Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||
Titolo: | L'attività delle Commissioni nella XV legislatura. Commissione Finanze | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 6 | ||
Data: | 15/05/2008 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VI-Finanze |
Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
SERVIZIO STUDI
Documentazione e ricerche
L’attività delle
Commissioni
nella XV legislatura
Commissione Finanze
n. 1/6
parte seconda
Maggio 2008
La documentazione di inizio legislatura predisposta dal Servizio Studi e, quanto ad alcune parti, dall’Ufficio per i Rapporti con l’Unione europea, dal Servizio Biblioteca, dal Servizio Bilancio dello Stato, dal Servizio Commissioni e dal Servizio per il Controllo parlamentare, si compone di:
§ un dossier ipertestuale su CD-ROM (Documentazione e ricerche, n. 1), che illustra analiticamente le principali politiche legislative e attività istituzionali svolte dalla Camera dei deputati nel corso della XV legislatura;
§ 14 fascicoli di accompagnamento (Documentazione e ricerche, nn. da 1/1 a 1/14 – parte prima) recanti, per ciascuna Commissione, una nota di sintesi sulle aree tematiche di interesse, sull’attività svolta e sugli adempimenti governativi nelle materie di competenza;
§ 14 volumi (Documentazione e ricerche, nn. da 1/1 a 1/14 – parte seconda) recanti, per ciascuna Commissione, un estratto del dossier ipertestuale concernente le politiche legislative e l’attività istituzionale nelle materie di competenza.
Avvertenza
Il presente dossier è stato realizzato in collaborazione con il Servizio Studi del Senato della Repubblica. In particolare i capitoli 9 (Le altre imposte indirette e le tasse), 14 (Giochi e scommesse), 15 (Demanio e patrimonio dello Stato) e le schede di approfondimento relative alla Disciplina dei mercati finanziari, alla Disciplina degli intermediari creditizi e al Contrasto del riciclaggio sono stati realizzatidal Servizio studi del Senato della Repubblica.
Dipartimento Finanze
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle
esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e
dei parlamentari.
File: FI0001a.doc
I N D I C E
Politiche legislative e attività istituzionale
Fisco: i principi costituzionali
§ Le norme dei Trattati in materia fiscale
§ La politica fiscale nell'Unione europea
§ La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato
§ Il Ministero dell’economia e delle finanze.
La tassazione delle persone fisiche
§ Detrazioni per familiari a carico
§ Detrazioni per tipologia di reddito
Reddito d’impresa e lavoro autonomo
Le imposte dirette: i regimi speciali
L’Imposta sul valore aggiunto (IVA)
§ Adempimenti dei contribuenti IVA
§ Le ipotesi di indetraibilità dell’Iva e le modifiche alla base imponibile
§ Interventi sulle aliquote Iva e regimi di esenzione
§ La tassazione dei prodotti energetici
Le altre imposte indirette e le tasse
§ Imposte ipotecarie e catastali
§ Imposta sulle successioni e sulle donazioni
§ Tasse di concessione governativa
§ La tassa sui contratti di borsa
Emersione della base imponibile
§ L’aggiornamento del catasto terreni e fabbricati
§ L’adeguamento delle rendite catastali
§ Il decentramento delle funzioni catastali ai Comuni
§ Il flusso di dati gestito dall’Amministrazione finanziaria
§ Adempimenti dei contribuenti e comunicazione di informazioni
§ Paesi a fiscalità privilegiata
§ Imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)
§ Imposta comunale sugli immobili (ICI)
§ Addizionali comunali e regionali all’IRPEF
Accertamento e riscossione tributi
§ L’accertamento e la riscossione dei tributi.
§ Gli studi di settore – rinvio.
§ Confronto tra dati di previsione e dati di consuntivo
§ Modernizzazione dell’offerta dei giochi e misure di contrasto al gioco illegale
§ Regime tributario degli apparecchi da intrattenimento
§ Definizione degli apparecchi per il gioco d’azzardo
§ Sanzioni in materia di apparecchi e congegni da intrattenimento
§ Caratteristiche tecniche degli apparecchi da intrattenimento
§ Istituzione di un concorso pronostico su base ippica e di scommesse varie
§ Disposizioni in materia di gioco del lotto
Demanio e patrimonio dello Stato
§ Il censimento del patrimonio immobiliare
§ La valorizzazione dei beni del patrimonio pubblico
§ L’incremento del patrimonio immobiliare destinato alla locazione di edilizia abitativa
§ I canoni demaniali marittimi
Diritto delle società e dei mercati finanziari
L’evoluzione del diritto societario
§ I conti annuali delle società
La disciplina dei mercati finanziari
§ L’attuazione della direttiva sul prospetto
§ L’attuazione della direttiva sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza
§ L’attuazione della direttiva sulle offerte pubbliche di acquisto
§ L’attuazione della direttiva MiFID
§ Il coordinamento del TUF con la legge n. 262 del 2005
§ Le società di investimento immobiliare quotate (SIIQ)
§ La disciplina relativa all’utilizzo degli strumenti finanziari derivati
§ Introduzione nell’ordinamento della c.d. poison pill
§ Organizzazione degli intermediari creditizi
§ Attività degli intermediari creditizi
§ Portabilità dei mutui bancari
§ Trasparenza e modifica delle condizioni contrattuali
§ Il processo di integrazione dei servizi di pagamento in Europa e la direttiva 2007/64/CE
§ Il contenuto della direttiva 2005/60/CE
La disciplina del settore assicurativo
Attività UE: diritto societario
§ IVA
§ Accise
Attività UE: servizi finanziari
§ Stabilità finanziaria e gestione delle crisi
§ Rafforzamento della vigilanza
§ Interventi settoriali nell’area dei servizi finanziari
Aiuti di Stato e servizi pubblici
§ I servizi di interesse economico generale
§ L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato
Politiche fiscali per la famiglia
§ Detrazioni per familiari a carico
IRES: ampliamento base imponibile
§ Plusvalenze e minusvalenze da partecipazioni
§ Consolidato nazionale e mondiale
La sentenza Iva sugli autoveicoli
§ Il quadro normativo di riferimento.
Fisco ambientale e energie alternative
§ Ecoincentivi per la rottamazione, sostituzione e acquisto di veicoli.
§ Riqualificazione energetica degli edifici
§ Altre detrazioni per finalità di risparmio energetico ambientale
La tassazione dei prodotti energetici
§ Le modifiche apportate dal D.Lgs. n. 26/2007 al T.U. delle accise
Fiscalità e controlli sugli immobili
§ Fiscalità dell’abitazione principale
L’accatastamento dei fabbricati rurali
L’aggiornamento del catasto terreni
§ Le nuove “white list”dei paesi non fiscalmente privilegiati
L’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI)
§ Norme di agevolazione fiscale
§ Adempimenti dei contribuenti
§ Potestà regolamentare dei comuni in materia di ICI
§ Norme di interpretazione autentica.
§ Gettito ICI e trasferimenti erariali
§ Determinazione del valore netto di produzione
§ Determinazione della base imponibile
§ Revisione degli studi di settore
§ Gli indicatori di normalità economica
§ L’applicazione dell’accertamento basato sugli studi di settore
§ Utilizzazione degli studi di settore ai fini dell’accertamento
I soggetti abilitati alla riscossione
§ Il sistema nazionale della riscossione: Equitalia S.p.A.
§ Le disposizioni di sanatoria in favore dei concessionari della riscossione
§ L’affidamento della gestione delle entrate locali
Diritto delle società e dei mercati finanziari
§ Requisiti statutari e di struttura partecipativa
Gli strumenti finanziari derivati
§ L’impiego di strumenti finanziari derivati da parte degli enti territoriali
§ Le modifiche apportate dalla legge finanziaria per il 2007
§ Le disposizioni recate dall’articolo 1, commi 381-384, della legge finanziaria per il 2008
§ La Direttiva 2004/39/CE e il D.Lgs. n. 164 del 2007
§ Provvedimenti connessi all’attuazione del D.Lgs. n. 164 del 2007
Le Offerte Pubbliche di Acquisto
§ Requisiti patrimoniali minimi
§ Il controllo delle Banche centrali
§ Disciplina del mercato e trasparenza
Contratti bancari e portabilità dei mutui
§ Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali (c.d. ius variandi)
§ Estinzione anticipata o parziale dei mutui immobiliari e divieto di clausole penali
§ Semplificazione del procedimento di cancellazione dell’ipoteca nei mutui immobiliari
Le nuove norme antiriciclaggio
§ Il contenuto della direttiva 2005/60/CE (c.d. III direttiva antiriciclaggio)
§ Le linee-guida del D.Lgs. n. 231 del 2007
§ I limiti all’utilizzo di denaro contante
La disciplina del risarcimento diretto
I princìpi fondamentali cui è informato l’ordinamento tributario italiano sono oramai consolidati nell’interpretazione e nella giurisprudenza costituzionale, che hanno chiarito portata e limiti della riserva relativa di legge, stabilita dall’articolo 23 della Costituzione per l’imposizione di prestazioni personali e patrimoniali, e delle nozioni di capacità contributiva e progressività, che l’articolo 53 determina rispettivamente quale fondamento dell’obbligazione tributaria e quale criterio organizzatore del sistema fiscale.
Diverse pronunzie della Corte costituzionale, nel periodo 2006-2008, hanno statuito l’illegittimità di alcune disposizioni attinenti alla disciplina dei tributi e della giurisdizione delle commissioni tributarie.
Si segnalano in particolare:
- in materia di discarica di rifiuti solidi, la sentenza n. 412 del 2006, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di diversi articoli della legge della Regione Molise 13 gennaio 2003 (recante disposizioni per l'applicazione del tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, di cui all'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549), per esorbitanza dai limiti della potestà tributaria regionale; le disposizioni censurate risultano in più punti contrastanti, infatti, con la legislazione statale in materia;
- in materia di rimborsi IVA, la sentenza n. 330 del 2007. Tale pronuncia ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 4, comma 1, secondo periodo, della legge 21 novembre 2000, n. 342.
Si ricorda che il primo periodo dell'art. 4, comma 1, della legge n. 342 del 2000, con norma di interpretazione autentica, estende l’ambito applicativo della disposizione che consente di esercitare l'opzione e la revoca di regimi di determinazione dell'imposta o di regimi contabili (di cui all’articolo 1 del D.P.R. n. 442 del 1997) per facta concludentia o tramite le modalità di tenuta delle scritture contabili anche ai comportamenti concludenti tenuti dal contribuente anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto n. 442 del 1997.
Tuttavia la disposizione censurata dalla Corte (secondo periodo dell’articolo 4) escludeva la ripetibilità di quanto pagato dal contribuente a titolo di imposte, soprattasse e pene pecuniarie, anche nel caso in cui tali pagamenti risultassero non dovuti, proprio in conseguenza dell'efficacia delle manifestazioni tacite di volontà poste in essere in data anteriore al 7 gennaio 1998 (data di entrata in vigore del decreto legislativo 10 novembre 1997, n. 442). La Corte ha dunque reputato tale disposizione in contrasto con il principio di uguaglianza, poiché – contraddittoriamente - da un lato attribuisce alla disposizione interpretata un significato tale da qualificare come non dovuto, sin dall'origine, un pagamento; dall'altro, ne esclude la ripetibilità.
- la sentenza n. 267 del 2007 che, in materia di alienazione di immobili pubblici, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 11-quinquies, comma 7 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203. La norma prevedeva l’esclusione di alcuni edifici - specificamente individuati dalla medesima disposizione - dalle procedure di vendita previste per gli immobili pregiati, sancendone dunque l’obbligo di alienarli con l’applicazione del prezzo di vendita stabilito per gli edifici non di pregio. La Consulta ha dichiarato la disposizione - discriminatoria per i conduttori dei due immobili esclusi dalla vendita e lesiva del loro legittimo affidamento - illegittima a causa dell’irragionevolezza ed arbitrarietà della norma-provvedimento.
- la sentenza n. 64 del 2008 che ha dichiarato, in materia di estensione della giurisdizione tributaria, l’illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 2, secondo periodo, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546[1] e successive modifiche, nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative alla debenza del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche (COSAP), in quanto la norma, attribuendo alla giurisdizione tributaria la cognizione di una controversia relative a prestazioni patrimoniali qualificate come “non tributarie”, si risolve nella creazione di un giudice speciale vietato dal secondo comma dell'art. 102 Cost.
La riforma operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha comportato l’assegnazione di poteri in materia di entrata e di spesa agli enti territoriali (regioni, province, comuni, città metropolitane) e di correlate funzioni normative, da esercitarsi nel quadro definito dalla legislazione statale. Tale assetto di rapporti, nel quale a ciascun ente è riconosciuta autonomia finanziaria entro i limiti necessari a mantenere l’unitarietà dell’ordinamento e la solidarietà tra le articolazioni territoriali della Repubblica, si riassume nella formula del “federalismo fiscale”. Per approfondimenti sull’argomento, si veda il capitolo I tributi regionali e locali, pag.
Nel conferire autonomia finanziaria di entrata e di spesa ai comuni, alle province, alle città metropolitane e alle regioni, il nuovo assetto costituzionale ha conferito ad essi risorse autonome, in aggiunta a compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio, nonché il potere di stabilire e applicare tributi ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
Nel corso degli ultimi anni, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha proseguito nell’opera di enucleazione del significato delle nuove disposizioni, al fine di precisarne la collocazione nel sistema giuridico e di determinare l’ambito di azione della potestà legislativa regionale la quale, ai sensi dell’articolo 119 della Costituzione, deve espletarsi in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.
In merito appare significativo segnalare quanto disposto con la sentenza n. 102 del 2008, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’imposta regionale sulle plusvalenze delle seconde case ad uso turistico (prevista dall’articolo 2 della legge della Regione Sardegna n. 4 del 2006 e successive modifiche) e dell’imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico (prevista dall’art. 3 della medesima legge regionale e successive modifiche).
Si rileva, tuttavia, che la Consulta ha espressamente precisato che l’esame delle questioni ad essa proposte è stato condotto “alla stregua sia degli artt. 3, 53 e 117, primo comma, Cost., sia del […] parametro” contenuto nello Statuto della Regione Sardegna (art. 8, lettera i) – ora lettera h) – della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3), alla stregua del quale le entrate della regione sono costituite, tra l’altro, “da imposte e tasse sul turismo e da altri tributi propri, che la regione ha facoltà di istituire con legge, in armonia con i principi del sistema tributario dello Stato”, escludendo il solo raffronto con le norme contenute negli artt. 117 e 119 Cost, così come riformati dalla citata l. Cost. n. 3 del 2001.
La Corte ha rilevato “la contraddizione fra la ratio ispiratrice del tributo regionale censurato e la scelta di politica fiscale del legislatore statale di limitare la tassazione alle sole plusvalenze realizzate nel quinquennio”, peraltro “accentuata dal rilievo che la norma denunciata, in entrambe le sue formulazioni, realizza un'ingiustificata discriminazione tra i soggetti aventi residenza anagrafica all'estero e i soggetti fiscalmente non domiciliati in Sardegna aventi residenza anagrafica in Italia, violando così gli artt. 3 e 53 Cost.”
Si ricorda che, nell’ambito della medesima pronuncia, la Corte ha sospeso il giudizio, chiedendo alla Corte di giustizia CE di pronunciarsi in via pregiudiziale sulla compatibilità dell’articolo 4 della legge della Regione Sardegna 11 maggio 2006, n. 4 (Disposizioni varie in materia di entrate, riqualificazione della spesa, politiche sociali e di sviluppo), concernente l'imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili, con le disposizioni del Trattato CE. Si tratta della prima ipotesi di rinvio pregiudiziale (ai sensi dell’articolo 234 del Trattato CE) da parte della Corte costituzionale.
Le norme dei Trattati europei in materia fiscale sono piuttosto scarne: sostanzialmente esse prevedono il divieto di istituire tassazioni discriminatorie, rispetto a quelle applicate sui prodotti nazionali, su prodotti provenienti da altri Stati membri e l’armonizzazione comunitaria dell’IVA, delle imposte di consumo (Accise) e delle altre imposte indirette. L’imposizione diretta non è invece armonizzata e rimane di competenza esclusiva degli Stati membri.
L’articolo 93 del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) in particolare prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo e del Comitato economico e sociale, adotti le disposizioni che riguardano l'armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sulla cifra d'affari, alle imposte di consumo ed altre imposte indirette, nella misura in cui detta armonizzazione sia necessaria per assicurare l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno ed evitare le distorsioni di concorrenza (precisazione, quest’ultima introdotta dal recente Trattato Lisbona, in corso di ratifica).
L’articolo 90 prevede poi che nessuno Stato membro possa applicare direttamente o indirettamente ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne, di qualsivoglia natura, superiori a quelle applicate direttamente o indirettamente ai prodotti nazionali similari. Inoltre, nessuno Stato membro può applicare ai prodotti degli altri Stati membri imposizioni interne intese a proteggere indirettamente altre produzioni.
L’articolo 92, con l’esclusione dell’IVA, delle imposte di consumo e delle altre imposte indirette, prevede che si possano operare esoneri e rimborsi all'esportazione negli altri Stati membri e introdurre tasse di compensazione applicabili alle importazioni provenienti dagli Stati membri, soltanto qualora le misure progettate siano state preventivamente approvate per un periodo limitato dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione.
Altri articoli dei Trattati che rilevano nel settore fiscale sono quelli che disciplinano gli aiuti fiscali alle imprese. Si tratta degli articoli da 86 a 89 del TCE (vedi scheda Aiuti di stato e servizi pubblici, pag. 181).
La politica fiscale nell'Unione europea opera su due fronti: la fiscalità diretta, che rimane di competenza esclusiva degli Stati membri, e la fiscalità indiretta, che interessa la libera circolazione delle merci e la libera prestazione dei servizi e che invece è oggetto di forte armonizzazione, in quanto la concorrenza tra gli Stati membri nell'ambito del mercato interno non deve essere falsata da disparità di aliquote e di regimi d'imposizione a livello della fiscalità indiretta.
Il funzionamento dei sistemi fiscali è di competenza degli Stati membri pertanto l'organizzazione dell'amministrazione fiscale, il controllo dei soggetti d’imposta e la riscossione dell’imposta sono settori che sono di competenza degli Stati. Nonostante ciò la Commissione europea ha sottolineato di avere il dovere di incentivare e facilitare la cooperazione tra gli Stati membri, al fine di garantire il funzionamento regolare del mercato interno e la tutela degli interessi finanziari della Comunità.
Nella Comunicazione sul “Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno” [COM(2006) 823],la Commissione europea ha annunciato una serie di iniziative destinate a promuovere un migliore coordinamento dei sistemi nazionali di imposizione diretta nell'Unione. In particolare, l’accento viene posto sulla necessità di soppressione delle discriminazioni e della doppia imposizione a beneficio dei privati e delle imprese, nonché sulla lotta contro la frode fiscale e la preservazione della base imponibile. Sotto questi profili si auspica pertanto un approccio fiscale coerente e più coordinato dei Paesi Membri, con l’obiettivo anche di ridurre i costi che comporta l'obbligo di conformarsi alle disposizioni di più sistemi fiscali diversi.
Due esempi concreti di settori specifici nei quali un approccio coordinato potrebbe rivelarsi vantaggioso e sui quali la Commissione ha adottato due Comunicazioni[2], sono la compensazione transfrontaliera delle perdite[3] e la tassazione in uscita[4]. Si sta inoltre valutando la possibilità di introdurre una base imponibile consolidata comune per le imprese (vedi capitolo Attività UE: fiscalità, pag. 169).
Per quanto riguarda la questione delle frodi fiscali queste costituiscono un ostacolo al funzionamento regolare del mercato interno nella misura in cui comportano distorsioni della concorrenza tra i contribuenti.La lotta alle frodi fiscali è uno degli obiettivi prioritari della politica fiscale dell’UE. In materia si ricorda, infatti, la Comunicazione della Commissione sulla necessità di sviluppare una strategia coordinata al fine di migliorare la lotta contro la frode fiscale [COM/2006/0254 def.] e la comunicazione del 22 febbraio 2008 relativa alle misure di modifica del sistema IVA per combattere la frode [COM(2008)109] (vedi capitolo Attività UE: fiscalità, pag. 169).
L’IVA è un’imposta completamente armonizzata a livello comunitario. Il sistema comune dell’IVA è adesso disciplinato dalla direttiva 2006/112/CE che contiene i principi dell’Iva comunitaria (vedi scheda Principi dell’Iva comunitaria, pag. 227) e che ha recentemente proceduto alla rifusione di tutte le norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, contenute precedentemente nella direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (cosiddetta “sesta direttiva IVA”), più volte modificata nel corso degli anni da numerose direttive.
Il sistema comune dell’IVA dovrebbe portare nel lungo termine, anche se le aliquote e le esenzioni non sono ancora completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione.
Peraltro è stato indispensabile prevedere un periodo di transizione al fine di consentire un adattamento progressivo delle normative nazionali in determinati settori. Attualmente ci troviamo ancora in tale regime transitorio, che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2010.
Altre norme recenti in materia di Iva sono poi contenute nella direttiva 2008/8/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, che ha modificato la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il luogo delle prestazioni di servizi, e nella direttiva 2008/9/CE del Consiglio, del 12 febbraio 2008, dove si prevedono norme dettagliate per il rimborso dell'Iva ai soggetti passivi non stabiliti nello Stato membro di rimborso, ma in altro Stato membro. La direttiva si applicherà alle richieste di rimborso presentate dopo il 31 dicembre 2009.
Con il Regolamento CE 143/2008 è stato invece modificato il Regolamento 1798/2003 relativo alle modalità di cooperazione amministrativa e relativo scambio di informazioni tra Stati membri, in ragione delle nuove disposizioni su luogo delle prestazioni di servizi, regimi speciali e procedura di rimborso dell'Iva, introdotte dalle Direttive 2008/8/CE e 2008/9/CE.
Per quanto riguarda altre imposte indirette armonizzate ricordiamo le accise (vedi capitolo Le accise, pag. 61) che colpiscono gli oli minerali (vedi scheda La tassazione dei prodotti energetici, pag. 235), l'alcole, le bevande alcoliche ed i tabacchi lavorati.
Nell'Unione europea, i singoli Stati membri hanno competenza esclusiva per quanto riguarda i livelli dell’imposizione diretta, ovvero l’imposta sui redditi individuali e sugli utili societari, sempre che tali imposte siano compatibili con il mercato unico e con la libera circolazione dei capitali, ossia non ostacolino gli investimenti transfrontalieri.
Qualora tuttavia il mercato unico, la libera circolazione dei capitali o i diritti dei singoli siano lesi dalle norme tributarie, la Commissione europea o i soggetti direttamente interessati possono adire la Corte di giustizia delle Comunità europee.
Le imposte sulle persone fisiche e le relative aliquote sono pertanto di competenza dagli Stati membri, salvo l’eventuale intervento dell’UE per impedire discriminazioni o agevolazioni speciali per chi si avvale della possibilità di lavorare o investire in un altro paese.
La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato costituisce un vincolo importante per l’attività delle imprese nel mercato interno dell’Unione europea e rileva anche nel campo fiscale, in quanto spesso gli aiuti settoriali che vengono concessi ad alcune imprese hanno la forma dell’esenzione o dell’agevolazione fiscale (ad esempio i crediti d’imposta), la cui compatibilità deve essere attentamente valutata dal punto di vista comunitario.
Tale tipo di aiuti, concessi normalmente sotto forma di esenzioni, incentivi fiscali, crediti d’imposta o prestiti agevolati, sono infatti considerati dalla Commissione europea e dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia come aiuti di Stato e come tali sono in linea di principio incompatibili con le norme del Trattato, salvo che non rientrino in alcuni casi espressamente previsti.
Si sottolinea peraltro che le norme UE in materia di aiuti di Stato si applicano unicamente alle misure che rispondono ad una serie di condizioni, precisate nell'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato (vedi scheda Aiuti di stato e servizi pubblici, pag. 181).
La Commissione europea ha il compito(in base all'articolo 88 del Trattato) di controllare gli aiuti di Stato e gli Stati membri hanno l'obbligo di informare preventivamente la Commissione di ogni progetto volto a istituire aiuti (c.d. "obbligo di notifica") e non possono darvi esecuzione prima che sia stato autorizzato dalla Commissione ("principio di sospensione").
La mancata ottemperanza a tale obbligo di notifica preventivo- dal quale si è esentati solo in alcuni casi espressamente previsti, come quello degli aiuti c.d. de minimis (vedi capitolo La politica di coesione,nel dossier relativo alla Commissione Bilancio) – o all’obbligo di attendere l’autorizzazione, fa sì che l’aiuto sia considerato automaticamente illegale fin dall’inizio.
Si ricorda inoltre che quando un aiuto di Stato viene dichiarato illegale in seguito ad una decisione della Commissione europea, esso deve essere restituito dal momento in cui l’illegalità è sorta, cioè normalmente dal momento in cui se ne è usufruito.
La Commissione europea inoltre, in base all’articolo 88, paragrafo 2, Trattato CE, può adire direttamente la Corte di giustizia contro lo Stato che non si conformi alla decisione nel termine da essa stabilito. Nel caso di una condanna dello Stato da parte della Corte di giustizia ed in caso di mancata ottemperanza alla sentenza, la Commissione può nuovamente adire la Corte di Giustizia, in base all’articolo 228 del Trattato e proporre l’imposizione di una sanzione pecuniaria nella forma di una somma forfettaria o di una penalità – o di entrambe - di importo determinato.
Occorre segnalare che lo strumento deterrente pecuniario ha assunto a partire dal 2006, a seguito di una sentenza della Corte di Giustizia[5], una valenza molto più forte rispetto al passato. Infatti in base alla nuova interpretazione dell’articolo 228 del TCE, la Corte di Giustizia può infatti oggi condannare lo Stato inadempiente a pagare contestualmente sia una somma forfetaria, che una somma a titolo di penalità, proporzionale ai giorni per i quali si protrae l’inadempimento.
Nella XV legislatura il tema degli aiuti di Stato è stato oggetto di alcune disposizioni relative al rimborso degli aiuti illegali. In particolare, l’articolo 1, comma 1223, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha disposto che i destinatari degli aiuti di stato possono avvalersene solo se dichiarano, con dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e secondo le modalità da stabilire con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di non rientrare fra coloro che hanno ricevuto e, successivamente, non rimborsato, o depositato in un conto bloccato, gli aiuti che sono individuati quali illegali o incompatibili e dei quali la Commissione europea abbia ordinato il recupero.
Occorre anche ricordare, a tale proposito, che esiste una consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenza Deggendorf nella causa C-355/95) in base alla quale, nel valutare la compatibilità di nuovi aiuti di stato, la Commissione deve tenere conto anche del fatto che i beneficiari possono non aver rispettato precedenti decisioni della Commissione che impongono loro di rimborsare precedenti aiuti dichiarati illegittimi. In sostanza la concessione di nuovi aiuti può essere esclusa o l’erogazione di quelli concessi può essere sospesa qualora ci siano aiuti illegittimi concessi e non rimborsati.
In attuazione di tale disposizione della legge finanziaria 2007 è stato emanato il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 maggio 2007 che prevede l’obbligo di presentare la dichiarazione sostitutiva anche nel caso di aiuti di Stato automatici[6] riferiti ad agevolazioni fiscali, stabilendo la competenza dell’Agenzia delle entrate a ricevere tale dichiarazione.
Con il D.L. n. 10 del 2007, convertito dalla legge 6 aprile 2007, n. 46, oltre a dare attuazione alla decisione 2003/193/CE della Commissione europea[7] per porre fine al contenzioso pendente tra la Repubblica italiana e la Commissione europea in materia di agevolazioni fiscali e prestiti agevolati concessi alle c.d. ex aziende municipalizzate, sono state riscritte (articolo 1) le procedure per procedere al recupero di tali aiuti dichiarati illegittimi, in attuazione alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 1° giugno 2006, nella causa C-207/2005, che ha condannato l’Italia per non aver proceduto al recupero delle citate agevolazioni dichiarate illegittime. E’ stato in particolare attribuitoall’Agenzia delle entrate il compito di recuperare gli aiuti concretizzatisi nella mancata corresponsione di imposte, nonché i relativi interessi, in relazione a ciascun periodo di imposta nel quale l’aiuto è stato fruito.
Nel corso della XV legislatura, con il D.P.R. 30 gennaio 2008 n. 43 - recante il regolamento di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze - è stato operato un intervento di complessiva ristrutturazione del MEF. Per un approfondimento sul tema, si veda la scheda La nuova struttura del MEF,nel dossier relativo alla Commissione bilancio.
Nell’ambito di tale intervento di riorganizzazione, il Dipartimento delle politiche fiscali ha assunto il nome di Dipartimento per le finanze, con l’attribuzione di nuove funzioni ed il parziale mantenimento di quelle in precedenza già assegnate (vedi scheda Il Dipartimento delle Finanze, pag. 185).
Per quanto riguarda le disposizioni concernenti gli organi di studio e supporto all’attività dell’Amministrazione finanziaria, tra i principali interventi si cita quanto disposto dalla legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 36della legge 24 dicembre 2007, n. 244), che ha istituito una Commissione di studio sulla fiscalità diretta e indiretta delle imprese immobiliari, con il compito di proporre l’adozione di modifiche normative nel settore immobiliare dirette a semplificare e a razionalizzare il sistema vigente, nonché ad introdurre disposizioni agevolative per incentivare la politica di sviluppo dell’edilizia abitativa; la medesima legge, accanto alle disposizioni (articolo 2, commi da 514-516) concernenti il trattamento fiscale del trattamento di fine rapporto (T.F.R.) e delle altre indennità connesse alla cessazione del rapporto di lavoro, ha disposto l’istituzione istituito una commissione di studio sulla tassazione delle indennità in precedenza richiamate, con compiti di proporre modifiche normative volte alla semplificazione e alla razionalizzazione del sistema vigente, nonché al coordinamento con la disciplina della previdenza complementare e all’attenuazione del prelievo fiscale.
Relativamente al profilo del potenziamento dell’azione dell’Amministrazione, la legge n. 244 del 2007 ha disposto (articolo 1, comma 359) che nell’ambito del Ministero dell’economia e delle finanze possano essere conferiti, entro il 30 giugno 2008, incarichi di livello dirigenziale generale a persone di particolare e comprovata qualificazione professionale, anche in deroga ai limiti percentuali stabiliti, in relazione al conferimento di incarichi di funzione dirigenziale presso le amministrazioni pubbliche, dall’articolo19, comma 6, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[8].
Per ciò che riguarda i compiti del Ministero dell’economia e finanze in materia di attuazione delle disposizioni cd. “antiriciclaggio” (contenute nel D.Lgs. 21 dicembre 2007, n. 231) si ricorda che il MEF (articolo 5, comma 1 del D.Lgs. n. 231 del 2007) è responsabile delle politiche di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per fini di riciclaggio dei proventi di attività criminose o di finanziamento del terrorismo. In tali materie promuove la collaborazione tra la UIF, le autorità di vigilanza di settore, gli ordini professionali, la DIA e la Guardia di finanza. Per approfondimenti sulla disciplina, si veda il capitolo Il contrasto al riciclaggio, pag. 151
Durante la XV legislatura, gli interventi legislativi in materia di agenzie fiscali hanno interessato sia la struttura ed organizzazione di tali enti, sia i poteri e le competenze ad essi conferiti (vedi scheda Le Agenzie fiscali, pag. 189)
Durante
Per quanto attiene al primo
aspetto, è stato ha previsto (articolo 37, comma 31 del decreto-legge n. 223
del 2006[9]) che anche gli organi requirenti e giudicanti in materia penale – al pari dei già
previsti organi giurisdizionali civili e amministrativi – siano tenuti a comunicare al comando della Guardia di
finanza territorialmente competente
fatti potenzialmente configurabili come violazioni tributarie, di cui
vengano a conoscenza a causa o nell’esercizio delle rispettive funzioni. Tale
obbligo è esteso – previa autorizzazione del magistrato – anche alla polizia
giudiziaria. Il decreto legislativo n. 231 del 2007[10],
(articolo 5), nel disporre che il Ministero dell’economia e finanze è
responsabile della prevenzione
dell'utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per fini di
riciclaggio dei proventi di attività criminose o di finanziamento del
terrorismo, ha previsto che tale Ministero promuova – ai suddetti fini - una
collaborazione tra autorità, nelle quali è compresa altresì
In ordine al secondo profilo (dotazioni finanziarie, finalizzate anche a nuove assunzioni)la legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi 515 e 516 della legge n. 296 del 2006)ha autorizzato il Corpo della Guardia di finanza ad effettuare, in aggiunta ai reclutamenti ordinari, reclutamenti straordinari per il 2007, in deroga al c.d. “blocco del turn over” nelle pubbliche amministrazioni. La medesima legge (articolo 1, comma 1329) ha poi un fondo di parte corrente ed un fondo per spese in conto capitale finalizzati, rispettivamente, a soddisfare le esigenze di funzionamento della Guardia di finanza, nonché al soddisfacimento delle esigenze infrastrutturali e di investimento della medesima.
Un ulteriore contributo di due milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 è stato stanziato dalla legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 260 della legge n. 244 del 2007) al fine di migliorare e mettere in sicurezza il sistema di comunicazione e le dotazioni informatiche della Guardia di finanza; inoltre – al fine del mantenimento di un adeguato livello di efficienza ed efficacia nello svolgimento dei compiti istituzionali attribuiti al Corpo , è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, un fondo di parte corrente per le esigenze di funzionamento del Corpo della Guardia di finanza, con particolare riguardo alle spese per prestazioni di lavoro straordinario, indennità di missione, acquisto di carburante per gli autoveicoli e manutenzione degli stessi.
Con finalità di condivisione, costante scambio e gestione coordinata delle informazioni dell’intero settore pubblico per l’analisi ed il monitoraggio della pressione fiscale e dell’andamento dei flussi finanziari, la legge finanziaria 2007 (dell’articolo 1, commi 56-60 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come integrato e modificato dall’articolo 39, comma 4 del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159) ha istituito - a decorrere dal 1° gennaio del 2007– il Sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria.
Con le medesime finalità, è stato in particolare previsto (articolo 1, comma 57 della l. n. 296 del 2006) che con uno o più D.P.C.M. o decreti del Ministro delegato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione (di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria) siano individuate le basi di dati di interesse nazionale componenti il sistema integrato, siano definite le regole tecniche per l’accesso e la consultazione da parte delle pubbliche amministrazioni abilitate, nonché siano definiti i servizi di natura amministrativa e tecnica che il Ministero dell’economia e delle finanze eroga alle amministrazioni che ne facciano richiesta per l’utilizzazione e la valorizzazione del sistema.
E’ stata attribuita al Ministro dell'economia nei confronti di tutte le strutture dell'Amministrazione finanziaria, l'attività di indirizzo necessaria a garantire la razionalizzazione ed omogenee modalità di gestione del sistema informativo della fiscalità, funzionali ad un'effettiva ed efficace realizzazione del sistema integrato.
Le medesime norme (comma 58) hanno integrato e specificato le competenze della Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria[12]: oggi tale organo può svolgere indagini e ricerche, tramite consultazioni e audizioni di organismi nazionali e internazionali, al fine di valutare l’impatto delle soluzioni tecniche sugli intermediari incaricati di svolgere servizi fiscali tra contribuenti e amministrazioni. Spetta altresì ad essa di esprimere parere sulle attività svolte annualmente dall’anagrafe tributaria e sugli obiettivi raggiunti da essa nel corso dell’anno.
La legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 274 della l. n. 244 del 2007) ha specificato che il Ministero dell’economia e delle finanze è comunque contitolare del sistema informativo della fiscalità, cioè delle banche dati, anche qualora siano gestite dagli altri soggetti della fiscalità.
In materia di rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuenti, si ricordano anzitutto le modifiche apportate, durante la XV legislatura, alla disciplina delle notificazioni recata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Le norme in particolare hanno integrato i seguenti profili (articolo 37, comma 27 del d.l. n. 223 del 2006):
- le modalità da seguire nel caso di notifica di un atto o di un avviso a un consegnatario diverso dal destinatario;
- le disposizioni in materia di affissione al comune dell’avviso di notifica, nei casi in cui non sia possibile eseguire la consegna presso la residenza o la dimora o il domicilio del destinatario;
- le modalità con cui il contribuente non residente in Italia, e che non via abbia eletto domicilio o che non abbia costituito un rappresentante fiscale, può comunicare un suo recapito estero ove ricevere le notifiche degli atti da parte dell’amministrazione.
- la disciplina dei termini per la decorrenza dell’efficacia delle variazioni e delle modificazioni dell’indirizzo non risultanti dalla dichiarazione annuale dei redditi (ridotti da sessanta a trenta giorni).
- la fattispecie di notifica a mezzo di servizio postale.
Le norme (articolo 37, comma 28 del citato decreto-legge, che integra la disciplina in materia di comunicazioni e notificazioni recate dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546[13]) sono altresì intervenute in materia di comunicazioni e notificazioni nell’ambito del processo tributario attraverso la spedizione a mezzo di servizio postale.Nel dettaglio, è stato previsto un irrigidimento delle garanzie di tutela della riservatezza: sui plichi contenenti i suddetti avvisi e atti non dovranno essere apposti segni o indicazioni tali da farne desumere il contenuto.
Per quanto attiene alla disciplina dell’Anagrafe tributaria, si ricorda che è stata modificata (art. 37, commi 21-23 del medesimo d.l. n. 223 del 2006) la disciplina delle comunicazioni, da parte delle Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura, all’Anagrafe dei dati e delle notizie contenuti nelle domande di iscrizione, variazione e cancellazione nei registri delle ditte e negli albi degli artigiani, nonché dei dati dei bilanci di esercizio depositati.
Inoltre (articolo 37, commi 4 e 5 del d. l. 223 del 2006), è stato imposto agli operatori finanziari di comunicare all’Anagrafe l’esistenza e la natura di qualsiasi rapporto da essi intrattenuto. Tali dati devono essere archiviati in un’apposita sezione, indicando i dati anagrafici, comprensivi del codice fiscale, dei titolari dei suddetti rapporti. Le norme consentono all’Anagrafe di utilizzare le predette informazioni per specifiche finalità connesse ai propri compiti istituzionali.
La legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, Il comma 64) ha imposto agli enti e alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale di comunicare in via telematica all'anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie per effetto di contributi che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente.
In relazione ai poteri dell’Anagrafe tributaria, è stato disposto (articolo 37, comma 7 del d.l. n. 223 del 2006) che l’invio, da parte dell’Anagrafe tributaria, di questionari ai contribuenti e la richiesta di presentazione di allegati alle dichiarazioni dei redditi e dell’IVA possa essere utilizzato direttamente ai fini dell’accertamento di tributi o contributi, oltre che dell’individuazione del soggetto da sottoporre ad accertamento.
Sempre sotto il profilo delle comunicazioni tra fisco e contribuenti, la legge finanziaria per il 2007, (articolo 1, comma 62) ha disciplinato le modalità per l’invio – in forma telematica o mediante raccomandata – dell’invito al contribuente a fornire chiarimenti o a produrre documenti, in esito all’attività di liquidazione dei tributi risultanti da dichiarazioni.
Si tratta dell'invito (dall'articolo 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000, n. 212), a norma del quale, nel caso di tributi per i quali il contribuente è tenuto al versamento diretto, prima di procedere all’iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo, comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta.
In proposito si ricorda che l’invito in via telematica da parte dell’Agenzia delle entrate - tramite i soggetti incaricati della trasmissione telematica – è stato limitato alle sole ipotesi in cui sia “previsto nell'incarico di trasmissione”; dall’altro lato, è stata eliminata la possibilità per l'Agenzia delle entrate, su istanza motivata, di derogare all'obbligo di effettuare l’invito in via telematica, qualora siano riconosciute difficoltà da parte degli intermediari nell'espletamento delle attività di comunicazione (articolo 39, comma 8-bis del d.l. n. 159 del 2007).
Tra le numerose disposizioni introdotte dalla legge finanziaria 2008 in materia di rapporti tra fisco e contribuenti, si ricordano in particolare:
§ la proroga al 31 dicembre 2008 (articolo 1, comma 120) del termine a decorrere dal quale non sarà più consentito l'accesso ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni, con strumenti diversi dalla carta d'identità elettronica e dalla carta nazionale dei servizi, previsto dal Codice dell’amministrazione (D.Lgs. n. 82 del 2005), ai fini delle trasmissioni telematiche gestite dal Ministero dell’economia e delle finanze;
§ l’obbligo di invio telematico all'indirizzo di posta elettronica assegnato a ciascun dipendente (articolo 1, comma 131) delle certificazioni fiscali rilasciate dal sostituto d’imposta al personale delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e degli enti pubblici non economici nazionali;
§ l’estensione (articolo 1, comma 199) ai fondi integrativi del servizio sanitario nazionale dell’obbligo, ivi previsto per gli enti e le casse aventi esclusivamente fine assistenziale, di comunicare in via telematica all'Anagrafe tributaria gli elenchi dei soggetti ai quali sono state rimborsate spese sanitarie;
§ l’obbligo di istanza telematica per le richieste di rimborso o di utilizzo in compensazione dei crediti IVA infrannuali (articolo 1, commi 215 e 216);
§ la modifica (commi da 217 a 220 dell’articolo 1) del termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti di imposta, del novero dei soggetti obbligati a presentare la dichiarazione unica per via telematica e delle modalità di presentazione del modello per la scelta della destinazione dell’otto per mille, nonché la previsione secondo cui i contribuenti possano accedere per via telematica ai dati delle proprie dichiarazioni dei redditi;
§ infine, l’introduzione di norme relative alla memorizzazione su supporto elettronico delle operazioni di cessione di beni e prestazioni di servizi tramite distributori automatici (articolo 1, commi da 364 a 366).
La disciplina dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF o IRE) è stata oggetto di importanti modifiche nel corso della XV legislatura.
In questo capitolo vengono analizzati i principali interventi approvati rinviando, tuttavia, al capitolo Reddito d’impresa e lavoro autonomo, pag. 37, l’approfondimento delle modifiche relative alla determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo realizzato dalle persone fisiche.
Nel corso della legislatura, la Commissione VI (Finanze) della Camera ha inoltre esaminato alcune proposte di legge (A.C. 2299 e abbinate) concernenti misure fiscali in favore della famiglia. Tra queste era compresa l’introduzione dell’istituto del quoziente familiare, in base al quale, agli effetti dell’imposizione sul reddito, i redditi dei componenti del nucleo familiare si sommano e il risultato viene diviso per coefficienti determinati in relazione al numero e alla qualità dei componenti il nucleo. Le aliquote d’imposta sono applicate all’importo risultante dalla divisione. L’imposta dovuta dal nucleo familiare è determinata infine moltiplicando il risultato di quest’ultima operazione per lo stesso coefficiente utilizzato per la divisione.
La legge finanziaria per il 2007 ha disposto, con decorrenza periodo d’imposta 2007, la rimodulazione degli scaglioni e delle aliquote IRPEF[14] come evidenziato nella seguente tabella.
Anno 2006 |
Dal 2007 |
||
Scaglioni di reddito |
Aliquota |
Scaglioni di reddito |
aliquota |
Fino a 26.000 euro |
23% |
Fino a 15.000 euro |
23% |
da 26.000 a 33.500 euro |
33% |
da 15.000 a 28.000 euro |
27% |
da 33.500 a 100.000 euro |
39% |
da 28.000 a 55.000 euro |
38% |
oltre 100.000 (*) |
39%+4% |
da 55.000 a 75.000 euro |
41% |
|
|
oltre 75.000 euro |
43% |
(*) L’articolo 1, comma 350, della legge n. 311/2004 (finanziaria 2005) aveva introdotto un contributo di solidarietà in misura pari al 4% da corrispondere sulla parte di imponibile eccedente i 100.000 euro; tale contributo è stato soppresso dall’articolo 1, comma 8, della legge 296/2006.
Si segnala, inoltre, che la legge finanziaria 2008[15], modificando l’articolo 11 del TUIR, ha introdotto un regime di esenzione dall’IRPEF in favore dei soggetti che realizzano solo redditi fondiari non superiori a 500 euro.
Un primo intervento in materia di benefici fiscali per familiari a carico[16] (vedi scheda Politiche fiscali per la famiglia, pag. 199), effettuato con la legge finanziaria per il 2007[17], riguarda l’introduzione delle detrazioni d’imposta in luogo delle deduzioni dall’imponibile[18].
Le misure delle detrazioni IRPEF per familiari a carico, di cui all’articolo 12 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), sono stabilite per scaglioni di reddito. Gli importi indicati dalle norme, tuttavia, si riferiscono a detrazioni teoriche; infatti, per la determinazione della detrazione effettivamente spettante si deve applicare una formula matematica in base alla quale l’importo della detrazione si riduce, fino ad annullarsi, all’aumentare del reddito dichiarato dal contribuente.
Il beneficio è determinato in funzione del grado di parentela con il familiare a carico (coniuge, figli, altri familiari), dell’età dei figli, della composizione del nucleo familiare, della eventuale presenza di soggetti con handicap e del reddito percepito.
Al fine di garantire la piena fruizione della detrazione IRPEF da parte di tutti i contribuenti interessati è stato introdotto, con riferimento a specifiche tipologie di detrazioni fiscali, un nuovo meccanismo conosciuto come “bonus per gli incapienti”.
In base a tale nuovo istituto la fruizione dell’intero beneficio fiscale è garantita a tutti i beneficiari in quanto, relativamente alla quota non detratta per incapienza[19], i suddetti soggetti hanno diritto ad ottenere un rimborso da parte dell’Amministrazione finanziaria. Il bonus, tuttavia, non è automatico in quanto il diritto al rimborso nel caso di incapienza scatta solo se previsto espressamente dalla norma.
Nel corso della legislatura sono stati introdotte alcune tipologie di detrazione IRPEF relativamente alle quali è previsto il rimborso in caso di incapienza.
Una prima tipologia è in favore dei contribuenti che nel periodo d’imposta 2006 hanno avuto un reddito complessivo non superiore a 50.000 euro e una imposta netta pari a zero. La detrazione è fissata in misura pari a 150 euro annui.
In presenza dei suddetti requisiti, inoltre, è prevista anche una ulteriore detrazione in misura pari a 150 euro per ciascun familiare a carico.
In entrambi i casi, in ipotesi di incapienza la quota di beneficio non fruita in qualità di detrazione IRPEF da diritto al rimborso in favore del contribuente.
Una seconda tipologia è in favore delle famiglie con almeno quattro figli a carico[20] alle quali spetta una ulteriore detrazione IRPEF fissata in misura pari a 1.200 euro annui. Anche in questa ipotesi, in caso di incapienza, il contribuente ha diritto di ricevere il rimborso dell’importo non detratto.
Con la legge finanziaria per il 2007[21] sono state introdotte, in luogo delle deduzioni dall’imponibile, le detrazioni d’imposta per tipologia di reddito dichiarato (lavoro dipendente, pensione, impresa o lavoro autonomo).
Le misure delle detrazioni, di cui all’articolo 13 del TUIR, sono stabilite per scaglioni di reddito. Gli importi indicati dalle norme, tuttavia, si riferiscono a detrazioni teoriche; infatti, per la determinazione della detrazione effettivamente spettante si deve applicare una formula matematica in base alla quale l’importo della detrazione si riduce, fino ad annullarsi, all’aumentare del reddito dichiarato dal contribuente.
La norma dispone, altresì, che le detrazioni previste per redditi di lavoro dipendente ed assimilati, per redditi di pensione, per redditi di lavoro autonomo e di impresa minore e per redditi diversi non sono cumulabili tra loro.
Le detrazioni per reddito di lavoro dipendente e assimilato sono stabilite dall’articolo 13, comma 1, del TUIR. La misura massima, pari a 1.840 euro, è prevista in favore dei contribuenti che dichiarano un reddito netto[22] non superiore a 8.000 euro. L’entità del beneficio si riduce all’aumentare del reddito netto fino ad annullarsi quando quest’ultimo risulta pari o superiore a 55.000 euro.
Per quanto riguarda i redditi di pensione, si ricorda, in primo luogo, che l’articolo 11, comma 2, del TUIR dispone una esenzione dall’IRPEF in favore dei soggetti che percepiscono soltanto redditi di pensione non superiori a 7.500 euro, goduti per l'intero anno, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e il reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze. Ai sensi dell’articolo 13, comma 3, del TUIR la misura della detrazione per redditi di pensione varia da un massimo di 1.725 euro (per redditi netti fino a 7.500 euro annui) fino ad annullarsi per redditi netti pari o superiori a 55.000 euro annui.
Il comma 4 del medesimo articolo 13 prevede un incremento della detrazione in favore dei pensionati che hanno compiuto i 75 anni di età. In particolare, fermo restando il meccanismo che prevede una proporzionalità inversa tra misura del beneficio e reddito netto, l’importo massimo fruibile dai soggetti con reddito netto fino a 7.750 euro è pari a 1.783 euro.
In favore dei pensionati ultrasessantaquattrenni, che siano in possesso di specifici requisiti reddituali, l’articolo 5 del decreto legge 2 luglio 2007 n. 81[23], ha disposto la corresponsione di una somma aggiuntiva (vedi capitolo Benefici per titolari di pensioni basse,nel dossier relativo alla Commissione Lavoro). Ai sensi del comma 4 del citato articolo 5, tali somme non rilevano ai fini IRPEF.
La misura delle detrazioni per redditi di lavoro autonomo o di impresa in contabilità semplificata, ai sensi dell’articolo 13, comma 5, del TUIR, è pari a 1.104 euro se il reddito netto non è superiore a 4.800 euro annui; l’entità del beneficio decresce al crescere del reddito netto fino ad annullarsi quando il reddito netto risulta pari o superiore a 55.000 euro annui.
Nel corso della XV legislatura, gli interventi fiscali in materia di immobili adibiti ad abitazione principale sono stati finalizzati, da un lato, a semplificare alcuni adempimenti e, dall’altro lato, ad introdurre e a prorogare misure agevolative anche al fine di favorire una politica di risparmio energetico (vedi scheda Fisco ambientale e energie alternative, pag. 231).
Benefici fiscali, inoltre, sono stati introdotti con riferimento ai soggetti che stipulano contratti di locazione di immobili utilizzati come abitazione principale.
Per quanto riguarda gli immobili di proprietà è stata confermata, in primo luogo, l’esenzione dall’IRPEF del reddito dell’abitazione principale e delle sue pertinenze[24]. Relativamente alla disciplina IRPEF, inoltre:
§ ai fini della individuazione dell’importo della detrazione spettante per familiari a carico e per tipologia di lavoro (che è fissata dalla norma in funzione del reddito complessivo) non rileva il reddito dell’abitazione principale[25];
§ è stato aumentato da 3.615 euro a 4.000 euro, il limite massimo di importo detraibile relativamente agli interessi passivi pagati su mutui ipotecari per l’acquisto o la costruzione dell’abitazione principale[26];
§ è stata introdotta una detrazione fiscale sui compensi corrisposti agli intermediari immobiliari per l’acquisto dell’abitazione principale. La misura della detrazione è pari al 19% della spesa entro il limite massimo fissato in 1.000 euro[27].
Ulteriori disposizioni introdotte in favore della c.d. “prima casa” riguardano:
§ semplificazioni ed esenzioni da imposte indirette in materia di portabilità dei mutui ipotecari (vedi scheda Contratti bancari e portabilità dei mutui, pag. 345);
§ agevolazioni ed esenzioni ai fini ICI (vedi scheda L’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI), pag. 259) dovuta sull’abitazione principale;
§ istituzione di Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa[28] utilizzabile, in presenza di specifici requisiti, per la sospensione del pagamento delle rate di mutui ipotecari.
In favore dei soggetti titolari di contratti di locazione di immobili adibiti ad abitazione principale, l’articolo 1, commi 9 e 10, della legge finanziaria 2008, modificando l’articolo 16 del TUIR, ha introdotto una detrazione fiscale il cui importo è determinato in funzione del reddito (300 euro per redditi fino a 15.494 euro e 150 euro per redditi fino a 30.987 euro).
Inoltre, se il contratto di locazione riguarda l’abitazione principale di giovani di età compresa fra 20 e 30 anni, la cui residenza è diversa da quella dei genitori, il citato articolo 16 prevede un’ulteriore detrazione fissata in misura pari a 992 euro per i primi tre anni di locazione.
Una disciplina specifica è, infine, prevista in favore dei soggetti che hanno concesso in locazione un immobile e che, a seguito del blocco degli sfratti, non possono prendere possesso del fabbricato. Ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 9/2007 il reddito degli immobili locati e non resi disponibili è esente dall’IRPEF e dall’IRES per tutto il periodo di sospensione della procedura esecutiva. E’ concessa ai comuni la facoltà di introdurre ulteriori agevolazioni ai fini ICI.
In materia di detrazione per oneri, nel corso della XV legislatura si è provveduto a prorogare alcuni benefici già introdotti, in via temporanea, nelle legislature precedenti nonché ad introdurre nuove tipologie di spese che danno diritto alla detrazione fiscale.
Per quanto riguarda le detrazioni relative alla c.d. “prima casa” (interessi passivi su mutui, compensi agli intermediari immobiliari, contratti di locazione, blocco degli sfratti) si rinvia a quanto descritto nel precedente paragrafo.
Le ulteriori modifiche in materia di detrazioni per oneri riguardano:
§ spese di ristrutturazione degli immobili (proroga), che danno diritto ad una detrazione pari al 36% delle spese sostenute, entro il 2010[29], fino ad un importo massimo di spesa pari a 48.000 euro. Il beneficio è ripartito in 10 anni ovvero, in specifiche ipotesi legate all’età del contribuente, il periodo di fruizione può essere ridotto a 5 o a 3 anni;
§ le spese per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti[30]. La detrazione è pari al 55% delle spese sostenute nel periodo 2007-2010. Il periodo di fruizione del beneficio è fissato in tre anni, mentre il tetto massimo di spesa che dà diritto al beneficio varia in funzione della tipologia di interventi effettuati (vedi scheda Fisco ambientale e energie alternative, pag. 231);
§ spese per il pagamento delle rette agli asili nido[31] (proroga). L’agevolazione consiste in una detrazione d’imposta pari al 19% della spesa sostenuta, negli anni 2006 e 2007, fino ad un importo massimo di spesa pari a 632 euro annui;
§ le spese per le attività sportive[32]. Il beneficio consiste in una detrazione pari al 19% delle spese sostenute per l’iscrizione e l’abbonamento ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi di ragazzi di età compresa tra i 5 e i 18 anni. Il tetto massimo di spesa sul quale può essere calcolata la detrazione è fissato in 210 euro annui;
§ le spese per canoni di locazione per studenti universitari[33], danno diritto ad una detrazione pari al 19% delle spese, fino ad un massimo di 2.633 euro, per canoni relativi a contratti di locazione stipulati[34], ai sensi della legge n. 431/98, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante almeno 100 km da quello in cui risulta residente;
§ le spese sostenute per le badanti[35]. Il beneficio è in favore dei soggetti che hanno un reddito complessivo non superiore a 40.000 euro e consiste in una detrazione fiscale pari al 19% della spesa sostenuta, per un importo non superiore a 2.100 euro, per gli addetti all'assistenza personale nei casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana;
§ le spese per sostituzione di frigoriferi e congelatori[36]. Il beneficio consiste in una detrazione pari al 20% delle spese sostenute, entro il 31 dicembre 2010, per la sostituzione dei frigoriferi con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+. L’importo massimo della detrazione per ciascun apparecchio è pari a 200 euro;
§ le spese per acquisto di apparecchi televisivi con digitale terrestre[37]. La detrazione, pari al 20% della spesa sostenuta nel 2007 fino ad un importo massimo della stessa pari a 1.000 euro;
§ le spese per motori ad elevata efficienza di potenza elettrica e variatori di velocità (inverter)[38]. Il beneficio consiste in una detrazione fiscale pari al 20% della spesa sostenuta, entro il 31 dicembre 2010, per un valore massimo di 1.500 euro per motore;
§ le spese di aggiornamento sostenute dai docenti[39], consiste in una detrazione fiscale pari al 19% delle spese sostenute, nel periodo d’imposta 2008, dagli insegnanti entro il limite massimo di spesa fissato in 500 euro;
§ le spese per l’abbonamento ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale[40]. Il beneficio consiste in una detrazione fiscale pari al 19% delle spese sostenute, nel periodo d’imposta 2008, dagli insegnanti entro il limite massimo di spesa fissato in 250 euro.
In favore dei soggetti che percepiscono assegni periodici dal coniuge separato o divorziato, diversi da quelli per il mantenimento dei figli, l’articolo 1, commi 11 e 12, della legge n. 244/2007 ha disposto, con decorrenza 2007, l’aumento della misura della detrazione, la quale dipende, in ogni caso, dall’ammontare del reddito complessivo.
Con riferimento alla detrazione e alla deduzione fiscale per le spese sanitarie ed in particolare quelle relative all’acquisto di medicinali nel corso della XV legislatura è stato introdotto il c.d. “scontrino parlante”[41] ai sensi del quale la fruizione del beneficio fiscale è subordinato all’indicazione, nella fattura di acquisto o nello scontrino, del codice fiscale del contribuente. La norma è stata introdotta con finalità antielusive (vedi capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77).
Nel corso della XV legislatura sono stati effettuati numerosi interventi che riguardano sia la disciplina fiscale in materia di tassazione del reddito d’impresa, sia quella relativa alle operazioni straordinarie (fusioni, scissioni, conferimenti, scioglimenti) delle società.
Una prima tipologia di interventi è stata diretta a modificare la disciplina per la determinazione del reddito d’impresa imponibile ai fini fiscali (vedi scheda IRES: ampliamento base imponibile, pag. 203) determinando, in linea generale, un ampliamento della base imponibile fiscale attraverso:
- la modifica della disciplina in materia di deducibilità dei costi. In particolare, la normativa è intervenuta sui criteri per la determinazione degli oneri fiscalmente deducibili disponendo sia la riduzione della quota complessivamente deducibile (come, ad esempio, in materia di costo per l’acquisto delle autovetture da parte delle imprese) sia l’allungamento dell’arco temporale entro il quale il costo di un bene pluriennale debba essere fiscalmente dedotto;
- interventi finalizzati al contrasto all’evasione fiscale (vedi capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77), tra i quali si segnalano, a titolo esemplificativo, le disposizioni in materia di studi di settore, di obblighi e sanzioni in materia di emissione dello scontrino fiscale, di adempimenti quali l’elenco dei clienti e dei fornitori, nonché quelli sulle società di comodo (vedi scheda Società non operative, pag. 215).
Una seconda tipologia di interventi, invece, riguarda la riduzione dell’aliquota d’imposta sul reddito delle società (IRES) e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) disposta dalla legge n. 244 del 2007[42].
In particolare, l’articolo 1, comma 33, lettera e), della legge finanziaria per il 2008 ha disposto, con decorrenza periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2008, la riduzione dell’aliquota IRES dal 33% al 27,5%.
Si segnala che il medesimo articolo 1 ha disposto, al comma 50, lettera h), anche la riduzione dell’aliquota IRAP dal 4,25% al 3,9% (vedi scheda L’IRAP pag. 267).
Le modifiche introdotte alla disciplina IRES comportano effetti anche per le persone fisiche titolari di redditi d’impresa con particolare riferimento all’ampliamento della base imponibile.
Al fine di affermare il principio della neutralità della tassazione dei redditi d’impresa rispetto alla forma organizzativa, la legge finanziaria per il 2008 ha introdotto una disposizione in favore delle persone fisiche che realizzano redditi d’impresa le quali, essendo soggetti passivi IRPEF, non beneficiano della riduzione dell’aliquota IRES disposta dalla medesima legge finanziaria.
In particolare, l’articolo 1, commi da 40 a 42, della citata legge ha disposto la facoltà di optare per l’applicazione di un regime di tassazione separata, ad aliquota pari al 27,5%. Tale regime consente, anche alle persone fisiche, la possibilità di applicare un’imposta di tipo proporzionale in luogo di quella progressiva per scaglioni (IRPEF) e la conseguente omogeneizzazione del carico fiscale con quello relativo ai medesimi redditi conseguiti dai soggetti passivi IRES (27,5%).
L’opzione può essere esercitata dalle persone fisiche titolari di redditi d’impresa, di redditi da partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice, a condizione che i redditi d’impresa non siano prelevati o distribuiti e purché non sia applicato il regime di contabilità semplificata.
La tassazione separata interessa, in ogni caso, esclusivamente i redditi sopra indicati mentre qualunque altra tipologia reddituale conseguita dallo stesso contribuente è soggetta al regime ordinario IRPEF.
Si segnala, inoltre, che in favore delle persone fisiche titolari di reddito d’impresa o di reddito di lavoro autonomo che conseguono ricavi o compensi per un ammontare non superiore a 30.000 euro annui, la legge finanziaria per il 2008 ha introdotto un regime agevolato (c.d. contribuenti minimi) (vedi capitolo Le imposte dirette: i regimi speciali, pag. 45).
La legge finanziaria per il 2007[43] ha introdotto una norma agevolativa allo scopo di favorire le aggregazioni aziendali.
In particolare, per le operazioni di fusione, scissione o conferimento di azienda effettuate nel biennio 2007-2008, è consentito l’affrancamento dei maggiori valori dei beni imputati al bilancio della società risultante dall’operazione straordinaria senza il pagamento di alcuna imposta. L’agevolazione è subordinata ad una preventiva autorizzazione da parte dell’Amministrazione finanziaria ed opera, in presenza di specifiche condizioni, entro un limite massimo di maggiori valori iscritti pari a 5 milioni di euro.
Ulteriori disposizioni sono state introdotte, nel corso della legislatura, al fine di recepire le direttive comunitarie in materia di fusioni transfrontaliere con riferimento sia all’aspetto civilistico che quello fiscale (vedi capitolo L’evoluzione del diritto societario, pag. 123)
Le modifiche alla disciplina fiscale sui redditi di lavoro autonomo sono state dirette, da un lato ad ampliare la base imponibile attraverso la riduzione della deducibilità dei costi e, dall’altro lato, a introdurre disposizioni con finalità antielusive (vedi capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77).
Ai fini della determinazione della base imponibile, le disposizioni introdotte con specifico riferimento agli esercenti arti e professioni riguardano:
- le perdite d’esercizio (vedi anche scheda IRES: ampliamento della base imponibile, pag. 203). In un primo momento, il decreto-legge n. 223/2006[44] ha disposto che, a decorrere dal 2006, alle perdite dei lavoratori autonomi si applicasse, in luogo della compensazione orizzontale, la compensazione verticale. Successivamente, la legge finanziaria per il 2008 ha ripristinato la situazione vigente fino al 2005 consentendo, a decorrere dal 2008, la compensazione orizzontale e non più quella verticale.
La c.d. compensazione orizzontale consente di portare in deduzione le perdite di un periodo d’imposta dai redditi di altra natura realizzati dal contribuente nello stesso periodo d’imposta. La c.d. compensazione verticale, invece, consente la deduzione della perdita di reddito di lavoro autonomo esclusivamente da redditi della stessa natura; pertanto, essa consente il riporto negli esercizi futuri della perdita realizzata in un periodo d’imposta;
- deducibilità delle autovetture. Sulla disciplina si è intervenuti una prima volta, con il dl 262/2006[45], che ha ridotto dal 50 al 25 per cento la quota di costo deducibile fiscalmente limitatamente ad un solo veicolo e una seconda volta, con il D.L. n. 81/2007[46], che ha elevato la quota deducibile dal 25 al 40 per cento;
Le modifiche sono da collegarsi alle disposizioni che hanno modificato la detraibilità IVA sulle autovetture a seguito della condanna da parte dell’Unione europea circa la indetraibilità dell’imposta sul valore aggiunto (vedi scheda La sentenza IVA sugli autoveicoli, pag. 219)
- tracciabilità dei compensi. L’articolo 35, comma 12, del DL n. 223/2006[47] ha introdotto l’obbligo per gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata, di tenere uno o più conti correnti bancari o postali, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e dove effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese. Il testo originario, inoltre, disponeva l’obbligo di riscuotere i compensi esclusivamente attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, nonché mediante sistemi di pagamento elettronico qualora l’importo del compenso sia di importo superiore a 100 euro. L’articolo 1, comma 69, della legge n. 296/2006 ha introdotto una gradualità nell'entrata a regime della citata norma stabilendo un tetto transitorio, pari a 1.000 euro, fino al 30 giugno 2008, un tetto pari a 500 euro fino al 30 giugno 2009 e, a decorrere dal 1° luglio 2009 troverà applicazione l’importo fissato in 100 euro;
- deducibilità dei beni strumentali L’articolo 1, commi 334 e 335, della legge n. 296/06 (finanziaria 2007) ha introdotto norme fiscali in favore dei lavoratori autonomi in materia di deducibilità dei beni immobili utilizzati per l’esercizio dell’attività. In particolare, in luogo delle precedente disposizioni che ammettevano in deduzione un costo pari al valore della rendita catastale, è consentito, l’ammortamento del costo degli immobili purché acquistati nel triennio 2007-2009, ovvero oggetto di contratto leasing nello stesso arco temporale;
- credito d’imposta per aggregazioni. L’articolo 1, comma 70, della legge n. 244/07 ha introdotto un’agevolazione fiscale in favore della crescita dimensionale degli studi professionali. Il beneficio consiste in un credito d’imposta in misura pari al 15% delle spese sostenute per l’acquisizione di determinati beni, dei costi di ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione degli immobili utilizzati.
Nel corso della legislatura sono state introdotte nuove misure agevolative fruibili mediante il meccanismo del credito d’imposta. Prima di analizzare le singole disposizioni introdotte, appare opportuno segnalare eventuali problematiche che questa tipologia di agevolazione fiscale può determinare rispetto alla normativa comunitaria nonché relativamente agli effetti finanziari a carico della finanza pubblica.
Per quanto riguarda la normativa europea (vedi anche scheda Aiuti di Stato e servizi pubblici, pag. 181), si ricorda che l’introduzione di agevolazioni fiscali di natura “non generalizzata”, ma dirette a produrre un vantaggio selettivo qualificato come aiuto di Stato (per alcuni soggetti, per specifiche attività o settori, per particolari zone territoriali) necessitano di un’apposita autorizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88 del Trattato CE, fatte salve alcune deroghe che interessano specifiche aree regionali o specifici settori di attività.
Inoltre, al fine di semplificare l’introduzione di norme agevolative, la normativa comunitaria consente il riconoscimento di aiuti di minima entità (c.d. de minimis) senza obbligo di notifica ed autorizzazione. Il Regolamento (CE) n. 1998/2006 sugli aiuti “de minimis”, approvato per il periodo 2007-2013, ha elevato il limite di aiuti triennali da 100.000 a 200.000 euro.
Nell’aspetto finanziario, l’introduzione di un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta comporta effetti negativi per la finanza pubblica, registrati come una minore entrata ovvero una maggiore spesa, il cui valore viene stimato in sede di approvazione della norma.
Circa la corrispondenza – o il disallineamento - tra l’entità dell’onere stimato e l’onere effettivo occorre distinguere i crediti d’imposta soggetti a monitoraggio la cui fruizione è subordinata alla preventiva autorizzazione dell’Amministrazione finanziaria, da quelli che possono essere utilizzati autonomamente dal contribuente. Questi ultimi, infatti, consentendo una verifica degli effetti solo dopo alcuni anni dall’introduzione del beneficio, possono determinare un disallineamento tra la fruizione effettiva del beneficio e le previsioni di spesa con conseguenze finanziarie, in quanto si tratta di oneri non coperti, che determinano un peggioramento dei saldi di finanza pubblica.
Il suddetto disallineamento tra previsioni ed effettiva fruizione non si verifica se la norma che introduce il credito d’imposta subordina la fruizione alla preventiva autorizzazione da parte dell’Amministrazione.
L’articolo 1, comma 53, della legge n. 244/2007 ha introdotto un limite annuo all’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta fissato in misura pari a 250.000 euro per ciascun contribuente. L’eventuale eccedenza può essere riportata in avanti ed utilizzata in compensazione a decorrere dal terzo anno successivo a quello in cui si genera l’eccedenza. I commi da 53 a 57 prevedono alcune deroghe alla disposizione consentendo l’esclusione dal computo del tetto massimo compensabile di alcune tipologie di credito d’imposta quali, ad esempio, quello per i nuovi investimenti al Sud.
Tra i crediti d’imposta introdotti o prorogati nel corso della legislatura si segnalano quelli spettanti per:
- adattamento tecnico dei registratori di cassa da parte dei soggetti tenuti alla comunicazione telematica quotidiana dei corrispettivi. Il beneficio è fissato in misura pari a 100 euro (articolo 37, comma 35, del DL 223/2006);
- investimenti nelle aree svantaggiate (Mezzogiorno) in favore delle imprese[48] che effettuano nuovi investimenti al Sud nel periodo compreso, nel testo originario, tra il 2007 e il 2013[49] (art. 1, commi 271-279, legge n. 296/2006). L’ammontare del credito d’imposta è determinato dall’importo dell’effettivo incremento degli investimenti. Si segnala che la Commissione europea ha approvato, con Decisione C(2008) 380 del 25 gennaio 2008, la misura agevolativa in commento[50].
Nel corso della legislatura si è intervenuti anche sulla disciplina del credito d’imposta per investimenti al Sud di cui all’articolo 8 della legge n. 388/2000, senza apportare, tuttavia sostanziali modifiche. Infatti, in un primo momento (articolo4, comma 4-bis, DL 300/2007) il beneficio spettava, per i soggetti che avevano ottenuto il riconoscimento al credito d’imposta per il 2005 e il 2006, anche nel caso in cui i lavori fossero terminati negli anni 2007 e 2008. In un secondo momento, la predetta estensione è stata soppressa dall’articolo 1, comma 65, della legge n. 244/2007;
- imprese che esercitano la pesca costiera e lagunare. Il beneficio, originariamente introdotto dal DL n. 457/1997, è stato oggetto di numerose proroghe anche nelle precedenti legislature. L’articolo 1, comma 391, della legge n. 296/2006 e l’articolo 1, comma 172, della legge n. 244/2007 hanno disposto la proroga, rispettivamente, per l’anno 2007 e per il 2008;
- partecipazione dei lavoratori per programmi di sicurezza sul lavoro. Il beneficio è introdotto in favore dei datori di lavoro che effettuano programmi di carattere formativo in materia di tutela e sicurezza sul lavoro. E’ determinato in funzione delle spese sostenute (fino ad un massimo del 50% delle stesse) ed ha carattere temporaneo in quanto riferito al solo biennio 2008-2009 (legge n. 123/2007[51], articolo 10);
- aggregazioni professionali, come illustrato nel precedente paragrafo relativo ai lavoratori autonomi;
- spese per misure di sicurezza adottate dalle piccole e medie imprese (videosorveglianza). Il beneficio, spettante per le spese sostenute nel triennio 2008-2010, è fissato in misura pari all’80% del costo sostenuto e comunque fino ad un importo massimo di 3.000 euro (articolo 1, commi 228-232, della legge n. 244/2007);
- spese per misure di sicurezza in favore dei rivenditori di generi di monopolio[52]. Il beneficio, spettante per le spese sostenute nel triennio 2008-2010, è fissato in misura pari all’80% del costo sostenuto e comunque fino ad un importo massimo di 1.000 euro;
- produzione di opere cinematografiche[53]effettuate da soggetti non appartenenti al settore cinematografico e audiovisivo. Il beneficio, spettante per le spese sostenute nel triennio 2008-2010, è fissato in misura pari al 40% del costo sostenuto e comunque fino ad un importo massimo di 1.000 euro;
- piccole imprese di produzione musicale. L’articolo 1, commi 287 e 288, della legge n. 296/2006 ha introdotto un credito d’imposta per le spese di produzione sostenute dalle imprese con fatturato annuo inferiore a 15.000 euro e che non siano possedute, anche indirettamente, da un editore di servizio radiotelevisivi;
- investimenti nella ricerca industriale. L’articolo 1, commi da 280 a 284, della legge n. 296/2006 ha introdotto un credito d’imposta in misura pari al 10% dei costi sostenuti per l’attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo. La misura è elevata al 40%[54] se i costi sono riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca;
- imprese agricole e agroalimentari. L’articolo 1, commi 289 e 290, della legge n. 296/2006, ha introdotto un credito d’imposta corrispondente al 50% delle spese sostenute, nel triennio 2007-2009, per l’ottenimento dei certificati e attestazioni di conformità richiesti dalla normativa comunitaria;
- incremento numero lavoratori dipendenti (bonus assunzioni). L’articolo 2, commi da 539 a 548, della legge n. 244/2007 ha introdotto un credito d’imposta in favore delle imprese operanti nelle aree svantaggiate (Mezzogiorno) che effettuano nuove assunzioni nell’anno 2008. La misura del credito d’imposta è fissata in 333 euro al mese - ovvero 416 se si tratta di lavoratrice donna rientrante nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui all’articolo 2, lettera f), punto XI, del regolamento CE n. 2204/2002 della Commissione europea – fruibile per il triennio 2008-2010.
Si segnala, infine, che l’articolo 1, comma 533, della legge n. 296/2006 ha ridotto di 500.000 euro per l’anno 2007 gli stanziamenti previsti per il credito d’imposta (c.d. premio di concentrazione) disposto dal DL n. 106/2005 in favore delle imprese risultanti da processi di concentrazione ovvero di aggregazione rientranti nella definizione comunitaria di microimprese, piccole e medie imprese.
L’articolo 1, commi da 96 a 117, della legge n. 244/2007 ha introdotto, con decorrenza 2008, un nuovo regime fiscale agevolato (c.d. contribuenti minimi) in favore delle persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni residenti nel territorio dello Stato che, al contempo:
a) nell’anno solare precedente:
- hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro;
- non hanno effettuato cessioni all’esportazione;
- non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti[55];
b) nel triennio solare precedente non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria[56], per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro.
In ogni caso, il regime semplificato si applica ai soggetti che nel 2007 hanno applicato il regime dei minimi in franchigia di cui all’articolo 32-bis del DPR n. 633/1972.
Tale regime, infatti, viene contestualmente abrogato dal comma 166 dell’articolo 1 della medesima legge n. 244.
Il citato comma provvede anche all’abrogazione di altri regimi agevolati quali quello delle attività marginali (articolo 14 della legge n. 388/2000) e regime super-semplificato (articolo 3, commi da 165 a 170, della legge n. 662/1996).
Sono esclusi i contribuenti;
- per i quali è previsto un regime speciale IVA[57] (vedi infra);
- che, in via esclusiva o prevalente, effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili e di mezzi di trasporto nuovi;
- che contestualmente partecipano a società di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR, ovvero a società a responsabilità limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico
Il regime agevolato, che opera come un regime naturale[58], comporta, oltre ai benefici fiscali, anche delle semplificazioni nelle procedure e negli adempimenti ed in particolare:
1. assoggettamento del reddito ad un’imposta sostitutiva dell’IRPEF, delle addizionali IRPEF fissata in misura pari al 20%;
2. determinazione del reddito in base al principio di cassa in luogo di quello di competenza ordinariamente applicato dalle imprese;
3. esclusione dell’applicazione degli studi di settore;
4. esenzione dall’IRAP;
5. esclusione degli obblighi ai fini IVA. In particolare, le fatture attive devono essere emesse senza l’addebito di IVA, mentre l’IVA pagata sugli acquisti è considerata un costo deducibile ai fini della determinazione del reddito imponibile e non può essere detratta. L’applicazione del regime semplificato, tuttavia, comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis2 del DPR n. 600/1973[59]. Inoltre sono esonerati dai versamenti, dalle dichiarazioni e dalle comunicazioni;
6. riduzione degli adempimenti contabili sia ai fini IVA che ai fini delle imposte dirette. In particolare, i contribuenti minimi non hanno l’obbligo di effettuare versamenti e dichiarazioni IVA, di tenere e conservare i registri contabili, di inviare l’elenco clienti e fornitori. Permane l’obbligo di numerazione e conservazione delle fatture, della certificazione dei corrispettivi e della conservazione dei documenti emessi e ricevuti.
Tenuto conto che la decorrenza del nuovo regime è fissata al 1° gennaio 2008 l’Agenzia delle entrate ha emanato, in data 21 dicembre 2007, una prima circolare (n. 73/E) nella quale sono state illustrate le modalità applicative del regime in esame, successivamente contenute nel decreto ministeriale del 2 gennaio 2008. Ulteriori chiarimenti sono contenuti nelle circolari n. 7/E del 28 gennaio 2008 e n. 13/E del 26 febbraio 2008.
Si illustrano di seguito le principali modifiche introdotte nel corso della XV legislatura in merito alla disciplina fiscale dei contribuenti che operano nel settore agricolo con particolare riferimento ai regimi di contabilità previsti (vedi anche i capitoli L’imposta sul valore aggiunto (IVA) pag. 53 e Le accise pag. 61 nonché, in materia di crediti d’imposta, il capitolo Reddito d’impresa e lavoro autonomo pag.
L’articolo 37, commi da 15 a 17 del decreto legge n. 223/2006 aveva introdotto, con decorrenza 2007, un regime agevolato (c.d. dei minimi in franchigia) in favore delle persone fisiche esercenti attività commerciali, agricole e professionali che realizzano un volume d’affari non superiore a 7.000 euro.
Il nuovo regime, di cui all’articolo 32-bis del DPR n. 633/1972, si affiancava al preesistente regime di esonero IVA, disciplinato dall’articolo 34, comma 6, del medesimo DPR n. 633, in favore dei produttori agricoli che realizzavano un volume di affari non superiore a 2.582 euro. Nel corso della XV legislatura, con il DL n. 262/2006 l’ammontare del volume di affari massimo per l’accesso al regime di esonero degli agricoli è stato elevato a 7.000 euro annui.
In sostanza, nell’anno 2007, gli agricoltori con volume d’affari inferiore a 7.000 euro potevano scegliere tra il regime di esonero (articolo 34, comma 6, DPR n. 633/1972) e il regime dei minimi in franchigia (articolo 32-bis del DPR n. 633/1972).
Il regime dei minimi in franchigia è stato abrogato, con decorrenza 2008, dalla legge n. 244/2007 la quale ha, peraltro, disposto l’automatico passaggio dei contribuenti che applicavano il regime dei minimi in franchigia al nuovo regime dei contribuenti minimi introdotto dall’articolo 1, commi da 96 a 117, meglio illustrato nel precedente paragrafo.
La legge finanziaria per il 2007 ha introdotto disposizioni[60] dirette a favorire lo sviluppo della forma societaria in agricoltura, consentendo alle società di persone, alle società a responsabilità limitata, ed alle società cooperative, che siano qualificate come società agricole in base all’articolo 2 del decreto legislativo n. 99 del 2004[61]. Tale qualificazione consente alle società di essere considerate “imprenditori agricoli” non solo ai fini fiscali, ma produce effetti anche su tutta la legislazione di settore quale, ad esempio, quella in materia di personale o di urbanistica.
La qualifica di imprenditore agricolo può essere trasferita in capo alla società in presenza di specifici requisiti, tra i quali:
- tutti i soci della società devono essere imprenditori agricoli;
- l’oggetto dell’attività di prestazione di servizi deve essere costituito dalla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ottenuti esclusivamente dai soci; pertanto, la lavorazione di prodotti acquistati o ottenuti da terzi, anche se in misura occasionale, è causa di esclusione dal beneficio.
Il regime fiscale introdotto stabilisce che reddito deve essere determinato applicando all'ammontare dei ricavi un coefficiente di redditività fissato in misura pari al 25 per cento.
La legge finanziaria per il 2008 ha apportato una modifica in merito alla determinazione del reddito fiscale. In particolare, ai sensi dell’articolo 1, comma 177, la determinazione forfetaria è divenuta opzionale e non più obbligatoria. Pertanto, il regime fiscale naturale delle società agricole è quello ordinario, ferma restando la possibilità per il contribuente di optare in favore del regime forfetario se più favorevole.
L’articolo 1, comma 178, della legge n. 244/2007, ha introdotto una disposizione in favore degli imprenditori agricoli che esercitano attività di produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
In particolare,modificando l’articolo 1, comma 423, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), ha introdotto la facoltà per il contribuente di optare, se più favorevole, per l’applicazione del regime fiscale ordinario di cui all’articolo 56 del TUIR[62] in luogo di quello forfetario di cui all’articolo 56-bis[63], comma 3, del TUIR. L’esercizio dell’opzione vincola il contribuente per almeno un triennio.
L’articolo 1, comma 176, della legge finanziaria per il 2008 ha incluso nella definizione di reddito agrario[64]anche le attività di coltivazione di prodotti vegetali per conto terzi, purché tali coltivazioni siano svolte nel limite di cui all’art. 32, co. 2, lettera b), del DPR n. 917/1986 (TUIR)[65].
Ai sensi dell’articolo 34, comma 1, del TUIR, il reddito agrario è determinato mediante l’applicazione di tariffe d’estimo stabilite per ciascuna qualità e classe secondo le norme della legge catastale. La determinazione del reddito avviene pertanto su base forfetaria in base a tariffe stabilite dalla legge catastale per qualità e classe di coltura.
Si ricorda che fino all’entrata in vigore delle nuove tariffe d’estimo il reddito agrario deve essere rivalutato con l’applicazione di un coefficiente del 70 per cento.
Nel corso della XV legislatura è stata ulteriormente prorogata, nei settori dell’agricoltura e della pesca, l’applicazione dell’aliquota agevolata IRAP fissata in misura pari all’1,9%. In particolare, da ultimo, la legge finanziaria per il 2008[66] ha prorogato al 2007 la misura ridotta, stabilendo che l’aliquota ordinaria per il settore agricolo, fissata in misura pari al 3,75% fosse applicata a decorrere dal 2008.
Il comma 1 dell’articolo 45 del decreto legislativo n. 446 del 1997 aveva previsto, per il settore in esame, un’aliquota IRAP del 2,5% per il 1998 (primo anno di entrata in vigore dell’imposta) e aliquote crescenti per il successivo triennio. Tuttavia, disposizioni successive sono intervenute in modo tale da ridurre, dapprima, la misura dell’aliquota IRAP all’1,9% (sin dal 1998) per poi mantenerla anche negli anni successivi, rinviando l’applicazione dell’aliquota ordinaria del 3,75%.
Inoltre, come già evidenziato nel paragrafo relativo ai contribuenti minimi, ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera d), del D.Lgs. n. 446/1997 sono in ogni caso esclusi dall’IRAP i produttori agricoli con un volume d’affari annuo non superiore a 7.000 mila euro che sono anche esonerati dagli adempimenti IVA, sempreché non abbiano rinunciato all’esonero a norma dell’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 34 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Tra le altre agevolazioni fiscali introdotte nel corso della XV legislatura, alcune dispongono l’applicazione facoltativa di un regime d’imposta sostitutivo in luogo di quello ordinario.
Tra queste si ricordano, oltre quelle relative al regime dei contribuenti minimi di cui al precedente paragrafo e quelle relative all’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta e al riallineamento dei valori civili e fiscali (vedi scheda IRES: ampliamento base imponibile pag. 203) anche le seguenti disposizioni:
- facoltà di escludere, dal patrimonio dell’impresa individuale, i beni immobili strumentali[67]. L’opzione consente di trasferire dal patrimonio dell’impresa individuale al patrimonio privato della persona fisica-imprenditore, l’immobile strumentale posseduto alla data del 30 novembre 2007 attraverso il pagamento di una imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’IRAP fissata in misura pari al 10 per cento della differenza tra il valore normale e il valore fiscale; per gli immobili la cui cessione è soggetta ad IVA, la misura dell’imposta sostitutiva è maggiorata di un importo pari al 30 per cento dell’imposta applicabile al valore normale dei beni. L’opzione deve essere esercitata entro il 30 aprile 2008 e avrà effetti a decorrere dal periodo d’imposta 2008[68];
- rivalutazione dei terreni e delle partecipazioni (riapertura dei termini)[69] che consente di aggiornare il valore di acquisto delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati e dei terreni edificabili o con destinazione agricola posseduti attraverso il pagamento di una imposta sostitutiva sulla differenza tra il valore corrente e quello considerato valido ai fini fiscali. L’agevolazione opera con riferimento ai beni posseduti non in regime d’impresa[70].
Con la legge finanziaria 2008 sono stati ammessi al regime sostitutivo agevolato le partecipazioni e i terreni posseduti alla data del 1° gennaio 2008 (il precedente termine era stato fissato, da ultimo, al 1° gennaio 2005 dall’articolo 11-quaterdecies, comma 4, del DL n. 203/2005) ed è stato fissato al 30 giugno 2008 il termine per effettuare il pagamento dell’imposta sostitutiva (ovvero della prima rata in caso di rateizzazione) e per la presentazione della stima da parte del perito[71].
Tra gli ulteriori interventi, si segnalano quelli relativi a:
- società di investimento immobiliare quotate (vedi scheda SIIQ pag. 295);
- società di comodo (vedi scheda Società non operative pag. 215);
- soggetti che operano nel settore agricolo, come illustrato nel precedente paragrafo;
- agevolazioni fiscali fruibili attraverso il meccanismo del credito d’imposta (vedi capitolo Reddito d’impresa e di lavoro autonomo pag. 37);
- società di calcio professionistiche[72] (vedi scheda Le Agenzie fiscali pag. 189);
- al settore del cinema[73];
- alle imprese di produzione musicale, ivi comprese le bande e i cori[74];
- alle imprese che applicano il regime “tonnage tax”[75];
- alle piccole e medie imprese che avviano nuove attività nelle c.d. “zone franche urbane”[76];
- ai soggetti che adottano i principi contabili internazionali (IAS)[77].
Inoltre, si ricorda che nel corso della XV legislatura si è provveduto a riconoscere ai fini fiscali nonché a disporre una specifica disciplina relativamente alla figura del trust(articolo 1, commi 74-76, della legge n. 296/2006) e ai gruppi di acquisto solidali (articolo 1, commi 266-268, legge n. 244/2007).
Numerosi interventi nel corso della legislatura hanno interessato la disciplina in materia di imposta sul valore aggiunto. Le principali modifiche hanno riguardato le ipotesi di indetraibilità dell’Iva, la modifica di talune aliquote, nonchéinterventi in materia di esenzioni e di base imponibile.
Molte di queste modifiche sono conseguenti alla necessità di adeguare la disciplina nazionale a quella comunitaria dell’Iva, ora contenuta nella direttiva Iva 2006/112/CE contenente i principi dell’IVA comunitaria (vedi scheda Principi dell’Iva comunitaria, pag. 227).
Si tratta di una direttiva che ha “rifuso” in sé praticamente tutta la disciplina comunitaria dell’Iva precedentemente contenuta in numerose direttive. Si ricorda, infatti, che l’IVA è un’imposta armonizzata a livello comunitario e come tale le singole norme nazionali in materia devono essere conformi alla disciplina comunitaria.
La nuova direttiva 2006/112/CE costituisce pertanto una sorta di testo unico di tutte le norme sul sistema comune di IVA, razionalizzando e coordinando le numerose e sostanziali modifiche intervenute nel tempo in materia.
Il nuovo testo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2007 in tutti i Paesi dell’Unione europea ed Il recepimento delle modifiche sostanziali sarebbe dovuto avvenire entro il 1° gennaio 2008.
La legge comunitaria 2007(legge n. 34 del 2008) dispone il recepimento sia della direttiva 2006/112/CE, che della direttiva 2006/69/CE, relativa alla semplificazione della riscossione dell’IVA.
Vi sono inoltre state inoltre alcune sentenze della Corte di Giustizia delle Comunità europee, nei confronti del nostro Paese, che hanno inciso sulla materia dell’Iva e reso necessarie modifiche normative.
Per quanto riguarda le norme antievasione nel campo dell’Iva, la legge finanziaria 2008 ha previsto (art. 1, comma 255) che nel fissare tali criteri selettivi per gli accertamenti nel quinquennio 2008-2012 sarà determinata la misura in base alla quale si dovranno concentrare i controlli sui contribuenti che abbiano detratto più del 50 per cento dell’imposta sugli acquisti di telefoninie sulle relative spese di gestione.
Il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, (comma 8 dell’articolo 37) ha introdotto, a carico dei soggetti passivi dell’IVA, l’obbligo di presentare all’Amministrazione finanziarial'elenco dei soggetti nei confronti dei quali sono state emesse (elenco clienti) e l'elenco dei soggetti dai quali sono stati effettuati (elenco fornitori).
Il nuovo adempimento ha cadenza annuale e deve essere assolto entro sessanta giorni dal termine previsto per la presentazione della comunicazione annuale dei dati IVA e, quindi, entro il 29 aprile di ciascun anno con riferimento alle operazioni relative all'anno d'imposta precedente.
Nell'elenco dei fornitori devono essere indicati esclusivamente i soggetti titolari di partita IVA dai quali sono stati effettuati acquisti rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto. I dati che devono essere riportati negli elenchi per ciascun soggetto sono il codice fiscale e l'importo complessivo delle operazioni effettuate, al netto delle relative note di variazione, con evidenziazione dell'imponibile, dell'imposta, nonché delle operazioni non imponibili e di quelle esenti.
Ai fini sanzionatori, l'omessa presentazione degli elenchi, nonché l'invio degli stessi con dati falsi o incompleti, comporta l'applicazione della sanzione amministrativain misura fissa (da un minimo di 258 ad un massimo di 2.065 euro) prevista dall'art. 11 del D.Lgs. n. 471 del 1997.
La legge finanziaria 2007 (art. 1, commi 44 e 45) ha esteso l’ambito di applicazione del metodo dell’inversione contabile nel pagamento dell’imposta (reverse charge) agli effetti dell’IVAalle seguentiipotesi:
alle prestazioni di servizi, compresa la prestazione di manodopera, rese nel settore edile da soggetti subappaltatori nei confronti delle imprese che svolgono l’attività di costruzione o ristrutturazione di immobili, oppure nei confronti dell’appaltatore principale o di un altro subappaltatore;
alle cessioni di apparecchiature terminali per il servizio pubblico radiomobile terrestre di comunicazioni (telefonini) soggette alla tassa sulle concessioni governative, nonché dei loro componenti e accessori;
alle cessioni di elaboratori elettronici (personal computer) e dei loro componenti e accessori;
alle cessioni di materiali e prodotti lapidei, direttamente provenienti da cave e miniere.
La legge finanziaria 2008 ha poi apportato ulteriori modifiche al regime del reverse-charge (art. 1, comma 162) prevedendo che, a decorrere dal 1° febbraio 2008, non si applichi il regime IVA con il meccanismo del reverse-charge con riferimento ai servizi resi nei confronti di un contraente generale a cui venga affidata dal committente la totalità dei lavori (cosiddetto general contractor).
Si ricorda che in base al meccanismo dell’inversione contabile il cedente emette la fattura ma senza l’applicazione dell’IVA, la quale deve essere integrata dall’acquirente. Pertanto, a differenza del regime ordinario Iva, il reverse charge non attua il regime della rivalsa dell'imposta. Gli obblighi Iva sono posti a carico del cessionario, il quale è tenuto a regolarizzare il documento ricevuto indicandovi l'aliquota Iva e l'imposta dovuta.
La legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 155), ha modificato poi le sanzioni nell’ipotesi di non applicazione del regime del reverse charge, limitando in particolare a 10.000 euro l’importo massimo della sanzione amministrativa per le irregolarità commesse nei primi tre anni di applicazione della norma.
Tra le sentenze della Corte di Giustizia che hanno maggiormente inciso sulla disciplina dell’Iva si ricorda in particolare la sentenza C-228/05 del 14 settembre 2006, con cui la Corte di giustizia delle Comunità europee si è espressa in merito alla compatibilità tra il regime di detraibilità dell’IVA sull’acquisto di veicoli aziendali e costi assimilati, di cui all’articolo 19-bis1, comma 1, lettera c), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[78], e il paragrafo 7 dell’articolo 17, in combinato disposto con il paragrafo 2 della sesta direttiva IVA[79] (vedi scheda La sentenza Iva sugli autoveicoli, pag. 219).
Al fine di adeguare l’ordinamento nazionale alla sentenza comunitaria, è stato emanato il decreto legge n. 258/2006 nel quale si è stabilità la detraibilità dell’IVA assolta sugli acquisti effettuati a decorrere dal 14 settembre 2006, e la previsione di una rideterminazione degli effetti IVA per gli acquisti effettuati nei periodi precedenti. In particolare, per quanto concerne l’IVA non detratta sugli acquisti effettuati nei periodi d’imposta precedenti, il decreto legge prevedeva la presentazione di una apposita istanza da parte dei contribuenti a fronte della quale l’Amministrazione finanziaria avrebbe provveduto a erogare il rimborso.
Si ricorda che il DPR n. 633 del 1972 stabilisce – in deroga all’articolo 19, relativo alla detrazione dell’IVA – l’indetraibilità dell’IVA relativamente ad alcuni beni e servizi, tra cui l’acquisto o l’importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture e autoveicoli che non formino oggetto dell’attività propria dell’impresa.
Il paragrafo 7 dell’articolo 17 della direttiva 77/388/CEE (Sesta direttiva IVA) stabilisce che – salvo l’obbligo procedurale di consultazione del comitato IVA – ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere in tutto o in parte dal regime di deduzioni IVA la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni. Nel caso in cui un’esclusione dal regime delle detrazioni non sia stata stabilita conformemente alla procedura di consultazione, "le autorità tributarie nazionali non possono opporre ad un soggetto passivo una disposizione che deroga al principio del diritto alla detrazione dell’IVA”. La direttiva impone agli Stati membri, ai fini del rispetto dell’obbligo procedurale di cui all’articolo 29 della direttiva, di informare il Comitato consultivo dell’IVAdel fatto che essi intendono adottare una misura nazionale che deroga al regime generale delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto, fornendo a tale comitato informazioni sufficienti per consentire ad esso di esaminare la misura con cognizione di causa.
Per quanto riguarda le ipotesi di indetraibilità c.d. “oggettiva”, la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, art. 1, commi da 261 a 264) ha previsto numerose modifiche al D.P.R. n. 633/1972(D.P.R. recante la disciplina dell’IVA).
In particolare è stata esclusa la presunzione assoluta che costituiscano prestazioni di servizi l’uso familiare o personale dell’imprenditore (o la messa a disposizione a titolo gratuito ai dipendenti) di autoveicoli (anche in leasing o in caso di noleggio), per i quali in sede di acquisto sia stata utilizzata la una percentuale di detraibilità limitata al 40 per cento e delle apparecchiature di telefonia mobile e delle relative spese di gestione qualora sia stata detratta una quota dell’imposta relativa al loro acquisto non superiore alla misura in cui tali beni sono utilizzati per fini privati.
E’ stata consentita la detraibilità dell’imposta relativa agli ex beni considerati di lusso (indicati in tabella B del D.P.R. Iva) - tra cui lavori in platino, pellicceria, spumanti, motocicli di cilindrata superiore a 350 cc, tappeti orientali e delle navi e imbarcazioni da diporto, e relativi componenti e ricambi - solo nel caso in cui i beni formino oggetto proprio dell’attività dell’impresa, mentre è stata esclusa per gli esercenti arti e professioni.
E’ stata modificata la
disciplina della detrazione per le operazioni relative a veicoli stradali a motore, di massa non superiore a
Sempre in materia di indetraibilità è stata eliminata la parziale indetraibilità delle spese di acquisto dei servizi di telefonia mobile e dei relativi componenti e ricambi.
La legge finanziaria 2007(art. 1, commi 304 e 305) consentono la detraibilità dell’IVA relativa alle prestazioni alberghiere e alla somministrazione di alimenti e bevande,in occasione dipartecipazione a convegni, congressi ed eventi similari. L’indetraibilità permane pertanto per le prestazioni alberghiere e le somministrazioni di alimenti e bevande che non siano effettuate in occasione di tali eventi.
Per quanto riguarda i criteri di determinazione della base imponibile, sono state apportate modifiche in funzioneantielusiva, con l’introduzione di nuove regole - come la riconduzione al valore normale qualora sia previsto un corrispettivo inferiore al valore normale - per le operazioni effettuate tra parti correlate, nonché per le operazioni di messa a disposizione di autoveicoli e di telefonini poste in essere tra datore di lavoro e dipendenti. Inoltre, nel caso di messa a disposizione dei dipendenti di autoveicoli a titolo oneroso, la verifica della congruità del corrispettivo deve essere effettuata commisurandolo al relativo fringe benefit.
E’ stata poi generalizzata la regola comunitaria in base alla quale nel caso di detraibilità solo parziale dell’Iva, la base imponibile sia determinata moltiplicando il corrispettivo per tale percentuale di detraibilità.
