Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Titolo: Disposizioni concernenti la vendita e la determinazione dei canoni di occupazione degli alloggi di servizio del Ministero della difesa - A.C. 5400 ed abb.
Riferimenti:
AC N. 5400/XVI   AC N. 5154/XVI
AC N. 5160/XVI   AC N. 5491/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 706
Data: 17/10/2012
Descrittori:
ALLOGGI DI SERVIZIO   LOCAZIONE DI IMMOBILI
MINISTERO DELLA DIFESA   VENDITA
Organi della Camera: IV-Difesa

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni concernenti la vendita
e la determinazione dei canoni di occupazione degli alloggi di servizio
del Ministero della difesa

A.C. 5400 ed abb.

 

 

 

 

 

 

 

n. 706

 

 

 

16 ottobre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4172 – * st_difesa@camera.it

 

 

 

 

 

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File: di0575.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Alloggi di servizio per gli appartenenti alle Forze armate: Presupposti normativi3

§     Premessa  3

§     1. Gli strumenti di gestione del patrimonio abitativo  5

§     2. Il decreto del Ministro della Difesa del 16 marzo 2011 di rideterminazione del canone degli alloggi di servizio  12

Il contenuto delle proposte di legge  17

Giurisprudenza

§     Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sentenza n. 7950/2012  27

§     Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sentenza n. 7952/2012  45

 

 

 

 


Schede di lettura

 


Alloggi di servizio per gli appartenenti alle Forze armate: Presupposti normativi

Premessa

La tematica inerente al patrimonio alloggiativo della difesa, con particolare riferimento alla vendita degli alloggi e ai criteri di determinazione dei canoni di locazione e di vendita dei richiamati beni immobili, ha costituito oggetto di particolare interesse nel corso della legislatura.

 

Al riguardo, il Governo, in diverse occasioni[1], ha rilevato che le esigenze abitative delle Forze armate sono salite a dismisura a seguito della trasformazione dell’esercito di leva in esercito volontario ed è sorta quindi la necessità di fornire un’abitazione a tutti i militari i quali, attualmente, con la trasformazione della leva, non sono più in servizio per soli dodici mesi.

 

Il problema è stato evidenziato in maniera particolare nel corso dell’indagine conoscitiva sulla condizione del personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare svolta dalla Commissione difesa del Senato. In quella sede è stato rilevato che “la costante insufficiente disponibilità di alloggi di servizio, sta provocando, specie nei grandi centri urbani caratterizzati da elevati costi di acquisto e di locazione degli alloggi, significativi disagi al personale militare in servizio, costringendolo ad un pendolarismo giornaliero con evidenti ripercussioni sia sul rendimento lavorativo sia sulla serenità dei rispettivi nuclei familiari”[2].

 

Già nel 2010 il Governo aveva rilevato l’esigenza di 51 mila unità abitative,a fronte di un patrimonio disponibile di 18.447 alloggi, dei quali ben 5.384 in possesso di utenti con il titolo concessorio scaduto (cosiddetto sine titulo)e di cui 3.284 non ricadenti nelle fasce di tutela stabilite dal decreto ministeriale di gestione annuale del patrimonio abitativo, ovvero, ad esempio, le vedove, le famiglie con reddito basso (non oltre 40 mila euro), o con un familiare a carico portatore di handicap[3].

Più di recente (25 gennaio 2012), l’esigenza alloggiativa della Difesa è stata stimata in circa 70.000 unità con una previsione di ulteriori 51.600 alloggi da realizzare, di cui 16.000 nella sola Regione Lazio.[4]

 

Per quanto riguarda il quadro giuridico di riferimento, con particolare riferimento ai profili strettamente connessi alle proposte di legge in esame, si segnala che gli articoli 403, 404 e 405 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 concretano una specifica Sezione del Testo regolamentare, espressamente dedicata alle “Procedure per l’alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle Forze armate” e recano dettagliate disposizioni in materia di: individuazione degli alloggi da alienare (art. 403), criteri di vendita (art. 404), vendita con il sistema d’asta (art. 405).

 

Tali articoli (col D.P.R. n. 90 del 2010 in cui sono inseriti e col citato “Codice dell’ordinamento militare”, entrambi entrati in vigore in data 8 ottobre 2010) subentrano a un quadro normativo di settore risalente e assai articolato quanto a materia, disciplina procedimentale e decorrenze.

 

In proposito sono degne di nota le seguenti anteriori fonti normative (di legge e regolamentari):

 

Ø      l’articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (poi abrogato dall'articolo 2268, comma 1, n. 900, del Codice dell’ordinamento militare[5] e riassettato nell’articolo 306 del Codice), il quale imponeva che, entro il 31 marzo di ciascun anno, il Ministro della Difesa, sentite le competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisse con proprio decreto il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto, con indicazione altresì dei requisiti sulla base dei quali gli utenti degli alloggi di servizio, ancorché si trattasse di personale in quiescenza o di vedove non legalmente separate né divorziate, potessero mantenerne la conduzione;

Ø      i conseguenti decreti ministeriali annuali recanti i suddetti piani annuali di gestione del patrimonio abitativo[6];

Ø      l’articolo 2, comma 627 della legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008) il cui contenuto è confluito nell’articolo 297 comma 1 e 306 commi 3, 4 e 5 del Codice, in base al quale il Ministero della difesa predispone un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio;

Ø      il decreto ministeriale n. 112 del 18 maggio (riassettato negli articoli 398 e seguenti del D.P.R. n. 90/2010), relativo al regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale.

 

Per quanto riguarda, invece la diversa tematica relativa alla rideterminazione del canone degli alloggi di servizio, oggetto anch’essa delle proposte di legge in esame le principali fonti normative di riferimento sono rappresentate dall’articolo 2, comma 627 della legge n. 244 del 2007, il cui contenuto è confluito nell’articolo 297, comma 1 del Codice e dal Regolamento n. 112 del 2010, come successivamente riassettato nel decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 ha contemplate tre categorie di alloggi di servizio.

 

Di seguito vengono illustrati i principali riferimenti normativi oggetto di interesse da parte delle proposte di legge in esame

1. Gli strumenti di gestione del patrimonio abitativo

1.1. Il piano pluriennale per la costruzione, l’acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio

Le mutate esigenze alloggiative in ambito Difesa, alla luce del processo di trasformazione dello strumento militare, hanno portato alla predisposizione del programma pluriennale per la costruzione, l’acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, disposto dalla legge finanziaria per il 2008.

Nello specifico, l’articolo 2, comma 627 della legge n. 244 del 2007 (Finanziaria 2008), il cui contenuto è successivamente confluito nell’articolo 297, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare ha previsto che in relazione alle esigenze derivanti dalla riforma strutturale connessa al nuovo modello delle Forze armate, conseguito alla sospensione del servizio obbligatorio di leva, il Ministero della difesa predispone, con criteri di semplificazione, di razionalizzazione e di contenimento della spesa, un programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio di cui all'articolo 231, comma 4, il quale attiene agli immobili appartenenti al Demanio militare e demanio culturale in consegna alla Difesa.

 

In relazione al citato piano pluriennale si segnala che nel corso della seduta della Commissione difesa del Senato del 25 gennaio 2012, il capo di Stato maggiore della difesa, generale Biagio Abrate ha rilevato che “le mutate esigenze alloggiative in ambito Difesa, alla luce del processo di trasformazione dello strumento militare hanno portato alla predisposizione del Programma pluriennale per la costruzione, l’acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio, disposto dalla legge finanziaria per il 2008”. Tale programma ha individuato un'esigenza alloggiativa complessiva della Difesa stimata in circa 70.000 unità, rendendo necessario realizzare sul territorio nazionale, in aggiunta a quelli già esistenti, ulteriori 51.600 alloggi circa, di cui 16.000 nella sola Regione Lazio. I costi di sola costruzione delle abitazioni furono stimati, complessivamente, in 5,7 miliardi di euro. In applicazione della citata legge finanziaria per il 2008, sono state inoltre individuate 3.022 unità alloggiative alienabili, il cui elenco è stato formalizzato il 22 novembre 2010 con decreto direttoriale della Direzione generale dei lavori e del demanio”.

 

Il comma 628, lettera a), del richiamato articolo 2, attualmente corrispondente al comma 2 dell’articolo 297 del Codice, ha previsto tre categorie di alloggi di servizio:

 

§      alloggi da assegnare al personale per il tempo in cui svolge particolari incarichi di servizio, che richiedano la costante presenza del titolare nella sede di servizio;

§      alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione di esigenze di mobilità e abitative;

§      alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante riscatto.

 

A sua volta il comma 628, alla lettera b), attualmente corrispondente ai commi 3, 4 e 5 dell’articolo 306 del Codice, ha previsto che ai fini della realizzazione del programma pluriennale il Ministero della Difesa provveda all’alienazione della proprietà, dell’usufrutto, della nuda proprietà di almeno 3.000 alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali.

In caso di alienazione è stato previsto, inoltre: il diritto di prelazione del conduttore e, in caso di mancato esercizio, del personale militare e civile del Ministero della Difesa che non sia proprietario di altra abitazione nella provincia; che il prezzo di vendita sia stabilito d’intesa con l’Agenzia del demanio.

È stato, altresì, disposto, un regime di maggior favore in caso di particolari situazioni sociali quali: riduzione del prezzo nella misura massima del 25% e minima del del 10% per tenere conto del reddito del nucleo familiare, di portatori di handicap in tale nucleo, di eventuale perdita nel titolo di concessione; possibilità di permanenza negli alloggi - dietro corresponsione del canone in vigore all’atto della vendita, rivalutato all’indice ISTAT - dei conduttori e del coniuge superstite, con basso reddito familiare o con componenti del nucleo familiare portatori di handicap.

 

È, stato, altresì stabilito che gli acquirenti degli alloggi non possano rivenderli prima di 5 anni e che i proventi delle alienazioni vengano riassegnati allo stato di previsione del Ministero della Difesa.

 

Si segnala, da ultimo, che l’articolo 306 del Codice è stato oggetto di una recente modifica da parte del comma 11 dell’articolo 3 del decreto legge95 del 2012[7] (Spending review), finalizzata a semplificare e accelerare le procedure di vendita degli alloggi militari previste ai commi 2 e 3 del medesimo articolo 306.

Attraverso l’inserimento del nuovo comma 4-bis nell’articolo 306 del Codice si è, infatti, previsto che i contratti di compravendita stipulati tra l'Amministrazione della difesa e gli acquirenti producano effetti anticipati dal momento della loro sottoscrizione e siano immediatamente trascrivibili e sottoposti esclusivamente al controllo di gestione successivo della Corte dei conti, anziché a quello ordinario di carattere preventivo.

 

Nella relazione illustrativa del decreto legge l'intervento normativo è stato giustificato in considerazione di alcuni aspetti di criticità e di discrasia, emersi sul piano applicativo nel corso delle procedure di vendita degli alloggi, legate alla sottoposizione dei numerosi decreti di approvazione dei contratti di alienazione all'ordinario controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti -ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera f), della legge 14 gennaio 1994, n. 20 - in quanto provvedimenti di disposizione del patrimonio immobiliare. "Tale fase di controllo preventivo” rilevava il Governo “comporta, infatti, che il contratto di compravendita, cui si riferisce il decreto di approvazione, sia sottoposto alla condizione di efficacia costituita dal vaglio di legittimità della Corte dei conti e si renda, quindi, necessaria la stipula di un secondo atto, nuovamente in forma pubblica con intervento del notaio, per la formalizzazione contrattuale alla quale ricollegare l'effettivo passaggio di proprietà. Questo determina, oltre a un aggravio dei tempi procedimentali per il completamento del passaggio di proprietà, reso ancora più penalizzante dall'alto numero dei contratti da stipulare, anche un significativo costo aggiuntivo per l'acquirente per l'opera professionale aggiuntiva resa dal notaio e soprattutto l'impossibilità per l'interessato di accedere a un mutuo bancario all'atto della prima stipula, giacché in mancanza dell'effettivo passaggio di proprietà non risulta possibile l'iscrizione di ipoteche a carico dell'acquirente".

 

1.2. Il Regolamento per l'attuazione del programma pluriennale

Nel 2010, in attuazione di quanto previsto dal richiamato articolo 297, comma 1, del Codice è stato emanato il decreto ministeriale n. 112 del 18 maggio, relativo al Regolamento per l'attuazione del programma pluriennale per la costruzione, l'acquisto e la ristrutturazione di alloggi di servizio per il personale militare[8].

La richiamata disciplina attuativa è stata successivamente riassettata negli articoli 398 e seguenti del Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare di cui al richiamato decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010[9].

 

Relativamente alle parti del richiamato provvedimento che attengono più direttamente al contenuto delle proposta di legge in esame si segnala che la normativa regolamentare, oltre a disciplinare i procedimenti e le funzioni amministrative relative all’attuazione del piano pluriennale e la costruzione degli alloggi di servizio con lo strumento dei lavori pubblici di cui al Codice degli appalti (Dlgs n. 163 del 2006), ha definito le procedure per l'alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali alle esigenze istituzionali del dicastero.

 

In particolare (articoli 403, 404 e 405 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90), per ogni appartamento sono stati previsti, in successione, i seguenti passaggi procedimentali riguardanti l'accatastamento - gli immobili militari solo raramente sono accatastati - il trasferimento dal demanio al patrimonio disponibile dello Stato, la presentazione di una relazione tecnica propedeutica alla stima, la determinazione del prezzo di vendita, l'acquisizione della valutazione di congruità da parte dell'Agenzia del demanio, la presentazione di una offerta di acquisto da parte dell’interessato e all'eventuale sua accettazione, la verifica del reddito familiare complessivo ai fini della riduzione del prezzo, il rogito notarile e, infine, il decreto di approvazione del contratto di vendita.

 

A sua volta, il comma 5 dell’articolo 403 ha stabilito che la Direzione generale determina, d'intesa con l'Agenzia del demanio, con decreto dirigenziale, entro i termini stabiliti nelle convenzioni di cui all'articolo 1, comma 4, il prezzo di vendita.

 

Al riguardo, nel corso della seduta del 25 aprile 2012 della Commissione difesa della Camera[10], il Governo ha reso noto che “alla luce dell'elevata quantità di unità immobiliari da stimare, circa 3.000, rispetto alle tempistiche previste e in considerazione della dislocazione delle medesime unità nei diversi contesti di tutto il territorio nazionale - particolarità tali da rendere estremamente difficoltosa la stima puntuale del valore di mercato - il dicastero, d'intesa con l'Agenzia del demanio, ha ammesso il ricorso ai dati medi opportunamente elaborati forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio (OMI), riconosciuta fonte di riferimento del settore immobiliare, la quale fornisce in modo capillare per tutto il territorio nazionale le quotazioni di mercato di diverse tipologie immobiliari. Si evidenzia, altresì, che, a monte del processo estimativo, un numero significativo di tali alloggi sarà oggetto di accatastamento preliminare da parte del Ministero della difesa.

Per le unità già accatastate, invece, qualora l'accatastamento sia avvenuto con i criteri precedenti l'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 138 del 1998, verrà effettuato un nuovo accatastamento finalizzato alla rilevazione dello stato di fatto di ogni singola unità immobiliare in termini sia di categoria e classe catastali, sia di superficie catastale, parametro di consistenza utilizzato nello schema di relazione tecnico estimale. Voglio, inoltre, specificare, in merito alla determinazione del valore di alienazione, che il criterio è basato sulle quotazioni fornite dal menzionato Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del territorio, facendo riferimento, in particolare, a un duplice ordine di parametri: il primo si riferisce alla zona di ubicazione dell'unità immobiliare all'epoca della stima e alla tipologia residenziale di riferimento, laddove sono disponibili le relative quotazioni immobiliari; il secondo alla tipologia residenziale di riferimento, ma in altra zona contigua, qualora non siano disponibili le quotazioni immobiliari OMI nella zona in cui è ubicata l'unità immobiliare oggetto di valutazione.

Le rilevazioni OMI dell'Agenzia del territorio vengono effettuate con cadenza trimestrale e semestrale e aggiornano una Banca dati nazionale dei valori del mercato immobiliare. L'utilizzo di tali rilevazioni ai fini del calcolo del prezzo di vendita degli alloggi in argomento è, di per sé, garanzia di piena aderenza dei risultati ottenuti alle quotazioni aggiornate di mercato.

La relativa procedura, da quando cioè l'amministrazione rileva la quotazione OMI a quando viene formalizzata all'interessato la proposta di vendita, prevede naturalmente diversi passaggi. Ciò comporta l'instaurarsi di un iter articolato che vede il coinvolgimento anche di altre amministrazioni dello Stato (Ministero dell'economia e delle finanze e Agenzia del demanio), con la conseguenza di rendere incomprimibili i tempi tecnici necessari alla definizione dell'istruttoria.

È il caso di evidenziare, tuttavia, che al prezzo così determinato viene applicato uno sconto pari al 30 per cento, in quanto si considera l'alloggio come occupato, ancorché dallo stesso acquirente.

Un ultimo accenno riguarda il valore di mercato degli alloggi occupati. Nel caso in cui l'oggetto della valutazione sia un'unità immobiliare occupata, l'amministrazione militare terrà conto di tale stato nella determinazione del più probabile valore di mercato dell'unità attraverso un abbattimento del valore di mercato riferito alla medesima unità considerata libera. Tale abbattimento, che trova la sua ragion d'essere nell'indisponibilità del bene dovuta alla sua occupazione, viene quantificato, come anticipato, nella misura del 30 per cento, così come ordinariamente riscontrabile nell'ambito del mercato immobiliare e anche in linea con la letteratura estimale, nonché con precedenti operazioni di dismissione di immobili residenziali pubblici”.

 

In relazione al tema concernente la determinazione del prezzo di vendita degli alloggi della difesa oggetto di alienazione, si segnala che il Tar del Lazio, con sentenza del 20 settembre 2012, n. 7950/2012 ha annullato l’articolo 404, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 90/2010, laddove pone a carico dei conduttori “l'impegno a sostenere le eventuali spese necessarie per l'accatastamento dell'alloggio”.

La medesima sentenza ha, altresì, impugnato i provvedimenti ministeriali laddove pongono a base della determinazione del prezzo d’acquisto la categoria catastale “Abitazioni di tipo civile” (A2) anziché la categoria catastale “Abitazioni di tipo economico” (A3).

