Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Le leggi - D.L. 6 luglio 2012, n. 95 'Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 Schede di lettura (Articoli da 13 a 25)
Riferimenti:
AC N. 5389/XVI   DL N. 95 DEL 06-LUG-12
Serie: Progetti di legge    Numero: 672    Progressivo: 2
Data: 10/09/2012
Descrittori:
BANCHE ISTITUTI E AZIENDE DI CREDITO   L 2012 0135
SPESA PUBBLICA     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

Progetti di legge

 

 

 

Le leggi

D.L. 6 luglio 2012, n. 95

“Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario”,
convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135

Schede di lettura

(Articoli da 13 a 25)

 

 

 

 

 

 

n. 672/2

Tomo II

 

 

10 settembre 2012

 

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

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Ha partecipato alla redazione del dossier:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

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INDICE
(Tomo I)

 

Schede di lettura

§      Articolo 1, comma 3, della legge di conversione n. 135/2012  (Decorrenza dello sconto a carico dei farmacisti e delle aziende farmaceutiche)..................................................... 3

§      Articolo 1, commi 1, 2 e 2-bis (Conseguenze per violazione degli obblighi di procedere ad acquisti centralizzati e divieto di discriminazione delle PMI nella partecipazione alle gare)    4

§      Articolo 1, commi 4-6 e commi 17-18 (Mercato elettronico della P.A. e sviluppo del sistema di acquisti di e-procurement)........................................................................... 10

§      Articolo 1, commi 7-9 (Obbligo per le P.A. di ricorrere a CONSIP per gli acquisti energetici e di telefonia)....................................................................................................... 15

§      Articolo 1, comma 3 e commi 10-16-bis (Disposizioni varie in materia di convenzioni quadro Consip)20

§      Articolo 1, commi 19-20 (Programma per l’efficientamento delle procedure di dismissione dei beni mobili)........................................................................................................... 27

§      Articolo 1, commi 21-22 (Riduzione delle spese di acquisto di beni e servizi da parte dei Ministeri)30

§      Articolo 1, commi 23-24 (Estensione dei compiti dei dirigenti degli uffici dirigenziali generali delle Amministrazioni Pubbliche - Modifiche all’articolo 16 D.Lgs. n. 165/2001). 35

§      Articolo 1, comma 25 (Attribuzione al Dipartimento amministrazione generale del MEF della competenza in materia di approvvigionamento di beni e servizi)................ 38

§      Articolo 1, comma 26 (Riduzione delle spese per intercettazioni)............... 39

§      Articolo 1, comma 26-bis (Riduzione del 10% dei costi unitari di manutenzione di beni e servizi, hardware e software, praticati da fornitori terzi)............................................ 42

§      Articolo 1, comma 26-ter (Interventi conservativi volontari sui beni culturali)43

§      Articolo 2, commi 1-2 e 5-20-bis (Riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni)........................................................................................... 45

§      Articolo 2, comma 3 (Personale militare)..................................................... 66

§      Articolo 2, comma 4 (Comparto scuola e AFAM)....................................... 70


§      Articolo 2, comma 20-ter (Rinnovo dei collegi dei revisori dei conti delle Agenzie fiscali)   73

§      Articolo 2, commi 20-quater e 20-quinquies (Compensi degli amministratori con deleghe e dei dipendenti di società controllate da amministrazioni pubbliche).................. 74

§      Articolo 3, commi 1-10 e 12-18 (Razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive)......................................................................................... 80

§      Articolo 3, comma 11 (Modifiche alla disciplina sulle alienazioni immobili difesa)96

§      Articolo 3, comma 11-bis (Dismissioni immobiliari degli enti previdenziali)98

§      Articolo 3, comma 19 (Proroga ICI rurale)................................................. 100

§      Articolo 3, comma 19-bis (Trasferimento dell’Arsenale di Venezia al Comune di Venezia)     101

§      Articolo 3-bis, commi 1-6 e 8-9 (Credito d'imposta e finanziamenti bancari agevolati per la ricostruzione).............................................................................................. 103

§      Articolo 3-bis, comma 7 (Certificazioni di pagamento delle rate di acconto di contratti di lavori pubblici)...................................................................................................... 110

§      Articolo 4, commi 1-3, 3-sexies e 4-5 (Scioglimento o vendita delle società in house che svolgono servizi nei confronti della sola P.A. e composizione dei consigli di amministrazione delle società pubbliche)................................................................................................... 113

§      Articolo 4, commi da 3-bis a 3-quinquies (Affidamento a Sogei delle attività informatiche per la P.A. di Consip e ruolo di Consip per l’Agenzia per l’Italia digitale)......................... 126

§      Articolo 4, commi 6-8-bis (Modalità di acquisizione dei servizi strumentali all’attività delle P.A. e rispetto delle procedure concorrenziali del Codice appalti)....................... 134

§      Articolo 4 comma 6-bis (FORMEZ)........................................................... 141

§      Articolo 4, commi 9-13 (Vincoli alle assunzioni per le società pubbliche). 143

§      Articolo 4, comma 14 (Nullità di clausole contrattuali tra società a partecipazione pubblica e amministrazioni statali)............................................................................... 146

§      Articolo 5, comma 1 (Percentuale di aggio sulle somme riscosse dalle Società agenti del servizio nazionale della riscossione)....................................................................... 147

§      Articolo 5, commi 2-4 (Limiti all’acquisto di autovetture e limiti all’ utilizzo auto di rappresentanza)   151

§      Articolo 5, comma 5  (Restituzione del personale adibito alle mansioni di autista alle P.A. di appartenenza)............................................................................................. 155


§      Articolo 5, comma 6 (Principio di coordinamento della finanza pubblica). 158

§      Articolo 5, comma 7 (Limite alla spesa per buoni pasto)........................... 160

§      Articolo 5, comma 8 (Ferie, riposi, permessi)............................................ 161

§      Articolo 5, comma 9 (Divieto consulenze a ex dipendenti in quiescenza)162

§      Articolo 5, commi 10 e 10-bis (Razionalizzazione dei servizi di pagamento delle retribuzioni dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche)............................................... 163

§      Articolo 5, comma 10-ter (Trattamento economico di docenti e ricercatori universitari rientrati nei ruoli)............................................................................................................ 166

§      Articolo 5, commi 11-11-sexies (Valutazione dei dipendenti pubblici)....... 167

§      Articolo 5, comma 12 (Funzionamento CIVIT).......................................... 171

§      Articolo 5, comma 13 (Soppressione della vice-dirigenza nella P.A.)....... 173

§      Articolo 5, comma 14 (Riduzione dei compensi ai componenti degli organi delle Autorità portuali)  174

§      Articolo 5, comma 14-bis (Applicazione della “spending review” alla Banca d’Italia)  177

§      Articolo 6, commi 1-15 e 16 (Rafforzamento della funzione statistica e del monitoraggio dei conti pubblici)...................................................................................................... 179

§      Articolo 6, comma 15-bis (Spettanze per i comuni)................................... 192

§      Articolo 6, comma 17 (Fondo svalutazione crediti degli enti locali)........... 194

§      Articolo 6, comma 18 (Proroga dei termini per il pagamento dei crediti connessi a transazioni commerciali per l'acquisizione di servizi e forniture)................................. 196

§      Articolo 6, comma 19 (Approvazione di convenzioni per lo svolgimento  di servizi di navigazione marittima)................................................................................................... 198

§      Articolo 6, comma 20 (Ambiti territoriali scolastici e revisori dei conti)..... 202

§      Articolo 7, commi 1-4 (Contenimento delle spese di funzionamento e soppressione di strutture di missione presso la Presidenza del Consiglio)........................................... 205

§      Articolo 7, commi 5-6 (Agenzia Industrie Difesa e Professionalizzazione forze armate)     211

§      Articolo 7, comma 7 (Riduzione autorizzazione di spesa corsi formazione forze armate)  213

§      Articolo 7, commi 8-9 (Riduzione dei Fondi di cui all'art. 616 e all’art. 613 del Codice dell’ordinamento militare)....................................................................................................... 214

§      Articolo 7, comma 10 (Modifiche al Codice dell’ordinamento militare)...... 216

§      Articolo 7, comma 11 (Riduzione di contributi all’emittenza radio televisiva)217

§      Articolo 7, commi 12-15 (Riduzione della spesa dei Ministeri).................. 218

§      Articolo 7, comma 16 (Riduzione Fondo per la compensazione degli effetti finanziari)  222

§      Articolo 7, comma 17 (Riduzione Fondo interventi strutturali politica economica - FISPE)     224

§      Articolo 7, comma 18 (Riduzione Fondo per spese urgenti ed indifferibili)225

§      Articolo 7, comma 19 (Riduzione Fondo per il finanziamento delle missioni di pace)     228

§      Articolo 7, commi 20-21 (Modifica al finanziamento del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma in Emilia, Lombardia e Veneto)................................................. 229

§      Articolo 7, comma 21-bis (Proroga sospensione adempimenti degli uffici finanziari con sede nelle zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 )..................................... 231

§      Articolo 7, comma 22 (Accesso del CED del Ministero dell’interno)......... 233

§      Articolo 7, comma 23 (Riduzione del Fondo speciale di conto capitale - Tabella B)  235

§      Articolo 7, commi 24-25 (Annullamento accordo di programma Laboratorio Tipologico Nazionale)237

§      Articolo 7, comma 26 (Revisione della spesa del Ministero infrastrutture e trasporti)    239

§      Articolo 7, comma 26-bis (Aero Club d’Italia)............................................. 242

§      Articolo 7, commi 27-32 (Dematerializzazione di procedure in materia di istruzione, università e ricerca)....................................................................................................... 243

§      Articolo 7, commi 33-36 (Inclusione delle scuole statali nel sistema di tesoreria unica)     246

§      Articolo 7, commi 37-38 (Fondi per l’istruzione e supplenze brevi)........... 250

§      Articolo 7, commi 39-40 (Soppressione di contabilità speciali scolastiche)258

§      Articolo 7, comma 41 (Spese per il servizio di mensa scolastica)............ 261

§      Articolo 7, comma 42 (Contribuzione studentesca universitaria).............. 263

§      Articolo 7, comma 42-bis (Accorpamento di consorzi interuniversitari).... 268

§      Articolo 7, comma 42-ter (Prorogatio del mandato dei rettori universitari)270

§      Articolo 8, comma 1 (Iniziative per la riduzione della spesa degli enti pubblici non territoriali)272

§      Articolo 8, comma 2 (Riduzione della spesa da parte dell’INPS).............. 274

§      Articolo 8, comma 3 (Riduzione spesa consumi intermedi di enti e organismi pubblici)     275

§      Articolo 8, comma 3-bis (Adeguamento sanzioni comminate dalla Commissione di garanzia dell'attuazione legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali)........... 277

§      Articolo 8, commi 4 e 4-bis (Riduzione dei trasferimenti statali agli enti di ricerca)    282

§      Articolo 8, comma 4-ter (Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza della Professione Infermieristica - ENPAPI)................................................................................................... 288

§      Articolo 9 (Razionalizzazione amministrativa, divieto di istituzione e soppressione di enti, agenzie e organismi)................................................................................................... 291

§      Articolo 10 (Riorganizzazione della presenza dello Stato sul territorio)..... 297

§      Articolo 11, comma 1 (Riforma sistema reclutamento dirigenti e funzionari pubblici)    302

§      Articolo 11, comma 2 (Riordino scuole militari)......................................... 306

§      Articolo 12, commi 1-6 (Soppressione Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione)308

§      Articolo 12, commi 7-18 (Disposizioni per il riordino di AGEA)................. 312

§      Articolo 12, comma 18-bis (Soppressione di Buonitalia SpA)................... 320

§      Articolo 12, comma 19 (Attività di proposta del Commissario straordinario (D.L. 52) in tema di riordino, soppressione e trasformazione di enti)........................................ 326

§      Articolo 12, comma 20 (Trasferimento attività organi collegiali PA in regime di proroga)   328

§      Articolo 12, commi 21-22 (Organismo di indirizzo - ODI).......................... 331

§      Articolo 12, comma 23 (Commissione scientifica CITES)........................ 332

§      Articolo 12, commi 24-30 (Messa in liquidazione di ARCUS S.p.A. e quota del 3% del Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali destinata ai beni e alle attività culturali)334


§      Articolo 12, commi 31-38 (Fondazione Centro sperimentale di cinematografia e Istituto centrale per i beni sonori e audiovisivi e istituzione Centro sperimentale di cinematografia)342

§      Articolo 12, commi 39-40 (Durata degli incarichi dei commissari liquidatori di enti pubblici)   343

§      Articolo 12, commi 41-48 (Ente nazionale per il microcredito).................. 345

§      Articolo 12, commi 49-58 (Soppressione Associazione italiana di studi cooperativi Luigi Luzzatti)  346

§      Articolo 12, commi 59-70 (Soppressione Fondazione Valore Italia).......... 351

§      Articolo 12, commi 71-74 (Promuovi Italia S.p.a)...................................... 357

§      Articolo 12, commi 75-77 (Carattere monocratico dell’incarico di commissario per la gestione/liquidazione di società cooperative)............................................. 360

§      Articolo 12, commi 78-79 (Proroga termini riguardanti l’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali)................................................................................................ 363

§      Articolo 12, comma 80 (Sanzioni in materia di contratti di autotrasporto). 366

§      Articolo 12, commi 81-86 (Comitato centrale per l’Albo nazionale autotrasportatori)371

§      Articolo 12, comma 87 (Commissario ad acta per approvazione bilancio chiusura INPDAP)     375

§      Articolo 12, comma 88 (Requisiti pensionistici)......................................... 376

§      Articolo 12, comma 89 (Proroga del Comitato amministratore FONDINPS)378

§      Articolo 12, comma 90 (ISFOL)................................................................. 379

§      Articolo 12, comma 90-bis (Mobilità personale CONI servizi S.p.A.)....... 380

 


INDICE
(Tomo II)

Schede di lettura

§      Articolo 13 (Istituzione dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni)..... 383

§      Articolo 14, commi 1-2 (Limite alle assunzioni per le amministrazioni dello Stato, i Corpi di Polizia e i Vigili del fuoco)........................................................................................... 392

§      Articolo 14, comma 3 (Limiti alle assunzioni per le università statali)....... 396

§      Articolo 14, comma 4 (Limite alle assunzioni per gli enti di ricerca).......... 402

§      Articolo 14, comma 4-bis (Assunzione di vincitori di concorso da parte di altra P.A.)    404

§      Articolo 14, commi 5 e 5-bis (Vincoli assunzionali camere di commercio)406

§      Articolo 14, comma 6 (Limite turn over Segretari comunali e provinciali). 409

§      Articolo 14, commi 7-9 (Disposizioni generali in materia di assunzioni).... 410

§      Articolo 14, comma 10 (Transito del personale del Corpo della Guardia di finanza)  412

§      Articolo 14, commi 11 e 12 (Riduzione del personale del MIUR messo a disposizione del MAE e di quello impegnato presso le scuole all'estero)............................................ 413

§      Articolo 14, commi 13-15 (Personale docente inidoneo all'insegnamento e personale docente titolare delle classi di concorso C999 e C555)...................................................... 415

§      Articolo 14, comma 16 (Aree geografiche con specificità linguistica ai fini dell’applicazione dei parametri per l’assegnazione di dirigenti scolastici)................................... 421

§      Articolo 14, commi 17-20, e comma 21 (Utilizzo dei docenti in esubero). 423

§      Articolo 14, comma 20-bis (Agevolazioni previdenziali per il personale docente della scuola)     430

§      Articolo 14, comma 22 (Delega di compiti da parte del dirigente scolastico)433

§      Articolo 14, commi 23-25 (Riduzione di alcune spese per il personale del Ministero degli Affari esteri)435

§      Articolo 14, comma 26 (Riduzione del contributo italiano al finanziamento della PESC)     438

§      Articolo 14, comma 27  (Rimborso alle regioni per visite fiscali personale scolastico)  439

§      Articolo 15, commi 1-11 (Misure di governo per la spesa farmaceutica). 441

§      Articolo 15, comma 11-bis (Modalità prescrittive dei farmaci equivalenti)457

§      Articolo 15, commi 12-25-ter (Disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario)459

§      Articolo 16, commi 1-5 (Concorso delle regioni agli obiettivi di riduzione della spesa)   486

§      Articolo 16, commi 6 e 7 (Riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni e delle province)495

§      Articolo 16, commi 8 e 9 (Dotazioni organiche degli enti locali e divieto di assunzione per le province)502

§      Articolo 16, comma 10 (Modifiche alla disciplina della compensazione dei crediti verso la P.A.: mancato pagamento da parte dell’ente locale all’agente della riscossione)505

§      Articolo 16, comma 11 (Norma interpretativa art. 204 del TUEL sui limiti di indebitamento enti locali)509

§      Articolo 16, comma 12 (Posticipo dei termini per l’attivazione del Patto di stabilità interno orizzontale nazionale)................................................................................................... 510

§      Articolo 16, commi 12-bis-12-sexies (Contributo per il patto regionalizzato verticale)    513

§      Articolo 16, comma 12-septies (Anticipo della possibilità di aumento dell'addizionale IRPEF per le regioni sottoposte a piani di stabilizzazione finanziaria)............................. 517

§      Articolo 16, comma 12-octies (Attribuzione al Commissario straordinario del Governo del Comune di Roma del fondo per agevolare i piani di rientro dei comuni)...................... 519

§      Articolo 16-bis (Patto Governo-Regioni per il trasporto pubblico locale)... 522

§      Articolo 17 (Riordino delle province e loro funzioni)................................... 525

§      Articolo 18 (Istituzione delle Città metropolitane e soppressione delle province del relativo territorio)545

§      Articolo 19 (Funzioni fondamentali dei comuni e modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali).................................................................................................... 564


§      Articolo 20 (Disposizioni per favorire la fusione di comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali)....................................................................................... 580

§      Articolo 21 (Riduzione dell'Iva)................................................................... 583

§      Articolo 22 (Salvaguardia dei lavoratori dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico)............................................................................................. 588

§      Articolo 23, comma 1 (Misure di sostegno all’autotrasporto).................... 594

§      Articolo 23, comma 2 (Disposizioni in materia di 5 per mille).................... 595

§      Articolo 23, comma 3 (Università non statali legalmente riconosciute).... 599

§      Articolo 23, comma 4 (Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore e l’erogazione delle borse di studio).............................................................. 600

§      Articolo 23, comma 5 (Gratuità dei libri di testo)........................................ 602

§      Articolo 23, comma 6 (Missioni internazionali).......................................... 604

§      Articolo 23, comma 7 (Concorso delle Forze armate nel controllo del territorio)   605

§      Articolo 23, comma 8 (Rifinanziamento del Fondo spese urgenti e indifferibili)     607

§      Articolo 23, commi 9-10 (Risorse finanziarie per emergenza neve febbraio 2012)    610

§      Articolo 23, comma 10-bis (Utilizzo disponibilità del Fondo vittime dell’usura per le esigenze da emergenza-neve nelle regioni del Centro-Sud)......................................... 612

§      Articolo 23, commi 11 e 12 (Emergenza immigrati dal Nord Africa)......... 614

§      Articolo 23, commi 12-bis e 12-ter (Disposizioni in materia di ISEE)........ 619

§      Articolo 23, comma 12-quater (Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio)..................................................................................................... 623

§      Articolo 23, comma 12-quinquies (Incremento del contributo erariale al comune di Roma  quale sede della Capitale)............................................................................................. 625

§      Articolo 23, comma 12-sexies (Azienda universitaria Policlinico Umberto I)628

§      Articolo 23, comma 12-septies (Assegnazione di risorse finanziarie nelle zone colpite dal sisma del 2009 in Abruzzo)......................................................................................... 629

§      Articolo 23, comma 12-octies (Proroga della sospensione degli adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi nell’isola di Lampedusa).......................................................... 631

§      Articolo 23, comma 12-novies (Contributi per l’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali)................................................................ 632

§      Articolo 23, comma 12-decies (Piano di rientro finanziario del comune di Roma)     634

§      Articolo 23, comma 12-undecies (Trasporto pubblico locale: compensazione degli oneri di servizio pubblico)..................................................................................................... 636

§      Articolo 23, comma 12-duodecies (Proroghe in materia di ammortizzatori sociali)   638

§      Articolo 23, comma 12-terdecies (Risorse per il completamento della Piattaforma  per la gestione della rete logistica nazionale)..................................................................... 642

§      Articolo 23, comma 12-quaterdecies (Fruibilità di dati geospaziali acquisiti con risorse pubbliche)  644

§      Articolo 23, comma 12-quinquiesdecies (Sanzioni per pratiche commerciali scorrette)     647

§      Articolo 23, comma 12-sexiesdecies (Funzioni di catalogazione del Banco Nazionale di prova delle armi)........................................................................................................... 649

§      Articolo 23, commi 12-septiesdecies e 12-duodevicies (Concorso straordinario per l’assegnazione di nuove sedi farmaceutiche)......................................................................... 652

§      Articolo 23, comma 12-undevicies (Disposizioni concernenti le sedi farmaceutiche in porti, aeroporti, stazioni e aree di servizio).......................................................................... 655

§      Articolo 23-bis (Dismissione e razionalizzazione di partecipazioni societarie dello Stato)   656

§      Articolo 23-ter, commi 1 e 2 (Valorizzazione e dismissione di immobili pubblici)  670

§      Articolo 23-ter, comma 1-bis (Convenzioni cessioni di diritto di proprietà)686

§      Articolo 23-quater, commi 1-8 e 10-12 (Incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e dell'Agenzia del territorio e soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico)688

§      Articolo 23-quater, commi 9 e 9-bis (Soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico-ASSI).......................................................................................................... 698

§      Articolo 23-quinquies, commi 1-6 (Riduzione delle dotazioni organiche e riordino delle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze e delle agenzie fiscali)................. 701

§      Articolo 23-quinquies, commi 7-8 (Rinnovo dei consiglio di amministrazione della Sogei e della Consip)....................................................................................................... 709

§      Articolo 23- sexies (Emissione di strumenti finanziari).............................. 712

§      Articolo 23-septies (Condizioni di sottoscrizione)...................................... 721

§      Articolo 23-octies (Conformità con la disciplina degli aiuti di Stato).......... 723

§      Articolo 23-novies (Procedura).................................................................. 728

§      Articolo 23-decies (Caratteristiche dei Nuovi Strumenti Finanziari).......... 731

§      Articolo 23-undecies (Risorse finanziarie)................................................. 735

§      Articolo 23-duodecies (Disposizioni di attuazione)..................................... 738

§      Articolo 24 (Copertura finanziaria).............................................................. 740

§      Articolo 24-bis (Clausola di salvaguardia).................................................. 742

§      Articolo 25 (Entrata in vigore)..................................................................... 744

 


Schede di lettura


Articolo 13
(Istituzione dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni)

 


1. Al fine di assicurare la piena integrazione dell'attività di vigilanza nel settore assicurativo, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria, è istituito, con sede legale in Roma, l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS). Resta, in ogni caso, ferma la disciplina in materia di poteri di vigilanza regolamentare, informativa, ispettiva e sanzionatori esercitati dalla Consob sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione nonché sui prodotti di cui all'articolo 1, comma 1, lettera w-bis), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e relativa disciplina regolamentare di attuazione.

2. L’IVASS ha personalità giuridica di diritto pubblico.

3. L'Istituto opera sulla base di princìpi di autonomia organizzativa, finanziaria e contabile, oltre che di trasparenza e di economicità, mantenendo i contributi di vigilanza annuali previsti dal Capo II del Titolo XIX del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private).

4. L’IVASS e i componenti dei suoi organi operano con piena autonomia e indipendenza e non sono sottoposti alle direttive di altri soggetti pubblici o privati. L’IVASS può fornire dati al Ministro dello sviluppo economico e al Ministro dell'economia e delle finanze, esclusivamente in forma aggregata.

5. L'Istituto trasmette annualmente al Parlamento e al Governo una relazione sulla propria attività.

6. Fermo restando quanto previsto dagli articoli 25-bis, 30, comma 9, 32, comma 2, e 190 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, l’IVASS svolge le funzioni già affidate all'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo (ISVAP) ai sensi dell'art. 4 della legge 12 agosto 1982, n. 576 (Riforma della vigilanza sulle assicurazioni) e dell'art. 5 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209.

7. Soppresso.

8. Soppresso.

9. Soppresso.

10. Sono organi dell’IVASS:

a) il Presidente;

b) il Consiglio;

c) il Direttorio di cui all'art. 21 dello Statuto della Banca d'Italia, operante nella composizione integrata di cui al comma 17.

11. Presidente dell'Istituto è il Direttore Generale della Banca d'Italia.

12. Il Presidente è il legale rappresentante dell'Istituto e presiede il Consiglio.

13. Il Consiglio è composto dal Presidente e da due consiglieri scelti tra persone di indiscussa moralità ed indipendenza oltre che di elevata qualificazione professionale in campo assicurativo, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri, ad iniziativa del Presidente del Consiglio, su proposta del Governatore della Banca d'Italia e di concerto con il Ministro dello sviluppo economico.

14. I due consiglieri restano in carica sei anni, con possibilità di rinnovo per un ulteriore mandato. Gli emolumenti connessi alla carica sono fissati con decreto del Ministro dello sviluppo economico, adottato su proposta del Governatore della Banca d'Italia.

15. Al Consiglio spetta l'amministrazione generale dell’IVASS.

In particolare il Consiglio:

– adotta il regolamento organizzativo dell’IVASS;

– delibera in ordine al trattamento normativo ed economico del personale dipendente dell'Istituto e adotta il relativo regolamento;

– adotta i provvedimenti di nomina, assegnazione, promozione e cessazione dal servizio dei dipendenti;

– conferisce gli incarichi di livello dirigenziale;

– approva gli accordi stipulati con le organizzazioni sindacali;

– provvede alla gestione dei contributi dei soggetti vigilati;

– esamina ed approva il bilancio;

– esercita le ulteriori competenze indicate dallo Statuto e delibera sulle questioni che il Direttorio integrato eventualmente ritenga di sottoporgli.

16. Nell'ambito delle proprie competenze, il Consiglio può rilasciare deleghe anche a singoli consiglieri o al personale dell'Istituto con qualifica dirigenziale per l'adozione di provvedimenti che non richiedono valutazioni di carattere discrezionale, stabilendone oggetto e limiti, nel rispetto delle modalità previste dallo Statuto.

17. Ai soli fini dell'esercizio delle funzioni istituzionali attribuite all’IVASS in materia assicurativa, il Direttorio della Banca d'Italia è integrato con i due consiglieri di cui al comma 13.

18. Al Direttorio integrato spetta l'attività di indirizzo e direzione strategica dell’IVASS e la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all'esercizio delle funzioni istituzionali in materia di vigilanza assicurativa.

19. Nell'ambito delle proprie competenze il Direttorio integrato può rilasciare deleghe al Presidente, a singoli consiglieri, a dipendenti dell'Istituto con qualifica dirigenziale o a Comitati, Commissioni o Collegi previsti dallo Statuto, stabilendone oggetto e limiti nel rispetto delle modalità previste dallo Statuto medesimo.

20. Rientra, in ogni caso, nella competenza esclusiva del Direttorio integrato l'approvazione della relazione annuale di cui al comma 5, del presente articolo e l'adozione di provvedimenti a carattere normativo.

21. Rientra, altresì, nella competenza del Direttorio integrato l'adozione nei confronti dei dirigenti dell’IVASS di provvedimenti di distacco ed il conferimento di particolari incarichi, ivi compresa la nomina dei delegati presso l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (EIOPA).

22. Nei casi di necessità e di urgenza, i provvedimenti di competenza del Direttorio integrato possono essere assunti dai componenti del Consiglio di amministrazione anche singolarmente, salvo ratifica collegiale.

23. Il Direttorio integrato viene informato dal Presidente dell’IVASS sui fatti rilevanti concernenti l'amministrazione dell'Istituto.

24. In sede di prima applicazione lo Statuto dell’IVASS è deliberato dal Direttorio della Banca d'Italia ed approvato con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. Le modifiche allo Statuto dell’IVASS, deliberate dal Direttorio integrato, sono approvate con le medesime modalità.

25. Lo Statuto detta disposizioni in ordine all'assetto organizzativo dell’IVASS e in particolare:

– stabilisce norme di dettaglio sulle competenze degli organi dell'Istituto;

– prevede la facoltà del Direttorio integrato di nominare un Segretario generale con compiti di ordinaria amministrazione, anche su delega del Consiglio;

– disciplina il funzionamento degli organi e in tale ambito, stabilisce i quorum costitutivi e deliberativi di quelli collegiali, prevedendo che il Direttorio integrato possa assumere i provvedimenti di sua competenza solo con la presenza di almeno uno dei consiglieri di cui al comma 13;

– definisce princìpi e criteri ai fini del conferimento delle deleghe da parte degli organi collegiali;

– definisce le modalità dell'esercizio delle funzioni istituzionali nei casi di necessità e di urgenza;

– stabilisce norme in materia di incompatibilità e princìpi per l'adozione di un codice etico sia per i dipendenti che per i componenti degli organi;

– definisce i criteri ai fini di eventuali provvedimenti di distacco dei dipendenti dalla Banca d'Italia all’IVASS o dall’IVASS alla Banca d'Italia;

– definisce norme relative alla consulenza e rappresentanza in giudizio dell'Istituto.

26. Lo Statuto, tenendo conto delle funzioni dell'Istituto, stabilisce criteri per l'ottimizzazione delle risorse, la riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne.

27. Ai fini dell'esercizio delle sue funzioni l’IVASS può avvalersi delle infrastrutture tecnologiche della Banca d'Italia.

28. Alla data di entrata in vigore del presente decreto gli organi dell'ISVAP decadono e il Presidente dell'ente soppresso assume le funzioni di Commissario per l'ordinaria e straordinaria amministrazione dell'ente, mantenendo il trattamento economico connesso all'incarico precedentemente ricoperto, ridotto del 10 per cento.

29. Il Commissario straordinario riferisce con cadenza almeno quindicinale al direttore generale della Banca d'Italia in ordine all'attività svolta ed ai provvedimenti assunti dall'ISVAP. L'ISVAP, per tutta la fase transitoria, continua ad avvalersi del patrocinio e della rappresentanza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato.

30. Entro 120 giorni dalla data di cui al comma 28 del presente articolo, sono nominati i Consiglieri di cui al comma 13 e il Direttorio della Banca d'Italia predispone lo Statuto dell’IVASS.

31. Alla data di entrata in vigore dello Statuto, il Commissario straordinario decade automaticamente dalle funzioni.

32. Alla medesima data l'ISVAP è soppresso e l’IVASS succede in tutte le funzioni, le competenze, i poteri e in tutti i rapporti attivi e passivi. All’IVASS sono trasferite le risorse finanziarie e strumentali dell'ente soppresso. Il personale del soppresso ISVAP passa alle dipendenze dell’IVASS conservando di diritto il trattamento giuridico, economico e previdenziale di provenienza. La dotazione dell’IVASS è determinata entro il limite di un numero pari alle unità di personale di ruolo a tempo indeterminato trasferite, in servizio presso l'ente soppresso.

33. Entro 120 giorni dalla data di subentro dell’IVASS nelle funzioni di ISVAP, il Consiglio di amministrazione, sentite le organizzazioni sindacali, definisce il trattamento giuridico, economico e previdenziale del personale dell’IVASS, fermo restando che lo stesso non potrà, in nessun caso, comportare oneri di bilancio aggiuntivi rispetto a quelli previsti nel precedente ordinamento dell'ISVAP.

34. Entro 120 giorni dalla data di subentro dell'IVASS nelle funzioni di ISVAP il Consiglio definisce il piano di riassetto organizzativo che tenga conto dei princìpi dettati dallo Statuto ai sensi del comma 25 del presente articolo. In ogni caso, il piano dovrà realizzare risparmi rispetto al costo totale di funzionamento dell'ente soppresso.

35. Alla data di subentro dell’IVASS nelle funzioni precedentemente attribuite all'ISVAP, è trasferita alla Consap – Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa, la tenuta del ruolo dei periti assicurativi di cui agli artt. 157 e segg. del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e ogni altra competenza spettante all'ISVAP in materia.

36. Alla medesima data è trasferita alla Consap Spa la gestione del Centro di informazione previsto dagli artt. 154 e 155 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

37. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’IVASS, è stabilita la quota dei contributi di vigilanza di cui al comma 3 del presente articolo, da riconoscere alla Consap Spa a copertura degli oneri sostenuti per l'esercizio delle funzioni di cui ai commi 35 e 36.

38. Con regolamento emanato ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, da adottarsi entro due anni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è disciplinata l'istituzione di apposito Organismo, avente personalità giuridica di diritto privato e ordinato in forma di associazione, cui saranno trasferite le funzioni e competenze in materia di tenuta del Registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi nonché la vigilanza sui soggetti iscritti nel registro medesimo. Il regolamento potrà prevedere, nel rispetto dei princìpi di semplificazione e proporzionalità, una revisione delle categorie di soggetti tenuti all'iscrizione nel Registro. L'organismo sarà soggetto alla vigilanza dell’IVASS. Il regolamento disciplinerà, altresì, il procedimento di nomina dei componenti dell'Organismo e il passaggio al medesimo delle funzioni e competenze attribuite in via transitoria all’IVASS con attribuzione dei necessari poteri sanzionatori.

39. La contabilità dell’IVASS viene verificata da revisori esterni così come stabilito per la Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 27 dello statuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea (SEBC), fermi restando i controlli già esercitati dalla Corte dei Conti su ISVAP, ai sensi dell’articolo 4 della legge 12 agosto 1982, n. 576, come modificato dall’articolo 351, comma 1, del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209.

40. A decorrere dalla data di entrata in vigore dello statuto dell’IVASS sono abrogati gli articoli 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 17 della legge 12 agosto 1982, n. 576, nonché l’articolo 13, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 335. Sono altresì abrogate tutte le disposizioni incompatibili con le norme di cui ai precedenti commi.

41. Soppresso.

42. Dalla data di cui ai commi 40 e 41 e fermo restando quanto previsto al comma 40 del presente articolo, ogni riferimento all'ISVAP contenuto in norme di legge o in altre disposizioni normative è da intendersi effettuato all’IVASS. Per le norme che disciplinano la gestione dei compiti di cui ai commi 35 e 36, del presente articolo, ogni riferimento all'ISVAP si intende effettuato alla Consap Spa.

43. Le disposizioni adottate dall'ISVAP nell'esercizio delle funzioni e delle competenze trasferite all’IVASS restano in vigore fino all'eventuale adozione, da parte dell’IVASS medesimo, di nuove disposizioni nelle materie regolate.

 


 

 

L'articolo 13 prevede la soppressione dell'ISVAP (Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo) e la contestuale costituzione dell'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (IVASS). A seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare è invece venuta meno la norma contenente la soppressione della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP), le cui funzioni sarebbero confluite nell’IVASS (precedentemente denominato IVARP, Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni e sul risparmio previdenziale).

Il nuovo Istituto ha la finalità di assicurare la piena integrazione dell’attività di vigilanza nel settore assicurativo, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria.

 

L'ISVAP - Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo - è un ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico ed è stato istituito con legge 12 agosto 1982, n. 576, recante Riforma della vigilanza sulle assicurazioni, per l'esercizio di funzioni di vigilanza nei confronti delle imprese di assicurazione e riassicurazione nonché di tutti gli altri soggetti sottoposti alla disciplina sulle assicurazioni private, compresi gli agenti e i mediatori di assicurazione. Il bilancio preventivo e il rendiconto finanziario dell'ISVAP è soggetto al controllo della Corte dei conti.

Sono organi dell'ISVAP il presidente e il consiglio. Il presidente è scelto tra persone di indiscussa moralità ed indipendenza, particolarmente esperte nelle discipline tecniche e amministrative interessanti l'attività assicurativa, ed è nominato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per lo sviluppo economico. Il presidente dura in carica cinque anni; può essere confermato per una sola volta ed essere rimosso o sospeso dall'ufficio nelle forme sopra indicate. L'incarico è incompatibile con l'esercizio di qualsiasi altra attività.

Il consiglio è costituito da sette componenti, incluso il presidente dell'Istituto. I componenti sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; durano in carica quattro anni e possono essere confermati per non più di due volte. Essi devono essere scelti fra persone di indiscussa moralità e indipendenza e di provata competenza nelle materie tecniche o giuridiche interessanti le attività assicurative e finanziarie. In ogni caso, è garantita la presenza di componenti dotati di specifica professionalità nel settore dell'assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natanti. I componenti del consiglio non possono esercitare alcuna attività, remunerata o gratuita, in favore degli enti e delle imprese operanti nel settore assicurativo o di enti e società con essi comunque collegati. Le deliberazioni sono adottate a maggioranza semplice; in caso di parità di voti prevale il voto del presidente. Alle riunioni del consiglio partecipa con voto consultivo il vice direttore generale.

 

Il nuovo Istituto - avente personalità giuridica di diritto pubblico e con sede legale in Roma - ha la finalità di assicurare la piena integrazione dell’attività di vigilanza nel settore assicurativo, anche attraverso un più stretto collegamento con la vigilanza bancaria (commi 1 e 2).

 

Il comma 1 fa salva la disciplina in materia di poteri di vigilanza regolamentare, informativa, ispettiva e sanzionatori esercitati dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione nonché sui prodotti finanziari emessi dalle medesime imprese, come definiti dall'articolo 1 comma lettera w-bis) del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria).

Si tratta, in particolare, delle polizze e delle operazioni di cui ai rami vita III (cioè, le cui prestazioni principali sono direttamente collegate al valore di quote di organismi di investimento collettivo del risparmio o di fondi interni ovvero a indici o ad altri valori di riferimento) e V (ovvero le operazioni di capitalizzazione) di cui all'articolo 2, comma 1, del Codice delle assicurazioni private (decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209), con esclusione delle forme pensionistiche individuali.

 

Si ricorda che alcuni Paesi europei hanno recentemente riformato l'assetto della vigilanza assicurativa. In particolare, la Francia, con il decreto-legge n. 2010-76, ha previsto la fusione fra le autorità di controllo dei settori bancario e assicurativo (Commission Bancaire, ACAM-Autorité de Contrôle des Assurances, Comités des Entreprises d’Assurances, Comités des Etablissements de Crédit et des Entreprises d’Investissement) mediante la costituzione della nuova “Autorité de contrôle prudentiel” (ACP), presieduta dal Governatore della Banque de France.

Nel Regno Unito è stata istituita la “Prudential Regulation Authority” (PRA), dipendente dalla Bank of England, con il compito di garantire una stabile e prudente operatività del settore finanziario nazionale. La PRA adotta un approccio specifico per il settore assicurativo (che, per numero di imprese e compagnie, rappresenta circa metà dell’intero settore finanziario del Regno Unito). La nuova architettura normativa e regolamentare diverrà pienamente operativa entro la fine del 2012.

In Germania, vi è un’unica autorità di vigilanza su banche e assicurazioni (BaFin). Da ultimo, la legge per il rafforzamento della vigilanza sui mercati finanziari e assicurativi, approvata il 2 luglio 2009, ha modificato la normativa applicabile alle assicurazioni, attraverso - tra l’altro - l’intensificazione della vigilanza sulle holding a capo di gruppi assicurativi; il numero di mandati assumibili dagli amministratori; la qualifica e i compiti dei componenti il Consiglio di vigilanza di imprese assicuratrici, fondi pensione, holding e gruppi “misti” di tipo assicurativo-finanziario; la facoltà per la BaFin di imporre alle imprese divieti di pagamento di utili.

Funzioni dell’IVASS

L’Istituto opera sulla base di principi di autonomia organizzativa, finanziaria e contabile e di trasparenza e di economicità (comma 3) e mantiene i contributi di vigilanza annuali previsti dal Codice delle assicurazioni private. Inoltre, nell'esercizio delle funzioni, l’IVASS non è sottoposto alle direttive di altri soggetti pubblici o privati (comma 4).

L’IVASS può fornire dati, esclusivamente in forma aggregata, al Ministro dello sviluppo economico nonché al Ministro dell’economia e delle finanze e trasmette annualmente al Parlamento e al Governo una relazione sulla propria attività (commi 4 e 5).

 

Al nuovo Istituto sono attribuite (comma 6) tutte le funzioni già spettanti all’ente soppresso.

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 5 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, (Codice delle assicurazioni private), l'ISVAP svolge le funzioni di vigilanza sul settore assicurativo mediante l'esercizio dei poteri di natura autorizzativa, prescrittiva, accertativa, cautelare e repressiva previsti dalle disposizioni del presente codice; adotta ogni regolamento necessario per la sana e prudente gestione delle imprese o per la trasparenza e la correttezza dei comportamenti dei soggetti vigilati ed allo stesso fine rende nota ogni utile raccomandazione o interpretazione; effettua le attività necessarie per promuovere un appropriato grado di protezione del consumatore e per sviluppare la conoscenza del mercato assicurativo, comprese le indagini statistiche ed economiche e la raccolta di elementi per l'elaborazione delle linee di politica assicurativa.

 

Anche in tal caso, nel corso dell’esame parlamentare, è stato ribadito che restano fermi i poteri esercitati alla Consob sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicurazione con riferimento a:

§      prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione;

§      offerta fuori sede, vale a dire la promozione e il collocamento presso il pubblico di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento, ovvero di servizi e attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o l'attività;

§      disciplina della promozione e del collocamento mediante tecniche di comunicazione a distanza di servizi e attività di investimento e di prodotti finanziari;

§      applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie in tema di disciplina degli intermediari, dei mercati e della gestione accentrata di strumenti finanzia.

 

Nel corso dell’esame parlamentare è stato soppresso il comma 7, che attribuiva all'Istituto le funzioni di vigilanza spettanti alla COVIP sulle forme pensionistiche complementari.

 

Son stati altresì soppressi i commi 8 e 9, ai sensi dei quali le funzioni spettanti alla COVIP in materia di controllo sugli investimenti delle risorse finanziarie e sulla composizione del patrimonio degli enti di diritto privato che gestiscono forme previdenziali obbligatorie di base venivano attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale poteva stipulare appositi accordi con il nuovo Istituto per l’esercizio, da parte di quest'ultimo, di poteri di verifica e controllo (anche mediante ispezione) sugli enti di diritto privato summenzionati.

 

La tenuta del ruolo dei periti assicurativi e di ogni altra competenza dell'ISVAP in materia, nonché la gestione del Centro di informazione italiano per i risarcimenti a seguito di sinistri (derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore) avvenuti all'estero - (commi da 35 a 37) vengono attribuite alla Consap - Concessionaria servizi assicurativi pubblici S.p.A.; il trasferimento decorre dalla data di subentro, da parte dell'IVASS, nelle funzioni svolte dall'ISVAP.

Il Centro di informazione italiano è incaricato di tenere un registro da cui risulta:

a)    la targa di immatricolazione di ogni veicolo che staziona abitualmente nel territorio della Repubblica;

b)    i numeri e la data di scadenza delle polizze di assicurazione che coprono la responsabilità civile derivante dalla circolazione di detti veicoli;

c)    le imprese di assicurazione che coprono la responsabilità civile derivante dalla circolazione di tali veicoli e i mandatari per la liquidazione dei sinistri.

 

Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'IVASS, è stabilita la quota dei contributi da riconoscere alla Consap Spa (comma 37) a copertura degli oneri sostenuti per l'esercizio delle funzioni attribuite.

Nel corso dell’esame parlamentare, è stato poi soppresso il comma 41, che attribuiva all'IVASS alcuni poteri normativi spettanti al Ministro del lavoro e delle politiche sociali in materia di fondi pensione.

 

Per l'esercizio delle proprie funzioni, l’IVASS può avvalersi delle infrastrutture tecnologiche della Banca d’Italia (comma 27).

Organi dell’IVASS

Gli organi dell'IVASS sono (commi 10, 11, 13, 14 e 17):

§       il Presidente, che è individuato nel Direttore generale della Banca d'Italia;

§       il Consiglio, cui spetta l'amministrazione generale dell'IVASS, che è composto dal Presidente e da due consiglieri scelti tra persone di indiscussa moralità ed indipendenza oltre che di elevata qualificazione professionale in campo assicurativo, nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei Ministri, ad iniziativa del Presidente del Consiglio, su proposta del Governatore della Banca d’Italia e di concerto con il Ministro dello sviluppo economico; i due consiglieri restano in carica sei anni, con possibilità di rinnovo per un ulteriore mandato;

§       il Direttorio della Banca d'Italia, il quale, nell'esercizio delle funzioni istituzionali attribuite all’IVASS, è integrato con i due consiglieri che (insieme con il Presidente) compongono il Consiglio summenzionato; al Direttorio integrato spetta l'attività di indirizzo e direzione strategica dell'IVASS e la competenza ad assumere i provvedimenti aventi rilevanza esterna relativi all'esercizio delle funzioni istituzionali in materia di vigilanza assicurativa.

Le funzioni degli organi sono definite dai commi 12, 15 e 16 e dai commi da 18 a 23.

 

I commi da 24 a 26 disciplinano l'adozione dello statuto del nuovo Istituto. Dalla data di entrata in vigore dello statuto, l'ISVAP è soppresso, con il contestuale trasferimento all'IVASS della titolarità di tutti i rapporti giuridici, attivi e passivi, delle risorse finanziarie e strumentali e del personale (comma 32).

 

La fase transitoria - precedente l'approvazione dello statuto - è disciplinata dai commi da 28 a 31. In base ad essi, tra l'altro, gli organi dell'ISVAP sono decaduti dalla data di entrata in vigore del presente decreto; il presidente dell’ente soppresso ha contestualmente assunto le funzioni di Commissario per l’ordinaria e straordinaria amministrazione, mantenendo il trattamento economico (connesso all’incarico precedentemente ricoperto), ridotto del 10 per cento. Il Commissario decade automaticamente dalle funzioni alla data di entrata in vigore dello statuto dell'IVASS.

Il Commissario straordinario riferisce con cadenza almeno quindicinale al Direttore generale della Banca d'Italia in ordine all'attività svolta ed ai provvedimenti assunti dall'ISVAP. L'ISVAP, per tutta la fase transitoria, continua ad avvalersi del patrocinio e della rappresentanza in giudizio dell'Avvocatura dello Stato.

 

La dotazione organica dell'IVASS è determinata entro il limite delle unità di personale di ruolo a tempo indeterminato trasferite (comma 32). Queste ultime conservano di diritto il trattamento giuridico, economico e previdenziale di provenienza; tuttavia, il Consiglio, entro 120 giorni dalla data di subentro dell’IVASS nelle funzioni degli enti soppressi, definisce, sentite le organizzazioni sindacali, il trattamento giuridico, economico e previdenziale, fermo restando il divieto di determinazione di oneri di bilancio aggiuntivi (comma 33).

 

Entro lo stesso termine di 120 giorni, il Consiglio adotta un piano di riassetto organizzativo che tenga conto dei principi dettati dallo statuto; in ogni caso, il piano deve determinare risparmi rispetto al costo totale di funzionamento dell’ente soppresso (comma 34).

 

Si osserva che non è definita la quantità dei risparmi da conseguire.

 

Il comma 38 demanda ad un regolamento l'istituzione di un'associazione, avente personalità giuridica di diritto privato e sottoposta alla vigilanza dell'IVASS, a cui siano trasferite (dall'IVASS medesimo) le competenze in materia di tenuta del registro unico degli intermediari assicurativi e riassicurativi nonché la funzione di vigilanza sui soggetti iscritti nel registro; il regolamento potrà prevedere, nel rispetto dei principi di semplificazione e di proporzionalità, una revisione delle categorie di soggetti tenuti all’iscrizione nel registro.

 

Il comma 39 concerne il controllo contabile sull'IVASS nonché il controllo da parte della Corte dei conti.

 

I commi 40, 42 e 43 recano norme di abrogazione e disposizioni finali.

In particolare, a decorrere dalla data dell'entrata in vigore dello Statuto dell'IVASS sono abrogati (comma 40):

§       gli artt. 9, 10, 11, 12, 13, 14 e 17 della legge 12 agosto 1982, n. 576, in materia di organi dell’Isvap;

§       l'art. 13, comma 2, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sui costi di funzionamento della Covip.

Venendo meno in contributo statale ai costi di funzionamento, sembrerebbe evincersi che i costi di funzionamento della COVIP debbano essere integralmente coperti ai sensi del comma 3, del medesimo articolo 13, che prevede il versamento annuale da parte dei fondi pensione di una quota non superiore allo 0,5 per mille dei flussiannuali dei contributi incassati.

 

Il comma 40 contiene infine una norma di carattere generale che abroga tutte le disposizioni incompatibili con le norme di cui ai precedenti articoli.


 

Articolo 14, commi 1-2
(Limite alle assunzioni per le amministrazioni dello Stato, i Corpi di Polizia e i Vigili del fuoco)

 


1. Al fine di dare attuazione a quanto previsto in materia di assunzioni dall'articolo 16, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni alle disposizioni vigenti in materia:

a. all'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 come modificato da ultimo dall'articolo 9, comma 5, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole «Per il quadriennio 2010-2013» sono sostituite dalle seguenti «Per il quinquennio 2010-2014»;

b. all'articolo 66, comma 9, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato dall'articolo 9, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: «Per l'anno 2014» sono sostituite dalle seguenti «Per l'anno 2015»;

c. all'articolo 9, comma 8, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole «A decorrere dall'anno 2015» sono sostituite dalle seguenti «A decorrere dall'anno 2016».

2. All'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole «A decorrere dall'anno 2010» sono sostituite dalle seguenti «Per gli anni 2010 e 2011». In fine è aggiunto il seguente periodo «La predetta facoltà assunzionale è fissata nella misura del venti per cento per il triennio 2012-2014, del cinquanta per cento nell'anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall'anno 2016»


 

 

I commi 1 e 2 dettano disposizioni in materia di assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni e di mobilità, prorogando di 1 anno i limiti rispettivamente stabiliti con riferimento al 2013, al 2014 e al 2015 e estendendo tali limiti ai corpi di polizia e ai vigili del fuoco.

 

Il comma 1 è volto a dare attuazione alle previsioni in tema di assunzioni dall'articolo 16, comma 1, del D.L. 98/2011[1].

L'articolo 16, comma 1, del D.L. 98/2011 contiene una serie di interventi volti ad assicurare:

§       il consolidamento delle misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell'ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013;

§       ulteriori risparmi in termini di indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di euro per il 2013, 740 milioni di euro per l'anno 2014, 340 milioni di euro per l'anno 2015 e 370 milioni di euro a decorrere dal 2016.

 

Tali finalità vengono perseguite autorizzando il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 400/1988. Alle lettere da a) a g) del comma 1 elencano i possibili contenuti dei suddetti regolamenti di delegificazione:

§       la proroga di un anno dell'efficacia delle vigenti limitazioni del turn over nelle amministrazioni dello Stato, nelle agenzie fiscali, negli enti pubblici non economici e negli altri enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, con esclusione dei Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco (lettera a);

§       la proroga al 31 dicembre 2014 delle vigenti disposizioni che limitano la crescita dei trattamenti economici, anche accessori, del personale delle pubbliche amministrazioni (lettera b);

§       la fissazione delle modalità di calcolo relative all'erogazione dell'indennità di vacanza contrattuale per gli anni 2015-2017 (lettera c);

§       la semplificazione, il rafforzamento e l’obbligatorietà delle procedure di mobilità del personale tra le pubbliche amministrazioni (lettera d);

§       la possibilità che l'ambito applicativo delle disposizioni richiamate alla lettera a) nonché, all'esito delle consultazioni con le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative del pubblico impiego di cui alla lettera b) sia differenziato, in ragione dell'esigenza di valorizzare ed incentivare l'efficienza di determinati settori (lettera e);

§       l’inclusione di tutti i soggetti pubblici tra i destinatari in via diretta delle misure di razionalizzazione della spesa, con particolare riferimento a quelle previste dall'articolo 6 del D.L. 78/2010. Sono espressamente escluse le regioni, le province autonome e gli enti del servizio sanitario nazionale (lettera f).

 

Alla lettera g), infine, si autorizza il Governo ad adottare ulteriori misure di risparmio, razionalizzazione e qualificazione della spesa delle amministrazioni centrali, attraverso una serie di misure elencante nella disposizione, quali:

§       digitalizzazione e semplificazione delle procedure;

§       riduzione dell'uso delle autovetture di servizio;

§       lotta all'assenteismo, anche mediante l'estensione al personale del comparto sicurezza e difesa, con eccezione di quello impegnato in attività operative o missioni, delle disposizioni di cui all'articolo 71 del D.L. 112/2008. Resta fermo l’articolo 71, comma 1-bis, nel quale si prevede l’equiparazione degli emolumenti di carattere continuativo, caratteristici del comparto sicurezza e difesa, nonché del personale del dei Vigili del fuoco, e correlati allo specifico status e alle peculiari condizioni di impiego di tale personale, al trattamento economico fondamentale[2].

 

A tal fine, con una serie di novellevengono prorogate di un anno le limitazioni alle assunzioni previste da disposizioni vigenti:

§      viene prorogato al 2014 (dal 2013) il limite alle assunzioni previsto dall’articolo 3, comma 102 della legge 244/2007[3];

Tale disposizioneprevedeva limitazioni in tema di assunzione di personale a tempo indeterminato per l’anno 2013 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente[4].

§      viene prorogato al2015 (dal 2014) il limite alle assunzioni previsto all’articolo 66, comma 9 del D.L. 112/2008;

Tale disposizione dava facoltà alle amministrazioni pubbliche[5], di procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 50% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere il 50% delle unità cessate nell’anno precedente;

§      viene prorogata al 2016 (dal 2015) l’applicazione della previsione dell’articolo 9, comma 8 del D.L. 78/2010;

Tale disposizione prevedeva che, a decorrere dal 2015, le amministrazioni interessate dalle limitazioni al turn over potevano procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari a quella relativa al personale cessato nell'anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non potrà eccedere quello delle unità cessate nell'anno precedente. In tal senso, l’effetto della disposizione in esame è il ritorno al reintegro del turn over (che costituiva la regola prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 112/2008), con la generalizzazione di un regime che fino a quel momento troverà applicazione solo nei confronti dei Corpi di polizia e dei vigili del fuoco[6].

 

Destinatarie della disposizione in esame sono le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici e gli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[7].

 

Il comma 2 modifica l’articolo 66, comma 9-bis del D.L. 112/2008 al fine di prevedere, per i Corpi di polizia e dei Vigili del fuoco:

§       che per il 2010 e 2011 (e non più “a decorrere dal 2010”) le facoltà assunzionali siano limitatenell’ambito di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella del personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente;

§       che il ricambio del turn-over sia limitato al 20 per cento nel 2012-2014, al 50 per cento nel 2015 e al 100 per cento dal 2016, analogamente alle altre amministrazioni dello Stato.

 

L’articolo 66, comma 9-bis, del D.L. 112/2008 ha previsto un regime permanente e speciale in materia di turn over a favore dei soli Corpi di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, derogatorio rispetto a quello generale previsto al precedente comma 7 dell’articolo 66. In tal senso, a decorrere dal 2010, tali amministrazioni potevano procedere, secondo le procedure di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[8], all’assunzione di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente a una spesa pari a quella relativa al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno precedente e per un numero di unità non superiore a quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente.


 

Articolo 14, comma 3
(Limiti alle assunzioni per le università statali)

 


3. All'articolo 66, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, come modificato da ultimo dall'articolo 1, comma 3, del decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito nella legge 24 febbraio 2012, n. 14, al comma 13 le parole «Per il quadriennio 2009-2012» sono sostituite dalle seguenti «Per il triennio 2009-2011» e, dopo il comma 13, è aggiunto il seguente: «13-bis. Per il triennio 2012-2014 il sistema delle università statali, può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al venti per cento di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente. La predetta facoltà è fissata nella misura del cinquanta per cento per l'anno 2015 e del cento per cento a decorrere dall'anno 2016. L'attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni di cui ai periodi precedenti è effettuata con decreto del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, tenuto conto di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 49. Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca procede annualmente al monitoraggio delle assunzioni effettuate comunicandone gli esiti al Ministero dell'economia e delle finanze. Al fine di completarne l'istituzione delle attività, sino al 31 dicembre 2014, le disposizioni precedenti non si applicano agli istituti ad ordinamento speciale, di cui ai decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 8 luglio 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 2 agosto 2005, 18 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2005, e 18 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 1o dicembre 2005.»


 

 

Il comma 3, novellando il comma 13 dell’articolo 66 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), e introducendo nello stesso il comma 13-bis, dispone in merito ai limiti assunzionali per le università statali, che potranno procedere al turn-over nella misura del 20% del personale cessato dal servizio nell’anno precedente per il triennio 2012-2014, del 50% per il 2015 e del 100% dal 2016.

Le misure percentuali indicate valgono con riferimento “al sistema” nel suo complesso, mentre all’attribuzione del contingente di assunzioni spettante a ciascuna università si provvede con decreto ministeriale, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del D.Lgs. 49/2012.

Le disposizioni sul turn-over non si applicano, fino al 31 dicembre 2014, a tre istituti universitari ad ordinamento speciale.

 

Le relazioni illustrativa e tecnica (A.S. 3396) specificavano che con le disposizioni recate dai commi 1-4 dell’art. 14 si omogeneizzano le facoltà assunzionali per tutte le amministrazioni centrali a decorrere dal 2012.

 

In particolare, il comma 3 interviene sull’art. 66, co. 13, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) – che, come modificato da ultimo dal D.L. 216/2011 (v. infra), recava la disciplina sul turn-over nelle università statali per il quadriennio 2009-2012 –, limitandone la validità al triennio 2009-2011.

 

L’art. 66, co. 13, del D.L. 112/2008 (come modificato, da ultimo, dall’art. 1, co. 3, del D.L. 216/2011-L. 14/2012), ha previsto, per quanto qui interessa, che – fermi restando i limiti in materia di programmazione triennale di cui all’art. 1, co. 105, della L. finanziaria per il 2005[9]– per il quadriennio 2009-2012[10] le università statali possono procedere, per ogni anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente[11]. Tale somma è destinata in misura non inferiore al 50% all’assunzione di ricercatori e, in misura non superiore al 20%, all’assunzione di professori ordinari. Queste percentuali non si applicano agli istituti universitari ad ordinamento speciale, fermo restando, invece, il rispetto, da parte degli stessi, del limite di spesa sopra indicato. Le limitazioni di cui al medesimo co. 13 non si applicano, inoltre, alle assunzioni di personale appartenente alle categorie protette, mentre sono fatte salve le assunzioni dei ricercatori previste in attuazione del piano straordinario di cui all’art. 1, co. 648, della L. finanziaria per il 2007, nei limiti delle risorse residue previste dal co. 650 del medesimo articolo[12].

 

Per completezza, inoltre, si ricorda che il co. 2 del già citato art. 1 del D.L. 216/2011 ha prorogato al 31 dicembre 2012 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato – tra l’altro – delle università statali e degli enti di ricerca relative alle cessazioni verificatesi negli anni 2009 e 2010. Le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, potevano essere concesse entro il 31 luglio 2012.

 

Con l’inserimento nell’art. 66 del D.L. 112/2008 del comma 13-bis, viene, poi, definita una nuova disciplina del turn-over per il triennio 2012-2014, nonché per il 2015 e a decorrere dal 2016.

A differenza della disciplina vigente (a seguito delle modifiche introdotte con il D.L. in commento) fino al 2011, che individua un limite percentuale riferibile ad ogni singola università statale, la nuova disciplina indica le percentuali consentite al “sistema” delle università nel suo complesso, disponendo poi che l’attribuzione a ciascun ateneo del contingente di assunzioni è effettuata (si intenderebbe, con cadenza annua) con decreto ministeriale, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 49/2012 (v. infra).

 

Al riguardo, le relazioni illustrativa e tecnica (A.S. 3396) esplicitavano che il vincolo alle assunzioni viene applicato al sistema nel suo complesso al fine di consentire l’attribuzione al singolo ateneo di un contingente correlato non al mero andamento delle cessazioni, ma ai criteri di valutazione della stabilità finanziaria di ciascuna università.

 

In particolare, dispone che il “sistema” delle università statali (dal quale, come si vedrà infra, fino al 31 dicembre 2014 sono esclusi – ai fini di quanto disposto in materia di limiti al turn-over – tre istituti universitari ad ordinamento speciale) può procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato e al conferimento di contratti per ricercatori a tempo determinato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 20% di quella relativa al corrispondente personale complessivamente cessato dal servizio nell'anno precedente per il triennio 2012-2014, al 50% per l’anno 2015 e al 100% a decorrere dal 2016.

 

Rispetto alla disciplina previgente, oltre alla riduzione della misura percentuale di turn over e allo slittamento in avanti del periodo di restrizione, si specifica:

§      che è soggetto alle medesime limitazioni del turn over anche il conferimento di contratti a tempo determinato a ricercatori;

§      che per la determinazione dei rispettivi contingenti (assunzioni di personale a tempo indeterminato e contratti per ricercatori a tempo determinato), costituisce riferimento la spesa relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell’anno precedente (mentre il testo previgente faceva riferimento, in generale, al personale a tempo indeterminato).

Sembrerebbe trattarsi di una conseguenza delle nuove previsioni recate dalla L. 240/2010 – che ha previsto la messa ad esaurimento della figura del ricercatore a tempo indeterminato – nonché delle disposizioni in materia di programmazione dei reclutamenti nelle università, quali recate dal D.Lgs. 49/2012 (v. infra).

Peraltro si evidenzia come la norma, mentre riguarda tutto il personale a tempo indeterminato, con riferimento al personale a tempo determinato pone limiti al turn-over dei soli ricercatori: da questo punto di vista, si ricorda, a titolo esemplificativo, che l’art. 54 del D.L. 5/2012 (L. 35/212) dispone la possibilità, per le università, nell'ambito delle risorse disponibili per la programmazione, di stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato relativi a tecnologi, al fine di svolgere attività di supporto tecnico e amministrativo alle attività di ricerca.

 

Il comma 3 dell’articolo in commento dispone, dunque, che l’attribuzione a ciascuna università del contingente delle assunzioni è effettuata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 49/2012.

Al riguardo si ricorda che il D.Lgs. 49/2012, che reca la disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei, adottato sulla base dell’art. 5 della L. 240/2010, ha introdotto l’obbligo dell’adozione di un piano economico finanziario triennale – che, come evidenziava l’AIR, è propedeutico alla programmazione triennale del personale – al fine di garantire la sostenibilità nel medio periodo di tutte le attività (art. 3).

Inoltre, ha individuato i principi di riferimento per la predisposizione di piani triennali per la programmazione dei reclutamenti[13], che riguardano il personale docente, ricercatore, dirigente e tecnico-amministrativo, compresi i collaboratori ed esperti linguistici, a tempo indeterminato e determinato (art. 4).

Ha, inoltre, stabilito che il limite massimo all’incidenza delle spese per il personale è calcolato rapportando le spese di personale (sostenute dall’ateneo nell’anno di riferimento) alla “somma algebrica” dei contributi statali per il funzionamento e delle tasse, soprattasse e contributi universitari (rispettivamente, assegnati o riscossi nello stesso anno) e che il suo limite massimo è fissato nella misura dell’80% (a fronte, si ricorda, del previgente 90% rapportato al solo FFO) (art. 5)

Al contempo, ha fissato un nuovo limite massimo alle spese per l’indebitamento (art. 6).

L’art. 7 ha, dunque, individuato – limitatamente all’anno 2012 – le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione, tra l’altro, della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato, rimettendo ad un D.P.C.M., da emanare con cadenza triennale, la ridefinizione della questione per gli anni successivi.

Con riferimento a tale ultima previsione, non presente nel testo dello schema - e derivante dal parere reso dalla VII Commissione della Camera il 22 marzo 2012[14] - la 7a Commissione del Senato ha approvato, il 19 giugno 2012, la risoluzione Doc. XXIV, n. 38[15]: con essa, ha impegnato il Governo a sopprimere la previsione di rinviare ad un D.P.C.M. la definizione dei parametri assunzionali a regime, rilevando la necessità che la relativa disciplina sia sancita a livello legislativo, onde non ledere l'autonomia universitaria costituzionalmente garantita.

 

La disciplina introdotta dall’art. 7 del D.Lgs. 49/2012 per il 2012 è la seguente:

a)    gli atenei che al 31 dicembre dell’anno precedente riportano un valore dell'indicatore delle spese di personale pari o superiore all'80% e dell'indicatore delle spese per indebitamento superiore al 10%, possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa annua non superiore al 10%di quella relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell'anno precedente;

b)    gli atenei che al 31 dicembre dell’anno precedente riportano un valore dell'indicatore delle spese di personale pari o superiore all'80% e dell'indicatore delle spese per indebitamento non superiore al 10%, possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa annua non superiore al 20%di quella relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell'anno precedente;

c)    gli atenei che al 31 dicembre dell’anno precedente riportano un valore dell'indicatore delle spese di personale inferiore all'80%, possono procedere all'assunzione di personale a tempo indeterminato e di ricercatori a tempo determinato con oneri a carico del proprio bilancio per una spesa annua non superiore al 20% di quella relativa al corrispondente personale cessato dal servizio nell'anno precedente, maggiorata di un importo pari al 15% del margine ricompreso tra l'82% delle entrate di cui all'art. 5, co. 1, al netto delle spese per fitti passivi di cui all'art. 6, co. 4, lett. c), e la somma delle spese di personale e degli oneri di ammortamento annuo a carico del bilancio di ateneo complessivamente sostenuti al 31 dicembre dell'anno precedente e comunque nel rispetto dei limiti di spesa di cui all'art. 66, co. 13, del D.L. 112/2008 (a questo punto, nel rispetto dei limiti di spesa di cui al co. 13-bis, dello stesso art. 66).

Sono in ogni caso consentite le assunzioni di personale riservate alle categorie protette e quelle relative a personale docente e ricercatore coperte da finanziamenti esterni.

 

Il medesimo comma 3 dispone, inoltre, che:

§      il MIUR procede annualmente al monitoraggio delle assunzioni effettuate, comunicandone gli esiti al Ministero dell’economia e delle finanze;

§      fino al 31 dicembre 2014, le disposizioni sui limiti al turn-over non si applicano a tre istituti ad ordinamento speciale: Istituto universitario di studi superiori (I.U.S.S.) di Pavia[16], Istituto italiano di scienze umane di Firenze[17], Scuola IMT (istituzioni, mercati, tecnologie) Alti Studi di Lucca[18].

 

Con riferimento a quest’ultima previsione, si evidenza che la stessa modifica implicitamente la disciplina recata dal D.Lgs. 49/2012 (per il 2012), dal momento che il provvedimento citato si applica anche agli istituti universitari ad ordinamento speciale[19].

Al riguardo, si ricorda che l’art. 13-bis della L. 400/1988 dispone, fra l’altro, che il Governo, nell’ambito delle proprie competenze, provvede affinché ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate.

 

Peraltro, si evidenzia che con la stessa disposizione – motivata dalla necessità di consentire il completamento dell’istituzione delle attività dei tre istituti – si differisce, sostanzialmente, quanto era stato precedentemente previsto, con la stessa motivazione, fino al 31 dicembre 2011, dall’art. 7, co. 4-bis, del D.L. 194/2009 (L. 25/2010) (e, di fatto, superato dal D.Lgs. 49/2012).

Si ricorda, peraltro, come già ante evidenziato, che il terzo periodo dell’art. 66, co. 13, del D.L. 112/2008 ha disposto, in base all’integrazione operata dall’art. 10 della L. 183/2010, che agli istituti universitari ad ordinamento speciale non si applicano – in base alle modifiche apportate con il D.L. in esame, fino al 31 dicembre 2011 – le disposizioni concernenti la ripartizione della somma complessivamente disponibile per le assunzioni in una quota destinata all’assunzione di ricercatori e in una quota finalizzata all'assunzione di professori ordinari, fermo restando, invece, anche per tali istituti il limite della spesa.


 

Articolo 14, comma 4
(Limite alle assunzioni per gli enti di ricerca)

 

4. All'articolo 66, comma 14, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, le parole «Per il triennio 2011-2013» sono sostituite dalle seguenti «Per il quadriennio 2011-2014» e all'ultimo periodo le parole «del 50 per cento per l'anno 2014 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2015» sono sostituite dalle seguenti parole «del 50 per cento per l'anno 2015 e del 100 per cento a decorrere dall'anno 2016».

 

 

Il comma 4 dispone in merito ai limiti assunzionali per gli enti di ricerca, che potranno procedere al rinnovo del turn-over nella misura del 20% del personale cessato dal servizio nell’anno precedente per il triennio 2012-2014, del 50% per il 2015 e del 100% dal 2016.

 

Il comma 4 dispone lo slittamento di un anno dei limiti alle facoltà assunzionali per gli enti di ricerca previsti dalla normativa previgente.

In particolare, si prevede (attraversolanovella dell'articolo 66, comma 14, del D.L. 112/2008[20]), che per il quadriennio 2011-2014 (in luogo del “triennio 2011-2013”, come previsto nel testo previgente) gli enti di ricerca possono procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 per cento delle proprie entrate correnti complessive (come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente) purché entro il limite del 20 per cento delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente.

Per gli anni successivi, il ricambio del turn-over è fissato nella misura del 50 % per l'anno 2015 (2014 nel testo previgente) e del 100 % a decorrere dall'anno 2016 (2015 nel testo previgente).

 

L’articolo 66, comma 14, del D.L. n.112/2008 (testo previgente), aveva previsto per l'anno 2010 per gli enti di ricerca la possibilità di procedere, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato entro i limiti individuati dall’articolo 1, comma 643, della L. 296/2006[21].

Inoltre, per il triennio 2011-2013 gli enti di ricerca potevano procedere, per ciascun anno, previo effettivo svolgimento delle procedure di mobilità, ad assunzioni di personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato entro il limite dell'80 % delle proprie entrate correnti complessive, come risultanti dal bilancio consuntivo dell'anno precedente, purché entro il limite del 20 % delle risorse relative alla cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato intervenute nell'anno precedente.

La predetta facoltà assunzionale era fissata nella misura del 50% per l'anno 2014 e del 100%a decorrere dall'anno 2015.


 

Articolo 14, comma 4-bis
(Assunzione di vincitori di concorso da parte di altra P.A.)

 


4-bis. In relazione all'esigenza di ottimizzare l'allocazione del personale presso le amministrazioni soggette agli interventi di riduzione organizzativa previsti dall'articolo 2 del presente decreto ed al fine di consentire ai vincitori di concorso una più rapida immissione in servizio, per il triennio 2012-2014, le amministrazioni pubbliche di cui al comma 1 del predetto articolo 2, fermo restando quanto previsto dal comma 13 del medesimo articolo, che non dispongano di graduatorie in corso di validità, possono effettuare assunzioni con le modalità previste dall'articolo 3, comma 61, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, anche con riferimento ai vincitori di concorso presso altre amministrazioni. Le assunzioni di cui al presente comma sono effettuate nei limiti delle facoltà e delle procedure assunzionali vigenti e nell'ambito dei posti vacanti all'esito del processo di riorganizzazione di cui al comma 5 dell'articolo 2 del presente decreto. L'assunzione di cui al primo periodo avviene previo consenso del vincitore e l'eventuale rinuncia dell'interessato non determina decadenza del diritto all'assunzione. In relazione a quanto previsto dal presente comma, all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, le parole: «31 luglio 2012» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2012».


 

 

Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, permette alle amministrazioni pubbliche che non dispongano di graduatorie in corso di validità, di assumere, con il loro consenso, i vincitori di concorso presso altre amministrazioni, nei limiti delle facoltà e delle procedure assunzionali vigenti e dei posti vacanti all'esito dei processi di riorganizzazione.

 

Il comma 4-bis permette alle amministrazioni pubbliche (indicate all’articolo 2, comma 1 del decreto-legge in esame) che non dispongano di graduatorie in corso di validità, di effettuare assunzioni con le modalità previste dall'articolo 3, comma 61, della legge 350/2003[22], anche con riferimento ai vincitori di concorso presso altre amministrazioni.

L’articolo 3, comma 61, della legge 350/2003 aveva previsto il differimento dei termini di validità delle graduatorie ai fini dell’assunzione di personale presso le amministrazioni interessate per l’anno 2004 dal divieto di assunzione. In particolare, la disposizione aveva previsto:

§       la proroga per l'anno 2004 della durata delle idoneità conseguite nelle procedure di valutazione comparativa previste alla legge 210/1998[23] per la nomina in ruolo per la copertura di posti di professore ordinario ed associato;

§       l’applicazione di una disciplina transitoria in base alla quale le amministrazioni pubbliche avevano facoltà di procedere alle assunzioni di personale utilizzando le graduatorie di concorsi approvate da altre amministrazioni, previo accordo tra le stesse. Tale facoltà era comunque condizionata al rispetto delle disposizioni in tema di programmazione delle assunzioni nella P.A. contenute nell'articolo 3 della legge 350/2003.

Successivamente, l’articolo 1, comma 100 della legge 311/2004[24] aveva disposto la proroga della validità delle graduatorie per le assunzioni nella P.A. attraverso il differimento di un triennio del termine relativo alla validità delle graduatorie concorsuali, confermando la disciplina transitoria sopra descritta.

 

Tale facoltà è concessa, per il triennio 2012-2014, ai fini dell’ottimizzazione del personale delle amministrazioni soggette agli interventi di riduzione organizzativa previsti dall'articolo 2 del decreto-legge in esame e per consentire ai vincitori di concorso una più rapida immissione in servizio, per il triennio 2012-2014.

La disposizione in esame mantiene ferma la previsione del comma 13 dell’articolo 2 del decreto-legge in esame (sul monitoraggio dei posti dei posti vacanti presso le amministrazioni pubbliche, alla cui scheda si rinvia).

Le assunzioni sopra descritte sono effettuate:

§      nei limiti delle facoltà e delle procedure assunzionali vigenti e nell'ambito dei posti vacanti all'esito del processo di riorganizzazione realizzato secondo l’articolo 2, comma 5 del presente decreto (sulle riduzioni di organico disposte con D.P.C.M., entro il 31 ottobre 2012, alla cui scheda si rinvia);

§      previo consenso del vincitore (da cui consegue che l'eventuale rinuncia dell'interessato non determina decadenza del diritto all'assunzione).

 

Infine, in relazione a quanto sopra previsto, la disposizione in esame modifica l'articolo 1, comma 2, del D.L. 216/2011[25], prorogando al 31 dicembre 2012 (dal 31 luglio 2012 attualmente previsto) le autorizzazioni ad assumere personale a tempo indeterminato da parte delle pubbliche amministrazioni in relazione alle cessazioni verificatesi nell'anno 2009 e nell’anno 2010.

L’articolo 1, comma 2 del D.L. 216/2011, attualmente vigente, ha prorogato al 31 dicembre 2012 il termine per procedere alle assunzioni di personale a tempo indeterminato, da parte delle pubbliche amministrazioni, in relazione alle cessazioni verificatesi nell'anno 2009 e nell’anno 2010, di cui all'articolo 3, comma 102, della legge finanziaria per il 2008 (L. 244/2007[26]) e all'articolo 66, commi 9-bis 13 e 14, del D.L. 112/2008[27]. Le relative autorizzazioni ad assumere, ove previste, devono essere concesse entro il 31 luglio 2012.


 

Articolo 14, commi 5 e 5-bis
(Vincoli assunzionali camere di commercio)

 


5. Ai fini del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 20 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente, sino all'anno 2014; nel limite del 50 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente, per l'anno 2015; nel limite del 100 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente, a decorrere dall'anno 2016. Sono fatte salve le assunzioni già effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto. All'articolo 2, comma 22, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, sono soppresse le parole «e 2012».

5-bis. A decorrere dall'anno 2013, il regime delle assunzioni di personale a tempo indeterminato delle aziende speciali create dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura corrisponde a quello previsto per la relativa camera di commercio dal comma 22 dell'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché dalla normativa in materia di contratti di lavoro flessibile.


 

 

Il comma 5 prevede che le CCIAA possano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato secondo i parametri restrittivi previsti per tutte le pubbliche amministrazioni del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente fino al 2014, del 50% per l'anno 2015 e del 100% a decorrere dall'anno 2016.

Il comma 5-bis prevede a decorrere dall'anno 2013 che il regime delle assunzioni di personale a tempo indeterminato delle aziende speciali create dalle CCIAA corrisponda a quello previsto per tutte le pubbliche amministrazioni, nonché dalla normativa in materia di contratti di lavoro flessibile.

 

Il comma 5dispone anche per le Camere di commercio (CCIAA)la possibilità di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 20% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente, fino al 2014. Tale facoltà assunzionale viene poi fissata nella misura del 50% per l'anno 2015 e del 100% a decorrere dall'anno 2016.

Vengono poi fatte salve le assunzioni già effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Infine, viene novellato l’articolo 2, comma 22 della legge 191/2009, rimuovendo il riferimento all’anno 2012 per l’applicazione delle disposizioni in materia di assunzione di personale a tempo indeterminato da parte delle camere di commercio e dell’Unioncamere, previste all’articolo 3, commi da 116 a 118, della legge 244/2007 per il triennio 2010-2012.

L’effetto della norma in esame è quello di far venir meno la disciplina vincolistica speciale che dal 2008 prevedeva per le Camere di commercio (CCIAA)un regime differenziato, prorogato al 2012 dall’articolo 2, comma 22 della legge 191/2009. Pertanto, la disposizione in esame applica alle Camere di commercio i parametri restrittivi previsti per tutte le pubbliche amministrazioni.

 

L’articolo 3, della legge 244/2007 sopra richiamata al comma 116 prevede che le CCIAA possono procedere alle assunzioni, previo svolgimento delle procedure di mobilità, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari ad una determinata percentuale delle cessazioni avvenute nell’anno precedente, dipendente dal valore assunto per ogni singolo ente da un indice di equilibrio economico-finanziario. In particolare, tali assunzioni possono avvenire:

§       qualora l’indice di equilibrio economico finanziario risulti inferiore a 35, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 70% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente;

§       qualora l’indice di equilibrio economico finanziario risulti compreso tra 36 e 45, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 35% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente;

§       qualora l’indice di equilibrio economico finanziario risulti superiore a 45, nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 25% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

 

Nel successivo comma 117 l’indice di equilibrio economico finanziario è determinato secondo le modalità e i criteri disciplinati al D.M. 8 febbraio 2006[28].

Infine, il comma 118 prevede l’adozione, per le assunzioni a tempo indeterminato dell’Unioncamere, del limite previsto dalla lettera a) del comma 116 (70% della spesa relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente).

 

Si ricorda che le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono enti pubblici dotati di autonomia funzionale che svolgono, nell'ambito della circoscrizione territoriale di competenza, sulla base del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118 della Costituzione, funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese, curandone lo sviluppo nell'ambito delle economie locali.

Sono state istituite dalla legge 580/1993[29], e in seguito riordinate col D.Lgs. 23/2010[30], in attuazione della delega contenuta nell'articolo 53 della legge 99/2009[31].

 

Durante l’esame parlamentareè stato introdotto il comma 5-bis il quale prevede che a decorrere dall'anno 2013, il regime delle assunzioni di personale a tempo indeterminato delle aziende speciali create dalle CCIAA corrisponda a quello previsto per la relativa Camera di commercio dal comma 22 dell'articolo 2, legge 191/2009, novellato dal precedente comma 5 dell’articolo 5 in esame (alla cui scheda si rinvia), nonché dalla normativa in materia di contratti di lavoro flessibile.

 

Ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge 29 dicembre 1993, n. 580[32], come sostituito dal D.Lgs. 23/2010[33], le camere di commercio, nel rispetto di criteri di equilibrio economico e finanziario, possono costituire, in forma singola o associata, e secondo le disposizioni del codice civile, aziende speciali operanti secondo le norme del diritto privato. Le aziende speciali delle camere di commercio sono organismi strumentali dotati di soggettività tributaria. Le camere di commercio possono attribuire alle aziende speciali il compito di realizzare le iniziative funzionali al perseguimento delle proprie finalità istituzionali e del proprio programma di attività, assegnando alle stesse le risorse finanziarie e strumentali necessarie.


 

Articolo 14, comma 6
(Limite turn over Segretari comunali e provinciali)

 

6. A decorrere dal 2012 le assunzioni dei segretari comunali e provinciali sono autorizzate con le modalità di cui all’articolo 66, comma 10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 per un numero di unità non superiore all'80 per cento di quelle cessate dal servizio nel corso dell'anno precedente.

 

 

Il comma 6 dispone, già dall'anno in corso, l'assunzione di segretari comunali e provinciali per un massimo dell'80% delle cessazioni dal servizio, con le modalità di cui all’articolo 66, comma 10, del D.L. n. 112/2008.

 

Il comma 6 dispone che, già dall'anno in corso, le assunzioni dei segretari comunali e provinciali siano autorizzate con le modalità previste all'articolo 66, comma 10, del D.L. n. 112/2008[34] per un numero di unità non superiore all’80% di quelle cessate dal servizio nel corso dell’anno precedente.

 

Il citato articolo 66, comma 10, del D.L. n. 112/2008, prevede che le assunzioni effettuate ai sensi dei precedenti commi 3, 5, 7 e 9 siano autorizzate secondo le modalità di cui all’articolo 35, comma 4, del D.Lgs. 165/2001[35], previa richiesta delle amministrazioni interessate, corredata da una dimostrazione analitica delle cessazioni avvenute nell’anno precedente e delle conseguenti economie e dall’individuazione delle unità da assumere e dei correlati oneri, asseverata dai relativi organi di controllo.


 

Articolo 14, commi 7-9
(Disposizioni generali in materia di assunzioni)

 


7. Le cessazioni dal servizio per processi di mobilità nonché a seguito dell'applicazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a), non possono essere calcolate come risparmio utile per definire l'ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unità sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over.

8. Le strutture interessate dalla limitazione delle assunzioni previste dal comma 2 adottano, con le procedure previste dai rispettivi ordinamenti, le opportune misure per destinare a servizi effettivamente operativi un numero di unità di personale non inferiore a quello corrispondente alle minori assunzioni da esso derivanti; tra le predette misure è inclusa anche la revisione della nozione di servizi operativi in modo tale che essi corrispondano in via diretta agli specifici compiti assegnati alla struttura dalla normativa di riferimento. La revisione della nozione di servizi operativi è operata in conformità con le linee guida stabilite con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati. In ogni caso i dipendenti di età inferiore a 32 anni, salvo casi eccezionali, devono essere utilizzati a servizi operativi.

9. Ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni, le facoltà assunzionali degli enti di cui al presente articolo sono prioritariamente utilizzate per il reclutamento, dall'esterno, di personale di livello non dirigenziale munito di diploma di laurea.


 

 

Il comma 7 prevede che lecessazioni dal servizio per mobilità previste dal decreto-legge in esame non siano computabili ai fini del budget assunzionale.

Il comma 8 introduce misure volte a promuovere la destinazione del personale dei Vigili del fuoco e dei Corpi di Polizia a servizi effettivamente operativi.

Il comma 9 impone che nell’esercizio delle proprie facoltà assunzionali le pubbliche amministrazioni diano priorità al personale di livello non dirigenziale laureato.

 

Il comma 7 prevede che lecessazioni dal servizio derivanti da processi di mobilità e da collocamenti a riposo relativi a posizioni soprannumerarie (derivanti dall’applicazione dell’articolo 2, comma 11, lettera a), del decreto-legge in esame, alla cui scheda nel presente dossier si fa rinvio), non siano computabili ai fini del budget assunzionale, dal momento che le unità interessate dai predetti processi restano nell’ambito del comparto delle pubbliche amministrazioni.

Secondo la relazione tecnica (A.S. 3396) le limitazioni di cui all’articolo 14, comma 2 non sono considerate ai fini del computo del budget assunzionale, dal momento che le unità interessate dai predetti processi restano nell’ambito del comparto delle pubbliche amministrazioni. Allo stesso modo, non vengono considerate come risparmi per nuove assunzioni le cessazioni relative a collocamenti a riposo derivanti dalla riduzione delle dotazioni organiche previste dall’articolo 2, comma 11, lettera a) del decreto-legge in esame, in quanto trattandosi di cessazioni relative a posizioni soprannumerarie, la norma si limita a confermare la non reintegrabilità dei posti resosi vacanti.

 

Il comma 8 prevede che le strutture interessate dalla limitazione delle assunzioni previste dal comma 2 (Vigili del Fuoco e Corpi di Polizia) provvedano a destinare a servizi effettivamente operativi un numero di unità di personale non inferiore a quello corrispondente alle minori assunzioni da essa derivanti.

A tal fine si prevede la revisione della nozione di “servizi operativi” secondo le linee guida definite con D.P.C.M.da adottare(senza peraltro individuare un termine)di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con i Ministri interessati[36].

La norma stabilisce, inoltre, che in ogni caso i dipendenti di età inferiore a 32 anni, salvo casi eccezionali, devono essere utilizzati a servizi operativi.

 

Il comma 9 dispone che, ferme restando le limitazioni sulle assunzioni delle amministrazioni pubbliche, nell’esercizio delle facoltà assunzionali si deve dare priorità al reclutamento dall'esterno di personale di livello non dirigenziale laureato.


 

Articolo 14, comma 10
(Transito del personale del Corpo della Guardia di finanza)

 

10. Soppresso.

 

 

Il Parlamento ha soppresso il comma 10 che disponeva la sospensione fino al 31 dicembre 2014 dell’applicazione della disposizione recata dall’articolo 14, comma 5, della legge 28 luglio 1999, n. 266[37], in base alla quale il personale del Corpo della Guardia di finanza, giudicato non idoneo al servizio militare incondizionato per lesioni dipendenti o meno da causa di servizio, transita nelle qualifiche funzionali del personale civile del Ministero dell’economia e delle finanze.

La disposizione disponeva, inoltre, che il personale interessato dalla disposizione in esame venisse posto in mobilità, secondo le procedure disciplinate dall'articolo 2, comma 11 del presente decreto-legge (cfr).


 

Articolo 14, commi 11 e 12
(Riduzione del personale del MIUR messo a disposizione del MAE e di quello impegnato presso le scuole all'estero)

 


11. Al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 626, comma 1, le parole «100 unità» sono sostituite dalle seguenti «70 unità»;

b) all'articolo 639, comma 3, le parole da «è stabilito» sino a «unità» sono sostituite dalle seguenti «è stabilito entro il limite massimo di 624 unità».

12. A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto-legge e fino al raggiungimento del limite previsto dal comma 11, lettera b), non possono essere disposte nuove selezioni per il personale da destinare all'estero ai sensi dell'articolo 639 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, né possono essere rinnovati i relativi comandi o fuori ruolo.


 

 

I commi 11 e 12 riducono il contingente di personale del MIUR messo a disposizione del MAE per amministrare, coordinare e vigilare le scuole italiane all’estero, nonché quello impegnato presso le stesse scuole italiane all'estero, le scuole europee e le istituzioni scolastiche e universitarie estere (quelle, cioè che, disciplinate ai sensi della legislazione dello Stato ospitante, prevedano la presenza di docenti di lingua e cultura italiana retribuiti dal MIUR in base, ad esempio, ad accordi bilaterali in materia di scambi culturali).

 

In particolare, il comma 11, novellando il D.Lgs. 297/1994 (c.d. Testo unico dell’istruzione), dispone:

a)   la riduzione di 30 unità (da 100 a 70) del contingente di personale appartenente ai ruoli del MIUR e di personale tecnico, direttivo e docente della scuola, messo a disposizione del Ministero degli affari esteri a Roma per amministrare, coordinare e vigilare le scuole italiane e le altre istituzioni educative all’estero (art. 626, co. 1, D.Lgs. 297/1994[38]).

La relazione tecnica (A.S. 3396) evidenziava che, in tal modo, si ridurrà il fabbisogno di supplenti annuali presso le scuole della provincia di Roma.

b)   La riduzione di 776 unità (dal limite massimo di 1.400 a quello di 624) del personale da destinare alle scuole italiane all'estero, alle scuole europee e alle istituzioni scolastiche e universitarie estere (art. 639, co. 3, D.Lgs. 297/1994).

La relazione tecnica parlava, peraltro, solo di riduzione di 400 unità di personale ( non era chiaro se tale differenza derivasse dall’effettiva consistenza organica del personale da destinare alle scuole italiane all’estero).

 

Ai sensi del comma 12, fino al raggiungimento del limite di cui al comma 11, lett. b), non possono più essere indette nuove selezioni per il personale da destinare all’estero ai sensi dell’art. 639 citato, né si possono più rinnovare i relativi comandi o fuori ruolo.

Al riguardo, la relazione tecnica (A.S. 3396) specificava che la riduzione avverrà fra l’a.s. 2012/2013 e l’a.s. 2016/2017, man mano che scadranno gli attuali collocamenti fuori ruolo e comandi che hanno durata quinquennale.

Evidenziava, inoltre, che il venir meno dei collocamenti fuori ruolo e comandi determinerà una pari riduzione del fabbisogno di supplenti annuali – stimata in 80 unità l’anno, dall’a.s. 2012/2013, all’a.s. 2016/2017 - mentre, con riferimento al MAE, verrà meno la spesa corrispondente al pagamento dell’assegno di sede da erogare al personale all’estero.

 

Con riferimento a quanto esposto nella relazione tecnica, si ricorda, tuttavia, che l’art. 2, co. 4-novies, del D.L. 225/2010 (L. 10/2011) ha disposto che la durata del servizio all’estero del personale docente e amministrativo della scuola non può superare nove anni. In sostanza, cioè, ha prorogato fino a nove anni scolastici il periodo di permanenza in servizio nella stessa sede e, in ragione del termine fissato, ha precisato che la stessa proroga non si applica a quanti abbiano già prestato servizio per un periodo pari o superiore. In tal modo, ha implicitamente modificato l’art. 9 della L. 147/2000 che disponeva, al co. 3, che il personale in questione non poteva prestare servizio all’estero per più di due periodi, ciascuno di cinque anni scolastici o accademici, e che i due periodi non potevano essere prestati continuativamente, ma dovevano essere intervallati da un periodo di servizio sul territorio nazionale di almeno 3 anni.

 

La disciplina relativa al personale docente e non docente in servizio presso istituzioni scolastiche italiane all’estero è recata principalmente dagli artt. 639-674 del D.Lgs. 297/1994 e dall’art. 9 della legge 147/2000.

Quest’ultimo dispone che la selezione del personale di ruolo dello Stato da destinare sia alle scuole europee sia alle iniziative e alle istituzioni scolastiche ed universitarie all'estero, di cui all'art. 639 del D.Lgs. 297/1994, è effettuata mediante la formazione di una graduatoria permanente per titoli culturali, professionali e di conoscenza della lingua, da accertare mediante una prova pratico-orale finalizzata alla conoscenza scritta e orale della medesima. Tale graduatoria è aggiornata ogni tre anni. L’art. 2, co. 4-novies del D.L. 225/2010 ha, peraltro, disposto che fino al 31 agosto 2012 sono utilizzate per la destinazione all’estero del personale scolastico a tempo indeterminato le graduatorie relative al triennio scolastico 2007/2008-2009/2010.

Al personale operante presso istituzioni scolastiche italiane all’estero è riconosciuto il trattamento giuridico ed economico disciplinato dagli artt. 657-673 del D.Lgs. 297/1994: in particolare, vengono erogati uno specifico assegno mensile di sede, nonché indennità di sistemazione e rimborsi per spese di viaggi da e per l’Italia.

Ai sensi dell’art. 656 del D.Lgs. 297/1994, al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario si applicano in linea di massima le norme dettate per il personale docente.

 


 

Articolo 14, commi 13-15
(Personale docente inidoneo all'insegnamento e personale docente titolare delle classi di concorso C999 e C555)

 


13. Il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale competente transita nei ruoli del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico. Il personale viene immesso in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente ovvero su posti di altra provincia a richiesta dell'interessato, e mantiene il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti. Successivamente all'immissione nei ruoli di cui al primo e al secondo periodo il personale ivi contemplato può altresì transitare presso amministrazioni pubbliche in cui possono essere proficuamente utilizzate le professionalità possedute dal predetto personale, a valere sulle facoltà assunzionali e nel rispetto delle procedure previste per le amministrazioni di destinazione. Il personale docente dichiarato temporaneamente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, entro 20 giorni dalla data di notifica del verbale della commissione medica operante presso le aziende sanitarie locali è utilizzato, su posti anche di fatto disponibili di assistente amministrativo o tecnico nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente ovvero su posti di altra provincia.

14. Il personale docente attualmente titolare delle classi di concorso C999 e C555, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del direttore generale del competente ufficio scolastico regionale transita nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico in base al titolo di studio posseduto. Il personale viene immesso in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente, e mantiene il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

15. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono stabiliti i criteri e le procedure per l'attuazione dei commi 13 e 14. Al fine di garantire l'effettivo conseguimento delle economie, ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, il Ministero dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dai predetti commi 13 e 14. Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni, fatta salva l'adozione dei provvedimenti di cui all'articolo 11, comma 3, lettera l), della citata legge n. 196 del 2009, il Ministro dell'economia e delle finanze provvede, a decorrere dall'anno 2013, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria, del fondo di cui all'articolo 64, comma 9, del decreto-legge 112 del 2008.


 

 

I commi 13 e 14 recano disposizioni concernenti il transito di personale docente nei ruoli di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), con l’effetto – indicato nella relazione tecnica (A.S. 3396) – di ridurre il fabbisogno di supplenti ATA.

In particolare, il comma 13 riguarda il personale docente dichiarato, sia permanentemente che temporaneamente, inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, mentre il comma 14 riguarda il personale docente attualmente titolare delle classi di concorso C999 (insegnanti tecnico-pratici – ITP di cui alla legge 124/99, art. 8, co. 3) e C555 (esercitazioni di pratica professionale).

Il comma 15, fra l’altro, demanda ad un decreto interministeriale l’emanazione dei criteri e delle procedure per l’attuazione dei commi 13 e 14 e prevede il monitoraggio degli effetti finanziari derivanti dalle nuove disposizioni.

 

Preliminarmente, si ricorda che l’art. 113 del D.P.R. 417/1974, nel prevedere l’utilizzazione (a domanda) del personale docente dichiarato inidoneo alla sua funzione per motivi di salute in altri compiti, tenuto conto della preparazione culturale e professionale, ne ha disposto il collocamento fuori ruolo per l'intera durata dell'accertata inidoneità.

Nel tempo si sono succedute altre disposizioni.

In particolare, una procedura di mobilità del personale docente dichiarato permanentemente inidoneo all’insegnamento per motivi di salute è stata definita dall’art. 3, co. 127, della L. 244/2007, che ha previsto l’iscrizione di tale personale in un apposito ruolo speciale ad esaurimento. Ha, inoltre, disposto che, nelle more della contrattazione collettiva relativa all’equiparazione dei profili professionali, con D.P.C.M., su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definiti provvisoriamente i criteri per l’inquadramento dei docenti in questione in profili professionali amministrativi, nonché gli specifici percorsi di formazione per la riconversione professionale.

Da ultimo, l’art. 19, co. 12-15, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha previsto che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, può presentare – entro 30 giorni dalla dichiarazione di inidoneità – istanza di reimmissione nei ruoli scolastici con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico (ATA), con priorità nella provincia di appartenenza e tenendo conto delle sedi indicate dal richiedente, e mantiene il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile.

Nel caso in cui l’istanza non venga presentata o sia rigettata, è prevista la mobilità intercompartimentale nei ruoli delle Amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici non economici e delle università, con mantenimento dell’anzianità maturata e dell’eventuale maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale pensionabile riassorbibile. La mobilità intercompartimentale si realizza nel quadro delle facoltà assunzionali previste dalla legislazione vigente per le amministrazioni interessate. La definizione delle modalità applicative della mobilità intercompartimentale è stata rimessa a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, di concerto con il Ministro per la P.A. e l’innovazione e il Ministro dell’economia e delle finanze.

In attuazione, è intervenuto, in prima istanza, il D.M. 12 settembre 2011 (GU n. 293 del 17 dicembre 2011), i cui articoli da 1 a 4 concernono l’immissione in ruolo nei profili professionali di assistente amministrativo e di assistente tecnico, mentre l’art. 5 disciplina la mobilità intercompartimentale, prevedendo l’individuazione con altro decreto interministeriale – che doveva essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 98/2011 – delle amministrazioni alle quali poteva essere indirizzata l’istanza.

 

La relazione tecnica (A.S. 3396) evidenziava che su 3.565 unità di personale docente dichiarato permanentemente inidoneo per motivi di saluti ma idoneo ad altri compiti (a.s. 2010/2011) hanno chiesto di transitare nei ruoli ATA, in virtù di quanto disposto dal D.L. 98/2011, solo 600 unità.

Pertanto, è la stessa relazione a chiarire che il D.L. in esame “non consente più di optare” (sul punto si veda, però, infra).

Infatti, il comma 13 stabilisce che il personale docente dichiarato permanentemente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, transita nei ruoli del personale ATA con la qualifica di assistente amministrativo o tecnico, con decreto del direttore generale del competente Ufficio scolastico regionale (USR), da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

La formulazione della disposizione e, in particolare, il termine previsto per l’emanazione dei decreti relativi al transito, fa intendere – a fronte di quanto espresso nella relazione tecnica – che la disposizione non abbia valenza generale, ma si riferisca al personale già dichiarato permanentemente inidoneo alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Al riguardo, durante l’esame parlamentare non è stato chiarito il raccordo con l’art. 19 del D.L. 98/2011 che, invece, reca una disciplina permanente.

Il personale in questione è immesso in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente, ovvero, a sua richiesta, su posti di altra provincia, e mantiene il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

 

La relazione tecnica (A.S. 3396) evidenziava che la disposizione avrà l’effetto di ridurre il fabbisogno di supplenti annuali per il profilo di assistente amministrativo/tecnico.

 

Durante l’esame parlamentare, è stato, inoltre, previsto che il personale in questione, successivamente all’immissione nei ruoli del personale ATA, può anche transitare presso amministrazioni pubbliche in cui possono essere proficuamente utilizzate le sue professionalità, a valere sulle facoltà di assunzione delle stesse amministrazioni e nel rispetto delle procedure per esse previste.

 

Con riferimento al personale docente dichiarato temporaneamente inidoneo alla propria funzione per motivi di salute, ma idoneo ad altri compiti, il comma 13 dispone l’utilizzazione, entro 20 giorni dalla data di notifica del verbale della Commissione medica operante presso la ASL, su posti anche di fatto disponibili di assistente amministrativo o tecnico, nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente, ovvero su posti di altra provincia[39].

In tal caso, dunque, le previsioni sono a regime.

A differenza del caso di inidoneità permanente, nel caso di inidoneità temporanea non è precisato se all’utilizzazione si provvede con decreto del direttore generale del competente Ufficio scolastico regionale.

 

La relazione tecnica (A.S. 3396) evidenziava che tale soluzione discende dal fatto che si è in presenza di una inidoneità temporanea che, dunque, non consente l’immissione nei ruoli. I docenti in questione sono attualmente circa 800 e la loro utilizzazione su posti di fatto disponibili ridurrà il fabbisogno di supplenti fino al termine delle attività didattiche per il profilo di assistente amministrativo/tecnico.

 

Il comma 14 riguarda il personale docente attualmente titolare della classi di concorso C999 (insegnanti tecnico-pratici[40] degli enti locali transitati nei ruoli dello Stato per effetto dell’art. 8, co. 3, della L. 124/1999) e C555 (ex LII/C – esercitazioni di pratica professionale), per il quale prevede il transito nei ruoli del personale non docente con la qualifica di assistente amministrativo, tecnico o collaboratore scolastico, in base al titolo di studio posseduto. Il transito è effettuato con decreto del direttore generale del competente USR, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Il personale è immesso in ruolo su tutti i posti vacanti e disponibili nella provincia di appartenenza, tenuto conto delle sedi indicate dal richiedente, e mantiene il maggior trattamento stipendiale mediante assegno personale riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

 

Con riferimento alla classe di concorso C999, si ricorda che l’art. 8, co. 3, della L. 124/1999 ha disposto il trasferimento alle dipendenze dello Stato, con inquadramento nel ruolo degli insegnanti tecnico-pratici, del personale di ruolo che rivestiva il profilo professionale di insegnante tecnico-pratico o di assistente di cattedra appartenente al VI livello nell'ordinamento degli enti locali, in servizio nelle istituzioni scolastiche statali.

Le modalità applicative per il trasferimento sono state emanate con DM 23 luglio 1999 (G.U. n. 16 del 21 gennaio 2000).

Relativamente alla classe di concorso C555, si ricorda che la classe di concorso LII/C – Esercitazioni di pratica professionale, istituita con DM 3 settembre 1982 (S.O. alla G.U. n. 285 del 15 ottobre 1982) è stata soppressa con DM 24 novembre 1994, n. 334 (S.O. alla G.U. n. 16 del 20 gennaio 1995).

In particolare, l’art. 4, co. 9, del DM 334/1994 ha stabilito che ai docenti di ruolo della soppressa classe di concorso LII/C è consentita la riconversione professionale in base ai titoli di studio posseduti.

 

La relazione tecnica(A.S. 3396) specificava che il personale docente attualmente titolare delle classi di concorso C999 e C555 è pari a circa 900 unità, per la maggior parte transitate dagli enti locali, talvolta in possesso della sola licenza media, attualmente in servizio presso le scuole ove erano state assegnate dagli stessi enti locali. Evidenziava che la disposizione avrà l’effetto di ridurre il fabbisogno di supplenti annuali per il profilo di assistente amministrativo o tecnico o di collaboratore scolastico.

 

Il comma 15 dispone che i criteri e le procedure per l’attuazione di quanto previsto ai commi 13 e 14 sono adottati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il “Ministro per la funzione pubblica” (rectius: Ministro per la pubblica amministrazione e per la semplificazione) e con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro 20 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

 

La norma dispone, altresì, che, al fine di garantire l’effettivo conseguimento delle economie, il MEF monitora gli effetti finanziari derivanti dalle disposizioni introdotte dai commi 13 e 14.

Nel caso in cui si verifichino, o siano in procinto di verificarsi, scostamenti rispetto alle previsioni, il Ministro dell'economia e delle finanze – fatta salva la possibilità di prevedere, nella legge di stabilità, misure correttive degli effetti finanziari di disposizioni che rechino pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica (ex art. 11, co. 3, lett. l), L. 196/2009) – provvede, a decorrere dal 2013, con proprio decreto, alla riduzione, nella misura necessaria alla copertura finanziaria, del fondo per la valorizzazione e lo sviluppo professionale del personale della scuola, previsto dall’art. 64, co. 9, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008).

Si ricorda che l’art. 64, co. 9, del D.L. 112/2008 ha disposto che il 30% delle economie di spesa (come determinate al co. 6[41]), derivanti dalle misure di riorganizzazione della scuola recate dallo stesso art. 64, è destinato, dal 2010, ad incrementare le risorse contrattuali stanziate per le iniziative dirette alla valorizzazione e allo sviluppo professionale della carriera del personale della scuola, con riferimento ai risparmi conseguiti per ciascun anno scolastico, costituendo a tal fine un apposito Fondo nello stato di previsione del MIUR.

Su tale fondo è, poi, intervenuto l’art. 8, co. 14, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010), disponendo che le risorse di cui all’art. 64, co. 9 del D.L. 112/2008 sono comunque destinate al settore scolastico: al riguardo, la relazione tecnica (A.S. 3396) precisava che la disposizione discendeva dal blocco della tornata contrattuale per il triennio 2010-2012 previsto dall’art. 9 dello stesso D.L. ed evidenziava che gli importi sarebbero stati destinati al ripianamento dei debiti pregressi delle istituzioni scolastiche o al finanziamento di spese per supplenze brevi e di funzionamento, ivi comprese quelle per le attività dei soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici. Inoltre, la relazione tecnica riferita al maxiemendamento presentato durante l’esame del D.L. al Senato rilevava che con le modifiche apportate all’art. 9, comma 23 – nel quale era stato fatto salvo il disposto dell’art. 8, comma 14 – “è possibile utilizzare il 30% delle economie di cui all’art. 64, comma 9, della legge 6 agosto 2008, n. 133, previa prescritta certificazione delle stesse, per il personale docente e ATA della scuola, ai fini di un graduale sblocco degli scatti di anzianità, congelati per effetto del citato comma 23, mediante compensazione delle correlate economie di spesa”[42].


 

Articolo 14, comma 16
(Aree geografiche con specificità linguistica ai fini dell’applicazione dei parametri per l’assegnazione di dirigenti scolastici)

 

16. Ai fini dell'applicazione dei parametri previsti dall'articolo 19, comma 5, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e dall'articolo 4, comma 69, della legge 12 novembre 2011, n. 183, per aree geografiche caratterizzate da specificità linguistica si intendono quelle nelle quali siano presenti minoranze di lingua madre straniera

 

 

Il comma 16 reca una norma interpretativa, stabilendo che per "aree geografiche caratterizzate da specificità linguistica", ai fini dell'applicazione dei parametri per l'assegnazione dei dirigenti scolastici, si intendono quelle nelle quali sono presenti minoranze di lingua madre straniera (e non quelle in cui vi sono minoranze linguistiche riconosciute ex L. 482/1999).

L’interpretazione riguarda l’art. 19, co. 5, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011[43]), come modificato dall’art. 4, co. 69, della legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), che stabilisce che alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, nonché nelle piccole isole e nei comuni montani, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza[44] a dirigenti scolastici già titolari di incarico in altri istituti[45].

 

La relazione tecnica (A.S. 3396) evidenziava che l’interpretazione si rende opportuna perché alcune regioni estendono il significato di “specificità linguistica” anche a territori dove si parla un particolare dialetto, utilizzando la legge 482/1999, relativa alle norme di tutela delle minoranze linguistiche storiche, tra cui il friulano, l’occitano e il sardo[46]. Specificava, poi, che sia la Sardegna che il Friuli Venezia Giulia hanno prospettato l’utilizzo dei parametri ridotti previsti per le minoranze linguistiche ai fini del dimensionamento delle scuole ed evidenziava che, utilizzando tali parametri, non si dimensioneranno almeno 40 scuole e, quindi, non si risparmieranno gli stipendi di 40 dirigenti scolastici e 40 dirigenti dei servizi generali e amministrativi[47].

 

Quanto alla formula definitoria utilizzata per l’individuazione delle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistica, si nota che essa presuppone la possibilità di seguire un criterio di natura personale della tutela ex art. 6 Cost. in luogo di quello di natura territoriale adottato dalla l. 482/1999, nonché da altre fonti di produzione normativa, come l’art. 109, comma 2, cpp e gli statuti delle regioni ad autonomia differenziata nonché le relative norme di attuazione.

In merito si fa presente che la Corte costituzionale, con sent.406/1999 ha affermato che, “per quanto i principi costituzionali richiedano di essere valorizzati nella loro funzione conformatrice della legislazione ordinaria, non è possibile, da una proclamazione come quella contenuta nell'art. 6 della Costituzione ("La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche"), inferire l'esistenza di un vincolo del legislatore all'adozione del criterio personale, in luogo di quello territoriale, nella disciplina dei diritti linguistici delle minoranze”. Secondo tale giurisprudenzaappare rilevante anche il fatto che “tale criterio non è nemmeno adottato dagli statuti delle regioni ad autonomia differenziata, la cui speciale ragion d'essere deriva per l'appunto anche dall'esistenza di minoranze linguistiche e dall'esigenza di una loro particolarmente forte protezione”.

