Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Esito dei pareri al governo - Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio - D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85
Riferimenti:
SCH.DEC 196/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 179    Progressivo: 1
Data: 30/06/2010
Descrittori:
COMUNI   PATRIMONIO DEGLI ENTI LOCALI
PATRIMONIO REGIONALE   PROVINCE
REGIONI     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze

 

 

Camera dei deputati

Senato della Repubblica

 

 

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

Esito dei pareri al Governo

 

 

Attribuzione a comuni, province,
città metropolitane e regioni
di un proprio patrimonio

D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85

(artt. 2 e 19, L. 42/2009)

 

 

 

 

 

 

 

 

Camera dei deputati
Atti del Governo n. 179/1

 

Senato della Repubblica
Dossier n. 228

 

 

 

 

 

30 giugno 2010


 

 

Camera dei deputati:

Servizio Studi – Area finanza pubblica

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

 

 

Senato della repubblica:

Servizio Studi

( 066706 2451 – * studi1@senato.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. Si declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: FI0314a.doc


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Oggetto)........................................................................................ 3

§      Articolo 2 (Attribuzione del patrimonio)......................................................... 12

§      Articolo 3, commi 1 e 2 (Trasferimento dei beni del demanio marittimo e del demanio idrico)     19

§      Articolo 3, commi 3, 4 e 5 (Procedure di trasferimento dei beni)................ 22

§      Articolo 3, comma 6 (Disposizioni per i beni inoptati).................................. 28

§      Articolo 4 (Status dei beni)........................................................................... 29

§      Articolo 5 (Tipologie dei beni)....................................................................... 33

§      Articolo 6 (Valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare)   46

§      Articolo 7 (Decreti biennali di attribuzione)................................................... 51

§      Articolo 8 (Utilizzo ottimale di beni pubblici da parte degli enti territoriali).... 52

§      Articolo 9, commi 1, 4 e 6 (Esenzioni fiscali e vincoli di spesa).................. 53

§      Articolo 9, comma 2 (Rimodulazione delle risorse per gli enti beneficiari dei beni trasferiti)    55

§      Articolo 9, comma 3 (Esclusione delle spese di gestione e manutenzione dei beni dal patto di stabilità)........................................................................................................ 56

§      Articolo 9, comma 5 (Destinazione dei proventi delle alienazioni)............... 57

Testo a fronte tra lo schema di decreto (Atto n. 196) e il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale (decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85)...................................................... 61

Pareri delle Commissioni parlamentari

§      Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.......... 83

§      V Commissione Bilancio della Camera dei deputati.................................. 101

§      5a Commissione Bilancio del Senato della Repubblica............................. 107

Tempistica degli adempimenti previsti dal decreto legislativo.................. 113

 


 

Schede di lettura

 


Articolo 1
(Oggetto)

 

1. Nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del presente decreto legislativo e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

2. Gli enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale.

 

 

L'articolo 1 definisce l'oggetto del provvedimento, consistente nell'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

Ai sensi del comma 1, tale individuazione è operata attraverso il testo in esame e con uno o più decreti attuativi del presidente del Consiglio dei ministri, nel rispetto della Costituzione.

Rispetto al testo originariamente presentato dal Governo, nel testo definitivamente approvato è stato soppressa la previsione secondo cui l'attribuzione dei beni doveva avvenire dietro richiesta dell'ente territoriale interessato ai fini dell'attribuzione a titolo non oneroso dei beni statali. Tale soppressione discende, tra l'altro, dall'esigenza di consentire, limitatamente ad alcune tipologie di beni - e segnatamente dei beni del demanio marittimo ed idrico - una attribuzione ope legis dei beni medesimi (su cui vedi infra, articolo 3).

 

Il decreto è emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42[1].

L'attribuzione di un patrimonio alle Regioni e agli enti locali trova il suo fondamento nell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante riforma del Titolo V della Costituzione. Esso prevede l'attribuzione di un patrimonio a Regioni, Comuni, Province e Città metropolitane (non soltanto, quindi, alle sole Regioni come nel testo previgente). Rispetto alla formulazione originaria dell'articolo 119, inoltre, la riforma del 2001 utilizza la nozione di "patrimonio" in luogo di quella di "demanio".

 

Al riguardo, è da osservare che il testo non si conforma alla tradizionale distinzione, operata dal codice civile, fra beni del demanio e beni del patrimonio statale. Tuttavia tale distinzione - che secondo la dottrina sarebbe superata dall'evoluzione legislativa - non emerge dalla norma di delega

La norma di delega

L’articolo 19 della legge n. 42 del 2009 reca i principi e criteri direttivi finalizzati all’attribuzione alle regioni e agli enti locali di un proprio patrimonio. La disposizione va ricollegata a quanto previsto dall’articolo 1, comma 1, della stessa legge n. 42, che, nell’indicarne l’ambito di intervento, prevede che essa rechi la disciplina dell’attribuzione di un proprio patrimonio agli enti territoriali.

I criteri direttivi sono i seguenti:

a)  attribuzione, a titolo non oneroso, a ciascun livello di governo di distinte tipologie di beni, commisurate all’estensione territoriale, alle capacità finanziarie, alle competenze e alle funzioni effettivamente esercitate dalle diverse regioni ed enti locali. È fatta salva la definizione da parte dello Stato di apposite liste di singoli beni da attribuire;

b)  attribuzione dei beni immobili secondo il criterio di territorialità;

c)  ricorso alla concertazione in sede di Conferenza unificata ai fini dell’attribuzione dei beni alle autonomie territoriali;

d)  individuazione di tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, inclusi quelli rientranti nel patrimonio culturale nazionale.

La procedura di adozione del decreto legislativo

Per quanto riguarda la procedura di adozione dei decreti legislativi di attuazione, si ricorda che l'articolo 2 della legge n. 42 stabilisce che essi siano adottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, del Ministro delle riforme per il federalismo, del Ministro per la semplificazione normativa, del Ministro per i rapporti con le regioni e del Ministro per le politiche europee, di concerto con il Ministro dell’interno e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (nonché con gli altri ministri eventualmente competenti nelle materie oggetto dei decreti), entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge n. 42 (avvenuta il 21 maggio 2009) richiedendo peraltro che almeno uno dei decreti legislativi attuativi sia adottato entro dodici mesi dalla stessa data.

 

I decreti vanno adottati previa intesa in sede di Conferenza unificata e successiva sottoposizione degli schemi di provvedimento:

§      alle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari;

§      alla apposita Commissione bicamerale istituita dall’articolo 3 della legge n. 42 (Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale).

 

L’intesa da raggiungersi in sede di Conferenza unificata non è considerata presupposto necessario e vincolante per l’esercizio del potere delegato da parte del Governo: in caso di mancato raggiungimento dell'intesa entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza in cui i decreti legislativi siano posti all’ordine del giorno, il Consiglio dei ministri può comunque deliberare, approvando allo stesso tempo una relazione in cui vengano motivate le ragioni per cui l’intesa non è stata raggiunta. Tale relazione viene trasmessa alle Camere.

Nell’ipotesi in cui il Governo non intenda conformarsi ai pareri, esso ritrasmette i testi alle Camere con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni e rende comunicazioni al riguardo davanti a ciascuna Camera. Decorsi trenta giorni dalla data della nuova trasmissione, i decreti possono comunque essere adottati in via definitiva dal Governo. In questo secondo passaggio parlamentare non è più coinvolta, dunque, la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, né le Commissioni competenti in materia finanziaria, ma – sembra di intendere – le Assemblee di ciascuna Camera.

Al termine dell’iter parlamentare relativo alla procedura di adozione dei decreti, il Governo, qualora, anche a seguito dei pareri parlamentari, intenda discostarsi dall’intesa raggiunta in sede di Conferenza unificata, debba trasmettere alle Camere e alla stessa Conferenza unificata una relazione in cui siano indicate le motivazioni per il possibile esito difforme rispetto all’intesa precedentemente raggiunta.

 

Si segnala che riguardo al testo in esame, non è stata raggiunta l'intesa in Conferenza unificata e che, conseguentemente, è stata trasmessa alle Camere la relazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della legge n. 42, sui lavori svolti in quella sede.

 

Secondo quanto riportato dalla relazione, lo schema di decreto è stato trasmesso alla Conferenza in data 28 dicembre 2009, dopo la deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009 e, dopo alcuni approfondimenti informali, il 20 e il 26 gennaio 2010 si sono svolte riunioni presso la Conferenza. Successivamente, la prevista convocazione della conferenza per il 27 gennaio non ha avuto luogo e non è stato possibile quindi raggiungere l'intesa entro il termine prescritto di trenta giorni.

La relazione ricorda, inoltre, che lo schema di decreto è stato comunque sottoposto alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e che tale organismo ha espresso parere favorevole su un testo che ha recepito una serie di indicazioni emerse dal confronto con le Autonomie locali ed, in particolare, con l'ANCI e l'UPI.

 

Il comma 2 stabilisce che gli enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti ad assicurarne la massima valorizzazione funzionale.

 

Si evidenzia che l'articolo 19 della legge delega n. 42, stabilendo i principi e criteri direttivi in materia di decentramento patrimoniale, non prevede espressamente un obbligo di valorizzazione dei beni del patrimonio attribuiti. L'espressione "valorizzazione funzionale" non sembra avere precedenti nella legislazione italiana.

 

Al riguardo si ricorda che l'articolo 24, comma 3, della legge delega prevede invece l'attribuzione al solo comune di Roma di competenze in ordine al concorso alla valorizzazione dei beni storici, artistici, ambientali e fluviali, previo accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali.

La valorizzazione del patrimonio culturale

Per quanto concerne la funzione di valorizzazione, questa trova un'espressa previsione legislativa, in relazione al patrimonio culturale, con il decreto legislativo n. 112 del 1998, art. 148, cui si è ricollegato successivamente il Codice dei beni culturali (decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42)[2]. L'articolo 6 del Codice afferma che la valorizzazione consiste "nell'esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, anche da parte delle persone diversamente abili, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura". La stessa norma, in riferimento al paesaggio, stabilisce che "la valorizzazione comprende altresì la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela compromessi o degradati, ovvero la realizzazione di nuovi valori paesaggistici coerenti ed integrati".

 

Si ricorda, altresì, che l’articolo 117 della Costituzione, a seguito della riforma del Titolo V del 2001, attribuisce la "tutela" dei beni culturali alla legislazione esclusiva dello Stato (lettera s) del secondo comma) e la "valorizzazione" alla legislazione concorrente ("valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali")[3].

Sempre in relazione alla funzione di valorizzazione, si osserva che l'articolo 5, comma 5, del testo in esame (alla cui scheda si rinvia), prevede che lo Stato operi il trasferimento di quei beni culturali che sono indicati negli accordi stipulati ai sensi dell'articolo 112 del Codice dei beni culturali tra Stato, Regioni e altri enti pubblici territoriali per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare conseguenti piani strategici di sviluppo culturale.

La valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico

Più in generale, in tema di procedure di valorizzazione del patrimonio pubblico (demanio e patrimonio indisponibile e disponibile) si può segnalare che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, art. 1, comma 262) ha disciplinato, nell’ambito delle procedure di dismissione, programmi unitari di valorizzazione (PUV) degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.

In particolare, il citato comma 262 ha inserito due nuovi commi (il 15-bis e il 15-ter) nell’articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 351 (recante "Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare"), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410: il nuovo comma 15-bis prevede che l’Agenzia del demanio possa individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale. Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata in maniera prioritaria la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici, mediante concessione d’uso o locazione, nonché attraverso l’allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.

Il successivo comma 15-ter fa riferimento ai beni immobili in uso al Ministero della difesa: esso attribuisce al Ministero della difesa la possibilità di individuare beni immobili di proprietà dello Stato - mantenuti in uso al Ministero medesimo per proprie finalità istituzionali – che siano suscettibili di permuta con gli enti territoriali[4].

La disciplina sulla valorizzazione dei beni del patrimonio pubblico contenuta nella legge finanziaria per il 2007 è stata successivamente integrata dalla legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, art. 1, commi 313-319), che ha introdotto il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, costituito dal complesso dei programmi unitari di valorizzazione (PUV), al fine di attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana.

 

Si ricorda, infine, che l’articolo 58 del decreto-legge 25, giugno 2008, n. 112 (recante "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria", convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) prevede che regioni, province, comuni e altri enti locali predispongano un “Piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari” individuando, con delibera dell’organo esecutivo, i singoli beni immobili non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali che ricadono nel territorio di propria competenza. La finalità della norma è di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni ed enti locali.

 

Strumenti per la privatizzazione e la valorizzazione del patrimonio pubblico

Le misure sulla valorizzazione del patrimonio pubblico qui sopra brevemente ricordate si inseriscono nel complesso dei processi di privatizzazione del patrimonio stesso di cui il già citato decreto legge n. 351 del 2001, e successive modificazioni, costituisce il principale quadro di riferimento normativo. Al fine di procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare dello Stato, l’articolo 1 del decreto-legge ha previsto che l’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individui, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso gli archivi e gli uffici pubblici, i singoli beni, distinguendo tra beni demaniali e beni facenti parte del patrimonio indisponibile e disponibile. Si prevede inoltre che l’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, individui i beni degli enti pubblici non territoriali, i beni non strumentali in precedenza attribuiti a società a totale partecipazione pubblica, diretta o indiretta, riconosciuti di proprietà dello Stato, nonché i beni ubicati all'estero. L'individuazione dei beni degli enti pubblici e di quelli già attribuiti alle società suddette è effettuata anche sulla base di elenchi predisposti dagli stessi.

Cartolarizzazioni

Il decreto n. 351 ha introdotto la disciplina relativa alla privatizzazione mediante cartolarizzazione. La cartolarizzazione è una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di attività non agevolmente negoziabili, quali gli immobili di proprietà pubblica, in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. In particolare, gli immobili sono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata (c.d. società veicolo), appositamente costituite, che ne finanziano l'acquisto attraverso l’emissione di titoli o mediante finanziamenti acquisiti da terzi. La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili, quindi gestisce gli immobili e li rivende sul mercato. Il decreto disciplina, quindi, le procedure per la vendita di diverse categorie di immobili e di terreni attraverso la procedura di cartolarizzazione.

Alienazioni

L'articolo 3, comma 15, del decreto n. 351 prevede procedure finalizzate ad alienazioni di beni statali ad esito di processi di valorizzazione (anche mediante accordi di programma) con possibilità di riconoscere agli enti territoriali interessati dal procedimento di valorizzazione una quota, non inferiore al 5 % e non superiore al 15 %, del ricavato della vendita.

Fondi immobiliari

Altro strumento rilevante ai fini dei processi di valorizzazione del patrimonio pubblico è costituito dalla promozione, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di fondi comuni di investimento immobiliare previsto dall'articolo 4 del decreto-legge n. 351, come modificato dall'articolo 4 del decreto-legge n. 12 luglio 2004, n. 168[5]. I fondi sono costituiti conferendo o trasferendo beni immobili, a uso diverso da quello residenziale, dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali. I beni sono individuati con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. Tali decreti disciplinano, inoltre, le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo, nonché i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote (sul punto cfr. oltre, anche la scheda di lettura dell’articolo 6).

Concessioni di valorizzazione

La legge finanziaria del 2007 (legge n. 296 del 2006) ha introdotto, con il comma 259 dell'articolo 1, un nuovo articolo 3-bis nel decreto n. 351 del 2001 prevedendo la possibilità di concedere o locare a terzi i beni immobili individuati ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge n. 351. La concessione e la locazione sono assentite a titolo oneroso per un periodo non superiore a cinquanta anni e risultano finalizzate alla riqualificazione e riconversione dei beni attraverso interventi di recupero, restauro e ristrutturazione anche con l’introduzione di nuove destinazioni d’uso finalizzate allo svolgimento di attività economiche o di servizio dei cittadini, nel rispetto delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio. La disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 3-bis prevede che le concessioni e le locazioni siano assegnate con procedura ad evidenza pubblica, per un periodo tale da garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario e comunque non eccedente i cinquanta anni. Si ricorda inoltre che il comma 6 dell'articolo 58 del decreto legge n. 112 del 2008 ha esteso tali procedure al patrimonio immobiliare di Regioni, comuni ed altri enti locali con riferimento ai beni immobili non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali che ricadono nel territorio di propria competenza.

Concessioni ordinarie

Agli strumenti riconducibili essenzialmente alle norme recate dal decreto n. 351, si deve altresì aggiungere lo strumento delle concessioni a canone ordinario o a canone agevolato previsto del "Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato" (decreto del Presidente della Repubblica 13 settembre 2005, n. 296).

Le novità introdotte dalla legge finanziaria 2010

Tra gli interventi più recenti compiuti dal Legislatore in materia di ricognizione, dismissione e valorizzazione del patrimonio particolarmente significativa è la norma introdotta con l'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010).

Il comma 222 ha previsto una serie di obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio relativi agli immobili utilizzati dalle amministrazioni dello Stato, allo scopo di riunificare in capo alla stessa Agenzia le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle medesime amministrazioni, nonché obblighi di comunicazione da parte delle altre amministrazioni pubbliche, anche al fine di redigere il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato.

In particolare sono stati previsti, a decorrere dal 1o gennaio 2010, specifici obblighi di comunicazione da parte delle Amministrazioni dello Stato che rientrano nell’ambito individuato dall'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001, ivi inclusa la Presidenza del Consiglio dei Ministri e le agenzie, anche fiscali.

Le Amministrazioni dello Stato sono chiamate a comunicare all’Agenzia del demanio:

- entro il 31 gennaio di ogni anno, la previsione triennale:

a) del loro fabbisogno di spazio allocativo;

b) delle superfici da esse occupate che non risultano più necessarie.

- entro il 31 gennaio 2011, le istruttorie in corso per reperire immobili in locazione.

L'Agenzia del demanio, verificata la corrispondenza dei fabbisogni comunicati con gli obiettivi di contenimento della spesa pubblica, svolge i seguenti compiti:

a) accerta l'esistenza di immobili da assegnare in uso fra quelli di proprietà dello Stato ovvero trasferiti ai fondi immobiliari;

b) verifica la congruità del canone degli immobili di proprietà di terzi, individuati dalle predette amministrazioni tramite indagini di mercato.

c) stipula i contratti di locazione ovvero rinnova, qualora ne persista il bisogno, quelli in scadenza sottoscritti dalle predette amministrazioni, nonché adempie i predetti contratti;

d) consegna gli immobili locati alle amministrazioni interessate che, per il loro uso e custodia, ne assumono ogni responsabilità ed onere.

La norma ha previsto ulteriori obblighi di comunicazione all’Agenzia del demanio. Entro il 30 giugno 2010 le amministrazioni dello Stato sono tenute a comunicare l'elenco dei beni immobili di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo. Sulla base di tali comunicazioni l'Agenzia del demanio elabora un piano di razionalizzazione degli spazi, trasmettendolo alle amministrazioni interessate e al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze.

Fermo quanto previsto dalla legge finanziaria per il 2008, inoltre, le amministrazioni interessate comunicano entro il 31 dicembre di ciascun anno all'Agenzia del demanio gli interventi manutentivi effettuati sia sugli immobili di proprietà dello Stato, alle medesime in uso governativo, sia su quelli di proprietà di terzi utilizzati a qualsiasi titolo, nonché l'ammontare dei relativi oneri.

Il comma 222 ha stabilito, infine, obblighi di comunicazione in capo a tutte le amministrazioni pubbliche che utilizzino o detengano, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà delle stesse amministrazioni, che sono tenute a trasmettere al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco contenente l’identificazione di tali beni.

La trasmissione dell’elenco è finalizzata ai fini della redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato e del conto generale del patrimonio dello Stato. Entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elenco tutte le amministrazioni pubbliche - come sopra individuate - comunicano le eventuali variazioni intervenute rispetto a tale elenco e, qualora emerga l'esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell'Agenzia del demanio, tali immobili vengono fatti rientrare nella gestione dell'Agenzia.

 

 

Articolo 2
(Attribuzione del patrimonio)

 


1. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a: Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale, in base a quanto previsto dall'articolo 3.

2. Gli enti locali in stato di dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 244 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fino a quando perdura lo stato di dissesto, non possono alienare i beni ad essi attribuiti, che possono essere utilizzati solo per finalità di carattere istituzionale.

3. In applicazione del principio di sussidiarietà, nei casi previsti dall'articolo 3, qualora un bene non sia attribuito a un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato procede, sulla base delle domande avanzate, all'attribuzione del medesimo bene a un ente territoriale di un diverso livello di governo.

4. L'ente territoriale, a seguito del trasferimento, dispone del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della medesima collettività territoriale rappresentata. Ciascun ente assicura l'informazione della collettività circa il processo di valorizzazione, anche tramite divulgazione sul proprio sito internet istituzionale. Ciascun ente può indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.

5. I beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise, sulla base dei seguenti criteri:

a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che per l'entità o tipologia del singolo bene o del gruppo di beni, esigenze di carattere unitario richiedano l'attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione tenendo conto del rapporto che deve esistere tra beni trasferiti e funzioni di ciascun livello istituzionale;

b) semplificazione. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. A tal fine, per assicurare la massima valorizzazione dei beni trasferiti, la deliberazione da parte dell'ente territoriale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni è trasmessa ad un'apposita Conferenza di servizi, che opera ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, a cui partecipano il Comune, la Provincia, la Città metropolitana e la Regione interessati, volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni comunque denominati necessari alla variazione di destinazione urbanistica. Sono fatte salve le procedure e le determinazioni adottate da organismi istituiti da leggi regionali, con le modalità ivi stabilite. La determinazione finale della Conferenza di servizi costituisce provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale e ne fissa i limiti e i vincoli;

c) capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione dei beni;

d) correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e le funzioni effettivamente svolte o esercitate dall'ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene stesso;

e) valorizzazione ambientale. In applicazione di tale criterio la valorizzazione del bene è realizzata avendo riguardo alle caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali.


 

 

L’articolo 2, comma 1, prevede che lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, sulla base dei criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni e valorizzazione ambientale, criteri specificati dal comma 5. La procedura di individuazione è disciplinata dall’articolo 3, in particolare dal comma 3.

 

Il comma 2, non presente nel testo originario del provvedimento, esclude che gli enti locali in condizione di dissesto finanziario possano procedere alla alienazione dei beni ad essi attribuiti fin tanto che perdura il loro stato di dissesto, precisando che tali beni possano essere utilizzati soltanto per finalità istituzionali. Tale disposizione sembra comportare che i processi di risanamento che tali enti devono perseguire non possano essere evitati, in tutto o in parte, attraverso la vendita del patrimonio immobiliare.

 

Va infatti considerato che nonostante il decreto legislativo rinviene nel principio della “massima valorizzazione funzionale” il criterio generale che presiede all’attribuzione di beni statali agli enti territoriali, le regioni e gli enti locali possono anche autonomamente decidere di inserire i beni acquisiti in processi di alienazione e dismissione, secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ai sensi dell’articolo 2, comma 5, lettera b) del decreto.

Per quanto concerne la questione della destinazione dei proventi di eventuali processi di alienazione dei beni immobili trasferiti, sulla base del parere espresso dalla Commissione bicamerale, è stata inserita una disposizione (all’articolo 9, comma 5 del provvedimento) che, con la finalità di tutelare le esigenze della finanza pubblica nel suo complesso rispetto a quelle di ciascun ente territoriale, dispone che le risorse nette derivanti a ciascun ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito, nonché quelle derivanti da eventuali cessioni di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti, sono acquisite dall’ente per un ammontare pari al 75 per cento. Dette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell’ente e, in assenza del debito o comunque, per la eventuale parte restante, a spese di investimento. La residua quota del 25 per cento è destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il risanamento finanziario degli enti locali in situazione di dissesto finanziario è disciplinato dal titolo VIII del D.Lgs. n. 267 del 2000 (artt. 242-269)[6].

 

Il comma 3 dispone che, in applicazione del principio di sussidiarietà, qualora un bene non sia attribuito ad un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato può comunque procedere, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del bene medesimo ad un ente territoriale di un diverso livello di Governo.

 

Il comma 4 prevede che l’ente territoriale, dopo l’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la massima valorizzazione funzionale, a vantaggio, non solo diretto ma anche indiretto, della collettività territoriale rappresentata.

Ciascun ente assicura l’informazione della collettività sul processo di valorizzazione, anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale e può indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi statuti.

 

Sulla base del comma 5 i beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, aComuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise.

I singoli beni possono dunque essere attribuiti a più enti corrispondenti a diversi livelli di governo o a più enti del medesimo livello di governo o ancora in maniera mista, ad esempio a più enti del medesimo livello di governo e ad un ente di un diverso livello di governo. Devono in questi casi essere indicate le quote dei singoli enti, ma senza divisione del bene.

 

I criteri con cui procedere all’attribuzione sono:

a)      sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione, in considerazione dell’entità o tipologia dei beni trasferiti, tenendo conto – come del resto stabilito dalla successiva lettera d) - del rapporto che deve esistere tra beni trasferiti e funzioni di ciascun livello istituzionale ;

b)      semplificazione, prevedendosi che in applicazione di tale criterio i beni possano essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

Il richiamato articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 ha previsto al comma 1 che, per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di Regioni, Province, Comuni e altri Enti locali, ciascun ente con delibera dell'organo di Governo individua redigendo apposito elenco, sulla base e nei limiti della documentazione esistente presso i propri archivi e uffici, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione.

Ai sensi del comma 2, l'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica.

La Corte costituzionale, con sentenza 16-30 dicembre 2009, n. 340 (in Gazz. Uff. 7 gennaio 2010, n. 1 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale della rimanente parte del comma 2, ove si prevedeva che la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisse variante allo strumento urbanistico generale. Si disponeva quindi che tale variante, in quanto relativa a singoli immobili, non necessitava di verifiche di conformità agli eventuali atti di pianificazione sovraordinata di competenza delle Province e delle Regioni, dovendo la verifica di conformità essere comunque richiesta ed effettuata entro un termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, nei casi di varianti relative a terreni classificati come agricoli dallo strumento urbanistico generale vigente, ovvero nei casi che comportassero variazioni volumetriche superiori al 10 per cento dei volumi previsti dal medesimo strumento urbanistico vigente.