 

La sentenza n. 7950/2012 è integralmente riportato in allegato al presente dossier.

 

1.3. Il l piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa

L'articolo 306 del Codice, riassettando sul punto l’articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (poi abrogato dall'articolo 2268, comma 1, n. 900, del Codice) ha previsto che entro il 31 marzo di ciascun anno, il Ministro della difesa, sentite le competenti Commissioni parlamentari[11], definisce con proprio decreto il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto.

 

I proventi derivanti dalla gestione o dalla vendita del patrimonio alloggiativo sono utilizzati per la realizzazione di nuovi alloggi di servizio e per la manutenzione di quelli esistenti.

 

In relazione al richiamato piano annuale, si segnala che, relativamente all’anno 2009, il parere parlamentare su tale documento è stato espresso dalle Commissioni difesa di Camera e Senato ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 537 del 1993 che prevedeva espressamente il citato passaggio parlamentare .

Viceversa, relativamente al successivo anno 2010, i richiamati pareri parlamentari non sono stati acquisiti e ciò in quanto, il codice dell’ordinamento militare (articolo 306, comma 2) nel frattempo entrato in vigore, nel recepire il contenuto del richiamato articolo 9 dell’articolo 537 del 1993, ometteva di subordinare l’acquisizione del piano al parere parlamentare che è stato, invece, successivamente ripristinato dal decreto legislativo n. 20 del 2012, correttivo del codice dell’ordinamento militare.

A seguito dei tale modifica, nel corso delle sedute del 4 e 24 aprile 2012, le Commissione difesa del Senato e della Camera, si sono espresse sul piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della difesa per gli anni 2010 e 2011.

 

Con riferimento al programma annuale per gli anni 2010 2011, tale documento fa presente che il numero complessivo degli alloggi di servizio facenti parte del patrimonio alloggiativo della difesa è pari a 17.575 unità abitative per il 2010 e 17.514 unità abitative per il 2011.

Gli alloggi di servizio non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione risultano essere nel complesso 3.819, relativamente all'anno 2010 e 3.811 per l'anno 2011. La variazione tra il 2011 ed il 2010 è dunque pari a meno 8 alloggi.

Nel 2010 sono state inserite tra gli alloggi non più utili alle esigenze della difesa 380 unità (con un incremento, rispetto al dato di 308 del 2009, pari a 72 alloggi), mentre, con riferimento al 2011 non è intervenuta alcuna ulteriore individuazione di alloggi non più utili alle esigenze istituzionali.

 

Il medesimo decreto ha definito le soglie di reddito entro le quali gli attuali utenti di alloggi AST (alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari) non aventi più titolo alla concessione, possono mantenere la conduzione dell'alloggio, purché gli utenti e i loro familiari conviventi non siano proprietari di altro alloggio abitabile sul territorio nazionale.

In particolare, il reddito annuo lordo complessivo del nucleo familiare non deve superare la somma, per l'anno 2011, di 40.810,22 euro, incrementata di 1.279,74 euro per ogni familiare a carico oltre il terzo, somma che deve esser comprensiva della variazione percentuale dell'indice ISTAT per gli anni 2010 e 2011; per l'anno 2012, di 41.912,10 euro, incrementata di 1.314,30 per ogni familiare a carico oltre il terzo, somma che deve esser comprensiva della variazione percentuale dell'indice ISTAT per gli anni 2010 e 2011.

Il documento sottoposto all’esame parlamentare ha, poi, precisato che possono inoltre mantenere la conduzione di alloggi delle categorie ASI, (alloggi di servizio connessi con l'incarico), AST (alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari) e ASGC (alloggi di servizio gratuiti per consegnatari e custodi) gli utenti il cui nucleo familiare convivente comprenda un portatore di grave handicap.

Inoltre, si considerano aventi titolo alla concessione dell'alloggio anche i vedovi od altro familiare convivente del personale deceduto, ai quali il Capo di Stato Maggiore di Forza armata abbia concesso la proroga alla conduzione dell'alloggio, ai sensi dell'articolo 332 del Testo unico regolamentare, fatti salvi i termini di tale concessione e finché rimanga inalterato il loro stato civile.

La medesima disciplina trova applicazione anche per quanto concerne gli utenti degli alloggi ASI, che siano vedovi non legalmente separati od altri familiari di primo grado conviventi del personale dipendente deceduto in servizio e per causa di servizio, finché rimanga inalterato il loro stato civile.

2. Il decreto del Ministro della Difesa del 16 marzo 2011 di rideterminazione del canone degli alloggi di servizio

In aderenza a quanto previsto dalla normativa di carattere primario[12], il regolamento n. 112 del 2010, come successivamente riassettato nel decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 ha contemplate tre categorie di alloggi di servizio.

 

La prima categoria, la quale attiene agli alloggi destinati al personale con speciale incarico di servizio, già contemplata dal regolamento di gestione degli alloggi di servizio, adottato con decreto ministeriale n. 88 del 2004[13], include i seguenti alloggi:

 

Ø        ASGC (alloggi di servizio gratuiti per consegnatari e custodi);

Ø        ASIR (alloggi di servizio connessi con l'incarico, con annessi locali di rappresentanza);

Ø        ASI (alloggi di servizio connessi con l'incarico).

 

La seconda categoria, concernente gli alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile, ricomprende i seguenti alloggi:

 

Ø        AST (alloggi di servizio di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari);

Ø        APP (alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale in transito e dei familiari di passaggio);

Ø        SLI (alloggi di servizio per le esigenze logistiche del personale imbarcato e dei familiari di passaggio);

Ø        ASC (alloggi collettivi di servizio).

 

La terza categoria, finalizzata a rispondere a nuove esigenze non disciplinate dal regolamento adottato con il citato decreto ministeriale n. 88 del 2004, riguarda gli alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante il riscatto.

 

I criteri per la determinazione dei canoni di concessione degli alloggi della prima e seconda categoria si prevede siano determinati con decreti del Ministro della difesa adottati di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Per gli alloggi condotti, anche in regime di proroga, da utenti che hanno perso il titolo alla concessione, lo stesso canone, nelle more del rilascio anche a seguito di provvedimento di recupero forzoso, è determinato con decreto del Ministero della difesa adottato di intesa con l'Agenzia del demanio sulla base dei prezzi di libero mercato, tenuto conto dell'ubicazione, della tipologia e della vetustà dell'alloggio.

Con decreto del Ministro della difesa del 16 marzo 2011[14] sono state dettate disposizioni in materia di rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari occupata da utenti senza titolo ai sensi del decretol egge n. 78 del 2010.

 

Tale decreto è stato adottato ai sensi del comma 3-bis dell’articolo 286 del Codice, concernente la determinazione dei canoni degli alloggi di servizio. Tale norma ha recepito il contenuto dell’ articolo 6, comma 21- quater del decreto-legge n. 78 del 2010[15], in materia di rideterminazione del canone degli alloggi di servizio sulla base dei prezzi di mercato. Tale disposizione prevedeva che con decreto del Ministero della difesa di natura non regolamentare, adottato d’intesa con l’Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvedesse alla rideterminazione, a decorrere dal 1° gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della difesa, fermo restando per l’occupante l’obbligo di rilascio entro il termine fissato dall’Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio, del reddito dell’occupante e della durata dell’occupazione. La disposizione disponeva, inoltre, che eventuali  maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal  comma in esame dovessero affluire ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della difesa.

 

Ai sensi dell’articolo 2 del citato decreto, il canone mensile di locazione è determinato dal prodotto del prezzo di mercato, che viene desunto dal calcolo della media aritmetica dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del mercato immobiliare (OMI)-, per un «coefficiente correttivo globale» calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'alloggio e della superficie convenzionale calcolata ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per il «coefficiente correttivo» calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante e del periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo.

Ai fini dell'applicazione del «coefficiente correttivo» si definisce «reddito di riferimento» quello ottenuto dalla somma dei redditi annui lordi di tutti i componenti il nucleo familiare conviventi dell'occupante, come desunti dall'ultima dichiarazione dei redditi presentata alla data della notifica dell'inizio del procedimento di aggiornamento canone. Il «reddito di riferimento» è:

 

a) ridotto:

 

1) di euro 2.500 per ogni familiare convivente a carico;

2) di euro 10.000 per ogni familiare convivente portatore di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

 

b) aumentato per ogni mensilità intera di conduzione dell'alloggio con decorrenza dalla data della perdita del titolo alla conduzione dell'alloggio occupato sino alla data del 31 dicembre 2010, con le seguenti modalità:

 

1) euro 100 se il reddito di riferimento è compreso tra euro 40.000 ed euro 55.000;

2) euro 150 se il reddito di riferimento è compreso tra euro 55.001 ed euro 75.000;

3) euro 200 se il reddito di riferimento è compreso tra euro 75.001 ed euro 90.000;

4) euro 300 se il reddito di riferimento è superiore ad euro 90.001.

 

Il «coefficiente correttivo» per i richiamati «redditi di riferimento», come in precedenza calcolati, è determinato in misura pari a:

 

a) 0,30 per i redditi fino a euro 19.000;

b) 0,40 per i redditi compresi tra euro 19.001 ed euro 30.000;

c) 0,50 per i redditi compresi tra euro 30.001 ed euro 40.200;

d) 0,70 per i redditi compresi tra euro 40.201 ed euro 55.000;

e) 0,80 per i redditi compresi tra euro 55.001 ed euro 75.000;

f)  0,90 per i redditi compresi tra euro 75.001 ed euro 90.000;

g) 0,95 per i redditi compresi tra euro 90.001 ed euro 130.000;

h) 1,00 per i redditi oltre euro 130.000.

 

Ai sensi del comma 5 del decreto in esame sono esclusi dalla procedura di rideterminazione del canone, di cui al comma 4, gli utenti senza titolo che, al 31 dicembre 2010, rientrano nelle categorie cosiddette protette, individuate dal D.M. 23 giugno 2010.

L'aggiornamento del canone di tutti gli alloggi occupati senza titolo è calcolato nella misura intera della variazione annualmente accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati.

 

In data 21 settembre 2011, il Governo, rispondendo in Aula ad un’interrogazione[16] a risposta immediata, ha precisato che “il Ministero della Difesa, in sede di predisposizione del decreto ministeriale per la rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari occupati da utenti senza titolo (D.M. 16 marzo 2011), in attuazione della disciplina primaria che dispone la rideterminazione del canone per tutto il personale non avente titolo sulla base del prezzo di mercato, del reddito e della durata dell’occupazione, ha prestato particolare attenzione alla tutela del personale rientrante nei parametri fissati dal decreto ministeriale annuale citato. In tale quadro, è stata data piena attuazione alla mozione n. 1-00559[17], approvata pressoché unanimemente dall’Assemblea della Camera, nella seduta n. 431 dell’8 febbraio 2011, prevedendo la non applicabilità della rideterminazione agli utenti non aventi titolo con reddito non superiore a euro 40.167,54 per l’anno 2010, incrementato di euro 1259,59 per ogni familiare a carico oltre il terzo, ovvero rientranti, alla data del 31 dicembre 2010, nelle categorie cosiddette protette, individuate dal D.M. 23 giugno 2010.

Per quanto riguarda, invece, l’aggiornamento del canone rideterminato, il Ministero osserva che la misura pari al 75% della variazione accertata dall’ISTAT dell’ammontare dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, citata nell’atto, è prevista dall’articolo 295 del Codice dell’ordinamento militare, ed attiene esclusivamente ai canoni applicati agli utenti cosiddetti “in titolo”, concessionari di alloggio di servizio in esecuzione di idonea concessione; fattispecie quest’ultima evidentemente diversa dalla previsione dell’aggiornamento annuale del canone rideterminato nella percentuale del 100%, che riguarda invece gli alloggi occupati dai “senza titolo”, di cui all’articolo 2, comma 6, del D.M. 16 marzo 2011. La misura di tale adeguamento, peraltro, risulta coerente con quanto previsto dalla norma primaria, a cui il decreto in parola dà attuazione”.

 

 

In relazione al tema in esame si segnala che il Tar del Lazio, con sentenza del 20 settembre 2012, n. 7952/2012 ha annullato gli atti di rideterminazione del canone oggetto der ricorso amministrativo imponendo all’Amministrazione “di riformulare quegli atti dopo adeguata istruttoria, e di esternare con chiarezza tutte le valutazioni alla base della finale e non provvisoria rideterminazione del canone per l’occupazione senza titolo”.

 

La sentenza n. 7952/2012 è integralmente riportata in allegato al presente dossier.


Il contenuto delle proposte di legge

Le proposte di legge in esame trattano - con alcune differenze ma anche con ampie similitudini – la tematica relativa agli alloggi della Difesa con particolare riferimento alla determinazione del prezzo di vendita degli alloggi e alle procedure di dismissione dei richiamati beni immobili.

 

Come in precedenza rilevato (cfr. quadro normativo) la materia è ampiamente disciplinata nel Codice dell'ordinamento militare e nel correlato Testo unico regolamentare, salvo che per quegli elementi che sono invece rimessi alla determinazione dei decreti ministeriali.

 

Al riguardo occorre notare preliminarmente che nessuna delle proposte di legge in esame opera – come invece sarebbe necessario – una novellazione della disciplina codicistica.

Si segnala, inoltre le proposte di legge A.C. 5160, A.C. 5400 e A.C. 5491 fanno riferimento alla normativa vigente in materia di equo canone che, limitatamente alle locazioni abitative (articolo 12 della legge n. 392 del 1978), risulta abrogata dalla legge n. 431 del 1998.

 

La proposta di legge Di Biagio A.C. 5154

La proposta di legge A.C. 5154, composta da cinque articoli, reca disposizioni concernenti, in particolare, le procedure di vendita degli alloggi della difesa.

 

Al riguardo, il comma 1 dell’articolo 1 prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, gli utenti di alloggi di servizio di cui al comma 2, articolo 297 del Codice che sono in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori e che non sono proprietari di un'altra abitazione adeguata alle esigenze del proprio nucleo familiare nel comune di residenza, possono far pervenire alla Direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa una dichiarazione di propensione all'acquisto dell'alloggio in concessione.

 

Come in precedenza rilevato (cfr. quadro normativo), i citati alloggi di servizio, ai sensi del comma 2, articolo 297 del Codice, sono classificati nelle seguenti categorie:

Ø      alloggi da assegnare al personale per il periodo di tempo in cui svolge particolari incarichi di servizio richiedenti la costante presenza del titolare nella sede di servizio;

Ø      alloggi da assegnare per una durata determinata e rinnovabile in ragione delle esigenze di mobilità e abitative;

Ø      alloggi da assegnare con possibilità di opzione di acquisto mediante riscatto.

A su volta, il successivo comma 2, stabilisce che il Ministro della difesa emani uno o più decreti, recanti norme per la vendita diretta agli utenti, anche con titolo di concessione scaduto o ai loro coniugi superstiti non legalmente separati o divorziati, di un primo lotto di alloggi di servizio, in numero non inferiore a tremila unità, per i quali ha ricevuto la dichiarazione di propensione all'acquisto di cui la precedente comma.

 

Su questo specifico punto, come di seguito illustrato:

Ø      le proposte A.C. 5160 e 5400 fissano un numero non inferiore a 4.000 unità;

Ø      la proposta A.C.5491 non fissa un numero minimo, ma prevede l’alienazione dei soli immobili ritenuti non più utili alle esigenze della Difesa e quindi rientranti nel patrimonio disponibile dello Stato.

 

Lo stato degli alloggi oggetto di alienazione deve essere conforme alla normativa vigente in materia di abitabilità (comma 3).

 

Per quanto riguarda la determinazione del valore dell’immobile e la conseguente fissazione del prezzo di vendita, il comma 4, attraverso il rinvio all'articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6, del decreto legislativo n. 504 del 1992, pone come base di riferimento per la definizione del prezzo il valore dell’immobile calcolato ai fini dell’ICI.

Nel caso in cui la vendita abbia ad oggetto interi stabili composti da almeno tre unità immobiliari in un’unica soluzione (attraverso un unico mandato collettivo), il prezzo di vendita è risultante dal valore dell'immobile ridotto del 40 per cento, ovvero del 50 per cento.

 

Infine, il comma 5fissa il termine per il perfezionamento degli atti di vendita, pari a diciotto mesi che decorrono dalla data di emanazione del decreto ministeriale che ne autorizza la vendita. Al riguardo, si opera un rinvio alle modalità ed alle procedure fissate dal decreto-legge 351 del 2001 in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico (comma 5)

 

In relazione al citato richiamo normativo, al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, appare opportuno circoscrivere l’ambito specifico di riferimento della norma alle sole disposizioni realmente applicabili alla procedura oggetto del provvedimento in esame.

 

Al riguardo, si osserva, infatti, che il citato decreto n. 351, al Capo I, reca una disciplina molto articolata e complessa: l’articolo 3, rubricato “modalità di cessione degli immobili” disciplina ad esempio il loro trasferimento a titolo oneroso a società di cartolarizzazione ed i criteri di fissazione del prezzo iniziale e dell'eventuale residuo, il riconoscimento in favore dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale del diritto di opzione per l'acquisto, nonché il diritto di prelazione, ma solo per il caso di vendita degli immobili ad un prezzo inferiore a quello di esercizio dell'opzione.

 

Il comma unico dell’articolo 2 reca, invece, alcune clausole di salvaguardia, prevedendo che gli utenti degli alloggi di servizio di cui precedente articolo 1, che hanno un reddito familiare non superiore a quello annualmente stabilito dagli articoli 286 e 306 del Codice (cfr. quadro normativo ), o nel caso in cui nel nucleo familiare ci sia un soggetto disabile e che non intendono acquistare l'alloggio in cui vivono, possono conservarne l'uso, con applicazione del medesimo canone di concessione.

 

Su questo punto la proposta A.C. 5491 assicura, per gli utenti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente, che si trovino nelle condizioni di cui agli articoli 286 e 306 del codice il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio fino al permanere dei requisiti stessi, alle medesime condizioni precedentemente praticate.

 

L’articolo 3 dispone che, sino al completamento del piano di vendite di cui al precedente articolo 1, siano sospese tutte le azioni finalizzate al rilascio forzoso dell'alloggio di servizio da parte degli utenti che sono in regola con il pagamento dei canoni e degli oneri accessori.

