni in cui l'aliquota così determinata non risulta essere sufficiente, interviene il fondo perequativo, alimentato da una ulteriore quota di compartecipazione all'IVA, determinata a posteriori sulla base della parte di fabbisogno che residua coprire.

 

Il comma 3 dispone che, a decorrere dal 2014, la compartecipazione all'IVA è definita in misura tale da assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione (come stabilito dall'articolo 8, comma 1, lett. g) della legge 42/2009). L'atto cui rinvia la norma è un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni. La norma non fornisce indicazioni sulla tempistica per l'adozione del D.P.C.M. L'ultimo periodo del comma rinvia al comma 5 per la disciplina del fondo perequativo, per il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni in quelle regioni in cui risulti insufficiente il gettito tributario.

 

Il fondo perequativo, istituito a decorrere dal 2014, è alimentato da “una compartecipazione” all'IVA, tale da assicurare la copertura integrale di tutte le spese relative ai livelli essenziali delle prestazioni (articolo 9, lett. a) della legge delega), individuate dall'articolo 10 comma 1 nelle spese per la sanità, l'assistenza sociale, l'istruzione scolastica e il trasporto pubblico locale (limitatamente alle spese in conto capitale).

Nel primo anno di funzionamento queste spese sono computate in base alla spesa storica, mentre nei quattro anni successivi si deve progressivamente arrivare a calcolarle sulla base dei costi standard. Le modalità di questo passaggio dovranno essere definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni.

Per la sanità la norma specifica che la spesa coincide con il fabbisogno standard definito ai sensi dell'articolo 21 dello schema di decreto in esame e l'articolo 22 disciplina nel dettaglio le fasi e le modalità per determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali in questo settore (vedi infra).

Per quanto riguarda le spese relative agli altri settori - assistenza sociale, istruzione, trasporto pubblico locale - invece, la norma non fornisce alcuna indicazione sulle modalità e sui tempi per la determinazione dei costi standard.

 

Il comma 6 riprende la disposizione recata dall'articolo 9, comma 1, lett. c) della legge delega, secondo la quale ai fini delle perequazione il gettito regionale dei tributi destinati al finanziamento delle spese LEP, è determinato con l'esclusione delle variazioni di gettito introdotte dalle leggi regionali (variazione dell'aliquota dell'addizionale IRPEF e dell'aliquota IRAP) ed anche con l'esclusione dell'eventuale emersione di base imponibile a seguito dell'attività regionale di recupero fiscale (comma 6, primo periodo).

Nella regione presa a campione ai fini della determinazione dell'aliquota della compartecipazione all'IVA, nel caso in cui l'effettivo gettito dei tributi sia inferiore al dato previsionale viene comunque garantita la copertura della differenza certificata (escluso il gettito derivante dalla lotta contro l'evasione e l'elusione fiscale). (comma 6, secondo periodo)

In caso contrario, ovvero nel caso in cui il gettito dei tributi sia superiore al dato previsionale, la differenza certificata è acquisita al bilancio dello Stato.(comma 6 terzo periodo)

 

Si segnala che gli ultimi due periodi del comma, facendo espresso riferimento “alla regione di cui al comma 3, primo periodo” sembrerebbero poter concernere la sola regione presa a campione per la determinazione dell'aliquota della compartecipazione all'IVA; andrebbe pertanto chiarita la disciplina applicabile nelle altre regioni nel caso in cui l'effettivo gettito dei tributi risulti inferiore ovvero superiore al dato previsionale, atteso che lo scostamento tra fabbisogno finanziario e gettito effettivo potrebbe verificarsi in tutte le regioni.

Si segnala che analoga osservazione è stata a suo tempo avanzata in relazione all’articolo 9, comma 1, lettera e) della legge n. 42/2009, il cui dispositivo è sostanzialmente riprodotto negli ultimi due periodi del comma 6 in esame.

Nell'Intesa Governo-Autonomie viene proposto (in riferimento all'articolo 11, comma 6) di sostituire i due riferimenti presenti nel testo al gettito eventualmente ottenuto dalla regione a seguito dell'attività di recupero fiscale e di lotta all'evasione e all'elusione fiscale con il riferimento all'articolo 7-bis, che la medesima Intesa propone di inserire e che disciplina l'attribuzione alle Regioni del gettito derivante dalla lotta all’evasione fiscale.

Finanziamento delle spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni (non LEP), commi 4, 7-8

Il comma 4 elenca le fonti di finanziamento per le spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni:

a)   tributi propri derivati (art. 7, co. 2 dello schema di decreto in esame) disciplinati con legge dello Stato il cui gettito è attribuito alle regioni.

In particolare:

-        Tassa automobilistica regionale (D.Lgs. 504/1992);

-        Addizionale regionale all’imposta erariale sul gas metano - ARISGAM (D.Lgs. 398/1990);

-        Tributo speciale per il conferimento in discarica (art. 3, commi 24-41, L. 549/1995);

-        Tassa regionale per il diritto allo studio universitario (L. 549/1995);

-        Imposta regionale sulla benzina (D.Lgs. 398/1990);

-        Imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili (L. 342/2000).

A parte la tassa automobilistica che costituisce circa il 10% delle entrate tributarie (su cui si veda ora l'articolo 15 del presente schema di decreto), il gettito degli altri tributi è molto ridotto: l'ARISGAM è intorno all'1% e il tributo per il conferimento in discarica non arriva allo 0,5 %; l'imposta sulla benzina è stata istituita solo da alcune regioni, così come quella sulle emissioni sonore degli aeromobili.

b)   tributi propri istituiti con legge regionale in relazione ai presupposti non già assoggettati ad imposizione erariale, come già stabilito dall'art. 7, comma 1, lett. b) n. 3 della legge delega e ribadito dall'articolo 25 del decreto in esame;

c)   quote dell'addizionale IRPEF, qui considerata nel suo complesso, comprese le eventuali variazioni apportate con legge regionale.

Nell'Intesa Governo-Autonomie viene proposto (in riferimento all'articolo 11, comma 4) di modificare la lettera c) nel senso di aggiungere, dopo IRPEF, “come ridefinite secondo le modalità del comma 1 dell'articolo 2". L'inciso fa riferimento alla determinazione dell'aumento dell'aliquota dell'addizionale IRPEF (determinazione che dovrà avvenire con D.P.C.M. entro il 30 giugno 2011 per compensare la soppressione dei trasferimenti erariali e dell'accisa sulla benzina) nonché alla possibilità da parte regionale di modificare l'aliquota (possibilità disciplinata dall'articolo 5).

Si osserva che andrebbe chiarito il riferimento normativo all'articolo 2, comma 1, posto che esso attiene alla rideterminazione dell'addizionale IRPEF, mentre la lettera c) in esame sembra da intendersi volta a includere quote del gettito di tale addizionale tra le fonti di finanziamento per le spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni.

d)   quote del fondo perequativo come disciplinato dai commi 7 e 8.

 

I commi 7 ed 8 disciplinano la parte del fondo perequativo destinata alle spese non attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni, con lo scopo di ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale.

Come già indicato dalla legge delega (articolo 9, co. 1 lett. a) e lett. g)), questa parte del fondo è alimentata dalle gettito dell'addizionale all'IRPEF. In particolare alimentano il fondo le regioni in cui il gettito pro-capite risulti maggiore della media nazionale, mentre sono destinatarie delle risorse del fondo le regioni in cui il gettito pro-capite dell'addizionale IRPEF risulti al di sotto della media nazionale (comma 7, lett. a) e b)).

Al riguardo, si presume che il gettito nazionale per abitante debba intendersi determinato con riferimento al gettito delle sole regioni a statuto ordinario, escludendo quindi quello delle regioni a statuto speciale.

Sulle modalità della perequazione la norma riprende i criteri direttivi indicati dalla legge delega e rinvia la definizione della disciplina ad un decreto di natura non regolamentare del presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni (comma 8, terzo periodo).

La perequazione – nel caso del finanziamento delle spese non essenziali – dovrà ridurre le differenze tra le regioni con diversa capacità fiscale, senza tuttavia annullarle del tutto e senza alterare l'ordine delle capacità fiscali per abitante dei diversi territori (dopo la perequazione, nessuna delle minori capacità fiscali pro-capite dovrà superare quella del territorio che la precedeva nella graduatoria discendente).

Il decreto di natura non regolamentare dovrà stabilire, inoltre, in riferimento al criterio demografico, qual è il limite di popolazione al di sotto del quale la quota perequativa è incrementata in ragione inversa alla dimensione demografica (comma 7, lett. c) e d)).

Si ricorda che ai sensi dell'art. 9, co. 1 lett. g) n. 3, della legge delega, il limite di popolazione dovrebbe essere stabilito dal legislatore delegato, attraverso i decreti delegati di attuazione.

Per il primo anno di applicazione delle norme in esame, le spese non essenziali dovranno essere computate sulla base della spesa storica per poi convergere, progressivamente nei quattro anni successivi, verso le capacità fiscali (comma 8, secondo periodo). La norma non fornisce ulteriori indicazioni sulla misura della spesa storica che il fondo perequativo dovrà coprire il primo anno, né sul livello di riduzione delle differenze di capacità fiscale, obiettivo ultimo della perequazione.

 

Nell'Intesa Governo-Autonomie viene proposto (in riferimento all'articolo 11, comma 8) di sostituire alle lettere a), b) e c), le lettere a), b), c) e d). Si tratta del rinvio al decreto di natura non regolamentare per la disciplina delle modalità di gestione del fondo perequativo. In particolare, come già visto, la lettera a) riguarda l'alimentazione del fondo da parte delle regioni con capacità fiscale pro-capite superiore alla media 'nazionale', mentre le lettere b) e c) riguardano la ripartizione del fondo tra le regioni al di sotto della media per ridurre le differenze senza alterare la graduatoria delle capacità fiscali pro-capite.

La proposta emendativa aggiunge la lettera d) che riguarda l'altro criterio, quello demografico, per la ripartizione del fondo.

Si osserva, al riguardo, che la lettera d) rinvia già al decreto di natura non regolamentare, per la determinazione del limite di popolazione al di sotto del quale la quota perequativa è incrementata in ragione inversa alla dimensione demografica.

 

Il comma 8, primo periodo, infine, specifica (come l'art. 9, co. 1 lett. h) L. 42/2009) che le due parti del fondo perequativo (quella per la copertura integrale delle spese essenziali e quella per ridurre le differenze di capacità fiscale in relazione alle spese non essenziali) devono essere indicate distintamente nelle assegnazioni annuali. Tuttavia, questa distinzione non comporta, per le regioni, vincoli di destinazione. Ciascuna regione ha quindi poi piena autonomia nella gestione delle risorse così ricevute.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda che, a partire dal 2014, al termine di una fase sperimentale ed in conseguenza dell’avvio del percorso di graduale convergenza verso i costi standard, le fonti di finanziamento delle spese delle regioni a statuto ordinario relative ai livelli essenziali delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, sono le seguenti:

§      compartecipazione IVA di cui all’articolo 3;

§      addizionale regionale IRPEF, come rideterminata ai sensi dell’articolo 2, comma 1;

§      IRAP, fino alla sua sostituzione con altri tributi;

§      quote del fondo perequativo di cui al comma 5 dell’articolo in esame;

§      entrate proprie nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010, pari a 1.721 milioni di euro.

La relazione fornisce, inoltre, una stima per l’anno 2008 della distribuzione regionale del gettito di cassa dell’IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF al netto delle manovre regionali, riprodotta nella tavola che segue.

 

(milioni di euro)

REGIONI

Addizionale regionale IRPEF (incassi 2008)

IRAP

(incassi 2008)

Abruzzo

111

604

Basilicata

40

218

Provincia autonoma di Bolzano

64

458

Calabria

116

621

Campania

371

2.026

Emilia Romagna

549

3.093

Friuli Venezia Giulia

150

826

Lazio

637

4.096

Liguria

193

901

Lombardia

1.267

8.434

Marche

158

836

Molise

24

126

Piemonte

522

2.703

Puglia

278

1.255

Sardegna

130

716

Sicilia

317

1.763

Toscana

413

2.190

Provincia autonoma di Trento

63

401

Umbria

89

438

Valle d’Aosta

16

96

Veneto

555

3.214

TOTALE REGIONI STATUTO ORDINARIO

5.322

30.755

TOTALE REGIONI S.S. e Prov. autonome

740

4.261

TOTALE Complessivo

6.062

35.016

 

La relazione ricorda, altresì, che dal 2014 è prevista l’istituzione di un fondo perequativo alimentato da una compartecipazione al gettito IVA calcolata in modo tale da assicurare in ogni regione l’integrale finanziamento delle spese relative ai livelli essenziali delle prestazioni. Nel primo anno di funzionamento del fondo, le predette spese saranno computate anche in base ai valori di spesa storica, per poi convergere gradualmente verso i costi standard.

Le fonti di finanziamento previste per le spese diverse da quelle relative ai livelli essenziali delle prestazioni sono i tributi propri derivati, i tributi propri regionali, le quote dell’addizionale regionale IRPEF e le quote del fondo perequativo assegnate alle regioni in base ai criteri previsti dal comma 7 dell’articolo in esame.

Per tali spese il fondo è ripartito sulla base di una classificazione delle regioni parametrata al gettito medio nazionale pro capite dell’addizionale regionale IRPEF. Alimenteranno il fondo le regioni il cui gettito medio pro capite dell’addizionale sia superiore a quello medio nazionale, beneficeranno del fondo le regioni il cui gettito medio pro capite risulti inferiore a quello medio nazionale.

Tuttavia, il principio di perequazione delle differenti capacità fiscali dovrà applicarsi in modo da ridurre le differenze territoriali senza alterarne tuttavia la graduatoria in termini di capacità fiscale per abitante.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva preliminarmente che l’articolo in esame individua le fonti di finanziamento delle spese regionali e le relative modalità di perequazione solo con riferimento alla fase a regime, a decorrere dal 2014. Non sembrano invece disciplinate le modalità transitorie di perequazione delle risorse tributarie assegnate a decorrere dal 2012 e fino all’entrata in vigore del fondo perequativo a regime, in sostituzione dei trasferimenti e della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina.

In particolare andrebbe chiarito con quali modalità saranno perequate, nel periodo transitorio, le risorse incrementali dell’addizionale regionale all’IRPEF destinate a finanziare funzioni soggette a livelli essenziali delle prestazioni diverse dalla sanità. La disposizione prevista dall’articolo 3, comma 2, che prevede che, per gli anni dal 2011 al 2013, l’aliquota di compartecipazione IVA sia calcolata in base alla normativa attualmente vigente, sembrerebbe infatti escludere l’utilizzo di tale compartecipazione per il finanziamento di spese diverse da quelle sanitarie. Non è quindi chiaro con quali modalità sarà comunque garantito l’integrale finanziamento, sulla base della spesa storica, delle funzioni essenziali in questione:

§      sia per le amministrazioni regionali per le quali la nuova dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF non assicuri un ammontare di risorse pari ai trasferimenti soppressi;

§      sia per le amministrazioni che invece riceverebbero, sulla base del principio di territorialità, risorse tributarie eccedentarie.

Una perequazione orizzontale di tale tributo (fra amministrazioni più dotate e meno dotate di risorse) sembra infatti possibile - sulla base di quanto previsto nella legge delega e confermato, per il periodo a regime, dalla norma in esame - per le sole spese inerenti funzioni diverse da quelle soggette ai livelli essenziali delle prestazioni.

Con riferimento a tali ultime funzioni, di carattere non essenziale, si segnala che dalla disposizione di cui al comma 8 sembra emergere che, fino a tutto il 2014, a ciascuna regione vadano attribuite risorse tributarie di ammontare pari a quelle soppresse, con una perequazione integrale dei gettiti tributari attribuiti rispetto alla spesa storica. La disposizione citata prevede infatti che la graduale transizione verso le capacità fiscali debba decorrere dal secondo esercizio successivo all’entrata in vigore del fondo perequativo a regime. Su tale interpretazione appare opportuna una conferma.

Andrebbe inoltre confermato che la convergenza verso le capacità fiscali, affermata dal medesimo comma 8, si interpreti nel senso che anche al termine del completamento del processo di convergenza, le predette capacità fiscali debbano comunque restare oggetto di perequazione, per quanto solo parziale.

Con riferimento alla fase a regime si segnala che dalla formulazione della norma non risulta chiaro se l’aliquota base dell’addizionale regionale all’IRPEF, come rideterminata ai sensi dell’articolo 2, finanzi solo se funzioni LEP o anche le altre funzioni.

Il testo concordato tra il Governo e le autonomie prevede una modifica alle disposizioni riguardanti le fonti di finanziamento delle diverse funzioni volta a chiarire tale aspetto, confermando che quote della predetta addizionale finanziano entrambe le tipologie di funzioni.


 

Articolo 12
(Oggetto)

 

1. Le disposizioni di cui al presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

2. Le medesime disposizioni individuano le fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

3. Il gettito delle fonti di finanziamento di cui al comma 2 è senza vincolo di destinazione.

 

 

L’articolo in esame chiarisce che disposizioni recate dal Capo II sono volte ad assicurare l’autonomia di entrata delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

Sono a tal fine individuate, nei successivi articoli da 13 a 16, le specifiche fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province medesime.

Il comma 3 precisa, inoltre, che il gettito derivante dalle indicate fonti di finanziamento è senza vincolo di destinazione.

 

A tale riguardo, si precisa che l’articolo 11, comma 1, lettera f), della legge delega considera senza vincolo di destinazione soltanto il gettito delle compartecipazioni a tributi erariali e regionali.

 

La legge n. 42/2009 reca nel Capo III (articoli da 11 a 14) la disciplina a regime del nuovo assetto finanziario relativo agli enti locali.

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento degli enti locali, l’articolo 11 della legge delega distingue tra due diverse tipologie di spesa, a seconda del tipo di funzione ad esse sottesa:

-        le spese riconducibili all’esercizio delle funzioni fondamentali, indicate dall’art. 117, secondo comma, lett. p) Cost.[40] - la cui individuazione è rimessa alla legislazione statale - per le quali si prevede la garanzia del finanziamento integrale, con riferimento al fabbisogno standard. Il finanziamento integrale di tali funzioni è assicurato, in via prioritaria, dai tributi propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e dalle addizionali a tributi erariali e regionali e dall’intervento del fondo perequativo. L’articolo 12 individua specificamente quali entrate devono essere destinate, in via prioritaria, al finanziamento delle funzioni fondamentali: per le province, l’articolo 12, comma 1, lettera c) fa riferimento al gettito di tributi relativi al trasporto su gomma e alla compartecipazione a un solo tributo erariale[41];

-        le spese connesse alle altre funzioni”, diverse da quelle fondamentali[42], per le quali non è previsto il finanziamento integrale, il cui finanziamento deve essere assicurato da tributi propri, da compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo, il cui intervento è limitato alla sola perequazione delle capacità fiscali.

Vi sono poi le spese che, prescindendo dal tipo di funzione, risultano finanziate con contributi nazionali speciali, finanziamenti dall'Unione europea e cofinanziamenti nazionali.

L’attuazione del nuovo sistema di finanziamento delle spese delle province (come per i comuni) determina la soppressione dei trasferimenti statali e regionali attualmente diretti al finanziamento di tali enti (articolo 11, comma 1, lettera e)). Dalla soppressione sono esclusi soltanto gli stanziamenti destinati alla costituzione dei fondi perequativi e quelli ancora in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.

 

In attuazione di quanto previsto dall’articolo 12 della legge delega, nello schema di decreto in esame l’autonomia di entrata delle province viene assicurata, ai sensi dell’articolo 13, attraverso l’individuazione di tributi propri delle province connessi al trasporto su gomma, quali:

§      l’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore (RCA) – già di competenza delle province, che costituirà a decorrere dal 2012 un tributo proprio derivato delle province -;

§      l’imposta provinciale sulle trascrizioni (IPT) – anch’essa già attribuita alle province dalla normativa vigente.

Altre due entrate legate alla motorizzazione alimenteranno il bilancio delle province. Ad esse è, infatti, assegnata:

§       a decorrere dal 2012, una compartecipazione all’accisa sulla benzina, destinata a compensare la soppressione dei trasferimenti erariali attualmente spettanti alle province nonché il venir meno delle entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all’IRPEF e dall’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’esse soppresse a partire dall’anno 2012. L’aliquota di compartecipazione sarà infatti stabilita in modo tale da assicurare un volume di entrate corrispondenti all’ammontare dei trasferimenti erariali e del gettito dei suddetti tributi soppressi (articolo 14).

Il riparto tra le Province degli introiti derivanti dalla nuova compartecipazione all’accisa sulla benzina è attuato – in attesa dell’attivazione del Fondo perequativo vero e proprio - tramite la costituzione di un Fondosperimentale di riequilibrio, alimentato dalle suddette entrate,le cui modalità di riparto sono definite in coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, da adottare previo accordo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

§       a decorrere dal 2013, una compartecipazione alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, destinata a compensare la soppressione dei trasferimenti regionali di parte corrente (articolo 15).

Per il riparto tra le province delle entrate derivanti dalla compartecipazione alla tassa automobilistica sugli autoveicoli è prevista la costituzione, da parte di ciascuna regione, di un Fondosperimentale regionale di riequilibrio.

Ciascuna regione, previo accordo con le Province, provvede sia alla definizione delle modalità di riparto del Fondo sia alla determinazione delle quote di gettito da devolvere anno per anno alla singola provincia in cui si sono verificati i presupposti d’imposta.

 

Principali entrate tributarie delle province

Fra le principali entrate tributarie delle province si possono attualmente annoverare:

-        l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, il cui gettito è attribuito dall’articolo 60, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Ai sensi dell’articolo 13 del provvedimento in esame, tale imposta costituirà, a decorrere dal 2012, tributo proprio derivato delle province;

-        l'imposta provinciale di trascrizione (IPT), che è l'imposta dovuta alla provincia per la maggior parte delle richieste presentate al Pubblico Registro Automobilistico (PRA), il cui importo base è stabilito con Decreto del Ministero delle Finanze. Le Province possono deliberare di aumentare l'importo stabilito dal Ministero fino ad un massimo del 30 per cento. Nel dettaglio, l’articolo 56 del D.Lgs. n. 446/1997 ha stabilito che le province possono istituire l'imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. L'imposta è applicata sulla base di apposita tariffa, le cui misure potranno essere aumentate, anche con successiva deliberazione, fino ad un massimo del 30 per cento, ed è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta di formalità;

-        l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica sui consumi di qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze con potenza disponibile non superiore a 200 kw e fino limite massimo di 200.000 Kwh di consumo al mese, che è stata istituita ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del D.L. 28 novembre 1988, n. 511 (legge n. 20/1989). La Provincia ha la facoltà di incrementare la misura dell'addizionale provinciale da € 9,30 fino a € 11,40 per ogni mille Kwh. Le province devono deliberare la misura dell'addizionale entro i termini di approvazione del bilancio di previsione L'addizionale è versata direttamente alla provincia nell'ambito del cui territorio è ubicata l'utenza. Si ricorda che tale addizionale viene soppressa a decorrere dal 2012 dall’articolo 14, comma 7, del provvedimento in esame;

-        il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, istituito e disciplinato dall'articolo 3, commi 24-41, della legge n. 549/1995. Presupposto dell'imposta è il deposito in discarica dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili. Soggetto passivo dell'imposta è il gestore dell'impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento;

-        la compartecipazione provinciale al gettito IRPEF, istituita a decorrere dall’anno 2003 dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, che è stata via via confermata negli anni successivi, da ultimo, per il 2010, dall’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 2/2010 (legge n. 42/2010). La compartecipazione è fissata nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione. In base a tale disciplina, alle province viene attribuito ogni anno, a titolo di compartecipazione, lo stesso ammontare riconosciuto negli anni precedenti, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali ad esse spettanti. Si ricorda che la compartecipazione IRPEF viene soppressa a decorrere dal 2012 dall’articolo 14, comma 6, del provvedimento in esame;

-        il tributo cosiddetto ambientale. Si ricorda che il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha riordinato la legislazione in materia ambientale e ha introdotto nella parte IV nuove norme che concernono la gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati. Fra le tante novità presenti nel decreto si registra l'articolo 264, comma 1, lett. i), ed n), che prevedono rispettivamente: l'abrogazione della "legge Ronchi" di cui al D.Lgs. n. 22/1997, le cui disposizioni continuano tuttavia ad applicarsi fino all'entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta stessa (art. 264, c. 1, lett. i) del D.Lgs. n.. 152/2006; l'abrogazione del tributo per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell'ambiente a favore delle Province di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (art. 264, c. 1, lett. n) del D.Lgs. n. 152/2006;

-        il canone occupazione di spazi ed aree pubbliche, dovuto dal titolare dell'atto di concessione o dall'occupante (anche abusivo) in proporzione della superficie sottratta all'uso pubblico per le occupazioni effettuate nelle strade, aree e comunque sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile della Provincia (articolo 63 del D.Lgs. n. 446 del 1997).

Si ricordano, infine, la tassa per l’ammissione ai concorsi, di cui all’articolo 1 del R.D. 21 ottobre 1923, n. 2361, e i diritti di segreteria, disciplinati dall’articolo 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604

 


 

Articolo 13
(Tributi propri connessi al trasporto su gomma)

 


1. A decorrere dall’anno 2012 l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio derivato delle province. Si applicano le disposizioni dell’articolo 60, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

2. L’aliquota dell’imposta di cui al comma 1 è pari al 12,5 per cento. A decorrere dall’anno 2014 le province possono aumentare o diminuire l’aliquota in misura non superiore a 2,5 punti percentuali.

3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate è approvato il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e sono individuati i dati da indicare nel predetto modello. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

4.L'accertamento delle violazioni alle norme del presente articolo compete alle amministrazioni provinciali. Per la liquida­zione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso relativi all’imposta di cui al comma 1 si applicano le disposizioni previste per le imposte sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216. Le province possono stipulare convenzioni con l’Agenzia delle entrate per l'espleta­mento, in tutto o in parte, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell'imposta, nonché per le attività concernenti il relativo contenzioso. Sino alla stipula delle predette convenzioni, le predette funzioni sono svolte dall’Agenzia delle entrate.

5. La decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo nei confronti delle Province ubicate nelle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

6. Continua ad essere attribuita alle Province l’imposta provinciale sulle trascrizioni, con le modalità previste dalla vigente normativa.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 13 in esame stabilisce che, con decorrenza dall’anno 2012, l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio derivato delle province.

Lo stesso comma 1 dispone all’uopo l’applicabilità delle disposizioni recate dall’articolo 60, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, che ha attribuito alle Province il gettito dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, dove hanno sede i pubblici registri automobilistici (PRA) nei quali i veicoli a motore sono iscritti mentre per le macchine agricole il gettito è attribuito alle Province nel cui territorio risiede l’intestatario della carta di circolazione.

 

Ai sensi dell’articolo 2 del D.M. 14 dicembre 1998, n. 457 (Regolamento recante norme per l'attribuzione alle province ed ai comuni del gettito delle imposte sulle assicurazioni, ai sensi del sopracitato articolo 60 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446), gli assicuratori sono tenuti a scorporare dal totale delle imposte dovute sui premi ed accessori incassati in ciascun mese solare l'importo dell'imposta relativa ai premi ed accessori contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e delle macchine agricole, al netto del contributo di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto-legge 31 dicembre 1991, n. 419, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 1992, n. 172, e ad effettuare, ai sensi dell'art. 9 della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, distinti versamenti a favore di ogni provincia nella quale hanno sede i pubblici registri in cui sono iscritti i veicoli a motore o di residenza dell'intestatario.

Secondo il comma 4 del citato D.M. 14 dicembre 1998, n. 457, quindi, il competente concessionario della riscossione accredita, con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237, le somme riscosse direttamente ai tesorieri delle province destinatarie del gettito.

 

Il comma 2 dell’articolo 13 in esame fissa l’aliquota dell’imposta di cui al comma 1 nella misura del 12,5 per cento, attribuendo tuttavia alle province, con decorrenza dall’anno 2014, la facoltà di aumentare o diminuire l’aliquota in misura non superiore a 2,5 punti percentuali.

 

Il comma 1 dell’articolo 1-bis della legge 29 ottobre 1961, n. 1216 assoggetta attualmente le assicurazioni obbligatorie della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti all'imposta sui premi nella misura del 12,5 per cento. Tale misura si applica anche alle assicurazioni di altri rischi inerenti al veicolo o al natante o ai danni causati dalla loro circolazione.

 

Il comma 3 dell’articolo 13 in esame affida al Direttore dell’Agenzia delle entrate il compito di approvare con proprio provvedimento il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, individuando i dati da indicare. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III, che contiene le disposizioni in materia di riscossione, del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'IVA, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

 

Il comma 4 dell’articolo 13 in esame prevede che l'accertamento delle violazioni spetti alle amministrazioni provinciali, disponendosi l’applicabilità delle disposizioni previste per le imposte sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216 (recante disposizioni tributarie in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi), ai fini della liquidazione, dell’accertamento, della riscossione, dei rimborsi, delle sanzioni, degli interessi e dell’eventuale contenzioso. E’ data altresì facoltà alle province di stipulare convenzioni con l’Agenzia delle entrate per l'espletamento, totale o anche parziale, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell'imposta, nonché per le attività concernenti il relativo contenzioso, essendo le predette funzioni, sino alla stipula delle predette convenzioni, svolte dall’Agenzia delle entrate.

 

Nel testo concordato tra Governo e Autonomie l’intesa è condizionata all’inserimento, al comma 4 dell’articolo 13, della previsione secondo cui l’Agenzia delle Entrate dovrebbe definire un nuovo modello di dichiarazione dei redditi per le compagnie assicuratrici nei quali sarebbe prevista l’obbligatorietà della segnalazione degli importi annualmente versati alle Province.

 

Il comma 5 dell’articolo 13 in esame prevede che la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni recate dal presente articolo nei confronti delle Province ubicate nelle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome siano stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

Il comma 1 del citato articolo 27 della legge n. 42 del 2009 ha stabilito che le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto degli statuti speciali, concorrono al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà ed all’esercizio dei diritti e doveri da essi derivanti, nonché al patto di stabilità interno e all’assolvimento degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario, secondo criteri e modalità stabiliti da norme di attuazione dei rispettivi statuti, da definire, con le procedure previste dagli statuti medesimi, entro il termine di ventiquattro mesi stabilito per l’emanazione dei decreti legislativi di cui all’ articolo 2 e secondo il principio del graduale superamento del criterio della spesa storica di cui all’ articolo 2, comma 2, lettera m). Il comma 7 dell’articolo 27, inoltre, istituisce presso la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, in attuazione del principio di leale collaborazione, un tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna regione a statuto speciale e ciascuna provincia autonoma, costituito dai Ministri per i rapporti con le regioni, per le riforme per il federalismo, per la semplificazione normativa, dell’economia e delle finanze e per le politiche europee nonché dai Presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome. Il tavolo individua linee guida, indirizzi e strumenti per assicurare il concorso delle regioni a statuto speciale e delle province autonome agli obiettivi di perequazione e di solidarietà e per valutare la congruità delle attribuzioni finanziarie ulteriori intervenute successivamente all’entrata in vigore degli statuti, verificandone la coerenza con i princìpi di cui alla presente legge e con i nuovi assetti della finanza pubblica.

 

Il comma 6 dell’articolo 13 in esame precisa infine che continuerà ad essere attribuita alle Province l’imposta provinciale sulle trascrizioni (IPT), con le modalità previste dalla vigente normativa.

 

L'imposta provinciale di trascrizione (IPT) è l'imposta dovuta alla provincia per la maggior parte delle richieste presentate al Pubblico Registro Automobilistico (PRA). L'IPT è un'imposta dovuta per ciascun veicolo al momento di alcune richieste all'ufficio provinciale ACI (PRA) il cui importo base è stabilito con Decreto del Ministero delle Finanze. Le Province possono deliberare di aumentare l'importo stabilito dal Ministero fino ad un massimo del trenta per cento. Nel dettaglio, l’articolo 56 del D.Lgs. n. 446 del 1997 ha stabilito che le province possono istituire l'imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio, ai sensi del R.D.L. 15 marzo 1927, n. 436, e relativo regolamento di cui al R.D. 29 luglio 1927, n. 1814, e del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285. L'imposta è applicata sulla base di apposita tariffa, le cui misure potranno essere aumentate, anche con successiva deliberazione, fino ad un massimo del trenta per cento, ed è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta di formalità. È dovuta una sola imposta quando per lo stesso credito ed in virtù dello stesso atto devono eseguirsi più formalità di natura ipotecaria.

 

Nel testo concordato tra Governo e Autonomie l’intesa è condizionata alla riformulazione del comma 6 dell’articolo 13 nel senso che fino al 2012 l’IPT continuerebbe ad essere attribuita alle Province, dovendo la riscossione essere effettuata dall’ACI senza oneri a carico delle stesse, e che entro il 2011 lo Stato dovrebbe provvedere al riordino dell’IPT relativamente alle tariffe, all’oggetto dell’imposta e ai soggetti passivi.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica ricorda che a decorrere dall’anno 2012 l’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio derivato delle province. In relazione a tale tributo viene accordata alle province situate nei territori delle regioni a statuto ordinario un margine di manovrabilità rispetto all’aliquota di riferimento (12,5% dell’ammontare dei premi) nella misura del 2,5 per cento. La relazione precisa che, secondo quanto risulta dai dati dei rendiconti consuntivi provinciali per l’anno 2008 trasmessi al Ministero dell’interno dalle province situate nelle RSO, il tributo assicura un gettito complessivo di 1.832 milioni di euro.


La distribuzione regionale di tale gettito è riportata nella tabella che segue.

(milioni di euro)

REGIONI

Imposta assicurazioni RC auto

(dati rendiconti 2008)

Abruzzo

44

Basilicata

16

Calabria

58

Campania

179

Emilia Romagna

174

Lazio

232

Liguria

57

Lombardia

364

Marche

60

Molise

9

Piemonte

150

Puglia

123

Toscana

159

Umbria

33

Veneto

175

TOTALE REGIONI STATUTO ORDINARIO

1.832

 

La relazione tecnica ricorda altresì che le norme confermano l’attribuzione alle province dell’imposta comunale di trascrizione. In proposito la relazione fornisce la distribuzione regionale di tale tributo in riferimento all’anno 2008.

(milioni di euro)

REGIONI

Imposta provinciale di trascrizione

(dati rendiconti 2008)

Abruzzo

24,3

Basilicata

9,3

Calabria

31,7

Campania

93,3

Emilia Romagna

93,1

Lazio

153,1

Liguria

26,6

Lombardia

211,7

Marche

29,6

Molise

5,7

Piemonte

107,2

Puglia

66,4

Toscana

78,8

Umbria

18,5

Veneto

92,0

TOTALE REGIONI STATUTO ORDINARIO

1041,3

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni.

 


 

Articolo 14
(Soppressione dei trasferimenti statali alle Province e compartecipazione provinciale all’accisa sulla benzina)

 


1. A decorrere dall’anno 2012, spetta a ciascuna Provincia delle Regioni a statuto ordinario una compartecipazione all’accisa sulla benzina.

2. L’aliquota di compartecipazione è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare entrate corrispondenti ai trasfe­rimenti statali soppressi ai sensi del comma 3, nonché alle entrate derivanti dalla compartecipazione e dalla addizio­nale soppresse ai sensi dei commi 6 e 7.

3. A decorrere dall’anno 2012 sono soppressi i trasferimenti statali alle Provin­ce delle Regioni a Statuto ordinarioaventi carattere di generalità e permanenza.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro no­vanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, sono individuati i trasferimenti statali di cui al comma 3.

5.L’aliquota di compartecipazione di cui al comma 2 può essere successiva­mente incrementata, con le modalità indicate nel predetto comma 2, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti statali suscettibili di soppressione.

6. La compartecipazione provinciale all’IRPEF di cui all’articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è prorogata limitatamente all’anno 2011.

7. A decorrere dall’anno 2012 l’addi­zionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato. A tal fine, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è rideter­minato l’importo dell’accisa sull’energia elettrica in modo da assicurare l’equiva­lenza del gettito.


 

 

L’articolo 14 reca disposizioni relative alle entrate delle Province, disponendo la riduzione dei trasferimenti statali e la soppressione dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica.

Parallelamente, viene assegnata alle Province una compartecipazione a un tributo erariale (secondo lo schema originariamente approvato dal Consiglio dei Ministri, all’accisa sulla benzina; nel testo risultante dall’Intesa Governo-Autonomie, all’IRPEF).

Per una sintesi del vigente quadro delle entrate delle Province, si veda l’articolo 12.

 

Il testo dello schema approvato dal Consiglio dei Ministri istituisce (comma 1), a decorrere dall’anno 2012, una compartecipazione all’accisa sulla benzina da attribuirealle Province.

La misura dell’aliquota (comma 2) di compartecipazione verrà stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

Essa sarà fissata in modo tale da compensare l’ammontare dei trasferimenti statali ridotti ai sensi del successivo comma 3, nonché delle entrate soppresse o non prorogate oltre il 2011 (ovvero la compartecipazione all’IRPEF e l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui, rispettivamente, ai commi 6 e 7 dell’articolo in commento).

Ai sensi del successivo comma 5, l’aliquota potrà essere incrementata in misura tale da corrispondere all’ammontare di ulteriori trasferimenti statali suscettibili di soppressione.

 

Nel testo risultante dall’Intesa Governo-Autonomie, al posto dell’istituzione di una compartecipazione all’accisa sulla benzina, è reintrodotta una compartecipazione al gettito IRPEF.

 

Come si vedrà in seguito, il comma 6 dell’articolo in esame – cui non si propongono modifiche a seguito della suddetta Intesa – proroga la vigente compartecipazione IRPEF per il solo anno 2011. Di conseguenza il testo approvato in sede di Intesa Governo-Autonomie, prevedendo la reintroduzione di una compartecipazione IRPEF a partire dal 2012, con aliquota fissata da un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e modificabile in modo da compensare ulteriori trasferimenti statali suscettibili di soppressione, sembra riproporre un tributo avente la medesima funzione attualmente svolta dalla forma di prelievo tuttora vigente: sembrerebbe a tal fine opportuno un coordinamento tra il comma 1, così riformulato, e il comma 4 della norma in esame.

 

Il successivo comma 3 dispone, a decorrere dall’anno 2012, la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti alle province delle Regioni a Statuto ordinario. La soppressione riguarda tutti i trasferimenti aventi carattere di generalità e permanenza.

L’effettiva individuazione dei trasferimenti da sopprimere è operata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, con il parere della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali (comma 4).

 

Il taglio dei trasferimenti erariali, negli importi che saranno individuati con l’apposito D.P.C.M., viene compensato, ai sensi del precedente comma 2, dal gettito della compartecipazione all’accisa sulla benzina attribuita dall’articolo in esame a ciascuna Provincia a decorrere dal 2012, i cui introiti confluiscono nel Fondo sperimentale di riequilibrio per essere poi ripartiti secondo i criteri individuati con apposito decreto del Ministro dell’interno (cfr. articolo 17).

Il meccanismo descritto dall’articolo in esame persegue l’obiettivo del superamento della natura derivata della finanza locale (cioè, alimentata in misura prevalente da trasferimenti a carico del bilancio dello Stato), attraverso la sostituzione dei trasferimenti erariali con un corrispondente aumento di entrate “proprie” di natura tributaria (tributi propri o quote di tributi erariali), in questo caso, con l’attribuzione alle province della compartecipazione all’accisa sulla benzina.

L’attuazione del nuovo sistema di finanziamento delle spese degli enti locali previsto dalla legge delega n. 42/2009 (art. 11, comma 1, lettera e) prevede, infatti, la soppressione dei trasferimenti statali e regionali attualmente diretti al finanziamento degli enti locali, con la sola esclusione di quelli destinati alla costituzione dei fondi perequativi e di quelli ancora in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.

In particolare, nella fase transitoria, disciplinata dall’articolo 21 della legge delega, è previsto che i decreti legislativi attuativi della delega forniscano adeguata garanzia che la somma del gettito delle nuove entrate sia, per il complesso (dei comuni e) delle province, corrispondente al valore dei trasferimenti oggetto di soppressione e fiscalizzazione, in maniera tale da garantire che nella fase di passaggio dal vecchio al nuovo sistema il comparto riceva, nel complesso, lo stesso ammontare di risorse di cui dispone nella situazione attuale. Ai fini della valutazione della corrispondenza delle nuove entrate all’entità dei trasferimenti soppressi, la medesima norma (art. 21, co. 1, lettera c) prevede che in sede di Conferenza Unificata si effettui una verifica in ordine alla congruità del gettito delle nuove entrate di comuni e province.

