Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno - A.C. 1917 e A.C. 3402
Riferimenti:
AC N. 3402/XVI   AC N. 1917/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 328
Data: 28/04/2010
Descrittori:
RATIFICA DEI TRATTATI   REATI CONTRO IL CORPO E L' ONORE
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno

A.C. 1917 e A.C. 3402

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 328

 

 

28 aprile 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Dipartimento:

Dipartimento Giustizia

( 066760-4172 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: ES0444.doc

 


INDICE

 

Scheda di sintesi

Dati identificativi dei progetti di legge di ratifica  3

Contenuto dell’accordo  4

Contenuto dei progetti di legge di ratifica  15

Documentazione

§      Camera dei deputati, Senato della Repubblica - XVI legislatura - Doc. XXXIV n. 2 - Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica – Relazione ‘La tratta di esseri umani e le sue implicazioni per la sicurezza della Repubblica’, approvata il 29 aprile 2009  21

 

 


Scheda di sintesi


Dati identificativi dei progetti
di
legge di ratifica

 

 

Numero del progetto di legge

A.C. 1917

A.C. 3402

Titolo del progetto di legge

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005

Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani, fatta a Varsavia il 16 maggio 2005

Iniziativa

Parlamentare

Governativa

Settore d’intervento

Trattati ed accordi internazionali; organizzazioni interrnazionali

Trattati ed accordi internazionali; organizzazioni internazionali

Iter al Senato

No

Numero di articoli del ddl di ratifica

4

4

Date dei progetti di legge di ratifica

 

 

§    Presentazione o Trasmissione alla Camera

18 novembre 2008

15 aprile 2010

§    Assegnazione

2 febbraio 2009

19 aprile 2010

Commissione competente

Commissioni riunite II Giustizia e III Affari esteri

Commissioni riunite II Giustizia e III Affari esteri

Sede

Referente

Referente

Pareri previsti

CommissioniI, V, VII, IX, XI, XII e XIV

CommissioniI, V, VII, IX, XI, XII e XIV

Oneri finanziari

No

No

 


Contenuto dell’accordo

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla lotta contro la tratta di esseri umani fatta a Varsavia il 16 maggio 2005, in occasione del vertice dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa, si pone come obiettivo la prevenzione e la lotta, in ambito sia nazionale sia internazionale, contro la tratta degli esseri umani in tutte le sue forme, collegate o meno alla criminalità organizzata, ed in relazione a tutte le vittime, siano esse donne, bambini o uomini.

La Convenzione non riguarda unicamente la tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma anche il lavoro forzato e altre pratiche di traffico illecito delle persone e si ispira al principio della protezione e della promozione dei diritti delle vittime che devono essere tutelati senza alcuna discriminazione.

La Convenzione, che l’Italia ha firmato l’8 giugno 2005, è entrata in vigore il 1° febbraio 2008, con la ratifica da parte della Repubblica di Cipro: sono state infatti soddisfatte le condizioni (recate dall’articolo 42, paragrafo 3 della Convenzione medesima) del deposito di 10 strumenti di ratifica, tra i quali almeno otto di Stati membri del Consiglio d’Europa.

Attualmente la Convenzione è stata ratificata da 27 Stati membri del Consiglio d’Europa: Albania, Armenia, Austria, Belgio, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Cipro, Danimarca, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Francia, Georgia, Lettonia, Lussemburgo, Malta, Moldova, Montenegro, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Romania, Serbia, Slovacchia, Slovenia e Spagna.

La Convenzione si caratterizza per l’ampia portata degli obiettivi cui si ispira; essa, infatti, da un lato disciplina il fenomeno della tratta nel suo complesso - considerata una violazione dei diritti umani e un affronto alla dignità e all’integrità delle persone - individuando misure finalizzate a prevenire e contrastare il fenomeno e, dall’altro, garantisce alle vittime standards di tutela ispirati al principio del riconoscimento dei diritti fondamentali dell’individuo.

La Convenzione costituisce oggi uno degli strumenti internazionali più completi ed aderenti alla complessità del fenomeno, affiancandosi al Protocollo aggiuntivo alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalità transnazionale, firmato a Palermo nel 2000, e alla Decisione Quadro 2002/629 dell’Unione europea.

 

La Convenzione ha l’obiettivo di:

a) prevenire e combattere la tratta di esseri umani, garantendo la parità tra le donne e gli uomini;

b) proteggere i diritti umani delle vittime della tratta, delineare un quadro completo per la protezione e l’assistenza alle vittime e ai testimoni, garantendo la parità tra le donne e gli uomini, in modo da assicurare indagini e procedimenti giudiziari efficaci;

c) promuovere la cooperazione internazionale nel campo della lotta alla tratta di esseri umani.

Per assicurare una messa in opera efficace da parte delle Parti delle sue disposizioni, la Convenzione stabilisce uno specifico meccanismo di monitoraggio.

La Convenzione non si riferisce unicamente alla tratta a fini di sfruttamento sessuale, ma anche al lavoro forzato e ad altre pratiche di traffico illecito delle persone. Il principio fondamentale riguarda quindi la protezione e la promozione dei diritti delle vittime, che devono essere assicurate senza alcuna discriminazione di sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche, difendendo la propria origine nazionale o sociale, l'appartenenza a una minoranza nazionale, la proprietà, la nascita o altra situazione.

La Convenzione adotta una prospettiva fondata sui diritti degli esseri umani, con particolare attenzione alla protezione delle vittime, e prevede un meccanismo di controllo indipendente, al fine di garantire il rispetto della Convenzione. La Convenzione di Varsavia pone in risalto il fatto che la tratta costituisce una violazione dei diritti umani e un affronto alla dignità e all’integrità delle persone, e che, in tal senso, occorre intensificare la protezione di tutte le sue vittime.

Nessun altro testo internazionale prima di questo documento, ha fissato una definizione di vittima, in quanto veniva lasciato a ciascun Stato il compito di definire chi doveva essere considerato una vittima, potendo quindi usufruire delle misure di tutela e di assistenza.

Nella Convenzione del Consiglio d’Europa si definisce vittima ogni persona oggetto di tratta e viene stabilito, inoltre, un elenco di disposizioni obbligatorie di assistenza a favore delle vittime della tratta. In particolare, le vittime della tratta devono ottenere un’assistenza materiale e psicologica, e un supporto per il loro reinserimento nella società. Tra le misure previste, sono indicate le cure mediche, le consulenze legali, le informazioni e la sistemazione in un alloggio adeguato.

Si prevede, inoltre, un risarcimento per un periodo di ristabilimento e di riflessione di almeno 30 giorni. Vi è anche la possibilità di rilasciare dei permessi di soggiorno alle vittime della tratta, o per ragioni umanitarie, oppure nel quadro della loro cooperazione con le autorità giudiziarie. La Convenzione prevede anche una possibile scriminante per loro coinvolgimento delle vittime della tratta in attività illegali, nella misura in cui vi siano state costrette.

Quanto al contenuto, la Convenzione si compone di 47 articoli riuniti in dieci capitoli preceduti da un Preambolo in cui sono richiamati i principali strumenti internazionali pertinenti la lotta alla tratta di esseri umani[1].

Gli articoli da 1 a 4 (capitolo I) delineano gli obiettivi, il campo di applicazione, il principio di non discriminazione e recano definizioni.

In particolare l’articolo 1 indica gli obiettivi della Convenzione che consistono nella prevenzione e lotta alla tratta di esseri umani, nell’elaborazione di un quadro completo di protezione dei diritti umani delle vittime di tratta, nella conduzione di indagini e procedimenti giudiziari efficaci e nella promozione della cooperazione internazionale nella lotta alla tratta di esseri umani. La norma prevede altresì un meccanismo di monitoraggio specifico, finalizzato a garantire l’efficace attuazione delle disposizioni della Convezione da parte dei contraenti.

L’articolo 2 definisce il campo di applicazione della Convenzione, individuato in tutte le forme di tratta degli esseri umani, sia nazionali sia transnazionali, collegate o meno alla criminalità organizzata.

Il principio di non discriminazione è introdotto dall’articolo 3 che, nel proibire qualunque discriminazione, introduce un elenco indicativo di potenziali discriminanti quali sesso, razza, colore, lingua, religione, opinioni politiche e qualsiasi altra opinione, origine nazionale o sociale, appartenenza ad una minoranza nazionale, patrimonio e nascita.

L’articolo 4 reca definizioni di termini ricorrenti nella Convenzione. In particolare, viene precisato che l’espressione “tratta di esseri umani” indica il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, l’alloggio o l’accoglienza di persone, con la minaccia dell’uso o con l’uso stesso della forza o di altre forme di coercizione, con il rapimento, con la frode, con l’inganno, con l’abuso di autorità o della condizione di vulnerabilità o con l’offerta o l’accettazione di pagamenti o vantaggi per ottenere il consenso di una persona che ha autorità su un’altra, a fini di sfruttamento.

Lo sfruttamento comprende, come minimo, lo sfruttamento della prostituzione altrui o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro o i servizi forzati, la schiavitù o pratiche ad essa assimilabili, la servitù o il prelevamento di organi (paragrafo a).

 

Gli articoli da 5 a 9 (capitolo II) riguardano misure di cooperazione e prevenzione.