Ai sensi del comma 3, gli elenchi di cui al comma 1, da pubblicare mediante le forme previste per ciascuno di tali enti, hanno effetto dichiarativo della proprietà, in assenza di precedenti trascrizioni, e producono gli effetti previsti dall'articolo 2644 del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell'iscrizione del bene in catasto. Gli uffici competenti provvedono, se necessario, alle conseguenti attività di trascrizione, intavolazione e voltura. Contro l'iscrizione del bene negli elenchi di cui al comma 1 è ammesso ricorso amministrativo entro sessanta giorni dalla pubblicazione, fermi gli altri rimedi di legge.

Il comma 6 prevede l’applicazione della procedura prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, per la valorizzazione dei beni dello Stato ai beni immobili inclusi negli elenchi di cui al comma 1. In tal caso, la procedura prevista al comma 2 dell’ articolo 3-bis del citato decreto-legge n. 351 del 2001 si applica solo per i soggetti diversi dai Comuni e l'iniziativa è rimessa all'Ente proprietario dei beni da valorizzare. I bandi previsti dal comma 5 dell’ articolo 3-bis del citato decreto-legge n. 351 del 2001 sono predisposti dall'Ente proprietario dei beni da valorizzare. I soggetti di cui al comma 1 possono in ogni caso individuare forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell'interesse pubblico e mediante l'utilizzo di strumenti competitivi.

Gli enti proprietari degli immobili inseriti negli elenchi di cui al comma 1 possono conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare ovvero promuoverne la costituzione secondo le disposizioni degli articoli 4 e seguenti del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410. Ai conferimenti di cui al presente articolo, nonché alle dismissioni degli immobili inclusi negli elenchi di cui al comma 1, si applicano le disposizioni dei commi 18 e 19 dell'articolo 3 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.

 

Anche in relazione alla sopracitata sentenza della Corte costituzionale, alla lettera b) in esame sono state aggiunte, a seguito del parere della Commissione bicamerale, alcune disposizioni mediante cui si prevede che la deliberazione dell'ente territoriale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni sia trasmessa ad un'apposita Conferenza di servizi, che opera ai sensi degli artt. 14, 14-bis, 14-ter e 14-quater della legge n. 241/1990, e a cui partecipano il Comune, la Provincia, la Città metropolitana e la Regione interessati.

La Conferenza di servizi acquisisce tutte le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni comunque denominati necessari alla variazione di destinazione urbanistica e la determinazione finale della Conferenza costituisce provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale, fissandone i relativi limiti e vincoli.

Vengono fatte salve le procedure e le determinazioni adottate da organismi istituiti da leggi regionali, con le modalità ivi stabilite.

 

Le procedure relative alla conferenza di servizi sono state recentemente modificate ad opera del decreto-legge n. 78 del 2010 in corso di conversione al Senato (A.S. 2228). L'articolo 49, in particolare, apporta modifiche alla disciplina della conferenza di servizi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, con finalità di semplificazione ed accelerazione dei tempi per l'adozione del provvedimento finale[7]. Come indicato nella relazione allegata al citato disegno di legge, l’art. 49 reca disposizioni, che in questa sede non si dettagliano, in tema di:

a)       attivazione della conferenza di servizi (art. 14, legge 241/1990);

b)       procedimento di conferenza (art. 14-ter, legge 241/1990)

c)       disciplina del dissenso (art. 14-quater, legge 241/1990);

d)       ambito di applicazione (art. 29, legge 241/1990).

 

In sostanza le disposizioni previste dalla lettera b) in esame sembrano finalizzate al rispetto di quanto stabilito con la sentenza n. 340 del 2009 della Corte Costituzionale in ordine all’autonomia degli enti locali prevedendosi a tale scopo che la deliberazione dell’ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni sia trasmessa ad un’apposita conferenza di servizi, la cui determinazione finale costituisca provvedimento unico di autorizzazione. E’ stato inoltre stabilito che a tale autorizzazione è rinviata la fissazione dei necessari “paletti” volti a rendere cogenti e non eludibili le prescrizioni contenute nel provvedimento autorizzatorio medesimo.

c)      capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione dei beni.

d)      correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene.

e)      valorizzazione ambientale, tenendo presente le caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e salvaguardare, nel contempo, i valori ambientali.

Tale criterio appare conforme ai principi per la tutela e valorizzazione del paesaggio indicati nella parte terza del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e, in particolare, nell’art. 131 come modificato dal D.Lgs. 26 marzo 2008 n. 63 a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 367 del 2007.

Si ricorda, infatti, che la parte terza del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, cd. Codice Urbani – reca la disciplina dei beni paesaggistici. Nello specifico, l’art. 131 relativo alle disposizioni generali, prevede che la tutela del paesaggio sia volta a riconoscere, salvaguardare e recuperare i valori culturali che esso esprime e che lo Stato, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali - nonché tutti i soggetti che nell'esercizio di pubbliche funzioni intervengono sul territorio nazionale – siano tenuti, qualora intervengano sul paesaggio stesso, ad assicurare la conservazione dei suoi aspetti e caratteri peculiari. Viene, quindi, specificato che la valorizzazione del paesaggio concorre a promuovere lo sviluppo della cultura e i soggetti sopraindicati sono tenuti ad informare la loro attività ai principi di uso consapevole del territorio e di salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche e di realizzazione di nuovi valori paesaggistici integrati e coerenti, rispondenti a criteri di qualità e sostenibilità.

Tali principi hanno così recepito le indicazioni della Corte costituzionale nella richiamata sentenza n. 367 del 2007. La Corte ha chiarito che “sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni. La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali”.

 


 

Articolo 3, commi 1 e 2
(Trasferimento dei beni del demanio marittimo e del demanio idrico)

 


1. Ferme restando le funzioni amministrative già conferite agli enti territoriali in base alla normativa vigente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo:

a) sono trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) ed i beni del demanio idrico di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), salvo quanto previsto dalla lettera b) del presente comma;

b) sono trasferiti alle Province, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio idrico di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), limitatamente ai laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia, e le miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze.

2. Una quota dei proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico trasferito ai sensi della lettera a) del comma 1, tenendo conto dell'entità delle risorse idriche che insistono sul territorio della Provincia e delle funzioni amministrative esercitate dalla medesima, è destinata da ciascuna Regione alle Province, sulla base di una intesa conclusa fra la Regione e le singole Province sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto senza che sia stata conclusa la predetta intesa, il Governo determina, tenendo conto dei medesimi criteri, la quota da destinare alle singole Province, attraverso l'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.


 

 

L’articolo in esame disciplina il trasferimento dallo Stato agli enti territoriali dei beni del demanio marittimo e del demanio idrico, mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia.

I decreti dovranno essere emanati entro il termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

 

Una delle innovazioni più significative apportate al testo iniziale è l’attribuzione ope legis alle Regioni – ai sensi della lettera a) del comma 1 - dei beni del demanio idrico e delle relative pertinenze, nonché delle opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore, ad esclusione:

1)       dei fiumi di ambito sovra regionale;

2)       dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un’intesa tra le Regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale.

 

Si ricorda che l’art. 822 del codice civile sul demanio pubblico, sancisce, tra l’altro, che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare [c.c. 942], la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti [c.c. 945] (cd. demanio necessario), nonché, se appartengono allo Stato (cd. demanio accidentale), tra gli altri beni, anche gli acquedotti. Fanno parte del demanio pubblico anche l’alveo abbandonato [c.c. 946] e i mutamenti del letto dei fiumi derivanti da regolamento del loro corso [c.c. 947]. In ogni caso è esclusa la sdemanializzazione tacita dei beni del demanio idrico [c.c. 947].

Inoltre l’art. 144, comma 1, del D.Lgs. 152/12006 (cd. Codice ambientale) dispone che “Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorché non estratte dal sottosuolo, appartengono al demanio dello Stato”. Tale previsione, mutuata dalla legge Galli (legge 36/1994, abrogata dal citato Codice), si ritrova altresì nel regolamento attuativo della citata legge (D.P.R. 18 febbraio 1999, n. 238). È con tale regolamento che, per la prima volta, “sono state definite pubbliche tutte le acque superficiali e sotterranee, a prescindere dall’iscrizione negli elenchi provinciali delle acque pubbliche e a prescindere, quindi, dalla loro attitudine a soddisfare interessi pubblici”.

Se l’art. 144 individua le acque rientranti nel demanio idrico, il precedente art. 143 del medesimo Codice ambientale, relativo alla proprietà delle infrastrutture, dispone che “Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge” e ne affida la tutela anche alle Autorità d'ambito.

Infine, relativamente all’individuazione concreta del demanio idrico, può farsi riferimento alle numerose pronunce giurisprudenziali in materia, dalle quali si evince, in primo luogo «la scontata affermazione che la demanialità del fiume comporta la demanialità dell’alveo (“principio di inseparabilità tra acqua ed alveo”, così in Cass. civ., sez. un., sent. 11211/98). E’ stato, poi, opportunamente chiarito che l’alveo è la parte di terreno coperta dal fiume con le piene ordinarie (“fanno parte del demanio idrico, perché rientrano nel concetto di alveo, le sponde e le rive interne dei fiumi, cioè le zone soggette ad essere sommerse dalle piene ordinarie” Cass. civ., sez. un., sent. 12701/98; Cass. civ., sez. un., sent. 361/99). Sempre la Cassazione civile ha precisato che partecipano della natura demaniale anche le zone immediatamente contigue a corsi d’acqua pubblici (Cass. civ., sez. un., sent. 13834/05) e “gli immobili che assumano natura di pertinenza del medesimo demanio per opera dell’uomo” (Cass. civ., sez. un., sent. 12701/98). Per contra, invece, “le sponde e le rive esterne, che possono essere invase dalle acque solo in caso di piene straordinarie, appartengono ai proprietari dei fondi rivieraschi” (Cass. civ., sez. un., sent. 12701/98)»[8].

 

Vengono inoltre esclusi i laghi chiusi privi di emissari con le relative pertinenze, che insistono sul territorio di una sola Provincia, che vengono, invece, trasferiti alle Province.

Sono altresì trasferite alle Province le miniere ubicate in terraferma, che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas nonché i siti di stoccaggio di gas naturale.

 

 

Il comma 2 riguarda la questione dei canoni da demanio idrico e dispone cheuna quota dei canoni venga destinata da ciascuna Regione alle Province, sulla base di apposite intese.

Va sottolineato che, al fin di incentivare la realizzazione di tali intese, che costituiscono un presupposto necessario per un nuovo governo del territorio, è stato previsto un specifico potere sostitutivo del Governo.

 

In relazione alla complessa questione dei canoni del demanio idrico si ricorda che l’art. 89, comma 1, lettera i), del d.lgs. n. 112/1998 ha trasferito alle regioni la gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi”.

L’art. 96, comma 11, del citato d.lgs. n. 152/2006, ha quindi previsto la competenza delle regioni in merito alla disciplina dei procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche, nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico.

In attuazione del richiamato D.Lgs. 112/1998 è stato emanato il D.P.C.M. 12 ottobre 2000 (recante “Individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire alle regioni ed agli enti locali per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di demanio idrico”) che, all’art. 2, ha previsto che gli introiti derivanti dalla gestione del demanio idrico fossero posti a compensazione delle risorse finanziarie da trasferire alle Regioni per l’esercizio delle funzioni ad esse trasferite ai sensi del Titolo III del richiamato decreto n. 112.

Successivamente è stato emanato il D.P.C.M. 13 novembre 2000 con il quale, per ogni regione, in Tabella A è stato individuato l’importo da portare in compensazione e quindi da stralciare dal trasferimento alle Regioni per l’esercizio delle funzioni delegate.

 


 

Articolo 3, commi 3, 4 e 5
(Procedure di trasferimento dei beni)

 


3. Salvo quanto previsto dai commi 1 e 2, i beni sono individuati ai fini dell'attribuzione ad uno o più enti appartenenti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l'inserimento in appositi elenchi contenuti in uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo. I beni possono essere individuati singolarmente o per gruppi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi informativi, anche relativi allo stato giuridico, alla consistenza, al valore del bene, alle entrate corrispondenti e ai relativi costi di gestione e acquistano efficacia dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale.

4. Sulla base dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3, le Regioni e gli enti locali che intendono acquisire i beni contenuti negli elenchi di cui al comma 3 presentano, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei citati decreti, un'apposita domanda di attribuzione all'Agenzia del demanio. Le specifiche finalità e modalità di utilizzazione del bene, la relativa tempistica ed economicità nonché la destinazione del bene medesimo sono contenute in una relazione allegata alla domanda, sottoscritta dal rappresentante legale dell'ente. Per i beni che negli elenchi di cui al comma 3 sono individuati in gruppi, la domanda di attribuzione deve riferirsi a tutti i beni compresi in ciascun gruppo e la relazione deve indicare le finalità e le modalità prevalenti di utilizzazione. Sulla base delle richieste di assegnazione pervenute è adottato, entro i successivi sessanta giorni, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le Regioni e gli enti locali interessati, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, riguardante l'attribuzione dei beni, che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun ente locale.

5. Qualora l'ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati nella relazione di cui al comma 4, il Governo esercita il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, ai fini di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento al patrimonio vincolato di cui al comma 6.


 

 

Il comma 3 dispone che, salvo quanto previsto nei commi 1 e 2, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri debbano essere individuati i beni per l’attribuzione ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi contenuti nei citati decreti.

Tali decreti, da emanare entro 180 giorni dal 26 giugno 2010 (data di entrata in vigore del presente decreto legislativo) previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata, secondo le modalità previste dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997[9], devono essereadottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base dei criteri sanciti agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo, relativi all’oggetto e all’attribuzione del patrimonio da trasferire.

I beni indicati negli elenchi possonoessere individuati singolarmente o per gruppi ed è necessario che ciascun elenco sia corredato di adeguati elementi informativi, anche relativi allo stato giuridico, alla consistenza, al valore del bene, alle entrate corrispondenti e ai relativi costi di gestione.

 

A partire dalla data di pubblicazione nella gazzetta ufficiale dei sopra indicati decreti, gli elenchi acquistano efficacia e, pertanto, le regioni e gli enti locali interessati possono procedere alla presentazione della richiesta di attribuzione secondo quanto indicato nel successivo comma 4.

 

Ai sensi del comma 4 le regioni e gli enti locali che intendono acquisire i beni contenuti negli elenchi allegati ai D.P.C.M. di cui al comma 3 sono chiamati a presentare, entro 60 giorni dalla data di pubblicazione dei medesimi decreti nella gazzetta ufficiale, un’apposita domanda di attribuzione all’Agenzia del demanio. Alla domanda dovrà essere allegata una relazione, sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente, contenente l’indicazione delle finalità, delle modalità di utilizzazione, della tempistica, della economicità e della destinazione del bene stesso. Per i beni individuati in gruppo dai D.P.C.M., la relazione allegata alla domanda dovrà limitarsi ad indicare le sole finalità e modalità prevalenti di utilizzazione.

 

In base alle richieste di assegnazione pervenute entro tale termine, viene adottato, entro i successivi 60 giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze sentite le regioni e gli enti locali interessati, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce a sua volta effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale e costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna regione o di ciascun ente locale.

 

I beni suscettibili di essere trasferiti e relativamente ai quali le regioni e gli enti locali non hanno presentato la richiesta di attribuzione confluiscono ad un patrimonio vincolato in base alla disciplina di cui al comma 6 dell’articolo in esame alla cui scheda si rinvia.

 

In tema di ricognizione, dismissione e valorizzazione del patrimonio, in particolare immobiliare, dello Stato, delle regioni e degli enti locali, si ricorda come negli ultimi anni il Legislatore sia più volte intervenuto anche ai fini di razionalizzazione e contenimento della spesa; in tale prospettiva sono stati, ad esempio, introdotti stringenti limiti alle spese di manutenzione degli immobili; si è altresì provveduto a riunificare in capo all’Agenzia del Demanio rilevanti compiti di gestione degli immobili, tra i quali le procedure di locazione passiva; sono stati introdotti obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia in ordine ai portafogli immobiliari, detenuti anche dagli enti territoriali, finalizzati alla redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato e del conto generale del patrimonio.

Con riferimento alla fase di individuazione ai fini dell’attribuzione agli enti territoriali dei beni statali, si richiamano nuovamente le recenti disposizioni concernenti la gestione del patrimonio pubblico e, segnatamente, i commi 222 e ss., dell’articolo 2 della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009) che oltre a riunificare in capo alla Agenzia del demanio le procedure riguardanti le locazioni passive e di razionalizzare gli spazi utilizzati dalle amministrazioni pubbliche, hanno delineato alcuni specifici obblighi di comunicazione concernenti il patrimonio immobiliare in capo a tutte le amministrazioni dello Stato individuate dall'articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/2001[10]. Ai sensi di tale disciplina le predette amministrazioni, che utilizzino o detengano, a qualunque titolo, immobili di proprietà dello Stato o di proprietà delle stesse amministrazioni, sono infatti tenute a trasmettere al Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze l'elenco contenente l’identificazione di tali beni. La trasmissione dell’elenco è finalizzata ai fini della redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato di cui all'articolo 6, comma 8, lettera e), del D.P.R. n. 43 del 2008[11] e del conto generale del patrimonio dello Stato di cui all'articolo 14 del D.Lgs. n. 279 del 1997[12]. Entro il 31 gennaio di ciascun anno successivo a quello di trasmissione del primo elencotutte le amministrazioni pubbliche comunicano le eventuali variazioni intervenute rispetto a tale elenco e, qualora emerga l'esistenza di immobili di proprietà dello Stato non in gestione dell'Agenzia del demanio, tali immobili vengono fatti rientrare nella gestione dell'Agenzia[13].

 

Il comma 5 prevede che, nel caso in cui l'ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati nella relazione allegata alla domanda all’Agenzia del demanio di attribuzione del bene, prevista dal precedente comma 4 (cfr), il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all'articolo 8 della legge n. 131 del 2003, ai fini di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento al patrimonio vincolato di cui al successivo comma 6 (cfr).

 

L’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131 reca disposizioni circa l’attuazione dell'articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo[14].

Il richiamato comma 4 stabilisce che nei casi di assoluta urgenza, qualora l'intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate dall'articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.

 

Il Patrimonio immobiliare dello Stato

 

Si ricorda che in base ai dati forniti nel Conto del patrimonio (Parte II del Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio 2008), al 31 dicembre 2008 la consistenza delle attività non finanziarie, e in particolare dei beni immobili di proprietà dello Stato, ubicate nelle diverse regioni, ammonta a oltre 51 miliardi di euro, di cui circa il 30% risulta ubicato nella regione Lazio.

 

Nel prospetto 4 allegato al Conto si evince che, in base alla classificazione degli immobili secondo la definizione delle attività del SEC 95, i fabbricati definiti come abitazioni ammontano a circa 1,9 miliardi di euro; la consistenza dei fabbricati non residenziali risulta invece pari a 29 miliardi di euro, mentre il valore dei terreni, comprese le aree edificabili, i parchi e le aree archeologiche sottoposte a tutela, ammonta a circa 3,8 miliardi. I beni immobili di valore culturale (beni artistici e beni archeologici) ammontano infine a circa a 15,9 miliardi di euro.

 

Dell’ammontare complessivo di beni iscritti nel conto del patrimonio[15], tuttavia, una larga parte dovrebbe essere considerata non disponibile ai fini del provvedimento in esame. Secondo il prospetto n. 5 allegato al Conto, che indica la consistenza dei beni per categoria, si evidenzia, infatti, che dei 51 miliardi iscritti nel conto, oltre 25 miliardi si riferiscono a beni assegnati in uso governativo (compresa la dotazione della Presidenza della Repubblica – categoria 05); i beni demaniali artistici e storici (categoria 08) rappresentano una consistenza pari a circa 16 miliardi. Risultano inoltre come non disponibili (ai sensi della categoria 06) altri beni per un ulteriore ammontare di circa 4,4 miliardi.

I beni da considerare disponibili alla vendita (categoria 01) ammontano nel conto del patrimonio a circa 3,2 miliardi.

 

Per quanto concerne la consistenza del patrimonio dello Stato suscettibile di essere incluso nell’ambito di applicazione del provvedimento, dati analitici sono stati forniti dal Direttore dell’Agenzia del demanio, nel corso dell’audizione tenutasi il 28 aprile 2010 presso la Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale[16].

Di seguito è riportata la consistenza dei beni per categoria di appartenenza residente nella base dati informatica dell’Agenzia suddivisa per le tipologie terreno e fabbricato. Tale consistenza alimenta il conto generale del patrimonio.

 

Dati di consistenza al 31/21/2009 e valori in milioni al 31/12/2008 (inclusi beni all’estero)

Patrimonio

Fabbricati
(n. beni)

Terreni
(n. beni)

TOTALE

Valore di libro
(mln di euro)
(3)

Patrimonio disponibile

9.127

9.832

18.959

3.219,90

Patrimonio indisponibile (1)

20.135

2.581

22.716

30.020,61

Demanio storico artistico (2)

3.161

1.481

4.642

16.315,70

Totale

32.423

13.894

46.317

49.556,20

(1)   Comprende oltre agli oltre agli immobili in Uso Governativo non appartenenti al DSA anche gli immobili realizzati in base a leggi speciali (ex IACP, abitazioni per lavoratori agricoli, profughi, ecc.) e gli immobili in consegna alle Università in uso gratuito e perpetuo.

(2)   dati sono riferiti sia ai beni in consegna al MiBAC che a quelli gestiti dall’Agenzia del demanio. L’attribuzione dei valori alla categoria del demanio storico artistico è stata inserita a partire dal conto generale del patrimonio 2008 approvato dal Parlamento nel 2009. Le altre categorie di demanio non sono all’attualità oggetto di valutazione economica

(3)   I valori riportati sono estratti dal Conto Generale del patrimonio al 31/12/2008, in quanto non è ancora stato approvato il Rendiconto relativo ai dati del 2009. In base all’art. 2 c. 222 della L.F. 2010 è in corso da parte del MEF- Dipartimento del Tesoro la raccolta delle informazioni necessarie per la valorizzazione dei beni immobili utilizzati o detenuti dalle Amministrazioni dello Stato a prezzi di mercato

 


 

Articolo 3, comma 6
(Disposizioni per i beni inoptati)

 


6. I beni per i quali non è stata presentata la domanda di cui al comma 4 del presente articolo ovvero al comma 3 dell'articolo 2, confluiscono, in base ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato con la procedura di cui al comma 3, in un patrimonio vincolato affidato all'Agenzia del demanio o all'amministrazione che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e alienazione degli stessi beni, d'intesa con le Regioni e gli Enti locali interessati, sulla base di appositi accordi di programma o protocolli di intesa. Decorsi trentasei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di inserimento nel patrimonio vincolato, i beni per i quali non si è proceduto alla stipula degli accordi di programma ovvero dei protocolli d'intesa rientrano nella piena disponibilità dello Stato e possono essere comunque attribuiti con i decreti di cui all'articolo 7.


 

 

Il comma 6 reca la disciplina relativa ai beni qualificati come trasferibili, ai sensi del comma 3, e relativamente ai quali le regioni e gli enti locali non hanno presentato la richiesta di attribuzione.

 In particolare, si dispone che i suddetti beni debbano confluire, sulla base di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato con la procedure di cui al comma 3, in un patrimonio vincolato affidato all’Agenzia del demanio o all’Amministrazione che ne cura la gestione.

Tali soggetti debbono provvedere, d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati sulla base di appositi accordi di programma o protocolli d’intesa, alla valorizzazione e alienazione dei beni stessi.

Qualora, trascorsi 36 mesi dalla data di pubblicazione in gazzetta ufficiale del decreto di inserimento nel patrimonio vincolato, non si sia proceduto alla stipula di accordi di programma o di protocolli d’intesa, i beni in argomento rientrano nella piena disponibilità dello Stato e possono comunque essere attribuiti con i decreti biennali di attribuzione di cui all’articolo 7, alla cui scheda si rinvia.

 


 

Articolo 4
(Status dei beni)

 


1. I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, salvo quanto previsto dall'articolo 111 del codice di procedura civile, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, ad eccezione di quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza. Ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di attribuzione di beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, può disporre motivatamente il mante­nimento dei beni stessi nel demanio o l'inclusione nel patrimonio indisponibile. Per i beni trasferiti che restano assog­gettati al regime dei beni demaniali ai sensi del presente articolo, l'eventuale pas­saggio al patrimonio è dichiarato dall'am­ministrazione dello Stato ai sensi dell'articolo 829, primo comma, del codice civile. Sui predetti beni non possono essere costituiti diritti di superficie.

2. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 3, commi 1 e 4, quarto periodo. Il trasferi­mento ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

3. I beni trasferiti in attuazione del presente decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le proce­dure per l'adozione delle varianti allo strumento urbanistico, e a seguito di attestazione di congruità rilasciata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze.


 

 

L’articolo 4 stabilisce che, a seguito del D.P.C.M. di trasferimento, i beni demaniali e patrimoniali dello Stato indicati dall’art. 5 – salvo alcune eccezioni (cfr.infra) - entrano a far parte del patrimonio disponibile degli enti pubblici territoriali (Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni).

Il regime giuridico dei beni pubblici

La disciplina giuridica dei beni pubblici è contenuta principalmente nel codice civile (art. 822 e ss.). Secondo la classificazione tradizionale, i beni appartenenti alla pubblica amministrazione si dividono in tre categorie: beni demaniali, beni patrimoniali disponibili e beni patrimoniali indisponibili.

L’articolo 822, primo comma, del codice civile stabilisce che appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia; le opere destinate alla difesa nazionale (cd. demanio necessario).

L’articolo 28 del codice della navigazione indica specificamente i beni del demanio marittimo nel lido, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo.

L’art. 822, secondo comma, specifica che fanno parimenti parte del demanio pubblico, se appartengono allo Stato (possono, infatti, essere anche di proprietà di regioni, province e comuni, art. 828), le strade, le autostrade e le strade ferrate; gli aerodromi; gli acquedotti; gli immobili riconosciuti d'interesse storico, archeologico e artistico a norma delle leggi in materia; le raccolte dei musei, delle pinacoteche degli archivi, delle biblioteche e, infine, gli altri beni che sono dalla legge assoggettati al regime proprio del demanio pubblico (cd. demanio eventuale).

