Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato
Titolo: Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale - D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (artt. 2, 11, 12, 21 e 26, L. 42/2009) - Esito pareri al Governo
Riferimenti:
SCH.DEC 292/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 260    Progressivo: 5
Data: 08/04/2011
Descrittori:
DL 2011 0023   FEDERALISMO
FINANZA LOCALE   IMPOSTE E TRIBUTI COMUNALI
Altri riferimenti:
L N. 42 DEL 05-MAG-09     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Esito dei pareri al Governo

Disposizioni in materia di
federalismo fiscale municipale

D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23

(artt. 2, 11, 12, 21 e 26, L. 42/2009)

 

 

 

 

 

 

 

n. 260/5

 

 

 

8 aprile 2011

 


Servizio responsabile

Servizio Studi – Area finanza pubblica

( 066760-9496 * st_finanze@camera.it
( 066760-9932 * st_bilancio@camera.it

 

 

 

 

 

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File: FI0418e.doc


INDICE

Tavole sinottiche

§      Rapporti finanziari tra lo Stato e i Comuni nel periodo transitorio 2011-2013: Quadro sinottico................................................................................... 2

§      Rapporti finanziari tra lo Stato e i Comuni dal 2014: Quadro sinottico (*)     3

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Norme di coordinamento)............................................................. 7

§      Articolo 2 (Devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare)....................... 8

§      Articolo 3 (Cedolare secca sugli affitti)......................................................... 23

§      Articolo 4 (Imposta di soggiorno)................................................................. 32

§      Articolo 5 (Addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche)    35

§      Articolo 6 (Imposta di scopo)....................................................................... 37

§      Articolo 7 (Federalismo fiscale municipale)................................................. 39

§      Articolo 8 (Imposta municipale propria)....................................................... 41

§      Articolo 9 (Applicazione dell’imposta municipale propria)............................ 48

§      Articolo 10 (Applicazione dei tributi nell’ipotesi di trasferimento immobiliare)59

§      Articolo 11 (Imposta municipale secondaria)............................................... 63

§      Articolo 12 (Misure in materia di finanza pubblica)...................................... 70

§      Articolo 13 (Fondo perequativo per comuni e province).............................. 72

§      Articolo 14, commi 1 e 8 (Disposizioni sull’indeducibilità dell’IMU e sull’addizionale comunale IRPEF)76

§      Articolo 14, commi 2 e 3 (Applicazione del decreto legislativo nelle regioni a statuto speciale)   78

§      Articolo 14, comma 6 (Potestà regolamentare sui nuovi tributi comunali).. 82

§      Articolo 14, comma 7 (Disposizioni sulla gestione dei rifiuti solidi urbani)... 84

§      Articolo 14, commi 4, 5, 9 e 10 (Regolazioni finanziarie e norme transitorie)86

Testo a fronte tra lo schema di decreto legislativo (Atto n. 292) e il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Pubblicato nella Gazz. Uff. n. 67/2011)  93

Adempimenti previsti dal decreto legislativo............................ 119

 


Tavole sinottiche


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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Schede di lettura


Articolo 1
(Norme di coordinamento)

 

1. I decreti legislativi che disciplinano i tributi dalle regioni, emanati ai sensi degli articoli 2 e 7 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, si coordinano con le disposizioni del presente decreto.

 

 

La norma afferma la necessità che i decreti legislativi che disciplineranno i tributi regionali debbano risultare coordinati con il decreto in esame.

In proposito l’articolo in esame fa riferimento alla legge n. 42/2009, recante la delega in materia di federalismo fiscale, ed in particolare agli articoli 2 – recante i principi generali e le procedure per l’esercizio della delega – e 7, che individua i tributi regionali. Secondo quanto dispone tale ultimo articolo, i tributi regionali sono classificati in:

-                 tributi propri derivati, i quali si caratterizzano per essere istituiti e disciplinati con legge statale, ed il cui gettito è attribuito alle regioni, che possono intervenire su tali tributi con propria legge, modificando le aliquote e prevedendo deduzioni, esenzioni e detrazioni, nei limiti e secondo i criteri stabiliti dalla normativa statale e nel rispetto di quella comunitaria;

-                 addizionali sulle basi imponibili dei tributi erariali: Le regioni possono con propria legge modificare le aliquote delle addizionali stesse e possono disporre detrazioni entro i limiti fissati dalla normativa statale;

-                 tributi propri, istituiti dalle regioni in relazione a presupposti non già assoggettati a imposizione erariale;

Il medesimo articolo 7 prevede inoltre che le regioni dispongono di compartecipazioni al gettito dei tributi erariali, in via prioritaria all’Iva.

La disposizione appare avere la finalità di rappresentare – ovviamente con valenza solo monitoria nei confronti del legislatore che produrrà i successivi decreti legislativi - l’esigenza di una necessaria coerenza tra il sistema della fiscalità municipale disciplinato dal presente decreto e quello della fiscalità regionale, su cui è ora intervenuto il decreto legislativo recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri il 31 marzo 2011 ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

 


 

Articolo 2
(Devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare)

 


1. In attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, ed in anticipazione rispetto a quanto previsto in base al disposto del seguente articolo 7, a decorrere dall’anno 2011 sono attribuiti ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio e con le modalità di cui al presente articolo, il gettito o quote del gettito derivante dai seguenti tributi:

a) imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131;

b) imposte ipotecaria e catastale, salvo quanto stabilito dal comma 5;

c) imposta sul reddito delle persone fisiche, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario;

d) imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili;

e) tributi speciali catastali;

f) tasse ipotecarie;

g) cedolare secca sugli affitti di cui all’articolo 3, con riferimento alla quota di gettito determinata ai sensi del comma 8 del presente articolo.

2. Con riferimento ai tributi di cui alle lettere a), b), e) ed f), del comma 1, l'attribuzione del gettito ivi prevista ha per oggetto una quota pari al 30 per cento dello stesso.

3. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare di cui ai commi 1 ed 2, è istituito un Fondo sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo è stabilita in tre anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009. Il Fondo è alimentato con il gettito di cui ai commi 1 e 2, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 7.

4. Ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è fissata la percentuale della predetta compartecipazione e sono stabilite le mo­dalità di attuazione del presente periodo, con particolare riferimento all’attribuzione ai singoli comuni del relativo gettito, assumendo a riferimento il territorio su cui si è determinato il consumo che ha dato luogo al prelievo. La percentuale della compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto prevista dal presente comma è fissata, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in misura finanziaria­mente equivalente alla compartecipazione del 2 per cento al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. In sede di prima applicazione, e in attesa della determinazione del gettito dell’imposta sul valore aggiunto ripartito per ogni comune, l’assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito dell’imposta sul valore aggiunto per provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune.

5. Il gettito delle imposte ipotecaria e catastale relative agli atti soggetti ad imposta sul valore aggiunto resta attribuito allo Stato.

6. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, cessa di essere applicata nelle Regioni a statuto ordinario ed è corrispondentemente aumentata, nei predetti territori, l’accisa erariale in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedi­mento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanarsi entro il 31 dicembre 2011 sono stabilite le modalità attuative del presente comma.

7. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di alimentazione e di riparto del Fondo sperimentale di cui al comma 3, nonché le quote del gettito dei tributi di cui al comma 1 che, anno per anno, sono devolute al comune ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione. Nel riparto si tiene conto della determinazione dei fabbisogni standard, ove effettuata, nonché, sino al 2013, anche della necessità che una quota pari al 30 per cento della dotazione del Fondo sia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti. Ai fini della determinazione del Fondo sperimentale di cui al comma 3 non si tiene conto delle variazioni di gettito prodotte dall'esercizio dell'autonomia tributaria. Ai fini del raggiungimento dell’accordo lo schema di decreto è trasmesso alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 15 ottobre. In caso di mancato accordo entro il 30 novembre dell’anno precedente, il decreto di cui al primo periodo può essere comunque emanato; in sede di prima applicazione del presente provvedimento, il termine per l’accordo scade il quaranta­cinquesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i comuni che esercitano in forma associata le funzioni fondamentali ai sensi dell’articolo 14, commi 28 e seguenti del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché per le isole monocomune, sono, in ogni caso, stabilite modalità di riparto differenziate, forfettizzate e semplifi­cate, idonee comunque ad assicurare che sia ripartita, in favore dei predetti enti, una quota non inferiore al 20 per cento della dotazione del fondo al netto della quota del 30 per cento di cui al secondo periodo del presente comma.

8. La quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), devoluta ai comuni delle Regioni a statuto ordinario è pari al 21,7 per cento per l’anno 2011 e al 21,6 per cento a decorrere dall’anno 2012. I trasferimenti erariali sono ridotti, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 3, nonché al gettito devoluto ai comuni ed al gettito derivante dalla comparteci­pazione di cui al comma 4 e al netto del gettito di cui al comma 6. Per gli anni 2011 e 2012, al fine di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica e di assicurare ai comuni un ammontare di risorse pari ai trasferimenti soppressi, la predetta quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), può essere rideterminata sulla base dei dati definitivi, tenendo conto del monitoraggio effettuato dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. La quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), può essere successivamente incrementata, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente alla indivi­duazione di ulteriori trasferimenti suscetti­bili di riduzione.

9. Ai comuni è garantito che le variazioni annuali del gettito loro attribuito ai sensi del presente articolo non determinano la modifica delle aliquote e delle quote indicate nei commi 2, 4 e 8. Le aliquote e le quote indicate nei commi 2, 4 e 8, nonché nell’articolo 7, comma 2, possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’eco­nomia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica; in particolare, dal 2014 la quota di gettito devoluta ai comuni del tributo di cui al comma 1, lettera g), può essere incremen­tata sino alla devoluzione della totalità del gettito stesso, con la contestuale ed equivalente riduzione della quota di cui all’articolo 7, comma 2, e, ove necessario, della quota di cui al comma 4 del presente articolo.

10. In ogni caso, al fine di rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e di incentivare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tribu­tario:

a) è assicurato al comune interessato il maggior gettito derivante dall’accatasta­mento degli immobili finora non dichiarati in catasto;

b) è elevata al 50 per cento la quota dei tributi statali riconosciuta ai comuni ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e successive modi­ficazioni. La quota del 50 per cento è attribuita ai comuni in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di recupero delle somme attribuite ai comuni in via provvisoria e rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo;

c) i singoli comuni hanno accesso, secondo le modalità stabilite con provve­dimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai dati contenuti nell’anagrafe tributaria relativi:

1) ai contratti di locazione nonché ad ogni altra informazione riguardante il possesso o la detenzione degli immobili ubicati nel proprio territorio;

2) alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio;

3) ai soggetti che hanno il domicilio fiscale nel proprio territorio;

4) ai soggetti che esercitano nello stesso un’attività di lavoro autonomo o di impresa;

d) i comuni hanno altresì accesso, con le modalità di cui alla precedente lettera c) a qualsiasi altra banca dati pubblica, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali;

e) il sistema informativo della fiscalità è integrato, d’intesa con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, con i dati relativi alla fiscalità locale, al fine di assicurare ai comuni i dati, le informazioni ed i servizi necessari per la gestione dei tributi di cui agli articoli 7 e 11 e per la formulazione delle previsioni di entrata.

11. Il sistema informativo della fiscalità assicura comunque l’interscambio dei dati relativi all’effettivo utilizzo degli immobili, con particolare riferimento alle risultanze catastali, alle dichiarazioni presentate dai contribuenti, ai contratti di locazione ed ai contratti di somministrazione di cui al comma 10, lettera c), n. 2).

12. A decorrere dal 1° aprile 2011 gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’inadem­pimento degli obblighi di dichiarazione agli uffici dell’Agenzia del territorio degli immobili e delle variazioni di consistenza o di destinazione dei medesimi previsti, rispettivamente, dagli articoli 28 e 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, sono quadru­plicati; il 75 per cento dell’importo delle sanzioni irrogate a decorrere dalla predetta data è devoluto al comune ove è ubicato l’immobile interessato.


 

 

L’articolo 2 introduce, con decorrenza 2011, la disciplina concernente la devoluzione ai comuni del gettito o delle quote di gettito derivanti da alcuni specifici tributi statali inerenti al comparto territoriale e immobiliare (commi 1, 2 e 8) nonché l’attribuzione ai comuni di una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto (comma 4).

In linea con l’impianto della legge delega, a fronte di quanto riconosciuto ai comuni a titolo di devoluzione dei tributi e di compartecipazione IVA, vengono ridotti, in misura corrispondente, i trasferimenti erariali (comma 8).

Al fine di garantire progressività ed equilibrio territoriale al processo di devoluzione, la norma prevede, in via transitoria, l’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio il cui periodo di funzionamento è fissato in tre anni ovvero, in ogni caso, fino alla data di attivazione del Fondo perequativo previsto dall’art. 13 della legge delega n. 42 del 2009 (comma 3). Le modalità di alimentazione e i criteri di riparto saranno definiti con decreto del Ministro dell’interno, previo accordo con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali (comma 7).

 

In linea generale, il decreto prevede un’attuazione progressiva e graduale dell’attuazione della riforma, articolata sulla base di due regimi transitori: uno, relativo al regime fiscale, della durata di tre anni (2011-2013), destinato ad essere superato dal 2014 a seguito dell’istituzione dell’imposta municipale propria; l’altro, concernente il sistema di riequilibrio territoriale delle risorse, imperniato intorno ad un apposito fondo sperimentale di riequilibrio destinato a durare sino all’attivazione del regime di perequazione ordinario previsto dalla legge delega.

Imposte oggetto di devoluzione (commi 1, 2, 5, 6, 8 e 9)

I commi 1, 2, 6 e 8 dell’articolo in esame recano, in attuazione della delega sul federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009 e in attesa dell’entrata in vigore del regime dell’imposta municipale propria di cui al successivo articolo 7, la disciplina concernente la devoluzione ai Comuni del gettito o di una quota parte dello stesso relativo all’applicazione di specifici tributi sugli immobili ubicati nel loro territorio.

 

La legge n. 42/2009 reca nel Capo III (articoli da 11 a 14) la disciplina a regime concernente la “Finanza degli enti locali”.

In particolare, nell’ambito dei criteri e principi direttivi individuati nell’articolo 11, viene stabilito che:

-        le spese connesse alle funzioni fondamentali indicate dall’art. 117, 2°c, lett. p), Cost.[1] sono finanziate dai tributi propri, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali, da addizionali a tali tributi, la cui manovrabilità è stabilita tenendo conto della dimensione demografica dei comuni per fasce, e dal fondo perequativo;

-        le spese connesse a funzioni non fondamentali[2] sono finanziate da tributi propri, da compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo.

 

In particolare, il comma 1 individua i tributi oggetto di devoluzione, i commi 2 e 8 stabiliscono la quota parte del gettito di tributo destinata al finanziamento del Fondo e il comma 6 dispone che a decorrere dal 2012 nelle regioni a statuto ordinario non trova applicazione l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica.

 

Si riporta, di seguito, l’elenco dei tributi oggetto di devoluzione indicando, ove la norma ne preveda la parziale devoluzione, la misura della corrispondente quota spettante ai comuni. Si precisa, tuttavia, che, ai sensi del comma 9, le suddette quote possono essere modificate, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, con D.P.C.M., da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intensa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. I tributi e le relative quote di gettito interessati alla devoluzione sono:

§         imposta di registro e imposta di bollo applicata negli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili di cui all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986[3] (lettera a)) e nei contratti di locazione relativi ad immobili (lettera d)). Le imposte individuate nella lettera a)– relative agli atti di trasferimento – sono devolute in misura corrispondente al 30% del gettito.

L’imposta di registro, istituita e disciplinata dal D.P.R. n. 131 del 1986, è un’imposta indiretta che si applica sugli atti individuati nella Tariffa allegata al decreto medesimo, tra i quali rientrano quelli relativi alla compravendita e alla locazione di immobili. La Parte prima della Tariffa individua, in maniera articolata, gli atti soggetti a registrazione in termine fisso[4], ossia gli atti relativamente ai quali è prescritto l’obbligo di effettuare la registrazione entro un determinato numero di giorni.

L’imposta di bollo, istituita e disciplinata dal D.P.R. n. 642[5] del 1972, è dovuta su tutti gli atti indicati nella tariffa allegata al citato decreto tra i quali rientrano, a titolo esemplificativo, gli atti aventi ad oggetto il trasferimento ovvero la costituzione di diritti reali di godimento su beni immobili.

§         imposte ipotecaria e catastale (lettera b)) ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA, tributi speciali catastali (lettera e)) nonché tasse ipotecarie (lettera f)). La quota di attribuzione del gettito delle predette imposte è fissata al 30%.

Le imposte ipotecarie e catastali, istituite e disciplinate dal D.Lgs. n. 347 del 1990, sono tributi autonomi generalmente dovuti a seguito di atti civili, giudiziali o amministrativi, tra vivi o a causa di morte (compravendite, donazioni, sentenze o successioni, accettazione d’eredità, ecc.) che comportano il trasferimento di proprietà di immobili o che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti reali sugli stessi. La stipulazione degli atti sopra indicati comporta l’obbligo di eseguire alcune formalità presso la Conservatoria dei pubblici registri immobiliari (imposta ipotecaria) nonché il compimento di variazioni degli atti del Catasto (imposta catastale). La misura dell’imposta è determinata in misura fissa in alcuni casi (ad es. è stabilita in 168 euro ciascuna per l’acquisto della prima casa), ovvero in misura proporzionale applicando alla base imponibile l’aliquota indicata nella Tariffa allegata al D.Lgs. n. 347/90 e corrispondente alla tipologia di atto stipulato.

Le tasse ipotecarie (D.Lgs. n. 347/90) e i tributi speciali catastali (D.L. n. 533/54) sono dovuti, rispettivamente, per le operazioni relative ai servizi ipotecari fruiti presso la Conservatoria (quali, ad es. la consultazione e la ricerca della nota di trascrizione di un atto o la richiesta di certificati ipotecari) ovvero presso il Catasto (quali, ad es. la consultazione di atti ed elaborati catastali o la richiesta di estratti). L’ammontare della tassa ipotecaria e del tributo speciale catastale varia in funzione della tipologia di servizio richiesto. Gli importi sono indicati, rispettivamente, nella tabella allegata al D.Lgs. n. 347/90 e nella Tabella A allegata al D.L. n. 533/1954).

§         IRPEF relativa ai redditi fondiari, con esclusione del reddito agrario (lettera c)).

L’Imposta sul reddito delle persone fisiche è istituita e disciplinata dal D.P.R. n. 917 del 1986 il quale, al Capo II del Titolo I, reca disposizioni in materia di reddito fondiario. In particolare, concorrono alla formazione della base imponibile IRPEF i redditi dei terreni e dei fabbricati posseduti dal contribuente. In linea generale, ai terreni è attribuito dal catasto un reddito dominicale e un reddito agrario, mentre ai fabbricati è attribuita una rendita catastale. Sono, in ogni caso, esenti da IRPEF in quanto non concorrono alla formazione della base imponibile, i redditi relativi all’immobile adibito ad abitazione principale e sue pertinenze. Nel caso di immobili locati, il reddito imponibile è pari al maggior valore tra la rendita catastale rivalutata e il reddito di locazione ridotto sulla base di appositi coefficienti stabiliti per legge.

§         cedolare secca sugli affitti, introdotta e disciplinata dall’articolo 3 del provvedimento in esame e alla cui scheda illustrativa si rinvia (lettera g)). Il comma 8 stabilisce che la quota del gettito del tributo oggetto di devoluzione è pari al 21,7% per l’anno 2011 e al 21,6% a decorrere dal 2012; tuttavia, ai sensi del medesimo comma 8, la predetta quota di gettito può essere rideterminata sulla base dei dati definitivi per gli anni 2011 e 2012, al fine di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica e di assicurare ai comuni un ammontare di risorse pari ai trasferimenti soppressi.

Con particolare riferimento alla quota della cedolare secca devoluta ai comuni si segnala, inoltre, che:

a)      il comma 8 dispone che, dal 2013, tale quota “può essere successivamente incrementata, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione”;

b)      il comma 9 stabilisce che, a decorrere dal 2014, la quota della cedolare secca devoluta ai comuni “può essere incrementata sino alla devoluzione della totalità del gettito stesso, con la contestuale ed equivalente riduzione” della compartecipazione all’imposta di bollo sui trasferimenti prevista dall’art. 7, comma 2 e ove necessario, dell’aliquota di compartecipazione all’IVA.

 

Ai sensi del comma 5, l’intero gettito relativo alle imposte ipotecarie e catastali versate in corrispondenza di atti soggetti ad IVA rimane attribuito allo Stato; la disposizione conferma quanto previsto dalla lettera b) del comma 1.

Il comma 6 esclude, a decorrere dal 2012, l’applicazione dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e b) del D.L. n. 511/1988 nelle regioni a statuto ordinario; tale imposta, pertanto, dal 2012 continuerà ad essere applicata nelle sole regioni a statuto speciale. Contestualmente, al fine di assicurare la neutralità finanziaria e il rispetto dei saldi di finanza pubblica, nelle RSO viene incrementata la misura dell’aliquota erariale dell’accisa sull’energia elettrica[6].

Il richiamato articolo 6, interamente sostituito dall’art. 5 del D.Lgs. n. 26/2007, stabilisce che le addizionali comunali e provinciali all’accisa sull’energia elettrica sono versate direttamente ai comuni ed alle province nell’ambito del cui territorio sono ubicate le utenze qualora siano relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW; le addizionali relative a forniture di energia elettrica con potenze superiori a 200 kW sono versate all’erario, ad eccezione di quelle riscosse nell’ambito delle province autonome di Trento e di Bolzano che sono versate direttamente ai comuni ed alle province stessi.

Le modalità attuative relative alle modifiche in materia di accisa e addizionale all’accisa sull’energia elettrica nelle regioni a statuto ordinario e nelle regioni a statuto speciale saranno stabilite con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro il 31 dicembre 2011.

 

Il comma 9 stabilisce che le variazione del gettito dei tributi spettanti – in misura totale o parziale – ai comuni non determinano la modifica dell’aliquota di compartecipazione IVA prevista dal comma 4 (v. infra) e delle quote dei tributi devoluti (fissate nei commi 2 e 8). In altre parole, ai sensi del primo periodo del comma in esame, le somme devolute ai comuni – che, per effetto della fiscalizzazione sono determinate in funzione di alcuni tributi - risentono dell’andamento del gettito dei tributi medesimi.

Come già ricordato, inoltre, il comma 9 prevede la possibilità di modificare la misura delle quote dei tributi devoluti nonché dell’aliquota di compartecipazione IVA, purché tale modifica sia effettuata nel rispetto dei saldi di finanza pubblica.

In particolare, a decorrere dal 2014 la quota del gettito della cedolare secca può essere incrementata sino alla totale devoluzione dello stesso, con contestuale ed equivalente riduzione della compartecipazione all’imposta di registro sui trasferimenti e, ove necessario, dell’aliquota di compartecipazione IVA.

Il Fondo sperimentale di riequilibrio e riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni (commi 3, 7 e 8)

Per assicurare un processo progressivo di devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare, ispirato ad un principio di equilibrio territoriale, il decreto prevede l’istituzione di un Fondo sperimentale di riequilibrio (comma 3), la cui durata è fissata in un periodo di tre anni.

Il comma non precisa la data di istituzione nel bilancio dello Stato del Fondo; verosimilmente esso dovrebbe essere istituito già nel 2011, posto che il nuovo meccanismo di finanziamento dei comuni, attraverso la devoluzione dei tributi di cui al comma 1 e 2, prende avvio già nel 2011.

In ogni caso, la norma dispone che la funzione del Fondo continui fino alla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della legge n. 42 del 2009.

 

Al riguardo si rileva che il decreto legislativo in esame, all’articolo 13,prevede l’istituzione nel bilancio dello Stato di un fondo perequativo a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte da comuni e province,successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, le cui modalità di alimentazione e di riparto saranno stabilite, in conformità con l’articolo 13 della legge n. 42, previa intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (cfr. relativa scheda di lettura). Nell’articolo, tuttavia, non è precisata la data di istituzione del Fondo perequativo.

L’articolo citato provvede altresì ad indicare le fonti di alimentazione del Fondo perequativo destinato ai comuni (alimentato da quote del gettito dei tributi di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione prevista dall’articolo 7, comma 2); le fonti di alimentazione del fondo perequativo a favore delle province sono invece individuate dall’articolo 19 dello schema di decreto legislativo relativo all’autonomia regionale e provinciale (Atto del Governo n. 317), sul quale la Commissione bicamerale per il federalismo fiscale ha espresso parere favorevole in data 24 marzo 2010, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

 

Il Fondo sperimentale di riequilibrio è finanziato con il gettito derivante dai tributi attribuiti ai comuni ai sensi dei commi 1 e 2 (comma 3).

Si segnala che nonostante la norma non lo indichi espressamente, è necessario far riferimento anche al comma 8 per la determinazione della quotadel gettito della cedolare secca che viene devoluta e che, dunque, confluisce nel Fondo sperimentale.

Infatti la relazione tecnica all’Atto del Governo n. 292-bis, nel determinare l’importo complessivo del Fondo sperimentale, considera gli importi derivanti dalla cedolare secca sugli affitti nelle percentuali, rispettivamente, del 21,7% per il 2011 e del 21,6% nel 2012, stabilite dal comma 8.

 

Dovrebbero pertanto confluire al Fondo sperimentale:

-        Il 30% dell’imposta di registro e imposta di bollo applicata negli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili (lettera a));

-        il 30% dell’imposte ipotecaria e catastale (lettera b)) ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA;

-        il gettito IRPEF relativo ai redditi fondiari, con esclusione del reddito agrario (lettera c));

-        il gettito dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo nei contratti di locazione relativi ad immobili (lettera d));

-        il 30% dei tributi speciali catastali (lettera e));

-        il 30% delle tasse ipotecarie (lettera f));

-        il 21,7% nel 2011 e il 21,6% a decorrere dal 2012 della quota del gettito derivante dalla cedolare secca sugli affitti (lettera g) secondo le quote indicate nel comma 8).

Va precisato che il successivo comma 10 prevede l’assegnazione diretta al comune interessato del maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto nonché della quota del 50% dei maggiori tributi erariali riscossi a titolo definitivo, a seguito dell’intervento del comune nell’attività di accertamento (cfr. comma 10).

 

Non affluisce, dunque, al Fondo sperimentale il gettito della compartecipazione IVA di cui al comma 4, introdotta a partire dall’anno 2011, che viene direttamente attribuita ai comuni secondo modalità da stabilirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Inoltre, il successivo comma 7 specifica che ai fini della determinazione del Fondo sperimentale non deve tenersi conto delle variazioni di gettito prodotte dall’esercizio dell’autonomia tributaria.

 

 

Sulla base delle proiezioni del gettito dei tributi interessati dalla norma, riportate nella Relazione tecnica all’Atto n. 292-bis, il gettito che potrà confluire nel Fondo sperimentale di riequilibrio è stimato in 8.354 milioni di euro per l’anno 2011 e 7.978 milioni per il 2012.

 

Il comma 7 prevede che, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono definite:

§         le modalità di alimentazione e di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio;

§         la determinazione delle quote del gettito dei tributi che, anno per anno, sono devolute ai singoli comuni ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione.

 

Per quanto concerne il riparto tra i comunidelle somme confluite nel Fondo sperimentale, sono indicati i seguenti criteri:

-                 esigenza di tenere conto della determinazione, “ove effettuata”, dei fabbisogni standard.

In merito, si ricorda che i fabbisogni standard verranno determinati, ai sensi del relativo decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, secondo un processo graduale diretto a garantirne l’entrata a regime, con riferimento ad un terzo delle funzioni, già a partire dal 2012 e con riferimento al complesso delle funzioni nel 2016;

-                 necessità che, fino al 2013, una quota pari al 30 per cento della dotazione del Fondo venga ridistribuita tra i comuni in base al numero dei residenti;

-                 modalità di riparto differenziate, semplificate e forfettizzate per i comuni che esercitano in forma associata le funzioni fondamentali, ai sensi dell’articolo 14, commi 28 e seguenti, del D.L. n. 78/2010[7], nonché per le isole monocomune. Nel complesso, in favore di tali enti è prevista l’attribuzione di una quota non inferiore al 20 per cento della dotazione del Fondo al netto della quota del 30 per cento spettante, in base al punto precedente, su base capitarla (ovvero il 14 per cento della dotazione del Fondo[8]).