L’articolo 5nel disporrein tema di prevenzione della tratta degli esseri umani, stabilisce che ciascuna Parte adotti misure di coordinamento a livello nazionale tra i vari organismi responsabili della prevenzione e della lotta alla tratta di esseri umani (paragrafo 1) e stabilisca o rafforzi politiche e programmi di prevenzione del fenomeno (paragrafo 2); ciascuna Parte deve inoltre promuovere un approccio basato sui diritti umani e utilizzare l’approccio integrato della parità tra uomini e donne, nonché rispettoso dei bambini, in sede di sviluppo, attuazione e valutazione di tali politiche e programmi (paragrafo 3); devono essere adottate misure adeguate a far sì che le immigrazioni avvengano in maniera legale, in particolare attraverso la divulgazione di informazioni esatte sulle condizioni di ingresso e soggiorno nel territorio di ciascuna Parte (paragrafo 4) che deve altresì operare per ridurre la vulnerabilità dei bambini alla tratta (paragrafo 5). Tutto ciò anche attraverso il coinvolgimento delle organizzazioni non governative e di altre organizzazioni competenti e di elementi della società civile (paragrafo 6).

L’articolo 6, al fine di scoraggiare la domanda che favorisce qualsiasi forma di sfruttamento delle persone, prevede che ciascuna Parte adotti o rafforzi misure legislative, amministrative, educative, sociali e culturali adeguate a tale scopo. Si tratta, in particolare, di ricerche sulle migliori pratiche e strategie; di campagne di sensibilizzazione sul ruolo dei mass media; di campagne di informazione ad hoc che coinvolgano anche le autorità pubbliche e i responsabili delle politiche; di misure educative destinati ai soggetti in età scolare.

In riferimento all’articolo 6, nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di ratifica, originariamente presentato al Senato (A.S. 2043), viene precisato che la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le pari opportunità, oltre alle campagne informative e di sensibilizzazione sulla tratta di esseri umani, ha attivato il numero verde antitratta nazionale (800 290 290), che fornisce assistenza e informazioni per le vittime di tratta anche a scopo di sfruttamento lavorativo e non solo sessuale. La relazione evidenzia, altresì, che sono già previsti programmi educativi adeguati, tesi a diffondere la cultura dell’intolleranza verso il reato di tratta di esseri umani, a seguito dell’inserimento della nuova disciplina «Cittadinanza e Costituzione» nei programmi delle scuole di ogni ordine e grado[2]. Da tali premesse deriva - si legge sempre nella relazione - che l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 6 non determina nuovi oneri di bilancio “proprio in quanto gli interventi già previsti, aventi carattere esaustivo, sono finanziati dagli ordinari stanziamenti di bilancio delle suddette Amministrazioni”.

 

L’articolo 7, che detta disposizioni in tema di misure alle frontiere, stabilisce che le Parti, fatti salvi gli impegni internazionali sulla libera circolazione delle persone, rafforzino i controlli alle frontiere necessari per prevenire e scoprire la tratta di esseri umani (paragrafo1);adottino appropriate misure legislative o di altra natura per prevenire l’utilizzo dei mezzi di trasporto commerciali a fini di tratta (paragrafo 2), consistenti nella previsione dell’obbligo per i trasportatori commerciali di accertarsi che tutti i passeggeri siano in possesso dei documenti di viaggio richiesti per l’ingresso nello Stato di accoglienza (paragrafo 3); ciascuna Parte dovrà prevedere sanzioni in caso di violazione dell’obbligo di cui al paragrafo 3 (paragrafo 4); ciascuna Parte è tenuta ad adottare le misure legislative o di altra natura necessarie a permettere, in conformità alla propria legislazione, di rifiutare l’ingresso o la revoca del visto alle persone implicate nei reati previsti sulla base della Convenzione (paragrafo 5); le Parti, infine, sono tenute a rafforzare la cooperazione tra i servizi di controllo alle frontiere, in particolare stabilendo e mantenendo canali diretti di comunicazione (paragrafo 6).

In ordine alle disposizioni dell’articolo 7 nella richiamata relazione illustrativa viene evidenziato che le attività di controllo e di repressione ivi previste rientrano tra i compiti istituzionali del Ministero dell’interno, presso il quale è stata istituita la Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere[3], avente funzioni di impulso e di coordinamento delle attività della polizia di frontiera. Pertanto, di legge nella relazione, “non necessitano nuove misure e correlativamente ulteriori stanziamenti in bilancio”.

 

Gli articoli 8 e 9  disciplinano la sicurezza, il controllo, la legittimità e la validità dei documenti di identità e di viaggio, allo scopo di evitarne la falsificazione, la modifica nonché la riproduzione illegittima.

In proposito la relazione illustrativa sottolinea la conformità agli standard europei dei documenti rilasciati dallo Stato italiano, che pertanto non necessitano di modifica.  

 

Gli articoli da 10 a 17 (capitolo III) recano misure volte a proteggere e promuovere i diritti delle vittime, garantendo la parità tra uomini e donne.

In particolare l’articolo 10, che detta norme in tema di identificazione delle vittime, stabilisce quanto segue:

§         ciascuna Parte si assicura che le proprie autorità competenti dispongano di personale formato e qualificato per la prevenzione e la lotta alla tratta di esseri umani, per l’identificazione delle vittime, in particolare dei minori, e per il sostegno a questi ultimi, assicurandosi altresì che le competenti autorità collaborino tra loro e con le organizzazioni che svolgono un ruolo di sostegno, al fine di permettere di identificare le vittime con una procedura che tenga conto della specifica situazione delle donne e dei minori vittime e, nei casi appropriati, che vengano rilasciati permessi di soggiorno nel rispetto delle condizioni di cui all’art. 14 della Convenzione (paragrafo 1);

§         ciascuna Parte adotta le misure legislative o di altra natura necessarie ad identificare le vittime in collaborazione, se del caso, con altre Parti e con organizzazioni che svolgono un ruolo di sostegno. Ciascuna Parte si assicura che qualora le autorità competenti abbiano ragionevoli motivi per credere che una persona sia stata vittima della tratta di esseri umani, essa non venga allontanata dal proprio territorio fino a che non sia conclusa la procedura d’identificazione come vittima del reato previsto dall’articolo 18 della Convenzione in esame, assicurandosi altresì che la persona in questione riceva l’assistenza di cui all’articolo 12, paragrafi 1 e 2 della Convenzione (paragrafo 2);

§         in caso di incertezza sull’età della vittima e sussistendo motivi per ritenere che sia un minore, si presume che il soggetto in questione sia un minore e si adottano speciali misure di protezione nell’attesa della verifica dell’età (paragrafo 3);

§         non appena un bambino non accompagnato viene identificato come vittima ciascuna parti deve:

a)      designare in sua rappresentanza un tutore legale, un’organizzazione o un’altra autorità incaricata di agire nel miglior interesse del bambino;

b)      attuare le necessarie misure per stabilire identità e nazionalità del minore;

c)      compiere ogni sforzo per reperirne la famiglia, se questo è nel miglior interesse del bambino (paragrafo 4).

Con riferimento all’articolo 10, la relazione illustrativa precisa che nel territorio italiano l’attività di identificazione delle vittime e di contrasto alla tratta degli esseri umani è svolta, a livello centrale, dalla Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, dal Raggruppamento operativo speciale (ROS) dell’Arma dei Carabinieri, nonché dal Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza; a livello periferico, invece, operano le Sezioni criminalità straniera, istituite presso le squadre mobili delle questure, per la Polizia di Stato, le sezioni anticrimine del ROS ed i Nuclei investigativi di Comando provinciale o Gruppo, per l’Arma dei Carabinieri, ed i gruppi di investigazione sulla criminalità organizzata presso alcuni Nuclei di Polizia tributaria, per la Guardia di finanza. La relazione, inoltre, dopo aver sottolineato che già si interviene anche con i servizi sociali, che operano nell’ambito dei loro compiti ordinari, nonché con la partecipazione delle ONG, conclude affermando che “non sono necessarie ulteriori risorse al riguardo”.

 

L’articolo 11 della Convenzione prevede l’adozione di specifiche misure volte alla tutela dell’identità e della privacy delle vittime.

L’articolo 12, che dispone in tema di assistenza alle vittime dellatratta, stabilisce quanto segue:

§         le Parti devono adottare misure legislative o di altra natura necessarie per dare assistenza alle vittime per il loro recupero fisico, psicologico e sociale. Tale assistenza comprende, per lo meno: condizioni di vita che possano garantire la sussistenza delle vittime, quali alloggio e assistenza psicologia e materiale; accesso all’assistenza medica d’urgenza; aiuto in materia di traduzione e interpretazione; consigli e informazioni, concernenti in particolare i diritti che la legge riconosce loro e sui servizi messi a loro disposizione, in una lingua che possono comprendere; un’assistenza finalizzata a consentire che i loro diritti e interessi vengano illustrati e presi in considerazione nel corso dei procedimenti penali contro gli autori dei reati; accesso all’istruzione dei bambini (paragrafo 1);

§         le Parti devono tenere conto delle necessità in materia di sicurezza e protezione delle vittime (paragrafo 2);

§         esse devono fornire assistenza medica o di altro tipo alle vittime che risiedono legalmente sul loro territorio (paragrafo 3);

§         le Parti devono adottare norme che autorizzino le vittime legalmente residenti ad accedere al mercato del lavoro, alla formazione professionale e all’istruzione (paragrafo 4);

§         esse devono eventualmente collaborare – alle condizioni previste dal proprio diritto interno – con le organizzazioni non governative e con altre organizzazioni impegnate nell’assistenza alle vittime (paragrafo 5);

§         ciascuna Parte è tenuta ad adottare le misure legislative o di altra natura necessarie ad assicurarsi che l’assistenza a una vittima non sia subordinata alla sua volontà di testimoniare (paragrafo 6);

§         le Parti, per l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 12 della Convenzione si assicurano che i servizi siano forniti su base consensuale e informata, tenendo in considerazione “le necessità specifiche delle persone in condizioni vulnerabili ed i diritti dei bambini in materia di alloggio, istruzione e cure adeguate” (paragrafo 7). 