 

Il successivo articolo 4 prevede che, entro il 30 settembre di ciascun anno, il Ministro della difesa trasmetta alle Camere una relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni della presente legge, mentre ai sensi dell’articolo 5 gli introiti provenienti dall'alienazione degli alloggi oggetto delle presente proposta di legge siano devoluti all'entrata del bilancio dello Stato   successivamente riassegnati a un'apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della difesa.

 

La proposta di legge Biancofiore A.C. 5160

L’articolo 1 della proposta di legge A.C. 5160, al comma 1, reca disposizioni in merito alla determinazione del prezzo di vendita degli immobili della difesa, con la finalità di agevolare la realizzazione del piano pluriennale di dismissione del patrimonio alloggiativo non più utili alle esigenze della Difesa (cfr. quadro normativo).

 

Al riguardo, analogamente a quanto previsto dalla proposta di legge A.C. 5461, si prevede che:

 

Ø      il prezzo degli alloggi, determinato d’intesa con l’Agenzia del Demanio, è ridotto nella misura del 30 per cento;

Ø      il numero degli alloggi da alienare non può essere inferiore a quattro mila unità.

 

Ai sensi dell’articolo 306 del Codice, il prezzo di vendita degli alloggi è determinato d’intesa con l’Agenzia del demanio. Per l’analisi della relativa disciplina si rinvia al precedente paragrafo relativo al quadro normativo.

 

L’articolo 2 reca disposizioni riguardanti la rideterminazione dei canoni per i conduttori degli alloggi di servizio.

 

Nello specifico, con particolare riferimento agli aventi titolo alla concessione che utilizzano alloggi di servizio connessi all'incarico con o senza annessi locali di rappresentanza (ASIR-ASI) e di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari (AST), il comma 1 della disposizione in esame fissa il principio generale in base al quale il canone non deve essere inferiore a quello derivante dall’applicazione delle disposizioni sull’equo canone.

 

Su questo specifico punto la proposta A.C. 5491prevede che il canone non sia superiore a quello derivante dall’applicazione delle disposizioni sull’equo canone.

 

Per quanto riguarda, invece, la rideterminazione dei canoni per gli utenti non aventi titolo alla concessione all’alloggio (conduttori sine titulo),il comma 2 dell’articolo 2, con formulazione analoga al comma 1 dell’articolo 2 della proposta di legge A.C. 5400, dispone che il medesimo canone, determinato dal Ministero della difesa ai sensi dell’articolo 286, comma 3-bis del Codice, venga fissato in misura non superiore al 100% di quello risultante dalla normativa sull'equo canone.

 

In relazione alla disposizione in esame, al fine di evitare possibili dubbi interpretativi, andrebbe chiarito se il criterio di calcolo contemplato da tale comma si riferisca alla sola maggiorazione del canone da applicare agli utenti non aventi titolo alla concessione dell'alloggio, contemplata dal comma 3- bis dell’articolo 286 del Codice, ovvero, più in generale, alla determinazione del canone per gli utenti non aventi titolo alla concessione.

Nel primo caso, andrebbe, inoltre, chiarito se la disposizione in esame debba intendersi come novella del comma 3-bis dell’articolo 286 del Codice introducendo un nuovo criterio di calcolo della maggiorazione del canone da applicare agli utenti non aventi titolo alla concessione dell'alloggio.

 

Al riguardo, si ricorda, che l’attuale disciplina prevede, all’articolo 286, comma 3 che agli utenti non aventi titolo alla concessione dell'alloggio, sia applicato un canone pari a quello risultante dalla normativa sull'equo canone maggiorato del 20% per un reddito annuo lordo complessivo del nucleo familiare fino a euro 30.987,00, ovvero del 50% oltre tale soglia di reddito.Come noto, con il decreto-legge 78/2010 è stato introdotto nell’articolo 286 il comma 3-bis, cui le proposte in esame si riferiscono. Esso disciplina la rideterminazione del canone di occupazione, a decorrere dalla data di notifica del provvedimento amministrativo di rideterminazione del canone stesso. In attuazione della citata norma, la maggiorazione del canone avviene sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio, del reddito dell'occupante e della durata dell'occupazione.

I criteri applicativi della norma sono stati adottati con il decreto ministeriale 16 marzo 2011 (cfr. quadro normativo).

 

 

Da ultimo, con riferimento agli utenti, che si trovano nelle condizionieventualmente previste ogni anno dal decreto ministeriale di cui all’articolo 306, comma 2 (ovvero al di sotto della soglia di reddito predeterminata), il comma 3 prevede l’applicazione di un canone pari a quello risultante dalla normativa sull'equo canone senza maggiorazioni.

 

Identica disposizione è prevista dal comma 2 della proposta di legge A.C. 5400. La proposta A.C. 5491 prevede, invece l’applicazione del canone risultante dall’applicazione della normativa sull'equo canone maggiorato del 10%.

 

L’articolo 3 prevede che il diritto di opzione di acquisto dell'usufrutto sia esercitato dal conduttore dell'alloggio, in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente, in solido con il coniuge convivente senza soluzione di continuità, mantenendo inalterato il canone da corrispondere in misura non superiore al 20% del reddito mensile in godimento.

 

Su questo punto la proposta A.C. 5491 si differenzia in quanto contempla la facoltà di rateizzo mensile dello stesso importo del canone precedentemente corrisposto e, comunque pari al 20% del reddito mensile netto dell’usufruttuario.

 

In relazione alla disposizione in esame si ricorda che il valore dell’usufrutto è determinato dalla Direzione generale dei lavori e del demanio, in base al canone di conduzione e alla aspettativa di vita dei conduttori acquirenti (articolo 403, del Regolamento).

La disciplina attuale – recata nel regolamento in attuazione dell’articolo 306 del Codice - assicura tale diritto ai conduttori ultrassessantacinquenni e quelli nel cui nucleo familiare siano compresi soggetti conviventi, legati da rapporto di coniugio o di parentela in linea retta, portatori di handicap. Ai conduttori ultrasessantacinquenni con reddito familiare lordo non superiore alla soglia fissata nel decreto ministeriale (pari, per l’anno 2012 a 41.912,10 €, somma incrementata di 1.314,30 per ogni familiare a carico oltre il terzo), è data facoltà di rateizzare il relativo corrispettivo in rate mensili di importo non superiore al 20 per cento del reddito mensile (articolo 404 del regolamento, comma 4, lettera a)).

Conseguentemente, le proposte di legge A.C.5160 e a.C.5491, innovano l’ordinamento vigente nella parte in cui si fissa un duplice tetto all’importo del canone: da un lato il canone non può essere superiore a quello corrisposto precedentemente all’acquisto; dall’altro lato esso non può in ogni caso superare il 20% del reddito mensile.

Inoltre, la proposta A.C. 5491 assicura la suddetta facoltà a tutti i conduttori di alloggi di servizio posti in vendita, indipendentemente dall’età, dalla situazione familiare e dal reddito.

 

La proposta di legge Rugghia A.C. 5400

La proposta A.C. 5400, composta da due articoli, reca disposizioni riguardanti la determinazione del prezzo di vendita degli immobili della difesa (articolo 1) e la rideterminazione dei canoni per i conduttori degli alloggi di servizio (articolo 2).

Nello specifico, ai sensi del comma 1 dell’articolo 1, come in precedenza rilevato, il prezzo degli alloggi, determinato d’intesa con l’Agenzia del Demanio, è ridotto nella misura del 30 per cento. Il numero degli alloggi da alienare non può essere inferiore a quattro mila unità.

 

L’articolo 2 reca disposizioni riguardanti la rideterminazione dei canoni per i gli utenti non aventi titolo alla concessione all’alloggio (conduttori sine titulo)e per gli utenti al di sotto della soglia di reddito predeterminata dal decreto ministeriale di cui all’articolo 306, comma 2.

 

Al riguardo, con riferimento alla prima di queste due fattispecie, analogamente a quanto previsto dalla proposta di legge A.C. 5160, il comma 1 dell’articolo 2 dispone che il canone di occupazione determinato dal Ministero della difesa ai sensi dell’articolo 286, comma 3-bis del Codice, deve essere determinato in misura non superiore al 100% del canone derivante dall’applicazione della normativa sull'equo canone.

 

In relazione a tale comma si veda l’osservazione formulata in merito alla  medesima disposizione contenuta nella proposta di legge A.C. 5160.

 

Con riferimento agli utenti che si trovano nelle condizionieventualmente previste ogni anno dal decreto ministeriale di cui all’articolo 306, comma 2 (ovvero al di sotto della soglia di reddito predeterminata), il comma 2 prevede, invece, l’applicazione di un canone pari a quello risultante dalla normativa sull'equo canone senza maggiorazioni (analogamente a quanto previsto dalla proposta di legge A.C. 5160).

 

La proposta di legge Bosi A.C. 5491

La proposta A.C. 5491, composta da quattro articoli, reca disposizioni riguardanti la determinazione del prezzo di vendita degli immobili della difesa (articolo 1) la rideterminazione dei canoni per i conduttori degli alloggi di servizio (articolo 3), i criteri di acquisto dell’usufrutto (articolo 3) e la permanenza negli alloggi per gli appartenenti alle categorie protette ((articolo 4).

 

Per quanto riguarda la determinazione del prezzo di vendita degli immobili della difesa, come già rilevato, l’articolo 1 della proposta di legge prevede che il prezzo dei richiamati immobili, determinato d’intesa con l’Agenzia del Demanio, è ridotto nella misura del 30 per cento.

 

A differenza delle altre proposte di legge, la proposta A.C. 5491 non fissa un numero minimo di immobili da alienare, ma prevede l’alienazione dei soli immobili ritenuti non più utili alle esigenze della Difesa e quindi rientranti nel patrimonio disponibile dello Stato.

 

L’articolo 2 reca disposizioni riguardanti la rideterminazione dei canoni per i conduttori degli alloggi di servizio.

 

Nello specifico, con particolare riferimento agli aventi titolo alla concessione che utilizzano alloggi di servizio connessi all'incarico con o senza annessi locali di rappresentanza (ASIR-ASI) e di temporanea sistemazione per le famiglie dei militari (AST), il comma 1 della disposizione in esame fissa il principio generale in base al quale il canone non deve essere superiore a quello derivante dall’applicazione delle disposizioni sull’equo canone.

 

Al riguardo, si segnala che per la proposta di legge A.C. 5160 tale canone non deve essere inferiore a quello derivante dall’applicazione delledisposizioni in materia di equo canone.

 

 

Il successivo comma 2, specifica, poi, che il criterio da adottare nella determinazione dei canoni di concessione è quello risultante dall’applicazione delle disposizioni in materia di equo canone per tutte le concessione di alloggi costituenti il patrimonio abitativo della difesa.

 

Con riferimento, invece, agli utenti, che si trovano nelle condizionieventualmente previste ogni anno dal decreto ministeriale di cui all’articolo 306, comma 2 (ovvero al di sotto della soglia di reddito predeterminata), il comma 3 prevede l’applicazione del canone risultante dall’applicazione della normativa sull'equo canone, con una maggiorazione del 10%.

 

Da ultimo, per gli aggiornamenti successivi dei canoni, il comma 4 prevede l’applicazione di un canone pari al 75 per cento della variazione accertata dall'Istituto nazionale di statistica dell'ammontare dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e impiegati verificatesi nell'anno precedente.

 

Per quanto riguarda, invece, la rideterminazione dei criteri di acquisto dell’usufrutto, come precedentemente rilevato (cfr. commento alla proposta di legge A.C. 5160), l’articolo 3 prevede che il diritto di opzione di acquisto dell'usufrutto sia esercitato dal conduttore dell'alloggio, in solido con il coniuge convivente senza soluzione di continuità, con facoltà di rateizzo mensile dello stesso importo del canone precedentemente corrisposto e, comunque pari al 20% del reddito mensile netto dell’usufruttuario.

 

Da ultimo, l’articolo 4 è finalizzato ad assicurare agli utenti in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente, che si trovino nelle condizioni di cui agli articoli 286 e 306 del codice il diritto alla continuità nella conduzione dell'alloggio fino al permanere dei requisiti stessi, alle medesime condizioni precedentemente praticate.

 

 


Giurisprudenza

 


TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO,

SENTENZA N. 7950/2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1914 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da Immacolata Dessi', Paolo Di Bella, Giuseppe Eremita, Colombo Fioretti, Domenico Gallo, Guido Gamba, Domenico Greco, Andrea Grasso, Carmela Grimaldi, Addolorata Letizia, Carmela Letizia, Roberto Marrocco, Valerio Massa, Vincenzo Mastroianni, Roberto Miele, Alberto Muscas, Stefano Orefice, Gabriele Petriccione, Domenico Piccolomo, Remo Raimondi, Armando Salvatori, Paolo Scordo, Annamaria Sugamosti, Vito Tino, Giorgio Zucchelli, rappresentati e difesi dall'avv. Nicola Ciconte e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Cola di Rienzo 212;

contro

il Ministero della Difesa, l’Agenzia del Demanio, l’Agenzia del Territorio, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l'annullamento

a) degli articoli 404 405 del D. P. R. 15 marzo 2010, n. 90 (“Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 1246”);

b) del capo II del decreto del Ministro della Difesa 18 maggio 2010 recante “Procedure per l’alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle Forze armate ai sensi dell’articolo 2, comma 628, lettera b), della legge 24 dicembre 2007, n. 244”;

c) della nota dell’Agenzia del Demanio del 4 marzo 2011 prot. n. 2011/7129 e della “Bozza definitiva dello schema di Relazione tecnico-estimativa finalizzata alla determinazione del prezzo di vendita degli alloggi oggetto di alienazione”, con la stessa trasmessa;

d) della nota dell’Agenzia del Demanio-Direzione Area operativa del 7 dicembre 2011, prot. n. 2011/38641/DAO, e della “Bozza definitiva del documento finalizzato alla determinazione del valore dell’usufrutto, della nuda proprietà e del valore di mercato degli alloggi occupati del Ministero della Difesa oggetto di alienazione”;

e) dell’atto di costituzione del 21 luglio 2011 n. 10208. 1/2011 prot. n. RM 0865464 e della conseguente validazione ex decreto ministeriale n. 701/94 di cui alla variazione del classamento, relativi alla procedura di accatastamento degli immobili occupati dagli odierni ricorrenti;

f) dei provvedimenti individuali del Ministero della Difesa - Direzione generale dei lavori e del demanio - Ufficio generale dismissione immobili, tutti datati 15 febbraio 2012 e notificati rispettivamente a ciascuno dei ricorrenti;

g) dei decreti dirigenziali della Direzione generale dei lavori e del demanio, d’intesa con l’Agenzia del Demanio specificati nell’epigrafe del ricorso e datati 24 gennaio 2012, nonché dei verbali di valutazione estimativa e delle Relazioni tecnico-descrittive agli stessi presupposti;

h) di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 13 giugno 2012 il cons. Giancarlo Luttazi;

Difese come specificato in verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. - I ricorrenti prospettano quanto segue.

Essi risiedono in alloggi di servizio del Ministero della Difesa inseriti nell’elenco degli immobili da alienare pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 70 del 26 marzo 2011.

Il Ministero della Difesa - Direzione generale dei lavori e del demanio, con i provvedimenti individuali datati 15 febbraio 2012 indicati in epigrafe, ha comunicato ai ricorrenti l’offerta di acquisto dell’alloggio da ciascuno di essi occupato, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 404, comma 2, del D. P. R. 15 marzo 2010, n. 90.

Rilevano i ricorrenti di essere interessati ad esercitare i diritti di cui alle suddette comunicazioni individuali, ma ad un prezzo congruo e specificamente determinato nel suo ammontare, e propongono per questo il presente gravame, ritenendo i provvedimenti in epigrafe illegittimi.

I motivi del ricorso introduttivo sono i seguenti.

1) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione degli artt. 1325, 1326 e 1346 del codice civile Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Violazione e falsa applicazione dell’articolo 404, comma 2, del D. P. R. 15 marzo 2010, n. 90 nonché dell’art. 7, comma 2, del D.M. 18 maggio 2010. Difetto di presupposti legali.. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Quanto comunicato ai ricorrenti non può ritenersi propriamente un’offerta di acquisto giacché non contiene in sé gli elementi essenziali necessari al destinatario per il pieno e legittimo esercizio del diritto di prelazione: non viene indicato il prezzo effettivo di vendita bensì il prezzo pieno degli alloggi al lordo degli sconti cui il conduttore potrebbe avere diritto. Precisamente, nella lettera di vendita, il Ministero indica “il prezzo di vendita della piena proprietà”, limitandosi a rappresentare che “relativamente al solo prezzo di vendita sono applicabili le riduzioni previste dall’articolo 404 del D. P. R. n. 90 del 15 marzo 2010”.

2) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione e falsa applicazione della legge 75/93, del D.P.R. 605/73, del d. l.16/93, D.P.R.650/72 e del D.M. 701/94. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Il prezzo di vendita di cui alle proposte inviate agli odierni ricorrenti non rappresenta il reale valore di mercato degli alloggi ed è stato determinato utilizzando valutazioni e dati non corrispondenti alle reali caratteristiche degli stessi: per la determinazione del prezzo avrebbero dovuto correttamente prendersi in considerazione le quotazioni OMI (Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del Territorio) relative ad “Abitazioni di tipo economico” (A3) e non quotazioni relative ad “Abitazioni civili” (A2).

3) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione e falsa applicazione dell’art. 403, comma 5, del D.P.R. 90/10 e dell’art. 6, comma 5, del D.M. 18 maggio 2010. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Per calcolare il prezzo di vendita degli alloggi sono state utilizzate le quotazioni OMI relative alla fascia suburbana Ostia Ponente (via dell'Idroscalo. In realtà la ubicazione degli alloggi (via delle Baleari n. 3, e di gran lunga più vicina a via Capitan Casella e al territorio di Ostia Levante, le cui quotazioni. sono inferiori a quelle calcolate negli atti impugnati.

4) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione e falsa applicazione dell’art. 404, comma 5, del D.P.R. 90/10 e dell’art. 7, comma 5, del D.M. 18 maggio 2010. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Illegittimamente la lettera contenente l'offerta di acquisto chiede ad ognuno dei destinatari una caparra pari al 10% del prezzo lordo anziché del prezzo risultante dalla riduzione cui l'interessato ha diritto. Ciò viola l'articolo 404 citato, comma 5.

5) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Il citato articolo 404, comma 5, prevede, alla lettera c), che il conduttore, entro 60 giorni dal ricevimento dell’offerta di acquisto, debba comunicare, oltre all'adesione alla proposta, anche "l'impegno a sostenere le eventuali spese necessarie per l'accatastamento dell'alloggio". La citata disposizione e, conseguentemente, le proposte di acquisto sono illegittimi sul punto; sia perché la delega di cui all'articolo 2, comma 628,della legge n. 244/2007 non contiene alcuna indicazione che consenta ciò, sia perché la legislazione vigente pone l'accatastamento e le spese connesse a carico di chi abbia sull'immobile un diritto reale, cioè, nel caso di specie (trattandosi di concessioni e non di locazioni), all'Amministrazione.

6) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Le offerte di acquisto sono illegittime laddove prevedono (capo 3.1, ultimo alinea) tra i requisiti per l'esercizio del diritto di prelazione o del diritto di opzione che “il conduttore e gli altri membri conviventi del nucleo familiare non siano proprietari di altra abitazione adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella comune di residenza". Ciò in quanto sia l’art. 2, comma 628, della legge n. 244/2007, sia l’art. 404, comma 1, del P. R. n. 90/2010, sia l’art. 7, comma 1,del decreto ministeriale 8 maggio 2010 prevedono invece quel diritto di prelazione “per il conduttore e, in caso di mancato esercizio da parte dello stesso, per il personale militare e civile del Ministero della Difesa non proprietario di altra abitazione nella provincia", così imponendo quel requisito di non essere “proprietari di altra abitazione adeguata alle esigenze del nucleo familiare nella comune di residenza”soltanto, “, in caso di mancato esercizio da parte dello stesso, per il personale militare e civile del Ministero della Difesa”, così escludendo dalla restrizione il conduttore. Invero sia il citato articolo 404, comma 1, del P. R. n. 90/2010, sia il citato articolo 7, comma 1,del decreto ministeriale 8 maggio 2010 prevedono anche che il conduttore avente diritto alla prelazione sia quello “individuato dall'articolo 3, comma 6, del decreto-legge n. 351 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 410 del 2001 e successive modificazioni”, così introducendo la restrizione cui contestata(citato articolo 3, comma 6, secondo periodo del decreto-legge n. 351 del 2001 …..… Sono inoltre riconosciuti i diritti dei conduttori delle unità immobiliari ad uso residenziale purché essi o gli altri membri conviventi del nucleo familiare non siano proprietari di altra abitazione adeguata alle esigenze del nucleo familiare nel comune di residenza”), ma è anche vero che queste disposizioni regolamentari appaiono illegittime per violazione della delega contenuta nel citato articolo 2, comma 628, della legge n. 244/2007.

7) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

L'articolo 403, comma 6, del D.P.R. n. 90/2010, nonché l'articolo 6, comma 6, del decreto ministeriale 18 maggio 2010 prevedono che il Ministero della Difesa, al fine di agevolare le attività di compravendita degli alloggi, può stipulare apposite convenzioni con primari istituti di credito finalizzate alla concessione di mutui con tassi convenzionati e al rilascio di garanzie fideiussorie, e nelle offerte di acquisto (al punto 4) si dà atto di ciò e si invitano gli interessati a contattare gli istituti di credito segnalati. Però i ricorrenti, recatisi presso quegli istituti bancari e finanziari, hanno appreso che non risulta stipulata alcuna convenzione a favore del personale della Difesa per l'acquisto di proprietà immobiliari. Ciò vizia l'intero procedimento amministrativo. Inoltre in questo modo i destinatari dell'offerta di acquisto vengono illegittimamente e falsamente indotti in errore.

8) Violazione dell’art. 14 della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di presupposti legali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti. Perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Il D.P.R. 15-3-2010 n. 90 è stato emanato in attuazione della delega prevista dalla legge 28 novembre 2005, n. 246 e, in particolare, dall'art. 14, comma 14, così come sostituito dall'art. 4, comma 1, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69, con il quale è stata conferita al Governo la delega ad adottare, con le modalità di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, secondo i principi e criteri direttivi fissati nello stesso comma 14, dalla lettera a) alla lettera h). Ma gli articoli 403, 40 4.04 05 del D.P.R. 90 raccolgono disposizioni che non risultano contenute in alcun regolamento precedentemente in vigore.

9) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Errore dei presupposti e travisamento di fatto. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

L'articolo 2, comma 628, della legge n. 244/2007 prevede che ai fini della riduzione del prezzo di acquisto debba tenersi conto, tra l'altro, non già della durata dell'occupazione senza titolo ma solo della perdita o meno del titolo. Invece l'articolo 404, comma 11 del D.P.R. 90/2010 e il decreto ministeriale 18 maggio 2010, articolo 7, comma 11, stabiliscono che il reddito di riferimento da determinare per calcolare, successivamente, la percentuale di riduzione di cui al comma 6, è aumentato al conduttore senza titolo di un importo pari a € 200 e € 300, a seconda del reddito, “per ogni mensilità intera di conduzione dell'alloggio per il quale è esercitata l'opzione di acquisto".

10) Violazione dell’art. 2, comma 628, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Errore dei presupposti e travisamento di fatto. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

Il meccanismo elaborato dal Ministero della Difesa è viziato da irragionevolezza, illogicità e ingiustizia laddove somma al reddito di riferimento un importo predeterminato (variabile da 200 € 300 in funzione del reddito) per ciascuna mensilità di occupazione senza titolo.

2. - Le Amministrazioni intimate si sono costituite.

Con motivi aggiunti - in atti dal 30/04/12 e proposti in esito ad accesso agli atti presso la Direzione generale dei lavori e del demanio, in data 27 marzo 2012, sui documenti relativi alla determinazione del prezzo di vendita degli alloggi; nonché presso l'Agenzia del Territorio, in data 23 marzo 2012, sulla documentazione relativa all'accatastamento - i ricorrenti hanno impugnato i medesimi atti impugnati con il ricorso introduttivo.

I motivi aggiunti, allegando Perizia di consulente:

- lamentano che dall'esame della documentazione sopra indicata è emerso che il prezzo proposto ad ognuno dei ricorrenti risulta del tutto errato ed esponenzialmente alto in ragione, sostanzialmente, di 3 elementi: 1) errato accatastamento come A/2, anziché come A/3, degli alloggi (così ribadendo e integrando il secondo motivo di ricorso; 2) errata valorizzazione dei coefficienti K; 3) errato calcolo delle superfici convenzionali;

- ribadiscono l'assunto del settimo motivo del ricorso introduttivo, ribadendo che, dopo formale richiesta scritta a tutti gli istituti bancari indicati dall'Amministrazione, con lettere raccomandate del 15 febbraio, tutti gli istituti hanno negato, telefonicamente o per iscritto l'esistenza di tali convenzioni.

In data 19/05/12 l’Amministrazione ha depositato una memoria (autoqualificatasi “memoria difensiva unica” perché redatta in unico testo per il presente ricorso e per altri ricorsi ad esso analoghi). La memoria ha eccepito l’inammissibilità del ricorso sotto vari profili (tardiva impugnazione del D. P. R. 15 marzo 2010, n. 90; inammissibilità di varie censure perché collettive; difetto di giurisdizione quanto alla impugnativa delle “lettere di vendita”; difetto di giurisdizione quanto alla impugnativa della categoria catastale posta a base della determinazione del prezzo d’acquisto) e la sua infondatezza nel merito.

In data 01/06/12 parte ricorrente ha depositato una memoria di replica, resistendo ai rilievi erariali e rinunciando ai motivi 6), 9) e 10 del ricorso introduttivo.

Con il ricorso e con i motivi aggiunti, nonché in data 07/06/12, parte ricorrente ha depositato documenti.

Essa ha altresì depositato, all’udienza del 13 giugno 2012, precedenti giurisprudenziali.

Nella medesima udienza pubblica del 13 giugno 2012 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

1.0 - Il deposito effettuato da parte ricorrente in data 07/06/12 è tardivo, perché oltre il termine di 40 giorni liberi anteriori all’udienza (imposto dall’art. 73, comma 1, del codice del processo amministrativo), ancorché dimezzato a 20 giorni ai sensi dell’art. 119, commi 1, lettera c), e 2, del codice del processo amministrativo.

Il Collegio prende poi atto della rinuncia, formulata nella memoria di replica di parte ricorrente, ai motivi 6), 9) e 10 del ricorso introduttivo.

Le eccezioni preliminari dell’Amministrazione vanno disattese.

In particolare:

- la tardiva impugnazione del D. P. R. 15 marzo 2010, n. 90 va esclusa in applicazione del noto principio generale che ammette l’impugnativa dell’atto regolamentare unitamente al suo provvedimento applicativo qualora, come nella fattispecie, l’atto regolamentare non reca clausole immediatamente e concretamente lesive, ma abbisogni della complessa attività di valutazione e attuativa contestata in gravame;

- l’eccezione di inammissibilità di varie censure perché collettive deve essere respinta perché trattasi di censure di carattere generale e riconducibili indistintamente a tutti i ricorrenti, sicché si può ragionevolmente considerare la loro pluralità come un’unica parte processuale, seppur soggettivamente complessa (vedi la medesima sentenza del T.a.r. del Lazio n. 3119/2010 richiamata dalla difesa erariale);

- il difetto di giurisdizione quanto alla impugnativa delle “lettere di vendita” va escluso perché quella impugnativa rientra pienamente nella previsione dell’articolo 7, comma 1, del codice del processo amministrativo (secondo cui “sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”), posto che quelle lettere costituiscono, allo stato degli atti, l’esplicitazione finale dell’esercizio di potere amministrativo esercitato dagli organi dell’Amministrazione (anche con spendita di discrezionalità tecnica) con tutti gli altri atti indicati nell’epigrafe del presente ricorso;

- il difetto di giurisdizione quanto alla impugnativa della categoria catastale posta a base della determinazione del prezzo d’acquisto va respinta perché, come pure recentemente ritenuto dalla suprema Corte di cassazione in fattispecie assimilabile alla presente (impugnazione proposta da un Comune avverso provvedimenti di classamento di alcuni immobili nel gruppo "E” come aventi particolari destinazioni pubbliche, sì da comportare esenzione dall'I.C.I.) spetta alla giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo l'impugnazione proposta avverso il provvedimento di classamento di un immobile emesso dall'Agenzia del Territorio, qualora - come nella fattispecie - si denuncino i vizi tipici alla cognizione di quel giudice (v. Cassazione civile, Sez. un., 19 gennaio 2010, n. 675, richiamata anche dai ricorrenti). Va inoltre considerato che la qualificazione catastale non viene qui in rilievo per fini fiscali ma in funzione di un interesse diverso, quale quello alla corretta determinazione del prezzo dell’immobile in applicazione di una specifica normativa di settore.

Nel merito il gravame è fondato in parte.

1.1.0 – E’ prioritario l’esame delle censure contro il D. P. R. 15 marzo 2010, n. 90, poiché esso è giuridico presupposto degli altri atti impugnati.

1.1.1 - L’ottavo motivo di ricorso sostiene che il D.P.R. 15-3-2010, n. 90 (“Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246”) ha violato una delega del legislatore.

In particolare, il ricorso rileva che quel Regolamento ha violato la delega al Governo prevista dalla legge 28 novembre 2005, n. 246 [e, in particolare, dall'art. 14, comma 14, della legge così come sostituito dall'art. 4, comma 1, lettera a), della legge 18 giugno 2009, n. 69], ad adottare, con le modalità di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, secondo i principi e criteri direttivi fissati nello stesso comma 14, dalla lettera a) alla lettera h) (n.d.r.: v., quanto alle norme regolamentari, il comma 3 bis del citato art. 20, aggiunto dall'art. 1 della citata legge n. 246/2005): gli articoli 403, 404 e 405 del D.P.R. n. 90/2010 raccoglierebbero disposizioni che non risultano contenute in alcun regolamento precedentemente in vigore.

Precisano i ricorrenti che le disposizioni contenute negli articoli citati si rinvengono, testualmente, nel decreto ministeriale 18 maggio 2010, pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 20 luglio 2010 ed in vigore dal 18 settembre 2010; e rileva che poiché quel decreto 18 maggio 2010 è entrato vigore successivamente al D.P.R. n. 90/2010 resta dimostrato che quest'ultimo, violando la citata delega del legislatore, reca disposizioni non contenute in un regolamento precedentemente in vigore.

Il rilievo non è fondato.

I contestati articoli 403, 404 e 405 del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 (peraltro entrato in vigore in data 8 ottobre 2010 ai sensi dell’art. 2272 del “Codice dell’ordinamento militare” di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e dunque successivamente alla entrata in vigore del citato decreto ministeriale 18 maggio 2010), concretano una specifica Sezione del Testo regolamentare, espressamente dedicata alle “Procedure per l’alienazione degli alloggi di servizio non più funzionali ai fini istituzionali delle Forze armate”, e recano dettagliate disposizioni in materia di: individuazione degli alloggi da alienare (art. 403), criteri di vendita (art. 404), vendita con il sistema d’asta (art. 405).

Essi (col D.P.R. n. 90/2010 in cui sono inseriti e col citato “Codice dell’ordinamento militare”, pure entrato in vigore in data 8 ottobre 2010: v. il citato art. 2272) subentrano a un quadro normativo di settore risalente e assai articolato quanto a materia, disciplina procedimentale e decorrenze.

In proposito sono degne di nota le seguenti anteriori fonti normative (di legge e regolamentari):

- l’art. 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (poi abrogato dall'art. 2268, comma 1, n. 900, del citato “Codice dell’ordinamento militare”), il quale imponeva che, entro il 31 marzo di ciascun anno, il Ministro della Difesa, sentite le competenti Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, definisse con proprio decreto il piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della Difesa, con l'indicazione dell'entità, dell'utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché degli alloggi non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell'Amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto, con indicazione altresì dei requisiti sulla base dei quali gli utenti degli alloggi di servizio, ancorché si trattasse di personale in quiescenza o di vedove non legalmente separate né divorziate, potessero mantenerne la conduzione;

- i conseguenti decreti ministeriali annuali recanti i suddetti piani annuali di gestione del patrimonio abitativo [v, per tutti, il decreto ministeriale D.M. 2 marzo 2005 e il decreto ministeriale 31 marzo 2008 (emanato successivamente alla entrata in vigore dell’art. 2, comma 631, della legge n. 244/2007, il quale, nell’abrogare l’articolo 26, comma 11-quater, del decreto-legge n. 269/2003, prevedeva, innovando alla disposizione abrogata, che gli immobili originariamente individuati per essere destinati alle procedure di vendita di cui al citato decreto-legge rimanessero invece nelle disponibilità del Ministero della Difesa per l’utilizzo o per l’alienazione); nonché, poco prima della emanazione del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, il decreto ministeriale 28 gennaio 2010].

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, la previsione della delega legislativa di riassetto regolamentare della materia risulta attuata e non violata dai qui contestati articoli 403, 404 e 405 del D.P.R. n. 90/2010.

1.1.2 – Il D.P.R. n. 90/2010 è contestato anche nel quinto motivo del ricorso, il quale lamenta che il citato articolo 404 prevede, al comma 5, lettera c), che il conduttore, entro 60 giorni ricevimento dell’offerta d’acquisto, debba comunicare, oltre all’adesione alla proposta, anche "l'impegno a sostenere le eventuali spese necessarie per l'accatastamento dell'alloggio".

Rilevano i ricorrenti che la citata disposizione e, conseguentemente, le proposte di acquisto sono illegittimi sul punto, sia perché la delega di cui all'articolo 2, comma 628, della legge n. 244/2007 non contiene alcuna indicazione che consenta ciò, sia perché la legislazione vigente pone l'obbligo di provvedere all'accatastamento, e alle spese connesse, a carico di chi abbia sull'immobile un diritto reale, cioè, nel caso di specie (trattandosi di concessioni e non di locazioni) all'Amministrazione.

Il Collegio ritiene questa censura fondata, poiché, a fronte di una normativa generale che pone a carico del proprietario gli adempimenti catastali (v. l’articolo 19, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n.122) non risulta invece, per la fattispecie in esame, una specifica norma di segno opposto; né invero il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi consentirebbe l’adozione di un atto limitativo della sfera giuridica dei destinatari al di fuori di una previsione normativa primaria.

1.2 – Relativamente alle “lettere di vendita” [gli impugnati provvedimenti individuali datati 15 febbraio 2012 sub f) in epigrafe] il ricorso rileva in primo luogo che quanto con esse comunicato ai ricorrenti non può ritenersi propriamente un’offerta di acquisto.

Ognuno di quegli atti non conterrebbe in sé gli elementi essenziali necessari al destinatario per il pieno e legittimo esercizio del diritto di prelazione, non essendo indicato il prezzo effettivo di vendita della piena proprietà o dell’usufrutto bensì il prezzo pieno degli alloggi al lordo degli sconti cui il conduttore potrebbe avere diritto; in particolare essendo indicato nella lettera di vendita “il prezzo di vendita della piena proprietà”, con la sola indicazione che “relativamente al solo prezzo di vendita sono applicabili le riduzioni previste dall’articolo 404 del D. P. R. n. 90 del 15 marzo 2010”; mentre il prezzo per l'usufrutto sarebbe solo "provvisoriamente determinato", così impedendo al destinatario dell'offerta di essere messo nelle condizioni di decidere se esercitare un diritto di prelazione anche in ordine all'acquisto dell'usufrutto.

La censura è infondata.

Le indicazioni fornite, tenuto conto che si inseriscono pur sempre in un procedimento di compravendita immobiliare (e dunque notoriamente disciplinato, dato il rilievo degli effetti giuridici finali, con non semplici modalità e prescrizioni), appaiono però adeguatamente chiare, poiché il citato articolo 404 del D.P.R. n. 90/2010, cui le impugnate comunicazioni del 15 febbraio 2012 fanno espresso rinvio, indica adeguatamente le riduzioni di prezzo e il loro ammontare.

