Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Intese sul voto degli italiani residenti nei Paesi dell'Unione europea per le elezioni del Parlamento europeo Atto n. 73 (ex art. 25, L. n. 18/1979)
Riferimenti:
L N. 18 DEL 24-GEN-79     
Serie: Atti del Governo    Numero: 69
Data: 11/05/2009
Descrittori:
ELEZIONI EUROPEE   ITALIANI RESIDENTI ALL'ESTERO
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Intese sul voto degli italiani residenti nei Paesi dell’Unione europea per le elezioni del Parlamento europeo

 

Atto n. 73

 

(ex art. 25, L. n. 18/1979)

 

 

 

 

 

 

n. 69

 

 

 

11 maggio 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

 

 

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File: es0199.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi

Presupposti normativi3

Contenuto  4

§      La normativa comunitaria e quella nazionale  4

§      Le intese in esame  7

Schede di approfondimento

Le norme per l'elezione dei membri del Parlamento europeo.11

§      Il numero dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia  12

§      L'elettorato attivo  14

§      L'elettorato passivo  15

§      Le circoscrizioni elettorali16

§      Le modalità di presentazione delle candidature  16

§      La ripartizione dei seggi18

Relazione del Ministero degli Affari esteri

§      Relazione di accompagnamento ai testi delle intese raggiunte dal Governo italiano con i Governi dei Paesi dell’Unione europea sull’esercizio del diritto di voto degli italiani ivi residenti, in vista delle prossime elezioni europee

 

 


Scheda di sintesi


Presupposti normativi

L’articolo 25, comma 4, della legge 24 gennaio 1979, n. 18, recante elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, prevede che venga acquisito il parere delle Commissioni parlamentari competenti in merito alle intese intercorse tra il Governo e gli altri Paesi membri dell’Unione europea al fine di rendere possibile, in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo, l’esercizio del diritto di voto da parte dei cittadini italiani residenti nei predetti Paesi e che intendano tuttavia eleggere rappresentanti italiani.

Il comma 1 dell’art. 25 citato dispone che, solo una volta acquisito il predetto parere, il Ministro degli esteri possa emettere un comunicato attestante, per ciascun Paese della Comunità, il raggiungimento delle intese atte a garantire le condizioni necessarie per l’esercizio del diritto di voto degli italiani residenti nei Paesi della comunità. A tale adempimento del Ministro è subordinata l’applicazione del titolo VI della legge n. 18 del 1979 recante “Disposizioni particolari per gli elettori residenti nel territorio dei Paesi membri della Comunità europea”.

 

 

 

 


 

Contenuto

Il dossier è stato predisposto in occasione dell'esame per l'espressione del parere, da parte della III Commissione della Camera, delle intese raggiunte con gli altri Paesi membri dell'Unione europea (UE) al fine di garantire le condizioni per l'esercizio dell'elettorato attivo degli italiani residenti in tali Paesi nella prossima elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo.

Il fascicolo contiene la relazione sulle intese raggiunte con i Governi degli altri Stati membri dell'Unione, allegata alla lettera con cui il Ministro degli esteri ha trasmesso al Parlamento il testo delle intese stesse. Quest'ultimo, che viene omesso a causa della sua voluminosità, è disponibile presso il Dipartimento Affari esteri e comunitari del Servizio Studi.

La documentazione trasmessa reca anche le intese stipulate con i due nuovi Paesi (Bulgaria e Romania) che dal 2007 sono entrati a far parte dell’Unione europea. Quasi tutti i Paesi si sono limitati ad accettare le condizioni indicate nella Nota verbale di parte italiana mentre tre hanno posto alcune condizioni ulteriori. Ad esempio, il Belgio ha consentito il diritto di voto solo in seggi istituiti all’interno della Rappresentanza diplomatica, ha raccomandato di evitare manifestazioni pubbliche in luoghi prossimi alle sezioni ed ha chiesto che non vengano utilizzati i media pubblici per la propaganda elettorale. Anche Cipro e Romania hanno autorizzato lo svolgimento delle elezioni solo all’interno dei locali diplomatici.

La normativa comunitaria e quella nazionale

Il decreto-legge 24 giugno 1994, n. 408, "Disposizioni urgenti in materia di elezioni al Parlamento europeo", convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 1994, n. 483, ha dato attuazione (articoli 1 e 2) alla Direttiva comunitaria n. 109 del 1993, concernente le modalità di esercizio del diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo per i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini.

La Direttiva 109/1993 è stata emanata dal Consiglio in base alle previsioni del Trattato istitutivo dell'Unione europea. Il Trattato ha definito tra l'altro il concetto di cittadinanza europea e, come corollario di essa, una nuova figura di elettore: quella del cittadino dell'Unione europea, tra i cui diritti vi è quello di esprimere il proprio voto per l'elezione del Parlamento europeo nelle liste elettorali del comune di cui è residente. In particolare il Trattato ha riconosciuto, a favore di tutti i cittadini dell'Unione residenti in uno Stato membro di cui non siano cittadini, il diritto elettorale attivo e passivo per le elezioni del Parlamento europeo nello Stato membro di residenza, alle stesse condizioni dei cittadini di detto Stato.