In materia di aliquote ridotte dell’Iva i principali interventi hanno riguardato:
1) l’eliminazione della previgente agevolazione (aliquota del 10%) per le cessioni di cavalli, asini, muli e bardotti vivi qualora non destinati alla preparazione di prodotti alimentari;
2) l’applicazione dell’aliquota Iva agevolata al 10% per la cessione di animali vivi solo se destinati all'alimentazione umana;
3) la riconduzione all’aliquota ordinaria del 20%, in luogo di quella agevolata del 10%, per i premi relativi alle corse di cavalli – con decorrenza peraltro dal 2 gennaio 2009 in base a l’articolo 41-bis del D.L. n. 248 del 2007 (c.d. milleproroghe), convertito dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31;
4) l’estensione dell’aliquota IVA agevolata al 10%, già previsto per gli spettacoli di burattini e marionette ovunque tenuti, ai corsi mascherati e in costume ovunque tenuti;
5) l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta 10%, in luogo dell’aliquota ordinaria del 20 per cento, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata, anche per gli anni 2008, 2009 e 2010, nella misura e alle condizioni già previste dall’art. 7, comma 1, lettera b), della legge n. 488 del 1999 (finanziaria 2000).
Sono state invece esentate dall’IVA (art. 1, co. 332 della legge finanziaria 2007), le prestazioni di servizi di carattere ausiliario rese a favore di società che svolgono operazioni relative alla riscossione dei tributi, da parte di altra società controllata, controllante o controllata dalla stessa controllante, ai sensi dell’articolo 2359, commi 1 e 2, del codice civile.
La stessa legge finanziaria 2007 (comma 330) ha invece escluso dall’elenco delle operazioni esenti da Iva (dunque, vengono assoggettate all’imposta sul valore aggiunto) le locazioni di fabbricati ad uso abitativo effettuate, in attuazione dei piani di edilizia abitativa convenzionata, dalle imprese costruttrici o dalle imprese che hanno effettuato sui medesimi fabbricati interventi di recupero edilizio, nonché le cessioni di fabbricati (non strumentali) effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi abbiano eseguito – anche tramite imprese appaltatrici - interventi di recupero edilizio (restauro e risanamento conservativo; ristrutturazione edilizia; ristrutturazione urbanistica).
Vengono invece assoggettate all’aliquota IVA del 10% (aliquota c.d. ridotta) le locazioni di immobili di civile abitazione, purché effettuate, in esecuzione di programmi di edilizia abitativa convenzionata, dalle imprese costruttrici o realizzatrici dei menzionati interventi di recupero edilizio.
Con norma di interpretazione autentica (art. 1, comma 331) è stato poi chiarito che le prestazioni di beni e servizi socio-sanitari, scolastici e assistenziali erogate dalle cooperative e dai loro consorzi – sia direttamente sia in esecuzione di contratti di appalto e di convenzioni in genere - in favore di soggetti svantaggiati, sonoricompresetra quelle cui si applical’aliquota IVA c.d. super- ridotta del 4%.
E’ stato altresì modificato il regime IVA delle prestazioni professionali specifiche di medicina legale, disponendone il passaggio dal regime di esenzione al regime ordinario di assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto, con effetto retroattivo in quanto decorre dal periodo d’imposta 2005. La norma consegue a quanto indicato dalla Corte di giustizia europea[80] la quale ha precisato che, ai fini di una corretta applicazione del regime di esenzione è necessario individuare lo scopo della prestazione medica.
E’ stata infine soppressa l’esenzione Iva sulle prestazioni di carattere ausiliario nell’ambito dei gruppi bancari, assicurativi e di impreseche svolgono prevalentemente operazioni esenti, nonché nell’ambito di consorzi tra banche e tra imprese facenti parte di gruppi assicurativi.
In attuazione della direttiva 2006/138/CE del Consiglio, del 19 dicembre 2006, l’articolo 17 della legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008, n. 34) prevede che il nuovo regime IVA applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione, nonché a determinati servizi prestati tramite mezzi elettronici, trovi applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2009. Infatti, la direttiva 2006/138/CE ha prorogato ulteriormente al 31 dicembre 2008 tale regime temporaneo IVA, instaurato dalla direttiva 77/388/CEE, in base al quale il luogo delle prestazioni fornite a destinatari stabiliti fuori della Comunità o a soggetti passivi stabiliti nella Comunità ma fuori del Paese del prestatore, sia considerato quello in cui il destinatario ha stabilito la sede della sua attività economica o dispone di una stabile organizzazione per la quale è stata resa la prestazione di servizi o, in mancanza di tale sede o stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.
Nel corso della XV legislatura numerose disposizioni hanno interessato il regime dei prodotti soggetti ad accisa, principalmente legate alla tassazione dei prodotti energetici, che è stata significativamente modificata per tenere conto del nuovo quadro comunitario di tassazione di tali prodotti delineato dalla direttiva 2003/96/CE.
Sempre in campo energetico occorre sottolineare che sono state numerose le norme che hanno avuto ad oggetto la promozione fiscale delle energie alternative e la promozione dell’utilizzo di veicoli meno inquinanti (vedi scheda Fisco ambientale e energie alternative, pag. 231). Si tratta di un ventaglio molto ampio di disposizioni, che vanno dai contributi per la rottamazione dei veicoli agli incentivi per la riqualificazione energetica degli edifici, alla promozione dell’utilizzo di pannelli fotovoltalici e di impianti a fonte rinnovabile.
In attuazione della direttiva 2003/96/CE, che ha ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (vedi scheda La tassazione dei prodotti energetici, pag. 235), è stato emanato il D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, che ha modificato significativamente il Testo Unico delle accise (D.Lgs. n. 504 del 1995 ). Il decreto legislativo n. 26 del 2007 è entrato in vigoredal 1° giugno 2007.
La principale novità della direttiva 2003/96/CE è costituita dal fatto che essa ha ampliato l’insieme dei prodotti energetici che rientrano nel regime comunitario di accisa - costituito ora dai prodotti energetici in senso ampio,cuiè stata aggiunta l’elettricità - e che gli Stati membri devono obbligatoriamente sottoporre ad accisa applicando dei livelli minimi di tassazionestabiliti dalladirettiva stessa (nell’Allegato I).
Il buon funzionamento del mercato interno dell’Unione europea richiede che siano fissati livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, compresi l’elettricità, il gas naturale e il carbone.
I livelli minimi di imposizione relativi ai carburanti per motori e ai combustibili per riscaldamento ed elettricità sono illustrati nelle seguenti tabelle (valori in euro).
Tabella A Carburanti per motori |
Dal 1°gennaio 2004 |
Dal 1°gennaio 2010 |
Benzina (per mille litri) |
359 |
359 |
Gasolio (per mille litri) |
302 |
330 |
Cherosene (per mille litri) |
302 |
330 |
GPL (per mille kg) |
125 |
125 |
Gas naturale (per gigajoule, potere calorifico superiore) |
2,6 |
2,6 |
Tabella B Combustibili per riscaldamento e elettricità |
Imprese |
Non imprese |
Gasolio (per mille litri) |
21 |
21 |
Olio combustibile pesante (per mille kg) |
15 |
15 |
Cherosene (per mille litri) |
0 |
0 |
GPL (per mille kg) |
0 |
0 |
Gas naturale (per gigajoule, potere calorifico superiore) |
0,15 |
0,3 |
Carbone e coke (per gigajoule) |
0,15 |
0,3 |
Elettricità (per MWh) |
0,5 |
1,0 |
La direttiva permette altresì agli Stati membri di applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d’imposta differenziate purché rispettino talune condizioni, nonché esenzioni e riduzioni delle aliquote purché non pregiudichino il corretto funzionamento del mercato interno, non comportino distorsioni della concorrenza e non siano inferiori al livello minimo stabilito nella direttiva.
L’articolo 5 della direttiva prevede in particolare che gli Stati membri possano applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d'imposta differenziate, solamente a condizione che dette aliquote rispettino i livelli minimi di tassazione stabiliti nella direttiva stessa e che siano compatibili con il diritto comunitario, nei seguenti casi:
- quando le aliquote differenziate sono direttamente connesse con la qualità del prodotto;
- quando le aliquote differenziate dipendono dai livelli quantitativi del consumo di elettricità e dei prodotti energetici utilizzati per il riscaldamento;
- per i seguenti usi: trasporti pubblici locali di passeggeri (compresi i taxi), raccolta di rifiuti, forze armate e pubblica amministrazione, disabili, ambulanze;
- tra uso commerciale e non commerciale, per i prodotti energetici e l'elettricità.
Gli Stati membri possono inoltre applicare esenzioni o riduzioni parziali del livello di tassazione (art. 15) per (tra le altre ipotesi) l’elettricità generata da biomassa ed i prodotti energetici utilizzati per la generazione combinata di calore e energia.
L’articolo 18 della direttiva ha consentito infine di continuare ad applicare le riduzioni nei livelli di tassazione o le esenzioni fissate nell’allegato II ai Paesi ivi indicati, fino al 31 dicembre 2006. Tra queste era ricompresa l’applicazione di aliquote ridotte in talune zone particolarmente svantaggiate dell’Italia, sul gasolio domestico da riscaldamento e sul GPL usato per riscaldamento, purché conformi ai livelli minimi di accisa.
Infine si ricorda che il Consiglio dell’Unione europea (art. 19 della direttiva), deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare gli Stati membri ad applicare ulteriori esenzioni o riduzioni in base a considerazioni politiche specifiche.
Con la Circolare n. 37/D l’Agenzia delle Dogane ha fornito chiarimenti sulla corretta applicazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 26/07 che, in attuazione della direttiva 2003/96/CE, ha ridefinito il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
Il testo unico delle accise, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, disciplina all’articolo 24 gli impieghi agevolati dei prodotti energetici soggetti ad accisa disponendo che, ferme restando le norme comunitarie relative al regime delle agevolazioni, i prodotti energetici sono ammessi ad esenzione o all'aliquota ridotta se destinati agli usi elencati nella tabella A allegata al testo unico stesso.
L’articolo 39-ter, del D.L. n. 159 del 2007, convertito dalla legge n. 222 del 2007 ha modificato una serie di agevolazioni ed esenzioni previstenel testo unico delle accise (D.Lgs. n. 504 del 1995), relative alle aliquote d’accisa applicabili sui carburanti impiegati dai taxi e dalle ambulanze: le previgenti agevolazioni (pari al 40% dell’aliquota) sono state eliminate e portate ai livelli minimi di aliquota comunitaria.
Anche la legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 179) è intervenuta sui regimi agevolati di accisa, modificando alcune agevolazioni ed esenzioni previste nel testo unico delle accise (D.Lgs. n. 504 del 1995), per renderle compatibili con le aliquote minime comunitarie stabilite dalla direttiva 2003/96/CE.
La norma ha innanzitutto eliminato l’esenzione dall’accisa sugli oli minerali utilizzati dalle forze armate nazionali prevedendo l’applicazione delle aliquote minime comunitarie.
Il comma 175 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2008 ha poi prorogato fino al 31 dicembre 2008 l’esenzione dall’accisa per il gasolio utilizzato per il riscaldamento nelle coltivazioni sotto serra, di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (legge finanziaria per il 2004). Si ricorda che nella tabella A allegata al Testo Unico delle accise è prevista (al n. 5) l'esenzione o l'applicazione di aliquote ridotte di accisa per taluni oli minerali impiegati in lavori agricoli, orticoli in allevamento, nella silvicoltura e piscicoltura e nella florovivaistica.
Il comma 240 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2008 ha previsto che dal 1° gennaio 2008 e fino al 31 dicembre 2008, trovino applicazione le agevolazioni fiscali sul gasolio e sul GPL per riscaldamento impiegati in zone montane ed in altri specifici territori nazionali di cui all’articolo 5 del D.L. n. 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 418 del 2001. Con tale disposizione è stato pertanto ulteriormente prorogato, sino al 31 dicembre 2008, l’incremento dell’agevolazione a favore dei soggetti che utilizzano il gasolio e il GPL per uso di riscaldamento nelle zone geografiche individuate dall’articolo 8, comma 10, lettera c), della legge n. 448 del 1998. Fino al 31 dicembre 2008 troverà pertanto applicazione l’ulteriore riduzione pari a 0,026 euro (50 lire) per ogni litro di gasolio usato come combustibile per riscaldamento e per ogni chilogrammo di GPL. L’agevolazione totale consiste in una riduzione complessiva pari a 0,129 euro per litro di gasolio usato come combustibile (rispetto all’accisa ordinaria di 0,403 euro) e a 0,159 euro per chilogrammo di GPL (rispetto all’accisa ordinaria di 0,190 euro).
Il comma 1-bis dello stesso articolo 38 ha poi disposto l’applicazione fino al 31 dicembre 2008 delle disposizioni in materia di accisa concernenti le agevolazioni sul gasolio e sul GPL impiegati nelle frazioni parzialmente non-metanizzate dicomuniricadenti nella zona climatica E, di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.
La legge finanziaria 2008 ha previsto (commi da 290 a 293 dell’articolo 1) la sterilizzazione degli effetti del maggior gettito IVA dovuto all’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi mediante la riduzione della misura dell’aliquota di accisa sui carburanti.
Si ricorda che le imposte che colpiscono benzina e gasolio per autotrazione sono:
- l’accisa, il cui ammontare è determinato in base alla quantità ed è indipendente dal costo. L’aliquota d’accisa vigente in Italia per la benzina senza piombo è di 564 euro per mille litri, mentre l’accisa per il gasolio per autotrazione è di 423 euro per mille litri[81];
- l’IVA, il cui ammontare è proporzionale al costo ed è determinato applicando l’aliquota ordinaria del 20% alla somma dell’accisa e del prezzo industriale.
La legge finanziaria 2008 ha disposto che in presenza di una crescita dei prezzi petroliferi superiore al 2% rispetto al valore del petrolio indicato nel Documento di programmazione economico finanziaria, le misure delle aliquote di accisa sui prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili siano ridotte al fine di compensare il maggiore gettito IVA dovuto all’incremento dei prezzi dei prodotti petroliferi.
La variazione della misura delle aliquote di accisa viene determinata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il comma 293 della legge finanziaria ha stabilito che, in sede di prima applicazione, il primo decreto di variazione dovesse essere emanato, qualora ne ricorressero le condizioni, entro il 28 febbraio 2008.
Con DM 7 marzo 2008 è stata operata la prima riduzione delle accise[82] in conseguenza dell’aumento dei prezzi dei prodotti petroliferi nei seguenti termini:
a) benzina: 547,17 euro per mille litri;
b) oli da gas o gasolio usato come carburante: 406,17 euro per mille litri;
c) gas di petrolio liquefatti (GPL) usati come carburante: 210,94 euro per mille Kg.;
d) gas naturale per autotrazione: euro 0 per metro cubo.
L’articolo 2 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 26, ha apportato una sostanziale modifica all’attuale struttura impositiva relativa al gas naturale per combustione in usi civili, prevedendo un sistema non più basato sulla destinazione d’uso del prodotto, ma determinando la misura dell’accisa per fasce di consumo (sono previsti 4 scaglioni di consumo con le relative aliquote).
L’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 26 del 2007, ha previsto in particolare che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, in funzione del completamento progressivo del processo di armonizzazione e di riavvicinamento delle aliquote di accisa applicate al gas naturale nelle diverse zone geografiche del Paese, il Ministro dell'economia e delle finanze proceda, con proprio decreto da adottare entro il mese di febbraio di ogni anno, ad interventi di riduzione delle aliquote di accisa del gas per usi civili nei territori diversi da quelli del Mezzogiorno.
In attuazione di tale disposizione è stato così emanato il DM 13 febbraio 2008 ha stabilito che a decorrere dal 1° gennaio 2008 e fino al 31 dicembre 2008, le aliquote di accisa per il gas naturale per combustione per usi civili consumato nei territori diversi da quelli di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno siano determinate nelle seguenti misure:
a) per consumi fino a 120 metri cubi annui: euro 0,038 per metro cubo;
b) per consumi superiori a 120 metri cubi annui e fino a 480 metri cubi annui: euro 0,171 per metro cubo;
c) per consumi superiori a 480 metri cubi annui e fino a 1560 metri cubi annui: euro 0,166 per metro cubo;
d) per consumi superiori a 1560 metri cubi annui: euro 0,183 per metro cubo.
Si ricorda altresì che l’articolo 2, comma 5, del decreto legislativo n. 26 del 2007 ha sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2008, il numero 127-bis della tabella A, parte III, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, confermando l’applicazione, a partire da tale data dell’aliquota Iva del 10 per cento, ma riferendola alle somministrazioni di gas metano per usi civili (stessa dicitura utilizzata per le accise sul gas naturale) e limitandola ad un consumo annuo di 480 metri cubi. Pertanto si applicherà l’aliquota ordinaria del 20 per cento sulla parte eccedente.
Per quanto riguarda le agevolazioni sul gas si ricorda che l’articolo 38, comma 1 del D.L. n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008, ha prorogato per l’anno 2008 le agevolazioni fiscali in materia di accisa sul gas metano per gli utilizzatori industriali, termoelettrici esclusi, con consumi superiori a 1.200.000 metri cubi annui. La misura agevolativa consiste nella riduzione del 40% delle aliquote di accisa indicate nel D.Lgs. n. 504/1995.
La legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 180), ha previsto che al gas naturale impiegato dalle Forze armate nazionali come combustibile per riscaldamento, per il quale è prevista l’esenzione dall’aliquota di accisa, non si applichino l’addizionale regionale all’accisa sul gas naturale usato come combustibile e l’imposta regionale sostitutiva per le utenze esenti.
Si ricorda che il decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, e successive modificazioni reca “l’istituzione e disciplina dell'addizionale regionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale e per le utenze esenti, di un'imposta sostitutiva dell'addizionale, e previsione della facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione”.
Ai sensi dell’articolo 9 di tale decreto legislativo, è istituita un’addizionale regionale all'accisa sul gas naturale usato nelle regioni a statuto ordinario come combustibile per impieghi diversi da quelli delle imprese industriali ed artigiane, nella misura che sarà determinata da ciascuna regione, con propria legge, entro i limiti minimo di lire 10 e massimo di lire 50 al metro cubo di gas erogato (comma 1). A carico delle utenze esenti è istituita una imposta regionale sostitutiva della addizionale di cui al comma 1 da determinarsi in misura pari all'importo della stessa (comma 2).
La legge finanziaria 2007 hamodificato una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti (vedi scheda Il sostegno alla filiera agroenergetica, nel dossier relativo alla Commissione Agricoltura).
In particolare, i
commi da
In particolare, il comma 371 ha eliminato la previgente esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituendola con un’accisa agevolata da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio usato come carburante di cui all'allegato I al medesimo testo unico, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate.
Si ricorda che con le stesse norme della legge finanziaria 2007 sono stati modificati gli obiettivi indicativi nazionali[83] relativi all’immissione in consumo di biocarburanti e altri carburanti rinnovabili, fissati al 2,5 per cento entro il 31 dicembre 2008 ed al 5,75 per cento entro il 31 dicembre 2010.
L’accisa agevolata si applica sul biodiesel destinato alla miscelazione con gasolio per autotrazione.
La concessione di un’aliquota d’accisa agevolata sul biodiesel va sottoposta ad autorizzazione da parte della Commissione europea[84](vedi scheda Gli aiuti di Stato e i servizi pubblici, pag. 181).
Si ricorda che la direttiva 2003/96/CE, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici, inserisce tra i prodotti energetici, il biodiesel qualora destinato ad essere utilizzato come combustibile o carburante (art. 2). L’articolo 16 della direttiva prevede la facoltà degli Stati membri di applicare sotto controllo fiscale esenzioni o riduzioni dell'aliquota di imposta ai prodotti soggetti ad accisa di cui all'articolo 2 quando questi sono costituiti da uno o più dei prodotti seguenti o li contengono:
-
i prodotti di cui ai codici NC da
-
i prodotti di cui ai codici NC 3824 90 55 e da
3824 90
- i prodotti di cui ai codici NC 2207 20 00 e 2905 11 00 che non siano di origine sintetica,
- i prodotti derivati dalla biomassa, inclusi i prodotti di cui ai codici NC 4401 e 4402.
Per «biomassa» si intende la parte biodegradabile dei prodotti, dei rifiuti e dei residui provenienti dall'agricoltura (comprese le sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani.
I livelli di tassazione che gli Stati membri applicano ai prodotti costituiti dai prodotti di cui al paragrafo 1° che li contengono, possono essere inferiori ai livelli minimi previsti all'articolo 4. Inoltre le esenzioni o riduzioni di tassazione applicate dagli Stati membri sono modulate in funzione dell'evoluzione dei prezzi delle materie prime, affinché dette riduzioni non conducano ad una sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione dei prodotti.
La modifica suddetta viene inquadrata nell’ambito di un nuovo programma pluriennale dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2010.
Viene stabilito, inoltre, che entro il 1° marzo di ogni anno di validità del programma, i Ministeri dello sviluppo economico e delle politiche agricole, alimentari e forestali comunicano al Ministero dell’economia e delle finanze i costi industriali medi del gasolio, del biodiesel e delle materie prime necessarie alla sua produzione, rilevati nell’anno solare precedente. Sulla base delle suddette rilevazioni, al fine di evitare la sovracompensazione dei costi addizionali legati alla produzione, è rideterminata la misura dell’agevolazione con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e delle politiche agricole, alimentari e forestali), da emanare entro il 30 aprile di ogni anno di validità del programma.
Si prevede, inoltre, che a seguito della eventuale rideterminazione della misura dell’agevolazione, il contingente agevolato è conseguentemente aumentato, senza costi aggiuntivi per l’erario, a partire dall’anno successivo a quello della rideterminazione. Qualora la misura dell’aumento del contingente richieda la preventiva autorizzazione ai sensi dell’articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea, l’efficacia delle disposizioni di cui al comma 6.4 è subordinata all’autorizzazione stessa.
La normativa sull’imposta di registro trova la sua disciplina di base nel decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131[85].
L’articolo 35, comma 10, del decreto-legge 4 luglio 2006 n. 223 (c.d. decreto Bersani-Visco)[86]ha disposto - nel quadro delle misure di contrasto dell’evasione e dell’elusione fiscale - la modifica parziale del richiamato testo unico, per gli aspetti relativi:
- alle operazioni esenti dall’IVA (come alcune tipologie di locazioni e cessioni di fabbricati o porzioni di essi);
- all’assoggettamento all’imposta proporzionale di registro delle locazioni di immobili strumentali all’esercizio dell’attività imprenditoriale;
- alla modifica tariffaria per atti soggetti a registrazione in termine fisso in relazione ad immobili strumentali.
Altresì, i commi 23-ter[87] e 24[88] del menzionato articolo 35 del D.L. n. 223 del 2006 hanno modificato il testo unico sull’imposta di registro, per gli aspetti relativi alla rettifica del valore degli immobili e delle aziende, alle attribuzioni ed ai poteri degli uffici delle imposte e alle conseguenti sanzioni attivabili in caso di violazioni. In relazione a quest’ultimo aspetto, si precisa come la novella in esame abbia previsto l’applicazione anche ai fini dell’imposta di registro, nonché delle imposte ipotecaria e catastale, delle attribuzioni e dei poteri di controllo dell’amministrazione inizialmente predisposti per la sola attività di accertamento delle imposte sui redditi, di cui agli art. 31 e seguenti del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600[89].
Il decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262[90], ha disposto la rivalutazione del 40 per cento del moltiplicatore di cui al comma 5 dell’articolo 52 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, da applicare alle rendite catastali dei fabbricati classificati nella categoria catastale B[91].
L’articolo 1, comma 46, della legge finanziaria per il 2007[92], nel novellare[93] il testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro (D.P.R. n. 131 del 1986) ha incluso gli agenti di mediazione iscritti nella sezione degli agenti immobiliari fra i soggetti obbligati a richiedere la registrazione; essi sono altresì solidalmente responsabili del pagamento dell’imposta per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività.
La medesima legge finanziaria per il 2007 (art. 1, co. 116) - nel quadro delle misure sulle società non operative (c.d. società di comodo) – ha previsto che le assegnazioni ai soci siano soggette all’imposta di registro nella misura dell’1 per cento e non siano considerate cessioni ai fini IVA.
Il comma 116 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 ha inoltre stabilito che, per le assegnazioni di beni la cui base imponibile non sia determinabile con i predetti criteri, si applichino le disposizioni contenute negli articoli 50, 51 e 52 del testo unico sull’imposta di registro, in ordine alla determinazione della base imponibile di atti e operazioni concernenti società, enti, consorzi, associazioni e altre organizzazioni commerciali o agricole.
Infine, l’articolo 1, comma 25, della legge finanziaria per il 2008[94] ha novellato[95] il testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, rendendo soggetti ad una imposta dell’1 per cento gli atti di trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale, comunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto.
Per quanto attiene alla disciplina relativa alle imposte ipotecarie e catastali, si segnala l’articolo 35, comma 10-bis, del decreto-legge n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco)[96].
Tale disposizione ha modificato il testo unico delle disposizioni concernenti le imposte ipotecaria e catastale[97].
La lettera a) del comma 10-bis ha disposto l’imposizione - nella misura del 10 per cento - delle volture catastali[98] relative a immobili strumentali all’esercizio di attività imprenditoriali.
Per quanto riguarda, invece, l’imposta ipotecaria, essa è stata modificata in primo luogo dall’art. 35, comma 10-bis, lett. b), del D.L. n. 223 del 2006, che ha inserito nella tariffa allegata al testo unico delle imposte ipo-catastali l’articolo 1-bis, fissando in tal modo un’imposta del 3 per cento sulle trascrizioni di atti e sentenze comportanti il trasferimento di proprietà di beni immobili strumentali, anche se soggetti a IVA[99]. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (art. 1, co. 26) ha ulteriormente modificato l’articolo 1-bis della Tariffa annessa al citato testo unico, prevedendo l’applicazione dell’imposta ipotecaria, con aliquota al 3 per cento, per la trascrizione di atti o sentenze che determinino il trasferimento di proprietà o la costituzione o il trasferimento di diritti immobiliari attinenti ad immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione dei programmi di edilizia residenziale comunque denominati.
Si ricorda, altresì, che l’art. 35, co. 10-ter, del D.L. n. 223 del 2006 aveva disposto, a decorrere dal 1° ottobre 2006, il dimezzamento delle aliquote delle imposte ipotecaria e catastale - come modificate dal comma 10-bisgià esaminato - per le volture catastali e le trascrizioni relative a cessioni di beni immobili strumentali, anche se assoggettati a IVA, di cui siano parte fondi immobiliari chiusi[100], imprese di locazione finanziaria, ovvero banche e intermediari finanziari[101], limitatamente all’acquisto e al riscatto dei beni da concedere o concessi in locazione finanziaria.
Infine, l’art. 35, co. 10-sexies, del D.L. n. 223 del 2006 ha stabilito che le somme corrisposte a titolo di imposte proporzionali[102], per i contratti di locazione finanziaria, anche se assoggettati a IVA, aventi ad oggetto beni immobili strumentali per natura, nel caso di riscatto della proprietà del bene possano essere detratti da quanto dovuto a titolo di imposte ipotecaria e catastale.
In merito alla disciplina dell’imposta sulle successioni e donazioni, il D.L. n. 262 del 2006[103] (art. 2, co. 47-53) ha reintrodotto le imposte sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione. Si tratta di imposte disciplinate dal D.Lgs. n. 346 del 1990 (c.d. TUS)[104], le cui disposizioni, ove compatibili e per quanto non diversamente previsto dal d.-l. n. 262 del 2006, sono tornate applicabili nel testo vigente al 24 ottobre 2001, giorno precedente l’entrata in vigore della legge n. 383 del 2001[105], con la quale era stata soppressa l’imposta sulle successioni e donazioni. Parimenti applicabili sono tornate, sempre se compatibili, le istruzioni amministrative impartite in materia fino al 24 ottobre 2001.
Il citato D.L. n. 262 ha fissato le aliquote applicabili ai suddetti trasferimenti e costituzione di vincoli[106], rinviando a successivi decreti ministeriali l’aggiornamento quadriennale degli importi esenti dalle imposte.
La legge finanziaria per il 2007[107] (art. 1, co. 77-79) ha apportato ulteriori modifiche alla disciplina dettata dal TUS, in particolare:
- introducendo una franchigia per i beneficiari portatori di handicap grave[108];
- esentando dall’imposta sulle successioni e donazioni i trasferimenti di aziende o rami di esse, di quote sociali e azioni effettuati in favore dei discendenti, anche tramite i patti di famiglia di cui agli artt. 768-bis e segg. del codice civile[109];
- confermando l’esclusione dell’avviamento dal computo della base imponibile dell’imposta gravante su aziende, azioni e quote sociali.
La legge finanziaria per il 2008[110] (art. 1, co. 31) ha, infine, esteso l’esenzione dall’imposta di successione e donazione ai trasferimenti di aziende o rami di esse, di quote sociali o azioni compiuti in favore del coniuge del dante causa.
Le tasse di concessione governativa sono le prestazioni tributarie relative ad autorizzazioni, licenze, concessioni, iscrizioni in albi, ruoli, registri ed elenchi, ecc. che, di volta in volta, vengono rilasciate o disposte dagli organi della pubblica amministrazione per consentire agli interessati di compiere taluni atti ed esercitare determinati diritti. Esse sono disciplinate dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641[111] e dal Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 28 dicembre 1995 e successive modificazioni (Tariffa delle tasse sulle concessioni governative,successivamente aggiornata dal D.M. 24 maggio 2005).
Nel corso della XV legislatura, l’articolo 3 del decreto-legge n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco)ha, tra l’altro, eliminato l’obbligo di iscrizione a registri abilitanti e di autorizzazioni preventive per lo svolgimento di vendite promozionali di prodotti o per il consumo immediato di prodotti di gastronomia per le attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, eliminando - di conseguenza - il pagamento della corrispondente tassa sulla concessione governativa.
Successivamente, la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, co. 218) ha aggiunto il comma 3-bis all’articolo 214-bis del D.Lgs. n. 285 del 1992 (Nuovo Codice della Strada), disponendo l’esenzione dal pagamento di tributi ed emolumenti per tutte le trascrizioni ed annotazioni nei pubblici registri relative all’attuazione delle operazioni previste dal suddetto articolo, nonché dagli articoli 213 e 214 del citato decreto legislativo (sequestro, fermo e confisca di veicoli, alienazione dei veicoli nei casi di sequestro amministrativo).
L’articolo 1, comma 203, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha novellato l’articolo 21, nota 3, della tariffa di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 28 dicembre 1995, includendo anche i sordi (oltre ai non vedenti) tra i disabili aventi diritto all’esenzione della tassa per il rilascio delle licenze o dei documenti sostitutivi.
Per quanto attiene alla tassa sui contratti di borsa, essa è stata abrogata dall’art. 37 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (c.d. decreto-milleproroghe)[112].
La disciplina di tale tributo, istituito come prelievo speciale sulle transazioni di borsa[113], è stata, in più occasioni, profondamente modificata. Recentemente, il D.Lgs. 21 novembre 1997, n. 435[114] ha fortemente limitato l’ambito di applicazione del tributo, disapplicandolo per quelle fattispecie - i contratti conclusi nei mercati regolamentati - che caratterizzavano il tributo stesso. L’ampliamento delle modalità di contrattazione delle transazioni su titoli, con la creazione di strutture di scambio differenziate dai mercati regolamentati (vedi scheda La direttiva MiFID, pag. 313)[115], ha determinato l’applicazione della tassa in esame alle transazioni realizzate nell’ambito di tali strutture, rendendo le stesse non concorrenziali rispetto ai mercati regolamentati. Per eliminare tale elemento di forte distorsione, l’art. 37 del D.L. n. 248 del 2007 ha disposto l’abolizione della tassa sui contratti di borsa e l’espressa abrogazione dei provvedimenti che ne regolavano l’applicazione.
Nel corso della XV legislatura sono stati approvate diverse norme aventi la finalità di emersione della base imponibile, di contrasto all’evasione ed all’elusione fiscale, nonché di lotta delle frodi fiscali.
Numerosi sono stati in particolare gli interventi finalizzati all’emersione della base imponibile, i qualihanno interessato nel corso della legislatura numerosi settori:
§ il settore dell’aggiornamento del catasto dei terreni e dei fabbricati, principalmente con una serie di interventi miranti all’adeguamento delle rendite catastali e all’accatastamento dei fabbricati non dichiarati al catasto e di quelli non più rurali;
§ il decentramento delle funzioni catastali ai Comuni e la creazione di un sistema integrato di gestione del Catasto;
§ gli interventi in materia di fiscalità immobiliare (vedi scheda Fiscalità e controlli sugli immobili, pag. 239), che hanno interessato principalmente l’abitazione principale, la disciplina fiscale delle compravendite immobiliari, nonché le possibilità di usufruire di detrazioni d’imposta, (sui mutui, sui contratti di locazione, sugli interventi di ristrutturazione degli immobili, etc.);
§ il flusso di dati e informazioni gestito dall’Amministrazione finanziaria, sostanzialmente tramite il sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e gli obblighi di comunicare dati all’Anagrafe tributaria;
§ l’introduzione di una serie di adempimenti, sia per i contribuenti che per i professionisti e commercianti, finalizzati all’emersione dell’economia sommersa;
§ la lotta alle frodi fiscali;
§ le disposizioni relative alla fiscalità privilegiata di taluni Paesi.
In materia di controlli, l’articolo 1, comma 345 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007) ha inoltre disposto che l’Agenzia delle entrate definisca un piano di controlli prevedendo obiettivi superiori a quelli precedentemente definiti, ai fini del contrasto all’evasione tributaria.
In attuazione di tale norma è stata poi emanata la circolare dell’Agenzia delle entrate n. 6/E del 25 gennaio 2008 che detta i primi indirizzi operativi per il 2008 per il contrasto dell’evasione.
Una disposizione particolare, che intende invece incidere sul recupero di somme da parte dell’amministrazione finanziaria è quella che ha previsto il blocco dei pagamenti delle Pubbliche amministrazioni e delle società a prevalente partecipazione pubblica nei confronti di soggetti che siano debitori del fisco. La norma si applica ai pagamenti superiori a 10 mila euro e comporta l’obbligo dell’amministrazione di segnalare il caso all’agente della riscossione.
Nel corso della XV legislatura e’ stato innanzitutto avviato l’aggiornamento del catasto, sia dei terreni che dei fabbricati, attraverso i seguenti strumenti:
- l’individuazione dei fabbricati mai dichiarati al catasto fabbricati e di quelliche abbiano perso i requisiti di ruralità[116] e che conseguentemente devono essere dichiarati al catasto fabbricati e sottoposti a tassazione;
- l’aggiornamento dei dati catastali dei terreni, utilizzando i dati in possesso dell’AGEA (Agenzia per le erogazioni comunitarie in agricoltura) e forniti dai contribuenti al momento della richiesta dei contributi comunitari per l’agricoltura.
Per quanto riguarda i fabbricati rurali (vedi scheda L’accatastamento dei fabbricati rurali, pag. 247), il D.L. n. 262 del 2006 (art. 2, comma 36) e successive modificazioni, ha previsto che l'Agenzia del territorio, anche sulla base delle informazioni fornite dall'AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) e delle verifiche, amministrative, da telerilevamento e da sopralluogo sul terreno, dalla stessa effettuate nell'ambito dei propri compiti istituzionali, individui i fabbricatiiscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto.
Si ricorda che le costruzioni rurali e le relative pertinenze ad uso abitativo non sono soggette ad autonoma tassazione in quanto non danno luogo a reddito dei fabbricati e non vanno, pertanto, dichiarati, in quanto il relativo reddito è già compreso in quello catastale del terreno cui afferiscono. Viceversa la qualificazione come fabbricati ne implica l’autonoma tassazione con le imposte sui redditi e con l’ICI.
Per quanto riguarda l’aggiornamento del catasto dei terreni e delle banche dati catastali (vedi scheda L’aggiornamento del catasto terreni, pag. 251) questo è previsto anch’esso dalle norme del D.L. n. 262 del 2006 (art. 2, commi 33 e 34) e successive modificazioni, tramite la collaborazione con l’AGEA(vedi scheda L’AGEA, nel dossier relativo alla Commissione Agricoltura), l’organismo nazionale cui sono demandate la gestione e il controllo dell’attuazione della Politica Agricola Comune (PAC).
In base alla nuova norma, a decorrere dal 1° gennaio 2007 le dichiarazioni relative all’uso del suolo sulle singole particelle catastali rese dai soggetti interessati per l’erogazione dei contributi agricoli comunitari, esonerano i soggetti stessi dall’adempimento di denunciare la variazione del reddito dominicale, cioè si considerano le dichiarazioni stesse come sostitutive della dichiarazione di variazione colturale.
Inoltre, proprio utilizzando le dichiarazioni presentate dai contribuenti nell’anno 2006 per la richiesta di contributi agricoli comunitari e messe a disposizione dell’Agenzia del territorio dall’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), sarà realizzata, in sede di prima applicazione, l’aggiornamento dei dati della banca dati catastale.
Tra le altre disposizioni in materia di aggiornamento delle rendite catastali si ricordano alcune disposizioni contenute nel D.L. n. 262 del 2006.
Innanzitutto è stata disposta[117] una revisione obbligatoria della qualificazione e quindi della renditacatastale attribuita agliimmobili censiti in quasi tuttele categorie catastali E (si tratta delle categorie E/1, E/2, E/3, E/4, E/5, E/6 ed E/9), quando vi siano compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato, ovveroad usi diversi, che presentino autonomia funzionale e reddituale.
Si ricorda che la categoria catastale è la suddivisione, ai fini fiscali, delle tipologie degli edifici. La categoria del gruppo E riunisce gli immobili a destinazione particolare cioè degli immobili (es. stazioni ferroviarie, metropolitane, aeroportistazioni di servizio chioschi per bar e per edicole mercati e fiere) con una marcata caratterizzazione tipologico-funzionale, costruttiva e dimensionale, tale da non permettere l’inserimento in categorie ordinarie o speciali. Si tratta altresì di immobili che esulano da una mera logica di commercio e di produzione industriale.
Sono stati esclusi dalla revisione delle rendite gli immobili delle categorie E/7, cioè i fabbricati destinati all'esercizio pubblico del culto, ed E/8, che comprende i fabbricati e costruzioni nei cimiteri, esclusi i colombari, i sepolcri e le tombe di famiglia.
E’ poi prevista[118] la rivalutazione del 40 per cento del moltiplicatore delle rendite catastali per i fabbricati di categoria catastale B, relativo agli immobili per usi collettivi.
Si tratta delle seguenti tipologie di immobili:
- B/1:Collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, seminari, caserme, conventi
- B/2:Case di cura e ospedali (senza fine di lucro);
- B/3:Riformatori e prigioni
- B/4:Uffici pubblici
- B/5:Scuole e laboratori scientifici
- B/6:Pinacoteche, biblioteche, musei, gallerie d'arte, accademie che non hanno sede nella categoria A/9
- B/7:Cappelle ed oratori non destinati all'esercizio pubblico del culto
- B/8:Magazzini sotterranei per depositi di derrate
Si tratta del moltiplicatore da applicare alle rendite catastali dei fabbricati e dei terreni per stabilire il valore minimo da dichiarare ai fini dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e le donazioni e delle connesse imposte ipotecarie e catastali. Il moltiplicatore si applica altresì per determinare la base imponibile dell’ICI.
La legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi da 195 a 200 della legge n. 296 del 2006), modificando il D.Lgs. n. 112 del 1998, ha previsto il decentramento delle funzioni catastali ai Comuni con la seguente ripartizione di competenze:
§ l’attribuzione allo Stato delle metodologie catastali, di una parte della gestione operativa del catasto, comprensiva della gestione unitaria della banca dati del catasto nonché il controllo ed il coordinamento complessivo del sistema. Le funzioni sono esercitate dall’Agenzia del territorio cui spetta sostanzialmente la definizione delle metodologie di classificazione censuaria dei terreni e dei fabbricati e degli strumenti (rilievi, mappe, etc), nonché la gestione unitaria della base dei dati catastali, il suo aggiornamento, nonché il coordinamento con i Comuni;
§ ai Comuni è stata affidata parte della gestione operativa, che i Comuni possono esercitare sia direttamente -in forma singola o associata tra Comuni – che indirettamente, avvalendosi di una convenzione decennale con l’Agenzia del Territorio per tutte o parte delle funzioni. Sostanzialmente i comuni sono responsabili della conservazione degli atti catastali, della loro utilizzazione e aggiornamento e ne è prevista la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali ma è rimessa a loro la scelta del livello di complessità e completezza che intendono assumere nella gestione diretta delle funzioni catastali.
Con il D.P.C.M. 14 giugno 2007 e con il Protocollo d’intesa tra ANCI -Agenzia del Territorio del 4.giugno 2007 sono state definite le modalità ed i termini per il graduale trasferimento di funzioni.
Circa la creazione di un sistema integrato di gestione del Catasto si prevede che lo Stato abbia la gestione unitaria e certificata della base dei dati catastali e dei flussi di aggiornamento delle informazioni sugli atti, assicurando il coordinamento operativo per la loro utilizzazione a fini istituzionali attraverso il sistema pubblico di connettività e garantendo l'accesso ai dati a tutti i soggetti interessati. Il sistema informativo unitario catastale consente l’afflusso sia dei dati dei notai e dei tecnici, in relazione alle modifiche ed alle proposte di aggiornamento del catasto, nonché costituisce un portale per i Comuni per il prelievo di dati catastali e lo scambio di flussi informativi e per i cittadini per la consultazione delle banche dati catastali.
Con il Provvedimento del 16 aprile 2008 dell’Agenzia del Territorio sono state determinate le modalità dirette a garantire ai comuni, anche in forma associata, o attraverso le comunità montane e le unioni di comuni, l'accessibilità' e l'interoperabilità applicativa per la gestione della banca dati catastale.
Il sistema integrato delle banche dati in materia tributaria e finanziaria è stato istituito dall'articolo 1, comma 56, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ed èfinalizzato anche al costante scambio delle informazionidell'intero settore pubblico per l'analisi ed il monitoraggio della pressione fiscale e dell'andamento dei flussi finanziari.
Al Ministro dell'economia e delle finanze è stato affidato (art. 39, comma 4 del D.L. n. 159 del 2006, convertito dalla legge n. 222 del 2007), il compito di svolgere, nei confronti di tutte le strutture dell'Amministrazione finanziaria, l'attività di indirizzo necessaria a garantire la razionalizzazione ed omogenee modalità di gestione del sistema informativo della fiscalità, funzionali ad un'effettiva ed efficace realizzazione del sistema integrato.
Una serie di disposizioni che hanno ad oggetto adempimenti dei contribuenti o obblighi di comunicare informazioni all’Amministrazione finanziaria possono essere considerate accomunabili dalla finalità di tendere a rendere più difficile l’evasione o a recuperare a tassazione il sommerso. Di seguito ricordiamo le più rilevanti.
Nuove norme che disciplinano
la trasmissione telematica all’Agenzia
delle entrate dei corrispettivi
giornalieri da parte delle imprese esercenti il commercio sono state introdotte daI D.L. n. 223 del 2006,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, in
particolare dall’articolo 37, commi da
Le norme sono state successivamente modificate dall’articolo 1, commi 327 e 328 della legge finanziaria 2007 e dalla legge finanziaria 2008.
Le norme prevedono che i soggetti esercenti commercio al minuto e attività assimilate, comprese le imprese operanti nella grande distribuzione, abbiano l’obbligo di trasmettere, per via telematica, all’Agenzia delle entrate, distintamente per ciascun punto vendita, l’ammontare complessivo dei corrispettivi giornalieri ricavati dalla cessione di beni o dalla prestazione di servizi.
Gli apparecchi misuratori, ossia registratori di cassa, terminali elettronici e bilance elettroniche che rilasciano lo scontrino fiscale, immessi sul mercato dovranno pertanto essere idoneialla trasmissione telematica dei corrispettivi.
L’articolo 1, comma 271 della legge finanziaria 2008 ha rinviato al 1° gennaio 2009 l’obbligo di immettere sul mercato misuratori fiscali tecnicamente idonei alla trasmissione telematica dei corrispettivi, i quali dovranno essere utilizzati da parte delle imprese esercenti il commercio.
L’articolo 37, comma 8
deldecreto-legge 4 luglio 2006, n.
223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248,
novellando l’articolo 8-bis, comma 4-bis, del D.P.R. n. 322 del
Il nuovo adempimento ha cadenza annuale e deve essere assolto entro sessanta giorni dal termine previsto per la presentazione della comunicazione annuale dei dati IVA e, quindi, entro il 29 aprile di ciascun annocon riferimento alle operazioni relative all'anno d'imposta precedente.
L’articolo 35, comma 12 del D.L. n. 223 del 2006, ha introdotto l’obbligo per gli esercenti arti o professioni, anche in forma associata di tenere uno o più conti correnti bancari o postali, esclusivamente all’attività professionale, in cui debbono far affluire le somme riscosse nell’esercizio dell’attività ed effettuare i prelevamenti per il pagamento delle spese.
Inoltre,i compensi in denaro per l’esercizio di arti e professioni devono obbligatoriamente essere riscossi attraverso assegni non trasferibili, bonifici, oppure altre modalità di pagamento bancario o postale, oppure mediante sistemi di pagamento elettronico.
I professionisti devono pertanto utilizzare strumenti finanziari tracciabili per incassare i compensi superiori a: 1000 euro fino al 30 giugno 2008, 500 euro dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009, 100 euro dal 1° luglio 2009.
L’articolo 1, comma 28, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha modificato le norme del TUIR concernenti, rispettivamente, la deducibilità e la detraibilità, ai fini IRPEF, delle spese mediche.
In conseguenza delle modifiche la deducibilità o la detraibilità delle spese sanitarie relative all’acquisto di medicinali è subordinata alla certificazione delle stesse mediante la relativa fattura o lo scontrino fiscale in cui devono essere riportati e specificati la natura, la qualità e la quantità dei prodotti acquistati,nonché il codice fiscale del destinatario, ovvero del soggetto che dedurrà o detrarrà la relativa spesa o di altro componente del nucleo familiare che sia a carico del soggetto medesimo (il c.d. “scontrino fiscale parlante”).
Le nuove disposizioni in materia di “scontrino fiscale parlante” sono entrate in vigore a partire dal 1° luglio 2007.
Peraltro, limitatamente al periodo compreso tra il 1° luglio 2007 e il 31 dicembre 2007, la Circolare n. 30/E del 28 marzo 2008 ha chiarito che le spese sanitarie sostenute per acquistare medicinali potranno essere certificate anche tramite scontrino "non parlante" o incompleto, purché l'acquirente autocertifichi di proprio pugno, su un foglio a parte, il suo codice fiscale nonché natura, qualità e quantità dei farmaci acquistati.
La legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 269), ha modificato le sanzioni per gli esercizi commerciali per la mancata emissione della ricevute e dello scontrino fiscale. La norma prevede che, ai fini dell’irrogazione della sanzione accessoria della sospensione della licenza o dell’autorizzazione, sarà necessario che siano statecontestate, nell’arco di un quinquennio, quattro violazioni dell’obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale.
Inoltre, ai fini dell’irrogazione della predetta sanzione accessoria, le violazioni dovranno essere commesse in giorni diversi; pertanto, le eventuali violazioni plurime commesse nello stesso giorno si conteranno come una violazione unica.
I commi 4 e 5 dell’articolo 37 del D.L. n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2006 ha imposto agli operatori finanziari l’obbligo di comunicare all’Anagrafe tributaria l’esistenza e la natura di qualsiasi rapporto da essi intrattenuto.
Per quanto riguarda l’Anagrafe tributaria, questa dovrà archiviare tali dati in un’apposita sezione, indicando i dati anagrafici, comprensivi del codice fiscale, dei titolari dei suddetti rapporti comunicati delle banche, delle Poste italiane e degli altri operatori finanziari.
Anche le Camere di commercio (art. 37, commi 21-23 del D.L. n. 223 del 2006) devono comunicare all’Anagrafe tributaria i dati contenuti nelle domande d’iscrizione.
Le informazioni comunicate possono essere utilizzate, da alcune categorie di soggetti, per le attività connesse alla riscossione mediante ruolo, in presenza di contribuenti morosi, per gli accertamenti finalizzati alla ricerca e all’acquisizione della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale (sia durante le indagini preliminari che nelle fasi processuali successive), infine per gli accertamenti di carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l’applicazione delle misure di prevenzione.
Le strutture sanitarie private, come previsto dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia emesso in attuazione delle norme contenute nella Finanziaria 2007, dovranno comunicare al fisco entro il 30 aprile 2008 i compensi riscossi in nome e per conto di medici e paramedici che prestano la loro attività di lavoro autonomo a favore dei pazienti all’interno delle strutture stesse. Le strutture devono trasmettere all’Agenzia oltre ai compensi riscossi per ciascun soggetto, i relativi dati anagrafici e il codice fiscale.
A livello comunitario, la lotta alle frodi fiscali ed all’elusione dell’IVA costituisce uno degli obiettivi prioritari della politica fiscale dell’UE, tali frodi sono infatti considerate una seria minaccia agli interessi finanziari della Comunità di cui all’articolo 280 del Trattato CE.
Tra le frodi fiscali hanno particolare rilevanza, per la perdita di gettito connessa, le frodi dell'IVA che assumono molte forme: dall'economia parallela alla frode interna agli Stati membri (false dichiarazioni, deduzioni eccessive, etc.). Esiste inoltre una frode particolare, detta "frode carosello", che sfrutta generalmente la combinazione di operazioni all'interno di uno Stato membro e di operazioni intracomunitarie.
Tra le norme approvate nel corso della legislatura si ricorda l’art. 1, commi 9, 10 e 11 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 282, che ha introdotto disposizioni relative all’immatricolazione dei veicoli, allo scopo di contrastare le frodi in materia di IVA nell’ambito degli acquisti intracomunitari. Le norme subordinano l’immatricolazione o la voltura di autoveicoli, motoveicoli e loro rimorchi nuovi oggetto di acquisto intracomunitario a titolo oneroso alla presentazione di copia del modello F24[119] indicante il numero di telaio e l’ammontare dell’IVA assolta in occasione della prima cessione interna. La norma introduce pertanto un nuovo modello “F24 Auto UE” per le cessioni di auto provenienti dal mercato c.d. “parallelo” ed individua i criteri di esclusione dal nuovo adempimento.
Si ricorda che nel sistema dell’imposta sul valore aggiunto, in cui per ciascuna operazione imponibile l'imposta è versata all'erario dall'impresa che effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi – rivalendosi sul cessionario – al netto dell'IVA assolta sui beni e servizi acquistati, gli istituti della detrazione e della rivalsa costituiscono lo strumento per conservare la neutralità dell'imposta. Poiché l'ammontare dell'imposta dovuta è costituito dalla differenza tra l'IVA assolta "a monte" sugli acquisti di beni e servizi e l'imposta applicata "a valle", in adempimento dell'obbligo di rivalsa, sulle operazioni attive effettuate, il soggetto passivo dell’imposta che effettui numerose operazioni attive in regime di detassazione (cessioni all'esportazione, cessioni intracomunitarie, operazioni assimilate) verrebbe a trovarsi sistematicamente in situazione di credito verso l’erario. Per ovviare a ciò, l’articolo 8 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, prevede fra l’altro che, alle condizioni ivi indicate, siano effettuate senza pagamento dell'imposta le cessioni di beni diversi dai fabbricati e dalle aree fabbricabili e le prestazioni di servizi nei riguardi di soggetti che abbiano effettuato cessioni all'esportazione o operazioni intracomunitarie, su loro dichiarazione scritta e sotto la loro responsabilità. Questa disposizione è applicabile nei limiti dell'ammontare complessivo dei corrispettivi delle cessioni di egual natura, operate dai medesimi nel corso dell'anno solare precedente. Tale ammontare complessivo è comunemente denominato plafond. In sostanza, per gli esportatori “abituali”, i corrispettivi derivanti dalle cessioni non imponibili effettuate nell’ambito dell’Unione europea e verso paesi extracomunitari concorrono alla formazione del plafond utilizzabile per l'acquisto o l'importazione di beni o servizi senza applicazione dell'IVA.
Si ricorda infine che l’Agenzia delle Entrate ha previsto l’istituzione di una cabina di regia a livello nazionale con il compito di seguire in maniera più marcata soprattutto i fenomeni di frode fiscale di portata ultraregionale e, per il livello regionale, un ufficio di coordinamento in ogni Direzione regionale.
La legge finanziaria per il 2008 (articolo 1, commi da 83 a 90)ha introdotto nuove norme con finalità antielusiva aventi ad oggetto le operazioni effettuate con Stati aventi regimi fiscali considerati privilegiati.
Le nuove norme sostituiscono l’attuale sistema incentrato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale privilegiato (c.d. "paradisi fiscali", come tali individuati in una serie di listeapprovate con decreto ministeriale), con un nuovo sistema che dovrebbe essere basato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale conforme agli standard di legalità e trasparenza adottati dall’Unione europea (c.d white list).
Inoltre vengono introdotte nuove norme riguardanti la presunzione di residenza fiscale per i cittadini italiani che spostino la residenza all’estero. (vedi scheda White list, pag. 253).
La nuova ripartizione delle competenze fra lo Stato e gli altri enti che costituiscono la Repubblica, introdotta dalla riforma operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), ha comportato l’assegnazione di conseguenti poteri in materia di entrata e di spesa agli enti territoriali (regioni, province, comuni, città metropolitane) e di correlate funzioni normative, da esercitarsi nel quadro definito dalla legislazione statale. Tale assetto di rapporti, nel quale a ciascun ente è riconosciuta autonomia finanziaria entro i limiti necessari a mantenere l’unitarietà dell’ordinamento e la solidarietà tra le articolazioni territoriali della Repubblica, si riassume nella formula del “federalismo fiscale”.
Per quanto specificamente attiene alla materia tributaria, esso si esplica – secondo le previsioni dell’articolo 119 della Costituzione – nella titolarità di tributi ed entrate propri dei suddetti enti territoriali e nella disponibilità di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio. La disciplina normativa dei primi è rimessa agli enti medesimi, che possono definirne tutti gli elementi fondamentali (soggetti passivi, basi imponibili, territorialità, aliquote, riscossione, accertamento), nel quadro generale stabilito dalla legge dello Stato, cui resta altresì riservato il contenzioso; le seconde rimangono invece soggette alla competenza legislativa statale, salvi gli aspetti che questa ritenga di demandare all’ente destinatario del gettito.
A quest’ultimo regime sono altresì soggetti i tributi statali il cui gettito è interamente rimesso a regioni, province e comuni. Tali tributi – che sul piano logico costituiscono residuo del sistema antecedente il nuovo assetto delle competenze costituzionali – hanno in realtà importanza rilevantissima per la finanza delle regioni e degli enti locali, soprattutto in mancanza di effettiva realizzazione di un sistema di tributi propri, per il quale manca finora il presupposto costituito dalla legge statale destinata a definire i princìpi del sistema.
Attualmente, le principali fonti di entrata tributaria delle regioni a statuto ordinario e degli enti locali sono quindi costituite da:
§ addizionali a tributi statali (addizionali regionale e comunale all’imposta sui redditi delle persone fisiche; addizionale all’imposta di consumo sul gas metano, addizionale comunale e provinciale sul consumo di energia elettrica, addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri su aeromobili);
§ quote di partecipazione al gettito di tributi statali (imposta sul valore aggiunto; imposta di fabbricazione sulle benzine);
§ destinazione alle regioni e agli enti locali dell’intero gettito di tributi disciplinati dalla legge statale, con la possibilità di determinazione delle aliquote – entro limiti prefissati – da parte della regione o dell’ente locale (fra le principali: imposta regionale sulle attività produttive; imposta comunale sugli immobili; tassa automobilistica regionale, imposta provinciale di trascrizione per gli autoveicoli).
Disposizioni particolari sono previste per le cinque regioni a statuto speciale. Per queste infatti, titolari di maggiori competenze legislative e amministrative fin dalla loro costituzione, la principale fonte di finanziamento è costituita da quote di compartecipazione ai tributi erariali. Ogni statuto elenca le imposte erariali una quota percentuale delle quali è attribuita alla regione, le aliquote eventualmente differenziate per ciascuna imposta, la base di computo, le modalità di attribuzione. Le compartecipazioni dunque possono essere considerati “tributi propri” solo relativamente alla destinazione del gettito e non anche per quanto riguarda la loro disciplina (vedi capitolo La finanza regionale e locale, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio).
In merito alle misure adottate nel corso della XV legislatura si segnalano quelle relativa all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP)[120] contenute nell’articolo 1, commi da 43 a 45, nonché nel comma 52 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) dirette, tra l’altro, ad attribuire all’IRAP la natura di tributo proprio della regione, a decorrere dal 1º gennaio 2009.
Ai sensi della citata norma, l’attribuzione della natura di tributo regionale deve essere effettuata assicurando il rispetto del Patto di stabilità interno e, in ambito europeo, dovrà essere garantito il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati dall’Unione europea.
In materia di liquidazione, accertamento e riscossione dell’IRAP, in via transitoria fino all’emanazione dei regolamenti regionali[121], lo svolgimento delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione dell’IRAP, nei territori delle singole regioni, prosegue nelle forme e nei modi previsti dalla legislazione vigente alla data del 1° gennaio 2008.
In materia di adempimenti fiscali, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre2007, la dichiarazione annuale dell’IRAP non dovrà più essere presentata in forma unificata, ma dovrà essere presentata direttamente alla regione o alla provincia autonoma in cui il soggetto passivo ha il domicilio fiscale .
Sempre in materia di IRAP, inoltre, si segnala che le regioni che nel 2006 hanno evidenziato un disavanzo del settore sanitario hanno dovuto applicare una maggiorazione delle aliquote IRAP e addizionale regionale all’IRPEF, ovvero deliberare in tal senso, il cui maggior gettito è finalizzato al ripianamento del disavanzo di gestione del servizio sanitario[122] (vedi scheda L’evoluzione della finanza regionale, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio).
Per quanto concerne l’addizionale comunale all’IRPEF, l’articolo 1, comma 143, della legge finanziaria per il 2007 ha disposto che a decorrere dall’anno d’imposta 2007, l’addizionale comunale all’IRPEF venga versata direttamente ai comuni di riferimento, attraverso un apposito codice tributo assegnato a ciascun comune.
Il DM 5 ottobre 2007, emanato in attuazione della citata norma, dispone, all’articolo 3 che il versamento deve essere effettuato dalle persone fisiche utilizzando il modello F24 nel quale deve essere indicato il codice del tributo e il codice del comune in favore del quale è effettuato il versamento. L’Agenzia delle entrate provvede, quindi, all’attribuzione a ciascun comune delle somme di competenza nei tempi e con le modalità previste dal Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
Si segnala, inoltre, che la legge finanziaria per il 2007[123] ha limitato il blocco degli aumenti dell’addizionale consentendo ai comuni di approvare, con decorrenza 2007, delibere di variazione dell’imposta nei limiti fissati dal D.Lgs. n. 360/1998 (v. infra).
In merito all’andamento del gettito delle principali imposte regionali e locali, si rinvia al capitolo Entrate tributarie: tabelle, pag. 101
Relativamente all’imposta regionale sulle attività produttive (vedi anche scheda L’IRAP, pag. 267) gli interventi effettuati nel corso della XV legislatura, oltre a quanto indicato nel precedente paragrafo, riguardano, in primo luogo, il c.d. “cuneo fiscale e contributivo”, rappresentato dalla differenza fra il costo del lavoro a carico dell’azienda e la retribuzione netta percepita dal lavoratore.
Al fine di ridurre a suddetta differenza, con la legge finanziaria per il 2007 sono state introdotte nuove deduzioni dall’imponibile fiscale IRAP nei casi di assunzione di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato. Il beneficio spetta in misura superiore qualora le assunzioni avvengano in zone del Mezzogiorno, ovvero nel caso di assunzioni di donne lavoratrici. L’ammontare del beneficio, tuttavia, è stato oggetto di modifiche introdotte con la legge finanziaria per il 2008 la quale, peraltro, è intervenuta sull’intera disciplina IRAP.
Infatti, con la legge finanziaria 2008 sono state introdotte modifiche finalizzate all’allineamento della struttura dell’IRAP ai criteri di contabilità nazionale utilizzati per il calcolo del valore della produzione e del valore aggiunto nei vari settori economici; pertanto, l’obiettivo posto dal Governo è quello di poter determinare la base imponibile IRAP facendo riferimento ai dati indicati nel bilancio della società.
Si rileva infatti che, prima della riforma, la determinazione della base imponibile IRAP non era allineata alla disciplina fiscale relativa alla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette. Ciò comportava, per il contribuente, un aggravio degli adempimenti in quanto la contabilità doveva seguire un “doppio binario” finalizzato, appunto, alla determinazione dei due imponibili fiscali.
Pertanto, le modifiche alla disciplina IRAP introdotte dalla legge finanziaria 2008 riguardano:
- nuove modalità per la determinazione del valore netto di produzione, con particolare riferimento ai componenti positivi che concorrono alla formazione della base imponibile e agli oneri deducibili ai fini IRAP. Tra le novità introdotte si segnala la indeducibilità dell’imposta comunale sugli immobili (ICI);
- le deduzioni forfetarie e deduzioni per lavoratori dipendenti, ossia degli importi che vengono sottratti dal valore netto di produzione ai fini della determinazione della base imponibile IRAP. L’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997 dispone una prima tipologia di deduzioni forfetarie, il cui importo è stabilito per scaglioni di valore netto di produzione, e ulteriori tipologie di deduzioni il cui ammontare è in funzione del numero dei lavoratori dipendenti prevedendo maggiori agevolazioni per le imprese che operano nelle aree svantaggiate ovvero per quelle che assumono lavoratrici donne. Le modifiche apportate dalla legge finanziaria 2008 alle deduzioni forfettarie hanno comportato un incremento delle stesse in favore delle persone fisiche, delle società di persone, associazioni e soggetti equiparati e una riduzione del beneficio per i soggetti passivi IRES. In materia di deduzioni per lavoratori dipendenti, invece, le misure del beneficio sono state ridotte;
- la riduzione dell’aliquota ordinaria dal 4,26% al 3,9%.
Tra le altre disposizioni introdotte dalla legge finanziaria 2008 si segnalano quelle finalizzate al coordinamento con la modifica alla disciplina IRES (vedi scheda IRES:ampliamento base imponibile, pag. 203) la quale ha, tra l’altro, previsto l’eliminazione del prospetto delle deduzioni extracontabili precedentemente considerate utili anche ai fini IRAP. E’ stata pertanto introdotta la facoltà di affrancare tali deduzioni e le relative riserve in sospensione d’imposta attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva.
Nel corso della XV legislatura, la disciplina relativa all’imposta comunale sugli immobili è stata oggetto di numerosi interventi legislativi i quali, pur mantenendo invariata struttura e disciplina generale del tributo, hanno inciso sia sotto il profilo della normativa sostanziale dell’imposta, sia per quanto riguarda aspetti relativi all’accertamento e riscossione della stessa.
Si ricordano, in particolare, le disposizioni di agevolazione fiscale specificamente previsti in relazione all’imposta dovuta per determinate categorie di immobili (immobili adibiti ad abitazione principale del contribuente ed immobili in uso ad enti non commerciali); le novità in materia di determinazione della base imponibile, legate al progressivo aggiornamento del catasto; gli interventi finalizzati allo snellimento ed alla semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Giova altresì ricordare come dalle variazioni di gettito ICI siano derivate, nel corso degli ultimi due anni, diverse misure di riequilibrio dei trasferimenti erariali nei confronti del Comuni (vedi scheda L’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI), pag. 259).
L’addizionale comunale all’IRPEF, istituita dal decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360, è composta di un’aliquota divisa in due parti[124]:
- un’aliquota base di compartecipazione, fissata in misura uguale per tutti i comuni, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali. La legge finanziaria per il 2007 ha fissato un’aliquota di compartecipazione, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali, in misura pari allo 0,69 per cento con decorrenza 2007 e in misura pari allo 0,75 per cento a decorrere dal 2009[125];
- un’ulteriore aliquota, facoltativa e variabile, in quanto la sua applicazione è rimessa a ciascun comune, che ne determina la misura nei limiti individuati dalla legge. La legge finanziaria per il 2007, modificando l’articolo 1, comma 3, del D.Lgs. n. 360/1998, è intervenuta su tale misura consentendo ai comuni di variare l’aliquota facoltativa e variabile[126] dell’addizionale IRPEF nella misura massima di 0,8 punti percentuali, anziché, come precedentemente previsto, nella misura massima di 0,5 punti percentuali con un incremento annuo dello 0,2 per cento. Ha inoltre stabilito che i comuni possono stabilire una soglia di esenzione dall’addizionale, in ragione del possesso di requisiti reddituali specifici.
In merito alle modalità di versamento, si segnala che l’articolo 1, comma 142, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) ha introdotto l’obbligo di effettuare anche il versamento in acconto, in luogo della precedente modalità che prevedeva il solo versamento a saldo. L'acconto è stabilito nella misura del 30% per cento dell'addizionale calcolata applicando l’aliquota e la soglia di esenzione vigenti nell'anno precedente, salvo che la pubblicazione della delibera comunale sia effettuata entro il 31 dicembre precedente l'anno di riferimento[127].
L'addizionale regionale all'IRPEF, istituita dall'articolo 50 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è fissata in misura pari allo 0,90 per cento. Le regioni, tuttavia, hanno la facoltà di maggiorare l’aliquota entro la misura massima fissata all’1,4% con proprio provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 dicembre[128] dell'anno precedente a quello cui l'addizionale si riferisce.
L’articolo 40, comma 8, del decreto legge n. 159/2007 (collegato alla finanziaria 2008) ha introdotto una modifica diretta a consentire alle regioni la possibilità di maggiorare l’aliquota con effetto dal medesimo anno in cui il provvedimento è adottato nella sola ipotesi in cui la maggiorazione sia favorevole al contribuente, ossia, in altre parole, nel caso in cui si provveda ad una riduzione della maggiorazione già deliberata.
Il sistema nazionale della riscossione è stato riformato dall’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203[129], con il superamento dell’affidamento del servizio di riscossione mediante ruolo a concessionari privati, individuati per circoscrizioni territoriali, e l’attribuzione del servizio all’Agenzia delle entrate mediante la società Riscossione S.p.A., operante dal 1° ottobre 2006 ed oggi denominata Equitalia S.p.A.
Tra le modifiche intervenute durante la XV legislatura, si segnalano quelle apportate alla composizione degli organi di amministrazione societaria di Equitalia S.p.A. (ex Riscossione S.p.A.), sia alla disciplina della remunerazione dell’attività di riscossione (per approfondimenti, si veda la scheda di analisi I soggetti abilitati alla riscossione, pag. 285).
Nel corso degli ultimi due anni, la disciplina dei ruoli e delle cartelle di pagamento ha subito alcune modifiche, specialmente sotto il profilo procedurale.
Relativamente ai termini di notifica delle cartelle di pagamento, è stato imposto al concessionario della riscossione di notificare (articolo 37, comma 40 del d.l. n. 223), a pena di decadenza, la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo - o al coobbligato - entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di scadenza del versamento dell’unica o ultima rata, qualora il termine per il versamento delle somme risultanti dalla dichiarazione scada oltre il 31 dicembre dell’anno in cui la dichiarazione è presentata. Inoltre, il concessionario della riscossione è tenuto ad eseguire le notifiche delle cartelle di pagamento entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione del sostituto d’imposta, relativamente alle somme, soggette a tassazione separata, erogate a titolo di indennità di fine rapporto (articolo 19 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR) e di prestazione pensionistica complementare (articolo 20 del D.P.R. n. 917 del 1986 - TUIR).
Inoltre, in materia di contenuto delle cartelle di pagamento, il decreto-legge “Milleproroghe” 2008 (articolo 36, comma 4-ter d.l. n. 248 del 2008) ha disposto che detta cartella contenga, a pena di nullità, l’indicazione del soggetto responsabile del procedimento di iscrizione a ruolo e di quello di emissione e di notificazione della stessa cartella.
In materia di riscossione mediante ruolo, si sottolinea peraltro che la legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 151 della l. n. 244 del 2007) ha disposto che il Ministro dell'economia e delle finanze possa autorizzare la riscossione coattiva mediante ruolo di specifiche tipologie di crediti delle società per azioni a partecipazione pubblica, ancorché non siano partecipate interamente dallo Stato.
In tema di poteri degli agenti della riscossione e degli uffici delle imposte, si ricorda che (articolo 35, commi 25,-26 del decreto legislativo n. 223 del 2006) è stata attribuita ai dipendenti della Equitalia S.p.A. e delle società da questa partecipate – ai fini della riscossione mediante ruolo, previa autorizzazione dei direttori generali degli agenti della riscossione – la possibilità di accedere ai dati dell’Anagrafe tributaria dell’Agenzia delle entrate, nonché alle banche dati rilevanti detenute da soggetti pubblici e privati.
Gli agenti della riscossione, in specifiche circostanze (articolo 35, comma 25-bis) possono inoltre effettuare accessi, ispezioni e verifiche, come previsti dalle norme sull’accertamento delle imposte sui redditi e dal D.P.R. IVA (rispettivamente, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e decreto del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633).
Sotto il profilo della rappresentanza degli agenti della riscossione nel processo esecutivo, alla luce delle disposizioni introdotte nella XV legislatura (articolo 2, comma 15 del D.L. n. 262 del 2006) il dipendente delegato degli agenti di riscossionepuò stare in giudizio personalmente anche nell’ipotesi di ricorso dei creditori per intervenire nel procedimento di espropriazione dei beni del debitore, nonché nella citazione di terzo ai sensi dell’articolo 543, secondo comma, n. 4 del codice di procedura civile.
Diverse disposizioni hanno poi inciso sul potere degli agenti della riscossione in merito al pignoramento presso terzi.Si ricorda, in particolare, che ai dipendenti dell’agente della riscossione – anche se non abilitati all’esercizio delle funzioni di ufficiale della riscossione - è stata conferita la possibilità (articolo 1, comma 141-142 della legge finanziaria 2008, legge n. 244 del 2007) di redigere l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi, nonché l’atto di pignoramento dei beni del debitore presso terzi, quest’ultimoanche con le modalità previste per il pignoramento dei crediti.
Infine, è stato previsto (articolo 1, comma 143) che in specifiche ipotesi di reato in materia di imposte sui redditi e IVA può essere sempre ordinata la confisca dei beni del reo ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo (confisca cosiddetta per equivalente).
Nel corso della legislatura, norme limitative dei poteri degli agenti della riscossione sono state introdotte dalla legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 153): a decorrere dal 1° gennaio 2008, infatti tali soggetti non possono svolgere attività finalizzate al recupero di somme iscritte in ruoli relativi a sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada, per i quali, alla data dell’acquisizione da parte di Riscossione S.p.A. di quote delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione, la cartella di pagamento non era stata notificata entro due anni dalla consegna del ruolo.
Relativamente ai poteri degli uffici delle imposte, si ricorda che è stata disposta (articolo 37, comma 32 del d.l. n. 223 del 2006) la possibilità per tali strutture, tra l’altro, di inviare ai contribuenti questionari relativi a dati riguardanti non solo la posizione fiscale dei destinatari, ma anche quella dei contribuenti con cui i predetti destinatari abbiano intrattenuto rapporti; gli stessi uffici possono richiedere a coloro che sono obbligati alla tenuta di scritture contabili dati, notizie e documenti relativi ad attività svolte in un determinato periodo d'imposta, rilevanti ai fini dell'accertamento, nei confronti di loro clienti, fornitori e prestatori di lavoro autonomo, senza necessità che questi soggetti siano nominativamente indicati.
In materia di poteri di accertamento delle imposte sui redditi, si rammenta la previsione che ha raddoppiato i termini (articolo 37, comma 24 del d.l. n. 223 del 2006) per effettuare l’accertamento delle imposte sui redditi in riferimento a periodi di imposta in cui siano state riscontrate, a carico del contribuente, violazioni che comportano l’obbligo di denuncia penale per uno dei reati tributari previsti in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto (D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74). E’ stata peraltro introdotta (articolo 37, comma 25 del medesimo d.l.) una disposizione analoga con riferimento all’attività di rettifica e di accertamento dell’IVA.
Tra gli interventi più significativi registrati durante la XV legislatura in materia di procedure di accertamento e riscossione, si ricorda quanto disposto dalla legge finanziaria 2007in materia di tributi propri degli enti locali (articolo 1, commi da 161 a 166 della l. n. 296 del 2006).
Nel dettaglio, le norme sono intervenute anche in tema di autonomia impositiva degli EE.LL, nonché di poteri dei dipendenti degli enti locali e di soggetti privati abilitati relativamente all’accertamento, alla contestazione immediata e alla redazione e sottoscrizione del processo verbale di accertamento di alcune violazioni in materia tributaria.
Per quanto riguarda l’accertamento e riscossione dei tributi propri degli enti locali, si ricorda che la legge n. 296 del 2006 ha recato le seguenti novità, così sintetizzabili (articolo 1, commi da 161 a 166):
- è stato consentito agli enti locali di procedere alla rettifica delle dichiarazioni incomplete o infedeli, nonché all’accertamento di ufficio;
- è stata estesa agli EELL l’applicazione delle norme (articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997) in base alle quali l’ente competente all’accertamento del tributo provvede all’irrogazione delle sanzioni amministrative, con una specifica procedura per la contestazione da parte dell’ente dell’omesso o ritardato pagamento e con la possibilità di procedere all’irrogazione immediata della sanzione;
- sono state descritte le caratteristiche degli avvisi di accertamento in rettifica e d’ufficio;
- sono stati stabiliti termini specifici per la notifica del provvedimento di esecuzione, per la richiesta da parte dei contribuenti delle somme versate e non dovute, nonché per il rimborso da parte dell’ente locale;
- la misura annua degli interessi è stata fissata in tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse legale;
- infine, sono state disposte anche le modalità per l’arrotondamento del pagamento dei tributi locali.
La medesima legge finanziaria (articolo 1, commi da 167 a 170) ha recato poi norme di carattere generale in ordine all’autonomia impositiva degli enti locali.
Alla luce delle disposizioni introdotte, gli EELL possono disciplinare le modalità con le quali compensare debiti e crediti di imposta, in analogia a quanto previsto dalla legislazione statale. Essi sono inoltre autorizzati a stabilire i limiti quantitativi per gli esoneri dalle imposte o dai relativi rimborsi nel rispetto, comunque, delle competenze del Ministro dell’economia e delle finanze per le statuizioni relative alla disciplina del pagamento e della riscossione di crediti di modesto ammontare e di qualsiasi natura, anche tributaria, applicabili a tutte le amministrazioni pubbliche. Gli enti locali sono altresì obbligati a deliberare le tariffe e le aliquote sui tributi di propria competenza entro la data fissata dalle norme statali per la deliberazione dei bilanci di competenza; devono altresì comunicare al Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini del coordinamento della finanza pubblica[130], i dati relativi al gettito delle entrate tributarie. L’applicazione di tali norme è stata estesa anche ai rapporti di imposta pendenti alla data di entrata in vigore della legge finanziaria (ossia al 1° gennaio 2007).
Infine, (articolo 1, commi da 179 a 182) sono stati conferiti poteri, con riguardo ad alcune violazioni in materiatributaria, ai dipendenti degli enti locali e di soggetti privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento, nonché di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni. Il conferimento dei suddetti poteri si riferisce alle violazioni delle entrate dell’ente locale e alle violazioni che si verificano sul territorio dell’ente locale; tale conferimento comprende i poteri di contestazione immediata, di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento. Tuttavia, tra i poteri conferiti ai sensi delle disposizioni in commento non rientra la contestazione delle violazioni al codice della strada (D.Lgs. n. 285 del 1992).
Si ricorda infine che il d.l. “Milleproroghe” 2008 (articolo 36, comma 2) ha previsto che la riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate degli enti locali continua ad essere effettuata attraverso la procedura dell’ingiunzione, nei casi in cui la riscossione è svolta in proprio dall’ente locale o attraverso soggetti terzi affidatari, e l’iscrizione a ruolo, se la riscossione coattiva è affidata agli agenti della riscossione (Equitalia S.p.A. e società partecipate).
Durante la XV legislatura è stata registrata una tendenza allo snellimento delle procedure di accertamento e compensazione, grazie anche al potenziamento delle comunicazioni tra le amministrazioni cui compete l’effettuazione di pagamenti ed i competenti organi del fisco.
In materia di pagamenti delle amministrazioni pubbliche e delle società a prevalente partecipazione pubblica, è stata resa possibile (articolo 2, comma 9 del d.l. n. 262 del 2006 e successive modifiche[131]), ove l’importo da pagare sia superiore a diecimila euro, una previa verifica - anche in via telematica – dell’effettivo adempimento da parte del beneficiario di eventuali obblighi tributari per un ammontare pari almeno a tale importo. Ove si riscontri un inadempimento, le PPAA e le società pubbliche non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio[132]. Inoltre, è stata resa possibile la compensazione tra i rimborsi di imposta dovuti dall’Agenzia delle entrate e il debito nei confronti dell’erario iscritto nel ruolo emesso dagli agenti della riscossione, nonché tra rimborsi di imposta e somme iscritte a ruolo anche per le somme iscritte a ruolo non dall’Agenzia delle entrate, ma dalle altre agenzie fiscali e dagli enti previdenziali (articolo 2, comma 13 del medesimo d.l.).
Per esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di accertamento e riscossione dei debiti tributari, si ricorda inoltre che è stata esclusa l’iscrizione a ruolo, nonché la comunicazione al contribuente da parte dell'Agenzia delle entrate dell'esito dell'attività di liquidazione e l'effettuazione di relativi rimborsi ove l’imposta, a debito o a credito, sia inferiore a 100 euro e riguardi specifiche tipologie di emolumenti – dettagliatamente elencati all’ articolo 37, comma 43 del d.l. n. 223 del 2006, come successivamente modificato – relativi a redditi di lavoro dipendente e prestazioni pensionistiche.
In materia di rimborsi al contribuente, èstato previsto (articolo 39, comma 8 del d. l. n. 159 del 2007) che il rimborso per indebita riscossione possa essere effettuato, oltre che presso gli sportelli, anche mediante bonifico in conto corrente bancario o postale, entro dieci giorni dal ricevimento della relativa richiesta.
La legge finanziaria per il 2008 ha apportato novità (articolo 1, commi 144-145) alla disciplina della rateazione in favore del contribuente degli importi accertati a seguito di controllo automatizzato e di controlli formali, effettuati in base alla vigente disciplina in materia di accertamento dei redditi.
Le norme, oltre a specificare le modalità di versamento e il numero di rate (che varia secondo l’ammontare dovuto) obbligano il contribuente, se le somme dovute sono superiori a cinquantamila euro, a prestare idonea garanzia mediante polizza fideiussoria o fideiussione bancaria, ovvero rilasciata dai Confidi iscritti negli elenchi previsti dal TUB (articoli 106 e 107 del decreto legislativo 10 settembre 1993, n. 385); in alternativa può essere autorizzata la concessione di ipoteca volontaria di primo grado su beni immobili. Qualora le somme dovute non siano superiori a duemila euro, nell’ ipotesi di temporanea situazione di difficoltà del contribuente, il beneficio della dilazione in un numero massimo di sei rate trimestrali di pari importo è concesso su richiesta del contribuente stesso, da presentare entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione. Le citate norme si applicano anche alle somme da versare, superiori a cinquecento euro, a seguito di ricevimento della comunicazione inviata dall’Agenzia delle entrate ai contribuenti sull'esito dell’attività di liquidazione - effettuata con procedure automatizzate - delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d'imposta, in relazione ai redditi soggetti a tassazione separata[133].
Le norme in esame hanno inoltre apportato modifiche alla disciplina della dilazione del pagamento delle somme dovute per le imposte sui redditi iscritte a ruolo, nonché delle condizioni e delle garanzie richieste per ottenere il beneficio della dilazione, elevando da cinquanta milioni a cinquantamila euro l’importo iscritto a ruolo oltre il quale è necessario prestare idonea garanzia per usufruire del beneficio della dilazione dei pagamenti. La stessa norma introduce - in alternativa alla fideiussione – la possibilità di garantire il credito anche con iscrizione di ipoteca in alternativa alla polizza fideiussoria ed alla fideiussione bancaria.
Anche il decreto-legge “Milleproroghe” 2008 ha recato modifiche alla disciplina della rateazione delle somme dovute all’erario, intervenendo in materia di riscossione delle imposte sui redditi:è stato aumentato (articolo 36, comma 2-bis del d.l. n. 248 del 2007) a 72 il numero massimo delle rate che possono essere versate dal contribuente nelle situazioni di temporanea ed obiettiva difficoltà; è stato consentito di richiedere la rateazione anche oltre l’avvio della procedura esecutiva. Inoltre (articolo 36, comma 2-ter) è stata prevista l’applicazione delle norme in materia di rateazione alle entrate iscritte a ruolo dalle amministrazioni statali, dalle agenzie istituite dallo Stato, dalle autorità amministrative indipendenti e dagli enti pubblici previdenziali, ferma restando la disciplina speciale per la rateizzazione delle pene pecuniarie, nonché alle restanti entrate iscritte a ruolo, salvo diversa determinazione dell'ente creditore.
In materia penale, si segnalano le disposizioni che hanno istituito (articolo 35, comma 7 del d.l. n. 223 del 2006) il reato di omesso versamento dell’IVA ed il reato di omesso versamento per utilizzo in compensazione di crediti insussistenti o non spettanti. Si tratta di fattispecie punite come delitti, per cui è prevista la reclusione da sei mesi a due anni.
Negli ultimi due anni si sono riscontrate numerose novità in materia di studi di settore, specialmente del complessivo riordino della disciplina di revisione degli stessi, nonché a seguito dell’introduzione degli “indicatori di normalità economica”. Si veda la scheda Gli studi di settore, pag. 275.
Durante la XV legislatura, gli interventi normativi in materia di giustizia tributaria hanno principalmente interessato alcuni aspetti tecnico- procedurali del processo tributario e, in parallelo, l’organizzazione della giustizia tributaria.[134]
Sotto il primo profilo, si ricorda che è stato ampliato il novero degli atti impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria. Alla luce delle norme introdotte (articolo 35, comma 26-quinquies del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223), può essere presentato ricorso anche contro l'iscrizione di ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati[135]di cui il ruolo costituisce titolo, a seguito dell’inutile decorso del termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito tributario per cui si procede; nonché contro il fermo di beni mobili registrati del debitore o dei coobbligati[136], che può essere disposto dal concessionario ove sia decorso inutilmente il predetto termine di sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento.
Per quanto attiene all’organizzazione della giustizia tributaria, la legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244, commi 351-354) ha operato un complessivo riordino delle sezioni della Commissione tributaria centrale, riducendone il numero e dettando, tra l’altro, disposizioni in materia di incardinazione territoriale delle sezioni, applicazione ad esse dei componenti, presidenza della sezione e svolgimento delle funzioni di segreteria. Sono state inoltre apportate novità in materia di processi pendenti e riorganizzazione delle Commissioni provinciali e regionali, nonché di rinnovo degli organi di presidenza della giustizia tributaria.
Nel dettaglio, con decorrenza dal 1° maggio 2008, le sezioni della Commissione tributaria centrale sono state ridotte a 21 ed incardinate presso ciascuna Commissione tributaria regionale avente sede nel capoluogo di ogni regione, nonché presso le commissioni tributarie di secondo grado di Trento e Bolzano.
Per quanto attiene ai processi pendenti innanzi alla Commissione tributaria centrale alla data di insediamento delle sezioni istituite a seguito del riordino, essi - ad eccezione di quelli per cui sia stato già depositato il dispositivo – sono stati attribuiti alla sezione regionale nella cui circoscrizione aveva sede la commissione che ha emesso la decisione impugnata.
Si segnala infine che il decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59 (articolo 2, comma 1) ha disciplinato una speciale ipotesi di sospensione dell’esecuzione di atti impugnati innanzi agli organi di giustizia tributaria, relativa alle controversie aventi per oggetto gli atti di recupero degli aiuti di stato dichiarati incompatibili in esecuzione di una decisione cd. “di recupero” adottata dalla Commissione europea.
Le seguenti tabelle evidenziano i dati relativi al gettito delle imposte rilevato dal Dipartimento delle finanze e pubblicate nell’apposito bollettino mensile delle entrate tributarie.
Il metodo di rilevazione, rimasto invariato per tutto il periodo preso in considerazione, differisce tuttavia dal metodo previsionale utilizzato per la redazione del Bilancio dello Stato. Infatti, le entrate indicate sono quelle derivanti dagli accertamenti secondo il criterio della competenza giuridica, ossia sono riferite al momento in cui nasce l’obbligazione tributaria[137]. In particolare, i dati di competenza giuridica vengono costruiti sulla base dei pagamenti effettuati dai contribuenti con il modello F24.
Nella prima delle seguenti due tabelle vengono riportati i dati, in valore assoluto, del gettito delle principali imposte in ciascuno degli anni dal 2003 al 2007.
La seconda tabella, costruita sulla base dei dati contenuti nella prima tabella, evidenzia la variazione del gettito rispetto all’anno precedente.
(in milioni di euro)
Anni |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
ENTRATE ERARIALI |
341.143 |
359.942 |
361.713 |
400.445 |
417.460 |
Imposte dirette erariali |
173.189 |
178.988 |
183.575 |
208.248 |
223.301 |
di cui IRE/IRPEF |
127.788 |
131.213 |
135.989 |
145.408 |
153.683 |
di cui IRES |
28.682 |
28.335 |
34.140 |
39.822 |
50.712 |
Imposte indirette erariali |
167.984 |
180.138 |
178.138 |
192.197 |
194.159 |
di cui IVA |
98.864 |
101.710 |
106.179 |
115.477 |
120.140 |
di cui imposta fabbricazione oli minerali |
21.131 |
20.752 |
21.226 |
21.579 |
21.079 |
Imposta consumo tabacchi |
8.047 |
8.720 |
9.010 |
9.936 |
10.090 |
FINANZA LOCALE |
|
|
|
|
|
Addizionale regionale IRE |
6.166 |
6.741 |
6.430 |
6.199 |
7.387 |
Addizionale comunale IRE[138] |
1.571 |
1.615 |
1.555 |
1.561 |
2.229 |
IRAP |
33.593 |
33.384 |
35.995 |
39.090 |
40.927 |
di cui IRAP privati |
24.324 |
23.803 |
26.293 |
28.744 |
30.543 |
Variazioni percentuali rispetto all’anno precedente
Anni |
2004/2003 |
2005/2004 |
2006/2005 |
2007/2006 |
ENTRATE ERARIALI |
+ 5,51 |
+ 0,49 |
+ 10,71 |
+ 4,25 |
Imposte dirette erariali |
+ 3,35 |
+ 2,56 |
+ 13,44 |
+ 7,23 |
di cui IRE/IRPEF |
+ 2,68 |
+ 3,64 |
+ 6,93 |
+ 5,69 |
di cui IRES |
- 1,21 |
+ 20,49 |
+ 16,64 |
+ 27,35 |
Imposte indirette erariali |
+ 7,24 |
- 1,11 |
+ 7,89 |
+ 1,02 |
di cui IVA |
+ 2,88 |
+ 4,39 |
+ 8,76 |
+ 4,04 |
di cui imposta fabbricazione oli minerali |
- 1,79 |
+ 2,28 |
+ 1,66 |
- 2,32 |
Imposta consumo tabacchi |
+ 8,36 |
+ 3,33 |
+ 10,28 |
+ 1,55 |
FINANZA LOCALE |
|
|
|
|
Addizionale regionale IRE |
+ 9,33 |
- 4,61 |
- 3,59 |
+ 19,16 |
Addizionale comunale IRE[139] |
+ 2,80 |
- 3,72 |
+ 0,39 |
+ 42,79 |
IRAP |
- 0,62 |
+ 7,82 |
+ 8,60 |
+ 4,70 |
di cui IRAP privati |
- 2,14 |
+ 10,46 |
+ 9,32 |
+ 6,26 |
In questo paragrafo si riportano i dati di cassa evidenziati nel Rendiconto generale dello Stato (che, pertanto, non includono le entrate delle regioni e degli enti locali), concernenti le entrate tributarie erariali.
In particolare, per gli anni dal 2003 al 2006 sono riportati i dati contenuti nel rendiconto generale approvato per ciascuna annualità. In proposito, si segnala che nell’anno 2004 il gettito tributario comprende quanto versato dai contribuenti per adesioni a condoni fiscali e che ammonta a circa 9 miliardi di euro (nel 2005 il gettito per condoni fiscali è sceso a 832 milioni).
Per quanto riguarda l’anno 2007, poiché non risulta ancora approvato il Rendiconto generale dello Stato, nella voce “somme incassate dall’Erario” si riporta il dato evidenziato nella Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza pubblica per il 2008 (RUEF).
BILANCIO DELLO STATO – Entrate tributarie |
|||||
(importi in milioni di euro) |
|||||
|
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Cassa |
|
|
|
|
|
A) Previsioni iniziali |
356.723 |
346.652 |
366.692 |
376.435 |
415.612 |
B) Previsioni definitive |
351.133 |
351.674 |
373.075 |
390.711 |
423.094 |
C) Somme incassate dall’Erario |
353.522 |
370.679 |
365.199 |
398.826 |
422.165(*) |
Differenza (C-A) |
-3.201 |
+24.027 |
-1.493 |
+22.391 |
+6.553 |
Differenza (C-B) |
+2.389 |
+19.005 |
-7.876 |
+8.115 |
-929 |
(*) In attesa dell’approvazione del consuntivo 2007 si fornisce il dato indicato nella RUEF (aprile 2008). La RUEF (aprile 2008) precisa che le entrate tributarie erariali ammontano, nel 2007, a 422.165 milioni di euro senza considerare gli effetti del c.d. bonus incapienti stimati in 1,9 miliardi. In particolare, la RUEF evidenza un incremento delle entrate 2007, rispetto al 2006, pari al 5,4%.
Con riferimento al settore dei giochi e delle scommesse, nel corso della XV Legislatura sono state adottate varie norme contenute principalmente nel D.L. n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco) e nelle leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008.
Le innovazioni riguardano, tra l’altro, la modernizzazione dell’offerta dei giochi, il contrasto del gioco illegale, la razionalizzazione del comparto degli apparecchi da intrattenimento e la riforma del loro trattamento tributario, la definizione degli apparecchi per il gioco d’azzardo, la disciplina del lotto e dell’enalotto, nonché la riorganizzazione – non ancora attuata – dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, in vista della sua trasformazione in agenzia fiscale.
L’articolo 38 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223[140], appare finalizzato alla modernizzazione dell’offerta dei giochi, al fine di renderla maggiormente appetibile per i consumatori interessati, i quali potrebbero, altrimenti, essere dirottati verso luoghi di gioco reali o virtuali in grado di offrire un portafoglio più completo, ossia sul mercato illegale o all’estero.
In particolare (art. 38, co. 1), sono state introdotte - mediante la previsione di appositi regolamenti - due nuove tipologie di gioco su internet: i giochi di abilità (skill games) e le scommesse a quota fissa con modalità di interazione diretta tra i singoli giocatori (scommesse c.d. peer to peer).
In attuazione di quanto sopra disposto, è stato emanato il D.M. 17 settembre 2007, n. 186, recante Regolamento per la disciplina dei giochi di abilità a distanza con vincita in denaro, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 6 novembre 2007, n. 258.
Si è previsto (art. 38, co. 2) il riordino del sistema distributivo dei giochi a base sportiva, con la costituzione di una rete strutturata di punti vendita.
Con Decreto Direttoriale 21 dicembre 2006 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 28 dicembre 2006, n. 300), è stata disposta l’aggiudicazione dei diritti all’esercizio dei punti di vendita dei giochi pubblici e della rete di distribuzione dei giochi a distanza.
Con Decreto Direttoriale 6 giugno 2007 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2007, n. 151) sono state approvate le convenzioni di concessione sottoscritte con i soggetti aggiudicatori dei diritti per l’esercizio dei punti vendita di giochi pubblici e per l’attivazione della rete di gioco ippico e sportivo a distanza.
Si ènovellato (art. 38, co. 3) il decreto legislativo n. 504 del 1998 (Riordino dell’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse), prevedendo – a decorrere dal 1° gennaio 2007 - una revisione, in senso dinamico, delle modalità di determinazione dell’aliquota d’imposta unica sulle scommesse sportive.
Le modifiche hanno riguardato le aliquote di imposta per le scommesse a quota fissa su eventi diversi dalle corse dei cavalli, prevedendo cinque scaglioni di raccolta, al raggiungimento dei quali diminuisce l’imposta; il raggiungimento è misurato, ogni mese, sulla base dei dodici mesi precedenti. In precedenza la revisione delle aliquote era, invece, annuale.
E’ stato disposto il riordino (art. 38, co. 4) dell’attuale rete di venditadeigiochi a base ippica, stabilendo che - mediante provvedimenti da adottarsi da parte del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato - vengano stabilite nuove modalità di distribuzione del gioco su base ippica, al fine di combattere la diffusione del gioco illegale, l’evasione e l’elusione fiscale, nonché di garantire la tutela del giocatore.
In attuazione dell’art. 38, co. 4, è stato approvato il Decreto Direttoriale 18 gennaio 2008 recante Misure per la regolamentazione della raccolta a distanza dei concorsi pronostici su base sportiva, delle scommesse a totalizzatore su eventi diversi dalle corse dei cavalli, dell’ippica nazionale e del nuovo concorso pronostici su base ippica (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 29 febbraio 2008, n. 51).
I commi da 5 a 8 dell’articolo 38 hannodisposto la razionalizzazione del comparto degli apparecchi da intrattenimento, avendo come finalità precipue l’armonizzazione della disciplina riguardante gli esercizi pubblici e commerciali che costituiscono la rete dei punti di vendita degli apparecchi da intrattenimento, nonché l’impostazione di nuove modalità di gestione dei flussi finanziari nella raccolta.
Il comma 50 dell’articolo 1 (unico) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) ha disposto che – con provvedimenti dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e nel rispetto degli obblighi comunitari - siano stabilite modalità idonee ad impedire l’offerta non autorizzata di giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro effettuata mediante reti telematiche o di telecomunicazione, in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla stessa AamS.
A questo fine, sono richiamati i principi recati dall’articolo 38 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (cfr. supra), nonché la finalità di contrastare la diffusione del gioco irregolare e illegale, l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare l’ordine pubblico e la tutela del giocatore.
In attuazione del comma 50, è stato emanato il Decreto Direttoriale 29 maggio 2007, recante Modalità applicative dell'articolo 1, comma 50, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in tema di rimozione dei casi di offerta non autorizzata, attraverso via telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro, pubblicato sulla G.U. 7 giugno 2007, n. 130.
I commi da 81 a 84 ed il comma 99 dell’articolo 1 (unico) della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) sono intervenuti con riguardo al regime tributario degli apparecchi da intrattenimento.
Il comma 81 haprovveduto ad individuare il soggetto passivo d’imposta relativamente alle somme giocate sugli apparecchi e congegni da intrattenimento collegati in rete.
Pertanto, a decorrere dal 26 luglio 2004, i soggetti passivi d’imposta sono identificati nei concessionari per la gestione telematica degli apparecchi, individuati ai sensi dell’articolo 14-bis, comma 4, del D.P.R. n. 640 del 1972[141], ove in possesso di tale nulla osta rilasciato dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
I titolari di nulla osta rilasciati antecedentemente al 26 luglio 2004 sono soggetti passivi d’imposta fino alla data di rilascio dei nulla osta sostitutivi a favore dei concessionari di rete o fino alla data della revoca del nulla osta stesso.
Il comma 82 ha sostituito il comma 13-bis dell’articolo 39 del decreto-legge n. 269 del 2003[142], convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.
Il nuovo testo del comma 13-bis definisce i contenuti della disciplina tributaria del prelievo unico erariale (c.d. PREU), specificando che esso è assolto dai soggetti passivi d’imposta, con riferimento a ciascun anno solare, mediante versamenti periodici relativi ai singoli periodi contabili e mediante un versamento annuale a saldo.
Infine, il comma 99 ha disposto- relativamente alle somme che risultano dovute a seguito di controlli automatici effettuati per l’imposta sugli apparecchi da intrattenimento - la ridefinizione dei termini per rendere esecutivi i ruoli a titolo definitivo (D.P.R. n. 640 del 1972[143], art. 14-quater, comma 1) e per notificare le cartelle di pagamento recanti i ruoli stessi (D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14-quater, comma 2), fissandoli, rispettivamente, al 31 dicembre 2008 e al 31 dicembre 2009, per l’anno 2004, e al 31 dicembre 2009 e al 31 dicembre 2010 per l’anno 2005.
Si è precisato (comma 85 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007) che dal novero degli apparecchi e dei congegni automatici, semiautomatici ed elettronici per il gioco d’azzardo sono esclusi gli apparecchi idonei per il gioco lecito che distribuiscono vincite in denaro.
