Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Indagine conoscitiva sugli esiti della Conferenza sulla sicurezza alimentare mondiale (Roma, 3-5 giugno 2008)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 9
Data: 14/07/2008
Descrittori:
ASSISTENZA ALLO SVILUPPO   CONGRESSI CONVEGNI E SEMINARI
FAME NEL MONDO   INDAGINI CONOSCITIVE
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Documentazione e ricerche

 

 

 

 

 

 

 

Indagine conoscitiva sugli esiti
della Conferenza sulla
sicurezza alimentare mondiale

(Roma, 3-5 giugno 2008)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 9

 

 

14 luglio 2008


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

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File:es0037.doc


INDICE

 

 

 

Scheda di sintesi

   Il rinnovo dell’impegno finanziario  5

   L’emergere della nuova crisi alimentare  6

   Le vicende più recenti13

Pubblicistica

   T. Raffin ‘Les plantes génétiquement modifiées dans les PVD : entre discours et réalité, in: Revue Tiers Monde, n. 188/2006  25

   V. Beauval e M. Dufumier ‘Le plantes génétiquement modifiées peuvent.elles nourrir le tiers monde ?’, in: Revue Tiers Monde, n. 188/2006  25

   R. S. Johnson e C. F. Runge ‘Ethanol: Train Wreck Ahead?’, in: Issues in Science and Technology, 2007  25

   S. Rosen e S. Shapouri ‘Rising Food Prices intensify Food Insecurity in Developing Countries’¸ in: Ambre Waves, febbraio 2008  25

   K. Bhal ‘Misplaced Priorities: Ethanol Promotion and its Unintended Consquences’, primavera 2008  25

   F. Magdoff ‘The World food crisis’,in: Monthly Review, maggio 2008  25

   S.Monni ‘Uno tsunami davvero ‘poco’ silenzioso’ , in: Affari Internazionali, 29 maggio 2008  25

Documentazione

   OECD-FAO – Agricultural Outlook – 2008-2017  29


Scheda di sintesi

 


Si è svolta a Roma dal 3 al 5 giugno 2008, presso la sede della FAO, la “Conferenza ad alto livello sulla sicurezza alimentare mondiale: le sfide poste dai cambiamenti climatici e dalle bioenergie”.

La Conferenza si è posta in linea di continuità con il lavoro intrapreso dalle riunioni di esperti e le consultazioni di tutte le parti interessate tra gennaio e aprile 2008, oltre che con le analisi recentemente effettuate dalla stessa FAO.

Hanno preso parte ai lavori Capi di Stato e di Governo, ministri e rappresentanti di 181 Paesi e della Comunità europea, oltre a rappresentanti della FAO, del WFP (World Food Programme), dell’IFAD (International Fund for Agricoltural Development), di Biodiversity International e numerose ONG.

La Conferenza si è conclusa con l’approvazione di una Dichiarazione nella quale, dopo aver richiamato le conclusioni del Vertice mondiale sull’alimentazione del 1996, il Piano d’Azione adottato in quella circostanza e gli Obiettivi del Millennio per lo Sviluppo (MDGs), viene dichiarata la volontà di assumere la sicurezza alimentare fra le  questioni permanenti delle politiche nazionali e di rinnovare l’impegno per la realizzazione degli obiettivi contenuti nei documenti ora citati.

La Dichiarazione contiene una pressante richiesta di impegno rivolta ai governi, a tutte le parti coinvolte, ai donatori e al sistema delle Nazioni Unite affinché aumentino la propria assistenza ai paesi in via di sviluppo e fra questi in particolare a quelli meno sviluppati (LDCs) e a quelli maggiormente colpiti dalla crisi alimentare.

Vengono individuate una serie di misure per affrontare  la crisi  alimentare, sia immediate o di breve termine, sia di medio-lungo termine.

Le prime si dovrebbero a loro volta articolare lungo due linee d’azione. La prima linea d’azione prevede la risposta urgente alle richieste di aiuto che arrivano dai paesi interessati dalla crisi:

§           Le Agenzie dell’ONU competenti devono assicurare le risorse per espandere e migliorare l’aiuto alimentare e sostenere i programmi di lotta alla malnutrizione facendo ricorso, quando possibile, ad acquisti locali.

§           Le organizzazioni regionali che possiedono dispositivi d’emergenza nel campo della sicurezza alimentare devono rafforzare la cooperazione per affrontare efficacemente gli aumenti dei prezzi.

§           Gli sforzi delle organizzazioni governative e delle ONG dovranno essere coordinati con quelli delle organizzazioni multilaterali per non creare incompatibilità tra aiuti urgenti e aiuti a lungo termine.

§           I donatori e le istituzioni finanziarie internazio-nali dovranno fornire un appoggio in materia di bilancia dei pagamenti e/o un sostegno al bilancio dei paesi a basso reddito che importano grandi quantità di derrate alimentari (Low Income Food Deficit Countries-LIFDCs).

La seconda linea d’azione nella quale si sviluppano le misure immediate o di breve termine prevede il sostegno immediato alla produzione e al commercio di prodotti agricoli:

§           Le organizzazioni competenti e i paesi cooperanti  devono collaborare con i paesi che chiedono il sostegno per mettere in atto le nuove politiche per aiutare gli agricoltori - i piccoli produttori particolarmente – ad aumentare la propria produzione. Viene inoltre incoraggiata la cooperazione Sud-Sud.

