Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo e norme di adeguamento dell'ordinamento interno - A.C. 2411-B - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2411-B/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 227
Data: 12/10/2009
Descrittori:
FONDALI MARINI   RATIFICA DEI TRATTATI
TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
VII-Cultura, scienza e istruzione

 

12 ottobre 2009

 

n. 227/0

Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio
culturale subacqueo e norme di adeguamento
dell'ordinamento interno

A.C. 2411-B

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del disegno di legge di ratifica

2411-B

Titolo

Ratifica ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, e norme di adeguamento dell'ordinamento interno (approvato dalla Camera e modificato dal Senato)

Iniziativa

governativa

Iter al Senato

Numero di articoli del disegno di legge di ratifica

12

Date:

 

trasmesso alla Camera

1° ottobre 2009

assegnazione

5 ottobre 2009

Commissione competente

III (Affari esteri) e VII (Cultura)

Sede

referente

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, II Giustizia, V Bilancio e VI Finanze

Oneri finanziari

 

 


Contenuto dell’accordo

La Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo è stata adottata a Parigi il 2 novembre 2001 dagli Stati membri dell’UNESCO allo scopo di mettere in grado le Parti di tutelare al meglio il loro patrimonio sommerso. La Convenzione stabilisce uno standard comune per la protezione di tale patrimonio, prevedendo misure di prevenzione contro la possibilità che venga saccheggiato o distrutto. La Convenzione, entrata in vigore il 2 gennaio 2009, si compone di un Preambolo, 35 articoli e un Allegato.

La Convenzione chiarisce innanzitutto (art. 1) che il “patrimonio culturale subacqueo” è costituito da tutte le tracce di esistenza umana che abbiano carattere culturale, storico o archeologico, e che siano (state) parzialmente o totalmente sommerse da almeno cento anni. La definizione di patrimonio culturale subacqueo include dunque siti, strutture, edifici, resti umani, navi affondate e il loro carico, oggetti preistorici. Da tale definizione, viene esplicitato, sono esclusi oleodotti, cavi posizionati sui fondali marini ed altri impianti.

I principi generali della Convenzione sono delineati all’art. 2:

1) l’obbligo per le Parti di preservare il patrimonio culturale subacqueo nell’interesse dell’umanità e di adottare misure conseguenti;

2) la conservazione in situ del patrimonio culturale subacqueo come opzione prioritaria prima di autorizzare o intraprendere qualsiasi intervento su di esso;

3) il divieto di sfruttamento del patrimonio culturale subacqueo a fini commerciali.

Viene inoltre prevista la vigilanza degli Stai membri sul rispetto dei resti umani sommersi.

Gli elementi del patrimonio culturale subacqueo recuperati, vengono messi in deposito e gestiti in modo da garantire la loro conservazione a lungo termine. Come viene specificato all’art. 4, nessuna attività relativa al recupero di tali beni è sottoponibile al salvage law o al diritto dei ritrovamenti, salvo che non vi sia una specifica autorizzazione in tal senso da parte delle autorità competenti.

L’art. 3 precisa che le disposizioni della Convenzione in esame non pregiudicano i diritti, la giurisdizione e i doveri derivanti agli Stati dal diritto internazionale e dalla loro adesione alla Convenzione ONU sul diritto del mare. Essa viene anzi esplicitamente citata all’art. 8 laddove si dice che, in applicazione dell’art. 303, par. 2, della Convezione sul diritto del mare le parti possono autorizzare interventi sul patrimonio culturale subacqueo nella loro zona contigua[1].

L’articolo 303 della Convenzione ONU sul diritto del mare riguarda gli oggetti archeologici e storici scoperti in mare. In particolare, il par. 2 stabilisce che, al fine di controllare il commercio di questi oggetti, lo Stato costiero può presumere che la loro rimozione dal fondo del mare, nella zona contigua, senza la sua autorizzazione, si risolva in una violazione, nell'ambito del suo territorio o del suo mare territoriale, delle leggi e dei regolamenti indicati in tale articolo

Quanto invece alle acque interne, arcipelagiche e al mare territoriale (art. 7) gli Stati hanno il diritto esclusivo di regolamentare e di autorizzare gli interventi sul patrimonio culturale subacqueo immerso in tali aree.

