Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Protocollo n. 13 alla CEDU relativo all'abolizione della pena di morte A.C. 1551 e A.C. 267
Riferimenti:
AC N. 267/XVI   AC N. 1551/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 45
Data: 17/09/2008
Descrittori:
PENA DI MORTE   RATIFICA DEI TRATTATI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Protocollo n. 13 alla CEDU relativo all'abolizione della pena di morte  

A.C. 1551 e A.C. 267

 

 

 

 

 

n. 45

 

17 settembre 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

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File: es0051.doc

 

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Contenuto dell’accordo  4

§      La Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e i Protocolli successivi4

§      Il contenuto del Protocollo n. 13  6

Contenuto dei disegni di legge di ratifica  8

 


Scheda di sintesi

per l’istruttoria legislativa

 


 

Dati identificativi

Numero del progetto di legge

1551

Titolo

Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002

Iniziativa

Governativa

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; Diritti e libertà fondamentali; Organizzazioni internazionali.

Iter al Senato

no

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione  alla Camera

28 luglio 2008

§       assegnazione

5 settembre 2008

Commissione competente

III Affari esteri

Sede

referente

Pareri previsti

Commissioni I e II


 

 

Numero del progetto di legge

267

Titolo

Ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, relativo all'abolizione della pena di morte in qualsiasi circostanza, fatto a Vilnius il 3 maggio 2002

Iniziativa

parlamentare

Settore d’intervento

Trattati e accordi internazionali; Diritti e libertà fondamentali; Organizzazioni internazionali.

Iter al Senato

no

Numero di articoli

3

Date

 

§       presentazione  alla Camera

29 aprile 2008

§       assegnazione

22 maggio 2008

Commissione competente

III Affari esteri

Sede

referente

Pareri previsti

Commissioni I e II


 

Contenuto dell’accordo

La Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e i Protocolli successivi

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali è stata ratificata con legge 4 agosto 1955, n. 848, ed è in vigore per l’Italia dall’ottobre 1955. Essa contiene un elenco di diritti e libertà fondamentali (diritto alla vita, divieto della tortura, della schiavitù e del lavoro forzato, diritto alla libertà e alla sicurezza, diritto al giusto processo, divieto di applicazione di norme penali se non in conseguenza di una legge, rispetto della vita privata e familiare, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione, di riunione e di associazione, diritto al matrimonio,  diritto al ricorso, divieto di discriminazione). Ulteriori diritti sono stati aggiunti da Protocolli successivi. Le Parti si impegnano a riconoscere i sopraelencati diritti e libertà a ciascun individuo che ricada nella loro giurisdizione, e allo scopo la Convenzione prevede un meccanismo internazionale di controllo, il cui perno – dopo l’entrata in vigore del Protocollo n. 11 (v. infra) - è la Corte europea di Strasburgo, competente tanto verso istanze individuali quanto per cause su controversie tra Stati membri. Su richiesta del Comitato dei ministri, la Corte europea dei diritti dell’Uomo può anche fornire pareri interpretativi sulla Convenzione del 1950 e i successivi Protocolli.

Negli anni successivi, alla Convenzione del 1950 sono stati aggiunti i seguenti protocolli:

Protocollo n. 1 (o Protocollo addizionale, adottato nel 1952), che ha aggiunto alla Convenzione l'enunciazione dei diritti individuali al rispetto dei beni e della proprietà nonché all'istruzione, e ha sancito l'obbligo delle Parti contraenti di organizzare periodicamente libere elezioni a scrutinio segreto.

Protocollo n. 2 (adottato nel 1963), che conferisce alla Corte europea dei diritti dell’Uomo la competenza ad emettere pareri consultivi su materie diverse dal rispetto dei diritti stabiliti dalla Convenzione (per i quali la Corte potrebbe invece essere investita con i ricorsi previsti dalla Convenzione stessa).

Protocollo n. 3 (adottato nel 1963), che ha modificato la procedura dei ricorsi alla Commissione europea dei diritti dell’Uomo. Anche questo Protocollo è oggi privo di oggetto, essendo l’Organo in questione non più parte (v. supra) del sistema di controllo della Convenzione europea del 1950.

Protocollo n. 4 (adottato nel 1963): esso garantisce ulteriori diritti individuali, quale il diritto a non essere privato della libertà per il solo fatto di non essere in grado di adempiere ad un'obbligazione contrattuale; il diritto alla libera circolazione nel Paese in cui regolarmente ci si trova; il diritto alla libertà di entrare e di uscire dal proprio Stato. Il Protocollo n. 4 vieta inoltre le espulsioni collettive di stranieri.