In relazione al loro regime giuridico, l’art. 823 c.c. precisa l’inalienabilità di tali beni, i quali non possono inoltre essere oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

I beni non demaniali di proprietà dello Stato e degli enti territoriali ne costituiscono il patrimonio; una parte di tale patrimonio è qualificata come indisponibile (art. 826 c.c.). Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d'interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra. Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province, dei comuni o delle regioni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.

I beni disponibili invece sono beni di proprietà degli enti pubblici generalmente produttivi di un reddito e sono tradizionalmente distinti in quattro categorie: beni corporali (beni immobili); incorporali (diritti di credito, diritti reali su cose altrui); titoli di credito (azioni, titoli di Stato); denaro (che l’ente pubblico ha diritto di incassare).

Per quanto riguarda il regime giuridico, i beni appartenenti al patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalla legge speciale (art. 828 c.c.). Come i beni demaniali, tali ultimi beni non possono essere oggetto di usucapione né di esecuzione forzata; di essi invece è possibile disporre, sempre che sia fatto salvo il vincolo di destinazione e ne è inoltre riconosciuta l’espropriabilità per motivi di pubblica utilità (quando si intenda perseguire un interesse pubblico di rilievo superiore a quello soddisfatto con la precedente destinazione pubblica)[17].

I beni del patrimonio disponibile sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non diversamente disposto, alle regole dello stesso codice civile. Tali beni non si distinguono da quelli del privato essendo “riconducibili al regime di appartenenza del diritto comune, ferma restando la rilevanza (indiretta) di alcune regole di organizzazione amministrativa della gestione dei beni o di particolari principi di trasparenza contrattuale in relazione alle attività di alienazione (si pensi alle regole in materia di “dismissioni immobiliari”) (Consiglio di Stato, Sez. V, 6 dicembre 2007, sentenza n. 6265). Tali beni, oltre che alienabili, sono usucapibili, possono essere espropriati per pubblica utilità e sottoposti ad esecuzione forzata.

I beni sono trasferiti con relative pertinenze e accessori. Gli enti territoriali, a seguito del trasferimento, si fanno carico degli eventuali oneri e pesi di cui è gravato il bene; in accoglimento di una specifica condizione contenuta nel parere della Commissione bicamerale, viene esplicitamente richiamata l’applicazione dell’art. 111 c.p.c. (che disciplina la successione a titolo particolare nel diritto controverso)

L’art. 111 c.p.c. prevede che se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie; se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte, il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso. La sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione.

Il regime giuridico dei beni trasferiti appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale rimane quello dettato per i beni demaniali dal codice civile e della navigazione nonché dalle altre leggi di settore (con particolare riguardo alla normativa a tutela della concorrenza).

Tali beni pertanto rimangono, anche dopo il trasferimento, ai sensi dell’art. 823 c.c., inalienabili (con la conseguenza che qualsiasi atto di disposizione è nullo), non usucapibili, insuscettibili di espropriazione forzata; i medesimi beni non possono formare oggetto di diritti in favore di terzi se non nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi che li riguardano.

Lo Stato, inoltre, si riserva la possibilità di ampliare ulteriormente la lista dei beni trasferiti da considerare come “demaniali” o facenti parte del patrimonio indisponibile. Tuttavia, proprio in ragione del regime giuridico vincolato, il DPCM di assegnazione deve specificamente motivare il mantenimento nel demanio o l’inclusione nel patrimonio indisponibile di beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico, e aeroportuale.

In attuazione di una condizione contenuta nel sopra richiamato parere si specifica che per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali, l'eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall'amministrazione dello Stato ai sensi dell'articolo 829, primo comma, del codice civile; si prevede inoltre che sui predetti beni non possono essere costituiti diritti di superficie.

In base all’art. 829 c.c., spetta all’autorità amministrativa competente dichiarare il passaggio di un bene dal demanio pubblico al patrimonio dello Stato; dell’atto viene dato annuncio nella Gazzetta ufficiale della Repubblica.

I diritti di superficie sono disciplinati dagli articoli 952 ss. c.c. Essi possono essere costituiti dal proprietario, da un lato attraverso la costituzione del diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri che ne acquista la proprietà; dall’altro, attraverso l’alienazione della proprietà della costruzione già esistente separatamente dalla proprietà del suolo.

 

Ai sensi del comma 2, l’effetto del trasferimento dei beni si produce dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dei D.P.C.M. di attribuzione, di cui all’art. 3, comma 1 e 4, quarto periodo, del provvedimento.

La norma specifica, infine, che il trasferimento dei beni ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

 

Si ricorda in proposito che il Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42), emanatoin attuazione della delega prevista dall’articolo 10 della L. 137/2003[18], individua le cose mobili e immobili da considerare beni culturali (art. 10) nonché gli immobili e le aree da considerare beni paesaggistici (art. 134); il provvedimento indica altresì specifiche disposizioni di tutela per entrambe le tipologie di beni.

 

Il comma 3 dispone che i beni trasferiti che costituiranno il patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni potranno essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l'adozione delle varianti allo strumento urbanistico e previa attestazione di congruità rilasciata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze.

 

Si ricorda che la variante allo strumento urbanistico – che rappresenta lo strumento con cui può essere modificato il PRG - ai sensi dell’art. 25 della legge 47/1985 può essere adottata dai comuni senza dover richiedere in via preliminare l'assenso regionale. Precedentemente esse dovevano invece essere preventivamente autorizzate dall'autorità regionale, sentito il parere obbligatorio, ma non vincolante, del Consiglio superiore dei lavori pubblici, salvo alcune eccezioni.


 

Articolo 5
(Tipologie dei beni)

 


1. I beni immobili statali e i beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o che sono posti al loro servizio che, a titolo non oneroso, sono trasferiti ai sensi dell'articolo 3 a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni sono i seguenti:

a) i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall'articolo 822 del codice civile e dall'articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali;

b) i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore, ad esclusione:

     1) dei fiumi di ambito sovrare­gionale;

     2) dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un'intesa tra le Regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale;

c) gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze, diversi da quelli di interesse nazionale così come definiti dall'articolo 698 del codice della navigazione;

d) le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma;

e) gli altri beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento.

2. Fatto salvo quanto previsto al comma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasferimento: gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli enti pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente e dal comma 7 del presente articolo; i beni oggetto di accordi o intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle stradali ed energetiche; le strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; sono altresì esclusi dal trasferimento di cui al presente decreto i parchi nazionali e le riserve naturali statali. I beni immobili in uso per finalità istituzionali sono inseriti negli elenchi dei beni esclusi dal trasferimento in base a criteri di economicità e di concreta cura degli interessi pubblici perseguiti.

3. Le amministrazioni statali e gli altri enti di cui al comma 2 trasmettono, in modo adeguatamente motivato, ai sensi del medesimo comma 2, alla Agenzia del demanio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli elenchi dei beni immobili di cui richiedono l'esclusione. L'Agenzia del demanio può chiedere chiarimenti in ordine alle motivazioni trasmesse, anche nella prospettiva della riduzione degli oneri per locazioni passive a carico del bilancio dello Stato. Entro il predetto termine anche l'Agenzia del demanio compila l'elenco di cui al primo periodo. Entro i successivi quarantacinque giorni, previo parere della Conferenza Unificata, da esprimersi entro il termine di trenta giorni, con provvedimento del direttore dell'Agenzia l'elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento è redatto ed è reso pubblico, a fini notiziali, con l'indicazione delle motivazioni pervenute, sul sito internet dell'Agenzia. Con il medesimo procedimento, il predetto elenco può essere integrato o modificato.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati e attribuiti i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all'articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di cui all'articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all'efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

5. In sede di prima applicazione del presente decreto legislativo, nell'ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all'articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, lo Stato provvede, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al trasferimento alle Regioni e agli altri enti territoriali, ai sensi dell'articolo 54, comma 3, del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione.

6. Nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale possono essere trasferite dall'Agenzia del demanio al Comune aree già comprese nei porti e non più funzionali all'attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica, previa autorizzazione dell'Autorità portuale, se istituita, o della competente Autorità marittima.

7. Sono in ogni caso esclusi dai beni di cui al comma 1 i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repub­blica, nonché i beni in uso a qualsiasi titolo al Senato della Repubblica, alla Camera dei Deputati, alla Corte Costituzionale, nonché agli organi di rilevanza costitu­zionale.


 

 

L’articolo 5 individua le tipologie dei beni statali trasferibili a richiesta di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

L’art. 19 della legge delega n. 42 del 2009 sul punto prevede che il legislatore delegato individui le tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, tra i quali in particolare i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale (lett. d).

Si tratta dei seguenti beni immobili (e dei beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o sono posti al loro servizio[19]), con relative pertinenze:

§      i beni del demanio marittimo indicati dall’art. 822 c.c. e 28 del codice della navigazione (tale ultima disposizione in particolare fa riferimento ai seguenti beni: il lido, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi che sboccano in mare, i bacini di acqua salsa o salmastra che almeno durante una parte dell'anno comunicano liberamente col mare; i canali utilizzabili ad uso pubblico marittimo). Sono esclusi i beni direttamente in uso alle amministrazioni statali (quali, ad esempio, i litorali appartenenti al Ministero della Difesa);

§      i beni del demanio idrico (es.: i fiumi e i laghi), nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale (analogamente a quanto avvenuto in Friuli Venezia Giulia e in Trentino Alto Adige); i terreni abbandonati dalle acque correnti, dal mare, dai laghi, dalle lagune e dagli stagni appartenenti al demanio pubblico (art. 942 c.c.); le isole e unioni di terra che si formano nel letto dei fiumi o torrenti (art. 945 c.c.); gli alvei abbandonati di fiumi e torrenti (art. 946 c.c.); i terreni comunque abbandonati derivanti da mutamenti del letto dei fiumi (art. 947 c.c.). In accoglimento di una condizione contenuta nel parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale, si escludono i fiumi di ambito sovraregionale, nonché i laghi di ambito sovraregionale (salvo che intervenga un'intesa tra le Regioni interessate e ferma restando comunque l’eventuale disciplina di livello internazionale);

§      gli aeroporti di interesse regionale o locale[20] facenti parte del demanio aeronautico civile statale, diversi da quelli di interesse nazionale come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione.

L’art. 698 cod. nav., come modificato dall’articolo 3 del 96/2005[21], riguarda gli Aeroporti e sistemi aeroportuali d'interesse nazionale; esso, al primo comma, demanda ad un decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni e sentita l'Agenzia del demanio, l’individuazione, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari da esprimere entro trenta giorni dalla data di assegnazione, degli aeroporti e dei sistemi aeroportuali di interesse nazionale, quali nodi essenziali per l'esercizio delle competenze esclusive dello Stato, tenendo conto delle dimensioni e della tipologia del traffico, dell'ubicazione territoriale e del ruolo strategico dei medesimi, nonché di quanto previsto nei progetti europei TEN. Tale decreto non risulta essere stato adottato. Al secondo comma, prevede l’istituzione di un comitato di coordinamento tecnico, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, allo scopo di coordinare le politiche di sviluppo degli aeroporti di interesse regionale.

§      le miniere ubicate sulla terraferma (in ordine alle quali si veda altresì quanto dispone l’articolo 3, comma 1, lettera b) del provvedimento);

§      gli altri beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento[22].

 

I commi 2 e 3 recano disposizioni concernenti l’esclusione di alcuni beni dalle procedure di trasferimento.

In particolare, il comma 2 individua le tipologie e le caratteristiche dei beni non trasferibili e il comma 3 stabilisce la procedura per l’individuazione dei predetti beni da parte delle amministrazioni statali e degli altri enti interessati e per la pubblicazione del corrispondente elenco sul sito internet dell’Agenzia del demanio.

 

Il comma 2 individua i beni che non possono essere oggetto di trasferimento, fatto salvo quanto previsto al comma 4 per i beni in uso al Ministero della difesa e al quale si rinvia.

Si tratta, in particolare, di:

a)      immobili utilizzati dalle Amministrazioni dello Stato, ivi comprese quelle ad ordinamento autonomo, dagli enti pubblici destinatari di immobili statali in uso governativo e dalle Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999. La esclusione opera a condizione che i predetti edifici siano utilizzati per finalità istituzionali.

Il decreto legislativo n. 300 del 1999, recante la Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (legge Bassanini), dispone, tra l’altro, l’istituzione di Agenzie le quali, come definite dall’articolo 8, sono strutture che svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici. Le Agenzie hanno piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge, sono sottoposte al controllo della Corte dei conti nonché ai poteri di indirizzo e di vigilanza del ministro cui fanno riferimento.

Una particolare disciplina, in deroga a quella generale, è prevista per le Agenzie fiscali le quali, ai sensi degli articoli da 62 a 65 sono: Agenzia delle entrate, Agenzia delle dogane, Agenzia del territorio e Agenzia del demanio.

Inoltre, l’articolo 88 del D.Lgs. n. 300/1999 istituisce l’Agenzia per la formazione e l'istruzione professionale.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi del terzo comma dell’articolo 826 del codice civile gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato.

b)      porti e aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore;

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 84/1994[23], i porti di rilevanza nazionale sono quelli sede di Autorità portuali[24].

Per quanto riguarda gli aeroporti, si segnala che l’articolo 698 del codice della navigazione, come modificato dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 96/2005[25], prevede l’emanazione di un decreto del Presidente della Repubblica[26] con il quale sono individuati gli aeroporti e i sistemi aeroportuali di interesse nazionale, quali nodi essenziali per l'esercizio delle competenze esclusive dello Stato, tenendo conto delle dimensioni e della tipologia del traffico, dell'ubicazione territoriale e del ruolo strategico dei medesimi, nonché di quanto previsto nei progetti di reti di trasporto trans-europee (TEN). Il decreto non è stato ancora emanato.

c)      beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente, nonché dal comma 5 dell’articolo in esame (cui si fa rinvio)[27] che specifica la disciplina del trasferimento dei beni indicati negli accordi di valorizzazione e di sviluppo culturale definiti dal codice dei beni culturali e del paesaggio;

Al riguardo si ricorda che l’art. 19 della L. 42 del 2009, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, ha inserito tra i principi e criteri direttivi dei decreti legislativi concernenti l’attribuzione di un proprio patrimonio a comuni, province, città metropolitane e regioni, l’individuazione delle tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, includendovi esplicitamente i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale (comma 1, lett. d)).

d)      beni oggetto di accordi o intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto (26 giugno 2010);

e)      reti di interesse statale, ivi comprese quelle stradali ed energetiche;

f)        strade ferrate in uso di proprietà dello Stato.

Le strade ferrate in uso, concesse in gestione alla società Rete Ferroviaria Italiana per sessanta anni, sono individuate nell’allegato B dell’atto di concessione (D.M. 31 ottobre 2000, n. 138T). Il citato decreto prevede inoltre la concessione delle linee di nuova realizzazione ed attivazione, individuate nei contratti di programma, e stabilisce che l’eventuale dismissione di linee ferroviarie deve essere autorizzata dal Ministero dei trasporti, sentiti il Ministero della difesa e il Ministero dell’economia e delle finanze.

g)      parchi nazionali e le riserve naturali statali;

I parchi nazionali e le riserve naturali sono definiti dalla legge n. 395 del 1991, (Legge quadro sulle aree protette), rispettivamente ai commi 1 e 3 dell’articolo 2 che dispone la classificazione delle aree naturali protette.

Si definiscono in particolare parchi nazionali le zone costituite da “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono uno o più ecosistemi intatti o anche parzialmente alterati da interventi antropici, una o più formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche, biologiche, di rilievo internazionale o nazionale per valori naturalistici, scientifici, estetici, culturali, educativi e ricreativi tali da richiedere l'intervento dello Stato ai fini della loro conservazione per le generazioni presenti e future”. Le riserve naturali sono invece costituite da “aree terrestri, fluviali, lacuali o marine che contengono una o più specie naturalisticamente rilevanti della flora e della fauna, ovvero presentino uno o più ecosistemi importanti per le diversità biologiche o per la conservazione delle risorse genetiche”. Le riserve naturali possono essere statali o regionali in base alla rilevanza degli interessi in esse rappresentati.

 

L’ultimo periodo del comma in esame specifica che i beni immobili in uso per finalità istituzionali sono inseriti negli elenchi dei beni esclusi dal trasferimento (v. comma 3) in base a criteri di economicità e di concreta cura degli interessi pubblici perseguiti.

 

Il comma 3 stabilisce che, ai fini dell’esclusione di cui al comma 2, le amministrazioni statali e gli altri enti interessati devono predisporre gli elenchi dei beni relativamente ai quali si richiede l’esclusione dalle procedure di trasferimento, fornendone adeguata motivazione.

Tali elenchi devono essere inviati all’Agenzia del demanio da ciascuno dei soggetti interessati, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, vale a dire entro il 24 settembre 2010.

L’Agenzia del demanio può chiedere chiarimenti circa le motivazioni trasmesse dagli enti interessati ai fini dell’esclusione, anche nella prospettiva della riduzione degli oneri per locazioni passive a carico del bilancio dello Stato.

Entro il predetto termine del 24 settembre, anche l’Agenzia del demanio è chiamata a compilare l’elenco dei beni di cui è richiesta l’esclusione dalle procedure di trasferimento.

 

Entro i successivi 45 giorni, ossia entro centotrentacinque giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, vale a dire entro l’8 novembre 2010, l’Agenzia del demanio, previo parere della Conferenza unificata che si dovrà esprimere entro il termine di 30 giorni, dovrà provvedere a redigere e a rendere pubblico sul proprio sito internet, ai fini di pubblicità-notizia, l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento, con l’indicazione delle motivazione pervenute dagli enti interessati.

Con il medesimo procedimento sopra illustrato, l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento può essere integrato o modificato.

 

Il comma 4 dell’articolo 5 prevede che, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, con D.P.C.M., su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, previa intesa sancita in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 281 del 1997, siano individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono ai sensi del precedente comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del D.L. n. 112 del 2008, di cui all’articolo 2, comma 628, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008), e di cui alla legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

 

L’articolo 14-bis del D.L. n. 112 del 2008 (Infrastrutture militari), novella in più parti il comma 13-ter dell'articolo27[28] del decreto legge n. 269 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003 che, tra l'altro, ha attribuito al Ministero della difesa il compito di individuare i beni immobili non più utili ai propri fini istituzionali, da dismettere e consegnare all'Agenzia del demanio.

Le modifiche riguardano:

-                 la proroga al 31 dicembre 2008 del termine entro il quale individuare gli immobili da dismettere;

-                 la soppressione del riferimento al valore complessivo di 2.000 milioni di euro da conseguire in relazione alla dismissione da realizzare nell'anno 2008;

-                 la previsione che la riallocazione degli immobili possa avvenire anche attraverso il ricorso ad accordi o a procedure negoziate con società a partecipazione pubblica e con soggetti privati;

-                 la previsione concernente l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero della difesa, di un fondo in conto capitale e di un fondo di parte corrente destinati al finanziamento della suddette riallocazione, nonché delle esigenze di funzionamento, ammodernamento e manutenzione dei mezzi delle Forze armate, inclusa l'Arma dei carabinieri. I fondi sono determinati dalla legge finanziaria.

Al fondo in conto capitale concorrono anche i proventi derivanti dalle attività di valorizzazione immobiliare effettuate dall'Agenzia del demanio con particolare riguardo alle infrastrutture militari ancora in uso alle strutture del Ministero della difesa; al fondo di parte corrente affluiscono anche i proventi derivanti dalle alienazioni dei materiali fuori uso della Difesa.

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il decreto direttoriale 23 dicembre 2008 con cui sono stati individuati gli immobili di proprietà dello Stato in uso all'Amministrazione della difesa, non più utili ai fini istituzionali.

Inoltre, l’articolo 14-bis del D.L. n. 112/2008, al comma 3 attribuisce al Ministero della difesa il compito di individuare, con apposito decreto, ulteriori immobili da alienare, non ricompresi negli elenchi di cui all'articolo 27, comma 13-ter del citato decreto legge n. 269 del 2003, stabilendo, al riguardo, le procedure concernenti le operazioni di vendita, permuta, valorizzazione e gestione dei citati beni. I proventi derivanti dalle suddette procedure possono essere destinati al soddisfacimento delle esigenze funzionali del Ministero della difesa previa verifica della compatibilità finanziaria e dedotta la quota che può essere destinata agli enti territoriali interessati.

 

L’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), stabilisce che vengano individuate tre categorie di alloggi di servizio:

-                 alloggi da assegnare al personale per il tempo in cui svolge particolari incarichi di servizio, che richiedano la costante presenza del titolare nella sede di servizio;

-                 alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione di esigenze di mobilità e abitative;

-                 alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante riscatto.

Il medesimo comma 628, stabilisce inoltre che il Ministero della Difesa provveda all’alienazione della proprietà, dell’usufrutto, della nuda proprietà di almeno 3.000 alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali.

Viene inoltre stabilito che gli acquirenti degli alloggi non possano rivenderli prima di 5 anni e che i proventi delle alienazioni vengano riassegnati allo stato di previsione del Ministero della Difesa.

Il comma 628, infine, prevede specifiche procedure per rendere più celeri i procedimenti relativi alle alienazioni di cui alla lettera precedente.

 

La legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), richiamata genericamente dal comma 4 in oggetto, sembrerebbe far riferimento alle disposizioni contenute all’articolo 2, commi da 189 a 194, relativi alla promozione da parte del Ministero della difesa della costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare.

In particolare il comma 189 prevede che, al fine di realizzare le risorse necessarie a soddisfare le esigenze infrastrutturali e alloggiative delle Forze armate, attraverso la valorizzazione e l’alienazione degli immobili militari, il Ministero della difesa sia autorizzato a promuovere la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, d’intesa con i comuni con i quali saranno sottoscritti accordi di programma.

Il comma 190 stabilisce che, con uno o più decreti del Ministro della difesa, siano individuati gli immobili da trasferire o da conferire ai fondi comuni di cui al precedente comma, che potranno essere oggetto di accordi di programma con i comuni presso i quali sono ubicati. Gli immobili inseriti nei suddetti decreti sono classificati come patrimonio disponibile dello Stato. I decreti hanno effetto dichiarativo della proprietà e producono gli effetti previsti dall’articolo 2644 (Effetti della trascrizione) del codice civile, nonché effetti sostitutivi dell’iscrizione del bene al catasto. Contro tali decreti è ammesso ricorso amministrativo entro sessanta giorni dalla pubblicazione dei decreti sulla Gazzetta Ufficiale.

Il comma 191dispone che, ai sensi dell’articolo 58 del D.L. n. 112/2008, in materia di ricognizione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, comuni ed altri enti locali, la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del protocollo d’intesa corredato dallo schema di accordo di programma costituisca autorizzazione alle varianti allo strumento urbanistico generale, per le quali non occorre la verifica di conformità agli eventuali atti di pianificazione delle Province e delle Regioni, fatta eccezione che la variante comporti incrementi volumetrici superiori al 30 per cento dei volumi esistenti. Per gli immobili oggetto degli accordi di programma che siano assoggettati alla disciplina prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004) è acquisito il parere della competente Soprintendenza del Ministero per i beni e le attività culturali, da esprimersi entro trenta giorni.

Il comma 192 prevede che, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, siano disciplinate, tenendo altresì conto degli accordi di programma di cui al precedente comma 190, le procedure e i criteri attraverso i quali procedere all’individuazione e all’eventuale costituzione della società di gestione del risparmio (SGR) per il suo funzionamento e per le cessioni delle quote del fondo. Resta fermo che gli immobili conferiti che siano ancora in uso al Ministero della difesa possono continuare a essere utilizzati a titolo gratuito dal medesimo Ministero fino alla riallocazione delle funzioni da realizzare in base al crono programma stabilito con il decreto di conferimento degli immobili al fondo. Ai comuni con i quali sono stati sottoscritti gli accordi di programma di cui al precedente comma 190, è riconosciuta una quota tra il 10 e il 20 per cento del ricavato derivante dall’alienazione degli immobili valorizzati.

Infine i comma 194 prevede l’adozione di un decreto del Ministro della difesa di concerto con il Ministro dell’economia, che determini, fermo restando l’importo dovuto ai sensi del successivo comma 195 (600 milioni attribuiti al Comune di Roma e al Commissario straordinario), le quote di risorse derivanti dalla cessione delle quote dei fondi comuni di investimento immobiliare di cui al comma 189, o dal trasferimento degli immobili ai fondi, da destinare al Ministero della difesa per l’iscrizione in un fondo in conto capitale istituito nello stato di previsione del Ministero della difesa, che prevede la costituzione del fondo in conto capitale per l’attuazione del programma infrastrutturale della difesa. Le risorse affluite nel fondo sopra richiamate sono destinate alla realizzazione di un programma di riorganizzazione delle Forze armate, con prioritaria destinazione alla razionalizzazione del settore infrastrutturale.

 

Il comma 5, inserito a seguito del parere parlamentare sullo schema di D.Lgs. prevede il trasferimento alle regioni e agli altri enti territoriali di cose e beni culturali indicati nell’ambito di specifici accordi di valorizzazione: esso si collega, quindi, al comma 2 dello stesso articolo 5, che - si ricorda - esclude il trasferimento di beni appartenenti al patrimonio culturale, “salvo quanto previsto dalla normativa vigente e dal comma 7[29]”.

In particolare, il comma in esame esplicitail riferimento alla normativa vigente specificando quali sono i beni culturali che possono essere trasferiti: infatti, dispone che, in sede di prima applicazione del D.Lgs. ed entro un anno dalla sua entrata in vigore (ovvero, entro il 26 giugno 2011), lo Stato provvede al trasferimento alle regioni e agli altri enti territoriali, ai sensi dell’art. 54, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio[30], di cose e beni culturali indicati in specifici accordi di valorizzazione, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’art. 112, comma 4, dello stesso codice.

Si tratta dei beni culturali inalienabili che, ai sensi dell’art. 54 citato, possono essere oggetto di trasferimento tra lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali.

