Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Requisiti patrimoniali delle banche e delle imprese di investimento - COM(2011)452, COM(2011)453
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 113
Data: 09/01/2012
Descrittori:
BANCHE ISTITUTI E AZIENDE DI CREDITO     
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

esame di atti e documenti dell’unione europea

 

 

 

 

 

Requisiti patrimoniali
delle banche e delle imprese di investimento

 

COM(2011)452
COM(2011)453

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 113

 

9 gennaio 2012

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

 

Le note sulla ‘normativa nazionale’, inserite nei paragrafi evidenziati in grigio,
sono state curate dal SERVIZIO STUDI, Dipartimento Finanze (' 066760.9496)

________________________________________________________________

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I N D I C E

 

Scheda di lettura   1

Modifica alle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE in materia di requisiti di fondi propri - COM(2011)452) I, II e III parte, e COM(2011)453  3

·   Dati identificativi3

·   Contesto e obiettivi delle proposte  4

·   Sintesi degli interventi proposti7

·   Base giuridica  17

·   Sussidiarietà  17

·   Valutazione di impatto delle nuove misure  18

·   Esame delle proposte presso le Istituzioni dell’UE   21

·   Esame presso altri parlamenti nazionali21

·   La raccomandazione dell’EBA sulla ricapitalizzazione delle banche  22

I contenuti della proposta di regolamento (COM(2011)452)25

·   Articoli 5-15: applicazione dei requisiti su base individuale e consolidata  25

·   Articoli 16-19: consolidamento prudenziale  26

·   Articoli 23-101: fondi propri27

·   Articoli 102-136: requisiti di fondi propri per il rischio di credito  33

·   Articoli 174-181: quantificazione del rischio  36

·   Articoli 182-184: requisiti per le esposizioni in strumenti di capitale sulla base di modelli interni36

·   Articoli 185-187: vigilanza interna  37

·   Articoli 188-190: attenuazione  del rischio di credito  37

·   Articoli 232-234: disallineamenti di durata  38

·   Articoli 238-253: cartolarizzazione  39

·   Articoli 254-261: calcolo degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio secondo l’approccio IRB   39

·   Articoli 262-265: valutazioni esterne del merito di credito  40

·   Articoli 266-288: rischio di credito di controparte  41

·   Articoli 289-292: compensazione contrattuale  42

·   Articoli 293-294: elementi del portafoglio di negoziazione  43

·   Articoli 295-300: requisiti di fondi propri per le esposizioni a controparti centrali (CCP)44

·   Articoli 301-313: requisiti di fondi propri per il rischio operativo  44

·   Articoli 314-339: requisiti di fondi propri per il rischio di mercato  45

·   Articoli 340-343: requisiti di fondi propri per il rischio di cambio  46

·   Articoli 344-350: requisiti di fondi propri per il rischio di posizione in merci46

·   Articoli 351-360: modelli interni per il calcolo dei requisiti di fondi propri46

·   Articoli 371-375: requisiti di fondi propri per il rischio di aggiustamento della valutazione del credito (CVA)48

·   Articoli 376-392: grandi esposizioni48

·   Articoli 393-399: esposizioni al rischio di credito trasferito  50

·   Articoli 400-415: liquidità  51

·   Articoli 416-417: leva finanziaria  54

·   Articoli 418-436: obblighi in materia di informazione e pubblicazione  54

I contenuti della proposta di direttiva (COM(2011)453)57

·   Articoli 1-3: obiettivi e campo di applicazione  57

·   Articoli 5-8: autorità competenti57

·   Articoli 9-21: condizioni per l’accesso all’attività  57

·   Articoli 22-27: partecipazioni qualificate  59

·   Articoli 28-32: capitale iniziale delle imprese di investimento  60

·   Articoli 33-48: libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi61

·   Articoli 49-62: vigilanza prudenziale  63

·   Articoli 64-71: poteri di vigilanza e sanzionatori64

·   Articoli 72-85: valutazione dell’adeguatezza del capitale interno  66

·   Articoli 86-91: governance  69

·   Articoli 92-98: revisione e valutazione prudenziale  71

·   Articoli 99-121: vigilanza  73

·   Articoli 122-132: riserve di capitale (Capital Buffers)76

·   Articoli 133-134: obblighi di informazione  79

·   Articolo 140: disposizioni transitorie  80

Documenti81

·   Banca dei regolamenti internazionali: Rapporto sullo stato di avanzamento nell’attuazione di Basilea 3 - Ottobre 2011                                                                                               83

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Scheda di lettura



Modifica alle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE
in materia di requisiti di fondi propri

COM(2011)452)
I, II e III parte , e COM(2011)453

 

Dati identificativi

Tipo di atto

-   Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2011)452)

-   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario (COM(2011)453)

 

Data di adozione

20 luglio 2011

Base giuridica

-   Art. 114, paragrafo 1, del TFUE (COM(2011)452)

-   Art. 53, paragrafo 1, del TFUE (COM(2011)453)

Settori di intervento

Politica bancaria

 

Esame presso le Istituzioni dell’UE

-   data probabile dell’adozione, da parte della Commissione Affari economici e monetari del Parlamento europeo: 25 aprile 2012

-   data dell’approvazione della risoluzione in plenaria: 12 giugno 2012

 

Assegnazione

-   16 novembre 2011 - VI Commissione Finanze (COM(2011)452)

-   1° agosto 2011 - VI Commissione Finanze (COM(2011)453)

Eventuale segnalazione da parte del Governo

Le proposte non sono state segnalate dal Governo

Contesto e obiettivi delle proposte

Il 20 luglio 2011 la Commissione europea ha presentato due proposte legislative volte ad adeguare la normativa dell’UE in materia di requisiti di capitale degli istituti di credito. Si tratta, in particolare, di:

·      una proposta di regolamento (COM(2011)452) sulle modalità di svolgimento delle attività degli istituti di credito e delle imprese di investimento, con particolare riferimento ai requisiti di capitale;

·      una proposta di direttiva (COM(2011)453) intesa a disciplinare gli aspetti riguardanti la concessione dell’autorizzazione e l’avvio dell’attività degli istituti di credito nell’ambito della libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, nonché la vigilanza prudenziale sulla loro attività.

 

Le proposte intendono consolidare tutta la legislazione vigente in materia – attualmente contenuta nelle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE - in un unico corpus applicabile sia agli istituti di credito sia alle imprese di investimento.

Le innovazioni introdotte dalle due proposte mirano anzitutto a recepire nell’ordinamento dell’Unione europea il cosiddetto “accordo di Basilea 3”, definito nel dicembre 2010 dal Comitato di Basilea della Banca dei regolamenti internazionali.

Accordo di Basilea 3 (a cura del Servizio Studi)

L’accordo fissa livelli più elevati per i coefficienti patrimoniali delle banche ed introduce un nuovo schema internazionale per la liquidità.

In base all’accordo:

- il coefficiente minimo di azioni ordinarie, la forma di patrimonio meglio in grado di assorbire le perdite, viene portata dal livello attuale del 2 per cento (prima dell'applicazione di aggiustamenti normativi) al 4,5 per cento (dopo l'applicazione di aggiustamenti più severi). Queste nuove regole sono introdotte progressivamente, entro il 1° gennaio 2015. Il coefficiente relativo al patrimonio di base (Tier 1), che include common equity e altri strumenti finanziari qualificati basati su criteri rigorosi, viene portato, nello stesso periodo di tempo, dal 4 al 6 per cento (l'Allegato 1 all’accordo riassume i nuovi requisiti patrimoniali).

- viene istituito un cuscinetto (buffer) di protezione del patrimonio al di là dei minimi stabiliti fissato al 2,5 per cento e costituito da common equity, dopo l'applicazione delle deduzioni. Lo scopo del cuscinetto di protezione è garantire che le banche mantengano un patrimonio di riserva per assorbire le perdite durante lunghi periodi di stress economico e finanziario. Le banche sono autorizzate ad attingere al cuscinetto durante questi periodi di stress, ma più il loro coefficiente patrimoniale si avvicina al requisito minimo, più crescono i vincoli alla distribuzione degli utili. Questo quadro intende rafforzare l'obbiettivo di dare alle banche una supervisione e una governance solide, e fornire una risposta al problema di concorrenza (collective action) che ha impedito ad alcune banche di tagliare la distribuzione degli utili come le gratifiche discrezionali e i dividendi elevati, nonostante il deteriorarsi della posizione patrimoniale.

- è istituito un cuscinetto (buffer) anticiclico, compreso fra lo 0 e il 2,5 per cento delle azioni ordinarie o di altri tipi di capitale, in grado di assorbire pienamente le perdite, tenendo conto delle circostanze nazionali. Lo scopo del cuscinetto anticiclico è conseguire l'obiettivo macroprudenziale più generale di proteggere il settore bancario dai periodi di crescita eccessiva della massa creditizia. Per ogni Paese, questo cuscinetto entrerà in vigore solo quando vi sarà una crescita eccessiva del credito, tale da produrre un accumulo di rischio pericoloso per il sistema. Il cuscinetto anticiclico, una volta in vigore, verrebbe introdotto come estensione della forbice del cuscinetto di protezione.

- è altresì previsto, in aggiunta ai requisiti patrimoniali sopra indicati di un coefficiente di leva finanziaria, che servirà da protezione aggiuntiva per le misure basate sul rischio sopra descritte. A luglio 2011, i governatori e i supervisori hanno concordato di sperimentare parallelamente un coefficiente Tier 1 leverage del 3 per cento. Basandosi sui risultati del periodo di sperimentazione, qualunque aggiustamento finale sarà eseguito nella prima metà del 2017, con l'obiettivo di approdare il 1° gennaio 2018 a una normativa Pillar 1 (requisiti patrimoniali minimi obbligatori) basata su analisi e calibrature appropriate.

- le banche importanti per la tenuta del sistema (systemically important financial institutions, o SIFIs), devono avere una capacità di assorbimento delle perdite superiore ai parametri generali. In tal senso, il comitato di Basilea e il Comitato per la stabilità finanziaria stanno elaborando un approccio integrato agli istituti di credito importanti per la tenuta del sistema, che potrebbe includere una combinazione di requisiti patrimoniali più elevati, capitale «eventuale» e debito bail-in (forme, queste ultime due, di titoli di debito convertiti automaticamente in azioni in caso di deterioramento dei conti). Il Comitato di Basilea ha anche pubblicato recentemente un documento consultivo, Proposal to ensure the loss absorbency of regulatory capital at the point of non-viability (Proposta per garantire la capacità del patrimonio di vigilanza di assorbire le perdite in una situazione di non sostenibilità). I governatori e i supervisori sottoscrivono l'obiettivo di potenziare la capacità di assorbimento delle perdite degli strumenti patrimoniali Tier 1 e Tier 2 diversi dalle azioni ordinarie.

L'entrata in vigore dell’Accordo è legata a tre meccansimi: in primo luogo è prevista un'entrata in vigore graduale dei minimi e dei buffer per la conservazione del capitale (al 2013 requisiti più bassi, poi innalzamento graduale; introduzione del buffer solo in un secondo tempo); in secondo luogo, le nuove e più severe regole sulle deduzioni dal patrimonio di vigilanza entreranno in vigore progressivamente. Infine, gli strumenti di capitale oggi ammessi verranno esclusi a mano a mano e quelli sottoscritti dai governi, come ad esempio i cd. “Tremonti bonds”, potranno rimanere integralmente per un periodo lungo. Come effetto di questi meccanismi, i nuovi requisiti saranno a regime pienamente solo nel 2020 e gli strumenti non più computabili nel patrimonio saranno completamente esclusi solo a partire dal 2023.

 

La relazione illustrativa ricorda che, a differenza di quanto avviene in altre economie, nell’UE le norme concordate nell’ambito del comitato di Basilea si applicano a tutti gli istituti di credito - e non solamente a quelli che operano a livello internazionale - e in linea di massima anche alle imprese di investimento.

Si ricorda che, mentre nell’UE l’accordo di Basilea 2 e 2,5[1] sono stati integralmente recepiti con le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, negli Stati Uniti è in corso una fase di sperimentazione in cui le banche tenute all’applicazione di Basilea 2 e Basilea 2,5 si conformano ai coefficienti regolamentari ufficiali previsti da Basilea 1, proseguendo nei lavori di attuazione dei metodi di Basilea 2. Analoghe fasi sperimentali sono in corso in Cina e in Turchia (cfr. al riguardo il rapporto sull’esecuzione degli accordi di Basilea riportato in allegato al presente dossier).

 

Più in generale, secondo la Commissione europea le proposte intendono fare fronte alle disfunzioni ed alle carenze normative emerse con particolare evidenza nel contesto di crisi economica e finanziaria al fine di ripristinare la stabilità del settore bancario e garantire l'afflusso di crediti nell'economia reale.

In particolare, la relazione illustrativa rileva che le proposte in esame sarebbero necessarie al fine di:

·      rimediare alle lacune nella normative vigente in materia imputabili principalmente alle numerose deroghe ed opzioni previste dalle citate direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE che riconoscono agli Stati membri la facoltà di imporre norme più rigorose.

Ciò ha portato alla creazione di un quadro giuridico non sufficientemente armonizzato che, oltre a comportare mancanza di chiarezza giuridica e discriminazioni, ha ostacolato lo svolgimento delle funzioni di vigilanza, pregiudicando la stabilità finanziaria ed il corretto funzionamento del mercato interno. Alla luce di tali considerazioni, la Commissione prospetta la soppressione di tutte le opzioni e le deroghe e l’adozione di regole uniformi in materia di vigilanza, ad eccezione di fattispecie ben definite nelle quali le divergenze possono essere giustificate da considerazioni connesse alla valutazione del rischio o a specificità degli strumenti, dei mercati o delle normative nazionali;

·      evitare una eccessiva esposizione degli istituti di credito al rischio considerato che questo ha contribuito a scatenare la crisi finanziaria, provocando ingenti perdite che, secondo stime del Fondo Monetario Internazionale (FMI), tra il 2007 e il 2010 sono state pari a mille miliardi di euro, vale a dire l’8% del PIL dell’UE;

·      scongiurare il ricorso agli aiuti di Stato per ripristinare la stabilità del settore bancario come è avvenuto durante la crisi finanziaria, garantendo nel contempo l’afflusso di crediti per finanziare l’economia e la crescita (si calcola che fino al mese di ottobre 2010 la Commissione ha approvato aiuti di Stato agli istituti di creditoper un importo complessivo pari a 4.600 miliardi di euro, di cui più di 2 mila miliardi sono stati effettivamente utilizzati tra il 2008 e il 2009).

 

La seguente tabella riporta l’ammontare degli aiuti di Stato autorizzati dalla Commissione europea per ciascun Stato membro nel periodo 2008-2011.

Fonte:   Quadro di valutazione della Commissione europea sugli aiuti di Stato (autunno 2011) – COM(2011)848, allegato SEC(2011)1487

 

Sintesi degli interventi proposti

Le due proposte legislative costituiscono un pacchetto unitario recante una disciplina comune applicabile sia agli enti creditizi sia alle imprese di investimento, attualmente regolamentati da due diverse direttive (2006/48/CE e 2006/49/CE).

La proposta di regolamento stabilisce i requisiti prudenziali dettagliati per gli enti creditizi e le imprese di investimento in coerenza con l’accordo di Basilea 3. La scelta di inserire tale disciplina in un regolamento discende dall’esigenza di garantire la diretta ed uniforme applicazione dei nuovi requisiti di capitale, evitando che il rischio di disposizioni nazionali divergenti connesso al recepimento di una direttiva. Ad avviso della Commissione, il ricorso al regolamento avrebbe inoltre il vantaggio di:

·      rafforzare la fiducia nella stabilità degli enti creditizi, dimostrando chiaramente che essi sono soggetti alle stesse norme su tutti i mercati dell'UE;

·      operare più rapidamente, con norme direttamente applicabili, modifiche e adeguamenti della normativa concordati a livello internazionale o resi opportuni dagli sviluppi del mercato.

 

La Commissione sottolinea, nella relazione illustrativa, che con il regolamento sarebbe perseguita un'armonizzazione massima delle normative nazionali, escludendo l’introduzione (contemplata dalla disciplina vigente) di norme più rigorose da parte dei singoli Stati membri.

Il riconoscimento di tale facoltà agli Stati membri potrebbe comportare, ad avviso della Commissione, uno spostamento delle esposizioni e dei rischi sottostanti verso un altro Stato membro dell'UE.

Inoltre, non è chiaro quale potrebbe essere l'impatto, in termini di costi e di crescita, di requisiti in materia di fondi propri più elevati in uno o più Stati membri, quale risultato di una "corsa al rialzo" in tutta l'UE.

 

La proposta di direttiva riproduce in gran parte la disciplina vigente quanto all'autorizzazione e all’esercizio della libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi degli enti creditizi, introducendo importanti innovazioni in merito al governo societario, al ricorso ai rating esterni,alle sanzioni, alla vigilanza prudenziale e alle partecipazioni qualificate.

Con riferimento a tale utlimo aspetto, si prospetta l’obbligo per qualsiasi persona fisica o giuridica (cosiddetto “candidato acquirente”) che abbia deciso di acquisire direttamente o indirettamente una partecipazione qualificata in un istituto di credito, o di procedere ad un aumento di tale partecipazione in misura che la quota dei diritti di voto o di capitale sia pari o superiore al 20, 30 o 50%, o che l’istituto di credito diventi una sua filiazione, di notificare previamente alle autorità competenti dell’istituto interessato il valore presunto della partecipazione stessa.  

 

Di seguito si riportano le principali innovazioni prospettate dalle due proposte la cui disciplina sarà illustrata in dettaglio nei capitoli successivi.

 

Fondi propri

La proposta di regolamento in esame prevede l’obbligo per le banche e le imprese di investimento di detenere un livello di capitale quantitativamente e qualitativamente più elevato che consenta di assorbire autonomamente eventuali perdite, senza ricorrere a ricapitalizzazioni a carico di fondi pubblici, e di assicurare la continuità nell’operatività. A questo scopo, si tiene fermo l’attuale requisito per cui le banche devono detenere un patrimonio di vigilanza totale dell'8% in rapporto alle attività ponderate per il rischio ma, al tempo stesso, ne viene modificata la composizione stabilendo:

·      una definizione rafforzata del patrimonio di base di classe 1 (c.d. Tier 1) affinché includa soltanto il common equity(composto dal capitale azionario e riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte), in quanto componente di migliore qualità del patrimonio stesso, e strumenti finanziari che rispettino 14 criteri (sulla composizione in dettaglio del patriomonio di base si rinvia all’apposita scheda del presente dossier);

·      l’innalzamento del requisito minimo relativo al common equity al 4,5% (a fronte del 2% previsto da Basilea 2), e del requisito minimo complessivo relativo al capitale Tier 1 al 6% (a fronte dell’attuale 4%).

 

I nuovi requisiti saranno introdotti gradualmente, in misura del 20% all’anno dal 2014 per raggiungere il 100% nel 2018.

La proposta di regolamento conferisce alla Commissione il potere di aumentare temporaneamente il livello dei requisiti di capitale e la ponderazione del rischio per alcune esposizioni o di imporre requisiti più stringenti, per tutte le esposizioni o per quelle in uno o più settori, regioni o Stati membri, qualora sia necessario per fare fronte a modifiche nell’intensità dei rischi macro e microprudenziali derivanti da sviluppi del mercato.

Al riguardo potrebbe risultare utile chiarire in che modo tale facoltà si coordini con i poteri attribuiti, ai fini della definizione di standard e linee guida comuni, all’Autorità bancaria europea (EBA), per una descrizione dei quali si rinvia all’apposito paragrafo del presente capitolo). In particolare, potrebbe risultare opportuno precisare se, esercitando i propri poteri, l’EBA possa raccomandare alle autorità di vigilanza nazionali di applicare requisiti più stringenti, modificando nella sostanza la disciplina legislativa europea (si consideri al riguardo la recente raccomandazione sull’aumento transitorio del capitale di classe 1 dell’8 dicembre 2011) o debba proporre l’adozione di tali misure alla Commissione mediante il ricorso ad appositi atti delegati.

Riserve di capitale

Le proposte in esame prevedono l’introduzione, come ulteriore tutela contro le perdite oltre ai requisiti patrimoniali minimi, di due riserve di capitale (c.d. buffer o cuscinetti):

1)      una cosiddetta “riserva di conservazione del capitalepari al 2,5% costituita da capitale di qualità primaria, identica per tutte le banche nell’UE, al fine di consentire che il capitale rimanga disponibile per sostenere l’operatività corrente della banca nelle fasi di tensione. Il mancato rispetto di tale requisito comporterà vincoli nella politica di distribuzione degli utili fino alla ricostituzione della riserva;

2)      una “riserva di capitale anticiclicaspecifica per ogni banca al fine di consentirle di creare in tempi di crescita economica una base finanziaria sufficiente che consenta loro di assorbire le perdite in periodi di crisi.

La seguente tabella illustra le differenze tra la disciplina vigente, che attua l’accordo di Basilea 2, e quella contenuta dalle proposte in esame in attuazione dell’accordo di Basilea 3, ponendo in particolare in rilievo le variazioni determinate dall’introduzione della riserva di conservazione del capitale.

 

 

 

Coefficiente di copertura di liquidità

Al fine di garantireuna migliore gestione del rischio di liquidità, le proposte in esame prevedono l’introduzione, nel 2015, dopo un periodo di osservazione, di un coefficiente di copertura di liquidità (liquidity coverage ratio - LCR). In particolare, si prospetta:

·      a decorrere dal 2013, un obbligo generale a carico degli istituti di credito di mantenere una copertura della liquidità appropriata e dicomunicare alle autorità di vigilanza nazionali gli elementi necessari per consentire loro di verificare il rispetto di tale requisito;

·      il conferimento alla Commissione del potere di precisare ulteriormente il requisito di copertura della liquidità a seconda delle conclusioni tratte dal periodo di osservazione e degli sviluppi internazionali.

All'interno di un gruppo di istituti, tale requisito si applicherà a livello di ogni singolo istituto; tuttavia, a rigorose condizioni, potrà essere concessa una deroga in base alla quale singoli istituti potranno essere soggetti a requisiti consolidati in materia di fondi propri.

Inoltre, al fine di risolvere i problemi di finanziamento derivanti da asimmetrie di durata tra attività e passività, la Commissione potrebbe proporre che nel 2018, dopo un periodo di osservazione e riesame, venga introdotto un coefficiente netto di finanziamento stabile al fine di obbligare gli istituti di credito a mantenere per un intero anno una solida struttura di finanziamento per fare fronte ad eventuali situazioni di stress,quali un calo significativo della loro redditività o solvibilità.

Le nuove misure sono volte ad ovviare alle attuali carenze nella gestione del rischio di liquidità imputabili, tra l’altro, all'uso di strumenti finanziari complessi e al ricorso crescente a strumenti di finanziamento all'ingrosso con scadenza a breve termine che hanno portato al fallimento di diversi istituti. Mentre un certo numero di Stati membri impone già requisiti quantitativi in materia di liquidità, a livello UE non esiste una normativa armonizzata e ciò, oltre a rendere difficile la comunicazione tra le autorità di vigilanza, genera a carico degli istituti di credito con attività transfrontaliera costi aggiuntivi per l'osservanza degli obblighi di segnalazione.

Rischio di controparte

Le proposte in esame rafforzano i requisiti in materia di gestione e capitalizzazione adeguate del rischio di credito di controparte, prevedendo requisiti supplementari in materia di fondi propri per far fronte ad eventuali perdite derivanti dal deterioramento della qualità creditizia della controparte. In tale contesto, la Commissione propone di aumentare i fattori di ponderazione del rischio per le esposizioni verso istituti di credito rispetto a quelle verso società non finanziarie allo scopo di favorire la diversificazione del rischio di controparte tra gli istituti di piccole dimensioni e ridurre l'interconnessione tra gli istituti di grandi dimensioni o di importanza sistemica.

La relazione illustrativa delle proposte in esame sottolinea che in occasione della crisi sono emerse una serie di carenze nelle disposizioni in materia del rischio di controparte legato ad operazioni con derivati, vendita con patto di riacquisto e finanziamento tramite titoli, che non sono state in grado di garantire una capitalizzazione sufficiente per questo tipo di rischio né tanto meno il passaggio dalla compensazione bilaterale dei contratti derivati OTC alla compensazione multilaterale tramite controparti centrali.

 

Coefficiente di leva finanziaria

Le proposte in esame stabiliscono l’obbligo di adottare un coefficiente di leva finanziaria[2] non basato sul rischio per evitare un eccessivo accumulo di leva finanziaria nei bilanci degli istituti di credito e ridurre la ciclicità dell'attività di erogazione del prestito.

In una prima fase il coefficiente non opererebbe come strumento vincolante, ma dovrebbe essere utilizzato come ulteriore criterio applicabile a singoli istituti a discrezione delle autorità di vigilanza. Le sue implicazioni dovranno essere oggetto di un rigoroso monitoraggio prima di una sua eventuale trasformazione in un requisito vincolante a partire dal 2018. Inoltre, si propone che a partire dal 2015 gli istituti di credito pubblichino i loro coefficienti di leva finanziaria.

Il coefficiente di leva finanziaria dovrà essere calcolato come la misura del capitale dell'istituto divisa per la misura della sua esposizione complessiva espresso in percentuale.