§           I partner dello sviluppo sono invitati a partecipare alle iniziative per contrastare l’aumento dei prezzi del cibo, soprattutto quelle che si inquadrano nell’iniziativa lanciata il 17 dicembre 2007 dalla FAO[1].

§           Le istituzioni competenti sono invitate ad adottare iniziative volte a limitare fluttuazioni insolite dei prezzi dei cereali e ad assistere i paesi a ricostituire le scorte alimentari.

§           I membri del WTO hanno riaffermato il loro impegno a portare a termine l’Agenda di Doha per lo sviluppo e hanno reiterato la loro volontà a raggiungere un risultato esauriente ed ambizioso che possa contribuire a una maggiore sicurezza alimentare nei paesi in via di sviluppo.

Le misure a medio e lungo termine partono dal presupposto che la crisi attuale ha messo in luce l’estrema vulnerabilità del sistema alimentare a livello globale  e la scarsa resistenza agli shock. Per questa ragione, i delegati ritengono che:

§           E’ essenziale riuscire ad aumentare la capacità di reazione e resistenza degli attuali sistemi di produzione alimentare al cambiamento climatico. I governi debbono dare priorità al settore agricolo, forestale ed ittico, includendo le popolazioni indigene, in particolare nelle aree più vulnerabili.

§           La comunità internazionale, incluso il settore privato, dovrebbe investire in scienza e tecnologia nel settore alimentare.

§           La comunità internazionale dovrebbe continuare nel suo impegno verso la liberalizzazione del commercio internazionale in agricoltura mediante la riduzione delle barriere doganali e delle politiche di distorsione del mercato dando in tal modo agli agricoltori - e soprattutto a quelli dei PVS - nuove opportunità per vendere i propri prodotti nei mercati mondiali.

§           É essenziale prendere in considerazione le opportunità e i rischi posti dai biocarburanti, tenendo sempre presenti la sicurezza alimentare a livello mondiale, le esigenze energetiche e di uno sviluppo sostenibile. In questo quadro viene incoraggiato un dialogo tra tutte le organizzazioni intergovernative, i governi nazionali, il settore privato e la società civile che porti a risultati coerenti.

Il rinnovo dell’impegno finanziario

I delegati hanno annunciato un maggior impegno volto alla lotta alla fame e allo sviluppo agricolo. Gli aiuti beneficeranno i Paesi più duramente colpiti dalla crisi in atto, permettendo loro di produrre cibo sufficiente al fabbisogno della popolazione nelle prossime stagioni produttive, e di raggiungere una sicurezza alimentare stabile mediante investimenti nel settore agricolo e nella ricerca.

Di seguito si dà conto dei nuovi finanziamenti annunciati da alcuni delegati:

 

 

Banca di Svil. Africana

1 miliardo

Banca di Svil. Islamica

1,5 miliardi  (in 5 anni)

Banca Mondiale

1,2 miliardi

Francia

1,5 miliardi  (in 5 anni)

Giappone

150 milioni

Gran Bretagna

590 milioni

IFAD

200 milioni

Kuwait

100 milioni

Nuova Zelanda

7,5 milioni

Olanda

75 milioni

Spagna

773 milioni  (in 4 anni)

UN CERF [2]

100 milioni

USA

5 miliardi  (2008/2009)

Venezuela

100 milioni.

 

 

Il Ministro degli esteri Frattini, nel suo intervento, ha ricordato che l’Italia ha aumentato le risorse finanziarie destinate alla sicurezza alimentare di oltre il 50% rispetto al 2007, con un impegno complessivo per l’anno in corso di oltre 186 milioni di euro. Il Ministro ha altresì precisato che gli interventi immediati saranno realizzati sul piano bilaterale sotto forma di aiuti alimentari a favore dei paesi maggiormente colpiti, mentre sul piano multilaterale l’Italia agirà attraverso le Agenzie dell’ONU, e in particolare attraverso il PAM.

 

L’emergere della nuova crisi alimentare

La Conferenza ad alto livello della FAO sulla sicurezza alimentare mondiale, svoltasi dal 3 al 5 giugno 2008 presso il Quartier Generale dell'Organizzazione a Roma, è il coronamento di un lavoro che dall'inizio dell'anno ha visto numerosi gruppi di esperti incontrarsi e discutere svariati argomenti, all'interno della complessa problematica che lega gli effetti dei cambiamenti climatici ai problemi energetici e a quelli alimentari. Lo scopo principale della Conferenza è stato quello di affrontare le questioni della sicurezza alimentare alla luce del notevole aumento dei prezzi delle principali derrate alimentari, nonché in relazione alle sfide poste dai cambiamenti climatici e dai problemi dell'approvvigionamento energetico.