 

In realtà, secondo la Corte, la materia richiede un doveroso apprezzamento da parte del legislatore che deve “necessariamente tener conto delle conseguenze che, per i diritti degli altri soggetti non appartenenti alla minoranza linguistica protetta e sul piano organizzativo dei pubblici poteri - sul piano quindi della stessa operatività concreta della protezione -, derivano dalla disciplina speciale dettata in attuazione dell'art. 6 della Costituzione”. Pertanto, sotto il profilo dell’art. 3, primo e secondo comma, della Costituzione, “ove si tratti, come nella specie, del riconoscimento a favore delle minoranze di diritti speciali che fanno eccezione a regole generali, e di discipline che devono tener conto della pluralità degli interessi, costituzionalmente rilevanti, che vengono in considerazione, le scelte di contemperamento del legislatore sono inevitabili” e laddove “ si abbia a che fare necessariamente con norme speciali - come per definizione è in ogni caso la disciplina giuridica di diritti di minoranze - all'astratto richiamo del principio di uguaglianza deve sostituirsi la valutazione della ragionevolezza”.


 

Articolo 14, commi 17-20, e comma 21
(Utilizzo dei docenti in esubero)

 


17. Al personale dipendente docente a tempo indeterminato che, terminate le operazioni di mobilità e di assegnazione dei posti, risulti in esubero nella propria classe di concorso nella provincia in cui presta servizio, è assegnato per la durata dell'anno scolastico un posto nella medesima provincia, con priorità sul personale a tempo determinato, sulla base dei seguenti criteri:

a) posti rimasti disponibili in altri gradi d'istruzione o altre classi di concorso, anche quando il docente non è in possesso della relativa abilitazione o idoneità all'insegnamento, purché il medesimo possegga titolo di studio valido, secondo la normativa vigente, per l'accesso all'insegnamento nello specifico grado d'istruzione o per ciascuna classe di concorso;

b) posti di sostegno disponibili all'inizio dell'anno scolastico, nei casi in cui il dipendente disponga del previsto titolo di specializzazione oppure qualora abbia frequentato un apposito corso di formazione;

c) frazioni di posto disponibili presso gli istituti scolastici, assegnate prioritariamente dai rispettivi dirigenti scolastici al personale in esubero nella medesima provincia e classe di concorso o che si trovi in situazioni in cui si applichino le lettere a) e b), purché detto personale non trovi diversa utilizzazione ai sensi delle medesime lettere;

d) posti che dovessero rendersi disponibili durante l'anno scolastico, prioritariamente assegnati al personale della medesima provincia in esubero nella relativa classe di concorso o che si trovi in situazioni in cui si applichino le lettere a) e b), anche nel caso in cui sia stata già disposta la messa a disposizione di detto personale e purché non sia già diversamente utilizzato ai sensi delle precedenti lettere;

e) il personale in esubero che non trovi utilizzazione ai sensi delle precedenti lettere è utilizzato a disposizione per la copertura delle supplenze brevi e saltuarie che dovessero rendersi disponibili nella medesima provincia nella medesima classe di concorso ovvero per posti a cui possano applicarsi le lettere a) e b) anche nel caso ne sia stata già disposta la messa a disposizione;

18. Le assegnazioni di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 17 sono effettuate dai dirigenti scolastici sulla base del piano di utilizzo predisposto dagli uffici scolastici regionali ai sensi del comma 20.

19. Per la durata dell'utilizzazione il dipendente assegnato ad un posto ai sensi dei commi 17 e 18 percepisce lo stipendio proprio dell'ordine di scuola in cui è impegnato, qualora superiore a quello già in godimento. Nei casi di cui alla lettera e)del comma 17, la differenza è erogata dall'istituto scolastico in cui è prestato il servizio, a valere sulla dotazione finanziaria a tal fine assegnata all'istituto stesso. Negli altri casi, la differenza a favore del dipendente è erogata a mezzo dei ruoli di spesa fissa.

20. Gli uffici scolastici regionali predispongono e periodicamente aggiornano un piano di disponibilità ed utilizzo del personale in esubero, che provvedono a portare a conoscenza delle istituzioni scolastiche interessate, anche al fine di consentire le operazioni di competenza dei dirigenti scolastici.

21. I risparmi conseguenti all'applicazione dei commi da 17 a 20 concorrono al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.


 

I commi da 17 a 20, nonché 21, indicano le modalità di utilizzo del personale docente a tempo indeterminato che, al termine delle operazioni di mobilità e di assegnazione dei posti, risulta in esubero nella propria classe di concorso nella provincia in cui presta servizio. Tali docenti sono utilizzati nella medesima provincia, con priorità sul personale a tempo determinato:

§       su posti rimasti disponibili in altri gradi di istruzione o altre classi di concorso;

§       su posti di sostegno;

§       su frazioni di posto;

§       su posti che dovessero rendersi disponibili durante l’anno scolastico;

§       per la copertura di supplenze brevi e saltuarie.

 

La relazione tecnica(A.S. 3396) evidenziava che i docenti in esubero attualmente sono circa 10.000 e che con le nuove disposizioni essi sarebbero integralmente riutilizzati su posti esistenti anche di fatto che, altrimenti, dovrebbero essere coperti con personale non di ruolo. Si determina, quindi, un minor fabbisogno di supplenti.

 

Sull’argomento, si ritiene utile ricordare, preliminarmente, che, da ultimo, il piano programmatico[48] adottato sulla base dell’art. 64 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008) ha previsto, fra l’altro, l’attivazione di corsi di riconversione professionale per i docenti facenti parte delle classi di concorso in esubero, nonché l’attivazione di corsi per altri docenti, finalizzati all’inserimento in classi di concorso più ampie[49].

A sua volta, l’art. 23 del D.P.R. 81/2009, intervenuto in attuazione dello stesso art. 64 del D.L. 112/2008, ha disposto che, qualora dall'attuazione del piano programmatico si determinino situazioni di esubero di personale docente con contratto a tempo indeterminato, lo stesso è utilizzato prioritariamente nell'ambito della scuola di titolarità e, in subordine, in ambito provinciale, su posto o frazione di posto eventualmente disponibile per la stessa classe di concorso o classe di concorso affine.

In via subordinata, lo stesso personale è utilizzato su posto o frazione di posto relativo ad altro insegnamento, anche in diverso grado di istruzione e nella scuola dell'infanzia, o su posto di sostegno, per il quale è in possesso di abilitazione o di titolo di studio coerente. Lo stesso personale viene posto in mobilità professionale qualora sia in possesso di abilitazione o di idoneità per altra classe di concorso o altro posto; si procede, altresì, al trasferimento su posto di sostegno qualora in possesso del previsto titolo di specializzazione.

La definizione delle modalità di attuazione è stata rimessa alla sede negoziale.

 

Ne consegue, dunque, che i commi da 17 a 21 (con esclusione del comma 20-bis) dell’art. 14 in esame intervengono nell’ambito già regolato dall’art. 23 del D.P.R. 81/2009.

Si è, pertanto, di fronte ad una rilegificazione.

 

Nello specifico, il comma 17 dispone che al personale dipendente docente a tempo indeterminato che, terminate le operazioni di mobilità e di assegnazione dei posti, risulta in esubero nella propria classe di concorso nella provincia in cui presta servizio, è assegnato “per la durata dell’anno scolastico” (v. infra) un posto nella medesima provincia, con priorità sul personale a tempo determinato, sulla base dei seguenti criteri:

a)   posti rimasti disponibili in altri gradi d’istruzione o altre classi di concorso, anche in assenza della relativa abilitazione o idoneità all’insegnamento, purché in possesso di titolo di studio valido per l’accesso all’insegnamento nello specifico grado d’istruzione o nella specifica classe di concorso[50].

Per fare un esempio (prendendo a base il DM 30 gennaio 1998, n. 39): ad un docente in possesso della laurea in architettura, abilitato ad insegnare nella scuola secondaria di primo grado la materia Educazione artistica (classe di concorso 28/A), può essere attribuito, pur non avendo conseguito la specifica abilitazione, il posto corrispondente alla classe di concorso 61/A – Storia dell’arte (per accedere alla quale è necessario il possesso della medesima laurea in architettura), per l’insegnamento negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado.

 

Le modalità della formazione iniziale degli insegnanti sono state ridefinite con il DM 249/2010[51], il cui art. 15, co. 27, ha disposto che le università adeguano i regolamenti didattici di ateneo alle nuove disposizioni in modo da assicurare che i relativi corsi siano attivati a partire dall'a.a. 2011/2012.

Il percorso per insegnare nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria si articola in un corso di laurea magistrale quinquennale a ciclo unico, cui si accede con il diploma di istruzione secondaria di II grado. Dal secondo anno è previsto un tirocinio di 600 ore: esso si conclude con la discussione della tesi e della relazione finale, che costituiscono esame con valore abilitante (art. 3, co. 2, e art. 6).

Il percorso per insegnare nella scuola secondaria di I e II grado si articola in un corso di laurea magistrale (biennale) – o, per l’insegnamento di discipline artistiche, musicali e coreutiche, in un corso di diploma accademico di II livello - e in un tirocinio formativo attivo (TFA), al quale accedono coloro che hanno conseguito la laurea magistrale. Il TFA è un “corso di preparazione all’insegnamento” che sostituisce il percorso effettuato, fino all’a.a. 2007-2008, nelle scuole di specializzazione (SSIS). Esso si conclude con la stesura di una relazione e con l’esame finale con valore abilitante (art. 3, co. 2, e artt. 7 e 8).

Fino all’intervento di tale DM, la formazione iniziale dei docenti era rimasta disciplinata, per effetto dell’intervenuta abrogazione del D.Lgs. 227/2005[52], dalla L. 341/1990 e dai relativi provvedimenti di attuazione[53].

b)   posti di sostegno disponibili all’inizio dell’anno scolastico, nei casi in cui il docente possiede il previsto titolo di specializzazione o ha (semplicemente) frequentato un apposito corso di formazione.

 

 

 

La disciplina attuale per il conseguimento della specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità è dettata – sia pure in via transitoria, in attesa della istituzione di specifiche classi di abilitazione[54] –, dall’art. 13 del già citato DM 249/2010.

La specializzazione si consegue esclusivamente presso le università, attraverso la partecipazione a corsi autorizzati dal MIUR, cui possono accedere gli insegnanti abilitati. I corsi sono a numero programmato e richiedono il superamento di una prova di accesso predisposta dalle università.

Le caratteristiche dei corsi sono determinate nel regolamento di ateneo sulla base dei criteri definiti con DM 30 settembre 2011[55].

In particolare, essi devono:

§       prevedere l’acquisizione di almeno 60 crediti formativi (quindi, ai sensi dell’art. 5, co. 2, del DM 270/2004 devono durare almeno un anno);

§       comprendere almeno 300 ore di tirocinio;

§       articolarsi distintamente per i diversi ordini di scuola.

A conclusione del corso si sostiene un esame finale che comporta, se superato, il conseguimento del diploma di specializzazione, che consente l’iscrizione negli elenchi per il sostegno per le assunzioni a tempo determinato e indeterminato[56].

Successivamente, l’art. 19, co. 11, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011) ha disposto che l’azione didattica e di integrazione degli alunni disabili è assicurata sia dai docenti di sostegno che dai docenti di classe, stabilendo che, conseguentemente, nell’ambito delle risorse assegnate per la formazione del personale docente, è data priorità agli

interventi di formazione sulle modalità di integrazione degli alunni disabili, rivolti a tutti i docenti.

Su questa base è stato emanato il decreto del Direttore generale per il personale scolastico n. 7 del 16 aprile 2012[57], che ha previsto una nuova tipologia di corsi di formazione per il conseguimento della specializzazione per il sostegno rivolti al personale in esubero[58].

I corsi in questione, a numero programmato e con costi coperti dal MIUR, sono organizzati in 3 moduli – ognuno equivalente a 20 crediti formativi – corrispondenti ai livelli base, intermedio e avanzato, che terminano con una specifica prova di valutazione. Il conseguimento del titolo di specializzazione per le attività di sostegno avviene previo superamento dell’esame finale.

Ai sensi dell’art. 5 del decreto, in prima applicazione i docenti che frequentano i corsi possono essere utilizzati dopo l’acquisizione del livello intermedio, ovvero del livello base, nel caso in cui la tempistica non consenta di espletare le prove di verifica del livello intermedio in tempo utile ai fini delle procedure di utilizzazione, in subordine rispetto docenti in possesso del titolo di specializzazione.

Sull’argomento, la VII Commissione della Camera, il 19 giugno 2012, ha avviato l’esame delle risoluzioni 7-00864, 7-00867, 7-00900. Il rappresentante del Governo, nella stessa seduta, ha fatto presente, fra l’altro, che i corsi impegneranno circa 2000 docenti, che il primo modulo verrà concluso non prima del prossimo autunno e, quindi, non in tempo utile per le operazioni di utilizzazione relative all’a.s. 2012/2013[59].

c)   frazioni di posto disponibili presso gli istituti scolastici, prioritariamente assegnate dai dirigenti scolastici al personale in esubero nella medesima provincia e classe di concorso, o che si trova “in situazioni in cui si applichino le lett. a) e b)”, purché lo stesso non sia utilizzato ai sensi delle medesime lettere.

La previsione - nel suo riferirsi alle “situazioni in cui si applichino le lett. a) e b)” - sembra potersi leggere nel senso che le frazioni di posto possono essere conferite, oltre che al personale in esubero nella medesima classe di concorso, anche al personale che, pur non essendo in possesso dell’abilitazione necessaria, è in possesso del titolo di studio utile per l’accesso alla classe, oppure al personale che ha conseguito la specializzazione per il sostegno o ha frequentato un apposito corso.

d)   posti che si rendono disponibili durante l’anno scolastico, prioritariamente assegnati al personale della medesima provincia in esubero nella relativa classe di concorso o che si trova in “situazioni in cui si applichino le lettere a) e b)”, anche nel caso in cui sia stata già deliberata la messa a disposizione[60] di detto personale, e purché lo stesso non sia già diversamente utilizzato ai sensi delle precedenti lettere.

e)   il personale in esubero non impiegato in base alle precedenti previsioni è utilizzato per la copertura delle supplenze brevi e saltuarie che si rendono disponibili nella medesima provincia nella stessa classe di concorso, ovvero per posti a cui possano applicarsi le lettere a) e b), anche nel caso in cui ne sia stata già deliberata la messa a disposizione.

E’ evidente che, in questo caso, il personale docente non è assegnato “per la durata dell’anno scolastico” come dispone letteralmente l’alinea.

 

Il comma 18 prevede chele assegnazioni di cui alle lettere c), d) ed e) del comma 17 sono effettuate dai dirigenti scolastici, sulla base del piano di utilizzopredisposto dagli uffici scolastici regionali in base al comma 20[61].

Il comma 19 dispone che il dipendente assegnato ad un posto ai sensi dei commi 17 e 18 percepisce, per la durata dell’utilizzazione, lo stipendio proprio dell’ordine di scuola in cui è impegnato, qualora superiore a quello già in godimento. Nel caso di supplenze brevi e saltuarie, la differenza è erogata dall’istituto scolastico in cui è prestato il servizio, utilizzando la dotazione finanziaria a tal fine assegnata. Negli altri casi, la differenza è erogata a mezzo dei ruoli di spesa fissa.

Con riferimento alle modalità di corresponsione al docente dell’eventuale differenza di trattamento economico nel caso di supplenze brevi, durante l’esame parlamentare non è stato chiarito il raccordo con quanto dispone l’art. 7, co. 38, del D.L., che prevede il ricorso al meccanismo del c.d. “cedolino unico” anche per il pagamento di queste supplenze.

 

Il comma 20 dispone, come ante anticipato, chegli uffici scolastici regionali predispongono e aggiornano periodicamente un piano di disponibilità ed utilizzo del personale in esubero, che mettono a conoscenza delle istituzioni scolastiche.

 

(Per il comma 20-bis, si veda l’apposita scheda).

 

Infine, il comma 21 dispone che i risparmi conseguenti all’applicazione dei commi 17-20 (non è, ovviamente, citato il comma 20-bis) concorrono al raggiungimento degli obiettivi di risparmio di cui all’articolo 64 del D.L. 112/2008 (per i quali si rinvia alla scheda relativa all’art. 14, co. 13-15).


 

Articolo 14, comma 20-bis
(Agevolazioni previdenziali per il personale docente della scuola)

 


20-bis. Il personale docente di cui al comma 17, alinea, che per l'anno scolastico 2013-2014 non sia proficuamente utilizzabile a seguito dell'espletamento delle operazioni ai sensi del medesimo comma 17, lettere a), b) e c), può essere collocato in quiescenza dal 1o settembre 2013 nel caso in cui maturi i requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico entro il 31 agosto 2012 in base alla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto comunque denominato si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a), numeri 1) e 2), del presente decreto.


 

 

Il comma 20-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede una deroga alla normativa vigente in materia di requisiti per l’accesso ai trattamenti pensionistici a favore del personale docente non riutilizzabile, a condizione che maturi i requisiti entro il 31 agosto 2012.

 

Il comma 20-bis prevede una deroga alla normativa vigente in materia di requisiti per l’accesso ai trattamenti pensionistici di cui all’articolo 24 del D.L. 201/2011, a favore del personale docente non utilizzabile ai sensi del comma 17, lettere a), b) e c) (alla cui scheda si rimanda).

 

Più specificamente, si prevede la possibilità, riprendendo analoghe disposizioni presenti in precedenti norme per diverse categorie di lavoratori, di collocare in quiescenza tale personale dal 1° settembre 2013 applicando le disposizioni previgenti al D.L. 201/2011 in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici (c.d. finestre”), nel caso in cui lo steso personale maturi i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico entro il 31 agosto 2012.

 

L’articolo 24 del D.L. 201/2011 ha disposto una significativa riforma della disciplina previdenziale, in particolare sopprimendo il regime delle decorrenze (cd. finestre) annuali[62] per i soggetti che maturano i requisiti per l’accesso al pensionamento per il pensionamento di vecchiaia ed il pensionamento anticipato (comma 5) ed attuando una revisione complessiva del sistema pensionistico (commi 6 e 7), in particolare accelerando il processo di allineamento del requisito anagrafico previsto per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici dipendenti private da 1° gennaio 2018; nonché incrementando di un anno, dal 2018, il requisito anagrafico per l’accesso all’assegno sociale e ad altre provvidenze specifiche (comma 8). Allo stesso tempo, la norma ha introdotto un limite anagrafico minimo per l’accesso alla pensione di vecchiaia tale da garantire un'età minima di accesso al trattamento pensionistico non inferiore a 67 anni per i soggetti, in possesso dei predetti requisiti, che maturino il diritto alla prima decorrenza utile del pensionamento dall'anno 2021 (comma 9). Oltre a ciò, è stata razionalizzata la possibilità si accesso al pensionamento anticipato attraverso l’introduzione della pensione anticipata per i soggetti che accedano al trattamento pensionistico con età inferiori ai requisiti richiesti in precedenza esclusivamente con una specifica anzianità contributiva, prevedendo altresì la possibilità – per i soggetti con una quota di pensione calcolata con il sistema retributivo - di accedere al pensionamento con un’età inferiore ai 62 anni ma con una riduzione dell’1% di tale quota, con elevazione al 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto a 2 anni (comma 10). Più specificamente, per tali soggetti è prevista una riduzione percentuale della quota di pensione nel caso in cui questi ultimi accedano al pensionamento anticipato con un’età inferiore ai 63 anni (comma 11).

 

Si prevede, inoltre, che ai fini dell’erogazione del trattamento di fine rapporto, comunque denominato, trovano applicazione le disposizioni di cui al precedente articolo 2, comma 11, lettera a), punti 1) e 2), alla cui scheda si rimanda.

 

Il Trattamento di Fine Rapporto (T.F.R.) del settore privato, regolato dall'articolo 2120 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 della L. 29 maggio 1982, n. 297, si configura come una sorta di retribuzione differita e si determina accantonando per ciascun anno di lavoro una quota pari al 6,91% della retribuzione lorda, sommando per ciascun anno di servizio una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso, divisa per 13,5. La retribuzione utile per il calcolo del T.F.R. comprende tutte le voci retributive corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, salvo diversa previsione dei contratti collettivi. calcola. Esso è rivalutato annualmente, su base composta, con l'applicazione di un tasso costituito dall'1,5% in misura fissa e dal 75% dell'aumento dell'indice dei prezzi al consumo calcolato dall'ISTAT rispetto all'anno precedente.

Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso le stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta, per far fronte a spese sanitarie per terapie e interventi straordinari o all’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli.

La L. 335/1995, di riforma del sistema pensionistico, ha proceduto ad uniformare il trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici alla disciplina del trattamento di fine rapporto.

Con il D.P.C.M. 20 dicembre 1999, sono stati assoggettati al regime del T.F.R. i dipendenti pubblici assunti con contratto a tempo determinato in servizio al 30 maggio 2000 ed il personale a tempo indeterminato assunto con decorrenza dal 1° gennaio 2001, nonché quelli che avevano già esercitato l’opzione per il passaggio al T.FR. ai sensi dell’articolo 59, comma 56, della L. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998).

Fino all’emanazione del richiamato D.P.C.M., ai lavoratori pubblici veniva liquidata l’indennità premio di fine servizio ai dipendenti degli enti locali e l’indennità di buonuscita ai dipendenti statali[63].


 

Articolo 14, comma 22
(Delega di compiti da parte del dirigente scolastico)

 


22. Il comma 5 dell'articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si interpreta nel senso che la delega ai docenti di compiti non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui detti docenti godano dell'esonero o semiesonero ai sensi dell'articolo 459 del decreto legislativo n. 297 del 1994. Il docente delegato può essere retribuito esclusivamente a carico dei fondi disponibili per la remunerazione accessoria presso la specifica istituzione scolastica od educativa ai sensi dell'articolo 88, comma 2, lettera f), del ccnl relativo al personale scolastico.


 

 

Il comma 22, con disposizione di interpretazione autentica dell’art. 25, co. 5, del D.Lgs. 165/2001, stabilisce che la delega di compiti ai docenti, da parte del dirigente scolastico, non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie. Dispone, inoltre, in tema di retribuzione del docente delegato.

 

Al riguardo, si ricorda, preliminarmente, che l’art. 25, co. 5, del D.Lgs. 165/2001 dispone, fra l’altro, che, nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative, il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti.

A sua volta, l’art. 459 del D.Lgs. 297/1994 dispone che nei confronti di uno dei docenti così individuati dal dirigente scolastico, per attività di collaborazione nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative ed amministrative, può essere disposto l'esonero o il semiesonero dall'insegnamento in base ai criteri indicati[64].

Su questi ultimi è intervenuto, di recente, l’art. 19, co. 6, del D.L. 98/2011 (L. 111/2011), abrogando la previsione in base alla quale l’esonero e il semiesonero era consentito a condizioni più favorevoli nel caso di scuole o istituti funzionanti con plessi di qualunque ordine di scuola, sezioni staccate o sedi coordinate[65].

 

In particolare, il comma 22 dispone che l’art. 25, comma 5, del D.Lgs. 165/2001 si interpreta nel senso che la delega ai docenti da parte del dirigente scolastico non costituisce affidamento di mansioni superiori o di funzioni vicarie, anche nel caso in cui i docenti godano dell’esonero o del semiesonero.

Si tratta di una interpretazione ad abundantiam, poiché, come si vedrà infra, le ipotesi nelle quali si può configurare l’esercizio di mansioni superiori sono tassativamente individuate.

 

La disciplina dell’assegnazione di mansioni superiori ha caratteri di eccezionalità, temporaneità e provvisorietà. Nel pubblico impiego, essa è regolata dall’articolo 52 dello stesso D.Lgs. 165/2001 che, al comma 2, elenca le ipotesi in cui è consentita, dovute a obiettive esigenze di servizio e solo per le mansioni proprie della qualifica immediatamente superiore. Si tratta dei casi di:

§       vacanza del posto in organico, che consente tale assegnazione per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabili a dodici, qualora sia stata avviata la procedura per la copertura dei posti vacanti entro il termine massimo di novanta giorni dalla data di assegnazione alle predette mansioni;

§       sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto per la durata dell’assenza, con esclusionedell’assenza per ferie.

 

Si considera svolgimento di mansioni superiori soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni. Inoltre, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica superiore.

Le ipotesi sopra elencate sono tassative, in quanto il comma 5 prevede la nullità delle assegnazioni di mansioni superiori al di fuori dei casi previsti. In tal senso, è prevista la responsabilità erariale del dirigente che ha disposto l’assegnazione al di fuori dei casi consentiti, per i conseguenti maggiori oneri.

 

Il comma 22 dispone, inoltre, che il docente delegato può essere retribuito esclusivamente a carico dei fondi disponibili per la remunerazione accessoria presso l’istituzione scolastica interessata, ai sensi dell’art. 88, co. 2, lett. f), del CCNL relativo al personale scolastico.

 

L’articolo 88 del CCNL relativo al personale del Comparto Scuola per il quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007 (del 29 novembre 2007), relativo alle indennità e ai compensi a carico del fondo d’istituto, prevede, all’art. 88, co. 2, lett. f), che con le risorse del fondo è retribuito il personale docente ed educativo, non più di due unità, della cui collaborazione il dirigente scolastico intende avvalersi nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e gestionali. Tali compensi non sono cumulabili con il compenso per le funzioni strumentali al piano dell’offerta formativa.


 

Articolo 14, commi 23-25
(Riduzione di alcune spese per il
personale
del Ministero degli Affari esteri)

 


23. Per l'anno 2012 le unità complessive di personale diplomatico e amministrativo e del contingente degli esperti di cui all'articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 inviate all'estero non possono essere superiori a quelle rispettivamente in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto.

24. Per l'anno 2012 in relazione al personale di cui agli articoli 152 e 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 non si procede ad adeguamenti retributivi e non si sostituiscono 100 unità di personale cessato.

25. Per l'anno 2012 gli stanziamenti relativi alle spese di cui ai commi 23 e 24 sono ridotti rispettivamente di euro 4.300.000 e di euro 5.000.000.


 

 

Il comma 23 prevede che per l’anno 2012 le unità complessive di personale diplomatico e amministrativo e del contingente degli esperti inviate all’estero non possano essere superiori a quelle rispettivamente in servizio alla data di entrata in vigore del presente decreto.

Il comma 24 stabilisce che per l’anno 2012 non si procede ad adeguamenti retributivi per il personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituti italiani di cultura all’estero, né si dà luogo alla sostituzione di 100 unità di personale cessato.

Il comma 25 precisa le riduzioni di spesa che conseguono all’applicazione dei due precedenti commi.

 

Il comma 23 stabilisce che per l’anno 2012 le unità complessive di personale diplomatico e amministrativo, nonché del contingente degli esperti di cui all’articolo 168 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18[66], inviate all’estero, non possano essere superiori a quelle in servizio alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame.

 

Si ricorda che l'art. 31 del citato D.P.R. prevede che al servizio delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari è adibito esclusivamente personale di ruolo e a contratto dell'Amministrazione degli affari esteri.

Sono ammesse eccezioni nel caso di missione temporanea o, ai sensi dell'art. 168, per l'espletamento di specifici incarichi che richiedano particolare competenza tecnica e ai quali non si possa sopperire con funzionari diplomatici - in questo caso si può ricorrere ad esperti tratti da personale dello Stato o di Enti pubblici appartenenti a carriere direttive o di uguale rango.

Qualora per speciali esigenze anche di carattere tecnico o linguistico non possa farsi ricorso per incarichi presso uffici all'estero ad esperti tratti dal personale dello Stato e da Enti pubblici, l'Amministrazione degli affari esteri può utilizzare in via eccezionale e fino ad un massimo di trenta unità, persone estranee alla pubblica Amministrazione purché di notoria qualificazione nelle materie connesse con le funzioni del posto che esse sono destinate a ricoprire, comprovata da adeguata esperienza professionale

Complessivamente, il contingente di esperti che l'Amministrazione degli Affari esteri può utilizzare a norma dell'art. 168 non può superare il numero di centosessantacinque (di cui cinque da destinare a posti di addetto agricolo) con l'esclusione delle unità riservate da speciali disposizioni di legge all'espletamento di particolari compiti relativi alla tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza nazionale, nonché al contrasto della criminalità organizzata e delle violazioni in materia economica e finanziaria a tutela del bilancio dello Stato e dell'Unione europea.

 

In relazione al comma 23, la relazione tecnica (A.S. 3396) evidenzia che la riduzione di 4,3 milioni di euro sul capitolo 1276/Esteri – che ricomprende anche i diversi profili dell’indennità di servizio all’estero, e ha una dotazione complessiva per il 2012 di 336,5 milioni di euro - per l'anno 2012 consegue alla mancata copertura di posti all'estero secondo il seguente schema:

§       13 esperti ex art. 168 (prevista riduzione di risorse sul capitolo pari a 1,3 milioni)

§       10 funzionari diplomatici (prevista riduzione di risorse sul capitolo pari a 698.081 euro)

§       58 dipendenti di area funzionale (prevista riduzione di risorse sul capitolo pari a 2.310.430 euro)

 

Il comma 24 stabilisce che per l’anno 2012 non si procede ad adeguamenti retributivi per il personale assunto a contratto dalle rappresentanze diplomatiche, uffici consolari e istituti di cultura, di cui agli articoli 152 e 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, né si dà luogo alla sostituzione di 100 unità di personale cessato.

 

L’articolo 152 del D.P.R. 18/1967 prevede per gli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri - rappresentanze diplomatiche, uffici consolari di prima categoria e istituti italiani di cultura – la facoltà di assumere personale a contratto, con l’autorizzazione dell’amministrazione centrale del MAE, per un totale di non oltre 2.277 unità (soglia questa da ultimo fissata dal comma 1317 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007). I contratti di assunzione sono stipulati a tempo indeterminato, con una prova di nove mesi, terminata la quale viene disposta la conferma o la risoluzione del contratto, sulla scorta di una relazione del capo dell’ufficio. Le mansioni degli impiegati a contratto sono quelle previste nei contratti individuali, in quanto compatibili con l’organizzazione del lavoro esistente negli uffici all’estero.

Per quanto riguarda l’articolo 157 del D.P.R. 18/1967 esso riguarda la retribuzione degli impiegati a contratto, e prevede che la retribuzione annua base è fissata e successivamente adeguata tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali. La retribuzione annua base è determinata in modo uniforme per Paese e per mansioni omogenee, ed è di norma fissata e corrisposta in valuta locale.

 

In relazione al comma 24, la relazione tecnica (A.S. 3396) evidenzia che il definanziamento, pari a 5 milioni di euro per l'anno 2012 dei capitoli 1275 e 1278 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri – dedicati appunto alle retribuzioni nette degli impiegati a contratto e agli oneri sociali corrisposti dal MAE, e con una dotazione, rispettivamente, di 92,8 e 30 milioni di euro - consegue al:

a)   contenimento della spesa per adeguamenti retributivi al personale a contratto ai sensi del D.P.R. n. 18 del 1967: mancati adeguamenti retributivi con un risparmio pari a 2.350.000 euro;

b)   rinvio dell'assunzione di 100 unità a contratto in sostituzione di impiegati cessati dal servizio, per una riduzione pari a 2,5 milioni;

c)   sostituzione di personale a contratto con normativa italiana con personale a contratto secondo la legge locale, che determina ulteriori riduzioni di spesa pari a 100.000 euro;

d)   passaggio dal sistema di finanziamento delle retribuzioni del personale a contratto incentrato sulla rimessa valutaria a quello imperniato sul mandato diretto, che determina la riduzione dei residui di finanziamento, e quindi un risparmio pari a 50.000 euro.

 

Il comma 25 registra le riduzioni di spesa che per l’anno 2012 comportano rispettivamente l’applicazione del comma 23 (4.300.000 euro) e del comma 24 (5.000.000 euro).


 

Articolo 14, comma 26
(Riduzione del contributo italiano al finanziamento della PESC
)

 

26. Per l'anno 2012, l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 2 della legge 3 agosto 1998, n. 299 è ridotta di euro 2.800.000.

 

 

Il comma 26 dispone la riduzione di 2,8 milioni di euro per l’anno 2012 dell'autorizzazione di spesa relativa al finanziamento italiano della PESC (Politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea).

 

In particolare, la riduzione di 2,8 milioni di euro per l’anno 2012 riguarda l'autorizzazione di spesa relativa al finanziamento italiano della PESC – iscritta sul cap. 3425 dello stato di previsione del Ministero degli affari esteri, recante una dotazione per il 2012 di 6,5 milioni - di cui all’articolo 1, comma 2 della legge 3 agosto 1998, n. 299[67].

 

In base alla legge n. 299 del 1998 era autorizzata la spesa annua di 10 miliardi di lire per ciascuno degli anni 1998, 1999 e 2000. Per gli anni successivi la determinazione della spesa era stata affidata alla tabella C della legge finanziaria. Ai sensi della nuova normativa contabile - e quindi dalla legge di stabilità 2011 - la voce di spesa relativa al finanziamento della PESC non è più presente nella Tabella C del ddl di stabilità, in quanto spesa obbligatoria.

Come già riportato, per il 2012 nello stato di previsione degli Affari Esteri, al capitolo 3425, risulta uno stanziamento di 6,5 milioni, che consegue all’intervento operato dalla legge di stabilità per il 2012 (art. 4, comma 5), con una riduzione di 12,39 milioni di euro relativamente all'autorizzazione di spesa per il finanziamento italiano della PESC.

 

Si ricorda che l'Italia partecipa al finanziamento delle operazioni PESC-PSDC (politica estera e di sicurezza comune - politica di sicurezza e di difesa comune) dell’Unione Europea attraverso il meccanismo europeo (Athena) istituito nel 2004 per gestire il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell'Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa. L’Italia contribuisce sulla base di una quota pari a circa il 13% dei costi comuni: pertanto, l’ammontare annuo complessivo in carico al nostro Paese varia a seconda del numero e della dimensione delle operazioni PESC-PSDC in atto.


 

Articolo 14, comma 27
(Rimborso alle regioni per visite fiscali personale scolastico)

 


27 All'articolo 17 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 5 è aggiunto il seguente comma:

«5-bis. A decorrere dall'esercizio finanziario 2012, la quota di pertinenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, degli stanziamenti di cui al comma 5 è destinata al rimborso forfetario alle regioni delle spese sostenute per gli accertamenti medico-legali sul personale scolastico ed educativo assente dal servizio per malattia effettuati dalle aziende sanitarie locali. Entro il mese di novembre di ciascun anno, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede a ripartire detto fondo tra le regioni al cui finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale concorre lo Stato, in proporzione all'organico di diritto delle regioni con riferimento all'anno scolastico che si conclude in ciascun esercizio finanziario. Dal medesimo anno 2012, le istituzioni scolastiche ed educative statali non sono tenute a corrispondere alcuna somma per gli accertamenti medico-legali di cui al primo periodo.


 

 

Il comma 27 prevede che, a partire dal 2012, il MIUR ripartisce tra le regioni al cui finanziamento del Servizio sanitario nazionale concorre lo Stato, il fondo per il rimborso forfettario delle spese sostenute per le visite fiscali relative al personale scolastico ed educativo assente dal servizio per malattia. Pertanto, le scuole non saranno più tenute a corrispondere alcuna somma per le visite fiscali.

 

In particolare, il comma 27, inserendo il comma 5-bis nell'art. 17 del D.L. n. 98/2011(L. 111/2011),prevede che, a partire dal 2012, nell’ambito dello stanziamento di 70 milioni di euro previsto dal comma 5 dello stesso D.L. 98/2011, la quota di pertinenza del MIUR è destinata al rimborso forfettario alle regioni delle spese sostenute per gli accertamenti medico-legali effettuati dalle aziende sanitarie locali sul personale scolastico ed educativo[68] assente dal servizio per malattia.

 

Il comma 5 dell’articolo 17 del D.L. 98/2011 riguarda la materia dell’onerosità degli accertamenti medico-legali sui dipendenti pubblici assenti dal servizio per malattia, al fine di tener conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 207/2010[69] che ha stabilito che gli oneri per tali accertamenti non possono restare a carico delle aziende sanitarie locali e gravare sul finanziamento del Servizio sanitario nazionale, ma devono restare a carico delle amministrazioni che li dispongono. Conseguentemente il comma 5 prevede la destinazione di risorse, nel limite massimo di 70 milioni di euro annui, per la copertura di oneri a carico delle pubbliche amministrazioni derivanti dall’eventuale applicazione di tariffe da parte delle regioni. Alle risorse si fa fronte per gli anni 2011 e 2012 a valere sulla quota delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale non impiegata, in sede di riparto, a seguito della citata sentenza della Corte e, a decorrere dall’esercizio 2013, mediante riduzione di 70 milioni di euro del livello di finanziamento del SSN.

 

Il comma 27 stabilisce, inoltre, che entro il mese di novembre di ciascun anno il MIUR provvede a ripartire detto fondo tra le regioni al cui finanziamento del Servizio sanitario nazionale concorre lo Stato, in proporzione all’organico di diritto delle regioni con riferimento all’anno scolastico che si conclude in ogni esercizio finanziario.

Conseguentemente, dal 2012 le istituzioni scolastiche ed educative statali non sono tenute a corrispondere alcuna somma per i citati accertamenti medico-legali.

 

Si tratta delle regioni a statuto ordinario. Per il finanziamento del sistema sanitario, infatti, le regioni a statuto speciale e le province autonome, ad eccezione, in parte, della Sicilia, provvedono direttamente al finanziamento dell'assistenza sanitaria senza alcun onere a carico dello Stato, attraverso le entrate fiscali, ricevute sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione). La Sicilia, invece, ai sensi della legge 296/2006 (finanziaria 2007) articolo 1 comma 830, provvede con proprie risorse, per un’aliquota di partecipazione fissata nella misura del 49,11 per cento della spesa prevista. La restante parte è assegnata dallo Stato nell’ambito della ripartizione delle risorse del Fondo sanitario nazionale.

 

La disciplina delle visite fiscali nel pubblico impiego (sia per il personale contrattualizzato, sia per quello in regime di diritto pubblico) è attualmente recata dall’articolo 55-septies del D.Lgs. 165/2001 - che, come modificato dall’art. 16, co. 9, del D.L. 98/2011 - stabilisce che le pubbliche amministrazioni dispongono il controllo sulle assenze per malattia dei dipendenti, valutando la condotta complessiva del dipendente e gli oneri connessi all’effettuazione della visita. In ogni caso, il controllo è sempre richiesto sin dal primo giorno, quando l’assenza si verifica nelle giornate precedenti o successive a quelle non lavorative. Le fasce orarie di reperibilità e il regime delle esenzioni dalla stessa sono determinate da apposito decreto ministeriale[70].

Sono infine previste alcune deroghe all’obbligo di reperibilità (ad es. espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici.

In caso di assenze ingiustificate, è prevista l’erogazione di specifiche sanzioni.

 


 

Articolo 15, commi 1-11
(Misure di governo per la spesa farmaceutica)

 


1. Ferma restando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia di piani di rientro dai disavanzi sanitari di cui all'articolo 2, commi da 75 a 96, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, l'efficienza nell'uso delle risorse destinate al settore sanitario e l'appropriatezza nell'erogazione delle prestazioni sanitarie, si applicano le disposizioni di cui al presente articolo.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, l'ulteriore sconto dovuto dalle farmacie convenzionate ai sensi del secondo periodo del comma 6 dell'articolo 11 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, è rideterminato al valore del 2,25 per cento. Limitatamente al periodo decorrente dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2012, l'importo che le aziende farmaceutiche devono corrispondere alle Regioni ai sensi dell'ultimo periodo del comma 6 dell'articolo 11 del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, è rideterminato al valore del 4,1 per cento. Per l'anno 2012 l'onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l'assistenza farmaceutica territoriale, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 e successive modificazioni, è rideterminato nella misura del 13,1 per cento. In caso di sforamento di tale tetto continuano ad applicarsi le vigenti disposizioni in materia di ripiano di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. A decorrere dal 1o gennaio 2013, l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco è sostituito da un nuovo metodo, definito con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sulla base di un accordo tra le associazioni di categoria maggiormente rappresentative e l'Agenzia italiana del farmaco per gli aspetti di competenza della medesima Agenzia, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, secondo i criteri stabiliti dal comma 6-bis dell'articolo 11 del decreto-legge 31 marzo 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. In caso di mancato accordo entro i termini di cui al periodo precedente, si provvede con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Commissioni parlamentari competenti. Solo con l'entrata in vigore del nuovo metodo di remunerazione, cessano di avere efficacia le vigenti disposizioni che prevedono l'imposizione di sconti e trattenute su quanto dovuto alle farmacie per le erogazioni in regime di Servizio sanitario nazionale. La base di calcolo per definire il nuovo metodo di remunerazione è riferita ai margini vigenti al 30 giugno 2012. In ogni caso dovrà essere garantita l'invarianza dei saldi di finanza pubblica.

3. A decorrere dall'anno 2013 l'onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l'assistenza farmaceutica territoriale, di cui all'articolo 5 del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222 e successive modificazioni, è rideterminato nella misura dell’11,35 per cento al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l'acquisto di farmaci ad un prezzo diverso dal prezzo massimo di rimborso stabilito dall'AIFA in base a quanto previsto dall'articolo 11, comma 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. In caso di sforamento di tale tetto continuano ad applicarsi le vigenti disposizioni in materia di ripiano di cui all'articolo 5, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222. A decorrere dall'anno 2013, gli eventuali importi derivanti dalla procedura di ripiano sono assegnati alle regioni, per il 25%, in proporzione allo sforamento del tetto registrato nelle singole regioni e, per il residuo 75%, in base alla quota di accesso delle singole regioni al riparto della quota indistinta delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale.

4. A decorrere dall'anno 2013 il tetto della spesa farmaceutica ospedaliera di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, è rideterminato nella misura del 3,5 per cento e si applicano le disposizioni dei commi da 5 a 10.

5. Il tetto di cui al comma 4 è calcolato al netto della spesa per i farmaci di classe A in distribuzione diretta e distribuzione per conto, nonché al netto della spesa per i vaccini, per i medicinali di cui alle lettere c) e c-bis) dell'articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 e successive modificazioni, per le preparazioni magistrali e officinali effettuate nelle farmacie ospedaliere, per i medicinali esteri e per i plasmaderivati di produzione regionale.

6. La spesa farmaceutica ospedaliera è calcolata al netto delle seguenti somme:

a) somme versate dalle aziende farmaceutiche, per i consumi in ambito ospedaliero, ai sensi dell'articolo 1, comma 796, lettera g) della legge 27 dicembre 2006, n. 296 e successive disposizioni di proroga, a fronte della sospensione, nei loro confronti, della riduzione del 5 per cento dei prezzi dei farmaci di cui alla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell'AIFA n. 26 del 27 settembre 2006, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 29 settembre 2006, n. 227;

b) somme restituite dalle aziende farmaceutiche alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano a seguito del superamento del limite massimo di spesa fissato per il medicinale, in sede di contrattazione del prezzo ai sensi dell'articolo 48, comma 33, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni;

c) somme restituite dalle aziende farmaceutiche, anche sotto forma di extra-sconti, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata (payment by results, risk sharing e cost sharing) sottoscritte in sede di contrattazione del prezzo del medicinale ai sensi dell'articolo 48, comma 33, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, e successive modificazioni.

7. A decorrere dall'anno 2013, è posta a carico delle aziende farmaceutiche una quota pari al 50 per cento dell'eventuale superamento del tetto di spesa a livello nazionale di cui all'articolo 5, comma 5, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, come modificato dal comma 4 del presente articolo. Il restante 50 per cento dell'intero disavanzo a livello nazionale è a carico delle sole regioni nelle quali è superato il tetto di spesa regionale, in proporzione ai rispettivi disavanzi; non è tenuta al ripiano la regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo.

8. Ai fini dell'attuazione di quanto previsto dal primo periodo del comma 7 si applicano le disposizioni seguenti:

a) l'AIFA attribuisce a ciascuna azienda titolare dell'autorizzazione all'immissione in commercio di farmaci, in via provvisoria entro il 31 marzo di ogni anno ed in via definitiva entro il 30 settembre successivo, un budget annuale calcolato sulla base degli acquisti di medicinali da parte delle strutture pubbliche, relativi agli ultimi dodici mesi per i quali sono disponibili i dati, distintamente per i farmaci equivalenti e per i farmaci ancora coperti da brevetto; dal calcolo sono detratte le somme di cui al comma 6 restituite dall'azienda al Servizio sanitario nazionale e quelle restituite in applicazione delle lettere g), h) e i); dal calcolo è altresì detratto il valore, definito sulla base dei dati dell'anno precedente, della minore spesa prevedibilmente conseguibile nell'anno per il quale è effettuata l'attribuzione del budget, a seguito delle decadenze di brevetti in possesso dell'azienda presa in considerazione;

b) le risorse rese disponibili dalla riduzione di spesa complessiva prevista per effetto delle decadenze di brevetto che avvengono nell'anno per il quale è effettuata l'attribuzione del budget, nonché le risorse incrementali derivanti dall'eventuale aumento del tetto di spesa rispetto all'anno precedente sono utilizzate dall'AIFA, nella misura percentuale del 10 per cento, ai fini della definizione del budget di ciascuna azienda; l'80 per cento delle stesse risorse costituisce un fondo aggiuntivo per la spesa dei farmaci innovativi; ove non vengano autorizzati farmaci innovativi o nel caso in cui la spesa per farmaci innovativi assorba soltanto parzialmente tale quota, le disponibilità inutilizzate si aggiungono alla prima quota del 10 per cento, destinata ai budget aziendali; il residuo 10 per cento delle risorse costituisce un fondo di garanzia per ulteriori esigenze connesse all'evoluzione del mercato farmaceutico;

c) la somma dei budget di ciascuna azienda titolare di AIC, incrementata delle somme utilizzate per i due fondi di cui alla lettera b), deve risultare uguale all'onere a carico del Servizio sanitario nazionale per l'assistenza farmaceutica ospedaliera a livello nazionale previsto dalla normativa vigente;

d) ai fini del monitoraggio complessivo della spesa sostenuta per l'assistenza farmaceutica ospedaliera si fa riferimento ai dati rilevati dai modelli CE, al netto della spesa per la distribuzione diretta di medicinali di cui all'articolo 8, comma 10, lettera a), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni; ai fini del monitoraggio della spesa per singolo medicinale, si fa riferimento ai dati trasmessi nell'ambito del nuovo sistema informativo sanitario dalle regioni, relativi ai consumi dei medicinali in ambito ospedaliero, e ai dati trasmessi dalle regioni relativi alle prestazioni farmaceutiche effettuate in distribuzione diretta e per conto; ai fini della definizione dei budget aziendali, nelle more della completa attivazione del flusso informativo dei consumi dei medicinali in ambito ospedaliero, alle regioni che non hanno fornito i dati, o li hanno forniti parzialmente, viene attribuita la spesa per l'assistenza farmaceutica ospedaliera rilevata nell'ambito del nuovo sistema informativo sanitario ai sensi del decreto del Ministro della salute 15 luglio 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 2 del 4 gennaio 2005;

e) l'AIFA procede mensilmente al monitoraggio della spesa farmaceutica in rapporto al tetto, in ogni regione e a livello nazionale, e ne comunica gli esiti al Ministero della salute ed al Ministero dell'economia e delle finanze e alle regioni;

f) in caso di mancato rispetto del tetto di spesa, l'AIFA predispone le procedure di recupero del disavanzo a carico delle aziende farmaceutiche secondo le modalità stabilite alle lettere seguenti del presente comma;

g) il ripiano è effettuato tramite versamenti a favore delle regioni e delle province autonome in proporzione alla quota di riparto delle complessive disponibilità del Servizio sanitario nazionale, al netto delle quote relative alla mobilità interregionale; l'entità del ripiano a carico delle singole aziende titolari di AIC è calcolata in proporzione al superamento del budget definitivo attribuito secondo le modalità previste dal presente comma;

h) la quota del superamento del tetto imputabile allo sforamento, da parte dei farmaci innovativi, dello specifico fondo di cui alla lettera b), è ripartita, ai fini del ripiano, al lordo IVA, tra tutte le aziende titolari di AIC in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto;

i) in caso di superamento del budget attribuito all'azienda titolare di farmaci in possesso della qualifica di medicinali orfani ai sensi del Regolamento (CE) n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, che non abbiano la caratteristica di farmaci innovativi, la quota di superamento riconducibile a tali farmaci è ripartita, ai fini del ripiano, al lordo IVA, tra tutte le aziende titolari di AIC in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto;

j) la mancata integrale corresponsione a tutte le regioni interessate, da parte delle aziende farmaceutiche, di quanto dovuto nei termini previsti comporta l'adozione da parte dell'AIFA di provvedimenti di riduzione del prezzo di uno o più medicinali dell'azienda interessata in misura e per un periodo di tempo tali da coprire l'importo corrispondente alla somma non versata, incrementato del 20 per cento, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di recupero del credito da parte delle pubbliche amministrazioni interessate nei confronti delle aziende farmaceutiche inadempienti;

k) in sede di prima applicazione della disciplina recata dal presente comma, ai fini della definizione dei budget delle aziende farmaceutiche per l'anno 2013, fermo restando quanto previsto dalle lettere a) b) e c), dai fatturati aziendali relativi al 2012 è detratta una quota derivante dalla ripartizione fra tutte le aziende farmaceutiche, in proporzione al rispettivo fatturato relativo all'anno 2012, dell'ammontare del superamento, a livello complessivo, del tetto di spesa farmaceutica ospedaliera per lo stesso anno.

9. L'AIPA segnala al Ministro della salute l'imminente ingresso sul mercato di medicinali innovativi ad alto costo che, tenuto conto della rilevanza delle patologie in cui sono utilizzati e della numerosità dei pazienti trattabili, potrebbero determinare forti squilibri di bilancio per il Servizio sanitario nazionale.

10. Al fine di incrementare l'appropriatezza amministrativa e l'appropriatezza d'uso dei farmaci il comitato ed il tavolo di verifica degli adempimenti di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato Regioni del 23 marzo 2005 verificano annualmente che da parte delle Regioni si sia provveduto a garantire l'attivazione ed il funzionamento dei registri dei farmaci sottoposti a registro e l'attivazione delle procedure per ottenere l'eventuale rimborso da parte delle aziende farmaceutiche interessate. I registri dei farmaci di cui al presente comma sono parte integrante del sistema informativo del Servizio sanitario nazionale.

11. La disciplina dei commi da 4 a 10 del presente articolo in materia di spesa farmaceutica sostituisce integralmente quella prevista dalla lettera b) del comma 1 dell'articolo 17 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; conseguentemente i riferimenti alla lettera b) contenuti nello stesso articolo 17 del citato decreto legge devono intendersi come riferimenti ai commi da 4 a 10 del presente articolo.


 

 

L’articolo 15 interviene sulla spesa sanitaria conseguendo una riduzione del livello del fabbisogno del SSN. Le disposizioni in materia di farmaceutica e di acquisti di beni e servizi in ambito sanitario seguono le misure di razionalizzazione e contenimento della spesa introdotte dall’articolo 17 del D.L. 98/2011.

Per quanto riguarda la spesa farmaceutica territoriale, vengono incrementati i titoli degli sconti dovuti al SSN dai farmacisti e dalle aziende farmaceutiche sui medicinali di fascia A erogati in regime di SSN.

Per l’anno 2012, il tetto per la spesa farmaceutica territoriale (a livello nazionale ed in ogni regione) viene abbassato al 13,1 per cento. Dal 2013 decresce fino all’11,35 per cento.

A decorrere dal 1° gennaio 2013, il sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco dovrà essere ridefinito con decreto interministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sulla base di un accordo tra l'AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Il decreto dovrà essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame. In caso di mancato accordo si provvede con decreto interministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sentite le Commissioni parlamentari competenti. La base di calcolo per definire il nuovo metodo di remunerazione è riferita ai margini vigenti al 30 giugno 2012. In ogni caso dovrà essere garantita l'invarianza dei saldi di finanza pubblica.

Per lo sforamento della farmaceutica territoriale viene confermato il meccanismo di ripiano totalmente a carico della filiera farmaceutica (aziende, grossisti, farmacisti) anche se, sempre a decorrere dal 2013, il pay-back sarà erogato dalle aziende farmaceutiche per il 25 per cento alle sole regioni che hanno superato il tetto e per il restante 75 per cento a tutte le regioni, secondo la percentuale del riparto del fabbisogno indistinto del SSN.

I commi in esame ridefiniscono e precisano la nozione di spesa farmaceutica ospedaliera, riferibile ai medicinali di fascia H acquistati, o resi disponibili all’impiego, da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN. Dal 2013, il tetto della farmaceutica ospedaliera (a livello nazionale ed in ogni regione) viene portato a 3,5 punti percentuali. In caso di sforamento del tetto, il ripiano è a carico delle aziende farmaceutiche per una quota pari al 50 per cento del valore eccedente il livello nazionale. Le aziende effettuano versamenti (pay-back) alle regioni e alle province autonome in proporzione alla quota di riparto delle complessive disponibilità del SSN, al netto delle quote relative alla mobilità interregionale. Il restante 50 per cento dello sforamento rimane a carico delle sole regioni nelle quali si sia superato il limite, in proporzione ai rispettivi valori eccedenti. Resta fermo che non è tenuta al ripiano la regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo.

 

Il comma 1 enuncia le finalità dell’articolo, rinvenibili nel conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, nell’efficienza nell’uso delle risorse destinate al settore sanitario e nell’appropriatezza dell’erogazione delle prestazioni sanitarie.

Spesa farmaceutica territoriale

Il comma 2 incrementa, a decorrere dall’entrata in vigore del decreto in esame, da 1,82[71] a 2, 25 punti percentuali (in luogo del 3,65 per cento previsto nel testo originario), l’ulteriore titolo di sconto che il SSN trattiene sulla quota di spettanza delle farmacie[72]. Lo sconto è commisurato sul prezzo di vendita al pubblico dei farmaci al netto dell’IVA, lasciando peraltro inalterati gli sconti già previsti a normativa vigente. Tale quota rideterminata al 2,25 per cento non si applica alle farmacie rurali sussidiate con fatturato annuo in regime di SSN, al netto dell’IVA, non superiore a euro 387.324,67 e alle altre farmacie con fatturato annuo in regime di SSN, al netto dell’IVA, non superiore a euro 258.228,45.

 

Il comma 2 va letto in parallelo con il comma 3 dell’articolo 1 del disegno di legge di conversione, ove si chiarisce che le norme in materia di incremento dei titoli degli sconti dovuti al SSN dai farmacisti e dalle aziende farmaceutiche producono effetti solo dal momento dell’entrata in vigore della legge di conversione, restando valida, nel periodo di pendenza del decreto-legge, la norma originaria.

 

Per quanto riguarda i titoli di sconto già previsti, ci si riferisce a quanto stabilito dall’articolo 48, comma 32, del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269[73], che a sua volta rinvia al disposto dell’articolo 1, comma 40, della legge 662/1996: il SSN, nel corrispondere alle farmacie quanto dovuto (in base alla quota di loro spettanza), trattiene, a titolo di sconto, una quota percentuale sull'importo al lordo dei ticket e al netto dell'IVA. Tale percentuale varia a seconda dell’intervallo di prezzo al pubblico in cui si colloca il medicinale[74]. La percentuale di tali sconti è ridotta a beneficio delle farmacie con un fatturato ridotto, collocate solitamente in zone geografiche disagiate.

 

Contestualmente, viene incrementata da 1,83 a 4,1 punti (in luogo del 6,5 del testo originario) la misura percentuale delle somme che le aziende farmaceutiche, sulla base di tabelle approvate dall’AIFA e definite per regione e per singola azienda, devono corrispondere, con il meccanismo del pay-back, alle regioni medesime, in rapporto al prezzo di vendita al pubblico (al netto dell'IVA) dei medicinali erogati in regime di SSN[75]. L’incremento è limitato al periodo compreso tra l’entrata in vigore del decreto in commento ed il 31 dicembre 2012.

 

Per quanto riguarda le modalità di versamento degli importi dovuti dalle aziende farmaceutiche al SSN per l’ulteriore sconto dell’1,83 per cento, ora incrementato al 4,1 per cento, si ricorda che recenti disposizioni normative[76] hanno reso possibile il versamento di tali somme direttamente alle regioni grazie al meccanismo del pay-back[77]. Nel 2011 l’applicazione del pay-back dell’1,83 per cento in attuazione del D.L. 78/2010 ha corrisposto alle Regioni un importo pari a circa 202 milioni di euro.

 

Come sottolineato dalla relazione tecnica (A.S. 3396), tenuto conto della riduzione del livello del finanziamento e per rendere effettivi i risparmi, il tetto di spesa per l'assistenza farmaceutica territoriale per il 2012 è rideterminato dal 13,3 per cento al 13,1 per cento.

 

Ai sensi dell’articolo 5 del D.L. 159/2007[78] la base di calcolo per la determinazione della spesa farmaceutica territoriale è costituita dal finanziamento del Servizio sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato, inclusi gli obiettivi di piano e le risorse vincolate di spettanza regionale e al netto delle somme erogate per il finanziamento di attività non rendicontate dalle aziende sanitarie.

Relativamente alle componenti, la spesa farmaceutica territoriale indica l’insieme della spesa riferibile ai farmaci rimborsabili di fascia A, al lordo delle quote di partecipazione alla spesa a carico degli assistiti, distribuiti:

§       attraverso le farmacie pubbliche e private convenzionate;

§       attraverso la distribuzione diretta intesa come la distribuzione, per il tramite delle strutture ospedaliere e dei presidi delle aziende sanitarie locali, di medicinali agli assistiti per la somministrazione presso il proprio domicilio[79]. La distribuzione diretta può avvenire anche attraverso specifici accordi con le farmacie territoriali, pubbliche e private (distribuzione per conto). Rientrano nella distribuzione diretta le prestazioni farmaceutiche, destinate al consumo al domicilio, erogate:

§       alla dimissione da ricovero o da visita specialistica, limitatamente al primo ciclo terapeutico completo;

§       ai pazienti cronici e/o soggetti a piani terapeutici;

§       ai pazienti in assistenza domiciliare, residenziale o semiresidenziale;

§       da parte delle farmacie convenzionate, pubbliche o private, per conto delle Aziende sanitarie locali.

 

L’ultimo periodo del comma 2, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, precisa che in caso di sforamento del tetto continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia di ripiano di cui all’articolo 5 del D.L. 159/2007.

 

Il D.L. 159/2007 introduce, all’articolo 5, un sistema di regolazione della spesa dei farmaci a carico del Servizio sanitario nazionale, in base al quale l'AIFA attribuisce ad ogni azienda titolare di autorizzazioni all'immissione in commercio di farmaci un budget annuale, calcolato distintamente per i medicinali equivalenti e per quelli coperti da brevetto. La somma dei budget di ciascuna azienda, incrementata dal Fondo relativo alla spesa per i farmaci innovativi e dal Fondo di garanzia per esigenze allocative in corso d’anno, deve corrispondere all'onere a carico del SSN per l'assistenza farmaceutica territoriale. In caso di superamento del tetto per la farmaceutica territoriale, la filiera dei privati (Azienda farmaceutica, Grossista e Farmacista) è tenuta a coprire integralmente l’eventuale sforamento in misura proporzionale alle relative quote di spettanza sui prezzi dei medicinali, fermo restando l’obbligo per le regioni di adottare le necessarie misure di contenimento. Ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera c), del D.L. 150/2007, il ripiano a carico dei grossisti e dei farmacisti è operato dall’AIFA mediante rideterminazione provvisoria (per sei mesi e su scala nazionale) delle relative quote di spettanza sul prezzo di vendita dei medicinali e della percentuale di sconto in favore del Servizio sanitario nazionale mentre per le aziende farmaceutiche si applica il sistema del pay-back. Le aziende farmaceutiche versano gli importi dovuti direttamente alle regioni dove si è verificato lo sforamento, in proporzione al superamento del tetto di spesa regionale.

 

Con ulteriore modificaa decorrere dal 1° gennaio 2013, l'attuale sistema di remunerazione della filiera distributiva del farmaco è sostituito da un nuovo metodo, definito con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e, per gli aspetti di competenza dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), sulla base di un accordo tra l'AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative. Il decreto deve essere emanato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, secondo i criteri stabiliti dal comma 6-bis dell'articolo 11 del D.L. 78/2010. In caso di mancato accordo, entro il termine di 90 giorni dall’entrata in vigore delle legge di conversione, si provvede con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sentite le Commissioni parlamentari competenti. Solo con l'entrata in vigore del nuovo metodo di remunerazione, perdono di efficacia le disposizioni che prevedono l'imposizione di sconti e trattenute su quanto dovuto alle farmacie per le erogazioni in regime di SSN. La base di calcolo per definire il nuovo metodo di remunerazione è riferita ai margini vigenti al 30 giugno 2012. In ogni caso deve essere garantita l'invarianza dei saldi di finanza pubblica.

 

L’articolo 11, comma 6-bis, del D.L. 78/2010, dispone, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, l’avvio di un confronto tecnico tra il Ministero della salute, il Ministero dell’economia e delle finanze, l’AIFA e le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, per la revisione dei criteri di remunerazione della spesa farmaceutica. Tale confronto è finalizzato ad una riduzione di spesa da parte del SSN. Vengono contestualmente indicati i seguenti criteri:

§       estensione delle modalità di tracciabilità e controllo a tutte le forme di distribuzione dei farmaci;

§       possibilità di introduzione di una remunerazione della farmacia basata su una prestazione fissa in aggiunta a una ridotta percentuale sul prezzo di riferimento del farmaco che, stante la prospettata evoluzione del mercato farmaceutico, garantisca una riduzione della spesa per il SSN.

Si ricorda che l’Autorità Garante della concorrenza e del mercato è intervenuta recentemente sull’argomento[80] , ribadendo la necessità di adottare un nuovo criterio di remunerazione della componente distributiva dei farmaci erogati dal SSN. A parere dell’Autorità, l’impianto normativo vigente non sarebbe idoneo ad assicurare spinte concorrenziali nel settore ed il conseguente contenimento della spesa pubblica. In primo luogo, l’Autorità ha osservato che la definizione di un titolo di sconto ancorato al prezzo finale del farmaco non tiene conto degli effettivi costi sostenuti da farmacisti e grossisti nell’attività di distribuzione. L’Autorità ribadisce l’opportunità di riconoscere al farmacista una retribuzione a forfait per il servizio di vendita di ciascun medicinale, indipendentemente dal suo prezzo, incentivando in tal senso anche la vendita di farmaci a minor prezzo[81].

 

Il successivo comma 3, modificato nel corso dell’esame parlamentare, riduce, dal 2013, il tetto per l'assistenza farmaceutica territoriale all’11,35 per cento (11,5 nel testo originario). Tale valore (a differenza di quanto previsto dalla normativa vigente) si calcola al netto degli importi corrisposti dal cittadino per l'acquisto di farmaci equivalenti ad un prezzo superiore rispetto a quello massimo di rimborso stabilito dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

 

Ai sensi dell’articolo 11, comma 9, del D.L. 78/2010, a decorrere dal 2011, per l’erogazione a carico del SSN dei medicinali equivalenti collocati in fascia A, l’AIFA, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei paesi dell’Unione europea, è tenuta a fissare un prezzo massimo di rimborso per confezione, a parità di principio attivo, di dosaggio, di forma farmaceutica, di modalità di rilascio e di unità posologiche. La misura è stata attuata con Determinazione AIFA 8 aprile 2011, che ha allineato i prezzi dei farmaci generici ai prezzi medi europei[82]. I risparmi di spesa restano nella disponibilità delle regioni. La dispensazione, da parte dei farmacisti, di medicinali equivalenti con le stesse caratteristiche ma con un prezzo di vendita al pubblico più alto di quello fissato dall’AIFA per la rimborsabilità, è possibile previa corresponsione da parte dell’assistito della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso.

 

A decorrere dal 2013, in caso di sforamento del tetto, restano fermi i meccanismi correttivi vigenti con oneri a carico di aziende farmaceutiche, grossisti e farmacisti, ma, innovando rispetto alla normativa vigente, il comma 3 prevede che il pay-backsia erogato per il 25 per cento alle sole regioni che hanno superato il tetto e per il restante 75 per cento a tutte le regioni secondo la rispettiva quota di accesso al riparto del fabbisogno indistinto del SSN[83].

Spesa farmaceutica ospedaliera

I commi da 4 a 11 rimodulano la spesa farmaceutica ospedaliera.

In particolare, i commi 5 e 6 recano la nozione di spesa farmaceutica ospedaliera, mentre il comma 4 incrementa dal 2013 il tetto (a livello nazionale ed in ogni regione) della spesa farmaceutica ospedaliera a 3,5 punti percentuali (3,2 nel testo originario). In caso di sforamento del tetto, a decorrere dal 2013, il ripiano è a carico delle aziende farmaceutiche per una quota pari al 50 per cento del valore eccedente a livello nazionale. Il ripiano è effettuato dalle aziende farmaceutiche tramite versamenti (pay-back) a favore delle regioni e delle province autonome effettuati in proporzione alla quota d'accesso al fabbisogno sanitario delle stesse regioni/province, al netto delle quote relative alla mobilità interregionale. Il restante 50 per cento dello sforamento rimane a carico delle sole regioni nelle quali si sia superato il limite, in proporzione ai rispettivi valori eccedenti. Resta fermo che non è tenuta al ripiano la regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo.

Le disposizioni sostituiscono integralmente le previsioni recentemente fissate dall’articolo 17, comma 1, lettera b) del D.L. 98/2011[84] incrementando in particolare la quota percentuale a carico delle aziende farmaceutiche per il ripiano dello sforamento del tetto (pay-back) dal 35 al 50 per cento.

La spesa farmaceutica ospedaliera, come confermato dal comma 5, indica la spesa farmaceutica ospedaliera rilevata dai modelli CE riferibile ai medicinali di fascia H acquistati, o resi disponibili all’impiego, da parte delle strutture sanitarie direttamente gestite dal SSN, ad eccezione deimedicinali dispensati in distribuzione diretta e per conto, nonché, innovando, al netto delle spese per i vaccini e per i farmaci di fascia C[85], e al netto delle preparazioni magistrali e officinali effettuate nelle farmacie ospedaliere, dei medicinali esteri e dei plasma derivati di produzione regionale.

 

Il tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera, come definito dall’articolo 5, comma 5, del decreto-legge 159/2007[86], a decorrere dal 2008, non può superare, a livello nazionale e di ogni singola regione, la misura percentuale del 2,4 per cento del finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato per il SSN. Negli ultimi anni, il tetto per la spesa farmaceutica ospedaliera è stato ripetutamente sforato, attestandosi intorno al 4 per cento, anche per l’utilizzo, nelle aziende ospedaliere, di farmaci molto costosi quali i farmaci innovativi, e fra questi gli oncologici. Si ricorda inoltre che da più parti è stato osservata la difformità della distribuzione territoriale dei farmaci ospedalieri, derivante dal fatto che per i farmaci di fascia H non esiste un unico Prontuario nazionale. Dopo che un farmaco di fascia H ha ricevuto l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), l’AIFA provvede ad inserirlo nel Prontuario farmaceutico nazionale[87], ma affinché il prodotto sia utilizzabile nei presidi ospedalieri è necessario che il medicinale sia inserito in prontuari di livello inferiore, vale a dire nei prontuari regionali, di area vasta[88], di aziende sanitarie locali o aziende ospedaliere[89]. Ne deriva pertanto che uno stesso farmaco di fascia H può essere somministrato nelle regioni in tempi diversi a seconda dei diversi tempi di recepimento nei prontuari locali.

 

Ai sensi del comma 6 la spesa farmaceutica ospedaliera è calcolata al netto delle somme corrispondenti a:

a)   somme versate con il meccanismo del pay-back dalle aziende farmaceutiche a fronte della sospensione della riduzione del 5 per cento del prezzo dei farmaci;

La Determinazione AIFA n. 26 del 27 settembre 2006 ha applicato una ulteriore riduzione del 5 per cento sul prezzo al pubblico comprensivo di IVA di tutti i farmaci rimborsabili dal SSN (fascia A-H)[90]. Successivamente, l’articolo 1, comma 796, lettere f) e g) della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha previsto, per le aziende farmaceutiche, la possibilità di adottare il meccanismo del cosiddetto pay-back di tutte le specialità medicinali di fascia A ed H distribuite attraverso le farmacie aperte al pubblico ed attraverso le strutture sanitarie pubbliche, con l’esclusione dei farmaci equivalenti inseriti nelle liste di trasparenza. Secondo la norma della finanziaria, piuttosto che continuare a subire la riduzione del prezzo del 5 per cento, le case farmaceutiche possono scegliere di attuare un rimborso diretto alle singole regioni (corrispondente al risparmio atteso con la riduzione del 5 per cento per ciascun medicinale, in relazione ai suoi volumi di vendita).

b)   somme restituite alle regioni e alle province autonome dalle aziende farmaceutiche a seguito del superamento del limite massimo di spesa fissato per il medicinale in sede di contrattazione;

In Italia il prezzo dei farmaci rimborsarti dal SSN è frutto della contrattazione tra l’AIFA e le aziende produttrici. Ai sensi dell’articolo 48, comma 33, del D.L. 269/2003, dal 1 gennaio 2004 i prezzi dei prodotti rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale sono determinati dalla contrattazione tra l’AIFA e le aziende farmaceutiche secondo le modalità e i criteri indicati nella Deliberazione CIPE 1 febbraio 2001, n. 3. Il prezzo finale del medicinale viene stabilito sulla base di una serie di fattori, quali il rapporto costo/efficacia, l’innovazione del prodotto, le capacità terapeutiche, la presenza di prodotti simili sul mercato, il confronto con i prezzi praticati ed i prodotti presenti nei mercati internazionali. La contrattazione ha lo scopo principale di mantenere sotto controllo il costo dei farmaci, soprattutto quelli brevettati, ed il vantaggio di avere un effetto positivo sui consumatori, evitando che i pazienti paghino i prezzi più elevati che si avrebbero in un mercato libero.

c)   somme restituite dalle aziende farmaceutiche, anche sotto forma di extra sconti, in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata per farmaci innovativi.

L’AIFA ha elaborato sistemi di rimborsabilità in grado di garantire l’accesso a cure innovative per tutti i pazienti. Il principio che guida questi accordi è di rimborsare il farmaco innovativo in base alla sua efficacia, lasciando nei casi di fallimento terapeutico (failures) il costo della terapia a carico dell’azienda produttrice. Il risk sharing si inserisce nel contesto più ampio del payment by results o for performance cioè un pagamento sulla base dei risultati, volto a promuovere una più alta qualità delle cure e dell’assistenza sanitaria, evitando sprechi.

Tetto della spesa farmaceutica ospedaliera, sforamento e ripiano

Il comma 4 incrementa dal 2013 il tetto (a livello nazionale ed in ogni regione) della spesa farmaceutica ospedaliera da 2,4 a 3,5 punti percentuali (3,2 nel testo originario) del finanziamento cui concorre ordinariamente lo Stato per il SSN.

 

I commi 7 e 8 riguardano i casi di superamento del nuovo limite percentuale del 3,5 per cento.

In particolare, il comma 7 prevede che, a decorrere dal 2013, è a carico delle aziende farmaceutiche (secondo i criteri e le modalità di cui al comma 8) una quota pari al 50 per cento del valore eccedente a livello nazionale e che il restante 50 per cento è a carico delle sole regioni nelle quali si sia superato il limite, in proporzione ai rispettivi valori eccedenti. Resta fermo che, come detto, non è tenuta al ripiano la regione che abbia fatto registrare un equilibrio economico complessivo.

 

Come stabilito dal comma 8, lettera g), il ripiano a carico delle singole aziende titolari di AIC è calcolata in proporzione al superamento del budget definitivo, tramite versamenti a favore delle regioni e delle province autonome (pay-back) in proporzione alla quota di riparto delle complessive disponibilità del SSN, al netto delle quote relative alla mobilità interregionale.

 

Riguardo alla disciplina vigente recata dall’articolo 17, comma 1, lettera b) del D.L. 98/2011, si ricorda che, per gli anni 2013 e successivi, era già contemplata un’ipotesi di attribuzione parziale degli oneri a carico delle aziende farmaceutiche - limitatamente ad una quota pari al 35 per cento del valore eccedente a livello nazionale. Tale meccanismo doveva essere introdotto con regolamento governativo, mai emanato, entro il 30 giugno 2012.

 

Lo scostamento del tetto della spesa farmaceutica finora è stato coperto dalla singola Regione interessata allo sforamento, attraverso misure di contenimento della spesa farmaceutica, di altre voci del bilancio sanitario, oppure a valere su altri capitoli del bilancio regionale (extra sanitario). L’imputazione di una quota a carico delle aziende farmaceutiche pari al 50 per cento ha pertanto comportato la determinazione di una procedura per la ripartizione fra le aziende farmaceutiche del pay-back. Tale procedura è stata fissata sulla base delle procedure utilizzate per il ripiano della spesa farmaceutica territoriale come stabilite dall’articolo 5 del D.L. 159/2007[91].

 

Il comma 8 definisce l’attribuzione a ciascuna azienda farmaceutica titolare di AIC di un budget annuale (attribuito dall’AIFA in via provvisoria il 31 marzo e in via definitiva il 30 settembre) calcolato sull’acquisto dei medicinale da parte delle strutture pubbliche, distintamente per i farmaci equivalenti e per i farmaci ancora coperti da brevetto. Vengono inoltre definite le modalità di riparto fra le aziende farmaceutiche della quota necessaria per il ripiano e i provvedimenti da adottare in caso di mancata corresponsione di tale quota.

 

Ai sensi del comma 8, all’inizio di ogni anno l’AIFA attribuisce a ciascuna azienda farmaceutica budget previsivi, distinti per i farmaci equivalenti e per quelli ancora coperti da brevetto, sulla base dei volumi e dei prezzi dell’anno precedente. Le risorse aggiuntive che derivano dalla dinamica del tetto di spesa legata alla crescita del finanziamento del SSN e da quelle liberate per effetto delle decadenze di brevetto previste per l’anno in corso sono utilizzate per l’80 per cento per costituire un fondo aggiuntivo per la spesa dei farmaci innovativi autorizzati in corso d’anno, per un 10 per cento dall’AIFA ai fini della definizione del budget di ciascuna azienda, mentre il residuo 10 per cento costituisce un fondo di garanzia per ulteriori esigenze connesse all’evoluzione del mercato farmaceutico. Nel caso la quota destinata ai farmaci innovativi non venga completamente utilizzata, le disponibilità inutilizzate si aggiungono alla quota del 10 per cento destinata all’AIFA per la costruzione dei budget aziendali[92] (lettera b)). La somma dei budget di ciascuna azienda titolare di AIC, incrementata dalle somme del fondo aggiuntivo per la spesa dei farmaci innovativi e dalle somme del fondo di garanzia per ulteriori esigenze connesse all’evoluzione del mercato farmaceutico, deve risultare uguale all’onere a carico del SSN per l’assistenza farmaceutica ospedaliera a livello nazionale (lettera c)). L’AIFA provvede mensilmente al monitoraggio della spesa farmaceutica in rapporto al tetto, in ogni regione e a livello nazionale, e ne comunica i risultati ai Ministeri della salute e dell’economia e delle finanze nonché alle regioni[93] (lettera e)). Ai fini del monitoraggio si fa riferimento ai dati rilevati dai modelli CE.

In caso di mancato rispetto del tetto di spesa, il ripiano a carico dell’azienda farmaceutica è effettuato tramite versamenti a favore delle regioni e delle province autonome in proporzione alla quota di riparto del fabbisogno del SSN, al netto delle quote relative alla mobilità interregionale (comma g)).

L’AIFA predispone le procedure di recupero della quota di disavanzo a carico delle singole aziende farmaceutiche titolari di AIC in proporzione al superamento del budget aziendale definitivo tenendo conto di quanto disposto per i medicinali innovativi ed i medicinali orfani. In particolare:

§       per quanto riguarda i farmaci innovativi, la quota del superamento del tetto imputabile allo sforamento da parte dei farmaci innovativi del fondo aggiuntivo per la spesa dei farmaci innovativi viene ripartita ai fini del ripiano, al lordo IVA, tra tutte le aziende titolari di AIC in proporzione ai rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto (lettera h));

§       per quanto riguarda i medicinali orfani, la norma in commento modificata nel corso dell’esame al Senato,prevede che, in caso di superamento del budget attribuito all’azienda titolare di farmaci in possesso della qualifica di medicinali orfani[94] non innovativi, la quota del superamento del budget riferibile a tali farmaci (in luogo del solo 50 per cento previsto dalla norma nella sua versione originaria) deve essere ripartita, ai fini del ripiano, al lordo di IVA, tra tutte le aziende titolari di AIC in proporzione dei rispettivi fatturati relativi ai medicinali non innovativi coperti da brevetto (lettera i)).

 

Ai fini del calcolo della quota di riparto dello sforamento da attribuire ad ogni singola azienda farmaceutica, l’AIFA attribuisce ad ogni azienda titolare di AIC, in via provvisoria entro il 31 marzo e in via definitiva entro il 30 settembre successivo, un budget annuale calcolato sulla base degli acquisti dei medicinali da parte delle strutture pubbliche distintamente per i farmaci equivalenti e per i farmaci ancora coperti da brevetto. Dal calcolo del budget aziendale sono detratte:

§       le somme restituite dall’azienda farmaceutica al SSN ai sensi del comma 6 dell’articolo in esame[95];;

§       le somme restituite con il meccanismo del pay-back per il ripiano dello sforamento del tetto della farmaceutica ospedaliera di cui alla lettera g), nonché quelle relative ai farmaci innovativi e ai farmaci orfani di cui alle lettere h) e i);

§       la minore spesa prevedibilmente conseguibile a seguito della decadenza di brevetti.

La mancata corresponsione, da parte delle aziende farmaceutiche, di quanto dovuto alle regioni interessate comporta l'adozione da parte dell'AIFA di provvedimenti di riduzione del prezzo di uno o più medicinali dell'azienda interessata in misura e per un periodo di tempo tali da coprire l'importo corrispondente alla somma non versata, incrementato del 20 per cento, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di recupero del credito da parte delle pubbliche amministrazioni interessate nei confronti delle aziende farmaceutiche inadempienti (lettera j)). In sede di prima applicazione, per la definizione dei budget delle aziende farmaceutiche per l'anno 2013, si procede detraendo dai fatturati aziendali relativi al 2012 una quota derivante dalla ripartizione fra tutte le aziende farmaceutiche, in proporzione al fatturato relativo al 2012, dell'ammontare del superamento, a livello complessivo, del tetto di spesa farmaceutica ospedaliera per lo stesso anno (lettera k)).

 

Ai sensi del comma 9, l’AIFA segnala al Ministro della salute l’imminente ingresso sul mercato di medicinali innovativi ad alto costo che, tenuto conto della rilevanza delle patologie in cui sono impiegati e dell'entità numerica dei pazienti trattabili, potrebbero determinare forti squilibri di bilancio per il Servizio sanitario nazionale.

Il comma 10 prevede che il Comitato paritetico permanente per la verifica dell'erogazione dei LEA ed il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti[96] controllino annualmente che le regioni abbiano provveduto a garantire l’attivazione ed il funzionamento dei registri dei farmaci sottoposti a registro (sottoposti a monitoraggio da parte dell’AIFA) e l’attivazione delle procedure per ottenere l’eventuale rimborso (a carico delle aziende farmaceutiche interessate ed in favore del paziente). Nel corso dell’esame parlamentareè stato inoltre previsto che i registri dei farmaci sono parte integrante del sistema informativo del SSN.

 

Il comma 11 reca una norma di coordinamento formale e specifica che la disciplina dell’articolo in esame, recata dai commi da 4 a 10, in materia di spesa farmaceutica sostituisce integralmente quanto previsto dall’articolo 17, comma 1, lettera b) del D.L. 98/2011.

 

 

 

D.L. 98/12

2012 - Periodo di pendenza del decreto-legge

2012 - Dall’entrata in vigore della legge di conversione

2013

2014

Sconto farmacisti

1,82

3,65

2,25

2,25

2,25

Importo versato alle regioni dalle aziende farmaceutiche per la farmaceutica territoriale

1,83

6,5

4,1

_

_

Tetto assistenza farmaceutica territoriale

13,3

13,1

13,1

11,35

11,35

Tetto assistenza farmaceutica ospedaliera

2,4

2,4

2,4

3,5

3,5

Quota a carico delle aziende farmaceutiche per l’eventuale sforamento del tetto della farmaceutica ospedaliera

35%dal
2013

_

-

50%

50%


 

Articolo 15, comma 11-bis
(Modalità prescrittive dei farmaci equivalenti)

 


11-bis. Il medico che curi un paziente, per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono disponibili più medicinali equivalenti, è tenuto ad indicare nella ricetta del Servizio sanitario nazionale la sola denominazione del principio attivo contenuto nel farmaco. Il medico ha facoltà di indicare altresì la denominazione di uno specifico medicinale a base dello stesso principio attivo; tale indicazione è vincolante per il farmacista ove in essa sia inserita, corredata obbligatoriamente di una sintetica motivazione, la clausola di non sostituibilità di cui all'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Il farmacista comunque si attiene a quanto previsto dal menzionato articolo 11, comma 12.


 

 

Il comma 11-bis, inserito nel corso dell’esame parlamentare, incide sulle modalità prescrittive dei farmaci generici, incrementandone l’utilizzo. Il medico di medicina generale, in caso di prima diagnosi di una patologia cronica o in presenza di un primo episodio di patologia non cronica e a fronte del possibile utilizzo di più medicinali equivalenti, è tenuto ad indicare sulla ricetta del SSN la denominazione del principio attivo utilizzabile, senza indicare alcun farmaco specifico. Il medico ha comunque la facoltà di indicare un medicinale specifico a base dello stesso principio attivo; affinché tale indicazione sia vincolante per il farmacista, l'indicazione del medico della non sostituibilità del farmaco prescritto deve essere obbligatoriamente corredata da una sintetica motivazione[97]. Il farmacista è sempre tenuto a sostituire il medicinale prescritto con medicinale corrispondente di prezzo inferiore tranne quando: a) il medico dichiara in prescrizione la non sostituibilità del farmaco; b) c’è una diversa richiesta del paziente; c) non esistono in commercio medicinali a prezzo più basso[98].

Si ricorda che la materia è stata disciplinata da ripetuti interventi legislativi, di cui la disposizione in commento intende rafforzare la portata, introducendo, per la prima volta, la possibilità per il medico di medicina generale di prescrivere un principio attivo in luogo di un medicinale equivalente.

 

I Farmaci generici (equivalenti[99]) sono medicinali non coperti da brevetto, aventi uguale composizione in principi attivi, forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie di una specialità a brevetto scaduto (originator). I generici sono normalmente identificati dalla denominazione comune internazionale del principio attivo o, in mancanza di questa, dalla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell'AIC (Autorizzazione all'Immissione in Commercio). Se il titolare segue una procedura di registrazione nazionale, l'AIC è concessa dal Ministero della Salute, a fronte di un abbassamento del prezzo di almeno il 20 per cento rispetto al prezzo della corrispondente specialità medicinale che ha goduto della tutela brevettuale (originator) o delle specialità medicinali che hanno beneficiato della licenza da parte dell’originator. L’articolo 7, comma 1, del D.L. 347/2001[100], prevede che il SSN rimborsi al farmacista una somma pari al prezzo più basso del corrispondente medicinale disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, come stabilito sulla base di apposite direttive regionali. Il medico nel prescrivere i farmaci generici, aventi un prezzo superiore a quello più basso in commercio, può apporre sulla ricetta adeguata indicazione di non sostituibilità del farmaco. In assenza di tale indicazione, il farmacista, dopo aver informato l'assistito, consegna allo stesso il farmaco avente il prezzo più basso. Qualora il medico apponga sulla ricetta l’insostituibilità del farmaco prescritto ovvero l'assistito non accetti la sostituzione proposta dal farmacista, la differenza fra il prezzo più basso ed il prezzo del farmaco prescritto è a carico dell'assistito. Inoltre, ai sensi dell’articolo 11, comma 9, del D.L. 78/2010[101], a decorrere dal 2011, per l’erogazione a carico del SSN dei medicinali equivalenti, l’AIFA, sulla base di una ricognizione dei prezzi vigenti nei paesi dell’Unione europea, è tenuta a fissare un prezzo massimo di rimborso per confezione, a parità di principio attivo, di dosaggio, di forma farmaceutica, di modalità di rilascio e di unità posologiche. La misura è stata attuata con Determinazione AIFA 8 aprile 2011, che ha allineato i prezzi dei farmaci generici ai prezzi medi europei[102]. In ultimo, ai fini di contenimento della spesa sanitaria, il D.L. 1/2012, all’articolo 11, comma 12, prevede che il medico informi il paziente sui medicinali in commercio aventi uguale composizione del medicinale prescrittogli al fine di fornire il medicinale corrispondente con il prezzo più basso. Il farmacista è sempre tenuto a sostituire il medicinale prescritto con medicinale corrispondente di prezzo inferiore tranne quando: a) il medico dichiara in prescrizione la non sostituibilità del farmaco; b) c’è una diversa richiesta del paziente; c) non esistono in commercio medicinali a prezzo più basso. Inoltre, rafforzando quanto già stabilito in materia dal D.L. 78/2011, si introduce, come ulteriore condizione per la vendita di un medicinale con prezzo più altodi quello di rimborso, l’espressa richiesta dell’assistito, che si aggiunge alla già prevista corresponsione della differenza tra il prezzo di vendita e quello di rimborso,


 

Articolo 15, commi 12-25-ter
(Disposizioni urgenti per l’equilibrio del settore sanitario)

 


12. Con le disposizioni di cui ai commi 13 e 14 sono fissate misure di razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi e ulteriori misure in campo sanitario per l'anno 2012. Per gli anni 2013 e seguenti le predette misure sono applicate, salvo la stipulazione, entro il 15 novembre 2012, del Patto per la salute 2013-2015, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, nella quale possono essere convenute rimodulazioni delle misure, fermo restando l'importo complessivo degli obiettivi finanziari annuali. Con il medesimo Patto si procede al monitoraggio dell'attuazione delle misure finalizzate all'accelerazione del pagamento dei crediti degli enti del servizio sanitario nazionale.

13. Al fine di razionalizzare le risorse in ambito sanitario e di conseguire una riduzione della spesa per acquisto di beni e servizi:

a) ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 17, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, gli importi e le connesse prestazioni relative a contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi, con esclusione degli acquisti dei farmaci, stipulati da aziende ed enti del Servizio sanitario nazionale, sono ridotti del 5 per cento a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto per tutta la durata dei contratti medesimi; tale riduzione per la fornitura di dispositivi medici opera fino al 31 dicembre 2012;

b) all'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, il quarto e il quinto periodo sono sostituiti dai seguenti: «Qualora sulla base dell'attività di rilevazione di cui al presente comma, nonché sulla base delle analisi effettuate dalle Centrali regionali per gli acquisti anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle Aziende Sanitarie per gli acquisti di beni e servizi, emergano differenze significative dei prezzi unitari, le Aziende Sanitarie sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l'effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento come sopra individuati, e senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro il termine di 30 giorni dalla trasmissione della proposta, in ordine ai prezzi come sopra proposti, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, e ciò in deroga all'articolo 1671 del codice civile. Ai fini della presente lettera per differenze significative dei prezzi si intendono differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento. Sulla base dei risultati della prima applicazione della presente disposizione, a decorrere dal 1o gennaio 2013 la individuazione dei dispositivi medici per le finalità della presente disposizione è effettuata dalla medesima Agenzia di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, sulla base di criteri fissati con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente a parametri di qualità, di standard tecnologico, di sicurezza e di efficacia. Nelle more della predetta individuazione resta ferma l'individuazione di dispositivi medici eventualmente già operata da parte della citata Agenzia. Le aziende sanitarie che abbiano proceduto alla rescissione del contratto, nelle more dell'espletamento delle gare indette in sede centralizzata o aziendale, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilità dei beni e servizi indispensabili per garantire l'attività gestionale e assistenziale, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni-quadro anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre aziende sanitarie mediante gare di appalto o forniture;

b-bis) l'articolo 7-bis del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, è abrogato;

c)sulla base e nel rispetto degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera fissati, entro il 31 ottobre 2012, con regolamento approvato ai sensi dell'articolo 1, comma 169, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, previa intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché tenendo conto della mobilità interregionale, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano, nel rispetto della riorganizzazione di servizi distrettuali e delle cure primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24 sul territorio adeguandoli agli standard europei, entro il 31 dicembre2012, provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici ed assumendo come riferimento un tasso di ospedalizzazione pari a 160 per mille abitanti di cui il 25 per cento riferito a ricoveri diurni. La riduzione dei posti letto è a carico dei presidi ospedalieri pubblici per una quota non inferiore al 50 per cento del totale dei posti letto da ridurre ed è conseguita esclusivamente attraverso la soppressione di unità operative complesse. Nelle singole regioni e province autonome, fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai sensi dell'articolo 15-septies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni. Nell'ambito del processo di riduzione, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati in più sedi, e promuovono l'ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all'assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l'assistenza residenziale e domiciliare;

c-bis) è favorita la sperimentazione di nuovi modelli di assistenza, nell'ambito delle varie forme in cui questa è garantita, che realizzino effettive finalità di contenimento della spesa sanitaria, anche attraverso specifiche sinergie tra strutture pubbliche e private, ospedaliere ed extraospedaliere.

d) fermo restando quanto previsto dall'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, gli enti del servizio sanitario nazionale, ovvero, per essi, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, utilizzano, per l'acquisto di beni e servizi relativi alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, gli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP, ovvero, se disponibili, dalle centrali di committenza regionali di riferimento costituite ai sensi dell'articolo 1, comma 455, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. I contratti stipulati in violazione di quanto disposto dalla presente lettera sono nulli, costituiscono illecito disciplinare e sono causa di responsabilità amministrativa;

e) costituisce adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del SSN, ai sensi della vigente legislazione, la verifica della redazione dei bandi di gara e dei contratti di global service e facility management in termini tali da specificare l'esatto ammontare delle singole prestazioni richieste (lavori, servizi, forniture) e la loro incidenza percentuale relativamente all'importo complessivo dell'appalto. Alla verifica del predetto adempimento provvede il Tavolo tecnico di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, sulla base dell'istruttoria effettuata dall'Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici;

f) il tetto di spesa per l'acquisto di dispositivi medici, di cui all'articolo 17, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, è rideterminato, per l'anno 2013 al valore del 4,9 per cento e, a decorrere dal 2014, al valore del 4,8 per cento;

f-bis) all'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, dopo il penultimo periodo è inserito il seguente: «Nelle aziende ospedaliere, nelle aziende ospedaliero-universitarie di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, e negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, costituiti da un unico presidio, le funzioni e i compiti del direttore sanitario di cui al presente articolo e del dirigente medico di cui all'articolo 4, comma 9, del presidio ospedaliero sono svolti da un unico soggetto avente i requisiti di legge»;

g) all'articolo 8-sexies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dopo il comma 1 è inserito il seguente comma:

«1-bis. Il valore complessivo della remunerazione delle funzioni non può in ogni caso superare il 30 per cento del limite di remunerazione assegnato.».

14. A tutti i singoli contratti e a tutti i singoli accordi vigenti nell'esercizio 2012, ai sensi dell'articolo 8-quinquies del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, per l'acquisto di prestazioni sanitarie da soggetti privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera, si applica una riduzione dell'importo e dei corrispondenti volumi d'acquisto in misura percentuale fissa, determinata dalla regione o dalla provincia autonoma, tale da ridurre la spesa complessiva annua , rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014. La misura di contenimento della spesa di cui al presente comma è aggiuntiva rispetto alle misure eventualmente già adottate dalle singole regioni e province autonome di Trento e Bolzano e trova applicazione anche in caso di mancata sottoscrizione dei contratti e degli accordi, facendo riferimento, in tale ultimo caso, agli atti di programmazione regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano della spesa sanitaria. Il livello di spesa determinatosi per il 2012 a seguito dell'applicazione della misura di contenimento di cui al presente comma costituisce il livello su cui si applicano le misure che le regioni devono adottare, a decorrere dal 2013, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera a), terzo periodo del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

15. In deroga alla procedura prevista dall'articolo 8-sexies, comma 5, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, in materia di remunerazione delle strutture che erogano assistenza ospedaliera ed ambulatoriale a carico del servizio sanitario nazionale, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con proprio decreto, entro il 15 settembre 2012, determina le tariffe massime che le regioni e le province autonome possono corrispondere alle strutture accreditate, di cui all'articolo 8-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni, sulla base dei dati di costo disponibili e, ove ritenuti congrui ed adeguati, dei tariffari regionali, tenuto conto dell'esigenza di recuperare, anche tramite la determinazione tariffaria, margini di inappropriatezza ancora esistenti a livello locale e nazionale.

16. Le tariffe massime di cui al comma 15, valide dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro previsto dal medesimo comma 15, fino alla data del 31 dicembre 2014, costituiscono riferimento per la valutazione della congruità delle risorse a carico del Servizio Sanitario Nazionale, quali princìpi di coordinamento della finanza pubblica.

17. Gli importi tariffari, fissati dalle singole regioni, superiori alle tariffe massime di cui al comma 15 restano a carico dei bilanci regionali. Tale disposizione si intende comunque rispettata dalle regioni per le quali il Tavolo di verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell'articolo 12 dell'Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005, abbia verificato il rispetto dell'equilibrio economico-finanziario del settore sanitario, fatto salvo quanto specificatamente previsto per le regioni che hanno sottoscritto l'accordo di cui all'articolo 1, comma 180, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 e successive modificazioni su un programma operativo di riorganizzazione, di riqualificazione o di potenziamento del Servizio sanitario regionale, per le quali le tariffe massime costituiscono un limite invalicabile.

18. Sono abrogate le disposizioni contenute nel primo, secondo, terzo, quarto periodo dell'articolo 1, comma 170, della legge 30 dicembre 2004 n. 311.

19. Al quinto periodo dell'articolo 1, comma 170, della legge 30 dicembre 2004 n. 311, le parole: «Con la medesima cadenza di cui al quarto periodo» sono sostituite con le seguenti: «Con cadenza triennale, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, ».

20. Si applicano, a decorrere dal 2013, le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, qualora al termine del periodo di riferimento del Piano di rientro ovvero della sua prosecuzione, non venga verificato positivamente, in sede di verifica annuale e finale, il raggiungimento degli obiettivi strutturali del piano stesso, ovvero della sua prosecuzione.

21. Il comma 3 dell'articolo 17 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 è sostituito dai seguenti:

«3. Le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 71 e 72, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 si applicano anche in ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.

3-bis. Alla verifica dell'effettivo conseguimento degli obiettivi di cui al comma 3 si provvede con le modalità previste dall'articolo 2, comma 73, della citata legge n. 191 del 2009. La regione è giudicata adempiente ove sia accertato l'effettivo conseguimento di tali obiettivi. In caso contrario, limitatamente agli anni 2013 e 2014, la regione è considerata adempiente ove abbia conseguito l'equilibrio economico.

3-ter. Per le regioni sottoposte ai Piani di rientro dai deficit sanitari o ai Programmi operativi di prosecuzione di detti Piani restano comunque fermi gli specifici obiettivi ivi previsti in materia di personale».

22. In funzione delle disposizioni recate dal presente articolo il livello del fabbisogno del servizio sanitario nazionale e del correlato finanziamento, previsto dalla vigente legislazione, è ridotto di 900 milioni di euro per l'anno 2012, di 1.800 milioni di euro per l'anno 2013 e di 2.000 milioni di euro per l’anno 2014 e 2.100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Le predette riduzioni sono ripartite fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano secondo criteri e modalità proposti in sede di auto coordinamento dalle regioni e province autonome di Trento e di Bolzano medesime, da recepire, in sede di espressione dell'Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano per la ripartizione del fabbisogno sanitario e delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale, entro il 30 settembre 2012, con riferimento all'anno 2012 ed entro il 30 novembre 2012 con riferimento agli anni 2013 e seguenti. Qualora non intervenga la predetta proposta entro i termini predetti, all'attribuzione del concorso alla manovra di correzione dei conti alle singole regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano, alla ripartizione del fabbisogno e alla ripartizione delle disponibilità finanziarie annue per il Servizio sanitario nazionale si provvede secondo i criteri previsti dalla normativa vigente. Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad esclusione della regione Siciliana, assicurano il concorso di cui al presente comma mediante le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l'importo del concorso alla manovra di cui al presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

23. A decorrere dall'anno 2013, la quota premiale a valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, disposta dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, è annualmente pari allo 0,25 per cento delle predette risorse.

24. Si applicano, a decorrere dall'esercizio 2013, le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 68, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

25. L'articolo 16, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 si interpreta nel senso che le disposizioni ivi richiamate di limitazione della crescita dei trattamenti economici anche accessori del personale delle pubbliche amministrazioni si applicano, in quanto compatibili, anche al personale convenzionato con il servizio sanitario nazionale fin dalla loro entrata in vigore. La disciplina prevista dall'articolo 9, commi 3-bis e 3-ter, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, in materia di certificazione dei crediti, e dall'articolo 31, comma 1-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, in materia di compensazione dei crediti, e i relativi decreti attuativi, trovano applicazione nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, secondo le modalità e le condizioni fissate dalle medesime disposizioni.

25-bis. Ai fini della attivazione dei programmi nazionali di valutazione sull'applicazione delle norme di cui al presente articolo, il Ministero della salute provvede alla modifica ed integrazione di tutti i sistemi informativi del Servizio sanitario nazionale, anche quando gestiti da diverse amministrazioni dello Stato, ed alla interconnessione a livello nazionale di tutti i flussi informativi su base individuale. Il complesso delle informazioni e dei dati individuali così ottenuti è reso disponibile per le attività di valutazione esclusivamente in forma anonima ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118. Il Ministero della salute si avvale dell'AGENAS per lo svolgimento delle funzioni di valutazione degli esiti delle prestazioni assistenziali e delle procedure medico-chirurgiche nell'ambito del Servizio sanitario nazionale. A tal fine, AGENAS accede, in tutte le fasi della loro gestione, ai sistemi informativi interconnessi del Servizio sanitario nazionale di cui al presente comma in modalità anonima.

25-ter. In relazione alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario secondo quanto previsto dal decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, il Governo provvede all'acquisizione e alla pubblicazione dei relativi dati entro il 31 ottobre 2012, nonché a ridefinire i tempi per l'attuazione del medesimo decreto nella parte relativa ai costi e fabbisogni standard nel settore sanitario, entro il 31 dicembre 2012.


 

 

L’articolo 15 interviene sulla spesa sanitaria conseguendo una riduzione del livello del fabbisogno del SSN e del correlato finanziamento pari a 900 milioni di euro per il 2012, a 1.800 milioni per il 2013, a 2.000 milioni per il 2014 e 2.100 milioni a decorrere dall’anno 2015. Le riduzioni sono da recepire, dalle regioni e dalle province autonome, con Intesa di riparto del fabbisogno e delle disponibilità finanziarie del SSN, da stipularsi entro il 30 settembre 2012, con riferimento al 2012, e entro il 30 novembre 2012 con riferimento al 2013 e agli anni seguenti.

Le disposizioni seguono le misure di razionalizzazione e contenimento introdotte dall’articolo 17 del D.L. 98/2011 in materia di spesa farmaceutica e di acquisti di beni e servizi in ambito sanitario.

 

In materia di razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi, le misure proposte si applicano in via immediata per il 2012 e continuano ad applicarsi per gli anni successivi, fatte salve, per questi ultimi, rimodulazioni contemplate all’interno di una eventuale Intesa per il Patto della salute 2013-2015 da stipularsi entro il 15 novembre 2012.

Di immediata applicazione risulta pertanto la riduzione del 5 per cento degli importi e delle prestazioni dei contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e servizi stipulati da aziende ed enti del SSN. Gli stessi enti del SSN, o per loro le regioni e le province autonome, saranno tenuti ad avvalersi degli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP o, eventualmente, dalle Centrali di committenza regionali di riferimento. I contratti stipulati in violazione di tale procedura sono dichiarati nulli e tale violazione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità amministrativa. In attesa della completa standardizzazione dei prezzi, le Aziende sanitarie sono inoltre tenute a rinegoziare i contratti per gli acquisti di beni e servizi qualora i prezzi unitari di fornitura presentino differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento. In caso di mancato accordo con i fornitori, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a loro carico. Infine, le Aziende sanitarie che abbiano proceduto alla rescissione del contratto possono stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni quadro anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre Aziende sanitarie a seguito di gare di appalto o forniture.

 

Per quanto riguarda i dispositivi medici, fino al 31 dicembre 2012, è prevista una riduzione del 5 per cento degli importi relativi a tutti i contratti di fornitura. Dal 2013 il tetto per l’acquisto di dispositivi è rideterminato al 4,9 per cento del fabbisogno sanitario nazionale e a decorrere dal 2014 al valore del 4,8 per cento. Infine, viene ulteriormente precisato il processo di determinazione annuale dei costi standardizzati relativamente ai soli dispositivi medici. A tal fine, viene prevista l’emanazione di un decreto interministeriale per determinare i criteri utili a fissare i parametri di qualità, di standard tecnologico di sicurezza e di efficacia dei dispositivi medici. Sulla base dei criteri così stabiliti, dal 1 gennaio 2013, l’AGENAS provvede ad individuare i dispositivi medici sui quali applicare la standardizzazione dei prezzi di riferimento.

 

Per l’assistenza ospedaliera, viene prevista una riduzione dello standard di posti letto: dai 4 posti letto per mille abitanti si passa ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, Contestualmente il tasso di ospedalizzazione viene ridotto dall'attuale valore di 180 per mille abitanti al valore di 160 per mille abitanti, di cui il 25 per cento riferito ai ricoveri diurni (Day Hospital). A tal fine, entro il 31 ottobre 2012, previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, un regolamento, adottato con decreto interministeriale, fissa gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera. I conseguenti provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri devono essere adottati dalle regioni e dalle province autonome entro il 31 dicembre 2012 sulla base del regolamento ministeriale e tenendo conto della mobilità interregionale. La riduzione dei posti letto è a carico delle strutture pubbliche per una quota non inferiore al 50 per cento, conseguita esclusivamente attraverso la riduzione di unità operative complesse.

 

Per ridurre la spesa annuale delle prestazioni specialistiche e ospedaliere, fornite da privati accreditati, il livello di spesa del 2011 è diminuito dello 0,5 per cento per il 2012, dell'1 per cento per il 2013 e del 2 per cento a decorrere dal 2014.

Al fine di garantire un quadro certo di riferimento, le tariffe massime per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, fornite dalle strutture accreditate al SSN, sono stabilite con decreto interministeriale, dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto fino al 31 dicembre 2014.

Al fine di completare la ristrutturazione degli enti regionali del SSN, le regioni, impegnate nei Piani di rientro, e non commissariate, possono proseguire nei programmi previsti.

Per contenere la spesa per il personale del SSN, le risorse disponibili per il triennio 2013- 2015 non possono superare il fabbisogno del 2004, ridotto dell’1,4 per cento. Le misure di contenimento coinvolgono anche il personale convenzionato SSN (medici di medicina generale e pediatri di libera scelta).

Per premiare le regioni giudicatevirtuose” nella gestione dei bilanci sanitari, dal 2013, è istituita una quota premiale, pari allo 0,25 per cento del finanziamento del SSN.

Al fine di consentire una corretta programmazione della spesa sanitaria, dal 2013, sono previste a regime le anticipazioni di tesoreria a carico del finanziamento regionale del SSN.

Spesa per acquisto di beni e servizi

Il comma 12, modificato nel corso dell’esame parlamentare, specifica che le misure di razionalizzazione della spesa sanitaria di cui ai successivi commi 13 e 14 si applicano in via immediata per il 2012 e continuano ad applicarsi per gli anni successivi, fatte salve, per questi ultimi, rimodulazioni contemplate all’interno di una eventuale Intesa per il Patto della salute 2013-2015 da stipularsi tra il Governo, le regioni e le PA, entro il 15 novembre 2012 (entro il 31 luglio 2012 nel testo originario). Tali rimodulazioni devono salvaguardare l'importo complessivo degli obiettivi finanziari annuali.

 

La medesima Intesa prevede il monitoraggio dell'attuazione delle misure mirate all'accelerazione del pagamento dei crediti delle aziende e degli enti del Servizio sanitario nazionale.

 

Il comma 13 prevede le seguenti misure:

Contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e di servizi

lettera a)   dispone la riduzione del 5 per cento degli importi e delle connesse prestazioni relativi a contratti in essere di appalto di servizi e di fornitura di beni e di servizi - con esclusione degli acquisti dei farmaci - stipulati da aziende ed enti del SSN. La riduzione è applicata a decorrere dall'entrata in vigore del decreto in esame e per tutta la durata del contratto. Nel caso di fornitura di dispositivi medici, la riduzione dei contratti medesimi opera fino al 31 dicembre 2012. Restano ferme le disposizioni di cui all’articolo 17, comma 1, del D.L. 98/2011[103];

lettera b)   riproduce integralmente, se si fa eccezione per l’ultimo periodo, il testo dell’articolo 7-bis del D.L. 52/2012[104] che ha apportato alcune modifiche alla normativa in materia di acquisti di beni e servizi in ambito sanitario, novellando l’articolo 17, comma 1, lettera a) del D.L. n. 98/2011[105], che disciplina, in particolare, il processo di standardizzazione dei prezzi di riferimento dei beni e servizi.

La lettera in commento ha reso più stringente la disciplina vigente recata dal D.L. 98/2011 prevedendo, in aggiunta, che le Aziende sanitarie siano tenute a rinegoziare i contratti per gli acquisti di beni e servizi qualora i prezzi unitari di fornitura presentino differenze significative, e non giustificate da particolari condizioni tecniche o logistiche delle forniture, con i prezzi di riferimento elaborati, per gli stessi beni e servizi, dall’Osservatorio dei contratti pubblici e dalle Centrali regionali degli acquisti. La rinegoziazione tra Aziende sanitarie e fornitori deve avere l'effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento, senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro trenta giorni dalla trasmissione della proposta, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a loro carico, in deroga all'articolo 1671 del codice civile. L’ultimo periodo della lettera in esame, innovando rispetto alla normativa vigente, precisa che per differenze significative dei prezzi si intendono differenze superiori al 20 per cento rispetto al prezzo di riferimento. Nel corso dell’esame parlamentare, la norma in commento è stata ulteriormente precisata relativamente ai dispositivi medici. Dal 1° gennaio 2013, sulla base della prima applicazione delle disposizioni in materia di standardizzazione dei prezzi di riferimento dei beni e servizi, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali (AGENAS)[106] individua i dispositivi medici su cui applicare la standardizzazione. L’AGENAS effettua tale ricognizione sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, relativamente ai parametri di qualità, di standard tecnologico di sicurezza e di efficacia dei dispositivi medici. Nelle more di tale individuazione si fa fede all’individuazione dei dispositivi medici già operata dall’Agenzia.

Si ricorda che il primo periodo dell’articolo 17, comma 1, lettera a), del D.L. 98/2012 prevede già che l’Osservatorio dei contratti pubblici elabori i prezzi di riferimento dei dispositivi medici, dei farmaci per uso ospedaliero e dei servizi sanitari e non sanitari come individuati dall’AGENAS tra quelli di maggiore impatto in termini di costi a carico del SSN.

Un’ulteriore modifica introdotta ha infine stabilito che le Aziende sanitarie che abbiano proceduto alla rescissione del contratto, nelle more dell’espletamento delle gare indette in sede centralizzata o aziendale, possono, al fine di assicurare comunque la disponibilità di beni e servizi indispensabili per garantire l’attività gestionale e assistenziale, stipulare nuovi contratti accedendo a convenzioni quadro anche di altre regioni, o tramite affidamento diretto a condizioni più convenienti in ampliamento di contratto stipulato da altre Aziende sanitarie a seguito di gare di appalto o forniture.