In base dunque alla Direttiva 109/1993, a tutti i cittadini dell'Unione che risiedono in uno Stato membro di cui non sono cittadini è riconosciuto l’esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo in tale Stato in occasione delle elezioni del Parlamento europeo alle seguenti condizioni:

1) siano in possesso dei requisiti cui la legislazione dello Stato di residenza subordina il diritto di elettorato attivo e passivo dei propri cittadini;

2) non siano decaduti dal diritto di voto o di eleggibilità nello Stato di origine per effetto di una decisione individuale in materia civile o penale.

Nel caso in cui la legislazione dello Stato di residenza subordini, per i propri cittadini, il diritto elettorale passivo al requisito del possesso della cittadinanza da un periodo minimo di tempo, i cittadini degli altri Stati membri sono considerati in possesso di tale requisito qualora abbiano acquisito la cittadinanza nello Stato membro da questo stesso periodo.

Ciascun cittadino dell'Unione può esercitare il diritto di voto al Parlamento europeo in un solo Stato membro, scegliendo tra quello di residenza e quello di origine; analogamente la direttiva prevede che nessun cittadino dell'Unione possa presentarsi candidato in più di uno Stato membro nel corso delle stesse elezioni. Per garantire il rispetto del divieto di doppio voto e di doppia candidatura la direttiva stabilisce (artt. 9 e 10) che gli elettori comunitari debbono presentare, ai competenti uffici elettorali dello Stato di residenza, una apposita dichiarazione con la quale si impegnano ad esercitare il diritto elettorale attivo e passivo esclusivamente nello Stato membro di residenza; é instaurato inoltre un sistema di scambi di informazioni tra gli Stati membri, volto a prevenire violazioni della normativa (art. 13).

L'articolo 9 della direttiva prevede infine che i singoli Stati membri devono adottare, entro il 1° febbraio 1994, le misure necessarie al fine di consentire agli elettori comunitari residenti l'esercizio del diritto di voto e di eleggibilità, in particolare assicurando a coloro che intendano avvalersi di tale diritto l'iscrizione in apposite liste elettorali.

 

Gli articoli di nostro specifico interesse (da 3 a 8) del decreto-legge n. 408/1994 concernono invece le modalità di esercizio di voto alle elezioni del Parlamento europeo da parte dei cittadini italiani residenti o comunque presenti per motivi di studio o di lavoro negli Stati membri dell'Unione e che non intendano avvalersi del diritto di partecipare alla elezione dei rappresentanti dello Stato di residenza, ma abbiano optato per la partecipazione all'elezione dei rappresentanti dell'Italia esprimendo il proprio voto nel paese estero di residenza.

Si tratta di una facoltà che era già ammessa dalla legislazione vigente, più precisamente dalla L. 18/1979, articolo 26: il D.L. n. 408/1994 ha abrogato tale articolo, introducendo alcune modifiche alle norme riguardanti gli adempimenti amministrativi preliminari al voto e le operazioni di scrutinio.

Le modifiche più rilevanti riguardano:

a) l'attribuzione alla Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell'Interno dei compiti riguardanti la formazione, revisione e conservazione degli elenchi degli elettori italiani residenti all'estero;

b) la durata del termine entro il quale i cittadini italiani che si trovino all'estero per motivi di lavoro o di studio devono fare pervenire ai consolati la richiesta di esprimere il proprio voto all'estero: tale termine viene portato da 60 a 80 giorni precedenti la data fissata dal Consiglio della comunità;

c) la competenza a spedire i certificati elettorali ai cittadini italiani residenti all'estero che viene assegnata alla Direzione centrale per i servizi elettorali del Ministero dell'Interno anziché ai comuni;

d) le operazioni di scrutinio dei voti espressi nelle sezioni elettorali costituite nei Paesi membri che, a norma del D.L. 408/1994, debbono essere effettuate in Italia anzichè presso le stesse sezioni estere, come previsto dalla legge del 1979[1].

 

Le intese in esame

Le intese con gli altri Paesi membri della UE, sottoposte all'esame della Commissione Affari esteri, sono previste dall'art. 25 della citata legge n. 18 del 1979 e hanno lo scopo di garantire le condizioni necessarie per l'esercizio del voto degli elettori che si trovino nelle condizioni esposte. I principi di cui tali intese devono garantire il rispetto sono: la parità dei partiti politici italiani, la libertà di riunione e propaganda politica, la segretezza e la libertà del voto. Inoltre deve essere garantito che nessun pregiudizio dovrà derivare per il posto di lavoro e per i diritti individuali degli elettori italiani in conseguenza della loro partecipazione alla propaganda o alle operazioni elettorali. L'art. 7, comma 3, della legge n. 18/79, prevede inoltre che la data e l'orario della votazione devono essere determinate dal Ministro dell'interno, previe intese con i Paesi ospitanti concluse dal Ministero degli Affari esteri.