 

Quanto all’accordo preventivo da raggiungere in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, la norma prevede che lo schema di decreto di riparto del Fondo sperimentale sia trasmesso dal Ministro dell’interno alla suddetta Conferenza entro il 15 ottobre dell’anno precedente il riparto, ai fini del raggiungimento dell’accordo entro 45 giorni.

Se entro il 30 novembre l’accordo non è stato raggiunto, il decreto può comunque essere emanato.

In sede di prima applicazione, il termine per il raggiungimento dell’accordo scade il quarantacinquesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame.

 

 

In linea con l’impianto della legge delega, il successivo comma 8 dispone la riduzione dei trasferimenti erariali spettanti ai comuni, a fronte di quanto ad essi riconosciuto a titolo di devoluzione dei tributi e di compartecipazione IVA dall’articolo 2 in esame.

In particolare, la riduzione – da effettuarsi con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, su parere della Conferenza Stato-città ed autonomie locali – è operata in misura corrispondente:

1)      algettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio

2)      al gettito devoluto ai Comuni;

3)      al gettito derivante dalla compartecipazione all’IVA di cui al comma 4;

4)      al netto delle entrate derivanti dall’addizionale all’accisa sull’energia elettrica che, a decorrere dal 2012, non trova più applicazione nelle regioni a statuto ordinario.

 

 

Secondo quanto riportato nella Relazione tecnica all’Atto n. 292-bis, l’entità complessiva dei trasferimenti erariali suscettibili di fiscalizzazione – e, dunque, di riduzione – è stimata nell’importo di 11.243 milioni di euro nell’esercizio finanziario 2011 e in 10.388 milioni nel 2012.


Con riferimento al quadro complessivo delle nuove risorse assegnate a favore dei comuni e di quelle sostituite, viene riportato il seguente prospetto riepilogativo sulla base dei dati forniti nella relazione tecnica:

(mln di euro)

 

2011

2012

Entrate a favore dei comuni delle regioni a statuto ordinario

 

 

30% del gettito delle imposte sui trasferimenti (art. 2, co. 1, lettere a), b), e) e f) e co. 2)

1.329

1.354

Gettito imposte bollo e registro contratti di locazione (art. 2, co. 1, lettera d))

708

711

Gettito IRPEF redditi fondiari (art. 2, co. 1, lettera c))

5.790

5.167

Quota (21,7% per il 2011 e 21,6% per il 2012) del gettito della cedolare secca (art. 2, co. 1, lettera g) e co. 8)

527

746

Totale che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio

8.354

7.978

Compartecipazione IVA (= compart. IRPEF 2%) (art. 2, co. 4)

2.889

3.024

Totale

11.243

11.002

 

Minori risorse per i comuni delle regioni a statuto ordinario

 

 

Trasferimenti fiscalizzati (art. 2, co. 8)

11.243

10.388

Attribuzione all'erario dell’addizionale comunale accisa energia elettrica a partire dal 2012 (art. 2, co. 6)

-

614

Totale

11.243

11.002

 

 

Per gli anni 2011 e 2012, al fine di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica ed assicurare ai comuni un ammontare complessivo di risorse effettivamente pari ai trasferimenti soppressi, si prevede che la quota di gettito devoluto della cedolare secca sugli affitti - fissata dal primo periodo del comma 8 in misura pari al 21,7 per cento per l’anno 2011 e al 21,6 per cento a decorrere dall’anno 2012 – possa essere rideterminata sulla base dei dati definitivi, tenendo conto del monitoraggio effettuato dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

 

La predetta quota di gettito può essere successivamente incrementata nel caso di individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione, con decreto del Ministro dell’economia e finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

La compartecipazione all’imposta sul valore aggiunto (comma 4)

Il comma 4 introduce una compartecipazione comunale al gettito IVA la cui misura è determinata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata.

La percentuale della compartecipazione IVA fissata dal decreto dovrà essere determinata in misura tale da garantire, nel suo ammontare complessivo, un importo finanziariamente equivalente a quello ottenuto ipotizzando una compartecipazione pari al 2% al gettito IRPEF.

Il criterio della equivalenza finanziaria tra i due valori è stato introdotto al fine di garantire il pieno rispetto dei saldi di finanza pubblica. Ciò in quanto la compartecipazione IVA è stata introdotta nel corso dell’esame parlamentare del provvedimento in sostituzione della precedente formulazione del comma 4 in esame il quale prevedeva una compartecipazione all’IRPEF in misura pari al 2%.

L’introduzione della compartecipazione, come evidenziato nella relazione illustrativa allegata all’Atto del Governo n. 292-bis, è fissata con decorrenza 2011. La medesima relazione illustrativa, inoltre, evidenzia che “a decorrere dal medesimo esercizio finanziario 2011, ovviamente, cessa di essere applicata la compartecipazione all’IRPEF pari allo 0,75 per cento di cui alla legge 27 dicembre 2006 n. 296, in quanto compresa tra i trasferimenti da fiscalizzare”.

L’articolo 1, commi da 189 a 193, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) ha istituito, in attesa del riassetto organico del sistema di finanziamento delle amministrazioni locali attuativo del federalismo fiscale di cui al Titolo V Cost., una compartecipazione comunale all'IRPEF a favore dei comuni.

L’aliquota di compartecipazione è fissata in misura pari allo 0,69% per gli anni 2007 e 2008 (comma 189) e in misura pari allo 0,75% a decorrere dal 2009 (comma 192). Contestualmente è stata disposta una corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, dei trasferimenti erariali in modo da garantire l'invarianza delle risorse per gli enti locali.

In merito ai criteri di ripartizione della compartecipazione tra i comuni, il comma 192 della richiamata legge reca una disciplina specifica applicabile dal 2008 alla quota della compartecipazione eccedente la “quota fissa” spettante ai comuni sulla base dei trasferimenti soppressi come determinata per l’anno 2007. In particolare, qualora per effetto della dinamica dell’IRPEF si realizzi un incremento del gettito da compartecipazione da ripartire, l’eccedenza è ripartita tra i comuni secondo appositi criteri definiti dal decreto interministeriale del 20 febbraio 2008 emanato in attuazione del citato comma 192[9].

 

Con il medesimo decreto, inoltre, dovranno essere stabilite le modalità attuative con particolare riferimento all’attribuzione ai singoli comuni del relativo gettito, che dovrà essere effettuata sulla base dei consumi nei singoli territori che hanno dato luogo il prelievo.

Tuttavia, in sede di prima applicazione e in attesa della determinazione del gettito comunale IVA, l’attribuzione a ciascun comune avviene sulla base del gettito IVA per provincia, suddiviso per il numero degli abitati per ciascun comune.

Attività di accertamento e riscossione (commi 10, 11 e 12)

Il comma 10 reca disposizioni dirette a potenziare l’attività di gestione delle entrate comunali nonché l’attività di accertamento da parte dei Comuni.

A tal fine si dispone che:

a)      il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli “immobili finora non dichiarati in catasto” è riconosciuto al Comune interessato.

Si segnala che l’articolo 5, comma 2-bis, del decreto legge n. 225 del 2010 (decreto mille proroghe) ha disposto la proroga dal 31 dicembre 2010 al 30 aprile 2011 del termine per l’iscrizione in catasto degli immobili non dichiarati (c.d. case fantasma);

b)      la quota del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento del Comune nell’attività di accertamento riconosciuta agli enti locali ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.L. 203/2005[10] è elevata dal 33% al 50%. Nonostante la norma richiamata sia riferita alle somme relative a tributi statali “riscosse a titolo definitivo” nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, la lettera b) in esame dispone che sono oggetto di attribuzione ai Comuni - in via provvisoria - anche le somme “riscosse a titolo non definitivo” fermo restando il recupero delle stesse qualora esse siano rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo; le modalità di recupero delle suddette somme saranno disciplinate con decreto del MEF da emanare sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali;

c)      ai Comuni è riconosciuto, sulla base delle modalità da stabilire con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, un maggiore potere di accesso ai dati contenuti nell’anagrafe tributaria ed in particolare i dati relativi:

1)                       ai contratti di locazione nonché ad ogni altra informazione riguardante il possesso o la detenzione degli immobili ubicati nel proprio territorio;

2)                       alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio (c.d. “catasto elettrico”);

3)                       ai soggetti che hanno il domicilio fiscale nel proprio territorio;

4)                       ai soggetti che esercitano nel Comune un’attività di lavoro autonomo o di impresa;

d)      ai Comuni è inoltre riconosciuto l’accesso, con le stesse modalità di cui alla precedente lettera c), a qualsiasi altra banca dati pubblica, limitatamente alle informazioni concernente gli immobili del proprio territorio ovvero i soggetti con domicilio fiscale nel comune, purché utile ai fini dell’attività di contrasto all’evasione fiscale;

e)      si proceda alla integrazione tra il sistema informativo della fiscalità con i dati relativi alla fiscalità locale, previa intesa con l’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani), al fine di assicurare ai Comuni i dati, le informazioni ed i servizi necessari per la gestione della imposta municipale propria e dell’imposta municipale secondaria facoltativa nonché per la formulazione delle previsioni di entrate.

 

Ai sensi del comma 11 il sistema informativo della fiscalità assicura lo scambio dei dati disponibili sugli immobili, con particolare riferimento ai dati disponibili presso il catasto, a quelli indicati nelle dichiarazioni fiscali presentate dai contribuenti, ai contratti di locazione registrati nonché ai contratti di somministrazione delle utenze (energia elettrica, acqua, e gas) indicati nel comma 10, lettera c), n. 2.

 

Il comma 12 incrementa, con decorrenza 1° aprile 2011, le sanzioni amministrative applicabili nei casi di omessa dichiarazione al catasto di nuovi immobili ovvero di variazione di immobili già dichiarati, fissandole al quadruplo di quelle previste dalla normativa vigente, e stabilisce che il 75% delle sanzioni irrogate deve essere devoluto al comune nel quale è ubicato l’immobile.

 


 

Articolo 3
(Cedolare secca sugli affitti)

 


1. In alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, il proprietario, o il titolare di diritto reale di godimento, di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo può optare per il seguente regime.

2. A decorrere dall’anno 2011 il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all’abitazione, può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un’imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulle risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un’aliquota del 21 per cento. La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito, con modificazioni dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato intermini­steriale per la programmazione econo­mica, l’aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 19 per cento.

3. Fermi gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi, la registra­zione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, incluso l’obbligo previsto dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Nei casi di omessa richiesta di registrazione del contratto di locazione si applica l’articolo 69 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986.

4. La cedolare secca è versata entro il termine stabilito per il versamento dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Non si fa luogo al rimborso delle imposte di bollo e di registro eventual­mente già pagate. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso ad essa relativi si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sono stabilite le modalità di esercizio dell’opzione di cui al comma 1, nonché di versamento in acconto della cedolare secca dovuta, nella misura dell’85 per cento per l’anno 2011 e del 95 per cento dal 2012, e del versamen­to a saldo della medesima cedolare, nonché ogni altra disposizione utile, anche dichiarativa, ai fini dell’attuazione del presente articolo.

5. Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva, si applicano in misura raddop­piata, rispettivamente, le sanzioni ammini­strative previste dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell’accertamento con adesione del contribuente ovvero di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accerta­mento, si applicano, senza riduzione, le sanzioni amministrative previste dall’arti­colo 1, commi 1 e 2, e dall’articolo 13, comma 1, del citato decreto legislativo n. 471 del 1997.

6. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni. Il reddito derivante dai contratti di cui al presente articolo non può essere, comun­que, inferiore al reddito determinato ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

7. Quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assog­gettato alla cedolare secca. Il predetto reddito rileva anche ai fini dell’indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disci­plina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

9. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui:

a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo;

b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.

10. La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

11. Nel caso in cui il locatore opti per l'applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell'opzione, la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall'ISTAT dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente. L'opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comunica­zione al conduttore con lettera raccoman­data, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l'aggiornamento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili.


 

 

L’articolo 3 introduce, con decorrenza 2011, un regime fiscale opzionale, alternativo al regime ordinario vigente, concernente la tassazione dei redditi da locazione di immobili ad uso abitativo (cedolare secca sugli affitti).

 

Si rammenta che nella normativa vigente un istituto analogo, recante una diversa denominazione, è stato introdotto in via sperimentale e con un ambito di applicazione circoscritto ad opera dell’articolo 2, comma 228, della legge 23 dicembre 2009 n. 191 (legge finanziaria 2010), con riferimento ai territori della provincia dell’Aquila colpiti dagli eventi sismici dell’aprile 2009. Tale norma ha disposto, in via sperimentale per l’anno 2010, che relativamente agli immobili ad uso abitativo il canone di locazione relativo ai contratti stipulati ai sensi dell’art. 2, comma 3, della legge n. 431[11] del 1998 (canone concordato) tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio di un’impresa, arte o professione, può essere assoggettato, su decisione del locatore, ad una “imposta sostitutiva del reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali” nella misura del 20 per cento. A tale disposizione è stato assegnato un effetto finanziario di minore entrata a titolo di IRPEF e relative addizionali pari a 1,5 milioni di euro nel 2010 e a 0,2 milioni di euro nel 2011.

 

Nel dettaglio, il comma 1 introduce un regime fiscale opzionale in favore del proprietario di unità immobiliari ad uso abitativo che realizza, con riferimento a tali beni, un reddito da locazione. L’esercizio dell’opzione consente al contribuente di applicare, in luogo del regime ordinario vigente, un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali IRPEF, dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo.

Il comma 2 individua l’ambito di applicazione della nuova imposta precisando che essa opera nella forma della “cedolare secca”.

Viene stabilito, in primo luogo, che il nuovo regime tributario trova applicazione a decorrere dal 2011.

In secondo luogo, il comma in esame, pur non qualificando espressamente l’ambito soggettivo di applicazione, consente di individuare i soggetti destinatari. Infatti, viene previsto che il regime di imposta facoltativo è applicato in sostituzione dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e relative addizionali sui redditi di locazione nonché dell’imposta di bollo e dell’imposta di registro sul contratto di locazione. In proposito, peraltro, la relazione illustrativa allegata al provvedimento evidenzia che il regime alternativo è previsto “per le persone fisiche proprietarie di immobili ad uso abitativo locati”. Si ritiene, pertanto, che la disciplina in oggetto interessi i soggetti passivi IRPEF indicati nell’articolo 2 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), ai sensi del quale sono soggetti passivi dell’imposta “le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato.”

Il richiamato articolo 2 del TUIR stabilisce inoltre che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d'imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (comma 2) nonché, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale (comma 2-bis).

In merito all’ambito soggettivo si segnala che il comma 6 esclude espressamente dall’ambito di applicazione le locazioni realizzate nell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni.

In terzo luogo, il comma in esame prevede che il pagamento della cedolare secca è considerata una imposta sostitutiva di:

§         IRPEF, addizionale regionale IRPEF e addizionale comunale IRPEF. Si tratta di imposte dirette il cui ammontare annuo è determinato in dichiarazione dei redditi applicando alla base imponibile le aliquote corrispondenti.

La base imponibile ai fini IRPEF e relative addizionali è determinata applicando al canone annuo di locazione una riduzione forfetaria del 15%[12]; ad essa è aggiunta una ulteriore riduzione forfetaria del 30% per le locazioni a canone concordato di immobili situati ad alta tensione abitativa (art. 8 della L. n. 431/1998).

Appare evidente, poiché la cedolare assorbe anche l’addizionale regionale all’IRPEF e l’addizionale comunale all’IRPEF, che le regioni e i comuni perderanno la corrispondente quota di gettito.

§         imposta di bollo dovuta all’atto di registrazione, di rinnovo e di risoluzione del contratto di locazione. Si tratta di un’imposta indiretta il cui ammontare è determinato moltiplicando l’importo di 14,62 euro per il numero il numero dei fogli di cui si compone il contratto (art. 2 della Tariffa dell’imposta di bollo annessa al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642[13]);

§         imposta di registro dovuta all’atto di registrazione, di rinnovo e di risoluzione del contratto di locazione.

Per quanto concerne l’ambito oggettivo di applicazione, il comma in esame stabilisce che possono essere assoggettati all’imposta sostitutiva i redditi relativi alla locazione di immobili ad uso abitativo e delle relative pertinenze. In proposito, viene precisato che la cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione.

Ai sensi dell’art. 2-bis, Tariffa, Parte seconda,allegata al D.P.R. n. 131/1986 per i contratti di locazione di durata non superiore a 30 giorni non sussiste l’obbligo di registrazione e possono essere registrati in caso d’uso.

Infine, il comma in esame stabilisce che l’aliquota della cedolare secca è fissata in misura pari al 21%.

La misura dell’imposta è ridotta al 19% in presenza di entrambi i seguenti requisiti:

§       gli immobili oggetto di locazione devono essere situati nei comuni indicati dall’articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del D.L. n. 551/1988 ovvero nei comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE.

Si ricorda che ai sensi del citato art. 1 del decreto legge n. 551 del 1988[14] i comuni interessati sono quelli di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia, nonché i comuni confinanti con gli stessi (lett. a) e gli altri comuni capoluogo di provincia (lett. b). I comuni considerati ad alta tensione abitativa (lett. c) sono invece quelli individuati nella delibera CIPE 30 maggio 1985, pubblicata nella G.U. n. 143 del 19 giugno 1985, non compresi nelle lettere precedenti[15].

§       la locazione è stipulata con contratto a canone agevolato ai sensi degli articoli 2, comma 3, e 8 della legge n. 431 del 1998

Si ricorda che l’art. 2, comma 3, della legge n. 431 del 1998, oltre i contratti a canone libero prevede anche contratti a canone concordato o convenzionato o calmierato. In tal caso sono le associazioni più rappresentative a livello locale dei proprietari e degli inquilini a stabilire le modalità di valutazione degli immobili residenziali e, per ogni tipologia individuata, a definire un canone minimo e massimo. Tali contratti, rispetto a quelli a canone libero (art. 2 comma 1), recano due differenze fondamentali: la prima riguarda la durata (tre anni più due di rinnovo automatico alla prima scadenza), la seconda il profilo economico, in quanto il canone concordato è inferiore alla misura dei canoni correnti di mercato dato che esso e le altre condizioni contrattuali devono conformarsi agli accordi sindacali stabiliti a livello territoriale.

Inoltre, l’art. 8, come già illustrato in precedenza, prevede alcune agevolazioni fiscali per i proprietari di alloggi dati in locazione a canone concordato ubicati nei comuni di cui all'art. 1 del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551.

 

Ai fini della determinazione dell’imposta dovuta si segnala che il successivo comma 6 prevede, a fini antielusivi, un ammontare minimo di base imponibile cui applicare l’imposta.

 

Il comma 3 precisa che, fermo restando l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi, la registrazione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, ivi incluso quello di cui all’art. 12 del D.L. n. 59/1978[16] ai sensi del quale il contribuente è tenuto a comunicare, entro 48 ore, alle autorità locale di pubblica sicurezza le generalità del conduttore.

In caso di omessa richiesta di registrazione del contratto di locazione, si applica l’art. 69 del D.P.R. n. 131/1986 ai sensi del quale “Chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell'applicazione dell'imposta, ovvero la presentazione delle denunce previste dall'articolo 19 è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell'imposta dovuta”.

Il comma 4 disciplina le modalità di versamento dell’imposta sostitutiva stabilendo che il pagamento deve essere effettuato entro il termine fissato per il versamento dell’IRPEF e che, in ogni caso, non si fa luogo al rimborso delle imposte di bollo e di registro eventualmente già pagate.

Tale ultima affermazione intende chiarire che le imposte di bollo e registro pagate in relazione a registrazione o rinnovo di contratti in una data compresa tra il 1°gannaio 2011 e la data di entrata in vigore del presente decreto legislativo non possono essere rimborsate nel caso in cui il contribuente opti per la cedolare secca.

L’acconto dell’imposta, le cui modalità di versamento saranno stabilite con apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, è fissato in misura pari al 85% per l’anno 2011 e al 95% a decorrere dal 2012.

Ai sensi della normativa vigente, l’IRPEF è pagata:

-                 versando un acconto entro il 30 novembre dell’anno di riferimento determinato in misura corrispondente al 99% dell’imposta dovuta per l’anno precedente[17]. Più in particolare, esso è versato in due rate scadenti il 16 giugno e il 30 novembre dell’anno di riferimento in misura pari, rispettivamente, al 40% e al 60% dell’acconto complessivamente dovuto. Tuttavia, qualora l’ammontare dell’acconto risulti inferiore a 257,52 euro il pagamento può essere effettuato in un’unica soluzione nel mese di novembre;

-                 versando il saldo, determinato come differenza tra imposta dovuta e acconto versato, entro il 16 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento.

 

Con il medesimo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate saranno stabilite anche le modalità di esercizio dell’opzione in favore del regime sostitutivo in esame.

Infine, il comma in esame stabilisce che in materia di liquidazione, accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni, interessi e contenzioso si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. In materia di sanzioni, tuttavia, si rinvia ad alcune specifiche misure disciplinate dal successivo comma 5.

Il comma 5 interviene in materia di sanzioni disponendo che:

§         in caso di omessa indicazione dei redditi da locazione nella dichiarazione dei redditi si applicano, in misura raddoppiata, le sanzioni previste dall’art. 1, co. 1 del D.Lgs. n. 471 del 1997.

Il richiamato comma 1 stabilisce le sanzioni applicabili in caso di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi ed in particolare:

-        sanzione amministrativa di ammontare compreso tra il 120% e il 240% delle imposte dovute, con un minimo di 258 euro (primo periodo del comma 1);

-        sanzione amministrativa di ammontare compreso tra 258 euro e 1.032 euro nel caso in cui, per i redditi non dichiarati, non siano dovute imposte (secondo periodo del comma 1).

Il terzo periodo del comma 1, infine, stabilisce che le predette misure possono essere aumentate fino al doppio nei confronti dei soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili.

§         in caso di indicazione in dichiarazione di redditi da locazione inferiori a quelli effettivi si applicano le sanzioni previste dall’art. 1, co. 2 del D.Lgs. n. 471/1997[18].

Ai sensi del richiamato comma 2, qualora in dichiarazione sia indicato un reddito inferiore a quello accertato si applica una sanzione amministrativa dal 100% al 200% della maggiore imposta liquidata.

§         nei casi di definizione dell’accertamento con adesione ovvero di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accertamento il contribuente non può, in deroga a quanto previsto dal D.Lgs. n. 218/1997[19], usufruire della riduzione delle sanzioni amministrative previste.

Il D.Lgs. n. 218/1997 disciplina gli istituti dell’accertamento con adesione e dell’acquiescenza. L’adesione all’accertamento con adesione comporta la riduzione a un quarto della sanzione ordinaria minima prevista mentre la rinuncia all’impugnazione determina una riduzione ad un quarto ovvero a un ottavo della sanzione irrogata qualora l’avviso di accertamento, rispettivamente, sia stato preceduto o non sia stato preceduto da un processo verbale di constatazione o da un invito dell’amministrazione.

 

Il comma 6 esclude dall’ambito di applicazione le locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di attività d’impresa, arte o professione.

Inoltre, il medesimo comma 6, stabilisce i criteri per la determinazione di un valore minimo della base imponibile la quale, ai sensi del comma 2 (v. supra) è fissata in misura corrispondente al canone di locazione annua. In particolare, rinviando all’art. 37, comma 1 del TUIR, si stabilisce che l’imponibile non può essere inferiore al reddito medio ordinario delle unità immobiliari determinato mediante l'applicazione delle tariffe d'estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta.

In proposito appare opportuno ricordare che la normativa vigente stabilisce che la base imponibile ai fini IRPEF e relative addizionali sia determinata, per gli immobili non locati, applicando alle rendite catastali attribuite un coefficiente di rivalutazione. In particolare, per le unità abitative, l’articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996 stabilisce che le rendite catastali urbane, fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell’applicazione dell’ICI e di ogni altra imposta.

 

Il comma 7 stabilisce che i redditi di locazione, anche se assoggettati al regime sostitutivo della cedolare secca, rilevano:

§       ai fini della determinazione di deduzioni, detrazioni o altri benefici il cui diritto e la cui misura è rapportata al reddito complessivo del contribuente;

§       ai fini della determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) di cui al decreto legislativo n. 109 del 1998.

La norma in esame sembrerebbe voler evitare che, a fronte di un medesimo reddito di locazione e a parità di ogni altra condizione, i benefici previsti dalla normativa vigente - la cui misura è rapportata al reddito complessivo del contribuente - siano uguali indipendentemente dall’esercizio dell’opzione in favore della cedolare secca. In proposito, tuttavia, si fa presente che nel regime di tassazione ordinaria il reddito di locazione concorre alla formazione del reddito complessivo in misura parziale, ossia al netto delle deduzioni forfettarie ammesse (15%, 25% e/o 30%) sopra illustrate.

 

Il comma 8 reca disposizioni di natura sanzionatoria applicabili nei casi di omessa registrazione del contratto di locazione di immobili ad uso abitativo. In tali ipotesi:

a)      la durata della locazione viene fissata automaticamente in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio.

Tale disposizione sembra volta ad estendere la durata del contratto di locazione a canone libero, che è di quattro anni, anche ai contratti a canone concordato (durata minima tre anni), a quelli di natura transitoria e per studenti universitari previsti dall’art. 5 della legge n. 431 del 1998.

Si ricorda che il DM 30 dicembre 2002 ha quindi stabilito, per i contratti di natura transitoria, una durata non inferiore ad un mese e non superiore a diciotto mesi e, per i contratti di locazione per studenti universitari, una durata da sei mesi a tre anni.

b)      al rinnovo si applica la disciplina di cui all’art. 2, co. 1, della legge n. 431/1998;

La disciplina relativa al rinnovo dei contratti di locazione dell’art. 2, comma 1, della citata legge n. 431 sui contratti a canone libero prevede che, trascorso il secondo quadriennio e fatti salvi i casi tassativi di disdetta del locatore indicati dal successivo art. 3, ciascuna delle parti abbia il diritto di attivare la procedura per il rinnovo a nuove condizioni o per la rinuncia al rinnovo del contratto, comunicando la propria intenzione, con lettera raccomandata da inviare all'altra parte almeno sei mesi prima della scadenza. La parte interpellata deve rispondere a mezzo lettera raccomandata entro sessanta giorni e, in mancanza di risposta o di accordo, il contratto si intenderà scaduto alla data di cessazione della locazione. In mancanza della comunicazione indicata il contratto si intende rinnovato tacitamente alle stesse condizioni.

c)      a decorrere dalla data di registrazione, il canone annuo è fissato in misura corrispondente al minor valore tra il canone stabilito tra le parti e il triplo della rendita catastale adeguata, dal secondo anno, in base al 75% dell’aumento degli indici Istat dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai.

 

Il comma 9 estende l’applicazione delle disposizioni in materia di nullità dei contratti di locazione, attualmente applicabile ai contratti non registrati ai sensi dell’art. 1, comma 346, della legge n. 311/2004, anche ai casi in cui:

a)      nel contratto di locazione registrato sia indicato un importo inferiore a quello effettivo;

b)      sia stato registrato un contratto di comodato fittizio, ossia in presenza di una gratuità in luogo del canone di locazione.

Ai sensi del richiamato comma 346 dell’art. 1 della legge finanziaria 2005, i contratti di locazione di unità immobiliari o di loro porzioni comunque stipulati sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati.

Si tratta di una disposizione sanzionatoria che dalla mancata registrazione dei contratti sopra richiamati fa discendere la nullità degli stessi.

La disposizione era stata introdotta con lo scopo di scoraggiare la mancata registrazione dei contratti richiamati, attraverso una sanzione che mette nelle condizioni una delle due parti del contratto di sottrarsi agli obblighi previsti dal vincolo contrattuale in qualunque momento, qualora il contratto non sia stato registrato.

 

Il comma 10 stabilisce che le disposizioni di cui ai commi 8 e 9 non si applicano per i contratti registrati entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il comma 11 esclude, inderogabilmente, la possibilità per i proprietari che optano per la cedolare secca di chiedere l’aggiornamento del canone di locazione per tutto il periodo interessato dal regime di tassazione sostitutiva. In particolare, è espressamente esclusa l’applicazione di ogni rivalutazione del canone anche nel caso in cui essa sia prevista dal contratto a qualsiasi titolo, ivi inclusa quella relativa all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati.

A tal fine viene precisato che l’applicazione della cedolare secca è subordinata al preventivo invio da parte del locatore al conduttore di una lettera raccomandata nella quale rinuncia espressamente ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone a qualsiasi titolo.