L'articolo 17 del D.L. 98/2011 stabilisce, al comma 1, un incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente, dello 0,5 per cento del livello vigente del 2012 e dell'1,4 per cento del livello 2013. Le modalità per il raggiungimento di tale obiettivo dovevano essere indicate da un'intesa Stato-Regioni, da stipularsi entro il 30 aprile 2012. In assenza di accordo, come avvenuto, il D.L. n. 98/2011 prevede l'applicazione di una serie di misure indicate dalla lettera a) alla lettera d) dello stesso comma 1.

In particolare la lettera a) prevede che l’Osservatorio dei contratti pubblici , utilizzando la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, elabori, dal 1 luglio 2012, i prezzi di riferimento relativi a dispositivi medici, farmaci per uso ospedaliero e servizi sanitari e non sanitari come individuati dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali (AGENAS) tra quelli di maggiore impatto in termini di costi a carico del Servizio sanitario nazionale.

A regime , l’Osservatorio determinerà annualmente i costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura[107]. Nelle more del perfezionamento di tale attività, l’articolo 17 del D.L. n. 98/2011, prevede che, dal 1° luglio 2012, l’Osservatorio fornisca alle regioni un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e servizi, tenuto conto anche dei prezzi previsti dalle convenzioni Consip. Come espressamente stabilito dalla disposizione, tale procedimento intende potenziare le attività delle Centrali regionali degli acquisti, fornendo alle stesse regioni gli strumenti operativi di controllo e di razionalizzazione della spesa. Le Regioni intervengono, a loro volta, anche sul livello di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da operatori privati accreditati (lettera a)).

 

lettera b-bis)la lettera in esame, introdotta nel corso dell’esame parlamentare, sopprime l’articolo 7-bis del D.L. 52/2012.

Riduzione posti letti

lettera c)   modificata nel corso dell’esame parlamentare, riduce lo standard di posti letto ospedalieri accreditati ed a carico del servizio sanitario regionale ad un livello non superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti (attualmente il livello è pari a 4 posti letto per mille abitanti), comprensivi di 0,7 posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie[108]. Contestualmente si dispone un coerente adeguamento delle dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici e viene assunto come riferimento un tasso di ospedalizzazione[109] pari a 160 per mille abitanti (l'attuale valore è pari a 180 per mille abitanti) di cui il 25 per cento riferito ai ricoveri diurni (Day Hospital). A tal fine, entro il 31 ottobre 2012 (nel testo originario il termine previsto dall’ultimo periodo della lettera, soppresso dalla proposta emendativa approvata, era fissato al 28 febbraio 2013) previa Intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, , un regolamento, adottato con decreto interministeriale[110], fissa gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera. I conseguenti provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri devono essere adottati dalle regioni e dalle province autonome entro il 31 dicembre 2012 (nel testo originario entro il 30 novembre 2012) sulla base del regolamento ministeriale e tenendo conto della mobilità interregionale. Nel corso dell’esame parlamentare è stato inoltre previsto che tale processo di riduzione venga eseguito nel rispetto della riorganizzazione dei servizi distrettuali e delle cure primarie[111] finalizzate all’assistenza 24 ore su 24 sul territorio, adeguandoli agli standard europei.

La riduzione dei posti letto è a carico delle strutture pubbliche per una quota non inferiore al 50 per cento (nel testo originario 40 per cento), conseguita esclusivamente attraverso la riduzione di unità operative complesse[112]. Nelle singole regioni, fino ad avvenuta realizzazione del processo di riduzione dei posti letto e delle corrispondenti unità operative complesse, è sospeso il conferimento o il rinnovo di incarichi ai sensi dell'articolo 15-septies del D.Lgs. 502/1992[113].

Nell'ambito del processo di riduzione, le regioni e le province autonome, operano una verifica, sotto il profilo assistenziale e gestionale, della funzionalità delle piccole strutture ospedaliere pubbliche, anche se funzionalmente e amministrativamente facenti parte di presidi ospedalieri articolati in più sedi, e promuovono l'ulteriore passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all'assistenza in regime ambulatoriale, favorendo l'assistenza residenziale e domiciliare.

lettera c-bis)    la lettera in commento, inserita nel corso dell’esame parlamentare, promuove la sperimentazione di nuovi modelli di assistenza – nell’ambito delle varie forme in cui questa è garantita – al fine di realizzare effettive finalità di contenimento della spesa sanitaria, anche attraverso specifiche sinergie tra strutture pubbliche e private, ospedaliere ed extraospedaliere.

lettera d)   stabilisce l'obbligo per gli enti del SSN – ovvero per le regioni e le province autonome - di avvalersi, relativamente alle categorie merceologiche presenti nella piattaforma CONSIP, degli strumenti di acquisto e negoziazione telematici messi a disposizione dalla stessa CONSIP o, eventualmente, dalle centrali di committenza regionali di riferimento. La disposizione reca una specifica norma sanzionatoria, prevedendo che i contratti stipulati in violazione di tale procedura sono nulli e che tale violazione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità amministrativa.

lettera e)   prevede l’obbligo diverifica della redazione dei bandi di gara e dei contratti di global service e facility management in termini tali da specificare sia l’esatto ammontare delle singole prestazioni richieste (di lavori, di servizi o di forniture) sia la loro incidenza percentuale in rapporto all'ammontare complessivo dell’appalto. Tale obbligo di verifica rientra tra gli adempimenti ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del SSN, da verificarsi da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, sulla base dell'istruttoria effettuata dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

Il contratto di “Global Service, come ricordato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) nel Parere del 25 settembre 2008[114], è «uno strumento di gestione e manutenzione dei complessi immobiliari, il cui fondamento normativo è da rinvenirsi negli articoli 11 e 1322 del codice civile, oltre che nella normativa comunitaria e nazionale in tema di appalti pubblici. La definizione è rinvenibile nella norma UNI 10685/1998, secondo cui trattasi di “un contratto basato sui risultati, che comprende una pluralità di servizi sostitutivi delle normali attività di manutenzione, con piena responsabilità dei risultati da parte dell’assuntore”. Dunque, trattasi di un contratto misto, in cui le prestazioni oggetto della procedura di aggiudicazione e del successivo contratto sono eterogenee, ascrivibili ai settori dei lavori, dei servizi e delle forniture».

Con l’espressione “Facility Management” si indica solitamente “la gestione integrata dei servizi e dei processi a supporto delle attività primarie di un’impresa. L’azienda quindi, mossa dalla necessità di specializzare ed innovare, nell’ottica di una riduzione complessiva dei costi, avvia procedure di esternalizzazione (out-sourcing) per tutte quelle attività che pur necessarie al suo funzionamento non rientrano nel suo core business. Il ricorso a procedure di gestione in Facility Management, è attuato sia da imprese che da enti economici pubblici, che riescono a convertire in costi fissi attività di supporto, aumentando standard operativi e flessibilità, grazie ad una maggiore specializzazione delle società affidatarie. Ed è proprio sulle capacità di specializzazione che si caratterizza la tipicità della gestione in Facility Management: l’azienda affidataria non è solo il fornitore del servizio ma lo gestisce in maniera integrata, supportandolo con piattaforme informatizzate, programmando e pianificando le attività e il monitoraggio. Cambia quindi in maniera sostanziale il modello relazionale tra fornitore del servizio e cliente: l’elaborazione di strategie condivise di gestione del servizio si traduce in modalità operative più efficienti per il raggiungimento delle quali il fornitore diviene partner strategico dell’operazione. In questo meccanismo è logicamente fondamentale un sistema di controllo condiviso con il gestore, specialmente nel caso del global service, tipologia contrattuale basata sui risultati e che presuppone la piena responsabilità da parte del gestore in termini di raggiungimento degli obiettivi (o mantenimento degli stessi attraverso la definizione di indici prestazionali)”[115].

Dispositivi medici

lettera f)    ridetermina il tetto di spesa per l'acquisto di dispositivi medici, che l'articolo 17, comma 2, del D.L. 98/2011 aveva fissato, a partire dal 1 gennaio 2013, nella misura del 5,2 per cento del fabbisogno sanitario nazionale.

L’articolo 17, comma 1, lettera c), del D.L. 98/2011 stabilisce che, dal 1 gennaio 2013, la spesa sostenuta dal Servizio sanitario nazionale per l'acquisto di dispositivi medici, compresa la spesa relativa all’assistenza protesica, non può superare, come specificato dal successivo comma 2, il limite del 5,2 per cento del fabbisogno sanitario standard nazionale e regionale. Il superamento del limite regionale è interamente a carico della regione attraverso misure di contenimento della spesa sanitaria regionale o con misure di copertura a carico di altre voci del bilancio regionale. E’ escluso l'obbligo di ripianamento per le regioni in equilibrio economico complessivo.

La disposizione, integrata con quanto stabilito dalla lettera a) del comma in commento in materia di standardizzazione dei prezzi di riferimento, prevede, fino al 31 dicembre 2012, una riduzione del 5 per cento degli importi relativi a tutti i contratti relativi alla fornitura di dispostivi medici. Dal 2013 il tetto è rideterminato al 4,9 per cento del fabbisogno sanitario nazionale e a decorrere dal 2014 al valore del 4,8 per cento. Il superamento del limite regionale di spesa, come già previsto dal D.L. 98/2011, rimane interamente a carico della regione[116].

Il ruolo dei dispositivi medici nel settore sanitario è essenziale nella diagnosi, nella prevenzione, nel controllo e nel trattamento delle malattie nonché per il miglioramento della qualità della vita delle persone affette da disabilità. La valutazione dei dispositivi medici pone problemi specifici per l’ampia variabilità dei prodotti che ne fanno parte: dal semplice materiale sanitario, alle complesse apparecchiature di diagnostica per immagini, ai dispositivi impiantabili. Secondo una ricerca del Censis, gli italiani che utilizzano nella loro quotidianità almeno un dispositivo medico sono 11,2 milioni[117],.

Il monitoraggio dei dispositivi medici e della spesa ad essi associata è stato avviato di recente con il Sistema Banca Dati[118] e con il Repertorio dei Dispositivi medici.

Vista la numerosità dei prodotti e l’importanza del loro utilizzo, numerosi studi hanno evidenziato che il cambiamento tecnologico connesso ai dispositivi medici (oltre che ai farmaci) è un motivo di spesa più rilevante dell’invecchiamento della popolazione.

Al momento, un’analisi della spesa sostenuta dalle regioni per i dispositivi è possibile a partire dai dati dei Conti Economici (CE) Ministeriali.

Dai CE degli anni 2008, 2009 e 2010 sono state individuate ed estrapolate le voci aggregate di spesa per alcune tipologie di dispositivi medici quali i presidi chirurgici e materiali sanitari; i materiali protesici; i materiali per emodialisi; i materiali diagnostici, lastre radiografiche, mezzi di contrasto, carta per ecg, etc. Sebbene i dati non siano rappresentabili di tutti i dispositivi medici, la spesa per il 2010 è stata pari a 4.660.088 euro[119]. Come già ricordato, l’Osservatorio dei contratti pubblici ha cominciato a fornire, a partire dal primo luglio 2012[120], le elaborazioni dei prezzi di riferimento relativamente a 163 dispositivi medici.

lettera f-bisla lettera in esame, introdotta nel corso dell’esame parlamentare, novella l'articolo 3, comma 7, del D.Lgs. 502/1992[121]in materia di organizzazione delle unità sanitarie locali, con particolare riferimento . alle funzioni e i compiti del direttore sanitario e del dirigente medico responsabile delle funzioni igienico-organizzative. A tal fine, si dispone che, nelle Aziende ospedaliere, nelle Aziende ospedaliero-universitarie[122] e negli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici, costituite da un unico presidio, le funzioni e i compiti del direttore sanitario e del dirigente medico responsabile delle funzioni igienico-organizzative[123] del presidio ospedaliero siano svolte da un unico soggetto avente i requisiti previsti dalla legge.

lettera g)   come sottolineato dalla relazione al provvedimento (A.S. 3396), la disposizione prevede che nell’ambito del rapporto tra enti del SSN ed erogatori privati accreditati, non possa essere previsto un corrispettivo per la remunerazione delle funzioni (pronto soccorso, programmi di prevenzione, sperimentazione ecc.) superiore al 30 per cento delIa remunerazione complessivamente assegnata. Trattasi, quindi, di misura diretta a rendere più trasparenti i rapporti tra SSN ed erogatori privati.

L’intervento viene attuato con le tecnica della novellazione, aggiungendo il comma 1-bis all’articolo 8-sexies del D.Lgs. 502/1992.

L’articolo 8-sexies disciplina la remunerazione dovuta alle strutture che erogano assistenza ospedaliera e ambulatoriale a carico del Servizio sanitario nazionale, specificando che tali strutture sono finanziate secondo un ammontare globale predefinito e determinato in base alle funzioni assistenziali[124] e alle tariffe.

Le funzioni assistenziali sono remunerate in base al costo standard di produzione del programma di assistenza e sono definite dalle regioni discrezionalmente secondo obiettivi propri. L’assistenza ospedaliera per acuti erogata in regime di degenza ordinaria e di day hospital e le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale sono invece determinate in base a tariffe predefinite.

 

Il comma 14 stabilisce una riduzione della spesa complessiva annua dello 0,5 per cento per il 2012, dell’1 per cento per il 2013 e del 2 per cento dal 2014, rispetto al valore di spesa consuntivato nel 2011, per l’acquisto di prestazioni sanitarie di assistenza specialistica ambulatoriale e di assistenza ospedaliera, fornite da privati accreditati. Per conseguire tale obiettivo, la Regione o la Provincia autonoma applica, a tutti i contratti ed accordi[125], o agli eventuali atti di programmazione, vigenti nel 2012, una riduzione, in percentuale fissa, del volume delle attività prestate e del relativo importo erogato. La misura di contenimento della spesa si aggiunge alle misure adottate dalle Regioni o dalle Province autonome. La rideterminazione della spesa conseguita nel 2012 costituisce il parametro per la riduzione della spesa sanitaria regionale riguardante gli acquisti delle prestazioni sanitarie presso gli operatori privati accreditati, a partire dall’esercizio 2013[126].

 

I commi da 15 a 19 prevedono nuove tariffe massime per le prestazioni ospedaliere e ambulatoriali delle strutture sanitarie accreditate[127].

In particolare, il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in deroga alla procedura in cui si prevede la stipula di un’Intesa in Conferenza Stato-Regioni[128] sente la Conferenza Stato-Regioni (nel D.L. tale atto non è previsto), e, successivamente, emana un decreto entro il 15 settembre 2012 (il D.L. prevede entro 30 giorni dalla data della entrata in vigore del D.L. medesimo), per stabilire le tariffe massime per assistenza ospedaliera e ambulatoriale - valide, come da modifica parlamentare, dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto del Ministro della salute fino al 31 dicembre 2014 (il D.L. stabilisce come periodo di validità delle tariffe il triennio 2012-2014) - che le regioni e le province autonome pagano alle strutture accreditate pubbliche e private. La tariffa massima, determinata sulla base dei costi disponibili e dei tariffari regionali[129], è finalizzata al contenimento della spesa e del recupero dei margini di inappropriatezza esistenti e costituisce principio di coordinamento della finanza pubblica. (commi 15 e 16).

 

A proposito della deroga all’art. 8-sexies, comma 5, del decreto legislativo n. 502 del 1992, che prevede l’Intesa in Conferenza Stato-Regioni per la determinazione delle tariffe massime, la sentenza della Corte Costituzionale del 4 luglio 2012, n.147, ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità costituzionale dell'articolo 17, comma 1, lettera d), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98[130], nella parte in cui prevede l'emanazione di un regolamento ministeriale, per l'introduzione di misure di compartecipazione sull'assistenza farmaceutica (ticket), nel caso in cui non sia raggiunta l'Intesa Stato-Regioni ivi prevista. Secondo la giurisprudenza Corte Costituzionale, infatti, la potestà regolamentare dello Stato si può esercitare solo nelle materie di competenza esclusiva, non nei casi caratterizzati da competenze concorrenti (coordinamento della finanza pubblica e tutela della salute (art. 117, terzo comma ,Cost).

 

Le nuove tariffe massime sono tassative per le regioni in piano di rientro[131], mentre le regioni in equilibrio economico[132] hanno facoltà di fissare tariffe massime superiori, la cui differenza rimane carico dei propri bilanci (comma 17).

I commi 18 e 19 modificano per coordinamento formale la disciplina di determinazione delle suddette tariffe massime[133], che prima prevedeva un rinnovo con cadenza triennale.

Per un ulteriore triennio, dal 2013 al 2016[134], le regioni in piano di rientro e non commissariate proseguono i programmi previsti nel piano di rientro, a condizione che abbiano garantito l’equilibrio economico nel settore sanitario[135], ma non abbiano raggiunto gli obiettivi strutturali previsti. La prosecuzione ed il completamento del piano di rientro sono le condizioni per l'attribuzione di risorse aggiuntive e della quota premiale del finanziamento del SSN. (comma 20).

 


Regioni in Piano di Rientro e/o Commissariate al 2012

 

Regioni in Piano di rientro

Regioni Commissariate

Abruzzo

(Piano di Rientro 2007-2009 siglato il 6 marzo 2007), in prosecuzione.

Commissariamento

delibera del Presidente del Consiglio 12 dicembre 2009

Calabria

(Piano di Rientro 2010-2012 siglato il 17 dicembre 2009).

Commissariamento

delibera del Presidente del Consiglio 30 luglio 2010

Campania

(Piano di Rientro 2007-2009 siglato il 13 marzo 2007), in prosecuzione.

Commissariamento

delibera del Presidente del Consiglio 28 luglio 2009

Lazio

(Piano di Rientro 2007-2009 siglato il 28 febbraio 2007), in prosecuzione.

Commissariamento

delibera del Presidente del Consiglio 11 luglio 2008

Molise

(Piano di Rientro 2007-2009 siglato il 27 marzo 2007), in prosecuzione.

Commissariamento

delibera del Presidente del Consiglio 28 luglio 2009

Piemonte

(Piano di Rientro 2010-2012 siglato il 29 luglio 2010)

 

Puglia

(Piano di Rientro 2010-2012 siglato il 29 novembre 2010)

 

Sicilia

(Piano di Rientro 2007-2009 siglato il 31 luglio 2007), in prosecuzione.

 

 

Gli strumenti di contenimento della spesa per il personale sanitario[136] sono confermati per il 2013 e per il 2014 ed estesi al 2015. In particolare, il livello di spesa stabilito non può superare quello del 2004, ridotto dell'1,4 per cento, al netto dei rinnovi contrattuali successivi al 2004. Per il conseguimento del suddetto obiettivo da parte degli enti del SSN[137], rimane confermato che le Regioni adottano interventi sulla rete ospedaliera e sulla spesa per il personale (fondi di contrattazione integrativa; organizzazione delle strutture semplici e complesse, dirigenza sanitaria e personale del comparto sanitario)[138]. La Regione è ritenuta adempiente al raggiungimento degli obiettivi previsti, a seguito dell’accertamento eseguito dal Tavolo di verifica degli adempimenti[139].

Per il 2012, e, a seguito delle modifiche parlamentari, ancheper gli anni 2013 e 2014, la Regione che non ha conseguito i risultati previsti, è adempiente, ove abbia almeno assicurato l’equilibrio economico[140].

Dal 2015, la Regione giudicata adempiente deve conseguire l’obiettivo finale dell’1,4 per cento.

Il D.L. prevede un regime più stretto già a partire dal 2013. La Regione che non ha raggiunto gli obiettivi è giudicata adempiente, se in equilibrio economico e se ha contenuto le spese per il personale, per un importo pari ad un terzo della percentuale prevista, per l'anno 2013, e a due terzi, per l'anno 2014, fino a giungere al conseguimento dell’obiettivo finale dell’1,4 per cento per l’anno 2015 (comma 21).

 

Le misure di contenimento della spesa del personale della pubblica amministrazione[141] si applicano anche al personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale (medici di medicina generale[142] e pediatri di libera scelta) (comma 25).

Si ribadisce, inoltre, l’applicazione di quanto già previsto dall’articolo 13-bis del D.L. 52 del 2012[143], verso gli enti del Servizio sanitario nazionale (Asl e Aziende ospedaliere), in merito alla procedura di certificazione e compensazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche. In particolare, si prevede:

§      il meccanismo della certificazione dei crediti agli enti del Servizio sanitario nazionale;

§      la nomina di un Commissario ad acta, su nuova istanza del creditore, qualora, allo scadere del termine previsto, l’amministrazione non abbia provveduto alla certificazione;

§      il superamento del divieto per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari di beneficiare del meccanismo di certificazione dei crediti che consentirebbe al creditore la cessione del credito a banche o intermediari finanziari (comma 25).

Il Ministero della Salute al fine di valutare gli effetti delle novità portate dalla presente normativa, integra i sistemi informativi del SSN (nazionale, regionale e degli enti del SSN) e gestisce le informazioni individuali dei cittadini[144], attraverso l'AGENAS, che svolge funzioni di valutazione degli esiti delle prestazioni assistenziali e delle procedure medico-chirurgiche nell'ambito del SSN (comma 25-bis).

Il Governo, entro il 31 ottobre 2012 ed il 31 dicembre 2012, rispettivamente, determina i costi e i fabbisogni standard del settore sanitario[145] e ne definisce i tempi di attuazione (comma 25-ter).

 

Per effetto delle disposizioni presenti nell’articolo in esame, il finanziamento vigente del SSN è ridotto di 900 milioni per il 2012, di 1.800 milioni per il 2013, di 2.000 milioni per il 2014 e, come modificato in sede parlamentare, di 2.100 milioni a decorrere dal 2015 (comma 22).

 

Livello finanziamento SSN[146] seguente le riduzioni art. 15, comma 22

(milioni)

 

2012

2013

2014

Pre-interventi D.L. 98/2011[147]

108.780

111.794

116.236

ManovraD.L. 98/2011[148]

 

- 2.500

- 5.450

Finanziamento SSN inizio 2012

108.780

109.294

110.786

Manovra art. 15 D.L. 95/2012

- 900

- 1.800

- 2.000

D.L. 98/2011 art.17, co. 5[149]

 

-70

-70

Finanziamento SSN vigente

107.880

107.424

108.716

 

La modalità di ripartizione delle predette riduzioni è stabilità con Intesa in Conferenza Stato-Regioni, nell’ambito della ripartizione delle risorse per il finanziamento del SSN, entro il 30 settembre 2012, per l’anno 2012, ed entro il 30 novembre 2012, con riferimento agli anni 2013 e seguenti. In mancanza della proposta sulle riduzioni e sulla ripartizione annuale delle risorse del SSN, si provvede applicando le misure previste dal presente articolo e dalla normativa vigente[150] (comma 22).

Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome[151], ad esclusione della Sicilia, l’attuazione del risparmio deve avvenire con le modalità definite dall'articolo 27 della legge 42/2009 (legge delega sul federalismo fiscale), vale a dire, secondo quanto previsto dagli statuti speciali e in accordo con ciascuna regione e provincia autonoma. Fino all'emanazione delle suddette norme di attuazione, la quota di risparmio per ciascuna regione speciale e provincia autonoma è accantonato annualmente a valere sulle quote spettanti di compartecipazione ai tributi erariali[152] (fonte primaria del sistema di finanziamento di questi enti e determinate per ciascuno di essi dallo statuto di autonomia) (comma 22).

Dal 2013, una quota premiale annua, pari allo 0,25 per cento delle risorse ordinarie previste per il finanziamento del SSN, è assegnata alle Regioni che hanno adottato misure idonee per una corretta gestione dei bilanci sanitari[153] (comma 23).

 

Dal 2013 è disposta a regimel’anticipazione di tesoreria del finanziamento per il SSN, a favore delle regioni ordinarie e della Sicilia, pari al 97 per cento del totale della quota indistinta assegnata ovvero al 98 per cento, qualora la regione abbia, nell'ultimo triennio, adempiuto agli obblighi previsti sul contenimento della spesa sanitaria[154] (comma 24).

 

 

 

 

I risultati del monitoraggio effettuato dai Tavoli di verifica del Ministero dell’economia e delle finanze anni 2010 e 2011[155].

 

Nel 2011, il disavanzo effettivo rispetto alle somme destinate al finanziamento della spesa sanitaria è stato pari a circa 2,6 miliardi contro i 3,6 del 2010. E’ questo il risultato che si ottiene escludendo dai ricavi le somme connesse all’individuazione, in via preventiva, nel bilancio delle regioni a statuto speciale e a statuto ordinario, delle risorse da destinare a copertura della maggiore spesa rispetto al livello di finanziamento garantito dallo Stato, pari nel complesso a circa 1.218 milioni (1.328 milioni nel 2010), attivati da sette regioni (Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Valle d’Aosta Friuli e Sardegna) e dalle due Province autonome. Al netto di tali ulteriori coperture, solo la Lombardia, il Veneto, l’Umbria, le Marche e l’Abruzzo presentano risultati positivi (Lombardia ed Umbria presentavano un risultato positivo già nel 2010).

Anche con il monitoraggio si evidenzia una riduzione delle perdite di circa il 25 per cento rispetto all’esercizio 2010.

Tuttavia:

§       le regioni non in piano di rientro peggiorano le perdite nell’anno 2011 del 2,5 per cento rispetto al 2010;

§       le regioni in piano migliorano con una riduzione complessiva delle perdite di oltre il 38 per cento (la quota sul totale riferibile a regioni in piano passa dal 69 per cento del 2010 al 58,4 per cento del 2011);

§       le regioni da poco uscite da piani di rientro, Liguria e Sardegna, peggiorano, con perdite pari a circa 417 milioni (il 15,2 per cento del totale contro il 10 per cento del 2010).

Alla copertura del disavanzo, oltre alle risorse già programmate in bilancio per il 2011, concorrono per 1.931 milioni le entrate fiscali attivate nelle regioni in piano e LE ulteriori risorse regionali per 84 milioni (in forte e netto calo rispetto al precedente esercizio in cui avevano superato i 560 milioni).

Per le regioni non impegnate nei piani di rientro, il risultato complessivo nel 2011, al netto delle coperture scontate nei conti economici, presenta perdite per circa 352 milioni, tutte concentrate in tre regioni: Liguria, Sardegna e Basilicata. A chiusura dei Tavoli di monitoraggio, di queste ne risultano coperte poco meno di 150 milioni, attraverso l’utilizzo della leva fiscale (108 milioni) e con ulteriori risorse di bilancio (40 milioni).

Per le regioni in piano di rientro, le perdite da coprire al netto delle somme già programmate sono di poco inferiori ai 1.335 milioni cui fanno fronte con entrate fiscali per circa 1.900 milioni (1.820 frutto dello sforzo fiscale connesso ai piani e 80 milioni della revisione delle stime di gettito per l’ultimo triennio) e risorse di bilancio per 40 milioni. Dopo le coperture rimangono da individuare risorse per 51 milioni circa per il Molise e la Calabria. Un dato nettamente più favorevole rispetto allo scorso anno, che aveva richiesto l’attivazione della maggiorazione delle aliquote oltre a limite già previsto con un gettito atteso di 230 milioni.

 


 

 


Articolo 16, commi 1-5
(Concorso delle regioni agli obiettivi di riduzione della spesa)

 


1. Ai fini della tutela dell'unità economica della Repubblica, gli enti territoriali concorrono, anche mediante riduzione delle spese per consumi intermedi, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

2. Gli obiettivi del patto di stabilità interno delle regioni a statuto ordinario sono rideterminati in modo tale da assicurare l'importo di 700 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. L'ammontare del concorso finanziario di ciascuna regione è determinato, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le risorse a qualunque titolo dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario, incluse le risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per le aree sottoutilizzate, ed escluse quelle destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale e del trasporto pubblico locale, che vengono ridotte, per ciascuna regione, in misura corrispondente agli importi stabiliti ai sensi del primo, del secondo e del terzo periodo. La predetta riduzione è effettuata prioritariamente sulle risorse diverse da quelle destinate alla programmazione regionale del Fondo per le aree sottoutilizzate. In caso di insufficienza delle predette risorse le regioni sono tenute a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue.

3 Con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano assicurano un concorso alla finanza pubblica per l'importo complessivo di 600 milioni di euro per l'anno 2012, 1.200 milioni di euro per l'anno 2013 e 1.500 milioni di euro per l'anno 2014 e 1.575 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al predetto articolo 27, l'importo del concorso complessivo di cui al primo periodo del presente comma è annualmente accantonato, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, sulla base di apposito accordo sancito tra le medesime autonomie speciali in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepito con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 settembre 2012. In caso di mancato accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, l'accantonamento è effettuato, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da emanare entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27, gli obiettivi del patto di stabilità interno delle predette autonomie speciali sono rideterminati tenendo conto degli importi derivanti dalle predette procedure.

4. Dopo il comma 12 dell'articolo 32 della legge 12 novembre 2011, n 183, è aggiunto il seguente comma: «12-bis. In caso di mancato accordo di cui ai commi 11 e 12 entro il 31 luglio, gli obiettivi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano sono determinati applicando agli obiettivi definiti nell'ultimo accordo il miglioramento di cui:

a) al comma 10 del presente articolo;

b) all'articolo 28, comma 3, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, come rideterminato dall'articolo 35, comma 4, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall'articolo 4, comma 11, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44;

c) soppressa;

d) agli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali.

5. L'ultimo periodo del comma 11 e l'ultimo periodo del comma 12 dell'articolo 32 della legge 12 novembre 2011, n 183 sono abrogati.


 

 

Le norme recate dai commi da 1 a 3 dell'articolo 16 quantificano il concorso delle regioni e delle province autonome alla riduzione della spesa e, conseguentemente, rivedono gli obiettivi del patto di stabilità.

I commi 4 e 5 recano modifiche alla disciplina del patto di stabilità per le regioni a statuto speciale, volte a determinare gli obiettivi di risparmio in caso di non conclusione dell'accordo sul patto entro il 31 luglio.

Come di consueto, le norme vengono definite "principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione”. La riduzione delle spese per consumi intermedi[156] è la modalità, tra le altre, indicata dalla norma per attuare il risparmio (comma 1).

Regioni a statuto ordinario

Il comma 2, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, riguarda le regioni a statuto ordinario.

La norma dispone che gli obiettivi del patto di stabilità devono essere rideterminati in modo da assicurare il seguente risparmio:

§      700 milioni di euro per il 2012;

§      1.000 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014;

§      1.050 milioni per l’anno 2015 e successivi.

L'obiettivo di risparmio va ad aggiungersi ai precedenti, disposti dal decreto legge 78 del 2010 e dai decreti legge 98 e 138 del 2011. In sintesi:

 

in milioni di euro

 

2011

2012

2013

2014

2015
e succ.

D.L. 78/2010, art. 14, co. 1

4.000

4.500

4.500

4.500*

4.500*

D.L. 98/2011, art. 20, co. 5 (mod. D.L. 138) e L. 183/2011, art. 30 co. 1 e 2

 

745[157]

1.600

1.600

1.600

D.L. 95/2012, art. 16, co. 2

 

700

1.000

1.000

1.050

*     In relazione agli obiettivi di risparmio disposti dal D.L. n. 78/2010 per gli anni 2014 e successivi, si veda tuttavia la sentenza n. 193/2012 della Corte Costituzionale di seguito illustrata.

 

In relazione agli obiettivi di risparmio fissati da precedenti disposizioni legislative, è intervenuta la sentenza n. 193 del 19 luglio 2012[158], con la quale la Corte costituzionale dichiara la illegittimità costituzionale delle norme recate dal decreto legge n. 98/2011 con le quali gli obiettivi di risparmio determinati per regioni, province e comuni sono stati estesi anche al 2014 e agli anni successivi.

 

In particolare la Corte dichiara la illegittimità costituzionale dell'articolo 20, comma 4 del D.L. n. 98/2011 nella parte in cui estende al 2014 e agli anni successivi le misure previste per l'anno 2013 dall'articolo 14, comma 1, del D.L. 78/2010. La Corte dichiara altresì, la illegittimità costituzionale del comma 5 del medesimo articolo 20, nella parte in cui estende agli anni successivi al 2014 le misure di risparmio determinate per le regioni a statuto ordinario (dalla lettera a), per le regioni a statuto speciale e le province autonome (dalla lettera b); per le province (dalla lettera c) e per i comuni (dalla lettera d).

La Corte sostiene che "l’estensione a tempo indeterminato delle misure restrittive già previste nella precedente normativa (…), fa venir meno una delle due condizioni (…), quella della temporaneità delle restrizioni", necessarie al fine di poter considerare una norma quale principio fondamentale in materia di coordinamento della finanza pubblica. La Corte, citando se stessa, afferma infatti che "possono essere ritenute principi fondamentali in materia di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost., le norme che «si limitino a porre obiettivi di riequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di un transitorio contenimento complessivo, anche se non generale, della spesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti o modalità per il perseguimento dei suddetti obiettivi» (sentenza n. 148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n. 326 del 2010)".

 

La quota di riduzione da imputare a ciascuna regione dovrà essere determinata in sede di Conferenza Stato-Regioni e dovrà essere recepita con decreto del Ministero dell’economia entro il 30 settembre 2012.

Per quanto concerne la ripartizione tra le regioni della quota di 700 milioni di euro riferita al 2012, è stato raggiunto un accordo in sede di Conferenza delle Regioni il 3 agosto 2012 (ratificato poi in sede di Conferenza Stato-Regioni lo stesso giorno)[159].

La Tabella con la ripartizione è stata pubblicata nel sito della Conferenza delle Regioni, www.regioni.it. Non risulta ancora recepita con decreto ministeriale come dispone la norma.

Nella ripartizione si tiene conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario, c.d. per la “spending-review” istituito (e nominato) ai sensi dell'articolo 2 del decreto legge 52/2012 (convertito con legge 94/2012).

 

Nel caso in cui la Conferenza non giunga ad una deliberazione, il Ministero dell’economia adotta comunque il decreto entro il 15 ottobre 2012 e la ripartizione avviene proporzionalmente alle spese per consumi intermedi per il 2011, “desunte” dai dati SIOPE[160].

 

L'ammontare del concorso finanziario di ciascuna regione, determinato con la procedura sopra descritta, andrà ad aggiungersi a quello già stabilito nelle tabelle nell'articolo 32 della legge 183/2011, che nell'ambito della disciplina del patto di stabilità, quantificano per ciascuna regione il risparmio da realizzare in termini di competenza al comma 2 e in termini di cassa al comma 3.

A tale riguardo si ricorda che gli importi stabiliti nelle citate tabelle sono dichiaratamente 'transitori', nelle more dell'applicazione di quanto previsto per gli enti 'virtuosi', dall'articolo 20, comma 2, del decreto-legge 98/2011, che prevede, a decorrere dal 2012, la redistribuzione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni sulla base di nuovi criteri di “virtuosità”, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri enti, fermo restando l'obiettivo complessivo del comparto.

La modifica apportata nel corso dell'esame al Senato concerne le modalità di individuazione delle risorse da ridurre. La formulazione precedente, infatti, disponeva la riduzione, per gli importi indicati, delle risorse che le regioni ricevono dallo Stato a qualsiasi titolo, con l'esclusione di quelle destinate al finanziamento corrente del Servizio Sanitario Nazionale.

La norma modificata, invece, rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-Regioni, la individuazione delle risorse a qualunque titolo dovute dallo Stato alle regioni a statuto ordinario, incluse le risorse destinate alla programmazione regionale del fondo per le aree sottoutilizzate (rectius,Fondo per lo sviluppo e la coesione)[161],e con l'esclusione:

§      delle risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio Sanitario Nazionale, escluse, come di consueto, perché sottoposte a disciplina specifica (e per le quali dispone l'articolo 15 del testo in esame, a cui si rinvia);

§      le risorse destinate al finanziamento del trasporto pubblico locale; in assenza di specificazioni ulteriori sembra di poter intendere che sono escluse tutte le risorse che hanno come finalizzazione esplicita il finanziamento del trasporto pubblico locale. Si ricorda peraltro che sono escluse dal computo delle spese ai fini del patto di stabilità (art. 32, comma 4, lett. l), L. 183/2011) le spese finanziate dal fondo per il trasporto pubblico locale e ferroviario, istituito dal comma 3 dell'articolo 21 del D.L. 98/2011 ed espressamente sottratte alle regole del patto dalla stessa norma.

Per quanto riguarda le risorse destinate alla programmazione regionale del Fondo per le aree sottoutilizzate (rectius, Fondo per lo sviluppo e la coesione)un inciso specifica che queste devono essere ridotte per ultime.

Le risorse da ridurre individuate dal decreto di cui sopra – per la cui emanazione, peraltro, non è indicato alcun termine - sono ripartite tra le regioni secondo quanto disposto dalla procedura sopra descritta.

La norma in esame dispone, infine, che se le risorse che la regione riceve a qualsiasi titolo dallo Stato individuate dal Decreto di cui al quarto periodo del comma sono insufficienti a coprire la quota di risparmio ad essa attribuita – come individuata dal decreto di cui ai secondo e terzo periodo del comma in esame - la regione è tenuta a versare allo Stato le somme residue.

Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano

Il comma 3 definisce la misura del risparmio per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano e ne disciplina le modalità di attuazione.

Per questi enti l'importo complessivo del risparmio deve essere pari a:

§      600 milioni di euro per il 2012;

§      1.200 milioni di euro per il 2013;

§      1.500 milioni di euro dal 2014.

Come per le regioni a statuto ordinario, questi obiettivi di risparmio si aggiungono a quelli stabiliti dal decreto legge 78 del 2010 e dai decreti legge 98 e 138 del 2011, in relazione ai quali si ricorda la recente sentenza della Corte costituzionale n. 193 del 19 luglio 2012158, sopra illustrata. In sintesi:

in milioni di euro

 

2011

2012

2013

2014

2015
e succ.

D.L. 78/2010, art. 14, co. 2

500

1.000

1.000

1.000

1.000

D.L. 98/2011, art. 20, co. 5 (mod. D.L. 138/2011) e L. 183/2011, art. 32

 

1.630[162]

2.000

2.000

2.000

D.L. 98/2012, art. 16, co. 3

 

600

1.200

1.500

1.575

 

Anche per le autonomie speciali, il risparmio indicato nella norma in esame non comprende il comparto della sanità, disciplinato dall'articolo 15 del testo in esame (a cui si rinvia).

La modalità di attuazione del risparmio deve avvenire con le modalità definite dall'articolo 27 della legge 42/2009 (legge delega sul federalismo fiscale), vale a dire, nel rispetto degli statuti e delle norme di attuazione e in maniera concordata con ciascuna regione e provincia autonoma[163], fermo l'obbligo di concorrere al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà nonché all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario.

Fino all'emanazione delle norme di attuazione degli statuti speciali (previste dall'articolo 27 come procedura privilegiata), l'importo del risparmio è accantonato annualmente a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali. Nel caso delle regioni a statuto speciale, infatti, il risparmio non può essere realizzato come per le regioni a statuto ordinario tagliando risorse che esse ricevono dallo Stato dal momento che il sistema di finanziamento di questi enti è basato – prevalentemente – sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ad esse spettanti secondo quanto stabilito da ciascuno statuto di autonomia e dalle relative norme di attuazione[164]. L'importo del risparmio per ciascuna regione e provincia autonoma è stabilito sulla base di apposito accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni, tra le autonomie speciali e il Governo, che deve essere recepito con Decreto ministeriale entro il 30 settembre 2012.

Nel caso in cui l'accordo non venga raggiunto, l'accantonamento è effettuato con decreto del Ministero dell’economia entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici).

L'ultimo periodo del comma 3 dispone, infine, che gli obiettivi del patto di stabilità interno sono rideterminati conseguentemente agli importi stabiliti dalle procedure precedenti (anche in questo caso, fino all’emanazione delle norme di attuazione di cui al citato articolo 27).

Analogamente a quanto disposto per le regioni a statuto ordinario, le quote di risparmio già definite dal comma 10 dall'articolo 32 della legge n. 183/2012 (vedi infra) dovranno essere aggiornate con quelle stabilite con le procedure sopra descritte.

Con riferimento alla realizzazione del risparmio in caso di mancato accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni, la congruità della norma andrebbe valutata rispetto a quanto stabilito dall'articolo 27 della legge n. 42, espressamente richiamato dalla norma in esame, il quale come già ricordato, impone l'adozione di procedure concordate per l'applicazione delle disposizioni alle regioni a statuto speciale.

La violazione del vincolo che impone l'adozione delle procedure "pattizie" di attuazione statutaria, è infatti la motivazione principale alla base della recente sentenza (n. 178 del 2012) con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità costituzionale di una norma del D.Lgs. n. 118 del 2011, recante disposizioni sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di regioni ed enti locali (adottato in base alla legge delega n. 42).

In particolare la Corte ha censurato l'art. 37, concernente l'applicazione delle norme alle regioni a statuto speciale, nella parte in cui (comma 1, secondo periodo) prevede la immediata e diretta applicazione degli interi decreti legislativi in caso di inosservanza del termine di sei mesi posto (dal primo periodo dello stesso comma) per l'adozione delle norme di attuazione con cui applicare le norme contenute nel decreto legislativo alle autonomie speciali.

 

Il commi 4 e 5 dell'articolo 16 in esame recano modifiche alla disciplina del patto di stabilità interno per le regioni a statuto speciale e le province autonome, dettata dall'articolo 32, commi 10-13 e 15 della legge di stabilità 2012.

La disciplina per questi enti prevede la definizione dell'intesa tra ciascun ente e il Ministero – da raggiungere entro il 31 dicembre di ciascun anno precedente - per determinare il livello complessivo delle spese e dei pagamenti, in modo tale che venga rispettata la misura del concorso agli obiettivi di finanza pubblica già determinato dalla legge(le somme riportate nella tabella inserita nel comma 10 dell'articolo 32).

Si ricorda inoltre che il comma 12 dell'articolo 32 disciplina separatamente il patto di stabilità per la regione Trentino Alto Adige e per le province di Trento e di Bolzano, a seguito dell'inserimento della disciplina generale del patto nell'articolo 79 del D.P.R. 670/1972 (statuto speciale della regione) come modificato dai commi 106-125 dell'articolo 2 della legge 191/2009 (legge finanziaria 2010) . Per questi enti gli obiettivi di risparmio sono calcolati in riferimento al saldo programmatico calcolato in termini di competenza mista, anziché sul complesso delle spese; per il resto la disciplina ricalca quella comune alle altre regioni a statuto speciale.

 

La norma in esame inserisce il comma 12-bis che disciplina gli obiettivi di risparmio nel caso in cui l'accordo previsto dalla legge non venga raggiunto entro il 31 luglio. In questo caso gli obiettivi di risparmio della regione, o della provincia autonoma, sono calcolati applicando agli obiettivi definiti nell’ultimo accordo, le seguenti ulteriori riduzioni:

a)   le somme stabilite nella tabella inserita al comma 10 dell'articolo 32: complessivi 2.130 milioni di euro per il 2012 e 2.500 milioni per il 2013 e successivi;

b)   la somma di complessivi 920 milioni di euro (annui), quale “concorso alla finanza pubblica”delle autonomie speciali definito dall'articolo 28, comma 3, del D.L. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011.

A decorrere dal 2012 regioni e province autonome devono versare all'erario 857 milioni di euro annui e le regioni Friuli Venezia Giulia, Valle d'Aosta e le due Province autonome di Trento e di Bolzano anche 60 milioni di euro annui da parte dei comuni ricadenti nei propri territori. Si tratta, in sostanza, della 'riserva all'erario' del maggior gettito derivante dall'aumento dell'addizionale IRPEF, disposta dal comma 1 del medesimo articolo 28. Per le modalità applicative del concorso degli enti alla finanza pubblica il comma 3 dell'articolo 28 fa riferimento – come il comma 3 dell'articolo 16 in esame - alle procedure stabilite dall'articolo 27 della legge 42/2009.

c)   la somma di complessivi 235 milioni di euro, quale aumento del 'concorso alla finanza pubblica' disposto dall'articolo 35 comma 4 del D.L. 1/2012 che esplicita in tal modo la finalizzazione della riserva all'erario del maggior gettito delle maggiori entrate ottenute nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, derivanti dall'incremento dell'accisa sull'energia elettrica[165]. Il concorso alla finanza pubblica è stato poi ridotto di 180 milioni di euro per l'anno 2012 e 239 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2013 (articolo.4, comma 11 del D.L. 16/2012)..

d)   come formula residuale, degli ulteriori contributi disposti a carico delle autonomie speciali; come - si suppone - quelli disposti dalla norma in esame.

In sintesi:

milioni di euro

 

2012

2013

2014 e succ

a) Tabella art. 32, comma 10, L. 183/2011

2.130

2.500

2.500

b)  D.L. 201/2011, art. 28, comma 3

920

920

 

c)  D.L. 1/2012, art. 35, comma 4

+ 235

+ 235

 

c)  D.L. 16/2012, art. 4, comma 11

- 180

- 239

 

b) e c)

975

916

916

d) D.L. 95/2012 art. 16, comma 3

600

1.200

1.500

 

Il comma 5 della norma in esame dispone, conseguentemente alla disciplina del mancato accordo sul patto di stabilità, l'abrogazione delle disposizioni che prevedevano l'applicazione della disciplina stabilita per le regioni a statuto speciale qualora – per qualsiasi causa – l’intesa non fosse raggiunta entro il termine definito: ultimo periodo del comma 11 (per le regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna) e ultimo periodo del comma 12 (per la regione Trentino Alto Adige e per le province di Trento e di Bolzano).


 

Articolo 16, commi 6 e 7
(Riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio
dei comuni e delle province)

 


6. Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012 e di 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 2.100 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascun comune sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94, degli elementi di costo nei singoli settori merceologici, dei dati raccolti nell'ambito della procedura per la determinazione dei fabbisogni standard e dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun ente, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base dell'istruttoria condotta dall'ANCI, e recepite con decreto del Ministero dell'interno entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto del Ministero dell'interno è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012, ripartendo la riduzione in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE. In caso di incapienza, sulla base dei dati comunicati dal Ministero dell'interno, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero delle predette somme nei confronti dei comuni interessati all'atto del pagamento agli stessi comuni dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Le somme recuperate sono versate allo Stato contestualmente all'imposta municipale propria riservata allo Stato. Qualora le somme da riversare ai comuni a titolo di imposta municipale propria risultino incapienti per l'effettuazione del recupero di cui al quarto periodo del presente comma, il versamento al bilancio dello Stato della parte non recuperata è effettuato a valere sulle disponibilità presenti sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di Bilancio» che è reintegrata con i successivi versamenti dell'imposta municipale propria spettante ai comuni.

7. Il fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, il fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 23 del medesimo decreto legislativo n. 68 del 2011, ed i trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna sono ridotti di 500 milioni di euro per l'anno 2012 e di 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015. Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate, tenendo conto anche delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario di cui all'articolo 2 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n.94, dalla Conferenza Stato-città ed autonomie locali e recepite con decreto del Ministero dell'interno entro il 30 settembre 2012. In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il decreto del Ministero dell'interno è comunque emanato entro il 15 ottobre 2012, ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l'anno 2011, dal SIOPE. In caso di incapienza, sulla base dei dati comunicati dal Ministero dell'interno, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero delle predette somme nei confronti delle province interessate a valere sui versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, di cui all'articolo 60 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, riscossa tramite modello F24, all'atto del riversamento del relativo gettito alle province medesime. Qualora le somme da riversare alle province a titolo di imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, di cui all'articolo 60 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 risultino incapienti per l'effettuazione del recupero di cui al quarto periodo del presente comma, il versamento al bilancio dello Stato della parte non recuperata è effettuato a valere sulle disponibilità presenti sulla contabilità speciale n. 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di Bilancio» che è reintegrata con i successivi versamenti dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori.


 

 

I commi 6 e 7 dell’articolo 16 recano una riduzione dei fondi sperimentali di riequilibrio, ovvero dei fondi perequativi, dei comuni e delle province - nonché dei trasferimenti erariali spettanti ai comuni e alle province delle Regioni Siciliana e Sardegna - rispettivamente:

§      per i comuni, di 500 milioni di euro per l'anno 2012, 2.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 2.100 milioni a decorrere dall'anno 2015;

§      per le province, di 500 milioni di euro per l'anno 2012, 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 e 1.050 milioni a decorrere dall'anno 2015.

In caso di incapienza, l’Agenzia delle entrate è autorizzata al recupero delle somme, per i comuni, all’atto del pagamento ai comuni medesimi dell’IMU propria ovvero, per le province, a valere sui versamenti dell’imposta RCAuto.

 

In particolare, il comma 6 dispone una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni, ovvero del fondo perequativo, come determinati, rispettivamente ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 23/2011[166], e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna[167] nei seguenti importi:

§      500 milioni di euro per il 2012;

§      2.000 milioni di euro per gli anni 2013 e 2014;

§      2.100 milioni a decorrere dall’anno 2015.

 

Le riduzioni da imputare a ciascun comune sono determinate dalla Conferenza Stato-città, sulla base dell’istruttoria condotta dall’ANCI, e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 30 settembre 2012.

Nella determinazione delle riduzioni relative a ciascun comune si deve tener conto, tra l’altro:

§      delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario nominato, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, per la razionalizzazione della spesa per acquisti e servizi, ai sensi del D.L. n. 52/2012[168],

§      degli elementi di costo nei singoli settori merceologici;

§      dei dati raccolti per la determinazione dei fabbisogni standard;

§      dei conseguenti risparmi potenziali di ciascun ente.

 

A tale riguardo, si evidenzia che nella relazione illustrativa del provvedimento (A.S. 3396) è espressamente sottolineato che le riduzioni dei fondi di finanziamento dei comuni e delle province (di cui al successivo comma 7) sono determinate “in ragione delle analisi della spesa effettuate dal Commissario straordinario”.

 

In caso di mancata deliberazione della Conferenza Stato-città, il Ministero dell’interno procede comunque all’adozione del decreto entro il 15 ottobre 2012, ripartendo tra i comuni la riduzione complessiva in misura proporzionale alle spese sostenute per consumi intermedi, come desunte per l’anno 2011 dal SIOPE (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti Pubblici)[169].

In caso di incapienza, l’Agenzia delle entrate è autorizzata al recupero delle somme, nei confronti dei comuni interessati, all’atto del pagamento ai comuni medesimi dell’IMU propria (come disciplinata dall’art. 13 del D.L. n. 201/2011), sulla base dei dati comunicati dal Ministero dell’interno. Le somme così recuperate sono versate allo Stato contestualmente alla quota IMU riservata allo Stato.

Qualora anche le somme da riversare ai comuni a titolo di IMU propria risultino incapienti, il versamento al bilancio dello Stato della parte non recuperata è effettuato a valere sulle disponibilità presenti sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di Bilancio”. Tale contabilità dovrà tuttavia essere reintegrata con i successivi versamenti dell’IMU propria spettante ai comuni.

 

Per quanto concerne i Fondi di finanziamento dei comuni considerati dalla norma in esame, si ricorda che a decorrere dall’anno 2011 il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, recante la disciplina del federalismo fiscale municipale in attuazione della legge delega n. 42/2009, ha disposto la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali e la loro sostituzione - ai fini del finanziamento delle funzioni comunali - con entrate proprie e con risorse di carattere perequativo.

In particolare, il fondo sperimentale di equilibrio dei comuniricadenti nei territori delle regioni a statuto ordinario è stato istituito nel 2011 ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.Lgs. n. 23/2011, allo scopo di realizzare in forma graduale la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare, prevista dal medesimo articolo 2. La durata del fondo è stabilità in tre anni, e comunque fino all’attivazione del fondo perequativo vero e proprio, di cui all’articolo 13 dello stesso decreto legislativo, che avrà la funzione di assicurare il finanziamento delle spese degli enti locali successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard relativi alle spese per le funzioni fondamentali di comuni e province.

La soppressione dei trasferimenti erariali ai comuni è stata formalizzata con il decreto del Ministro dell’interno 21 giugno 2011[170]. In particolare, il decreto ha determinato la riduzione di 11.264,9 milioni di euro di trasferimenti, in corrispondenza dell’assegnazione ai comuni nel 2011 delle entrate da federalismo fiscale municipale, in particolare per compartecipazione IVA (2.889 milioni[171]) e del fondo sperimentale di riequilibrio (8.375,9 milioni). Il medesimo decreto ha altresì quantificato in 610,6 milioni i trasferimenti erariali non suscettibili di fiscalizzazione, che continuano pertanto ad essere assegnati ai comuni come spettanza ed erogati alle scadenze indicate nel decreto del Ministro dell’interno 21 febbraio 2002.

Con ulteriore decreto del Ministro dell’interno in pari data sono state, altresì, stabilite le modalità di alimentazione e di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio per i comuni per l’anno 2011. In particolare, le modalità di riparto sono differenziate per i comuni con popolazione sino a 5.000 abitanti e per quelli di maggiore dimensione, fermo restando il criterio generale, previsto dall’articolo 2, comma 7, del D.Lgs. n. 23/2011, della distribuzione di una quota pari al 30% della dotazione del fondo in base al numero dei residenti. Per i comuni di maggiori dimensioni, è altresì prevista l’attribuzione, a valere su una quota pari al 10% del fondo medesimo, di un importo assegnato in proporzione al peso di ciascun comune dei tributi immobiliari devoluti ai sensi del decreto legislativo n. 23/2011. Il decreto prevede inoltre che i pagamenti del fondo sperimentale di riequilibrio e della compartecipazione al gettito dell’IVA, per l’anno 2011, siano effettuati dal Ministero dell’interno secondo la medesima tempistica, che prevede l’attribuzione, in sede di prima applicazione, di un ammontare pari a due terzi entro il mese di giugno e della restante quota, entro il mese di novembre. Il decreto prevede, infine, che i pagamenti del fondo sperimentale di riequilibrio e della compartecipazione al gettito dell’IVA siano conguagliati con gli importi attribuiti a titolo di acconto, attribuito, per il 2011, secondo le disposizioni recate dall’articolo 2, comma 45, del D.L. n. 225/2010.

Si segnala che in sede di rendiconto del bilancio dello Stato per il 2011 l’ammontare del Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni delle RSO (cap. 1350/Interno) è risultato pari a 5.158 milioni, in conseguenza degli interventi di riduzione delle risorse del Fondo medesimo disposti da provvedimenti legislativi intervenuti nel corso dell’esercizio.

Per l’anno 2012, con il D.M. 4 maggio 2012 (G.U. n. 145/2012), il Ministro dell’interno ha provveduto ad aggiornare l’entità delle risorse complessivamente spettanti ai comuni nel 2012 rispetto all’anno precedente, in considerazione del fatto che - come rilevato anche dalla Commissione COPAFF[172] - nel corso dell’anno 2011 sono sopravvenute importanti modifiche normative che hanno avuto effetti diretti e rilevanti sull’ammontare delle risorse da attribuire agli enti locali come, ad esempio, l’anticipo al 2012 dell’attribuzione ai comuni dell’imposta municipale propria in via sperimentale, che ha comportato la conseguente riduzione di risorse a titolo di fondo sperimentale di riequilibrio.

Le risorse da attribuire ai comuni per l’anno 2012 a titolo di federalismo fiscale municipale, attraverso la ripartizione del fondo sperimentale di riequilibrio, sono state, pertanto, determinate in 6.825,4 milioni di euro; i trasferimenti erariali non fiscalizzati sono stati determinati in 731,8 milioni di euro, da assegnare secondo le modalità indicate nel D.M. interno 21 febbraio 2002.

Con ulteriore D.M. interno 4 maggio 2012 (G.U. n. 146/2012), sono state ridisciplinate le modalità di riparto del fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni per l’anno 2012, prevedendo, in particolare, che i pagamenti del fondo siano disposti dal Ministro dell’interno in tre rate di uguale importo, entro i mesi di marzo, maggio e ottobre.

Si segnala che nel disegno di legge di assestamento 2012 del bilancio dello Stato l’ammontare delle risorse iscritte sul Fondo sperimentale di riequilibrio dei comuni delle RSO (cap. 1350/Interno) risulta pari a 3.956 milioni, in conseguenza delle riduzioni apportate dal D.L. n. 201 del 2011 (art. 13, co. 17 e art. 28, co. 7), nonché del conguaglio conseguente al gettito effettivamente realizzato dell’IMU.

 

Il comma 7dispone la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio provinciale, ovvero del fondo perequativo, come determinati, rispettivamente, ai sensi dell’articolo 21 e articolo 23 del D.Lgs. n. 68/2011[173], e dei trasferimenti erariali dovuti alle province della Regione Siciliana e della Regione Sardegna[174]negli importi seguenti:

§      500 milioni di euro per il 2012;

§      1.000 milioni di euro gli anni 2013 e 2014;

§      1.050 milioni a decorrere dall’anno 2015.

 

Le riduzioni da imputare a ciascuna provincia sono determinate dalla Conferenza Stato-città e recepite con decreto del Ministero dell’interno entro il 30 settembre 2012. Nella determinazione delle riduzioni si terrà conto delle analisi della spesa effettuate dal commissario straordinario, per la razionalizzazione della spesa per acquisti e servizi, nominato ai sensi del D.L. n. 52/2012.

In caso di mancata deliberazione della Conferenza, il decreto è comunque emanato dal Ministro dell’interno entro il 15 ottobre 2012, ripartendo le riduzioni in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi desunte, per l’anno 2011, dal SIOPE.

 

In caso di incapienza, sulla base dei dati comunicati dal Ministero dell’interno, l’Agenzia delle entrate provvede al recupero delle somme nei confronti delle province a valere sui versamenti dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori (di cui all’art. 60 del D.Lgs. n. 446/1997), riscossa tramite modello F24, all’atto del riversamento del relativo gettito alle province medesime.

Qualora le somme da riversare alle province a titolo di detta imposta risultino comunque incapienti per l’effettuazione del recupero, il versamento al bilancio dello Stato della parte non recuperata è effettuato - come per i comuni - a valere sulle disponibilità presenti sulla contabilità speciale n. 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di Bilancio” che verrà reintegrata con i successivi versamenti dell’imposta RCAuto.

 

Per quanto concerne i Fondi di finanziamento delle province considerati dalla norma in esame, si ricorda che a decorrere dall’anno 2012 il decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante le disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni e delle province, in attuazione della legge delega n. 42/2009, ha disposto la soppressione dei tradizionali trasferimenti erariali e la loro sostituzione - ai fini del finanziamento delle funzioni delle province - con entrate proprie e con risorse di carattere perequativo.

Per assicurare l’attribuzione alle province dell’autonomia di entrata in forma progressiva ed equilibrata, l’articolo 21 del D.Lgs. n. 68 ha previsto l’istituzione, a decorrere dall’anno 2012, di un Fondo sperimentale di riequilibrio, la cui durata è fissata in un periodo di due anni, destinato ad essere sostituito dal fondo perequativo vero e proprio. il Fondo sperimentale di riequilibrioè alimentato dal gettito della compartecipazione provinciale all’IRPEF di cui all’articolo 18, comma 1, del decreto n. 68, la cui aliquota, a partire dal 2012, è determinata in misura tale da compensare la soppressione dei trasferimenti erariali ed il venir meno delle entrate legate all’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, anch’essa soppressa dall’anno 2012.

La soppressione dei trasferimenti erariali alle province è stata disposta con il D.P.C.M. 12 aprile 2012, nell’importo di 1.039,9 milioni di euro[175].

Il fondo sperimentale di riequilibrio delle province è stato pertanto determinato, per il 2012, in 1.039,9 milioni di euro con il D.M. interno 4 maggio 2012. Il decreto reca, altresì, le modalità di riparto del fondo per l’anno 2012.

Si rileva che nel disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato (A.C. 5325) l’ammontare delle risorse iscritte sul Fondo sperimentale di riequilibrio delle province delle RSO (cap. 1352/Interno) risulta pari a 494 milioni, in conseguenza delle riduzioni apportate dall’articolo 28, comma 8, del D.L. n. 201 del 2011.

 

Si ricorda che il comma 13-bis dell’articolo 17 del provvedimento in esame, introdotto nel corso dell’iter parlamentare, ha attribuito alle province un contributo di 100 milioni di euro per l’anno 2012. Tale contributo, espressamente destinato alla riduzione del debito, non rientra nel computo del saldo finanziario rilevante ai fini del rispetto del Patto di stabilità interno (cfr. la relativa scheda di lettura).


 

Articolo 16, commi 8 e 9
(Dotazioni organiche degli enti locali e divieto di assunzione per le province)

 


8. Fermi restando i vincoli assunzionali di cui all'articolo 76, del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008, e successive modificazioni ed integrazioni, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 31 dicembre 2012 d'intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sono stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo prioritariamente conto del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, considerando anche le unità di personale in servizio presso le società di cui all'articolo 76, comma 7, terzo periodo, del citato decreto-legge n. 112 del 2008. A decorrere dalla data di efficacia del decreto gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento rispetto alla media non possono effettuare assunzioni a qualsiasi titolo; gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 40 per cento rispetto alla media applicano le misure di gestione delle eventuali situazioni di soprannumero di cui all'articolo 2, comma 11, e seguenti.

9. Nelle more dell'attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione delle Province è fatto comunque divieto alle stesse di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato.


 

 

Il comma 8 prevede che con D.P.C.M., da emanare entro il 31 dicembre 2012, siano stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo conto prioritariamente del rapporto tra dipendenti e popolazione residente. A tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, prevedendo il blocco delle assunzioni per le amministrazioni collocate oltre il 20 per cento e l’applicazione delle misure sul soprannumero (di cui all’articolo 2, comma 11) per le amministrazioni collocate oltre il 40 per cento.

Il comma 9 prevede che nelle more dell’attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione delle Province, sia fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato.

 

L'articolo 16, comma 8, prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 31 dicembre 2012 d’intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali, siano stabiliti i parametri di virtuosità per la determinazione delle dotazioni organiche degli enti locali, tenendo conto prioritariamente del rapporto tra dipendenti (compresi quelli delle società a partecipazione pubblica) e popolazione residente. Restano comunque fermi i vincoli assunzionali previsti all'articolo 76, del D.L. 112/2008.

 

L’articolo 76 del D.L. 112 del 2008[176] reca una serie di misure dirette alla riduzione e alla razionalizzazione della spesa di personale degli enti locali.

In particolare, nei confronti delle regioni e degli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi posti dal patto di stabilità interno nel corso dell’esercizio precedente, il comma 4 prevede l’applicazione di una misura sanzionatoria consistente nel divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione.

Al comma 7 viene fatto divieto agli enti nei quali l’incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale mentre i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente.

Gli stessi enti hanno maggiori possibilità di assunzioni nei settori dell'istruzione, dei servizi sociali e della polizia locale, dal momento che i relativi oneri vengono calcolati nella misura ridotta del 50% ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali. Resta fermo il criterio del calcolo delle spese di personale ai fini della verifica del rispetto dei parametri di virtuosità.

Nel computo della percentuale delle spese correnti per determinare le facoltà assunzionali, si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale senza carattere industriale o commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. Tale norma non si applica alle società quotate su mercati regolamentari.

Per gli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o inferiore al 35 per cento delle spese correnti sono ammesse, in deroga al limite del 40 per cento e comunque nel rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno e dei limiti di contenimento complessivi delle spese di personale, le assunzioni per turn-over che consentano l'esercizio delle funzioni fondamentali previste dall’articolo 21, comma 3, lettera b) della legge 42/2009[177]. In tal caso, le disposizioni sul calcolo dell’onere nella misura ridotta del 50%, ai soli fini del calcolo delle facoltà assunzionali, per le assunzioni del personale destinato allo svolgimento delle funzioni in materia di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale, si applicano soltanto per le assunzioni di personale destinato allo svolgimento di funzioni in materia di istruzione pubblica e del settore sociale.

 

A tal fine è determinata la media nazionale del personale in servizio presso gli enti, considerando anche le unità di personale in servizio presso le società di cui all'articolo 76, comma 7, terzo periodo, del citato D.L. 112/2008.

Le società richiamate sono quelle a partecipazione pubblica locale totale o di controllo titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale senza carattere industriale o commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. La norma non fa riferimento alle società quotate su mercati regolamentari.

 

A decorrere dalla data di efficacia del decreto, agli enti che risultino collocati, rispetto alla media nazionale:

§      oltre il 20 per cento, non è consentito effettuare assunzioni a qualsiasi titolo;

§      oltre il 40 per cento, si applicano le misure di gestione delle situazioni di soprannumero di cui all’art. 2, comma 11, e seguenti del decreto-legge in esame.

Il comma 9 prevede che nelle more dell’attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione delle Province, sia fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato.


 

Articolo 16, comma 10
(Modifiche alla disciplina della compensazione dei crediti verso la P.A.: mancato pagamento da parte dell’ente locale all’agente della riscossione)

 


10. All'articolo 28-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, il quarto periodo è sostituito dal seguente: «Qualora la regione, l'ente locale o l'ente del Servizio sanitario nazionale non versi all'agente della riscossione l'importo oggetto della certificazione entro sessanta giorni dal termine nella stessa indicato, l'agente della riscossione ne dà comunicazione ai Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze e l'importo oggetto della certificazione è recuperato mediante riduzione delle somme dovute dallo Stato all'ente territoriale a qualsiasi titolo, incluse le quote dei fondi di riequilibrio o perequativi e le quote di gettito relative alla compartecipazione a tributi erariali. Dai recuperi di cui al presente comma sono escluse le risorse destinate al finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale. Nel caso in cui il recupero non sia stato possibile, l'agente della riscossione procede, sulla base del ruolo emesso a carico del titolare del credito, alla riscossione coattiva secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto.».


 

 

Il comma 10 dell’articolo 16 reca un’articolata disciplina delle modalità di recupero delle somme dovutedagli enti pubblici all’agente della riscossione, in ragione delle disposizioni che consentono di compensare i crediti maturati nei confronti della P.A. con somme iscritte a ruolo.

In luogo dell’attivazione immediata delle procedure di riscossione coattiva mediante ruolo, le norme in esame dispongono che l'agente della riscossione dia comunicazione dell’adempimento ai Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze, al fine di recuperare gli importi certificati tramite riduzione delle somme dovute dallo Stato all'ente territoriale a qualsiasi titolo. L’attivazione della procedure di riscossione coattiva tramite ruolo è prevista solo ove il recupero non sia stato possibile con le suddette modalità.

 

Si segnala che le norme in esame riprendono il tenore letterale del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 giugno 2012 (su G.U. del 2 luglio 2012) che ha individuato le modalità con le quali i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo (cfr. infra). Tale decreto è stato emanato prima dell’entrata in vigore delle modifiche operate alla normativa sulle compensazioni, da parte dell’articolo 13-bis del D.L. 52 del 2012 (la legge di conversione del D.L. 52/2012 è del 6 luglio 2012 ed è entrata in vigore il giorno successivo), che hanno esteso la compensabilità anche ai crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali.

L’intervento normativo in esame appare, quindi, finalizzato al recepimento nella disciplina primaria delle suddette disposizioni procedurali, in ragione delle estensioni operate con il D.L. 52/2012.

 

Più in dettaglio, le disposizioni in esame novellano il quarto periodo dell’articolo 28-quater, comma 1, del D.P.R. n. 602 del 1973, disposizione che è stata oggetto di recenti modifiche ad opera dell’articolo 13-bis, comma 2, del D.L. n. 52 del 2012.

Si ricorda che l’articolo 28-quater - introdotto dall’articolo 31, comma 1-bis, del D.L. n. 78 del 2010 - stabilisce che, a partire dal 1° gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti dello Stato, degli enti pubblici nazionali, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. A tal fine il creditore acquisisce apposita certificazione, da utilizzare per il pagamento totale o parziale delle somme dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo. L’estinzione del debito è condizionata alla verifica dell’esistenza e validità della certificazione. La norma prevede anche apposite procedure di recupero delle somme certificate e non versate dal debitore all’agente della riscossione, oggetto di modifica con le disposizione in commento.

 

La compensazione dei crediti vantati nei confronti della PA con
le somme iscritte a ruolo: recenti evoluzioni normative

Appare opportuno ricordare, in estrema sintesi, che l’articolo 13-bis del D.L. n. 52/2012 ha profondamente innovato la disciplina della certificazione dei crediti vantati per somministrazioni, forniture e appalti nei confronti delle Amministrazioni pubbliche, ai fini di accelerarne i pagamenti anche tramite il loro utilizzo in compensazione. Più in dettaglio:

§       il meccanismo della certificazione dei crediti è stato esteso agli enti del Servizio sanitario nazionale.

§       è stato ridotto da sessanta a trenta giorni il termine entro il quale le amministrazioni debitrici sono tenuti a certificare se il credito vantato nei loro confronti è certo, liquido ed esigibile;

§       è stata resa obbligatoria – e non più eventuale - la nomina di un Commissario ad acta, su nuova istanza del creditore, qualora, allo scadere del termine previsto, l’amministrazione non abbia provveduto alla certificazione.

Per quanto riguarda le modifiche apportate dal comma 2 dell’articolo 13-bis al già illustrato articolo 28-quater, esse sono così sintetizzabili:

§      la compensazione con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo è stata estesa anche ai crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali (adeguandosi, pertanto, a quanto disposto dall’articolo 12, comma 11-quinquies, del D.L. n. 16 del 2012, che ha esteso la procedura di certificazione dei crediti alle amministrazioni statali e agli enti pubblici);

§      sono state modificate le procedure per le certificazioni da acquisire ai fini della compensazione, ricomprendendovi anche le certificazioni conseguenti alla ricognizione dei debiti effettuata dai commissari ad acta per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari, nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei piani o programmi operativi;

§      conseguentemente, l’articolo 13-bis ha modificato anche il quarto periodo dell’articolo 28-quaterdel D.P.R. n. 602/1973, facendo generico riferimento all’ente debitore, in seguito all’estensione delle compensazioni anche ai crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali, oltre che della regione, dell’ente locale o dell’ente del Servizio sanitario nazionale.

 

Il Decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 25 giugno 2012 (su G.U. del 2 luglio 2012) ha individuato le modalità con le quali i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle Regioni, degli Enti locali e degli Enti del Servizio Sanitario Nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati, con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. Si segnala che tale decreto è stato emanato prima dell’entrata in vigore delle modifiche operate con l’articolo 13-bis (la legge di conversione del D.L. 52/2012 è del 6 luglio 2012 ed è entrata in vigore il giorno successivo).

Nel dettaglio si prevede che:

§      i titolari di crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili maturati nei confronti delle regioni e degli enti locali (nonché degli enti del Servizio Sanitario Nazionale) per somministrazioni, forniture ed appalti, possono utilizzare i crediti medesimi per il pagamento (totale o parziale) delle somme iscritte a ruolo entro il 30 aprile 2012 per tributi erariali, regionali o locali, nonché per contributi previdenziali od assistenziali ovvero per entrate spettanti all’amministrazione che ha rilasciato la certificazione ai sensi dei decreti ministeriali sopra illustrati;

§      il titolare del credito presenta la certificazione all’agente della riscossione competente per il pagamento, che entro i tre giorni (lavorativi) successivi deve procedere a verificarne la validità mediante richiesta all’amministrazione debitrice, che entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta stessa deve comunicare all’agente il relativo esito;

§      in caso di verifica positiva, il debito si estingue – limitatamente all’importo del credito certificato – e ne viene data comunicazione da parte dell’agente della riscossione al creditore (vale a dire al soggetto iscritto a ruolo), nonché, entro i cinque giorni successivi all’avvenuta compensazione, all’ente debitore ed a quello impositore;

§      l’ente debitore dovrà procedere al pagamento dell’importo oggetto della certificazione entro 12 mesi dal rilascio della stessa In caso di inutile decorso di tale termine, l’agente della riscossione né dà notizia ai Ministeri dell’interno e dell’economia e finanze, che provvedono al recupero dell’importo medesimo mediante riduzione delle somme dovute a qualsiasi titolo da parte dello Stato all’ente territoriale, ad esclusione delle sole risorse destinate al finanziamento di parte corrente del SSN. In caso di impossibilità del recupero potrà altresì procedersi alla riscossione coattiva.

 

Nel testo antecedente alle modifiche in commento, il quarto periodo dell’articolo 28-quater prevedeva l’immediata attivazione delle procedure di riscossione coattiva in base a ruoli nei confronti dell'ente debitore - secondo le disposizioni generali in materia -, ove questo non avesse versato all’agente della riscossione l’importo certificato entro sessanta giorni dal termine indicato nella certificazione medesima

 

Per effetto delle norme in esame viene introdotta una specifica procedura di recupero delle somme dovute dalle regioni, dagli enti locali o dagli enti del Servizio sanitario nazionale.

In luogo dell’attivazione immediata delle procedure di riscossione coattiva mediante ruolo, ove i predetti enti non versino tempestivamente all'agente della riscossione l'importo certificato (e cioè entro sessanta giorni dal termine indicato nella certificazione medesima), l'agente della riscossione ne deve dare comunicazione ai Ministeri dell'interno e dell'economia e delle finanze.

In tal caso, l'importo certificato viene recuperato tramite riduzione delle somme dovute dallo Stato all'ente territoriale a qualsiasi titolo, incluse le quote dei fondi sperimentali di riequilibrio o fondi perequativi e le quote di gettito relative alla compartecipazione a tributi erariali.

Sono escluse dalle introdotte modalità di recupero le risorse destinate al finanziamento corrente del servizio sanitario nazionale (costituite da somme derivanti dall’aliquota IRAP, dall’addizionale regionale IRPEF, dalla compartecipazione regionale IVA e dalle accise sulla benzina, ai sensi del D.Lgs. 56/2000); in tali ipotesi, al mancato versamento segue l’attivazione delle procedure di riscossione coattiva.

 

L’attivazione della procedure di riscossione coattiva tramite ruolo è prevista solo ove il recupero non sia stato possibile con le predette modalità (ad esempio, per incapienza dei fondi).


 

Articolo 16, comma 11
(Norma interpretativa art. 204 del TUEL sui limiti di indebitamento enti locali)

 

11. Il comma 1 dell'articolo 204 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, si interpreta nel senso che l'ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato, qualora sia rispettato il limite nell'anno di assunzione del nuovo indebitamento

 

 

Il comma 11 contiene una norma di interpretazione del comma 1 dell’art. 204 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (T.U.E.L), di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in materia di limiti di indebitamento degli enti locali, precisando che l’ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato, qualora il limite indicato dall’articolo 204 sia rispettato nell’anno di assunzione del nuovo indebitamento.

 

Si ricorda che la citata disposizione - più volte modificata nel corso del tempo, da ultimo, dall’articolo 8, comma 1, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) – pone limiti alla possibilità di indebitamento degli enti locali, fissando l’entità massima annuale della spesa per interessi - che rappresenta il livello massimo di indebitamento degli enti locali, come risultante dall’accensione di mutui e da qualunque altra forma di finanziamento reperibile sul mercato cui l’ente possa accedere (emissione di titoli obbligazionari, aperture di credito, prestazioni di garanzie) – ad una certa percentuale rispetto alle entrate correnti, relative ai primi tre titoli dell’entrata (come risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente).

In base all’attuale formulazione della norma, è consentito all'ente locale di assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato solo se l'importo annuale degli interessi non superi i seguenti limiti calcolati in percentuale delle entrate correnti:

§       8 per cento per l'anno 2012,

§       6 per cento per l'anno 2013,

§       4 per cento a decorrere dall'anno 2014.

 

La norma interpretativa è volta a chiarire che l’ente locale può assumere nuovi mutui e accedere ad altre forme di finanziamento reperibili sul mercato, qualora il limite indicato dalla norma sia rispettato nell’anno di assunzione del nuovo indebitamento.


 

Articolo 16, comma 12
(Posticipo dei termini per l’attivazione del Patto di stabilità interno orizzontale nazionale)

 


12. All'articolo 4-ter, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile 2012, n. 44:

a) ai commi 1 e 2 le parole: «30 giugno» sono sostituite dalle parole: «20 settembre»;

b) alla fine del comma 2 aggiungere le seguenti parole «Entro lo stesso termine i comuni possono variare le comunicazioni già trasmesse»

b-bis) al comma 3, le parole: «500 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «200 milioni»;

c) al comma 5, le parole «entro il 30 luglio» sono sostituite dalle parole «entro il 5 ottobre ».


 

 

Il comma 12 dell’articolo 16 reca alcune modifiche alla disciplina del Patto di stabilità interno «orizzontale nazionale», introdotto dai commi da 1 a 9 dell’articolo 4-ter del D.L. n. 16/2012[178], volte a posticipare i termini ivi previsti per l’attivazione delle procedure che consentono la redistribuzione degli obiettivi del patto di stabilità interno tra i comuni a livello nazionale, al fine di permettere ai comuni medesimi di effettuare maggiori spese in conto capitale. Il comma dispone, altresì, la riduzione, da 500 a 200 milioni, del contributo previsto per l’anno 2012 in favore dei comuni che cedono spazi finanziari, per l’attivazione del patto orizzontale nazionale.

 

Si ricorda che il c.d. Patto di stabilità interno “orizzontale nazionale”, introdotto dalle citate disposizioni, èfinalizzato a garantire una maggiore flessibilità del patto di stabilità interno per i comuni, consentendo una redistribuzione degli obiettivi del patto tra i comuni stessi, a livello nazionale - fermo restando l’obiettivo determinato complessivamente per il comparto comunale dalle regole del Patto di stabilità interno previsto dalla normativa nazionale - finalizzata a permettere ai comuni, che altrimenti rischierebbero di non rispettare gli obiettivi del patto, di effettuare maggiori spese in conto capitale.

In particolare, lo strumento del patto orizzontale dà la possibilità ai comuni che prevedono di conseguire un differenziale positivo rispetto all'obiettivo del patto di stabilità interno ad essi assegnato dalla normativa vigente, di cedere spazi finanziari - la cui entità va comunicata al Ministero dell’economia - a vantaggio di quelli che, invece, prevedono di conseguire, nell'anno di riferimento, un differenziale negativo rispetto all'obiettivo prefissato, consentendo, dunque, a questi ultimi, di sostenere le spese necessarie per il pagamento di residui passivi di parte capitale.

Tale meccanismo di redistribuzione degli spazi finanziari tra i comuni, per evitare lo sforamento degli obiettivi del patto, è attivabile soltanto ed esclusivamente per consentire ai comuni di procedere al pagamento dei residui passivi di parte capitale. La norma prevede, infatti, che il rappresentante legale e l'organo di revisione economico finanziario sono tenuti ad attestare che i maggiori spazi finanziari siano stati utilizzati dai comuni esclusivamente per tali necessità (comma 6).

Il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato del Ministero dell’economia provvede, dunque, ad aggiornare il prospetto degli obiettivi del patto di stabilità interno dei comuni interessati dalla rimodulazione, con riferimento sia all'anno in corso che al biennio successivo (comma 5). La disciplina del patto orizzontale nazionale riconosce, infatti, in favore dei comuni che cedono spazi finanziari, un miglioramento degli obiettivi del patto nel biennio successivo, cui fa riscontro un corrispondente peggioramento dei saldi obiettivo per gli enti che, invece, si avvantaggiano di tale normativa (comma 7).

 

In particolare, il comma 12 in esame dispone le seguenti modifiche:

§      la lettera a) – che novella i commi 1 e 2 dell’articolo 4-terposticipa dal 30 giugno al 20 settembre[179] il termine perentorio entro il quale i comuni che manifestano la volontà di accedere al meccanismo del patto orizzontale nazionale sono tenuti a comunicare al Ministero dell’economia l'entità degli spazi finanziari che sono disposti a cedere ovvero di cui necessitano per sostenere spese per il pagamento di residui passivi di parte capitale.

§      la lettera b) – che aggiunge un periodo al comma 2 dell’articolo 4-ter – prevede la possibilità – evidentemente per i comuni che hanno già manifestato entro il 30 giugno la loro volontà – di variare le comunicazioni già trasmesse entro lo stesso termine del 20 settembre;

§      la lettera b)-bis, introdotta nel corso dell’esame parlamentare– che modifica il comma 3 dell’articolo 4-terriduce da 500 a 200 milioni l’importo complessivo del contributo attribuito, per l’anno 2012, in favore dei comuni che cedono spazi finanziari.

In base al comma 3, tale contributo è assegnato ai comuni in misura pari agli spazi finanziari che vengono ceduti da ciascuno di essi. In caso di incapienza, il contributo è ridotto proporzionalmente. La norma prevede, altresì che tale contributo - che è escluso dal computo del saldo valido ai fini del patto di stabilità interno – debba essere destinato dai comuni beneficiari esclusivamente alla riduzione del debito;

Si segnala che la riduzione di 300 milioni del contributo in questione, previsto in favore dei comuni che cedono spazi finanziari in favore di altri per l’attivazione del patto orizzontale nazionale, è stata compensata dal contributo autorizzato ai sensi del successivo comma 12-bis, anch’esso introdotto nel corso dell’esame parlamentare, per incentivare il patto regionalizzato verticale, con le medesime finalità. Si tratta, infatti, di un contributo di 800 milioni di euro concesso in favore delle regioni per incentivare la concessione di spazi finanziari da parte di queste in favore dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Gli spazi finanziari ceduti da ciascuna regione vengono, infatti, ripartiti tra i comuni al fine di favorire i pagamenti dei residui passivi in conto capitale in favore dei creditori (cfr. la relativa scheda di lettura);

§      .la lettera c) posticipa, conseguentemente, dal 30 luglio al 5 ottobre[180] il termine – di cui al comma 5 dell’articolo 4-ter – entro il quale il la Ragioneria generale dello Stato provvede ad aggiornare il prospetto degli obiettivi del patto di stabilità dei comuni interessati dalla rimodulazione dell'obiettivo, con riferimento all'anno in corso e al biennio successivo.


 

Articolo 16, commi 12-bis-12-sexies
(Contributo per il patto regionalizzato verticale)

 


12-bis. Nell'anno 2012, alle regioni a statuto ordinario, alla regione Siciliana e alla Sardegna, i cui comuni sono beneficiari di risorse erariali, è attribuito un contributo, nei limiti di un importo complessivo di 800 milioni di euro in misura pari all'83,33 per cento degli spazi finanziari, validi ai fini del patto di stabilità interno, ceduti da ciascuna di esse e attribuiti ai comuni ricadenti nel proprio territorio nei limiti degli importi indicati per ciascuna regione nella tabella allegata al presente decreto. Il contributo è destinato dalle regioni alla riduzione del debito.

12-ter. Gli importi indicati per ciascuna regione nella tabella allegata al presente decreto possono essere modificati, a invarianza di contributo complessivo, mediante accordo da sancire, entro il 6 agosto 2012, in Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

12-quater. La cessione di spazi finanziari di cui al comma 12-bis, nonché l'utilizzo degli stessi da parte dei comuni, avviene ai sensi di quanto disposto dal comma 138 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220. Gli spazi finanziari ceduti da ciascuna regione vengono ripartiti tra i comuni, al fine di favorire i pagamenti dei residui passivi in conto capitale in favore dei creditori.

12-quinquies. Entro il termine perentorio del 10 settembre 2012, le regioni comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun comune beneficiario, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.

12-sexies. Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dai commi 12 e 12-bis, pari a 500 milioni di euro per l'anno 2012, si provvede mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse disponibili sulla contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate-Fondi di bilancio».


 

I commi da 12-bis a 12-sexties, introdotti all'articolo 16 nel corso dell’esame parlamentare,attribuiscono alle regioni a statuto ordinario, alla Regione siciliana ed alla Regione Sardegna un contributo per complessivi 800 milioni di euro per l'anno 2012, che le regioni dovranno utilizzare al fine di consentire agli enti locali del proprio territorio di rimodulare gli obiettivi del patto di stabilità. Le norme si innestano nella disciplina del cosiddetto patto regionalizzato verticale, disciplinato dalla legge di stabilità 2011.

 

Oltre alle regioni a statuto ordinario, il contributo è attribuito anche alla Regione siciliana ed alla Sardegna, vale a dire a tutte le regioni in cui i comuni ricevono risorse erariali. In queste due regioni, infatti, pur essendo al pari delle altre regioni a statuto speciale titolari della competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato, non essendo intervenute le norme di attuazione che ne hanno disciplinato la materia e posto a carico del bilancio della regione l'intero finanziamento[181]

 

Il contributo è attribuito per l'anno 2012 ed è ripartito tra le regioni beneficiarie come stabilito nella Tabella allegata al provvedimento (vedi infra). La stessa norma prevede al comma 12-ter la possibilità di variare gli importi stabiliti per ciascuna regione, mediante accordo da sancire, entro il 6 agosto 2012, in Conferenza Stato-Regioni.

L'accordo tra le regioni è stato raggiunto e ratificato in sede di Conferenza Stato-Regioni il 3 agosto 2012. La tabella che segue riporta la ripartizione degli 800 milioni di euro come recata dalla tabella allegata al D.L. 95/2012 e la nuova ripartizione concordata tra le regioni il 3/8/2012[182]. Da quest'ultima ripartizione risulta esclusa la Regione siciliana che ha dichiarato di non essere nelle condizioni di poter utilizzare questa possibilità, a causa della propria situazione finanziaria.

 

(dati in migliaia di euro)

 

tabella allegata al D.L. 95/2012

Accordo Conferenza Stato-Regioni 3/8/2012

Abruzzo

17.668

21.353

Basilicata

16.158

14.347

Calabria

32.409

35.519

Campania

58.822

82.141

Emilia-Romagna

41.943

60.808

Lazio

79.327

93.459

Liguria

16.240

22.727

Lombardia

83.353

129.760

Marche

17.206

22.884

Molise

8.278

7.502

Piemonte

46.889

63.914

Puglia

43.655

59.031

Sardegna

82.319

58.897

Sicilia

171.508

-

Toscana

40.985

54.682

Umbria

14.225

15.781

Veneto

29.015

57.195

Totale

800.000

800.000

 

Per ciascuna regione, la cifra indicata è destinata a coprire l'83,33% della quota che la regione cede agli enti locali al fine della rimodulazione degli obiettivi del patto di stabilità. Poiché l'obiettivo complessivo del comparto regione-enti locali deve comunque rimanere invariato, il contributo è destinato alla riduzione del debito (comma 12-bis).

 

Le norme in esame si inseriscono nella disciplina del cosiddetto patto regionalizzato verticale, disciplinato dall'articolo 1, comma 138 della legge 220/2010 (legge di stabilità 2011), come espressamente dichiarato dal comma 12-quater in esame.

Secondo quella disciplina, ciascuna regione può autorizzare gli enti locali compresi nel proprio territorio a peggiorare il saldo programmatico, consentendo un aumento dei pagamenti in conto capitale e procedere contestualmente alla rideterminazione del proprio obiettivo di risparmio per un ammontare pari all'entità complessiva dei pagamenti in conto capitale autorizzati, al fine di garantire – considerando insieme regione ed enti locali - il rispetto degli obiettivi finanziari.

Confermando appunto quella disciplina, il comma 12-quater specifica inoltre che gli spazi finanziari ceduti agli enti locali sono utilizzati dagli stessi per consentire i pagamenti dei residui passivi in conto capitale in favore dei creditori.

Le norme dettate dal citato comma 138, dispongono che sia la regione a 'coprire' lo spazio finanziario ceduto agli enti locali. Il contributo che la norma in esame attribuisce alle regioni è destinato appunto a coprire l'83,33% della quota ceduta agli enti locali.

 

Si ricorda che in relazione all'esercizio 2011, il patto regionalizzato 'verticale' è stato attuato in dodici regioni, che autorizzano pagamenti ai rispettivi enti locali per un importo complessivo di 1.128,5 milioni di euro. L'entità della spesa, in milioni di euro, per ciascuna regione coinvolta è stata la seguente: Basilicata 4,1 milioni, Emilia Romagna 84 milioni, Lazio 180,9 milioni, Liguria 62,6 milioni, Lombardia 70 milioni, Marche 91,4 milioni, Piemonte 370 milioni, Puglia 50 milioni, Sardegna 50 milioni, Toscana 55 milioni, Umbria 30,3 milioni e Veneto 80 milioni[183].

 

Quanto alla procedura, il comma 12-quinquie, dispone che entro il termine del 10 settembre 2012, le regioni comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, con riferimento a ciascun comune beneficiario, gli elementi informativi occorrenti per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.

 

Si ricorda che la disciplina del patto regionalizzato 'verticale' contenuta nella legge di stabilità 2011 dispone inoltre, al comma 138-bis, che la regione, ai fini della rimodulazione, definisce criteri di virtuosità e modalità operative previo confronto con le autonomie locali (in sede di Consiglio delle autonomie, ove presente, altrimenti con i rappresentanti degli enti locali). La procedura, disciplinata nel comma 140, prevede l'obbligo per gli enti locali di comunicare entro il 15 settembre di ciascun anno ad ANCI, UPI e regioni l'entità dei pagamenti che possono effettuare; le regioni a loro volta entro il 31 ottobre, comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze, per ciascun ente interessato, tutti gli elementi utili per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.

 

Si ricorda infine che le norme sul patto di stabilità per gli anni 2012-2014 recate dalla legge di stabilità 2012 (L. 183/2011, art. 32) disciplinano, al comma 17, il c.d. "patto regionale integrato" che consentirà a decorrere dal 2013, alle singole regioni e alle province autonome di concordare con lo Stato le modalità di raggiungimento dei propri obiettivi, esclusa la componente sanitaria, e quelli degli enti locali del proprio territorio, previo accordo concluso in sede di Consiglio delle autonomie locali e, ove non istituito, con i rappresentanti dell'ANCI e dell'UPI regionali. Nelle more dell'entrata in vigore del "patto regionale integrato", vale a dire per l'esercizio 2012, continuano ad applicarsi le disposizioni riguardanti il cd. "patto verticale e orizzontale" di cui ai commi da 138 a 143 dell'articolo 1 della legge 13 dicembre 2010, n. 220.

 

Il comma 12-sexiesdispone, infine, sulla copertura finanziaria degli oneri recati dal contributo autorizzato dal comma 12-bis, quantificati pari a 500 milioni di euro per l'anno 2012 in considerazione di disposto dal precedente comma 12, lettera b)–bis, ai quali si provvede mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse disponibili sulla contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate-Fondi di bilancio»

Si precisa, al riguardo, che rispetto al contributo autorizzato dal comma 12-bis nell’importo di 800 milioni di euro, la copertura finanziaria si riferisce ad oneri pari a 500 milioni in quanto il precedente comma 12 dell’articolo 16 in esame, alla citata b-bis), ha ridotto da 500 a 200 milioni il contributo previsto per l’anno 2012 in favore dei comuni per l’attivazione del patto orizzontale nazionale.


 

Articolo 16, comma 12-septies
(Anticipo della possibilità di aumento dell'addizionale IRPEF per le regioni sottoposte a piani di stabilizzazione finanziaria)

 

12-septies. Le regioni sottoposte al piano di stabilizzazione finanziaria di cui all'articolo 14, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, possono disporre, con propria legge, l'anticipo all'anno 2013 della maggiorazione dell'aliquota dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche di base prevista dall'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.

 

 

Il comma 12-septies, aggiuntonel corso dell’esameparlamentare, consente alle regioni sottoposte al piano di stabilizzazione finanziaria, di anticipare al 2013 l'aumento dell'addizionale IRPEF.

 

Le regioni sottoposte ai piani di stabilizzazione finanziaria previsti all'articolo 14, comma 22 del D.L. 78/2012[184], sono quelle in cui sia stato certificato il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativamente all’esercizio finanziario 2009, secondo quanto dispone il comma 19 del medesimo articolo 14.

Tale ultimo comma precisa infatti che le disposizioni sulle procedure di stabilizzazione finanziaria dettate dai commi da 20 a 24 dell’articolo 14 si applicano “alle regioni che abbiano certificato il mancato rispetto del patto di stabilità interno relativamente all’esercizio finanziario 2009.”, e la relazione tecnica al provvedimento (A.S.2228) precisa espressamente che tali commi concernono esclusivamente la regione Campania.

Sembra pertanto da rilevare che la norma, benché formulata in termini generali, trovi in concreto applicazione solo a tale regione, in quanto è l’unica in cui risulta essere stata certificata la non osservanza del patto di stabilità per il 2009.

La norma recata dal comma 22, in particolare, consente al Presidente della Regione, nella qualità di commissario ad acta, la predisposizione di un piano di stabilizzazione finanziaria. Il piano è sottoposto all'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze, che, d'intesa con la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta, per l'adozione e l'attuazione degli atti ivi indicati.

La disposizione consente inoltre alla Regione Campania di poter includere nel piano l'eventuale acquisto del termovalorizzatore di Acerra anche mediante l'utilizzo, previa delibera del CIPE, della quota regionale delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate.

Sui tempi di attuazione dei piani di stabilizzazione finanziaria è successivamente intervenuto il decreto-legge n.225/2010[185], il quale all’articolo 2, comma 34, ha stabilito che i piani in questione debbano essere completati entro il 30 giugno 2011 e che l’attuazione degli stessi dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2012

Per quanto concerne il termovalorizzatore, il medesimo articolo 2, comma 24, ha confermato nella data del 30 giugno 2012, già individuata da una precedente disposizione[186], il termine per il trasferimento della proprietà alla regione Campania. Su tale questione sono successivamente intervenute ulteriori norme, da ultimo l’articolo 3, comma 4, del decreto-legge 15 maggio 2012, n. 59 del 2012[187], che ha regolamentato gli aspetti finanziari dell’operazione di acquisto ed i cui contenuti qui non si dettagliano.

 

Alle regioni sottoposte al piano di stabilizzazione finanziaria, quindi, è consentito di anticipare al 2013 l'aumento dell'addizionale IRPEF di 1,1 punto percentuale stabilito dal D.Lgs. 68/2011 relativamente all'anno 2014.

Il D.Lgs. 68/2011[188] ( recante il cosiddetto federalismo fiscale regionale) ha dettato disposizioni in materia di autonomia di entrate delle regioni in attuazione della legge 42 del 2009 sul federalismo fiscale. In particolare l'articolo 6[189] concerne l'addizionale regionale all'IRPEF, la cui aliquota di base è fissata allo 1,23 per cento (così modificata dall'art. 28, comma 1, D.L. 2012011).Le regioni, a decorrere dal 2012, possono disporre aumenti dell'aliquota fino a:

§      0,5 punti percentuali per gli anni 2012 e 2013;

§           1,1 punti percentuali per l'anno 2014;

§      2,1 punti percentuali a decorrere dall'anno 2015.


 

Articolo 16, comma 12-octies
(Attribuzione al Commissario straordinario del Governo del Comune di Roma del fondo per
agevolare i piani di rientro dei comuni)

 


12-octies. Il fondo istituito dall'articolo 14, comma 14-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è attribuito al Commissario straordinario del Governo per l'attuazione del piano di rientro dall'indebitamento pregresso, previsto dall'articolo 78 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Il Commissario straordinario del Governo è autorizzato a stipulare il contratto di servizio di cui all'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 5 dicembre 2008, sotto qualsiasi forma tecnica, per i finanziamenti occorrenti per la copertura degli oneri del piano di rientro.


 

 

Il comma 12-octies dell’articolo 16, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, attribuisce al Commissario straordinario del Governo per l'attuazione del piano di rientro dall'indebitamento pregresso del Comune di Roma, previsto dall’articolo 78 del D.L. n. 112/2008, il fondo, istituito con il D.L. n. 78/2010, finalizzato ad agevolarei piani di rientro dei Comuni per i quali sia stato nominato un commissario straordinario.

 

Il fondo, autorizzato dall'articolo 14, comma 14-bis, del D.L. n. 78/2010 con una dotazione di 50 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2011, è istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7282/Economia).

A seguito dell’intervento di successive disposizioni normative che hanno modificato la dotazione del fondo, nella legge di bilancio per il 2012, esso presenta una disponibilità pari a 15,8 milioni di euro per il 2012, 13,5 milioni per il 2013 e 37,1 milioni per il 2014.

 

Il comma, al secondo periodo, autorizza, altresì, il Commissario straordinario del Governo a stipulare il contratto di servizio - previsto dall’articolo 5 del D.P.C.M. 5 dicembre 2008 di approvazione del piano di rientro, finalizzato al ripiano dei debiti e al reperimento dei finanziamenti occorrenti - sotto qualsiasi forma tecnica, per i finanziamenti occorrenti per la copertura degli oneri del piano di rientro.

 

Si segnala che la disposizione in questione - che autorizza il Commissario straordinario del Governo a stipulare il contratto di servizio sotto qualsiasi forma tecnica - è già vigente, nell’identico testo, ed è già contenuta nell’articolo 14, comma 13-bis, del D.L. n. 78/2010, come sostituito dall’articolo 2, comma 9, lettera a) del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225[190].

 

Si ricorda che l’articolo 78 del D.L. n. 112/2008, al fine di favorire il rientro dalla situazione di indebitamento del Comune di Roma, ha disposto la nomina del Sindaco a Commissario straordinario del Governo, con il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune e delle società da esso partecipate e di predisporre ed attuare un piano di rientro dall’indebitamento pregresso del Comune. Tale piano di rientro è stato presentato dal Commissario straordinario ed approvato con D.P.C.M. il 5 dicembre 2008.

A tal fine, il Commissario straordinario del Governo è stato parificato all’organo straordinario di liquidazione, che è l’organo competente al ripiano dell'indebitamento pregresso degli enti in condizioni di dissesto finanziario. Va sottolineato, che ai sensi del comma 5 dell’art. 78, è esclusa la possibilità di procedere alla deliberazione di dissesto durante il regime commissariale.

Ai sensi del comma 3 dell’art. 78, la gestione commissariale del comune ha assunto, con bilancio separatorispetto a quello della gestione ordinaria, tutte le entrate di competenza e tutte le obbligazioni assunte alla data del 28 aprile 2008, rimanendo, pertanto, nella competenza ordinaria degli organi comunali la gestione del periodo successivo alla data del 28 aprile 2008. Tutte le entrate del comune di competenza dell’anno 2008 e degli anni successivi sono invece attribuite alla gestione corrente di competenza degli organi istituzionali dell’ente.

Il D.L. n. 2/2010 (articolo 4, comma 8-bis) ha provveduto a modificare l’art. 78 del D.L. n. 112/2008 al fine di evitare che il Commissario straordinario dovesse necessariamente essere il Sindaco del Comune stesso. Di conseguenza, con il D.L. n. 78/2010 (articolo 14, comma 13-bis)è stato disposto che il nuovo Commissario di Governo procedesse all'accertamento definitivo del debito del comune di Roma, al fine di redigere il nuovo piano di rientro delle passività pregresse del Comune di Roma aggiornato in termini di crediti certi, liquidi ed esigibili. L’accertamento definitivo del debito del Comune di Roma è stato effettuato con il Documento predisposto dal nuovo Commissario straordinario del Governo concernente l'accertamento del debito alla data del 30 luglio 2010 ed approvato con il D.M. 4 agosto 2010.

A seguito di successive modifiche apportate alla suesposta normativa con il D.L. n. 225/2010 (articolo 2, comma 7), il nuovo Commissario straordinario di Governo è stato ulteriormente autorizzato ad accertare, con propri provvedimenti, le eventuali ulteriori partite debitorie e creditorie della gestione commissariale, rispetto alla rilevazione già certificata nel documento predisposto ai sensi dell’articolo 14, comma 13-bis, del D.L. n. 78/2010, concernente l'accertamento del debito del comune di Roma alla data del 30 luglio 2010, approvato con effetti decorrenti dalla data del 29 dicembre 2010.

Da ultimo, il D.Lgs. n. 61/2012 (art. 13, comma 1), ha disposto che il Commissario straordinario debba inviare annualmente una relazione al Parlamento e al Ministero dell'interno contenente la rendicontazione delle attività svolte all'interno della gestione commissariale e l'illustrazione dei criteri che hanno informato le procedure di selezione dei creditori da soddisfare, fermo restando l’obbligo di trasmettere annualmente al Governo la rendicontazione della gestione del piano.

 

Per quanto concerne il finanziamento del piano di rientro, negli anni 2008-2010, è stato assegnato al Commissario straordinariodel Governo un contributo pari a complessivi 500 milioni di euro annui[191].

A decorrere dal 2011, il D.L. n. 78/2010 (art. 14, comma 14) ha disposto la costituzione di un fondo, presso il Ministero dell’economia, dotato di 300 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2011; la restante quota delle somme occorrenti a fare fronte agli oneri derivanti dall'attuazione del piano di rientro, pari a 200 milioni, deve essere reperita dal comune di Roma mediante l’istituzione di un'addizionale commissariale sui diritti di imbarco, fino ad un massimo di 1 euro per passeggero, ovvero l’incremento dell’addizionale IRPEF, fino al limite massimo dello 0,4%.

 

Il comma 13-ter dell’art. 14 del D.L. n. 78/2010 dispone che la gestione commissariale abbia termine con l’esaurirsi delle attività gestionali di natura straordinaria. Alle residuali attività di carattere meramente esecutivo e adempimentale vi provvederanno, invece, gli uffici di Roma Capitale.

 

Si osserva che il presente provvedimento reca una ulteriore disposizione relativa alla gestione commissariale del comune di Roma al comma 12-decies dell’articolo 23, anch’essa introdotta nel corso dell’esame parlamentare.

La disposizione stabilisce che nella massa passiva del piano di rientro dall’indebitamento pregresso del Comune di Roma, come rilevata nel documento di accertamento del debito approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 4 agosto 2010 e con l'articolo 2, comma 7 del D.L. n. 225 del 2010, sono conservati i debiti conseguenti alle aperture di credito, anche nel caso in cui i relativi contratti siano sostituiti con successive e diverse operazioni di finanziamento.


 

Articolo 16-bis
(Patto Governo-Regioni per il trasporto pubblico locale)

 


1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, ai sensi dell'articolo 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 ottobre 2012, sono definiti i criteri e le modalità con cui ripartire e trasferire alle regioni a statuto ordinario le risorse del fondo di cui agli articoli 21, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e 30, comma 3, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. I criteri sono, in particolare, finalizzati ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi relativi al trasporto pubblico locale, anche ferroviario, mediante:

a) un'offerta di servizio più idonea, più efficiente ed economica per il soddisfacimento della domanda di trasporto pubblico;

b) il progressivo incremento del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;

c) la progressiva riduzione dei servizi offerti in eccesso in relazione alla domanda e il corrispondente incremento qualitativo e quantitativo dei servizi a domanda elevata;

d) la definizione di livelli occupazionali appropriati;

e) la previsione di idonei strumenti di monitoraggio e di verifica.

2. Le risorse del fondo di cui agli articoli 21, comma 3, del citato decreto-legge n. 98 del 2011 e 30, comma 3, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, e le risorse derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio prevista dagli articoli 1, commi da 295 a 297, della legge n. 244 del 2007, una volta definiti i criteri di cui al comma 1, non possono essere destinate a finalità diverse da quelle del finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario.


 

 

L’articolo 16-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, demanda a un D.P.C.M., da emanare entro il 31 ottobre 2012, la definizione di criteri e modalità di ripartizione e trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle risorse del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario. Il comma 2 stabilisce che le risorse di detto Fondo e quelle derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio, una volta emanato il D.P.C.M. di cui al comma 1, non possono essere destinate a finalità diverse dal finanziamento del trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario.

 

L’articolo 16-bis prevede, al comma 1, l’emanazione di un D.P.C.M. per la definizione dei criteri e delle modalità di ripartizione e trasferimento alle regioni a statuto ordinario delle risorse del Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, istituito dall’articolo 21, comma 3, del D.L. n. 98/2011.[192]

La dotazione del suddetto Fondo era stata originariamente fissata in 400 milioni di euro annui a decorrere dal 2011; successivamente l’articolo 30, comma 3, del D.L. n. 201/2011,[193] ha previsto un incremento della dotazione di 800 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2012.

Il citato articolo 30, comma 3, stabilisce inoltre che dal 2013 il Fondo è alimentato da una compartecipazione al gettito derivante dalle accise sui carburanti. L'aliquota di compartecipazione dovrà essere stabilita entro il 30 settembre 2012, con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Il comma in esame prevede che i criteri di ripartizione del Fondo dovranno essere finalizzati ad incentivare le regioni e gli enti locali a razionalizzare ed efficientare la programmazione e la gestione dei servizi di trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario, mediante:

a)   miglioramento dell’offerta di servizio, rendendola più idonea, efficiente ed economica per il soddisfacimento della relativa domanda;

b)   incremento progressivo del rapporto tra ricavi da traffico e costi operativi;

c)   progressiva riduzione dei servizi offerti in misura eccessiva rispetto alla domanda e corrispondente incremento, qualitativo e quantitativo, dei servizi per i quali si registra una domanda elevata ;

d)   definizione di appropriati livelli occupazionali;

e)   previsione di idonei strumenti di monitoraggio e verifica.

 

Il D.P.C.M. dovrà essere emanato entro il 31 ottobre 2012, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 2 dell’articolo 16-bis stabilisce che le risorse del menzionato Fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, e quelle derivanti dalla compartecipazione al gettito dell'accisa sul gasolio, prevista dall’articolo 1, commi 295-297, della legge n. 244/2007,[194] successivamente all’emanazione del D.P.C.M. di cui al comma 1, non potranno essere destinate a finalità diverse dal finanziamento del trasporto pubblico locale, compreso quello ferroviario.

 

I citati commi dell’articolo 1 della legge n. 244/2007 hanno riconosciuto alle regioni a statuto ordinario la compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione per finanziare lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico locale. Per il triennio 2008-2010, la compartecipazione spettante a ciascuna regione è fissata dalla stessa legge n. 244/2007 (tabella 1). A decorrere dal 2011 le quote di compartecipazione dovevano essere fissate con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze. Nelle more dell’emanazione di tale decreto, continuano ad essere attribuite a ciascuna regione, a titolo di acconto, le quote mensili determinate nella tabella allegata alla stessa legge n. 244/2007.


 

Articolo 17
(Riordino
delle province e loro funzioni)

 


1. Al fine di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio, tutte le province delle regioni a statuto ordinario esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono oggetto di riordino sulla base dei criteri e secondo la procedura di cui ai commi 2 e 3.

2. Entro dieci giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Consiglio dei ministri determina, con apposita deliberazione, da adottare su proposta dei Ministri dell'interno e della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il riordino delle province sulla base di requisiti minimi, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia. Ai fini del presente articolo, anche in deroga alla disciplina vigente, la popolazione residente è determinata in base ai dati dell'Istituto nazionale di statistica relativi all'ultimo censimento ufficiale, comunque disponibili alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Sono fatte salve le province nel cui territorio si trova il comune capoluogo di regione. Sono fatte salve, altresì, le province confinanti solo con province di regioni diverse da quella di appartenenza e con una delle province di cui all'articolo 18, comma 1.

3. Il Consiglio delle autonomie locali di ogni regione a statuto ordinario o, in mancanza, l'organo regionale di raccordo tra regioni ed enti locali, entro settanta giorni dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della deliberazione di cui al comma 2, nel rispetto della continuità territoriale della provincia, approva una ipotesi di riordino relativa alle province ubicate nel territorio della rispettiva regione e la invia alla regione medesima entro il giorno successivo. Entro venti giorni dalla data di trasmissione dell'ipotesi di riordino o, comunque, anche in mancanza della trasmissione, trascorsi novantadue giorni dalla citata data di pubblicazione, ciascuna regione trasmette al Governo, ai fini di cui al comma 4, una proposta di riordino delle province ubicate nel proprio territorio, formulata sulla base dell'ipotesi di cui primo periodo. Le ipotesi e le proposte di riordino tengono conto delle eventuali iniziative comunali volte a modificare le circoscrizioni provinciali esistenti alla data di adozione della deliberazione di cui al comma 2. Resta fermo che il riordino deve essere effettuato nel rispetto dei requisiti minimi di cui al citato comma 2, determinati sulla base dei dati di dimensione territoriale e di popolazione, come esistenti alla data di adozione della deliberazione di cui al medesimo comma 2.

4. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con atto legislativo di iniziativa governativa le province sono riordinate sulla base delle proposte regionali di cui al comma 3, con contestuale ridefinizione dell'ambito delle città metropolitane di cui all'articolo 18, conseguente alle eventuali iniziative dei comuni ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione nonché del comma 2 del medesimo articolo 18. Se alla data di cui al primo periodo una o più proposte di riordino delle regioni non sono pervenute al Governo, il provvedimento legislativo di cui al citato primo periodo è assunto previo parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, che si esprime entro dieci giorni esclusivamente in ordine al riordino delle province ubicate nei territori delle regioni medesime.

4-bis. In esito al riordino di cui al comma 1, assume il ruolo di comune capoluogo delle singole province il comune già capoluogo di provincia con maggior popolazione residente, salvo il caso di diverso accordo tra i comuni già capoluogo di ciascuna provincia oggetto di riordino.

5. Le Regioni a statuto speciale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica nonché principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. Le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione per le province autonome di Trento e Bolzano.

6. Fermo restando quanto disposto dal comma 10 del presente articolo, e fatte salve le funzioni di indirizzo e di coordinamento di cui all'articolo 23, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, nel rispetto del principio di sussidiarietà di cui all'articolo 118, comma primo, della Costituzione, e in attuazione delle disposizioni di cui al comma 18 del citato articolo 23, come convertito, con modificazioni, dalla citata legge n. 214 del 2011, sono trasferite ai comuni le funzioni amministrative conferite alle province con legge dello Stato fino alla data di entrata in vigore del presente decreto e rientranti nelle materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell'articolo 117, comma secondo, della Costituzione.

7. Le funzioni amministrative di cui al comma 6 sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali.

8. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sulla base della individuazione delle funzioni di cui al comma 7, si provvede alla puntuale individuazione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connessi all'esercizio delle funzioni stesse ed al loro conseguente trasferimento dalla provincia ai comuni interessati. Sugli schemi dei decreti, per quanto attiene al trasferimento di risorse umane, sono consultate le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.

8-bis. Sui decreti di cui ai commi 7 e 8 è acquisito il parere della Commissione parlamentare per la semplificazione di cui all'articolo 14, comma 19, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni.

9. La decorrenza dell'esercizio delle funzioni trasferite ai sensi del comma 6 è inderogabilmente subordinata ed è contestuale all'effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all'esercizio delle medesime.

10. All'esito della procedura di riordino, sono funzioni delle province quali enti con funzioni di area vasta, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione:

a) pianificazione territoriale provinciale di coordinamento nonché tutela e valorizzazione dell'ambiente, per gli aspetti di competenza;

b) pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale nonché costruzione, classificazione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente.

b-bis) programmazione provinciale della rete scolastica e gestione dell'edilizia scolastica relativa alle scuole secondarie di secondo grado.

11. Restano ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.

12. Resta fermo che gli organi di governo della Provincia sono esclusivamente il Consiglio provinciale e il Presidente della Provincia, ai sensi dell'articolo 23, comma 15, del citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito nella legge 22 dicembre 2011, n. 214.

13. La redistribuzione del patto di stabilità interno tra gli enti territoriali interessati, conseguente all'attuazione del presente articolo, è operata a invarianza del contributo complessivo.

13-bis. Per l'anno 2012 alle province di cui all'articolo 16, comma 7, è attribuito un contributo, nei limiti di un importo complessivo di 100 milioni di euro. Il contributo non è conteggiato fra le entrate valide ai fini del patto di stabilità interno ed è destinato alla riduzione del debito. Il riparto del contributo tra le province è stabilito con le modalità previste dal medesimo comma 7.

13-ter. Alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dal comma 13-bis, pari a 100 milioni di euro per l'anno 2012, si provvede mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse disponibili sulla contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate-Fondo di bilancio».


 

 

 

L’articolo 17, come modificato dalla legge di conversione, dispone un generale riordino delle province (in luogo della soppressione ed accorpamento previsto dal testo originario) attraverso un articolato procedimento condiviso con le comunità locali (commi 1-5) e la ridefinizione delle loro funzioni, prevedendo tra l’altro il conferimento di ulteriori funzioni oltre a quelle di coordinamento stabilite dal D.L. 201/2011 (commi 6-11). Inoltre, si conferma la soppressione della giunta provinciale (comma 12) e si prevede la redistribuzione tra le province, all’esito della riduzione del loro numero, del patto di stabilità interno in modo da garantire l’invarianza del contributo complessivo (comma 13).

Il riordino delle province è strettamente collegato con l’istituzione delle città metropolitane (ad opera del successivo articolo 18) dove si stabilisce la contestuale soppressione delle province nel relativo territorio.

Riordino delle province (art. 17, commi 1-5)

Il comma 1 individua l’oggetto dell’intervento normativo nel riordino delle province delle regioni a statuto ordinario, e la sua finalità nel contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio. Per i criteri e le modalità attuative il comma 1 rinvia ai successivi commi.

Nel testo originario del comma l’obiettivo della disposizione è costituito dalla soppressione e dall’accorpamento delle province, sostituito nel corso dell’esame parlamentare con il più generale riordino delle stesse. Parimenti, le espressioni soppressione, accorpamento e riduzione, ovunque ricorrenti nell’articolo in esame, sono sostituite da quella di riordino.

Se indubbiamente la nuova definizione intende attenuare, almeno dal punto di vista terminologico, l’impatto dell’intervento normativo, tuttavia non sembra mutarne sostanzialmente la portata, in quanto il riordino, sulla base dei criteri fissati dal Governo non potrà che tradursi nella soppressione di un certo numero di province, nella loro riaggregazione in nuove province o nell’accorpamento a province supersiti, con il risultato di una sostanziale riduzione del numero delle province stesse.

Nel corso dell’esame parlamentare è stata aggiunta la precisazione che il riordino riguarda le province situate nelle regioni a statuto ordinario; anche in questo caso la disposizione ha una limitata portata normativa, in quanto viene mantenuta la disposizione di cui al comma 5 che prevede il riordino anche delle province delle regioni a statuto speciale (ad eccezione di Trento e Bolzano) entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto.

 

I successivi commi 2, 3 e 4 delineano un complesso procedimento, articolato in 4 fasi, che in breve tempo, entro il 2012, porterà al riordino delle province attraverso:

§      la definizione dei requisiti minimi da parte del Governo;

§      la deliberazione, sulla base di tali requisiti, delle ipotesi di riordino da parte dei Consigli delle autonomie locali;

§      la deliberazione di proposte di riordino da parte delle regioni;

§      il riordino operato con legge del Governo sulla base delle proposte delle regioni.

Le fasi della procedura sono sintetizzate nella tabella che segue. In grassetto sono riportate le modifiche apportate dal Parlamento e tra parentesi le disposizioni del testo originario.

 

Azione

Organo

Atto

Termini

 

I

Determinazione dei criteri per il riordino delle province

Consiglio dei ministri

Deliberazione 20 luglio 2012

Entro 10 gg. dall’entrata in vigore del D.L.

20.7.2012

II

Ipotesi di riordino (deliberazione dei piani di riduzione)

Consigli delle autonomie locali o altri organi di raccordo Regione-Enti locali

--

Entro 70 gg dalla data di pubblicazione della deliberazione del CdM

2.10.2012

III

Proposta di riordino (parere sui piani di riduzione)

Regione

--

Entro 20 gg. dalla data di trasmissione dell’ipotesi di riordino e in ogni caso entro 92 gg. dalla pubblicazione della deliberazione del CdM

23.10.2012



24.10.2012

IV

Soppressione e accorpamento delle province

Governo

Atto legislativo

Entro 60 gg dalla legge conversione del D.L.

 

La definizione dei criteri di riordino

Riguardo ai requisiti minimi per le province l’articolo in esame individua due condizioni consistenti nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia (comma 2 come modificato dal Senato).

 

La definizione di tali requisiti come “minimi” sembra presupporre la possibile individuazione di requisiti ulteriori rispetto ad essi, eventualità esclusa dal testo originario che fa riferimento a criteri di riordino.

 

Il riordino delle province sulla base di tali requisiti minimi è demandato ad una deliberazione del Consiglio dei ministri, da adottare entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, ossia entro il 16 luglio 2012, su proposta dei Ministri dell’interno e della pubblica amministrazione e di concerto con quello dell’economia.

Ai fini della determinazione della popolazione, si prevede l’utilizzo dei dati relativi all’ultimo censimento ufficiale dell’ISTAT, comunque “disponibili” alla data di entrata in vigore alla legge di conversione. Ciò in deroga al principio generale che prevede in questi casi l’utilizzo della popolazione legale, ossia alla popolazione determinata in base ai dati definitivi del censimento generale ISTAT e recepiti con decreto del Presidente del Consiglio (attualmente la popolazione legale è quella basata sul censimento del 2001, ai sensi del D.P.C.M. 2 aprile 2003).

La popolazione legale viene utilizzata, per esempio, per il calcolo delle fasce demografiche dei comuni ai fini della determinazione del numero dei consiglieri comunali (art. 27 TUEL), e per la scelta del sistema elettorale dei comuni.

La disposizione derogatoria è motivata presumibilmente dal fatto che attualmente non sono ancora stati pubblicati i dati definitivi del censimento 2011, mentre sono noti i dati provvisori già diffusi dall’ISTAT e disponibili nel sito http://dati.istat.it/, e pertanto questi sono i dati che potranno essere utilizzati, a meno che nel frattempo non siano disponibili i dati definitivi della popolazione legale.

Il Governo, in sede di risposta ad un atto di sindacato ispettivo, ha poi precisato che sono rilevanti ai fini del riordino delle province i dati demografici risultanti dal XV censimento generale della popolazione e delle abitazioni, svoltosi nel 2011, disponibili alla data del 15 agosto 2012. Nella stessa sede, il Parlamento è stato informato che il 19 giugno sono stati diffusi i dati in versione provvisoria e non vi sono stati ulteriori aggiornamenti rilevanti ai fini del riordino[195].

Risulta dalla citata risposta che l'ISTAT ha confermato lo scostamento tra i dati demografici derivanti dall'aggiornamento anagrafico mensile dei dati del XIV censimento, quello del 2001, e i dati censuari del 2011. Al riguardo, l'ISTAT ha precisato che soltanto in un caso, quello della provincia di Arezzo, i dati aggiornati del 2001, e comunque irrilevanti ai fini del riordino delle province, registrano una popolazione residente superiore ai 350 mila abitanti. Mentre i dati censuari del 2011 attestano che la popolazione residente è inferiore a tale soglia, previsione confermata anche dalla versione definitiva dei dati, quindi aggiornati di recente, e che sarà di prossima diffusione.

Sono individuate alcune deroghe al riordino che riguardano:

§      le province nel cui territorio si trova il capoluogo di regione;

§      le province che confinano solo con province di regioni diverse da quella di appartenenza (e che pertanto non possono essere ad esse accorpate senza l’attivazione, nei territori interessati, del procedimento di cui all’art. 132, secondo comma, Cost., ossia referendum, legge della Repubblica, parere delle regioni coinvolte) o con province destinate a trasformarsi in città metropolitane. La disposizione sembrerebbe applicarsi alla sola provincia di La Spezia, che stante i limiti demografici fissati dal Governo (vedi oltre) andrebbe soppressa e che confina con la provincia di Genova (città metropolitana) e con le regioni Emilia – Romagna e Toscana;

§      le province autonome di Trento e Bolzano (la cui istituzione è prevista a livello costituzionale) sono escluse dalla riduzione.

 

Le province delle regioni a statuto speciale, non comprese dalcomma 1 come modificato dal Senato, decideranno autonomamente le modalità (ma non i termini, che sono fissati in 6 mesi) di riduzione e accorpamento (sul punto si veda oltre).

Il Governo ha attuato la disposizione di cui al comma 2 con la deliberazione del Consiglio dei ministri 20 luglio 2012 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 24 luglio 2012 nel corso dell’esame della legge di conversione dei decreto-legge 95), che ha definito i criteri per il riordino delle province previsti dalla norma in esame. In base ai criteri approvati, i nuovi enti dovranno avere almeno 350 mila abitanti ed estendersi su una superficie territoriale non inferiore ai 2.500 chilometri quadrati. Come espressamente indicato nella deliberazione, i due criteri devono essere posseduti entrambi e sono confermate le deroghe previste dalla norma in esame (vedi sopra).

Senza tener conto dell’esclusione delle province montane, sulla base di tali criteri e utilizzando i dati provvisori dell’ISTAT delle 110 province italiane relativi all’ultimo censimento, disponibili al 25 luglio 2012, se si escludono le 10 città metropolitane, i 10 comuni capoluogo di regione che non sono città metropolitane, le 2 province di Bolzano e Trento, la Valle d’Aosta e la provincia della Spezia, risultano 22 province sopra i limiti suddetti; sono invece ben 64 le province al di sotto dei limiti e che pertanto dovranno essere soppresse e accorpate (dati della popolazione pubblicati sul sito Istat, datawarehouse delle statistiche prodotte dall’ISTAT, http://dati.istat.it/, consultati il 25 luglio 2012; per la superficie sono stati utilizzati i dati ISTAT riportati nell'Elenco dei comuni italiani al 30 giugno 2010 pubblicato nel sito www.istat.it/it/archivio/6789).

 

Nelle tabelle che seguono sono indicate, regione per regione, le province soppresse e quelle confermate ai sensi dei criteri indicati nella deliberazione del 20 luglio 2012. Non è considerata l’esclusione delle province montane.

Tab. 1. Regioni a statuto ordinario

Regione

Province soppresse

Province confermate

Piemonte

Vercelli, Asti, Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Novara

Torino, Cuneo, Alessandria

Lombardia

Lecco, Lodi, Como, Monza Brianza, Mantova, Cremona, Sondrio, Varese

Milano, Brescia, Bergamo, Pavia

Veneto

Rovigo, Belluno, Padova, Treviso

Venezia, Verona, Vicenza

Liguria

Savona, Imperia

Genova, La Spezia

Emilia-Romagna

Reggio Emilia, Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Piacenza

Bologna, Parma, Modena, Ferrara

Toscana

Grosseto, Siena, Arezzo, Lucca, Massa Carrara, Pistoia, Prato, Pisa, Livorno

Firenze

Umbria

Terni

Perugia

Marche

Ascoli Piceno, Macerata, Fermo,

Ancona, Pesaro e Urbino

Lazio

Latina, Rieti, Viterbo

Roma, Frosinone

Abruzzo

Pescara, Teramo

L’Aquila, Chieti

Molise

Isernia

Campobasso

Campania

Benevento

Napoli, Salerno, Caserta, Avellino

Basilicata

Matera

Potenza

Puglia

Taranto, Brindisi, Barletta-Andria-Trani

Bari, Foggia, Lecce

Calabria

Crotone, Vibo Valentia

Cosenza, Reggio Calabria, Catanzaro

Tab. 2. Regioni a statuto speciale

Regione

Province soppresse

Province confermate

Friuli - Venezia Giulia

Pordenone, Gorizia

Trieste, Udine

Sicilia

Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa, Trapani

Palermo, Agrigento, Catania, Messina

Sardegna

Olbia-Tempio, Medio Campidano, Ogliastra, Carbonia-Iglesias, Sassari, Nuoro, Oristano

Cagliari

 

Si rileva che nel territorio di tre regioni (Umbria, Molise e Basilicata) sono costituite attualmente due sole province e pertanto, all’esito del riordino, verrebbe a costituirsi in ciascuna delle tre regioni una sola provincia, il cui territorio coincide con quello regionale.

 

Oltre alla definizione dei limiti demo-territoriali, come prescritto dalla norma in esame, la deliberazione del Consiglio dei ministri individua le seguenti ulteriori circostanze, alcune delle quali inserite nel testo dell’articolo de quo da parte del Senato, alle quali dovranno attenersi i piani di riordino:

§      le proposte di riordino dovranno tener conto delle eventuali iniziative comunali in corso alla data del 20 luglio 2012 fermi restando i criteri di popolazione e superficie stabiliti dal Governo (nel corso dell’esame del Senato tale disposizione è stata inserita nel comma 3 dell’articolo 17);

In proposito si osserva che, per quanto riguarda la popolazione, viene individuato un nuovo criterio: fermo restando il limite di 350 mila abitanti e di 2.500 kmq, la deliberazione (prima) e la proposta emendativa (poi) prevedono che questi siano calcolati alla data di adozione della medesima delibera (20 luglio 2012) e non, come previsto dalla norma in esame, alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Inoltre, il Governo ha precisato, con una nota del 3 agosto, che, con riferimento alle province che non possiedono i requisiti minimi specificamente indicati nella deliberazione del Consiglio dei ministri, i CAL e le Regioni possono senz'altro dare seguito ad eventuali iniziative comunali già formalizzate alla data del 24 luglio 2012 volte a modificare le circoscrizioni provinciali. Tuttavia – si precisa nella nota - tali iniziative non hanno l'effetto di far ottenere né perdere alle suddette province i requisiti minimi di dimensione territoriale e demografica prescritti[196].

§      viene posto il divieto all’accorpamento di una o più province con le città metropolitane che verranno istituite nel territorio delle province delle grandi città, previa soppressione delle stesse province. Tale divieto si ricava anche dall’articolo 17 del decreto, in modo implicito, che prevede, come si è visto, una deroga alla soppressione per le province che confinano esclusivamente con province di altre regioni e con province/città metropolitane;

Tale divieto andrebbe valutato alla luce dell’art. 133, 1° comma, Cost. che prevede la possibilità, senza specifici limiti, di mutare le circoscrizioni provinciali su iniziativa dei comuni. La norma in esame non può ovviamente impedire l’eventuale attivazione di tale meccanismo costituzionale anche qualora sia finalizzato a far confluire una o più province nel territorio di una città metropolitana. L’intento della norma sembra piuttosto quello di escludere che i piani di riordino dei CAL prevedano tale possibilità.

Tale lettura è confermata dal fatto che, se da un lato non è espressamente esclusa la possibilità che i piani di riordino prevedano il passaggio di singoli comuni, appartenenti a province che rientrano nel riordino in esame, alla città metropolitana, dall’altro, l’articolo 18, comma 2, facendo salvo l’art. 133, 1° comma, Cost. sembrerebbe consentire il passaggio di comuni, solo con l’attivazione della procedura costituzionale.

(Sulla compatibilità con l’art. 133 Cost. si veda quanto argomentato più diffusamente infra).

§      i piani di riordino stabiliscono la denominazione delle province all’esito della riorganizzazione;

§      il ruolo del comune capoluogo di provincia sarà assunto dal comune capoluogo della provincia soppressa con maggior popolazione residente (fattispecie legificata per effetto del successivo comma 4-bis).

Non viene indicata la fonte statistica per la determinazione della popolazione del comune capoluogo, ma essa deve presumibilmente intendersi la stessa che sarà alla base del programma di riordino. Sembra, inoltre, che la norma intenda escludere la possibilità di province con capoluoghi multipli previsti dalla normativa vigente.

Ipotesi di riduzione

Sulla base dei criteri come sopra definiti i Consigli delle autonomie locali (CAL), ai sensi del comma 3, sono tenuti a predisporre delle “ipotesi di riordino” (il testo originale fa riferimento invece a piani di riduzione e accorpamento)delle province situate nelle rispettive regioni e ad approvarli (non viene indicato l’atto formale di approvazione, mentre nel testo originario questo è individuato in una apposita delibera).

 

Nella deliberazione delle ipotesi di riordino, come precisato nel corso dell’esame del Senato, i CAL devono considerare il rispetto del principio di continuità territoriale della provincia.

I CAL sono organi di consultazione a composizione mista regioni - enti locali istituiti dall’art. 123 Cost. (come modificato dalla riforma del titolo V del 2001). Attualmente risultano costituiti CAL in quasi tutte le regioni, ad eccezione della Basilicata e del Veneto, dove dovrebbero operare ancora gli organismi di raccordo regione-enti locali istituiti anteriormente al 2001. E, infatti, la disposizione in esame prevede che, qualora i CAL non siano ancora costituiti, i piani siano deliberati da tali organi di raccordo.

Nel testo originario del decreto-legge le delibere dei CAL sono definite “costituenti iniziativa di riordino delle province”[197]. Tale definizione è stata soppressa nel corso dell’esame del Senato e sostituita con la previsione che le ipotesi e le proposte di riordino devono tener conto delle eventuali iniziative comunali in corso alla data del 20 luglio 2012.

In ogni caso, sia nella formulazione vigente, sia in quella proposta dal Senato, la disposizione di cui al comma 3 intende verosimilmente affrontare il punto forse più delicato dell’intervento normativo: infatti, la Costituzione prevede, come accennato nel paragrafo precedente, un percorso ben preciso per il mutamento delle circoscrizioni provinciali (o per la creazione di nuove province) che può essere stabilito “con Legge della repubblica, su iniziativa dei comuni, sentita la stessa regione” (art. 133, 1° comma).

 

Si pone pertanto, anche in questo caso, la questione della compatibilità costituzionale della disposizione, per il fatto che interpreta l’attuazione di un obbligo di legge come iniziativa nell’attivazione del procedimento costituzionale.

Inoltre, il coinvolgimento dei comuni - che l'art. 133 Cost. richiede - potrebbe essere ritenuto solo parzialmente realizzato dall'intervento del CAL, per la sua composizione generalmente rappresentativa e mista (non comprende solo i comuni). Il CAL, peraltro, agisce prevalentemente come organo di consulenza.

Si consideri infine che lo spazio deliberativo del CAL (o dell'organo di raccordo) appare apprezzabilmente ridotto sia dagli obiettivi di riduzione/accorpamento, che dai parametri quantitativi relativi al territorio e alla popolazione. Peraltro le delibere di iniziativa sono solo base per la successiva determinazione governativa.

 

 

Ad ogni modo si può comunque ritenere che il dettato costituzionale non escluda in assoluto, in capo al legislatore statale, il potere di avviare e realizzare una procedura di ridefinizione delle circoscrizioni territoriali, a prescindere dalle iniziative dei comuni interessati, al fine di realizzare un generale processo di riordino e razionalizzazione dell’assetto territoriale degli enti locali.

 

Si ricorda in proposito che il procedimento di iniziativa comunale è disciplinato in dettaglio dall’art. 21 del testo unico degli enti locali – TUEL (D.Lgs. 267/2000), che non è espressamente modificato dalla richiamata disciplina. Eppure, lo stesso TUEL, all’art. 1, stabilisce che “ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni”.

 

In particolare il citato articolo 21 del TUEL prevede che per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo 133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi:

§       ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente;

§       ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale;

§       l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;

§       l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati; le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare l'iniziativa dei comuni;

§       di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;

§       l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e degli altri enti pubblici;

§       le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni, strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.

 

In caso di inerzia di uno o più CAL il testo dell’originario comma 3 prevede che la riduzione sia operata direttamente dal Governo previo parere della Conferenza unificata. Tale disposizione è stata superata dalle modifiche al procedimento operata al Senato (vedi oltre).

Le proposte delle regioni e l’iniziativa governativa

Dopo che i CAL hanno approvato le ipotesi di riordino, queste passano al vaglio delle regioni.

Mentre il testo originale prevede che le regioni, dopo le deliberazioni dei piani di riordino, esprimono il proprio parere al Governo, il testo approvato dal Senato stabilisce che queste non esprimano un semplice parere, ma elaborino un nuovo (interlocutorio) documento recante proposta di riordino delle province, sulla base delle ipotesi dei CAL (comma 3).

In ogni caso, come chiarito dal Governo nel corso dell’esame in sede referente al Senato, le proposte delle regioni non avranno carattere vincolante (Commissione Bilancio, seduta 748 del 27 luglio 2012).

 

Una doppia norma di chiusura, introdotta al Senato e non prevista dal testo originario, stabilisce che:

§      in caso di mancata trasmissione delle ipotesi dei CAL, le regioni procedono comunque entro 80 giorni dalla data di pubblicazione della delibera del Governo;

§      in caso di mancanza delle proposte delle regioni, il Governo dispone in via sostitutiva, previo parere della Conferenza unificata.

Il testo originario prevede il ricorso alla Conferenza in caso di inottemperanza dei CAL, ma non delle regioni: la norma emendata consente di superare le eventuali inerzie sia dei CAL, sia delle regioni.

 

Il riordino effettivo è stabilito dal Governo sulla base delle proposte delle regioni (comma 4).

Come previsto da modifica introdotta nel corso dell’esame del Senato, il Governo, contestualmente al riordino delle province, provvede alla ridefinizione dell’ambito (territoriale) delle città metropolitane conseguente alle eventuali iniziative di comuni ai sensi dell’art. 133 Cost. (si veda in proposito il successivo articolo 18).

Relativamente alla fonte normativa, si rileva che la norma fa rinvio, in modo non usuale, ad un “atto legislativo di iniziativa governativa” che provvede, entro 60 giorni, al riordino delle province.

Qualora tale locuzione costituisca un implicito riferimento a strumento d’urgenza ex art. 77 Cost. si prefigurerebbero – sin d’ora – requisiti di necessità e urgenza privi del requisito della straordinarietà.

Qualora invece la stessa locuzione sottintenda un richiamo a disegno di legge del Governo, il termine di 60 giorni dovrebbe riferirsi solo all’iniziativa del Governo e non anche all’esame parlamentare, perché i relativi termini sono materia riservata ai regolamenti delle due Camere ai sensi dell’art. 64 Cost.

 

Il complesso procedimento sopra descritto è corredato di una precisa tempistica, peraltro ampiamente modificata dal Senato, di cui si da conto nella tabella riportata sopra.

 

 

Anche a seguito delle modifiche del Senato, si pone la questione del coordinamento dei termini del procedimento: infatti, come si evince dalla tabella citata, i termini delle prime tre fasi sono collegati alla data della pubblicazione della delibera del Governo sui criteri di riordino (24 luglio 2012) e il termine della terza fase cade il 24 ottobre 2012: entro tale data, al più tardi, devono essere presentate le proposte di riordino da parte delle regioni. Il termine dell’ultima fase, adozione del provvedimento di riordino del Governo, è, invece, parametrata sulla data di entrata in vigore della legge di conversione: entro 60 giorni da tale data (ossia entro il 13 ottobre) dovrà essere emanato il provvedimento in questione. Il termine per l’adozione dell’atto del Governo viene dunque a scadere prima di quello per la presentazione dei piani di riordino mentre ovviamente non potrà che essere adottato successivamente. E in effetti il vademecum del Governo sulla riforma delle province non indica una data determinata per l’adozione del provvedimento governativo finale ma si limita a precisare che questo sarà adottato al termine dell’iter di riforma[198].

Si osserva, inoltre, che il termine per le regioni per deliberare le proposte di riordino in caso di mancata trasmissione delle ipotesi di riordino dei CAL viene a coincidere praticamente con il termine che questi hanno per presentare le medesime ipotesi.

 

Si rileva, infine, che la soppressione delle province sotto soglia e il loro accorpamento, conseguenti al riordino, di fatto supera, solo per queste province, quanto previsto dal citato D.L. 201/2011 in materia di organi provinciali. Infatti, il D.L. 201 ha trasformato i consigli provinciali in organi elettivi di secondo grado, ossia non più eletti direttamente dal corpo elettorale, bensì dai sindaci e dai consiglieri dei comuni del territorio provinciale. Il nuovo sistema elettorale sarà stabilito con legge dello Stato che dovrà essere adottata entro il 31 dicembre 2012 (attualmente è all’esame della Camera un disegno di legge del Governo in materia, l’Atto Camera n. 5210).

 

Si ricorda che, ancora prima del decreto in esame, una profonda riforma del sistema delle province è stata prefiguarata dal citato decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201[199] nell’ambito delle misure volte al contenimento delle spesa pubblica (art. 23, co. 14-21). Alle province, innanzitutto, venivano affidate esclusivamente funzioni di indirizzo politico e di coordinamento. Tale impostazione è stata di fatto superata all’art. 17 del decreto-legge 95 che come si è visto ha ampliato il novero delle funzioni provinciali (la Corte costituzionale si pronuncerà il 6 novembre 2012 sui ricorsi presentati a titolo di impugnazione diretta da parte di sei regioni avverso l’art. 23, commi 14 e seguenti, del D.L. 201/2012).

Viene invece confermata la modifica del sistema di elezione degli organi provinciali. Sia il consiglio provinciale che il presidente della provincia sono configurati - a differenza degli altri enti indicati dall’art. 114 Cost. - come organi ad elezione indiretta, eletto il primo dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia e il secondo dal consiglio provinciale stesso tra i suoi componenti. Tali organi durano in carica cinque anni e le modalità di elezione del consiglio provinciale, composto da non più di dieci membri, e del presidente della provincia sono stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012.

Ebbene il sistema elettorale delineato dal menzionato ddl A.C. 5210 è un sistema proporzionale, con voto di lista e preferenze, senza coalizioni, né soglie di sbarramento, né premi di maggioranza. In estrema sintesi:

§       hanno diritto di elettorato attivo e passivo i sindaci e i consiglieri comunali in carica nei comuni della provincia;

§       l’intero territorio provinciale è costituito da una unica circoscrizione elettorale sia ai fini della presentazione delle candidature, sia per l’attribuzione dei seggi;

§       le forze politiche presentano la lista dei candidati al consiglio provinciale e, con essa, il candidato alla carica di presidente della provincia;

§       l'elettore vota insieme la lista e il candidato presidente e può esprimere due preferenze per i candidati alla carica di consigliere;

§       è eletto presidente della provincia il candidato che ottiene il maggior numero di voti;

§       per la composizione del consiglio provinciale invece, l'attribuzione dei seggi alle liste avviene in maniera proporzionale (metodo dei divisori d’Hondt); i seggi sono poi attribuiti ai candidati in ordine al numero di preferenze ricevute.

Per approfondimenti si veda il dossier del Servizio studi n. 651/0 del 6 giugno 2012.

 

I consigli provinciali scaduti nel 2012 non sono stati rinnovati e le province sono state commissariate dal Governo in attesa che la definizione della nuova legge elettorale ne permetta il rinnovo. Gli altri consigli provinciali avrebbero dovuto essere rieletti con il nuovo sistema ciascuno a conclusione del proprio mandato. La norma in esame incide evidentemente su tale previsione: presumibilmente tutti i consigli provinciali delle province soppresse dovrebbero, al termine del procedimento, essere sciolti, ma dovrebbero essere sciolti anche i consigli provinciali delle province non soppresse ma destinate a mutare il proprio territorio all’esito del riordino. Rimarrebbero esclusivamente in carica i consiglio delle province sopra i limiti minimi e che non dovranno inglobare porzioni di territorio di province soppresse. Non viene prevista una norma transitoria che regoli opportunamente il passaggio dalle vecchie alle nuove province, che dovrà probabilmente essere disciplinato dall’atto governativo di riordino.

 

Il Senato ha aggiunto il nuovo comma 4-bis che recepisce quanto già previsto nella delibera del Governo del 20 luglio, prevedendo che il ruolo del comune capoluogo di provincia sarà assunto dal comune, già capoluogo della provincia soppressa, con maggior popolazione residente, con la significativa modifica rispetto alla delibera, che è fatta salva l’ipotesi di diverso accordo tra i capoluoghi di provincia.

Le regioni a statuto speciale

Il comma 5 riguarda le regioni a statuto speciale che devono adeguare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto in analisi, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui all’articolo in esame, che costituiscono principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica nonché principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica. L’adeguamento riguarda tutte le disposizioni recate dall’articolo, quindi sia il riordino delle province, sia la ridefinizione delle funzioni provinciali (per la quale si rinvia al paragrafo successivo).

 

Le regioni a statuto speciale, seppure con diverse formulazioni, hanno competenza primaria in materia di enti locali, ai sensi dei propri statuti di autonomia (che hanno rango costituzionale) e la esercitano entro il limite dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico della Repubblica.

 

La Corte costituzionale (sentenze n. 286 del 2007, 238 del 2007, n. 5 del considerato in diritto, sentenze n. 48 del 2003, n. 230 e 229 del 2001, e n. 415 del 1994) ha riconosciuto al legislatore delle regioni ad autonomia speciale una potestà di disciplina differenziata rispetto alla corrispondente legislazione statale, salvo il rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato e dell'ambito delle materie di esclusiva competenza statale (individuate sulla base di quanto prescritto negli statuti speciali).

 

Ai sensi del comma 5, le disposizioni di cui al presente articolo non trovano applicazione per le province autonome di Trento e Bolzano (previste dalla Costituzione art. 116, 2° comma).

Tra le regioni a statuto speciale non è espressamente esclusa la Valle d’Aosta, che però ha una peculiare struttura di articolazione territoriale che, di fatto, rende inapplicabile l’articolo in esame. Infatti, nella regione, dove il territorio della provincia coincide con quello regionale, non esiste una amministrazione provinciale e i compiti della provincia sono svolti dalla regione.

 

Per quanto riguarda la riduzione delle province si ricorda che il 6 maggio 2012 si sono svolti in Sardegna 10 referendum regionali (5 abrogativi e 5 consultivi) tra cui uno (consultivo) relativo alla abrogazione delle quattro province storiche della regione (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano) e alcuni (abrogativi) volti a sopprimere le nuove province (Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio) istituite con legge regionale: la maggioranza dei votanti sardi si è espressa a favore di tutti i referendum. La regione ha prorogato fino al 28 febbraio 2013 le amministrazioni provinciali nelle more di una riforma delle autonomie locali (L.R. 25 maggio 2012, n. 11).

Anche la Sicilia si è mossa nella direzione di una ridefinizione del ruolo delle province regionali. La legge regionale 14 del 2012 infatti prevede che, nel quadro di un riassetto complessivo delle funzioni amministrative, spettano alle province regionali funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge regionale entro il 31 dicembre 2012. Tale legge procederà inoltre al riordino degli organi di governo delle province regionali, al fine di ottenere significativi risparmi di spese per il loro funzionamento.

Ridefinizione delle funzioni delle province (art. 17, commi 6-11)

Oltre che sul riordino, l’articolo 17 del decreto legge 95/2012 interviene anche sulla disciplina delle funzioni delle province, provvedendo ad integrare e modificare quanto disposto in materia dal decreto-legge 201/2011[200], che ha stabilito che alle province spettano esclusivamente funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

Tale impostazione viene superata prevedendo l’affidamento alle province, una volta proceduto all’accorpamento, di ulteriori funzioni: si tratta delle funzioni definite di area vasta, per le quali viene richiamato l’art. 117, secondo comma, lettera p) che affida allo Stato la competenza legislativa a definire le funzioni fondamentali degli enti locali.

Tali funzioni, espressamente indicate, ineriscono alla cura del territorio (pianificazione territoriale; tutela e valorizzazione dell’ambiente), alla gestione dei trasporti (pianificazione dei servizi di trasporto; autorizzazione e controllo del trasporto privato; costruzione e gestione delle strade; circolazione stradale) ovviamente a livello provinciale e, come aggiunto dal Senato, la programmazione della rete scolastica e la gestione dell’edilizia scolastica nelle scuole secondarie di secondo grado (comma 10).

Seguono alcuni indicazioni enucleabili dalla giurisprudenza costituzionale in tema di funzioni delle province.

Nella sentenza 238 del 2007 la Corte costituzionale ha occasione - sia pure in un contesto caratterizzato dall'intervento legislativo di un'Autonomia speciale - di disegnare lo spazio proprio delle funzioni provinciali, tra l’esistenza di un nucleo di funzioni intimamente connesso al riconoscimento del principio di autonomia degli enti locali sancito dall’art. 5 Cost, la innegabile discrezionalità riconosciuta al legislatore statale nell’ambito della propria potestà legislativa e la relativa mutevolezza nel tempo delle scelte da esso operate, non potendosi - in tale contesto - parlarsi in generale di competenze storicamente consolidate dei vari enti locali (addirittura immodificabili da parte del legislatore).

La Corte ha riassunto il proprio indirizzo nel senso che il legislatore (regionale) può (nei differenziati ambiti lasciati dalle disposizioni costituzionali o statutarie), in presenza di esigenze di carattere generale, articolare diversamente i poteri di amministrazione locale, con il limite della permanenza di almeno una sfera adeguata di funzioni (sentenze n. 378 del 2000, n. 286 del 1997, n. 83 del 1997).

Nella sentenza 286 del 2007, la Corte ha ritenuto rilevante, ai fini della verifica del rispetto dell'autonomia degli enti locali, non la disciplina di un particolare settore o di uno specifico istituto, ma la complessiva configurazione da parte della legislazione regionale del ruolo della Provincia in termini effettivamente adeguati alla sua natura di ente locale necessario di secondo livello: valutazione, che può essere operata solo avendo riguardo al complesso della legislazione sull'amministrazione locale per accertare la sua coerenza con il principio di autonomia.

 

L’articolo 17 completa il quadro normativo in materia di funzioni delineato dal D.L. 201/2011 provvedendo a disciplinare le competenze delle funzioni già svolte dalle province non ricomprese tra quelle fondamentali. In proposito il D.L. 201/2011 prevede il trasferimento da parte di Stato e regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, ai comuni, entro il 31 dicembre 2012, delle funzioni conferite dalla normativa vigente alle province, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle regioni, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

Il provvedimento in esame interviene sulle funzioni amministrative conferite alle province con legge dello Stato prevedendo anche per esse il trasferimento ai comuni (comma 6), previa individuazione puntuale da parte di un D.P.C.M. da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge previa intesa con la conferenza unificata (comma 7).

L’esercizio di tali funzioni è subordinato all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse umane da effettuare sempre con D.P.C.M. da adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (comma 8).

I decreti di cui sopra (comma 8-bis), sono adottati previa acquisizione della Commissione parlamentare per la semplificazione di cui alla legge 246/2005 (art. 14, comma 19).

 

La Commissione parlamentare per la semplificazione è composta da venti senatori e venti deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato e dal Presidente della Camera nel rispetto della proporzione esistente tra i gruppi parlamentari, su designazione dei gruppi medesimi. Tra i compiti della Commissione quello, attribuito dalla legge 69/2009, di esprimere sui pareri previsti dalla legge 59/1997, recante Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

 

Ai sensi del successivo comma 9, la decorrenza dell’esercizio delle funzioni trasferite è inderogabilmente subordinata, ed è contestuale, all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse umane e strumentali necessarie all’esercizio delle medesime, nonché al loro effettivo finanziamento, in conformità ai princìpi e ai criteri stabiliti dall’art. 10 della legge n. 42/2009 e concernenti il finanziamento delle funzioni trasferite alle regioni.

Il comma 11 lascia ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie concorrenti e “residuali” (art. 117, commi terzo e quarto, della Costituzione), e le funzioni esercitate ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione (esercitate per il livello adeguato).

Altre disposizioni in materia di province (art. 17, commi 12-13-ter)

Il comma 12 conferma che gli organi di governo della provincia sono esclusivamente il consiglio provinciale e il presidente della provincia, secondo quanto disposto ai sensi dell’art. 23, comma 15, del citato D.L. 201/2011 che ha soppresso appunto le giunte provinciali.

Il comma 13 prevede che la redistribuzione del patto di stabilità interno tra gli enti territoriali interessati, conseguente all’attuazione dell'articolo in esame, è operata a invarianza del contributo complessivo.

Il comma 13-bis attribuisce, per l'anno 2012, un contributo alle province siciliane e sarde interessate dalla riduzione dei contributi disposta dall'articolo 16, comma 7, del medesimo decreto-legge 95: l’importo complessivo del contributo è di 100 milioni di euro. Il contributo non è conteggiato fra le entrate valide ai fini del patto di stabilità interno ed è destinato alla riduzione del debito. Il riparto del contributo tra le province è stabilito con le modalità previste dal medesimo comma 7.

Alla copertura finanziaria della spesa derivante dall’attribuzione di tale contributo si provvede, ai sensi del successivo comma 13-ter si provvede mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una corrispondente quota delle risorse disponibili sulla contabilità speciale 1778 Agenzia delle entrate-fondo di bilancio.

Le proposte di legge parlamentari in materia di province

La soppressione delle province

Il 19 maggio 2009 la Commissione affari costituzionali della Camera ha avviato l’esame di sei proposte di legge di modifica costituzionale (A.C. 1990 e abbinate) intese a sopprimere l’ente Provincia, espungendolo dall’ordinamento territoriale della Repubblica. Le sei proposte, tutte di iniziativa parlamentare, modificano vari articoli della Costituzione sopprimendo in essi i riferimenti alla provincia. A seguito dell'iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea, la Commissione (8 ottobre 2009) ha conferito al relatore il mandato a riferire in senso contrario all'Assemblea (A.C. 1990-A, presentata dai deputati Donadi ed altri). Nella seduta del 13 ottobre 2009, l'Assemblea della Camera ha approvato una questione sospensiva: la discussione del provvedimento è stata conseguentemente rinviata fino alla presentazione e all'esame del disegno di legge del Governo sulla Carta delle autonomie locali. Nella successiva seduta del 18 gennaio 2011, l'Assemblea ha deliberato un nuovo rinvio in Commissione delle proposte di legge costituzionali n. 1990 e abbinate (n. 1989 e n. 2264). I lavori della Commissione hanno consentito di abbinare un'ulteriore proposta (A.C. 2579) e di adottare come testo base per il seguito dell'esame la proposta di legge costituzionale n. 1990 (25 gennaio 2011); sugli emendamenti si è svolto un approfondimento preliminare in comitato ristretto, che non ha tuttavia concluso i propri lavori a seguito di una ulteriore iscrizione del provvedimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea. Dopo che il 25 maggio 2011 la Commissione aveva concluso l'esame conferendo al relatore il mandato a riferire in senso contrario sul provvedimento, l'Assemblea della Camera lo ha respinto il 5 luglio 2011.

La "regionalizzazione" delle province

Pochi giorni dopo che l'Assemblea della Camera aveva respinto la proposta di legge di soppressione delle province, la I Commissione Affari costituzionali ha iniziato l'esame di alcune proposte di legge costituzionale (A.C. 1242, 4439, 4493, 4499, 4506, 4887, nonché 4682 di iniziativa popolare) la maggior parte delle quali trasferiscono dallo Stato alle regioni la competenza in materia di istituzione di nuove province e di mutamento dei confini delle province esistenti.

Il 10 gennaio 2012 la I Commissione ha deliberato l’istituzione di un comitato ristretto per l’esame delle proposte di legge che prosegue i suoi lavori (si veda in proposito il dossier n. 521 del 9 dicembre 2011).

La Carta delle autonomie

Si ricorda, inoltre, che è all'esame del Senato un disegno di legge del Governo, già approvato dalla Camera, che interviene sulla materia delle funzioni degli enti locali, al fine di adeguarla alla riforma del Titolo V della Parte seconda della Costituzione. Tra i punti qualificanti del provvedimento vi è una delega al Governo per l'adozione della «Carta delle autonomie locali», in cui riunire e coordinare sistematicamente le disposizioni statali che disciplinano gli enti locali.

Il provvedimento (A.C. 3118 - A.S. 2259), collegato alla manovra di finanza pubblica, interviene sull’attuale assetto normativo delle autonomie locali, risalente sostanzialmente ai primi anni ’90 del secolo scorso. Con tale intervento si introducono disposizioni di adeguamento alla riforma Titolo V della Parte seconda della Costituzione approvata nel 2001, che ha attribuito nuove funzioni alle comunità locali, dotandole di autonomia finanziaria. In relazione a tale autonomia.

In questo quadro, il disegno di legge individua le funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane e dà attuazione al principio di sussidiarietà, contenuto nell’articolo 118 della Costituzione, prevedendo l’individuazione e il trasferimento di funzioni amministrative a enti locali e regioni.

L'esame del provvedimento, al quale sono state abbinate 13 proposte di iniziativa parlamentare, è iniziato presso la I Commissione Affari costituzionali l'11 marzo 2010 e si è concluso il 10 giugno scorso. L'Assemblea della Camera ha approvato il disegno di legge il 30 giugno 2010. Ora il è all'esame del Senato.


 

Articolo 18
(Istituzione delle Città metropolitane e soppressione delle province del relativo territorio)

 


1. A garanzia dell'efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative città metropolitane, il 1o gennaio 2014, ovvero precedentemente, alla data della cessazione o dello scioglimento del consiglio provinciale, ovvero della scadenza dell'incarico del commissario eventualmente nominato ai sensi delle vigenti disposizioni di cui al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, qualora abbiano luogo entro il 31 dicembre 2013. Sono abrogate le disposizioni di cui agli articoli 22 e 23 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nonché agli articoli 23 e 24, commi 9 e 10, della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni.

2. Il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa ai sensi del comma l, fermo restando il potere dei comuni interessati di deliberare, con atto del consiglio, l'adesione alla città metropolitana o, in alternativa, a una provincia limitrofa ai sensi dell'articolo 133, primo comma, della Costituzione. Le città metropolitane conseguono gli obiettivi del patto di stabilità interno attribuiti alle province soppresse.

2-bis. Lo statuto della città metropolitana può prevedere, su proposta del comune capoluogo deliberata dal consiglio secondo la procedura di cui all'articolo 6, comma 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, una articolazione del territorio del comune capoluogo medesimo in più comuni. In tale caso sulla proposta complessiva di statuto, previa acquisizione del parere della regione da esprimere entro novanta giorni, è indetto un referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana da effettuare entro centottanta giorni dalla sua approvazione sulla base delle relative leggi regionali. Il referendum è senza quorum di validità se il parere della regione è favorevole o in mancanza di parere. In caso di parere regionale negativo il quorum di validità è del 30 per cento degli aventi diritto. Se l'esito del referendum è favorevole, entro i successivi novanta giorni, e in conformità con il suo esito, le regioni provvedono con proprie leggi alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni che fanno parte della città metropolitana. Nel caso di cui al presente comma il capoluogo di regione diventa la città metropolitana che comprende nel proprio territorio il comune capoluogo di regione.

3. Sono organi della città metropolitana il consiglio metropolitano ed il sindaco metropolitano, il quale può nominare un vicesindaco ed attribuire deleghe a singoli consiglieri. Gli organi di cui al primo periodo del presente comma durano in carica secondo la disciplina di cui agli articoli 51, comma 1, 52 e 53 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000. Se il sindaco del comune capoluogo è di diritto il sindaco metropolitano, non trovano applicazione agli organi della città metropolitana i citati articoli 52 e 53 e, in caso di cessazione dalla carica di sindaco del comune capoluogo, le funzioni del sindaco metropolitano sono svolte, sino all'elezione del nuovo sindaco del comune capoluogo, dal vicesindaco nominato ai sensi del primo periodo del presente comma, ovvero, in mancanza, dal consigliere metropolitano più anziano.

3-bis. Alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto è istituita, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, la Conferenza metropolitana della quale fanno parte i sindaci dei comuni del territorio di cui al comma 2 nonché il presidente della provincia, con il compito di elaborare e deliberare lo statuto della città metropolitana entro il novantesimo giorno antecedente alla scadenza del mandato del presidente della provincia o del commissario, ove anteriore al 2014, ovvero, nel caso di scadenza del mandato del presidente successiva al 1o gennaio 2014, entro il 31 ottobre 2013. La deliberazione di cui al primo periodo è adottata a maggioranza dei due terzi dei componenti della Conferenza e, comunque, con il voto favorevole del sindaco del comune capoluogo e del presidente della provincia. Lo statuto di cui al presente comma resta in vigore fino all'approvazione dello statuto definitivo di cui al comma 9.

3-ter. In caso di mancata approvazione dello statuto entro il termine di cui al comma 3-bis, il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo, fino alla data di approvazione dello statuto definitivo della città metropolitana nel caso in cui lo stesso preveda l'elezione del sindaco secondo le modalità di cui al comma 4, lettere b) e c), e comunque, fino alla data di cessazione del suo mandato.

3-quater. La conferenza di cui al comma 3-bis cessa di esistere alla data di approvazione dello statuto della città metropolitana o, in mancanza, il 1o novembre 2013.

4. Fermo restando che trova comunque applicazione la disciplina di cui all'articolo 51, commi 2 e 3, del citato testo unico, lo Statuto della città metropolitana di cui al comma 3-bis e lo statuto definitivo di cui al comma 9 possono stabilire che il sindaco metropolitano:

a) sia di diritto il sindaco del comune capoluogo;

b) sia eletto secondo le modalità stabilite per l'elezione del presidente della provincia;

c) nel caso in cui lo statuto contenga la previsione di cui al comma 2-bis, sia eletto a suffragio universale e diretto, secondo il sistema previsto dagli articoli 74 e 75 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto; il richiamo di cui al comma l del citato articolo 75 alle disposizioni di cui alla legge 8 marzo 1951, n. 122, è da intendersi al testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. Il consiglio metropolitano è composto da:

a) sedici consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3.000.000 di abitanti;

b) dodici consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3.000.000 di abitanti;

c) dieci consiglieri nelle altre città metropolitane.

6. I componenti del consiglio metropolitano sono eletti tra i sindaci e i consiglieri comunali dei comuni ricompresi nel territorio della città metropolitana, da un collegio formato dai medesimi. L'elezione è effettuata nei casi di cui al comma 4, lettera b), secondo le modalità stabilite per l'elezione del consiglio provinciale e, nei casi di cui al medesimo comma 4, lettera c) secondo il sistema previsto dall'articolo 75 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 nel testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Il richiamo di cui al comma 1 del citato articolo 75 alle disposizioni di cui alla legge 8 marzo 1951, n. 122, è da intendersi al testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. L'elezione del consiglio metropolitano ha luogo entro quarantacinque giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo o, nel caso di cui al comma 4, lettera b), contestualmente alla sua elezione. Entro quindici giorni dalla proclamazione dei consiglieri della città metropolitana, il sindaco metropolitano convoca il consiglio metropolitano per il suo insediamento.

7. Alla città metropolitana sono attribuite:

a) le funzioni fondamentali delle province;

b) le seguenti funzioni fondamentali:

1) pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;

2) strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;

3) mobilità e viabilità;

4) promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.

7-bis. Restano ferme le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.

8. Alla città metropolitana spettano:

a) il patrimonio e le risorse umane e strumentali della provincia soppressa, a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi;

b) le risorse finanziarie di cui agli articoli 23 e 24 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 24 è adottato entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, ferme restando le risorse finanziarie e i beni trasferiti ai sensi del comma 8 dell'articolo 17 del presente decreto e senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio statale.

9. Lo statuto definitivo della città metropolitana è adottato dal consiglio metropolitano a maggioranza assoluta entro sei mesi dalla prima convocazione, previo parere dei comuni da esprimere entro tre mesi dalla proposta di statuto. Lo statuto di cui al comma 3-bis nonché lo statuto definitivo della città metropolitana:

a) regola l'organizzazione interna e le modalità di funzionamento degli organi e di assunzione delle decisioni;

b) regola le forme di indirizzo e di coordinamento dell'azione complessiva di governo del territorio metropolitano;

c) disciplina i rapporti fra i comuni facenti parte della città metropolitana e le modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane, prevedendo le modalità con le quali la città metropolitana può conferire ai comuni ricompresi nel suo territorio o alle loro forme associative, anche di forma differenziata per determinate aree territoriali, proprie funzioni, con il contestuale trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;

d) prevede le modalità con le quali i comuni facenti parte della città metropolitana e le loro forme associative possono conferire proprie funzioni alla medesima con il contestuale trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento;

e) può regolare le modalità in base alle quali i comuni non ricompresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la città metropolitana.

10. La titolarità delle cariche di consigliere metropolitano, sindaco metropolitano e vicesindaco è a titolo esclusivamente onorifico e non comporta la spettanza di alcuna forma di remunerazione, indennità di funzione o gettoni di presenza.

11. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni relative ai comuni di cui al citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, ed all'articolo 4 della legge 5 giugno 2003, n. 131. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nel rispetto degli statuti speciali, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono princìpi dell'ordinamento giuridico della Repubblica.

11-bis. Lo Stato e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, attribuiscono ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza di cui al primo comma dell'articolo 118 della Costituzione.


 

 

L’articolo 18 ridefinisce l’istituzione e la disciplina delle città metropolitane che sono istituite tassativamente entro il 1° gennaio 2014 nei territori delle 10 province, che sono contestualmente soppresse, di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.

Viene così superata l’impostazione previgente (che viene abrogata), recata dal D.Lgs. 267/2000 recante testo unico degli enti locali (TUEL), che prevedeva l’istituzione (facoltativa) della città metropolitana all’esito di un articolato procedimento che coinvolgeva la popolazione, gli enti locali, le regioni e lo Stato.

Superato anche quanto previsto dalla legge 42/2009 sul federalismo fiscale che, pur mantenendo la disciplina ordinaria del TUEL, introduceva una procedura transitoria (anch’essa facoltativa) e semplificata per la creazione delle città metropolitane che prevedeva: iniziativa del comune capoluogo e della provincia, congiuntamente tra loro o separatamente; parere della regione; referendum confermativo. Una disposizione di delega (ormai scaduta) subordinava l’effettiva istituzione di ciascuna città metropolitana all’adozione di altrettanti decreti legislativi.

Il procedimento di costituzione delle città metropolitane (commi 1-2bis)

Il comma 1 sopprime, come accennato, le province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria e istituisce contestualmente le “relative” città metropolitane; la decorrenza temporale è fissata in modo articolato:

§      dal 1° gennaio 2014;

§      ovvero “precedentemente”, qualora abbia luogo entro il 31 dicembre 2013:

-       la cessazione o lo scioglimento del relativo consiglio provinciale,

-       la scadenza dell’incarico del commissario eventualmente nominato ai sensi del TUEL, qualora abbia luogo entro il 31 dicembre 2013.

 

Gli articoli 141 e seguenti del TUEL disciplinano le ipotesi e la procedura di scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la nomina di commissari straordinari per l’amministrazione temporanea dell’ente locale in diverse ipotesi: dimissioni del presidente della provincia, impossibilità di funzionamento, infiltrazioni mafiose ecc..

 

La norma abroga, altresì, gli articoli 22 e 23 del citato TUEL nonché gli articoli 23 e 24, commi 9 e 10, della legge n. 42/2009 (c.d. legge sul federalismo fiscale).

 

Le norme citate contenevano:

§       la disciplina delle aree metropolitane (le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni con rapporti di stretta integrazione territoriale (art. 22 del TUEL);

§       la disciplina delle città metropolitane (che potevano istituirsi nelle aree metropolitane tra il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione: art. 23 TUEL);

§       la disciplina transitoria delle città metropolitane nell'ambito del c.d. federalismo fiscale (le città metropolitane potevano essere istituite nelle aree metropolitane comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria: art. 23 L. 42/2009);

§       la disciplina di Roma capitale, ma esclusivamente in relazione alla applicazionea Roma delle disposizioni sulle città metropolitane (art. 24, commi 9 e 10 legge 42/2009).

 

Finalità esplicita è la garanzia dell’efficace ed efficiente svolgimento delle funzioni amministrative, in attuazione degli articoli 114 e 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione.

 

L'art. 114 elenca anche le Città metropolitane tra gli enti costitutivi della Repubblica, la citata lettera b) assegna allo Stato la competenza in tema di elezioni, organi e funzioni fondamentali degli enti locali, comprese le città metropolitane.

 

Il comma 2 chiarisce che il territorio della città metropolitana coincide con quello della provincia contestualmente soppressa ai sensi del comma 1, fermo restando il potere di iniziativa dei comuni, ai sensi dell’articolo 133, primo comma, della Costituzione, per il mutamento delle circoscrizioni provinciali o la creazione di nuove province.

 

Si ricorda in proposito che il procedimento di iniziativa comunale è disciplinato in dettaglio dall’art. 21 del TUEL per il quale si rinvia all’articolo 17 del presente provvedimento.

 

Nel corso dell’esame parlamentare, è stato specificato che:

§         il potere di iniziativa dei comuni si estrinseca in un atto del consiglio;

§         i comuni possono con tale atto deliberare l’adesione alla città metropolitana o, in alternativa, ad altra provincia limitrofa. Sembra restare preclusa la possibilità di deliberare l’istituzione di una nuova provincia.

 

L’articolo 17 del provvedimento in esame (riordino delle province) prevede che l’atto legislativo del Governo che dovrà, a conclusione del complesso procedimento di razionalizzazione delle province, ridisegnare le circoscrizioni provinciali, provvederà anche alla contestuale ridefinizione dell’ambito (territoriale) delle città metropolitane conseguente alle eventuali iniziative di comuni ai sensi dell’art. 133 Cost.

 

La soppressione – sia pure a scadenza non immediata e con contestuale istituzione di città metropolitane – di talune province anche in (eventuale) assenza dell’iniziativa dei comuni di cui all’art. 133 Cost. (che pure resta ferma), sono elementi che potrebbero far ritenere la norma meritevole di approfondimento sotto il profilo della compatibilità costituzionale.

 

Il comma 2-bis prevede la possibilità di articolare in più comuni il territorio del comune, già capoluogo della ex provincia, confluito nella città metropolitana.

In altre parole sia dà la facoltà al comune capoluogo di mantenere la propria integrità, oppure scegliere di suddividere il proprio territorio in comuni (magari riproducendo i confini delle circoscrizioni di decentramento comunale, ove presenti). In questo caso la città metropolitana verrebbe ad essere composta dai comuni della ex provincia e dai nuovi comuni sorti dalla suddivisione del comune capoluogo.

 

L’esercizio della facoltà prevista dal comma in esame comporta necessariamente un aumento delle spese derivanti dalla creazione di più comuni (e quindi più sindaci, giunte e consigli comunali) nel territorio dove ora insiste un solo comune. Tanto più che la disposizione in esame non prevede requisiti minimi di popolazione o territorio per questi nuovi comuni con il rischio proliferazione di microcomuni; ma anche se venissero trasformati in comuni le circoscrizioni di decentramento comunale ugualmente sarebbe notevole l’onere complessivo. Infatti, quest’ultime hanno organi politici generalmente composti da pochi membri, in maniera adeguata alle funzioni limitate proprie del decentramento comunale. Nella trasformazione in comuni tali organi aumenterebbero inevitabilmente il numero dei propri componenti.

 

Per dare un idea dell’ordine di grandezza degli organi delle grandi città si riporta nella tabella che segue la composizione dei consigli e delle giunte comunali a seguito delle riduzioni intervenute negli ultimi anni (fonte: Ministero del’interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Circolare n. 2915 del 18 febbraio 2011).

 

 

Si ricorda, inoltre, che il D.L. 138/2011, art. 16, co. 17, ha ridotto ulteriormente il numero dei consiglieri e degli assessori fino a 10.000 abitanti (si veda in proposito Ministero del’interno, Dipartimento per gli affari interni e territoriali, Circolare n. 2379 del 16 febbraio 2012).

 

L’articolazione in più comuni del capoluogo, se si sceglie tale possibilità, deve essere inserita nello statuto della città metropolitana con una particolare procedura rinforzata che prevede:

§      proposta del comune capoluogo deliberata dal consiglio, secondo la stessa procedura prevista per l’approvazione degli statuti comunali e provinciali: maggioranza dei due terzi o in caso di mancato raggiungimento di tale quorum, ripetute votazioni in successive sedute da tenersi entro 30 giorni duranti i quali lo statuto è approvato se ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati (art. 6, comma 4, D.Lgs. 267/2000);

§      parere della regione da esprimere entro 90 giorni;

§      referendum tra tutti i cittadini della città metropolitana da effettuare entro 180 giorni dalla sua approvazione sulla base delle relative leggi regionali.

L’esito del parere regionale incide sul quorum di validità del referendum: questo è senza quorum se il parere della regione è favorevole o in mancanza di parere, mentre in caso di parere negativo il quorum è pari al 30% degli aventi diritto.

Nei successivi 90 giorni, in caso di esito favorevole, le regioni provvedono con proprie leggi alla revisione delle circoscrizioni territoriali dei comuni che fanno parte della città metropolitana.

Nel caso di articolazione in più comuni della città metropolitana, una norma di chiusura dispone che la città metropolitana che ha inglobato il comune capoluogo di regione diventa essa stessa capoluogo di regione.

Gli organi della città metropolitana (commi 3,4-6)

Il comma 3 individua, al primo periodo, gli organi della città metropolitana in:

§       il consiglio metropolitano;

§       il sindaco metropolitano, il quale può nominare un vicesindaco ed attribuire deleghe a singoli consiglieri.

(Per le ulteriori disposizioni del comma 3 v. infra).

 

Il comma 4 interviene sulla disciplina del sindaco metropolitano prevedendo che:

§       resta ferma l’applicazione dell’articolo 51, commi 2 e 3, del TUEL (limite del “doppio mandato” per il sindaco e per il presidente del consiglio provinciale); la norma non specifica espressamente che ne resta ferma l'applicazione nei confronti del sindaco metropolitano.

§       in sede di prima applicazione, il sindaco del comune capoluogo è di diritto sindaco metropolitano (tale disposizione è stata soppressa dal Parlamento, ma si veda in proposito il nuovo comma 3-ter);

§       lo statuto della città metropolitana può stabilire diverse modalità di designazione del sindaco metropolitano, e in particolare che:

-       sia di diritto il sindaco del comune capoluogo;

-       sia eletto secondo le modalità stabilite per l’elezione del presidente della provincia; questa ipotesi sembra costituire un rinvio “mobile” - a differenza del successivo rinvio “fisso” - alle modalità nel tempo stabilite per l’elezione del presidente della provincia (attualmente art. 23, commi 14 - 21 del D.L. 201/2011 che prevede una legge dello Stato, un disegno di legge del Governo in materia è attualmente all’esame della Camera A.C. 5210);

-       sia eletto a suffragio universale e diretto (ma, è stato precisato nel corso dell’esame del Senato, esclusivamente nel caso in cui lo statuto abbia previsto l’articolazione del comune capoluogo in più comuni di cui al comma 2-bis), secondo il sistema previsto dagli articoli 74 e 75 del TUEL, nel testo vigente alla data di entrata in vigore del decreto in esame; il richiamo di cui al comma 1 del citato art. 75 alle disposizioni di cui alla legge n. 122/1951, è da intendersi al testo vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Le norme citate riguardano il sistema elettorale del presidente della provincia e del consiglio provinciale la cui disciplina - nella formulazione utilizzata - appare “congelata” (così come pure la correlata norma del 1951 sulle candidature).

 

La decisione di articolare il comune capoluogo in più comuni comporta dunque la possibilità di poter scegliere tra l’elezione diretta del sindaco metropolitano o l’elezione indiretta; mentre le città metropolitane che non dovessero esercitare tale opzione potranno eleggere solo indirettamente il proprio sindaco oppure scegliere che il sindaco sia di diritto lo stesso del comune capoluogo.

 

La lettera p) del secondo comma dell'art. 117 Cost. assegna allo Stato la competenza sul sistema elettorale - tra l'altro - delle città metropolitane. La disposizione in esame sembra “cedere” la competenza (almeno in parte) allo statuto metropolitano, ma tale norma andrebbe verificata alla luce del rango costituzionale dell’attribuzione statale di tale competenza.

 

E' ancora il comma 3 a prevedere, inoltre, nei periodi successivi al primo, che gli organi metropolitani durano in carica cinque anni (art. 51, comma 1 del TUEL), oppure un periodo minore secondo la disciplina delle fattispecie previste dagli artt. 52 e 53 del TUEL (mozione di sfiducia, nonché dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso).

Se il sindaco del comune capoluogo è di diritto il sindaco metropolitano, non trovano applicazione agli organi della città metropolitana i citati articoli 52 e 53.

Si tratta, come visto in precedenza, della disciplina della mozione di sfiducia, nonché di dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione.

La norma prevede inoltre che - in caso di cessazione dalla carica di sindaco del comune capoluogo - si dà luogo a supplenza delle funzioni del sindaco metropolitano da parte del vicesindaco - se nominato - o del consigliere metropolitano più anziano.

 

Il terzo periodo del comma 3 in esame potrebbe comportare questioni applicative in relazione a talune ipotesi di cui agli artt. 52 e 53, in riferimento alla lett. a) del comma 4. Mentre infatti sembrerebbe pacifico che la conseguenza principale della disposizione sia che, in caso di cessazione dalla carica del sindaco del comune capoluogo - che è anche sindaco metropolitano - nelle ipotesi di cui ai commi del 51.2, 51.3 e 51.4 il consiglio metropolitano - che è eletto in secondo grado (comma 6) - non si scioglie, meno chiara appare la sorte di disposizioni come quella che riguarda la sostituzione temporanea del sindaco (art. 53.2) o la conseguenza del voto contrario del consiglio (52.1) delle quali l’applicabilità, in linea generale possibile, appare invece esclusa; in tale contesto, l'incertezza applicativa potrebbe riverberare sulla stessa applicabilità della mozione di sfiducia (art. 52.2) del consiglio.

 

Nel corso dell’esame parlamentare, sono stati aggiunti 3 commi ulteriori, dopo il comma 3, che recano norme sull’elaborazione dello statuto chesi innestano sul procedimento di approvazione previsto dal comma 9 (v. infra il paragrafo recante Gli statuti).

 

Il comma 5 disciplina la composizione del consiglio metropolitano come segue:

§       sedici consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 3.000.000 di abitanti;

§       dodici consiglieri nelle città metropolitane con popolazione residente superiore a 800.000 e inferiore o pari a 3.000.000 di abitanti;

§       dieci consiglieri nelle altre città metropolitane.

 

Segue un elenco non ufficiale delle 10 Province interessate per numero di abitanti:

 

1.       Roma

4.042.676

2.       Napoli

3.080.873

3.       Milano

3.072.152

4.       Torino

2.245.252

5.       Bari

1.248.086

6.       Bologna

981.807

7.       Firenze

971.437

8.       Genova

862.267

9.       Venezia

850.523

10. Reggio Calabria

547.897

 

Il comma 6 prevede che i consiglieri metropolitani siano eletti con un sistema di secondo grado.

Sono eleggibili i sindaci dei comuni (e i consiglieri metropolitani, come aggiunto dal Senato) del territorio della città metropolitana. Gli stessi soggetti esercitano in diritto di voto.

Nel corso dell’esame al Senato è stato introdotto un nuovo periodo al comma 6 che disciplina le modalità di elezione del consiglio metropolitano, modificando l’originaria impostazione dell’articolo che prevede l’applicazione del (nuovo) sistema elettorale delle province anche alle città metropolitane, a prescindere dalle modalità di designazione del sindaco metropolitano.

Invece, le modifiche introdotte al Senato sono finalizzate a differenziare il sistema di elezione del consiglio e ad omologarlo a quello del sindaco metropolitano: così si stabilisce che, se il sindaco metropolitano è eletto secondo le nuove modalità (ancora in fieri come si è detto) previste per il presidente di provincia, lo sia anche il consiglio metropolitano. Parimenti, se lo statuto ha optato per l’elezione diretta del sindaco metropolitano secondo il previgente sistema elettorale per il presidente della provincia, disciplinato dal TUEL, anche il consiglio metropolitano sarà eletto secondo tale sistema (ed in particolare si applica l’art. 75 TUEL che prevede un sistema proporzionale basato su candidature presentate in collegi uninominali).

 

Si osserva in proposito che rimane una terza possibilità di designazione del sindaco metropolitano, ossia che il sindaco del comune capoluogo sia di diritto il sindaco metropolitano (art. 4, co. 1, lett. a): in tal caso non viene specificato il sistema elettorale del consiglio metropolitano.

 

La stessa proposta emendativa ha anche soppresso la previsione che il sistema elettorale debba rispettare il principio di rappresentanza delle minoranze.

 

Il penultimo periodo del comma 6 fissa il termine per l’elezione del consiglio metropolitano entro 45 giorni dalla proclamazione del sindaco del comune capoluogo o, nel caso in cui sia eletto secondo le modalità stabilite per l’elezione del presidente della provincia (comma 4, lett. b), contestualmente alla sua elezione.

 

A prima lettura, la norma non appare di immediata ed univoca leggibilità quanto alle conseguenze.

L’elezione del consiglio metropolitano - che è elezione di secondo grado da parte di consiglieri comunali - appare evidentemente scandita dalla sorte della sua componente preminente, identificata nelle vicende elettorali (del sindaco) del comune capoluogo e del relativo consiglio comunale.

Tuttavia, nel caso in cui il sindaco metropolitano sia eletto con le modalità proprie della legge statale sull'elezione degli organi provinciali (allo stato in secondo grado dal consiglio metropolitano), il consiglio metropolitano è eletto contestualmente alla sua elezione”, ergo all'elezione del sindaco del comune capoluogo; essendo l'elezione indiretta, non appare agevole ipotizzare la contestualità di elezione tra l'eligendo consiglio metropolitano e il consiglio comunale che esprime diversi suoi componenti.

 

Entro quindici giorni dalla proclamazione dei consiglieri della città metropolitana, il sindaco metropolitano convoca il consiglio metropolitano per il suo insediamento.

Gli statuti (commi 3bis-3quater, 9)

Come sopra anticipato, nel corso dell’esame del Senato, ,dopo il comma 3, sono stati introdotti nel testo del decreto 3 commi ulteriori recanti norme in merito alla elaborazione dello statuto che si innestano sul procedimento di approvazione previsto dal comma 9.

In particolare, il comma 3-bis, affida il compito di elaborare e deliberare lo statuto ad una specie di organo costituente, la conferenza metropolitana, composta da tutti i sindaci dei comuni del territorio della provincia - città metropolitana e dal presidente della provincia.

La conferenza elabora lo statuto almeno 90 giorni prima della scadenza del mandato del presidente della provincia (se questo scade prima del 2014); se invece il mandato scade dopo tale data, il termine per la deliberazione dello statuto è il 31 ottobre 2013. La deliberazione deve essere approvata con la maggioranza dei due terzi dei membri della conferenza e, comunque, con il voto favorevole sia del sindaco del comune capoluogo, sia del presidente della provincia.

Lo statuto deliberato dalla conferenza entra in vigore fino all’approvazione dello statuto definitivo. La deliberazione della conferenza costituisce dunque un atto intermedio e provvisorio perché l’approvazione (definitiva come specificato dal Senato) spetta al consiglio metropolitano ai sensi del comma 9 (cui si rinvia).

 

Il nuovo comma 3-ter reca una norma di chiusura che disciplina la mancata approvazione dello statuto entro i termini previsti dal comma 3-bis.

La disposizione prevede che, in mancanza dell’approvazione dello statuto “provvisorio”, il sindaco metropolitano è di diritto il sindaco del comune capoluogo fino alla data di approvazione dello statuto definitivo, se questo dovesse prevedere l’elezione (diretta o indiretta) del sindaco metropolitano; il sindaco rimane in carica fino alla scadenza del mandato se invece lo statuto dovesse optare per l’ipotesi che il sindaco metropolitano è il sindaco del comune capoluogo.

 

Ai sensi del comma 3-quaterla conferenza cessa di esistere alla data di approvazione dello statuto, o in mancanza, il 1° novembre 2013.

 

Il comma 9 disciplina lo statuto (definitivo come specificato dal Senato) metropolitano (su cui vedi anche oltre il comma 11), da adottarsi da parte del consiglio metropolitano, a maggioranza assoluta, entro sei mesi dalla prima convocazione.

Sembrerebbe che l’approvazione dello statuto da parte del consiglio costituisca un mero atto formale vista la procedura rinforzata prevista dal comma 3-bis. Tuttavia, l’approvazione formale non avrebbe alcun effetto stante l’immediata efficacia dello statuto provvisorio ai sensi del medesimo comma 3-bis.

 

Nel corso dell’esame del Senato è stato introdotto, nel procedimento di adozione dello statuto, il parere dei comuni, da rendere entro 3 mesi dalla proposta di statuto.

 

In relazione al loro contenuto, la proposta di statuto e lo statuto definitivo:

§      regolano l’organizzazione interna e le modalità di funzionamento degli organi e di assunzione delle decisioni;

§      regolano le forme di indirizzo e di coordinamento dell’azione complessiva di governo del territorio metropolitano;

§      disciplinano i rapporti fra i comuni facenti parte della città metropolitana e le modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane, prevedendo le modalità con le quali la città metropolitana può conferire funzioni ai comuni, o alle associazioni di comuni, ricompresi nel proprio territorio con il contestuale trasferimento delle relative risorse umane, strumentali e finanziarie necessarie per il loro svolgimento (il testo originario, che fa riferimento alla delega di poteri e funzioni è stato così modificato nel corso dell’esame del Senato);

§      prevedono le modalità con le quali i comuni facenti parti della città metropolitana possono conferire compiti e funzioni alla medesima: il testo originario prevede le modalità di delega (e non di conferimento) quale contenuto eventuale dello statuto, mentre a seguito dell’approvazione di una proposta emendativa al Senato tali modalità sono obbligatorie;

§      possono regolare le modalità in base alle quali i comuni non ricompresi nel territorio metropolitano possono istituire accordi con la città metropolitana.

 

Il comma rimette allo statuto metropolitano la possibilità di disporre sulla delega di funzioni, sia da parte dei comuni alla città metropolitana, sia da parte della città ai comuni; la competenza a disciplinare la titolarità di funzioni – quantomeno non fondamentali – spetta allo Stato o alle Regioni in funzione della relativa competenza legislativa (art. 118: “con legge statale o regionale…..”). Pertanto l’attribuzione da parte della legge statale alla Città metropolitana di tale possibilità di delega potrebbe essere ritenuta da approfondire sotto il profilo della compatibilità costituzionale, specie per quanto riguarda funzioni eventualmente attribuite dalla legge regionale.

Funzioni fondamentali (commi 7-8, 11bis)

Il comma 7 individua le funzioni fondamentali delle città metropolitana in:

§      le funzioni fondamentali delle province (cfr. comma 10 dell'art 17);

§      le seguenti funzioni fondamentali (non viene specificato, come altrove nel testo - cfr. art. 17 - l'ambito territoriale proprio):

-       pianificazione territoriale generale e delle reti infrastrutturali;

-       strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, nonché organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano;

-       mobilità e viabilità;

-       promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale.

 

Si tratta delle stesse funzioni assegnate alle città metropolitane dall’articolo 23 della legge 42/2009 recante la disciplina transitoria delle città metropolitane nell'ambito del federalismo fiscale, con l’aggiunta di mobilità e viabilità.

Nella sentenza 238 del 2007 la Corte costituzionale, a proposito della presunta illegittimità della attribuzione alle città metropolitane della «funzione di pianificazione di area vasta», che costituirebbe, invece, una delle «funzioni tradizionalmente spettanti alle province», osserva che la infondatezza di tale censura deriva, prima ancora che dalla sostanziale analogia fra quanto previsto nella [scrutinata] legge regionale n. 1 del 2006 e quanto previsto dall’art. 23 del testo unico degli enti locali in riferimento alle Città metropolitane, dal fatto che nel sistema di entrambi questi testi legislativi, la Città metropolitana corrisponde all’ente locale di area vasta, tanto che nel territorio in cui si crea la Città metropolitana, questa succede alla Provincia”.

 

Per un esame più approfondito delle tematiche legate alla definizione del,e funzioni degli enti locali si rinvia alla scheda relativa all’articolo 19 del decreto-legge n. 95 contenuta nel dossier n. 672 del 31 luglio 2012.

 

Nel corso dell’esame del Senato è stato aggiunto un nuovo comma 7-bis che fa salve le funzioni di programmazione e coordinamento che spettano alle regioni nelle materie a legislazione concorrente Stato-regioni (art. 117, 3° comma, Cost.) e nelle materie di competenza esclusiva delle regioni (art. 117, 4° comma, Cost.). Parimenti restano ferme le funzioni amministrative esercitate dalle regione in virtù del principio di sussidiarietà (art. 118 Cost.).

 

Il comma 8 dispone che ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi della provincia soppressa e individua le risorse della città metropolitana in:

§       il patrimonio e le risorse umane e strumentali della provincia soppressa;

§       le risorse finanziarie di cui agli articoli 23 (che istituisce il fondo perequativo delle province e delle città metropolitane) e 24 (che disciplina articolatamente il sistema finanziario delle città metropolitane) del D.Lgs. n. 68/2011; il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al citato articolo 24 (quello con cui sono attribuite a ciascuna città metropolitana le proprie fonti di entrata e assicura l'armonizzazione di tali fonti di entrata con il sistema perequativo e con il fondo di riequilibrio) è adottato entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto.

 

Infine, è stato aggiunto dal Senato un nuovo comma 11-bis che interviene in materia di funzioni delle città metropolitane, oggetto anche del comma 7 (vedi sopra).

Il nuovo comma stabilisce che lo Stato e le regioni, ciascuna nelle materie di propria competenza, attribuiscono ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza indicati dal 1° comma del’art. 118 Cost. Tali funzioni si aggiungono alle funzioni fondamentali di cui al citato articolo 7.

La disposizione non fa altro che ribadire quanto disposto dal 2° comma del citato art. 118 che prevede che gli enti territoriali, oltre ad esercitare di diritto le funzioni amministrative proprie, sono titolari anche di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

Altre disposizioni (commi 10-11bis)

Il comma 10 dispone che la titolarità delle cariche metropolitane sia a titolo esclusivamente onorifico e non comporti la spettanza di alcuna forma di remunerazione.

 

Il comma 11 dispone l’applicazione, in quanto compatibili, delle disposizioni del TUEL e dell’articolo 4 della n. 131/2003; come precisato nel corso dell’esame presso il Senato le disposizioni applicabili sono solamente quelle relative ai comuni; sono quindi escluse implicitamente le disposizioni che riguardano i comuni e quelle, eventualmente residuali a seguito dell’abrogazione degli articoli 22 e 23 TUEL operata dal comma 1 dell’articolo in esame, delle città metropolitane.

 

L'art. 4 della legge 5 giugno 2003, n. 131, Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, disciplina la potestà normativa degli enti locali (comuni, province e Città metropolitane) prescrivendo che questa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare. Dispone altresì che lo statuto (su cui v. anche comma 9 del testo in esame) stabilisca i principi di organizzazione e funzionamento dell'ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di partecipazione popolare. La disciplina dell'organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni è riservata alla potestà regolamentare dell'ente, nell'ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114, 117, sesto comma, e 118 della Costituzione.

Il comma contiene anche una disposizione - eterogenea rispetto alla precedente - a norma della quale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, nel rispetto degli statuti speciali, le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al presente articolo, che costituiscono principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica.

Sulle competenze (e sui relativi limiti) delle Regioni a statuto speciale in materia di enti locali e sul valore relativo dell'autoqualificazione legislativa, si rinvia a quanto osservato a commento dell’articolo 17.

 

Infine, è stato aggiunto un nuovo comma 11-bis che interviene in materia di funzioni delle città metropolitane, oggetto anche del comma 7 (vedi sopra).

Il nuovo comma stabilisce che lo Stato e le regioni, ciascuna nelle materie di propria competenza, attribuiscono ulteriori funzioni alle città metropolitane in attuazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza indicati dal 1° comma del’art. 118 Cost. Tali funzioni si aggiungono alle funzioni fondamentali di cui al citato articolo 7.

La disposizione non fa altro che ribadire quanto disposto dal 2° comma del citato art. 118 che prevede che gli enti territoriali, oltre ad esercitare di diritto le funzioni amministrative proprie, sono titolari anche di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La normativa previgente

Le città metropolitane sono enti locali intermedi tra provincia e comune previsti fin dalla legge n. 142 del 1990. Attraverso questo istituto si tende a differenziare l’ordinamento delle grandi città dagli altri comuni, medi e piccoli, attualmente amministrati con le stesse regole, e semplificare il sistema degli enti locali. La loro disciplina è poi confluita nel testo unico delle leggi sugli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) ed in particolare negli articoli 22, 23, 24, 25 e 26. In base alla disciplina contenuta nel TUEL, le città metropolitane possono essere costituite su iniziativa degli enti locali interessati in alcune aree del Paese, denominate aree metropolitane,individuate dal testo unico[201].

Con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato la disciplina costituzionale relativa alle autonomie territoriali contenuta nel Titolo V della Parte II della Costituzione, le città metropolitane sono state inserite tra gli elementi costitutivi della Repubblica, accanto ai comuni, alle province, alle regioni ed allo Stato. Inoltre, è previsto un regime speciale per l’ordinamento della città di Roma in quanto capitale della Repubblica la cui disciplina viene demandata alla legge ordinaria.

In attesa della attuazione delle disposizioni costituzionali e proprio al fine di consentire l’attuazione delle norme relative alle città metropolitane è successivamente intervenuta la L. 42/2009, con le disposizioni contenute negli articoli 23, 24 e 15.

Sia le disposizioni del TUEL in materia di città metropolitane, sia la disciplina transitoria della legge 42 sono state abrogate dal decreto-legge 95.

 

Si segnala che è in corso di esame presso al I Commissione (Affari costituzionali) e la VIII Commissione (Ambiente) la proposta di legge A.C. 3979 che prevede, tra l'latro, l'istituzione della città metropolitana di Venezia.

Disposizioni sulle città metropolitane sono contenute nel disegno di legge AC 3118 (Semplificazione dell’ordinamento regionale e degli enti locali, trasferimento di funzioni amministrative e Carta delle autonomie locali) approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato (AS 2259).

La disciplina ordinaria del TUEL

Per quanto concerne l'identificazione delle "aree metropolitane" - al cui interno sono circoscritte le Città metropolitane - l'art. 22 del D.Lgs. 18 agosto 2000 n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, disponeva, al comma 1, che fossero considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti avessero con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.

Il comma 2 prevedeva che fosse la regione, entro centottanta giorni dalla conforme proposta degli enti locali interessati, a procedere alla relativa delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la regione non provvedesse entro tale termine indicato, il Governo, sentita la Conferenza unificata, invitava la regione a provvedere entro un ulteriore termine, scaduto il quale la delimitazione dell'area sarebbe stata effettuata dal Governo.

Il successivo art. 23 regolava - nell'ambito delle aree metropolitane - l'istituzione delle città metropolitane, prevedendola come facoltativa. Nelle aree metropolitane il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da rapporti di stretta integrazione possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento differenziato secondo la seguente procedura:

§      convocazione dell'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati;

§      proposta di istituzione della città metropolitana dell'assemblea su conforme deliberazione dei consigli comunali;

§      referendum a cura di ciascun comune partecipante;

§      presentazione della proposta da parte della regione ad una delle due Camere per l'approvazione con legge.

La disciplina transitoria della legge sul federalismo fiscale

L’art. 23 della legge 42/2009 (legge delega sul federalismo fiscale), abrogato dalla decreto 95, introduceva una disciplina transitoria che consentiva, in via facoltativa, una prima istituzione delle città metropolitane situate nelle regioni a statuto ordinario.

Le città metropolitane avrebbero potuto istituirsi, nell’ambito di una regione, nelle aree metropolitane in cui sono compresi i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria.

La proposta di istituzione spettava al comune capoluogo e alla provincia, congiuntamente tra loro o separatamente (in questo caso era assicurato il coinvolgimento dei comuni della provincia interessata).

Successivamente si prevedeva lo svolgimento di un referendum confermativo, indetto tra tutti i cittadini della provincia interessata, previo parere della regione.

Dopo il referendum, l'istituzione di ciascuna città metropolitana sarebbe stata rimessa a decreti legislativi del Governo, da adottare entro il 21 maggio 2012, che avrebbero dettato una disciplina di carattere provvisorio.

L’art. 15 della legge 42/2009 (non abrogato) rimette inoltre ad un apposito decreto legislativo, da adottare entro il 21 maggio 2011, la disciplina delle modalità di finanziamento delle funzioni delle città metropolitane, alle quali deve essere garantita una maggiore autonomia d’entrata e di spesa, corrispondente alla complessità delle funzioni esercitate. Deve contestualmente procedersi alla riduzione dei finanziamenti agli enti locali le cui funzioni sono trasferite alle città metropolitane.

Per quanto concerne il finanziamento delle funzioni fondamentali, l’articolo 8 del D.Lgs. n. 216/2010 ha esteso le modalità di individuazione dei fabbisogni standard recate da tale provvedimento per gli enti locali, alle città metropolitane, una volta costituite e in quanto compatibili.


 

Articolo 19
(Funzioni fondamentali dei comuni e modalità di esercizio associato di funzioni e servizi comunali)

 


1. All'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 27 è sostituito dal seguente: «27. Ferme restando le funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni, loro spettanti nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, e le funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione, sono funzioni fondamentali dei comuni, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione:

a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

h) edilizia scolastica per la parte non attribuita alla competenza delle province, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;

l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale».

b) il comma 28 è sostituito dal seguente:

«28. I comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d'Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l). Se l'esercizio di tali funzioni è legato alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata secondo le modalità stabilite dal presente articolo, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica.»;

c) dopo il comma 28 è aggiunto il seguente:

«28-bis. Per le unioni di cui al comma 28 si applica l'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni. Ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti si applica quanto previsto al comma 17, lettera a), dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.»;

d) il comma 30 è sostituito dal seguente:

«30. La regione, nelle materie di cui all'articolo 117, commi terzo e quarto, della Costituzione, individua, previa concertazione con i comuni interessati nell'ambito del Consiglio delle autonomie locali, la dimensione territoriale ottimale e omogenea per area geografica per lo svolgimento, in forma obbligatoriamente associata da parte dei comuni delle funzioni fondamentali di cui al comma 28, secondo i princìpi di efficacia, economicità, di efficienza e di riduzione delle spese, secondo le forme associative previste dal comma 28. Nell'ambito della normativa regionale, i comuni avviano l'esercizio delle funzioni fondamentali in forma associata entro il termine indicato dalla stessa normativa.»;

e) il comma 31 è sostituito dai seguenti:

«31. Il limite demografico minimo delle unioni di cui al presente articolo è fissato in 10.000 abitanti, salvo diverso limite demografico individuato dalla regione entro i tre mesi antecedenti il primo termine di esercizio associato obbligatorio delle funzioni fondamentali, ai sensi del comma 31-ter.

31-bis. Le convenzioni di cui al comma 28 hanno durata almeno triennale e alle medesime si applica, in quanto compatibile, l'articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Ove alla scadenza del predetto periodo, non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni.

31-ter. I comuni interessati assicurano l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo:

a) entro il 1o gennaio 2013 con riguardo ad almeno tre delle funzioni fondamentali di cui al comma 28;

b) entro il 1o gennaio 2014 con riguardo alle restanti funzioni fondamentali di cui al comma 28.».

31-quater. In caso di decorso dei termini di cui al comma 31-ter, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, trova applicazione l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131».

2. I commi da 1 a 16 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono sostituiti dai seguenti:

«1. Al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'ottimale coordinamento della finanza pubblica, il contenimento delle spese degli enti territoriali e il migliore svolgimento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici, i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti, in alternativa a quanto previsto dall'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, e a condizione di non pregiudicarne l'applicazione, possono esercitare in forma associata, tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici loro spettanti sulla base della legislazione vigente mediante un'unione di comuni cui si applica, in deroga all'articolo 32, commi 3 e 6, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, la disciplina di cui al presente articolo.

2. Sono affidate inoltre all'unione di cui al comma 1, per conto dei comuni associati, la programmazione economico-finanziaria e la gestione contabile di cui alla parte II del citato decreto legislativo n. 267 del 2000, la titolarità della potestà impositiva sui tributi locali dei comuni associati nonché quella patrimoniale, con riferimento alle funzioni da essi esercitate per mezzo dell'unione. I comuni componenti l'unione concorrono alla predisposizione del bilancio di previsione dell'unione per l'anno successivo mediante la deliberazione, da parte del consiglio comunale, da adottare annualmente, entro il 30 novembre, di un documento programmatico, nell'ambito del piano generale di indirizzo deliberato dall'unione entro il precedente 15 ottobre. Con regolamento da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e semplificazione e con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono disciplinati il procedimento amministrativo-contabile di formazione e di variazione del documento programmatico, i poteri di vigilanza sulla sua attuazione e la successione nei rapporti amministrativo-contabili tra ciascun comune e l'unione.

3. L'unione succede a tutti gli effetti nei rapporti giuridici in essere alla data di costituzione che siano inerenti alle funzioni e ai servizi ad essa affidati ai sensi del comma 1, ferme restando le disposizioni di cui all'articolo 111 del codice di procedura civile. Alle unioni di cui al comma l sono trasferite tutte le risorse umane e strumentali relative alle funzioni ed ai servizi loro affidati, nonché i relativi rapporti finanziari risultanti dal bilancio. A decorrere dall'anno 2014, le unioni di comuni di cui al comma l sono soggette alla disciplina del patto di stabilità interno per gli enti locali prevista per i comuni aventi corrispondente popolazione.

4. Le unioni sono istituite in modo che la complessiva popolazione residente nei rispettivi territori, determinata ai sensi dell'articolo 156, comma 2, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, sia di norma superiore a 5.000 abitanti, ovvero a 3.000 abitanti se i comuni che intendono comporre una medesima unione appartengono o sono appartenuti a comunità montane.

5. I comuni di cui al comma 1, con deliberazione del consiglio comunale, da adottare, a maggioranza dei componenti, conformemente alle disposizioni di cui al comma 4, avanzano alla regione una proposta di aggregazione, di identico contenuto, per l'istituzione della rispettiva unione. Nel termine perentorio del 31 dicembre 2013, la regione provvede, secondo il proprio ordinamento, a sancire l'istituzione di tutte le unioni del proprio territorio come determinate nelle proposte di cui al primo periodo. La regione provvede anche in caso di proposta di aggregazione mancante o non conforme alle disposizioni di cui al presente articolo.

6. Gli organi dell'unione di cui al comma l sono il consiglio, il presidente e la giunta.

7. Il consiglio è composto da tutti i sindaci dei comuni che sono membri dell'unione nonché, in prima applicazione, da due consiglieri comunali per ciascuno di essi. I consiglieri di cui al primo periodo sono eletti, non oltre venti giorni dopo la data di istituzione dell'unione in tutti i comuni che sono membri dell'unione dai rispettivi consigli comunali, con la garanzia che uno dei due appartenga alle opposizioni. Fino all'elezione del presidente dell'unione ai sensi del comma 8, primo periodo, il sindaco del comune avente il maggior numero di abitanti tra quelli che sono membri dell'unione esercita tutte le funzioni di competenza dell'unione medesima. Al consiglio spettano le competenze attribuite dal citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 al consiglio comunale, fermo restando quanto previsto dal comma 2 del presente articolo.

8. Entro trenta giorni dalla data di istituzione dell'unione, il consiglio è convocato di diritto ed elegge il presidente dell'unione tra i sindaci dei comuni associati. Al presidente, che dura in carica due anni e mezzo ed è rinnovabile, spettano le competenze attribuite al sindaco dall'articolo 50 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, ferme restando in capo ai sindaci di ciascuno dei comuni che sono membri dell'unione le attribuzioni di cui all'articolo 54 del medesimo testo unico, e successive modificazioni.

9. La giunta dell'unione è composta dal presidente, che la presiede, e dagli assessori, nominati dal medesimo fra i sindaci componenti il consiglio in numero non superiore a quello previsto per i comuni aventi corrispondente popolazione. Alla giunta spettano le competenze di cui all'articolo 48 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000; essa decade contestualmente alla cessazione del rispettivo presidente.

10. Lo statuto dell'unione individua le modalità di funzionamento dei propri organi e ne disciplina i rapporti. Il consiglio adotta lo statuto dell'unione, con deliberazione a maggioranza assoluta dei propri componenti, entro venti giorni dalla data di istituzione dell'unione.

11. Ai consiglieri, al presidente ed agli assessori dell'unione si applicano le disposizioni di cui agli articoli 82 ed 86 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, ed ai relativi atti di attuazione, in riferimento al trattamento spettante, rispettivamente, ai consiglieri, al sindaco ed agli assessori dei comuni aventi corrispondente popolazione. Gli amministratori dell'unione, dalla data di assunzione della carica, non possono continuare a percepire retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti di ogni genere ad essi già attribuiti in qualità di amministratori locali ai sensi dell'articolo 77, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

12. L'esercizio in forma associata di cui al comma 1 può essere assicurato anche mediante una o più convenzioni ai sensi dell'articolo 30 del testo unico, che hanno durata almeno triennale. Ove alla scadenza del predetto periodo, non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con il decreto di cui all'articolo 14, comma 31-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, agli stessi si applica la disciplina di cui al comma 1.

13. A decorrere dal giorno della proclamazione degli eletti negli organi di governo dell'unione, nei comuni che siano parti della stessa unione gli organi di governo sono il sindaco ed il consiglio comunale, e le giunte decadono di diritto.».

3. L'articolo 32 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

«Art. 32 (Unione di comuni) 1. L'unione di comuni è l'ente locale costituito da due o più comuni, di norma contermini, finalizzato all'esercizio associato di funzioni e servizi. Ove costituita in prevalenza da comuni montani, essa assume la denominazione di unione di comuni montani e può esercitare anche le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna attribuite in attuazione dell'articolo 44, secondo comma, della Costituzione e delle leggi in favore dei territori montani.

2. Ogni comune può far parte di una sola unione di comuni. Le unioni di comuni possono stipulare apposite convenzioni tra loro o con singoli comuni.

3. Gli organi dell'unione, presidente, giunta e consiglio, sono formati, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, da amministratori in carica dei comuni associati e a essi non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti in qualsiasi forma percepiti. Il presidente è scelto tra i sindaci dei comuni associati e la giunta tra i componenti dell'esecutivo dei comuni associati. Il consiglio è composto da un numero di consiglieri, eletti dai singoli consigli dei comuni associati tra i propri componenti, non superiore a quello previsto per i comuni con popolazione pari a quella complessiva dell'ente, garantendo la rappresentanza delle minoranze e assicurando, ove possibile, la rappresentanza di ogni comune.

4. L'unione ha autonomia statutaria e potestà regolamentare e ad essa si applicano, in quanto compatibili, i principi previsti per l'ordinamento dei comuni, con particolare riguardo allo status degli amministratori, all'ordinamento finanziario e contabile, al personale e all'organizzazione.

5. All'unione sono conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali necessarie all'esercizio delle funzioni loro attribuite. Fermi restando i vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di personale, la spesa sostenuta per il personale dell'Unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti. A regime, attraverso specifiche misure di razionalizzazione organizzativa e una rigorosa programmazione dei fabbisogni, devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale.

6. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e con la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.

7. Alle unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati.

8. Gli statuti delle unioni sono inviati al Ministero dell'interno per le finalità di cui all'articolo 6, commi 5 e 6».

4. I comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti che fanno parte di un'unione di comuni già costituita alla data di entrata in vigore del presente decreto optano, ove ne ricorrano i presupposti, per la disciplina di cui all'articolo 14 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, come modificato dal presente decreto, ovvero per quella di cui all'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, come modificato dal presente decreto.

5. Entro due mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascuna regione ha facoltà di individuare limiti demografici diversi rispetto a quelli di cui all'articolo 16, comma 4, del citato decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, come modificato dal presente decreto.

6. Ai fini di cui all'articolo 16, comma 5, del citato decreto-legge n. 138 del 2011, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, come modificato dal presente decreto, nel termine perentorio di sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, i comuni di cui al citato articolo 16, comma 1, con deliberazione del consiglio comunale, da adottare, a maggioranza dei componenti, conformemente alle disposizioni di cui al comma 4 del medesimo articolo 16, avanzano alla regione una proposta di aggregazione, di identico contenuto, per l'istituzione della rispettiva unione.

7. Sono abrogati i commi 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies, 3-sexies, 3-septies e 3-octies dell'articolo 15 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.


 

 

L’articolo 19 definisce le funzioni fondamentali dei comuni ai sensi dell’art. 117, primo comma, lett. p), modificando la disciplina dell’obbligatorio esercizio di funzioni e novella quella dell’unione di comuni contenuta nel Testo unico per gli enti locali.

Individuazione di funzioni fondamentali

Il comma 1, lett. a) individua le funzioni fondamentali dei comuni in conformità all’art. 117, comma secondo, lett. p), Cost., che attribuisce in via esclusiva allo Stato la competenza normativa in materia.

Le funzioni fondamentali non sono oggetto di definizione nella Carta costituzionale, nella quale le funzioni dei comuni (delle province e delle città metropolitane) sono qualificate come fondamentali dall’art. 117; inoltre, l’art. 118, secondo comma, prevede che i comuni (le province e le città metropolitane) siano titolari di funzioni amministrative proprie e di funzioni conferite con legge statale o regionale secondo le rispettive competenze.

La differente qualificazione costituzionale delle funzioni non ha impedito, in sede di dottrina, di identificare le funzioni proprie con quelle fondamentali (quindi da determinare con legge statale), con individuazione uniforme a livello nazionale delle funzioni di base.

Per l’attuazione dell'art. 117, secondo comma, lettera p), Cost. l’art. 2 della legge 5 giugno 2003, n. 131 stabiliva una delega che non è stata esercitata. L’oggetto della delega era costituito dalla definizione delle “funzioni fondamentali, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane nonché per il soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento”.

In questa legislatura, è stato presentato alla Camera dei deputati, il 13 gennaio 2010, un disegno di legge (AC 3118) dal titolo “Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati”, approvato in prima lettura alla Camera il 30 giugno 2010 e trasmesso al Senato (AS 2259) ove è tuttora all’esame della 1ª Commissione Affari costituzionali.

L’art. 13 del D.Lgs. 267/2000[202] (cd. TUEL) attribuisce al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze. L’art. 14 TUEL prevede che il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica e che le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.

 

A tale individuazione è apposta una specifica clausola di salvezza delle funzioni di programmazione e di coordinamento delle regioni per le materie di legislazione concorrente e residuale e delle funzioni esercitate ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione. Quanto a queste ultime, l’effetto della clausola – peraltro dichiarativa di una garanzia già posta dalla fonte costituzionale - dovrebbe essere quello, da un lato, di mantenere fermi i conferimenti di funzioni amministrative a livelli diversi da quello comunale già effettuati e, dall’altro, di consentire la flessibilità nell’attribuzione assicurata dai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.

 

In merito al principio di sussidiarietà – per il quale l’intervento di ciascun ente pubblico territoriale va attuato nei confronti dei cittadini e degli stessi enti di livello sottostante solo in quanto tali soggetti non possano, per dimensioni o risorse effettuarlo – giova ricordare che la Corte costituzionale ne ha sottolineato, fin dalla sent. 303/2003, riferita al riformato titolo V Cost., la vocazione dinamica. In tal senso questo principio si pone come fattore di flessibilità dell’ordine delle competenze senza con ciò negare la rigidità costituzionale. Il principio di adeguatezza comporta che le funzioni amministrative vengano allocate dal legislatore tenendo conto dell’adeguatezza della dimensione e delle risorse di cui dispongono gli enti cui le funzioni stesse sono attribuite, mentre il principio di differenziazione richiede che, agli stessi fini, si tenga conto della situazione concreta in si trovano gli enti destinatari dell’attribuzione.

Più in concreto, le implicazioni derivanti da tali principi, risaltano dalla sentenza 232/2011 della Corte costituzionale, nella quale, rilevato che “la valutazione della necessità del conferimento di una funzione amministrativa ad un livello territoriale superiore rispetto a quello comunale deve essere effettuata dall’organo legislativo corrispondente almeno al livello territoriale interessato, in relazione al principio di legalità sostanziale (per tutte, sentenza n. 6 del 2004)” si afferma che “tale scelta deve giustificarsi in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (ex plurimis sentenze n. 278 del 2010, n. 76 del 2009, n. 165 e n. 88 del 2007, n. 214 del 2006, n. 151 del 2005). E, dunque, proprio in ragione della rilevanza dei valori coinvolti, una deroga al riparto operato dall’art. 117 Cost. può essere giustificata solo se la valutazione dell’interesse unitario sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. Affinché, dunque, nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che essa detti una disciplina logicamente pertinente (dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni), che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine e che sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali (da ultimo, sentenza n. 278 del 2010)”.

 

L’individuazione delle funzioni fondamentali è compiuta attraverso una modifica dell’art. 14, comma 27, del D.L. 78/2010[203], che aveva definito le stesse funzioni mediante rinvio ad altra fonte normativa, a fini di coordinamento della finanza pubblica, di contenimento delle spese funzionali e di esercizio in forma obbligatoriamente associata di funzioni dei comuni.

La fonte oggetto di rinvio, cioè l’art. 21, comma 3, della legge n. 42/2009[204], aveva definito le funzioni fondamentali dei comuni solo in via provvisoria ed esclusivamente ai fini perseguiti dalla disciplina complessiva in essa contenuta, vale a dire determinazione dei fabbisogni e delle spese degli enti locali. Sulla base di tale definizione il D.Lgs. 216/2010[205] ha stabilito disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province.

Perciò, il comma 1, lett. a), in esame, a differenza delle fonti richiamate, reca un’individuazione di funzioni fondamentali non marcata da finalità specifiche o transitorie, bensì con vocazione a regime. Essa comprende sia funzioni strumentali, relative alla gestione e organizzazione degli enti, sia funzioni dirette alla comunità territoriale.

Quanto agli specifici contenuti delle funzioni, possono valutarsi le differenze rispetto alla fonte modificata in base al seguente schema.

 

 

Art. 21, comma 3,
della legge n. 42/2009

Art. 19, comma 1, lett. a)

a) funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, nella misura complessiva del 70 per cento delle spese come certificate dall’ultimo conto del bilancio disponibile alla data di entrata in vigore della presente legge;

a) organizzazione generale dell'amministrazione, gestione finanziaria e contabile e controllo;

b) funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti;

b) organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito comunale, ivi compresi i servizi di trasporto pubblico comunale;

 

c) catasto, ad eccezione delle funzioni mantenute allo Stato dalla normativa vigente;

e) funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente, fatta eccezione per il servizio di edilizia residenziale pubblica e locale e piani di edilizia nonché per il servizio idrico integrato;

d) la pianificazione urbanistica ed edilizia di ambito comunale nonché la partecipazione alla pianificazione territoriale di livello sovracomunale;

 

e) attività, in ambito comunale, di pianificazione di protezione civile e di coordinamento dei primi soccorsi;

 

f) l'organizzazione e la gestione dei servizi di raccolta, avvio e smaltimento e recupero dei rifiuti urbani e la riscossione dei relativi tributi;

f) funzioni del settore sociale;

g) progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle relative prestazioni ai cittadini, secondo quanto previsto dall'articolo 118, quarto comma, della Costituzione;

c) funzioni di istruzione pubblica, ivi compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica;

h) edilizia scolastica, organizzazione e gestione dei servizi scolastici;

b) funzioni di polizia locale;

i) polizia municipale e polizia amministrativa locale;

 

l) tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale.».

 

 

Per quanto riguarda l’edilizia scolastica, la cui competenza ai sensi della normativa vigente è in parte dei comuni e in parte delle province (si veda da ultimo D.Lgs. 216/2010, art. 3), il testo originario del decreto-legge ne prevedeva la titolarità ai soli comuni. Nel corso dell’esame parlamentare all’articolo 17 del decreto in esame, tra le funzioni di area vasta delle province è stata aggiunta la gestione dell’edilizia scolastica nelle scuole secondarie di secondo grado (comma 10) e, conseguentemente, nell’articolo in commento è stato introdotto nella lett. h) l’inciso "per la parte non attribuita alla competenza delle province".

Inoltre, la funzione della lett. l) qualifica come fondamentali funzioni che la medesima lettera specifica che costituiscono esercizio di funzioni di competenza statale e che, pertanto, sulla base dell’articolazione di funzioni, tra proprie e conferite, stabilita dall’art. 118, secondo comma, Cost., dovrebbero essere ricondotte alle seconde. Del resto, il vigente art. 14 Tuel, rubricato “Compiti del comune per servizi di competenza statale”, nel prevedere che il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica, chiarisce che le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo. Analoga considerazione in merito alla natura di funzione conferita sembra possa farsi per la funzione indicata alla lett. c), che, nel riferirsi al catasto, specifica che restano escluse le funzioni “mantenute” allo Stato dalla normativa vigente.

 

Rispetto alle disposizioni contenute nel TUEL – che all’articolo 1, comma 4, pur richiamando l’articolo 128 della Costituzione (ora abrogato), dispone che le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni - l’articolo 19 in esame non reca alcuna disposizione di coordinamento.

Né l’articolo in esame contiene disposizioni di coordinamento rispetto all’individuazione transitoria di funzioni fondamentali dei comuni effettuata dall’articolo 21 della legge delega n. 42/2009 nonostante le richiamate prescrizioni del citato articolo 1. Tuttavia, poiché l’articolo 3 del D.Lgs. n. 216/2010, nell’ambito della disciplina delegata in esso contenuta per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province, ha previsto che a quell’individuazione transitoria si dovesse far riferimentofino alla data di entrata in vigore della legge statale di individuazione delle funzioni fondamentali di Comuni, Città metropolitane e Province”, sembrerebbe doversi ritenere - anche in base alle regole sulla successione delle leggi nel tempo – che essa sia superata dall’individuazione effettuata dall’articolo in commento. In tale ipotesi dovrebbe altresì ritenersi che la presente individuazione – e non più quella recata dall’articolo 21 sopradetto, peraltro prevista in termini identici anche nel D.Lgs. n. 216 del 2010 attuativo della norma di delega – sia quella sulla quale occorrerebbe ora basarsi per la determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni. Rimarrebbe, invece, tuttora operante – sino alla conclusione delle procedure di riordino di cui al comma 10 dell’articolo 17 del D.L. n. 95/2012 - l’individuazione delle funzioni fondamentali delle province recata dall’articolo 21 della legge n. 42 del 2009.

Obbligo di esercizio di funzioni in forma associata

Il comma 1, lett. b)-e), modifica la vigente normativa che riguarda l’obbligo di esercizio in forma associata di funzioni da parte di comuni.

 

In particolare, la lett. b) sostituisce interamente il comma 28 dell’art. 14 del D.L. 78/2010 sul cui testo erano già intervenute modifiche apportate sia dalla legge di conversione, 122/2010, sia dall’art. 16, comma 22, del D.L. 138/2011, convertito con modificazioni dalla L. 148/2011, sia, a fini di proroga di nove mesi, dall’art. 29, comma 11-bis, del D.L. 216/2011, convertito con modificazioni dalla L. 14/2012.

 

Art. 14, comma 38
del D.L. 78/2010

Art. 19, comma 1, lett. b)

28 Le funzioni fondamentali dei comuni, previste dall’art. 21, comma 3 della citata legge n. 42 del 2009, sono obbligatoriamente esercitate in forma associata, attraverso convenzione o unione, da parte dei comuni con popolazione superiore a 1.000 e fino a 5.000 abitanti, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole ed il comune di Campione d’Italia. Tali funzioni sono obbligatoriamente esercitate in forma associata, attraverso convenzione o unione, da parte dei comuni, appartenenti o già appartenuti a comunità montane, con popolazione stabilita dalla legge regionale e comunque inferiore a 3.000 abitanti.

28. I comuni con popolazione fino a 5.000 abitanti, ovvero fino a 3.000 abitanti se appartengono o sono appartenuti a comunità montane, esclusi i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole e il comune di Campione d’Italia, esercitano obbligatoriamente in forma associata, mediante unione di comuni o convenzione, le funzioni fondamentali dei comuni di cui al comma 27, ad esclusione della lettera l). Se l'esercizio di tali funzioni è legato alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata secondo le modalità stabilite dal presente articolo, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica.»;

 

Con riferimento al primo periodo della novella in esame, risulta che, a differenza della precedente disciplina, l’ambito applicativo della nuova disciplina comprende anche i comuni con popolazione fino a 1000 abitanti, in precedenza esclusi in quanto soggetti al regime di esercizio in forma associata previsto dall’art. 16, commi 1-16 del D.L. 138/2011 e non è riprodotta la previsione dell’intervento della legge regionale per stabilire parametri demografici per i comuni appartenenti o già appartenuti a comunità montane. Inoltre, occorre tenere presente che l’oggetto dell’obbligo di esercizio in forma associata è mutato per effetto della differente individuazione delle funzioni fondamentali effettuata dalla lett. a).