La norma citata prevede, per ciascuna consultazione elettorale, la seguente procedura:

1. il Governo italiano dovrà raggiungere intese con quelli di ciascun Paese dell'Unione e tali intese dovranno risultare da note verbali trasmesse dai singoli Governi a quello italiano;

2. il Governo, sentito il parere espresso dalle competenti Commissioni parlamentari, accerta che si siano verificate le condizioni previste dalla legge e conseguentemente autorizza il Ministro degli affari esteri a procedere alla fase successiva;

3. il Ministro degli affari esteri, a seguito dell'autorizzazione ricevuta, emanerà un comunicato attestante, per ciascun Paese dell'Unione, che sono state raggiunte le intese. La pubblicazione nella Gazzetta ufficiale di tale comunicato è una condizione necessaria all'esercizio del diritto di voto nel territorio degli altri Stati;

4. successivamente il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, emanerà norme di attuazione delle intese citate.

Da quanto sin qui detto, emerge dunque come per il cittadino italiano residente in altro Paese membro dell'Unione, che voglia esercitare il suo diritto di voto nel Paese di residenza, si ponga  la seguente alternativa:

a) ai sensi delle norme sulla cittadinanza dell'Unione, il cittadino residente in altro Stato membro ha la facoltà di esercitare il proprio diritto di voto nel comune di residenza. A tal fine deve presentare al sindaco di quel comune domanda di iscrizione ad apposita lista aggiunta presso lo stesso comune. In questo caso l'elettore voterà per i rappresentanti al Parlamento europeo del Paese in cui risiede;

b) chi non intenda avvalersi della predetta facoltà può votare per l'elezione di rappresentanti italiani al Parlamento europeo in sezioni elettorali appositamente istituite nel Paese di residenza. Come nel passato, questa seconda facoltà riguarda anche i cittadini che si trovino in altro Stato membro per ragioni di lavoro o di studio, e che facciano pervenire nei termini stabiliti apposita domanda al consolato competente. Le intese in esame si riferiscono evidentemente solo a questa seconda ipotesi.

 

 

 

 


Schede di approfondimento

 


Le norme per l'elezione dei membri del Parlamento europeo[2].

 

Le fonti normative riguardanti l'elezione dei rappresentanti al Parlamento europeo sono costituite dall'Atto del 20 settembre 1976 e dalla legge 24 gennaio 1979, n. 18 e successive modificazioni ed integrazioni.

L'Atto relativo all'elezione dei rappresentanti nell'Assemblea a suffragio universale diretto, firmato a Bruxelles il 20 settembre 1976, allegato alla decisione del Consiglio 76/787/CECA, CEE, Euratom (c.d. Atto di Bruxelles, ratificato dall'Italia con la legge 6 aprile 1977, n. 150), ha sancito l'elezione diretta del Parlamento europeo.

L'Atto fissa alcuni princìpi comuni sulla durata del mandato, lo status, le incompatibilità e la verifica dei poteri del parlamentare europeo, rimettendo alle disposizioni nazionali di ciascuno Stato membro la puntuale disciplina del sistema elettorale.

Salvo quanto si dirà con riferimento alle modificazioni apportate dalla decisione 2002/772/CE, l'Atto dispone che:

in tutti gli Stati membri l'elezione deve avere luogo durante un medesimo periodo, con inizio il giovedì mattina e termine la domenica successiva; tale periodo deve essere lo stesso per tutte le elezioni successive; qualora ciò risulti impossibile, il Consiglio fissa all'unanimità un altro periodo, che può essere anteriore o posteriore di un mese a quello fissato;

i rappresentanti al Parlamento europeo sono eletti per un periodo di cinque anni;

la carica di rappresentante al Parlamento europeo è compatibile con quella di membro del parlamento di uno Stato membro, mentre sono fissate alcune incompatibilità sia nell'ambito delle Comunità europee, sia in ambito nazionale.

 

In Italia il sistema elettorale è stato definito dalla L. 18/1979 , e integrato dal D.L. 408/1994, convertito, con modificazioni, dalla L. 483/1994, che contiene norme attuative della direttiva comunitaria del 6 dicembre 1993 relativa alle modalità d'esercizio del diritto di voto e alla eleggibilità (Direttiva 93/109/CE).

L'Atto di Bruxelles è stato modificato dalla decisione 2002/772/CE, Euratom del Consiglio del 25 giugno 2002.