Il comma 86 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 ha sostituito il comma 9 dell’articolo 110 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), approvato con Regio Decreto 18 giugno 1031, n. 773, relativo alla comminatoria di sanzioni amministrative nei confronti di chi ponga in essere attività illecite connesse alla produzione, importazione, distribuzione, installazione o utilizzo di apparecchi e congegni idonei per il giuoco lecito.
La modifica apportata dal comma 86 ha stabilito che il divieto di rilasciare all’autore delle violazioni, per un periodo di cinque anni, titoli autorizzatori concernenti la distribuzione e l’installazione degli apparecchi idonei al giuoco lecito, sia con erogazione di vincite in denaro, sia senza queste, operi solo in caso di reiterazione di una delle suddette condotte illecite.
I commi 282 e 283 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008[144]hanno novellato l’articolo 110, comma 6, del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (Testo unico delle legge di pubblica sicurezza – TULPS), che individuava le caratteristiche degli apparecchi da gioco lecito con vincite in denaro.
La lettera a) del comma 282 ha stabilito, al punto 1), che i suddetti apparecchi debbano essere dotati di attestato di conformità alle disposizioni vigenti, rilasciato dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Al punto 2), si sono modificate le caratteristiche di gioco degli apparecchi, prevedendo che negli stessi, insieme all’elemento aleatorio, debbano essere presenti anche elementi di abilità che consentano al giocatore la possibilità di scegliere, all’avvio o nel corso della partita, la propria strategia, selezionando appositamente le opzioni di gara ritenute più favorevoli tra quelle proposte dal gioco.
La lettera b) del comma 282 ha inserito nel citato articolo 110, comma 6, TULPS, una nuova lettera a-bis), ai sensi della quale il Ministero dell’economia e delle finanze- Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato può prevedere, con proprio provvedimento, la verifica dei singoli apparecchi di cui alla lettera a) dello stesso comma 6.
La nuova normativa troverà applicazione alle condotte e agli apparecchi messi in esercizio a decorrere dal 1° gennaio 2008 (comma 283).
Il comma 87 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 ha disposto l’istituzione di un nuovo concorso pronostico su base ippica.
Esso si sarebbe dovuto istituire con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2007, secondo i seguenti criteri:
- formula di giuoco idonea a garantire premi elevati ai giocatori;
- ripartizione della posta di giuoco secondo le seguenti modalità: 50 per cento a monte premi; 5,71 per cento alle attività di gestione; 8 per cento come compenso per l’attività dei punti di vendita; 25 per cento come entrate erariali sotto forma di imposta unica; 11,29 per cento a favore dell’UNIRE (Unione nazionale per l’incremento delle razze equine);
- raccolta del concorso pronostici da parte dei concessionari di punti vendita di giuochi a base sportiva e di punti vendita di giuochi a base ippica, delle agenzie di scommessa e degli ippodromi.
Il provvedimento istitutivo non risulta attualmente emanato.
Il comma 88 ha rimesso ad idonei provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, l’introduzione, con uno o più provvedimenti, di scommesse a quota fissa e a totalizzatore su simulazione di eventi, sulla base di criteri espressamente elencati.
Il comma 89 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 ha previsto che il Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, con propri provvedimenti, stabilisca le innovazioni da apportare al gioco del lotto, ogniqualvolta ciò sia ritenuto necessario ai fini dell’equilibrio complessivo dell’offerta.
Le innovazioni potranno riguardare, in particolare, i seguenti aspetti:
a) la rimodulazione delle sorti del lotto (ossia degli estratti ammessi per la giocata) e dei premi delle relative combinazioni;
b) la rimodulazione o la sostituzione dei giochi opzionali e complementari al lotto, introdotti dall’articolo 11-quinquiesdecies, comma 4, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203[145];
c) l’introduzione di ulteriori forme di gioco ispirate ai meccanismi di gioco del lotto, anche prevedendo modalità di fruizione distinte da quelle attuali, al fine di ampliare l’offerta di giochi numerici a quota fissa.
Il comma 90 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 prevedeva che, attraverso appositi provvedimenti del Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, fossero stabilite, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, le modalità per l’affidamento in concessione della gestione dei giochi numerici a totalizzatore nazionale.
Le scommesse a totalizzatore, diverse dalle corse dei cavalli, sono regolate dal decreto del Ministro delle finanze 2 agosto 1999, n. 278, parzialmente modificato dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 5 agosto 2004, n. 229. La rete di raccolta è capillare: si scommette in circa 22 mila punti di vendita (ricevitorie, sale e agenzie di scommessa) gestiti dai concessionari Lottomatica, Sisal e Snai. Si può scommettere su avvenimenti sportivi e non sportivi.
Il comma 91 ha previsto che - al fine di garantire la continuità di esercizio del gioco dell’Enalotto e del suo gioco opzionale, nonché la tutela dei preminenti interessi pubblici connessi - in attesa dell’operatività della nuova concessione da affidare a seguito della prevista procedura di selezione, la gestione del gioco medesimo continui ad essere assicurata dall’attuale concessionario, fino al 30 giugno 2007.
Tale termine è stato prorogato al 31 dicembre 2007 dall’art. 1 del Decreto Direttoriale 29 giugno 2007 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 10 agosto 2007, n. 185).
Da ultimo, l’articolo 40 del decreto-legge n. 159 del 2007[146]ha stabilito che – al fine di garantire la continuità di esercizio del gioco Enalotto e del suo gioco opzionale, nonché la tutela dei preminenti interessi pubblici connessi - considerato che l’assegnazione della nuova concessione, avviata con il bando di gara del 29 giugno 2007 sarà operativa nel corso dell’anno 2008, la gestione del gioco continuerà ad essere assicurata dall’attuale concessionario fino a piena operatività della nuova concessione e, comunque, non oltre il 30 settembre 2008.
In materia di demanio e patrimonio dello Stato, nell’ottobre del 2007 è stato portato a compimento un pluriennale lavoro di censimento del patrimonio immobiliare dello Stato effettuato dell’Agenzia del demanio.
Sono state altresì adottate varie norme tendenti alla valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, come i programmi unitari di valorizzazione (PUV) degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale, nonché la concessione di valorizzazione di lungo periodo (vale a dire fino a 50 anni).
Per quanto attiene ai canoni demaniali marittimi, dopo alcuni interventi c.d. tampone volti al differimento dei termini di aggiornamento, la legge finanziaria per il 2007 ha modificato l’intero settore delle concessioni demaniali marittime e, in particolare, il sistema di determinazione dei canoni annui per le concessioni rilasciate con finalità turistiche e ricreative.
Preliminarmente, si segnala che nell’ottobre del 2007 è stato portato a compimento un pluriennale lavoro di censimento del patrimonio immobiliare dello Stato effettuato dell’Agenzia del demanio[147].
I risultati di tale attività ricognitiva sono stati illustrati dal direttore dell’Agenzia del demanio nel corso di un’audizione presso la Commissione finanze della Camera dei deputati[148].
I dati raccolti riguardano circa 30.000 beni dello Stato (per il 67 per cento fabbricati; per la parte restante terreni).
Tale attività ha permesso all’Agenzia del demanio di emanare - il 22 febbraio 2008 - un Decreto direttoriale recante Individuazione dei beni immobili di proprietà dello Stato, contenente, in allegato, l’elenco dei cespiti immobiliari.
Inoltre, l’Agenzia del demanio ha condotto studi sulle concessioni e locazioni – attive e passive - nonché sulle attività di vendita aventi ad oggetto il patrimonio immobiliare statale.
Per le concessioni e locazioni attive, è risultato che tra il 2001 e il 2006 sono stati incassati, per canoni e indennità varie, circa 1.141 milioni di euro, con un tasso di riscossione prossimo allo 82 per cento e tendenzialmente in aumento grazie all’introduzione di un sistema automatizzato.
Le vendite, tra il 2001 e il 2006, hanno prodotto introiti per 5,2 miliardi di euro.
Quanto alle locazioni passive, il 32 per cento degli immobili in questione risulta di proprietà degli enti locali, mentre il restante 68 per cento risulta essere di proprietà privata.
La legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, art. 1, co. 262) ha disciplinato, nell’ambito delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, programmi unitari di valorizzazione (PUV) degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale.
Il comma in esame si riferisce agli immobili individuati dall’Agenzia del demanio, con propri decreti dirigenziali, ai sensi dell’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351[149], convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 451. I beni così individuati sono stati sottoposti a procedure di cartolarizzazione, tramite trasferimento a società veicolo appositamente costituite, che hanno provveduto alla dismissione degli immobili stessi.
Il comma 262 ha inserito due nuovi commi - il 15-bis e il 15-ter - nell’articolo 3 del decreto-legge n. 351 del 2001: il nuovo comma 15-bis prevede che l’Agenzia del demanio possa individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale.
Il secondo periodo del nuovo comma 15-bis individua le risorse per il finanziamento degli studi di fattibilità necessari per la realizzazione dei programmi di valorizzazione. Nella predisposizione dei programmi in commento dovrà essere valutata in maniera prioritaria la possibilità di valorizzare gli immobili pubblici, mediante concessione d’uso o locazione, nonché attraverso l’allocazione di funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l’istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani, nonché per le pari opportunità.
Il comma 15-ter fariferimento ai beni immobili in uso al Ministero della difesa: esso attribuisce al Ministero della difesa la possibilità di individuare beni immobili di proprietà dello Stato - mantenuti in uso al Ministero medesimo per proprie finalità istituzionali – che siano suscettibili di permuta con gli enti territoriali.
Delle attività e procedure di permuta si occuperà l’Agenzia del demanio, previa intesa con il Ministero della difesa, nel rispetto dei principi dell’ordinamento giuridico-contabile.
La disciplina sulla valorizzazione dei beni del patrimonio pubblico contenuta nella legge finanziaria per il 2007 è stata successivamente integrata dalla legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, art. 1, co. 313-319), che ha introdotto il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, costituito dal complesso dei programmi unitari di valorizzazione (PUV), al fine di attivare significativi processi di sviluppo locale attraverso il recupero e il riuso di beni immobili pubblici, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, economico e sociale e con gli obiettivi di sostenibilità e qualità territoriale e urbana. Il Piano, proposto dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentiti i ministri competenti, dovrà essere approvato d’intesa con la Conferenza unificata Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali, anche in applicazione delle previsioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42).L’approvazione del programma di valorizzazione integra gli estremi della dichiarazione di pubblica utilità delle opere pubbliche o di interesse generale comprese nel programma stesso.
In particolare, il comma 313 ha stabilito che il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e tramite l’Agenzia del demanio, nel rispetto delle attribuzioni costituzionali delle regioni e di intesa con gli enti locali interessati, individui ambiti di interesse nazionale nei quali sono presenti immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici, per promuovere, in ciascun ambito, un programma unitario di valorizzazione di tali beni. L’attività di promozione dei programmi unitari di valorizzazione deve avvenire altresì nel rispetto dei piani urbanistici comunali.
Sempre nell’ottica della valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, la legge finanziaria per il 2007 ha introdotto la c.d. concessione di valorizzazione di lungo periodo, vale a dire fino a 50 anni (art. 1, co. 259): tale istituto consente ai privati interventi di recupero e restauro sugli immobili di proprietà dello Stato avuti in concessione o in locazione, così da adeguarli ad attività di sviluppo economico o attività di servizio per i cittadini, nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Altresì, il comma 261 ha attribuito anche agli enti locali la possibilità di avere in concessione o locazione beni di proprietà dello Stato per un periodo non superiore a 50 anni, a fronte di investimenti di recupero e riconversione effettuati dagli enti medesimi.
Si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (l. n. 296 del 2006, art. 1, co. 1311-1312 e 1314), ha disposto anche la razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all’estero.
La legge finanziaria per il 2008 (l. n. 244 del 2007, art. 2, co. 594-599) ha stabilito che le pubbliche amministrazioni[150], sentita l’Agenzia del demanio, adottino, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge stessa, piani triennali volti al contenimento delle spese di funzionamento delle proprie strutture attraverso una razionalizzazione dell’utilizzo di determinati beni.
La medesima legge finanziaria per il 2008 (art. 2, co. 618-622) ha recato limitazioni alle spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato.
L’articolo 41 del decreto-legge n. 159 del 2007[151] ha previsto - ai fini dell’incremento del patrimonio immobiliare destinato alla locazione, con particolare riguardo a quello a canone sostenibile nei comuni soggetti a fenomeni di disagio abitativo e ad alta tensione abitativa[152] - la costituzione di un’apposita società di scopo, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e della solidarietà sociale, e tramite l’Agenzia del demanio.
Tale società dovrà promuovere la formazione di nuovi strumenti finanziari immobiliari finalizzati all’acquisizione, al recupero, alla ristrutturazione o alla realizzazione di immobili ad uso abitativo, anche con l’utilizzo, d’intesa con le regioni e gli enti locali, di beni di proprietà dello Stato o di altri soggetti pubblici.
Per la costituzione di tale società è stata autorizzata, per l’anno 2007, la spesa massima di 100 milioni di euro.
Per quanto attiene alla disciplina dei canoni demaniali marittimi, il decreto-legge 7 giugno 2006, n. 206[153], al fine diconsentire il completamento di accertamenti tecnici in corso, ha differito al 31 ottobre 2006 i termini di rideterminazione dei canoni demaniali marittimi.
Tale termine è stato ulteriormente differito al 31 dicembre 2006 dall’art. 2, co. 69, D.L. n. 262 del 2006[154].
In seguito, la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006, art. 1, co. 250- 257), ha riformato il settore delle concessioni demaniali marittime e, in particolare, il sistema di determinazione dei canoni annui per le concessioni rilasciate con finalità turistiche e ricreative.
Il comma 250 - integrando l’articolo 01 del decreto-legge n. 400 del 1993[155] - ha disposto la revoca delle concessioni,qualora il concessionario si renda responsabile di gravi violazioni edilizie, che costituiscano violazione degli obblighi derivanti dalla concessione, ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. 13 settembre 2005, n. 296 (Regolamento concernente i criteri e le modalità di concessione in uso e in locazione dei beni immobili appartenenti allo Stato).Essendo tale nuova previsione irretroattiva, essa ha riguardato soltanto le violazioni commesse a partire dal 1° gennaio del 2007, data di entrata in vigore della modifica in questione.
Il comma 251 ha ridefinito l’articolazione delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei ed è intervenuto sulla misura dei canoni annui, prevedendo, tra l’altro, periodici aggiornamenti sulla base degli indici ISTAT, a partire dal gennaio 2007.
Il comma 251, lettera a), ha previsto una nuova articolazione delle aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei in due categorie (A e B) anziché nelle quattro (A, B, C e D) anteriormente previste.
La lettera b) del comma 251 è intervenuta, invece, sulla misura del canone annuo prevedendo che - per gli anni 2004, 2005 e 2006 - si applicassero le misure unitarie previgenti, con conseguente disapplicazione della maggiorazione prevista dall’articolo 32, comma 22, del decreto-legge n. 269 del 2003[156].
Conseguentemente, il successivo comma 256 haabrogato le disposizioni dei commi 21, 22 e 23 dell’articolo 32 del decreto-legge n. 269 del 2003 che, come già si è ricordato, disponevano in ordine alla rideterminazione dei canoni demaniali marittimi
Il comma 252 ha stabilito che la rideterminazione dei canoni di cui sopra si applichi pure alle strutture per la nautica da diporto.
Il comma 253 ha previsto che le concessioni demaniali marittime possano avere una durata compresa tra sei e cinquanta anni in ragione dell’entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare, mentre il comma 257, fornendo un’interpretazione autentica dell’articolo 8 del decreto-legge n. 400 del 1993, ha precisato che, in caso di realizzazione di opere inamovibili abusive sui beni demaniali marittimi, l’indennizzo debba essere commisurato ai valori di mercato e debbano essere comunque applicate le sanzioni vigenti, compresa l’eventuale demolizione degli edifici interessati.
I provvedimenti della XV legislatura in materia di diritto societario sono stati diretti prevalentemente al recepimento della normativa comunitaria nell’ordinamento interno.
Un primo campo di intervento è dato dall’attuazione nell’ordinamento interno di direttive comunitarie in materia di redazione dei conti annuali e dei bilanci delle società.
La direttiva 2003/38/CE, che modifica la direttiva 78/660/CEE, relativa ai conti annuali di taluni tipi di società per quanto concerne gli importi espressi in euro, considerato che gli articoli 11 e 27 della direttiva 78/660/CEE e, per riferimento, l'articolo 6 della direttiva 83/349/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1989, relativa ai conti consolidati e gli articoli 20 e 21 dell'ottava direttiva 84/253/CEE del Consiglio, del 10 aprile 1984, relativa all'abilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili, stabilivano limiti numerici espressi in euro per il totale dello stato patrimoniale e per l'importo netto del volume d'affari entro il quale gli Stati membri possono concedere alcune deroghe a tali direttive, poiché il quinto periodo quinquennale seguente all'adozione della direttiva 78/660/CEE sarebbe terminato il 24 luglio 2003, ha proceduto ad un riesame dei suddetti limiti, emergendo che, alla luce dell'evoluzione economica e monetaria nella Comunità, fosse necessario elevare l’ammontare degli importi espressi in euro. Il decreto legislativo 7 novembre 2006, n. 285 ha dato quindi attuazione nell’ordinamento interno alla direttiva 2003/38/CE, modificando l'articolo 2435-bis, primo comma, del codice civile e l'articolo 27, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127.
La direttiva 2003/51/CE mira ad armonizzare le norme contabili applicabili alle società e ad altri organismi che non sono soggetti al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, relativo all'applicazione di princìpi contabili internazionali alle imprese quotate in borsa.
In questo modo essa elimina le residue discordanze tra le direttive contabili e il regolamento sull'applicazione dei princìpi contabili internazionali (IAS), in quanto consente di rendere le opzioni contabili IAS applicabili alle imprese che conservano le direttive contabili come legislazione di base. Inoltre, la direttiva chiarisce il trattamento dei finanziamenti fuori bilancio (debiti e prestiti) ed estende al di là degli aspetti finanziari l'analisi dei rischi nelle relazioni sulla gestione delle imprese. Essa precisa altresì il contenuto obbligatorio delle relazioni dei revisori dei conti.
L'innovazione più significativa introdotta dalla direttiva 2003/51/CE è l'obbligo, per tutte le società quotate dell'Unione europea, di redigere i propri bilanci consolidati conformemente agli IAS adottati dall'Unione europea, a partire dal 2005. Essa dà inoltre agli Stati membri la facoltà di consentire o prescrivere alle società quotate di applicare gli IAS adottati nella redazione dei conti annuali e di consentire o prescrivere anche alle società non quotate di applicare gli IAS adottati.
Gli obiettivi della direttiva 2003/51/CE sono tre:
1) eliminare tutti i conflitti che esistono tra le direttive contabili e gli IAS;
2) far sì che i trattamenti contabili opzionali attualmente consentiti dagli IAS possano essere utilizzati dalle società dell'Unione europea, che continueranno a dover osservare regole contabili fondate sulle direttive contabili (cioè le società che non redigeranno i loro conti annuali o consolidati conformemente agli IAS adottati a norma del regolamento IAS);
3) aggiornare la struttura fondamentale delle direttive contabili in modo che esse offrano un quadro d’informazione finanziaria che sia, al tempo stesso, in linea con la prassi moderna e sufficientemente flessibile per adeguarsi agli sviluppi futuri degli IAS.
Il decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 32 ha dato attuazione nell’ordinamento interno unicamente alla parte obbligatoria della direttiva 2003/51/CE.
In particolare, il decreto, modificando i diversi atti normativi rilevanti a questo proposito, interviene sul contenuto della relazione sulla gestione di esercizio e consolidata, prescrivendo che tale relazione debba contenere un’analisi fedele, esauriente ed equilibrata della situazione della società (articolo 1). L’analisi deve contenere una descrizione dei principali rischi e incertezze cui la società o le società incluse nel consolidamento sono esposte, e dev’essere coerente con l’entità e la complessità degli affari della società o dell’insieme delle società incluse nel consolidamento. Si prevede inoltre che la relazione sulla gestione di esercizio e quella sulla gestione del consolidato possano essere presentate in un unico documento.
Si prescrive quindi il contenuto minimo della relazione di revisione (articolo 2). Questa dev’essere datata e sottoscritta dal revisore e deve comprendere un paragrafo introduttivo, che identifica il bilancio sottoposto a revisione e il quadro delle regole applicate dalla società; la descrizione della portata della revisione svolta; un giudizio sul bilancio, che indichi chiaramente se questo è conforme alle norme che ne disciplinano la redazione e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria; eventuali richiami di informativa che il revisore sottopone all’attenzione dei destinatari del bilancio; un giudizio sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio.
Si sopprime poi l’obbligo di escludere dal consolidamento le imprese la cui attività sia talmente diversa da quella delle altre imprese del gruppo che la loro inclusione nel bilancio consolidato sarebbe in contrasto con una rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico del complesso delle imprese incluse nel bilancio consolidato (articolo 3).
È data infine attuazione all’articolo 4 della direttiva 2003/51/CE, che estende anche alle imprese di assicurazione l’applicazione del principio contabile internazionale del valore equo (fair value). In particolare si prevede che anche per tali imprese la relazione sulla gestione indichi gli obiettivi e le politiche di gestione del rischio finanziario e la politica di copertura per principali categorie di operazioni coperte, nonché l’esposizione dell’impresa ai rischi di prezzo, di credito, di liquidità e di variazione dei flussi. Inoltre si prevede che per ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati siano indicati, nella nota integrativa al bilancio, il loro fair value e le informazioni sulla loro entità e natura (articolo 4)[157].
Il decreto legislativo individua ulteriori requisiti per la redazione della relazione sulla gestione di esercizio e sulla gestione consolidata, nonché delle relazioni di revisione dei bilanci di esercizio e consolidato delle società commerciali, delle banche, delle imprese di assicurazione e delle altre imprese finanziarie.
Un secondo campo di intervento è dato dall’attuazione nell’ordinamento interno della direttiva 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 ottobre 2005 in materia di fusioni transfrontaliere di società di capitali.
Come emerge dal secondo considerando, la disciplina dettata in sede europea è finalizzata a facilitare la realizzazione di fusioni transfrontaliere tra diversi tipi di società di capitali soggette alle legislazioni di Stati membri diversi.
Ai sensi dell’articolo 2 della direttiva, la disciplina europea contempla due distinte fattispecie:
a) l’ipotesi di fusione per incorporazione (ove due o più società una o più società trasferiscano, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad altra società preesistente — la società incorporante — mediante l’assegnazione ai loro soci di titoli o quote rappresentativi del capitale sociale della società incorporante, ed eventualmente di un conguaglio in contanti non superiore al 10 % del valore nominale di tali titoli o di tali quote o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile) nonché, in particolare, la fusione per incorporazione nella società controllante (ove una società trasferisca, a causa e all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del proprio patrimonio attivo e passivo alla società che detiene la totalità delle quote o dei titoli rappresentativi del suo capitale sociale);
b) l’ipotesi di costituzione di un nuovo organismo societario (ove due o più società trasferiscano, all’atto dello scioglimento senza liquidazione, la totalità del loro patrimonio attivo e passivo ad una società da loro costituita — la nuova società — mediante l’assegnazione ai propri soci di titoli o quote rappresentativi del capitale sociale della nuova società ed eventualmente di un conguaglio in contanti non superiore al 10 % del valore nominale di tali titoli o quote o, in mancanza di valore nominale, della loro parità contabile).
Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva, l’ambito applicativo è circoscritto alle fusioni di società di capitali costituite in conformità della legislazione di uno Stato membro ed aventi un elemento di collegamento con il territorio comunitario, ovvero che ivi abbiano la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale, ed a condizione che almeno due di esse siano soggette alla legislazione di Stati membri diversi (condizione necessaria per definire la fusione “transfrontaliera”).
L’articolo 1 della legge 6 febbraio 2007, n. 13 ha conferito al Governo delega a recepire nell’ordinamento interno la direttiva 2005/56/CE, cui ha provveduto lo schema di decreto presentato dal Governo alla Camera il 3 marzo 2008, e sul quale la Commissione VI (Finanze) e la Commissione II (Giustizia) hanno espresso parere favorevole con osservazioni il 12 marzo 2008. Ad oggi il Governo non ha ancora provveduto ad emanare in via definitiva il decreto.
Lo schema di decreto legislativo introduce nell’ordinamento le modificazioni conseguenti alla nuova normativa europea sulle fusioni societarie transfrontaliere, integrando la disciplina prevista dal codice civile per le fusioni di società. Vengono fatti salvi i poteri - previsti dall’ordinamento vigente - che le pubbliche autorità possono esercitare in occasione di fusioni societarie in determinati settori (bancario, finanziario, assicurativo) e i poteri che l’azionista pubblico può esercitare nel processo di privatizzazione di imprese di proprietà pubblica.
Dopo aver definito gli istituti rilevanti ai fini delle norme proposte – in particolare, sono introdotte le definizioni di “società di capitali”, di “fusione transfrontaliera”, nonché degli istituti rilevanti ai fini della partecipazione dei lavoratori alla fusione (art. 1) - si specifica l’ambito applicativo delle norme che operano per le fusioni transfrontaliere tra una o più società di capitali italiane ed una o più società di capitali di altro Stato membro, la cui sede sociale o amministrazione centrale o centro di attività principale sia stabilito nella Comunità europea. Si estende inoltre, ove ne sussistano le condizioni, l’applicazione della disciplina proposta anche alle fusioni transfrontaliere cui partecipino o da cui risultino società diverse dalle società di capitali o società di capitali che non abbiano nella Comunità europea né la sede statutaria, né l’amministrazione centrale, né il centro di attività principale (art. 2).
Vengono quindi disciplinate le condizioni relative alle fusioni transfrontaliere: anzitutto, una fusione transfrontaliera è consentita solo tra tipi di società cui la legge applicabile permette di fondersi. E’ peraltro escluso che la società cooperativa a mutualità prevalente possa partecipare ad una fusione transfrontaliera. Inoltre, la conformità della fusione con le disposizioni dello schema di decreto in esame è requisito di efficacia delle fusioni di enti aventi sede in Stati diversi, nei termini richiesti dalle norme di diritto internazionale privato (art. 3).
In assenza di diverse disposizioni, si stabilisce che alla società italiana partecipante alla fusione transfrontaliera si applichi la disciplina che sarebbe applicabile in caso di fusione “domestica”, ovvero con altre società italiane (art. 4). Ferme le disposizioni di cui all’articolo 11 relative all’atto di fusione transfrontaliera, nel caso di conflitto con le norme applicabili alle società di altro Stato membro partecipanti alla fusione transfrontaliera, si dà prevalenza alla legge applicabile alla società risultante. Inoltre, le norme interne in materia di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (articolo 2501-bis del codice civile) non si applicano qualora la società partecipante alla fusione il cui controllo è oggetto di acquisizione non sia una società italiana.
Quale strumento di tutela, viene previsto dall’articolo 5 il diritto di recesso del socio che non sia consenziente rispetto alla fusione transfrontaliera.Circa le modalità di esercizio del recesso e di determinazione del valore delle azioni o delle quote di partecipazione, si prevede che si applichino le norme del codice civile, fatte salve le altre cause di recesso previste dalla legge o dallo statuto.
L’articolo 10 disciplina la decisione sulla fusione transfrontaliera prevedendo che sia possibile subordinare l'efficacia della delibera di approvazione del progetto comune di fusione transfrontaliera all’approvazione, con successiva delibera da parte dell'assemblea, delle modalità di partecipazione dei lavoratori nella società risultante dalla fusione transfrontaliera. Il comma 2 dispone che qualora la legge applicabile ad una società di un altro Stato membro partecipante alla fusione transfrontaliera preveda una procedura di controllo e modifica del rapporto di cambio o di compensazione dei soci di minoranza, vi è la possibilità per l’assemblea di autorizzare con propria delibera, i soci della società di tale altro Stato membro a farvi ricorso. Il comma 3 prevede che la decisione di fusione possa apportare al progetto di fusione solo le modifiche che non incidono sui diritti dei soci o dei terzi, a condizione che tutte le società partecipanti alla fusione transfrontaliera deliberino le medesime modifiche.
Si individua quindi (art. 13) il soggetto competente alla verifica di legittimità della fusione transfrontaliera - notaio italiano (che ne rilascia apposita attestazione) o autorità competente dello Stato membro - in ragione della nazionalità (italiana o meno) della società risultante dalla fusione.
Vengono infine disciplinati (art. 19) i diritti di partecipazione dei lavoratori nella società italiana risultante da una fusione transfrontaliera nel caso in cui almeno una delle società partecipanti alla fusione stessa abbia un numero medio di lavoratori, nei 6 mesi antecedenti la pubblicazione del progetto comune, superiore alle 500 unità e sia gestita in regime di partecipazione dei lavoratori. L’articolo, in particolare, specifica che in questo caso la partecipazione dei lavoratori nella società italiana debba essere disciplinata, per quanto non espressamente previsto, dai principi di cui all’articolo 12, paragrafi 2, 3 e 4 del Regolamento (CE) n. 2157/2001 relativo allo statuto della Società europea (SE), nonché da specifiche disposizioni del D.Lgs. 188/2005.
L’articolo 3, comma 1, del decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 aprile 2007, n. 46, ha abrogato l’articolo 2450 del codice civile relativo alla nomina di amministratori, sindaci o componenti del consiglio di sorveglianza di società per azioni da parte dello Stato o di enti pubblici, privi di partecipazioni azionarie nella società. L’abrogazione recepisce le indicazioni della Commissione europea, la quale ha avviato una procedura di infrazione (n. 2006/2104) contro la Repubblica italiana.
Il menzionato articolo 2450 prevede che lo Stato o gli enti pubblici, anche in mancanza di una partecipazione azionaria, possano nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti il consiglio di sorveglianza di una società per azioni. Tale prerogativa deve fondarsi su una disposizione di legge o dello statuto della società. Nella fattispecie così delineata, qualora uno o più sindaci siano nominati dallo Stato, il presidente del collegio sindacale deve essere scelto tra essi.
L’articolo 2450 richiama il dettato normativo dell’articolo 2449 del codice civile, relativo alle società con partecipazione dello Stato e di altri enti pubblici: pertanto, gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati dall’operatore pubblico possono essere revocati soltanto dal medesimo operatore che li ha nominati. Gli amministratori, i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati secondo le sopra illustrate modalità sono equiparati, nei diritti e negli obblighi, ai membri nominati dall’assemblea. Sono fatte salve le disposizioni di legge speciale.
Per effetto dell’abrogazione in oggetto, si recepisce l’indicazione della Commissione europea, che aveva avviato una procedura d’infrazione (2006/2104), mettendo in mora l’Italia per violazione degli articoli 43 e 56 del Trattato CE sul diritto di stabilimento e sulla libera circolazione dei capitali.
Come si poteva leggere nella relazione illustrativa del Governo, l’articolo 2450 del codice civile risultava attualmente privo di concreta attuazione nel sistema societario e, a fronte di tale sostanziale inutilità, esso appariva in palese contrasto con la normativa comunitaria, caratterizzato com’era dall’attribuzione a soggetti pubblici della possibilità di ingerirsi nella gestione e nel controllo di società di cui non erano neppure soci.
Nella XV legislatura la disciplina dei mercati finanziari è stata interessata da una serie di provvedimenti i quali, per un verso, tendono a recepire nell’ordinamento interno la normativa elaborata a livello comunitario e, per altro verso, tendono a coordinare i complessi normativi dei testi unici bancario e dell’intermediazione finanziaria con la riforma della tutela del risparmio e della disciplina dei mercati finanziari attuata nella XIV legislatura con la legge n. 262 del 2005.
Altri interventi legislativi minori riguardano la disciplina di nuove fattispecie di innovazione finanziaria, di cui si tende ad apprestare una forma di regolamentazione pubblica (ad esempio, per quanto riguarda l’utilizzo degli strumenti finanziari derivati ovvero l’istituzione delle società d’investimento immobiliare quotate).
Fra i provvedimenti di carattere fiscale che hanno inciso sull’attività dei mercati finanziari va ricordata la soppressione della tassa sui contratti di borsa (vedi capitolo Le altre imposte indirette e le tasse, pag. 69).
La direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, che riguarda il prospetto da pubblicare per l'offerta pubblica o l'ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, mira a completare la codificazione intrapresa dalla direttiva 2001/34/CE. Essa è altresì volta a migliorare la direttiva 89/289/CEE, la quale prevede un sistema parziale e complesso di mutuo riconoscimento del prospetto che non consente di raggiungere l'obiettivo del passaporto unico. A tal fine la nuova direttiva sul prospetto ha abrogato la direttiva 89/298/CEE a decorrere dal 30 giugno 2004.
La direttiva è uno degli elementi chiave del Piano d'azione per i servizi finanziari, che dovrebbe incoraggiare la creazione di un mercato integrato di tali servizi. La direttiva 2003/71/CE prevede nuove regole che consentono alle società di raccogliere capitali più facilmente e a minor costo in tutta l'Unione europea sulla base dell'avallo dato dall'autorità regolamentare di un unico Stato membro ("autorità competente dello Stato membro di origine")[158].
Scopo della direttiva 2003/71/CE è armonizzare i requisiti relativi alla redazione, all'approvazione e alla diffusione del prospetto da pubblicare per l'offerta di strumenti finanziari al pubblico o la loro ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato che ha sede o opera in uno Stato membro. Essa rafforza la protezione offerta agli investitori garantendo che tutti i prospetti, ovunque siano emessi nell'Unione europea, forniscano loro l'informazione chiara e completa di cui necessitano per prendere le loro decisioni.
La direttiva è stata attuata, in esercizio della delega legislativa conferita al Governo dall’articolo 12 della legge n. 262 del 2005, dal decreto legislativo 28 marzo 2007, n. 51 che ha attribuito numerose competenze regolamentari alla Commissione nazionale per le società e la borsa (CONSOB).
La direttiva 2004/109/CE, concernente l’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato e che modifica la direttiva 2001/34/CE, ha inteso promuovere l’integrazione dei mercati finanziari europei facilitando l’accesso all’informazione finanziaria, sia tramite l’informazione periodica (costituita dalle relazioni finanziarie annuali, semestrali e trimestrali), che tramite l’informazione continuativa (in particolare per quanto riguarda la comunicazione delle partecipazioni rilevanti). A questi strumenti si affiancano gli obblighi relativi alle modalità di comunicazione dell’informazione regolamentata al momento della sua produzione (cosiddetta dissemination). La direttiva 2004/109/CE, che stabilisce obblighi riguardanti soltanto gli emittenti i cui valori mobiliari siano già ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro, sostanzialmente disciplina:
- la tempistica ed il contenuto dell’informativa periodica a cui sono sottoposti gli emittenti quotati;
- gli obblighi di trasparenza per gli azionisti rilevanti (comunicazione acquisto partecipazioni e diritti di voto rilevanti);
- le modalità con cui devono essere diffuse le informazioni societarie;
- le modalità di archiviazione delle informazioni stesse.
Nell’ordinamento interno la direttiva è stata attuata dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 195, che introduce a tal fine numerose modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), di cui al D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58[159] (vedi scheda Gli obblighi di trasparenza, pag. 319).
La direttiva 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, ha stabilito misure di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative, dei codici di condotta e degli altri regimi degli Stati membri, ivi compresi quelli stabiliti da organismi ufficialmente preposti alla regolamentazione dei mercati, riguardanti le offerte pubbliche di acquisto di titoli di una società di diritto di uno Stato membro, quando una parte o la totalità di detti titoli sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato ai sensi della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, in uno o più Stati membri. La direttiva evidenzia la necessità di creare un contesto chiaro e trasparente a livello comunitario per quanto riguarda i problemi giuridici da risolvere nel caso di offerte pubbliche di acquisto e prevenire distorsioni nei processi di ristrutturazione societaria a livello comunitario causate da diversità arbitrarie nelle culture di regolamentazione e di gestione.
Fra le prescrizioni più rilevanti della direttiva, con riguardo all'OPA obbligatoria, si prescrive agli Stati membri di imporre, in sede di offerta, a tutti gli azionisti un prezzo uguale a quello più alto pagato dall'offerente in un periodo compreso tra i sei e i dodici mesi antecedente la data dell'offerta stessa. Per quanto riguarda, invece, la soglia, la direttiva lascia libertà agli Stati membri di stabilire quella che ritengono opportuna.
Con riguardo alla passivity rule, la direttiva comunitaria consente ai singoli Stati membri di prevederla in via opzionale, ferma restando, però, la facoltà per le singole aziende di prevedere in statuto l'obbligo della passivity rule.
Per quanto concerne la regola di neutralizzazione e la cosiddetta breakthrough rule, quale regola che prevede che, a fronte di un'OPA di successo che ecceda in termini di adesioni il 75 per cento del capitale, vengano automaticamente meno le barriere di tipo difensivo che possono esistere nello statuto di una società (tipicamente azioni a voto plurimo), la direttiva l'ha prevista, lasciando ai singoli Stati membri la decisione di avvalersene o meno, salva sempre la facoltà per le singole aziende di prevedere obbligatoriamente la breakthrough rule nel loro statuto qualora nell'ordinamento del loro paese non sia obbligatoria.
Con riguardo alla clausola cosiddetta di squeeze out, che sostanzialmente consente ad un compratore che acquisisce una parte preponderante del capitale di un'azienda di acquisire, di diritto, le azioni residue, in modo tale da arrivare al 100 per cento del capitale, la direttiva impone che lo squeeze out debba scattare, in termini di soglia, tra il 90 e il 95 per cento del possesso azionario.
Per quanto concerne il cosiddetto il sell out, i.e. il diritto per i soci di minoranza di una società partecipata da un socio in misura preponderante di vendere le poche azioni che sono rimaste in loro possesso, la direttiva prevede che lo si possa fare e che il prezzo venga stabilito con procedure che ne assicurino la trasparenza e la correttezza. La soglia al di sopra della quale scatta l'obbligo per il soggetto di controllo di comprare le azioni offerte dagli azionisti di minoranza è il 95 per cento.
Con riguardo alla reciprocità, la direttiva prevede che laddove le società siano vincolate alla passivity rule o alla breakthrough rule, possano invocare il principio di reciprocità qualora ricevano offerte da parte di società che non abbiano gli stessi vincoli e che quindi, per effetto del loro ordinamento o per effetto del loro statuto, non siano obbligatoriamente nelle condizioni di applicare la passivity rule oppure la breakthrough rule. Nel caso in cui una società dovesse invocare la reciprocità per tali motivi, questa società potrà adottare le misure difensive stabilite dalla sua assemblea di azionisti nei diciotto mesi precedenti. Anche per quanto riguarda la reciprocità, la direttiva consente ai singoli Stati membri di stabilire se adottare o meno la clausola di reciprocità.
La direttiva è stata attuata nell’ordinamento interno dal decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 229, che ha modificato a tal fine numerose disposizioni del TUF.
Con riguardo ai punti più qualificanti della direttiva, il decreto apporta modifiche all’articolo 104 del TUF al fine di recepire l’articolo 9 della direttiva, in tema di passivity rule. La norma conferma la regola imperativa della necessaria autorizzazione dell’assemblea all’adozione di misure difensive, adottata dopo la promozione dell’offerta, e viene specificato qual è il momento dal quale è vietato all’organo di amministrazione di intraprendere misure difensive. Viene confermata la previsione vigente che prevede un determinato quorum deliberativo sia per l’assemblea ordinaria sia per quella straordinaria, la cui ratio è quella di limitare la possibilità per l’azionista di controllo di assumere con il solo peso delle proprie quote la decisione di adottare misure difensive.
Il decreto introduce poi il nuovo articolo 104-bis del TUF al fine di recepire l’articolo 11 (Regola di neutralizzazione) e l’articolo 12 (Accordi opzionali) della direttiva, rendendo imperativa la regola di neutralizzazione.
Con riferimento alla sorte dei patti parasociali in pendenza di offerta, limitatamente ai sindacati di voto, l’ordinamento vigente prevede la neutralizzazione dei patti parasociali recanti restrizioni al trasferimento dei titoli in pendenza di offerta (art. 123, comma 3, del TUF), cui si accompagna, diversamente da quanto previsto dalla Direttiva, il diritto di recesso del paciscente al fine di aderire all’offerta stessa. Secondo la relazione illustrativa, si è ritenuto di confermare la disposizione di cui all’articolo 123, comma 3, del TUF, benché difforme dalla direttiva, dato il peso del modello coalizionale nel controllo delle società quotate italiane.
Il decreto ha quindi introdotto il nuovo articolo 104-ter del TUF, al fine di recepire l’articolo 12, commi 3, 4 e 5 della direttiva, prevedendo la clausola di reciprocità in base alla quale gli Stati membri possono consentire alle società nazionali di disapplicare le disposizioni con le quali è stata data attuazione agli articoli 9 e 11, qualora l’offerente non ne sia a sua volta soggetto, al fine di rimediare al differente grado di contendibilità delle società regolate da altri ordinamenti. In particolare, si è affidata alla Consob la valutazione dell’equivalenza fra gli statuti della società emittente e offerente, in quanto, secondo la relazione illustrativa, è sembrata questa l’unica alternativa a rimettere la valutazione sulla reciprocità ai soli azionisti di maggioranza per il tramite degli amministratori (vedi scheda Le Offerte Pubbliche di Acquisto, pag. 331).
La direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 (cosiddetta direttiva MiFID – Market in Financial Instruments Directive) interviene sul mercato degli strumenti finanziari, recando modificazioni alle direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e alla direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogando la direttiva 93/22/CEE del Consiglio. Le norme contenute nella direttiva 2004/39/CE costituiscono un passo importante verso la costruzione di un mercato azionario europeo integrato: le imprese d’investimento godranno effettivamente di un “passaporto unico” e gli investitori beneficeranno del medesimo livello di protezione in qualsiasi sistema europeo d’intermediazione mobiliare.
La direttiva è stata attuata nell’ordinamento interno dal decreto legislativo 17 settembre 2007, n. 164, che ha modificato numerose norme del TUF. In particolare, quanto ai rapporti con la clientela, sono stati introdotti, con il recepimento della direttiva MiFID, più articolati meccanismi di tutela degli investitori.
Con riguardo alla classificazione della clientela, vengono individuate tre tipologie di clientela cui sono riconosciuti gradi di protezione diversificati[160].
Per quanto concerne la tutela della clientela, ai fini della valutazione di adeguatezza, l’impresa di investimento, quando effettua consulenza in materia di investimenti o gestione di portafogli, deve ottenere dal cliente informazioni in merito alle sue conoscenze ed esperienze in materia finanziaria, alla sua situazione finanziaria e ai suoi obiettivi di investimento[161].
Con riguardo, invece, alla classificazione dei mercati, tra le innovazioni di maggior rilievo va menzionato l’abbandono del principio della concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati a favore della creazione di un sistema maggiormente concorrenziale tra sedi di negoziazione alternative. Ai mercati regolamentati si affiancano ora i sistemi multilaterali di negoziazione e gli internalizzatori sistematici[162].
Il decreto di attuazione inserisce poi la consulenza tra i servizi di investimento e prevede la costituzione di un apposito Albo al quale potranno iscriversi persone fisiche, in possesso di idonei requisiti patrimoniali e di professionalità, onorabilità e indipendenza, che prestano consulenza in materia di investimenti, senza detenere somme di denaro o strumenti finanziari di pertinenza dei clienti.
Con riguardo alla strategia di esecuzione degli ordini (execution policy), le imprese di investimento devono definire e attuare una strategia di esecuzione degli ordini che consenta di ottenere, per gli ordini dei clienti, il miglior risultato possibile (best execution)[163]. Le imprese di investimento devono poi elaborare, applicare e mantenere un’efficace politica di gestione dei conflitti di interesse che deve essere formulata per iscritto. La politica di gestione dei conflitti di interesse deve consentire di individuare le circostanze che generano o potrebbero generare un conflitto di interesse che possa ledere gravemente l’interesse di uno o più clienti. Le procedure devono garantire che i soggetti impegnati all’interno dell’impresa nelle attività che implicano un conflitto di interesse le svolgano con un grado di indipendenza adeguato (vedi scheda La direttiva MiFID, pag. 313).
Il decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, convertito in legge, con modificazioni, dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 23 febbraio 2007, n. 15, all’articolo 2 apporta modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE, con particolare riguardo all’attuazione delle misure derivanti dall’accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria (cosiddetto accordo di Basilea II) nonché alla direttiva 2006/49/CE, con riferimento alla vigilanza sugli intermediari finanziari e all’individuazione dei gruppi agli effetti della vigilanza su base consolidata.
Con la direttiva 2006/49/CE si è inteso disciplinare aspetti rilevanti della vigilanza regolamentare sulle imprese d’investimento, integrando sotto questo riguardo le misure della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari[164], la quale agevola l’esercizio dei diritti di stabilimento e di libera prestazione di servizi nell’àmbito dell’Unione europea da parte delle suddette imprese, autorizzate e vigilate dallo Stato membro d’origine. A questo fine, la direttiva 2006/49/CE rifonde in un testo coordinato la direttiva 93/6/CEE, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, e le sue successive modificazioni[165].
Il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 303 è stato emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 43 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Tale disposizione ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per coordinare le disposizioni della medesima legge n. 262 del 2005 con il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e con il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché le altre leggi speciali, apportando le modifiche necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse[166].
L’articolo 1, ai commi da 119 a 141, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), come modificato, da ultimo, dall’articolo 1, comma 374, della legge finanziaria per il 2008, ha previsto l’introduzione nell’ordinamento italiano delle società di investimento immobiliare quotate (in acronimo, SIIQ). Alle SIIQ di applica un nuovo regime speciale opzionale civile e fiscale che prevede l'esclusione dall'Ires e dall'Irap del reddito derivante dall'attività di locazione immobiliare[167].
Per quanto concerne il regime di tassazione, al momento dell'ingresso nel regime la società viene assoggettata ad un'imposta sostitutiva dell'Ires e dell'Irap nella misura del 20% sulla plusvalenza totale, derivante dalla differenza tra il valore normale degli immobili destinati alla locazione e dei diritti reali sugli stessi e quello risultante alla data di chiusura dell'ultimo bilancio in regime ordinario. A regime, invece, la società sarà esente dall'Ires e dall'Irap per la parte di reddito d'impresa derivante dall'attività di locazione immobiliare, nonché per i dividendi da partecipazione in altre SIIQ[168] (vedi scheda Le SIIQ, pag. 295).
L’utilizzo degli strumenti finanziari derivati è stato oggetto di discussione in merito al grado di tutela della clientela, soprattutto per quanto concerne i rapporti degli intermediari bancari e finanziari con la clientela non professionale e con gli enti pubblici locali.
Pur considerando che, a fronte delle dotazioni patrimoniali di cui dispone il sistema bancario italiano, la dimensione dei rischi relativi all'operatività in derivati appare contenuta e non si ravvisano, allo stato, rischi per la stabilità del sistema bancario nel suo complesso, si è auspicato, con specifico riferimento ai derivati stipulati dagli enti locali, una maggiore attenzione da parte degli enti medesimi, migliore trasparenza operativa e controlli più efficaci[169].
A tal fine, i commi da
La legge finanziaria per il 2008, all’articolo 1, commi 381-384, dopo aver previsto che i contratti di strumenti finanziari anche derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, debbano essere informati alla massima trasparenza, ha stabilito che detti contratti dovranno recare le informazioni ed essere redatti secondo le indicazioni specificate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite la CONSOB e la Banca d’Italia. Il Ministero dell’economia e delle finanze deve quindi verificare la conformità dei contratti al decreto. La regione o l’ente locale sottoscrittore degli strumenti finanziari deve attestare espressamente di aver preso piena conoscenza dei rischi e delle caratteristiche dei medesimi, evidenziando in apposita nota allegata al bilancio gli oneri e gli impegni finanziari derivanti da tali attività. Il rispetto di tali regole diventa elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti e, nel caso di contratti stipulati in violazione delle stesse regole, va data comunicazione alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di competenza (vedi scheda Gli strumenti finanziari derivati, pag. 301).
La legge finanziaria per il 2006[170] (art. 1, commi 381-384) ha introdotto la facoltà per le società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante di emettere azioni e strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi muniti di diritto di voto. È stato così introdotto nell’ordinamento italiano uno strumento, esistente anche in ordinamenti esteri, che, in caso di offerta pubblica di acquisto riguardante società partecipate dalla mano pubblica, permetterebbe di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata. Più specificamente, gli statuti delle società a rilevante partecipazione statale possono prevedere l’emissione di strumenti finanziari partecipativi ovvero creare categorie di azioni che attribuiscono all’assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di richiedere, a favore di questi ultimi, l’emissione di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria, nella misura determinata dallo statuto.
L’articolo 7 del D.Lgs. n. 229 del 2007 è intervenuto sulla c.d. poison pill, la cui efficacia non viene più subordinata alla preventiva approvazione comunitaria.
Il settore dell’intermediazione creditizia è stato caratterizzato nel corso della XV legislatura da una crescente integrazione dei sistemi bancari a livello europeo, dalla formazione di intermediari cross-border di rilievo sistemico e dall’emergere di nuovi rischi a livello globale per la stabilità finanziaria[171].
Le misure legislative che sono state adottate hanno mirato ad accrescere la tutela dei risparmiatori e degli utenti dei servizi bancari, ad elevare il grado di trasparenza nel mercato, a migliorare la capacità di gestione e controllo dei rischi dei soggetti vigilati, a rafforzare la governance degli intermediari e degli emittenti, richiedendo anche alle autorità di vigilanza nazionali una maggiore cooperazione con le autorità estere per preservare la stabilità, garantire condizioni di parità competitiva, favorire il contenimento degli oneri per gli intermediari.
Le principali modifiche della normativa bancaria e finanziaria hanno riguardato il recepimento della nuova disciplina prudenziale delle banche e delle imprese di investimento (Basilea II), il coordinamento dei testi unici bancario (TUB) e della finanza (TUF) con la legge n. 262 del 2005 sulla tutela del risparmio, le misure di iniziativa governativa sui rapporti tra intermediari e clientela (i cosiddetti decreti “Bersani-Visco” e ”Bersani-bis”), il recepimento della direttiva CE 21 aprile 2004, n. 39 (cosiddetta MiFID - Markets in Financial Instruments Directive).
Il decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297, convertito in legge, con modificazioni, dal comma 1 dell'articolo 1 della legge 23 febbraio 2007, n. 15, all’articolo 1 apporta modificazioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE, con particolare riguardo all’esercizio delle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli istituti di moneta elettronica e sui gruppi bancari, nonché all’attuazione delle misure derivanti dall’accordo di Basilea sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria (cosiddetto accordo di Basilea II)[172].
La direttiva 2006/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2006, concernente l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio, costituisce rifusione della direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 marzo 2000, concernente la medesima materia, che era stata modificata e integrata da successivi interventi del legislatore comunitario (la direttiva 2000/28/CE, la direttiva 2002/28/CE, la direttiva 2004/39/CE e, da ultimo, la direttiva 2005/1/CE).
Nelle premesse della direttiva (considerando 37) è richiamato l’accordo quadro raggiunto dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria il 26 giugno 2004 sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali[173]. Si precisa, in proposito, che le disposizioni della direttiva riguardanti i requisiti patrimoniali minimi degli enti creditizi costituiscono l’equivalente delle disposizioni dell’accordo quadro del Comitato di Basilea. Le principali innovazioni introdotte dalla direttiva, concernono proprio la materia della definizione dei fondi propri delle banche, in conseguenza del citato accordo di Basilea II.
La nuova disciplina prevede modalità di calcolo dei requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito secondo il metodo fondato sui rating interni.
L’applicazione della disciplina presuppone un elevato grado di convergenza dei criteri operativi e di cooperazione tra autorità, posto che le regole sui requisiti minimi di capitale (primo pilastro) e sul processo di controllo prudenziale (secondo pilastro) dovranno essere applicate sia su base consolidata, sia alle filiazioni presenti in ciascun paese; sarà inoltre necessario un più stretto coordinamento riguardo all’informazione al pubblico da richiedere alle banche (terzo pilastro). Per quanto concerne, in particolare, il primo pilastro, l’accordo interviene sul metodo standardizzato per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito; sul metodo dei rating interni per il calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio di credito; sul trattamento prudenziale delle tecniche per la riduzione del rischio di credito e delle cartolarizzazioni; sul calcolo dei requisiti patrimoniali minimi a fronte del rischio operativo (vedi scheda Basilea 2, pag. 337).
Il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 303 è stato emanato in attuazione della delega conferita dall’articolo 43 della legge 28 dicembre 2005, n. 262, recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Tale disposizione ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per coordinare le disposizioni della medesima legge n. 262 del 2005 con il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB), emanato con decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e con il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), emanato con decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 apportando le modifiche necessarie per il coordinamento delle disposizioni stesse. A tal fine, l’articolo 1 reca alcune modifiche al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB)[174]. Degna di nota è la previsione dell’articolo 4, comma 2, lettera d), che introduce la limitazione della responsabilità delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari, dei componenti dei loro organi e dei loro dipendenti ai soli casi di dolo e colpa grave.
La Commissione VI (Finanze) ha condotto un’Indagine conoscitiva sulla situazione e le prospettive del sistema creditizio, con particolare riferimento alle aree meridionali, approvando il relativo documento conclusivo nella seduta del 12 marzo 2008.
Il decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179 dà attuazione alla delega conferita al Governo dall’articolo 27, commi 1 e 2, della legge 28 dicembre 2005, n. 262, recante disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari. Il citato articolo 27, al comma 1, prevede l’istituzione di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degli investitori e dei risparmiatori, “in materia di servizi d’investimento”.
Al riguardo si prevede che si debba tener conto di quanto disposto dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, recante norme in tema di definizione dei procedimenti in materia di diritto societario e di intermediazione finanziaria, nonché in materia bancaria e creditizia, in attuazione dell'articolo 12 della legge 3 ottobre 2001, n. 366.
Oggetto delle procedure sono le controversie insorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o gli altri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi d’informazione, correttezza e trasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela.
Si prevede poi la corresponsione di un indennizzo a favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli investitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, nei casi in cui, mediante le suddette procedure, la CONSOB abbia accertato l’inadempimento degli obblighi sopra indicati. E’ comunque fatta salva l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione dei medesimi obblighi. Viene in ogni caso salvaguardato l’esercizio del diritto d’azione dinnanzi agli organi della giurisdizione ordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo che viene riconosciuto.
Il decreto prevede l'istituzione, presso la CONSOB, di una apposita Camera di conciliazione volta ad amministrare le procedure di conciliazione e arbitrato relative alle controversie insorte tra gli investitori e gli intermediari ed aventi per oggetto la violazione da parte degli stessi intermediari degli obblighi di correttezza e trasparenza espressamente richiamati nei rapporti contrattuali conclusi con gli investitori. Qualora al termine della procedura di conciliazione o di arbitrato risulti un effettivo inadempimento da parte dell'intermediario, l'arbitro o il collegio arbitrale possono riconoscere un indennizzo a favore dell'investitore per il ristoro delle conseguenze pregiudizievoli derivanti dal predetto inadempimento.
Il decreto istituisce quindi il Fondo di garanzia per i risparmiatori e gli investitori, destinato all’indennizzo dei danni patrimoniali causati dalla violazione di norme del Testo unico delle norme in materia di intermediazione finanziaria. La gestione del Fondo è attribuita alla CONSOB. Il Fondo è finanziato mediante il versamento della metà degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie irrigate per le violazioni sopra indicate. Il Fondo, in conseguenza dell’erogazione dell’indennizzo, è surrogato nei diritti del soggetto danneggiato e può rivalersi nei confronti del responsabile delle violazioni.
Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (cosiddetto decreto Bersani-bis), convertito dalla legge n. 40 del 2007, ha introdotto significative novità in materia di contratto di mutuo bancario (vedi scheda Contratti bancari e portabilità dei mutui, pag. 345), al fine di accrescere il grado di concorrenza nel mercato dei mutui bancari, consentendo al debitore di sostituire più facilmente la banca che ha erogato inizialmente il mutuo con una nuova banca che offra condizioni più favorevoli.
Viene innanzitutto previsto che il cliente può rimborsare il finanziamento ricevuto prima della scadenza contrattuale, in misura sia totale che parziale (estinzione anticipata). Per i contratti di mutuo stipulati a decorrere dal 2 febbraio 2007, l’estinzione anticipata non è più condizionata all’applicazione di penali, ossia al pagamento di una somma di denaro aggiuntiva rispetto al capitale che si intende restituire. Inoltre, esiste il divieto di inserire nel contratto di mutuo clausole che pongono a carico del debitore una qualsiasi prestazione a favore della banca, e, qualora previste, tali clausole devono sempre considerarsi nulle. Per i mutui sottoscritti prima del 2 febbraio 2007, e quindi in essere a tale data, le penali di estinzione già previste contrattualmente sono ridotte; la misura della riduzione è stabilita da un accordo tra l’Associazione Bancaria Italiana (ABI) e le organizzazioni dei consumatori, siglato il 2 maggio 2007[175].
Vengono semplificate le modalità di cancellazione dell’ipoteca prestata dal debitore a garanzia del pagamento del mutuo. Prima dell’intervento legislativo, per far venir meno la garanzia occorreva seguire una procedura articolata sostanzialmente in tre fasi: estinzione anticipata del finanziamento in misura integrale; stipula di un atto notarile con il quale la banca incaricava il notaio di procedere alla cancellazione; esecuzione effettiva della cancellazione da parte dell’Agenzia del Territorio. A seguito dell’intervento legislativo, la cancellazione della garanzia consegue automaticamente all’estinzione del mutuo[176].
Altra rilevante innovazione riguarda la surrogazione nel contratto di mutuo su iniziativa del debitore. In generale, con la surrogazione si consente al debitore di sostituire il mutuante, senza necessità di consenso di quest’ultimo, previo il pagamento del debito (art. 1202 del codice civile). L’esercizio della surrogazione a iniziativa del mutuatario realizza la cosiddetta portabilità del mutuo, consentendo al debitore di sostituire la banca che ha erogato inizialmente il mutuo con una nuova banca, che ad esempio propone condizioni migliori, mantenendo viva l’ipoteca originariamente costituita. Nel caso in cui si decida di trasferire il mutuo ad altro intermediario non è quindi ora più necessaria la cancellazione della vecchia garanzia e l’attivazione di una nuova, con riduzione di formalità e di costi notarili. La banca che subentra provvederà a pagare il debito che residua sostituendosi a quella precedente e il debitore rimborserà il mutuo alle nuove condizioni concordate. Le innovazioni normative rendono il ricorso alla surrogazione per volontà del debitore più agevole, prevedendosi la nullità delle clausole contrattuali che ne impediscono ovvero ne rendono oneroso l’esercizio per il cliente. La surrogazione comporta il trasferimento del contratto di mutuo, con esclusione di penali e altri oneri per il mutuatario.
I provvedimenti approvati nella XV legislatura hanno perseguito l’obiettivo di aumentare la trasparenza delle condizioni contrattuali, in quanto si ritiene che una maggiore conoscenza di tali condizioni consente di attenuare lo squilibrio informativo tra intermediario e cliente, agevolare la comparazione fra prodotti, facilitare scelte consapevoli da parte della clientela; indirettamente, la trasparenza delle condizioni contrattuali favorisce la concorrenza fra gli intermediari (vedi scheda Contratti bancari e portabilità dei mutui, pag. 345).
Con riguardo alla modifica delle condizioni del contratto, secondo la legislazione vigente, la banca ha la possibilità di modificare in senso sfavorevole le condizioni inizialmente concordate (cosiddetto jus variandi) solo se previsto dal contratto e specificatamente approvato dal cliente. La facoltà è comunque sottoposta a condizioni, da rispettare a pena di inefficacia delle modifiche, le quali sono state recentemente riviste dal decreto-legge n. 223 del 2006 (cosiddetto decreto Bersani-Visco), convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, che, all’articolo 10, ha fra l’altro sostituito il contenuto dell’articolo 118 del testo unico bancario di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993. Fra l’altro, si prevede che al cliente deve essere data comunicazione scritta delle variazioni almeno trenta giorni prima della data prevista per la decorrenza delle stesse. L’informativa va fornita con uno specifico schema denominato “Proposta di modifica unilaterale del contratto”. Entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, il cliente che non voglia accettare le nuove condizioni contrattuali ha diritto di recedere senza spese dal contratto; nella cessazione del rapporto con la banca il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate. Se invece il cliente non recede entro 60 giorni la modifica si intende approvata. Il mancato rispetto di tali prescrizioni rende inefficaci le variazioni contrattuali sfavorevoli al cliente[177].
Il correntista, entro 60 giorni successivi al ricevimento della comunicazione, ha il diritto di rifiutarne l’applicazione richiedendo la chiusura del rapporto, esercitando il suo diritto di recesso. In tal caso, alla banca è fatto divieto di applicare penali o spese di chiusura; devono inoltre essere rispettate le condizioni previste nel contratto prima dell’intervento di modifica.
La legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) ha istituito, al comma 475 dell’articolo 2, presso il Ministero dell’economia e delle finanze il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, con una dotazione di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
È stata inoltre prevista (articolo 2, comma 476), per i contratti di mutuo riferiti all’acquisto di unità immobiliari da adibire ad abitazione principale del mutuatario, la possibilità per quest’ultimo di chiedere la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell’esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie per esso prestate viene prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. Fatto salvo un diverso patto eventualmente intervenuto fra le parti per la rinegoziazione delle condizioni del contratto, al termine della sospensione il pagamento delle rate riprende secondo gli importi e con la periodicità originariamente previsti dal contratto medesimo.
Il progetto europeo volto alla realizzazione di un mercato comune dei servizi di pagamento (SEPA – Single Euro Payments Area) mira a consentire ai cittadini, alle imprese e alle Amministrazioni pubbliche di effettuare incassi o pagamenti in euro con modalità, diritti e obblighi analoghi in tutti i paesi della UE. Il progetto, in particolare, è diretto ad armonizzare gli strumenti e le infrastrutture per i pagamenti in euro, innalzando la concorrenza nel mercato e facilitando la realizzazione di economie di scala. L’Eurosistema e la Commissione europea sono interessati e coinvolti nella SEPA, la cui realizzazione è stata affidata allo European Payments Council (EPC), organo decisionale delle banche europee[178].
Il 24 aprile 2007 il Parlamento europeo ha approvato la proposta di direttiva in materia di servizi di pagamento al dettaglio nel mercato interno 2007/64/CE (Payment Services Directive – PSD). Con il suo recepimento nelle legislazioni nazionali, da realizzare entro il 1° novembre 2009, gli intermediari finanziari tradizionali si troveranno a operare in concorrenza con le società che verranno abilitate a offrire servizi di pagamento in qualità di Payment Institution. La direttiva, in coerenza con la SEPA, contribuirà ad affermare standard condivisi per gli strumenti di pagamento, accrescendo la confrontabilità delle condizioni di offerta dei servizi[179].
Nel corso della XIV legislatura, in risposta alla crisi internazionale determinatasi in seguito ai gravissimi attentati dell’11 settembre 2001, il Parlamento ha svolto una intensa attività legislativa volta a contrastare il terrorismo e gli strumenti e le fonti di finanziamento del fenomeno. I provvedimenti adottati si sono collocati in un contesto in cui è stata la stessa comunità internazionale e l’Unione Europea a sottolineare la necessità di adeguare gli ordinamenti dei singoli Stati all’esigenza di svolgere un’azione globale per combattere le nuove violente manifestazioni di attacco alle istituzioni democratiche.
Nella XV legislatura viene data attuazione alla direttiva comunitaria 2005/60/CE del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell'uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi derivanti da attività criminose e di finanziamento del terrorismo. I provvedimenti di attuazione della normativa comunitaria di contrasto al riciclaggio si inseriscono dunque in un contesto più ampio, quello del contrasto al terrorismo internazionale, completandone l’aspetto relativo alla repressione e prevenzione delle attività finanziarie connesse.
L’attuazione della direttiva 2005/60/CE (cosiddetta III direttiva antiriciclaggio) del Parlamento e del Consiglio, del 26 ottobre 2005 ha riguardato la prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
La direttiva, che abroga e sostituisce la precedente direttiva 91/308/CEE, mira a estendere la vigilanza, fin qui diretta soltanto verso i soggetti che riciclano denaro, alla categoria più ampia dei soggetti che finanziano il terrorismo.
Ne consegue l’importanza di nuovi obblighi per l’identificazione, diversi e più complessi di quelli previsti dalla direttiva 91/308/CEE, che impongono anche l’adeguata verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente unitamente a informazioni sullo scopo e sulla prevista natura del rapporto d’affari.
Gli obblighi di verifica possono essere calibrati in funzione del rischio associato al tipo di cliente, al rapporto d’affari, al prodotto, alla transazione effettuata.
L’obbligo di adeguata verifica della clientela è rafforzato sulla base della valutazione del rischio esistente nelle situazioni che, per la loro natura, possono presentare un rischio più elevato di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (c.d. concetto di gradualità delle misure).
Sussiste inoltre, per gli enti creditizi e finanziari, la necessità di disporre di sistemi efficaci, anche elettronici, proporzionati alla dimensione e alla natura degli affari, per poter rispondere pienamente e rapidamente alle richieste di informazioni riguardanti gli eventuali rapporti di affari intrattenuti con determinate persone e al connesso obbligo di conservare i dati, i documenti e le informazioni per un determinato periodo decorrente dalla fine del rapporto di affari o, in taluni casi, dall’esecuzione dell’operazione.
Innovativa è anche l’attenzione che deve essere posta nell’adempimento degli obblighi di segnalazione con riguardo ad ogni attività sospettata di connessione con il riciclaggio o con il finanziamento del terrorismo. In particolare, dovranno essere monitorate le operazioni complesse o di importo insolitamente elevato, nonché tutti gli schemi insoliti di operazioni che non hanno un fine economico evidente o uno scopo chiaramente lecito.
Tra le misure di esecuzione, oltre alle verifiche della clientela e alla segnalazione di casi sospetti, sono previste procedure di controllo interno, di valutazione e gestione del rischio e di garanzia dell’osservanza di tutte le disposizioni da parte del personale dipendente dagli enti su cui ricadono gli obblighi di identificazione e di segnalazione. In tale ambito, il personale interessato deve essere posto a conoscenza delle disposizioni adottate, anche attraverso l’obbligo di frequentare specifici programmi di formazione, onde essere in grado di riconoscere le attività che potrebbero essere connesse a tali reati.
Nella nuova disciplina, si rileva, quindi, la finalità di contrasto del finanziamento del terrorismo, evidenziandosi, a livello organizzativo, una più stretta interrelazione tra la fase di analisi dei rischi e la fase delle verifiche e dei controlli di esecuzione.
Il decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109 (“Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE”), attuativo della direttiva 2005/60/CE e della delega contenuta nell’articolo 22 della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005), introduce nuove misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale e l’attività dei paesi che minacciano la pace e le sicurezza internazionale (vedi scheda Le nuove norme antiriciclaggio, pag. 357).
In particolare, sono dettate disposizioni in merito al Comitato di sicurezza finanziaria (CSF), già previsto dal decreto-legge 12 ottobre 2001, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 dicembre 2001, n. 43, nell’ambito dell’azione contro il terrorismo internazionale.
Sono regolati gli effetti giuridici derivanti dall’adozione delle misure di congelamento dei fondi e delle risorse economiche adottate per il contrasto al terrorismo internazionale e viene precisato che i fondi sottoposti a congelamento non possono costituire oggetto di alcun atto di trasferimento, disposizione o utilizzo. Analoga disposizione è prevista per tutte le risorse economiche sottoposte a congelamento. Contro le decisioni del Comitato di sicurezza finanziaria, i soggetti interessati possono proporre ricorso giurisdizionale al Tribunale amministrativo regionale del Lazio entro sessanta giorni dall'avvenuta notifica della decisione.
Il decreto prevede l’obbligo per le amministrazioni dello Stato e gli altri enti pubblici che curano la tenuta di pubblici registri, in possesso di informazioni relative alla risorse economiche congelate, di darne comunicazione all’Ufficio italiano dei cambi (UIC) ed al Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza. A tal fine, spetta al Comitato di sicurezza finanziaria stabilire le intese con le amministrazioni e gli altri enti pubblici che curano la tenuta di pubblici registri.
Viene posto a carico dei soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio l’obbligo di comunicare all’Ufficio italiano cambi e, nel caso di risorse economiche, anche al Nucleo speciale polizia Valutaria della Guardia finanza, le misure applicate, mentre si stabilisce a carico dei medesimi soggetti l’obbligo di segnalazione di eventuali operazioni che possono essere riconducibili ad attività di finanziamento del terrorismo. A tal fine, spetta alla Banca d’Italia, sentito l’Ufficio italiano dei cambi e d’intesa con le autorità di vigilanza di settore nell’ambito delle rispettive competenze, emanare le necessarie istruzioni applicative per l’individuazione delle operazioni sospette. Il decreto definisce, inoltre, specificamente i compiti dell’Ufficio italiano dei cambi, del Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza e dell'Agenzia del demanio in relazione alle finalità antiterrorismo perseguite dal provvedimento ed individua in quest’ultima istituzione il soggetto competente alla custodia, conservazione e gestione delle risorse economiche oggetto di congelamento, anche attraverso la nomina di un custode o di un amministratore.
Viene, infine, introdotto un quadro sanzionatorio relativo alle violazioni delle disposizioni previste dal provvedimento.
Il decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 recepisce anch’esso la direttiva 2005/60/CE nonché la direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione. La finalità del provvedimento consiste nel prevenire l’utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per finalità di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo (vedi scheda Le nuove norme antiriciclaggio, pag. 357).
Le misure devono essere proporzionate al rischio di riciclaggio dei proventi derivanti da attività criminose o di finanziamento del terrorismo. Il criterio di proporzionalità va calibrato sulla base della tipologia di clientela, della tipologia di rapporto continuativo instauratosi tra il destinatario del decreto e il cliente, del contenuto della prestazione professionale, del tipo di prodotto o di transazione oggetto del rapporto con la clientela.
Il decreto individua quali destinatari degli obblighi in esso contenuti numerosi soggetti – persone fisiche e giuridiche – la cui attività è potenzialmente a rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo. Si ricordano – a titolo esemplificativo – gli intermediari finanziari (come le banche e Poste italiane S.p.A.) e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria (come i promotori finanziari), i liberi professionisti, i revisori contabili, i gestori di case da gioco.
Le disposizioni del Titolo II, Capo I, indicano i casi in cui devono essere applicati gli obblighi di adeguata verifica della clientela da parte degli intermediari finanziari, dei professionisti, dei revisori contabili e degli altri soggetti obbligati, precisando altresì il contenuto e le modalità di adempimento di tali obblighi. Tendenzialmente, tali obblighi dovranno essere osservati nei casi di nuovi rapporti continuativi, di conferimento di incarichi professionali, di esecuzione di prestazioni professionali occasionali che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15 mila euro (a prescindere dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni collegate). Inoltre, i predetti obblighi operano anche nelle fattispecie di sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo (indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile), nonché di dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati identificativi precedentemente ottenuti.
Viene poi introdotto il concetto di “obbligo basato sul rischio”, consistente nel calibrare gli obblighi di adeguata verifica della clientela in funzione del rischio associato al tipo di cliente, al rapporto continuativo, alla prestazione professionale, all’operazione, prodotto o transazione di cui trattasi.
Le disposizioni del Titolo II, Capo II, definiscono – sempre in capo ai destinatari del decreto – i doveri di registrazione delle informazioni acquisite per assolvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela; le disposizioni di cui al Capo III definiscono, invece, gli obblighi segnalazione all’Unità di informazione finanziaria (UIF) di operazioni sospette di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
Tra le misure concrete con cui adempiere agli obblighi suddetti, rileva (art. 49, comma 1) il divieto di trasferire denaro contante o libretti di deposito bancari o postali al portatore o titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, sia complessivamente pari o superiore a 5.000 euro[180]. Tuttavia, tale trasferimento può essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane S.p.A. Si prevede altresì che i moduli di assegni bancari e postali siano rilasciati dalle banche e da Poste Italiane S.p.A. muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera (art. 49, comma 4); tuttavia, per ciascun modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera, il richiedente dovrà pagare, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro (art. 49, comma 10).
Il decreto opera altresì una rivisitazione del quadro sanzionatorio, attribuendo a varie condotte poste in essere in violazione delle norme del decreto la valenza di illecito amministrativo e comminando la relativa sanzione pecuniaria.
Da ultimo, si dispone la soppressione dell’Ufficio italiano dei cambi (UIC) e il trasferimento alla Banca d’Italia delle relative competenze e poteri (comprese le prerogative da esercitarsi quale Unità di informazione finanziaria per l’Italia).
Nel corso della XV legislatura, gli interventi normativi concernenti il settore assicurativo hanno inciso sia sulla disciplina relativa ai soggetti operanti nel settore (imprese, agenti ed intermediari)che sulla disciplina sostanziale del contratto di assicurazione.
Inoltre, si sono registrate novità anche in materia di emissione e collocamento di prodotti finanziari di natura assicurativa, nonché in relazione ai soggetti istituzionali operanti nel settore (SACE[181], autorità di vigilanza).
Merita particolare attenzione, inoltre, l’analisi dell’impatto dei cd. “decreti Bersani” sulla normativa in materia di assicurazione, in considerazione delle finalità di liberalizzazione del mercato e tutela dei consumatori, nonché le norme di attuazione del sistema di risarcimento diretto in materia di RC Auto (per approfondimenti, si veda la relativa scheda La disciplina del risarcimento diretto, pag. 369).
In materia di contabilità delle imprese di assicurazione, si ricordano in questa sede le modifiche apportate alla disciplina della relazione sulla gestione e della nota integrativa al bilancio delle suddette tipologie di imprese. In particolare è stato disposto (articolo 4 del decreto legislativo 2 febbraio 2007, n. 32[182]) l’obbligo di indicare nella nota integrativa allegata al bilancio il fair value e le informazioni su entità e natura di ciascuna categoria di strumenti finanziari derivati eventualmente emessi.
La legge comunitaria 2007 (articolo 25 della legge 29 febbraio 2008, n. 34) ha poi delegato il Governo ad adottare disposizioni finalizzate ad estendere l’obbligo di applicazione dei princìpi contabili internazionali alla redazione del bilancio di esercizio - tra l’altro - delle imprese di assicurazione, al fine di adeguare l’ordinamento italiano alle disposizioni europee (direttiva 2003/51/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 giugno 2003).
Infine, con finalità di tutela dei consumatori, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1351 della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha esonerato, tra gli altri, anche gli agenti e i mediatori di assicurazione e riassicurazione dall’obbligo di versare su apposito e separato conto i premi ad essi pagati, nonché le somme destinate ai risarcimenti o ai pagamenti dovuti dalle imprese di assicurazione, se regolati per il tramite dell'intermediario medesimo, purché tali soggetti documentino in modo permanente, mediante fideiussione bancaria, una determinata capacità finanziaria.
Per quanto attiene alla disciplina dell’emissione e collocamento dei prodotti finanziari, in questa sede si ricordano le norme (articolo 3, comma 4 del D.Lgs. n. 303 del 2006[183]) che hanno disposto l’applicazione dei criteri generali per la prestazione dei servizi d’investimento, nonché della disciplina dei relativi contratti, anche alla sottoscrizione ed al collocamento di prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazioni, sopprimendo la clausola che – secondo la normativa precedente – ne richiedeva la previa verifica di compatibilità con le norme del TUF[184]. E’ stata altresì prevista (articolo 3, comma 5 del citato D.Lgs. n. 303 del 2006) l’applicazione della disciplina dell’offerta fuori sede anche ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione, limitatamente ai casi in cui tali prodotti siano collocati da soggetti abilitati a norma del TUF (ossia da imprese di investimento, SGR, società di gestione armonizzate, SICAV, intermediari finanziari iscritti nell'elenco speciale, banche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento).
Relativamente alla disciplina dell'Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero – SACE, si ricorda che la legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi 1334-1338 della l. n. 296 del 2006), accanto alle disposizioni di coordinamento formale – legate alla trasformazione dell’istituto in società per azioni – ha inciso direttamente sulle funzioni attualmente assegnate alla SACE, autorizzando la società arilasciare garanzie e coperture assicurative per le imprese estere in relazione a progetti strategici per l'economia italiana sotto i profili dell'internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell'attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia. E’ stata inoltre ampliata la gamma dei soggetti/clienti di SACE. Da ultimo, è stata prevista una riduzione del capitale sociale della società, in misura adeguata alla sua attività, in favore dell'azionista (Ministero dell'economia e delle finanze), nonché il versamento al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato dell'importo eccedente il capitale adeguato.
In ordine alle comunicazioni al fisco da parte dei soggetti operanti nel settore assicurativo, si ricordano in particolare le disposizioni del decreto-legge n. 223 del 2006 (articolo 35, comma 27). Con finalità di accertamento nei confronti dei soggetti (ad esempio, consulenti e periti) che partecipano alla quantificazione delle somme liquidate dalle imprese di assicurazione, la citata norma ha obbligato imprese, intermediari e operatori del settore assicurativo, che si trovino ad erogare – in base a contratti di qualsiasi ramo – somme di denaro a qualsiasi titolo nei confronti dei danneggiati, di comunicare all’anagrafe tributaria i dati relativi all’ammontare delle somme liquidate, nonché il codice fiscale o la partita IVA del beneficiario e dei soggetti le cui prestazioni, rese a favore della compagnia di assicurazione o dell’assicurato, sono state valutate ai fini della quantificazione della somma liquidata. La disposizione si applica alle somme erogate a decorrere dal 1° ottobre 2006[185].
In materia di disciplina sostanziale dei contratti di assicurazione, si ricordano in questa sede le novità introdotte in materia di RC autoveicoli dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 198, emanato in attuazione della direttiva 2005/14/CE[186].
Le disposizioni comunitarie sono intervenute principalmente sul profilo della tutela del soggetto danneggiato e del contraente, al fine di favorire la libera circolazione degli autoveicoli e delle persone all’interno della Comunità, in ragione della sua incidenza diretta sulla creazione e sul funzionamento del mercato comune, stabilendo un complesso di regole minime condivise in materia di copertura assicurativa obbligatoria dei danni.
Tra le norme più rilevanti, si ricorda quanto disposto in materia di importi minimi di garanzia per l’adempimento dell’obbligo di assicurazione RC derivante dalla circolazione dei veicoli a motori e dei natanti: è stato infatti previsto (articolo 1, comma 4 del D.Lgs n. 198 del 2007) l’innalzamento dell’importo minimo di copertura a 5 milioni di euro (dall’originaria cifra di un milione di euro) per sinistro nel caso di danni alle persone, indipendentemente dal numero delle vittime, nonché ad un milione di euro nel caso di danni alle cose.
Per quanto riguarda la disciplina dell’attestato di rischio, le norme in esame hanno previsto (articolo 1, comma 5, del D.Lgs 198 del 2007) che i soggetti aventi diritto possano esigere in qualunque momento, entro quindici giorni dalla propria richiesta, l’attestazione del rischio relativo agli ultimi cinque anni del contratto di assicurazione obbligatoria relativo ai veicoli a motore, secondo le modalità stabilite dall’ISVAP con proprio regolamento.
Ai sensi della nuova disciplina (articolo 1, comma 6), in materia di tutela del soggetto danneggiato nel caso di sinistro avvenuto all’estero, è stato previsto il diritto di quest’ultimo di ottenere, dal Centro di informazione italiano[187], le informazioni riguardanti la copertura assicurativa dei veicolo che ha causato il sinistro, il numero di polizza e la data di scadenza della stessa. Inoltre, le medesime disposizioni hanno previsto che l'assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti copra anche i danni alle persone e i danni alle cose subiti da pedoni, ciclisti e altri utenti non motorizzati della strada i quali, in conseguenza di un incidente nel quale sia stato coinvolto un veicolo, hanno diritto alla riparazione del danno nei limiti in cui sussista la responsabilità civile dei conducenti.
Si ricordano in questa sede le modifiche operate (articolo 1, commi 9-13) alla disciplina del Fondo di garanzia per le vittime della strada, costituito presso la CONSAP. E’ stato ampliato il novero delle ipotesi di intervento del Fondo, con l’estensione dell’ambito di risarcibilità del danno causato da veicolo o natante non identificato e da veicolo o natante non assicurato.
La legge finanziaria 2007[188], in materia di tassazione dei premi assicurativi di veicoli e natanti, ha stabilito che siano tassati con la medesima aliquota i premi delle assicurazioni obbligatorie della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti ed i premi di assicurazione per altri rischi inerenti al veicolo, al natante o ai danni causati dalla loro circolazione, indipendentemente dalla circostanza che le due assicurazioni siano stipulate col medesimo contratto.
Per quel che attiene all’estensione delle misure di riduzione del cuneo fiscale alle imprese di assicurazione, si veda il capitolo Reddito d’impresa e lavoro autonomo, pag. 37
L’incidenza del “primo pacchetto liberalizzazioni[189]” sul ramo assicurativo si è registrata, in primo luogo, sulla disciplina dell’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto. Nel dettaglio, è stato vietato (articolo 8, commi 1-2, d.l. n. 223 del 2006) alle compagnie di assicurazione e ai loro agenti di vendita operanti nel settore RC auto di stipulare nuove clausole contrattuali di distribuzione esclusiva e di imposizione di prezzi minimi, ovvero di sconti massimi, praticabili nei riguardi dei consumatori contraenti, a pena di nullità - per contrarietà a norme imperative - delle clausole contrattuali stipulate in contravvenzione a tale divieto. L'ambito di applicazione è stato esteso non solo agli agenti assicurativi, ma anche ad ogni altro “distributore di servizi assicurativi" relativi al ramo responsabilità civile auto.
Ai fini dell’applicazione della normativa antitrust, le norme (articolo 8, comma 3) hanno classificato come rientranti nella categoria delle intese restrittive della libertà di concorrenza (come disciplinata dall'articolo 2 della legge n. 287 del 1990[190]) l’imposizione di un mandato di distribuzione esclusiva o del rispetto di prezzi minimi o di sconti massimi, nell’adempimento dei contratti di assicurazione r.c. auto.
Le disposizioni del “primo pacchetto” hanno poi modificato la disciplina relativa alla trasparenza dei premi e delle condizioni di contratto di assicurazione RC auto contenuta nel Codice delle assicurazioni private (articolo 8, comma 3), imponendo obblighi informativi all’intermediario sulle provvigioni riconosciutegli dall’impresa / dalle imprese per conto delle quali opera[191].
Il “secondo pacchetto di liberalizzazioni”[192] ha in primo luogo esteso a tutti i rami danni (articolo 5, comma 1 del d.l. n. 7 del 2007) il divieto di stipula di clausole di distribuzione esclusiva di polizze, nonché di imposizione di prezzi minimi ovvero di sconti massimi. Dall’altro lato, le disposizioni introdotte col “secondo pacchetto” hanno recato modifiche alla normativa del Codice delle assicurazioni private relativa all’attestato di rischio nell’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile autoveicoli. E’ stato infatti disposto (articolo 5, comma 1-bis) che, in caso di cessazione del rischio assicurato o in caso di sospensione o di mancato rinnovo del contratto di assicurazione per mancato utilizzo del veicolo, l’ultimo attestato di rischio conseguito conservi validità per un periodo di cinque anni. Inoltre, in tutti i casi di stipulazione di un nuovo contratto, l’impresa di assicurazione non può assegnare al contraente una classe di merito più sfavorevole rispetto a quella risultante dall’ultimo attestato di rischio conseguito. Tale previsione si riferisce in particolare alle ipotesi di stipulazione di un contratto di assicurazione relativo a un ulteriore veicolo della medesima tipologia, acquistato dalla persona fisica già titolare di polizza assicurativa o da un componente stabilmente convivente del suo nucleo familiare.
Il “secondo pacchetto” ha poi disciplinato (articolo 5, comma 2 del d.l. n. 7 del 2007) le conseguenze dei sinistri stradali ai fini della variazione della classe di merito: qualsiasi variazione della classe di merito è subordinata all’accertamento dell’effettiva responsabilità del contraente quale responsabile principale del sinistro, salvo computo pro quota della responsabilità nel caso in cui non sia possibile individuare un responsabile principale del sinistro, ovvero in caso di liquidazione parziale. E’ posto a carico delle imprese di assicurazione l’obbligo di comunicare tempestivamente al contraente le variazioni peggiorative apportate alla sua classe di merito, a fini di maggior trasparenza e pubblicità.
In relazione alle funzioni del Ministero dello sviluppo economico nel settore RC auto, è stato previsto che il medesimo Ministero, anche tramite il proprio sito internet, predisponga un servizio informativo che consenta ai consumatori di comparare le tariffe applicate dalle imprese di assicurazione in relazione al proprio profilo individuale. Per la realizzazione del sistema informativo è stata prevista l’utilizzazione del sistema tariffario organizzato dall’ISVAP, completo in tutte le sue estensioni[193].
Infine, in materia di durata dell’assicurazione, nei contratti di assicurazione diversi dal ramo vita di durata poliennale, gli assicurati possano recedere annualmente dal contratto, senza oneri, con preavviso di sessanta giorni.
Sotto un diverso versante, il “secondo pacchetto liberalizzazioni” (articolo 8-bis del citato d.l. n. 7 del 2007) ha vietato nell’ambito dei rapporti assicurativi e bancari, di addebitare al cliente le spese di predisposizione, produzione, spedizione (o altre spese comunque denominate) relative, tra l’altro alle comunicazioni poste a carico delle imprese di assicurazione in materia di variazioni peggiorative alla classe di merito.
Si ricorda inoltre che, in attuazione delle prescrizioni contenute nel Codice delle assicurazioni private, nonché in considerazione delle novità introdotte dai “pacchetti liberalizzazioni”,l’ISVAP ha emanato il regolamento di disciplina dell’attività di intermediazione assicurativa e riassicurativa[194].
In materia di vigilanza sul settore assicurativo, il citato decreto legislativo n. 303 del 2006 ha previsto [articolo 2, comma 1, lettera a)] che, nei procedimenti per cui è richiesto il parere dell’ISVAP – reso all’Autorità garante della concorrenza e del mercato nel caso di operazioni coinvolgenti imprese assicurative, al fine di adottare i provvedimenti finali - il decorso del termine per l’espressione di tale parere resti sospeso fino al ricevimento del medesimo da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, o comunque fino allo spirare del termine previsto per la sua espressione.
Il medesimo decreto legislativo ha inciso (articolo 4) sulle norme di tutela del risparmio e di disciplina dei mercati finanziari, recate dalla legge 28 dicembre 2005, n. 262. In particolare, è stata modificata la normativa che regola i procedimenti delle Autorità di regolazione e vigilanza sui mercati finanziari (Banca d’Italia, CONSOB, ISVAP e COVIP) finalizzati all’adozione di provvedimenti individuali. Le norme in commento (articolo 4, comma 3, lettera a)) hanno reso possibile, ancorché non obbligatorio, avviare i suddetti procedimenti anche sulla base di esposti presentati alle autorità di vigilanza. Inoltre (lettera b)) è stato previsto che nell’istruzione dei provvedimenti individuali possono essere valutate anche le notizie sottoposte per iscritto da soggetti interessati.
In materia di responsabilità per danni cagionati da atti o comportamenti riconducibili alle autorità di vigilanza (lettera d) del comma 3) è stato previsto che, nell’esercizio delle proprie funzioni di controllo, la Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP e la COVIP, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, i componenti dei loro organi e i dipendenti di esse rispondano dei danni cagionati dai loro atti o comportamenti solamente in caso di dolo o colpa grave.
Da ultimo, il comma 4 dell’articolo 4 del medesimo decreto legislativo ha abrogato le norme relative al riparto di competenze tra Autorità di vigilanza in materia di trasparenza nel settore assicurativo, dettate dal comma 2 dell’articolo 25 della legge n. 262 del 2005.
Si ricorda a tal proposito che la relazione governativa allo schema di decreto osservava come la norma abrogata, oltre a elementi di criticità sul piano formale, contrastasse con la ripartizione “per finalità”, anziché “per prodotto”, delle competenze tra Autorità di vigilanza. Tale modalità di ripartizione, che ha ispirato la legge n. 262 del 2005, prevede che spettino alla CONSOB la vigilanza sulla trasparenza e sulla correttezza dei comportamenti e il potere di disciplinare le informazioni da inserire nei prospetti (a prescindere dal prodotto oggetto di commercializzazione). L’intervento dell’ISVAP, prescritto dalla norma abrogata, ancorché limitato a una determinata categoria di prodotti assicurativi, non appariva coerente con l’indicata ripartizione di competenze.
Attività presso le
istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell’Ufficio Rapporti con
l’Unione europea)
(A cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
Nel corso del 2006 e del 2007 l’attività delle Istituzioni dell’Unione europea si è incentrata in particolare sulla valutazione di possibile modifiche al quadro normativo vigente al fine di fornire, soprattutto alle piccole e medie imprese, strumenti giuridici flessibili che siano in linea con il fenomeno di crescente mobilità delle imprese, riscontrabile sia a livello intracomunitario che internazionale. Tra i temi affrontati rivestono particolare rilevanza la semplificazione del contesto normativo societario e la creazione di un possibile Statuto di società privata europea.
Con riguardo al primo
aspetto, il 10 luglio 2007
Richiamandosi alle conclusioni del Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, in cui si sottolinea l’importanza della riduzione degli oneri amministrativi per stimolare l’economia europea, la comunicazione ha lanciato una consultazione, conclusasi il 15 ottobre 2007, volta a raccogliere osservazioni sugli orientamenti proposti.
Sulla comunicazione il Consiglio ha adottato conclusioni nella riunione del 22 novembre 2007.
Per quanto attiene al secondo profilo, tra il 19 luglio 2007 e il 31 ottobre 2007 la Commissione europea ha svolto una consultazione su un eventuale Statuto di società privata europea.
L’iniziativa, già prevista nella comunicazione “Modernizzare il diritto delle società e rafforzare il governo societario nell’Unione europea: un piano per progredire” adottata dalla Commissione il 21 maggio 2003[196], ha inteso acquisire le opinioni degli operatori del settore in merito all’istituzione di una nuova forma giuridica a livello UE, che permetta di facilitare l’esercizio di attività transnazionali per le piccole e medie imprese. A sostegno della creazione di uno Statuto di società privata europea si è espresso anche il Parlamento europeo, in due risoluzioni adottate rispettivamente il 1° febbraio 2007 e il 25 ottobre 2007. La Commissione europea ha incluso la presentazione di una proposta di regolamento in materia, nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2008.
(A cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
Nel corso degli ultimi anni, le iniziative delle Istituzioni dell’UE in materia di politica fiscale hanno inteso, per un verso, avviare e proseguire interventi di semplificazione e ammodernamento della disciplina vigente e, per altro verso, rafforzare la cooperazione tra le amministrazioni competenti nella lotta contro le frodi.
Al fine di adeguare il regime IVA all’evoluzione economica e agli indirizzi delle politiche settoriali dell’UE, il 7 novembre 2007 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva di modifica della direttiva 112/2006 (COM(2007)677) sul sistema comune IVA.
Le modifiche proposte riguardano:
- il regime IVA applicabile alla fornitura di gas naturale, di energia elettrica, di calore e/o di freddo (in particolare per quanto riguarda il luogo di tassazione delle cessioni di gas naturale e l'esenzione dall'imposta delle importazioni di gas naturale);
- il trattamento fiscale delle imprese comuni che, ai sensi dell'articolo 171 del Trattato, la Comunità può creare, per assicurare la migliore esecuzione dei programmi di ricerca;
- talune deroghe accordate a paesi di recente entrati a far parte dell’UE;
- l’ esercizio del diritto a detrazione dell'IVA assolta a monte (in particolare per gli immobili).
La lotta alla frode fiscale e in particolare all’elusione degli obblighi IVA costituisce uno degli obiettivi prioritari della politica fiscale dell’UE. In particolare, il Consiglio ECOFIN ha individuato, nel giugno 2007, i due fronti su cui agire: l’assoggettamento delle operazioni intracomunitarie a imposizione, e la possibilità di ricorrere, su base facoltativa, ad un meccanismo di inversione contabile generale (c.d. reverse charge).
Tale meccanismo (in base al quale l’imposta deve essere assolta dal cliente, se soggetto IVA nello Stato in cui avviene la transazione, anziché dal prestatore del servizio o dal cedente e quindi rende l’acquirente debitore dell’imposta), per le operazioni che coinvolgono imprese soggette ad IVA nello Stato membro in cui ha sede l’acquirente, fa sì che l’imposizione avvenga nel luogo di consumo, senza che il fornitore sia soggetto a obblighi fiscali in tale paese. La proposta della Commissione tende ad estendere questo meccanismo, già obbligatorio per alcune operazioni, a vari altri casi.
Inoltre gli Stati membri hanno la facoltà di stabilire nella legislazione nazionale per quali cessioni imponibili di beni o prestazioni imponibili di servizi effettuate da soggetti passivi non stabiliti sia opportuno applicare il meccanismo dell’inversione contabile per il pagamento dell’IVA.
Al riguardo, la Commissione ha adottato il 22 febbraio 2008 una comunicazione concernente per l’appunto le misure di modifica del sistema IVA per combattere la frode (COM(2008)109).
Con specifico riguardo alla lotta contro la frode IVA relativa alle operazioni intracomunitarie, il 17 marzo 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva di modifica della direttiva 2006/112/CE e una proposta di regolamento recante modifica del Reg. CE 1798/2003 (COM(2008)147).
Il 6 marzo 2008 la Commissione ha lanciato una consultazione (che si concluderà il 12 maggio 2008) in merito alla possibilità di prorogare o porre a regime le aliquote ridotte IVA per i servizi ad alta intensità di manodopera e locali.
Attualmente, la direttiva 2006/112/CE prevede l’applicazione di aliquote ridotte fino al 2010 per piccole riparazioni, parrucchieri, pulizie, ristrutturazioni edilizie.
La consultazione mira a valutare se assoggettare ad aliquote ridotte anche i servizi di ristorazione ed eventualmente di stampa on-line, editoria elettronica nonché prodotti con risparmio di energia.
Il 30 marzo 2007 la Commissione ha presentato il ricorso alla Corte di giustizia contro l’Italia con riferimento all’estensione del condono fiscale relativo al pagamento dell’Iva per il periodo d’imposta 2002 (procedura di infrazione 2006/2227 - causa 174/07).
Secondo la Commissione l’estensione al 2002 del condono fiscale, disposta dalla legge finanziaria 2003 (art. 2, co. 44-51, L. 27.12.2002, 289), avrebbe consentito al contribuente di regolarizzare definitivamente la propria posizione nei riguardi del versamento dell’IVA, sia nell’ipotesi di omessa dichiarazione, pagando una somma forfettaria, sia nell’ipotesi di dichiarazione originaria incompleta, presentando una dichiarazione integrativa e pagando il 2% dell’Iva dovuta. Il condono comporterebbe, prevedendo la preclusione di ogni accertamento tributario, una violazione dell’obbligo per ciascuno Stato di garantire la corretta applicazione del diritto comunitario. Il ricorso contesta l’estensione del condono fiscale e non il condono in sé, che è oggetto di un’ulteriore procedura d’infrazione (n. 2003/2156), attualmente nella fase di ricorso alla Corte di giustizia (causa 132/06).
Nel quadro della modernizzazione e informatizzazione delle procedure di funzionamento e di controllo della politica fiscale dell’UE, la Commissione il 14 febbraio 2008 ha presentato la proposta di direttiva sul regime generale delle accise (COM(2008)78), al fine di tenere conto dell'introduzione del sistema informatizzato per i movimenti e i controlli dei prodotti soggetti ad accisa (Excise Movement and Control System, EMCS”).
E’ stata pubblicata in GUUE L 18 aprile 2008 la decisione 7 aprile 2008, n. 318 che autorizza l’Italia ad applicare, in determinate zone geografiche, aliquote di tassazione ridotte al gasolio e al GPL utilizzati per riscaldamento ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2003/96/CE.
La decisione è stata adottata sulla base di una proposta di decisione che la Commissione aveva presentato il 22 gennaio 2008 (COM(2008)7).
La proposta scaturiva da una richiesta,ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dell’energia, del Governo italiano alla Commissione, di rinnovare la deroga già concessa sino al 31 dicembre 2006, che ha consentito all’Italia di introdurre in alcune parti del territorio aliquote di tassazione ridotte per il GPL e il gasolio utilizzati per riscaldamento, nell’ambito di una riforma del proprio sistema fiscale che ha aumentato il livello generale delle accise.
La Commissione ha ritenuto che la riduzione possa essere considerata compatibile con l’effetto incentivante della tassazione a fini di efficienza energetica e con altri aspetti della politica energetica. La proposta della Commissione prevedeva, pertanto, che l’Italia potesse essere autorizzata ad applicare retroattivamente la riduzione specifica senza soluzione di continuità rispetto alla situazione esistente a partire dal 1° gennaio 2007.