I problemi posti dalla crescita dei prezzi mondiali di alcuni essenziali prodotti alimentari hanno dato vita negli ultimi mesi a diversi problemi di ordine pubblico nelle più disparate aree del mondo, comunque appartenenti a paesi in via di sviluppo o che hanno appena intrapreso la strada di uno sviluppo sostenuto (vedi infra). In relazione anche a tali eventi altri consessi internazionali hanno fatto sentire la loro voce, esortando a una rivalutazione delle potenzialità di sviluppo dell'agricoltura che ne ripropongano la centralità e consentano, con un rinnovato slancio di investimenti nel settore, di accrescerne notevolmente le produzioni. Così ad esempio, con riferimento all'Europa orientale e ai territori dell'ex Unione sovietica, una Conferenza del 10 marzo 2008 organizzata a Londra dalla FAO e dalla BERS (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo) ha posto l’accento sul miglioramento della cooperazione tra settori pubblici e privati per accrescere gli investimenti agricoli, intesi come diretti anche all'intera infrastruttura necessaria alle attività agricole e, a valle, all'industria di trasformazione dei prodotti. La Conferenza ha posto particolare enfasi sul grande potenziale residuo della produzione agricola specialmente in paesi come il Kazakhstan, la Russia e l’Ucraina, dove negli ultimi anni sono mancati alla produzione agricola circa 23 milioni di ettari di terre coltivabili, dei quali almeno 13 milioni potrebbero tornare alle loro originarie destinazioni senza impatti ambientali significativi.

Nella stessa logica, alla metà di aprile, nel corso della riunione primaverile tra il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, è stato lanciato un invito pressante e di carattere generale a intraprendere iniziative per contrastare l'aumento preoccupante dei prezzi tanto dei prodotti agricoli quanto dei carburanti, nella cornice di un rafforzamento del sistema finanziario internazionale e di una soluzione della corrente crisi del credito.

Dal punto di vista analitico le interrelazioni tra i cambiamenti climatici, i problemi energetici e gli effetti sulla produzione di cibo sono estremamente complesse, e raramente a senso unico: siamo cioè in presenza, come ormai comunemente accettato, di un unico contesto - il pianeta Terra - nel quale i nessi di causa-effetto sono sempre più ambivalenti.

In ogni caso, se i cambiamenti climatici riguardano ciascun abitante del pianeta, essi rischiano di avere gli effetti peggiori su centinaia di milioni di piccoli coltivatori, pescatori o comunque persone le cui fonti di reddito sono legate all'economia delle foreste. Altrettanto chiaro appare ormai il potenziale impatto negativo, su questi soggetti deboli dell'economia mondiale, della crescente domanda di biocarburanti, che influenza la disponibilità di terre, di acqua e di biodiversità, nonché il prezzo degli stessi alimenti.

Un esempio, tuttavia, di come i nessi causali non siano univoci, è nel dato, non sufficientemente pubblicizzato, del contributo dell'agricoltura e della deforestazione alle emissioni di gas serra: secondo dati del 2007 del Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici, la deforestazione contribuisce per il 17% al totale delle emissioni, mentre anche l'agricoltura ne produce il 14%. Al tempo stesso, va riconosciuto che l'agricoltura e la pesca sono anche importanti agenti di attenuazione dei cambiamenti climatici e suscettibili di adattamento ad essi. Ad esempio l'agricoltura stessa può contribuire alla riduzione al minimo della deforestazione (che attualmente implica la perdita di 13 milioni di ettari di foreste), inclusa la lotta agli incendi - che è strettamente legata alla presenza sul territorio del fattore umano -, e può contribuire alla riduzione dei gas-serra anche mediante una più appropriata alimentazione del bestiame e soprattutto un più efficiente trattamento e utilizzazione dei relativi rifiuti organici. Per quanto concerne il profilo dell'adattamento ai cambiamenti climatici, anche qui l'agricoltura può giocare un ruolo decisivo: infatti uno degli effetti già in atto dei cambiamenti climatici riguarda la riduzione delle risorse idriche, per di più a fronte di una crescente domanda di irrigazione in molte aree della fascia intertropicale. L'agricoltura, che già consuma il 70% circa delle risorse idriche globali, e che è inoltre minacciata dalla minore possibilità di estrazione di acqua a fronte di più elevati prezzi dell'energia, dovrà essere in grado di accrescere le capacità di immagazzinamento delle risorse idriche, come anche la produttività a parità di consumo idrico. Tutto ciò dovrebbe essere reso possibile dall'adozione di migliori pratiche in agricoltura, volte a migliorare la fertilità dei suoli e a contrastare il degrado di essi.

La debolezza della posizione economica dei piccoli coltivatori della fascia intertropicale della Terra consiste anche nel fatto che essi sono costretti a lavorare terre marginali, le più vulnerabili ai cambiamenti climatici e al loro effetto più temuto, la siccità. Inoltre, proprio per l'esiguità dei loro redditi, essi sono del tutto incapaci di sostenere una riduzione degli stessi, e non dispongono di valide attrezzature per adattarsi alle nuove condizioni. Uno strumento importante al proposito è la possibilità di assicurazione contro gli effetti climatici sui raccolti, in base a un indice correlato agli eventi atmosferici: in tal modo gli agricoltori sono messi in condizione di investire in attività agricole anche laddove esse richiedono un investimento iniziale cospicuo. Attualmente, però, le somme pagate dalle assicurazioni sono proporzionali non alla differenza nel livello del prodotto, ma a quella nel livello delle precipitazioni o della temperatura, in tal modo coprendo solo parzialmente gli agricoltori.