Le principali innovazioni introdotte da tale decisione ai principi comuni per lo svolgimento delle elezioni del Parlamento europeo sono le seguenti:

elezione a scrutinio di lista o uninominale preferenziale con riporto dei voti proporzionale; la disciplina dei singoli Stati membri non deve nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto;

possibilità di fissare una soglia minima per l'attribuzione dei seggi (non superiore al 5 per cento dei suffragi espressi);

possibilità di fissare un tetto alle spese sostenute dai candidati per la campagna elettorale;

incompatibilità tra la carica di membro del Parlamento europeo e di membro di un Parlamento nazionale (valevole a partire dalle elezioni del Parlamento europeo del 2004);

disciplina della vacanza dei seggi.

 

Fatte salve le disposizioni contenute nella decisione, la procedura elettorale è disciplinata in ciascun Stato membro dalle disposizioni nazionali, che nel tener conto delle particolarità negli Stati membri non devono nel complesso pregiudicare il carattere proporzionale del voto.

 

Con la L. 78/2004 sono state recepite le norme precettive della decisione citata che non erano già presenti nel nostro ordinamento ed è stata introdotta, in particolare, l'incompatibilità tra la carica di membro del Parlamento europeo e quella di componente del Parlamento nazionale. Infine, la L. 90/2004, novellando anch'essa la L. 18/1979, ha innovato in diverse parti la disciplina dell'elezione dei membri italiani del Parlamento europeo, individuando ulteriori incompatibilità tra il mandato europeo e alcune cariche elettive territoriali (consigliere regionale, presidente di provincia e sindaco di comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti) e modificando le norme per la sottoscrizione delle liste di candidati e per l'espressione delle preferenze.

 

Il numero dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia

Per effetto della decisione del Consiglio delle Comunità europee 93/81 del 1° febbraio 1993 (assunta a seguito dell'unificazione tedesca), il numero dei membri italiani era stato elevato da 81 a 87. Tale modifica è stata recepita con l'art. 9 del citato D.L. 408/1994.

In seguito, il Trattato di Nizza del 2001 ha introdotto gli adeguamenti istituzionali considerati necessari in vista dell'allargamento dell'Unione a 27 membri. In specie, con riguardo alla composizione del Parlamento europeo:

il numero massimo di 700 parlamentari (fissato dal Trattato di Amsterdam) è stato portato a 732 membri;

è stato fissato il numero di parlamentari attribuiti a ciascun singolo Stato prevedendo, in tale contesto, il passaggio della rappresentanza italiana da 87 a 72 seggi.

 

L'evolversi della dinamica del processo di allargamento ha in seguito condotto all'ingresso di dieci, anziché dodici, nuovi Stati a decorrere dal 1 ° maggio 2004, anziché dal 1° gennaio 2005, e all'adesione di due ulteriori Stati (Romania e Bulgaria) prevista per il 2007. Il successivo Trattato di adesione all'Unione europea, stipulato ad Atene il 16 aprile 2003, e l'Atto di adesione firmato contemporaneamente al Trattato, hanno tenuto conto di tale dinamica prevedendo, con riguardo alla composizione del Parlamento europeo, una disciplina transitoria in virtù della quale:

il numero dei membri italiani nel Parlamento europeo per la legislatura 2004-2009 è stato fissato in 78 unità;

a partire dalla legislatura 2009-2013, trovano applicazione i criteri di ripartizione previsti nella Dichiarazione allegata al Trattato di Nizza, la quale comporta il passaggio della rappresentanza italiana da 78 a 72 seggi.

 

Sulla materia è peraltro intervenuto, da ultimo, il Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007 e attualmente in corso di ratifica da parte degli Stati membri dell'Unione. L'art. 9A, inserito dal Trattato di Lisbona nel Trattato sull'Unione europea ha disposto, tra l'altro, che il Parlamento europeo è composto da rappresentanti dei cittadini dell'Unione in numero non superiore a 750, più il Presidente (quest'ultima precisazione rileva ai fini della dotazione di seggi italiana).

 

La rappresentanza dei cittadini è garantita in modo degressivamente proporzionale con una soglia minima di 6 seggi per Stato membro ed una soglia massima di 96 seggi. La distribuzione dei seggi tra gli Stati non è fissata dal Trattato, ma è rimessa a una decisione del Consiglio europeo adottata all'unanimità, su iniziativa del Parlamento e con la sua approvazione.

Sulla base di tale previsione, la proposta elaborata dal Parlamento europeo 1'11 ottobre 2007 rimetteva in discussione la parità di rappresentanza storicamente esistente tra Roma, Parigi e Londra, prevedendo che all'Italia fossero attribuiti 72 seggi, al Regno Unito 73 e alla Francia 74. A seguito di lunghi negoziati, il Consiglio europeo di Lisbona del 18-19 ottobre 2007 decideva di innalzare da 750 a 751 (750 membri, più il Presidente) la composizione del Parlamento europeo, e in un'apposita dichiarazione allegata all'Atto finale precisava che il seggio supplementare sarà attribuito all'Italia.