 

Articolo 4
(Imposta di soggiorno)

 


1. I comuni capoluogo di provincia, le unioni dei comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire con deliberazione del consiglio, una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

2. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l’imposta di soggiorno può sostituire in tutto o in parte gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale.

3. Con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, è dettata la disciplina generale di attuazione dell’imposta di soggiorno. In conformità con quanto stabilito nel predetto regola­mento, i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive, hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo. Nel caso di mancata emanazione del regolamento previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, i comuni possono comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo.


 

 

L’articolo 4 attribuisce ai comuni la facoltà di istituire una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio.

Si ricorda preliminarmente che l'articolo 12 della legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42/2009) reca principi e criteri direttivi in materia di coordinamento e di autonomia di entrata e di spesa degli enti locali. In particolare, la lettera d) del comma 1 prevede che il Governo disciplini i c.d. "tributi comunali di scopo", qualificati come "tributi propri", i quali possono essere anche più d'uno. Conseguentemente, la norma prevede che il legislatore delegato, valorizzando l'autonomia tributaria, attribuisca al comune la possibilità di stabilire e applicare uno o più tributi riferiti a particolari scopi quali:

-                 la realizzazione di opere pubbliche;

-                 investimenti pluriennali nei servizi sociali;

-                 il finanziamento degli oneri derivanti da eventi particolari quali:

a)       flussi turistici,

b)       mobilità urbana.

 

Ai sensi del comma 1 dell’articolo in commento l’imposta può essere istituita da:

§       comuni capoluogo di provincia;

§       unioni dei comuni;

§       comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte.

 

L’imposta, istituita con deliberazione del consiglio, è applicabile secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno.

 

Il relativo gettito è destinato a:

§       interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive;

§       interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali;

§       relativi servizi pubblici locali.

 

Ai sensi del comma 2, l’imposta di soggiorno può sostituire in tutto o in parte gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale.

 

Resta ferma la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell’articolo 7 del Nuovo codice della strada (decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285).

 

Si tratta sostanzialmente di limitazioni alla circolazione per motivi di sicurezza pubblica o inerenti alla sicurezza della circolazione, di tutela della salute, esigenze di carattere militare, incolumità pubblica ovvero per urgenti e improrogabili motivi attinenti alla tutela del patrimonio stradale o ad esigenze di carattere tecnico, accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale.

 

Il comma 3 affida a un regolamento governativo (adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400[20], d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali), da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la disciplina generale di attuazione dell’imposta di soggiorno.

 

I comuni, con proprio regolamento (da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive), hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per determinati periodi di tempo.

 

Nel caso di mancata emanazione del regolamento governativo, i comuni possono comunque adottare gli atti necessari per l’applicazione dell’imposta.

 


 

Articolo 5
(Addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche)

 


1. Con regolamento da adottare, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della citata legge n. 400 del 1988, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è disciplinata la graduale cessazione, anche parziale, della sospensione del potere dei comuni di istituire l’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero di aumentare la stessa nel caso in cui sia stata istituita. Nel caso di mancata emanazione del decreto previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, in ogni caso possono esercitare la predetta facoltà i comuni che non hanno istituito la predetta addizionale ovvero che l’hanno istituita in ragione di un’aliquota inferiore allo 0,4 per cento; per i comuni di cui al presente periodo il limite massimo dell’addizionale per i primi due anni è pari allo 0,4 per cento e, comunque, l’addizio­nale non può essere istituita o aumentata in misura superiore allo 0,2 per cento annuo. Le deliberazioni adottate, per l’anno 2011, ai sensi del presente comma non hanno efficacia ai fini della determi­nazione dell’acconto previsto dall’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360.


 

 

L’articolo 5 reca disposizioni concernenti il potere attribuito ai Comuni di istituire o deliberare variazioni in aumento dell’aliquota dell’addizionale comunale all’imposta sui redditi delle persone fisiche prevedendo un graduale cessazione del blocco, attualmente vigente, in materia di facoltà di modifica dell’addizionale comunale IRPEF.

 

L’addizionale comunale IRPEF è stata introdotta, con decorrenza 1999, dal decreto legislativo n. 360 del 1998. L’articolo 1 del richiamato decreto attribuisce ai comuni il potere di modificare l’aliquota d’imposta, con apposito regolamento, in misura complessivamente non superiore allo 0,8%.

Su tale potere è intervenuta la legge finanziaria 2003 che, al fine di non contrastare la manovra introdotta con la medesima legge finanziaria tendente a non elevare la pressione fiscale, ha disposto il blocco del potere comunale di incrementare l’aliquota dell’addizionale IRPEF. La disposizione è stata oggetto di proroga, da ultimo, dalla legge di stabilità per il 2011 (art. 1, c. 123) ai sensi della quale “resta confermata, sino all'attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti” delle addizionali. In deroga al blocco è ammesso l’incremento dell’addizionale IRPEF nel solo Comune di Roma al fine di fronteggiare le esigenze finanziarie relative al piano di rientro di Roma Capitale.

 

In particolare, la norma in esame rinvia ad un decreto regolamentare la individuazione delle modalità relative al graduale sblocco del potere dei comuni di istituire o incrementare l’aliquota dell’addizionale IRPEF.

Il decreto deve essere adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988[21] su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore[22].

Qualora il decreto non risulti adottato entro il richiamato termine di 60 giorni, lo sblocca opera automaticamente in favore dei comuni che non hanno istituito l’imposta ovvero in favore dei comuni che applicano un’aliquota inferiore allo 0,4%. Tali comuni possono incrementare fino ad un massimo di 0,2 punti percentuali annui la misura dell’aliquota applicata entro un limite massimo, per i primi due anni, pari allo 0,4%.

Si segnala che sul sito dell’Agenzia delle entrate è disponibile l’elenco delle aliquote adottate, per gli anni 2010 e 2011, da ciascun comune prima della data di entrata in vigore del provvedimento in esame.

(http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/0467fd0045fcec7fbc08fc5bac874dea/Tabella+addizionali+2011.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=0467fd0045fcec7fbc08fc5bac874dea).

Si segnala che il comma 8 dell’articolo 14 del provvedimento in esame, alla cui scheda si rinvia, stabilisce che le delibere comunali di variazione dell’aliquota producono effetto con decorrenza dal medesimo anno di pubblicazione sul sito internet. In deroga a tale norma generale, si dispone che le delibere concernenti il periodo d’imposta 2010 producono effetto se pubblicate entro il 31 marzo 2011.

In sostanza, in base al combinato disposto tra l’articolo in esame e il richiamato comma 8 dell’articolo 14, per i comuni con aliquota inferiore allo 0,4% lo sblocca opera con decorrenza 2010.

Tuttavia, tenuto conto che il termine di 60 gg dalla data di entrata in vigore scade il 3 giugno 2011, la possibilità di modificare le aliquote per l’anno 2010 sembrerebbe, di fatto, preclusa in quanto gli enti locali non possono pubblicare la delibera entro il 31 marzo 2011.

L’articolo in esame stabilisce, infine, che le deliberazioni di incremento dell’addizionale comunale IRPEF per l’anno 2011 non rilevano ai fini della determinazione dell’acconto d’imposta dovuto entro il 30 novembre 2011.

 


 

Articolo 6
(Imposta di scopo)

 


1. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della citata legge n. 400 del 1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 31 ottobre 2011, è disciplinata la revisione dell’imposta di scopo di cui all’articolo 1, comma 145, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in modo da tale da prevedere:

a) l’individuazione di opere pubbliche ulteriori rispetto a quelle indicate nell’arti­colo 1, comma 149, della citata legge n. 296 del 2006;

b) l’aumento, sino a dieci anni, della durata massima di applicazione dell’im­posta stabilita dall’articolo 1, comma 147, della citata legge n. 296 del 2006;

c) la possibilità che il gettito dell’imposta finanzi l’intero ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare.

2. Resta in ogni caso fermo l’obbligo di restituzione previsto dall’articolo 1, comma 151, della citata legge n. 296 del 2006 nel caso di mancato inizio dell’opera entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo.


 

 

L’articolo 6 interviene sulla disciplina dell’imposta di scopo istituita dalla legge n. 296 del 2006 in modo tale da prevedere:

a)       l’individuazione di opere pubbliche ulteriori rispetto alle tipologie definite dalla normativa vigente;

b)       l’aumento sino a dieci anni della durata massima di applicazione dell’imposta;

c)       la possibilità che il gettito dell’imposta finanzi l’intero ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare.

 

L’imposta di scopo è stata regolata dall’articolo 1, commi 145-151 della legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), che prevedono la possibilità per i comuni di istituire, con regolamento, un’imposta di scopo per finanziare la realizzazione di opere pubbliche.

In particolare, la norma rimette ad un regolamento comunale, emanato ai sensi dell’articolo 52 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, l’istituzione dell’imposta (comma 145), che deve essere destinata esclusivamente alla parziale copertura delle spese per la realizzazione di specifiche opere pubbliche, secondo le tipologie individuate dal comma 149:

a)       opere per il trasporto pubblico urbano;

b)       opere viarie, con esclusione della manutenzione straordinaria ed ordinaria delle opere esistenti;

c)       opere particolarmente significative di arredo urbano e di maggior decoro dei luoghi;

d)       opere di risistemazione di parchi e giardini;

e)       opere di realizzazione di parcheggi pubblici;

f)         opere di restauro;

g)       opere relative a nuovi spazi per eventi e attività culturali, allestimenti museali e biblioteche;

h)       opere di realizzazione e manutenzione straordinaria dell’edilizia scolastica;

i)         opere di conservazione dei beni artistici e architettonici.

Il regolamento comunale istitutivo dell’imposta deve indicare (comma 146):

a)       l’opera pubblica da realizzare;

b)       l’ammontare della spesa da finanziare;

c)       l’aliquota di imposta;

d)       l’applicazione di esenzioni, riduzioni o detrazioni in favore di determinate categorie di soggetti;

e)       le modalità di versamento degli importi dovuti.

Il gettito complessivo dell’imposta di scopo non può essere superiore al 30 per cento dell’ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare (comma 150). In caso di mancato inizio dell’opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo, i comuni sono tenuti, entro i due anni successivi, a rimborsare i versamenti effettuati dai contribuenti (comma 151).

Con Decreto direttoriale 25 marzo 2009 (in G.U. 31 marzo 2009, n. 75) è stato approvato il modello di bollettino di c/c postale per il versamento dell’imposta.

Secondo quanto riportato dal sito dell’Agenzia delle entrate, alla data del 6 maggio 2008 (ultimo aggiornamento disponibile), i comuni che avevano deliberato l'Imposta di scopo erano pari a 20.

 

Il comma 1 prevede quindi che la revisione dell’imposta di scopo – nei termini sopra richiamati – sia effettuata con regolamento governativo da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali entro il 31 ottobre 2011, mentre il comma 2 fa salvo l’obbligo di restituzione nel caso di mancato inizio dell’opera entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo.

 


 

Articolo 7
(Federalismo fiscale municipale)

 


1. In attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, per il finanziamento dei comuni, in sostituzione dei tributi indicati rispettivamente negli articoli 8, comma 1, e 11, comma 1, a decorrere dall’anno 2014 sono introdotte nell’ordinamento fiscale le seguenti due nuove forme di imposizione municipale:

a) una imposta municipale propria;

b) una imposta municipale secondaria.

2. A decorrere dall’anno 2014 ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dei tributi nell’ipotesi di trasferimen­to immobiliare di cui all’articolo 10, pari al trenta per cento.

3. Resta inoltre assegnato ai comuni il gettito dei tributi devoluto ai sensi dell’articolo 2, tenuto conto di quanto già attribuito ai sensi del comma 2 del presente articolo.


 

 

L’articolo 7 delinea l’assetto della fiscalità immobiliare comunale a decorrere dal 2014.

 

In particolare viene previsto che (comma 1), in sostituzione dell’imposta comunale sugli immobili e dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali dovuta in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati siano attribuite ai Comuni, a decorrere dal 2014, le seguenti forme di prelievo:

a)      l’ imposta municipale propria (comma 1, lettera a));

b)      l’imposta municipale secondaria (comma 1, lettera b)).

 

Ai comuni spetta inoltre una compartecipazione pari al trenta per cento dei tributi applicati ai trasferimenti immobiliari, ai sensi del successivo articolo 10 (comma 2).

A mente dell’articolo 10 dal 2014 l’imposta di registro si applica nella misura del 9 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento (compresa la rinuncia agli stessi), ai provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità ed ai trasferimenti coattivi. Se il trasferimento investe case di abitazione, diverse da immobili signorili, ville e castelli, la misura dell’aliquota è pari al 2 per cento, al ricorrere delle condizioni di legge. Per approfondimenti, si rimanda alla relativa scheda di lettura.

 

Il comma 3 precisa che ai comuni rimane assegnato il gettito dei tributi devoluto ai sensi dell’articolo 2, ferma restando l’attribuzione della predetta compartecipazione.

 

Si ricorda che l’articolo 2 del provvedimento in esame, ai commi 1, 2, 6 e 8 - in attuazione della delega sul federalismo fiscale di cui alla legge n. 42 del 2009 e in attesa dell’entrata in vigore del regime dell’imposta municipale propria - reca la disciplina concernente la devoluzione ai Comuni del gettito o di una quota parte dello stesso relativo all’applicazione di specifici tributi sugli immobili ubicati nel loro territorio; per approfondimenti, si rimanda alla relativa scheda di lettura.

 


 

Articolo 8
(Imposta municipale propria)

 


1. L’imposta municipale propria è istituita a decorrere dall’anno 2014, e sostituisce, per la componente immobi­liare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati e l’imposta comunale sugli immobili.

2. L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale.

3. L’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale ed alle pertinenze della stessa. Si intende per effettiva abitazione principale l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagrafica­mente. L’esclusione si applica alle pertinenze classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo. L’esclusione non si applica alle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

4. L’imposta municipale propria ha per base imponibile il valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

5. Nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale ai sensi del comma 3, l’imposta è dovuta annual­mente in ragione di un’aliquota dello 0,76 per cento. La predetta aliquota può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto delle analisi effettuate dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coor­dinamento della finanza pubblica. I comuni possono, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare, in aumento o in diminuzione, sino a 0,3 punti percentuali l’aliquota fissata dal primo periodo del presente comma, ovvero sino a 0,2 punti percentuali l’aliquota determinata ai sensi del comma 6. Nel caso di mancata emanazione della delibera entro il predetto termine, si applicano le aliquote di cui al primo periodo del presente comma ed al comma 6.

6. Nel caso in cui l’immobile sia locato, l’aliquota di cui al comma 5, primo periodo, è ridotta alla metà.

7. I comuni possono, con deliberazione del consiglio comunale, adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, prevedere che l’aliquota di cui al comma 5, primo periodo, sia ridotta fino alla metà anche nel caso in cui abbia ad oggetto immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso in cui abbia ad oggetto immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società. Nell’ambito della facoltà prevista dal presente comma i comuni possono stabilire che l’aliquota ridotta si applichi limitatamente a determinate categorie di immobili.


 

 

L’articolo 8, comma 1, prevede l’istituzione, a decorrere dal 2014, dell’imposta municipale propria.

La normativa di tale imposta è contenuta anche nel successivo articolo 9, che ne disciplina l’applicazione.

 

Si ricorda che l’articolo 12 della legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42/2009), in materia di autonomia tributaria degli enti territoriali, prevede che i tributi propri dei Comuni e delle Province siano fissati dalla legge statale cui è affidata l’individuazione dei presupposti, dei soggetti passivi, delle basi imponibili e delle aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale, garantendo una adeguata flessibilità.

Imposta municipale propria

La nuova imposta è introdotta in sostituzione, per la componente immobiliare, delle seguenti forme di prelievo:

§         l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari, con riferimento ai beni non locati.

Per quanto concerne i redditi da locazione di immobili, si ricorda che l’articolo 3 del provvedimento in esame (alla cui scheda di lettura si rinvia) introduce la facoltà di applicare, in luogo della tassazione ordinaria, l’imposta sostitutiva sui redditi di locazione. Il comma 6 dell’articolo in esame stabilisce che l’aliquota dell’imposta municipale sui redditi derivanti da immobili locati che non costituiscono abitazione principale è ridotta alla metà.

In altre parole, per i beni immobili non locati il proprietario dovrà corrispondere l’imposta municipale propria; in caso di locazione, dovrà corrispondere sia l’imposta municipale ad aliquota ridotta, sia l’IRPEF e le relative addizionali (ovvero, in alternativa a quest’ultima la “cedolare secca” sugli affitti. In merito, come già evidenziato per la disposizione contenuta nel comma 2 dell’articolo 3, poiché la “cedolare” assorbe anche l’addizionale regionale e comunale all’IRPEF, le Regioni e i comuni perderanno la corrispondente quota di gettito). In tal senso depone la relazione tecnica allegata allo schema di decreto n. 292-bis, approvato con risoluzione dalle Camere;

§         l’imposta comunale sugli immobili (ICI).

 

Ai sensi del comma 2, il presupposto dell’imposta municipale è rappresentato dal possesso di immobili diversi dall’abitazione principale.

In proposito si ricorda che, in base alla normativa vigente, il presupposto per l’applicazione dell’ICI è il possesso “di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa”.

 

In base al regime tributario vigente, il possessore di immobili è soggetto passivo ai fini IRPEF e relative addizionali (comunale e regionale) sul reddito catastalmente attribuito, ovvero su quello realizzato in caso di locazione; è soggetto altresì all’ICI, con base imponibile costituita dal valore dell’immobile (determinato applicando gli appositi coefficienti al valore catastale, come visto in precedente).

In particolare, la normativa vigente colpisce il reddito dell’immobile (IRPEF e addizionali) nonché il patrimonio, ossia il valoredell’immobile (ICI). Le misure delle aliquote, da rapportare alle diverse basi imponibili sono le seguenti:

-        IRPEF. L’art. 11 del DPR n. 917/1986 (TUIR) stabilisce le seguenti aliquote per scaglioni di reddito imponibile: 23% fino a 15.000 euro, 27% da 15.001 a 28.000 euro; 38% da 28.001 a 55.000 euro; 41% da 55.001 a 75.000 e 43% oltre 75.000;

-        addizionale regionale IRPEF. L’art. 50 del D.Lgs. n. 446/1997 stabilisce che le aliquote applicabili dalle regioni ai redditi imponibili possono assumere un valore non inferiore a 0,9% e non superiore a 1,4%;

Si ricorda che il decreto legislativo su federalismo regionale, provinciale e costi e fabbisogni standard sanitari (approvato in via definitiva dal Governo il 31 marzo e in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale) prevede che, a seguito della soppressione dei trasferimenti statali in favore delle regioni, a decorrere dal 2013 sia rideterminata l’addizionale regionale all’IRPEF (on corrispondente riduzione delle aliquote Irpef di competenza statale al fine di mantenere inalterato il prelievo fiscale a carico del contribuente). All’aliquota così rideterminata si aggiungono le eventuali maggiorazioni dell’addizionale, attualmente pari all’ 0,9%, che ciascuna regione può effettuare nel limite dello 0,5% fino al 2013, dell’1,1% per il 2014 e del 2,1% dal 2015; qualora peraltro la maggiorazione sia superiore allo 0,5%, la parte eccedente tale quota non si applica ai contribuenti titolari di redditi ricadenti nel primo scaglione di reddito (fino a 15.000 euro). Il medesimo decreto – a seguito della soppressione dal 2013 dei trasferimenti regionali di parte corrente (e, ove non finanziati con indebitamento, anche di conto capitale) diretti al finanziamento delle spese comunali –istituisce una compartecipazione dei comuni ai tributi regionali, prioritariamente all’addizionale regionale IRPEF;

-                 addizionale comunale IRPEF. E’ stata istituita dall’art. 1 del D.Lgs. n. 360/1998 e la sua applicazione, facoltativa e variabile, è rimessa a ciascun comune che ne determina la misura nei limiti fissati dalla legge. L'ente locale può deliberare incrementi annui non superiori a 0,2 punti percentuali, e la misura dell'aliquota non può, in ogni caso, essere superiore allo 0,5 per cento;

-                 imposta comunale sugli immobili (ICI). La misura è fissata dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 504/1992 ai sensi del quale le aliquote stabilite dai comuni devono essere comprese tra il 4 per mille e il 7 per mille.

 

Il comma 3 specifica che è esclusa l’applicazione dell’imposta municipale sul possesso agli immobili adibiti ad abitazione principale e relative pertinenze.

Il beneficio della esenzione per l’abitazione principale è riconosciuto solo se l’immobile:

§         è il luogo in cui il contribuente ha sia la residenza anagrafica sia la dimora abituale del contribuente;

§         si tratti di un immobile iscritto o iscrivibile al catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare in una categoria diversa da A/1, A/8 e A/9 (corrispondenti, rispettivamente, alle abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville e ai castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici, che sono dunque assoggettati a imposta municipale propria, ancorché destinati ad abitazione principale del contribuente).

Il beneficio è esteso alle unità pertinenziali classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7 nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo.

In base alla classificazione operata dall’Agenzia del territorio, rientrano nella categoria C/2 i magazzini e locali di deposito, nella categoria C/6 le stalle, scuderie, rimesse, autorimesse (senza fine di lucro) e nella categoria C/7 le tettoie chiuse od aperte.

 

In riferimento al profilo tributario relativo all’abitazione principale e alle sue pertinenze, si segnala che le nuove disposizioni determinano un diverso ambito applicativo del regime di esenzione, in riferimento sia alle ipotesi di esclusione dall’imposizione immobiliare, sia per quanto concerne la definizione di abitazione principale.

In primo luogo, la disciplina IRPEF vigente dispone l’esenzione in favore di tutti gli immobili adibiti ad abitazione principale, ivi compresi quelli iscritti nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9. L’esclusione per gli immobili inclusi nelle predette categorie dal beneficio dell’esenzione opera a fin i ICI.

Inoltre, ai fini IRPEF, si considera abitazione principale quella nella quale il contribuente o i suoi familiari (coniuge, parenti entro il terzo grado ed affini entro il secondo grado) dimorano abitualmente. Il beneficio spetta anche quando l’unità immobiliare costituisce la dimora principale soltanto dei familiari del contribuente che vi risiedono; tuttavia, se un contribuente possiede due immobili, uno adibito a propria abitazione principale ed uno utilizzato da un proprio familiare, il beneficio spetta esclusivamente per il reddito dell’immobile adibito ad abitazione principale del contribuente. Ai fini ICI per abitazione principale si intende, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica del soggetto passivo (articolo 8 del D.Lgs. n. 504/1992) nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 (articolo 1 del D.L. n. 93/2008).

 

La base imponibile dell’imposta municipale propria (comma 4) corrisponde al valore dell’immobile, determinato secondo i vigenti criteri validi per il calcolo dell’imposta comunale sugli immobili (ICI), a mente dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 504/1992.

Ai sensi del richiamato articolo 5, il valore è costituito, per i fabbricati iscritti in catasto, dal prodotto tra le rendite catastali rivalutate del 5%[23] e uno dei seguenti coefficienti determinati dal D.M. 14 dicembre 1991:

-                 coefficiente 140, per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B (collegi, convitti, ecc.)[24];

-                 coefficiente 100, se si tratta di fabbricati classificati nei gruppi catastali A (abitazioni) e C (magazzini, depositi,laboratori, ecc.), con esclusione delle categorie A/10 e C/1;

-                 coefficiente 50, se si tratta di fabbricati classificati nel gruppo catastale D (opifici, alberghi, teatri, ecc.) e nella categoria A/10 (uffici e studi privati);

-                 coefficiente 34, se si tratta di fabbricati classificati nella categoria C/1 (negozi e botteghe).

Disposizioni specifiche sono, inoltre, previste per i terreni[25], per i fabbricati di interesse storico, per i fabbricati posseduti dalle imprese nonché per le aree fabbricabili.

Si segnala, infine, che ai fini dell’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, il valore dei fabbricati è determinato:

-                 rivalutando i coefficienti moltiplicatori del 10% (decorrenza 1° gennaio 2004, ai sensi dell'art. 2, comma 63, L. 24 dicembre 2003, n. 350);

-                 rivalutando i coefficienti moltiplicatori del 20% (decorrenza 1° agosto 2004, ai sensi dell’art. 1-bis, comma 7, D.L. n. 168/2004).

 

Il comma 5 reca la determinazione dell’aliquota dell’imposta municipale propria, che è dovuta annualmente nella misura dello 0,76 per cento della predetta base imponibile.

L’articolo 4 dello schema di decreto inizialmente sottoposto al parere della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale (Atto del Governo n. 292) prevedeva, al comma 5, che l’aliquota dell’imposta fosse fissata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Tale aliquota può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto delle analisi effettuate dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

In merito alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 42/2009 ne prevede l’istituzione nell’ambito della Conferenza Unificata, di cui fanno parte i diversi livelli istituzionali di governo. La Conferenza si avvale della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie alla sua attività.

Tra i compiti istituzionali, previsti dall’articolo 5 della legge n. 42/2009, vi è quello che impegna la Conferenza a concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento, nonché alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e a promuovere l’attivazione degli eventuali interventi necessari per il rispetto di tali obiettivi, in particolare per ciò che concerne la procedura del Patto di convergenza di cui all’articolo 18 (art. 5, comma 1, lettera a).

Lo schema di decreto recante la disciplina dell'autonomia di entrata delle regioni e delle province, nonché la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard del settore sanitario (Atto del governo n. 317, approvato definitivamente dal Consiglio dei Ministri il 31 marzo 2011 e in attesa di pubblicazione) istituisce la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composta sia da Ministri che da rappresentanti delle autonomie territoriali. Alla Conferenza, che, viene espressamente precisato, costituisce una sede istituzionale di conciliazione degli interessi delle amministrazioni centrali e locali ai fini dell’attuazione del federalismo fiscale, vengono affidati compiti di verifica e controllo dell’ordinamento finanziario delle regioni e degli enti locali, nonché dell’utilizzo, anche secondo principi di trasparenza ed efficacia, delle risorse finanziarie attribuite a tali enti.

 

Ai comuni è concessa la facoltà di modificare, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, in aumento o in diminuzione, l’aliquota fissata a livello nazionale, nelle seguenti misure[26]:

§       fino ad un massimo di 0,3 punti percentuali per l’imposta municipale applicata al possesso di immobili non locati;

§       fino ad un massimo di 0,2 punti percentuali per l’IMU applicata agli immobili locati.

Nel caso di mancata emanazione della delibera comunale entro il predetto termine, si applicano le aliquote ordinarie: 0,76 per cento, per gli immobili non locati che non costituiscono abitazione principale; per gli immobili locati, ai sensi del successivo comma 6, un’aliquota ridotta alla metà (0,38 per cento).

I commi 6 e 7 disciplinano alcune ipotesi in cui l’aliquota è ridotta.

Come già anticipato, ai sensi del comma 6 l’aliquota ordinaria è ridotta alla metà di diritto qualora l’immobile sia locato.

Il comma 7 consente ai comuni, con delibera del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, di ridurre sino alla metà l’aliquota ordinaria (applicabile agli immobili non costituenti abitazione principale) in alcune ipotesi:

a)      nel caso in cui abbia ad oggetto immobili non produttivi di reddito fondiario (ai sensi dell’articolo 43 del citato testo unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986) ovvero gli immobili relativi ad imprese commerciali e quelli che costituiscono beni strumentali per l'esercizio di arti e professioni.

L’articolo 43, comma 2 del TUIR definisce “strumentali” gli immobili utilizzati esclusivamente per l'esercizio dell'arte o professione o dell'impresa commerciale da parte del possessore. Gli immobili relativi ad imprese commerciali che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni si considerano strumentali anche se non utilizzati o anche se dati in locazione o comodato, salve le regole specificamente previste per le imprese individuali (articolo 65, comma 1 del TUIR, ai sensi del quale si considerano relativi all'impresa anche i beni appartenenti all'imprenditore indicati tra le attività relative all'impresa nell'inventario tenuto a norma del codice civile; inoltre, gli immobili “strumentali” si considerano relativi all'impresa solo se indicati nell'inventario).

Sono considerati strumentali anche (articolo 95, comma 2, ultimo periodo TUIR) i fabbricati concessi in uso ai dipendenti che abbiano trasferito la loro residenza anagrafica per esigenze di lavoro nei comuni in cui prestano l'attività, per il periodo d'imposta in cui si verifica il trasferimento e nei due periodi successivi.

b)      ovvero nel caso in cui abbia ad oggetto immobili posseduti da soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società – IRES.