 

Si ricorda, in proposito, che il D.Lgs. 42/2004, dopo aver introdotto il concetto di demanio culturale (art. 53)[31], distingue, in linea generale, due categorie di beni: quelli in ogni caso inalienabili (art. 54) e quelli alienabili a determinate condizioni, tra i quali possono rientrare anche beni appartenenti al demanio culturale (art. 55).

Con riguardo ai beni inalienabili - definiti dai commi 1 e 2 dell’art. 54[32] - il comma 3 del medesimo articolo stabilisce che essi possono essere oggetto di trasferimento tra lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali[33]. Tali beni, comunque, sono utilizzabili esclusivamente a fini di fruizione e valorizzazione (art. 54, comma 4).

Quest’ultima, ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. 42/2004, consiste “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso, (…) al fine di promuovere lo sviluppo della cultura. Essa comprende anche la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione del patrimonio culturale[34]”.

Nel prevedere le forme di valorizzazione dei beni culturali di appartenenza pubblica, l’art. 112, comma 4, del medesimo D.Lgs. 42/2004, richiamato dal comma in esame, consente che lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali stipulino accordi[35] riferiti a tale tipologia per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi.

 

Non appare chiara la limitazione della procedura indicata alla fase di prima applicazione del decreto legislativo.

 

Il comma 6, consente il trasferimento ai Comuni di aree già comprese nei porti[36] e non più funzionali all'attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica.

Tale trasferimento è possibile esclusivamente nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale, ovvero,ai sensi dell’articolo 4 della legge n. 84/1994[37], dei porti sedi di Autorità portuali[38].

Il trasferimento è effettuato dall’Agenzia del demanio, previa autorizzazione dell’Autorità portuale. Qualora l’Autorità portuale non sia stata istituita, l’autorizzazione è rilasciata dalla competente Autorità marittima.

Le Autorità portuali, istituite dall’articolo 6 della citata legge n. 84/94, sono dotate di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia finanziaria ed hanno funzioni di indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali e delle attività commerciali ed industriali esercitate nei porti. Provvedono alla manutenzione delle parti comuni portuali e all’affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale. Le Autorità portuali amministrano i beni del demanio marittimo compresi nella circoscrizione territoriale di loro competenza.

Le Autorità marittime sono i soggetti i quali, secondo quanto previsto dall’articolo 16 del codice della navigazione, sono preposti alle zone marittime (direttore marittimo), ai compartimenti (capo del compartimento) e ai circondari (capo del circondario), in cui è articolato il litorale italiano. Le relative funzioni sono espletate dal personale del Corpo delle Capitanerie di Porto, facente parte della Marina Militare, che opera alle dipendenze funzionali del Ministero dei Trasporti.

 

Ai sensi del comma 7, è in ogni caso escluso il trasferimento dei beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica, nonché i beni in uso al Senato, alla Camera, alla Corte Costituzionale e agli organi di rilevanza costituzionale.

La dotazione della Presidenza della Repubblica è stata determinata, sulla base dell’art. 84, terzo comma, Cost., dalla legge 9 agosto 1948, n. 1077, e successive modificazioni.

 

Per ciò che attiene agli organi di rilevanza costituzionale, si ricorda che l’individuazione degli organi rientranti in questa categoria è oggetto di dibattito a livello dottrinario.

Sono sicuramente compresi in questa categoria il CNEL (art. 99 Cost.), il Consiglio di Stato (art. 100, primo comma, Cost.), la Corte dei Conti (art. 100, secondo comma, Cost.) e il CSM (art. 104 Cost.). Maggiormente discussa è invece la possibilità di comprendere anche il Consiglio dei ministri ed i suoi componenti (Presidente del Consiglio e ministri).

Non rileva in questa sede la riconducibilità alla categoria degli organi di rilevanza costituzionale delle regioni, degli enti locali e dei loro organi, in quanto la disciplina in esame concerne unicamente il trasferimento di beni di pertinenza statale.


 

Articolo 6
(Valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare)

 


1. Al fine di favorire la massima valorizzazione dei beni e promuovere la capacità finanziaria degli enti territoriali, anche in attuazione del criterio di cui all'articolo 2, comma 5, lettera c), i beni trasferiti agli enti territoriali possono, previa loro valorizzazione, attraverso le procedure per l'approvazione delle varianti allo strumento urbanistico di cui all'articolo 2, comma 5, lettera b), essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare istituiti ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86. Ciascun bene è conferito, dopo la relativa valorizzazione attraverso le procedure per l'approvazione delle varianti allo strumento urbanistico, per un valore la cui congruità è attestata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell'Agenzia del de­manio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze.

2. La Cassa depositi e prestiti, secondo le modalità di cui all'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, può partecipare ai fondi di cui al comma 1.

3. Agli apporti di beni immobili ai fondi effettuati ai sensi del presente decreto si applicano, in ogni caso, le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.


 

 

L’articolo 6 reca disposizioni per la valorizzazione dei beni immobili degli enti territoriali attraverso il loro conferimento a fondi comuni di investimento immobiliare.

 

Nella formulazione originaria dello schema di decreto, come sottoposto all’esame della Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale, l’articolo 6 – per favorire l’applicazione del criterio della “capacità finanziaria” degli enti territoriali assegnatari dei beni – demandava a uno più regolamenti il riordino e l’adeguamento della disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliari con apporto pubblico prevalente, di cui all'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86[39], disciplinando altresì i princìpi e criteri direttivi cui dovevano informarsi i predetti regolamenti.

Nel parere espresso il 19 maggio 2010 sullo schema di decreto esaminato, la suddetta Commissione bicamerale anche recependo i rilievi espressi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, in riferimento all’articolo 6 proponeva di eliminare dal testo le disposizioni di riordino e adeguamento della disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliari con apporto pubblico, in considerazione del fatto che la legge di delega n. 42 del 2009 non reca un esplicito criterio direttivo in tal senso.

La Commissione proponeva inoltre di sostituire i restanti commi dell'articolo 6, come di seguito si illustra.

L’articolo 6 del decreto recepisce quasi integralmente le indicazioni della Commissione bicamerale.

Nel dettaglio, per favorire la massima valorizzazione dei beni trasferiti e per promuovere la capacità finanziaria degli enti territoriali, il comma 1 stabilisce che i beni trasferiti agli enti territoriali, previa loro valorizzazione, possono essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare istituiti ai sensi dell’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 ovvero dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, attraverso le procedure per l’approvazione delle varianti allo strumento urbanistico (di cui all’articolo 2, comma 5, lettera b) del decreto).

 

Si ricorda che l’articolo 2, comma 5, lettera b) del decreto in esame individua la semplificazione tra i principi e criteri direttivi per l’attribuzione dei beni agli enti territoriali. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione, secondo le procedure di valorizzazione dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112[40] (ai sensi del quale gli enti interessati redigono un elenco degli immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali e suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione: una volta redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione, l'inserimento degli immobili nel piano ne determina la conseguente classificazione come patrimonio disponibile e ne dispone espressamente la destinazione urbanistica; la deliberazione del consiglio comunale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni costituisce variante allo strumento urbanistico generale).

La lettera b) del comma 5 a tal fine prevede che, per assicurare la massima valorizzazione dei beni trasferiti, la deliberazione da parte dell’ente territoriale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni è trasmessa ad un’apposita conferenza di servizi (disciplinata dalle norme sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241) a cui partecipano il Comune, la Provincia, la Città metropolitana e la Regione interessati, per acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni comunque denominati necessari alla variazione di destinazione urbanistica. La determinazione finale della conferenza di servizi costituisce provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale e ne fissa i limiti e i vincoli. Ciascun bene è conferito, dopo la relativa valorizzazione attraverso le procedure per l’approvazione delle varianti allo strumento urbanistico, per un valore la cui congruità è attestata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze.

 

L’articolo 37 del D.Lgs. n. 58 del 1998 disciplina la struttura dei fondi comuni di investimento, demandando a un regolamento del Ministero dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, la determinazione dei criteri generali cui devono uniformarsi i fondi comuni di investimento con riguardo a diversi aspetti della loro struttura e disciplina (all'oggetto dell'investimento, categorie di investitori cui è destinata l'offerta delle quote, modalità di partecipazione, durata, etc.). In attuazione della predetta prescrizione è stato emanato il D.M. 24 maggio 1999, n. 228.

 

L’articolo 14-bis della legge n. 86/1994 consente la sottoscrizione di quote di fondi comuni di investimento immobiliare “chiusi” - entro un anno dalla costituzione - con apporto di beni immobili o di diritti reali su immobili, ove l'apporto sia prevalentemente costituito (per oltre il 51 per cento) da beni e diritti apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da regioni, da enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute, anche indirettamente, dagli stessi soggetti (comma 1).

Le disposizioni dell’articolo 14-bis regolano la costituzione del fondo, il contenuto obbligatorio del relativo regolamento, il collocamento delle quote, l’eventuale liquidazione, la disciplina fiscale applicabile ai conferimenti, ai proventi e ai beni retrocessi a seguito di liquidazione. Sono poi recate puntuali disposizioni sull’utilizzo dei beni immobili conferiti e sulla destinazione dei proventi del fondo.

Nel dettaglio (commi 2 e 3 dell’articolo 14-bis),la società di gestione del fondo non deve essere controllata, neanche indirettamente, da alcuno dei soggetti che procedono all'apporto (con l’eccezione, però, delle partecipazioni detenute dal Ministero del tesoro).

Il regolamento del fondo deve contenere alcune misure restrittive in ordine al conferimento di beni: è infatti previsto l’obbligo di integrazione degli apporti in natura con un apporto in denaro, salvo specifiche eccezioni. La liquidità derivata dagli apporti in denaro non può essere utilizzata per l’acquisto di beni immobili o diritti reali immobiliari(commi 2 e 3).

Ove non ottenga la collocazione del numero minimo di quote prescritto dalle norme stesse, il fondo può essere liquidato, con nomina di un commissario ministeriale, operante secondo le direttive impartite dal Ministro dell’economia e delle finanze medesimo, il quale provvederà a retrocedere i beni immobili e i diritti reali immobiliari apportati ai conferenti (comma 9).

Per quanto attiene alla disciplina fiscale degli apporti al fondo, si ricorda che essi – ove istituiti a norma del già illustrato comma 1 - non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto (comma 10). E’ prevista un’imposta sostitutiva pari a 1 milione di lire (516,4 euro), in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale e dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, per l'insieme degli apporti iniziali e delle eventuali successive retrocessioni (in caso di liquidazione del fondo e gestione commissariale) liquidata dall'ufficio del registro a seguito di denuncia del primo apporto in natura, che deve essere presentata dalla società di gestione entro sei mesi dalla data in cui l'apporto stesso è stato effettuato.

Le norme prevedono poi (comma 12) una specifica modalità di gestione dei progetti di utilizzo degli immobili e dei diritti apportati ai fondi dai già ricordati soggetti pubblici. Ove l’importo complessivo dei beni apportati sia superiore a 2 miliardi di lire (euro 1.032.914), tali progetti sono sottoposti all'approvazione della conferenza di servizi; le determinazioni concordate in tale sede sostituiscono a tutti gli effetti i concerti, le intese, i nulla osta e gli assensi comunque denominati. Ove nelle conferenze non si pervenga alle determinazioni conclusive entro novanta giorni dalla convocazione ovvero non si raggiunga l'unanimità, anche in conseguenza della mancata partecipazione ovvero della mancata comunicazione entro venti giorni delle valutazioni delle amministrazioni e dei soggetti regolarmente convocati, le relative determinazioni sono assunte ad ogni effetto dal Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Tale termine può essere prorogato una sola volta per non più di sessanta giorni. I termini stabiliti da altre disposizioni di legge e regolamentari per la formazione degli atti facenti capo alle amministrazioni e soggetti chiamati a determinarsi nelle conferenze di servizi, ove non risultino compatibili con il termine di cui al precedente periodo, possono essere ridotti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per poter consentire di assumere le determinazioni delle conferenze di servizi nel rispetto del termine stabilito nel periodo precedente. Eventuali carenze, manchevolezze, errori od omissioni della conferenza nel procedimento di approvazione del progetto non sono opponibili alla società di gestione, al fondo, né ai soggetti cui sono stati trasmessi, in tutto ovvero anche solo in parte, i relativi diritti.

Il Ministro dell’economia e delle finanze può emettere (comma 13) titoli speciali che prevedono diritti di conversione in quote dei suddetti fondi. Per le quote di propria pertinenza, oltre ad avvalersi della procedura prevista per il collocamento delle quote, il MEF può altresì emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote. Le somme derivanti dal collocamento di tali titoli speciali o dalla cessione delle quote dei fondi sottoscritte con apporti dello Stato o di enti previdenziali pubblici, nonché i proventi distribuiti dagli stessi fondi per dette quote, affluiscono agli enti titolari (comma 14).

Gli enti locali territoriali (comma 15), fino a concorrenza del valore dei beni conferiti, possono emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote dei suddetti fondi. Essi, in alternativa alla procedura ordinaria di collocamento delle quote, possono emettere titoli speciali che prevedano diritti di conversione in quote di fondi istituiti o da istituirsi; le somme derivanti dal collocamento dei titoli, dalla cessione delle quote nonché dai proventi distribuiti dai fondi sono destinate al finanziamento degli investimenti e alla riduzione del debito complessivo.

Ove il regolamento del fondo prescriva, per l'utilizzazione o la valorizzazione dei beni e dei diritti da conferire (ai sensi del citato comma 1) da parte degli enti locali territoriali, l'esecuzione di lavori su beni immobili di pertinenza del fondo stesso, gli enti conferenti devono effettuare anche i conferimenti in denaro necessari. A tal fine sono autorizzati ad emettere prestiti obbligazionari convertibili in quote del fondo fino a concorrenza dell'ammontare sottoscritto in denaro. Le quote del fondo spettanti agli enti locali territoriali a seguito dei conferimenti in denaro sono tenute in deposito presso la banca depositaria fino alla conversione.

Il comma 2 autorizza la Cassa depositi e prestiti a partecipare a tali fondi, secondo le modalità previste all’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5[41].

Tale norma (come modificata dall’articolo 2, comma 235 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 – legge finanziaria 2010)prevedeche le operazioni di finanziamento (tra cui anche le operazioni in favore dello Stato, delle regioni, degli enti locali, degli enti pubblici e degli organismi di diritto pubblico) effettuate da Cassa Depositi e Prestiti s.p.a. attraverso l’uso delle risorse provenienti dalla raccolta del risparmio postale (cd. gestione separata[42]) possano assumere qualsiasi forma, quale quella della concessione di finanziamenti, del rilascio di garanzie, dell’assunzione di capitale di rischio o di debito, e possono essere realizzate anche a favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia.

Le predette operazioni possono essere effettuate in via diretta, ovvero attraverso l’intermediazione di soggetti autorizzati all’esercizio del credito.

La disposizione autorizza inoltre lo Stato a sottoscrivere per l’anno 2010 quote di società di gestione del risparmio, per un valore fino a 500 mila euro, finalizzate a gestire fondi comuni di investimento mobiliare di tipo chiuso, destinate ad investitori qualificati per il rafforzamento patrimoniale e l’aggregazione di imprese di minore dimensione.

Il comma 3 prevede che agli apporti di beni immobili ai fondi effettuati ai sensi del presente decreto si applichino, in ogni caso, le agevolazioni fiscali di cui ai già illustrati commi 10 e 11 del citato articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.


 

Articolo 7
(Decreti biennali di attribuzione)

 


1. A decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottati ogni due anni su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, su richiesta di Regioni ed enti locali sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 4 e 5 del presente decreto legislativo, possono essere attribuiti ulteriori beni eventualmente resisi disponibili per ulteriori trasferimenti.

2. Gli enti territoriali interessati possono individuare e richiedere ulteriori beni non inseriti in precedenti decreti ne in precedenti provvedimenti del direttore dell'Agenzia del demanio. Tali beni sono trasferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato ai sensi del comma 1. A tali richieste è allegata una relazione attestante i benefici derivanti alle pubbliche amministrazioni da una diversa utilizzazione funzionale dei beni o da una loro migliore valorizzazione in sede locale.


 

 

L’articolo 7. comma 1, stabilisce che, a decorrere dal 1° gennaio 2012 e con cadenza biennale, possono essere adottati ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri finalizzati all’attribuzione di ulteriori beni resisi disponibili.

I suddetti decreti devono essere adottati, dietro richiesta da parte di regioni ed enti locali, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 4 e 5 del presente provvedimento.

Ai sensi del comma 2 le richieste presentate dagli enti territoriali interessati e relative a beni non inseriti né in precedenti decreti né in precedenti provvedimenti del direttore dell’Agenzia del demanio devono essere corredate di una relazione attestante i benefici derivanti alle pubbliche amministrazioni da una diversa utilizzazione funzionale dei beni o da una loro migliore valorizzazione in sede locale.

Si ricorda, inoltre, che in base al rinvio contenuto nel comma 6 dell’articolo 3 del decreto legislativo in esame, i decreti biennali possono interessare anche i beni che, pur contenuti nei D.P.C.M. in precedenza emanati, siano stati attribuiti al patrimonio vincolato e non siano stati oggetto di accordi di programma o di protocolli d’intesa entro il termine di 36 mesi previsto dal richiamato comma 6.

 


 

Articolo 8
(Utilizzo ottimale di beni pubblici da parte degli enti territoriali)

 

1. Gli enti territoriali, al fine di assicurare la migliore utilizzazione dei beni pubblici per lo svolgimento delle funzioni pubbliche primarie attribuite, possono procedere a consultazioni tra di loro e con le amministrazioni periferiche dello Stato, anche all'uopo convocando apposite Conferenze di servizi coordinate dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato. Le risultanze delle consultazioni sono trasmesse al Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della migliore elaborazione delle successive proposte di sua competenza e possono essere richiamate a sostegno delle richieste avanzate da ciascun ente.

 

 

L’articolo 8 prevede la facoltà per gli enti territoriali (regioni ed enti locali) di procedere a consultazioni tra di loro e con le amministrazioni periferiche dello Stato, anche convocando conferenze di servizi coordinate dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato, al fine di assicurare la migliore utilizzazione dei beni pubblici per lo svolgimento delle funzioni pubbliche primarie attribuite.

Le risultanze delle consultazioni sono trasmesse al Ministero dell'economia e delle finanze ai fini della migliore elaborazione delle successive proposte di sua competenza e possono essere richiamate a sostegno delle richieste avanzate da ciascun ente.

 


 

Articolo 9, commi 1, 4 e 6
(Esenzioni fiscali e vincoli di spesa)

 


1. Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del presente decreto sono esenti da ogni diritto e tributo.

(…)

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione ai trasferimenti dei beni immobili di cui al presente decreto legislativo, è assicurata la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finan­ziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni.

(…)

6. Nell'attuazione del presente decreto legislativo è comunque assicurato il rispetto di quanto previsto dall'articolo 28 della legge 5 maggio 2009, n. 42.


 

 

Il comma 1 dell’articolo 9 dispone l’esenzione da ogni diritto e da ogni tributo dovuto sugli atti, contratti, formalità e ogni altro adempimento necessario per l’attuazione del provvedimento in esame. La norma esclude dunque da ogni forma impositiva tutte le operazioni di trasferimento dei beni e le operazioni correlate effettuate in attuazione della disciplina in commento.

 

In coerenza con quanto emerso nel parere espresso dalla Commissione bicamerale, all’articolo 9 sono stati aggiunti due ulteriori commi:

§         il comma 4 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sia assicurata, in relazione ai trasferimenti dei beni immobili di cui al decreto legislativo in esame, la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo specifico che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni;

Si tratta di una norma atta a garantire una simmetria tra la riallocazione delle funzioni tra lo Stato e gli enti decentrati e la dotazione del relativo capitale umano e finanziario, finalizzata ad evitare una possibile duplicazione di funzioni - e pertanto di costi - a carico della finanza pubblica;

§         il comma 6 rafforza quanto introdotto dal comma 4, specificando che nell’attuazione del presente decreto legislativo sia comunque assicurato il rispetto di quanto previsto dall’articolo 28 della legge 5 maggio 2009, n. 42, che reca le norme di salvaguardia finanziaria per l’attuazione del federalismo fiscale.

In particolare, la norma citata stabilisce che l’attuazione del federalismo fiscale debba essere compatibile con gli impegni finanziari derivanti dal Patto di stabilità e di crescita. A tal fine, i decreti legislativi attuativi devono individuare meccanismi idonei ad assicurare che:

a)  vi sia la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni;

b)  sia garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale, nonché del suo riparto tra i diversi livelli di governo e sia salvaguardato l'obiettivo di non produrre aumenti della pressione fiscale complessiva, anche nel corso della fase transitoria di passaggio dalla “spesa storica” al “costo e fabbisogno standard”.

In ogni caso, dalla legge n. 42/2009 e da ciascuno dei decreti legislativi attuativi non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 9, comma 2
(Rimodulazione delle risorse per gli enti beneficiari dei beni trasferiti)

 


2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell'interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per i rapporti con le Regioni, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinate le modalità, per ridurre, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento, le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli enti locali contestualmente e in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui agli articoli 3 e 7.


 

 

Il comma 2 prevede che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri sono determinati le modalità per la riduzione, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento, delle risorse a qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti localicontestualmente e in misura corrispondente alla riduzione delle entrate erariali conseguente al processo di trasferimento dei beni statali.

 

I decreti sono adottati su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali.

 

La disposizione in esame ha l’obiettivo di compensare - attraverso una riduzione delle risorse a favore degli enti territoriali - le minori entrate statali derivanti dalla cessione dei beni a tali enti, a seguito dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3.

 

In base alla relazione tecnica, il gettito erariale potenzialmente interessato da riduzioni, in conseguenza del trasferimento dei beni previsto dall’articolo 3, è quantificato in complessivi 189 milioni di euro, per la gran parte relativi ai canoni demaniali, stimati intorno ai 140 milioni (ulteriori 40 milioni sono relativi ai redditi di beni immobili patrimoniali per affitti, concessioni e altro).

La determinazione degli importi di cui dovranno essere effettivamente ridotte le risorse spettanti a regioni ed enti locali dipenderà, tuttavia, dai beni oggetto di trasferimento, quali saranno individuati nei D.P.C.M. di cu all’articolo 3.

In ogni caso, la disposizione prevista dal comma 2 in esame garantisce la neutralità finanziaria dell’operazione di trasferimento dei beni, attraverso la rideterminazione delle risorse spettanti agli enti territoriali beneficiari.

 


 

Articolo 9, comma 3
(Esclusione delle spese di gestione e manutenzione dei beni dal patto di stabilità)

 


3. Alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del presente decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti. Tale importo è determinato secondo i criteri e con le modalità individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati.


 

 

Il comma 3 dell’articolo 9 - inserito a seguito delle indicazioni fornite nel parere espresso dalla Commissione bicamerale, in linea con le considerazioni già emerse al riguardo in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali - stabilisce che alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo pari alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti. Si precisa, inoltre, che tale importo è determinato secondo criteri e con modalità da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo.

 

Al fine di evitare duplicazioni di spesa, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati.

 


 

Articolo 9, comma 5
(Destinazione dei proventi delle alienazioni)

 


5. Le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del presente decreto nonché quelle derivanti dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti sono acquisite dall'ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse. Le predette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell'ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. La residua quota del venticinque per cento è destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, sono definite le modalità di applicazione del presente comma. Ciascuna Regione o ente locale può pro­cedere all'alienazione di immobili attribuiti ai sensi del presente decreto legislativo previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. L'attestazione è resa entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta.


 

 

Il comma 5, introdotto a seguito delle indicazioni emerse nel parere espresso della Commissione bicamerale, introduce stringenti vincoli in ordine alla destinazione dei proventi derivanti a ciascuna regione ed ente locale dall’eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del decreto legislativo in esame.

 

Lo schema di decreto non recava, infatti, alcuna indicazione in ordine alla destinazione dei proventi di eventuali processi di alienazione dei beni immobili trasferiti - a differenza di quanto previsto per le dismissioni immobiliari dello Stato, per le quali vige un vincolo di destinazione dei relativi proventi a riduzione del debito pubblico - i quali pertanto avrebbero potuto essere utilizzati per coprire disavanzi di bilancio ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, come del resto previsto dal criterio di delega di cui di cui all’articolo 17, comma 1, lettera e), della legge n. 42 del 2009, che prevede l’introduzione, nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, di un sistema sanzionatorio che dispone il divieto dell’assunzione di personale e di iscrizione in bilancio di spese discrezionali sino all’assunzione da parte dell’ente di provvedimenti idonei a raggiungere gli obiettivi, fra i quali è specificamente annoverata anche l'alienazione di beni rientranti nel patrimonio disponibile dell'ente.

 

La norma prevede che le risorse nette derivanti a ciascun ente dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del decreto legislativo, nonché quelle derivanti da eventuali cessioni di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti, siano acquisite dall’ente territoriale per un ammontare pari al 75 per cento delle stesse, al fine di essere destinate alla riduzione del debito dell’ente e, in assenza del debito o comunque per la eventuale parte restante, a spese di investimento.

La quota residua del 25 per cento è invece destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato.

 

Il Fondo, istituito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 432 con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico, è attualmente disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A), Capo III del Titolo I (artt. 44-52).

Per quanto concerne i meccanismi di funzionamento del Fondo si ricorda che inbase all’art. 48 del D.P.R. n. 397/2003 le disponibilità che affluiscono al Fondodebbono essere interamente impiegate nell'acquisto di titoli di Stato o nel rimborso di titoli in scadenzaa decorrere dal 1995, nonché per l'acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.

Le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate in (art. 45, D.Lgs, n. 396/2003):

a)       titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato;

b)       proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato; sono in ogni caso esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari;

c)       gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato;

d)       eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;

e)       proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo;

f)        proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione.

Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi trasferiti ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia (capitolo 9565 dell’UPB 26.2.9) ed essere infine accreditate presso la Banca d'Italia, in un conto intestato appunto al Fondo.

 

Il comma 5 rinvia la definizione delle modalità applicative di tale disciplina ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo.