 

In merito alla riduzione dei trasferimenti erariali, la relazione tecnica, come si precisa meglio più avanti nella parte dedicata ai profili finanziari, – che si basa sui dati già forniti dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), nel documento allegato alla Relazione sul federalismo fiscale, presentata dal Governo a giugno 2010 - stima l’entità complessiva dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione – e, dunque, di riduzione - nell’importo di 1.139 milioni di euro per il 2012 e di 1.151 milioni per il 2013 (importi che scendono, rispettivamente, a 720 e a 732 milioni di euro, se si considerano le consistenti riduzioni operate sui trasferimenti dal D.L. n. 78/2010, funzionali al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti con la manovra finanziaria per il 2011-2013).

Nell’ambito dell’importo complessivo dei trasferimenti da sopprimere, sono conteggiate anche le somme derivanti dalla compartecipazione provinciale all’IRPEF come disciplinata dalla legge n. 289/2002, confermata dal successivo comma 6 per l’anno 2011 ma non più prevista dal 2012, i cui introiti sono annualmente valutati in un importo fisso (circa 420 milioni annui), a valere sui trasferimenti erariali.

Tale stima complessiva potrà essere rivista a seguito dell’adozione del D.P.C.M. di individuazione dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione.

 

La riduzione dei trasferimenti erariali avviene contestualmente all’attribuzione alle province della compartecipazione all’accisa sulla benzina, delineandosi in tal modo, ad opera della norma in esame, un nuovo meccanismo di finanziamento dei bilanci provinciali sostitutivo, a regime, di quello attuale basato prevalentemente sui trasferimenti.

In proposito, si osserva che nel meccanismo proposto non sembrano disciplinati i profili temporali secondo i quali avviene l’acquisizione delle risorse da parte delle province rispetto al vecchio sistema dei trasferimenti erariali.

 

Il comma 6 conferma, limitatamente all’anno 2011, la compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF, disciplinata ai sensi dell’articolo 31, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002).

 

La compartecipazione provinciale all’IRPEF, istituita a decorrere dall’anno 2003 dalla legge n. 289/2002, è stata via via confermata negli anni successivi, da ultimo, per il 2010, dall’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 2/2010 (legge n. 42/2010)[43].

 

La disciplina dettata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, fissa la compartecipazione provinciale al gettito dell’IRPEF nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione, iscritte nel capitolo 1023 dello stato di previsione dell’entrata.

In base a tale disciplina, alle province viene pertanto attribuito ogni anno, a titolo di compartecipazione, lo stesso ammontare riconosciuto negli anni precedenti (a decorrere dal 2003), con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali ad esse spettanti.

La compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’art. 31, comma 8, della legge n. 289/2002 non costituisce, infatti, una entrata aggiuntiva per i bilanci locali; la sua attribuzione è correlata ad una riduzione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti in misura pari al gettito della compartecipazione stessa. In sostanza, l’entità della compartecipazione è stabilita in un ammontare fisso, ed è assegnata ai singoli enti entro i limiti della capienza dei trasferimenti ad essi spettanti. Poiché dalla compartecipazione all’IRPEF gli enti non possono, comunque, ricevere più di quanto spetti loro a titolo di trasferimento erariale, la normativa vigente prevede che nel caso in cui il livello dei trasferimenti spettanti ai singoli enti risulti insufficiente a consentire il recupero integrale della compartecipazione, la compartecipazione stessa sia corrisposta al singolo ente nei limiti dei trasferimenti spettanti per l’anno corrispondente (comma 4 dell’articolo 67 della legge n. 388/2000). Pertanto, essa si configura ancora come una sorta di trasferimento dallo Stato.

Nel bilancio, le somme spettanti alle province (e ai comuni) a titolo di compartecipazione all’IRPEF vengono iscritte nello stato di previsione del Ministero dell’interno, al capitolo 1320/U.P.B. 2.3.2. - sul quale confluiscono anche le somme relative alla compartecipazione comunale all’IRPEF - con conseguente riduzione, di pari importo, dello stanziamento del Fondo ordinario.

Per l’anno 2010, l’importo della compartecipazione delle province al gettito dell’IRPEF è stato pari a 412 milioni di euro.

 

Per quanto riguarda le modalità di ripartizione, si ricorda che, ai sensi dell’art. 67, comma 3, della legge n. 388/2000, il gettito della compartecipazione è ripartito tra le province in proporzione all’ammontare dell’imposta netta dovuta dai contribuenti, distribuita territorialmente in funzione del domicilio fiscale risultante presso l’anagrafe tributaria. L’imposta dovuta dai contribuenti per ciascun ente è determinata dal Ministero dell’economia e delle finanze sulla base dei dati disponibili.

Ai sensi del decreto del Ministero dell'interno del 21 febbraio 2002, gli importi della compartecipazione al gettito dell'IRPEF sono erogati in due rate di eguale importo entro i mesi di marzo e luglio.

 

Il comma 7 dispone la soppressione dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica e l’attribuzione del relativo gettito allo Stato.

 

L’addizionale comunale e provinciale sull’energia elettrica è prevista dall’articolo 6 del decreto-legge n. 511 del 1988 (“Disposizioni urgenti in materia di finanza regionale e locale”), convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20.

La materia è stata recentemente ridisciplinata dal decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, il quale, in attuazione della direttiva 2003/96/CE, ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità. L’articolo 5 del predetto decreto ha in particolare sostituito l’articolo 6 del D.L. n. 511 del 1988.

Per ogni mille kWh di consumo di energia elettrica l’addizionale è attualmente dovuta nelle seguenti misure:

a)       euro 18,59 in favore dei comuni per qualsiasi uso nelle abitazioni, con esclusione delle seconde case, e con esclusione delle forniture, con potenza impegnata fino a 3 kW, effettuate nelle abitazioni di residenza anagrafica degli utenti limitatamente ai primi due scaglioni mensili di consumo quali risultano fissati nelle tariffe vigenti;

b)       euro 20,40 in favore dei comuni, per qualsiasi uso nelle seconde case;

c)       euro 9,30 in favore delle province per qualsiasi uso in locale e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze, fino al limite massimo di 200.000 kWh di consumo al mese. Le province hanno facoltà di incrementare detta misura fino a 11,40 euro per mille kWh. Le province devono deliberare la misura dell’addizionale entro i termini di approvazione del bilancio di previsione e notificare, entro dieci giorni dalla data di esecutività, copia autentica della deliberazione all’ente, che provvede alla riscossione per gli adempimenti di competenza.

L’articolo 2, comma 39, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004) è intervenuto sulle addizionali comunale e provinciale sull’energia elettrica, estendendone l’applicazione, anche d’acconto, non solo alle imprese distributrici, compresi i grossisti, ma anche alle imprese produttrici.

Circa le modalità di riscossione, il sopra citato articolo 6 prevedeva che le addizionali sul consumo di energia elettrica fossero liquidate e riscosse con le stesse modalità dell'imposta erariale di consumo sull'energia elettrica e fossero versate direttamente ai comuni e alle province nell'ambito del cui territorio sono ubicate le utenze, con esclusione di quelle sui consumi relativi a forniture con potenza impegnata superiore ai 200 chilowatt.

La legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 153 della legge 27 dicembre 2006, n. 296)– così come modificato dall’articolo 6, comma 6, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81[44] - ha demandato a un decreto del Ministro dell’economia e delle finanzel'individuazione delle province cui assegnare, nel limite di spesa di 8 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la riscossione diretta dell’addizionale sul consumo di energia elettrica (relativa ai consumi con forniture di potenza impegnata maggiore di 200 kW) in deroga alle ordinarie modalità di riscossione disciplinate al predetto articolo 6 del D.L. n. 511 del 1988, dando priorità alle province confinanti con quelle di Trento e Bolzano, a quelle confinanti con la Confederazione elvetica, nonché a quelle nelle quali oltre il 60 per cento dei comuni ricade nella zona climatica F.

La legge finanziaria per il 2010 (articolo 2, comma 40della legge 23 dicembre 2009, n. 191) ha prorogato per l'anno 2010 l'assegnazione della riscossione diretta dell'addizionale sul consumo di energia elettrica, fissando i requisiti per l’attribuzione e assegnando alle province in possesso di alcuni specifici requisiti.

 

A seguito della soppressione dell’addizionale, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è rideterminata l’aliquota dell’accisa sull’energia elettrica, in modo da assicurare l’equivalenza del gettito.

 

Si osserva che il comma 7 in esame affida a un provvedimento di rango secondario la determinazione del quantum di accisa (sotto forma di potere di modificare le aliquote) dovuta per l’energia elettrica con l’esplicita ed esclusiva finalità di assicurare “l’equivalenza del gettito”, il cui ammontare non è quantificato, né tanto meno riferito ad uno specifico lasso temporale.

 

Si ricorda che l’articolo 1, comma 4-bis della proposta di parere del Relatore sullo schema di decreto legislativo n. 292 in tema di federalismo municipale (non approvata dalla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo municipale) prevede che, a decorrere dall’anno 2012, l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica cessi di essere applicata nelle Regioni a statuto ordinario e sia corrispondentemente aumentata, nei predetti territori, l’accisa erariale, al fine di da assicurare la neutralità finanziaria del provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica descrive brevemente la norma precisando che viene prevista, a decorrere dall’anno 2012, la soppressione dei trasferimenti statali destinati alla generalità degli enti e con carattere di permanenza delle province delle Regioni a statuto ordinario, con corrispondente riconoscimento alle stesse di una compartecipazione all’accisa sulla benzina. A tale scopo la relazione tecnica ipotizza che i trasferimenti da considerare ai fini della soppressione siano quelli provenienti dal Ministero dell’interno di tipo A, ossia quelli di natura permanente e generale, identificati in ambito COPAFF.

In particolare, i dati di partenza sono quelli degli stanziamenti di bilancio per l’anno 2010 relativi ai capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero dell’interno considerati nell’ambito della relazione COPAFF. Tale stima include le riduzioni disposte dall’articolo 2, comma 183, della legge n. 191/2009, nonché le informazioni comunicate allo scopo dal Ministero dell’interno per distinguere la quota degli stessi trasferimenti di spettanza provinciale per il periodo considerato. La relazione tecnica precisa, inoltre, che le stime sono state effettuate preliminarmente senza tenere conto dell’effetto della riduzione dei trasferimenti di cui all’articolo 14, comma 2, del decreto legge n. 78/2010[45].

Sulla base degli stanziamenti così determinati è stimato l’ammontare dei trasferimenti di tipo A destinato alle sole province delle RSO per il periodo considerato, utilizzando, a tal fine, l’incidenza desumibile dalla tavola 10 della relazione COPAFF allegata alla Relazione del Governo sul federalismo fiscale[46]. La relazione tecnica precisa che tale stima potrà essere suscettibile di modifica con l’adozione del D.P.C.M. di individuazione dei trasferimenti da fiscalizzare.

Nella tabella che segue è indicato l’ammontare dei trasferimenti statali alle province delle RSO da sopprimere, stimato in 1.139 milioni di euro per il 2012 e in 1.151 milioni di euro per il 2013, che al netto della riduzione prevista dal D.L. 78/2009 pari a 500 milioni di euro a decorrere dal 2012 ammonterebbero a 720 milioni di euro per l’anno 2012 e a 732 milioni di euro per il 2013. Nelle more della definizione dei criteri e delle modalità da stabilirsi Conferenza Stato-città, la riduzione prevista nella stima è stata ripartita in misura proporzionale.

(milioni di euro)

Trasferimenti statali alle province delle RSO

2012

2013

PROIEZIONI CAPITOLI COPAFF*

1.181

1.193

Trasferimenti di tipo A secondo COPAFF**

1.139

1.151

Trasferimenti (A)** con effetto taglio DL 78/2010

720

732

* La previsione 2012 sconta il taglio previsto dal comma 183 dell’articolo 2 della legge n. 191/2009, pari a 12 milioni (per gli anni 2013-2015 il taglio deve essere determinato con legge dello Stato). Non è incluso invece il taglio previsto dal D.L. 78/2010. Come da relazione Copaff, la proiezione a legislazione vigente dei capitoli Copaff non include il Fondo per lo sviluppo degli investimenti mentre include i trasferimenti di tipo A, B e C.

** I trasferimenti tengono anche conto dell’ammontare di 424 milioni di euro della compartecipazione Irpef provinciale non più confermata per gli anni 2012 e seguenti riconfluito nel fondo ordinario di cui al capitolo 1316 dello stato di previsione del Ministero dell’interno.

 

A fronte della soppressione, a decorrere dall’anno 2012, dei predetti trasferimenti statali, viene prevista l’istituzione di una compartecipazione provinciale al gettito dell’accisa sulla benzina, il cui gettito è stimato nella tabella che segue per gli anni 2008 e 2009.

(milioni di euro)

Gettito nazionale riscosso in conto competenza capitolo 1409/1

anno

Gettito riscosso

(da rendiconto gen. dello Stato)

di cui benzina

(stima)

 

 

 

2008

20.441

8.176

 

 

 

2009

20.171

8.068

 

La relazione tecnica precisa che il gettito che affluisce sul capitolo 1409/1 è indistinto e riguarda le accise di benzina, gasolio e altri prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi. La parte di gettito riferita all’accisa della benzina è stimata applicando al gettito riscosso risultante dai conti consuntivi degli anni 2008-2009, la quota percentuale del gettito relativo ai consumi di benzina dell’anno 2009.

Inoltre, l’aliquota di compartecipazione viene stabilita in misura tale da compensare, non solo la soppressione dei predetti trasferimenti, inclusivi del gettito della compartecipazione provinciale all’Irpef, ma anche le minori entrate derivanti dalla soppressione dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, il cui gettito rientra nelle disponibilità dell’Erario.

Sulla base dei dati desumibili dai rendiconti consuntivi delle province delle RSO per l’anno 2008 le entrate derivanti dall’addizionale all’accisa sull’energia elettrica sono circa 788 milioni di euro, distribuiti su base regionale come riportato nella tabella seguente.

 

(milioni di euro)

Anno 2008

Addizionale sul consumo

dell’energia elettrica

Abruzzo

16.645.337

Basilicata

7.786.877

Calabria

19.314.526

Campania

56.624.037

Emilia Romagna

82.931.075

Lazio

70.930.111

Liguria

29.796.629

Lombardia

183.070.247

Marche

30.829.348

Molise

3.839.009

Piemonte

68.949.484

Puglia

31.634.336

Toscana

70.769.996

Umbria

17.035.851

Veneto

97.635.151

Totale

787.792.014

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva in primo luogo che la relazione tecnica non fornisce informazioni di dettaglio che consentano di ricostruire la stima dei trasferimenti oggetto di soppressione a partire dai dati della relazione Copaff.

In particolare si segnala quanto segue:

- mentre la disposizione fa riferimento alla soppressione di tutti i trasferimenti erariali alle province, inclusi quindi anche quelli di conto capitale, i dati della relazione Copaff utilizzati per la quantificazione sembrano far riferimento ai soli trasferimenti di parte corrente: non sono infatti considerati i trasferimenti in conto capitale riportati sia nella tavola 8 che nella tavola 10 della predetta relazione;

- l’incidenza dei trasferimenti di tipo A[47] sul totale di quelli di tipo A, B[48] e C[49], utilizzata dalla RT (96%) risulta superiore a quella desumibile dalla predetta relazione Copaff (94% sulla base della tabella n. 10). Andrebbe pertanto chiarito se, analogamente a quanto operato nel provvedimento riguardante il federalismo municipale, siano stati considerati ai fini della potenziale soppressione anche i trasferimenti di tipo B (l’incidenza dei trasferimenti di tipo A e B sul totale ammonta infatti a 96%). In tal caso si prospetterebbero i medesimi rilievi già evidenziati in occasione del predetto provvedimento inerenti ai profili problematici sul fronte della perequazione che discenderebbero dalla sostituzione con risorse tributarie di trasferimenti non attribuiti alla generalità delle province.

In merito alla considerazione, ai fini della stima dei trasferimenti oggetto di soppressione, del taglio operato dall’articolo 14, comma 2 del D.L. 78/2010, si richiama quanto già osservato con riferimento alla soppressione dei trasferimenti erariali alle regioni (articolo 6), in merito alla necessità di acquisire un chiarimento sul supporto normativo alla base di tale orientamento della quantificazione, apparentemente in contrasto con quanto previsto dall’ultimo periodo del citato comma 2.

In merito alla stima del gettito dell’accisa sulla benzina, che la relazione tecnica afferma essere stata operata applicando, al gettito riscosso complessivamente sui prodotti energetici e loro derivati, la quota relativa ai consumi di benzina, andrebbero precisate le modalità con cui è stata condotta la stima, confermando in particolare che si sia tenuto conto della necessità di ponderare le quote di consumo dei diversi prodotti petroliferi per le rispettive aliquote di accisa. Si segnala in ogni caso che la quantificazione del gettito complessivo dell’accisa sulla benzina per il 2008 (8.176 mln), fornita dalla RT con riferimento all’articolo in esame, non sembra coerente con quella che si ricava sulla base della quantificazione, operata dalla stessa relazione tecnica, del gettito della compartecipazione regionale alla medesima accisa, soppressa ai sensi dell’art. 7, comma 3 (7,575 mln[50]). Su tale apparente incongruenza appare necessario un chiarimento.

Non considerando l’apparente incongruenza sopra segnalata, utilizzando i soli dati riportati dalla relazione tecnica riferita all’articolo in esame, l’ordine di grandezza della compartecipazione provinciale all’accisa sulla benzina risulterebbe dell’ordine del 19%[51].

In merito alla dinamica del predetto tributo appare opportuno che sia chiarito se si preveda un andamento decrescente del gettito in relazione ad una possibile riduzione dei consumi di benzina, dovuta a diversi fattori (fra cui l’aumento del prezzo registrato negli ultimi anni, l’aumento dell’efficienza energetica dei nuovi motori e una possibile prosecuzione della sostituzione del parco auto a benzina con quello a gasolio o ad altri combustibili). Dai dati del Prospetto 6 della “Nota metodologica a cura del Dipartimento finanze fornita su richiesta Copaff”, dalla quale sono tratti i dati utilizzati dalla relazione tecnica, tale dinamica decrescente risulta costante a partire dal 2006 (- 10% in quattro esercizi). Non è chiaro se sia previsto che tale dinamica negativa prosegua nel tempo e, in tal caso, se la norma consenta la possibilità di una revisione dell’aliquota di compartecipazione.

Si segnala infine che la relazione tecnica non riporta la distribuzione territoriale degli importi indicati, salvo quello dell’addizionale sul consumo di energia elettrica per il quale è fornita la ripartizione regionale. Tali dati risulterebbero utili al fine di evidenziare le esigenze perequative derivanti dall’articolo in esame.

A tale proposito si segnala che andrebbe chiarito se, in sede di prima applicazione della disposizione, la perequazione debba essere tale da attribuire a ciascuna provincia il medesimo ammontare di risorse che sarebbe stato attribuito sulla base della normativa vigente. Tale condizione non è infatti espressamente prevista dalla norma.

 

Con riferimento al testo concordato tra Governo e autonomie, che propone di sostituire la compartecipazione al gettito dell’accisa sulla benzina con una compartecipazione all’IRPEF, andrebbero forniti elementi di stima dei relativi dati, con particolare riguardo alla loro distribuzione territoriale, al fine di verificare le esigenze perequative connesse alla sostituzione proposta.

 


 

Articolo 15
(Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle Province e compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale)

 


1. Ciascuna Regione a statuto ordinario assicura la soppressione, a decorrere dall’anno 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese delle Province, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), della legge n. 42.

2. Con efficacia a decorrere dall’anno 2013, ciascuna Regione a statuto ordinario determina con atto amministrativo, d’intesa con le Province del proprio territorio, una compartecipazione delle stesse alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma 1. Può altresì adeguare l’aliquota di compar­tecipazione sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province. La predetta compartecipazione può, inoltre, essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione.

3. In caso di mancata fissazione della misura della compartecipazione alla tassa automobilistica di cui al comma 2 entro la data del 30 novembre 2012, lo Stato interviene in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

4. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attuazione del presente articolo, ciascuna Regione a statuto ordinario istituisce un Fondo speri­mentale regionale di riequilibrio alimentato dal gettito di cui al comma 2. Previo accordo con le Province, la Regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola Provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.


 

 

L'articolo 15 dispone, a decorrere dal 2013, la soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle province dei rispettivi territori e, a compensazione delle conseguenti minori entrate, l'istituzione di una compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica. La norma prevede altresì l'istituzione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio.

 

Il comma 1 dispone, da parte di ciascuna regione a statuto ordinario a decorrere dal 2013, la soppressione dei trasferimenti correnti alle province del proprio territorio.

I principi contenuti nella legge delega, esplicitamente richiamati, prevedono la soppressione dei trasferimenti statali e regionali diretti al finanziamento delle funzioni ordinarie delle province (tutte, sia riferibili che non riferibili alla garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni), con l'esclusione degli stanziamenti destinati ai fondi perequativi e dei contributi erariali e regionali in essere sulle rate di ammortamento dei mutui contratti dagli enti locali.

 

Per quanto concerne l’ammontare dei trasferimenti regionali da sopprimere, la cui individuazione spetta alla singola regione, la Relazione tecnica precisa che non ci sono elementi per una valutazione in merito. La Relazione riporta, a titolo esemplificativo, i dati relativi al 2008, peraltro già forniti dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF), nel documento allegato alla Relazione sul federalismo fiscale, presentata dal Governo a giugno 2010[52] (che individua circa 2.750 milioni di euro nel 2008 di trasferimenti regionali alle province). Si rinvia, per ulteriori approfondimenti, alla parte relativa ai profili finanziari.

 

Si rileva che nell’Intesa tra Governo e Autonomie si propone di anticipare all’anno 2012 la soppressione dei trasferimenti correnti regionali e l’istituzione della corrispondente compartecipazione delle province alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, disciplinata dal successivo comma 2, al fine di allineare temporalmente il momento del definitivo superamento della natura derivata della finanza locale,attraverso la sostituzione dei trasferimenti sia erariali che regionali con un corrispondente aumento di entrate di natura tributaria (in questo caso, con l’attribuzione alle province della compartecipazione all’accisa sulla benzina, a compensazione dei soppressi trasferimenti erariali di cui all’articolo 14, e con l’attribuzione della compartecipazione alla tassa automobilistica sugli autoveicoli, a compensazione dei soppressi trasferimenti regionali, di cui all’articolo 15 in esame).

 

Il comma 2 del testo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede che, a decorrere dall’anno 2013, ciascuna Regione a statuto ordinario con atto amministrativo istituisca, d’intesa con le Province del proprio territorio, una compartecipazione delle Province alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti soppressi ai sensi del comma 1.

 

Nel testo del comma 2 risultantedall’Intesa Governo-Autonomie, la decorrenza dell’istituzione della predetta compartecipazione è prevista dall’anno 2012; tale istituzione deve essere preceduta dall’accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali.

 Inoltre, nel caso di incapienza della tassa automobilistica rispetto all’ammontare delle risorse regionali soppresse, le Regioni devono assicurare una compartecipazione ad un altro tributo regionale al fine di compensare i trasferimenti soppressi.

 

Le tasse automobilistiche sono tributi imposti ai proprietari di autoveicoli iscritti nei pubblici registri, ovvero a coloro che utilizzano veicoli non immatricolati. La normativa introdotta dal D.Lgs. n. 504 del 1992[53] ha assegnato alle regioni ad autonomia ordinaria la competenza ad introitare l’intero gettito del settore.

Le regioni a statuto ordinario sono infatti titolari del gettito della tassa automobilistica a decorrere dal 1° gennaio 1993, come disposto dagli articoli 23-27 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, emanato in attuazione della delega al Governo conferita dall’art. 4 della legge n. 421 del 1992. La tassa automobilistica regionale assorbe l’intera tassa automobilistica prevista dal D.P.R. n. 39 del 1953, recante il Testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche[54].

Le regioni a statuto ordinario possono determinare con propria legge, entro il 10 novembre di ogni anno, gli importi delle tasse automobilistiche nella misura compresa tra il 90 e il 110 per cento degli importi vigenti nell’anno precedente. A decorrere dal 1° gennaio 1999, inoltre, il comma 10 dell’articolo 17 della legge n. 449 del 1997 ha previsto l'attribuzione alle regioni a statuto ordinario delle competenze in materia di accertamento, riscossione, recupero, applicazione delle sanzioni, rimborsi e contenzioso relativamente alle tasse automobilistiche non erariali, con le modalità stabilite dal successivo decreto del Ministero delle finanze 18 novembre 1998, n. 462[55].

La legge statale (articolo 8, comma 7, L. 449/1997) prescrive l’esenzione permanente dall’obbligo di pagamento per quanto concerne i veicoli dei soggetti diversamente abili. Le norme regionali hanno concesso esenzioni in favore di determinati soggetti, quali le ONLUS (Lombardia, Toscana, Molise e Puglia) le organizzazioni di volontariato (Umbria, Veneto e Molise per i soli autoveicoli impegnati nella protezione civile, Basilicata, Piemonte, Toscana per tutti i veicoli), le imprese sociali (Toscana), ovvero in ragione della natura del veicolo circolante .

 

Benché nella relazione tecnica allegata allo schema di decreto venga specificato che spetta a ciascuna regione l'individuazione dei trasferimenti da sopprimere e che non è possibile fornire una stima degli stessi, viene comunque riportato il dato fornito dalla Relazione governativa sul federalismo fiscale[56]. Questa quantifica in complessivi 2.743 milioni di euro i trasferimenti correnti dalle regioni alle province e fornisce altresì il dato per ciascuna regione. Sono riportate inoltre, per ciascuna regione il gettito delle tasse automobilistiche fornito dall'archivio dell'Agenzia delle entrate. Rinviando per ulteriori approfondimenti alla parte relativa all’analisi degli aspetti finanziari, si ricorda che il gettito della tassa automobilistica costituisce, in media, il 10 per cento delle entrate tributarie regionali (escludendo la compartecipazione IVA, non assimilata – attualmente - ad entrata tributaria) e costituisce la terza voce di entrata dopo l'IRAP e l'addizionale IRPEF.

 

Le norme in commento introducono altresì un meccanismo di adeguamento dell’aliquota di compartecipazionelegato:

§       alle funzioni attribuite dalle Regioni alle Province;

§       all’eventuale soppressione diulteriori trasferimenti regionali in favore dei predetti enti locali.

La Regione può infatti modificare con atto amministrativo l’aliquota a seguito dell’adozione di disposizioni legislative regionali che interessano le funzioni delle Province, e può successivamente incrementarla in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione.

 

Le disposizioni in esame affidano ad un atto amministrativo – ovvero ad una fonte di rango secondario – l’istituzione della compartecipazione, sia pure nel limite quantitativo dato dalla previsione legislativa di “assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi”.

Alla medesima fonte viene affidata la manovrabilità dell’aliquota della suddetta compartecipazione, con possibilità di adeguarla “sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province”, nonché la facoltà di incrementarla nella misura corrispondente alla “individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione”.

Sul punto si osserva che la modificabilità dell’aliquota - che si concreta nella rideterminazione del quantum dell’obbligazione tributaria – viene connessa, dalla disposizione in esame, alla soppressione di trasferimenti il cui ammontare non è quantificato dalla norma, ovvero a un generico riferimento a “disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province”.

 

Il comma 3 richiama espressamente l’esercizio del potere sostitutivo dello Stato in caso di mancata fissazione entro il 30 novembre 2012, da parte delle Regioni, della misura della compartecipazione alla tassa automobilistica.

Si ricorda in proposito che l’articolo 120, comma 2 della Costituzione consente al Governo può sostituirsi agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nei seguenti casi:

-        mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria;

-        pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica;

-        ove lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e, in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali.

L’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131[57] disciplina l’esercizio dei predetti poteri sostitutivi. Ricorrendo le condizioni prescritte dalla Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.

Ai sensi del comma 4, nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

I provvedimenti sostitutivi devono in ogni caso essere proporzionati alle finalità perseguite.

Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata il nuovo sistema di finanziamento delle province sostitutivo dei trasferimenti, il comma 4 prevede l’istituzione da parte di ciascuna regione di un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio, alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, istituita dal comma 2, a decorrere dall’anno 2013.

 

Ciascuna regione stabilisce, previo accordo con le province, le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

 

In merito alla costituzione del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio per le province, si segnala, qui, quanto già rilevato con riferimento all’analogo Fondo istituito, per i comuni, all’articolo 8 (cfr. la relativa scheda di lettura).

 

In particolare, si rileva la necessità di chiarire meglio i meccanismi di funzionamento del fondo, la sua data di istituzione e di durata, nonché i principi in base ai quali dovranno essere adottati i criteri per il riparto delle risorse del fondo.

Quanto all’accordo preventivo da raggiungere tra la regione e le province - presumibilmente quelle ricadenti nel territorio regionale -, ne andrebbe anche qui precisata la natura e la valenza eventualmente vincolante, ai fini del riparto da parte della singola regione.

 

In merito ai rilievi relativi al funzionamento del Fondo sperimentale regionale di riequilibrio delle province (come già detto per quello dei comuni, disciplinato dal precedente art. 8), si ricorda che analoghe problematiche sono state affrontate in sede di esame dello schema di decreto relativo al federalismo municipale (Atto n. 292) presso la Commissione bicamerale (si veda il testo contenuto nel parere non approvato in Commissione il 3 febbraio 2010), con riferimento al Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni. In particolare, all’articolo 1, comma 5, del suddetto testo sono state inserite alcune disposizioni che chiariscono sia la portata dell’accordo preventivo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai fini dell’emanazione del decreto da parte del Ministro dell’interno relativo alle modalità di riparto del Fondo sperimentale comunale, sia i criteri stessi di riparto del Fondo (in particolare, per il Fondo sperimentale di riequilibrio comunale, oltre al criterio dei fabbisogni standard, si è fatto riferimento alla necessità che, sino al 2013, una quota pari al 30% della dotazione del Fondosia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti).

 

Il testo del provvedimento concordato tra Governo e autonomie inserisce il comma 5 all’articolo in commento, ai sensi del quale, per la realizzazione delle proprie politiche tributarie, le Province possano accedere senza oneri aggiuntivi alle banche dati del Pubblico Registro Automobilistico e della Motorizzazione Civile.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica, riassumendo il contenuto della disposizione, ricorda che si prevede la soppressione, a decorrere dal 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese delle Province. La relazione sottolinea che l’individuazione dei trasferimenti da considerare ai fini della soppressione è rimessa a ciascuna regione pertanto non si è in grado di provvedere ad una stima degli stessi. A titolo esemplificativo è riportata la tavola 13 della relazione Copaff sul federalismo fiscale, che individua i trasferimenti regionali alle Province, come risultanti dai bilanci delle stesse relativi al 2008.

(mln di euro)

2008

Trasferimenti correnti dalla Regione

Abruzzo

5,58

Basilicata

37,43

Calabria

127,19

Campania

243,44

Emilia Romagna

200,93

Lazio

187,89

Liguria

101,26

Lombardia

369,58

Marche

108,06

Molise

0,89

Piemonte

446,66

Puglia

278,95

Toscana

341,42

Umbria

93,35

Veneto

200,00

Totale regioni s.o.

2.742,64

 

La relazione tecnica ricorda che la soppressione dei trasferimenti viene compensata con una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale di pari importo, il cui gettito va ad alimentare un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio. La regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola Provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

La relazione riporta la distribuzione regionale del gettito delle tasse automobilistiche dell’anno 2008:

(mln di euro)

Regione

Importo

Abruzzo

130,3

Basilicata

42,7

Calabria

116,2

Campania

346,4

Emilia Romagna

463,6

Lazio

554,4

Liguria

134,9

Lombardia

986,7

Marche

157,5

Molise

26,8

Piemonte

471,0

Puglia

289,6

Toscana

414,9

Umbria

89,7

Veneto

546,3

Totale regioni s.o.

4.771,0

 

 

In merito ai profili di quantificazione, si rinvia in primo luogo alle osservazioni già formulate con riferimento all’articolo 8 - relativo alla soppressione dei trasferimenti regionali ai comuni - integralmente riferibili anche all’articolo in esame.

Con specifico riferimento all’osservazione riguardante l’eventualità di fenomeni di incapienza del gettito regionale - in questo caso da riferire alle tasse automobilistiche rispetto alla compartecipazione da attribuire alle province in sostituzione dei trasferimenti regionali di parte corrente - si segnala che, qualora la sostituzione riguardasse la totalità dei predetti trasferimenti, la stessa relazione tecnica evidenzierebbe fenomeni di incapienza per l’Umbria e la Calabria: tali regioni conseguono infatti un gettito delle tasse automobilistiche di importo inferiore all’ammontare dei trasferimenti correnti erogati alle province[58]. In tal caso andrebbe chiarito se la soppressione dei trasferimenti incontrerebbe un limite nella segnalata incapienza o, in alternativa, con quali risorse tributarie verrebbero sostituiti i trasferimenti incapienti.

Si segnala in proposito nel testo concordato tra Governo e autonomie si prevede che, in caso di incapienza della tassa automobilistica le regioni assicurino una compartecipazione ad altro tributo regionale.

In ultimo, andrebbe chiarito se l’elevata variabilità dell’ammontare dei trasferimenti correnti alle province sia da porre in relazione, tra l’altro, alla circostanza che in talune regioni una parte dei trasferimenti ai comuni transitano per l’ente provinciale, mentre in altre regioni i trasferimenti ai comuni sono erogati integralmente direttamente dalla regione. Si segnala in proposito che il provvedimento non prevede la sostituzione con risorse di carattere tributario dei trasferimenti provinciali ai comuni e andrebbe chiarito se ciò determini problemi di coordinamento nel sistema delle relazioni finanziarie tra i diversi comparti territoriali o eventuali problemi in sede di perequazione delle risorse attribuite.

 


 

Articolo 16
(Ulteriori tributi provinciali)

 

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 14, spettano alle Province gli altri tributi ad esse riconosciuti, nei termini previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, che costituiscono tributi propri derivati.

 

 

Il comma 1 dell’articolo 16 in esame stabilisce che spettano alle Province gli altri tributi ad esse riconosciuti, salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 14 del presente schema di decreto, nei termini previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto; tali tributi costituiscono tributi propri derivati.

 

Attualmente, le entrate tributarie provinciali sono costituite da addizionali e compartecipazioni con la sola esclusione dell'imposta provinciale trascrizione veicoli (per cui v. le schede di commento agli articoli 12 e 13 del presente provvedimento) che rappresenta l'unico tributo proprio.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

 

In merito ai profili di quantificazione, non vi sono osservazioni.

 


 

Articolo 17
(Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale)

 


1. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle Province dell’autonomia di entrata, è istituito, a decorrere dall’anno 2012, un Fondo sperimentale di riequilibrio. Il Fondo cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della legge n 42.

2. Il Fondo sperimentale di riequilibrio è alimentato dalle entrate di cui all’articolo 14, comma 1.

3. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard sono stabilite le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio.


 

 

Per assicurare l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata in forma progressiva ed ispirata ad un principio di equilibrio territoriale, lo schema di decreto prevede l’istituzione, a decorrere dall’anno 2012, di un Fondo sperimentale di riequilibrio (comma 1), la cui funzionalità cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n. 42 del 2009, la cui disciplina generale è recata dal successivo articolo 19.

 

Al riguardo si rileva che, sebbene il comma in esame non precisi il periodo di durata del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, esso dovrebbe tuttavia corrispondere ad un quadriennio, posto che la norma dispone la cessazione del Fondo a decorrere dalla data di attivazione del sistema di perequazione ordinario previsto dall’articolo 13 della legge delega, che il successivo articolo 19 fissa a partire dal 2016, anno di istituzione, nel bilancio dello Stato, del fondo perequativo per gli enti locali. Va peraltro segnalato che in altre norme dello schema di decreto recanti istituzione di altri Fondi sperimentali di riequilibrio (articoli 8 e 15), non vi sono analoghe indicazione circa la data di cessazione degli stessi

Sul punto ed in ordine alle questioni connesse alla disciplina della perequazione per gli enti locali si rinvia a quanto illustrato all’articolo 19 del provvedimento (cfr. relativa scheda di lettura).

 

Il Fondo sperimentale di riequilibrioè alimentato con le entrate derivanti dalla compartecipazione provinciale all’accisa sulla benzina istituita dall’articolo 14, comma 1, a decorrere dall’anno 2012, in favore delle Province delle regioni a statuto ordinario (comma 2).

Si ricorda, qui, che secondo l’Intesa raggiunta tra Governo e Autonomie, le entrate che alimentano il Fondo sperimentale di riequilibrio dovrebbero derivare da una compartecipazione provinciale all’IRPEF e non dalla compartecipazione all’accisa sulla benzina.

 

In merito alle entrate che confluiranno al Fondo sperimentale, si ricorda che la compartecipazione all’accisa sulla benzina è attribuita alle Province dall’anno 2012 al fine di compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate alla compartecipazione provinciale all’IRPEF e dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’esse soppresse a partire dall’anno 2012. Il comma 2 dell’articolo 14 prevede, infatti, che l’aliquota di compartecipazione venga stabilità in modo tale da assicurare un volume di entrate corrispondenti all’ammontare dei suddetti trasferimenti e gettiti soppressi.

 

Sulla base delle stime riportate nella Relazione tecnica, il gettito della compartecipazione all’accisa sulla benzina che potrà confluire nel Fondo sperimentale di riequilibrio dovrebbe essere corrispondente all’ammontare dei trasferimenti erariali soppressi – stimati in circa 1.139 milioni nel 2012 e in 1.151 nel 2013 (ovvero, 720 milioni nel 2012 e 732 milioni nel 2013, se si considerano le riduzioni dei trasferimenti disposte dal D.L. n. 78/2010), inclusivi della compartecipazione provinciale IRPEF – e delle minori entrate derivanti dalla soppressa addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, in merito alle quali, però, non viene fornita una stima per l’anno 2012. Per una analisi approfondita della stima del gettito dei suddetti tributi, si rinvia al paragrafo relativo ai profili finanziari dell’articolo 14.

 

Il comma 3 prevede che le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio siano definite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

Per quanto concerne i criteri di riparto tra le province delle somme che affluiscono al Fondo sperimentale, la norma fa riferimento alla coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard.

 

In relazione alle disposizioni di cui al comma 3, si osserva – come peraltro già rilevato con riferimento al Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni, di cui all’articolo 1, comma 5, del relativo schema di decreto legislativo (Atto del governo n. 292) - che la norma demanda ad una fonte di rango secondario la definizione delle modalità di riparto del Fondo.

 

Non viene inoltre specificata la natura e la valenza, vincolante o meno, dell’accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, al fine di chiarire se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all’adozione del predetto decreto.

 

Per quanto concerne, inoltre, i criteri di riparto del Fondo, la norma si limita a richiamare la necessaria coerenza con i fabbisogni standard.

Si rileva, in merito, la necessità di chiarire meglio i meccanismi di funzionamento del fondo nonché i principi in base ai quali dovranno essere adottati i criteri per il riparto delle risorse del fondo, posto che, ai sensi del relativo decreto legislativo (D.Lgs. n. 216/2010), la determinazione dei fabbisogni standard avverrà secondo un processo graduale, diretto a garantirne l’entrata a regime, con riferimento al complesso delle funzioni, nel 2016.

 

In merito ai meccanismi di funzionamento del Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, e, più in particolare, ai criteri di riparto tra gli enti delle somme che in esso affluiscono, si rileva, più in generale, l’esigenza di valutare il meccanismo transitorio di finanziamento e perequazione, previsto dall’articolo in esame, alla luce dei principi e criteri direttivi di delega formulati dall’articolo 21 della legge n. 42 del 2009, che disciplinano espressamente la fase transitoria nel passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard per il finanziamento degli enti locali, non esplicitamente richiamato dall’articolo in esame.

 

In particolare, andrebbe, in primo luogo, verificato se il meccanismo di finanziamento delineato dall’articolo in esame sia in grado di garantire alle province, nella fase di transizione, un complesso di risorse adeguato al finanziamento complessivo delle funzioni, secondo i principi indicati nell’articolo 21, comma 1, lettera b), della legge delega n. 42/2009.

In proposito, si ricorda che l’articolo 21, comma 1, lettera b), della legge n. 42/2009 prevede che il legislatore delegato è tenuto ad assicurare, nel periodo transitorio, che la somma del gettito delle nuove entrate di comuni e province sia, nel complesso dei relativi comparti, corrispondente al valore dei trasferimenti oggetto di soppressione e fiscalizzazione. Ai fini della valutazione della corrispondenza delle nuove entrate all’entità dei trasferimenti soppressi, la citata norma prevede che in sede di Conferenza Unificata si effettui una verifica in ordine alla congruità del gettito delle nuove entrate di comuni e province.

 

Si rileva che lo schema di decreto in esame non contempla la predetta verifica di congruità del gettito delle nuove entrate delle province in relazione ai trasferimenti soppressi da parte della Conferenza Unificata: esso prevede, tuttavia, un coinvolgimento nella fase transitoria della Conferenza Stato-città e autonomie locali, per la definizione dei criteri di riparto del fondo.