Riduzione del ricorso ai rating esterni

Le proposte in esame prevedono la riduzione del ricorso ai rating di credito esterni, in particolare introducendo l’obbligo per gli istituti di credito di non basare le proprie decisioni di investimento o il calcolo dei requisiti di fondi propri esclusivamente sui rating esterni, ma anche su metodi interni di valutazione del credito.

Tale previsione è strettamente connessa alle modifiche alla disciplina vigente in materia di rating prospettate dalla Commissione con le due proposte legislative presentate il 15 novembre 2011 (COM(2011)746 e 747).

Governo societario

Le proposte in esame prospettano l’istituzione di un nuovo quadro di governance per garantire un controllo più efficace dei rischi da parte dei consigli di amministrazione e conferire alle autorità di vigilanza ulteriori competenze in materia.

Si stabilisce, in particolare, che gli aspetti sostanziali del processo di rating e di stima siano approvati dall'organo di gestione e dall'alta dirigenza dell'istituto e siano soggetti ad una revisione interna almeno su base annuale.

Come sottolineato nella sintesi della valutazione di impatto (SEC(2011)593) allegata alla proposta di direttiva in esame, a causa della natura non vincolante della maggior parte dei principi di governo societario, non è stato possibile disporre di un quadro chiaro di governo societario e di una funzione di vigilanza definita, e ciò ha determinato per un verso il fatto che la loro applicazione sia dipesa dall'autoregolamentazione e dal monitoraggio esterno degli azionisti e, per altro, come emerso durante la crisi, l’incapacità delle autorità di vigilanza di monitorare adeguatamente o controllare l'attuazione dei suddetti princìpi da parte degli istituti di credito. Inoltre, in molti casi:

·      i consigli degli istituti non sono stati in grado o sono stati riluttanti a mettere in discussione le decisioni strategiche dei dirigenti esecutivi; in alcuni casi l'influenza dominante dei dirigenti e l'insufficiente diversificazione nella composizione dei consigli ne ha condizionato l'obiettività;

·      i consigli non sono stati sufficientemente coinvolti nella strategia globale in materia di rischi e di conseguenza non è stato monitorato l'approccio strategico al rischio dei dirigenti esecutivi;

·      sono stati introdotti incentivi eccessivi all'assunzione di rischi e non sono stati attuati sistemi appropriati per garantire una gestione dei rischi efficace;

·      la gestione dei rischi non è stata considerata prioritaria rispetto ad altri aspetti come la strategia di crescita. Di conseguenza la segnalazione dei rischi non è stata in tutte le situazioni tempestiva ed esauriente e in molti casi la funzione di gestione dei rischi non ha avuto un peso adeguato nel processo decisionale.

 

Inoltre, gli organi di gestione dovranno definire meccanismi volti a garantire una gestione efficace e prudente degli istituti di credito nel pieno rispetto dei seguenti princìpi:

·      la responsabilità generale dell’istituto dovrà ricadere sull’organo di gestione, in particolare per quanto riguarda l’approvazione degli obiettivi strategici in materia di rischi e la governance interna, nonché la sorveglianza degli alti organi dirigenti;

·      il divieto per il presidente dell’organo di gestione di esercitare contemporaneamente la funzione di amministratore delegato dell’istituto in questione, a meno che ciò non sia giustificato e autorizzato dalle autorità competenti;

·      l’obbligo per gli istituti di credito di istituire un comitato per le nomine incaricato di selezionare i candidati per eventuali posti vacanti e di valutare periodicamente: la struttura, le dimensioni, la composizione e l’operato dell’organo di gestione; le conoscenze, le competenze e l’esperienza dei membri dell’organo di gestione; la politica dell’organo di gestione in materia di selezione e nomina degli alti dirigenti.

 

I soggetti che esercitano funzioni di controllo dovranno essere remunerati in funzione della realizzazione degli obiettivi connessi alle loro funzioni indipendentemente dai risultati conseguiti nei settori di attività che essi controllano; la remunerazione del personale dirigente delle funzioni di controllo dei rischi dovrà essere sottoposta al controllo diretto del comitato per le remunerazioni o, in sua assenza, dell’organo di gestione.

Infine, per gli istituti che beneficiano di un intervento pubblico straordinario, la remunerazione variabile dovrà essere strettamente limitata ad una percentuale delle entrate nette qualora non sia compatibile con il mantenimento di una solida base di capitale e con l’uscita tempestiva dal sostengo pubblico.

 

Poteri sanzionatori delle autorità di vigilanza

Al fine di superare la frammentazione e le lacune delle normative nazionali in materia di poteri sanzionatori o di indagine delle autorità nazionali, la Commissione propone che il livello massimo delle sanzioni amministrative pecuniarie stabilite nella legislazione nazionale non superi i vantaggi derivanti dalla violazione, se determinabili, e in ogni caso non debba essere superiore al livello previsto dalla direttiva (il 10% del fatturato totale annuo dell'ente interessato nel caso di una persona giuridica, 5 milioni di euro o il 10% del reddito annuo dei singoli nel caso di una persona fisica). Inoltre, i criteri presi in considerazione dalle autorità competenti nel determinare il tipo e il livello di sanzione da applicare in un caso specifico dovrebbero comprendere almeno i criteri stabiliti nella direttiva (vantaggi derivati dalla violazione o perdite causate a terzi, atteggiamento collaborativo della persona responsabile, ecc).

Al riguardo si può osservare che potrebbe risultare interessante verificare se il criterio della proporzionalità sia pienamente compatibile con una soglia quantitativa massima delle sanzioni, tanto più che tale soglia viene fissata nel 10% del fatturato, vale a dire in un importo oggettivamente elevato.

La Commissione sottolinea al riguardo che non tutte le autorità nazionali dispongono di importanti poteri sanzionatori; in alcuni Stati membri il livello delle sanzioni amministrative pecuniarie è troppo basso e pertanto non costituisce un deterrente sufficiente, ed è impossibile imporre sanzioni sia agli enti creditizi che agli individui responsabili delle violazioni. Questa situazione può determinare lacune nel rispetto delle regole dell'UE, creare distorsioni della concorrenza nel mercato interno ed avere un impatto negativo sulla vigilanza finanziaria, mettendo a repentaglio il corretto funzionamento dei mercati bancari e pregiudicando la protezione dei depositanti e degli investitori e la fiducia nel settore finanziario;

Riesame annuale

Le autorità competenti dovranno adottare, almeno una volta all’anno, un programma di revisione prudenziale per gli istituti sottoposti alla loro vigilanza.

Il programma, che dovrà tenere conto del processo di controllo e valutazione precedentemente descritto, dovrà:

·      indicare gli istituti da sottoporre a vigilanza rafforzata e le misure che le autorità competenti intendono adottare;

·      prevedere ispezioni nella sede dell’istituto, comprese le filiazioni e le succursali site in altri Stati membri;

·      coprire gli istituti per i quali gli stress test ed il processo di revisione e valutazione evidenziano rischi significativi in relazione alla loro solidità finanziaria o il mancato rispetto dei requisiti in materia di fondi propri, nonché gli istituti che rappresentano un rischio sistemico per il sistema finanziario ed ogni altro istituto che le autorità competenti ritengano opportuno.

Poteri della Commissione europea e dell’ABE

Le proposte legislative in esame prevedono un ampio ricorso, ai fini dell’adozione di misure di attuazione e di adeguamento della legislazione, agli atti delegati adottati dalla Commissione europea e agli strumenti di convergenza regolamentare posti in essere dall’Autorità bancaria europea (ABE, o secondo l’acronimo inglese più comunemente usato, EBA)

 

L’EBA, istituita con il regolamento (UE) n. 1093/2010, è una delle tre autorità di vigilanza europee (ESA) create nell’ambito del nuovo quadro europeo di vigilanza finanziaria entrato in vigore a partire dal 1° gennaio 2011. Le altre due ESA sono l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (AEAP, secondo l’acronimo inglese EIOPA) e l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM, secondo l’acronimo inglese ESMA)[3].

Le EBA e le altre autorità esercitano, nei settori di riferimento, le seguenti competenze:

- elaborano nei casi indicati dai regolamenti istitutivi, proposte di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione, per la definizione di standard tecnici comuni, che la Commissione ha la facoltà di recepire presentando proposte legislative o adottando, ove previsto dalla legislazione di settore, atti delegati o atti esecutivi giuridicamente vincolanti;

- possono, al fine di garantire un'interpretazione ed un'applicazione uniforme della normativa europea nei settori di competenza, svolgere indagini su specifiche questioni, adottare raccomandazioni nei confronti delle autorità nazionali, nonché, se necessario, assumere decisioni con efficacia diretta nei confronti di singole istituzioni finanziarie dei Paesi membri;

- possono, in situazioni di emergenza che rischiano di compromettere il regolare funzionamento, nonché l'integrità e la stabilità del sistema finanziario europeo, svolgere una ruolo di coordinamento delle autorità nazionali e, in caso di inattività di quest'ultime, assumere decisioni direttamente applicabili agli intermediari finanziari;

- possono, in caso di contrasto tra le singole autorità nazionali in relazione a determinate situazioni transfrontaliere che richiedano cooperazione o decisioni congiunte, prestare assistenza al fine di risolvere tale contrasto e facilitare un accordo. In mancanza di accordo, possono imporre l'adozione di specifiche misure o l'astensione da qualsiasi attività al fine di risolvere la questione.

 

In particolare, le proposte attribuiscono all’EBA, al fine di garantire condizioni uniformi ed una tutela adeguata dei depositanti, degli investitori e dei consumatori in tutta l'UE, il compito di elaborare progetti di norme tecniche di regolamentazione e di attuazione volte a precisare i criteri definiti in alcune disposizioni con particolare riferimento a: determinati strumenti su fondi propri; adeguamenti prudenziali; deduzioni dai fondi propri; requisiti aggiuntivi in materia di fondi propri; partecipazioni di minoranza; servizi ausiliari dell'attività bancaria; trattamento delle rettifiche per il rischio di credito; probabilità di inadempimento; governo societario; metodi di ponderazione dei rischi delle attività; convergenza delle prassi in materia di vigilanza; liquidità e disposizioni transitorie per i fondi propri; consolidamento; informativa; esposizioni garantite da ipoteche; valutazione dei rischi; metodi e fattori di ponderazione del rischio delle attività; posizioni in strumenti di capitale e in valuta; uso di modelli interni; leva finanziaria ed elementi fuori bilancio.

Poiché in base ai trattati vigenti l’EBA, come le altre nuove autorità di vigilanza europee, non è titolare di autonomi poteri decisionali, le norme tecniche da essa elaborate potranno acquisire carattere vincolante soltanto se recepite, su proposta della medesima autorità, dalla Commissione in atti delegati e di esecuzione secondo quanto stabilito agli articoli 290 e 291 del Trattato sul funzionamento dell’UE. La Commissione, peraltro, potrà solo in casi eccezionali modificarein sede di recepimento le decisioni delle autorità.

La delega di poteri alla Commissione necessaria per l’adozione dele suddette norme tecniche sarà conferita a tempo indeterminato e potrà essere revocata in qualsiasi momento dal Parlamento europeo o dal Consiglio; l’atto delegato entrerà in vigore solo se non sono state sollevate obiezioni da parte di queste due istituzioni. Per l'adozione degli atti di esecuzione la Commissione sarà assistita dal Comitato bancario europeo (composto di rappresentanti dei governi nazionali) incaricato di consigliare la Commissione, su richiesta della stessa, sulle questioni politiche riguardanti le attività bancarie e sulle sue proposte in materia.

Valutazione e adeguamento delle norme proposte

Le proposte in esame prevedono che la Commissione presenti al Parlamento europeo ed al Consiglio, secondo un calendario ben preciso, relazioni per valutare l’adeguatezza delle nuove norme,corredate di proposte legislative ove siano opportune modifiche.

Le relazioni dovranno riguardare in particolare i seguenti aspetti: la politica in materia di remunerazione; i riferimenti della normativa nazionale ai rating esterni; l’applicazione delle disposizioni riguardanti la valutazione del capitale interno;i risultati raggiunti in materia di pratiche di diversità; il possibile impatto significativo dell’applicazione delle nuove norme sul ciclo economico;l’adeguatezza dei fattori di ponderazione del rischio e dei requisiti di fondi propri per il rischio specifico per tutti gli strumenti ammissibili; le esenzioni in materia di grandi esposizioni; l’applicazione alle imprese di investimento degli obblighi in materia di copertura di liquidità;l’eventuale impatto significativo del requisito generale in materia di copertura della liquidità sull'attività e sul profilo di rischio degli istituti finanziari nell’UE, sui mercati finanziari, l'economia e la concessione di prestiti bancari, soprattutto alle PMI e al finanziamento del commercio; l’opportunità che gli istituti utilizzino fonti di finanziamento stabili; l’impatto e l'efficacia del coefficiente di leva finanziaria; l’efficacia e l’applicazione delle disposizioni in materia di esposizioni al rischio di credito trasferito e al rischio di credito di controparte; l’impatto dei requisiti in materia di fondi propri sui prestiti alle PMI e alle persone fisiche.

Base giuridica

La base giuridica della proposta di direttiva è l’articolo 53, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) riguardante l'accesso alle attività autonome e il loro esercizio, in quanto essa, come ricordato dalla Commissione, concerne il coordinamento delle disposizioni nazionali che incidono sull'esercizio della libertà di stabilimento e della libertà di fornire servizi per gli enti creditizi e le imprese di investimento.

La base giuridica della proposta di regolamento è invece l’articolo 114, paragrafo 1, del TFUE, riguardante l'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, in quanto, ad avviso della Commissione, i requisiti prudenziali fissati dalla proposta stessa sono strettamente correlati al funzionamento dei mercati finanziari, ed in particolare all’attività degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

Sussidiarietà

La relazione illustrativa rileva che le due proposte sono conformi al principio di sussidiarietà in quanto soltanto un’azione a livello europeo può:

·      assicurare requisiti prudenziali e condizioni di accesso identici per tutti gli istituti di credito e le imprese di investimento che operano in diversi Stati membri;

·      garantire un livello elevato di stabilità finanziaria nell’UE e pari condizioni di concorrenza;

·      ridurre la complessità della normativa ed evitare ingiustificati costi di messa in conformità per l’esercizio delle attività transfrontaliere;

·      scongiurare l’arbitraggio regolamentare.

Valutazione di impatto delle nuove misure

Valutazione a livello europeo

La relazione illustrativa evidenzia che le nuove norme andrebbero a beneficio, oltre che delle stesse banche che potranno offrire prodotti competitivi in tutta l'UE e non saranno costrette a ridurre i prestiti in fase recessiva, anche dei risparmiatori che saranno maggiormente tutelati contro i rischi di fallimento, e dei contribuenti che non dovranno salvare le banche insolventi.

La loro attuazione dovrebbe in particolare:

·      comportare un aumento delle attività ponderate in base al loro rischio credizio pari al 24,5% per gli istituti di credito di grandi dimensioni e al 4,1% per quelli minori. L’adeguamento del capitale in seguito all’applicazione dei nuovi requisiti richiederà fondi per 84 miliardi di euro entro il 2015, e 460 miliardi entro il 2019;

·      generare benefici annui in termini di PIL compresi tra lo 0,3 e il 2% grazie alla possibile riduzione della frequenza delle crisi sistemiche;

·      consentire la riduzione della durata dei normali cicli economici grazie ai requisiti di capitale più elevati e alla costituzione della riserva di capitale anticiclica, con effetti positivi soprattutto per le PMI che dipendono più ampiamente dai prestiti bancari attraverso i cicli economici;

·      evitare un’eccessiva esposizione degli istituti di credito al rischio considerato che questo ha contribuito a scatenare la crisi finanziaria, provocando ingenti perdite che, secondo stime del Fondo Monetario Internazionale, tra il 2007 e il 2010 sono state pari a 1 trilione di euro, vale a dire l’8% del PIL dell’UE;

·      scongiurare il ricorso agli aiuti di Stato per ripristinare la stabilità del settore bancario (come è avvenuto durante la crisi finanziaria), garantendo nel contempo l’afflusso di crediti per finanziare l’economia e la crescita;

·      ridurre gli oneri amministrativi soprattutto per gli istituti di credito con maggiori attività transfrontaliere.

Nella valutazione di impatto si evidenzia il rischio che il rafforzamento dei requisiti a livello europeo possa avere ripercussioni sulla competitività internazionale degli istituti di credito europei. Ad avviso della Commissione, tuttavia, un’eventuale riduzione della competitività potrebbe essere compensata dai benefici che potranno derivarne per gli investitori, i depositanti e le altre parti interessate.

Ai fini dell’elaborazione delle misure in esame, la Commissione ha tenuto conto dei risultati di una serie di studi nonché di un ampio processo di consultazione delle parti interessate (autorità di vigilanza e attori dei mercati finanziari quali emittenti, intermediari, investitori e consumatori). Da tale esercizio è emerso un ampio consenso sulla necessità di un intervento a livello europeo in particolare per rafforzare ed armonizzare i regimi sanzionatori e la governance nel settore dei servizi finanziari, nonché ridurre l’eccessivo ricorso da parte degli istituti di credito ai rating esterni, optando per una valutazione autonoma dei propri rischi.

Valutazione d’impatto sull’ordinamento interno (a cura del servizio Studi)

Passando ad una prima valutazione dell'impatto delle due proposte normative sull’ordinamento interno, si segnala innanzitutto come esse, recependo l'accordo di Basilea 3, siano ispirate da un approccio particolarmente rigoroso che potrebbe produrre effetti significativi sul sistema economico, come già segnalato da più parti.

I forti incrementi richiesti nella capitalizzazione delle banche - che porterebbero in particolare un innalzamento dall'8 per cento al 10,5 per cento del requisito minimo patrimoniale complessivo, indifferenziato per tutti i portafogli - potrebbero infatti tradursi, in ultima istanza, in una riduzione delle risorse disponibili per il finanziamento del sistema produttivo italiano, la cui principale fonte di finanziamento è costituita dal canale bancario.

Ciò vale soprattutto per le piccole e medie imprese, in relazione alle quali, paradossalmente, il pacchetto di proposte in esame non prevede regole specifiche, salva la previsione di cui all'articolo 485 della proposta di regolamento, la quale, peraltro, si limita a stabilire che la Commissione europea presenti, entro 24 mesi dall'entrata in vigore del regolamento, una relazione sull'impatto dei requisiti in materia di fondi propri sui prestiti alle PMI e alle persone fisiche, con eventuali proposte legislative. Non sono quindi previsti, come da più parti sollecitato, fattori di correzione per i crediti concessi alle PMI volti a compensare l'incremento quantitativo del requisito patrimoniale minimo.

Secondo notizie di stampa, Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza delle Cooperative Italiane e ABI avrebbero già sottoposto alla Commissione europea e agli europarlamentari italiani un documento congiunto recante alcuni emendamenti alle proposte legislative in esame per ridurre i potenziali «effetti collaterali» sull'erogazione del credito.

Il documento proporrebbe, in particolare, l’applicazione dell'aumento dei requisiti patrimoniali - laddove i crediti siano concessi alle PMI - mediante l'introduzione di un «fattore correttivo» del 76,19 per cento nella formula per il calcolo dei risk weighted assets (ovvero le attività per cassa e fuori bilancio classificate e ponderate in base a differenti coefficienti connessi ai rischi, secondo le normative bancarie emanate dagli organi di vigilanza per il calcolo dei coefficienti di solvibilità).

Le conseguenze delle proposte in esame potrebbero essere peraltro amplificate dalla decisione, assunta dalla nuova Autorità bancaria europea (EBA), di imporre alle banche di valutare al valore di mercato i titoli di debito sovrano in portafoglio (cfr. l’apposito paragrafo del presente dossier). Tale decisione inciderà in misura negativa sulle banche italiane, che saranno costrette a svalutare i titoli di debito italiani e greci e a procedere conseguentemente a significative ricapitalizzazioni per rispettare i requisiti patrimoniali previsti dalla legislazione europea vigente e dalla stessa EBA

Le preoccupazioni sul possibile impatto negativo dell'attuazione di Basilea 3 sono del resto tenute in grande considerazione dai principali partner globali al di fuori dell'Unione europea, che stanno procedendo con estrema cautela, come già ricordato.

 

Interventi a sostegno della liquidità delle banche

Ai fini della valutazione dell’impatto delle proposte in esame appare altresì utile richiamare le misure adottate in Italia e a livello europeo al fine di contrastare la crisi finanziaria attraverso la garanzia di un sufficiente livello di liquidità alle istituzioni creditizie e dei depositi.

In particolare, il decreto legge n. 201 del 2011 - in analogia con un primo gruppo di disposizioni relative al settore creditizio già inserito nel decreto-legge 9 ottobre 2008, n. 155 - ha introdotto alcune misure per alleviare le tensioni sul sistema creditizio derivanti dalla crisi del debito sovrano. In questo ambito è previsto che le banche italiane possano beneficiare di una garanzia pubblica per le proprie passività almeno fino al giugno del 2012. L’intervento del Governo italiano è volto a consentire alle banche di raccogliere i fondi necessari a finanziare i prestiti alle imprese e alle famiglie. Le modalità di accesso alle garanzie pubbliche sono definite in conformità con le Raccomandazioni della Commissione europea in merito all’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato alle misure dei sostegno alla banche nel contesto della crisi finanziaria.

A seguito dell'intervento della garanzia dello Stato, la banca è tenuta a rimborsare all'erario le somme pagate dallo Stato maggiorate degli interessi al tasso legale fino al giorno del rimborso, nonché a presentare un piano di ristrutturazione dal quale risulti che la banca è fermamente decisa a intraprendere gli sforzi di ristrutturazione necessari e a ripristinare la redditività senza ritardi.

La misura non ha effetti sull’indebitamento netto e, fino all’eventuale escussione della garanzia, sul debito delle Amministrazioni pubbliche. Per beneficiare della garanzia dello Stato le banche devono soddisfare requisiti definiti in modo che la garanzia venga fornita solo a intermediari solidi che affrontano temporanei problemi di liquidità. La norma specifica le passività che possono beneficiare di garanzia, in modo da evitare l’estensione di quest’ultima al complesso delle passivo degli intermediari.

Inoltre, può produrre effetti indiretti positivi sulla crescita l’estensione della possibilità per gli istituti creditizi e finanziari di trasformare le attività iscritte in bilancio per imposte anticipate (Deferred Tax Asset, DTA) in crediti di imposta, prevista dall’articolo 9 del medesimo decreto-legge n. 201 del 2011. La trasformazione rende “liquide” queste attività e le rende quindi computabili nel patrimonio di vigilanza delle banche allentando i vincoli di patrimonializzazione imposti su queste ultime dall’accordo di Basilea 3 che si riflettono direttamente sull’offerta di credito alle imprese.

Si ricorda inoltre che, per favorire la liquidità delle banche, il 21 dicembre scorso la Banca centrale europea ha collocato 489,19 miliardi di euro mediante un'asta di rifinanziamento senza limiti con cui Francoforte ha assegnato fondi a tre anni agli istituti di credito europei a un tasso agevolato dell'1 per cento. Un tasso molto basso che, nelle intenzioni della Bce, potrebbe sbloccare in parte i prestiti sull'interbancario e i finanziamenti a famiglie e piccole e medie imprese. Le Banche italiane hanno ottenuto 40 miliardi.

 

Esame delle proposte presso le Istituzioni dell’UE

La Commissione europea ha auspicato, all’atto della presentazione, che le due proposte in esame, tenuto conto delle scadenze da esse previste in coerenza con l’accordo di Basilea 3, siano adottate dal Parlamento europeo e dal Consiglio, secondo la procedura legislativa ordinaria, entro la fine del 2012 e siano pienamente operative a partire dal 2019.

Il Parlamento europeo dovrebbe pronunciarsi in prima lettura nella sessione di aprile 2012.

 

Esame presso altri parlamenti nazionali

Le due proposte legislative sono state esaminate o sono in corso di esame presso numerosi parlamenti o camere dell’UE (tra cui entrambe le camere tedesche).

Tre Camere (House of Lord britannica, Senato francese e Parlamento svedese) hanno adottato un parere motivato, ai sensi del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, contestando la conformità della proposta di regolamento con il principio di sussidiarietà.

La House of Lords, in particolare, ha ritenuto incompatibile con il principio di sussidiarietà il fatto che la proposta di regolamento stabilisca requisiti uniformi per tutte le banche e le imprese di investimento dell’UE, escludendo la possibilità che un singolo Stato membro introduca, ove necessario per salvaguardare la stabilità finanziaria, regole prudenziali più stringenti, come consentito dall’accordo di Basilea 3.

Tale facoltà è infatti riconosciuta dalla proposta di regolamento alla Commissione europea (che la esercita mediante atti delegati); ad avviso della House of Commons, essa andrebbe, invece, conferita in coerenza con il principio di sussidiarietà, alle autorità di vigilanza nazionali che potrebbero reagire più direttamente e rapidamente in caso di necessità. Ciò assicurerebbe maggiore flessibilità ai requisiti prudenziali, assicurando una applicazione più efficace dell’accordo di Basilea 3.

 

Analoghe argomentazioni sono state addotte dal Senato francese e dal Parlamento svedese nei rispettivi parere motivati che contestano la conformità al principio di sussidiarietà dell’articolo 443 della proposta di regolamento, in quanto attribuisce alla Commissione europea, anziché ai singoli Stati membri, il potere di adottare, ove necessario per salvaguardare la stabilità finanziaria, regole prudenziali più stringenti.