Nell’ambito di tale facoltà di manovra, i comuni possono circoscrivere l’applicazione dell’aliquota ridotta si applichi a determinate categorie di immobili.

 

L’articolo 4, comma 7 dell’Atto del Governo n. 292 disponeva invece che l’IMU sugli immobili diversi dalla prima abitazione fosse ridotta alla metà, ex lege, anche nel caso in cui avesse ad oggetto immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali, che continuavano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.


 

Articolo 9
(Applicazione dell’imposta municipale propria)

 


1. Soggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfi­teusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finan­ziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

2. L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria.

3. I soggetti passivi effettuano il versa­mento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamen­te dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

4. A far data dal completamento dell’attuazione dei decreti legislativi in materia di adeguamento dei sistemi contabili adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera h), della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, e dell’articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e comunque a partire dal 1° gennaio 2015, l’imposta è corrisposta con le modalità stabilite dal comune.

5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, i comuni possono introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, prevedendo anche che il pagamento delle somme dovute possa essere effettuato in forma rateale senza maggiorazione di interessi.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l'Associazione Nazionale Comuni Italiani, sono approvati i modelli della dichiara­zione, i modelli per il versamento, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

7. Per l’accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3,4 e 5, 12, 14 e 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l’articolo 1, commi da 161 a 170, della citata legge n. 296 del 2006.

8. Sono esenti dall’imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istitu­zionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall’articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i) del citato decreto legislativo n. 504 del 1992.

9. Il reddito agrario di cui all’articolo 32 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la cedolare secca di cui all’arti­colo 3, i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, continuano ad essere assog­gettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.


L’articolo 9 reca la disciplina dell’applicazione dell’imposta municipale propria.

Si segnala che una parte della disciplina dell’imposta è prevista dall’articolo 8 del provvedimento in esame.

 

Ai sensi del comma 1 sono soggetti passivi dell’imposta municipale:

§         il proprietario o il titolare di un diritto reale (usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie) di immobili. Sono considerati immobili anche i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, nonché quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa.

§         il concessionario, nel caso di concessione di aree demaniali;

§         il locatario, a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto di leasing[27], se l’immobile - anche da costruire o in corso di costruzione – è concesso in locazione finanziaria.

 

Il comma 2 stabilisce che l’imposta, dovuta per anni solari, è determinata in proporzione alla quota (della proprietà o di altro diritto reale sul bene) e al numero dei mesi nei quali si è protratto ilpossesso; a tal fine, il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno 15 giorni è computato per intero. Si specifica che per ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazione tributaria.

La formulazione utilizzata dal comma in esame richiama quella dell’articolo 10 del D.Lgs. n. 504/1992, ai sensi del quale l’ammontare dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) dovuta è determinato “proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso”.

Si ricorda che ai sensi dell’art. 1140 cod.civ. “il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale. Si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione della cosa”

In materia di ICI, la Corte di Cassazione (sentenza n. 25376 del 17 ottobre 2008) ha evidenziato che “Il soggetto passivo dell’imposta comunale sugli immobili è, in via esclusiva, il titolare del diritto di proprietà o altro diritto reale gravante sul cespite avendo il termine normativo tributario di possesso, ex art. 1, D.Lgs. n. 504/1992, esattamente la medesima portata di cui all’art. 1140 c.c., ovvero di esercizio del potere di fatto sulla cosa - immediato o per il tramite di altro soggetto che ne ha la detenzione - quale manifestazione del diritto di proprietà o di altro diritto reale”.

Il comma 3 disciplina le modalità di versamento dell’imposta da parte del contribuente in favore del Comune.

In una prima fase, di carattere transitorio, il pagamento dell’imposta potrà essere effettuato in due rate di pari importo, con scadenza il 16 giugno e il 16 dicembre di ciascun anno, oppure in un unico versamento entro il 16 giugno dell’anno di riferimento.

 

Ai sensi del successivo comma 4, a far data dal completamento dell’attuazione dei decreti legislativi in materia di adeguamento dei sistemi contabili -adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera h), della legge n. 42 del 2009 e dell’articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (legge di contabilità generale) - e in ogni caso a partire dal 1° gennaio 2015, l’imposta è corrisposta con le modalità stabilite dal comune.

Tra i principi e criteri direttivi della legge delega sul federalismo fiscale, l’articolo 2, comma 2, lettera h) della l. 42/2009 richiede, per il coordinamento – anche contabile – dei diversi livelli di governo del territorio:

a)       l’adozione di regole contabili uniformi e di un comune piano dei conti integrato;

b)       l’adozione di comuni schemi di bilancio articolati in missioni e programmi coerenti con la classificazione economica e funzionale individuata dagli appositi regolamenti comunitari in materia di contabilità nazionale e relativi conti satellite;

c)       l’adozione di un bilancio consolidato con le proprie aziende, società o altri organismi controllali, secondo uno schema comune;

d)       l’affiancamento, a fini conoscitivi, al sistema di contabilità finanziaria di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale ispirati a comuni criteri di contabilizzazione;

e)       una raccordabilità dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali con quelli adottati in ambito europeo ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi;

f)         la definizione di una tassonomia per la riclassificazione dei dati contabili e di bilancio per le amministrazioni pubbliche tenute al regime di contabilità civilistica, ai fini del raccordo con le regole contabili uniformi;

g)       la definizione di un sistema di indicatori di risultato semplici, misurabili e riferiti ai programmi del bilancio, costruiti secondo criteri e metodologie comuni ai diversi enti territoriali;

h)       l’individuazione del termine entro il quale regioni ed enti locali devono comunicare al Governo i propri bilanci preventivi e consuntivi, come approvati, e previsione di sanzioni ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera e), in caso di mancato rispetto di tale termine.

L’articolo 2 della legge 196/2009 reca una delega al Governo (specificandone principi, criteri e procedure) ai fini dell’adozione, entro il 31 maggio 2011, di uno o più decreti legislativi per l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche (ad esclusione delle regioni e degli enti locali) e dei relativi termini di presentazione e approvazione, in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica; tali sistemi e schemi devono essere raccordabili con quelli adottati in ambito europeo ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi.

Si ricorda in proposito che è stato assegnato alla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale e, per le conseguenze finanziarie, alle Commissioni bilancio delle due Camere lo schema di decreto legislativo n. 339, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi.

 

Il comma 5 consente ai Comuni, con regolamento, di introdurre l’istituto dell’accertamento con adesione del contribuente e altri strumenti di deflazione del contenzioso, che prevedano la possibilità di rateizzare il pagamentodelle somme dovute senza interessi, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo n. 218/1997[28].

 

L’ordinamento vigente disciplina in modo diverso le modalità di rateizzazione delle somme dovute all’erario secondo lo strumento deflattivo del contenzioso di volta in volta applicato (cfr. infra). In linea generale, comunque, quando il contribuente opta per il pagamento rateale, si prevede l’obbligo di corrispondere gli interessi al saggio legale (artt. 5, 5-bis, 8 e 14 del D.Lgs. n. 218/1997).

 

Per “strumenti deflattivi del contenzioso” si intendono quegli istituti finalizzati ad accelerare l’attività di riscossione dei tributi attraverso la definizione, in via amministrativa e in contradditorio con il contribuente delle pretese tributarie. Come già anticipato, tali strumenti consentono di concordare un piano di rientro del debito maturato nei confronti dell’Amministrazione attraverso la rateizzazione delle somme dovute; allo stesso tempo agevolano il debitore in quanto applicano misure vantaggiose, quali la riduzione delle sanzioni. In sostanza, tali strumenti consentono sia di ridurre l’incertezza circa il buon esito dei crediti vantati dall’Amministrazione nei confronti dei contribuenti debitori - con particolare riferimento alla loro reale solvibilità e ai tempi di riscossione - sia di ridurre i costi di riscossione in quanto cercano di evitare l’attivazione di procedure coattive. In alcune ipotesi (transazione finanziaria) l’Amministrazione può intervenire sul valore nominare del debito.

L’istituto dell’accertamento con adesione (articoli 5 e 11 del D.Lgs. n. 218/1997) può essere attivato:

a)       d'ufficio, per iniziativa dell’Amministrazione finanziaria prima della notifica dell'avviso di accertamento o di rettifica;

b)       su istanza del contribuente, subordinatamente all'avvenuta notifica di un avviso di accertamento o di rettifica non preceduto dall'invito dell'ufficio nella fase istruttoria ovvero di un processo verbale di constatazione.

Il procedimento inizia con una fase di contraddittorio tra Amministrazione e contribuente nel corso della quale deve essere redatta, per ciascun incontro, una sintetica verbalizzazione con la quale si dà atto, tra l’altro, della documentazione eventualmente prodotta dal contribuente e delle motivazioni addotte. Raggiunto l’accordo tra la pretesa dell’Amministrazione e la disponibilità del contribuente a soddisfare la stessa, si procede alla sottoscrizione dell’atto di adesione. Dalla data di tale sottoscrizione, il contribuente ha 20 giorni di tempo per effettuare il versamento della prima o unica rata, momento in cui l’adesione si perfeziona (ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. n. 218/1997). L’accertamento con adesione comporta la riduzione a un quarto della sanzione ordinaria minima prevista e, in caso di rateazione del debito, il contribuente deve prestare garanzia se l’ammontare complessivo delle rate dovute è superiore a 50.000 euro.

L’adesione ai processi verbali di constatazione[29] (articolo 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997) è consentita per le violazioni sostanziali in materia di imposte dirette e di IVA che consentono l’emissione di accertamenti parziali previsti dall'articolo 41-bis del D.P.R. n. 600/1973 (imposte dirette) e dall’articolo 54, quarto comma, del D.P.R. n. 633/1972 (IVA). L’adesione ai verbali non è ammessa per le attività di accertamento rilevanti ai fini delle altre imposte indirette (successioni e donazioni, registro, ipotecaria e catastale) alle quali, invece, si applicano le disposizioni di cui al Capo III del D.Lgs. n. 218/1997. Il contribuente interessato deve presentare la comunicazione di adesione entro 30 gg dalla data di consegna del verbale. Entro i successivi 60 giorni è effettuata la notificazione dell’atto e, da tale momento, il contribuente ha 20 giorni di tempo per effettuare il pagamento di quanto dovuto, ovvero della prima rata in caso di dilazione. L’adesione al processo verbale di constatazione consente di ridurre la sanzione a un ottavo del minimo previsto e, in caso di rateazione del debito, il contribuente non deve prestare alcuna garanzia.

L’adesione all’invito al contraddittorio[30](art. 5, c. 1-bis e art. 11, c. 1-bis del D.Lgs. n. 218/1997) è consentita solo se non sia stata preceduta da un processo verbale di constatazione per il quale poteva essere effettuata l’adesione ai sensi dell’art. 5-bis del D.Lgs. n. 218/1997 (v. supra). Il contribuente che intende aderire deve, entro il quindicesimo giorno antecedente la data fissata per la comparizione, presentare la comunicazione di adesione e la quietanza dell’avvenuto versamento. L’adesione all’invito al contraddittorio comporta la riduzione a un ottavo della sanzione ordinaria minima prevista e, in caso di rateazione del debito, il contribuente non deve prestare alcuna garanzia.

L’articolo 15 del D.Lgs. n. 218/1997 disciplina l’ipotesi in cui il contribuente sceglie di non opporsi giudizialmente alla pretesa dell’Amministrazione e di non avviare alcun procedimento di adesione da parte del contribuente (acquiescenza). In questa ipotesi, se il pagamento viene effettuato entro 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso di accertamento il contribuente beneficia di una riduzione della sanzione ed in particolare:

a)       riduzione a un quarto della sanzione irrogata, se l’avviso di accertamento era stato preceduto da un processo verbale di constatazione o da un invito dell’Amministrazione;

b)       riduzione a un ottavo della sanzione irrogata in assenza di precedenti inviti o processi verbali di constatazione ai quali non sia stata prestata adesione.

In caso di rateazione del debito, il contribuente deve prestare garanzia se l’ammontare complessivo delle rate dovute è superiore a 50.000 euro.

Si ricordano inoltre, tra gli strumenti deflativi del contenzioso, anche l’istituto della conciliazione giudiziale (articolo 78 del D.Lgs. n. 546/1992[31]), in base al quale ciascuna delle parti del processo tributario può presentare idonea istanza e proporre all’altra la conciliazione totale o parziale della controversia. Inoltre l’ordinamento vigente consente, ai fini del recupero dei crediti tributari nei confronti di imprese in crisi, di avvalersi della transazione fiscale (originariamente introdotta nell’ambito della legge fallimentare[32], la cui applicabilità è stata estesa alle ipotesi di concordato preventivo[33] e di ristrutturazione dei debiti). Essa, che vede come controparti nella procedura l’imprenditore e l’Amministrazione finanziaria, consente di corrispondere in misura ridotta e/o dilazionata uno o più crediti tributari anche se non iscritti a ruolo.

I regolamenti che introducono tali istitutidevono essere adottati ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997[34]

Ai sensi del richiamato articolo 52 i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti (comma 1). I regolamenti sono approvati con deliberazione del comune entro il termine di approvazione del bilancio di previsione e hanno effetto dopo il 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale al Ministero dell’economia entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale (comma 2). Il Ministero dell’economia può impugnare i regolamenti sulle entrate tributarie per vizi di legittimità avanti gli organi di giustizia amministrativa (comma 4). Il comma 5 individua i seguenti criteri relativi ai regolamenti emanati dai Comuni in materia di accertamento e riscossione di tributi ed altre entrate:

a)       l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate previste negli articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;

b)       qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, ad alcuni soggetti individuati dalla norma in esame;

c)       l'affidamento di cui alla precedente lettera b) non deve comportare oneri aggiuntivi per il contribuente;

d)       il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione.

 

Il comma 6 affida a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), l’approvazione dei modelli relativi alla dichiarazione, ai versamenti nonché alla trasmissione dei dati di riscossione dell’IMU, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

 

Il comma 7 rinvia alle norme vigenti in materia di ICI e, più in generale, alla vigente disciplina di accertamento e riscossione dei tributi locali per quanto riguarda l’accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva dell’IMU, nonché per le sanzioni, il calcolo degli interessi, il contenzioso e i rimborsi.

In particolare, si applica la disciplina ICI di cui agli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del decreto legislativo n. 504 del 1992, e le norme generali in materia di tributi locali recate dai commi da 161 a 170 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

L’articolo 10, comma 6 del D.Lgs. 504/1992 dispone che, per gli immobili compresi nel fallimento o nella liquidazione coatta amministrativa, il curatore o il commissario liquidatore, entro novanta giorni dalla data della loro nomina, devono presentare al comune di ubicazione degli immobili una dichiarazione attestante l'avvio della procedura. Detti soggetti sono, altresì, tenuti al versamento dell’ICI dovuta per il periodo di durata dell'intera procedura concorsuale entro il termine di tre mesi dalla data del decreto di trasferimento degli immobili.

L’articolo 11 (commi da 3 a 5) consente ai comuni, nella fase di liquidazione ed accertamento dell’ICI, di invitare i contribuenti - indicandone il motivo – all’esibizione o trasmissione di atti e documenti; essi possono altresì inviare ai contribuenti questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico, con invito a restituirli compilati e firmati; gli enti territoriali inoltre hanno la facoltà richiedere dati, notizie ed elementi rilevanti nei confronti dei singoli contribuenti agli uffici pubblici competenti, con esenzione di spese e diritti. E’ designato (con delibera della giunta) un funzionario cui sono conferiti le funzioni e i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale dell’ICI; il predetto funzionario sottoscrive anche le richieste, gli avvisi e i provvedimenti, appone il visto di esecutività sui ruoli e dispone i rimborsi. Si demanda a decreti del Ministro delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, la definizione di termini e modalità per l'interscambio tra comuni e sistema informativo del Ministero delle finanze di dati e notizie.

L’articolo 12 dispone la riscossione coattiva tramite ruolo delle somme liquidate dal comune per l’imposta, le sanzioni e gli interessi, ove l’importo non versato entro il termine di sessanta giorni dalla notificazione dell'avviso di liquidazione o dell'avviso di accertamento; il successivo articolo 14 commina una sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento del tributo dovuto per l'omessa presentazione della dichiarazione o della denuncia; per il caso di dichiarazione infedele, la sanzione va dal cinquanta al cento per cento della maggiore imposta dovuta. Le predette sanzioni sono ridotte a un quarto se, entro il termine per ricorrere alle commissioni tributarie, interviene adesione del contribuente con il pagamento del tributo, se dovuto, e della sanzione.

E’ prevista una sanzione in misura fissa (da 51,6 a 258,22 euro) per omissione o errore che attengono ad elementi non incidenti sull'ammontare dell'imposta e la mancata esibizione o trasmissione di atti e documenti, ovvero per la mancata restituzione di questionari nei termini o per la loro mancata compilazione o compilazione incompleta o infedele.

La contestazione della violazione non collegata all'ammontare del tributo deve avvenire, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è commessa la violazione.

L’articolo 1, commi da 161 a 170, della citata legge n. 296 del 2006 ha introdotto disposizioni in materia di autonomia impositiva degli enti locali, individuando su molti aspetti (accertamento, sanzioni, riscossione, possibilità di effettuare compensazioni) una normativa di carattere generale, in luogo delle disposizioni specifiche in precedenza dettate per i diversi tributi

Più dettagliatamente, i commi da 161 a 166 dell’articolo 1 recano varie disposizioni in materia di accertamento e di riscossione dei tributi propri degli enti locali. In particolare:

-          si consente agli enti locali di procedere alla rettifica delle dichiarazioni in complete o infedeli, nonché all’accertamento di ufficio (comma 161);

-          si prevede l’applicazione degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 per l’irrogazione delle sanzioni (comma 161), ai sensi dei quali – rispettivamente - all’irrogazione delle sanzioni provvede l’ente compente all’accertamento del tributo, e sono definiti i casi in cui risulta possibile procedere all’irrogazione immediata della sanzione;

-          si descrivono le caratteristiche degli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio (comma 161);

-          si stabilisce al 31 dicembre del terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo il termine per la notifica del provvedimento di esecuzione (comma 163);

-          si stabilisce in cinque anni dal giorno del versamento ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione il termine per la richiesta, da parte dei contribuenti, delle somme versate e non dovute (comma 164);

-          si stabilisce in centottanta giorni dalla data di presentazione dell’istanza il termine per il rimborso da parte dell’ente locale (comma 164);

-          si fissa in tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale la misura annua degli interessi (comma 165);

-          si prevede che il pagamento dei tributi locali sia effettuato con arrotondamento all’unità per difetto se la frazione è inferiore a 49 centesimi o per eccesso se risulta superiore a tale importo (comma 166).

I commi da 167 a 170 recano alcune disposizioni di carattere generale in ordine all’autonomia impositiva degli enti locali.

In particolare si prevede:

-          la possibilità per gli enti locali di disciplinare le modalità con le quali compensare debiti e crediti di imposta, in analogia a quanto previsto dalla legislazione statale all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (comma 167);

-          la possibilità per gli enti locali di stabilire i limiti quantitativi per gli esoneri dalle imposte o dai relativi rimborsi, nel rispetto dell’articolo 25 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003), il quale rimette ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la statuizione delle disposizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabile a tutte le amministrazioni pubbliche. In caso di inottemperanza, è prevista l’applicazione della disciplina fissata dal medesimo articolo 25 (comma 168);

-          l’obbligo per gli enti locali di deliberare le tariffe e le aliquote sui tributi di propria competenza, entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione dei bilanci di competenza, con effetto comunque dal 1° gennaio dell’anno di riferimento (comma 169);

-          l’obbligo di comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini del coordinamento della finanza pubblica , i dati relativi al gettito delle entrate tributarie (comma 170).

In caso di inosservanza dell’obbligo, si prevede l’applicazione dell’articolo 161, comma 3, del Testo unico sugli enti locali emanato con decreto legislativo n. 267 del 2000, il quale dispone la sospensione dell'ultima rata dei trasferimenti erariali a valere del fondo ordinario, in caso di mancata redazione dell’apposita certificazione sui principali dati di bilancio e del rendiconto.

 

Il comma 8 reca le esenzioni dall’imposta municipale propria.

In particolare, non si applica l’IMU alle seguenti categorie di beni immobili:

§         gli immobili posseduti dallo Stato nonché quelli posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti[35], dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali;

§         i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (articolo 7, comma 1, lettera b) del D.Lgs. n. 504/1992).

Sono classificati nella categoria catastale E gli “immobili a destinazione particolare” ossia: stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei; ponti comunali e provinciali soggetti a pedaggio; costruzioni e fabbricati per speciali esigenze pubbliche; recinti chiusi per speciali esigenze pubbliche; fabbricati costituenti fortificazioni e loro dipendenze; fari, semafori, torri per rendere d’uso pubblico l’orologio comunale; fabbricati destinati all’esercizio pubblico dei culti; fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia; edifici a destinazione particolare non compresi nelle categorie precedenti del gruppo E;

§         i fabbricati con destinazione ad usi culturali (di cui all'art. 5-bis, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601), ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c) del D.Lgs. n. 504/1992).

Si tratta degli immobili totalmente adibiti a sedi, aperte al pubblico, di musei, biblioteche, archivi, cineteche, emeroteche statali, di privati, di enti pubblici, di istituzioni e fondazioni, quando al possessore non derivi alcun reddito dalla utilizzazione dell'immobile; i terreni, i parchi e i giardini aperti al pubblico o la cui conservazione sia riconosciuta dal Ministero per i beni culturali e ambientali di pubblico interesse;

§         i fabbricati destinati esclusivamente all'esercizio del culto, purché compatibile con le disposizioni degli articoli 8[36] e 19[37] della Costituzione, e le loro pertinenze (articolo 7, comma 1, lettera d) del D.Lgs. n. 504/1992);

§         i fabbricati di proprietà della Santa Sede indicati negli articoli 13, 14, 15 e 16 del Trattato Lateranense, sottoscritto l'11 febbraio 1929 e reso esecutivo con legge 27 maggio 1929, n. 810 (articolo 7, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 504/1992);

§         i fabbricati appartenenti agli Stati esteri e alle organizzazioni internazionali per i quali è prevista l'esenzione dall'imposta locale sul reddito (ILOR[38]) dei fabbricati in base ad accordi internazionali resi esecutivi in Italia (articolo 7, comma 1, lettera f) del D.Lgs. n. 504/1992);

§         i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina delimitate ai sensi dell'articolo 15 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, recante Coordinamento degli interventi pubblici nei settori della zootecnia, della produzione ortoflorofrutticola, della forestazione, dell'irrigazione, delle grandi colture mediterranee, della vitivinicoltura e della utilizzazione e valorizzazione dei terreni collinari e montani (articolo 7, comma 1, lettera h) del D.Lgs. n. 504/1992);

§         gli immobili utilizzati dai soggetti IRES destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto, ovvero quelle dirette all'esercizio del culto e alla cura delle anime, alla formazione del clero e dei religiosi, a scopi missionari, alla catechesi, all'educazione cristiana (articolo 7, comma 1, lettera i) del D.Lgs. n. 504/1992).

 

L’articolo 5 dello schema n. 292 non richiamava, tra gli immobili esenti dall’IMU, quelli richiamati alle predette lettera b) e i) dell’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. 5041992.

 

Ai sensi del comma 9 continuano ad essere assoggettati ad imposta sui redditi:

§         il reddito agrario di cui all’articolo 32 del TUIR (D.P.R. n. 917/1986);

§         i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la “cedolare secca”;

§         i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario (ai sensi dell’articolo 43 del TUIR;

§         i redditi provenienti dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.


 

Articolo 10
(Applicazione dei tributi nell’ipotesi di trasferimento immobiliare)

 


1 All’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

« 1. Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immo­biliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi 9 per cento.

Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 , ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II- bis) 2 per cento »;

b) sono abrogate le note del predetto articolo 1, ad eccezione della nota II-bis);

c) nella nota II-bis) dell’articolo 1, le parole: «dell'aliquota del 3 per cento», sono sostituite dalle seguenti: «dell'ali­quota del 2 per cento».

2. Nei casi di cui al comma 1 l’imposta, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.

3. Gli atti assoggettati all’imposta di cui ai commi 1 e 2 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.

4. In relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2 sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2014.


 

 

L’articolo 10 del provvedimento in esame reca la disciplina dei tributi applicabili ai trasferimenti immobiliari a decorrere dal 1° gennaio 2014.

 

Il testo dello schema originariamente presentato alle Camere configurava l’imposta municipale propria come prelievo avente due presupposti d’imposta (articolo 4, comma 2, lettera b) dell’atto del Governo n. 292): il possesso e il trasferimento di immobili.

A decorrere dal 2014 era così prevista l’applicazione della nuova imposta (articolo 6 dell’atto 292) agli atti traslativi tra vivi della proprietà di beni immobili, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, ai provvedimenti di espropriazione e ai trasferimenti coattivi, in sostituzione delle vigenti forme di imposizione indiretta sui medesimi atti (imposta di registro, ipotecaria, catastale, imposta di successione e donazione). L’imposta aveva due aliquote, una ordinaria dell’8 per cento e una agevolata, nella misura del 2 per cento, per i trasferimenti a mortis causa e i trasferimenti della “prima casa”, con possibilità per i Comuni di apportarvi limitate modifiche. L’imposta si applicava, in misura fissa, anche agli adempimenti effettuati presso il catasto e i registri immobiliari in relazione ad atti diversi dal trasferimento.

 

Il comma 1 modifica la vigente disciplina dell’imposta di registro, sostituendo - nel dettaglio - il comma 1 dell’articolo 1 della Tariffa (Parte prima) allegata al relativo Testo Unico (D.P.R. 24 aprile 1986, n. 131[39]).

 

L’imposta di registro è un’imposta indiretta che si applica ai trasferimenti: essa colpisce gli atti elencati nella Tariffa allegata al D.P.R. n. 131 del 1986.

Ai fini dell’applicazione dell’imposta, si intende per registrazione in termine fisso la registrazione da richiedersi entro un determinato numero di giorni dalla data di formazione dell’atto. La registrazione in caso d’uso (articolo 6 del D.P.R. n. 131 del 1986) si verifica quando un atto si deposita, per essere acquisito agli atti, presso le cancellerie giudiziarie nell'esplicazione di attività amministrative o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell'adempimento di un'obbligazione delle suddette amministrazioni, enti o organi ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento.

L’imposta può essere applicata in misura fissa (per un ammontare specifico, legato al tipo di atto imponibile) ovvero proporzionalmente (applicando l’aliquota prevista nella tariffa al valore dell’atto).

 

Nella formulazione vigente, che si applicherà sino al 2014 (anno dal quale troverà applicazione la nuova disciplina), il comma 1 fissa all’8 per cento la misura dell’aliquota dell’imposta di registro applicabile agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, nonché agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento (compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi) ai provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e ai trasferimenti coattivi.

Ove l’atto abbia ad oggetto fabbricati e relative pertinenze, essa è parti al 7 per cento. Le imposte ipotecaria e catastale, per l’acquisto di fabbricati diversi dalla abitazione principale, si applicano rispettivamente nella misura del 2 e dell’uno per cento. Complessivamente, dunque, l’imposizione indiretta che attualmente grava sugli atti traslativi di fabbricati diversi dalla “prima casa” è pari al 10 per cento.

 

Le norme vigenti prevedono misure d’imposta differenziate – e in determinati casi agevolate - a seconda del soggetto coinvolto nel trasferimento (ad es. ONLUS) ovvero di immobile soggetto a trasferimento (ad es. immobili di interesse storico, artistico e archeologico) oppure in ragione di entrambi gli elementi (terreni agricoli nei confronti di soggetti non imprenditori agricoli).

In particolare, all’acquisto dell’abitazione principale si applica l’imposta di registro nella misura del 3 per cento, mentre le imposte ipotecarie e catastali sono dovute in misura fissa (articolo 1 della tariffa allegata al D.Lgs. 31 ottobre 1990 n. 347 e articolo 10, comma 2 del medesimo D.Lgs. n. 347/1990).

La lettera a) del comma 1 sostituisce integralmente il comma 1, articolo 1 della Tariffa, stabilendo che, con decorrenza dal 1° gennaio 2014, l’imposta di registro si applichi nella misura del 9 per centoagli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere, agli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento (compresa la rinuncia agli stessi) ai provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità ed ai trasferimenti coattivi.

Se il trasferimento investe case di abitazione, sempre che non si tratti di un immobile appartenente alle categorie catastali A1, A8 e A9 (immobili signorili, ville e castelli), la misura dell’aliquota è pari al 2 per cento ove ricorrano le condizioni indicate dalla nota II-bis) dell'articolo 1 della Tariffa.