Il cambiamento climatico, inoltre, può modificare l'adeguatezza delle terre per diversi tipi di raccolti, bestiame, prodotti ittici, nonché influenzare la biologia delle foreste, accrescendo in esse l'incidenza di epidemie e di malattie con impatto sull’intera sfera della biodiversità, animale e vegetale. Per di più, i cambiamenti nell’ecosistema terrestre sono suscettibili di ampliare l’ambito geografico di tali epidemie e malattie, con evidenti riflessi  negativi sulla produzione agricola globale.

Per quanto concerne la pesca e l’acquacoltura la minaccia dei cambiamenti climatici riguarda anche in questo caso centinaia di milioni di persone, coinvolte o nella pesca diretta, o nelle successive lavorazioni. Ciò che è atteso in base ai cambiamenti climatici è la riduzione quantitativa di alcune risorse ittiche, e lo spostamento di intere specie rispetto agli ambienti marini da sempre abitati, con ulteriore sottrazione di risorse alla pesca tradizionale. La stessa acquacoltura può divenire meno produttiva, sia in ragione di mutamenti nella composizione delle acque (soprattutto la salinità), sia perché, vivendo in aree costiere o piccole isole, le comunità coinvolte saranno esposte sempre più frequentemente a cicloni e alluvioni, ovvero saranno interessate dal fenomeno della crescita del livello degli oceani. Nel solo 2007 eventi atmosferici estremi hanno interessato 197 milioni di persone, perlopiù nei paesi in via di sviluppo. Anche questo fattore di grande potenziale riduzione dell'offerta di cibo deve essere fronteggiato con un migliore livello di gestione dei rischi, che includa adeguate valutazioni e misure preventive, sistemi di allerta precoce, ecc.

Anche la crescente richiesta di biocarburanti presenta un profilo ambivalente, poiché se è vero che essa può contribuire a integrare i redditi rurali, favorire la diffusione nelle campagne dei paesi meno avanzati di elettricità e riscaldamento, e naturalmente attenuare i cambiamenti climatici mediante un minore uso di combustibili fossili e dunque la minore immissione di anidride carbonica nell'atmosfera, è altrettanto indiscutibile che vi è un pesante rovescio della medaglia, nel senso anzitutto che se i biocarburanti sono prodotti in modo non sostenibile per l'ambiente - ad esempio aumentando la deforestazione - il loro contributo a contrastare i cambiamenti climatici diviene assai minore. Inoltre la crescente domanda di biocarburanti liquidi fa crescere i prezzi delle merci e del cibo, con immediati riflessi negativi sui consumatori più poveri (pur costituendo, come detto, una nuova fonte di reddito, almeno per coloro che sono in grado di coltivare e mettere sul mercato prodotti adatti alla produzione di biocarburanti).

In conclusione, appare chiaro che al momento attuale si assiste in molte parti del mondo a una competizione per la terra, l'acqua e altre risorse necessarie, che vede protagonisti i raccolti a scopo alimentare e quelli scopo energetico, anche se secondo alcuni osservatori l'impatto dei biocarburanti sulla crescita dei prezzi alimentari mondiali andrebbe ridimensionato.

L’aumento dei prezzi dei prodotti agricoli sta colpendo sia i cittadini più poveri delle economie avanzate, sia – più gravemente – quelli delle economie arretrate: si calcola che degli 850 milioni di abitanti del pianeta che oggi soffrono la fame, circa 820 vivono nei Paesi in via di sviluppo, che sono, tra l’altro, quelli che patiranno maggiormente anche le conseguenze dei cambiamenti climatici. La FAO elenca 22 paesi particolarmente vulnerabili all’aumento dei prezzi del cibo, sia perché soffrono di una cronica scarsità di alimenti, sia perché sono grandi importatori di cibo e carburanti; tra essi, Eritrea, Niger, Comore, Haiti e Liberia sono considerati quelli a più alto rischio.

Secondo la Banca Mondiale, il prezzo del grano è aumentato del 120% nell’ultimo anno (ma forti aumenti interessano anche soia e granturco), mentre il prezzo del riso è cresciuto del 75% in soli due mesi[3]. Poiché le scorte di cereali sono scarse a livello mondiale, la Banca Mondiale ha predisposto una redistribuzione degli aiuti e ha stabilito di raddoppiare gli aiuti all’agricoltura nell’Africa sub-sahariana. L’aumento del riso, secondo la FAO, è stato determinato sia da una diminuzione degli investimenti nel settore, sia dalla scarsità dei raccolti nei principali Paesi produttori.

Nei Paesi asiatici, così come in Africa, la preoccupazione aumenta, poiché la crisi alimentare sta gravemente compromettendo le conquiste ottenute negli ultimi anni dalle ancor fragili economie dei Paesi in via di sviluppo e, per la prima volta in decenni, è in risalita il numero di persone che soffrono la fame.