 

La raccomandazione dell’EBA sulla ricapitalizzazione delle banche

L’Autorità bancaria europea (EBA) ha adottato, l’8 dicembre 2011, una raccomandazione sulla ricapitalizzazione delle banche europee[4], che prevede la creazione, in via eccezionale e temporanea, entro la fine di giugno 2012, di una riserva supplementare di fondi propri da parte delle banche per raggiungere un livello pari al 9% il rapporto tra il capitale di classe 1 e le attività ponderate per il rischio.

La costituzione di tale riserva supplementare viene motivata dall’EBA richiamando l’esigenza di creare un cuscinetto di capitale (buffer) a fronte delle esposizioni delle banche in questione verso gli emittenti sovrani .

La quantificazione delle necessità di ricapitalizzazione delle singole istituzioni finanziarie si basa sui prezzi di mercato rilevati a settembre 2011 (criterio mark to market) ed è calcolato rimuovendo il filtro prudenziale sulle esposizioni nel portafoglio disponibile per la vendita – AFS – ed effettuando una valutazione prudente delle esposizioni sovrane nei portafogli detenuti a scadenza.

Per soddisfare l’obiettivo di capitale, le banche dovranno, in prima istanza, utilizzare risorse private, che possono provenire da: utili non distribuiti; restrizioni sui bonus aziendali; aumenti di capitale della migliore qualità; emissioni presso investitori privati di strumenti di debito convertibili in azioni al ricorrere di determinate evenienze (contingent capital), che saranno accettate ai fini dell’esercizio a patto che rispettino i requisiti previsti dell’EBA nell’apposito term-sheet (riportato nell’Annex 3 della raccomandazione in esame); ristrutturazione in Core tier 1 di strumenti ibridi esistenti, se effettuata entro la fine di ottobre 2012; altre misure di gestione del passivo.

In coerenza con la raccomandazione le autorità di vigilanza nazionali (per l’Italia la Banca d’Italia) chiederanno alle banche di presentare, entro il 20 gennaio 2012, i piani di ricapitalizzazione che indichino le strategie che si intendono perseguire per raggiungere l’obiettivo di capitale a fine giugno del 2012. I piani dovranno essere concordati con l’autorità di vigilanza (nel caso italiano la Banca d’Italia) e saranno oggetto di consultazione e di revisione con l’EBA e con le altre autorità nazionali competenti nell’ambito dei Collegi dei supervisori.

La decisione si applicherà ad alcune delle 71 grandi banche europee banche che hanno partecipato all’esercizio di capitale promosso dall’EBA il 26 ottobre 2011. Il fabbisogno di fondi propri supplementari è stato stimato dall’EBA a 114,685 miliardi di euro; per le banche italiane la ricapitalizzazione dovrebbe ammontare a 15,366 miliardi.

 

Ammontare delle ricapitalizzazioni per Stato membro

Importi in milioni di euro

Austria 

3,923

 

Belgio

6,313

 

Cipro 

3,531

 

Germania

13,107

 

Spagna

26,170

 

Francia

7,324

 

Grecia 

30,000

 

Italia

15,366

 

Paesi bassi 

0,159

 

Portogallo

6,950

 

Slovenia

0,320

 

Totale

 114,685

 

 

Come indicato in un comunicato stampa ufficiale della Banca d’Italia del 9 dicembre 2011 la raccomandazione si applicherà a quattro gruppi bancari italiani: Unicredit, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Unione di Banche Italiane.

In particolare, secondo le indicazioni della Banca d’Italia, per Unicredit l’ammontare è di 7.974 milioni di euro; Banca Monte dei Paschi di Siena presenta un fabbisogno di 3.267 milioni di euro; Banco Popolare di 2.731 milioni; Unione di Banche Italiane di 1.393 milioni.

 

Secondo notizie di stampa, l’Associazione Bancaria Italiana ha rappresentato formalmente all’EBA la propria valutazione negativa sui requisiti richiesti dall’EBA che, secondo quanto comunicato, apparirebbero viziati da una non omogenea applicazione dei criteri di determinazione delle attività ponderate per il rischio tra le differenti giurisdizioni europee. Tali differenze potrebbero far emergere deficit patrimoniali che non riflettono una reale esposizione al rischio, costringendo le banche ad effettuare delle ricapitalizzazioni non necessarie con rilevanti conseguenze negative. L’ABI lamenta inoltre l’adozione del criterio del mark to market per i titoli di Stato, il quale, “in assenza di qualsivoglia segnale in ordine alla solvibilità degli emittenti, oltre ad aver causato un'anomala volatilità sul mercato di detti titoli, appare del tutto incongrua rispetto alla difficile fase economica che l'Europa sta attraversando”. Nel ribadire come i tempi siano inopportuni e in netta controtendenza rispetto alla condivisa opinione che le regole non debbano aumentare la ciclicità dell'economia, l’ABI richiede la revisione delle conclusioni dell’EBA.

 


I contenuti della proposta di regolamento (COM(2011)452)

La proposta di regolamento in esame fissa, come ricordato in premessa, requisiti prudenziali uniformi e direttamente applicabili a carico degli enti creditizi e delle imprese di investimento, in attuazione dell’accordo di Basilea 3.

In particolare, la proposta prospetta regole comuni riguardanti:

·      requisiti di fondi propri riferiti al rischio di credito, di mercato ed operativo. E’ fatta salva la facoltà degli istituti di credito di detenere fondi propri in eccesso o di applicare misure più restrittive rispetto a quelle stabilite dal futuro regolamento;

·      requisiti in materia di liquidità;

·      requisiti volti a limitare le grandi esposizioni;

·      obblighi di comunicazione e di pubblicazione.

Articoli 5-15: applicazione dei requisiti su base individuale e consolidata

Gli istituti di credito dovranno conformarsi su base individuale agli obblighiin materia di:

·         requisiti di capitale, leva finanziaria, grandi esposizioni ed esposizioni al rischio di credito trasferito;

·         informativa qualora gli istituti non siano filiazioni nello Stato membro in cui sono autorizzati o soggetti a vigilanza, o siano esclusi dal consolidamento prudenziale;

·         copertura, conformità ai requisiti e segnalazione in materia di liquidità per gli istituti che non siano imprese di investimento non autorizzate a fornire servizi quali la negoziazione per conto proprio e l’assunzione a fermo di strumenti finanziari e/o collocamento di strumenti finanziari sulla base di un impegno irrevocabile.

Gli istituti imprese madri situate in uno Stato membro nonché gli istituti di credito controllati da una società di partecipazione finanziaria dovranno conformarsi ai suddetti obblighi su base consolidata.

 

Vengono tuttavia prospettate una serie di deroghe per quanto riguarda:

·         i requisiti di capitale su base individuale per le filiazioni di un istitutoqualora esse siano soggette alla vigilanza su base consolidata dell’impresa madre e vengano soddisfatti i requisiti volti a garantire un’equa distribuzione dei fondi propri tra le filiazioni e l’impresa madre;

·         i requisiti in materia di liquidità su base individuale per le imprese madri e le loro filiazioni nell’UE che saranno considerate come un unico sottogruppo di liquidità qualora soddisfino una serie di condizioni;

·         i requisiti in materia di fondi propri, capitale, leva finanziaria, grandi esposizioni ed esposizioni al rischio di credito trasferito e obblighi di informativa per gli istituti di credito ubicati in uno stesso Stato membro affiliati permanentemente ad un organismo centrale preposto al loro controllo, stabilito nel medesimo Stato membro;

·         a determinate condizioni, gli obblighi di informativa per gli istituti imprese madri nell'UE, gli istituti controllati da una società di partecipazione finanziaria madre o di partecipazione finanziaria mista madre nell'UE;

·         l’applicazione su base consolidata dei requisiti in materia di fondi propri per gruppi di imprese di investimento.

E’ prevista la possibilità per le autorità competenti di autorizzare le imprese madri ad inserire le filiazioni che hanno nei loro confronti esposizioni o passività rilevanti nel calcolo dei requisiti in materia di fondipropri, capitale, leva finanziaria, grandi esposizioni ed esposizioni al rischio di credito trasferito.

Articoli 16-19: consolidamento prudenziale

Gli istituti di credito che sono tenuti a rispettare i requisiti precedentemente richiamati su base consolidata dovranno procedere al completo consolidamento di tutti gli istituti che sono loro succursali.

Fermo restando il rispetto di determinati requisiti, saranno consentiti consolidamenti proporzionali in funzione della quota di capitale detenuta dall’impresa madre nella filiazione, nonché di quella detenuta in partecipazioni in istituti di credito diretti congiuntamente da un’impresa inclusa nel consolidamento unitamente ad una o più imprese che ne sono escluse qualora la loro responsabilità sia limitata a tale quota. Un istituto di credito o un'impresa di servizi ausiliari che è una filiazione o un'impresa in cui è detenuta una partecipazione non dovranno essere inclusi nel consolidamento qualora il valore totale dei loro attivi e delle voci fuori bilancio sia inferiore al più basso dei seguenti due elementi:1) 10 milioni di euro;2) l’1% del valore totale degli attivi e delle voci fuori bilancio dell’impresa madre o dell’impresa che detiene la partecipazione.

 

Leautorità competenti potranno adottare decisioni congiunte in materia di requisiti di capitale in caso di:

·         autorizzazione all’utilizzo di determinate metodologie per la ponderazione del rischio di credito, quali il metodo basato sui rating interni (Internal Rating Based Approach - IRB), i metodi avanzati di misurazione (Advanced Measurement Approach) nonché modelli interni di valutazione dell’LGD (Loss Given Default) e dei requisiti di fondi propri;

·         applicazione del trattamento infragruppo agli istituti non soggetti alle deroghe riguardanti l’applicazione dei requisiti in materia di liquidità su base individuale;

·         individuazione di un unico sottogruppo liquidità e imposizione di restrizioni sull’ubicazione e la proprietà delle attività liquide nonché obbligo di detenzione di importi minimi di attività liquide da parte degli istituti di credito esenti dall’applicazione degli obblighi in materia di copertura della liquidità.

Articoli 23-101: fondi propri

Come precisato all’articolo 69, i fondi propri di un istituto di credito corrisponderanno alla somma del suo capitale:

·         di classe 1 (Tier 1), vale a dire la componente primaria del capitale di un istituto di credito, composto a sua volta da:

-          capitale di base di classe 1 (Common Equity), ovvero il capitale di migliore qualità di una banca;

-          capitale aggiuntivo di classe 1;

·         di classe 2 (Tier 2).

Composizione del capitale di classe 1

Conformemente all’articolo 24 il capitale di base di classe 1 dovrà comprendere:

·         gli strumenti di capitale ed i relativi sovrapprezzi di emissione. Gli strumenti di capitale per far parte del capitale di base di classe 1 dovranno:

-         essere stati emessi direttamente dall’istituto e versati a condizione che il loro acquisto non sia finanziato direttamente o indirettamente dall’istituto;

-         essere qualificati come capitale o patrimonio netto

-         essere indicati chiaramente e separatamente nello stato patrimoniale di bilancio dell’istituto;

-         essere perpetui;

-         avere un valore nominale che non può essere ridotto o rimborsato tranne in caso di liquidazione dell’istituto, operazioni discrezionali di riacquisto degli strumenti o altre operazioni discrezionali di riduzione del capitale;

-         rispettare una serie di requisiti in materia di distribuzioni (ad esempio non siano previsti diritti preferenziali o restrizioni per il pagamento delle distribuzioni, obblighi di effettuare distribuzioni ai proprietari degli strumenti o ancora il mancato pagamento delle distribuzioni non costituisca una situazione di inadempimento da parte dell’istituto);

-         rispetto agli altri strumenti di capitale emessi dall’istituto, assorbire la quota proporzionatamente più grande delle eventuali perdite ed ogni strumento assorba perdite nella stessa misura degli altri strumenti del capitale di base di classe 1;

-         essere di categoria inferiore a tutti gli altri crediti in caso di insolvenza o liquidazione dell'istituto;

-         conferire ai loro possessori un credito sulle attività residue dell'istituto in caso di liquidazione e dopo il pagamento di tutti i crediti di primo rango;  

-         non essere coperti o garantiti dall’istituto, dall’impresa madre, dalle società a partecipazione finanziaria e loro filiazioni;

-         non essere soggetti ad accordi di natura contrattuale o di altro tipo che aumentino il rango dei crediti a titolo degli strumenti in caso di insolvenza o liquidazione;

·         gli utili non distribuiti e, previo consenso dell’autorità competente, gli utili intermedi o di fine esercizio;

·         altre componenti di conto economico complessivo accumulatesecondo i princìpi contabili internazionali (IAS) 1, nonché altre riserve che, conformemente a tali princìpi, devono essere comunicate;

·         i fondi per il rischio bancario generale previsti dall’articolo 38 della direttiva 86/635/CEE relativa ai conti annuali e consolidati degli istituti finanziari;

·         strumenti di capitale emessi da società mutue, cooperative o organismi analoghi a condizione che siano rispettati i requisiti precedentemente richiamati.

 

Gli istituti di credito dovranno escludere dagli elementi dei fondi propri:

·         qualsiasi aumento del loro capitale risultante da attività cartolarizzate;

·         le riserve di valore equo (fair value) relative a profitti e perdite generati dalla copertura dei flussi di cassa degli strumenti finanziari non valutati al valore equo;

·         i profitti o le perdite sulle passività dell'istituto, valutate al valore equo, dovuti all'evoluzione del merito creditizio dell’istituto stesso.

 

Salvo alcune eccezioni espressamente indicate agli articoli 45 e 46, dovranno invece detrarre dagli elementi del capitale di base di classe 1:

·         le perdite relative all’esercizio in corso;

·         i beni immateriali;

·         le attività fiscali differite che si basano sulla redditività futura;

·         per gli istituti che calcolano gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio avvalendosi del metodo basato sui rating interni, gli importi negativi risultanti dal calcolo delle perdite attese;

·         le attività dei fondi pensione a prestazioni definite dall’istituto;

·         gli strumenti del capitale di base di classe 1 detenuti dall'istituto direttamente e indirettamente;

·         gli strumenti del capitale di base di classe 1 di entità pertinenti qualora esse detengano con l'istituto una partecipazione incrociata reciproca che secondo l'autorità competente è stata concepita per gonfiare artificialmente i fondi propri dell'istituto;

·         l'importo applicabile degli strumenti del capitale di base di classe 1 di entità pertinenti detenuti dall’istituto direttamente e indirettamente, quando questo ha o non ha un investimento significativo in tali entità;

·         l'importo degli elementi da detrarre dagli elementi aggiuntivi di classe 1 che supera il capitale aggiuntivo di classe 1 dell'istituto;

·         l'importo dell'esposizione delle partecipazioni qualificate al di fuori del settore finanziario, delle posizioni inerenti a cartolarizzazione e delle operazioni con regolamento non contestuale, che possono ricevere un fattore di ponderazione del rischio pari all’1 250%, quando, in alternativa a tale fattore l'istituto detrae l'importo dell'esposizione dal capitale di base di classe 1;

·         salvo alcune eccezioni, qualunque tributo relativo agli elementi del capitale di base di classe 1 prevedibile nel momento in cui è calcolato.

 

Come previsto all’articolo 48, il capitale aggiuntivo di classe 1 dovrà comprendere gli strumenti di capitale ed i relativi sovrapprezzi di emissione.

Potranno far parte del capitale aggiuntivo di classe 1 gli strumenti:

·      emessi e versati;

·      non acquistati dall’istituto di credito, da sue filiazioni o da un'impresa nella quale l'istituto detiene una partecipazione pari al 20% o più dei diritti di voto o del capitale dell'impresa stessa;

·      il cui acquisto non è finanziato dall'istituto direttamente e indirettamente;

·      sono di categoria inferiore agli strumenti di classe 2 in caso di insolvenza dell'istituto;

·      non sono coperti né garantiti dall’istituto, dall’impresa madre, da una società di partecipazione finanziaria madre o di partecipazione finanziaria mista o loro filiazioni;

·      non sono oggetto di alcuna disposizione, contrattuale o di altro tipo, che aumenti il rango del credito a titolo degli strumenti in caso di insolvenza o liquidazione;

·      sono perpetui e non è previsto alcun incentivo al rimborso per l'istituto;

·      le eventuali opzioni call possono essere esercitate unicamente a discrezione dell'emittente;

·      possono essere riacquistati o rimborsati solo quando sono soddisfatte determinate condizioni e non prima di cinque anni dalla data di emissione;

·      le distribuzioni a titolo degli strumenti provengono da elementi distribuibili, il livello delle distribuzioni effettuate sugli strumenti non può essere modificato sulla base del merito di credito dell'istituto, l’istituto gode di piena discrezionalità di annullare in qualsiasi momento tali distribuzioni per un periodo illimitato e su base non cumulativa, e può utilizzare i pagamenti annullati senza restrizioni per far fronte ai suoi obblighi che giungono a scadenza. Infine, l'annullamento delle distribuzioni non costituisce un caso di inadempimento da parte dell'istituto;

·      gli strumenti non contribuiscono ai fini della determinazione che le passività di un istituto superano le sue attività qualora ciò costituisca una prova di insolvenza;

·      l'importo del capitale degli strumenti deve essere ridotto o gli strumenti devono essere convertiti in strumenti del capitale di base di classe 1 al verificarsi di un evento attivatore (trigger event);

·      gli strumenti non possiedono nessuna caratteristica che possa ostacolare la ricapitalizzazione dell'istituto;

·      quando gli strumenti non sono emessi direttamente dall'istituto o da un'entità operativa nel quadro del consolidamento, i proventi sono immediatamente disponibili senza limitazione.

 

Agli articoli 53-57 si prevede la possibilità per gli istituti di credito di detrarre dagli strumenti aggiuntivi di classe 1:

·      gli strumenti propri aggiuntivi di classe 1 detenuti da un istituto direttamente e indirettamente o emessi da entità pertinenti quando quest’ultimo ha o meno un investimento significativo in tali entità o con le quali possiede partecipazioni incrociate reciproche che secondo l'autorità competente sono state concepite per gonfiare artificialmente i fondi propri dell'istituto;

·      l'importo degli elementi da detrarre dagli elementi di classe 2 che superano il capitale di classe 2 dell'istituto;

·      salvo alcune eccezioni, qualunque tributo relativo agli elementi aggiuntivi di classe 1 prevedibile al momento in cui è calcolato.

Composizione del capitale di classe 2

Conformemente a quanto stabilito all’articolo 59, il capitale di classe 2 dovrà essere costituito da:

·         gli strumenti di capitale che rispettino gli stessi requisiti previsti per gli strumenti aggiuntivi del capitale di classe 1 precedentemente richiamati nonché i relativi sovrapprezzi di emissione;

·         per gli istituti che calcolano gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio conformemente alle disposizioni sul capitale di base di classe 1, le rettifiche per il rischio di credito generale fino all'1,25% dei suddetti importi;

·         per gli istituti che calcolano gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio conformemente alle disposizioni sul capitale aggiuntivo di classe 1, gli importi positivi fino allo 0,6% dei suddetti importi.

Al capitale di classe 2 potranno essere applicate le medesime detrazioni previste per gli strumenti aggiuntivi di classe 1 precedentemente richiamate.

 

Ulteriori requisiti

All’articolo 70 viene prospettato il divieto per gli istituti di credito di detrarre da qualsiasi elemento dei fondi propri le posizioni detenute in un'entità finanziaria regolamentata che non abbiano i requisiti per essere considerate come patrimonio di vigilanza di tale entità. Inoltre, come prospettato all’articolo 72, previa autorizzazione delle autorità competenti e a condizione che vengano soddisfatti determinati requisiti, gli istituti di credito potranno:

·      ridurre o rimborsare gli strumenti del capitale di base di classe 1;

·      effettuare il riacquisto o il rimborso degli strumenti aggiuntivi di classe 1 o degli strumenti di classe 2 prima della loro scadenza contrattuale.

Nel caso in cui un istituto di credito detenga azioni considerate come strumenti di capitale di base di classe 1, strumenti aggiuntivi di classe 1 o strumenti di classe 2, in un'entità pertinente su base temporanea e l'autorità competente ritiene che tali detenzioni siano destinate ad un'operazione di assistenza finanziaria per la riorganizzazione e il salvataggio dell'entità, l'autorità competente potrà, su base temporanea, derogare alle disposizioni in materia di detrazione applicabili a tali strumenti.

Infine, per la costituzione dei fondi propri degli istituti di credito possono essere prese in considerazione le partecipazioni di minoranza, vale a dire gli strumenti di capitale di base di classe 1 di una filiazione, sommati ai relativi utili non distribuiti e al sovrapprezzo di emissione, che hanno i requisiti per essere incluse nel capitale di base di classe 1 consolidato.

Requisiti in materia di fondi propri

Come già ricordato nella sintesi del contenuto, all’articolo 87 viene stabilito l’obbligo per gli istituti di credito di soddisfare sempre determinati requisiti in materia di fondi propri: 

·      un coefficiente di capitale di base di classe 1 del 4,5%;

·      un coefficiente di capitale di classe 1 del 6%;

·      un coefficiente di capitale totale dell'8%.

I fondi propri di un istituto non potranno divenire inferiori al capitale iniziale richiesto al momento dell'autorizzazione.

Potranno essere autorizzati a continuare a svolgere la propria attività gli istituti esistenti alla data del 1° gennaio 1993 il cui capitale non raggiunge il livello di capitale iniziale richiesto; in tal caso il loro capitale non dovrà mai essere inferiore al livello più elevato raggiunto a partire dal 22 dicembre 1989. Tuttavia:

·         qualora il controllo dei suddetti istituiti sia esercitato da una persona fisica o giuridica diversa dai soggetti che lo esercitavano in precedenza, il suo capitale dovrà raggiungere il livello di capitale iniziale richiesto;

·         in caso di fusioni di due o più dei suddetti istituti, il capitale risultante dalla fusione non potrà divenire inferiore al capitale totale degli istituti interessati al momento della fusione fino a quando non sia stato raggiunto il livello di capitale iniziale richiesto.  

 

In deroga all’obbligo per gli istituti di credito di rispettare sempre i requisiti in materia di fondi propri precedentemente richiamati, all’articolo 448 sono prospettate le seguenti disposizioni transitorie:

·         dal 1° gennaio al 31 dicembre 2013 gli istituti di credito dovranno detenere sempre un livello di coefficiente di capitale di base di classe 1 compreso tra il 3,5% e il 4,5%; nonché un livello di coefficiente di capitale di classe 1 compreso tra il 4,5% e il 6%;

·         dal 1° gennaio al 31 dicembre 2014 gli istituti di creditodovranno detenere sempre un livello di coefficiente di capitale di base di classe 1 compreso tra il 4% e il 4,5%, nonché un livello di coefficiente di capitale di classe 1 compreso tra 4,5% e 6%.

Spetterà alle autorità competenti determinare i suddetti livelli di coefficiente.

Inoltre, sempre a titolo transitorio, è prevista la possibilità per gli istituti di credito di inserire, dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2017, nel calcolo dei propri elementi relativi al capitale di base di classe 1 solo la percentuale applicabile di perdite non realizzate misurate al valore equo (fair value). Sempre durante tale periodo non potrà essere cancellata dai suddetti elementi la percentuale applicabile di profitti non realizzati misurati al valore equo.

 

Agli articoli 89-93 vengono indicate le modalità per calcolare i requisiti di fondi propri per:

·      le piccole operazioni attinenti al portafoglio di negoziazione. Le posizioni nel portafoglio di negoziazione dovranno essere esenti da restrizioni che ne limitano la negoziabilità o, in alternativa, potranno essere coperte. Le coperture interne potranno essere incluse dagli istituti di credito nel calcolo dei requisiti in materia di fondi propri per il rischio di posizione a condizione che esse siano detenute a fini di negoziazione e che rispettino una serie di requisiti;

·      le imprese di investimento su base consolidata o che hanno un'autorizzazione limitata a fornire servizi di investimento o infine che detengono un capitale iniziale pari a 125 mila euro.

 

In base all’articolo 95 gli istituti di credito dovranno notificare, almeno ogni tre mesi, gli eventuali requisiti di fondi propri in relazione al rischio di posizione, fornendo anche le informazioni finanziarie necessarie per avere un quadro completo del profilo di rischio delle attività di un istituto.

Le relazioni sugli obblighi in materia di requisiti di fondi propri dovranno essere redatte almeno due volte all’anno. Inoltre gli istituti dovranno fornire ogni anno alle autorità competenti informazioni riguardanti:

·      le perdite derivanti da prestiti garantiti da immobili residenziali in un qualsiasi anno o fino all'80% del valore di mercato oppure all'80% del valore cauzionale dell'immobile in un qualsiasi anno;

·      le perdite derivanti da prestiti garantiti da immobili non residenziali in un qualsiasi anno o fino al 50% del valore di mercato oppure al 60% del valore cauzionale dell'immobile in un qualsiasi anno.

Disposizioni transitorie

Dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2017, sono previste una serie di deroghe in materia di:

·      detrazioni dagli elementi del capitale di base di classe 1 e del capitale aggiuntivo di classe 1 nonché da elementi di capitale di classe 2;

·      riconoscimento nel capitale di base di classe 1 consolidato di strumenti ed elementi che non sono ammissibili come partecipazioni di minoranza;

·      riconoscimento nei fondi propri consolidati delle partecipazioni di minoranza e del capitale aggiuntivo di classe 1 e del capitale di classe 2 qualificati;

·      aggiustamenti per includere (o detrarre) tra gli elementi del capitale di base di classe 1, del capitale di classe 1 e del capitale di classe 2 o tra gli elementi dei fondi propri la percentuale applicabile di filtri o detrazioni prescritte dalle disposizioni nazionali di recepimento delle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE.