Il successivo comma 3 dell’articolo in esame, in conseguenza delle modifiche apportate al TU sull’imposta di registro e delle nuove aliquote di imposta, esenta i predetti trasferimenti immobiliari dalle altre imposte indirette, nonché tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti, posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari.

 

Lanota II-bis disciplina le condizioniper l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota agevolata agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse.

In particolare, si prescrive che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall'acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l'acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all'estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l'attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l'acquirente sia cittadino italiano emigrato all'estero, che l'immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall'acquirente nell'atto di acquisto. Inoltre, nell'atto di acquisto l'acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l'immobile da acquistare; di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge, con le agevolazioni fiscali indicate dalla norma stessa. Infine, in caso di cessioni soggette ad imposta sul valore aggiunto, la norma consente di effettuare le suddette dichiarazioni, comunque riferite al momento in cui si realizza l'effetto traslativo, oltre che nell'atto di acquisto, anche in sede di contratto preliminare.

 

La lettera b) del comma 1 dell’articolo in esame prevede l’abrogazione di tutte le note dell’articolo 1 della Tariffa, fatta salva la predetta nota II-bis), nella quale è coerentemente modificata (successiva lettera c)) la misura dell’aliquota agevolata applicabile (2 per cento in luogo del vigente 3 per cento).

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede una misura minima di imposta, applicabile alle ipotesi appena illustrate (trasferimenti immobiliari, come disciplinati dal comma 1), pari a 1000 euro.

 

Lo schema di decreto originariamente presentato alle camere (atto n. 292) prevedeva (articolo 6, comma 4) l’applicazione dell’imposta municipale propria nella misura di 1000 euro ai trasferimenti a causa di morte i cui beneficiari possedesse i requisiti soggettivi e oggettivi per usufruire dell’imposta di registro agevolata per la “prima casa”.

Inoltre, tale imposta (articolo 6, comma 9) prevedeva l’applicazione dell’IMU nella misura di 500 euro per gli atti diversi dai trasferimenti (adempimenti presso il catasto o i registri immobiliari in conseguenza di atti che non comportano trasferimento).

 

Le norme (comma 4) prevedono, infine, una generale abolizione di tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie anche previste da leggi speciali.

 

Infine, il comma 5 reca la decorrenza delle norme introdotte che, come anticipato, troveranno applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2014.


 

Articolo 11
(Imposta municipale secondaria)

 


1. L’imposta municipale secondaria è introdotta, a decorrere dall’anno 2014, con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire le seguenti forme di prelievo: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comu­nale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autoriz­zazione all’installazione dei mezzi pubbli­citari. L’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza è abolita a decorrere dall’introduzione del tributo di cui al presente articolo.

2. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della citata legge n. 400 del 1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, è dettata la disciplina generale dell’imposta municipale secondaria, in base ai seguenti criteri:

a) il presupposto del tributo è l’occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni, nonché degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari;

b) soggetto passivo è il soggetto che effettua l’occupazione; se l’occupazione è effettuata con impianti pubblicitari è obbligato in solido il soggetto che utilizza l’impianto per diffondere il messaggio pubblicitario;

c) l’imposta è determinata in base ai seguenti elementi:

1) durata dell' occupazione;

2) entità dell'occupazione, espressa in metri quadrati o lineari;

3) fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia ed alle finalità dell’occupazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell’occupazione ed alla classe demografica del comune;

d) le modalità di pagamento, i modelli della dichiarazione, l’accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso sono discipli­nate in conformità con quanto previsto dall’articolo 9, commi 4, 6 e 7, del presente decreto legislativo;

e) l’istituzione del servizio di pubbliche affissioni non è obbligatoria e sono indivi­duate idonee modalità, anche alternative all’affissione di manifesti, per l’adeguata diffusione degli annunci obbligatori per legge, nonché per l’agevolazione della diffusione di annunci di rilevanza sociale e culturale;

f) i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, hanno la facoltà di disporre esenzioni ed agevo­lazioni in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale, nonché ulteriori modalità applicative del tributo.


 

 

L’articolo 11 reca la disciplina l’imposta municipale secondaria, che verrà istituita dai Comuni a partire dal 2014, con delibera del Consiglio Comunale.

 

L’articolo 7 dello schema di decreto originariamente presentato alle Camere (Atto del Governo n. 292) prevedeva la facoltà per i Comuni, con la medesima decorrenza, di istituire una “imposta municipale propria facoltativa” in sostituzione di alcune forme di prelievo vigenti, con delibera comunale e previo svolgimento di consultazioni popolari.

Lo schema originario escludeva esplicitamente dall’ambito operativo di tale imposta gli immobili ad uso abitativo; tale esclusione non è riprodotta nelle disposizioni in commento, che dunque consentono l’applicazione dell’IMU secondaria anche a tali tipologie di immobili, con il conseguente allargamento della base imponibile rispetto alle previsioni originarie.

Le forme di prelievo sostituite

L’imposta municipale secondaria sostituisce una o più delle seguenti forme di prelievo:

§         la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche;

§         il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche;

§         l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni;

§         il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari;

 

Contestualmente si dispone l’abolizione dell'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali (cfr. infra) a decorrere dall’introduzione dell’IMU secondaria.

La tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche - TOSAP

La TOSAP - Tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche è disciplinata dagli articoli 38 a 57 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507[40], come successivamente modificato.

Essa era stata abolita, a seguito dell’introduzione del canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446[41]; è stata tuttavia successivamente reintrodotta dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448[42].

In merito si ricorda che:

-        alla TOSAP sono sottoposte le occupazioni di qualsiasi natura effettuate - anche senza titolo - nelle strade, nei corsi, nelle piazze e, comunque, sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e delle province (articolo 38 del D.Lgs. 507/93);

-        soggetto passivo del tributo (articolo 39) – dovuto al comune o alla provincia – è il titolare dell'atto di concessione o di autorizzazione o, in mancanza, dall'occupante di fatto, in proporzione alla superficie effettivamente sottratta all'uso pubblico nell'ambito del rispettivo territorio;

-        la disciplina applicativa del tributo è affidata all’ente territoriale, tenuto ad approvare il regolamento per l'applicazione della TOSAP;

-        la normativa statale distingue occupazioni permanenti e temporanee (articolo 42) e disciplina altresì le modalità di graduazione e determinazione della tassa. In particolare (articolo 42, commi 3 e 4) la tassa è graduata a seconda dell'importanza dell'area sulla quale insiste l'occupazione; essa si determina in base all'effettiva occupazione, espressa in metri quadrati o in metri lineari con arrotondamento all'unità superiore della cifra contenente decimali;

-        l’articolo 49 del D.Lgs. 507/93 elenca i casi di esenzione. Sono tra l’altro esenti da imposta le occupazioni effettuate dallo Stato, dalle regioni, province, comuni e loro consorzi, da enti religiosi per l'esercizio di culti ammessi nello Stato, dagli enti pubblici per finalità specifiche di assistenza, previdenza, sanità, educazione, cultura e ricerca scientifica.

Il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche – COSAP

Il D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446 all’articolo 63[43]ha autorizzato i comuni e le province, con apposito regolamento, ad escludere l'applicazione della TOSAP.

L’articolo ha autorizzato i medesimi enti ad assoggettare l'occupazione permanente e temporanea di suolo pubblico al pagamento di un canone da parte del titolare della concessione, determinato nel medesimo atto di concessione ed in base a tariffa. Tra l’altro, il regolamento (articolo 63, comma 2):

-                 deve prevedere le procedure per il rilascio, il rinnovo e la revoca degli atti di concessione;

-                 reca l’indicazione analitica della tariffa, dell'entità dell'occupazione, del valore economico della disponibilità dell'area, nonché del sacrificio imposto alla collettività;

-                 reca altresì l’indicazione delle modalità e termini di pagamento del canone e la previsione di speciali agevolazioni per occupazioni ritenute di particolare interesse pubblico;

-                 infine, il regolamento comunale deve fissare un limite minimo (516,5 euro) di ammontare complessivo dei canoni dovuti a ciascun comune o provincia e detta i criteri il versamento del canone stesso.

L'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni

L’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni sono disciplinati dal Capo I del D.Lgs. 507/1993.

In particolare, si ricorda che:

-        la pubblicità esterna è soggetta all’imposta comunale, mentre le pubbliche affissioni sono soggette ad un diritto, entrambi in favore del comune nel cui territorio sono effettuate;

-        l’ente territoriale (articolo 3) è tenuto ad adottare uno specifico regolamento ed a deliberare le relative tariffe. Il regolamento sancisce, tra l’altro, le modalità di effettuazione della pubblicità e può stabilire limitazioni e divieti per particolari forme pubblicitarie in relazione ad esigenze di pubblico interesse;

-        ai fini dell’applicazione dell’imposta, i comuni sono suddivisi in classi sulla base della popolazione residente;

-        presupposto per l'applicazione del tributo è la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche - diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni - in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile;

-        la distinzione tra imposta di pubblicità e diritti sulle pubbliche affissioni è desumibile dall'articolo 18 del decreto: i diritti si applicano ai mezzi pubblicitari esposti a cura del comune negli appositi spazi riservati dall'ente locale nell'ambito del proprio territorio;

-        soggetto passivo dell'imposta sulla pubblicità, tenuto al pagamento in via principale, è colui che dispone a qualsiasi titolo del mezzo attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene diffuso (articolo 6).

La legge disciplina la misura delle tariffe per i diversi tipi di pubblicità (articoli da 12 a 15), le riduzioni e le esenzioni (articoli 16 e 17, rispettivamente): è esente da imposta, tra le altre, la pubblicità comunque effettuata in via esclusiva dallo Stato e dagli enti pubblici territoriali, nonché le insegne, le targhe e simili la cui esposizione sia obbligatoria per disposizione di legge o di regolamento. Sono previste esenzioni e riduzioni (articoli da 20 a 21). Gli articoli 22 e ss.gg. recano le modalità e le regole per l’effettuazione del servizio.

Il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari

L'articolo 62, comma 2, lett. d) del D.Lgs. n. 446/1997 permette (comma 1) che i comuni, con regolamento, escludano l'applicazione nel proprio territorio dell'imposta comunale sulla pubblicità (di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507), sottoponendo le iniziative pubblicitarie che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente ad un regime autorizzatorio e assoggettandole al pagamento di un canone in base a tariffa.

In particolare, tra i criteri cui è informato il regolamento comunale, si prescrive (comma 2) che la tariffa sia determinata con criteri di ragionevolezza e gradualità (lettera d)), tenendo conto di alcuni elementi (popolazione residente, flussi turistici, caratteristiche urbanistiche delle zone del territorio comunale, impatto ambientale) e in modo che essa non ecceda di oltre il 25 per cento le tariffe stabilite dalle norme (citato D.Lgs. n. 507 del 1993) per l'imposta comunale sulla pubblicità in relazione all'esposizione di mezzi pubblicità esterna che incidono sull'arredo urbano o sull'ambiente; l regolamento può anche prevedere (comma 3) divieti, limitazioni e agevolazioni.

L'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

L'art. 1 del R.D.L. 30 novembre 1937, n. 2145 ha previsto l'istituzione di un'addizionale, in origine destinata a costituire un fondo per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza (Eca), da applicarsi su imposte, tasse e contributi comunali e provinciali "riscuotibili per ruolo", ai sensi del testo unico della finanza locale 14 settembre 1931, n. 1175 e successive modificazioni.

La legge 10 dicembre 1961 n. 1346 ha aumentato al 10 per cento la misura della predetta addizionale. L’articolo 3, comma 39, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 ha disposto, a decorrere dell'anno 1996, la devoluzione diretta dei proventi della predetta addizionale, applicata alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, ai comuni da parte dei concessionari della riscossione.[44].

La disciplina della nuova imposta secondaria

Il comma 2 affida a un regolamento governativo (adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400[45], d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali) la disciplina generale dell'imposta municipale secondaria, in base a criteri predeterminati dalla norma medesima.

 

Si ricorda in proposito che l’articolo 12, comma 1, lettera a) della legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009) affida alla legge statale l’individuazione dei tributi propri dei comuni e delle province, anche in sostituzione o trasformazione di tributi già esistenti e anche attraverso l’attribuzione agli stessi comuni e province di tributi o parti di tributi già erariali. La legge statale ne definisce presupposti, soggetti passivi e basi imponibili e stabilisce, garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote di riferimento valide per tutto il territorio nazionale.

Ai sensi della successiva lettera i), gli enti locali, nel rispetto delle normative di settore e delle delibere delle autorità di vigilanza, dispongono della piena autonomia nella fissazione delle tariffe per prestazioni o servizi offerti anche su richiesta di singoli cittadini.

Nell’istituire la nuova imposta, la disposizione in commento non ne reca tuttavia la complessiva disciplina, rinviando in proposito ad apposito regolamento governativo, con predeterminazione di alcuni dei criteri cui quest’ultimo dovrà essere informato (tra cui il presupposto del tributo, l’individuazione del soggetto passivo, durata ed entità dell’occupazione, le modalità di dichiarazione e pagamento).

 

 

La disciplina di rango secondario deve essere informata ai seguenti criteri:

a)      il presupposto del tributo è l'occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni, nonché degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari;

b)      soggetto passivo è colui che effettua l'occupazione. Se l'occupazione è effettuata con impianti pubblicitari, si richiede che l’obbligazione tributaria sia solidale, e che dunque soggetto passivo sia anche chi utilizza l'impianto per diffondere il messaggio pubblicitario;

c)      l'imposta è determinata in base alla durata dell'occupazione, alla sua entità (espressa in metri quadrati o lineari) e con la fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia ed alle finalità dell'occupazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell'occupazione ed alla classe demografica del Comune;

d)      le modalità di pagamento, i modelli della dichiarazione, l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso sono disciplinate in conformità con i principi desumibili dall'articolo 9, commi 4, 6 e 7 dello schema in commento;

L’articolo 9 dello schema in commento, per quanto attiene alla corresponsione dell’imposta municipale propria in caso di possesso, affida al Comune le modalità di corresponsione dell’imposta a far data dal completamento dell’attuazione dei decreti legislativi in materia di adeguamento dei sistemi contabili tra i diversi livelli di governo e, comunque, a partire dal 1° gennaio 2015. Inoltre, consente (comma 5) ai Comuni, per l’IMU, di introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, come anche il beneficio della rateizzazione delle somme dovute senza interessi. Infine (comma 7) per l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si rimanda alle norme generali previste per l’imposta comunale sugli immobili e alle disposizioni, contenute nella legge finanziaria 2007, in materia di autonomia impositiva degli enti locali.

e)      si prevede che l'istituzione del servizio di pubbliche affissioni non sia obbligatoria; vengono individuate idonee modalità, anche alternative all'affissione di manifesti, per l'adeguata diffusione degli annunci obbligatori per legge nonché per l'agevolazione della diffusione di annunci di rilevanza sociale e culturale;

Il servizio di pubbliche affissioni è previsto dagli articoli 18 e seguenti del già citato D.Lgs. n. 507 del 1993 e, come visto supra, sottoposto al pagamento di appositi diritti la cui disciplina è, in parte, lasciata agli enti territoriali. Esso è inteso a garantire specificatamente l'affissione, a cura del comune, in appositi impianti a ciò destinati, di manifesti di qualunque materiale costituiti, contenenti comunicazioni aventi finalità istituzionali, sociali o comunque prive di rilevanza economica, ovvero, ove previsto, e nella misura stabilita nelle disposizioni regolamentari di cui all'art. 3, di messaggi diffusi nell'esercizio di attività economiche. Secondo la disciplina vigente, il servizio è obbligatorio per i Comuni aventi un determinato numero di abitanti.

Il D.Lgs. n. 507/1993 demanda alla fonte regolamentare comunale la disciplina delle di modalità per le pubbliche affissioni, salvo affermare alcuni principi generali; affida al Comune anche la vigilanza sull’osservanza delle disposizioni legislative e regolamentari riguardanti l'effettuazione della pubblicità.

f)        i Comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, hanno la facoltà di disporre esenzioni ed agevolazioni, con lo scopo di consentire una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale e ulteriori modalità applicative del tributo.

 

La vigente disciplina dei tributi da sostituire affida alla legge statale la disciplina delle esenzioni e delle agevolazioni fiscali.

 


 

Articolo 12
(
Misure in materia di finanza pubblica)

 


1. L’autonomia finanziaria dei comuni deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita.

2. In ogni caso, dall'attuazione dei decreti legislativi di cui alla citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, non può derivare, anche nel corso della fase transitoria, alcun aumento del prelievo fiscale complessivo a carico dei contri­buenti.

3. In caso di trasferimento di ulteriori funzioni ai comuni, ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è assicurato al complesso degli enti l'integrale finanzia­mento di tali funzioni, ove non si sia provveduto contestualmente al finanzia­mento e al trasferimento.


 

 

L’articolo ribadisce, al comma 1, il principio generale secondo il quale l’autonomia finanziaria dei comuni deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti dal Paese con il patto di stabilità e crescita.

 

È inoltre previsto, al comma 2, che in ogni caso, dall'attuazione dei decreti legislativi attuativi della legge n. 42 del 2009 non può derivare, anche nel corso della fase transitoria, alcun aumento del prelievo fiscale complessivo a carico dei contribuenti.

I primi due commi dell’articolo sembrano sostanzialmente volti a riproporre i principi di salvaguardia finanziaria previsti all’articolo 28 della legge n. 42/2009, vale a dire, l’osservanza, rispettivamente, del principio di compatibilità dell’autonomia finanziaria dei comuni con gli impegni assunti in ordine al percorso di riduzione del debito e dell’indebitamento netto della P.A. in rapporto al PIL derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e sanciti nel Patto di stabilità e crescita, nonché del principio di carattere generale per cui, in ogni caso, dall’attuazione dei decreti legislativi previsti alla legge n. 42, non può derivare alcun aumento, neppure nella fase transitoria, del prelievo fiscale complessivo a carico dei contribuenti.

Si ricorda, inoltre, come un ancoraggio all’ordinamento comunitario sia rinvenibile anche all’articolo 2, comma 2, lett. g), della legge n. 42 che prevede, quale criterio direttivo generale, l’adozione, per le politiche di bilancio di regioni, città metropolitane, province e comuni, di regole coerenti con quelle derivanti dall'applicazione del patto di stabilità e crescita.

 

Il comma 3, infine, è volto ad assicurare che, qualora si dovesse procedere al trasferimento di ulteriori funzioni ai comuni ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione senza provvedere parallelamente al loro contestuale finanziamento, sia in ogni caso garantito l’integrale finanziamento delle funzioni trasferite.

Il comma fa riferimento alle funzioni trasferite ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131 (c.d. “legge La Loggia"), che prevede accordi conclusi in sede di Conferenza unificata e recepiti da appositi disegni di legge "collegati" alla manovra finanziaria per il conferimento di risorse.

 


 

Articolo 13
(
Fondo perequativo per comuni e province)

 


1. Per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, è istituito nel bilancio dello Stato un fondo perequativo, con indica­zione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Previa intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabi­lite, salvaguardando la neutralità finan­ziaria per il bilancio dello Stato e in conformità con l’articolo 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le modalità di alimentazione e di riparto del fondo. Il Fondo perequativo a favore dei comuni è alimentato da quote del gettito dei tributi di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione prevista dall’articolo 7, comma 2. Tale fondo è articolato in due componenti, la prima delle quali riguarda le funzioni fondamentali dei comuni, la seconda le funzioni non fondamentali. Le predette quote sono divise in corrispon­denza della determinazione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e riviste in funzione della loro dinamica.


 

 

L’articolo 13 disciplina l’istituzione del Fondo perequativo dello Stato per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, ai sensi dell’articolo 13 della legge n. 42/2009.

La norma ne prevede l’istituzione nel bilancio dello Stato con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte.

In merito alla data di istituzione del Fondo perequativo dello Stato, si rileva qui come la definizione dei meccanismi perequativi sia strettamente dipendente dalla determinazione dei fabbisogni standard, quale parametro di riferimento cui ancorare il finanziamento delle spese degli enti locali in sostituzione del criterio della spesa storica.

Il decreto legislativo relativo alla determinazione dei fabbisogni standard (D.Lgs. n. 216 del 26 novembre 2010) prevede un percorso graduale per la transizione verso l’integrale finanziamento dei fabbisogni standard, diretto a garantirne l’entrata a regime, con riferimento ad un terzo delle funzioni fondamentali, già a partire dal 2012, anno di avvio della fase transitoria, e, con riferimento al complesso delle funzioni, nell’anno 2016.

Il nuovo sistema di perequazione ordinario, previsto dall’articolo 13 della legge delega, dovrebbe pertanto essere attivato alla fine del periodo transitorio, quando il sistema dei fabbisogni standard sarà determinato con riguardo a tutte le funzioni fondamentali degli enti locali.

Al riguardo, si ricorda anche che l’articolo 2, comma 3, del provvedimento in esame prevede una fase transitoria di almeno 3 anni per assicurare un processo di devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare progressivo e ispirato ad un principio di equilibrio territoriale, garantito attraverso la costituzione del Fondo sperimentale di riequilibrio, la cui durata è fissata appunto in un periodo minimo di tre anni.

 

Le modalità di alimentazione e di riparto del fondo sono rinviate ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa sancito in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

La norma sottolinea che le modalità di alimentazione e di riparto del fondo devono essere stabilite salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato ed in conformità con l’articolo 13 della legge delega n. 42/2009.

 

L’impianto delineato dall’articolo 13 della legge delega prevede la costituzione dei due Fondi perequativi regionali per gli enti locali, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province e delle Città metropolitane, iscritti nel bilancio delle singole regioni ed alimentati attraverso un apposito fondo perequativo dello Stato (comma 1, lettera a).

Nel fondo perequativo statale è data separata indicazione degli stanziamenti spettanti a comuni, province e città metropolitane, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte da tali enti. Il Fondo perequativo dello Stato, che finanzia i fondi perequativi regionali per gli enti locali, è alimentato con le risorse provenienti dalla fiscalità generale.

La dimensione del fondo perequativo statale è determinata, per ogni tipologia di ente, con riguardo all’esercizio delle funzioni fondamentali, in misura pari alla differenza tra:

-                 il totale dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali e

-                 il totale delle entrate standardizzate spettanti ai comuni e alle province (intendendosi come tali tutte le entrate spettanti agli enti locali come individuate ai sensi dell’articolo 12 (con esclusione dei c.d. tributi propri di scopo e dei contributi per gli interventi speciali di cui all’articolo 16), valutate ad aliquota standard (art. 13, lett. e).

L’articolo 13, comma 1, lettera b) prevede anche che il decreto legislativo attuativo del sistema perequativo per gli enti locali rechi la definizione delle modalità con cui si procede periodicamente all’aggiornamento dell’entità dei fondi perequativi e alla ridefinizione delle relative fonti di finanziamento.

Il riparto tra gli enti delle risorse della perequazione avviene:

-                 con riferimento alle funzioni fondamentali, in base a due indicatori: un indicatore di fabbisogno finanziario, per il finanziamento della spesa corrente, e un indicatore di fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale;

-                 per il finanziamento delle funzioni diverse da quelle fondamentali, l’intervento del fondo perequativo è basato soltanto sulla capacità fiscale per abitante ed è diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali dei singoli enti. Per gli enti locali con minor popolazione, ai fini della perequazione va tenuto conto inoltre di alcune specificità, quali il fattore della dimensione demografica, in relazione inversa alla dimensione demografica stessa, e la loro eventuale partecipazione a forme associative.

L’articolo 13 della legge delega prevede la possibilità per le regioni di intervenire in sede di riparto delle risorse perequative tra gli enti locali del proprio territorio, attribuendo ad esse la facoltà di procedere ad una diversa valutazione dei parametri di fabbisogno (finanziario e di infrastrutture), in base ai quali è effettuata la ripartizione dei fondi perequativi per il finanziamento delle funzioni fondamentali, qualora vi sia intesa al riguardo con gli enti locali medesimi. La eventuale ridefinizione, da parte delle regioni, dei parametri di assegnazione dei fondi perequativi non può in ogni caso comportare ritardi nell’assegnazione delle risorse. Pertanto, nel caso in cui la regione non provveda nei termini stabiliti è previsto l’esercizio del potere sostitutivo da parte dello Stato, ai sensi dell’articolo 120, comma secondo, della Costituzione.

 

In conformità con il citato articolo 13, la disposizione in esame individua le fonti di alimentazione del Fondo perequativo a favore dei comuni[46], precisando che esso sia alimentato da:

1)quote del gettito dei tributi devoluti di cui all’articolo 2, commi 1 e 2.

In base al rinvio all’articolo 2, commi 1 e 2, sono devolute ai comuni:

-     il 30% dell’imposta di registro e imposta di bollo applicata negli atti di trasferimento di proprietà e di altri diritti reali su immobili (co. 1, lett. a) e co. 2);

-     il 30% dell’imposte ipotecaria e catastale (co. 1, lett. b) e co. 2) ad eccezione di quelle relative ad atti soggetti ad IVA;

-     il gettito IRPEF relativo ai redditi fondiari, con esclusione del reddito agrario (co. 1, lett. c));

-     il gettito dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo nei contratti di locazione relativi ad immobili (co. 1, lett. d));

-     il 30% dei tributi speciali catastali (co. 1, lett. e) e co. 2);

-     il 30% delle tasse ipotecarie (co. 1, lett. f e co. 2));

-     una quota del gettito derivante dalla cedolare secca sugli affitti, che, ai sensi del comma 8 dell’art. 2, a decorrere dal 2012 dovrebbe essere pari al 21,6% (co. 1, lett. g)).

Le quote del gettito di tali tributi devoluti che dovrebbero confluire nel Fondo perequativo saranno presumibilmente indicate in sede di adozione del DPCM relativo alle modalità di alimentazione e di riparto del Fondo medesimo.

2)      compartecipazione del 30 per cento al gettito deitributi applicati ai trasferimenti immobiliari, prevista dall’articolo 7, comma 2, istituita a decorrere dall’anno 2014.

 

Dovrebbe, pertanto, considerarsi oggetto di diretta attribuzione ai comuni, sulla base del principio di territorialità, le quote dei citati tributi non affluenti al fondo perequativo, nell’ambito della parte comunque spettante ai comuni, nonché la compartecipazione IVA di cui all’articolo 2, comma 4, e l’IMU, di cui all’articolo 8 del provvedimento in esame.

 

Il Fondo perequativo viene articolato in due componenti, la prima delle quali riguarda le funzioni fondamentali dei comuni, la seconda le funzioni non fondamentali.

Le due quote sono divise in corrispondenza della determinazione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamentali e riviste in funzione della loro dinamica.

 


 

Articolo 14, commi 1 e 8
(Disposizioni sull’indeducibilità dell’IMU e
sull’addizionale comunale IRPEF)

 


1. L’imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive.

8. A decorrere dall’anno 2011 le delibere di variazione dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione sul sito informatico di cui all’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 360 del 1998, a condizione che detta pubblica­zione avvenga entro il 31 dicembre dell’anno a cui la delibera afferisce. Le delibere relative all’anno 2010 sono efficaci per lo stesso anno d’imposta se la pubblicazione sul predetto sito avviene entro il 31 marzo 2011. Restano fermi, in ogni caso, gli effetti delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 169, della citata legge n. 296 del 2006.


 

 

Il comma 1 sancisce la non deducibilità dell’imposta municipale propria dalle imposte erariali sui redditi e dall’IRAP.

 

Per quanto riguarda la disciplina dell’imposta municipale propria, si vedano le schede di lettura degli articoli 8 e 9 del provvedimento in esame.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 17, comma 1 del D.Lgs. 504/1992 l’imposta comunale sugli immobili – ICI non è deducibile dalle imposte erariali sui redditi. Previsioni di analogo tenore sono recate, in materia di IRAP, dagli articoli 5 (per le società di capitali e gli enti commerciali) e 5-bis (per le società di persone e le imprese individuali).

 

Il comma 8 stabilisce, con decorrenza 2011, i termini per la pubblicazione in Internet delle delibere comunali concernenti la variazione dell’aliquota dell’addizionale comunale IRPEF.

Si segnala che l’articolo 5 del decreto legislativo in esame, alla cui scheda si rinvia, reca disposizioni concernenti il potere degli enti locali di istituire e modificare l’aliquota dell’addizionale IRPEF.