Indubbiamente l'articolo 404 citato reca indicazioni di non immediata percezione. Esse però non appaiono di complessità superiore a quelle di una normale dichiarazione dei redditi Irpef; né tanto meno (per fornire un esempio più vicino alla presente fattispecie) alle più complesse indicazioni e dichiarazioni contenute in un rogito di compravendita immobiliare, per le quali gli stipulanti si affidano (così come gli interessati alle dismissioni in argomento: vedi il n. 1, lettera c, delle impugnate "lettere di vendita") alla competenza professionale di un notaio.

Quanto alla pure contesta provvisoria determinazione del prezzo di vendita del diritto d’usufrutto (vedi il n. 1, lettera b, delle impugnate "lettere di vendita") risulta trattarsi di provvisorietà soltanto eventuale e nella maggior parte dei casi solo apparente, posto che il prezzo risulta specificamente indicato in relazione al canone annuale di conduzione e alla data di nascita del conduttore, e sottoposto soltanto a riserva di correzione qualora all’interessato risultassero errori nei valori utilizzati per il calcolo del prezzo dell'usufrutto.

1.3.0 – I motivi 2) e 3) del ricorso, ribaditi e integrati nei motivi aggiunti, lamentano che il prezzo di vendita di cui alle proposte inviate agli odierni ricorrenti non rappresenta il reale valore di mercato degli alloggi ed è stato determinato utilizzando dati non corrispondenti alle reali caratteristiche degli stessi. In particolare:

- a causa di una errata classificazione catastale (avvenuta a cura del Ministero della Difesa con atto di costituzione in data 21.7.2011) per la determinazione del prezzo non si sono prese in considerazione le quotazioni OMI (Osservatorio del mercato immobiliare dell'Agenzia del Territorio) relative ad “Abitazioni di tipo economico” (A3), bensì le più elevate quotazioni relative ad “Abitazioni di tipo civile” (A2);

- per calcolare il prezzo di vendita degli alloggi sono state utilizzate le quotazioni OMI relative alla fascia suburbana Ostia Ponente (via dell'Idroscalo), mentre in realtà la ubicazione degli alloggi (via delle Baleari n. 3) è di gran lunga più vicina a via Capitan Casella e al territorio di Ostia Levante, le cui quotazioni sono inferiori a quelle calcolate negli atti impugnati;

- vi è stata errata valorizzazione dei coefficienti K (censura espressa per la prima volta nei motivi aggiunti);

- vi è stato errato calcolo delle superfici convenzionali (censura espressa per la prima volta nei motivi aggiunti);

Appare fondato il primo dei rilievi elencati.

1.3.1 - Relativamente alla contestazione della categoria catastale posta a base della determinazione del prezzo d’acquisto [“Abitazioni di tipo civile” (A2) anziché “Abitazioni di tipo economico” (A3)] non è decisivo, ma solo sintomatico, il primo dei rilievi dei ricorrenti [secondo cui gli alloggi occupati, così come tutti gli alloggi della Difesa, sono stati edificati, per legge (come indicato dall’articolo 1 della legge 18 agosto 1978, n. 497) come "alloggi di servizio di tipo economico"], poiché la disposizione invocata, peraltro di natura programmatica (art. 1, legge n. 497/1978:”Per garantire la funzionalità degli enti, comandi e reparti delle Forze armate, il Ministro della Difesa è autorizzato a predisporre ed attuare nel decennio 1978-87, un programma di costruzione di alloggi di servizio di tipo economico da destinare ai propri dipendenti, avvalendosi direttamente degli organi tecnici propri o di altri enti pubblici”) non può incidere sulle reali caratteristiche degli alloggi effettivamente realizzati.

Appare invece decisivo in proposito il raffronto fra le caratteristiche degli immobili in argomento (quali risultanti dalla stessa documentazione istruttoria e fotografica dell’Amministrazione, depositata da parte ricorrente, nonché dai dati fotografici oggi reperibili in internet: v. ad esempio “Google maps”) e le definizioni fornite dalla stessa Agenzia del Territorio.

Il “Glossario delle definizioni tecniche in uso nel settore economico-immobiliare”, realizzato in collaborazione tra l’Agenzia del Territorio e “Tecnoborsa”, definisce “Abitazione di tipo civile” una unità immobiliare “destinata ad un uso privato, componente di un edificio con buone caratteristiche generali, costruttive, e abitative. E' composto da locali di media ampiezza con distribuzione interna e opere di buona fattura, da collegamenti orizzontali e verticali ampi e ben illuminati. Le rifiniture sono di ottima fattura tanto quanto i materiali impiegati nella costruzione. E' provvista di impianti comuni di ordinaria tecnologia”; e “Abitazione di tipo economico” una unità immobiliare “destinata ad un uso privato componente di un edificio destinato generalmente ad un uso residenziale, caratterizzato dallo sfruttamento del volume edificabile, con uno stato di rifinitura tra l'abituale ed il semplice e un'ampiezza dei vani medio piccola con finiture esterne ordinarie prive di elementi di valore, con collegamenti verticali ed orizzontali di dimensioni limitate realizzate con materiali non al top della qualità. E' provvista di impianti sufficienti ma, in caso di fabbricati molto antiquati, incompleti” (n.d.r.: degna di nota in proposito è la circostanza che l’edificio in argomento risulta anche privo di ascensore, come indicato nelle Relazione tecnico-descrittiva dell’Amministrazione).

Raffrontando queste indicazioni con i dati oggettivi in possesso del Collegio appare palesemente che gli immobili in argomento risultano qualificabili come "abitazioni di tipo economico” piuttosto che come "abitazioni di tipo civile".

Invero la tipologia prevalente della microzona catastale di riferimento è quella di “abitazioni civili” (v. i dati OMI riportati nelle Relazione tecnico-descrittiva dell’Amministrazione). Ma trattasi di tipologia “prevalente” e non generale, per cui gli stessi dati OMI non escludono che nella microzona possano trovarsi immobili "di tipo economico".

1.3.2 – Va respinta invece la censura la quale lamenta che per calcolare il prezzo di vendita degli alloggi sono state utilizzate le quotazioni OMI relative alla fascia suburbana Ostia Ponente (via dell'Idroscalo), mentre in realtà la ubicazione degli alloggi (via delle Baleari n. 3) è di gran lunga più vicina a via Capitan Casella e al territorio di Ostia Levante, le cui quotazioni sono inferiori a quelle calcolate negli atti impugnati.

La censura va respinta perché:

- è da escludere, in fatto, che la ubicazione degli alloggi (via delle Baleari n. 3) sia di gran lunga più vicina a via Capitan Casella: in realtà, da una visura dei siti internet dedicati alle mappe, risulta una distanza pressoché equivalente;

- la collocazione di via delle Baleari è comunque in Ostia Ponente;

- la fisica prossimità di un’abitazione a una diversa fascia suburbana non comporta necessariamente l’attrazione della quotazione OMI dell’abitazione alle quotazioni di quella diversa fascia, posto che le connotazioni di luoghi anche assai prossimi possono mutare sensibilmente a causa di diverse connotazioni urbanistiche. Nel caso di specie, ad esempio, la via delle Baleari risulta divisa dal vicino territorio di Ostia Ponente da elementi di separazione urbanistica di rilievo: una via di grande comunicazione (la via Ostiense) e la linea ferroviaria Roma-Ostia.

1.3.3.0 - Relativamente al calcolo dei coefficienti K i motivi aggiunti:

- ripercorrono il calcolo lordo del prezzo di vendita effettuato dall’Amministrazione, sottolineando che per determinare il valore del singolo immobile le quotazioni OMI (minime e massime) vengono moltiplicate con il "coefficiente correttivo globale K", ricavato a sua volta dalla "media pesata”di cinque coefficienti: k1, k2, k3, k4, k5; ciascuno di essi per un peso specifico predeterminato;

- contestano, allegando Perizia tecnica di parte, la erronea applicazione del coefficiente k2 (coefficiente di stato di manutenzione dell'edificio) e del coefficiente k4 (coefficiente di posizione ed esposizione).

1.3.3.1 – Relativamente al coefficiente k2 (coefficiente di stato di manutenzione dell'edificio) i ricorrenti precisano che l'Agenzia del Demanio aveva stabilito che lo stato manutentivo poteva essere giudicato "buono", oppure normale", oppure "scadente", tenendo conto di:

- prospetti esterni;

- impianto elettrico;

- copertura;

- accessi, infissi comuni, scale, parti comuni;

- impianto di riscaldamento centralizzato;

- ascensore;

e che lo stato di manutenzione dell'edificio era da considerarsi:

- buono, qualora in scadenti condizioni sino ad uno degli elementi sopra citati;

- normale, qualora in scadenti condizioni sino a 3 degli elementi sopra citati;

- pessimo, qualora in scadenti condizioni oltre 3 degli elementi sopra citati.

Ciò premesso, erroneamente l'Amministrazione avrebbe valutato lo stato di manutenzione dell'edificio come "normale” anziché "pessimo", giacché non avrebbe considerato le scadenti condizioni di 4 elementi: 1) prospetti esterni (che sarebbero gravemente deteriorati in misura superiore al 10% della superficie complessiva della facciata e con umidità permanente); 2) impianto elettrico (del quale sarebbero stati riscontrati malfunzionamenti tali da richiedere consistenti interventi di manutenzione straordinaria dell'impianto e/o l’integrale rifacimento); 3) copertura (poiché sarebbero riscontrabili diffuse condizioni di forte umidità ad infiltrazioni di acqua meteoriche sui vani scala, sui soffitti aderenti ai lastrici solari e in corrispondenza dei cornicioni perimetrali) 4) scale e parti comuni (per i quali sarebbero necessari interventi di sostituzione di superfici rovinate da efflorescenze e infiltrazioni, soprattutto nei locali seminterrati e nei soffitti dei vani scala, nonché a causa di lesioni diffuse e passanti anche in elementi strutturali).

Questa censura va respinta perché – a prescindere da ogni altra considerazione - dalla documentazione in atti (atti istruttori dell’Amministrazione prodotti da parte ricorrente; ulteriori atti e documentazione fotografica di parte ricorrente, ivi compresa la stessa Perizia tecnica) appare palesemente da escludere che i prospetti esterni siano "gravemente deteriorati in misura superiore al 10% della superficie complessiva della facciata"; sicché, anche nell’ipotesi in cui le ulteriori prospettazioni circa il presente coefficiente k2 (coefficiente di stato di manutenzione dell'edificio) fossero fondate in fatto, risulterebbero comunque in scadenti condizioni solo 3, e non 4, degli elementi sopra citati, e dunque risulterebbe in ogni caso uno stato di manutenzione dell'edificio “normale” e non "pessimo".

1.3.3.2 – Parimenti da rigettare risulta la censura di erronea valutazione del coefficiente k4 (coefficiente di posizione ed esposizione).

In proposito i ricorrenti, con la Perizia di parte, sostengono che il valore rilevato (coefficiente 0,50, riferito a caratteristiche di posizione ed esposizione che non si discostano da quelle mediamente rilevate dall’OMI nella microzona di riferimento) avrebbe invece dovuto essere di 0,00 (coefficiente da usare quando l'unità immobiliare risente di elementi negativi connessi alla posizione, quali l'ubicazione all'interno del perimetro militare, la prossimità di attività industriali o artigianali che arreca disagio o punti di particolare degrado sociale), tenuto conto della presenza di un importante impianto tecnologico: una centrale elettrica, da considerarsi elemento importante in modo negativo.

L'assunto risulta infondato perché, come rilevato alla pag. 4 delle Relazioni tecnico-descrittive di ogni singolo alloggio redatte dall’Amministrazione (allegato 1 ai motivi aggiunti), e come effettivamente consta al Collegio: "l'edificio in cui è ubicata l'unità immobiliare oggetto di valutazione è sito in una zona centrale e fa parte di un fabbricato …….. nelle immediate vicinanze del quale transitano le principali linee di trasporto urbano che consentono di raggiungere agevolmente qualsiasi zona della città di Ostia, nonché una trenino che collega direttamente con la Stazione Termini di Roma. La viabilità è agevole in quanto la via delle Baleari è parallela alle principali vie di comunicazione ………. L'area è dotata di tutti i servizi primari, negozi, uffici, ecc., tra cui anche l'Ospedale; la zona è dotata di aree pubbliche di parcheggio. Nelle immediate vicinanze dell'area dove sorge il complesso immobiliare troviamo sia la pineta di Ostia, elemento di valorizzazione sotto il profilo naturalistico, che una imponente centrale elettrica di smistamento, oggetto di degrado sia paesaggistico che ambientale. In particolare l'unità immobiliare non presenta affacci con caratteristiche di pregio o di degrado". Pertanto l'elemento negativo costituito dalla centrale elettrica risulta adeguatamente compensato dalle altre caratteristiche di posizione.

Né appare decisiva la circostanza che, come rilevato nei motivi aggiunti, la pineta di Ostia (elemento che qualifica la posizione) disti 300 metri in linea d’aria, posto che:

- trattasi comunque di distanza non eccessiva;

- in maggiore prossimità alla zona d'interesse risultano comunque altri siti di verde.

1.3.4 – Risulta infondata anche la censura dei motivi aggiunti che lamenta erroneità nel calcolo delle superfici convenzionali.

In proposito i ricorrenti sostengono, sulla scorta di quanto rilevato nella Perizia tecnica di parte:

a) che le superfici convenzionali stimate nelle relazioni tecnico-descrittive dell'Amministrazione sono errate;

b) che l'Amministrazione ha calcolato superfici diverse per appartamenti posti uno sopra l'altro nella medesima colonna, e dunque di identica metratura e tipologia.

Il rilievo sub a) è infondato perché le superfici reclamate in ricorso sono state calcolate in base al calcolo della superficie commerciale a norma UNI 10750 (v. la Perizia di parte, allegato 4) mentre l'Amministrazione ha effettuato il calcolo delle superfici (consistenza in metri quadrati) applicando le diverse previsioni del D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 (“Regolamento recante norme per la revisione generale delle zone censuarie, delle tariffe d'estimo delle unità immobiliari urbane e dei relativi criteri nonché delle commissioni censuarie in esecuzione dell'articolo 3, commi 154 e 155, della legge 23 dicembre 1996, n. 662”).

Il rilievo sub b) è infondato poiché non tiene conto del fatto che nel calcolo della superficie convenzionale sono inserite anche le superfici delle pertinenze (cantine e posti auto), diverse per ogni unità immobiliare.

1.4 – Rilevano altresì i ricorrenti che illegittimamente la lettera contenente l'offerta di acquisto chiede ad ognuno dei destinatari una caparra pari al 10% del prezzo lordo anziché del prezzo risultante dalla riduzione cui l'interessato ha diritto.

Ciò violerebbe l'articolo 404 citato, comma 5, del D.P.R. n. 90/2010.

L’assunto è infondato.

L'articolo 404, comma 5, del D.P.R. n. 90/2010 prevede testualmente, per la parte che qui interessa: “Entro sessanta giorni dalla data di ricezione della comunicazione dell'offerta di cui al comma 2, i conduttori, a pena di decadenza dal diritto ad acquistare l'alloggio, trasmettono, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, alla Direzione generale l'atto di esercizio del diritto con le modalità indicate nel comma 2, allegando: a) a titolo di caparra confirmatoria, un … … importo pari al 10 per cento del prezzo di vendita, nel caso di acquisto della proprietà dell'alloggio”.

Il successivo comma 6 prevede: “Il prezzo di vendita per l'esercizio del diritto di cui al comma 1 subirà le seguenti riduzioni ……“.

Risulta dunque dallo stesso testo normativo che le riduzioni sono cronologicamente e logicamente successive alla determinazione del prezzo di vendita, e conseguentemente alla caparra che sul quel prezzo di vendita al lordo è calcolata.

Del resto appare più conforme a esigenze di certezza e celerità procedimentale quel calcolo della caparra anteriore al calcolo delle riduzioni, essendo queste ultime, a differenza del prezzo di vendita (predeterminato dagli uffici dall’Amministrazione), rimesse a valutazioni e certificazioni dei privati interessati all’acquisto e dunque necessariamente soggette a ulteriori (e non sempre scorrevoli) passaggi procedimentali di verifica.

1.5 – Rilevano infine il ricorso e i motivi aggiunti che - nonostante l'articolo 403, comma 6, del D.P.R. n. 90/2010 e l'articolo 6, comma 6, del decreto ministeriale 18 maggio 2010 prevedano che il Ministero della Difesa, al fine di agevolare le attività di compravendita degli alloggi, può stipulare apposite convenzioni con primari istituti di credito finalizzate alla concessione di mutui con tassi convenzionati e al rilascio di garanzie fideiussorie; e che nonostante nelle offerte di acquisto (punto 4) si dia atto di ciò e si invitino gli interessati a contattare gli istituti di credito segnalati - i ricorrenti, recatisi presso gli istituti bancari e finanziari indicati dall’Amministrazione, hanno appreso che non risulta stipulata alcuna convenzione a favore del personale della Difesa per l'acquisto di proprietà immobiliari.

Ciò vizierebbe l'intero procedimento amministrativo e avrebbe illegittimamente indotto in errore i destinatari dell'offerta di acquisto.

Questi rilievi vanno respinti, giacché:

- l'articolo 403, comma 6, del D.P.R. n. 90/2010 e l'articolo 6, comma 6, del decreto ministeriale 18 maggio 2010, dall’identico testo (“Il Ministero della Difesa, al fine di agevolare le attività di compravendita degli alloggi, può stipulare apposite convenzioni con primari istituti di credito finalizzate alla concessione di mutui con tassi convenzionati e al rilascio di garanzie fideiussorie”) non impongono attività procedimentale ma si limitano a prevedere una facoltà dell’Amministrazione;

- parimenti, e a prescindere da ogni altra considerazione, la indicazione contenuta nel punto 4 della "lettera di vendita” [“Per utile informazione, per l'erogazione di mutui a condizioni agevolate a favore del personale della Difesa per l'acquisto di proprietà immobiliari, si segnala che risultano già stipulate convenzioni con i seguenti istituti bancari/finanziari... … (segue elenco di 10 istituti: n.d.r.) … . Per avere dettagliate informazioni al riguardo, potranno essere direttamente contattati gli istituti di credito predetti. Il conduttore resta comunque libro di rivolgersi a qualsiasi altro istituto di credito di sua fiducia per la richiesta di erogazione del mutuo fondiario”] non ha valenza procedimentale, ma si limita a fornire generiche informazioni ritenute utili.