 

In conclusione, ove si verificasse in tempo utile l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la rappresentanza italiana sarebbe di 73 seggi a partire dalla prossima legislatura (2009-2014) del Parlamento europeo.

 

Va peraltro considerato che il recente Consiglio europeo tenutosi a Bruxelles, in data 11 e 12 dicembre 2008, ha reso una dichiarazione secondo la quale:

"Qualora il trattato di Lisbona entrasse in vigore dopo l'elezione del Parlamento europeo del giugno 2009, saranno adottate al più presto misure transitorie, secondo le necessarie procedure giuridiche, per aumentare, fino al termine della legislatura 2009-2014, conformemente alle cifre previste nel quadro della conferenza intergovernativa che ha approvato il trattato di Lisbona, il numero dei membri del Parlamento europeo dei dodici Stati membri per i quali era previsto un aumento di tale numero. Pertanto il numero complessivo dei membri del Parlamento europeo passerà da 736 a 754 fino al termine della legislatura 2009-2014. L'obiettivo è che tale modifica entri in vigore, se possibile, nel corso del 2010.".

 

L'elettorato attivo

Il diritto di voto può essere esercitato dai cittadini italiani che abbiano compiuto il 18° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni nel territorio nazionale e risultino iscritti nelle liste elettorali (art. 3, primo comma, della L. 18/1979).

Possono inoltre votare per l'elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo i cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea residenti in Italia che abbiano presentato, entro il 90° giorno antecedente la data delle elezioni, una richiesta in tal senso al sindaco del comune di residenza e abbiano ottenuto l'iscrizione nella apposita lista elettorale del comune italiano di residenza (art. 3, secondo comma, della L. 18/1979).

Nella domanda di iscrizione deve essere dichiarato, tra l'altro, il possesso della capacità elettorale nello Stato di origine e l'assenza di provvedimenti giudiziari, penali o civili, che comportino, per lo stesso Stato di origine, la perdita dell'elettorato attivo (art. 2, co. 2, del D.L. 408/1994).

Gli elettori italiani che hanno stabilito la propria residenza in uno degli Stati membri dell'Unione europea diverso dall'Italia, possono esercitare in loco il diritto di voto, partecipando all'elezione dei candidati al Parlamento europeo ivi presentatisi. Nel caso in cui non intendano avvalersi di tale facoltà, essi possono votare, nello Stato in cui risiedono, per l'elezione dei rappresentanti dell'Italia al Parlamento europeo, recandosi presso le sezioni elettorali italiane appositamente istituite presso le sedi consolari italiane o in altre sedi idonee (art. 3, co. 1, del D.L. 408/1994).

Quest'ultima facoltà è prevista anche per gli elettori italiani (e per i loro familiari conviventi) comunque presenti per motivi di studio o di lavoro negli Stati membri dell'Unione. Per poterne usufruire, essi devono fare pervenire ai consolati competenti la richiesta di esprimere il proprio voto all'estero entro l'80° giorno precedente lo svolgimento della consultazione elettorale. La domanda è rivolta al sindaco del comune nelle cui liste elettorali questi elettori sono iscritti; il sindaco provvede al successivo inoltro al Ministero dell'interno (art. 3, comma 3, del D.L. 408/1994).

 

L'elettorato passivo

Possono essere eletti alla carica di rappresentante dell'Italia al Parlamento europeo i cittadini italiani che siano titolari del diritto di elettorato attivo e abbiano compiuto il 25° anno di età entro il giorno fissato per le elezioni che hanno luogo nel territorio nazionale. Sono eleggibili alla stessa carica anche i cittadini degli altri Stati membri dell'Unione europea in possesso dei requisiti di eleggibilità al Parlamento europeo previsti dalle rispettive disposizioni nazionali (art. 4, commi primo e secondo, della L. 18/1979).

I candidati dei Paesi comunitari diversi dall'Italia devono presentare alla corte di appello del capoluogo della circoscrizione, all'atto del deposito della lista dei candidati, oltre alla documentazione richiesta per i candidati nazionali, un'apposita dichiarazione con la quale si impegnano a non candidarsi per la stessa elezione del Parlamento europeo in alcun altro Stato dell'Unione (art. 2, comma 6, del D.L. 408 del 1994).

 

Le circoscrizioni elettorali

I membri italiani del Parlamento europeo sono eletti su base circoscrizionale. A tale scopo, il territorio nazionale è diviso in cinque circoscrizioni elettorali (indicate nella Tabella A della L. 18/1979 ).