Gli articoli 9 e 10 trattano della gestione del patrimonio culturale subacqueo che giace nella zona economia esclusiva e sulla piattaforma continentale, la cui tutela è a carico dello Stato cui pertengono tali aree.

Gli articoli 11 e 12 riguardano invece il patrimonio culturale subacqueo nell’Area[2], la cui protezione incombe a tutti gli Stati parte, anche conformemente a quanto disposto dall’art. 149 della Convenzione ONU sul diritto del mare[3].

Sia per quanto riguarda i ritrovamenti nella zona esclusiva e nella piattaforma continentale, sia per quelli effettuati nell’Area, la Convenzione stabilisce un regime di cooperazione internazionale che comprende la reciproca informazione, la consultazione e il coordinamento nell’attuazione delle misure. Da questa procedura informativa sono escluse le navi da guerra e altre navi governative o aeromobili militari che godono di un’immunità sovrana impegnati in attività non commerciali e non dirette al patrimonio culturale subacqueo (art. 13).

Gli Stati parte impongono sanzioni per colpire le violazioni delle misure adottate in attuazione della Convenzione; le sanzioni dovranno essere, in base all’art. 17, rigorose al punto di garantire l’osservanza della Convenzione e di scoraggiare le trasgressioni.

Le Parti devono adottare provvedimenti per poter procedere, sul proprio territorio, alla confisca dei beni recuperati in modo non conforme al dettato della Convenzione (art. 18).

L’articolo 19 prevede la cooperazione internazionale nelle operazioni di protezione del patrimonio culturale subacqueo, con riguardo ai settori dello studio, della ricerca e della conservazione, mentre l’art. 20 prevede un’attività divulgativa al fine di promuovere l’attenzione del pubblico sull’importanza del patrimonio culturale subacqueo. L'articolo 21 è dedicato invece alla formazione in archeologia subacquea e alle tecniche di conservazione del patrimonio culturale subacqueo.

L'articolo 22 prevede l’istituzione (o il rafforzamento) di Autorità nazionali competenti per la protezione del patrimonio culturale subacqueo, responsabili della sua inventariazione, dell'effettiva protezione, della conservazione e della sua valorizzazione. L’articolo 8 del ddl di autorizzazione alla ratifica della presente Convenzione (v. infra) stabilisce che per l’Italia tali compiti saranno affidati al Ministero per i beni e le attività culturali, e che per le navi di Stato o da guerra, le operazioni saranno condotte in cooperazione con il Ministero della difesa.

La Conferenza delle Parti, alla cui convocazione provvede il Direttore generale dell’UNESCO, si riunisce per la prima volta l’anno successivo all’entrata in vigore della Convenzione, e poi in seguito con cadenza biennale (art. 23). La Conferenza delle Parti può istituire un Consiglio consultivo scientifico e tecnico composto di esperti nominati dagli Stati parte la cui composizione tenga conto  della loro provenienza geografica e dell’equilibrio fra i sessi. Il Consiglio consultivo assiste la Conferenza delle Parti nelle questioni di natura scientifica o tecnica che riguardano l’attuazione delle Regole (v. infra).

La prima Conferenza delle Parti si è tenuta a Parigi il 26 e 27 marzo 2009 (la Convenzione era entrata in vigore, come si è detto, il 2 gennaio 2009). I 19 Paesi che a quella data avevano ratificato la Convenzione da più di tre mesi, hanno adottato il proprio regolamento interno ed hanno istituito il Comitato consultivo, adottandone lo statuto.

La prossima riunione delle Parti è prevista per il prossimo mese di dicembre.