Inoltre sono previste ulteriori deroghe per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2021, per quanto riguarda:

·      strumenti che costituiscono o non costituiscono aiuti di Stato;

·      strumenti ibridi con opzione call e incentivo al rimborso;

·      elementi di capitale di classe 2 con incentivo al rimborso.

Articoli 102-136: requisiti di fondi propri per il rischio di credito

Metodo standardizzato

In base all’articolo 102 gli istituti di credito dovranno applicare il metodo standardizzato per calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio. Agli articoli 108 e seguenti, vengono indicati in dettaglio i fattori di ponderazioni del rischioche dovranno essere applicati alle esposizioni verso:

·      amministrazioni o banche centrali;

·      autorità regionali o locali;

·      organismi pubblici;

·      banche mutlilaterali di sviluppo;

·      organizzazioni internazionali (UE, Fondo monetario internazionale, Banca dei regolamenti Internazionali e European Financial Stability Facility);

·      istituti per i quali è disponibile una valutazione del merito di credito di un'ECAI (agenzia esterna di valutazione del merito di credito);

·      istituti provvisti o privi di rating;

·      imprese;

·      istituti o imprese con una valutazione del merito di credito a breve termine.

Tali fattori si applicheranno anche alle:

·      esposizioni al dettaglio;

·      esposizioni interamente garantite da ipoteche su immobili;

·      esposizioniin stato di inadempimento;

·      posizioni associate a rischi particolarmente elevati quali investimenti in imprese di venture capital, fondi di investimento alternativi o finanziamenti per immobili a fini speculativi;

·      esposizioni sotto forma di obbligazioni garantite oppure quote o azioni in organismi di investimento collettivo (OIC);

·      posizioni inerenti a cartolarizzazione;

·      esposizioni in strumenti di capitale;

·      altre posizioni (ratei e risconti, valori all’incasso, contratti di riporto, vendite con patto di riacquisto a termine, impegni di acquisto a termine secco, oro in lingotti).

Al fine di determinare il fattore di ponderazione del rischio di un’esposizione secondo il metodo standardizzato, potranno essere usate le valutazioni esterne del merito di credito solo se sono state emesse da ECAI idonee, vale a dire tutte le agenzie di rating registrate o certificate ai sensi del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito, e le banche centrali che emettono valutazioni di credito esenti dall’applicazione del suddetto regolamento.

Metodo basato sui rating interni (IRB)

Fermo restando il rispetto di determinati requisiti, gli istituti di credito potranno calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio utilizzando il metodo basato sui rating interni.

Conformemente all’articolo 143 gli istituti di credito, le imprese madri e le loro filiazioni, a meno che non siano stati autorizzati ad usare su base permanente il metodo standardizzato, dovranno applicare l’approccio IRB per tutte le esposizioni sulla base di requisiti fissati dalleautorità competenti volti, tra l’altro, ad evitare che la possibilità di scegliere tra i due approcci non venga usata per ridurre i requisiti di fondi propri. Inoltre, gli istituti che utilizzano l’approccio IRB non potranno passare a quello standardizzato a meno che non dimostrino che tale decisione non è volta a ridurre i requisiti di fondi propri dell’istituto, è necessaria in funzione della natura e della complessità dell’istituto e non è suscettibile di avere un impatto negativo sulla solvibilità dell’istituto e sulla sua capacità di gestire efficacemente il rischio.

Agli articoli 146 e seguenti vengono illustrate le modalità di calcolo degli importi ponderati per il rischio delle esposizioni:

·      sotto forma di azioni in OIC;

·      verso imprese, istituti, amministrazioni centrali e banche centrali;

·      al dettaglio;

·      in strumenti di capitale;

·      per altre attività diverse dai crediti;

·      per il rischio di diluizione dei crediti commerciali acquistati;

·      per le perdite attese.

 

Agli articoli 165-173 si stabilisce che nel caso in cui un istituto utilizzi diversi sistemi di rating, i criteri per l'applicazione di un sistema ad un debitore o ad un'operazione dovranno rispecchiare al meglio il profilo di rischio, ed essere rivisti periodicamente per valutarne l’adeguatezza al portafoglio e ai fattori esterni.

Vengono inoltre individuati i requisiti che dovranno possedere i sistemi di rating, nonché i princìpi per l’attribuzione delle esposizioni ai vari gradi di merito o aggregati nell'ambito di tali sistemi.

Per quanto riguarda le esposizioni verso imprese, istituti, amministrazioni centrali e banche centrali:

·      i sistemi di rating dovranno tenere conto delle caratteristiche di rischio del debitore e dell'operazione e possedere una scala di rating del debitore che rifletta esclusivamente la quantificazione del suo rischio di inadempimento;

·      gli istituti di credito dovranno documentare: 1) l'assetto ed i particolari operativi dei propri sistemi di rating; 2) la logica che sottende alla scelta dei propri criteri di rating e le eventuali modifiche; 3) le definizioni specifiche di inadempimento e perdita impiegate internamente; 4) la relazione tra i gradi di merito del debitore in termini di livello del rischio di inadempimento che ogni grado implica nonché i criteri utilizzati per individuare tale livello di rischio;

·      gli istituti con portafogli concentrati in un particolare segmento di mercato e in una particolare gamma di rischio di inadempimento dovranno prevedere un numero sufficiente di gradi di merito del debitore all'interno di tale gamma al fine di evitare indebite concentrazioni di debitori in un determinato grado;

·      una rilevante concentrazione di esposizioni a livello di singolo grado di merito dell'operazione dovrà essere giustificata da evidenze empiriche comprovanti che quel grado copre una fascia di LGD ragionevolmente ristretta e che il rischio di tutte le esposizioni assegnate a quel grado rientra in tale fascia.

 

Per quanto riguarda le esposizioni al dettaglio:

·      i sistemi di rating dovranno riflettere il rischio del debitore e dell'operazione;

·      il livello di differenziazione del rischio dovrà assicurare che il numero di esposizioni presenti in un dato grado o aggregato consenta una significativa quantificazione e validazione delle caratteristiche di perdita a livello di grado o di aggregato. La distribuzione delle esposizioni e dei debitori tra i vari gradi o aggregati dovrà evitare un'eccessiva concentrazione;

·      il processo di assegnazione delle esposizioni a gradi o ad aggregati dovrà consentire un'appropriata differenziazione del rischio, il raggruppamento di esposizioni sufficientemente omogenee, nonché una stima accurata e coerente delle caratteristiche di perdita a livello di grado o di aggregato;

·      nell'attribuire le esposizioni ad un determinato grado o aggregato gli istituti di credito dovranno considerare le caratteristiche di rischio del debitore e dell'operazione, nonché la morosità dell'esposizione.

All’articolo 173 si prospetta l’obbligo per gli istituti di credito di attuare regolarmente solide prove di stress mirate per valutarel'impatto di eventuali cambiamenti nelle condizioni economiche o di situazioni specifiche sui loro requisiti in materia di fondi propri complessivi per il rischio di credito.Dovranno essere sottoposti a prove di stress i portafogli contenenti la grande maggioranza delle esposizioni di un istituto. La prova sarà scelta dagli istituti, ma dovrà essere soggetta alla revisione dell'autorità di vigilanza.

Articoli 174-181: quantificazione del rischio

Agli articoli in esamevengono illustrati i criteri per quantificare i parametri di rischio da associare ai gradi di rating e agli aggregati, al fine di determinare quando un debitore è inadempiente.

In particolare si verifica un inadempimento allorché:

·      l’istituto giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quale l'escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente alle sue obbligazioni creditizie verso l'istituto stesso, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni;

·      il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni su un’obbligazione creditizia rilevante verso l'istiituto, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni.

Gli istituti dovranno possedere solidi meccanismi per validare l'accuratezza e la coerenza dei sistemi e dei processi di rating, nonché delle stime di tutti i parametri rilevanti di rischio.

Articoli 182-184: requisiti per le esposizioni in strumenti di capitale sulla base di modelli interni

Vengono fissati una serie di criteri specifici per calcolare i requisiti di fondi propri per le esposizioni in strumenti di capitale sulla base di modelli interni che, tra l’altro, dovranno:

·      rilevare adeguatamente tutti i rischi sostanziali connessi con i rendimenti degli strumenti di capitale dell'istituto come il rischio generale, di mercato e il rischio specifico del suo portafoglio azionario;

·      spiegare adeguatamente le variazioni storiche dei prezzi, cogliere la portata e la dinamica di potenziali concentrazioni e mantenere la propria validità in circostanze di mercato avverse;

·      essere adeguati al profilo di rischio e alla complessità del portafoglio di strumenti di capitale dell'istituto;

·      garantire che le stime della volatilità dei rendimenti delle esposizioni in strumenti di capitale comprendano i dati, le informazioni e le metodologie rilevanti disponibili;

·      essere pienamente integrati nei meccanismi di gestione del rischio dell'istituto;

·      garantire l’indipendenza funzionale delle unità responsabili di tale modello rispetto a quelle cui compete la gestione dei singoli investimenti;

·      assicurare la presenza nell’istituto di solidi sistemi per validare l'accuratezza e la coerenza dei propri modelli interni.

Articoli 185-187: vigilanza interna

Gli aspetti sostanziali del processo di rating e di stima dovranno essere approvati dall'organo di gestione e dall'alta dirigenza dell'istiituto ed essere soggetti ad una revisione interna almeno su base annuale.

L'alta dirigenza dovrà essere informata regolarmente dalle unità di controllo del rischio di credito in merito ai risultati della valutazione, alle aree che necessitano di miglioramenti ed allo stato di avanzamento delle misure adottate per rimediare alle carenze individuate. L'analisi del profilo di rischio di credito dell'istituto basata sui rating interni dovrà costituire parte integrante delle segnalazioni ai suddetti soggetti.  

L’unità preposta al controllo del rischio di credito dovrà:

·      essere indipendente dal personale responsabile della concessione e del rinnovo dei crediti e riferire direttamente all'alta dirigenza;

·      essere responsabile dell'elaborazione, selezione, messa in opera, sorveglianza e performance dei sistemi di rating;

·      elaborare ed analizzare periodicamente segnalazioni sui risultati dei rating.

Articoli 188-190: attenuazione del rischio di credito

Gli articoli in oggetto disciplinano gliaspetti inerenti all’attenuazione del rischio di credito associato alle esposizioni.

Qualora un istituto che calcola gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio in base al metodo standardizzato disponga di più strumenti di attenuazione del rischio di credito a fronte di una singola esposizione, oppure questa sia garantita con protezioni del credito aventi una durata diversa fornite da un singolo soggetto, l'esposizione dovrà essere suddivisa tra le varie parti garantite da ciascun tipo di strumento di attenuazione del rischio e per ciascuna di queste parti si dovrà calcolare separatamente l'importo dell'esposizione ponderato per il rischio. 

Gli istituti di credito dovranno essere in grado di dimostrare alle autorità competenti di disporre di adeguati processi per controllare i rischi cui possono essere esposti a seguito dell'uso di tecniche di attenuazione del rischio, e altresì continuare a svolgere una valutazione completa del rischio di credito dell'esposizione sottostante.

Vengono individuate due distinte forme di attenuazione del rischio di credito:

·      la protezione del credito finanziata in base allaquale la riduzione del rischio di credito sull'esposizione di un istituto deriva dal suo diritto, in caso di inadempimento o di altri eventi specifici connessi con il credito che riguardano la controparte, di liquidare alcune attività o alcuni importi, ottenerne il trasferimento o l'appropriazione, conservarne il possesso o ridurre l'importo dell'esposizione all'ammontare della differenza tra tale importo e quello di un credito nei confronti dell'istituto.

A tal fine si potranno utlizzare: 1) le compensazioni in bilancio; 2) le compensazioni riguardanti operazioni di vendita con patto di riacquisto, di concessione e assunzione di titoli o di merci in prestito o altre operazioni correlate ai mercati finanziari; 3) garanzie reali (depositi in contante, titoli di debito, strumenti di capitale o obbligazioni convertibili, oro, posizioni inerenti a cartolarizzazione, garanzie immobiliari, crediti commerciali, leasing, polizze di assicurazione vita);

·      la protezione del credito non finanziata, in base alla quale la riduzione del rischio di credito sull'esposizione di un istituto deriva dall'impegno di un terzo di pagare un determinato importo in caso di inadempimento del debitore o di altri specifici eventi connessi con il credito.

Gli istituti di credito potranno utilizzare come fornitori di protezione del credito non finanziata: 1) le amministrazioni e le banche centrali; 2) le amministrazioni regionali o locali; 3) le banche multilaterali di sviluppo; 4) le organizzazioni internazionali; 4) enti pubblici, banche e altre società, comprese le imprese madri, le filiazioni e le imprese collegate dell'istituto; 5) le imprese di assicurazione e riassicurazione; 6) le agenzie per il credito all'esportazione.

Potranno inoltre essere ammessi come protezione del credito i seguenti tipi di derivati su crediti e strumenti:

·      i credit default swaps;

·      i total return swaps;

·      le credit linked notes(strumenti collegati al merito di credito) a seconda del grado di copertura in contante.

Affinché la protezione del credito mediante il ricorso ad un derivato su crediti possa essere considerata ammissibile, il rischio di credito trasferito al portafoglio di negoziazione dovrà essere trasferito ad una o più parti terze esterne.

Conformemente agli articoli 235-237, nel caso in cui un istituto di credito ottenga la protezione del credito per un paniere di esposizioni, allacondizione che il primo inadempimento tra le esposizioni inneschi il pagamento e ponga termine al contratto, l'istituto potrà modificare il calcolo dell'importo dell'esposizione ponderato per il rischio e, se del caso, delle perdite attese per l'esposizione.

 

Articoli 232-234: disallineamenti di durata

Ai fini del calcolo degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio, si registra un disallineamento di durata quando la durata residua della protezione del credito è più breve di quella dell'esposizione protetta.

In tal caso la protezione del credito non potrà essere considerata ammissibile:

·      qualora abbia una durata residua inferiore ai tre mesi la cui scadenza precede quella dell'esposizione sottostante;

·      la sua durata originaria è inferiore ad 1 anno;

·      se si tratta di un'esposizione a breve termine soggetta a soglia minima di 1 giorno anziché di 1 anno per il valore della durata.

Articoli 238-253: cartolarizzazione

L'istituto cedente in una cartolarizzazione tradizionale potrà escludere le esposizioni cartolarizzate dal calcolo degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio e degli importi delle perdite attese qualora un rischio di credito significativo associato alle esposizioni cartolarizzate sia stato trasferito a terzi o l'istituto cedente attribuisca un fattore di ponderazione del rischio pari all’1 250% a tutte le posizioni inerenti a cartolarizzazione da esso detenute nella cartolarizzazione o le deduca dagli elementi del capitale di base di classe 1.

Per quanto riguarda la cartolarizzazione sintetica[5], l’istituto cedente potrà calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio e, se del caso, gli importi delle perdite attese per le esposizioni cartolarizzate, qualora si ritenga che vi sia stato un trasferimento significativo del rischio a terzi mediante protezione del credito finanziata o non finanziata, oppure l’istituto cedente attribuisca un fattore di ponderazione del rischio pari all’1 250% a tutte le posizioni inerenti a cartolarizzazione da esso detenute nella cartolarizzazione o le deduca dal capitale di base di classe 1.

Gli istituti di credito potranno riconoscere la protezione del credito finanziata o non finanziata ottenuta nel caso di una posizione inerente a cartolarizzazione. Gli istituti promotori o cedenti che hanno trasferito una parte significativa del rischio di credito associato ad esposizioni cartolarizzate ai fini del calcolo degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio o hanno venduto strumenti contenuti nel loro portafoglio di negoziazione per cui non sono più tenuti a detenere fondi propri per il rischio legato a detti strumenti, non potranno fornire ad un'operazione di cartolarizzazione un supporto superiore a quanto stabilito dalle obbligazioni contrattuali nel tentativo di ridurre le perdite effettive o potenziali per gli investitori. Un'operazione non fornisce un supporto se viene eseguita alle normali condizioni di mercato e presa in considerazione nella valutazione dei trasferimenti significativi di rischio.

Nel caso in cui ad una posizione inerente a cartolarizzazione sia stato attribuito un fattore di ponderazione dell’1 250%, gli istituti potranno dedurre dai fondi propri il valore dell'esposizione della posizione in questione.

 

Articoli 254-261: calcolo degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio secondo l’approccio IRB

All’articolo 254 viene indicata una gerarchia per quanto riguardal’uso dei metodi per calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio:

·         per le posizioni provviste di rating, dovrà essere utilizzato il metodo basato sui rating;

·         per le posizioni prive di rating, si potrà utilizzare:

-         il metodo della formula di vigilanza;

-         per posizioni in programmi di cambiali finanziarie garantite da attività (asset-backed commercial paper programme — programma ABCP), vale a dire i programmi di cartolarizzazione i cui titoli assumono in prevalenza la forma di cambiali finanziarie con una durata originaria pari o inferiore ad un anno, l’istituto di credito potrà utilizzare, previa autorizzazione delle autorità competenti, il metodo della valutazione interna. In tal caso l’istituto in questione non potrà tornare ad utilizzare altri metodi, a meno che non abbia validi motivi e non sia stato autorizzato dall’autorità competente;

-         in tutti gli altri casi, dovrà essere attribuito un fattore di ponderazione del rischio dell’1 250%.

All’articolo 260 è prevista la possibilità per l’istituto cedente di calcolare, in aggiunta agli importi delle esposizioni ponderati per il rischio calcolati a fronte delle posizioni inerenti a cartolarizzazione, anche l'importo dell'esposizione ponderato per il rischio quando cede esposizioni rotative in una cartolarizzazione che contiene una clausola di rimborso anticipato.

Inoltre, all’articolo 261 si prevede che l'importo dell'esposizione ponderato per il rischio di una posizione inerente a cartolarizzazione alla quale è attribuito un fattore di ponderazione del rischio dell’1 250% potrà essere ridotto di 12,5 volte l'importo di eventuali rettifiche per il rischio di credito specifico effettuate dall'istituto rispetto alle esposizioni cartolarizzate.

Articoli 262-265: valutazioni esterne del merito di credito

Al fine di determinare il fattore di ponderazione del rischio di una posizione inerente a cartolarizzazione, è prevista la possibilità per gli istituti finanziari di ricorrere - fermo restando il rispetto di determinati requisiti tra cui la pubblicazione delle procedure e dei fattori fondamentali su cui si basa la valutazione - alle valutazioni del credito da parte di ECAI idonee (vedi sopra).

L'istituto dovrà utilizzare le valutazioni del merito di credito in modo coerente e non selettivo rispetto alle sue posizioni inerenti a cartolarizzazione, in conformità con i seguenti principi:

·      il divieto di utlizzare le valutazioni di un’ECAI per le sue posizioni in alcuni segmenti e le valutazioni di un'altra ECAI per le sue posizioni in altri segmenti nell'ambito della stessa cartolarizzazione;

·      l’obbligo di utilizzare la valutazione meno favorevole nei casi in cui le ECAI forniscano due valutazioni diverse per una stessa posizione;

·      nei casi in cui le ECAI prescelte forniscano più di due valutazioni per una posizione, l’obbligo di utilizzare le due valutazioni più favorevoli. Qualora queste due valutazioni siano diverse, si dovrà applicare la meno favorevole.

Qualora siano fornite direttamente alla società veicolo di cartolarizzazione (SSPE) forme di protezione del credito ammissibili che si riflettono nella valutazione attribuita alla posizione inerente a cartolarizzazione da un'ECAI, potrà essere utilizzato il fattore di ponderazione del rischio associato a tale valutazione.

La valutazione non potrà essere riconosciuta nel caso in cui:

·      la protezione non è ammissibile;

·      la protezione del credito non viene fornita alla SSPE bensì direttamente ad una posizione inerente a cartolarizzazione.

Articoli 266-288: rischio di credito di controparte

Il rischio di credito di controparte è il rischio che la controparte risulti inadempiente prima del regolamento definitivo dei flussi di cassa dell'operazione.

Al fine di calcolare il valore dell’esposizione, gli istituti potranno ricorrere al metodo del valore di mercato, dell’esposizione originaria, standardizzato o dei modelli interni. Un gruppo di istituti potrà ricorrere all'uso combinato permanente dei suddetti metodi, mentre ad un singolo istituto, tranne in casi espressamente indicati, dovrà essere vietato l'uso combinato del metodo del valore di mercato e di quello dell'esposizione originaria.

I requisiti in materia di fondi propri per l'esposizione coperta qualora un istituto acquisti protezione tramite un derivato su crediti a copertura di un'esposizione fuori portafoglio di negoziazione o di un'esposizione al rischio di controparte dovranno essere calcolati secondo determianti princìpi elencati espressamente nella proposta in esame. Tranne alcune eccezioni, il valore dell'esposizione per il rischio di controparte associato a tali derivati su crediti dovrà essere fissato a zero.

 

In base all’articolo 280gli istituti di credito dovranno istituire un apposito quadro per la gestione del rischio di credito di controparte che dovrà:

·      tenere conto del rischio di mercato, di liquidità, giuridico ed operativo associati al rischio di credito di controparte;

·      garantire che l’istituto di credito rispetti i seguenti principi:

-   non svolga attività con una controparte senza averne prima valutato il merito di credito;

-   tenga debitamente conto del relativo rischio di credito nella fase di regolamento e in quella precedente;

-   gestisca tali rischi nel modo più completo possibile, sia a livello di controparte mediante l'aggregazione delle esposizioni al rischio di credito di controparte e di altre esposizioni creditizie, sia a livello di impresa.

L'organo di gestione e l'alta dirigenza degli istituti dovranno partecipare attivamente alla gestione del rischio di credito di controparte.Il relativo quadro di gestione dovrà essere soggetto ad una verifica indipendente nell’ambitodel processo di revisione interno.Gli istituti dovranno mantenere un programma sistematico e rigoroso di prove di stress per il rischio di credito di controparte, da utilizzare anche per valutare i relativi requisiti in materia di fondi propri, che dovrà:

·      individuare gli eventi potenziali o i cambiamenti futuri nelle condizioni economiche suscettibili di produrre effetti sfavorevoli sulle esposizioni dell'istituto di credito e valutare la capacità dello stesso di far fronte a tali circostanze;

·      riflettere pienamente le negoziazioni e le esposizioni aggregate per tutte le forme del rischio di controparte a livello di determinate controparti in un periodo di tempo sufficiente per condurre prove di stress periodiche;

·      prevederealmeno mensilmente prove di stress sulle esposizioni in rapporto ai principali fattori di rischio di mercato, come i tassi di interesse, il cambio, gli strumenti di capitale, i differenziali creditizi e i prezzi delle merci per tutte le controparti dell'istituto, per consentirgli di ridurre le concentrazioni sovradimensionate in rischi direzionali specifici;

·      prevedere, se del caso, prove di reverse stressper individuare scenari estremi ma plausibili che potrebbero avere esiti negativi significativi.

I risultati di tali prove dovranno essere verificati periodicamente, ed almeno trimestralmente, dall'alta dirigenza e presi in considerazione nelle politiche in materia di rischio di credito di controparte. Qualora le prove di stress rivelino una particolare vulnerabilità ad un determinato insieme di circostanze, l'istituto dovrà adottare immediatamente le misure necessarie ad un'adeguata gestione dei rischi connessi.

Come previsto all’articolo 285, gli istituti dovranno prendere in debita considerazione le esposizioni che determinano un significativo rischio generale e specifico di correlazione sfavorevole[6].

Articoli 289-292: compensazione contrattuale

All’articolo 289è prevista la possibilità per gli istituti di credito di riconoscere l'effetto di riduzione del rischio solo ai:

·      contratti bilaterali di novazione con la propria controparte;

·      altri accordi bilaterali di compensazione con la propria controparte;

·      accordi contrattuali di compensazione tra prodotti differenti per istituti che utilizzano il metodo basato sui modelli interni di valutazione, per le operazioni rientranti nel campo di applicazione di detto metodo.

La compensazione tra operazioni effettuate da entità giuridiche diverse di un gruppo non potrà essere riconosciuta ai fini del calcolo dei requisiti in materia di fondi propri.