 

Con riferimento specifico alla determinazione, nella fase transitoria, dei fondi perequativi di comuni e province, si rammenta che l’articolo 21, comma 1, lettera d), della legge delega, prevede che tali fondi siano quantificati, per ciascun livello di governo, in misura pari alla differenza tra i trasferimenti statali soppressi e le maggiori entrate spettanti a comuni e province in sostituzione di tali trasferimenti, tenendo conto del principio del graduale superamento del criterio della spesa storica in favore del fabbisogno standard e della capacità fiscale in base alla tipologia di funzioni da finanziare.

Si ricorda, inoltre, che nella fase transitoria, l’articolo 21, comma 1, lettera e), prevede che il finanziamento delle spese degli enti locali debba essere effettuato assumendo l’ipotesi che l’80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali[59].

 

In proposito, posto che la disposizione in esame non reca un esplicito richiamo all’articolo 21 della legge delega; andrebbe chiarito se le percentuali di finanziamento delle spese degli enti locali siano riferibili anche al riparto delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio previsto dallo schema di decreto.

In tale ipotesi, soltanto l’80 per cento del Fondo dovrebbe essere ripartito tra gli enti ai fini del finanziamento delle spese fondamentali tenendo conto della transizione verso i fabbisogni standard, mentre il restante il 20 per cento dell’importo del Fondo potrebbe essere ripartito tenendo conto della transizione verso i principi della capacità fiscale.

 

In merito ai rilievi relativi al funzionamento del Fondo sperimentale di riequilibrio delle province, si ricorda che le stesse problematiche emerse con riferimento all’analogo Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni sono state già affrontate in sede di esame dello schema di decreto relativo al federalismo municipale (Atto n. 292) presso la Commissione bicamerale (si veda il testo contenuto nel parere non approvato in Commissione il 3 febbraio 2010).

In particolare, all’articolo 1, comma 5, del suddetto testo sono state inserite alcune disposizioni che chiariscono:

1.       la portata dell’accordo preventivo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai fini dell’emanazione del decreto da parte del Ministro dell’interno relativo alle modalità di alimentazione e di riparto del Fondo sperimentale. In particolare, si prevede che lo schema di decreto sia trasmesso alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro una data specifica (il 15 ottobre). In caso di mancato accordo entro il 30 novembre dell’anno precedente, il decreto può essere comunque emanato; in sede di prima applicazione del provvedimento, il termine per l’accordo scade il quarantacinquesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto.

2.       i criteri di riparto del Fondo, precisando che oltre a far riferimento alla determinazione dei fabbisogni standard, si tenga altresì conto, sino al 2013, della necessità che una quota pari al 30% della dotazione del Fondosia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che la norma, individuando le risorse tributarie da utilizzare ai fini della perequazione (compartecipazione all’accisa sulla benzina), non chiarisce quali siano le risorse tributarie oggetto della perequazione: le risorse tributarie sostitutive dei trasferimenti erariali e dell’addizionale sull’energia elettrica sono infatti integralmente destinate al fondo perequativo e non è quindi chiaro se vi sia una quota di risorse oggetto di diretta attribuzione alle province e una quota di risorse destinate alla perequazione.

Non è inoltre chiaro secondo quali criteri la perequazione, demandata ad accordo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, debba essere attuata. A tale proposito, richiamando quanto già osservato con riferimento all’articolo 14, si segnala che andrebbe chiarito in particolare se, in sede di prima applicazione della disposizione, la perequazione debba essere tale da attribuire a ciascuna provincia il medesimo ammontare di risorse che sarebbe stato attribuito sulla base della normativa vigente. Tale condizione non è infatti espressamente prevista dalla norma.

Non è inoltre chiaro se, nella fase transitoria in cui opera il fondo sperimentale, rilevi, ai fini delle diverse modalità di perequazione, la ripartizione delle risorse destinate a finanziare le funzioni fondamentali o non fondamentali delle province.

 


 

Articolo 18
(Classificazione delle spese provinciali)

 

1. Fino alla individuazione dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali delle province, ai fini del finanziamento integrale sulla base del fabbisogno standard si applica l’articolo 21, comma 4, della legge n. 42 del 2009.

 

 

L’articolo 18 conferma le disposizioni già stabilite dall’articolo 21, comma 4, della legge di delega, stabilendo che, nella fase transitoria, ai fini del nuovo sistema di finanziamento delle funzioni sulla base del criterio del fabbisogno standard, come previsto dalla legge sul federalismo fiscale (l. n. 42/2009), si considerano le spese relative alle funzioni fondamentali delle province come individuate dal citato comma, ossia:

a)      funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge in esame;

b)      funzioni di istruzione pubblica, ivi compresa l'edilizia scolastica;

c)      funzioni nel campo dei trasporti;

d)      funzioni riguardanti la gestione del territorio;

e)      funzioni nel campo della tutela ambientale;

f)        funzioni nel campo dello sviluppo economico relative ai servizi del mercato del lavoro.

 

In proposito, si ricorda che l’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione individua, tra le materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato, le funzioni fondamentali di comuni, province, e città metropolitane, accanto alla legislazione elettorale e alla disciplina degli organi di governo degli enti locali.

L’attuazione del dettato costituzionale è stata tentata una prima volta con la legge n. 131 del 2003[60] che recava la delega, mai esercitata, «per l’individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane nonché per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento» (art. 2).

Più di recente, nel corso dell’attuale legislatura, il Governo ha presentato un ampio disegno di legge volto a modificare la disciplina degli enti locali ed a delegare il Governo per l’adozione di una “Carta delle autonomie locali”, dove raccogliere e coordinare le disposizioni in materia (principalmente contenute nel D.P.R. N. 267/2000, art. 19 per le funzioni delle province) che prevede anche l’individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali secondo il dettato costituzionale. Tale ddl è stato approvato in prima lettura dalla Camera (A.C. 3118) ed è ora all’esame del Senato (A.S. 2259).

Peraltro, la definizione delle funzioni fondamentali degli enti locali risulta rilevante ai fini del federalismo fiscale.

Infatti, l’art. 119, comma quarto, Cost. stabilisce che le risorse degli enti locali (e delle regioni) – ossia tributi ed entrate proprie, compartecipazioni al gettito erariale e fondo perequativo – devono consentire il finanziamento integrale delle “funzioni pubbliche loro attribuite”. L’individuazione di tali funzioni appare, pertanto, un passaggio necessario per la valutazione dell’entità delle risorse finanziarie da attribuire alle autonomie locali.

L’importanza dell’individuazione delle funzioni territoriali è confermata dalla legge n. 42 del 2009, di attuazione dell’art. 119 Cost. Tale legge, nell’indicare i princìpi e i criteri direttivi della delega relativa al finanziamento delle funzioni di comuni, province e città metropolitane (art. 11, co. 1, lett. a)), prevede una classificazione delle spese degli enti locali ripartite in:

-        spese riconducibili alle funzioni fondamentali individuate dalla legislazione statale;

-        spese relative alle altre funzioni;

-        spese finanziate con contributi speciali.

In particolare, la legge n. 42 prevede l’integrale finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali, la cui individuazione è rinviata alla legislazione statale di attuazione dell’articolo 117, comma secondo, lett. p), mediante tributi propri, compartecipazioni e addizionali ai tributi erariali e regionali e fondo perequativo, che andranno a sostituire integralmente i trasferimenti statali. La garanzia del finanziamento integrale delle spese riconducibili alle funzioni fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni da esse eventualmente implicate deve avvenire con modalità definite in base al “fabbisogno standard”, modalità che consente di superare il vigente criterio di finanziamento, basato sulla spesa storica (art. 11, co. 1, lett. b)).

La fase transitoria, riconducibile ad un periodo di cinque anni per consentire il superamento definitivo del criterio della spesa storica, è disciplinata dall’art. 21 della legge sul federalismo che contiene principi e criteri direttivi per l’attuazione con decreti legislativi da parte del governo. In particolare, l’art. 21, co. 1, lett. e), dispone che, fin tanto che non saranno in vigore le disposizioni concernenti le funzioni fondamentali, il finanziamento delle spese degli enti locali avviene sulla base di alcuni specifici criteri. In particolare:

-        il fabbisogno delle funzioni di comuni e province viene finanziato assumendo l’ipotesi che l’80 per cento delle spese sia considerato come riconducibile alle funzioni fondamentali e che il residuo 20 per cento si riferisca alle funzioni non fondamentali (punto 1);

-        l’80 per cento delle spese di comuni e province (cioè quelle di cui al punto 1), afferenti alle funzioni fondamentali, viene finanziato per mezzo delle entrate derivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fondo perequativo; il residuo 20 per cento delle spese di cui al punto 1, relative alle altre funzioni, è finanziato per mezzo delle entrate derivanti dall’autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondo perequativo (punto 2).

-        a tal fine, il punto 3 prevede che venga preso a riferimento l’ultimo bilancio degli enti locali certificato a rendiconto, disponibile alla data di predisposizione degli schemi dei decreti legislativi attuativi della delega.

Ancora per il periodo transitorio e ai soli fini della determinazione dell'entità e del riparto dei fondi perequativi degli enti locali, l’articolo 21, comma 2, prevede che nei decreti legislativi di attuazione siano provvisoriamente considerate, in sede di prima applicazione, ai fini del finanziamento integrale sulla base del fabbisogno standard, le funzioni individuate e quantificate dalle corrispondenti voci di spesa, sulla base dell'articolazione in funzioni e relativi servizi prevista dal regolamento sui modelli contabili degli enti locali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 gennaio 1996, n. 194[61].

I successivi commi 3 e 4 recano, rispettivamente, per i comuni e per le province, un elenco provvisorio delle funzioni fondamentali da finanziare integralmente sulla base del fabbisogno standard, ai sensi del comma 2.

Per i comuni, le funzioni, e i relativi servizi, da considerare provvisoriamente quali funzioni fondamentali sono:

a)       funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall'ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della legge in esame;

b)       funzioni di polizia locale;

c)       funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l'edilizia scolastica;

d)       funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;

e)       funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell'ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato;

f)         funzioni del settore sociale[62].

Perciò, rispetto alle funzioni individuate dal D.P.R. n. 194/1996 richiamate dal comma 2 dell’art. 21 non risultano considerate le funzioni relative ai seguenti ambiti: giustizia; cultura e beni culturali; settore sportivo e ricreativo; turismo; sviluppo economico; servizi produttivi (oltre alle funzioni concernenti edilizia residenziale pubblica e locale, piani di edilizia e servizio idrico integrato, espressamente escluse).

Per le province, le funzioni, e i relativi servizi, da considerare provvisoriamente quali funzioni fondamentali sono quelli indicati supra, nel testo.

Perciò, rispetto alle funzioni individuate dal citato D.P.R. n. 194/1996, richiamate dal comma 2 dell’art. 21 non risultano considerate le funzioni relative ai seguenti ambiti: cultura e beni culturali; settore turistico, sportivo e ricreativo; settore sociale; sviluppo economico, relativamente ai servizi per l’agricoltura e per l’industria, il commercio e l’artigianato.

La disciplina in commento ha natura temporanea, poiché l’assetto a regime della materia presuppone sia la definizione delle funzioni fondamentali delle province, sia l’individuazione dei fabbisogni standard delle funzioni fondamentali secondo le modalità disciplinate dal D.Lgs. n. 216/2010[63].

In particolare, l’articolo 2 del decreto 216 individua il procedimento per realizzare la convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo nonché degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali di cui all’ articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione. Il comma 1 impernia il suddetto procedimento di convergenza sulla predisposizione, da parte del Governo, di disposizioni di coordinamento dinamico della finanza pubblica nell’ambito del disegno di legge di stabilità o di un disegno di legge collegato alla manovra di finanza pubblica. Tali disposizioni, da sottoporre a previo confronto e valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata, devono essere coerenti con gli obiettivi e gli interventi appositamente individuati dalla decisione di finanza pubblica.

Il comma 2 prevede che, ai fini della predisposizione delle norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica, il Governo tenga conto: delle informazioni e dei dati in merito alle funzioni fondamentali effettivamente esercitate e ai servizi resi o non resi, in tutto o in parte, da ciascun ente locale; nonché dell’incrocio tra i dati relativi alla classificazione funzionale delle spese e quelli relativi alla classificazione economica.

Il comma 3 dispone che gli obiettivi di servizio siano stabiliti in modo da garantire il rispetto della scansione temporale della fase transitoria prevista dai commi successivi dell’articolo in esame per il passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei fabbisogni standard.

I commi 4 e 5 delineano i tempi di avvio del periodo transitorio finalizzato al progressivo superamento del criterio della spesa storica nel finanziamento degli enti locali e della sua sostituzione con il criterio dei fabbisogni standard. Nel frattempo, e fino all’entrata in vigore delle norme di legge che provvederanno alla individuazione delle funzioni fondamentali, il finanziamento del fabbisogno degli enti locali verrà effettuato considerando l’80% delle spese come fondamentali e il restante 20% di esse come non fondamentali.

Il comma 4 indica l’anno 2012 quale anno di avvio della fase transitoria comportante il superamento del criterio della spesa storica.

L’approccio che il legislatore delegato sembra adottare nel definire la fase transitoria consiste nell’applicazione progressiva del criterio del fabbisogno standard, quale parametro di riferimento per il finanziamento degli enti locali, ad un numero sempre maggiore di funzioni fondamentali.

Le fasi e la tempistica in cui si struttura la fase transitoria prevedono che nel 2011 verranno determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2012 con riguardo ad almeno un terzo delle funzioni fondamentali per i Comuni e le Province, quali definite all’articolo 3, comma 1, con un processo di gradualità tale da garantire l’entrata a regime nel corso del triennio successivo.

Nel 2012 verranno determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013 con riguardo ad almeno due terzi delle suddette funzioni, anche in questo caso con un’entrata a regime nell’arco del triennio successivo.

Nel 2013 verranno determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2014 con riguardo a tutte le funzioni fondamentali, sempre con un processo di gradualità che, come nelle fasi precedenti, deve comunque assicurare l’entrata a regime nell’arco del triennio successivo.

In sostanza, nel periodo di transizione, la norma sembra indicare una sorta di “convivenza” tra il criterio della spesa storica e quello del fabbisogno standardizzato per il finanziamento dei vari gruppi di funzioni fondamentali.

La progressiva sostituzione del criterio della spesa storica in favore del fabbisogno standard dovrebbe inoltre comportare, secondo i principi del federalismo fiscale, una graduale sostituzione dei trasferimenti statali con entrate proprie.

Il successivo articolo 3 del decreto reca, un elenco, per i comuni e le province, delle funzioni da considerarsi, in via provvisoria, come fondamentali, che sono individuate, ancora una volta, con quelle di cui all’articolo 21 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in attesa dell’entrata in vigore della legge statale che individuerà in via stabile le funzioni fondamentali degli enti locali ai sensi dell’articolo 117, comma secondo, lettera p), della Costituzione.


 

Articolo 19
(Fondo perequativo per comuni e province)

 


1. Per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, è istituito nel bilancio dello Stato, a decorrere dall’anno 2016, un fondo perequativo, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-Città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite, salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato, le modalità di alimentazione e di riparto del fondo.

2. Ogni Regione a Statuto ordinario istituisce nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province, alimentati dal fondo perequativo di cui al comma 1.

3. In conformità all’articolo 13, comma 1, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, attraverso accordi conclusi in sede di Conferenza Unificata l’entità dei fondi di cui ai commi 1 e 2 è periodicamente aggiornata e le relative fonti di finanziamento sono ridefinite.

4. La ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti, per la parte afferente alle funzioni fondamentali di cui all’ articolo 11, comma 1, lettera a), numero 1), della legge citata legge n. 42 del 2009 avviene in base a:

1) un indicatore di fabbisogno finanziario calcolato come differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente al netto degli interessi e il valore standardizzato del gettito dei tributi ed entrate proprie di applicazione generale;

2) indicatori di fabbisogno di infrastrutture, in coerenza con la programmazione regionale di settore, per il finanziamento della spesa in conto capitale; tali indicatori tengono conto dell’entità dei finanziamenti dell’Unione europea di carattere infrastrutturale ricevuti dagli enti locali e del vincolo di addizionalità cui questi sono soggetti.

5. La spesa corrente standardizzata è computata ai fini di cui al comma 4 sulla base di una quota uniforme per abitante, corretta per tenere conto della diversità della spesa in relazione all’ampiezza demografica, alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, alle caratteristiche demo­grafiche, sociali e produttive dei diversi enti. Il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche, utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti, tenendo conto anche della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata.

6. Le entrate considerate ai fini della standardizzazione per la ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti sono rappresentate dai tributi propri valutati ad aliquota standard.

7. Per le spese relative all’esercizio delle funzioni diverse da quelle fonda­mentali, il fondo perequativo per i comuni e quello per le province sono diretti a ridurre le differenze tra le capacità fiscali, tenendo conto, per gli enti con popolazione al di sotto di una soglia da individuare con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10, del fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa e della loro partecipazione a forme associative;

8. Le regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza unificata, e previa intesa con gli enti locali, possono, avendo come riferimento il complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di fondo perequativo ai comuni e alle province inclusi nel territorio regionale, procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata, sulla base dei criteri di cui al comma 5, e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture; in tal caso il riparto delle predette risorse è effettuato sulla base dei parametri definiti con le modalità di cui al presente comma.

9. I fondi ricevuti dalle regioni a titolo di fondo perequativo per i comuni e per le province del territorio sono trasferiti dalla regione agli enti di competenza entro venti giorni dal loro ricevimento. Le regioni, qualora non provvedano entro tale termine alla ridefinizione della spesa standar­dizzata e delle entrate standardizzate, e di conseguenza delle quote del fondo perequativo di competenza dei singoli enti locali secondo le modalità previste dal comma 8, applicano comunque i criteri di riparto del fondo sulla base dei criteri individuati dal decreto del presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10. La eventuale ridefinizione della spesa standardizzata e delle entrate standar­dizzate non può comportare ritardi nell’assegnazione delle risorse perequative agli enti locali. Nel caso in cui la regione non ottemperi alle disposizioni di cui al presente comma, lo Stato esercita il potere sostitutivo di cui all’ articolo 120, secondo comma, della Costituzione, in base alle disposizioni di cui all’ articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

10. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, sono definite le modalità applicative del presente articolo.


 

 

L’articolo 19 reca la disciplina del Fondo perequativo per le province e i comuni, ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 42/2009, per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali.

 

Il comma 1 ne prevede l’istituzione nel bilancio dello Stato a decorrere dall’anno 2016, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte.

 

Con riferimento alla data di istituzione del Fondo perequativo, si osserva che nel testo dell’Intesa tra Governo e Autonomie la costituzione del Fondo è posticipata al 2017.

 

In merito alla data di istituzione del Fondo perequativo dello Stato, si rileva come la definizione dei meccanismi perequativi sia strettamente dipendente dalla determinazione dei fabbisogni standard, quale parametri di riferimento cui ancorare il finanziamento delle spese degli enti locali in sostituzione del criterio della spesa storica. Il decreto legislativo relativo alla determinazione dei fabbisogni standard (D.Lgs. n. 216/2010) prevede un percorso graduale per la transizione verso l’integrale finanziamento dei fabbisogni standard. In particolare, il decreto individua nel 2012 l’anno di avvio della fase transitoria, a partire dal quale il criterio del fabbisogno standard verrà progressivamente applicato ad un numero sempre maggiore di funzioni fondamentali, al fine di pervenire al nuovo assetto finanziario nell’arco di un quinquiennio, entro il 2016.

Il nuovo sistema di perequazione ordinario, previsto dall’articolo 13 della legge delega, dovrebbe pertanto essere attivato alla fine del periodo transitorio, quando il sistema dei fabbisogni standard sarà determinato con riguardo a tutte le funzioni fondamentali degli enti locali.

 

Le modalità di alimentazione e di riparto del fondo sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato-Città ed autonomie locali.

La norma sottolinea che le modalità in questione devono garantire la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato.

 

Si rileva che nell’Intesa tra Governo e Autonomie si propone di sostituire l’accordo in sede di Conferenza unificata con una intesa da sancire in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

 

In relazione alla suddetta disposizione, si osserva che la norma demanda ad una fonte di rango secondario la definizione delle modalità di alimentazione e di riparto del Fondo perequativo statale.

Non viene inoltre specificata la natura e la valenza, vincolante o meno, dell’accordo preventivo da realizzare in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, al fine di chiarire se, in mancanza dello stesso, si possa comunque procedere all’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Va inoltre rilevato che la norma non reca alcuna indicazione riguardo alle modalità di alimentazione del fondo perequativo né alla sua dimensione.

Essa non contiene neppure un esplicito riferimento all’articolo 13, comma 1, lettera a) della legge delega, nel quale, al riguardo, è precisato:

§       che il Fondo perequativo dello Stato, che finanzia i fondi perequativi regionali per gli enti locali, è alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale, ponendo pertanto l’accento sul carattere verticale della perequazione;

§       che la dimensione del fondo perequativo statale deve essere determinata, con riguardo all’esercizio delle funzioni fondamentali, per ogni tipologia di ente, in misura pari alla differenza tra il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province (intendendosi come tali tutte le entrate spettanti agli enti locali come individuate ai sensi dell’articolo 12 (con esclusione dei c.d. tributi propri di scopo e dei contributi per gli interventi speciali di cui all’articolo 16), valutate ad aliquota standard (art. 13, lett. e).

 

Si segnala, infine, che in sede di esame presso la Commissione bicamerale dello schema di decreto legislativo relativo al federalismo municipale (Atto n. 292), la proposta di parere formulata dal relatore – non approvata dalla Commissione - prevede l’inserimento nel testo dello schema di un articolo aggiuntivo recante una specifica disciplina del Fondo perequativo per comuni e province. Al riguardo, andrebbe chiarito, in via preliminare, quale parte della norma in esame debba ritenersi assorbita dal citato art. 7-ter dello schema di provvedimento riguardante il federalismo municipale nel testo contenuto nella proposta di parere del Relatore del 2 febbraio 2011.

Tale articolo prevede la costituzione di un Fondo perequativo nel bilancio dello Stato, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte; le modalità di alimentazione e di riparto del fondo sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali; l’articolo reca, inoltre, la disciplina delle modalità di alimentazione del Fondo medesimo a favore dei comuni, con specifica indicazione delle fonti di finanziamento.

 

Il comma 2 dispone che ciascuna Regione a Statuto ordinario istituisca nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province, alimentati dal fondo perequativo di cui al comma 1.

La costituzione dei due Fondi perequativi regionali, alimentati dal Fondo perequativo statale, corrisponde all’impianto delineato dall’articolo 13 della legge delega.

In particolare, l'articolo 13, comma 1, lettera a), prevede l’istituzione di due fondi perequativi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province e delle Città metropolitane, iscritti nel bilancio delle singole regioni ed alimentati attraverso un apposito fondo perequativo dello Stato.

Il Fondo perequativo dello Stato, che finanzia i fondi perequativi regionali per gli enti locali, è alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale.

Nel fondo perequativo statale è data separata indicazione degli stanziamenti spettanti a comuni, province e città metropolitane, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte da tali enti.

Come già sopra ricordato, l’articolo 13, reca, nella lettera a), anche l’esatta indicazione della dimensione del fondo perequativo statale, che deve essere determinata, per ogni tipologia di ente, con riguardo all’esercizio delle funzioni fondamentali, in misura pari alla differenza tra:

-        il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e

-        il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province.

Il riferimento è a tutte le entrate spettanti agli enti locali, con esclusione dei c.d. tributi propri di scopo comunali e provinciali e dei contributi per gli interventi speciali di cui all’articolo 16, valutate ad aliquota standard (art. 13, lett. e).

 

L’entità dei fondi di cui ai commi 1 e 2 è periodicamente aggiornata e le relative fonti di finanziamento sono ridefinite attraverso accordi conclusi in sede di Conferenza Unificata, in conformità con quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera b), della legge delega (comma 3).

 

Va segnalato che il citato articolo 13, comma 1, lettera b) prevede che il decreto legislativo attuativo del sistema perequativo per gli enti locali rechi la definizione delle modalità con cui si procede periodicamente all’aggiornamento dell’entità dei fondi perequativi e alla ridefinizione delle relative fonti di finanziamento.

 

Anche per l’aggiornamento periodico dei fondi perequativi, nell’Intesa Governo e Autonomie si propone di sostituire gli accordi conclusi in sede di Conferenza unificata con apposite intese concluse in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

 

I criteri per la ripartizione del Fondo perequativo tra i singoli enti sono indicati ai commi 4-6, per la parte afferente alle funzioni fondamentali, e al comma 7, per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali[64].

 

Va segnalato che i citati commi si limitano a ribadire quanto già previsto, in proposito, dall’articolo 13 della legge delega.

 

In particolare, per il finanziamento delle funzioni fondamentali, la ripartizione del Fondo tra i singoli enti avviene sulla base di due tipi di indicatori di fabbisogno, uno di carattere finanziario (relativo al finanziamento della spesa corrente) ed un altro relativo al fabbisogno di infrastrutture (per il finanziamento della spesa in conto capitale).

Coma già indicato all’articolo 13, comma 1, lettera c) della legge delega:

§       il primo indicatore di fabbisogno finanziario misura la differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente (al netto della spesa per interessi) e il valore standardizzato del gettito dei tributi e delle entrate proprie "di applicazione generale"; il calcolo della spesa e delle entrate standard è definito dai due successivi commi 5 e 6;

§       gli altri indicatore di fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale, vanno stabiliti in coerenza con la programmazione regionale di settore e devono tener conto dell’entità dei finanziamenti dell’Unione europea di carattere infrastrutturale ricevuti dagli enti locali e del vincolo di addizionalità cui questi sono soggetti[65].

 

Il comma 5 detta le modalità per la definizione della spesa corrente standardizzata, necessaria per la valutazione dell’indicatore di fabbisogno finanziario, ai fini di cui al comma precedente.

Tale spesa è computata sulla base di una quota uniforme pro capite, corretta con una serie di parametri atti a valutare la diversità della spesa da ente a ente. Tali parametri correttivi sono relativi:

§       all’ampiezza demografica;

§       alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane;

§       alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti.

 

Il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche, utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti, tenendo conto anche della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata.

 

Il comma 6 definisce le entrate da considerare ai fini della standardizzazione, per la ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti: esse sono rappresentate dai tributi propri valutati ad aliquota standard.

 

Il comma 7 concerne i criteri di riparto del fondo perequativo per i comuni e le province per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali. L’intervento del fondo perequativo, in tale ambito, è basato sulla capacità fiscale per abitante ed è diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali dei singoli enti.

Per gli enti locali con minor popolazione, la cui soglia sarà individuata con decreto del Presedente del Consiglio dei Ministri, si deve tener conto :

§       del fattore della dimensione demografica (in relazione inversa);

§       della loro partecipazione a forme associative.

 

Si rileva che ai sensi dell’articolo 13, comma 1, lettera f) della legge n. 42, la soglia relativa agli enti con minore popolazione avrebbe dovuto essere individuata in sede di esercizio della delega.

 

La norma in esame conferma, dunque, secondo quanto già previsto nella legge delega, che la perequazione per le spese "non essenziali" è - a parità di altre condizioni - maggiore per gli enti con minor popolazione (relazione inversa) nonché per gli enti che più partecipano a forme associative.

 

I commi 8 e 9, ricalcando le disposizioni di cui all’articolo 13, comma 1, lettere g) ed h), della legge delega, definiscono un sistema alternativo (rispetto a quello fin qui esaminato) di riparto della perequazione, che le Regioni hanno la possibilità di attivare. Tale riparto alternativo si sostanzia in una diversa definizione dei parametri (della spesa corrente e capitale e delle entrate), sulla base di criteri risultati da accordi sanciti in sede di Conferenza unificata e previa intesa tra le Regioni e gli enti locali (comma 8).

Sul presupposto di tale collaborazione infraterritoriale, le Regioni, tenuto conto del complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di perequazione ai comuni e alle province che sono inclusi nel territorio regionale, possono procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture.

Il riparto sarà pertanto effettuato sulla base dei parametri così definiti.

 

Il comma 9 fissa un termine di venti giorni per il trasferimento dei fondi perequativi dalle Regioni agli enti locali, decorrenti dal momento in cui le Regioni ricevono tali fondi dallo Stato.

E' entro tale termine che le Regioni possono eventualmente ridefinire i diversi parametri e quindi la diversa distribuzione delle quote del Fondo perequativo, secondo quanto previsto al comma precedente. Altrimenti, si applicano comunque i criteri di riparto del fondo stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e finanze, che reca le modalità applicative dell’articolo in esame di cui al comma 10.

La eventuale ridefinizione - da parte delle Regioni - della spesa standardizzata e delle entrate standardizzate non può quindi comportare ritardi nell’assegnazione delle risorse perequative agli enti locali.

 

Nel caso in cui la regione non ottemperi alle descritte disposizioni, e non provveda nei termini previsti al trasferimento delle risorse perequative, il comma 9 prevede l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione, secondo le disposizioni di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. “legge La Loggia”).

 

L’attivazione del potere sostitutivo nei confronti di regioni e province autonome fa capo alle disposizioni dell’articolo 120 della Costituzione e alla disciplina attuativa dettata dall’articolo 8 della legge n. 131/2003 (Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3). La disciplina generale prevede che si esplichi obbligatoriamente una procedura contestativa, seguita eventualmente da un termine monitorio e, solo successivamente, dalla attivazione del potere sostitutivo.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe chiarito, in via preliminare, quale parte della norma in esame debba ritenersi assorbita dall’art. 7-ter dello schema di provvedimento riguardante il federalismo municipale che disciplina l’istituzione e le modalità di alimentazione del Fondo perequativo per province e comuni.

In particolare, l’articolo 7-ter dello schema di decreto legislativo sul federalismo municipale, nel testo contenuto nella proposta di parere del Relatore del 2 febbraio 2011, prevede che il fondo perequativo a favore dei comuni sia alimentato da quote del gettito dei tributi di cui all'articolo 1, commi 1 e 1-bis[66] e dalla compartecipazione prevista dall'articolo 3, comma 2[67]. Sono invece oggetto di diretta attribuzione ai comuni, sulla base del principio di territorialità, le quote dei citati tributi non affluenti al fondo perequativo, nell’ambito della parte comunque spettante ai comuni[68], nonché la compartecipazione IVA di cui all’articolo 1, comma 3 e l’IMU, di cui all’articolo 4.

In merito al citato provvedimento, si richiamano le osservazioni precedentemente formulate[69], in particolare per quanto attiene la necessità di acquisire un chiarimento sulle modalità di compensazione in favore dei comuni delle minori entrate da questi conseguite per il venir meno dell’addizionale comunale all’IRPEF sui redditi colpiti da cedolare secca e da imposta municipale propria, sostitutive delle imposte sui redditi. Tale compensazione – al pari di quella relativa all’addizionale regionale sui medesimi cespiti[70] - non è infatti stata considerata nell’ambito del predetto provvedimento.

Con riferimento a quanto disposto dall’articolo in esame, che individua in particolare i criteri di ripartizione del fondo perequativo, si evidenzia la necessità di acquisire un chiarimento in merito ai profili di coordinamento tra tale disciplina e quella disposta dal citato schema di provvedimento sul federalismo municipale che disciplina in particolare i criteri di attribuzione di risorse tributarie direttamente ai comuni o al fondo perequativo. Andrebbe in particolare chiarito con quali modalità sia assicurato che tale attribuzione di risorse garantisca comunque il finanziamento integrale dei fabbisogni standard di spesa inerenti alle funzioni fondamentali, da determinarsi secondo gli indicatori di fabbisogno finanziario previsti dal comma 4 dell’articolo in esame. Si segnala infatti che i tributi oggetto di attribuzione diretta ai comuni, sulla base del principio di territorialità, sono stati individuati dal predetto provvedimento in assenza di informazioni in merito ai fabbisogni di spesa, ancora da determinarsi. Potrebbe pertanto sussistere, in linea teorica, la possibilità che ad alcuni enti siano attribuite, sulla base del criterio della territorialità, risorse tributarie proprie (compartecipazione IVA, IMU ed eventuali quote dei restanti tributi di spettanza comunale che non venissero fatte confluire al fondo perequativo) di ammontare eccedentario rispetto a quello necessario al finanziamento integrale dei fabbisogni standard. In tal caso risulterebbero corrispondentemente ridotte le risorse affluenti al fondo perequativo, che potrebbero pertanto rivelarsi insufficienti alla perequazione integrale dei fabbisogni di spesa dei restanti enti.

Tale eventualità potrebbe a maggior ragione verificarsi con il passare del tempo, nel caso in cui la dinamica dei gettiti di diretta attribuzione accrescesse progressivamente il divario tra le risorse tributarie attribuite ai comuni più dotati e i rispettivi fabbisogni standard di spesa.

In assenza di dati, non risulta possibile verificare se la prefigurata eventualità teorica possa effettivamente presentarsi.

Per un esercizio condotto sulla fase transitoria e riferito alla compatibilità dei criteri di attribuzione diretta delle risorse, previsti nel citato schema di decreto, con la condizione di uguaglianza di risorse attribuite rispetto ai trasferimenti soppressi, si rinvia al Dossier n. 192[71]. Da tale studio sembra emergere che già nella fase transitoria e in particolare nel 2011, le componenti attribuite direttamente ai comuni[72] nel complesso risultino maggiori dei trasferimenti, seppure in un numero limitato di comuni (63 comuni, per un ammontare complessivo di risorse che eccedono i trasferimenti di circa 10 milioni di euro).

Al verificarsi di questo caso, la minore disponibilità (pari a 10 milioni) della dotazione del fondo sperimentale di riequilibrio che residua la parte assegnata secondo criteri rigidi determinerebbe per i restanti comuni una minore attribuzione di risorse, seppure di entità modesta a livello di singolo ente.

Da ultimo, con riferimento alle risorse tributarie sostitutive dei trasferimenti regionali a province e comuni (ovvero la compartecipazione all’addizionale regionale all’IRPEF per i comuni e la compartecipazione all’accisa sulla benzina per le province), andrebbe chiarito se, al termine della fase transitoria in cui sono previsti Fondi sperimentali regionali di riequilibrio, le predette risorse siano da considerarsi ai fini della perequazione complessiva per il finanziamento integrale delle funzioni fondamentali dei comuni.


 

Articolo 20
(Oggetto)

 


1. Il presente capo è diretto a disciplinare a decorrere dall’anno 2013 la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standardper le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano nel settore sanitario, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento dei criteri di riparto adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 34, della legge 662/1996, così come integrati da quanto previsto dagli Accordi tra Stato e Regioni in materia sanitaria.

2. I costi e ifabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal presente capo costituiscono il riferi­mento cui rapportare progressivamente nella fase transitoria, e successivamente a regime, il finanziamento integrale della spesa sanitaria, nel rispetto della programmazione nazionale e dei vincoli di finanza pubblica.


 

 

Il capo IV (artt. 20-24) si apre con l’articolo 20[73]che ne definisce l’ambito: esso è diretto a disciplinare, a decorrere dall’anno 2013, le modalità perla determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standard per le Regioni e per le Province autonome di Trento e Bolzano nel settore sanitario. La standardizzazione viene quindi estesa anche alle Regioni a statuto speciale.

Mentre la definizione del fabbisogno sanitario nazionale standard è disciplinata dal successivo articolo 21, la procedura per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali è stabilita dall’articolo 22.

I nuovi parametri definiti assicureranno il graduale e definitivo superamento degli attuali criteri di riparto del Fondo sanitario nazionale di cui all’articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come integrati dagli Accordi tra Stato e Regioni in materia sanitaria[74] (comma 1).

L’introduzione del concetto di costo e fabbisogno standard è avvenuta ad opera dell’articolo 2, comma 2, lettera f) della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione) che lo ha definito quale costo e fabbisogno che, valorizzando l’efficienza e l’efficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica. Essi divengono i parametri per il finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza.

L’Intesa Governo-Autonomie propone di modificare il comma in esame al fine di riferire la norma soltanto alle regioni a statuto ordinario.

Viene poi stabilito che i costi e i fabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal Capo IV, costituiscano il riferimento cui rapportare progressivamente nella fase transitoria e, successivamente, a regime, il finanziamento integrale della spesa sanitaria, nel rispetto della programmazione nazionale e dei vincoli di finanza pubblica (comma 2).

 

Il riferimento e la disciplina della fase transitoria sono contenuti nell’articolo 21, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione), che prevede che siano definite regole, tempi e modalità della fase transitoria in modo da garantire il superamento del criterio della spesa storica in un periodo di cinque anni, per le spese riconducibili all’esercizio delle funzioni fondamentali e per le altre spese.

La sanità: il finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza

I LEA: definizione e monitoraggio dei livelli essenziali

Sulla base di quanto disposto dalla Costituzione, i livelli delle prestazioni sanitarie, da garantirsi su tutto il territorio nazionale, e la fissazione dei principi in materia di tutela della salute competono al livello del governo centrale, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva. La puntuale determinazione dell’assetto organizzativo e delle modalità di erogazione dell’assistenza sanitaria, invece, è affidata al legislatore regionale.

Nel corso dell’evoluzione normativa ed organizzativa che ha interessato il Servizio Sanitario Nazionale dal momento della sua istituzione, i LEA sono passati dall’essere considerati quale quota capitaria minima da intendersi come livello atteso di spesa sanitaria media per abitante, sulla base del finanziamento ottenuto dalla singola regione dal Fondo sanitario nazionale, all’essere ora ritenuti l’espressione dell’insieme di prestazioni e servizi che il SSN è tenuto a garantire, entro i limiti delle risorse che le scelte di politica economica rendono disponibili. Di fatto, i LEA costituiscono il contenuto necessario e sufficiente dell’obbligo posto dall’ordinamento a carico di ciascuna regione nei confronti del destinatario del servizio. Oltre la soglia minima uniforme inclusa nei LEA, le regioni possono, con risorse proprie, erogare prestazioni aggiuntive tese a migliorare ulteriormente il livello delle prestazioni.

 

I LEA sono stati definiti dal DPCM 29 novembre 2001 e sono organizzati in tre macroaree:

-    assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

-    assistenza distrettuale;

-    assistenza ospedaliera

Le tre macroaree sono, a loro volta, suddivise in 25 livelli intermedi e in ulteriori 26 microlivelli.

La suddivisione del fabbisogno sanitario nazionale standard nelle tre macroaree secondo le percentuali, rispettivamente, del 5 per cento, del 51 per cento e del 44 per cento, costituisce il primo indicatore della programmazione nazionale per l’attuazione del federalismo fiscale (articolo 22, comma 3, dello schema di decreto legislativo in esame).

Lo schema di decreto non interviene, infatti, né sul contenuto né sulla definizione dei LEA, i quali, pertanto, costituiscono, nella loro attuale configurazione, una delle cornici entro le quali si sviluppa la struttura federalista delineata dallo schema di decreto in esame. L’altra cornice, come vedremo, è costituita dall’ammontare del fabbisogno sanitario nazionale standard, determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria.

Le crescenti esigenze di verifica della correttezza della gestione delle risorse sanitarie, in rapporto all’obbligo di fornire le prestazioni ritenute essenziali hanno condotto allo sviluppo di metodologie di controllo, basate sia sull’utilizzo di indicatori economici sia su parametri di riferimento, per grandi aggregati di spesa, che permettano di accertare il grado di scostamento di una singola regione da un valore predeterminato.

 

Da ultimo, sulla verifica delle modalità e dei costi dell’erogazione delle prestazioni si impernia l’avvio del federalismo, con l’indicazione delle regioni benchmark , cioè delle regioni in equilibrio economico che garantiscono l’erogazione dei LEA in condizione di appropriatezza ed efficienza, sulla base degli indicatori, individuati dagli allegati 1, 2 e 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009 (articolo 22, comma 5, dello schema di decreto in esame).

Tali indicatori, in particolare, si distinguono in:

-    indicatori del rispetto della programmazione nazionale (allegato 1);

-    indicatori sui costi medi (allegato 2);

-    standard di appropriatezza, di efficacia e di efficienza (allegato 3).

Essi costituiscono la strumentazione che i Tavoli di verifica degli adempimenti, nonché quelli per il controllo dell’applicazione dei piani di rientro, dovranno utilizzare secondo quanto previsto dall’Intesa e confermato dal decreto in esame.

La ripartizione del fabbisogno per il finanziamento dei Lea

Una volta definito il livello di risorse destinate a finanziare i LEA, esso viene ripartito tra le Regioni secondo il principio della quota capitaria ponderata, in base a criteri concordati in sede di Conferenza Stato-Regioni.

Sia nel 2010 che nel precedente triennio 2007-2009, le Intese hanno confermato i criteri e le percentuali di accesso al fabbisogno originariamente alla base del riparto 2006, con le correzioni necessarie per tener conto delle modificazioni intervenute nella distribuzione della popolazione sul territorio nazionale, nonché di quelle relative ai tetti per la farmaceutica.

La procedura di ripartizione delle risorse, basata su una metodologia ormai consolidata, si articola nelle seguenti fasi.