Ai sensi del comma in esame le delibere di variazione dell’aliquota producono effetto a decorrere dal 1° gennaio del periodo d’imposta in corso alla data di pubblicazione.

Il decreto interministeriale del 31 maggio 2002, emanato in attuazione dell’art. 1 del D.Lgs. n. 360 del 1998[47], stabilisce che la pubblicazione delle deliberazioni comunali concernenti l'istituzione o la variazione dell'aliquota all'addizionale comunale IRPEF deve effettuarsi nel sito www.finanze.it a cura dell'Ufficio federalismo fiscale del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze. A tal fine i comuni devono inviare al suddetto Dipartimento una copia conforme della delibera approvata oggetto di pubblicazione.

Per le variazioni di aliquota concernenti l’anno 2010, in deroga a quanto sopra stabilito, le delibere producono effetto se pubblicate entro il 31 marzo 2011.

In caso di mancata approvazione e pubblicazione di delibere comunali si intendono prorogate le aliquote dell’anno precedente come previsto dall’art. 1, co. 169, della legge n. 296/2006[48].

 


 

Articolo 14, commi 2 e 3
(A
pplicazione del decreto legislativo nelle regioni a statuto speciale)

 


2. Al fine di assicurare la neutralità finanziaria del presente decreto, nei confronti delle Regioni a statuto speciale il presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformità con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e in partico­lare:

a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle Regioni a statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero al gettito degli altri tributi erariali, questa si intende riferita anche al gettito della cedolare secca di cui all’articolo 3;

b) sono stabilite la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 2 nei confronti dei comuni ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome, nonché le percentuali delle compartecipazioni di cui alla lettera a); con riferimento all’imposta municipale propria di cui all’articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti.

3. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, le modalità di applicazione delle disposizioni relative alle imposte comunali istituite con il presente decreto sono stabilite dalle predette autonomie speciali in conformità con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione; per gli enti locali ubicati nelle medesime regioni e province autonome non trova applicazione quanto previsto dall’articolo 2, commi da 1 a 8; alle predette regioni e province autonome spettano le devoluzioni e le comparteci­pazioni al gettito delle entrate tributarie erariali previste dal presente decreto nelle misure e con le modalità definite dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione per i medesimi tributi erariali o per quelli da essi sostituiti.


 

 

I commi 2 e 3 dell'articolo 14 riguardano l'applicabilità delle norme contenute nel decreto legislativo in esame alle regioni a statuto speciale.

 

In linea con quanto stabilito in via generale dalla legge di delega, il comma 2 stabilisce che l'applicazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo in esame deve avvenire nel rispetto dei rispettivi statuti ed in conformità con quanto stabilito dall'articolo 27 della legge delega, vale a dire, in maniera concordata con ciascuna autonomia.

 

L'articolo 27 della legge 42/2009 adatta alle specialità il procedimento di attuazione del federalismo fiscale in quegli ordinamenti ed elenca i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi. In particolare:

§  le modifiche all’ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome dovranno essere introdotte con la procedura delle norme di attuazione degli statuti speciali, negli stessi termini temporali previsti dalla delega conferita per l’emanazione dei decreti delegati relativi alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali (comma 1);

§  ferme le prerogative statutarie previste per ciascuna regione e provincia autonoma, la nuova disciplina deve comunque essere informata ai principi fondamentali del federalismo fiscal; nella specie il rispetto e l’assolvimento degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario e i principi di perequazione e di solidarietà e i diritti ed i doveri che da essi derivano (commi 2 e 3).

§  sono previste, inoltre, specifiche norme procedurali per l’attuazione della delega:

-   il principio della partecipazione dei Presidenti delle regioni e delle province autonome alle riunioni del Consiglio dei ministri in cui si esaminano gli schemi delle rispettive norme di attuazione (comma 5);

-   la delimitazione ad una attività “meramente ricognitiva” delle funzioni che è chiamata a svolgere la Commissione tecnica paritetica per l’emanazione delle norme di attuazione; inoltre, quando tratta delle nome di attuazione, la commissione è integrata da un rappresentante tecnico della singola regione o provincia autonoma interessata (comma 6);

-   istituzione dei tavoli paritetici tra ciascuna regione e Governo (comma 7)

 

Si ricorda che norme recanti disposizioni di attuazione del federalismo fiscale per le regioni a statuto speciale sono state emanate per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano con la legge finanziaria 2010 (Legge 191/2009 art. 2 commi 106-125) e per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e la Regione autonoma Valle d'Aosta dalla legge di stabilità 2011 (Legge 220/2010 art. 1, rispettivamente commi 151-159 e commi 160-164). In particolare le disposizioni citate quantificano il contributo di ciascuna regione per l'attuazione dei principi di perequazione e solidarietà del federalismo fiscale, recano disposizioni sulla disciplina del patto di stabilità e norme generali per il coordinamento delle norme che provvederanno ad attuare il federalismo fiscale (i decreti legislativi attuativi della legge 42 del 2009) e l'ordinamento finanziario della regione.

 

Il comma 2 concerne le norme che incidono sulle imposte erariali e dunque sul sistema di finanziamento delle regioni; in particolare, per assicurare la neutralità finanziaria del decreto in oggetto, stabilisce:

§alla lettera a) che alle regioni a statuto speciale e alle due province autonome cui spetta, secondo la legislazione vigente, una compartecipazione al gettito dell'IRPEF e alle altre imposte sostituite dalla cedolare secca istituita dall'articolo 3 del decreto legislativo in esame, spetta la medesima compartecipazione sulla cedolare secca. La misura della compartecipazione al gettito dell'IRPEF, nella legislazione vigente, è la seguente:

-   Friuli-Venezia Giulia 6/10;

-   Sardegna 7/10;

-   Province autonome di Trento e di Bolzano 9/10;

-   Sicilia e Valle d'Aosta 10/10.

§alla lettera b) che con norme 'concordate' dovranno essere stabilite la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni recate dall'articolo 2 sulla fiscalità immobiliare, compresa la percentuale della compartecipazione sulla cedolare secca spettante ai comuni. Per quanto concerne l'imposta municipale propria istituita dall'articolo 8, dovranno essere considerate anche le imposte sostituite.

 

Si ricorda che l'ordinamento finanziario è disciplinato per ciascuna regione ad autonomia differenziata dallo statuto di autonomia e da altre norme considerate tutte norme di livello costituzionale e modificabili solo con l'accordo della regione. Ogni statuto elenca le imposte erariali delle quali una quota percentuale è attribuita alla regione, le aliquote eventualmente differenziate per ciascun tipo di imposta, la base di computo, le modalità di attribuzione.

In sintesi, è attribuito alle regioni:

§  Sicilia: il gettito di tutti i tributi erariali, ad eccezione delle accise e dei proventi del monopolio dei tabacchi e del lotto;

§  Sardegna: i 7/10 dell’IRPEF e dell’IRPEG, i 9/10 delle imposte ipotecarie, bollo e registro, concessioni, energia elettrica, fabbricazione (accise) e, dal 2010, i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre entrate erariali;

§  Valle d’Aosta (dal 2011): l'intero gettito delle imposte erariali sul reddito e sul patrimonio (IRPEF, imposta sul reddito delle società, imposta sulle successioni), dell'IVA, dell'accisa sulla benzina e sui tabacchi e di altre imposte e proventi afferenti il territorio regionale; i 9/10 delle imposte erariali sugli affari (registro, bollo, ipotecarie) e dei proventi del lotto;

§  Friuli-Venezia Giulia: i 6/10 dell’IRPEF; i 4,5/10 dell’IRPEG; 9,1/10 dell’IVA; i 9/10 di altre poche imposte; il 29,75 % del gettito dell’accisa sulle benzine e il 30,34 % del gettito dell’accisa sul gasolio consumati nella regione;

§  Trentino-Alto Adige: le imposte ipotecarie, 9/10 delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto, i 2/10 dell’IVA generale;

§  Province autonome di Trento e di Bolzano: i 9/10 di quasi tutte le imposte erariali (fanno eccezione le imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige).

 

Il comma 3, riguarda invece l'applicabilità delle disposizioni concernenti più propriamente il nuovo sistema di finanziamento dei comuni.

 

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome «che esercitano le funzioni in materia di finanza locale», le modalità di applicazione delle disposizioni sulle imposte comunali dovranno essere stabilite da ciascuna regione a statuto speciale in conformità ai rispettivi statuti e alle norme di attuazione. In questi enti non si applicano le disposizioni concernenti la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare (commi da 1 a 8 dell'articolo 2). Nei medesimi enti, inoltre, devoluzioni e compartecipazioni al gettito di tributi erariali previste dal decreto in esame, spettano secondo quanto disposto dai rispettivi statuti.

 

Tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione[49].

Per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio.

Ciò non è avvenuto nel caso della regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.

L'inciso «che esercitano le funzioni in materia di finanza locale», sembrerebbe quindi far riferimento alle regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta e alle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono al finanziamento degli enti locali dei rispettivi territori.

 


 

Articolo 14, comma 6
(
Potestà regolamentare sui nuovi tributi comunali)

 

6. È confermata la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui agli articoli 52 e 59 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997 anche per i nuovi tributi previsti dal presente provvedimento.

 

 

La disposizione in commento conferma anche per i nuovi tributi previsti dal provvedimento la potestà regolamentare degli enti locali prevista dall’art. 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, articolo già richiamato dall’art. 9 del provvedimento in esame in merito alla facoltà dei comuni di introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente.

 

I nuovi tributi, per il cui approfondimento si rinvia alle relative schede illustrative, cui la disposizione si riferisce, sono i seguenti:

§  cedolare secca - introdotta e disciplinata dall’art. 3 - è un’imposta applicata sui redditi percepiti da persone fisiche in relazione a locazioni di immobili ad uso abitativo. La cedolare secca è applicata, su opzione del contribuente, in sostituzione dell’IRPEF e relative addizionali comunali e regionali dovute sui medesimi redditi di locazione nonché in sostituzione dell’imposta di registro e dell’imposta di bollo dovute per la registrazione, il rinnovo e la risoluzione del contratto di locazione;

§  imposta di soggiorno (art. 4). L’istituzione dell’imposta, a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul territorio comunale, è facoltativa per ciascun comune. Sul piano attuativo è prevista l’emanazione di un decreto governativo regolamentare da adottare ai sensi dell’art. 17 della legge n. 400/1988 e, successivamente, di un regolamento comunale da adottare ai sensi dell’articolo 52 del D.Lgs. n. 446/1997;

§  imposta municipale propria, istituita dall’articolo 7 con decorrenza 2014 è a carico di tutti i soggetti in possesso di immobili diversi dall’abitazione principale. L’IMU sul possesso è introdotta in sostituzione dell’IRPEF e relative addizionali comunali e regionali dovute sui redditi fondiari relativi agli immobili stessi nonché in sostituzione dell’imposta comunale sugli immobili (ICI). L’art. 9 consente ai comuni di introdurre l’istituto dell’accertamento con adesione del contribuente e degli altri strumenti di deflazione del contenzioso mediante regolamento comunale da adottare ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997;

§  imposta municipale secondaria, prevista, con decorrenza 2014, dall’articolo 7 e disciplinata dall’articolo 11. L’imposta è istituita con deliberazione del consiglio comunale in sostituzione della TOSAP, COSAP, imposta comunale di pubblicità, diritti sulle pubbliche affissioni, canone per l’autorizzazione all’installazione di mezzi pubblicitari, addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. Ai sensi dell’art. 11 la disciplina dell’IMU secondaria è dettata con regolamento governativo da adottare ai sensi dell’art. 17 della legge n. 400/1988. I comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, possono introdurre esenzione ed agevolazioni nonché ulteriori modalità applicative del tributo.

 

In base all’art. 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, le province ed i comuni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Vengono stabiliti criteri per l’esercizio della potestà in questione e, per quanto non regolamentato, trovano applicazione le disposizioni di legge vigenti.

Quanto al procedimento per l’emanazione dei suddetti regolamenti, il citato articolo prevede che i essi siano approvati con deliberazione del comune e della provincia non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione e non abbiano effetto prima del 1° gennaio dell'anno successivo. I regolamenti sulle entrate tributarie sono comunicati, unitamente alla relativa delibera comunale o provinciale al Ministero delle finanze, entro trenta giorni dalla data in cui sono divenuti esecutivi e sono resi pubblici mediante avviso nella Gazzetta Ufficiale. Con decreto dei Ministeri delle finanze e della giustizia è definito il modello al quale i comuni devono attenersi per la trasmissione, anche in via telematica, dei dati occorrenti alla pubblicazione, per estratto, nella Gazzetta Ufficiale dei regolamenti sulle entrate tributarie, nonché di ogni altra deliberazione concernente le variazioni delle aliquote e delle tariffe di tributi.

 

Analoga conferma è disposta per la potestà regolamentare prevista specificamente dall’art. 59 del decreto legislativo n. 446 del 1997. Va però specificato che tale potestà è circoscritta, attraverso la determinazione di una serie di criteri, a determinati profili che riguardano solo l’imposta comunale sugli immobili che sarà sostituita dall’imposta municipale propria.

 


 

Articolo 14, comma 7
(
Disposizioni sulla gestione dei rifiuti solidi urbani)

 

7. Sino alla revisione della disciplina relativa ai prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani continuano ad applicarsi i regolamenti comunali adottati in base alla normativa concernente la tassa sui rifiuti solidi urbani e la tariffa di igiene ambientale. Resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la tariffa integrata ambientale.

 

 

Il comma 7 dispone che, fino alla revisione della disciplina dei prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani, continuano ad applicarsi i regolamenti comunali in materia di TARSU e TIA1 (rispettivamente tassa sui rifiuti solidi urbani e tariffa di igiene ambientale).

Lo stesso comma dispone altresì che resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la TIA2 (tariffa integrata ambientale).

L’attuale situazione tariffaria e l’evoluzione normativa (dalla TARSU alle tariffe)

L’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 disciplina la “tariffa per la gestione dei rifiuti urbani” (comunemente indicata come “tariffa integrata ambientale” o TIA2) prevedendo, tra l'altro, che chiunque possegga o detenga a qualsiasi titolo locali, o aree che producano rifiuti urbani, è tenuto al pagamento di una tariffa che costituisce il corrispettivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani. L'attuazione concreta della nuova tariffa TIA2 è stata tuttavia differita (dal comma 11 dell’art. 238 citato) fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, a tutt’oggi non ancora emanato.

Fino ad oggi, quindi, hanno trovato applicazione solo la "tariffa Ronchi" (istituita dall’art. 49 del D.Lgs. 22/1997 e comunemente indicata come “tariffa d’igiene ambientale” o TIA1) e la tassa per lo smaltimento dei rifiuti (TARSU, disciplinata dal Capo III del D.Lgs. 507/1993), che continuano ad operare in via transitoria, vista la loro abrogazione.

L’art. 238 del D.Lgs. 152/2006 ha infatti previsto l’abrogazione della TIA1 ma, nelle more dell’emanazione del decreto attuativo, ha fatto salva l'applicazione della TIA1 nei comuni che l'avevano già adottata o per quelli che l’hanno adottata entro la fine del 2006, visto che dal 2007 al 2009 (in virtù del comma 184 della L. 296/2006) non è più stato possibile cambiare il regime di prelievo.

A sua volta l’art. 49, comma 1, del cd. decreto Ronchi (D.Lgs. 22/1997) ha soppresso la TARSU, tuttavia per una serie di proroghe legislative nei comuni in cui fino al 2006 si applicava la TARSU si è continuato ad applicarla.

Relativamente alla mancata applicazione della TIA2, si fa notare che sullo scenario normativo suesposto si è innestata la norma recata dall’art. 5, comma 2-quater, del D.L. 208/2008 s.m.i.[50]. Tale comma 2-quater, nel testo novellato, consente ai comuni di adottare comunque la TIA2, sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti (quindi del D.P.R. 158/1999), anche in mancanza dell’emanazione (entro il 30 giugno 2010) da parte del Ministero dell’ambiente del regolamento - previsto dall’art. 238, comma 6, del D.Lgs. 152/2006 - volto a disciplinare l’applicazione della stessa TIA2.

Recenti norme in materia di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti

Il comma 123 dell'art. 1 della L. 220/2010 (legge di stabilità 2011) ha previsto, sino all'attuazione del federalismo fiscale, la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti dei tributi, delle addizionali, delle aliquote ovvero delle maggiorazioni di aliquote attribuiti agli enti territoriali, fatta eccezione per gli aumenti relativi alla tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU).

L’art. 2, comma 2-bis, del D.L. 225/2010 (convertito dalla L. 10/2011) prevede che, nelle more della completa attuazione delle disposizioni di carattere finanziario in materia di ciclo di gestione dei rifiuti (comprese quelle riguardanti anche la regione e gli enti locali della Campania recate dagli artt. 11-12 del D.L. 195/2009), la copertura integrale dei costi dell’intero ciclo di gestione dei rifiuti può essere assicurata - anche in assenza di una dichiarazione dello stato di emergenza e anche in deroga alle vigenti disposizioni in materia di sospensione recate dal citato comma 123 – mediante gli aumenti delle imposizioni tributarie attribuite alla regione e dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione consentiti dal comma 5-quater dell’articolo 5 della L. 225/1992 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile), nonché consentendo a comuni e province di deliberare una maggiorazione delle addizionali all'accisa sull'energia elettrica.

 


 

Articolo 14, commi 4, 5, 9 e 10
(R
egolazioni finanziarie e norme transitorie)

 


4. Il presente decreto legislativo concorre ad assicurare, in prima applicazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, e in via transitoria, l’autonomia di entrata dei comuni. Gli elementi informativi necessari all’attuazione del presente decreto sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 13 della citata legge n. 196 del 2009, nonché alla banca dati di cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della citata legge n. 42 del 2009.

5. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all’articolo 10 della citata legge n. 196 del 2009, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Confe­renza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l’attua­zione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite, anche con riferimento alle tariffe, e propone al Governo le eventuali misure correttive.

9. Per il perseguimento delle finalità istituzionali, di quelle indicate nell’articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992, nonché dei compiti attribuiti con i decreti legislativi emanati in attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, anche al fine di assistere i comuni nell’attuazione del presente decreto e nella lotta all’evasione fiscale, l’Associazione Nazio­nale Comuni Italiani si avvale delle risorse indicate nell’articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992. A decorrere dal 1° gennaio 2014, l’aliquota percentuale indicata nel predetto articolo è calcolata con riferimento al gettito annuale prodotto dall’imposta di cui all’articolo 8. Con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di attribuzione delle risorse in sostituzione di quelle vigenti, nonché le altre modalità di attuazione del presente comma.

10. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 2, comma 4, stabilisce le modalità per l'acquisizione delle informazioni necessarie al fine di assicurare, in sede di prima applicazione, l'assegnazione della compar­tecipazione all'imposta sul valore aggiunto sulla base del gettito per provincia. Fino a che le predette informazioni non sono disponibili, l'assegnazione del gettito dell'imposta sul valore aggiunto per ogni comune ha luogo sulla base del gettito di tale imposta per Regione, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune.


 

 

Il comma 4 precisa che il provvedimento in esame concorre ad assicurare, in prima applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, e in via transitoria, l'autonomia di entrata dei Comuni.

 

La norma prescrive che gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

L’articolo 13 della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) dispone che, al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per acquisire gli elementi informativi necessari per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, le amministrazioni pubbliche provvedano a inserire in una banca dati unitaria, istituita presso il Ministero dell’economia e delle finanze, i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le informazioni necessarie all’attuazione del provvedimento. In apposita sezione della banca dati sono contenuti tutti i dati necessari a dare attuazione al federalismo fiscale. Tali dati sono messi a disposizione, anche mediante accesso diretto, della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica per le rispettive finalità.

L’articolo 5 della legge sul federalismo affida ai decreti legislativi di attuazione il compito di istituire la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composta, nell’ambito della Conferenza Unificata, dai rappresentanti dei diversi livelli istituzionali di governo e destinata a fungere da organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica. Il comma 1, lettera g) dell’articolo 5 prevede che la Conferenza si avvalga della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie (lettera g)). A tale fine, si dispone l’istituzione di una banca dati comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi, utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard e gli obiettivi di servizio, nonché per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio.

 

Il comma 5 affida alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica – la cui istituzione è prevista dalle norme del Capo V dello schema di decreto legislativo relativo all’autonomia regionale e provinciale (Atto del Governo n. 317), sul quale la Commissione bicamerale per il federalismo fiscale ha espresso parere favorevole in data 24 marzo 2010, non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale - il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dall’applicazione del nuovo sistema di finanziamento dei comuni attraverso la devoluzione a tali enti della fiscalità immobiliare, come delineata dal provvedimento in esame, al fine di valutarne i riflessi sul livello della pressione fiscale, anche con riferimento alle tariffe. Nello svolgimento di tale attività la Conferenza si avvale del supporto della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale.

Alla suddetta Conferenza è altresì attribuito il potere di proposta al Governo delle eventuali misure correttive atte a garantire il rispetto del limite massimo della pressione fiscale complessiva, in coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196.

In linea generale, la legge n. 42/2009 prevede che, in sede di attuazione della delega, dovrà essere salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nel corso della fase transitoria.

Sul tema, l’articolo 28 della legge delega, relativo alle norme sulla salvaguardia finanziaria, stabilisce che i decreti legislativi attuativi della delega debbano individuare meccanismi idonei:

-   a garantire la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale generale e del suo riparto tra i diversi livelli di governo

-   ad evitare aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nella fase transitoria.

 

Il monitoraggio e le eventuali proposte di misure correttive dovranno avere come riferimento il livello della pressione fiscale complessiva come definita nella Decisione di finanza pubblica, che rappresenta il documento di programmazione economico-finanziaria previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009.

Si ricorda che nel documento presentato al Parlamento a settembre 2010 (Decisione di finanza pubblica per gli anni 2011-2013, DOC. LVII, n. 3), il livello della pressione fiscale è previsto al 42,8% del PIL per il 2010 e al 42,4% per il 2011.

 

In merito alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, si ricorda che l’articolo 5 della legge n. 42/2009 ne prevede l’istituzione nell’ambito della Conferenza Unificata, di cui fanno parte i diversi livelli istituzionali di governo. La Conferenza si avvale della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale quale segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie alla sua attività.

Tra i compiti istituzionali, previsti dall’articolo 5 della legge n. 42/2009, vi è quello che impegna la Conferenza a concorrere alla definizione degli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazione ai livelli di pressione fiscale e di indebitamento, nonché alla definizione delle procedure per accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica e a promuovere l’attivazione degli eventuali interventi necessari per il rispetto di tali obiettivi, in particolare per ciò che concerne la procedura del Patto di convergenza di cui all’articolo 18 (art. 5, comma 1, lettera a).

 

Il comma 9 reca disposizioni per assicurare all’Associazione Nazionale dei comuni italiani (ANCI) le risorse necessarie al perseguimento delle sue finalità istituzionali, di quelle indicate dall’articolo 10, comma 5, del D.Lgs. n. 504/1992, nonché degli ulteriori compiti attribuiti ad essa con i decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 42 del 2009, anche al fine di assistere i comuni nell'attuazione del presente decreto e nella lotta all'evasione fiscale.

A tal fine, la norma richiama le risorse assegnate all’ANCI, ai sensi dell'articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992.

 

La norma richiamata prevede, quale supporto finanziario per l’effettuazione di una serie di servizi finalizzati a fornire strumenti conoscitivi per un’efficace azione accertativa dei comuni nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell'attività di informazione ai contribuenti, l’assegnazione all’ANCI di un contributo pari allo 0,6 per mille del gettito ICI a carico dei soggetti che provvedono alla riscossione.

 

Il comma 9 precisa che, a decorrere dal 1° gennaio 2014, le risorse destinate all’ANCI siano calcolate applicando l'aliquota percentuale allo 0,6 per mille, indicata nell’art. 10 del D.Lgs. n. 504/1992, con riferimento al gettito annuale prodotto dall’imposta municipale propria, istituita dall’articolo 8 del provvedimento in esame.

Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di attribuzione delle risorse in sostituzione di quelle vigenti, nonché le altre modalità di attuazione del presente comma.

 

Il comma 10 dispone che il D.P.C.M. previsto dall’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo in esame – che, si rammenta, nel disporre l’attribuzione ai comuni del gettito IVA sulla base del consumo nei singoli territori che hanno dato luogo al prelievo, prevede che in prima applicazione l’attribuzione medesima avvenga sulla base del gettito Iva per province – debba stabilire le modalità per pervenire all’assegnazione della compartecipazione IVA per province; in attesa che si pervenga a tale modalità di assegnazione, tuttavia, si stabilisce, in via transitoria, che il gettito per comune venga effettuato sulla base del gettito regionale, suddiviso per il numero di abitanti di ciascun comune.


 

Testo a fronte tra
lo schema di decreto legislativo (Atto n. 292) e
il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23(*)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 23 marzo 2011, n. 67

 

 


Atto 292

D.Lgs. n. 23/2011

 

 

 

Art. 1

 

(Norme di coordinamento)

 

1. I decreti legislativi che disciplinano i tributi dalle regioni, emanati ai sensi degli articoli 2 e 7 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, si coordi­nano con le disposizioni del presente decreto.

 

 

Art. 1

Art. 2

(Devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare)

(Devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare)

1. In attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed in anticipazione rispetto a quanto poi previsto a regime in base al disposto del seguente articolo 3, è devoluto ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio, il gettito derivante dai seguenti tributi:

1. In attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, ed in anticipazione rispetto a quanto previsto in base al disposto del seguente articolo 7, a decorrere dall’anno 2011 sono attribuiti ai comuni, relativamente agli immobili ubicati nel loro territorio e con le modalità di cui al presente articolo, il gettito o quote del gettito derivante dai seguenti tributi:

a) imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131;

a) imposta di registro ed imposta di bollo sugli atti indicati all’articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131;

b) imposte ipotecaria e catastale, salvo quanto stabilito dal comma 4, lettera a);

b) imposte ipotecaria e catastale, salvo quanto stabilito dal comma 5;

c) imposta sul reddito delle persone fisiche, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario;

c) imposta sul reddito delle persone fisiche, in relazione ai redditi fondiari, escluso il reddito agrario;

d) imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili;

d) imposta di registro ed imposta di bollo sui contratti di locazione relativi ad immobili;

e) tributi speciali catastali;

e) tributi speciali catastali;

f) tasse ipotecarie;

f) tasse ipotecarie;

g) cedolare secca sugli affitti.

g) cedolare secca sugli affitti di cui all’articolo 3, con riferimento alla quota di gettito determinata ai sensi del comma 8 del presente articolo.

 

2. Con riferimento ai tributi di cui alle lettere a), b), e) ed f), del comma 1, l'attribuzione del gettito ivi prevista ha per oggetto una quota pari al 30 per cento dello stesso.

2. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai Comuni della fiscalità immobiliare di cui al precedente comma, è istituito un Fondo sperimentale di riequilibrio. La durata del Fondo è stabilita in cinque anni. Il Fondo cessa a decorrere dalla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall'articolo 13 della legge n 42 del 2009. Il Fondo speri­mentale di riequilibrio è articolato in due sezioni.

3. Per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare di cui ai commi 1 ed 2, è istituito un Fondo sperimen­tale di riequilibrio. La durata del Fondo è stabilita in tre anni e, comunque, fino alla data di attivazione del fondo perequativo previsto dall’articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009. Il Fondo è alimentato con il gettito di cui ai commi 1 e 2, secondo le modalità stabilite ai sensi del comma 7.

3. La prima sezione è finanziata con i tributi di cui alle lettere a), b), d), e) ed f), del comma 1. La seconda sezione è finanziata con il gettito dei tributi di cui alle lettere c) e g) del comma 1. A decorrere dall'anno 2014 entrambe le sezioni sono finanziate con quote del tributo di cui all'articolo 4, comma 2, lettera b).

Soppresso

 

4. Ai comuni è attribuita una compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto; con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare d’intesa con la Conferenza unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, è fissata la percentuale della predetta compartecipazione e sono stabi­lite le modalità di attuazione del presente periodo, con particolare riferimento all’attribuzione ai singoli comuni del relativo gettito, assumendo a riferimento il territorio su cui si è determinato il consumo che ha dato luogo al prelievo. La percentuale della compartecipazione al gettito dell’imposta sul valore aggiunto prevista dal presente comma è fissata, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del 2 per cento al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. In sede di prima applica­zione, e in attesa della determinazione del gettito dell’imposta sul valore aggiunto ripartito per ogni comune, l’assegnazione del gettito ai comuni avviene sulla base del gettito dell’imposta sul valore aggiunto per provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune.