Con riguardo al gasolio utilizzato come carburante, la Commissione il 13 marzo 2007 ha presentato una proposta di direttiva recante modifica della direttiva 2003/96/CE sull’adeguamento del regime fiscale specifico per il gasolio utilizzato come carburante per motori a fini commerciali e il coordinamento della tassazione della benzina senza piombo e del gasolio utilizzati come carburante per motori (COM(2007)52).
La proposta è intesa a modificare la direttiva sulla tassazione dell'energia aumentando i livelli minimi di tassazione del gasolio fissati a livello comunitario.
A partire dal 2004 la Commissione ha avviato una riflessione sulla possibilità di introdurre una base imponibile consolidata per la tassazione delle società e dei gruppi transfrontalieri.
Nel programma legislativo per il 2008 la Commissione ha ribadito l’intenzione di presentare, nel corso del 2008, una proposta legislativa che permetta alle imprese di scegliere una base di imposizione unica a livello dell’Unione, come previsto dalla strategia politica annuale per il 2008. Il programma ricorda che per esaminare le varie opzioni e le relative ripercussioni è stata avviata una valutazione d’impatto.
Il 2 maggio 2007 la Commissione ha adottato una comunicazione sui progressi compiuti nel 2006 e sui prossimi passi verso una proposta in materia di base imponibile consolidata comune per le società (CCCTB) (COM(2007)223).
L’introduzione di un regime comune, che avrebbe carattere opzionale, sarebbe intesa principalmente ad agevolare i gruppi societari che svolgono la propria attività in più Stati membri, riducendo il rischio di concorrenza fiscale dannosa tra i vari ordinamenti.
Il 5 giugno 2007 il Consiglio ha preso atto della relazione e la Commissione si è impegnata a presentare una iniziativa legislativa in materia nel 2008.
(A cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
L’attività dell’Unione europea nel settore dei servizi finanziari si è concentrata, nel corso del 2006 e del 2007, sui temi della stabilità finanziaria e del rafforzamento della vigilanza, soprattutto in considerazione della sempre maggiore interconnessione dei mercati finanziari mondiali e della possibilità di un rapido propagarsi delle turbolenze nel settore (cd. rischio sistemico).
Sono state inoltre adottate ulteriori iniziative concernenti settori specifici, al fine di completare o migliorare il funzionamento del mercato finanziario unico dell’UE, realizzato nel corso del 2004 con l’adozione delle misure previste dal Piano d’azione per i servizi finanziari[197] 1999-2005. Tali iniziative hanno riguardato in particolare il credito ipotecario e il settore assicurativo.
Il 9 ottobre 2007 il Consiglio Ecofinha adottato i“Principi comuni per la gestione delle crisi finanziarie transfrontaliere”, nei quali viene affermata la necessità di una diligente cooperazione tra le istituzioni competenti degli Stati membri e l’esigenza di limitare l’intervento pubblico a casi di grave turbamento dell’economia e di superiore impatto sociale.
Nella stessa data il Consiglio ha inoltre adottato una Tabella di marcia strategica per il rafforzamento delle disposizioni dell’UE in materia di stabilità finanziaria, in cui sono dettagliatamente individuate le azioni da intraprendere a livello UE entro il 2009.
Il Consiglio europeo del 13-14 marzo 2008, accogliendo l’impostazione proposta in apposite comunicazioni della Commissione, ha adottato conclusioni in materia di stabilità finanziaria nelle quali, ribadendo che la responsabilità principale in caso di turbolenze finanziarie rimane del settore privato, individua le quattro aree in cui concentrare l’azione politica UE, qualora necessario.
Si tratta in particolare di: rafforzare la trasparenza per investitori, mercati e regolatori; migliorare gli standard di valutazione; rafforzare il quadro prudenziale e di gestione dei rischi nel settore finanziario attraverso la revisione della direttiva sui requisiti di capitale (CRD); migliorare il funzionamento del mercato e il sistema degli incentivi, anche relativamente al ruolo delle agenzie di rating.
Il Consiglio europeo ha inoltre invitato il Consiglio Ecofin ha continuare i suoi lavori secondo quanto indicato della Tabella di marcia approvata il 9 ottobre 2007.
Nel corso degli ultimi anni si è sviluppato a livello europeo un ampio dibattito sulla possibilità di rafforzare il coordinamento delle attività di vigilanza sui mercati finanziari. In questo contesto hanno assunto particolare rilievo le questioni relative al funzionamento del cd. metodo Lamfalussy[198]. Al riguardo, il 20 novembre 2007, la Commissione ha presentato la comunicazione “Revisione della procedura Lamfalussy. Rafforzamento della convergenza in materia di vigilanza”[199].
La comunicazione individua in particolare i miglioramenti pratici ritenuti necessari al fine di rendere più efficace l’attività di coordinamento in materia di vigilanza svolta dai Comitati del livello 3 della procedura in questione.
Sul riesame della procedura Lamfalussy il Consiglio Ecofin ha adottato conclusioni nella riunione del 4 dicembre 2007 individuando, in una tabella di marcia, le iniziative che le istituzioni UE e i Comitati di terzo livello, dovranno intraprendere nel corso del 2008.
L’importanza di migliorare la convergenza della vigilanza nel settore finanziario è stata ribadita dal Consiglio europeo del 13-14 marzo 2008 nell’ambito delle sue conclusioni in materia di stabilità dei mercati finanziari.
Il 18 dicembre 2007 la Commissione ha presentato un Libro Bianco sull’integrazione dei mercati UE del credito ipotecario[200], nel quale viene sottolineata la necessità di eliminare gli ostacoli ancora esistenti che limitano il livello di attività transfrontaliere nel settore dei mutui ipotecari residenziali, sia sul lato dell’offerta che su quello della domanda, e viene individuato un insieme di misure volte a rafforzare la competitività e l’efficienza di tali mercati.
Nella stessa data la Commissione ha presentato una comunicazione sull’educazione finanziaria[201].
Considerando l’educazione finanziaria un complemento essenziale alla tutela dei consumatori, la comunicazione definisce una serie di principi di base affinché i cittadini europei possano usufruire di una istruzione in materia finanziaria fin dall’età scolare e individua le iniziative che la Commissione intende intraprendere per sostenere la ricerca e l’informazione in materia.
Per quanto riguarda il settore assicurativo, il 26 febbraio 2008 la Commissione europea ha presentato una proposta modificata di direttiva[202]sull’accesso alle attività di assicurazione e di riassicurazione e sul loro esercizio, con la quale si provvede alla completa revisione del regime di solvibilità attualmente vigente, realizzando un nuovo regime di solvibilità (cd. Solvibilità II).
Fisco: evoluzione comunitaria
La disciplina comunitaria degli aiuti di Stato ha la sua fonte primaria negli articoli 87, 88 e 89 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Nel corso degli anni tali norme sono state ampliate dal diritto derivato e dalla giurisprudenza delle Corti.
L'articolo 87, paragrafo 1, del Trattato, stabilisce che gli aiuti di Stato sono, in linea di principio, incompatibili con il mercato comune, fatta salva la possibilità di preventiva autorizzazione dell’aiuto medesimo, nonché un sistema di deroghe espressamente individuato.
Le norme UE in materia di aiuti di Stato si applicano infatti unicamente alle misure che rispondono a tutte le condizioni precisate nell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato.
Sono considerati aiuti di Stato solo le misure che rispondono aiseguenti quattro requisiti:
§ deve trattarsi di misure che comportano un trasferimento di risorse statali (incluse le risorse di autorità nazionali, regionali o locali, banche pubbliche e fondazioni). Si ricorda che i trasferimenti finanziari che costituiscono aiuti di Stato possono assumere molte forme:non solo sovvenzioni o riduzioni dei tassi d'interesse, ma anche agevolazioni fiscali, garanzie di crediti, regimi di ammortamento accelerato, conferimenti di capitale;
§ l'aiuto deve conferire un vantaggio economico che l'impresa non avrebbe ottenuto nel corso normale della sua attività (esempi ne sono anche l'ottenimento, da parte di un'impresa, di capitale di rischio dallo Stato a condizioni più favorevoli di quelle imposte da un investitore privato o l'accesso privilegiato di un'impresa ad un'infrastruttura senza la corresponsione di alcun compenso);
§ l'aiuto di Stato deve essere selettivo e incidere pertanto sull'equilibrio esistente tra un'impresa e i suoi concorrenti (es. gli aiuti ad una parte del territorio o a carte categorie di soggetti): tale criterio è quello che differenzia un aiuto di Stato dalle cosiddette "misure generali", applicabili in maniera automatica e indiscriminatamente a tutte le imprese e a tutti i settori economici di uno Stato membro (ad esempio, la maggior parte delle misure fiscali generali);
§ l'aiuto deve avere un effetto potenziale sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri. A tal fine è sufficiente poter dimostrare che il beneficiario esercita un'attività economica e che opera su un mercato in cui esistono scambi commerciali tra Stati membri. La natura del beneficiario non è rilevante in tale contesto. La Commissione ritiene ad esempio che gli aiuti di esigua entità (aiuti de minimis) non abbiano alcun potenziale effetto sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri e che pertanto non rientrino nel campo di applicazione dell’articolo 87, par. 1.
Per citare alcuni esempi, fermo restando che devono ricorrere sempre i suddetti quattro requisiti perché si configuri un aiuto di stato, sono stati dalla giurisprudenza considerati aiuti di stato:
- le esenzioni e gli incentivi fiscali settoriali[203];
- i rimborsi e/o le riduzioni degli oneri sociali[204];
- le tariffe agevolate[205];
- i sussidi agli investimenti[206];
- i prestiti agevolati e le garanzie statali[207] ;
- le cessioni di beni (mobili o immobili) o servizi statali a titolo gratuito e/o a prezzo ridotto[208];
- i conferimenti di capitale da parte dello Stato o di un ente pubblico nelle imprese[209];
- i sussidi all’export[210].
Per quanto riguarda il controllo degli aiuti di Stato, l'articolo 88 del Trattato conferisce alla Commissione il compito di controllare gli aiuti di Stato e impone inoltre agli Stati membri l'obbligo di informare preventivamente la Commissione di ogni progetto volto a istituire aiuti ("obbligo di notifica").
La mancata ottemperanza da parte degli Stati membri a tale obbligo di notifica preventivo - dal quale si è esentati solo in alcuni casi espressamente previsti, come quello degli aiuti c.d. de minimis (vedi capitolo La politica di coesione, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio) - fa sì che l’aiuto sia considerato illegale fin dall’inizio, con conseguente obbligo di restituzione del beneficio (vedi capitolo Fisco:evoluzione comunitaria, pag.17).
Si ricorda che già dal giugno 2005 la Commissione europea ha lanciato una vasta riforma delle regole e procedure in materia di aiuti di Stato denominata Piano di azione nel settore degli aiuti di Stato[211]. Successivamente all'adozione del Piano, è stata adottata una serie di nuovi testi regolamentari (tra cui i nuovi orientamenti per gli Aiuti di Stato a finalità regionale (vedi scheda Gli aiuti di Stato a finalità regionale, nel dossier relativo alla Commissione Bilancio), mentre di altri è in corso la revisione. Tale processo dovrebbe essere completato entro il 2009.
Per quanto riguarda le imprese che prestano servizi di interesse economico generale, l’articolo 86 comma 2del Trattato consente deroghe al principio della concorrenza da parte degli stati membri per quelle imprese che prestano servizi economici di interesse generale nei limiti in cui queste sianonecessarie all’adempimento della missione ad esse attribuita.
Due sono in particolare sono stati affrontati dalla giurisprudenza per chiarire l’applicazione dell'articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE:
- se tali aiuti di Stato in favore debbano essere comunque notificati preventivamente alla Commissione;
- come evitare che gli Stati eroghino aiuti in favore di imprese pubbliche non direttamente collegati a compensare i costi che le imprese pubbliche sopportano a causa della prestazione di un servizio di interesse economico generale.
La Commissione nella recente Comunicazione del 20 novembre 2007 sui servizi di interesse economico generale [COM(2007)725], ha sviluppato le indicazioni elaborate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia (in particolare la fondamentale sentenza Altmarkdel 2003) e da una serie di altri documenti della Commissione[212].
Per criteri Altmark s'intendono le condizioni indicate dalla sentenza della Corte di giustizia in base alle quali la compensazione per un servizio d'interesse economico generale non dovrebbe essere considerata aiuto di Stato. In breve:
i) l'attività deve essere un servizio d'interesse economico generale e i suoi compiti ed obblighi chiaramente definiti;
ii) i parametri sulla base dei quali viene calcolata la compensazione dei costi del servizio pubblico devono essere previamente definiti in modo obiettivo e trasparente;
iii) la compensazione non può eccedere quanto necessario per coprire i costi del servizio nonché un margine di utile ragionevole per l'adempimento di tali obblighi (ossia nessuna sovracompensazione); e
iv) la compensazione è determinata in base a una procedura di appalto pubblico oppure, se tale procedura non ha luogo, la compensazione dell'impresa incaricata dell'esecuzione degli obblighi di servizio pubblico deve essere terminata sulla base di un'analisi dei costi di un'impresa media gestita in modo efficiente.
La recente direttiva 2006/111/CE del 16 novembre 2006, relativa alla trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati membri e le loro imprese pubbliche e alla trasparenza finanziaria all'interno di talune imprese, precisa che le imprese che ricevono una compensazione e che sono incaricate della gestione di un servizio pubblico e operano al contempo su altri mercati devono tenere una contabilità separata delle differenti attività in modo che si possa accertare l'assenza di sovracompensazioni.
La direttiva 2006/111/CE ha provveduto a codificare le precedenti direttive in materia, delle quali la più recente era la direttiva 2005/81/CE, il cui recepimento è stato previsto con delega contenuta nella legge comunitaria 2006 (legge 6 febbraio 2007, n. 13) ed attuato con il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 226.
L’amministrazione finanziaria
Il D.P.R. 30 gennaio 2008 n. 43, in attuazione delle disposizioni dettate dalla legge finanziaria 2007[213], ha operato un intervento di complessiva riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze (vedi scheda La nuova struttura del MEF, nel dossier relativo alla Commissione bilancio). Tale riorganizzazione ha interessato altresì il Dipartimento per le politiche fiscali, mutandone anzitutto la denominazione in “Dipartimento delle finanze” ed attribuendo ad esso funzioni parzialmente diverse rispetto a quelle previste dalle disposizioni precedenti.
La disciplina previgente era recata dal D.P.R. 26 marzo 2001, n. 107, ovvero dal regolamento di organizzazione dell’ex Ministero delle Finanze.
L’attuale “Dipartimento delle finanze” costituisce una delle quattro articolazioni principali del Ministero; la sua struttura e le sue competenze sono disciplinate alla sezione III, articoli 14 e 15 del citato D.P.R. n. 43 del 2008.
Sono state sostanzialmente confermate le competenze dell’attuale Dipartimento per le politiche fiscali, come previste dal D.P.R. n. 107 del 2001[214], salvo talune differenze volte ad ampliare e meglio specificare l’ambito operativo del Dipartimento. Esse sono così sintetizzabili:
- è attribuito al Dipartimento (articolo 14, comma 1, lett. b) il compito di effettuare il monitoraggio sull'andamento delle entrate tributarie e le previsioni sul gettito;
- ad esso è inoltre assegnata la funzione (articolo 14, comma 1, lett. d) di valutare e predisporre elementi amministrativi e tecnici sui progetti di legge, sugli emendamenti e sugli atti di sindacato ispettivo, con la possibilità altresì di acquisire informazioni dalle agenzie fiscali ed altri enti della fiscalità;
- si assegnano alla medesima struttura le competenze (lettera e)) in materia di emanazione di direttive interpretative della legislazione tributaria, al fine di assicurare la coerenza nell'applicazione delle norme da parte degli uffici rispetto alle esigenze di equità, semplicità e omogeneità di trattamento, con particolare riguardo ai principi fissati dallo Statuto dei diritti del contribuente, nonché la verifica di congruità degli adempimenti fiscali dei contribuenti, (lettera f))dei relativi modelli di dichiarazione e modalità di assolvimento rispetto alle esigenze di semplificazione, nonché di riduzione dei costi di gestione degli adempimenti, sia per i contribuenti, sia per l’amministrazione finanziaria (articolo 14, comma 1, lett. f) del decreto);
- viene attribuito al Dipartimento delle finanze il compito di definire tra l’altro le proprie esigenze relative alle risorse umane e strumentali, in linea con le linee generali di attività elaborate dal Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi, (articolo 15, comma 1, lett.o)), nonché la gestione delle relazioni sindacali con la rappresentanza dipartimentale nell'ambito degli indirizzi generali definiti dal Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi; delle relazioni sindacali con la rappresentanza dipartimentale nell'ambito degli indirizzi generali definiti dal Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi; la definizione dei livelli di servizio per le attività amministrative in materia di gestione delle risorse umane, acquisti e logistica di competenza del Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi e, infine, i rapporti con il Servizio statistico nazionale;
- al Dipartimento delle finanze è inoltre attribuita la funzione di gestire le relazioni con gli altri Stati e con gli organismi comunitari e internazionali per le materie di competenza del dipartimento, fatte salve le competenze del Ministero degli affari esteri e del Ministero dello sviluppo economico (lettera g));
- la lettera n)) del comma in esame, analogamente alle previsioni del citato D.P.R. n. 107 del 2001, in materia di coordinamento del sistema informativo della fiscalità attribuisce al Dipartimento il compito di svolgere attività di supporto al Ministro per la definizione degli obiettivi strategici e delle linee guida dello sviluppo dell'informatica e delle tecnologie di comunicazione. Tuttavia, è attribuita al Dipartimento la nuova funzione di definire criteri e regole per l'utilizzazione delle informazioni e dei dati che costituiscono il sistema informativo della fiscalità.
Restano ferme le attribuzioni in materia di pianificazione, coordinamento, controllo, monitoraggio e vigilanza nei confronti dei soggetti operanti nella fiscalità, in particolare delle Agenzie fiscali. Permangono altresì i compiti in precedenza attribuiti al Dipartimento in materia di comunicazione istituzionale della fiscalità.
Il dirigente preposto al Dipartimento assume la denominazione di “Direttore generale delle finanze”.
L’articolazione degli uffici di livello dirigenziale generale è espressamente descritta all’articolo 14, comma 3, ai sensi del quale il Dipartimento si compone di 8 Direzioni generali.
In particolare, per quanto riguarda gli uffici dirigenziali di livello generale, esso è così articolato:
a) Direzione centrale studi e ricerche economico- fiscali;
b) Direzione centrale legislazione tributaria;
c) Direzione centrale per le agenzie e gli enti della fiscalità;
d) Direzione centrale per le relazioni internazionali;
e) Direzione centrale per il federalismo fiscale;
f) Direzione centrale per la comunicazione istituzionale della fiscalità;.
g) Direzione sistema informativo della fiscalità;
h) Direzione della giustizia tributaria.
Detta articolazione sostituisce il previgente impianto, costituito da 8 Uffici di livello dirigenziale generale (articolo 4, comma 1 del D.P.R. n. 107/2001), sebbene in capo alle Direzioni centrali sia mantenuta gran parte delle competenze attualmente affidate agli Uffici.
Si attribuiscono al Dipartimento 2 posti di funzione di livello dirigenziale generale, di cui uno con funzioni di coordinamento con il Dipartimento dell’amministrazione generale, del personale e dei servizi.
Il regolamento prevede altresì la presenza di 20 uffici di livello dirigenziale non generale, alle dirette dipendenze del Direttore generale delle finanze.
Innovativa rispetto alla disciplina precedente è, infine, l’istituzione della Direzione della giustizia tributaria, con compiti di gestione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia tributaria; coerentemente all’impianto della riforma organizzativa ed alle nuove attribuzioni della Direzione generale per il personale (si veda la scheda La nuova struttura del MEF, nel dossier relativo alla Commissione bilancio), i servizi e l’amministrazione, è stato soppresso l’Ufficio amministrazione delle risorse, cui erano attribuite la gestione, lo sviluppo e il monitoraggio delle risorse organizzative, umane, economico-finanziarie, strumentali, logistiche e tecnologiche necessarie allo svolgimento dei compiti del Ministero e all'attività giurisdizionale delle commissioni tributarie e del consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
L’amministrazione finanziaria
Durante la XV legislatura, gli interventi legislativi in materia di agenzie fiscali hanno interessato sia la struttura ed organizzazione di tali enti, sia i poteri e le competenze ad essi conferiti.
In ordine all’aspetto organizzativo e, in particolare, in materia di comitati di gestione delle agenzie fiscali, si ricorda che (articolo 37, comma 52 del D.L. n. 223 del 2006[215]) ne è stato allargato il numero dei componenti a sei membri, anziché “un numero massimo di sei membri” come disposto dalla normativa previgente. Sono state altresì operate modifiche alla composizione dei suddetti comitati (articolo 1, commi 18 e 19 del decreto-legge. n 262 del 2006[216]), alla luce delle quali si dispone che i componenti siano scelti per metà tra i professori universitari e i dipendenti di pubbliche amministrazioni dotati di specifica competenza professionale attinente ai settori nei quali opera l’agenzia nonché, per la restante metà, tra i dirigenti.
Si ricorda inoltre, in materia di stanziamenti a favore delle agenzie fiscali, che la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1232 della l. n. 296 del 2006) è intervenuta sulla determinazione dei parametri per la formazione delle loro dotazioni finanziarie (tranne che per l’Agenzia del demanio), rideterminandoli in aumento; la legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 362 della legge 24 dicembre 2007, n. 244) ha poi previsto che, per il triennio 2008-2010, nelle convenzioni e nei contratti di servizio triennali tra il Ministro dell’economia e delle finanze e le Agenzie fiscali, gli stanziamenti degli oneri di funzionamento di dette Agenzie siano quantificati, per ciascun triennio, in misura non inferiore a quella stabilita per il 2008.
Le Agenzie fiscali sono state inoltre interessate da interventi normativi in materia di personale (vedi capitolo Assunzioni del personale pubblico, nel dossier relativo alla Commissione lavoro): si citano le disposizioni della finanziaria 2008 che hanno disposto (articolo 1, comma 360), mediante il regolamento di disciplina del rapporto di lavoro del personale dipendente delle agenzie fiscali[217], la possibilità di individuare gli uffici competenti a svolgere attività di controllo e di accertamento, al fine di realizzare l’impiego ottimale delle risorse dell’Agenzia delle entrate. Le disposizioni prescrivono altresì i criteri cui deve ispirarsi il relativo regolamento.
In materia di pubblicità dei provvedimenti delle Agenzie, è stato previsto dalla medesima legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 361)che la pubblicazione dei provvedimenti dei direttori delle Agenzie fiscali sui rispettivi siti internet tenga luogo della pubblicazione dei medesimi documenti nella Gazzetta Ufficiale, laddove questa sia prevista da altre disposizioni di legge.
E’ stato peraltro disposto che la destinazione degli avanzi di gestione conseguiti dalle agenzie fiscali, (articolo 1, comma 358 della legge finanziaria 2008), fatta eccezione per l’Agenzia del demanio, nonché quelle derivanti dagli utili conseguiti - a decorrere dal 2007 - da parte delle società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze e dalle Agenzie fiscali per la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite[218], siano destinate al potenziamento delle strutture dell’amministrazione finanziaria. Sono escluse da detta finalizzazione le somme degli avanzi di gestione destinate alla incentivazione del personale.
I principali interventi normativi in materia doganale hanno riguardato, in particolare, i poteri e le competenze della relativa agenzia.
Sono stati attribuiti (articolo 35, comma 35 del d.l. n. 223 del 2006) all’Agenzia delle dogane poteri ulteriori in relazione alle attività di prevenzione e contrasto delle violazioni tributarie connesse alla dichiarazione fraudolenta del valore in dogana e degli ulteriori elementi che determinano l’accertamento doganale. Ai sensi delle norme introdotte, l’agenzia può procedere all’acquisizione dei dati e dei documenti relativi ai costi di trasporto, assicurazione, nolo e di ogni altro elemento di costo che forma il valore dichiarato per l’importazione, l’esportazione, l’introduzione in deposito doganale o IVA e il transito.
Inoltre, in applicazione delle norme comunitarie emanate in materia di intervento dell'autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale[219] è stata introdotta una procedura semplificata per il sequestro e la distruzione delle merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale (articolo 1, commi 3 e 4 del D.Lgs. n. 262 del 2006). Alla luce delle norme introdotte, la distruzione avviene a spese del titolare del diritto e sotto la sua responsabilità, fatta salva la possibilità di prelievo di campioni conservati dagli uffici doganali a fini giudiziari.
In materia di accertamento doganale, si ricordano le disposizioni che hanno integrato (articolo 1, comma 5 del d.l. n. 262 del 2006) la disciplina relativa al controllo degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari presentati agli uffici doganali dai soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto, estendendo a tal fine i poteri esercitabili dagli uffici medesimi e prevedendo che le necessarie autorizzazioni siano rilasciate dal direttore regionale dell’Agenzia delle dogane. Inoltre, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 53 della legge 27 dicembre 2006, n. 296) ha disposto la trasmissione alle regioni, entro il 31 gennaio di ciascun anno, dei dati relativi alle importazioni e alle esportazioni riferiti al sistema doganale, con la finalità di favorire la partecipazione delle regioni e degli enti locali alle attività di accertamento.
Tra le principali disposizioni concernenti l’Agenzia delle entrate si ricorda che il l decreto – legge n. 262 del 2006 ha previsto (articolo 2, comma 17) il rimborso all’Agenzia delle entrate degli oneri sostenuti per garantire il servizio di riscossione in relazione ai premi e contributi ammessi alla compensazione tra debiti e crediti di imposta, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, ovvero i contributi previdenziali e assistenziali dovuti dai datori di lavoro e dai titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate da enti previdenziali e i premi per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (vedi il capitolo Accertamento e riscossione tributi, pag. 93).
In materia di comunicazioni all’Agenzia, si ricorda durante la XV legislatura sono state introdotte significative novità in materia di invio telematico di informazioni all’Agenzia delle entrate da parte delle società di calcio professionistiche.
In particolare, è stato previsto (articolo 35, comma 35-bis del d.l. n. 223 del 2006, come integrato e modificato dall’articolo 1, comma 7 del d.l. n. 262 del 2006) che le società di calcio professionistiche siano obbligate a trasmettere per via telematica all’Agenzia delle entrate copia dei contratti relativi all’acquisto dei giocatori (acquisizione delle prestazioni professionali), dei contratti relativi ai compensi per le loro prestazioni, nonché dei contratti di sponsorizzazione stipulati dai medesimi atleti, nei casi in cui la società calcistica percepisca, a seguito di essi, somme per il diritto di sfruttamento dell’immagine.
Per quanto riguarda i giocatori di nazionalità straniera, la disposizione rimette al Ministro dell’economia e delle finanze il compito di acquisire le corrispondenti informazioni dalle Federazioni calcistiche estere per le operazioni di acquisto di calciatori effettuate da società calcistiche italiane nei rispettivi Stati.
Il contenuto, le modalità e i termini della trasmissione telematica sono determinati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.
Sempre in materia di obblighi di comunicazione, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 106 della l. n. 296 del 2006) ha obbligato i gestori del servizio di smaltimento dei rifiuti urbani a comunicare annualmente - per via telematica - all’Agenzia delle entrate i dati acquisiti nell’ambito dell’attività di gestione che siano rilevanti ai fini delle imposte sui redditi. Tali dati sono relativi agli immobili, presenti nel territorio comunale, beneficiari del servizio di smaltimento dei rifiuti.
La medesima legge (articolo 1, comma 53-54), analogamente a quanto disposto in materia di trasmissione dei dati doganali, ha stabilito che entro il 31 gennaio di ciascun anno siano trasmessi alle regioni, alle province autonome e ai comuni i dati delle dichiarazioni dei redditi presentate nell'anno precedente dai contribuenti in essi residenti.
Durante la XV legislatura, numerose disposizioni di legge hanno ampliato il novero dei compiti e le funzioni dell’Agenzia del demanio, investendo in particolare il ruolo dell’Agenzia nella gestione del patrimonio immobiliare pubblico (si veda il capitolo Demanio e patrimonio dello Stato, pag. 115).
Si segnalano, per numero e portata delle novità recate, gli interventi della legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) sui seguenti profili attinenti all’Agenzia del demanio:
- assegnazione di funzioni con finalità di razionalizzazione e contenimento degli spazi in uso alle amministrazioni dello Stato;
- completamento del sistema informativo sui beni immobili demaniali e patrimoniali;
- gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata;
- risoluzione dei problemi relativi all’attuazione delle leggi che dispongono l’assegnazione gratuita o l’attribuzione di beni immobili ad amministrazioni pubbliche;
- alienazione di unità immobiliari appartenenti al patrimonio dello Stato e destinate ad uso abitativo;
- valorizzazione del patrimonio pubblico;
- procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico;
- razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero.
Nel quadro delle disposizioni finalizzate al contenimento della spesa per i beni immobili in uso alle amministrazioni statali (articolo 1, commi 204 – 209 della l. n. 296 del 2006, come modificati dall’articolo 3, commi 1 e 2 della legge finanziaria 2008, legge 24 dicembre 2007, n. 244), è stata prevista l’elaborazione, d’intesa tra l’Agenzia del demanio e le amministrazioni interessate, di piani di razionalizzazione degli spazi e di riduzione della spesa da approvare con decreti ministeriali, con la possibilità di differenziare i piani di razionalizzazione e riduzione per ambiti territoriali e per patrimonio utilizzato.
E’ stato disposto che con decreto non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze siano fissati criteri, modalità e termini per la razionalizzazione e la riduzione degli oneri, nonché i contenuti e le modalità di trasmissione delle informazioni da parte delle amministrazioni usuarie e conduttrici all'Agenzia del demanio; in quest’ottica, all’Agenzia spetta il compito di definire annualmente le relative modalità attuative, comunicandole alle predette amministrazioni.
Tra le altre attribuzioni dell'Agenzia si segnala (articolo 1, comma 210), al fine di completare lo sviluppo del sistema informativo sui beni immobili del demanio e del patrimonio[220] e ferme restando le competenze del Ministero per i beni e le attività culturali, il compito di individuare i beni di proprietà dello Stato per i quali si rendono necessari l'accertamento di conformità delle destinazioni d'uso esistenti per funzioni di interesse statale, la dichiarazione di legittimità per le costruzioni eseguite, nonché la dichiarazione di legittimità per le costruzioni realizzate in tutto o in parte in difformità dal provvedimento di localizzazione[221].
Per quanto attiene alle disposizioni relative alla gestione dei beni confiscati alla criminalità organizzata, è stata attribuita all’Agenzia (articolo 1, comma 213) la possibilità di conferire incarichi a società a totale o prevalente capitale pubblico per la gestione delle attività di liquidazione delle aziende confiscate agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso, ai sensi della legge n. 575 del 1965.
Specifici compiti sono stati assegnati all’Agenzia del demanio (articolo 1, comma 215) nel quadro della risoluzione dei problemi relativi all’attuazione di leggi che contemplano l’assegnazione gratuita o l’attribuzione ad amministrazioni pubbliche, enti, società a totale partecipazione pubblica diretta o indiretta, di beni immobili di proprietà dello Stato, per consentire il perseguimento delle finalità svolte dall’amministrazione ricevente ovvero strumentali all’attività da questa svolta. E’ compito dell’Agenzia, infatti, verificare la sussistenza dei requisiti necessari a qualificare i beni assegnati come “strumentali” all’attività dell’amministrazione ricevente sia all’atto dell'assegnazione o attribuzione che successivamente. Essa accerta periodicamente la permanenza di tali requisiti o la suscettibilità del bene a rientrare in tutto o in parte nella disponibilità dello Stato - e per esso dell'Agenzia medesima - come stabilito dalle norme vigenti.
In relazione all’alienazione di unità immobiliari ad uso abitativo appartenenti al patrimonio dello Stato e gestite dall’Agenzia del demanio, all’Agenzia (articolo 1, comma 219, novellato dall’articolo 1, comma 256 della legge n. 244 del 2007) è conferita la possibilità di alienazione degli stessi secondo le procedure di dismissione del patrimonio immobiliare previste per le amministrazioni pubbliche non soggette alla disciplina di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, per la CONSAP (Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici) S.p.A., nonché per le società derivanti da processi di privatizzazione, nelle quali, direttamente o indirettamente, la partecipazione pubblica sia uguale o superiore al 30 per cento del capitale.
In ordine alle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, l’Agenzia del demanio è stata incaricata di individuare (articolo 1, comma 262) programmi unitari di valorizzazione degli immobili pubblici per la promozione dello sviluppo locale. Ai sensi delle disposizioni introdotte, l’Agenzia del demanio può individuare, d’intesa con gli enti territoriali interessati, una pluralità di beni immobili pubblici per i quali è attivato un processo di valorizzazione unico che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo locale. Nel quadro dell’attribuzione al Ministero della difesa della possibilità di individuare beni immobili di proprietà dello Stato suscettibili di permuta con gli enti territoriali, le attività e le procedure di permuta sono demandate all’Agenzia del demanio, previa intesa con il Ministero della difesa, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico-contabile.
Si ricorda inoltre al riguardo che la legge finanziaria per il 2008 ha disciplinato (articolo 1, commi 313-319) il “Piano di valorizzazione dei beni pubblici per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali”, col fine di attivare processi di sviluppo locale attraverso il recupero ed il riuso di beni immobili pubblici. In tale contesto, il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali e tramite l’Agenzia del demanio, individua ambiti di interesse nazionale nei quali sono presenti beni immobili di proprietà dello Stato e di altri soggetti pubblici per promuovere, in ciascun ambito, un programma unitario di valorizzazione.
In relazione all’attività di razionalizzazione del patrimonio immobiliare ubicato all'estero (articolo 1, commi 1311-1312 e 1314) è stato previsto cheil Ministero degli esteri si avvalga dell’Agenzia del demanio per definire un piano di razionalizzazionedel patrimonio immobiliare appartenente allo Stato e situato all’estero, al fine di verificare, mediante analisi comparativa di costi e benefici, gli immobili che possano essere proposti per la dismissione.
Sempre nel quadro delle norme di razionalizzazione dell'uso degli immobili pubblici, analoghi compiti sono stati affidati all’Agenzia in relazione ai beni immobili in uso all'Amministrazione della giustizia suscettibili di dismissione, individuati dal Ministero della giustizia. L’Agenzia del demanio è stata infatti incaricata di individuare (articolo 1, comma 1313), con decreto, i beni immobili suscettibili di permuta con gli enti territoriali, nonché di effettuare le attività e le procedure di permuta d'intesa con il Ministero della giustizia, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico contabile.
Appare opportuno ricordare in questa sede l’insieme di funzioni attribuite all’Agenzia del demanio dalle recenti disposizioni antiriciclaggio (articolo 12 del decreto legislativo n. 109 del 2007[222]), con riferimento ai compiti di gestione ed amministrazione dei beni sottoposti a misure restrittive.
In particolare, all’Agenzia del demanio è demandata la custodia, l'amministrazione e la gestione delle risorse economiche nell’ipotesi di applicazione della misura di congelamento[223] dei beni, di confisca definitiva, oppure in caso di revoca di atti di sequestro o confisca ma in costanza di congelamento. In relazione a tali funzioni essa può svolgere attività di ordinaria amministrazione, nonché provvedere alla nomina ed alla revoca dei custodi e degli amministratori dei beni oggetto di tali misure. L’Agenzia sostiene le spese necessarie o utili alla conservazione ed all’amministrazione dei beni o dall’amministratore; provvede alla determinazione del compenso di quest’ultimo e trasmette, ogni tre mesi, una relazione dettagliata sullo stato dei beni e sulle attività compiute al Comitato di sicurezza finanziaria costituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze. I poteri dell’agenzia permangono allorché sono cessate le misure di congelamento e finché non avviene la consegna dei beni, con una diversa ripartizione degli oneri tra l’Agenzia stessa e l’avente diritto alla consegna.
Si segnala che l’Agenzia (ai sensi del comma 17 dell’articolo 12) provvede altresì alla vendita dei beni ove questi non possano essere custodite senza pericolo di deterioramento o senza rilevante dispendio, previa comunicazione all'avente diritto.
Per quanto attiene alle disposizioni finalizzate ad incentivare l’ampliamento del mercato della locazione,– e soprattutto di quello a canone sostenibile nei comuni soggetti a fenomeni di disagio abitativo e ad alta tensione abitativa[224] - le norme introdotte con il collegato alla finanziaria 2008 (articolo 41 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159[225]) hanno disposto la costituzione di una apposita società di scopo, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri delle infrastrutture e della solidarietà sociale, e tramite l'Agenzia del demanio, al fine di formare nuovi strumenti finanziari immobiliarifinalizzati all'acquisizione, al recupero, alla ristrutturazione o alla realizzazione di immobili ad uso abitativo, anche con l’utilizzo, d’intesa con le regioni e gli enti locali, di beni di proprietà dello Stato o di altri soggetti pubblici (vedi capitolo Il contrasto al riciclaggio, pag. 151).
Si ricordano in proposito le norme contenute nella legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 357), ai sensi delle quali è previsto il distacco del personale dall’Agenzia del territorio ai comuni, in attuazione delle disposizioni previste nella legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 199 della L. 296 del 2006).
Appare rilevante, in questa sede, ricordare gli interventi che nella XV legislatura hanno inciso sull’organizzazione e sulla struttura dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, dellaqualeè stata disposta la trasformazione in Agenzia fiscale.
Il D.L. n. 262 del 2006 (articolo 1, comma 15) aveva inizialmente previsto il riordino delle Agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato con regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze.
Tuttavia, un intervento di riordino ex lege è stato operato con il decreto-legge n. 159 del 2007[226], che ha disposto (articolo 40, commi da 2 a 6) l’istituzione, a decorrere dal 1° marzo 2008, di un’apposita Agenzia fiscale preposta alla gestione delle funzioni esercitate dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, cui trasferire i rapporti giuridici, i poteri e le competenze attualmente spettanti all’AAMS.
La determinazione della data a decorrere dalla quale le funzioni svolte dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato sono esercitate dall'Agenzia. – con contestuale soppressione dell’AAMS - è stata demandata al Ministro dell’economia e delle finanze.
Le norme hanno inoltre previsto il trasferimento di alcune funzioni dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ad altre agenzie fiscali, senza oneri a carico della finanza pubblica, nonché la modifica dell’organizzazione del Dipartimento per le politiche fiscali (DPF, oggi Dipartimento delle Finanze), da operarsi mediante il regolamento di organizzazione del Ministero dell’economia e delle finanze, come previsto dalle citate norme del d.l. n. 262 del 2006.
Ai sensi delle medesime disposizioni, è stato previsto l’invio periodico da parte del ministro al Parlamento di una relazione sul processo di trasformazione dell’Amministrazione autonoma.
La tassazione delle persone fisiche
Gli interventi fiscali operati nel corso della XV legislatura in materia di politiche per la famiglia sono stati effettuati, principalmente, attraverso l’istituto delle detrazioni IRPEF.
Con la prima legge finanziaria approvata nella legislatura[227], infatti, sono state introdotte le detrazioni fiscali per carichi di famiglia e per tipologia di lavoro in luogo delle deduzioni dall’imponibile.
Le deduzioni dall’imponibile consentono un risparmio, in termini di minore imposta, pari al prodotto tra la deduzione spettante e l’aliquota marginale IRPEF. Pertanto, in termini di valore assoluto e a parità di importo della deduzione, il beneficio fiscale risulta maggiore per i contribuenti con redditi più elevati che scontano una maggiore aliquota marginale.
Le detrazioni d’imposta, invece, sono fissate dalla norma e devono essere detratte dall’imposta lorda per la determinazione dell’imposta netta. Questo istituto può comportare, per i contribuenti con redditi bassi, il fenomeno della c.d. “incapienza” che si verifica quando l’imposta lorda è inferiore al beneficio fiscale e, pertanto, il contribuente non può fruire totalmente dell’agevolazione concessa.
Al fine di garantire la piena fruizione della detrazione IRPEF da parte di tutti i beneficiari, è stato previsto - limitatamente a specifiche tipologie di detrazioni fiscali – il c.d. bonus per gli incapienti[228]. Tale istituto consente la fruizione dell’intero beneficio in quanto, relativamente alla quota non detratta per incapienza, i beneficiari hanno diritto ad ottenere un rimborso da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Le misure delle detrazioni IRPEF per familiari a carico e per tipologia di reddito (lavoro dipendente, pensione, impresa o lavoro autonomo), di cui agli articoli 12 e 13 del DPR n. 917/1986 (TUIR), sono stabilite per scaglioni di reddito. Gli importi indicati dalle norme, tuttavia, si riferiscono a detrazioni teoriche; infatti, per la determinazione della detrazione effettivamente spettante si deve applicare una formula matematica in base alla quale l’importo della detrazione si riduce, fino ad annullarsi, all’aumentare del reddito dichiarato dal contribuente.
Particolari misure agevolative riguardano, inoltre, l’immobile utilizzato come prima casa relativamente al quale i benefici sono previsti anche in termini di imposta comunale sugli immobili (ICI) nonché di semplificazione di adempimenti ed agevolazioni sui mutui bancari ipotecari (vedi paragrafo relativo all’abitazione principale nel capitolo La tassazione delle persone fisiche, pag. 29).
Si segnala, infine, che per i nuclei familiari con almeno un componente inabile nonché per i nuclei orfanili, l’articolo 1, comma 200, della finanziaria 2008 ha disposto la rideterminazione degli assegni familiari, da attuarsi con decreto del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale entro il limite di spesa fissato in 30 milioni di euro annui.
L’articolo 1, comma 6, della legge n. 296/2006, sostituendo l’articolo 12 del DPR n. 917/1986 (TUIR), ha fissato gli importi delle detrazioni spettanti al contribuente che ha a proprio carico il coniuge e/o i figli e/o altri familiari.
Ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del TUIR sono considerati a carico i familiari che posseggono un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
Le misure delle detrazioni sono decrescenti al crescere del reddito, ed in particolare:
- la detrazione per coniuge varia da un massimo di 830 euro (per redditi fino a 15.000 euro) fino ad annullarsi in presenza di redditi pari o superiori a 80.000 euro annui;
- le detrazioni per figli sono determinate in funzione del reddito del contribuente, dell’età dei figli, del numero dei figli nonché della presenza nel nucleo familiare di eventuali soggetti con handicap;
- la detrazione per altri familiari varia da un massimo di 750 euro fino ad annullarsi in presenza di redditi pari o superiori a 80.000 euro annui.
Con particolare riferimento alle detrazione per soggetti a carico la medesima legge finanziaria per il 2007 ha esteso il beneficio (limitatamente al triennio 2007-2009) ai soggetti non residenti (commi da 1324 a 1327 dell’articolo 1).
Ulteriori benefici sono stati disposti dall’articolo 44 del decreto-legge n. 159/2007[229] che ha introdotto una nuova detrazione fiscale in favore dei contribuenti che nel periodo d’imposta 2006 hanno avuto un reddito complessivo non superiore a euro 50.000 e una imposta netta pari a zero.
In particolare, la norma ha disposto una nuova detrazione fissata in misura pari a 150 euro annui, nonché una ulteriore detrazione pari a 150 euro per ciascun familiare a carico.
Al fine di evitare che i contribuenti con redditi bassi non possano fruire del beneficio perché l’ammontare dell’imposta lorda IRPEF risulta superiore alla detrazione spettante, la norma ha previsto il diritto dei contribuenti di ottenere un rimborso in caso di incapienza.
L’articolo 1, commi 15 e 16, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) ha introdotto, con decorrenza dal periodo d’imposta 2007, una ulteriore detrazione IRPEF in favore delle famiglie con almeno quattro figli a carico. La misura del beneficio è fissata in 1.200 euro annui ed è corrisposta anche in caso di incapienza; anche in questo caso, pertanto, il contribuente - qualora non possa fruire della detrazione in quanto l’imposta lorda è inferiore all’ammontare del beneficio - ha diritto di ricevere il rimborso dell’importo non detratto.
In materia di detrazione per oneri, nel corso della XV legislatura si è provveduto sia a disporre la proroga di alcuni benefici già introdotti, sia ad introdurre nuove tipologie di spese che danno diritto alla detrazione fiscale.
In materia di IRPEF, tra gli interventi che riguardano la c.d. “prima casa” (vedi anche capitolo La tassazione delle persone fisiche, pag. 29) si segnalano:
- la irrilevanza del reddito dell’abitazione principale ai fini della determinazione della detrazione per carichi di famiglia e della detrazione per tipologia di reddito;
- l’incremento a 4.000 euro del tetto massimo di spesa detraibile per interessi passivi su mutui ipotecari per acquisto dell’abitazione principale;
- la detrazione fiscale del compenso pagato agli intermediari immobiliari per l’acquisto dell’abitazione principale (19% del costo);
- la detrazione fiscale del canone di locazione di immobili adibiti ad abitazione principale;
- la detrazione dei canoni di locazione di immobili utilizzati da studenti universitari di età compresa fra i 20 e i 30 anni;
- l’esenzione dall’IRPEF dei redditi di immobili locati e che, a seguito del blocco degli sfratti, non possono rientrare nella disponibilità del proprietario.
Ulteriori agevolazioni IRPEF introdotte in qualità di detrazioni per oneri (vedi capitolo La tassazione delle persone fisiche, pag. 29) riguardano:
§ proroga delle detrazioni per spese di ristrutturazione degli immobili;
§ proroga della detrazione per le spese per asili nido;
§ detrazione delle spese per le attività sportive dei ragazzi di età compresa tra i 5 e i 18 anni;
§ detrazione delle spese sostenute per le badanti;
§ detrazione delle spese per l’abbonamento ai servizi di trasporto pubblico locale, regionale e interregionale.
reddito d’impresa e lavoro autonomo
Gli interventi operati nel corso della XV legislatura in materia di determinazione del reddito d’impresa hanno determinato, in linea generale, un ampliamento della base imponibile fiscale.
In particolare, le modifiche sono state dirette, da un lato, a ridurre l’ammontare dei costi deducibili fiscalmente e, dall’altro lato, ad incrementare il valore dei componenti positivi attraverso l’introduzione di misure dirette a contrastare l’evasione fiscale (vedi anche capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77).
Si analizzano di seguito le principali modifiche relative alla determinazione della base imponibile fiscale introdotte nel corso della XV legislatura.
La disciplina sugli immobili è stata oggetto di numerosi interventi che riguarda non solo l’ambito delle imposte dirette ma anche l’imposta sul valore aggiunto e l’imposta di registro (vedi scheda Fiscalità e controlli sugli immobili, pag. 239).
In linea generale, relativamente alla determinazione del reddito d’impresa, gli interventi sono stati diretti sia a far emergere base imponibile (quale, ad esempio, l’applicazione del “valore normale” nelle cessioni di fabbricati), sia a ridurre la deducibilità degli oneri (quale, ad esempio, l’introduzione della indeducibilità del costo sostenuto o attribuito al terreno sottostante il fabbricato strumentale) sia, infine, ad ampliare il periodo di ammortamento del costo con la conseguente riduzione della quota annualmente dedotta (ad esempio, l’allungamento della durata minima dei contratti di leasing richiesta ai fini della deducibilità).
Tra le modifiche introdotte, si segnala, in primo luogo, l’abrogazione dell’ammortamento anticipato e dell’ammortamento accelerato[230] che interessa, con decorrenza 2008, tutti i beni materiali.
L'ammortamento è un'operazione contabile attraverso la quale viene iscritta in conto economico la quota di competenza di ogni esercizio del costo dei beni ad utilità pluriennale iscritti in stato patrimoniale.
In particolare, l’ammortamento ordinario consente la deduzione annua di una quota di costo di ammontare non superiore a quello determinato sulla base di appositi coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze[231] ridotti alla metà per il primo esercizio. L’ammortamento anticipato consente di elevare fino a due volte la quota di ammortamento ordinario nell’esercizio in cui il bene entra in funzione e nei due esercizi successivi. L’ammortamento accelerato, infine, consente una deduzione maggiore rispetto a quella ordinaria, entro limiti fissati, in presenza di una più intensa utilizzazione del bene rispetto a quella normale del settore.
In proposito si ricorda che la possibilità di applicare l’ammortamento anticipato alle auto aziendali era già stata esclusa, dall’articolo 36, comma 5, del decreto legge n. 223/2006[232], con decorrenza 2006.
Ulteriori interventi, inoltre, riguardano le modalità di ammortamento di specifiche voci di costo pluriennale ed in particolare:
- brevetti industriali, diritti di utilizzazione di opere dell'ingegno, e simili, per i quali la quota di costo di ammortamento deducibile è stata aumentata da un terzo al cinquanta per cento[233];
- marchi d‘impresa, per i quali è stata ridotta da un dodicesimo a un diciottesimo la quota annua deducibile[234];
- spese di rappresentanza relativamente alle quali si è intervenuto in merito alla qualificazione delle stesse. In particolare, l’articolo 1, comma 33, lettera p) della legge n. 244/2007 stabilisce che sono spese di rappresentanza quelle che rispondono ai requisiti di inerenza e congruità da stabilire con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze[235], anche in funzione della natura e della destinazione delle stesse, del volume dei ricavi dell’attività caratteristica dell’impresa e dell’attività internazionale dell’impresa. Sono, inoltre, in ogni caso deducibili le spese relative agli omaggi di valore unitario non superiore a euro 50;
- beni strumentali in leasing. Le modifiche relative agli immobili in leasing sono collegate anche alle modifiche introdotte in materia di ammortamento degli immobili (vedi scheda Fiscalità e controlli sugli immobili, pag. 239). Per tutti i beni in leasing, compresi gli immobili, l’articolo 1, comma 33, lettera n) della legge n. 244/2007 è intervenuto sul requisito richiesto, ai fini della deducibilità dei canoni di locazione, relativo alla durata del contratto leasing. In particolare, modificando il parametro da utilizzare per la determinazione della durata minima del contratto ai fini della deducibilità fiscale ha, di fatto, ridotto la quota annuale che le imprese possono portare in deduzione.
La disciplina in materia di deducibilità del costo degli autoveicoli e dei relativi oneri accessori da parte delle imprese, disciplinata dall’articolo 164 del TUIR, è stata oggetto di numerosi interventi legislativi.
Le modifiche introdotte sono da collegarsi alla sentenza della Corte di Giustizia UE del 14 settembre 2006, causa C-228/05 in materia di detraibilità dell’IVA assolta per l’acquisto degli autoveicoli (vedi scheda La sentenza IVA sugli autoveicoli, pag. 219). Tale sentenza ha affermato l’incompatibilità con il diritto comunitario delle disposizioni contenute nell’articolo 19-bis1 del DPR n. 633/1972 che prevedevano una detraibilità parziale dell’IVA pagata dalle imprese per l’acquisto di autovetture e motocicli in luogo della detraibilità totale della stessa. Al fine di compensare il minor gettito IVA dovuto alla maggiore detraibilità dell’imposta, si è intervenuto sui criteri di deducibilità dei costi delle auto ai fini delle imposte dirette.
Il decreto legge n. 262/2006[236] aveva apportato, con decorrenza periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto (3 ottobre 2006) ossia, per i soggetti con esercizio coincidenti con l’anno solare, dal 2006, le seguenti modifiche in materia di deducibilità auto:
a) indeducibilità integrale dei costi per auto aziendali[237], in luogo della precedente deducibilità al 50 per cento;
b) riduzione dal 50 al 25 per cento della quota di deducibilità ammessa per i veicoli utilizzati dai professionisti nell’ambito della propria attività;
c) riduzione della deducibilità dei costi sostenuti per le auto assegnate in uso promiscuo ai propri dipendenti. Rispetto alla precedente normativa che consentiva l’integrale deduzione, viene ammessa la deducibilità entro il limite di importo corrispondente al reddito in capo agli stessi. Inoltre, viene aumentata la quota imponibile a carico del dipendente per l’utilizzo dell’auto aziendale (fringe benefit).
Successivamente, il regime fiscale delle autovetture, relativo all’anno 2006 (in via transitoria) nonché ai periodi d’imposta decorrenti dal 2007 (a regime), è stato ulteriormente modificato dall’articolo 15-bis, commi da 7 a 10, del DL n. 81/2007[238].
In particolare, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 27 giugno 2007 ossia, per le società con esercizio coincidente con l’anno solare, dal 2007.
- è stata ammessa, limitatamente al 40% dei costi sostenuti, la deducibilità delle spese relative alle auto aziendali;
- è stata elevata al 40% la quota di deducibilità ammessa per i lavoratori autonomi;
- per le auto aziendali date in uso promiscuo ai dipendenti, è stata ammessa una deducibilità pari al 90% delle spese sostenute se i veicoli sono dati in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo d’imposta; è stata invece riproposta la disciplina vigente prima del decreto legge n. 262/2006 per quanto riguarda la determinazione del valore del fringe benefit tassato in capo al lavoratore.
Il medesimo decreto ha, inoltre, introdotto una disciplina specifica per l’anno 2006. In particolare, sono state introdotte misure di deducibilità superiori a quelle stabilite dal citato decreto 262 per il periodo d’imposta 2006; peraltro, poiché fiscalmente tale annualità risultava già chiusa alla data di conversione in legge del DL n. 81/2007, in deroga al principio generale della competenza, i nuovi oneri fiscali relativi al 2006 sono stati ammessi in deduzione i nell’esercizio in corso alla del 27 giugno 2007 ossia, per le società con esercizio coincidente con l’anno solare, possono essere dedotti nel 2007 anche se riferiti all’anno precedente. Le quote di costo ammesse in deduzione sono:
- la deducibilità delle auto aziendali è stata fissata al 20%;
- la deducibilità delle auto dei lavoratori autonomi è stata fissata al 30%;
- la deducibilità delle auto date in uso promiscuo ai dipendenti è stata fissata al 65%.
La nuova disciplina in materia di deducibilità degli interessi passivi, introdotta dalla legge finanziaria 2008 con decorrenza 2008[239], ha disposto nuovi criteri per la determinazione dell’ammontare degli interessi deducibili dal reddito, in luogo dei precedenti basati sulla thin capitalization, sul pro rata patrimoniale e sul pro rata generale di deducibilità degli interessi passivi.
La normativa previgente recava disposizioni sia nel Titolo I (Imposta sul reddito delle persone fisiche) sia nel Titolo II (imposta sul reddito delle società). In particolare:
- contrasto all'utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione (c.d. thin capitalization), ai sensi del quale gli interessi corrisposti sui finanziamenti erano deducibili entro dei limiti individuati in funzione del rapporto tra indebitamento e capitale proprio dell’impresa[240];
- pro-rata patrimoniale, che prevedeva un ulteriore limite alla deducibilità degli interessi da applicare qualora l'impresa possedesse delle partecipazioni esenti iscritte in bilancio ad un valore superiore a quello del proprio patrimonio netto contabile, risultante dal medesimo bilancio[241].;
- pro-rata generale di deducibilità degli interessi passivi, di cui agli articoli 96 e 61 del TUIR (rispettivamente per i soggetti IRES e i soggetti IRPEF) interamente sostituiti dalla legge finanziaria 2008. Nel testo previgente, il comma 1 dell’articolo 96 disponeva che la quota di interessi passivi che residuava dopo l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 97 e 98 era deducibile per la parte corrispondente al rapporto tra l'ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l'ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. Il comma 2 dell’articolo 96 individuava le fattispecie di componenti positive che non rilevavano o che rilevavano in misura parziale per la determinazione del rapporto di cui al comma 1. Ai sensi del comma 3, se la società aveva riscosso interessi o altri proventi esenti relativi a obbligazioni pubbliche o private acquisite dopo il 28 novembre 1984, gli interessi passivi non erano ammessi in deduzione fino a concorrenza dell'ammontare complessivo degli interessi o proventi esenti.
Il nuovo articolo 96 del TUIR dispone:
§ gli interessi passivi e gli oneri assimilati sono deducibili, in ciascun periodo di imposta, fino a concorrenza degli interessi attivi e dei proventi assimilati realizzati nel medesimo periodo d’imposta; tuttavia, nei primi due anni di applicazione (2008 e 2009 per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) il limite massimo di deducibilità è incrementato, rispettivamente, di 10.000 euro e 5.000 euro;
§ l’eventuale eccedenza negativa è deducibile nel limite del 30 per cento del risultato operativo lordo della gestione caratteristica[242];
§ la possibilità di utilizzare, dal 2011, la quota di risultato operativo lordo prodotto a decorrere dal 2010 non utilizzato per la determinazione del limite massimo di deducibilità ;
§ ai fini della disciplina in commento, assumono rilevanza gli interessi passivi e gli interessi attivi, nonché gli oneri e i proventi assimilati, aventi natura finanziaria mentre sono esclusi quelli aventi natura commerciale;
§ in deroga a quanto indicato nel punto precedente, per i soggetti che vantano crediti commerciali nei confronti della pubblica amministrazione, sono considerati interessi attivi, rilevanti ai fini della deducibilità degli interessi passivi, anche quelli virtuali, calcolati al tasso ufficiale di riferimento aumentato di un punto, purché connessi al ritardato pagamento dei corrispettivi;
§ le eccedenze di interessi passivi indeducibili in un determinato periodo di imposta possono essere dedotte dal reddito dei successivi periodi di imposta, (c.d. riporto in avanti), qualora, negli esercizi successivi, il risultato operativo sia capiente. In altre parole, il riporto in avanti trova applicazione solo se e nei limiti in cui, negli esercizi successivi l’eventuale eccedenza dei componenti negativi rispetto a quelli positivi sia inferiore al 30 per cento del risultato operativo lordo di competenza;
§ sono esclusi dall’ambito di applicazione della disciplina in esame le banche e gli altri soggetti finanziari indicati nell’articolo 1 del D.Lgs. n. 87/1992[243], le imprese di assicurazione, le società capogruppo di gruppi bancari e assicurativi le società consortili di cui all’articolo 96 del DPR n. 554/1999[244], le società di progetto di cui all’articolo 156 del D.Lgs. n. 163/2006[245], le società costituite per il realizzo e l’esercizio di interporti di cui alla legge n. 240/1990[246] e le società a prevalente partecipazione pubblica che gestiscono impianti per la fornitura di acqua, energia, e teleriscaldamento e impianti per lo smaltimento e la depurazione.
§ sono incluse nell’ambito soggettivo le società che esercitano in via esclusiva o prevalente l’attività di assunzione di partecipazioni in società esercenti attività diversa da quelle creditizia o finanziaria (c.d. holding industriali);
§ restano ferme, in ogni caso, le regole generali di indeducibilità disposte dall’articolo 90, comma 2 (relativamente agli immobili non strumentali), dall’articolo 110, comma 7 (relativamente alle operazioni con imprese residenti in paesi esteri con i quali sono stati stipulate convenzioni contro le doppie imposizioni), dall’articolo 110, comma 10 (relativamente ad operazioni con imprese residenti in paesi aventi regime fiscale privilegiato), dall’articolo 3, comma 115 della legge n. 549/1995[247] (tasso di rendimento effettivo su obbligazioni e titoli similari emessi da soggetti non residenti superiore ai limiti fissati al DPR n. 600/1973, articolo 26, comma 1) e dall’articolo 1, comma 465 della legge n. 311/2004[248] (interessi sui prestiti dei soci delle società cooperative);
§ in caso di partecipazione al consolidato nazionale, l’eventuale eccedenza di interessi passivi ed oneri assimilati indeducibili generatasi in capo a un soggetto può essere portata in abbattimento del reddito complessivo di gruppo, se e nei limiti in cui altri soggetti partecipanti al consolidato presentino, per lo stesso periodo d’imposta, un risultato operativo lordo capiente non integralmente sfruttato per la deduzione. Tale regola si applica anche alle eccedenze oggetto di riporto in avanti, con esclusione di quelle generatesi anteriormente all’ingresso nel consolidato nazionale ;
§ la disposizione sul consolidato nazionale si applica anche nel consolidato mondiale. Pertanto, ai soli effetti della individuazione della capienza per la deducibilità degli interessi passivi, possono essere incluse anche le società estere; in tal caso nella dichiarazione dei redditi devono essere espressamente indicati i dati relativi agli interessi passivi e al risultato operativo lordo della società estera.
Per quanto riguarda i redditi d’impresa realizzati dalle persone fisiche, la nuova disciplina sugli interessi passivi, dalla quale sono escluse le imprese minori, è contenuta nell’articolo 61 del TUIR come sostituito dalla legge finanziaria per il 2008.
Appare opportuno segnalare che il TUIR prevede, per la determinazione del reddito d’impresa dei soggetti IRPEF, un rinvio generale alla disciplina relativa ai soggetti IRES. Infatti, ai sensi dell’articolo 56, comma 1, del TUIR, ove non diversamente disposto si applicano le disposizioni della sezione I del capo II del titolo II (Determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti). L’articolo 61 del TUIR, nel testo previgente, disponeva che gli interessi passivi pagati dall’imprenditore devono essere computati nella determinazione del reddito d’impresa e non danno diritto alla detrazione dall'imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 15[249].
Ai sensi del nuovo articolo 61 del TUIR gli interessi passivi sono deducibili per la parte corrispondente al coefficiente ottenuto dividendo la somma dei ricavi, degli altri proventi che concorrono a formare il reddito d’impresa nonché dei ricavi che non vi concorrono perché esclusi, per l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. In altre parole, la quota indeducibile degli interessi passivi è proporzionale alla quota dei ricavi e proventi esenti rispetto al totale dei ricavi e proventi.
Inoltre, viene confermato che la parte di interessi passivi non deducibili non dà comunque diritto alla detrazione dall’imposta prevista alle lettere a) e b) del comma 1 dell’articolo 15.
Nei casi di fusione o di scissione societaria è stata estesa agli interessi passivi portati in avanti, perché indeducibili nell’esercizio di riferimento, lo stesso trattamento limitativo delle perdite nell’ambito delle operazioni straordinarie. Ciò per evitare che le tali operazioni societarie vengano effettuate con finalità elusive, ossia con lo scopo di subentrare nel diritto della deduzione a titolo di interessi portati a nuovo.
Il comma 7 dell’articolo 172 del TUIR reca disposizioni antielusive in materia di fusioni e scissioni societarie. In particolare, si dispone che le perdite delle società che partecipano alla fusione possono essere portate in diminuzione del reddito della società risultante dalla fusione o incorporante per un ammontare non superiore al rispettivo patrimonio netto quale risulta dall'ultimo bilancio ovvero, se inferiore, dalla situazione patrimoniale di cui all'articolo 2501-quater del codice civile.
Le modifiche introdotte nel corso della XV legislatura sono dirette, in linea generale, ad introdurre un regime di deducibilità delle perdite basato sulla c.d. “compensazione verticale” ovvero di un regime nel quale le perdite possono essere dedotte esclusivamente da redditi della stessa natura realizzate dai medesimi soggetti e possono essere dedotte anche negli esercizi successivi, ma non oltre il quinto (riporto in avanti delle perdite)
Tale disciplina è stata estesa, dalla legge finanziaria per il 2008, anche alle perdite da partecipazioni in società di persone (società in nome collettivo e società in accomandita semplice); in tal modo la disciplina è stata omogeneizzata con quella già esistente per le perdite attribuite per trasparenza alle società di capitali. La modifica è stata finalizzata ad evitare comportamenti elusivi da parte dei contribuenti che, attraverso le partecipazioni azionarie, potrebbero limitare gli effetti di indeducibilità degli interessi passivi.
Diversi interventi, inoltre, hanno interessato le perdite realizzate dalle imprese minori.
Inizialmente, il decreto legge n. 223/2006 aveva disposto che, con decorrenza 2006, anche alle imprese minori venisse applicata la compensazione verticale (e il riporto in avanti) in luogo della precedente compensazione orizzontale (ai sensi della quale le perdite d’esercizio possono essere portate in deduzione di redditi di altra natura purché relativi al medesimo periodo d’imposta).
La legge finanziaria 2008 ha ripristinato, con decorrenza 2008, il regime della compensazione orizzontale con esclusione del riporto in avanti delle perdite non dedotte.
La legge finanziaria per il 2008, abrogando il prospetto relativo alle deduzioni extracontabili (quadro EC), ha escluso la possibilità di portare in deduzione, ai soli fini fiscali, alcuni oneri non registrati nella contabilità quali gli ammortamenti, le rettifiche di valore, gli accantonamenti.
La possibilità di effettuare deduzioni extracontabili era stata introdotta, nel corso della XIV legislatura, con il D.Lgs. n. 344/2003[250] a seguito della scelta, operata con la riforma del diritto societario[251], di eliminare il fenomeno del c.d. “inquinamento fiscale del bilancio”. Tale disposizione consentiva, per ragioni esclusivamente fiscali, la deduzione dal reddito di alcune rettifiche di valore e accantonamenti per rischi e oneri che dovevano essere evidenziati in un apposito prospetto (quadro EC) allegato alla dichiarazione dei redditi.
Nell’aspetto fiscale, pertanto, i valori da considerare non coincidono con quelli indicati nel bilancio civile in quanto questi ultimi devono essere rettificati per tenere conto delle deduzioni extracontabili iscritte nel prospetto. La legge finanziaria per il 2008 ha introdotto la facoltà per il contribuente di affrancare sia le riserve in sospensione d’imposta iscritte nel prospetto, sia le differenze tra il valore civile e quello fiscale dei beni (c.d. riallineamento) attraverso il pagamento un’imposta sostitutiva.
Nel corso della XV legislatura gli interventi in materia di tassazione delle plusvalenze e minusvalenze da partecipazioni soggette al regime della partecipation exemption (PEX) sono stati operati con la legge finanziaria per il 2008.
Il regime PEX, introdotto nel corso della XIV legislatura con il già richiamato D.Lgs. n. 344/2003, prevede una esenzione parziale dei redditi da partecipazione al fine di evitare la doppia tassazione (in capo alla società e in capo al socio) del medesimo reddito. Tale disciplina ha sostituito il precedente regime di tassazione che, sempre al fine di evitare la doppia tassazione, prevedeva invece una riduzione dell’imposta determinata in capo al socio in funzione dell’imposta pagata in capo alla società (credito d’imposta).
La legge n. 244/07 ha elevato dall’84 al 95 per cento la quota di esenzione delle plusvalenze esenti[252], e ha ridotto da 18 a 12 mesi il periodo minimo di possesso (c.d. holding period) delle partecipazioni richIesto ai fini della parziale esenzione delle plusvalenze.
Tali interventi hanno ridotto il disallineamento esistente, per i soggetti IRES, tra la disciplina relativa alle minusvalenze (per le quali è prevista una indeducibilità al 100% se il periodo di possesso è almeno di 12 mesi) e quella delle plusvalenze (per le quali era richiesta, ai fini della esenzione parziale pari all’84%, un periodo minimo di possesso non inferiore a 18 mesi).
Con l’aumento della quota di esenzione al 95% la disciplina sulle plusvalenze in esame viene allineata a quella relativa ai dividendi per i quali è prevista la medesima quota di esenzione.
Rispetto, invece, alla disciplina relativa alla esenzione delle plusvalenze di cui all’articolo 87 del TUIR, realizzate dalle persone fisiche, la finanziaria 2008 rinvia ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze il compito di rideterminare la quota di esenzione sulla base della riduzione dell’aliquota IRES dal 33 al 27,5 per cento, mantenendo inalterato il livello di tassazione dei dividendi e delle plusvalenze.
Il DM 2 aprile 2008 del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato in attuazione della citata norma, ha elevato dal 40% al 49,72 per cento la quota di esenzione. La relazione illustrativa spiega che la nuova aliquota è stata determinata in funzione di una tassazione complessiva in capo alla persona fisica che percepisce gli utili o che realizza una plusvalenza corrispondente alla massima aliquota marginale IRPEF (43%). In particolare, tenuto conto che il socio percepisce redditi al netto dell’IRES (27,5%) pagata dalla società (pertanto, ad ogni 100 di reddito lordo corrisponde un reddito netto in capo al socio di 72,5) la nuova aliquota di esenzione comporta un carico tributario complessivo in capo al socio pari al 43%[253].
Nel corso della XV legislatura gli interventi fiscali in materia di consolidato nazionale e consolidato mondiale sono stati operati con la legge finanziaria per il 2008.
Il consolidato nazionale e il consolidato mondiale, introdotti dal già richiamato D.Lgs. n. 344/2003, sono strumenti di consolidamento degli imponibili e prevedono la dichiarazione di un’unica base imponibile nella quale vengono sommati algebricamente i redditi delle imprese appartenenti al gruppo, con conseguente compensazione tra redditi e perdite fiscali di gruppo. Il consolidato nazionale disciplina i gruppi di imprese costituiti esclusivamente da società residenti, mentre quello mondiale interessa i gruppi cui appartengono anche le società non residenti.
Le modifiche, introdotte dalla legge finanziaria 2008, sono dirette a:
a) anticipare il termine per la comunicazione dell’opzione per il consolidato al fine di allinearlo con la scadenza per il versamento dell’IRES;
b) escludere la possibilità, per la società capogruppo, di effettuare le rettifiche di consolidamento ai fini fiscali;
c) introdurre una specifica disciplina sui dividendi e sulle plusvalenze di partecipazione in società consolidate qualora venga interrotto o non venga rinnovata l’opzione per il consolidato mondiale.
Le imposte dirette: i regimi speciali
Nel corso della XV legislatura sono state introdotte modifiche alla disciplina fiscale sulle società non operative (c.d. “società di comodo”), ossia quelle società che non sono preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare.
La disciplina, introdotta dall’articolo 30 della legge n. 724/1994 (legge finanziaria per il 1995), consiste, in primo luogo, nella determinazione di specifici criteri per la qualificazione di “società non operative”. Inoltre, nell’ipotesi di non operatività, sono fissati dei parametri per la determinazione del reddito minimo fiscale che,– salvo prova contraria da parte del contribuente – viene calcolato applicando delle percentuali ad alcune voci dell’attivo patrimoniale.
Le modifiche introdotte hanno interessato sia i parametri utilizzati per la qualificazione delle società come “non operative”, sia i coefficienti da applicare per la determinazione del reddito minimo imponibile ai fini fiscali.
I primi interventi nella legislatura sono stati operati con il decreto legge n. 223/2006[254] che, all’articolo 35 commi 15 e 16, ha apportato modifiche alla disciplina con decorrenza periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006.
In primo luogo, sono stati elevati i coefficienti minimi per stabilire la soglia di ricavi al di sotto della quale scatta il regime delle società non operative; tali modifiche hanno comportato un ampliamento dell’ambito di applicazione della disciplina in commento.
In secondo luogo, sono stati aumentati i coefficienti di redditività che fissano il reddito minimo presunto in capo alle società considerate non operative; tali modifiche hanno determinato un incremento dell’imponibile da dichiarare ai fini fiscali.
Ulteriori modifiche riguardano la disciplina IVA. In particolare, è stato disposto che il credito annuale risultante dalla dichiarazione IVA non può essere utilizzato in compensazione[255] né può essere chiesto a rimborso per un periodo di tre anni. Inoltre, la società perde il diritto di utilizzare tale credito IVA nelle liquidazioni periodiche dei periodi d’imposta successivi al triennio se si verificano le seguenti due condizioni:
1) la società risulta non operativa per tre periodi d’imposta consecutivi;
2) la società, nei medesimi periodi, effettua operazioni IVA di ammontare inferiore ad uno specifico importo[256].
La legge Finanziaria per l'anno 2007[257] ha apportato ulteriori modifiche alla disciplina fissandone la medesima decorrenza del citato DL n. 223/2006, ossia dal periodo d’imposta in corso al 4 luglio 2006.
In particolare, le modifiche introdotto sono state dirette a:
- escludere la facoltà per il contribuente di non allinearsi di sua iniziativa al regime delle società di comodo[258], ferma restando la possibilità di richiedere la disapplicazione della disciplina tramite interpello di cui all’articolo 37-bis del DPR n. 600/1973;
- ridurre i coefficienti per la qualificazione della non operatività della società limitandone pertanto l’ambito di applicazione;
- escludere dall’ambito di applicazione le società controllanti di società quotate in borsa e le società controllate da queste ultime (controllo indiretto);
- estendere anche ai fini IRAP l’applicazione della disciplina sulle società di comodo, a decorrere dal 2007[259].
La legge finanziaria 2008[260], oltre a modificare ulteriormente le misure dei parametri per la qualificazione delle società non operative e i coefficienti per la determinazione del reddito minimo di cui all’articolo 30 della legge n. 724/1994, ha introdotto disposizioni dirette ad ampliare le cause di esclusione dalla disciplina in esame[261]. In particolare, con decreto del Direttore dell’Agenzia delle entrate[262] sono state individuate le ulteriori specifiche casistiche che consentono la disapplicazione della normativa sulle società di comodo senza dover assolvere l’obbligo di presentare apposita istanza.
Complessivamente, le cause di esclusione sono:
§ società obbligate a costituirsi sotto forma di società di capitali;
§ società che si trovano nel primo periodo d’imposta;
§ società in amministrazione controllata o straordinaria;
§ società controllanti e controllate di società quotate in mercati regolamentati;
§ società esercenti pubblici servizi di trasporto;
§ società con un numero di soci pari o superiori a 50 (tale numero è stato così ridotto, rispetto al precedente 100, dalla legge finanziaria 2008);
§ società che nei due esercizi precedenti hanno avuto un numero di dipendenti mai inferiore alle 10 unità;
§ società in stato di fallimento, assoggettate a procedure di liquidazione giudiziaria, di liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria ed in concordato preventivo;
§ società che presentano un ammontare complessivo del valore di produzione superiore al totale attivo dello stato patrimoniale;
§ società partecipate da enti pubblici almeno nella misura del 20% del capitale sociale;
§ società che risultano congrue e coerenti ai fini degli studi di settore;
§ società in liquidazione volontaria che non possono fruire dello scioglimento o della liquidazione agevolata e che richiedono la cancellazione dal registro delle imprese entro il termine di presentazione della successiva dichiarazione;
§ società sottoposte a sequestro penale o a confisca o ad analoghe fattispecie in cui il Tribunale, in sede civile, disponga la nomina di un amministratore giudiziario;
§ società che detengono immobili locati a enti pubblici o a canone vincolato;
§ società che detengono partecipazioni in società considerate non di comodo, in società escluse dall’applicazione della disciplina a seguito di accoglimento di istanza ovvero in società collegate residente all’estero;
§ società la cui istanza di disapplicazione è stata accolta precedentemente sulla base di circostanze che sussistono, senza modificazioni, anche nei periodi d’imposta successivi.
La legge finanziaria per il 2007[263] ha introdotto agevolazioni fiscali in favore delle società non operative che, nel periodo d’imposta in corso alla data del 4 luglio 2006, provvedano allo scioglimento o alla trasformazione in società semplice. A tal fine è richiesto che la deliberazione sia stata approvata entro il 31 maggio 2007[264].
I benefici fiscali consistono in:
- pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP fissata in misura pari al 25% sul reddito realizzato nel periodo compreso tra l’inizio e la chiusura della liquidazione ovvero sulla differenza di valore in caso di trasformazione in società semplice;
- pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP fissata in misura pari al 25% sulle riserve e sui fondi in sospensione d’imposta;
- pagamento di un’imposta sostitutiva fissata in misura pari al 10% sui saldi attivi di rivalutazione dei beni;
- agevolazioni fiscali sui beni societari assegnati ai soci in caso di scioglimento ovvero sul valore delle partecipazioni in caso di trasformazione in società semplice;
- le cessioni a titolo oneroso e gli atti di assegnazioni ai soci si considerano effettuati al valore normale; per i beni immobili il valore normale è quello risultante dall’applicazione dei moltiplicatori catastali. Per le assegnazioni si applica l’ imposta di registro in misura pari all’1% e, per gli immobili, le imposte ipotecarie e catastali sono applicate in misura fissa.
La legge finanziaria per il 2008[265] è intervenuta sullo scioglimento agevolato delle società non operative ed ha disposto:
- la riapertura dei termini, che consente l’accesso al regime agevolato alle società che risultano non operative nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006;
- la riduzione dell’aliquota di imposta sostitutiva sui redditi introdotta dalla legge finanziaria per il 2007, dal 25 per cento al 10 per cento;
- la riduzione dell’aliquota di imposta sostitutiva sulle riserve in sospensione d’imposta costituite da saldi attivi di rivalutazione dal 10 per cento al 5 per cento.
L’imposta sul valore aggiunto (IVA)
La Corte di giustizia delle Comunità europee, nella sentenza resa il 14 settembre 2006 nella causa C-228/05, ha affermato l’incompatibilità con il diritto comunitario delle disposizioni nazionali concernenti l’indetraibilità dell’IVA relativa all’acquisto o all’importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture e autoveicoli non adibiti ad uso pubblico o non costituenti oggetto dell’attività propria di impresa, ovvero relativa all’acquisto e all’importazione dei componenti e dei ricambi dei menzionati ciclomotori, motocicli, autovetture e autoveicoli (nel dettaglio, le disposizioni dell’articolo 19-bis.1 del D.P.R. n. 633 del 1972[266]).
La Corte di giustizia ha rilevato che tali misure risultano incompatibili con le norme della sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (direttiva del Consiglio 77/388/CEE, in particolare articolo 17, paragrafo 2 e 7 del provvedimento[267]) in quanto, per le proroghe del regime di indetraibilità successive al 2000, non risulta essere stata osservata la procedura di consultazione del Comitato consultivo IVA[268] prevista dall’articolo 29 della suddetta direttiva.
La sentenza ha sottolineato che, ai sensi della medesima disposizione della direttiva, uno Stato membro non può adottare provvedimenti che escludano alcuni beni dal regime delle detrazioni di tale imposta senza limitazione temporale, ovvero nel contesto di un insieme di provvedimenti di adattamento strutturale miranti a ridurre il disavanzo di bilancio e a consentire il rimborso del debito pubblico.
E’ stato dunquericonosciuto ai contribuenti il diritto di ottenere il rimborso dell’IVA versata e non detratta per gli anni successivi al 2000, escludendosi inoltre la possibilità di differire o limitare nel tempo gli effetti della sentenza.
Più dettagliatamente, la domanda di pronunzia pregiudiziale atteneva all’interpretazione del paragrafo n. 7 dell’articolo 17, in combinato disposto con il paragrafo 2 del medesimo articolo, della direttiva 77/388/CEE - abrogata dal par. 411 della direttiva n. 2006/112/CE, nella quale è stata rifusa; vedi scheda Principi dell’IVA comunitaria, pag. 227- del Consiglio del 17 maggio 1977[269].
Il suddetto paragrafo n. 7 dell’articolo 17, nel primo periodo, stabiliva che – salvo l’obbligo procedurale di consultazione del comitato di cui all’articolo 29 della direttiva in questione – ogni Stato membro potesse, per motivi congiunturali, escludere in tutto o in parte dal regime di deduzioni IVA la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni. Il paragrafo 2, lettera a), del medesimo articolo stabiliva che "nella misura in cui i beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore (…) l’imposta sul valore aggiunto dovuta o assolta per i beni che gli sono o gli saranno ceduti e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo".
La controversia si riferiva dunque alla compatibilità della normativa italiana contenuta nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (“Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto”), con le suddette norme comunitarie. Nel dettaglio, il comma 1, lettera c), dell’articolo 19-bis1 (“Esclusione o riduzione della detrazione per alcuni beni e servizi”) del D.P.R. n. 633 del 1972 disponeva, nella sua originaria formulazione – in deroga alle norme generali in materia detrazione dell’IVA –, l’indetraibilità dell’ imposta relativa ad alcuni beni e servizi, tra cui l’acquisto o l’importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture e autoveicoli indicati dal Codice della strada[270] non adibiti ad uso pubblico, che non formassero oggetto dell’attività propria dell’impresa[271]. L’indetraibilità riguardava pure l’IVA pagata per l’acquisto e l’importazione dei componenti e dei ricambi dei menzionati veicoli, nonché l’IVA connessa alle prestazioni di altri servizi e l’imposta relativa all’acquisto o all’importazione di carburanti e lubrificanti (in virtù del richiamo operato dalla successiva lettera d) del comma 1). In tutti questi casi, gli unici soggetti a poter portare in detrazione l’IVA erano gli agenti e i rappresentanti di commercio.
La normativa era stata introdotta nella legislazione italiana nel 1979 come misura permanente: solo dal 1980 era stato fissato un limite temporale di efficacia, sistematicamente prorogato nel tempo. Per fare riferimento solo alla più recente dilazione temporale, si segnala che il comma 125 dell’articolo 1 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) aveva fissato al 31 dicembre 2006 il termine finale di efficacia della normativa nazionale e aveva ridotto dal 90 all’85 per cento la quota di indetraibilità, di cui al comma 4 dell’articolo 30 della legge finanziaria per il 2001, con conseguente innalzamento della parte detraibile dal 10 al 15 per cento dell’IVA pagata.
Secondo la sentenza della Corte di giustizia (paragrafo 66 delle motivazioni), ai sensi del comma 3 dell’articolo 249 del Trattato CE[272], gli Stati membri sono tenuti a conformarsi a tutte le disposizioni della sesta direttiva IVA.
In particolare, ha affermato la Corte al punto 1 del dispositivo, l’articolo 17, n. 7, prima frase, della sesta direttiva impone agli Stati membri, ai fini del rispetto dell’obbligo procedurale di cui all’articolo 29 della direttiva, di informare il comitato consultivo dell’IVA "del fatto che essi intendono adottare una misura nazionale che deroga al regime generale delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto", fornendo a tale comitato informazioni sufficienti per consentire ad esso di esaminare la misura con cognizione di causa. Inoltre (punto 2 del dispositivo), l’articolo 17, n. 7, prima frase, della sesta direttiva va interpretato nel senso "che esso non autorizza uno Stato membro ad escludere alcuni beni dal regime delle detrazioni dell’imposta sul valore aggiunto senza previa consultazione del comitato consultivo dell’imposta sul valore aggiunto, istituito all’articolo 29 della detta direttiva. La detta disposizione non autorizza nemmeno uno Stato membro ad adottare provvedimenti che escludano alcuni beni dal regime delle detrazioni di tale imposta ove siano privi di indicazioni quanto alla loro limitazione temporale o facciano parte di un insieme di provvedimenti di adattamento strutturale miranti a ridurre il disavanzo di bilancio e a consentire il rimborso del debito pubblico".
Ad avviso della Corte (paragrafo 67 delle motivazioni), è accertato che la normativa statale derogatoria del principio comunitario della detrazione IVA è stata sistematicamente prorogata dal Governo italiano a partire dal 1980. Essa non presentava quindi un carattere temporaneo, né era motivata da ragioni congiunturali, rientrando invece in un insieme di provvedimenti di adattamento strutturale non giustificati dall’articolo 17 n. 7: la Corte ha affermato l’impossibilità del Governo italiano di invocare tali misure a discapito di un soggetto passivo. Pertanto, il soggetto passivo cui sia stata applicata tale misura deve poter ricalcolare il suo debito IVA conformemente alle disposizioni dell’art. 17, n. 2, nella misura in cui i beni e i servizi sono stati impiegati ai fini di operazioni soggette ad imposta (punto 3 del dispositivo).
Per ciò che attiene al profilo degli effetti temporali della pronunzia, il Governo italiano aveva chiesto che la Corte limitasse nel tempo gli effetti della presente sentenza, invocando il grave danno che ne sarebbe derivato per l’erario e facendo valere il legittimo affidamento nutrito nella legittimità comunitaria della norma nazionale. Tuttavia, secondo i giudici comunitari, nel caso di specie il comitato IVA, fin dal 1980, aveva costantemente segnalato al Governo italiano come la deroga in questione non potesse giustificarsi, e le autorità italiane si erano impegnate a riesaminare la misura a partire dal 1º gennaio 2001.
E’ stato dunque affermata l’impossibilità, per le autorità italiane, di far valere l’esistenza di rapporti giuridici costituiti in buona fede. Di conseguenza, la Corte ha disposto che non occorresse limitare nel tempo gli effetti della sentenza.
Allo scopo di dare attuazione alla pronuncia della Corte di giustizia è stato dunque disposto (articolo 1, comma 1, primo periodo del d.l. n. 258 del 2006[273]) che i soggetti passivi i quali, fino alla data del 13 settembre 2006 (ossia fino al giorno anteriore alla pubblicazione della sentenza), abbiano effettuato, nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, acquisti ed importazioni di ciclomotori, motocicli, autovetture ed autoveicoli ovvero sostenuto spese per componenti e ricambi degli stessi (vale a dire i beni e i servizi indicati nell’articolo 19-bis1, comma 1, lettere c) e d) del D.P.R. n. 633 del 1972) debbono presentare istanza di rimborso su un apposito modello da approvarsi con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate; con quest’ultimo provvedimento possono essere stabilite differenti percentuali di detrazione dell’imposta per distinti settori di attività, in relazione alle quali è ammesso un rimborso in misura forfetaria.
Il termine per la presentazione dell’istanza di rimborso in misura forfetaria, originariamente previsto per il 15 aprile 2007, è stato successivamente prorogatoal 20 ottobre 2007.
Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 22 febbraio 2007 sono state definite le modalità di richiesta del cd. “rimborso forfetario” dell’Iva pagata su acquisti di autoveicoli e sui servizi effettuati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, a partire dal 1° gennaio 2003 e fino al 13 settembre 2006.
La percentuale di detraibilità è stata fissata al 40 per cento, fatti salvi i settori dell’agricoltura, caccia, silvicoltura, pesca e piscicoltura, per i quali il provvedimento fissa al 35 per cento tale percentuale; per i veicoli con propulsori non a combustione intera, la percentuale di detrazione è pari al 50%, a prescindere dal settore di attività.
Le medesime disposizioni (articolo 1, comma 1, penultimo periodo del citato d.l. n. 258 del 2006) hanno comunque fatto salva la possibilità di rimborso in misura superiore a quella forfetaria. Tale rimborso analitico può esserechiesto dai contribuenti che, pur avendo presentato l’istanza di cui supra, non aderiscono al rimborso forfetario, nonché dai contribuenti che non presentano la relativa richiesta entro il termine del 20 ottobre 2007. Per usufruirne è necessaria la presentazione di un’istanza agli effetti della presentazione dei ricorsi alle commissioni tributarie provinciali. La domanda di restituzione di tributi deve essere presentata entro due anni dal pagamento, ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.
In tale ultima ipotesi,il termine per la presentazione dell’istanza per ottenere il rimborso analitico è dunque il 15 novembre 2008 (ovvero entro due anni dall’entrata in vigore della legge n. 278 del 2006, che ha convertito il citato d.l. n. 258 del 2006).
E’ stato altresì previsto (articolo 1, comma 2del d.l. n. 258 del 2006) che i rimborsi siano esclusi dalle procedure di detrazione e di compensazione tra debiti e crediti di imposta (previste dal citato D.P.R. n. 633 del 1972 e dal decreto legislativo n. 241 del 1997[274]).
Il citato d.l. n. 258 del 2006 (articolo 1, comma 2-bis) ha dunque ridefinito la disciplina complessiva della materia oggetto di censura da parte della Corte di giustizia; è stato disposto infatti che l’IVA relativa all’acquisto o all’importazione di ciclomotori, di motocicli e di autovetture e autoveicoli, qualora non formassero oggetto dell’attività propria dell’impresa, fosse indetraibile nei limiti previsti dall’autorizzazione richiesta in sede comunitaria, con esclusione dell’applicabilità di tali norme agli agenti o rappresentanti di commercio.
Il Governo italiano, di conseguenza, in data 9 ottobre 2006 ha richiesto al Consiglio dell’Unione europea l’assenso ad una temporanea e parziale indetraibilità dell’imposta in questione.
Il paragrafo n. 7 dell’articolo 17 della direttiva, nel primo periodo, stabilisce che – salvo l’obbligo procedurale di consultazione del comitato dell’IVA, di cui all’articolo 29 della direttiva in questione[275] – ogni Stato membro può, per motivi congiunturali, escludere in tutto o in parte dal regime di deduzioni IVA la totalità o parte dei beni di investimento o altri beni. L’autorizzazione a derogare l’articolo 17, par. 2 della direttiva 77/388/CEE è stata già concessa ad alcuni Stati membri dell’Unione.
Con la decisione n. 2007/441/CE, il Consiglio ha autorizzato l’Italia a limitare al 40 per cento il diritto a detrarre l’IVA sulle spese relative ai veicoli stradali a motore non interamente utilizzati a fini professionali; ha inoltre stabilito che l’Italia è tenuta a non assimilare a prestazioni di servizi a titolo oneroso l’uso a fini privati di veicoli che rientrano fra i beni dell’impresa di un soggetto passivo, se tale veicolo è stato soggetto a restrizione del diritto a detrazione ai sensi della presente decisione.
Nella medesima decisione si è stabilito che l’applicazione delle suddette misure si estenda a tutti i veicoli a motore — trattori agricoli o forestali esclusi — normalmente adibiti al trasporto stradale di persone o beni la cui massa massima autorizzata non superi 3500 kg e il cui numero di posti a sedere, escluso quello del conducente, non sia superiore a otto. E’ stato poi disposto che le spese relative ai veicoli siano escluse dalla restrizione del diritto a detrazione testé autorizzato, ove il veicolo rientri in una delle categorie indicate dal Consiglio nella medesima decisione[276].
A seguito dell’autorizzazione pervenuta dal
Consiglio UE, la legge finanziaria per
il 2008 (articolo 1, comma 261 della l. n. 244 del 2007) ha nuovamente
modificato la disciplina della detrazione per le operazioni relative a veicoli
stradali a motore, di massa non superiore a
A fronte dell’onere relativo alla sentenza della Corte di giustizia, l’articolo 7, commi 25 e 26 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262 ha ridotto le misure di deducibilità dei costi delle auto aziendali ai fini delle imposte dirette (vedi scheda IRES: ampliamento base imponibile, pag. 203). Come precisato nella Relazione tecnica allegata al citato decreto-legge, gli effetti di maggior gettito - in termini di imposte dirette -, conseguenti alla minore deducibilità degli oneri per la determinazione del reddito di impresa e da lavoro autonomo introdotta dal d.l. n. 262 del 2006, sono diretti a compensare gli oneri - in termini di minore imposta sul valore aggiunto - recati dalla pronuncia della Corte di giustizia resa il 14 settembre 2006, C-228/05.
L’onere complessivo per i rimborsi conseguenti alla pronuncia della Corte di giustizia è stato evidenziato contabilmente tra le regolazioni debitorie della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) la quale, alla tabella B, presentava un accantonamento di 5,7 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009 al fine di consentire, entro il 2009, l’integrale rimborso stimato in favore dei contribuenti.
Successivamente, il D.L. n. 81 del 2007 (articolo 15-bis, commi 7-9 del decreto-legge 2 luglio 2007 n. 81) ha modificato in aumento le misure di deducibilità - ai fini delle imposte dirette – dei costi delle auto aziendali, introdotte dal citato d.l. n. 262 del 2006; il medesimo provvedimento (articolo 15-bis, commi 12 e 13) ha inoltre disposto, a titolo di regolazione debitoria, utilizzando a tal fine l’accantonamento previsto alla tabella B della citata legge finanziaria per il 2007, la spesa di 5,7 miliardi di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009 al fine di consentire all’Agenzia delle entrate la liquidazione dei rimborsi IVA per le auto aziendali.
Per fronteggiare la copertura di tale onere è stata prevista la riduzione dello stanziamento iscritto – ai fini del bilancio triennale 2007-2009 – nell’ambito dell’unità previsionale di base di conto capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2007, allo scopo utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo MEF.
Alla scadenza del termine per la presentazione dell’istanza di rimborso forfetario da parte dei contribuenti, fissato – da ultimo – al 20 ottobre 2007, l’Amministrazione finanziaria ha potuto accertare che le istanze presentate sono state significativamente inferiori a quelle previste.
La legge finanziaria 2008 ha dunque disposto (articolo 1, comma 95 della l. n. 244 del 2007) la riduzione di 2 miliardi di euro, per ciascuno degli anni 2008 e 2009, dell’autorizzazione di spesa concernente la liquidazione dei rimborsi IVA conseguenti alla sentenza della Corte di giustizia del 14 settembre 2006.
In conseguenza della predetta riduzione e, quindi, della riduzione del fabbisogno per i medesimi anni 2008 e 2009, sono stati stimati risparmi di spesa per interessi. Tali risparmi, per un importo non superiore a 90 milioni di euro nel biennio 2008-2009, sono stati iscritti nel Fondo per gli interventi di politica economica.
La Relazione Unificata sull’Economia e la Finanza pubblica per il 2008 ha confermato che la modifica della stima dell’onere deriva dall’ emanazione di alcuni provvedimenti normativi (quali l’introduzione del regime forfetario), nonché dal numero limitato di istanze presentate con tale procedura. Tali fattori “hanno fornito nuove informazioni sui possibili comportamenti degli aventi diritto e posto i presupposti per una revisione al ribasso dell’onere per lo Stato derivante dalla sentenza”.
In considerazione di tali fattori e previo accordo con Eurostat, la medesima Relazione ha evidenziato che si è proceduto ad una revisione metodologica dei criteri di imputazione contabile degli effetti della pronuncia.
La metodologia seguita inizialmente era infatti stata quella di “considerare come momento di registrazione la data della sentenza e di procedere a una stima indiretta del potenziale numero dei contribuenti e del potenziale importo da rimborsare, nel presupposto che tutti gli aventi diritto presentassero istanza”.
La diversa metodologia statistica adottata -in precedenza già utilizzata per altri tipi di rimborsi – ha consentito di registrare il debito per lo Stato nel momento della validazione delle istanze di rimborso, in seguito allo spoglio da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Conseguentemente, “si è proceduto a eliminare l’onere straordinario per lo Stato per effetto della sentenza IVA sulle auto aziendali registrato nel 2006 e stimato pari a circa 16 miliardi, mentre la prima contabilizzazione dei rimborsi IVA sulle auto aziendali è stata effettuata nel conto del 2007 con riferimento alle sole istanze presentate in via telematica con il regime forfetario, per un importo pari a 847 milioni.
Dopo l’iscrizione al 2007 delle somme richieste con procedura forfetaria, per gli anni 2009-2011 sulla base del normale processo di validazione e liquidazione delle istanze ordinarie che sono state presentate e saranno presentate, sono stimati rimborsi per un importo di 400 milioni per ciascun anno del triennio.”
L’imposta sul valore aggiunto
Il sistema comune dell’IVA si applica ai beni e ai servizi acquistati e venduti ai fini del consumo nell’Unione europea. L'imposta sul valore aggiunto (IVA) è infatti un'imposta generale sul consumo, che si applica alle attività commerciali che comportano la produzione e la distribuzione di beni e la prestazione di servizi. L'imposta è calcolata in funzione del valore aggiunto ai beni e ai servizi in ogni fase della produzione e del circuito di distribuzione (vedi capitolo L’imposta sul valore aggiunto (IVA), pag. 53).
Le operazioni imponibili comprendono:
- le cessioni di beni da parte di un soggetto passivo;
- gli acquisti intracomunitari di beni in uno Stato membro provenienti da un altro Stato membro;
- le prestazioni di servizi da parte di un soggetto passivo;
- le importazioni di beni provenienti dell'esterno della CE .
Il sistema comune ha la finalità di arrivare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono ancora completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza nel senso che, nel territorio di ciascuno Stato membro, sui beni e sui servizi di uno stesso tipo gravi lo stesso carico fiscale, a prescindere dalla lunghezza del circuito di produzione e di distribuzione.
Al fine di evitare distorsioni della concorrenza, la soppressione dei controlli fiscali alle frontiere implica, oltre ad una base imponibile uniforme dell’IVA, un certo numero di aliquote e livelli di aliquote sufficientemente ravvicinati tra gli Stati membri. Peraltro è stato indispensabile prevedere un periodo di transizione al fine di consentire un adattamento progressivo delle normative nazionali in determinati settori. Nel corso di tale regime transitorio, in vigore fino al 31 dicembre 2010, si applicano una serie di principi speciali per numerose fattispecie.
La direttiva 2006/112/CE ha proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto, contenute principalmente nella direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari (cosiddetta “sesta direttiva IVA”), più volte modificata nel corso degli anni da numerose direttive.
La nuova direttiva 2006/112/CE costituisce pertanto una sorta di testo unico di tutte le norme sul sistema comune di IVA, razionalizzando e coordinando le numerose e sostanziali modifiche intervenute nel tempo.
Il nuovo testo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2007 in tutti i Paesi dell’Unione europea.
La direttiva 2006/112/CE si compone di 414 articoli, raggruppati in 15 titoli e 12 allegati. La rifusione, come previsto espressamente nel terzo considerando, ha apportato solo poche modifiche sostanziali alla legislazione esistente. La maggior parte dei cambiamenti sono strutturali e redazionali e servono a rendere il testo più chiaro e comprensibile, ovvero a correggere errori e divergenze linguistiche. I riferimenti agli articoli abrogati si intendono fatti alla nuova direttiva 2006/112/CE, secondo una tavola di concordanza contenuta nell'allegato XII della stessa. Tuttavia, oltre alla rielaborazione del testo, sono state introdotte alcune modifiche sostanziali recependo anche sentenze della Corte di giustizia.