L'assegnazione del numero dei seggi alle singole circoscrizioni è effettuata, secondo quanto dispone l'art. 2 della L. 18/1979, dividendo il numero degli abitanti della Repubblica, quale risulta dall'ultimo censimento generale della popolazione, per il numero dei membri spettante all'Italia e distribuendo i seggi in proporzione alla popolazione di ogni circoscrizione, sulla base dei quozienti interi e dei più alti resti.

 

Le modalità di presentazione delle candidature

La presentazione delle liste dei candidati è effettuata per ogni circoscrizione frale ore 8 del 40° giorno -e le ore 20 del 39° giorno antecedenti quello della votazione presso la cancelleria della Corte d'appello sede dell'ufficio elettorale circoscrizionale (art. 12, primo comma, della L. 18/1979).

Ciascuna lista deve essere presentata dai rappresentanti dei partiti e dei gruppi politici organizzati, allo scopo designati all'atto del deposito del contrassegno di lista, con una apposita dichiarazione sottoscritta da almeno 30.000 e non più di 35.000 elettori, dei quali almeno 3.000 devono risultare iscritti nelle liste elettorali di ogni regione della circoscrizione (art. 12, secondo e terzo comma, della L. 18/1979).

 

Le firme degli elettori che sottoscrivono la dichiarazione di presentazione della lista devono essere autenticate da uno dei soggetti indicati nell'art. 14 della L. 53/1990 e devono recare l'indicazione del comune in cui l'elettore è iscritto .

Le sottoscrizioni non sono richieste (art. 12, quarto comma, della L. 18/1979) per:

i partiti e i gruppi politici che siano costituiti in gruppo parlamentare nellalegislatura nazionale in corso al momento della convocazione dei comizi anche in una sola delle Camere o che nell'ultima elezione politica nazionale abbiano presentato candidature con proprio contrassegno e abbiano ottenuto almeno un seggio in una delle due Camere;

i partiti o gruppi politici che nelle elezioni precedenti abbiano ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo;

i partiti o gruppi politici che, nell'ultima elezione della Camera dei deputati, abbiano presentato liste per l'attribuzione dei seggi nella quota proporzionale anche quando non abbiano ottenuto alcun seggio, purché a tali liste si sia collegato, pur sotto un diverso contrassegno, un candidato risultato eletto in un collegio uninominale;

le liste contraddistinte da un contrassegno composito, nel quale sia contenuto quello di un partito o gruppo politico che sia esente dall'onere di sottoscrizione delle candidature.

 

Per i partiti o gruppi politici espressi dalle minoranze di lingua francese della Valle d'Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia, è prevista la possibilità di collegarsi con altra lista della stessa circoscrizione presentata da partito o gruppo politico che risulti presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (art. 12, nono comma, della L. 18/1979).

Ciascuna lista deve essere composta di un numero di candidati non inferiore a tre e non maggiore del numero di parlamentari europei da eleggere nella circoscrizione (art. 12, ottavo comma, della L. 18/1979).

Nelle liste circoscrizionali di candidati presentate per le prime due elezioni europee successive al 10 aprile 2004 (a partire quindi dalle elezioni del giugno 2004) è obbligatoria, a pena di inammissibilità, la presenza di candidati di entrambi i sessi. Inoltre, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati (art. 56 del D.Lgs. 198/2006 ): tale computo è effettuato a livello nazionale, sull'insieme delle liste presentate con un medesimo contrassegno nelle diverse circoscrizioni. Nel computo si tiene conto una sola volta delle candidature plurime (un candidato o una candidata può infatti presentarsi in più circoscrizioni).

Per i movimenti e i partiti politici che non abbiano rispettato questa proporzione, viene ridotto il contributo alle spese elettorali spettante ai sensi della L. 157/1999:

in misura direttamente proporzionale al numero dei candidati in eccesso rispetto al numero consentito;

sino ad un massimo della metà della somma spettante.

La somma eventualmente derivante dalla riduzione del rimborso effettuata viene attribuita alle altre liste, alle seguenti condizioni;

la maggiorazione è assegnata ai partiti e ai gruppi politici per i quali i candidati eletti di ciascuno dei due sessi sia superiore ad un terzo del totale dei candidati eletti;

la somma complessivamente spettante è ripartita in misura proporzionale ai voti ottenuti da ciascun partito o gruppo politico.

Ogni candidato può presentarsi in una o più circoscrizioni (anche in tutte), a condizione che indichi espressamente, nella dichiarazione di accettazione della candidatura, che si è presentato in altre circoscrizioni e che specifichi quali sono (art. 12, settimo comma, della L. 18/1979).

Nessun candidato può comunque essere compreso in liste aventi contrassegni diversi (art. 12, sesto comma, della L. 18/1979).

La ripartizione dei seggi

L'Atto di Bruxelles fissa alcuni principi comuni sull'elezione dei membri del Parlamento europeo, tra i quali un'opzione a favore del "carattere proporzionale del voto", e rimette alle disposizioni nazionali di ciascuno Stato membro la puntuale disciplina del sistema elettorale.