Sono però sottratte all’obbligo, per effetto dell’inciso finale del primo periodo della lett. b), le funzioni di tenuta dei registri di stato civile e di popolazione e i compiti in materia di servizi anagrafici nonché in materia di servizi elettorali e statistici, nell'esercizio delle funzioni di competenza statale. Come sopra rilevato, si tratta di funzioni svolte nell’esercizio di competenze statali, quindi oggetto di conferimento da parte dello Stato nei confronti dei comuni.

 

Gli strumenti attraverso i quali si provvede all’esercizio in forma associata restano la convenzione e l’unione, che costituiscono due degli strumenti previsti dal Capo V del Titolo II del TUEL (art. 30 e 32) in tema di forme associative. Per l’unione, l’articolo in esame, al comma 3, novella integralmente la relativa disciplina, mentre, per la convenzione, al comma 1 lett. e) introduce un vincolo di minima durata e di verifica del livello di efficacia ed efficienza della gestione in convenzione i cui risultati possono portare all’obbligo di unione (v.infra).

 

Va precisato però che i comuni con popolazione fino a 1000 abitanti hanno facoltà di optare per un regime di esercizio associato di funzioni di tipo derogatorio rispetto al modello dell’unione di cui all’art. 32 TUEL, come novellato dal comma 3.

La possibilità di accedere ad un modello derogatorio di unione è stabilita dal comma 2 dell’articolo in esame (v. infra) che novella, a tal fine, i commi 1-16 dell’art. 16 del D.L.del decreto-legge n. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, che avevano introdotto l’obbligo di esercizio associato di funzioni per i comuni fino a 1000 abitanti.

 

Il secondo periodo introdotto nel comma 28 prevede che, se l'esercizio delle funzioni fondamentali è legato alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT), i comuni le esercitano obbligatoriamente in forma associata, secondo le modalità stabilite nell’articolo novellato, fermo restando che tali funzioni comprendono la realizzazione e la gestione di infrastrutture tecnologiche, rete dati, fonia, apparati, di banche dati, di applicativi software, l'approvvigionamento di licenze per il software, la formazione informatica e la consulenza nel settore dell'informatica.

Per la ricostruzione del significato prescrittivo di tale disposizione occorre, in primo luogo, segnalarne la connessione con il comma 7 dell’articolo in esame che prevede l’abrogazione dei commi da 3-bis a 3-octies dell’art. 15 del D.Lgs. 82/2005, Codice dell’amministrazione digitale (cd. CAD) che disciplinavano l’obbligo di esercizio in forma associata di funzioni ICT per i comuni con popolazione fino a 5000 abitanti. Queste disposizioni, entrate in vigore[206] e poi abrogate in un ristrettissimo lasso temporale, trovavano la loro ratio nell’intento di prescindere, nel prescrivere l’obbligo di esercizio associato, dalle soglie demografiche e dalle caratteristiche di localizzazione stabilite dall’art. 14 del D.L. 78/2010, prevedendone di specifiche solo ai fini delle funzioni ICT.

Con la novella in esame, non appare chiara la portata innovativa del secondo periodo del comma 28. Infatti, la prescrizione del primo periodo ha carattere generale e, quindi, è di per sé idonea a comprendere anche le funzioni fondamentali il cui esercizio è legato all’ICT. Altrimenti si dovrebbe ritenere che l’intento normativo sia quello di porre un obbligo che prescinde dalle soglie demografiche e dalle localizzazioni territoriali contenute nel primo periodo e che, quindi, riguardi tutti i comuni. Oppure, ferme restando tali soglie e localizzazioni la portata innovativa potrebbe essere ricondotta all’elencazione delle attività comprese nelle funzioni ICT, della quale non appare chiara la natura tassativa o meno.

 

Il comma 1 lett. c), introducendo un comma 28-bis, dispone espressamente, con il primo periodo di tale comma, un rinvio alla disciplina in materia di unioni contenuta nell’art. 32 Tuel, come novellato dal comma 3 dello stesso articolo in esame. Inoltre, il secondo periodo dello stesso comma aggiuntivo prevede l’applicazione ai comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti di quanto previsto al comma 17, lettera a), dell'articolo 16 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, vale a dire la limitazione a 6 del numero dei consiglieri comunali, cui si aggiunge il sindaco, dei consigli comunali che si rinnovano dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame.

Non appare chiara la portata normativa di quest’ultimo rinvio, sia perché riguarda norma che si applica proprio a tale fascia demografica di comuni, sia perché attiene a materia diversa da quella dell’esercizio associato di funzioni.

 

Il comma 1, lett. d) ed e), introducono limitate modifiche nei commi 30 e 31 dell’art. 14 del D.L. 78/2010 che riguardano sia il termine entro il quale la regione può determinare un limite demografico minimo dell’unione dei comuni diverso da quello pari a 10.000 abitanti già stabilito dal suddetto art. 14 e non modificato dall’articolo in esame, sia i termini (già prorogati dal D.L. 216/2011 conv. con modifiche dalla L. 14/2012) entro i quali i comuni attuano le novellate disposizioni in tema di obbligo di esercizio associato di funzioni. Quanto a questi ultimi si fa presente che la novella – che sposta la disposizione relativa alla cronologia degli adempimenti dal comma 31 al comma 31-bis - aumenta da due a tre il numero minimo di funzioni fondamentali per le quali l’obbligo suddetto va adempiuto entro il primo stadio temporale, fissato al 1° gennaio 2013.

Inoltre la lett. e) introduce il comma 31-bis che stabilisce che le convenzioni per l’esercizio obbligatorio in forma associata abbiano una durata minima triennale e siano soggette alla disciplina, in quanto applicabile, dell’articolo 30 del TUEL.

Tale articolo prevede le convenzioni tra enti locali come strumento facoltativo per lo svolgimento coordinato di funzioni e di servizi determinati (comma 1). Elemento necessari delle convenzioni sono i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i reciproci obblighi e garanzie (comma 2). Si riconduce poi alla discrezionalità dello Stato o della regione, per le materie di competenza la previsione di forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, limitatamente alla gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera e purché sia predeterminato un disciplinare-tipo (comma 3). Le convenzioni possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo, ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli enti deleganti (comma 4).

Il comma 31-bis prevede inoltre che, se “alla scadenza del predetto periodo, non sia comprovato, da parte dei comuni aderenti, il conseguimento di significativi livelli di efficacia ed efficienza nella gestione, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, da adottare entro sei mesi, sentita la Conferenza Stato-Città e autonomie locali, i comuni interessati sono obbligati ad esercitare le funzioni fondamentali esclusivamente mediante unione di comuni”.

 

Dal riferimento alla scadenza del periodo non risulta con chiarezza se il riscontro dei livelli di efficacia ed efficienza nella gestione debba intervenire comunque decorso un triennio anche in caso di durata superiore della convenzione. Se così fosse sarebbe opportuno prevedere specifiche disposizioni per la cessazione della convenzione e la costituzione dell’unione che non sembra possano essere demandate alla fonte costituita dal decreto ministeriale.

 

La lettera e) introduce anche un comma 31-ter al medesimo art. 14 TUEL, che dispone in ordine all’attuazione (graduale) da parte dei comuni dell’esercizio associato di funzioni, prevedendo due fasi:

§      entro il 1° gennaio 2013 i comuni interessati devono svolgere in forma associata almeno 3 delle funzioni fondamentali indicate all’art. 14, comma 27 come sostituito dall’articolo in esame;

§      entro il 1° gennaio 2014 l’obbligo di esercizio associato coinvolge anche le altre 7 funzioni.

 

Nel corso dell’esame parlamentare, è stata introdotta, con il comma 7-bis, una disposizione che prevede che “in caso di decorso dei termini di cui al comma 31-ter, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine perentorio entro il quale provvedere. Decorso inutilmente detto termine, trova applicazione l'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131”. Per effetto di quest’ultimo richiamo normativo, decorso inutilmente il termine assegnato dal prefetto, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento e la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.

 

Con riferimento al primo periodo della modifica introdotta, deve ritenersi che, anche se non espressamente esplicitato, l’intervento prefettizio possa spiegarsi solo in caso di inutile decorso dei termini in questione.

Unioni di comuni

Come sopra anticipato, il comma 2, prevede per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti la facoltà di accedere ad un regime di unione differente da quello previsto dall’art. 32 TUEL (che il comma 3 provvede comunque a novellare) e al quale i medesimi comuni erano soggetti in base alle disposizioni contenute nei commi da 1 a 16 dell’art. 16 del D.L. n. 138/ 2011, ora interamente sostituite dal medesimo comma 2.

Per effetto della novella:

§       viene meno il carattere obbligatorio delle relative disposizioni per i comuni in questione in quanto hanno facoltà di ricorrere, in alternativa, all’applicazione della disciplina dell’art. 32 TUEL;

§       alle funzioni svolte dall’unione per conto dei comuni già indicate dal testo prima della novella, cioè programmazione economico-finanziaria e gestione contabile, si aggiunge la titolarità della potestà impositiva sui tributi locali dei comuni associati, nonché quella patrimoniale; per effetto di una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare si chiarisce che le funzioni dell’unione non sono limitate a quelle indicate;

§       non è più prevista la facoltà di adesione anche dei comuni con popolazione superiore a 1.000 abitanti;

§       non è riprodotta la disposizione che stabilisce la facoltà della regione di prevedere limiti demografici complessivi minimi dell’unione diversi da quelli stabiliti dalle disposizioni in esame (che restano, comunque, invariati), in quanto collocata al di fuori della novella, cioè nel comma 5 dell’articolo in esame;

§       è spostato dal 31 dicembre 2012 al 31 dicembre 2013 il termine entro il quale la regione provvede, secondo il proprio ordinamento, a sancire l'istituzione di tutte le unioni del proprio territorio come determinate nelle proposte di aggregazione deliberate dai consigli comunali;

§       in merito a tali proposte, la novella non stabilisce, a differenza del testo novellato, il termine entro il quale devono intervenire, termine stabilito, invece, dal comma 5 dell’articolo in esame;

§       è mantenuta l’articolazione degli organi dell'unione nel consiglio, composto da tutti i sindaci dei comuni che sono membri dell'unione nonché, in prima applicazione, da due consiglieri comunali per ciascuno di essi, nel presidente, eletto tra i sindaci che compongono il consiglio, e nella giunta, mentre viene meno la previsione della possibilità che la legge dello Stato stabilisca che le successive elezioni avvengano a suffragio universale e diretto contestualmente alle elezioni per il rinnovo degli organi di governo di ciascuno dei comuni appartenenti alle unioni;

§       gli amministratori dell'unione, dalla data di assunzione della carica, non possono continuare a percepire retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti di ogni genere ad essi già attribuiti in qualità di amministratori locali; nel testo precedente alla novella si stabiliva che in caso di percezione di emolumenti in qualità di amministratori locali non fosse spettasse alcun trattamento economico per la carica sopraggiunta;

§       è espressamente prevista la facoltà dei comuni di ricorrere, in via alternativa, allo strumento della convenzione, che deve avere durata minima triennale ed è sottoposta alla verifica del livello di efficienza ed efficacia di gestione prevista dal comma 31-bis del novellato art. 14 del D.L. 78/2010;

§       quanto agli organi dei comuni che fanno parte dell’unione, si prevede la decadenza di diritto delle giunte a decorrere dal giorno della proclamazione degli eletti negli organi di governo dell'unione, mentre il testo previgente stabiliva che tale decadenza si producesse a decorrere dal giorno della proclamazione degli eletti negli organi di governo del comune che, successivamente al 13 agosto 2012, fosse per primo interessato al rinnovo;

§       non è riprodotta la disposizione previgente che stabiliva che le competenze dei consigli comunali fossero limitate esclusivamente ai poteri di indirizzo nei confronti del consiglio dell'unione, ferme restando le funzioni normative spettanti in riferimento alle attribuzioni non esercitate mediante l'unione.

 

Il comma 3 sostituisce l’art. 32 del TUEL con novella da cui risultano soprattutto le seguenti differenze:

§       l’unione di comuni costituita in prevalenza da comuni montani, è detta unione di comuni montani e può esercitare anche le specifiche competenze di tutela e di promozione della montagna (ex art. 44, secondo comma, Cost.) e delle leggi in favore dei territori montani;

§       ogni comune può partecipare ad una sola unione;

§       le unioni possono stipulare convenzioni tra loro o con singoli comuni;

§       i componenti degli organi dell’unione, formati, come già previsto, da amministratori già in carica dei comuni dell’unione, non possono percepire compensi, in applicazione del principio che viene espressamente stabilito secondo cui l’unione è senza nuovi oneri per la finanza pubblica; in proposito di emolumenti si segnala che viene stabilito un regime inverso rispetto a quello delle unioni di tipo derogatorio dei comuni sotto i 1000 abitanti di cui ai commi da 1 a 16 dell'articolo 16 del decreto-legge n. 13 agosto 2011, n. 138: mentre questi ultimi, dalla data di assunzione della carica, non possono continuare a percepire retribuzioni, gettoni e indennità o emolumenti di ogni genere ad essi già attribuiti in qualità di amministratori locali, quelli delle unioni del novellato art. 32 non possono percepire emolumenti in tale qualità;

§       la potestà statutaria e regolamentare sono riconosciute in via generale, mentre nel testo novellato ne sono indicati specifici contenuti;

§       gli statuti delle unioni sono inviati al Ministero dell'interno per raccolta conservazione e pubblicità;

§       in ulteriore applicazione del principio, sopra ricordato ed espressamente stabilito dal testo secondo cui l’unione è senza nuovi oneri per la finanza pubblica, si dispone che: all'unione sono conferite dai comuni partecipanti le risorse umane e strumentali necessarie all'esercizio delle funzioni loro attribuite; la spesa sostenuta per il personale dell'unione non può comportare, in sede di prima applicazione, il superamento della somma delle spese di personale sostenute precedentemente dai singoli comuni partecipanti; a regime devono essere assicurati progressivi risparmi di spesa in materia di personale.

 

Il comma 4 prevede che i comuni fino a 5.000 abitanti, componenti di un’unione di comuni già costituita, optino, ove ne ricorrano i presupposti, per la disciplina delle unioni ex art. 14 D.L. 78/2010 o delle unioni ex art. 16 D.L. 138/2011, entrambi novellati.

 

Il comma 5 riproduce la disposizione, che era contenuta nel comma 6 dell’art. 16 del D.L. 138/2011, che stabilisce la facoltà della regione di prevedere limiti demografici complessivi minimi dell’unione diversi da quelli individuati dalle disposizioni in esame (che restano, comunque, invariati).

 

Il comma 6 stabilisce il termine (sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge), definito perentorio, entro il quale i comuni devono avanzare alla regione la proposta di aggregazione.

 

Come già rilevato, sia la disposizione del comma 5, sia quella del comma 6, entrambe destinate a spiegare efficacia entro un periodo determinato, non sono state inserite nella novella dell’art. 16 del D.L. 138/2011.


 

Articolo 20
(Disposizioni per favorire la fusione di comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali)

 


1. A decorrere dall'anno 2013, il contributo straordinario ai comuni che danno luogo alla fusione, di cui all'articolo 15, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, è commisurato al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano per le fusioni di comuni realizzate negli anni 2012 e successivi.

3. Con decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare sono disciplinate modalità e termini per l'attribuzione dei contributi alla fusione dei comuni.

4. A decorrere dall'anno 2013 sono conseguentemente soppresse le disposizioni del regolamento concernente i criteri di riparto dei fondi erariali destinati al finanziamento delle procedure di fusione tra i comuni e l'esercizio associato di funzioni comunali, approvato con decreto del Ministro dell'interno del 1o settembre 2000, n. 318, incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo.


 

 

L’articolo 20 reca disposizioni in tema di incentivi delle fusioni tra comuni.

 

Già l’articolo 15, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 recante testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) ha previsto, per favorire tali fusioni, l’erogazione di contributi statali, ulteriori rispetto a quelli regionali. Tali contributi statali, definiti straordinari, hanno durata decennale e sono commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.

 

Con il comma 1 dell’articolo in esame, tali contributi sono commisurati al 20 per cento dei trasferimenti erariali attribuiti per l'anno 2010, nel limite degli stanziamenti finanziari previsti.

 

Tale disposizione, che modifica la quota oggetto di contributo, non è formulata in termini di novella del citato art. 15, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000.

 

L’efficacia della disposizione è stabilita a decorrere dall'anno 2013 dal comma 1, ma il comma 2 ne prevede l’applicazione alle fusioni di comuni realizzate negli anni 2012 e successivi.

 

Per la determinazione delle modalità e dei termini per l'attribuzione dei contributi alla fusione dei comuni, il comma 3 rinvia a decreto del Ministro dell'interno di natura non regolamentare.

 

Con riferimento alla qualificazione non regolamentare del decreto ministeriale, si rammenta che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come “un atto statale dalla indefinibile natura giuridica”. Più recentemente, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell’articolo 4 del decreto ministeriale in data 6 febbraio 2006, ha osservato che: «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di “fuga dal regolamento” (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l’adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti “atipici”, di natura non regolamentare.

 

Il comma 4, dispone la soppressione (rectius abrogazione) a decorrere dall'anno 2013 delle disposizioni del regolamento concernente i criteri di riparto dei fondi erariali destinati al finanziamento delle procedure di fusione tra i comuni e l'esercizio associato di funzioni comunali, approvato con decreto del Ministro dell'interno 1° settembre 2000, n. 318, incompatibili con le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3.

 

L’art. 1 di tale decreto prevede che, ai comuni derivanti da procedure di fusione, alle unioni di comuni ed alle comunità montane svolgenti l'esercizio associato di funzioni comunali spettano rispettivamente il 15, il 60 ed il 25 per cento del totale dei fondi erariali annualmente a ciò destinati in base alle disposizioni di legge vigenti. Le risorse annualmente non utilizzate risultanti dalla partizione di cui al comma 1 possono essere utilizzate nel caso di insufficienza dei fondi per l'una o l'altra delle destinazioni previste.In base all’art. 6, ai comuni scaturenti dalla fusione di comuni preesistenti spetta, per un periodo di dieci anni, un contributo straordinario pari al 20 per cento dei trasferimenti erariali complessivamente attribuiti ai comuni preesistenti per l'ultimo esercizio precedente alla istituzione del nuovo ente. In caso di insufficienza dei fondi erariali destinati al finanziamento delle fusioni di comuni, il contributo spettante per la fusione è proporzionalmente ridotto. I comuni istituiti a seguito della fusione di comuni inviano la richiesta di contributo entro il 30 settembre dell'anno di costituzione per la relativa attribuzione entro il 31 ottobre dello stesso anno. Il contributo è attribuito in proporzione al periodo temporale di istituzione. Ai nuovi enti che inviano la richiesta di contributo successivamente al termine del 30 settembre e non oltre il 31 dicembre dell'anno di costituzione sarà attribuito per lo stesso anno e per l'anno successivo un contributo nei limiti delle disponibilità di fondi esistenti a seguito degli avvenuti riparti.

 

Si valuti l’esigenza di individuare specificamente le disposizioni incompatibili con la nuova disciplina, alla luce del disposto dell’art. 13-bis della L. 400/1988 che prevede – con disposizioni che costituiscono princìpi generali per la produzione normativa e non possono essere derogate, modificate o abrogate se non in modo esplicito - che il Governo, nell’ambito delle proprie competenze, provvede a che ogni norma che sia diretta a sostituire, modificare o abrogare norme vigenti ovvero a stabilire deroghe indichi espressamente le norme sostituite, modificate, abrogate o derogate.


 

Articolo 21
(Riduzione dell'Iva)

 


1. All'articolo 40 del decreto-legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, e successive modifiche, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1-ter:

1) nel primo periodo, le parole: «1o ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012», sono sostituite dalle seguenti: «1o luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013»;

2) il secondo periodo è abrogato;

3) nel terzo periodo le parole «sono ulteriormente incrementate di 0,5 punti percentuali», sono sostituite dalla seguenti: «sono rispettivamente rideterminate nella misura dell'11 e del 22 per cento»;.

b) al comma 1-quater:

1) sono soppresse le parole «, secondo e terzo periodo»;

2) le parole «30 settembre 2012», sono sostituite dalle parole: «30 giugno 2013»;

3) le parole da «a 13.119 milioni di euro» sino alla fine del comma, sono sostituite dalle seguenti «a 6.560 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2013».

2. Con la legge di stabilità per l'anno 2013 sono indicate le misure di attuazione del programma di razionalizzazione della spesa pubblica previsto dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto legge n. 52 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 94 del 2012, e le disposizioni aventi ad oggetto l'eliminazione o riduzione di regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale previste dall'articolo 40, comma 1-quater, del decreto legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, come modificato dal comma 1 del presente articolo. I risparmi di spesa e le maggiori entrate derivanti dal primo periodo concorrono, unitamente ai risparmi di spesa derivanti dai regolamenti di riordino, trasformazione e soppressione di enti ed organismi pubblici statali, nonché di strutture pubbliche statali o partecipate dallo Stato, di cui all'articolo 12 del presente decreto, al fine di evitare l'aumento, dal 1o luglio 2013, delle aliquote iva previsto dall'articolo 40, comma 1-ter, del citato decreto legge n. 98 del 2011 convertito con legge n. 111 del 2011, come modificato dal comma 1.


 

 

L'articolo 21 al comma 1 prevede il posticipo dell'incremento delle aliquote IVA del 2 per cento, stabilito dal decreto-legge n. 201 del 2011, a decorrere al 1o luglio 2013 e fino al 31 dicembre 2013 (anziché dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012); inoltre, dal 1o gennaio 2014 dette aliquote sono rideterminate con un incremento dell'1 per cento anziché del 2,5 per cento come previsto dal testo previgente.

Il comma 2 stabilisce che con la legge di stabilità 2013 siano indicate le misure di attuazione del programma di razionalizzazione della spesa pubblica e le disposizioni di eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, prevedendo che i risparmi e le maggiori entrate così ottenuti, assieme ai risparmi derivanti dal riordino di enti ed organismi statali disposti dall'articolo 12, concorrano ad evitare il previsto aumento dal 1° luglio 2013 delle aliquote IVA.

 

Più in dettaglio, il comma 1 novella l’articolo 40 del decreto-legge n. 98 del 2011, come modificato dall'articolo 18 del decreto-legge n. 201 del 2011.

La lettera a) del comma 1 in particolare ne novella il comma 1-ter al fine di prevedere che:

§      il previsto incremento di 2 punti percentuali delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento decorra dal 1° luglio 2013 fino al 31 dicembre 2013 (anziché dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012);

§      a decorrere dal 1° gennaio 2014, l'incremento delle suddette aliquote sia pari complessivamente all'1 per cento (anziché al 2,5 per cento). Da tale data, pertanto, le aliquote sono rideterminate, rispettivamente, nella misura dell’11 e del 22 per cento[207].

 

Si ricorda che con il citato articolo 18 del decreto-legge n. 201 del 2011 si sono voluti sterilizzare gli effetti dell'articolo 40 del decreto-legge n. 98 del 2011, che aveva previsto la riduzione del 5 per cento nel 2012 e del 20 per cento a decorrere dal 2013 dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale riportati nell’allegato C-bis al medesimo decreto-legge n. 98.

 

A tal fine, il comma 1, lettera a), dell’articolo 18, mediante sostituzione del comma 1-ter del citato articolo 40, ha previsto, a decorrere dal 1° ottobre 2012, che le aliquote IVA del 10 e del 21 per cento sono incrementate di 2 punti percentuali. Inoltre, ha previsto che a decorrere dal 1° gennaio 2014 le predette aliquote sono ulteriormente incrementate di 0,5 punti percentuali.

Il comma 1, lettera b), dell’articolo 18 citato, ha recato alcune modifiche al comma 1-quater, prevedendo che i provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione e agevolazione fiscale devono essere effettivamente entrati in vigore (e non solo adottati) alla data del 30 settembre 2012 ai fini della non applicazione della disposizione recata dal precedente comma. Sono stati altresì modificati gli effetti positivi, ai fini dell'indebitamento netto, derivanti dall’articolo 40 citato, rideterminati in 13.119 milioni di euro per l’anno 2013 e 16.400 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014.

 

 

 

La lettera b) novella il comma 1-quater dell'articolo 40 al fine di prevedere che:

§      l'incremento delle aliquote IVA disposte dal precedente comma non si applica qualora entro il 30 giugno 2013 (anziché entro il 30 settembre 2012, come disposto dal testo previgente) siano entrati in vigore provvedimenti legislativi in materia fiscale ed assistenziale aventi ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale, nonché la eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale che si sovrappongono alle prestazioni assistenziali;

§      gli effetti positivi, ai fini dell'indebitamento netto, disposti dalla predetta norma, sono rideterminati in 6.560 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013.

 

Il comma 2 prevede che con la legge di stabilità per l’anno 2013 siano individuate:

§       le misure di attuazione del programma di razionalizzazione della spesa pubblica che il Governo, ai sensi dall’articolo 1, comma 1-bis, del decreto-legge n. 52 del 2012[208], è tenuto a presentare al Parlamento entro il 30 settembre 2012;

 

Si ricorda che il comma 1-bis dell'articolo 1 citato, introdotto in fase di conversione del decreto-legge n. 52 del 2012 - convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94 - dispone che il Governo, sulla base della proposta del Comitato per la revisione della spesa pubblica istituito dal medesimo decreto, presenta al Parlamento entro la predetta data del 30 settembre 2012 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica nel quale sono specificati i singoli interventi e le misure adottati o in via di adozione per il conseguimento degli obiettivi di riduzione della spesa pubblica, nonché forme di monitoraggio sullo stato di attuazione degli stessi al fine di valutarne l'efficacia.

Il programma, finalizzato all'attuazione dell'articolo 01 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138,[209], deve risultare coerente con la legge di riforma della pubblica amministrazione 4 marzo 2009, n. 15, e individuare, anche attraverso la sistematica comparazione di costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, anche al fine di evitare possibili duplicazioni di strutture ed implementare le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate. Al programma è associata l'indicazione dei risparmi di spesa per ogni singolo intervento di riorganizzazione della spesa pubblica.

Ai sensi del successivo comma 1-ter., nell'ambito della risoluzione parlamentare approvativa della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2012 dovranno essere indicati i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015 mediante i quali attuare le riorganizzazioni della spesa pubblica previste nel programma. L’ulteriore comma 1-quater prevede che entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto – avvenuta il 6 luglio 2012 - il citato Comitato provveda a definire le modalità di predisposizione del programma e della relativa attuazione e, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ne dà comunicazione al Parlamento, al fine dell'espressione del parere, entro trenta giorni dalla trasmissione, da parte delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

 

Si osserva che la disposizione del comma 2 in esame andrebbe coordinata con quanto disposto dai commi 1-ter e 1-quater dell'articolo 1 del decreto-legge n. 52 del 2012, i quali dispongono che l’attuazione delle riorganizzazioni della spesa pubblica previste nel citato programma sia effettuata con appositi disegni di legge collegati da indicare nella Nota di aggiornamento al DEF 2012, previa definizione da parte del Comitato per la revisione della spesa delle modalità di predisposizione e attuazione del programma da sottoporre al Parlamento ai fini dell’espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari.

§       le disposizioni di eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale previste dall’articolo 40, comma 1-quater, del decreto legge n. 98 del 2011, novellato dall’articolo 21, comma 1, del decreto in esame (cfr.supra) .

 

I risparmi di spesa e le maggiori entrate derivanti dalle misure suddette - assieme ai risparmi provenienti dai regolamenti di riordino, trasformazione e soppressione di enti ed organismi statali o partecipati dallo Stato previsti dall’articolo 12 del decreto in esame - concorrono ad evitare l’aumento delle aliquote IVA a decorrere dal 1° luglio 2013.


 

Articolo 22
(Salvaguardia dei lavoratori dall’incremento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico)

 


1. Ferme restando le disposizioni di salvaguardia stabilite dai commi 14 e 15 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e dai commi 2-ter e 2-quater dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, nonché le disposizioni, i presupposti e le condizioni di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze del lo giugno 2012, che ha determinato in sessantacinquemila il numero dei soggetti interessati dalla concessione del beneficio di cui alle predette disposizioni, le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011 continuano ad applicarsi, nel limite di ulteriori 55.000 soggetti, ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011:

a) ai lavoratori per i quali le imprese abbiano stipulato in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali ancorché alla data del 4 dicembre 2011 gli stessi lavoratori ancora non risultino cessati dall'attività lavorativa e collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, i quali in ogni caso maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223 ovvero, ove prevista, della mobilità lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della predetta legge n. 223 del 1991. Ai lavoratori di cui alla presente lettera continua ad applicarsi la disciplina in materia di indennità di mobilità in vigore alla data del 31 dicembre 2011, con particolare riguardo al regime della durata;

b) nei limiti di ulteriori 1.600 soggetti rispetto a quanto indicato dall'articolo 6 del citato decreto ministeriale del 1o giugno 2012 ai lavoratori che, alla data del 4 dicembre 2011, non erano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore di cui all'articolo 2, comma 28, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, ma per i quali il diritto all'accesso ai predetti fondi era previsto da accordi stipulati alla suddetta data e ferma restando la permanenza nel fondo fino al sessantaduesimo anno di età;

c) ai lavoratori di cui all'articolo 24, comma 14, lettera d) del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, nonché di cui all'articolo 2, comma 1, lettera d) del citato decreto ministeriale del 1o giugno 2012 che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, che perfezionano i requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge;

d) ai lavoratori di cui all'articolo 6, comma 2-ter, del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012, che risultino in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla disciplina pensionistica vigente prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono definite le modalità di attuazione del comma 1. L'INPS provvede al monitoraggio, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori di cui al comma 1 che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore citato decreto legge n. 201 del 2011. Qualora dal predetto monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione determinato ai sensi del comma 1, il predetto ente non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefìci previsti dalla disposizione di cui al comma 1.


 

 

L’articolo 22 prevede un ulteriore contingente, pari a 55.000 unità, dei soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici disposto dalla recente legge di riforma delle pensioni.

 

In particolare, l'articolo 22 prevede l’applicabilità della normativa previgente (per quanto attiene alla disciplina previdenziale dettata dall’articolo 24 del D.L. 201/2011 in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici) a favore di determinate categorie di lavoratori, in aggiunta alle analoghe deroghe già contenute nei commi 14 e 15 dello stesso articolo 24 e nell’articolo 6, commi 2-ter e 2-quater, del D.L. 216/2011 (nonché nel previsto provvedimento attuativo adottato con D.M. 1° giugno 2012).

 

Più specificamente, il comma 1 (ferme restando, come detto, le disposizioni di salvaguardia già adottate) prevede che la normativa previdenziale previgente alla recente riforma continui ad applicarsi, nel limite di ulteriori 55.000 soggetti (si ricorda che l’articolo 24, comma 14, non aveva individuato un contingente numerico bensì un limite di spesa), ancorché maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011[210]:

§      ai lavoratori collocati in mobilità (o in mobilità lunga), sulla base di appositi accordi stipulati dalle imprese in sede governativa anteriormente al 31 dicembre 2011 (restano quindi esclusi i lavoratori interessati da accordi stipulati al di fuori di tale sede, rientranti invece nell’ambito di applicazione del richiamato articolo 24, comma 14, del D.L. 201/2011), finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali, e che maturino il diritto al pensionamento, secondo la disciplina di cui al più volte richiamato D.L. 201, entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità (ovvero, ove prevista, della mobilità lunga), ancorché alla data del 4 dicembre 2011 non risultino ancora collocati in mobilità (lettera a))[211].

§      ai lavoratori che, alla data del 4 dicembre 2011, non erano titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore (si tratta sostanzialmente del settore finanziario), di cui all'articolo 2, comma 28, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006), ma per i quali il diritto all'accesso ai predetti fondi era previsto da accordi stipulati alla medesima data e ferma restando la permanenza nel fondo fino al sessantaduesimo anno di età. Tale beneficio opera nei limiti di 1.600 soggetti ulteriori rispetto a quanto indicato dall'articolo 6 del D.M. 1° giugno 2012 (lettera b))[212].Per l’ambito di applicazione della platea individuata dal richiamato articolo 24, comma 14, vedi infra);

§      ai lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, a condizione (limitazione non presente nell’articolo 24, comma 14, sulla platea dei soggetti autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione) che perfezionino i requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore dello stesso D.L. 201/2011, nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento (lettera c))[213].

§      ai lavoratori di cui all'articolo 6, comma 2-ter, del D.L. 216/2011 (cioè con gli accordi individuali o collettivi di incentivazione all’esodo, vedi infra) il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011 e che siano in possesso dei requisiti previgenti all’entrata in vigore del D.L. 201/2011 avrebbero comportato la decorrenza del trattamento medesimo nel periodo compreso fra il ventiquattresimo e il trentaseiesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo D.L. 201 (lettera d))[214].

 

Il comma 2 demanda le modalità di attuazione delle disposizioni di cui al precedente comma ad uno specifico decreto interministeriale, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame.

Allo stesso tempo, si prevede il monitoraggio dell’INPS, sulla base della data di cessazione del rapporto di lavoro, delle domande di pensionamento presentate dai lavoratori individuati in precedenza che intendano avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del D.L. 201/2011. Qualora dal predetto monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico delle domande di pensione determinato ai sensi del comma 1, l’INPS non prenderà in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici richiamati.

 

Si segnala, al riguardo, che sono attualmente all’esame dell’XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati una serie di proposte di legge (AA. C. 5103, C.5236 e C.5247) volte ad ampliare la platea dei lavoratori nei confronti dei quali continuano ad applicarsi le previgenti disposizioni in materia di accesso e decorrenza dei trattamenti pensionistici.

 

 

I benefici previdenziali previsti per i cd. salvaguardati

 

L’articolo 24, commi 14 e 15, del D.L. 201/2011

Il comma 14 ha disposto che le disposizioni previgenti in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici (c.d. finestre”) continuino ad applicarsi, in primo luogo:

§      ai lavoratori che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011;

§      ai lavoratori di cui all’articolo 1, comma 9, della L. 243/2004 (ove si prevede che, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2015, è confermata la possibilità di conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico di anzianità, in presenza di un'anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni e di un'età pari o superiore a 57 anni per le lavoratrici dipendenti e a 58 anni per le lavoratrici autonome. Entro il 31 dicembre 2015 il Governo verifica i risultati della predetta sperimentazione, al fine di una sua eventuale prosecuzione).

 

Le disposizioni previgenti continuano, altresì, ad applicarsi, nei limiti delle risorse e sulla base della procedura previste al comma 15, a una serie di lavoratori che abbiano requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, riconducibili alle seguenti categorie:

§       lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della L. 223/1991, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 4 dicembre 2011, e che maturino i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità (articolo 7, comma 2, della L. 223/1991) (lettera a));

§       lavoratori collocati in mobilità lunga, ai sensi dell’articolo 7, commi 6 e 7, della L. 223/1991, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 4 dicembre 2011 (lettera b));

§       lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà di settore alla data del 4 dicembre 2011, nonché lavoratori per i quali sia stato previsto da accordi collettivi stipulati entro la data del 4 dicembre 2011 il diritto di accesso ai predetti fondi di solidarietà; (lettera c), modificata dall’articolo 6, comma 2-quater, del D.L. 216/2011);

§       lavoratori che, antecedentemente alla data del 4 dicembre 2011, siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione (lettera d));

§       lavoratori che alla data del 4 dicembre 2011 si trovino in esonero dal servizio ai sensi dell’articolo 72, comma 1, del D.L. 112/2008 (tale norma ha previsto per gli anni 2009, 2010 e 2011 - periodo prorogato fino al 2014 dall’articolo 2, comma 53, del D.L. 225/2010 - che i dipendenti pubblici possano chiedere di essere esonerati dal servizio nel corso del quinquennio antecedente la data di maturazione della anzianità massima contributiva di 40 anni) (lettera e)).

§       ai lavoratori che alla data del 31 ottobre 2011 sono in congedo per assistere figli con disabilità grave (ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151), a condizione che maturino, entro ventiquattro mesi dalla data di inizio del predetto congedo, il requisito di anzianità contributiva di 40 anni (lettera e-bis)).

 

Il comma 15 ha rimesso a un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno 2012 (per effetto della proroga, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, del D.L. 216/2011, del termine inizialmente fissato al 28 marzo 2012), la definizione delle modalità di attuazione della norma, nei limiti di risorse predeterminate.

 

L’articolo 6, commi 2-ter e 2-quater, del D.L. 216/2011

Il comma 2-ter ha previsto che (sempre nel limite delle risorse e con le procedure previste dall’articolo 1, comma 15, del DL n.201/2011) siano inclusi nell’ambito di coloro a cui continuano ad applicarsi le previgenti disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime di decorrenza dei trattamenti pensionistici (c.d. “finestre”), anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto, in base ad accordi individuali, stipulati in data antecedente a quella di entrata in vigore del D.L. 201/2011 (sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter c.p.c., che disciplinano la conciliazione e l’arbitrato), o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale. A tal fine, la data di cessazione del rapporto di lavoro deve risultare da elementi certi ed oggettivi (quali le comunicazioni obbligatorie agli ispettorati del lavoro); mentrei il lavoratore deve risultare, alla data di risoluzione del rapporto di lavoro, in possesso dei requisiti anagrafici e contributivi che, in base alla previgente disciplina pensionistica, avrebbero comportato la decorrenza del trattamento entro un periodo non superiore a 24 mesi alla data di entrata in vigore del D.L. n.201/2011.

 

Infine, ai sensi del comma 2-quater, le disposizioni dell'articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del citato D.L. 201, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017, qualora la predetta anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro, includendo i periodi di astensione obbligatoria per maternità, per l'assolvimento degli obblighi di leva, per infortunio, per malattia e di C.I.G..

Il D.M. 1° giugno 2012

 

Con tale decreto , pubblicato sulla G.U. n. 1761 del 24 luglio 2012, vengono disciplinate le modalità di attuazione dell’articolo 24, commi 14, del D.L. 201/2011.

 

Ai sensi del comma 6, il numero dei lavoratori aventi titolo ai benefici richiamati è determinato in 65.000 unità, ripartite secondo quanto evidenziato nella tabella seguente:

 

Tipologia di soggetti

Contingente
Numerico

Mobilità [articolo 2, comma 1, lett. a), del presente decreto]

25.590

Mobilità lunga [articolo 2, comma 1, lett. b), del presente decreto]

3.460

Fondi di solidarietà [articolo 2, comma 1, lett. c), del presente decreto]

17.710

Prosecutori volontari [articolo 2, comma 1, lett. d), del presente decreto] con decorrenza entro il 2013

10.250

Lavoratori esonerati [articolo 2, comma 1, lett. e), del presente decreto]

950

Genitori di disabili [articolo 2, comma 1, lett. f), del presente decreto]

150

Lavoratori cessati ai sensi dell'art. 6, comma 2-ter, del decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012 [articolo 2, comma 1, lett. g) ed h), deI presente decreto]

6.890

TOTALE

65.000

 

Per quanto attiene alla platea dei soggetti interessati, l’articolo 2, comma 1, del decreto, prevede che l’accesso ai benefici è sottoposto a specifiche condizioni, che in larga parte riproducono quanto già disposto dal richiamato comma 14, mentre in alcuni casi differiscono, e precisamente:

§       per i lavoratori di cui alla lettera c) del citato comma 14, viene richiesta la titolarità al 4 dicembre 2011 della prestazione straordinaria a carico dei Fondi di solidarietà di settore; nonché la titolarità della medesima prestazione da data successiva al 4 dicembre 2011 se l'accesso alla stessa risulta autorizzato dall'INPS, fermo restando che gli interessati restano a carico dei Fondi fino al compimento di 62 anni di età (lettera c) e articolo 3, la norma richiede almeno 60 anni);

§       per i lavoratori di cui alla lettera d) del citato comma 14 si richiede il perfezionamento dei requisiti anagrafici e contributivi utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico secondo la disciplina vigente alla data di entrata in vigore del D.L. 201/2011 (cioè il 6 dicembre 2011), entro un periodo non superiore a 24 mesi dalla data di entrata in vigore del medesimo provvedimento. Tali lavoratori non devono aver comunque ripreso attività lavorativa successivamente all'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione e devono avere almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile alla data di entrata in vigore del citato D.L. 201 (lettera d)).

L’articolo 4 del decreto individua le procedure per l’accesso ai benefici richiamati.

L’articolo 8, infine, precisa che il fabbisogno finanziario complessivo individuato per i lavoratori interessati è identico a quanto riportato nell’articolo 24, comma 15, del D.L. 201/2011 (245 milioni di euro per l'anno 2013, 635 milioni di euro per l'anno 2014, 1.040 milioni di euro per l’anno 2015, 1.220 milioni di euro per l’anno 2016, 1.030 milioni di euro per l’anno 2017, 610 milioni di euro per l’anno 2018 e 300 milioni di euro per l’anno 2019), pertanto non si ricorre alla clausola di salvaguardia di cui all’articolo 6-bis del D.L. 216/2011[215].


 

Articolo 23, comma 1
(Misure di sostegno all’autotrasporto)

 

1. Per l'anno 2013 è autorizzata la spesa di 400 milioni di euro da destinarsi a misure di sostegno al settore dell'autotrasporto merci. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, le risorse sono ripartite per le esigenze del settore.

 

 

Il comma 1 autorizza, per l’anno 2013, in aggiunta alle risorse previste a legislazione vigente, la spesa di 400 milioni di euro da destinarsi a misure di sostegno al settore dell’autotrasporto merci.

Viene rimessa ad un decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la successiva ripartizione delle risorse per le esigenze del settore.

 

Si ricorda che l'art. 33, comma 10, della legge 183/2011[216] ha autorizzato la spesa di 400 milioni di euro per l'anno 2012, da destinare a misure di sostegno al settore dell'autotrasporto di merci.

Tale autorizzazione di spesa è stata poi ridotta dall’articolo 61, comma 3, del decreto-legge 1/2012[217] di 26,3 milioni di euro per consentire la copertura finanziaria dell’art. 61, comma 1, dello stesso decreto che consentiva agli autotrasportatori di anticipare le richieste di rimborso relative agli incrementi dell'aliquota di accisa sul gasolio per autotrazione.

Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze in data 24 febbraio 2012, n. 55 ha ripartito i fondi disponibili per il 2012, per complessivi 373,6 milioni di euro nel seguente modo:

§       riduzione dei premi INAIL (91 milioni);

§       riduzione compensata dei pedaggi autostradali (102,6 milioni);

§       formazione professionale (15 milioni);

§       compensazione del contributo al servizio sanitario nazionale pagato sui premi assicurativi della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e deduzione forfetaria spese non documentate (135 milioni);

§       utilizzo di modalità di trasporto alternative a quello stradale (30 milioni).


 

Articolo 23, comma 2
(Disposizioni in materia di
5 per mille)

 


2. Le disposizioni di cui all'articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, relative al riparto della quota del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche in base alla scelta del contribuente, si applicano anche relativamente all'esercizio finanziario 2013 con riferimento alle dichiarazioni dei redditi 2012. Le disposizioni contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 23 aprile 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 dell'8 giugno 2010, si applicano anche all'esercizio finanziario 2013 e i termini ivi stabiliti relativamente al predetto esercizio finanziario sono aggiornati per gli anni: da 2009 a 2012, da 2010 a 2013 e da 2011 a 2014. Le risorse complessive destinate alla liquidazione della quota del 5 per mille nell'anno 2013 sono quantificate nell'importo di euro 400 milioni. Le somme non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno possono esserlo nell'esercizio successivo. All'articolo 16 della legge 6 luglio 2012, n. 96, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Nel caso in cui si verifichi l'estinzione di movimenti o partiti politici, le residue risorse inerenti agli eventuali avanzi registrati dai relativi rendiconti inerenti ai contributi erariali ricevuti, come certificati all'esito dei controlli previsti dall'articolo 9, possono essere versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati alle finalità di cui all'articolo 1, comma 337, della legge 23 dicembre 2005, n. 266».


 

 

L'articolo 23 al comma 2, dispone l’applicazione anche all'esercizio finanziario 2013 delle disposizioni relative al riparto della quota del cinque per mille IRPEF, contenute nell’articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies del D.L. n. 40 del 2010.

Viene altresì indicato in 400 milioni di euro l'importo destinato alla liquidazione nell'anno 2013 della quota del 5 per mille relativo all’esercizio finanziario 2012.

Inoltre, secondo quanto introdotto in sede parlamentare, possono essere riassegnati alle finalità del 5 per mille le risorse che residuano, nel caso in cui si verifichi l'estinzione di movimenti o partiti politici, relative agli eventuali avanzi sui contributi erariali ricevuti registrati dai rendiconti, così come certificati all'esito dei controlli.

 

Più in dettaglio, il comma 2, modificato nel corso dell’esame parlamentare, estende all'esercizio finanziario 2013 l’applicazione della disciplina del 5 per mille dell'IRPEF recata dall’articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies del decreto-legge n. 40/2010 per l’esercizio 2010[218].

Il comma inoltre stabilisce che le norme attuative della citata disciplina, contenute nel D.P.C.M. 23 aprile 2010, si applichino anche all’esercizio finanziario 2013, previo aggiornamento dei riferimenti temporali ivi contenuti.

 

Infine, il comma destina alla liquidazione nell’anno 2013 della quota del 5 per mille (relativo all’esercizio finanziario 2012) la somma di 400 milioni di euro.

 

Si ricorda che il citato articolo 2 del decreto legge n. 40/2010 (relativo alla disciplina del 5 per mille per l’esercizio finanziario 2010) ha stabilito che esso sia destinato al finanziamento delle seguenti finalità (comma 4-novies, D.L. n. 40/2010):

§       sostegno del volontariato e altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), che operano in determinati settori, quali assistenza sociale e socio-sanitaria, assistenza sanitaria, beneficenza, istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela, promozione e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico, tutela e valorizzazione della natura e dell’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili, ricerca scientifica di particolare interesse sociale, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte negli appositi registri nazionale, regionale e provinciale (tenuti presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per gli affari sociali), delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori sopra citati[219];

§       finanziamento della ricerca scientifica e dell'università. Il decreto legge n. 78/2010, all’articolo 38, comma 13-quinquies ha specificato che per l’anno finanziario 2010, possono beneficiare del riparto del 5 per mille i soggetti già inclusi nell’elenco degli enti della ricerca scientifica e dell’Università predisposto per l’esercizio finanziario 2009;

§       finanziamento della ricerca sanitaria;

§       attività sociali svolte dal comune di residenza del contribuente;

§       sostegno delle associazioni sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI a norma di legge, che svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

 

Si ricorda inoltre, che l’articolo 23, comma 46 del D.L. n. 98/2011 prevede, a decorrere dall'anno finanziario 2012, tra le finalità cui può essere destinato il cinque per mille il finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

In attuazione di quanto sopra, il D.P.C.M. 30 maggio 2012 ha fissato le modalità di presentazione della richiesta e di predisposizione delle liste dei soggetti ammessi al riparto.

 

Il decreto legge n. 40/2010, all’articolo 2, comma 4-undecies, ha previsto uno specifico obbligo di rendicontazione in capo a tutti i soggetti beneficiari del riparto, chiamati a redigere, entro un anno dalla ricezione delle somme, un apposito rendiconto delle stesse, da cui deve risultare chiaramente, anche a mezzo di una relazione illustrativa, la destinazione delle somme attribuite ai soggetti beneficiari.

Il D.P.C.M. 23 aprile 2010 reca la disciplina attuativa delle disposizioni di cui sopra, stabilendo finalità e soggetti ammissibili al beneficio del 5 per mille per l'anno finanziario 2010[220].

Si rileva, comunque, al riguardo, che l’articolo 2, comma 2 del D.L. n. 16/2012 ha modificato i criteri di ammissibilità al beneficio, stabilendo che a decorrere dall’esercizio finanziario 2012, possono partecipare al riparto del 5 per mille anche gli enti che, pur non avendo assolto gli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo entro i termini di scadenza, rispettino le seguenti condizioni:

§       siano in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

§       presentino le domande di iscrizione (e le successive integrazioni documentali) entro il 30 settembre;

§       paghino contestualmente la sanzione, nella misura minima di 258 euro prevista dall’articolo 11, co. 1, del D.Lgs. n. 471/1997, tramite versamento, senza possibilità di compensazione.

Il comma, infine, prevede che le somme non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno possono esserlo nell'esercizio successivo.

La norma in esame dunque introduce, in via permanente, la possibilità che le somme non impegnate relative al cinque per mille alla chiusura dell’esercizio possano essere utilizzate nell’esercizio successivo.

Con riferimento a tale previsione, si osserva che l’articolo 10, comma 10 del decreto legge n. 98/2011(legge n. 111/2011) disponel’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2012, di tutte le norme che prevedono la conservazione nel conto dei residui, per essere utilizzate nell'esercizio successivo, di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, non impegnate al termine dell'esercizio precedente. Da tale abrogazione sono escluse le norme relative ai fondi del personale, al fondo occupazione, al fondo opere strategiche e al fondo per le aree sottoutilizzate (ora Fondo sviluppo e coesione).

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, novella la legge 96/2012, di riduzione dei contributi ai partiti e di riforma del finanziamento della politica, prevedendo che possono essere riassegnati alle finalità del 5 per mille le risorse che residuano, nel caso in cui si verifichi l'estinzione di movimenti o partiti politici, relative agli eventuali avanzi sui contributi erariali ricevuti registrati dai rendiconti, così come certificati all'esito dei controlli.

In materia di rimborsi elettorali il Parlamento ha approvato di recente la legge n. 96 del 2012 che ha ridotto del 50% l’ammontare complessivo dei contributi pubblici ai partiti. La disposizione è entrata in vigore subito e si applica anche ai contributi in corso di liquidazione. La legge pone un tetto massimo ai contributi pari a 91 milioni di euro annui: esattamente la metà dello stanziamento del fondo relativo al rimborso per le spese elettorali per il 2012 (182.349.705 euro) appostato nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 1638). La riduzione dei contributi è operata nell’ambito di una riforma complessiva del il sistema di finanziamento dei partiti. Si prevede, infatti, che l’ammontare dei contributi è corrisposto per il 70% a titolo di rimborso delle spese elettorali e di contributo per l’attività politica; per il restante 30% è erogato a titolo di cofinanziamento, in proporzione, cioè, ai contributi dei privati.

Inoltre, la legge introduce misure per rafforzare la trasparenza e il controllo sui bilanci dei partiti.

 

L’articolo 16 della legge 96 destina i risparmi derivanti dalla riduzione dei contributi dei partiti politici al finanziamento degli interventi conseguenti a terremoti e altre calamità naturali che hanno colpito il Paese a partire dal 2009.

La disposizione in esame aggiunge un comma 1-bis all’articolo 16 che individua una nuova (eventuale) forma di risparmio per l’erario consistente nel recupero di fondi residui di partiti o movimenti politici sciolti. In particolare, la norma prevede che qualora si accerti l’esistenza di residue risorse inerenti agli eventuali avanzi registrati nei rendiconti dei partiti ormai disciolti inerenti a contributi erariali ricevuti, questi possono essere versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere utilizzati ai fini di cui al comma in esame.

 

Si osserva, in primo luogo, che la legge 96 (art. 9, comma 21) assolve dal compito di presentazione del rendiconto i partiti e i movimenti politici sciolti; pertanto, la norma in esame andrebbe presumibilmente interpretata nel senso che l’accertamento sia operato sull’ultimo rendiconto del partito prima dello scioglimento.

Inoltre, la disposizione non specifica se il versamento dei contributi residui riguardi anche i partiti politici sciolti e confluiti in un nuovo soggetto politico, oppure se quest’ultimo possa legittimamente subentrare nella attività pregresse.


 

Articolo 23, comma 3
(Università non statali legalmente riconosciute)

 

3. Per le finalità di cui alla legge 29 luglio 1991, n. 243, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per l'anno 2013.

 

 

L’articolo 23, comma 3, autorizza la spesa di 10 milioni di euro per il 2013 per le università non statali legalmente riconosciute.

Pertanto, considerando lo stanziamento previsto nella tabella C della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) per il 2013, pari a 62,0 milioni di euro, allocati sul capitolo 1692, lo stanziamento complessivo dovrebbe ammontare, per lo stesso anno, a 72,0 milioni di euro.

 

Al riguardo, si ricorda che gli artt. 2 e 3 della L. 243 del 1991 hanno previsto l’assegnazione di contributi statali alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l’autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale. Il contributo è assegnato secondo criteri oggettivi stabiliti con decreto ministeriale.

L’art. 9, co. 4, del DM 5 agosto 2004, n. 262, recante la programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006, ha poi stabilito che i contributi previsti, tra l’altro, dalla L. 243/1991 possono essere concessi alle università soltanto dopo la positiva valutazione del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) al termine del quinto anno di attività[221].

Successivamente, l’art. 4 del D.L. 35/2005 (L. 80/2005), modificando l’art. 26, co. 5, della L. 289/2002, ha esteso alle università telematiche l’applicabilità delle norme relative alla concessione dei contributi statali di cui alla L. 243/1991.

Di recente, l’art. 12, co. 1, della L. 240/2010, al fine di incentivare la qualità delle attività didattiche e di ricerca delle università non statali legalmente riconosciute, ha stabilito che una quota non superiore al 20% dei contributi di cui alla L. 243/1991, con progressivi incrementi negli anni successivi, è ripartita sulla base di criteri determinati con decreto del MIUR, sentita l’ANVUR, tenuto conto degli indicatori previsti, per le medesime finalità, per le università statali[222].


 

Articolo 23, comma 4
(Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore e l’erogazione delle borse di studio)

 

4. La dotazione del Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d'onore e l'erogazione delle borse di studio da ripartire tra le regioni, di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 147, è incrementata di 90 milioni di euro per l'anno 2013

 

 

L’articolo 23, comma 4, incrementa di 90 milioni di euro per l’anno 2013 la dotazione del Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore e l’erogazione delle borse di studio per gli studenti universitari.

 

Il comma 4 incrementa di 90 milioni di euro per l’anno 2013 la dotazione del Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore e l’erogazione delle borse di studio per gli studenti universitari da ripartire tra le regioni, di cui alla legge n. 147 del 1992.

Pertanto, considerando lo stanziamento previsto nella tabella C della L. 183/2011 (legge di stabilità 2012) per il 2013, pari a 12,5 milioni di euro, allocati sul capitolo 1695, lo stanziamento complessivo dovrebbe ammontare, per lo stesso anno, a 102,5 milioni di euro (sul punto si veda, però, infra).

 

L’art. 16, co. 4, della L. 390 del 1991, ad integrazione delle disponibilità finanziarie destinate dalle regioni, ha istituito presso il MIUR, limitatamente agli anni 1991 e 1992, il Fondo di intervento integrativo per la concessione dei prestiti d’onore, stabilendo che il medesimo è ripartito (fra le regioni che hanno attivato le procedure per la concessione dei prestiti) con D.P.C.M., sentita la Conferenza Stato-regioni, in misura non superiore, per ogni regione, allo stanziamento destinato dalla stessa per la medesima finalità.

La L. 147 del 1992 ha poi esteso agli anni successivi l’applicabilità degli interventi previsti dall’art 16 della L. 390 del 1991, quantificando l’onere per gli anni 1993 e 1994 e demandando alla legge finanziaria la determinazione per gli anni successivi.

Successivamente, il co. 89 dell’art. 1 della L. 662 del 1996ha consentito la destinazione del Fondo anche alla erogazione di borse di studio previste dall'art. 8[223] della medesima L. 390 del 1991, modificandone conseguentemente la denominazione.

Da ultimo, però, l’art. 18, co. 1, del D.Lgs. 68/2012, con il quale, sulla base dell’art. 5 della L. 240/2010, è stata ridefinita la normativa in materia di diritto allo studio universitario, ha disposto che, nelle more della completa definizione dei LEP e di quanto previsto dal D.Lgs. 68/2011, il fabbisogno finanziario necessario per garantire gli strumenti ed i servizi per il pieno successo formativo a tutti gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, che presentino i requisiti di eleggibilità indicati all'articolo 8, è coperto, fra l’altro, con il “fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, appositamente istituito a decorrere dall'anno finanziario 2012 nello stato di previsione del Ministero, sul quale confluiscono le risorse previste a legislazione vigente dall'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1 della legge 11 febbraio 1992, n. 147, e di cui all'articolo 33, comma 27, della legge 12 novembre 2011, n. 183[224], e da assegnare in misura proporzionale al fabbisogno finanziario delle regioni”.

 

Durante l’esame parlamentare non è stato chiarito come si coordini con la normativa vigente la disposizione in esame che prevede l’incremento per il 2013 della dotazione del Fondo di cui alla legge n. 147/1992, atteso che le risorse del medesimo, a decorrere dal 2012, confluiscono nel nuovo Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio istituito con l’art. 18 del D.lgs. 68/2012.

 

Per completezza, si ricorda che, in materia di risorse da utilizzare per la concessione delle borse di studio di cui al D.Lgs. n. 68/2012 interviene anche l’articolo 7, comma 42 del testo in commento.


 

Articolo 23, comma 5
(Gratuità dei libri di testo)

 

5. Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi previsti dall'articolo 27, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, è autorizzata la spesa di 103 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.

 

 

L’articolo 23, comma 5, autorizza in via permanente, a decorrere dal 2013, la spesa di 103 milioni di euro per la fornitura gratuita, ovvero in comodato, dei libri di testo scolastici.

 

In particolare, il comma 5 autorizza,a decorrere dall'anno 2013, la spesa di 103 milioni di euro affinché i comuni provvedano, ai sensi dell’art. 27, co. 1, della L. 448/1998, a garantire la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo in favore degli alunni che adempiono l'obbligo scolastico, in possesso dei requisiti richiesti, e la fornitura in comodato agli studenti della scuola secondaria superiore, in possesso dei requisiti richiesti.

 

Con la legge n. 719/1964 si è disposta la distribuzione gratuita dei libri di testo a tutti gli alunni delle scuole elementari (ora, scuola primaria). La norma è, in seguito, confluita nell’art. 156 del D.Lgs. 297/1994, che ha fatto riferimento a modalità attuative definite con leggi regionali.

L’art. 27 della L. 448/1998 ha, poi, previsto che nell’a.s. 1999-2000 i comuni garantissero la gratuità, totale o parziale, dei libri di testo agli alunni della scuola dell’obbligo (allora comprendente i 5 anni della scuola elementare e i 3 anni della scuola media), e assicurassero la fornitura in comodato agli studenti delle scuole secondarie superiori. Per tali finalità, ha autorizzato una spesa non superiore a 200 miliardi di lire, rinviando ad un D.P.C.M. l’individuazione dei requisiti per fruire delle agevolazioni[225].

L’applicazione delle misure agevolative è stata, poi, estesa all’a.s. 2000-2001 dalla legge finanziaria 2000 (art. 53, L. 488/1999), che ha confermato la spesa di 100 miliardi di lire, integrandola con altri 100 miliardi (tabella D della stessa legge finanziaria).

La fornitura gratuita dei libri di testo è stata, quindi, rifinanziata per gli anni seguenti, sempre per l’importo di 200 miliardi di lire - divenuti 103,3 milioni di euro con l’introduzione della nuova moneta - con la tabella D di successive leggi finanziarie. L’ultimo rifinanziamento, riguardante gli esercizi 2007, 2008, 2009, è stato operato con la legge finanziaria 2007 (L. 296/2006).

Nel frattempo, l’art. 1, co. 628, della L. 296/2006, contestualmente all’elevazione dell’obbligo scolastico ad almeno dieci anni (coincidenti con i sedici di età e con il secondo anno del percorso successivo al primo ciclo), aveva esteso la gratuità parziale dei libri di testo agli studenti del primo e del secondo anno dell'istruzione secondaria superiore.

Per gli anni 2010, 2011 e 2012 le risorse per la fornitura gratuita dei libri di testo sono state individuate dalle leggi finanziarie (poi, di stabilità) nell’ambito del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, istituito dall’art. 7-quinquies, co. 1, del D.L. 5/2009 (L. 33/2009) nello stato di previsione del MEF, sempre nella misura di 103 milioni di euro.

Da ultimo, l’assegnazione per il 2012 è stata disposta con D.P.C.M. 1° marzo 2012[226], mentre la ripartizione fra le regioni è stata effettuata con DM MIUR 11 luglio 2012.


 

Articolo 23, comma 6
(Missioni internazionali)

 

6. Ai fini della proroga per l'anno 2013 della partecipazione italiana a missioni internazionali, la dotazione del fondo di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementata di 1.000 milioni di euro per l'anno 2013.

 

 

Il comma 6 provvede al rifinanziamento del fondo missioni internazionali per 1.000 milioni di euro per l'anno 2013, al fine di consentire la proroga per l’anno 2013della partecipazione italiana a missioni internazionali.

 

Giova ricordare che l'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria per il 2007) ha istituito il Fondo per le missioni internazionali di pace all’interno dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze (capitolo 3004).

Il comma 5 dell’articolo 55 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 30 luglio 2010, n. 122, ha disposto l'integrazione del medesimo Fondo rispettivamente nella misura di 320 milioni di euro per il 2010; di 4,3 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2011 al 2014; di 64,2 milioni di euro per l’anno 2015 e di 106,9 milioni di euro per gli anni dal 2016 al 2020.

Successivamente, il comma 18 dell’art. 33 della legge di stabilità 2012-2014 (legge 12 novembre 2011, n. 183) ha disposto per il 2012 un incremento di 700 milioni di euro dello stanziamento del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace, finalizzato al proseguimento della partecipazione italiana a missioni internazionali fino al 30 giugno 2012.

Da ultimo, il comma 1 dell’art. 30 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito con modificazioni dalla legge 22dicembre 2011, n. 214, mediante novella del citato art. 33, comma 18, della legge di stabilità per il triennio 2012-2014, opera un’ulteriore proroga, fino al 31 dicembre 2012, degli stanziamenti per le missioni internazionali di pace cui l’Italia partecipa, apprestando nel contempo le necessarie risorse, nella misura di 700 milioni di euro aggiuntivi a favore del Fondo per il finanziamento delle missioni di pace. La norma in commento sostituisce infatti, nelle previsioni del citato comma 18 la data del 30 giugno 2012 con quella del 31 dicembre 2012, e la somma di 700 milioni con l’importo di 1.400 milioni di euro.

 

L’articolo 10 dell'ultimo decreto di proroga missioni reca la norma di copertura finanziaria per il 2012 delle disposizioni del medesimo decreto-legge, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 5, comma 4 (interventi per lo sviluppo tecnologico della difesa aeronautica) del medesimo, nonché dall'articolo 1, comma 16, secondo periodo (finanziamento per la formazione del personale militare in Libia per l'ultimo trimestre del 2011), valutandone l'onere complessivo per il 2012 in 1.403.430.465 euro: tale importo è reperito mediante corrispondente riduzione della dotazione del fondo previsto dall’art. 1, comma 1240, della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296


 

Articolo 23, comma 7
(Concorso delle Forze armate nel controllo del territorio)

 


7. Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi di cui all'articolo 24, commi 74 e 75, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, a decorrere dal 1o gennaio 2013, il piano di impiego di cui all'articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, può essere prorogato fino al 31 dicembre 2013. Si applicano le disposizioni di cui al medesimo articolo 7-bis, commi 1, 2 e 3, del decreto-legge n. 92 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2008, e successive modificazioni. A tal fine è autorizzata la spesa di 72,8 milioni di euro per l'anno 2013, con specifica destinazione di 67 milioni di euro e di 5,8 milioni di euro, rispettivamente, per il personale di cui al comma 74 e di cui al comma 75 del citato articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009


 

 

Il comma 7 dell’articolo 23 esame consente di prorogare, a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2013, gli interventi di impiego del personale delle Forze armate per le operazioni di controllo del territorio di cui all’articolo 24, commi 74 e 75, del decreto-legge 1 luglio 2009, n. 78 nell'ambito del piano di impiego di cui al all’articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 recante Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica. La possibilità di prorogare i richiamati interventi, fino al 31 dicembre 2012, era stata da ultimo contemplata dall’articolo 33, comma 19 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012).

 

Il piano di impiego, ai sensi del richiamato articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, consente - per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità - ai prefetti delle province comprendenti aree metropolitane e comunque aree densamente popolate di disporre di un contingente di personale militare appartenente alle Forze armate, preferibilmente carabinieri impiegati in compiti militari o comunque volontari delle stesse Forze armate specificatamente addestrati, per lo svolgimento di servizi di vigilanza a siti ed obiettivi sensibili o di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia. Ai sensi del comma 2 dell'articolo 7-bis del decreto-legge 92/2008, il piano di impiego del personale delle Forze armate è adottato con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, sentito il Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica integrato dal Capo di stato maggiore della difesa e previa informazione al Presidente del Consiglio dei Ministri. Il comma 3 del medesimo articolo precisa inoltre che il personale delle Forze armate non appartenente all’Arma dei carabinieri agisce nell'ambito del piano di impiego con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto.

 

Si ricorda che il comma 74 dell’articolo 24 del decreto-legge 1º luglio 2009, n. 78 dispone che al fine di assicurare la prosecuzione del concorso delle Forze armate nel controllo del territorio il piano di impiego possa essere prorogato per due ulteriori semestri[227] per un contingente di militari incrementato con ulteriori 1.250 unità, interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia; il comma 74 stabilisce al contempo un'autorizzazione di spesa di 27,7 milioni di euro per l'anno 2009 e di 39,5 milioni di euro per l'anno 2010. Il comma 75, stabilisce che al personale delle Forze di polizia impiegato nei servizi di perlustrazione e pattuglia e posto a disposizione dei prefetti sia attribuita un'indennità di importo analogo a quella onnicomprensiva corrisposta al personale delle Forze armate. Il comma 75 precisa inoltre che quando non sia prevista la corresponsione dell'indennità di ordine pubblico, l'indennità aggiuntiva per servizi di perlustrazione e pattuglia sia attribuita anche al personale delle Forze di polizia impiegato nei servizi di vigilanza a siti e obiettivi sensibili svolti congiuntamente al personale delle Forze armate, ovvero in forma dinamica dedicati a più obiettivi vigilati dal medesimo personale.

 

L'ultimo periodo del comma in titolo dispone che per la proroga del piano di impiego del personale delle Forze armate sia autorizzata per l’anno 2013 una spesa di 72,8 milioni di euro, dei quali 67 milioni di euro destinati al personale della Forze armate di cui al comma 74 del D.L. 78/2009 e 5,8 milioni di euro a beneficio del personale delle Forze di polizia impiegato ai sensi del comma 75 del medesimo decreto legge.


 

Articolo 23, comma 8
(Rifinanziamento del Fondo spese urgenti e indifferibili)

 


8. La dotazione del fondo di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, è incrementata di 658 milioni di euro per l'anno 2013 ed è ripartita, con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, tra le finalità di cui all'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, come indicate nell'allegato 3 della medesima legge, con esclusione delle finalità già oggetto di finanziamento ai sensi del presente articolo, nonché, in via prevalente per l'incremento della dotazione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, finalizzato al finanziamento dell'assistenza domiciliare prioritariamente nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti, inclusi i malati di sclerosi laterale amiotrofica.


 

 

L'articolo 23, al comma 8, dispone un rifinanziamento di 658 milioni per il 2013 della dotazione del Fondo per il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, di cui all'articolo 7-quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009.

 

Si osserva che altre norme del provvedimento interessano il Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili, con riferimento alla dotazione per l’anno 2012, che viene ridotta di 39 milioni di euro dal comma 18 dell’articolo 7, e poi di ulteriori 30 milioni di euro dal comma 12-quater dell’articolo23. Tale ultima riduzione è riferita alla quota del Fondo specificamente destinata, nel 2012, al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico e allo sviluppo dei territori, che si riduce da 100 a 70 milioni di euro.

 

Si ricorda che il Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili è stato istituito dal comma 1 dell'articolo 7-quinquies del D.L. n. 5 del 2009 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3071), al fine di assicurare il finanziamento di interventi urgenti e indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell’istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi.

 

Per quanto riguarda la ripartizione del Fondo nel 2012 si veda la scheda articolo 7, comma 18, del presente decreto-legge.

Nel bilancio pluriennale 2012-2014, la dotazione del Fondo per il 2013 è pari a 3,9 milioni di euro.

 

In particolare, il comma 8, oltre a rifinanziare il fondo per l’anno 2013, reca le modalità di riparto delle disponibilità del fondo per tale anno.

In particolare, la norma prevede che la dotazione dell’anno 2013 sia ripartita secondo i criteri previsti per l’anno 2012, vale a dire con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, tra le finalità indicate all'articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 2011), come elencate nell'allegato 3 della medesima legge, nonché – testo così riformulato in sede parlamentare – in via prevalente, per l'incremento della dotazione del Fondo per le non autosufficienze (articolo 1, comma 1264, della legge n. 296/2006), finalizzato al finanziamento dell'assistenza domiciliare prioritariamente nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti, inclusi i malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA).

 

Vengono, tuttavia, escluse dal riparto le finalità indicate nell’Allegato 3 della legge di stabilità 2012 che risultino già oggetto di finanziamento ai sensi del dell’articolo 23 in esame. L’esclusione sembrerebbe, pertanto, da riferirsi agli interventi per assicurare la gratuità parziale dei libri di testo scolastici, in quanto tali interventi risultano finanziati ai sensi del comma 5 del presente articolo (cfr. la relativa scheda di lettura).

 

L’allegato 3 richiamato indica le seguenti finalità:

§      Fondo per le politiche giovanili;

§      investimenti Gruppo Ferrovie - contratto di programma con RFI;

§      professionalizzazione Forze armate;

§      partecipazione italiana a banche e fondi internazionali;

§      esigenze connesse alla celebrazione della ricorrenza del 4 novembre;

§      provvidenze alle vittime dell'uranio impoverito;

§      ulteriori esigenze dei ministeri;

§      interventi per assicurare la gratuità parziale dei libri di testo scolastici. Tuttavia tale finalità non rientra nell’elenco delle finalità che beneficeranno del riparto delle risorse 2013, in quanto risulta già finanziata ai sensi del comma 5 del presente articolo 23;

§      Unione italiana ciechi;

§      interventi di carattere sociale: convenzioni con i comuni per stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili con oneri a carico del bilancio comunale (finalità introdotta dall’articolo 30, comma 8-bis, del D.L. n. 201/2011);

§      interventi di sostegno all’editoria e al pluralismo dell’informazione (finalità anch’essa introdotta dall’articolo 30, comma 8-bis, del D.L. n. 201/2011);

§      interventi di carattere sociale di cui all'articolo 9, comma 15-bis, del D.L. n. 78 del 2010 (collaboratori scolastici).

 

A tali finalità si aggiunge il Fondo per le non autosufficienze, per il finanziamento dell'assistenza domiciliare prioritariamente nei confronti delle persone gravemente non autosufficienti, inclusi i malati di sclerosi laterale amiotrofica (SLA)[228].

Si segnala che il testo originario del comma 8 faceva riferimento a “interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e di altre malattie altamente invalidanti, per ricerca e assistenza domiciliare dei malati, ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della legge n. 296/2006”.

 

La riformulazione del testo è dovuta al parere reso dalla 12a Commissione del Senato alla Commissione bilancio (19 luglio 2012): al punto 10) si sottolinea che “poiché l'articolo 23, comma 8, prevede risorse da ripartire tra varie finalità, tra cui gli interventi in tema di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e di altre malattie altamente invalidanti, sarebbe opportuno, al fine di non creare una disparità nei confronti di tutti i malati gravi non autosufficienti a seguito di malattie altamente invalidanti, includere espressamente gli stessi tra i destinatari del beneficio collegato all'assistenza domiciliare per i malati di SLA ed altre malattie altamente invalidanti previsto nel comma 8 dell'articolo 23”.


 

Articolo 23, commi 9-10
(Risorse finanziarie per emergenza neve febbraio 2012)

 


9. È autorizzata la spesa di 9 milioni di euro, per l'anno 2012, per gli interventi connessi alle eccezionali avversità atmosferiche che hanno colpito il territorio nazionale nel mese di febbraio 2012;

10. Agli oneri derivanti dal comma 9 si provvede, quanto ad euro 4.012.422, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 47, secondo comma, della legge 20 maggio 1985, n. 222 relativamente alla quota destinata allo Stato dell'otto per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e, quanto ad euro 4.987.578, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 33, comma 11, della legge 12 novembre 2011 n. 183, di cui al fondo per il riparto della quota del 5 per mille del gettito IRPEF in base alle scelte del contribuente.


 

 

L’articolo 23, comma 9, autorizza la spesa di 9 milioni di euro per il 2012 per gli interventi connessi alle eccezionali avversità atmosferiche del mese di febbraio 2012 (emergenza neve), i cui oneri sono posti a valere sulla quota di pertinenza statale dell’otto per mille del gettito IRPEF nonché sulle risorse del Fondo per il riparto della quota relativa al cinque per mille del gettito IRPEF.

 

La norma fa riferimento all’intensa fase di maltempo invernale che ha colpito, in particolare, le regioni centro-meridionali con precipitazioni prevalentemente a carattere nevoso.

Con D.P.C.M. 8 febbraio 2012 (pubblicato nella G.U. n. 36 del 13 febbraio) è stato dichiarato il rischio di compromissione degli interessi primari a causa delle citate eccezionali avversità atmosferiche, ai sensi dell'art. 3, comma 1, del D.L. 245/2002 (che disciplina il caso in cui l'eccezionalità della situazione emergenziale da valutarsi in relazione al grave rischio di compromissione dell'integrità della vita, anche prima della dichiarazione dello stato di emergenza di cui all'articolo 5, comma 1, della L. 225/1992, il Presidente del Consiglio dei Ministri disponga, con proprio decreto, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, sentito il Presidente della regione interessata, il coinvolgimento delle strutture operative nazionali del Servizio nazionale della protezione civile per fronteggiare l'emergenza). Pertanto è stato disposto il coinvolgimento delle componenti e delle strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile per fronteggiare l'emergenza. A tal fine al Capo del Dipartimento della protezione civile è stato affidato il compito di assicurare il coordinamento degli interventi su tutto il territorio nazionale autorizzando le Regioni al reperimento di beni, mezzi e materiali pubblici e privati necessari, anche attraverso i sindaci, ovvero attraverso i centri di coordinamento e soccorso, istituiti a livello provinciale.

 

Si osserva che la disposizione in esame non indica le modalità di riparto delle risorse finanziarie stanziate.

 

Il comma 10 provvede alla copertura finanziaria dei oneri recati dalla precedente disposizione, che sono posti a carico dei seguenti fondi:

§      4,021 milioni di euro a carico della quota di pertinenza statale dell’otto per mille del gettito IRPEF;

§      4,988 milioni di euro a carico del Fondo per il riparto della quota relativa al cinque per mille del gettito IRPEF in base alle scelte dei contribuenti, con riferimento allo stanziamento di spesa autorizzato per l’esercizio finanziario 2012, dall’articolo 33, comma 1, della legge di stabilità 2012.

 

Per quanto riguarda la quota di pertinenza statale dell’otto per mille del gettito IRPEF si ricorda che la legge di bilancio per il 2012 prevedeva una dotazione del capitolo 2780/Economia pari a 61,1 milioni. L’articolo 30, comma 5, del D.L. n. 201 del 2011 ne ha ridotto la dotazione di 57 milioni a copertura dell’onere per l’incremento – di pari importo – del Fondo per la protezione civile. Conseguentemente le disponibilità residue in bilancio ammontano a 4.012.422 euro, che vengono utilizzate dal comma in esame.

 

Relativamente al Fondo per il riparto del cinque per mille del gettito IRPEF, si ricorda che la legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183/2011), all’articolo 33, comma 11, ha esteso all'esercizio finanziario 2012 la disciplina del cinqueper mille relativa all’anno 2010 - contenuta nell’articolo 2, commi da 4-novies a 4-terdecies del D.L. n. 40/2010, nonché le relative norme attuative di cui al D.P.C.M. 23 aprile 2010 temporalmente aggiornato. La norma citata ha inoltre quantificato in 400 milioni le risorse destinate alla liquidazione della quota del cinque per mille nell’anno 2012. Tale stanziamento risulta tuttora disponibile.

Si ricorda, inoltre, per completezza, che l’articolo 23, comma 2, del provvedimento in esame estende all'esercizio finanziario 2013 l’applicazione della disciplina del 5 per mille dell'IRPEF recata dall’articolo 2, commi da 4-novies a 4-undecies del decreto-legge n. 40 del 2010 per l’esercizio 2010, destinando alla liquidazione nell’anno 2013 della quota del 5 per mille (relativo all’esercizio finanziario 2012) la somma di 400 milioni di euro.

La citata disposizione ha, inoltre, introdotto una norma che consente l’utilizzo nell'esercizio successivo delle risorse stanziate per il 5 per mille e non utilizzate entro il 31 dicembre di ciascun anno.


 

Articolo 23, comma 10-bis
(Utilizzo disponibilità del
Fondo vittime dell’usura per le esigenze da emergenza-neve nelle regioni del Centro-Sud)

 


10-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 20 giugno 2012, n. 79, una ulteriore quota non superiore a 6 milioni di euro delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, di cui all'articolo 2, comma 6-sexies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, resesi disponibili al termine dell'anno 2011 ed accertate con le procedure di cui al comma 1 del medesimo articolo 5, e determinate con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate, nell'anno 2012, agli interventi di cui al comma 9 del presente articolo.


 

 

Il comma 10-bis assegna - per l’emergenza-neve nelle regioni centro meridionali dell’inverno scorso (v. comma 9) - una quota massima di 6 milioni di euro delle risorse del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura resesi disponibili al termine del 2011. Le somme vanno versate, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della norma in esame, all’entrata del bilancio dello Stato per la riassegnazione, nel 2012, agli interventi sopraindicati.

Rimane fermo quanto previsto dall’art. 5, comma 2, del D.L. 79/2012 ovvero l’analogo versamento all’entrata di una quota massima di 30 mln di euro dello stesso Fondo, resasi disponibile al termine del 2011, nonché la sua successiva riassegnazione, nel 2012, ad un apposito programma dello stato dì previsione del Ministero dell'economia e delle finanze volto al finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile nazionale.

 

Il comma 10-bis assegna, per le esigenze derivate dall’emergenza-neve nelle regioni centro meridionali (vedi comma 9) una quota non superiore a 6 milioni di euro delle risorse delFondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usuradi cui, al termine del 2011, sia stata accertata la disponibilità e che siano state determinate con decreto interministeriale Interni-Economia. Detta quota, entro 30 giorni dall’entrata in vigore della disposizione (ovvero dalla vigenza della legge di conversione del decreto), deve essere versata all’entrata del bilancio statale, per poi essere riassegnata, nell’anno finanziario 2012, agli interventi connessi alla citata emergenza-neve.

Il Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell’usura è stato costituito dal D.L. 225 del 2010 (L. n. 10 del 2011), che all’art. 1, comma 6-sexies, ha unificato nel Fondo di rotazione i preesistenti Fondi antimafia, antiracket ed usura.

Le finalità del Fondo di rotazione unificato sono le seguenti:

§      indennizzare le vittime dei reati di tipo mafioso che siano costituite parti civili nei procedimenti penali intentati nei confronti degli autori dei reati di mafia.

§      concedere un indennizzo commisurato ai danni derivanti dagli eventi subiti, a favore delle vittime dell'estorsione esercenti un'attività economica imprenditoriale;

§      concedere un mutuo decennale senza interessi per un ammontare commisurato al danno subito per la vicenda di usura, a favore delle vittime dell'usura esercenti un'attività comunque economica.

Per quanto concerne le risorse, la citata disposizione prevede che il fondo di rotazione sia alimentato con gli stanziamenti annui di bilancio previsti dalle normative vigenti per i fondi unificati, cui si aggiunge, tra l’altro, un contributo a valere sui premi assicurativi, raccolti nel territorio dello Stato, nei rami incendio, responsabilità civile diversi, auto rischi diversi, furto ed altri.

Da ultimo, l’art. 4, comma 19, della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012) ha ridotto gli stanziamenti destinati al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura nella misura di 10 milioni di euro a decorrere dal 2012.

Conseguentemente, nella legge di bilancio 2012 (L. n. 184/2011), sul cap. 2341 del Ministero dell’interno, la dotazione di competenza destinata al Fondo di rotazione risulta pari a 2,027 mln di euro. In base alle modalità di alimentazione del Fondo, nel corso dell’esercizio finanziario sul capitolo 2341/Interno confluiscono le risorse provenienti dalla quota parte dei premi assicurativi. Con il d.d.l. di assestamento allo stesso bilancio (AS 3472) in corso d’esame al Senato, le risorse del Fondo risultano incrementate a 26,7 mln di euro.

Si ricorda, infine, che il fondo di rotazione è gestito fuori bilancio, in forza di atto concessorio con il Ministero dell'Interno, dalla CONSAP (la Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A), attraverso gestione separata, che provvede alla materiale erogazione dei benefici.

 

Il comma 10-bis fa, tuttavia, salve le previsioni dell’art. 5, comma 2, del D.L. 79/2012[229]. Tale norma ha già destinato una quota massima di 30 milioni di euro delle risorse dello stesso Fondo - di cui a fine 2011 si è analogamente accertata la disponibilità e l’entità - ad un programma dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze finalizzato al finanziamento del Fondo nazionale per il Servizio civile nazionale.


 

Articolo 23, commi 11 e 12
(Emergenza immigrati dal Nord Africa)

 


11. Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi connessi al superamento dell'emergenza umanitaria nel territorio nazionale, ivi comprese le operazioni per la salvaguardia della vita umana in mare, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa, dichiarata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 febbraio 2011 e successivamente prorogata fino al 31 dicembre 2012 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 ottobre 2011, pubblicati rispettivamente nella Gazzetta Ufficiale n. 42 del 21 febbraio 2011 e n. 235 dell'8 ottobre 2011, è autorizzata la spesa massima di 495 milioni di euro, per l'anno 2012, da iscrivere su apposito fondo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, anche al fine di far fronte alle attività solutorie di interventi urgenti già posti in essere. Con ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, adottate, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, è individuato l'ammontare di risorse da assegnare per gli interventi di rispettiva competenza alla Protezione civile ovvero direttamente al Ministero dell'interno e alle altre Amministrazioni interessate. Le somme non utilizzate nell'esercizio possono esserlo in quello successivo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. Al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi a favore dei minori stranieri non accompagnati connessi al superamento dell'emergenza umanitaria e consentire nel 2012 una gestione ordinaria dell'accoglienza, è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, la cui dotazione è costituita da 5 milioni di euro per l'anno 2012. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente e nei limiti delle risorse di cui al citato Fondo alla copertura dei costi sostenuti dagli enti locali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

12. Con ordinanze adottate, almeno dieci giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 11, ai sensi dell'articolo 5, commi 4-ter e 4-quater, della citata legge 24 febbraio 1992, n. 225, si provvederà a regolare la chiusura dello stato di emergenza ed il rientro nella gestione ordinaria, da parte del Ministero dell'interno e delle altre amministrazioni competenti, degli interventi concernenti l'afflusso di immigrati sul territorio nazionale.


 

 

L’articolo 23, comma 11 e 12, dispone in ordine al completamento degli interventi relativi all’emergenza umanitaria legata all’afflusso di immigrati dal Nord Africa, nonché al superamento dell’emergenza entro il 2012.

 

Il comma 11,modificato nel corso dell’esame parlamentare, è volto ad assicurare la prosecuzione degli interventi connessi al superamento dell'emergenza umanitaria nel territorio nazionale, ivi comprese le operazioni per la salvaguardia della vita umana in mare, in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa, autorizzando, a tal fine, la spesa massima di 495 milioni di euro per l’anno 2012.

La suddetta autorizzazione di spesa va iscritta su di un apposito fondo dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, anche all’ulteriore scopo di far fronte a attività volte a definire interventi urgenti già posti in essere.

 

La norma fa espresso riferimento al D.P.C.M. 12 febbraio 2011 (G.U. 21 febbraio 2011, n. 42), recante Dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all’eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai paesi del Nord Africa. A seguito di tale provvedimento sono state emesse ben 10 ordinanze dalla Presidenza del Consiglio, a partire dal 18 febbraio 2011, per fronteggiare tale eccezionale stato di emergenza. Successivamente, il D.P.C.M. 6 ottobre 2011 (G.U. 8 ottobre 2011, n. 235) ha provveduto ha prorogare, fino al 31 dicembre 2012, lo stato di emergenza.

Con un‘altra ordinanza (n. 3975) del Presidente del Consiglio del 7 novembre 2011, tenuto conto del protrarsi delle attività connesse allo stato di emergenza umanitaria, all'art. 8 è stato prorogato, fino al termine dello stato di emergenza, la corresponsione del trattamento economico accessorio del personale di protezione civile associato all’eccezionalità della predetta situazione e quantificato dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3536 del 28 luglio 2006.

Da ultimo, si segnala, in merito alla medesima problematica, l’ordinanza del 30 dicembre 2011 n. 3991 recante ulteriori disposizioni urgenti dirette a fronteggiare la crisi in atto.

 

La norma prevede, altresì, che con ordinanze del Capo del Dipartimento della protezione civile, adottate, di concerto con il Ministero dell’economia e finanze, è individuato un ammontare di risorse da assegnare per gli interventi di rispettiva competenza alla Protezione civile ovvero direttamente al Ministero dell’interno e alle altre amministrazioni interessate autorizzando l’impiego delle somme non utilizzate nell’esercizio successivo.

 

La legge 24 febbraio 1992 n. 225 (Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile) come da ultimo modificata dal D.L. n. 59/2012 (Disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile), all’articolo 5 reca norme concernenti lo stato di emergenza e il potere di ordinanza ad esso connesso.

Come detto, l’art 1, comma 1, lett. c) ha modificato l’articolo 5 in più parti prevedendo alcune rilevanti novità in relazione alla dichiarazione e alla durata dello stato di emergenza. Premesso che, coerentemente con il nuovo assetto organizzativo, la deliberazione dello stato di emergenza è demandata al Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o, se delegati, da un Ministro con portafoglio o dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, l’art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, così come novellato, prevede che la delibera con cui viene dichiarato lo stato di emergenza:

§       può essere emanata non solo al verificarsi degli eventi calamitosi, ma anche nella loro imminenza;

§       dispone in ordine all’esercizio del potere di ordinanza, sulla base di una modifica approvata nel corso dell’esame in sede referente.

In merito, sin da subito val la pena segnalare che tale modifica assegna al Consiglio dei Ministri una competenza attributiva del potere di ordinanza senza previa individuazione del novero dei potenziali destinatari, fatta salva l’indicazione contenuta nel successivo art. 1, comma 1, lett. c), n. 3 (v. infra). Quest’ultima disposizione conferisce potere di ordinanza al Capo del Dipartimento per la protezione civile, assumendo così la sfera soggettiva di tale potere una configurazione mista che comprende organi di indirizzo politico (anche per ragioni sistematiche) e organi amministrativi.

§       sulla deliberazione deve essere acquisita l’intesa con le regioni territorialmente interessate;

§       deve indicare l’amministrazione pubblica competente in via ordinaria per il coordinamento degli interventi successivi alla scadenza dello stato di emergenza.

Si ricorda , altresì, che il D.L. 59/2012 ha introdotto anche un nuovo comma 1-bis dell’articolo 5, apportando un’ulteriore novità al sistema di protezione civile introducendo una durata massima dello stato di emergenza, che non potrà, di regola, superare i novanta giorni, potendo essere prorogata o rinnovata di regola una sola volta - previa ulteriore deliberazione del Consiglio dei Ministri - di ulteriori sessanta giorni.

 

Con particolare riferimento a quanto previsto dalla norma in esame, il comma 2 dell'articolo 5 della legge n. 225/1992, come modificatodal D.L. 59/2012, reca una significativa innovazione alla disciplina previgente attraverso l’attribuzione del potere di ordinanza al Capo del Dipartimento della protezione civile, salvo che non sia diversamente stabilito con la delibera dello stato di emergenza (in tal caso viene comunque ribadito che il Capo del Dipartimento della protezione civile è il soggetto deputato a curarne in ogni caso l’attuazione). Val la pena sottolineare che il potere di ordinanza, in deroga alla normativa vigente[230] e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, deve comunque essere esercitato nei limiti e secondo i criteri indicati nel decreto di dichiarazione dello stato di emergenza.

In merito al contenuto delle ordinanze, esse possono disporre in ordine:

§       all’organizzazione e all’effettuazione degli interventi di soccorso e di assistenza ai soggetti colpiti dall’evento;

§       alla messa in sicurezza degli edifici pubblici e privati e dei beni culturali gravemente danneggiati;

§       al ripristino delle infrastrutture e delle reti indispensabili per la continuità delle attività economiche e produttive e per la ripresa delle normali condizioni di vita.

Ai sensi dello stesso comma 2, per l’emanazione delle ordinanze da parte del Capo del Dipartimento della protezione civile è necessario acquisire l’intesa delle regioni territorialmente interessate.

Merita aggiungere che, una ulteriore modifica all’articolo 5 della L. 225/1992, con l’introduzione del comma 2-bis, ha recato ulteriori innovazioni riguardanti l’emanazione e l’efficacia delle ordinanze disponendo che queste vengano trasmesse, per informazione, al Ministro con portafoglio delegato ovvero al Presidente del Consiglio dei Ministri e introducendo una disciplina differente a seconda che le ordinanze vengano emanate o meno entro i primi trenta giorni dall’evento:

§       le ordinanze emanate entro i primi trenta giorni dall’evento, anziché venti come previsto nel testo approvato dal Governo, sono trasmesse anche al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF), che dovrà comunicare gli esiti della verifica[231] al Presidente del Consiglio dei Ministri e sono immediatamente efficaci;

§       successivamente al trentesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza, anziché venti come previsto nel testo vigente del decreto, l’emanazione delle ordinanze necessita del previo concerto del MEF limitatamente ai profili finanziari.

Si ricorda che il concerto con il MEF per l’emanazione delle ordinanze, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, è stato introdotto dall’art. 2, comma 2-quinquies del D.L. 225/2010[232]. A differenza della disciplina previgente, le nuove disposizioni richiedono il concerto con il MEF solo nel caso di ordinanze emanate dopo i primi venti giorni dall’evento e di ordinanze destinate a regolare il rientro nell’ordinarietà (comma 4-ter dell’art. 5 della legge n. 225/1992). Il concerto con il MEF è previsto in ogni caso per le ordinanze che ripartiscono risorse derivanti dall’attuazione dei meccanismi di finanziamento di cui al comma 5-quinquies dell’articolo 5 della legge n. 225/1992 (alla cui scheda di commento si rinvia).

 

A seguito di una modifica parlamentare, il comma in esame è stato integrato prevedendo l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di un Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, la cui dotazione è costituita da 5 milioni di euro per l'anno 2013, al fine di assicurare la prosecuzione degli interventi a favore dei minori stranieri non accompagnati connessi al superamento dell'emergenza umanitaria e consentire una gestione ordinaria dell'accoglienza.

Il Ministro del lavoro, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata, provvederà, poi, annualmente e nei limiti delle risorse di cui al citato Fondo, alla copertura dei costi sostenuti dagli enti locali per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.

 

A tal proposito si segnala, da ultimo, un decreto del 25 maggio 2012, con il quale il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha adottato un avviso pubblico avente ad oggetto la realizzazione di interventi finalizzati all’inserimento socio-lavorativo dei minori stranieri non accompagnati. (Avviso n. 2/2012); le risorse destinate al finanziamento di tali interventi ammontano a complessivi € 2.000.000,00 (euroduemilioni/00) a valere sulle risorse del Fondo Sociale Europeo – Programmazione 2007-2013 - PON “Governance e Azioni di Sistema.

 

Il comma 12 prevede la chiusura dello stato di emergenza ed il rientro nella gestione ordinaria degli interventi concernenti l’afflusso di immigrati sul territorio nazionale.

Più specificamente è stabilito che la chiusura della stato di emergenza disposta con ordinanze del Ministro dell'interno, almeno dieci giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 11 (quindi entro il 21 dicembre 2012).

Con le medesime ordinanze si provvederà, inoltre, a regolare il rientro nella gestione ordinaria, da parte del Ministero dell'interno e delle altre amministrazioni competenti, degli interventi concernenti l’afflusso di immigrati sul territorio nazionale.

 

In merito al richiamo a quanto disposto dall’art. 5, non è chiaro in quale modo il Ministero dell’interno ovvero le altre amministrazioni competenti debbano esercitare le competenza che la norma in esame intende loro attribuire, considerato che il citato comma 4-ter rimette il potere di ordinanza ivi previsto al Capo del Dipartimento della protezione civile.

 

Invero, il comma 4-ter dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, introdotto dal D.L. 59/2012, reca disposizioni volte a definire la chiusura delle fasi emergenziali ed il conseguente passaggio all’amministrazione ordinaria affidato, con apposita ordinanza, al Capo del Dipartimento della protezione civile.

A tal fine viene previsto, per quanto rileva in questa sede, che, almeno dieci giorni dalla scadenza del termine di durata dello stato di emergenza, il Capo del Dipartimento della protezione civile, con apposita ordinanza emanata di concerto con il MEF, disciplina il passaggio all'amministrazione ordinaria competente a coordinare gli interventi connessi all’evento che si rendono necessari successivamente alla scadenza dello stato di emergenza.

Il comma 4-quater del medesimo articolo 5, anch’esso citato dal comma in esame, reca ulteriori disposizioni volte a definire il passaggio all’amministrazione ordinaria, prevedendo che nell’apposita ordinanza prevista dal precedente comma 4-ter possa essere individuato, nell’ambito dell’amministrazione pubblica competente a coordinare gli interventi, il soggetto cui deve essere intestata la contabilità speciale aperta per l’emergenza in atto per un periodo di tempo determinato per il completamento degli interventi adottati ai sensi delle ordinanze di cui ai commi 2 e 4-ter. Per gli ulteriori interventi da adottare con le procedure ordinarie di spesa con le disponibilità che residuano alla chiusura della contabilità speciale, viene disposto che tali risorse vengano trasferite alla regione o all’ente locale ordinariamente competente o, se si tratta di un’altra amministrazione, vengano versate all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione.


 

Articolo 23, commi 12-bis e 12-ter
(Disposizioni in materia di ISEE)

 


12-bis. Al comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «A far data dai 30 giorni dall'entrata in vigore delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di dichiarazione sostitutiva unica concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'ISEE, attuative del decreto di cui al periodo precedente, sono abrogati il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, e il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 maggio 1999, n. 221».

12-ter. Al comma 4 dell'articolo 11 del citato decreto-legge n. 201 del 2011 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le medesime informazioni sono altresì utilizzate ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione».


 

 

I commi 12-bise 12-ter,introdotti durante l’esame parlamentare, recano disposizioni in materia di ISEE.

In particolare, il comma 12-bisintende abrogare le vigenti disposizioni (di rango primario e secondario) in materia di ISEE, in ragione della revisione dell’istituto prevista dall’articolo 5 del D.L. 201 del 2011; il comma 12-terconsente l’uso delle informazioni obbligatoriamente trasmesse all’Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari anche per semplificare gli adempimenti dei cittadini sulla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica valida ai fini ISEE, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione.

 

Il comma 12-bis intende abrogare le vigenti disposizioni (di rango primario e secondario) in materia di ISEE, in ragione della revisione dell’istituto prevista dall’articolo 5 del D.L. 201 del 2011.

 

In estrema sintesi, si ricorda che l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art.1 del D.Lgs. 109/1998[233], allo scopo di individuare criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche[234] . Esso è costituito da una componente reddituale (indicatore della situazione reddituale, ISR) e da una componente patrimoniale (indicatore della situazione patrimoniale, ISP) ed è reso confrontabile per famiglie di diversa numerosità e caratteristiche mediante l’uso di una scala di equivalenza (SE). L’ISR è composto dal reddito complessivo di tutti i componenti il nucleo familiare e da un reddito derivante dal patrimonio mobiliare, al netto delle spese per l’affitto (fino a un massimo di 5.164 euro). L’ISP, che entra solo per il 20% nella formazione dell’ISEE, è dato dalla somma del patrimonio immobiliare (considerato al valore ICI) del nucleo familiare, al netto della casa di abitazione se di proprietà (la franchigia per l’abitazione principale è pari a 51.646 euro), e del patrimonio mobiliare, al netto di una franchigia di 15.494 euro[235]. La SE è un parametro che permette il confronto tra situazioni familiari diverse, tenuto conto delle economie di scala che derivano dalla convivenza e di alcune particolari condizioni del nucleo familiare che comportano maggiori spese o disagi (presenza di persone con disabilità, nuclei monogenitore, entrambi genitori lavoratori). Si ricorda che nell’ISEE non sono inclusi i redditi esenti da imposizione[236]. Il soggetto che richiede la prestazione sociale (ai sensi dell’articolo 4 del richiamato D.Lgs n. 109 del 1998) deve presentare una dichiarazione sostitutiva unica - DSU, di validità annuale, concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente. È lasciata facoltà al cittadino di presentare entro il periodo di validità della dichiarazione sostitutiva unica una nuova dichiarazione, qualora intenda far rilevare i mutamenti delle condizioni familiari ed economiche ai fini del calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente del proprio nucleo familiare. Gli enti erogatori possono stabilire per le prestazioni da essi erogate la decorrenza degli effetti di tali nuove dichiarazioni.

Nel corso del 2010 sono state sottoscritte 7,4 milioni DSU: rispetto al 2002, anno di avvio nella sua piena funzionalità del Sistema informativo dell’ISEE, il numero di dichiarazioni è più che triplicato, passando da poco più di 2 milioni a oltre 7 milioni. Conseguentemente, gli individui coperti da DSU (o meglio, quelli presenti nei nuclei familiari distinti), rappresentano nel 2010 una popolazione di 18,5 milioni di persone, superando per la prima volta il 30 per cento dell’intera popolazione residente nel nostro paese; una copertura più che doppia rispetto ai primi anni di avvio dell’ISEE, corrispondente tuttavia ad una crescita cumulata decisamente inferiore a quella dei nuclei familiari che presentano DSU. Per quanto riguarda l’analisi in termini territoriali, l’area dove si concentra la popolazione ISEE è decisamente il Mezzogiorno.

 

Il richiamato articolo 5 del D.L. 201/2011 ha inteso rivedere le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE; a tal fine è stata rafforzata la rilevanza degli elementi collegati alla ricchezza patrimoniale della famiglia e ai trasferimenti monetari, anche se esenti da imposizione fiscale.

Tra i criteri di revisione dell’ISEE indicati dalla richiamata norma vi sono i seguenti:

§       tenere conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e delle persone disabili a carico;

§       migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita in Italia e all'estero, al netto del debito residuo per l'acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative;

§       permettere una differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni;

§       rafforzare il sistema dei controlli;

§       istituire una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE, presso l’Inps.

La revisione dell’ISEE è stata affidata ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare previo parere delle commissioni parlamentari competenti entro il 31 maggio 2012. Tale provvedimento – che non risulta tuttora emanato - ha inoltre il compito di individuare le agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata dallo stesso decreto.

 

Per effetto delle norme in commento, si dispone l’abrogazione della disciplina dell’ISEE contenuta nel richiamato decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109, nonché del regolamento contenuto nel D.P.C.M. 7 maggio 1999, n. 221 (concernente le modalità attuative e gli ambiti di applicazione dei criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni agevolate).

Essa opera a far data dai 30 giorni dall'entrata in vigore delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di dichiarazione sostitutiva unica - concernente le informazioni necessarie per la determinazione dell'ISEE - in attuazione del decreto cui è affidata la complessiva revisione dell’istituto.

 

Il comma 12-ter - aggiungendo un periodo all’articolo 11, comma 4, del citato D.L. 201 del 2011 – dispone che le informazioni obbligatoriamente trasmesse all’Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari e relative a operazioni, rapporti finanziari e relativi importi, siano utilizzate anche per semplificare gli adempimenti dei cittadini sulla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica valida ai fini ISEE, nonché in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione.

 

Si ricorda che i commi da 2 a 5 del richiamato articolo 11 hanno reso più stringente la disciplina degli obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria posti in capo agli operatori finanziari, recata dall’articolo 7 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605.

In particolare gli operatori finanziari, dal 1° gennaio 2012, devono comunicare periodicamente all’anagrafe tributaria anche tutte le movimentazioni relative ai rapporti finanziari intrattenuti con i contribuenti, già oggetto di specifici obblighi di evidenziazione ai sensi del sesto comma dell’articolo 7 del D.P.R. n. 605/1973. Tale norma prevede che le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'Anagrafe tributaria ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

Gli operatori devono inoltre comunicare ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l’importo delle operazioni finanziarie indicate nella predetta disposizione.

Il comma 4 dell’articolo 11 prevede che le informazioni obbligatoriamente trasmesse all’Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari e relative a operazioni, rapporti finanziari e relativi importi (ai sensi dell’articolo 7, sesto comma, del D.P.R. n. 605/1973 e del comma 2 dell’articolo 11) siano utilizzate dall'Agenzia delle entrate anche per la elaborazione con procedure centralizzate, secondo i criteri individuati con provvedimento del Direttore della medesima Agenzia, di specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio di evasione.

 

Per effetto delle modifiche apportate dalle norme in commento, dunque, le informazioni obbligatoriamente trasmesse all’Anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari e relative a operazioni, rapporti finanziari e relativi importi, sono utilizzate anche:

§      ai fini della semplificazione degli adempimenti dei cittadini in merito alla compilazione della dichiarazione sostitutiva unica valida ai fini ISEE - di cui al richiamato articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109;

§      in sede di controllo sulla veridicità dei dati dichiarati nella medesima dichiarazione.


 

Articolo 23, comma 12-quater
(
Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio)

 

12-quater. All'articolo 33, comma 1, della legge 12 novembre 2011, n. 183, al primo periodo la parola: «1.143» è sostituita dalla seguente: «1.113», al secondo periodo le parole: «100 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «70 milioni» e, al terzo periodo, le parole: «50 milioni» dalle seguenti: «90 milioni».

 

 

Il comma 12-quater dell’articolo 23, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca modifiche all’articolo 33, comma 1, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), volte, da un lato, ad aumentare la dotazione del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorioper l’anno 2013da 50 a 90 milioni di euro, e, dall’altro, a diminuire le risorse del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili destinate per l’anno 2012 ad analoghe finalità diriequilibrio socio-economicoe di sviluppo dei territori, che vengono ridotte da 100 a 70 milioni di euro.

 

In particolare, le modifiche all’articolo 33, comma 1, della legge n. 183/2001, sono volte a:

a)       ridurre da 1.143 a 1.113 milioni il rifinanziamento disposto per l’anno 2012 dalla citata legge di stabilità al Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili, con riferimento specifico alla quota parte del Fondo destinata al finanziamentodi interventi urgenti di riequilibrio socio-economico, ivi compresi interventi di messa in sicurezza dei territori, e allo sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali, di cui all’articolo 1, comma 40, quarto periodo della legge di stabilità 2011. Tale quota si riduce, pertanto, da 100 a 70 milioni di euro.

Si ricorda che il Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili è stato istituito dall'articolo 7-quinquies, comma 1, del D.L. n. 5/2009[237] nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3071). L’articolo 33, comma 1, della legge n. 183/2011, ha rifinanziato il Fondo per l’anno 2012 nell’importo di 1.143 milioni per il 2012, prevedendone il riparto tra le finalità indicate nell'Elenco 3 allegato alla legge medesima, con appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

La norma ha, altresì, previsto che una quota pari a 100 milioni di euro sia specificamente destinata al finanziamentodiinterventiurgentidi riequilibrio socio-economico, ivi compresi interventi di messa in sicurezza dei territori, e allo sviluppo dei territori e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali, secondo quanto già previsto dall’articolo 1, comma 40, quarto periodo, della legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010)[238]. Alla ripartizione di tale quota è previsto che si provveda con modalità diverse rispetto a quanto previsto per il resto delle risorse del Fondo, e precisamente con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario.

Si osserva che altre norme del provvedimento interessano il fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili, ed in particolare, il comma 18 dell’articolo 7, che definanzia il Fondo per l’anno 2012 di 39 milioni di euro, e il comma 8 dell'articolo 23, che rifinanzia il Fondo per l’anno 2013 di 658 milioni.

b)      aumentare da 50 a 90 milioni di euro per l'anno 2013 l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112/2008, istitutiva del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio.

L’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112/2008[239], ha istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7536), il Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, dotandolo originariamente di 60 milioni di euro per il 2009 e di 30 milioni per ciascun anno del biennio 2010-2011, e destinando le relative risorse alla concessione di contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori finalizzati al risanamento ed al recupero dell’ambiente e allo sviluppo economico dei territori stessi.

Si ricorda che il Fondo è stato successivamente rifinanziato da una serie di disposizioni legislative. Per gli anni 2011 e 2012, il rifinanziamento delle finalità del Fondo è posto a valere sulle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili, nell’ambito del quale è stata prevista una apposita riserva, di cui alla precedente lettera a).

Alla ripartizione delle risorse e all’individuazione degli enti beneficiari del Fondo è previsto si provveda con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato in coerenza con un apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.


 

Articolo 23, comma 12-quinquies
(Incremento del contributo erariale al comune di Roma
quale sede della Capitale)

 

12-quinquies. Per l'anno 2012 il contributo di cui all'articolo 1, comma 963, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è incrementato di 30 milioni di euro.

 

 

Il comma 12-quinquies dispone l’incremento di 30 milioni di euro del contributo annuo assegnato al comune di Roma, ai sensi della legge n. 1280 del 1964, come rifinanziato dall’articolo 1, comma 963, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006), a titolo di concorso dello Stato negli oneri finanziari che il comune sostiene, in dipendenza delle esigenze cui deve provvedere quale sede della Capitale.

Si segnala che l’aumento del contributo disposto dal citato comma 963 dell’articolo unico della n. 296/2006 è stato previsto a decorrere dall’anno 2007, fino alla revisione del sistema dei trasferimenti erariali agli enti locali.

Si ricorda che il contributo autorizzato ai sensi della legge n. 1280/1964 - come rideterminato nel corso degli anni dai successivi provvedimenti legislativi[240] - risulta attualmente pari a 296,4 milioni di euro.

Tale contributo risulta iscritto nel Fondo consolidato per il finanziamento dei bilanci degli enti locali - istituito ai sensi dell'art. 39, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992 (cap. 1318, Programma 2.3[241]/Ministero dell’interno), recante il riordino della finanza degli enti territoriali a norma dell'articolo 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 - nel quale confluiscono i diversi contributi erariali finalizzati da leggi speciali a specifici interventi, che, in quanto tali, non sono stai considerati suscettibili di fiscalizzazione, ai sensi dei provvedimenti attuativi del federalismo fiscale.

Inoltre, per le medesime finalità di cui alla legge n. 1280/1964, ulteriori contributi erariali correnti sono stati autorizzati in favore del comune di Roma. In particolare, l’articolo 27, comma 3, della legge n. 448/2001, ha incrementato i trasferimenti erariali correnti a favore del comune di Roma di 103,29 milioni di euroa decorrere dal 2002, al fine di adeguare il concorso dello Stato agli oneri finanziari che il comune di Roma sostiene quale sede della Capitale. Tuttavia, in conseguenza dell’aumento del livello complessivo dei trasferimenti erariali, ilcomune di Roma è stato peraltro escluso dalla ripartizione delle risorse aggiuntive di cui beneficiano i cd. “enti sottodotati”, cioè gli enti le cui risorse risultino al di sotto della media pro-capite della fascia demografica di appartenenza (tra i quali rientrava il comune di Roma).