4. Il gettito delle seguenti imposte resta o è attribuito allo Stato:

a) imposte ipotecaria e catastale relativi agli atti soggetti ad imposta sul valore aggiunto;

5. Il gettito delle imposte ipotecaria e catastale relative agli atti soggetti ad imposta sul valore aggiunto resta attribuito allo Stato.

b) addizionale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20.

6. A decorrere dall’anno 2012 l’addizionale all’accisa sull’energia elettrica di cui all’articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, cessa di essere applicata nelle Regioni a statuto ordinario ed è corrispondentemente aumentata, nei predetti territori, l’accisa erariale in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanarsi entro il 31 dicembre 2011 sono stabilite le modalità attuative del presente comma.

5. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di alimentazione e di riparto delle due sezioni del Fondo sperimentale di cui al comma 2, nonché le quote del gettito dei tributi di cui al comma 1 che, anno per anno, sono devolute al Comune ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione. Nel riparto si tiene conto della determinazione dei fabbisogni standard, ove effettuata, e dei risultati della partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario, anche ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti sono, in ogni caso, stabilite modalità di riparto differenziate, forfettizzate e semplificate.

7. Previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di alimentazione e di riparto del Fondo sperimentale di cui al comma 3, nonché le quote del gettito dei tributi di cui al comma 1 che, anno per anno, sono devolute al comune ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione. Nel riparto si tiene conto della determinazione dei fabbisogni standard, ove effettuata, nonché, sino al 2013, anche della necessità che una quota pari al 30 per cento della dotazione del Fondosia ridistribuito tra i comuni in base al numero dei residenti. Ai fini della determinazione del Fondo sperimentale di cui al comma 3 non si tiene conto delle variazioni di gettito prodotte dall'esercizio dell'autonomia tributaria. Ai fini del raggiungimento dell’accordo lo schema di decreto è trasmesso alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali entro il 15 ottobre. In caso di mancato accordo entro il 30 novembre dell’anno precedente, il decreto di cui al primo periodo può essere comunque emanato; in sede di prima applicazione del presente provvedimento, il termine per l’accordo scade il quarantacinquesimo giorno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i comuni che esercitano in forma associata le funzioni fondamentali ai sensi dell’articolo 14, commi 28 e seguenti del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché per le isole monocomune, sono, in ogni caso, stabilite modalità di riparto differenziate, forfettizzate e semplificate, idonee comunque ad assicurare che sia ripartita, in favore dei predetti enti, una quota non inferiore al 20 per cento della dotazione del fondo al netto della quota del 30 per cento di cui al secondo periodo del presente comma.

6. Allo Stato è attribuita una compartecipazione sul gettito dei tributi di cui al comma 1 ed all'articolo 4. La percentuale di comparteci-pazione è stabilita, in sede di prima applicazione, entro il 30 novembre 2010, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dei trasferimenti suscettibili di fiscalizzazione e di quanto previsto dalla lettera b) del comma 4, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. I trasferimenti erariali sono conseguentemente ridotti, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 3 o, comunque, devoluto ai Comuni. L'efficacia delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo è subordinata alla determinazione della quota di comparte-cipazione. La predetta quota di comparteci-pazione può essere successivamente ridotta, con le modalità indicate nel presente comma, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione. La predetta quota di partecipa­zione può essere comunque rivista, nel rispetto dei saldi programmati di finanza pubblica, in relazione alla determinazione dei fabbisogni standard.

8. La quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), devoluta ai comuni delle Regioni a statuto ordinario è pari al 21,7 per cento per l’anno 2011 e al 21,6 per cento a decorrere dall’anno 2012. I trasferimenti erariali sono ridotti, con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio di cui al comma 3, nonché al gettito devoluto ai comuni ed al gettito derivante dalla compartecipazione di cui al comma 4 e al netto del gettito di cui al comma 6. Per gli anni 2011 e 2012, al fine di garantire il rispetto dei saldi di finanza pubblica e di assicurare ai comuni un ammontare di risorse pari ai trasferimenti soppressi, la predetta quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g),può essere rideterminata sulla base dei dati definitivi, tenendo conto del monitoraggio effettuato dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Confe­renza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. La quota di gettito del tributo di cui al comma 1, lettera g), può essere successivamente incrementata, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione.

 

9. Ai comuni è garantito che le variazioni annuali del gettito loro attribuito ai sensi del presente articolo non determinano la modifica delle aliquote e delle quote indicate nei commi 2, 4 e 8. Le aliquote e le quote indicate nei commi 2, 4 e 8, nonché nell’articolo 7, comma 2, possono essere modificate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica; in particolare, dal 2014 la quota di gettito devoluta ai comuni del tributo di cui al comma 1, lettera g), può essere incrementata sino alla devoluzione della totalità del gettito stesso, con la contestuale ed equivalente riduzione della quota di cui all’articolo 7, comma 2, e, ove necessario, della quota di cui al comma 4 del presente articolo.

7. In ogni caso, al fine di rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e di incentivare la partecipazione dei Comuni all'attività di accertamento tributario:

10. In ogni caso, al fine di rafforzare la capacità di gestione delle entrate comunali e di incentivare la partecipazione dei comuni all’attività di accertamento tributario:

a) è assicurato al Comune interessato il maggior gettito derivante dall'accata-stamento degli immobili finora non dichiarati in catasto;

a) è assicurato al comune interessato il maggior gettito derivante dall’accatastamento degli immobili finora non dichiarati in catasto;

b) è elevata al 50 per cento la quota dei tributi statali riconosciuta ai Comuni ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248;

b) è elevata al 50 per cento la quota dei tributi statali riconosciuta ai comuni ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 e successive modificazioni. La quota del 50 per cento è attribuita ai comuni in via provvisoria anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di recupero delle somme attribuite ai comuni in via provvisoria e rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo;

c) i singoli Comuni hanno accesso, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai dati contenuti nell'anagrafe tributaria relativi:

c) i singoli comuni hanno accesso, secondo le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai dati contenuti nell’anagrafe tributaria relativi:

1) ai contratti di locazione nonché ad ogni altra informazione riguardante il possesso o la detenzione degli immobili ubicati nel proprio territorio;

1) ai contratti di locazione nonché ad ogni altra informazione riguardante il possesso o la detenzione degli immobili ubicati nel proprio territorio;

2) somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio;

2) alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio;

3) ai soggetti che hanno il domicilio fiscale nel proprio territorio;

3) ai soggetti che hanno il domicilio fiscale nel proprio territorio;

4) ai soggetti che esercitano nello stesso un'attività di lavoro autonomo o di impresa;

4) ai soggetti che esercitano nello stesso un’attività di lavoro autonomo o di impresa;

 

d) i comuni hanno altresì accesso, con le modalità di cui alla precedente lettera c) a qualsiasi altra banca dati pubblica, limitatamente ad immobili presenti ovvero a soggetti aventi domicilio fiscale nel comune, che possa essere rilevante per il controllo dell'evasione erariale o di tributi locali;

d) il sistema informativo della fiscalità è integrato, d'intesa con l'ANCI, con i dati relativi alla fiscalità locale, al fine di assicurare ai Comuni i dati, le informazioni ed i servizi necessari per la gestione dei tributi di cui agli articoli 3 e 7 e per la formulazione delle previsioni di entrata.

e) il sistema informativo della fiscalità è integrato, d’intesa con l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, con i dati relativi alla fiscalità locale, al fine di assicurare ai comuni i dati, le informazioni ed i servizi necessari per la gestione dei tributi di cui agli articoli 7 e 11 e per la formulazione delle previsioni di entrata.

 

11. Il sistema informativo della fiscalità assicura comunque l’interscambio dei dati relativi all’effettivo utilizzo degli immobili, con particolare riferimento alle risultanze catastali, alle dichiarazioni presentate dai contribuenti, ai contratti di locazione ed ai contratti di sommini­strazione di cui al comma 10, lettera c), n. 2).

 

12. A decorrere dal 1° aprile 2011 gli importi minimo e massimo della sanzione amministrativa prevista per l’inadem­pimento degli obblighi di dichiarazione agli uffici dell’Agenzia del territorio degli immobili e delle variazioni di consistenza o di destinazione dei medesimi previsti, rispettivamente, dagli articoli 28 e 20 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, sono quadruplicati; il 75 per cento dell’importo delle sanzioni irrogate a decorrere dalla predetta data è devoluto al comune ove è ubicato l’immobile interessato.

Art. 2

Art. 3

(Cedolare secca sugli affitti)

(Cedolare secca sugli affitti)

1. In alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la determi­nazione del reddito fondiario, il proprietario di unità immobiliari ad uso abitativo locate può optare per il seguente regime.

1. In alternativa facoltativa rispetto al regime ordinario vigente per la tassazione del reddito fondiario ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, il proprietario, o il titolare di diritto reale di godimento, di unità immobiliari abitative locate ad uso abitativo può optare per il seguente regime.

2. A decorrere dall'anno 2011 il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all'abita­zione, può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un'imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché dell'imposta di bollo sul contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un'aliquota del 20 per cento. La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l'obbligo di registrazione.

2. A decorrere dall’anno 2011 il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e le relative pertinenze locate congiuntamente all’abita­zione, può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un’imposta, operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione; la cedolare secca sostituisce anche le imposte di registro e di bollo sulle risoluzione e sulle proroghe del contratto di locazione. Sul canone di locazione annuo stabilito dalle parti la cedolare secca si applica in ragione di un’aliquota del 21 per cento. La cedolare secca può essere applicata anche ai contratti di locazione per i quali non sussiste l’obbligo di registrazione. Per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3, e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all’articolo 1, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 551, convertito in legge, con modificazioni dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal Comitato interministeriale per la programmazione economica, l’aliquota della cedolare secca calcolata sul canone pattuito dalle parti è ridotta al 19 per cento.

3. Fermi gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi, la registrazione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, incluso l'obbligo previsto dall'articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Nei casi di omessa richiesta di registrazione del contratto di locazione si applica l'articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

3. Fermi gli obblighi di presentazione della dichiarazione dei redditi, la registrazione del contratto di locazione assorbe gli ulteriori obblighi di comunicazione, incluso l’obbligo previsto dall’ articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito, con modifica­zioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. Nei casi di omessa richiesta di registrazione del contratto di locazione si applica l’articolo 69 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986.

4. La cedolare secca è versata entro il termine stabilito per il versamento dell'im­posta sul reddito delle persone fisiche. Non si fa luogo al rimborso delle imposte già pagate. Per la liquidazione, l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso ad essa relativi si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sono stabilite le modalità di versamento in acconto della cedolare secca dovuta, nella misura dell'85 per cento per l'anno 2011 e del 95 per cento dal 2012, e del versamento a saldo della medesima cedolare, nonché ogni altra disposizione utile, anche dichiarativa, ai fini dell'attuazione del presente articolo.

4. La cedolare secca è versata entro il termine stabilito per il versamento dell’im­posta sul reddito delle persone fisiche. Non si fa luogo al rimborso delle imposte di bollo e di registro eventualmente già pagate. Per la liquidazione, l’accertamento, la riscos­sione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso ad essa relativi si applicano le disposizioni previste per le imposte sui redditi. Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente provvedimento, sono stabilite le modalità di esercizio dell’opzione di cui al comma 1, nonché di versamento in acconto della cedolare secca dovuta, nella misura dell’85 per cento per l’anno 2011 e del 95 per cento dal 2012, e del versamento a saldo della medesima cedolare, nonché ogni altra disposizione utile, anche dichiarativa, ai fini dell’attuazione del presente articolo.

5. Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva, si applicano in misura raddoppiata, rispettiva­mente, le sanzioni amministrative previste dall'articolo 1, comma 1, secondo periodo, e comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell'accertamento con adesione del contribuente ovvero di rinuncia del contribuente all'impugnazione dell'accer­tamento, si applicano, senza riduzione, le sanzioni amministrative previste dall'articolo 1, comma 1, secondo periodo, e comma 2, e dall'art. 13, comma 1, del citato decreto legislativo n. 471 del 1997.

5. Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva, si applicano in misura raddoppiata, rispettiva­mente, le sanzioni amministrative previste dall’articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. In deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell’accertamento con adesione del contri­buente ovvero di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accertamento, si appli­cano, senza riduzione, le sanzioni ammini­strative previste dall’articolo 1, commi 1 e 2, e dall’articolo 13, comma 1, del citato decreto legislativo n. 471 del 1997.

6. La cedolare secca di cui al comma 2 sostituisce anche l'imposta di registro sul contratto di locazione:

Soppresso

a) a decorrere dall'anno 2011, per i contratti stipulati secondo le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 3 e 8 della legge 9 dicembre 1998, n. 431, relativi ad abitazioni ubicate nei comuni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere a) e b) del decreto-legge 30 dicembre 1998, n. 551, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 1989, n. 61, e negli altri comuni ad alta tensione abitativa individuati dal CIPE;

 

b) a decorrere dall'anno 2014, per i contratti diversi da quelli indicati alla lettera a) del presente comma.

 

7. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6 del presente articolo non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell'esercizio di una attività d'impresa o di arti e professioni o da enti non commerciali. Il reddito derivante dai contratti di cui al presente articolo non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato ai sensi dell'articolo 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

6. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 5 del presente articolo non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni. Il reddito derivante dai contratti di cui al presente articolo non può essere, comunque, inferiore al reddito determinato ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.

 

7. Quando le vigenti disposizioni fanno riferimento, per il riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato alla cedolare secca. Il predetto reddito rileva anche ai fini dell’indicatore della situazione economica equivalente (I.S.E.E.) di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109.

8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

8. Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d’ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 9 dicembre 1998, n. 431;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all’articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

9. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui:

9. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 346, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, ed al comma 8 del presente articolo si applicano anche ai casi in cui:

a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo;

a) nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un importo inferiore a quello effettivo;

b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.

b) sia stato registrato un contratto di comodato fittizio.

10. La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro il 31 dicembre 2010.

10. La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

11. Nel caso in cui il locatore opti per l’applicazione della cedolare secca è sospesa, per un periodo corrispondente alla durata dell’opzione, la facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone, anche se prevista nel contratto a qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT dell'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno preceden­te. L’opzione non ha effetto se di essa il locatore non ha dato preventiva comu­nicazione al conduttore con lettera raccomandata, con la quale rinuncia ad esercitare la facoltà di chiedere l’aggior­namento del canone a qualsiasi titolo. Le disposizioni di cui al presente comma sono inderogabili.

 

 

 

Art. 4

 

(Imposta di soggiorno)

 

1. I comuni capoluogo di provincia, le unioni dei comuni nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte possono istituire con deliberazione del consiglio, una imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive situate sul proprio territorio, da applicare secondo criteri di gradualità in proporzione al prezzo sino a 5 euro per notte di soggiorno. Il relativo gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo, ivi compresi quelli a sostegno delle strutture ricettive, nonché interventi di manutenzione, fruizione e recupero dei beni culturali ed ambientali locali, nonché dei relativi servizi pubblici locali.

 

2. Ferma restando la facoltà di disporre limitazioni alla circolazione nei centri abitati ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, l’imposta di soggiorno può sostituire in tutto o in parte gli eventuali oneri imposti agli autobus turistici per la circolazione e la sosta nell’ambito del territorio comunale.

 

3. Con regolamento da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, è dettata la disciplina generale di attuazione dell’imposta di soggiorno. In conformità con quanto stabilito nel predetto regola­mento, i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, sentite le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive, hanno la facoltà di disporre ulteriori modalità applicative del tributo, nonché di prevedere esenzioni e riduzioni per particolari fattispecie o per deter­minati periodi di tempo. Nel caso di mancata emanazione del regolamento previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, i comuni possono comunque adottare gli atti previsti dal presente articolo.

 

 

 

Art. 5

 

(Addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche)

 

1. Con regolamento da adottare, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, è disciplinata la graduale cessazione, anche parziale, della sospensione del potere dei comuni di istituire l’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche, ovvero di aumentare la stessa nel caso in cui sia stata istituita. Nel caso di mancata emanazione del decreto previsto nel primo periodo del presente comma nel termine ivi indicato, in ogni caso possono esercitare la predetta facoltà i comuni che non hanno istituito la predetta addizionale ovvero che l’hanno istituita in ragione di un’aliquota inferiore allo 0,4 per cento; per i comuni di cui al presente periodo il limite massimo dell’addizionale per i primi due anni è pari allo 0,4 per cento e, comunque, l’addizio­nale non può essere istituita o aumentata in misura superiore allo 0,2 per cento annuo. Le deliberazioni adottate, per l’anno 2011, ai sensi del presente comma non hanno efficacia ai fini della determinazione dell’acconto previsto dall’ultimo periodo dell’articolo 1, comma 4, del decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360.

 

 

 

Art. 6

 

(Imposta di scopo)

 

1. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della citata legge n. 400 del 1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali entro il 31 ottobre 2011, è disciplinata la revisione dell’imposta di scopo di cui all’articolo 1, comma 145, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in modo tale da prevedere:

 

a) l’individuazione di opere pubbliche ulteriori rispetto a quelle indicate nell’articolo 1, comma 149, della citata legge n. 296 del 2006;

 

b) l’aumento, sino a dieci anni, della durata massima di applicazione dell’im­posta stabilita dall’articolo 1, comma 147, della citata legge n. 296 del 2006;

 

c) la possibilità che il gettito dell’imposta finanzi l’intero ammontare della spesa dell’opera pubblica da realizzare.

 

2. Resta in ogni caso fermo l’obbligo di restituzione previsto dall’articolo 1, comma 151, della citata legge n. 296 del 2006 nel caso di mancato inizio dell’opera entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo.

 

 

Art. 3

Art. 7

(Federalismo fiscale municipale a regime)

(Federalismo fiscale municipale)

1. In attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, per il finanziamento dei comuni, in sostituzione delle attuali, sono introdotte nell'ordinamento fiscale le seguenti due nuove forme di imposizione municipale:

1. In attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, per il finanziamento dei comuni, in sostituzione dei tributi indicati rispettivamente negli articoli 8, comma 1, e 11, comma 1, a decorrere dall’anno 2014 sono introdotte nell’ordinamento fiscale le seguenti due nuove forme di imposizione municipale:

a) una imposta municipale propria;

a) una imposta municipale propria;

b) una imposta municipale secondaria facoltativa.

b) una imposta municipale secondaria.

 

2. A decorrere dall’anno 2014 ai comuni è attribuita una compartecipa­zione al gettito dei tributi nell’ipotesi di trasferimento immobiliare di cui all’arti­colo 10, pari al trenta per cento.

 

3. Resta inoltre assegnato ai comuni il gettito dei tributi devoluto ai sensi dell’articolo 2, tenuto conto di quanto già attribuito ai sensi del comma 2 del presente articolo.

 

 

Art. 4

Art. 8

(Imposta municipale propria)

(Imposta municipale propria)

1. L'imposta municipale propria è istituita, a decorrere dall'anno 2014, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il 30 novembre dell'anno precedente e sostituisce, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili.

1. L’imposta municipale propria è istituita a decorrere dall’anno 2014, e sostituisce, per la componente immobiliare, l’imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati e l’imposta comunale sugli immobili.

2. L'imposta municipale propria ha per presupposto:

a) il possesso di immobili diversi dall'abitazione principale;

2. L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale.

b) il trasferimento di immobili.

Soppressa

3. L'imposta municipale propria, in conformità con quanto stabilito dall'articolo 47 della Costituzione, non si applica al possesso dell'abitazione principale ed alle pertinenze della stessa. Si intende per effettiva abitazione principale l'immobile, iscritto nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagrafica­mente. L'esclusione si applica alle pertinenze classificate, in quanto magazzini e locali di deposito, stalle, scuderie, rimesse ed autorimesse, nonché tettoie, nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unita­mente all'unità ad uso abitativo. L'esclusione non si applica alle unità immobiliari classificate, in quanto abitazioni di tipo signorile, abitazioni in ville, castelli e palazzi di eminenti pregi artistici o storici, nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

3. L’imposta municipale propria non si applica al possesso dell’abitazione principale ed alle pertinenze della stessa. Si intende per effettiva abitazione principale l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. L’esclusione si applica alle pertinenze classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di una unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unita­mente all’unità ad uso abitativo. L’esclusione non si applica alle unità immobiliari classificate nelle categorie catastali A1, A8 e A9.

4. L'imposta municipale propria ha per base imponibile il valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

4. L’imposta municipale propria ha per base imponibile il valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

5. Nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale ai sensi del comma 3, l'imposta è dovuta annualmente in ragione di un'aliquota percentuale stabilita, entro il 30 novembre 2010, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica. I comuni possono, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare, in aumento o in diminuzione, sino a 0,3 punti percentuali l'aliquota fissata dal primo periodo del presente comma.

5. Nel caso di possesso di immobili non costituenti abitazione principale ai sensi del comma 3, l’imposta è dovuta annualmente in ragione di un’aliquota dello 0,76 per cento. La predetta aliquota può essere modificata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, tenendo conto delle analisi effettuate dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale ovvero, ove istituita, dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. I comuni possono, con deliberazione del consiglio comunale adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare, in aumento o in diminuzione, sino a 0,3 punti percentuali l’aliquota fissata dal primo periodo del presente comma, ovvero sino a 0,2 punti percentuali l’aliquota determinata ai sensi del comma 6. Nel caso di mancata emanazione della delibera entro il predetto termine, si applicano le aliquote di cui al primo periodo del presente comma ed al comma 6.

6. Nel caso in cui l'immobile sia locato, l'imposta di cui al comma 5 è ridotta alla metà; nel caso di contratto di locazione avente ad oggetto immobili ad uso abitativo, sul canone di locazione stabilito dalle parti continua a potersi applicare la cedolare secca prevista dall'articolo 2.

6. Nel caso in cui l’immobile sia locato, l’aliquota di cui al comma 5, primo periodo, è ridotta alla metà.

7. L'imposta di cui al comma 5 è ridotta alla metà anche nel caso in cui abbia ad oggetto immobili relativi all'esercizio di attività di impresa, arti e professioni ovvero posseduti da enti non commerciali. l predetti immobili continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.

7. I comuni possono, con deliberazione del consiglio comunale, adottata entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, prevedere che l’aliquota di cui al comma 5, primo periodo, sia ridotta fino alla metà anche nel caso in cui abbia ad oggetto immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso in cui abbia ad oggetto immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società. Nell’ambito della facoltà prevista dal presente comma i comuni possono stabilire che l’aliquota ridotta si applichi limitatamente a determinate categorie di immobili.

8. Nel caso di trasferimento di immobili, l'imposta municipale propria è calcolata con le modalità indicate nell'articolo 6.

Soppresso

 

 

Art. 5

Art. 9

(Applicazione dell'imposta municipale propria nell’ipotesi di possesso)

(Applicazione dell’imposta municipale propria)

1. Soggetti passivi dell'imposta municipale propria di cui all’articolo 4, comma 2, lettera a), sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione su aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è l’utilizzatore a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

1. Soggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di conces­sione su aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

2. L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazio­ne tributaria.

2. L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde una autonoma obbligazio­ne tributaria.

3. I soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al Comune per l'anno in corso in quattro rate di pari importo, scadenti la prima il 31 marzo, la seconda il 16 giugno, la terza il 30 settembre e la quarta il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

3. I soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

4. L'imposta è corrisposta con le modalità del Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.

4. A far data dal completamento dell’at-tuazione dei decreti legislativi in materia di adeguamento dei sistemi contabili adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 2, lettera h), della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, e dell’articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e comunque a partire dal 1° gennaio 2015, l’imposta è corrisposta con le modalità stabilite dal comune.

5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, i comuni possono introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, prevedendo anche che il pagamento delle somme dovute possa essere effettuato in forma rateale senza la maggiorazione di interessi.

5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, i comuni possono introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, prevedendo anche che il pagamento delle somme dovute possa essere effettuato in forma rateale senza la maggiorazione di interessi.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono approvati i modelli della dichiarazione, i modelli per il versamento, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, sono approvati i modelli della dichiarazione, i modelli per il versamento, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

7. Per l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli da 11 a 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l’articolo 1, commi da 161 a 170, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

7. Per l’accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3,4 e 5, 12, 14 e 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l’articolo 1, commi da 161 a 170, della citata legge n. 296 del 2006.

8. Sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b), d), e), f), ed h), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

8. Sono esenti dall’imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall’articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i) del citato decreto legislativo n. 504 del 1992.

9. Il reddito agrario di cui all'articolo 32 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i redditi da locazione diversi da quelli indicati all'articolo 4, comma 6, i redditi derivanti dagli immobili relativi all'eser­cizio di attività di impresa, arti e profes­sioni e dagli immobili degli enti non commerciali, continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi. Il gettito della cedolare secca di cui all'articolo 2 e deIl’IRPEF relativa ai redditi da locazione diversi da quelli assoggettati alla cedolare secca resta attribuito ai Comuni.

9. Il reddito agrario di cui all’articolo 32 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la cedolare secca di cui all’articolo 3, i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell’articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.

 

 

Art. 6

Art. 10

(Applicazione dell'imposta municipale propria nell'ipotesi di trasferimento)

(Applicazione dei tributi nell’ipotesi di trasferimento immobiliare)

1. L'imposta municipale propria, in caso di trasferimento, è dovuta per gli atti traslativi tra vivi, a titolo oneroso o gratuito, della proprietà di beni immobili in genere e per gli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, nonché per i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e per i trasferimenti coattivi. L'imposta si applica anche in relazione agli atti indicati al comma 9.

1 All’art. 1 della tariffa, parte prima, allegata al citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

 

 

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

2. L'aliquota dell'imposta municipale propria che si applica in via ordinaria è abbattuta dal 10 per cento complessivo, previsto dalla vigente normativa in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale, all'8 per cento.

1. Atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili in genere e atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, compresi la rinuncia pura e semplice agli stessi, i provvedimenti di espropriazione per pubblica utilità e i trasferimenti coattivi: 9 per cento;

3. L'aliquota è ulteriormente abbattuta dal 3 per cento complessivo, previsto dalla vigente normativa in materia di imposte di registro, ipotecaria e catastale, al 2 per cento nei seguenti casi:

Se il trasferimento ha per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A1, A8 e A9 , ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II- bis): 2 per cento.

a) se il trasferimento ha per oggetto la prima abitazione, ove ricorrano le condizioni di cui alla nota II-bis) dell'articolo 1 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986 e sempre che non si tratti di un immobile di categoria catastale A1, A8 e A9;

b) sono abrogate le note del predetto articolo 1, ad eccezione della nota II-bis);

 

c) nella nota II-bis) dell’articolo 1, le parole: “dell'aliquota del 3 per cento”, sono sostituite dalle seguenti: “dell'aliquota del 2 per cento”.

b) se il trasferimento è a causa di morte.

 

4. Quando il trasferimento è a causa di morte e ricorrono in capo al beneficiario ovvero, nel caso di pluralità di beneficiari, in capo ad almeno uno di essi le condizioni di cui alla lettera a) del comma 3, l'imposta si applica nella misura fissa di 1.000 euro.

Soppresso

5. Nei casi di cui ai commi 2 e 3 l'imposta, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.

2. Nei casi di cui al comma 1 l’imposta, comunque, non può essere inferiore a 1.000 euro.

6. Per i contratti preliminari degli atti di cui al comma 1 l'imposta di cui ai commi 2, 3, lettera a), e 5, è ridotta alla metà. L'importo pagato ai sensi del presente comma è imputato all'imposta dovuta per il trasferimento definitivo.

Soppresso

7 A decorrere dall'anno 2015 i Comuni possono, con deliberazione adottata dal consiglio comunale entro il termine per la deliberazione del bilancio di previsione, modificare di 1 o 2 punti percentuali l'aliquota fissata dal comma 2.

Soppresso

8. Gli atti assoggettati all'imposta di cui ai commi 2, 3 e 6 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dall'imposta sulle successioni e donazioni, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.

3. Gli atti assoggettati all’imposta di cui ai commi 1 e 2 e tutti gli atti e le formalità direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall’imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.

9. L'imposta di cui al presente articolo si applica anche nei casi in cui debbano essere effettuati adempimenti presso il catasto o i registri immobiliari in conseguenza di atti che non comportano trasferimento, diversi da quelli indicati al comma 8; in tal caso si applica l'imposta nella misura fissa di euro 500. Gli atti assoggettati all'imposta di cui al presente comma e quelli direttamente conseguenti posti in essere per effettuare gli adempimenti presso il catasto ed i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di registro, dall'imposta di bollo, dalle imposte ipotecaria e catastale, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.