Il recepimento delle modifiche sostanziali sarebbe dovuto avvenire negli Stati membri entro il 1° gennaio 2008.
Tra le modifiche sostanziali da recepire vi è quella contenuta nell’articolo 44, che precisa che la territorialità delle prestazioni di servizi effettuate da un intermediario che agisce in nome e per conto terzi (intermediario con rappresentanza) sia sempre da ricondurre al luogo in cui avviene l'operazione principale cui si riferisce la prestazione, salvo il caso in cui il destinatario della prestazione sia identificato ai fini Iva in uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio è effettuata l'operazione principale. In questo caso, la rifusione si è rifatta alla sentenza del 27 maggio 2004, relativa alla causa C-68/03, che si era pronunciata al riguardo.
Altra modifica sostanziale riguarda la definizione di prodotti soggetti ad accisa ai fini dell’applicazione della disciplina dell’IVA. L'articolo 2, paragrafo 3, della nuova direttiva ha specificato che sono considerati prodotti soggetti ad accisa i prodotti energetici, l'alcole e le bevande alcoliche e i tabacchi lavorati, quali definiti dalle disposizioni comunitarie in vigore” ma non il gas fornito dal sistema di distribuzione di gas naturale e l'energia elettrica”: per questi ultimi valgono norme speciali circa il luogo della cessione.
L'articolo 59 della nuova direttiva, in relazione alla territorialità delle prestazioni di telecomunicazione, rende obbligatorio l'utilizzo della regola dell'utilizzazione o dell'impiego effettivi per i servizi forniti a cittadini extra-comunitari che non siano soggetti passivi d'imposta. In questo modo, viene adottato lo stesso criterio previsto per le prestazioni di commercio elettronico.
In Italia il recepimento della direttiva 2006/112/CE è stato previsto con la legge comunitaria 2007 (legge 25 febbraio 2008, n. 34), in particolare con l’articolo 17, relativamente al regime temporaneo IVA applicabile ai servizi di radiodiffusione e di televisione e con l’Allegato B della legge, includendo la direttiva tra quelle da attuare con decreto legislativo e parere delle competenti Commissioni parlamentari.
L'aliquota IVA normale in vigore negli Stati membri deve essere non inferiore al 15%, ed in combinazione con i meccanismi del regime transitorio, mira ad assicurare un funzionamento accettabile del regime.
Durante il periodo transitorio sono altresì possibili alcune deroghe relative al numero e al livello delle aliquote.
In particolare Gli Stati membri possono applicare una o due aliquote ridotte unicamente alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi delle categorie elencate nell'allegato III efissate ad una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5 %.
Non è pertanto compatibile con il sistema comunitario dell’IVA la fissazionedi nuove aliquote ridotte inferiori al 5%.
Nel 2006, diverse proposte relative alla fiscalità indiretta si sono concretizzate in atti legislativi del Consiglio, tra cui una direttiva che modifica la c.d. “sesta direttiva IVA” (77/388/CEE), per consentire agli Stati membri di adottare misure volte a contrastare la frode e l’evasione fiscale.
La direttiva 2006/69/CE del 24 luglio 2006, il cui contenuto è stato poi rifusonella nuova direttiva 2006/112/CE, ha a tali fini modificato la “sesta direttiva IVA”, al fine di abrogare alcune decisioni di autorizzazione di misure derogatorie, nonché di conferire agli Stati membri la facoltà di adottare provvedimenti volti a contrastare la frode e l’evasione fiscale in certi settori specifici e mirati.
La direttiva 2006/69/CE, ha ribadito innanzitutto, a livello comunitario, il principio in base al quale l’adozione del valore normale quale rettifica della base imponibile IVA deve seguire regole tassative, limitate e proporzionali.
Il principio si riferisce alle deroghe che gli Stati membri possono adottare rispetto alla regola generale che impone la determinazione della predetta base imponibile in forza dei corrispettivi fissati dalle parti nell’ambito dei relativi contratti.
Nella direttiva, inoltre, è ammesso il ricorso al valore normale per la determinazione della base imponibile IVA di tutte le transazioni che si realizzano tra soggetti collegati. In quest’ottica, la previsione comunitaria introduce tra i principi dell’ordinamento europeo e, a sua volta, negli ordinamenti degli Stati membri, una nozione di prezzo di trasferimento IVA che si applicherà sia nei rapporti internazionali, sia nelle transazioni che si realizzeranno nel singolo Stato. La direttiva fornisce una nozione di valore normale che, pur ricalcando i principi già fissati a livello nazionale dall’articolo 14 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[277], risolve il problema della determinazione del valore di beni o servizi in cui non è possibile, anche relazionandosi a beni similari, ricostruire l’effettivo valore di riferimento. In relazione a quest’ultimo aspetto, il provvedimento comunitario, al fine di individuare il valore normale dei beni, fa riferimento al costo di produzione o al prezzo di acquisto.
Per quanto riguarda poi le misure aventi lo scopo di semplificare la riscossione dell’IVA e di contribuire a contrastare la frode o l’evasione fiscale, la direttiva ha autorizzato gli Stati membri ad applicare il regime del c.d. reverse charge – cioè a stabilire che il debitore dell’imposta sia il soggetto passivonei cui confronti esse sono effettuate – nelle seguenti ipotesi:
1) prestazioni di servizi di costruzione, inclusi i servizi di riparazione, pulizia, manutenzione, modifica e demolizione relative a beni immobili, nonché la consegna di lavori immobiliari, che è considerata cessione di beni;
2) messa a disposizione di personale per l’esecuzione delle attività di cui al punto 1);
3) cessioni di taluni beni immobili (fabbricati diversi dai fabbricati nuovi e fondi non edificati), qualora il cedente abbia optato per l’imposizione dell’operazione;
4) cessioni di materiali di recupero, di materiali di recupero non riutilizzabili in quanto tali, di avanzi, di materiali di scarto industriali e non industriali, di materiali di scarto riciclabili, nonché di materiali di scarto parzialmente lavorati, e determinate cessioni di beni e prestazioni di servizi figuranti nell’allegato M della direttiva 77/388/CEE;
5) cessioni di beni dati in garanzia da un soggetto passivo ad un altro soggetto passivo in esecuzione di questa garanzia;
6) cessioni di beni successive alla cessione del diritto di riserva di proprietà ad un cessionario che esercita tale diritto;
7) cessione di beni immobili in una vendita giudiziale al pubblico incanto da parte di un debitore giudiziario.
Gli Stati membri possonospecificarele cessioni di beni e le prestazioni di servizi contemplati e le categorie di prestatori, cedenti o destinatari cui queste misure possono applicarsi.
Delle disposizioni nazionali adottate deve essere informato il Comitato consultivo dell’IVA.
Le accise
Oltre alle disposizioni fiscali e di incentivo relative ai prodotti energetici (vedi il capitolo Le accise, pag. 61) numerose disposizioni di carattere fiscale ed agevolative hanno interessato nella XV legislatura la promozione delle energie alternative, ed il risparmio energetico (vedi anche il capitolo Energie rinnovabili,nel dossier relativo alla Commissione Ambiente). Di seguito si ricordano le principali.
L’articolo 29 delD.L. n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008,ha prorogato fino al 31 dicembre 2008 le disposizioni relative agli ecoincentivi per la rottamazione di autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo immatricolati come “euro 0” e “euro 1”, già previste dall’articolo 1, commi 224 e 225, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), come modificate dall’articolo 13, commi 8-quater e 8-quinquies, del decreto legge n. 7/2007 (convertito con legge n. 40/2007), ed ha esteso l’applicazione di tali norme alla rottamazione di autovetture e autoveicoli per il trasporto promiscuo, di categoria “euro 2”, immatricolati prima del 1° gennaio 1999.
Al fine di incentivare l’acquisto di veicoli a minore impatto ambientale, è previsto un contributo pari a 700 euro e l’esenzione per un’annualità del pagamento delle tasse automobilistiche - estensibile ad ulteriori due annualità se il veicolo appartiene alla categoria “euro 0” – per la sostituzione, mediante rottamazione, di un’autovettura o di un autoveicolo per il trasporto promiscuo di categoria “euro 0”, “euro 1” o “euro 2”, immatricolato entro il 1° gennaio 1997, con un’autovettura di categoria “euro 4” o “euro 5”, le cui emissioni non siano superiori a 140 grammi di anidride carbonica per chilometro, ovvero 130 grammi se alimentato a diesel. Tale contributo viene aumentato di 100 euro in caso di acquisto di un’autovettura con emissioni non superiore a 120 grammi per chilometro. Il contributo viene aumentato di 500 euro qualora vengano portati alla demolizione due autoveicoli di proprietà di persone appartenenti allo stesso nucleo familiare e conviventi.
Contributi (art. 29, co. 4 del D.L. n. 248 del 2007) sono previsti anche per la sostituzione di autoveicoli a trasporto promiscuo, autocarri, autoveicoli per trasporti specifici, autocaravan. Per la demolizione di tali mezzi – se di massa complessiva fino a 3.500 chilogrammi, immatricolati entro il 1° gennaio 1999, e ricompresi nella categorie “euro 0” o “euro 1” – e la sostituzione con veicoli nuovi di categoria “euro 4” della medesima tipologia ed entro il medesimo limite di massa, è previsto il seguente contributo:
§ pari a 1.500 euro, per veicoli di massa non superiore a 3.000 chilogrammi;
§ pari a 2.500 euro, per veicoli di massa compresa fra 3.000 e 3.500 chilogrammi.
Per coloro che effettuano la rottamazione di veicoli senza sostituzione, è prevista la possibilità, alternativaal rimborso dell’abbonamento al trasporto pubblicolocale, di accedere ad un contributo di 800 euro per utilizzare i servizi di condivisione degli autoveicoli (car sharing), con modalità da stabilirsi mediante decreto del Ministro dell’ambiente, di concerto con i Ministri dell’economia e dello sviluppo economico. Quest’ultimo beneficio è condizionato a un limite complessivo di spesa pari a 2 milioni di euro.
Il contributo (articolo 1, commi 228 e 229, della legge n. 296/2007) di 1.500 euro per l’acquisto di autovetture e di autocarri nuovi, immatricolati come euro 4 o euro 5, ed omologati dal costruttore per la circolazione mediante alimentazione, esclusiva o doppia, del motore con gas metano o GPL, nonché mediante alimentazione elettrica ovvero ad idrogeno; il contributo aumenta di 500 euro se il veicolo acquistato abbia emissioni di anidride carbonica inferiori a 120 grammi per chilometro. L’incentivo è concesso per i contratti di acquisto stipulati a partire dal 3 ottobre 2006 e fino al 31 dicembre 2009, con possibilità di immatricolazione dei veicoli sino al 31 marzo 2010.
Fino al 31 dicembre 2008 le disposizioni recate dall’articolo 1, comma 236, della legge finanziaria 2007, pongono a carico dello Stato il costo di rottamazione dei motocicli, nei limiti di 80 euro per ciascun motociclo, e prevedono l’esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità, in favore di coloro che acquistano un motociclo di categoria “euro 3”, sostituendo e consegnandone al demolitore uno di categoria “euro 0”.
E’ stato inoltre previsto per tre annualità il rimborso dell’abbonamento al trasporto pubblico locale (articolo 1, comma 225, della legge finanziaria 2007, e successive modificazioni).
La legge finanziaria 2007 (art. 1, commi da 344 a 347, successivamente modificati dalla legge finanziaria 2008, art. 1 commi da 20 a 24), ha introdotto una serie di agevolazioni per la riqualificazione energetica degli edifici.
La prima agevolazione consiste in una detrazione d’imposta IRPEF del 55 per cento per le spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale (riscaldamento) con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione. Tale agevolazione è stata poi estesa dalla legge finanziaria 2008 anche alle spese sostenute per la sostituzione intera o parziale dell’impianto di climatizzazione invernale non a condensazione sostenute entro il 2009.
Un’ulteriore disposizione della legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 286) ha poi esteso tali agevolazioni anche alle spese relativeallasostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia.
La seconda agevolazione prevede una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, perl’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari,distrutture opache verticali(pareti), strutture opache orizzontali(pavimenti e coperture)e finestre comprensive di infissia condizione che tali strutture siano rispondenti a certi requisiti di trasmittanza termicae quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico indicati in un’apposita tabella.
Una terza detrazione d’imposta, sempre per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute è fruibile, fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.
Peraltro, le suddette agevolazioni sono fruibili solo ad alcune condizioni. E’ necessaria, infatti, sia la certificazione della rispondenza dell’intervento ai previsti requisiti da parte di un tecnico abilitato, che ne risponde civilmente e penalmente, che l’acquisizione da parte del contribuente della certificazione energetica dell’edificio, se prevista dalla regione o dall’ente locale in base all’articolo 6 del decreto legislativo n. 192 del 2005. Anche le spese per la certificazione possono rientrare negli importi detraibili.
Il termine entro il quale devono essere sostenute e documentate le spese è fissato al 31 dicembre 2010.
L’art. 1, comma 6 (lett. a) della legge finanziaria 2008 ha inoltre previsto la facoltà per i Comuni di deliberare aliquote agevolate ICI, inferiori al 4 per mille, relativamente agli immobili nei quali si effettuano installazione di impianti di riqualificazione energetica.
I commi 353, 358 e 359 della finanziaria 2007 hanno introdotto la possibilità di detrarre fiscalmente dalle imposte sui redditi, il 20 per cento delleseguenti spese, effettuate entro il 31 dicembre 2007, per
- la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+ . La detrazione spetta in un’unica rata ed è fruibile per un importo non superiore a 200 euro per ciascun apparecchio;
- l’acquisto e installazione di motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW e per la sostituzione di motori esistenti con motori ad elevata efficienza di potenza elettrica compresa tra 5 e 90 KW. La detrazione è per un importo massimo di 1.500 euro per motore;
- l’acquisto e installazione di variatori di velocità (inverter) su impianti con potenza elettrica compresa tra 7,5 e 90 KW. La detrazione è per un importo non superiore a 1.500 europer intervento.
Il comma 354 della stessa legge finanziaria 2007 ha infine previsto una deduzione dal reddito d'impresa pari al 36 per cento dei costi sostenuti da soggetti esercenti l'attività d'impresa rientrante nel settore del commercio che effettuino interventi di efficienza energetica per l'illuminazione entro il 31 dicembre 2008.
Le accise
Con il decreto legislativo D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26 è statarecepita nell’ordinamento italiano la direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ha ristrutturato il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità (vedi il capitolo Le accise, pag. 61).
Il D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, ha modificato significativamente il Testo Unico delle accise (D.Lgs. n. 504 del 1995 ) ed è entrato in vigore dal 1° giugno 2007.
La direttiva 2003/96/CE (c.d. “direttiva DTE”) ha sostituito, abrogandole, le precedenti direttive 92/81/CEE, relativa all'armonizzazione delle strutture delle accise sugli olî minerali, e 92/82/CE, relativa al ravvicinamento delle aliquote d’accisa sugli olî minerali, e modifica la direttiva 92/12/CEE, che disciplina il regime generale, la detenzione, la circolazione e i controlli dei prodotti soggetti ad accisa.
Le bevande alcoliche sono invece disciplinate tuttora dalla direttiva 92/83/CE.
La principale novità della direttiva 2003/96/CE è costituita dal fatto che essa ha ampliato l’insieme dei prodotti energetici che rientrano nel regime comunitario di accisa e che pertanto gli Stati membri devono obbligatoriamente sottoporre ad accisa, insieme in precedenza formato dai soli “olî minerali”.
Con la direttiva 2003/96/CE il regime di accisa viene pertanto applicato ad un insieme più esteso di prodotti, costituito dai cosiddetti prodotti energetici in senso ampio, cui si aggiunge l’elettricità.
Secondo la Commissione europea, infatti, l'assenza di disposizioni comunitarie che assoggettassero a tassazione minima l'elettricità e i prodotti energetici diversi dagli olî minerali avrebbe potuto essere pregiudizievole al buon funzionamento del mercato interno. Si è ravvisata pertanto la necessità di fissare livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei prodotti energetici, compresi l'elettricità, il gas naturale e il carbone, per cercare di ridurre le differenze esistenti tra i livelli nazionali di tassazione.
L’Unione europea inoltre, in quanto parte della convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici, ha ratificato il protocollo di Kyoto, il quale prevede che la tassazione dei prodotti energetici e, se del caso, dell'elettricità sia uno degli strumenti disponibili per conseguire gli obiettivi del protocollo medesimo (vedi la scheda Il protocollo di Kyoto, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).
Per i carburanti per motore sono fissati livelli minimi di tassazione, applicabili rispettivamente dal 1° gennaio 2004 e dal 1° gennaio 2010. Tuttavia, l’articolo 8 della direttiva autorizza l’applicazione di livelli minimi diversi e più favorevoli per i carburanti utilizzati in determinati settori (agricoltura, edilizia) nonché per motori fissi e veicoli destinati all’utilizzazione fuori della sede stradale pubblica.
Si ricorda che per "livello di tassazione" s’intende l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccettuata l'IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all'atto dell'immissione in consumo.
In talune circostanze o in determinate condizioni di natura strutturale è consentita l'applicazione di aliquote differenziate nazionali di tassazione per uno stesso prodotto, purché siano rispettati i livelli minimi comunitari di tassazione e le norme in materia di mercato interno e di concorrenza (articolo 5).
La direttiva consente altresì agli Stati membri di concedere esenzioni o riduzioni di tassazione, rispettando comunque i livelli minimi prescritti.
Il decreto legislativo n. 26 ha innanzitutto modificato l’elenco dei prodotti energetici sottoposti ad accisa, contenuto nel novellato articolo 21 del testo unico delle accise.
Si tratta dei seguenti:
- gli olî vegetali se destinati ad essere utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante per motori;
- i carboni fossili; le ligniti, il coke, i catrami, gli olî lubrificanti, gli olî minerali, i bitumie il gas[278];
- gli idrocarburi;
- l’alcol metilico non di origine sintetica, se destinato ad essere utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante per motori;
- le preparazioni lubrificanti;
- gli additivie altri additivi preparati per olî minerali;
- le miscele di alchilbenzoli sintetici;
- altri prodotti chimici se destinati ad essere utilizzati come combustibile per riscaldamento o come carburante per motori.
Si sottolinea, in particolare, che il riferimento al gas metano viene sostituito con quello, più generale, al gas naturale e che si prevede la sottoposizione al regime di accisa dell’energia elettrica in luogo della preesistenteimposta erariale di consumo sull’energia elettrica.
Inoltre, analogamente a quanto avveniva in precedenza, tutti i prodotti energetici sono comunque soggetti a vigilanza fiscale.
Sono stati modificati inoltre i codici della nomenclatura combinata, che identificano e classificano i prodotti energetici: vengono aggiornati tutti i codici NC in base al regolamento (CE) n. 2031/2001, del 6 agosto 2001, integralmente sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2007, dal nuovo regolamento[279] n. 1549 del 17 ottobre 2006, nel quale rimangono peraltro invariati i codici degli oli minerali.
Le aliquote d’accisa sono indicate nell’allegato I al testo unico e gli impieghi che comportano riduzione dell’accisa, sono indicati nella tabella A allegata al testo unico, che viene modificata.
La modifica dei termini di versamento delle accise prevede che: per le immissioni in consumo avvenute nel mese di luglio il pagamento dell’accisa vada effettuato con il modello F24 entro il giorno 20 del mese di agosto, anziché entro il 16, beneficiando come per le altre imposte della proroga di Ferragosto.
Le aliquote d’accisa vigenti e quelle minime comunitarie dei carburanti sono le seguenti:
Carburanti per motori |
Aliquota minima comunitaria (in euro) |
Aliquota vigente in Italia (in euro) |
Benzina senza piombo (per mille litri) |
359 |
547,17[280] |
Gasolio (per mille litri) |
302 |
406,17[281] |
Cherosene (per mille litri) |
302 |
323,10 |
GPL (per mille kg) |
125 |
210,94 [282] |
E’ prevista l’applicazione di un’aliquota d’accisa ridotta – a decorrere dal 1° gennaio 2008 e fino al 31 dicembre 2013 – per le emulsioni stabilizzate idonee all'impiego nella carburazione e nella combustione[283]. Tale agevolazione è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, ai sensi dell'articolo 88, paragrafo 3, del Trattato istitutivo della Comunità europea. Si tratta infatti di un’agevolazione che può configurare un aiuto di Stato, ai sensi dell'articolo 87, paragrafo 1, del trattato, poiché favorisce, mediante risorse statali, i produttori di emulsioni in Italia e può pertanto incidere sul commercio e sulla concorrenza comunitaria.[284]
Disposizioni particolari riguardano le emulsioni di gasolio e olio combustibile. Si concede infatti l’applicazione di un’aliquota d’accisa ridotta – a decorrere dal 1° gennaio 2008 e fino al 31 dicembre 2013 – per le emulsioni stabilizzate idonee all'impiego nella carburazione e nella combustione, ma l'efficacia dell’agevolazione è subordinata alla preventiva approvazione da parte della Commissione europea, in quanto può configurare un aiuto di Stato.
Altre norme particolari riguardano l’impiego dei prodotti energetici all’interno degli stabilimenti di produzione, l’accisa armonizzata sul gas naturale che varia in base alle fasce di consumo e infine la tassazione con accisa del carbone, della lignite e del coke, con contestuale abrogazione delle precedenti disposizioni che avevano sottoposto tali prodotti ad un’apposita imposta di consumo.
La disciplina del biodisel e dei biocarburanti non è invece contenuta nel testo unico delle accise, ma è stata ridisegnata da una serie di altre disposizioni legislative, tra cui principalmente la legge finanziaria per il 2007 (per approfondimenti vedi il capitolo Le accise, pag.61 e la scheda Il sostegno alla filiera agroenergetica, nel dossier relativo alla Commissione Agricoltura).
Emersione della base imponibile
Nel corso della legislatura numerose norme hanno interessato la fiscalità degli immobili, sia sotto il profilo della disciplina sostanziale che nell’ambito del recupero di imponibile e della lotta all’evasione (vedi il capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77).
Gli interventi hanno principalmente riguardato la disciplina fiscale della compravendita degli immobili (sostanzialmente sotto il profilo della determinazione e dell’accertamento degli imponibili dichiarati nelle compravendite di immobili e degli adempimenti dei soggetti coinvolti nelle transazioni), le agevolazioni per l’abitazione principale (semplificazione di adempimenti relativi alla portabilità dei mutui e norme agevolative) e la disciplina delle detrazioni fiscali concesse in relazione alla proprietà o alla locazione degli immobili.
I primi interventi sono stati realizzati con il D.L. n. 223 del 2006, convertito dalla legge n. 248 del 2008.
I commi 2 e 3 dell’articolo 35 hanno innanzitutto esteso le possibilità di accertamento degli imponibili derivanti da transazioni immobiliari, agli effetti sia dell’imposta sul valore aggiunto, sia dell’imposta sui redditi, relativamente ai redditi d’impresa delle persone fisiche, consentendo di prendere in considerazione a tal fine il valore normale del bene che ne è oggetto.
E’ stata infatti abrogata la disposizione che escludeva la rettifica ai fini dell'IVA quando il corrispettivo fosse indicato nell'atto in misura non inferiore al valore determinato in base al reddito catastale.
Si tratta di una norma che in sostanza ha disposto che non si può più applicare la previgente regola della "valutazione automatica catastale" e cioè la paralisi dell'azione di accertamento di valore quando il corrispettivo dichiarato non sia inferiore alla rendita catastale rivalutata.
In particolare, con la modifica apportata dal comma 3 all’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, relativo all’accertamento delle imposte sui redditi, limitatamente alle cessioni aventi ad oggetto beni immobili ovvero la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento sui medesimi beni, gli uffici delle imposte – ai fini della rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche[285] per i redditi di impresa – potranno ritenere provata l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate, oltre che in presenza di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, anche nei casi in cui l’infedeltà dei relativi ricavi sia desumibile dal valore normale dei beni immobili che sono oggetto della transazione.
Circa la determinazione del valore normale dei fabbricati è poi intervenuta la legge finanziaria 2007 prevedendo[286] la periodica emanazione di provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate recanti criteri utiliper la determinazione del valore normale dei fabbricati. I criteri individuati nei provvedimenti dovranno favorire l’uniforme e corretta applicazione delle disposizioni in materia di rettifica della dichiarazione ai fini IVA[287] di rettifica della dichiarazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi[288], nonché di rettifica del valore degli immobili e delle aziende ai fini della quantificazione dell’imposta di registro[289].
Nuove disposizioni sugli adempimenti connessi alle cessioni immobiliari sono prevista inoltre dai commi da 21 a 23-bis dello stesso articolo del D.L. n. 223 del 2006.
Le nuove norme hanno introdotto a carico delle parti l’obbligo di indicare comunque nell’atto di compravendita, per la determinazione della base imponibile ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, il corrispettivo pattuito, anziché il valore catastale, come in precedenza consentito dalla legge finanziaria 2006. E’ stata inoltre elevata al 30 per cento la misura della riduzione degli onorari notarili connessi a tale procedura.
In caso di inadempimento, anche parziale, ditale obbligo, le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono comunque dovute sull’intero importo (anziché sul valore catastale).
Il comma 22 dell’articolo 35, come successivamente modificato dalla legge finanziaria 2007[290], ha poi stabilito che all’atto di cessione degli immobili, anche se assoggettata ad IVA, le parti dovranno rendere una dichiarazione sostituiva dell’atto di notorietà, recante l’indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo. Con le stesse modalità inoltre, le parti devono dichiarare:
a) se si sono avvalse di un mediatore e, in caso affermativo, di fornire i dati identificativi del titolare, se persona fisica, oppure, se trattasi di soggetto diverso da persona fisica, di inserirne la denominazione e la ragione sociale, insieme ai dati identificativi del legale rappresentante; occorre altresì indicare, eventualmente, i dati del mediatore, non legale rappresentante, che abbia operato per la società;
b) il proprio codice fiscale o partita IVA;
c) il numero di iscrizione al ruolo degli agenti di affari in mediazione ed il numero della camera di commercio di riferimento per il titolare o per il legale rappresentante o per il mediatore che ha operato per la società;
d) l’ammontare della spesa sostenuta per l’attività di mediazione e le analitiche modalità di pagamento della stessa.
Tale normativa trova applicazione anche al caso in cui l’attività di mediazione sia svolta da una società, anziché da una persona fisica.
Il comma 22-bis dell’articolo 35, regola poi la fattispecie dell’assenza dell’iscrizione al ruolo di agenti d’affari in mediazione,stabilendol’obbligo, per il notaio, di effettuare una specifica segnalazione ai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.
In caso di omessa, incompleta o mendace indicazione dei dati indicati dal comma 22, il nuovo comma 22-bis commina la sanzione amministrativa da 500 euro a 10 mila euro e, ai fini dell’imposta di registro, i beni trasferiti sono assoggettati all’accertamento di valore.
Il comma 23-bis dello stesso D.L. n. 223 del 2006 ha poi introdotto la presunzione secondo cui, nel caso di acquisto finanziato dall’acquirente con un mutuo, il valore normale del bene è pari all’importo del finanziamento erogato.
Circa l’applicazione dell’imposta di registro il comma 23-ter stabilisce che le disposizioni che escludono la possibilità di rettifica del valore dichiarato, quando esso corrisponda al valore catastale, si applichino soltanto alle cessioni di immobili ad uso abitativo intercorrenti tra privati i quali non agiscano nell’esercizio dell’impresa, né di attività artistiche o professionali.
La legge finanziaria 2007 ha poi esteso (art. 1, comma 46)agli agenti immobiliari, per le scritture private non autenticate di natura negoziale stipulate a seguito della loro attività per la conclusione degli affari, l’obbligo di chiedere la registrazione di tali atti e laconseguente obbligazione al pagamento dell’imposta di registro, solidalmente con le parti contraenti.
La legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 164) ha inoltre disposto che l'acquirente di una compravendita immobiliare soggetta a Iva risponda del prezzo non dichiarato incassato dal venditore. In pratica la norma prevede che, nei casi di cessione di immobili, il cessionario, anche non imprenditore, sia responsabile in solido con il cedente per il pagamento dell'Iva (e delle eventuali sanzioni), sulla differenza tra il corrispettivo effettivo e quello indicato nell'atto di cessione, quando nella relativa fattura il prezzo dichiarato risulti diverso da quello realmente corrisposto.
La
stessa legge finanziaria (art. 1 comma 160) ha infine esteso il regime
dell’applicazione dell’imposta sostitutiva nella misura del 2% anche ai finanziamenti erogati per
l’acquisto,
Numerosi sono stati gli interventi in materia di fiscalità degli immobili adibiti ad abitazione principale finalizzati, da un lato, a semplificare alcuni adempimenti (quali, ad esempio, quelli relativi ai mutui ipotecari) e, dall’altro lato, ad introdurre o a confermare alcune misure agevolative.
Benefici fiscali, inoltre, sono stati introdotti con riferimento ai soggetti che stipulano contratti di locazione di immobili utilizzati come abitazione principale.
Di seguito si ricordano i principali interventi.
La legge finanziaria 2008 (art. 1, comma 202), ha innovato la legislazione previgente per quanto riguarda la detrazione d’imposta sugli interessi per i mutui stipulati per l’acquisto dell’abitazione principale, prevedendo che dal periodo d'imposta 2008 (e quindi con effetto per la dichiarazione dei redditi del 2009) sia possibile detrarre un importo pari al 19 per cento degli interessi passivi, in misura non superiore a 4mila euro (un luogo del precedente tetto di 3.615 euro), in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili e stipulati per l'acquisto dell'abitazione principale.
Per quanto riguarda gli immobili di proprietà è stata confermata, in primo luogo, l’esenzione dall’IRPEF del reddito dell’abitazione principale e delle sue pertinenze[291].
Relativamente alla disciplina IRPEF, inoltre:
ai fini della individuazione dell’importo della detrazione spettante per familiari a carico e per tipologia di lavoro è stato stabilito che non rilevi il reddito dell’abitazione principale[292];
è stata introdotta una detrazione fiscale sui compensi corrisposti agli intermediari immobiliari per l’acquisto dell’abitazione principale. La misura della detrazione è pari al 19% della spesa entro il limite massimo fissato in 1.000 euro[293].
Ulteriori disposizioni introdotte in favore della c.d. “prima casa” riguardano:
§ semplificazioni ed esenzioni da imposte indirette in materia di portabilità dei mutui ipotecari (vedi scheda Contratti bancari e portabilità dei mutui, pag. 345);
§ agevolazioni ed esenzioni ai fini dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) dovuta sull’abitazione principale (vedi scheda L’Imposta Comunale sugli Immobili (ICI), pag. 259);
§ istituzione di Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa[294] utilizzabile, in presenza di specifici requisiti, per la sospensione del pagamento delle rate di mutui ipotecari provvedendo al pagamento dei costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari per il perfezionamento degli atti di sospensione dei pagamenti.
In favore dei soggetti titolari di contratti di locazione di immobili adibiti ad abitazione principale, l’articolo 1, commi 9 e 10, della legge finanziaria 2008, modificando l’articolo 16 del TUIR, ha introdotto una detrazione fiscale il cui importo è determinato in funzione del reddito (300 euro per redditi fino a 15.494 euro e 150 euro per redditi fino a 30.987 euro).
Inoltre, se il contratto di locazione riguarda l’abitazione principale di giovani di età compresa fra 20 e 30 anni, la cui residenza è diversa da quella dei genitori, il citato articolo 16 prevede un’ulteriore detrazione fissata in misura pari a 992 euro per i primi tre anni di locazione.
Con Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze 11 febbraio 2008 sono state definite le modalità di fruizione della detrazione spettante per canoni di locazione di immobili adibiti ad abitazione principale. Il decreto definisce anche le modalità di attribuzione della detrazione che sia di ammontare superiore all’imposta lorda diminuita delle detrazioni per carichi di famiglia e per redditi da lavoro.
Numerosi interventi hanno riguardato la disciplina delle detrazioni per oneri sugli immobili (per le detrazioni per oneri in generale vedi il capitolo La tassazione delle persone fisiche, pag. 29 ), nonché gli interventi finalizzati a favorire una politica di risparmio energetico (per questi vedi la scheda Fisco ambientale e energie alternative, pag. 231).
Le principali modifiche in materia di detrazioni per oneri relative agli immobili riguardano:
§ le spese di ristrutturazione degli immobili (proroga), che danno diritto ad una detrazione pari al 36% delle spese sostenute, entro il 2010[295], fino ad un importo massimo di spesa pari a 48.000 euro. Il beneficio è ripartito in 10 anni ovvero, in specifiche ipotesi legate all’età del contribuente, il periodo di fruizione può essere ridotto a 5 o a 3 anni;
§ le spese per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti[296]. La detrazione è pari al 55% delle spese sostenute nel periodo 2007-2010. Il periodo di fruizione del beneficio è fissato in tre anni, mentre il tetto massimo di spesa che dà diritto al beneficio varia in funzione della tipologia di interventi effettuati;
§ le spese per canoni di locazione per studenti universitari[297], che danno diritto ad una detrazione pari al 19% delle spese, fino ad un massimo di 2.633 euro, per canoni relativi a contratti di locazione stipulati[298], ai sensi della legge n. 431/98, dagli studenti iscritti ad un corso di laurea presso una università ubicata in un comune diverso da quello di residenza, distante almeno 100 km da quello in cui risulta residente.
Una disciplina specifica è stata prevista in favore dei soggetti locatori che abbiano concesso in locazione un immobile e che, a seguito del blocco degli sfratti, non possano prendere possesso del fabbricato.
Ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 9/2007 il reddito degli immobili locati e non resi disponibili è esente dall’IRPEF e dall’IRES per tutto il periodo di sospensione della procedura esecutiva. E concessa ai comuni la facoltà di introdurre ulteriori agevolazioni ai fini ICI.
Per quanto riguarda le imposte indirette una serie di norme[299] hanno modificato il regime degli immobili e dei fabbricati in relazione all’imposta sul valore aggiunto e le connesse disposizioni riguardanti l’applicazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecaria e catastale (vedi capitolo Le altre imposte indirette e le tasse, pag. 69).
In particolare per quanto riguarda l’Iva è stato esteso l’ambito di esenzione dall’IVA (con conseguente assoggettamento ad imposta di registro) per gli affitti e le locazioni di immobili e fabbricati: è venuta meno, in particolare, l’imponibilità dei rapporti instaurati nella forma della locazione finanziaria e delle locazioni di fabbricati abitativi locati dalle imprese costruttrici in attesa della vendita.
E’ stata estesa l’esenzione dall’IVA alle cessioni di tutti i fabbricati, con l’esclusione di quelli strumentali per natura, e sono state escluse altresì le cessioni poste in essere dall’impresa costruttrice o dall’impresa che vi abbia svolto interventi di recupero purché effettuate entro quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento.
E’ stata invece prevista l’esenzioneda IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni (fabbricati strumentali per natura), con alcune esclusioni.
Sono state assoggettate all’imposta proporzionale di registro le locazioni di immobili strumentali, ancorché assoggettate all’imposta sul valore aggiunto.
Circa le aliquote d’imposta per la registrazione degli atti relativi a locazioni e affitti di immobili, è stata sottoposta all’aliquota dell’1 per cento la registrazione di tali atti quando abbiano per oggetto immobili strumentali, ancorché assoggettati all’imposta sul valore aggiunto.
L’articolo 1, commi da 25 a 28, della legge finanziaria 2008 ha modificato il regime di fiscalità indiretta relativa agli atti di trasferimento di immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati. In particolare, il comma 25, ha previsto l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota agevolata dell’1 per cento relativamente agli atti di trasferimentodi immobili compresi in piani urbanistici particolareggiati diretti all’attuazione deiprogrammi di edilizia residenzialecomunque denominati, a condizione che l’intervento cui è finalizzato il trasferimento venga completato entro cinque anni dalla stipula dell’atto.
Si ricorda infine che i Comuni che gestiscono la tassa sullo smaltimento dei rifiuti (Tarsu) e le società loro concessionarie che gestiscono la Tariffa di Igiene ambientale (Tia) dovranno trasmettere all’Agenzia delle Entrate entro il 30 aprile 2008 le informazioni in loro possesso sui soggetti che risultano occupanti o detentori di immobili.
La comunicazione di questi dati dovrebbe avere lo scopo di rendere più incisiva l’azione di contrasto all’evasione legata alla locazione di immobili non rilevati ai fini dell’imposta di registro e/o non dichiarati ai fini delle imposte sul reddito. Infatti tali informazioni, secondo quanto dichiarato dall’Agenzia delle Entrate, verranno successivamente comparate con i dati messi a disposizione dall’Agenzia del Territorio.
Emersione della base imponibile
Tra gli interventi finalizzati all’emersione della base imponibile della XV legislatura (vedi il capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77), rientra l’aggiornamento del catasto fabbricati, principalmente con una serie di interventi miranti all’accatastamento dei fabbricati non dichiarati al catasto e di quelli non più rurali.
L’articolo 2, comma 36 del D.L. n. 262 del 2006, convertito dalla legge n. 286 del 2006 e successive modificazioni[300] ha previsto infatti l’obbligo dei contribuenti di dichiarare[301] al catasto edilizio urbano le seguenti tipologie di fabbricati:
- i fabbricati non dichiarati al catasto;
- i fabbricati rurali che abbiano perso i requisiti di ruralità ai fini fiscali.
La norma prevede testualmente che l'Agenzia del territorio, anche sulla base delle informazioni fornite dall'AGEA e delle verifiche, amministrative, da telerilevamento e da sopralluogo sul terreno, dalla stessa effettuate nell'ambito dei propri compiti istituzionali, individui i fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto.
Con il Provvedimento del 9 febbraio 2007 dell’Agenzia del Territorio sono state definite le modalità tecniche e operative per l'accertamento in catasto dei fabbricati non dichiarati e di quelli che hanno perso i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali. In tale provvedimento si specifica l’ambito di applicazione del citato comma 36 del D.L. n. 262, riferendolo ai fabbricati che non risultino, in tutto o in parte, non iscritti in catasto. Pertanto, l’ambito di applicazione della norma, secondo il Provvedimento dell’Agenzia del Territorio, deve fare riferimento anche ai fabbricati “in parte” non dichiarati, consentendo all’Agenzia, secondo quanto riportato sul sito internet dell’Agenzia stessa, di accertare “la presenza di fabbricati e di ampliamenti di costruzioni che non risultino dichiarati in catasto”.
Il recupero a tassazione dei fabbricati non iscritti in catasto e di quelli non più considerabili rurali prevede una cooperazione tra l’Agenzia del Territorio e l’AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), per l’individuazione e l’accatastamento di quei fabbricati in precedenza considerati rurali ai fini fiscali, ma non più ascrivibili a tale categoria in quanto utilizzati diversamente da quanto previsto dalla norma agevolativa (nonché dei fabbricati rurali mai dichiarati al catasto).
Si ricorda che i fabbricati rurali non sono soggetti a tassazione con le imposte che colpiscono i fabbricati, in primis IRPEF e ICI, in quanto considerati accessori al terreno e strumentali per l’agricoltura.
L’individuazione dei fabbricati che non risultano dichiarati al catasto è stata pertanto effettuata anche attraverso un’attività di foto-identificazione condotta in collaborazione con l’AGEA e con successivi processi “automatici” di incrocio con le banche-dati catastali, mentre l’individuazione dei fabbricati che hanno perso i requisiti soggettivi per il riconoscimento di ruralità a fini fiscali è avvenuta attraverso incroci tra le banche-dati catastali e il Registro delle imprese.
L’elenco delle particelle del catasto terreni sulle quali insistono fabbricati non dichiarati o che abbiano perso i requisiti di ruralità viene reso disponibile tramite Comunicati dell’Agenzia del territorio[302], consultabili, per i 60 giorni successivi alla pubblicazione del relativo comunicato in G.U., presso i comuni interessati, le sedi dei competenti Uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio e sul sito internet dell’Agenzia del territorio.
La pubblicazione dell’elenco ha valore di richiesta, per i titolari dei diritti reali, di presentazione degli atti di aggiornamento catastale, che vanno redatti ai sensi del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.
Il termine per effettuare l’accatastamento dei fabbricati, in base all’ultima proroga apportata in sede di conversione dall’articolo 26-bis del D.L. n. 248 del 2007, convertito dalla legge 28 febbraio 2008 n. 31, è fissato al 28 luglio 2008 (sette mesi dal 28 dicembre 2007)[303].
Qualora i contribuenti non adempiano a tale obbligo di accatastamento gli uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio procederanno in luogo del contribuente all’accatastamento ed alla notifica, addebitandogli i relativi oneri.
L’elenco dei Comuni nei quali è stata accertata la presenza di immobili per i quali sono venuti meno i requisiti di ruralità ai fini fiscali e quello dei Comuni in cui risultano fabbricati non dichiarati è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 28 dicembre 2007.
L’Agenzia del territorio sottolinea peraltro che “gli elenchi delle particelle pubblicizzati, per tutte le attività, rappresentano il risultato di elaborazioni massive, per cui si potrebbero essere verificate delle incoerenze, con inclusione – in qualche caso – di particelle non rientranti nelle fattispecie oggetto di identificazione o di variazione”. E’ predisposto un modello per il ricorso del contribuente, in sede di autotutela, per la segnalazione di incoerenze nell’elenco degli immobili che abbiano perso i requisiti di ruralità e di quelli fotoidentificati e non dichiarati in catasto.
Le rendite catastali dichiarate o attribuite producono effetto fiscale, in deroga alle vigenti disposizioni, a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo alla data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale, ovvero, in assenza di tale indicazione, dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione del comunicato.
Si applicano le sanzioni per le violazioni previste dall'articolo 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.
Le norme relative al trattamento fiscale dei terreni e dei fabbricati rurali sono state oggetto nell’ultimo decennio di numerose e complesse modifiche normative, sostanzialmente miranti a sopperire al mancato aggiornamento censuario che data al 1988.
Le norme che disciplinano il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali sono infatti principalmente contenute nell’articolo 9 D.L. n. 557 del 1993, convertito dalla legge n. 133 del 1994, come successivamente modificato, da ultimo dal D.L. n. 262 del 2006 e dal D.L. n. 159 del 2007, nonché in vari articoli del TUIR (testo unico delle imposte sui redditi), in particolare dagli articoli 32 (Reddito agrario) e 42 (Fabbricati rurali). Rilevanti modifiche sono state introdotte dal D.L. n. 159 del 2007 (art. 42-bis) il quale ha modificato i criteri per individuare i fabbricati considerati rurali ai fini fiscali. I nuovi criteri prevedono che il fabbricato debba essere utilizzato quale abitazione da uno dei seguenti soggetti:
1) dal soggetto titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale sul terreno per esigenze connesse all'attività agricola svolta;
2) dall'affittuario del terreno stesso o dal soggetto che con altro titolo idoneo conduce il terreno a cui l'immobile è asservito;
3) dai familiari conviventi a carico dei soggetti di cui ai numeri 1) e 2) risultanti dalle certificazioni anagrafiche; da coadiuvanti iscritti come tali a fini previdenziali;
4) da soggetti titolari trattamenti pensionistici corrisposti a seguito di attività svolta in agricoltura;
5) da uno dei soci o amministratori delle società agricole aventi la qualifica di imprenditore agricolo professionale.
I soggetti di cui ai numeri 1), 2) e 5) suddetti devono rivestire la qualifica di imprenditore agricolo ed essere iscritti nel registro delle imprese.
Inoltre siprevede in relazione a quali tipologie di attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile si possa riconoscere carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie al loro svolgimento
Per la definizione di imprenditore agricolo si fa riferimento all’articolo 2135 del c.c. nonché all’articolo 1 del D.Lgs. n. 99 del 2004, che ha definito la nozione di imprenditore agricolo professionale. Il DM finanze 13 marzo 2004 consente l’individuazione dei beni oggetto delle attività agricole c.d. “connesse” ed il Decreto dell’Agenzia delle entrate del 20 aprile 2006 individua i criteri per la determinazione del reddito dall’allevamento di animali. Per l’accatastamento delle costruzioni rurali le norme sono infine contenute nell’articolo 1 del D.P.R. n. 139 del 1998.
Norme speciali sono previste per l’agriturismo dalla legge 20 febbraio 2006, n. 96, recante la disciplina dell’agriturismo, che prevede che possano essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti su un fondo e dall’art. 1, comma 275 della legge finanziaria 2008 che ha disposto che sarà riconosciuto carattere di ruralità alle sole costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola destinate all’agriturismo, che rispondano ai criteri previsti dalla legge 10 febbraio 2006, n. 96.
Tutti i criteri posti dalle suddette norme costituiscono la base per l’applicazione delle rispettive imposte sia da parte dell’Agenzia delle entrate che da parte dei comuni.
Si ricorda infine che sono stati ristretti i criteri per il riconoscimento della ruralità degli immobili ad uso abitativo (art. 2, comma 37 del D.L. n. 262), introducendo l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese agricole delle Camere di Commercio, per i soggetti utilizzatori di tali immobili ai fini di poter usufruire dell’agevolazione fiscale su di essi. Solo gli imprenditori agricoli che siano proprietari o titolari di altro diritto di proprietà o reale sul terreno o siano affittuari del fondo o conducono il terreno ad altro titolo potranno pertanto usufruire dell’agevolazione.
Il D.L. n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008 (c.d. milleproroghe) ha peraltro riaperto i termini per l’accatastamento dei fabbricati abitativi da parte di soggetti non iscritti al registro degli imprenditori agricoli, spostandolo dal 30 novembre 2007 al 31 ottobre 2008.
Emersione della base imponibile
Tra gli interventi finalizzati all’emersione della base imponibile della XV legislatura (vedi il capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77), rientra l’aggiornamento del catasto dei terreni, principalmente con una serie di interventi miranti all’adeguamento delle rendite catastali.
L’articolo 2, comma 33 del D.L. n. 262 del 2006, convertito dalla legge n. 286 del 2006 ha infatti disposto l’aggiornamento dei redditi fondiari e delle banche dati catastali con i dati dell’AGEA, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (vedi scheda AGEA, nel dossier relativo alla Commissione Agricoltura).
La norma è statasuccessivamente più volte modificata: in particolare dal comma 339 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), dall’articolo 26-bis del D.L. n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni dalla legge n. 222 del 2007 e dal comma 273 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2008.
Il decreto legge n. 81 del 2007, convertito dalla legge n. 127 del 2007, ha previsto (art. 15, commi 2 e 3), che per l’aggiornamento dei redditi fondiarie delle banche dati catastalile persone fisiche e le società semplici possano effettuare il ravvedimento operoso nel caso di inosservanza delle disposizioni concernenti l’aggiornamento dei redditi fondiari per il periodo d’imposta 2006 a condizione che il versamento del tributo ovvero dell’acconto e degli interessi moratori, con esclusione in ogni caso delle sanzioni, avvenisse entro il 30 novembre 2007.
La norma opera modificando l’obbligo di denuncia di variazione del reddito dominicale, previsto dall’articolo 30 del TUIR[304] nel caso di variazioni colturali, per i soggetti che richiedano i contributi agricoli comunitari agli organismi pagatori, in base ai regolamenti (CE) n. 1782/2003 e n. 796/2004.
In base alla nuova norma, a decorrere dal 1° gennaio 2007 le dichiarazioni relative all’uso del suolo sulle singole particelle catastali rese dai soggetti interessati nell’ambito degli adempimenti dichiarativi presentati ai fini dell’erogazione dei contributi agricoli comunitari, esonerano i soggetti tenuti all’adempimento di denunciare la variazione del reddito dominicale, considerandosi sostitutivi di tale dichiarazione di variazione colturale.
Il comma 34 nel testo
del D.L. n.
La legge finanziaria 2008 (art. 1,comma 273) ha disposto che i nuovi redditi attribuiti in base alle variazioni colturali conseguenti alla richiesta di contributi agricoli comunitari, producano effetto fiscale, in deroga alle disposizioni vigenti, a decorrere dal 1° gennaio dell’anno in cui viene presentata la dichiarazione.
Con Comunicato 2 aprile 2007[305] l’Agenzia del territorio ha reso noto l'elenco dei comuni per i quali sono state completate le operazioni di aggiornamento della banca dati catastale in relazione alle variazioni colturali derivanti dalle dichiarazioni presentate nell'anno 2006 agli organismi pagatori, riconosciuti ai fini dell'erogazione dei contributi agricoli.
Con il successivo Comunicato 14 settembre 2007[306] è stato poi reso noto l'elenco dei comuni per i quali sono state eseguite le rettifiche d'ufficio, in autotutela, delle variazioni colturali derivanti dalle dichiarazioni presentate nell'anno 2006 agli organismi pagatori, riconosciuti ai fini dell'erogazione dei contributi agricoli.
L’Agenzia del territorio ha pertanto proceduto anche nel 2007 all’aggiornamento della banca dati del catasto terreni (variazioni delle qualità catastali e dei relativi redditi per intere particelle o loro porzioni) sulla base dei dati contenuti nelle dichiarazioni presentate nel 2007 all’AGEA, dai soggetti interessati ai fini dell’erogazione dei contributi agricoli.
Gli elenchi delle particelle iscritte al catasto terreni interessate con i relativi dati censuari, sono consultabili, per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del Comunicato in Gazzetta Ufficiale, presso ciascun comune interessato, presso le sedi dei competenti Uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio e sul sito internet della stessa Agenzia.
I ricorsi[307] avverso la variazione dei redditi possono essere proposti entro il termine di centoventi giorni decorrenti dalla data di pubblicazione del Comunicato dell’Agenzia del territorio nella Gazzetta Ufficiale, innanzi alla Commissione tributaria provinciale competente per territorio.
Emersione della base imponibile
Nel contesto degli interventi finalizzati all’emersione della base imponibile ed al contrasto all’elusione approvatinel corso della XV legislatura (vedi capitolo Emersione della base imponibile, pag. 77), possono essere inclusi quelli, previsti dalla legge finanziaria per il 2008[308], costituiti dalle nuove disposizioni in materia di operazioni intercorse con soggetti operanti in paesi a regime fiscale privilegiato (c.d.“black list”).
Le previgenti disposizioni sono infatti state riformulate delineando un futuro regime che contiene alcune differenze sostanziali rispetto a quello precedente.
Le nuove norme sostituiscono infatti l’attuale sistema incentrato sull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale privilegiato (c.d. "paradisi fiscali", come tali individuati in una serie di listeapprovate con decreto ministeriale), con un nuovo sistema che dovrebbe essere basatosull’individuazione degli Stati aventi un regime fiscale conforme agli standarddi legalità e trasparenza adottati dall’Unione europea (c.d white list).
Inoltre sono state introdotte nuove norme riguardanti la presunzione di residenza fiscale per i cittadini italiani che spostino la residenza all’estero.
Il nuovo sistema prevede l’emanazione, con decreto ministeriale, di due tipologie di “white list”, che sostituiranno il sistema delle liste attualmente in vigore:
1) Una prima tipologia è costituita dalla white list che dovrà essere utilizzata come parametro di riferimento per l’applicazione, ai soggetti IRPEF, della disposizione dell’articolo 2, comma 2-bis del TUIR, sulla presunzione di residenza fiscale in Italia.
2) Una seconda tipologia di white list, composta da ulteriori due liste, è quella prevista dal nuovo articolo 168-bis del TUIR, che viene a tal fine appositamente introdotto e che costituirà il riferimento per l’applicazione di tutte le norme antielusive relative ad operazioni di vario tipo, sia per le persone fisiche che per le imprese residenti o situate fiscalmente in Paesi considerati privilegiati. Si prevede infatti l’emanazione, con lo stesso decreto ministeriale, di due liste di paesi: la prima contenente l’elenco dei paesi con i quali vige un effettivo scambio di informazioni e la seconda che terrà anche conto del livello di tassazione presente negli Stati esteri.
Per comprendere la portata delle modifiche previste dalla legge finanziaria 2008 occorre brevemente ricordare che l’ordinamento italiano reca numerose norme antielusive e riguardanti varie tipologie di situazioni, connesse sia ai trasferimenti di residenza, che alla collocazione fittizia della stessa in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (Stati c.d. di black list), nonché ad operazioni intercorrenti tra imprese residenti e imprese situate fiscalmente in tali Paesi. I criteri di riferimento del nostro ordinamento per considerare elusive le operazioni sono quelli di considerare privilegiati i regimi fiscali di Stati o territori in ragione del livello di tassazione sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia, ovvero della mancanza di un adeguato scambio di informazioni, o di criteri equivalenti.
Attualmente, sono infatti vigenti varie liste di Stati, contenute in differenti decreti ministeriali, successivamente modificati. Si tratta dei seguenti:
- ilD.M. 4 maggio 1999, ai fini della presunzione di residenza fiscale per le persone fisiche[309];
- il D.M. 4 settembre 1996, recante l’elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni[310], ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana;
- il D.M. 23 gennaio 2002, relativamente alle imprese, che prevede l’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato[311];
- il D.M. 21 novembre 2001, che contiene invece un elenco[312] di stati considerati non privilegiati ai fini dell’articolo 96-bis, comma 2-ter del TUIR[313].
Le norme della legge finanziaria 2008, oltre a prevedere l’emanazione delle nuove white list, apportano conseguentemente numerose modifiche, sia di coordinamento che sostanziali, agli articoli del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, nonché ad altre leggi rilevanti in materia tributaria, quali il D.P.R. n. 600 del 1973 sull’accertamento delle imposte sui redditi, le norme fiscali speciali dettate per gli organismi di investimento collettivo e le norme sui finanziamenti raccolti dalle società a responsabilità limitata per la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato.
Nel dettaglio, la prima modifica sostanziale è quella che inserisce nel TUIR il nuovo articolo 168-bis, in base al quale – con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri – saranno individuate due ulteriori liste di Stati. Non è indicato un termine per l’emanazione del decreto.
La norma prevede l’emanazione di due nuove white list, basate l’una sul criterio dell’esistenza di un effettivo scambio di informazioni tra gli Stati e l’altra basata sul duplice criterio dello scambio di informazioni e del livello di tassazione particolarmente ridotto presente in taluni Stati esteri. Il criterio della ripartizione è il seguente:
la lista basata esclusivamente sullo scambio di informazioni riguarderà le disposizioni normative sui redditi finanziari e le disposizioni miranti a contrastare i fenomeni di esterovestizione e l’effettuazione di operazioni fittizie;
la lista basata sul duplice criterio dello scambio di informazioni e del ridotto livello di tassazione costituirà il riferimento per tutta una serie di operazioni realizzate, ad esempio, mediante partecipazioni e poste in essere al fine di localizzare gli investimenti in Paesi con livello di tassazione molto basso.
Pertanto, gli articoli contenuti nel TUIR che prevedono disposizioni antielusive sono stati modificati di conseguenza, sostituendosi il precedente riferimento ad una delle liste vigenti con un nuovo riferimento ad una delle due nuove liste.
La lista basata sull’effettivo scambio di informazioni sarà in particolare utilizzata per l’applicazione delle seguenti disposizioni:
- l’articolo 10, comma 1, lettera e-bis) del TUIR, recente l’individuazione degli oneri deducibili ai fini del calcolo della base imponibile IRPEF;
- l’articolo 73, comma 3, del TUIR sull’individuazione del paese di residenza dei trust e degli istituti di contenuto analogo, ai fini della loro sottoposizione all’IRES;
- l’articolo 110, commi 10 e 12-bis del TUIR, per l’indeducibilità dalla base imponibile IRES di spese e altri componenti negativi e di spese per prestazioni di servizi resi da professionisti;
- l’articolo 26, commi 1 e 5 del D.P.R. n. 600 del 1973 (ritenute su obbligazioni e titoli similari emessi da società incluse nella black list e ritenuta sui redditi di capitale nei confronti di percipienti residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato);
- l’articolo 10-ter, commi 1 e 9, della legge n. 77 del 1983 ( ritenuta sui proventi delle quote di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari di diritto estero);
- gli articoli 1, comma 1, e 6, comma 1, del D.Lgs. n. 239 del 1996 (soppressione della ritenuta alla fonte per talune obbligazioni ed esenzione per gli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari percepiti da soggetti residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni);
- l’articolo 2, comma 5, del D.L. n. 351 del 2001 (finanziamenti raccolti dalle società a responsabilità limitata per la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato).
La lista contenente gli Stati o territori che consentono un effettivo scambio di informazioni e per i quali il livello di tassazione non sia sensibilmente inferiore a quello applicato in Italia sarà invece utilizzata per l’applicazione delle seguenti disposizioni:
- l’art. 47, comma 4 del TUIR, recante il regime fiscale dei dividendi, ai fini della loro imputazione a reddito di capitale;
- l’art. 68, comma 4, del TUIR, relativo al regime fiscale delle plusvalenze, ai fini della loro imputazione a reddito di impresa;
- l’art. 87, comma 1 del TUIR per l’individuazione delle plusvalenze esenti, ai fini del calcolo della base imponibile IRES;
- l’art. 89, comma 3, del TUIR, per l’individuazione di dividendi e interessi, ai fini della loro esclusione dalla base imponibile IRES;
- l’art. 132, comma 4 del TUIR, relativi alle condizioni per l’esercizio dell’opzione di adesione al consolidato mondiale;
- l’art. 167, commi 1 e 5, e l’art. 168, comma 1 del TUIR, relativi all’imputazione a soggetti, residenti o meno, di redditi derivanti dal controllo o, comunque, da partecipazioni in imprese, enti o società;
- l’art. 27, comma 4 del D.P.R. n. 600 del 1973 (ritenute sulle remunerazioni corrisposte, in relazione a partecipazioni, titoli, strumenti finanziari e contratti non relativi all'impresa da società ed enti residenti in paesi o territori a regime fiscale privilegiato);
- l.’art. 37-bis, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 (pattuizioni intercorse tra società controllate e collegate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, una delle quali avente sede legale in uno degli Stati o nei territori a regime fiscale privilegiato e come tali considerate inopponibili all'Amministrazione finanziaria).
Una serie di norme disciplinano poi la decorrenza delle nuove disposizioni. Questa è infatti prevista dal periodo di imposta successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto contenente le nuove white list prevista dal nuovo articolo 168-bis, anche se fino al periodo d’imposta precedente continueranno ad applicarsi le disposizioni vigenti al 31 dicembre 2007.
E’ peraltro importante segnalare che si prevede che per un periodo transitorio di cinque anni, decorrente dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del nuovo decreto, dovranno essere inclusi nel decreto sulla white list, di cui al nuovo articolo 168-bis TUIR, gli Stati che fino alla data di entrata in vigore della legge finanziaria non sono considerati a regime fiscale privilegiato e che sono elencati nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996; nel decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999;nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 21 novembre 2001; nel decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 23 gennaio 2002.
In sostanza, le due nuove white list, contenute nel DM previsto dal nuovo articolo 168-bis, dovranno riprodurre il contenuto delle vigenti liste per almeno cinque anni successivi alla sua emanazione: pertanto la disciplina vigente continuerà nella sostanza ad applicarsi per almeno cinque anni successivamente all’emanazione del nuovo decreto, in quanto nelle due nuove white list saranno inclusi per tale periodo transitorio tutti gli Stati non ricompresi nelle attuali black list.
La seconda modifica sostanziale apportata dalla legge finanziaria 2008 è quella che sostituisce il comma 2-bis dell’art. 2 del TUIR, stabilendo che la presunzione di residenza in Italia, salvo prova contraria, dei cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in altri Stati o territori, sia operativa qualora si tratti di Stati diversi da quelli individuati in una nuova White list, cioè nella nuova lista contenuta in un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Per quanto riguarda la decorrenza della norma, questa troverà applicazione a partire dal periodo di imposta successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’apposito decreto, per il quale non viene indicato un termine di emanazione.
A tale proposito, non facendo la norma novellata riferimento espresso alla nuova white list prevista dall’articolo 168-bis, sembrerebbe prefigurarsi l’emanazione di un’apposita lista valevole solo ai fini dell’applicazione della presunzione di residenza fiscale in Italia, diversa[314] pertanto dalle due nuove white list di cui all’articolo 168-bis.
Si ricorda che ciò che maggiormente rileva sotto il profilo della presunzione di residenza in un “paradiso fiscale”, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del contribuente, è che questa scatterà non più qualora egli trasferisca la residenza in un paese ricompreso nella vigente “black list” di cui al D.M. 4 maggio 1999, bensì qualora il contribuente trasferisca la residenza in un paese che non sia contemplato tra quelli della futura white list.
I tributi regionali e locali
Nel corso della XV legislatura, la disciplina relativa all’imposta comunale sugli immobili è stata oggetto di numerosi interventi legislativi i quali, pur mantenendo invariata la struttura generale del tributo, hanno inciso sia sulla disciplina dell’imposta, sia in ordine all’accertamento e riscossione della stessa.
Si ricordano in particolare le disposizioni di agevolazione fiscale specificamente previste in relazione all’imposta dovuta per determinate categorie di immobili (immobili in uso ad enti non commerciali ed immobili adibiti ad abitazione principale del contribuente); le novità in materia di determinazione della base imponibile, legate al progressivo aggiornamento del catasto; gli interventi finalizzati allo snellimento ed alla semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Inoltre, dalle variazioni di gettito ICI sono derivate, nel corso degli ultimi due anni, diverse misure di riequilibrio dei trasferimenti erariali nei confronti del Comuni.
Dall’altro lato, in conseguenza della generale riorganizzazione dell’attività di accertamento e riscossione dei tributi locali, è stata oggetto di modifica anche la relativa disciplina dell’ICI. nel dossier relativo alla Commissione bilancio Si veda il capitolo Accertamento e riscossone tributi, pag. 93.
Tra gli interventi legislativi di agevolazione fiscale relativi all’imposta comunale sugli immobili, si ricorda anzitutto la previsione dell’articolo 39 del decreto-legge n. 223 del 2006[315], che chiarisce l’ambito applicativo dell’ esenzione dall’ICI per gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di religione o di culto. Tale esenzione è prevista dal decreto legislativo che ha istituito e disciplinato l’imposta in esame (in particolare, dell’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504).
Nel dettaglio, il citato articolo chiarisce che tale esenzione s’intende applicabile alle suddette attività, a condizione che non abbiano esclusivamente natura commerciale.
Si segnalano poi le norme agevolative introdotte dalla legge finanziaria 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244) :
§ l’introduzione (articolo 1, comma 5) di una detrazione ulteriore rispetto a quella “ordinaria”[316] per gli immobili adibiti ad abitazione principale, fissata in misura pari all’1,33 per mille della base imponibile e comunque di importo non superiore a 200 euro su base annua, rapportata al periodo dell’anno durante il quale si protrae la destinazione ad abitazione principale e, in presenza di più soggetti aventi diritto, ripartita in proporzione alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. La medesima norma prevede altresì l’esclusione dal beneficio per l’imposta dovuta sugli immobili signorili, le ville e i castelli. Si veda il capitolo La tassazione delle persone fisiche, pag. 29.
Si ricorda che l’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. n. 504/1992 fissa una detrazione ordinaria ai fini ICI di importo annuo pari a 103,29 euro sugli immobili adibiti ad abitazione principale. La misura del beneficio, che può essere portato in detrazione fino a concorrenza del suo ammontare, deve essere rapportato al periodo dell'anno durante il quale si protrae l’utilizzo dell’immobile come prima casa. Inoltre, se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.
A decorrere dall'anno di imposta 1997, l’importo ordinario della detrazione, fissato al comma 2, può essere ulteriormente incrementato con delibera comunale. In particolare, il comma 3 del medesimo articolo 8 stabilisce che l'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo può essere ridotta fino al 50 per cento ovvero, in alternativa, la detrazione ordinaria pari a 103, 29 euro, di cui al comma 2, del presente articolo, può essere elevato, fino a 258,23 euro, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.
Il successivo comma 4 estende l’applicazione dei benefici previsti dall’articolo 8 in esame alle unità immobiliari, appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari.
§ l’estensione dei benefici ICI per l’abitazione principale ai soggetti che, in conseguenza di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione del matrimonio, non risultano assegnatari della casa coniugale (articolo 1, comma 6, lettera b) della legge finanziaria 2008). La misura della detrazione è determinata in proporzione alla quota di possesso; il beneficio introdotto è subordinato all’assenza di altri diritti reali del coniuge non assegnatario su immobili situati nello stesso comune.
§ la facoltà, per i comuni, di deliberare aliquote agevolate ICI inferiori al 4 per mille (articolo 1, comma 6, lettera a) per installazioni impianti energetici a fonte rinnovabile. Il beneficio introdotto interessa gli immobili sui quali siano stati installati impianti a fonte rinnovabile per la produzione di energia elettrica o termica per uso domestico, con l’applicazione dell’aliquota agevolata per un periodo di tre anni, qualora gli interventi effettuati riguardino l’installazione di impianti solari termici, e di cinque anni “per tutte le altre tipologie di fonti rinnovabili” (si veda la scheda Fisco ambientale e energie alternative, pag. 231).
§ l’esenzione dall’ICI, per il periodo 2008-2012 (articolo 2, comma 562), per i soli immobili situati nelle aree individuate come “zone franche urbane - ZFU”, posseduti dalle piccole e microimprese[317] che iniziano, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2012, una nuova attività economica nelle aree individuate come ZFU, ove utilizzati per l’esercizio delle nuove attività economiche (si veda il capitolo Le imposte dirette: i regimi speciali, pag. 45).
In materia di calcolo della base imponibile ICI, si ricorda quanto disposto (decreto-legge n. 262 del 2006[318]) in relazione al moltiplicatore da applicarealle rendite catastali dei fabbricati e dei terreni, al fine di stabilire il valore minimo da dichiarare ai fini di alcune imposte – imposta di registro, imposta sulle successioni e le donazioni e connesse imposte ipotecarie e catastali - e che si applica, altresì, per determinare la base imponibile dell’ICI (in base al rinvio operato dall’articolo 5, comma 2 del decreto legislativo n. 504/1992, istitutivo dell’imposta comunale sugli immobili).
Nel dettaglio è stata prevista (articolo 2, comma 45 del decreto-legge) la rivalutazione, nella misura del 40 per cento, del suddetto moltiplicatore: tale rivalutazione è operativa per le sole rendite catastali dei fabbricati classificati nel gruppo catastale B, relativo agli immobili per usi collettivi, a partire dall’entrata in vigore del d.l. n. 262 del 2006.
A seguito di tale operazione il
moltiplicatore per la determinazione della base imponibile delle unità
immobiliari del gruppo B passa da
Al fine di eliminare la duplicazione di adempimenti gravanti sui contribuenti circa la dichiarazione degli immobili posseduti ai fini dell’ICI, nonché per rendere più agevole per gli enti locali l’acquisizione delle informazioni relative alle variazioni che comportano una diversa determinazione dell’imponibile ICI, il citato decreto-legge n. 223 del 2006 ha modificato la disciplina delle dichiarazioni e comunicazioni dovute dal contribuente in materia di imposta comunale sugli immobili (ICI).
In particolare è stato soppresso, a decorrere dal 2007 (articolo 37, comma 53 del D.L. n. 223 del 2006), l'obbligo di presentazione della dichiarazione relativa agli immobili posseduti nel territorio dello Stato, in precedenza da effettuarsi entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all'anno di inizio del possesso.
Tuttavia, la vigenza di tale obbligo di comunicazione permane fino alla data di effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali, da accertarsi con provvedimento direttoriale dell’Agenzia del territorio[319] nonché, a seguito delle modifiche introdotte con la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 174 della l. n. 296 del 27 dicembre 2007), nei casi in cui gli elementi rilevanti ai fini dell'imposta dipendano da atti per i quali non sono applicabili le procedure telematiche per la registrazione di atti relativi a diritti sugli immobili, alla trascrizione, all'iscrizione e all'annotazione nei registri immobiliari, nonché alla voltura catastale.
Il medesimo provvedimento (nel dettaglio, l’articolo 37, comma 55) ha consentito di effettuare la liquidazione dell'ICI in sede di dichiarazione delle imposte sui redditi, nonché di effettuare i versamenti ICI anche utilizzando i crediti ammessi in compensazione, con la procedura prevista dal decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[320],
In relazione a tale disposizione, è stata disposta (articolo 37, comma 13 del d.l. n. 223 del 2006), dall’anno 2007, l’anticipazione dei termini di versamento dell’ICI al 16 giugno per l’acconto ed al 16 dicembre per il saldo, al fine di uniformare i termini di scadenza del pagamento dell’ICI ai termini delle imposte erariali.
A fini di contrasto dell’evasione fiscale, si segnalano inoltre le disposizioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 103-105 della legge 27 dicembre 2006, n. 296[321]) ai sensi delle quali, in sede di controllo delle dichiarazioni da parte dell’amministrazione finanziaria con procedure automatizzate, si procede a verificare il versamento dell’ICI relativa a ciascun fabbricato nell’anno precedente, rimettendo l’esito del controllo ai comuni competenti. Le norme hanno altresì introdotto l’obbligo di indicare per ogni immobile, nelle dichiarazioni dei redditi presentate a decorrere dall’anno 2007, l’importo dell’ICI dovuta per l’anno precedente nel quadro relativo ai fabbricati. Infine, alla luce delle suindicate disposizioni, oggi i comuni hanno l’obbligo di trasmettere annualmente, per via telematica, all’Agenzia del territorio i dati risultanti dall’esecuzione dei controlli previsti dal decreto legislativo istitutivo dell’ICI, ove discordanti da quelli catastali.
L’articolo 1, comma 175 della legge finanziaria 2007 ha abrogato alcune disposizioni che affidavano ai comuni specifica potestà regolamentare in materia di ICI.
Nel dettaglio, è stata eliminata la possibilità per i comuni di emanare regolamenti ai fini di semplificare e razionalizzare il procedimento di accertamento, anche al fine di ridurre gli adempimenti dei contribuenti e potenziare l’attività di controllo sostanziale, secondo determinati criteri direttivi; nonché di razionalizzare le modalità di esecuzione dei versamenti, sia in autotassazione che a seguito di accertamenti, prevedendo, in aggiunta o in sostituzione del pagamento tramite il concessionario della riscossione, il versamento sul conto corrente postale intestato alla tesoreria del comune e quello direttamente presso la tesoreria medesima, nonché il pagamento tramite sistema bancario.
L’articolo 36, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006 ha chiarito in via interpretativa, ai fini dell'applicazione dell'ICI – oltre che dell’IVA e dell’imposta di registro – le condizioni ricorrendo le quali un'area è considerata fabbricabile. In particolare, il carattere di fabbricabilità sussiste se l'area è utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dal fatto che sia intervenuta l’approvazione da parte della Regione e siano stati adottati strumenti attuativi del medesimo piano regolatore.
Per quanto attiene all’esenzione dall’ICI in favore degli immobili utilizzati dagli enti non commerciali, si veda supra il paragrafo relativo alle disposizioni di agevolazione fiscale.
Infine, la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 173, lettera b)precisa che, ai fini della detrazione ICI spettante per l’abitazione principale, si intende per “abitazione principale” quella di residenza anagrafica.
Durante la XV legislatura sono stati previsti meccanismi di riequilibrio dei trasferimenti erariali per compensare le variazioni del gettito per i comuni a seguito di alcune modifiche alla disciplina dell’ICI. Si veda la scheda Il finanziamento degli enti locali, nel dossier relativo alla Commissione bilancio.
Il decreto collegato alla manovra finanziaria 2007 (articolo 2, commi 39 e 46 del D.L. n. 262 del 2006[322]) ha disposto una riduzione dei trasferimenti erariali in favore dei comuni, in misura pari al maggior gettito ICI derivante dall’applicazione delle norme in materia di aggiornamento catastale (vedasi il capitolo relativo a Demanio e patrimonio dello Stato, pag. 115) contestualmente recate dal medesimo provvedimento (articolo 2, commi da 33 a 38 e da 40 a 45).
La riduzione dei trasferimenti per ciascun comune è effettuata sulla base di una certificazione da parte dell’ente locale interessato, le cui modalità sono definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno.
Le modalità di certificazione sono state approvate con D.M. 17 marzo 2008[323].
L’aumento di gettito è stato stimato dall’Agenzia del territorio in circa 609 milioni di euro[324]. Tale è stata quindi la riduzione dei trasferimenti erariali a partire dal 2007.
In relazione alle misure correttive dei trasferimenti suddetti, è stato previsto (articolo 3, comma 2 del d.l. n. 81 del 2007) per l'anno 2007, fino alla determinazione definitiva dei maggiori gettiti dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) in base alle certificazioni di cui ai commi 39 e 46 dell'art. 2 del decreto-legge n. 262 del 2006, la riduzione dei contributi ai comuni a valere sul fondo ordinario spettanti in misura proporzionale alla maggiore base imponibile per singolo ente, come comunicata dall'Agenzia del territorio al Ministero dell'interno entro il 30 settembre 2007, per un importo complessivo di 609,4 milioni di euro.
Per il medesimo periodo, in deroga alle disposizioni del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali - TUEL (articolo 179 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267), i comuni sono stati autorizzati a prevedere ed accertare convenzionalmente, quale maggiore introito dell'imposta comunale sugli immobili, un importo pari alla detrazione effettuata per ciascun ente. Gli accertamenti relativi al maggior gettito reale effettuati dal 2007 sono computati a compensazione progressiva degli importi accertati convenzionalmente nel medesimo esercizio.
Trasferimenti compensativi di minori introiti ICI sono invece stati disposti in favore dei comuni, in conseguenza degli interventi recati dalla legge finanziaria per il 2008 e connessi all’introduzione di ulteriori detrazioni per gli immobili adibiti ad abitazione principale (art. 1, co. 5 e 7, legge n. 244/2007), per importi pari a 904 milioni di euro, a decorrere dal 2008. La previsione delle modalità di determinazione dei conguagli sulle somme trasferite in via compensativa è demandata ad appositi decreti del Ministero dell’economia e delle finanze.
Nella legge di bilancio 2008 (stato di previsione del Ministero dell’Interno, cap. 1321) è stata prevista un’autorizzazione di spesa pari a 904 milioni di euro per “trasferimenti compensativi di minori introiti ICI conseguenti ad ulteriori detrazioni dall’imposta dovuta per le unità immobiliari adibite ad abitazione principale“.
Si ricorda comunque che le ultime due leggi finanziarie (allegato 1 della l. n. 296 del 2006, nonché della l. n. 244 del 2007[325]) hanno disposto in favore dei comuni lo stanziamento di risorse ulteriori rispetto a quelle originariamente previste, a compensazione del minor gettito ICI derivante da provvedimenti legislativi.
In particolare, la legge finanziaria per il 2007 ha previsto un incremento del fondo ordinario a compensazione di minori entrate ICI derivanti dell’autodeterminazione provvisoria delle rendite catastali dei fabbricati di categoria D, nonché a compensazione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta stessa delle pertinenze degli edifici di culto, disposta dall’articolo 2, comma 1, della legge 1° agosto 2003, n. 206.
Analoga disposizione è prevista all’allegato 1 della legge finanziaria per il 2008 in relazione all’esenzione di cui alla citata l. n. 206 del 2003.
Come rilevato in sede introduttiva, nell’ambito delle misure dettate dalla finanziaria 2007 in materia di riscossione e versamento di tributi propri degli enti locali, le modifiche hanno interessato altresìalcuni aspetti dell’imposta comunale sugli immobili – ICI. Si veda il capitolo Accertamento e riscossione tributi, pag. 93.
Si ricorda in questa sede che la legge finanziaria
2007 ha (articolo 1, commi da
L’articolo 1, comma 173 della l. n. 296 del 2006 ha eliminato la previsione che individuava una specifica disciplina in materia di imposizione dell’ICI per i fabbricati non iscritti in catasto, nonché per i fabbricati per i quali fossero proposte variazioni permanenti. Per tali immobili, le disposizioni abrogate prevedevano che il valore fosse determinato con riferimento alla rendita dei fabbricati similari già iscritti.
In materia di versamento dell’imposta comunale sugli immobili, la legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 173, lettera e) della l. n. 296 del 2006) ha stabilito che le somme accertate dal Comune, se non versate entro 60 giorni - e non più entro 90 giorni, come previsto dalla normativa precedentemente in vigore - dalla notificazione sono riscosse coattivamente. La disposizione è finalizzata ad evitare che il contribuente paghi l’importo risultante dall’avviso notificato oltre il termine di 60 giorni, ma entro il termine di 90 giorni, in modo ridotto e vedendosi dunque contestare dal Comune la differenza.
La legge finanziaria 2008 (articolo 2, comma 4 della legge 24 dicembre 2007, n. 244) è inoltre intervenuta sulla disciplina ICI degli immobili ai quali è stata attribuita la qualifica di ruralità, escludendo la restituzione dell’imposta eventualmente versata dagli imprenditori agricoli nei periodi d’imposta precedenti al 2008 per le costruzioni strumentali - destinate alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli - cui sia stato riconosciuto carattere di ruralità ai fini fiscali.
i tributi regionali e locali
I principali interventi normativi in materia di IRAP effettuati nel corso della XV legislatura riguardano:
- l’aliquota di imposta;
- la determinazione del valore netto di produzione;
- il recupero a tassazione delle deduzioni extracontabili;
- la determinazione della base imponibile (cuneo fiscale).
La disciplina generale dell’IRAP è contenuta nel decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (articoli 1-45).
L’imposta ha carattere reale ed il presupposto dell’imposta è individuato nell’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata volta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi.
Soggetti passivi dell’imposta sono le società di capitali; le società cooperative; le società di mutua assicurazione; gli enti commerciali pubblici e privati; le società di persone, le persone fisiche, che esercitino attività commerciali ovvero arti o professioni; i produttori agricoli, purché abbiano un volume di affari annuo superiore a 2.582,28 euro, ovvero a 7.746,85 euro qualora operino in comuni montani con meno di mille abitanti (oppure in centri abitati con meno di cinquecento abitanti compresi in comuni montani).
L’imposta è altresì dovuta dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, nonché dalle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e dagli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.
La base imponibile dell’imposta coincide, per i soggetti che esercitano attività d’impresa, con il valore della produzione netta, derivante dall’attività svolta nel territorio della regione. Per i soggetti che non svolgono attività commerciale o di lavoro autonomo, l’imponibile è determinato sulla base del costo del lavoro del personale dipendente e assimilato.
Le modifiche introdotte sono dirette, da un lato, ad utilizzare l’imposta ai fini della c.d fiscalità di vantaggio, ossia per favorire determinate zone produttive o soggetti passivi d’imposta (cuneo fiscale), dall’altro, vanno inquadrate all’interno di un processo di progressiva trasformazione dell’imposta da tributo di natura erariale a tributo proprio delle regioni e delle province autonome, come espressamente previsto dai commi 43-45 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008.
L’attribuzione della natura di tributo regionale deve essere effettuata assicurando il rispetto del Patto di stabilità interno e, in ambito europeo, dovrà essere garantito il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica fissati dall’Unione europea. A tal fine le regioni:
1) dovranno confermare l’indeducibilità dell’IRAP ai fini delle imposte dirette statali;
2) non possono modificare le disposizioni concernenti la determinazione della base imponibile;
3) possono modificare gli altri parametri, quali l’aliquota, le detrazioni d’imposta e le deduzioni dall’imponibile nonché introdurre speciali agevolazioni, nei limiti stabiliti dalle leggi statali.
La legge finanziaria per il 2008[326] ha ridotto, con decorrenza periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, l’aliquota ordinaria dell’IRAP applicata dai soggetti privati dal 4,25 per cento al 3,9 per cento mentre ha lasciato invariata (8,5%) l’aliquota prevista per i soggetti pubblici.
Le disposizioni in materia di aliquota IRAP sono contenute nell’articolo 16 del D.Lgs. n. 446/1997.
Ai sensi del comma 3 del predetto articolo 16 le regioni hanno la facoltà di variare, in aumento o in diminuzione, le suddette aliquote fino ad un massimo di un punto percentuale. In sostanza, quindi, fino al periodo d’imposta 2007 l’aliquota ordinaria IRAP applicata dalle regioni poteva assumere valori compresi fra 3,25% e 5,25%.
Le suddette variazioni, inoltre, possono essere previste anche con riferimento a specifici settori o categorie di soggetti passivi.
La medesima legge finanziaria per il 2008, inoltre, contiene un’ulteriore disposizione in materia di aliquota ordinaria IRAP diretta a garantire la riduzione dell’aliquota ordinaria disposta anche nel caso in cui le regioni, prima dell’approvazione della citata legge finanziaria, avessero deliberato la variazione di un punto percentuale.
In particolare, si dispone[327] che le aliquote IRAP vigenti a decorrere dal 1° gennaio 2008 se variate ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del D.Lgs. n. 446/1997 devono essere riparametrate sulla base di un coefficiente pari a 0,9176[328].
La legge finanziaria per il 2008[329] ha modificato, con decorrenza periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007, la disciplina IRAP intervenendo, tra l’altro, sulle modalità di determinazione della base imponibile del soggetti privati.
Tali modifiche sono da collegarsi sia alla riduzione dell’aliquota d’imposta, sia alla finalità, evidenziata nella relazione illustrativa allegata al disegno di legge finanziaria, di rendere le nuove modalità autonome rispetto alle regole fissate in materia di imposte dirette.
La determinazione della base imponibile IRAP, nel testo previgente, non era allineata alla disciplina fiscale relativa alla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte dirette. Ciò comportava, per il contribuente, un aggravio degli adempimenti in quanto la contabilità doveva seguire un “doppio binario” finalizzato, appunto, alla determinazione dei due imponibili fiscali. Le modifiche apportate sono dirette ad avvicinare la struttura dell’IRAP ai criteri di contabilità nazionale utilizzati per il calcolo del valore di produzione e del valore aggiunto consentendo la determinazione dell’imponibile IRAP dai dati di bilancio.
Una importante novità riguarda la indeducibilità dell’imposta comunale sugli immobili (ICI) che, invece, era ammessa in deduzione nella formulazione precedente.
In particolare, sono stati sostituiti ed integrati gli articoli da 5 a 8 del D.Lgs. n. 446/1997 che, nella versione vigente, recano disposizioni in materia di determinazione della base imponibile da parte dei soggetti:
§ società ed enti commerciali (articolo 5). In linea generale, la base imponibile è data dalla differenza tra il valore della produzione[330] e i costi della produzione[331] con esclusione delle voci nn. 9, 10, lettere c) e d), 12 e 13. In sostanza, non sono deducibili le spese per il personale (anche se iscritte in voci diverse), la svalutazione per crediti, gli accantonamenti per rischi e gli altri accantonamenti. Inoltre, non sono comunque deducibili la quota di interessi passivi inclusa nei canoni di locazione finanziaria, le perdite su crediti e l’ICI;
§ imprese individuali e società di persone (articolo 5-bis). In linea generale la base imponibile è data dalla differenza tra i proventi e gli oneri. Non sono deducibili le spese per il personale dipendente, la quota di interessi passivi inclusa nei canoni di locazione finanziaria, le perdite su crediti e l'ICI. Per le imprese individuali e le società di persone in contabilità ordinaria è prevista la facoltà di optare per la determinazione della base imponibile applicando le disposizioni previste per i soggetti IRES[332];
§ banche ed altre società finanziarie (articolo 6). Il nuovo valore della produzione netta è determinato, in linea generale, dal margine di intermediazione ridotto del 50 per cento dei dividendi complessivi; è prevista, altresì, la deduzione del 90 per cento dei consumi intermedi rappresentati dagli ammortamenti dei beni materiali e immateriali e delle altre spese amministrative. Inoltre, concorrono alla formazione della base imponibile le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dal realizzo di immobili non strumentali e non costituenti beni merci e sono ammesse in deduzione le quote di ammortamento dei marchi d’impresa e di avviamento in misura non superiore a 1/18 del loro costo, indipendentemente dall’imputazione al conto economico;
§ imprese di assicurazione (articolo 7). La base imponibile IRAP è determinata apportando alla somma dei risultati del conto tecnico dei rami danni e del conto tecnico dei rami vita del conto economico alcune variazioni specificatamente indicate. Gli ammortamenti sono deducibili nel limite del 90 per cento. Inoltre, concorrono alla formazione della base imponibile le plusvalenze e le minusvalenze derivanti dal realizzo di immobili non strumentali e non costituenti beni merci e sono ammesse in deduzione le quote di ammortamento dei marchi d’impresa e di avviamento in misura non superiore a 1/18 del loro costo, indipendentemente dall’imputazione al conto economico.;
§ esercenti arti e professioni (articolo 8). La base imponibile IRAP è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti all’attività esercitata, compreso l’ammortamento dei beni materiali e immateriali, esclusi gli interessi passivi e le spese per il personale dipendente.
La eliminazione del prospetto delle deduzioni extracontabili (vedi scheda IRES: ampliamento base imponibile, pag. 203) operato dalla legge finanziaria per il 2008, comporta il recupero a tassazione dei componenti negativi in esso indicatie dedotti dalla base imponibile IRAP fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2007.
Tale prospetto, allegato alla dichiarazione dei redditi (quadro EC), era stato introdotto con la riforma dell’imposta sulle società (D.Lgs. n. 344 del 2003) con la finalità di indicare separatamente le voci di costo rilevanti ai soli fini fiscali e non anche ai fini del bilancio civilistico (c.d. disinquinamento del bilancio)[333]. In particolare, ai sensi del previgente articolo 109, comma 4, lettera b) del TUIR tali voci erano rappresentate dagli ammortamenti, dalle altre rettifiche di valore, dagli accantonamenti, dalle spese relative a studi e ricerche di sviluppo e dalle eccedenze relative ai canoni di leasing finanziario (differenza tra canoni dedotti, ammortamenti dei beni acquisiti in locazione finanziaria e interessi passivi corrisposti sui canoni leasing).
I valori dedotti extracontabilmente rilevano ai fini della distribuzione ai soci di riserve preesistenti o di utili di esercizio. Infatti, il terzo periodo della citata lettera b) del comma 4 dispone che la distribuzione delle predette riserve non produce effetti ai fini fiscali se l’ammontare delle riserve distribuite non è superiore ai valori dedotti extracontabilmente. Se, invece, si verifica tale ipotesi, l’eccedenza distribuita, aumentata delle relative imposte differite, concorre a formare il reddito imponibile con conseguente riassorbimento dell’eccedenza di componenti negativi dedotti extracontabilmente.
Il recupero a tassazione è previsto in sei quote annue costanti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.
Corrispondentemente, sono svincolate le riserve in sospensione d’imposta indicate nel prospetto limitatamente alla quota IRAP. In altre parole, la distribuzione delle predette riserve, qualora superi i limiti per l’assoggettamento a tassazione, comporta il pagamento della sola IRES in quanto l’IRAP risulta già corrisposta.
Relativamente alle quote di componenti negativi la cui deduzione ai fini IRAP è rinviata in applicazione della normativa vigente fino al 31 dicembre 2007 continua ad applicarsi la precedente disciplina.
Tale deroga non si applica alla variazione della riserva sinistri, di cui all’articolo 111, comma 3 del TUIR, operata dalle imprese di assicurazioni la quale è deducibile in sei quote costanti a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 31 dicembre 2007.
L’articolo 111, comma 3, del TUIR dispone che la variazione della riserva sinistri ramo danni, per la parte riferibile alla componente di lungo periodo, è deducibile nell’esercizio in misura pari al 60% dell’importo iscritto in bilancio e l’eccedenza in nove quote costanti a partire dall’esercizio successivo.
Gli interventi in materia di IRAP approvati nel corso della XV legislatura hanno interessato anche le deduzioni dal valore netto di produzione ai fini della determinazione della base imponibile.
L’articolo 11 del decreto legislativo n. 446/1997 reca disposizioni in materia di deduzioni IRAP ai fini della determinazione della base imponibile. In particolare sono previste delle deduzioni generali, il cui importo è stabilito per scaglioni di valore netto di produzione, e delle ulteriori deduzioni di natura più specifica che spettano in presenza di determinate condizioni o requisiti (quali, ad esempio, il numero dei lavoratori dipendenti).
L’articolo 1, commi da 266 a 269, della legge finanziaria per il 2007 ha introdotto modifiche dirette a favorire la competitività delle imprese attraverso la riduzione del cuneo fiscale, con la previsione di ulteriori deduzioni IRAP nel caso di assunzione di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici.
In particolare, attraverso una modifica dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997, in favore dei soggetti passivi diversi dalle amministrazioni pubbliche, escluse le imprese operanti in concessione e a tariffa nei settori dell’energia, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle comunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque e della raccolta e smaltimento dei rifiuti[334], sono ammessi in deduzione[335]:
- un importo pari a 5.000 euro (ridotto a 4.600 euro dalla legge finanziaria 2008) su base annua per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d’imposta ovvero, in alternativa, un importo fino a 10.000 euro (ridotto a 9.200 euro dalla legge finanziaria 2008) se il lavoratore è impiegato nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia[336].
- i contributi previdenziali ed assistenziali relativi ai lavoratori a tempo indeterminato.
Inoltre, è stato introdotto un’ulteriore beneficio nel caso di incrementi occupazionali di lavoratrici donne rientranti nella definizione di lavoratore svantaggiato di cui al regolamento CE n. 2204/2002 della Commissione europea[337]. L’importo deducibile, che è alternativo a quello di cui al comma 4-quinquies dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 446/1997, è determinato moltiplicando per sette quello spettante quando il lavoratore è impiegato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera a) del Trattato ovvero moltiplicando per cinque quello spettante se il lavoratore è impiegato nelle aree ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera c) del Trattato.
In ogni caso, viene precisato che l’importo complessivo delle deduzioni ammesse per ciascun dipendente non può eccedere il limite massimo rappresentato dalla retribuzione e dagli altri oneri e spese a carico del datore di lavoro.
Ulteriori modifiche sono state introdotte dalla legge finanziaria per il 2008 che nell’ambito della nuova disciplina IRAP introdotta, oltre alle già indicate riduzioni delle deduzioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2007, ha disposto:
- la riduzione da 2.000 euro a 1.850 euro della spettante per ciascun lavoratore dipendente, fino ad un massimo di cinque.
Il beneficio modificato, di cui all’articolo 11, comma 4-bis.1, del D.Lgs. n. 446/97 spetta a tutti i soggetti IRAP con esclusione della Amministrazioni pubbliche, della Camera dei deputati, del Senato, della Corte Costituzionale, della Presidenza della Repubblica e degli organi legislativi delle regioni a statuto speciale.
- La modifica delle deduzioni forfetarie per scaglioni di valore imponibile IRAP, di cui all’articolo 11, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 446/1997.
La rimodulazione, evidenziata nella seguente tabella, comporta un incremento delle deduzioni forfetarie in favore dei soggetti di cui alle lettere b) e c) del comma 1 dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 446/1997 (persone fisiche, società di persone, associazioni e soggetti equiparati) e una riduzione delle deduzioni per gli altri soggetti.
(importi in euro)
Base imponibile |
Deduzione fino al 2007 |
Deduzione dal 2008 |
|
Per tutti i soggetti |
Soggetti diversi da quelli di cui alle lett.b) e c) |
Soggetti di cui alle lett.b) e c) |
|
Fino a 180.790 euro |
8.000 |
7.350 |
9.500 |
Da 180.790 a 180.840 euro |
6.000 |
5.500 |
7.125 |
Da 180.840 a 180.920 euro |
4.000 |
3.700 |
4.750 |
Da 180.920 a 181.000 euro |
2.000 |
1.850 |
2.375 |
Accertamento e riscossione tributi
Durante la XV legislatura si è assistito ad un generale riassetto della disciplina degli studi di settore. Il legislatore è infatti intervenuto sulla disciplina della revisione periodica degli studi di settore, sulle norme che ne disciplinano l’utilizzo ai fini dell’accertamento, nonché sul sistema sanzionatorio e sulla validità di tali strumenti a fini probatori.
Gli studi di settore (introdotti nell’ordinamento dall’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331[338]) sono strumenti diretti a facilitare la ricostruzione induttiva dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo, attraverso la determinazione di funzioni di ricavo e compenso per gruppi omogenei di contribuenti operanti nello stesso settore di attività.
Essi valutano la capacità di produrre ricavi o conseguire compensi dalle singole attività economiche e si avvalgono di un metodo informatizzato, elaborato su base statistica, che consente ai contribuenti il calcolo dei ricavi o dei compensi presunti dall’attività di ogni singola impresa o professionista (c.d. procedura di calcolo). Gli studi sono realizzati tramite la raccolta sistematica di dati: sia quelli di carattere fiscale, sia quelli di tipo “strutturale” che caratterizzano l’attività e il contesto economico in cui questa si svolge. In particolare essi sono realizzati rilevando, per ogni singola attività economica, le relazioni esistenti tra le variabili contabili e quelle strutturali, sia interne (processo produttivo, area di vendita, ecc.) che esterne all’azienda o all’attività professionale. Essi tengono infatti conto delle caratteristiche dell’area territoriale e del contesto economico in cui opera l’azienda.
La legge n. 146 del 1998[339] (articolo 10, comma 1) ha previsto espressamente che l’Amministrazione finanziaria possa effettuare accertamenti basati sugli studi di settore. Si tratta pertanto di una tipologia di accertamento ulteriore, che si aggiunge a quelle già previste dal D.P.R. n. 600 del 1973 e che con esse si raccorda. Ai sensi della normativa vigente, gli studi di settore sono approvati con decreti ministeriali e sono soggetti a revisione periodica.
La legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi 13 e 15 della legge n. 296 del 2006) ha ridisciplinato le modalità di revisione e di aggiornamento degli studi di settore[340]. Ai sensi della disciplina introdotta, gli studi di settore sono soggetti a revisione ogni tre anni dalla data di entrata in vigore dello studio di settore stesso, ovvero della sua ultima revisione (anziché con cadenza quadriennale, come previsto dalla legge finanziaria 2005).
La norma prevede inoltre che nella fase di revisione degli studi di settore si tenga anche conto dei dati e delle statistiche ufficiali, quali quelli di contabilità nazionale, al fine di mantenere, nel medio periodo, la rappresentatività degli stessi rispetto alla realtà economica cui si riferiscono. La revisione degli studi di settore è programmata con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro il mese di febbraio di ciascun anno.
Il programma delle revisioni degli studi di settore è stato approvato, per il 2008, con Provvedimento del 14 febbraio 2008.
La citata legge finanziaria 2007 ha disposto (articolo 14, comma 1) in via transitoria che, fino all’elaborazione e revisione degli studi di settore, per l’applicazione degli studi esistenti si tenga conto, accanto ai cosiddetti “indicatori di coerenza” (vedi infra), anche di specifici indicatori di normalità economica idonei all’individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività da esso svolta. Tali indicatori debbono essere forniti di significativa rilevanza.
Il comma 2 dell’articolo 10-bis, stabilisce che per l’elaborazione e la revisione degli studi di settore deve anche tenersi conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.
Nell’applicazione degli studi di settore a fine di accertamento, l’analisi della coerenza – sulla base di indici (ad esempio: produttività per addetto, rotazione di magazzino) determinati in relazione alle singole aree economiche – costituisce una fase fondamentale per individuare anomalie nei dati comunicati dal contribuente, anche in presenza di ricavi dichiarati congrui rispetto agli importi presunti in base al pertinente studio di settore. Gli indici di coerenza fanno riferimento a comportamenti ritenuto “normali” nel settore economico considerato. Lo scostamento rispetto ad essi consente di riconoscere elementi critici, ad esempio in relazione all’impiego di personale irregolare, a situazioni anomale di magazzino o di area acquisti ovvero a irregolarità di natura contabile.
Con D.M. 20 marzo 2007 (Gazz.Uff. 31 marzo 2007, n. 76, S.O.), modificato dall'art. 1, D.M. 4 luglio 2007 (Gazz. Uff. 13 luglio 2007, n. 161), sono stati approvati gli specifici indicatori di normalità economica, idonei all'individuazione di ricavi, compensi e corrispettivi fondatamente attribuibili al contribuente in relazione alle caratteristiche e alle condizioni di esercizio della specifica attività svolta.
La legge finanziaria 2007, inoltre (articolo 1 comma 19), allo scopo di orientare le attività di controllo nei confronti dei contribuenti titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo cui non sono applicabili gli studi di settore, ha previsto la determinazione di specifici indicatori di normalità economica, idonei a rilevare la presenza di ricavi o compensi non dichiarati ovvero di rapporti di lavoro irregolare.
Ai medesimi fini, nelle ipotesi di cessazione dell’attività, di liquidazione ordinaria ovvero di non normale svolgimento dell’attività (che costituiscono ordinariamente causa di esclusione dell’applicabilità degli studi), è stato previsto che possa venire richiesta la compilazione del modello, allegato alla dichiarazione, previsto per i soggetti cui si applicano gli studi di settore. Si tratta del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, da allegarsi alla dichiarazione dei redditi.