2. - In conclusione il ricorso va accolto in parte, e segnatamente quanto alle censure considerate nei capi 1.1.2 e 1.3.1 .

Per l'effetto:

- va annullato (unitamente agli atti consequenziali) l’articolo 404, comma 5, lettera c), del D.P.R. n. 90/2010, laddove pone a carico dei conduttori “l'impegno a sostenere le eventuali spese necessarie per l'accatastamento dell'alloggio”;

- vanno annullati gli impugnati provvedimenti laddove pongono a base della determinazione del prezzo d’acquisto la categoria catastale “Abitazioni di tipo civile” (A2) anziché la categoria catastale “Abitazioni di tipo economico” (A3).

La parziale soccombenza di entrambe le parti concreta giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti precisati al capo 2 della presente sentenza.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 13 giugno 2012 e del 18 luglio 2012.

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore

Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 

 


 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO, SENTENZA N. 7952/2012

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9875 del 2011, proposto da Mauro Airaudo, Antoniello Roberto, Blancato Virgilio, Bottegoni Claudio, Bovani Renato, Buo Giuseppina, Cacioli Michle, Ciampaglia Giuseppe, Cultera Corrado, Fabene Carlo Alberto, Faccio Giuseppe Bruno, Fiore Michele Leonardo, Fiorillo Alessandro, Giorgesi Roberto, Glorioso Antonio, Manca Francesco, Meliota Maurizio Fabio, Minervini Pasquale, Mininni Luigi, Palomba Alessandro, Pedone Raffaello, Pirelli Michele, Tedesco Costantino, Vacca Salvatore, rappresentati e difesi dall'avv. Nicola Ciconte e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Cola di Rienzo 212;

contro

il Ministero della Difesa - Comando militare Esercito Toscana, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato e presso gli uffici della medesima domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
di Pier Domenico Moroni, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Ciconte e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Cola di Rienzo 212;

per l'annullamento

dei provvedimenti del Comando militare Esercito Toscana recanti ri”determinazione del canone di occupazione ai sensi del decreto ministeriale 16 marzo 2011. Applicazione del canone provvisorio”;

- del decreto del Ministero della Difesa del 16 marzo 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.122 del 27 maggio 2011;

- della nota prot. n. 15450 del 9 giugno 2011 dello Stato maggiore della Difesa;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di Pier Domenico Moroni;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 30 maggio 2012 il cons. Giancarlo Luttazi;

Uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1.0 - Riferiscono i ricorrenti di essere originari assegnatari, con regolare provvedimento di concessione, di alloggi di servizio del Ministero della Difesa, e di essere stati poi - venuto meno il titolo - lasciati di fatto nella piena disponibilità degli alloggi, corrispondendo “ai sensi della legge n. 724/1994” il canone maggiorato rispetto agli utenti aventi titolo alla concessione.

Essi lamentano che i nuovi e peraltro provvisori canoni - applicati nei confronti di personale tuttora in servizio o vedove che vivono con la pensione di reversibilità - recano un aumento esponenziale rispetto ai canoni di occupazione sinora corrisposti, e sono di importo di molto superiore rispetto ai prezzi effettivi di mercato, per evidenti errori nella predisposizione dei criteri da utilizzare per la individuazione del canone da corrispondere.

1.1 - I motivi di ricorso sono i seguenti.

1) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 16 marzo 2011 e della nota prot. n. 15450 del 9 giugno 2011 dello Stato maggiore della Difesa. Difetto di presupposti legali.. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria, contraddittorietà fra più atti.. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa. Disparità di trattamento.

Gli atti individuali in epigrafe, nell'imporre la immediata corresponsione di un canone provvisorio, hanno violato l'articolo 3 del decreto ministeriale 16 marzo 2011 e l'articolo 6, comma 21 quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n.122. Quegli atti inoltre non sono stati preceduti da adeguata istruttoria; e gli immobili sono fatiscenti, sì che avrebbe dovuto applicarsi loro il coefficiente correttivo K. pari a 0,65 in luogo del coefficiente correttivo 0,80 applicato.

2) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Incompetenza. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

L’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n.78, convertito dalla legge 31 luglio 2010, n.122, delega il Ministro della Difesa a provvedere alla rideterminazione dei canoni in argomento “sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio”.

Il legislatore ha dunque imposto che solo ove i prezzi di mercato non siano rilevabili può farsi ricorso alle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio. Invece il decreto ministeriale 16 marzo 2011 dispone illegittimamente la rideterminazione dei canoni sulla sola base delle quotazioni rese dalla Agenzia del territorio, e, per la precisione, "dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI)" (art.2, comma 1), ed esclude, in nuce, la rilevazione dei prezzi di mercato, così incorrendo nei vizi epigrafati.

3) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà fra più atti. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa.

Il Ministero della Difesa ha adottato il decreto per fini diversi da quelli voluti e stabiliti dal legislatore: applicare canoni insostenibili, superiori ai reali prezzi di mercato, per costringere gli attuali occupanti a liberare gli alloggi, come si legge in un documento redatto dal Gruppo di lavoro interforze denominato “Obiettivo 9”.

4) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Incompetenza. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

Per l'affidamento ingenerato negli occupanti senza titolo dal comportamento dell'Amministrazione dal 1994 ad oggi, la durata dell'occupazione avrebbe dovuto costituire, così come quello del reddito dell'occupante, un criterio che comportasse la riduzione, non già, come previsto dall’impugnato decreto ministeriale 16 marzo 2011, l’aumento del canone.

5) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

L'applicazione del criterio correttivo della durata dell'occupazione operata col decreto impugnato appare illegittima per ulteriori ragioni; essa si attua con un meccanismo tutto irragionevole e illogico perché:

a) viene in questo modo a prendersi in considerazione un reddito fittizio, artefatto, che in realtà non rappresenta la reale capacità economica del soggetto;

b) con il suddetto meccanismo il criterio della durata dell'occupazione perde la propria autonomia come parametro di riferimento e finisce col diventare un correttivo del correttivo, ovvero un correttivo della situazione reddituale dell'occupante. E ciò peraltro in violazione della legge delega che, fra i due criteri correttivi, non aveva previsto preferenze;

c) la scelta operata dall'Amministrazione finisce per annullare l'effetto del primo dei due criteri, quello del reddito, vanificandone la ratio solidaristica e sociale.

6) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Errore dei presupposti e travisamento di fatto. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifeste, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

L'applicazione concreta dei coefficienti K (v. art. 2 e allegato A al decreto ministeriale 16 marzo 2011) conduce a risultati illogici, incongruenti e manifestamente ingiusti, non consentendo in ogni caso di individuare il corretto prezzo di mercato: il valore più basso del coefficiente correttivo globale K, che è 0,65, non corrisponde mai e non può corrispondere alla quotazione minima OMI, così come, corrispondentemente, quello più alto, che è 1,35, non corrisponde mai alla quotazione massima; se si applica il coefficiente “K” minimo al valore medio dell'OMI non si ottiene il valore minimo OMI, ovvero il prezzo di mercato più basso per quella tipologia di alloggio e, di conseguenza, matematicamente, il prezzo al metro quadro individuato non rappresenta il prezzo di mercato più basso per quell'appartamento in quella zona. Più logico, al limite, sarebbe stato impostare il coefficiente K come una frazione dei valori minimo e massimo forniti dall’OMI, in modo da consentire che il calcolo del valore di mercato si muovesse coerentemente fra i detti minimo e massimo.

7) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di motivazione. Errore dei presupposti e travisamento di fatto. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

Nell'applicazione delle quotazioni dell'OMI l'Amministrazione non ha tenuto conto del fatto che la P.A. ed i privati fanno parte di due mercati diversi. I privati, sui canoni di locazione incassati, pagano imposte e tasse (30/40%), la Pubblica Amministrazione no. Pertanto vi è indebito arricchimento, disparità di trattamento, mancata individuazione del prezzo corretto di un mercato che vede come locatore il soggetto pubblico.

8) Violazione dell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122. Violazione dell’articolo 97 della Costituzione e dei principi generali. Difetto di motivazione. Errore dei presupposti e travisamento di fatto. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia manifesta, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Esercizio del potere per fini diversi, perplessità dell’azione. Violazione dei principi generali in tema di buon andamento dell’azione amministrativa e del principio di legittimo affidamento.

Dalle fonti utilizzate dal Ministero, indicate all'allegato A del decreto impugnato, risulta l'assoluta carenza di ragionevolezza e logicità, nonché l'elevato grado di approssimazione dei riferiti coefficienti "K".

1.2 - I ricorrenti propongono altresì questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 6, comma 21 quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per violazione, sotto vari profili, degli artt.2, 3, 29 e 97 della Costituzione.

2. – Con il ricorso sono stati depositati documenti.

Ha spiegato intervento ad adiuvandum (in atti dal 19/01/2012) Pier Domenico Moroni.

Il Ministero della Difesa si è costituito.

Ulteriore deposito documentale è stato effettuato dai ricorrenti in data 19/04/12.

Entrambe le parti hanno depositato una memoria in data 27/04/12.

La memoria erariale (autoqualificatasi “memoria difensiva unica” perché redatta in unico testo per il presente ricorso e per altri ricorsi ad esso analoghi pure giunti in decisione alla presente udienza pubblica del 30 maggio 2012) ha eccepito:

- il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, e conseguentemente la giurisdizione del giudice ordinario, su ogni questione attinente la pretesa erroneità del canone o la violazione, da parte dei singoli provvedimenti che fissano l’importo del canone rideterminato, dei criteri fissati dal decreto ministeriale 16 marzo 2011;

- tardività del ricorso;

- inammissibilità del ricorso perché collettivo;

- la sua infondatezza nel merito.

I ricorrenti hanno depositato memoria di replica in data 09/05/12, in essa chiedendo a loro volta a questo giudice di valutare l’ammissibilità della “memoria difensiva unica” erariale.

La causa è stata trattenuta per la decisione alla udienza pubblica del 30 maggio 2012.

DIRITTO

1.0 - La “memoria difensiva unica” erariale è ammissibile, poiché – data la grande affinità fra i ricorsi cui essa resiste - reca rilievi riferibili a ciascuno di essi.

Le eccezioni pregiudiziali contenute nella suddetta “memoria difensiva unica” vanno disattese.

La questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 6, comma 21 quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è priva del requisito della non manifesta infondatezza.

1.1 - Il difetto di giurisdizione affermato dalla difesa erariale non sussiste, poiché la presente controversia rientra pienamente nella previsione dell’articolo 7, comma 1, del codice del processo amministrativo, il quale, per la parte che qui interessa, dispone che “sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie, nelle quali si faccia questione di interessi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge, di diritti soggettivi, concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere da pubbliche amministrazioni”.

Nella fattispecie, infatti, è contestato dai ricorrenti l’esercizio del potere amministrativo esercitato dagli organi del Ministero della Difesa al fine della rideterminazione del canone di occupazione senza titolo dell'alloggio di servizio.

L’esercizio di potere amministrativo – e la correlata posizione di interesse legittimo dei destinatari degli atti e espressione di quel potere - trapela in tutte le determinazioni oggetto del ricorso.

In particolare:

- nessun dubbio sull’ascrivibilità ad esercizio di potere amministrativo (né invero questo dubbio è prospettato nelle eccezioni dell'Amministrazione) circa l’impugnato decreto ministeriale 16 marzo 2011, adottato - in attuazione dell'articolo 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010 – d’intesa con l’Agenzia del demanio e sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, e con l’espresso fine di provvedere alla rideterminazione, a decorrere dal 1° gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della Difesa.;

- la impugnata nota prot. n. 15450 del 9 giugno 2011 è lettera di trasmissione - da parte dello Stato maggiore dell'Esercito ai vari organi dell'Amministrazione - per un sollecito adempimento del suddetto decreto ministeriale 16 marzo 2011, sicché ripete da quest’ultimo la valenza di espressione di potestà pubblica;

- gli impugnati atti individuali recanti rideterminazione del canone di occupazione dell'alloggio di servizio, sono anch’essi espressione di potere amministrativo, e non invece di semplice pretesa privatistica di pagamento (come invece appare essere quella oggetto delle “sentenze brevi” di questo T.a.r., Sez. I ter declinatorie della giurisdizione amministrativa, e indicate in proposito nella memoria erariale, relative a decreti con i quali il Prefetto di Roma ha richiesto il versamento di somme, comprensive di interessi legali, salvo conguaglio, per l’occupazione di alloggi di servizio): quegli atti del Comando Aeronautica militare di Roma infatti (anche a voler prescindere dal fatto che l’art. 3, comma 3, del citato decreto ministeriale 16 marzo 2011 li qualifica espressamente “provvedimenti amministrativi” ed impone la previa comunicazione, al personale interessato, dell'avvio del procedimento) sono espressione – come risulta anche dalla scheda ad essi allegata – di complesse valutazioni di discrezionalità tecnica (e non di automatici calcoli) demandate ai competenti organi dell’Amministrazione della Difesa dal suddetto decreto ministeriale 16 marzo 2011 (vedine l’art. 3 citato e l’Allegato A, che più volte, tra l’altro, rinvia alla “sensibilità del tecnico”: v. ad esempio i punti 2c, 2d, 2e di quell’ Allegato A). Non si tratta dunque di normale rapporto locatizio fra un soggetto pubblico ed un suo dipendente, per la cui determinazione del canone è esclusa ogni discrezionalità tecnica (v., e argomenta a contrario, Cassazione civile, SS.UU., 9 luglio 1991, n. 7545), ma invece, appunto, di atti di discrezionalità tecnica, peraltro revocabili o modificabili, sul piano della autotutela, da parte della stessa Amministrazione che ebbe ad emetterli, una volta riscontrata la non rispondenza di quanto attestato, alla realtà di fatto (confr. Cassazione civile, SS.UU., 4 dicembre 1991, n. 13031).

1.2 – L’eccepita tardività del ricorso è da escludere.

La difesa erariale sostiene la tardiva impugnazione del decreto ministeriale 16 marzo 2011 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n.122 del 27 maggio 2011).

L’Avvocatura dello Stato, pur consapevole del noto principio generale che ammette l’impugnativa dell’atto applicativo unitamente al provvedimento presupposto di natura regolamentare, sostiene però che il principio non va applicato al caso di specie perché i destinatari del decreto ministeriale erano già dalla sua emanazione immediatamente individuabili (in quanto occupanti senza titolo di alloggi dell’Amministrazione della Difesa) e immediatamente lesi da clausole quel provvedimento, sicché avrebbero dovuto attivarsi contro di esso nei termini di legge.

L’assunto non è condivisibile, poiché il decreto ministeriale 16 marzo 2011 non reca clausole immediatamente e concretamente lesive, ma abbisogna della complessa attività di valutazione e attuativa di cui si è fatto cenno nel precedente capo 1.1.

1.3 – Anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso perché collettivo deve essere respinta.

La difesa erariale sostiene che i ricorrenti presentano un insieme variegato di situazioni personali e reddituali, sicché non essendo quelle diverse situazioni specificate e chiarite nel ricorso questo sarebbe inammissibile (C.d.S., Sez. III, n. 3575/2011); né vi sarebbe fra i ricorrenti identità di situazioni sostanziali e processuali (T.a.r. Lazio. Sez. III, n. 3119/2010).

Questo assunto non è condivisibile perché il ricorso formula censure di carattere generale e riconducibili indistintamente a entrambi i ricorrenti, sicché si può ragionevolmente considerare la loro pluralità come un’unica parte processuale, seppur soggettivamente complessa (vedi la medesima sentenza del T.a.r. del Lazio n. 3119/2010 richiamata dalla difesa erariale).

1.4 - La questione di legittimita’ costituzionale dell’art. 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010, formulata dai ricorrenti sotto cinque differenti profili, è rilevante e prioritaria nel presente ricorso, poiché il contestato decreto ministeriale 16 marzo 2011 (in base al quale sono stati emessi gli impugnati atti di rideterminazione del canone) è stato emanato dal Ministero della Difesa in applicazione della disposizione ritenuta incostituzionale.

La medesima questione, però, è priva del requisito della non manifesta infondatezza di cui all’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Il suddetto articolo 6, comma 21 quater , del decreto-legge n. 78/2010, vigente alla data del citato decreto ministeriale 16 marzo 2011 [e poi abrogato dall'art. 2268, comma 1, n. 1085-bis), del decreto legislativo n. 66/2010, come modificato dall'art. 9, comma 1, lett. p), n. 13), del decreto legislativo 24 febbraio 2012, n. 20, ma con gli effetti giuridici fatti salvi ai sensi dell’art. 10, comma 8, lettera c), del medesimo decreto legislativo n. 20/2012 e dell'articolo 2186 del decreto legislativo n. 66/2010] recita: ”Con decreto del Ministero della Difesa, adottato d’intesa con l’Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvede alla rideterminazione, a decorrere dal 1° gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della Difesa, fermo restando per l’occupante l’obbligo di rilascio entro il termine fissato dall’Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio, del reddito dell’occupante e della durata dell’occupazione. Le maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal presente comma affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della Difesa”.