 

Per quanto concerne il presupposto sulla cui base il contributo annuo assegnato al comune di Roma è stato incrementato dal comma 963 già citato, vale a dire fino a che non sia intervenuto il riordino del sistema dei trasferimenti agli enti locali, sembrerebbe da ritenere che il presupposto medesimo sia venuto meno con il completamento della normazione attuativa della legge delega sul federalismo fiscale n.42/2009, con riguardo in particolare al decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, che ha recato il nuovo regime fiscale municipale.

 

Si segnala, inoltre, che la questione degli oneri che gravano sul comune di Roma quale sede della capitale dello Stato è oggetto di una specifica norma recata dalla legge delega sul federalismo fiscale – L. n.42 del 2009 – che all’articolo 24 comma 5, lettera b) rimette alla disciplina delegata la “assegnazione di ulteriori risorse a Roma capitale, tenendo conto delle specifiche esigenze di finanziamento derivanti dal ruolo di capitale della Repubblica”.

In attuazione di tale disposizione, il decreto legislativo n. 61 del 2012, costituente il secondo decreto su Roma capitale[242]., all’articolo 2 detta le regole per la determinazione dei costi connessi al ruolo di Roma capitale, rinviando a tal fine ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

In particolare, tale articolo 2 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, venga determinato il maggior onere derivante per il comune di Roma dall'esercizio delle funzioni connesse al ruolo di capitale della Repubblica, tenuto conto anche dei benefici economici che derivano da tale ruolo e degli effetti che si determinano sul gettito delle entrate tributarie statali e locali.

Sullo schema di decreto, che deve essere trasmesso alle Camere, è previsto il parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale e delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario, da esprimere entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale il decreto può comunque essere adottato.

La determinazione dei suddetti maggiori oneri contenuta nel D.P.C.M. è effettuata sulla base di una proposta elaborata dalla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, adottata dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica).

Per tale attività di proposta, la Commissione tecnica paritetica si avvale della collaborazione dell'ISTAT e dell'Istituto per la finanza e l'economia locale-IFEL.

 

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (per il quale il termine, peraltro non ordinatorio, dei sei mesi verrebbe a scadenza il 18 novembre 2012) non è al momento ancora intervenuto.


 

Articolo 23, comma 12-sexies
(Azienda universitaria Policlinico Umberto I)

 


12-sexies. Le somme non utilizzate ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera c), del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, nonché le residue disponibilità finanziarie della gestione liquidatoria dell'Azienda universitaria Policlinico Umberto I, di cui all'articolo 2, commi 3 e seguenti, del decreto-legge 1o ottobre 1999, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 1999, n. 453, versate all'entrata del bilancio dello Stato a seguito della conclusione della gestione commissariale dell'Azienda medesima, sono riassegnate ad apposito programma dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per il completamento delle residuali attività di definizione delle pendenze in essere alla data della cessazione della suddetta gestione.


 

 

Il comma 12-sexies disciplina le pendenze relative alla gestione liquidatoria dell’Azienda universitaria Policlinico Umberto I di Roma.

 

La norma consente la riassegnazione delle somme non utilizzate dal commissario liquidatore per la definitiva estinzione dei crediti vantati nei confronti dell'Azienda universitaria Policlinico Umberto I di Roma[243], per chiudere le pendenze in essere alla data della cessazione della suddetta gestione.

Con l’articolo 8, comma 1, lettera c) del decreto legge n. 248/2007 – su cui interviene l’articolo in esame – si autorizza il commissario liquidatore a stipulare transazioni al fine di estinguere i debiti pregressi certi, liquidi ed esigibili a carico dell'azienda universitaria citata.

 

L'autorizzazione opera nel limite massimo del 90 per cento del valore accertato della parte capitale del credito, con esclusione del riconoscimento di ogni forma di interesse e rivalutazione monetaria. La conclusione della transazione presuppone la "previa definitiva rinuncia da parte dei creditori ad ogni azione e pretesa". Ai fini della stipulazione delle transazioni, la citata lettera c) ha autorizzato una spesa pari a 250 milioni di euro per il 2008, disponendo il trasferimento della somma su un conto vincolato della gestione commissariale, ai fini dell'effettuazione dei pagamenti entro il termine del 31 dicembre 2009, come risultante dalla proroga in esame. Le somme non impiegate entro il suddetto termine (come ora modificato) sono riversate al bilancio dello Stato, con imputazione ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata


 

Articolo 23, comma 12-septies
(Assegnazione di risorse finanziarie nelle zone colpite dal sisma del 2009 in Abruzzo)

 


12-septies. Al fine di concorrere ad assicurare nel comune di L'Aquila e negli altri comuni del cratere di cui ai decreti del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 e n. 11 del 17 luglio 2009 la stabilità dell'equilibrio finanziario, anche per garantire la continuità del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani, è assegnato un contributo straordinario per il solo esercizio 2012, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite, derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di euro 26.000.000 per il comune di L'Aquila, 4.000.000 per gli altri comuni e 5.000.000 per la provincia di L'Aquila mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

Il comma 12-septies dell’articolo 23, introdotto durante l’esame parlamentare, assegna al Comune de L'Aquila, ai comuni del cratere ed alla Provincia de L’Aquila un contributo straordinario, per il solo esercizio 2012 e non rinnovabile, al fine di garantire la stabilità dell’equilibrio finanziario, nel limite di complessivi 23 milioni di euro, indicando la relativa ripartizione tra i soggetti interessati.

 

In particolare il comma 12-septies, al fine di assicurare la stabilità dell'equilibrio finanziario, anche per garantire la continuità del servizio smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dispone l’assegnazione al Comune de L'Aquila e ai comuni del cratere come individuati dai due decreti del commissario delegato n. 3 e n. 11 del 16 aprile e del 17 luglio 2009, di un contributo straordinario, per il solo esercizio 2012 e non rinnovabile, sulla base dei maggiori costi sostenuti o delle minori entrate conseguite, derivanti dalla situazione emergenziale, nel limite di complessivi 23 milioni di euro così ripartiti:

§         14 milioni di euro per il comune de L'Aquila;

§         4 milioni di euro per i comuni del cratere;

§         5 milioni di euro per la provincia de L’Aquila.

 

Conseguentemente viene ridotta in pari misura l’autorizzazione di spesa di cui all'art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 39/2009 ed il Ministro dell'economia e delle finanze viene autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Si ricorda che con il decreto del Commissario delegato del 16 aprile 2009 n. 3 sono stati individuati i 49 comuni danneggiati dagli eventi sismici, i cd. “comuni del cratere”:

§      Provincia dell'Aquila: Acciano, Barete, Barisciano, Castel del Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Cocullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L'Aquila, Lucoli, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata d'Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Demetrio ne’ Vestini, San Pio delle Camere, Sant'Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Sant'Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi.

§      Provincia di Teramo: Arsita, Castelli, Montorio al Vomano, Pietracamela e Tossicia.

§      Provincia di Pescara: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de' Passeri.

Successivamente con il decreto n. 11 del 17 luglio 2009 tale elenco è stato integrato con i Comuni di: Bugnara, Cagnano Amiterno, Capitignano, Fontecchio e Montereale (provincia dell’Aquila) e i comuni di Colledara, Fano Adriano e Penna Sant’Andrea (provincia di Teramo), località che, sulla base di rilievi tecnico-scientifici condotti dai tecnici del Dipartimento della Protezione Civile, hanno subito danni per un’intensità sismica pari o superiore al sesto grado della scala Mercalli.

Si ricorda, inoltre, che in relazione alla rimozione delle macerie l’art. 9 del D.L. n. 39/2009 ha dettato una serie di disposizioni finalizzate ad agevolare la loro rimozione ed il relativo smaltimento. Tra esse quelle che hanno classificato i materiali derivanti dal crollo degli edifici o dalle demolizioni di quelli danneggiati dal terremoto con il codice CER 20.03.99, di cui all'allegato D della parte IV del D.Lgs. n. 152/2006, ovvero come “rifiuti urbani non specificati altrimenti”. E’ stato, inoltre, specificato che tale classificazione derogatoria opera limitatamente alle fasi di raccolta e trasporto presso le aree di deposito temporaneo individuate e la definizione delle modalità operative per l‘attuazione di tali disposizioni è stata rinviata a successive ordinanze di protezione civile, adottate di concerto con il Ministro dell'ambiente e sentito l'ISPRA. Conseguentemente è stata adottata l’O.P.C.M. n. 3923/2011 che ha provveduto, anch’essa, a definire le macerie (ossia i materiali derivanti dal crollo degli edifici pubblici e privati) quali rifiuti urbani precisando, quindi, le modalità del loro carico, scarico e trasporto, nonché la previsione di appositi centri di raccolta e di stoccaggio provvisorio. Per tali attività l’ordinanza ha stanziato fino ad un massimo di circa 20 milioni di euro (artt. 1,2 e 3). La successiva O.P.C.M. n. 3942/2011 ha poi introdotto disposizioni transitorie relative al trasporto delle macerie in attesa del pieno avvio delle specifiche procedure previste dagli artt. 1 e 2 dell'OPCM n. 3923/2011. I trasportatori possono effettuare il trasporto dei rifiuti provenienti dalle demolizioni sino ai siti di stoccaggio provvisorio anche in deroga all'art. 212, comma 5, del decreto legislativo n. 152/2006 che prevede l’iscrizione obbligatoria all’Albo nazionale gestori ambientali. Con l'O.P.C.M. n. 4014/2012 sono state adottate ulteriori misure volte a definire con maggiore coerenza le attività, le competenze, ed il quadro di riferimento per agevolare la rimozione delle macerie e più in generale le operazioni di rimozione dei rifiuti derivanti da crolli e demolizioni degli edifici pubblici e privati a seguito dell'evento sismico.

Da ultimo l’art. 14, comma 1, del D.L. n. 39/2009 prevede, per il finanziamento degli interventi di ricostruzione, nell'ambito della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), per il periodo 2007-2013, una quota annuale di un importo complessivo non inferiore a 2 miliardi di euro e non superiore a 4 miliardi di euro, che il CIPE assegna, compatibilmente con le assegnazioni già disposte, a valere sulle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, nonché, un importo di 408,5 milioni, a valere sul Fondo infrastrutture.


 

Articolo 23, comma 12-octies
(Proroga della sospensione degli adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi nell’isola di Lampedusa)

 

12-octies. In considerazione del permanere dello stato di crisi nell'isola di Lampedusa, la sospensione degli adempimenti e dei versamenti dei tributi, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, prevista dall'articolo 23, comma 44, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, perdura fino al 1o dicembre 2012.

 

 

Il comma 12-octiesproroga fino al 1° dicembre 2012 la sospensione degli adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi obbligatori per i datori di lavoro privati e per i lavoratori autonomi operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza.

 

In considerazione del permanere dello stato di crisi nell’isola di Lampedusa, in relazione all’afflusso di cittadini provenienti dai Paesi del nord Africa, il comma 12-octies differisce dal30 giugno al 1° dicembre 2012 il termine previsto dall’articolo 23, comma 44, del D.L. n. 98 del 2011 relativo alla sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti nonché di quelli con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, per i datori di lavoro privati ed i lavoratori autonomi, anche del settore agricolo, operanti nel territorio dell'isola di Lampedusa alla data della dichiarazione dello stato di emergenza (12 febbraio 2011).

 

Si ricorda che lo stato di emergenza nell’isola di Lampedusa è stato dichiarato con D.P.C.M. del 12 febbraio 2011.La precedente sospensione, fino al 16 dicembre 2011, dei citati contributi era stata disposta dall’art. 3, comma 2, della O.P.C.M. 3947/2011. Il comma 3 aveva altresì sospeso, sempre fino al 16 dicembre 2011, i termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti tributari nei confronti delle persone fisiche, anche in qualità di sostituti d'imposta, che, alla data del 12 febbraio 2011, avevano il domicilio fiscale nel comune di Lampedusa. Il comma 4 aveva, infine, previsto l’applicabilità del comma 3 anche nei confronti dei soggetti diversi dalle persone fisiche, compresi i sostituti d'imposta, aventi il domicilio fiscale o la sede operativa nel comune di Lampedusa.


 

Articolo 23, comma 12-novies
(
Contributi per l’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo
dei segretari comunali e provinciali)

 


12-novies. I criteri della riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni per la copertura del fondo finanziario di mobilità dei segretari comunali e provinciali, di cui al decreto previsto dall'articolo 7, comma 31-sexies, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ed i relativi provvedimenti attuativi già adottati dal Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, trovano applicazione a far data dal 1° gennaio 2013. Fino alla predetta data continua ad applicarsi il sistema di contribuzione diretta a carico degli enti locali.


 

 

Il comma 12-novies dell’articolo 23, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, posticipa al 1° gennaio 2013 l’applicazione dei criteri della riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni - e dei relativi provvedimenti attuativi già adottati dal Ministro dell’interno - disposta al fine di assicurare la copertura del fondo finanziario di mobilità dei segretari comunali e provinciali dell’Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (AGES), a seguito della soppressione dell’Agenzia e del conseguente venir meno del relativo contributo a carico degli enti locali.

 

Si ricorda, a tal proposito, che l’articolo 7, commi da 31-ter a 31-septies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) ha disposto la soppressione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali (AGES)[244], prevedendo che il Ministro dell'interno "succeda a titolo universale" all'Agenzia e che al relativo Ministero siano trasferite le risorse strumentali e di personale dell'Agenzia, comprensivo del fondo di cassa (con il D.P.R. 21 aprile 2011, il Ministero dell’interno è stato autorizzato ad assumere a tempo indeterminato il personale dell’ex Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali).

Di conseguenza, il comma 31-sexies del citato art. 7, ha disposto, apartire dal 1° gennaio 2011, la soppressione del contributo a carico degli enti locali per il fondo finanziario di mobilità dell'Agenzia (di cui all’art. 102, co. 5, del Testo unico degli enti locali), con corrispondente riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni, rimettendo la definizione dei relativi criteri di riduzione ad un decreto del Ministro dell'interno, da adottare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e della pubblica amministrazione e l'innovazione, sentita la Conferenza Stato - città ed autonomie locali[245].

 

Una prima proroga dei termini per la soppressione del contributo a carico delle province e dei comuni per il fondo di mobilità dell'Agenzia è stata disposta con il D.L. n. 225/2010[246] (articolo 1, comma 1), dapprima al 31 marzo 2011 e poi, come previsto dalla norma medesima, prolungata al 31 dicembre 2011 con il D.P.C.M. 25 marzo 2011.

Una ulteriore prorogadel termine per la soppressione dei contributi a carico degli enti locali è stata disposta, da ultimo, con il D.L. n. 216/2011, convertito dalla legge n. 14/2012 (articolo 15, comma 5), di 180 giorni decorrenti dal 28 febbraio 2012, data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 4865) metteva in evidenza la necessità di prevedere una proroga per la realizzazione dei suddetti adempimenti al fine di evitare una interruzione nella gestione amministrativa dei segretari comunali e provinciali e consentire il definitivo trasferimento al Ministero dell’Interno delle funzioni già svolte dall’Agenzia, posto che il citato trasferimento di risorse non era stato ancora realizzato.

 

La norma in esame posticipa al 1° gennaio 2013 l’applicazione dei criteri della riduzione dei contributi ordinari delle amministrazioni provinciali e dei comuni e dei relativi provvedimenti attuativi già adottati in tal senso dal Ministro dell’Interno di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

 

Fino a tale data, continuano ad applicarsi il sistema di contribuzione diretta a carico degli enti locali.


 

Articolo 23, comma 12-decies
(P
iano di rientro finanziario del comune di Roma)

 

12-decies. Nella massa passiva di cui al documento di accertamento del debito approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 4 agosto 2010 e con l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, sono conservati i debiti conseguenti alle aperture di credito, anche nel caso in cui i relativi contratti siano sostituiti con successive e diverse operazioni di finanziamento.

 

 

Il comma 12-decies reca disposizioni relative al piano di rientro dall’indebitamento pregresso del Comune di Roma.

In particolare, la norma stabilisce che nella massa passiva del piano, come rilevata nel documento di accertamento del debito approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 4 agosto 2010 e con l'articolo 2, comma 7 del D.L. n. 225 del 2010, sono conservati i debiti conseguenti alle aperture di credito, anche nel caso in cui i relativi contratti siano sostituiti con successive e diverse operazioni di finanziamento.

 

Si ricorda che l’articolo 78 del D.L. n. 112/2008, al fine di favorire il rientro dalla situazione di indebitamento del Comune di Roma, ha disposto la nomina del Sindaco a Commissario straordinario del Governo, con il compito di provvedere alla ricognizione della situazione economico-finanziaria del Comune e delle società da esso partecipate e di predisporre ed attuare un piano di rientro dall’indebitamento pregresso del Comune. Tale piano di rientro è stato approvato con D.P.C.M. il 5 dicembre 2008.

A seguito della nomina di un nuovo Commissario di Governo, diverso dal Sindaco (disposta ai sensi dell’art. 4, comma 8-bis, del D.L. n. 78/2010), l’articolo 14, comma 13-bis, del D.L. n. 78/2010 ha disposto che il nuovo Commissario procedesse alla redazione di un nuovo piano di rientro delle passività pregresse del Comune di Roma, aggiornato in termini di crediti certi, liquidi ed esigibili. L’accertamento definitivo del debito del Comune di Roma è stato effettuato con il Documento predisposto dal nuovo Commissario alla data del 30 luglio 2010, approvato con il D.M. 4 agosto 2010.

Successivamente, a seguito di modifiche apportate alla normativa relativa alla gestione commissariale, l’articolo 2, comma 7, del D.L. n. 225/2010 ha nuovamente autorizzato il Commissario ad accertare, con propri provvedimenti, le eventuali ulteriori partite debitorie e creditorie della gestione commissariale, rispetto alla rilevazione già certificata alla data del 30 luglio 2010. Tale piano aggiornato è stato contestualmente approvato, ai sensi dell’articolo 2, comma 7, del D.L. n. 225 con effetti decorrenti dalla data del 29 dicembre 2010.

 

Si osserva che il presente provvedimento reca ulteriori disposizioni relative alla gestione commissariale del comune di Roma al comma 12-bis dell’articolo 16.

In particolare, il comma prevede, al primo periodo, l’attribuzione al Commissario straordinario del Governo il fondo istituito per di agevolare i piani di rientro dei Comuni per i quali sia stato nominato un commissario straordinario.

Il secondo periodo, autorizza, altresì, il Commissario straordinario del Governo a stipulare il contratto di servizio - previsto dall’articolo 5 del D.P.C.M. 5 dicembre 2008 di approvazione del primo piano di rientro - sotto qualsiasi forma tecnica, per i finanziamenti occorrenti per la copertura degli oneri del piano di rientro.


 

Articolo 23, comma 12-undecies
(Trasporto pubblico locale:
compensazione degli oneri di servizio pubblico)

 


12-undecies. Al fine di armonizzare la normativa di settore del trasporto pubblico regionale e locale con i princìpi e i criteri stabiliti dagli articoli 2 e 8 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, ed in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, all'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, dopo le parole: «alle aziende esercenti i servizi stessi» sono inserite le seguenti: «, determinate secondo il criterio dei costi standard che dovrà essere osservato dagli enti affidanti nella quantificazione dei corrispettivi da porre a base d'asta previsti nel bando di gara o nella lettera di invito delle procedure concorsuali di cui al successivo articolo 18, comma 2, lettera a)».


 

 

Il comma 12-undecies dell’articolo 23, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prescrive che le compensazioni economiche per lo svolgimento degli obblighi di servizio pubblico nel settore del trasporto pubblico regionale e locale debbano essere determinate secondo il criterio dei costi standard.

 

La disposizione in esame novella l’articolo 17 del D.Lgs. n. 422/1997,[247] relativo alla determinazione delle compensazioni economiche per lo svolgimento degli obblighi di servizio pubblico nel settoredel trasporto pubblico regionale e locale.

Gli obblighi di servizio pubblico sono obblighi che l'impresa che svolge il servizio pubblico, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non assumerebbe o non assumerebbe nella stessa misura o alle stesse condizioni. Per l’adempimento di tali obblighi devono essere previste corrispondenti compensazioni economiche.

Il citato D.Lgs. n. 422/1997 ha conferito a Regioni ed enti locali funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale e dettato norme relative all’organizzazione di detto servizio, prevedendo che l’affidamento dello stesso venga effettuato mediante procedure concorsuali. L’articolo 17 in particolare stabilisce che regioni ed enti locali definiscano gli obblighi di servizio pubblico e prevedano nei contratti di servizio le corrispondenti compensazioni economiche. Nel testo vigente del citato articolo 17 le compensazioni economiche devono essere determinate tenendo conto della normativa comunitaria,[248] dei proventi derivanti dalle tariffe e di quelli derivanti dalla eventuale gestione di servizi complementari alla mobilità.

 

La disposizione in esame prescrive che le compensazioni economiche debbano essere determinate secondo il criterio dei costi standard. Tale criterio dovrà essere osservato dagli enti affidanti per la quantificazione dei corrispettivi offerti ai soggetti che svolgono il servizio e posti come base d’asta per l’affidamento del servizio stesso. I corrispettivi, come sopra quantificati, dovranno essere indicati nel bando di gara o nella lettera di invito a partecipare alle procedure concorsuali.

Si ricorda che il criterio del costo standard per lo svolgimenti dei servizi pubblici locali è stato introdotto dalla legge n. 42/2009,[249] relativa al federalismo fiscale, e dal successivo D.Lgs. n. 216/2010[250]. Il costo standard indica il costo di un determinato servizio il cui svolgimento avviene nelle migliori condizioni di efficienza e appropriatezza, garantendo i livelli essenziali di prestazione. Il costo standard è definito prendendo a riferimento l’ente più virtuoso, vale a dire l’ente che presta i servizi ai costi più efficienti.

 

La norma in esame viene introdotta al fine di armonizzare la normativa di settore del trasporto pubblico regionale e locale con i principi e i criteri stabiliti dagli articoli 2 e 8 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale, ed in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.

Il citato articolo 2 della legge n. 42/2009 delega il Governo all’emanazione di decreti legislativi per l’attuazione dell’articolo 119 della Costituzione e detta i relativi principi e criteri direttivi generali. L’articolo 8 della stessa legge detta principi e criteri direttivi specifici relativi al finanziamento delle spese per lo svolgimento delle funzioni spettanti alle regioni. L’articolo 119 della Costituzione fissa il principio di autonomia di entrata e di spesa delle regioni e degli enti locali.


 

Articolo 23, comma 12-duodecies
(Proroghe in materia di ammortizzatori sociali)

 


12-duodecies. Al comma 7 dell'articolo 41 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le parole: «Per gli anni 2004-2012» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2004-2013». È ulteriormente prorogato al 31 dicembre 2013 il termine di cui al primo periodo del comma 8-quinquies dell'articolo 6 del decreto-legge 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2007, n. 17, come da ultimo prorogato al 31 dicembre 2012 dall'articolo 11, comma 6-quinquies, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14. Al terzo periodo dell'articolo 2, comma 12-undecies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, la parola: «2012», ovunque ricorra, è sostituita dalla seguente: «2013». Al fine di attuare le disposizioni di cui al presente comma, è autorizzata la spesa di 8 milioni di euro per l'anno 2013 e 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

Il comma 12-duodecies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, proroga fino al 31 dicembre 2013l'applicazione di ammortizzatori sociali e il beneficio della sospensione dei termini di pagamento delle imposte e dei contributi previdenziali, in favore di enti non commerciali operanti nel settore della sanità privata in alcune aree territoriali.

 

Il comma 12-duodecies reca disposizioni in materia di proroga di ammortizzatori sociali. In particolare:

§      proroga per il 2013 l’agevolazione, consistente nell’erogazione di un trattamento economico corrispondente all’80% dell’importo massimo dell’indennità di mobilità a favore dei lavoratori licenziati da enti non commerciali operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio, del 21 giugno 1999[251], con un organico superiore alle 1.800 unità lavorative, nel settore della sanità privata ed in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, di cui all’articolo 41, comma 7, della legge finanziaria per il 2003 (L. 289/2002).

Il richiamato comma 7 ha disposto, per gli anni 2004-2011, un’agevolazione in favore dei lavoratori licenziati da enti non commerciali operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/99 del Consiglio, del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 1.800 unità lavorative, nel settore della sanità privata ed in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, consistente nell’erogazione di un trattamento economico corrispondente all’80% dell’importo massimo dell’indennità di mobilità (comprensivo della contribuzione figurativa e degli assegni per il nucleo familiare, ove spettanti), per la durata di 66 mesi dalla data di decorrenza del licenziamento e nel limite di 400 unità, calcolato come media del periodo. I soggetti fruitori del trattamento devono frequentare, durante il relativo periodo, corsi di formazione professionale indetti dalla regione o dai competenti enti locali ai fini di aggiornamento e riqualificazione professionale, e successiva ricollocazione degli stessi. La mancata ingiustificata partecipazione comporta la decadenza dal beneficio. Inoltre le amministrazioni pubbliche devono promuovere, per la ricollocazione dei soggetti, procedure per l'affidamento all'esterno di attività, attraverso la stipulazione di convenzioni con società di capitale, cooperative di produzione e lavoro, consorzi di artigiani.

Lo stesso comma ha previsto altresì, ai fini del trattamento pensionistico, l’applicazione, ai lavoratori interessati, delle disposizioni di cui all’articolo 11 della L. 724/1994 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1995), e la relativa tabella A, nonché le disposizioni di cui all’articolo 59, commi 6, 7, lettere a) e b), e 8 della L. 449/1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998)[252].

§      proroga ulteriormente al 31 dicembre 2013 il termine per la concessione di agevolazioni in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi fiscali e contributi previdenziali (di cui all'articolo 1, comma 255, della L 30 dicembre 2004, n. 311 – legge finanziaria 2005) in favore degli enti non commerciali operanti nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale, aventi una sede operativa nei territori colpiti da calamità naturali situati in Molise, Sicilia e Puglia, termine già prorogato, da ultimo al 31 dicembre 2012, da precedenti disposizioni legislative (articolo 47-bis del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248; articolo 1, comma 5-ter, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194; articolo 2, comma 12-undecies, del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, articolo 11, comma 6-quinquies, del D.L. 29 dicembre 2011, n. 216). In particolare tali enti hanno quindi diritto al beneficio della sospensione, appunto fino al 31 dicembre 2013, dei termini di pagamento di contributi, tributi e imposte, a qualunque titolo ancora dovuti, anche in qualità di sostituti d'imposta, relativi agli anni dal 2008 al 2013, senza necessità di ulteriori provvedimenti attuativi.

Si ricorda che la legge finanziaria 2005 aveva stabilito l’applicazione, in favore degli enti non commerciali di cui all’articolo 1, comma 47 della legge finanziaria 2003 – ovvero gli enti operanti nelle aree individuate ai sensi degli obiettivi 1 e 2 del regolamento (CE) n. 1260/1999 del Consiglio, del 21 giugno 1999, con un organico superiore alle 2.000 unità lavorative, nel settore della sanità privata e in situazione di crisi aziendale in seguito a processi di riconversione e ristrutturazione aziendale, aventi almeno una sede operativa nelle province di Catania, Campobasso e Foggia –, fino al 31 dicembre 2005, della sospensione dei termini legali, tributari ed esecutivi (disciplinata dall'articolo 4 del decreto-legge n. 245 del 2002), nonché, per i versamenti non eseguiti alla data del 31 dicembre 2005, dei differimenti di termini relativi a compensi per prestazioni di lavoro straordinario, ad adempimenti per obblighi tributari e relativi ai versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale, indicati, rispettivamente, nell'articolo 3, comma 2, e nell'articolo 4, comma 3, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 7 maggio 2004 n. 3354, recante disposizioni urgenti in materia di protezione civile.

Successivamente, l’articolo 1, comma 5-ter, del D.L. 194/2009 ha esteso alla data del 31 ottobre 2010 la possibilità di prorogare, tra i vari interventi, la sospensione dei termini tributari e contributivi in favore dei predetti enti come recata dalla citata legge 311/2004, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze.

La termine, come anticipato in precedenza, è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2012 dall’articolo 11, comma 6-quinquies, del D.L. 216/2011.

In favore dei predetti enti, la legge finanziaria 2008 (articolo 2, commi 110 e 111 della L. 244/2007) aveva inoltre consentito di definire in maniera automatica la propria posizione tributaria relativamente agli anni dal 2002 al 2006, versando l’intera somma dovuta per ciascun contributo e tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interesse, diminuita al 30%, in un’unica soluzione entro il 30 novembre 2008, pena la decadenza del beneficio.

§      individua la coperturafinanziariadegli oneri derivanti dall’attuazione del comma in esame, quantificati in 8 milioni di euro per l'anno 2013 e in 2 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, cui si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo sociale per occupazione e formazione, di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), del D.L. 185/2008. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

L’articolo 18, comma 1, del D.L. 185/2008 prevede che il CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze - nonché di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per quanto attiene le risorse destinate alle infrastrutture – provveda ad assegnare, in coerenza con gli indirizzi assunti in sede europea, una quota delle risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate ad una serie di fondi[253]. Alla lettera a) del comma 1 viene indicato il Fondo sociale per occupazione e formazione, che viene appositamente istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. In tale Fondo affluiscono anche le risorse del Fondo per l'occupazione nonché ogni altra risorsa comunque destinata al finanziamento degli ammortizzatori sociali, concessi in deroga alla normativa vigente, e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione.

Si ricorda, che nell’articolo 18, del D.L. 185/2008 si è inteso, più in generale, perseguire l’obiettivo di concentrare le risorse che risultino disponibili sul Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) su obiettivi che, in considerazione della eccezionale crisi economica internazionale attuale, siano da considerarsi prioritari per il rilancio dell’economia italiana, quali le opere pubbliche e l’emergenza occupazionale.


 

Articolo 23, comma 12-terdecies
(Risorse per il completamento della Piattaforma
per la gestione della rete logistica nazionale)

 


12-terdecies. Sono ulteriormente ripristinati i fondi di cui all'articolo 2, comma 244, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nella misura di 2 milioni di euro per l'anno 2013, senza l'obbligo di cofinanziamento, con specifica destinazione al completamento della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale, soprattutto al fine di efficientare le attività dell'autotrasporto anche con riferimento al trasporto di merci pericolose, nell'ambito del progetto UIRNet del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il cui soggetto attuatore, ai sensi dell'articolo 61-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è UIRNet SpA.


 

 

Il comma 12-terdecies dell’articolo 23, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, ripristina la spesa di due milioni di euro, per l’anno 2013, per il completamento della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale, con particolare riferimento all’efficientamento delle attività dell'autotrasporto, compreso il trasporto di merci pericolose.

 

Il comma in esame ripristina i fondi di cui all’articolo 2, comma 244, della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008).

I suddetti fondi erano stati stanziati, nella misura di 5 milioni di euro per il 2009 e di 10 milioni di euro per il 2010, per il completamento e l’implementazione della rete immateriale degli interporti, finalizzata al potenziamento del livello di servizio sulla rete logistica nazionale. L’autorizzazione di spesa era stata successivamente soppressa dal D.L. n. 93/2008.[254]

 

La Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale, prevista dal D.M. 20 giugno 2005, n. 18T, è un sistema che permette la interconnessione degli interporti, anche al fine migliorare la sicurezza del trasporto delle merci. Il progetto è focalizzato sulla realizzazione di una piattaforma hardware e software in grado di integrare fornitori di servizi e contenuti orientati alla gestione dei processi logistici e del trasporto merci, con l'obiettivo di fornire vari servizi attraverso l'interazione dei vari attori coinvolti. La progettazione e la gestione della Piattaforma è stata affidata dal Ministero dei trasporti alla società UIRNet S.p.A.[255] con la convenzione stipulata in data 21 dicembre 2006.

 

UIRNet S.p.A. è confermato soggetto attuatore unico per la realizzazione e gestione della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale, come già previsto dall’articolo 61-bis, comma 4, del D.L. n. 1/2012.[256]

 

Il comma in esame stabilisce che i fondi in oggetto vengano ripristinati senza l’obbligo di cofinanziamento.

A tal proposito si segnala che il D.M. 18T del 20 giugno 2005, emanato in attuazione dell’articolo 1, comma 456, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), aveva previsto che la realizzazione della Piattaforma per la gestione della rete logistica nazionale dovesse essere effettuata dalle società interportuali, oltre che mediante il contributo statale, mediante risorse aggiuntive (mezzi propri, credito ed altri finanziamenti non statali) pari almeno al 50 per cento del contributo statale [articolo 4, comma 1, lettera a), del D.M.]. Successivamente l’articolo 2, comma 246, della già citata legge n. 244/2007 ha ridotto tale cofinanziamento nel limite del 35 per cento del contributo statale.

 

Si ricorda infine che il citato articolo 61-bis del D.L. n. 1/2012 ha disposto il ripristino dei fondi di cui al citato articolo 2, comma 244, della legge 244/2007, nella misura di un milione di euro l’anno, per il triennio 2012-2014, per il miglioramento delle condizioni operative dell'autotrasporto e l'inserimento dei porti nella sperimentazione della Piattaforma logistica nazionale, nell'ambito del progetto di UIRNet S.p.A..


 

Articolo 23, comma 12-quaterdecies
(Fruibilità di dati geospaziali acquisiti con risorse pubbliche)

 


12-quaterdecies. Per sostenere lo sviluppo delle applicazioni e dei servizi basati su dati geospaziali e per sviluppare le tecnologie dell'osservazione della terra anche a fini di tutela ambientale, di mitigazione dei rischi e per attività di ricerca scientifica, tutti i dati e le informazioni, acquisiti dal suolo, da aerei e da piattaforme satellitari nell'ambito di attività finanziate con risorse pubbliche, sono resi disponibili per tutti i potenziali utilizzatori nazionali, anche privati, nei limiti imposti da ragioni di tutela della sicurezza nazionale. A tale fine, la catalogazione e la raccolta dei dati geografici, territoriali ed ambientali generati da tutte le attività sostenute da risorse pubbliche è curata da ISPRA, che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Con decreto del Presidente della Repubblica, sulla base di una intesa tra Presidenza del Consiglio – Dipartimento della protezione civile, Ministero della difesa, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e regioni, adottata dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le modalità per la gestione della piattaforma e per l'accesso, l'interoperatività e la condivisione, anche in tempo reale, dei dati e delle informazioni in essa conservati, e gli obblighi di comunicazione e disponibilità dei dati acquisiti da parte di tutti i soggetti che svolgono tale attività con il sostegno pubblico, anche parziale. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

Il comma 12-quaterdecies dell’articolo 23, introdotto durante l’esame parlamentare, introduce disposizioni volte a consentire la fruibilità di dati geospaziali acquisiti con risorse pubbliche, anche a fini di tutela ambientale, di mitigazione dei rischi e per attività di ricerca scientifica.

 

In particolare, il comma 12-quaterdecies dispone che tutti i dati e le informazioni acquisiti dal suolo, da aerei e da piattaforme satellitari nell'ambito di attività finanziate con risorse pubbliche, siano resi disponibili per tutti i potenziali utilizzatori nazionali, anche privati, nei limiti imposti da ragioni di tutela della sicurezza nazionale, al fine di sviluppare le applicazioni ed i servizi basati su dati geospaziali e le tecnologie dell'osservazione della terra, anche a fini di tutela ambientale, di mitigazione dei rischi e per attività di ricerca scientifica.

La catalogazione e la raccolta dei dati geografici, territoriali ed ambientali generati da tutte le attività sostenute da risorse pubbliche dovrà essere curata da ISPRA, che vi provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Con successivo D.P.R., sulla base di specifica intesa tra un serie di soggetti istituzionali quali la Presidenza del Consiglio - Dipartimento della Protezione Civile, Stato Maggiore della Difesa, Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e le Regioni - adottata dalla Conferenza Stato-Regioni, dovranno essere definite le modalità per la gestione della piattaforma e per l'accesso, l'interoperatività e la condivisione, anche in tempo reale, dei dati e delle informazioni in essa conservati, e gli obblighi di comunicazione e disponibilità dei dati acquisiti da parte di tutti i soggetti che svolgono tale attività con il sostegno pubblico.

Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

In merito alla tematica trattata dal comma in esame si segnala l’iniziativa della Regione Molise[257] che ha sviluppato due sistemi di informazione geografica, già operativi, che offrono servizi web ad enti, imprese e cittadini: SVA - Sistema di Vigilanza Ambientale (valutazione dei rischi naturali e antropici) e SIIT - Servizi Informativi Integrati per il Territorio. Entrambi i sistemi utilizzano un geodatabase integrato composto da dati tematici e topografici, immagini d’aereo e da satellite, dati provenienti da reti di monitoraggio. Offrono servizi di consultazione dei dati e analisi spaziale. Tali due sistemi stanno diventando parte di un progetto più ampio di respiro nazionale ed internazionale, sviluppato dal Consorzio GEOSAT Molise costituito da: ASI (Agenzia Spaziale Italiana), Regione Molise, Università del Molise, e Telespazio/e-GEOS che rappresenta una delle prime iniziative in Italia di un laboratorio costituito da entità pubbliche e private per la ricerca e l’implementazione di dati e servizi geospaziali per la Pubblica Amministrazione, le imprese e i cittadini attraverso il PIM – Portale Integrato Multicanale della Regione. La base dati comprende dati topografici e tematici, rilevati da satellite e d’aereo ed elaborati con specifici software, dati GPS e dati di monitoraggio. Vengono raccolti, documentati, sistematizzati e normalizzati nel sistema di riferimento tutti i dati topografici e tematici regionali ed alcuni nazionali di interesse locale (catasto, vincoli, dati Istat, immagini satellitari di vari sensori, ecc.). Nello specifico lo SVA consente di analizzare il territorio in funzione delle pericolosità ambientali (frane, terremoti, inondazioni, ecc.) e antropiche (industrie a rischio di incidente rilevante, dispersione di inquinanti, ecc.) e delle sue vulnerabilità sia ambientali (aree di pregio, vincoli paesaggistici, boschi e foreste, ecc.) che antropiche (centri abitati, case isolate, strade, ecc.). Attraverso specifiche procedure si può intervenire per generare scenari di rischio utili alla prevenzione ed alla pianificazione ambientale e urbanistica. I SIIT sono invece orientati, al campo urbanistico e topografico. Il sistema offre un servizio di dati provenienti dalla rete di stazioni permanenti GPS implementata nell’ambito del progetto, utile per la correzione differenziale di dati topografici rilevati in campo. Oltre a questo servizio offre una serie di servizi applicativi dedicati agli enti, alle imprese, ai professionisti e ai cittadini. Fra questi servizi si citano: Piani Comunali; Piani di Bacino; Piani di Tutela delle Acque; Piani Paesaggistici; gestione dei lavori stradali inter-ente; gestione reti tecnologiche; catasto e destinazione urbanistica; geologia, geomorfologia e idrogeologia; situazione delle acque interne e marine; statistica demografica. Molti contenuti del geo-database sono aggiornabili ed elaborabili attraverso l’uso dei dati satellitari. Il futuro e l’aggiornamento dei due sistemi è infatti fortemente dipendente dalle tecnologie aerospaziali.

Da ultimo si ricorda che l’ISPRA[258] è stato istituito dall’art. 28 del D.L. n. 112/2008 mediante accorpamento dell’APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici), dell’INFS (Istituto nazionale per la fauna selvatica) e dell’ICRAM (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare). Con D.M. del 21 maggio 2010 è stato approvato il regolamento attuativo che ha provveduto a definirne le funzioni e a disciplinare i relativi organi.

Si segnala, infine, che l’allegato 3 del decreto-legge reca riduzioni dei trasferimenti a ISPRA (si rinvia alla scheda di commento dell’articolo 8, comma 4).


 

Articolo 23, comma 12-quinquiesdecies
(Sanzioni per pratiche commerciali scorrette)

 


12-quiquiesdecies. L'importo massimo delle sanzioni di cui all'articolo 27, commi 9 e 12, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, in materia di pratiche commerciali scorrette, la competenza ad accertare e sanzionare le quali è dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, escluso unicamente il caso in cui le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati, è aumentato a 5.000.000 di euro.


 

 

Il comma 12-quinquiesdecies, introdotto durante l’esame parlamentare, aumenta a 5 milioni di euro l'importo massimo delle sanzioni in materia di pratiche commerciali scorrette di cui all'articolo 27, commi 9 e 12, del Codice del Consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206), per le quali la competenza è dell’Antitrust.

 

Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 21 del Codice del Consumo è considerata scorretta la pratica commerciale che

§       riguardando prodotti suscettibili di porre in pericolo la salute e la sicurezza dei consumatori, omette di darne notizia in modo da indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza e vigilanza (comma 3);

§       ai fini della stipula di un contratto di mutuo (nel caso di una banca, di un istituto di credito o di un intermediario finanziario), obbliga il cliente alla sottoscrizione di una polizza assicurativa erogata dalla medesima banca, istituto o intermediario ovvero all'apertura di un conto corrente presso la medesima banca, istituto o intermediario (comma 3-bis);

§       in quanto suscettibile di raggiungere bambini ed adolescenti, può, anche indirettamente, minacciare la loro sicurezza (comma 4).

L'Autorità garante della concorrenza e del mercato (Antitrust), d'ufficio o su istanza di ogni soggetto o organizzazione che ne abbia interesse, inibisce la continuazione delle pratiche commerciali scorrette e ne elimina gli effetti.

 

In merito all’entità delle sanzioni, si ricorda inoltre che il citato comma 9 dell’articolo 27 prevede che, con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l'Autorità antitrust disponga l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 euro a 500.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pratiche commerciali scorrette ai sensi del citato articolo 21, commi 3 e 4, la sanzione non può essere inferiore a 50.000 euro.

Ai sensi del comma 12, in caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti, ed in caso di mancato rispetto degli impegni di porre fine all’infrazione, l'Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 150.000 euro. Nei casi di reiterata inottemperanza l'Autorità può disporre la sospensione dell'attività d'impresa per un periodo non superiore a trenta giorni.

La norma in esame precisa che rimane escluso il caso in cui le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità diversa dall’antitrust munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati.


 

Articolo 23, comma 12-sexiesdecies
(Funzioni di catalogazione del Banco Nazionale di prova delle armi)

 


12-sexiesdecies. A seguito della soppressione del Catalogo nazionale delle armi, il Banco nazionale di prova di cui all'articolo 11, secondo comma, della legge 18 aprile 1975, n. 110, verifica, altresì, per ogni arma da sparo prodotta, importata o commercializzata in Italia, la qualità di arma comune da sparo, compresa quella destinata all'uso sportivo ai sensi della vigente normativa, e la corrispondenza alle categorie di cui alla normativa europea, anche in relazione alla dichiarazione del possesso di tale qualità resa dallo stesso interessato, comprensiva della documentazione tecnica ovvero, in assenza, prodotta dal medesimo Banco. Il Banco nazionale rende accessibili i dati relativi all'attività istituzionale e di verifica svolta, anche ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241.


 

 

Il comma 12-sexiesdecies assegna al Banco Nazionale di prova di Gardone Valtrompia i compiti di verifica della qualità di arma comune da sparo, compresa quella destinata all'uso sportivo già spettanti al soppresso catalogo nazionale delle armi comuni da sparo.

 

Il comma 12-sexiesdecies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, conferisce alBanco Nazionale di prova di Gardone Valtrompia i compiti di verifica della qualità di arma comune da sparo, compresa quella destinata all'uso sportivo nonché della corrispondenza alle categorie di cui alla normativa comunitaria, anche in relazione alla dichiarazione del possesso di tale qualità resa dall’interessato, comprensiva della documentazione tecnica ovvero, in assenza, prodotta dal medesimo Banco.

L’intervento normativo investe, dunque, i compiti del Bancoenumerati all'art. 11, comma 2, della L. n. 110/1975.

 

Si ricorda che il D.L. 79/2012 (Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell’Amministrazione dell’interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile), in corso di esame presso la Camera dei deputati per la conversione in legge, all’art. 1 già conferiva alBanco i suddetti compiti di verifica della qualità di arma comune da sparo, compresa quella destinata all'uso sportivo. La disposizione, inoltre, prevedeva che, nel caso di dubbi sull'appartenenza delle armi presentate alle suddette categorie, il Banco potesse chiedere un parere non vincolante alla Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi. L’articolo novellava, altresì, l’art. 2 della legge 25 marzo 1986, n.85 recante la definizione delle armi per uso sportivo. L’articolo citato, nel corso dell’esame del ddl di conversione presso il Senato, è stato soppresso.

A seguito di tale eliminazione, nel corso della discussione presso l’altro ramo del Parlamento, è stato accolto l’ordine del giorno n. G1.100 con il quale l’Aula del Senato impegnava il Governo a porre in essere gli atti necessari affinché, a seguito dell'abrogazione del catalogo nazionale la qualificazione di armi comuni da sparo, la commercializzazione/importazione di nuovi modelli avvenga a seguito di istanza attestante le caratteristiche d'arma di cui sopra e della verifica tecnica del Banco Nazionale di Prova da attuarsi su ogni esemplare, salvo che la medesima procedura non sia stata effettuata da analogo organismo di prova riconosciuto dall'ordinamento nazionale.

È opportuno rammentare che, in via generale, l’art. 35, comma 3 del TULPS vieta la vendita o cessione in qualsiasi altro modo di armi a privati che non siano muniti di permesso di porto d'armi ovvero di nulla osta all'acquisto rilasciato dal Questore. Per quanto concerne il sistema di classificazione, le armi comuni, consentite ai privati, sono previste e classificate dall’art. 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi).

Per quanto rileva in questa sede, in prima battuta si ricorda che l’art. 14, comma 7 della L. 12 novembre 2011 n. 183 (Legge di stabilità 2012) ha disposto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, l’abrogazione dell'articolo 7 della legge 18 aprile 1975, n. 110 (Norme integrative della disciplina vigente per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi) il quale istituiva presso il Ministero dell'interno il catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, con esclusione dei fucili da caccia ad anima liscia e delle repliche di armi ad avancarica, delle quali è ammessa la produzione o l'importazione definitiva. L'iscrizione dell'arma nel catalogo costituiva accertamento definitivo della qualità di arma comune da sparo posseduta dal prototipo. Ai fini dell’iscrizione la Commissione consultiva centrale per il controllo delle armi di cui all’art. 6 della stessa legge (non abrogato, anche in conseguenza della soppressione del catalogo)esprime parere obbligatorio sulla catalogazione delle armi prodotte o importate nello Stato, accertando che le stesse, anche per le loro caratteristiche, non rientrino nelle categorie delle armi da guerra, armi tipo guerra e munizioni da guerra, nonché su tutte le questioni di carattere generale e normativo relative alle armi e alle misure di sicurezza per quanto concerne la fabbricazione, la riparazione, il deposito, la custodia, il commercio, l'importazione, l'esportazione, la detenzione, la raccolta, la collezione, il trasporto e l'uso delle armi. Giova, altresì segnalare che la Direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi[259], stabilendo le condizioni generali relative all’armonizzazione della legislazione degli Stati membri in materia, al paragrafo II dell’Allegato I, già definisce le armi che devono considerarsi come vietate ai privati su tutto il territorio dell’Unione (la Categoria A), riservate all’armamento delle forze armate e di polizia, e quelle consentite ai cittadini, (raggruppate nelle tre categorie B, C e D), che comprendono comunque tipi d’arma già qualificati come “armi comuni” dal comma 1 dell’articolo 2 della L. n. 110/1975[260].

Tutte le armi comuni prodotte in Italia sono sottoposte a prova ai sensi della Convenzione per il riconoscimento reciproco dei punzoni di prova delle Armi da Fuoco Portatili, adottata a Bruxelles il 1 luglio 1969, presso il Banco di prova delle armi portatili. Per quanto riguarda le armi importate, l’autorizzazione all’importazione avviene sulla base della descrizione dell’arma e della classificazione dichiarata dall’importatore; in caso di assenza della marcatura conforme CIP (marcatura obbligatoria alla quale sono tenuti tutti i Paesi aderenti alla convenzione, volta a garantire la tracciabilità delle armi, il cui costo varia dai 3 ai 5 euro per arma), sussiste l’obbligo di inviarle al Banco che vi provvede, e, contestualmente, effettua il controllo di cui sopra.

Il Banco nazionale di prova è stato istituito con regio decreto 3 febbraio 1910, n. 20, modificato con regio decreto 15 novembre 1925, con il compito di sottoporre a prova le armi da fuoco portatili di qualunque calibro e dimensioni fabbricate in Italia, le armi a salve, le armi tipo guerra regolamentari nazionali o straniere allestite a nuovo o modificate ad uso caccia da ditte private e per la vendita a privati (L. 186/1960).

Sul Banco è intervenuto l’articolo 2 del D.L. n. 225/2010, convertito in legge dalla legge n. 10 del 2011 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie), che ha previsto per il Banco stesso interventi normativi di segno diverso:

§      da un lato, al comma 5-ter, tale articolo ha disposto una modifica dell’art. 14 del regolamento di delegificazione D.P.R. n. 222/2010, di riordino dell’ente, prolungando di tre mesi i termini di ricostituzione degli organi nonché quelli per l’adozione del nuovo statuto del Banco;

§      dall’altro, lo stesso articolo, con il comma 5-quater hainserito il Banco nazionale di prova nel disposto dell'art. 7, co. 20 del D.L. n.78/2010[261] che prevede la soppressione degli enti elencati nell'Allegato 2 dello stesso D.L.; con il comma 5-quinquies, ha inserito il Banco di prova nel citato Allegato 2, individuando nella Camera di commercio di Brescia (CCIAA) il soggetto cui trasferire i relativi compiti ed attribuzioni, rimettendo ad un decreto ministeriale l'individuazione dei tempi e delle concrete modalità di trasferimento alla CCIAA di Brescia dei compiti e delle attribuzioni del Banco, nonché del personale e delle risorse strumentali e finanziarie.

Successivamente il D.L. 9 febbraio 2012 n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), all’art. 62, ha disposto l’abrogazione di una serie di disposizioni riportate nella allegata tabella A, tra cui, alla voce 297, i commi 5-quater e 5-quinquies dell’art. 2 del suddetto D.L. n. 225/2010 che avevano previsto la soppressione del Banco e il trasferimento dei relativi compiti alla CCIAA di Brescia.

 

La norma, infine, prescrive al Banco di rendere accessibili i dati relativi all'attività istituzionale e di verifica svolta, anche ai sensi della legge sul procedimento amministrativo.

 

La legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni sancisce regole generali valide per tutti i procedimenti amministrativi che si svolgono nell’ambito delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali.

Considerato, pertanto, che il Banco di Prova è un ente di diritto pubblico, il richiamo alla L. n. 241/1990 di cui al comma in esame appare superfluo e privo di reale portata innovativa sotto il profilo normativo.


 

Articolo 23, commi 12-septiesdecies e 12-duodevicies
(Concorso straordinario per l’assegnazione
di nuove sedi farmaceutiche)

 


12-septiesdecies. Al fine di rendere uniformi e trasparenti le modalità di espletamento delle procedure relative al concorso straordinario per l'apertura di nuove sedi farmaceutiche di cui all'articolo 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché di assicurare l'interscambio e la tempestiva diffusione delle informazioni, il Ministero della salute, in collaborazione con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, realizza una piattaforma tecnologica ed applicativa unica per lo svolgimento delle predette procedure, da mettere a disposizione delle stesse regioni e province autonome e dei candidati. L'onere per la realizzazione della piattaforma, che non può eccedere il limite di 400.000 euro, è a carico del bilancio del Ministero della salute, che vi farà fronte con quota parte delle somme di cui alla lettera d) dell'articolo 1, comma 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266. Alla predetta lettera d) dell'articolo 1, comma 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e per iniziative che favoriscano il completamento e il miglioramento della rete di assistenza e di vendita costituita dalle farmacie territoriali».

12-duodevicies. All'articolo 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Agli effetti delle disposizioni del presente articolo, per farmacie soprannumerarie si intendono le farmacie aperte in base al criterio topografico o della distanza ai sensi dell'articolo 104 del testo unico delle leggi sanitarie di cui al regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, sia anteriormente, sia posteriormente all'entrata in vigore della legge 8 novembre 1991, n. 362, che non risultino riassorbite nella determinazione del numero complessivo delle farmacie stabilito in base al parametro della popolazione di cui al comma 1, lettera a) del presente articolo»;

b) al comma 5, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«b-bis) per l'attività svolta dai ricercatori universitari nei corsi di laurea in farmacia e in chimica e tecnologia farmaceutiche, sono assegnati, per anno e per ciascun commissario, 0,30 punti per i primi dieci anni, e 0,08 punti per i secondi dieci anni»;

c) al comma 6, il terzo e il quarto periodo sono sostituiti dai seguenti: «A seguito dell'approvazione della graduatoria, ad ogni vincitore sarà assegnata la prima sede da lui indicata in ordine di preferenza, che non risulti assegnata a un candidato meglio collocato in graduatoria. Entro quindici giorni dall'assegnazione, i vincitori del concorso devono dichiarare se accettano o meno la sede assegnata. L'inutile decorso del termine concesso per la dichiarazione equivale a una non accettazione. Dopo la scadenza del termine previsto per l'accettazione, le sedi non accettate sono offerte ad altrettanti candidati che seguono in graduatoria, secondo la procedura indicata nei periodi precedenti, fino all'esaurimento delle sedi messe a concorso o all'interpello di tutti i candidati in graduatoria. Successivamente, la graduatoria, valida per due anni dalla data della sua pubblicazione, deve essere utilizzata con il criterio dello scorrimento per la copertura delle sedi farmaceutiche eventualmente resesi vacanti a seguito delle scelte effettuate dai vincitori di concorso, con le modalità indicate nei precedenti periodi del presente comma»;

d) al comma 7, primo periodo, le parole: «, di età non superiore ai 40 anni,» sono soppresse;

e) al comma 17, alle parole: «La direzione della farmacia privata» sono premesse le seguenti: «A decorrere dal 1o gennaio 2015 e fatta eccezione, comunque, per le farmacie rurali sussidiate,».


 

 

I commi 12-septiesdeciese 12-duodeviciesintervengono sui criteri di partecipazione al concorso straordinario per l'assegnazione di nuove farmacie.

 

Le norme, introdotte nel corso dell’esame parlamentare, modificano determinati criteri e procedure relative al concorso straordinario per l'assegnazione di nuove farmacie[262]. In particolare:

§      il Ministero della salute, in collaborazione con le regioni e le province autonome realizza, a suo carico, una piattaforma tecnologica ed applicativa unica, per lo svolgimento del concorso straordinario per l'apertura di nuove farmacie, per una spesa massima di 400.000 euro, utilizzando parte delle risorse versate al Ministero della salute, dalle aziende che producono o commercializzano dispositivi medici, per le attività di promozione rivolte ai medici, agli operatori sanitari, ivi compresi i dirigenti delle aziende sanitarie, e ai farmacisti[263] (comma 12-septiesdecies);

§      i titolari delle farmacie soprannumerarie[264] possono partecipare al concorso straordinario se tale farmacia non viene riassorbita nel numero complessivo di farmacie, determinato secondo il parametro[265] di una farmacia ogni 3.300 abitanti[266] (comma 12-duodevicies, lettera a);

§      il titolo di ricercatore universitario nei corsi di laurea in farmacia e in chimica e tecnologia farmaceutiche, viene introdotto tra i titoli previsti[267] per la valutazione dell'esercizio professionale nel concorso straordinario, assegnando per ogni anno e per ciascun commissario, 0,30 punti per i primi dieci anni e 0,08 punti per i secondi dieci anni[268] (comma 12-duodevicies, lettera b);

§      le procedure per la formazione della graduatoria dei vincitori e l’assegnazione delle sedi farmaceutiche sono disciplinate dettagliatamente[269] (comma 12-duodevicies, lettera c);

§      il limite di 40 anni, per partecipare al concorso straordinario, per il conferimento di sedi farmaceutiche in forme associate, viene soppresso[270] (comma 12-duodevicies, lettera d);

§      dal 1° gennaio 2015 decorre l’entrata in vigore della norma che obbliga i farmacisti a lasciare la direzione della farmacia privata al compimento dell’età pensionabile (oggi 65 anni) ad eccezione, però, delle farmacie rurali sussidiate[271] (comma 12-duodevicies, lettera e).


 

Articolo 23, comma 12-undevicies
(Disposizioni concernenti le sedi farmaceutiche in porti, aeroporti, stazioni e aree di servizio)

 

12-undevicies. Alla legge 2 aprile 1968, n. 475, dopo l'articolo 1-bis è inserito il seguente:

«Art. 1-ter. – 1. Le sedi farmaceutiche di cui all'articolo 1-bis sono considerate, agli effetti della normativa vigente, come sedi urbane, indipendentemente dalla popolazione residente nel comune in cui sono istituite».

 

 

Il comma 12-undevicies disciplina l’istituzione di sedi farmaceutiche in porti aeroporti, stazioni e aree di servizio.

 

La norma, introdotta nel corso dell’esame parlamentare[272], specifica che le farmacie aperte nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico, dotate di servizi alberghieri o di ristorazione, nei centri commerciali sono considerate sedi urbane, indipendentemente dalla popolazione residente, al fine di escluderle dal numero complessivo di farmacie presenti nel comune di appartenenza.

L’art. 11, comma 1, lett. b). del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1[273]. ha stabilito che, in aggiunta alle sedi farmaceutiche spettanti in base al criterio che prevede una farmacia ogni 3.300 abitanti[274] ed entro il limite del 5 per cento delle sedi, comprese le nuove, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentita l'azienda sanitaria locale competente per territorio, possono istituire una farmacia:

a)   nelle stazioni ferroviarie, negli aeroporti civili a traffico internazionale, nelle stazioni marittime e nelle aree di servizio autostradali ad alta intensità di traffico, dotate di servizi alberghieri o di ristorazione, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 400 metri;

b)   nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati, purché non sia già aperta una farmacia a una distanza inferiore a 1.500 metri.

Tali sedi farmaceutiche sono conferite in prelazione ai comuni fino al 2022[275]. I comuni non possono cedere la titolarità o la gestione delle farmacie per le quali hanno esercitato il diritto di prelazione ai sensi del presente comma. In caso di rinuncia alla titolarità di una di dette farmacie da parte del comune, la sede farmaceutica è dichiarata vacante.


 

Articolo 23-bis
(Dismissione e razionalizzazione di partecipazioni
societarie dello Stato)

 


1. Ai fini della razionalizzazione e del riassetto industriale nell'ambito delle partecipazioni detenute dallo Stato, che continua ad avvalersi dell'organismo di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 maggio 2007, è attribuito a Cassa Depositi e Prestiti Società per azioni (CDP S.p.A.) il diritto di opzione per l'acquisto delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato in Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A. I diritti di opzione possono essere esercitati anche disgiuntamente entro centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

2. Entro dieci giorni dall'eventuale esercizio dell'opzione, CDP S.p.A provvede al pagamento al Ministero dell'economia e delle finanze del corrispettivo provvisorio pari al 60 per cento del valore del patrimonio netto contabile come risultante dal bilancio, consolidato ove redatto, al 31 dicembre 2011 di ciascuna società per la quale ha esercitato l'opzione di cui al comma 1. Conseguentemente si provvede ai relativi adempimenti connessi al trasferimento delle partecipazioni.

3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare, entro sessanta giorni dalla data di esercizio dell'opzione di cui al comma 1, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è determinato il valore definitivo di trasferimento, ritenuto congruo da CDP S.p.A.

4. I corrispettivi provvisorio e definitivo derivanti dalle operazioni di cessione delle partecipazioni dello Stato di cui al presente articolo, al netto degli oneri inerenti alle medesime, sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato o destinati al pagamento dei debiti dello Stato; a tale ultimo fine i corrispettivi possono essere riassegnati al Fondo speciale per reiscrizione dei residui perenti delle spese correnti e al Fondo speciale per la reiscrizione dei residui perenti in conto capitale, ovvero possono essere utilizzati per incrementare l'importo stabilito dall'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla determinazione delle percentuali di riparto tra le finalità indicate nel presente comma.

5. Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A. continuano a svolgere le attività loro già affidate sulla base di provvedimenti normativi e regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto. La Simest S.p.A., nella gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo, continua ad osservare le convenzioni con il Ministero dello sviluppo economico già sottoscritte o che verranno sottoscritte in base alla normativa di riferimento.

6. Alla data di trasferimento della partecipazione azionaria detenuta dallo Stato in Sace, è abrogato l'articolo 6, commi 2 e 18, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326. Alla data di trasferimento della partecipazione azionaria detenuta dallo Stato in Simest S.p.A. sono abrogati l'articolo 1, commi 6 e 7, e l'articolo 3, commi 5 e 6, della legge 24 aprile 1990, n. 100.

7. All'articolo 5, comma 3, lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è aggiunto il seguente periodo: «I decreti ministeriali di cui alla presente lettera sono soggetti al controllo preventivo della Corte dei conti e trasmessi alle competenti Commissioni parlamentari».

8. Ai fini di certezza giuridica e fermo restando quanto previsto dal comma 1, entro 10 giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della presente disposizione, CDP S.p.A. provvede comunque a presentare le necessarie preventive istanze per il rilascio di pareri, nulla-osta o comunque per l'emissione da parte di Autorità pubbliche, istituzioni, enti o altre autorità di atti o provvedimenti di loro competenza. I termini per il rilascio dei relativi pareri e nulla-osta ovvero per l'emissione dei relativi atti da parte delle Autorità pubbliche competenti decorrono dalla data di comunicazione dell'istanza.


 

 

L'articolo 23-bis – che riproduce, con talune modifiche, il contenuto dell’articolo 1, del D.L. n. 87/2012[276] - attribuisce a Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. (CDP S.p.A.) il diritto di opzione per l'acquisto delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato in Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A., da esercitare entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge.

Entro i successivi 10 giorni dall’esercizio del diritto di opzione, CDP S.p.A. verserà al Ministero dell'economia e delle finanze un corrispettivo provvisorio pari al 60 percento del valore, al 31 dicembre 2011, del patrimonio netto delle società.

Con successivo decreto ministeriale, sarà determinato il valore definitivo di trasferimento. Il corrispettivo provvisorio e quello definitivo - al netto dei relativi oneri - saranno destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato o al pagamento dei debiti dello Stato.

 

In particolare, il comma 1 attribuisce a Cassa Depositi e Prestiti S.p.A., il diritto di opzione[277] – esercitabile, anche disgiuntamente, entro 120 giorni dall'entrata in vigore del decreto legge - per l'acquisto delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato in Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A.

La norma finalizza l’operazione alla razionalizzazione e al riassetto industriale delle partecipazioni detenute dallo Stato.

Il testo della norma in esame, inoltre, prevede ora che lo Stato continua ad avvalersi del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, di cui all’articolo 1 del D.P.C.M. 4 maggio 2007[278].

Si ricorda che Cassa depositi e prestiti (CDP) S.p.A. – società non quotata costituita in tale forma giuridica ex lege ai sensi dell’articolo 5 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269[279], - è controllata dallo Stato, che possiede il 70% del capitale, mentre il restante 30% è posseduto da 66 Fondazioni di origine bancaria[280].

Fintecna - Finanziaria per i settori industriale e dei servizi S.p.A., è società non quotata partecipata al 100% dal Ministero dell’economia e finanze, costituita nel 1993 (fusione tra Italstat ed Italimpianti).

Sace - Servizi Assicurativi del Commercio Estero S.p.A. è una società non quotata costituita in tale forma giuridica ex lege , ai sensi dell’articolo 6 del citato decreto legge n. 269/2003, partecipata al 100 per cento dal Ministero dell’economia e finanze.

Simest - Società italiana per le imprese all'estero S.p.A. -, istituita ex lege, ai sensi dell’articolo 1 della legge n. 100 del 24 aprile 1990, è una società non quotata, partecipata al 76 per cento dal Ministero dello sviluppo economico e per la restante percentuale è partecipata da banche, associazioni imprenditoriali e di categoria[281].

 

La Relazione illustrativa (A.S. 3382) rileva che l’operazione è condotta secondo criteri di mercato, nel pieno rispetto dell’autonomia gestionale di Cassa depositi e prestiti.

 

Per ciò che concerne l’autonomia gestionale di Cassa depositi e prestiti, si ricorda che - ai sensi dell’articolo 5, comma 8 del decreto legge n. 269/2003 - rientra nella missione istituzionale di tale società l’assunzione di partecipazioni e lo svolgimento delle attività, strumentali, connesse e accessorie all’assunzione di queste.

Con specifico riferimento al trasferimento di partecipazioni statali, anche indirette, a Cassa depositi, si ricorda che il citato articolo 5, al comma 3, lettera b) del D.L. n. 269/2003 già dispone che con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di natura non regolamentare, possano essere effettuati, anche in deroga alla normativa vigente, trasferimenti e conferimenti di beni e partecipazioni societarie dello Stato, anche indirette, alla gestione separata di C.D.P. e che i relativi valori di trasferimento siano determinati sulla scorta della relazione giurata di stima prodotta da uno o più soggetti di adeguata esperienza e qualificazione professionale nominati dal Ministero, anche in deroga alla disciplina civilistica societaria dei conferimenti, di cui agli articoli da 2342 a 2345 c.c..

Alla luce di tale norma, con D.M. 5 dicembre 2003 sono state trasferite a CDP quote di partecipazione detenute dal MEF in ENEL S.p.A., in ENI S.p.A. e in Poste Italiane S.p.A.[282]. CDP è inoltre divenuta titolare, successivamente, di una partecipazione azionaria, pari al 29,9%, nel capitale di Terna S.p.A., acquistandola da ENEL il 15 settembre 2005. L'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha autorizzato tale acquisizione (Provvedimento n. 14542 del 4 agosto 2005), subordinandola però alla cessione della partecipazione detenuta da CDP in ENEL.

Il D.M. 30 novembre 2010 ha pertanto disposto uno scambio di partecipazioni azionarie tra il MEF e CDP S.p.A.: in particolare, ha disposto la cessione da parte di CDP al MEF delle partecipazioni in ENEL, in Poste Italiane e in STMicroelectronics e, come corrispettivo, la cessione da parte del MEF a CDP di partecipazioni in ENI S.p.a..

Allo stato, secondo i dati aggiornati al 13 luglio 2012, pubblicati sul sito della Società, CDP S.p.A. è proprietaria del 26,4 per cento di Eni S.p.A. e del 29,9 per cento di Terna S.p.A..

 

Fermo quanto sopra descritto, Cassa depositi e prestiti – ai sensi del medesimo D.L. n. 269, articolo 5, comma 8-bis, introdotto dall'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011[283] - può altresì assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese.

Si deve trattare di società che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

Ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, è stata demandata la definizione dei requisiti, anche quantitativi, delle società oggetto di possibile acquisizione. In attuazione di quanto sopra disposto, è stato adottato e trasmesso alle Camere il D.M. 8 maggio 2012.

Tale decreto ha qualificato di rilevante interesse nazionale le società operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca, dell’innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi (articolo 1, comma 1).

AI di fuori dei predetti settori, sono individuati di rilevante interesse nazionale le società che possiedono i seguenti requisiti cumulati: a) fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro; b) numero medio di dipendenti nel corso dell’ultimo esercizio non inferiore a 250 (articolo 1, comma 2).

Nei casi in cui il livello di fatturato o il numero dei dipendenti siano inferiori a quelli indicati, ma comunque nei limiti del 20% dei predetti valori, l'attività della Società deve risultare rilevante in termini di indotto e di benefici per il sistema economico-produttivo del Paese, anche in termini di presenza sul territorio di stabilimenti produttivi.

In ogni caso, si deve trattare di Società che presentano significative prospettive di sviluppo e di redditività. La valutazione di questo requisito spetta ai competenti organi di CDP unitamente alla valutazione della ricorrenza degli altri requisiti.

I requisiti predetti devono essere presenti al momento in cui l'operazione di acquisizione è deliberata dai competenti organi di Cassa depositi e prestiti.

L’articolo 5, comma 8-bis del D.L. n. 269/2003 consente che le predette acquisizioni societarie possano avvenire anche attraverso veicoli societari, fondi di investimento partecipati dalla Società ed eventualmente da società private o controllate dallo Stato o enti pubblici.

Nel caso in cui le partecipazioni siano acquisite mediante utilizzo di risorse provenienti dalla raccolta postale, le stesse sono contabilizzate nella gestione separata della Società.

In virtù di quanto previsto dal citato comma 8-bis, è stato costituito nell’agosto 2011 il Fondo Strategico Italiano Spa (FSI), una holding di partecipazioni controllata da Cassa Depositi e Prestiti (90% delle azioni). Si segnala che nell’azionariato di FSI S.p.A, a Cassa depositi si affianca il Ministero dell’economia e finanze, tramite Fintecna (10% del portafoglio azionario), società che la norma in esame prevede sia acquisita da Cassa depositi stessa. A seguito del trasferimento delle partecipazioni di Fintecna a CDP, Cassa diverrebbe l’ azionista unico di FSI S.p.A.

FSI ha come obiettivo statutario quello di investire in imprese in stabile situazione di equilibrio e con adeguate prospettive di redditività e significative prospettive di sviluppo (dunque in possesso dei requisiti sopra descritti) al fine della creazione di valore per i suoi azionisti mediante la crescita dimensionale, il miglioramento dell’efficienza operativa, l'aggregazione,l’accrescimento della competitività, a livello internazionale, delle imprese oggetto diinvestimento. Si osserva che FSI opera acquisendo quote - generalmente di minoranza - in imprese di "rilevante interesse nazionale"

La società può comunque acquisire le partecipazioni che in base al proprio Statuto potrebbe acquisire la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A.[284].

Infine, per ciò che concerne le partecipazioni azionarie di Cassa, si ricorda che CDP partecipa (per il 12,5%) alla società "Fondo Italiano d'Investimento SGR S.p.A.", costituita in data 18 marzo 2010 assieme al Ministero dell'Economia e delle Finanze nonché ad altre Banche Sponsor e alcune associazioni di categoria[285], la quale ha costituito un Fondo mobiliare chiuso (Fondo Italiano di Investimento) riservato ad investitori qualificati, finalizzato tra l’altro ad investire, tramite assunzione di partecipazioni dirette, prevalentemente di minoranza, nel capitale di imprese italiane, anche in coinvestimento con altri fondi specializzati.

La tabella, in calce alla presente scheda di lettura, illustra il portafoglio partecipazioni di CDP S.p.A., pubblicato sul sito della Società[286] .

Per una ricostruzione più ampia degli ambiti operativi di Cassa depositi, notevolmente ampliati da una serie di interventi legislativi a partire dall’anno 2008, cfr. riquadro di approfondimento infra.

 

Ai sensi del comma 2, entro 10 giorni dall’esercizio del diritto di opzione, Cassa depositi deve pagare al Ministero dell'economia e delle finanze un corrispettivo provvisorio, pari al 60 percento del valore del patrimonio netto contabile, come risultante dal bilancio, ove redatto consolidato, al 31 dicembre 2011 di ciascuna società oggetto di opzione.

Conseguentemente si provvede agli adempimenti connessi al trasferimento delle partecipazioni, quali, ad esempio, afferma la relazione illustrativa, la girata delle azioni.

Per ciò che attiene il patrimonio netto delle società in questione, secondo i dati al momento disponibili sui rispettivi siti istituzionali di queste, il patrimonio netto di SACE, nel 2011, ammonta a 6.202 milioni di euro[287], quello di Fintecna S.p.A. ammonta, , secondo i risultati di esercizio 2011[288] a circa 2.697 milioni di euro; mentre, quello della Simest S.p.A. ammonta nel 2010 (ultimo bilancio disponibile sul sito istituzionale della società[289]) a circa 233,9 milioni di euro.

 

Il comma 3 rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi ai sensi di quanto previsto dal già commentato articolo 5, comma 3, lettera b), del D.L. n. 269 del 2003 (cfr. supra) e da sottoporre al controllo preventivo della Corte dei conti (cfr. successivo comma 7) - la determinazione del valore definitivo del trasferimento, ritenuto congruo da CDP.

Il comma prevede ora che il citato decreto dovrà emanarsi entro 60 giorni dalla data di esercizio del diritto di opzione.

Pertanto, in virtù del richiamo alla predetta norma il valore definitivo di trasferimento (e di iscrizione in bilancio) sarà determinato in base ad una relazione giurata di stima, prodotta da soggetti nominati dal Ministero dotati di adeguata esperienza e qualificazione professionale, e dovrà essere ritenuto congruo anche da CDP S.p.A..

 

La relazione illustrativa al testo dell’articolo 1 del D.L. n. 87/2012 (A.S. 3382), afferma in proposito che la valutazione di congruità avverrà sulla base di una propria perizia da Cassa depositi e prestiti.

 

La relazione tecnica al medesimo articolo 1 del D.L. n. 87 (A.S. 3382) afferma che le disposizioni in commento, potrebbero determinare, in termini di finanza pubblica, a seguito dell’esercizio del diritto di opzione da parte di CDP S.p.A. maggiori entrate per circa 9-10 miliardi di euro, sulla base di preliminari stime patrimoniali delle tre società interessate.

Tale cifra, sulla base di quanto sopra riportato, corrisponde grossomodo al valore cumulato dei patrimoni netti delle società oggetto del trasferimento (cfr. supra).

 

Nel riquadro seguente si dà una sintetica illustrazione delle attività svolte dalle società in questione, posto che gli ambiti operativi delle stesse, nei settori relativi al sostegno alle imprese, sono stati resi contigui e interconnessi da una serie di interventi legislativi volti al rilancio economico del Paese, che si sono susseguiti a partire dall’anno 2008.

 

Cassa depositi e prestiti S.p.A

L’articolo 5 del D.L. n. 269 del 2003 ha disposto la trasformazione della Cassa in società per azioni, disciplinandone il relativo ambito di operatività[290].

Per ciò che attiene all’attività di CDP S.p.A., già parzialmente commentata sopra, essa si articola nei seguenti ambiti di intervento, i quali, rispetto alla formulazione originaria della norma istitutiva della società, risultano allo stato notevolmente ampliati, specialmente per ciò che riguarda l’impiego dei fondi provenienti dalla raccolta del risparmio postale.

In particolare, Cassa depositi e prestiti, mediante l’utilizzo dei fondiprovenienti dallaraccolta postale, assistiti dalla garanzia dello Stato e in regime di gestione separata[291], “per missione tradizionale“ finanzia sotto qualsiasi forma, Stato, Regioni, enti locali, enti pubblici e organismi di diritto pubblico. Il finanziamento della P.A. riguarda genericamente investimenti in infrastrutture[292].

L’utilizzo dei fondi della raccolta postale è stato successivamente esteso al compimento di ogni altra operazione di interesse pubblicoprevista dallo statuto sociale della CDP S.p.A., nei confronti dei soggetti istituzionali pubblici o promossa dai medesimi soggetti. Tale previsione è stata introdotta con l’articolo 22 del D.L. n. 185/2008[293], il primo di una serie di provvedimenti legislativi adottati dal Governo tra il 2008 ed il 2009, aventi finalità “anti-crisi” e di rilancio dell’economia che hanno visto il coinvolgimento sia di Cassa depositi e prestiti che di SACE S.p.A. (articolo 8 e articolo 9 del D.L. n. 185/2008, cfr.infra) ai fini della creazione di maggiori condizioni di accesso al credito e alla liquidità per le imprese nazionali.

In virtù del combinato disposto del citato D.L. 185/2008 e del successivo articolo 3, comma 4-bis, del D.L. 5/2009[294], le competenze di Cassa depositi e prestiti S.p.A. (CDP S.p.A.) sono state ampliate includendo la possibilità per la medesima Società di utilizzare la provvista del risparmio postale per concedere ai soggetti bancari finanziamenti finalizzati a fornire a questi ultimi la provvista destinata all’effettuazione di operazioni in favore delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell’economia.

Su tale base, sin dall’anno 2009, Cassa depositi è dunque intervenuta per prestare tali forme di finanziamento indiretto nei confronti delle PMI, nonché – anche in base a quanto previsto dalla normativa sulla lotta ai ritardi dei pagamenti della P.A. verso le imprese (art.9, comma 3-bis del D.L. n. 185/2008 e ss. modifiche ed integrazioni) - per fornire provvista alle banche per il compimento da parte di queste di operazioni di sconto, nonché di ogni altra operazione consentita sui crediti delle PMI verso la pubblica amministrazione[295].Tali operazioni vedono peraltro, ai sensi dell’articolo 9, comma 3 del D.L. n. 185/2008, l’intervento di SACE, in funzione di garanzia.

Per ciò che specificamente riguarda l’interazione di CDP con SACE, si ricorda che l’articolo 8 del D.L. n. 78/2009, ha istituito il sistema integrato SACE - Cassa depositi e prestiti S.p.a, di sostegno finanziario all’internazionalizzazione, cd. Export-banca.

Le operazioni di internazionalizzazioneassistite da garanzia o assicurazione SACE possono essere finanziate da CDP con le risorse provenienti dalla raccolta del risparmio postale, dall’emissione di titoli, dall’assunzione di finanziamenti o da altre operazioni finanziarie.

Il finanziamento da parte di CDP è indiretto: CDP fornisce una provvista vincolataalle banche e indica il livello massimoche le banche possono sommare al costo della provvista (cioè, di fatto, il costo per le imprese del denaro avuto in prestito).

L’intervento diretto di CDP è consentito in taluni casi: indisponibilità del sistema bancario, indisponibilità delle banche ad accettare il livello massimo del margine indicato, nel caso di operazioni su settori di interesse strategico.

Per ciò che concerne l’utilizzo di fondi provenienti dall'emissione di titoli, dall'assunzione di finanziamenti e da altre operazioni finanziarie, senza garanzia dello Stato e con raccolta esclusivamente presso investitori istituzionali, Cassa depositi compie con tali provviste operazioni di finanziamento, in qualsiasi forma, di opere, impianti, reti e dotazioni destinati alla fornitura di servizi pubblici e bonifiche.

Per ciò che concerne invece la specifica attività di acquisizione di partecipazioni, si richiamano i sopra commentati commi 3, lettera b), 8 ed 8-bis dell’articolo 5 del D.L. n. 269/2003, evidenziando, anche in questa sede, che l’acquisizione di tali partecipazioni può anche avvenire attraverso l’utilizzo dei fondi provenienti dalla raccolta del risparmio postale ed in tal caso l’operazione rientra nella gestione separata di CDP S.p.A. (cfr. più diffusamente supra).

 

Istituto per i Servizi assicurativi del commercio estero (SACE), istituito dal D.Lgs. n. 143 del 1998[296] e nel 2003 trasformato in società, ha la funzione di rilasciare garanzie, nonché di assumere in assicurazione i rischi di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e di cambio ai quali sono esposti, direttamente o indirettamente, gli operatori nazionali e le loro controllate e collegate estere nella loro attività con l'estero e di internazionalizzazione dell'economia italiana; la società è altresì autorizzata a rilasciare, a condizioni di mercato, garanzie e coperture assicurative per imprese estere relativamente ad operazioni che siano di rilievo strategico per l'economia italiana sotto i profili dell'internazionalizzazione, della sicurezza economica e dell'attivazione di processi produttivi e occupazionali in Italia. Le garanzie e le assicurazioni possono essere rilasciate anche a banche nazionali, nonché a banche estere od operatori finanziari italiani od esteri quando rispettino adeguati princìpi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione ed operatività, per crediti concessi sotto ogni forma e destinati al finanziamento delle suddette attività, nonché quelle connesse o strumentali. SACE può altresì stipulare contratti di copertura del rischio assicurativo a condizioni di mercato con primari operatori di settore.

L’articolo 6 del decreto-legge n. 269 del 2003 ha disposto la trasformazione della SACE in società per azioni; le azioni sono state interamente attribuite - a decorrere dal 1° gennaio 2004 - al Ministero dell’economia e delle finanze che provvede altresì alle nomine dei componenti degli organi sociali, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico.

 

Società italiana per le imprese all'estero - Simest S.p.A. è la società finanziaria di sviluppo e promozione delle imprese italiane all'estero istituita con la legge n. 100 del 24 aprile 1990[297]. Simest S.p.A. ha ad oggetto la partecipazione ad imprese e società all'estero promosse o partecipate da imprese italiane ovvero da imprese aventi stabile organizzazione in uno Stato dell'Unione europea, controllate da imprese italiane, nonché la promozione ed il sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di specifiche iniziative di investimento e di collaborazione commerciale ed industriale all'estero da parte di imprese italiane, con preferenza per quelle di piccole e medie dimensioni, anche in forma cooperativa, comprese quelle commerciali, artigiane e turistiche.

Controllata dallo Stato (il 76 per cento del pacchetto azionario della società è detenuto dal Ministero dello sviluppo economico), è altresì partecipata da istituti ed aziende di credito, Eni S.p.A., cooperative, associazioni imprenditoriali nazionali e territoriali.

 

Fintecna S.p.A., finanziaria per i settori industriale e dei servizi, è società partecipata interamente dal Ministero dell’economia e finanze. Essa è sorta nel 1993, contestualmente alle criticità emerse nel progetto Iritecna (fusione tra Italstat ed Italimpianti) con il compito di guidare la ristrutturazione delle attività rilanciabili e di avviarne il processo di privatizzazione. Nel 2002 l’IRI S.p.A. è stata fusa per incorporazione in Fintecna S.p.A. Il Ministero dell’economia ha dunque sostituito la propria partecipazione al capitale dell’IRI S.p.A. con la partecipazione, pari al 100%, del capitale di Fintecna S.p.A.

Il Ministero dell’economia e delle finanze, nella sua qualità di azionista, ampliando il perimetro delle attività affidate a Fintecna S.p.A., le ha conferito il mandato di coordinamento, gestione e controllo di tutti i processi di liquidazione, ristrutturazione e smobilizzo facenti capo all’IRI. In particolare, ai sensi del decreto-legge n. 63 del 2002, articolo 9, il Ministero dell’economia ha individuato in Fintecna S.p.A. il soggetto competente alla gestione delle procedure di liquidazione del patrimonio e del contenzioso degli enti di diritto pubblico e degli altri enti, soggetti a vigilanza dello Stato, i cui scopi siano cessati o non più perseguibili, o in condizioni economiche di grave dissesto o nella impossibilità concreta di attuare i propri fini statutari, da sopprimere e porre in liquidazione con le modalità stabilite dalla legge (cosiddetti “enti disciolti”, ex legge 4 dicembre 1956, n. 1404). Nell’ambito dell’attività liquidatoria, è stato disposto a tal fine il trasferimento a titolo oneroso, alla data del 1° luglio 2009, a Fintecna S.p.A. dei rapporti in corso, delle cause pendenti e del patrimonio immobiliare degli enti disciolti in essere alla data del 30 giugno 2009, che vengono dichiarati estinti (articolo 1, comma 484 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) e articolo 41, comma 16-ter del decreto-legge n. 207 del 2008). Oltre alla gestione del patrimonio azionario dalla stessa detenuto, a Fintecna S.p.A. sono stati altresì trasferiti, ai sensi dell'articolo 1, commi 488-496 della legge finanziaria 2007, i patrimoni di Efim e delle altre società in liquidazione coatta amministrativa interamente controllate da Efim, per le quali Ligestra S.r.l. (società interamente controllata da Fintecna S.p.A.) ha assunto il ruolo di commissario liquidatore.

Fintecna S.p.A. gestisce un pacchetto di partecipazioni di società operanti in segmenti diversi di attività; la tabella riportata in calce alla scheda, pubblicata sul sito della società[298], indica le principali partecipazioni.

 

Il comma 4 prevede che i corrispettivi (provvisorio e definitivo) delle operazioni di cessione delle partecipazioni di cui al comma 1 - al netto dei relativi oneri - devono essere versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere:

§      riassegnati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato[299];

§      o destinati al pagamento dei debiti dello Stato: a tal fine, i corrispettivi possono essere riassegnati ai Fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti delle spese correnti e in conto capitale; ovvero essere utilizzati per incrementare l'importo massimo consentito - dall'articolo 35, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 1 del 2012 [300]- di assegnazione di titoli di Stato per l’estinzione dei crediti commerciali maturati dalle imprese verso la pubblica amministrazione.

Si segnala che alle medesime finalità di riduzione del debito, sopra descritte, sono anche destinati i proventi delle procedure di dismissione degli immobili pubblici, di cui all’articolo 2 del provvedimento (cfr. relativa scheda di lettura).

L’articolo 35 del decreto legge n. 1/2012 ha introdotto misure finalizzate all’estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri per servizi e forniture, prevedendo tra l’altro:

-        per lo smaltimento dei crediti commerciali esistenti alla data del 24 gennaio 2012 (data di entrata in vigore del D.L. n. 1/2012), un incremento dei fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente e di conto capitale, rispettivamente, di 2 miliardi di euro e di 700 milioni di euro per il 2012. A seguito delle successive modifiche apportate a tale norma dall’articolo 12, comma 11-sexies, del D.L. n. 16/2012, 1 miliardo dei 2 iscritti sul citato fondo speciale di parte corrente, è assegnata agli enti locali, con priorità ai comuni, per il pagamento dei relativi crediti commerciali pregressi (lettera a) ;

-        la modalità alternativa di estinzione dei crediti commerciali maturati alla data del 31 dicembre 2011 - in luogo del pagamento attraverso le suddette risorse finanziarie iscritte sui fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti - consistente nell'estinzione degli stessi mediante assegnazione di titoli di Stato, su richiesta dei soggetti creditori, nel limite massimo di 2.000 milioni di euro(lettera b);

-        Il D.M. 22 maggio 2012, come da ultimo modificato dall’articolo 6, comma 18 del D.L. n. 95/2012[301] e la Circolare del Ministero dell’economia – RGS n. 21 giugno 2012 hanno provveduto a definire le modalità attuative della estinzione dei crediti mediante assegnazione di titoli di Stato.

Le percentuali di riparto dei corrispettivi delle operazioni di cessione tra le diverse finalità sopra indicate saranno individuate con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

 

Ai sensi del comma 5 Fintecna S.p.A., Sace S.p.A. e Simest S.p.A. continuano a svolgere le attività loro affidate in base alle norme e ai regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del testo in esame.

Inoltre, per quanto concerne in particolare Simest S.p.A. la norma garantisce l'osservanza delle convenzioni già sottoscritte o che verranno sottoscritte con il Ministero dello sviluppo economico per la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema produttivo.

 

Il comma 6 reca l'abrogazione di una serie di disposizioni, incompatibili con il nuovo assetto azionario che si verrà a realizzare, a decorrere dalla data di trasferimento delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato. In particolare:

a)   a decorrere dal trasferimento a CDP delle partecipazioni della Sace S.p.A. sono abrogati i commi 2 e 18 dell'articolo 6 del decreto-legge n. 269 del 2003.

Tali disposizioni prevedono, rispettivamente:

§      l'attribuzione delle azioni della SACE S.p.A. al Ministero dell'economia e delle finanze e l'attribuzione delle nomine dei componenti degli organi sociali al Ministero dell'economia e delle finanze (d'intesa con il Ministero dello sviluppo economico);

§      il versamento al bilancio dello Stato degli utili di esercizio della SACE S.p.A., di cui è stata deliberata la distribuzione al Ministero dell'economia e delle finanze;

b)   a decorrere dal trasferimento a CDP delle partecipazioni della Simest S.p.A. sono abrogati i commi 6 e 7 dell'articolo 1 ed i commi 5 e 6 dell'articolo 3 della legge n. 100 del 1990:

§      i commi 6 e 7 dell'articolo 1 riguardano la composizione, rispettivamente, del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale della SIMEST S.p.a.;

§      i commi 5 e 6 dell'articolo 3 concernono, rispettivamente, la distribuzione degli utili conseguiti dalla SIMEST S.p.a., e la ripartizione del patrimonio della società tra i soci in caso di scioglimento.

 

Il comma 7 novella la già citata lettera b) del comma 3 dell’articolo 5 del D.L. n. 269/2003, al fine di prevedere che i decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze di trasferimento di partecipazioni statalia Cassa depositi e prestiti, ivi previsti, dovranno essere assoggettati al controllo preventivo della Corte dei Conti.

La norma prevede ora che i citati decreti devono essere altresì trasmessi alle competenti Commissioni parlamentari.

 

Il comma 8 prevede infine che - fermo restando quanto previsto dal comma 1 circa l'esercizio del diritto di opzione - entro 10 giorni dalla pubblicazione delle norma in esame Gazzetta Ufficiale Cassa depositi e prestiti dovrà comunque presentare le necessarie istanze preventive finalizzate al rilascio di pareri, nulla-osta oper l'emissione di tutti gli atti o provvedimenti necessari.

Viene peraltro specificato che i termini per il rilascio dei suddetti pareri e nulla-osta e per l'emissione degli atti decorrono dalla data di comunicazione delle istanze.

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La tabella seguente illustra il portafoglio partecipazioni di CDP S.p.A., pubblicato sul sito web della Società[302], alla data del 13 luglio 2012.

 

 

 

 

 

 

 

 

La tabella seguente illustra le principali società con partecipazione diretta da parte di Fintecna S.p.A.

 

 

 

 


 

Articolo 23-ter, commi 1 e 2
(Valorizzazione e dismissione di immobili pubblici)

 


1. All'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 1:

1) al primo periodo, fra le parole: «dell'economia e» e: «finanze» è inserita la seguente: «delle»; dopo le parole: «capitale sociale pari» le parole: «a 2 milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ad almeno un milione e comunque non superiore a 2 milioni»; dopo le parole: «immobiliari chiusi promossi» sono inserite le seguenti: «o partecipati»; dopo le parole: «in forma consorziata» sono inserite le seguenti: «o associata» e dopo le parole: «ai sensi» le parole: «dell'articolo 31» sono soppresse;

2) al terzo periodo, dopo le parole: «Il capitale» sono inserite le seguenti: «della società di gestione del risparmio di cui al primo periodo del presente comma» e dopo le parole: «dal Ministero dell'economia e delle finanze» sono aggiunte le seguenti: «, fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 8-bis»;

3) al quinto periodo, dopo la parola: «investono» è inserita la seguente: «anche»;

b) al comma 2:

1) al primo periodo, dopo le parole: «immobiliare promossi» sono inserite le seguenti: «o partecipati», dopo le parole: «in forma consorziata» sono inserite le seguenti: «o associata»; dopo le parole: «ai sensi» sono soppresse le parole: «dell'articolo 31»; dopo le parole: «del fondo medesimo,» sono inserite le seguenti: «ovvero trasferiti,» e dopo la parola: «diritti» sono inserite le seguenti: «reali immobiliari,»;

2) al secondo periodo dopo le parole: «Tali apporti» sono inserite le seguenti: «o trasferimenti»;

3) il terzo periodo è sostituito dal seguente: «Possono presentare proposte di valorizzazione anche soggetti privati secondo le modalità di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163»;

c) al comma 3:

1) al primo periodo, le parole: «nel fondo di cui al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «nei fondi di cui ai commi 1, 8-ter e 8-quater» e le parole: «ai decreti legislativi 17 marzo 1995, n. 174, e 17 marzo 1995, n. 175,» sono sostituite dalle seguenti: «al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209»;

2) al secondo periodo, la parola: «suddetti» è soppressa e dopo la parola: «fondi» sono aggiunte le seguenti: «di cui al comma 1. Il 20 per cento del piano di impiego di cui al precedente periodo è destinato, per gli anni 2012, 2013 e 2014, alla sottoscrizione delle quote dei fondi di cui ai successivi commi 8-ter e 8-quater»;

3) all'ultimo periodo, le parole: «al comma 1» sono sostituite dalle seguenti: «ai commi 1, 8-ter e 8-quater»;

d) al comma 4:

1) al primo periodo, dopo la parola: «conferimento» sono inserite le seguenti: «o trasferimento» e le parole: «di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 2, 8-ter e 8-quater»;

2) al secondo periodo, le parole: «di cui al comma 2» sono soppresse;

3) al quarto periodo, dopo la parola: «apporto» sono inserite le seguenti: «o il trasferimento»; le parole: «di cui al comma 2» sono sostituite dalle seguenti: «di cui ai commi 2, 8-ter e 8-quater»; le parole: «all'espletamento» sono sostituite dalle seguenti: «al completamento» e tra le parole: «delle procedure» e: «di valorizzazione e di regolarizzazione» è inserita la seguente: «amministrative»;

4) al quinto periodo, dopo le parole: «non sia completata,» sono inserite le seguenti: «secondo le valutazioni effettuate dalla relativa società di gestione del risparmio,» e dopo le parole: «i soggetti apportanti» le parole: «di cui al comma 1» sono soppresse;

5) dopo l'ultimo periodo è aggiunto il seguente: «A seguito dell'apporto ai fondi di cui al comma 8-ter da parte degli Enti territoriali è riconosciuto, in favore di questi ultimi, un ammontare pari almeno al 70 per cento del valore di apporto dei beni in quote del fondo; compatibilmente con la pianificazione economico-finanziaria dei fondi gestiti dalla società di gestione del risparmio di cui al comma 1, la restante parte del valore è corrisposta in denaro»;

e) al comma 7, dopo le parole: «Agli apporti» sono inserite le seguenti: «e ai trasferimenti»;

f) al comma 8-bis:

1) al primo periodo, dopo le parole: «gestione del risparmio» la parola: «del» è sostituita dalle seguenti: «costituita dal»;

2) al secondo periodo è soppressa la parola: «predetta» e dopo le parole: «società di gestione del risparmio» sono inserite le seguenti: «di cui al comma 1»;

3) il terzo periodo è sostituito dai seguenti: «Con apposita convenzione, a titolo oneroso, sono regolati i rapporti fra la società di gestione di cui al comma 1 e l'Agenzia del demanio. Per le attività svolte ai sensi del presente articolo dall'Agenzia del demanio, quest'ultima utilizza parte delle risorse appostate sul capitolo di spesa n. 7754 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Le risorse di cui all'ultimo periodo del comma 1 dell'articolo 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono utilizzate dall'Agenzia del demanio per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione del risparmio o delle società, per il collocamento delle quote del fondo o delle azioni della società, nonché per tutte le attività, anche propedeutiche, connesse alle operazioni di cui al presente articolo»;

g) dopo il comma 8-bis sono aggiunti i seguenti:

«8-ter. Allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico il Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, con le modalità di cui all'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, la costituzione di uno o più fondi comuni d'investimento immobiliare, a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari. Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell'economia e delle finanze sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e destinate al pagamento dei debiti dello Stato; a tale ultimo fine i corrispettivi possono essere riassegnati al Fondo speciale per reiscrizione dei residui perenti delle spese correnti e al Fondo speciale per la reiscrizione dei residui perenti in conto capitale, ovvero possono essere utilizzati per incrementare l'importo stabilito dall'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla determinazione delle percentuali di riparto tra le finalità indicate nel presente comma. Le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato possono deliberare il trasferimento o il conferimento a tali fondi di immobili di proprietà. Possono altresì essere trasferiti o conferiti ai medesimi fondi i beni valorizzabili, suscettibili di trasferimento ai sensi dell'articolo 5, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, individuati dall'Agenzia del demanio e a seguito di apposita manifestazione, da parte dei competenti organi degli Enti interessati, della volontà di valorizzazione secondo le procedure del presente comma. I decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 4 del citato decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, disciplinano, altresì, le modalità di concertazione con le competenti strutture tecniche dei diversi livelli di governo territoriale interessati, nonché l'attribuzione agli Enti territoriali delle quote dei fondi, nel rispetto della ripartizione e per le finalità previste dall'articolo 9 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, limitatamente ai beni di cui all'articolo 5, comma 1, lettera e), sopra richiamato, derivanti dal conferimento ai predetti fondi immobiliari. Ai fondi di cui al presente comma possono conferire beni anche i soggetti di cui al comma 2 con le modalità ivi previste, ovvero con apposita deliberazione adottata secondo le procedure di cui all'articolo 58 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, anche in deroga all'obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio. Tale delibera deve indicare espressamente le destinazioni urbanistiche non compatibili con le strategie di trasformazione urbana. La totalità delle risorse rivenienti dalla valorizzazione ed alienazione degli immobili di proprietà delle Regioni e degli Enti locali trasferiti ai fondi di cui al presente comma, è destinata alla riduzione del debito dell'Ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento.

8-quater. Per le medesime finalità di cui al comma 8-ter, il Ministro dell'economia e delle finanze, attraverso la società di gestione del risparmio di cui al comma 1, promuove, altresì, con le modalità di cui all'articolo 4 del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, uno o più fondi comuni di investimento immobiliare a cui sono trasferiti o conferiti, ai sensi del comma 4, gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione, nonché diritti reali immobiliari. Con uno o più decreti del Ministero della difesa, sentita l'Agenzia del demanio, da emanarsi il primo entro sessanta giorni dall'entrata in vigore delle presenti disposizioni, sono individuati tutti i beni di proprietà statale assegnati al medesimo Dicastero e non utilizzati dallo stesso per finalità istituzionali. L'inserimento degli immobili nei predetti decreti ne determina la classificazione come patrimonio disponibile dello Stato. A decorrere dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei citati decreti, l'Agenzia del demanio avvia le procedure di regolarizzazione e valorizzazione previste dal presente articolo ovvero dall'articolo 33-bis, limitatamente ai beni suscettibili di valorizzazione. Al predetto Dicastero sono attribuite le risorse rivenienti dalla cessione delle quote dei fondi a cura del Ministero dell'economia e delle finanze in misura del 30 per cento, con prioritaria destinazione alla razionalizzazione del settore infrastrutturale, ad esclusione di spese di natura ricorrente. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su indicazione dell'Agenzia del demanio, sono assegnate una parte delle restanti quote dello stesso Ministero, nella misura massima del 25 per cento e minima del 10 per cento delle stesse, agli Enti territoriali interessati dalle procedure di cui al presente comma; le risorse rivenienti dalla cessione delle stesse sono destinate alla riduzione del debito dell'Ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell'economia e delle finanze sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato, e destinate al pagamento dei debiti dello Stato; a tale ultimo fine i corrispettivi possono essere riassegnati al Fondo speciale per reiscrizione dei residui perenti delle spese correnti e al Fondo speciale per la reiscrizione dei residui perenti in conto capitale, ovvero possono essere utilizzati per incrementare l'importo stabilito dall'articolo 35, comma 1, lettera b), del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede alla determinazione delle percentuali di riparto tra le finalità indicate nel presente comma. Gli immobili, individuati con i decreti del Ministero della difesa di cui al secondo periodo del presente comma, non suscettibili di valorizzazione rientrano nella disponibilità dell'Agenzia del demanio per la gestione e l'amministrazione secondo le norme vigenti. Spettano all'Amministrazione della difesa tutti gli obblighi di custodia degli immobili individuati con i predetti decreti, fino al conferimento o al trasferimento degli stessi ai fondi di cui al presente comma ovvero fino alla formale riconsegna dei medesimi all'Agenzia del demanio. La predetta riconsegna è da effettuarsi gradualmente e d'intesa con l'Agenzia del demanio, a far data dal centoventesimo giorno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei relativi decreti individuativi.

8-quinquies. In deroga alla normativa vigente, con provvedimenti dell'Agenzia del demanio è disposto d'ufficio, laddove necessario, sulla base di elaborati planimetrici in possesso, l'accatastamento o la regolarizzazione catastale degli immobili di proprietà dello Stato, ivi compresi quelli in uso all'Amministrazione della difesa. A seguito dell'emanazione dei predetti provvedimenti, la competente Agenzia fiscale procede alle conseguenti attività di iscrizione catastale. In caso di dismissione degli immobili di proprietà dello Stato, eventuali regolarizzazioni catastali possono essere eseguite, anche successivamente agli atti o ai provvedimenti di trasferimento, a cura degli acquirenti. Tutte le attività rese in favore delle Amministrazioni dall'Agenzia del demanio ai sensi del presente articolo e del successivo articolo 33-bis, sono svolte da quest'ultima a titolo oneroso sulla base di specifiche convezioni con le parti interessate».

2. Sono abrogati:

a) l'articolo 3, comma 6, l'articolo 5, commi 5-bis e 5-ter, e l'articolo 7 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85;

b) al comma 1 dell'articolo 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole: «, a uso diverso da quello residenziale, fatti salvi gli immobili inseriti negli elenchi predisposti o da predisporre ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, e degli enti pubblici non territoriali ivi inclusi quelli di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196»;

c) l'articolo 314 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

d) i periodi dal secondo al quinto dell'articolo 2, comma 196-bis, della legge n. 191 del 2009.


 

 

L'articolo 23-ter, allo scopo di conseguire la riduzione del debito pubblico, reca al comma 1 una serie di modifiche e integrazioni all’articolo 33 del D.L. n. 98 del 2011, con il quale è stata istituita una Società di gestione del risparmio (SGR), interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui sono conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione (cd. “Fondo nazionale” o Fondo dei fondi). Dette modifiche sono finalizzate ad introdurre ulteriori modalità operative della società di gestione del risparmio: il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la SGR promuove la costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare, a cui trasferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali (cd. “Fondo diretto”), nonché diritti reali immobiliari; inoltre, il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la SGR, promuove uno o più fondi comuni di investimento immobiliare a cui conferire gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione (cd. “Fondo difesa”). Il comma 2 reca la conseguente abrogazione di una serie di norme.

 

Il comma 1 dell'articolo 23-ter reca modifiche e integrazioni all’articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011.

 

 

L’articolo 33 del D.L. 98/2011: il sistema integrato di fondi immobiliari

Si ricorda preliminarmente che l’articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 ha previsto la creazione di un sistema integrato di fondi immobiliari, con l’obiettivo di accrescere l’efficienza dei processi di sviluppo e di valorizzazione dei patrimoni immobiliari di proprietà degli enti territoriali, di altri enti pubblici e delle società interamente partecipate dai predetti enti.

 

Si prevede, pertanto, la costituzione, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (ancora non emanato), di una Società di gestione del risparmio (Sgr) con capitale sociale pari a 2 milioni di euro, per l’istituzione e gestione di uno o più fondi d’investimento immobiliare (“Fondo nazionale”), che perseguano, in particolare, i seguenti obiettivi strategici:

a)    partecipare in fondi comuni di investimento immobiliare chiusi, promossi da regioni, province e comuni, anche in forma consorziata, e da altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti (cosiddetto “Fondi di fondi”) (commi 1 e 2);

b)    investire direttamente nell’acquisto di immobili in locazione passiva alle pubbliche amministrazioni, in ottica di razionalizzazione degli usi governativi (comma 1);

c)    partecipare, sulla base dell’eventuale emanazione di uno specifico decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, a fondi titolari di diritti di concessione o d’uso su beni indisponibili e demaniali (comma 1);

d)    acquistare immobili di proprietà degli enti territoriali ad uso ufficio o già inseriti in programmi di valorizzazione, recupero e sviluppo del territorio (comma 8-bis, introdotto dall’articolo 6, comma 7, della legge n. 183 del 2012).

Gli enti territoriali, sulla base di puntuali analisi di fattibilità, promuovono la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare (“Fondi territoriali”), a cui possono essere apportati beni immobili e diritti. Il comma 2 stabilisce che a tali fondi degli enti locali possono essere apportati beni immobili e diritti con le procedure previste dall'articolo 58 del D.L. n. 112 del 2008, a fronte della correlata emissione di quote, nonché quelli trasferiti ai sensi del D.Lgs. n. 85 del 2010 (federalismo demaniale).

L’articolo 58 del D.L. n. 112 del 2008 ha previsto che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare di regioni, province, comuni e altri enti locali, ciascun ente con delibera dell'organo di governo individua, redigendo apposito elenco, i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 340 del 2009, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 58, comma 2, del D.L. n. 112 del 2008, nella parte in cui disciplinava le modalità di approvazione del piano delle alienazioni e valorizzazioni e di approvazione della variante allo strumento urbanistico generale, in quanto nella materia “governo del territorio”, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, ultimo periodo, della Costituzione, lo Stato ha soltanto il potere di fissare i principi fondamentali, spettando alle Regioni il potere di emanare la normativa di dettaglio.

Il D.Lgs. 28 maggio 2010, n. 85, concernente il federalismo demaniale, prevede l'individuazione dei beni statali che possono essere attribuiti, con D.P.C.M., a comuni, province, città metropolitane e regioni. Lo Stato, previa intesa in sede di Conferenza unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso. L'ente territoriale, a seguito dell'attribuzione, dispone del bene nell'interesse della collettività rappresentata ed è tenuto a favorirne la "massima valorizzazione funzionale". I beni trasferiti possono peraltro anche essere inseriti dalle regioni e dagli enti locali in processi di alienazione e dismissione; la deliberazione dell’ente territoriale di approvazione del piano di alienazioni e valorizzazioni dovrà tuttavia essere trasmessa ad una apposita conferenza di servizi volta ad acquisire le autorizzazioni, gli assensi e le approvazioni necessari alla variazione di destinazione urbanistica dei beni. Inoltre i beni trasferiti possono essere alienati solo previa valorizzazione attraverso le procedure per l’adozione delle varianti allo strumento urbanistico, ed a seguito di apposita attestazione di congruità rilasciata da parte dell’Agenzia del demanio o dell’Agenzia del territorio.

L’articolo 33, comma 2, del D.L. n. 98 del 2011 prevede che l’apporto dei beni, a fronte dell’emissione di quote del fondo, può avvenire esclusivamente sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione, approvati con delibera dell’organo di governo dell’ente apportante, che possono essere presentati anche da soggetti privati.

Il comma 3 individua le risorse finanziarie necessarie a garantire l’effettiva possibilità per il Fondo nazionale di partecipare ai Fondi territoriali, mediante la sottoscrizione di quote da questi ultimi offerte su base competitiva, al fine di conseguire la liquidità necessaria per la realizzazione degli interventi di valorizzazione. A tal fine la norma prevede che il 20% del piano di impiego dei fondi disponibili previsto per gli enti previdenziali (enti pubblici di natura assicurativa o previdenziale) deve essere destinato alla sottoscrizione di quote del Fondo nazionale. L’investimento nel Fondo nazionale è, inoltre, compatibile con le vigenti disposizioni in materia di attività di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione private. È, infine, espressamente prevista la possibilità di una partecipazione da parte della Cassa depositi e prestiti.

Ai sensi del comma 4, la destinazione funzionale dei beni conferiti ai fondi può avvenire mediante accordi di programma (nonché sulla base della corrispondente legislazione regionale) da concludersi entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data della delibera che promuove la costituzione dei fondi. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. L'apporto dei beni ai fondi viene sottoposto alla condizione sospensiva dell'espletamento delle procedure di valorizzazione e di regolarizzazione.

Il comma 5 detta la disciplina per gli immobili soggetti a vincoli di tutela in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42 del 2004), mentre il comma 6 aggiunge un comma 9-bis all'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di consentire - in caso di conferimento a fondi di investimento immobiliare dei beni inseriti negli elenchi richiamati dall’articolo - che la destinazione funzionale prevista dal piano delle alienazioni e delle valorizzazioni possa essere conseguita mediante accordi di programma (nonché sulla base della corrispondente legislazione regionale). Analogamente a quanto previsto al comma 4, il procedimento deve concludersi entro il termine perentorio di 180 giorni dall’apporto o dalla cessione sotto pena di retrocessione del bene all’ente locale. Con la medesima procedura si procede anche alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti.

Ai sensi del comma 7, gli apporti al fondo non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto. Inoltre, per l'insieme degli apporti e delle eventuali successive retrocessioni, è dovuta un'imposta sostitutiva in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale e dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili.

Il comma 8 dispone lo scioglimento e la liquidazione, ai sensi del codice civile, della società Patrimonio dello Stato s.p.a. entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto.

Da ultimo, l'articolo 6, comma 7, della legge n. 183 del 2011 ha introdotto all'articolo 33, a decorrere dal 1 gennaio 2012, un nuovo comma 8-bis con cui si prevede che i fondi istituiti dalla SGR possono acquistare immobili ad uso ufficio di proprietà degli enti territoriali, utilizzati dagli stessi o da altre pubbliche amministrazioni nonché altri immobili di proprietà dei medesimi enti di cui sia completato il processo di valorizzazione edilizio-urbanistico, qualora inseriti in programmi di valorizzazione, recupero e sviluppo del territorio. Le azioni della SGR possono essere trasferite a titolo gratuito all'Agenzia del demanio; infine, si prevede che con apposita convenzione la SGR possa avvalersi in via transitoria del personale dell'Agenzia del demanio.