Soppresso

10. Le disposizioni di cui all'articolo 4 ed al presente articolo non si applicano agli atti sottoposti all'imposta sul valore aggiunto, agli atti costitutivi di diritti di garanzia su beni immobili ed alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine.

Soppresso

11. In relazione agli atti di cui ai commi 2, 3, 8 e 9 sono soppresse tutte le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.

4. In relazione agli atti di cui ai commi 1 e 2 sono soppresse tutte le esenzioni e le agevolazioni tributarie, anche se previste in leggi speciali.

13. Sino alla revisione della disciplina in materia, all'imposta municipale propria dovuta in caso di trasferimento si applicano, per quanto attiene alla individuazione dei soggetti passivi, alla solidarietà, all'accertamento, alla liquidazione, alla riscossione coattiva, alle sanzioni, ai rimborsi, agli interessi ed al contenzioso, le disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.

Soppresso

 

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2014.

 

 

Art. 7

Art. 11

(Imposta municipale secondaria facoltativa)

(Imposta municipale secondaria)

1. L'imposta municipale secondaria facoltativa può essere introdotta, a decorrere dall'anno 2014, con esclusione degli immobili ad uso abitativo e sul presupposto di consultazioni popolari svolte secondo lo statuto comunale e della conseguente deliberazione del consiglio comunale, per sostituire una o più delle seguenti forme di prelievo: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l'autorizzazione all'installazione dei mezzi pubblicitari, l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza.

1. L’imposta municipale secondaria è introdotta, a decorrere dall’anno 2014, con deliberazione del consiglio comunale, per sostituire le seguenti forme di prelievo: la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche, l’imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, il canone per l’autorizzazione all’installazione dei mezzi pubblicitari. L’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza è abolita a decorrere dall’introduzione del tributo di cui al presente articolo.

2. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, d'intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, è dettata la disciplina generale dell'imposta municipale secondaria facoltativa, in base ai seguenti criteri:

2. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della citata legge n. 400 del 1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, è dettata la disciplina generale dell’imposta municipale secondaria, in base ai seguenti criteri:

a) il presupposto del tributo è l'occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei Comuni, nonché degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari;

a) il presupposto del tributo è l’occupazione dei beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni, nonché degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico, anche a fini pubblicitari;

b) soggetto passivo è il soggetto che effettua l'occupazione. Se l'occupazione è effettuata con impianti pubblicitari è obbligato in solido il soggetto che utilizza l'impianto per diffondere il messaggio pubblicitario;

b) soggetto passivo è il soggetto che effettua l’occupazione. Se l’occupazione è effettuata con impianti pubblicitari è obbligato in solido il soggetto che utilizza l’impianto per diffondere il messaggio pubblicitario;

c) l'imposta è determinata in base ai seguenti elementi:

c) l’imposta è determinata in base ai seguenti elementi:

1)       durata dell' occupazione;

1) durata dell' occupazione;

2)       entità dell'occupazione, espressa in metri quadrati o lineari;

2) entità dell'occupazione, espressa in metri quadrati o lineari;

3)       fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia ed alle finalità dell'occu­pazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell'occupazione ed alla classe demografica del comune;

3) fissazione di tariffe differenziate in base alla tipologia ed alle finalità dell’occu­pazione, alla zona del territorio comunale oggetto dell’occupazione ed alla classe demografica del comune;

d) le modalità di pagamento, i modelli della dichiarazione, l'accertamento, la liquidazione, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso sono disciplinate in conformità con quanto previsto dall’articolo 5, commi 4, 6 e 7, del presente decreto legisla­tivo;

d) le modalità di pagamento, i modelli della dichiarazione, l’accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso sono disciplinate in conformità con quanto previsto dall’articolo 9, commi 4, 6 e 7, del presente decreto legislativo;

e) nei casi in cui il Comune, con la deliberazione di cui al comma 1, stabilisce che il tributo sostituisca anche l'imposta comunale sulla pubblicità e i diritti sulle pubbliche affissioni, l'istituzione del servizio di pubbliche affissioni non è obbligatoria e sono individuate idonee modalità, anche alternative all'affissione di manifesti, per l'adeguata diffu­sione degli annunci obbligatori per legge, nonché per l'agevolazione della diffusione di annunci dì rilevanza sociale e culturale;

e) l’istituzione del servizio di pubbliche affissioni non è obbligatoria e sono individuate idonee modalità, anche alternative all’affissione di manifesti, per l’adeguata diffusione degli annunci obbligatori per legge, nonché per l’agevolazione della diffusione di annunci di rilevanza sociale e culturale;

f) i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, hanno la facoltà di disporre esenzioni ed agevolazioni.

f) i comuni, con proprio regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, hanno la facoltà di disporre esenzioni ed agevolazioni in modo da consentire anche una più piena valorizzazione della sussidiarietà orizzontale, nonché ulteriori modalità applicative del tributo.

 

 

 

Articolo 12

 

(Misure in materia di finanza pubblica)

 

1. L’autonomia finanziaria dei comuni deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita.

 

2. In ogni caso,dall'attuazione dei decreti legislativi di cui alla citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, non può derivare, anche nel corso della fase transitoria, alcun aumento del prelievo fiscale complessivo a carico dei contribuenti.

 

3. In caso di trasferimento di ulteriori funzioni ai comuni, ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, secondo le modalità di cui all'articolo 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131, è assicurato al complesso degli enti l'integrale finanzia­mento di tali funzioni, ove non si sia provveduto contestualmente al finanzia­mento e al trasferimento.

 

 

 

Art. 13

 

(Fondo perequativo per comuni e province)

 

1. Per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, è istituito nel bilancio dello Stato un fondo perequativo, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte. Previa intesa sancita in sede di Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni e per la coesione territoriale e del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite, salvaguardando la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato e in conformità con l’articolo 13 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le modalità di alimentazione e di riparto del fondo. Il Fondo perequativo a favore dei comuni è alimentato da quote del gettito dei tributi di cui all’articolo 2, commi 1 e 2, e dalla compartecipazione prevista dall’articolo 7, comma 2. Tale fondo è articolato in due componenti, la prima delle quali riguarda le funzioni fondamentali dei comuni, la seconda le funzioni non fondamentali. Le predette quote sono divise in corrispon­denza della determinazione dei fabbisogni standard relativi alle funzioni fondamen­tali e riviste in funzione della loro dinamica.

 

 

Art. 8

Art. 14

(Ambito di applicazione del decreto legislativo, regolazioni finanziarie e norme transitorie)

(Ambito di applicazione del decreto legislativo, regolazioni finanziarie e norme transitorie)

1. L'imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall'imposta regionale sulle attività produttive.

1. L’imposta municipale propria è indeducibile dalle imposte erariali sui redditi e dall’imposta regionale sulle attività produttive.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7, lettere a) e b), si applicano con riferimento ai Comuni ubicati nelle regioni a statuto ordinario; per i Comuni ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome di Trento e Bolzano, la decorrenza e le modalità di applicazione delle predette disposizioni sono stabilite in conformità con i relativi statuti e con le procedure di cui all'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

2. Al fine di assicurare la neutralità finanziaria del presente decreto, nei confronti delle Regioni a statuto speciale il presente decreto si applica nel rispetto dei rispettivi statuti e in conformità con le procedure previste dall’articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e in particolare:

 

a) nei casi in cui, in base alla legislazione vigente, alle Regioni a statuto speciale spetta una compartecipazione al gettito dell’imposta sul reddito delle persone fisiche ovvero al gettito degli altri tributi erariali, questa si intende riferita anche al gettito della cedolare secca di cui all’articolo 3;

 

b) sono stabilite la decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 2 nei confronti dei comuni ubicati nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province autonome, nonché le percentuali delle comparte­cipazioni di cui alla lettera a); con riferimento all’imposta municipale propria di cui all’articolo 8 si tiene conto anche dei tributi da essa sostituiti.

3. Le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 7, lettere c), e d), ed agli articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7 si applicano su tutto il territorio nazionale.

Soppresso

 

3. Nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, le modalità di applicazione delle disposizioni relative alle imposte comunali istituite con il presente decreto sono stabilite dalle predette autonomie speciali in conformità con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione; per gli enti locali ubicati nelle medesime regioni e province autonome non trova applicazione quanto previsto dall’articolo 2, commi da 1 a 8; alle predette regioni e province autonome spettano le devoluzioni e le comparte­cipazioni al gettito delle entrate tributarie erariali previste dal presente decreto nelle misure e con le modalità definite dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione per i medesimi tributi erariali o per quelli da essi sostituiti.

4. Il presente decreto legislativo concorre ad assicurare, in prima applicazione della legge 5 maggio 2009, n. 42, e in via transitoria, l'autonomia di entrata dei Comuni. Gli elementi informativi necessari all'attuazione del presente decreto sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché alla banca dati di cui all'articolo 5, comma 1, lettera g), della legge 5 maggio 2009, n. 42.

4. Il presente decreto legislativo concorre ad assicurare, in prima applicazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, e in via transitoria, l’autonomia di entrata dei comuni. Gli elementi informativi necessari all’attuazione del presente decreto sono acquisiti alla banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 13 della citata legge n. 196 del 2009, nonché alla banca dati di cui all’articolo 5, comma 1, lettera g), della citata legge n. 42 del 2009.

5. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all'articolo 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Conferenza perma­nente per il coordinamento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite e propone al Governo le eventuali misure correttive.

5. In coerenza con quanto stabilito con la decisione di finanza pubblica di cui all’articolo 10 della citata legge n. 196 del 2009, in materia di limite massimo della pressione fiscale complessiva, la Conferenza perma­nente per il coordinamento della finanza pubblica, avvalendosi della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, monitora gli effetti finanziari del presente decreto legislativo al fine di garantire il rispetto del predetto limite, anche con riferimento alle tariffe, e propone al Governo le eventuali misure correttive.

 

6. È confermata la potestà regolamentare in materia di entrate degli enti locali di cui agli articoli 52 e 59 del decreto legislativo n. 446 del 1997 anche per i nuovi tributi previsti dal presente provvedimento.

6. Con distinto decreto legislativo correttivo, adottato ai sensi della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni, che tenga conto della determinazione dei fabbisogni standard e del conseguente superamento del criterio della spesa storica, sono distinte le fonti di finanziamento dei comuni ai sensi dell'articolo 11 della citata legge n. 42 del 2009. Con il medesimo decreto è disciplinato il riparto del fondo perequativo ai sensi dell'articolo 13 della citata legge n. 42 del 2009.

Soppresso

 

7. Sino alla revisione della disciplina relativa ai prelievi relativi alla gestione dei rifiuti solidi urbani continuano ad applicarsi i regolamenti comunali adottati in base alla normativa concernente la tassa sui rifiuti solidi urbani e la tariffa di igiene ambientale. Resta ferma la possibilità per i comuni di adottare la tariffa integrata ambientale.

 

8. A decorrere dall’anno 2011 le delibere di variazione dell’addizionale comunale all’imposta sul reddito delle persone fisiche hanno effetto dal 1° gennaio dell’anno di pubblicazione sul sito informatico di cui all’articolo 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 360 del 1998, a condizione che detta pubblicazione avvenga entro il 31 dicembre dell’anno a cui la delibera afferisce. Le delibere relative all’anno 2010 sono efficaci per lo stesso anno d’imposta se la pubblicazione sul predetto sito avviene entro il 31 marzo 2011. Restano fermi, in ogni caso, gli effetti delle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 169, della citata legge n. 296 del 2006.

7. Per il perseguimento delle finalità istituzionali, di quelle indicate nell'articolo 10, comma 5, del decreto legislativo n. 504 del 1992, nonché dei compiti attribuiti con i decreti legislativi emanati in attuazione della legge n. 42 del 2009, anche al fine di assistere i comuni nell'attuazione del presente decreto e nella lotta all'evasione fiscale, l'ANCI si avvale delle risorse indicate nell'articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992. A decorrere dal 1° gennaio 2011 l'aliquota percentuale indicata nel predetto articolo è calcolata con riferimento al fondo di cui all'articolo 1, comma 2 del presente decreto. A decorrere dal 1° gennaio 2014 la stessa percentuale è calcolata con riferimento al gettito annuale prodotto dalla stessa im­posta. Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di attribuzione delle risorse in sostituzione di quelle vigenti, nonché le altre modalità di attuazione del presente comma.

9. Per il perseguimento delle finalità istituzionali, di quelle indicate nell’articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992, nonché dei compiti attribuiti con i decreti legislativi emanati in attuazione della citata legge n. 42 del 2009, e successive modificazioni, anche al fine di assistere i comuni nell’attuazione del presente decreto e nella lotta all’evasione fiscale, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani si avvale delle risorse indicate nell’articolo 10, comma 5, del citato decreto legislativo n. 504 del 1992. A decorrere dal 1° gennaio 2014 l’aliquota percentuale indicata nel predetto articolo è calcolata con riferimento al gettito annuale prodotto dall’imposta di cui all’articolo 8. Con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare d’intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di attribuzione delle risorse in sostituzione di quelle vigenti, nonché le altre modalità di attuazione del presente comma.

8. Il presente decreto legislativo entra in vigore il 1° gennaio 2011.

Soppresso

 

10. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 2, comma 4, stabilisce le modalità per l'acquisizione delle informazioni neces­sarie al fine di assicurare, in sede di prima applicazione, l'assegnazione della com­partecipazione all'imposta sul valore aggiunto sulla base del gettito per provin­cia. Fino a che le predette informazioni non sono disponibili, l'assegnazione del gettito dell'imposta sul valore aggiunto per ogni comune ha luogo sulla base del gettito di tale imposta per Regione, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun comune.

 


 

Adempimenti previsti dal decreto legislativo


 

Norma

Oggetto

Termine adozione

 

 

 

Art. 2, co. 4,
art. 14, co. 10

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che fissa la percentuale della compartecipazione dei comuni al gettito dell’IVA.

 

Art. 2, co. 6

Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che stabilisce le modalità attuative relative al  venir meno dell’applicazione - a decorrere dal 2012 - nelle regioni a statuto ordinario dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica e al corrispondente aumento dell’accisa erariale per assicurare la neutralità finanziaria del decreto.

Entro il
31 dicembre 2011

 

Art. 2, co. 7

Decreto del Ministro dell’interno, previo accordo sancito in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabilite le modalità di alimentazione e di riparto del Fondo sperimentale di riequilibrio nonché le quote del gettito dei tributi che, anno per anno, sono devolute al comune ove sono ubicati gli immobili oggetto di imposizione.

Annualmente
entro il 30 novembre

 

Art. 2, co. 8

Decreto del Ministro dell’interno che determina la riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in misura corrispondente al gettito che confluisce nel Fondo sperimentale di riequilibrio, nonché al gettito devoluto ai comuni e al gettito derivante dalla compartecipazione IVA.

 

Art. 2, co. 8 (ultimo periodo)

Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la quota di gettito della cedolare secca devoluta ai comuni può essere incrementata, dopo il 2012, in misura corrispondente alla individuazione di ulteriori trasferimenti suscettibili di riduzione.

 

Art. 2, co. 9

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze con il quale possono essere modificate le aliquote e le quote: del gettito dei tributi da attribuire ai comuni con riferimento all’imposta di registro e di bollo, all’imposte ipotecaria e catastale, nonché ai tributi speciali catastali e tasse ipotecarie; del gettito della compartecipazione IVA; del gettito della cedolare secca; nonché della compartecipazione dei comuni al gettito dei tributi nell’ipotesi di trasferimento immobiliare.

 

Art. 2, co. 10, lett. b)

Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che stabilisce le modalità di recupero delle somme attribuite ai comuni in via provvisoria e rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo, con riferimento alla quota del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento del comune nell’attività di accertamento.

 

Art. 3, co. 4

Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate che stabilisce le modalità di esercizio dell’opzione al regime della cedolare secca, nonché del versamento in acconto della cedolare secca dovuta e del versamento a saldo della medesima.

6 luglio 2011

(entro 90 gg. dalla data di entrata in vigore del decreto)

Art. 4, co. 3

Regolamento ai sensi dell'art. 17, co. 1, legge n. 400/1988 che detta la disciplina generale di attuazione dell’imposta di soggiorno.

6 giugno 2011

(entro  60 gg. dalla data di entrata in vigore del decreto)

Art. 5, co. 1

Regolamento ai sensi dell’art. 17, co. 2, legge n. 400/1988, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, che disciplina il graduale “sblocco”, anche parziale, della sospensione del potere dei comuni di istituire l’addizionale comunale all’IRPEF, ovvero di aumentarla nel caso in cui sia stata istituita.

6 giugno 2011

(entro  60 gg. dalla data di entrata in vigore del decreto)

Art. 6, co. 1

Regolamento ai sensi dell’art. 17, co. 2, legge n. 400/1988 che disciplina la revisione dell’imposta di scopo.

Entro il 31 ottobre 2011

Art. 8, co. 5

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, con cui può essere modificata l’aliquota dell’imposta municipale propria (0,76%) sugli immobili non costituenti abitazione principale.

 

Art. 9, co. 6

Uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze con i quali vengono approvati i modelli della dichiarazione dell’imposta municipale propria, i modelli per il versamento e la trasmissione dei dati di riscossione ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

 

Art. 11, co. 2

Regolamento ai sensi dell'art. 17, co. 1, legge n. 400/1988, d’intesa con la Conferenza Stato-città autonomie locali, che detta la disciplina generale dell’imposta municipale secondaria, in base a specifici criteri.

 

Art. 13, co. 1

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante le modalità di alimentazione e riparto del Fondo perequativo a favore di comuni e province.

 

 



[1]     Ai sensi della norma della Costituzione richiamata, lo Stato ha legislazione esclusiva, tra le altre, in materia di “legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane”. Attualmente si riconducono ad essa le funzioni amministrative assegnate all’ente locale dalla legge, senza che ne esista una elencazione specifica ed esaustiva. La legge n. 42/2009 individua, in via transitoria, tali funzioni e ne determina nell’80% il valore delle spese di ciascun comune da ascrivere a spese per funzioni fondamentali.

[2]     Si tratta di una categoria residuale di spesa, alla quale appartengono le voci non incluse tra le spese per funzioni fondamentali ovvero tra le spese finanziate dallo Stato, dall’Unione europea da cofinanziamenti regionali per gli interventi di cui al quinto comma dell’articolo 119 Cost..

[3]     Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro.

[4]     Nelle Parti seconde e terze della Tariffa vengono individuati, rispettivamente, gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e quelli la cui registrazione è volontaria.

[5]     Disciplina dell'imposta di bollo.

[6]     L’accisa erariale sull’energia elettrica è disciplinata dall’articolo 52 del D.Lgs. n. 504/1995 (Testo unico accise).

[7]     Il D.L. n. 78/2010 (legge n. 122/2010) reca, all’articolo 14, commi da 26 a 31, una serie di disposizioni per il coordinamento della finanza pubblica e il contenimento delle spese per l’esercizio delle funzioni fondamentali dei comuni, come provvisoriamente indicate dall’articolo 21 della legge delega n. 42/2009. L'eserciziodelle funzioni fondamentali dei comuni è considerato obbligatorio per l'ente titolare. Tuttavia, il comma 28 obbliga i comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti nonché i comuni, appartenenti o già appartenuti a comunità montane, con popolazione stabilita dalla legge regionale e comunque inferiore a 3.000 abitanti, all'esercizio in forma associata delle suddette funzioni fondamentali, attraverso convenzione o unione. Sono escluse da tale obbligo le isole monocomune ed il comune di Campione d’Italia.

      Non sono altresì obbligati all'esercizio delle funzioni in forma associata i comuni capoluogo di provincia e i comuni con un numero di abitanti superiore a 100.000.

      Il comma 30affida allalegge regionale il compito di individuare, previa concertazione con i comuni interessati nell'ambito del Consiglio delle autonomie locali, la dimensione territoriale ottimale per lo svolgimento delle funzioni fondamentali, secondo i princìpi di economicità, di efficienza e di riduzione delle spese. L’individuazione da parte delle regioni deve avvenire anche sulla base del criterio dell’omogeneità delle aree geografiche per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni con dimensione territoriale inferiore a quella ottimale, delle funzioni fondamentali. Le leggi regionali devono indicare i termini entro i quali i comuni si devono adeguare ed attivare l’associazione di funzioni.

[8]     20%(Fondo – 30%Fondo) = 14%Fondo

[9]     Il richiamato decreto ha stabilito, in primo luogo, che non sono ammessi al riparto dell’eccedenza i comuni che non hanno rispettato il Patto di stabilità. In secondo luogo, ha stabilito che l’eccedenza sia ripartita in base ai seguenti criteri: a) condizione di comune sottodotato di risorse ai sensi dell'art. 9, comma 3 del D.Lgs. n. 244/1997; b) condizione di comune sottomedia rispetto al reddito imponibile nazionale medio ai fini IRPEF.

[10]    Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.

[11]    Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo (c.d. Legge Zagatti).

[12]    Ai sensi dell’art. 37, co. 4-bis, del TUIR la percentuale del 15% è elevata al 25% per i fabbricati situati nelle città di Venezia centro, isole della Giudecca, Murano e Burano.

[13]    Disciplina dell'imposta di bollo.

[14]    Misure urgenti per fronteggiare l'eccezionale carenza di disponibilità abitative.

[15]    Si ricorda che all'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40). L’elenco dei comuni è consultabile anche sul sito internet: http://www.confedilizia.it/ELENCO%20COMUNI%20ALTA%20TENSIONE%20ABITATIVA.htm.

[16]    Norme penali e processuali per la prevenzione e la repressione di gravi reati.

[17]    Il metodo illustrato è il c.d. “metodo storico” e si basa sul presupposto che i redditi dichiarati in un anno dal contribuente non si discostino di molto rispetto a quelli dell’anno precedente. Rimane salva, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di rideterminare l’ammontare dell’acconto da versare entro il 30 novembre sulla base del metodo previsionale. In ogni caso, l’acconto non è dovuto se il suo ammontare è inferiore a 51,65 euro.

[18]    Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[19]    Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[20]    Ovvero nella forma di decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato.

[21]    Si tratta di un decreto del Presidente della Repubblica, da emanare previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta. Tali regolamenti disciplinano materie non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari.

[22]    Il decreto legislativo in esame è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 23 marzo 2011.

[23]    Ai sensi dell’articolo 3, comma 48, della legge n. 662/1996 le rendite catastali urbane, fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo, sono rivalutate del 5 per cento ai fini dell’applicazione dell’ICI e di ogni altra imposta.

[24]    Il coefficiente è stato aumentato da 100 a 140 dall’art. 2, comma 45, del D.L. n. 262 del 2006, a decorrere dalla data di entrata in vigore del citato decreto-legge, e cioè dal 3 ottobre 2006.

[25]    Ai terreni iscritti in catasto vengono attribuiti, in luogo della rendita catastale, il reddito dominicale e il reddito agrario i quali, ai fini fiscali, sono rivalutati, rispettivamente, dell’80% e del 70%.

[26]    Con riferimento al criterio di flessibilità, viene in rilievo il principio posto dall'articolo 2, comma 2, lettera bb), della legge delega n. 42 del 2009 che sancisce la garanzia - nella costituzione di insiemi di tributi e compartecipazioni da attribuire alle regioni e agli enti locali - del mantenimento di un adeguato livello di flessibilità fiscale, stabilendo che essi dovranno essere composti in misura rilevante da tributi manovrabili; viene inoltre in rilievo il principio di cui al medesimo articolo 2, comma 2, lettera cc), la quale sancisce che la flessibilità fiscale deve essere adeguata e rispondere a specifiche seguenti caratteristiche: secondo quel principio di delega, una tale base imponibile dovrà consentire a tutti gli enti territoriali, compresi quelli a più basso potenziale fiscale, di finanziare il livello di spesa non riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni e alle funzioni fondamentali.

[27]    Al termine del contratto di locazione finanziaria, l’utilizzatore continua ad essere soggetto passivo in qualità di proprietario dell’immobile se esercita l’opzione per il riscatto del bene.

[28]    D.Lgs. 16 giugno 1997, n. 218, Disposizioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale.

[29]    I verbali di constatazione sono tipicamente redatti a seguito di accessi, ispezioni o verifiche presso le aziende oppure sono originati da specifiche segnalazioni da parte di pubbliche amministrazioni che evidenziano l’esistenza, in capo al contribuente, di redditi non dichiarati ovvero di maggiori redditi rispetto a quelli dichiarati dal soggetto passivo.

[30]    Con l’invito al contraddittorio l’Amministrazione rappresenta al contribuente una ipotesi di pretesa fiscale e i motivi che la determinano.

[31]    Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

[32]    L’articolo 146 del D.Lgs. n. 5/2006 ha inserito l’articolo 182-ter nella legge fallimentare (R.D. n. 267/1942).

[33]    L’istituto del concordato preventivo è una particolare procedura concorsuale che mira ad evitare il fallimento dell’imprenditore in crisi. A tal fine viene approvato dalle parti un piano di ristrutturazione dei debiti e il pagamento parziale di essi con il quale sono estinti tutti i debiti gravanti sull’impresa. A differenza di altre procedure concorsuali, il concordato preventivo è uno strumento che agisce ex ante rispetto al fallimento e non costituisce, quindi, uno strumento di chiusura della procedura fallimentare.

[34]    Recante “Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”.

[35]    L’articolo 31, comma 18, della legge n. 289/2002 (legge finanziaria 2003) ha precisato che “l'esenzione degli immobili destinati ai compiti istituzionali posseduti dai consorzi tra enti territoriali, prevista all'articolo 7, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, si deve intendere applicabile anche ai consorzi tra enti territoriali ed altri enti che siano individualmente esenti ai sensi della stessa disposizione”.

[36]    L’art. 8 Cost. dispone “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.”.

[37]    L’art. 19 Cost. dispone “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

[38]    L’imposta locale sui redditi (ILOR), inizialmente introdotta dal D.P.R. n. 599/1973 e successivamente ridisciplinata nell’ambito del Titolo III del TUIR (D.P.R. n. 917/1986 previgente) è stata abolita a seguito dell’introduzione dell’Imposta Regionale sulle Attività Produttive (IRAP) di cui al D.Lgs. n. 446/1997 con decorrenza 1 gennaio 1998.

[39]    Recante l’approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro.

[40]    Revisione ed armonizzazione dell'imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni, della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche dei comuni e delle province nonché della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani a norma dell'art. 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421, concernente il riordino della finanza territoriale.

[41]    Istituzione dell'imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell'Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali.

[42]    Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[43]    Come già commentato supra, la TOSAP era stata abolita dall’articolo 51 del D.Lgs. 15 dicembre 1997 a seguito dell’introduzione del COSAP - canone di occupazione di spazi ed aree pubbliche. Dal momento che la tassa è stata reintrodotta nell’ordinamento dall'art. 31, comma 14, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, attualmente coesistono entrambe le forme di prelievo.

[44]    Il D.M. 2 maggio 1996 ha recato le modalità di devoluzione ai comuni dei proventi delle addizionali erariali alla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni, tra cui l'addizionale ex ECA.

[45]    Ovvero nella forma di decreto del Presidente della Repubblica, da emanarsi previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato.

[46]    Le fonti di alimentazione del fondo perequativo a favore delle province sono individuate dall’articolo 19 dello schema di decreto legislativo relativo all’autonomia regionale e provinciale (Atto del Governo n. 317), sul quale la Commissione bicamerale per il federalismo fiscale ha espresso parere favorevole in data 24 marzo 2010, non ancora pubblicato in G.U.

[47]    Istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, a norma dell'articolo 48, comma 10, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall'articolo 1, comma 10, della legge 16 giugno 1998, n. 191.

[48]    Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[49]    Valle d’Aosta L. Cost. 4/1948 art. 2 e D.Lgs. 431/1989; Trentino-Alto Adige, D.P.R. 670/1972 artt. 4 e 80, D.P.R. 473/1975 e D.Lgs. 268/1992; Friuli-Venezia Giulia, L. Cost. 1/1963 art. 4, D.P.R. 114/1965 art. 8 e D.Lgs. 9/1997; Sicilia, R.D.Lgs. 455/1946 art. 14; Sardegna, L.Cost. 3/1948 art. 3.

[50]    L’ultima modifica è stata apportata dall'art. 8, comma 3, del D.L. 194/2009 (convertito dalla L. 25/2010).