Articoli 293-294: elementi del portafoglio di negoziazione

All’articolo 293 sono fissati i requisiti ai quali dovranno uniformarsi gli istituti di credito al momento di calcolare gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio di controparte di elementi del portafoglio di negoziazione, quali:

·      l’obbligo di applicare determinate formule per calcolare il valore dell'esposizione creditizia potenziale futura nel caso di derivati su crediti quali total return swap o credit default swap;

·      il divieto di utilizzare il metodo semplificato per il trattamento delle garanzie reali finanziarie;

·      nel caso delle operazioni di vendita con patto di riacquisto e di concessione e assunzione di titoli o merci in prestito registrate nel portafoglio di negoziazione, la possibilità di riconoscere come garanzie reali ammissibili gli strumenti finanziari e le merci che possono essere inclusi nel portafoglio di negoziazione;

·      per le esposizioni dovute a strumenti derivati OTC contabilizzati nel portafoglio di negoziazione, la possibilità di riconoscere le merci che possono essere incluse nel portafoglio di negoziazione come garanzie reali ammissibili;

·      ai fini del calcolo delle correzioni di volatilità, quando gli strumenti finanziari o le merci non ammissibili sono concessi in prestito, venduti o messi a disposizione, o presi in prestito, acquistati o ricevuti a titolo di garanzia o ad altro titolo nel quadro di una simile operazione e l'istituto adotta il metodo delle rettifiche di vigilanza per volatilità, l’obbligo di trattare gli strumenti e le merci in questione allo stesso modo degli strumenti di capitale non inclusi in un indice principale quotati in un mercato ufficiale;

·      quando l'istituto utilizza il metodo delle rettifiche per volatilità basate su stime interne per strumenti finanziari o merci che non sono ammissibili, l’obbligo di calcolare rettifiche per volatilità per ciascun singolo elemento;

·      in relazione al riconoscimento di accordi tipo di compensazione relativi a contratti di vendita con patto di riacquisto e di concessione e assunzione di titoli o merci in prestito o ad altre operazioni correlate ai mercati finanziari, l’obbligo di riconoscere la compensazione tra le posizioni comprese e quelle non comprese nel portafoglio di negoziazione solo se le operazioni compensate soddisfano determinati requisiti;

·      se un derivato su crediti compreso nel portafoglio di negoziazione fa parte di una copertura interna e la protezione del credito è riconosciuta, la possibilità di trattarlo come se la sua posizione non presentasse alcun rischio di controparte, o di includere coerentemente ai fini del calcolo dei requisiti in materia di fondi propri per il rischio di controparte tutti i derivati su crediti compresi nel portafoglio di negoziazione facenti parte di coperture interne o acquistati come protezione da un'esposizione al rischio di credito di controparte quando la protezione del credito sia riconosciuta come ammissibile.

Articoli 295-300: requisiti di fondi propri per le esposizioni a controparti centrali (CCP)

Gli istituti di credito dovranno vigilare sulle proprie esposizioni nei confronti di CCP e fornire periodicamente informazioni al riguardo all'alta dirigenza e all'organo di gestione.

Vengono indicati in particolare i criteri per calcolare i requisiti in materia di fondi propri per tale categoria di esposizioni nel caso in cui gli istituti agiscano come membro compensatore per fini propri o come intermediario finanziario tra un cliente e una CCP, o ancora in veste di cliente di un membro compensatore.

Gli istituti di credito dovranno applicare un fattore di ponderazione del rischio pari al 2% ai valori di tutte le loro esposizioni commerciali con CCP. Nel caso in cui le attività fornite come garanzia reale ad una CCP o ad un membro compensatore siano protette in caso di fallimento, o qualora la CCP, il membro compensatore o uno o più dei suoi clienti diventino insolventi, l'istituto potrà attribuire un valore dell'esposizione pari a zero alle esposizioni al rischio di controparte per tali attività.

Gli istituti che operano come membri compensatori dovranno detenere fondi propri per coprire le esposizioni risultanti dai loro contributi al fondo di garanzia in caso di inadempimento della CCP.

Articoli 301-313: requisiti di fondi propri per il rischio operativo

Ai fini del calcolo di tali requisiti gli istituti potranno essere autorizzati a determinate condizioni ad utilizzare il metodo standardizzato nonché i metodi avanzati di misurazione basati su propri sistemi di misurazione del rischio operativo. In particolaregli istituti:

·      che utilizzano il metodo standardizzato non potranno tornare ad utilizzare il metodo base;

·      che utilizzano i metodi avanzati di misurazione, non potranno tornare ad utilizzare il metodo base o il metodo standardizzato;

·      potranno tornare ad utilizzare un metodo meno sofisticato per il rischio operativo solo se sono in grado di dimostrare che: 1) il ricorso a tale metodo non è inteso a ridurre i requisiti in materia di fondi propri per il rischio operativo, ma che esso è necessario tenuto conto della natura e della complessità dell'istituto e che non avrebbe un impatto negativo rilevante sulla solvibilità dell'istituto o sulla sua capacità di gestire efficacemente il rischio operativo; 2) l'istituto ha ricevuto il previo permesso dell'autorità competente;

·      potranno essere altresì autorizzati, qualora rispettino determinati requisiti, ad utilizzare una combinazione di approcci.

Con particolare riferimento al calcolo dei requisiti di capitale, si prospetta quanto segue:

·      nell'ambito del metodo base, il requisito in materia di fondi propri per il rischio operativo sarà pari al 15% della media triennale dell'indicatore rilevante;

·      nel caso in cui si applichi il metodo standardizzato, il suddetto requisito equivarrà alla media triennale della somma dei requisiti annuali in materia di fondi propri per le seguenti aree di attività: servizi finanziari per l'impresa; negoziazioni e vendite; intermediazione al dettaglio; servizi bancari a carattere commerciale e al dettaglio; pagamenti e regolamenti; gestioni fiduciarie e patrimoniali. Per ogni anno, potranno essere compensati senza limiti i requisiti negativi in materia di fondi propri con i requisiti positivi in altre aree di attività;

·      per quanto riguarda il metodo avanzato di misurazione, il requisito in materia di fondi propri dovrà corrispondere alla somma delle perdite attese e di quelle inattese. Gli istituti dovranno basare le misurazioni interne del rischio operativo su un periodo di osservazione di almeno cinque anni ridotto a tre anni qualora tale metodo venga utilizzato per la prima volta. Potrà essere riconosciuto l’effetto delle assicurazioni e di altri meccanismi di trasferimento del rischio ai fini di una significativa attenuazione del rischio; in tal caso, tuttavia, la riduzione dei requisiti in materia di fondi propri per il rischio operativo non potrà superare il 20% del requisito corrispondente precedente al riconoscimento delle tecniche di attenuazione del rischio.

Articoli 314-339: requisiti di fondi propri per il rischio di mercato

Al fine di calcolare i requisiti in materia di fondi propri su base consolidata, gli istituti di credito potranno, previa autorizzazione delle autorità competenti, utilizzare le posizioni detenute in istituti o imprese al fine di compensare le posizioni detenute in altri istituti o imprese, a condizione cheall'interno del gruppo esista una ripartizione adeguata dei fondi propri e che il contesto normativo, giuridico o contrattuale in cui essi operano sia in grado di garantire la solidarietà finanziaria all'interno del gruppo.

In particolare il requisito di un istituto in materia di fondi propri per il rischio di posizione dovrà corrispondere alla somma di tutti i requisiti in materia di fondi propri per il rischio generale e specifico a fronte delle posizioni in strumenti di debito e di capitale. Le posizioni inerenti a cartolarizzazione nel portafoglio di negoziazione dovranno essere equiparate a strumenti di debito.

Per quanto riguarda le posizioni nette in strumenti di debito:

·      ai fini del calcolo dei requisiti in materia di fondi propri per il rischio specifico, si dovrà tenere conto degli strumenti di debito inerenti o non inerenti a cartolarizzazione e del portafoglio di correlation trading (strategia di negoziazione in base alle correlazioni);

·      invece, per calcolare i requisiti in materia di fondi propri per il rischio generale, in linea di massima tutte le posizioni dovranno essere ponderate in funzione della scadenza. In alternativa è prevista la possibilità di ricorrere ad un sistema di calcolo del requisito in materia di fondi propri a fronte del rischio generale per gli strumenti di debito che tenga conto della durata finanziaria, purché ciò avvenga in via continuativa.

Con riferimento alle posizioni nette in strumenti di capitale:

·      i requisiti in materia di fondi propri per i rischi specifici dovranno essere calcolatimoltiplicando la posizione lorda generale di un istituto per il coefficiente dell'8%;

·      il requisito in materia di fondi propri per i rischi generali sarà pari alla posizione netta generale dell'istituto moltiplicata per il coefficiente dell'8%.

Sono previste particolari procedure per il calcolo dei requisiti di fondi propri in caso di:

·      impegno irrevocabile di acquisto di strumenti di debito e di capitale;

·      rischi specifici relativi alle posizioni coperte da strumenti derivati su crediti;

·      le posizioni in quote di OIC.

Articoli 340-343: requisiti di fondi propri per il rischio di cambio

Gli istituti di credito dovranno calcolare il requisito di fondi propri per il rischio di cambio qualora la somma della propria posizione complessiva netta in cambi e di quella in oro rappresenta più del 2% del totale dei loro fondi propri. In tal caso il requisito dovrà equivalere alla somma della posizione netta complessiva in cambi e della posizione netta in oro dell'istituto nella valuta utilizzata per la reportistica moltiplicata per il coefficiente dell'8%.

La proposta in esame contiene uno specifico riferimento al rischio di cambio degli OIC per i quali dovranno essere computate le loro posizioni effettive in valuta estera. Gli istituti potranno soddisfare requisiti inferiori in materia di fondi propri a fronte di posizioni in valute strettamente correlate.

Articoli 344-350: requisiti di fondi propri per il rischio di posizione in merci

In linea di massima i requisiti in materia di fondi propri per il rischio di posizione in merci dovranno essere calcolati con uno dei seguenti metodi:

·      il metodo basato sulle fasce di scadenza di ciascuna merce;

·      il metodo basato sulle fasce di scadenza ampliato;

·      il metodo semplificato.

Sono previste disposizioni particolari al fine di determinare i requisiti di fondi propri in caso di attività accessorie su prodotti agricoli, posizioni in merci o in prodotti derivati su merci, futures su merci e impegni a termine di acquisto o vendita di singole merci, swaps e warrants su merci o su strumenti derivati su merci.

Articoli 351-360: modelli interni per il calcolo dei requisiti di fondi propri

Ai fini dell’uso di modelli interni per il calcolo dei requisiti in materia di fondi propri, il rischio di posizione su uno strumento di debito o di capitale o su un derivato negoziati dovrà essere suddiviso in due componenti:

1)       la prima si riferisce al rischio specifico, vale a dire il rischio di una variazione del prezzo dello strumento interessato dovuta a fattori connessi con l'emittente oppure, nel caso di un derivato, con l'emittente dello strumento sottostante;

2)       la seconda riguardante il rischio generale, vale a dire il rischio di una variazione di prezzo dello strumento dovuta, nel caso di uno strumento di debito negoziato o di un derivato di uno strumento di debito, ad una variazione del livello dei tassi di interesse, oppure, nel caso di uno strumento di capitale o di un derivato di uno strumento di capitale, ad un movimento generale sul mercato degli strumenti di capitale non connesso con le caratteristiche specifiche dei singoli strumenti.

Fermo restando il rispetto di determinati requisiti, gli istituti di credito potranno essere autorizzati ad utilizzare propri modelli interni al fine di calcolare i requisiti di fondi propri per le seguenti categorie di rischio:

·      rischio generale e rischio specifico degli strumenti di capitale;

·      rischio generale e rischio specifico degli strumenti di debito;

·      rischio di cambio;

·      rischio di posizione in merci.

Per le altre categorie di rischio gli istituti dovranno continuare ad usare il metodo base, quello standardizzato o i metodi avanzati di misurazione.

Gli istituti di credito dovranno garantire che tutti i loro modelli interni siano adeguatamente convalidati, siano solidi e riflettano adeguatamente i rischi rilevanti.

La convalida dovrà:

·      essere effettuata all'atto dell'elaborazione iniziale del modello interno e ogni qualvolta vi siano apportate modifiche significative;

·      essere effettuata periodicamente, e in particolare qualora si siano prodotti cambiamenti strutturali significativi nel mercato o variazioni della composizione del portafoglio che potrebbero rendere il modello interno non più adeguato.

Gli istituti che utilizzano un modello interno per calcolare i propri requisiti di fondi propri per il rischio specifico degli strumenti di debito dovranno soddisfare un requisito aggiuntivo.

Si precisa inoltre che:

·      gli istituti di credito dovranno disporre di un'unità autonoma di controllo dei rischi, responsabile dell'elaborazione, dell'applicazione e della verifica iniziale e continuativa dei modelli interni;

·      le relazioni elaborate quotidianamente da tale unità dovranno essere esaminate da dirigenti che abbiano la facoltà di imporre riduzioni sia delle posizioni assunte da singoli trader sia dell'esposizione complessiva al rischio dell'istituto;

·      gli istituti dovranno disporre di sufficiente personale specializzato nell'uso di modelli interni sofisticati nell'area della negoziazione, del controllo dei rischi, dell'audit e dei servizi di back-office;

·      gli istituti dovranno attuare frequentemente un rigoroso programma di prove di stress, tra cui prove di reverse stress, al fine di esaminare in particolare: le illiquidità dei mercati in condizioni di mercato critiche; il rischio di concentrazione; i mercati monodirezionali; i rischi di evento e di inadempimento imminente e improvviso (jump-to-default): la non linearità dei prodotti; le posizioni molto scoperte o quelle soggette ad ampie fluttuazioni dei prezzi e altri rischi che potrebbero non essere riflessi correttamente nei modelli interni;

·      gli istituti dovranno procedere regolarmente ad una verifica indipendente dei propri modelli interni, e, almeno una volta all’anno, ad un riesame dell'intero processo di gestione dei rischi al fine di valutarne l’adeguatezza nonché l’adeguatezza dell'unità di controllo dei rischi, l'integrazione delle misure relative al rischio nella gestione quotidiana dei rischi e la portata dei rischi rilevati dal modello di misurazione.

Articoli 371-375: requisiti di fondi propri per il rischio di aggiustamento della valutazione del credito (CVA)

Per “aggiustamento della valutazione del credito” si intende un aggiustamento alla valutazione intermedia di mercato (mid-market) del portafoglio di operazioni con una controparte. Tale aggiustamento riflette il valore di mercato attuale del rischio di controparte nei confronti dell'istituto, ma non viceversa.

All’articolo 372 si prospetta l’obbligo per un istituto di credito di calcolare i requisiti in materia di fondi propri per il rischio di CVA per tutti gli strumenti derivati OTC e per tutte le sue attività, tranne per i derivati su crediti riconosciuti per la riduzione degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio di credito.

Dovranno essere incluse nel calcolo dei fondi propri per il rischio di CVA le operazioni di finanziamento tramite titoli qualora le esposizioni al rischio di CVA dell'istituto derivanti da tali operazioni siano significative; dovranno essere, invece, escluse le operazioni con una controparte centrale.

Articoli 376-392: grandi esposizioni

Per “esposizione" si intende qualsiasi elemento dell'attivo e qualsiasi elemento fuori bilancio senza fattori di ponderazione del rischio o categorie di rischio.

Le esposizioni totali verso singoli clienti o gruppi di clienti collegati dovranno essere calcolate sommando le esposizioni comprese nel portafoglio di negoziazione e quelle escluse, mentre le esposizioni verso gruppi di clienti collegati dovranno essere calcolate sommando le esposizioni verso i singoli clienti di un gruppo. Inoltre le esposizioni non comprenderanno:

·      nel caso delle operazioni in valuta, le esposizioni assunte nel corso ordinario del regolamento, nel periodo di due giorni lavorativi successivi al pagamento;

·      nel caso di vendita o acquisto di titoli, le esposizioni assunte nel corso ordinario del regolamento, nel periodo di cinque giorni lavorativi a decorrere dal pagamento o dalla consegna dei titoli, a seconda della data più prossima;

·      nel caso di prestazione di servizi di trasferimento di denaro, tra cui l'esecuzione di servizi di pagamento, compensazione e regolamento in qualsiasi valuta o di servizi di compensazione, regolamento e custodia di strumenti finanziari ai clienti, il ricevimento ritardato di fondi e altre esposizioni che derivano da tali servizi o attività, che non perdurano oltre il successivo giorno lavorativo;

·      nel caso trasferimento di denaro, tra cui l'esecuzione di servizi di pagamento, compensazione e regolamento in qualsiasi valuta e di banca corrispondente, esposizioni infragiornaliere nei confronti degli istituti che prestano tali servizi;

·      le esposizioni dedotte dai fondi propri.

 

Per “grande esposizione” si intende l'esposizione di un istituto di credito verso un cliente o un gruppo di clienti collegati quando il suo valore è pari o superiore al 10% del capitale ammissibile dell'istituto. Gli istituti dovranno disporre di sane procedure amministrative e contabili e di adeguati meccanismi di controllo per l'individuazione, la gestione, la supervisione, la notifica e la contabilizzazione di tutte le grandi esposizioni e per le loro successive modifiche.

Conformemente all’articolo 383 gli istituti dovranno comunicare alle autorità competenti, almeno due volte all’anno, una serie di informazioni riguardanti:

·      l'identità del cliente o del gruppo di clienti collegati verso i quali hanno una grande esposizione;

·      il valore dell'esposizione tenendo conto e senza tener conto degli effetti delle tecniche di attenuazione del rischio di credito;

·      il tipo di protezione del credito finanziata o non finanziata eventualmente utilizzata;

·      se l'istituto utilizza un metodo basato sui rating interni, le sue 20 maggiori grandi esposizioni su base consolidata.

 

All’articolo 384 vengono prospettati limiti in materia di grandi esposizioni. Ad esempio gli istituti di credito non potranno avere esposizioni verso un singolo cliente o un gruppo di clienti collegati per un importo che superi il 25% del capitale ammissibile dell'istituto stesso (o 150 milioni di euro qualora uno dei suddetti soggetti sia un istituto), tenuto conto dell'effetto dell'attenuazione del rischio di credito.

Fermo restando il rispetto di determianti requisiti, saranno esentati dal suddetto obbligo:

·      gli elementi dell'attivo che rappresentano crediti o altre esposizioni nei confronti di amministrazioni centrali, regionali e locali, banche centrali, organizzazioni internazionali, banche multilaterali di sviluppo ed organismi pubblici;  

·      fidi concessi a controparti;

·      elementi dell'attivo ed altre esposizioni garantiti da garanzie reali in forma di depositi in contante presso l'istituto prestatore o presso la sua impresa madre o filiazione;

·      elementi dell'attivo e altre esposizioni coperti da garanzie reali in forma di certificati rappresentativi di depositi emessi dall'istituto prestatore, o dalla sua impresa madre o sue filiazioni, e depositati presso uno qualsiasi dei suddetti enti;

·      esposizioni che derivano da linee di credito non utilizzate classificate tra gli elementi fuori bilancio a rischio basso;

·      esposizioni commerciali verso controparti centrali e contributi a fondi di garanzia in caso di inadempimento verso controparti centrali;

·      esposizioni ai sistemi di garanzia dei depositi derivanti dal finanziamento di tali sistemi.

A determinate condizioni, i suddetti limiti potranno essere superati per le esposizioni comprese nel portafoglio di negoziazione dell'istituto.

In tal caso, gli istituti dovranno notificare tempestivamente il valore dell'esposizione alle autorità competenti e calcolare requisiti aggiuntivi in materia di fondi propri. Il rispetto di tale obbligo non potrà essere eluso trasferendo temporaneamente le esposizioni in questione ad un'altra società, appartenente o meno allo stesso gruppo, e/o effettuando operazioni artificiali al fine di chiudere l'esposizione e crearne una nuova.

Con riferimento alle esposizioni garantite da ipoteche su immobili o su immobili commerciali, un istituto potrà, fermo restando il rispetto di determinati requisiti, ridurre il loro valore fino ad un massimo del 50% del valore dell’immobile in questione.

Articoli 393-399: esposizioni al rischio di credito trasferito

Le disposizioni in questione si applicheranno alle nuove cartolarizzazioni emesse a partire dal 1° gennaio 2011 e, dopo il 31 dicembre 2014, alle cartolarizzazioni esistenti qualora vengano aggiunte o sostituite nuove esposizioni sottostanti successivamente a tale data.

L'istituto che non agisce in qualità di cedente, promotore o prestatore originario sarà esposto al rischio di credito di una posizione inerente a cartolarizzazione inclusa o meno nel suo portafoglio di negoziazione solo qualora il cedente, il promotore o il prestatore originario abbia esplicitamente comunicato all'istituto che manterrà, in modo permanente, un interesse economico netto rilevante non inferiore al 5%. Tale interesse dovrà essere misurato all'avvio dell'operazione, essere mantenuto su base continuativa, non potrà essere oggetto di attenuazione del rischio di credito e non potrà essere ceduto.

Le suddette disposizioni non si applicheranno:

·      alle esposizioni cartolarizzate costituite da crediti verso (o garantiti integralmente, incondizionatamente o irrevocabilmente da) amministrazioni o banche centrali, autorità regionali, locali ed organismi pubblici nazionali, istituti di credito ai quali è assegnata una ponderazione del rischio pari o inferiore a 50% e banche multilaterali di sviluppo;

·      alle operazioni basate su un indice chiaro, trasparente ed accessibile e ai prestiti sindacati, ai crediti commerciali acquistati o ai credit default swaps, quando questi strumenti non sono utilizzati per strutturare e/o coprire una cartolarizzazione.

Viene prospettato un obbligo di due diligence in base al quale, prima di un investimento, e se necessario anche in seguito, gli istituti di credito dovranno essere in grado di dimostrare alle autorità competenti di avere una conoscenza ampia ed approfondita e di aver attuato politiche e procedure adeguate per ciascuna delle loro posizioni inerenti a cartolarizzazione, commisurate al profilo di rischio dei loro investimenti in tali posizioni.

Gli istituti di credito dovranno effettuare autonomamente a cadenze regolari prove di stress adeguate alle loro posizioni inerenti a cartolarizzazione e avere una conoscenza approfondita di tutte le caratteristiche strutturali di un'operazione di cartolarizzazione che abbiano un impatto rilevante sulla performance delle loro esposizioni verso l'operazione.

Qualora non vengano rispettati i suddetti requisiti, le autorità competenti dovranno imporre  un fattore aggiuntivo di ponderazione del rischio non inferiore al 250% del fattore di ponderazione del rischio (limitato all’1 250%) che si applica alle posizioni inerenti a cartolarizzazione pertinenti. Il fattore aggiuntivo aumenterà progressivamente con ogni successiva violazione delle disposizioni in materia di dovuta diligenza.

Articoli 400-415: liquidità

Gli istituti di credito dovranno mantenere in ogni momento livelli adeguati di riserve di liquidità per far fronte ad eventuali squilibri tra gli afflussi e i deflussi in condizioni di stress nel corso di un breve periodo di tempo.

Qualora un istituto non sia in grado di soddisfare tale requisito, lo dovrà notificare immediatamente alle autorità competenti presentando un piano per uniformarvisi tempestivamente. Fino a quel momento, dovrà notificare gli elementi al termine di ogni giorno lavorativo, a meno che l'autorità competente non autorizzi una frequenza inferiore. Tale autorità dovrà controllare l'attuazione del piano di ripristino e, se necessario, esigere tempi di ripristino più brevi rispetto a quelli indicati nel piano.

Nel caso in cui secondo un'autorità competente un istituto presenti un notevole rischio di liquidità in un'altra valuta o possieda una succursale significativa in uno Stato membro ospitante che utilizza una valuta diversa da quella dello Stato membro di origine, l'istituto in questione dovrà comunicare separatamente alle autorità competenti dello Stato membro di origine gli elementi denominati o indicizzati nella predetta valuta.

 

Dovranno essere segnalate unicamente le attività liquide che:

·      non sono emesse dall'istituto, dalla sua impresa madre o da sue filiazioni;

·      in tempi normali costituiscono garanzie ammissibili per soddisfare il fabbisogno di liquidità infragiornaliera e ottenere linee di liquidità overnight presso la banca centrale di uno Stato membro o di un paese terzo;

·      sono quotate in mercati ufficiali;

·      per la vendita a fermo o per i contratti di vendita con patto di riacquisto, sono negoziabili su mercati attivi con un numero elevato di partecipanti al mercato diversi tra loro e un elevato volume di contrattazioni;

·      sono adeguatamente diversificate;

·      non meno del 60% delle attività liquide segnalate dall'istituto sono: 1) i contanti e i depositi detenuti presso le banche centrali nella misura in cui essi possono essere ritirati in periodi di stress; 2) le attività trasferibili aventi una liquidità ed una qualità creditizia elevate o elevatissime; 3) le attività trasferibili che rappresentano crediti verso amministrazioni centrali di uno Stato membro o di un paese terzo (o garantiti da tali amministrazioni) se l'istituto è soggetto al rischio di liquidità in tali paesi coperto mediante la detenzione delle attività liquide in questione;  

·      sono giuridicamente e praticamentefacilmente disponibili in qualsiasi momento nel corso dei successivi 30 giorni per essere liquidate mediante vendita a fermo o contratti di vendita con patto di riacquisto per far fronte ad obbligazioni in scadenza;

·      sono controllate da una funzione di gestione della liquidità;

·      una parte è liquidata periodicamente, almeno una volta all'anno, tramite vendita a fermo o contratti di vendita con patto di riacquisto;

·      il rischio di prezzo associato alle attività può essere coperto, ma le attività liquide sono soggette ad appropriate disposizioni interne che garantiscono che non saranno utilizzate in altre operazioni in corso, quali copertura o altre strategie di negoziazione, per fornire strumenti di supporto del credito per le operazioni strutturate o coprire i costi operativi;

·      la loro denominazione è in linea con la ripartizione per valuta dei deflussi di liquidità, previa deduzione degli afflussi massimi.

Le autorità competenti dello Stato membro di origine, e quelle preposte alla vigilanza su base consolidata, dovranno garantire alle proprie omologhe ed alla banca centrale dello Stato membro ospitante nonché all’Autorità bancaria europea (ABE) e alla BCE, un accesso elettronico immediato e diretto alle singole segnalazioni sulle liquidità.

 

Deflussi e afflussi di liquidità

Gli istituti di credito dovranno valutare periodicamente - sulla base dell'ipotesi di uno scenario combinato di stress idiosincratico e generalizzato del mercato - la probabilità e l’entità dei deflussi di liquidità nel corso dei successivi 30 giorni per quanto riguarda i prodotti o i servizi diversi dai deflussi su altre passività, deflussi aggiuntivi o deflussi da linee di credito e di liquidità.