Protocollo n. 5 (adottato nel 1966), che contiene modifiche alle norme sulla nomina dei membri della Commissione europea dei diritti dell’Uomo e della Corte europea dei diritti dell’Uomo: vale per esso, in parte, quanto già detto per il Protocollo n. 3.

Protocollo n. 6 (adottato nel 1983), che prevede l'abolizione della pena di morte in tutti gli Stati contraenti, tranne che per atti commessi in tempo di guerra o in pericolo imminente di guerra.

Protocollo n. 7 (adottato nel 1984), che contiene: garanzie contro l'espulsione dello straniero; il diritto del condannato in un giudizio penale all'appello ad una giurisdizione superiore; il diritto all'indennizzo per l'errore giudiziario e al ne bis in idem nei procedimenti penali; il principio dell'eguaglianza dei diritti tra i coniugi.

Protocollo n. 8 (adottato nel 1985), che prevede cambiamenti nella procedura della Commissione europea per i diritti dell’Uomo, consentendo la formazione di sottocommissioni (dette "Camere") per snellire i procedimenti, prevedendo requisiti ed incompatibilità per i membri della Commissione ed altre disposizioni procedurali. Vale anche qui quanto detto in precedenza per il Protocollo n. 3.

Protocollo n. 9 (adottato nel 1990), che riconosce e rende effettivo il diritto del ricorrente individuale ad adire direttamente la Corte europea dei diritti dell’Uomo.

Protocollo n. 11 (adottato nel 1994) – la cui entrata in vigore ha fatto decadere la validità del precedente Protocollo n. 10 – che ha operato una radicale riforma del sistema europeo di protezione dei diritti umani costituito dalla Convenzione come modificata dai successivi protocolli. I due aspetti più rilevanti introdotti sono l'eliminazione del carattere facoltativo del ricorso individuale, che si impone quindi permanentemente a tutti gli Stati parte e che colloca il ricorrente individuale sullo stesso piano dello Stato; e la soppressione del potere decisionale spettante all'organo politico del Consiglio d'Europa, il Comitato dei ministri, completando così la giurisdizionalizzazione del sistema.

Protocollo n. 12 (adottato nel 2000) – che ha ampliato la portata del divieto di ogni forma di discriminazione, che la Convenzione del 1950 limitava alla sfera dei diritti da essa stessa garantiti.

Protocollo n. 13 (adottato nel 2002) – che ha esteso la portata del divieto della pena di morte a qualsiasi circostanza, incluse quelle del tempo di guerra o dell’imminenza di una minaccia bellica.

Protocollo n. 14 (adottato nel 2004) – che ha dettato norme per un più efficace funzionamento della Corte europea dei diritti dell’Uomo e, più in generale, del sistema di controllo dell’applicazione della Convenzione del 1950.

 

 Il contenuto del Protocollo n. 13

L'adozione del Protocollo n. 13 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, avvenuta a Vilnius il 3 maggio 2002, si pone a coronamento di un lungo processo evolutivo che in seno al Consiglio d'Europa ha progressivamente posto l'accento sulla opportunità della completa eliminazione del ricorso alla pena di morte.

Nel Protocollo n. 13 in esame, in sostanza, vi è l’esatta riproposizione del testo del Protocollo n. 6 (v. supra), dal quale è stato però eliminato l’articolo 2 che consentiva agli Stati di mantenere nella propria legislazione il ricorso alla pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra. La novità del Protocollo n. 13 risiede quindi proprio nel superamento dell'articolo 2 del Protocollo n. 6 alla Convenzione del 1950, e nella affermazione che la pena di morte è abolita in qualsiasi circostanza. Il Protocollo n. 13 è entrato in vigore il 1° luglio 2003 (tra i Paesi dell’Europa occidentale, oltre alla ratifica dell’Italia manca ancora anche quella della Spagna).