Il Segretariato della Convenzione è assicurato dal Direttore generale dell’UNESCO (art. 24).

La soluzione di eventuali controversie (art. 25) relative all’interpretazione o all’applicazione della Convenzione è in prima battuta affidata a negoziati tra le Parti e, in caso di fallimento di questi, alla mediazione dell’UNESCO.

Se la mediazione non conduce ad esiti favorevoli, o se non è stata intrapresa, vengono applicate mutatis mutandis le disposizioni contenute nella Parte XV della Convenzione ONU sul diritto del mare (Tribunale internazionale sul diritto del mare, Corte internazionale di giustizia o tribunale arbitrale, a scelta di ciascun Paese), anche se gli Stati che sono parti nella controversia non sono Parte della Convenzione sul diritto del mare.

In base all’art. 26, gli Stati membri dell’UNESCO possono ratificare, accettare o approvare la Convenzione, mentre gli Stati non membri dell’UNESCO possono aderire, così come alcuni territori che godono di una completa autonomia interna, riconosciuta dall’ONU.

L’art. 28 prevede che gli Stati possano dichiarare che le Regole si applicano anche alle sue acque interne di carattere non marittimo oppure che la Convenzione non è applicabile a determinate parti del suo territorio (art. 29). Tale limitazione è l’unica riserva apponibile alla Convenzione (art. 30).

L’art. 31 descrive la procedura per l’adozione degli emendamenti al testo della Convenzione, mentre l’art. 32 contiene la clausola relativa alla denuncia.

 L'articolo 33 prevede che le Regole allegate alla Convenzione siano parte integrante della stessa.

 

L’Allegato alla Convenzione contiene, appunto, 36 Regole, costituite da disposizioni pratiche molto dettagliate riguardanti le attività dirette alla tutela del patrimonio culturale subacqueo. Tali regole, largamente riconosciute e applicate, sono diventate, negli anni, un punto di riferimento nel campo degli scavi e dell’archeologia subacquea, e il loro inserimento nella Convenzione viene ritenuto una grande acquisizione.

Esse includono:

·         regole relative alla costruzione di un progetto;

·         linee guida riguardanti la competenza e la qualificazione richiesta alle persone che dovranno operare gli interventi sui beni culturali subacquei;

·         metodologie sulla conservazione e la gestione dei siti.

 

Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge di ratifica della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo torna all’esame della Camera dopo la modifica apportata dal Senato all’articolo 11.

 

Gli articoli 1 e 2 contengono, rispettivamente, l’autorizzazione alla ratifica e l’ordine di esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, con Allegato, fatta a Parigi il 2 novembre 2001.

 

L’articolo 3 prevede che nel caso in cui la zona compresa tra le 12 e le 24 miglia nautiche si sovrappone con analoga zona di un altro Stato e non sia ancora intervenuto un accordo di delimitazione, le competenze dello Stato italiano non si estendono oltre la linea mediana  come definita all’art. 1, co. 3, della legge n. 61/2006.

 

In base all’articolo 4, la disciplina dei ritrovamenti nelle zone di protezione ecologica, oltre le 24 miglia marine dalla linea di base del mare territoriale italiano[4], coincide con quella dei ritrovamenti nella zona economica esclusiva e sulla piattaforma continentale contenuta negli articoli 9 e 10 della Convenzione, cui viene fatto rinvio. (L’istituzione di zone di protezione ecologica è disciplinata dalla citata legge  8 febbraio 2006, n. 61).

 

L’articolo 5 contiene norme dettagliate riguardanti le denunce di ritrovamento e le richieste di autorizzazione.

 

In base all’articolo 6, comma 1, che a sua volta richiama l’art. 11, par. 1 della Convenzione, i ritrovamenti nell’Area internazionale dei fondi marini e nel relativo sottosuolo, o l’impegno a procedere ad interventi su tale patrimonio, devono essere denunciati al Ministero degli affari esteri. Il MAE trasmetterà poi tale denuncia al Ministero per i beni e le attività culturali, nonché al Ministero della difesa se il bene in questione è una nave di Stato o da guerra.