1.  Il budget di spesa è suddiviso tra i tre Livelli essenziali di assistenza, secondo quote programmatiche prestabilite. Nel tempo si è cercato di ridurre la quota destinata all’assistenza ospedaliera e di sviluppare quella territoriale e la prevenzione, destinando a questi due Lea maggiori risorse rispetto alla spesa storica. Attualmente, le quote sono le seguenti:

-    Prevenzione: 5%;

-    Assistenza distrettuale: 51%;

-    Assistenza ospedaliera: 44%.

All’interno del 2° livello, sono individuati 4 sotto-livelli:

-    Medicina di base: 7%;

-    Farmaceutica: 13,3%;

-    Specialistica: 13,6%;

-    Altra territoriale: 17,1%.

Tabella 1- Criteri di ripartizione del finanziamento indistinto dei LEA

Livello essenziale di assistenza

 

Quota obiettivo del FSN

 

Modalità di ripartizione

 

 

 

 

 

Prevenzione

5%

 

 

Quota capitaria semplice

Assistenza distrettuale

51%

Medicina di base

7%

Quota capitaria semplice

 

 

Farmaceutica

13,3%

Tetto sul fabbisogno

 

 

Specialistica

13,6%

Quota capitaria ponderata in base ai consumi di prestazioni ambula
toriali per classi di età

 

 

Altra territoriale

17,1%

Quota capitaria semplice

Assistenza ospedaliera:

44%

 

22%

Quota capitaria ponderata in base ai consumi di ricoveri per classi di età

 

 

 

22%

Quota capitaria semplice

Fonte: Intesa CSR del 29 aprile 2010 sul riparto FSN 2010

 

2.  Per ogni livello e sottolivello di assistenza, la popolazione regionale viene ponderata attraverso pesi rappresentativi dei consumi sanitari per fasce di età. I pesi rappresentano il rapporto tra la spesa media per abitante della classe di età specifica e il valore pro-capite di tutte le classi di età, assunto come valore unitario. La ponderazione riguarda attualmente l’assistenza ospedaliera e la specialistica[75], mentre per le altre funzioni si utilizza la quota capitaria semplice (peso=1). Per la farmaceutica, è previsto un “tetto” parametrato al fabbisogno complessivo.

3.  La popolazione ponderata viene quindi riproporzionata alla popolazione reale.

4.  Per ogni livello e sotto-livello, viene calcolato il valore pro-capite nazionale di finanziamento, dividendo il valore programmatico di cui al punto 1 per la popolazione nazionale residente[76].

5.  Il valore pro-capite nazionale è moltiplicato per la popolazione ponderata di ogni Regione, ottenendo il finanziamento regionale per livello e sotto-livello.

6.  Il fabbisogno totale di finanziamento per ogni Regione è pari alla somma dei livelli e sotto-livelli ottenuti.

7.  Alle regioni viene assegnata una quota complessiva e indistinta di finanziamento. I valori-obiettivo indicati per i livelli e sotto-livelli di assistenza non rappresentano un vincolo settoriale alla spesa (ad eccezione della farmaceutica, per cui vige un tetto fissato per legge). Nella successiva ripartizione delle risorse all’interno della regione, le ASL non sono vincolate ad assegnare le stesse percentuali previste a livello nazionale.

8.  Il fabbisogno regionale è infine corretto per la mobilità sanitaria degli assistiti, verificata a consuntivo.

 

Su tali basi sono stati ripartiti, come evidenziato nella tavola seguente, i “fabbisogni indistinti” nel triennio 2008-2010. Il livello complessivo di finanziamento definito per ciascun anno è ripartito, infatti, al netto delle quote vincolate a destinazioni specifiche[77].


Tabella 2 - Ripartizione regionale del fabbisogno per il finanziamento dei Lea – anni 2008-2010

(euro-%)

 

2008

2009

2010

Regioni

Fabbisogno indistinto (euro)

Fabbisogno indistinto (%)

Fabbisogno indistinto (euro)

Fabbisogno indistinto (%)

Fabbisogno indistinto (euro)

Fabbisogno indistinto (%)

 

 

 

 

 

 

 

Piemonte

7.481.291.017

7,60

7.697.155.971

7,62

7.758.799.366

7,54

VdA

211.710.684

0,22

217.654.563

0,22

218.968.978

0,21

Lombardia

15.709.875.677

15,96

16.159.064.131

15,99

16.660.720.179

16,19

P.A. Bolzano

812.280.269

0,83

837.491.984

0,83

832.173.633

0,81

P.A. Trento

835.243.487

0,85

861.606.254

0,85

883.385.111

0,86

Veneto

7.837.862.928

7,96

8.078.296.761

7,99

8.325.815.124

8,09

Friuli

2.102.326.907

2,14

2.158.680.631

2,14

2.161.670.488

2,10

Liguria

2.994.954.034

3,04

3.043.209.491

3,01

3.022.830.060

2,94

Emilia Romagna

7.277.779.664

7,40

7.494.470.981

7,42

7.592.877.542

7,38

Toscana

6.304.241.652

6,41

6.481.321.732

6,41

6.535.992.849

6,35

Umbria

1.511.918.575

1,54

1.558.644.044

1,54

1.572.303.415

1,53

Marche

2.624.765.905

2,67

2.699.217.088

2,67

2.741.249.667

2,66

Lazio

8.913.399.653

9,06

9.278.614.124

9,18

9.585.081.067

9,32

Abruzzo

2.183.675.527

2,22

2.244.433.870

2,22

2.306.470.228

2,24

Molise

544.063.804

0,55

557.287.697

0,55

557.194.322

0,54

Campania

9.284.827.895

9,43

9.457.800.054

9,36

9.580.132.690

9,31

Puglia

6.618.840.084

6,73

6.757.219.537

6,69

6.840.731.376

6,65

Basilicata

1.000.985.745

1,02

1.022.209.246

1,01

1.022.037.971

0,99

Calabria

3.327.135.377

3,38

3.404.449.512

3,37

3.403.879.084

3,31

Sicilia

8.093.710.052

8,22

8.250.298.014

8,16

8.455.720.234

8,22

Sardegna

2.737.881.065

2,78

2.802.574.314

2,77

2.837.464.516

2,76

Italia

98.408.770.001

100,0

101.061.700.000

100,0

102.895.497.900

100,0

Fonte:per il 2008, delibere CIPE 27 marzo e 18 dicembre 2008;

             per il 2009, delibera CIPE 13 maggio 2010 (con partecipazione RSS per 30 milioni);

             per il 2010, Intesa 29 aprile 2010, Rep Atto n. 12 CSR 29/4/2010 e n. 75/CSR 24/5/2010. N.B. Il 2010 non                        comprende il riparto dei 250 milioni autorizzati dall'art. 11, comma 5, del D.L. 78/2010.

             Popolazione residente: Istat, 1° gennaio anno precedente.

 

Guardando al fabbisogno pro-capite, rispetto ad un valore medio nazionale pari (nel 2010) a 1.714 euro, si passa dai 1.648 euro della Campania ai 1.872 euro della Liguria (v. tavola 3). Tale diversità di importi è riconducibile ai criteri che sono alla base della ripartizione del fabbisogno complessivo che, come si è detto, tengono conto della diversa struttura delle popolazioni regionali e dei relativi consumi sanitari.

Il risultato dell’applicazione di tale sistema di pesi fa sì che una Regione con una popolazione più anziana della media nazionale avrà una popolazione pesata superiore alla popolazione residente; l’opposto si verifica per una Regione con una popolazione relativamente più giovane.

In termini di fabbisogno “pesato”, ogni regione riceve, infatti, lo stesso importo unitario.

Tabella 3– Fabbisogno pro-capite – anni 2008-2010

(euro-numeri indice)

Regioni

Fabbisogno procapite 2008

Fabbisogno procapite 2009

Fabbisogno procapite 2010

 

(euro)

(numeri indice)

(euro)

(numeri indice)

(euro)

(numeri indice)

Piemonte

1.719

103

1.749

103

1.750

102

VdA

1.696

102

1.728

102

1.723

101

Lombardia

1.646

99

1.676

99

1.710

100

P.A. Bolzano

1.666

100

1.696

100

1.668

97

P.A. Trento

1.647

99

1.678

99

1.699

99

Veneto

1.642

99

1.672

99

1.704

99

Friuli

1.734

104

1.766

104

1.756

102

Liguria

1.863

112

1.890

112

1.872

109

Emilia Romagna

1.723

104

1.753

103

1.750

102

Toscana

1.733

104

1.763

104

1.763

103

Umbria

1.732

104

1.762

104

1.758

103

Marche

1.709

103

1.738

103

1.746

102

Lazio

1.623

98

1.669

98

1.703

99

Abruzzo

1.667

100

1.695

100

1.728

101

Molise

1.700

102

1.737

102

1.737

101

Campania

1.604

96

1.627

96

1.648

96

Puglia

1.626

98

1.658

98

1.677

98

Basilicata

1.693

102

1.730

102

1.731

101

Calabria

1.665

100

1.696

100

1.695

99

Sicilia

1.613

97

1.640

97

1.678

98

Sardegna

1.650

99

1.683

99

1.698

99

Italia

1.664

100

1.695

100

1.714

100

 

 

Le risorse destinate alla copertura del SSN

La copertura del fabbisogno “indistinto” spettante a ciascuna Regione è assicurata dalle entrate proprie delle ASL e delle aziende ospedaliere, dal gettito IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF e, a copertura integrale del fabbisogno riconosciuto, dall’erogazione di cassa da parte dello Stato delle compartecipazioni all’IVA e all’accisa sulla benzina.

In aggiunta a tali risorse, vanno considerati i tributi delle Regioni a statuto speciale destinati alla sanità, e la quota del FSN a destinazione vincolata.

Più in dettaglio, le principali fonti di finanziamento del SSN sono le seguenti:

-    i ricavi e le entrate proprie delle aziende sanitarie. Essi sono rappresentati dai ricavi derivanti dalla vendita di prestazioni sanitarie e non sanitarie a soggetti pubblici e privati, della Regione e al di fuori della Regione di appartenenza, e da altri ricavi quali interessi attivi e altri proventi finanziari, rimborsi, etc. In tale voce sono ricompresi i ticket introitati direttamente e le compartecipazioni per l’attività libero professionale svolta all’interno delle aziende sanitarie. E’ da notare che, in sede di riparto, tali entrate sono computate a livello convenzionale, in misura dunque inferiore a quella effettivamente registrata a consuntivo ;

-    le risorse derivanti dall’IRAP e dall’addizionale regionale IRPEF. Tali entrate sono imputate a copertura del fabbisogno in base alle stime disponibili al momento del riparto: in sede di conguaglio, l’eventuale minor gettito é compensato a valere della compartecipazione IVA (cfr. infra), mentre eventuali eccedenze rispetto alle previsioni sono riversate all’entrata del bilancio dello Stato . Le stime del gettito IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF sono calcolate ad “aliquota standard”: esse non tengono quindi conto delle maggiori entrate derivanti dalle manovre fiscali disposte dalle regioni in disavanzo e/o da quelle che intendono assicurare un livello di prestazioni sanitarie integrativo rispetto ai LEA;

-    il Fondo per il fabbisogno sanitario di cui al decreto legislativo n. 56/2000 (Fondo perequativo nazionale). Le risorse del Fondo, alimentato dall’IVA, insieme all’accisa sulla benzina, vengono assegnate alle sole Regioni a statuto ordinario (RSO);

-    gli ulteriori trasferimenti dal settore pubblico e da quello privato, che comprendono le quote di partecipazione delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome ;

Alle suddette risorse computate ai fini della copertura del fabbisogno indistinto, si aggiunge il Fondo sanitario nazionale, assegnato come quota parte a carico dello Stato:

-    per le Regioni, alla sola Sicilia per il finanziamento dei LEA e a tutte le Regioni a statuto ordinario per quanto riguarda i fondi vincolati da norme speciali al finanziamento di spese sanitarie inerenti l’esecuzione di particolari attività e il raggiungimento di specifici obiettivi.

-    per alcuni Enti del SSN .

Risorse pubbliche aggiuntive vengono infine destinate, sulla base di apposite disposizioni legislative, al finanziamento degli investimenti e della ricerca in campo sanitario, e alla sanità penitenziaria.


 

Articolo 21
(Determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard)

 


1. A decorrere dall’anno 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria. In sede di determinazione, sono distinte la quota destinata comples­sivamente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, compren­siva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni.

2. Per gli anni 2011 e 2012 il fabbisogno nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento determinato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2, comma 67, della legge 23 dicembre 2010, n. 191, attuativo dell’Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 del 3 dicembre 2009, così come rideterminato dall’articolo 11, comma 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.


 

 

L’articolo 21[78]attiene alla fissazione, a decorrere dall’anno 2013, del fabbisogno sanitario nazionale standard, determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo del Paese e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria.

Sono distinte, in sede di determinazione, la quota destinata complessivamente alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano – comprensiva delle risorse per il perseguimento degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale indicati nel Piano sanitario nazionale – e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni (comma 1).

 

L’Intesa Governo-Autonomiepropone di modificare il comma in esame precisando che la fissazione del fabbisogno avvenga tramite Intesa coerentemente con quello derivante dalla determinazione dei livelli di assistenza erogati in condizione di efficienza ed appropriatezza, e al fine di riferire la norma soltanto alle regioni a statuto ordinario.

 

Il comma 2 prevede che per gli anni 2011 e 2012 il fabbisogno nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento già stabilito dalla normativa vigente (articolo 2, comma 67 della legge finanziaria per il 2010, attuativa del Patto per la salute del 3 dicembre 2009, come rideterminato dall’articolo 11, comma 12 del decreto legge n. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122/2010).

Determinazione del livello di finanziamento cui concorre lo Stato

Il livello di finanziamento del SSN cui concorre ordinariamente lo Stato è di norma oggetto di accordi tra Stato e Regioni, recepiti successivamente in disposizioni di legge. Da ultimo, il finanziamento relativo al triennio 2007-2009 é stato definito in occasione del Patto per la Salute del settembre 2006, poi recepito dalla legge finanziaria 2007, mentre quello relativo al periodo 2010-2012, oggetto dell’Intesa del 3 dicembre 2009, è stato recepito dalla finanziaria per il 2010.

Nell’indicare le risorse destinate al SSN nel triennio in corso, il Nuovo Patto della salute[79] definisce il livello di finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato quale “livello standard” complessivo e richiama il rispetto degli obblighi comunitari e della compatibilità dei vincoli di finanza pubblica.

Viene così ribadito il principio secondo cui il finanziamento della sanità rappresenta una scelta di politica e di programmazione della politica economica, che ricompone gli obiettivi di assistenza sanitaria e i vincoli di finanza pubblica[80].

 

L’Intesa del dicembre 2009, come già il Patto del 2007, si compone di un aspetto finanziario e di un aspetto normativo e programmatico. Per quanto riguarda gli aspetti finanziari, l’Intesa ha previsto:

-    l’incremento delle risorse messe a disposizione dallo Stato centrale, coerenti con un’evoluzione della spesa sanitaria sostanzialmente “agganciata” al PIL;

-    la conferma di meccanismi di piena responsabilizzazione finanziaria per le Regioni che non raggiungono gli obiettivi di spesa concordati, come i Piani di rientro e le relative misure di affiancamento, gli "automatismi fiscali" (aumento delle aliquote regionali dell'addizionale IRPEF e dell'IRAP), nonché le sanzioni in caso di inadempienza;

L’Intesa, rilevato che le regioni devono assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione sanitaria in condizioni di efficienza e appropriatezza, ha previsto delle azioni volte a:

-    la razionalizzazione e il contenimento della spesa sanitaria;

-    il monitoraggio dei fattori di spesa, anche ai fini dell’individuazione di indicatori di efficienza ed appropriatezza;

-    l’aggiornamento del sistema di indicatori per il monitoraggio e la verifica dei LEA;

-    il miglioramento della qualità dei dati contabili.

Rispetto al livello di finanziamento stabilito dalla legislazione vigente in misura pari a 104.564 milioni per il 2010 e a 106.884 milioni per il 2011[81], l’Intesa ha previsto risorse aggiuntive pari a 1.600 milioni per il 2010 e a 1.719 milioni per il 2011. Per il 2012, lo Stato si è impegnato ad assicurare risorse tali da garantire un incremento del 2,8 per cento rispetto al livello dell’anno precedente.

A tali risorse aggiuntive concorrono:

-    le economie sulla spesa di personale derivanti dal riconoscimento della sola indennità di vacanza contrattuale, pari a 466 milioni annui;

-    risorse aggiuntive a carico del bilancio dello Stato per 584 milioni nel 2010 e 419 milioni nel 2011;

-    ulteriori misure che lo Stato si impegna ad adottare nel corso del 2010 dirette ad assicurare l’intero importo previsto.

La legge finanziaria per il 2010, secondo quanto previsto dall’Intesa, ha autorizzato nuove risorse per 584 milioni nel 2010 e 419 milioni nel 2011[82], e confermato in 466 milioni annui le economie sulla spesa del personale del comparto sanitario[83]. La legge rinvia, infine, a successivi provvedimenti legislativi l’individuazione delle ulteriori risorse previste dall’Intesa.

Successivamente, il D.L. n. 78/2010, intervenendo in materia di spesa farmaceutica, ha previsto misure di contenimento della spesa a carico delle regioni, valutate in complessivi 600 milioni annui a regime[84]. Esse si aggiungono a quelle concernenti il personale dipendente e convenzionato del settore sanitario, stimate in 418 milioni nel 2011 e in 1.132 a decorrere dal 2012[85]. Conseguentemente è stato ridotto di pari importo il finanziamento del SSN cui concorre lo Stato rispetto ai livelli come risultanti in base alla legge finanziaria[86].

Per quanto riguarda invece il 2010[87], il D.L. n. 78/2010 ha autorizzato maggiori risorse rispetto alla legislazione vigente per 250 milioni. Gli ulteriori 300 milioni da assicurare in base all’Intesa sono posti a carico delle economie derivanti dalla farmaceutica, che rimangono per tale esercizio nelle disponibilità delle regioni.

Da ultimo la legge di stabilità per il 2011[88], ha disposto un incremento del livello di finanziamento autorizzato per 347,5 milioni nel 2011. Le nuove risorse sono dirette a coprire quota parte (cinque dodicesimi) dell’ammontare complessivo (834 milioni) che lo Stato si è impegnato ad assicurare in occasione dell’Intesa.

Il concorso annuale dello Stato al finanziamento del SSN risulta, pertanto, così determinato:

Tabella 1- Livello del finanziamento del SSN cui concorre lo Stato

                                                                                                          (milioni di euro)

 

 

2010

2011

2012

Livello finanziamento l.v. (DL 78/09) pre-Intesa

1

104.564

106.884

 

Intesa Stato-Regioni dicembre 2009

 

 

 

 

incremento riconosciuto

a

1.600

1.719

 

TOTALE livello finanziamento post Intesa

2=1+a

106.164

108.603

+2,8%

 

 

 

 

 

Legge finanziaria 2010

 

 

 

 

copertura incremento riconosciuto con Intesa:

 

 

 

 

- autorizzazione nuove risorse

b

584

419

0

- economie spesa del personale

c

466

466

466

- ulteriori importi assicurati dallo Stato con successivi provvedimenti legislativi

d

550

834

 

TOTALE livello finanziamento legisl.vigente

3=1+b

105.148

107.303

 

 

 

 

 

DL 78/2010

 

 

 

 

- economie spesa del personale

e

 

-418

-1.132

- economie spesa farmaceutica

f

300

 

 

- economie spesa farmaceutica

g

 

-600

-600

- nuove risorse autorizzate

h

250

 

 

TOTALE livello finanziamento legisl.vigente

5=3+e+g+h

105.398

106.285

Legge Stabilità 2011

 

 

 

 

- nuove risorse autorizzate

i

-

347,5

-

TOTALE livello finanziamento legisl.vigente

6= 5+i

105.398

106.632,5

Fonte: elaborazioni su R.T. em. 2.1384 ddl legge finanziaria 2010 (AC 2936), R.T. D.L.       78/2010 (AS 2228) e R.T. em. 1.500 ddl stabilità 2011 (AC 3778)

 


 

Articolo 22
(Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali)

 


1. Il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, determina annual­mente, sulla base della procedura definita nel presente articolo, i costi e i fabbisogni standard regionali.

2. Per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali si fa riferimento agli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute.

3. Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera a), dell’ Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 del 3 dicembre 2009, con riferimento ai macrolivelli di assistenza definiti dal DPCM di individuazione dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario del 29 novembre 2001, costituiscono indicatori della programmazione nazionale per l’attuazione del federalismo fiscale i seguenti livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria:

a) 5% per l’assistenza sanitaria collet­tiva in ambiente di vita e di lavoro;

b) 51% per l’assistenza distrettuale;

c) 44% per l’assistenza ospedaliera.

4. Il fabbisogno sanitario standard delle singole regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, cumulativamente pari al livello del fabbisogno sanitario nazionale standard, è determinato, in fase di prima applicazione a decorrere dall’anno 2013, applicando a tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento (benchmark). In sede di prima applicazione è stabilito il procedimento di cui ai commi dal 5 al 10.

5. Sono regioni di riferimento le tre regioni, tra cui obbligatoriamente la prima, che siano state scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque indicate dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, in quanto migliori cinque regioni che, avendo garantito l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico e risultando adempienti, come verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria del 23 marzo 2005, sono individuate in base a criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficien­za definiti con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, sulla base degli indicatori di cui agli allegati 1, 2 e 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009. A tale scopo si considerano in equilibrio economico le regioni che garantiscono l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza e di appropriatezza con le risorse ordinarie stabilite dalla vigente legislazione a livello nazionale, ivi com­prese le entrate proprie regionali effettive;

6. I costi standard sono computati a livello aggregato per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza: assistenza collettiva, assistenza distrettuale e assi­stenza ospedaliera. Il valore di costo standard è dato, per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza erogati in condizione di efficienza ed appropriatezza, dalla media pro-capite pesata del costo registrato dalle regioni benchmark. A tal fine il livello della spesa delle tre macroaree delle regioni benchmark:

a) è computato al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale;

b)è depurato della quota di spesa finanziata dalle maggiori entrate proprie rispetto alle entrate proprie considerate ai fini della determinazione del finanziamento nazionale. La riduzione è operata propor­zionalmente sulle tre macroaree;

c) è depurato della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali;

d) è depurato delle quote di ammortamento.

e)è applicato, per ciascuna regione, alla relativa popolazione pesata regionale, secondo criteri fissati mediante intesa in Conferenza Stato – Regioni, che tengano conto anche di indicatori relativi a particolari situazioni territoriali, ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari. Sino al raggiungimento dell’intesa si applicano i criteri adottati per il riparto delle annualità 2010 – 2012.

7. Le regioni in equilibrio economico sono individuate sulla base dei risultati relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento e le pesature sono effettuate con i pesi per classi di età considerati ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento.

8. Il valore percentuale del fabbisogno regionale, come determinato in attuazione di quanto indicato al comma 6, rispetto al valore totale, costituisce il fabbisogno standard regionale;

9. Il fabbisogno standard regionale determinato ai sensi del comma 8, è annualmente applicato al fabbisogno sanitario standard nazionale definito ai sensi dell’articolo 21.

10. Al fine di realizzare il processo di convergenza di cui all’art. 20, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009, la convergenza ai valori percentuali determi­nati ai sensi di quanto stabilito dal presente articolo avviene in un periodo di cinque anni secondo criteri definiti con le modalità di cui al comma 1

11. Qualora nella selezione delle migliori cinque regioni di cui al comma 5 del presente comma, si trovi nella condizione di equilibrio economico come definito al medesimo comma 5 un numero di regioni inferiore a 5, le regioni benchmark sono individuate anche tenendo conto del miglior risultato econo­mico registrato nell’anno di riferimento, depurando i costi della quota eccedente rispetto a quella che sarebbe stata necessaria a garantire l’equilibrio.

12. Resta in ogni caso fermo per le regioni l’obiettivo di adeguarsi alla percentuale di allocazione delle risorse stabilite in sede di programmazione sani­taria nazionale, come indicato al comma 3.


 

 

L’articolo 22[89] disciplina la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali. Qui di seguito si procederà all’esame delle relative disposizioni procedendo ad un accorpamento dei commi sulla base della materia disciplinata.

 

Commi 1-2 - Definizione dei costi e dei fabbisogni standard regionali

Il comma 1 attribuisce la definizione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, ovvero il riparto fra le regioni del fabbisogno complessivo nazionale, a una determinazione annuale del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della stessa Conferenza.

 

La Struttura tecnica di monitoraggio paritetica (STEM), istituita ai sensi dell’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009[90], è composta da sei rappresentanti dei ministeri - Ministero dell’economia e delle finanze, Ministero della salute e Dipartimento per gli Affari regionali -, da sei rappresentanti delle regioni - tre di competenza economica e tre di competenza sanitaria – e da un rappresentante per ciascuna delle Segreterie della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome e della Segreteria della Conferenza Stato-Regioni. La Struttura tecnica di monitoraggio è presieduta da un ulteriore componente, scelto d’intesa fra lo Stato e le Regioni, e si avvale per lo svolgimento delle proprie funzioni del supporto dell’AGENAS e dell’AIFA. La Struttura tecnica, luogo di confronto delle diverse esperienze regionali, procede all’aggiornamento degli strumenti di valutazione e monitoraggio approvati dalla Conferenza Stato Regioni, con la finalità di snellire e semplificare gli attuali adempimenti ed individuare un apposito set di indicatori in materia di attuazione dei LEA. La Struttura provvede inoltre alla verifica e alla valutazione delle azioni intraprese dalle Regioni interessate ai piani di rientro nonché dei risultati conseguiti in coerenza con i piani stessi.

 

La previsione annuale per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard sembrerebbe discostarsi dall’impostazione della programmazione di medio periodo cui hanno fatto riferimento i precedenti Accordi del 2001 e del 2006[91]. Anche l’Intesa del dicembre 2009 si pone in tale ottica, da un lato, fissando l’ammontare del finanziamento a carico dello Stato su un arco pluriennale, dall’altro, individuando indicatori di carattere strutturale per la valutazione dell’efficienza e dell’appropriatezza delle prestazioni, nonché indicatori dell’equilibrio economico-finanziario delle regioni.

Nello schema di decreto in esame i criteri di riparto, pur se rapportati ad un intervallo temporale annuale, sono parametrati su determinanti (quali, ad esempio, la consistenza della popolazione regionale e la sua suddivisione in classi di età) non suscettibili di cambiamenti sensibili nel breve termine.

Sulla base di tali considerazioni, le variazioni annuali dovrebbero essere il più possibile limitate, e comunque circoscritte all’ammontare complessivo di risorse da destinare al finanziamento dei LEA (da definire nell’ambito delle scelte di politica economica, ma sempre nell’ottica di un bilancio pluriennale), limitando le modifiche riguardanti il riparto delle stesse tra le regioni.

Tali modalità di determinazione delle risorse da destinare alla sanità andrebbero valutate anche alla luce della considerazione secondo cui la certezza dell’ammontare delle risorse statali e una sostanziale stabilità delle “quote di accesso” al finanziamento[92]rafforzano la capacità programmatoria e organizzativa delle Regioni, agevolando l’adozione di azioni di miglioramento, determinanti, in particolare, nella gestione dei Piani di rientro.

 

La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard si basa sugli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute (comma 2).

 

Commi 3 e 12 – Macrolivelli di assistenza

Il comma 3 stabilisce che le risorse disponibili per il finanziamento della sanità vengano ripartiti secondo i tre macrolivelli già definiti dal D.P.C.M. 29 novembre 2001[93] e in base alle percentuali previste dall’Intesa del 3 dicembre 2009 (ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera a):

§      assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, ovvero prevenzione (5%);

§      assistenza distrettuale (51%);

§      assistenza ospedaliera (44%).

I suddetti livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria costituiscono indicatori della programmazione nazionale per l’attuazione del federalismo fiscale. Il loro rispetto da parte delle regioni è oggetto quindi delle valutazioni dei Tavoli di verifica degli adempimenti. Il comma 12 conferma tale impostazione, esplicitando per le regioni l’obiettivo di adeguarsi alle percentuali per livello di assistenza stabilite in sede di programmazione sanitaria nazionale.

 

L’articolo 2 del nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012 stabilisce l’avvio del sistema di monitoraggio e autovalutazione regionale dei fattori di spesa, con particolare riferimento agli indicatori di rispetto della programmazione nazionale. Il sistema di monitoraggio ed autovalutazione è finalizzato ad assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione sanitaria regionale in condizioni di efficienza e di appropriatezza. In particolare, il comma 2, lettera a), rinvia all’allegato 1 della stessa Intesa che enumera gli indicatori del rispetto della programmazione nazionale (cfr articolo 20).

 

Il provvedimento in esame sembrerebbe confermare, per quanto concerne la destinazione del finanziamento ai diversi livelli di assistenza da parte delle regioni, un progressivo avvicinamento alla ripartizione considerata ottimale in sede di Intesa e, come tale, inserita tra gli indicatori relativi al rispetto della programmazione nazionale.

La previsione di quote predeterminate sembrerebbe diretta ad evitare una distribuzione di risorse di fatto basata sulla spesa storica, con un finanziamento tendenzialmente più elevato dell’assistenza ospedaliera a scapito della territoriale e distrettuale.

 

Commi 4 e 10 – Ambito di applicazione e periodo transitorio

Il comma 4 costituisce la premessa di quanto illustrato nei successivi commi (dal 5 al 10).

Il fabbisogno regionale standard viene determinato in fase di prima applicazione a decorrere dall’anno 2013, utilizzando per tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni prese a riferimento(c.d. regioni benchmark). A tale proposito, il successivo comma 10 stabilisce che il processo di convergenza definito dalla legge 42/2009, ovvero il finanziamento dei servizi erogati dalle Regioni non più in base alla spesa storica ma secondo valori standard di costo e fabbisogno, si compia nell’arco di cinque anni e con le modalità illustrate al comma 1 dell’articolo in commento.

Per quanto riguarda il meccanismo temporale di determinazione del fabbisogno standard, l’espressione “in fase di prima applicazione a decorrere dall’anno 2013” deve essere letta in parallelo con quanto introdotto dal precedente art. 20, comma 2, del provvedimento in esame, a proposito della determinazione dei costi e fabbisogni standard da assumere come riferimento cui rapportare il finanziamento integrale della spesa sanitaria nella fase transitoria e, successivamente, in quella a regime.

Il percorso temporale, non esplicitato dallo schema di decreto, sembra potersi così ricostruire:

§      una fase preparatoria comprendente il 2011 e il 2012, in cui si prevede di effettuare la scelta delle Regioni benchmark attraverso il monitoraggio dell’erogazione dei Lea, la qualità dei servizi erogati e le condizioni di equilibrio economico. Durante il periodo preparatorio dovrebbero inoltre essere fissati, mediante Intesa in Conferenza Stato-Regioni, i criteri per la pesatura della popolazione, fondamentali per la determinazione della regola di riparto ;

§      una fase transitoria della durata di cinque anni, a partire dal 2013, in cui vengono applicati con gradualità in tutte le Regioni i nuovi criteri di ripartizione.

Non appare chiaro, tuttavia, sulla base di quali parametri, si arrivi all’applicazione a regime del meccanismo descritto nei commi successivi. In particolare, non viene chiarito se e in quale misura nella fase transitoria sia prevista la possibilità di una variazione delle risorse assegnate alle singole regioni, né come il percorso di convergenza verso la fase a regime si coordini con quanto stabilito, per alcune regioni, dai rispettivi Piani di rientro .

 

L’Intesa Governo-Autonomie propone di modificare il comma 4 al fine di riferire la norma soltanto alle regioni a statuto ordinario.

 

Commi 5, 7 e 11 – Individuazione delle Regioni benchmark

Il comma 5 stabilisce la modalità di individuazione delle Regioni benchmark.

Il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, individua cinque regioni, secondo i criteri di seguito indicati, da sottoporre per la scelta definitiva alla Conferenza Stato-Regioni. Fra le cinque Regioni, la Conferenza ne seleziona tre, tra cui obbligatoriamente la prima delle cinque, che divengono le regioni di riferimento (regioni benchmark) per il calcolo dei costi standard.

Si rileva che lo schema di decreto non reca indicazioni circa la formalizzazione dei passaggi sopra descritti.

 

Le regioni benchmark sono selezionate sulla base dei seguenti criteri:

erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico, nel rispetto degli adempimenti necessari per l’accesso al maggior finanziamento delle risorse destinate al Servizio Sanitario Nazionale (sul punto, vedi supra quanto detto a proposito dell’articolo 2, commi 2 e 3), come verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti regionali, di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005. L’ultimo capoverso del comma 5 specifica che sono in equilibrio economico le Regioni che garantiscono l’erogazione dei Lea in condizione di efficienza e di appropriatezza con le risorse ordinarie stabilite dalla legislazione vigente, comprese le entrate proprie regionali effettive incardinate nella programmazione della spesa statale per la sanità.

Il riferimento alle risorse ordinarie comporta che, ai fini della valutazione dell’equilibrio economico-finanziario, siano considerate esclusivamente le entrate previste in sede di riparto annuale del FSN. Non sono quindi considerate, ad esempio, le maggiori entrate derivanti dall’attivazione della leva fiscale o altre entrate da bilancio disponibili per la copertura della spesa sanitaria[94], ma solo le entrate proprie delle aziende sanitarie.

Queste ultime sono rappresentate dai ricavi derivanti dalla vendita di prestazioni sanitarie e non sanitarie a soggetti pubblici e privati, della Regione e al di fuori della Regione di appartenenza, e da altri ricavi, quali interessi attivi e altri proventi finanziari, rimborsi, etc. In tale voce sono ricompresi i ticket introitati direttamente e le compartecipazioni per l’attività libero professionale svolta all’interno delle aziende sanitarie. E’ da notare che, in sede di riparto, tali entrate sono computate a livello convenzionale, in misura dunque inferiore a quella effettivamente registrata a consuntivo[95];

§      i risultati per la valutazione delle regioni sono quelli del secondo esercizio precedente a quello di riferimento (comma 7).

Se il nuovo regime trovasse applicazione a partire dal 2013, come previsto dall’articolo 20, comma 1, la valutazione dell’equilibrio sarebbe quindi effettuata in base ai risultati relativi al 2011;

§      appropriatezza, efficienza e qualità dei servizi erogati. I criteri sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa intesa della Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza (vedi supra quanto illustrato), sulla base degli indicatori di cui agli allegati 1, 2 e 3 dell’Intesa del 3 dicembre 2009[96].

 

Il comma 11 introduce una clausola d’eccezione: qualora nelle condizioni di equilibrio, di cui al comma sopra illustrato, si trovino un numero di Regioni inferiori a cinque, le Regioni benchmark sono individuate anche tenendo conto del miglior risultato economico ottenuto nell’anno di riferimento, sottraendo ai costi la quota eccedente rispetto a quella necessaria a garantire l’equilibrio (ai sensi del comma 5, quest’ultima è data dalle risorse ordinarie stabilite dalla legislazione vigente a livello nazionale, comprese le entrate proprie regionali effettive).

Con riferimento alla scelta operata dallo schema di decreto in esame di prendere in considerazione, ai fini della determinazione dell’equilibrio economico, i risultati di un singolo esercizio, si richiama quanto già osservato circa l’opportunità di una programmazione pluriennale del finanziamento del SSN. Si sottolinea, inoltre, che il riferimento ad un unico esercizio finanziario potrebbe non garantire l’individuazione delle regioni effettivamente efficienti, in quanto i risultati potrebbero essere falsati da oscillazioni casuali della spesa.

 

l’Intesa Governo-Autonomiepropone di modificare il comma 5, aggiungendo la previsione per cui nell’individuazione delle Regioni benchmark “si dovrà tener conto dell’esigenza di garantire una rappresentatività in termini di appartenenza geografica al Nord, al Centro e al Sud, con almeno una Regione di piccola dimensione geografica”.

 

L’inclusione nel benchmark, proposta dalla Conferenza unificata, di tutte le ripartizioni territoriali e di almeno una regione territorialmente limitata potrebbe influire in modo significativo sulla possibilità di individuare effettivamente le regioni con un sistema sanitario efficiente ed appropriato. Con tale scelta, infatti, ove adottata, il legislatore sembrerebbe piuttosto propendere verso l’individuazione di un livello medio regionale di prestazioni, indipendentemente dalla loro efficienza ed appropriatezza, con possibili ripercussioni sul significato stesso di costo standard e sulla coerenza, quindi, dello schema di decreto in esame.

Non sembrerebbe inoltre sostenuta dall’evidenza empirica l’affermazione secondo cui una regione piccola si trova di fronte a condizioni di produzione ed erogazione dei servizi sanitari più sfavorevoli, come dimostrano i dati forniti dalla Copaff relativamente ai risultati di esercizio della Regione Umbria[97].

Si fa, infine, presente che applicando i criteri di calcolo indicati dallo schema di decreto in esame, in base ai dati del Ministero della salute e del Ministero dell’economia utilizzati dai Tavoli per la verifica degli adempimenti, nel triennio 2007-2009[98] risulterebbero in equilibrio una regione del Nord e tre regioni del Centro (di cui una di piccole dimensioni), mentre tutte le regioni del Sud evidenzierebbero una situazione di squilibrio economico.

 

In particolare, risultano in equilibrio in ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 le regioni Lombardia, Umbria e Marche, mentre la Toscana soddisfa tale condizione solo negli esercizi 2007 e 2009.

Gli avanzi (disavanzi) sono calcolati tenendo conto delle entrate proprie effettive e comprendono i maggiori rischi, come da verbali del Tavolo Adempimenti. Non includono le risorse individuate, in via preventiva, nei bilanci regionali da destinare a copertura della maggiore spesa rispetto al livello di finanziamento garantito dallo Stato (c.d. coperture nei conti economici-CE).

Ove si considerassero anche le risorse incluse nei modelli CE, risulterebbero in equilibrio nel triennio anche il Piemonte e l’Emilia Romagna. Risulterebbe, inoltre, in equilibrio il Veneto nel biennio 2007-2008, mentre si confermerebbe un disavanzo nel 2009.

Si confermerebbe, infine, il disavanzo per la Toscana nel 2008, in quanto tale regione non prevedeva tale tipo di copertura.

 

Comma 6 – Determinazione dei costi standard

Il comma 6 reca la definizione dei costi standard. Per ciascuno dei tre macrolivelli (assistenza collettiva, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera), il costo standard è pari alla media della spesa pro-capite rapportata alla popolazione pesata registrata (a livello aggregato) nelle tre regioni benchmark.

Ai fini della standardizzazione, il livello della spesa delle tre macroaree (leggi macrolivelli) delle regioni benchmark è calcolato:

§      al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale (lettera a).

Il D.Lgs. 502/1992[99] attribuisce al cittadino la piena libertà di scegliere, anche al di fuori della Regione di residenza, le strutture pubbliche più idonee a soddisfare i propri bisogni assistenziali. La necessità di conciliare il meccanismo di remunerazione a tariffa delle prestazioni eseguite dalle strutture sanitarie con il meccanismo di finanziamento in base alla quota capitaria, che segue il principio della popolazione residente, implica pertanto un trasferimento di risorse finanziarie dall’Azienda Sanitaria Locale di provenienza del paziente a quella di destinazione. Ai sensi dell’articolo 12, comma 3, lettera b), del D.Lgs. 502/1992, in sede di ripartizione del Fondo sanitario nazionale, la quota capitaria di finanziamento da assicurare alle regioni viene determinata sulla base di un sistema di coefficienti parametrici che tiene conto anche della mobilità sanitaria per tipologia di prestazioni, da compensare, in sede di riparto, sulla base di contabilità analitiche per singolo caso fornite dalle unità sanitarie locali e dalle aziende ospedaliere attraverso le regioni e le province autonome;

§      non tenendo conto delle maggiori entrate regionali e della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali (lettere b-c).

Come ricordato nel Rapporto sullo Stato della Legislazione 2010, i livelli essenziali di assistenza (Lea), esplicitati nel pacchetto di assistenza sanitaria definito dallo Stato, vengono erogati ai cittadini attraverso i servizi sanitari regionali finendo per essere definiti dalle politiche attuate dalle regioni di residenza. Alcuni dei servizi e delle prestazioni fornite dalle regioni concernono patologie e problemi di salute specifici, parzialmente esclusi dai LEA in quanto erogabili solo secondo specifiche indicazioni cliniche[100], come le cure odontoiatriche e quelle riabilitative.

Alcune regioni, poi, finanziano e forniscono prestazioni escluse dai Lea[101], quali le certificazioni richieste dalle istituzioni scolastiche ai fini della pratica sportiva non agonistica nell'ambito scolastico nonché varie prestazioni riabilitative;

§      scorporando le quote di ammortamento (lettera d)

L’ammortamento è un procedimento contabile avente per oggetto i beni strumentali che cedono la loro utilità economica in più esercizi. Quando un'azienda acquista un bene destinato a essere utilizzato per più anni, ad esempio un macchinario, il costo sostenuto viene ripartito in tante quote quanti sono gli esercizi nei quali il macchinario sarà presumibilmente impiegato. Gli ammortamenti in sanità rappresentano quindi gli investimenti delle regioni in beni fisici, ma indirettamente riflettono anche le scelte operative delle regioni nei confronti dell’utilizzo e della manutenzione di tali beni.