Va osservato che, per quanto concerne l'ordinamento italiano, la ratifica del Protocollo n. 13 si colloca nel processo di sempre più completa partecipazione italiana al sistema convenzionale del Consiglio d'Europa e non introduce nessuna innovazione sostanziale nel nostro ordinamento: come rilevato dal Governo sia nella relazione introduttiva al disegno di legge 1551, sia nella analisi tecnico-normativa (ATN) che lo accompagna, l’ordinamento nazionale - tanto a livello costituzionale che a livello legislativo - è già totalmente conforme agli scopi che hanno condotto all'adozione del Protocollo n. 13. Infatti, oltre all’abrogazione di norme del codice penale e di leggi speciali del periodo fascista, intervenuta fra il 1944 e il 1948, nel 1994 la legge n. 589 ha abrogato l'articolo 241 del codice penale militare di guerra, nel quale appunto si prevedeva la possibilità di irrogare in determinate circostanze la pena capitale. Inoltre, la legge costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1, ha soppresso la previsione dell'articolo 27, quarto comma della Costituzione, che lasciava aperta la possibilità di applicare la pena di morte ai soli casi previsti dalle leggi militari di guerra.

Ciò premesso, per ciò che concerne il contenuto specifico del Protocollo n. 13, esso consta di un preambolo e di otto articoli.

L'articolo 1 prevede l'abolizione della pena di morte, la quale non solo non dovrà essere eseguita, ma neanche comminata.

Gli articoli 2-3 riguardano rispettivamente il divieto di deroghe e il divieto di riserve da parte degli Stati che ratifichino o aderiscano al Protocollo: ciò vale naturalmente a mantenere l'impatto innovativo dello strumento in tutta la sua portata.

L'articolo 4 riguarda invece l'applicazione territoriale del Protocollo n. 13, e prevede in particolare la facoltà di qualsiasi Stato che aderisce al Protocollo, sia al momento della firma che al momento della ratifica o adesione, di specificare i territori di applicazione del Protocollo medesimo: in data successiva, lo Stato dichiarante potrà estendere l'applicazione del Protocollo a ulteriori territori specificati nella dichiarazione, comunicando la propria intenzione al Segretario generale del consiglio d'Europa.

L'articolo 5 concerne il rapporto tra il Protocollo n. 13 e la Convenzione, e stabilisce che le disposizioni di cui agli articoli da 1 a 4 del Protocollo saranno considerate alla stregua di articoli aggiuntivi della Convenzione, e l’insieme delle disposizioni di essa dovrà essere applicato conformemente a detti articoli 1-4.

Infine, gli articoli 6-8 riguardano le clausole finali: per la sottoscrizione o la ratifica del Protocollo è rispettivamente presupposto l'avvenuta firma o ratifica della Convenzione del 1950.

 

 


 

Contenuto dei disegni di legge di ratifica

Gli Atti Camera 1551 (del Governo) e 267 (deputati Mecacci ed altri) , recanti ratifica ed esecuzione del Protocollo n. 13 alla Convenzione del Consiglio d'Europa per la salvaguardia dei diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali, concernente l'abolizione della pena di morte in tutte le circostanze, constano entrambi di tre articoli. I primi due recano, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione dell’Accordo, mentre l’articolo 3 reca la data di entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

Quanto all’incidenza delle norme proposte sull’ordinamento interno, l'analisi tecnico-normativa (ATN) allegata al disegno di legge del Governo, afferma che il Protocollo è conforme all’ordinamento giuridico italiano e non presenta profili di contrasto con l’ordinamento comunitario.

La stessa ATN osserva che l’entrata in vigore della legge di ratifica del Protocollo 13 produrrà un’abrogazione implicita della legge di ratifica del Protocollo 6 (L. 2 gennaio 1989, n. 8), limitatamente all’art. 2 dello stesso che prevedeva la possibilità di applicare la pena capitale in situazione di guerra o di pericolo imminente di guerra.

 

 

 


Normativa di riferimento

 


L. 2 gennaio 1989, n. 8
Ratifica ed esecuzione del protocollo n. 6 alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sull'abolizione della pena di morte, adottato a Strasburgo il 28 aprile 1983

 

 (1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 16 gennaio 1989, n. 12, S.O.

 

(2)  Vedi, anche, la L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

(3)  Si ritiene opportuno riportare soltanto il testo della traduzione non ufficiale.

 

Art. 1.   1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il protocollo n. 6 alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali sull'abolizione della pena di morte, adottato a Strasburgo il 28 aprile 1983.

 

 

Art. 2.   1. Piena ed intera esecuzione è data al protocollo di cui all'articolo 1 a decorrere dalla sua entrata in vigore in conformità a quanto disposto dall'articolo 8 del protocollo stesso.