(fonte: Agenzia del demanio, Politiche e strumenti per la valorizzazione economica e sociale del territorio attraverso il miglior utilizzo degli immobili pubblici. Maggio 2012)

 

 

In dettaglio, la lettera a) del comma 1 reca modifiche al comma 1 con le quali si prevede che:

§      il capitale sociale della SGR deve essere pari ad almeno 1 milione e comunque non superiore a 2 milioni di euro (il testo previgente stabiliva che il capitale fosse pari a 2 milioni di euro);

§      i fondi d'investimento a cui partecipa la SGR possono essere, oltre che promossi, anche partecipati dagli enti locali, in forma consorziata o associata; in tal modo possono accedere al “Fondo nazionale” anche i fondi promossi dai privati ai quali gli enti locali partecipano trasferendo o conferendo i loro immobili;

§      il capitale della SGR è detenuto interamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 8-bis, che consente il trasferimento a titolo gratuito all'Agenzia del demanio delle azioni della SGR;

§      i fondi istituiti dalla SGR investono, anche, direttamente per acquisire immobili in locazione passiva alle P.A.

La lettera b) reca modifiche al comma 2 dell'articolo 33. In particolare:

§      analogamente a quanto previsto dalla lettera precedente, si prevede che i fondi d'investimento possono essere, oltre che promossi, anche partecipati dagli enti locali, in forma consorziata o associata;

§      si specifica che ai suddetti fondi possono essere sia apportati che trasferiti beni immobili e diritti reali immobiliari;

§      viene precisato che le proposte di valorizzazione degli immobili da parte dei soggetti privati devono effettuarsi secondo le modalità previste dal codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006);

 

Al riguardo, si valuti l’opportunità di specificare nella norma le disposizioni del Codice dei contratti cui la norma rinvia.

In assenza di tale specificazione, non è chiaro infatti se si debba ricorrere alla finanza di progetto ad iniziativa dei soggetti privati di cui all’articolo 153 del Codice. In tale ambito, si segnala che si prevede una procedura, ad iniziativa privata, per i casi di inerzia della P.A., vale a dire di mancata pubblicazione del bando entro sei mesi dall’approvazione dell’elenco annuale dei lavori da realizzare (art. 153, commi 16 e 18), con diritto di prelazione in alcuni casi e un’ulteriore procedura, anch’essa di iniziativa privata (prevista dal comma 19), che prevede la presentazione alle amministrazioni aggiudicatrici, da parte degli operatori economici, di una proposta (che include il progetto preliminare) relativa alla realizzazione in concessione di lavori pubblici o di pubblica utilità “non programmati”.

 

La lettera c) reca modifiche al comma 3 dell'articolo 33. In particolare:

§      viene riportato il corretto riferimento normativo al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private);

§      viene esteso il meccanismo di finanziamento del “Fondo nazionale” ai Fondi di cui ai commi 8-ter (“Fondo diretto”) e 8-quater (“Fondo difesa”), inseriti dalla lettera g) della norma in esame: l’investimento anche nei predetti fondi è compatibile con le vigenti disposizioni in materia di attività di copertura delle riserve tecniche delle compagnie di assicurazione private; è espressamente prevista la possibilità di una partecipazione da parte della Cassa depositi e prestiti; in particolare il venti per cento del piano di impiego dei fondi disponibili previsto per gli enti pubblici, di natura assicurativa o previdenziale, deve essere destinato per gli anni 2012, 2013 e 2014 alla sottoscrizione delle quote dei fondi di cui agli stessi commi 8-ter e 8-quater.

Si osserva, sul piano letterale, l’opportunità di eliminare la ripetizione di un periodo di analogo tenore rispetto al precedente, accorpando le due formulazioni.

La lettera d) reca modifiche al comma 4 dell'articolo 33, in tema di destinazione funzionale dei beni conferiti ai fondi, attraverso accordi di programma. In particolare:

§      viene aggiunto anche in tal caso il riferimento ai fondi di cui ai commi 8-ter e 8-quater;

§      si specifica che i beni possono essere sia conferiti che trasferiti ai fondi di investimento;

§      si precisa che l'apporto o il trasferimento ai fondi è condizionato al completamento delle procedure amministrative di valorizzazione e di regolarizzazione;

§      si chiarisce che per il completamento della valorizzazione dei beni trasferiti al fondo è necessario fare riferimento alle valutazioni della relativa SGR;

§      viene aggiunto un periodo specificamente dedicato alla remunerazione dell'apporto da parte degli enti territoriali ai fondi “diretti” di cui al successivo comma 8-ter: in particolare viene riconosciuto a tali enti un ammontare pari ad almeno il 70 per cento del valore di apporto dei beni in quote del fondo, mentre la restante parte del valore viene corrisposta in denaro, compatibilmente con la pianificazione economico-finanziaria dei fondi (nel corso dell’esame parlamentare l’originaria quota del 75 per cento, prevista dal decreto, è stata ridotta al 70 per cento).

La lettera e) reca una norma di coordinamento con le modifiche apportate al comma 4: viene pertanto modificato il comma 7 dell'articolo 33, prevedendo che le agevolazioni ivi previste si applicano, oltre che agli apporti, anche ai trasferimenti ai fondi effettuati ai sensi dello stesso articolo.

La lettera f) modifica il comma 8-bis dell'articolo 33: anzitutto si specifica che la convenzione con cui devono essere regolati i rapporti fra la SGR e l'Agenzia del demanio riveste carattere oneroso (mentre il testo previgente faceva generico riferimento ad una convenzione per l'avvalimento da parte della SGR del personale dell'Agenzia del demanio in via transitoria).

Vengono poi inserite le seguenti disposizioni di ordine finanziario:

§      si dispone l'utilizzo da parte dell'Agenzia del demanio, per le attività da questa svolte ai sensi dell'articolo 33, di parte delle risorse appostate sul capitolo 7754 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze;

Si tratta di somme da attribuire all'Agenzia del demanio per l'acquisto di beni immobili, per la manutenzione, la ristrutturazione, il risanamento e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio immobiliare statale per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata

§      si prevede l'utilizzo da parte dell'Agenzia del demanio delle risorse di cui all'ultimo capoverso del comma 1 dell'articolo 6 della legge di stabilità 2012 (ossia 1 milione di euro l'anno a decorrere dal 2012) per l'individuazione o l'eventuale costituzione della SGR, per il collocamento delle quote del fondo o delle azioni della società, nonché per le attività connesse.

La lettera g) inserisce tre nuovi commi (8-ter, 8-quater e 8-quinquies) all’articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011, al fine di introdurre nuove modalità operative della SGR.

In particolare il nuovo comma 8-ter prevede che - al fine di conseguire la riduzione del debito pubblico - il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la SGR di cui al comma 1, promuova la costituzione di uno o più fondi comuni d’investimento immobiliare a cui trasferire o conferire immobili di proprietà dello Stato non utilizzati per finalità istituzionali.

A differenza del fondo di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 33 (“Fondo nazionale”) che dovrebbe prevalentemente operare come “fondo di fondi”, tale fondo agirebbe come “fondo diretto” al quale possono essere trasferiti o conferiti:

a)   immobili statali non utilizzati per finalità istituzionali, nonché diritti reali immobiliari;

b)   immobili di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, previa delibera;

c)   beni demaniali valorizzabili, individuati dall’Agenzia del demanio, per i quali è prevista, a seguito di richiesta, la cessione gratuita a comuni, province e regioni;

d)   beni immobili di regioni, province e comuni e di enti o società interamente partecipate dai predetti enti.

L’individuazione del portafoglio immobiliare di proprietà dello Stato avviene secondo le modalità di cui all’articolo 4 del D.L. n. 351 del 2001 (Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare), ovvero con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Ai sensi della citata norma il Ministro dell'economia è autorizzato a promuovere la costituzione di fondi comuni di investimento immobiliare, conferendo o trasferendo beni immobili a uso diverso da quello residenziale dello Stato, dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e degli enti pubblici non territoriali, individuati con uno o più decreti che disciplinano le procedure per l'individuazione o l'eventuale costituzione della società di gestione, per il suo funzionamento e per il collocamento delle quote del fondo e i criteri di attribuzione dei proventi derivanti dalla vendita delle quote.

Le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell’economia e delle finanze, versate in entrata del bilancio dello Stato, possono essere riassegnate al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato o destinate al pagamento dei debiti dello Stato. In tale seconda ipotesi le risorse possono:

§      essere riassegnate ai Fondi speciali per la reiscrizione dei residui perenti delle spese correnti e in conto capitale;

§      essere utilizzate per incrementare l'importo stabilito dall'articolo 35, comma 1, lettera b) del decreto-legge n. 1 del 2012.

Si ricorda che tale disposizione consente - al fine di accelerare il pagamento dei crediti commerciali connessi a transazioni commerciali per l'acquisizione di servizi e forniture, certi, liquidi ed esigibili, corrispondente a residui passivi del bilancio dello Stato - di estinguere i crediti maturati alla data del 31 dicembre 2011, su richiesta dei soggetti creditori, anche mediante assegnazione di titoli di Stato nel limite massimo di 2.000 milioni di euro.

Le percentuali di riparto tra le diverse finalità sopra indicate saranno individuate con D.P.C.M., su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Ai fondi così costituiti possono essere trasferiti o conferiti:

§      gli immobili di proprietà delle società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, previa loro delibera;

§      i beni valorizzabili suscettibili di trasferimento, individuati dall’Agenzia del demanio, per i quali è prevista la cessione gratuita a comuni, province e regioni, a seguito di apposita manifestazione della volontà di valorizzazione da parte degli enti interessati (articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 85 del 2010, c.d. federalismo demaniale).

Il D.P.C.M. che, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera e), del D.Lgs. n. 85 del 2010, individua i beni immobili dello Stato suscettibili di trasferimento (c.d. white list) non è stato ancora pubblicato, in attesa della necessaria intesa in sede di Conferenza unificata Stato-Regioni.

 

La relazione illustrativa (A.S. 3382) afferma che i beni in gestione all’Agenzia del demanio che verrebbero così individuati per essere da subito avviati, a seguito delle previste verifiche e procedure, alla valorizzazione e conferirti al fondo sono 350, per un valore stimato, allo stato attuale, pari a 1,5 miliardi di euro, che a seguito della valorizzazione urbanistica operata dai comuni potrà anche raddoppiare. L’attività di valorizzazione della società di gestione del risparmio (SGR), che affiderà la gestione di portafogli ad operatori privati, potrà generare ulteriore valore grazie alle attività di trasformazione edilizia, che porterebbe il valore di conferimento anche a triplicare.

Si rimanda quindi a successivi decreti del Ministro dell’economia e delle finanze per:

§      disciplinare le modalità di concertazione con le strutture tecniche degli enti interessati;

§      attribuire agli enti territoriali le quote dei fondi derivanti dal conferimento, per le finalità previste dall’articolo 9 del D.Lgs. n. 85 del 2010 limitatamente ai beni di cui all’articolo 5, comma 1 lettera e) sopra citato.

Si ricorda che l'articolo 9 citato prevede, al comma 5, che le risorse nette derivanti a ciascuna regione ed ente locale dalla eventuale alienazione degli immobili del patrimonio disponibile loro attribuito ai sensi del decreto sul federalismo demaniale nonché quelle derivanti dalla eventuale cessione di quote di fondi immobiliari cui i medesimi beni siano stati conferiti sono acquisite dall'ente territoriale per un ammontare pari al settantacinque per cento delle stesse. Le predette risorse sono destinate alla riduzione del debito dell'ente e, solo in assenza del debito o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento. La residua quota del venticinque per cento è destinata al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato.

Ai fondi in esame possono conferire beni anche i soggetti di cui al comma 2 (ossia regioni, province, comuni anche in forma consorziata o associata e altri enti pubblici o società interamente partecipate dai tali enti), con le modalità ivi previste, ovvero con apposita deliberazione adottata con le procedure di cui all’articolo 58 del D.L. n. 112 del 2008.

Come ricordato sopra, l’articolo 58 del D.L. n. 112 del 2008 ha previsto che per procedere al riordino, gestione e valorizzazione del patrimonio immobiliare delle regioni e degli enti locali, ciascun ente individua i singoli beni immobili ricadenti nel territorio di competenza, non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali, suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione. Viene così redatto il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari allegato al bilancio di previsione.

In tale seconda ipotesi, adottabile anche in deroga all’obbligo di allegare il piano delle alienazioni e valorizzazioni immobiliari al bilancio, la delibera deve indicare espressamente le destinazioni urbanistiche non compatibili con le strategie di trasformazione urbana.

I proventi che derivano dalla valorizzazione e dall’alienazione degli immobili delle regioni e degli enti locali trasferiti ai fondi “diretti” sono destinati alla riduzione del debito dell’ente e, solo in assenza del debito, o comunque per la parte eventualmente eccedente, a spese di investimento.

Si ricorda che, ai sensi del novellato comma 4, agli enti territoriali che apportano beni ai Fondi “diretti”, di cui al comma 8-ter in esame, viene riconosciuto un ammontare pari ad almeno il 70 per cento del valore di apporto dei beni in quote del fondo, mentre la restante parte del valore viene corrisposta in denaro, compatibilmente con la pianificazione economico-finanziaria dei fondi.

 

La relazione illustrativa (A.S. 3382) chiarisce che il portafoglio di proprietà delle pubbliche amministrazioni, ha un valore di mercato, a valle del censimento effettuato dal Dipartimento del tesoro, stimato tra i 239 e i 319 miliardi di euro: nell’ambito di tale portafoglio andranno individuati i beni non utilizzati per finalità istituzionali, suscettibili di valorizzazione, da destinare alla presente operazione. Il Dipartimento del Tesoro del MEF, sulla base di quanto previsto dall’articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, ha avviato nel febbraio 2010 un progetto di ricognizione delle consistenze degli asset pubblici al fine di redigere il Rendiconto patrimoniale a prezzi di mercato. Le comunicazioni ricevute da febbraio 2010 a marzo 2011 hanno riguardato il 53% delle amministrazioni pubbliche. Sono stati censiti oltre 530.000 unità immobiliari (per una superficie complessiva di oltre 222 milioni di metri quadrati) e quasi 760.000 terreni (pari a oltre 13 miliardi di metri quadrati).

La norma in esame, peraltro, esclude espressamente dalla procedura gli immobili utilizzati per finalità istituzionali. Tanto, in ragione del fatto che la previsione di un eventuale trasferimento di detti beni ai fondi, determinerebbe effetti pregiudizievoli in termini di finanza pubblica, generando costi ascrivibili a locazioni passive. In proposito giova richiamare l’attenzione sulla circostanza che sebbene la norma in esame non riguardi i beni immobili utilizzati per finalità istituzionali, detti beni possono essere oggetto delle operazioni disciplinate dal comma 8-bis dello stesso articolo 33 (introdotto dall’articolo 6 della legge n. 183 del 2011): come sopra richiamato, infatti, i fondi istituiti dalla SGR del Ministero dell’Economia possono acquistareimmobili ad uso ufficio degli enti territoriali utilizzati dagli stessi o da altre pubbliche amministrazioni, nonché altri immobili di proprietà degli stessi enti di cui sia completato il processo di valorizzazione edilizio-urbanistico.

Si ricorda che sul tema della valorizzazione degli immobili pubblici è recentemente intervenuto il D.L. n. 201/2011, il quale- inserendo l'articolo 33-bis nel D.L. n. 98 del 2011 - ha attribuito all’Agenzia del demanio il compito di promuovere iniziative volte alla costituzione di società, consorzi o fondi immobiliari con la finalità di valorizzare e alienare il patrimonio immobiliare pubblico di proprietà dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli enti vigilati. Qualora si costituiscano delle società, ad esse partecipano i soggetti che apportano i beni e, necessariamente, l’Agenzia del demanio in qualità di finanziatore e di struttura tecnica di supporto.

Lo stesso D.L. n. 201 del 2011 ha inoltre introdotto l’articolo 3-ter del D.L. n. 351 del 2001, volto a promuovere sede stabili per il coordinamento, l’armonizzazione e lo snellimento delle procedure di pianificazione del territorio. In particolare è disciplinata la formazione di programmi unitari di valorizzazione territoriale (c.d. PUVAT) per il riutilizzo funzionale e la rigenerazione degli immobili di proprietà di regioni, provincie e comuni e di ogni soggetto pubblico, anche statale, proprietario, detentore o gestore di immobili pubblici, nonché degli immobili oggetto di procedure di valorizzazione di cui al citato D.Lgs. n. 85 del 2010, in materia di federalismo demaniale.

 

Il nuovo comma 8-quater prevede che - sempre al fine della riduzione del debito pubblico - il Ministro dell’economia e delle finanze, attraverso la SGR, promuova anche la costituzione di uno o più fondi comuni di investimento immobiliare a cui sono apportati o conferiti gli immobili di proprietà dello Stato non più utilizzati dal Ministero della difesa per finalità istituzionali e suscettibili di valorizzazione, nonché diritti reali immobiliari (“Fondo difesa”).

A tal fine è prevista l'emanazione di uno o più decreti del Ministero della difesa, sentita l’Agenzia del Demanio (il primo entro sessanta giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni in esame), per l'individuazione di tutti i beni statali assegnati al medesimo Dicastero e non utilizzati per finalità istituzionali; gli immobili inseriti in tali decreti sono automaticamente classificati come patrimonio disponibile dello Stato.

Dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale dei suddetti decreti, l’Agenzia del Demanio può avviare le procedure di regolarizzazione e valorizzazione relativamente ai beni suscettibili di valorizzazione, potendo utilizzare anche l’articolo 33-bis nel D.L. n. 98 del 2011, il quale - come detto - prevede che l’Agenzia del demanio possa promuovere iniziative per valorizzare e alienare il patrimonio immobiliare pubblico.

Le risorse derivanti dalla cessione delle quote dei fondi sono attribuite al Ministero della difesa in misura pari al 30 per cento, destinandole prioritariamente alla razionalizzazione del settore infrastrutturale, ad esclusione di spese di natura ricorrente. Una parte delle restanti quote dello stesso Ministero, nella misura massima del 25 per cento e nella misura minima del 10 per cento, sono invece assegnate (con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, su indicazione dell’Agenzia del Demanio) agli enti territoriali interessati. Anche in tale ipotesi le risorse derivanti dalla cessione vanno destinate alla riduzione del debito dell’Ente e, solo in sua assenza, a spese di investimento.

Inoltre, analogamente a quanto già previsto dal comma 8-ter, si prevede che le risorse derivanti dalla cessione delle quote del Ministero dell’economia e delle finanze, destinate all'entrata del bilancio dello Stato, vadano riassegnate al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato e destinate al pagamento dei debiti dello Stato. Anche in tal caso per le percentuali di riparto tra le diverse finalità si rimanda ad un successivo D.P.C.M..

Gli immobili di proprietà dello Stato assegnati al Ministero della difesa e non utilizzati per finalità istituzionali, se non sono suscettibili di valorizzazione, rientrano nella disponibilità dell’Agenzia del demanio per la loro gestione e amministrazione.

Gli obblighi di custodia degli immobili individuati con i citati decreti del Ministero della difesa sono attribuiti all’Amministrazione della difesa, fino a che questi non siano conferiti ai fondi ovvero siano riconsegnati all’Agenzia del demanio, a decorrere dal centoventesimo giorno dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei relativi decreti individuativi.

 

Il nuovo comma 8-quinquies dell'articolo 33 prevede infine che - con provvedimenti dell’Agenzia del demanio - sia disposto d’ufficio l’accatastamento o la regolarizzazione catastale degli immobili di proprietà dello Stato, ivi compresi quelli in uso all’Amministrazione della difesa, anche in deroga alla normativa vigente. Successivamente l'Agenzia fiscale competente procede alle conseguenti attività di iscrizione catastale.

Si prevede altresì che eventuali regolarizzazioni catastali possano essere eseguite, anche successivamente agli atti o ai provvedimenti di trasferimento, a cura degli acquirenti.

Viene infine specificato che tutte le attività svolte dall’Agenzia del demanio in favore delle amministrazioni, ai sensi dell'articolo 33 e del successivo articolo 33-bis, sono svolte a titolo oneroso sulla base di specifiche convezioni.

 

Il comma 2 dell'articolo 23-ter in esame reca l'abrogazione di una serie di norme.

La lettera a) abroga alcune disposizioni del decreto legislativo n. 85 del 2010 (federalismo demaniale); in particolare:

§      l’articolo 3, comma 6, il quale reca la disciplina relativa ai beni qualificati come trasferibili, relativamente ai quali le regioni e gli enti locali non hanno presentato la richiesta di attribuzione (c.d. beni inoptati). Tali beni dovevano confluire, sulla base di un D.P.C.M., in un patrimonio vincolato affidato all’Agenzia del demanio o all’amministrazione che ne curava la gestione. Tali soggetti dovevano provvedere, d’intesa con le regioni e gli enti locali interessati sulla base di appositi accordi di programma o protocolli d’intesa, alla valorizzazione e alienazione dei beni stessi. Qualora, trascorsi 36 mesi dalla data di pubblicazione in gazzetta ufficiale del decreto di inserimento nel patrimonio vincolato, non si fosse proceduto alla stipula di accordi di programma o di protocolli d’intesa, i beni in argomento sarebbero rientrati nella piena disponibilità dello Stato;

§      l’articolo 5, commi 5-bis e 5-ter, che consentivano, su richiesta, l’attribuzione dei beni oggetto di accordi o intese tra lo Stato e gli enti territoriali per la razionalizzazione o la valorizzazione dei rispettivi patrimoni immobiliari già sottoscritti all’ente che ha sottoscritto l’accordo o l’intesa ovvero ad altri enti territoriali, qualora gli enti sottoscrittori dell’accordo o intesa non avessero fatto richiesta di attribuzione; un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, previa ricognizione da parte dell’Agenzia del demanio, sentita la Conferenza unificata, avrebbe stabilito termini e modalità per la cessazione dell’efficacia dei predetti accordi o intese, senza effetti sulla finanza pubblica; era prevista inoltre l’adozioneentro il 13 luglio 2011, previa ricognizione da parte dell’Agenzia del demanio, di un decreto del MEF al fine di stabilire termini e modalità per la cessazione dell’efficacia dei predetti accordi o intese, senza effetti sulla finanza pubblica;

§      l’articolo 7, il quale stabiliva che, a decorrere dal 1° gennaio 2012 e con cadenza biennale, potevano essere adottati ulteriori decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri finalizzati all’attribuzione di ulteriori beni resisi disponibili. Le richieste presentate dagli enti territoriali interessati e relative a beni non inseriti né in precedenti decreti né in precedenti provvedimenti del direttore dell’Agenzia del demanio dovevano essere corredate di una relazione attestante i benefici derivanti alle pubbliche amministrazioni da una diversa utilizzazione funzionale dei beni o da una loro migliore valorizzazione in sede locale.

La lettera b) interviene all’articolo 6, comma 1, della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012), sopprimendo il riferimento ivi contenuto agli immobili inseriti negli elenchi predisposti ai sensi del decreto legislativo n. 85 del 2010 e degli enti pubblici non territoriali inclusi quelli di cui all'articolo 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica).

Si ricorda che la norma suddetta (nel testo previgente) autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze a conferire o trasferire beni immobili dello Stato, a uso diverso da quello residenziale, fatti salvi gli immobili inseriti negli elenchi predisposti o da predisporre ai sensi del federalismo demaniale e degli enti pubblici non territoriali ivi inclusi quelli di cui all'articolo 1, comma 3, della legge di contabilità, ad uno o più fondi comuni di investimento immobiliare, ovvero ad una società.

 

La lettera c) abroga l’articolo 314 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), dedicato ai fondi comuni di investimento immobiliare per la valorizzazione e l’alienazione di immobili militari.

Infine la lettera d) del comma 2 abroga il secondo, terzo, quarto e quinto periodo del comma 196-bis dell’articolo 2 della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), concernenti l'alienazione degli immobili militari oggetto di valorizzazione di cui al protocollo d'intesa sottoscritto in data 4 giugno 2010 tra il Ministero della difesa e il comune di Roma.


 

Articolo 23-ter, comma 1-bis
(Convenzioni cessioni di diritto di proprietà)

 


1-bis. All'articolo 31, comma 46, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) per una durata di 20 anni diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione».

2. Sono abrogati:

a) l'articolo 3, comma 6, l'articolo 5, commi 5-bis e 5-ter, e l'articolo 7 del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85;

b) al comma 1 dell'articolo 6 della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole: «, a uso diverso da quello residenziale, fatti salvi gli immobili inseriti negli elenchi predisposti o da predisporre ai sensi del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, e degli enti pubblici non territoriali ivi inclusi quelli di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196»;

c) l'articolo 314 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

d) i periodi dal secondo al quinto dell'articolo 2, comma 196-bis, della legge n. 191 del 2009.


 

 

Il comma 1-bis dell’articolo 23-ter prevede, in materia di edilizia residenziale convenzionata, una riduzione da 30 a 20 anni del limite temporale da utilizzare per il calcolo della durata delle nuove convenzioni c.d. sostitutive,stipulate in sostituzione di quelle previste dall'art. 31, comma 46, della L. 448/1998.

Si ricorda, in proposito, che il citato comma 46 dell’art. 31 della legge 23 dicembre 1998, n. 448[303], ha previsto che le convenzioni stipulate ai sensi dell'art. 35 della L. 865/1971, e precedentemente alla data di entrata in vigore della L. 179/1992, per la cessione del diritto di proprietà, possono essere sostituite con la convenzione di cui all'articolo 8, commi primo, quarto e quinto, della L. 10/1977, alle seguenti condizioni:

a)    per una durata pari a quella massima prevista dalle citate disposizioni della legge n. 10 del 1977 (pari a 30 anni) diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della convenzione che ha accompagnato la concessione del diritto di superficie o la cessione in proprietà delle aree e quella di stipulazione della nuova convenzione;

b)    in cambio di un corrispettivo, per ogni alloggio edificato, calcolato ai sensi del successivo comma 48.

Si ricorda che l’art. 8 è stato abrogato dall’articolo 136 del D.P.R. 380/2001 (TU edilizia) ed il suo contenuto dispositivo è stato trasposto nell’art. 18 del citato testo unico, ove viene confermata la durata massima di 30 anni.

Per una migliore comprensione della norma in esame e delle disposizioni finora richiamate si riporta di seguito un breve quadro informativo riguardante l’edilizia residenziale convenzionata e la convenzione sostitutiva.

 

Con l’espressione “edilizia residenziale convenzionata” si fa riferimento a quegli interventi di edilizia residenziale posti in essere previa stipulazione di una convenzione con il Comune con la quale, a fronte di concessioni da parte dell’Amministrazione pubblica (riguardanti l’assegnazione delle aree su cui edificare o la riduzione del contributo concessorio), vengono assunti obblighi inerenti l’urbanizzazione del comparto e l’edificazione di alloggi di edilizia economico popolare e dalla quale, inoltre, discendono vincoli incidenti sulla successiva circolazione degli alloggi così realizzati. Due sono le convenzioni che tradizionalmente si fanno rientrare nell’ambito dell’edilizia residenziale convenzionata:

§       la convenzione di attuazione di un Piano di Edilizia Economico-Popolare (P.E.E.P.), convenzione che si pone nell’ambito del più ampio procedimento di edilizia residenziale pubblica tracciato dalla L. 865/1971; questa convenzione è disciplinata dall'art. 35 della suddetta L. 865/1971;

§       la convenzione per la riduzione del contributo concessorio al cui pagamento è subordinato il rilascio del permesso di costruire; questa convenzione è disciplinata dall'art. 18 del D.P.R. 380/2001 che sul punto ha sostituito la disciplina in precedenza dettata dagli artt. 7 e 8 della L. 28 gennaio 1977 n. 10 (meglio nota come “Legge Bucalossi”), e che sovente viene indicata come “convenzione Bucalossi”.

 

Con l’entrata in vigore della L. 448/1998, anche la citata “convenzione Bucalossi” può rientrare nell’ambito del procedimento di edilizia residenziale pubblica tracciato dalla L. 865/1971 potendo detta convenzione, nei casi previsti dall'art. 31, comma 46 e segg., sostituire o modificare “la convenzione P.E.E.P.”.

Con la convenzione c.d. sostituiva prevista dal citato comma 46, è possibile «sostituire le convenzioni sia in diritto di superficie che in diritto di proprietà (queste ultime peraltro limitatamente a quelle stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, la c.d. legge Ferrarini-Botta) con la “convenzione Bucalossi” (attualmente disciplinata dall’art. 18, D.P.R. 380/2001, T.U. in materia edilizia, che con effetto dal 30 giugno 2003 ha sostituito l'art. 8 legge 10/1977, espressamente richiamato nel suddetto comma 46). L’art. 31, c. 46, legge 448/1998 dispone, inoltre, in ordine alla durata massima della “convenzione sostitutiva” (“la convenzione sostitutiva” dovrà avere una durata pari a quella massima prevista per “la convenzione Bucalossi”, che è di 30 anni, diminuita del tempo trascorso fra la data di stipulazione della “convenzione P.E.E.P.” e quella di stipulazione della “convenzione sostitutiva”; in pratica per calcolare la durata della “convenzione sostitutiva” si dovrà detrarre dai 30 anni il periodo di tempo che è trascorso tra la data di stipula della convenzione da modificare e la data di stipula della “convenzione sostitutiva”)»[304].

Si ricorda, infine, che l’art. 5, comma 3-bis, del D.L. 70/2011 (convertito dalla L. 106/2011), ha modificato la disciplina dettata con riguardo sia alle convenzioni PEEP che alle convenzioni Bucalossi, al dichiarato fine di “agevolare il trasferimento dei diritti immobiliari”. Tale modifica non ha interessato tuttavia il comma 46, su cui interviene la norma in esame. Il citato comma 3-bis ha infatti inserito due nuovi commi 49-bis e 49-ter all’art. 31, riguardanti la rimozione dei vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni PEEP e Bucalossi.


 

Articolo 23-quater, commi 1-8 e 10-12
(Incorporazione dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e dell'Agenzia del territorio e soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico)

 


1. L'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato e l'Agenzia del territorio sono incorporate, rispettivamente, nell'Agenzia delle dogane e nell'Agenzia delle entrate ai sensi del comma 2 a decorrere dal 1° dicembre 2012 e i relativi organi decadono, fatti salvi gli adempimenti di cui al comma 4. Entro il 30 ottobre 2012 il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette una relazione al Parlamento.

2. Le funzioni attribuite agli enti di cui al comma 1 dalla normativa vigente continuano ad essere esercitate, con le inerenti risorse umane, finanziarie e strumentali, compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale, rispettivamente, dall'Agenzia delle dogane, che assume la denominazione di «Agenzia delle dogane e dei monopoli», e dalla Agenzia delle entrate. Le risorse finanziarie di cui al precedente periodo inerenti all'Agenzia delle dogane e dei monopoli sono escluse dalle modalità di determinazione delle dotazioni da assegnare alla medesima Agenzia ai sensi dell'articolo 1, comma 74, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.

3. Con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze da adottare entro il 31 dicembre 2012, sono trasferite le risorse umane, strumentali e finanziarie degli enti incorporati e sono adottate le misure eventualmente occorrenti per garantire la neutralità finanziaria per il bilancio dello Stato dell'operazione di incorporazione. Fino all'adozione dei predetti decreti, per garantire la continuità dei rapporti già in capo all'ente incorporato, l'Agenzia incorporante può delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione, ivi comprese le operazioni di pagamento e riscossione a valere sui conti correnti già intestati all'ente incorporato che rimangono aperti fino alla data di emanazione dei decreti medesimi.

4. Entro il 31 dicembre 2012, i bilanci di chiusura degli enti incorporati sono deliberati dagli organi in carica alla data di cessazione dell'ente, corredati della relazione redatta dall'organo interno di controllo in carica alla data di incorporazione dell'ente medesimo e trasmessi per l'approvazione al Ministero dell'economia e delle finanze. Ai componenti degli organi degli enti di cui al comma 1 i compensi, indennità o altri emolumenti comunque denominati ad essi spettanti sono corrisposti fino alla data di adozione della deliberazione dei bilanci di chiusura e, comunque, non oltre novanta giorni dalla data di incorporazione. I comitati di gestione delle Agenzie incorporanti sono rinnovati entro quindici giorni decorrenti dal termine di cui al comma 1, anche al fine di tenere conto del trasferimento di funzioni derivante dal presente articolo.

5. A decorrere dal 1o dicembre 2012 le dotazioni organiche delle Agenzie incorporanti sono provvisoriamente incrementate di un numero pari alle unità di personale di ruolo trasferite, in servizio presso gli enti incorporati. Detto personale è inquadrato nei ruoli delle Agenzie incorporanti. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza ed il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento; nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell'amministrazione incorporante, è attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici a qualsiasi titolo conseguiti.

6. Per i restanti rapporti di lavoro le Agenzie incorporanti subentrano nella titolarità del rapporto fino alla naturale scadenza.

7. Le Agenzie incorporanti esercitano i compiti e le funzioni facenti capo agli enti incorporati con le articolazioni amministrative individuate mediante le ordinarie misure di definizione del relativo assetto organizzativo. Nell'ambito di dette misure, nei limiti della dotazione organica della dirigenza di prima fascia, l'Agenzia delle entrate istituisce due posti di vicedirettore, di cui uno, anche in deroga ai contingenti previsti dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per i compiti di indirizzo e coordinamento delle funzioni riconducibili all'area di attività dell'Agenzia del territorio; l'Agenzia delle dogane e dei monopoli istituisce due posti di vicedirettore, di cui uno, anche in deroga ai contingenti previsti dall'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001, per i compiti di indirizzo e coordinamento delle funzioni riconducibili all'area di attività dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Per lo svolgimento sul territorio dei compiti già devoluti all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli stipula apposite convenzioni, non onerose, con la Guardia di finanza e con l'Agenzia delle entrate. Al fine di garantire la continuità delle attività già facenti capo agli enti di cui al presente comma fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione indicato, l'attività facente capo ai predetti enti continua ad essere esercitata dalle articolazioni competenti, con i relativi titolari, presso le sedi e gli uffici già a tal fine utilizzati. Nei casi in cui le disposizioni vigenti o atti amministrativi ovvero contrattuali fanno riferimento all'Agenzia del territorio ed all'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato si intendono riferite, rispettivamente, all'Agenzia delle entrate ed all'Agenzia delle dogane e dei monopoli.

8. Le risorse finanziarie disponibili, a qualsiasi titolo, sui bilanci degli enti incorporati ai sensi del presente articolo sono versate all'entrata del bilancio dello Stato e sono riassegnate, a far data dall'anno contabile 2013, alle Agenzie incorporanti. Al fine di garantire la continuità nella prosecuzione dei rapporti avviati dagli enti incorporati, la gestione contabile delle risorse finanziarie per l'anno in corso, già di competenza dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, prosegue in capo alle equivalenti strutture degli uffici incorporanti.

10. A decorrere dal 1o dicembre 2012, al decreto legislativo n. 300 del 1999 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 57, comma 1, le parole: «, l'agenzia del territorio» sono sostituite dalle seguenti: «e dei monopoli»;

b) all'articolo 62, comma 1, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «L'agenzia delle entrate svolge, inoltre, le funzioni di cui all'articolo 64»;

c) all'articolo 63, nella rubrica e nel comma 1, dopo le parole: «delle dogane» sono inserite le seguenti: «e dei monopoli»; nel medesimo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'agenzia svolge, inoltre, le funzioni già di competenza dall'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato»;

d) all'articolo 64, sono apportate le seguenti modifiche:

1) nella rubrica, le parole: «Agenzia del territorio» sono sostituite dalle seguenti: «Ulteriori funzioni dell'agenzia delle entrate»;

2) al comma 1, le parole: «del territorio è» sono sostituite dalle seguenti: «delle entrate è inoltre»;

3) ai commi 3-bis e 4, sono soppresse le parole: «del territorio».

11. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

12. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

 

 

L'articolo 23-quater reca disposizioni di riorganizzazione di alcuni enti della amministrazione economico-finanziaria.

In particolare i commi da 1 a 8 dispongono l’incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) nell’Agenzia delle dogane (che assume la denominazione di Agenzia delle dogane e dei monopoli) e dell’Agenzia del territorio nell’Agenzia delle entrate, nonché la decadenza dei relativi organi, a decorrere dal 1° dicembre 2012.

Le funzioni svolte dagli enti incorporati, nonché le relative risorse umane, finanziarie e strumentali, sono trasferite, rispettivamente, all’Agenzia delle dogane e alla Agenzia delle entrate; con decreti ministeriali viene effettuato il trasferimento delle risorse, entro il 31 dicembre 2012

Le dotazioni organiche delle Agenzie incorporanti vengono provvisoriamente incrementate di un numero pari alle unità di personale di ruolo trasferite in servizio presso gli enti incorporati; ai dipendenti trasferiti è garantito l’inquadramento previdenziale di provenienza ed il trattamento economico fondamentale e accessorio, e nel caso in cui tale trattamento risulti più elevato rispetto a quello previsto per il personale dell’amministrazione incorporante, si prevede l'attribuzione di un assegno ad personam riassorbibile. Per i compiti di indirizzo e di coordinamento delle funzioni riconducibili agli enti incorporati, le Agenzie incorporanti istituiscono ciascuna due posti di vicedirettore, nei limiti della dotazione organica della dirigenza di prima fascia.

Il comma 10 reca norme di coordinamento, mentre i commi 11 e 12 recano disposizioni finanziarie.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede, a decorrere dal 1° dicembre 2012[305]:

§      l'incorporazione dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) nell’Agenzia delle dogane, che assume la denominazione di «Agenzia delle dogane e dei monopoli»;

§      l'incorporazione dell’Agenzia del territorio nell’Agenzia delle entrate, senza alcuna modifica della denominazione.

A decorrere dalla stessa data decadono inoltre gli organi degli enti incorporati (fatti salvi gli adempimenti di cui al successivo comma 4).

Il Parlamento ha introdotto un ulteriore periodo, in base al quale entro il 30 ottobre 2012 il Ministro dell'economia e delle finanze trasmette una relazione al Parlamento.

 

Al riguardo si ricorda che la VI Commissione finanze della Camera dei deputati ha approvato, nella seduta del 4 luglio 2012, una risoluzione (8-00185 Ventucci ed altri) con cui impegna il Governo ad adottare con la necessaria tempestività le misure, di natura normativa o regolamentare, finalizzate ad operare, nel quadro più ampio delle misure di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica, una complessiva riforma dell'organizzazione dell'Amministrazione finanziaria, anche attraverso una revisione del numero delle Agenzie ed una redistribuzione delle relative competenze, da realizzare nell'ambito della delega legislativa recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente ed orientato alla crescita, di cui al disegno di legge C. 5291, assegnato in sede referente alla Commissione Finanze della Camera. In particolare, la risoluzione impegna il governo a coordinare ogni iniziativa relativa al riassetto dell'Agenzia del territorio con il contenuto del disegno di legge C. 5291, contenente delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, il quale intende attribuire alla predetta Agenzia ulteriori funzioni nel quadro della revisione del catasto dei fabbricati, tenendo inoltre conto dell'esigenza di mantenere distinte le funzioni di attribuzione del valore e della rendita catastale dei fabbricati da quelle di accertamento e liquidazione dei tributi immobiliari basati su tali valori; ridurre le articolazioni territoriali a livello sub-provinciale, laddove ciò non confligga con le esigenze di adeguato presidio del territorio, a tutela degli interessi erariali, e conseguentemente ridefinire il livello degli incarichi dirigenziali sulla base delle effettive competenze a livello territoriale; rafforzare ed ampliare le sinergie tra le diverse branche dell'Amministrazione finanziaria, il Corpo della Guardia di finanza, le altre amministrazioni dello Stato, le Regioni e gli enti locali, segnatamente attraverso il rafforzamento dei meccanismi di collaborazione per quanto riguarda i controlli sul territorio; verificare lo stato del processo di trasformazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in Agenzia fiscale dei monopoli di Stato, prevista dall'articolo 40, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007.

 

Il D.Lgs. n. 300 del 1999 (recante riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge n. 59 del 1997), all’articolo 57, ha istituito l'Agenzia delle entrate, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia del territorio e l'Agenzia del demanio - denominate agenzie fiscali – alle quali é stata assegnata la gestione delle funzioni precedentemente esercitate dai Dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri uffici dell’allora Ministero delle finanze. I rapporti tra Ministero e la singola agenzia sono definiti da apposita convenzione sulla base di un atto di indirizzo triennale. Gli articoli da 61 a 72 recano specifiche disposizioni sulle singole agenzie nonché sulla loro struttura e funzionamento.

 

L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) è stata istituita con il regio decreto-legge 2258 del 1927, con il compito di svolgere servizi di monopolio di produzione, importazione e vendita dei sali e tabacchi e produzione e vendita del chinino di Stato. A partire dagli anni ‘90 l’AAMS ha progressivamente abbandonato il regime di monopolio sulla produzione e commercializzazione dei sali e dei tabacchi per dedicarsi al settore dei giochi, fino ad acquisire le funzioni statali in materia (art. 12, legge n. 383/2011, art. 4, D.L. n. 138/2002 e art. 8, D.L. n. 282/2002).

Nel comparto dei giochi l’AAMS provvede alla verifica della regolarità del comportamento degli operatori e al contrasto dei fenomeni di gioco illegale.

Per quanto riguarda i tabacchi l’AAMS gestisce le procedure connesse alla riscossione delle accise, nonché la tariffa di vendita al pubblico e l’articolazione delle rivendite dei prodotti da fumo.

L’organizzazione dell’AAMS è regolamentata dal D.P.R. n. 385 del 2003. La Direzione generale, con sede a Roma, è articolata in 4 direzioni: strategie; giochi; accise; organizzazione e gestione delle risorse. L’AAMS è presente sul territorio con 14 uffici regionali, articolati in sezioni distaccate.

Si ricorda che, in tema di riorganizzazione dell'AAMS, il 12 ottobre 2011 il Governo ha presentato al Parlamento l'Atto n. 411 recante Schema di decreto ministeriale concernente l'istituzione dell'Agenzia fiscale dei monopoli di Stato, in attuazione dell'articolo 40, commi da 2 a 6 del decreto-legge n. 159 del 2007, che ha previsto la trasformazione dell'AAMS in Agenzia fiscale. Lo schema di decreto, su cui le Commissioni VI della Camera e 6a del Senato si sono espresse favorevolmente (con condizioni e osservazioni), rispettivamente in data 10 novembre 2011 e 14 febbraio 2012, non è stato successivamente emanato. Nel provvedimento non veniva indicata la data di tale trasferimento (e della soppressione dell'AAMS), da individuarsi in relazione alla conclusione dei passaggi procedurali previsti.

 

L’Agenzia delle dogane, nell’ambito delle proprie prerogative istituzionali, esercita, a garanzia della piena osservanza della normativa comunitaria, attività di controllo, accertamento e verifica relative alla circolazione delle merci e alla fiscalità interna connessa agli scambi internazionali, garantendo la riscossione di circa 15 miliardi di euro (IVA e dazi).

Contrasta gli illeciti di natura extratributaria, quali i traffici illegali di droga, armi, beni del patrimonio culturale, prodotti contraffatti o non rispondenti alle normative in materia sanitaria o di sicurezza, nonché commercio internazionale di esemplari di specie animali e vegetali minacciate di estinzione, protette dalla Convenzione di Washington.

L’Agenzia si articola in direzioni centrali, regionali, interregionali e provinciali con funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo, nonché nelle seguenti strutture presenti in ambito territoriale con funzioni operative: 80 uffici delle dogane, 175 sezioni operative territoriali e 15 laboratori chimici.

 

L'Agenzia del territorio, operativa dal 1° gennaio 2001, è un ente pubblico dotato di personalità giuridica e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria. E' costituita da Direzioni centrali che hanno sede a Roma, da 3 direzioni centrali, 15 direzioni regionali e da 103 uffici provinciali.

L'articolo 64 del D.Lgs. n. 300 del 1999 attribuisce all'Agenzia del territorio la competenza a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi topocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l'anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale sviluppando l'integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla funzione fiscale ed alle trascrizioni in materia di diritti sugli immobili. L'Agenzia è chiamata ad operare in collaborazione con gli enti locali per favorire lo sviluppo di un sistema integrato di conoscenze sul territorio.

L’attività delle Conservatorie dei registri immobiliari (ex libro VI del codice civile) è sottoposta alla vigilanza del Ministero della giustizia.

 

L'organizzazione dell'Agenzia delle entrate, definita con atti interni, prevede una struttura formata da 1 Ufficio di staff del Direttore dell'Agenzia, 7 Direzioni Centrali, 19 Direzioni regionali e le Direzioni provinciali di Bolzano e Trento, articolate in direzioni provinciali, a loro volta articolati in uffici territoriali.

 

La nuova Agenzia delle dogane e dei monopoli e l’Agenzia delle entrate continuano ad esercitare, ai sensi del comma 2, le funzioni degli enti incorporati con le relative risorse, compresi i rapporti giuridici attivi e passivi, anche processuali, senza esperire alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale.

 

Riguardo in particolare alle risorse finanziarie inerenti all’Agenzia delle dogane e dei monopoli, queste vengono escluse dalle modalità di determinazione delle dotazioni da assegnare alla medesima Agenzia ai sensi dell’articolo 1, comma 74, della legge finanziaria 2006 (legge n. 266 del 2005). La disposizione si rende necessaria in quanto la dotazione annuale di bilancio dei due enti risulta determinata in modo differente.

 

Il bilancio delle agenzie fiscali

Si ricorda che l’articolo 1, comma 74, ha previsto, a decorrere dall'esercizio 2007, la rideterminazione delle dotazioni da assegnare alle Agenzie fiscali – con esclusione dell’Agenzia del demanio - applicando alla media delle somme incassate nell'ultimo triennio consuntivato una specifica percentuale e prevedendo comunque che la dotazione non sia superiore a quella dell'anno precedente incrementata del 5 per cento.

Per l'Agenzia delle dogane la percentuale di riferimento è stata fissata allo 0,1668 per cento, mentre per l’Agenzia delle entrate è dello 0,7201 per cento.

 

Nella legge di bilancio per il 2012 le somme occorrenti agli oneri di gestione delle agenzie fiscali ammontano: a 2.625 milioni per l’Agenzia delle entrate, a 609 milioni per l’Agenzia del territorio, a 671,7 milioni per l’Agenzia delle dogane e a 89,2 milioni per l’Agenzia del demanio (ente pubblico economico).

 

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 9 del R.D.L. n. 2258 del 1927, il bilancio di previsione delle entrate e delle spese dell'AAMS è presentato all'approvazione del Parlamento in allegato allo stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze. Analogamente il conto consuntivo è allegato in appendice al rendiconto generale dello Stato. Inoltre nell’articolato della legge di approvazione del rendiconto sono presenti specifiche disposizioni sull’AAMS relativamente alle entrate, alle spese, al riassunto generale e alla situazione finanziaria. Nel bilancio per il 2012 (legge n. 184/2011) sono previste entrate e spese pari a 17,6 miliardi di euro, di cui 16,2 miliardi relativi alle gestioni speciali (cioè ai giochi) e circa 1,4 milioni per le spese di funzionamento e gestione.

 

Ai sensi del comma 3 il trasferimento delle risorse umane strumentali e finanziarie degli enti incorporati è demandata a successivi decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro il 31 dicembre 2012.[306]

 

Si evidenzia che la clausola di natura non regolamentare riferita agli emanandi decreti esclude l'applicazione dell'articolo 17, comma 4, della legge n. 400 del 1988, che reca la procedura per l'approvazione dei regolamenti (prevedendo fra l'altro il parere del Consiglio di Stato) e, qualora il contenuto del decreto da emanare abbia natura sostanzialmente normativa, si configura come tacita deroga alla citata norma della legge n. 400.

 

Con una norma transitoria si prevede inoltre che, sino all’adozione di tali decreti, l’Agenzia incorporante possa delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione dell'ente incorporato, i cui conti correnti rimangono aperti fino alla stessa data.

 

Sempre entro il 31 dicembre 2012[307] devono essere deliberati, da parte degli organi in carica alla data di cessazione dell’ente - i bilanci di chiusura degli enti incorporati con la relativa relazione redatta dall’organo interno di controllo (comma 4).

 

Ai componenti degli organi degli enti incorporati (che ai sensi del comma 1 decadono dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge) vanno corrisposti i compensi, indennità o emolumenti loro spettanti fino alla data di deliberazione dei bilanci di chiusura e, comunque, non oltre novanta giorni dalla data di incorporazione.

Per quanto concerne invece i comitati di gestione delle Agenzie incorporanti, devono essere rinnovati entro il 15 dicembre 2012[308].

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 67 del decreto legislativo n. 300 del 1999, il comitato di gestione - composto da quattro membri e dal direttore dell'Agenzia, che lo presiede - è organo delle Agenzie fiscali.

Viene nominato per la durata di tre anni con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Metà dei componenti sono scelti tra i dipendenti di pubbliche amministrazioni ovvero tra soggetti ad esse esterni dotati di specifica competenza professionale attinente ai settori nei quali opera l'agenzia. I restanti componenti sono scelti tra i dirigenti dell'agenzia.

 

Il comma 5 incrementa provvisoriamente - a decorrere dal 1° dicembre 2012[309] - le dotazioni organiche delle Agenzie incorporanti in numero pari alle unità di personale di ruolo trasferite, in servizio presso gli enti incorporati, che vengono inquadrate nei ruoli delle Agenzie incorporanti.

 

 

 

Personale

Con D.P.C.M. 30 giugno 2011 è stata disposta la rideterminazione delle dotazioni organiche del personale dell'AAMS appartenente alla qualifica dirigenziale di seconda fascia (100 unità), nonché di quello delle aree prima (170 unità), seconda (1.748 unità) e terza (868), per un totale di 2.786 unità di qualifica non dirigenziale. Ad esse vanno aggiunte le qualifiche dirigenziali di prima fascia (5 unità).

Rispetto alla precedente rideterminazione delle dotazioni (1.342 unità), prevista dal D.P.C.M. 8 febbraio 2006, il raddoppio del personale è dovuto agli effetti dell’articolo 41, comma 16-quaterdecies, del D.L. n. 207 del 2008, che, al fine di potenziare l’efficienza e l’efficacia dell’azione a tutela del gioco legale e responsabile ha autorizzato l’AAMS ad avvalersi, oltre che di 2 unità dirigenziali generali e 2 unità dirigenziali non generali extraorganico, del personale dei ruoli del Ministero dell’economia e delle finanze già in servizio nei soppressi Dipartimenti provinciali del tesoro, nelle Ragionerie provinciali dello Stato e nelle Direzioni provinciali dei servizi vari. Tale processo di trasferimento del personale è continuato con l’articolo 2, comma 1-ter, del D.L. n. 40 del 2010.

La dotazione organica teorica del personale dell’Agenzia delle dogane è pari a 11.040 unità.

Il personale attualmente in servizio presso l’Agenzia del territorio ammonta a quasi 9.000 unità, di cui circa 7.200 con funzioni tecniche di line, cioè preposte alla gestione della struttura territoriale.

I dipendenti dell’Agenzia delle entrate ammontano a circa 33.000 unità.

 

Per quanto riguarda il personale delle Agenzie fiscali si ricorda che il successivo articolo 23-quinquies, comma 1, lett. a), n. 2, dispone una riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico (come risultante all’esito delle operazioni di incorporazione) e, per quanto concerne gli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale, ad un ridimensionamento delle relative dotazioni organiche sulla base dei criteri seguenti:

§       il rapporto tra personale dirigenziale di livello non generale e personale non dirigente non deve superare 1 su 40;

§       il rapporto tra personale dirigenziale di livello generale e personale dirigenziale di livello non generale non deve superare 1 su 20 per l’Agenzia delle entrate e 1 su 15 per l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Per non compromettere la funzionalità delle Agenzie fiscali successivamente alla riduzione dell'organico e all'accorpamento delle funzioni, si dispone che i risparmi ottenuti dalle Agenzie stesse mediante la riduzione degli uffici dirigenziali possano essere utilizzati entro il limite massimo dell'80% per assegnare posizioni organizzative di livello non dirigenziale a personale dotato di esperienza e capacità professionale maturata in almeno cinque anni di permanenza nella terza area. Il conferimento di tali incarichi a questo personale dovrà avvenire in modo selettivo, e senza che venga creata un'apposita area di vicedirigenza.

 

Riguardo ai restanti rapporti di lavoro, le Agenzie incorporanti subentrano nella loro titolarità fino alla naturale scadenza (comma 6).

 

I dipendenti trasferiti:

§       mantengono l’inquadramento previdenziale di provenienza;

§       mantengono il trattamento economico fondamentale e accessorio (limitatamente alle voci fisse e continuative) corrisposto al momento dell’inquadramento;

§       qualora il loro trattamento economico risultasse più elevato di quello previsto per il personale dell’amministrazione incorporante, viene loro attribuito per la differenza un assegno ad personam riassorbibile.

 

Il comma 7 prevede anzitutto che le Agenzie incorporanti esercitino i compiti e le funzioni degli enti incorporati con le articolazioni amministrative individuate mediante le ordinarie misure di definizione dell'assetto organizzativo.

In secondo luogo, viene stabilito che:

§      l’Agenzia delle entrate, nei limiti della dotazione organica della dirigenza di prima fascia, istituisca due posti di vicedirettore, di cui uno per i compiti di indirizzo e coordinamento delle funzioni riconducibili all’area di attività dell’Agenzia del territorio;

§      l’Agenzia delle dogane e dei monopoli istituisca due posti di vicedirettore, di cui uno per i compiti di indirizzo e coordinamento delle funzioni riconducibili all’area di attività dell’AAMS.

 

Le suddette disposizione operano anche in deroga ai contingenti previsti dall’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

 

Si ricorda che l’articolo 19, comma 6, citato dispone in sintesi che gli incarichi dirigenziali possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, a seconda dei casi, il termine di tre o di cinque anni.

 

In terzo luogo, al fine di consentire la continuità dell'attività amministrativa viene stabilito che:

§      sino al perfezionamento dei processi di riorganizzazione, l’attività facente capo agli enti interessati continua ad essere esercitata dalle articolazioni competenti, con i relativi titolari, presso le sedi e gli uffici già utilizzati;

§      in tutti i casi in cui norme, atti o contratti facciano riferimento all’Agenzia del territorio ed all’AAMS, queste si intendono riferite, rispettivamente, all’Agenzia delle entrate ed all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Infine, per l’Agenzia delle dogane e dei monopoli è prevista la stipula di apposite convenzioni, non onerose, con la Guardia di finanza e con l’Agenzia delle entrate per lo svolgimento sul territorio dei compiti già svolti dall’AAMS.

Il comma 8 dispone che, a decorrere dall’anno contabile 2013, le risorse finanziarie disponibili, a qualsiasi titolo, sui bilanci degli enti incorporati (AAMS e Territorio) siano rassegante alle Agenzie incorporanti (Dogane e Entrate).

Si prevede inoltre che, al fine di garantire la continuità nella prosecuzione dei rapporti già avviati, la gestione contabile delle risorse finanziarie per l’anno in corso (2012), già di competenza dell’AAMS, proseguono in capo alle equivalenti strutture degli Uffici incorporanti.

 

Il comma 10 reca una serie di novelle - decorrenti dal 1° dicembre 2012[310] - al decreto legislativo n. 300 del 1999, resesi necessarie a seguito delle procedure di riorganizzazione previste dai commi precedenti.

Più in dettaglio:

§      la lettera a) modifica l’articolo 57 del decreto legislativo n. 300 del 1999, con cui sono state istituite le agenzie fiscali, al fine di dare conto della nuova denominazione dell’Agenzia del territorio e dei monopoli;

§      la lettera b) modifica l’articolo 62, dedicato all'Agenzia delle entrate, al fine di prevedere lo svolgimento, da parte della predetta Agenzia, anche delle funzioni svolte dall'Agenzia del territorio ;

§      la lettera c) modifica l’articolo 63, dedicato all'Agenzia delle dogane, dando conto anzitutto della sua nuova denominazione (Agenzia delle dogane e dei monopoli) e prevedendo anche lo svolgimento delle funzioni già di competenza dall’AAMS;

§      la lettera d) reca modifiche all’articolo 64, già dedicato all'Agenzia del territorio, che viene rubricato Ulteriori funzioni dell’Agenzia delle entrate, disponendo le necessarie sostituzioni alla denominazione dell'Agenzia.

Rispetto al testo originario il Parlamento ha soppresso il punto 4 della lettera d), che abrogava il comma 4 dello stesso articolo 64, con il quale si prevede che il comitato di gestione dell'Agenzia del territorio venga integrato da due membri nominati su designazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

 

Il comma 11 reca la clausola di salvaguardia, diretta ad evitare che dall’attuazione dell'articolo in esame possano derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, mentre il comma 12 autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio con propri decreti.

 

Si ricorda, infine, che nel corso dell’audizione al Senato il 17 luglio scorso, il governo ha fatto presente di aver escluso l'Agenzia del demanio dal processo di riorganizzazione, sia perché, a dispetto del nome, tale ente non è ancora configurato dalla legge come una vera e propria agenzia fiscale, sia perché esso presenta alcune peculiarità tecniche e amministrative che ne sconsigliano l'incorporazione in altre strutture.


 

Articolo 23-quater, commi 9 e 9-bis
(Soppressione dell
'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico-ASSI)

 


9. L'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico-ASSI è soppressa a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. In relazione agli adempimenti di cui al comma 3 i decreti di natura non regolamentare sono adottati, nello stesso termine di cui al predetto comma, dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Con i medesimi decreti sono ripartite tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli le funzioni attribuite ad ASSI dalla normativa vigente, nonché le relative risorse umane, finanziarie e strumentali, compresi i relativi rapporti giuridici attivi e passivi, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione di ASSI, neppure giudiziale. Fino all'adozione dei predetti decreti, per garantire la continuità dei rapporti già in capo all'ente soppresso, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali può delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione, ivi comprese le operazioni di pagamento e riscossione a valere sui conti correnti già intestati all'ente soppresso che rimangono aperti fino alla data di emanazione dei decreti medesimi. Trovano applicazione i commi da 4 a 8, intendendosi per Amministrazione incorporante, ai fini del presente comma, anche il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è approvata la tabella di corrispondenza per l'inquadramento del personale trasferito. Resta comunque ferma, nei limiti temporali previsti dalla vigente normativa, la validità delle graduatorie dei concorsi pubblici espletati dall'ASSI e dall'Unire. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono rideterminate le dotazioni organiche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, con l'istituzione di un posto di dirigente generale di prima fascia, in relazione alle funzioni ed alla quota parte delle risorse trasferite ai sensi del terzo periodo del presente comma, ferma in ogni caso l'assegnazione delle residue posizioni dirigenziali generali di ASSI all'Agenzia delle dogane e dei monopoli; con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, è rideterminato l'assetto organizzativo del predetto Ministero in conseguenza dell'attuazione delle disposizioni del presente comma.

9-bis. Al fine di assicurare il controllo pubblico dei concorsi e delle manifestazioni ippiche, Unirelab s.r.l. continua a svolgere le funzioni esercitate alla data di entrata in vigore del presente decreto. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di trasferimento delle quote sociali della predetta società al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Si applica quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, del presente decreto.


Il comma 9 dispone la soppressione, sempre a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - Assi. Il comma 9-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, fa salve le funzioni esercitate da Unirelab s.r.l., società di proprietà dell’Unire, al quale sono affidate le attività di analisi antidoping sui cavalli da corsa.

 

In particolare, il comma 9 dispone la soppressione dell'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico - Assi.

 

Si ricorda al riguardo che l'articolo 14, comma 28, del decreto-legge n. 98 del 2011[311] ha trasformato l’UNIRE (Unione per l'incremento delle razze equine) in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI, struttura a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, secondo quanto previsto dall’articolo 8 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, sotto la vigilanza del Ministro delle politiche agricole.

I nuovi compiti dell’Agenzia sono stati così individuati:

§       promuovere l’incremento ed il miglioramento delle razze equine;

§       gestire i libri genealogici;

§       rivedere la programmazione delle corse e dei programmi di allevamento;

§       affidare il servizio di diffusione delle riprese televisive delle corse;

§       valutare le strutture degli ippodromi e degli impianti di allevamento ed allenamento.

L’agenzia è subentrata nella titolarità dei rapporti giuridici facenti capo all’Unire; la durata dell’incarico del direttore generale, dei componenti del comitato direttivo e del collegio dei revisori è stata fissata in tre anni.

Il successivo comma 29 ha specifica alcuni aspetti inerenti il rapporto di lavoro del personale dell’Unire, di cui è stata assicurata la continuità.

 

Analogamente a quanto previsto dal comma 3 in relazione agli enti incorporati (AAMS e Agenzia del territorio), con successivi decreti di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge:

 

§       si provvede al trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie degli enti incorporati;

§       sono ripartite tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’Agenzia delle dogane e dei monopoli:

-       le funzioni già attribuite ad ASSI dalla normativa vigente;

-       le relative risorse umane, finanziarie e strumentali;

-       i relativi rapporti giuridici attivi e passivi

 

Fino all’adozione dei suddetti decreti, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali può delegare uno o più dirigenti per lo svolgimento delle attività di ordinaria amministrazione (comprese le operazioni di pagamento e riscossione a valere sui conti correnti già intestati all’ASSI).

Trovano peraltro applicazione i precedenti commi da 4 a 8, intendendosi per Amministrazione incorporante, in tale ipotesi, anche il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; resta ferma inoltre la validità delle graduatorie dei concorsi pubblici già espletati dall’ASSI e dall’UNIRE.

 

Si rimanda infine:

§      ad un D.P.C.M. (di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze) per l'approvazione della tabella di corrispondenza per l’inquadramento del personale trasferito;

§      ad un D.P.C.M. (su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) per la rideterminazione delle dotazioni organiche del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l’istituzione di un posto di dirigente generale di prima fascia, in relazione alle funzioni e risorse trasferite.

 

Resta ferma comunque l’assegnazione delle residue posizioni dirigenziali generali di ASSI all’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

 

Il comma 9-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, fa salve le funzioni esercitate da Unirelab s.r.l., società di proprietà dell’Unire, al quale sono affidate le attività di analisi antidoping sui cavalli da corsa. L’esclusione è giustificata per assicurare continuità al controllo pubblico sui concorsi e sulle manifestazioni ippiche; un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze ed entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sarà chiamato a stabilire le modalità di trasferimento delle relative quote sociali al Ministero agricolo. Si prevede, infine, che lo scioglimento della società non sia soggetto alla disciplina recata dall’art. 4 del D.L. 95/2012, riguardante, proprio, lo scioglimento o la privatizzazione di società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni pubbliche che prestano servizi nei confronti della sola P.A.


 

Articolo 23-quinquies, commi 1-6
(Riduzione delle dotazioni organiche e riordino delle strutture del Ministero dell'economia e delle finanze e delle agenzie fiscali)

 


1. Il Ministero dell'economia e delle finanze, all'esito della riduzione degli assetti organizzativi prevista dall'articolo 1 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e le Agenzie fiscali provvedono, anche con le modalità indicate nell'articolo 41, comma 10, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14:

a) ad apportare, entro il 31 ottobre 2012, un'ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale, e delle relative dotazioni organiche, in misura:

1) per il Ministero, non inferiore al 20 per cento di quelli risultanti a seguito dell'applicazione del predetto articolo 1 del decreto-legge n. 138 del 2011;

2) per le Agenzie fiscali, tale che il rapporto tra personale dirigenziale di livello non generale e personale non dirigente sia non superiore ad 1 su 40 ed il rapporto tra personale dirigenziale di livello generale e personale dirigenziale di livello non generale sia non superiore ad 1 su 20 per l'Agenzia delle entrate e ad 1 su 15 per l'Agenzia delle dogane e dei monopoli. Per assicurare la funzionalità dell'assetto operativo conseguente alla riduzione dell'organico dirigenziale delle Agenzie fiscali, possono essere previste posizioni organizzative di livello non dirigenziale, in numero comunque non superiore ai posti dirigenziali coperti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ed effettivamente soppressi, e in ogni caso non oltre 380 unità complessive, nei limiti del risparmio di spesa conseguente alla riduzione delle posizioni dirigenziali, detratta una quota non inferiore al 20 per cento, e in ogni caso in misura non superiore a 13,8 milioni di euro, da affidare a personale della terza area che abbia maturato almeno cinque anni di esperienza professionale nell'area stessa; l'attribuzione di tali posizioni è disposta secondo criteri di valorizzazione delle capacità e del merito sulla base di apposite procedure selettive; al personale che ricopre tali posizioni sono attribuite un'indennità di posizione, graduata secondo il livello di responsabilità ricoperto, e un'indennità di risultato, in misura complessivamente non superiore al 50 per cento del trattamento economico attualmente corrisposto al dirigente di seconda fascia di livello retributivo più basso, con esclusione della retribuzione di risultato; l'indennità di risultato, corrisposta a seguito di valutazione annuale positiva dell'incarico svolto, è determinata in misura non superiore al 20 per cento della indennità di posizione attribuita; in relazione alla corresponsione dell'indennità di posizione non sono più erogati i compensi per lavoro straordinario, nonché tutte le altre voci del trattamento economico accessorio a carico del fondo, esclusa l'indennità di agenzia; il fondo per il trattamento accessorio del personale dirigente è corrispondentemente ridotto in proporzione ai posti dirigenziali coperti e effettivamente soppressi ai sensi del presente articolo;

b) alla rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale, apportando una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti di organico di tale personale risultante a seguito dell'applicazione, per il Ministero, del predetto articolo 1 del decreto-legge n. 138 del 2011 e, per le Agenzie, dell'articolo 23-quater del presente decreto.

1-bis. L'Agenzia del demanio, nell'ambito della propria autonomia contabile ed organizzativa, adegua le politiche assunzionali e di funzionamento perseguendo un rapporto tra personale dirigenziale e personale non dirigente non superiore a 1 su 15.

1-ter. Le riduzioni delle dotazioni organiche di cui al comma 1, lettere a), numero 1), e b), si applicano anche agli uffici di diretta collaborazione del Ministero delle economia e delle finanze. Resta comunque fermo quanto disposto dall'articolo 4, comma 1, lettera a), della legge 29 ottobre 1991, n. 358, che si applica anche con riferimento ad entrambe le sezioni dell'ufficio di cui all'articolo 3, comma 3, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 luglio 2003, n. 227.

2. Alle amministrazioni di cui al comma 1 che non abbiano adempiuto a quanto previsto dal predetto comma entro il 31 ottobre 2012 è fatto comunque divieto, a decorrere dalla predetta data, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto. Fino all'emanazione dei provvedimenti di cui al comma 1 le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti coperti alla data di entrata in vigore del presente decreto; sono fatte salve le procedure concorsuali e di mobilità nonché di rinnovo di incarichi ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001 avviate alla predetta data.

3. Restano esclusi dall'applicazione dei commi 1 e 2 le dotazioni organiche relative al personale amministrativo di livello dirigenziale e non dirigenziale operante presso le segreterie delle commissioni tributarie ed ai giudici tributari. Gli otto posti di livello dirigenziale generale corrispondenti a posizioni di fuori ruolo istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze sono trasformati in posti di livello dirigenziale non generale. La riduzione dei posti di livello dirigenziale generale di cui al presente comma concorre, per la quota di competenza del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, alla riduzione prevista dal comma 1. I soggetti titolari dei corrispondenti incarichi alla data di entrata in vigore del presente decreto conservano l'incarico dirigenziale generale fino alla data di cessazione dello stesso. Sono fatte comunque salve le procedure finalizzate alla copertura dei posti di livello dirigenziale generale avviate alla medesima data. Al fine di garantire la continuità dell'azione amministrativa, la riduzione della dotazione organica degli uffici dirigenziali non generali non ha effetto sul numero degli incarichi conferibili ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001.

4. Ferme le vigenti disposizioni in materia di limitazione delle assunzioni, le facoltà assunzionali degli enti di cui al presente articolo sono prioritariamente utilizzate per il reclutamento, tramite selezione per concorso pubblico, di personale di livello non dirigenziale munito di diploma di laurea.

5. La riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali è effettuata, in base alle disposizioni dei rispettivi ordinamenti ed in deroga all'articolo 10, con l'osservanza, in particolare, dei seguenti princìpi:

a) nei casi in cui si ritenga indispensabile, ai fini dell'efficace svolgimento di compiti e funzioni dell'amministrazione centrale, l'articolazione delle strutture organizzative in uffici territoriali, si procede comunque alla riduzione del numero degli stessi. Gli uffici da chiudere sono individuati avendo riguardo prioritariamente a quelli aventi sede in province con meno di 300.000 abitanti, ovvero aventi un numero di dipendenti in servizio inferiore a 30 unità, ovvero dislocati in stabili in locazione passiva;

b) al fine di razionalizzare le competenze, le direzioni generali che svolgono compiti analoghi sono accorpate;

c) con riferimento alle strutture che operano a livello territoriale sia ministeriale sia delle Agenzie, le competenze sono riviste in modo tale che, di norma:

1) gli incaricati di funzioni di livello dirigenziale generale non hanno mai competenza infraregionale;

2) gli incaricati di funzioni di livello dirigenziale non generale non hanno mai competenza infraprovinciale, salvo il caso in cui gli uffici abbiano sede in comuni città metropolitane;

3) gli uffici infraprovinciali sono retti da funzionari.

6. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto la direzione della giustizia tributaria e la direzione comunicazione istituzionale della fiscalità sono trasferite, con il relativo assetto organizzativo e gli attuali titolari, al Dipartimento dell'amministrazione generale del personale e dei servizi. La direzione comunicazione istituzionale della fiscalità assume la denominazione di direzione comunicazione istituzionale e svolge i propri compiti con riferimento a tutti i compiti istituzionali del Ministero. Il Dipartimento delle finanze, direzione legislazione tributaria, esercita le competenze in materia di normativa, monitoraggio e analisi del contenzioso tributario; il predetto Dipartimento continua inoltre ad esercitare le competenze in materia di coordinamento della comunicazione relativa alle entrate tributarie e alla normativa fiscale. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano con le modalità e con la decorrenza stabilite con il regolamento di organizzazione del Ministero adottato ai sensi dell'articolo 2, comma 10-ter, del presente decreto.


 

 

L'articolo 23-quinquiesprevede, ai commi da 1 a 6, che ripropongono il testo dell’articolo 4, commi da 1 a 6, del decreto-legge n. 87/2012,la riduzione del personale, sia dirigenziale che non dirigenziale, del Ministero dell'economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali, provvedendo altresì ad individuare i principi - tra cui la riduzione del numero delle strutture territoriali e l’accorpamento delle direzioni generali che svolgono funzioni analoghe - sulla cui base procedere ad una riorganizzazione del Ministero e delle Agenzie medesimi; dispone infine specifiche variazioni nell’organigramma e nelle competenze di alcune direzioni generali del Ministero.

In particolare il comma 1 dispone la riduzione del personale del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF) e delle Agenzie fiscali, mediante un procedimento riorganizzativo articolato secondo tre aspetti: - la riduzione dell'organico del personale di livello dirigenziale; - la modifica della proporzione tra personale dirigenziale e personale non dirigenziale; - la rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale.

Secondo quanto dispone la norma, tale riduzione, che andrà attuata che entro il 31 ottobre 2012, va operata “ all’esito della riduzione degli assetti organizzativi prevista dall’articolo 1 del decreto-legge n. 138 del 2011”; la stessa, pertanto, costituisce un taglio ulteriore rispetto a quest’ultima.

Si rammenta che il D.L. n. 138/2011, all’articolo 1 ha introdotto, in coerenza con il programma di riorganizzazione della spesa pubblica, disposizioni volte a consentire che le amministrazioni pubbliche tendessero progressivamente all'obiettivo di contenere la spesa primaria in rapporto al PIL. A tal fine disponeva la riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale in misura non inferiore al 10%, nonché l’ulteriore riduzione, non inferiore al 10%, della spesa complessiva relativa al numero di posti di organico del personale non dirigenziale. Alle amministrazioni inadempienti era fatto divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto. Ciò doveva avvenire entro il 31 marzo 2012.

Va peraltro osservato come che tale norma - cui si aggiungono ora gli effetti derivanti dall’articolo 4 in esame - costituisce l’ultima di una serie di disposizioni che negli ultimi anni hanno ripetutamente disposto riduzioni d’organico, ad iniziare da quelle stabilite dall’articolo 1, comma 404, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), in misura pari al 10 per cento degli organici dei dirigenti generali di prima fascia ad al 5 per cento di quelli di seconda fascia; segue poi quella ulteriore del 20 e del 15 per cento, rispettivamente per le medesime prima e seconda fascia, derivante dall’articolo 74 del decreto legge n. 112/2008 (legge n. 133/2008); nonché la successiva riduzione del 10 per cento degli uffici dirigenziali di seconda fascia disposta dall’articolo 2, comma 8-bis, del decreto legge n.1 94/2009 (legge n. 25/2010), che ha altresì disposto una rideterminazione delle dotazioni organiche del personale non dirigenziale non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva per tale personale

Secondo quanto dispone il comma 1 in esame, il MEF dovrà procedere ad apportare (entro il termine del 31 ottobre 2012) una ulteriore riduzione degli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale, nonché delle relative dotazioni organiche, in misura non inferiore al 20 per cento rispetto al risultato dell’applicazione del suddetto articolo 1 del decreto-legge n.138 del 2011. E’ prevista inoltre (lettera b del comma), per il personale non dirigente, una riduzione nella misura del 10 per cento della spesa (come risultante, anche in tal caso, all’esito del D.L. n.138) relativa alla dotazione organica del personale medesimo .

Le Agenzie fiscali (per le quali si rammenta che l'articolo 23-quater del decreto legge in esame dispone alcune linee di incorporazione tra le stesse), dovranno procedere (lettera b del comma) ad una riduzione non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico (come risultante all’esito delle operazioni di incorporazione disposte dall’articolo 23-quater predetto) e, per quanto concerne gli uffici dirigenziali di livello generale e di livello non generale, ad un ridimensionamento delle relative dotazioni organiche sulla base dei criteri seguenti:

§      il rapporto tra personale dirigenziale di livello non generale e personale non dirigente non deve superare 1 su 40. Il rapporto medesimo è previsto invece consistentemente inferiore per l’Agenzia del demanio, per la quale è pari ad 1 su 15, sulla base di quanto dispone il comma 1-bis. Il rapporto tra personale dirigenziale di livello generale e personale dirigenziale di livello non generale non deve superare 1 su 20 per l’Agenzia delle entrate e 1 su 15 per l’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Per non compromettere la funzionalità delle Agenzie fiscali successivamente alla riduzione dell'organico e all'accorpamento delle funzioni, il comma 1, lett. a) n. 2 del testo in esame dispone che i risparmi ottenuti dalle Agenzie stesse mediante la riduzione degli uffici dirigenziali possano essere utilizzati entro il limite massimo dell'80% per assegnare posizioni organizzative di livello non dirigenziale a personale dotato di esperienza e capacità professionale maturata in almeno cinque anni di permanenza nella terza area[312]. Il conferimento di tali incarichi a questo personale dovrà avvenire in modo selettivo, e senza che venga creata un'apposita area di vicedirigenza, come invece richiederebbe l'articolo 17-bis del codice sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze dell'amministrazione pubblica (D.Lgs. n. 165 del 2001).

Inoltre la norma prevede che tali posizioni siano pari al numero dei posti dirigenziali soppressi con il decreto-legge in esame. Il personale così selezionato e assegnato alle funzioni descritte avrà diritto ad un'indennità e ad un aumento della retribuzione, ma in misura inferiore alla somma corrisposta alle figure professionali dirigenziali che vanno a sostituire. Precisamente, l'indennità di funzione dovrà essere la metà di quella corrisposta al dirigente di livello retributivo più basso, e l'incremento della retribuzione non dovrà superare del 20 per cento quella corrente di posizione.

All’adozione degli atti applicativi delle suddette riduzioni si potrà provvedere "anche" con le modalità già previste[313] dall’articolo 41, comma 10, del decreto legge n. 207/2008

Tali modalità prevedevano la semplificazione del procedimento di organizzazione dei ministeri, vale a dire con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la riduzione delle dotazioni organiche, e con decreto ministeriale di natura non regolamentare per l'individuazione di uffici di livello dirigenziale non generale e la definizione dei relativi compiti, nonché la distribuzione dei predetti uffici tra le strutture di livello dirigenziale generale

 

Il comma 1-ter stabilisce che le riduzioni delle dotazioni organiche stabilite dal comma 1 per il MEF trovino applicazione anche per gli uffici di diretta collaborazione del Ministero (rectius, Ministro) dell’economia e delle finanze.

Sulla base di quanto dispone il D.P.R. 227/2003[314], tali uffici sono costituiti dall’ufficio di Gabinetto, dalla segreteria del Ministro, dall'ufficio del coordinamento legislativo, dalla segreteria tecnica del Ministro, dall'ufficio stampa, dalle segreterie e dall'Ufficio dei Vice Ministri, dalle segreterie dei Sottosegretari di Stato, dal servizio di controllo interno.

Il comma dispone altresì che rimane fermo quanto dispone dall’articolo 4 della legge n. 358/1991[315] - in cui si stabilisce che all’ufficio del coordinamento legislativo è preposto un magistrato con la qualifica di consigliere di cassazione, e che ed esso possono essere assegnati fino cinque magistrati o avvocati dello Stato – il quale “si applica anche con riferimento” all’ufficio del coordinamento legislativo del MEF, di cui al D.P.R. 227/2003 sopra citato.

Al riguardo, premesso che la portata normativa di tale ultima disposizione non appare chiara – benché ad un primo esame possa ipotizzarsi che la stessa sia volta a consentire l’assegnazione di magistrati all’ufficio del coordinamento legislativo, che allo stato apparirebbe comunque possibile – si osserva che la riduzione delle dotazione organiche prevista dal comma 1 si attua, come precisa il comma medesimo, solo all’esito dell’applicazione delle analoghe norme dettate dal decreto-legge n. 138/2011. Andrebbe pertanto previamente chiarito se tale decreto-legge trovi già anche esso applicazione agli uffici di diretta collaborazione in questione atteso che tale circostanza sembra costituire presupposto necessario per l’attuazione del comma 1 medesimo.

 

Il comma 2 prevede che alle amministrazioni che non adempiano a quanto stabilito dal comma 1 entro il 31 ottobre 2012 è fatto divieto di procedere successivamente a tale data ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto.

Fino all’emanazione dei provvedimenti applicativi delle suddette riduzioni, le dotazioni organiche sono provvisoriamente individuate in misura pari ai posti coperti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame. Sono fatte salve le procedure concorsuali e di mobilità nonché di rinnovo degli incarichi per funzioni dirigenziali disciplinati dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001, avviate alla medesima data del 31 ottobre 2011.

 

Il comma 3 dispone che la riduzione delle dotazioni organiche prevista dai commi 1 e 2 dell'articolo in esame non si applichi al personale amministrativo di livello non dirigenziale che lavora presso le segreterie delle commissioni tributarie. Anche i giudici tributari sono esclusi dall'applicazione delle disposizioni dell'articolo 4. Inoltre viene disposto:

§      che gli attuali otto posti di livello dirigenziale generale corrispondenti a posizioni fuori ruolo istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze vengano trasformati in posti di livello dirigenziale non generale;

§      che, per la quota di competenza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato la riduzione dei posti di livello dirigenziale generale concorra alla riduzione di organico prevista dal comma 1;

§      che i soggetti titolari dei corrispondenti incarichi alla data di entrata in vigore del presente decreto legge conservino l’incarico dirigenziale generale fino alla data di cessazione dello stesso;

§      che siano fatte comunque salve le procedure finalizzate alla copertura dei posti di livello dirigenziale generale avviate alla medesima data;

§      che la riduzione della dotazione organica degli uffici dirigenziali non generali non abbia effetto sul numero degli incarichi di livello dirigenziale conferibili ai sensi dell’articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001[316].

 

Il comma 4 stabilisce che, ferme le vigenti disposizioni in materia, le assunzioni di personale fatte dal Ministero dell’economia e delle finanze e dalle Agenzie fiscali siano prioritariamente finalizzate al reclutamento, tramite concorso pubblico, di personale di livello non dirigenziale munito di diploma di laurea.

 

Il comma 5 prevede che la riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze venga effettuata:

§      riducendo il numero delle strutture territoriali,avendo riguardo prioritariamente alla chiusura degli uffici aventi sede in province con meno di 300.000 abitanti o con numero di dipendenti inferiore a 30 unità, ovvero dislocati in stabili con locazione passiva (comma 5, lett. a));

§      accorpando le direzioni generali che svolgono funzioni analoghe (comma 5, lett. b));

§      modificando le competenze dei funzionari e degli uffici che fanno parte di strutture operanti a livello territoriale (comma 5, lett. c)). Le modifiche andranno operate in modo tale che gli incaricati di funzioni di livello dirigenziale generale non abbiano competenze infraregionali e quelli di livello dirigenziale non generale non abbiano competenze infraprovinciali (fatti salvi gli uffici con sede nelle città metropolitane) ed, infine, gli uffici infraprovinciali siano retti da funzionari.

 

Per quanto riguarda la struttura interna del Ministero, il comma 6 dispone variazioni nelle competenze di alcune direzioni generali, stabilendo che:

§      la Direzione della giustizia tributaria e la Direzione comunicazione istituzionale della fiscalità, ora presso il dipartimento delle finanze siano trasferite, con il relativo assetto organizzativo e gli attuali titolari, al Dipartimento dell'Amministrazione generale del personale e dei servizi;

§      alla Direzione legislazione tributaria del Dipartimento delle Finanze oltre ad esercitare le proprie competenze in materia di coordinamento della comunicazione relativa alle entrate tributarie e alla normativa fiscale, sono attribuite le competenze relative a normativa, monitoraggio e analisi del contenzioso tributario.

Si ricorda che ai sensi del D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43 (Regolamento di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze), i due Dipartimenti oggetto delle modifiche recate dal comma 6 sono attualmente così composti:

Dipartimento delle Finanze

Il Dipartimento è articolato nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale: a) Direzione studi e ricerche economico-fiscali; b) Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale; c) Direzione agenzie ed enti della fiscalità; d) Direzione relazioni internazionali; e) Direzione comunicazione istituzionale della fiscalità; f) Direzione sistema informativo della fiscalità; g) Direzione della giustizia tributaria;

 

Dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi

Il Dipartimento è articolato nei seguenti uffici di livello dirigenziale generale: a) Direzione centrale per gli affari generali, la logistica e gli approvvigionamenti; b) Direzione centrale dei sistemi informativi e dell'innovazione; c) Direzione centrale del personale; d) Direzione centrale dei servizi del Tesoro.

 

Al riguardo si osserva che la modifica di norma di rango secondario, quale il D.P.R. n. 43/2008 in esame, con norma sovraordinata, come il D.L. in esame, non risulta coerente con le vigenti regole sulla redazione dei testi normativi, attesa la diversa resistenza che le norme così risultanti pongono a modifiche successive.

 

La relazione tecnica al ddl di conversione del D.L. n. 87/2012 (A.S. n. 3382) osserva che dall’attuazione delle misure di cui ai commi 5 e 6 derivano risparmi per la finanza pubblica che potranno essere rilevati solo a consuntivo.


 

Articolo 23-quinquies, commi 7-8
(Rinnovo dei consiglio di amministrazione della Sogei e della Consip)

 


7. I componenti dei consigli di amministrazione della Sogei s.p.a. e della Consip S.p.a. attualmente in carica decadono dalla data di pubblicazione del presente decreto, senza applicazione dell'articolo 2383, terzo comma, del codice civile e restano in carica fino alla data dell'assemblea da convocare, entro trenta giorni, per il rinnovo degli organi decaduti. Il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'esercizio dei propri diritti di azionista, provvede a nominare i nuovi consigli, prevedendo la composizione degli stessi con tre membri, di cui due dipendenti dell'amministrazione economico-finanziaria e il terzo con funzioni di amministratore delegato. Per tali incarichi si applica l'articolo 24, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

8. Il Ministero dell'economia e delle finanze, nell'esercizio dei propri diritti di azionista, assicura la tempestiva realizzazione delle necessarie operazioni societarie e le conseguenti modifiche statutarie, tenendo anche conto della natura in house delle società di cui al comma 7.


 

 

I commi 7 ed 8 riproducono i commi 9 e 10 dell’articolo 4 del D.L. n. 87/2012[317], i quali recano norme in materia di rinnovo da parte del Ministero dell’economia e finanze dei componenti del CDA di Sogei S.p.A. e Consip S.p.A., indicando nel numero di 3 i membri dei nuovi consigli delle predette società.

 

Il comma 7 dispone la decadenza dei componenti dei Consigli di amministrazione, sia della Sogei sia della Consip, a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto legge in esame[318], escludendo la possibilità di una loro rieleggibilità, ipotesi prevista dall’articolo 2383, terzo comma, del codice civile[319].

Il comma attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze – nell’esercizio dei suoi compiti di azionista unico – la nomina, entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, dei nuovi Consigli di amministrazione, composti ognuno da tre membri (in luogo di 5), di cui due provenienti dall'amministrazione economico finanziaria e il terzo con funzioni di Presidente e amministratore delegato.

Il comma prevede ora che per tali incarichi si applica l’articolo 24, comma 3 del D.Lgs. n. 165/2001, il quale prevede che il trattamento economico determinato per il dirigente pubblico - ai sensi dei commi 1 e 2 del medesimo articolo 24 - remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa.

I compensi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza.

 

Il comma 8 dispone altresì che il Ministero dell'economia e delle finanze proceda tempestivamente a realizzare le necessarie operazioni societarie e le conseguenti modifiche statutarie, tenendo conto che si tratta di società pubbliche di servizi.

 

La Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A. – società interamante posseduta dal Ministero dell’economia e finanze - è stata istituita, in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 414 del 1997, come strumento operativo per attuare un cambiamento nella gestione delle tecnologie dell'informazione nell'ambito dell'allora Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica.

Con il citato D.Lgs. n. 414/1997 sono state infatti affidate alla Consip le attività informatiche dell'Amministrazione statale in materia finanziaria e contabile. Successivamente con i Decreti del Ministero del Tesoro del 22 dicembre 1997 e del 17 giugno 1998 è stato affidato alla società l'incarico di gestire e sviluppare i servizi informatici dello stesso Ministero.

Inoltre, l’articolo 4, comma 7 del D.L. n. 193/2009[320] ha permesso al Ministero della giustizia di avvalersi di Consip S.p.a. per l'attuazione delle iniziative in tema di digitalizzazione dell'Amministrazione della giustizia e per le ulteriori attività di natura informatica individuate con decreto del Ministero della giustizia.

Le attività informatiche di Consip vengono svolte anche verso la Corte dei conti, per la quale Consip fornisce servizi di consulenza e di assistenza progettuale, organizzativa e tecnologica, nonché per altre strutture della pubblica amministrazione.

In aggiunta alle attività informatiche dell'Amministrazione statale in materia finanziaria e contabile, Consip è divenuta la struttura di servizio per gli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A., in virtù dei compiti ad essa conferiti dal combinato disposto di una serie di norme quali, in primis, l’articolo 26 della legge n. 488/1999, l’articolo 58 della legge 388/2000 e il D.M. 24 febbraio 2000.

Su tale ambito di competenze incidono numerose norme contenute nel decreto in esame, in particolare, l’articolo 1, commi 1-18, alle cui schede di lettura si rinvia.

L'ambito operativo di Consip, fino all’intervento legislativo ora in commento, è stato dunque volto, da una parte, a fornire servizi di consulenza e di assistenza progettuale, organizzativa e tecnologica per l'innovazione del MEF e della Corte dei conti; e dall'altro, a gestire il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A., le cui linee direttici sono state fissate da molteplici interventi legislativi che si sono susseguiti, talvolta non senza ripensamenti da parte del legislatore.

In quest’ultimo contesto, Consip è anche un’amministrazione aggiudicatrice, in quanto definisce, realizza e aggiudica gare d’appalto per conto delle amministrazioni. I compiti di Consip in materia di razionalizzazione degli acquisti della P.A., in virtù degli ultimi interventi legislativi finalizzati alla revisione e all’ottimizzazione della spesa pubblica, con particolare riferimento a quella per consumi intermedi (D.L. n. 52/2012[321] e D.L. n. 95/2012) si sono peraltro notevolmente estesi.

 

SOGEI SpA è una società a totale partecipazione pubblica e le sue azioni appartengono al Ministero dell'economia e delle finanze. L'articolo 4 dello statuto del 14 luglio 2011 prevede che la società, in quanto organismo di diritto pubblico/amministrazione aggiudicatrice e in quanto società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha per oggetto, prevalentemente, la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite a detto Ministero e alle Agenzie fiscali, segnatamente:

§      ogni attività, compresa quella industriale, finalizzata alla realizzazione, allo sviluppo, alla manutenzione e alla conduzione tecnica del sistema informativo della fiscalità per l'amministrazione fiscale;

§      ogni altra attività connessa, direttamente o indirettamente, con quella di cui alla lettera precedente, comprese il supporto, l'assistenza e la consulenza all'amministrazione fiscale per lo svolgimento delle funzioni statali ad essa spettanti;

§      ogni altra attività di carattere informatico in aree di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.

Sogei può, inoltre, svolgere, nel rispetto della normativa vigente, ogni altra attività di natura informatica per conto dell'amministrazione pubblica centrale o locale, di istituzioni, di enti pubblici territoriali locali, di società a partecipazione pubblica, anche indiretta, di organismi ed enti che svolgono attività di interesse pubblico o rilevanti nel settore pubblico, nonché di Istituzioni internazionali e sovranazionali e di amministrazioni pubbliche estere. Sogei, in conformità al contratto di servizi quadro, deve garantire la manutenzione, lo sviluppo e la conduzione del sistema informativo della fiscalità.

In quanto depositaria dell’Anagrafe tributaria, Sogei svolge un’azione di supporto sia alle valutazioni degli impatti delle manovre fiscali e della normativa, sia alla elaborazione delle politiche da perseguire in materia.

Il rapporto contrattuale tra la Sogei e il MEF è attualmente disciplinato dal contratto di servizi quadro (CSQ) 2006-2011 che, in base alle disposizioni legislative in materia (D.Lgs. 300/1999 e D.P.R. 107/2001) affida al Dipartimento delle finanze il “governo strategico del Sistema Informativo della fiscalità, assicurando funzioni di indirizzo e controllo per garantire l’unitarietà e l’interoperatività” ed attribuisce alle Strutture organizzative dell’Amministrazione finanziaria la “gestione delle aree del Sistema Informativo di loro competenza e le funzioni di individuazione degli obiettivi da raggiungere secondo specifici piani di automazione e di monitoraggio”.

 

Si ricorda che l’ambito di competenze di Consip e Sogei è stato ridefinito, dal decreto in esame, all’articolo 4, commi 3-bis e 3-ter, i quali dispongono l’affidamento a Sogei delle attività di Consip in materia di gestione e sviluppo del sistema informatico della pubblica amministrazione.


 

Articolo 23- sexies
(Emissione di strumenti finanziari)

 


1. Al fine di conseguire gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale previsti in attuazione della raccomandazione della European Banking Authority dell'8 dicembre 2011 il Ministero dell'economia e delle finanze (di seguito il «Ministero»), su specifica richiesta di Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (di seguito l’«Emittente») e subordinatamente al verificarsi delle condizioni di cui agli articoli 23-septies, comma 1, 23-octies e 23-novies:

a) provvede a sottoscrivere, fino al 31 dicembre 2012, anche in deroga alle norme di contabilità di Stato, strumenti finanziari (di seguito i «Nuovi Strumenti Finanziari»), computabili nel patrimonio di vigilanza (Core Tier 1) come definito dalla raccomandazione EBA dell'8 dicembre 2011, fino all'importo di euro due miliardi;

b) provvede altresì a sottoscrivere, entro il medesimo termine, Nuovi Strumenti Finanziari per l'importo ulteriore di euro unmiliardonovecentomilioni al fine dell'integrale sostituzione degli strumenti finanziari emessi dall'Emittente e sottoscritti dal Ministero ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, nel rispetto delle condizioni di remunerazione previste dall'articolo 23-septies, comma 2.


 

 

Premessa: le raccomandazioni europee e i meccanismi di intervento pubblico in favore di MPS

Le disposizioni contenute negli articoli da 23-sexies a 23-duodecies del decreto in esame (corrispondenti agli articoli da 5 a 11 del D.L. 87 del 2012 e confluiti nel presente provvedimento durante l’esame parlamentare) recano misure finalizzate alla ripatrimonializzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS).

L’intervento normativo si inserisce nel solco delle indicazioni e delle direttive fornite in sede europea per il rafforzamento dei requisiti di capitale degli istituti di credito, stante le perduranti tensioni sui mercati finanziari con particolare riferimento ai titoli di debito sovrano.

 

Si rammenta in proposito che, a seguito dell’accordo raggiunto in sede di Consiglio europeo il 26 ottobre 2011, sono state adottate misure di rafforzamento della base patrimoniale delle banche dell’Unione, in ragione delle citate difficoltà dei mercati finanziari.

Tali decisioni erano parte di un più ampio pacchetto di misure, quali il rafforzamento dell’ESFS – European Financial Stability Facility, gli interventi in favore della Grecia e l’introduzione di garanzie pubbliche sulle passività delle banche.

Al fine di ristabilire la fiducia dei mercati nel settore bancario, si è convenuto tra l’altro di potenziare la qualità e la quantità del capitale delle banche, decidendo di portare, entro il 30 giugno 2012, al 9 per cento il rapporto tra capitale di qualità più elevata (Core Tier 1) e le attività ponderate per il rischio.

 

Per finanziare i necessari aumenti di capitale, il Consiglio Europeo ha precisato che gli istituti avrebbero dovuto in prima istanza usare fonti di capitale privato, anche ricorrendo alla ristrutturazione e alla conversione del debito in strumenti di capitale, soggiacendo a vincoli per quanto riguarda la distribuzione dei dividendi e dei bonus fino al raggiungimento dell'obiettivo; solo ove necessario, si sarebbe fatto ricorso al sostegno dei governi nazionali.

 

A seguito della Dichiarazione del Consiglio europeo sopra richiamata, l’EBA ha adottato la raccomandazione EBA/REC/2011/1 dell’8 dicembre 2011, destinata alle autorità di vigilanza nazionali, nella quale si chiedeva di assicurare che i principali istituti di credito europei aumentassero la propria dotazione patrimoniale attraverso la costituzione di un buffer aggiuntivo di capitale, eccezionale e temporaneo, tale da portare, entro il 30 giugno 2012, il coefficiente Tier 1 al predetto rapporto del 9 per cento.

 

Secondo gli accordi di Basilea, il patrimonio delle banche può essere distinto in due classi (tier): una "classe principale” (Tier 1), composta dal capitale azionario e dalle riserve di bilancio provenienti da utili non distribuiti al netto delle imposte, e una "classe supplementare" composta da elementi aggiuntivi. Sono esclusi dal Tier 1: le azioni proprie, l’avviamento, le immobilizzazioni immateriali e le perdite dei vari esercizi (compreso quello in corso). Dal Tier 1 capital rimangono escluse anche le rettifiche di valore operate sul trading book (portafoglio di negoziazione).

Nel conteggio del Tier 1 rientrano, in una percentuale sempre più ridotta nel tempo, anche alcuni strumenti innovativi di capitale che, in caso di necessità, interrompono la distribuzione delle cedole per andare a rimpinguare il capitale primario della banca. Questi strumenti “ibridi” appartengono alla categoria in evoluzione dei titoli “quasi-equity”, ossia dei titoli posti nella zona di confine tra il patrimonio e i debiti.

La Raccomandazione EBA dell’8 dicembre 2011 ha tenuto conto di una definizione di Core Tier 1 comprensiva degli strumenti di capitale di più alta qualità (common equity) e degli strumenti ibridi forniti dai governi. Tale definizione si basa sulla regolamentazione europea vigente (contenuta nella normativa europea sui requisiti di capitale delle banche, Capital Requirements Directive - CRD), al netto della deduzione delle partecipazioni in istituzioni finanziarie, e riconosce le esistenti misure di supporto da parte dei Governi.

 

Come precisa la Relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione del D.L. 87/2012 (A.S. 3382), la raccomandazione dell’EBA è stata adottata sulla base dell’articolo 16 del regolamento (CE) n. 1093/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, ai sensi del quale l’EBA può indirizzare raccomandazioni alle autorità di vigilanza nazionali. Queste hanno l’obbligo di adeguarsi alla raccomandazione o di spiegare le ragioni per le quali non intendono adeguarsi (comply or explain).

Nel panorama europeo, le banche coinvolte erano 71, di cui cinque italiane (Unicredit, Banca Intesa, Banca MPS, UBI, Banco Popolare).

La Banca d’Italia, nel corso dell’audizione tenutasi il 10 luglio 2012 presso le Commissioni V e VI riunite del Senato, in occasione dell’esame del provvedimento in commento, ha precisato che per quattro istituti italiani erano emerse esigenze di capitale aggiuntivo nel complesso pari a 15,4 miliardi di euro. Tre istituti hanno comunicato, sulla base dei piani predisposti e vagliati dalla Vigilanza, di essere in linea con la raccomandazione EBA senza necessità di ricorrere a sostegno pubblico; lo shortfall di capitale necessario è stato coperto mediante aumenti di capitale realizzati sul mercato nei primi mesi del 2012 ovvero mediante autofinanziamento.

 

La già citata Relazione illustrativa precisa che, per MPS, l’ammontare di Core Tier 1 mancante per il raggiungimento del livello del 9 per cento è stato quantificato dalla Banca d’Italia e dall’EBA in euro 3.267.000.000.

La Banca d’Italia, nel corso dell’audizione del 10 luglio u.s. ha individuato la causa dello shortfall relativa a MPS nella valutazione ai prezzi di mercato dei titoli di Stato italiani detenuti nel portafoglio AFS (available for sale) dell’istituto: al 30 settembre 2011 - data di riferimento scelta dall’EBA per determinare la misura del buffer a fronte del rischio sovrano, il fabbisogno complessivo era pari a 3,3 miliardi. Non considerando il buffer per rischio sovrano richiesto dall’EBA, il Core Tier 1 ratio della banca a tale data era pari al 9,2 per cento. Per le altre banche interessate lo shortfall era invece in gran parte dovuto al fatto che il loro livello di patrimonializzazione iniziale era più basso del 9 per cento.

Nel gennaio 2012 MPS ha presentato un piano per far fronte allo shortfall, che prevedeva:

§      iniziative di capital management;

§      misure di ottimizzazione degli attivi a rischio;

§      cessioni di attività patrimoniali;

§      in caso di mancata realizzazione di alcune misure secondo i tempi e i modi stabiliti nell’esercizio dell’EBA, l’impegno a emettere obbligazioni convertibili nella form di contingent convertible bonds (cosiddetti “co.cos”) conformi allo schema predisposto dall’EBA, nella misura necessaria a colmare lo shortfall residuo.

Inoltre il 15 maggio 2012 la banca ha dichiarato, anche attraverso comunicazioni al mercato, la disponibilità a valutare misure di rafforzamento patrimoniale alternative se questo fosse stato necessario per colmare il deficit di capitale rispetto all’obiettivo indicato dall’EBA.

Sebbene parte del piano sia stata attuata (con il completamento di alcune iniziative di capital management per 1.073 milioni e azioni di ottimizzazione degli attivi a rischio per 860 milioni, secondo quanto ha riportato la Banca d’Italia nella predetta audizione, e la cessione di Biverbanca – Cassa di risparmio di Biella e di Vercelli), altre cessioni non si sono concluse in tempo utile, anche per il progressivo acuirsi delle tensioni di mercato.

Di conseguenza il 22 giugno 2012 MPS ha comunicato alla Banca d’Italia di non essere in grado di colmare lo shortfall entro il 30 giugno 2012. Secondo le stime di Banca MPS, nel frattempo aggiornate anche per tenere conto della perdita dell’esercizio 2011 e dell’andamento delle attività rischio nel primo semestre 2012, il fabbisogno patrimoniale residuo, da colmare per raggiungere l’obiettivo fissato dall’esercizio EBA, è compreso tra 1,3 e 1,7 miliardi, con un’incertezza legata tra l’altro alle valutazioni finali del bilancio al 30 giugno.

MPS ha altresì escluso il ricorso a un’emissione di “co.cos” presso investitori privati, data la difficoltà di collocare questi strumenti. La banca ha ritenuto inoltre non percorribile un aumento di capitale, considerando le attuali, tese condizioni di mercato e l’elevata volatilità dei rendimenti. Si sono pertanto poste le condizioni per l’attivazione di una misura di backstop statale, come previsto dall’accordo del Consiglio europeo del 26 ottobre 2011.

Per garantire un margine di sicurezza, la Banca d’Italia ha raccomandato che tale misura prevedesse un importo massimo di 2 miliardi.

 

Le suddette condizioni hanno dunque reso necessaria l’attivazione di una misura alternativa di rafforzamento patrimoniale, nella forma di un intervento pubblico.

 

In estrema sintesi, gli articoli da 23-sexies a 23-duodecies autorizzano MPS all’emissione di nuovi strumenti finanziari, che verranno sottoscritti da parte del Governo per il citato importo massimo di 2 miliardi; si tratta di strumenti simili a quelli già emessi dalla banca ai sensi dell’articolo 12 del D.L. n. 185/2008 (c.d. “Tremonti bond”), salvo alcune modifiche necessarie per tenere conto dell’evoluzione della disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato. A tale importo si aggiungerà l’emissione di ulteriori 1,9 miliardi, destinata a sostituire i “Tremonti bond” emessi dalla banca nel 2009 e non ancora rimborsati. L’importo complessivo dell’emissione potrà quindi essere pari al massimo a 3,9 miliardi.

Ai sensi dell'articolo 23-sexies entro il 31 dicembre 2012 il Ministero dell’economia e delle finanze sottoscrive i nuovi strumenti finanziari emessi dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS), da computare nel patrimonio di vigilanza (Core Tier 1), fino all’importo di 3,9 miliardi di euro, di cui 1,9 miliardi destinati all’integrale sostituzione dei c.d. "Tremonti bond".

Il successivo articolo 23-septies individua le condizioni al cui verificarsi è subordinata la sottoscrizione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze degli strumenti finanziari emessi da MPS.

L’operazione di sottoscrizione (23-octies) è subordinata alla compatibilità delle misure previste nel decreto-legge in esame con la normativa UE in materia di aiuti di Stato, in particolare con la speciale disciplina in materia bancaria contenuta nella Comunicazione della Commissione UE del 1° dicembre 2011 (in tema di applicazione, dal 1° gennaio 2012, delle norme in materia di aiuti di Stato agli strumenti di sostegno offerti alle banche nel contesto della crisi finanziaria). Il citato Consiglio Europeo del 26 ottobre 2011 ha infatti precisato che qualsiasi forma di sostegno pubblico, a livello sia nazionale che di UE, sarà soggetta alla condizionalità del vigente quadro di aiuti di Stato speciali in caso di crisi.

Viene quindi introdotto l’obbligo per MPS di presentare un piano di ristrutturazione conforme alle disposizioni UE in materia di aiuti di Stato; si stabilisce inoltre che nel periodo di attuazione del piano, MPS non possa acquisire nuove partecipazioni in banche, intermediari finanziari e imprese di assicurazione e di riassicurazione, salvo che l’acquisizione sia funzionale all’attuazione del piano.

L'articolo 23-novies delinea la procedura relativa alla valutazione dell'operazione ed alla sottoscrizione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze dei nuovi strumenti finanziari emessi da MPS. Si prevede pertanto l'invio di una specifica richiesta da parte di MPS accompagnata dalla documentazione necessaria ai fini delle valutazioni che saranno effettuate dalla Banca d’Italia; la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari sarà effettuata, a seguito della positiva valutazione dell’operazione, per l'ammontare necessario al rafforzamento patrimoniale richiesto dalla raccomandazione dell'European Banking Authority (EBA).

Ai sensi dell’articolo 23-decies, le caratteristiche principali dei nuovi strumenti finanziari emessi da MPS sono le seguenti:

§       sono strumenti privi del diritto di voto;

§       sono convertibili in azioni a richiesta dell’emittente;

§       possono essere riscattati o rimborsati a richiesta di MPS, salvo autorizzazione di Banca d’Italia.

Si stabilisce inoltre che il pagamento dei relativi interessi è condizionato dalla disponibilità di utili distribuibili. Se gli interessi non sono assegnati per mancanza di utili si provvede ad assegnare al Ministero azioni ordinarie per una quota di patrimonio corrispondente all’importo della cedola non corrisposta.

Si demanda (23-undecies) ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - da trasmettere alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario - l'individuazione delle risorse per finanziare la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari emessi da MPS.

Infine, l'articolo 23-duodecies prevede l’adozione di un decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze per individuare le disposizioni di attuazione del decreto-legge in esame ed il prospetto dei nuovi strumenti finanziari da emettersi da MPS.

Contenuto dell’articolo 23-sexies

L’articolo 23-sexies definisce le caratteristiche fondamentali dell’autorizzazione legislativa all’intervento finanziario a supporto della Banca Monte dei Paschi di Siena.

In particolare, il Ministero dell’economia e delle finanze è autorizzato a sottoscrivere, fino al 31 dicembre 2012, nuovi strumenti finanziari emessi dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A., computabili nel patrimonio di vigilanza (Core Tier 1) fino all’importo di euro 3,9 miliardi di euro, dietro richiesta dell’Istituto e al verificarsi di specifiche condizioni (di cui all’articolo 23-septies, comma 1, e agli articoli 23-octies e 23-novies).

Tale sottoscrizione potrà avvenire anche in deroga alle norme di contabilità di Stato.

Si ricorda che il D.P.R. 30 dicembre 2003, n. 398, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di debito pubblico”, all’articolo 3,comma 1, prevede che il Ministro dell’economia, nel limite annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio diprevisione dello Stato, è autorizzato, in ogni anno finanziario, ad emanaredecreti cornice che consentano al Tesoro:

a)    di effettuare operazioni di indebitamento sul mercato interno od estero nelle forme di prodotti e strumenti finanziari a breve, medio e lungo termine, indicandone l’ammontare nominale, il tasso di interesse o i criteri per la sua determinazione, la durata, l’importo minimo sottoscrivibile, il sistema di collocamento ed ogni altra caratteristica e modalità;

b)    di disporre, per promuovere l’efficienza dei mercati finanziari, l’emissione temporanea di tranche di prestiti vigenti attraverso il ricorso ad operazioni di pronti contro termine od altre in uso nei mercati; tali operazioni, in considerazione del loro carattere transitorio, non modificano la consistenza dei relativi prestiti e danno luogo alla movimentazione di un apposito conto di tesoreria; i conseguenti effetti finanziari vengono imputati all’entrata del bilancio dello Stato, ovvero gravano sugli oneri del debito fluttuante. Con le stesse modalità si provvede sul mercato interbancario ad operazioni di prestito di strumenti finanziari di cui alla lettera a); c) di procedere, ai fini della ristrutturazione del debito pubblico interno ed estero, al rimborso anticipato dei titoli, a trasformazioni di scadenze, ad operazioni di scambio, nonché a sostituzione tra diverse tipologie di titoli o altri strumenti previsti dalla prassi dei mercati finanziari internazionali.

Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo 3, ove necessario, la disciplina contenuta nei decreti del Ministro può derogare alle norme di contabilità di Stato, sulla base e nei limiti dei criteri determinati nel comma 1.