Ai fini della valutazione gli istituti dovranno tenere conto, in particolare, dei significativi danni alla reputazione che potrebbero derivare dalla mancanza di un supporto di liquidità a tali prodotti o servizi, e segnalare questi ultimi, qualora siano significativi, almeno una volta l'anno alle autorità competenti che dovranno stabilire i deflussi da assegnare. Queste ultime, a loro volta, dovranno inviare almeno annualmente all'ABE una relazione sui tipi di prodotti o servizi per i quali hanno determinato deflussi sulla base delle comunicazioni degli istituti di credito.

Le garanzie reali diverse dalle attività precedentemente descritte che dovranno essere comunicate come liquidità, fornite dall’istituto per i contratti sui tassi di interesse o per quelli riguardanti i tassi di cambio o l’oro, dovranno essere oggetto di un deflusso aggiuntivo del 15% del valore di mercato delle attività trasferibili aventi una liquidità ed una qualità creditizia elevate, e del 20% del valore di mercato delle altre attività.

Qualora l'autorità competente consideri le operazioni dell'istituto correlate ai mercati finanziari o sui suddetti contratti in relazione ai deflussi potenziali di liquidità dell'istituto, quest’ultimo dovrà aggiungere un deflusso ulteriore per il fabbisogno aggiuntivo di garanzie reali risultante, a seconda dei contratti conclusi dall’istituto da un deterioramento significativo della sua qualità creditizia, come nel caso di un declassamento fino a tre classi del suo merito di credito esterno.

E’ previsto altresì l’obbligo per gli istituti di credito, salvo alcune eccezioni, di comunicare i rispettivi afflussi massimi di liquidità, vale a dire gli afflussi di liquidità limitati al 75% dei deflussi di liquidità.

Gli afflussi di liquidità dovranno essere misurati nel corso dei successivi 30 giorni e dovranno comprendere unicamente gli afflussi contrattuali da esposizioni non scadute per le quali un istituto di credito non si aspetta un inadempimento nell'orizzonte di 30 giorni. Salvo alcune eccezioni, l'afflusso dovrà essere preso in considerazione integralmente; non dovranno essere segnalati gli afflussi riguardanti le attività liquide diversi dai pagamenti dovuti sulle attività che non sono riflessi nel valore di mercato delle attività nonché gli afflussi da nuove emissioni di obbligazioni.

Gli istituti dovranno tenere conto degli afflussi di liquidità che devono essere ricevuti in paesi terzi in cui vigono restrizioni al trasferimento o che sono denominate in valute non convertibili solo nella misura in cui essi corrispondono a deflussi nel paese terzo o nella valuta in questione.

 

Al fine di consentire una valutazione della disponibilità di finanziamento stabile dovranno essere comunicati separatamente alle autorità competenti i fondi propri ed una serie di passività (determinate tipologie di depositi al dettaglio con particolare riferimento a quelli soggetti ad uno schema di garanzia dei depositi, tutti i finanziamenti ottenuti da clienti finanziari, finanziamenti da operazioni di prestito garantite e da operazioni correlate ai mercati finanziari, determinate passività derivanti da titoli emessi).

Inoltre, ai fini della suddetta valutazione, dovranno essere segnalati separatamente le attività liquide oggetto di segnalazione precedentemente richiamate, gli altri titoli e strumenti del mercato monetario, i titoli di capitale di entità non finanziarie quotati in un indice principale in un mercato ufficiale, altri titoli di capitale, oro, altri metalli preziosi, prestiti e crediti commerciali non rinnovabili, crediti da derivati, qualsiasi altra attività, linee di credito non utilizzate classificate a "rischio medio" o a "rischio medio/basso”.  

Articoli 416-417: leva finanziaria

Il coefficiente di leva finanziaria[7] dovrà essere calcolato come la misura del capitale dell'istituto divisa per la misura della sua esposizione complessiva espresso in percentuale.

Le garanzie reali fisiche o finanziarie, le garanzie personali o gli strumenti di attenuazione del rischio di credito acquistati non potranno essere utilizzati per ridurre il valore dell'esposizione delle attività; inoltre non potrà essere ammessa la compensazione di crediti e depositi.

Gli istituti di credito dovranno comunicare alle autorità competenti tutte le informazioni necessarie sul coefficiente di leva finanziaria e sulle sue componenti. Tali comunicazioni dovranno essere trasmesse anche all’ABE.

Articoli 418-436: obblighi in materia di informazione e pubblicazione

Gli istituti di credito dovranno valutare se le informazioni che essi forniscono sono in grado di trasmettere esaurientemente ai partecipanti al mercato il loro profilo di rischio. Dovranno essere comunicate solo informazioni rilevanti che non siano esclusive dell'istituto o riservate; inoltre, su richiesta, gli istituti dovranno illustrare le proprie decisioni di rating alle PMI e ad altre società che richiedano prestiti. 

Sono considerate rilevanti le informazioni la cui omissione o errata indicazione può modificare o influenzare il giudizio o le decisioni degli utilizzatori che si basano su di esse per l'adozione di decisioni economiche. Sono invece da considerare esclusive quelle informazioni che, se divulgate al pubblico, avrebbero un impatto sulla posizione competitiva di un istituto. Infine, le informazioni possono essere considerate riservate qualora vi siano obblighi nei confronti dei clienti o altre relazioni con la controparte che vincolano l'istituto alla riservatezza.

Le informazioni in questione dovranno essere pubblicate almeno su base annua, e, se necessario, più frequentemente in funzione delle caratteristiche rilevanti delle attività degli istituti.

Gli obblighi di informazione riguarderanno in particolare:

·      gli obiettivi e le politiche di gestione del rischio per ciascuna categoria di rischio. In tale contesto dovranno essere pubblicate due dichiarazioni volte rispettivamente a garantire che i sistemi di gestione dei rischi sono in linea con il profilo e la strategia dell'istituto, e a descrivere sinteticamente il profilo di rischio complessivo dell'istituto associato alla strategia aziendale;

·      i dispositivi di governo societario, in particolare per quanto riguarda: la selezione dei membri dell'organo di gestione e le loro effettive conoscenze, competenze ed esperienze; l’eventuale istituzione di un comitato per il rischio; le informazioni sui rischi indirizzate all'organo di gestione nella sua funzione di vigilanza;

·      la ragione sociale dell'istituto;

·      i requisiti in materia di fondi propri in particolare per quanto riguarda: 1) la riconciliazione completa degli elementi di capitale di base di classe 1, di capitale aggiuntivo di classe 1 e di capitale di classe 2, e la descrizione delle loro principali caratteristiche, termini e condizioni; 2) i filtri, le detrazioni e le restrizioni applicati ai fondi propri dell'istituto; 3) la descrizione della base di calcolo diversa da quella prevista dal futuro regolamento eventualmente utilizzata per calcolare i coefficienti di capitale; 4) la descrizione sintetica del metodo adottato per valutare l'adeguatezza del proprio capitale interno per il sostegno delle attività correnti e prospettiche;

·      la riserva di capitale anticiclica, con particolare riferimento alla distribuzione geografica delle esposizioni creditizie rilevanti ai fini del calcolo della riserva nonché la sua composizione;

·      l'esposizione al rischio di controparte, di credito, di cambio ed operativo per gli istitutiche calcolano i loro requisiti in materia di fondi in relazione a tali rischi;

·      le esposizioni in strumenti di capitale non inclusi nel portafoglio di negoziazione;

·      le esposizioni al rischio di tasso di interesse su posizioni non incluse nel portafoglio di negoziazione;

·      le esposizioni ponderate per il rischio conformemente alle posizioni inerenti a cartolarizzazione;

·      la politica e le pratiche di remunerazione dell'istituto relative alle categorie di personale la cui attività ha un impatto rilevante sul profilo di rischio dell'istituto;

·      il coefficiente di leva finanziaria e la descrizione dei processi utilizzati per gestire il rischio di leva finanziaria eccessiva.

Uso di particolari strumenti o metodologie

Sono previsti specifici obblighi in materia di informazione e comunicazione in relazione all’uso di determinati strumenti e metodi.

In particolare, gli istituti che calcolano gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio conformemente al metodo IRB dovranno pubblicare:

·      il permesso dell'autorità competente per l’uso del metodo prescelto;

·      la descrizione dei sistemi di rating interni e del rapporto tra rating interni ed esterni nonché dei meccanismi di controllo e di revisione di tali sistemi;

·      i valori delle esposizioni per le esposizioni verso amministrazioni centrali, banche centrali, istituti, imprese e strumenti di capitale;

·      le rettifiche per il rischio di credito specifico effettive nel periodo precedente per ciascuna casse di esposizioni;

·      la descrizione dei fattori che hanno avuto un impatto sulle perdite effettive dell'esercizio precedente;

·      le stime dell'istituto rispetto ai risultati effettivi su un periodo più lungo.

 

Gli istituti di credito che applicano tecniche di attenuazione del rischio di credito dovranno pubblicare informazioni riguardanti:

·      le politiche ed i processi in materia di compensazione in bilancio e fuori bilancio e la misura in cui ricorrono alla compensazione;

·      le politiche ed i processi per la valutazione e la gestione delle garanzie reali ela descrizione dei principali tipi di garanzie reali accettate dall'istituto;

·      le principali tipologie di garanti e di controparti in operazioni su derivati su crediti e il loro merito di credito;

·      le informazioni sulle concentrazioni del rischio di mercato o di credito nell'ambito degli strumenti di attenuazione del credito adottati;

·      per gli istituti che calcolano gli importi delle esposizioni ponderati per il rischio conformemente al metodo standardizzato o al metodo IRB: 1) il valore dell'esposizione totale coperto, dopo l'applicazione delle rettifiche per volatilità, da garanzie reali finanziarie o di altra natura ammissibili; 2) separatamente per ciascuna classe di esposizioni, l'esposizione totale coperta da garanzie personali o derivati su crediti.

 

Gli istituti di credito che utilizzano i metodi avanzati di misurazione per il calcolo dei requisiti di fondi propri per il rischio operativo dovranno pubblicare una descrizione dell'uso delle assicurazioni e di altri meccanismi di trasferimento del rischio ai fini dell'attenuazione del rischio.

Gli istituti che calcolano i requisiti di fondi propri sulla base di modelli interni dovranno pubblicare informazioni riguardanti:

·      ciascun sub-portafoglio coperto;

·      la portata dell’autorizzazione concessa dall'autorità competente;

·      gli elementi del requisito in materia di fondi propri;

·      l'orizzonte medio di liquidità ponderato per ogni subportafoglio coperto dai modelli interni per i rischi incrementali di inadempimento e migrazione e per il correlation trading, vale a dire la strategia di negoziazione in base alle correlazioni.


I contenuti della proposta di direttiva (COM(2011)453)

La proposta di direttiva in esame dispone, sostituendo le direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE, il coordinamento delle normative nazionali che disciplinano l'autorizzazione dell'attività, l'acquisizione di partecipazioni qualificate, l'esercizio della libertà di stabilimento e della libertà di fornire servizi, i poteri delle autorità di vigilanza dello Stato membro di origine e di quello ospitante in materia e le disposizioni che disciplinano il capitale iniziale e la revisione prudenziale degli enti creditizi e delle imprese di investimento.

Articoli 1-3: obiettivi e campo di applicazione

La proposta di direttiva prospetta l’adozione di norme comuni in materia di accesso all’attività degli istituti di credito e delle imprese di investimento, nonché di vigilanza prudenziale degli stessi.

Al considerando 9 si precisa che le disposizioni della futura direttiva non dovrebbero incidere sull’applicazione delle normative nazionali nei casi in cui esse prevedano autorizzazioni speciali complementari che consentono agli istituti di credito di esercitare attività specifiche o di effettuare particolari tipi di operazioni.

Saranno esclusi dal campo di applicazione della direttiva:

·      l’accesso all’attività delle imprese di investimento disciplinate dalla direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari (cosiddetta “direttiva MiFID”);

·      le banche centrali;

·      gli uffici dei conti correnti postali;

·      per quanto riguarda l’Italia, la Cassa depositi e prestiti.

Articoli 5-8: autorità competenti

Gli Stati membri dovranno designare le autorità competenti preposte alle funzioni di vigilanza e indagine

Nel caso in cui in uno Stato membro vi siano più autorità di vigilanza, dovrà essere favorito il coordinamento delle loro attività nonché la cooperazione con l’EBA, mediante la loro partecipazione alla sua attività e il recepimento dei suoi orientamenti e delle sue raccomandazioni. Le autorità competenti dovranno tenere debitamente conto dell’impatto potenziale delle loro decisioni sulla stabilità del sistema finanziario in tutti gli altri Stati membri interessati, in particolare nelle situazioni di emergenza.

Articoli 9-21: condizioni per l’accesso all’attività

L’avvio dell’attività degli istituti dovrà essere subordinato alla concessione di un’autorizzazione da parte delle autorità competenti. La richiesta di autorizzazione dovrà essere corredata di un programma di attività con l’indicazione delle operazioni che verranno effettuate dall’istituto richiedente e della sua struttura organizzativa.

Gli Stati membri ospitanti non dovranno richiedere l’autorizzazione o imporre requisiti di capitale iniziale per le succursali di istituti di credito autorizzati in altri Stati membri.

L’autorizzazione verrà concessa solo qualora:

·      l’attività degli istituti in questione sia diretta effettivamente da almeno due persone in possesso dei requisiti dionorabilità nonché delle conoscenze, esperienze e competenze necessarie per esercitare le loro funzioni;

·      l’amministrazione centrale degli istituti richiedenti che siano persone giuridiche si trovi nello stesso Stato membro in cui hanno la sede sociale. Gli altri istituti dovranno avere l’amministrazione centrale nello Stato membro che ha rilasciato l’autorizzazione e in cui essi operano effettivamente.

Nel caso in cui l’istituto richiedente sia la filiazione di un istituto autorizzato in un altro Stato membro o dell’impresa madre di tale istituto, oppure sia controllato dalle stesse persone fisiche o giuridiche che controllano un istituto di credito autorizzato in un altro Stato membro, prima di concedere l’autorizzazione le autorità competenti dovranno consultare le autorità omologhe dello Stato membro interessato al fine di valutare l’idoneità degli azionisti nonché la reputazione e l’esperienza dei membri dell’organo di gestione che partecipano alla gestione di un’altra entità del medesimo gruppo.

 

L’autorizzazione potrà essere negata:

·      qualora la qualità degli azionisti o dei soci che detengono una partecipazione qualificata nell’istituto richiedente non sia soddisfacente tenuto conto dell’obiettivo generale di garantire una gestione sana e prudente dell’istituto stesso;

·      stretti legami tra l’istituto ed altre persone fisiche o giuridiche siano suscettibili di intralciare il corretto esercizio delle loro funzioni di vigilanza;

·      l’istituto non possieda fondi propri distinti o il capitale iniziale sia inferiore a 5 milioni di euro.

 

Tuttavia è fatta salva la facoltà per gli Stati membri di:

·      mantenere in attività gli istituti esistenti alla data del 15 dicembre 1979 anche se non soddisfano i requisiti di fondi propri distinti, dispensandoli dal rispetto del requisito precedentemente richiamato che prevede la concessione dell’autorizzazione solo agli istituti di credito la cui attività sia diretta da almeno due persone che ne determinano effettivamente l’orientamento e che possiedono l’onorabilità, le conoscenze, l’esperienza e le competenze necessarie a tal fine;

·      concedere l’autorizzazione a categorie particolari di istituti il cui capitale iniziale è inferiore a 5 milioni di euro (purché non inferiore ad 1 milione).

 

L’autorizzazione potrà essere revocata nel caso in cui l’istituto:

·      non la utilizzi entro 12 mesi dalla sua concessione;

·      vi rinunci espressamente o abbia cessato di esercitare la propria attività per un periodo superiore a sei mesi, a meno che lo Stato membro non preveda in tali casi che l’autorizzazione sia scaduta;

·      abbia ottenuto l’autorizzazione mediante false dichiarazioni o altre irregolarità;

·      non soddisfi i requisiti ai quali è stata subordinata la sua concessione;

·      non possieda più fondi propri sufficienti, non offra garanzie di poter assolvere i propri obblighi nei confronti dei creditori e non garantisca la sicurezza dei fondi che gli sono affidati;

·      commetta un’infrazione (si veda oltre).

Le autorità competenti saranno tenute a notificare le autorizzazioni concesse all’EBA che pubblicherà sul proprio sito un elenco costantemente aggiornato di tutti gli istituti autorizzati. All’EBA dovranno essere notificate altresì tutte le decisioni di revoca dell’autorizzazione debitamente motivate.

 

Articoli 22-27: partecipazioni qualificate

Qualsiasi persona fisica o giuridica (cosiddetto “candidato acquirente”) che abbia deciso di acquisire direttamente o indirettamente una partecipazione qualificata in un istituto di credito, o di procedere ad un aumento di tale partecipazione in misura che la quota dei diritti di voto o di capitale sia pari o superiore al 20, 30 o 50%, o che l’istituto di credito diventi una sua filiazione, dovrà notificare previamente alle autorità competenti dell’istituto interessato il valore presunto della partecipazione stessa.  

Le autorità competenti disporranno di 60 giorni lavorativi per effettuare, sulla base di determinati requisiti, una valutazione della qualità del candidato acquirente e della solidità finanziaria dell’acquisizione al fine di garantire una gestione sana e prudente dell’istituto interessato; un’eventuale opposizione all’acquisizione, debitamente motivata, dovrà essere comunicata per iscritto entro due giorni durante il periodo di valutazione. E’ fatto divieto agli Stati membri di imporre condizioni preliminari per quanto riguarda il livello di partecipazione da acquisire o di obbligare le autorità competenti a valutare il progetto di acquisizione sulla base delle necessità economiche del mercato; queste ultime, peraltro, saranno tenute a trattare in maniera non discriminatoria le eventuali diverse richieste di acquisizione o di aumento di partecipazioni qualificate riguardanti lo stesso istituto.

Le autorità competenti dovranno collaborare tra di loro in sede di valutazione delle richieste di partecipazione qualificata nel caso in cui il candidato acquirente sia un istituto di credito, un’impresa di assicurazione o riassicurazione, un’impresa di investimento o una società di gestione di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), autorizzata in un altro Stato membro in un settore diverso da quello oggetto dell’acquisizione, o un’impresa madre dei suddetti organismi o infine una persona fisica o giuridica che esercita un controllo su tali stessi organismi.

 

Gli istituti di credito dovranno comunicare alle autorità competenti:

·      l’eventuale decisione di non detenere più una partecipazione qualificata in un istituto o di diminuirla in modo tale che la quota dei diritti di voto o di capitale detenuto scenda al di sotto delle soglie del 20, 30 o 50%, o che l’istituto cessi di essere una loro filiazione;

·      notizie di eventuali acquisizioni o cessioni di partecipazione nel loro capitale suscettibili di fare aumentare o diminuire le soglie precedentemente indicate;

·      gli istituti quotati su mercati regolamentati che figurano nell’elenco pubblicato dall’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (AESFEM), dovranno comunicare, almeno una volta all’anno, l’identità degli azionisti o dei soci che possiedono partecipazioni qualificate ed il relativo valore.

Nel caso in cui i soggetti che intendono acquisire una partecipazione qualificata possano ostacolare una gestione sana e prudente dell’istituto interessato, le autorità competenti dovranno prendere le misure adeguate, quali ingiunzioni, sanzioni o sospensioni del diritto di voto connesso alle azioni o quote detenute dagli azionisti o dai soci. Qualora la partecipazione venga acquisita malgrado l’opposizione delle autorità competenti, gli Stati membri dovranno sospendere l’esercizio dei relativi diritti di voto o dichiarare nulli i voti espressi.

Articoli 28-32: capitale iniziale delle imprese di investimento

Il capitale iniziale delle imprese di investimento dovrà essere costituito esclusivamente da strumenti di capitale ed altre riserve; le imprese diverse da quelle indicate di seguito dovranno disporre di un capitale iniziale pari a 730 mila euro.

Per particolari tipi di imprese vengono proposti diversi requisiti di capitale iniziale:

·         125 mila euro per le imprese di investimento che non negoziano strumenti finanziari per conto proprio e non si impegnano irrevocabilmente all’acquisto di tali strumenti, ma che detengono fondi o titoli dei clienti e si occupano della raccolta, trasmissione o esecuzione di ordini da parte di investitori riguardanti strumenti finanziari, o della gestione di portafogli individuali di investimento in strumenti finanziari. Tale importo potrà essere ridotto a 50 mila euro nel caso in cui l’impresa non sia autorizzata a detenere fondi o titoli dei clienti, ad agire per conto proprio o ad impegnarsi irrevocabilmente all’acquisto di titoli;

·         50 mila euro per le imprese locali qualora esse beneficino della libertà di stabilimento o di prestazione dei servizi;

·         per le imprese che non detengono danaro o titoli dei clienti:

-         un capitale iniziale di 50 mila euro;

-         un’assicurazione per la responsabilità civile professionale, o altra garanzia analoga, che assicuri una copertura minima di 1 milione di euro per ciascuna richiesta di indennizzo, e di 1 milione e mezzo di euro all’anno per il totale delle richieste di indennizzo;

-         una combinazione di capitale iniziale e assicurazione che comporti un livello di copertura equivalente a quello del capitale iniziale o degli importi previsti in caso di assicurazione precedentemente indicati;

·         le impreseautorizzate esclusivamente a fornire consulenza in materia di investimenti o a ricevere e trasmettere ordini dagli investitori senza detenere fondi o titoli dei propri clienti, registrate ai sensi della direttiva 2002/92/CE sull’intermediazione assicurativa, dovranno possedere una copertura a scelta tra:

-         un capitale iniziale pari a 25 mila euro;

-         un’assicurazione per la responsabilità civile professionale,o altra garanzia analoga, per una copertura minima di 500 mila euro per richiesta di indennizzo, e 750 mila euro all’anno per il totale delle suddette richieste;

-         una combinazione tra capitale iniziale e assicurazione che comporti un livello di copertura equivalente a quello del capitale iniziale o degli importi previsti in caso di assicurazione precedentemente indicati.

E’ prevista una deroga che consentirebbeagli Stati membri di mantenere, salvo casi particolari, l’autorizzazione per le imprese di investimento e le imprese locali esistenti anteriormente al 31 dicembre 1995 i cui fondi propri siano inferiori ai suddetti requisiti di capitale.

Articoli 33-48: libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi

Nell’allegato I alla propostadi direttiva vengono individuate una serie di attività soggette al mutuo riconoscimento che dovranno essere esercitate, anche mediante succursali, conformemente alle disposizioni della futura direttiva in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

Tali attività comprendono:

·      raccolta di depositi e di altri fondi rimborsabili;

·      prestiti, compresi il credito al consumo, crediti con garanzia ipotecaria, factoring, cessioni di credito pro soluto e pro solvendo e crediti commerciali;

·      leasing finanziario;

·      servizi di pagamento ed emissione e gestione di altri strumenti di pagamento quali travellers cheque e lettere di credito;

·      fideiussioni e impegni;

·      operazioni per conto dell’istituto o di suoi clienti su strumenti di mercato monetario (assegni, cambiali, certificati di deposito), valuta estera, strumenti finanziari a termine ed opzioni, contratti su tassi di cambio e di interesse, valori mobiliari;

·      partecipazione alle emissioni di titoli e prestazioni di servizi connessi;

·      consulenza alle imprese in materia di struttura patrimoniale, strategia industriale, fusione e acquisizione di imprese;

·      intermediazione finanziaria del tipo money broking;

·      gestione del patrimonio e consulenza;

·      custodia e amministrazione di valori mobiliari;

·      servizi di informazione commerciale;

·      locazione di cassette di sicurezza;

·      emissione di moneta elettronica.

Gli istituti di credito dovranno notificare alle autorità competenti del proprio Stato membro di origine l’intenzione di stabilire una succursale nel territorio di un altro Stato membro.

Alle autorità competenti dello Stato membro ospitante dovranno essere fornite una serie di informazioni necessarie a tal fine, tra cui l’indicazione dell’importo e della composizione dei fondi propri dell’istituto in questione. Più sedi create in uno stesso Stato membro da un istituto avente la propria amministrazione centrale in un altro Stato membro saranno considerate come un’unica succursale. Eventuali rifiuti di autorizzazione dovranno essere comunicati agli Stati membri, all’ABE e alla Commissione.

Gli istitutiche vogliano esercitare per la prima volta la propria attività sul territorio di un altro Stato membro nel quadro di una libera prestazione di servizi dovranno notificare alle autorità competenti dello Stato membro di origine quali delle attività di cui all’allegato I precedentemente richiamate intendano esercitare. Tale disposizione non pregiudicherà i diritti acquisiti dagli istituti che operano in regime di libera prestazione dei servizi anteriormente al 1° gennaio 1993.