Il World Food Program dell’ONU ha calcolato che occorreranno finanziamenti aggiuntivi pari a 755 milioni di dollari per far fronte alla crisi alimentare, di cui si dovranno fare carico i paesi donatori, obiettivo raggiunto soprattutto grazie al generoso contributo dell’Arabia Saudita che, il 22 maggio scorso, ha donato 500 milioni di dollari al WFP.

Dati molto preoccupanti sono emersi dal rapporto periodico di previsione della produzione di cereali della FAO (Crop Prospects and Food situation), presentato l’11 aprile dal direttore generale Jacques Diouf. Diouf ha dichiarato che, poiché le scorte sono al livello più basso mai registrato dal 1980, mentre la domanda continua ad aumentare, i prezzi dei cereali non diminuiranno, anche se dovesse aumentarne l’offerta. Secondo il successivo rapporto FAO (presentato il 22 maggio), infatti, nonostante sia previsto che nel 2008 la produzione mondiale aumenti del 3,8%, tale aumento non sarà sufficiente a far calare i prezzi, stante la necessità di ricostruire le scorte e la crescente domanda sostenuta dalla grande crescita economica di Paesi emergenti come Cina, India e Brasile. Secondo la FAO, nel 2008 il mondo spenderà 1.035 miliardi di dollari per importare cibo, 215 miliardi in più (pari al 26% di aumento) rispetto alla cifra, già elevatissima, del 2007; la FAO stima inoltre che le importazioni alimentari per i Paesi a basso reddito salirebbero a 169 miliardi di euro (sempre nel 2008), con un incremento del 40% rispetto al 2007. Il rapporto, tuttavia, contiene anche modeste note di ottimismo, laddove segnala che, il passaggio dal mese di marzo a quello di aprile 2008 avrebbe segnato lo spartiacque verso una discesa dei prezzi, peraltro ancora molto alti se confrontati con quelli dello stesso periodo del 2007.

Il Fondo Monetario Internazionale afferma inoltre che i prezzi dei generi alimentari sono cresciuti del 48% a livello mondiale dalla fine del 2006, mentre, secondo l’OCSE, gli aiuti provenienti dai Paesi donatori sono diminuiti dell'8,4% per il secondo anno consecutivo.

Il 28 aprile 2008 il Segretario generale dell’ONU, Ban ki-Moon, ha istituito una Task Force sulla crisi alimentare globale, sotto la sua presidenza, e composta dai capi delle Agenzie specializzate delle Nazioni Unite, dei Fondi e Programmi, delle Istituzioni di Bretton Woods e delle parti competenti del Segretariato. Scopo principale della Task Force è quello di promuovere una risposta unificata al problema dell’aumento globale dei prezzi del cibo, anche attraverso la creazione di un piano d’azione ed il coordinamento della sua attuazione. Il coordinamento della Task force è stato affidato al sottosegretario generale ONU, John Holmes.

Il forte aumento dei prezzi dei cereali ha dato origine a disordini in alcuni dei Paesi più colpiti: Egitto, Camerun, Costa d'Avorio, Senegal, Burkina Faso, Etiopia, Indonesia, Madagascar, Filippine e Tunisia. In Thailandia e in Pakistan si è fatto ricorso all'esercito per prevenire assalti a campi e a magazzini di stoccaggio. Il governo pakistano ha annunciato che la produzione di grano sarà di circa un milione di tonnellate al di sotto del fabbisogno del Paese per quest’anno; per impedirne l’accaparramento, le autorità pakistane hanno dichiarato che le scorte di cereali saranno confiscate, a meno che i proprietari non le vendano alle agenzie governative. 

In Egitto, dove pure l’esercito era stato autorizzato da febbraio a cuocere il pane per la popolazione, nei primi giorni di aprile si sono verificati scontri con la polizia, nel corso dei quali si sono già registrate vittime. Il PAM (Programma alimentare mondiale) afferma che in Egitto il costo della vita è aumentato del 50% dall'inizio del 2008, e che circa 40 egiziani su 100 vivono al di sotto della soglia di povertà (con meno di 2 dollari al giorno).

Anche la Tunisia è stata terreno di proteste a causa dell’inarrestabile ascesa dei prezzi. Le notizie degli scontri tra cittadini e polizia nella città di Redeyef (9-11 aprile), che avrebbero portato a molti arresti, non sono state confermate da fonti ufficiali a causa della politica repressiva del presidente Zine el Abidine Ben Ali.

Nello stesso periodo (prima metà di aprile) si sono verificate aspre proteste ad Haiti, dove il prezzo del riso era appena stato raddoppiato. Gli scontri erano cominciati il 2 aprile con attacchi contro i caschi blu dell’ONU e contro la polizia nel sud di Haiti e si sono poi estesi anche nella capitale, Port au Prince, causando danni a negozi ed automobili. Il presidente Perval ha promesso un contenimento dei prezzi, che verrebbe finanziato in parte con capitali privati e in parte con gli aiuti della comunità internazionale.

La prima reazione da parte dei governi di alcuni Paesi nei quali si sono verificati i disordini è stata l’adozione di misure riguardanti l’esportazione e l’importazione, nonché l’incentivazione della produzione di cereali.