Con riferimento alle disposizioni introdotte dall’articolo 12, la relazione illustrativa fornisce le seguenti precisazioni:

-           nell’ordinamento italiano sono già previsti, con gli articoli 12 e 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228 recante misure contro la tratta di persone, strumenti adeguati che possono essere ritenuti sufficienti per recepire le previsioni dettate sul punto dalla Convenzione. In particolare, si legge nella relazione, l’articolo 13 ora rammentato “prevede l’istituzione di un Fondo speciale per la realizzazione di un programma di assistenza, che garantisca, in via transitoria, adeguate condizioni di alloggio, vitto ed assistenza alle vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e di tratta di persone”. Le relative risorse, prosegue la relazione, “gravano sulle somme stanziate sul capitolo 535 della Presidenza del Consiglio dei ministri – Centro di responsabilità 8, relative proprio al programma speciale di assistenza per garantire in via transitoria adeguate condizioni di vitto e di alloggio e di assistenza sanitaria per le vittime dei reati previsti dagli articoli 600, 601 e 602 del codice penale”. In ottemperanza alle disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2005, n. 237, adottato in attuazione del predetto articolo 13 della legge 228/2003 – continua la relazione – “il Dipartimento per le pari opportunità ha emanato tre bandi (2006, 2007 e 2008) per l’attuazione di progetti destinati alle vittime dei reati sopra citati”;

-           la legislazione italiana affianca a tali programmi, destinati a garantire una sorta di “pronto soccorso” alle vittime della tratta, altre tipologie di intervento, finalizzate a garantire loro un’assistenza più stabile e prolungata nel tempo e a favorirne l’integrazione sociale in Italia. Tali interventi consistono nei programmi di assistenza e integrazione sociale già previsti dall’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione, richiamato dall’articolo 12 della legge n. 228/2003 dianzi ricordato;

-           l’articolo 38, comma 1, del testo unico sull’immigrazione[4] prevede che tutti i minori stranieri presenti sul territorio italiano, indipendentemente dalla regolarità della loro posizione rispetto alle norme sul soggiorno, sono soggetti ad obbligo scolastico (ciò anche in ossequio all’articolo 28 della Convenzione sui diritti del fanciullo[5]) ed hanno, quindi, diritto di iscriversi alle scuole elementari e medie, se sono in età scolare.

 

L’articolo 13 (paragrafi 1 e 2) della Convenzione in esame dispone che le Parti prevedano, nel proprio diritto interno, l’istituto del periodo di recupero e di riflessione, che deve avere una durata minima di trenta giorni e comunque una durata sufficiente perché la persona interessata possa ristabilirsi e sfuggire all’influenza dei trafficanti e/o prendere una decisione informata circa la sua collaborazione con le autorità competenti. Durante tale periodo il soggetto non può essere espulso e deve ricevere l’assistenza prevista dall’articolo 12, paragrafi 1 e 2 dianzi commentati. Il rispetto di tale periodo non è dovuto per motivi di ordine pubblico o se emerga che lo status di vittima è stato indebitamente invocato (paragrafo 3)[6]

Al riguardo nella relazione illustrativa si legge che poiché il permesso ex articolo 18 del testo unico sull’immigrazione (Soggiorno per motivi di protezione sociale) qualora “siano accertate situazioni di violenza o di grave sfruttamento nei confronti di uno straniero, ed emergano concreti pericoli per la sua incolumità” viene rilasciato immediatamente, a prescindere dalla cooperazione della vittima, il cosiddetto periodo di riflessione non risulta necessario. Nella relazione viene sottolineato, altresì, che a tale impostazione è improntata anche la circolare del Ministro dell’interno del 28 maggio 2007, che sottolinea come il rilascio del permesso di soggiorno non sia condizionato alla presentazione di denuncia da parte dello straniero che ne beneficia, né alla sua collaborazione con gli organi di polizia o con l’autorità giudiziaria. Tale permesso, pertanto, deve essere rilasciato, prescindendo dalla disponibilità dello straniero a denunciare, nel più breve tempo possibile, alle condizioni descritte dall’articolo 27, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394[7].

 

L’articolo 14 della Convenzione prevede che un permesso di soggiorno rinnovabile possa essere rilasciato alle vittime se ricorra una, o entrambe, delle seguenti condizioni:

a)      che l’autorità competente ritenga che il soggiorno sia necessario a motivo della loro situazione personale;

b)      che l’autorità competente ritenga il soggiorno necessario a motivo della  collaborazione che possono alle investigazioni o ai procedimenti penali (paragrafo 1).

La norma dispone, inoltre, che il permesso di soggiorno dei bambini, se giuridicamente necessario, viene rilasciato conformemente al loro interesse (paragrafo 2); che il mancato rinnovo o il ritiro di un permesso di soggiorno è soggetto alle condizioni previste dal diritto interno del Paese Parte (paragrafo 3); che a fronte di richiesta di soggiorno di altro tipo da parte della vittima, lo Stato Parte tiene conto del fatto che la vittima ha beneficiato o beneficia di un permesso di soggiorno in virtù del paragrafo 1 del presente articolo (paragrafo 4). Infine, con riguardo agli obblighi derivanti alle Parti dalle disposizioni di altri strumenti internazionali di cui all’articolo 40 della presente Convenzione (per il commento al quale si rimanda alle pagine successive del presente dossier), le Parti si assicurano che il rilascio di un permesso ai sensi dell’articolo 14 in commento non pregiudichi il diritto di chiedere ed ottenere asilo (paragrafo 5).

Nella già menzionata relazione illustrativa si sottolinea la particolare rilevanza alla condizione di cui al paragrafo 1 lettera a) che consente il rilascio del permesso di soggiorno anche per ragioni non collegate alla collaborazione con le autorità competenti; la vittima, infatti, “viene, in tale caso, presa in considerazione in quanto persona che ha subito una lesione nei propri diritti fondamentali e non solo in quanto persona che può  fornire informazioni utili per contrastare l’attività dei trafficanti”. In tale prospettiva, si sottolinea nella relazione, il permesso di soggiornoprevisto dall’articolo 14 della Convenzione è assimilabilea quello previsto dall’articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286del 1998.

L’articolo 15 reca disposizioni in tema di indennizzo e ricorso disponendo che le Parti forniscano alle vittime le seguenti garanzie: accesso alle informazioni sulle procedure giudiziarie e amministrative in una lingua che possano comprendere (paragrafo 1); diritto all’assistenza da parte di un difensore e a un’assistenza giuridica gratuita (paragrafo 2); diritto all’indennizzo da parte degli autori dei reati (paragrafo 3). La norma prevede, inoltre, che ciascuna Parte adotti misure legislative o di altro tipo necessarie a fare sì che l’indennizzo alle vittime sia garantito, ad esempio mediante la creazione di un apposito fondo o con altre misure o programmi destinati all’assistenza e all’integrazione sociale delle vittime, che potrebbero essere finanziati con i beni derivanti dall’applicazione delle sanzioni e misure di cui all’articolo 23 della Convenzione (paragrafo 4).

In riferimento alle disposizioni del paragrafo 4, la relazione illustrativa si osserva che “la previsione di un indennizzo non costituisce un’imposizione per gli Stati Parte della Convenzione, essendo detta misura alternativa rispetto alla previsione di programmi destinati all’integrazione sociale delle vittime, attualmente già in essere”[8]. Quanto alle disposizioni del paragrafo 1, nella relazione si afferma che l’accesso, in una lingua comprensibile, alle informazioni sulle procedure giudiziarie e amministrative pertinenti, “è allo stato già garantito alle vittime della tratta”; la disposizione in esame, pertanto, non impone ulteriori adempimenti né, conseguentemente, rende necessario il reperimento di ulteriori risorse a carico del bilancio dello Stato.

Il rimpatrio ed il ritorno delle vittime sono disciplinati dall’articolo 16, che dispone venga facilitato,tenuto conto dei suoi diritti, della sua sicurezza e della sua dignità, il ritorno della vittima alla Parte di cui essa è cittadina o nella quale aveva il diritto di risiedere in modo permanente (paragrafo 1). La norma detta disposizioni sul rinvio di una vittima da uno stato Parte della Convenzione ad altro Stato (paragrafo 2), sulle richieste di verifica di cittadinanza (paragrafo 3), sul rilascio di documenti che facilitino il ritorno di una vittima (paragrafo 4). Le Parti sono tenute ad adottare le misure legislative o di altra natura necessarie per realizzare programmi di rimpatrio miranti ad evitare la rivittimizzazione; ciascuna Parte dovrebbe fare ogni sforzo per favorire la reintegrazione delle vittime nella società dello Stato di rientro, inclusa la reintegrazione nel sistema scolastico e nel mercato del lavoro, in particolare attraverso l’acquisizione e il miglioramento delle competenze professionali; con riferimento ai minori, i programmi dovrebbero includere il godimento del diritto all’istruzione e adeguate misure di accoglienza presso famiglie o presso idonee strutture (paragrafo 5).