Al fine di ottimizzare i proventi derivanti da eventuali processi di dismissione, ciascuna regione o ente locale può procedere all’alienazione di immobili attribuiti previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze, da rendere entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta.

 

 


 

Testo a fronte tra
lo schema di decreto (Atto n. 196) e
il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale (decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85)*

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Gazzetta Ufficiale n. 134 dell’11 giugno 2010

 


 

Le parti del testo riportate in carattere grassetto nella prima colonna risultano soppresse nella versione finale.

 

SCHEMA - ATTO n. 196

D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85

 

 

Art. 1

Art. 1

(Oggetto)

(Oggetto)

1. Nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del presente decreto legislativo e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni statali che, su richiesta dell’ente territoriale interessato, possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

1. Nel rispetto della Costituzione, con le disposizioni del presente decreto legislativo e con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

2. Gli Enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale.

Gli enti territoriali cui sono attribuiti i beni sono tenuti a garantirne la massima valorizzazione funzionale.

 

 

Art. 2

Art. 2

(Attribuzione del patrimonio)

(Parametri per l’attribuzione del patrimonio)

1. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplifi-cazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale.

1. Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, sempli-ficazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale, in base a quanto previsto dall’articolo 3.

 

2. Gli enti locali in stato di dissesto finanziario ai sensi dell’articolo 244 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fino a quando perdura lo stato di dissesto, non possono alienare i beni ad essi attribuiti, che possono essere utilizzati solo per finalità di carattere istituzionale.

2. Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni possono chiedere l’attribuzione a titolo non oneroso dei beni già individuati a tal fine dallo Stato. Lo Stato, sulla base delle richieste degli enti territoriali, procede all’attribuzione dei beni.

Soppresso

3. In applicazione del principio di sussidiarietà lo Stato, qualora un bene non sia attribuito a un ente territoriale di un determinato livello di governo, può comunque procedere, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del medesimo bene a un ente territoriale di un diverso livello di governo.

3. In applicazione del principio di sussidiarietà, nei casi previsti dall’articolo 3, qualora un bene non sia attribuito a un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato procede, sulla base delle domande avanzate, all’attribuzione del medesimo bene a un ente territoriale di un diverso livello di governo.

4. L’ente territoriale, a seguito dell’attribuzione, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della collettività territoriale rappresentata. Ciascun ente assicura l’informazione della collettività circa il processo di valorizzazione anche tramite pubblicazione sul proprio sito internet istituzionale. I Comuni possono indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.

4. L’ente territoriale, a seguito del trasferimento, dispone del bene nell’interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorire la massima valorizzazione funzionale del bene attribuito, a vantaggio diretto o indiretto della medesima collettività territoriale rappresentata. Ciascun ente assicura l’informazione della collettività circa il processo di valorizzazione, anche tramite divulgazione sul proprio sito internet istituzionale. Ciascun ente può indire forme di consultazione popolare, anche in forma telematica, in base alle norme dei rispettivi Statuti.

5. I beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise, sulla base dei seguenti criteri:

5. I beni statali sono attribuiti, a titolo non oneroso, a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, anche in quote indivise, sulla base dei seguenti criteri:

a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che per l’entità o tipologia dei beni trasferiti, esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione;

a) sussidiarietà, adeguatezza e territorialità. In applicazione di tali criteri, i beni sono attribuiti, considerando il loro radicamento sul territorio, ai Comuni, salvo che per l’entità o tipologia del singolo bene o del gruppo di beni, esigenze di carattere unitario richiedano l’attribuzione a Province, Città metropolitane o Regioni quali livelli di governo maggiormente idonei a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione tenendo conto del rapporto che deve esistere tra beni trasferiti e funzioni di ciascun livello istituzionale;

b) semplificazione. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli Enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

b) semplificazione. In applicazione di tale criterio, i beni possono essere inseriti dalle Regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. A tal fine, per assicurare la massima valorizzazione dei beni trasferiti, la deliberazione da parte dell’ente territoriale di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni è trasmessa ad un’apposita conferenza di servizi, che opera ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, a cui partecipano il Comune, la Provincia, la Città metropolitana e la Regione interessati, volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni comunque denominati necessari alla variazione di destinazione urbanistica. Sono fatte salve le procedure e le determinazioni adottate da organismi istituiti da leggi regionali, con le modalità ivi stabilite. La determinazione finale della conferenza di servizi costituisce provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale e ne fissa i limiti e i vincoli;

c) capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene. A tal fine, l’attribuzione dei beni immobili appartenenti allo Stato può avvenire, su richiesta dell’ente territoriale interessato e senza ulteriori oneri a carico dello Stato, mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti, o da costituire, da uno o più enti territoriali, anche ai sensi dell’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

c) capacità finanziaria, intesa come idoneità finanziaria necessaria a soddisfare le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione dei beni.

d) correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene;

d) correlazione con competenze e funzioni, intesa come connessione tra le competenze e le funzioni effettivamente svolte o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene stesso;

e) valorizzazione ambientale. In applicazione di tale criterio la valorizzazione del bene è realizzata avendo riguardo alle caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali.

e) valorizzazione ambientale. In applicazione di tale criterio la valorizzazione del bene è realizzata avendo riguardo alle caratteristiche fisiche, morfologiche, ambientali, paesaggistiche, culturali e sociali dei beni trasferiti, al fine di assicurare lo sviluppo del territorio e la salvaguardia dei valori ambientali.

 

 

Art. 3

Art. 3

(Trasferimento dei beni)

(Trasferimento dei beni)

 

1. Ferme restando le funzioni amministrative già conferite agli enti territoriali in base alla normativa vigente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo:

a) sono trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo di cui all’articolo 5, comma 1, lettera a) ed i beni del demanio idrico di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), salvo quanto previsto dalla lettera b) del presente comma;

b) sono trasferiti alle Province, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio idrico di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), limitatamente ai laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia, e le miniere di cui all’articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze.

 

2. Una quota dei proventi dei canoni ricavati dalla utilizzazione del demanio idrico trasferito ai sensi della lettera a) del comma 1, tenendo conto dell’entità delle risorse idriche che insistono sul territorio della Provincia e delle funzioni amministrative esercitate dalla medesima, è destinata da ciascuna Regione alle Province, sulla base di una intesa conclusa fra la Regione e le singole Province sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto senza che sia stata conclusa la predetta intesa, il Governo determina, tenendo conto dei medesimi criteri, la quota da destinare alle singole Province, attraverso l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

1. I beni sono individuati e attribuiti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi adottati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo. Con il medesimo procedimento possono essere adottati ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei ministri integrativi o modificativi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi informativi e producono effetti dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale.

3. Salvo quanto previsto dai commi 1 e 2, i beni sono individuati ai fini dell’attribuzione ad uno o più enti appartenenti ad uno o più livelli di governo territoriale mediante l’inserimento in appositi elenchi contenuti in uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri adottati entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1 e 2 del presente decreto legislativo. I beni possono essere individuati singolarmente o per gruppi. Gli elenchi sono corredati da adeguati elementi informativi, anche relativi allo stato giuridico, alla consistenza, al valore del bene, alle entrate corrispondenti e ai relativi costi di gestione e acquistano efficacia dalla data della pubblicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri nella Gazzetta Ufficiale.

2. Relativamente alle aree e ai fabbricati, le Regioni e gli Enti locali che intendono acquisirli presentano, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1, un’apposita domanda di attribuzione alla Agenzia del Demanio. Sulla base delle richieste di assegnazione pervenute è adottato, entro i successivi trenta giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.

4. Sulla base dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 3, le Regioni e gli enti locali che intendono acquisire i beni contenuti negli elenchi di cui al comma 3 presentano, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei citati decreti un’apposita domanda di attribuzione all’Agenzia del demanio. Le specifiche finalità e modalità di utilizzazione del bene, la relativa tempistica ed economicità nonché la destinazione del bene medesimo sono contenute in una relazione allegata alla domanda, sottoscritta dal rappre-sentante legale dell’ente. Per i beni che negli elenchi di cui al comma 3 sono individuati in gruppi, la domanda di attribuzione deve riferirsi a tutti i beni compresi in ciascun gruppo e la relazione deve indicare le finalità e le modalità prevalenti di utilizzazione. Sulla base delle richieste di assegnazione pervenute è adottato, entro i successivi sessanta giorni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le Regioni e gli enti locali interessati, un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, riguardante l’attribuzione dei beni, che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.

 

5. Qualora l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati nella relazione di cui al comma 4, il Governo esercita il potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, ai fini di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento al patrimonio vincolato di cui al comma 6.

 

6. I beni per i quali non è stata presentata la domanda di cui al comma 4 del presente articolo ovvero al comma 3 dell’articolo 2, confluiscono, in base ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato con la procedura di cui al comma 3, in un patrimonio vincolato affidato all’Agenzia del demanio o all’Amministrazione che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e alienazione degli stessi beni, d’intesa con le Regioni e gli enti locali interessati, sulla base di appositi accordi di programma o protocolli di intesa. Decorsi trentasei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di inserimento nel patrimonio vincolato, i beni per i quali non si è proceduto alla stipula degli accordi di programma ovvero dei protocolli d’intesa rientrano nella piena disponibilità dello Stato e possono essere comunque attribuiti con i decreti di cui all’articolo 7.

 

 

Art. 4

Art. 4

(Status dei beni)

(Status dei beni)

1. I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, salvo quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione e dalle leggi regionali, statali e comunitarie di settore. Ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, indica motivatamente l’inclusione dei beni nel demanio o nel patrimonio indisponibile.

1. I beni, trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, salvo quanto previsto dall’articolo 111 del codice di procedura civile, entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, ad eccezione di quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, che restano assoggettati al regime stabilito dal codice civile, nonché alla disciplina di tutela e salvaguardia dettata dal medesimo codice, dal codice della navigazione, dalle leggi regionali e statali e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza. Ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di attribuzione di beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, può disporre motivatamente il mantenimento dei beni stessi nel demanio o l’inclusione nel patrimonio indisponibile. Per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali ai sensi del presente articolo, l’eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall’amministrazione dello Stato ai sensi dell’articolo 829, primo comma, del codice civile. Sui predetti beni non possono essere costituiti diritti di superficie.

2. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3, comma 2, secondo periodo. Il trasferimento ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

2. Il trasferimento dei beni ha effetto dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all’articolo 3, commi 1 e 4, quarto periodo. Il trasferimento ha luogo nello stato di fatto e di diritto in cui i beni si trovano, con contestuale immissione di ciascuna Regione ed Ente locale nel possesso giuridico e subentro in tutti i rapporti attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, fermi restando i limiti derivanti dai vincoli storici, artistici e ambientali.

 

3. I beni trasferiti in attuazione del presente decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, e a seguito di attestazione di congruità rilasciata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze.

 

 

Art. 5

Art. 5

(Tipologie dei beni)

(Tipologie dei beni)

1. I beni immobili statali che, a titolo non oneroso, sono trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono sono i seguenti:

I beni immobili statali e i beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o che sono posti al loro servizio che, a titolo non oneroso, sono trasferiti ai sensi dell’articolo 3 a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni sono i seguenti:

a) tutti i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali;

a) i beni appartenenti al demanio marittimo e relative pertinenze, come definiti dall’articolo 822 del codice civile e dall’articolo 28 del codice della navigazione, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali;

b) tutti i beni appartenenti al demanio idrico di interesse regionale o provinciale e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore;

b) i beni appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore, ad esclusione:

1) dei fiumi di ambito sovra regionale;

2) dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un’intesa tra le Regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale;

c) tutti gli aeroporti di interesse regionale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze, come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione;

c) gli aeroporti di interesse regionale o locale appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze, diversi da quelli di interesse nazionale così come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione;

d) tutte le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma;

d) le miniere e le relative pertinenze ubicate su terraferma;

e) tutte le aree e i fabbricati di proprietà dello Stato, diversi dalle tipologie di cui alle precedenti lettere, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento ai sensi del comma 2 del presente articolo.

e) gli altri beni immobili dello Stato, ad eccezione di quelli esclusi dal trasferimento.

2. Fatto salvo quanto previsto al comma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasferimento: gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli Enti Pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente; i beni oggetto di accordi o intese con gli Enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle energetiche; le strade ferrate in uso.

2. Fatto salvo quanto previsto al comma 4, sono in ogni caso esclusi dal trasferimento: gli immobili in uso per comprovate ed effettive finalità istituzionali alle Amministrazioni dello Stato, anche a ordinamento autonomo, agli enti pubblici destinatari di beni immobili dello Stato in uso governativo e alle Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni; i porti e gli aeroporti di rilevanza economica nazionale e internazionale, secondo la normativa di settore; i beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente e dal comma 7 del presente articolo; i beni oggetto di accordi o intese con gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari sottoscritti alla data di entrata in vigore del presente decreto; le reti di interesse statale, ivi comprese quelle stradali ed energetiche; le strade ferrate in uso di proprietà dello Stato; sono altresì esclusi dal trasferimento di cui al presente decreto i parchi nazionali e le riserve naturali statali. I beni immobili in uso per finalità istituzionali sono inseriti negli elenchi dei beni esclusi dal trasferimento in base a criteri di economicità e di concreta cura degli interessi pubblici perseguiti.

3. Ai fini dell’esclusione di cui al comma 2, le amministrazioni statali e gli altri enti di cui al medesimo comma 2 comunicano, in modo adeguatamente motivato, alla Agenzia del Demanio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli elenchi dei beni di cui richiedono l’esclusione. Entro i successivi trenta giorni, con provvedimento del direttore dell’Agenzia l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento è redatto ed è reso pubblico, a fini notiziali, anche con l’indicazione delle motivazioni pervenute, sul sito internet dell’Agenzia. Con il medesimo procedimento, il predetto elenco può essere integrato o modificato.

3. Le amministrazioni statali e gli altri enti di cui al comma 2 trasmettono, in modo adeguatamente motivato, ai sensi del medesimo comma 2, alla Agenzia del demanio entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo gli elenchi dei beni immobili di cui richiedono l’esclusione. L’Agenzia del demanio può chiedere chiarimenti in ordine alle motivazioni trasmesse, anche nella prospettiva della riduzione degli oneri per locazioni passive a carico del bilancio dello Stato. Entro il predetto termine anche l’Agenzia del demanio compila l’elenco di cui al primo periodo. Entro i successivi quarantacinque giorni, previo parere della Conferenza Unificata, da esprimersi entro il termine di trenta giorni, con provvedimento del direttore dell’Agenzia l’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento è redatto ed è reso pubblico, a fini notiziali, con l’indicazione delle motivazioni pervenute, sul sito internet dell’Agenzia. Con il medesimo procedimento, il predetto elenco può essere integrato o modificato.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, sono individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e di cui all’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della Difesa dalla normativa vigente.

4. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per le riforme per il federalismo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono individuati e attribuiti i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, in quanto non ricompresi tra quelli utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale, non oggetto delle procedure di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di cui all’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché non funzionali alla realizzazione dei programmi di riorganizzazione dello strumento militare finalizzati all’efficace ed efficiente esercizio delle citate funzioni, attraverso gli specifici strumenti riconosciuti al Ministero della difesa dalla normativa vigente.

 

5. In sede di prima applicazione del presente decreto legislativo, nell’ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, lo Stato provvede, entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, al trasferimento alle Regioni e agli altri enti territoriali, ai sensi dell’articolo 54, comma 3 del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione.

 

6. Nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale possono essere trasferite dall’Agenzia del demanio al Comune aree già comprese nei porti e non più funzionali all'attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica, previa autorizzazione dell'Autorità portuale, se istituita, o della competente Autorità marittima.

5. Sono in ogni caso esclusi dai beni di cui al comma 1 i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica.

7. Sono in ogni caso esclusi dai beni di cui al comma 1 i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica, nonché i beni in uso a qualsiasi titolo al Senato della Repubblica, alla Camera dei Deputati, alla Corte Costituzionale e agli organi di rilevanza costituzionale.

 

 

Art. 6

Art. 6

(Semplificazione delle procedure di attuazione del federalismo demaniale)

(Semplificazione delle procedure di attuazione del federalismo demaniale)

1. Al fine di favorire l’attuazione del criterio di cui all’articolo 2, comma 5, lettera c), la disciplina dei fondi immobiliari di cui all'articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, è riordinata e adeguata mediante uno o più regolamenti, da emanare entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi:

Soppresso

a) attribuzione ai fondi immobiliari dei beni immobili da parte dello Stato in proporzione al valore fissato al momento del trasferimento dei suddetti beni;

 

b) possibilità che le quote dei suddetti fondi immobiliari possano essere sottoscritte anche da persone fisiche, persone giuridiche e altri enti privati, con versamenti in denaro o apporto di beni immobili o di altri diritti reali, condizionati, nel caso di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali, a un contestuale ed equivalente apporto a titolo gratuito dei sottoscrittori privati; possibilità di partecipazione di più Regioni ed Enti territoriali ai fondi immobiliari e di attribuzione a titolo non oneroso di beni statali successivamente alla prima emissione di quote con conseguente trasferimento delle stesse tra le Regioni e gli Enti locali in relazione al beneficio derivante pro-quota dall’apporto suddetto, secondo la stima di un esperto indipendente;

c) possibilità di utilizzare la liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

d) indicazione espressa delle disposizioni che trovano applicazione in materia di quota minima percentuale dell’apporto degli enti territoriali, di facoltatività dell’apporto in denaro da parte degli enti territoriali, di possibilità di utilizzazione della liquidità per l’acquisto di beni immobili funzionali alla valorizzazione del patrimonio immobiliare del fondo, di dismissione delle quote, nonché di offerta al pubblico qualora il collocamento delle quote dei fondi avvenga presso investitori istituzionali o qualificati;

e) previsione che, ferma restando l’applicabilità, riguardo agli apporti effettuati dagli enti pubblici, della disciplina fiscale di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86, agli apporti dei beni immobili effettuati dai privati ai fondi disciplinati dal presente articolo sia applicabile la normativa già in vigore riguardo agli apporti ai fondi immobiliari di cui all’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

f) possibilità di prevedere contestuali o successivi conferimenti di altri beni dello Stato, delle Regioni o degli Enti locali.

 

 

 

Art. 6

 

(Valorizzazione dei beni attraverso fondi comuni di investimento immobiliare)

 

1. Al fine di favorire la massima valorizzazione dei beni e promuovere la capacità finanziaria degli enti territoriali, anche in attuazione del criterio di cui all’articolo 2, comma 5, lettera c), i beni trasferiti agli enti territoriali possono, previa loro valorizzazione, attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico di cui all’articolo 2, comma 5, lettera b), essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare istituiti ai sensi dell’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86. Ciascun bene è conferito, dopo la relativa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, per un valore la cui congruità è attestata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze.

 

2. La Cassa depositi e prestiti, secondo le modalità di cui all’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, può partecipare ai fondi di cui al comma 1.

 

3. Agli apporti di beni immobili ai fondi effettuati ai sensi del presente decreto si applicano, in ogni caso, i commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86.

 

 

 

Art. 7

 

(Decreti biennali di attribuzione)

 

 

 

1. A decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottati ogni due anni su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, su richiesta di Regioni ed enti locali sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 4 e 5 del presente decreto legislativo, possono essere attribuiti ulteriori beni eventualmente resisi disponibili per ulteriori trasferimenti.

 

2. Gli enti territoriali interessati possono individuare e richiedere ulteriori beni non inseriti in precedenti decreti né in precedenti provvedimenti del Direttore dell’Agenzia del demanio. Tali beni sono trasferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato ai sensi del comma 1. A tali richieste è allegata una relazione attestante i benefici derivanti alle pubbliche amministrazioni da una diversa utilizzazione funzionale dei beni o da una loro migliore valorizzazione in sede locale.

 

 

 

Art. 8

 

(Utilizzo ottimale di beni pubblici da parte degli enti territoriali)

 

1. Gli enti territoriali, al fine di assicurare la migliore utilizzazione dei beni pubblici per lo svolgimento delle funzioni pubbliche primarie attribuite, possono procedere a consultazioni tra di loro e con le amministrazioni periferiche dello Stato, anche all’uopo convocando apposite conferenze di servizi coordinate dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato. Le risultanze delle consultazioni sono trasmesse al Ministero dell’economia e delle finanze ai fini della migliore elaborazione delle successive proposte di sua competenza e possono essere richiamate a sostegno delle richieste avanzate da ciascun ente.

 

 

Art. 7

Art. 9

(Disposizioni finali)

(Disposizioni finali)

1. Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del presente decreto sono esenti da ogni diritto e tributo.

1. Tutti gli atti, contratti, formalità e altri adempimenti necessari per l'attuazione del presente decreto sono esenti da ogni diritto e tributo.

2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per gli affari regionali, sono determinati criteri e tempi per ridurre le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3.

2. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per i rapporti con le Regioni, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono determinate le modalità, per ridurre, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento, le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali contestualmente e in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui agli articoli 3 e 7.

 

3. Alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del presente decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti. Tale importo è determinato secondo i criteri e con le modalità individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati.

 

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione ai trasferimenti dei beni immobili di cui al presente decreto legislativo, è assicurata la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni.

 

5. Le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed Ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del presente decreto nonché quelle derivanti dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti sono acquisite dall’ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse. Le predette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. La residua quota del venticinque per cento è destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, sono definite le modalità di applicazione del presente comma. Ciascuna Regione o ente locale può procedere all’alienazione di immobili attribuiti ai sensi del presente decreto legislativo previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. L’attestazione è resa entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta.

 

6. Nell’attuazione del presente decreto legislativo è comunque assicurato il rispetto di quanto previsto dall’articolo 28 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

 


 

Pareri delle Commissioni parlamentari

 


XVI Legislatura

Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale

(Mercoledì 19 maggio 2010)

Schema di decreto legislativo recante recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio

(Atto n. 196)

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

 

La Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale,

 

esaminato lo schema di decreto legislativo recante “Attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42”, approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri del 17 dicembre 2009;

 

premesso che:

 

sullo schema di decreto non è stata acquisita l'intesa con la Conferenza unificata prescritta dall’articolo 2, comma 2, secondo periodo, della legge n. 42 e che, conseguentemente, è stata trasmessa alle Camere la relazione, ai sensi dell'articolo 2, comma 3, della medesima legge, che indica le specifiche motivazioni per cui l’intesa non è stata conclusa entro il termine di trenta giorni previsto dall’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

lo schema di decreto è stato sottoposto, su iniziativa del Ministro per la semplificazione normativa, alla Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e che tale organismo ha espresso parere favorevole su un testo, allegato alla predetta relazione, che ha recepito una serie di indicazioni emerse dal confronto con le Autonomie locali ed, in particolare, con l'ANCI e l'UPI;

considerato che:

l'attribuzione di un patrimonio alle Regioni e agli Enti locali trova il suo fondamento nell'articolo 119, sesto comma, della Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, recante riforma del Titolo V della Costituzione;

il trasferimento di beni statali agli enti territoriali, prefigurato dallo schema di decreto, costituisce il primo adempimento formale del processo di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione delineato dalla legge n. 42, i cui criteri direttivi dovranno tutti trovare una compiuta e coerente declinazione nei successivi decreti delegati, al fine di preservare il complesso equilibrio politico, raggiunto in sede di esame parlamentare della legge delega, tra i canoni dell’autonomia e della responsabilità degli enti territoriali ed i principi di solidarietà sociale e coesione nazionale sottesi al nostro ordinamento costituzionale; la realizzazione del federalismo fiscale potrà in tal senso configurarsi come un nuova e più avanzata modalità di governo di un sistema istituzionale policentrico e multilivello, volta a consentire una attuazione più efficace ed efficiente delle politiche pubbliche, migliorando quantità, qualità, economicità ed uniformità sul territorio nazionale del livello dei servizi pubblici offerti a cittadini ed imprese;

in tale quadro, il federalismo patrimoniale, lungi dall’essere inteso come uno strumento volto al soddisfacimento di egoismi territoriali ovvero a depauperare il patrimonio statale, vuole rappresentare un nuovo e più moderno approccio per la gestione e la valorizzazione dei beni pubblici, un’opportunità per ampliare le potenzialità di utilizzo di un patrimonio spesso, in passato, trascurato o inadeguatamente messo a reddito; esso costituisce inoltre un’occasione per riqualificare beni demaniali che scontano oggi, sovente, una divaricazione tra il soggetto proprietario, l’ente gestore delle funzioni amministrative ed il livello territoriale sul quale gli stessi beni insistono, che ne rende complessa e farraginosa la effettiva valorizzazione nell’interesse della collettività;

constatato che:

negli ultimi anni il Legislatore è più volte intervenuto in materia di ricognizione, dismissione e valorizzazione del patrimonio dello Stato, delle regioni e degli enti locali, con un approccio in larga parte rinvenibile nell’esigenza di razionalizzazione e contenimento della spesa; a tal fine, con la legge finanziaria per il 2010 si è da ultimo provveduto, tra l’altro, a riunificare in capo all’Agenzia del Demanio ulteriori compiti di gestione degli immobili, configurando un meccanismo finalizzato all’ottimizzazione degli spazi allocativi a disposizione delle Amministrazioni - sia a titolo di locazioni passive, sia a titolo di usi governativi -, alla razionalizzazione degli interventi manutentivi e al monitoraggio dei relativi oneri; è stata inoltre avviata una vasta opera di ricognizione del patrimonio pubblico, supportata anche attraverso l’introduzione di stringenti obblighi di comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze relativi ai portafogli immobiliari detenuti dalle Amministrazioni pubbliche, ivi inclusi gli enti territoriali, finalizzati, tra l’altro, alla redazione del conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato;