 

Riguardo alla metodologia proposta per il calcolo del costo standard, si rileva che l’esclusione dal calcolo delle maggiori entrate derivanti dall’attivazione da parte delle regioni della leva fiscale (c.d. extra-gettiti) o delle altre disponibilità di bilancio potrebbe apparire non coerente con l’impianto del sistema basato sull’individuazione delle regioni benchmark, cioè di quelle regioni che si segnalano per l’erogazione efficiente ed appropriata dei Lea. L’avere raggiunto tale obiettivo, infatti, potrebbe dipendere anche dalla scelta di finanziare il sistema sanitario regionale con ulteriori entrate fiscali. Eliminare, pertanto, tale fonte di finanziamento (cui corrisponde un preciso livello di spesa) potrebbe comportare il rischio di erogare i Lea al di sotto degli standard previsti.

Si osserva, inoltre, che secondo quanto indicato al comma 6, lett. b), per individuare il livello di spesa rilevante ai fini del costo standard, andrebbero escluse dal calcolo non soltanto gli extra gettiti e le altre coperture fiscali, ma anche la differenza tra entrate proprie effettive e convenzionali (cfr supra): ai fini del calcolo dell’equilibrio economico previsto dal comma 5, le entrate proprie sembrerebbero, invece, pienamente scontate. Si determinerebbe quindi un’asimmetria nel trattamento di tali entrate.

Infine, con riferimento alla nettizzazione degli ammortamenti, l’applicazione di tale procedura non appare agevole, data la estrema varietà di regole adottate nella contabilità sanitaria con riferimento a tale voce. L’uniformazione delle regole contabili in materia appare pertanto propedeutica all’effettiva applicabilità della norma in esame.

 

Comma 6, lett. e) e commi 7-9 – Determinazione dei fabbisogni regionali standard

I commi in esame definiscono i passaggi per la definizione dei fabbisogni regionali e le relative quote di riparto del finanziamento annuale:

§      il livello del costo standard,come sopra calcolato, è moltiplicato (per ciascun macrolivello) per la popolazione pesata di ogni singola regione, con criteri di pesatura che tengano conto anche di indicatori utili a definire i bisogni sanitari relativi a particolari situazioni territoriali (lett. e);

Gli indicatori utili a definire i bisogni sanitari di particolari aree territoriali, di cui alla lettera e), presumibilmente si riferiscono, tra gli altri, all’indice di deprivazione, impiegato per misurare le diseguaglianze socioeconomiche nella salute della popolazione pesata di una area geografica);

§      il fabbisogno regionale così ottenuto è rapportato al fabbisogno totale (pari alla somma dei fabbisogni regionali) (comma 8);

§      tale percentuale (definita fabbisogno standard regionale) è quindi applicata al fabbisogno sanitario standard nazionale(cioè al livello di finanziamento stabilito annualmente, secondo quanto previsto dall’articolo 21),determinando la quota di accesso al finanziamento di ciascuna regione (comma 9).

 

I criteri di pesatura sono stabiliti con un’Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni (lettera e). Lo schema di decreto, pertanto, non definisce la regola di riparto, ovvero la definizione dei pesi assegnati ai livelli e sottolivelli di assistenza sanitaria, da applicare a regime, rinviandone la fissazione ad una successiva Intesa.

Il comma 7 precisa che le pesature sono effettuate con i pesi per fasce di età (rapporti di fabbisogno sanitario fra individui di età diverse) utilizzati per la determinazione del fabbisogno sanitario del secondo esercizio precedente quello di riferimento (per i pesi corrispondenti alle classi di età vedi articolo 20)[102].

Fino al raggiungimento dell’intesa si applicano i criteri adottati per il riparto delle annualità 2010-2012, ovvero i criteri transitori coincidono con quelli adottati dal Nuovo patto per la salute del 3 dicembre 2009, basati, come precedentemente illustrato, su un criterio misto popolazione assoluta/popolazione pesata (lettera e).

 

Sul punto si osserva che il sistema di pesi preso in considerazione nello schema di decreto fa sostanziale riferimento alla suddivisione per classi di età, salvo l’integrazione con altri parametri che consentano di tener conto anche delle condizioni socio-economiche di alcune realtà territoriali.

Non è chiaro tuttavia se, rispetto al sistema attuale, la pesatura sia da intendersi estesa a tutti i livelli e sotto-livelli di assistenza, anche a quelli attualmente finanziati in base ad una quota capitaria “secca”, in quanto corrispondenti a consumi sanitari considerati indipendenti dall’età. Fatta eccezione per la farmaceutica (attualmente vincolata ad un tetto di spesa e per la quale l’esperienza evidenzia una correlazione molto netta tra l’età e il consumo dei farmaci[103]), con tale sistema si determinerebbe quindi una “sovra-pesatura” per i restanti livelli.

 

l’Intesa Governo-Autonomie propone di sopprimere la lettera e) del comma 6 dell’articolo in esame.

 

Sembrerebbe tuttavia che tale modifica, se da un lato fa venir meno, nella determinazione dei criteri di pesatura della popolazione, il riferimento a “indicatori relativi a particolari situazioni territoriali, ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari”, dall’altro rende indeterminato il meccanismo di determinazione del fabbisogno delle singole regioni, cui il successivo comma 8 fa rinvio. Viene inoltre meno l’indicazione dei criteri di pesatura della popolazione (quelli adottati nel riparto delle annualità 2010-2012) da utilizzare in attesa che la Conferenza Stato-Regioni determini i nuovi criteri.

 

Infine, l’Intesa Governo-Autonomie, propone di aggiungere un nuovo comma 13 per stabilire che eventuali risparmi ottenuti nella gestione del SSN da parte delle singole Regioni dovrebbero restare nella disponibilità delle stesse.

 

Rinviando per quanto riguarda gli aspetti finanziari a quanto osservato in merito alla relazione tecnica, si rileva che tale previsione appare diretta a offrire alle Regioni (ed in particolare a quelle che devono compiere gli aggiustamenti più consistenti) un incentivo ad adottare i necessari correttivi.

 


 

Articolo 23
(Revisione a regime dei fabbisogni standard)

 

1. Al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi sanitari regionali, i criteri di cui all’articolo 22 possono essere rideterminati previa Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, comunque nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale come definito all’articolo 21.

2. Le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

 

L’articolo 23[104], riguardante la revisione a regime dei fabbisogni standard, consente di modificare i criteri per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali (articolo 22), previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale definito all’articolo 21.

In particolare, la norma in esame stabilisce che le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall’articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42[105].

 


 

Articolo 24
(Disposizioni finali)

 


1. In fase di prima applicazione:

a)restano ferme le vigenti disposizioni in materia di riparto delle somme destinate al rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ad altre attività sanitarie a destinazione vincolate, nonché al finanzia­mento della mobilità sanitaria;

b) restano altresì ferme le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento sanitario non disciplinate dal presente decreto.

2. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, in materia di sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assi­stenza sanitaria.

3. Con distinto decreto legislativo integrativo , adottato ai sensi della legge n. 42 del 2009, sono determinati i costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previ­sto dai commi 1 e 2 dell’articolo 10.


 

 

L’articolo 24 specifica che, in fase di prima applicazione, restano ferme:

§      le vigenti disposizioni in materia di riparto delle somme destinate al rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ad altre attività sanitarie a destinazione vincolate, nonché al finanziamento della mobilità sanitaria;

§      le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento sanitario non disciplinate dal presente decreto.

 

E’ disposto, altresì, che resta fermo quanto previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56[106], in materia di sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria erogata.

 

L’articolo 9 del citato decreto legislativo n. 56 del 2000 istituisce, per il monitoraggio dell'assistenza sanitaria effettivamente erogata in ogni regione, un sistema di garanzia del raggiungimento regionale degli obiettivi di tutela della salute perseguiti dal Servizio sanitario nazionale. Con il D.M. 12 dicembre 2001 è stato stabilito un insieme minimo di indicatori e di parametri di riferimento, finalizzato al rispetto, in ciascuna Regione, dell’erogazione dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza, nonché dei vincoli di bilancio. La fonte informativa dei dati è costituita dai flussi del Nuovo Sistema Informativo Sanitario (si utilizzano le seguenti schede: “Attività gestionali ed economiche delle Unità Sanitarie Locali e delle Aziende Ospedaliere”, “Malattie infettive”, “Osservatorio per la farmacovigilanza”, “Scheda di dimissione ospedaliera”) e dalle banche dati gestite direttamente dall’ISTAT e da altri istituti di ricerca[107].

 

La norma in esame prevede, altresì, l’emanazione di un decreto legislativo integrativo per la determinazione dei costi standard delle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’articolo 10.

 

Per quanto riguarda il tema dei livelli essenziali, si ricorda che questi sono stati, sino ad oggi, definiti, esclusivamente, in ambito sanitario[108], mancando, invece, la disciplina statale riguardante i livelli essenziali per l’assistenza sociale.

 

Profili finanziari

 

 

La relazione tecnica rileva che dagli articoli 20-24 ricompresi nel Capo IV non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, in quanto il livello complessivo delle risorse necessario per l’erogazione della funzione sanitaria è determinato, come già avviene a legislazione vigente, in modo esogeno ed in coerenza con il quadro macroeconomico del Paese e gli obblighi assunti in sede comunitaria.

Una volta stabilito il livello complessivo delle risorse che il sistema Paese può permettersi, in concorrenza con le altre funzioni statali, per garantire il corretto finanziamento dei Livelli essenziali di assistenza, con le disposizioni in esame si provvede a sviluppare in ciascuna regione un sistema di governance del sistema attraverso l’utilizzo di indicatori, già condivisi in sede di Patto per la salute 2010-2012, sia per offrire alle regioni opportuni strumenti di autovalutazione e confronto, sia per determinare costi e fabbisogni standard regionali coerenti con le performance delle migliori regioni assunte come benckmark. Il confronto con il costo standard sanitario registrato dalle regioni più performanti sarà la grandezza di riferimento per misurare le aree di inefficienza e di inappropriatezza e per verificare progressivamente gli sviluppi del sistema.

In tali termini, secondo la R.T. le disposizioni in oggetto sono coerenti, e ne costituiscono lo sviluppo in senso federalista, con il complessivo sistema di governance della funzione sanitaria, sviluppatosi negli anni in sede pattizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 131/2003 (attuazione dell’articolo 120 della Costituzione), che ha definito un livello di finanziamento su un arco di tempo pluriennale e ha introdotto regole e limiti entro cui gestire l’autonomia regionale, indirizzando le regioni verso l’assunzione di un ruolo sempre più consapevole in termini di disegno del sistema.

In particolare, dal 2000 ad oggi, l’esperienza ha evidenziato come talune regioni dispongano di un’adeguata capacità programmatoria, gestionale e di controllo che ha consentito alle stesse di gestire servizi sanitari regionali adeguati sotto il profilo erogativo e nei limiti delle risorse programmate. Al contrario, altre regioni presentano profili di criticità più o meno accentuati, sostanzialmente legati a ritardi di tipo tecnico-amministrativo-gestionale tali da mettere a rischio il corretto esercizio della funzione affidata.

In conseguenza di tali evidenze si è pervenuti, attraverso progressivi miglioramenti dei processi informativi, di programmazione e di controllo, ad un quadro ordinamentale che, sebbene certamente non definitivo e dunque perfettibile sulla base delle esigenze via via emergenti, appare tuttavia nella sua complessiva impostazione adeguato a soddisfare le esigenze di direzione del sistema. In particolare, l’insieme degli strumenti nel tempo implementati, con riferimento tra l’altro ai diversi standard di struttura o di spesa, al processo di monitoraggio, al processo di verifica degli andamenti finanziari e dei comportamenti regionali rispetto agli impegni assunti, al sistema premiale e sanzionatorio, ha consentito il realizzarsi nel periodo 2006/2009 di un rallentamento della dinamica della spesa, e nel 2010 il profilarsi di un andamento effettivo della spesa coerente con quello programmato.

 

In merito ai profili di quantificazione, si rileva che, così come affermato nella relazione tecnica, il meccanismo di determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard e la sua ripartizione tra le regioni non determina una variazione negli oneri per la finanza pubblica rispetto alla legislazione vigente.

Tale neutralità finanziaria, quantomeno a livello aggregato, si determina in quanto il fabbisogno complessivo, pari all’ammontare di risorse da destinare alla sanità, viene determinato in coerenza con l’evoluzione macroeconomica e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica. Per il 2011 ed il 2012, esso corrisponde al livello di finanziamento del SSN a carico dello Stato previsto dall’Intesa del 3 dicembre 2009, come rideterminato ai sensi del D.L. 78/2010 (articolo 21).

Rispetto alle risorse così definite e, come tali, scontate nei saldi tendenziali di finanza pubblica le quote di accesso al finanziamento spettanti a ciascuna regione sono determinate sulla base del procedimento individuato all’articolo 22, di seguito richiamato.

 

 

 

 

 

Determinazione dei costi e fabbisogni standard regionali (articolo 22)

1.  Individuazione delle tre regioni di riferimento, definite come regioni:

     -in condizione di equilibrio economico, sulla base delle risorse ordinarie comprese le entrate proprie regionali effettive;

     -che garantiscono l’erogazione dei Lea in condizione di efficienza e di appropriatezza;

2.  definizione del costo standard, quale media della spesa pro-capite (calcolata sulla popolazione pesata) registrata nelle tre regioni benchmark. Ai fini della standardizzazione, il livello della spesa per i tre macrolivelli di assistenza è calcolato:

     -al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale;

     -al netto delle le quote di ammortamento;

     -non tenendo conto delle maggiori entrate regionali e della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali;

3.  il livello del costo standard come sopra calcolato è moltiplicato (per ciascun macrolivello) per la popolazione pesata di ogni singola regione;

4.  il fabbisogno regionale così ottenuto è rapportato al fabbisogno totale (pari alla somma dei fabbisogni regionali);

5.  tale percentuale (definita quale fabbisogno standard regionale) è applicata al fabbisogno sanitario standard nazionale (cioè al livello di finanziamento stabilito annualmente), determinando la quota di accesso al finanziamento di ciascuna regione.

 

In particolare, il fabbisogno standard delle singole regioni viene definito (comma 8) come rapporto percentuale tra il prodotto del costo standard con la popolazione pesata e il valore del fabbisogno nazionale. Tale percentuale è poi parametrata al livello di finanziamento complessivo per definire la quota di risorse spettanti alle singole regioni (comma 9).

Tale meccanismo, da un lato, comporta, come si è detto, la neutralità finanziaria rispetto alla situazione vigente (in quanto la somma dei finanziamenti riconosciuti è, per definizione, pari al finanziamento complessivo, fissato ex-ante); dall’altro, fa sì che il costo standard diventi una costante moltiplicativa della popolazione pesata: la quota di finanziamento riconosciuta a ciascuna regione riflette, pertanto, la percentuale della sua popolazione pesata rispetto alla popolazione nazionale, risultando indipendente dal livello di costo standard individuato.

Modifiche alle “quote di accesso” rispetto alla situazione attuale potrebbero derivare dall’utilizzo di pesi diversi, come del resto si verificherebbe se la pesatura per fasce di età fosse applicata a tutti i livelli e sotto-livelli di assistenza, e/o se fossero presi in considerazione ulteriori variabili, anche di carattere socio-economico.

 

Poiché, inoltre, il decreto prevede l’esclusione delle maggiori coperture fiscali, oltre che per definire la condizione di equilibrio economico, anche per il calcolo della spesa delle regioni di riferimento, quest’ultima coincide di fatto con il finanziamento ricevuto dallo Stato, e non con il costo effettivamente registrato nelle regioni benchmark.

Il riferimento ai costi standard rileva, pertanto, ai fini degli indicatori di efficienza e appropriatezza ed incide positivamente sul sistema di autovalutazione delle regioni e sulla conseguente adozione delle best practices, ma appare non immediatamente rilevante ai fini della determinazione del finanziamento da riconoscere alle diverse realtà territoriali. Quest’ultimo infatti, come si è detto, finisce con il dipendere dalla popolazione pesata, e non dal livello dei costi.

 

Per tale ragione, quindi, la previsione che gli eventuali risparmi ottenuti nella gestione del SSN da parte delle singole Regioni restino nella disponibilità delle stesse (nuovo comma 13,proposto in base all’Intesa Governo-Autonomie in Conferenza unificata) dovrebbe avere, almeno inizialmente, un impatto finanziario limitato.

 

Ciò non solo nella fase di transizione, in cui la convergenza al nuovo regime avverrebbe in maniera graduale, ma anche nel periodo successivo in cui, come si è detto, la quota di accesso al finanziamento delle singole regioni viene ad essere determinata dal rapporto tra popolazione pesata e popolazione nazionale, dato un livello di finanziamento (fabbisogno nazionale standard) fissato esogenamente.

 

Al riguardo andrebbe acquisito un chiarimento da parte del Governo in merito all’attribuzione delle risorse rivenienti da una riduzione significativa dei costi standard, riduzione che potenzialmente può verificarsi sia nelle regioni di riferimento, sia in quelle che devono migliorare le proprie prestazioni.

Il comma 13, proposto in base all’Intesa Governo-Autonomie, è inteso a garantire che gli eventuali risparmi siano mantenuti nelle disponibilità delle Regioni, non essendo destinati al processo di ridefinizione delle risorse e/o dei LEA.

Diversamente avverrebbe qualora la norma in esame dovesse intendersi come diretta a garantire alle regioni la disponibilità di eventuali risparmi rispetto alla dotazione annuale, ferma restando la possibilità di ridefinire periodicamente, in sede di coordinamento della finanza pubblica, le risorse da destinare complessivamente alla sanità.


 

Articolo 25
(Tributi previsti dall’articolo 2, comma 2, lettera q), della legge n. 42)

 

1. A decorrere dall’anno 2013 la legge regionale può, con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, istituire tributi regionali e locali nonché, con riferimento ai tributi locali istituiti con legge regionale, determinare variazioni delle aliquote o agevolazioni che Comuni e Province possono applicare nell’esercizio della propria autonomia.

 

 

Ai sensi dell’articolo 25, le regioni, oltre ai poteri riconosciuti dalle disposizioni di cui al Capo I del provvedimento in esame, possono con legge:

a)      istituire tributi regionali e localicon riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, in ossequio al principio del divieto di doppia imposizione;

b)      con riferimento ai tributi locali istituti con propria legge, determinare le variazioni delle aliquote o le agevolazioni che comuni e province possono applicare nell’esercizio della propria autonomia.

In tal modo, si ripete uno dei principi di delega previsti dalla legge n. 42 (art. 2, co. 2, lett. q)), specificando che tali poteri possono essere esercitati solo a partire dal 2013.

La norma, invece, non prevede alcun riferimento alla potestà impositiva delle regioni con riferimento alle città metropolitane.

 

La disposizione fa innanzitutto riferimento ai c.d. tributi regionali propri, nel senso in cui tale espressione è adoperata dall’articolo 119, secondo comma, della Costituzione.

Al riguardo, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha chiarito che, in linea di massima, «non è ammissibile, in materia tributaria, una piena esplicazione di potestà regionali autonome in carenza della fondamentale legislazione di coordinamento dettata dal Parlamento nazionale»; solo per quanto riguarda le limitate ipotesi di tributi propri regionali aventi presupposti diversi da quelli dei tributi statali, la Corte ha riconosciuto sussistere il potere delle Regioni di stabilirli, in forza del quarto comma dell’art. 117 Cost., anche in mancanza di un’apposita legge statale di coordinamento, a condizione, però, che essi, oltre ad essere in armonia con la Costituzione, rispettino anche i princípi dell’ordinamento tributario, ancorché solo “incorporati”, per così dire, in un sistema di tributi sostanzialmente governati dallo Stato (v. sent. 102/2008)[109].

In conformità alla giurisprudenza costituzionale, l’articolo 7, co. 1, lett. b), della legge n. 42 ha classificato i tributi regionali in:

a)       tributi propri derivati, i quali si caratterizzano per essere istituiti e disciplinati dalla legge statale e il cui gettito è attribuito alle regioni;

b)       addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali;

c)       tributi propri, istituiti dalle regioni in relazione a presupposti non già assoggettati a imposizione erariale.

 

Per quanto riguarda il sistema tributario degli enti locali, l’articolo 12, L. n. 42/2009, che reca principi e criteri direttivi in materia di coordinamento e di autonomia di entrata e di spesa degli enti locali, ha stabilito alcuni vincoli[110].

In particolare, la lettera a) rimette alla legge statale l'individuazione dei tributi propri dei Comuni e delle Province, con un contenuto minimo che include la definizione di presupposti; soggetti passivi; basi imponibili; aliquote di riferimento che, valide per tutto il territorio nazionale, garantiscano una adeguata flessibilità. Per le province, le disposizioni sono contenute nel capo II del provvedimento in esame, mentre per i comuni si rinvia allo schema di decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale di cui lo scorso 9 febbraio 2011 il Consiglio dei ministri ha deliberato la trasmissione alle Camere.

La successiva lettera g) prevede la possibilità che la Regione, nell’ambito dei propri poteri legislativi in materia tributaria, istituisca - nel territorio regionale di riferimento - nuovi tributi comunali, provinciali e delle Città metropolitane, specificando gli ambiti di autonomia riconosciuti agli enti locali.

Si precisa, infine, che la nozione di "tributo proprio" - per gli enti locali - non sembra poter essere del tutto assimilata a quella di "tributi propri" delle Regioni (in quanto istituiti dalle Regioni stesse), posto che solo queste, al contrario degli enti locali, sono titolari di potestà legislativa ed hanno quindi la possibilità di istituire tributi nel rispetto della riserva di legge sancita dall'articolo 23 della Costituzione. Peraltro, è lo stesso articolo 119 della Costituzione che usa l'espressione "tributi - ed entrate - propri" anche in riferimento agli enti locali.

 

Profili finanziari

 

 

La relazione tecnica   non considera la disposizione.

 

In merito ai profili di quantificazione, si segnala che l’autonomia impositiva riconosciuta alle regioni dalle norme in esame trova un limite, in via generale, in quanto disposto dal successivo articolo 26, in termini di garanzia del rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva stabilito in sede di decisione di finanza pubblica. Il medesimo articolo stabilisce, altresì, che l’esercizio dell’autonomia impositiva non possa comportare, da parte di ciascuna regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente

Si rinvia in proposito alle considerazione espresse con riferimento all’articolo 26.

 


 

Articolo 26
(Elementi informativi)

 


1. Gli elementi informativi necessari all’attuazione del presente decreto ed i dati relativi al gettito dei tributi indicati nel presente decreto ovvero istituiti in base allo stesso sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca datidi cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

2. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite e propone al Governo le eventuali misure correttive. L’esercizio dell’autonomia tributaria non può comportare, da parte di ciascuna Regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente. Resta fermo quanto stabilito dagli articoli 4, comma 4, e 5, comma 8.


 

 

La norma di cui al comma 1 prescrive che gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto, nonché i dati relativi al gettito dei tributi indicati nel decreto ovvero da esso istituiti sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

L’articolo 13 della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) dispone che, al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per acquisire gli elementi informativi necessari per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, le amministrazioni pubbliche provvedano a inserire in una banca dati unitaria, istituita presso il Ministero dell’economia e delle finanze, i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all’attuazione del provvedimento. In apposita sezione della banca dati sono contenuti tutti i dati necessari a dare attuazione al federalismo fiscale. Tali dati sono messi a disposizione, anche mediante accesso diretto, della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica per le rispettive finalità.

L’articolo 5 della legge n. 42 del 2009 affida ai decreti legislativi di attuazione il compito di istituire la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composta, nell’ambito della Conferenza Unificata, dai rappresentanti dei diversi livelli istituzionali di governo e destinata a fungere da organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica. Il comma 1, lettera g) dell’articolo 5 prevede che la Conferenza si avvalga della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie. A tale fine, si dispone l’istituzione di una banca dati comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi, utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard e gli obiettivi di servizio, nonché per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio.

 

Il comma 2 affida alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica – non ancora istituita - il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dallo schema di decreto in esame, al fine di valutarne i riflessi sul livello della pressione fiscale. Nello svolgimento di tale attività la Conferenza si avvale del supporto della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.

Alla suddetta Conferenza è altresì attribuito il potere di proposta al Governo delle eventuali misure correttive atte a garantire il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva, in coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

In linea generale, la legge n. 42/2009 prevede che, in sede di attuazione della delega, dovrà essere salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nel corso della fase transitoria.

Sul tema, l’articolo 28 della legge delega, relativo alle norme sulla salvaguardia finanziaria, stabilisce che i decreti legislativi attuativi della delega debbano individuare meccanismi idonei:

-        a garantire la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale generale e del suo riparto tra i diversi livelli di governo

-        ad evitare aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nella fase transitoria.

 

Il monitoraggio e le eventuali proposte di misure correttive dovranno avere come riferimento il livello della pressione fiscale complessiva come definita nella Decisione di finanza pubblica, che rappresenta il documento di programmazione economico-finanziaria previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009.

Si ricorda che nel documento presentato al Parlamento nel settembre 2010 (Decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, DOC. LVII, n. 3), il livello della pressione fiscale è previsto al 42,8% del PIL per il 2010 e al 42,4% per il 2011.

 

In merito alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, si ricorda che i suoi i compiti istituzionali, previsti dall’articolo 5 della legge n. 42/2009, vi è quello che impegna la Conferenza a concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento, nonché alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e a promuovere l’attivazione degli eventuali interventi necessari per il rispetto di tali obiettivi, in particolare per ciò che concerne la procedura del Patto di convergenza di cui all’articolo 18 (art. 5, comma 1, lettera a).

 

Il comma 2 reca, al secondo periodo, una ulteriore disposizione di salvaguardia della pressione fiscale stabilendo che l’esercizio dell’autonomia tributaria non può comportare, da parte di ciascuna regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente, fatti salvi gli automatismi previsti dalla legislazione vigente nel settore sanitario per i casi di squilibrio economico e di applicazione di incrementi di aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari (come ribadito anche dagli articoli 4, comma 4, e 5, comma 8).

 

La disposizione sembra introdurre un divieto vincolante, in capo a ciascun ente, di aumentare la pressione fiscale, che appare suscettibile di incidere sulla flessibilità che lo schema di decreto in esame riconosce agli enti medesimi riguardo a singoli tributi.

 

Va rilevato che tale circostanza sembra discendere dalla stessa legge delega, che, fra i tanti criteri e principi direttivi, reca, da un lato, quello inteso a riconoscere un adeguato grado di autonomia impositiva alle regioni e agli enti locali (art. 2, comma 2, lett. bb) e, dall’altro, quello secondo cui l’attuazione del federalismo fiscale non dovrebbe comportare alcun aumento della pressione fiscale complessiva, neppure nel corso della fase transitoria (art. 28, comma 2, lett. b). L’obiettivo-vincolo a mantenere inalterata la pressione fiscale a carico del contribuente è peraltro ribadito nelle singole norme dello schema in esame, ad esempio, all’articolo 2, in cui la rideterminazione dell’aliquota base dell’addizionale IRPEF di competenza statale si accompagna alla riduzione delle aliquote dell’IRPEF di competenza statale con l’obiettivo espresso di “mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente”.

 

Si rileva che nell’Intesa Governo-Autonomie si prevede l’abrogazione del secondo periodo del comma 2. Nell’Intesa raggiunta tra Governo e Autonomie si propone, pertanto, di sopprimere il divieto di aumentare la pressione fiscale posto a carico delle regioni, riconoscendo a tali enti la possibilità di procedere agli aumenti di loro competenza.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera la disposizione.

 

In merito ai profili di quantificazione, si segnalano alcuni profili problematici con riferimento al comma 2, che dispone il divieto, per ciascuna regione, di aumento della pressione fiscale a carico del contribuente.

Non è infatti chiaro, in primo luogo, se tale divieto vada riferito alla posizione individuale dei singoli contribuenti o a quella complessiva dell’insieme dei contribuenti della regione.

Si osserva inoltre che la norma non specifica con quali modalità sarà verificato il rispetto del predetto divieto e quali sanzioni siano eventualmente previste in caso di mancato rispetto dello stesso.

Non è inoltre chiaro come la disposizione in esame si coordini con l’ampliamento della facoltà di aumento delle addizionali regionali all’IRPEF prevista dall’articolo 5. Si segnala infatti che al comma 2 di tale disposizione il divieto di aumento dell’aggravio fiscale è limitato ai primi due scaglioni di reddito in relazione ai soli redditi da lavoro dipendente o da pensione.

Si segnala che analogo divieto non sembra sussistere anche per le province, cui l’articolo 13 riconosce, a decorrere dal 2014, più ampie possibilità di manovra delle aliquote dell’imposta sulle assicurazioni RC auto.

 

Si segnala che nel testo concordato tra Governo e autonomie è prevista la soppressione del citato comma 2.

 


 

Articolo 27
(Disposizione finanziaria)

 

1. Dal presente decreto non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

 

L’articolo 27 reca la clausola di copertura finanziaria, ai sensi della quale dal decreto in esame non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

La norma ribadisce quanto già previsto dall’articolo 28, comma 4, della legge delega, che richiede espressamente che da ciascuno dei decreti legislativi attuativi non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, precisando, altresì, che l’invarianza ricomprende anche le eventuali minori entrate.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera la norma.

 

 

In merito ai profili di quantificazione si richiama quanto già osservato con riferimento ai singoli articoli[111]in merito alla opportunità di acquisire un prospetto riepilogativo degli effetti del provvedimento che confermi il rispetto della clausola di invarianza finanziaria disposta dalla norma.

 

 

 


Ulteriori articoli oggetto dell’Intesa tra Governo e Autonomie


 

Articolo 1-bis
(Misure in materia di finanza pubblica)

 


1. L'autonomia finanziaria delle regioni deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita.

2. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica concorre alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, con specifico riguardo al limite massimo di pressione fiscale.

3. Fino alla determinazione, con legge, dei livelli essenziali delle prestazioni, tramite intesa conclusa in sede di Conferenza unificata sono stabiliti i livelli di servizio da erogare, aventi caratteristiche di generalità e permanenza, e il relativo fabbisogno, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

 


 

 

L’articolo in esame, inserito a seguito dell’intesa raggiunta in Conferenza unificata, sancisce, al comma 1, un principio generale volto ad assicurare la compatibilità tra l’autonomia finanziaria delle regioni e gli impegni assunti, in sede europea, con il patto di stabilità e crescita.

 

Il comma 2 ribadisce alcune delle competenze che la legge delega n. 42 del 2009 attribuisce in capo alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica – peraltro non ancora istituita - specificando che ad essa è demandato il compito di concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, con particolare riferimento al limite massimo della pressione fiscale.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 42/2009, la Conferenza si configura come un organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica - di cui fanno parte i rappresentanti dei diversi livelli istituzionali di governo – che è chiamato a concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento; essa concorre inoltre alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e promuove l'attivazione degli eventuali interventi necessari per il rispetto di tali obiettivi, in particolare per ciò che concerne la procedura del Patto di convergenza di cui all'articolo 18 della legge delega; verifica, inoltre, la loro attuazione ed efficacia e avanza proposte per la determinazione degli indici di virtuosità e dei relativi incentivi; vigila sull'applicazione dei meccanismi di premialità, sul rispetto dei meccanismi sanzionatori e sul loro funzionamento. Tra gli ulteriori compiti affidati alla Conferenza vi è quello di proporre criteri per il corretto utilizzo dei fondi perequativi secondo princìpi di efficacia, efficienza e trasparenza e di verificarne l'applicazione, nonché, più in generale, quello di verificare periodicamente il funzionamento del nuovo ordinamento finanziario di comuni, province,  città  metropolitane  e regioni,  assicurando  altresì  la  verifica  delle  relazioni


finanziarie tra i livelli diversi di governo e l'adeguatezza delle risorse finanziarie di ciascun livello di governo rispetto alle funzioni svolte, proponendo in tale ottica eventuali modifiche o adeguamenti del sistema.

 

Si segnala che è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri uno schema di decreto legislativo per la responsabilizzazione e la trasparenza degli organi di governo delle autonomie territoriali che prevede altresì l’istituzione e la disciplina della Conferenza per il coordinamento della finanza pubblica; si ricorda, inoltre, che l’articolo 52 della legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, al comma 5prevede che, in attesa dell’istituzione della Conferenza, i compiti ad essa attribuiti siano svolti dalla Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 281/1997 e successive modificazioni[112].

 

Il comma 3 reca una norma di chiusura di carattere generale volta ad assicurare che in attesa della determinazione con legge dei livelli essenziali delle prestazioni - i livelli di servizio da erogare - i quali devono avere caratteristiche di generalità e permanenza -, ed il relativo fabbisogno finanziario, siano stabiliti, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, attraverso un’intesa conclusa in sede di Conferenza unificata.

 

Si ricorda, in proposito, che la legge delega n. 42 del 2009, all’articolo 20, comma 2, affida alla legge statale il compito di disciplinare la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni, specificando altresì che fino a loro nuova determinazione in virtù della legge statale si considerano i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale.

Occorre inoltre rilevare come la norma in oggetto faccia riferimento ai “livelli di servizio”, dizione questa non contemplata nella legge delega, la quale richiama invece in più parti il concetto di “obiettivi di servizio”, configurati come obiettivi cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali nell'esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni o alle funzioni fondamentali di cui all'articolo 117, secondo comma, lettere m) e p), della Costituzione. La legge delega prevede che tali obiettivi siano definiti con la legislazione delegata, affidando inoltre alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica il compito di verificare periodicamente la realizzazione dello specifico percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni previsto dall’articolo 18 della legge delega. L’articolo 5 della medesima legge prevede, peraltro, nell’ambito delle attività istruttorie e di supporto svolte in seno alla Conferenza l’istituzione di una specifica banca dati comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi, da utilizzare per definire i costi e i fabbisogni standard e gli obiettivi di servizio, nonché per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio medesimi.

Un riferimento al “livello adeguato del servizio” su tutto il territorio nazionale è contenuto all’articolo 8, comma 1, lettera della c), della legge delega, in relazione alla determinazione dell'ammontare del finanziamento della spesa per il trasporto pubblico locale.

 


 

Articolo 7-bis
(Attribuzione alle Regioni del gettito derivante
dalla lotta all'evasione fiscale)

 


1. In coerenza con quanto previsto dall'articolo 9, comma 1, lettera c), numero 1), della citata legge n. 42 del 2009, è assicurato il riversamento diretto alle Regioni, in relazione ai principi di territorialità di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d) della medesima legge n. 42 de! 2009, dell'intero gettito derivante dall'attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali di cui al presente decreto.

2. E' altresì attribuita alle Regioni, in relazione ai principi di territorialità di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d) della citata legge n. 42 del 2009, una quota del gettito derivante dall'attività di recupero fiscale in materia di IVA commisurata all'aliquota di compartecipazione prevista dal presente decreto. Ai sensi dell'articolo 25, comma 1, lettera b) della citata legge n. 42 del 2009, le modalità di condivisione degli oneri di gestione delle predette attività di recupero fiscale sono disciplinate con specifico atto convenzionale sottoscritto tra Regione ed Agenzia delle Entrate.

3. Qualora vengano attribuite alle Regioni ulteriori forme di compartecipazione al gettito dei tributi erariali, è contestualmente riversata alle Regioni una quota del gettito derivante dall'attività di recupero fiscale relativa ai predetti tributi, in coerenza a quanto previsto dal comma 2.

4. Con Decreto del Ministro dell'eco­nomia e delle finanze sono stabilite le mo­dalità di riversamento diretto alle Regioni delle risorse di cui ai commi 1, 2 e 3.


 

 

L’articolo 7-bis dello schema,che costituisce una delle condizioni alle quali nel testo concordato tra Governo-Autonomieè subordinato il rilascio della relativa Intesa, reca disposizioni volte ad attribuire alle Regioni il gettito derivante dalla lotta all’evasione fiscale.

 

In particolare, il comma 1 dispone il riversamento diretto alle regioni dell’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali introdotte con lo schema in esame, “in coerenza” con quanto disposto dall’articolo 9, comma 1, lettera c), punto 1 della legge 42/2009.

 

L'articolo 9 della legge sul federalismo fiscale reca la disciplina della perequazione a favore delle Regioni. Al comma 1, lettera c), punto 1, tra i criteri che devono essere seguiti nell’azione perequativa da parte dello Stato, menziona la necessità di coprire la differenza tra il fabbisogno per le spese "essenziali" - calcolate ai costi standard - e il gettito regionale dei tributi ad esse dedicati, quest’ultimo determinato escludendo sia le variazioni di gettito (regionale) prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria, sia l’emersione della base imponibile riferibile al concorso regionale nell’attività di recupero fiscale.


Non si tratta quindi di un gettito tributario effettivo, ma di un gettito convenzionale: in sostanza, le capacità di recupero dell'evasione fiscale e lo sforzo fiscale di ciascuna regione non devono andare a detrimento della perequazione cui ha diritto quella Regione come differenza tra fabbisogno e tributi.

Si ricorda che la perequazione deve coprire integralmente le spese corrispondenti al fabbisogno standard per i LEP (articolo 8, comma 1, lettera a), n. 1)). In altri termini è il livello di spesa "essenziale" (al valore standard) il cui finanziamento è riconosciuto a tutte le Regioni.

 

Per quanto attiene alla formulazione del testo, si osserva che sembrerebbe opportuno riferire la disposizione in commento anche a quanto previsto in via generale dall’articolo 2, comma 2, lettera d) e, più specificamente, dagli articoli 25 e 26 della legge 42/2009 in materia di gestione dei tributi e contrasto all’evasione fiscale.

L’articolo 2, tra i principi e criteri direttivi generali da seguire nell’attuazione della delega, menziona il coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell'attività di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, nonché la previsione di meccanismi di carattere premiale nei confronti degli enti territoriali. Gli articoli 25 e 26 attengono, rispettivamente, alle modalità di gestione di tributi e compartecipazione e alla specifica tematica del contrasto all’evasione. In particolare, l’articolo 26, comma 1, lettera b) ribadisce la necessità di istituire meccanismi premiali per le regioni e gli enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dall'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

Sotto il profilo della rispondenza alla delega del riversamento diretto di gettito previsto dalla norma in commento, si osserva che le citate disposizioni della legge sul federalismo (in particolare, l’articolo 26, comma 1, lettera b)) prevedono espressamente l’istituzione di meccanismi premiali in favore di “regioni [ed] enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dall'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale”, meccanismi che siano dunque ancorati allo sforzo fiscale sostenuto dall’ente coinvolto.

La normativa vigente (articolo 1, comma 1 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203[113], recentemente modificato dall’articolo 18, comma 5 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78[114]) prevede che ai Comuni sia destinata una quota delle maggiori somme di tributi statali – nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo – riscossi con l'intervento dei comuni stessi nella fase di accertamento[115].

La disposizione in commento, nel disporre il riversamento diretto alle Regioni dell’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale - riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali - non sembra ancorare tale previsione allo sforzo fiscale sostenuto dall’ente destinatario delle maggiori somme, instaurando invece un meccanismo di natura automatica.

Si rinvia all’analisi dei profili finanziari per gli eventuali riflessi di tale disposizione sulle previsioni di gettito.

 

Il predetto riversamento è effettuato in relazione ai principi di territorialità menzionati all’articolo 7, comma 1, lettera d) della legge 42/2009.

 

L’articolo 7, comma 1, lettera d) della legge 42/2009 prescrive che le modalità di ripartizione dei tributi propri derivati e delle compartecipazioni a quelli erariali siano individuate in conformità al principio di territorialità di cui all'articolo 119 della Costituzione. Nello specificare tale principio, la disposizione prevede che si tenga conto:

1)       del luogo di consumo per i tributi aventi quale presupposto i consumi, con la precisazione che per i servizi il luogo di consumo può essere identificato nel domicilio del soggetto fruitore finale;

2)       della localizzazione dei cespiti per i tributi basati sul patrimonio;

3)       del luogo di prestazione del lavoro per i tributi basati sulla produzione;

4)       della residenza del percettore per i tributi riferiti ai redditi delle persone fisiche[116].

 

Il comma 2 attribuisce alle Regioni, in relazione ai medesimi principi di territorialità, una quota del gettito derivante dall’attività di recupero fiscale in materia di IVA, che sia commisurata all’aliquota di compartecipazione prevista dallo schema in esame, calcolata con le modalità previste all’articolo 3 (alla cui scheda di lettura si rimanda per approfondimenti).

Si ricorda che l’articolo 3 dello schema in commento attribuisce a ciascuna regione a statuto ordinario una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto, determinandone l’aliquota sia per il primo, transitorio periodo di operatività (2011-2013), sia a regime a decorrere dal 2014.