L'Italia ha adottato il sistema elettorale proporzionale.

I seggi sono attribuiti a liste di candidati presentate nelle cinque circoscrizioni, con riparto dei seggi in sede di Collegio unico nazionale.

L'elettore può votare soltanto per una delle liste presentate nella circoscrizionee può esprimere la propria preferenza per uno o più candidati; il numero massimo delle preferenze esprimibili è pari a tre; per i candidati presenti nelle liste di minoranze linguistiche collegate può essere espressa una preferenza soltanto (art. 14 della L.18/1979).

Il riparto dei seggi tra le liste è effettuato in ambito nazionale con il metodo del quoziente naturale e dei maggiori resti, ma, in base alla recente modifica all’art. 21 della L. 18/1979 - apportata dalla legge 20 febbraio 2009, n. 10 -, il riparto riguarderà soltanto le liste “che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4 per cento dei voti validi espressi”.  Il procedimento per l'assegnazione dei seggi, giusta il citato art. 21 della L. 18/1979 ,  è il seguente:

si determina la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista sommando i voti riportati nelle singole circoscrizioni;

si sommano quindi le cifre elettorali nazionali di tutte le liste e si divide il totale così ottenuto per il numero complessivo dei seggi da assegnare, ottenendo il quoziente elettorale nazionale;

il numero dei seggi attribuiti a ciascuna lista è il risultato della divisione della cifra elettorale nazionale della lista per il quoziente elettorale nazionale; in tale fase si tiene conto della sola parte intera del quoziente;

i seggi ancora da attribuire dopo tali operazioni sono assegnati alle liste per le quali l'ultima divisione ha dato maggiori resti e, in caso di parità di resti, a quelle liste che abbiano avuto la maggior cifra elettorale nazionale. A parità di cifra elettorale nazionale si procede per sorteggio. Si considerano resti ai fini dell'attribuzione dei seggi anche le cifre elettorali nazionali di quelle liste che non hanno raggiunto un quoziente elettorale nazionale pieno.

Si procede quindi alla distribuzione dei seggi assegnati a ciascuna lista nelle varie circoscrizioni:

a tal fine si divide la cifra elettorale nazionale di ciascuna lista per il totale dei seggi già attribuiti alla lista stessa con il meccanismo sopra descritto, ottenendo così il quoziente elettorale di lista;

il numero dei seggi spettanti alla lista nelle singole circoscrizioni è dato dalla divisione della cifra elettorale circoscrizionale della lista per il quoziente elettorale di lista;

i seggi che eventualmente rimangono ancora da distribuire sono assegnati nelle circoscrizioni per le quali le ultime divisioni hanno dato i maggiori resti e, a parità di questi, nelle circoscrizioni che hanno fatto registrare la maggiore cifra elettorale circoscrizionale. A parità di quest'ultima si procede per sorteggio.

Sono proclamati eletti, nell'ambito di ciascuna lista, i candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. Nel caso di candidati che abbiano ottenuto un eguale numero di preferenze, prevale l'ordine di presentazione nella lista.

Per favorire la possibilità delle minoranze linguistiche più numerose e concentrate in alcune zone del Paese (cioè le minoranze di lingua francese della Valle d'Aosta, di lingua tedesca della provincia di Bolzano e di lingua slovena del Friuli-Venezia Giulia) di eleggere propri rappresentanti al Parlamento europeo, la legge, come già accennato, prevede che le liste di candidati presentate da partiti o gruppi che siano espressione di queste minoranze possano collegarsi con un'altra lista della stessa circoscrizione presentata da un partito o gruppo politico presente in tutte le circoscrizioni con lo stesso contrassegno (art. 12, comma nono, della L. 18/1979).

Per l'assegnazione dei seggi nelle circoscrizioni in cui sia presente tale collegamento si provvede, nell'ambito del gruppo di liste venutosi a formare, a disporre, in un'unica graduatoria, i candidati delle liste collegate. Si proclamano eletti, nei limiti dei seggi ai quali il gruppo ha diritto, i candidati che hanno ottenuto le cifre elettorali più elevate. Tuttavia, nel caso in cui con questo sistema non risulti eletto alcun candidato della lista di minoranza linguistica collegata, l'ultimo seggio viene assegnato a quello, tra i candidati di minoranza linguistica, che abbia ottenuto la maggiore cifra elettorale, purché essa non sia inferiore a 50.000 (art. 22, commi secondo e terzo, della L. 18/1979).