sulla base dei dati forniti dall’Agenzia del demanio i beni del patrimonio disponibile dello Stato sono 18.959, di cui 9.127 fabbricati e 9.832 terreni, distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale, con una accentuata loro concentrazione in alcune regioni centro settentrionali; il valore inventariale di tali beni ammonta nel complesso a circa 3,2 miliardi di euro, di cui circa 1,9 rappresentati da fabbricarti e 1,3 miliardi da terreni; i beni del patrimonio indisponibile sono invece 22.716, di cui 20.135 fabbricati e 2.581 terreni, per un totale a valore di libro di circa 30 miliardi di euro; i beni del demanio storico artistico, riferiti sia ai beni in consegna al Ministero per i beni e le attività culturali, sia all’Agenzia del demanio, sono 4.642, di cui 3.161 fabbricati e 1.481 terreni, per un valore risultante dal conto generale del patrimonio 2008 pari a circa 16, 3 miliardi euro; le altre categorie di demanio non sono ad oggi oggetto di valutazione economica;

tra i beni rientranti nel patrimonio disponibile, il valore dei beni in uso agli enti locali ammonta a circa 0,73 miliardi di euro, quello dei beni di dichiarato interesse dei medesimi enti a 0,39 miliardi, quello dei beni oggetto di formali accordi con gli enti a 0,96 miliardi; il valore dei beni liberi ammonta invece a 1, 04 miliardi di euro e quello dei beni in uso a privati a 0,18 miliardi;

sulla base di tale consistenza patrimoniale e di quanto riportato dalla Corte dei Conti, i beni trasferibili rappresentano circa il 3 per cento della consistenza del patrimonio locale al 31 dicembre 2008; ove si guardi al solo patrimonio immobiliare disponibile (sempre in termini di terreni e fabbricati), i beni attribuibili comporterebbero un incremento del 16, 2 per cento dei valori patrimoniali disponibili degli enti locali;

rilevato, in particolare, che:

nella prospettiva del migliore esercizio delle funzioni pubbliche articolate tra i diversi livelli di governo, lo schema di decreto legislativo in titolo rinviene correttamente nel principio della “massima valorizzazione funzionale” il criterio generale che presiede l’attribuzione di beni statali agli enti territoriali; tale criterio, enunciato all’articolo 1, comma 2, e richiamato nel successivo art. 2, comma 4 – che ne rafforza la valenza ponendo a carico degli enti il dovere assicurare forme di pubblicizzazione dei processi di valorizzazione intrapresi – non è peraltro inteso come un obbligo di utilizzare i beni trasferiti in via strumentale ai fini dell’esercizio delle funzioni amministrative e dei compiti istituzionali propri dei diversi enti territoriali, posto che ai sensi dell’articolo 2, comma 5, lettera b), le Regioni e gli Enti locali possono anche autonomamente decidere di inserire i beni acquisiti in processi di alienazione e dismissione, secondo le procedure di cui all’articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in ordine alle quali occorre peraltro tenere conto della sentenza della Corte costituzionale n. 340 del 2009, la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 58, comma 2, del predetto decreto – legge n. 112, per contrasto con l’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto nella materia “governo del territorio” lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio;

seppur ribadito in diverse parti del testo dello schema di decreto, il criterio della valorizzazione funzionale non assume un carattere peculiare rispetto alle altre opzioni di utilizzo dei beni trasferiti da parte degli enti, stante anche l’assenza della previsione di una motivazione delle richieste di assegnazione dei beni da parte degli enti territoriali;

al fine di soddisfare il criterio della capacità finanziaria, lo schema di decreto prevede che i beni possano essere attribuiti in via diretta a uno o più fondi immobiliari già costituiti o da costituire da parte di uno o più enti territoriali, prevedendo altresì, all’articolo 6, un riordino della disciplina vigente di tali strumenti da effettuare con appositi regolamenti di delegificazione, ciò ancorché la legge di delega non rechi un esplicito criterio direttivo per l’adeguamento della disciplina dei fondi comuni immobiliari chiusi istituiti con apporto di beni immobili;

lo schema di decreto non reca alcuna indicazione in ordine alla destinazione dei proventi di eventuali processi di alienazione dei beni immobili trasferiti - a differenza di quanto previsto per le dismissioni immobiliari dello Stato, per le quali vige un vincolo di destinazione dei relativi proventi a riduzione del debito pubblico - i quali potrebbero pertanto essere utilizzati per coprire disavanzi di bilancio ovvero il mancato raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, come del resto previsto dal criterio di delega di cui di cui all’articolo 17, comma 1, lettera e), della legge n. 42 del 2009, che prevede l’introduzione, nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, di un sistema sanzionatorio che dispone il divieto dell’assunzione di personale e di iscrizione in bilancio di spese discrezionali sino all’assunzione da parte dell’ente di provvedimenti idonei a raggiungere gli obiettivi, fra i quali è specificamente annoverata anche l'alienazione di beni rientranti nel patrimonio disponibile dell'ente;

la possibile dismissione di beni immobili da parte degli enti meno virtuosi in termini di equilibri di bilancio al fine di sottrarsi all’applicazione delle sanzioni in caso di scostamento dagli obiettivi di finanza pubblica, potrebbe determinare fenomeni di sperequazione tra gli enti che abbiano sul proprio territorio un diverso numero e valore di cespiti immobiliari trasferibili ai sensi dello schema di decreto, considerato anche che le aree e i fabbricati di proprietà dello Stato suscettibili di trasferimento sono distribuiti in modo disomogeneo sul territorio nazionale;

la definizione di criteri e tempi per la riduzione delle risorse spettanti agli enti territoriali a seguito dell’attribuzione di beni statali è demandata, ai sensi dell’articolo 7, comma 2, dello schema di decreto, ad un DPCM, senza tuttavia prevedere un coinvolgimento degli enti territoriali, ciò nonostante la materia del coordinamento della finanza pubblica sia oggetto di legislazione concorrente tra lo Stato e le Regioni ai sensi dell’articolo 117, comma 3, della Costituzione;

considerato che, in relazione alla disciplina delle concessioni di derivazione idroelettrica, emerge la possibilità che vengano stabiliti dalle amministrazioni regionali canoni di concessione che potranno essere anche notevolmente diversificati da regione a regione e che questa possibilità, già consentita nel vigente assetto costituzionale e ordinamentale (in particolare a seguito dell’attuazione della legge n. 59 del 1997 e della legge costituzionale n. 3 del 2001), anche alla stregua della giurisprudenza costituzionale, potrebbe comportare conseguenze sulla tutela della concorrenza, materia di competenza esclusiva statale, posto che, in effetti, l’assenza, riduzione o aumento del costo rappresentato dai canoni per l’utilizzo delle derivazioni d’acqua incide sul confronto competitivo per le imprese, il quale si realizza, peraltro, non nell’ambito di singoli territori, ma a livello nazionale, attraverso la Borsa elettrica; tenuto conto, inoltre, del fatto che un regime di costi eccessivamente differenziati tra Regioni rischia verisimilmente di determinare dei sovracosti che, sebbene originati in uno specifico territorio, si rifletterebbero su tutti i consumatori italiani, per via del vigente criterio del prezzo unico nazionale (PUN), criterio equitativo finalizzato proprio a spalmare sull’intera collettività gli eventuali maggiori costi dell’energia in alcune zone del paese, maggiori costi determinati da fattori strutturali;

sottolineata, pertanto, l’esigenza di:

definire una procedura di consultazione preventiva tesa a favorire l’utilizzo ottimale dei beni pubblici da parte dei diversi livelli territoriali in relazione alle funzioni pubbliche primarie loro attribuite, disponendo a tal fine che gli enti territoriali e le Amministrazioni statali periferiche possano procedere, in ambito provinciale, a reciproche consultazioni attraverso il coordinamento del Presidente della Giunta regionale d’intesa con i Prefetti competenti;

procedere ad una attribuzione dei beni statali agli enti territoriali che tenga conto del riparto delle funzioni pubbliche tra i diversi livelli di governo e della disomogeneità della distribuzione dei beni statali sul territorio nazionale, prevedendo in particolare una equilibrata ripartizione dei beni demaniali tra le Regioni e le Province, anche con riferimento alla fruizione dei proventi dei canoni concessori concernenti, segnatamente, il demanio idrico;

coordinare la disciplina introdotta dallo schema di decreto con la normativa codicistica in materia di beni pubblici, specificando in particolare che resta riservato allo Stato la dichiarazione dell’eventuale passaggio al patrimonio dei beni demaniali trasferiti agli enti territoriali;

delimitare con maggiore chiarezza il perimetro dei beni suscettibili di essere trasferiti, rivisitando al contempo le procedure di individuazione, attribuzione e trasferimento dei beni delineate dallo schema di decreto, anche al fine di prevedere, a carico degli enti territoriali, specifici obblighi di motivazione delle domande di attribuzione dei beni - alle quali dovrebbe essere allegata una declaratoria in ordine alle finalità e modalità di utilizzazione dei beni – da rendere cogenti per gli enti territoriali attraverso l’introduzione di meccanismi sanzionatori, in caso di utilizzo difforme dei beni, attivabili attraverso l’esercizio del potere sostitutivo da parte del Governo;

riconoscere più estese forme di partecipazione a favore delle autonomie territoriali, con particolare riferimento al coinvolgimento degli enti territoriali nel procedimento di riduzione delle risorse ad essi da attivare a seguito del trasferimento dei beni;

prevedere una esplicita esclusione dai vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno degli oneri di gestione del bene trasferito per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato, disponendo altresì, al fine di evitare duplicazioni di spesa, le occorrenti variazioni di bilancio per la corrispondente riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa del bilancio dello Stato interessati;

introdurre, al fine di preservare gli equilibri di bilancio e contribuire al risanamento dei conti pubblici, stringenti vincoli in ordine alla destinazione dei proventi derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dall’eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi dello schema di decreto legislativo, disponendo in particolare un vincolo prioritario non derogabile di destinazione della quota prevalente di tali proventi alla riduzione del debito dell’ente e, in assenza del debito o comunque per l’eventuale parte restante, a spese di investimento, e della residua quota al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato;

evidenziata la necessità di fare della valorizzazione del patrimonio, a vantaggio delle comunità locali e di tutta la collettività nazionale, l’elemento cardine del processo di trasferimento dei beni dello Stato agli enti territoriali, anche al fine di un più efficiente e razionale governo del territorio;

considerato che l’attuazione dell’art. 119 della Costituzione, della legge 42 del 2009 e del decreto legislativo in oggetto non può che realizzarsi nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 5 e 114 della Costituzione medesima;

rilevata la necessità della stabilità del sistema economico-finanziario pubblico in relazione alla contingente esigenza di ridurre il debito pubblico attraverso il finanziamento del Fondo ammortamento titoli di Stato;

considerata l’opportunità di prevedere, onde assicurare la neutralità finanziaria del trasferimento dei beni, la riorganizzazione delle strutture amministrative statali, delle dotazioni finanziarie e di organico, in relazione al minor carico di lavoro per le amministrazioni centrali, attuando procedure di trasferimento del personale dello Stato agli enti territoriali destinatari dei beni;

 

ESPRIME PARERE FAVOREVOLE

 

con le seguenti condizioni:

 

a) con riferimento al comma 1 dell’articolo 1 dello schema di decreto legislativo, si espunga il riferimento alla richiesta dell’ente territoriale interessato ai fini dell’attribuzione a titolo non oneroso dei beni statali, stante l’esigenza di consentire, limitatamente ad alcune tipologie di beni – e segnatamente dei beni del demanio marittimo ed idrico – una attribuzione ope legis dei beni medesimi;

 

b) con riferimento alla procedura di individuazione e attribuzione dei beni, si riformulino i commi 1 e 2 dell’articolo 2, al fine di chiarire che lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri specificati dal comma 5 del medesimo articolo 2 e sulla base di quanto previsto dall’articolo 3;

 

c) con riferimento al comma 3 dell’articolo 2, il quale dispone che, in applicazione del principio di sussidiarietà, qualora un bene non sia attribuito ad un ente territoriale di un determinato livello di governo, lo Stato può comunque procedere, sulla base delle richieste avanzate, all’attribuzione del bene medesimo ad un ente territoriale di un diverso livello di Governo, si chiarisca la portata della previsione, specificando che lo Stato è tenuto comunque a procedere all’assegnazione del bene ad un diverso livello di governo sulla base delle domande;

 

d) con riferimento al comma 4 dell’articolo 2 dello schema, sia specificato, al primo periodo, che l’ente territoriale dispone del bene a “seguito del trasferimento” e non, come previsto nel testo, “dell’attribuzione” del medesimo;

 

e) con riferimento al medesimo comma 4 dell’articolo 2, si sostituisca il termine “pubblicazione” con quello di “divulgazione”; al secondo periodo si estenda inoltre la facoltà di indire forme di consultazione popolare ad ogni ente territoriale impegnato nella valorizzazione funzionale dei beni, non limitandola, come previsto dal testo, solo ai comuni;

 

f) con riferimento alla lettera a) del comma 5 dell’articolo 2, in luogo al generico riferimento alla “tipologia dei beni trasferiti” si faccia riferimento alla “tipologia del singolo bene o del gruppo di beni” quale criterio cui ricorrere, in applicazione dei criteri di sussidiarietà, adeguatezza e territorialità, ai fini dell’attribuzione dei beni ad un livello di governo diverso da quello comunale;

 

g) con riferimento alla lettera b) del comma 5 dell’articolo 2, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, prevedendo che la deliberazione dell’ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni sia trasmessa ad un’apposita conferenza di servizi (alla quale partecipano il comune, la provincia, la città metropolitana e la regione interessati), la cui determinazione finale costituisca provvedimento unico di autorizzazione delle varianti allo strumento urbanistico generale, e ne fissi limiti e vincoli; in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera ed al fine di salvaguardare le prerogative in tale ambito riconosciute alle regioni, si specifichi altresì che sono fatte salve le procedure e le determinazioni adottate da organismi istituiti da leggi regionali con le modalità ivi stabilite;

 

h) con riferimento alla lettera c) del comma 5 dell’articolo 2 dello schema, si sostituiscano le parole «valorizzazione del bene» con le seguenti: «valorizzazione dei beni» e si espunga il secondo periodo laddove si prevede, tra l’altro, che l’attribuzione dei beni immobili appartenenti allo Stato possa avvenire mediante attribuzione diretta dei beni a fondi comuni di investimento immobiliare già costituiti o da costituire, da parte di uno o più enti territoriali;

 

i) all'articolo 2, al comma 5, lettera a), si specifichi che in applicazione dei criteri di sussidiarietà, adeguatezza e territorialità occorre tenere conto del rapporto che deve esistere tra beni trasferiti e funzioni di ciascun livello istituzionale;

 

l) si riformulino le procedure di attribuzione e trasferimento dei beni di cui all’articolo 3, al fine di prevedere, mediante l’inserimento nel testo dell’articolo di uno o più commi, che ferme restando le funzioni amministrative già conferite agli enti territoriali in base alla normativa vigente, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, da adottarsi entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, siano trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, i beni del demanio marittimo ed i beni del demanio idrico, ad eccezione dei laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia, che assieme alle miniere ubicate su terraferma, che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze, nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze, debbono essere trasferiti alle Province; si disponga, inoltre, che una quota dei proventi dei canoni ricavati dall’utilizzazione del demanio idrico trasferito, tenendo conto dell’entità delle risorse idriche che insistono sul territorio della Provincia e delle funzioni amministrative esercitate dalla medesima, sia destinata da ciascuna Regione alle Province, sulla base di un’intesa conclusa fra la Regione e le singole Province sul cui territorio insistono i medesimi beni del demanio idrico; si preveda infine che decorso un anno dalla data di entrata in vigore del decreto senza che sia stata conclusa la predetta intesa, il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, al fine di determinare, tenendo conto dei medesimi criteri, la quota da destinare alle singole Province;

 

m) con riferimento al primo periodo del comma 1 dell’articolo 3, il quale dispone che i beni sono individuati e attribuiti ad uno o più livelli di governo territoriale, mediante l’inserimento in appositi elenchi, si riformuli la disposizione specificando che - salvo quanto indicato nella condizione di cui alla lettera l) del presente parere – i beni sono individuati ai fini della loro attribuzione ad uno o più enti appartenenti a uno o più livelli di governo, coordinandola in tal modo con il disposto dell’articolo 2, comma 1, dello schema di decreto;

 

n) sia soppresso il riferimento di cui al secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3, che senza stabilire un termine temporale prevede l’adozione di eventuali decreti del Presidente del Consiglio dei ministri integrativi o modificativi degli elenchi per l’individuazione ed attribuzione dei beni;

 

o) alla fine del primo periodo del comma 1 dell’articolo 3, sia specificato che i beni da attribuire agli enti territoriali possono essere individuati singolarmente o per gruppi;

 

p) con riferimento al terzo periodo del già citato comma 1 dell’articolo 3, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, specificando che gli elementi informativi di cui devono essere corredati gli elenchi dei beni da trasferire riguardano anche lo stato giuridico, la consistenza, il valore del bene, le entrate corrispondenti ed i relativi costi di gestione; si sostituisca, inoltre, la locuzione “producono effetti” con la seguente : “acquistano efficacia”;

 

q) con riferimento al comma 2 dell’articolo 3 dello schema, si riformuli il primo periodo al fine di prevedere che le Regioni e gli enti locali che intendano acquisire i beni contenuti negli elenchi di cui al comma 1 sono chiamati a presentare, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, un’apposita domanda di attribuzione all’Agenzia del Demanio, alla quale deve essere allegata una relazione sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente che specifichi finalità e modalità di utilizzazione del bene, la relativa tempistica ed economicità, nonché la destinazione del bene medesimo; per i beni che nei citati elenchi sono individuati in gruppi, si preveda, inoltre, che la domanda di attribuzione debba riferirsi a tutti i beni compresi in ciascun gruppo e che la citata relazione indichi le finalità e le modalità prevalenti di utilizzazione; conseguentemente, si inserisca nel testo un apposito comma volto a prevedere un meccanismo sanzionatorio in base al quale qualora l’ente territoriale non utilizzi il bene nel rispetto delle finalità e dei tempi indicati nella suddetta relazione il Governo eserciti il potere sostitutivo di cui all’articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, ciò al fine di assicurare la migliore utilizzazione del bene, anche attraverso il conferimento del medesimo ad un apposito patrimonio vincolato;

 

r) al fine di determinare il regime applicabile ai beni suscettibili di essere trasferiti inseriti negli elenchi ma per i quali non sia stata presentata alcuna domanda di attribuzione, si aggiunga alla fine dell’articolo 3 uno specifico comma, il quale preveda che in base ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi con le medesime procedure di cui al comma 1, i beni per i quali non sia stata presentata domanda di attribuzione confluiscano in un patrimonio vincolato affidato all’Agenzia del Demanio o all’Amministrazione che ne cura la gestione, che provvede alla valorizzazione e alienazione degli stessi beni, d’intesa con le Regioni e gli enti locali interessati, sulla base di appositi accordi di programma o protocolli di intesa; si disponga, inoltre, che decorsi trentasei mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto di inserimento nel patrimonio vincolato, i beni per i quali non si sia proceduto alla stipula degli accordi di programma ovvero dei protocolli d’intesa, rientrano nella piena disponibilità dello Stato e possono essere comunque attribuiti con i decreti biennali di cui alla condizione ll) del presente parere;

 

s) con riferimento al secondo periodo del comma 2 dell’articolo 3, si estenda da trenta a sessanta giorni il termine entro il quale è adottato, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, l’ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei ministri riguardante l’attribuzione dei beni, prevedendo altresì che lo stesso sia adottato sentite le Regioni e gli enti locali interessati;

 

t) con riferimento al comma 1, primo periodo, dell’articolo 4, si integri la disposizione prevedendo che i beni sono trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi “salvo quanto previsto dall’articolo 111 del codice di procedura civile”; al medesimo periodo, siano sostituite le parole “e comunitarie di settore”, con le seguenti : “e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza”;al secondo periodo, si specifichi che ove ne ricorrano i presupposti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, “può disporre motivatamente il mantenimento dei beni stessi nel demanio o l’inclusione nel patrimonio indisponibile”; infine, in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, si aggiunga un periodo volto a specificare che “per i beni trasferiti che restano assoggettati al regime dei beni demaniali ai sensi dell’articolo 4, l’eventuale passaggio al patrimonio è dichiarato dall’amministrazione dello Stato ai sensi dell’articolo 829, primo comma, del codice civile”; si statuisca, inoltre, che “sui predetti beni non possono essere costituiti diritti di superficie”;si aggiunga, infine, un comma il quale preveda che i beni trasferiti in attuazione del presente decreto che entrano a far parte del patrimonio disponibile dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, e a seguito di attestazione di congruità rilasciata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell’Agenzia del Demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze;

 

u) con riferimento al comma 1 dell’articolo 5, si specifichi che assieme ai beni immobili statali indicati dall’articolo sono trasferiti anche “i beni mobili statali in essi eventualmente presenti che ne costituiscono arredo o che sono posti al loro servizio”;

 

v) con riferimento al comma 1 dell’articolo 5, si espunga, alle lettere a), b), c), d) ed e), la parola “tutti”; alla lettera b) si espunga inoltre il riferimento ai beni del demanio idrico “di interesse regionale o provinciale”, specificando che i beni trasferibili sono quelli appartenenti al demanio idrico e relative pertinenze, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, come definiti dagli articoli 822, 942, 945, 946 e 947 del codice civile e dalle leggi speciali di settore,ad esclusione dei fiumi di ambito sovra regionale; sono altresì esclusi i laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un’intesa tra le regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale;

 

z) con riferimento alla lettera c) del comma 1 dell’articolo 5, la quale annovera, tra le tipologie dei beni immobili statali potenzialmente trasferibili, tutti gli aeroporti di interesse regionale, si integri la disposizione al fine di contemplare anche gli aeroporti di interesse “locale” appartenenti al demanio aeronautico civile statale e le relative pertinenze; si specifichi altresì che sono esclusi dal trasferimento gli aeroporti “diversi da quelli di interesse nazionale così come definiti dall’articolo 698 del codice della navigazione” ;

 

aa) con riferimento alla lettera e) del comma 1 dell’articolo 5, si sostituisca il riferimento, tra i beni trasferibili, alla categoria delle aree e dei fabbricati di proprietà dello Stato, con il richiamo alla categoria residuale degli “altri beni immobili dello Stato;

 

bb) all’ultimo periodo del comma 2 dell’articolo 5, si includano tra i beni in ogni caso esclusi dal trasferimento le reti stradali di interesse statale, i parchi nazionali e le riserve naturali statali specificando altresì che i beni immobili in uso per finalità istituzionali sono inseriti negli elenchi dei beni esclusi dal trasferimento in base a criteri di economicità e di concreta cura degli interessi pubblici perseguiti;

 

cc) con riferimento al primo periodo del comma 3 dell’articolo 5, il quale stabilisce che le amministrazioni statali e gli altri enti devono predisporre l’elenco dei beni immobili per i quali si richiede l’esclusione, si integri la disposizione prevedendo che l’Agenzia del Demanio può chiedere chiarimenti in ordine alle motivazioni trasmesse, anche nella prospettiva della riduzione degli oneri per locazioni passive a carico del bilancio dello Stato; si specifichi, inoltre che anche l’Agenzia del demanio compila a sua volta l’elenco dei beni di cui richiede l’esclusione;

 

dd) con riferimento al secondo periodo del comma 3 dell’articolo 5, si fissi in 45 giorni successivi al termine (di novanta giorni) entro il quale le amministrazioni trasmettono alla Agenzia del Demanio gli elenchi dei beni immobili di cui richiedono l’esclusione, il termine entro il quale il Direttore dell’Agenzia del demanio dovrà provvedere alla predisposizione e alla pubblicazione sul proprio sito internet dell’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento; si integri inoltre la disposizione stabilendo che il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Demanio debba essere redatto previo parere della Conferenza Unificata, da esprimersi entro il termine di trenta giorni;

 

ee) con riferimento al comma 4 dell’articolo 5, il quale prevede che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni che li richiedono, si integri la disposizione stabilendo che il predetto DPCM deve essere adottato entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata; si preveda, inoltre, che i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa debbano essere non solo individuati ma anche “attribuiti” con i citati DPCM; si specifichi, infine, che i beni in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti ai sensi del comma 1, sono tra gli altri anche quelli non oggetto delle procedure di cui alla legge 23 dicembre 2009, n. 191;

 

ff) dopo il comma 4 dell’articolo 5, si inserisca un comma volto a prevedere che “nelle città sedi di porti di rilevanza nazionale possono essere trasferite dall’Agenzia del demanio al Comune aree già comprese nei porti e non più funzionali all'attività portuale e suscettibili di programmi pubblici di riqualificazione urbanistica, previa autorizzazione dell'Autorità portuale se istituita o della competente Autorità marittima;

 

gg) ancora con riferimento all’articolo 5, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, al fine di inserire nel corpo dell’articolo un nuovo comma, il quale preveda che, in sede di prima applicazione del presente decreto legislativo nell’ambito di specifici accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’articolo 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, lo Stato provveda, entro un anno dall’entrata in vigore del decreto, al trasferimento alle Regioni e agli altri enti territoriali, ai sensi dell’articolo 54, comma 3 del citato codice, dei beni e delle cose indicati nei suddetti accordi di valorizzazione;

 

hh) con riferimento al comma 5 dell’articolo 5, il quale esclude in ogni caso il trasferimento dei beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica, si integri la disposizione nel senso indicato nei rilievi resi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, prevedendo anche l’esclusione dei beni in uso a qualsiasi titolo al Senato della Repubblica, alla Camera dei Deputati, alla Corte Costituzionale, nonché agli organi di rilevanza costituzionale;

 

ii) con riferimento all’articolo 6, in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, si espungano dal testo le disposizioni di cui al comma 1 che demandano ad uno o più regolamenti il riordino e l’adeguamento della disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliari con apporto pubblico, di cui all'articolo 14-bis della legge n. 86 del 1994 - in considerazione del fatto che la legge di delega n. 42 del 2009 non reca un esplicito criterio direttivo in materia di riordino della disciplina dei fondi comuni immobiliari chiusi istituiti con apporto di beni immobili; conseguentemente, si sostituiscano i restanti commi dell’articolo prevedendo che al fine di favorire la massima valorizzazione dei beni e promuovere la capacità finanziaria degli enti territoriali, anche in attuazione del criterio di cui all’articolo 2, comma 5, lettera c), i beni trasferiti agli enti territoriali possono, previa loro valorizzazione, attraverso le procedure per l’approvazione delle varianti allo strumento urbanistico di cui all’articolo 2, comma 5, lettera b), essere conferiti ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare istituiti ai sensi dell’articolo 37 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, ovvero dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86. Si specifichi, inoltre, che ciascun bene è conferito, dopo la relativa valorizzazione attraverso le procedure per l’approvazione delle varianti allo strumento urbanistico, per un valore la cui congruità è attestata, entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta, da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. Sia inoltre stabilito che la Cassa depositi e prestiti, secondo le modalità di cui all’articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, può partecipare ai predetti fondi. Si disponga, infine, che agli apporti di beni immobili ai fondi effettuati ai sensi del decreto si applichino, in ogni caso, le agevolazioni di cui ai commi 10 e 11 dell’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86;