Le esportazioni di riso sono state vietate in India a fine marzo (con eccezione della varietà “basmati”), mentre il Vietnam ha esteso il divieto fino alla fine di giugno, contingentando inoltre la quantità esportabile nei sei mesi successivi. Il blocco temporaneo delle esportazioni è stato deciso anche in Egitto e in Cambogia, dove si è contemporaneamente deciso di dare libero accesso alle scorte. Anche la Thailandia ha fatto ricorso alle scorte per poter vendere il riso a prezzi più vantaggiosi, e ha proposto ai grandi esportatori (Laos, Birmania, Cambogia e Vietnam) di costituire un cartello sul modello dell’OPEC, per controllare il prezzo del riso a livello internazionale.

Divieto di esportazione è stato deciso anche dal governo dello Zambia, pur in presenza di scorte di mais in abbondanza, e analoghe restrizioni alle esportazioni di cereali sono state attuate in Bolivia, Azerbaijan e Ghana.

Ulteriori misure di sostegno alla produzione agricola sono state adottate in Cina (dove è stato facilitato il credito) e in Pakistan (che aveva già innalzato i dazi alle esportazioni del grano), mentre il Bangladesh ha deciso di vendere il riso a prezzo calmierato nelle aree urbane. Proseguono le politiche di incoraggiamento alla produzione in Malawi, America Latina, Caraibi e Messico. Il governo peruviano ha deciso l’adozione di un programma di distribuzione di cibo alle fasce più bisognose della popolazione.

Dopo le dure proteste popolari, il governo della Costa d’Avorio è stato costretto a sospendere i dazi sull’importazione dei prodotti alimentari. La stessa misura è stata adottata in Camerun, Senegal, Tanzania, Colombia e Perù.

Infine, l’Ucraina, uno dei maggiori produttori di cereali, ha annunciato un piano per fissare limiti sui margini di profitto da parte degli operatori del settore alimentare per contenere l’inflazione.

Alcune di queste misure, secondo l’IFAD (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo), e in particolare quelle che intervengono sul commercio, non solo hanno contribuito all’instabilità del mercato, ma hanno anche eroso il ricavato dei produttori.

L’entità della crisi preoccupa ormai tutti gli organismi internazionali a vario titolo interessati dalla questione: l’UNICEF ha espresso preoccupazione per il negativo impatto sociale ed economico dell'aumento dei prezzi degli alimenti, specialmente nei Paesi a basso reddito e meno sviluppati, e l’IFAD (che ha stanziato 200 milioni di dollari)  ha reso noto che – secondo le previsioni dei suoi esperti - ogni punto percentuale in più sul costo del cibo causerà ulteriori 16 milioni di affamati nel mondo.

La crisi alimentare si ripercuote, come si è detto, anche all’interno dei Paesi più ricchi (o meno poveri), condizionandone talvolta le politiche commerciali: il Brasile, ad esempio, ha decretato il blocco all’esportazione di riso per assicurare il rifornimento delle scorte nazionali, nonostante la richiesta ricevuta da paesi poveri africani e sudamericani di venderne 500 mila tonnellate.

Anche negli Stati Uniti si temono indebiti accaparramenti, per evitare i quali la famosa catena di supermercati Wal-mart ha posto il limite di acquisto di quattro confezioni a persona.

L'Italia è il primo produttore europeo di riso con oltre 220 mila ettari di terreno e con circa 1,4 milioni di tonnellate. Secondo Coldiretti, l’enorme aumento delle quotazioni dipende in larga parte dalle speculazioni, che si sono spostate sul mercato delle materie prime agricole.


Le vicende più recenti

Nel periodo immediatamente seguente al Vertice della FAO, gli allarmi per il deterioramento della situazione della sicurezza alimentare a livello mondiale si sono moltiplicati, soprattutto per opera di una intensa attività del Direttore generale della FAO Jacques Diouf.

Dal 16 al 20 giugno 2008 si è svolta a Nairobi la 25ma conferenza regionale della FAO per l’Africa, incentrata sulla necessità del miglioramento della gestione idrica per uno stimolo delle produzioni agricole. Proprio nel Kenya ospite della conferenza la situazione di crisi alimentare è particolarmente acuta, registrando negli ultimi sei mesi un incremento di oltre il 50% dei prezzi dei beni alimentari di base.

La diagnosi sui mali dell’agricoltura africana è stata impietosa, evidenziandone il carattere sottocapitalizzato e non competitivo: ciò tanto è vero che negli ultimi trent’anni l’Africa è divenuta importatore netto di prodotti alimentari - laddove in precedenza era in grado di esportarne una buona quantità -, e per la stupefacente quota dell’87%. La principale problematica agricola africana sembra risiedere nella gestione delle acque, poiché il 93% delle coltivazioni dipende precipitazioni incerte, e presenta quindi un elevato rischio di siccità; d’altra parte solo il 4% delle riserve idriche è utilizzato per l’irrigazione, contro, ad esempio, il 14% dell’Asia. La percentuale delle terre coltivabili è un altro punto debole dell’agricoltura africana, poiché essa raggiunge solo il 14% dei ben 184 milioni di ettari teoricamente disponibili. Anche laddove l’agricoltura è praticata in maniera abbastanza moderna, l’uso di fertilizzanti è assolutamente insufficiente: la media africana è di 23 kg per ettaro, ma nell’Africa subsahariana essa scende a soli 9 kg (in Asia si arriva a 151 kg per ettaro). Anche per quanto concerne le sementi l’agricoltura africana è profondamente arretrata, poiché la dimensione prevalentemente locale dei relativi mercati non permette di accedere alle migliori qualità. Né a maggiore ottimismo inducono i risultati delle politiche dei governi: la dichiarazione di Maputo del 2003 impegnava i governi a utilizzare il 10% del bilancio statale per i miglioramenti agricoli, ma solo un paese su cinque ha oggi raggiunto questo livello di investimenti.