 

La medesima norma demanda ad apposita convenzione, sottoscritta tra ciascuna Regione e l’Agenzia delle Entrate, la determinazione delle modalità di condivisione degli oneri gestionali connessi alla predetta attività di recupero fiscale.

Viene in proposito richiamato l’articolo 25, comma 1, lettera b) della legge delega, ai sensi del quale – tra i princìpi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi per quanto attiene alla gestione dei tributi e delle compartecipazioni – con apposita convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze, le singole Regioni e gli enti locali sono definite le concrete modalità di recupero degli introiti dell’evasione fiscale, con riferimento anche alla ripartizione degli oneri relativi a tale attività.

 

Il comma 3 reca una prescrizione di carattere generale: si prevede infatti che, all’attribuzione alla Regioni di ulteriori forme di compartecipazione al gettito di tributi erariali, corrisponda un riversamento alle stesse di quote di gettito derivante dalla relativa attività di recupero fiscale.

 

Le modalità di riversamento delle risorse attribuite dall’articolo 7-bis sono demandate (comma 4) a un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera le norme la cui inclusione nel testo dello schema di decreto è posta come condizione nell’ambito dell’Intesa raggiunta tra Governo ed Autonomie.

 

In merito ai profili di quantificazione, si osserva che le disposizioni sembrano prevedere in forma automatica il riversamento diretto alle regioni, in base ai criteri di territorialità, dell’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati, alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali, nonché l’attribuzione di una quota del gettito derivante dal recupero fiscale in materia di IVA, commisurata all’aliquota di compartecipazione.

Il tenore delle norme sembra, pertanto, presupporre che il riversamento proporzionale del gettito derivante dall’attività di accertamento e controllo prescinda dall’effettiva partecipazione degli enti locali all’attività di recupero delle basi imponibili e dai relativi risultati in termini di maggiori imposte accertate e riscosse. Sarebbe, pertanto, oggetto di riversamento alle regioni il gettito dell’ordinaria attività di recupero fiscale, previsto in base ai programmi di accertamento e controllo, scontato nei tendenziali di finanza pubblica.

Tale circostanza determinerebbe, di fatto, un peggioramento dei saldi del bilancio dello Stato, atteso anche il fatto che la disciplina delle modalità di condivisione degli oneri di gestione delle predette attività di recupero fiscale è rinviata alla stipula di uno specifico atto convenzionale sottoscritto tra le singole regioni e l’Agenzia delle entrate, i cui termini non appaiono vincolati alle modalità di ripartizione degli introiti dell’attività di recupero.

 


 

Articolo 7-ter
(Riscossione)

 


1. L'atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 è adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con le Regioni e sentita la Conferenza permanente per il funzio­namento della finanza pubblica, di cui all'articolo 5 della citata legge n. 42 del 2009.

2. Nel rispetto della autonomia organizzativa delle Regioni nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione, le Regioni possono definire con specifico atto convenzionale, sottoscritto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con l'Agenzia delle entrate, le modalità gestio­nali e operative dei tributi regionali, nonché le modalità di ripartizione degli introiti derivanti dall' attività di recupero dell'eva­sione. L'atto convenzionale, sottoscritto a livello nazionale, riguarda altresì le compartecipazione al gettito dei tributi erariali.

3. La convenzione di cui al comma 2 deve prevedere la condivisione delle basi informative e l'integrazione dei dati di fonte statale con gli archivi regionali e locali.

4. Per le medesime finalità stabilite al comma 2, le attività di controllo, di rettifica della dichiarazione, di accertamento e di contenzioso dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'addizionale regio­nale all'IRPEF devono essere svolte dall'Agenzia delle Entrate. Le modalità di gestione delle imposte indicate al primo periodo. nonché il relativo rimborso spese, sono disciplinati sulla base di convenzioni da definire tra l'Agenzia delle Entrate e le Regioni.

4-bis. Al fine di assicurare a livello territoriale il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale di cui al comma 1, la convenzione di cui al comma 2 può prevedere la possibilità per le Regioni di definire di concerto con la Direzione regionale dell'Agenzia delle Entrate, le direttive generali sui criteri della gestione esuli impiego delle risorse disponibili.

5. Previo accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità attuative delle disposizioni di cui al comma 4-bis.

6. Per la gestione dei tributi il cui gettito sia ripartito tra gli enti di diverso livello di governo la convenzione di cui al comma 2 prevede l'istituzione presso ciascuna sede regionale dell'Agenzia delle Entrate di un Comitato regionale di indirizzo, di cui stabilisce la composizione con rappresen­tanti designati dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, dalla Regione e dagli Enti locali. La citata gestione dei tributi è svolta sulla base di linee guida concordate nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, con l'Agenzia delle Entrate.

 


 

 

L’articolo 7-ter,che costituisce una delle condizioni alle quali nel testo concordato tra Governo-Autonomie è subordinato il rilascio della relativa Intesa, disciplina i rapporti tra Stato e Regioni per quanto riguarda il recupero dell’evasione fiscale.


Si ricorda che la legge delega sul federalismo fiscale (legge 42/2009) reca prescrizioni generali sul contrasto all’evasione all’articolo 2, comma 2, lettera d) e, nello specifico, si occupa della materia anche agli articoli 25 e 26.

L’articolo 2, tra i principi e criteri direttivi generali da seguire nell’attuazione della delega, menziona il coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell'attività di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, nonché la previsione di meccanismi di carattere premiale nei confronti degli enti territoriali

Ai sensi dell’articolo 25, ferma restando l’autonomia organizzativa di regioni ed enti locali nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione, nell’esercizio della delega devono essere previste adeguate forme di collaborazione delle regioni e degli enti locali con il Ministero dell’economia e delle finanze e con l’Agenzia delle entrate, al fine di utilizzare le direzioni regionali delle entrate per la gestione organica dei tributi erariali, regionali e degli enti locali. E’ prescritta la definizione, con apposita e specifica convenzione fra il Ministero dell’economia e delle finanze, le singole regioni e gli enti locali, delle modalità gestionali, operative, di ripartizione degli oneri, degli introiti di attività di recupero dell’evasione.

Per quanto riguarda l’azione di contrasto all’evasione fiscale, l’articolo 26 prescrive che, nell’attuazione della delega, siano previste adeguate forme di reciproca integrazione delle basi informative di cui dispongono le regioni, gli enti locali e lo Stato per le attività di contrasto alla evasione dei tributi erariali, regionali e degli enti locali, nonché forme di diretta collaborazione, per fornire dati ed elementi utili ai fini dell'accertamento dei predetti tributi. Accanto all’interazione tra i diversi livelli di governo, sono previsti meccanismi premiali per le regioni e gli enti locali che abbiano ottenuto risultati positivi in termini di maggior gettito derivante dall'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

 

Nel dettaglio, il comma 1 dell’articolo 7-ter prevede una nuova procedura per l’adozione dell’atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale, disciplinato dall'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300: esso, infatti, dovrà essere adottato d’Intesa con le Regioni e sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

 

L’articolo 59, comma 1 del D.Lgs. 301999 n. 300[117] prevede che il Ministro dell’economia e delle finanze, dopo l'approvazione da parte del Parlamento del documento di programmazione economica-finanziaria (oggi Decisione di finanza pubblica – DFP) e in coerenza con i vincoli e gli obiettivi stabiliti in tale documento, determini annualmente, e comunque entro il mese di settembre, con un proprio atto di indirizzo e per un periodo almeno triennale, gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l'attività delle agenzie fiscali. Il documento di indirizzo è trasmesso al Parlamento.

In merito alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 42/2009 ne prevede l’istituzione nell’ambito della Conferenza Unificata, di cui fanno parte i diversi livelli istituzionali di governo. La Conferenza si avvale della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie alla sua attività. Tra i compiti istituzionali, previsti dall’articolo 5 della legge n. 42/2009, vi è quello che impegna la Conferenza a concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento, nonché alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e a promuovere l’attivazione degli eventuali interventi necessari per il rispetto di tali obiettivi, in particolare per ciò che concerne la procedura del Patto di convergenza di cui all’articolo 18 (art. 5, comma 1, lettera a)).

Tale organo non è stato ancora istituito.

 

Il comma 2 prevede che le Regioni – nel rispetto della propria autonomia organizzativa in relazione all’attività di gestione e riscossione dei tributi - possano definire, mediante atto convenzionale sottoscritto con il Ministero dell’economia e delle finanze e con l’Agenzia delle entrate, le modalità operative e gestionali dei tributi regionali, nonché le modalità di riparto degli introiti derivanti dall’attività di recupero dell’evasione. Il predetto atto riguarda anche le compartecipazioni al gettito di tributi erariali.

 

Il comma 3 fissa il contenuto dell’atto convenzionale, che deve prevedere la condivisione delle basi informative e l’integrazione dei dati di fonte statale con gli archivi regionali e locali.

 

Il comma 4 affida all’Agenzia delle Entrate, ai predetti scopi di interazione e collaborazione tra diversi livelli di governo nella gestione dei tributi, le seguenti attività relative all’IRAP e all’addizionale regionale all’IRPEF:

§       controllo e rettifica delle dichiarazioni;

§       accertamento;

§       contenzioso.

La norma affida ad apposite convenzioni tra l'Agenzia delle Entrate e le Regioni la disciplina delle modalità di gestione delle suddette imposte, nonché il relativo rimborso spese.

 

Si ricorda in proposito che ai sensi dell’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo dell’IRAP, le Regioni possono affidare al Ministero dell’economia e delle finanze le attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell’imposta, nonché del relativo contenzioso, secondo le disposizioni in materia di imposte sui redditi. L’articolo 62 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 ha attribuito all'Agenzia delle Entrate la competenza a svolgere i servizi relativi all'amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei tributi diretti e dell’IVA, nonché di tutte le imposte, diritti o entrate erariali o locali già di competenza del Dipartimento delle entrate del Ministero delle finanze o affidati alla sua gestione in base alla legge o ad apposite convenzioni stipulate con gli enti impositori.

Infine, ai sensi dell’articolo 57, comma 2, del D.Lgs. 300/1999, le Regioni e gli Enti Locali possono attribuire alle Agenzie fiscali, sulla base di un rapporto convenzionale, la gestione delle funzioni ad essi spettanti.

Nella prassi, diverse Regioni hanno stipulato con l’Agenzia delle Entrate apposite convenzioni per l’affidamento delle predette attività relative all’IRAP e all’addizionale regionale IRPEF[118].

La norma in commento rende dunque obbligatorio tale affidamento, demandando ancora una volta ad apposta convenzione la determinazione delle sole modalità di gestione dell’IRAP e dell’addizionale IRPEF.

 

Il comma 4-bis, con il fine di conseguire a livello territoriale gli obiettivi di politica fiscale contenuti nell’atto di indirizzo, fissa il contenuto discrezionale della convenzione relativa alle modalità gestionali e operative dei tributi regionali e del riparto degli introiti derivanti dalla lotta all’evasione (di cui al già illustrato comma 2).

Essa può prevedere, di concerto con la Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate, la definizione delle direttive generale sui criteri di gestione e impiego delle risorse disponibili.

 

Le modalità attuative di tale previsione (comma 5) sono contenute in apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza permanente Stato – Regioni e Province autonome.

 

Il comma 6 istituisce, presso ciascuna sede regionale dell’Agenzia delle Entrate un apposito Comitato regionale di indirizzo avente il compito di gestire i tributi il cui gettito sia ripartito tra i diversi livelli di governo.

Il Comitato è previsto nella convenzione di cui al citato articolo 2, la quale ne stabilisce altresì la composizione: i rappresentanti sono designati dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, dalla Regione e dagli enti locali.

La gestione dei tributi affidata al Comitato si svolge sulla base di linee guida concordate con l’Agenzia delle Entrate, nell’ambito della Conferenza permanente Stato–Regioni e Province autonome.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera le norme la cui inclusione nel testo dello schema di decreto è posta come condizione nell’ambito dell’Intesa raggiunta tra Governo ed Autonomie.

 

In merito ai profili di quantificazione, appaiono necessari chiarimenti in merito alla eventuale insorgenza di oneri connessi alla istituzione, su base regionale, dei Comitati regionali di indirizzo ed al relativo funzionamento.

 

 


 

Articolo 7-quater
(Misure compensative di interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali)

 

1. Gli interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), della citata legge n. 42 del 2009 sono possibili, a parità di funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di misure per la completa compensazione tramite modifica di aliquota o attribuzione di altri tributi.

2. La quantificazione finanziaria delle predette misure e l'individuazione delle modalità di finanziamento compensative sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza permanente per il funzionamento della finanza pubblica di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 42 del 2009.

 

 

L’articolo 7-quater, che costituisce una delle condizioni alle quali nel testo concordato tra Governo-Autonomieè subordinato il rilascio della relativa Intesa reca disposizioni dirette ad evitare che le eventuali modifiche alla normativa statale fiscale sulla disciplina di alcune imposte determinino una variazione non compensata del gettito tributario delle regioni.

Ai sensi del comma 1, i tributi interessati dalla norma in esame sono quelli indicati nell’articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2) della legge delega sul federalismo fiscale (n. 42 del 2009) ed in particolare:

1)    i tributi propri derivati, istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle regioni;

2)    le addizionali calcolate sulle basi imponibili dei tributi erariali.

Gli interventi sulla normativa statale - relativamente ai quali è richiesta la compensazione finanziaria – sono quelli che recano modifiche alla base imponibile ovvero alle aliquote dei richiamati tributi regionali e addizionali.

Relativamente ai tributi e alle tipologie di intervento sopra indicate, il comma esame stabilisce che la disciplina statale può essere modificata solo se, a parità di funzioni amministrative conferite, si provvede, contestualmente, ad adottare misure di modifica di aliquota o attribuzione di altri tributi al fine di garantire la completa compensazione degli effetti finanziari.

Il comma 2 prevede che la quantificazione degli effetti finanziari recati dalle misure introdotte ai sensi del comma precedente nonché le modalità di finanziamento compensative delle variazioni del gettito saranno disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa con la Conferenza permanente per il funzionamento(rectius: coordinamento) della finanza pubblicadi cui all’articolo 5 della legge n. 42 del 2009.

Non appare chiara la necessità di disciplinare con D.P.C.M. la quantificazione degli effetti finanziari delle misure compensative tenuto conto che la stima delle variazioni di gettito dovrà essere indicata, ai sensi dell’articolo 17 della legge n. 196 del 2009, nella relazione tecnica da allegare al provvedimento che introduce le misure compensative medesime.

L’’individuazione delle modalità di finanziamento compensative da effettuare con il D.P.C.M. dovrebbe consistere, e sul punto sarebbe opportuna una conferma, nella ripartizione tra le regioni del differenziale di gettito conseguente alle misure compensative introdotte ai sensi del comma 1.

Si valuti inoltre l’opportunità di prevedere una trasmissione al Parlamento del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in funzione di un potenziale coinvolgimento delle Commissioni parlamentari.

Profili finanziari

 

La relazione tecnica non considera le norme la cui inclusione nel testo dello schema di decreto è posta come condizione nell’ambito dell’Intesa raggiunta tra Governo ed Autonomie.

 

In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno chiarire se la disposizione di cui al comma 1 si intenda applicabile simmetricamente sia nel caso di interventi statali che determinino una riduzione del gettito, sia nel caso opposto.

Appare, inoltre, utile chiarire se tra gli interventi statali sulla struttura dei tributi regionali derivati e sulle addizionali sulle basi imponibili di tributi erariali, di cui al comma 1, debbano intendersi ricompresi anche quelli adottati a seguito di adeguamento alla normativa comunitaria ovvero in attuazione di sentenze della Corte di Giustizia europea e degli organi giurisdizionali nazionali.

 


 

Articolo 24-bis
(Disposizioni particolari per Regioni a Statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)

 

1. Nei confronti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano rimane ferma l'applicazione dell'articolo 1, comma 2, e degli articoli 15, 22 e 27 della citata legge n. 42 del 2009, nel rispetto dei rispettivi Statuti.

2. Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono la comunicazioni degli elementi informativi e dei dati necessari all' attuazione del presente decreto nel rispetto dei principi di autonomia dei rispettivi Statuti speciali e del principio di leale collabora­zione.

 

 

L'Intesa Governo-Autonomie del 16 dicembre 2010 propone l'introduzione dell'articolo 24-bis, riguardante il rapporto della normativa recata dallo schema del decreto legislativo in esame con l'ordinamento delle regioni a statuto speciale.

Il primo comma dispone che rimane fermo quanto disposto all'articolo 1, comma 2 della legge delega.

Questa norma ha introdotto un principio di riserva di disciplina, inteso a delimitare l’applicabilità e l’efficacia delle disposizioni della legge delega e ad integrarne i principi, così da rendere la normativa del federalismo fiscale compatibile e coerente con le prerogative dell’autonomia speciale. La norma, ripresa dall'articolo 24-bis in esame, elenca gli articoli che esclusivamente si applicano alle regioni a statuto speciale nel rispetto dei rispettivi statuti.

In particolare:

-        l’articolo 15, reca i principi che informano l’istituzione delle città metropolitane e, dunque, attiene alla competenza legislativa primaria che quelle regioni hanno sull’ordinamento e sulla finanza delle autonomie locali sui rispettivi territori;

-        l’articolo 22, estende esplicitamente alle autonomie speciali la procedura rivolta alla «perequazione infrastrutturale», che costituisce una particolare modalità di attuazione del quinto comma dell’articolo 119. Tale perequazione potrebbe infatti incidere su talune prerogative che gli statuti speciali assicurano per il loro finanziamento ad alcune di esse: ad esempio il fondo di solidarietà di cui all’articolo 38 dello Statuto siciliano ed il Piano di rinascita di cui all’articolo 14 dello Statuto sardo, per citare le disposizioni di maggior rilievo.

-        l’articolo 27, disciplina l’introduzione della riforma tramite norme di attuazione degli statuti speciali e stabilisce gli ambiti in cui taluni dei nuovi principi trovano attuazione in quegli ordinamenti.

 

Si ricorda che sono già state emanate norme che recepiscono i principi del federalismo fiscale e – in particolare - l'articolo 27 della legge delega, nei riguardi di tre regioni a statuto speciale, come di seguito illustrato in sintesi.

-        Per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano con la legge finanziaria 2010 (Legge 191/2009 art. 2 commi 106-125), che ha – tra l'altro - disciplinato il Patto di stabilità, determinato il concorso delle province autonome al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà del federalismo fiscale attraverso la rinuncia alle quote dei fondi settoriali e l’assunzione a carico dei propri bilanci di nuove funzioni trasferite o delegate dallo Stato e attraverso il finanziamento di iniziative e progetti relativi anche ai territori confinanti.

-        Per la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia con la legge di stabilità 2011 (legge 220/2010, articolo 1, commi 149-157) che definisce, tra l'altro, il contributo regionale all'attuazione del federalismo fiscale, disciplina il patto di stabilità; modifica l'ordinamento finanziario regionale, riguardo i tributi locali e l'accertamento tributario e detta norme generali per il coordinamento tra l'attuazione del federalismo fiscale e l'ordinamento finanziario della regione.

-        Per la Regione autonoma Valle d'Aosta con la legge di stabilità 2011 (legge 220/2010, articolo 1, commi 160-164) che determina il contributo della regione agli obiettivi di perequazione e solidarietà, rinvia all'adozione di norme di attuazione per il necessario adeguamento dell'ordinamento finanziario della regione e detta norme generali per il coordinamento dello stesso con l'attuazione del federalismo fiscale.

 

Il secondo comma dell'articolo in esame reca una disposizione di principio sulla collaborazione istituzionale con riguardo alla comunicazione di tutti gli elementi informativi utili all'attuazione delle norme contenute nello schema di decreto in esame.

 


 

Testo a fronte tra
lo schema di decreto legislativo n. 317
e il testo risultante dall’Intesa con le Autonomie


 

Schema decreto legislativo Atto n. 317

Testo coordinato con Intesa

 

 

Articolo 1
(Oggetto)

Articolo 1
(Oggetto)

1. Le disposizioni del presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione di trasferimenti statali.

1. Le disposizioni del presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e la conseguente soppressione di trasferimenti statali.

2. Le medesime disposizioni individuano le compartecipazioni delle regioni a statuto ordinario al gettito di tributi erariali e i tributi delle Regioni a statuto ordinario, nonché disciplinano i meccanismi perequativiche costituiscono le fonti di finanziamento del complesso delle spese delle stesse Regioni.

2. Le medesime disposizioni individuano le compartecipazioni delle regioni a statuto ordinario al gettito di tributi erariali e i tributi delle Regioni a statuto ordinario, nonché disciplinano i meccanismi perequativiche costituiscono le fonti di finanziamento del complesso delle spese delle stesse Regioni.

3. Il gettito delle fonti di finanziamento di cui al comma 2 è senza vincolo di destinazione.

3. Il gettito delle fonti di finanziamento di cui al comma 2 è senza vincolo di destinazione.

 

 

 

Articolo 1-bis
(Misure in materia di finanza pubblica)

 

1. L'autonomia finanziaria delle regioni deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita.

 

2. La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica concorre alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, con specifico riguardo al limite massimo di pressione fiscale.

 

3. Fino alla determinazione, con legge, dei livelli essenziali delle prestazioni, tramite intesa conclusa in sede di Conferenza unificata sono stabiliti i livelli di servizio da erogare, aventi caratteristiche di generalità e permanenza, e il relativo fabbisogno, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

 

 

Articolo 2
(Rideterminazione dell’addizionale all’IRPEF delle Regioni a statuto ordinario)

Articolo 2
(Rideterminazione dell’addizionale all’IRPEF delle Regioni a statuto ordinario)

1. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale regionale all’IRPEFèrideterminatacon decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, da adottare entro il 30 giugno 2011, sentita la Conferenza Stato-Regioni, in modo tale da assicurareal complesso delle Regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi ai sensi dell’articolo 6 ed alle entrate derivanti dalla compartecipazione soppressa ai sensi dell’articolo 7, comma 3. All’aliquota così rideterminata si aggiungono, a decorrere dall’anno 2014, le percentuali indicate nel comma 1, lettere b) e c), dell’articolo 5 del presente decreto. Con il decreto di cui al presente comma sono ridotte le aliquote dell’Irpef di competenza statale, con l’obiettivo di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.

1. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale regionale all’IRPEFèrideterminatacon decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, da adottare entro il 30 giugno 2011, sentita la Conferenza Stato-Regioni, in modo tale da assicurareal complesso delle Regioni a statuto ordinario entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi ai sensi dell’articolo 6 ed alle entrate derivanti dalla compartecipazione soppressa ai sensi dell’articolo 7, comma 3. All’aliquota così rideterminata si aggiungono, a decorrere dall’anno 2014, le percentuali indicate nel comma 1, lettere b) e c), dell’articolo 5 del presente decreto. Con il decreto di cui al presente comma sono ridotte le aliquote dell’Irpef di competenza statale, con l’obiettivo di mantenere inalterato il prelievo fiscale complessivo a carico del contribuente.

2. Per l’anno 2012 il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello, stabilito dalla vigente normativa, del finanziamento del Servizio sanitario nazionale al quale ordinariamente concorre lo Stato.

2. Per l’anno 2012 il fabbisogno sanitario nazionale standard corrisponde al livello, stabilito dalla vigente normativa, del finanziamento del Servizio sanitario nazionale al quale ordinariamente concorre lo Stato.

3. Restano ferme le disposizioni in materia di quota premiale e di relativa erogabilità in seguito alla verifica degli adempimenti in materia sanitaria di cui all’articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché le disposizioni in materia di realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario, di rilievo nazionale e di relativa erogabilità delle corrispondenti risorse ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni, e in materia di fondo di garanzia e di recuperi, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, rispettivamente per minori ovvero maggiori gettiti fiscali effettivi rispetto a quelli stimati ai fini della copertura del fabbisogno sanitario standard regionale. Resta altresì fermo che al finanziamento della spesa sanitaria fino all’anno 2013 concorrono le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010, e le ulteriori risorse, previste da specifiche disposizioni, che ai sensi della normativa vigente sono ricomprese nel livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordina­riamente lo Stato.

3. Restano ferme le disposizioni in materia di quota premiale e di relativa erogabilità in seguito alla verifica degli adempimenti in materia sanitaria di cui all’articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché le disposizioni in materia di realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario, di rilievo nazionale e di relativa erogabilità delle corrispondenti risorse ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni, e in materia di fondo di garanzia e di recuperi, di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, rispettivamente per minori ovvero maggiori gettiti fiscali effettivi rispetto a quelli stimati ai fini della copertura del fabbisogno sanitario standard regionale. Resta altresì fermo che al finanziamento della spesa sanitaria fino all’anno 2013 concorrono le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010, e le ulteriori risorse, previste da specifiche disposizioni, che ai sensi della normativa vigente sono ricomprese nel livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordina­riamente lo Stato.

4. Salvo quanto previsto dal comma 1, continua ad applicarsi la disciplina relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche, vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Salvo quanto previsto dal comma 1, continua ad applicarsi la disciplina relativa all’imposta sul reddito delle persone fisiche, vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Articolo 3
(Compartecipazione regionale all’IVA)

Articolo 3
(Compartecipazione regionale all’IVA)

1. A ciascuna Regione a statuto ordinario spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto.

1. A ciascuna Regione a statuto ordinario spetta una compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto.

2. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 l’aliquota di compartecipazione di cui al comma 1 è calcolata in base alla normativa vigente, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE. A decorrere dall’anno 2014 l’aliquota è determinata con le modalità previste dall’articolo 11, commi 3 e 5, primo periodo.

2. Per gli anni 2011, 2012 e 2013 l’aliquota di compartecipazione di cui al comma 1 è calcolata in base alla normativa vigente, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE. A decorrere dall’anno 2014 l’aliquota è determinata con le modalità previste dall’articolo 11, commi 3 e 5, primo periodo, al netto di quanto devoluto alle regioni a statuto speciale e delle risorse UE.

3. A decorrere dall’anno 2013 le modalità di attribuzione del gettito della compartecipazione Iva alle Regioni sono stabilite in conformità con il principio di territorialità. Il principio di territorialità tiene conto del luogo di consumo. I criteri di attuazione del presente comma sono stabiliti con decreto di natura non regola­mentaredel Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni identificando il luogo di consumo con quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi. Nel caso dei servizi il luogo della prestazione può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore.

3. A decorrere dall’anno 2013 le modalità di attribuzione del gettito della compartecipazione Iva alle Regioni a Statuto ordinario sono stabilite in conformità con il principio di territorialità. Il principio di territorialità tiene conto del luogo di consumo. I criteri di attuazione del presente comma sono stabiliti con decreto di natura non regolamentaredel Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Regioni identificando il luogo di consumo con quello in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi. Nel caso dei servizi il luogo della prestazione può essere identificato con quello del domicilio del soggetto fruitore.

 

 

Art. 4
(Riduzione dell’IRAP)

Art. 4
(Riduzione dell’IRAP)

1. A decorrere dall’anno 2014ciascuna Regione a statuto ordinario, con propria legge, può ridurre le aliquote dell’IRAP fino ad azzerarle, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

1. A decorrere dall’anno 2014ciascuna Regione a statuto ordinario, con propria legge, può ridurre le aliquote dell’IRAP fino ad azzerarle, e disporre deduzioni dalla base imponibile, nel rispetto della normativa dell'Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia dell'Unione europea. Resta in ogni caso fermo il potere di variazione dell’aliquota di cui all’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

2. L’eventuale riduzione o azzeramento dell’IRAP è esclusivamente a carico del bilancio della Regione e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dei fondi di cui all’articolo 11.

2. Gli effetti finanziari derivanti dagli interventi di cui al comma 1 sono esclusivamente a carico del bilancio della Regione e non comportano alcuna forma di compensazione da parte dei fondi di cui all’articolo 11.

3. Non può essere disposta la riduzione dell’IRAP, se la maggiorazione di cui all’articolo 5, comma 1, è superiore allo 0,5 per cento.

3. Non può essere disposta la riduzione dell’IRAP, se la maggiorazione di cui all’articolo 5, comma 1, è superiore allo 0,5 per cento.

4. Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari.

4. Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari.

 

 

Articolo 5
(Addizionale regionale all’IRPEF)

Articolo 5
(Addizionale regionale all’IRPEF)

1. Ciascuna Regione a Statuto ordinario può, con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di base. La predetta aliquota di base è pari allo 0,9% sino alla rideterminazione effettuata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, primo periodo. La maggiorazione non può essere superiore:

1. Ciascuna Regione a Statuto ordinario può, con propria legge, aumentare o diminuire l’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di base. La predetta aliquota di base è pari allo 0,9% sino alla rideterminazione effettuata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, primo periodo. La maggiorazione non può essere superiore:

a) allo 0,5 per cento, sino all’anno 2013;

a) allo 0,5 per cento, sino all’anno 2013;

b) all’1,1 per cento, per l’anno 2014;

b) all’1,1 per cento, per l’anno 2014;

c) al 2,1 per cento, a decorrere dall’anno 2015.

c) al 2,1 per cento, a decorrere dall’anno 2015.

2. Resta fermo il limite della maggiorazione dello 0,5 per cento, se la Regione abbia disposto la riduzione dell’IRAP. In ogni caso, la maggiorazione oltre lo 0,5 per cento non deve comportare aggravio, sino ai primi due scaglioni di reddito, a carico dei titolari di redditi da lavoro dipendente o da pensione in relazione ai predetti redditi; con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l’attuazione del presente periodo. In caso di riduzione, l’aliquota deve assicurare un gettito non inferiore all’ammontare dei trasferimenti regionali ai Comuni, soppressi in attuazione dell’articolo 8.

2. Resta fermo il limite della maggiorazione dello 0,5 per cento, se la Regione abbia disposto la riduzione dell’IRAP. In ogni caso, la maggiorazione oltre lo 0,5 per cento non deve comportare aggravio, sino ai primi due scaglioni di reddito, a carico dei titolari di redditi da lavoro dipendente o da pensione in relazione ai predetti redditi; con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite le modalità per l’attuazione del presente periodo. In caso di riduzione, l’aliquota deve assicurare un gettito che, unitamente a quello derivante dagli altri tributi regionali di cui all’articolo 8, comma 2, non sia inferiore all’ammontare dei trasferimenti regionali ai Comuni, soppressi in attuazione dell’articolo 8.

3. Per assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, le Regioni possono stabilire aliquotedell’addizionale regionale all’IRPEFdifferenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale.

3. Per assicurare la razionalità del sistema tributario nel suo complesso e la salvaguardia dei criteri di progressività cui il sistema medesimo è informato, le Regioni possono stabilire aliquotedell’addizionale regionale all’IRPEFdifferenziate esclusivamente in relazione agli scaglioni di reddito corrispondenti a quelli stabiliti dalla legge statale.

4. Le Regioni, nell’ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono disporre, con propria legge detrazioni in favore della famiglia, maggiorando le detrazioni previste dall’articolo 12 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

4. Le Regioni, nell’ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono disporre, con propria legge detrazioni in favore della famiglia, maggiorando le detrazioni previste dall’articolo 12 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

5. Al fine di favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, quarto comma, della Costituzione, le Regioni, nell’ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono inoltre disporre, con propria legge,detrazioni dall’addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale.

5. Al fine di favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’articolo 118, quarto comma, della Costituzione, le Regioni, nell’ambito della addizionale di cui al presente articolo, possono inoltre disporre, con propria legge,detrazioni dall’addizionale stessa in luogo dell'erogazione di sussidi, voucher, buoni servizio e altre misure di sostegno sociale previste dalla legislazione regionale.

6. L’applicazione delle detrazioni previste dai commi 4 e 5 è esclusivamente a carico del bilancio della Regione che le dispone e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dello Stato. In ogni caso deve essere garantita la previsione di cui al comma 2, ultimo periodo.

6. L’applicazione delle detrazioni previste dai commi 4 e 5 è esclusivamente a carico del bilancio della Regione che le dispone e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dello Stato. In ogni caso deve essere garantita la previsione di cui al comma 2, ultimo periodo.

7. La possibilità di disporre le detrazioni di cui ai commi 4 e 5 è sospesa per le Regioni impegnate nei piani di rientro dal deficit sanitario alle quali è stata applicata la misura di cui all’articolo 2, comma 83, lettera b) e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per mancato rispetto del piano stesso.

7. La possibilità di disporre le detrazioni di cui ai commi 4 e 5 è sospesa per le Regioni impegnate nei piani di rientro dal deficit sanitario alle quali è stata applicata la misura di cui all’articolo 2, comma 83, lettera b) e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per mancato rispetto del piano stesso.

8. Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

8. Restano fermi gli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazione di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.

9. L’eventuale riduzione dell’addizionale regionale all’IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dei fondi di cui all’articolo 11.

9. L’eventuale riduzione dell’addizionale regionale all’IRPEF è esclusivamente a carico del bilancio della regione e non comporta alcuna forma di compensazione da parte dei fondi di cui all’articolo 11.

 

 

Articolo 6
(Soppressione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario)

Articolo 6
(Soppressione dei trasferimenti dallo Stato alle Regioni a statuto ordinario)

1. A decorrere dall’anno 2012sono soppressi tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle Regioni a statuto ordinario aventi carattere di generalità e permanenza e destinati all’esercizio delle competenze regionali, ivi compresi quelli finalizzati all’esercizio di funzioni da parte di Province e Comuni. Le Regioni a statuto ordinario esercitano l’autonomia tributaria prevista dagli articoli 4, 5, 7 e 8, comma 2, del presente decreto in modo da assicurare il rispetto dei termini fissati dal presente Capo. Sono esclusi dalla soppressione i trasferimenti relativi al fondo perequativo di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

1. A decorrere dall’anno 2012sono soppressi tutti i trasferimenti statali di parte corrente alle Regioni a statuto ordinario aventi carattere di generalità e permanenza e destinati all’esercizio delle competenze regionali, ivi compresi quelli finalizzati all’esercizio di funzioni da parte di Province e Comuni. Le Regioni a statuto ordinario esercitano l’autonomia tributaria prevista dagli articoli 4, 5, 7 e 8, comma 2, del presente decreto in modo da assicurare il rispetto dei termini fissati dal presente Capo. Sono esclusi dalla soppressione i trasferimenti relativi al fondo perequativo di cui all’articolo 3, commi 2 e 3, della legge 28 dicembre 1995, n. 549.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza Unificata, sono individuati i trasferimenti statali di cui al comma 1. Con ulteriore decreto adottato con le modalità previste dal primo periodo possono essere individuati ulteriori trasferimenti suscettibili di soppressione.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza Unificata, sono individuati i trasferimenti statali di cui al comma 1. Con ulteriore decreto adottato con le modalità previste dal primo periodo possono essere individuati ulteriori trasferimenti suscettibili di soppressione.

 

2. bis. In caso di trasferimento di funzioni amministrative dallo Stato alle Regioni, in attuazione dell'articolo 118 della Costituzione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità che assicurano adeguate forme di copertura finanziaria, in conformità a quanto previsto dall'articolo 8, comma l, lettera i), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

 

Articolo 7
(Ulteriori tributi regionali)

Articolo 7
(Ulteriori tributi regionali)

1. Ferma la facoltà prevista dall’articolo 25, a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono soppressi la tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale, l’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l’addizionale regionale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica. Sono, conseguentemente, abrogati l’art. 190 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, l’art. 121 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, gli articoli da 1 a 7 e da 9 a 10 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, l’art. 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’art. 5 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’art. 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’art. 18, comma 4, della legge 5 gennaio 1994, n. 36. Qualora la Regione non si avvalga della facoltà prevista dall’articolo 25, essa fa fronte all’onere derivante dal presente comma con la riduzione di spese ovvero con il gettito derivante dall’eventuale incremento della addizionale regionale all’IRPEF ai sensi dell’articolo 5.

1. Ferma la facoltà per le regioni di sopprimerli, a decorrere dal 1° gennaio 2014 sono trasformati in tributi propri regionali la tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale, l’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio marittimo, l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del patrimonio indisponibile, la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali, le tasse sulle concessioni regionali, l'imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili, di cui all'articolo 190 del R.D.. 31 agosto 1933, n. 1592, all'articolo 121 del D,P,R. 24 luglio 1977, n. 616, agli articoli da 1 a 7 e da 9 a 10 del d.l. 5 ottobre 1993, n. 400, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, all'articolo 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, all'articolo 5 della legge maggio 1970, n. 281, all'articolo 3 della legge 16 maggio 1970, n. 281, agli articoli da 90 a 95 della legge 21 novembre 2000, n. 342.

 

1-bis. Fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale le Regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale come tributo proprio di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), numero 3, della citata legge n. 42 del 2009.

2. Salvo quanto previsto dal comma 1, alle Regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Ipredetti tributi costituiscono tributi propri derivati.

2. Alle Regioni a statuto ordinario spettano gli altri tributi ad esse riconosciuti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Ipredetti tributi costituiscono tributi propri derivati.

3. A decorrere dall’anno 2012 è soppressa la compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina.

3. A decorrere dall’anno 2012 è soppressa la compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina.

4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 e dal comma 3, spettano altresì alle Regioni a statuto ordinario le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 3 e dal comma 3, spettano altresì alle Regioni a statuto ordinario le altre compartecipazioni al gettito di tributi erariali, secondo quanto previsto dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

 

Articolo 7-bis
(Attribuzione alle Regioni del gettito derivante dalla lotta all'evasione fiscale)

 

1. In coerenza con quanto previsto dall'articolo 9, comma 1, lettera c), numero 1), della citata legge n. 42 del 2009, è assicurato il riversamento diretto alle Regioni, in relazione ai principi di territorialità di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d) della medesima legge n. 42 de! 2009, dell'intero gettito derivante dall'attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati e alle addizionali alle basi imponibili dei tributi erariali di cui al presente decreto.

 

2. E' altresì attribuita alle Regioni, in relazione ai principi di territorialità di cui all'articolo 7, comma 1, lettera d) della citata legge n. 42 del 2009, una quota del gettito derivante dall'attività di recupero fiscale in materia di IVA. commisurata all'aliquota di compartecipazione prevista dal presente decreto. Ai sensi dell'articolo 25, comma 1, lettera b) della citata legge n. 42 del 2009, le modalità di condivisione degli oneri di gestione delle predette attività di recupero fiscale sono disciplinate con specifico atto convenzionale sottoscritto tra Regione ed Agenzia delle Entrate.

 

3. Qualora vengano attribuite alle Regioni ulteriori forme di compartecipazione al gettito dei tributi erariali, è contestualmente riversata alle Regioni una quota del gettito derivante dall'attività di recupero fiscale relativa ai predetti tributi, in coerenza a quanto previsto dal comma 2.

 

4. Con Decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di riversamento diretto alle Regioni delle risorse di cui ai commi 1, 2 e 3.

 

 

 

Articolo 7-ter
(…)

 

1. L'atto di indirizzo per il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 è adottato dal Ministro dell'economia c delle finanze, d'intesa con le Regioni e sentita la Conferenza permanente per il funzionamento della finanza pubblica, di cui all'articolo 5 della citata legge n. 42 del 2009.

 

2. Nel rispetto della autonomia organizzativa delle Regioni nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione, le Regioni possono definire con specifico atto convenzionale, sottoscritto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con l'Agenzia delle entrate, le modalità gestionali e operative dei tributi regionali, nonché le modalità di ripartizione degli introiti derivanti dall' attività di recupero dell' evasione. L'atto convenzionale, sottoscritto a livello nazionale, riguarda altresì le compartecipazione al gettito dei tributi erariali.

 

3. La convenzione di cui al comma 2 deve prevedere la condivisione delle basi informative e l'integrazione dei dati di fonte statale con gli archivi regionali e locali.

 

4. Per le medesime finalità stabilite al comma 2, le attività di controllo, di rettifica della dichiarazione, di accer­tamento e di contenzioso dell'imposta regionale sulle attività produttive e dell'addizionale regionale all'IRPEF devono essere svolte dall'Agenzia delle Entrate. Le modalità di gestione delle imposte indicate al primo periodo. nonché il relativo rimborso spese, sono disciplinati sulla base di convenzioni da definire tra l'Agenzia delle Entrate e le Regioni. 4-bis. Al fine di assicurare a livello territoriale il conseguimento degli obiettivi di politica fiscale .di cui al comma 1, la convenzione di cui al comma 2 può prevedere la possibilità per le Regioni di definire di concerto con la Direzione regionale dell'Agenzia delle Entrate, le direttive generali sui criteri della gestione esuli' impiego delle risorse disponibili.

 

5. Previo accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono definite le modalità attuative delle disposizioni di cui al comma 4-bis.

 

6. Per la gestione dei tributi il cui gettito sia ripartito tra gli enti di diverso livello di governo la convenzione di cui al comma 2 prevede l'istituzione presso ciascuna sede regionale dell'Agenzia delle Entrate di un Comitato regionale di indirizzo, di cui stabilisce la composizione con rappresentanti designati dal direttore dell'Agenzia delle Entrate, dalla Regione e dagli Enti locali. La citata gestione dei tributi è svolta sulla base di linee guida concordate nell'ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, con l'Agenzia delle Entrate.