Il comma 20 ha prescritto altresì la determinazione di appositi indicatori di coerenza per l’individuazione dei requisiti minimi di continuità dell’attività, con riferimento al primo periodo d’imposta in cui essa viene esercitata, relativamente ai soggetti indicati dall’articolo 73, comma 1, lettera a), del TUIR, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (società di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione), esclusi dall’applicazione degli studi di settore. Tali indicatori sono definiti tenendo conto delle caratteristiche e delle modalità di svolgimento dell’attività medesima.
L’approvazione degli indicatori è stata rimessa ad un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate; ai sensi delle norme introdotte essi possono essere elaborati anche per settori economicamente omogenei, e hanno trovato applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006.
Gli indicatori di coerenza sono stati definiti con Provvedimento 7 marzo 2007.
Il comma 22 ha disposto che venga programmata, sulla base di appositi criteri selettivi, una specifica attività di controllo nei confronti dei soggetti che risultano incoerenti per effetto dell’applicazione degli indicatori.
L’articolo 10, comma 1 della legge n. 146 del 1998 (modificato dall’articolo 1, comma 23, lettera b) della legge finanziaria 2007) prevede che gli accertamenti basati sugli studi di settore siano effettuati nei confronti dei contribuenti quando l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla base degli studi stessi. L'ufficio peraltro, prima della notifica dell'avviso di accertamento, invita il contribuente a comparire, ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218. Le modalità di effettuazione dell’accertamento sono disciplinate dallo stesso articolo 10.
La legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 16) ha ridefinito le fattispecie alle quali non si applicano gli studi di settore ai fini dell’accertamento.
In particolare, gli accertamenti basati sugli studi di settore non si applicano ai soggetti che:
a) hanno dichiarato ricavi di cui all'articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), o compensi di cui all'articolo 54, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi[341], di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, di ammontare superiore al limite stabilito per ciascuno studio di settore dal relativo decreto di approvazione del Ministro dell'economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale. Tale limite non può, comunque, essere superiore a 7,5 milioni di euro;
b) hanno iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta. Non si applicano comunque in caso di cessazione e inizio dell'attività, da parte dello stesso soggetto, entro sei mesi dalla data di cessazione, nonché quando l'attività costituisce mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti;
c) si trovano in un periodo di non normale svolgimento dell'attività.
La legge finanziaria 2007 ha inoltre ridisciplinato (articolo 1, comma 17) le modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento.
Per effetto di tale novella, in sede di rettifica del reddito d’impresa o dell’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione, è precluso l’utilizzo di presunzioni semplici[342] - anche se gravi, precise e concordanti - qualora il contribuente destinatario dell’accertamento abbia dichiarato, anche per effetto dell’adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello di congruità rilevante ai fini dell’applicazione degli studi di settore, anche tenendo conto degli specifici indicatori definiti a norma del citato comma 2 dell’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998
La preclusione opera a condizione che l’ammontare delle attività non dichiarate non sia superiore al 40 per cento dei ricavi o compensi dichiarati. In ogni caso, la preclusione non si applica se l’ammontare delle attività non dichiarate supera la soglia dei 50 mila euro.
In altri termini, se il contribuente risulta congruo rispetto agli studi di settore, l’amministrazione finanziaria non potrà esperire nei suoi confronti rettifiche di tipo analitico-induttivo, basate su presunzioni semplici, fino al 40 per cento dei ricavi o dei compensi dichiarati dal contribuente medesimo ed entro il limite massimo di 50 mila euro.
L’avviso di accertamento deve esprimere i motivi che inducono l’ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore, in quanto ritenute inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.
L’illustrata disposizione si applica a condizione che le informazioni inserite dal contribuente nei modelli predisposti per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore non siano viziate da irregolarità tali da rendere applicabili le sanzioni introdotte, rispettivamente, nei decreti legislativi n. 446 e n. 471 del 1997 dai commi 25, 26 e 27 del presente articolo 1.
La preclusione introdotta dalla disposizione testé descritta si applica a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007.
Il comma 18 dell’articolo 1 ha regolato altresì l’efficacia delle nuove norme introdotte dai commi 16 e 17, stabilendo che esse abbiano applicazione dal periodo d’imposta in corso alla data del 1° gennaio 2007.
Tuttavia, relativamente al disposto della lettera b) del comma 4 dell’articolo 10 della legge n. 146 del 1998 (come sostituito dal comma 16, relativo ai contribuenti che abbiano iniziato o cessato l'attività nel periodo d'imposta) si prevede che abbia effetto dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2006.
Si tratta della disposizione esclude che dall’accertamento sulla base degli studi di settore i contribuenti che hanno iniziato o cessato l’attività nel periodo d’imposta, salvo il caso di cessazione e inizio nel periodo di sei mesi da parte dello stesso soggetto, ovvero quando l’attività iniziata costituisca la mera prosecuzione di quella precedentemente svolta da altri soggetti.
I commi25, 26 e 27 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007 prevedono – in termini sostanzialmente identici per le imposte sui redditi, l’IVA e l’IRAP – l’incremento della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, qualora il maggior reddito d’impresa, arte o professione accertato ecceda di oltre il 10 per cento quello dichiarato.
In particolare, il comma 25 integra con un nuovo comma 2-bis l’articolo 1 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (“Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi”).
L’articolo trova applicazione con riferimento alle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi.
Tale nuovo comma 2-bis prevede che la misura della sanzione minima e massima indicata al comma 2 (ossia la sanzione dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito, stabilita per la dichiarazione di reddito imponibile inferiore a quello accertato o comunque di imposta inferiore a quella dovuta o credito superiore a quello spettante, nonché per esposizione di indebite detrazioni d’imposta o indebite deduzioni dall’imponibile) sia elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
Si escludono dalla fattispecie sanzionabile i casi di inesatta indicazione dei medesimi dati. L’incremento della sanzione non si applica se il maggior reddito d’impresa ovvero di arte o professione, accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento del reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato. Si fa riferimento al reddito di lavoro autonomo, conseguente al precedente richiamo del reddito di arte o professione.
Analogamente, il comma 27 della legge finanziaria 2007 ha aggiunto, nell’articolo 32 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (“Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef e istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali”), un nuovo comma 2-bis, da applicarsi alle dichiarazioni relative all’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Pertanto, la misura della sanzione minima e massima prevista dal comma 2 (rispettivamente, una e due volte l’ammontare della maggiore imposta dovuta in caso di dichiarazione di imponibile inferiore a quello accertato o imposta inferiore al dovuto) è elevata del 10 per cento nelle ipotesi di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, nonché nei casi di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. L’incremento della sanzione non si applica se la maggiore imposta accertata o la minore imposta detraibile o rimborsabile, a seguito della corretta applicazione degli studi di settore, non è superiore al 10 per cento di quella dichiarata.
Si escludono anche qui dalla fattispecie sanzionabile i casi di inesatta indicazione dei medesimi dati.
Il decreto-legge n. 81 del 2007[343] (articolo 15, comma 3-bis) ha apportato modifiche alla disciplina degli indicatori di normalità economica, attribuendo ad essi natura sperimentale e disponendo che i maggiori ricavi, compensi o corrispettivi da essi desumibili costituiscano presunzioni semplici.
Viene poi precisato che i contribuenti che dichiarano ricavi, compensi o corrispettivi inferiori a quelli derivanti dagli indicatori economici “non sono soggetti ad accertamenti automatici” sicché, ove l'ufficio intenda integrare o rettificare la dichiarazione annuale, subisce l'onere di “motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati”.
Successivamente la legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 252 della l. 24 dicembre 2007, n. 244)[344] ha posto in capo all’Agenzia delle entrate l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi che risultano dall'applicazione degli indicatori di normalità economica, fino all'entrata in vigore dei nuovi studi di settore.
A tal fine, la disposizione in esame inserisce all'articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) un ulteriore periodo a mente del quale, ai fini dell'accertamento, l'Agenzia delle entrate ha l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli indicatori di normalità economica.
La disposizione in esame specifica che, in ogni caso, i contribuenti che dichiarano ricavi o compensi inferiori a quelli previsti dai richiamati indicatori non sono soggetti ad accertamenti automatici.
La circolare 23 gennaio 2008, n. 5 dell’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti sui riflessi che il DL n. 81/2007[345] e la disposizione della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008) in commento determinano sull’attività di accertamento derivante dagli studi di settore[346] con particolare riferimento all’applicazione degli indicatori di normalità economica di cui al comma 14 della legge n. 296 del 27 dicembre 2006, n. 296.
L’articolo 15 del DL n.
81/2007, introducendo i commi 14-bis e
14-ter all’articolo 1 della
finanziaria
- hanno natura sperimentale,
- costituiscono presunzioni semplici;
- non danno luogo ad accertamenti automatici; pertanto, nel caso in cui il valore dichiarato dal contribuente risulti inferiore a quello desumibile dagli indicatori, spetta all’ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati.
Nell’accertamento effettuato in base agli studi di settore l’onere di fornire materiale probatorio spetta, in primo luogo al contribuente in sede di contraddittorio; in caso di applicazione degli indicatori l’Ufficio comunque deve accompagnare questi ultimi con ulteriori elementi, a prescindere dall’atteggiamento che il soggetto sottoposto a controllo terrà in sede di contraddittorio.
Secondo quanto evidenziato nella circolare, la norma in esame non determina effetti sostanziali in termini di accertamento; ciò in quanto la natura di “accertamento automatico” attribuito agli studi di settore risulta attenuato se si considera che il contribuente, normalmente, avvia un contraddittorio e pertanto l’amministrazione finanziaria deve intervenire anche fornendo, eventualmente, una documentazione probatoria. In particolare, con riferimento agli studi di settore, viene escluso che “l’utilizzo possa avvenire in modo indiscriminato (o “automatico”), non solo con riguardo alle stime operate tenendo conto degli indicatori di normalità economica di cui al comma 14 della legge finanziaria del 2007, ma anche per quelle effettuate senza il contributo degli indicatori medesimi”.
L’Agenzia delle entrate afferma che la presunzione semplice opera in presenza di stime “fondatamente idonee allo scopo che si propongono”. In proposito, vengono richiamate anche le circolari n. 31 del 22 maggio 2007 e n. 38 del 12 giugno 2007 nelle quali si riteneva che gli accertamenti automatici “…devono essere sempre calibrati tenendo in debito conto tutti gli elementi offerti dal contribuente per dimostrare che i ricavi o compensi presunti non sono stati effettivamente conseguiti……” e che l’azione di controllo deve essere sempre ispirata a “…criteri di ragionevolezza tali da evitare la penalizzazione di contribuenti per i quali il meccanismo presuntivo potrebbe risultare non idoneo a cogliere le effettive condizioni di esercizio dell’attività, soprattutto nel caso in cui evidenzi scostamenti rilevanti rispetto al dichiarato….”.
Ad ulteriore chiarimento di quest’ultimo assunto, viene precisato, peraltro, che nei casi in cui lo scostamento del valore dei ricavi, compensi e corrispettivi dichiarati sia particolarmente elevato, sia in termini assoluti che in termini percentuali, l’Ufficio è sempre tenuto a verificare, anche nel contraddittorio con il contribuente, l’eventuale esistenza di cause che abbiano influito negativamente sul normale svolgimento dell’attività, indipendentemente dal fatto che si tratti o meno di situazioni coincidenti con quelle già contemplate dalla prassi amministrativa, così come la corretta attribuzione al “cluster” di riferimento dell’attività effettivamente esercitata.
La circolare evidenzia,
pertanto, che le modifiche introdotte
dal comma
L’applicazione degli indicatori di normalità economica - e quindi della disciplina in tema di onere di motivazione e della prova - si avrà fino all'entrata in vigore dei nuovi studi di settore varati secondo le procedure, anche di concertazione con le categorie, contenute nelle norme di revisione richiamate dalla legge finanziaria per il 2007.
Accertamento e riscossione tributi
Si rammenta preliminarmente che la riforma del sistema della riscossione (articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203[347]) ha previsto il superamento dell’affidamento del servizio di riscossione mediante ruolo a concessionari privati, individuati per circoscrizioni territoriali, e l’attribuzione del servizio all’Agenzia delle entrate mediante la società Riscossione S.p.A., operante dal 1° ottobre 2006 ed oggi denominata Equitalia S.p.A..
La società “Riscossione S.p.A.”, che di recente ha mutato denominazione in Equitalia SpA, è stata costituita dall’Agenzia delle entrate unitamente all’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) con un capitale di 150 milioni di euro; la partecipazione pubblica al capitale, anche dopo l’ingresso di soci privati secondo quanto esposto di seguito, non potrà mai essere inferiore al 51 per cento. Essa esercita – senza obbligo di cauzione – l'attività di riscossione mediante ruolo e di quella di riscossione delle entrate prevista dall'articolo 4 del D.Lgs. n. 237 del 1997 (concernente tributi, sanzioni e altre somme già riscosse dai servizi autonomi di cassa degli uffici dipendenti dal Dipartimento delle entrate), nonché ulteriori attività – quali la riscossione spontanea, la liquidazione e l’accertamento delle entrate degli enti pubblici, anche territoriali, e delle società da essi partecipate – da assegnarsi mediante procedure di gara ad evidenza pubblica. Attraverso la stipulazione di appositi contratti di servizio, essa svolge altresì attività strumentali a quelle dell'Agenzia delle entrate, potendo in tale ipotesi assumere finanziamenti e svolgere le connesse operazioni finanziarie.
È statuita una specifica disciplina per il passaggio dei carichi dai precedenti concessionari al nuovo soggetto. Per agevolare tale passaggio, è stata prevista inoltre la possibilità che la società costituita acquisti quote non inferiori al 51 per cento del capitale delle società concessionarie (ovvero il ramo d’azienda delle banche che hanno gestito direttamente l'attività di riscossione), a condizione che il cedente acquisti a sua volta una partecipazione al capitale sociale di essa. Tuttavia, entro il 31 dicembre 2010 i soci pubblici dovranno riacquistare tali partecipazioni, nonché le azioni eventualmente ancora detenute da soggetti privati nelle società ex concessionarie non interamente partecipate. Successivamente, le azioni di Equitalia Spa possedute dai soci pubblici potranno essere cedute a soci privati, scelti secondo regole di evidenza pubblica, comunque entro la misura massima del 49 per cento del capitale.
Per le proprie attività, la società si avvale anche di personale dell'Agenzia delle entrate e dell'INPS e fa ricorso alle società per azioni da essa eventualmente partecipate ex concessionarie. È previsto altresì l’obbligo di presentazione di una relazione annuale del Ministro dell'economia e delle finanze al Parlamento sullo stato della riscossione.
Nel corso della XV legislatura, la disciplina della remunerazione del servizio di riscossione è stata oggetto di diverse modifiche (articolo 2, comma 3 del D.L. .n. 262 del 2006).
Preliminarmente si ricorda che, per la remunerazione dell’attività svolta da Equitalia Spa e dalle società da essa partecipate, è stata prevista l’applicazione[348] (in virtù del rinvio operato all’articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 2005) in via transitoria - per gli anni 2007 e 2008 - del sistema che contempla una remunerazione secondo un importo forfettario pari a 470 milioni di euro, per i ruoli emessi da uffici statali; per gli altri ruoli, un aggio sulle somme riscosse[349]. Dal 2009 Equitalia Spa sarà invece remunerata integralmente ad aggio: in sostanza, l’attività dei concessionari sarà remunerata con una percentuale (“un aggio”) sulle somme iscritte a ruolo riscosse, parzialmente a carico del debitore – contribuente ed in parte a carico del creditore. L’aggio è pari ad una percentuale di tali somme da determinarsi, per ogni biennio, con decreto del Ministro dell’economia, da pubblicare entro il 30 settembre dell’anno precedente il biennio di riferimento, sulla base di determinati criteri.
Nel dettaglio, le norme hanno inciso sulla disciplina dell’aggio (di cui all’articolo 17 del D.Lgs n. 112 del 1999), prevedendo che la quota a carico del debitore – contribuente (la cui misura massima è elevata dal 4,65 per cento al 5 per cento) sia dovuta anche in caso di pagamento tempestivo, ovvero entro sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, e non solo in caso di ritardato pagamento, come previsto dalla disciplina precedente. Nell’ipotesi di ritardato pagamento, l’aggio è integralmente posto a carico del debitore.
E’ stata altresì prevista una disciplina specifica nel caso della riscossione spontanea a seguito di iscrizione a ruolo non derivante da inadempimento (di cui all’articolo 32, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 46 del 1999), disponendosi che l’aggio sia integralmente a carico dell’ente creditore se il pagamento avviene entro il sessantesimo giorno dalla data di notifica della cartella, mentre, in caso di mancato pagamento, l’aggio viene imputato integralmente al debitore.
Sotto un diverso profilo è stata modificata (articolo 2, comma 2 del d.l. n. 262 del 2006) la normativa della remunerazione per l’attività di riscossione coattiva mediante ruolo delle entrate proprie di province e comuni affidate al concessionario nazionale della riscossione. Con esclusivo riferimento all’attività di riscossione spontanea, le modifiche intervenute hanno disposto che detta attività venga remunerata con un compenso maggiorato del 25 per cento rispetto a quello ordinariamente previsto per la riscossione di tali entrate.
In relazione all’assetto amministrativo della società Equitalia SpA, durante la XV legislatura è stata soppressa (articolo 2, comma 1 del d.l. n. 262 del 2006) la previsione secondo cui la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione della società Equitalia SpA è composta da dirigenti di vertice dell’Agenzia delle entrate e dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS); viene dunque meno ogni determinazione normativa riguardante la qualificazione soggettiva dei membri del consiglio medesimo.
Per quanto attiene alle operazioni di acquisto di quote delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione, si segnala che ad Equitalia Spa è stato consentito (articolo 39, comma 5 del d.l. n. 159 del 2007) di attribuire ai soggetti cedenti, in luogo di proprie azioni, obbligazioni ovvero altri strumenti finanziari.
Inoltre (articolo 1, comma 152 della legge finanziaria 2008, l. n. 244 del 2007) i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo prestate o esistenti a favore del venditore - già previste in caso di acquisto da parte della società Riscossione Spa di rami d’azienda delle banche che hanno operato la gestione diretta dell’attività di riscossione – sono stati estesi anche alle operazione di fusione, scissione, conferimento e cessione di aziende e rami d’azienda effettuate tra agenti della riscossione.
La legge finanziaria per il 2008 ha inoltre (articolo 1, commi da 367 a 373) previsto la stipula di una o più convenzioni tra il Ministero della giustizia ed una società interamente posseduta da Equitalia spa (ex Riscossione s.p.a.) per la gestione e riscossione del crediti derivanti da spese di giustizia, ai sensi delle norme recate dal Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (DPR n. 115 del 2002). Infine, è stato poi soppresso - a decorrere dal 2007 - l’obbligo del versamento, entro il 30 dicembre di ogni anno, delle somme dovute dai concessionari a titolo di acconto per le riscossioni che verranno effettuate a decorrere dal primo gennaio dell'anno successivo (articolo 36, commi 1 e 1-bis del d.l. “mille proroghe 2008”)
E’ stato infine escluso (articolo 36, comma 4-ter), nei confronti di Equitalia SpA, l’esercizio del controllo sulla gestione della Corte dei Conti tramite l’assistenza di un magistrato della Corte stessa alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione.
Nei confronti di detta società sembra dunque applicarsi la procedura ordinaria, di cui all’articolo 5 e 6 della legge n. 259 del 1958, ai sensi dei quali:
- i rappresentanti delle amministrazioni dello Stato o delle aziende statali o degli enti pubblici che facciano parte, in quanto tali, dei collegi sindacali o di revisione degli enti destinatari delle contribuzioni statali (che costituiscono il presupposto del controllo della Corte), sono tenuti a fornire alla Corte dei conti, su richiesta della medesima, ogni informazione e notizia che essi abbiano facoltà di ottenere, a norma delle leggi o degli statuti, per effetto della loro appartenenza a detti organi sindacali di revisione.
- qualora la Corte dei conti ritenga insufficienti, ai fini del controllo, gli elementi ad essa pervenuti, può chiedere agli enti controllati ed ai Ministeri competenti informazioni, notizie, atti e documenti concernenti le gestioni finanziarie.
Negli ultimi due anni si è assistito ad una graduale estensione dell’ambito applicativo delle disposizioni di sanatoria per l’inadempimento di obblighi da parte dei concessionari della riscossione, disposta dalla legge finanziaria per il 2005.
Si ricorda che la citata l. n. 311 del 2004 (articolo 1, commi 426 e 426- bis) ha disposto il recupero mediante ruolo delle somme dovute, per inadempimento, dal soggetto incaricato del servizio di intermediazione all'incasso (ovvero dal garante di tale soggetto o del debitore di entrate riscosse mediante ruoli). Per i concessionari del servizio nazionale della riscossione e per i commissari governativi delegati provvisoriamente alla riscossione (di cui al citato D.Lgs. n. 112 del 1999) si prevede la facoltà di sanare le irregolarità commesse nell'esercizio degli obblighi inerenti al rapporto concessorio. Per usufruire di tale sanatoria – ammessa limitatamente alle irregolarità compiute sino al 30 giugno 2005 – la norma ha richiesto il versamento di un importo pari a tre euro per ogni abitante residente nell'àmbito territoriale dato in concessione a tali soggetti alla data del 1° gennaio 2004. Tale pagamento, ferme le responsabilità penali eventualmente emerse, è effettuato in tre rate: la prima, di importo pari al 40 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2005; la seconda, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi entro il 30 giugno 2006; la terza, di importo pari al 30 per cento del totale, da versarsi tra il 21 e il 31 dicembre 2006. In caso di adesione alla sanatoria, le irregolarità compiute nell’esercizio dell’attività di riscossione non determinano il diniego del diritto al rimborso o del discarico per inesigibilità delle quote iscritte a ruolo o delle definizioni automatiche delle stesse.
In particolare, agli effetti di predetta sanatoria, è stata riconosciuta efficacia anche ai versamenti effettuati entro il 10 luglio 2006 a titolo di prima e seconda rata, compresi gli interessi legali (articolo 35, comma 26-ter e quater del d.l. n. 223/2006); le medesime disposizioni hanno tuttavia circoscritto l’effetto delle norme di favore ad ipotesi ivi contemplate.
La legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 138 della l. n. 244 del 2007) ha disposto l’applicazione della sanatoria delle responsabilità amministrative per le società titolari di concessioni in ambito provinciale[350] del servizio nazionale di riscossione, nei confronti delle società titolari delle precedenti concessioni subprovinciali partecipanti, anche per incorporazione, al capitale sociale delle succedute nuove società. Per quanto attiene alle disposizioni di sanatoria per i tributi e le altre entrate di spettanza delle province e dei comuni, la medesima legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 154) ha disposto l’interpretazione delle norme di favore nel senso che esse producono effetti esclusivamente sulle responsabilità amministrative delle società concessionarie del servizio nazionale della riscossione o dei commissari governativi provvisoriamente delegati alla riscossione, ai fini dell’applicazione delle sanzioni disciplinate dagli articoli 47-53 del D.Lgs. n. 112/1999[351].
Per quanto riguarda la disciplina del discarico si segnala, anzitutto, l’anticipazione del termine di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità dei ruoli alle società partecipate dalla Riscossione S.p.a.
Ai sensi delle modifiche introdotte (articolo 39, comma 6 del d.l. n. 159 del 2007, che ha modificato il d.l. n. 203 del 2005), per i ruoli consegnati fino al 30 settembre 2007, le comunicazioni di inesigibilità sono presentate entro il 30 settembre 2010.
Si ricorda che il ruolo è l’elenco alfabetico nel quale vengono indicate le somme dovute da ciascun contribuente all’amministrazione finanziaria. A seguito della riforma operata dal D.Lgs. n. 46 del 1999 (“Riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo”), il sistema della riscossione coatta è stato completamente ridisegnato. Per quanto riguarda il ruolo, che rappresenta il titolo esecutivo che consente all’amministrazione finanziaria di agire coattivamente per il recupero dei crediti fiscali, la nuovo normativa prevede due tipi di ruolo: quello ordinario, in cui vengono indicati i dati relativi al contribuente, nonché le notizie relative all’imponibile, all’aliquota da applicare e all’imposta dovuta; quello straordinario – formato solo se è un fondato pericolo per la riscossione – in cui vanno iscritte non solo le imposte e i relativi interessi, ma anche le sanzioni.
Ai sensi dell'art. 19 del D.Lgs. n. 112/1999, ai fini del discarico delle quote iscritte a ruolo, il concessionario trasmette, anche in via telematica, all'ente creditore, una comunicazione di inesigibilità. In caso di mancata presentazione di tale comunicazione entro il terzo anno successivo alla consegna del ruolo, l'agente della riscossione perde il diritto al discarico della quota. Inoltre, in caso di diniego al discarico, l'agente della riscossione è tenuto a versare all'ente creditore, entro 10 giorni dalla notifica del provvedimento, una somma pari ad un quarto dell'importo iscritto a ruolo e i relativi interessi legali.
Inoltre, è stato posticipato al 30 giugno 2008 il termine per comunicare, da parte dei concessionari della riscossione, all’ente creditore i dati relativi all'attività di riscossione dei ruoli formati con l’ausilio del CNC (consorzio nazionale obbligatorio tra i concessionari), ai fini dell’informativa sullo stato delle procedure relative alle singole quote comprese nei ruoli, nonché ai fini dell’applicazione delle relative sanzioni in caso di inadempimento.
Anche la legge
finanziaria per il 2008 è intervenuta sulla disciplina del discarico per
inesigibilità (articolo 1, comma 146), riducendo da
Di conseguenza, la mancata notificazione di cartelle al contribuente entro il quinto mese successivo alla consegna del ruolocagiona la perdita del diritto al discarico.
A seguito delle modifiche introdotte con il d.l. “Milleproroghe”, la norma in esame si applica ai ruoli consegnati all’agente di riscossione a decorrere dal 31 ottobre 2009.
In materia di gestione delle entrate locali, si ricorda preliminarmente che, con lo scopo di consentire alla società Riscossione SpA (ora Equitalia Spa) ed alle società da essa controllate di svolgere attività di riscossione per conto degli enti locali, la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 294) ha previsto l’esclusione degli agenti della riscossione dall’applicazione di alcune disposizioni, relative all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni (DM 11 settembre 2000 n. 289, previsto dall’articolo 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997).
Non trovano applicazione nei confronti degli agenti della riscossione le seguenti disposizioni:
§ quelle (l’articolo 2, comma 4 del D.M. n. 289 del 2000) che impongono, nello statuto delle società concessionarie, di prevedere l'inefficacia, nei confronti della società, del trasferimento di quote od azioni per atto tra vivi senza preventiva autorizzazione del Ministero delle finanze;
§ le norme in materia di influenza dominante su altri agenti della riscossione (vale a dire l’articolo 2, comma 1, lettera b));
§ il divieto, per i legali rappresentanti, gli amministratori e i sindaci, di essere pubblici dipendenti ovvero coniugi, parenti ed affini entro il secondo grado di pubblici dipendenti (articolo 9, comma 1, lettera e)).
La legge finanziaria 2008 è intervenuta invece per evitare il proseguimento della procedura di infrazione comunitaria avviata dalla Commissione europea con il parere motivato del 27 giugno 2007, riguardante la normativa nazionale relativa all’accertamento e alla riscossione dei tributi locali.
Con le modifiche apportate (articolo 1, commi 224 e 225 della l. n. 244 del 2007) è stata dunque esclusa la possibilità di un affidamento diretto dei servizi di gestione delle entrate locali alle società miste a prevalente capitale pubblico locale. Dall’altro lato, è stato consentito ai prestatori che esercitano questo tipo di attività di partecipare alle gare di affidamento dei servizi in questione senza dover preventivamente ottenere l’iscrizione nel relativo albo ministeriale, purché in possesso di una certificazione rilasciata dalla competente autorità di stabilimento, dalla quale risulti la sussistenza dei requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore.
Ai sensi delle nuove norme, i regolamenti comunali e provinciali sulle entrate tributarie sono informati al criterio per cui, nel caso di affidamento a terzi dell’attività di accertamento e riscossione dei tributi ed altre entrate (rispetto alla previsione originaria, è stato espunto il riferimento alla liquidazione) - le relative attività debbano essere affidate:
1) ai soggetti iscritti nell’albo dei privati abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni;
2) agli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;
3) a società a capitale interamente pubblico, che possono essere affidatarie di servizi pubblici locali di rilevanza economica (ai sensi dell’articolo 113, comma 5, lett. c) ) del TUEL), a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano;
3-bis)a società a società a capitale misto pubblico privato (di cui all’articolo 113, comma 5, lett. b), del TUEL) iscritte al citato albo ministeriale. I soci privati di tali società devono essere scelti, nel rispetto della disciplina e dei principi comunitari, tra soggetti iscritti all’apposito albo e gli operatori degli Stati membri.
Si richiede inoltre che l'affidamento dei servizi di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica.
Di conseguenza sono state introdotte disposizioni (articolo 1, comma 225 della legge n. 244 del 2007) volte a contemperare l’esigenza di tutela della riservatezza dei contribuenti con quella dell’efficacia dell’attività di riscossione: si demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze l’individuazione dei casi e delle modalità attraverso i quali i soggetti affidatari del servizio di accertamento e riscossione di tributi ed altre entrate locali possono disporre di dati ed informazioni presenti nel sistema informativo dell'Agenzia delle entrate, e prendere visione di atti riguardanti i beni dei debitori e dei coobbligati, ai soli fini della riscossione delle entrate degli enti locali. E’ stato comunque previsto che a tal fine vi sia la preventiva autorizzazione del direttore dell’Agenzia delle entrate.
Si veda inoltre il capitolo Accertamento e riscossione tributi, pag. 93.
La disciplina dei mercati finanziari
L’istituto delle società di investimento immobiliare quotate (SIIQ) è stato introdotto dall’articolo 1, commi da 119 a 141, della legge finanziaria per il 2007[352], come modificati, da ultimo, dall’articolo 1, comma 374, della legge finanziaria per il 2008[353].
Completano il quadro normativo le disposizioni contenute nel regolamento di attuazione di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 7 settembre 2007, n. 174[354], emanato ai sensi del comma 141, e nel Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 novembre 2007, con il quale sono stabilite le modalità di esercizio dell’opzione per il regime speciale, secondo quanto disposto dal comma 120.
La circolare dell’Agenzia delle entrate 31 gennaio 2008, n. 8/E, contiene indicazioni dettagliate sulla corretta interpretazione ed applicazione della normativa riguardante le SIIQ.
Le società d’investimento immobiliare quotate rappresentano un modello di investimento immobiliare ispirato ai c.d. Real Estate Investment Trust (REIT), utilizzati fin dagli anni Sessanta negli Stati Uniti e in Australia e divenuti recentemente operativi anche in molti Paesi europei – per esempio Francia, Olanda, Belgio, Regno Unito, Germania - in cui sono state emanate normative analoghe a quella in esame, al fine di favorire gli investimenti in tale settore[355].
Il regime speciale delle SIIQ riguarda esclusivamente società per azioni fiscalmente residenti in Italia – con azioni negoziate sui mercati regolamentati – operanti nell’attività di locazione di beni immobili.
La disciplina fiscale delle SIIQ comporta l’esenzione del reddito derivante dall’attività di locazione immobiliare ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP; la parte di utile civilistico ad esso corrispondente è assoggettata ad imposizione direttamente in capo ai soci all’atto della sua distribuzione. Per tale ragione, l’adozione del nuovo regime è strettamente collegata, sul piano civilistico, all’obbligo di distribuzione dell’utile derivante dalla gestione esente. Più precisamente, ai sensi del comma 123 della legge finanziaria per il 2007, le società che optano per il regime speciale sono tenute a distribuire ai soci, in ciascun esercizio, “almeno l’85 per cento dell’utile netto derivante dall’attività di locazione immobiliare e dal possesso delle partecipazioni indicate al comma 121” (partecipazioni in SIIQ o SIINQ ossia le società di investimento immobiliare non quotate).
Il regime speciale delle SIIQ si rende applicabile - ai sensi del comma 119 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 - a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 30 giugno 2007, alle società che soddisfino determinati requisiti soggettivi e in particolare:
1. siano costituite in forma di società per azioni;
2. siano residenti, ai fini fiscali, nel territorio dello Stato;
3. le cui azioni siano negoziate in mercati regolamentati.
Con riferimento al requisito della quotazione, dopo le modifiche introdotte dalla legge finanziaria per il 2008 (lettera a), numero 2, del comma 374), la disposizione prevede che i titoli delle società che fruiscono del regime speciale siano negoziati in mercati regolamentati “degli Stati membri dell’Unione Europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al comma 1 dell’articolo 168-bis del Testo unico delle imposte sui redditi-TUIR”.
Al riguardo si segnala che gli Stati inclusi nella lista di cui al citato articolo 168-bis, anch’esso introdotto nel TUIR dalla legge finanziaria per il 2008, dovranno essere individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze tra quelli che “consentono un adeguato scambio di informazioni, c.d. White List” (vedi scheda White List, pag. 253).
Pertanto, condizione per l’accesso al regime è che la SIIQ sia quotata sui mercati regolamentati italiani o, in alternativa, su uno dei mercati esteri individuati dalla disposizione citata.
L’articolo 2, comma 2, del citato D.M.7 settembre 2007, n. 174[356],dispone che i requisiti di cui al comma 119 debbano essere posseduti all’inizio del primo periodo d’imposta dal quale la società che esercita l’opzione intende avvalersi del regime speciale.
Eccezione a tale regola era contenuta nel successivo comma 5 che, limitatamente alla fase di prima applicazione delle disposizioni in esame (vale a dire per il periodo d’imposta successivo a quello in corso al 30 giugno 2007), aveva previsto che l’opzione per il regime speciale avesse effetto anche nel caso in cui le azioni della società fossero ammesse alle negoziazioni su mercati regolamentati entro il 30 aprile 2008.
Tale ultima disposizione è attualmente superata da quella aggiunta al comma 120 dall’articolo 1, comma 374, lettera b), della legge finanziaria per il 2008, in cui si prevede che “Per il periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data del 30 giugno 2007, in fase di prima applicazione, l’opzione per il regime speciale è esercitata entro il 30 aprile 2008 e ha effetto dall’inizio del medesimo periodo d’imposta, anche nel caso in cui i requisiti di cui al comma 119 siano posseduti nel predetto termine”.
Per effetto della richiamata disposizione, in definitiva, per il periodo di imposta 2008 di prima applicazione della disciplina in esame, l’opzione per il regime speciale, anziché entro la fine del periodo di imposta precedente, poteva essere esercitata entro il 30 aprile 2008. Detto termine vale anche per l’esercizio dell’opzione da parte di società neo-costituite a decorrere dal 1° gennaio 2008.
Ferma restando la decorrenza degli effetti dell’opzione dall’inizio del periodo di imposta 2008, l’opzione medesima è efficace a condizione che tutti i requisiti previsti dal comma 119, sia quelli soggettivi in esame che quelli relativi alla struttura partecipativa della società, siano stati posseduti entro la suddetta data del 30 aprile 2008.
L’articolo 3 del citato D.M. n. 174 del 2007, in attuazione della norma primaria di cui al comma 141, lettera a), della finanziaria per il 2007, dispone che lo statuto delle SIIQ e delle SIINQ debba necessariamente prevedere:
a) le regole adottate dalla società in materia di investimenti;
b) i limiti previsti alla concentrazione dei rischi all’investimento e di controparte;
c) il limite massimo di leva finanziaria consentito, a livello individuale e di gruppo.
Nel D.M. viene anche precisato come la vigilanza sulle SIIQ debba essere esercitata dalla Banca d’Italia e dalla Consob, nell’ambito dei rispettivi poteri stabiliti dalla normativa vigente.
Il comma 119, dopo le modifiche introdotte della legge finanziaria per il 2008, prevede che la disciplina speciale si applichi a condizione che risultino soddisfatti i seguenti requisiti riguardanti la struttura partecipativa delle SIIQ:
1. limitata concentrazione della partecipazione di controllo (c.d. requisito del controllo). A tal fine, la norma richiamata dispone che nessun socio debba possedere direttamente o indirettamente più del 51 per cento dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più del 51 per cento dei diritti di partecipazione agli utili della SIIQ;
2. sufficienti diffusione e frazionamento del capitale sociale (c.d. requisito del flottante): almeno il 35 per cento delle azioni deve essere detenuto da soci che non possiedano, “al momento dell’opzione”, direttamente o indirettamente più del 2 per cento dei diritti di voto nell’assemblea ordinaria e più dell’2 per cento dei diritti di partecipazione agli utili.
Ai fini del calcolo della percentuale di diritti di voto e di partecipazioni agli utili attribuibile al titolare delle azioni, rilevano anche le azioni date in pegno, qualora venga concordato che il diritto di voto nell’assemblea ordinaria ed il diritto di partecipazione agli utili spettino comunque al titolare delle stesse.
Inoltre, ai fini della verifica del requisito del flottante, si deve tener conto di quanto precisato dal Regolamento dei mercati organizzati e gestititi dalla Borsa Italiana Spa, per l’ammissione alla quotazione delle azioni delle Real Estate Investment Companies (REIC) tra cui rientrano le SIIQ.
L’applicazione del regime speciale, come precisato nel comma 119 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, è subordinata alla condizione che le società “svolgano in via prevalente l’attività di locazione immobiliare”.
Al riguardo, l’articolo 1 del D.M. 174 del 2007 definisce l’attività di locazione immobiliare come “gestione esente”, precisando che nella stessa va ricompresa “l’attività di locazione di immobili posseduti a titolo di proprietà, di usufrutto o di altro diritto reale immobiliare, nonché in base a contratti di locazione finanziaria; l’attività di locazione derivante dallo sviluppo del compendio immobiliare; il possesso di partecipazioni, costituenti immobilizzazioni finanziarie ai sensi dei principi contabili internazionali, in altre SIIQ o in SIINQ”.
Come chiarito dal comma 3 dell’articolo 4 del decreto, la gestione esente riguarda “sia i fabbricati, sia le aree su cui gli stessi insistono ivi incluse quelle pertinenziali e le aree fabbricabili”.
La principale caratteristica relativa al trattamento tributario delle SIIQ è data dalla possibilità - in presenza di determinati requisiti fissati dalla normativa di settore - di optare per un sistema di imposizione fiscale in cui l’utile viene assoggettato a tassazione solo nel momento della sua distribuzione ai soci.
Pertanto, viene sostanzialmente invertito il principio impositivo alla base della riforma dell’IRES[357], tendente ad assoggettare a tassazione l’utile al momento della sua produzione in capo alla stessa società che lo ha prodotto e non in sede di distribuzione.
In particolare, l’esercizio dell’opzione, che è irrevocabile fatte salve le ipotesi di decadenza dal regime, comporta l’esenzione del reddito derivante dall’attività di locazione immobiliare sia ai fini IRES che IRAP. La parte di utile ad esso corrispondente viene assoggettata integralmente a tassazione all’atto della distribuzione in favore dei soggetti partecipanti, diversi dalle SIIQ, mediante applicazione di una ritenuta operata a titolo di acconto in capo ai soggetti imprenditori e a titolo di imposta nei confronti degli altri soggetti.
L’ingresso nel regime speciale di tassazione comporta il realizzo a valore normale degli immobili nonché dei diritti reali su immobili destinati alla locazione posseduti dalla società alla data di chiusura dell’ultimo esercizio in regime ordinario. L’importo complessivo delle plusvalenze così realizzate, al netto delle eventuali minusvalenze, è assoggettato a imposta sostitutiva dell’IRES e dell’IRAP, con l’aliquota del 20 per cento (comma 126 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007).
Va precisato che l’utile oggetto di esenzione comprende anche i dividendi derivanti da partecipazioni che la SIIQ detiene in altre SIIQ ed in società immobiliari non quotate (c.d. SIINQ), con le quali sia stata esercitata l’opzione congiunta di applicazione del regime in esame, ai sensi del comma 125 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007.
A fronte della tassazione dell’utile prodotto solo al momento della distribuzione ai soci, si prevede l’obbligo per le SIIQ di distribuire, in ciascun esercizio, almeno l’85 per cento degli utili derivanti dall’attività di locazione immobiliare.
Più precisamente, ai sensi del comma 123 della legge finanziaria per il 2007, le società che optano per il regime speciale sono tenute a distribuire ai soci, in ciascun esercizio, “almeno l’85 per cento dell’utile netto derivante dall’attività di locazione immobiliare e dal possesso delle partecipazioni indicate al comma 121” (partecipazioni in SIIQ o SIINQ).
Ai sensi del comma 124, nel caso in cui tale obbligo non venga osservato, l’opzione per il regime speciale cessa di avere effetto a partire dallo stesso esercizio di formazione degli utili non distribuiti.
La disciplina in questione non richiede che l’attività di locazione immobiliare, il cui reddito beneficia del regime speciale (c.d. gestione esente), sia svolta in modo esclusivo. Le società che optano per il regime speciale possono comunque svolgere, seppur in via residuale o marginale, altre attività il cui reddito sarà soggetto alle ordinarie regole di tassazione in capo alla società, anche ai fini IRAP (c.d. gestione imponibile).
La disciplina dei mercati finanziari
Gli strumenti finanziari derivati sono strumenti finanziari il cui valore dipende (“deriva”) dall’andamento di un’attività sottostante (c.d. underlying asset). Le attività sottostanti possono avere natura finanziaria (come, ad esempio, i titoli azionari, i tassi di interesse e di cambio, gli indici) o reale (come, ad esempio, il caffè, il cacao, l’oro, il petrolio, ecc…).
Ai sensi del combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’articolo 1 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF) per «strumenti finanziari derivati» si intendono:
- contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti (art. 2, co. 2, lett. d));
- contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto (art. 2, co. 2, lett. e));
- contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), “swap” e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione (art. 2, co. 2, lett. f));
- contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), “swap”, contratti a termine (forward) e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati dalla precedente alinea che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini (art. 2, co. 2, lett. g));
- strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito (art. 2, co. 2, lett. h));
- contratti finanziari differenziali (art. 2, co. 2, lett. i));
- contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (future), “swap”, contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini (art. 2, co. 2, lett. j)) .
Secondo il comma 2-bis dell’articolo 1 del TUF, il Ministro dell’economia e delle finanze, con proprio regolamento, individua:
- gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine;
- gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.
Gli strumenti finanziari derivati possono essere simmetrici o asimmetrici. Nel primo caso, entrambi i contraenti (acquirente e venditore) si impegnano ad effettuare una prestazione alla data di scadenza; viceversa, nei derivati asimmetrici soltanto il venditore è obbligato a soddisfare la volontà del compratore. Nei derivati asimmetrici, infatti, il compratore, pagando un prezzo (c.d. premio), acquisisce il diritto di decidere in data futura se effettuare oppure no la compravendita del bene sottostante.
Un’ulteriore distinzione concerne i derivati negoziati sui mercati regolamentati ed i derivati over-the-counter (OTC).
I primi sono rappresentati da contratti le cui caratteristiche sono standardizzate e definite dall’autorità del mercato su cui vengono negoziati; tali caratteristiche riguardano l’attività sottostante, la durata, il taglio minimo di negoziazione, le modalità di liquidazione, ecc…; in Italia, il mercato regolamentato degli strumenti derivati è denominato IDEM (Italian Derivative Market) ed è gestito da Borsa Italiana Spa (esiste anche il mercato SeDeX sul quale vengono invece scambiati i derivati cartolarizzati). Sul mercato regolamentato circolano strumenti quali futures, opzioni, warrants, covered warrants e ETF.
I derivati over-the-counter (OTC) sono, invece, negoziati bilateralmente (direttamente tra le due parti) fuori dai mercati regolamentati; in questo caso, i contraenti possono liberamente stabilire tutte le caratteristiche dello strumento; generalmente questi sono swap e forward.
Alcune tipologie di strumenti finanziari derivati negoziati sul mercato regolamentatoIl future è un contratto derivato negoziato su mercati regolamentati, mediante il quale acquirente e venditore si impegnano a scambiarsi una determinata quantità di una certa attività finanziaria o reale (detta attività sottostante o underlying asset) a un prezzo prefissato e con liquidazione differita a una data futura prestabilita. È un contratto simmetrico, in quanto entrambi i contraenti sono obbligati a effettuare una prestazione a scadenza. L’operatore che acquista il future (che si impegna, cioè, ad acquistare a scadenza il sottostante) assume una posizione lunga (long), mentre l’operatore che vende il future assume una posizione corta (short). Nella maggior parte dei casi, i future non si concludono con la consegna fisica del bene sottostante: infatti, gli operatori preferiscono “chiudere” le posizioni aperte, rivendendo un contratto future precedentemente acquistato o acquistando il contratto future precedentemente venduto; ciò consente di risparmiare sui costi di consegna. Al contrario, se il future giunge a scadenza, potrà essere liquidato per cash settlement (calcolandone il controvalore monetario) oppure potrà avvenire la consegna fisica dell’attività sottostante. In quest’ultimo caso, l’esatta quantità e qualità dei beni consegnabili sono fissate dal mercato in cui tale contratto viene scambiato. L’attività sottostante (underlying asset) di un future può essere un’azione, un’obbligazione, un tasso di interesse a lungo termine, un tasso a breve, una valuta, un indice azionario o una merce (commodity). La dimensione del contratto definisce l’ammontare che il venditore dovrà consegnare al compratore per ogni contratto stipulato. In Italia i future sono negoziati sul mercato IDEM (Italian Derivative Market). Esistono tre tipi di contratti: S&P/Mib Futures (contratto future scritto sull’indice S&P/Mib; ogni punto indice vale 5 euro), Mini S&P/Mib (analogo al precedente, ma con un valore di 1 euro per ciascun punto indice), Single Stock Futures (future scritti su titoli azionari). Al fine di ridurre i rischi di insolvenza, la Clearing House (che in Italia è la Cassa di Compensazione e Garanzia) obbliga i contraenti a liquidare quotidianamente le posizioni aperte in future attraverso il meccanismo del marking-to-market. I future possono essere negoziati con tre finalità: copertura, speculazione e arbitraggio.
Le opzionisono contratti derivati che attribuiscono al compratore il diritto di acquistare o vendere un’attività sottostante a (oppure entro) una certa data, a un prezzo prefissato. Le opzioni sono contratti derivati asimmetrici, in quanto soltanto il venditore è obbligato a soddisfare le volontà del compratore; quest’ultimo, invece, detiene il diritto di decidere se esercitare o meno la facoltà implicita nel contratto. Gli elementi caratteristici di una opzione sono: - il sottostante (o underlying): esso può essere un titolo azionario, un indice, una valuta estera (o un tasso di cambio), un contratto future, una merce (commodity) oppure una qualsiasi attività finanziaria o reale. Tutte le opzioni scritte sul medesimo sottostante costituiscono una “serie”; - la facoltà. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di acquistare, in data futura, il sottostante vengono denominate opzioni call. Le opzioni che conferiscono al possessore la facoltà di vendere il sottostante vengono denominate opzioni put. Tutte le opzioni dello stesso tipo (call oppure put) costituiscono una “classe”; - la scadenza. Le opzioni che conferiscono al possessore il diritto di esercitare la facoltà esclusivamente il giorno che coincide con la scadenza del contratto, vengono denominate opzioni europee, mentre le opzioni che conferiscono al possessore il diritto di esercitare la facoltà in un qualsiasi giorno entro la scadenza del contratto, vengono denominate opzioni americane; - il prezzo di esercizio (prezzo base o strike price) rappresenta il prezzo al quale il possessore dell’opzione call oppure put può, rispettivamente, acquistare o vendere l’attività sottostante. Il soggetto che acquista una opzione assume una posizione lunga (long), mentre la controparte, che vende l’opzione, assume una posizione corta (short). Esistono pertanto quattro tipi di posizioni sulle opzioni: - una posizione lunga su una call (diritto di acquistare a termine il sottostante); - una posizione lunga su una put (diritto di vendere a termine il sottostante); - una posizione corta su una call (obbligo di vendere a termine il sottostante se la controparte ne fa richiesta); - una posizione corta su una put (obbligo di acquistare a termine il sottostante se la controparte ne fa richiesta). Dato che le opzioni conferiscono al loro possessore una facoltà e non un obbligo, potranno assumere un valore positivo (nel caso in cui risulti conveniente esercitare la facoltà) o, al massimo, nullo. Le opzioni vengono impiegate dagli operatori con finalità di speculazione, copertura o arbitraggio. In Italia, le opzioni sono negoziate sul mercato IDEM (Italian Derivative Market). Esistono due diverse tipologie di contratti di opzione, le S&P/Mib options (opzioni sull’indice S&P/Mib di tipo europeo) e le Iso-Alfa o single stock options (scritte su titoli azionari e di tipo americano).
I warrant sono strumenti finanziari derivati che attribuiscono al possessore il diritto di acquistare (warrant call) o di vendere (warrant put) l’attività sottostante a (oppure entro) una determinata scadenza ad un prezzo predeterminato. Il warrant è uno strumento derivato molto simile ad un’opzione che conferisce al possessore una facoltà di acquisto (call) o di vendita (put) da esercitarsi a oppure entro una certa scadenza (se di tipo europeo oppure americano) su una determinata attività sottostante e ad un prezzo prefissato. Il warrant (di tipo call) è particolarmente utilizzato dalle società al fine di rendere più appetibili le proprie obbligazioni (obbligazioni cum warrant) oppure al fine di raccogliere nuove risorse mediante aumenti di capitale. Il warrant è uno strumento che può circolare separatamente rispetto al titolo principale e può essere negoziato sul mercato MTA[358]. Il warrant si differenzia dall’opzione per il fatto di essere un titolo (e non un contratto), per una maggiore durata e per la mancanza di un sistema di margini[359].
Il covered warrant è uno strumento finanziario derivato emesso da un intermediario finanziario che conferisce all’acquirente il diritto di acquistare (covered warrant call) o vendere (covered warrant put) un’attività sottostante a un prezzo prestabilito (prezzo di esercizio o strike price) a (o entro) una prefissata scadenza. I covered warrant sono strumenti finanziari, diversi dai warrant, che conferiscono la facoltà di acquistare e/o di vendere, alla o entro la data di scadenza, un certo quantitativo dell’attività sottostante a un prezzo prestabilito. L’esercizio di un covered warrant può comportare la consegna fisica del sottostante oppure la liquidazione monetaria della differenza, se positiva, tra il prezzo dell’underlying e lo strike price (nel caso di covered warrant call) o della differenza, se positiva, tra lo strike price e il prezzo dell’underlying (nel caso di covered warrant put). Attualmente, tutti i covered warrant negoziati sul SeDeX[360] prevedono la liquidazione monetaria automatica a scadenza in caso di importo differenziale positivo. Con riferimento allo stile di esercizio, un covered warrant è di tipo americano se può essere esercitato in ogni momento nel corso della sua efficacia; è, invece, di tipo europeo se può essere esercitato solo a scadenza. Il soggetto che investe in un covered warrant call ha delle aspettative di rialzo dell’underlying (analogamente all’acquirente di una opzione call), in quanto beneficia di un importo di liquidazione tanto più elevato quanto più alto è il valore del sottostante (viceversa per i covered warrant put). Rispetto a un investimento diretto nell’attività sottostante, l’esborso monetario necessario per investire in covered warrant (il premio) è inferiore, ma il rischio di perdere tutto il capitale investito è molto più elevato: è sufficiente che a scadenza il prezzo dell’underlying sia inferiore allo strike per i call, viceversa per i put. l pari degli altri strumenti derivati, anche i covered warrant possono essere impiegati a fini di copertura dei rischi. Infatti, chi, sottoscrivendo questo strumento, acquista il diritto a ricevere (covered warrant call) in una data futura una merce, una somma di denaro in valuta estera o titoli, si copre dal rischio di aumento del prezzo dell’attività sottostante che ha in portafoglio. Viceversa, chi attraverso la sottoscrizione del covered warrant si obbliga a consegnare a termine l’attività sottostante (covered warrant put), si copre dal rischio di una riduzione del prezzo dell’attività sottostante. Nonostante le numerose analogie con le opzioni, i covered warrant si differenziano in alcuni particolari: - sono rappresentati da un titolo, ossia sono cartolarizzati, mentre le opzioni sono contratti; - possono essere emessi soltanto da istituzioni bancarie (in genere banche di investimento); - sono negoziati su un mercato a pronti e non sul mercato dei derivati; - hanno una scadenza più elevata. |
Le principali finalità associate alla negoziazione di strumenti finanziari derivati sono le seguenti:
- copertura di posizioni (hedging): si intende proteggere il valore di una posizione da variazioni indesiderate dei prezzi di mercato. L’utilizzo dello strumento derivato consente di neutralizzare l’andamento avverso del mercato, bilanciando le perdite/guadagni sulla posizione da coprire con i guadagni/perdite sul mercato dei derivati;
- speculazione: strategie finalizzate a realizzare un profitto basato sull’evoluzione attesa del prezzo dell’attività sottostante;
- arbitraggio: quando si sfrutta un momentaneo disallineamento tra l’andamento del prezzo del derivato e quello dello strumento sottostante (destinati a coincidere all’atto della scadenza del contratto), vendendo lo strumento sopravvalutato e acquistando quello sottovalutato e ottenendo, così, un profitto privo di rischio.
La diffusione degli strumenti finanziari derivati è fenomeno recente, che s’inquadra nell’elaborazione di strategie finanziarie volte a permettere ai soggetti operanti sul mercato di garantirsi da rischi finanziari connessi alla loro attività o di realizzare una gestione attiva dell’indebitamento, adeguandolo all’evoluzione delle condizioni di mercato per fruire delle opportunità derivanti dalle oscillazioni dei tassi d’interesse.
L’applicazione di
queste tecniche alla finanza degli enti territoriali è assai recente, poiché in
precedenza l’indebitamento di essi consisteva in mutui contratti con
Nell’ambito delle disposizioni che disciplinano il finanziamento delle spese di investimento degli enti locali, contenute nel testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL), di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, l’articolo 205 autorizza gli enti locali a contrarre prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.
L’emissione di titoli obbligazionari da parte degli enti territoriali è disciplinata dall’articolo 35 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (provvedimento collegato alla legge finanziaria per il 1995) e dal regolamento emanato con decreto del Ministro del tesoro 5 luglio 1996, n. 420.
La disciplina consente a regioni, province, comuni e unioni di comuni, città metropolitane, comunità montane e consorzi tra enti locali territoriali di deliberare l’emissione di prestiti obbligazionari destinati in via esclusiva al finanziamento degli investimenti[361]. È esplicitamente previsto il divieto di finanziare spese di parte corrente.
Per quanto riguarda le
regioni, la legge n. 724 del 1994
rinvia alla disciplina contenuta nell’articolo
10 della legge 16 maggio 1970, n.
Il comma 1 dell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002), al fine di contenere il costo dell’indebitamento e di consentire la vigilanza sugli andamenti della finanza pubblica, ha conferito al Ministero dell’economia e delle finanze una funzione generale di coordinamento con riferimento all’accesso al mercato dei capitali delle province, dei comuni, delle unioni di comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, di cui all’articolo 2 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali emanato con il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni[362].
I commi 2 e 3 hanno modificato la disciplina dell’emissione di titoli obbligazionari e della contrazione di mutui da parte degli enti territoriali, al fine di rimuovere alcuni vincoli che sembravano aver condizionato l'utilizzazione di tali strumenti di finanziamento.
Il comma
Varie disposizioni sono contenute nel regolamento concernente l’accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, emanato con decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389[364].
Ulteriori precisazioni sono state fornite dal Ministero dell’economia e delle finanze mediante la circolare 27 maggio 2004[365].
I commi da
In materia, sono intervenute le circolari esplicative del Ministero dell’economia e delle finanze 31 gennaio 2007, pubblicata in G.U. n. 29 del 5 febbraio 2007 e 22 giugno 2007, n. 6301, pubblicata in G.U. n. 151 del 2 luglio 2007.
Il comma 736 è diretto a ridurre l’utilizzo, da parte di regioni ed enti locali[366], di strumenti finanziari derivati per le operazioni di gestione del debito.
Il comma in esame afferma che le operazioni di gestione del debito tramite strumenti derivati effettuate da regioni ed enti locali devono essere improntate alla riduzione del costo finale del debito e alla riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato. È stabilito inoltre che le suddette operazioni possano essere concluse solo in corrispondenza di passività effettivamente dovute, avendo riguardo al rischio di credito assunto.
I commi 737 e 738 hanno introdotto obblighi di comunicazione a carico delle regioni e degli enti locali che pongono in essere operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati.
Ai sensi del comma 737 - che ha inserito i commi 2-bis e 2-ter nell’articolo 41 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge
finanziaria per il 2002) - le regioni e gli enti locali, prima della
sottoscrizione di contratti relativi alle operazioni sopra indicate, devono
trasmetterli al Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento del
tesoro. La trasmissione è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti
stessi. Sono espressamente confermate le disposizioni di cui al citato decreto interministeriale n. 389 del
L’articolo 1 del D.M. n. 389 del 2003, concernente l’accesso al mercato dei capitali da parte degli enti locali e delle regioni, prevede che tali soggetti comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento del tesoro i dati relativi all’utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi, nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse.
Il nuovo comma 2-ter stabilisce che le operazioni di cui al nuovo comma 2-bis (operazioni di ammortamento del debito con rimborso unico a scadenza e operazioni in strumenti derivati) che vìolano la vigente normativa debbano essere comunicate alla Corte dei conti per l’adozione dei provvedimenti di sua competenza.
Il comma 738 stabilisce che gli enti tenuti alle comunicazioni di cui al citato articolo 41 della legge n. 448 del 2001 debbano conservare, per almeno cinque anni, elenchi aggiornati contenenti i dati di tutte le operazioni finanziarie e di indebitamento soggette all’obbligo di comunicazione. L’organo di revisione dell’ente territoriale vigila sul corretto e tempestivo adempimento dell’obbligo da parte degli enti vigilati.
I commi da 381 a 384 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) riguardano i contratti su strumenti finanziari derivati.
Il comma 381 ha disposto che i contratti su strumenti finanziari derivati, sottoscritti da regioni ed enti locali, devono essere informati alla massima trasparenza.
Il comma 382 ha demandato ad un decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare sentite
Il Ministero dell’economia e delle finanze sarà quindi tenuto a verificare la conformità dei contratti al predetto decreto ministeriale.
Il comma 383 ha stabilito che la regione o l’ente locale sottoscrittore dello strumento finanziario debba attestare espressamente di aver preso piena considerazione:
- dei rischi dello strumento proposto;
- delle caratteristiche dello strumento proposto.
E’ inoltre stabilito che l’ente pubblico territoriale debba evidenziare gli oneri e gli impegni finanziari derivanti dal contratto in apposita nota allegata al bilancio.
Ai sensi del comma 384, il rispetto di quanto previsto dai commi 382 e 383 è elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti.
La norma di chiusura recata dal comma 384 in esame parrebbe significare - qualificando il rispetto di quanto previsto dai commi 382 e 383 in termini di “elemento costitutivo dell’efficacia dei contratti” - che il contratto stipulato tra l’ente territoriale e la sua controparte avente ad oggetto strumenti finanziari anche derivati non deve ritenersi nullo ovvero annullabile anche ove non siano rispettate le disposizioni recate dai commi 382 e 383. Il mancato rispetto di tali norme impedirebbe, infatti, soltanto il dispiegarsi dell’efficacia del contratto.
Pertanto, un adeguamento successivo dell’ente territoriale alle prescrizioni recate dai commi 382 e 383 consentirebbe al contratto, di per sé valido, di produrre anche gli effetti suoi propri.
Il comma 384 ha altresì previsto che la violazione delle norme introdotte dai precedenti commi vada comunicata alla Corte dei conti, che sarà tenuta ad adottare i provvedimenti rientranti nella sua competenza.
La legge comunitaria 2007Si ricorda che l’articolo 25 della legge 25 febbraio 2008, n. 34[367] ha previsto di completare il recepimento delle direttive 2001/65/CE[368] e 2003/51/CE[369]. Con l’applicazione della normativa comunitaria in oggetto, si verificherà il graduale adattamento delle regole contabili nazionali ai principi contabili internazionali (IAS: international accounting standards). Tra l’altro, diverrà obbligatorio indicare annualmente nei bilanci societari – per la precisione nello stato patrimoniale – le perdite prodotte dagli strumenti finanziari derivati stipulati dalle società, applicando, per quanto riguarda i criteri di valutazione, il valore di mercato (c.d. fair value). |
La disciplina dei mercati finanziari
Nel corso della XV Legislatura, è stato emanato il D.Lgs. 17 settembre 2007, n. 164[370], finalizzato a recepire nell’ordinamento nazionale la direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004 (c.d. direttiva MiFID – Market in Financial Instruments Directive).
Con tale decreto, si è esercitata la delega contenuta nell’articolo 1 della legge 20 giugno 2007, n. 77[371].
Infatti, quest’ultima disposizione delegava il Governo ad adottare – entro il termine del 30 settembre 2007 – il decreto legislativo di attuazione della direttiva MiFID, conformandosi ai principi e criteri direttivi fissati negli articoli 2 e 9-bis della legge n. 62 del 2005[372].
Va ricordato che l’articolo 2 della direttiva 2006/31/CE[373] ha imposto agli Stati membri di applicare le norme della MiFID a partire dal 1° novembre 2007.
La direttiva MiFID interviene sul mercato degli strumenti finanziari, recando modificazioni alle direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e alla direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e abrogando la direttiva 93/22/CEE del Consiglio.
Le norme contenute nella direttiva 2004/39/CE costituiscono un passo importante verso la costruzione di un mercato azionario europeo integrato: le imprese d’investimento godranno effettivamente di un “passaporto unico” e gli investitori beneficeranno del medesimo livello di protezione in qualsiasi sistema europeo d’intermediazione mobiliare.
Inoltre, la direttiva 2004/39/CE cerca di stabilire per la prima volta un quadro regolamentare completo che disciplini l’esecuzione delle transazioni degli investitori da parte dei mercati regolamentati, dei sistemi di negoziazione alternativi e degli intermediari (imprese di investimento) che operano in qualità di internalizzatori.
La direttiva c.d. MiFID si colloca nell’ambito della c.d. “procedura Lamfalussy”: pertanto, conformemente a tale procedura, il sistema della direttiva si compone – oltre che del testo di primo livello (la direttiva 2004/39/CE) - anche di una direttiva di secondo livello (direttiva 2006/73/CE) e di un regolamento comunitario (regolamento 1287/2006/CE).
Le principali innovazioni previste dalla direttiva 2004/39/CE riguardano tre diverse aree:
1) l’ambito di applicabilità della normativa;
2) la disciplina dell’offerta di servizi di negoziazione;
3) il regime di trasparenza delle condizioni di mercato.
In relazione all’applicabilità della normativa, la direttiva estende la portata della regolamentazione, espandendo sia l’elenco dei servizi finanziari soggetti (con l’inclusione dell’attività di consulenza agli investimenti, ma mantenendo alla ricerca e all’analisi finanziaria la qualifica di servizi accessori), sia l’elenco degli strumenti finanziari che sono oggetto della prestazione di servizi di investimento (includendovi anche strumenti derivati su merci e su crediti liquidati per cassa).
Per quanto attiene alla disciplina dell’offerta di servizi di negoziazione, si segnala l’abbandono del principio della concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati, a favore della creazione di un sistema fortemente concorrenziale tra sedi di negoziazione alternative: pertanto, si introduce la distinzione tra mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione (Multilateral Trading Facilities – MTFs) e intermediari autorizzati, eventualmente operanti in qualità di “internalizzatori sistematici”.
Le definizioni dei tre istituti sono le seguenti:
a) il mercato regolamentato è un “sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l’incontro - al suo interno e in base alle sue regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente”;
b) il sistema multilaterale di negoziazione è un “sistema multilaterale gestito da un’impresa di investimento o da un gestore del mercato che consente l’incontro - al suo interno e in base a regole non discrezionali - di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti”;
c) l’internalizzatore sistematicoè “un’impresa di investimento che in modo organizzato, frequente e sistematico negozia per conto proprio eseguendo gli ordini del cliente al di fuori di un mercato regolamentato o di un sistema multilaterale di negoziazione”[374].
Per quanto riguarda i requisiti di trasparenza, essi sono trattati negli articoli 27-30 e 44-45 della direttiva.
Gli articoli 27 e 28 sono dedicati agli obblighi di trasparenza degli internalizzatori sistematici. Questi, quando negoziano quantitativi inferiori alla dimensione ordinaria del mercato, sono tenuti a pubblicare quotazioni irrevocabili per le azioni ammesse alla negoziazione nei mercati regolamentati per le quali esiste un mercato liquido.
Per quanto riguarda la trasparenza post-negoziazione (articolo 28) gli internalizzatori devono rendere pubblici il volume e il prezzo delle operazioni svolte e il momento nel quale sono state concluse.
Gli articoli 29 e 30 disciplinano gli obblighi di trasparenza ex ante ed ex post dei sistemi multilaterali di negoziazione. Questi (o meglio le imprese di investimento e i gestori di mercato che li gestiscono) devono rendere pubblici i prezzi correnti di acquisto e di vendita e lo spessore del mercato a tali prezzi tramite i loro sistemi, se relativi ad azioni quotate in un mercato regolamentato, a condizioni commerciali ragionevoli e in modo continuo durante il normale orario di contrattazione. Essi possono essere esentati da tale obbligo se le operazioni riguardano volumi elevati rispetto alle dimensioni normali del mercato. Per quanto riguarda l’informativa ex post, i sistemi multilaterali di negoziazione devono rendere pubblici il prezzo, il volume e il momento di esecuzione delle operazioni concluse su azioni quotate in un mercato regolamentato, a condizioni commerciali ragionevoli e, per quanto possibile, in tempo reale. Questo requisito non si applica alle negoziazioni eseguite in un sistema multilaterale di negoziazione le cui informazioni siano rese pubbliche nell’ambito dei sistemi di un mercato regolamentato. La pubblicazione può essere differita in base al tipo o alle dimensioni delle operazioni, in particolare quando le operazioni riguardano volumi che sono elevati se raffrontati alle dimensioni normali del mercato.
Gli articoli 44 e 45 disciplinano gli obblighi di trasparenza ex ante ed ex post dei mercati regolamentati. Questi devono rendere pubblici i prezzi correnti di acquisto e di vendita e la profondità del mercato a tali prezzi, a condizioni commerciali ragionevoli e in modo continuo durante il normale orario di contrattazione. Per quanto riguarda la trasparenza ex post, i mercati regolamentati devono rendere pubblici il prezzo, il volume e la data di esecuzione delle operazioni concluse riguardanti le azioni ammesse alla negoziazione, a condizioni commerciali ragionevoli e, per quanto possibile, in tempo reale. I mercati regolamentati possono essere autorizzati a differire la pubblicazione dei dettagli delle operazioni in base al loro tipo o alle loro dimensioni. In particolare, l'autorità competente può autorizzare a differire la pubblicazione quando le operazioni sono di dimensioni elevate se raffrontate alle dimensioni delle operazioni, normalmente negoziate sul mercato, aventi ad oggetto le stesse azioni o categorie di azioni.
Altresì, appaiono di particolare rilevanza le disposizioni relative alla classificazione della clientela. Sul punto, la direttiva individua tre tipologie di clientela cui riconosce gradi di protezione diversificati:
1. i clienti al dettaglio (retail), che sono protetti da tutte le regole di comportamento previste dalla direttiva (test di adeguatezza e appropriatezza[375], best execution, obblighi in materia di gestione degli ordini dei clienti, doveri di informazione nei confronti dei clienti);
2. i clienti professionali, che beneficiano di standard di protezione comunque elevati (attenuati principalmente per quanto riguarda i flussi informativi dall’impresa e alcune presunzioni circa la loro esperienza finanziaria nei test di adeguatezza e appropriatezza);
3. le controparti qualificate, a cui non si applica la maggior parte delle regole di comportamento (solo nella prestazione dei servizi di ricezione trasmissione ed esecuzione di ordini e di negoziazione per conto proprio). Un cliente classificato come controparte qualificata o cliente professionale ha comunque il diritto di richiedere all’impresa il trattamento più protetto da cliente al dettaglio.
Secondo la bozza del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze attuativo del nuovo articolo 6, comma 2-sexies, del D.Lgs. n. 58 del 1998 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria-TUF)[376], soltanto le Regioni potranno essere automaticamente considerate dagli intermediari come “clienti professionali”.
Per gli altri enti pubblici (per es. i Comuni e le Province), gli intermediari finanziari italiani – ma anche quelli esteri operanti in Italia – dovranno, prima di proporre prodotti finanziari altamente rischiosi, verificare l’esistenza dei seguenti requisiti:
1. entrate risultanti dall’ultimo bilancio approvato superiori a quaranta milioni di euro;
2. aver effettuato operazioni finanziarie di valore nominale o nozionale complessivo superiore a cento milioni di euro nel corso dell’anno precendente la stipulazione del contratto;
3. presenza in organico di personale qualificato addetto alla gestione finanziaria dell’ente.
Gli intermediari dovranno inoltre effettuare una valutazione adeguata delle competenza, dell’esperienza e delle conoscenze del responsabile della gestione finanziaria presso l’ente[377].
Al fine di permettere l’applicazione delle norme del D.Lgs. n. 164 del 2007 (recante il recepimento della direttiva MiFID), sono stati adottati due provvedimenti della Consob:
- il Regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari(adottato dalla Consob con delibera n. 16.190 del 29 ottobre 2007)[378];
- il Regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di mercati (adottato dalla Consob con delibera n. 16.191 del 29 ottobre 2007)[379].
Altresì, la Consob e la Banca d’Italia hanno adottato congiuntamente il Provvedimento 29 ottobre 2007 recante Regolamento in materia di organizzazione e procedure degli intermediari che prestano servizi di investimento o di gestione collettiva del risparmio.
Da ultimo, va segnalato che l’articolo 37 del decreto-legge n. 248 del 2007[380] ha abrogato la tassa sui contratti di borsa, istituita dal regio decreto n. 3278 del 1923[381] (vedi capitolo Le altre imposte indirette e le tasse, pag. 69).
La soppressione della tassa era stata sollecitata dalle associazioni di categoria degli intermediari mobiliari nelle varie sedi competenti durante la fase di recepimento della direttiva 2004/39/CE.
Le predette associazioni avevano invitato il Legislatore a tenere conto delle asimmetrie causate dalla variabile fiscale di cui alla menzionata tassa che, ove non rimossa, avrebbe compromesso l’eliminazione dell’obbligo di concentrazione degli scambi sui mercati regolamentati, che costituisce uno dei principali obiettivi della direttiva stessa.
Il regime della tassazione dei contratti di borsa, introdotto dal regio decreto n. 3278 del 1923, era stato modificato con il D.Lgs. n. 435 del 1997[382], al fine di disincentivare la conclusione di contratti di borsa “fuori mercato”, ovverosia al di fuori di sistemi in grado di garantire la trasparenza delle negoziazioni e, di conseguenza, la tutela dell’investitore.
Tuttavia, tale regime non appare oggi più giustificato in ragione degli obblighi di trasparenza pre e post-negoziazione e, soprattutto, di best execution introdotti dalla direttiva MiFID, volti appunto a incrementare il livello di efficienza del processo di formazione dei prezzi in relazione alle transazioni realizzate “fuori borsa”, anche aventi ad oggetto strumenti non ammessi a negoziazione su un mercato regolamentato.
Tale regime - secondo le associazioni di categoria - non appariva neanche conforme al disposto e allo spirito della direttiva stessa, in quanto bisogna innanzitutto considerare come la MiFID abbia abolito la facoltà, sino ad ora prevista in capo agli Stati membri, di imporre la c.d. “concentrazione di borsa”. Si ritiene che tale ultima circostanza renda pertanto contraria alla direttiva qualsiasi norma volta comunque a incentivare surrettiziamente l’esecuzione delle negoziazioni sui mercati regolamentati, esponendo, peraltro, l’Italia al rischio di contenzioso innanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee.
Per altro verso, obiettivo primario della direttiva è proprio quello di garantire pari condizioni concorrenziali tra le varie possibili sedi di esecuzione degli ordini, siano esse mercati regolamentati, sistemi multilaterali di negoziazione, internalizzatori sistematici ovvero altri intermediari autorizzati ad eseguire in proprio gli ordini della clientela.
L’abrogazione della tassa sui contratti di borsa si è resa necessaria, considerato che sarebbero venuti meno, alla luce dell’attuazione della direttiva MiFID, i presupposti di tassazione/esenzione che legittimavano la discriminazione tra investimenti in titoli quotati e quelli in titoli non quotati, nonché le transazioni effettuate su mercati regolamenti e quelle effettuate al di fuori di tali mercati, risultando invece essenziale porre i vari sistemi di negoziazioni su un piano di equità fiscale, al fine di evitare che la scelta tra le varie sedi di esecuzione degli ordini della clientela fosse determinata da una variabile fiscale, anziché da considerazioni di efficienza, vanificando in tal modo i presupposti stessi della direttiva MiFID.
La disciplina dei mercati finanziari
Il D.Lgs. 28 marzo 2007, n. 51[383] ha recepito nell’ordinamento interno la direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari[384].
Il prospetto informativo è un documento di pubblicità che deve essere obbligatoriamente redatto e pubblicato dall’emittente che intenda svolgere attività di offerta al pubblico di prodotti finanziari.
Il prospetto deve contenere le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dei prodotti finanziari oggetto di offerta e delle caratteristiche dell’emittente, sono ritenuti necessari affinché gli investitori possano formulare un giudizio fondato sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sull’evoluzione dell’attività dell’emittente, nonché sui prodotti finanziari e sui diritti ad essi connessi.
Il contenuto di tale documento è dettagliatamente indicato nel Regolamento Consob n. 11.971 del 1999, concernente la disciplina degli emittenti, attuativo del TUF.
Il prospetto di quotazione è invece un documento di pubblicità redatto dall’emittente che ha richiesto la quotazione in borsa dei propri strumenti finanziari: esso deve essere approvato dalla Consob e pubblicato prima della data stabilita per l’avvio delle negoziazioni.
Il contenuto della direttiva 2003/71/CELa direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003 riguarda il prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari e modifica la direttiva 2001/34/CE. A sua volta la direttiva 2001/34/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 28 maggio 2001, riguardante l’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e l’informazione da pubblicare su detti valori, ha provveduto alla codificazione della regolamentazione comunitaria relativa all’ammissione di valori mobiliari alla quotazione ufficiale e all’informazione da pubblicare su detti valori. La direttiva 2003/71/CE sul prospetto mira a completare la codificazione intrapresa dalla direttiva 2001/34/CE. Essa è altresì volta a migliorare la direttiva 89/289/CEE, la quale prevede un sistema parziale e complesso di mutuo riconoscimento del prospetto che non consente di raggiungere l’obiettivo del passaporto unico. A tal fine la nuova direttiva sul prospetto abroga la direttiva 89/298/CEE a decorrere dal 30 giugno 2004. Tale direttiva è altresì uno degli elementi chiave del Piano d’azione per i servizi finanziari, che dovrebbe incoraggiare la creazione di un mercato integrato di tali servizi. Si tratta di una delle prime due proposte elaborate secondo il metodo Lamfalussy, che consiste nel distinguere i principi quadro dai dettagli tecnici di esecuzione. Il Comitato europeo delle autorità di regolamentazione dei valori mobiliari (CESR) ha pertanto adottato l’11 settembre 2001 un programma di lavoro che comprende in particolare la preparazione di misure tecniche di esecuzione di tale progetto. La direttiva 2003/71/CE, composta di 33 articoli, prevede nuove regole che consentono alle società di raccogliere capitali più facilmente e a minor costo in tutta l’Unione europea sulla base dell’avallo dato dall’autorità regolamentare di un unico Stato membro (“autorità competente dello Stato membro di origine”). Essa rafforza la protezione offerta agli investitori garantendo che tutti i prospetti, ovunque siano emessi nell’Unione europea, forniscano loro l’informazione chiara e completa di cui necessitano per prendere le loro decisioni. In questo caso, il prospetto è un documento di pubblicità contenente importanti dati finanziari e non finanziari, che una società mette a disposizione dei potenziali investitori quando emette valori mobiliari (azioni, obbligazioni, strumenti derivati, etc.) per raccogliere capitali o quando vuole far ammettere i suoi valori mobiliari alla negoziazione in un mercato regolamentato. Esso costituisce un “passaporto unico” per l’emissione di valori mobiliari nell’insieme degli Stati membri. Pertanto, scopo della direttiva 2003/71/CE è armonizzare i requisiti relativi alla redazione, all’approvazione e alla diffusione del prospetto da pubblicare per l’offerta di strumenti finanziari al pubblico o la loro ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato che ha sede o opera in uno Stato membro. Essa rafforza la protezione offerta agli investitori garantendo che tutti i prospetti, ovunque siano emessi nell’Unione europea, forniscano loro l’informazione chiara e completa di cui necessitano per prendere le loro decisioni. Sulla base della delega di poteri esecutivi contenuta in alcune delle disposizioni della direttiva 2003/71/CE, nell’ambito del metodo di comitatologia c.d. Lamfalussy, il 29 aprile 2004 la Commissione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 809/2004, recante misure di attuazione della direttiva in questione per quanto riguarda le informazioni contenute nei prospetti, il modello e la pubblicazione dei prospetti stessi, l'inclusione delle informazioni mediante riferimento e la diffusione di messaggi pubblicitari. Il regolamento n. 809/2004/CE precisa le modalità di esecuzione della direttiva 2003/71/CE per quanto riguarda sia il modello del prospetto, sia i documenti relativi alle informazionirichieste che lo compongono. Il regolamento è applicabile dal 1° luglio 2005 (termine prescritto per il recepimento della direttiva 2003/71/CE da parte degli Stati membri). |
Il D.Lgs. n. 51 del 2007 – al fine di recepire la direttiva 2003/71/CE – ha apportato varie modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF), individuando nella Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) l’autorità nazionale competente in materia di obbligo pubblicazione del prospetto.
Tra le varie innovazioni, l’articolo 2 del D.Lgs. n. 51 del 2007 haeliminato dal TUF la nozione di sollecitazione all’investimento, sostituendola con quella di offerta al pubblico di prodotti finanziari.
Con tale espressione, si intende “ogni comunicazione rivolta a persone, in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo, che presenti sufficienti informazioni sulle condizioni dell’offerta e dei prodotti finanziari[385] offerti così da mettere un investitore in grado di decidere di acquistare o di sottoscrivere tali prodotti finanziari, incluso il collocamento tramite soggetti abilitati” (art. 1, co. 1, lett. t), TUF).
Più nel dettaglio, il D.Lgs. n. 51 del 2007 ha riorganizzato la disciplina relativa all’appello al pubblico risparmio, articolandola nelle seguenti fattispecie:
1) offerta al pubblico di sottoscrizione e di vendita, riferita a strumenti finanziari comunitari[386] e ad altri prodotti finanziari, ovvero a quote o ad azioni di organismi d’investimento collettivo del risparmio;
2) offerta pubblica di acquisto o di scambio (per la quale cfr. la scheda di approfondimento sulle OPA e OPSc).
Nel dettaglio, gli articoli da 94 a 98-bis del TUF disciplinano l’offerta al pubblico di strumenti finanziari comunitari e di prodotti finanziari diversi dalle quote o azioni di OICR aperti[387].
Il nuovo articolo 94 del TUF stabilisce obblighi e principi relativi al prospetto d’offerta.
Il prospetto, per poter essere pubblicato, deve essere esplicitamente approvato dalla Consob (il prospetto non può essere, infatti, pubblicato in mancanza di approvazione). A quest’obbligo sono soggette le offerte al pubblico aventi ad oggetto sia gli strumenti finanziari comunitari, sia gli altri prodotti finanziari da questi diversi (salva la speciale disciplina prevista per le quote o azioni di OICR aperti).
Con riferimento al contenuto del prospetto, esso deve contenere, in una forma facilmente analizzabile e comprensibile, tutte le informazioni che, a seconda delle caratteristiche dell’emittente e dei prodotti finanziari offerti, sono necessarie affinché gli investitori possano pervenire ad un fondato giudizio sulla situazione patrimoniale e finanziaria, sui risultati economici e sulle prospettive dell’emittente e degli eventuali garanti, nonché sui prodotti finanziari e sui relativi diritti. Il prospetto contiene, altresì, una nota di sintesi recante i rischi e le caratteristiche essenziali dell’offerta.
Se è necessario per la tutela degli investitori, la Consob può esigere che l’emittente o l’offerente includa nel prospetto informazioni supplementari.
Qualunque fatto nuovo significativo, errore materiale o imprecisione relativi alle informazioni contenute nel prospetto che sia atto ad influire sulla valutazione dei prodotti finanziari e che sopravvenga o sia rilevato tra il momento in cui è approvato il prospetto e quello in cui è definitivamente chiusa l’offerta al pubblico deve essere menzionato in un supplemento del prospetto.
Si stabilisce che l’emittente, l’offerente e l’eventuale garante, a seconda dei casi, nonché le persone responsabili delle informazioni contenute nel prospetto rispondono, ciascuno in relazione alle parti di propria competenza, dei danni subiti dall’investitore che abbia fatto ragionevole affidamento sulla veridicità e completezza delle informazioni contenute nel prospetto, a meno che non provi di aver adottato ogni diligenza allo scopo di assicurare che le informazioni in questione fossero conformi ai fatti e non presentassero omissioni tali da alterarne il senso.
Altresì, la responsabilità per informazioni false o per omissioni idonee ad influenzare le decisioni di un investitore ragionevole grava sull’intermediario responsabile del collocamento, a meno che non provi di aver adottato la diligenza prevista dal comma precedente.
Le azioni risarcitorie devono essere esercitate entro cinque anni dalla pubblicazione del prospetto, salvo che l’investitore provi di avere scoperto le falsità delle informazioni o le omissioni nei due anni precedenti l’esercizio dell’azione.
Il nuovo articolo 94-bis del TUF disciplina la procedura di approvazione del prospetto. La norma prevede che la Consob verifichi la completezza del prospetto e la coerenza e la comprensibilità delle informazioni fornite.
Inoltre, si prevede che la medesima Consob approvi il prospetto nei termini da essa stabiliti con regolamento[388]; in ogni caso, la mancata decisione entro il termine previsto non costituisce approvazione del prospetto (viene quindi esclusa l’applicabilità dell’istituto del silenzio-assenso).
Per l’approvazione del prospetto avente ad oggetto titoli di debito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato, allo scopo di garantire l’efficienza del procedimento, la Consob stipula accordi di collaborazione con la Banca d’Italia.
L’articolo 98 del TUF, nella nuova formulazione, disciplina la validità comunitaria del prospetto: esso sancisce l’automatica validità dei prospetti per l’offerta degli strumenti finanziari comunitari negli altri Stati membri, prescrivendo a questo fine alla Consob di eseguire la notifica prevista dalle disposizioni comunitarie.
Inoltre, è autorizzata la pubblicazione in Italia dei prospetti e degli eventuali supplementi approvati dallo Stato membro d’origine[389], nei casi in cui l’offerta di strumenti finanziari avvenga in Italia quale Stato membro ospitante[390]. In questo caso, la CONSOB può informare l’autorità competente dello Stato membro d’origine circa la necessità di fornire nuove informazioni mediante supplemento al prospetto.
Il nuovo articolo 98-bis del TUF disciplina l’approvazione del prospetto per offerte riferite a prodotti finanziari emessi da emittenti aventi sede in Stati extracomunitari, quando l’Italia risulti essere lo Stato di origine alla stregua della normativa comunitaria. In tal caso, la Consob è facoltizzata ad approvare il prospetto redatto secondo la legislazione dello Stato extracomunitario di residenza dell’emittente, a condizione che il prospetto sia redatto conformemente a criteri internazionali definiti dagli organismi internazionali delle commissioni di vigilanza dei mercati – compresi i disclosure standards della IOSCO – e che le informazioni richieste da quella legislazione, incluse quelle finanziarie, siano equivalenti a quelle prescritte dalle normative comunitarie.
La IOSCO (International Organization of Securities Commissions) è l’organizzazione internazionale delle autorità di vigilanza sui mercati finanziari, di cui fa parte la Consob; nell’ambito della IOSCO sono stati adottati i disclosure standards, costituenti le linee guida per la redazione dei prospetti dei prodotti finanziari, che sono stati utilizzati anche dalle autorità comunitarie per la redazione della direttiva 2003/71/CE.
Il D.Lgs. n. 51 del 2007 ha introdotto, altresì, una distinta disciplina per le offerte al pubblico aventi ad oggetto quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) aperti (artt. da 98-ter a 98-quinquies TUF).
Pertanto, è attualmente previsto che coloro che intendono effettuare un’offerta di quote di fondi aperti o azioni di società di investimento a capitale variabile (SICAV)[391] ne diano preventiva comunicazione alla Consob, allegando il prospetto completo e il prospetto semplificato destinati alla pubblicazione.
I prospetti contengono le informazioni che, a seconda delle caratteristiche del prodotto e dell’emittente, sono necessarie, affinché gli investitori possano pervenire a un fondato giudizio sull’investimento proposto, sui diritti ad esso connessi e sui relativi rischi. Le informazioni contenute nei prospetti devono essere riportate in una forma chiara, facilmente comprensibile e analizzabile.
Il D.Lgs. n. 51 del 2007 è intervenuto anche sulla disciplina della vigilanza esercitata dalla Consob, estendendo i poteri interdittivi dell’autorità e diversificando le forme in cui possono venire esercitati (nuovi artt. 99-100 TUF).
Il D.Lgs. n. 51 ha introdotto, infine, una nuova disciplina sulle modalità ed i contenuti della pubblicità finanziaria (nuovo art. 101 TUF).
Il D.Lgs 6 novembre 2007, n. 195[392] ha recepito nell’ordinamento italiano la direttiva 2004/109/CE (c.d. direttiva transparency), in attuazione di una delega legislativa contenuta nella legge comunitaria 2005[393].
La direttiva 2004/109/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, promuove l’integrazione dei mercati finanziari europei facilitando l’accesso all’informazione finanziaria, sia tramite l’informazione periodica (costituita dalle relazioni finanziarie annuali, semestrali e trimestrali), che tramite l’informazione continuativa (in particolare per quanto riguarda la comunicazione delle partecipazioni rilevanti). A questi strumenti si affiancano gli obblighi relativi alle modalità di comunicazione dell’informazione regolamentata al momento della sua produzione (c.d. dissemination).
La direttiva 2004/109/CE, che stabilisce obblighi riguardanti soltanto gli emittenti i cui valori mobiliari siano già ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato membro, sostanzialmente disciplina:
- la tempistica ed il contenuto dell’informativa periodica a cui sono sottoposti gli emittenti quotati;
- gli obblighi di trasparenza per gli azionisti rilevanti (comunicazione acquisto partecipazioni e diritti di voto rilevanti);
- le modalità con cui devono essere diffuse le informazioni societarie;
- le modalità di archiviazione delle informazioni stesse.
Il D.Lgs. in commento ha introdotto, a tal fine, numerosemodifiche alTesto unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF)[394]. Si tratta di modifiche necessarie ad adeguare le norme vigenti agli obblighi informativi che la direttiva 2004/109/CE prevede per i soggetti emittenti valori mobiliari[395] e per i loro azionisti.
Con l’inserimento nell’art. 1, co. 1, del TUF della lettera w-quater), vengono definiti gli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro di origine.
Si tratta dei seguenti soggetti:
1) gli emittenti azioni ammesse alle negoziazioni in mercati regolamentati italiani o di altro Stato membro della Comunità europea, aventi sede in Italia;
2) gli emittenti titoli di debito di valore nominale unitario inferiore ad euro mille, o valore corrispondente in valuta diversa, ammessi alle negoziazioni in mercati regolamentati italiani o di altro Stato membro della Comunità europea, aventi sede in Italia;
3) gli emittenti valori mobiliari di cui ai numeri 1) e 2), aventi sede in uno Stato non appartenente alla Comunità europea, per i quali la prima domanda di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato della Comunità europea è stata presentata in Italia o che hanno successivamente scelto l'Italia come Stato membro d’origine quando tale prima domanda di ammissione non è stata effettuata in base a una propria scelta;
4) gli emittenti valori mobiliari diversi da quelli di cui ai numeri 1) e 2), aventi sede in Italia o i cui valori mobiliari sono ammessi alle negoziazioni in un mercato regolamentato italiano, che hanno scelto l'Italia come Stato membro d’origine. L’emittente può scegliere un solo Stato membro come Stato membro d’origine. La scelta resta valida per almeno tre anni, salvo il caso in cui i valori mobiliari dell’emittente non sono più ammessi alla negoziazione in alcun mercato regolamentato della Comunità europea.
Il nuovo comma 2 dell’articolo 92 TUF prevede che tutti gli emittenti ai quali si applica la direttiva, comprendenti quindi quelli che abbiano l’Italia come stato membro d’origine, debbano garantire a tutti i portatori degli strumenti finanziari quotati gli strumenti le informazioni necessarie per l’esercizio dei loro diritti.
Il nuovo articolo 113-ter TUF reca norme generali in materia di informazioni regolamentate: si prevede l’obbligo di deposito delle informazioni regolamentate presso la Consob e presso la società di gestione del mercato[396] al quale l’emittente ha richiesto o che ha approvato l’ammissione alla negoziazione dei propri valori mobiliari o di quote di fondi chiusi.
Viene modificato l’articolo 120 del TUF, che disciplina gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti.
A seguito della modifica, coloro che partecipano in un emittente azioni quotate avente l’Italia come Stato membro d’origine in misura superiore al due per cento del capitale, sono tenuti a darne comunicazione alla società partecipata e alla Consob; analogamente, gli emittenti azioni quotate aventi l’Italia come Stato membro d’origine, che partecipano in misura superiore al dieci per cento del capitale in una società per azioni non quotate o in una società a responsabilità limitata, anche estere, ne danno comunicazione alla società partecipata e alla Consob.
Vengono ampliati i poteri di controllo e attestazione del dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari (nuovo art. 154-bis TUF).
E’ introdotto nel TUF l’articolo 154-ter, che disciplina il contenuto e i termini di pubblicazione della relazione finanziaria annuale e semestrale, della relazione intermedia sulla gestione (relativa al primo semestre di esercizio) e del resoconto intermedio sulla gestione (relativo al primo e al terzo trimestre di esercizio).
Il comma 1 del nuovo articolo 154-ter stabilisce che gli emittenti quotati aventi l’Italia come stato membro di origine devono approvare il bilancio di esercizio entro centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio. Entro lo stesso termine gli emittenti devono pubblicare la relazione finanziaria annuale che comprende:
- il bilancio di esercizio,
- il bilancio consolidato, se redatto,
- la relazione sulla gestione,
- l’attestazione del dirigente proposto alla redazione dei documenti contabili.
Il comma 2 del nuovo articolo 154-ter del TUF disciplina la relazione finanziaria semestrale. Tale relazione, che deve essere pubblicata dagli emittenti quotati aventi l’Italia come Stato membro d’origine entro sessanta giorni dalla chiusura del primo semestre dell’esercizio, comprende:
- il bilancio semestrale abbreviato.
Il successivo comma 3 dell’articolo 154-ter prevede che il bilancio semestrale abbreviato debba essere redatto in conformità ai principi contabili internazionali, di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del 19 luglio 2002:
- la relazione intermedia sulla gestione.
Il successivo comma 4 dell’articolo 154-ter disciplina il contenuto della relazione intermedia sulla gestione. La relazione deve contenere quanto meno riferimenti agli eventi importanti che si sono verificati nei primi sei mesi dell’esercizio e alla loro incidenza sul bilancio semestrale abbreviato. La relazione contiene poi una descrizione dei principali rischi e incertezze per i sei mesi restanti dell'esercizio. Gli emittenti azioni quotate aventi l’Italia come Stato membro d’origine devono inoltre inserire nella propria relazione informazioni sulle operazioni rilevanti con parti correlate:
- l’attestazione del dirigente proposto alla redazione dei documenti contabili.
Per effetto dell’entrata in vigore del nuovo art. 154-ter, co. 2, TUF, è stata disposta l’abrogazione dell’art. 2428, co. 4, cod. civ., che disciplinava la relazione semestrale sull’andamento della gestione delle società con azioni quotate in mercati regolamentati.
Il comma 5 del nuovo articolo 154-ter del TUF pone a carico degli emittenti azioni quotate aventi l’Italia come Stato membro d’origine l’obbligo di pubblicare un resoconto intermedio di gestioneentro quarantacinque giorni dalla chiusura del primo e del terzo trimestre di esercizio. Il resoconto deve contenere:
- una descrizione generale della situazione patrimoniale e dell’andamento economico dell’emittente e delle sue imprese controllate nel periodo di riferimento;
- un’illustrazione degli eventi rilevanti e delle operazioni che hanno avuto luogo nel periodo di riferimento e la loro incidenza sulla situazione patrimoniale dell’emittente e delle sue imprese controllate.
La disciplina dei mercati finanziari
Per quanto attiene alla normativa in materia di offerta pubblica di acquisto (OPA), nel corso della XV Legislatura è stato emanato il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 229[397], con il quale si è recepita nell’ordinamento italiano la Direttiva comunitaria 2004/25/CE[398].
Il contenuto della Direttiva 2004/25/CEIn generale, la Direttiva 2004/25/CE stabilisce misure di coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative, dei codici di condotta e degli altri regimi degli Stati membri, ivi compresi quelli stabiliti da organismi ufficialmente preposti alla regolamentazione dei mercati, riguardanti le offerte pubbliche di acquisto di titoli di una società di diritto di uno Stato membro, quando una parte o la totalità di detti titoli sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato ai sensi della direttiva 93/22/CEE del Consiglio, in uno o più Stati membri (articolo 1). Al legislatore comunitario è apparso infatti necessario, conformemente all'articolo 44, paragrafo 2, lettera g), del Trattato CE, coordinare, al fine di renderle equivalenti in tutta la Comunità, talune garanzie che gli Stati membri esigono dalle società disciplinate dalle leggi di uno Stato membro ed i cui titoli sono ammessi alla negoziazione su un mercato regolamentato di uno Stato membro, per proteggere gli interessi tanto dei soci come dei terzi (considerando n. 1). La direttiva evidenzia in questo senso (considerando n. 3) la necessità di creare un contesto chiaro e trasparente a livello comunitario per quanto riguarda i problemi giuridici da risolvere nel caso di offerte pubbliche di acquisto e prevenire distorsioni nei processi di ristrutturazione societaria a livello comunitario causate da diversità arbitrarie nelle culture di regolamentazione e di gestione. Gli Stati membri dovrebbero adottare quindi (considerando n. 9) le misure necessarie per tutelare i possessori di titoli, in particolare quelli con partecipazioni di minoranza, quando è stato acquisito il controllo delle loro società. Al fine di evitare poi atti od operazioni che possano contrastare il conseguimento degli obiettivi dell’offerta, si ritiene necessario limitare i poteri dell’organo di amministrazione della società emittente in ordine al compimento di atti od operazioni di carattere straordinario, senza ostacolare indebitamente tale società nella sua attività normale (considerando n. 16). Nel dettaglio, le prescrizioni più rilevanti della direttiva sono le seguenti. Con riguardo all’OPA obbligatoria, la direttiva prescrive agli Stati membri di imporre, in sede di offerta, a tutti gli azionisti un prezzo uguale a quello più alto pagato dall'offerente in un periodo compreso tra i sei e i dodici mesi antecedente la data dell’offerta stessa. Per quanto riguarda, invece, la soglia, la direttiva lascia libertà agli Stati membri di stabilire quella che ritengono opportuna. Con riguardo alla passivity rule, la direttiva comunitaria consente ai singoli Stati membri di prevederla in via opzionale, ferma restando, però, la facoltà per le singole aziende di prevedere in statuto l’obbligo della passivity rule. Per quanto concerne la regola di neutralizzazione e la cosiddetta breakthrough rule, quale regola che prevede che, a fronte di un’OPA di successo che ecceda in termini di adesioni il 75 per cento del capitale, vengano automaticamente meno le barriere di tipo difensivo che possono esistere nello statuto di una società (tipicamente azioni a voto plurimo), la direttiva l’ha prevista, lasciando ai singoli Stati membri la decisione di avvalersene obbligatoriamente, oppure in via facoltativa, salva sempre la facoltà per le singole aziende di prevedere obbligatoriamente la breakthrough rule nel loro statuto qualora nell’ordinamento del loro paese non sia obbligatoria. Con riguardo alla clausola cosiddetta di squeeze out, che sostanzialmente consente ad un compratore che acquisisce una parte preponderante del capitale di un'azienda di acquisire, di diritto, le azioni residue, in modo tale da arrivare al 100 per cento del capitale, la direttiva impone che lo squeeze out debba scattare, in termini di soglia, tra il 90 e il 95 per cento del possesso azionario. Per quanto concerne il cosiddetto il sell out, ossia il diritto per i soci di minoranza di una società partecipata da un socio in misura preponderante di vendere le poche azioni che sono rimaste in loro possesso, la direttiva prevede che lo si possa fare e che il prezzo venga stabilito con delle procedure che ne assicurino la trasparenza e la correttezza. La soglia al di sopra della quale scatta l’obbligo per il soggetto di controllo di comprare le azioni offerte dagli azionisti di minoranza è il 95 per cento. Con riguardo alla reciprocità, la direttiva prevede che laddove le società siano vincolate alla passivity rule o alla breakthrough rule, possano invocare il principio di reciprocità qualora ricevano offerte da parte di società che non abbiano gli stessi vincoli e che quindi, per effetto del loro ordinamento o per effetto del loro statuto, non siano obbligatoriamente nelle condizioni di applicare la passivity rule oppure la breakthrough rule. Nel caso in cui una società dovesse invocare la reciprocità per motivi di cui sopra, questa società potrà adottare le misure difensive stabilite dalla sua assemblea di azionisti nei diciotto mesi precedenti. |
Il D.Lgs. n. 229 del 2007 ha recepito la Direttiva 2004/25/CE, apportando una serie di modifiche al Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (c.d. TUF)[399].