Si dispone infine che vengano messe a disposizione delle vittime informazioni sulle strutture che possano assisterle nel Paese dove sono rientrate o rimpatriate (paragrafo 6) e che i minori vittime non vengano rimpatriati quando emerga che ciò non sia nel loro superiore interesse (paragrafo 7).

Riguardo la disposizione del paragrafo 1 dell’articolo 16 in commento la relazione illustrativa sottolinea che nell’ordinamento italiano il rimpatrio assistito viene eseguito con il progetto denominato PARTIR (Programma per l’assistenza al ritorno volontario dall’Italia e reintegrazione nel Paese di origine), gestito dall’OIM (Organizzazione internazionale per le migrazioni): l’attività viene finanziata, per il 75%, dal fondo europeo rimpatri[9], e per il 25 per cento dal fondo di rotazione[10]. Nella relazione si precisa, altresì, che attualmente il Dipartimento delle libertà civili e dell’immigrazione del Ministero dell’interno si occupa del rimpatrio assistito dei maggiorenni. In riferimento alla disposizione del paragrafo 7 dell’articolo 16 in commento che, disponendo in tema di rimpatrio di minori, stabilisce che esso debba avvenire nell’interesse superiore di tali soggetti, nella relazione si legge che ciò è in linea con le disposizioni dell’articolo 33 del testo unico sull’immigrazione, ai sensi del quale il provvedimento di rimpatrio del minore straniero non accompagnato è adottato dal Comitato per i minori stranieri, pure ivi previsto; nel caso risulti instaurato, nei confronti dello stesso minore, un procedimento giurisdizionale, l’autorità giudiziaria rilascia il nulla osta, salvo che sussistano inderogabili esigenze processuali[11].

 

L’articolo 17 stabilisce che, nell’applicazione delle misure recate dagli articoli da 10 a 16 della Convenzione, debba essere promossa la parità fra uomini e donne nonché il ricorso all’approccio integrato di parità nello sviluppo, attuazione e valutazione delle misure stesse.

 

Gli articoli da 18 a 26 (capitolo IV) dispongono in materia di diritto penale sostanziale.

In particolare l’articolo 18 stabilisce che ciascuna delle Parti adotta le misure legislative e le altre misure necessarie a conferire il carattere di reato agli atti enunciati all’articolo 4 della Convenzione in esame (su cui sopra), se commessi intenzionalmente.

Ai sensi dell’articolo 19(Criminalizzazione dell’utilizzo dei servizi di una vittima)ciascuna delle Parti prevede di adottare misure legislative e di altro tipo necessarie per definire reato, in conformità alla propria legge nazionale, l’utilizzo di servizi che sono oggetto dello sfruttamento di cui all’articolo 4 paragrafo a) della Convenzione, sapendo che la persona in questione è vittima della tratta di esseri umani.

In proposito la relazione illustrativa evidenzia che le recenti modifiche della legislazione penale, apportate con le leggi 11 agosto 2003, n. 228, e 16 marzo 2006, n. 146, in occasione dell’attuazione di importanti strumenti internazionali in materia di tratta di esseri umani (decisione quadro 2002/629/GAI del Consiglio, del 19 luglio 2002, e Protocollo per prevenire, reprimere e punire la tratta delle persone, in particolare delle donne e dei fanciulli, allegato alla Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale) assicurano la sostanziale conformità dell’ordinamento interno alla convenzione del Consiglio d’Europa. Attualmente, viene sottolineato nella relazione, condotte illecite, quali la riduzione o il mantenimento in schiavitù o in servitù, la tratta di persone, l’acquisto e l’alienazione di schiavi, l’associazione per delinquere diretta a commettere taluno di tali delitti ed il favoreggiamento dell’immigrazione irregolare – anche senza fine di profitto – sono già sanzionate dagli articoli 600 (riduzione  mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e l’alienazione di schiavi), 416, comma sesto, (l’associazione per delinquere diretta a commettere taluno di tali delitti) del codice penale (i primi tre sostituiti ed il quarto introdotto dalla legge 11 agosto 2003, n. 228) e dall’articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (favoreggiamento dell’immigrazione irregolare). Inoltre, con gli articoli 3 e 4 della legge 16 marzo 2006, n. 146 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall’Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001), sono state introdotte sia la nozione di reato transazionale, sia una circostanza aggravante speciale, in caso di delitti «nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più Stati».

 

L’articolo 20, che dispone in tema di criminalizzazione di atti relativi ai documenti di viaggio o di identità, stabilisce che ciascuna delle Parti adotti le misure legislative e di altro tipo necessarie per conferire il carattere di reato ai seguenti atti, se intenzionalmente commessi allo scopo di rendere possibile la tratta di esseri umani:

a.      realizzare un documento di viaggio o d’identità falso;

b.      procurare o fornire tale documento;

c.      trattenere, sottrarre, alterare, danneggiare o distruggere il documento di viaggio o di identità di un’altra persona.

La relazione illustrativa evidenzia che la rilevanza di tali previsioni risiede nel fatto che l’adozione di misure di siffatta natura potrebbe costituire un efficace deterrente per l’acquisto di servizi o per la fruizione delle prestazioni fornite dalle vittime di tratta, con l’effetto di ridurre la domanda di tali servizi e prestazioni, con conseguente riduzione del fenomeno nel suo complesso. Ciò premesso, la relazione rimarca che il disegno di legge di conversione si propone l’introduzione nel codice penale dell’articolo 602-ter, il quale prevede una nuova circostanza aggravante, per i casi di falsificazione di documenti d’identità finalizzata ai delitti di cui agli articoli 60 (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 (tratta di persone) e 602 (acquisto e alienazione di schiavi). Sull’adeguamento a tale disposizione si rinvia al commento all’articolo 3 di entrambi i progetti di legge.

 

L’articolo 21 (concorso in reato e tentato reato) stabilisce che ciascuna delle Parti:

1.      adotti le misure legislative e di altro tipo necessarie per riconoscere come reato qualsiasi forma di complicità, quando la stessa è intenzionale, nella commissione di  uno dei reati stabiliti in applicazione degli articoli 18 e 20 della Convenzione in esame;

2.       adotti le misure legislative e di altro tipo necessarie per definire reato qualsiasi tentativo intenzionale di commettere uno dei reati stabiliti in applicazione degli articoli 18 e 20 paragrafo a) della Convenzione.

Anche in relazione a tale previsione - si sottolinea nella relazione illustrativa -  l’ordinamento italiano risulta esaustivo, attesi gli articoli 110 (pena per coloro che concorrono nel reato), 112 (circostanze aggravanti) e 56 (delitto tentato) del codice penale.

 

L’articolo 22, paragrafo 1, disciplina la responsabilità (penale, civile o amministrativa) delle persone giuridiche, in relazione a reati commessi per conto delle medesime da persone fisiche che, agendo individualmente o in quanto membro dell’organo, esercitino un potere direttivo nel suo ambito. La disposizione esplicita il contenuto di tale posizione nel potere di rappresentanza dell’ente, nell’autorità per prendere decisioni in nome dell’ente o per esercitare un controllo all’interno del medesimo. Il paragrafo 2 estende tale responsabilità al caso in cui l’assenza di sorveglianza o di controllo da parte della persona fisica abbia reso possibile la commissione del reato.

Come precisato anche nella relazione illustrativa, nell’ordinamento italiano l’articolo 25-quinquies del decreto legislativo n. 231 del 2001 prevede la responsabilità degli enti e delle persone giuridiche, nel cui interesse sono commessi i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale. Con la sentenza di condanna, il giudice può applicare all’ente una sanzione pecuniaria da 400 a 1.000 quote.

 

L’articolo 23, paragrafo 2, detta il criterio dell’adozione nei confronti delle persone giuridiche di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive, incluse sanzioni pecuniarie.

Analogo criterio opera in generale per l’adozione delle sanzioni in relazione ai reati sopra indicati; a tale criterio, si aggiunge, per la tratta di esseri umani, quello dell’adozione di misure privative della libertà che possono dare luogo ad estradizione (paragrafo 1).

I paragrafi 3 e 4 prevedono inoltre:

§         la confisca, anche per equivalente, degli strumenti e dei prodotti dei reati di tratta e di fabbricazione di un documento di viaggio o identità falso;

§         la chiusura temporanea o definitiva degli enti utilizzati per commettere la tratta o per vietare all’autore del reato temporaneamente o definitivamente l’esercizio dell’attività in occasione della quale il reato è stato commesso.

In proposito, la relazione illustrativa richiama gli strumenti già previsti dall’ordinamento per l’applicazione sia delle pene detentive, sia delle pene di natura diversa.

 

L’articolo 24 della Convenzione individua, quali circostanze aggravanti del delitto di tratta, il fatto che sia stata messa in pericolo la vita della vittima deliberatamente o per grave negligenza o che il reato è stato commesso:

§         nei confronti di un minore;

§         da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni;

§         nell’ambito di un’organizzazione criminale.