 

 

 

Articolo 7-quater
(Misure compensative di interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali)

 

1. Gli interventi statali sulle basi imponibili e sulle aliquote dei tributi regionali di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b), numeri 1) e 2), della citata legge n. 42 del 2009 sono possibili, a parità di funzioni amministrative conferite, solo se prevedono la contestuale adozione di misure per la completa compensazione tramite modifica di aliquota o attribuzione di altri tributi.

 

2. La quantificazione finanziaria delle predette misure e l'individuazione delle modalità di finanziamento compensative sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con la Conferenza permanente per il funzionamento della finanza pubblica di cui all'articolo 5 della medesima legge n. 42 del 2009.

 

 

Articolo 8
(Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario ai Comuni e compartecipazione comunale alla addizionale regionale all’IRPEF)

Articolo 8
(Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario ai Comuni e compartecipazione comunale alla addizionale regionale all’IRPEF)

1. Ciascuna Regione a statuto ordinario sopprime, a decorrere dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei Comuni, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), della legge n. 42.

1. Ciascuna Regione a statuto ordinario sopprime, a decorrere dal 2012, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese dei Comuni, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), della legge n. 42, aventi carattere di generalità e permanenza.

2. Con efficacia a decorrere dall’anno 2013 ciascuna Regione a statuto ordinario determina con atto amministrativo, d’intesa con i Comuni del proprio territorio, una compartecipazione degli stessi alla addizionale regionale all’IRPEF di cui all’articolo 5, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma 1 del presente articolo. Può altresì adeguare l’aliquota sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei Comuni. La predetta quota di compartecipazione può, inoltre, essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di soppressione.

2. Con efficacia a decorrere dall’anno 2012 ciascuna Regione a statuto ordinario determina, secondo quanto previsto dallo Statuto o, in coerenza dello stesso, con atto amministrativo, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali, d'intesa con i Comuni del proprio territorio, una compartecipazione ai tributi regionali, e prioritariamente alla addizionale regionale all’Irpef, o individua tributi che possono essere integralmente devoluti, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali dovuti ai sensi del comma 1 del presente articolo. Con il medesimo procedimento può essere rivista la compartecipazione ai tributi regionali o l'individuazione dei tributi devoluti sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni dei Comuni.

3. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 120, comma 2, della Costituzione.

3. Identico.

4. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attuazione del presente articolo, ciascuna Regione istituisce un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio alimentato dal gettito di cui al comma 2. Previo accordo con i Comuni, la Regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo Comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

4. Con efficacia a decorrere dalla data di cui al comma 1, per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attuazione del presente articolo, ciascuna Regione istituisce un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio alimentato dal gettito di cui al comma 2. Previo accordo con i Comuni, la Regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute al singolo Comune in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

 

5. Il fondo sperimentale regionale di riequilibrio cessa i suoi effetti al momento dell'istituzione del fondo perequativo di cui all'art. 13 della citata legge n. 42 del 2009.

 

 

Articolo 9

(Norme transitorie)

Articolo 9
(Norme transitorie)

1. Nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria, nonché della specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali, la legge statale stabilisce la disciplina delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni. Fino a loro nuova determinazione, si considerano i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale vigente.

1. Nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria, nonché della specifica cornice finanziaria dei settori interessati relativa al finanziamento dei rispettivi fabbisogni standard nazionali, la legge statale stabilisce la disciplina delle procedure per la determinazione dei livelli essenziali di assistenza e dei livelli essenziali delle prestazioni. Fino a loro nuova determinazione, si considerano i livelli essenziali di assistenza e i livelli essenziali delle prestazioni già fissati in base alla legislazione statale vigente.

 

 

Articolo 10
(Classificazione delle spese regionali)

Articolo 10
(Classificazione delle spese regionali)

1. Le spese di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 1), della legge n. 42del 2009 sono quelle relative ai livelli essenziali delle prestazioni nelle seguenti materie:

1. Le spese di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 1), della legge n. 42del 2009 sono quelle relative ai livelli essenziali delle prestazioni nelle seguenti materie:

a) sanità;

a) sanità;

b) assistenza sociale;

b) assistenza sociale;

c) istruzione scolastica;

c) istruzione scolastica;

d) trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale;

d) trasporto pubblico locale, con riferimento alla spesa in conto capitale;

e) ulteriori materie individuate in base all’articolo 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009.

e) ulteriori materie individuate in base all’articolo 20, comma 2, della legge n. 42 del 2009.

2. Le spese di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 2), della legge n. 42 del 2009 sono individuate nelle spese diverse daquelle indicate nelcomma 1 del presente articolo e nell’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 3), della legge n. 42 del 2009.

2. Le spese di cui all’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 2), della legge n. 42 del 2009 sono individuate nelle spese diverse daquelle indicate nelcomma 1 del presente articolo e nell’articolo 8, comma 1, lettera a), numero 3), della legge n. 42 del 2009.

Articolo 11
(Fase a regime e fondo perequativo)

Articolo 11
(Fase a regime e fondo perequativo)

1. A decorreredal 2014, al termine della fase sperimentale, in conseguenza dell’avvio del percorso di graduale convergenza verso i costi standard, le fonti di finanziamento dellespese delle Regioni di cui al comma 1 dell’articolo 10del presente decreto sono le seguenti:

1. A decorreredal 2014, al termine della fase sperimentale, in conseguenza dell’avvio del percorso di graduale convergenza verso i costi standard, le fonti di finanziamento dellespese delle Regioni di cui al comma 1 dell’articolo 10del presente decreto sono le seguenti:

a) lacompartecipazione all’Iva di cui all’art. 3;

a) lacompartecipazione all’Iva di cui all’art. 3;

b) l’addizionale Irpef ridefinita secondole modalità del comma 1 dell’articolo 2;

b) quote dell'addizionale regionale all'IRPEF, come ridefinite secondo le modalità del comma 1 dell'articolo 2;

c) l’Irap fino alla data della sua sostituzione con altri tributi;

c) l’Irap fino alla data della sua sostituzione con altri tributi;

d) quote del fondo perequativo di cui al comma 5;

d) quote del fondo perequativo di cui al comma 5;

e) le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010.

e) le entrate proprie, nella misura convenzionalmente stabilita nel riparto delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale per l’anno 2010.

2. Ai fini del comma 1 il gettito dell’IRAP è valutato in base all’aliquota ordinariamente applicabile in assenza di variazioni disposte dalla Regione ovvero delle variazioni indicate dall’articolo 4, comma 4. Ai fini del comma 1 il gettito derivante dall’applicazione dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di cui all’articolo 5 è valutato in base all’aliquota calcolata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, primo periodo. Il gettito è, inoltre, valutato su base imponibile uniforme, con le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentitala Conferenza Stato-Regioni

2. Ai fini del comma 1 il gettito dell’IRAP è valutato in base all’aliquota ordinariamente applicabile in assenza di variazioni disposte dalla Regione ovvero delle variazioni indicate dall’articolo 4, comma 4. Ai fini del comma 1 il gettito derivante dall’applicazione dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF di cui all’articolo 5 è valutato in base all’aliquota calcolata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, primo periodo. Il gettito è, inoltre, valutato su base imponibile uniforme, con le modalità stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentitala Conferenza Stato-Regioni

3. La percentuale di compartecipazione all’IVA è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione. Per il finanziamento integraledei livelli essenziali delle prestazioni nelle regioni ove il gettito tributario è insufficiente, concorrono le quote del fondo perequativo di cui al comma 5 del presente articolo.

3. La percentuale di compartecipazione all’IVA è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano al livello minimo assoluto sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni in una sola regione. Per il finanziamento integraledei livelli essenziali delle prestazioni nelle regioni ove il gettito tributario è insufficiente, concorrono le quote del fondo perequativo di cui al comma 5 del presente articolo.

4. Le fonti di finanziamento dellespese di cui al comma 2 dell’articolo 10del presente decreto sono le seguenti:

4. Le fonti di finanziamento dellespese di cui al comma 2 dell’articolo 10del presente decreto sono le seguenti:

a) i tributi propri derivati di cui all’articolo 7, comma 2, del presente decreto;

a) i tributi propri derivati di cui all’articolo 7, comma 2, del presente decreto;

b) i tributi propri di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), n. 3) della legge n. 42 del 2009;

b) i tributi propri di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), n. 3) della legge n. 42 del 2009;

c) quote dell’addizionale regionale all’Irpef;

c) quote dell’addizionale regionale all’Irpef, come ridefinite secondo le modalità del comma 1 dell’articolo 2;

d) quote del fondo perequativo di cui al comma 7.

d) quote del fondo perequativo di cui al comma 7.

5. E’ istituito, dall’anno 2014, un fondo perequativo alimentato dal gettito prodotto da una compartecipazione al gettito dell’IVA determinata in modo tale dagarantire in ogni regione il finanziamento integrale delle spese di cui al comma 1 dell’art. 10 del presente decreto. Nel primo anno di funzionamento del fondo perequativo le suddette spese sono computate anche in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni devono gradualmente convergere verso i costi standard. Le modalità della convergenza sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ai fini del presente comma, per il settore sanitario, la spesa coincide con il fabbisogno sanitario standard come definito ai sensi dell’articolo 21.

5. E’ istituito, dall’anno 2014, un fondo perequativo alimentato dal gettito prodotto da una compartecipazione al gettito dell’IVA determinata in modo tale dagarantire in ogni regione il finanziamento integrale delle spese di cui al comma 1 dell’art. 10 del presente decreto. Nel primo anno di funzionamento del fondo perequativo le suddette spese sono computate anche in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni devono gradualmente convergere verso i costi standard. Le modalità della convergenza sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Ai fini del presente comma, per il settore sanitario, la spesa coincide con il fabbisogno sanitario standard come definito ai sensi dell’articolo 21.

6. La differenza tra il fabbisogno finanziario necessario alla copertura delle spese di cui al comma 1 dell’art. 10 e il gettito regionale dei tributi ad esse dedicati, é determinato con l’esclusione delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria, nonché dall’emersione della base imponibile riferibile al concorso regionale nell’attività di recupero fiscale. E’ inoltre garantita la copertura del differenziale certificato positivo tra i dati previsionali e l’effettivo gettito dei tributi, escluso il gettito derivante dalla lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale, alla regione di cui alcomma 3, primo periodo. Nel caso in cui l’effettivo gettito dei tributi sia superiore ai dati previsionali, il differenziale certificato è acquisito al bilancio dello Stato.

6. La differenza tra il fabbisogno finanziario necessario alla copertura delle spese di cui al comma 1 dell’art. 10 e il gettito regionale dei tributi ad esse dedicati, é determinato con l’esclusione delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria, nonché del gettito di cui all'articolo 7-bis. E’ inoltre garantita la copertura del differenziale certificato positivo tra i dati previsionali e l’effettivo gettito dei tributi, escluso il gettito di cui all'articolo 7-bis, alla regione di cui alcomma 3, primo periodo. Nel caso in cui l’effettivo gettito dei tributi sia superiore ai dati previsionali, il differenziale certificato è acquisito al bilancio dello Stato.

7. Per il finanziamento delle spese di cui al comma 2 dell’articolo 10 del presente decreto, le quote del fondo perequativo sono assegnate alle Regioni sulla base dei seguenti criteri:

7. Per il finanziamento delle spese di cui al comma 2 dell’articolo 10 del presente decreto, le quote del fondo perequativo sono assegnate alle Regioni sulla base dei seguenti criteri:

a) le Regioni con maggiore capacità fiscale, ovvero quelle nelle quali il gettito per abitante dell’addizionale regionale all’IRPEF supera il gettito medio nazionale per abitante, alimentano il fondo perequativo, in relazione all’obiettivo di ridurre le differenze interregionali di gettito per abitante rispetto al gettito medio nazionale per abitante;

a) le Regioni con maggiore capacità fiscale, ovvero quelle nelle quali il gettito per abitante dell’addizionale regionale all’IRPEF supera il gettito medio nazionale per abitante, alimentano il fondo perequativo, in relazione all’obiettivo di ridurre le differenze interregionali di gettito per abitante rispetto al gettito medio nazionale per abitante;

b) le Regioni con minore capacità fiscale, ovvero quelle nelle quali il gettito per abitante dell’addizionale regionale all’IRPEF è inferiore al gettito medio nazionale per abitante, partecipano alla ripartizione del fondo perequativo, alimentato dalle Regioni di cui alla lettera a), in relazione all’obiettivo di ridurre le differenze interregionali di gettito per abitante rispetto al gettito medio nazionale per abitante;

b) le Regioni con minore capacità fiscale, ovvero quelle nelle quali il gettito per abitante dell’addizionale regionale all’IRPEF è inferiore al gettito medio nazionale per abitante, partecipano alla ripartizione del fondo perequativo, alimentato dalle Regioni di cui alla lettera a), in relazione all’obiettivo di ridurre le differenze interregionali di gettito per abitante rispetto al gettito medio nazionale per abitante;

c) il principio di perequazione delle differenti capacità fiscali di cui al comma 5 dovrà essere applicato in modo da ridurre le differenze tra i territori con diversa capacità fiscale per abitante senza alternarne la graduatoria in termini di capacità fiscale per abitante;

c) il principio di perequazione delle differenti capacità fiscali di cui al comma 5 dovrà essere applicato in modo da ridurre le differenze tra i territori con diversa capacità fiscale per abitante senza alternarne la graduatoria in termini di capacità fiscale per abitante;

d) la ripartizione del fondo perequativo tiene conto, per le regioni con popolazione al di sotto di un numero di abitanti determinato con le modalità previste al comma 8, ultimo periodo, del fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa.

d) la ripartizione del fondo perequativo tiene conto, per le regioni con popolazione al di sotto di un numero di abitanti determinato con le modalità previste al comma 8, ultimo periodo, del fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa.

8. Le quote del fondo perequativo risul­tante dall’applicazione del presente artico­lo sono distintamente indicate nelle asse­gnazioni annuali. L’indicazione non com­porta vincoli di destinazione. Nel primo anno di funzionamento la perequazione fa riferimento alle spese di cui all’articolo 10, comma 2, computate in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni la perequazione deve gradualmente convergere verso le capacità fiscali. Le modalità della convergenza nonché le modalità di attuazione delle lettere a), b) e c) del comma 7, sono stabilite con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze,d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

8. Le quote del fondo perequativo risul­tante dall’applicazione del presente artico­lo sono distintamente indicate nelle asse­gnazioni annuali. L’indicazione non com­porta vincoli di destinazione. Nel primo anno di funzionamento la perequazione fa riferimento alle spese di cui all’articolo 10, comma 2, computate in base ai valori di spesa storica; nei successivi quattro anni la perequazione deve gradualmente convergere verso le capacità fiscali. Le modalità della convergenza nonché le modalità di attuazione delle lettere a), b), c) e d) del comma 7, sono stabilite con decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze,d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

Articolo 12
(Oggetto)

Articolo 12
(Oggetto)

1. Le disposizioni di cui al presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

1. Le disposizioni di cui al presente capo assicurano l’autonomia di entrata delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

2. Le medesime disposizioni individuano le fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

2. Le medesime disposizioni individuano le fonti di finanziamento del complesso delle spese delle Province ubicate nelle Regioni a statuto ordinario.

3. Il gettito delle fonti di finanziamento di cui al comma 2 è senza vincolo di destinazione.

3. Il gettito delle fonti di finanziamento di cui al comma 2 è senza vincolo di destinazione.

 

 

Articolo 13
(Tributi propri connessi al trasporto su gomma)

Articolo 13
(Tributi propri connessi al trasporto su gomma)

1. A decorrere dall’anno 2012 l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio derivato delle province. Si applicano le disposizioni dell’articolo 60, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

1. A decorrere dall’anno 2012 l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio derivato delle province. Si applicano le disposizioni dell’articolo 60, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.

2. L’aliquota dell’imposta di cui al comma 1 è pari al 12,5 per cento. A decorrere dall’anno 2014 le province possono aumentare o diminuire l’aliquota in misura non superiore a 2,5 punti percentuali.

2. L’aliquota dell’imposta di cui al comma 1 è pari al 12,5 per cento. A decorrere dall’anno 2014 le province possono aumentare o diminuire l’aliquota in misura non superiore a 2,5 punti percentuali.

3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate è approvato il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e sono individuati i dati da indicare nel predetto modello. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

3. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate è approvato il modello di denuncia dell’imposta sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216, e sono individuati i dati da indicare nel predetto modello. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

4.L'accertamento delle violazioni alle norme del presente articolo compete alle amministrazioni provinciali. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso relativi all’imposta di cui al comma 1 si applicano le disposizioni previste per le imposte sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216. Le province possono stipulare convenzioni con l’Agenzia delle entrate per l'espletamento, in tutto o in parte, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell'imposta, nonché per le attività concernenti il relativo contenzioso. Sino alla stipula delle predette convenzioni, le predette funzioni sono svolte dall’Agenzia delle entrate.

4.L'accertamento delle violazioni alle norme del presente articolo compete alle amministrazioni provinciali. A tal fine l'Agenzia delle Entrate definisce con proprio provvedimento un nuovo modello di dichiarazione dei redditi per le compagnie assicuratrici in cui viene prevista l'obbligatorietà della segnalazione degli importi, distinti per contratto ed ente di destinazione, annualmente versati alle Province. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso relativi all’imposta di cui al comma 1 si applicano le disposizioni previste per le imposte sulle assicurazioni di cui alla legge 29 ottobre 1961, n. 1216. Le province possono stipulare convenzioni non onerose con l’Agenzia delle entrate per l'espletamento, in tutto o in parte, delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell'imposta, nonché per le attività concernenti il relativo contenzioso. Sino alla stipula delle predette convenzioni, le predette funzioni sono svolte dall’Agenzia delle entrate.

5. La decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo nei confronti delle Province ubicate nelle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

5. La decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente articolo nei confronti delle Province ubicate nelle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

6. Continua ad essere attribuita alle Province l’imposta provinciale sulle trascrizioni, con le modalità previste dalla vigente normativa.

6. Fino al 2012 continua ad essere attribuita alle Province l’imposta provinciale sulle trascrizioni, con le modalità previste dalla vigente normativa. La riscossione viene effettuata dall'Aci senza oneri per le Province. Entro il2011 lo Stato provvede al riordino della disciplina dell'imposta provinciale di trascrizione in ordine a tariffe, oggetto di imposta e soggetti passivi.

 

 

Articolo 14
(Soppressione dei trasferimenti statali alle Province e compartecipazione provinciale all’accisa sulla benzina)

Articolo 14
(Soppressione dei trasferimenti statali alle Province e compartecipazione provinciale all’accisa sulla benzina)

1. A decorrere dall’anno 2012, spetta a ciascuna Provincia delle Regioni a statuto ordinario una compartecipazione all’accisa sulla benzina.

1. A decorrere dall’anno 2012, spetta a ciascuna Provincia delle Regioni a statuto ordinario una compartecipazione all’IRPEF.

2. L’aliquota di compartecipazione è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi ai sensi del comma 3, nonché alle entrate derivanti dalla compartecipazione e dalla addizionale soppresse ai sensi dei commi 6 e 7.

2. L’aliquota di compartecipazione è stabilita con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare entrate corrispondenti ai trasferimenti statali soppressi ai sensi del comma 3, nonché alle entrate derivanti dalla compartecipazione e dalla addizionale soppresse ai sensi dei commi 6 e 7.

3. A decorrere dall’anno 2012 sono soppressi i trasferimenti statali alle Province delle Regioni a Statuto ordinarioaventi carattere di generalità e permanenza.

3. A decorrere dall’anno 2012 sono soppressi i trasferimenti statali alle Province delle Regioni a Statuto ordinarioaventi carattere di generalità e permanenza.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza Stato- Città ed autonomie locali, sono individuati i trasferimenti statali di cui al comma 3.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro per i rapporti con le Regioni, sentita la Conferenza Stato- Città ed autonomie locali, sono individuati i trasferimenti statali di cui al comma 3.

5.L’aliquota di compartecipazione di cui al comma 2 può essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel predetto comma 2, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti statali suscettibili di soppressione.

5.L’aliquota di compartecipazione di cui al comma 2 può essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel predetto comma 2, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti statali suscettibili di soppressione.

6. La compartecipazione provinciale all’IRPEF di cui all’articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è prorogata limitatamente all’anno 2011.

6. La compartecipazione provinciale all’IRPEF di cui all’articolo 31, comma 8, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 è prorogata limitatamente all’anno 2011.

7. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato. A tal fine, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è rideterminatol’importo dell’accisa sull’energia elettrica in modo da assicurare l’equivalenza del gettito.

7. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 52 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 è soppressa e il relativo gettito spetta allo Stato. A tal fine, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze è rideterminatol’importo dell’accisa sull’energia elettrica in modo da assicurare l’equivalenza del gettito.

 

 

Articolo 15
(Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle Province e compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale)

Articolo 15
(Soppressione dei trasferimenti dalle Regioni a statuto ordinario alle Province e compartecipazione provinciale alla tassa automobilistica regionale)

1. Ciascuna Regione a statuto ordinario assicura la soppressione, a decorrere dall’anno 2013, dei trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese delle Province, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), della legge n. 42.

1. Ciascuna Regione a statuto ordinario assicura la soppressione, a decorrere dall’anno 2012, di tutti i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese delle Province, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera e), della legge n. 42.

2. Con efficacia a decorrere dall’anno 2013, ciascuna Regione a statuto ordinario determina con atto amministrativo, d’intesa con le Province del proprio territorio, una compartecipazione delle stesse alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma 1. Può altresì adeguare l’aliquota di compartecipazione sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province. La predetta compartecipazione può, inoltre, essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione.

2. Con efficacia a decorrere dall’anno 2012, ciascuna Regione a statuto ordinario determina con atto amministrativo, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali, d’intesa con le Province del proprio territorio, una compartecipazione delle stesse alla tassa automobilistica sugli autoveicoli spettante alla regione, in misura tale da assicurare un importo corrispondente ai trasferimenti regionali soppressi ai sensi del comma 1. Può altresì adeguare l’aliquota di compartecipazione sulla base delle disposizioni legislative regionali sopravvenute che interessano le funzioni delle Province. La predetta compartecipazione può, inoltre, essere successivamente incrementata, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti regionali suscettibili di riduzione. In caso di incapienza della tassa automobilistica rispetto all'ammontare delle risorse regionali soppresse, le regioni assicurano una compartecipazione ad altro tributo regionale nei limiti della compensazione dei trasferimenti soppressi alle rispettive Province.

3. In caso di mancata fissazione della misura della compartecipazione alla tassa automobilistica di cui al comma 2 entro la data del 30 novembre 2012, lo Stato interviene in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

3. In caso di mancata fissazione della misura della compartecipazione alla tassa automobilistica di cui al comma 2 entro la data del 30 novembre 2012, lo Stato interviene in via sostitutiva ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

4. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attuazione del presente articolo, ciascuna Regione a statuto ordinario istituisce un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio alimentato dal gettito di cui al comma 2. Previo accordo con le Province, la Regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola Provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

4. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attuazione del presente articolo, ciascuna Regione a statuto ordinario istituisce un Fondo sperimentale regionale di riequilibrio alimentato dal gettito di cui al comma 2. Previo accordo con le Province, la Regione stabilisce le modalità di riparto del Fondo, nonché le quote del gettito che, anno per anno, sono devolute alla singola Provincia in cui si sono verificati i presupposti di imposta.

 

5. Ai fini della realizzazione delle proprie politiche tributarie le Province accedono, senza oneri aggiuntivi, alle banche dati del Pubblico Registro Automobilistico e della Motorizzazione Civile.

 

 

Articolo 16
(Ulteriori tributi provinciali)

Articolo 16
(Ulteriori tributi provinciali)

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 14, spettano alle Province gli altri tributi ad esse riconosciuti, nei termini previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, che costituiscono tributi propri derivati.

1. Salvo quanto previsto dagli articoli 13 e 14, spettano alle Province gli altri tributi ad esse riconosciuti, nei termini previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, che costituiscono tributi propri derivati.

 

 

Articolo 17
(Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale)

Articolo 17
(Fondo sperimentale di riequilibrio provinciale)

1. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle Province dell’autonomia di entrata, è istituito, a decorrere dall’anno 2012, un Fondo sperimentale di riequilibrio. Il Fondo cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della legge n 42.

1. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata l’attribuzione alle Province dell’autonomia di entrata, è istituito, a decorrere dall’anno 2012, un Fondo sperimentale di riequilibrio. Il Fondo cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della legge n 42.

2. Il Fondo sperimentale di riequilibrio è alimentato dalle entrate di cui all’articolo 14, comma 1.

2. Il Fondo sperimentale di riequilibrio è alimentato dalle entrate di cui all’articolo 14, comma 1.

3. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato- città ed autonomie locali, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard sono stabilite le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio.

3. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato- città ed autonomie locali, con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, in coerenza con la determinazione dei fabbisogni standard sono stabilite le modalità di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio.

 

 

Articolo 18
(Classificazione delle spese provinciali)

Articolo 18
(Classificazione delle spese provinciali)

1. Fino alla individuazione dei fabbisogni standarddelle funzioni fondamentali delle province, ai fini del finanziamento integrale sulla base del fabbisogno standard si applica l’articolo 21, comma 4, della legge n. 42 del 2009.

1. Fino alla individuazione dei fabbisogni standarddelle funzioni fondamentali delle province, ai fini del finanziamento integrale sulla base del fabbisogno standard si applica l’articolo 21, comma 4, della legge n. 42 del 2009.

 

 

Articolo 19
(Fondo perequativo per comuni e province)

Articolo 19
(Fondo perequativo per comuni e province)

1. Per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, è istituito nel bilancio dello Stato, a decorrere dall’anno 2016, un fondo perequativo, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Previo accordo sancito in sede di Conferenza unificata Stato- Città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite, salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato, le modalità di alimentazione e di riparto del fondo.

1. Per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, è istituito nel bilancio dello Stato, a decorrere dall’anno 2017, un fondo perequativo, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Previa intesa sancita in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sono stabilite, salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato, le modalità di alimentazione e di riparto del fondo.

2. Ogni Regione a Statuto ordinario istituisce nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province, alimentati dal fondo perequativo di cui al comma 1.

2. Ogni Regione a Statuto ordinario istituisce nel proprio bilancio due fondi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province, alimentati dal fondo perequativo di cui al comma 1.

3. In conformità all’articolo 13, comma 1, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, attraverso accordi conclusi in sede di Conferenza Unificata l’entità dei fondi di cui ai commi 1 e 2 è periodicamente aggiornata e le relative fonti di finanziamento sono ridefinite.

3. In conformità all’articolo 13, comma 1, lettera b), della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, attraverso intese concluse in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali l’entità dei fondi di cui ai commi 1 e 2 è periodicamente aggiornata e le relative fonti di finanziamento sono ridefinite.

4. La ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti, per la parte afferente alle funzioni fondamentali di cui all’ articolo 11, comma 1, lettera a), numero 1), della legge citata legge n. 42 del 2009 avviene in base a:

4. La ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti, per la parte afferente alle funzioni fondamentali di cui all’ articolo 11, comma 1, lettera a), numero 1), della legge citata legge n. 42 del 2009 avviene in base a:

1) un indicatore di fabbisogno finanziario calcolato come differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente al netto degli interessi e il valore standardizzato del gettito dei tributi ed entrate proprie di applicazione generale;

1) un indicatore di fabbisogno finanziario calcolato come differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente al netto degli interessi e il valore standardizzato del gettito dei tributi ed entrate proprie di applicazione generale;

2) indicatori di fabbisogno di infrastrutture, in coerenza con la programmazione regionale di settore, per il finanziamento della spesa in conto capitale; tali indicatori tengono conto dell’entità dei finanziamenti dell’Unione europea di carattere infrastrutturale ricevuti dagli enti locali e del vincolo di addizionalità cui questi sono soggetti.

2) indicatori di fabbisogno di infrastrutture, in coerenza con la programmazione regionale di settore, per il finanziamento della spesa in conto capitale; tali indicatori tengono conto dell’entità dei finanziamenti dell’Unione europea di carattere infrastrutturale ricevuti dagli enti locali e del vincolo di addizionalità cui questi sono soggetti.

5. La spesa corrente standardizzata è computata ai fini di cui al comma 4 sulla base di una quota uniforme per abitante, corretta per tenere conto della diversità della spesa in relazione all’ampiezza demografica, alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti. Il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche, utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti, tenendo conto anche della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata.

5. La spesa corrente standardizzata è computata ai fini di cui al comma 4 sulla base di una quota uniforme per abitante, corretta per tenere conto della diversità della spesa in relazione all’ampiezza demografica, alle caratteristiche territoriali, con particolare riferimento alla presenza di zone montane, alle caratteristiche demografiche, sociali e produttive dei diversi enti. Il peso delle caratteristiche individuali dei singoli enti nella determinazione del fabbisogno è determinato con tecniche statistiche, utilizzando i dati di spesa storica dei singoli enti, tenendo conto anche della spesa relativa a servizi esternalizzati o svolti in forma associata.

6. Le entrate considerate ai fini della standardizzazione per la ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti sono rappresentate dai tributi propri valutati ad aliquota standard.

6. Le entrate considerate ai fini della standardizzazione per la ripartizione del fondo perequativo tra i singoli enti sono rappresentate dai tributi propri valutati ad aliquota standard.

7. Per le spese relative all’esercizio delle funzioni diverse da quelle fondamentali, il fondo perequativo per i comuni e quello per le province sono diretti a ridurre le differenze tra le capacità fiscali, tenendo conto, per gli enti con popolazione al di sotto di una soglia da individuare con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10, del fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa e della loro partecipazione a forme associative;

7. Per le spese relative all’esercizio delle funzioni diverse da quelle fondamentali, il fondo perequativo per i comuni e quello per le province sono diretti a ridurre le differenze tra le capacità fiscali, tenendo conto, per gli enti con popolazione al di sotto di una soglia da individuare con il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10, del fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa e della loro partecipazione a forme associative;

8. Le regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza unificata, e previa intesa con gli enti locali, possono, avendo come riferimento il complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di fondo perequativo ai comuni e alle province inclusi nel territorio regionale, procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata, sulla base dei criteri di cui al comma 5, e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture; in tal caso il riparto delle predette risorse è effettuato sulla base dei parametri definiti con le modalità di cui al presente comma.

8. Le regioni, sulla base di criteri stabiliti con accordi sanciti in sede di Conferenza unificata, e previa intesa con gli enti locali, possono, avendo come riferimento il complesso delle risorse assegnate dallo Stato a titolo di fondo perequativo ai comuni e alle province inclusi nel territorio regionale, procedere a proprie valutazioni della spesa corrente standardizzata, sulla base dei criteri di cui al comma 5, e delle entrate standardizzate, nonché a stime autonome dei fabbisogni di infrastrutture; in tal caso il riparto delle predette risorse è effettuato sulla base dei parametri definiti con le modalità di cui al presente comma.

9. I fondi ricevuti dalle regioni a titolo di fondo perequativo per i comuni e per le province del territorio sono trasferiti dalla regione agli enti di competenza entro venti giorni dal loro ricevimento. Le regioni, qualora non provvedano entro tale termine alla ridefinizione della spesa standardizzata e delle entrate standardizzate, e di conseguenza delle quote del fondo perequativo di competenza dei singoli enti locali secondo le modalità previste dal comma 8, applicano comunque i criteri di riparto del fondo sulla base dei criteri individuati dal decreto del presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10. La eventuale ridefinizione della spesa standardizzata e delle entrate standardizzate non può comportare ritardi nell’assegnazione delle risorse perequative agli enti locali. Nel caso in cui la regione non ottemperi alle disposizioni di cui al presente comma, lo Stato esercita il potere sostitutivo di cui all’ articolo 120, secondo comma, della Costituzione, in base alle disposizioni di cui all’ articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

9. I fondi ricevuti dalle regioni a titolo di fondo perequativo per i comuni e per le province del territorio sono trasferiti dalla regione agli enti di competenza entro venti giorni dal loro ricevimento. Le regioni, qualora non provvedano entro tale termine alla ridefinizione della spesa standardizzata e delle entrate standardizzate, e di conseguenza delle quote del fondo perequativo di competenza dei singoli enti locali secondo le modalità previste dal comma 8, applicano comunque i criteri di riparto del fondo sulla base dei criteri individuati dal decreto del presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 10. La eventuale ridefinizione della spesa standardizzata e delle entrate standardizzate non può comportare ritardi nell’assegnazione delle risorse perequative agli enti locali. Nel caso in cui la regione non ottemperi alle disposizioni di cui al presente comma, lo Stato esercita il potere sostitutivo di cui all’ articolo 120, secondo comma, della Costituzione, in base alle disposizioni di cui all’ articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

10. Con decreto de Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, sono definite le modalità applicative del presente articolo.

10. Con decreto de Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, sono definite le modalità applicative del presente articolo.

 

 

Articolo 20
(Oggetto)

Articolo 20
(Oggetto)

1. Il presente capo è diretto a disciplinare a decorrere dall’anno 2013 la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standardper le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano nel settore sanitario, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento dei criteri di riparto adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 34, della legge 662/1996, così come integrati da quanto previsto dagli Accordi tra Stato e Regioni in materia sanitaria.

1. Il presente capo è diretto a disciplinare a decorrere dall’anno 2013 la determinazione dei costi standard e dei fabbisogni standardper le Regioni a statuto ordinario nel settore sanitario, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento dei criteri di riparto adottati ai sensi dell’articolo 1, comma 34, della legge 662/1996, così come integrati da quanto previsto dagli Accordi tra Stato e Regioni in materia sanitaria.

2. I costi e ifabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal presente capo costituiscono il riferimento cui rapportare progressiva­mente nella fase transitoria, e successi­vamente a regime, il finanziamento integrale della spesa sanitaria, nel rispetto della programmazione nazionale e dei vincoli di finanza pubblica.

2. I costi e ifabbisogni standard determinati secondo le modalità stabilite dal presente capo costituiscono il riferimento cui rapportare progressiva­mente nella fase transitoria, e successi­vamente a regime, il finanziamento integrale della spesa sanitaria, nel rispetto della programmazione nazionale e dei vincoli di finanza pubblica.

 

 

Articolo 21
(Determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard)

Articolo 21
(Determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard)

1. A decorrere dall’anno 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria. In sede di determinazione, sono distinte la quota destinata complessivamente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni.

1. A decorrere dall’anno 2013 il fabbisogno sanitario nazionale standard è determinato in coerenza con il quadro macroeconomico complessivo e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica e degli obblighi assunti dall’Italia in sede comunitaria, tramite intesa, coerentemente con il fabbisogno derivante dalla determinazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) erogati in condizioni di efficienza ed appropriatezza. In sede di determinazione, sono distinte la quota destinata complessivamente alle regioni a statuto ordinario comprensiva delle risorse per la realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modificazioni, e le quote destinate ad enti diversi dalle regioni.

2. Per gli anni 2011 e 2012 il fabbisogno nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento determinato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2, comma 67, della legge 23 dicembre 2010, n. 191, attuativo dell’Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 del 3 dicembre 2009, così come rideterminato dall’articolo 11, comma 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122.

2. Per gli anni 2011 e 2012 il fabbisogno nazionale standard corrisponde al livello di finanziamento determinato ai sensi di quanto disposto dall’articolo 2, comma 67, della legge 23 dicembre 2010, n. 191, attuativo dell’Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 del 3 dicembre 2009, così come rideterminato dall’articolo 11, comma 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122.

 

 

Articolo 22
(Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali)

Articolo 22
(Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali)

1. Il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, determina annualmente, sulla base della procedura definita nel presente articolo, i costi e i fabbisogni standard regionali.

1. Il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, determina annualmente, sulla base della procedura definita nel presente articolo, i costi e i fabbisogni standard regionali.

2. Per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali si fa riferimento agli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute.

2. Per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali si fa riferimento agli elementi informativi presenti nel Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) del Ministero della salute.

3. Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera a), dell’ Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 del 3 dicembre 2009, con riferimento ai macrolivelli di assistenza definiti dal DPCM di individuazione dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario del 29 novembre 2001, costituiscono indicatori della programmazione nazionale per l’attuazione del federalismo fiscale i seguenti livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria:

3. Ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera a), dell’ Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 del 3 dicembre 2009, con riferimento ai macrolivelli di assistenza definiti dal DPCM di individuazione dei livelli essenziali di assistenza in ambito sanitario del 29 novembre 2001, costituiscono indicatori della programmazione nazionale per l’attuazione del federalismo fiscale i seguenti livelli percentuali di finanziamento della spesa sanitaria:

a) 5% per l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

a) 5% per l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro;

b) 51% per l’assistenza distrettuale;

b) 51% per l’assistenza distrettuale;

c) 44% per l’assistenza ospedaliera.

c) 44% per l’assistenza ospedaliera.

4. Il fabbisogno sanitario standard delle singole regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, cumulativamente pari al livello del fabbisogno sanitario nazionale standard, è determinato, in fase di prima applicazione a decorrere dall’anno 2013, applicando a tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento (benchmark). In sede di prima applicazione è stabilito il procedimento di cui ai commi dal 5 al 10.

4. Il fabbisogno sanitario standard delle singole regioni a statuto ordinario, cumulativamente pari al livello del fabbisogno sanitario nazionale standard, è determinato, in fase di prima applicazione a decorrere dall’anno 2013, applicando a tutte le regioni i valori di costo rilevati nelle regioni di riferimento (benchmark). In sede di prima applicazione è stabilito il procedimento di cui ai commi dal 5 al 10.

5. Sono regioni di riferimento le tre regioni, tra cui obbligatoriamente la prima, che siano state scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque indicate dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, in quanto migliori cinque regioni che, avendo garantito l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico e risultando adempienti, come verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria del 23 marzo 2005, sono individuate in base a criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza definiti con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, sulla base degli indicatori di cui agli allegati 1, 2 e 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009. A tale scopo si considerano in equilibrio economico le regioni che garantiscono l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza e di appropriatezza con le risorse ordinarie stabilite dalla vigente legislazione a livello nazionale, ivi comprese le entrate proprie regionali effettive;

5. Sono regioni di riferimento le tre regioni, tra cui obbligatoriamente la prima, che siano state scelte dalla Conferenza Stato-Regioni tra le cinque indicate dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, in quanto migliori cinque regioni che, avendo garantito l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizione di equilibrio economico e risultando adempienti, come verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti regionali di cui all’articolo 12 dell’Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria del 23 marzo 2005, sono individuate in base a criteri di qualità dei servizi erogati, appropriatezza ed efficienza definiti con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, sentita la Struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni di cui all’articolo 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009, sulla base degli indicatori di cui agli allegati 1, 2 e 3 dell’Intesa Stato-Regioni del 3 dicembre 2009. A tale scopo si considerano in equilibrio economico le regioni che garantiscono l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza in condizioni di efficienza e di appropriatezza con le risorse ordinarie stabilite dalla vigente legislazione a livello nazionale, ivi comprese le entrate proprie regionali effettive. Nella individuazione delle Regioni si dovrà tenere conto dell'esigenza di garantire una rappresentatività in termini di appartenenza geografica al nord, al centro e al sud, con almeno una Regione di piccola dimensione geografica.

6. I costi standard sono computati a livello aggregato per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza: assistenza collettiva, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Il valore di costo standard è dato, per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza erogati in condizione di efficienza ed appropriatezza, dalla media pro-capite pesata del costo registrato dalle regioni benchmark. A tal fine il livello della spesa delle tre macroaree delle regioni benchmark:

6. I costi standard sono computati a livello aggregato per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza: assistenza collettiva, assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Il valore di costo standard è dato, per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza erogati in condizione di efficienza ed appropriatezza, dalla media pro-capite pesata del costo registrato dalle regioni benchmark. A tal fine il livello della spesa delle tre macroaree delle regioni benchmark:

a) è computato al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale;

a) è computato al lordo della mobilità passiva e al netto della mobilità attiva extraregionale;

b) è depurato della quota di spesa finanziata dalle maggiori entrate proprie rispetto alle entrate proprie considerate ai fini della determinazione del finanziamento nazionale. La riduzione è operata proporzionalmente sulle tre macroaree;

b) è depurato della quota di spesa finanziata dalle maggiori entrate proprie rispetto alle entrate proprie considerate ai fini della determinazione del finanziamento nazionale. La riduzione è operata proporzionalmente sulle tre macroaree;

c) è depurato della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali;

c) è depurato della quota di spesa che finanzia livelli di assistenza superiori ai livelli essenziali;

d) è depurato delle quote di ammortamento.

d) è depurato delle quote di ammortamento.

e) è applicato, per ciascuna regione, alla relativa popolazione pesata regionale, secondo criteri fissati mediante intesa in Conferenza Stato – Regioni, che tengano conto anche di indicatori relativi a particolari situazioni territoriali, ritenuti utili al fine di definire i bisogni sanitari. Sino al raggiungimento dell’intesa si applicano i criteri adottati per il riparto delle annualità 2010 – 2012.

soppressa;

7. Le regioni in equilibrio economico sono individuate sulla base dei risultati relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento e le pesature sono effettuate con i pesi per classi di età considerati ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento.