Anche in questo caso, (comma 2), il rappresentante dell’Italia nelle consultazioni con gli Stati parte interessati ad assicurare la protezione del patrimonio culturale considerato, è il Ministero degli esteri.

 

L’articolo 7 prescrive la notifica da parte del Ministero degli esteri al Direttore generale dell’UNESCO del patrimonio culturale subacqueo confiscato in quanto recuperato in modo non conforme alla Convenzione, così come prescritto dall’art. 18 della Convenzione medesima.

 

L’articolo 8 assegna al Ministero per i beni e le attività culturali il ruolo di autorità competente per le operazioni di inventariazione, protezione, conservazione e gestione del patrimonio culturale subacqueo, in ottemperanza dell’art. 22 della Convenzione.

 

L’articolo 9 prevede, in aggiunta a quanto già disposto dalle Regole 10, 26 e 27, che la descrizione del progetto di intervento sul patrimonio culturale subacqueo e il programma di documentazione rechino anche l’indicazione delle coordinate geografiche del sito, con la sua possibile estensione, o il luogo dove il rinvenimento è stato effettuato.

 

L’articolo 10 è dedicato alle sanzioni comminabili a tutti coloro che non denuncino il ritrovamento o l’intenzione di effettuare un intervento sul patrimonio culturale subacqueo così come a coloro che introduca o commerci beni del patrimonio culturale subacqueo recuperati senza autorizzazione.

 

L’articolo 11 quantifica la spesa per l’attuazione della legge in 13.455 euro annui ad anni alterni a decorrere dal 2009 cui si provvederà mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio 2009-2011 nell’ambito dei programma fondi di riserva e speciali della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

Nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, la Commissione esteri, ha riformulato la norma di copertura finanziaria recependo la condizione posta nel parere sulla copertura finanziaria formulato dalla Commissione Bilancio del Senato. La norma di copertura finanziaria di cui all’articolo 11 è stata quindi riformulata indicando il riferimento, dopo le parole "riduzione dello stanziamento", al Fondo speciale di parte corrente, al fine di specificare come l'intervento di riduzione riguardi risorse di parte corrente e non di parte capitale.

 

La Relazione tecnica allegata al disegno di legge presentato dal governo (A.C. 2411) riconduceva l’onere dell’attuazione del provvedimento alla partecipazione alla Conferenza degli Stati Parte che si riunirà almeno una volta ogni due anni a Parigi, sede dell’UNESCO  (6.330 euro ogni due anni) e alla riunione degli esperti del Consiglio tecnico, nell’ipotesi che questo si convochi in concomitanza con la conferenza delle Parti (7.125 euro ad anni alterni).

 

L’articolo 12 dispone l’entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quella della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

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File: es0301_0.doc



[1]  L’articolo 33 della Convenzione sul diritto del mare stabilisce che la zona contigua non può estendersi oltre 24 miglia marine dalla linea di base da cui si misura la larghezza del mare territoriale.

[2] Con questo termini sono definiti i fondi marini ed il relativo sottosuolo, al di là dei limiti della giurisdizione nazionale (art. 1, par. 5 della Convenzione).

[3] L’articolo 149 (Reperti archeologici e storici) della Convenzione sul diritto del mare stabilisce che tutti i reperti di natura archeologica e storica rinvenuti nell'Area vanno conservati o ceduti nell'interesse di tutta l'umanità, tenendo in particolare conto i diritti preferenziali dello Stato o della regione d'origine, o dello Stato cui per origini culturali si riferiscono, o dello Stato di origine storica e archeologica.

 

[4] L’art. 4 è stato riformulato dalla Commissione III della Camera, in prima lettura.  Il testo originario faceva riferimento ad “oltre le 24 miglia nautiche e fino al limite esterno di tali zone”.