 

ll) si inserisca nel corpo dello schema di decreto un nuovo articolo volto a definire una procedura di ulteriore attribuzione di beni a cadenza periodica, prevedendo in particolare che a decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi ogni due anni su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le Regioni e con gli altri Ministri competenti per materia, su richiesta di Regioni ed enti locali e sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 4 e 5 del decreto legislativo medesimo, possono essere attribuiti ulteriori beni eventualmente resisi disponibili per ulteriori trasferimenti. Si disponga, inoltre, che gli enti territoriali interessati possano individuare e richiedere ulteriori beni non inseriti in precedenti decreti né in precedenti provvedimenti del Direttore dell’Agenzia del Demanio e che tali beni siano trasferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; si preveda infine che a corredo di tali richieste sia allegata una relazione attestante i benefici derivanti alle pubbliche amministrazioni da una diversa utilizzazione funzionale dei beni o da una loro migliore valorizzazione in sede locale;

 

mm) si inserisca nel corpo dello schema di decreto un nuovo articolo volto a definire una procedura di consultazione preventiva tesa a favorire l’utilizzo ottimale dei beni pubblici da parte degli enti territoriali. In questa prospettiva, sia statuito che gli enti territoriali, al fine di assicurare la migliore utilizzazione dei beni pubblici per lo svolgimento delle funzioni pubbliche primarie attribuite possano procedere a consultazioni fra di loro e con le amministrazioni periferiche dello Stato, anche all’uopo convocando apposite conferenze di servizi, coordinate dal Presidente della Giunta regionale o da un suo delegato; si preveda quindi che le risultanze di tali consultazioni siano trasmesse al Ministero dell’economia e delle finanze ai fini della migliore elaborazione delle successive proposte di sua competenza e che le stesse possano essere richiamate a sostegno delle richieste avanzate da ciascun ente;

 

nn) con riferimento al comma 2 dell’articolo 7, si riformuli il primo periodo prevedendo che con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per le riforme per il federalismo e il Ministro per i rapporti con le Regioni, sono determinate le modalità per ridurre, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento, le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali contestualmente e in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 3 e dei decreti biennali di cui alla condizione ll) del presente parere;

 

oo) con riferimento al medesimo comma 2 dell’articolo 7, si integri la disposizione in conformità ai rilievi espressi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera e nel senso indicato dalle autonomie locali, stabilendo che i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri indicati alla condizione nn) debbono essere adottati previa intesa sancita in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ciò anche in considerazione del fatto che la disposizione in oggetto è riconducibile alla materia “coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario”, di competenza concorrente tra Stato e regioni, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione;

 

pp) sempre con riferimento all’articolo 7, si integri la disposizione nel senso indicato dalle autonomie locali, al fine di inserire nel corpo dell’articolo un nuovo comma, il quale preveda che alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti; si precisi, inoltre, che tale importo dovrà essere determinato secondo criteri e con modalità da individuarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’Economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto medesimo. Al fine di evitare possibili e indesiderabili duplicazioni di spesa sia infine specificato che il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati. Si aggiungano, infine, al medesimo articolo 7, due ulteriori commi, il primo dei quali disponga che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione ai trasferimenti dei beni immobili di cui al presente decreto legislativo, sia assicurata la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni; con il secondo comma sia invece specificato che nell’attuazione del presente decreto legislativo è comunque assicurato il rispetto di quanto previsto dall’articolo 28 della legge 5 maggio 2009, n. 42;

 

qq) ancora con riferimento all’articolo 7, si inserisca nel corpo dell’articolo un ulteriore nuovo comma, il quale preveda che le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del decreto legislativo, nonché quelle derivanti da eventuali cessioni di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti, sono acquisite dall’ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse; si preveda, inoltre, che dette risorse siano destinate alla riduzione del debito dell’ente e, in assenza del debito o comunque per la eventuale parte restante, a spese di investimento e che la residua quota del venticinque per cento sia destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato, rinviando ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, la definizione delle modalità applicative di tale disciplina. Al fine di ottimizzare i proventi derivanti da eventuali processi di dismissione, si preveda, infine, che ciascuna Regione o ente locale possa procedere all’alienazione di immobili previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze, da rendere entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta;

 

e le seguenti osservazioni:

 

1)       con riferimento alla lettera d) del comma 5 dell’articolo 2 dello schema, la quale prevede la correlazione tra le competenze e funzioni effettivamente svolte o esercitate dall’ente cui è attribuito il bene e le esigenze di tutela, gestione e valorizzazione del bene medesimo, valuti il Governo, in conformità con i rilievi espressi dalla I Commissione Affari costituzionali della Camera, l’esigenza di tenere conto delle modifiche che potrebbero essere apportate all’assetto delle competenze e delle funzioni esercitate da province, comuni e città metropolitane, ad opera del disegno di legge C. 3118, recante la cosiddetta “Carta delle autonomie”, attualmente all'esame della medesima Commissione Affari costituzionali;

2)       valuti il Governo le modalità più idonee affinché sia introdotta – nei limiti e nell’ambito dell’esercizio della competenza statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” di cui all’art. 117, secondo comma, lett. e), Cost. – una disciplina che, in vista del trasferimento del demanio idrico e marittimo alle Regioni, preveda criteri uniformi per l’individuazione, da parte delle Regioni medesime, dei canoni e dei sovracanoni per le concessioni idroelettriche e per le altre concessioni idriche, collegate alla produzione industriale di beni di mercato, nonché per le opere connesse e ausiliarie, determinando a tal fine valori minimi e massimi, modulabili a livello regionale e stabilisca altresì uniformi procedure estimative per la valutazione degli investimenti effettuati. Tali criteri potrebbero essere definiti tramite apposito decreto del Ministro per lo sviluppo economico, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, sentita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, previo parere della Conferenza unificata;

3)       valuti il Governo le modalità più idonee affinché siano accelerate le procedure per assicurare piena attuazione all’articolo 27 della legge n. 42 del 2009 concernente le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano;

4)       valuti il Governo l’opportunità di provvedere ad un riordino organico ed alla semplificazione dei procedimenti amministrativi, disciplinati da legge statale, per la valorizzazione dei beni oggetto di trasferimento, ivi compresa la disciplina di strumenti quali la finanza di progetto, attuando anche in questo settore i principi ed i criteri della delega di cui all’articolo 14, comma 18, della legge 28 novembre 2005, n. 246;

5)       valuti il Governo l’esigenza di definire, in relazione alla disciplina delle concessioni di demanio marittimo ad uso turistico balneare, una legislazione quadro in materia di canoni concessori, affinché sia introdotta – nell’ambito dell’esercizio della competenza statale esclusiva in materia di “tutela della concorrenza” di cui all’articolo 117, comma secondo, lett. e) Cost. – una disciplina che preveda criteri per l’individuazione dei canoni fondati su procedure competitive e trasparenti. Valuti, in particolare, il Governo l’opportunità di procedere ad un complessivo riordino della materia finalizzato a :

a)      commisurare la proficuità dell’uso di beni pubblici ai vantaggi di qualsiasi natura procurati ai concessionari;

b)      stabilire che in osservanza del principio di concorrenza ed ai fini della miglior cura dell’interesse finanziario pubblico, il ricorso al meccanismo della gara costituisca la regola generale ai fini dell’assegnazione delle concessioni;

c)      prevedere una partecipazione dei Comuni agli introiti finanziari derivanti dai canoni di concessione;

d)      garantire la manutenzione del demanio marittimo da parte delle Regioni per finalità turistiche;

6)       valuti il Governo le modalità più idonee al fine di accelerare le procedure per la stipula degli accordi di valorizzazione secondo quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio;

7)       valuti il Governo l’opportunità che il trasferimento del demanio marittimo ed idrico agli enti territoriali sia accompagnato da un contestuale riordino, ai sensi della delega dell’articolo 14, comma 18, della legge n. 246 del 2005, del regime giuridico del demanio pubblico, con particolare riferimento alle esigenze di coordinamento della disciplina introdotta dal decreto legislativo con quella codicistica di cui agli articoli da 822 a 831 del codice civile, ciò al fine di minimizzare possibili contenziosi in sede giurisdizionale che potrebbero insorgere in esito al trasferimento dei beni del demanio marittimo ed idrico;

8)       valuti il Governo le modalità più idonee per stabilire un termine certo per il completamento:

a)      dell’individuazione dei beni utilizzati per le funzioni di difesa e sicurezza nazionale e per il perfezionamento delle procedure concernenti gli immobili della difesa di cui all’articolo 14-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, di cui all’articolo 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui alla legge 23 dicembre 2009, n. 191, anche al fine di ricomprendere i beni così resisi disponibili tra quelli oggetto dei decreti biennali di attribuzione successivi alla prima applicazione del decreto legislativo, nella prospettiva di una migliore e più spedita valorizzazione dei beni medesimi e a beneficio degli equilibri di bilancio;

b)      delle procedure di trasferimento di beni statali, diversi da quelli di cui alla lettera a), già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto;

9)       valuti il Governo l’opportunità di integrare la disciplina concernente i fondi comuni di investimento immobiliari in modo da circoscrivere, in relazione alle fattispecie contemplate dal presente decreto, la partecipazione ai medesimi fondi ai soli investitori istituzionali;

10)   valuti il Governo l’opportunità di predisporre, all’interno di un’apposita cornice programmatica di prevenzione, interventi in materia di dissesto idrogeologico, anche al fine di attribuire adeguate risorse agli enti che esercitano le competenze in materia e di dare attuazione al disposto di cui all’articolo 22 della legge n. 42 del 2009;

11)    valuti il Governo l’opportunità di tenere conto, nella successiva predisposizione dei decreti legislativi previsti dalla legge n. 42 del 2009, delle esigenze di perequazione conseguenti all’attuazione del presente decreto, con particolare riferimento alla distribuzione disomogenea sul territorio nazionale del patrimonio da trasferire;

12)   valuti il Governo l’opportunità di procedere a forme di coordinamento delle attività di dismissione dei beni immobiliari trasferiti agli enti territoriali a seguito del presente decreto, anche al fine di ridurre i costi delle procedure di alienazione e di accelerarne i tempi, in particolare in relazione alla possibilità che nel corso dei prossimi mesi, come previsto dal presente decreto, possano rendersi disponibili anche beni oggetto di processi di valorizzazione in corso, sulla base delle vigenti normative;

13)   valuti il Governo l’opportunità di adottare, in sede di composizione delle liste dei beni da attribuire, un criterio preferenziale volto a favorire in via prioritaria i trasferimenti di beni strumentali all'esercizio delle funzioni istituzionali proprie di ciascun ente territoriale;

14)   valuti il Governo l’opportunità di prevedere che con i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di riduzione delle risorse spettanti agli enti territoriali di cui all’articolo 7, comma 2, dello schema di decreto si provvede altresì alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative da trasferire e alla loro ripartizione tra le regioni e tra regioni ed enti locali.

 


 

CAMERA DEI DEPUTATI - XVI LEGISLATURA
Resoconto della V Commissione permanente
(Bilancio, tesoro e programmazione)

Mercoledì 19 maggio 2010

 

Schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio. (Atto n. 196)

 

PARERE APPROVATO

 

«La V Commissione bilancio, tesoro e programmazione,

esaminato lo schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (atto n. 196);

condivise le finalità del provvedimento, che intende fornire un significativo impulso alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, in quanto la sua attribuzione agli enti territoriali costituisce un valido incentivo per una sua più efficiente gestione, in grado di produrre ricchezza e benefici per le collettività territoriali stesse, responsabilizzando inoltre gli amministratori locali;

considerato che le richiamate finalità di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico richiedono che l'utilizzo dei beni, ed in particolare del demanio idrico e marittimo, avvenga nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza e assicurando condizioni di competitività nell'esercizio delle attività economiche;

rilevato che, su un piano generale, il patrimonio immobiliare dello Stato concorre a garantire il debito pubblico, in quanto tali immobili risultano iscritti nell'attivo del conto patrimoniale dello Stato, a fronte del passivo, costituito dallo stock del debito pubblico relativo alle amministrazioni centrali;

attesa la necessità che il presente provvedimento tenga conto dell'esigenza di garantire il debito pubblico, contribuendo a consolidare nell'ordinamento il principio secondo il quale il medesimo debito è questione che investe tutti gli enti che costituiscono la Repubblica ai sensi dell'articolo 114, primo comma, della Costituzione;

ritenuto che occorre individuare procedure di attribuzione dei beni medesimi, assicurando, da un lato, che l'individuazione dei beni da trasferire alle collettività locali sia realizzata attraverso forme adeguate di concertazione tra i livelli di governo e, dall'altro, che l'attribuzione degli stessi avvenga con modalità tali da garantire un'effettiva valorizzazione dei beni trasferiti, evitando oneri impropri ed usi non produttivi dei beni medesimi, anche a garanzia del debito pubblico;

considerata inoltre a tal fine l'opportunità di escludere dal novero degli enti assegnatari dei beni gli enti locali in lo stato di dissesto ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

rilevato, al riguardo, che l'articolo 1, comma 5, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), dispone che, a decorrere dall'anno finanziario 2006, i maggiori proventi derivanti dalla dismissione o alienazione del patrimonio immobiliare dello Stato siano destinati alla riduzione del debito e che, pertanto, i relativi proventi siano conferiti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;

constatato che lo schema di decreto non reca indicazioni in ordine alla destinazione dei proventi derivanti dalla eventuale alienazione degli immobili attribuiti agli enti territoriali;

ritenuto necessario, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, preservare gli equilibri di bilancio e contribuire al risanamento dei conti pubblici, prevedendo che l'attribuzione degli immobili statali agli enti territoriali non pregiudichi la possibilità di incidere in senso riduttivo sulla consistenza del debito pubblico e, conseguentemente, sui relativi oneri di gestione;

rilevata, in questo contesto, l'esigenza che le risorse nette derivanti agli enti territoriali dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio loro attribuito e quelle derivanti dall'eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti siano acquisite in misura prevalente dall'ente territoriale interessato e destinate alla riduzione del debito dell'ente medesimo e, solo in assenza del debito o, comunque, per la parte eccedente il debito stesso, possano essere utilizzate con finalità di copertura delle spese per investimenti, escludendo in ogni caso la loro destinazione a spese di parte corrente;

ritenuto, altresì, necessario assicurare che una quota delle risorse rivenienti da tali alienazioni sia, comunque, destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato di cui all'articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432;

rilevata l'esigenza di introdurre meccanismi procedurali volti a garantire che, nelle eventuali operazioni di dismissione da parte degli enti territoriali degli immobili ad essi trasferiti, siano pattuiti corrispettivi per l'alienazione congrui rispetto al valore dei beni stessi;

preso atto della scelta dello schema di prevedere una riduzione delle risorse spettanti agli enti territoriali destinatari dei beni trasferiti in misura corrispondente ai proventi derivanti allo Stato dai beni oggetto del trasferimento;

rilevata, tuttavia, la necessità di garantire in modo certo la contestualità tra la riduzione delle entrate erariali derivanti dai beni trasferiti, da un lato, e la riduzione delle risorse spettanti a qualsiasi titolo a Regioni ed enti locali;

considerato inoltre necessario garantire agli enti territoriali la possibilità di sostenere le spese necessarie alla gestione e alla manutenzione dei beni oggetto di trasferimento, escludendo al contempo l'insorgere di maggiori oneri per la finanza pubblica nel suo complesso, in ragione di possibili duplicazioni delle spese dovute alla presenza nel bilancio delle amministrazioni centrali di stanziamenti destinati alla gestione dei beni trasferiti;

rilevato che, ai fini di assicurare un'efficace attuazione del provvedimento in esame, dovrà essere completato quanto prima il censimento dei fabbisogni allocativi disciplinati dall'articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;

ritenuto che i successivi schemi di decreto legislativo attuativi delle deleghe di cui alla legge n. 42 del 2009, destinati verosimilmente a presentare una maggiore complessità sotto il profilo finanziario, dovranno essere corredati da relazioni tecniche pienamente conformi alle disposizioni di cui all'articolo 17, commi 3 e 4, della legge n. 196 del 2009;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

 

con le seguenti condizioni:

all'articolo 2, al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: « Gli enti locali in stato di dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fino a quando perdura lo stato di dissesto, non possono alienare i beni ad essi attribuiti, che possono essere utilizzati solo per finalità di carattere istituzionale.»;

all'articolo 4, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: e comunitarie di settore con le seguenti: e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza»;

all'articolo 7, comma 2, sostituire le parole da: sono determinati criteri e tempi fino a: in funzione della riduzione, con le seguenti: sono determinate le modalità per ridurre, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento, le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti locali contestualmente ed in misura pari alla riduzione;

all'articolo 7, dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

3. Alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del presente decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti. Tale importo è determinato secondo i criteri e con le modalità individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, in relazione ai trasferimenti dei beni immobili di cui al presente decreto legislativo, è assicurata la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni.

5. Le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del presente decreto legislativo, nonché quelle derivanti dall'eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti, sono acquisite dall'ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse. Le predette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell'ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. La residua quota del venticinque per cento è destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, sono stabilite le modalità di applicazione del presente comma.

6. Ciascuna Regione o ente locale può procedere all'alienazione di immobili loro attribuiti ai sensi del presente decreto legislativo previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell'Agenzia del demanio o dell'Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. L'attestazione è resa entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta»;

 

e con le seguenti osservazioni:

nella definizione delle procedure di attribuzione dei beni di cui all'articolo 3 dello schema, si tenga conto della necessità di individuare forme idonee alla effettiva valorizzazione dei beni medesimi, valutando l'opportunità di prevedere che gli enti richiedenti indichino analiticamente le finalità della richiesta e i relativi progetti di valorizzazione, da esaminare tenendo conto anche delle esigenze, delle dimensioni e delle capacità finanziarie degli enti stessi, nonché appropriati strumenti di verifica a posteriori dell'adempimento degli impegni assunti, introducendo rimedi sanzionatori;

venga previsto che, nell'ambito delle procedure volte all'individuazione dei beni da escludere dai trasferimenti, abbia luogo, a livello provinciale, una fase di concertazione tra i diversi livelli di governo potenzialmente interessati, al fine di garantire la migliore utilizzazione del patrimonio pubblico;

si valuti l'opportunità di prevedere, al fine di meglio garantire la certezza delle posizioni giuridiche, un'apposita procedura, eventualmente anche attraverso la redazione di un verbale di consegna, per la immissione nel possesso effettivo dei beni, che possa costituire il titolo in base al quale effettuare la trascrizione.»

valuti il Governo l'opportunità di introdurre una disciplina volta a prevedere che le regioni riconoscano ai comuni, sulla base di apposite intese, una quota dei proventi dei canoni corrisposti per l'utilizzazione del demanio marittimo, tenendo conto delle funzioni amministrative esercitate in materia dai comuni medesimi

valuti il Governo l'opportunità di una legislazione quadro in materia di canoni concessori che, sulla base del principio di concorrenza e dell'uso dello strumento della gara con procedure competitive e trasparenti, garantisca l'interesse pubblico generale, la tutela degli investimenti effettuati e la promozione di ulteriori investimenti, parametrando la durata, i criteri di rilascio e di revoca allo sviluppo ed alla valorizzazione delle attività imprenditoriali considerate fondamentali per lo sviluppo turistico del paese;

valuti il Governo l'opportunità di prevedere che, fermo restando il rispetto della normativa comunitaria in materia di tutela della concorrenza, ai soggetti privati che utilizzino beni immobili trasferiti agli enti territoriali da almeno cinque anni a titolo oneroso e risultino in regola con i relativi pagamenti sia riconosciuto il diritto di prelazione;

valuti il Governo l'opportunità di predisporre, nei tempi più brevi consentiti, l'elenco dei beni da trasferire e di comunicare alle Camere, eventualmente anche congiuntamente alla Relazione di cui all'articolo 2, comma 6, terzo periodo, della legge n. 42 del 2009, le minori spese stimate conseguenti all'attribuzione dei beni di cui al presente provvedimento.».

 


 

Legislatura 16º - Senato della Repubblica

5ª Commissione permanente

Seduta del 19 maggio 2010

 

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE SULL’ATTO DEL GOVERNO N. 196

 

 

La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato lo schema di decreto in titolo,

 

condivise le finalità del provvedimento, che intende fornire un significativo impulso alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, in quanto la sua attribuzione agli enti territoriali costituisce un valido incentivo per una sua più efficiente gestione, in grado di produrre ricchezza e benefici per le collettività territoriali stesse, responsabilizzando inoltre gli amministratori locali;

 

considerato che le richiamate finalità di valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico richiedono che l’utilizzo dei beni, ed in particolare del demanio idrico e marittimo, avvenga nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza e assicurando condizioni di competitività nell’esercizio delle attività economiche;

 

rilevato che, su un piano generale, il patrimonio immobiliare dello Stato concorre a garantire il debito pubblico, in quanto tali immobili risultano iscritti nell’attivo del conto patrimoniale dello Stato, a fronte del passivo, costituito dallo stock del debito pubblico relativo alle amministrazioni centrali;

 

attesa la necessità che il presente provvedimento tenga conto dell’esigenza di garantire il debito pubblico, contribuendo a consolidare nell’ordinamento il principio secondo il quale il medesimo debito è questione che investe tutti gli enti che costituiscono la Repubblica ai sensi dell’articolo 114, primo comma, della Costituzione;

 

considerato che connessa a tale problema è la questione del valore di mercato degli immobili in gestione che, ai sensi del comma 222 dell'articolo 2 della legge finanziaria per il 2010, avrebbe imposto il completamento dell'elenco ivi previsto entro il 31 marzo 2010 e che a tal fine potrebbe essere valutata nell'ambito del novero degli immobili interessati dal trasferimento una maggiore ricomprensione di quelli afferenti alla difesa e ai beni culturali;

 

ritenuto che occorre individuare procedure di attribuzione dei beni medesimi, assicurando, da un lato, che l’individuazione dei beni da trasferire alle collettività locali sia realizzata attraverso forme adeguate di concertazione tra i livelli di governo e, dall’altro, che l’attribuzione degli stessi avvenga con modalità tali da garantire un’effettiva valorizzazione dei beni trasferiti, evitando oneri impropri ed usi non produttivi dei beni medesimi, anche a garanzia del debito pubblico;

 

considerata inoltre a tal fine l’opportunità di escludere dal novero degli enti assegnatari dei beni gli enti locali in stato di dissesto ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fatta eccezione per quei comuni che abbiano già approvato, successivamente all'approvazione del Ministero degli interni, l'ipotesi di bilancio riequilibrato ai sensi dell'articolo 261 del medesimo decreto legislativo n. 267 del 2000;

 

rilevato, al riguardo, che l’articolo 1, comma 5, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), dispone che, a decorrere dall'anno finanziario 2006, i maggiori proventi derivanti dalla dismissione o alienazione del patrimonio immobiliare dello Stato siano destinati alla riduzione del debito e che, pertanto, i relativi proventi siano conferiti al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato;

 

constatato che lo schema di decreto non reca indicazioni in ordine alla destinazione dei proventi derivanti dalla eventuale alienazione degli immobili attribuiti agli enti territoriali;

 

ritenuto necessario, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, preservare gli equilibri di bilancio e contribuire al risanamento dei conti pubblici, prevedendo che l’attribuzione degli immobili statali agli enti territoriali non pregiudichi la possibilità di incidere in senso riduttivo sulla consistenza del debito pubblico e, conseguentemente, sui relativi oneri di gestione;

 

osservato che sia la tutela degli equilibri di bilancio, sia il rafforzamento e l'accelerazione del processo di riduzione dello stock del debito avrebbero potuto e potrebbero essere meglio garantiti attraverso la costituzione di una società interamente posseduta dallo Stato centrale e dalle autonomie regionali e locali - contestualmente al trasferimento a queste ultime di una quota di patrimonio ben più grande di quella prevista nel decreto - alla quale potrebbe essere ceduto il patrimonio stesso, ai fini di valorizzazione e alienazione, prevedendo che le risorse rivenienti dalla cessione del patrimonio alla società in questione siano interamente destinate alla riduzione del debito delle pubbliche amministrazioni;

 

rilevata, in questo contesto, l’esigenza che le risorse nette derivanti agli enti territoriali dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio loro attribuito e quelle derivanti dall’eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti siano acquisite in misura prevalente dall’ente territoriale interessato e destinate alla riduzione del debito dell’ente medesimo e, solo in assenza del debito o, comunque, per la parte eccedente il debito stesso, possano essere utilizzate con finalità di copertura delle spese per investimenti, escludendo in ogni caso la loro destinazione a spese di parte corrente;

 

ritenuto, altresì, necessario assicurare che una quota delle risorse rivenienti da tali alienazioni sia, comunque, destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all'articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432;

 

rilevata l’esigenza di introdurre meccanismi procedurali volti a garantire che, nelle eventuali operazioni di dismissione da parte degli enti territoriali degli immobili ad essi trasferiti, siano pattuiti corrispettivi per l’alienazione congrui rispetto al valore dei beni stessi;

 

preso atto della scelta dello schema di prevedere una riduzione delle risorse spettanti agli enti territoriali destinatari dei beni trasferiti in misura corrispondente ai proventi derivanti allo Stato dai beni oggetto del trasferimento;

 

rilevata, tuttavia, la necessità di garantire in modo certo la contestualità tra la riduzione delle entrate erariali derivanti dai beni trasferiti, da un lato, e la riduzione delle risorse spettanti a qualsiasi titolo a Regioni ed enti locali;

 

considerato inoltre necessario garantire agli enti territoriali la possibilità di sostenere le spese necessarie alla gestione e alla manutenzione dei beni oggetto di trasferimento, escludendo al contempo l’insorgere di maggiori oneri per la finanza pubblica nel suo complesso, in ragione di possibili duplicazioni delle spese dovute alla presenza nel bilancio delle amministrazioni centrali di stanziamenti destinati alla gestione dei beni trasferiti;

 

rilevato che, ai fini di assicurare un’efficace attuazione del provvedimento in esame, dovrà essere completato quanto prima il censimento dei fabbisogni allocativi disciplinati dall’articolo 2, comma 222, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;

 

ritenuto che i successivi schemi di decreto legislativo attuativi delle deleghe di cui alla legge n. 42 del 2009, destinati verosimilmente a presentare una maggiore complessità sotto il profilo finanziario, dovranno essere corredati da relazioni tecniche pienamente conformi alle disposizioni di cui all’articolo 17, commi 3 e 4, della legge n. 196 del 2009;

 

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 

con le seguenti condizioni:

 

all’articolo 2, al comma 2, aggiungere, in fine, il seguente periodo: " Gli enti locali in stato di dissesto finanziario ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, fino a quando perdura lo stato di dissesto, non possono alienare i beni ad essi attribuiti, che possono essere utilizzati solo per finalità di carattere istituzionale.";

 

all’articolo 4, comma 1, primo periodo, sostituire le parole: e comunitarie di settore con le seguenti: e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza";

 

all’articolo 7, comma 2, sostituire le parole da: sono determinati criteri e tempi fino a: in funzione della riduzione, con le seguenti: sono determinate le modalità per ridurre, a decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento, le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle regioni e agli enti locali contestualmente ed in misura pari alla riduzione;

all’articolo 7, dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

3. Alle procedure di spesa relative ai beni trasferiti ai sensi delle disposizioni del presente decreto non si applicano i vincoli relativi al rispetto del patto di stabilità interno, per un importo corrispondente alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti. Tale importo è determinato secondo i criteri e con le modalità individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio per la riduzione degli stanziamenti dei capitoli di spesa interessati.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, in relazione ai trasferimenti dei beni immobili di cui al presente decreto legislativo, è assicurata la coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni.