Secondo i ricorrenti la disposizione:

1) violerebbe gli articoli 2 e 3 della Costituzione nella parte in cui, al fine di rideterminare il canone di occupazione, si prescrive l’utilizzo “dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio, del reddito dell’occupante e della durata dell’occupazione”: in tale modo vi sarebbe, ingiustificatamente, un macroscopico aumento rispetto alla maggiorazione già introdotta, per gli utenti senza titolo degli alloggi, dalla legge n. 724/1994. Una così marcata differenziazione non sarebbe giustificata alla luce della situazione e della storia dei cosiddetti utenti senza titolo. Essi, perso il titolo alla concessione, hanno mantenuto la conduzione dell’alloggio non già contro la volontà dell’Amministrazione e resistendo ad essa ma solo in quanto essa non ha mai intimato il rilascio o manifestato l’interesse e la necessità di avere la disponibilità dell’alloggio per nuove assegnazioni: ogni anno l’Amministrazione ha inviato una comunicazione avente il medesimo tenore con la quale veniva, di volta in volta, comunicato a ciascun occupante il canone maggiorato, con aggiornamento degli indici Istat, da corrispondere per mantenere la conduzione dell’alloggio, con ciò di fatto autorizzando e legittimando quello stato di fatto. Al legislatore sarebbero mancate ragionevolezza ed obiettività, poiché esso ha trattato due situazioni uguali o di poco dissimili (quelle degli utenti di alloggio di servizio e quelle degli utenti senza titolo dei medesimi alloggi), sinora trattate allo stesso modo, in modo diverso;

2) violerebbe di articoli 2, 3 e 97 della Costituzione ove venisse interpretato nel senso che il correttivo della “durata della precedente occupazione” debba comportare un aumento del canone rispetto ai prezzi di mercato, tenuto conto del consolidato e legittimo affidamento ingenerato dal comportamento della pubblica Amministrazione e anche dalla citata legge n. 724/1994;

3) violerebbe di articoli 2, 3 e 97 della Costituzione per aver omesso il necessario bilanciamento degli interessi in gioco e anzi rompendo quel rapporto di affidamento - nonché di coerenza e fiducia - che legava il Ministero della Difesa e gli utenti degli alloggi;

4) violerebbe di articoli 2, 3 e 29 della Costituzione perché prescriverebbe una rideterminazione dei canoni dovuti dagli occupanti senza titolo basata su criteri che, una volta applicati, integrerebbero una palese violazione del diritto all’abitazione (e dunque dei diritti della famiglia), enunciato da ultimo anche dalla Corte di cassazione in materia di occupazione abusiva di edifici per stato di necessità (Cassazione, Sez. II, n. 35580/2007);

5) violerebbe di articoli 2, 3 e 97 della Costituzione nella parte in cui, stabilendo il ricorso al criterio dei prezzi di mercato per rideterminare il canone degli occupanti senza titolo, assimila il mercato immobiliare/locatizio in cui operano i privati su un piano di parità contrattuale al mercato in cui parte del rapporto contrattuale è una pubblica Amministrazione, non considerando il fatto che l’Amministrazione non paga imposte e tasse sui canoni.

L’art. 6, comma 21 quater citato appare manifestamente privo dei vizi di costituzionalità denunciati.

Infatti, con riferimento alla scelta, fatta dal legislatore, di prevedere l’utilizzo, al fine di rideterminare il canone di occupazione, “dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio, del reddito dell’occupante e della durata dell’occupazione”, occorre considerare che:

- è di piena evidenza che militari (o loro aventi causa) i quali si trovano ad occupare un alloggio originariamente fruito per esigenze di servizio ma del cui utilizzo avevano da tempo perduto il titolo legittimante (essendo cessata la relativa esigenza di servizio) sono tenuti a corrispondere un canone per quella occupazione, divenuta senza titolo;

- la scelta di rideterminare, in un’ottica di “riduzione dei costi degli apparati amministrativi” (v. la rubricazione del citato art. 6, d.l. n. 78/2010) quel canone per l’occupazione senza titolo (originariamente fissato dall’art. 43, comma 1, della legge n. 724/94, fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio, in un canone pari a quello risultante dalla normativa sull'equo canone maggiorato del 20 per cento per un reddito annuo lordo complessivo del nucleo familiare fino a 60 milioni di lire e del 50 per cento per un reddito lordo annuo complessivo del nucleo familiare oltre i 60 milioni di lire e, per gli utenti con i parametri di reddito indicati nel decreto ministeriale attuativo dell'articolo 9, comma 7, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, un canone pari a quello risultante dalla normativa sull'equo canone senza maggiorazioni) tenendo conto “dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio, del reddito dell’occupante e della durata dell’occupazione” appare priva del vizio di ragionevolezza legislativa: la scelta del legislatore appare evidentemente informata a perseguire nella rideterminazione del canone per i senza titolo la massima obiettività possibile, demandando espressamente quella rideterminazione a un provvedimento da adottare previa intesa con un qualificato soggetto pubblico (l'Agenzia del demanio), e dopo aver acquisito il parere dell'organo centrale di rappresentanza del personale interessato (il COCER);

- l’aumento rispetto al canone precedentemente corrisposto dagli utenti senza titolo ai sensi dell’art. 43 della legge n. 724/1994 non risulta, di per sé, illegittimo per il solo fatto di essere aumentato, posto che la relativa nuova determinazione appare priva di palese irrazionalità;

- l’asserito affidamento, che sarebbe derivato dal permanere nella detenzione dell’alloggio senza intimazioni di rilascio, appare da escludere, posto che già il citato art. 43 della legge n. 724/1994 disponeva “fermo restando per l'occupante l'obbligo di rilascio”. Lo stesso affidamento peraltro, ove sussistesse, non inciderebbe sulla correttezza della scelta (palesemente rispettosa del principio di ragionevolezza desumibile dall’articolo 3 della Costituzione) di far corrispondere un giusto canone per la utilizzazione di un alloggio di servizio detenuto senza titolo;

- parimenti legittimo e parimenti conforme al principio di ragionevolezza di cui all’articolo 3 della Costituzione risulta il diverso trattamento riservato dall’Amministrazione ai legittimi utenti degli alloggi di servizio, data la palese differenza di situazione rispetto agli utenti senza titolo;

- la rilevanza attribuita dalla legge alla durata della precedente occupazione senza titolo appare priva di vizi logici, posto che, con evidenza, non possono essere messe sullo stesso piano la situazione di chi abbia detenuto senza titolo un alloggio di servizio per un breve periodo e la situazione di chi invece abbia detenuto senza titolo un alloggio di servizio per molti anni, nonostante l'obbligo di rilascio previsto dal citato art. 43 della legge n. 724/1994;

- l’invocato diritto all’abitazione non elimina l’esigenza di dover corrispondere un giusto canone per la utilizzazione di un alloggio di servizio detenuto senza titolo;

- l’osservazione che il Ministero della Difesa, diversamente dai privati, non paga imposte e tasse sui canoni è priva di rilievo, poiché pone a raffronto due elementi (canone di locazione di abitazioni private e canone di occupazione di alloggi di servizio detenuti senza titolo e da rilasciare) non omogenei. Ed in ogni caso la disposizione contestata non reca un secco rinvio al criterio dei prezzi di mercato, ma prevede, per la determinazione del canone dovuto dagli utenti senza titolo, i più articolati e legittimi criteri sopra indicati (v. anche i successivi capi 2.1.1 e 2.1.6).

2.0 – Relativamente al merito è prioritario l’esame delle censure contro il decreto ministeriale 16 marzo 2011 [segnatamente i motivi di ricorso 2), 3), 4), 5), 6), 7), 8)], poiché quel D.M. è il giuridico presupposto dei successivi atti di concreta rideterminazione del canone, pure impugnati.

Ciò premesso, il contestato decreto ministeriale 16 marzo 2011 supera le censure del ricorso, il quale risulta invece fondato limitatamente alle censure che, quanto agli atti applicativi, ne lamentano la non consentita provvisorietà, nonché difetto di istruttoria e di motivazione.

2.1.1 – I ricorrenti contestano in primo luogo al decreto ministeriale 16 marzo 2011 di aver violato la delega – contenuta nell’art. 6, comma 21 quater del decreto-legge n. 78/2010 - a provvedere alla rideterminazione dei canoni “sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio”.

Il legislatore avrebbe imposto che solo ove i prezzi di mercato non siano rilevabili può farsi ricorso alle quotazioni rese disponibili dall'Agenzia del territorio.

Invece il decreto ministeriale 16 marzo 2011 disporrebbe illegittimamente la rideterminazione dei canoni sulla sola base delle quotazioni rese dalla Agenzia del territorio; per la precisione, sulla base "dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI)" (art.2, comma 1), escludendo, in nuce, la rilevazione dei prezzi di mercato.

La censura è infondata.

E’ utile riproporre il testo del citato comma 21 quater: “Con decreto del Ministero della Difesa, adottato d’intesa con l’Agenzia del demanio, sentito il Consiglio centrale della rappresentanza militare, si provvede alla rideterminazione, a decorrere dal 1° gennaio 2011, del canone di occupazione dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione di alloggi di servizio del Ministero della Difesa, fermo restando per l’occupante l’obbligo di rilascio entro il termine fissato dall’Amministrazione, anche se in regime di proroga, sulla base dei prezzi di mercato, ovvero, in mancanza di essi, delle quotazioni rese disponibili dall’Agenzia del territorio, del reddito dell’occupante e della durata dell’occupazione. Le maggiorazioni del canone derivanti dalla rideterminazione prevista dal presente comma affluiscono ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate per le esigenze del Ministero della Difesa”.

In proposito si osserva quanto segue:

- il testo letterale della legge non prevede che l’Amministrazione proceda alla rideterminazione del canone “applicando i prezzi di mercato” ma prevede invece che la rideterminazione sia effettuata “sulla base dei prezzi di mercato”; e questa diversa formulazione appare, con evidenza, sostanziale e non soltanto terminologica;

- il “prezzo di mercato” di un canone di locazione non è valore oggettivo e fondato su criteri certi; esso invece, come è noto, risente di variabili locali, cronologiche e addirittura psicologiche, le quali si presterebbero facilmente a (ri)determinazioni di canoni non oggettive, se non addirittura falsate da elementi spurii;

- per contro, il meccanismo espresso nel decreto ministeriale 16 marzo 2011 appare rispettoso del testo e, ancor più, dello spirito dell’articolo 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010 (evidentemente informato a perseguire nella rideterminazione del canone la massima obiettività possibile), poiché quel meccanismo: a) è stato formulato, come richiesto dal citato comma 21 quater, previa intesa con l'Agenzia del demanio e soprattutto dopo aver acquisito il parere dell'organo centrale di rappresentanza del personale interessato (il COCER); b) si basa (come indicato dalla legge) sul prezzo di mercato, che però viene desunto da criteri tesi alla oggettività [art. 2, comma 1, D.M. 16 marzo 2011: “Il canone mensile di locazione di cui all'art. 1 è determinato dal prodotto del prezzo di mercato, che viene desunto dal calcolo della media aritmetica dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del mercato immobiliare (OMI), per un «coefficiente correttivo globale» calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'alloggio e della superficie convenzionale calcolata ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per il «coefficiente correttivo» calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante e del periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo”].

Appare quindi da escludere sia che vi fosse un vincolo a ricavare esclusivamente “dal mercato” il canone da applicare, sia che il decreto ministeriale 16 marzo 2011 non sia stato rispettoso di quanto imposto dalla normativa primaria di cui articolo 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010.

2.1.2 - Secondo i ricorrenti il decreto ministeriale 16 marzo 2011 sarebbe viziato anche da eccesso di potere, perché il Ministero della Difesa avrebbe adottato il decreto per la realizzazione di fini diversi da quelli voluti e stabiliti dal legislatore: applicare canoni insostenibili, superiori ai reali prezzi di mercato, per costringere gli attuali occupanti a liberare gli alloggi. Ciò si leggerebbe in un documento del Ministero della Difesa denominato “Obiettivo 9”.

Anche questa censura è infondata, poiché non è dato di evincere una simile ipotesi di sviamento, che non trapela dagli atti di causa, né, in particolare, dal citato “Obiettivo 9”.

Quest’ultimo è un documento redatto da un Gruppo di lavoro interforze del Ministero della Difesa al fine dichiarato di “individuazione di soluzioni alternative per soddisfare le esigenze alloggiative del personale in servizio permanente”.

Il ricorso sostiene che la soluzione trovata dal Gruppo interforze per il recupero degli alloggi occupati dai senza titolo è stata quella di aumentare i canoni affinché divenissero insostenibili e costringessero gli occupanti a lasciare gli alloggi, e in proposito riporta un passo del documento (alla pagina 13 di quest’ultimo) in cui si legge “… inoltre non si è tenuto conto del ritorno economico sul bilancio della Difesa stesso e degli effetti migliorativi sul patrimonio alloggiativo che verranno prodotti dall’altro emendamento che, contestualmente, viene proposto alla legge n. 724/94 (aumento dei canoni per gli utenti sine titulo) che, tra l’altro, realizza ( … omissis … ) il rilascio delle unità abitative da parte degli utenti sine titulo, in quanto il canone elevato che si viene a determinare risulta sicuramente antieconomico/insostenibile rispetto ad altra sistemazione abitativa (anche in zone periferiche) tratta dal libero mercato”.

Aggiunge il ricorso che quel dichiarato scopo di liberare alloggi, per assegnarli al personale che ne ha bisogno è altresì illogico perché:

- gran parte degli alloggi colpiti sarebbero destinati alla vendita;

- esisterebbero nel territorio nazionale migliaia di alloggi liberi e disponibili per nuove assegnazioni;

- gli alloggi “liberabili” sarebbero in numero assai esiguo (3.284) rispetto alle 50.000 unità abitative necessarie.

Questi assunti sono da respingere.

In effetti il passo testé riportato potrebbe indurre a ravvisare nell’agire dell’Amministrazione il denunciato sviamento di potere, qualora confermato nelle impugnate determinazioni o in altri passi del documento; però ciò non avviene, poiché:

- nello stesso documento si legge anche (alla pagina 11): “sono stati individuati di possibile attuazione i seguenti provvedimenti: ( … omissis … ) una modifica normativa che consenta la rideterminazione degli attuali canoni degli alloggi demaniali della Difesa occupati dagli utenti sine titulo con un aumento tale che elevi detti canoni a valori prossimi agli affitti di mercato;

- il decreto ministeriale 16 marzo 2011, come esposto nel precedente capo 2.1.1, non risulta prevedere la determinazione di canoni abnormi, ma risulta invece informato a criteri tesi alla oggettività (v. il citato art. 2, comma 1, D.M. 16 marzo 2011).

Vanno dunque esclusi nelle impugnate determinazione sia lo sviamento costituito dal perseguimento di un fine diverso da quello dichiarato sia, conseguentemente, la illogicità di quell’insussistente fine.

2.1.3 – Il mezzo successivo rileva che – dato l’affidamento ingenerato negli occupanti senza titolo dal comportamento dell'Amministrazione dal 1994 ad oggi - la durata dell'occupazione avrebbe dovuto costituire, così come quello del reddito dell'occupante, un criterio che comportasse la riduzione, non già, come previsto dall’impugnato decreto ministeriale 16 marzo 2011, l’aumento del canone.

La censura è infondata.

E’ utile riportare l’intero testo dell’art. 2 del decreto ministeriale 16 marzo 2011:

“1. Il canone mensile di locazione di cui all'art. 1 è determinato dal prodotto del prezzo di mercato, che viene desunto dal calcolo della media aritmetica dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del mercato immobiliare (OMI), per un «coefficiente correttivo globale» calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'alloggio e della superficie convenzionale calcolata ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, per il «coefficiente correttivo» calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante e del periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo.

2. Ai fini dell'applicazione del «coefficiente correttivo» di cui al comma 1, si definisce «reddito di riferimento» quello ottenuto dalla somma dei redditi annui lordi di tutti i componenti il nucleo familiare conviventi dell'occupante, come desunti dall'ultima dichiarazione dei redditi presentata alla data della notifica dell'inizio del procedimento di aggiornamento canone.

3. Il «reddito di riferimento» di cui al comma 2 è:

a) ridotto:

1) di euro 2.500 per ogni familiare convivente a carico;

2) di euro 10.000 per ogni familiare convivente portatore di handicap grave ai sensi dell'art. 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104;

b) aumentato per ogni mensilità intera di conduzione dell'alloggio con decorrenza dalla data della perdita del titolo alla conduzione dell'alloggio occupato sino alla data del 31 dicembre 2010, con le seguenti modalità:

1) euro 100 se il reddito di riferimento è compreso tra euro 40.000 ed euro 55.000;

2) euro 150 se il reddito di riferimento è compreso tra euro 55.001 ed euro 75.000;

3) euro 200 se il reddito di riferimento è compreso tra euro 75.001 ed euro 90.000;

4) euro 300 se il reddito di riferimento è superiore ad euro 90.001.

4. Il «coefficiente correttivo» di cui al comma 1, per i «redditi di riferimento», come calcolati ai commi 2 e 3, è determinato in misura pari a:

a) 0,30 per i redditi fino a euro 19.000;

b) 0,40 per i redditi compresi tra euro 19.001 ed euro 30.000;

c) 0,50 per i redditi compresi tra euro 30.001 ed euro 40.200;

d) 0,70 per i redditi compresi tra euro 40.201 ed euro 55.000;

e) 0,80 per i redditi compresi tra euro 55.001 ed euro 75.000;

f) 0,90 per i redditi compresi tra euro 75.001 ed euro 90.000;

g) 0,95 per i redditi compresi tra euro 90.001 ed euro 130.000;

h) 1,00 per i redditi oltre euro 130.000.

5. Sono esclusi dalla procedura di rideterminazione del canone, di cui al comma 4, gli utenti senza titolo che, al 31 dicembre 2010, rientrano nelle categorie previste dall'art. 2 del decreto 23 giugno 2010, emanato ai sensi dell'art. 306, comma 2, del decreto legislativo n. 66 del 2010.

6. L'aggiornamento del canone di tutti gli alloggi occupati senza titolo è calcolato nella misura intera della variazione annualmente accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati”.

Ciò premesso, la censura in argomento va respinta perché:

- per un verso, come già rilevato nel precedente capo 1.4, appare da escludere un affidamento dei ricorrenti, posto che già il citato art. 43 della legge n. 724/1994 precisava espressamente che per l’occupante senza titolo rimaneva fermo l'obbligo di rilascio;

- per altro verso, l’inserimento del fattore “durata dell’occupazione senza titolo” (fattore espressamente voluto dal legislatore, e senza vizio di costituzionalità: v. il precedente capo 1.4) nel complessivo calcolo del canone (che vede: la media aritmetica dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del mercato immobiliare moltiplicata per un «coefficiente correttivo globale» calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'alloggio e della superficie convenzionale, e un «coefficiente correttivo» calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante, ridotto in funzione di familiari conviventi a carico o portatori di handicap grave e aumentato in relazione al periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo) appare opzione che - per la non eccessiva incidenza sul risultato finale del computo e tenuto conto dell’immanente e annoso obbligo di rilascio sancito per legge - risulta conforme allo spirito e alla lettera dell’art. 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010 e priva di gravi vizi logici o palesi carenze valutative.