Sulle modifiche all’ordinamento interno per l’adeguamento a tale disposizione, cfr. l’articolo 3 di entrambi i progetti di legge.

 

L’articolo 25 rimette agli Stati la possibilità di tener conto, ai fini della determinazione della pena, di condanne anteriori definitive pronunciate in un’altra Parte.

 

L’articolo 26 prevede la possibilità di non imporre alcuna sanzione alle vittime per aver preso parte ad attività illecite, se sono state costrette a farlo.

Come precisato anche nella relazione illustrativa, il capitolo V, relativo alle Indagini, procedimenti e diritto procedurale (articoli 27-31), impegna gli Stati aderenti a predisporre misure che garantiscano idonei strumenti investigativi e processuali per la persecuzione della tratta di esseri umani e per la protezione delle vittime e di coloro che collaborano con la giustizia.

 

L’articolo 27, al paragrafo 1, prevede in particolare che sia garantita la perseguibilità di tali reati, a prescindere da una dichiarazione o da un’accusa da parte della vittima, almeno quando il reato è stato commesso, in toto o in parte, sul suo territorio. Nel caso in cui il reato sia stato commesso sul territorio di una Parte diversa da quella in cui le stesse risiedono, il paragrafo 2 disciplina la possibilità di presentazione del ricorso nello Stato di residenza e la successiva trasmissione all’autorità competente della Parte sul cui territorio è stato commesso il reato. In ogni caso il ricorso viene trattato secondo il diritto interno della Parte in cui è stato commesso il reato. Il paragrafo 3 impegna lo Stato a garantire la possibilità ad enti ed altre organizzazioni che mirano a combattere la tratta degli esseri umani o a proteggere i diritti umani di assistere e/o sostenere la vittima con il suo consenso.

In proposito, con riferimento a tale ultima disposizione, la relazione illustrativa fa presente che attualmente sono previsti progetti finanziati all’80 per cento dallo Stato, per cui non sono necessarie ulteriori risorse.

 

L’articolo 28, paragrafo 1, impegna le Parti a prendere le necessarie misure al fine di assicurare una protezione effettiva ed appropriata:

§         alle vittime;

§         ai collaboratori di giustizia (solo in quanto opportuno);

§         ai testimoni;

§         ai membri della famiglia di vittime e testimoni (solo se necessario).

Con riferimento alla protezione di collaboratori di giustizia e di testimoni, la relazione illustrativa, dopo avere richiamato la Raccomandazione Rec (97)13 del Comitato dei Ministri Consiglio d’Europa agli Stati Membri sull’intimidazione dei testimoni ed i diritti della difesa, adottata il 10 settembre 1997, alla quale si sono ispirati i redattori della Convenzione, rileva che:

§         l’espressione «le persone che forniscono informazioni relative ai reati stabiliti in base dell’articolo 18 della presente Convenzione o che collaborano in altro modo con le autorità competenti» si estenda ad ogni persona che sia sotto processo o che sia stata condannata per aver partecipato a reati stabiliti in virtù dell’articolo 18 della presente Convenzione, ma che accetta di cooperare con le autorità di giustizia penale, in particolare, dando informazioni sui reati di tratta ai quali hanno preso parte, per permettere loro di procedere alle indagini e alle azioni giudiziarie;

§         il termine «testimone» indica qualunque persona che sia in possesso di informazioni in rapporto a un processo penale che riguardi il reato di tratta di esseri umani stabilito in virtù dell’articolo 18 della Convenzione e include gli informatori.

La relazione illustrativa, richiamando inoltre il decreto-legge n. 8 del 1991, che già prevede speciali misure di protezione in favore dei collaboratori e dei testimoni di giustizia, esclude la necessità dell’impegno di ulteriori risorse.

Nell’ambito del principio della necessità di una protezione effettiva ed adeguata, le misure indicate al paragrafo 2 (protezione fisica, assegnazione di un nuovo luogo di residenza, cambiamento d’identità e aiuto nel conseguimento di un posto di lavoro) hanno natura esemplificativa.

L’articolo 28 reca ulteriori disposizioni volte a prevedere:

§         misure speciali di protezione a favore della vittima minore (par. 3);

§         misure di protezione a favore di enti ed altre organizzazioni che mirano a combattere la tratta degli esseri umani o a proteggere i diritti umani (par. 4).

 

L’articolo 29 interviene in materia di autorità specializzate ed organismi di coordinamento, in particolare prevedendo che:

§         le Parti promuovano la specializzazione di persone o di enti nella lotta contro la tratta di esseri umani e nella protezione delle vittime; a tali soggetti devono essere assicurate garanzie di indipendenza, nonché una formazione e risorse adeguate rispetto alle funzioni esercitate (par. 1). Con riguardo specifico al profilo della formazione, il paragrafo 3 prevede che essa deve includere i metodi utilizzati per impedire la tratta, perseguirne gli autori e proteggere le vittime e deve riguardare anche i diritti della persona umana.

In proposito, la relazione illustrativa precisa che l’attuazione della disposizione non richiede particolari adempimenti, in quanto nello Stato italiano l’Arma dei Carabinieri, la Polizia di Stato e la Guardia di finanza dispongono di persone specializzate nella lotta alla tratta agli esseri umani (si fa riferimento, a livello centrale, alla Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato, al Raggruppamento operativo speciale (ROS) dell’Arma dei Carabinieri, nonché al Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza, mentre, a livello periferico, alle Sezioni criminalità straniera, istituite presso le squadre mobili delle questure, per la Polizia di Stato, alle sezioni anticrimine del ROS ed ai Nuclei investigativi di Comando provinciale o Gruppo, per l’Arma dei Carabinieri, ed infine ai gruppi di investigazione sulla criminalità organizzata presso alcuni Nuclei di polizia tributaria, per la Guardia di finanza).

§         l’adozione di misure necessarie per assicurare il coordinamento delle politiche e delle azioni dei servizi della propria amministrazione e degli altri organismi pubblici che combattono contro la tratta degli esseri umani, se opportuno con l’istituzione di organismi di coordinamento (par. 2);

§         la possibilità di nominare relatori nazionali o individuare altri organismi incaricati del monitoraggio delle attività contro la tratta condotte dalle istituzioni statali e dell’attuazione degli obblighi previsti dalla legislazione nazionale (par. 4).

 

L’articolo 30, paragrafo 1, della Convenzione stabilisce che, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (con particolare riferimento al diritto ad un processo equo di cui all’articolo 6 CEDU) le Parti devono garantire nel corso dei procedimenti giudiziari:

a) la protezione della vita privata delle vittime e, ove necessario, della loro identità;

b) la sicurezza delle vittime e la loro protezione dalle intimidazioni, alle condizioni previste dalle norme nazionali

Una particolare attenzione deve essere dedicata alle esigenze dei minori, anche in considerazione del fatto che essi hanno diritto a specifiche misure di protezione (paragrafo 2).

La relazione illustrativa precisa che tali adempimenti potranno essere espletati con le risorse umane e strumentali già previste a legislazione vigente.

 

L’articolo 31, paragrafo 1 prevede la giurisdizione della singola Parte secondo i seguenti principi:

§      principio di territorialità (reato commesso nel proprio territorio, cui si aggiungono le ipotesi di reati commessi a bordo di una nave che batta bandiera della Parte in questione o di un velivolo immatricolato secondo le disposizioni di legge di detta Parte);

§      principio di nazionalità (reato commesso da un proprio cittadino o da una persona apolide che abbia la propria abituale residenza nel suo territorio, se il reato è punibile penalmente nel luogo in cui è stato commesso o se, per territorio, il reato non ricade nella competenza di alcuno Stato);

§      principio della legittimazione passiva (reato commesso contro un proprio cittadino).

In base al paragrafo 5, le Parti, in conformità alla propria legislazione nazionale, possono stabilire altri tipi di competenza penale.

Il paragrafo 3 prevede che, nei casi in cui il presunto autore si trovi nel proprio territorio e non possa venire estradato verso un’altra Parte soltanto in base alla sua nazionalità, dietro una richiesta di estradizione, le Parti adottano le misure necessarie per definire la propria competenza con riferimento ai reati di cui alla Convenzione. Il paragrafo 4 prevede procedure di consultazione se più Parti rivendichino la propria competenza.

 

Gli articoli da 32 a 35 (capitolo VI) della Convenzione stabiliscono i principi generali che devono governare la cooperazione internazionale.

 

In particolare, l’articolo 32 dispone che le Parti, in conformità con le clausole della Convenzione in esame, in applicazione degli strumenti internazionali e regionali applicabili, degli accordi basati su disposizioni legislative uniformi o reciproche, e della propria legislazione nazionale, collaborino tra loro nel modo più ampio possibile allo scopo di:

- prevenire e combattere la tratta di esseri umani;

- proteggere e fornire assistenza alle vittime;

- condurre indagini o procedere penalmente per i reati previsti sulla base della

Convenzione.