Il 26 giugno 2008 si sono aperti i lavori della 26ma conferenza regionale della FAO per l’Europa, dai quali è emerso che l’aumento dei prezzi alimentari potrebbe anche qui vanificare la buona crescita della produzione agricola registrata negli ultimi dieci anni nei paesi meno ricchi dell’Europa e dell’Asia centrale. Nonostante il notevole ulteriore potenziale di sviluppo agricolo, soprattutto nel Kazakhstan, nella Russia e nell’Ucraina, in costanza dell’attuale eccessiva crescita dei prezzi, lo sviluppo del settore agricolo avrebbe bisogno di politiche a sostegno dell’attività delle aziende a livello familiare, inclusi gli aspetti di commercializzazione dei prodotti.

Ulteriore allarme, per la verità temperato da alcune considerazioni positive, ha destato uno studio della FAO sugli ultimi vent’anni dell’agricoltura a livello mondiale, dal quale risulterebbe una crescita del degrado delle terre coltivabili, con potenziali conseguenze negative per un quarto della popolazione mondiale, che da esse dipende per la propria sopravvivenza. Il fenomeno del degrado riguarderebbe più del 20% delle superfici coltivabili, il 30% delle foreste e il 10% delle praterie. Piuttosto sorprendente, invece, il dato per cui solo circa un quinto dei suoli degradati è situato in aree caratterizzate da aridità, laddove più di tre quarti di essi si troverebbero in regioni umide. A fronte di questi dati negativi si è potuto riscontrare che un quinto delle terre agricole viene coltivato in maniera sostenibile - ossia non solo compatibile con l’ambiente, ma compatibile con uno sfruttamento di lungo periodo dei terreni -, mentre si è riscontrato un miglioramento della produttività forestale del 10%, e del 19% per quanto riguarda i pascoli.

Per quanto concerne l’attività dell’Unione Europea, si segnala una conferenza svoltasi il 3 luglio presso il Parlamento europeo a Bruxelles, intitolata “Chi alimenterà il mondo”: all’appuntamento è intervenuto anche il sindaco di Milano, Letizia Moratti, che nell’ottica della preparazione dell’esposizione universale del 2015 - anch’essa incentrata sul problema alimentare a livello globale - si è dichiarata disponibile a che l’Expo 2015 possa divenire una delle sedi per la concessione di finanziamenti comunitari a sostegno dell’agricoltura dei paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico, da lungo tempo in rapporti di partenariato  privilegiato con Bruxelles. Dai lavori della conferenza è emersa una rinnovata consapevolezza dell’importanza dell’agricoltura come motore di sviluppo per l’intero mondo: d’altra parte, il Direttore generale della FAO non ha mancato di sottolineare che negli ultimi decenni solo il 3% delle politiche di sostegno allo sviluppo ha riguardato progetti in agricoltura, a fronte di quasi un quinto in precedenza. Sul piano operativo, il sostegno dell’Europa alla produzione agricola nei paesi in via di sviluppo ha visto prospettare, da parte della Commissione europea, la possibilità di sbloccare una cifra compresa tra 500 milioni e un miliardo di euro a valere su fondi non utilizzati del bilancio della politica agricola comune (PAC). Obiettivo privilegiato dell’utilizzazione di tali fondi dovrebbe essere un più agevole accesso degli agricoltori poveri a sementi di qualità e  fertilizzanti. Il Commissario europeo alle politiche di sviluppo, Louis Michel, ha tuttavia attirato l’attenzione sull’urgenza dell’attuazione dell’iniziativa, poiché i fondi non utilizzati della PAC ritornerebbero altrimenti entro il 2008 agli Stati di rispettiva competenza. Per quanto invece concerne gli indigenti sul continente europeo, è previsto in settembre lo stanziamento di un contributo di circa mezzo miliardo di euro per rendere disponibili alimenti di base alle fasce sociali più svantaggiate, alle quali non è più possibile distribuire come in precedenza le eccedenze dei mercati agricoli, poiché esse si sono praticamente azzerate.

L’idea dello stanziamento di un miliardo di euro di fondi non utilizzati del bilancio della PAC è stata rilanciata con forza dal Presidente della Commissione europea, Barroso, nell’imminenza del vertice G8 in Giappone (7-9 luglio 2008): nelle stesse ore l’allarme è stato rilanciato in una conferenza stampa congiunta del segretario generale dell’ONU e del presidente della Banca mondiale, secondo i quali la nuova emergenza-cibo potrebbe riportare indietro anche alcune realtà che negli ultimi decenni hanno conosciuto un certo sviluppo. In particolare oltre 100 milioni di persone, di cui quasi un terzo in Africa, potrebbero ritrovarsi nuovamente sotto la soglia di povertà. Il paradosso di elevati prezzi dei generi alimentari che tuttavia penalizzano proprio gli agricoltori è stato spiegato, nel senso che esso si accompagna a una crescita senza precedenti del prezzo dei prodotti petroliferi, dai quali sono influenzati notevolmente i prezzi dei concimi. Inoltre, i cambiamenti climatici indotti dall’effetto serra già ora sono causa di ulteriori problemi per le agricolture più esposte del pianeta.