2.1.4 – Quanto testé esposto mostra anche l’infondatezza dell’ulteriore mezzo di gravame, in cui parte ricorrente sostiene che l'applicazione del criterio correttivo della durata dell'occupazione operata è irragionevole e illogica perché:

a) viene in questo modo a prendersi in considerazione un reddito fittizio, artefatto, che in realtà non rappresenta la reale capacità economica del soggetto;

b) con il suddetto meccanismo, il criterio della durata dell'occupazione perde la propria autonomia come parametro di riferimento e finisce col diventare un correttivo del correttivo, ovvero un correttivo della situazione reddituale dell'occupante. E ciò peraltro in violazione della legge delega che, fra i due criteri correttivi, non aveva previsto preferenze;

c) la scelta operata dall'Amministrazione finisce per annullare l'effetto del primo dei due criteri, quello del reddito, vanificandone la ratio solidaristica e sociale.

In proposito può ribadirsi quanto rilevato nel precedente capo 2.1.3 di questa sentenza: l’inserimento del fattore “durata dell’occupazione senza titolo” (fattore espressamente voluto dal legislatore, e senza vizio di costituzionalità: v. anche il precedente capo 1.4) nel complessivo calcolo del canone (che vede: la media aritmetica dei canoni unitari di locazione forniti dall'Agenzia del territorio - Osservatorio del mercato immobiliare moltiplicata per un «coefficiente correttivo globale» calcolato in funzione delle caratteristiche estrinseche e intrinseche dell'alloggio e della superficie convenzionale, e un «coefficiente correttivo» calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante, ridotto in funzione di familiari conviventi a carico o portatori di handicap grave e aumentato in relazione al periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo) appare opzione che - per la non eccessiva incidenza sul risultato finale del computo e tenuto conto dell’immanente e annoso obbligo di rilascio sancito per legge - risulta conforme allo spirito e alla lettera dell’art. 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010 e priva di gravi vizi logici o palesi carenze valutative.

2.1.5 – Il decreto ministeriale 16 marzo 2011 è contestato da parte ricorrente anche perché l'applicazione concreta dei coefficienti K, di cui all’art. 2 e all’allegato A al decreto condurrebbe a risultati illogici, incongruenti e manifestamente ingiusti, non consentendo in ogni caso di individuare il corretto prezzo di mercato.

Il valore più basso del coefficiente correttivo globale K, che è pari 0,65, non potrebbe mai corrispondere alla quotazione minima OMI, così come, corrispondentemente, il valore più alto di quel correttivo globale K, che è pari a 1,35, non potrebbe mai corrispondere alla quotazione massima.

Rileva il ricorso che applicando il coefficiente K minimo al valore medio dell'OMI non si ottiene il valore minimo OMI, ovvero il prezzo di mercato più basso per quella tipologia di alloggio; e che di conseguenza, matematicamente, il prezzo al metro quadro individuato non rappresenta il prezzo di mercato più basso per quell'appartamento in quella zona.

Secondo il ricorso sarebbe stato, al limite, più logico impostare il coefficiente K come una frazione dei valori minimo e massimo forniti dall'OMI, in modo da consentire che il calcolo del valore di mercato si muovesse coerentemente fra i detti minimo e massimo.

La censura è infondata, poiché appare da escludere, né comunque risulta, che gli alloggi in argomento arrivino a caratteristiche tali da corrispondere sia al valore più basso del coefficiente correttivo globale K, che è 0,65 (per un immobile di oltre 41 anni, popolare e in pessimo stato), sia a quello più alto, che è 1,35 (per un immobile nuovo/recentissimo, di lusso e in ottimo stato).

Pertanto la opzione di prendere come punto di riferimento per il calcolo il valore medio dell'OMI per poi correggerlo in base a dettagliati coefficienti (v. il citato allegato A al decreto ministeriale 16 marzo 2011) appare scelta che consente una maggiore elasticità di valutazione con riferimento alle varie situazioni contingenti e priva di gravi vizi logici o palesi carenze valutative.

2.1.6 – Lamenta anche parte ricorrente che nell'applicazione delle quotazioni dell'OMI l'Amministrazione non ha tenuto conto del fatto che la P.A. ed i privati fanno parte di due mercati diversi: i privati, sui canoni di locazione incassati, pagano imposte e tasse (del 30 - 40%), la Pubblica Amministrazione no. Pertanto vi sarebbe indebito arricchimento, disparità di trattamento, mancata individuazione del prezzo corretto in un mercato che vede come locatore il soggetto pubblico.

La censura va respinta per considerazioni analoghe a quelle già svolte nel precedente capo 1.4 (ultimo alinea) nell’ambito della respinta questione di legittimità costituzionale: sono posti a raffronto termini non omogenei (canone di locazione di abitazioni private e canone di occupazione di alloggi di servizio detenuti senza titolo e da rilasciare); ed altresì il decreto ministeriale 16 marzo 2011 (come l’art. 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010 di cui quel D.M. è attuazione) non reca un secco rinvio al criterio dei prezzi di mercato, ma prevede, per la determinazione del canone dovuto dagli utenti senza titolo, i più articolati e legittimi criteri sopra indicati (v. i precedenti capi 2.1.1, 2.1.3, 2.1.5).

Inoltre – aggiunge il Collegio - le questioni di natura fiscale attengono a tematiche estranee alla individuazione, con legittime modalità come nella fattispecie, di un canone quale quello in argomento.

2.1.7 – Da ultimo il ricorso contesta al decreto ministeriale 16 marzo 2011 un'assoluta carenza di ragionevolezza e logicità, nonché un elevato grado di approssimazione dei riferiti coefficienti "K" quanto alle fonti utilizzate.

Anche questa censura è infondata.

Nell’allegato A del decreto risulta in proposito quanto segue:

- il coefficiente K1 (età, qualità e stato di manutenzione) è stato elaborato sulla base dell'appendice alle stime della pubblicazione “Consulente Immobiliare” del quotidiano economico “Il Sole 24 ore";

- i coefficienti K2 (coefficienti di piano, da considerare solo per edifici plurifamiliari) sono stati stabiliti elaborando i coefficienti previsti dall'art.19 della legge 27 luglio 1978, n.392 (sulla disciplina delle locazioni di immobili urbani) e i coefficienti indicati nell'appendice alle stime del citato “Consulente Immobiliare";

- il coefficiente K3 (posizione ed esposizione) è affidato, all’interno dell’intervallo 0,9 – 1,10, alla “sensibilità estimale del tecnico valutatore";

- il coefficiente K4 (per immobili dotati di impianti di particolare rilevanza o di elevato grado di sicurezza), maggiorativo sino al limite massimo di 1,2, è parimenti affidato alla “sensibilità estimale del tecnico valutatore";

- il coefficiente K5 (per alloggi arredati), maggiorativo sino al limite massimo di 1,2, è stato determinato in analogia a quanto previsto nell'ambito degli accordi territoriali stipulati ai sensi dell’art. 2 (“Modalità di stipula e di rinnovo dei contratti di locazione”), comma 3, della legge n. 431/98 (“Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo”).

Le fonti sopra indicate appaiono attendibili.

Conseguentemente la scelta relativa - ferma restando la necessità, indicata nel capo che segue, di adeguata istruttoria e adeguata motivazione - appare priva di gravi vizi logici o palesi carenze valutative.

I presenti rilievi risultano dunque da respingere.

2.2.0 – Rigettate le censure avverso il decreto ministeriale 16 marzo 2011, il Collegio ritiene invece fondate le censure del primo motivo di ricorso che contestano, agli atti di concreta determinazione del canone, una non consentita provvisorietà, nonché difetto di istruttoria e di motivazione.

2.2.1 – Quanto alla provvisorietà, espressamente dichiarata dagli atti in argomento, si osserva che – come rilevato in ricorso, né nell’articolo 6, comma 21 quater, del decreto-legge n. 78/2010, né nel decreto ministeriale 16 marzo 2011 è dato di rinvenire la previsione di un canone provvisorio, in sostituzione di quello che risulta già - e pure provvisoriamente - corrisposto da buona parte degli occupanti senza titolo. Anzi, l’art. 3, comma 3, del decreto ministeriale 16 marzo 2011 prevede espressamente che al termine della procedura di determinazione del canone i Comandi o gli organismi competenti emanino “i definitivi provvedimenti amministrativi di rideterminazione del canone” e provvedano “alla notifica agli interessati, dalla quale decorre l'applicazione del nuovo canone”.

Né invero il principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi consentirebbe l’adozione di un atto limitativo della sfera giuridica dei destinatari al di fuori di una previsione normativa primaria.

2.2.2 – Peraltro va pure osservato che sebbene le schede allegate agli atti di rideterminazione (provvisoria) del canone di occupazione mostrino sforzo espositivo nell’indicare gli elementi di valutazione di cui al decreto ministeriale 16 marzo 2011, non risulta in quegli atti, come rilevato in ricorso, adeguata esposizione (anche – osserva il Collegio - con eventuale Relazione esplicativa) quanto agli elementi non sempre oggettivamente riscontrabili e maggiormente rimessi a valutazioni tecnico-discrezionali [zona di ubicazione: v. allegato A citato, punto 1, lettera b); destinazione residenziale e tipologia di riferimento: v. allegato A citato, punto 1a; particolari caratteristiche estrinseche ed intrinseche dell’alloggio: v. allegato A citato, punto 2, lettere a), c), d), e)]. E il rilevato difetto di adeguata esposizione mostra conseguentemente, in assenza di dati a contrario, difetto di adeguata istruttoria.

Gli atti in argomento, la cui rilevanza amministrativa (per lo status e il numero degli interessati e la valenza istituzionale della vicenda) imponeva proprio particolare cura istruttoria e motivazionale, risultano dunque viziati altresì sotto questo duplice profilo.

2.2.3 - Le ulteriori contestazioni dello stesso primo motivo di ricorso restano assorbite da quelle testé accolte, poiché l’accoglimento di queste ultime càduca gli atti di rideterminazione del canone e - imponendo all’Amministrazione di riformulare quegli atti dopo adeguata istruttoria, e di esternare con chiarezza tutte le valutazioni alla base della finale e non provvisoria rideterminazione del canone per l’occupazione senza titolo – ricolloca la vicenda nella competente sede istituzionale.

3. – Il ricorso va dunque accolto limitatamente agli specifici profili di cui ai precedenti capi 2.2.1 e 2.2.2.

Per l’effetto:

- resta immune da caducazione giurisdizionale l’impugnato decreto ministeriale 16 marzo 2011;

- vanno annullati, salvi gli ulteriori provvedimenti da adottare alla luce di quanto esposto nei precedenti capi 2.2.1, 2.2.2 e 2.2.3, gli atti di concreta determinazione del canone di occupazione senza titolo.

La parziale soccombenza di entrambe le parti concreta giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e nei limiti precisati al capo 3 della presente sentenza.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio del 30 maggio 2012 e del 13 giugno 2012.

Silvio Ignazio Silvestri, Presidente

Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore

Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 20/09/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

 



[1]    Si veda, in particolare, la seduta della Camera del 1° dicembre 2011, svolgimento dell’interrogazione a risposta immediata n. 3-01358.

[2]    Audizione del Capo di Stato maggiore della difesa, Generale Biagio Abrate, presso la Commissione difesa del Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulla condizione del personale delle forze armate e delle forze di polizia ad ordinamento militare.

[3]    I dati sono stati riferiti nel corso dello svolgimento del richiamato atto di sindacato n. 3-01358. In quella occasione il Ministro della difesa rilevava che “è stato dato avvio ad una serie di iniziative, quali ad esempio la stipula di convenzioni per ottenere nuove abitazioni ed attualmente delle sopra indicate 18.447 abitazioni ne sono state inserite in elenco 3 mila, le quali potranno ora essere poste in vendita. È stata stipulata una convenzione con i notai, nonché con le banche per chi volesse acquistare l’abitazione con un mutuo. L’obiettivo da perseguire, è quello di dare un’abitazione a tutti gli appartenenti alle Forze armate”.

[4]    Cfr. nota 2.

[5]    D.lgs. n.66 del 2010, di seguito denominato Codice.

[6]    Si vedano, per tutti, il decreto ministeriale D.M. 2 marzo 2005 e il decreto ministeriale 31 marzo 2008 (emanato successivamente alla entrata in vigore dell’art. 2, comma 631, della legge n. 244/2007, il quale, nell’abrogare l’articolo 26, comma 11-quater, del decreto-legge n. 269/2003, prevedeva, innovando alla disposizione abrogata, che gli immobili originariamente individuati per essere destinati alle procedure di vendita di cui al citato decreto-legge rimanessero invece nelle disponibilità del Ministero della Difesa per l’utilizzo o per l’alienazione), nonché, poco prima della emanazione del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90, il decreto ministeriale 28 gennaio 2010.

[7]    Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini

[8]    Sullo schema di Regolamento (atto n. 138) la Commissione difesa della Camera, nella seduta del 27 gennaio 2010, ha espresso un parere favorevole con le seguenti condizioni :

1)     sia riconosciuto il diritto di prelazione al personale militare e civile del Ministero della difesa in coerenza con le disposizioni di cui al comma 628, lettera b), dell'articolo 2 della legge finanziaria 2008;

2)     sia previsto che l'applicazione delle riduzioni di prezzo al personale militare e civile non possa comunque condurre alla determinazione di un prezzo di vendita inferiore a quello offerto in prelazione al conduttore al netto della riduzione di prezzo a questi spettante, fermo restando che, qualora, in seguito ad asta deserta, vi fosse l'esigenza di fissare un nuovo prezzo base più basso di quello offerto al conduttore, si procederà alla formulazione di una nuova offerta al conduttore stesso;

3)     al fine di assicurare la permanenza negli alloggi dei conduttori ultrasessantacinquenni che non abbiano superato la soglia di reddito fissata annualmente con decreto ministeriale e che non siano nelle condizioni di poterne acquistare la proprietà, sia previsto il vincolo per gli acquirenti degli alloggi a stipulare contratti di locazione con i citati conduttori per tutta la durata della vita di questi ultimi, ai sensi dell'articolo 1607 del codice civile, con la condizione che permangano nel tempo in capo ai conduttori stessi i requisiti di reddito familiare fissati annualmente con decreto del Ministro della difesa, ovvero sia previsto il trasferimento dell'usufrutto ai conduttori medesimi con una rateizzazione del relativo corrispettivo che risulti compatibile con le loro condizioni reddituali;

4)     siano riconosciute ai conduttori di alloggi di pregio riduzioni del prezzo di vendita modulate in funzione del reddito familiare e modalità di esercizio del diritto di prelazione identiche a quelle previste per gli altri conduttori di alloggi ai sensi della precedente lettera B);

5)     sia previsto che la decadenza dal titolo concessorio possa determinarsi soltanto successivamente al mancato esercizio del diritto di prelazione nei termini dianzi evidenziati alle precedenti lettere B) e D), fermo restando quanto previsto alla lettera C);

6)     all'articolo 5, comma 4, che disciplina i canoni degli alloggi di servizio realizzati mediante concessione di lavori pubblici, sia richiamata la lettera b) del comma 2 del medesimo articolo, anziché la precedente lettera a);

7)     all'articolo 12, comma 6, laddove si richiama l'atto compromissorio stipulato con l'assegnatario dell'alloggio a riscatto, si faccia riferimento al comma 5 del medesimo articolo, anziché al comma 4;

8)     all'articolo 12, comma 8, laddove si richiama l'ipotesi di recesso dal vincolo da parte dell'assegnatario dell'alloggio a riscatto, si faccia riferimento al comma 7, anziché al comma 6.

L’iter di tale provvedimento è riportato in allegato al dossier del servizio studi n. 394.

[9]    Cfr. Capo IV «Disposizioni attuative per gli alloggi di servizio connessi al nuovo modello delle Forze armate» articoli da 398 a 411.

[10]  Audizione del sottosegretario di Stato per la difesa, Filippo Milone, sui criteri e le modalità adottati per la definizione del prezzo di vendita degli alloggi della Difesa in corso di dismissione.

[11]  In relazione al richiamato piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della difesa, si segnala che, relativamente all’anno 2009, il parere parlamentare su tale documento è stato espresso dalle Commissioni difesa di Camera e Senato ai sensi dell’articolo 9 della legge n. 537 del 1993 che prevedeva espressamente il citato passaggio parlamentare . Viceversa, relativamente al successivo anno 2010, i richiamati pareri parlamentari non sono stati acquisiti e ciò in quanto, il codice dell’ordinamento militare (articolo 306, comma 2) nel frattempo entrato in vigore, nel recepire il contenuto del richiamato articolo 9 dell’articolo 537 del 1993, ometteva di subordinare l’acquisizione del piano al parere parlamentare che è stato, invece, successivamente ripristinato dal decreto legislativo n. 20 del 2012, correttivo del codice dell’ordinamento militare. A seguito dei tale modifica, nel corso delle sedute del 4 e 24 aprile 2012, le Commissione difesa del Senato e della Camera, si sono espresse sul piano annuale di gestione del patrimonio abitativo della difesa per gli anni 2010 e 2011.

[12]  Cfr.: articolo 2, comma 627 della legge n. 244 del 2007, il cui contenuto è confluito nell’articolo 297, comma 1, del Codice dell’ordinamento militare.

[13]  Successivamente abrogato a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. 90 del 2010 recante il Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare.

[14]  Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 27 maggio 2011.

[15]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010.

[16]  Interrogazione n. 3-01833 (On.Bosi) riguardante le problematiche concernenti la determinazione del canone degli alloggi di servizio militari occupati da utenti senza titolo.

[17]  La mozione impegnava il governo “ad assumere iniziative normative perché le eventuali maggiorazioni di canone previste dalla legge non siano applicabili nei confronti degli utenti con reddito familiare annuo lordo non superiore a quello fissato annualmente con decreto del ministro della Difesa, tenendo conto della sostenibilità dei nuovi canoni da introdurre in relazione ai redditi complessivi familiari dei conduttori degli alloggi". Si segnala, inoltre, che nel corso della seduta dell’Aula del Senato del 28 settembre 2011 sono state illustrate le mozioni 1 – 00463 Sen. Germontani ed altri; 1 – 00467 Sen. Scanu ed altri; 1 – 00471 Sen. Ramponi ed altri; 1 - 00472 Sen. Caforio ed altri, vertenti sulla materia in esame.