Ai sensi dell’articolo 33 quando una Parte, sulla base delle informazioni in suo possesso, ha ragionevoli motivi di credere che la vita, la libertà o l’integrità fisica di una persona - di cui all’articolo 28, paragrafo 1 della Convenzione in esame - siano in pericolo immediato sul territorio di un’altra Parte, deve trasmettere a questa al più presto le informazioni in suo possesso al fine di consentirle di prendere adeguate misure di protezione (paragrafo 1). Le Parti della Convenzione possono decidere di rinforzare la cooperazione nella ricerca delle persone scomparse, in particolare dei minori, se le informazioni disponibili autorizzano a ritenere che siano vittime della tratta di esseri umani; a tale fine le Parti possono stipulare tra loro accordi bilaterali o multilaterali (paragrafo 2). La disciplina della trasmissione delle informazioni è dettata dall’articolo 34.

Riguardo tali disposizioni la relazione illustrativa segnala che forme di collaborazione e cooperazione internazionale sono già previste dalla legge 16 marzo 2006, n. 146, con cui l’Italia ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale e i relativi Protocolli addizionali, riguardanti la tratta di persone, specialmente donne e bambini, e il traffico illecito di migranti via terra, via aria e via mare; un terzo Protocollo è relativo alla fabbricazione e al traffico illecito di armi da fuoco. La Convenzione contro il crimine organizzato transnazionale è in vigore dal 29 settembre 2003; il Protocollo contro la tratta delle persone dal 25 dicembre 2003; il Protocollo contro il traffico illecito dei migranti dal 28 gennaio 2004 (e quello sulle armi da fuoco dal 3 luglio 2005).

Come è noto, la Convenzione contiene previsioni più generali mentre i Protocolli hanno un contenuto più specifico. Inoltre, ai sensi dell’articolo 37 della Convenzione contro il crimine organizzato transnazionale, la ratifica della Convenzione è indispensabile per divenire Parte dei Protocolli e uno Stato può essere parte solo della Convenzione ed è libero di ratificare uno o più Protocolli. Tale strategia è stata adottata per facilitare la negoziazione e garantire la massima flessibilità nella ratifica, e quindi per favorire il rafforzamento della cooperazione, cui le Parti sono obbligate dalla Convenzione e dai suoi Protocolli, anche tra Stati che hanno adottato, quantomeno, le misure minime contro il crimine organizzato transnazionale.

L’articolo 35 disponeche le autorità e i funzionari pubblici cooperino con le organizzazioni non governative, con le altre organizzazioni pertinenti e con rappresentanti della società civile, allo scopo di stabilire partenariati strategici finalizzati al conseguimento degli obiettivi della Convenzione.

 

Gli articoli da 36 a 38 della Convenzione (capitolo VII) recano disposizioni relative al meccanismo di monitoraggio.

 

In particolare, l’articolo 36 prevede quanto segue:

§         il Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta di esseri umani, denominato GRETA, è incaricato di vigilare sull’attuazione della Convenzione da parte delle Parti (paragrafo 1);

§         GRETA è composto da minimo 10 - massimo 15 membri, eletti dal Comitato delle Parti (per il quale si veda al successivo articolo 37) con mandato quadriennale rinnovabile una sola volta, tra i cittadini degli Stati Parte della Convenzione. Nella composizione di Greta si tiene conto di una partecipazione equilibrata in termini di rappresentanza di genere e di bilanciamento geografico, nonché della multi-disciplinarietà delle esperienze rappresentatevi (paragrafo 2);

§         l’elezione dei membri di GRETA si basa sui seguenti principi:

a)      scelta dei membri tra personalità di elevata moralità, notoriamente competenti nel campo dei diritti umani, dell’assistenza e della protezione delle vittime e della lotta contro la tratta di esseri umani o in possesso di specifica esperienza professionale;

b)      svolgimento del mandato a titolo individuale, indipendenza ed imparzialità nell’esercizio dello stesso, disponibilità ad adempiere alle funzioni in modo effettivo;

c)      GRETA non può comprendere più di un cittadino del medesimo Stato;

d)      i membri dovrebbero rappresentare i principali sistemi giuridici (paragrafo 3);

§         la procedura di elezione dei membri del GRETA viene stabilita dal Comitato dei Ministri, dopo consultazione delle Parti della Convenzione e previo unanime consenso delle stesse, entro un anno dall’entrata in vigore della presente Convenzione[12]. GRETA adotta le proprie regole di procedura[13] (paragrafo 4).

In relazione alle disposizioni del paragrafo 4, nella relazione illustrativa si sottolinea che poiché “le spese per il Gruppo di esperti sulla lotta contro la tratta di esseri umani sono a carico del Consiglio d’Europa”, dalla norma non derivano nuove ed ulteriori spese a carico del bilancio dello Stato.

 

L’articolo 37, cheriguarda il Comitato delle Parti, detta le seguenti disposizioni:

§         il Comitato delle Parti è composto dai rappresentanti del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa degli Stati membri Parte della Convenzione e dai rappresentanti delle Parti della Convenzione che non sono membri del Consiglio d’Europa (paragrafo 1);

§         il Comitato delle Parti è convocato dal Segretario generale del Consiglio d’Europa: si prevede che la prima riunione abbia luogo entro un anno dalla data di entrata in vigore della Convenzione[14] allo scopo di eleggere i membri del GRETA mentre, successivamente, le riunioni si terranno su richiesta di un terzo delle Parti, del Presidente del GRETA o del Segretario generale (paragrafo 2);

§         il Comitato delle Parti adotta le proprie regole procedurali (paragrafo 3).

La relazione illustrativa sottolinea che i rappresentanti al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che formano, ai sensi dell’articolo 37 in commento, il Comitato delle Parti, sono quegli stessi rappresentanti permanenti degli Stati membri - tra cui figura anche l’Italia – del Consiglio d’Europa che sono già in servizio a Strasburgo; pertanto, dalla partecipazione italiana a tale Comitato non derivano oneri a carico del bilancio dello Stato.

La procedura di monitoraggio e l’interazione tra il GRETA ed il Comitato delle Parti sono delineati dall’articolo 38, che prevede una procedura di valutazione delle Parti della Convenzione da svolgere con mezzi determinati dal GRETA;  in particolare, il GRETA può adottare dei questionari, cui le Parti sono tenute a rispondere, che fungano da base per le varie tornate di valutazione dell’attuazione da loro data alla Convenzione (paragrafi 1 e 2); il GRETA può richiedere informazioni alla società civile (paragrafo 3) e organizzare, in cooperazione con le autorità nazionali, visite nei Paesi interessati (paragrafo 4).

Una bozza di rapporto predisposta dal GRETA e contenente le sue analisi viene sottoposta alla Parte oggetto della valutazione perché formuli i propri commenti, che saranno considerati dall’organismo in sede di elaborazione del proprio rapporto (paragrafo 5); il GRETA adotta quindi il proprio rapporto e le conclusioni relative alle misure prese dalla Parte interessata per attuare le disposizioni della Convenzione, e lo invia alla Parte interessata e al Comitato delle Parti (paragrafo 6).

Il Comitato può adottare, sulla base del rapporto e delle conclusioni del GRETA, raccomandazioni indirizzate alla Parte aventi a oggetto le misure da adottare per dare attuazione alle conclusioni di GRETA, ovvero finalizzate alla cooperazione con la Parte in questione per un’adeguata attuazione della Convenzione (paragrafo 7).

Il primo round di valutazione ha avuto inizio (come pubblicato sul sito internet del Consiglio d’Europa) con l’invio, nel febbraio 2010, di un questionario ai primi dieci paesi che sono divenuti parte della Convenzione, che dovranno rispondere al più tardi entro il 1° settembre 2010.  

 

Ai sensi dell’articolo 39 è stabilito che la Convenzione in esame non pregiudica i diritti e gli obblighi derivanti dalle disposizioni del Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata per prevenire, reprimere e punire la tratta di esseri umani, in particolare di donne e minori. La norma precisa, altresì, che la Convenzione persegue l’obiettivo di rafforzare la protezione stabilita dal Protocollo e di sviluppare le disposizioni ivi contenute.

 

L’articolo 40 intende assicurare la coesistenza della Convenzione con gli altri trattati – sia multilaterali sia bilaterali – o con gli strumenti che riguardano materie pure coperte dalla Convenzione. Il paragrafo 1, in particolare, stabilisce che la Convenzione non pregiudica i diritti e gli obblighi che derivano da altri strumenti internazionali, dei quali le Parti della Convenzione in esame sono o diverranno Parte, e che contengono disposizioni relative alle materie regolate dalla Convenzione ed assicurano una maggiore protezione ed assistenza alle vittime della tratta.

Le Parti possono concludere tra loro accordi bilaterali o multilaterali relativi alle questioni disciplinate dalla Convenzione finalizzati al completamento o al rafforzamento delle sue disposizioni o all’agevolazione dell’applicazione dei principi in essa contenuti (paragrafo 2).

Le Parti della Convenzione che sono membri dell’Unione europea applicano nelle loro mutue relazioni le disposizioni della Comunità e dell’Unione europea, quando esistenti ed applicabili al caso di specie, senza pregiudizio per l’oggetto e per le finalità della presente Convenzione né per la sua integrale applicazione nei confronti delle altre Parti (paragrafo 3). Ai sensi del paragrafo 4 nessuna disposizione della Convenzione in esame pregiudica diritti, obblighi e responsabilità degli Stati e dei singoli in virtù del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale relativo ai diritti dell’uomo.  