Limitandosi alle innovazioni più significative, si è modificato l’articolo 1, comma 1, lettera v), del TUF, recante la definizione di offerta pubblica di acquisto (OPA) e di offerta pubblica di scambio (OPSc).
Pertanto, per OPA e OPSc si intende attualmente “ogni offerta, invito a offrire o messaggio promozionale, in qualsiasi forma effettuati, finalizzati all’acquisto o allo scambio di prodotti finanziari e rivolti a un numero di soggetti e di ammontare complessivo superiori a quelli indicati nel regolamento previsto dall’articolo 100, comma 1, lettere b) e c)[400]; non costituisce offerta pubblica di acquisto o di scambio quella avente a oggetto titoli emessi dalle banche centrali degli Stati comunitari”.
Vengono considerate come società italiane quotate “le società con sede legale nel territorio italiano e con titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato di uno Stato comunitario” (art. 101-bis, comma 1, TUF).
Il potere di vigilare sulle OPA e sulle OPSc viene attribuito alla Consob (art. 101-ter TUF).
Si prevede (articolo 102, commi 3-4, TUF) che l’offerente debba promuovere l’offerta tempestivamente, e comunque non oltre venti giorni dalla comunicazione alla Consob, presentando alla Consob medesima il documento d’offerta destinato alla pubblicazione. In caso di mancato rispetto del termine, il documento d’offerta è dichiarato irricevibile e l’offerente non potrà promuovere un’ulteriore offerta avente a oggetto prodotti finanziari del medesimo emittente nei successivi dodici mesi.
Entro quindici giorni dalla presentazione del documento d’offerta, la Consob lo approva se esso è idoneo a consentire ai destinatari di pervenire ad un fondato giudizio sull'offerta. Con l’approvazione la Consob può indicare all’offerente informazioni integrative da fornire, specifiche modalità di pubblicazione del documento d’offerta, nonché particolari garanzie da prestare.
Il termine è di trenta giorni per le offerte aventi ad oggetto o corrispettivo prodotti finanziari non quotati o diffusi tra il pubblico in misura rilevante.
Qualora si renda necessario richiedere all’offerente informazioni supplementari, tali termini sono sospesi, per una sola volta, fino alla ricezione delle stesse. Tali informazioni sono fornite entro il termine fissato dalla Consob, comunque non superiore a quindici giorni. Nell’ipotesi in cui, per lo svolgimento dell’offerta, la normativa di settore richieda autorizzazioni di altre autorità, la Consob approva il documento d'offerta entro cinque giorni dalla comunicazione delle autorizzazioni stesse.
Decorsi i termini suddetti, il documento d’offerta si considera approvato.
Attraverso la novella dell’articolo 104 del TUF, è stata recepita la regola della c.d. passivity rule: si tratta della regola imperativa consistente nella necessaria autorizzazione dell’assemblea all’adozione di misure difensive, adottata dopo la promozione dell’offerta; è stato altresì specificato qual è il momento dal quale è vietato all’organo di amministrazione di intraprendere misure difensive (dalla comunicazione alla Consob e fino alla chiusura dell’offerta ovvero fino a quando l’offerta stessa non decada).
Si è previsto un determinato quorum deliberativo (30 per cento del capitale) sia per l’assemblea ordinaria sia per quella straordinaria, al fine di limitare la possibilità, per l’azionista di controllo, di assumere con il solo peso delle proprie quote la decisione di adottare misure difensive.
Con l’introduzione del nuovo articolo 104-bis del TUF, è stato recepito l’articolo 11 (Regola di neutralizzazione) e l’articolo 12 (Accordi opzionali) della Direttiva 2004/25/CE, rendendo imperativa la c.d. regola di neutralizzazione.
Pertanto, quando – a seguito di un’OPA o di un’OPSc avente ad oggetto i titoli emessi da una società italiana quotata (escluse le società cooperative) - l’offerente venga a detenere almeno il 75 per cento del capitale con diritto di voto nelle deliberazioni riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori o dei componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza, nella prima assemblea che segue la chiusura dell’offerta, convocata per modificare lo statuto o per revocare o nominare gli amministratori o i componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza non hanno effetto:
a) le limitazioni al diritto di voto previste nello statuto o da patti parasociali;
b) qualsiasi diritto speciale in materia di nomina o revoca degli amministratori o dei componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza previsto nello statuto.
Con l’inserimento nel TUF dell’articolo 104-ter, è stata prevista la clausola di reciprocità(c.d. reciprocity rule), in base alla quale gli Stati membri possono consentire alle società nazionali di disapplicare le disposizioni con le quali è stata data attuazione agli articoli 9 (passivity rule) e 11(regola di neutralizzazione) della direttiva, qualora l’offerente non ne sia a sua volta soggetto, al fine di rimediare al differente grado di contendibilità delle società regolate da altri ordinamenti.
Si è affidata alla Consob la valutazione dell’equivalenza fra gli statuti della società emittente e offerente.
Con le modifiche all’articolo 106 del TUF in materia di offerta pubblica di acquisto totalitaria, si è recepita la regola di determinazione del prezzo di offerta imposta dalla direttiva, che ha adottato il criterio del prezzo massimo pagato dall’offerente e da persone che agiscono di concerto con il medesimo per titoli della stessa categoria di quelli oggetto di offerta. Sono stati indicati criteri suppletivi per il caso in cui non siano stati effettuati acquisti per una o più delle categorie di titoli emessi dalla società.
Nel dettaglio, la nuova formulazione dell’articolo 106 del TUF prevede che chiunque venga a detenere, a seguito di acquisti, una partecipazione superiore al trenta per cento promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso.
La Consob disciplina con regolamento[401] le ipotesi in cui l’offerta, previo provvedimento motivato della Consob medesima, può essere promossa ad un prezzo inferiore a quello più elevato pagato, fissando i criteri per determinare tale prezzo e purché ricorrano determinate circostanze.
L’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. n. 229 del 2007 ha apportato modifiche all’articolo 108 del TUFal fine di recepire l’articolo 16 della direttiva, in materia di c.d. sell out.
Nel dettaglio, si è stabilito che l’offerente che venga a detenere, a seguito di un’offerta pubblica totalitaria, una partecipazione almeno pari al novantacinque per cento del capitale rappresentato da titoli ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli da chi ne faccia richiesta. Qualora siano emesse più categorie di titoli, l’obbligo sussiste solo per le categorie di titoli per le quali sia stata raggiunta la soglia del novantacinque per cento.
Altresì, chiunque viene a detenere una partecipazione superiore al novanta per cento del capitale rappresentato da titoli ha l’obbligo di acquistare i restanti titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato da chi ne faccia richiesta, se non ripristina entro novanta giorni un flottante sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni. Qualora siano emesse più categorie di titoli, l’obbligo sussiste soltanto in relazione alle categorie di titoli per le quali sia stata raggiunta la soglia del novanta per cento.
Con la novella dell’articolo 111 del TUF, sono state recepite le prescrizioni della Direttiva 2004/25/CE in materia di c.d. squeeze-out: pertanto, si è stabilito che l’offerente che venga a detenere, a seguito di offerta pubblica totalitaria, una partecipazione almeno pari al novantacinque per cento del capitale rappresentato da titoli ha diritto di acquistare i titoli residui entro tre mesi dalla scadenza del termine per l’accettazione dell’offerta, se ha dichiarato nel documento d’offerta l’intenzione di avvalersi di tale diritto. Qualora siano emesse più categorie di titoli, il diritto di acquisto può essere esercitato soltanto per le categorie di titoli per le quali sia stata raggiunta la soglia del novantacinque per cento.
L’articolo 7 del D.Lgs. n. 229 del 2007 è intervenuto sulla c.d. poison pill, la cui efficacia non viene più subordinata alla preventiva approvazione comunitaria.
Si ricorda che la legge finanziaria per il 2006[402] (art. 1, commi 381-384) ha introdotto la facoltà per le società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante di emettere azioni e strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi muniti di diritto di voto. È stato così introdotto nell’ordinamento italiano uno strumento, esistente anche in ordinamenti esteri, che, in caso di offerta pubblica di acquisto riguardante società partecipate dalla mano pubblica, permetterebbe di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata. Più specificamente, gli statuti delle società a rilevante partecipazione statale possono prevedere l’emissione di strumenti finanziari partecipativi ovvero creare categorie di azioni che attribuiscono all’assemblea speciale dei relativi titolari il diritto di richiedere, a favore di questi ultimi, l’emissione di nuove azioni, anche al valore nominale, o di nuovi strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti di voto nell’assemblea ordinaria e straordinaria, nella misura determinata dallo statuto.
Nel corso della XV Legislatura, è entrato in vigore il decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297[403].
Gli articoli 1 e 2 del decreto suddetto hanno recepito la direttiva comunitaria 2006/48/Ce, concernente l’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio e la direttiva 2006/49/CE, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi.
Tali disposizioni comunitarie sono conosciute con il nome di “accordo di Basilea 2”.
“Basilea 2” è il nuovo accordo internazionale sui requisiti patrimoniali delle banche, adottato nel 2004 ed entrato in vigore con l’emanazione del decreto-legge n. 297 del 2006, sebbene il sistema creditizio italiano abbia sfruttato la possibilità concessa dalla direttiva europea 2006/48/Ce e abbia aderito al nuovo regime di calcolo dei requisiti prudenziali solo a partire dal 1° gennaio 2008.
Con “Basilea 2” le banche dei Paesi aderenti all’accordo devono accantonare quote di capitale proporzionali al rischio derivante dai vari rapporti di credito assunti, valutati attraverso lo strumento del rating.
Se i rapporti comportano maggiori rischi, dovranno essere effettuati maggiori accantonamenti, con la conseguenza che la banca dovrà sostenere maggiori costi. Le banche sono di fatto costrette a classificare i propri clienti in base alla loro rischiosità, attraverso procedure di rating e, pertanto, a classi di rischio, calcolati usando modelli interni o esterni: questi ultimi sono rilasciati da società o enti esterni.
Il contenuto del nuovo accordo si articola su tre pilastri.
Si tratta di un affinamento della misura prevista dall’accordo di “Basilea 1” del 1988 che richiedeva un requisito di accantonamento dell’8 per cento. In primo luogo, ora si tiene conto del rischio operativo (per es. frodi) e del rischio di mercato. In secondo luogo, per il rischio di credito le banche possono utilizzare metodologie diverse di calcolo dei requisiti. Le metodologie più avanzate permettono di utilizzare sistemi di internal rating, con l’obiettivo di garantire una maggior sensibilità ai rischi senza innalzare né abbassare, in media, il requisito complessivo.
Tenendo conto delle strategie aziendali in materia di patrimonializzazione e di assunzione di rischi, le Banche centrali avranno una maggiore discrezionalità nel valutare l’adeguatezza patrimoniale delle banche, potendo imporre una copertura superiore ai requisiti minimi.
Sono previste regole di trasparenza per l’informazione al pubblico sui livelli patrimoniali, sui rischi e sulla loro gestione.
Nel dettaglio, l’articolo 1 del decreto-legge in esame ha apportato numerose correzioni al testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB)[404], allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE, con particolare riguardo all’esercizio delle funzioni di vigilanza sulle banche, sugli istituti di moneta elettronica e sui gruppi bancari, nonché all’attuazione delle misure derivanti dall’accordo di Basilea 2 sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali per la vigilanza bancaria.
Nelle premesse della direttiva (considerando 37) è richiamato l’accordo quadro raggiunto dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria il 26 giugno 2004 sulla convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei requisiti patrimoniali. Si precisa, in proposito, che le disposizioni della direttiva riguardanti i requisiti patrimoniali minimi degli enti creditizi costituiscono l’equivalente delle disposizioni dell’accordo quadro del Comitato di Basilea.
Come si vedrà meglio di seguito, le principali innovazioni introdotte dalla direttiva, concernono la materia della definizione dei fondi propri delle banche, in conseguenza del citato accordo di Basilea 2.
Viene richiamato inoltre (considerando 64 e 65) il ruolo che, nella regolamentazione del settore, spetta alla c.d. procedura Lamfalussy, e in particolare, al Comitato per i servizi finanziari istituito nel 2002.
La procedura LamfalussySulla base del mandato ricevuto dal Consiglio Ecofin nel maggio 2002, il Comitato economico e finanziario[405] ha redatto un rapporto che propone modifiche in materia di regolamentazione, vigilanza e stabilità finanziaria nell’Unione europea (c.d. procedura Lamfalussy); il rapporto è stato approvato dal Consiglio Ecofin del 3 dicembre 2002. Lo schema di regolamentazione si articola in quattro diversi livelli. Il primo livello riguarda l’elaborazione della legislazione primaria. Come previsto dal Trattato CE, la Commissione elabora le proposte di regolamento e di direttiva, che si limitano a stabilire i principi generali della regolamentazione. Al secondo livello è demandata la predisposizione della normativa secondaria per l’attuazione delle disposizioni di primo livello. Al riguardo, è previsto un più ampio ricorso alla “procedura di comitatologia”, che trova il suo fondamento nell’articolo 202 del Trattato CE, secondo la quale la Commissione elabora la regolamentazione secondaria con l’assistenza di comitati distinti per i settori bancario, mobiliare e assicurativo, formati da rappresentanti dei Ministeri dell’economia e delle finanze. Il terzo livello vede l’intervento di comitati tecnici, ai quali spetta, da un lato, una funzione di consulenza nei confronti della Commissione per l’elaborazione delle proposte legislative e regolamentari in materia di servizi finanziari; dall’altro, una funzione di coordinamento delle autorità nazionali ai fini del recepimento della disciplina comunitaria nei rispettivi ordinamenti e per l’esercizio della vigilanza. L’attività di quarto livello è dedicata alla verifica dell’attuazione della regolamentazione comunitaria. Vengono rafforzati i poteri della Commissione, che controlla l’osservanza della normativa da parte degli Stati membri e promuove l’azione legale nei confronti di quelli inadempienti. Il Consiglio Ecofin ha infine istituito il Comitato per i servizi finanziari, composto da rappresentanti dei Ministri dell’economia e delle finanze, con il compito di assistere il Consiglio nella definizione della strategia di lungo termine per il settore dei servizi finanziari in Europa, nell’analisi dei rischi immediati per i mercati finanziari (come il finanziamento del terrorismo) e nel controllo sull’attuazione della strategia stessa, senza tuttavia interferire con il processo legislativo. |
Tutto questo avviene sotto il controllo della Banca d’Italia, che può scambiare informazioni con altre autorità e soggetti esteri indicati dalle direttive medesime.
Particolarmente rilevante, per le imprese, è la previsione in base alla quale la Banca d’Italia può disporre che le banche e gli intermediari finanziari illustrino alle imprese che ne fanno richiesta i principali fattori alla base dei rating che le riguardano: l’eventuale conseguente comunicazione non dà luogo ad oneri per il cliente.
Inoltre, le società o enti esterni che rilasciano valutazioni conservano i dati personali detenuti legittimamente per un periodo di tempo di osservazione che sia congruo. Le modalità di attuazione e i criteri che assicurano la non identificabilità sono individuati su parere del Garante per la protezione dei dati personali.
E’ stato modificato l’articolo 53 del TUB, il quale disciplina i poteri di vigilanza regolamentare della Banca d’Italia.
In particolare, all’autorità di vigilanza è stato conferito il potere di disciplinare, in conformità alle deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), l’informativa che le banche debbono rendere al pubblico sugli altri aspetti rilevanti per la vigilanza di stabilità (adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, partecipazioni detenibili, organizzazione amministrativa e contabile e controlli interni).
Il nuovo comma 2-bis dell’art. 53 stabilisce che le disposizioni emanate dalla Banca d’Italia debbano prevedere che, per la valutazione dei rischi, agli effetti del calcolo dei requisiti patrimoniali prescritti per l’esercizio dell’attività bancaria, le banche possano utilizzare:
a) le valutazioni del rischio di credito (rating) rilasciate da società o enti esterni, i quali siano in possesso dei requisiti, anche di competenza tecnica e di indipendenza, stabiliti dalla stessa Banca d’Italia, che disciplina anche le modalità di accertamento di tali requisiti;
Il 26 marzo 2008 la Banca d’Italia ha riconosciuto a Standard&Poor's la qualifica di agenzia ECAI[406] nell'ambito della nuova disciplina di vigilanza Basilea 2: i suoi rating - che si aggiungono a quelli di Fitch e Moody's entrambe ECAI dal settembre 2007 - potranno essere utilizzati dalle banche italiane che calcoleranno con il metodo standard - dunque con l’uso di rating esterni - i requisiti patrimoniali a fronte del rischio di credito.
b) sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali. Questi sistemi debbono essere previamente autorizzati dalla Banca d’Italia; per le banche sottoposte alla vigilanza consolidata di un’autorità di un altro Stato comunitario, l’autorizzazione è rilasciata da quest’ultima autorità, congiuntamente alla Banca d’Italia, entro sei mesi dalla presentazione della domanda; decorso questo termine, provvede la sola autorità estera competente.
E’ stata altresì modificata la disposizione del comma 3 dello stesso articolo 53 del TUB, il quale determina le misure che la Banca d’Italia può adottare nell’esercizio delle funzioni di vigilanza regolamentare. È stata integrata a questo fine la formulazione della lettera d), riguardante i provvedimenti specifici che possono essere adottati nei confronti di singole banche per assicurare l’osservanza degli obblighi di adeguatezza patrimoniale, contenimento del rischio, detenzione di partecipazioni, organizzazione interna.
S precisa – in forma evidentemente non esaustiva – che i suddetti provvedimenti possono riguardare anche:
1) la restrizione delle attività o della struttura territoriale;
2) il divieto di effettuare determinate operazioni, anche di natura societaria;
3) il divieto di distribuire utili o altri elementi del patrimonio.
Si è modificato l’articolo 107 del TUB, riguardante gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale tenuto dalla Banca d’Italia.
Tra gli aspetti disciplinati in via regolamentare dalla Banca d’Italia, sono stati introdotti gli obblighi d’informativa nei riguardi del pubblico e la possibilità di utilizzare valutazioni del rischio di credito rilasciate da società o enti esterni ovvero sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, approvati dalla Banca d’Italia, e si è specificata la natura dei provvedimenti particolari da adottarsi, da parte della medesima autorità, a fini di vigilanza sugli intermediari (riduzione delle attività; divieto di intraprendere nuove operazioni e di distribuire utili o altri elementi del patrimonio), in termini simili a quelli già esposti con riferimento alla vigilanza sulle banche e alla vigilanza consolidata sui gruppi bancari.
Si è inserito nel TUB l’articolo 116-bis, il quale disciplina l’illustrazione dei fattori considerati per la valutazione del merito di credito (rating) delle imprese che richiedono finanziamenti.
A questo fine, è stata conferita alla Banca d’Italia la facoltà di disporre che le banche e gli intermediari finanziari illustrino alle imprese che domandano finanziamenti i principali fattori posti a base dei ratingche le riguardano.
L’eventuale comunicazione è resa su richiesta dell’impresa interessata e non dà luogo ad oneri per il cliente.
La disposizione dà attuazione all’articolo 145, paragrafo 4, della direttiva 2006/48/CE, secondo cui gli enti creditizi, se richiesti, dovrebbero illustrare le loro decisioni di rating alle piccole e medie imprese e ad altre società che chiedano prestiti, fornendo, su richiesta, una spiegazione scritta. I costi amministrativi della spiegazione devono mantenersi entro un livello adeguato all'entità del prestito. La direttiva stabilisce che, qualora un impegno volontario del settore risulti a tal fine inadeguato, debbono essere adottati provvedimenti normativi nazionali.
Si ricorda che la Banca d’Italia ha emanato - con circolare n. 263 del 27 dicembre 2006 (pubblicata nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 17 del 22 gennaio 2007) - disposizioni attuative delle modifiche al TUB in esame, anche sulla base dei criteri contenuti nel decreto (Recepimento della nuova disciplina sul capitale delle banche) adottato in via d’urgenza dal Ministro dell’economia e delle finanze, presidente del CICR, su proposta della Banca d’Italia, in data 27 dicembre 2006.
La circolare n. 263 del 2006 è stata aggiornata il 17 marzo 2008, apportando in particolare delle modifiche al capitoli relativi al patrimonio di vigilanza e alla sezione dedicata al rischio di credito. Si è altresì deciso di circoscrivere l’obbligo di deduzione delle partecipazioni assicurative dal calcolo del patrimonio di vigilanza alle partecipazioni uguali o superiori al 20 per cento del capitale.
L’articolo 2 del d.l. n. 297 del 2006 ha apportato modificazioni al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF)[407], allo scopo di dare attuazione alla direttiva 2006/48/CE(cfr. supra) nonché alla direttiva 2006/49/CE.
La direttiva 2006/49/CECon la direttiva 2006/49/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all’adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, si è inteso disciplinare aspetti rilevanti della vigilanza regolamentare sulle imprese d’investimento[408], integrando sotto questo riguardo le misure della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari (vedi scheda La direttiva MiFID, pag. 313), la quale agevola l’esercizio dei diritti di stabilimento e di libera prestazione di servizi nell’ambito dell’Unione europea da parte delle suddette imprese, autorizzate e vigilate dallo Stato membro d’origine. A questo fine, la direttiva 2006/49/CE rifonde in un testo coordinato la direttiva 93/6/CEE, relativa all'adeguatezza patrimoniale delle imprese di investimento e degli enti creditizi, e le sue successive modificazioni. Pertanto, essa contiene disposizioni nuove, insieme con le disposizioni precedentemente comprese nella direttiva 93/6/CEE e già vigenti. |
Tra le varie modifiche al TUF, è stato novellato il comma 2 dell’articolo 7, che disciplina i poteri d’intervento delle autorità di vigilanza sui soggetti abilitati.
E’ stata aggiunta, a questo riguardo, la previsione secondo cui la Banca d’Italia può adottare, ove la situazione lo richieda, provvedimenti restrittivi o limitativi concernenti i servizi, le attività, le operazioni e la struttura territoriale, nonché vietare la distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio.
E’ stato modificato l’articolo 11 del TUF, che enunzia i criteri per la determinazione della nozione di gruppo, rilevante agli effetti della vigilanza sulle attività di intermediazione finanziaria.
Da ultimo, si sono apportate varie modifiche all’articolo 12 del TUF, rafforzando i poteri relativi alla vigilanza sul gruppo da parte della Banca d’Italia
Molte delle modifiche al TUF contenute nell’articolo 2 del decreto-legge in commento trovano la loro disciplina di dettaglio nel Regolamento della Banca d’Italia in materia di vigilanza prudenziale per le SIM, emanato il 24 ottobre 2007.
Gli intermediari creditizi
Per ciò che attiene al rapporto tra le banche e gli intermediari finanziari da un lato e gli utenti dall’altro, va segnalata l’innovazione normativa recata dall’articolo 10, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 (c.d. decreto Bersani-Visco)[409]:esso ha interamente sostituito l’articolo 118 (Modifica unilaterale delle condizioni contrattuali: c.d. ius variandi) del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385[410].
La disposizione precedente all’entrata in vigore del decreto stabiliva (comma 1) che - qualora nei contratti stipulati dalle banche e dagli intermediari finanziari con i correntisti fosse prevista la facoltà di modificare unilateralmente i tassi di interesse, i prezzi e le altre condizioni – le variazioni sfavorevoli si sarebbero dovute comunicare al cliente secondo le modalità e i termini stabiliti dal Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio (CICR).
Il comma 2 statuiva l’inefficacia delle variazioni contrattuali per le quali non si fossero osservate le prescrizioni sancite dal comma 1.
Il comma 3 fissava in quindici giorni dal ricevimento della comunicazione scritta (oppure dall’effettuazione di altre forme di comunicazione attuate ai sensi del comma 1) il termine entro il quale il cliente poteva esercitare il diritto di recesso dal contratto senza penalità, beneficiando, in sede di liquidazione del rapporto, dell’applicazione delle condizioni contrattuali applicate in precedenza.
In attuazione del previgente articolo 118 TUB, il CICR adottava la deliberazione 4 marzo 2003 recante Disciplina della trasparenza delle condizioni contrattuali delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari.
Con tale provvedimento – dopo aver previsto che, nei contratti di durata, le variazioni sfavorevoli al cliente riguardanti tassi di interesse, prezzi e altre condizioni delle operazioni e dei servizi venissero comunicate al cliente con la chiara evidenziazione delle variazioni intervenute – si attribuiva alle banche la facoltà di comunicare alla clientela le variazioni sfavorevoli generalizzate, mediante apposite inserzioni in Gazzetta Ufficiale, valevoli pure ai fini dell’esercizio del diritto di recesso di cui al menzionato comma 3 dell’articolo 118 del TUB.
Si prevedeva che le suddette variazioni generalizzate fossero comunicate individualmente al cliente alla prima occasione utile, nell’ambito delle comunicazioni periodiche e di quelle riguardanti operazioni specifiche.
Si escludevano dagli obblighi di comunicazione così determinati le modifiche dei tassi conseguenti a variazioni di parametri contrattualmente previsti ed indipendenti dalla volontà delle parti.
L’articolo 118, come riformulato dall’articolo 10 del decreto-legge citato, dispone ora che (comma 1) - nei contratti di durata stipulati dalle banche o da altri intermediari finanziari con i clienti – la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni contrattuali sia subordinata alla presenza di un giustificato motivo ed al rispetto dell’articolo 1341, secondo comma, del codice civile, che stabilisce che non abbiano comunque effetto, se non specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero sanciscano a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
In base al nuovo comma 2, tutte le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali dovranno essere comunicate espressamente al cliente, secondo modalità contenenti in modo evidenziato la formula “proposta di modifica unilaterale del contratto”, per iscritto ovvero mediante altro supporto durevole preventivamente accettato dal cliente, con un preavviso minimo di trenta giorni. La proposta si intende accettata se il cliente non recede dal contratto entro 60 giorni. In caso di recesso, il cliente ha diritto all’applicazione delle condizioni precedentemente praticate.
Il comma 3 prevede che le variazioni contrattuali per le quali non siano state osservate le prescrizioni della comunicazione individuale e del preavviso minimo siano inefficaci, se pregiudizievoli per il consumatore.
Il comma 4 –come modificato dall’articolo 2, comma 451, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) – stabilisce che riguardano contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori e si applicano con modalità tali da non recare pregiudizio al cliente le variazioni dei tassi di interesse adottate sia precedentemente sia successivamente a decisioni di politica monetaria.
Rilevano, quindi, non solo le variazioni adottate dopo le decisioni delle autorità monetarie, ma anche quelle adottate precedentemente.
Quest’ultima precisazione appare finalizzata ad evitare l’elusione della portata della norma da parte delle banche, allorché queste procedano alla variazione dei tassi prima della decisione – spesso preannunciata – di politica monetaria.
Il comma 2 dell’articolo 10 del D.L. n. 223 del 2006 ha altresì previsto che, in ogni caso, nei contratti di durata il cliente ha facoltà di recedere dal contratto senza penalità e senza spese di chiusura.
In materia di contratti di mutuo immobiliari, nel corso della XV Legislatura è intervenuto l’articolo 7 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7[411] (c.d. decreto Bersani-bis).
Il suddetto articolo[412], in tema di estinzione anticipata dei mutui immobiliari e divieto di clausole penali, ha previsto la nullità di qualunque patto, anche posteriore alla conclusione del contratto, ivi incluse le clausole penali, con cui si convenga che il mutuatario che richieda l’estinzione anticipata o parziale di un contratto di mutuo - stipulato o accollato a seguito di frazionamento immobiliare, anche ai sensi del D.Lgs. n. 122 del 2005[413] - per l’acquisto o per la ristrutturazione di unità immobiliari adibite ad abitazione ovvero allo svolgimento della propria attività economica o professionale da parte di persone fisiche, sia tenuto ad una determinata prestazione a favore del soggetto mutuante (comma 1).
Le clausole apposte in violazione del divieto di cui al comma 1 sono nulle di diritto e non comportano la nullità del contratto (comma 2).
Tali previsioni hanno trovato applicazione ai soli contratti di mutuo stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 7 del 2007 (comma 3), ossia il 2 febbraio 2007.
Il comma 5 rinviava ad un accordo tra l’Associazione bancaria italiana (ABI) e le associazioni dei consumatori rappresentative a livello nazionale[414], da concludersi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la definizione delle regole generali di riconduzione ad equità dei contratti di mutuo in essere mediante, in particolare, la determinazione della misura massima dell’importo della penale dovuta per il caso di estinzione anticipata o parziale del mutuo. Era altresì previsto (comma 6) che, in caso di mancato raggiungimento dell’accordo di cui sopra, la misura della penale idonea alla riconduzione ad equità fosse stabilita entro trenta giorni dalla Banca d’Italia e costituisse norma imperativa ai sensi dell’art. 1419, secondo comma, del codice civile[415], ai fini della rinegoziazione dei contratti di mutuo in essere.
In attuazione di quanto sopra previsto, il 2 maggio 2007 l’ABI e le Associazioni dei consumatori hanno raggiunto un accordo per la determinazione della misura massima dell’importo della penale dovuta nel caso di estinzione anticipata di mutui immobiliari.
L’accordo ha individuato le misure massime della commissione di estinzione, in termini percentuali del capitale ancora da restituire, che le banche possono richiedere ai clienti sulla base delle caratteristiche del mutuo (a tasso fisso/variabile/misto), in relazione alla data di stipula del contratto di mutuo e al periodo residuo di ammortamento del mutuo.
In particolare l’ABI e le associazioni dei consumatori hanno concordato le penali di estinzione, per i tutti i contratti di mutuo a tasso variabile e per quelli a tasso fisso stipulati antecedentemente al 1° gennaio 2001, nella misura di: nessuna penale negli ultimi due anni di ammortamento del mutuo; 0,20 punti percentuali nel terzultimo anno di ammortamento del mutuo; 0,50 punti percentuali nei restanti casi.
Per i contratti di mutuo a tasso fisso stipulati successivamente al 31 dicembre 2000, le penali sono fissate in 1,90 punti percentuali nella prima metà del periodo di ammortamento del mutuo; 1,50 punti percentuali nella seconda metà del periodo di ammortamento del mutuo; 0,20 punti percentuali nel terzultimo anno del periodo di ammortamento del mutuo; nessuna penale negli ultimi due anni di ammortamento del mutuo.
L’accordo contiene anche l’introduzione di una clausola di salvaguardia per quei mutui che già prevedono commissioni di estinzione di importo pari o inferiori a quelle stabilite dall’accordo stesso, introducendo in questo caso ulteriori riduzioni.
Il cliente che estingue un mutuo già in essere al 2 febbraio 2007 (data di entrata in vigore del d.-l. n. 7 del 2007) ha il diritto di chiedere l’applicazione del citate riduzioni.
E’ stato altresì stabilito (comma 7) che, in ogni caso, i soggetti mutuanti non possono rifiutare la rinegoziazione dei contratti di mutuo stipulati prima della data di entrata in vigore del presente decreto, nei casi in cui il debitore proponga la riduzione dell’importo della penale entro i limiti stabiliti ai sensi dei commi 5 e 6 sopra illustrati.
In base all’articolo 13, comma 8-quaterdecies, del decreto-legge n. 7 del 2007, le previsioni sul divieto di clausole penali per l’estinzione anticipata o parziale dei mutui immobiliari si applicano anche ai finanziamenti concessi dagli enti di previdenza obbligatoria ai propri iscritti.
Si ricorda che l’articolo 8-bis del decreto-legge n. 7 del 2007 ha recato l’assoluto divieto – nell’ambito dei rapporti assicurativi e bancari – di addebitare al cliente le spese di predisposizione, produzione, spedizione, o altre spese comunque denominate, relative alle comunicazioni derivanti dall’applicazione delle norme di cui all’articolo 7 in esame.
L’articolo 8 del decreto-legge n. 7 del 2007[416], in tema di portabilità del mutuo e surrogazione, ha stabilito (comma 1), che - in caso di mutuo, apertura di credito od altri contratti di finanziamento da parte di intermediari bancari e finanziari - la non esigibilità del credito o la pattuizione di un termine a favore del creditore non preclude al debitore l’esercizio della facoltà di cui all’articolo 1202 cod. civ., ossia il ricorso alla surrogazione per volontà del debitore.
In generale, con la surrogazione si consente al debitore di sostituire il creditore iniziale (ad esempio: il mutuante), senza necessità di consenso di quest’ultimo, previo il pagamento del debito (art. 1202 c.c.).
Con riferimento ai mutui bancari, la surrogazione realizza la c.d. portabilità del mutuo, ossia permette al debitore di sostituire la banca che ha erogato inizialmente il mutuo con una nuova banca, che, ad esempio, propone condizioni migliori, mantenendo viva l’ipoteca originariamente costituita. Nel caso in cui si decida di trasferire il mutuo ad altro intermediario non è, quindi, più necessaria la cancellazione della vecchia garanzia e l’attivazione di una nuova, con riduzione di formalità e soprattutto di costi notarili. La banca che subentra provvederà a pagare il debito che residua e si sostituirà a quella precedente. Il debitore rimborserà il mutuo alle nuove condizioni concordate.
Il pagamento con surrogazione è disciplinato dagli articoli da 1201 a 1205 del codice civile.
L’articolo 1202, in particolare, prevede la surrogazione per volontà del debitore, stabilendo che il debitore, che prende a mutuo una somma di danaro o altra cosa fungibile al fine di pagare il debito, può surrogare il mutuante nei diritti del creditore, anche senza il consenso di questo.
La surrogazione ha effetto quando concorrono le seguenti condizioni:
a) che il mutuo e la quietanza risultino da atto avente data certa;
b) che nell’atto di mutuo sia indicata espressamente la specifica destinazione della somma mutuata;
c) che nella quietanza si menzioni la dichiarazione del debitore circa la provenienza della somma impiegata nel pagamento. A seguito della richiesta del debitore, il creditore non può rifiutarsi di inserire nella quietanza tale dichiarazione.
Secondo l’articolo 1204 c.c. la surrogazione ha effetto anche contro i terzi che hanno prestato garanzia per il debitore. Se il pagamento è parziale, ai sensi dell’articolo 1205 c.c., il terzo surrogato e il creditore concorrono nei confronti del debitore in proporzione di quanto è loro dovuto, salvo patto contrario.
Secondo il comma 2, nell’ipotesi di surrogazione di cui al comma 1, il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato. L’annotazione di surrogazione può essere richiesta al conservatore senza formalità, allegando copia autentica dell’atto di surrogazione stipulato per atto pubblico o scrittura privata
Il comma 4-bis ha previsto una serie di esenzioni fiscali applicabili alla fattispecie in cui il mutuante surrogato subentra nelle garanzie accessorie, personali e reali, al credito surrogato.
Secondo il comma 3[417], è nullo ogni patto, anche posteriore alla stipulazione del contratto, con il quale si impedisca o si renda oneroso per il debitore l’esercizio della facoltà di surrogazione di cui al comma 1. La nullità del patto non comporta la nullità del contratto.
Il creditore originario e il debitore possono comunque pattuire la variazione senza spese delle condizioni del contratto di mutuo in essere mediante scrittura privata anche non autenticata.
In base al comma 3-bis[418], la surrogazione comporta il trasferimento del contratto di mutuo, che avviene con esclusione di penali o altri oneri per il mutuatario. Per la concessione del nuovo mutuo non possono essere imposte al cliente spese o commissioni. La concessione, l’istruttoria e gli accertamenti catastali si dovranno svolgere secondo procedure di collaborazione tra le banche volte a ridurre i tempi, gli adempimenti e i costi connessi.
La surrogazione per volontà del debitore e la ricontrattazione non comportano il venir meno dei benefici fiscali (comma 4[419]).
In attuazione della disposizione sopra illustrata, l’Associazione bancaria italiana (ABI) ha definito, in una nota del 18 dicembre 2007, una procedura di collaborazione interbancaria volta a contribuire alla migliore realizzazione delle operazioni di portabilità del mutuo, improntata a criteri di massima riduzione dei tempi, degli adempimenti e dei costi connessi.
In base all’articolo 13, comma 8-quaterdecies, del decreto-legge n. 7 del 2007, le previsioni sulla portabilità dei mutui immobiliari trovano applicazione anche con riguardo ai finanziamenti concessi dagli enti di previdenza obbligatoria ai propri iscritti.
Si ricorda che l’articolo 8-bis del decreto-legge n. 7 del 2007 ha recato l’assoluto divieto – nell’ambito dei rapporti assicurativi e bancari – di addebitare al cliente le spese di predisposizione, produzione, spedizione, o altre spese comunque denominate, relative alle comunicazioni derivanti dall’applicazione delle norme di cui all’articolo 8 in esame.
L’Agenzia del territorio, con la circolare 9/2007 del 21 giugno 2007, ha sottolineato che il presupposto della portabilità dei mutui è rappresentato dal nesso di interdipendenza tra il nuovo mutuo contratto dal debitore per acquisire la disponibilità della somma destinata ad estinguere il debito ed il pagamento del debito medesimo.
Occorre, quindi, che nel nuovo contratto di mutuo sia indicata espressamente la destinazione della somma mutuata e che nella quietanza rilasciata dalla banca venga menzionata la dichiarazione del debitore circa la provenienza delle somme con cui è stato effettuato il pagamento.
Inoltre, l’Agenzia ha rilevato come – ai fini dell’efficacia della surrogazione – l’art. 1202 c.c. preveda che sia il contratto di mutuo fra la nuova banca ed il debitore sia la quietanza della vecchia banca debbano risultare entrambi da un atto con data certa.
Istituzione del fondo di solidarietà per i mutui sulla prima casaLa legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, art. 2, co. 475-480) ha istituito un Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa, prevedendo che per i contratti di mutuo per l’acquisto di immobili da adibire a prima casa di abitazione il mutuatario possa chiedere, in determinate fattispecie, la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell'esecuzione del contratto. Il Fondo, nel caso di mutui bancari, provvede al pagamento dei costi delle procedure bancarie e degli onorari notarili necessari per il perfezionamento degli atti di sospensione dei pagamenti. |
I commi da 8-sexies a 8-terdecies dell’articolo 13 del decreto-legge n. 7 del 2007[420] hanno semplificato il procedimento di cancellazione dell’ipoteca nei mutui immobiliari.
Prima dell’intervento legislativo in esame, per far venir meno la garanzia occorreva seguire una procedura articolata sostanzialmente in tre fasi:
1. estinzione anticipata del finanziamento in misura integrale;
2. stipula di un atto notarile con il quale la banca incaricava il notaio di procedere alla cancellazione;
3. esecuzione effettiva della cancellazione da parte dell’Agenzia del Territorio.
Lo snellimento introdotto consiste nel rendere la cancellazione della garanzia una conseguenza automatica dell’avvenuta estinzione del mutuo. In particolare, la banca è tenuta a rilasciare al cliente una quietanza attestante la data di estinzione del mutuo e a trasmettere entro trenta giorni al conservatore, cioè l’ufficio pubblico dei registri immobiliari, la relativa comunicazione senza applicare alcun onere. Il conservatore, una volta ricevuta la comunicazione e decorso il termine di trenta giorni dal rilascio della citata quietanza, procede d’ufficio alla cancellazione dell’ipoteca.
Il comma 8-sexies dell’articolo 13 ha stabilito che, ai fini dell’estinzione dell’ipoteca di cui all’articolo 2878 del cod. civ.[421], ed in deroga all’articolo 2847 cod. civ.[422], se il creditore è soggetto esercente attività bancaria o finanziaria, l’ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da contratto di mutuo - stipulato o accollato a seguito di frazionamento, anche ai sensi del decreto legislativo 20 giugno 2005, n. 122[423] - anche se annotata su titoli cambiari, si estingue automaticamente alla data di avvenuta estinzione dell’obbligazione garantita.
Il comma 8-septies ha imposto al creditore l’obbligo di rilasciare al debitore quietanza attestante la data di estinzione dell’obbligazione e di trasmettere al conservatore la relativa comunicazione entro trenta giorni dalla stessa data, secondo le modalità di cui al comma 8-octies e senza alcun onere per il debitore.
Per l’istituzione del registro delle comunicazioni attestanti la data di estinzione delle obbligazioni, previsto dal comma 8-septies, è stato emanato il Decreto Direttoriale del direttore dell’Agenzia del territorio 23 maggio 2007.
Il comma 8-octies ha rimesso ad un provvedimento dell’Agenzia del territorio la determinazione delle modalità di trasmissione della comunicazione di cui al comma 8-septies, anche in via telematica, tali da assicurare la provenienza della stessa dal creditore o da persona da questo addetta o preposta a qualsiasi titolo.
Le modalità di trasmissione delle suddette comunicazioni sono disciplinate dai Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia del territorio 25 maggio 2007, 9 ottobre 2007 e 29 gennaio 2008.
In particolare, con il Provvedimento direttoriale 9 ottobre 2007 sono state definite le modalità e le specifiche tecniche relative alla forma e alla trasmissione telematica delle comunicazioni; il medesimo provvedimento ha previsto che, dal 1° marzo 2008, l’invio di tali comunicazioni avvenga esclusivamente per via telematica.
Con successivo Provvedimento direttoriale 29 gennaio 2008, l’invio telematico è stato esteso, in via esclusiva, anche alle comunicazioni inerenti l’estinzione di contratti di mutuo accollati a seguito di frazionamento, nonché a quelli garantiti da ipoteca annotata su titoli cambiari.
Da ultimo, è intervenuta la circolare n. 2/2008 del 20 febbraio 2008 dell’Agenzia del territorio, che reca le istruzioni per la compilazione delle comunicazioni di cui all’art. 13, comma 8-septies, del decreto-legge n. 7 del 2007, trasmesse per via telematica.
In base al comma 8-novies[424], l’estinzione non si verifica se il creditore, ricorrendo un giustificato motivo ostativo, comunica all’Agenzia del territorio ed al debitore, entro il medesimo termine di trenta giorni successivi all’estinzione dell’obbligazione, con le modalità previste dal codice civile per la rinnovazione dell'ipoteca, che l'ipoteca permane. In tal caso l’Agenzia, entro il giorno successivo al ricevimento della dichiarazione, procede all’annotazione in margine all'iscrizione dell'ipoteca e fino a tale momento rende comunque conoscibile ai terzi richiedenti la comunicazione di cui al presente comma.
In base al comma 8-decies, decorsi trenta giorni dalla data di estinzione dell’obbligazione, il conservatore dei registri immobiliari – accertata la presenza della quietanza del creditore comunicata secondo le previste modalità (si vedano i sopra illustrati commi 8-septies e 8-opties) e verificata l’assenza della comunicazione di permanenza dell’ipoteca (si veda il comma 8-novies) – procede d’ufficio, entro il giorno successivo, alla cancellazione dell’ipoteca.
Fino all’avvenuta cancellazione, il conservatore deve rendere conoscibile ai terzi che ne facciano richiesta la comunicazione della quietanza rilasciata dal creditore.
Resta escluso l’obbligo dell’autentica notarile per gli atti e le comunicazioni resi necessari dall’applicazione dei commi da 8-sexies a 8-terdecies (comma 8-undecies).
In base al comma 8-quaterdecies, le norme sulla semplificazione della procedura di cancellazione dell’ipoteca nei mutui immobiliari si applicano anche ai finanziamenti concessi dagli enti di previdenza obbligatoria ai propri iscritti.
Si ricorda che l’articolo 8-bis del decreto-legge n. 7 del 2007 ha recato l’assoluto divieto – nell’ambito dei rapporti assicurativi e bancari – di addebitare al cliente le spese di predisposizione, produzione, spedizione, o altre spese comunque denominate, relative alle comunicazioni derivanti dall’applicazione delle norme di cui all’articolo 13, commi da 8-sexies a 8-quaterdecies.
Il contrasto al riciclaggio
Nel corso della XV Legislatura, è stato emanato il D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231[425].
Il predetto decreto si è inserito nel più ampio contesto del contrasto al riciclaggio e al terrorismo internazionale, completandone l’aspetto relativo alla repressione e prevenzione delle attività finanziarie potenzialmente connesse.
Altresì, con il provvedimento in esame, il Governo ha dato parziale esecuzione[426] alla delega contenuta nell’articolo 22 della legge comunitaria 2005[427], introducendo anche nuove misure – attuative della normativa comunitaria – volte a prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale.
La norma di delegaL’articolo 22 della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005) delegava il Governo ad adottare, entro il termine e con le modalità indicati all’articolo 1, uno o più decreti legislativi per le seguenti finalità: a) dare organica attuazione nell’ordinamento interno alla direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, riguardante la prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo; b) prevedere modalità operative per eseguire le misure di congelamento di fondi e risorse economiche stabilite dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, dai regolamenti (CE) n. 2580/2001 del Consiglio, del 27 dicembre 2001, e n. 881/2002 del Consiglio, del 27 maggio 2002, nonché dai regolamenti comunitari emanati, ai sensi degli articoli 60 e 301 del Trattato istitutivo della Comunità europea, per il contrasto del finanziamento del terrorismo e dell’attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale; c) coordinare le disposizioni vigenti in materia di prevenzione e contrasto del riciclaggio di denaro e del finanziamento del terrorismo.
Il comma 1 dell’articolo 22 della citata legge n. 29 del 2006, dettava 23 principi direttivi da rispettarsi in sede di adozione dei decreti legislativi per l’esercizio della delega conferita al Governo ai fini del recepimento della direttiva 2005/60/CE nell’ordinamento interno, nonché per la previsione di modalità operative per eseguire le misure di congelamento di fondi e risorse economiche stabilite dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, dai regolamenti (CE) n. 2580/2001e n. 881/2002 nonché dai regolamenti comunitari emanati ai sensi degli articoli 60 e 301 del Trattato CE per il contrasto del finanziamento del terrorismo e dell’attività di paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale. Al riguardo, con specifico riferimento al decreto legislativo n. 231 del 2007, si segnalano, in particolare, i criteri diretti volti : 1. ad estendere le misure di prevenzione contro il riciclaggio di denaro al contrasto del finanziamento del terrorismo; 2. a prevedere idonee misure per attuare il congelamento dei fondi e delle risorse economiche, inclusa la possibilità di affidare ad un’autorità pubblica l’amministrazione di tali risorse economiche; 3. ad individuare idonee sanzioni amministrative per le violazioni delle misure di congelamento. |
Pertanto, il D.Lgs. n. 231 del 2007 ha recepito nell’ordinamento italiano la Direttiva 2005/60/CE (c.d. III direttiva antiriciclaggio) del Parlamento e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, nonché la Direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.
La c.d. III direttiva 2005/60/CE, che abroga e sostituisce la precedente direttiva 91/308/CEE, mira ad estendere la vigilanza, prima diretta soltanto verso i soggetti che riciclano denaro, alla categoria più ampia dei soggetti che finanziano il terrorismo.
Ne consegue l’importanza di nuovi obblighi per l’identificazione - diversi e più complessi di quelli previsti dalla direttiva 91/308/CEE - che impongono anche l’adeguata verifica dell’identità del cliente e del titolare effettivo sulla base di documenti, dati o informazioni ottenuti da una fonte affidabile e indipendente unitamente a informazioni sullo scopo e sulla prevista natura del rapporto d’affari.
Gli obblighi di verifica possono essere calibrati in funzione del rischio associato al tipo di cliente, al rapporto d’affari, al prodotto, allatransazione effettuata.
L’obbligo di adeguata verifica della clientela è rafforzato sulla base della valutazione del rischio esistente nelle situazioni che, per la loro natura, possono presentare un rischio più elevato di riciclaggio o finanziamento del terrorismo (c.d. concetto di gradualità delle misure).
Sussiste inoltre, per gli enti creditizi e finanziari, la necessità di disporre di sistemi efficaci, anche elettronici, proporzionati alla dimensione e alla natura degli affari, per poter rispondere pienamente e rapidamente alle richieste di informazioni riguardanti gli eventuali rapporti di affari intrattenuti con determinate persone e al connesso obbligo di conservare i dati, i documenti e le informazioni per un determinato periodo decorrente dalla fine del rapporto di affari o, in taluni casi, dall’esecuzione dell’operazione.
Innovativa è anche l’attenzione che deve essere posta nell’adempimento degli obblighi di segnalazione con riguardo ad ogni attività sospettata di connessione con il riciclaggio ocon il finanziamento del terrorismo. In particolare, dovranno essere monitorate le operazioni complesse o di importo insolitamente elevato, nonché tutti gli schemi insoliti di operazioni che non hanno un fine economico evidente o uno scopo chiaramente lecito.
Tra le misure di esecuzione, oltre alle verifiche dellaclientela e alla segnalazione di casi sospetti, sono previste procedure di controllo interno, di valutazione e gestione del rischio e di garanzia dell’osservanza di tutte le disposizioni da parte del personale dipendente dagli enti su cui ricadono gli obblighi di identificazione e di segnalazione. In tale ambito, il personale interessato deve essere posto a conoscenza delle disposizioni adottate, anche attraverso l’obbligo di frequentare specifici programmi di formazione, onde essere in grado di riconoscere le attività che potrebbero essere connesse a tali reati.
Nella nuova disciplina, si rileva, quindi, la finalità di contrasto del finanziamento del terrorismo, evidenziandosi, a livello organizzativo, una più stretta interrelazione tra la fase di analisi dei rischi e la fase delle verifiche e dei controlli di esecuzione.
Con riguardo al contenuto puntuale della nuova direttiva, il Capo I riguarda l’oggetto, l’ambito di applicazione e le definizioni.
Il Capo II prevede gli obblighi di adeguata verifica della clientela, stabilendo doveri di verifica rafforzati ove si presentino situazioni di più elevato rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo.
Il Capo III detta norme in tema di obblighi di segnalazione delle informazioni rilevanti, prevedendo che l’unità di informazione finanziaria (UIF) sia individuata quale autorità nazionale centrale per combattere efficacemente il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo.
Il Capo IV riguarda la tenuta delle registrazioni e il regime dei dati statistici, mentre il Capo V e il Capo VI attengono, rispettivamente, alle misure di esecuzione e alle misure di attuazione.
Il Capo VII detta le disposizioni finali, individuando nella data del 15 dicembre 2007 il termine finale di recepimento della direttiva imposto agli Stati membri dell’Unione europea.
Si segnala che con la direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 4 agosto 2006[428], sono state dettate misure di esecuzione dell’esposta direttiva 2005/60/CE, per quanto riguarda la definizione di «persone politicamente esposte» (articolo 3 della direttiva 2005/60/CE) e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela (articolo 11 della direttiva 2005/60/CE), nonché per l’esenzione nel caso di un’attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata (articolo 2 della direttiva 2005/60/CE).
Sempre in tema di contrasto al terrorismo internazionale, nella XV Legislatura è stato altresì emanato il D.Lgs. 22 giugno 2007, n. 109[429].
Il provvedimento – anch’esso attuativo della direttiva 2005/60/CE e della delega contenuta nell’articolo 22 della legge 25 gennaio 2006, n. 29 (legge comunitaria 2005)[430] – ha introdotto nuove misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo internazionale e l’attività dei paesi che minacciano la pace e le sicurezza internazionale. Tra l’altro, sono state dettate disposizioni in merito al Comitato di sicurezza finanziaria (CSF)[431], già previsto dal decreto-legge 12 ottobre 2001, n. 369[432], convertito, con modificazioni, dalla legge 14 dicembre 2001, n. 43, nell’ambito dell’azione contro il terrorismo internazionale.
Il D.Lgs. n. 231 del 2007 ha recepito nell’ordinamento interno la direttiva 2005/60/CE (c.d. III direttiva antiriciclaggio: cfr. supra § 2.).
La finalità del provvedimento consiste nel prevenire l’utilizzo del sistema finanziario e di quello economico per finalità di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo; a tal fine, vengono dettate misure volte a tutelare l’integrità di tali sistemi e la correttezza dei comportamenti (articolo 2, comma 5).
L’art. 2, co. 1, stabilisce che – ai soli fini del medesimo decreto – costituiscono riciclaggio:
a) la conversione o il trasferimento di beni, effettuati essendo a conoscenza che essi provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività, allo scopo di occultare o dissimulare l’origine illecita dei beni medesimi o di aiutare chiunque sia coinvolto in tale attività a sottrarsi alle conseguenze giuridiche delle proprie azioni;
b) l’occultamento o la dissimulazione della reale natura, provenienza, ubicazione, disposizione, movimento, proprietà dei beni o dei diritti sugli stessi, effettuati essendo a conoscenza che tali beni provengono da un'attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
c) l’acquisto, la detenzione o l’utilizzazione di beni essendo a conoscenza, al momento della loro ricezione, che tali beni provengono da un’attività criminosa o da una partecipazione a tale attività;
d) la partecipazione ad uno degli atti di cui alle lettere precedenti, l’associazione per commettere tale atto, il tentativo di perpetrarlo, il fatto di aiutare, istigare o consigliare qualcuno a commetterlo o il fatto di agevolarne l’esecuzione.
Il riciclaggio è considerato tale anche se le attività che hanno generato i beni da riciclare si sono svolte nel territorio di un altro Stato comunitario o di un Paese terzo (art. 2, co. 2).
Sulla base di un rinvio recato dall’art. 2, co. 4, ai fini del presente decreto, per finanziamento del terrorismo si intende:”qualsiasi attività diretta, con qualsiasi mezzo, alla raccolta, alla provvista, all’intermediazione, al deposito, alla custodia o all’erogazione di fondi o di risorse economiche, in qualunque modo realizzati, destinati ad essere, in tutto o in parte, utilizzati al fine di compiere uno o più delitti con finalità di terrorismo o in ogni caso diretti a favorire il compimento di uno o più delitti con finalità di terrorismo previsti dal codice penale, e ciò indipendentemente dall’effettivo utilizzo dei fondi e delle risorse economiche per la commissione dei delitti anzidetti.
Le misure contenute nel decreto sono proporzionate al rischio di riciclaggio dei proventi derivanti da attività criminose o di finanziamento del terrorismo. Il criterio di proporzionalità va calibrato sulla base della tipologia di clientela, della tipologia di rapporto continuativo instauratosi tra il destinatario del decreto e il cliente, del contenuto della prestazione professionale, del tipo di prodotto o di transazione oggetto del rapporto con la clientela (articolo 3, comma 3).
Il decreto individua (articoli da 10 a 14) quali destinatari degli obblighi in esso contenuti numerosi soggetti – persone fisiche e giuridiche – la cui attività è potenzialmente a rischio di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
Si ricordano – a titolo esemplificativo – gli intermediari finanziari (per es. banche, Poste italiane Spa, società di intermediazione mobiliare-SIM, società di gestione del risparmio-SGR, società di investimento a capitale variabile-SICAV), e gli altri soggetti esercenti attività finanziaria (come i promotori finanziari), i liberi professionisti, i revisori contabili, i gestori di case da gioco.
Le disposizioni del Titolo II, Capo I (articoli da 15 a 35) indicano i casi in cui devono essere applicati gli obblighi di adeguata verifica della clientela da parte degli intermediari finanziari, dei professionisti, dei revisori contabili e degli altri soggetti obbligati, precisando altresì (articoli 18 e 19) il contenuto e le modalità di adempimento di tali obblighi.
Tendenzialmente, tali obblighi dovranno essere osservati nei casi di nuovi rapporti continuativi, di conferimento di incarichi professionali, di esecuzione di prestazioni professionali occasionali che comportino la trasmissione o la movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15 mila euro (a prescindere dal fatto che si tratti di un’operazione unica o di più operazioni collegate[433]). Inoltre, i predetti obblighi operano anche nelle fattispecie di sospetto di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo (indipendentemente da qualsiasi deroga, esenzione o soglia applicabile), nonché di dubbi sulla veridicità o sull’adeguatezza dei dati identificativi precedentemente ottenuti.
Si segnala come gli operatori che svolgono l’attività di gestione di case da gioco debbano procedere all’identificazione e alla verifica dell’identità di ogni cliente che compia operazioni di acquisto e di cambio di “fiches” o di altri mezzi di gioco per importo pari o superiore a 2000 euro (art. 24, co. 1).
Gli obblighi di adeguata verifica della clientela si considerano comunque assolti se le case da gioco pubbliche procedono alla registrazione, all’identificazione e alla verifica dell’identità dei clienti fin dal momento dell’ingresso o prima di esso, indipendentemente dall’importo dei gettoni da gioco acquistati e, a decorrere dal 30 aprile 2008, adottano le modalità idonee a ricollegare i dati identificativi alle operazioni di acquisto e di cambio dei gettoni che ciascun cliente compie per un importo pari o superiore a 2.000 euro (art. 24, co. 2).
L’articolo 20 introduce il concetto di obbligo basato sul rischio, consistente nel calibrare gli obblighi di adeguata verifica della clientela in funzione del rischio associato al tipo di cliente, al rapporto continuativo, alla prestazione professionale, all’operazione, prodotto o transazione di cui trattasi.
Le disposizioni del Titolo II, Capo II (articoli da 36 a 40) definiscono – sempre in capo ai destinatari del decreto – i doveri di registrazione delle informazioni acquisite per assolvere gli obblighi di adeguata verifica della clientela; le disposizioni di cui al Titolo II, Capo III (articoli da 41 a 48) definiscono, invece, gli obblighi segnalazione all’Unità di informazione finanziaria (UIF) di operazioni sospette di riciclaggio o finanziamento del terrorismo.
Tra le misure concrete con cui adempiere agli obblighi suddetti (Titolo III: articoli da 49 a 51), si rileva (art. 49, comma 1) il divieto di trasferimento di denaro contante o libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera, effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi, quando il valore dell’operazione, anche frazionata, sia complessivamente pari o superiore a 5.000 euro (rispetto al limite previgente di 12.500 euro). Tuttavia, tale trasferimento può essere eseguito per il tramite di banche, istituti di moneta elettronica e Poste Italiane Spa.
Si prevede altresì che i moduli di assegni bancari e postali siano rilasciati dalle banche e da Poste Italiane Spa muniti della clausola di non trasferibilità. Il cliente può richiedere, per iscritto, il rilascio di moduli di assegni bancari e postali in forma libera (art. 49, comma 4); tuttavia, per ciascun modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera, il richiedente deve pagare, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro (art. 49, comma 10).
E’ stabilito che il saldo dei libretti di deposito bancari o postali al portatore non possa essere pari o superiore a 5.000 euro (art. 49, co. 12). I libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5.000 euro, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto (29 dicembre 2007), devono essere estinti dal portatore; in alternativa, il loro saldo deve essere ridotto a una somma non eccedente il predetto importo entro il 30 giugno 2009. Le banche e Poste Italiane Spa sono tenute a dare ampia diffusione e informazione a tale disposizione (art. 49, co. 13).
Il provvedimento in esame opera altresì una rivisitazione del quadro sanzionatorio (Titolo V, Capo I e Capo II, rispettivamente dedicati alle sanzioni penali e amministrative: articoli da 55 a 60), attribuendo a varie condotte poste in essere in violazione delle norme del decreto la valenza di illecito amministrativo e comminando la relativa sanzione pecuniaria.
Inoltre, l’articolo 63, comma 3, modifica il D.Lgs. n. 231 del 2001[434], introducendo i reati di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter del codice penale[435] tra quelli per cui viene attivata la responsabilità amministrativa degli enti.
Da ultimo (articolo 62), si dispone, con effetto dal 1° gennaio 2008, la soppressione dell’Ufficio italiano dei cambi (UIC) e il trasferimento alla Banca d’Italia delle competenze e dei poteri (comprese le prerogative da esercitarsi quale Unità di informazione finanziaria per l’Italia), con le relative risorse strumentali, umane e finanziarie.
Pertanto, l’attività di prevenzione e contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo internazionale verrà svolta, in piena autonomia e indipendenza, dall’Unità di informazione finanziaria istituita presso la Banca d’Italia.
Con Provvedimento della Banca d’Italia 21 dicembre 2007 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 9 gennaio 2008, n. 7), è stato adottato il Regolamento per l’organizzazione e il funzionamento della Unità di informazione finanziaria (UIF), ai sensi dell’articolo 6, comma 2, D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231.
Il 20 marzo 2008, il Dipartimento del tesoro-Direzione Valutario, Antiriciclaggio ed Antiusura ha emesso una circolare esplicativa delle innovazioni recate dall’articolo 49 del D.Lgs. n. 231 del 2007 (cfr. supra §. 3.).
La circolare ricorda che la normativa nazionale da tempo prevede misure restrittive sull’uso del denaro contante e dei mezzi di pagamento al portatore[436]. L’articolo 49 del decreto legislativo n. 231 del 2007 in oggetto ha introdotto ulteriori misure restrittive e ha abbassato la soglia per l’utilizzo del denaro contante e dei titoli al portatore da 12.500 euro a 5.000 euro.
Le disposizioni contenute nell’articolo 49 sono entrate in vigore il 30 aprile 2008.
Trattandosi di disposizioni destinate ad avere un consistente impatto sull’operatività non solo degli intermediari finanziari e degli altri soggetti destinatari del provvedimento legislativo ma anche del singolo cittadino e in considerazione di dubbi interpretativi manifestati all’Amministrazione,vengono forniti alcuni chiarimenti.
A decorrere dal 30 aprile 2008 l’emissione di assegni bancari, postali e circolari in forma libera è consentita soltanto per importi inferiori a 5.000 euro.
Gli assegni liberi emessi, per importi inferiori a 12.500 euro, ante 30 aprile 2008 ed incassati a decorrere da tale data sono considerati regolari.
Gli assegni emessi, a decorrere dal 30 aprile 2008, per importi pari o superiori a 5.000 euro senza l’indicazione del nome o della regione sociale del beneficiario e/o la clausola di non trasferibilità, sono pagati da banche e Poste Italiane Spa, con obbligo per queste ultime di comunicare l’irregolarità dell’assegno al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’art. 51, comma 1, D.Lgs. n. 231del 2007.
Le scorte di carnet di assegni attualmente in giacenza presso banche e Poste Italiane Spa possono essere da queste ultime utilizzate anche successivamente al 29 aprile 2008, fino a esaurimento delle stesse, previa apposizione su ogni modulo di assegno di barratura sull’indicazione del limite di 12.500 euro nonché della clausola di non trasferibilità.
I carnet di assegni già in possesso della clientela possono essere utilizzati dalla stessa anche successivamente al 29 aprile 2008 ma il loro utilizzo è consentito nei limiti indicati dall’articolo 49 ovvero: in forma libera per importi inferiori a 5.000 euro; mediante l’apposizione della clausola di non trasferibilità e dell’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario per importi pari o superiori a 5.000 euro.
Novi carnet di assegni liberi potranno essere stampati recando su ogni modulo di assegno la dicitura “Gli assegni possono essere emessi in forma libera solo nei limiti previsti dalla normativa vigente” o altra equivalente.
Gli assegni emessi all’ordine del traente non sono sottoposti alla disciplina degli assegni liberi, per cui non è richiesta l’indicazione del codice fiscale del traente che gira per l’incasso il titolo: tali assegni possono essere emessi anche per importi superiori a 5.000 euro;
L’irregolarità degli assegni emessi all’ordine del traente e girati ad altro soggetto sono segnalati da banche e Poste Italiane Spa al Ministero dell’economia e delle finanze ai sensi dell’articolo 51, comma 1. Tali assegni – se le girate sono correttamente apposte - sono comunque pagati da banche e Poste Italiane Spa.
Per i moduli di assegni consegnati alla clientela precedentemente all’entrata in vigore dell’articolo 49 ed utilizzati successivamenteal29 aprile 2008 non è dovuta l’imposta di bollo ma l’utilizzo di tali moduli è consentito nei limiti in vigore a decorrere da tale data (assegno libero se di importo inferiore a 5.000 euro, apposizione della clausola di non trasferibilità e dell’indicazione del nome o della ragione sociale del beneficiario per importi pari o superiori a 5.000 euro).
A partire dal 30 aprile 2008, l’indicazione del codice fiscale del girante è sempre dovuta (anche se si utilizzano moduli di assegno rilasciati prima di tale data). La mancata indicazione del codice fiscale del girante rende la girata nulla e, pertanto, banche e Poste Italiane Spa non deve effettuare il pagamento dell’assegno. Tale disposizione sarà operativa anche qualora il girante sia sprovvisto del codice fiscale.
La girata sarà considerata nulla anche qualora il codice fiscale del girante sia manifestamente errato.
Nell’ipotesi in cui la girata venga effettuata per conto di un diverso soggetto titolare della convenzione di assegno (ad es. una persona giuridica) il codice fiscale da indicare è quello del soggetto titolare del medesimo rapporto (nell’esempio la persona giuridica).
Non è necessaria l’apposizione del codice fiscale da parte del giratario che pone all’incasso l’assegno emesso in forma libera o non trasferibile qualora egli sia stato già identificato quale cliente della banca o di Poste Italiane S.p.A. presso cui l’assegno è girato per l’incasso ovvero qualora venga identificato al momento dell’incasso medesimo.
Il controllo da parte della banca o di Poste Italiane Spa circa la regolarità delle girate deve essere esercitato tenuto conto della firma di girata, della regolarità formale del codice fiscale nonché della sua compatibilità con la firma di girata (a meno che tale ultimo controllo risulti impossibile come nel caso, ad esempio, di firma illeggibile ovvero di firma apposta dal giratario per conto di un altro soggetto).
Per quanto attiene alla disciplina dei libretti di deposito bancari o postali al portatore con saldo pari o superiore a 5 mila euro esistenti al 30 aprile, essi devono essere estinti o ricondotti sotto soglia entro il 30 giugno 2009.
E’ vietato (art. 49, co. 18) il trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 2.000 euro effettuato per il tramite di esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento (c.d. money transfer) nella forma dell’incasso e trasferimento dei fondi, limitatamente alle operazioni per le quali si avvalgono di agenti in attività finanziaria (il divieto non vale per la moneta elettronica).
Invece (art. 49, co. 19), il trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 2.000 e inferiori a 5.000 euro, effettuato per il tramite di esercenti attività di prestazione di servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento dei fondi, nonché di agenti in attività finanziaria dei quali gli stessi esercenti si avvalgono, è consentito solo se il soggetto che ordina l’operazione consegna all’intermediario copia di documentazione idonea ad attestare la congruità dell’operazione rispetto al profilo economico dello stesso ordinante.
In base alla circolare del 20 marzo 2008, i divieti di cui ai sopra illustrati commi 18 e 19 sono riferibili unicamente all’attività connessa con l’invio dei fondi (operazioni c.d. to send) e non con la loro ricezione.
Altri provvedimenti connessi all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 231 del 2007Il 29 febbraio 2008, è stato emanato il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate recante Disposizioni integrative del provvedimento del 19 gennaio 2007 in attuazione dell’art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, così come modificato dall’art. 63, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231. Ne consegue che gli operatori finanziari dovranno inviare all’Anagrafe tributaria[437] i dati identificativi e il codice fiscale delle segnalazioni relative alle operazioni c.d. extra-conto, ossia quelle operazioni effettuate allo sportello con un soggetto che non rientra tra la clientela, nonché i dati riferiti alle deleghe, ossia ai rapporti che qualsiasi soggetto intrattiene in nome proprio o per conto o a nome di terzi.
In base a tale provvedimento, gli intermediari finanziari dovranno comunicare alla sezione speciale (Archivio dei rapporti finanziari) dell’Anagrafe tributaria le seguenti informazioni: a) l’esistenza di operazioni di natura finanziaria al di fuori di un rapporto continuativo, compiute in nome proprio o per conto o a nome di terzi, unitamente ai dati identificativi, compreso il codice fiscale, dei soggetti che le effettuano. L’esistenza delle operazioni in parola viene comunicata una sola volta, per ciascun anno solare, in occasione della prima operazione compiuta; b) i dati identificativi, compreso il codice fiscale, dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi altro rapporto in nome proprio o per conto o a nome di terzi; c) i dati relativi alla natura del rapporto e la data di apertura, modifica e chiusura.
Pertanto, nel periodo tra il 1° aprile e il 30 giugno 2008 vanno comunicate le operazioni extra-conto poste in essere a partire dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2007; entro il 31 luglio 2008 devono essere, invece, comunicati i dati relativi alle operazioni poste in essere dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2008. Per le operazioni in delega e in procura, con decorrenza dal 1° gennaio 2005 fino al 31 dicembre 2007, comprese le revoche, le comunicazioni sono effettuate a partire dal 1° aprile ed entro il 30 giugno 2008. Per le operazioni in delega e in procura compiute dal 1° gennaio 2008 fino al 30 giugno 2008, comprese le revoche, le comunicazioni vanno effettuate entro il 31 luglio 2008. Tutte le successive comunicazioni vanno inviate entro la scadenza del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
Sempre l’Agenzia delle entrate, in data 7 marzo 2008, ha emanato la circolare n. 18/E avente per oggetto “D.Lgs. 21 novembre 2007, n. 231 – art. 49, co. 10 – Imposta di bollo su assegni bancari o postali o assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciati in forma libera”.
Tale circolare reca norme di dettaglio volte a fornire la corretta applicazione dell’art. 49, co. 10, D.Lgs. n. 231 del 2007, ai sensi del quale, a decorrere dal 30 aprile 2008, per ciascun modulo di assegno bancario o postale richiesto in forma libera ovvero per ciascun assegno circolare o vaglia postale o cambiario rilasciato in forma libera, il richiedente deve pagare, a titolo di imposta di bollo, la somma di 1,50 euro.
L’8 aprile 2008, il Ministero della giustizia ha approvato la versione – aggiornata al 31 marzo 2008 – delle “Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex decreto legislativi n. 231 del 2001[438]”, elaborate da Confindustria. Tale documento riguarda anche la disciplina antiriciclaggio: si sottolineano le prerogative e gli obblighi attribuiti all’Organismo di vigilanza in materia di segnalazione di operazioni sospette. Altresì, le Linee guida raccomandano l’adozione di modelli organizzativi interni volti a verificare l’attendibilità commerciale e professionale dei fornitori e dei partner finanziari delle società. |
La disciplina del settore assicurativo
Il Codice delle assicurazioni private (articoli 149 e 150 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209) ha introdotto e disciplinato la procedura di risarcimento diretto nell’ipotesi di sinistri tra veicoli a motore.
L’ambito oggettivo di operatività di tale procedura (articolo 149, comma 1 del Codice) è limitato alle ipotesi di sinistri intercorsi tra due veicoli a motore (sono dunque esclusi dall’applicazione delle norme in commento i sinistri che coinvolgono un numero superiore di veicoli), identificati ed assicurati per la responsabilità civile obbligatoria, qualora dai predetti sinistri siano derivati danni ai veicoli coinvolti o ai loro conducenti. Essa si applica altresì ai sinistri che coinvolgono ciclomotori, a condizione che siano muniti di targa.
In tale ipotesi il danneggiato rivolge la richiesta di risarcimento direttamente all’impresa di assicurazione che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato. La procedura di risarcimento diretto riguarda i danni al veicolo nonché i danni alle cose trasportate di proprietà dell'assicurato o del conducente (articolo 149, comma 2).
La procedura si applica anche al danno alla persona subito dal conducente non responsabile, ove limitato ad un danno biologico di lieve entità derivante dai postumi da lesioni, pari o inferiori al nove per cento (secondo quanto definito dall’articolo 139 del Codice); essa tuttavia non si estende ai sinistri che coinvolgono veicoli immatricolati all'estero, nonché all’ipotesi di risarcimento del danno subito dal terzo trasportato, la cui disciplina è contenuta nell'articolo 141 del Codice.
L’impresa che ha ricevuto richiesta di risarcimento diretto (articolo 149, comma 3) è obbligata a provvedere alla liquidazione dei danni per conto dell'impresa di assicurazione del veicolo responsabile, restando ferma la successiva regolazione dei rapporti fra le imprese medesime. Qualora il danneggiato dichiari di accettare la somma offerta (comma 4), l'impresa di assicurazione provvede al pagamento entro quindici giorni dalla ricezione della comunicazione; in tal caso, il danneggiato è tenuto a rilasciare quietanza liberatoria valida anche nei confronti del responsabile del sinistro e della sua impresa di assicurazione. Se il danneggiato ha comunicato di non accettare l'offerta o non ha fatto pervenire alcuna risposta (comma 5) l'impresa di assicurazione, entro quindici giorni, corrisponde la somma offerta al danneggiato; tale somma è imputata all'eventuale liquidazione definitiva del danno.
Inoltre il Codice prescrive che, in caso di comunicazione dei motivi che impediscono il risarcimento diretto, ovvero nel caso di mancata comunicazione di offerta o di diniego di offerta entro i termini previsti dall'articolo 148 (recante la disciplina della procedura di risarcimento), ovvero nel caso di mancato accordo, il danneggiato può proporre azione diretta solo nei confronti della propria impresa di assicurazione (comma 6).
Tale azione, ai sensi dell’articolo 145, comma 2, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto alla propria impresa di assicurazione il risarcimento del danno tramite raccomandata con avviso di ricevimento, inviata per conoscenza all'impresa di assicurazione dell'altro veicolo coinvolto.
Inoltre, l'impresa di assicurazione del veicolo del responsabile può chiedere di intervenire nel giudizio e può estromettere l'altra impresa, riconoscendo la responsabilità del proprio assicurato. Resta ferma, in ogni caso, la successiva regolazione dei rapporti tra le imprese medesime, secondo quanto previsto nell'ambito del sistema di risarcimento diretto (articolo 149, comma 6).
E’ stato demandato ad un decreto del Presidente della Repubblica – ai sensi del successivo articolo 150 - su proposta del Ministro delle attività produttive, di stabilire:
a) i criteri di determinazione del grado di responsabilità delle parti, anche per la definizione dei rapporti interni tra le imprese di assicurazione;
b) il contenuto e le modalità di presentazione della denuncia di sinistro e gli adempimenti necessari per il risarcimento del danno;
c) le modalità, le condizioni e gli adempimenti dell'impresa di assicurazione per il risarcimento del danno;
d) i limiti e le condizioni di risarcibilità dei danni accessori;
e) i principi per la cooperazione tra le imprese di assicurazione, ivi compresi i benefici derivanti agli assicurati dal sistema di risarcimento diretto.
Il comma 3 dell’articolo 150 prescrive che l'ISVAP vigili sul sistema di risarcimento diretto, nonché sui principi adottati dalle imprese per assicurare la tutela dei danneggiati, il corretto svolgimento delle operazioni di liquidazione e la stabilità delle imprese.
L’articolo 150 (comma 2) dispone inoltre che le norme relative alla procedura di risarcimento diretto non si applichino alle imprese di assicurazione con sede legale in altri Stati membri che operano nel territorio della Repubblica ai sensi degli articoli 23 e 24 (rispettivamente, cioè, operanti in regime di stabilimento o di prestazione di servizi), salvo che le medesime abbiano volontariamente aderito a tale sistema.
In attuazione delle predette norme è stato emanato l’apposito regolamento di disciplina del risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale (D.P.R. 18 luglio 2006, n. 254).
Tale regolamento – in coerenza alle prescrizioni del Codice delle assicurazioni private - precisa che (articolo 3, comma 2), in caso di lesioni dei terzi trasportati, la relativa richiesta del risarcimento del danno resta soggetta alla procedura “ordinaria” prevista dall'articolo 141 del codice.
Ai sensi del citato articolo 141, comma 1, (con
esclusione dell’ipotesi di caso fortuito), il danno al terzo è risarcito
dall'impresa di assicurazione del veicolo su cui era a bordo al momento del
sinistro, fermo restando quanto previsto all'articolo
I commi da
Il citato regolamento estende l’applicazione delle procedure di risarcimento diretto anche ai veicoli immatricolati nella Repubblica di San Marino e nello Stato Città del Vaticano, se assicurati con imprese con sede legale nello Stato italiano o con imprese che esercitino l'assicurazione obbligatoria responsabilità civile auto ai sensi degli articoli 23 e 24 del codice (rispettivamente, in regime di stabilimento e prestazione di servizi) e che abbiano aderito al sistema del risarcimento diretto.
Con riguardo alle modalità del risarcimento, è stabilito (articolo 5 del D.P.R. citato) che la richiesta del danneggiato che si ritiene non responsabile, in tutto o in parte, del sinistro sia rivolta all’impresa che ha stipulato il contratto relativo al veicolo utilizzato.
Tale richiesta è presentata mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o con consegna a mano o a mezzo telegramma o telefax o in via telematica, salvo che nel contratto sia esplicitamente esclusa tale ultima forma di presentazione della richiesta di risarcimento.
L'impresa che ha ricevuto la richiesta ne dà immediata comunicazione all'impresa dell'assicurato ritenuto in tutto o in parte responsabile del sinistro, fornendo le sole informazioni necessarie per la verifica della copertura assicurativa e per l'accertamento delle modalità di accadimento del sinistro.
Viene altresì precisato il contenuto della richiesta di risarcimento diretto (articolo 6) che, qualora incompleta, può essere integrata e regolarizzata secondo specifiche modalità (articolo 7).
L’impresa è tenuta a comunicare al danneggiato (articolo 8) una congrua offerta di risarcimento del danno (eventualmente in forma specifica, se previsto dal contratto) ovvero gli specifici motivi che impediscono di formulare l'offerta di risarcimento del danno.
La predetta comunicazione è inviata entro termini diversi secondo le circostanze del sinistro (lesioni, danni riguardanti solo i veicoli o le cose, danni ai veicoli accompagnati da lesioni; rispettivamente novanta, sessanta e trenta giorni). Nell’ipotesi di danni ai veicoli e lesioni, la procedure si attiva se il modulo di denuncia del sinistro è sottoscritto da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro.
L'impresa deve inoltre fornire al danneggiato, nell'adempimento degli obblighi contrattuali di correttezza e buona fede, ogni assistenza informativa e tecnica utile per consentire la migliore prestazione del servizio e la piena realizzazione del diritto al risarcimento del danno (articolo 9)
Tali obblighi comprendono, in particolare (oltre a quanto stabilito espressamente dal contratto) il supporto tecnico nella compilazione della richiesta di risarcimento, anche ai fini della quantificazione dei danni alle cose e ai veicoli, il suo controllo e l'eventuale integrazione, l'illustrazione e la precisazione dei criteri di responsabilità di cui all'allegato A al medesimo D.P.R.
Sugli importi corrisposti al soggetto danneggiato non sono dovuti compensi per la consulenza o assistenza professionale di cui si sia avvalso il danneggiato (diversa da quella medico-legale per i danni alla persona), nel caso in cui la somma offerta dall'impresa di assicurazione sia accettata (articolo 9, comma 2).
L’impresa, nel caso in cui il sinistro non rientri nell'ambito di applicazione previsto dal regolamento di attuazione (in particolare dall'articolo 3), entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta di risarcimento, a sua volta la trasmette - corredata della documentazione acquisita per ogni ulteriore valutazione - all'impresa del responsabile, qualora quest’ultima sia nota in base agli elementi in suo possesso (articolo 11).
In materia di determinazione del grado di responsabilità delle parti, sono richiamati i criteri di accertamento della responsabilità dei sinistri illustrati nella tabella di cui all'allegato A al D.P.R., in conformità alla disciplina legislativa e regolamentare in materia di circolazione stradale.
Qualora il sinistro non rientri in alcuna delle ipotesi previste dalla citata tabella, l'accertamento della responsabilità è compiuto con riferimento alla fattispecie concreta, nel rispetto dei principi generali in tema di responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli.
Infine, il regolamento - all’articolo 13 - reca norme in materia di organizzazione e gestione del sistema di risarcimento diretto. E’ infatti prevista la stipula di una convenzione tra imprese per regolare i rapporti organizzativi ed economici finalizzati alla gestione del risarcimento diretto.
In particolare si dispone, per la regolazione contabile dei rapporti economici, che la convenzione contempli una stanza di compensazione dei risarcimenti effettuati e che compensazioni seguano criteri diversi, secondo le conseguenze dei sinistri.
La norma prevede che l'attività della stanza di compensazione si svolga in regime di completa autonomia rispetto alle imprese di assicurazione ed ai loro organismi associativi.
Per il calcolo annuale dei valori da assumere ai fini delle compensazioni, sulla base dei dati forniti dalla stanza di compensazione, viene istituito presso il Ministero dello sviluppo economico un Comitato tecnico composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, con funzioni di Presidente; un rappresentante dell'ISVAP, un rappresentante dell'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, un esperto in scienze statistiche ed attuariali (che non deve avere svolto, nei due anni precedenti la nomina, incarichi presso imprese di assicurazione), due rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti.
Le imprese con sede legale in altri Stati membri dell'Unione europea che operano nel territorio della Repubblica, ai sensi degli articoli 23 e 24 del codice, hanno facoltà di aderire al sistema di risarcimento diretto mediante sottoscrizione della suddetta convenzione.
Le regolazioni dei rapporti tra imprese nell'ambito della procedura di risarcimento diretto non costituiscono prestazionidi servizi ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
Infine, il regolamento stabilisce che il sistema del risarcimento diretto dovrà consentire effettivi benefici per gli assicurati, attraverso l'ottimizzazione della gestione, il controllo dei costi e l'innovazione dei contratti, i quali potranno contemplare l'impiego di clausole di risarcimento del danno in forma specifica accompagnate dalla contestuale riduzione del premio per l'assicurato. Si prevede inoltre che, in presenza di clausole che prevedono il risarcimento del danno in forma specifica, nel contratto sia espressamente indicata la percentuale di sconto applicata (articolo 14).
Tale regolamento è entrato in vigore il 1° gennaio 2007, applicandosi ai sinistri verificatisi a partire dal 1° febbraio 2007 (ai sensi dell’articolo 15 del D.P.R. n. 254 del 2006).
Si ricorda che la disciplina del risarcimento diretto non si applica ai sinistri che coinvolgono le macchine agricole (articolo 42, comma 2-ter del d.l. 1 ottobre 2007, n. 159).
[1] Recante disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
[2] Si tratta delle seguenti: Comunicazione sul trattamento fiscale delle perdite in situazioni transfrontaliere [COM(2006) 824 def] e Comunicazione sulla tassazione in uscita e la necessità di coordinamento delle politiche fiscali degli Stati membri [COM(2006) 825 def.].
[3] Nella maggior parte degli Stati membri, le perdite nazionali possono essere compensate da altri profitti realizzati nello stesso Stato membro. Per contro, questa compensazione non è generalmente prevista per le perdite registrate in altri Stati membri. In mancanza di una compensazione transfrontaliera delle perdite, i profitti e le perdite delle società e dei gruppi rischiano di essere ripartiti su diversi paesi. Pertanto la compensazione delle perdite delle società e dei gruppi è limitata ai profitti realizzati nello Stato membro nel quale è stato effettuato l'investimento. Di conseguenza, le società ed i gruppi rischiano di pagare imposte su un importo che supera i risultati reali a livello dell'UE. Questa lacuna nelle legislazioni degli Stati membri ostacola la penetrazione di altri mercati e si ripercuote pertanto negativamente sulla competitività internazionale delle imprese europee.
[4] Numerosi Stati membri riscuotono imposte in uscita sulle plusvalenze realizzate nel momento in cui un contribuente trasferisce il suo domicilio fiscale o i suoi attivi in un altro Stato membro. Nella sua comunicazione la Commissione esamina i mezzi per adattare i regimi nazionali di tassazione in uscita applicabili alle persone fisiche ed alle società in modo da renderli compatibili con la normativa comunitaria. Essa propone anche orientamenti che mirano a renderli compatibili tra di essi per eliminare la doppia imposizione o la mancata imposizione involontaria, per evitare gli abusi e l'erosione della base imponibile.
[5] Sentenza della Corte di Giustizia del 12 luglio 2005, nella causa C-304/02, Commissione/Francia.
[6] Il decreto definisce come automatici gli aiuti che possono essere fruiti dalle imprese destinatarie senza che sia necessaria una preventiva attività istruttoria da parte dell'amministrazione o dell'ente responsabile della gestione dell'aiuto.
[7] Con tale provvedimento, la Commissione europea aveva riconosciuto come aiuto di Stato l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito (ex IRPEG, ora IRES) concessa a favore di società per azioni a partecipazione totale o maggioritaria degli enti locali (c.d. ex municipalizzate), nonché la possibilità per queste di stipulare prestiti a tassi agevolati con la Cassa Depositi e Prestiti (CCDDPP).
[8] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[9] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla l.. 4 agosto 2006, n. 248.
[10] D.Lgs. 21-11-2007 n. 231, recante attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.
[11] Tale struttura, istituita ai sensi del medesimo decreto, è incaricata di ricevere dai soggetti obbligati, di richiedere, ai medesimi, di analizzare e di comunicare alle autorità competenti le informazioni che riguardano ipotesi di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo
[12] Si ricorda che la Commissione, istituita dall’articolo 2 della legge n. 60 del 1976 :, è formata da undici membri designati dai presidenti delle due Camere, con lo scopo di vigilare sull’anagrafe tributaria: quest’ultima consiste in un centro di raccolta e di elaborazione, su scala nazionale, dei dati e delle notizie riguardanti la capacità contributiva dei singoli soggetti, nonché di smistamento di tali dati agli uffici preposti all’accertamento e al controllo.
[13] “Disposizioni sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della L. 30
dicembre 1991, n.
[14] Articolo 1, comma 6, lettera b) e comma 8, della legge n. 296/2006
[15] Articolo 1, commi 13 e 14, della legge n. 244/2007.
[16] Ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del TUIR sono considerati a carico i familiari che posseggono un reddito complessivo, computando anche le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica, non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili.
[17] Articolo 1, comma 6, della legge n. 296/2006.
[18] Si ricorda che per deduzioni s’intendono gli importi che si possono sottrarre dal reddito complessivo, con un beneficio rapportato all'aliquota marginale raggiunta dal contribuente. Esse operano pertanto in modo diverso rispetto alle detrazioni, che invece vengono sottratte direttamente dall'imposta lorda dovuta.
[19] L’incapienza si verifica quando il beneficio fiscale (detrazione dall’imposta) è superiore all’ammontare dovuto dal contribuente (imposta lorda). In tale situazione il soggetto incapiente non ha la possibilità di fruire dell’agevolazione spettante.
[20] Articolo 1, commi 15 e 16, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008).
[21] Articolo 1, comma 6, della legge n. 296/2006.
[22] Il reddito netto è determinato dalla differenza tra il reddito complessivo e il reddito dell’abitazione principale e sue pertinenze.
[23] Recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127/2007.
[24] Articolo 10, comma 3-bis, del TUIR.
[25] Articolo 1, commi 15 e 16, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), che ha introdotto il comma 6-bis all’articolo 13 del TUIR. La decorrenza è fissata dal 2007.
[26] Articolo 1, comma 202, della legge n. 244/2004 (finanziaria 2008).
[27] Articolo 35, comma 22-bis, del DL n. 223/2006.
[28] Articolo 2, comma 475, della legge n. 244/2007.
[29] In particolare, l’articolo 35, comma 35-quater, del DL n. 223/2006 ha prorogato il beneficio per l’anno 2006, mentre l’articolo 1, commi da 17 a 19, della legge n. 244/2007 ha disposto la proroga per le spese sostenute nel triennio 2008-2010.
[30] Introdotta dall’articolo 1, commi da 344 a 349 della legge n. 296/2006 e prorogata fino al 2010 dall’articolo 1, commi da 20 a 24, della legge n. 244/2007 che ha anche parzialmente esteso il beneficio a taluni impianti di climatizzazione non a condensazione.
[31] La proroga è stata introdotta, per l’anno 2006, dall’articolo 1, comma 400, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) e, per l’anno 2007, dall’articolo 1, comma 201, della legge n. 244/2007 (finanziaria 2008).
[32] Articolo 1, comma 319, della legge n. 296/2006.
[33] Articolo 1, comma 319, della legge n. 296/2006.
[34] Ai sensi dell’articolo 1, comma 208 della legge n. 244/2007, deve trattarsi di canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché di atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative.
[35] Articolo 1, comma 319, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007).
[36] La detrazione è stata introdotta, per l’anno 2007, dall’articolo 1, comma 353, della legge n. 296/2006. L’articolo 1, comma 20, della legge n. 244/2007 ha disposto la proroga fino al 2010.
[37] Articolo 1, commi 357 e 361, della legge n. 296/2006.
[38] L’articolo 1, commi da 358 a 360, della legge n. 296/2006 ha disposto il beneficio per l’anno 2007, e l’articolo 1, commi da 20 a 24, della legge n. 244/2007 ha prorogato al 31 dicembre 2010.
[39] Articolo 1, comma 207, della legge n. 244/2007.
[40] Articolo 1, comma 309, della legge n. 244/2007.
[41] L’articolo 1, commi 28 e 29, della legge n. 296/2006 aveva previsto l’obbligo di indicare, oltre al codice fiscale del destinatario, anche la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni. L’articolo 39, comma 3, del DL n. 159/2007 (collegato alla finanziaria 2008) ha limitato l’adempimento alla sola indicazione del codice fiscale.
[42] Legge finanziaria per il 2008.
[43] Articolo 1, commi da 242 a 246.
[44] “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.
[45] Articolo 2, comma 71, lett. b), num. 3), del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286) che ha modificato l’articolo 164 del TUIR..
[46] “Disposizioni urgenti in materia finanziaria” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007.
[47] “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.
[48] L’agevolazione è stata estesa agli imprenditori agricoli (articolo 1, comma 1075, legge n. 296/2006) e al settore della pesca (articolo 15, comma 1-bis, del DL 81/2007).
[49] Per quanto riguarda il periodo in cui devono essere effettuati gli investimenti, l’articolo 1, comma 284, della legge 244/2007 aveva escluso il 2007 dal beneficio. Tale anno è stato poi riammesso ai sensi dell’articolo 29, comma 10-bis, del DL 248/2007.
[50] In proposito, si rinvia anche alla circolare n. 38/E dell’11 aprile 2008 emanata dall’Agenzia delle entrate.
[51] Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia.
[52] Articolo 1, commi da 233 a 237, della legge n. 244/2007.
[53] Articolo 1, commi 325-343, della legge n. 244/2007.
[54] Tale misura, originariamente fissata al 15%, è stata elevata al 40% dall’articolo 1, comma 66, della legge n. 244/2007.
[55] Sono assimilati ai lavoratori dipendenti anche i collaboratori di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis) del TUIR e i percettori di somme sotto forma di utili da partecipazione, nonché gli associati di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c) del TUIR.
[56] La locazione finanziaria è il contratto con cui un finanziatore acquista il bene che l’utilizzatore gli indica o sceglie direttamente dal produttore e lo dà in godimento all’utilizzatore, consentendogli di acquistare il bene alla scadenza del contratto (leasing).
[57] Agricoltura e pesca (artt. 34 e 34-bis DPR n. 622/72), editoria, gestione servizi di telefonia pubblica, vendita di sali e tabacchi, commercio di fiammiferi, rivendita di documenti di trasporto pubblico, intrattenimenti e giochi (art. 74 DPR n. 633/1972), agenzie viaggio e turismo (art. 74-ter DPR n. 633/1972), vendite a domicilio (art. 25-bis, DPR n. 600/1973), rivendita beni usati, oggetti d’arte, antiquariato o da collezione (art. 36 DL 41/1995) agenzie di vendita all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione (art. 40-bis DL 41/1995), agriturismo (art. 5 L. 413/1991).
[58] Resta ferma, in ogni caso, la facoltà per il contribuente di optare per il regime ordinario.
[59] In sostanza, il contribuente è tenuto a versare allo Stato l’IVA detratta nei periodi d’imposta precedente se relativa ad acquisti di beni utilizzati o ceduti in regime semplificato.
[60] Articolo 1, commi da 1093 a 1096, della legge n. 296/2006.
[61] Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.
[62] Determinato in base al bilancio, come differenza tra componenti positivi e negativi di reddito.
[63] Determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tali attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento.
[64] Ai sensi dell’articolo 32, comma 1, del TUIR, il reddito agrario è costituito dalla parte del reddito medio ordinario dei terreni imputabile al capitale d’esercizio e al lavoro di organizzazione impiegati, nei limiti della potenzialità del terreno, nell’esercizio di attività agricole su di esso. Tale reddito esprime pertanto la redditività media derivante dall’esercizio di attività agricole nei limiti della potenzialità del terreno.
[65] Ossia la superficie delle attività dirette alla produzione tramite l'utilizzo di strutture fisse o mobili, non deve essere superiore al doppio di quella del terreno su cui la produzione stessa insiste.
[66] Articolo 1, comma 171, della legge n. 244/2007.
[67] Introdotta, con decorrenza 2008, dall’articolo 1, comma 37, della legge n. 244/2007. Si segnala, tuttavia, che una analoga disposizione agevolativa era già stata introdotta, una prima volta, con l’articolo 58 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 e, una seconda volta con l’articolo 3, commi da 4 a 6, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002).
[68] Per ulteriori chiarimenti si rinvia alla circolare n. 39/E dell’Agenzia delle entrate emanata in data 15 aprile 2008.
[69] Articolo 1, comma 9, della legge n. 244/2007.
[70] La disposizione, inizialmente introdotta dagli articoli 5 e 7 della legge n. 448/2001 concernenti, rispettivamente, la rivalutazione delle partecipazioni e dei terreni, è stata oggetto di numerose proroghe e riaperture dei termini. Le aliquote di imposta sostitutiva sono fissate in misura pari al 4% per i terreni e per le partecipazioni qualificate mentre risulta pari al 2% l’aliquota di imposta per la rivalutazione delle partecipazioni non qualificate.
[71] Con risoluzione n. 144/E del 10 aprile 2008 l’Agenzia delle entrate ha fissato i codici tributo per il versamento dell’imposta dovuta.
[72] Articolo 35, comma 35-bis, del DL 223/2006 e articolo 1, comma 7, DL n. 262/2006.
[73] Articolo 1, comma 229, legge n. 296/06.
[74] Articolo 1, commi 287-288, legge n. 296/06.
[75] Articolo 2, commi 216-217, legge n. 244/2007.
[76] Articolo 2, commi 561-563, legge n. 244/2007.
[77] Articolo 1, commi 58-62, legge n. 244/2007.
[78] Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.
[79] Al momento della emanazione della sentenza, la sesta direttiva era disciplinata dalla direttiva n. 77/388/CEE. Ad oggi, tale direttiva è stata rifusa nella direttiva n. 2006/112/CE. In particolare, il paragrafo 7 dell’articolo 17 è ora contenuto nell’articolo 177.
[80] Sentenze della Corte di Giustizia nelle cause C-307/01 e C-212/01
[81] Tali aliquote, fissate dall’articolo 2, comma 9, del DL n. 16/2006 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 58/2005 e dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 26 del 2007, modificano – senza novellare la norma - le aliquote di accise individuate dal decreto legislativo n. 504/1995 concernente il testo unico delle imposte sulla produzione e sui consumi.
[82] L’articolo 1 del DM prevede la riduzione fino al 30 aprile 2008.
[83] Gli obiettivi vengono calcolati sulla base del tenore energetico ed espressi come percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti immessi al consumo nel mercato nazionale.
[84] Con decisione della Commissione del 23 ottobre 2007 è stata autorizzata fino al 31 dicembre 2007 la riduzione dell’aliquota d’accisa sui biocarburanti prevista dal regime introdotto dall’articolo 1, comma 520 della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005).
[85] Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro. L’imposta di registro è un’imposta che colpisce gli atti posti in essere dai contribuenti, in quanto produttivi di effetti giuridici.
Sono soggetti a tassazione:
- gli atti scritti di qualsiasi natura (negoziale, amministrativa e giudiziaria);
- determinati contratti verbali;
- alcune operazioni societarie;
- atti formati all’estero.