 

Nel quadro dell’esercizio della libera prestazione di servizi sono previsti una serie di diritti e di obblighi in capo alle autorità competenti dello Stato membro ospitante le quali tra l’altro:

·      potranno richiedere a tutti gli istituti di credito con succursali nel loro territorio una relazione periodica sulle operazioni ivi effettuate;

·      dovranno informare le proprie omologhe dello Stato membro di origine in caso di violazione della normativa nazionale di attuazione delle nuove norme da parte di un istituto che abbia una succursale o operi in regime di libera prestazione di servizi nel loro territorio. Nel caso in cui le autorità competenti del paese di origine non intervengano per porre fine a tale situazione. le autorità competenti dello Stato membro ospitante potranno rivolgersi all’ABE che potrà adottare una decisione entro 24 ore;

·      in situazioni di emergenza, prima di avviare la procedura precedentemente descritta, adottare misure cautelative,quali il divieto per l’istituto che ha commesso irregolarità di avviare nuove operazioni nel proprio territorio, per tutelare gli interessi collettivi di depositanti, investitori ed altri clienti. Tali misure non dovranno privilegiare i creditori dell’istituto nello Stato membro ospitante rispetto a quelli degli altri Stati membri; l’effetto di tali misure cesserà nel momento in cui le autorità amministrative o giurisdizionali dello Stato membro di origine adotteranno le opportune misure di risanamento o qualora le suddette misure siano diventate obsolete.

 

Gli Stati membri non potranno concedere alle succursali di un istituto avente la propria amministrazione centrale in paesi terzi un trattamento più favorevole rispetto a quello concesso alle succursali di istituti aventi la propria amministrazione centrale nell’UE.

Articoli 49-62: vigilanza prudenziale

La vigilanza prudenziale sugli istituti spetterà alle autorità competenti dello Stato membro di origine; le misure adottate dallo Stato membro ospitante non potranno comportare trattamenti discriminatori o restrittivi derivanti dal fatto che gli istituti in questione hanno ricevuto l’autorizzazione in un altro Stato membro. Al fine di vigilare sulle attività degli istituti che operano, in particolare tramite succursali, in uno o più Stati membri diversi da quelli in cui hanno la loro amministrazione centrale, le autorità competenti degli Stati membri interessati dovranno cooperare strettamente tra di loro. 

Con riferimento alla vigilanza prudenziale si prospetta in particolare quanto segue:

·      l’obbligo per le autorità competenti dello Stato membro di origine di fornire immediatamente alle proprie omologhe degli Stati membri ospitanti informazioni relative alla vigilanza sulla liquidità qualora esse siano pertinenti per la tutela dei depositanti o degli investitori nello Stato membro ospitante, o su eventuali crisi di liquidità con particolare riferimento all’adozione di piani di risanamento e di misure prudenziali;

·      la possibilità per le autorità competenti dello Stato membro ospitante di chiedere all’autorità di vigilanza su base consolidata o alle autorità competenti dello Stato membro di origine di stabilire se la succursale di un istituto che non possiede i requisiti di fondi propri previsti per le imprese di investimento parzialmente autorizzate a fornire servizi di investimento, possa essere considerata come avente un’importanza significativa;

·      l’obbligo per le autorità competenti dello Stato membro di origine di comunicare alle proprie omologhe dello Stato membro ospitante l’esito della valutazione dei rischi degli istituti aventi succursali di importanza significativa, consultandole in merito alle misure operative richieste in caso di rischi di liquidità nella moneta dello Stato membro ospitante;

·      l’obbligo per le autorità competenti preposte alla vigilanza di un istituto avente succursali significative in altri Stati membri di istituire e presiedere un collegio delle autorità di vigilanza per favorire la cooperazione tra le stesse;

·      la possibilità per le autorità competenti dello Stato membro ospitante di effettuare ispezioni in loco delle attività svolte dalle succursali che operano nel loro territorio, informando le proprie omologhe dello Stato membro di origine dell’esito dei controlli con particolare riferimento alla valutazione dei rischi dell’istituto in questione o alla stabilità del sistema finanziario dello Stato membro ospitante. Le autorità competenti dello Stato membro di origine dovranno tenere debitamente conto di tali informazioni all’atto dell’elaborazione del programma di controllo prudenziale (vedi oltre), prendendo in considerazione anche la stabilità del sistema finanziario dello Stato membro ospitante;

·      l’obbligo del segreto d’ufficio per tutti i soggetti che svolgono o abbiano svolto attività per conto delle autorità competenti nonché per i revisori o gli esperti che abbiano ricevuto un mandato dalle suddette autorità. Le informazioni riservate da essi ricevute nell’esercizio delle loro funzioni potranno essere divulgate solamente in forma sintetica ed aggregata per evitare l’individuazione degli istituti, ed essere utilizzate dalle autorità competenti solo in circostanze espressamente definite. Tuttavia, in caso di fallimento di un istituto o di liquidazione coatta richiesta da un tribunale; le informazioni riservate che non riguardano terzi coinvolti nei tentativi di salvataggio dell’istituto in questione potranno essere divulgate nell’ambito di procedimenti civili o commerciali;

·      la possibilità per gli Stati membri e l’ABE di concludere accordi di cooperazione con le autorità competenti dei paesi terziper lo scambio di informazioni in materia di vigilanza;

·      la possibilità di trasmettere informazioni riguardanti aspetti monetari, sistemici e in materia di pagamenti alle banche centrali o ad altri organismi con responsabilità analoghe in quanto autorità monetarie, nonché al Comitato europeo per il rischio sistemico – CERS (vedi nota 4), qualora esse siano necessarie allo svolgimento delle loro funzioni;

·      la facoltà per gli Stati membri di autorizzare la comunicazione di determinate informazioni riguardanti la vigilanza prudenziale ad altri servizi della propria amministrazione centrale responsabili della normativa in materia, nonché a commissioni parlamentari di inchiesta, Corti dei conti ed altri organismi di indagine.

Articoli 64-71: poteri di vigilanza e sanzionatori

Ai fini della vigilanza, le autorità competenti dovranno:

·      esigere che gli istituti di credito detengano fondi propri specifici connessi ad elementi di rischio e a rischi diversi dal rischio di credito, di mercato ed operativo;

·      chiedere agli istituti di applicare ai propri attivi una specifica politica di accantonamenti o un trattamento speciale in termini di requisiti di capitale;

·      restringere o limitare l’attività economica, le operazioni o la rete di istituti o chiedere la cessione di attività che presentano rischi eccessivi per la solidità di un istituto;

·      esigere la riduzione del rischio connesso ad attività, prodotti e sistemi degli istituti;

·      obbligare gli istituti a limitare la componente variabile della remunerazione in percentuale dei ricavi netti qualora essa non sia compatibile con il mantenimento di una solida base di capitale;

·      obbligare gli istituti a destinare l’utile netto al rafforzamento dei fondi propri, in particolare limitandone o vietandone la distribuzione agli azionisti o ai soci;

·      imporre obblighi di informazione supplementari o più frequenti anche sui fondi propri e le posizioni di liquidità;

·      imporre restrizioni sui disallineamenti di durata tra attività e passività;

·      vietare il pagamento o la distribuzione di interessi o dividendi connessi a strumenti di capitale aggiuntivo di classe I.

 

Le autorità competenti potranno imporre sanzioni e misure amministrative efficaci, proporzionate e dissuasive, ai membri dell’organo di gestione o ad altri soggetti responsabili di eventuali violazioni.In caso di violazione degli obblighi a carico di enti, società di partecipazione finanziaria e società di partecipazione finanziaria mista potranno essere applicate sanzioni ai membri dell'organo di gestione e ad ogni altro soggetto responsabile della violazione. Nell'esercizio dei loro poteri sanzionatori, le autorità competenti dovranno cooperare strettamente per assicurare che le sanzioni producano i risultati voluti e per coordinare la loro azione nelle situazioni transfrontaliere.

Le fattispecie passibili di sanzioni comprendono tra l’altro:

·      la violazione dei requisiti in materia di autorizzazione e acquisizione di partecipazione qualificata;

·      l’ottenimento da parte di un istituto dell’autorizzazione mediante false dichiarazioni o altri mezzi irregolari;

·      la mancata comunicazione alle autorità competenti da parte dell’istituto di informazioni riguardanti eventuali acquisizioni o cessioni di partecipazioni nel proprio capitale suscettibili di innalzare o diminuire una delle soglie di partecipazione precedentemente richiamate;

·      la mancata comunicazione, almeno una volta all’anno, alle autorità competenti da parte di un istituto quotato su un mercato regolamentato, dei nomi degli azionisti e dei soci che possiedono partecipazioni qualificate e il relativo importo;

·      la mancata dotazione dei meccanismi di governance previsti dalla futura direttiva;

·      la mancata comunicazione alle autorità competenti delle informazioni sugli obblighi in materia di fondi propri, requisiti di capitale, grandi fidi, liquidità e coefficiente di leva finanziaria;

·      la mancata detenzione in ogni momento da parte dell’istituto di attività liquide;

·      l’assunzione di un’esposizione superiore ai limiti fissati o al rischio di credito di un’operazione inerente a cartolarizzazione senza che vengano rispettati i requisiti previsti a tale riguardo.

 

 

Alle suddette infrazioni potranno essere comminate le seguenti sanzioni:

·      la revoca dell’autorizzazione;

·      l’interdizione temporanea dall’esercizio di funzioni in seno ad enti per i membri dell’organo di gestionedell’istituto o altra persona fisica ritenuti responsabili;

·      nel caso di una persona giuridica, sanzioni amministrative pecuniarie fino al 10% del suo fatturato complessivo annuo nell’esercizio finanziario precedente;

·      se si tratta di una persona fisica, sanzioni amministrative pecuniarie fino a 5 milioni di euro;

·      sanzioni amministrative pecuniarie fino al doppio dell'ammontare dei profitti ricavati o delle perdite evitate grazie alla violazione.

All’atto di determinare il tipo e l’importo delle sanzioni, le autorità competenti dovranno tenere conto della gravità e della durata dell’infrazione, del grado di responsabilità degli autori, della loro capacità finanziaria, del loro grado di cooperazione con le autorità competenti, dell’entità dei profitti realizzati o delle perdite evitate dai soggetti interessati, di eventuali infrazioni commesse in precedenza dagli stessi ed infine dei danni subiti da terzi. L’ABE dovrà emettere orientamenti sulla natura e l’importo delle sanzioni.

Le autorità competenti dovranno istituire meccanismi efficaci per incoraggiare la segnalazione delle infrazioni e pubblicare tempestivamente informazioni sulla natura dell’infrazione e le relative sanzioni nonché sull’identità dei responsabili, a meno che ciò non abbia un impatto significativo sulla stabilità dei mercati finanziari. Qualora inoltre la pubblicazione possa arrecare un danno sproporzionato ai soggetti interessati, le informazioni dovranno essere pubblicate in forma anonima.

Articoli 72-85: valutazione dell’adeguatezza del capitale interno

Gli istituti di credito dovranno essere sempre in grado di valutare e mantenere in permanenza capitale interno di importo, composizione e distribuzione adeguati per garantire una gestione sana ed efficace dei rischi. A tal fine è previsto l’obbligo per ogni istituto di disporre di meccanismi di governance, strategie e procedure solidi e sempre adeguati rispetto alla natura, al livello ed alla complessità delle sue attività.

L’organo di gestione dovrà approvare e rivedere periodicamente le strategie e le politiche in materia di assunzione, gestione, controllo e attenuazione dei rischi ai quali un istituto è o potrebbe essere esposto a causa del contesto macroeconomico nel quale opera, in relazione alla fase del ciclo economico.

A tal fine si prospetta l’obbligo a carico degli istituti di credito di:

·      istitutire un apposito comitato dei rischi che dovrà prestare consulenza all’organo di gestione nell’esercizio della vigilanza in materia di rischi. In funzione della natura, delle dimensioni e della complessità delle attività esercitate, un istituto potrà essere esonerato dall’obbligo di istituire il suddetto comitato;

·      disporre di una funzione di gestione del rischio indipendente dalle funzioni operative e di gestione la quale dovrà:

-         essere responsabile dell’individuazione e della misurazione delle esposizioni al rischio sulle quali dovrà riferire;

-         partecipare attivamente all’elaborazione della strategia di rischio dell’istituto e a tutte le decisioni fondamentali in materia di gestione del rischio;

-         fornire una visione completa di tutti i rischi ai quali è esposto un istituto;

-         procedere ad uno scambio regolare di informazioni con il comitato dei rischi o, in sua assenza, con l’organo direttivo nella sua funzione di vigilanza.

 

Gli istituti di credito dovranno stabilire procedure fondate su valutazioni interne per il calcolo dei requisiti di capitale relativi al rischio di credito nonché al rischio specifico connesso agli strumenti di debito nel portafoglio di negoziazione e al rischio di inadempimento e migrazione, in presenza di esposizioni e di un elevato numero di controparti rilevanti:

·      per quanto riguarda il rischio di credito e di controparte si prevede l’obbligo per le autorità competenti di vigilare affinché: 1) la concessione di crediti sia basata su criteri solidi e ben definiti e le procedure di approvazione, modifica, rinnovo e rifinanziamento dei crediti siano stabilite in maniera chiara; 2) gli istituti dispongano di metodi interni, non basati esclusivamente o meccanicamente su valutazioni esterne, che consentano di valutare i rischi di credito riguardanti le esposizioni nei confronti di singoli debitori, titoli e controparti, ed il rischio di credito a livello di portafoglio; 3) si ricorra a sistemi efficaci per la gestione ed il controllo su base permanente dei diversi portafogli ed esposizioni che implicano un rischio di credito; 4) la diversificazione del portafoglio di credito sia adeguata ai mercati di sbocco e alla strategia globale dell’istituto in materia di credito;

·      con riferimento al rischio residuo si prospetta l’obbligo di controllare e trattare nel quadro di politiche e procedure scritte il rischio che le tecniche di attenuazione del rischio di credito utilizzate si rivelino meno efficaci del previsto;

·      dovrà essere trattato nel quadro di politiche e procedure scritte anche il rischio di concentrazione derivante da esposizioni a controparti;

·      l’obbligo di trattare nel quadro di politiche e procedure adeguate i rischi connessi ad operazioni di cartolarizzazione nelle quali l’istituto di credito interviene in qualità di investitore, cedente o promotore, compresi i rischi reputazionali, al fine di garantire che la sostanza economica dell’operazione sia presa debitamente in considerazione nella valutazione dei rischi e nelle decisioni di gestione. Gli istituti che cedono operazioni di cartolarizzazione rotative che prevedono clausole di rimborso anticipato dovranno disporre di un programma di liquidità che consenta loro di fare fronte alle conseguenze dei rimborsi sia programmati che anticipati;

·      l’obbligo di attuare procedure e politiche che consentano di misurare e gestire le cause e gli effetti dei rischi di mercato, proteggendosi nel contempo contro i rischi di mancanza di liquidità in caso di scadenza di una posizione corta prima di una lunga. A tal fine gli istituti dovranno disporre di capitale interno adeguato per coprire i rischi di mercato rilevanti non soggetti a requisiti di fondi propri;

·      l’obbligo per gli istituti di istituire sistemi di valutazione e gestione del rischio derivante da variazioni dei tassi di interesse inerenti ad attività diverse dalla negoziazione;

·      l’obbligo per gli istituti di istituire politiche e procedure di valutazione e gestione dell’esposizione al rischio operativo, predisponendo adeguati piani di emergenza che consentano di operare su base continuativa e di limitare le perdite in caso di gravi interruzioni dell’operatività;

·       l’obbligo per gli istituti di disporre di strategie, politiche, procedure e sistemi che consentano di individuare, misurare, gestire e controllare il rischio di liquidità per periodi adeguati al fine di garantire che essi mantengano riserve di liquidità adeguate. Tali meccanismi dovranno essere proporzionati alla complessità, al profilo di rischio e all’ambito di attività degli istituti nonché al livello di tolleranza al rischio fissato dall’organo di gestione, e riflettere l’importanza dell’istituto dal punto di vista sistemico in ognuno degli Stati membri nei quali esercita la propria attività. In tale contesto gli istituti saranno tenuti a:

-          comunicare il livello di tolleranza al rischio per tutte le aree di attività interessate;

-          sviluppare metodologie per individuare, misurare, gestire e sorvegliare le posizioni di finanziamento, tenendo conto dei flussi di cassa significativi correnti e previsti connessi ad attività, passività, voci fuori bilancio, comprese le passività potenziali ed il possibile impatto del rischio reputazionale;

-          operare una distinzione tra attività date in garanzie e attività non gravate disponibili in qualsiasi momento, verificare il modo in cui esse possono essere mobilitate in caso di necessità e valutare gli ostacoli di natura giuridica, regolamentare ed operativa agli eventuali trasferimenti di liquidità e di attività non gravate tra gli istituti;

-          basarsi su diversi strumenti di attenuazione del rischio di liquidità per fare fronte a vari tipi di crisi, e su una diversificazione adeguata della propria struttura e delle fonti di finanziamento;

-          prendere in considerazione scenari alternativi relativi alle posizioni di liquidità e ai fattori di attenuazione del rischio quali le voci fuori bilancio e le altre passività potenziali, e rivedere regolarmente le ipotesi alla base delle decisioni riguardanti le posizioni di finanziamento;

-          valutare l’impatto potenziale di scenari alternativi riguardanti il singolo istituto, l’insieme del mercato o entrambi, prendendo in considerazione periodi diversi e condizioni di crisi di diversa intensità;

-          adattare le proprie strategie, le politiche interne ed i limiti in materia di rischi di liquidità ed elaborare efficaci piani di emergenza tenendo conto degli scenari alternativi precedentemente richiamati;

-          disporre di piani di ricostituzione delle liquidità per rimediare ad eventuali carenze, anche mediante la detenzione di garanzie immediatamente disponibili ai fini del finanziamento da parte delle banche centrali;

·      l’obbligo per gli istituti di istituire politiche e procedure di individuazione, gestione e controllo del rischio di leva finanziaria eccessiva.

Articoli 86-91: governance

Gli organi di gestione dovranno definire meccanismi volti a garantire una gestione efficace e prudente degli istituti di credito, con particolare riferimento alla separazione delle funzioni e alla prevenzione dei conflitti di interesse, nel pieno rispetto dei seguenti princìpi:

·      la responsabilità generale dell’istituto dovrà ricadere sull’organo di gestione, in particolare per quanto riguarda l’approvazione degli obiettivi strategici in materia di rischi e la governance interna, nonché la sorveglianza degli alti organi dirigenti;

·      il divieto per il presidente dell’organo di gestione di esercitare contemporaneamente la funzione di amministratore delegato dell’istituto in questione, a meno che ciò non sia giustificato e autorizzato dalle autorità competenti;

·      l’obbligo per gli istituti di credito di istituire un comitato per le nomine incaricato di selezionare i candidati per eventuali posti vacanti e di valutare periodicamente: la struttura, le dimensioni, la composizione e l’operato dell’organo di gestione; le conoscenze, le competenze e l’esperienza dei membri dell’organo di gestione; la politica dell’organo di gestione in materia di selezione e nomina degli alti dirigenti.

 

Vengono prospettate disposizioni puntuali in materia di politiche retributive che tra l’altro dovranno:  

·       essere adeguate alle dimensioni, all’organizzazione interna, alla natura, alla portata e alla complessità delle attività degli istituti di credito;

·      riflettere e favorire una gestione sana ed efficace del rischio e non incoraggiare un’assunzione di rischi superiore al livello tollerato dall’istituto;

·      essere conformi alla strategia aziendale, agli obiettivi, ai valori e agli interessi a lungo termine dell’istituto, ed essere volte ad evitare conflitti di interesse;

·      essere adottate e riviste regolarmente dall’organo di gestione dell’istituto, responsabile altresì della loro esecuzione;

·      essere oggetto, almeno una volta all’anno, di una valutazione interna centrale ed indipendente volta a verificarne la conformità e l’adeguatezza.

I soggetti che esercitano funzioni di controllo dovranno essere remunerati in funzione della realizzazione degli obiettivi connessi alle loro funzioni indipendentemente dai risultati conseguiti nei settori di attività che essi controllano; la remunerazione del personale dirigente delle funzioni di controllo dei rischi dovrà essere sottoposta al controllo diretto del comitato per le remunerazioni o, in sua assenza, dell’organo di gestione.

Le autorità competenti dovranno procedere ad un confronto delle tendenze e delle pratiche in materia di remunerazione e trasmetterle all’ABE che dovrà emettere orientamenti per l’attuazione di politiche retributive sane. In particolare, dovranno essere raccolte informazioni sul numero di persone per istituto che si collocano nella fascia retributiva di almeno 1 milione di euro e sul settore di attività interessato ed i principali elementi della remunerazione, i bonus, le gratifiche a lungo termine e i contributi pensionistici; tali informazioni dovranno essere trasmesse all’ABE che le pubblicherà su base aggregata per Stato membro di origine.

 

Per gli istituti che beneficiano di un intervento pubblico straordinario, oltre a quanto precedentemente indicato, si prevede altresì che:

·      la remunerazione variabile sia strettamente limitata ad una percentuale delle entrate nette qualora non sia compatibile con il mantenimento di una solida base di capitale e con l’uscita tempestiva dal sostengo pubblico;

·      gli istituti di credito ristrutturino le remunerazioni in maniera compatibile con una gestione sana dei rischi ed una crescita a lungo termine, se necessario fissando un limite alla remunerazione dei soggetti che determinano effettivamente l’orientamento dell’attività dell’istituto ai quali non dovrà essere versata nessuna remunerazione variabile a meno che ciò non sia giustificato.

 

Per quanto riguarda gli elementi variabili della remunerazione:

·      qualora la remunerazione vari in funzione dei risultati, l’importo totale dovrà essere stabilito combinando la valutazione dei risultati del soggetto e dell’unità aziendale interessati con i risultati generali dell’istituto. Tale valutazione dovrà riguardare i risultati a lungo termine ed il pagamento effettivo degli elementi della remunerazione che dipendono dai risultati dovrà essere scaglionato su un periodo che tenga conto del ciclo di attività dell’istituto e dei suoi rischi di impresa;

·      la componente variabile complessiva della remunerazione non dovrà limitare la capacità dell’istituto di rafforzare la propria base di capitale;

·      la remunerazione variabile garantita dovrà essere eccezionale, applicarsi esclusivamente al personale appena assunto ed essere limitata al primo anno di impiego;

·      venga garantito un adeguato equilibrio tra le componenti fisse e variabili della remunerazione;

·      i pagamenti connessi alla rescissione anticipata di un contratto dovranno corrispondere alle prestazioni effettivamente fornite ed essere concepiti in modo tale da non ricompensare gli insuccessi;

·      qualora la misurazione dei risultati serva da base per il calcolo delle componenti variabili delle remunerazioni, si dovrà prevedere una rettifica per tutti i tipi di rischi attuali e futuri e tenere conto del costo del capitale e delle liquidità richiesti;

·      una parte consistente, mai inferiore al 50% della remunerazione variabile, dovrà essere costituita da un bilanciamento adeguato tra azioni o partecipazioni al capitale equivalenti, in funzione della struttura giuridica dell’istituto o, qualora quest’ultimo non sia quotato in borsa, strumenti connessi alle azioni o strumenti non monetari equivalenti;

·      l’attribuzione di una parte consistente, mai inferiore al 40% della componente variabile della remunerazione dovrà essere differita su un periodo che va da almeno 3 a 5 anni e dovrà essere correttamente allineata al tipo di istituto, ai suoi rischi e alle attività del soggetto in questione. Qualora la componente variabile costituisca una parte particolarmente elevata, dovrà essere differito il pagamento di almeno il 60% della stessa, in funzione del ciclo di attività, della loro natura e dei relativi rischi nonché delle attività del dipendente interessato;

·       la remunerazione variabile, compresa la parte differita, dovrà essere pagata solo se è sostenibile con riferimento alla situazione finanziaria dell’istituto e se è giustificata dai risultati dell’istituto stesso e del soggetto interessato;

·      la politica in materia di pensioni dovrà essere conforme alla strategia aziendale, agli obiettivi, ai valori e agli interessi a lungo termine dell’istituto di credito. In particolare, qualora un dipendente lasci l’istituto prima di aver raggiunto l’età pensionabile o vada in pensione, i benefici pensionistici discrezionali saranno rispettivamente trattenuti dall’istituto o versati al dipendente sotto forma di azioni o partecipazioni al capitale equivalenti, strumenti connessi alle azioni o strumenti non monetari equivalenti, con riserva di un periodo di ritenzione di 5 anni;

·      i dipendenti saranno tenuti a non utilizzare strategie di copertura personale o assicurazioni sulla remunerazione o sulla responsabilità per inficiare gli effetti di allineamento al rischio insiti nei loro meccanismi retributivi.

 

Gli istituti di credito rilevanti in funzione delle dimensioni, dell’organizzazione interna nonché della natura, della portata e della complessità delle loro attività, dovranno istituire un comitato per le remunerazioni volto ad esercitare una valutazione indipendente delle politiche e delle pratiche di remunerazione nonché degli incentivi destinati alla gestione dei rischi, dei fondi propri e delle liquidità. Tenendo conto degli interessi a lungo termine di azionisti, investitori ed altre parti in causa, il comitato dovrà elaborare decisioni in materia di remunerazione, comprese quelle aventi implicazioni la gestione del rischio dell’istituto in questione, che dovranno essere adottate dall’organo di gestione nella sua funzione di sorveglianza.

Articoli 92-98: revisione e valutazione prudenziale

Le autorità competenti dovranno riesaminare le strategie, le procedure ed i meccanismi di cui si sono dotati gli istituti per valutarne l’adeguatezza ai fini della gestione dei rischi ai quali essi sono o potrebbero essere esposti o i rischi che essi rappresentano per il sistema finanziario. La frequenza e l’intensità della revisione dovranno essere stabilite in funzione delle dimensioni, dell’importanza sistemica, della natura e della complessità delle attività svolte dall’istituto in questione, e in ogni caso una volta all’anno.