 

Dopo l’articolo 41, che dispone in ordine agli emendamenti alla Convenzione, che possono essere proposti da una Parte, gli articoli da 42 a 47 (capitolo X) recano le clausole finali.

L’articolo 42 dispone l’entrata in vigore della Convenzione, che è aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa, degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione e della Comunità europea (paragrafo 1), come già accennato, tre mesi dopo il deposito di 10 strumenti di ratifica, tra i quali almeno otto di Stati membri del Consiglio d’Europa.

Alla data del 26 aprile 2010, come accennato, risultano aver ratificato o aderito alla convenzione 27 Stati, tutti membri del Consiglio d’Europa. Sedici Paesi membri del Consiglio d’Europa, tra i quali l’Italia, hanno firmato ma non ancora ratificato la Convenzione. L’Unione europea non ha né firmato né ratificato l’accordo.

 

L’articolo 43 dispone in tema di adesione alla Convenzione da parte degli Stati non membri del Consiglio d’Europa che non hanno partecipato alla sua elaborazione, su invito del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa previo unanime consenso delle Parti della Convenzione.

 

L’articolo 44 riconosce alle Parti (qualsiasi Stato o la Comunità Europea) la possibilità di designare il o i territori ai quali si applicherà la convenzione.

 

Ai sensi dell’articolo 45 non è ammessa alcuna riserva alle disposizioni della Convenzione, di quella di cui all’articolo 31, paragrafo 2.

 

Gli articoli 46 e 47, infine, dispongono rispettivamente in tema di denuncia e di notifica della Convenzione in esame.


Contenuto dei progetti di legge di ratifica

Il progetto di legge di ratifica d’iniziativa governativa (A.S. 2043)[15] approvato dal Senato il 14 aprile 2010, si compone di quattro articoli recanti rispettivamente, l’articolo 1  l’autorizzazione alla ratifica, l’articolo 2 l’ordine di esecuzione, l’articolo 3 le modifiche al codice penale, conseguenti alla ratifica della Convenzione e l’articolo 4 la clausola di invarianza finanziaria. Analoga struttura – con esclusione della clausola d’invarianza finanziaria, presenta la pdl A.C. 1917, d’iniziativa dell’on. Maran ed altri

In riferimento all’articolo 4 del disegno di legge si rammenta che nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato[16] era stata rilevata la mancanza della relazione tecnica, prevista dall’articolo 17, comma 7, della legge n. 196/2009 per le disposizioni corredate di clausola di neutralità finanziaria. La norma ora richiamata stabilisce che tale relazione tecnica deve riportare i dati e gli elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di finanza pubblica anche attraverso l'indicazione dell'entità delle risorse già esistenti e delle somme già stanziate in bilancio, utilizzabili per le finalità indicate dalle disposizioni medesime. Pertanto il relatore ha richiesto la predisposizione di una relazione tecnica, facendo riferimento, in particolare, ad alcune misure suscettibili di determinare maggiori oneri su materie per le quali è verosimile ipotizzare anche stanziamenti già previsti a legislazione vigente. Il riferimento è alle misure recate dall’articolo 6 (misure volte a scoraggiare la domanda), dall’articolo 12 (assistenza alle vittime), dall’articolo 15 (indennizzo e ricorso), e dall’ articolo 29 (Autorità specializzate e organi di coordinamento) della Convenzione. La relazione, positivamente verificata dalla Ragioneria generale dello Stato, è pervenuta il 13 aprile 2010 presso la Commissione bilancio del Senato, che nella stessa seduta ha espresso il parere non ostativo sul provvedimento.

L’articolo 3 di entrambi i progetti di leggereca, come accennato, disposizioni di adeguamento dell’ordinamento penale interno, intervenendo in primo luogo sul regime delle aggravanti.

Le circostanze aggravanti della tratta

L’art. 3 del disegno di legge del Governo introduce nel codice penale un nuovo articolo (art. 602-ter) che, al primo comma, disciplina, in generale, le circostanze aggravanti dei reati di riduzione in schiavitù (art. 600), di tratta di persone (art. 601) e di commercio di schiavi (art. 602).

Per tali fattispecie di reato, tutte punite con la reclusione da otto a venti anni, attualmente il terzo comma dell'articolo 600, il secondo comma dell'articolo 601 e il secondo comma dell'articolo 602 prevedono le medesime circostanze aggravanti (da cui deriva l’aumento della pena da un terzo alla metà).

L’art. 600 c.p. (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù) punisce con la reclusione da 8 a 20 anni chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona (comma 2).

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi (comma 3).

L’art. 601 c.p. (Tratta di persone) punisce con la reclusione da 8 a 20 anni chiunque commette tratta di persona che si trova nelle condizioni di cui all'articolo 600 (cioè in condizioni di schiavitù o servitù) ovvero, al fine di commettere i delitti di cui al primo comma del medesimo articolo, la induce mediante inganno o la costringe mediante violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, a fare ingresso o a soggiornare o a uscire dal territorio dello Stato o a trasferirsi al suo interno (comma 1).

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i delitti di cui al presente articolo sono commessi in danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi (comma 2).

L’art. 602 c.p. (Acquisto e alienazione di schiavi) sanziona con la reclusione da 8 a 20 anni chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 601, acquista o aliena o cede una persona che si trova in una delle condizioni di cui all'articolo 600 (comma 1).

La pena è aumentata da un terzo alla metà se la persona offesa è minore degli anni diciotto ovvero se i fatti di cui al primo comma sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi (comma 2).

 

Il nuovo articolo 602-ter c.p., in relazione ai citati delitti, conferma l’aumento da un terzo alla metà della pena nelle ipotesi già previste dalle norme vigenti (persona offesa minore di 18 anni e fatti sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o commessi al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi) e conseguentemente abroga le corrispondenti norme contenute negli articoli 600, 601 e 602.

La disposizione aggiunge l’ulteriore circostanza aggravante del fatto da cui deriva un grave pericolo per la vita o l’integrità fisica o psichica della persona offesa.

In proposito, l’articolo 24 della Convenzione prevede, alla lettera a), tra le circostanze aggravanti del delitto di tratta che il reato abbia messo in pericolo la vita della vittima deliberatamente o per grave negligenza.

L’articolo 3, comma 1, lett. b), della proposta di legge A.C. 1917 interviene invece esclusivamente sul reato di tratta di persone, sostituendo il secondo comma dell’art. 601 c.p. La modifica è volta ad introdurre tra le aggravanti la circostanza che dal fatto derivi un grave rischio per la salute o per l’integrità fisica o psichica della persona offesa.

 

L’intervento in materia di delitti di falsità

L’articolo 20 della Convenzione impegna le parti ad attribuire rilevanza penale ai seguenti atti, in quanto commessi intenzionalmente al fine di consentire la tratta degli esseri umani:

§           fabbricare un documento di viaggio o d’identità falso;

§           procurare o fornire un documento di questo tipo;

§           detenere, sottrarre, alterare, danneggiare o distruggere un documento di viaggio o d’identità di un’altra persona.

Il secondo comma dell’articolo 602-ter, introdotto dall’articolo 3 del disegno di legge del Governo, introduce una nuova circostanza aggravante applicabile ai delitti di Falsità in atti di cui al Titolo VII, Capo III, del Libro II.

Tale Capo in particolare disciplina i reati di falsità materiale e di falsità ideologica(posti in essere da parte del pubblico ufficiale o del privato) ovvero, rispettivamente, condotte che riguardano la formazione di documenti falsi e l’alterazione di documenti veri, o che attengono alla veridicità del contenuto di atti materialmente integri. Il suddetto Capo punisce anche la distruzione, soppressione e l’occultamento di documenti veri, nonché l’uso di atti falsi.

Il Capo IV disciplina, invece, le falsità personali, ovvero comportamenti che in particolare alterano gli elementi di identificazione della persona. In particolare, l’art. 497-bis, punisce con la reclusione da 1 a 4 anni il possesso e la fabbricazione di documenti di identificazione falsi validi per l’espatrio, e prevede la medesima pena anche per la detenzione dei medesimi documenti fuori dei casi di uso personale.

 

In particolare, si prevede un aumento delle pene da un terzo alla metà nel caso in cui tali fatti siano commessi al fine di realizzare o agevolare i delitti di Riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, Tratta di persone e Acquisto e alienazione di schiavi.

Alla luce del contenuto dell’articolo 20 della Convenzione, occorre valutare se estendere tale nuova circostanza aggravante anche alle ipotesi di Falsità personale di cui al Capo IV, con particolare riferimento al reato di Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi di cui all’art. 497-bis c.p.

 

L’articolo 3, comma 1, lett. a), della proposta di legge A.C. 1917, invece, inserendo un comma aggiuntivo all’articolo 601 c.p., introduce una nuova fattispecie di reato che punisce con la reclusione da uno a cinque anni (salvo che il fatto costituisca più grave reato) la condotta di chi, al fine di realizzare o di agevolare il delitto di tratta di persone:

§           falsifica o procura ad altri un documento di identità o di viaggio;

§           sottrae, altera, distrugge, danneggia o detiene un documento di identità o di viaggio appartenente a un'altra persona.

 

Il disegno di legge presentato al Senato (AS 2043) è corredato da un’Analisi tecnico-normativa (ATN) recante una ricognizione del quadro normativo nazionale già volto a reprimere il traffico di esseri umani, che la Convenzione di Varsavia interviene a completare.