I candidati eletti in più circoscrizioni devono dichiarare all'Ufficio elettorale nazionale, entro otto giorni dall'ultima proclamazione, quale circoscrizione scelgono. In assenza dell'opzione, l'Ufficio elettorale nazionale procede mediante sorteggio. Il presidente dell'Ufficio elettorale nazionale proclama quindi eletto in surrogazione il candidato che segue immediatamente l'ultimo eletto nella lista della circoscrizione che non è stata scelta o sorteggiata. Il seggio che rimanga vacante per qualsiasi causa durante lo svolgimento del mandato, è attribuito dall'Ufficio elettorale nazionale al candidato che nella stessa lista e circoscrizione segue immediatamente l'ultimo eletto (art. 41 della L. 18/1979).

 

Oltre alla citata legge 20 febbraio 2009, n. 10, in base alla quale è stata introdotta una soglia di sbarramento del 4 per cento nelle elezioni dei rappresentanti dell’Italia al Parlamento europeo, vi sono stati nel 2009 interventi normativi di minore rilevanza, ma dei quali si dà conto nel seguito.

Il decreto-legge 27 gennaio 2009, n. 3, convertito con modificazioni dalla legge n. 26 del 2009, ha previsto all’art. 1 la disciplina per lo svolgimento contemporaneo, nel 2009, delle elezioni europee e delle elezioni amministrative in diverse circoscrizioni della repubblica. L’art. 2 del medesimo D.L. 3/2009 ha disciplinato il voto dei  cittadini temporaneamente fuori dal territorio dell'Unione europea per motivi di servizio o missioni internazionali in occasione delle elezioni europee del 2009. L’art. 4-bis, infine, introdotto nell’esame parlamentare del decreto-legge, ha previsto la presenza di osservatori dell’OSCE (Organizzazione sulla sicurezza e la cooperazione in Europa) presso gli uffici elettorali di sezione durante lo svolgimento delle elezioni europee, amministrative e referendarie del 2009. Gli osservatori, preventivamente accreditati dal Ministero degli Affari esteri, non potranno “in alcun modo interferire nello svolgimento delle operazioni dell'ufficio elettorale di sezione”.

Il DPR 1° aprile 2009 ha provveduto all’assegnazione dei seggi alle circoscrizioni per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia: dei 72 seggi a disposizione, 19 risultano assegnati all’Italia nordoccidentale, 13 all’Italia nordorientale, 14 all’Italia centrale, 18 all’italia meridionale e 8 all’italia insulare. Con un secondo DPR del 1° aprile 2009 sono stati indetti i comizi elettorali per le elezioni europee 2009.

L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con Deliberazione del 16 aprile 2009, ha emanato disposizioni di attuazione della disciplina in materia di comunicazione politica e di parita' di accesso ai mezzi di informazione relative alla campagna per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia fissata per i giorni 6 e 7 giugno 2009.

Allo stesso modo, la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, con Deliberazione 15 aprile 2009 – successivamente modificata – come da Comunicato in G.U. n. 95/2009 -, ha dettato disposizioni in materia di comunicazione politica, messaggi autogestiti e informazione della concessionaria pubblica nonche' di tribune elettorali per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia prevista per i giorni 6 e 7 giugno 2009.

Infine, con Decreto del Ministro della Giustizia 8 aprile 2009, sono state emanate le disposizioni per la formazione dell'elenco degli elettori italiani residenti nel territorio degli altri Paesi membri dell'Unione europea, ai fini della nomina dei presidenti delle sezioni elettorali ivi istituite.

 

 


 



[1]     Come conseguenza di quest'ultima previsione è emersa - in via interpretativa poichè il decreto-legge n. 408/1994 non è esplicito sul punto - la necessità di anticipare le votazioni all'estero di un giorno per poter consentire l'invio delle schede votate agli uffici circoscrizionali ed iniziarne lo spoglio contemporaneamente a quello delle schede votate in Italia. Si osserva in merito che la legge n. 18 del 1979, all'art. 7, comma 3, prevede che la data e l'orario della votazione nelle sezioni estere debbano possibilmente coincidere con la data e l'ora fissate per le elezioni in territorio nazionale. Tale previsione era stata rispettata fino al 1989, essendosi le precedenti elezioni del Parlamento europeo svolte contemporaneamente in Italia e nelle sezioni circoscrizionali predisposte all'estero. Per le elezioni del Parlamento europeo del 1994 (12 giugno) l'effettuazione delle operazioni di voto presso le rappresentanze diplomatiche o consolari italiane nei paesi dell'Unione europea fu anticipata di un giorno (11 giugno), e lo stesso è avvenuto sia per le elezioni del giugno 1999 che per quelle del giugno 2004.  La relazione del Governo, che accompagna i testi delle intese raggiunte per il 2009 con gli altri Paesi dell’Unione europea, anticipa che anche in questa occasione le votazioni presso i seggi costituiti dalle Autorità diplomatico-consolari italiane avverranno un giorno prima, cioè il 5 e il 6 giugno 2009.

[2]   Nota redatta sulla base del Dossier del servizio studi del Senato n. 97 del 2009.