Per quanto riguarda il citato vertice G8 in Giappone, oltre a un breve passo nel comunicato finale - in particolare nella sezione dedicata allo sviluppo dell'Africa - i problemi della sicurezza alimentare mondiale sono stati oggetto di una separata Dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo. In essa si riconosce che il forte incremento dei prezzi alimentari mondiali, unitamente ai problemi di disponibilità di generi alimentari di base in un gran numero di paesi in via di sviluppo, costituisce una minaccia alla sicurezza alimentare mondiale, ed è suscettibile di porre in discussione i già lenti e difficili progressi verso il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo fissati nel Vertice ONU del Millennio (2000). I Capi di Stato e di Governo evidenziano il proprio impegno collettivo, che dal mese di gennaio 2008 ha condotto allo stanziamento di oltre 10 miliardi di dollari per scopi di breve, medio e lungo termine. Nel contempo altri potenziali donatori vengono esortati a partecipare agli sforzi per affrontare i bisogni umanitari residui più urgenti, nonché a rendere disponibili sementi e fertilizzanti per la stagione agricola imminente.

I leader del G8 si dichiarano impegnati a una profonda riforma della FAO, e dalla prossima conferenza straordinaria di tale organizzazione si attendono misure di effettiva attuazione delle risultanze del vertice di giugno tenuto a Roma, nonché concreti passi per accrescere l'efficacia della FAO.

Viene rilevato altresì come i crescenti prezzi dei generi alimentari di base aggiungano ulteriori pressioni inflazionistiche al commercio mondiale e generino squilibri macroeconomici, specialmente per i paesi a basso reddito: in tale prospettiva viene ritenuta urgente una conclusione positiva del Doha Round della WTO, che deve dimostrarsi capace di introdurre discipline più stringenti contro le azioni commerciali suscettibili di prolungare e aggravare la situazione, nonché di impedire gli acquisti di generi alimentari a scopo umanitario.

I paesi dotati di sufficienti eccedenze alimentari vengono esortati a renderne disponibile una parte per i paesi in stato di necessità, ma senza apportare distorsioni al commercio. Tra le proposte sul tappeto viene posta enfasi sulla possibilità di costruire una riserva virtuale di generi alimentari coordinata a livello internazionale per scopi umanitari.

Tra le misure di medio e lungo periodo si dà importanza alla stimolo alla produzione mondiale di cibo e alla crescita degli investimenti nel settore agricolo, in particolare invertendo il trend, da anni negativo, degli aiuti al settore agricolo, e accrescendo il sostegno a iniziative di paesi in via di sviluppo, ad esempio, in Africa, al Programma di sviluppo agricolo globale, e segnatamente all'obiettivo, in esso fissato, di una crescita annuale del 6,2% nella produttività agricola. In un periodo da cinque a 10 anni bisognerà altresì perseguire lo scopo del raddoppio della produzione di alcuni generi alimentari chiave nei paesi africani. Uno strumento importante per il perseguimento di tali scopi è la formazione di una nuova generazione di scienziati ed esperti dei paesi in via di sviluppo, che si dedichi alla diffusione di tecnologie agricole adattate ai bisogni locali e alla coltivazione sostenibile.

La Dichiarazione saluta con favore l'annuncio, da parte della Banca mondiale, di un nuovo strumento finanziario di 1,2 miliardi di dollari, rivolto a far fronte ai bisogni più immediati, nonché l'azione del Fondo monetario internazionale in favore dei bisogni di paesi importatori di generi alimentari, che nel contempo siano di fronte a difficoltà nella bilancia dei pagamenti.

Per quanto infine concerne la questione della compatibilità di politiche per lo sviluppo sostenibile mediante l'uso di biocarburanti, con i bisogni della sicurezza alimentare, si pone l'accento sulla necessità di accelerare lo sviluppo della commercializzazione di biocarburanti di seconda generazione, non più derivanti da vegetali commestibili, ma da altre piante e da biomasse.




[1]    La FAO ha sollecitato i governi e la comunità internazionale a prendere misure a sostegno dei paesi più poveri colpiti dal drammatico aumento dei prezzi dei generi alimentari, suggerendo, tra l’altro di fornire ai contadini poveri dei buoni per comprare sementi, fertilizzanti e pesticidi per le più importanti produzioni di base, calcolando in tal modo un incremento della produzione di circa il 20 per cento. La FAO assicurava inoltre il proprio appoggio ad un programma modello, in stretta cooperazione con il settore privato, che funga da catalizzatore.

[2]    Central Emergency Response Fund

 

[3]    Dati diffusi dal Presidente Robert Zoellick, il 10 aprile 2008.