Nella relazione, a tale fine, si rammenta che la definizione di tratta accolta nella Convenzione di Varsavia è già stata recepita dalla  legge 16 marzo 2006, n. 146[17], che ha ratificato il Protocollo di Palermo e l’annessa Convenzione ONU sul crimine transazionale organizzato; la medesima legge, si sottolinea, ha già messo in atto l’impegno a punire le condotte criminose connesse a tale definizione “con sanzioni adeguate, proporzionate ed efficaci”.

Nell’ATN si sottolinea inoltre che la legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta di persone, modificando le disposizioni di cui agli articoli 600 (riduzione o mantenimento in schiavitù) e 601 (tratta di persone) del codice penale, “ha recepito le prescrizioni contenute nel Protocollo di Palermo, ricollocando le condotte criminose da quest’ultimo previste all’interno dei delitti contro la schiavitù”.

Infine, nell’ATN si rammenta che il Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, all’articolo 18, disciplina programmi di assistenza e di integrazione sociale, soddisfacendo le finalità segnalate in numerose direttive internazionali, delle Nazioni Unite e dell’Unione europea”.


 

Stime sul fenomeno della tratta di esseri umani

 

Il 29 aprile 2009, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ha approvato una relazione, predisposta dal sen. Rutelli, su “La tratta di esseri umani e le sue implicazioni per la sicurezza della Repubblica[18]. Nell’ampia relazione si riportano le stime effettuate dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM), secondo cui sono circa 1 milione gli esseri umani trafficati ogni anno nel mondo, di cui 500.000 soltanto in Europa.

L’OIM stima inoltre in 12.300.000 le persone sottoposte ogni anno a sfruttamento lavorativo e sessuale. Tra queste, circa 800.000 persone sono trasportate oltre i confini nazionali per essere sfruttate in altri Paesi. L’80% delle vittime è costituito da donne e ragazze; in più del 50% dei casi, minorenni.

Per quanto attiene all’Italia, secondo quanto riportato nella Relazione, i dati sulle vittime possono essere derivati dal numero di contatti assunti con vittime di tratta dalle organizzazioni non governative e dalle istituzioni preposte, nonchè attraverso il rilascio di permessi di soggiorno per motivi umanitari.

Si registra, in primo luogo, l’aumento costante del numero dei permessi di soggiorno concessi ex articolo 18 del testo unico sull’immigrazione.

Tra il 1998 ed il 2008, sono stati rilasciati 4.627 permessi di soggiorno per motivi umanitari e di protezione sociale (664 solo nel 2008). Anche grazie a tale previsione normativa, tra marzo 2000 e maggio 2008 le associazioni impegnate nel settore sono entrate in contatto con 54.559 persone vittime di sfruttamento a scopi di prostituzione. Nello stesso periodo di riferimento, sono stati realizzati 13.517 programmi di sostegno a vittime di tratta, dei quali 938 in favore di minori.

Per quel che concerne gli autori di reati connessi alla tratta, si nota come il numero delle persone denunciate presso le Procure della Repubblica sia rimasto costante nell’ordine di grandezza totale, con alcune rilevanti differenziazioni qualitative, con riferimento soprattutto alle denunce per il reato di alienazione ed acquisto di schiavi (articolo 602 del Codice penale).

Nel 2007, ultimo degli anni ricompresi nel periodo di riferimento della relazione, sono state denunciate 1.265 persone per riduzione in schiavitù,ne sono state arrestate 221 e per 133 vi è stata una richiesta di rinvio a giudizio.

Per il reato di sfruttamento della prostituzione minorile i dati sono rispettivamente: 645 denunce, 211 arresti, 112 richieste di rinvio a giudizio. Nel caso dell’alienazione ed acquisto di schiavi: 108 denunce, 3 arresti e 4 richieste di rinvio a giudizio mentre per il reato di tratta di persone: 278 denunce, 78 arresti e 15 richieste di rinvio a giudizio.

La relazione evidenzia altresì che per quel che riguarda il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (commesso non solo dagli autori del reato di tratta, ma anche dai trafficanti di migranti), nel 2007 le persone denunciate ammontavano a 1.770, mentre nel 2008 sono state 2.183.

E’ interessante rilevare poi come tra il 2003 e il 2005 vi sia stato un incremento pari al 143% delle persone denunciate per acquisto e alienazione di schiavi, numero che si è poi ridotto a 54 denunce nel 2006, per tornare a livelli significativi con 108 denunce nel 2007.

In conclusione: nel corso degli anni, a partire dall’entrata in vigore della legge n. 228 del 2003, di contrasto alla tratta di persone, si è registrato secondo la Relazione, un progressivo aumento delle vittime di tratta e delle persone denunciate, questo anche grazie ad un’intensa ed efficace attività repressiva delle forze dell’ordine, che ha contribuito a rendere meno sommerso tale fenomeno.




[1]    Il primo degli strumenti richiamati è la Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950 ratificata con la legge4 agosto 1955, n. 848.

 

 

[2]    Ai sensi del decreto-legge 1º settembre 2008, n. 137 (Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università) convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2008, n. 169.

[3]    Con la legge 30 luglio 2002, n. 189 (Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo).

[4]    Di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

[5]    Stipulata a New York il 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176.

[6]    Nel corso dell’esame in Assemblea, nella seduta pomeridiana del 14 aprile scorso, il Governo ha accolto un ordine del giorno – G100 (testo 2) – che, nella parte dispositiva, impegna l’Esecutivo a valutare l’opportunità di adoperarsi perché in ogni provincia il questore, competente al rilascio dei permessi di soggiorno per motivi di protezione sociale, individui soggetti (funzionari di polizia) con il ruolo di “referente per la tratta di esseri umani” al fine di facilitare i rapporti con istituzioni, enti locali e organizzazioni non profit operanti nel settore, anche allo scopo di razionalizzare e rendere più efficaci le procedure per il rilascio di tali permessi.

 

[7]    Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, a norma dell'art. 1, comma 6, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286.

 

 

 

 

[8]    La relazione evidenzia che l’articolo 12 della legge n. 228 del 2003 dianzi ricordato ha già istituito il fondo per le misure anti-tratta, destinate specificamente proprio al finanziamento dei programmi di assistenza e di integrazione sociale in favore delle vittime, nonché alle altre finalità di protezione sociale previste dall’articolo 15 della Convenzione; il fondo si alimenta con le somme stanziate dall’articolo 18 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, nonché con i proventi della confisca ordinata a seguito di sentenza di condanna o di patteggiamento per i reati di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601 e 602 del codice penale, nonché della confisca ordinata ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356.

[9]    Istituito con decisione 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007.

[10]   Ex articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, istituito presso il Ministero dell’economia e delle finanze, Ragioneria generale dello Stato, Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l’Unione europea.

[11]   In proposito la relazione segnala, altresì, che, a norma dei commi 2 e 2-bis del citato articolo 33 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e` stato adottato il regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 1999, n. 535, che, all’articolo 7, recita testualmente: «1.Il rimpatrio deve svolgersi in condizioni tali da assicurare costantemente il rispetto dei diritti garantiti al minore dalle convenzioni internazionali, dalla legge e dai provvedimenti dell’autorità         giudiziaria, e tali da assicurare il rispetto e l’integrita` delle condizioni psicologiche del minore, fino al riaffidamento alla famiglia o alle autorita` responsabili. Dell’avvenuto riaffidamento e` rilasciata apposita attestazione da trasmettere al Comitato. 2. Salva l’applicazione delle misure previste dall’articolo 6, il Comitato dispone il rimpatrio assistito del minore presente non accompagnato, assicurando che questi sia stato previamente sentito, anche dagli enti interessati all’accoglienza, nel corso della procedura. 3. Le amministrazioni locali competenti e i soggetti presso i quali il minore soggiorna cooperano con le amministrazioni statali cui e` affidato il rimpatrio assistito».

[12]   Come già accennato, la Convenzione è entrata in vigore il 1° febbraio 2008. La procedura è stata adottata l’11 giugno 2008 dal Comitato dei Ministri con la risoluzione CM/Res (2008)7.

[13]   Adottate nel corso della prima riunione del GRETA, svoltasi a Strasburgo 24-27 febbraio 2009.  

[14]   Il Comitato delle Parti è stato convocato per la sua prima riunione dal Segretario Generale del Consiglio d’Europa il 5-8 dicembre 2008. In tale primo meeting sono state adottate le regole procedurali del Comitato stesso.

[15]   Il disegno di legge di ratifica A.S. 2043 ha assorbito, modificandoli, tre iniziative legislative presentate al Senato (rispettivamente A.S. 476 della sen. Silvana Amati, A.S. 780 della sen. Anna Maria Carloni e A.S. 1135 della sen. Silvia Della Monica), differenti nel disposto delle norme di adattamento dell'ordinamento interno ai contenuti dell'Accordo in ambito penale, di cui le Commissioni Esteri e Giustizia del Senato avevano avviato l’esame congiunto (sedute del 28 gennaio e 4 febbraio 2010).

[16]   Seduta della Commissione Bilancio del 30 marzo 2010.

[17]   Recante ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001.

[18]   Il documento è integralmente riportato nella documentazione allegata al presente dossier.