La revisione e la valutazione dovranno riguardare:

·      l’esposizione al rischio di concentrazione, credito, mercato, liquidità, del tasso di interesse, di leva finanziaria eccessiva; operativo ed infine residuale associato all’utilizzo di tecniche di attenuazione del rischio di credito;

·      l’adeguatezza dei fondi propri dell’istituto a fronte delle attività cartolarizzate considerata anche l’entità del rischio trasferito;  

·      gli effetti della diversificazione e il modo in cui essi sono integrati nel sistema di valutazione dei rischi;

·      i risultati degli stress test effettuati dagli istituti che utilizzano un modello interno per calcolare le proprie esigenze di capitale per il rischio di mercato;

·      la collocazione geografica delle esposizioni degli istituti e il loro modello di impresa;

·      i dispositivi in materia di governance, la cultura e i valori di impresa di un istituto nonché la capacità dei membri dell’organo di gestione di esercitare le proprie funzioni.

 

Le autorità competenti dovranno adottare, almeno una volta all’anno, un programma di revisione prudenziale per gli istituti sottoposti alla loro vigilanza.

Il programma, che dovrà tenere conto del processo di controllo e valutazione precedentemente descritto, dovrà:

·      indicare gli istituti da sottoporre a vigilanza rafforzata e le misure che le autorità competenti intendono adottare;

·      prevedere ispezioni nella sede dell’istituto, comprese le filiazioni e le succursali site in altri Stati membri;

·      coprire gli istituti per i quali gli stress test e il processo di revisione e valutazione evidenziano rischi significativi in relazione alla loro solidità finanziaria o il mancato rispetto dei requisiti in materia di fondi propri, nonché gli istituti che rappresentano un rischio sistemico per il sistema finanziario ed ogni altro istituto che le autorità competenti ritengano opportuno.

In tale contesto le autorità competenti:

·      potranno aumentare il numero e la frequenza delle ispezioni in loco o assicurare la propria presenza permanente negli istituti;

·      potranno esigere dagli istituti informazioni supplementari o più frequenti;

·      potranno procedere ad un riesame supplementare o più frequente dei piani operativi, strategici o aziendali degli istituti, nonché a riesami tematici che consentano di monitorare eventuali rischi specifici;

·      dovranno effettuare con cadenza annuale stress test prudenziali sugli istituti sottoposti alla loro vigilanza qualora risulti necessario in esito della procedura di controllo e valutazione precedentemente descritta;

·      dovranno esaminare su base continuativa, o riesaminare almeno ogni tre anni, il rispetto dei metodi interni da parte degli istituti tenendo conto in particolare dei cambiamenti nelle loro attività e della loro applicazione a nuovi prodotti, ed aggiornarli nel caso in cui non siano più adeguati alle nuove esigenze. Qualora la non conformità possa generare un livello inadeguato di fondi propri, le autorità competenti potranno richiedere la tempestiva costituzione di ulteriori fondi propri.

Articoli 99-121: vigilanza

Gli istituti di credito saranno tenuti a prendere in anticipo le misure necessarie nel caso in cui essi non rispettino o possano non rispettare i requisiti previsti dalla futura direttiva.

Spetterà alle autorità competenti imporre requisiti specifici in materia di capitale per i rischi diversi dai rischi operativi, di mercato e di credito, quanto meno agli istituti che non rispettano i requisiti in materia di riduzione dei fondi propri e di capacità di individuare e gestire grandi esposizioni, o i cui fondi propri non siano in grado di assicurare una gestione ed una copertura adeguate dei rischi. Qualora un istituto notifichi alle autorità competenti che i risultati degli stress test superano significativamente i propri requisiti di capitale per il portafoglio di negoziazione, le autorità potranno decidere di imporre un requisito specifico di capitale per tale portafoglio al fine di coprire il valore superiore.

Inoltre:

·      gli istituti che non siano una filiazione nello Stato membro in cui essi sono autorizzati e soggetti a vigilanza, o un’impresa madre, dovranno conformarsi agli obblighi in materia di capitale interno su base individuale. Potranno essere esentati dal rispetto di tale obbligo gli istituti affiliati permanentemente ad un organismo centrale;

·      le imprese madri nonché gli istituti controllati da una società di partecipazione finanziaria madre e da una società di partecipazione finanziaria mista madre dovranno conformarsi ai suddetti requisiti su base consolidata. In tal caso la vigilanza dovrà essere effettuata dalle autorità competenti che hanno rilasciato l’autorizzazione;

·      le filiazioni dovranno conformarsi ai requisiti in materia di capitale su base subconsolidata qualora le stesse filiazioni o l’impresa madre abbiano come filiazione in un paese terzo un istituto, un istituto finanziario o una società di gestione patrimoniale, o vi detengano una partecipazione.

Vigilanza su base consolidata delle società di partecipazione finanziaria

Sono previste disposizioni specifiche per la vigilanza su base consolidata in caso di società di partecipazione finanziaria madre o società di partecipazione finanziaria mista madre, e specifici poteri in capo all’autorità di vigilanza su base consolidatache tra l’altro dovrà:

·      in collaborazione con le autorità competenti preposte alla vigilanza delle filiazioni di un’impresa madre dell’UE: 1) valutare l’adeguatezzadel livello consolidato di fondi propri detenuti dal gruppo di istituti con riferimento alla situazione finanziaria e al profilo di rischio, nonché il livello necessario di fondi propri richiesti a ciascuna entità del gruppo e su base consolidata; 2) definire le misure per fronteggiare questioni importanti in materia di controllo sulla liquidità, compresa l’adeguatezza dell’organizzazione e del trattamento dei rischi;

·      avvertire l’ABE, il CERS, le banche centrali, gli istituti di credito, le imprese di investimento e di assicurazione, qualora si verifichi una situazione di emergenza o sviluppi negativi sui mercati suscettibili di compromettere la liquidità del mercato e la stabilità del sistema finanziario in uno degli Stati membri nel quale le entità del gruppo sono state autorizzate o nel quale sono stabilite sue succursali significative;

·      concludere con le altre autorità competenti accordi di cooperazione che eventualmente le conferiscano ulteriori compiti. E’ prevista la possibilità per le autorità competenti che hanno rilasciato l’autorizzazione alla filiazione di un istituto madre di delegare la propria responsabilità in materia di vigilanza alle autorità competenti che hanno autorizzato o vigilano sull’impresa madre;

·      istituire collegi delle autorità di vigilanza, che saranno presieduti dalla stessa autorità di vigilanza su base consolidata, per favorire lo svolgimento delle funzioni precedentemente descritte, favorendo se necessario un’adeguata cooperazione con le autorità competenti dei paesi terzi interessati.

Potranno fare parte dei collegi le autorità competenti preposte alla vigilanza sulle filiazioni di un’impresa madre dell’UE nonché le autorità competenti di uno Stato membro ospitante nel quale siano stabilite succursali significative e, se necessario, le banche centrali e le autorità competenti dei paesi terzi. L’ABE sarà tenuta a promuovere e controllare il funzionamento effettivo, efficace e coerente dei collegi ai quali potrà partecipare in veste di autorità competente. I collegi, dal canto loro, dovranno favorire lo svolgimento delle seguenti funzioni da parte dell’ABE, dell’autorità di vigilanza su base consolidata e delle altre autorità competenti interessate:

-         lo scambio di informazioni tra di loro e con l’ABE;

-         la ripartizione dei compiti e la delega volontaria di responsabilità;

-         la definizione dei programmi di revisione prudenziale sulla base di una valutazione del rischio di gruppo;

-         il rafforzamento dell’efficacia della vigilanza evitando inutili duplicazioni degli obblighi prudenziali;

-         l’applicazione dei nuovi requisiti prudenziali in maniera uniforme all’insieme delle entità di un gruppo di istituti.

 

Le autorità competenti dovranno cooperare strettamente, procedendo allo scambio delle informazioni essenziali o rilevanti per l’esercizio delle funzioni di vigilanza e fornendo all’ABE tutte le informazioni necessarie per l’espletamento dei suoi compiti.

Sono considerate essenziali le informazioni suscettibili di avere un impatto significativo sulla valutazione della solidità finanziaria di un istituto di credito in un altro Stato membro, e in particolare quelle riguardanti:

·      la descrizione della struttura giuridica, organizzativa e di governance del gruppo, compresa l’indicazione di tutte le entità che ne fanno parte e delle imprese madri, nonché dell’autorità competente dalla quale dipendono le entità regolamentate del gruppo;

·      le procedure in materia di raccolta di informazioni presso gli istituti del gruppo e la loro verifica;

·      gli sviluppi negativi che interessano gli istituti o altre entità appartenenti ad un gruppo suscettibili di avere serie ripercussioni sugli istituti di credito;

·      le sanzioni e le misure eccezionali adottate dalle autorità competenti, compresa l’imposizione di requisiti specifici in materia di capitale.

Le autorità competenti saranno tenute a consultare le proprie omologhe prima di adottare una delle seguenti decisioni qualora esse siano importanti ai fini della loro missione di vigilanza:

·      modifiche nella struttura azionaria, organizzativa o gestionale di un istituto di credito facente parte di un gruppo, che necessitino dell’approvazione o dell’autorizzazione delle autorità competenti;

·      sanzioni importanti e misure eccezionali, compresa l’imposizione di requisiti supplementari in materia di fondi propri.

Si potrà tuttavia derogare all’obbligo di consultare le altre autorità competenti in caso di emergenza o nel caso in cui tale consultazione possa compromettere l’efficacia delle decisioni. In tal caso le autorità competenti dovranno esserne tempestivamente informate.

 

Qualora un istituto la cui impresa madre sia un istituto, una società di partecipazione finanziaria o una società di partecipazione finanziaria mista avente la propria amministrazione centrale in un paese terzo, non sia sottoposto a vigilanza su base consolidata, tale istituto dovrà essere soggetto ad una vigilanza su base consolidata da parte di un’autorità competente del paese terzo equivalente a quella prevista dalla futura direttiva.

La Commissione potrà invitare il Comitato bancario europeo (vedi sopra) a formulare, eventualmente con l’assistenza dell’ABE, orientamenti generali per determinare se il regime di vigilanza su base consolidata delle autorità competenti dei paesi terzi sia in grado di conseguire gli obiettivi della vigilanza su base consolidata precedentemente richiamati con riferimento agli istituti la cui impresa madre abbia l’amministrazione centrale in un paese terzo. In assenza di una vigilanza equivalente, gli Stati membri applicheranno mutatis mutandis le disposizioni della futura direttiva e del regolamento, o autorizzeranno le proprie autorità competenti ad applicare altre tecniche di vigilanza idonee al fine di conseguire gli obiettivi della vigilanza degli istituti su base consolidata.

Articoli 122-132: riserve di capitale (Capital Buffers)

Come già ricordato nella sintesi iniziale, gli istituti di credito saranno tenuti a detenere, oltre al capitale di base della classe I necessario per soddisfare i requisiti in materia di fondi propri, anche una riserva di conservazione del capitalepari al 2,5% e una “riserva di capitale anticiclica” specifica dell’istituto.

 

Riserva di capitale anticiclica

Al fine di garantire che le decisioni degli Stati membri in materia diriserva di capitale anticiclica siano quanto più possibile coordinate, si propone che il CERS formuli raccomandazioni su:

·      i princìpi volti ad aiutare le autorità designate a giudicare il tasso più adeguato della riserva di capitale anticiclica, a garantire che tali autorità adottino un approccio sano ai cicli macroeconomici pertinenti e a promuovere un processo decisionale efficace e coerente;

·      gli orientamenti in particolare per quanto riguarda:

-         la misura e il calcolo della deviazione rispetto alle tendenze a lungo termine del rapporto credito/PIL;

-         il calcolo dei riferimenti per la riserva di capitale anticiclica;

-         le variabili che indicano un’accumulo di rischi sistemici in seno al sistema finanziario;

-         altri fattori importanti per determinare la decisione sul tasso adeguato della riserva di capitale anticiclica;

-         le variabili che indicano la necessità di ridurre o sopprimere completamente la riserva di capitale.

 

Ogni Stato membro dovrà designare un’apposita autorità incaricata di fissare, su base trimestrale, il tasso della riserva di capitale anticiclica dello Stato in questione, tenendo conto degli orientamenti del CERS, dell’esposizione del settore bancario a particolari fattori di rischio e ad ogni altro fattore relativo a rischi per la stabilità finanziaria, di variabili strutturali e di qualsiasi altra variabile che le autorità designate considerano pertinente.

Il tasso della riserva di capitale anticiclica - espresso come percentuale dell’importo complessivo dell’esposizione al rischio degli istituti che hanno esposizioni creditizie nello Stato membro in questione - dovrà essere compreso tra lo 0 e il 2,5% calibrato in scaglioni di 0,25 punti percentuali o suoi multipli. In caso di necessità potrà essere fissato un tasso superiore. Le autorità designate dovranno pubblicare sul proprio sito web il suddetto tasso, indicando in particolare:

·      una giustificazione del tasso fissato;

·      il rapporto crediti/PIL e gli scostamenti rispetto alla tendenza a lungo termine;

·       la data a partire dalla quale eventuali aumenti del tasso dovranno essere applicati dagli istituti ai fini del calcolo della propria riserva;

·      qualora il tasso venga ridotto, il periodo indicativo durante il quale non saranno previsti aumenti del tasso.

Nel caso in cui venga fissato un tasso superiore al 2,5%, le altre autorità designate potranno riconoscere tale tasso ai fini del calcolo da parte degli istituti autorizzati a livello nazionale della loro specifica riserva di capitale anticiclica.

Affinché possa riflettere correttamente il rischio di crescita eccessiva del credito che pesa sul settore bancario, la riserva di capitale anticiclica dovrebbe corrispondere alla media ponderata dei tassi di tale riserva che si applicano nei paesi in cui gli istituti in questione sono esposti ad un rischio di credito.

Il CERS potrà formulare raccomandazioni alle autorità designate sul tasso adeguato della riserva per le esposizioni nei confronti di paesi terzi.

 

Periodo transitorio per le riserve di capitale

Viene proposto un periodo transitorio durante il quale saranno applicate modifiche ai suddetti requisiti in materia di riserve di capitale.

Per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016:

·      la riserva di conservazione del capitale dovrà essere composta da capitale di base di classe I equivalente allo 0,625% del totale degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio dell’istituto;

·      la riserva di capitale anticiclica non potrà superare lo 0,625% del predetto importo complessivo; di conseguenza il requisito combinato di riserva di capitale sarà compreso tra lo 0,625% e l’1,25% del totale degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio dell’istituto.

Per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2017:

·      la riserva di conservazione del capitale dovrà essere composta da capitale di base di classe I equivalente all’1,25% del totale degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio dell’istituto;

·      la riserva di capitale anticiclica non potrà superare l’1,25% del suddetto totale; di conseguenza il requisito combinato di riserva di capitale sarà compreso tra l’1,25% e il 2,50% del totale degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio dell’istituto.

Per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2018:

·      la riserva di conservazione del capitale dovrà essere composta da capitale di base di classe I equivalente all’1,875% del totale degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio dell’istituto;

·      la riserva di capitale anticiclica non potrà superare l’1,875% del suddetto totale; di conseguenza il requisito combinato di riserva di capitale sarà compreso tra l’1,875% e il 3,750% del totale degli importi delle esposizioni ponderati per il rischio dell’istituto.

L’obbligo di presentare un piano di conservazione del capitale e le restrizioni sulle distribuzioni (vedi oltre) si applicheranno durante tutto il periodo transitorio, dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2018, qualora un istituto non rispetti i requisiti relativi alle riserve di capitale come risultano dalle modifiche precedentemente richiamate. Il periodo transitorio potrà essere ridotto dagli Stati membri in qualsiasi momento qualora ciò sia giustificato da una crescita eccessiva del credito; in tal caso il periodo ridotto si applicherà esclusivamente al calcolodella riserva di capitale anticiclica da parte di istituti autorizzati nello Stato membro per il quale è responsabile l’autorità designata.

Conservazione del capitale

Si prospetta il divieto per gli istituti di credito che soddisfano il requisito combinato di riserva di capitale,di procedere ad una distribuzione del capitale di base della categoria I suscettibile di ridurlo ad un livello che non consenta più il rispetto del suddetto requisito. 

Le restrizioni alle distribuzioni si applicheranno esclusivamente ai pagamenti che generano una riduzione del capitale di base di classe I o una riduzione degli utili nella misura in cui la sospensione o il mancato pagamento non configurino un inadempimento o una condizione per avviare una procedura di insolvenza.

Gli istituti dovranno calcolare l’importo massimo distribuibile (Maximum Distributable Amount - MDA) secondo parametri ben precisi; fino a quel momento non potranno:

·      effettuare una distribuzione in relazione al capitale di base di classe 1;

·      creare un'obbligazione di pagare una remunerazione variabile o benefici pensionistici discrezionali;

·      effettuare pagamenti su strumenti di capitale aggiuntivo di classe 1.

 

Gli istituti che non soddisfano il requisito combinato di riserva di capitale o lo superano non potranno distribuire più dell'importo massimo distribuibile.

Qualora, malgrado ciò, l’istituto preveda di effettuare una delle suddette operazioni o di distribuire tutti o parte degli utili,dovrà informarne l’autorità competente fornendo altresì informazioni riguardanti:

·      l’importo del capitale che esso detieneripartito tra capitale di base di classe I, capitale aggiuntivo di classe 1 e capitale di classe 2;

·      l’importo degli utili provvisori e di fine esercizio;

·      l’importo massimo distribuibile;

·      l’importo degli utili distribuibili che intende assegnare sotto forma di pagamenti di dividendi, riacquisti di azioni, pagamenti su strumenti di capitale aggiuntivo di classe I, pagamento della remunerazione variabile o di benefici pensionistici discrezionali sia mediante la creazione di una nuova obbligazione di pagamento. 

Inoltre, tali istituti saranno tenuti a predisporre un piano di conservazione del capitale chedovrà comprendere:

·         una stima delle entrate e delle uscite nonché uno stato patrimoniale previsionale;

·         misure volte ad aumentare i coefficienti patrimoniali dell’istituto;

·         un piano ed un calendario per aumentare i fondi propri al fine di rispettare pienamente il requisito combinato di riserva di capitale.

Il piano dovrà essere valutato dall’autorità competente che lo approverà soltanto qualora ritenga che esso sia in grado di conservare o aumentare il capitale in misura sufficiente per consentire all’istituto di rispettare il requisito combinato di riserva di capitale entro un adeguato periodo di tempo. In caso di mancata approvazione del piano, l’istituto in questione dovrà procedere ad un aumento del proprio capitale entro una scadenza ben precisa nonché a restrizioni più rigide alle distribuzioni.

Articoli 133-134: obblighi di informazione

Al fine di consentite un utile raffronto tra gli approcci adottati nei diversi Stati membri, le autorità competenti saranno tenute a pubblicare:

·      il testo delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative nonché gli orientamenti generali adottati dal proprio Stato membro in materia di regolamentazione prudenziale;

·      le modalità di esercizio delle opzioni e delle facoltà previste dalla normativa UE;

·      i criteri generali e i metodi applicati ai fini del processo di revisione e valutazione;

·      dati statistici aggregati sui principali aspetti dell’attuazione del quadro prudenziale in ogni Stato membro, tra cui il numero e la natura delle misure di vigilanza adottate.

Inoltre, in caso di vigilanza su base consolidata, dovranno essere pubblicate anche le informazioni riguardanti:

·      i criteri utilizzati per determinare che non esistono ostacoli rilevanti al rapido trasferimento di fondi propri o al rimborso delle passività;

·      il numero di istituti imprese madri che si avvalgono della suddetta facoltà, e il numero di tali istituti che hanno filiazioni in un paese terzo;

·      su base aggregata per Stato membro, l’importo totale dei fondi propri e la percentuale del totale dei fondi propri su base consolidata dell’istituto impresa madre di uno Stato membro che si avvale della suddetta facoltà detenuti da filiazioni in paesi terzi.

Articolo 140: disposizioni transitorie

Sono previste una serie di misure transitorie valide fino al 1° gennaio 2015, e, nel caso in cui la Commissione abbia adottato uno specifico atto delegato, per un ulteriore periodo di massimo due anni, in base alle quali:

·      lo Stato membro ospitante potrà obbligare gli istituti con succursali nel proprio territorio a trasmettere, in aggiunta alle stesse informazioni richieste agli istituti di credito nazionali, anche un relazione periodica sulle attività che vi esercitano;

·      lo Stato membro ospitante dovrà porre fine ad eventuali violazioni delle disposizioni di recepimento della futura direttivada parte dei suddetti istituti; in caso contrario dovranno essere informate le autorità dello Stato membro di origine affinché adottino le misure necessarie; nel caso in cui l’irregolarità persista, lo Stato membro ospitante potrà anche impedire all’istituto in questione di avviare nuove attività nel suo territorio e, in caso di urgenza, prendere tutte le misure necessarie per tutelare gli interessi dei depositanti, degli investitori o di altri destinatari dei servizi dell’istituto in questione;

·      le autorità competenti dello Stato membro di origine potranno effettuare la vigilanza prudenziale su un istituto, ferme restando le responsabilità espressamente previste in capo alle autorità dello Stato membro ospitante;;

·      in attesa di un ulteriore coordinamento, lo Stato membro ospitante, in collaborazione con le autorità competenti dello Stato membro di origine, dovrà vigilare sulla liquidità delle succursali degli istituti di credito. Nel pieno rispetto delle misure necessarie al rafforzamento del sistema monetario europeo, lo Stato membro ospitante rimarrà interamente responsabile delle misure di attuazione della sua politica monetaria che non potranno prevedere trattamenti discriminatori o restrittivi derivanti dal fatto che l’istituto sia autorizzato in un altro Stato membro;

·      le autorità competenti degli Stati membri interessati saranno tenute a collaborare strettamente per favorire la vigilanza sull’attività degli istituti di credito che operano in Stati membri diversi da quelli in cui si trova l’amministrazione centrale;

·      le autorità competenti dello Stato membro ospitante potranno chiedere all’autorità di vigilanza su base consolidata o alle autorità competenti dello Stato membro di origine che una succursale sia considerata significativa, in particolare tenendo conto dei seguenti criteri:

-         il fatto che essa detenga nello Stato membro ospitante una quota di mercato in termini di depositi superiore al 2%;

-         il possibile impatto di una sospensione o della cessazione delle attività dell’istituto di credito sulla liquidità del mercato e i sistemi di pagamento, compensazione e regolamento nello Stato membro ospitante;

-         le dimensioni e l’importanza della succursale dal punto di vista del numero dei clienti nel sistema bancario o finanziario dello Stato membro ospitate.

 

 


Documenti



[1]   Le disposizioni di Basilea 2,5, concordate nel luglio 2009, sono intese a migliorare la misurazione dei rischi relativi alle operazioni di cartolarizzazione e alle esposizioni collegate al portafoglio di negoziazione. La loro attuazione era prevista entro il 31 dicembre 2011. L’Unione europea ha provveduto a recepire l’accordo con apposite modifiche alle direttive 2006/48/CE e 2006/49/CE.

[2]   Per “leva finanziaria” si intendono le dimensioni relative, da un lato, degli attivi di un istituto, delle sue obbligazioni fuori bilancio e delle sue obbligazioni potenziali a pagare, a consegnare o a fornire garanzie reali, comprese le obbligazioni derivanti da finanziamenti ricevuti, impegni assunti, derivati o contratti di vendita con patto di riacquisto, ma escluse le obbligazioni che possono essere fatte valere solo durante la liquidazione dell'istituto, e, dall'altro, dei suoi fondi propri.

[3]  Le tre ESA concorrono alla formazione del Sistema europeo di vigilanza finanziaria (ESFS), preposto alla vigilanza microprudenziale sui singoli istituti finanziari. La vigilanza macroprudenziale è invece affidata ad un Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) inteso a controllare e valutare i potenziali rischi per la stabilità finanziaria derivanti da sviluppi macroeconomici e dal sistema finanziario nel suo insieme.

[4]   Cfr. dossier Attività dell’Unione europea n. 200 “Raccomandazione dell’EBA sulla ricapitalizzazione delle banche” del 9 dicembre 2011 a cura dell’Uffiico Rapporti con l’Unione europea.

[5]   Per “cartolarizzazione sintetica” si intende la cartolarizzazione nella quale il trasferimento del rischio avviene mediante il ricorso a derivati su crediti o garanzie personali e le esposizioni oggetto della cartolarizzazione restano esposizioni dell'istituto cedente.

[6]   Si ha un “rischio generale di correlazione sfavorevole" (general wrong-way risk) quando tra la probabilità di inadempimento di una controparte ed i fattori di rischio generale di mercato vi è una correlazione positiva, mentre si registra un "rischio specifico di correlazione sfavorevole" (specific wrong-way risk) in presenza di un legame giuridico tra la controparte e l'emittente del sottostante del derivato OTC o dell'operazione di finanziamento tramite titoli.

[7]   Per “leva finanziaria” si intendono le dimensioni relative, da un lato, degli attivi di un istituto, delle sue obbligazioni fuori bilancio e delle sue obbligazioni potenziali a pagare, a consegnare o a fornire garanzie reali, comprese le obbligazioni derivanti da finanziamenti ricevuti, impegni assunti, derivati o contratti di vendita con patto di riacquisto, ma escluse le obbligazioni che possono essere fatte valere solo durante la liquidazione dell'istituto, e, dall'altro, dei suoi fondi propri.