7. Le regioni in equilibrio economico sono individuate sulla base dei risultati relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento e le pesature sono effettuate con i pesi per classi di età considerati ai fini della determinazione del fabbisogno sanitario relativi al secondo esercizio precedente a quello di riferimento.

8. Il valore percentuale del fabbisogno regionale, come determinato in attuazione di quanto indicato al comma 6, rispetto al valore totale, costituisce il fabbisogno standard regionale;

8. Il valore percentuale del fabbisogno regionale, come determinato in attuazione di quanto indicato al comma 6, rispetto al valore totale, costituisce il fabbisogno standard regionale;

9. Il fabbisogno standard regionale determinato ai sensi del comma 8, è annualmente applicato al fabbisogno sanitario standard nazionale definito ai sensi dell’articolo 21.

9. Il fabbisogno standard regionale determinato ai sensi del comma 8, è annualmente applicato al fabbisogno sanitario standard nazionale definito ai sensi dell’articolo 21.

10. Al fine di realizzare il processo di convergenza di cui all’art. 20, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009, la convergenza ai valori percentuali determinati ai sensi di quanto stabilito dal presente articolo avviene in un periodo di cinque anni secondo criteri definiti con le modalità di cui al comma 1

10. Al fine di realizzare il processo di convergenza di cui all’art. 20, comma 1, lettera b), della legge n. 42 del 2009, la convergenza ai valori percentuali determinati ai sensi di quanto stabilito dal presente articolo avviene in un periodo di cinque anni secondo criteri definiti con le modalità di cui al comma 1

11. Qualora nella selezione delle migliori cinque regioni di cui al comma 5 del presente comma, si trovi nella condizione di equilibrio economico come definito al medesimo comma 5 un numero di regioni inferiore a 5, le regioni benchmark sono individuate anche tenendo conto del miglior risultato economico registrato nell’anno di riferimento, depurando i costi della quota eccedente rispetto a quella che sarebbe stata necessaria a garantire l’equilibrio.

11. Qualora nella selezione delle migliori cinque regioni di cui al comma 5 del presente comma, si trovi nella condizione di equilibrio economico come definito al medesimo comma 5 un numero di regioni inferiore a 5, le regioni benchmark sono individuate anche tenendo conto del miglior risultato economico registrato nell’anno di riferimento, depurando i costi della quota eccedente rispetto a quella che sarebbe stata necessaria a garantire l’equilibrio.

12. Resta in ogni caso fermo per le regioni l’obiettivo di adeguarsi alla percentuale di allocazione delle risorse stabilite in sede di programmazione sanitaria nazionale, come indicato al comma 3.

12. Resta in ogni caso fermo per le regioni l’obiettivo di adeguarsi alla percentuale di allocazione delle risorse stabilite in sede di programmazione sanitaria nazionale, come indicato al comma 3.

 

13. Eventuali risparmi nella gestione del servizio sanitario nazionale effettuati dalle Regioni rimangono nella disponibilità delle regioni stesse.

 

 

Articolo 23
(Revisione a regime dei fabbisogni standard)

Articolo 23
(Revisione a regime dei fabbisogni standard)

1. Al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi sanitari regionali, i criteri di cui all’articolo 22 possono essere rideterminati previa Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, comunque nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale come definito all’articolo 21.

1. Al fine di garantire continuità ed efficacia al processo di efficientamento dei servizi sanitari regionali, i criteri di cui all’articolo 22 possono essere rideterminati previa Intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, comunque nel rispetto del livello di fabbisogno standard nazionale come definito all’articolo 21.

2. Le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

2. Le relative determinazioni sono trasmesse, dal momento della sua istituzione, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

 

Articolo 24
(Disposizioni finali)

Articolo 24
(Disposizioni finali)

1. In fase di prima applicazione:

1. In fase di prima applicazione:

a) restano ferme le vigenti disposizioni in materia di riparto delle somme destinate al rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ad altre attività sanitarie a destinazione vincolate, nonché al finanziamento della mobilità sanitaria;

a) restano ferme le vigenti disposizioni in materia di riparto delle somme destinate al rispetto degli obiettivi del Piano sanitario nazionale, ad altre attività sanitarie a destinazione vincolate, nonché al finanziamento della mobilità sanitaria;

b) restano altresì ferme le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento sanitario non disciplinate dal presente decreto.  

b) restano altresì ferme le ulteriori disposizioni in materia di finanziamento sanitario non disciplinate dal presente decreto.  

2. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, in materia di sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria.

2. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 9 del decreto legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, in materia di sistema di garanzia per il monitoraggio dell’assistenza sanitaria.

3. Con distinto decreto legislativo integrativo , adottato ai sensi della legge n. 42 del 2009, sono determinati i costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’articolo 10.

3. Con distinto decreto legislativo integrativo , adottato ai sensi della legge n. 42 del 2009, sono determinati i costi standard, relativi alle materie diverse dalla sanità, associati ai livelli essenziali delle prestazioni fissati dalla legge statale e sono conseguentemente distinte le fonti di finanziamento in relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2 dell’articolo 10.

 

 

 

Articolo 24-bis
(Disposizioni particolari per Regioni a Statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)

 

1. Nei confronti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano rimane ferma l'applicazione dell'articolo 1, comma 2, e degli articoli 15, 22 e 27 della citata legge n. 42 del 2009, nel rispetto dei rispettivi Statuti.

 

2. Le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono la comunica­zione degli elementi informativi e dei dati necessari all’attuazione del presente decreto nel rispetto dei principi di autonomia dei rispettivi Statuti speciali e del principio di leale collaborazione.

 

 

Articolo 25
(Tributi previsti dall’articolo 2, comma 2, lettera q), della legge n. 42)

Articolo 25
(Tributi previsti dall’articolo 2, comma 2, lettera q), della legge n. 42)

1. A decorrere dall’anno 2013 la legge regionale può, con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, istituire tributi regionali e locali nonché, con riferimento ai tributi locali istituiti con legge regionale, determinare variazioni delle aliquote o agevolazioni che Comuni e Province possono applicare nell’esercizio della propria autonomia.

1. A decorrere dall’anno 2013 la legge regionale può, con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, istituire tributi regionali e locali nonché, con riferimento ai tributi locali istituiti con legge regionale, determinare variazioni delle aliquote o agevolazioni che Comuni e Province possono applicare nell’esercizio della propria autonomia.

 

 

Articolo 26
(Elementi informativi )

Articolo 26
(Elementi informativi )

1. Gli elementi informativi necessari all’attuazione del presente decreto ed i dati relativi al gettito dei tributi indicati nel presente decreto ovvero istituiti in base allo stesso sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca datidi cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

1. Gli elementi informativi necessari all’attuazione del presente decreto ed i dati relativi al gettito dei tributi indicati nel presente decreto ovvero istituiti in base allo stesso sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca datidi cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

2. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite e propone al Governo le eventuali misure correttive. L’esercizio dell’autonomia tributaria non può comportare, da parte di ciascuna Regione, un aumento della pressione fiscale a carico del contribuente. Resta fermo quanto stabilito dagli articoli 4, comma 4, e 5, comma 8.

2. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all’articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite e propone al Governo le eventuali misure correttive.

 

 

Articolo 27
(Disposizione finanziaria)

Articolo 27
(Disposizione finanziaria)

1. Dal presente decreto non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

1. Dal presente decreto non devono derivare minori entrate né nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 


 



[1]     Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[2]     Per la ripartizione regionale di tale minore entrata si veda la scheda dedicata all’articolo 7 del provvedimento, che espressamente prevede la soppressione della compartecipazione.

[3]     Cfr. Bollettino delle Giunte e delle Commissioni del 2 febbraio 2011.

[4]     Per un approfondimento sul livello di finanziamento del SSN si rimanda alla scheda di cui all’articolo 21.

[5]     Si ricorda che la spesa corrente sanitaria per le prestazioni corrispondenti ai livelli essenziali di assistenza (LEA) è finanziata da entrate di natura tributaria (prevalentemente il gettito dell’IRAP ed il gettito della Addizionale regionale all’IRPEF), dal contributo degli utenti alla spesa sanitaria (ticket) e dal Fondo sanitario nazionale che ha la natura di finanziamento perequativo ed è alimentato da una quota dell’IVA riscossa nelle regioni a statuto ordinario (così il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 che ha istituito i due tributi e il D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 56 per la disciplina del Fondo perequativo e dell’aliquota IVA che lo finanzia). Le modifiche apportate alla disciplina della Tesoreria unica fanno si che «le somme che affluiscono mensilmente a titolo di imposta regionale sulle attività produttive e addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche ai conti correnti di tesoreria ... intestati alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, sono accreditate entro il quinto giorno lavorativo del mese successivo, presso il tesoriere regionale o provinciale» (art. 77-quater del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 2, della legge 6 agosto 2008, n. 133).

      Le regioni incassano mensilmente il gettito dei tributi IRAP e addizionale IRPEF e correntemente i proventi dei ticket.. Ad evitare che, in attesa delle determinazioni definitive riguardanti l’IVA ad esse spettanti, le sole entrate tributarie suddette siano insufficienti a sostenere la spesa corrente, l’articolo 13, comma 6 del citato decreto legislativo n. 56 del 2000 ha disposto che «il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato a concedere alle regioni a statuto ordinario anticipazioni da accreditare sui conti correnti ... (intestati a ciascuna regione, n.d.r.) in essere presso la tesoreria centrale dello Stato in misura sufficiente ad assicurare, insieme con gli accreditamenti dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF, l'ordinato finanziamento della spesa sanitaria corrente.»

      Successivamente con provvedimenti il più delle volte annuali, la misura e le modalità delle anticipazioni sono state determinate “in deroga” alla citata disposizione del decreto legislativo 2000, per adattare questa disciplina al livello di fabbisogno delle regioni, alle disponibilità di tesoreria e, contestualmente, ai criteri di premialità introdotti a seguito dei crescenti disavanzi del settore sanitario. (art. 3, comma 3, della legge 24 dicembre 2003, n. 350; art. 1, comma 184, della legge 30 dicembre 2004, n. 311; e da ultimo, art. 1, comma 796 della legge 27 dicembre 2006, n. 296). Con il Decreto Ministeriale 21 febbraio 2001 sono state stabilite le «Modalità di concessione delle anticipazioni alle regioni a statuto ordinario per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale.»

      Il regime delle anticipazioni è stato esteso anche alle regioni a statuto speciale che partecipano alla ripartizione del Fondo perequativo. Da ultimo, dopo che – per il trasferimento di funzioni e risorse operato dalla legge finanziaria 2007 - anche la regione Sardegna finanzia integralmente la spesa sanitaria corrente con risorse del proprio bilancio, il regime delle anticipazioni si applica – tra le speciali – alla sola regione Sicilia.

[6]     Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[7]     Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della L. 13 maggio 1999, n. 133.

[8]     Per il finanziamento del SSN vedi la scheda all’articolo 21.

[9]     Si tratta di trasferimenti relativi ai fondi vincolati da norme speciali per il finanziamento di spese sanitarie inerenti l’esecuzione di particolari attività ed il raggiungimento di specifici obiettivi (tra cui, principalmente: assistenza e formazione per l’aids, borse di studio ai medici di medicina generale, assistenza agli extracomunitari, interventi nel settore dell’assistenza veterinaria, assistenza agli Hanseniani, assistenza e ricerca per la fibrosi cistica, fondo di esclusività per la dirigenza medica, obiettivi prioritari del PSN, medicina penitenziaria). Esistono inoltre ulteriori quote vincolate a carico dello Stato per enti sanitari pubblici (Croce Rossa Italiana e Istituti Zooprofilattici Sperimentali per le rispettive esigenze di funzionamento, Cassa DD.PP. per il rimborso delle rate dei mutui pre-riforma, Università per l’erogazione delle borse di studio ai medici specializzandi.

[10]    Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della legge 13 maggio 1999, n. 133.

[11]    A decorrere dal 2005 la quota di compartecipazione IVA deve comprendere anche il finanziamento corrispondente al Fondo per gli asili nido soppresso dall’art.1, co. 59, della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005).

[12]   Di cui al comma 3 dell’articolo 11.

[13]   Ad esclusione quindi della quota di compartecipazione di cui al comma 5 del citato articolo 11.

[14]    Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[15]    Articolo 1, comma 50, lett. h), della legge n. 244/2007.

[16]    Articolo 1, comma 226, della legge n. 244/2007.

[17]    Si tratta del valore proporzionale ottenuto dalla seguente relazione matematica (1% : 4,25% x 3,9%).

[18]    Si ricorda che nel testo concordato tra Governo ed Autonomie è prevista la possibilità di introdurre deduzioni.

[19]    Le regioni che hanno dovuto predisporre i piani di rientro sono il Lazio, la Campania, la Sicilia, la Liguria, la Sardegna, l’Abruzzo, il Molise, la Calabria ed il Piemonte, tra le quali, il Lazio, l’Abruzzo, il Molise, la Campania e la Calabria, sono state commissariate.

[20]    I primi due scaglioni comprendono le classi di reddito fino a 15.000 euro e da oltre 15.000 euro fino a 28.000 euro.

[21]    La compartecipazione regionale al gettito dell'accisa sulle benzine è stata attribuita alle regioni dalla legge 549/1995 (art. 3 commi 12-14) per compensare i trasferimenti statali soppressi a decorrere dal 1996. Secondo le stime di gettito relative alla istituzione della compartecipazione regionale, le somme incassate dall’accisa avrebbero compensano solo in parte la soppressione dei trasferimenti erariali. La legge n. 549/1995 (articolo 3 commi 2-3) aveva perciò istituito contestualmente un fondo perequativo che, insieme ai proventi dell’accisa, doveva garantire che ciascuna regione avrebbe ricevuto dalla trasformazione delle proprie entrate risorse pari a quelle che ciascuna di esse riceveva in base alle leggi “definanziate”. Per gli anni successivi quel fondo perequativo sarebbe stato incrementato al tasso programmato di inflazione. Quel fondo è stato dapprima ridotto del 6 per cento dall’articolo 1, comma 150, della legge n. 662/1996, ed è stato successivamente soppresso ed inglobato nel sistema di perequazione stabilito sulla base del gettito dell’IRAP come stabilito dall'art. 41 del decreto legislativo n. 446/1997, istitutivo dell'IRAP. Questa norma (art. 41 comma 1) è stata poi abrogata dal D.Lgs. 56/2000, ma le risorse corrispondenti al fondo sono attualmente corrisposte a valere sul gettito dell'IRAP (come esplicita l'articolo 8, comma 1 lett. h) della legge 42/2009).

[22]    La Relazione (Doc. XXVII, n. 22) prevista dalla legge delega sul federalismo fiscale (art. 2, co. 6 L. 42/2009), è stata trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati il 30 giugno 2010. L’Allegato n. 2, concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali, è stato elaborato dalla COPAFF e risulta articolato in cinque sezioni, tra cui la sezione 1 riguarda i trasferimenti erariali alle regioni e agli enti locali e riporta la documentazione già presentata dal presidente della COPAFF, prof. Luca Antonini, alla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale in occasione dell’audizione svoltasi l’8 giugno 2010. La sezione 2 riporta una prima stima della distribuzione dei trasferimenti statali alle regioni. I contenuti della relazione sono sintetizzati nel dossier Documentazione e ricerche n. 154, parte I, 12 luglio 2010, La relazione governativa sul finanziamento degli enti territoriali prevista dalla legge delega sul federalismo fiscale (art. 2, co. 6, L. n. 42/2009).

[23]    Istituita dall'art. 4 della legge 4272009.

[24]    Recante disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime e convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494.

[25]    L. 28 dicembre 1995, recante misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[26]    Tale quota è versata dai soggetti obbligati al pagamento dell'accisa in apposita contabilità speciale aperta presso la sezione di Tesoreria provinciale dello Stato denominata “Accisa sulla benzina da devolvere alle regioni a statuto ordinario”; le relative predette somme sono trasferite mensilmente in apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato intestato con la medesima denominazione. La ripartizione delle somme tra Regioni è effettuata sulla base dei quantitativi erogati nell'anno precedente dagli impianti di distribuzione di carburante che risultano dal registro di carico e scarico.

[27]    Recante disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della L. 13 maggio 1999, n. 133.

[28]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, recante il riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell'articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[29]    Comprende l’importo sulle concessioni per la caccia e per la pesca e quello relativo ad “altre concessioni”.

[30]    Fonte: Relazione concernente il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo Stato, le regioni e gli enti locali, con l’indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse, Presentata dal Ministro dell’economia e delle finanze il 30 giugno 2010, Camera dei Deputati, Doc. XXVII, n. 22.

[31]    Con l’esclusione dell’addizionale regionale sui canoni statali per le utenze di acqua pubblica e con l’inclusione dell’imposta sulle emissioni sonore degli aeromobili.

[32]    Doc. XXVII, n. 22.

[33]    Sul punto si rinvia a Formez, I livelli essenziali delle prestazioni: questioni preliminari e ipotesi di definizione, Quaderni Formez 46, 2006 e i più recenti Carpani G., I Livelli essenziali di assistenza nel panorama normativo, in Monitor (Quaderni Age.Na.S) 21/2008 e Belletti M.; Il controverso confine tra "livelli essenziali delle prestazioni", principi fondamentali della materia e divieto del vincolo di destinazione di finanziamenti statali, attendendo la perequazione nelle forme della legge n. 42 del 2009, in Le Regioni 3-4/2009.

[34]    D.P.C.M.29 novembre 2001, Definizione dei livelli essenziali di assistenza.

[35]    Il decreto specifica le prestazioni di assistenza sanitaria garantite dal SSN e riconducibili ai seguenti Livelli Essenziali di Assistenza: assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro (prevenzione), assistenza distrettuale e assistenza ospedaliera. Il decreto enumera puntualmente le prestazioni erogabili dalle strutture di offerta e coperte dal SSN poiché costituiscono i livelli essenziali (allegato 1 B); le prestazioni che sono totalmente escluse dai livelli essenziali (allegato 2 A); le prestazioni escluse solo parzialmente sulla base delle indicazioni cliniche (allegato 2 B); le prestazioni che, pur essendo incluse nei livelli essenziali, sono erogate in modo inappropriato o per le quali esistono alternative più appropriate (allegato 2 C). Il decreto non è mai stato aggiornato, sebbene da più parti ne sia stata ravvisata l’opportunità anche per le nuove tipologie di prestazioni sanitarie affermatesi e utilizzate nel tempo.

[36]    D.P.C.M. 14 febbraio 2001, Atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie.

[37]    L. 8 novembre 2000, n. 328, Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali.

[38]    Una panoramica dei tributi regionali, sia dal punto di vista normativo che di gettito (anche pro-capite) è contenuta nella Relazione sulla gestione finanziaria delle regioni, anni 2008 e 2009; Corte dei Conti - Sezione autonomie; Deliberazione n. 16 del 2010 (trasmessa alla Presidenza camera dei deputati il 4 agosto 2010); DOC. CI n.3.

[39]    Intesa Conferenza Stato Regioni, Atto 75 del 24/5/2010. Per un maggiore approfondimento si veda, di seguito, la scheda relativa all'articolo 20, in particolare il paragrafo «Le risorse destinate alla copertura del SSN».

[40]    Ai sensi della norma della Costituzione richiamata, lo Stato ha legislazione esclusiva, tra le altre, in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”. Attualmente si riconducono ad essa le funzioni amministrative assegnate all’ente locale dalla legge, senza che ne esista una elencazione specifica ed esaustiva. La legge n. 42/2009 individua, in via transitoria, tali funzioni e ne determina nell’80% il valore delle spese di ciascun comune da ascrivere a spese per funzioni fondamentali.

[41]    Per icomuni, è fatto riferimento al gettito della compartecipazione all’IVA, alla compartecipa­zione all’IRPEF e alla imposizione immobiliare, con esclusione dell'abitazione principale (articolo 12, comma 1, lettera b) della legge delega).

[42]    Si tratta di una categoria residuale di spesa, alla quale appartengono le voci non incluse tra le spese per funzioni fondamentali.

[43]    Va segnalato che il comma 8 dell’articolo 31 della legge n. 289/2002 disciplina la compartecipazione al gettito dell’IRPEF sia delle province che dei comuni, in quanto i due istituti, fino al 2006, sono stati disciplinati secondo analoghe modalità. La legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 697, legge n. 296/2006) ha confermato per le sole province la compartecipazione all’IRPEF come disciplinata dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, recando invece per i comuni l’istituzione di una nuova forma di compartecipazione all’IRPEF (c.d. dinamica) a partire dall’anno 2007, legata all’andamento del gettito IRPEF (art. 1, commi 189-193, della legge n. 296/2006).

[44]    Decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127.

[45]    Convertito con modificazioni dalla legge n. 122/2010.

[46]    Trasmessa il 30 giugno 2010 e redatta ai sensi dell’articolo 2, comma 6, della legge n. 42/2009.

[47]    Dotati dei caratteri di generalità e permanenza.

[48]    Di carattere permanente ma non attribuiti alla generalità degli enti.

[49]    Privi sia del carattere di generalità che di quello di permanenza.

[50]    La RT indica un gettito della compartecipazione regionale all’accisa sulla benzina per il 2008 pari a 1.734 mln. La misura della compartecipazione è fissata dall’art. 4 del D.Lgs. 56/2000 in 250 lire a litro. Rispetto all’accisa complessiva, pari a 564 euro per mille litri, la compartecipazione regionale incide per il 22,89%. Dividendo il gettito della compartecipazione regionale per tale incidenza percentuale, si ottiene la stima del gettito complessivo dell’accisa in questione.

[51]    Tale incidenza percentuale si ottiene rapportando la somma dell’addizionale sul consumo di energia elettrica (787 mln) e dei trasferimenti, inclusivi della compartecipazione provinciale all’IRPEF, oggetto di soppressione (720 mln per il 2012) all’ammontare del gettito nazionale dell’accisa sulla benzina (8.069 per il 2009).

[52]    Doc. XXVII, n. 22.

[53]    Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

[54]    Nel territorio delle regioni a statuto speciale la tassa è rimasto un tributo erariale, ma solo Sicilia e Valle d'Aosta ricevono una compartecipazione, rispettivamente di 10 e 9 decimi. Per le due province autonome di Trento e di Bolzano, invece, la recente modifica allo Statuto di autonomia (DPR 670/1972) apportata dalla legge finanziaria 2010 (Legge 191/2009 articolo 2, commi 106-125) ha, tra l'altro, definito tributo proprio delle province la tassa automobilistica istituita con legge dalle stesse, al pari di quanto avviene nelle regioni a statuto ordinario.

[55]    La tabella allegata al decreto-legge n. 225 del 2010 (“Milleoproroghe 2011”) attualmente in sede di conversione, hanno da ultimo recato disposizioni concernenti la questione delle norme regionali in materia di tassa automobilistica e di imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) emanate in difformità dai poteri attribuiti in materia dalla normativa statale. Fino all'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione – ovvero fino all'attuazione del federalismo fiscale, infatti, le regioni possono legiferare in materia di tributi 'regionali' esclusivamente entro i limiti posti dal legislatore statale per ciascun tributo. A seguito della dichiarazione di incostituzionalità di alcune leggi regionali, tuttavia, si è reso necessario operare una sanatoria di tali disposizioni affinché non ci fossero dubbi applicativi dei suddetti tributi da parte dei contribuenti. La legge finanziaria del 2004 (art. 2, commi 22 e 23, legge 350/2003) ha disposto la sanatoria, nelle more del completamento dei lavori dell’Alta Commissione di studio per il federalismo fiscale, per le disposizioni adottate dalle regioni in materia di tassa automobilistica e di IRAP, in modo non conforme ai poteri attribuiti alle regioni in materia dalla normativa statale. In tali regioni l’applicazione delle sopra citate imposte opera, fino al periodo d’imposta 2007, secondo le disposizioni regionali e nazionali (per i profili su cui non incidono le prime), ed entro la stessa data le regioni avrebbero dovuto rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica. La legge finanziaria per il 2005 (legge 311/2004, art. 1, comma 61) ha poi esteso la sanatoria anche alle leggi regionali non sottoposte al giudizio della Corte e promulgate prima del 1° gennaio 2005. La legge finanziaria 2008 (L. 244/2007, art. 1 comma 167) ha successivamente prorogato i due termini a tutto il periodo di imposta 2008. Le disposizioni del citato D.L. 225/2010 hanno disposto l’ulteriore proroga a tutto il periodo d'imposta 2010 dell’applicazione delle norme regionali in materia di tassa automobilistica e di IRAP emanate in modo non conforme ai poteri attribuiti alle regioni in materia dalla normativa statale (art. 2, comma 1 del decreto-legge 207/2008) e del termine per rendere conformi alla normativa statale le disposizioni adottate relativamente alla tassa automobilistica (art. 2, comma 2 del decreto-legge 207/2008). Ai sensi dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge, i due termini suddetti sono prorogati al 31 marzo 2011.

[56]    La Relazione (Doc. XXVII, n. 22) prevista dalla legge delega sul federalismo fiscale (art. 2, co. 6 L. 42/2009), è stata trasmessa alla Presidenza della Camera dei deputati il 30 giugno 2010. Le relazione si basa sui lavori della COPAFF, Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, istituita dall'art.4 della legge 4272009.

[57]    Recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[58]    In altri casi (come Puglia e Piemonte) la compartecipazione provinciale si configurerebbe come una devoluzione pressoché integrale alle province del gettito regionale del tributo in questione.

[59]    In particolare, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera e), è previsto che siano definite regole, tempi e modalità della fase transitoria in modo da garantire il superamento del criterio della spesa storica in un periodo di cinque anni sia per le spese riconducibili all'esercizio delle funzioni fondamentali sia per le altre spese. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni concernenti l'individuazione delle funzioni fondamentali degli enti locali il fabbisogno delle funzioni di comuni e province è finanziato considerando l'80 per cento delle spese come fondamentali ed il 20 per cento di esse come non fondamentali. In base alle legge delega, le risorse destinate al finanziamento delle funzioni fondamentali sono ripartite secondo criteri che, a partire dalla spesa storica, raggiungano nella fase transitoria, il finanziamento dei fabbisogni standard; le funzioni diverse da quelle fondamentali sono invece ripartite secondo criteri che, a partire dalla spesa storica, raggiungano nella fase transitoria una distribuzione correlata alla capacità fiscale dei diversi territori, assoggettata ad una perequazione parziale. In particolare, nella fase transitoria, ai sensi dell’articolo 21, comma 1, lettera e), punto b), per comuni e province l'80 per cento delle spese è finanziato dalle entrate derivanti dall'autonomia finanziaria, comprese le compartecipazioni a tributi erariali, e dal fondo perequativo; il restante 20 per cento è finanziato dalle entrate derivanti dall'autonomia finanziaria, ivi comprese le compartecipazioni a tributi regionali, e dal fondo perequativo.

[60]    L. 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[61]    D.P.R. 31 gennaio 1996, n. 194, Regolamento per l'approvazione dei modelli di cui all'art. 114 del D.Lgs. 25 febbraio 1995, n. 77, concernente l'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali. In merito, si segnala che la stessa legge n. 42 contiene una delega al Governo – che non è stata ancora esercitata – per armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio degli enti locali e i relativi termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica (articolo 2, co. 1). I principi e criteri generali della delega prevedono l’adozione di regole contabili uniformi e di un comune piano dei conti integrato; l’adozione di comuni schemi di bilancio articolati in missioni e programmi coerenti con la classificazione economica e funzionale individuata dagli appositi regolamenti comunitari in materia di contabilità nazionale e relativi conti satellite; l’adozione di un bilancio consolidato con le proprie aziende, società o altri organismi controllali, secondo uno schema comune; l’affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di contabilità finanziaria di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale ispirati a comuni criteri di contabilizzazione; la raccordabilità dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali con quelli adottati in ambito europeo ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi; la definizione di una tassonomia per la riclassificazione dei dati contabili e di bilancio per le amministrazioni pubbliche di cui alla presente legge tenute al regime di contabilità civilistica, ai fini del raccordo con le regole contabili uniformi; definizione di un sistema di indicatori di risultato semplici, misurabili e riferiti ai programmi del bilancio, costruiti secondo criteri e metodologie comuni ai diversi enti territoriali (art. 2, co. 2, lett. h), come modificato dalla L. n. 196/2009).

[62]    Si ricorda che nell’ambito della manovra economica per l’anno 2011 sono state introdotte alcune disposizioni (articolo 14, commi 25-31, D.L. 78/2010) che vincolano i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti all’esercizio in forma associata delle funzioni fondamentali, per la cui individuazione si rinvia all’elenco di cui all’articolo 21, co. 3, della L. n. 42/2009.

[63]    D.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216, Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province.

[64]    Si ricorda che nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento degli enti locali, l’articolo 11 della legge delega distingue tra le spese connesse alle funzioni fondamentali degli enti locali di cui all’art. 117, secondo comma, lett. p) Cost. - la cui individuazione è rimessa alla legislazione statale - per le quali si prevede la garanzia del finanziamento integrale, con riferimento al fabbisogno standard, e le altre funzioni, per le quali si prevede la perequazione delle capacità fiscali.

[65]    Le istituzioni comunitarie prevedono che i Fondi strutturali europei debbano avere carattere aggiuntivo, e non sostituirsi all'intervento finanziario dello Stato membro, che si impegna a garantire il cofinanziamento nazionale alle iniziative finanziate con fondi comunitari. L'addizionalità è sostanzialmente la spesa in conto capitale di un paese, che non proviene dai fondi comunitari. Il vincolo di addizionalità serve, ad esempio, ad evitare che i fondi comunitari vadano poi a finanziare indirettamente un altro obiettivo interno di finanza pubblica (es.: la diminuzione delle imposte).

[66]    Di seguito i tributi menzionati; le percentuali tra parentesi indicano la quota del tributo complessivamente devoluta ai comuni. Non sono invece specificate dalla norma le quote degli stessi tributi che affluiscono al Fondo perequativo:

a)       imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 (30%);

b)       imposte ipotecaria e catastale, salvo quanto stabilito dal comma 4, lettera a) (30%);

c)       imposta sul reddito delle persone fisiche, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario (100%);

d)       imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili (100%);

e)       tributi speciali catastali (30%);

f)         tasse ipotecarie (30%);

g)       cedolare secca sugli affitti (21,7% per il 2011 e 21,6% dal 2012).

[67]    Compartecipazione del 30% alla nuova imposta di registro revisionata ai sensi dell’articolo 6.

[68]    Ai sensi del citato art. 1, comma 1-bis e dell’art. 3, comma 2.

[69]    Per le quali si rinvia al dossier n. 264 del 1° febbraio 2011.

[70]    Cfr. in proposito quanto osservato al precedente articolo 2.

[71]    Tale dossier è riferito al testo della proposta del relatore del 27 gennaio e considera quindi la compartecipazione IRPEF del 2% in luogo della compartecipazione IVA, successivamente introdotta.

[72]    Si considerano in particolare la compartecipazione IRPEF del 2%, attribuita secondo il criterio della territorialità, e il gettito dei tributi attribuiti su base capitarla. Non viene considerato invece l’ammontare di risorse da attribuire obbligatoriamente ai piccoli comuni, in quanto non sono specificati i criteri secondo cui avverrà tale attribuzione.

[73]    Per i profili finanziari relativi agli articoli da 20 a 24 si veda la apposita scheda inserita al termine dell’articolo 24 medesimo.

[74]    Su ciò cfr infra e art. 22.

[75]                                                                                Tabella dei pesi

Livello di assistenza

<1 anno

1-4 anni

5-14 anni

15-24 anni

25-44 anni

45-64 anni

65-74 anni

≤75 anni

Ospedaliera

3,028

0,375

0,229

0,37

0,53

0,966

2,095

2,941

Ambulatoriale

0,53

0,263

0,318

0,438

0,702

1,169

2,061

1,846

      Fonte: Intesa CSR del 29 aprile 2010

[76]    La popolazione è quella ISTAT residente al 1 gennaio dell’anno precedente.

[77]    E’ da notare che alle regioni viene assegnata una quota globale e indistinta di finanziamento: i valori dei livelli e sotto-livelli non costituiscono un vincolo settoriale di spesa, fatta eccezione per la farmaceutica per la quale vige un tetto (parametrato al fabbisogno complessivo) fissato per legge. Nella successiva ripartizione dei fondi tra le ASL del proprio territorio le regioni, infatti, non sono vincolate ad assegnare le stesse percentuali del budget nazionale.

[78]    Per i profili finanziari relativi agli articoli da 20 a 24 si veda la apposita scheda inserita al termine dell’articolo 24 medesimo.

[79]    V. articolo 1, comma 1, dell’Intesa CSR del 3 dicembre 2009.

[80]    Secondo quanto previsto dal D.Lgs. 502/1002 come modificato dal D.Lgs. 229/1999, il perimetro dei LEA viene infatti definito contestualmente alle risorse ad essi dedicate.

[81]    I suddetti importi sono al netto di 50 milioni annui per il finanziamento dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù (art. 22, comma 6, del DL 78/2009), nonché delle risorse (167,8 milioni annui) destinate alla sanità penitenziaria (art. 2, comma 283, della legge 244/2007).

[82]    Articolo 2, comma 67, della legge 191/2009.

[83]    Articolo 2, commi 16-17, della legge 191/2009.

[84]    Articolo 11, commi 5-12.

[85]    In termini di SNF, articolo 9, comma 16.

[86]    A fronte di un contenimento della spesa del settore e di un miglioramento dei saldi di finanza pubblica, l’impatto complessivo sulle disponibilità dei bilanci regionali dovrebbe risultare neutrale, in quanto le maggiori economie compensano la riduzione del finanziamento statale.

[87]    Articolo 11, comma 5, lett. a.

[88]    Articolo 1, comma 49, Legge 220/2010.

[89]    Per i profili finanziari relativi agli articoli da 20 a 24 si veda la apposita scheda inserita al termine dell’articolo 24 medesimo.

[90]    Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, Provvedimento 3 dicembre 2009, Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012.

[91]    Accordo dell’8 agosto 2001 (Conferenza Stato-Regioni, Accordo fra Governo, regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano recante integrazioni e modifiche agli accordi sanciti il 3 agosto 2000 e il 22 marzo 2001 in materia sanitaria, 8 agosto 2001) e Patto per la salute del 2006 (Conferenza Stato-Regioni, Protocollo di Intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sul Patto per la salute su proposta del Ministro della salute e del Ministro dell’economia e finanze condiviso dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome di Trento e di Bolzano, 28 settembre 2006).

[92]    Si ricorda che il Patto della salute del 2006 ha confermato per il triennio 2007-2009 i parametri del riparto 2006. Per il riparto 2010, sono stati utilizzati i pesi dell’esercizio precedente, con le correzioni rese necessarie dai cambiamenti intervenuti nella popolazione.

[93]    D.P.C.M. 29 novembre 2001, Definizione dei livelli essenziali di assistenza, G. U. 8 febbraio 2002, n. 33.

[94]    Si tratta delle cosiddette coperture incluse nei modelli C.E., rilevanti ai fini delle valutazioni circa l’esistenza di disavanzi e delle relative copertura da parte dei Tavoli di verifica degli adempimenti.

[95]    A titolo esemplificativo, nel 2009 le entrate proprie, computate a livello convenzionale in misura pari a 1.982 milioni, sono risultate pari a 3.984 milioni (v. Relazione generale sulla situazione economica del Paese, anno 2009).

[96]    Circa la valutazione delle prestazioni, cfr la pubblicazione del Ministero della Salute in collaborazione con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Valutazione delle performance dei servizi sanitari regionali, che analizza il c.d. sistema dei bersagli. Tale sistema utilizza set di 34 indicatori per la valutazione delle performance dei sistemi sanitari regionali ed è attualmente allo studio dell’Agenas (Agenzia Nazionale per i Servizi sanitari regionali). Per la prima valutazione sono stati analizzati alcuni aspetti considerati fra i più significativi del sistema sanitario, quali il governo della domanda, l’efficienza, l’appropriatezza delle prestazioni mediche e chirurgiche, la qualità clinica, l’efficacia assistenziale delle patologie croniche, l’efficienza prescrittiva farmaceutica, l’efficacia dell’assistenza collettiva e di prevenzione. I risultati sono riportati con il metodo del bersaglio, ovvero con le migliori prestazioni al centro. Per maggiori informazioni: http://www.salute.gov.it/dettaglio/phPrimoPianoNew.jsp?id=273

[97]    Secondo i dati del Ministero della salute e del Ministero dell’economia, pubblicati sul sito Copaff, l’Umbria è risultata in equilibrio economico in ciascuno degli esercizi presi in considerazione (2007, 2008 e 2009).

[98]    V. Copaff ottobre 2010. V. inoltre Corte dei conti, Relazione sul Rendiconto generale dello Stato, esercizi 2007, 2008 e 2009."

[99]    D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[100]  Prestazioni parzialmente escluse dai Lea in quanto erogabili solo secondo specifiche indicazioni cliniche di cui all’Allegato 2B del D.P.C.M. 29 novembre 2001.

[101]  Prestazioni totalmente escluse dai LEA di cui all’Allegato 2A del D.P.C.M. 29 novembre 2001.

[102]  Per una esauriente analisi dei criteri di riparto: Age.Na.S, Criteri per il riparto del fabbisogno sanitario: relazione commissionata dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, aprile 2010.

[103]  Age.na.s, Criteri per il riparto del fabbisogno sanitario, aprile 2010.

[104]  Per i profili finanziari relativi agli articoli da 20 a 24 si veda la apposita scheda inserita al termine dell’articolo 24 medesimo.

[105]  Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione. In particolare, l’articolo 5 elenca i principi e i criteri direttivi che devono informare i decreti legislativi recanti la disciplina, il funzionamento e la composizione, nell’ambito della Conferenza unificata, della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, come organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica, di cui fanno parte i rappresentanti dei diversi livelli istituzionali di governo.

[106]  Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della L. 13 maggio 1999, n. 133.

[107]  L’ultimo Rapporto di monitoraggio è quello del 2005-2006 e costituisce il quarto Rapporto di monitoraggio dell’assistenza sanitaria italiana. Vedi in Programmazione sanitaria e LEA - Monitoraggio dei Livelli essenziali di assistenza (LEA).

[108]  Il D.P.C.M. 29 novembre 2001, in attuazione dell’articolo 6 del decreto legge 347/2000, emanato successivamente all’Accordo Stato-Regioni dell’8 agosto 2001, che per la prima volta individua i Lea.

[109]  Sui profili di rilievo costituzionale dei "tributi propri della Regione" si rinvia, più ampiamente, al dossier "Aspetti di rilievo costituzionale del federalismo fiscale", ottobre 2008, pag. 9 (Servizio studi del Senato, dossier n. 57 - Servizio studi della Camera, documentazioni e ricerche n. 20).

[110]  Si ricorda che la Corte costituzionale (con la sentenza n. 37/2004), aveva avuto modo di chiarire che in materia di tributi locali, stante la riserva di legge di cui all’art. 23 della Costituzione, che comporta la necessità di disciplinare a livello legislativo quanto meno gli aspetti fondamentali dell’imposizione, e data l’assenza di poteri legislativi in capo agli enti sub-regionali, deve essere definito l’ambito in cui potrà esplicarsi la potestà regolamentare locale, il rapporto fra legislazione statale e legislazione regionale per quanto attiene alla disciplina di grado primario dei tributi locali: potendosi in astratto concepire situazioni di disciplina normativa sia a tre livelli (legislativa statale, legislativa regionale e regolamentare locale), sia a due soli livelli (statale e locale, ovvero regionale e locale).

[111]  Cfr. in particolare le osservazioni agli articoli 2 e 5.

[112]  La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, province, comuni e comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni.

[113]  Recante misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria e convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[114]  Recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica e convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n.122.

[115]  Si ricorda altresì che l’articolo 1, comma 7, lettera b) della proposta di parere del Relatore sullo schema di decreto legislativo n. 292 in tema di federalismo municipale (non approvata dalla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo municipale) proponeva di elevare la suddetta quota al 50 per cento, e di attribuirla ai comuni in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo.

[116]  Durante l'esame parlamentare è stato invece soppresso il riferimento alle modalità di coinvolgimento dei diversi livelli istituzionali nell’attività di lotta all’evasione ed elusione fiscale (di cui al numero 5 del testo approvato dal Senato).

[117]  Recante la riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[118]  A titolo esemplificativo, si ricorda che, con delibera della Giunta Regionale n. 473 del 2 marzo 2010, la Regione Veneto ha disposto l’affidamento all’Agenzia delle Entrate delle attività di gestione dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF per l’anno 2010.