 

 

Art. 3.   1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

TRADUZIONE NON UFFICIALE

 

 

 

 

Protocollo n. 6 alla Convenzione per la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali relative all'abolizione della pena di morte

 

 

 

 

Gli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari del presente Protocollo alla Convenzione di tutela dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (qui di seguito denominata «La Convenzione»),

 

considerando che gli sviluppi verificatisi in vari Stati membri del Consiglio d'Europa esprimono una tendenza generale a favore dell'abolizione della pena di morte:

 

hanno convenuto quanto segue:

 

 

Art. 1.  Abolizione della pena di morte (4).

 

La pena di morte è abolita. Nessuno può essere condannato a tale pena, né giustiziato.

 

 (4) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 2.  Pena di morte in tempo di guerra (5).

 

Uno Stato può prevedere nella sua legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o di pericolo imminente di guerra: una tale pena sarà applicata solo nei casi previsti dalla detta legislazione e conformemente alle sue disposizioni. Questo Stato comunicherà al Segretario Generale del Consiglio d'Europa le disposizioni in materia della suddetta legislazione.

 

 (5) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 3.  Divieto di deroghe (6).

 

Non è autorizzata alcuna deroga alle disposizioni del presente Protocollo ai sensi dell'art. 15 della Convenzione.

 

 

 (6) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 4.  Divieto di riserve (7).

 

Non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni del presente Protocollo ai sensi dell'art. 57 della Convenzione (8).

 

 (7) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

(8) Articolo così modificato dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 5.  Applicazione territoriale (9).

 

1. Ciascuno Stato può, al momento della firma o del deposito del suo strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione, indicare il o i territori ai quali sarà applicato il presente Protocollo.

 

2. Ciascuno Stato può, in qualsiasi momento successivo, mediante dichiarazione indirizzata al Segretario Generale del Consiglio d'Europa, estendere l'applicazione del presente Protocollo a qualsiasi altro territorio indicato nella dichiarazione. Il Protocollo entrerà in vigore riguardo a questo territorio il primo giorno del mese successivo alla data di ricezione della dichiarazione da parte del Segretario Generale.

 

3. Ogni dichiarazione effettuata ai termini dei due paragrafi precedenti potrà essere ritirata, per quanto riguarda ciascun territorio indicato nella dichiarazione, mediante notifica indirizzata al Segretario Generale. Il ritiro avrà effetto dal primo giorno del mese successivo alla data di ricezione della notifica da parte del Segretario Generale.

 

 (9) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 6.  Relazioni con la Convenzione (10).

 

Gli Stati Parte considerano gli articoli da 1 a 5 del presente Protocollo come articoli addizionali alla Convenzione e si applicano di conseguenza tutte le disposizioni della Convenzione.

 

 (10) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 7.  Firma e ratifica (11).

 

Il presente Protocollo è aperto alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa, firmatari della Convenzione. Esso sarà sottoposto a ratifica, accettazione o approvazione. Uno Stato membro del Consiglio d'Europa non potrà ratificare, accettare o approvare il presente Protocollo a meno che non abbia contemporaneamente o in precedenza ratificato la Convenzione. Gli strumenti di ratifica, di accettazione o di approvazione, saranno depositati presso il Segretario Generale del Consiglio d'Europa.

 

 (11) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

Art. 8.  Entrata in vigore (12).

 

1. Il presente Protocollo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla data in cui cinque Stati membri del Consiglio d'Europa avranno espresso il loro consenso ad essere vincolati dal Protocollo, in conformità alle disposizioni dell'art. 7.

 

2. Per ogni Stato membro che esprima successivamente il suo consenso ad essere vincolato dal Protocollo, questo entrerà in vigore il primo giorno del mese successivo alla data del deposito dello strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione.

 

 (12) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.

 

 

 

Art. 9.  Funzioni del depositario (13).

 

Il Segretario Generale del Consiglio d'Europa notificherà agli Stati membri del Consiglio:

 

a) ogni firma;

 

 

b) il deposito di ogni strumento di ratifica, di accettazione o di approvazione;

 

 

c) ogni data di entrata in vigore del presente Protocollo in conformità ai suoi articoli 5 e 8;

 

 

d) ogni altro atto, notifica o comunicazione relativa al presente Protocollo.

 

(13) Rubrica aggiunta dal Protocollo n. 11, firmato a Strasburgo l'11 maggio 1994 e ratificato con L. 28 agosto 1997, n. 296.