[86] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006. In particolare, l’art. 35, co. 10, novella il testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, disponendo la modifica dell’articolo 5, comma 2; l’aggiunta di un nuovo comma dopo l’articolo 40, comma 1; l’aggiunta di una nuova lettera nella Tariffa, parte prima, all’articolo 5, comma 1, dopo la lettera a).
[87] Il comma dispone l’aggiunta, all’articolo 52 del testo unico sull’imposta di registro, dopo il comma 5, del comma 5-bis.
[88] Il comma dispone l’aggiunta dell’articolo 53-bis e del comma 1-bis all’articolo 74 del testo unico sull’imposta di registro.
[89] Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.
[90] Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
[91] In tale categoria rientrano collegi, convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari, caserme, case di cura, ospedali, prigioni, riformatori, uffici pubblici, scuole, laboratori scientifici, biblioteche, musei, accademie, circoli, ecc…
[92] Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[93] L’art. 1, comma 46, dispone l’aggiunta della lettera d-bis) al comma 1 dell’articolo 10, e del comma 1-bis all’articolo 57 del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
[94] Legge 24 dicembre 2007, n. 244.
[95] In particolare esso dispone l’aggiunta di un periodo all’articolo 1 della Tariffa, parte I, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131.
[96] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006.
[97] Decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.
[98] La voltura catastale è la trascrizione sui registri catastali delle notizie relative al trasferimento di un diritto reale su un bene immobile da un soggetto ad un altro. Essa viene effettuata su istanza di parte: in tal modo, viene annotato il nome del nuovo titolare del diritto accanto al bene registrato nel catasto.
[99] Anche in questo caso in deroga al successivo comma 2.
[100] Disciplinati dall’articolo 37 del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria-TUF (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e dall’articolo 14-bis della legge 25 gennaio 1994, n. 86 (Istituzione e disciplina dei fondi comuni di investimento immobiliare chiusi).
[101] Di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (testo unico bancario-TUB).
[102] Di cui all’articolo 5 della Tariffa, parte prima, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
[103] Decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.
[104] T.U. delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346. In base al combinato disposto degli artt. 1 del TUS e 2, co. 47, del d.l. 262 del 2006, l’imposta sulle successioni e donazioni si applica alle seguenti fattispecie: trasferimento di beni e diritti mediante successione mortis causa; donazioni (art. 769 c.c.) o altre liberalità tra vivi, escluse le erogazioni liberali effettuate per “spese di mantenimento e di educazione e quelle sostenute per malattia, (…) quelle ordinarie fatte per abbigliamento o per nozze” (art. 742 c.c.), e le donazioni di modico valore (art. 783 c.c.); liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione; la costituzione di vincoli di destinazione (trust, fondo patrimoniale, intestazione fiduciaria di beni); trasferimento di beni e diritti mediante atti a titolo gratuito (atti che non prevedono a carico del beneficiario alcuna controprestazione, ma sono privi dello spirito di liberalità tipico delle donazioni); la costituzione di diritti reali di godimento, la rinunzia a diritti reali o di credito e la costituzione di rendite o pensioni.
[105] Primi interventi per il rilancio dell’economia.
[106] Ai sensi del d.-l. n. 262 del 2006, ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte si applicano le seguenti aliquote:
- 4% sul valore complessivo netto eccedente un milione di euro per ciascun beneficiario, per i trasferimenti a favore del coniuge e dei parenti in linea diretta;
- 6% per i trasferimenti a favore dei parenti in linea collaterale fino al quarto grado e degli affini in linea diretta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado (la franchigia per trasferimenti in favore di fratelli e sorelle è pari a 100.000 euro);
- 8% per i trasferimenti in favore di soggetti diversi dai precedenti.
Alle donazioni e agli atti di trasferimento tra vivi a titolo gratuito di beni e diritti, nonché alla costituzione di vincoli di destinazione di beni, si applicano, invece, le seguenti aliquote:
- 4% sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, un milione di euro, per i trasferimenti a favore del coniuge e dei parenti in linea diretta;
- 6% per i trasferimenti a favore dei parenti in linea collaterale fino al quarto grado e degli affini in linea diretta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado (la franchigia per devoluzioni in favore di fratelli e sorelle è pari a 100.000 euro);
- 8% per i trasferimenti a favore dei soggetti diversi dai precedenti.
[107] Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[108] Il valore della franchigia per i beneficiari il cui handicap sia riconosciuto grave ai sensi della legge n. 104 del 1992 (Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) è pari a 1.500.000 euro e prescinde dal legame di parentela con il dante causa. Le aliquote eventualmente applicabili sono, rispettivamente, pari al 4, 6 o 8%, in dipendenza della sussistenza o meno di un legame di coniugio, parentela o affinità con il de cuius.
[109] Il patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.
[110] Legge 24 dicembre 2007, n. 244.
[111] Disciplina delle tasse sulle concessioni governative.
[112] Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 28 febbraio 2008, n. 31.
[113] R.D. 30 dicembre 1923, n. 3278.
[114] Abrogazione della tassa di taluni contratti di borsa, a norma dell’articolo 3, comma 162, lettera h), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
[115] Il 1° novembre 2007 è entrato in vigore il decreto legislativo 17 settembre 2007, n. 164, con il quale - modificandosi il testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998 – è stata attuata la direttiva comunitaria 2004/39 del 21 aprile 2004, contenente la nuova disciplina comune dei mercati degli strumenti finanziari (c.d. direttiva MIFID) sostitutiva della precedente direttiva in materia n. 1993/22 del 10 maggio 1993. La nuova disciplina prevede, fra i suoi principi quadro, l’abolizione della facoltà per gli Stati membri - di cui l’Italia si era sino ad ora avvalsa - di imporre la concentrazione delle compravendite di strumenti finanziari nei mercati regolamentati presso i quali gli stessi sono quotati. Sono infatti previste diverse strutture di scambio destinate ad operare in concorrenza fra loro: i mercati regolamentati, i sistemi multilaterali di negoziazione e gli internalizzatori sistematici.
La suddetta struttura del mercato degli strumenti finanziari, per funzionare in modo efficiente, presuppone che gli ordinamenti nazionali liberalizzino i suddetti scambi sotto il profilo tributario, di modo che non risultino penalizzate alcune “piazze finanziarie” rispetto ad altre e, nell’ambito di ciascun paese, non siano avvantaggiate determinate modalità di scambio, garantendosi una effettiva neutralità del sistema tributario in tale settore.
[116] Secondo i dati forniti dall’Agenzia del territorio nella relazione di accompagnamento al D.L. n. 262 del 2006, si tratterebbe di recuperare a tassazione circa 1 milione e 300 mila fabbricati su 4 milioni complessivi.
[117] Art. 5, commi 1-5 del D.L. n. 262 del 2006.
[118] Art. 5, co. 6 del D.L. n. 262 del 2006.
[119] Si ricorda che Il modello F24 è stato introdotto in base all’articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, il quale, all’articolo 17, prevede l'effettuazione, da parte dei contribuenti (in origine i soli titolari di partita IVA, indi tutti i contribuenti), di versamenti unitari, con eventuale compensazione, di imposte, contributi previdenziali e assistenziali e premi assicurativi.
[120] Per ulteriori approfondimenti si rinvia al paragrafo successivo.
[121] Tali regolamenti dovranno essere conformi allo schema tipo approvato dalla Conferenza Stato Regioni e dovranno prevedere l’obbligatorio affidamento all’Agenzia delle entrate delle funzioni dl liquidazione, accertamento e riscossione dell’IRAP.
[122] Decreto-legge n. 23 del 2007.
[123] Articolo 1, comma 144, della legge n. 296/2006.
[124] La legge 13 maggio 1999, n. 133, ha poi previsto che l’addizionale all’IRPEF riguardi non solo i comuni, ma anche le province, stabilendo che l’aliquota base di compartecipazione comprenda, indicandole distintamente, oltre che l’addizionale comunale, anche quella provinciale.
[125] Articolo 1, commi da 189 a 193 della legge n. 296 del 2006. Si segnala, peraltro, che limitatamente all’anno 2002, la compartecipazione era stata fissata in misura pari al 4,5 per cento del riscosso dall’articolo 67 della legge n. 388 del 2000. Dall’anno 2003 fino al 2006 la misura è stata elevata al 6,5 per cento con norme contenute nelle singole leggi finanziarie.
[126] La variazione deve essere decisa con regolamento comunale con deliberazione da pubblicare nel sito internet.
[127] Il termine è stato così modificato dall’articolo 40, comma 7, del decreto legge n. 159/2007 (collegato alla finanziaria 2008). Il precedente termine, stabilito dal comma 142 della finanziaria 2007, prevedeva l’applicazione dell’aliquota dell’anno di riferimento in caso di pubblicazione della delibera entro il 15 febbraio del medesimo anno.
[128] Il termine è stato sostituito al precedente (30 novembre dell’anno precedente) dall’articolo 2, comma 70, del decreto legge n. 262/2006 (collegato alla finanziaria 2007).
[129] D.L. 30 settembre 2005 n. 203 , recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
[130] La disposizione richiama anche l’articolo 117, comma secondo, lettera r), della Costituzione che affida alla competenza legislativa esclusiva dello Stato il coordinamento informativo, statistico ed informatico dei dati dell’amministrazione statale.
[131] Tale norma ha aggiunto l’articolo 48-bis al D.P.R. 29-9-1973 n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito. Tale articolo è stato poi modificato dall’articolo 19 del d.l. n. 159 del 2007.
[132] L’obbligo delle pubbliche amministrazioni di osservare la nuova disciplina sui pagamenti decorre dalla data di entrata in vigore del regolamento ministeriale di attuazione della norma primaria.
[133] Tale comunicazione è prevista dall'articolo 1, comma 412, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria per il 2005).
[134] Si ricorda inoltre che la sentenza della Corte Costituzionale n. 64 del 2008 in materia di estensione della giustizia tributaria (vedi capitolo Fisco: i princìpi costituzionali, pag. 13).
[135] Ai sensi dell'articolo 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.
[136] Ai sensi dell’articolo 86 del medesimo D.P.R. n. 602 del 1973.
[137] Come precisato nel Bollettino delle entrate tributarie, invece, in base ai principi SEC 95 la costruzione dei conti sulle entrate tributarie va fatto seguendo il principio della competenza economica.
[138] Il gettito dell’anno 2007 comprende anche l’acconto dell’addizionale introdotto, con decorrenza 2007, dalla legge n. 296/2006 (finanziaria 2007).
[139] Si segnala che, dall’anno 2007, il gettito comprende anche l’acconto dell’addizionale introdotto dalla legge n. 296/2006 (finanziaria 2007).
[140] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006.
[141] Imposta sugli spettacoli.
[142] Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 326 del 2003.
[143] Imposta sugli spettacoli.
[144] Legge 24 dicembre 2007, n. 244.
[145] Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
[146] Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007.
[147] Come previsto dall’articolo 1 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410.
[148] Seduta del 30 ottobre 2007.
[149] Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.
[150] Come tali intendendosi quelle di cui all’art. 1, co. 2, D.Lgs. n. 165 del 2001 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; c.d. Testo unico sul pubblico impiego):”tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al D.Lgs. n. 300 del 1999”.
[151] Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007.
[152] Si ricorda che all’aggiornamento dell’elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro delle infrastrutture, d’intesa con i Ministri dell’interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40).
[153] Disposizioni urgenti in materia di IRAP e di canoni demaniali marittimi, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 234 del 2006.
[154] Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006.
[155] Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 494 del 1993.
[156] Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.
[157] Nel dettaglio, il decreto legislativo modifica disposizioni del codice civile (in particolare l’articolo 2428, relativo alla predisposizione della relazione sulla gestione di esercizio, e gli articoli 2409-ter e 2429, relativi al giudizio di revisione), del decreto legislativo n. 127 del 1991 (relativo ai conti annuali e consolidati delle imprese), del decreto legislativo n. 87 del 1992 (relativo ai conti annuali e consolidati delle banche e delle altre imprese finanziarie), del testo unico della finanza, emanato con decreto legislativo n. 58 del 1998 (in particolare l’articolo 156, concernente il bilancio di esercizio e il bilancio consolidato delle società quotate), nonché alcune disposizioni del codice delle assicurazioni private emanato con decreto legislativo n. 209 del 2005 (in particolare gli articoli 94 e 100, riferiti rispettivamente alle relazioni sulla gestione allegate al bilancio di esercizio e al bilancio consolidato delle società di assicurazione. Viene altresì modificato il decreto legislativo n. 173 del 1997, relativo ai conti annuali e consolidati delle imprese di assicurazione.
[158] Il prospetto è un documento di pubblicità contenente importanti dati finanziari e non finanziari, che una società mette a disposizione dei potenziali investitori quando emette valori mobiliari (azioni, obbligazioni, strumenti derivati, etc.) per raccogliere capitali o quando vuole far ammettere i suoi valori mobiliari alla negoziazione in un mercato regolamentato. Esso costituisce un "passaporto unico" per l’emissione di valori mobiliari nell'insieme degli Stati membri.
[159] Si introduce, fra l’altro, nel TUF il nuovo articolo 113-ter, contenente disposizioni generali in materia di informazioni regolamentate, e il nuovo articolo 154-ter, che disciplina il contenuto e i termini di pubblicazione della relazione finanziaria annuale e semestrale, della relazione intermedia sulla gestione (relativa al primo semestre di esercizio) e del resoconto intermedio sulla gestione.
[160] Innanzitutto ci sono i clienti al dettaglio i quali sono protetti da tutte le regole di comportamento previste dalla direttiva (test di adeguatezza e appropriatezza, best execution, obblighi in materia di gestione degli ordini, doveri di informazione). La categoria intermedia è costituita dai clienti professionali, che beneficiano di standard di protezione comunque elevati, attenuati principalmente per quanto riguarda i flussi informativi dall’impresa e alcune presunzioni circa la loro esperienza finanziaria nei test di adeguatezza e appropriatezza. Infine c’è la categoria delle controparti qualificate alla quale non si applica la maggior parte delle regole di comportamento. Va evidenziato comunque che un cliente classificato come controparte qualificata o cliente professionale ha comunque il diritto di richiedere all’impresa il trattamento più protetto riservato ai clienti al dettaglio.
[161] Tali informazioni sono necessarie per poter raccomandare o selezionare i servizi di investimento e gli strumenti finanziari adeguati al cliente. Se le informazioni non sono ottenute, il servizio non può essere prestato. Per tutti gli altri servizi (collocamento, raccolta trasmissione ed esecuzione di ordini) l’impresa è tenuta a effettuare una valutazione di appropriatezza ottenendo dal cliente le informazioni sulle sue conoscenze ed esperienze riguardo al tipo specifico di prodotto o servizio.
[162] I mercati regolamentati sono caratterizzati da: oggetto sociale esclusivo della società di gestione del mercato; sottoposizione a un regime autorizzativo da parte dell’Autorità competente; sottoposizione a vigilanza; adozione di regole chiare e trasparenti che assicurino che gli strumenti finanziari possano essere negoziati in modo equo, ordinato ed efficiente; sui mercati regolamentati possono essere negoziati esclusivamente strumenti finanziari “regolati”, che rispettino cioè specifiche regole di ammissione alle negoziazioni; il mercato regolamentato può concludere accordi con sistemi di compensazione regolamento e garanzia per l’esecuzione delle transazioni; i mercati regolamentati, infine, riconoscono ai propri partecipanti il diritto di designare il sistema di regolamento delle proprie operazioni. La gestione di un sistema multilaterale di negoziazione è un’attività di investimento, riservata, e soggetta a regime autorizzatorio. Essa è svolta da un intermediario; pertanto, a differenza della gestione di un mercato regolamentato, non è richiesto l’oggetto sociale esclusivo della società di gestione. Sui sistemi multilaterali di negoziazione, inoltre, possono essere negoziati anche strumenti finanziari diversi da quelli ammessi alle negoziazioni su mercati regolamentati. Gli internalizzatori sistematici sono imprese di investimento autorizzate che svolgono il servizio di negoziazione per conto proprio in modo organizzato, frequente e sistematico. Essi si pongono sul mercato come disposti in maniera continuativa regolare e accessibile a negoziare sul proprio portafoglio. Gli internalizzatori possono astenersi dal rendersi disponibili a negoziare solo in particolari condizioni di mercato.
[163] La best execution ha una valenza duplice: da un lato è una regola di comportamento che tutela l’interesse del cliente. Dall’altro lato è una vera e propria regola di funzionamento del mercato, che rende effettivo il regime concorrenziale tra le sedi di negoziazione: cade la presunzione che il migliore risultato possibile sia ottenuto sui mercati regolamentati e tutti gli intermediari sono obbligati a un monitoraggio costante delle condizioni offerte da tutte le sedi di negoziazione. La strategia di esecuzione deve specificare, per ciascuna categoria di strumenti finanziari, le sedi di negoziazione dove l’impresa esegue gli ordini dei clienti; deve essere applicata a ciascun ordine; deve individuare i fattori che influenzano la scelta della sede di negoziazione e le relative priorità; deve assicurare di ottenere in modo duraturo il miglior risultato possibile; deve essere rivista annualmente; deve ricevere il consenso preliminare del cliente; può prevedere che gli ordini siano eseguiti fuori da un mercato regolamentato o da un sistema multilaterale di negoziazione, informando il cliente di tale possibilità.
[164] Per il cui recepimento è stata conferita delega legislativa al Governo dalla legge 18 aprile 2005, n. 62 (modificata dall’articolo 16 della legge 25 gennaio 2006, n. 29).
[165] In particolare, vengono adottate misure di coordinamento per quanto riguarda la definizione e il livello minimo dei fondi propri delle imprese di investimento, la fissazione dell'entità del loro capitale iniziale e la determinazione di un quadro comune per l'osservazione dei rischi di mercato cui sono soggette. La direttiva regola altresì i controlli sul patrimonio di negoziazione e stabilisce norme comuni per la vigilanza sui rischi di mercato. Relativamente ai negoziatori di derivati su merci per conto proprio, attualmente esenti dall’applicazione della direttiva sui mercati degli strumenti finanziari, è disposto il riesame dei requisiti patrimoniali nell’ambito della revisione di tale esenzione. Contestualmente dovrà essere valutata la possibilità di stabilire apposita disciplina per le imprese d'investimento la cui attività principale sia esclusivamente la fornitura di servizi d'investimento od operazioni collegate agli strumenti finanziari relativi a forniture energetiche (inclusi elettricità, carbone, gas naturale e petrolio). A garanzia della solvibilità degli enti creditizi e delle imprese d’investimento facenti parte di un gruppo, è prevista l’applicazione dei requisiti patrimoniali minimi ai singoli enti sulla base della situazione finanziaria consolidata del gruppo. In tale contesto, sono anche determinate le deroghe che le competenti autorità di vigilanza possono autorizzare. Viene inoltre disciplinata la vigilanza su base consolidata delle imprese d’investimento appartenenti a gruppi che non comprendono enti creditizi. Agli enti creditizi e alle imprese d’investimento è prescritto di adottare strategie e processi per valutare e mantenere l'adeguatezza del capitale interno e di rendere appropriata informativa al pubblico circa il controllo dei rischi e l’organizzazione interna. Relativamente ai fondi propri di enti creditizi e imprese d’investimento, la valutazione dell’adeguatezza dev’essere eseguita dalle autorità competenti avendo riguardo ai rischi cui tali enti sono esposti. In generale, si richiede il rafforzamento della cooperazione fra le autorità di vigilanza e del ruolo dell’autorità responsabile della vigilanza consolidata.
[166] A tal fine, l’articolo 3 interviene su varie norme del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (TUF). Fra l’altro, si esclude dall’applicazione delle disposizioni del TUB in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali i prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione sottoposti alla disciplina recata dal TUF; si sopprime la clausola di compatibilità relativa all’applicazione della disciplina del TUF ai prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione; si sottopongono alle disposizioni in materia di offerta fuori sede i prodotti finanziari emessi da imprese assicurative, limitatamente alle offerte esercitate dai soggetti abilitati, precisando che essi non possono essere comunque iscritti nelle sezioni del registro unico degli intermediari assicurativi riservate agli agenti e ai mediatori di assicurazione; si modifica la disciplina relativa alla circolazione dei prodotti finanziari i quali abbiano costituito oggetto di una sollecitazione esente dall’obbligo di pubblicare un prospetto; si modificano gli obblighi d’informazione al mercato in materia di attribuzione di strumenti finanziari a esponenti aziendali, dipendenti o collaboratori e l’ambito di applicazione della relativa disciplina; si modifica la disciplina della raccolta di deleghe di voto per le assemblee sociali, sopprimendo la previsione secondo cui il committente dev’essere iscritto nel libro dei soci da almeno sei mesi; si interviene sulla disciplina relativa all’elezione del consiglio di amministrazione, contenuta nell’articolo 147-ter del TUF (le nuove disposizioni riguardano, fra l’altro, la quota minima di capitale sociale richiesta per la presentazione delle liste, la possibilità di escludere le liste che abbiano ottenuto una percentuale di voti pari alla metà di quella richiesta dallo statuto per la presentazione, la partecipazione e il numero dei consiglieri indipendenti. È abrogata la prescrizione del voto mediante scrutinio segreto per le elezioni alle cariche sociali); si prescrive il metodo del voto di lista per l’elezione di un membro del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza e si precisa che questi ultimi non debbono essere collegati, nemmeno indirettamente, con i soci che hanno presentato o votato la lista risultata prima per numero di voti; si modificano le disposizioni relative al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari; si interviene sulla disciplina relativa al conferimento e alla revoca dell’incarico di revisione contabile, subordinandoli alla proposta dell’organo di controllo, e si ridefinisce la durata dell’incarico medesimo e l’intervallo minimo per il rinnovo o il nuovo conferimento, modificandosi i poteri della CONSOB in materia.
[167] I requisiti soggettivi per la costituzione di una SIIQ sono i seguenti: si deve trattare di una società per azioni residente in Italia; l'attività prevalente deve consistere nella locazione di immobili; i titoli di partecipazione devono essere negoziati in mercati regolamentati italiani; nessun socio deve possedere, direttamente o indirettamente, più del 51% dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e più del 51% dei diritti di partecipazione agli utili; le azioni devono essere possedute per almeno un 35% delle stesse da soci che non possiedano, direttamente o indirettamente, più dell'1% cento dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria e più dell'1% dei diritti di partecipazione agli utili. L'attività di locazione immobiliare, per essere considerata prevalente, deve superare un duplice test, quello patrimoniale e quello reddituale. Il primo si considera superato se la società destina all'attività suddetta immobili di proprietà, o di altro titolo reale, che rappresentino in totale un valore pari ad almeno l'80% dell'attivo patrimoniale; il secondo si considera superato se i proventi derivanti da tale attività rappresentano almeno l'80% di tutti i ricavi del conto economico. L'opzione comporta una scelta irrevocabile, in quanto, una volta esercitata, non consente di rinunciare al regime speciale e, anzi, determina per la società l'assunzione della qualifica di "Società di investimento immobiliare quotata" (SIIQ), qualifica che deve essere indicata non solo nella denominazione sociale, ma anche in tutti i documenti della società. Una volta esercitata l'opzione, la SIIQ è obbligata a distribuire ai soci almeno l'85% dell'utile derivante dall'attività propria della società e dal possesso delle partecipazioni di cui al comma 121, sempre che tale utile risulti completamente distribuibile. In caso contrario la detta percentuale si applica solo sulla parte distribuibile.
[168] Con riguardo alla tassazione degli utili in capo ai soci, gli utili corrisposti in qualunque forma a soggetti diversi da altre SIIQ devono essere sottoposti ad una ritenuta del 20% ovvero del 15%, se l'utile di esercizio è riferibile a contratti di locazione di immobili ad uso abitativo stipulati in base agli accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e quelle dei conduttori maggiormente rappresentative. La ritenuta si intende a titolo d'acconto se il percettore degli utili svolge un'attività commerciale ovvero, nel caso contrario, a titolo d'imposta.
[169] Commissione VI (Finanze) della Camera dei deputati, audizione informale del Direttore generale della Banca d’Italia Fabrizio Saccomanni, Le problematiche relative agli strumenti finanziari derivati, 6 novembre 2007, il quale ha rilevato come l'insieme delle regole prudenziali, oggi rafforzato a seguito dell'attuazione di Basilea 2, amplia i presidi anche a fronte dei rischi connessi con gli strumenti derivati e come l'azione di vigilanza, resa più intensa dal nuovo quadro regolamentare, tende a perseguire una più efficace valutazione e gestione dei rischi da parte degli intermediari.
[170] Legge 23 dicembre 2005, n. 266.
[171] A livello di cooperazione internazionale, il Financial Stability Forum ha posto l’attenzione su alcuni fattori di rischio per la stabilità finanziaria globale quali l’operatività degli hedge fund, la rapida crescita dell’attività dei fondi sovrani, l’efficacia degli strumenti di trasferimento del rischio di credito soprattutto in condizioni di stress, le difficoltà emerse nel mercato americano dei mutui ipotecari verso clientela ad alto rischio (cosiddetti subprime). In ambito europeo il Comitato per la vigilanza bancaria del Sistema europeo delle banche centrali (Banking Supervision Committee – BSC) e il Comitato delle autorità europee di vigilanza bancaria (Committee of European Banking Supervisors – CEBS) hanno formulato raccomandazioni finalizzate a rafforzare i meccanismi della cooperazione e dello scambio di informazioni in caso di crisi di natura sistemica con potenziali implicazioni transnazionali. La Commissione europea sta proseguendo gli approfondimenti sulle attività di normazione e di vigilanza prudenziale in Europa, in attuazione di quanto annunciato nel Libro bianco sulla politica dei servizi finanziari per il periodo 2005-2010. Per quanto concerne il settore dei servizi di pagamento, nell’aprile del 2007 il Parlamento europeo ha approvato la proposta di direttiva in materia di servizi di pagamento al dettaglio (Payment Services Directive – PSD). La direttiva, che si collega alla realizzazione di un’area unica per i pagamenti in euro (Single Euro Payments Area – SEPA), mira a garantire una cornice giuridica unitaria per i servizi di pagamento retail in ambito comunitario, al fine di accrescere i livelli di trasparenza e di concorrenza per una più efficace tutela degli utenti.
[172] Com’è segnalato nella relazione governativa al disegno di legge di conversione, gli interventi legislativi sono contenuti nei limiti minimi necessari per l’estensione dei poteri regolamentari e di vigilanza, coerentemente con il sistema del testo unico, che rimette le prescrizioni di carattere tecnico ad atti regolamentari delle autorità creditizie (in particolare, deliberazioni del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio e disposizioni della Banca d’Italia).
[173] Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha negli ultimi anni affrontato il tema della regolamentazione dell’adeguatezza patrimoniale degli enti creditizi, proseguendo i lavori sulla revisione dell’Accordo sul capitale delle banche che costituisce, per le autorità, la base per la modifica delle normative nazionali e, per gli intermediari, il riferimento per adeguare processi e strutture aziendali. In quest’ambito, nel giugno 2004, è stato raggiunto il nuovo Accordo sul capitale. L’11 ottobre 2005 è stata approvata la corrispondente proposta di direttiva europea, la quale stabilisce che a partire dal 2007 le nuove regole si applicheranno alle banche e alle imprese di investimento che operano nei Paesi dell’Unione. Entro la fine del 2006, gli Stati membri sono tenuti a introdurre la regolamentazione nazionale necessaria per dare applicazione alla nuova normativa.
[174] In particolare, si aggiornano le disposizioni relative alla composizione del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) e introduce la possibilità di invitare alle riunioni di esso i presidenti delle Autorità di vigilanza nel settore finanziario; si modifica la disciplina dell’assunzione di attività di rischio da parte delle banche nei confronti di soggetti collegati alla gestione della banca in relazione alle ipotesi di conflitto d’interessi; si estende alle controversie con tutta la clientela l’ambito di operatività dei sistemi di risoluzione stragiudiziale cui debbono aderire le banche e gli intermediari finanziari a norma dell’articolo 128-bis del TUB; si sopprimono i poteri di controllo della Banca d’Italia sulle emissione e le offerte di valori mobiliari superiori a cento miliardi di lire, mantenendo soltanto la facoltà di chiedere segnalazioni periodiche, dati e informazioni a carattere consuntivo.
[175] L’accordo ha individuato le misure massime della commissione di estinzione, in termini percentuali del capitale ancora da restituire, che le banche possono richiedere ai clienti sulla base delle caratteristiche del mutuo (a tasso fisso/ variabile/misto), in relazione alla data di stipula del contratto di mutuo e al periodo residuo di ammortamento del mutuo.
[176] In particolare, la banca è tenuta a rilasciare al cliente una quietanza attestante la data di estinzione del mutuo e a trasmettere entro trenta giorni al conservatore, cioè l’ufficio pubblico dei registri immobiliari, la relativa comunicazione senza applicare alcun onere. Il conservatore, una volta ricevuta la comunicazione e decorso il termine di trenta giorni dal rilascio della citata quietanza, procede d’ufficio alla cancellazione dell’ipoteca.
[177] Nel caso in cui le variazioni contrattuali riguardino i tassi d’interessi e siano conseguenti a decisioni di politica monetaria, di regola conseguenti alla variazione dei tassi ufficiali da parte della Banca Centrale Europea, la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 451) ha imposto ora alle banche - qualora l’intermediario intenda apportare variazioni ai tassi di interesse in tali circostanze - di variare contestualmente i tassi attivi (pagati dal cliente) e i tassi passivi (pagati al cliente).
[178] Il progetto prevede che dal 1° gennaio 2008 le banche siano in grado di offrire alla clientela servizi coerenti con gli schemi per bonifici e incassi e di emettere carte di pagamento in linea con i principi SEPA. Entro la fine del 2010, una quota significativa dei pagamenti nazionali dovrà migrare agli schemi paneuropei. Con riferimento ai bonifici e agli addebiti diretti l’EPC ha diffuso documenti (Rulebook) nei quali sono state fissate le regole di funzionamento delle versioni di base dei nuovi strumenti che sostituiranno quelli nazionali. Sono stati definiti principi generali a cui le carte di pagamento dovranno adeguarsi. In particolare, per gli schemi nazionali di carte (essenzialmente di debito) si configurano tre scenari: migrare in uno schema internazionale; creare uno schema paneuropeo; stipulare accordi con schemi internazionali.
[179] La direttiva istituisce una nuova categoria di intermediario munito di passaporto europeo – la cosiddetta Payment Institution – abilitato all’offerta di servizi di pagamento all’interno della UE. La nuova disciplina realizza la cornice giuridica armonizzata per l’affermazione di strumenti di pagamento paneuropei (bonifici, carte, addebiti diretti). Essa rafforza gli obblighi informativi verso la clientela, anche al fine di garantire la confrontabilità dei servizi offerti e la concorrenzialità del mercato di riferimento; sono previsti standard di diligenza sia per l’utilizzatore sia per il prestatore dei servizi; su quest’ultimo gravano forme estese di responsabilità per la corretta esecuzione delle operazioni. La direttiva consente anche a soggetti non finanziari (imprese commerciali o industriali quali, ad esempio, società telefoniche e della grande distribuzione) di offrire, in qualità di Payment Institution (PI) e in concorrenza con banche e Istituti di moneta elettronica (Imel) e intermediari finanziari, servizi di pagamento all’interno dell’Unione europea beneficiando del passaporto europeo. Le PI potranno: svolgere tutte le tipologie di servizi di pagamento previste dalla direttiva (ad esempio trasmissione di fondi, esecuzione di bonifici, emissione di carte di credito e di debito); detenere, esclusivamente ai fini dell’esecuzione di transazioni di pagamento, disponibilità liquide della clientela e, utilizzando fondi diversi da quelli detenuti per conto della clientela, concedere prestiti connessi con la prestazione di servizi di pagamento, di durata non superiore ai 12 mesi. La direttiva prevede un regime di vigilanza prudenziale proporzionato alla complessità e rischiosità dell’attività svolta e basato su un capitale minimo iniziale, su misure di tipo organizzativo e su requisiti di adeguatezza patrimoniale.
[180] Il 20 marzo 2008, il Dipartimento del tesoro-Direzione Valutario, Antiriciclaggio ed Antiusura ha emesso una circolare esplicativa delle innovazioni recate dall’articolo 49 del D.Lgs. n. 231 del 2007
[181] La SACE ha la funzione di assumere in assicurazione e in riassicurazione la garanzia sui rischi (di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e dei cambi) ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero.
[182] Recante l’attuazione della direttiva 2003/51/CE che modifica le direttive 78/660, 83/349, 86/635 e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione.
[183] Decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 303, recante “Coordinamento con la L. 28 dicembre 2005, n. 262, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (T.U.B.) e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (T.U.F.)”.
[184] Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, recante “Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52”.
[185] Con provv. 19 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 15 febbraio 2007, n. 38) sono state definite le modalità e i termini di comunicazione all'Anagrafe tributaria dei dati relativi alle somme di denaro erogate, a qualsiasi titolo, da imprese, intermediari e ogni altro operatore del settore delle assicurazioni.
[186] Il decreto legislativo in commento è stato emanato a seguito della delega contenuta nella legge comunitaria 2005 (legge 25 gennaio 2006, n. 29), il cui contenuto è stato specificato ed integrato dalla legge comunitaria 2006 (legge 6 febbraio 2007, n. 13).
[187] Il Centro è istituito presso l’ISVAP, cui è possibile rivolgersi per chiedere il risarcimento a seguito di un sinistro derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, nell’ipotesi di risarcimento del danno derivante da sinistri avvenuti all'estero.
[188] Articolo 1, comma 320 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[189] Decreto-legge, 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
[190] Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
[191] In attuazione delle predette norme, l’ISVAP ha reso disponibile per la pubblica consultazione lo schema di regolamento concernente la disciplina della trasparenza dei premi e delle condizioni di contratto nell’assicurazione obbligatoria per i veicoli a motore e i natanti (comunicato stampa del 27 dicembre 2007).
[192] Decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 7, recante “Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli” e convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 2 aprile 2007, n. 40.
[193] Con comunicato stampa del 17 gennaio 2008 l’ISVAP ha reso noto che la commissione congiunta ISVAP - Ministero dello Sviluppo Economico, a conclusione della gara europea indetta dall’ISVAP lo scorso agosto, ha assegnato alla società Engineering Spa la realizzazione del portale informatico che consentirà agli utenti di confrontare in tempo reale i preventivi Rc auto delle compagnie assicurative. Secondo il citato comunicato stampa, il preventivatore sarà operativo in un tempo massimo di sette mesi, dunque entro settembre 2008.
[194] Regolamento n. 5 del 16 ottobre 2006.
[195] COM(2007)394.
[196] COM(2003)284.
[197] COM(1999)232.
[198] Il metodo Lamfalussy è un modello decisionale che trova applicazione per l’adozione e l’attuazione degli atti legislativi comunitari nel settore dei servizi finanziari (valori mobiliari, banche e assicurazioni). In particolare, il modello prevede l’articolazione del processo decisionale in quattro livelli:
-
al primo
livello si colloca l’attività legislativa in senso stretto (adozione di
regolamenti o direttive secondo la procedura di codecisione). In questa fase,
in relazione al settore mobiliare,
- al secondo livello intervengono le disposizioni di attuazione poste in essere dalla Commissione, sulla base della delega contenuta nell’atto legislativo, in conformità alla procedura di regolamentazione (ora di regolamentazione con controllo). In questa fase la Commissione, sulla base di un parere tecnico del Comitato europeo dei regolatori dei valori mobiliari (CESR), composto di rappresentanti delle autorità nazionali di regolamentazione e vigilanza nel settore, predispone un progetto di misure esecutive e lo sottopone al Comitato europeo dei valori mobiliari (ESC), che esprime un parere;
- il terzo livello decisionale consiste, per quanto riguarda il settore mobiliare, nel coordinamento, in via informale in seno al CESR, delle attività delle autorità nazionali di regolazione e vigilanza sui valori mobiliari, al fine di garantire un recepimento uniforme e coerente delle disposizioni adottate ai primi due livelli;
- al quarto livello decisionale si colloca, infine, l’attività di attuazione, in via legislativa e amministrativa, delle norme comunitarie da parte degli Stati membri e il relativo controllo della Commissione europea.
[199] COM(2007)727
[200] COM(2007)807.
[201] COM(2007)808.
[202] COM(2008)119 La proposta costituisce una modifica della precedente proposta COM(2007)361 del 10 luglio 2007, al fine di adeguarne il testo all’intervenuta adozione della direttiva 2007/44/CE sulla valutazione prudenziale di acquisizioni e all’accordo politico raggiunto dal Consiglio sulla proposta di regolamento ROMA I, relativo alla legislazione applicabile alle obbligazioni contrattuali.
[203] Cfr. sentt. 15 marzo 1994, in C-387/92, 26 settembre 1996, in C-241/94, 19 maggio 1999, in C-6/97, 15 dicembre 2005 in C- 66/02.
[204] Cfr. sent. 7 marzo 2002, in C-310/99, 13 giugno 2006 in C- 173/03.
[205] Cfr. sent. 25 febbraio 1988, in cause riunite C – 67, 68, 70/1985.
[206] Cfr. sent. 17 settembre 1980, in C-730/79.
[207] Cfr. dec. della Commissione 89/348/CEE del 23 novembre 1988, sentt. 24 ottobre 1996, in C-62/95 e 63/95, 5 ottobre 2000, in C-288/96.
[208] Cfr. sentt. 11 luglio 1996, in C-39/94, 120 aprile 2003, in T-366/00, decisione della Commissione 96/631/CE del 17 luglio 1996, e decisione della Commissione 92/465/CEE del 14 aprile 1992.
[209] Cfr. sentt. 21 marzo 1991, in C-303/88 e in C-305/89.
[210] Cfr. sent. 10 dicembre 1969, in C-11/69, 7 giugno 1988 in C- 57/86.
[211] COM (2005)107.
[212] La Decisione della Commissione n. 842 del 28 novembre 2005, riguardante l’applicazione dell’articolo 86, paragrafo 2, del trattato CE agli aiuti di Stato sotto forma di compensazione degli obblighi di servizio pubblico, concessi a determinate imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale, la direttiva 2006/111/CE e il Quadro comunitario degli aiuti di Stato nella forma di compensazione del servizio pubblico [2005/C- 297/04].
[213] Articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[214] Ai
sensi del citato D.P.R. n. 107/2001 (articolo 2, comma 1), il Dipartimento
delle politiche fiscali è qualificato come centro unitario di direzione
amministrativa della fiscalità statale, con la funzione di assicurare il
supporto istituzionale, la conoscenza di dati di base e la loro elaborazione
per le decisioni dei vertici politici, nonché di curarne l'attuazione gestendo
le relazioni con le agenzie e gli altri enti che operano nel settore; esso
curava i rapporti con
[215] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 4 agosto 2006, n. 248.
[216] D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, recante disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria., convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286.
[217] Emanato ai sensi dell’articolo 71 del D.Lgs. n. 300 del 1999, recante norme di riforma dell’organizzazione del Governo.
[218] Ai sensi dell’articolo 59, comma 5, del D.Lgs. n. 300 del 1999.
[219] Articolo 11 del regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003.
[220] Lo sviluppo di tale sistema informativo rientra tra le funzioni attribuite all’Agenzia del demanio dall’articolo 65 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.
[221] Il Regolamento recante disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale è contenuto nel D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383.
[222] Decreto legislativo 22 giugno 2007, n. 109, recante “Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l'attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE”.
[223] Si ricorda che la natura e gli effetti del “congelamento di fondi e risorse economiche” sono disciplinati agli articolo 4 e 5 del decreto legislativo n. 109 del 2007. In particolare si ricorda che, ai sensi dell’articolo 4, al fine di dare esecuzione alle misure di congelamento di fondi e risorse economiche stabilite dalle risoluzioni adottate ai sensi del Capitolo VII della Carta delle Nazioni unite dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite per contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e nei confronti dell'attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, nelle more dell'adozione delle relative deliberazioni dell'Unione europea, fatte salve le iniziative dell'autorità giudiziaria in sede penale, il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, dispone con decreto, su proposta del Comitato di sicurezza finanziaria, il congelamento dei fondi e delle risorse economiche detenuti da persone fisiche, giuridiche, gruppi o entità, designati, secondo i criteri e le procedure stabiliti dalle medesime risoluzioni, dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite o da un suo Comitato.
[224] Si ricorda che all'aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa provvede, ai sensi dell’art. 8, comma 4, della legge n. 431 del 1998, il CIPE con propria delibera, su proposta del Ministro dei lavori pubblici, di intesa con i Ministri dell'interno e della giustizia. Il CIPE ha aggiornato gli elenchi con una serie di delibere e, da ultimo, con delibera 13 novembre 2003, n. 87 (G.U. 18 febbraio 2004, n. 40). L’elenco dei comuni è consultabile anche sul sito internet: http://www.confedilizia.it/elenco%20comuni%20alta%20tensione%20abitativa.htm
[225] Recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge con modificazioni dalla l. 29 novembre 2007, n. 222.
[226] D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222.
[227] Legge n. 296/2006 (finanziaria 2007).
[228] L’incapienza si verifica quando il beneficio fiscale (detrazione dall’imposta) è superiore all’ammontare dovuto dal contribuente (imposta lorda). In tale situazione il soggetto incapiente non ha la possibilità di fruire interamente dell’ammontare dell’agevolazione spettante.
[229] Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito con modificazioni, dalla legge n. 222/2007 (c.d. collegato alla finanziaria 2008).
[230] Articolo 1, comma 33, lettera n) della legge n. 244/2007.
[231] I coefficienti sono stabiliti in funzione della tipologia di bene e dell’attività svolta dal contribuente.
[232] “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.
[233] Articolo 37, commi 45 e 46, del DL n. 223/2006.
[234] Articolo 37, commi 45 e 46, del DL n. 223/2006.
[235] La norma non stabilisce il termine per l’emanazione del decreto che, al 30 aprile 2008, non risulta pubblicato.
[236] Recante “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286/2006..
[237] Non sono incluse in quella categoria le auto senza le quali non può essere esercitata l’attività dell’impresa quali, ad esempio, quelle delle impreso di noleggio auto o le scuole guida.
[238] Recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria” convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127/2007.
[239] Più precisamente, ai sensi dell’articolo 1, comma 34, della legge n. 244/2007, la nuova disciplina entra in vigore nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Pertanto, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, la decorrenza opera dal 2008.
[240] La disposizione era contenuta negli articoli 98 e 63 del TUIR, ora abrogati, con riferimento, rispettivamente, ai soggetti IRES e ai soggetti IRPEF.
[241] La disposizione era contenuta negli articoli 97 e 62 del TUIR, ora abrogati, con riferimento, rispettivamente, ai soggetti IRES e ai soggetti IRPEF.
[242] Il risultato operativo lordo è dato dalla differenza tra il valore e i costi della produzione, come risultanti dal conto economico di esercizio, escluse le quote di ammortamento delle immobilizzazioni immateriali e materiali e i canoni leasing relativi a beni strumentali; per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali, si assumono le voci di conto economico corrispondenti.
[243] Attuazione della direttiva n. 86/635/CEE, relativa ai conti annuali ed ai conti consolidati delle banche e degli altri istituti finanziari, e della direttiva n. 89/117/CEE, relativa agli obblighi in materia di pubblicità dei documenti contabili delle succursali, stabilite in uno Stato membro, di enti creditizi ed istituti finanziari con sede sociale fuori di tale Stato membro.
[244] L’articolo 96 del DPR n. 554/1999 (Regolamento di attuazione della L. 11 febbraio 1994, n. 109 legge quadro in materia di lavori pubblici, e successive modificazioni) stabilisce che, dopo l’aggiudicazione, le imprese riunite possono costituire tra loro una società consortile per l’esecuzione unitaria, anche parziale, dei lavori appaltati.
[245] L’articolo 156 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) dispone che il bando di gara per l'affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità deve prevedere la facoltà, per l’aggiudicatario, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. La società di progetto deve avere un capitale sociale non inferiore a quello indicato nel bando e diventa la concessionaria in quanto subentra nel rapporto di concessione all'aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione.
[246] Interventi dello Stato per la realizzazione di interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell'intermodalità.
[247] Legge finanziaria 1996.
[248] Legge finanziaria 2005.
[249] Si tratta, in particolare, della detrazione in misura pari al 19% degli interessi passivi e relativi oneri accessori pagati a soggetti residenti nel territorio dello Stato o di uno Stato membro della Comunità europea ovvero a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti in dipendenza di prestiti o mutui agrari di ogni specie, nei limiti dei redditi dei terreni dichiarati (lettera a)) ovvero in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l'acquisto dell'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall'acquisto stesso, per un importo non superiore a euro 3.615,20 (lettera b)).
[250] Riforma dell'imposizione sul reddito delle società, a norma dell'articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80. La legge n. 80/2003 recava disposizioni di delega per la riforma del sistema fiscale.
[251] D.Lgs. n. 6 del 2003 (Riforma organica della disciplina delle società di capitali e società cooperative, in attuazione della legge 3 ottobre 2001, n. 366) che aveva abrogato l’articolo 2426, comma 2, del Codice civile.
[252] Si tratta delle plusvalenze relative a partecipazioni e strumenti finanziari similari aventi i requisiti di cui all’articolo 87 del TUIR.
[253] Infatti, con riferimento ad un reddito lordo della società pari a 100, il netto percepito dal socio è pari a (100-27,5)=72,5. Su tale somma, applicando la quota di esenzione del 49,72% e l’aliquota marginale del 43%, le imposte in capo al socio sono pari a circa 15,50. Complessivamente, pertanto, il carico tributario è pari a (27,5 + 15,50) =43.
[254] Legge 4 agosto 2006, n. 248 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”.
[255] L’utilizzo dei crediti in compensazione (modello F24) è disciplinato dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997.
[256] Si tratta dei ricavi figurativi da determinare, caso per caso, si sensi dell’articolo 30, comma 1, legge n. 724/1994.
[257] Articolo 1, comma 109, della legge n. 296/2007.
[258] In virtù di tale facoltà, il contribuente poteva impegnarsi a fornire la “prova contraria” all’Amministrazione in un momento successivo e dietro richiesta di quest’ultima.
[259] Il valore minimo di produzione netta è determinato aggiungendo al reddito minimo presunto il costo delle retribuzioni, i compensi ai collaboratori, i compensi per prestazioni occasionali di lavoro autonomo e gli interessi passivi.
[260] Articolo 1, commi 128 e 129 della legge n. 244/2007.
[261] Nella relazione illustrativa della Finanziaria 2008 è stato chiarito che la ratio delle citate modifiche è quella “di concentrare l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria sulle casistiche che maggiormente interessano soggetti ‘di comodo’, alleggerendo, al contempo, gli adempimenti dei contribuenti e i carichi di lavoro degli uffici”.
[262] Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 14 febbraio 2008, n. 23681.
[263] Articolo 1, commi 111 e seguenti, della legge n. 296/2006.
[264] E’ richiesto, inoltre, che la società provveda alla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese entro un anno dalla data di delibera di scioglimento.
[265] Articolo 1, comma 129, della legge n. 244/2007.
[266] D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.
[267] Si ricorda che tale direttiva è stata abrogata dall'articolo 411, paragrafo 1, Dir. 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE (c.d. "direttiva di refusione della Sesta direttiva IVA"), in vigore dal 1° gennaio 2007. Sono stati fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di attuazione nel diritto interno e di applicazione della direttiva 77/388/CEE indicati nell'allegato XI, parte B, Dir. n. 2006/112/CE. Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo 411, i riferimenti alla direttiva n. 77/388/CEE abrogata si intendono fatti alla Dir. n. 2006/112/CE.
[268] L’articolo 29, n. 1 e n. 2, della sesta direttiva prevede l’istituzione di un comitato consultivo dell’IVA, formato da rappresentanti degli Stati membri e rappresentanti della Commissione. Il presidente del comitato è eletto tra i rappresentanti della Commissione.
[269] (“Sesta direttiva del Consiglio in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme”), entrata in vigore per l’Italia il 1° gennaio 1979..
[270] Nel dettaglio, per i mezzi indicati nell’articolo 54, lettere a) e c), del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (“Nuovo codice della strada”), non compresi nella tabella B allegata allo stesso D.P.R. n. 633 del 1972.
[271] Le lettere a) e c) del D.Lgs. n. 285 del 1992 si riferiscono rispettivamente alle autovetture (ossia ai "veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo nove posti, compreso quello del conducente") e agli autoveicoli per trasporto promiscuo (si tratta di "veicoli aventi una massa complessiva a pieno carico non superiore a 3,5 o 4,5 tonnellate se a trazione elettrica o a batteria, destinati al trasporto di persone e di cose e capaci di contenere al massimo nove posti compreso quello del conducente").
La tabella B allegata al D.P.R. n. 633 del 1972 reca, alle lettere e) e f), l’indicazione di determinate tipologie di cicli e motocicli assoggettati all’aliquota IVA del 20 per cento: trattasi di autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e di cose carrozzati a pianale o a cassone con cabina profonda o a furgone anche fenestrato con motore di cilindrata superiore a 2000 centimetri cubici o con motore diesel superiore a 2500 centimetri cubici e di motocicli per uso privato con motore di cilindrata superiore a 350 centimetri cubici.
[272] In base a tale disposizione, le direttive comunitarie vincolano lo Stato membro al quale sono rivolte per ciò che attiene al risultato da raggiungere, ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi da adibire a questo scopo.
[273] Decreto-legge 15 settembre 2006, n. 258, recante “Disposizioni urgenti di adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in data 14 settembre 2006 nella causa C-228/05, in materia di detraibilità dell'IVA” convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 10 novembre 2006, n. 278.
[274] D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.
[275] L’articolo 29, n. 1 e n. 2 della sesta direttiva prevede l’istituzione di un comitato consultivo dell’Iva formato da rappresentanti degli Stati membri e rappresentati della Commissione. Il presidente del comitato è eletto tra i rappresentanti della Commissione.
[276] Si ricorda altresì che ai sensi della decisione n. 2007/441/CE è presentata alla Commissione, dopo il secondo anniversario della decisione medesima - e in ogni caso entro il 31 dicembre 2009 - una valutazione che copra i primi due anni dell’applicazione della presente decisione, compresa una revisione della percentuale di restrizione applicata. In considerazione della temporaneità delle misure autorizzatorie, è previsto che esse scadano alla data di entrata in vigore delle norme comunitarie che stabiliscono quali spese relative ai veicoli stradali a motore non possono beneficiare della detrazione totale dell’imposta sul valore aggiunto, e comunque il 31 dicembre 2010.
[277] Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto.
[278] Si tratta per la precisione, dei seguenti prodotti: coke e semi-coke di carbon fossile, di lignite o di torba, anche agglomerati; carbone di storta, gas di carbon fossile, gas di acqua, gas povero e gas simili, esclusi i gas di petrolio e gli altri idrocarburi gassosi, catrami di carbon fossile, di lignite o di torba e altri catrami minerali, anche disidratati o privati delle frazioni di testa, compresi i catrami ricostituiti, olî e altri prodotti provenienti dalla distillazione dei catrami di carbon fossile ottenuti ad alta temperatura; prodotti analoghi nei quali i costituenti aromatici predominano, in peso, rispetto ai costituenti non aromatici, pece e coke di pece di catrame di carbon fossile o di altri catrami minerali, olî greggi di petrolio o di minerali bituminosi, olî di petrolio o di minerali bituminosi, diversi dagli olî greggi; preparazioni non nominate né comprese altrove, contenenti, in peso, il 70 per cento o più di olî di petrolio o di minerali bituminosi e delle quali tali olî costituiscono il componente base; residui di olî, gas di petrolio e altri idrocarburi gassosi, vaselina; paraffina, cera di petrolio microcristallina, cera di lignite, cera di torba, altre cere minerali e prodotti simili ottenuti per sintesi o con altri procedimenti, anche colorati, coke di petrolio, bitume di petrolio e altri residui degli olî di petrolio o di minerali bituminosi, bitumi e asfalti naturali; scisti e sabbie bituminosi; asfaltiti e rocce asfaltiche, miscele bituminose a base di asfalto o di bitume naturali, di bitume di petrolio, di catrame minerale o di pece di catrame minerale.
[279] Nei “considerando” si rileva che occorre modificare la nomenclatura combinata per tenere conto delle modifiche dei requisiti in materia di statistiche e di politica commerciale, delle modifiche introdotte per ottemperare ad impegni internazionali, degli sviluppi tecnologici e commerciali, della necessità di adeguare o chiarificare i testi nonché dei cambiamenti introdotti nella nomenclatura del sistema armonizzato ai sensi della raccomandazione del 26 giugno 2004 del Consiglio di cooperazione doganale.
[280] Aliquota così ridotta rispetto (in precedenza era 564 euro) dal DM 7 marzo 2008.
[281] Aliquota così ridotta rispetto (in precedenza era 416 euro) dal DM 7 marzo 2008.
[282] Aliquota così ridotta rispetto (in precedenza era 227,77. euro) dal DM 7 marzo 2008.
[283] Le emulsioni sono miscele composte per il 15 per cento circa da acqua e per l'85 per cento da benzina o gasolio, che hanno un impatto ambientale minore rispetto ai combustibili tradizionali.
[284] Con la Comunicazione del 7/02/2007 (GUUE C 130 del 12/6/2007) la Commissione europea ha autorizzato fino al 31/12/2007 la riduzione del livello di tassazione per i prodotti petroliferi in emulsione concessa dalla legge finanziaria 2007.
[285] Ai sensi dell’articolo 38, comma 1, del D.P.R. n. 600 del 1973, l’ufficio delle imposte procede alla rettifica delle dichiarazioni presentate dalle persone fisiche quando il reddito complessivo dichiarato risulti inferiore a quello effettivo o non sussistano oppure non spettino, in tutto o in parte, le deduzioni dal reddito o le detrazioni d’imposta indicate nella dichiarazione.
[286] Articolo 1, comma 307.
[287] Articolo 54 del D.P.R. n. 633 del 1972.
[288] Articolo 39 del D.P.R. n. 600 del 1973.
[289] Articolo 52 del D.P.R. n. 131 del 1986.
[290] La
legge finanziaria 2007 è successivamente intervenuta su tali profili con i
commi 48 e 49 dell’articolo 1. Il comma
[291] Articolo 10, comma 3-bis, del TUIR.
[292] Articolo 1, commi 15 e 16, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), che ha introdotto il comma 6-bis all’articolo 13 del TUIR. La decorrenza è fissata dal 2007.
[293] Articolo 35, comma 22-bis, del DL n. 223/2006.
[294] Articolo 2, comma 475, della legge n. 244/2007.
[295] In particolare, l’articolo 35, comma 35-quater, del DL n. 223/2006 ha prorogato il beneficio per l’anno 2006, mentre l’articolo 1, commi da 17 a 19, della legge n. 244/2007 ha disposto la proroga per le spese sostenute nel triennio 2008-2010.
[296] Introdotta dall’articolo 1, commi da 344 a 349 della legge n. 296/2006 e prorogata fino al 2010 dall’articolo 1, commi da 20 a 24, della legge n. 244/2007 che ha anche parzialmente esteso il beneficio a taluni impianti di climatizzazione non a condensazione.
[297] Articolo 1, comma 319, della legge n. 296/2006.
[298] Ai sensi dell’articolo 1, comma 208 della legge n. 244/2007, deve trattarsi di canoni relativi ai contratti di ospitalità, nonché di atti di assegnazione in godimento o locazione, stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative.
[299] Si
tratta dei commi da
[300] Le modifiche sono state apportate dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007), dal D.L. n. 159 del 2007 e dall’articolo 26-bis del D.L. n. 248 del 2007, convertito dalla legge n. 31 del 2008.
[301] Si ricorda che per l’iscrizione nel catasto fabbricati si applicano le disposizioni contenute nel DM Finanze 19 aprile 1994, n. 701.
[302] Sono stati pubblicati per il momento quattro comunicati contenenti gli elenchi: 10 agosto 2007, 26 ottobre 2007 e 7 dicembre 2007 e 28 dicembre 2007.
[303] In precedenza il termine era fissato a 90 giorni dal 28 dicembre 2007.
[304] Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917.
[305] Gazz. Uff. 2 aprile 2007, n. 77, S.O.
[306] Gazz. Uff. 14 settembre 2007, n. 214.
[307] Di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e successive modificazioni.
[308] Articolo 1, commi da 83 a 90.
[309] Si considerano fiscalmente privilegiati, ai fini dell'applicazione dell'art. 2, comma 2-bis del testo unico delle imposte sui redditi, i seguenti Stati e territori:
Alderney; Andorra; Anguilla; Antigua e Barbuda; Antille Olandesi; Aruba; Bahama; Bahrein; Barbados; Belize; Bermuda; Brunei; Cipro; Costa Rica; Dominica; Emirati Arabi Uniti; Ecuador; Filippine; Gibilterra; Gibuti; Grenada; Guernsey; Hong Kong; Isola di Man; Isole Cayman; Isole Cook; Isole Marshall; Isole Vergini Britanniche; Jersey; Libano; Liberia; Liechtenstein; Macao; Malaysia; Maldive; Malta; Maurizio; Monserrat; Nauru; Niue; Oman; Panama; Polinesia Francese; Monaco; San Marino; Sark; Seicelle; Singapore; Saint Kitts e Nevis; Saint Lucia; Saint Vincent e Grenadine; Svizzera; Taiwan; Tonga; Turks e Caicos; Tuvalu; Uruguay; Vanuatu; Samoa.
[310] Si tratta dei seguenti: 1) Albania, 2) Algeria 3) Argentina 5) Australia 6) Austria 8) Bangladesh 9) Belgio 10) Bielorussia 11) Brasile 12) Bulgaria 13) Canada 14) Cina 15) Corea del Sud 16) Costa d'Avorio 17) Croazia 18) Danimarca 19) Ecuador 20) Egitto 21) Emirati Arabi Uniti 22) Estonia 23) Federazione Russa 24) Filippine 25) Finlandia 26) Francia 28) Germania 29) Giappone 30) Grecia 31) India 32) Indonesia 33) Irlanda 34) Israele 35) Jugoslavia 36) Kazakistan 38) Kuwait 39) Lituania 40) Lussemburgo 41) Macedonia 42) Malta 43) Marocco 44) Mauritius 45) Messico 46) Norvegia 47) Nuova Zelanda 48) Paesi Bassi 49) Pakistan 50) Polonia 51) Portogallo 52) Regno Unito 53) Repubblica Ceca 54) Repubblica Slovacca 55) Romania 56) Singapore 57) Slovenia 58) Spagna 59) Sri Lanka 60) Stati Uniti 61) Sud Africa 62) Svezia 64) Tanzania 65) Thailandia 66) Trinidad e Tobago 67) Tunisia 68) Turchia 70) Ucraina 71) Ungheria 73) Venezuela 74) Vietnam 75) Zambia.
[311] Ai fini dell’indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi derivanti da operazioni intercorse con imprese domiciliate in Stati o territori aventi regime fiscale privilegiato, di cui all’articolo 110, comma 10 del TUIR, si considerano Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato:
Alderney (Isole del Canale), Andorra, Anguilla, Antille Olandesi, Aruba, Bahamas, Barbados, Barbuda, Belize, Bermuda, Brunei, Cipro, Filippine, Gibilterra, Gibuti (ex Afar e Issas), Grenada, Guatemala, Guernsey (Isole del Canale), Herm (Isole del Canale), Hong Kong, Isola di Man, Isole Cayman, Isole Cook, Isole Marshall, Isole Turks e Caicos, Isole Vergini britanniche, Isole Vergini statunitensi, Jersey (Isole del Canale), Kiribati (ex Isole Gilbert), Libano, Liberia, Liechtenstein, Macao, Maldive, Malesia, Montserrat, Nauru, Niue, Nuova Caledonia, Oman, Polinesia francese, Saint Kitts e Nevis, Salomone, Samoa, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Sant'Elena, Sark (Isole del Canale), Seychelles, Tonga, Tuvalu (ex Isole Ellice), Vanuatu .
Sono altresì inclusi: 1) Bahrein, con esclusione delle società che svolgono attività di esplorazione, estrazione e raffinazione nel settore petrolifero; 2) Emirati Arabi Uniti, con esclusione delle società operanti nei settori petrolifero e petrolchimico assoggettate ad imposta; 3) Monaco, con esclusione delle società che realizzano almeno il 25% del fatturato fuori dal Principato; 4) Singapore, con esclusione della Banca Centrale e degli organismi che gestiscono anche le riserve ufficiali dello Stato. Le disposizioni indicate nell'art. 1 si applicano inoltre ad un’altra serie di Stati, elencati nell’articolo3, limitatamente ai soggetti e alle attività per ciascuno di essi indicate.
[312] Recante “Individuazione degli Stati non appartenenti all'Unione europea soggetti ad un regime di tassazione non privilegiato di cui all'art. 96-bis, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi (cd. «white list»)”. Si tratta dei seguenti:
1)Albania; 2) Algeria; 3) Argentina; 4) Australia; 5) Bangladesh; 6) Bielorussia; 7) Brasile; 8) Bulgaria; 9) Canada; 10) Cina; 11) Costa d'Avorio; 12) Croazia; 13) Egitto; 14) Estonia; 15) Giappone; 16) India; 17) Indonesia; 18) Israele; 19) Iugoslavia; 20) Kazakistan; 21) Lituania; 22) Macedonia; 23) Marocco; 24) Messico; 25) Norvegia; 26) Nuova Zelanda; 27) Pakistan; 28) Polonia; 29) Repubblica Ceca; 30) Slovacchia; 31) Romania; 32) Russia; 33) Slovenia; 34) Sri Lanka; 35) Stati Uniti; 36) Sudafrica; 37) Tanzania; 38) Thailandia; 39) Trinidad e Tobago; 40) Tunisia; 41) Turchia; 42) Ucraina; 43) Ungheria; 44) Venezuela; 45) Vietnam; 46) Zambia.
[313] Tale articolo 96-bis, relativo ai dividendi distribuiti a società non residenti, è stato abrogato
[314] Peraltro, poiché nelle white list previste dal nuovo articolo 168-bis dovranno essere inclusi anche gli Stati attualmente non compresi nella vigente black list di paesi di cui al DM 4 maggio 1999 - che si costituisce il riferimento proprio per l’applicazione della norma dell’articolo 2 del TUIR relativa alla presunzione di residenza – potrebbe anche verificarsi l’emanazione di un unico decreto ministeriale, quello previsto dall’articolo 168-bis, da utilizzarsi anche per l’applicazione della norma sulla presunzione di residenza.
[315] D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della l. 4 agosto 2006, n. 248.
[316] Disposta all’articolo 8, comma 2, del citato D.Lgs. n. 504 del 1992.
[317] Tale tipologia di impresa è definita dalla Raccomandazione 2003/361/CE del 6 maggio 2003, secondo la quale la categoria delle piccole imprese prevede l’impiego di meno di 50 persone e un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro, mentre la categoria della microimpresa prevede l’impiego di meno di 10 persone, con un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo inferiori ai 2 milioni di euro.
[318] D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286.
[319] Con Det. 18 dicembre 2007 (Gazz. Uff. 22 dicembre 2007, n. 297) è stata accertata l'effettiva operatività del sistema di circolazione e fruizione dei dati catastali per i comuni.
[320] D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, recante norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.
[321] Modificati dal comma 1 dell'art. 39, D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, come modificato dalla relativa legge di conversione (l. 29 novembre 2007, n. 222)
[322] Come modificati dell’articolo 3 del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 3 agosto 2007, n. 127.
[323] Recante “Modalità operative per la certificazione, relativa all'anno 2007, da parte dei comuni del maggior gettito ICI derivante dall'applicazione dell'articolo 2, commi da 33 a 38 e da 40 a 45, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286”.
[324] In particolare, le citate disposizioni hanno disposto la riduzione dei trasferimenti erariali in favore dei comuni, in misura corrispondente al maggior gettito derivante dall’imposta comunale sugli immobili conseguente all’aggiornamento del catasto dei terreni (479,4 milioni di euro nel 2007), alla razionalizzazione dell’accatastamento degli immobili nella categoria E (40 milioni di euro nel 2007) e all’adeguamento dei moltiplicatori degli immobili di categoria B (90 milioni di euro nel 2007).
[325] Tale allegato, relativo alle “eccedenze di spesa”, reca le misure correttive degli effetti finanziari recati da disposizioni legislative, ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468 del 1978.
[326] Articolo 1, comma 50, lettera h) della legge n. 244/2007.
[327] Articolo 1, comma 226, della legge n. 244/2007.
[328] Tale coefficiente è determinato dal rapporto tra 3,9 (aliquota vigente dal 2008) e 4,25 (aliquota vigente fino al 2007).
[329] Articolo 1, comma 50, della legge n. 244/2007.
[330] Determinato ai sensi dell’articolo 2425, comma 1, lettera A), del codice civile.
[331] Determinati ai sensi dell’articolo 2425, comma 1, lettera B), del codice civile.
[332] Con provvedimento dell’Agenzia delle entrate n. 49810 del 31 marzo 2008, è stata fissata al 30 maggio 2008 la scadenza del termine per l’esercizio dell’opzione.
[333] La disposizione è stata introdotta al fine di coordinare la normativa fiscale con le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 6 del 2003 recante riforma del diritto societario. In particolare, a seguito dell’abrogazione del secondo comma dell’articolo 2426 del codice civile, non si possono imputare al conto economico rettifiche di valore e accantonamenti per ragioni esclusivamente fiscali.
[334] Il testo originariamente approvato della norma escludeva dal beneficio anche le banche, gli altri enti finanziari e le imprese di assicurazione. Con il decreto legge n. 81/2007, al fine di evitare una condanna da parte delle autorità europee per aver introdotto aiuti di Stato non autorizzati, i benefici sono stati estesi anche ai predetti settori.
[335] La norma originariamente approvata subordinava la fruizioni di alcuni dei nuovi benefici introdotti all’autorizzazione da parte dell’Unione europea. Il decreto legge n. 67/2007, non convertito, aveva eliminato dal comma 267 l'inciso subordinante la fruibilità dell'agevolazione alla concessione dell'autorizzazione delle competenti autorità europee. Si fa presente che, in ogni caso, l’introduzione di un beneficio fiscale deve comunque essere approvato dall’Unione europea.
[336] Quest'ultima deduzione è fruibile nel rispetto dei limiti derivanti dall'applicazione della regola de minimis prevista dal Regolamento (CE) n. 69/2001 della Commissione del 12 gennaio 2001, la cui validità è cessata il 31 dicembre 2006, ed è subentrato il Regolamento (CE) n. 1998/2006 del 15 dicembre 2006, a partire dal 1° gennaio 2007.
[337] Si tratta, in particolare, di assunzione in un'area geografica nella quale il livello di disoccupazione superi il 100 per cento della media comunitaria da almeno due anni, e nella quale la disoccupazione femminile abbia superato il 150 per cento del tasso di disoccupazione maschile dell'area per almeno due dei tre anni precedenti.
[338] Convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
[339] Legge 8 maggio 1998, n. 148, recante “Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell’Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario”.
[340] In particolare, il comma 13 ha introdotto un articolo 10-bis alla citata l. n. 146 del 1998.
[341] Il comma 1 dell’articolo 54 del TUIR stabilisce che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell'arte o della professione, salvo quanto stabilito nei successivi commi. I compensi sono computati al netto dei contributi previdenziali e assistenziali stabiliti dalla legge a carico del soggetto che li corrisponde.
Il riferimento all’articolo 85 (corrispondente al vecchio articolo 53), comma 1, lettera c), del medesimo TUIR è integrato dall’aggiunta delle lettere d) ed e), di nuova introduzione, che disciplinano affini tipologie di ricavo, alle quali è dunque estesa l’esclusione, e che quindi non concorrono al raggiungimento del limite per l’applicabilità degli studi di settore.
L’articolo 85, comma 1, del TUIR definisce la nozione di ricavo.
La lettera c) riguarda i corrispettivi delle cessioni di azioni o quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l’esenzione prevista dall’articolo 87 (“Plusvalenze esenti”), anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
La lettera d) si riferisce ai corrispettivi delle cessioni di strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell’articolo 44 emessi da società e altri enti, che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diversi da quelli cui si applica l’esenzione prevista dall’articolo 87, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
La lettera e) riguarda, infine, i corrispettivi delle cessioni di obbligazioni e di altri titoli in serie o di massa, diversi da quelli indicati alla lettere c) e d), che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
[342] Le presunzioni sono le conseguenze che la legge (presunzioni legali) o il giudice (presunzioni semplici) trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato. Le presunzioni semplici – per avere valenza probatoria – devono essere gravi, precise e concordanti.
[343] Decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito in legge con modificazioni, dall’art. 1, L. 3 agosto 2007, n. 127.
[344] Novellando le disposizioni recate dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, comma 14, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 ).
[345] “Disposizioni urgenti in materia finanziaria” convertito con modificazioni nella legge n. 127 del 3 agosto 2007.
[346] Disciplinati dall’articolo 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
[347] Decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203 , recante misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.
[348] La norma citata si richiama all’articolo 4, comma 118 della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria 2004.
[349] Si segnala che il decreto-legge n. 262 del 2006 ha parzialmente modificato (articolo 2, comma 5) il regime transitorio, , della remunerazione di “Equitalia SpA” e delle società da questa partecipate (vedi paragrafo precedente). E’ stato espunto il riferimento all’articolo 4, comma 119 della l. n. 350 del 2003: in sostanza non si applica, per gli anni 2007 e 2008, il vincolo di una quota prestabilita del rimborso forfettario (4 per cento dell’intera somma) per la remunerazione dei concessionari e dei commissari governativi operanti in regioni bilingui.
[350] Di cui al D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, recante il riordino del servizio nazionale della riscossione, in attuazione della delega prevista dalla L. 28 settembre 1998, n. 337.
[351] Si tratta in particolare delle sanzioni comminate per:
- omissione dei riversamenti agli enti creditori;
- ritardo nell'esecuzione della restituzione di somme dichiarate indebite;
- ritardo o omissione di riversamento dal concessionario delegato al concessionario delegante;
- atti compiuti da personale non autorizzato;
- omessa o irregolare tenuta del registro cronologico;
- ritardata, omessa o irregolare comunicazione dei dati di riscossione;
- mancato rispetto del termine di notifica della cartella in materia di riscossione spontanea a mezzo ruolo;
- altre violazioni.
[352] Legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[353] Legge 24 dicembre 2007, n. 244.
[354] Regolamento recante disposizioni in materia di SIIQ (società di investimento immobiliare quotate), in attuazione dell’articolo 1, comma 141, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[355] La Francia ha emanato una disciplina sulle SIIC (Société d’investissement immobilier cootée) nel 2003; il Regno Unito ha approvato, nel marzo del 2006, una legge che è entrata in vigore nel 2007; la Germania, come l’Italia, ha adottato tale disciplina nel 2007, mentre in Olanda e in Belgio essa esiste già da tempo. Ad avvalersi di un’analoga disciplina sono, altresì, il Giappone (dal 2001) e Hong Kong (dal 2003).
[356] Regolamento recante disposizioni in materia di SIIQ (società di investimento immobiliare quotate), in attuazione dell’articolo 1, comma 141, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
[357] Decreto legislativo 12 dicembre 2003, n. 344 (Riforma dell’imposizione sul reddito delle società, a norma dell’articolo 4 della legge 7 aprile 2003, n. 80) e successive modificazioni.
[358] Mercato telematico azionario (MTA) gestito da Borsa Italiana Spa, in cui si negoziano azioni (azioni ordinarie, azioni privilegiate, azioni di risparmio), obbligazioni convertibili, warrant, diritti d’opzione e certificati rappresentativi di quote di OICR. L’MTA è un mercato order driven, in cui la negoziazione e lo scambio degli strumenti finanziari avvengono attraverso un meccanismo d’asta, che fa incontrare domanda e offerta: lo scambio ha luogo tra chi offre il prezzo più basso in vendita e chi offre il prezzo più alto in acquisto. I titoli sono scambiati attraverso un meccanismo a doppio lato (two sides): le offerte di prezzo vengono fatte sia dagli acquirenti che dai venditori delle azioni. Il sistema telematico visualizza le proposte di negoziazione all’interno di un book che compare sui terminali degli operatori autorizzati.
[359] I margini sono le attività costituite a garanzia dai partecipanti a un sistema di controparte centrale (ossia il soggetto che, frapponendosi tra due contraenti per mezzo della novazione dell’obbligazione originaria, si costituisce come il compratore del contratto venduto e il venditore del contratto acquistato, garantendo il buon fine delle obbligazioni assunte; in Italia, le funzioni di controparte centrale sono svolte dalla Cassa di Compensazione e Garanzia). I margini proteggono la Controparte Centrale, e quindi il mercato, dall’inadempienza o default dei partecipanti al sistema.
[360] Il mercato SeDeX (Securities Derivative Exchange o Mercato Telematico dei Securitised Derivatives) è il mercato gestito da Borsa Italiana Spa sul quale vengono negoziati Covered Warrant e Certificate.
[361] Le obbligazioni possono essere emesse esclusivamente a fronte di un preciso investimento chiaramente individuato e il ricavo netto dell’emissione deve essere pari alla somma prevista nel quadro economico del progetto o delle acquisizioni che si intendono effettuare.
[362] A tal fine, i predetti enti sono tenuti a comunicare periodicamente allo stesso Ministero i dati relativi alla propria situazione finanziaria. La definizione del contenuto e delle modalità del coordinamento, nonché dell’invio dei dati sono demandate ad un decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, recante altresì le norme relative all’ammortamento del debito e all’utilizzo degli strumenti derivati da parte dei succitati enti. A quest’adempimento si è provveduto con il decreto dei Ministri dell’economia e delle finanze e dell’interno 1° dicembre 2003, n. 389.
[363] In tal modo, sono stati eliminati l’obbligo di emissione alla pari, prima vigente per i titoli obbligazionari degli enti territoriali, riconoscendosi agli enti stessi la facoltà di emettere prestiti caratterizzati da uno scarto di emissione, e l’obbligo di trasmettere al Ministero del tesoro - Direzione generale del tesoro (ora Ministero dell’economia e delle finanze) e, per conoscenza, al Ministero dell’interno, un’apposita comunicazione, che era condizione necessaria per il collocamento del prestito.
[364] Tale regolamento prevede, all’articolo 1, che le province, i comuni, le unioni di comuni, le città metropolitane, le comunità montane e isolane, i consorzi tra enti territoriali e le regioni comunichino entro il giorno 15 dei mesi di febbraio, maggio, agosto e novembre di ogni anno al Dipartimento del tesoro del Ministero dell’economia e delle finanze i dati relativi all’utilizzo netto di forme di credito a breve termine presso il sistema bancario, ai mutui accesi con soggetti esterni alla pubblica amministrazione, alle operazioni derivate concluse e ai titoli obbligazionari emessi nonché alle operazioni di cartolarizzazione concluse. Il coordinamento dell’accesso dei predetti enti ai mercati dei capitali è svolto dal Ministero dell’economia e delle finanze limitatamente alle operazioni di finanziamento a medio e lungo termine o di cartolarizzazione di importo pari o superiore a 100 milioni di euro. A tal fine, gli enti comunicano le caratteristiche dell’operazione in preparazione al Dipartimento del tesoro, che entro dieci giorni può indicare, con determinazione motivata, il momento più opportuno per l’attuazione dell’operazione. In mancanza, l’operazione potrà essere conclusa entro venti giorni dalla conferma della ricezione della comunicazione, nei casi di emissioni obbligazionarie eseguite sul mercato, e nei termini indicati dagli enti in tutti gli altri casi. Restano escluse dalla comunicazione preventiva le operazioni di provvista con oneri a carico del bilancio dello Stato, per le quali si applicano le specifiche disposizioni di legge. Nel caso di operazioni soggette al controllo del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), gli emittenti invieranno i dati simultaneamente al Dipartimento del tesoro e al CICR, e l’eventuale formulazione di osservazioni da parte del Dipartimento del tesoro dovrà avere luogo prima dell’autorizzazione rilasciata dal CICR. L’articolo 2 reca disposizioni sull’ammortamento del debito. L’articolo 3 riguarda specificamente le operazioni in strumenti derivati.
[365] In primo luogo, è stato chiarito che sono sottoposte all’applicazione delle norme del regolamento soltanto le operazioni derivate effettuate e gli ammortamenti costituiti dagli enti territoriali successivamente alla data della sua entrata in vigore (4 febbraio 2004). Sono state inoltre enunziate alcune linee guida. Il criterio dell’attività di coordinamento dell’accesso al mercato svolta dal Ministero è stato individuato nella finalità di evitare la sovrapposizione di più soggetti pubblici sullo stesso segmento di mercato in un ristretto arco temporale, che potrebbe andare a detrimento delle condizioni di finanziamento. Per i criteri d’individuazione degli intermediari con i quali è ammissibile concludere i contratti relativi alla gestione di un fondo o allo swap per l'ammortamento del debito, la circolare precisa che il merito di credito (rating) deve essere certificato dalle agenzie riconosciute a livello internazionale, indicando attualmente: Standard & Poor's, Moody's e Fitch Ratings. Si raccomanda altresì di vincolare la scadenza degli investimenti alla durata del fondo di ammortamento. Gli enti sono invitati a considerare il costo totale dell'emissione obbligazionaria sia nella forma con rimborso unico a scadenza del capitale sia nella forma «amortising», e a valutare la relazione tra tale differenza di costo e il maggiore rischio derivante dalla costituzione del fondo o dello swap per l'ammortamento. La circolare ricorda altresì che le emissioni con rimborso unico, ancorché associate ad uno swap di ammortamento, pesano per l'intero ammontare fino alla scadenza ai fini delle rilevazioni del debito pubblico operate da Eurostat.
[366] Si tratta di comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni e consorzi cui partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale (articolo 2 del D.Lgs. n. 267 del 2000).
[367] Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2007).
[368] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE e 86/635/CEE per quanto riguarda le regole di valutazione per i conti annuali e consolidati di taluni tipi di società nonché di banche e di altre istituzioni finanziarie.
[369] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica le direttive 78/660/CEE, 83/349/CEE, 86/635/CEE e 91/674/CEE relative ai conti annuali e ai conti consolidati di taluni tipi di società, delle banche e altri istituti finanziari e delle imprese di assicurazione.
[370] Attuazione della direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE, 93/6/CEE e 2000/12/CE e abroga la direttiva 93/22/CEE, pubblicato nel Supplemento Ordinario n. 234 alla Gazzetta Ufficiale 8 ottobre 2007.
[371] Delega legislativa per il recepimento delle direttive 2002/15/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 marzo 2002, 2004/25/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004 e 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, nonché per l’adozione delle disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE.
[372] Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004.
[373] Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari per quanto riguarda talune scadenze.
[374] In termini esemplificativi, si è dinanzi ad un internalizzatore sistematico quando un intermediario finanziario (per es. una banca) serve la clientela utilizzando direttamente il proprio portafoglio titoli. In altri termini, l’investitore, rivolgendosi ad uno sportello bancario, può chiedere di eseguire una transazione senza passare per i mercati regolamentati (la Borsa) o per i sistemi multilaterali di negoziazione. Nell’eseguire gli ordini, l’intermediario deve, anche quando li “internalizza”, garantire il migliore risultato possibile per il cliente.
[375] Attraverso il test di adeguatezza, il cliente deve dare informazioni sulla disponibilità patrimoniale e sulla propensione al rischio; con il test di appropriatezza, il cliente deve dimostrare di conoscere ciò che vuole comprare.
[376] In base a tale disposizione, il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite la Banca d’Italia e la Consob, individua con regolamento i clienti professionali pubblici, nonché i criteri di identificazione dei soggetti pubblici che, su richiesta, possono essere trattati come clienti professionali e la relativa procedura di richiesta.
[377] La bozza del suddetto schema di decreto ministeriale è disponibile sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze-Dipartimento del tesoro (http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Regolament/Consultazi3/index.htm).
[378] Pubblicato nel S.O. n. 222 alla Gazzetta Ufficiale n. 255 del 2 novembre 2007.
[379] Pubblicato nel S.O. n. 222 alla Gazzetta Ufficiale n. 255 del 2 novembre 2007.
[380] Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008.
[381] Approvazione della legge delle tasse sui contratti di Borsa.
[382] Abrogazione della tassa di taluni contratti di borsa, a norma dell'articolo 3, comma 162, lettera h), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
[383] Attuazione della direttiva 2003/71/CE relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari, che modifica la direttiva 2001/34/CE (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 94 del 23 aprile 2007). Tale decreto è stato adottato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 12 della legge 28 dicembre 2005, n. 262 (Disposizioni per la tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari).
[384] Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria-TUF (D.Lgs. n. 58 del 1998), per strumenti finanziari si intendono:
a) valori mobiliari;
b) strumenti del mercato monetario;
c) quote di un organismo di investimento collettivo del risparmio;
d) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, o ad altri strumenti derivati, indici finanziari o misure finanziarie che possono essere regolati con consegna fisica del sottostante o attraverso il pagamento di differenziali in contanti;
e) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), “swap”, accordi per scambi futuri di tassi di interesse e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto;
f) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), "swap" e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento puo' avvenire attraverso la consegna del sottostante e che sono negoziati su un mercato regolamentato e/o in un sistema multilaterale di negoziazione;
g) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati ("future"), “swap”, contratti a termine (“forward”) e altri contratti derivati connessi a merci il cui regolamento può avvenire attraverso la consegna fisica del sottostante, diversi da quelli indicati alla lettera f) che non hanno scopi commerciali, e aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini;
h) strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito;
i) contratti finanziari differenziali;
j) contratti di opzione, contratti finanziari a termine standardizzati (“future”), “swap”, contratti a termine sui tassi d'interesse e altri contratti derivati connessi a variabili climatiche, tariffe di trasporto, quote di emissione, tassi di inflazione o altre statistiche economiche ufficiali, il cui regolamento avviene attraverso il pagamento di differenziali in contanti o può avvenire in tal modo a discrezione di una delle parti, con esclusione dei casi in cui tale facoltà consegue a inadempimento o ad altro evento che determina la risoluzione del contratto, nonché altri contratti derivati connessi a beni, diritti, obblighi, indici e misure, diversi da quelli indicati alle lettere precedenti, aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, considerando, tra l'altro, se sono negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, se sono compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o se sono soggetti a regolari richiami di margini.
[385] Ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. u), TUF, costituiscono prodotti finanziari gli strumenti finanziari e ogni altra forma di investimento di natura finanziaria; non costituiscono prodotti finanziari i depositi bancari o postali non rappresentati da strumenti finanziari.
[386] Ai sensi dell’articolo 93-bis, co. 1, lett. a), TUF, gli strumenti finanziari comunitari sono i valori mobiliari e le quote di fondi chiusi.
[387] Ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. m), TUF, gli organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) sono i fondi comuni di investimento e le SICAV (società di investimento a capitale variabile). In base all’art. 1, co. 1, lett. k), TUF, il fondo aperto è il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo; in base all’art. 1, co. 1, lett. l), TUF, il fondo chiuso è il fondo comune di investimento in cui il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predeterminate.
[388] La disciplina di dettaglio è contenuta nel Regolamento Consob n. 11.971 del 1999 e succ. modif. concernente la disciplina degli emittenti.
[389] Ai sensi dell’articolo 93-bis, co. 1, lettera f), TUF, per “Stato membro d’origine”, si intende:
1. per tutti gli emittenti comunitari di strumenti finanziari comunitari che non sono menzionati nel successivo punto 2), lo Stato membro della UE in cui l’emittente ha la sua sede sociale;
2. per l’emissione di strumenti finanziari comunitari diversi dai titoli di capitale il cui valore nominale unitario è di almeno 1.000 euro e per l’emissione di strumenti finanziari comunitari diversi dai titoli di capitale che conferiscono il diritto di acquisire titoli negoziabili o di ricevere un importo in contanti mediante conversione o esercizio dei diritti che essi conferiscono, purché l’emittente degli strumenti finanziari comunitari diversi dai titoli di capitale non sia l’emittente degli strumenti finanziari comunitari sottostanti o un’entità appartenente al gruppo di quest’ultimo emittente, lo Stato membro della UE in cui l’emittente ha la sua sede sociale, o nel quale gli strumenti finanziari comunitari sono stati o sono destinati ad essere ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato o nel quale gli strumenti finanziari comunitari sono offerti al pubblico, a scelta dell'emittente, dell'offerente o della persona che chiede l'ammissione, secondo il caso. Lo stesso regime è applicabile a strumenti finanziari comunitari diversi dai titoli di capitale in una valuta diversa dall’euro, a condizione che il valore di una tale denominazione minima sia pressoché equivalente a 1.000 euro;
3. per tutti gli emittenti di strumenti finanziari comunitari che non sono menzionati nel punto 2) aventi sede in un paese terzo, lo Stato membro della UE nel quale gli strumenti finanziari comunitari sono destinati ad essere offerti al pubblico per la prima volta dopo la data di entrata in vigore della direttiva 2003/71/CE o nel quale è stata presentata la prima domanda di ammissione alla negoziazione in un mercato regolamentato a scelta dell’emittente, dell’offerente o della persona che chiede l’ammissione, secondo il caso, salvo scelta successiva da parte degli emittenti aventi sede in un paese terzo, qualora lo Stato membro d’origine non fosse stato determinato da una loro scelta.
[390] Ai sensi dell’articolo 93-bis, co. 1, lettera g), TUF, per “Stato membro ospitante” si intende <<lo Stato membro della UE in cui viene effettuata un’offerta al pubblico o viene richiesta l’ammissione alla negoziazione di strumenti finanziari comunitari, qualora sia diverso dallo Stato membro d’origine>>.
[391] Ai sensi dell’art. 1, co. 1, lett. i), TUF, le SICAV sono <<società per azioni a capitale variabile con sede legale e direzione generale in Italia aventi per oggetto esclusivo l’investimento collettivo del patrimonio raccolto mediante l’offerta al pubblico di proprie azioni>>.
[392] Attuazione della direttiva 2004/109/CE sull’armonizzazione degli obblighi di trasparenza riguardanti le informazioni sugli emittenti i cui valori mobiliari sono ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato, e che modifica la direttiva 2001/34/CE (pubblicato sul Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale 9 novembre 2007, n. 261).
[393] Legge 25 gennaio 2006, n. 29.
[394] Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
[395] Ai sensi dell’articolo 1, comma 1-bis, TUF, per valori mobiliari si intendono:
a) le azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e certificati di deposito azionario;
b) obbligazioni e altri titoli di debito, compresi i certificati di deposito relativi a tali titoli;
c) qualsiasi altro titolo normalmente negoziato che permette di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alle precedenti lettere;
d) qualsiasi altro titolo che comporta un regolamento in contanti determinato con riferimento ai valori mobiliari indicati alle precedenti lettere, a valute, a tassi di interesse, a rendimenti, a merci, a indici o a misure.
[396] In base all’articolo 1, comma 1, lettera w-ter), TUF, il mercato regolamentato è un <<sistema multilaterale che consente o facilita l'incontro, al suo interno e in base a regole non discrezionali, di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, ammessi alla negoziazione conformemente alle regole del mercato stesso, in modo da dare luogo a contratti, e che è gestito da una società di gestione, è autorizzato e funziona regolarmente>>.
Ai sensi dell’articolo 61, co. 1, TUF, l’attività di organizzazione e gestione di mercati regolamentati di strumenti finanziari ha carattere di impresa ed è esercitata da società per azioni, anche senza scopo di lucro (società di gestione).
[397] Attuazione della direttiva 2004/25/CE concernente le offerte pubbliche di acquisto (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 13 dicembre 2007, n. 289).
[398] Si ricorda che la direttiva 2004/25/CE era inserita nell’allegato B della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria per il 2004). Successivamente, la legge 20 giugno 2007, n. 77 ha riaperto i termini per l’esercizio della delega volta a recepire alcune direttive comunitarie, tra cui anche la 2004/25/CE.
[399] Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
[400] L’articolo 33, comma 1, lettera a) e b), del Regolamento emittenti della CONSOB (delibera n. 11.971 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni) stabilisce che la normativa sulle offerte al pubblico di sottoscrizione e di vendita di prodotti finanziari non si applica alle sollecitazioni rivolte ad un numero di soggetti inferiore a cento e di ammontare complessivo inferiore a 2.500.000 euro, da calcolarsi su un periodo di 12 mesi.
[401] Deliberazione Consob 14 maggio 1999, n. 11.971 e succ. modif. (Approvazione del regolamento recante norme di attuazione del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di emittenti).
[402] Legge 23 dicembre 2005, n. 266.
[403] Disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l’adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all’assistenza a terra negli aeroporti, all’Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2007, n. 15.
[404] Decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
[405] Il Comitato economico e finanziario è l’organismo comunitario chiamato a seguire la situazione economica e finanziaria degli Stati membri della Comunità e a riferirne regolarmente all’Ecofin e alla Commissione. Il Comitato deve inoltre contribuire alla formulazione delle decisioni richieste dalla procedura di deficit eccessivo.
[406] Nell’ambito del metodo standardizzato, è previsto il riconoscimento dei rating rilasciati da agenzie di valutazione del merito di credito (External Credit Assessment Institution-ECAI) ai fini della determinazione dei coefficienti di ponderazione delle attività di rischio delle banche.
[407] Decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.
[408] Sono imprese di investimento le imprese la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare servizi di investimento a terzi o nell’effettuare una o più attività d’investimento a titolo professionale.
[409] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006.
[410] Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (c.d. TUB).
[411] Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell’istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.
[412] Modificato dal comma 450 dell’articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008).
[413] Il D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 reca disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210.
[414] L’articolo 137 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del consumo) fissa i requisiti per l’iscrizione nell’elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico.
[415] Secondo tale disposizione, <<la nullità di singole clausole [contrattuali] non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative>>.
[416] Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell’istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.
[417] Come modificato dal comma 450 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008).
[418] Aggiunto dal comma 450 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008).
[419] Come modificato dal comma 450 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008).
[420] Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell’istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 aprile 2007, n. 40.
[421] Si ricorda che, attualmente, per erogare un mutuo l’istituto di credito richiede, a garanzia del prestito, di iscrivere ipoteca su un immobile; tale ipoteca consentirà – laddove il debitore non sia in grado di adempiere all’obbligazione – di porre in vendita il bene immobile e, con il ricavato, soddisfare il credito residuo.
L’ipoteca è un diritto reale di garanzia concesso dal debitore (o da un terzo) su un bene a garanzia di un credito, che attribuisce al creditore il potere di espropriare il bene e di essere soddisfatto con preferenza sul prezzo ricavato.
Possono essere oggetto di ipoteca:
- i beni immobili con le loro pertinenze;
- i beni mobili registrati;
- il diritto di superficie, il diritto dell’enfiteuta, quello del concedente sul fondo enfiteutico e l’usufrutto;
- le rendite dello Stato.
Materialmente, la registrazione delle iscrizioni ipotecarie relative agli immobili viene tenuta dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari competente territorialmente in relazione all’ubicazione dell’immobile. Tale iscrizione ha carattere costitutivo: la volontà delle parti (nell’ipoteca volontaria), la legge (nell’ipoteca legale) o la sentenza del giudice (nell’ipoteca giudiziale) attribuiscono al creditore il diritto di ottenere l’iscrizione, ma solo con l’iscrizione il diritto viene ad esistenza.
L’art. 2878 del codice civile dispone che l'ipoteca si estingue:
1) con la cancellazione dell'iscrizione;
2) se decorrono venti anni dall'iscrizione dell'ipoteca senza che ne sia stato richiesto il rinnovo;
3) se il debito a cui l'ipoteca è collegata viene estinto;
4) se il bene ipotecato perisce;
5) se il creditore dichiara di rinunciare all'ipoteca;
6) se viene raggiunto l'eventuale termine a cui l'ipoteca è stata limitata o si verifica l'eventuale condizione risolutiva che prevedeva l'annullamento dell'ipoteca;
7) se il tribunale pronuncia un provvedimento di esproprio e ordina la cancellazione delle ipoteche.
L’adempimento completo dell’obbligazione – e dunque l’integrale rimborso del debito – comporta l’estinzione dell’ipoteca: in sostanza l’ipoteca non potrà più essere adoperata perché sarà venuta meno l’obbligazione rispetto alla quale costituiva garanzia (principio di accessorietà).
L’estinzione dell’ipoteca non va però confusa con la cancellazione della stessa: pur estinta l’ipoteca non è automaticamente cancellata, ma continua a figurare, anche se con una presenza puramente apparente. Ciò comporta che a colui che esegue una visura ipotecaria su un determinato immobile il bene apparirà ancora gravato da ipoteca. Per eliminare ogni dubbio in ordine ai vincoli che gravano sull’immobile il proprietario è dunque indotto a chiedere che l'immobile venga liberato anche dalle annotazioni, pur se ormai prive di contenuto. Ciò avviene con la cancellazione di ipoteca.
L'estinzione del debito consente di cancellare l’ipoteca prima del termine di scadenza, ma per poterlo fare è necessario l’assenso del creditore, reso ufficiale da un atto notarile unilaterale, chiamato "atto di assenso alla cancellazione di ipoteca": sottoscrivendolo il creditore dichiarerà di essere favorevole all'annullamento dell'iscrizione a proprio favore. Le spese relative resteranno a carico del debitore (parte richiedente la cancellazione dell’ipoteca). L’atto notarile è richiesto dal combinato disposto degli artt. 2882, 2821 e 2835 del codice civile.
[422] Secondo l’articolo 2847 c.c., <<L’iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data. L’effetto cessa se l’iscrizione non è rinnovata prima che scada detto termine>>.
[423] Il D.Lgs. 20 giugno 2005, n. 122 reca disposizioni per la tutela dei diritti patrimoniali degli acquirenti di immobili da costruire, a norma della legge 2 agosto 2004, n. 210.
[424] Come modificato dal comma 450 dell’articolo 2 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008).
[425] Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione (pubblicato sul supplemento ordinario n. 268 alla Gazzetta Ufficiale del 14 dicembre 2007, n. 290: il D.Lgs. è entrato in vigore il 29 dicembre 2007).
[426] Infatti, la direttiva 2005/60/CE aveva già avuto parziale attuazione con il decreto legislativo n. 109 del 2007 (Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE).
[427] Legge 25 gennaio 2006, n. 29 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005).
[428] Direttiva 4 agosto 2006, n. 2006/70/CE, Direttiva della Commissione recante misure di esecuzione della direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la definizione di “persone politicamente esposte” e i criteri tecnici per le procedure semplificate di adeguata verifica della clientela e per l’esenzione nel caso di un’attività finanziaria esercitata in modo occasionale o su scala molto limitata.
[429] Misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività dei Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale, in attuazione della direttiva 2005/60/CE.
[430] Legge 25 gennaio 2006, n. 29 (Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2005).
[431] Il CSF, presieduto dal Direttore generale del tesoro o da un suo delegato, è composto da rappresentati del Ministero degli affari esteri, del Ministero dell’interno, del Ministero della giustizia, della Banca d’Italia, dell’Ufficio italiano dei cambi, della Consob, della Guardia di finanza, della Direzione investigativa antimafia, dell’Arma dei carabinieri e della Direzione nazionale antimafia.
[432] Misure urgenti per reprimere e contrastare il finanziamento del terrorismo internazionale.
[433] Ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lett. m), del D.Lgs. n. 231 del 2007, per operazione frazionata si intende “un’operazione unitaria sotto il profilo economico, di valore pari o superiore ai limiti stabiliti dal presente decreto, posta in essere attraverso più operazioni, singolarmente inferiori ai predetti limiti, effettuate in momenti diversi ed in un circoscritto periodo di tempo fissato in sette giorni ferma restando la sussistenza dell'operazione frazionata quando ricorrano elementi per ritenerla tale”; ai sensi della lettera n), per operazioni collegate si intendono “operazioni che, pur non costituendo esecuzione di un medesimo contratto, sono tra loro connesse per il soggetto che le esegue, l’oggetto o per lo scopo cui sono dirette”.
[434] Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
[435] Rispettivamente: ricettazione; riciclaggio; impiego di denari, beni o utilità di provenienza illecita.
[436] Si ricorda che, in base all’art. 2003 c.c., i titoli al portatore sono quei titoli di credito in cui la legittimazione all’esercizio del diritto cartolare è data dalla detenzione materiale del documento; pertanto, essi si trasferiscono mediante la semplice consegna del titolo.
[437] L’Anagrafe tributaria (disciplinata dal D.P.R. n. 605 del 1973) è un centro di raccolta e di elaborazione, su scala nazionale, dei dati e delle notizie riguardanti la capacità contributiva dei singoli soggetti, nonché di smistamento di tali dati agli uffici preposti all’accertamento e al controllo.
[438] Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
[439] Ai sensi del comma 1 dell’articolo 140, qualora vi siano più persone danneggiate nello stesso sinistro e il risarcimento dovuto dal responsabile superi le somme assicurate, i diritti delle persone danneggiate nei confronti dell'impresa di assicurazione sono proporzionalmente ridotti fino alla concorrenza delle somme assicurate.