5. Le risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del presente decreto legislativo, nonché quelle derivanti dall’eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti, sono acquisite dall’ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse. Le predette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. La residua quota del venticinque per cento è destinata al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell’interno, il Ministro per i rapporti con le Regioni ed il Ministro per le riforme per il federalismo, sono stabilite le modalità di applicazione del presente comma.

6. Ciascuna Regione o ente locale può procedere all’alienazione di immobili loro attribuiti ai sensi del presente decreto legislativo previa attestazione della congruità del valore del bene da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio, secondo le rispettive competenze. L’attestazione è resa entro il termine di trenta giorni dalla relativa richiesta";

 

e con le seguenti osservazioni:

 

venga previsto che, nell’ambito delle procedure volte all’individuazione dei beni da escludere dai trasferimenti, abbia luogo, a livello provinciale, una fase di concertazione tra i diversi livelli di governo potenzialmente interessati, al fine di garantire la migliore utilizzazione del patrimonio pubblico;

 

si valuti l’opportunità di prevedere, al fine di meglio garantire la certezza delle posizioni giuridiche, un’apposita procedura, eventualmente anche attraverso la redazione di un verbale di consegna, per la immissione nel possesso effettivo dei beni, che possa costituire il titolo in base al quale effettuare la trascrizione."

 

valuti il Governo l’opportunità di introdurre una disciplina volta a prevedere che le regioni riconoscano ai comuni, sulla base di apposite intese, una quota dei proventi dei canoni corrisposti per l’utilizzazione del demanio marittimo, tenendo conto delle funzioni amministrative esercitate in materia dai comuni medesimi

 

valuti il Governo l’opportunità di una legislazione quadro in materia di canoni concessori che, sulla base del principio di concorrenza e dell’uso dello strumento della gara con procedure competitive e trasparenti, garantisca l’interesse pubblico generale, la tutela degli investimenti effettuati e la promozione di ulteriori investimenti, parametrando la durata, i criteri di rilascio e di revoca allo sviluppo ed alla valorizzazione delle attività imprenditoriali considerate fondamentali per lo sviluppo turistico del paese;

 

valuti il Governo l’opportunità di prevedere che, fermo restando il rispetto della normativa comunitaria in materia di tutela della concorrenza, ai soggetti privati che utilizzino beni immobili trasferiti agli enti territoriali da almeno cinque anni a titolo oneroso e risultino in regola con i relativi pagamenti sia riconosciuto il diritto di prelazione;

 

valuti il Governo l’opportunità di predisporre, nei tempi più brevi consentiti, l’elenco dei beni da trasferire e di comunicare alle Camere, eventualmente anche congiuntamente alla Relazione di cui all’articolo 2, comma 6, terzo periodo, della legge n. 42 del 2009, le minori spese stimate conseguenti all’attribuzione dei beni di cui al presente provvedimento."

 


Tempistica degli adempimenti previsti
dal decreto legislativo

 

 


Tempistica degli adempimenti previsti
dal Decreto Legislativo 28 maggio 2010, n. 85

(Entrata in vigore: 26 giugno 2010)

 

 

Termine adozione

Norma

Oggetto

25 agosto 2010
(entro 60 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 9, co. 3

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di individuazione dei criteri e delle modalità per la determinazione degli importi da escludere ai fini del patto di stabilità interno corrispondenti alle spese già sostenute dallo Stato per la gestione e la manutenzione dei beni trasferiti.

25 agosto 2010
(entro 60 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 9, co. 5

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di definizione delle modalità di destinazione delle risorse nette derivanti a ciascuna Regione ed Ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito, nonché quelle derivanti dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti.

24 settembre 2010
(entro 90 giorni
dall’entrata in vigore)

Art. 5, co. 3, primo periodo

Comunicazione alla Agenzia del demanio da parte delle amministrazioni statali e degli altri enti degli elenchi relativi ai beni di cui si richiede l’esclusione.

24 settembre 2010
(entro 90 giorni
dall’entrata in vigore)

Art. 5, co. 3, terzo periodo

Compilazione da parte dell’Agenzia del demanio dell’elenco dei beni di cui si richiede l’esclusione.

8 novembre 2010
(entro i successivi 45 giorni)

Art. 5, co. 3, quarto periodo

Provvedimento del direttore dell’Agenzia del demanio di definizione dell’elenco complessivo dei beni esclusi dal trasferimento, da pubblicare sul sito internet dell’Agenzia, previo parere della Conferenza Unificata da esprimersi entro 30 giorni.

23 dicembre 2010
(entro 180 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 3, co. 1, lett. a)

Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di trasferimento alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, dei beni del demanio marittimo, con esclusione di quelli direttamente utilizzati dalle amministrazioni statali.

23 dicembre 2010
(entro 180 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 3, co. 1, lett. a)

Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di trasferimento alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze, dei beni del demanio idrico, nonché le opere idrauliche e di bonifica di competenza statale, ad esclusione:

1) dei fiumi di ambito sovraregionale;

2)dei laghi di ambito sovraregionale per i quali non intervenga un’intesa tra le Regioni interessate, ferma restando comunque la eventuale disciplina di livello internazionale.

23 dicembre 2010
(entro 180 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 3, co. 1, lett. b)

Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di trasferimento alle Province, unitamente alle relative pertinenze, dei beni del demanio idrico, limitatamente ai laghi chiusi privi di emissari di superficie che insistono sul territorio di una sola Provincia.

23 dicembre 2010
(entro 180 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 3, co. 1, lett. b)

Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di trasferimento alle Province, unitamente alle relative pertinenze ubicate su terraferma, delle miniere che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze.

23 dicembre 2010
(entro 180 giorni dall’entrata in vigore)

Art. 3, co. 3

Uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministridi formazione degli elenchi dei beni:

-         proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per le riforme per il federalismo, con il Ministro per i rapporti con le regioni e con gli altri Ministri competenti per materia;

-         intesa in sede di Conferenza Unificata.

entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei D.P.C.M. di cui al comma 3

Art. 3, co. 4, primo periodo

Presentazione all’Agenzia del demanio da parte delle Regioni e degli enti locali di una apposita domanda di acquisizione dei beni, con relativa relazione.

entro i successivi
60 giorni dalla scadenza del termine di cui all’art. 3, co. 4, primo periodo

Art. 3, co. 4, ultimo periodo

Ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che produce effetti dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e che costituisce titolo per la trascrizione e per la voltura catastale dei beni a favore di ciascuna Regione o ciascun Ente locale.

 

Art. 3, co. 6

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di affidamento del patrimonio dei beni “inoptati” (c.d. patrimonio federale) all’Agenzia del demanio o all’Amministrazione che ne cura la gestione, al fine di valorizzarli e alienarli d’intesa con le Regioni e gli enti locali interessati, sulla base di appositi accordi di programma o protocolli di intesa.

 

Art. 4, co. 1

Decreto del Presidente del Consiglio dei ministridi attribuzione dei beni demaniali diversi da quelli appartenenti al demanio marittimo, idrico e aeroportuale, può disporre motivatamente il mantenimento dei beni nel demanio o l’inclusione nel patrimonio indisponibile.

26 giugno 2011
(entro un anno
dall’entrata in vigore)

Art. 5, co. 4, primo periodo

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di individuazione dei beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti.

26 giugno 2011
(entro un anno
dall’entrata in vigore)

Art. 5, co. 5

Accordi tra Stato, regioni ed enti pubblici territoriali sul trasferimentoalle Regioni e agli altri enti territorialidei beni e delle cose indicati negli accordi di valorizzazione e dei conseguenti programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio.

A decorrere dal 1° gennaio del secondo anno successivo alla entrata in vigore
(dal 1° gennaio 2012)

Art. 7, co. 1

Uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di attribuzione a cadenza biennale di ulteriori beni eventualmente resisi disponibili per successivi trasferimenti.

A decorrere dal primo esercizio finanziario successivo alla data del trasferimento dei beni

(1° gennaio 2012)

Art. 9, co. 2

Uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministridi determinazione delle modalità per ridurre le risorse a qualsiasi titolo spettanti alle Regioni e agli Enti locali in funzione della riduzione delle entrate erariali conseguente alla adozione dei D.P.C.M di trasferimento dei beni.

 

Art. 9, co. 4

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla coerenza tra il riordino e la riallocazione delle funzioni e la dotazione delle risorse umane e finanziarie, con il vincolo che al trasferimento delle funzioni corrisponda un trasferimento del personale tale da evitare ogni duplicazione di funzioni.

 

 

 


 

 

 



[1]     "Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione".

[2]     La valorizzazione, insieme alla tutela, ha quindi ad oggetto non i soli beni culturali ma anche quelli paesaggistici che rientrano nel patrimonio culturale ai sensi dell'articolo 2 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Si ricorda, inoltre, che l'articolo 1, non più vigente, del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1975 n. 805, recante norme sull'organizzazione del ministero per i beni culturali e ambientali, attribuiva al ministero "la tutela e la valorizzazione" dei beni culturali, stabilendo altresì, all'articolo 2, parimenti non più vigente, che le Regioni dovessero concorrere all'attività di valorizzazione.

[3]     Sulla distinzione tra tutela e valorizzazione, e quindi sull'ulteriore definizione dei contenuti e dei limiti di quest'ultima, è intervenuta più volte la giurisprudenza della Corte costituzionale. Per gli scopi della presente trattazione, basti qui ricordare che la sentenza n. 9 del 2004 rinviene un criterio di distinzione nel fatto che la tutela è volta "principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale", mentre "la valorizzazione è diretta soprattutto alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest'ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione".

[4]     Sempre in materia di immobili c.d. ex difesa, l'articolo 1, comma 263, della legge finanziaria 2007 ha introdotto alcune modifiche all’articolo 27 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ("Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici" convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).

      In particolare, con la novella apportata al comma 13-bis del citato articolo 27, è stata invertita la procedura di individuazione dei beni immobili in uso all’amministrazione della difesa non più utili per fini istituzionali: tale attività compete ora direttamente al Ministero della difesa, che vi provvede con decreti da emanarsi di intesa con l’Agenzia del demanio (e non più a quest’ultima di concerto con la Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa stesso). Inoltre, tali beni non sono più inseriti in programmi di dismissione per le finalità di cui all’articolo 3, comma 112, della legge n. 662 del 1996 (esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate), ma sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio, ai fini dell’inclusione in programmi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente.

      Nel corso del 2007 l'Agenzia del Demanio ha avviato il progetto "Valore Paese" per la valorizzazione degli immobili di proprietà dello Stato che comprende, oltre agli ex immobili della Difesa, immobili ad alto pregio e i cosiddetti "beni a rete", beni uniti tra loro da reti naturali e infrastrutturali che possono essere riconvertiti con un progetto integrato di riqualificazione.

[5]     Recante "Contenimento della spesa pubblica", convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2004, n. 191.

[6]     Si ricorda brevemente che, in base al testo unico degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267/2000, la gestione dello stato di dissesto finanziario è affidata all’organo straordinario di liquidazione. I compiti attribuiti in via generale all'organo straordinario di liquidazione consistono nella rilevazione della massa passiva dell’ente locale; nell’acquisizione e gestione dei mezzi finanziari disponibili ai fini del risanamento anche mediante alienazione dei beni patrimoniali; nella liquidazione e pagamento della massa passiva (art. 252). Verificata la situazione debitoria, l’organo straordinario di liquidazione provvede all’accertamento della massa passiva, attraverso la formulazione di un piano di rilevazione, e alla acquisizione dei mezzi finanziari disponibili per il risanamento (artt. 254-255). Entro 24 mesi dall’insediamento, l’organo straordinario di liquidazione è tenuto a predisporre il piano di estinzione delle passività, che viene sottoposto al Ministero dell’interno, cui spetta approvarlo, previo parere della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali (artt. 256-257).

      A seguito dell’approvazione del piano di estinzione, l’organo straordinario di liquidazione provvede al pagamento delle residue passività, sino alla concorrenza della massa attiva realizzata. Nel caso in cui l’insufficienza della massa attiva, non diversamente rimediabile, sia tale da compromettere il risanamento dell’ente, il Ministro dell’interno, su proposta della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, può stabilire misure straordinarie per il pagamento integrale della massa passiva della liquidazione, anche in deroga alle norme vigenti, comunque senza oneri a carico dello Stato.

      Mentre l’organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell’indebitamento pregresso, gli organi istituzionali dell’ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria, rimuovendo le cause strutturali che hanno determinato il dissesto. Entro il termine di tre mesi dalla nomina dell’organo straordinario di liquidazione, il consiglio dell’ente è tenuto a presentare al Ministro dell’interno un’ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato, istruita dalla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, che esprime il proprio parere sulla validità delle misure disposte dall’ente per consolidare la propria situazione finanziaria entro quattro mesi. Il riequilibrio viene realizzato mediante l’attivazione di entrate proprie e la riduzione delle spese correnti, anche attraverso la rideterminazione della dotazione organica da sottoporsi all’esame della Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali, secondo una disciplina che vincola la gestione del bilancio dal momento della deliberazione del dissesto fino a quella dell’approvazione del bilancio riequilibrato (artt. 259-263).

      Infine, a seguito dell’approvazione ministeriale dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, l’ente provvede alla deliberazione del bilancio dell’esercizio cui l’ipotesi si riferisce. Il testo unico stabilisce le prescrizioni e i limiti conseguenti al risanamento dell’ente locale, a seguito dell’emanazione del decreto ministeriale di approvazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato. L’osservanza delle prescrizioni è curata dagli amministratori ordinari e straordinari, che hanno l’obbligo di riferire sullo stato di attuazione nella relazione al rendiconto annuale, per tutto il periodo interessato al risanamento, fissato in cinque anni (artt. 264-267).

[7]     Si segnala che tale articolo ha anticipato il contenuto dell'art. 5-bis dell'A.C. 3209-bis, recante "Disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione", attualmente all'esame della Camera dei deputati

[8]     http://www.regione.piemonte.it/autonomie/dwd/propr_immob.pdf.

[9]     Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 8 del citato D.Lgs. n. 281/1997 la Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni. Ai sensi delle disposizioni previste dal citato articolo 3 del medesimo D.Lgs. n. 281, le intese si perfezionano con l'espressione dell'assenso del Governo e dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Quando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza Stato-regioni in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata. Le disposizioni del presente articolo non si applicano in caso di urgenza motivata, ma i provvedimenti che vengono adottati secondo questa procedura sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni ed il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.

[10]    Si ricorda che tale norma viene richiamata quando occorre definire l’ambito delle amministrazioni pubbliche, che viene individuato come l’insieme costituito da tutte le amministrazioni dello Stato, dagli istituti e scuole di ogni ordine e grado ed istituzioni educative, nonché dalle aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo. Rientrano in tale ambito altresì le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende ed enti del SSN, l' ARAN e le Agenzie di cui al decreto legislativo di riforma dell’organizzazione del Governo, D.lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

[11]    La norma, nell’ambito più generale della riorganizzazione del MEF ai sensi del citato D.P.R. 43/2008, definisce una nuova competenza alla Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro del MEF, la quale è deputata alla valorizzazione dell'attivo e del patrimonio pubblico, vale a dire la “elaborazione del rendiconto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato finalizzato alla gestione e valorizzazione degli attivi”. Pertanto, il conto patrimoniale dello Stato a prezzi di mercato, denominato anche “Patrimonio della P.A. a valori di mercato”, è a tutti gli effetti un nuovo documento, diverso dal Conto generale del Patrimonio dello Stato, che viene elaborato ex lege dalla Ragioneria generale dello Stato.

[12]    Disciplina il conto generale del patrimonio, prevedendo una specifica classificazione dei beni dello Stato iscritti nel conto generale del patrimonio e la valutazione degli stessi secondo criteri economici, ai fini della loro gestione economica di cui all'articolo 822 del codice civile, fermi restando la natura giuridica ed i vincoli cui sono sottoposti dalle vigenti leggi. In particolare, per l'analisi economica della gestione dei beni dello Stato, al conto generale del patrimonio è allegato un documento contabile in cui sono rappresentati i componenti positivi e negativi, nonché gli indici di redditività della gestione stessa.

[13]    Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze l'obbligo di comunicazione può essere esteso ad altre forme di attivo ai fini della redazione dei predetti conti patrimoniali. Peraltro si prevede che, in caso di inadempimento dei predetti obblighi di comunicazione, l'Agenzia del Demanio ne effettua la segnalazione alla Corte dei Conti.

[14]    L’articolo 120 è stato sostituito dall'art. 6 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3. Il secondo comma dell’art. 120 prevede che la possibilità di sostituzione da parte del Governo a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.

[15]    I beni immobili di proprietà dello Stato sono classificati in:

-     beni demaniali, ossia beni che per natura o per legge soddisfano direttamente i bisogni collettivi e che quindi sono sottoposti a vincoli speciali. Rientrano in questa categoria il demanio marittimo, il demanio militare, il demanio idrico, il demanio aeronautico civile, il demanio stradale, il demanio storico artistico;

-     beni patrimoniali, ossia tutti i beni, non inclusi nel demanio pubblico, sottoposti a vincoli speciali. Il patrimonio dello Stato è a sua volta distinto in patrimonio indisponibile, nel quale rientrano i beni dello Stato che per legge o per uso sono destinati a scopi pubblici (miniere, beni per uso governativo o pubblico, beni in dotazione della Presidenza della Repubblica, edilizia residenza pubblica, beni italiani all’estero). Tutti i restanti beni, non inclusi nel demanio ovvero nel patrimonio indisponibile, rientrano nel patrimonio disponibile al quale si applica la disciplina ordinaria prevista dagli articoli 826 e seguenti del codice civile.

[16]    Per una visione completa della documentazione depositata vedi http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg16/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201004/0428/html/62/

[17]    V. in tal senso, l’art. 4, comma 2, del T.U. espropriazione (DPR 327/2001).

[18]    Legge 6 luglio 2003, n. 137, Delega per la riforma dell'organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici

[19]    Tale precisazione è stata introdotta in accoglimento di una condizione contenuta nel parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale.

[20]    Rispetto allo schema di decreto, la disposizione contempla anche gli aeroporti di interesse locale, in accoglimento di una condizione posta dalla Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale (che recepiva anche i rilievi della VI Commissione).

[21]    D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, recante Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della Legge 9 novembre 2004, n. 265.  

[22]    Anche il richiamo alla categoria residuale degli «altri beni immobili dello Stato» (in sostituzione del rinvio alle «aree e fabbricati» di proprietà dello Stato contenuto nello schema di decreto) deriva dal recepimento di una condizione contenuta nel parere della Commissione per l'attuazione del federalismo fiscale (che, sul punto, riprendeva anche i rilievi della VI Commissione).

[23]    Legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante Riordino della legislazione in materia portuale.

[24]    I porti sede di autorità portuali sono quelli di: Ancona; Augusta; Bari; Brindisi; Cagliari; Catania; Civitavecchia; Genova; Gioia Tauro; La Spezia; Livorno; Manfredonia; Marina di Carrara; Messina; Napoli; Olbia e Golfo Aranci; Palermo; Piombino; Ravenna; Salerno; Savona; Taranto; Trieste e Venezia.

[25]    D.Lgs. 9 maggio 2005, n. 96, recante Revisione della parte aeronautica del Codice della navigazione, a norma dell'articolo 2 della Legge 9 novembre 2004, n. 265.  

[26]    Per l’emanazione del decreto si prevede la preventiva deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'Agenzia del demanio. Sullo schema di decreto deve essere acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari.

[27]    Va segnalato che, a causa presumibilmente di un refuso, il testo dell’articolo fa erroneamente riferimento al comma 7, anziché al comma 5.

[28]    Il comma 13-ter dell’articolo 27 del D.L. 30 settembre 2003 n. 269, e successive modificazioni, prevedeva che, nella fase di prima applicazione del D.L., il Ministero della difesa, d’intesa con l'Agenzia del demanio del Ministero dell’economia, individuasse:

-       entro il 28 febbraio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 30 giugno 2007;

-       entro il 31 luglio 2007, beni immobili, per un valore complessivo pari a un miliardo di euro, da consegnare all'Agenzia del demanio entro il 31 dicembre 2007.

-       In attuazione di tali previsioni sono stati adottati i decreti direttoriali 25 luglio 2007 e 20 febbraio 2008.

[29]    Il comma 7 preclude il trasferimento dei beni che costituiscono la dotazione della Presidenza della Repubblica e dei beni in uso ad organi costituzionali o di rilevanza costituzionale.

[30]    D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[31]    Al demanio culturale sono ricondotte le tipologie di beni indicate all’art. 822 del Codice civile. Quest’ultimo include nel demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico ed artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche. Caratteristiche tipiche dei beni demaniali sono l’inalienabilità (art. 823 c.c.) e l’imprescrittibilità o inusucapibilità. La demanialità è stabilita in base a disposizioni di legge.

[32]    Sono inclusi tra i beni inalienabili: gli immobili e le aree di interesse archeologico; gli immobili dichiarati monumenti nazionali ai termini della normativa all'epoca vigente; le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie e biblioteche; gli archivi; gli immobili dichiarati di interesse particolarmente importante (ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d) del medesimo Codice); le cose mobili opera di autore vivente o la cui esecuzione non risalga ad oltre cinquanta anni, se incluse in raccolte appartenenti a Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali ovvero se in attesa della verifica dell’interesse culturale,comunque fino a conclusione del procedimento (di cui all’art. 12 del Codice).

[33]    Qualora si tratti di beni o cose non in consegna al Ministero, del trasferimento è data preventiva comunicazione al Ministero medesimo per le finalità di vigilanza e ispezione, di cui agli articoli 18 e 19 del Codice dei beni culturali.

[34]    Ai sensi dell’art. 3 del medesimo D.Lgs., la tutela consiste, invece, “nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. L’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale”. La “tutela dei beni culturali” rientra tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. s), della Costituzione), mentre l’attività di valorizzazione rientra tra le materie di legislazione concorrente (art. 117, terzo comma).

[35]    Lo Stato stipula gli accordi per il tramite del Ministero, che opera direttamente ovvero d'intesa con le altre amministrazioni statali eventualmente competenti.

[36]    I porti appartengono al demanio marittimo ai sensi dell’art. 822 del codice civile e dell’art. 28 del codice della navigazione.

[37]    Legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante Riordino della legislazione in materia portuale.

[38]    I porti sede di autorità portuali sono quelli di: Ancona; Augusta; Bari; Brindisi; Cagliari; Catania; Civitavecchia; Genova; Gioia Tauro; La Spezia; Livorno; Marina di Carrara; Messina; Napoli; Olbia e Golfo Aranci; Palermo; Piombino; Ravenna; Salerno; Savona; Taranto; Trieste e Venezia.

[39]    Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi.

[40]    Recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria e convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 13

[41]    Recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario e convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

[42]    In base alla normativa vigente , la raccolta del risparmio postale è affidata a Cassa depositi e prestiti che si avvale di Poste italiane S.p.a. Quest’ultima cura la distribuzione dei prodotti del risparmio postale. Per risparmio postale si intende la raccolta di Fondi con obbligo di rimborso assistito dalla garanzia dello Stato. La raccolta di Fondi avviene sotto forma di buoni postali fruttiferi e di libretti di risparmio postale. I criteri per l’emissione degli uni e degli altri, per lo svolgimento delle altre operazioni finanziarie assistite da garanzia dello Stato e i criteri per la gestione separata – organizzativa e contabile - di tali operazioni di raccolta sono fissati nel Decreto del Ministro dell’economia e finanze del 6 ottobre 2004.

      L’emissione dei prodotti del risparmio postale finanziarie assistiti da garanzia statale nonché l’effettuazione dei altre operazioni permette il reperimento delle risorse necessarie per lo svolgimento - ai sensi dell’articolo 5, comma 7, lettera a) del decreto legge n. 269 del 2003 -delle attività di finanziamento svolte parte da parte di Cassa depositi e prestiti. Tale articolo 5 ha disposto la trasformazione di CDP in società per azioni, definendone l’ambito operativo.