 

Si ricorda che la Raccomandazione EBA dell’8 dicembre 2011 ha tenuto conto di una definizione di Core Tier 1 comprensiva degli strumenti di capitale di più alta qualità (common equity) e degli strumenti ibridi forniti dai governi. Tale definizione si basa sulla regolamentazione europea vigente (contenuta nella normativa europea sui requisiti di capitale delle banche, Capital Requirements Directive - CRD), al netto della deduzione delle partecipazioni in istituzioni finanziarie, e riconosce le esistenti misure di supporto da parte dei Governi.

 

Più in dettaglio:

a)   la sottoscrizione riguarderà anzitutto strumenti finanziari computabili nel patrimonio di vigilanza (Core Tier 1), fino all’importo di due miliardi di euro.

b)   il MEF provvederà altresì a sottoscrivere Nuovi Strumenti Finanziari per l’importo ulteriore di 1,9 miliardi di euro al fine dell’integrale sostituzione dei c.d. "Tremonti bond" emessi in conformità all’articolo 12 del decreto-legge n.185 del 2008.

 

Il richiamato articolo 12 ha autorizzato il Ministero dell'economia e delle finanze a sottoscrivere, su richiesta delle banche interessate, strumenti finanziari privi dei diritti tipicamente incorporati nelle azioni (e indicati nell'articolo 2351 del codice civile[322]) emessi da banche italiane quotate su mercati regolamentati, computabili nel patrimonio di vigilanza, anche sotto forma di strumenti convertibili in azioni ordinarie su richiesta dell’emittente. Il termine per la sottoscrizione era inizialmente fissato al 31 dicembre 2009, ma è stato successivamente prorogato al 31 dicembre 2010 dal D.L. n. 125 del 2010 (per le successive modalità di proroga cfr. infra). Il comma 2 dell’articolo 12 consente di prevedere, a favore dell'emittente, la facoltà di rimborso o riscatto, purché la Banca d'Italia attesti che l'operazione non pregiudica le condizioni finanziarie o di solvibilità della banca né del gruppo bancario di appartenenza.

Finalità dell’intervento (articolo 12, comma 1) è di assicurare un adeguato flusso di finanziamenti all'economia e un adeguato livello di patrimonializzazione del sistema bancario.

La sottoscrizione di tali strumenti è stata subordinata a specifiche condizioni, quali l’economicità dell’operazione, l’obbligo di tener conto delle condizioni di mercato e di essere funzionale al perseguimento delle finalità indicate dalla legge e, soprattutto, l’obbligo per gli emittenti di assumere gli impegni definiti in un apposito protocollo con il Ministero dell'economia e delle finanze (relativi al livello e alle condizioni del credito da assicurare alle piccole e medie imprese e alle famiglie, al perseguimento di politiche dei dividendi coerenti con l'esigenza di mantenere adeguati livelli di patrimonializzazione, nonché all’impegno di garantire adeguati livelli di liquidità per i creditori delle pubbliche amministrazioni per la fornitura di beni e servizi, anche attraverso lo sconto di crediti e senza alcun onere a carico per la finanza pubblica). Agli emittenti è stato fatto obbligo di adottare un codice etico contenente, tra l'altro, previsioni in materia di politiche di remunerazione dei vertici aziendali.

La sottoscrizione (articolo 12, comma 7) è stata subordinata ad una previa valutazione della Banca d'Italia delle condizioni economiche dell'operazione e della computabilità degli strumenti finanziari nel patrimonio di vigilanza. Le norme hanno poi previsto il monitoraggio parlamentare dell’attività svolta in relazione a tali strumenti finanziari.

In attuazione delle prescrizioni recate dall’articolo 12 è stato emanato il D.M.25 febbraio 2009 del Ministero dell’economia e delle finanze: esso reca criteri, modalità e condizioni della sottoscrizione degli strumenti finanziari speciali. L’emissione di "Tremonti bond" da parte di MPS nel dicembre 2009 è stata pari a 1,9 miliardi di euro (ammontare riportato nella norma in esame).

Successivamente, il legislatore ha ritenuto opportuno riattivare i “Tremonti bond” mediante proroga del termine di sottoscrizione di tali strumenti finanziari (ai sensi dell’articolo 2 del citato D.L. n. 125 del 2010) al 31 dicembre 2010, conpossibilità di ulteriore proroga di tale termine mediante decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, in conformità alla normativa comunitaria in materia.

 

La Banca d’Italia, nel corso dell’audizione svoltasi al Senato il 10 luglio u.s. in occasione dell’esame del provvedimento in sede referente, ha fatto presente che la scelta di un nuovo intervento normativo – escludendo la proroga della sottoscrizione dei predetti strumenti - è stata resa necessaria dalle modifiche alla disciplina comunitaria degli aiuti di stato collegati alla crisi forniti alle banche, applicabili dal 1° gennaio 2012.

 

La comunicazione della Commissione Europea del 6 dicembre 2011, in particolare:

a)   integra la comunicazione sulla ricapitalizzazione, fornendo orientamenti più dettagliati per garantire un'adeguata remunerazione dei titoli di capitale che non hanno un rendimento fisso;

b)   illustra in che modo la Commissione procederà a una valutazione proporzionale della redditività a lungo termine delle banche nel contesto del pacchetto per il settore bancario; e

c)   introduce un metodo rivisto per garantire che le commissioni da versare in cambio di garanzie sulle passività bancarie siano sufficienti per limitare l’aiuto al minimo indispensabile, con l'obiettivo di garantire che il metodo tenga conto della recente maggiore differenziazione dei margini differenziali sui CDS e dell'impatto dei margini differenziali sui CDS del debito sovrano.

In sostanza è previsto un inasprimento dei vincoli in capo alle banche che ottengono sostegno pubblico.

 

Per quanto concerne le ricapitalizzazioni operate dallo Stato – oltre a fornire orientamenti sulla determinazione del prezzo di emissione dei titoli emessi dalle banche destinatario dell’aiuto - la Commissione richiede che tali tipologie di misure contengano incentivi adeguati per la tempestiva emancipazione delle banche dalla situazione di sostegno statale.

La Commissione inoltre continuerà a chiedere agli Stati membri di presentare un piano di ristrutturazione (o un aggiornamento del piano di ristrutturazione preesistente), entro sei mesi dalla data della decisione che autorizza l’aiuto al salvataggio, per qualunque banca che benefici di sostegno pubblico sotto forma di ricapitalizzazione o di misure a fronte di attività deteriorate.

Qualora una banca sia stata oggetto di una precedente decisione relativa ad aiuti al salvataggio ai sensi della normativa sulla compatibilità degli aiuti concessi alle banche, nell'ambito o meno di una stessa operazione di ristrutturazione, la Commissione può chiedere che il piano di ristrutturazione sia presentato entro un periodo inferiore a sei mesi.

Inoltre la Commissione effettuerà una valutazione proporzionale dell' efficienza economica a lungo termine delle banche destinatarie di aiuti, tenendo pienamente conto di qualsiasi elemento indicante che le stesse potranno essere economicamente efficienti a lungo termine senza la necessità di una ristrutturazione significativa, in particolare quando la scarsità del capitale è essenzialmente riconducibile ad una crisi di fiducia nel debito sovrano, il conferimento di capitale pubblico è limitato all'importo necessario per compensare — in banche altrimenti economicamente efficienti — le perdite derivanti dalla valutazione di mercato (mark to market) delle obbligazioni sovrane delle parti contraenti dell'accordo SEE, e l’analisi dimostra che le banche di cui trattasi non hanno assunto rischi eccessivi con le acquisizioni di debito sovrano.

 

La Banca d’Italia ha inoltre sottolineato che la scelta di strumenti finanziari simili ai “Tremonti bond” di cui all’articolo 12 del D.L. n. 185/2008 si giustifica anche sulla base della considerazione che tali strumenti sono già noti al mercato e all’epoca già vagliati e approvati dalla Commissione dell'Unione europea. Ha inoltre osservato che un eventuale intervento diretto dello Stato nel capitale della banca attraverso l’acquisizione di azioni ordinarie sarebbe stato percepito come una vera e propria nazionalizzazione; avrebbe rischiato di produrre effetti depressivi sul prezzo delle azioni in circolazione, con un impatto rilevante non solo sugli attuali azionisti di controllo, ma anche su investitori istituzionali e piccoli azionisti.

 

Nel corso dell’audizione del 10 luglio al Senato, la Banca d’Italia ha fatto presente che, anche dopo la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari, l’ammontare complessivo di aiuti di Stato erogati alle banche italiane dall’inizio della crisi rimarrà contenuto nel confronto internazionale con riferimento sia alle ricapitalizzazioni sia alle garanzie statali. In particolare, il sostegno pubblico al capitale del sistema bancario italiano nel periodo dicembre 2008-giugno 2012 mediante i “Tremonti bond” è stato pari a 4,1 miliardi. Quattro banche hanno beneficiato di questa misura (Banco Popolare, Banca Popolare di Milano, Credito Valtellinese e Banca MPS). Il Banco Popolare ha già provveduto al rimborso dei titoli. L’ammontare residuo di titoli detenuti dallo Stato è pari oggi a 2,6 miliardi, lo 0,2 per cento del PIL. Includendo anche la nuova tranche di aiuti per Banca MPS esso salirà allo 0,3 per cento. Lo Stato ha incassato cedole per interessi pari all’8,5 per cento; se i “Tremonti bond” non verranno restituiti prima, la remunerazione collegata al tasso d’interesse è destinata a crescere al 9 per cento dal 2013 al 2016, e successivamente dello 0,5 per cento ogni due esercizi fino a raggiungere il limite del 15 per cento, oltre ad una maggiorazione sul valore nominale al momento del rimborso. Questi rendimenti potrebbero risultare anche maggiori in relazione all'andamento dello spread sui titoli di Stato o all'eventuale distribuzione di dividendi eccezionali da parte delle banche emittenti. Per quanto riguarda la garanzia concessa dallo Stato sulle passività bancarie, le banche italiane hanno utilizzato questa forma di supporto pubblico a partire dall’inizio del 2012. L’ammontare complessivo dell’intervento è pari a 86 miliardi (5,4 per cento del PIL).

Dal confronto con i dati pubblicati dalla Commissione dell’Unione europea emerge che le misure di sostegno pubblico adottate in Italia sono assai modeste rispetto a quelle approvate in altri paesi europei in seguito alla crisi. Nel periodo 1° ottobre 2008 - 1° ottobre 2011 (ultimo dato disponibile), la Commissione dell’Unione europea ha approvato aiuti di Stato per il settore finanziario per un ammontare complessivo pari a 4.506,5 miliardi, il 36,7 per cento del PIL europeo. Nel periodo 2008-2010 il volume di aiuti effettivamente utilizzati dagli stati membri in Europa è stato pari a 1.608 miliardi, il 13,1 per cento del PIL europeo. Il valore delle garanzie e delle misure a sostegno della liquidità è stato pari a 1.199 miliardi (9,8 per cento del PIL europeo). La restante parte degli aiuti è stata autorizzata a fronte di operazioni di ricapitalizzazione e di “impaired asset relief measures” (409 miliardi, pari al 3,3 per cento del PIL europeo).


 

Articolo 23-septies
(Condizioni di sottoscrizione)

 


1. Il Ministero non può sottoscrivere alcun Nuovo Strumento Finanziario se l'Emittente non ha provveduto, nel rispetto delle condizioni indicate dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 febbraio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 2009, e del relativo prospetto, al riscatto degli strumenti finanziari emessi dall'Emittente e sottoscritti dal Ministero ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ed alla accettazione preventiva di quanto previsto dal comma 2. L'importo dovuto dall'Emittente è compensato con l'importo dovuto dal Ministero per la sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari.

2. In caso di emissione di Nuovi Strumenti Finanziari, la remunerazione degli strumenti finanziari già emessi dall'Emittente e sottoscritti dal Ministero ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, per il periodo decorrente dal 1o gennaio 2012 fino alla data di riscatto, è calcolata secondo le condizioni di remunerazione previste per i Nuovi Strumenti Finanziari, ai sensi dell'articolo 23-decies e del decreto ministeriale di cui all'articolo 23-duodecies. La remunerazione è corrisposta alla prima data di pagamento degli interessi prevista per i Nuovi Strumenti Finanziari.


 

 

L'articolo 23-septies individua le condizioni per la sottoscrizione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, degli strumenti finanziari emessi da Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS), ovvero il preventivo riscatto dei “Tremonti bond” emessi in passato dalla banca e sottoscritti dal MEF e l’accettazione preventiva delle condizioni di remunerazione

 

In dettaglio, ai sensi del comma 1 il Ministero dell’economia e delle finanze non può sottoscrivere i nuovi strumenti finanziari se l’emittente (MPS) non provvede:

§       a riscattare i "Tremonti bond" emessi da MPS, e sottoscritti dallo stesso Ministero in forza dell’articolo 12 del decreto-legge n. 185 del 2008.

§       ad accettare preventivamente le condizioni di remunerazione dei “Tremonti bond” per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2012 e la data di riscatto degli stessi (ai sensi del comma 2).

 

Il riscatto degli strumenti finanziari va effettuato nel rispetto delle condizioni indicate dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 25 febbraio 2009 - attuativo del richiamato articolo 12, cfr. scheda di lettura dell’articolo 5 del provvedimento in esame – nonché del relativo prospetto.

In allegato al richiamato decreto ministeriale è riportato il prospetto di emissione degli strumenti finanziari con cui viene disciplinata, tra le altre, la facoltà di riscatto in favore dell'emittente.

In particolare il prospetto prevede che, in un qualsiasi momento successivo alla data di emissione, l'emittente abbia il diritto – mediante comunicazione al MEF, con preavviso compreso tra 30 e 60 giorni antecedenti la data in cui intende procedere al riscatto - di riscattare in tutto o in parte i titoli.

Il prospetto evidenzia quindi nel dettaglio le modalità del rimborso per ciascun titolo. Nel caso di riscatto, si prevede che gli interessi matureranno pro rata temporis fino alla data di riscatto e saranno calcolati in misura proporzionale agli interessi pagati alla data di pagamento degli interessi immediatamente precedente alla data di riscatto.

L'esercizio della facoltà di riscatto anticipato da parte dell'emittente è subordinato all'approvazione da parte della Banca d'Italia. A tal fine è stabilito che l'emittente dovrà inviare apposita richiesta di autorizzazione alla Banca d'Italia.

 

L’importo dovuto da MPS per il riscatto è compensato con l’importo dovuto dal Ministero per la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari.

 

Ove MPS emetta nuovi strumenti finanziari secondo la disciplina in esame, il comma 2 prevede che la remunerazione dei “Tremonti bond” da riscattare (già emessi da MPS e sottoscritti dal MEF), nel periodo tra il 1º gennaio 2012 e la data di riscatto, sia calcolata secondo le condizioni di remunerazione previste per i citati nuovi strumenti finanziari (ai sensi del successivo articolo 23-decies del provvedimento in esame, nonché delle norme di attuazione).

La remunerazione è corrisposta alla prima data di pagamento degli interessi prevista per i Nuovi Strumenti Finanziari.

Si ricorda che l'articolo 23-deciesdel provvedimento, accanto all’individuazione delle caratteristiche principali dei nuovi strumenti finanziari, prevede che il pagamento dei relativi interessi è condizionato dalla disponibilità di utili distribuibili; se gli interessi non sono assegnati per mancanza di utili, si provvede ad assegnare al Ministero azioni ordinarie per una quota di patrimonio corrispondente all’importo della cedola non corrisposta.

 

La Relazione illustrativa al D.L. 87/2012 (A.S. 3382) ricorda che, secondo il citato prospetto di emissione dei “Tremonti bond”, gli interessi dovuti per il periodo intercorrente dall’ultima data di pagamento degli stessi e la data di rimborso sono commisurati agli interessi corrisposti in relazione all’ultimo periodo di interessi. Poiché MPS - continua la Relazione - non ha corrisposto alcuna cedola all’ultima data di pagamento degli interessi, tale disposizione comporterebbe che nulla dovrebbe essere versato al Ministero dell’economia e delle finanze a titolo di interessi in occasione del rimborso. Per ragioni di equilibrio economico complessivo si è quindi ritenuto di prevedere che, ove MPS decida di accedere all’intervento finanziario pubblico, debba rimborsare i titoli precedentemente emessi e accettare diverse condizioni di remunerazione di questi per il periodo decorrente dal 1º gennaio 2012 alla data di rimborso. Spetterà quindi a MPS, nella propria autonomia gestionale, valutare la convenienza economica della complessiva operazione.


 

Articolo 23-octies
(Conformità con la disciplina degli aiuti di Stato)

 


1. La sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari è consentita solo a seguito dell'acquisizione della decisione della Commissione europea sulla compatibilità delle misure previste nel presente decreto con il quadro normativo dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato applicabile alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria.

2. In caso di sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari da parte del Ministero, l'Emittente svolge la propria attività in modo da non abusare del sostegno ricevuto e conseguirne indebiti vantaggi.

3. L'Emittente è tenuto a presentare un piano di ristrutturazione (il «Piano») conforme alle disposizioni europee in materia di aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, anche per quanto attiene alle strategie commerciali e di espansione, alle politiche di distribuzione degli utili e ai meccanismi di remunerazione e incentivazione. Il Piano e le sue eventuali successive variazioni sono presentati alla Commissione europea ai sensi del paragrafo 14 della comunicazione della Commissione europea 2011/C-356/02.

4. Per il tempo necessario all'attuazione del Piano di ristrutturazione, l'Emittente non può acquisire, direttamente o indirettamente, nuove partecipazioni in banche, in intermediari finanziari e in imprese di assicurazione e di riassicurazione, salvo che l'acquisizione sia funzionale all'attuazione del Piano e sia compatibile con la normativa europea in materia di aiuti di Stato. Per il tempo necessario all'attuazione del Piano di ristrutturazione, l'Emittente è vincolato al contenimento della componente variabile delle remunerazioni, ivi inclusi bonus monetari e stock options, accordate o pagate ai componenti del consiglio di amministrazione, al direttore generale e agli altri dirigenti che possono assumere rischi rilevanti per la banca, in modo da assicurarne l'effettivo collegamento con i risultati aziendali, con i rischi cui la banca è esposta e con l'esigenza di mantenere adeguati livelli di patrimonializzazione. In caso di inosservanza, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'articolo 144, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, secondo la procedura prevista dall'articolo 145 dello stesso decreto legislativo.

5. Nel caso in cui il bilancio approvato evidenzi una perdita di esercizio non sono corrisposti interessi sugli altri strumenti finanziari subordinati il cui contratto preveda la facoltà per la banca emittente di non corrispondere la remunerazione in caso di andamenti negativi della gestione.


 

 

L'articolo 23-octies subordina la sottoscrizione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze dei nuovi strumenti finanziari emessi da Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS) alla compatibilità delle misure previste nel decreto-legge in esame con la normativa UE in materia di aiuti di Stato. Viene quindi introdotto l’obbligo per MPS di presentare un piano di ristrutturazione conforme alle disposizioni UE in materia di aiuti di Stato; si stabilisce inoltre che nel periodo di attuazione del piano, MPS non possa acquisire nuove partecipazioni in banche, intermediari finanziari e imprese di assicurazione e di riassicurazione, salvo che l’acquisizione sia funzionale all’attuazione del piano.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo subordina la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari all’acquisizione della decisione della Commissione europea sulla compatibilità delle misure previste dal testo in esame con il quadro normativo comunitario in materia di aiuti di Stato.

 

Si ricorda che la Commissione Europea, con la comunicazione del 6 dicembre 2011, ha apportato modifiche alla disciplina comunitaria degli aiuti di stato collegati alla crisi forniti alle banche, che sono applicabili dal 1° gennaio 2012.

Per quanto concerne le ricapitalizzazioni operate dallo Stato – oltre a fornire orientamenti sulla determinazione del prezzo di emissione dei titoli emessi dalle banche destinatario dell’aiuto - la Commissione richiede che tali tipologie di misure contengano incentivi adeguati per la tempestiva emancipazione delle banche dalla situazione di sostegno statale.

La Commissione inoltre continuerà a chiedere agli Stati membri di presentare un piano di ristrutturazione (o un aggiornamento del piano di ristrutturazione preesistente), entro sei mesi dalla data della decisione che autorizza l’aiuto al salvataggio, per qualunque banca che benefici di sostegno pubblico sotto forma di ricapitalizzazione o di misure a fronte di attività deteriorate.

Qualora una banca sia stata oggetto di una precedente decisione relativa ad aiuti al salvataggio ai sensi della normativa sulla compatibilità degli aiuti concessi alle banche, nell'ambito o meno di una stessa operazione di ristrutturazione, la Commissione può chiedere che il piano di ristrutturazione sia presentato entro un periodo inferiore a sei mesi.

Inoltre la Commissione effettuerà una valutazione proporzionale dell' efficienza economica a lungo termine delle banche destinatarie di aiuti, tenendo pienamente conto di qualsiasi elemento indicante che le stesse potranno essere economicamente efficienti a lungo termine senza la necessità di una ristrutturazione significativa, in particolare quando la scarsità del capitale è essenzialmente riconducibile ad una crisi di fiducia nel debito sovrano, il conferimento di capitale pubblico è limitato all'importo necessario per compensare — in banche altrimenti economicamente efficienti — le perdite derivanti dalla valutazione di mercato (mark to market) delle obbligazioni sovrane delle parti contraenti dell'accordo SEE, e l’analisi dimostra che le banche di cui trattasi non hanno assunto rischi eccessivi con le acquisizioni di debito sovrano.

 

Si ricorda peraltro che le misure di cui all'articolo 12 del decreto-legge 185 del 2008[323] e del DM di attuazione 25 febbraio 2009 (c.d. "Tremonti bond") sono state autorizzate dalla Commissione europea con le seguenti decisioni:

§       decisione della Commissione europea del 23 dicembre 2008, C(2008) 8998 definitivo, concernente "Misure di ricapitalizzazione in favore del settore finanziario in Italia";

§       decisione della Commissione europea del 20 febbraio 2009, C(2009) 1288 definitivo, concernente "Modifica delle misure di ricapitalizzazione a favore del settore finanziario in Italia".

 

Nei commi successivi vengono individuati una serie di limiti, volti a circoscrivere l'azione di MPS nell'ipotesi di sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari.

In primo luogo, è fatto divieto (comma 2) ad MPS, in caso di sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari da parte del Ministero, di operare in modo da abusare del sostegno ricevuto e conseguirne indebiti vantaggi.

 

Si osserva in merito che la disposizione in commento, benché non sanzioni il comportamento vietato, non precisa in quali condotte si concreti l’abuso del sostegno ricevuto, né specifica quali siano i “vantaggi indebiti” conseguibili con l’operazione in commento.

 

Il comma 3 impone ad MPS di presentare, conformemente a quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione UE del 6 dicembre 2011, un piano di ristrutturazione conforme alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[324], anche per quanto attiene:

§       alle strategie commerciali e di espansione;

§       alle politiche di distribuzione degli utili;

§       ai meccanismi di remunerazione e incentivazione.

Il piano e le sue eventuali successive variazioni dovranno essere presentati alla Commissione europea, ai sensi del paragrafo 14 della citata Comunicazione della Commissione europea.

 

Durante il periodo di attuazione del piano di ristrutturazione, MPS non potrà acquisire - né direttamente né indirettamente - nuove partecipazioni in banche, in intermediari finanziari e in imprese di assicurazione e di riassicurazione (comma 4).

Dette acquisizioni sono tuttavia consentite se:

§       funzionali all’attuazione del piano e

§       compatibili con la normativa europea in materia di aiuti di Stato.

 

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame del provvedimento, MPS, per il tempo necessario all'attuazione del Piano di ristrutturazione, è vincolata al contenimento della componente variabile delle remunerazioni - ivi inclusi bonus monetari e stock options - accordate o pagate ai vertici dell’azienda, e cioè:

§      ai componenti del consiglio di amministrazione;

§      al direttore generale

§      ad altri dirigenti che possono assumere rischi rilevanti per la banca.

Il contenimento della componente variabile della retribuzione è effettuato in modo tale da assicurarne l'effettivo collegamento con i risultati aziendali, con i rischi cui la banca è esposta e con l'esigenza di mantenere adeguati livelli di patrimonializzazione.

In caso di inosservanza, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria (da 2.580 a 129.110 euro) prevista dall'articolo 144, commi 1 e 2, del Testo Unico Bancario, di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993 , secondo la procedura prevista dall'articolo 145 dello stesso decreto legislativo.

 

L’articolo 145 prescrive che la Banca d'Italia o l'UIC, nell'àmbito delle rispettive competenze, contestati gli addebiti alle persone e alla banca, alla società o all'ente interessati e valutate le deduzioni presentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte applichino le sanzioni con provvedimento motivato

Alla riscossione delle sanzioni titolo si provvede mediante ruolo secondo i termini e le modalità previsti della riscossione mediante ruolo disciplinata dal D.P.R. n. 602 del 1973. Le banche, le società o gli enti ai quali appartengono i responsabili delle violazioni rispondono, in solido con questi, del pagamento della sanzione e delle spese di pubblicità previste dal primo periodo del comma 3 e sono tenuti a esercitare il regresso verso i responsabili.

 

Una ulteriore condizione è posta a MPS dal comma 5. Si prevede infatti che qualora il bilancio approvato evidenzi una perdita di esercizio, non possono essere corrisposti interessi sugli altri strumenti finanziari subordinati il cui contratto preveda la facoltà per la banca emittente di non corrispondere la remunerazione in caso di andamenti negativi della gestione.

In sostanza, in presenza di una perdita di esercizio la banca dovrà attivare le clausole contrattuali (ove presenti) che le consentono di non corrispondere interessi su altri strumenti finanziari subordinati computabili nel patrimonio di vigilanza.


 

Articolo 23-novies
(Procedura)

 


1. L'Emittente, se intende emettere Nuovi Strumenti Finanziari, trasmette al Ministero e alla Banca d'Italia, almeno trenta giorni prima della data di sottoscrizione prevista, una richiesta che include:

a) la delibera del consiglio di amministrazione;

b) l'importo della sottoscrizione richiesta;

c) il valore nominale iniziale di ciascuno strumento finanziario emesso;

d) la data di sottoscrizione prevista;

e) il Piano di cui all'articolo 23-octies, comma 3.

2. Entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al precedente comma, la Banca d'Italia valuta:

a) l'adeguatezza del Piano, avendo riguardo anche alla conformità del Piano alla normativa europea in materia di aiuti di Stato, secondo quanto previsto dall'articolo 23-octies e dalle disposizioni di vigilanza;

b) l'adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica dell'Emittente;

c) il profilo di rischio dell'Emittente;

d) le caratteristiche dei Nuovi Strumenti Finanziari, la loro conformità al presente decreto e al decreto previsto dall'articolo 23-duodecies, la loro computabilità nel patrimonio di vigilanza;

e) l'ammontare dei Nuovi Strumenti Finanziari al fine del conseguimento delle finalità di cui all'articolo 23-sexies, comma 1.

3. La Banca d'Italia può chiedere all'Emittente chiarimenti, integrazioni ed effettuare accertamenti. In tali casi il termine di cui al comma 2 è sospeso. Le valutazioni di cui al comma 2 sono comunicate all'Emittente e al Ministero.

4. La sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari da parte del Ministero è effettuata, per l'ammontare di cui al comma 2, lettera e), comunicato dalla Banca d'Italia, sulla base della positiva valutazione da parte della stessa degli elementi di cui al comma 2.

5. Il Ministero sottoscrive i Nuovi Strumenti Finanziari dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 23-undecies.

6. La sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari è approvata con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.


 

 

L'articolo 23-novies delinea la procedura di valutazione dell'operazione di emissione dei nuovi strumenti finanziari da parte di MPS, nonché di sottoscrizione degli stessi da parte del Ministero dell'economia e delle finanze.

Si prevede pertanto l'invio di una richiesta da parte della banca - il cui contenuto è dettagliato dalla norma - accompagnata dalla documentazione necessaria ai fini delle valutazioni che saranno effettuate dalla Banca d’Italia.

Per quanto riguarda la sottoscrizione, essa sarà effettuata, a seguito della positiva valutazione dell’operazione, per l'ammontare necessario al rafforzamento patrimoniale richiesto dalla raccomandazione dell'European Banking Authority (EBA) dell’8 dicembre 2011.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che, qualora MPS intenda emettere i nuovi strumenti finanziari, almeno trenta giorni prima dalla data di sottoscrizione prevista deve trasmettere una richiesta al Ministero dell'economia e delle finanze e alla Banca d’Italia contenente:

§       la delibera del consiglio di amministrazione;

§       l’importo della sottoscrizione richiesta;

§       il valore nominale iniziale di ciascuno strumento finanziario emesso;

§       la data di sottoscrizione prevista;

§       il piano di ristrutturazione (ex articolo 23-octies, alla cui scheda si rinvia, la cui presentazione è condizione per la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari anche secondo la disciplina degli aiuti di stato alle banche recata dalla comunicazione della commissione europea del 6 dicembre 2011).

 

L’articolo 23-octies, comma 3 del provvedimento in esame impone ad MPS di presentare, conformemente a quanto previsto dalla Comunicazione della Commissione UE del 6 dicembre 2011, un piano di ristrutturazione conforme alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[325], anche per quanto attiene alle strategie commerciali e di espansione, alle politiche di distribuzione degli utili e ai meccanismi di remunerazione e incentivazione. Il piano e le sue eventuali successive variazioni dovranno essere presentati alla Commissione europea, ai sensi del paragrafo 14 della citata Comunicazione della Commissione.

 

Il comma 2 individua l’oggetto della valutazione da effettuare da parte della Banca d’Italia, entro i quindici giorni successivi alla predetta richiesta.

Le valutazioni concernono:

§       l’adeguatezza del piano di ristrutturazione, anche riguardo alla sua conformità alla normativa europea in materia di aiuti di Stato;

§       l’adeguatezza patrimoniale attuale e prospettica di MPS;

§       il suo profilo di rischio;

§       le caratteristiche dei nuovi strumenti finanziari, la loro conformità al testo in esame e alle norme attuative (di cui al successivo articolo 23-duodecies), la loro computabilità nel patrimonio di vigilanza;

§       l’ammontare dei nuovi strumenti finanziari ai fini del conseguimento degli obiettivi di rafforzamento patrimoniale previsti in attuazione della raccomandazione della European Banking Authority dell’8 dicembre 2011.

 

Al riguardo si ricorda che la Banca d’Italia, nell’audizione svoltasi al Senato il 10 luglio 2012 in occasione dell’esame del decreto in commento, ha rammentato che nella comunicazione della fine di giugno 2012 MPS stimava il fabbisogno patrimoniale residuo – al netto delle misure già intraprese -, da colmare per raggiungere l’obiettivo fissato dall’esercizio EBA, in un ammontare compreso tra 1,3 e 1,7 miliardi, con un’incertezza legata tra l’altro alle valutazioni finali del bilancio al 30 giugno.

L’articolo 23-sexies, comma 1 dispone che l’operazione di sottoscrizione degli strumenti finanziari emessi da MPS abbia un ammontare fino a 2 miliardi di euro, più una ulteriore quota (1,9 miliardi) per sostituire i cd. “Tremonti bond”.

 

Tali valutazioni sono poi comunicate a MPS e al Ministero.

 

La Banca d’Italia può chiedere chiarimenti ed integrazioni a MPS ed effettuare accertamenti; le predette attività sospendono il termine, pari a quindici giorni, per l'espressione delle valutazioni (comma 3).

 

I successivi tre commi concernono la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, la quale:

§       è subordinata alla valutazione positiva da parte della Banca d’Italia degli elementi di cui al comma 2; l'ammontare sottoscritto - che viene comunicato dalla Banca d’Italia - è quello necessario al conseguimento degli obiettivi previsti in attuazione della citata raccomandazione dell'EBA (comma 4);

§       avviene dopo l’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (previsto dall’articolo 23-undecies) con cui sono individuate le risorse per il finanziamento dell'operazione (comma 5);

§       è approvata con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (comma 6).


 

Articolo 23-decies
(Caratteristiche dei Nuovi Strumenti Finanziari)

 


1. I Nuovi Strumenti Finanziari sono privi dei diritti indicati nell'articolo 2351 del codice civile e sono convertibili in azioni ordinarie a richiesta dell'Emittente. L'esercizio della facoltà di conversione è sospensivamente condizionato alla deliberazione in ordine al relativo aumento di capitale. A tal fine le deliberazioni previste dall'articolo 2441, quinto comma, e dall'articolo 2443, secondo comma, del codice civile sono assunte con le stesse maggioranze previste per le deliberazioni di aumento di capitale dagli articoli 2368 e 2369 del codice civile.

2. È prevista a favore dell'Emittente la facoltà di rimborso o riscatto, a condizione che l'esercizio della facoltà di rimborso o riscatto sia autorizzato dalla Banca d'Italia, avendo riguardo alle condizioni finanziarie e di solvibilità dell'Emittente e del relativo gruppo bancario.

3. Il pagamento degli interessi sui Nuovi Strumenti Finanziari dipende dalla disponibilità di utili distribuibili ai sensi dell'articolo 2433 del codice civile. La delibera con la quale l'assemblea decide sulla destinazione degli utili è vincolata al rispetto delle condizioni di remunerazione dei Nuovi Strumenti Finanziari.

4. Se gli interessi non sono corrisposti, per assenza o incapienza degli utili distribuibili, l'Emittente assegna al Ministero azioni ordinarie di nuova emissione per una quota del patrimonio netto corrispondente all'importo della cedola non corrisposta. Il relativo aumento di capitale, o, comunque, l'emissione delle azioni e la conseguente modifica nello statuto dell'indicazione del numero di azioni ordinarie sono deliberati dal consiglio di amministrazione.

5. All'assunzione di partecipazioni azionarie nell'Emittente da parte del Ministero conseguente alla sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari non si applicano:

a) le disposizioni di cui ai capi III e IV del titolo II del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;

b) le disposizioni degli articoli 106, comma 1, e 109, comma 1, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58;

c) eventuali limiti di possesso azionario previsti da disposizioni legislative o statutarie.

6. Il consiglio di amministrazione dell'Emittente delibera in merito all'emissione dei Nuovi Strumenti Finanziari.

7. Con il decreto di cui all'articolo 23-duodecies sono specificate le caratteristiche dei Nuovi Strumenti Finanziari individuate dal presente decreto e definite le ulteriori caratteristiche degli stessi.


 

 

L'articolo 23-decies individua le caratteristiche principali dei nuovi strumenti finanziari emessi dalla Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS) e sottoscritti dal Ministero dell’economia e delle finanze. Essi sono privi del diritto di voto e convertibili in azioni a richiesta dell’emittente; possono essere riscattati o rimborsati a richiesta di MPS, salvo autorizzazione di Banca d’Italia. Il pagamento dei relativi interessi è condizionato dalla disponibilità di utili distribuibili; se gli interessi non sono assegnati per mancanza di utili, si provvede ad assegnare al Ministero azioni ordinarie per una quota di patrimonio corrispondente all’importo della cedola non corrisposta.

 

Le caratteristiche non specificamente individuate dall’articolo in esame (comma 7 ) sono demandate al decreto ministeriale di attuazione del Capo II del decreto-legge, da emanarsi entro il 27 luglio 2012 (ai sensi del successivo articolo 11, alla cui scheda di lettura si rinvia).

 

Più in dettaglio, ai sensi del comma 1 i nuovi strumenti finanziari:

§       sono privi dei diritti indicati nell’articolo 2351 del codice civile.

Si ricorda che, in linea generale, ogni azione attribuisce il diritto di voto. Tuttavia, salve diverse disposizioni di legge, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato ovvero subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, ma il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale. Alcune tipologie di strumenti finanziari (forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti, da distribuire ai prestatori di lavoro dipendenti della società o di società controllate) possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati. Anche i cd. “Tremonti bond” presentavano questa caratteristica (articolo 12, comma 1 del D.L. 185 del 2008), così come la successiva convertibilità in azioni, anche se a condizioni meno stringenti.

§       sono convertibili in azioni ordinarie a richiesta di MPS; l’esercizio della facoltà di conversione è tuttavia sospensivamente condizionato alla deliberazione di aumento di capitale.

 

Sono peraltro previste regole semplificate, rispetto alla disciplina ordinaria del codice civile, per quanto concerne i quorum richiesti per l’approvazione della deliberazione di aumento di capitale.

 

Il comma 2 attribuisce all’emittente la facoltà di rimborso o riscatto dei nuovi strumenti finanziari. L’esercizio di tali facoltà è tuttavia condizionato alla autorizzazione dalla Banca d’Italia, avendo riguardo alle condizioni finanziarie e di solvibilità sia dell’emittente che del gruppo bancario relativo.

 

Il comma 3 fa dipendere il pagamento degli interessi sui nuovi strumenti finanziari dalla disponibilità di utili distribuibili, ai sensi dell'articolo 2433 del codice civile (con disposizione di tenore simile a quanto previsto per i “Tremonti bond” dall’articolo 12, comma 3 del D.L. 185 del 2008)

 

Il richiamato articolo 2433 del codice civile stabilisce che la deliberazione sulla distribuzione degli utili è adottata dall'assemblea che approva il bilancio ovvero, qualora il bilancio sia approvato dal consiglio di sorveglianza, dall'assemblea convocata a norma dell'articolo 2364-bis, secondo comma.

Non possono essere pagati dividendi sulle azioni, se non per utili realmente conseguiti e risultanti dal bilancio regolarmente approvato.

Se si verifica una perdita del capitale sociale, non può farsi luogo a ripartizione di utili fino a che il capitale non sia reintegrato o ridotto in misura corrispondente.

I dividendi erogati in violazione delle disposizioni del presente articolo non sono ripetibili, se i soci li hanno riscossi in buona fede in base a bilancio regolarmente approvato, da cui risultano utili netti corrispondenti.

 

Lo stesso comma specifica altresì che, in tal caso, la delibera con la quale l'assemblea decide sulla destinazione degli utili è vincolata al rispetto delle condizioni di remunerazione degli strumenti finanziari stessi.

 

La mancata corresponsione degli interessi per assenza o incapienza degli utili distribuibili è disciplinata dal comma 4.

 In tale ipotesi si prevede che MPS debba assegnare al Ministero dell'economia e delle finanze azioni ordinarie di nuova emissione per una quota del patrimonio netto corrispondente all’importo della cedola non corrisposta.

In tal caso, inoltre, l'aumento di capitale relativo - o, comunque, l’emissione delle azioni e la conseguente modifica dell’indicazione del numero di azioni ordinarie nello statuto - devono essere deliberati dal consiglio di amministrazione.

 

Come evidenziato dalla Relazione illustrativa (A.S. 3382), tale previsione semplificata di aumento di capitale ha finalità di snellire gli adempimenti; inoltre, poiché lo statuto di MPS prevede che le azioni non abbiano valore nominale, è stata presa in considerazione anche l’ipotesi che l’emittente, fermo restando l’ammontare del capitale, aumenti il numero delle azioni ordinarie da cui questo è rappresentato.

 

Poiché la legge prevede che i “Tremonti bond” emessi dalla banca nel 2009 siano contestualmente sostituiti con le nuove emissioni, il MEF beneficerà delle nuove condizioni relative al pagamento degli interessi anche sulla vecchia emissione.

 

Il comma 5 elenca una serie di disposizioni di cui si prevede la disapplicazione nell'ipotesi in cui il Ministero dell'economia e delle finanze venisse ad assumere partecipazioni azionarie in MPS a seguito della sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari.

 

La Relazione illustrativa al D.L. 87/2012 (A.S. 3382) sottolinea come, in considerazione della possibilità che il meccanismo di cui al comma 4 porti il Ministero ad assumere partecipazioni rilevanti, si sia ritenuto - in ragione delle caratteristiche dell’acquirente e dell’operazione - di disapplicare nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze le disposizioni in materia di acquisizione di partecipazioni nella banche e in materia di obbligo di offerta pubblica di acquisto, nonché il limite di possesso azionario previsto dallo statuto di MPS.

 

 

 

All’assunzione di partecipazioni azionarie in MPS da parte del Ministero non si applicano pertanto:

§       le disposizioni di cui al capo III (partecipazioni nelle banche) e al capo IV (requisiti di professionalità e di onorabilità nelle banche) del titolo II del decreto legislativo n. 385 del 1993[326];

§       le disposizioni degli articoli 106, comma 1 (in materia di offerta pubblica di acquisto totalitaria), e 109, comma 1 (in materia di acquisto di concerto), del decreto legislativo n. 58 del 1998[327];

§       gli eventuali limiti di possesso azionario previsti da disposizioni legislative o statutarie.

 

Il comma 6 attribuisce il potere di deliberare in merito all’emissione dei nuovi strumenti finanziari al consiglio di amministrazione di MPS.


 

Articolo 23-undecies
(Risorse finanziarie)

 


1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate le risorse necessarie per finanziare la sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari. Le predette risorse, da iscrivere in apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, sono individuate mediante:

a) riduzione lineare delle dotazioni finanziarie, a legislazione vigente, delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con esclusione delle dotazioni di spesa di ciascuna missione connesse a stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse; alle spese per interessi; alle poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili con le regioni; ai trasferimenti a favore degli enti territoriali aventi natura obbligatoria; del fondo ordinario delle università; delle risorse destinate alla ricerca; delle risorse destinate al finanziamento del 5 per mille delle imposte sui redditi delle persone fisiche; nonché di quelle dipendenti da parametri stabiliti dalla legge o derivanti da accordi internazionali;

b) riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa;

c) utilizzo temporaneo mediante versamento in entrata di disponibilità esistenti sulle contabilità speciali nonché sui conti di tesoreria intestati ad amministrazioni pubbliche ed enti pubblici nazionali con esclusione di quelli intestati alle Amministrazioni territoriali, nonché di quelli riguardanti i flussi finanziari intercorrenti con l'Unione europea ed i connessi cofinanziamenti nazionali, con corrispondente riduzione delle relative autorizzazioni di spesa e contestuale riassegnazione al predetto capitolo;

d) emissione di titoli del debito pubblico.

2. Lo schema del decreto di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica e dei correlati decreti di variazione di bilancio, è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario. I pareri sono espressi entro quindici giorni dalla data di trasmissione. Il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento ai profili finanziari, trasmette nuovamente alle Camere lo schema di decreto, corredato dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, da esprimere entro dieci giorni dalla data di trasmissione. Decorsi inutilmente i termini per l'espressione dei pareri, il decreto può essere comunque adottato. Il decreto e i correlati decreti di variazione di bilancio sono comunicati alla Corte dei conti.


 

 

L'articolo 23-undecies, che riproduce il contenuto dell’articolo 10 del D.L. n. 87/2012, demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - da trasmettere alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario - l'individuazione, nell’ambito di opzioni prestabilite, delle risorse per finanziare la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari.

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo prevede che le risorse necessarie per finanziare la sottoscrizione dei nuovi strumenti finanziari siano individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, ed iscritte in un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia.

Il suddetto decreto del Presidente del Consiglio e i correlati decreti di variazione di bilancio devono essere comunicati alla Corte dei conti.

 

Tali risorse - il cui importo non è quantificato - sono individuate, in relazione ad ogni operazione, mediante:

a)   la riduzione lineare delle dotazioni finanziarie, a legislazione vigente, delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con esclusione di alcune categorie di spesa assimilabili in larga parte a spese di carattere obbligatorio o aventi natura obbligatoria, cui si aggiungono altre specifiche spese ritenute “indisponibili”. Si tratta, in particolare, delle dotazioni di ciascuna missione connesse a:

-        stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse;

-        spese per interessi;

-        poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili con le regioni;

-        trasferimenti a favore degli enti territoriali aventi natura obbligatoria;

-        le risorse destinate al fondo ordinario delle università; alla ricerca; al finanziamento del 5 per mille dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, nonché, in generale, le spese dipendenti da parametri stabiliti dalla legge o derivanti da accordi internazionali.

b)   la riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa;

c)   l’utilizzo temporaneo mediante versamento in entrata di disponibilità esistenti sulle contabilità speciali, nonché sui conti di tesoreria intestati ad Amministrazioni pubbliche ed enti pubblici nazionali, con esclusione di quelli intestati alle Amministrazioni territoriali, nonché di quelli riguardanti i flussi finanziari intercorrenti con l’Unione europea ed i connessi cofinanziamenti nazionali, con corrispondente riduzione delle relative autorizzazioni di spesa e contestuale riassegnazione ad un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia;

d)   l’emissione di titoli del debito pubblico.

 

Con riferimento alle modalità di reperimento delle risorse di cui al comma 1, si osserva come la procedura individuata ricalchi, nella sostanza, quella prevista dall'articolo 12, comma 9, del decreto-legge n. 185 del 2008[328] (relativa ai c.d. "Tremonti bond"): anch'essa infatti demanda ad un D.P.C.M. - da trasmettere al Parlamento e alla Corte dei Conti - l’individuazione delle riduzioni di dotazioni finanziarie stabilite nella legge di bilancio e di singole autorizzazioni legislative di spesa.

In proposito, si rileva, sotto il profilo del rispetto della gerarchia formale delle fonti normative, che il dispositivo attribuisce, di fatto, ad una fonte di rango secondario (i D.P.C.M.), il potere di ridurre le risorse iscritte in bilancio in virtù di autorizzazioni di spesa assunte dal Parlamento con formali atti di natura legislativa. La Relazione tecnica sottolinea, al riguardo, come la disposizione intenda garantire la tempestività dell’intervento, giustificata dalla situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali.

 

Il comma 2 del testo in esame - così come il citato decreto-legge n. 185 del 2008 - prevede peraltro, come accennato, un meccanismo teso atto ad assicurare l’esercizio della funzione di controllo parlamentare relativamente all'utilizzo con atto amministrativo di risorse autorizzate con legge di bilancio o comunque predeterminate con legge.

A tal fine si dispone che lo schema del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, corredato da relazione tecnica, debba essere trasmesso al Parlamento per l'espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario da esprimersi entro quindici giorni; il Governo, qualora non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento ai profili finanziari, è chiamato a trasmettere nuovamente alle Camere lo schema di decreto corredato dai necessari elementi integrativi di informazione, per il parere definitivo delle Commissioni, da esprimersi entro dieci giorni dalla data di trasmissione, decorsi inutilmente i termini il decreto potrà comunque essere adottato.


 

Articolo 23-duodecies
(Disposizioni di attuazione)

 


1. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le disposizioni di attuazione del presente titolo ed il prospetto dei Nuovi Strumenti Finanziari. Il prospetto disciplina la remunerazione, i casi di riscatto, rimborso e conversione nonché ogni altro elemento necessario alla gestione delle fasi successive alla sottoscrizione dei Nuovi Strumenti Finanziari.

2. Il Ministero delle economia e delle finanze riesamina le misure previste dal presente titolo secondo quanto previsto dalle comunicazioni della Commissione europea.

2-bis. Per garantire la maggiore efficienza operativa, ai fini della contribuzione alla sottoscrizione del capitale per la partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità (MES), mediante i versamenti stabiliti dagli articoli 9 e 41 del Trattato che istituisce il medesimo Meccanismo, sono autorizzate emissioni di titoli di Stato a medio-lungo termine, le cui caratteristiche sono stabilite con decreti di emissione che destinano tutto o parte del netto ricavo a tale finalità.


 

 

L'articolo 23-duodecies del provvedimento in esame affida a un decreto non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze:

§      l’individuazione delle disposizioni attuative della disciplina in commento.

Le norme in esame, al fine di ripatrimonializzare la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. (MPS) in conformità alle indicazioni fornite in sede europea, prevedono un intervento pubblico da attuare mediante sottoscrizione, da parte del Ministero dell’economia e finanze, di nuovi strumenti finanziari emessi dall’istituto di credito;

§      l’individuazione del prospetto dei predetti strumenti finanziari.

 

Più in dettaglio, il comma 1 rinvia ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze per l'individuazione delle disposizioni di attuazione delle norme in esame (e del prospetto dei nuovi strumenti finanziari).

 

Il decreto ministeriale - che doveva essere adottato entro il 27 luglio 2012 -(trenta giorni dall'entrata in vigore del testo in esame), sentita la Banca d’Italia, non è ancora stato pubblicato.

 

Il prospetto di emissione dei nuovi strumenti finanziari dovrà disciplinare:

§      la remunerazione;

§      i casi di riscatto, rimborso e conversione;

§      ogni altro elemento necessario alla gestione delle fasi successive alla sottoscrizione.

 

Nel fissare le caratteristiche degli strumenti finanziari si dovrà tener conto – tra l’altro – della citata Comunicazione del 6 dicembre 2011 della Commissione dell’Unione europea, che prescrive condizioni volte ad assicurare che l’intervento dello Stato avvenga secondo criteri di economicità, ad esempio fissando condizioni di remunerazione coerenti con le dimensioni relative dell’intervento e il grado di rischio dello strumento. Il comma 2 prescrive infatti il riesame da parte del Ministero delle economia e delle finanze delle misure disposte in favore di MPS alla luce delle comunicazioni della Commissione europea.

Il comma 2-bis dispone, al fine di migliorare l’efficienza operativa per la sottoscrizione del capitale di partecipazione al Meccanismo europeo di stabilità (MES) – la cui ratifica è stata recentemente autorizzata con legge 23 luglio 2012, n. 116 – mediante i versamenti stabiliti agli articoli 9 e 41 del Trattato medesimo, l’autorizzazione all’emissione di titoli di Stato a medio-lungo termine, le cui caratteristiche saranno stabilite con appositi decreti di emissione.

L’articolo 9 del Trattato prevede che possa essere richiesto agli Stati membri in qualsiasi momento il versamento del capitale autorizzato e non versato; l’articolo 41 detta la disciplina per la corresponsione delle quote del capitale inizialmente sottoscritto, che deve avvenire in cinque rate annuali, ciascuna pari al 20% del totale, prevedendosi altresì, nel corso del quinquennio, che il versamento stesso possa essere accelerato per garantire la congruità tra l’importo delle emissioni del MES ed ammontare del capitale versato.

La relazione tecnica alla norma in questione (A.S. 3382) precisa che con la stessa si rende più spedita la procedura per il finanziamento delle rate di contribuzione, secondo una prassi già in corso da parte del Dipartimento del tesoro, che emana i decreti di emissione dei titoli di Stato sulla base di un apposito “decreto cornice” annuale del Ministro dell’economia e delle finanze.


 

Articolo 24
(Copertura finanziaria)

 


1. Agli oneri derivanti dagli articoli 2, comma 11, 3, comma 16, 3-bis, comma 6, 5, comma 1, 7, comma 21, 21, comma 1, 22 e 23, ad esclusione del comma 9, del presente provvedimento, pari a 3.780,250 milioni di euro per l'anno 2012, a 10.544 milioni di euro per l'anno 2013, a 11.157,150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, che aumentano a 10.558,328 milioni di euro per l'anno 2013, a 11.207,150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014 ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, si provvede mediante utilizzo di parte delle maggiori entrate e delle minori spese recate dal presente provvedimento.

2. I risparmi di spesa derivanti dall'applicazione delle misure del presente decreto, non utilizzati per la copertura dello stesso sono destinati al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del presente decreto.


 

 

L’articolo 24 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri derivanti da talune disposizioni contenute nel provvedimento, attraverso l’utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese recate dal provvedimento. I risparmi di spesa non utilizzati per la copertura, sono destinati al miglioramento dei saldi di finanza pubblica

 

Tali oneri vengono quantificati, complessivamente, in 3.780,2 milioni di euro per l'anno 2012, 10.544 milioni di euro per l'anno 2013; 11.157,1 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, in termini di saldo netto da finanziare.

 

In termini di fabbisogno e di indebitamento netto, gli effetti finanziari derivanti dalle norme del provvedimento risultano superiori agli oneri calcolati sul saldo netto da finanziare, ad aumentano a 10.558,3 milioni di euro l'anno 2013 e a 11.207,1 milioni a decorrere dall'anno 2014.

 

In coerenza con le regole dettate dalla legge di contabilità n. 196/2009, la norma in esame dispone la copertura con riferimento agli oneri che le indicate norme del provvedimento determinano sull’indebitamento netto - atteso che tali oneri risultano di ammontare superiore a quelli che si producono in termini di saldo netto[329] - ai quali si provvede mediante utilizzo di quota parte delle maggiori entrate e delle minori spese recate dal provvedimento.

Gli oneri indicati sono relativi alle seguenti disposizioni:

§      articolo 2, comma 11, relativamente agli effetti fiscali derivanti dalle norma in tema di riduzione delle dotazioni organiche del pubblico impiego;

§      articolo 3, comma 16, che prevede la possibilità di assolvere l’imposta di registro relativa alle concessioni aventi ad oggetto immobili appartenenti al demanio annualmente sull’ammontare del canone di concessione relativo a ciascun anno;

§      articolo 3-bis, comma 6, che autorizza la spesa di 450 milioni annui, a decorrere dal 2013, per l’attuazione di interventi agevolativi per le zone colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012;

§      articolo 5, comma 1, che reca la riduzione di un punto percentuale dell’aggio sulle somme riscosse dalle società agenti del servizio nazionale della riscossione, sui ruoli emessi dal 1° gennaio 2013;

§      articolo 7, comma 21, che prevede la destinazione al Fondo per la ricostruzione di quota parte delle complessive riduzioni di spesa previste dal decreto-legge in esame, per un importo pari a 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014;

§      articolo 21, comma 1, che prevede il posticipo dell'incremento delle aliquote IVA del 2 per cento, stabilito dal D.L. n. 201 del 2011, dal 1° ottobre 2012 al 1o luglio 2013, e fino al 31 dicembre 2013 (anziché al 31 dicembre 2012);

§      articolo 22, che prevede l’aumento di 55.000 unità dei soggetti salvaguardati dall’incremento dei requisiti pensionistici disposto dalla recente riforma delle pensioni;

§      articolo 23 (ad esclusione del comma 9), che reca il finanziamento di interventi vari.

 

Il comma 2 destina i risparmi di spesa derivanti dall’applicazione delle misure contenute nel decreto in esame, non utilizzati per la copertura, al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

Il comma 3 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del decreto.


 

Articolo 24-bis
(Clausola di salvaguardia)

 


1. Fermo restando il contributo delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano all'azione di risanamento così come determinata dagli articoli 15 e 16, comma 3, le disposizioni del presente decreto si applicano alle predette regioni e province autonome secondo le procedure previste dai rispettivi statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, anche con riferimento agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali dei predetti enti territoriali e agli altri enti o organismi ad ordinamento regionale o provinciale.


 

 

L’articolo 24-bis reca la clausola di compatibilità con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

La norma in esame, introdotta nel corso dell'esame parlamentare, introduce il principio che tutte le disposizioni recate dal decreto-legge si applicano alle regioni a statuto speciale secondo le procedure previste dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione. Viene inoltre specificato che rimane fermo quanto stabilito dagli articoli 15 e 16, comma 3, del provvedimento, nei quali rispettivamente, sono previsti risparmi di spesa a carico delle regioni e delle province autonome nel settore sanitario e viene indicato il concorso delle autonomie speciali agli obiettivi complessivi di riduzione della spesa ivi quantificati.

Va peraltro rilevato come i due articoli suddetti, nell’indicare i predetti obiettivi di contenimento della spesa, prevedano entrambi che a tali risultati si proceda in base all’articolo 27 delle legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale, vale a dire sulla base delle norme di attuazione degli statuti speciali. Le stesse inoltre, con formulazioni di tenore in buona parte analogo, prevedono che fino all’emanazione delle necessarie norme di attuazione, gli importi corrispondenti alle quote di risparmio da conseguire vengano comunque acquisiti.

In particolare l’articolo 15, comma 22, dispone che per le Regioni a statuto speciale e le province autonome fino all'emanazione delle suddette norme di attuazione la quota di risparmio a ciascuna spettante è accantonato annualmente a valere sulle quote spettanti di compartecipazione ai tributi erariali[330] (fonte primaria del sistema di finanziamento di questi enti e determinate per ciascuno di essi dallo statuto di autonomia).

Anche l’articolo 16, comma 3 stabilisce che finché non siano emanate le norme attuative l'importo del risparmio sia accantonato annualmente a valere sulle quote di compartecipazioni ai tributi erariali; prevede inoltre che l’importo medesimo sia stabilito sulla base di apposito accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni, tra le autonomie speciali e il Governo, (da recepire con D.M. entro il 30 settembre 2012), ma che nel caso in cui l'accordo non venga raggiunto, l'accantonamento sia effettuato con decreto del Ministero dell’economia entro il 15 ottobre 2012, in proporzione alle spese per consumi intermedi riferibili agli enti interessati.

 

Dalla formulazione della clausola di salvaguardia in questione consegue che le disposizioni del decreto-legge si applicano nei territori delle autonomie speciali solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di tali autonomie, sulla base delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione.

L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie (ora leggi di stabilità[331]) con la finalità di prevenire possibili contenziosi sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di competenza delle autonomie speciali.

Peraltro la Corte costituzionale ha affermato in alcune di pronunce concernenti le leggi finanziarie, che «simili clausole, formulate in termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potestà legislativa regionale»[332]. D'altra parte, in recenti pronunce, la stessa Corte, in virtù della presenza della clausola di salvaguardia, ha dichiarato non fondate le questioni sollevate in merito a norme che, proprio perché in contrasto con lo statuto speciale, non sono applicabili alle regioni a statuto speciale[333].

Va peraltro rilevato che l’articolo 24-bis in esame, oltre a riportare quella che può sostanzialmente ritenersi la normale dizione concernente la clausola di salvaguardia, ne inserisce anche una estensione, finora non rinvenibile nelle clausole in questione, in cui si dispone che l’attuazione secondo le procedure degli statuti speciali operi “anche con riferimento agli enti locali delle autonomie speciali che esercitano le funzioni in materia di finanza locale, agli enti ed organismi strumentali dei predetti enti territoriali, e agli altri enti o organismi ad ordinamento regionale o provinciale”.

Sulle ragioni di tale più ampia formulazione della clausola in esame non risultano rinvenibili specifiche indicazioni nell’esame svoltosi presso il Senato.

Si ricorda infine che le regioni a statuto speciale e le province autonome, secondo quanto stabilito dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione, hanno competenza legislativa primaria in materia di enti locali, in relazione all’ordinamento, alle circoscrizioni territoriali ed alla finanza[334].


 

Articolo 25
(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

L'articolo 25 dispone l'entrata in vigore del decreto in esame dal 7 luglio 2012, giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (ossia il 6 luglio 2012).

 

Si segnala che le disposizioni ai sensi comma 83 dell’articolo 12 relative alla nuova composizione del Comitato centrale per l’Albo nazionale degli autotrasportatori entrano in vigore il 1° gennaio 2013.



 



[1]     D.L. 6 luglio 2011, n. 98, “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.

[2]     Per effetto di tale equiparazione, nei casi di assenze per malattia, per tali categorie di personale non viene mai meno il trattamento accessorio.

[3]     Legge 24 dicembre 2007, n. 244, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2008).

[4]     Originariamente, tali limitazioni erano state disposte per il 2010 in misura pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. Il contingente è stato ridotto al 20% del personale cessato nell'anno precedente, dall’articolo 66, comma 7, del D.L. 112/2008, con limitazione estesa al 2013 dall’articolo 9, comma 5, del D.L. 78/2010.

[5]     Indicate all’articolo 1, comma 523 della legge 296/2006 (Legge finanziaria per il 2007). Si tratta delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia ed il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle agenzie, incluse le agenzie fiscali di cui al D.lgs. 300/1999, degli enti pubblici non economici e degli enti pubblici di cui all'articolo 70, comma 4, del D.lgs. 165/2001.

[6]     Si ricorda che il comma 8 in esame ha abrogato l'articolo 1, comma 103, della legge 311/2004 (Finanziaria per il 2005), il quale prevede che a decorrere dall'anno 2013, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, e all'articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001, possono, previo esperimento delle procedure di mobilità, effettuare assunzioni a tempo indeterminato entro i limiti delle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente.

[7]     Per queste ultime si veda il commento all'articolo 2 del decreto-legge in esame

[8]     D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. La norma richiamata disposizione prevede che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento siano adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

[9]     Abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. 49/2012.

[10]    In particolare, l’art. 1, co. 3, del D.L. 216/2011 ha esteso al quadriennio 2009-2012 la validità della disposizione, precedentemente limitata al triennio 2009-2011. La relazione illustrativa evidenziava che “tale proroga si rende necessaria in considerazione della preminente destinazione delle risorse all'assunzione di ricercatori disposta dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009, nonché dei ritardi per lo svolgimento delle procedure concorsuali dovuti all'applicazione delle norme introdotte dall'articolo 1 citato”. Allo stesso tempo, proseguiva la relazione, “si rende, inoltre, opportuno estendere al 2012 le attuali disposizioni in termini di limiti per le assunzioni nel triennio 2009-2011, riferite a un limite di spesa non superiore al 50 per cento di quella relativa al personale cessato dal servizio nell'anno precedente”.

[11]    L’originario primo periodo del co. 13 dell’art. 66 del D.L. n. 112/2008 prevedeva che per il triennio 2009-2011 le assunzioni delle atenei fossero soggette al limite del 20% della spesa relativa al personale cessato nell’anno precedente, e che, in ogni caso, il numero delle unità assunte non poteva eccedere, ogni anno, il 20% delle unità cessate l’anno precedente.

[12]    Per completezza, si ricorda che l’art. 1, co. 3, del D.L. 216/2011 ha anche soppresso il sesto periodo del co. 13 dell’art. 66 che introduceva, a decorrere dal 2012, anche il vincolo che il numero delle unità da assumere non poteva eccedere il 50% delle unità cessate nell’anno precedente.

[13]    La nuova disciplina sostituisce quella recata dall’art. 1, co. 105, della L. 311/2004, dall’art. 51, co. 4, della L. 449/1997, e dall’art. 1, co. 1, del D.L. 180/2008 (L. 1/2009): tali disposizioni sono abrogate dall’art. 11, co. 1, lett. a), b) e c), del D.lgs. 49/2012.

[14]http://www.intra.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg16/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201203/0322/html/07/.

[15]http://www.senato.intranet/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=665019

[16]    Istituito con D.M. 8 luglio 2005 (G.U. 2 agosto 2005, n. 178).

[17]    Istituito con D.M. 18 novembre 2005 (G.U. 1 dicembre 2005, n. 280).

[18]    Istituito con D.M. 18 novembre 2005 (G.U. 30 novembre 2005, n. 279).

[19]    Si veda, in particolare, art. 1, co. 1, lett. b), del decreto legislativo.

[20]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[21]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”. Si ricorda che il citato comma 643 ha autorizzato gli enti di ricerca pubblici, per gli anni 2008 e 2009, a procedere ad assunzioni di personale con rapporto a tempo indeterminato entro il limite dell’80% delle proprie entrate correnti complessive, purché nei limiti delle risorse relative alle cessazioni di rapporti a tempo indeterminato verificatesi nell’anno precedente.

[22]    L. 24 dicembre 2003, n. 350, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2004)”.

[23]    Legge 3 luglio 1998, n. 210, recante Norme per il reclutamento dei ricercatori e dei professori universitari di ruolo.

[24]    L. 30 dicembre 2004, n. 311, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)”.

[25]    D.L. 29 dicembre 2011, n. 216, “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 24 febbraio 2012, n. 14.

[26]    L. 24 dicembre 2007, n. 244, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2008).

[27]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[28]    D.M. 8 febbraio 2006, Definizione, ai sensi dell'articolo 1, comma 98, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, per le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e per l'Unioncamere, degli indicatori di equilibrio economico-finanziario, volti a fissare criteri e limiti per le assunzioni a tempo indeterminato, per il triennio 2005-2007.

[29]    L. 29 dicembre 1993, n. 580, “Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura”.

[30]    D.Lgs. 15 febbraio 2010, n. 23, “Riforma dell'ordinamento relativo alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in attuazione in attuazione dell'articolo 53 della legge 23 luglio 2009, n. 99”.

[31]    L. 23 luglio 2009, n. 99, “Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

[32]    Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

[33]    Riforma dell'ordinamento relativo alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in attuazione dell'articolo 53 della legge 23 luglio 2009, n. 99.

[34]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[35]    D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165, “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”. La norma richiamata disposizione prevede che le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento siano adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell’articolo 39 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, ivi compresa l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, gli enti pubblici non economici e gli enti di ricerca, con organico superiore alle 200 unità, l'avvio delle procedure concorsuali è subordinato all'emanazione di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

[36]    Nella norma in esame non è previsto un termine di scadenza per l’adozione del provvedimento sopra citato.

[37]    Il testo originario (1999) del comma 5 prevedeva l’applicazione di tale disposizione nei confronti degli appartenenti a tutte le Forze armate (peraltro l’articolo 14 è rubricato “Disposizioni relative al personale militare”). Il testo vigente è applicabile solo al personale della Guardia di finanza per effetto delle abrogazioni disposte dall’articolo 2268, comma 1, n. 962), del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare).

[38]    Il co. 2 del medesimo art. 626 dispone, inoltre, l’assegnazione di un contingente di personale ispettivo tecnico e direttivo presso gli uffici diplomatici e consolari ai quali è affidata l’amministrazione di scuole all’estero, per lo svolgimento delle funzioni di coordinamento e di assistenza tecnica. Il contingente è determinato annualmente con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione e il Ministro del tesoro.

      Sia il personale di cui al co. 1 che quello di cui al co. 2 è collocato fuori ruolo.

[39]    Il testo del decreto legge prevede, invece, l’utilizzazione “prioritariamente nella stessa scuola o comunque nella provincia di appartenenza”.

[40]    Si ricorda che con l’art. 1 del D.Lgs. 1277/1948 è stata attribuita la qualifica di insegnanti tecnico-pratici al personale tecnico operante presso gli istituti e le scuole di istruzione tecnica (capi officina, tecnici agrari, maestre di laboratorio e assistenti); ai medesimi è stato, inoltre, riconosciuto lo stato giuridico e il trattamento economico e di carriera dei docenti, entro i limiti prescritti dal medesimo D.Lgs.

[41]    Non inferiori a € 456 mln per il 2009, a € 1.650 mln per il 2010, a € 2.538 mln per il 2011 e a € 3.188 mln a decorrere dal 2012.

[42]    Il medesimoart. 8, co. 14, del D.L. 78/2010 ha, inoltre, disposto che alla destinazione delle risorse in questione si provvede con un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative. Nella GU n. 66 del 22 marzo 2011 è stato, dunque, pubblicato il D.M. 14 gennaio 2011, che, in relazione alle risorse resesi disponibili per il 2010, ha destinato 320 milioni di euro al recupero degli scatti stipendiali bloccati dal D.L. 78/2010, e 31 milioni di euro ai progetti volti a premiare scuole e docenti migliori. Lo stesso D.M. ha previsto che le risorse resesi disponibili per gli anni successivi saranno prioritariamente destinate al recupero degli scatti stipendiali bloccati.

[43]    La Corte costituzionale, con sentenza 04 - 07 giugno 2012, n. 147 (GU 13 giugno 2012, n. 24, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, co. 5, promossa in riferimento agli artt. 117, terzo e sesto comma, 118, 119 e 120, Cost.

[44]    L’istituto della reggenza è regolato, unitamente ad altri incarichi aggiuntivi, dall’art. 19 del CCNL per il personale dirigente dell’area V siglato l’11 aprile 2006. Esso si configura come incarico di natura obbligatoria, non declinabile, conferito dall’amministrazione e remunerato con compenso integralmente e direttamente percepito dal dirigente.

[45]    Con nota n. 4488 del 13 giugno 2012 sono stati individuati i criteri per l'applicazione dell'art. 19, co. 5, del D.L. 98/2011 per il conferimento e il mutamento d’incarico dei dirigenti scolastici per l’a.s. 2012/2013 http://www.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/9909e62c-c489-4228-9697-7d4fad298d77/prot4488_12.pdf.

[46]    L’art. 2 della L. 482/1999 dispone che in attuazione dell'art. 6 Cost., la Repubblica tutela la lingua e la cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche, slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il sardo.

[47]    L’art. 4, co. 70, della L. 183/2011 ha introdotto il co. 5-bis nell’art. 19 del D.L. 98/2011, stabilendo che, a decorrere dall'a.s. 2012-2013, alle istituzioni scolastiche di cui al co. 5 non può essere assegnato, in via esclusiva, un posto di direttore dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e che con decreto del Direttore generale dell’USR il posto è assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche.

[48]    Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare n. 36

      (http://documenti.camera.it/apps/nuovosito/attigoverno/Schedalavori/getTesto.ashx?file=0036.pdf&leg=XVI#pagemode=none).

Per completezza, si ricorda che il rappresentante del Governo, rispondendo alla Camera all’interpellanza urgente 2-00410 (seduta del 2 luglio 2009), concernente, tra l’altro, la mancata approvazione formale da parte del Governo del piano, ha fatto presente che dalla formulazione dei commi 3 e 4 dell’art. 64 del D.L. 112/2008 si evinceva che gli atti aventi rilevanza esterna, giuridicamente qualificati, erano i regolamenti, mentre il piano, costituendo provvedimento a valenza meramente programmatoria, non necessitava di alcun formale atto approvativo. Rammentava, altresì, come la procedura adottata fosse stata pienamente condivisa sia dal Consiglio di Stato, nei pareri resi su due regolamenti attuativi del piano sottoposti al suo esame, sia dalla Corte dei conti, considerato che la sezione di controllo, cui la questione era stata sottoposta, aveva ritenuto di poter ammettere a registrazione il regolamento sulla scuola dell'infanzia e sul primo ciclo.

[49]    In precedenza, l’art. 1, co. 609, della L. 296/2006 aveva affidato al Ministro della pubblica istruzione la predisposizione di uno specifico piano di riconversione professionale dei docenti in soprannumero sull’organico provinciale, finalizzato all’assorbimento del medesimo, che doveva trovare completa attuazione entro l’a.s. 2007-2008. La riconversione era obbligatoria ed era finalizzata alla copertura dei posti di insegnamento per materie affini e dei posti di laboratorio compatibili con l’esperienza professionale maturata, nonché all’acquisizione del titolo di specializzazione per l’insegnamento sui posti di sostegno. L’art. 2, co. 411, lett. d), della L. 244/2007 ha, poi, spostato il termine sopra indicato alla fine dell’a.s. 2009-2010, precisando che la riconversione è attuata anche prescindendo dal possesso dello specifico titolo di studio richiesto per il reclutamento di personale, tramite corsi di specializzazione intensiva, compresi quelli di sostegno. Ancora in precedenza, era intervenuto l’art. 3, co. 89, della L. 350/2003 (legge finanziaria 2004).

[50]    Le classi di concorso per l’insegnamento nella scuola secondaria sono state individuate dal DM 30 gennaio 1998, n. 39, che ha fissato in numero di 100 le classi di concorso a cattedre (annessa Tabella A), in numero di 52 le classi di concorso a posti di insegnamento tecnico-pratico (annessa Tabella C) e in numero di 22 le classi di concorso a posti di insegnamento d’arte applicata (annessa Tabella D). Il decreto ha, altresì, fissato per ciascuna classe di concorso i titoli di studio validi per l’ammissione ai concorsi e gli insegnamenti compresi nelle medesime classi di concorso, specificando, peraltro, se si tratta di insegnamenti impartiti in istituti di istruzione secondaria di primo o di secondo grado. Con il DM 9 febbraio 2005, n. 22, e relativo Allegato A, ad integrazione del DM 39/1998, sono state definite le classi di lauree specialistiche (LS) che danno accesso all’insegnamento nella scuola secondaria e sono stati inseriti taluni diplomi di laurea (DL) del vecchio ordinamento, non previsti in precedenza. Con DM 26 marzo 2009, n. 37, le classi di concorso a cattedre di cui alla tabella A del DM 39/1998, relativamente alla scuola secondaria di I grado, sono state ridefinite in classi di abilitazione. In applicazione dell’art. 64 del D.L. 112/2008, il Consiglio dei ministri ha approvato in prima lettura il 12 giugno 2009 uno schema di regolamento di revisione delle classi di concorso, ancora non pervenuto alle Camere.

[51]    G.U. n. 24 del 31 gennaio 2011.

[52]    Operata dall’art. 2, co. 416, della L. 244/2007.

[53]    In particolare, ai sensi dell’art. 3, co. 2, della L. 341/1990, la formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell’infanzia e della scuola primaria era assicurata da uno specifico corso di laurea, articolato in due indirizzi. Il diploma di laurea costituiva titolo necessario ai fini dell’ammissione ai concorsi per i due ordini di scuola. Sull’argomento si ricorda che, poi, l’art. 5 della L. 53/2003 aveva attribuito all’esame di laurea conclusivo dei corsi in scienze della formazione primaria il valore di esame di Stato ai fini dell’abilitazione all’insegnamento, nonché di titolo per l’inserimento nelle graduatorie permanenti per l’insegnamento. La previsione, abrogata dal già citato art. 2, co. 416, della L. 244/2007, era stata poi ripristinata dall’art. 6 del D.L. 137/2008 (L. 169/2008).

Per la formazione iniziale degli insegnanti della scuola secondaria di primo e di secondo grado l’art. 4, co. 2, prevedeva, invece, una specifica scuola di specializzazione (SSIS) articolata in indirizzi, di durata non inferiore a due anni, cui si accedeva successivamente alla laurea. L’esame finale per il conseguimento del diploma aveva valore di esame di Stato ed abilitava all’insegnamento per le aree disciplinari cui si riferivano i relativi diplomi di laurea. I diplomi rilasciati dalla scuola di specializzazione costituivano titolo di ammissione ai corrispondenti concorsi a posti di insegnamento nelle scuole secondarie. L’accesso alle SSIS è stato sospeso, a partire dall’a.a. 2008/2009 (coincidente con l’avvio del X ciclo delle medesime scuole), dall’art. 64, co. 4-ter, del D.L. 112/2008, proprio in attesa del perfezionamento delle procedure di revisione delle classi di concorso dei docenti e dei parametri per la determinazione degli organici del personale docente ed ATA.

[54]    Nel parere reso il 22 giugno 2009 sullo schema di DM, il Consiglio nazionale della pubblica istruzione aveva invitato ad approfondire la scelta di introdurre specifiche classi di abilitazione per le attività di sostegno didattico agli alunni disabili.

[55]    Pubblicato nella GU 2 aprile 2012, n. 78.

[56]    Per la disciplina previgente, si veda dossier del Servizio Studi n. 184 del 3 maggio 2010 (http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/CU0238.htm).

[57]    http://www.tecnicadellascuola.it/allegati/documenti/Ordinanze/7dm.pdf.

[58]    Al riguardo, la premessa del decreto del 2012 evidenzia che l'Accordo tra il MIUR e la Conferenza nazionale permanente dei presidi di scienze della formazione del 5 luglio 2011 ha previsto che, oltre ai corsi di specializzazione per il sostegno disciplinati dal DM 30 settembre 2011, possano essere attivate altre tipologie di corso/master.

[59]http://www.intra.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/chiscobollt.asp?content=/_dati/leg16/lavori/bollet/framedin.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201206/0619/html/07/.

[60]    Il provvedimento di messa a disposizione, adottato dal competente ufficio periferico del Ministero nei confronti dei docenti in esubero, ne decreta l’utilizzo nell’ambito della scuola di assegnazione. Si vedano, a titolo di esempio,

http://www.abruzzo.istruzione.it/allegati/2009/luglio/CCRI__Utilizzazioni.pdf e http://www.lazio.istruzione.it/csa/allegati/2010/agosto/Prot_12854_18082010_MEDI.pdf.

[61]    Ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 255/2001 (L. 333/2001) – come modificato, da ultimo, dall’art. 9, co. 19, del D.L. 70/2011 ( L. 106/2011) – nei casi di supplenze annuali e di supplenze fino al termine delle attività didattiche, al conferimento degli incarichi provvedono i dirigenti degli organi periferici del Ministero competenti per territorio, entro il 31 agosto di ciascun anno. Decorsa tale data, vi provvedono i dirigenti scolastici. Per le supplenze temporanee, il conferimento dell’incarico compete al dirigente di ciascuna istituzione scolastica autonoma. Ulteriori disposizioni in materia sono recate anche dall’art. 4 della L. n. 124/1999 e dal regolamento applicativo (DM 13 giugno 2007, n. 131 – G.U. n. 194 del 22 agosto 2007).

[62]    L’articolo 12, commi 1 e 2, del D.L. 78/2010 aveva introdotto le cd. decorrenze annuali rispettivamente, per i soggetti che, a decorrere dal 2011 avessero maturato il requisito anagrafico per il diritto, rispettivamente, alla pensione di vecchiaia (comma 1) e alla pensione di anzianità (comma 2). Più specificamente, era stato stabilito che il termine di decorrenza della pensione di vecchiaia (compresi i trattamenti liquidati interamente con il sistema contributivo) fosse pari, per i lavoratori dipendenti, a 12 mesi dalla data di maturazione dei requisiti per il relativo trattamento; per gli iscritti alle gestioni INPS relative agli artigiani, commercianti, coltivatori diretti e alla Gestione separata INPS, 18 mesi dalla data di maturazione dei requisiti. Successivamente, l’articolo 1, comma 21, primo periodo, del D.L. 138/2011, aveva modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2012, la disciplina delle decorrenze iniziali dei trattamenti pensionistici (di vecchiaia e anzianità) per il personale del comparto scuola. In particolare, il comma aveva disposto che i trattamenti decorressero dall’inizio dell'anno scolastico e accademico che ricadeva nell'anno solare successivo rispetto a quello in cui si siano maturati i requisiti (nella disciplina previgente la decorrenza era prevista dall'inizio dell'anno scolastico e accademico che ricadeva nell'anno solare di maturazione dei requisiti per il trattamento). Restava comunque ferma l'applicazione della disciplina previgente per i soggetti che avessero conseguito o conseguissero entro il 31 dicembre 2011 i requisiti per il trattamento.

[63]    I Trattamenti di Fine Servizio si differenziano dal TFR sia per le modalità di calcolo della prestazione (calcolata sull’ultima retribuzione), sia per il suo finanziamento che è caratterizzato anche da una contribuzione del lavoratore alla quale si aggiunge quella dell’amministrazione statale o dell’ente locale.

[64]    In particolare, i docenti di scuola dell'infanzia ed elementare possono ottenere l'esonero quando si tratti di circolo didattico con almeno ottanta classi.

I docenti di scuola media, di istituti comprensivi, di istituti di istruzione secondaria di secondo grado e di istituti comprensivi di scuole di tutti i gradi di istruzione possono ottenere l'esonero quando si tratti di istituti e scuole con almeno cinquantacinque classi, o il semiesonero quando si tratti di istituti e scuole con almeno quaranta classi.

Negli istituti e scuole che funzionino con sezioni staccate o sedi coordinate, fermi restando i criteri sopra indicati, l'esonero o il semiesonero può essere disposto nei confronti dei docenti addetti alla vigilanza delle predette sezioni staccate o sedi coordinate, anche se essi non siano tra i docenti individuati ai sensi del comma 1.

[65]    La relazione tecnica (A.S. 2814) specificava che l’intervento comportava il contenimento della spesa per supplenze a tempo determinato ed era, quindi, strumentale al raggiungimento degli obiettivi previsti dall’art. 64, co. 6, del D.L. 112/2008.

[66]    Recante Ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri.

[67]    Recante Finanziamento italiano della PESC (Politica estera e di sicurezza comune dell'Unione europea) relativo all'applicazione dell'articolo J.11, comma 2, del trattato sull'Unione europea.

[68]    Per le istituzioni educative, si veda scheda art. 7, commi 27-32.

[69]    Che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dei commi 5-bis e 5-ter del D.L. 112/2008.

[70]    Al riguardo, il D.M. 18 dicembre 2009 ha fissato gli orari dalle ore 9 alle 13 e dalle ore 15 alle 18, con obbligo di reperibilità anche nei giorni non lavorativi e festivi.

[71]    L’ulteriore titolo di sconto per i farmacisti pari a 1,82 per cento è stato introdotto dall’articolo 11, comma 6, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica.

[72]    Al riguardo si segnala che la 12° Commissione del Senato, al punto 1) del parere reso alla Commissione bilancio (19 luglio 2012) chiede di rendere temporanee, in analogia a quanto previsto per l'onere posto a carico dell'industria farmaceutica, le trattenute aggiuntive previste a carico delle farmacie, prevedendone il termine al 31 dicembre 2012, data entro la quale dovrà essere definito un nuovo sistema di remunerazione delle farmacie stesse, previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010. Nello stesso parere al punto 4), la Commissione sottolinea inoltre “Appare necessario ripensare il sistema dei vincoli di spesa che insistono sull'intera filiera farmaceutica che, invece, dovrebbe essere sostenuta in quanto rappresenta un settore nevralgico per l'assistenza, per la ricerca, l'innovazione e l'occupazione qualificata”.

[73]    D.L. 30 settembre 2003, n. 269, Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[74]    In particolare, gli sconti sono pari al 3,75 per cento per i prodotti con prezzo fino a 25,81 euro, al 6 per cento per i prodotti con prezzo da 25,82 euro a 51,64 euro, al 9 per cento per i prodotti con prezzo da 51,65 fino a 103,28 euro, al 12,5 per cento da 103,29 fino a 154,93 euro, al 19 per cento da 154, 94 euro.

[75]    Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 6 dell’articolo 11 del D.L. 78/2010.

[76]    Il pay-back è stato disciplinato dall’articolo 1, comma 796, lettera g), della legge n. 296/2006.

[77]    L’esigenza di garantire la sostenibilità economica del SSN ha portato all’attuazione di una serie di interventi di governo della spesa sanitaria e, in particolare, di quella farmaceutica. Tale disposizione risponde da una parte alle esigenze di una maggiore flessibilità del mercato farmaceutico poiché consente una erogazione di risorse economiche alle regioni a sostegno della loro spesa farmaceutica, e dall’altro rappresenta un’opportunità per le aziende farmaceutiche di effettuare delle scelte in ordine ai prezzi dei loro farmaci.

[78]    D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

[79]    L’articolo 8 del D.L. 18 settembre 2001, n. 347, Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 16 novembre 2001, n. 405, ha disposto che le Regioni possano adottare nuove forme di distribuzione dei farmaci

[80]    Segnalazione AS523 del 15 maggio 2009 disponibile sul bollettino dell’Agcom n. 18, anno XIX, del 25 maggio 2009, pagg. 49 e segg., disponibile sul sito: www.agcom.it.

[81]    La Corte costituzionale con sentenza 330/2011 ha censurato la norma, dichiarandone l’illegittimità nella parte in cui, non prevedendo un coinvolgimento delle Regioni ha privato di fatto le stesse di poter differenziare, con determinazione amministrativa e per il proprio territorio, il livello di rimborsabilità dei farmaci, in violazione dell’art. 118, Cost. Inoltre, considerata la sovrapposizione di materie di competenza statale esclusiva e regionale concorrente e la riconosciuta possibilità delle regioni di poter differenziare, a determinate condizioni, nel proprio territorio la rimborsabilità del farmaco, la Corte ha ritenuto che il legislatore statale avrebbe dovuto coinvolgere le Regioni in ottemperanza al principio di leale collaborazione.

[82]    La manovra ha coinvolto 4.188 prodotti con un risparmio per lo Stato pari a 625 milioni annui

[83]    Al riguardo si segnala che la 12 Commissione del Senato, al punto 2) del parere reso alla Commissione bilancio (19 luglio 2012) sottolinea che “si rinviene l'esigenza di riequilibrare gli importi derivanti dalla procedura di ripiano sia per quanto riguarda lo sforamento del tetto registrato nelle singole Regioni sia con riferimento alla quota di accesso delle singole Regioni a riparto della quota indistinta delle disponibilità finanziarie per il Servizio sanitario nazionale”.

[84]    D.L. 6 luglio 2011, n. 98, Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.

[85]    Ai sensi dell’articolo 8, comma 10 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 Interventi correttivi di finanza pubblica come modificata dall'articolo 1, comma 166 della legge 30 dicembre 2004, i farmaci di classe C sono a totale carico del paziente (ad eccezione dei titolari di pensione di guerra diretta vitalizia – Legge 203 del 2000). Con riferimento al regime di fornitura, i farmaci di classe C sono distinti in farmaci con obbligo di prescrizione medica e farmaci senza obbligo di prescrizione medica. I farmaci di classe C, senza obbligo di prescrizione medica sono a loro volta distinti in due sottoclassi: farmaci utilizzati per patologie di lieve entità o considerate minori con accesso alla pubblicità (OTC) individuati dalla L. 537/1993 nella fascia C-bis e farmaci senza obbligo di prescrizione medica (SOP), per i quali non è possibile fare pubblicità.

[86]    D.L. 1° ottobre 2007 n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222

[87]    Il prontuario farmaceutico è la lista dei medicinali prescrivibili dal SSN che devono essere assicurati al cittadino per garantire la cura delle malattie.

[88]    Insieme di Aziende sanitarie locali o Aziende ospedaliere.

[89]    Tendenzialmente, nessun farmaco ospedaliero può essere somministrato a un paziente se non è inserito nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero Regionale o “PTOR” (per quelle Regioni in cui è attivo e vincolante) e poi recepito, dopo passaggi che cambiano da Regione a Regione, nel Prontuario Terapeutico Ospedaliero o “PTO”.

[90]    Tale misura è stata prorogata fino al 31 dicembre 2012.

[91]    D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222.

[92]    Il già citato articolo 5 del D.L. 157/2009, prevede, per la regolazione della spesa farmaceutica territoriale, e ai fini della definizione dei budget, l’utilizzazione, da parte dell'AIFA anche “del 60 per cento delle risorse incrementali derivanti dall'eventuale aumento del tetto di spesa rispetto all'anno precedente e di quelle rese disponibili dalla riduzione di spesa complessiva prevista per effetto delle decadenze di brevetto che avvengono nell'anno per il quale è effettuata l'attribuzione del budget. Un ulteriore 20 per cento delle risorse incrementali, come sopra definite, costituisce un fondo aggiuntivo per la spesa dei farmaci innovativi che saranno autorizzati nel corso dell'anno, mentre il restante 20 per cento costituisce un fondo di garanzia per esigenze allocative in corso di anno”.

[93]    La previsione della comunicazione anche alle regioni degli esiti del monitoraggio è stata introdotta nel corso dell’esame al Senato.

[94]    Ai sensi del Regolamento Regolamento (Ce) n. 141/2000 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1999 concernente i medicinali orfani, un medicinale è classificato come medicinale orfano nei casi in cui sia destinato alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una malattia che colpisce meno di 5 individui su 10.000 sul territorio dell’Unione europea; quando sia destinato alla cura di una malattia grave o invalidante e quando, in mancanza di incentivi, la sua commercializzazione risulti improbabile. Si ricorda che, nella seduta dell’11 gennaio 2012, è stata approvata dal Senato la Mozione 1-00065 (Biancone e altri), che ha fra l’altro impegnato il Governo a prevedere un regime applicativo particolare per i farmaci orfani.

[95]    Il comma 6 specifica che la spesa farmaceutica ospedaliera è calcolata al netto di: le somme restituite con il meccanismo del pay-back a fronte della sospensione della riduzione del 5 per cento del prezzo dei farmaci; le somme restituite dalle aziende farmaceutiche alle regioni e alle province autonome a seguito del superamento del limite massimo di spesa fissato per il medicinale in sede di contrattazione; le somme restituite, anche sotto forma di extrasconti, in applicazione di procedure di rimborsabilità condizionata per farmaci innovativi .

[96]    Riguardo al Comitato ed al Tavolo suddetti, cfr. gli artt. 9 e 12 dell’Intesa tra il Governo, le regioni e le province autonome, sancita dalla relativa Conferenza permanente il 23 marzo 2005 ("Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della L. 5 giugno 2003, n. 131, in attuazione dell'articolo 1, comma 173, della L. 30 dicembre 2004, n. 311").

[97]    Di cui all’articolo 11, comma 12, del D.L. 1/2012 (Decreto Liberalizzazioni).

[98]    Come previsto dal già citato articolo 11, comma 12, del D.L. 1/2012.

[99]    I medicinali generici sono stati definiti equivalenti dal D.L. 27 maggio 2005, n. 87, Disposizioni urgenti per il prezzo dei farmaci non rimborsabili dal Servizio sanitario nazionale nonché in materia di confezioni di prodotti farmaceutici e di attività libero-professionale intramuraria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 26 luglio 2005, n. 149.

[100]  D.L. 18 settembre 2001, n. 347, Interventi urgenti in materia di spesa sanitaria.

[101]  D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n.122.

[102]  La manovra ha coinvolto 4.188 prodotti con un risparmio per lo Stato pari a 625 milioni annui.

[103]  Al riguardo si segnala che la 12 Commissione del Senato, al punto 5) del parere reso alla Commissione bilancio (19 luglio 2012) invita il Governo a “valutare l’ l'ipotesi di individuare modalità tali da favorire, anche attraverso un anticipo di cassa in favore delle Regioni, una ricontrattazione dei prezzi dei contratti in essere con le ditte fornitrici in modo che non si riducano i servizi. Peraltro, si valuti l'opportunità di prevedere solo per i contratti futuri la predetta riduzione del 5 per cento, o, ove possibile, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n. 68 del 2011, soprattutto al fine di evitare l'interruzione dei contratti di fornitura e lo sviluppo di un rilevante contenzioso

[104]  D.L. 7 maggio 2012, n. 52, Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 luglio 2012, n. 94.

[105]  D.L. 6 luglio 2011, n. 98, Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.

[106]  Di cui all’articolo 5 del D.Lgs. 30 giugno 1993, n.266, Riordinamento del Ministero della sanità, a norma dell'art. 1, comma 1, lettera h), della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[107]  L'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture il 1 luglio 2012 ha reso noti i primi risultati del monitoraggio. In particolare sono stati indicati: 132 prezzi di riferimento ottenuti dalla disaggregazione, per dosaggio e forma farmaceutica, di 43 principi attivi farmaceutici di uso ospedaliero; 163 prezzi di riferimento per altrettanti dispositivi medici; e poi prezzi di riferimento per i servizi di ristorazione, pulizia e lavanderia. Il monitoraggio è consultabile sul sito dell’Avcp:

http://www.avcp.it/portal/public/classic/Comunicazione/Pubblicazioni/StudiRicerche/_prezziAmbitoSanitario

[108]  L’articolo 6 dell'Intesa concernente il nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012 sancita il 3 dicembre 2009 stabilisce che le regioni adottino provvedimenti di riduzione dello standard dei posti letto ospedalieri accreditati ed effettivamente a carico del servizio sanitario regionale, non superiore a 4 posti letto per mille abitanti, comprensivi di 0,7 posti letto per mille abitanti per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie, adeguando coerentemente le dotazioni organiche dei presidi ospedalieri pubblici. Tale riduzione è finalizzata a promuovere il passaggio dal ricovero ordinario al ricovero diurno e dal ricovero diurno all'assistenza in regime ambulatoriale e a favorire l'assistenza residenziale e domiciliare. A tale adempimento le regioni sottoposte ai piani di rientro provvedono entro il 31 dicembre 2010 e le altre regioni entro il 30 giugno 2011.

[109]  Il tasso di ospedalizzazione esprime il rapporto tra il numero di degenze e la popolazione media residente (per 1.000). Conseguentemente, il tasso di ospedalizzazione esprime la domanda di servizi ospedalieri. Viceversa, l’offerta di servizi ospedalieri è espressa mediante il numero di posti letto disponibili ogni mille abitanti.

[110]  Approvato ai sensi dell’articolo 1, comma 169, della legge finanziaria 2005. Conseguentemente, il regolamento è adottato con decreto interministeriale, dal Ministro della salute, sentita la Commissione nazionale per la definizione e l'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il decreto deve garantire, coerentemente con le risorse programmate per il SSN, che l'obiettivo del raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario da parte delle regioni sia conseguito nel rispetto della garanzia della tutela della salute e dell’erogazione uniforme dei LEA sul territorio nazionale. A tal fine sono fissati gli standard qualitativi, strutturali, tecnologici, di processo e possibilmente di esito, e quantitativi di cui ai livelli essenziali di assistenza, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[111]  Dal sito del Ministero della salute: “Le cure primarie rappresentano una vera e propria area-sistema dotata di caratteristiche peculiari e profondamente diverse da quelle, altrettanto tipiche, dell'assistenza ospedaliera. Per le Cure primarie a prevalere è il cosiddetto paradigma "dell'iniziativa" con il quale si intende un pattern assistenziale orientato alla "promozione attiva" della salute e al rafforzamento delle risorse personali( auto-cura e family learning ) e sociali ( reti di prossimità e capitale sociale ) a disposizione dell'individuo, specie se affetto da malattie croniche o disabilità .”

http://www.salute.gov.it/curePrimarie/paginaInternaMenuCurePrimarie.jsp?id=496&lingua=italiano&menu=cure

[112]  Semplificando le unità operative complesse possono essere identificate nei reparti.

[113]  L'art. 15-septies è uno strumento derogatorio rispetto alle regole generali per le assunzioni a tempo determinato con rapporto di esclusività dei dirigenti nel SSN. In tal senso, i direttori generali possono conferire incarichi mediante la stipula di contratti a tempo determinato e con rapporto di lavoro esclusivo: nell'ambito della percentuale del 2 per cento della dotazione organica di tutta la dirigenza per l'affidamento di incarichi dirigenziali per l'espletamento di funzioni di particolare rilevanza e di interesse strategico e della percentuale del 5 per cento della dotazione organica della dirigenza sanitaria, amministrativa, tecnica e professionale per l'affidamento di incarichi di natura diri-genziale, relativi a profili diversi da quello medico . I Contratti collettivi nazionali di lavoro delle due aree della dirigenza del SSN hanno successivamente regolamentato (8 giugno 2000), agli articoli 62 e 63 delle rispettive aree dirigenziali, gli aspetti normo-economici delle assunzioni effettuate in base all'art 15-septies.

[114]  www.avcp.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=3949

[115]  Asset Camera, Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma, Il mercato pubblico dei servizi fm: multiservizio e global service - Manuale operativo, Maggio 2012, scaricabile (previa registrazione gratuita) dal sito www.fm-lazio.it/eventi/convegno-dettaglio.aspx

[116]  Al riguardo si segnala che la 12 Commissione del Senato, al punto 7) del parere reso alla Commissione bilancio (19 luglio 2012) “Si reputa necessario, in ordine alla lettera f) del medesimo comma 13, procedere ad una revisione dei tetti di spesa previsti per i dispositivi medici in quanto il contenimento della spesa deve avvenire nel rispetto di precisi prezzi di riferimento, accompagnati da indici di qualità, e dei diversi aspetti delle singole patologie, abbandonando, pertanto, il sistema di controllo della spesa attraverso la mera logica dei tetti”.

[117]  Censis, Non solo ospedali e farmaci: il ruolo dei dispositivi medici, maggio 2012.

[118]  Decreto del Ministero della salute del 11 giugno 2010.

[119]  Moirano F., La disomogeneità delle politiche regionali per il governo della spesa nel settore dei dispositivi medici, Intervento alla IV Conferenza Nazionale sui Dispositivi Medici, 31 maggio 2011. La somma ottenuta non può essere considerata che una stima poiché i dati comprendono la spesa solo di una parte dei dispositivi medici e non tengono conto di eventuali esternalizzazioni.

[120]  Le tabelle sono consultabili sul sito dell’Avcp all’indirizzo:

http://www.autoritalavoripubblici.it/portal/public/classic/Comunicazione/Pubblicazioni/StudiRicerche/_prezziAmbitoSanitario#pardispmedici

[121]  D.Lgs. 30-12-1992 n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[122]  Di cui all'articolo 2 del D.Lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419.

[123]  Ai sensi dell’articolo 4, comma 9, del D.Lgs. 502/1992, nei presìdi ospedalieri dell'unità sanitaria locale è previsto un dirigente medico come responsabile della funzione igienico -organizzativa che concorre, con il Dirigente Amministrativo, al conseguimento degli obiettivi fissati dal Direttore Generale.

[124]  Le funzioni assistenziali elencate dall’articolo 8-sexies sono le seguenti: programmi a forte integrazione fra assistenza ospedaliera e territoriale, sanitaria e sociale, con particolare riferimento alla assistenza per patologie croniche di lunga durata o recidivanti; programmi di assistenza a elevato grado di personalizzazione della prestazione o del servizio reso alla persona; attività svolte nell'ambito della partecipazione a programmi di prevenzione; programmi di assistenza a malattie rare; attività con rilevanti costi di attesa, ivi compreso il sistema di allarme sanitario e di trasporto in emergenza, nonché il funzionamento della centrale operativa; programmi sperimentali di assistenza; programmi di trapianto di organo, di midollo osseo e di tessuto, ivi compresi il mantenimento e monitoraggio del donatore, l'espianto degli organi da cadavere, le attività di trasporto, il coordinamento e l'organizzazione della rete di prelievi e di trapianti, gli accertamenti preventivi sui donatori.

[125]  Previsti dall’art. 8-quinquies del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421).

[126]  Articolo 17, comma 1, lettera a), terzo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[127]  Disciplinate dall'articolo 8-quater del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni.

[128]  Prevista dall’art. 8-sexies, comma 5, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni.

[129]  Ove ritenuti congrui ed adeguati.

[130]  Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria,

[131]  I piani di rientro che hanno visto la data del 31 dicembre 2009 come l’anno di conclusione del triennio di valenza dei piani, sono stati proseguiti con la predisposizione dei programmi operativi da parte delle regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Sicilia, in virtù delle disposizioni contenute nell’articolo 2, comma 88, della legge n. 191/2009 e nell’articolo 11, comma 1, del decreto legge n. 78/2010, convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 2010. Nell’anno 2009 è entrata in piano di rientro la regione Calabria e nel 2010, con piani di minore complessità, sono entrate anche le regioni Piemonte e Puglia.

[132]  Verificato dal Tavolo di verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell'articolo 12 dell'Intesa sancita dalla Conferenza Stato-Regioni del 23 marzo 2005.

[133]  Art. 1, comma 170 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), legge finanziaria 2005.

[134]  Sono applicate le disposizioni di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

[135]  Sono le condizioni previste all’articolo 2, commi 77 e 88, della legge n. 191 del 2009 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato) legge finanziaria 2010. In particolare, secondo il suddetto comma 77 dell’art. 2, l’equilibrio economico è garantito se la regione non raggiunge o supera un limite di disavanzo sanitario strutturale, rispetto al finanziamento ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, pari al 5 per cento ovvero al valore, inferiore a 5 punti percentuali, per il quale gli automatismi fiscali o altre risorse di bilancio della regione non garantiscano la copertura integrale del disavanzo medesimo.

[136]  La disciplina in esame modifica quanto previsto sul contenimento della spesa per il personale del SSN dall'articolo 2, commi 71, 72 e 73 della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2010), per il triennio 2010-2012 e per gli anni 2013 e 2014.

Il personale sanitario pubblico a tempo indeterminato (personale delle Aziende sanitarie, Aziende ospedaliere, Aziende ospedaliere universitarie e IRCCS pubblici) del 2010 è pari a 688.557 persone, per un costo di 41,2 miliardi, Annuario statistico della Ragioneria Generale dello Stato, anno 2012. Nel 2011 la spesa del personale pubblico sanitario è diminuita a 36,2 miliardi (-1,4 rispetto al 2010), Rapporto 2012 sul Coordinamento della Finanza Pubblica della Corte dei Conti, giugno 2012.

[137]  Il Servizio Sanitario Nazionale è composto da enti ed organi di diverso livello istituzionale, che concorrono al raggiungimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini. Ne fanno parte: il Ministero che è l'organo centrale; enti ed organi di livello nazionale, CSS - Consiglio Superiore di Sanità, ISS - Istituto Superiore di Sanità, ISPESL - Istituto Superiore per la Prevenzione e Sicurezza del Lavoro, AGENAS - Agenzia nazionale per i Servizi Sanitari Regionali, IRCCS - Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, IIZZSS - Istituti Zooprofilattici Sperimentali AIFA - Agenzia italiana del farmaco, Enti ed organi territoriali: Regioni e Province autonome, Aziende Sanitarie Locali, Aziende Ospedaliere (fonte www.salute.gov.it).

[138]  Ai sensi dell’art. 2, comma 72 della legge n. 191 del 2009.

[139]  Ai sensi dell’art. 2, comma 73 della legge n. 191 del 2009 e previsto dal citato art. 12 dell’Intesa 23 marzo 2005.

[140]  Ai sensi dell’art. 2, comma 73 della legge n. 191 del 2009.

[141]  Previste art. 16 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[142]  Tra i costi relativi all’assistenza in convenzione, il costo 2011 dei medici di medicina generale pesa per circa 6,6 miliardi ed è aumentato rispetto al 2010 dell’1,3 per cento, Rapporto 2012 sul Coordinamento della Finanza Pubblica della Corte dei Conti, giugno 2012.

Corte dei conti - Sezioni riunite in sede di controllo

[143]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94.

[144]  In forma anonima, ai sensi dell'articolo 35 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

[145]  Secondo quanto previsto dal decreto legislativo 6 maggio 2011 n. 68 (Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario).

[146]  Inclusa la spesa per la sanità penitenziaria.

[147]  Legge 191/2009 (legge finanziaria 2010) e art. 9, comma 16 del decreto-legge n. 78 del 2010.

[148]  Anni 2013 e 2014: art. 17, comma 1 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[149]  Riduzione livello finanziamento per accertamenti medico-legali. Per il biennio 2011-2012, l’importo è trasferito dal Ministero della salute alle amministrazioni pubbliche competenti; dal 2013 è portato in riduzione del livello del finanziamento.

[150]  Art. 17, comma 1 del D.L. n. 98 del 2011.

[151]  Per il finanziamento del sistema sanitario, le regioni a statuto speciale e le province autonome, ad eccezione, in parte, della Sicilia, provvedono direttamente al finanziamento dall'assistenza sanitaria senza alcun onere a carico dello Stato, attraverso le entrate fiscali, ricevute sotto forma di compartecipazioni ai tributi erariali (le cui quote sono stabilite negli statuti speciali e nelle norme di attuazione). La Sicilia, invece, ai sensi della legge 296/2006 (finanziaria 2007) articolo 1 comma 830, provvede con proprie risorse, per un’aliquota di partecipazione fissata nella misura del 49,11 per cento della spesa prevista. La restante parte è assegnata dallo Stato nell’ambito della ripartizione delle risorse del Fondo sanitario nazionale.

[152]  Ogni statuto elenca le imposte erariali (IRPEF, IRPEG, IVA, accise varie) delle quali una quota percentuale è attribuita alla regione.

[153]  Disposta dall'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42). In particolare, gli adempimenti previsti riguardano l’istituzione di una Centrale regionale per gli acquisti di beni e servizi e misure idonee a garantire l’equilibrio di bilancio delle aziende ospedaliere.

[154]  L'erogazione della restante quota di finanziamento è subordinata all'esito positivo della verifica degli adempimenti di cui all'art. 2, comma 68, della citata legge n. 191 del 2009. -

[155]  I conti forniti dalle regioni con i modelli CE del IV trimestre dell’anno sono vagliati ai Tavoli di verifica previsti dall’art. 1, comma 174, della legge n. 311/2004 e, per le regioni che hanno in corso un piano di rientro dal deficit sanitario, attraverso il monitoraggio specificamente previsto dall’art. 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2006. Cfr. anche la legge 191/2009 (legge finanziaria 2010), articolo 2, comma 75 e ss, Rapporto 2012 sul Coordinamento della Finanza Pubblica della Corte dei Conti.

[156]  Diverse norme hanno riguardato in questi ultimi anni la riduzione delle spese per consumi intermedi nelle pubbliche amministrazioni, tra le altre quelle concernenti: il 'taglia carta' e il risparmio energetico (art. 27 e 48 D.L. 112/2008), il sistema degli acquisti e dei beni (art. 1 commi 449, 455 e 456 L. 296/2006) le autovetture (art. 6, comma 14 D.L. 78/2010).

[157]  Per l'anno 2012 la somma complessiva di ulteriore risparmio è pari a 745 milioni di euro, poiché agli iniziali 1.600 milioni di euro sono stati sottratti complessivi 760 milioni connessi alle entrate derivanti dalla Robin Tax e di 95 milioni per gli enti virtuosi secondo quanto stabilito rispettivamente dai commi 1 e 2 dell'articolo 30 della legge 183/2012.

[158]  La sentenza n. 193/2012, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale , 1° serie speciale n. 30 del 25 luglio 2012, decide il ricorso presentato dalle regioni Friuli-Venezia Giulia e Sardegna.

[159]  In quella sede è stato raggiunto l'accordo anche in merito alla ripartizione tra le regioni a statuto ordinario e le regioni Sicilia e Sardegna del contributo complessivo di 800 milioni di euro a sostegno del patto regionalizzato verticale disposto dal comma 12-bis e 12-ter dell'articolo 16 di questo stesso decreto legge (vedi infra).

[160]  Il SIOPE (Sistema informativo sulle operazioni degli enti pubblici), è un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti effettuati dai tesorieri di tutte le amministrazioni pubbliche, che nasce dalla collaborazione tra la Ragioneria Generale dello Stato, la Banca d'Italia e l' ISTAT, in attuazione dall'articolo 28 della legge n. 289/2002, disciplinato dall’articolo 14, commi dal 6 all’11, della legge n. 196 del 2009.

[161]  Si ricorda che, ai sensi del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, recante “Disposizioni in materia di risorse aggiuntive ed interventi speciali per la rimozione di squilibri economici e sociali”, attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) ha assunto la denominazione di “Fondo per lo sviluppo e la coesione".

[162]  Per l'anno 2012 la somma complessiva di ulteriore risparmio è pari a 1.630 milioni di euro, poiché agli iniziali 2.000 milioni di euro sono stati sottratti complessivi 370 milioni connessi alle entrate derivanti dalla Robin Tax secondo quanto stabilito dal comma 1 dell'articolo 30 della legge 183/2012.

[163]  Si ricorda che l'articolo 27 della legge n. 42/2009 adatta alle autonomie speciali il procedimento di attuazione del federalismo fiscale in quegli ordinamenti ed elenca i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi.

[164]  Com'è noto, ogni statuto elenca le imposte erariali delle quali una quota percentuale è attribuita alla regione, le aliquote eventualmente differenziate per ciascun tipo di imposta, la base di computo, le modalità di attribuzione. Per quanto concerne la riscossione, inoltre, nella regione Sicilia (D.Lgs. 507/1948 art. 2) e nella regione Friuli-Venezia Giulia (D.Lgs. 137/2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008) tutti i tributi erariali sono riscossi direttamente dalla regione stessa. Nelle altre regioni a statuto speciale e nelle province autonome i tributi erariali sono invece riscossi dallo Stato che provvede poi a ‘devolvere’ alla regione la quota spettante. In sintesi, è attribuito alle regioni:

§       Sicilia: l'intero gettito di tutti i tributi erariali, ad eccezione delle imposte di produzione (ora, accise) e dei proventi del monopolio dei tabacchi e del lotto;

§       Sardegna: i 7/10 dell’IRPEF e dell’IRPEG, i 9/10 delle imposte ipotecarie, bollo e registro, concessioni, energia elettrica, fabbricazione (accise) e, con la finanziaria 2007 (ma in vigore dal 2010), i 9/10 dell’IVA e i 7/10 di tutte le altre entrate erariali;

§       Valle d’Aosta: a decorrere dal 2011 l'intero gettito delle imposte erariali sul reddito e sul patrimonio (IRPEF, imposta sul reddito delle società, imposta sulle successioni), dell'IVA, dell'accisa sulla benzina e sugli altri prodotti energetici, sui tabacchi, sull'energia elettrica; i 9/10 delle imposte erariali sugli affari (registro, bollo, ipotecarie), dei proventi del lotto;

§       Friuli-Venezia Giulia: i 6/10 dell’IRPEF, i 4,5/10 dell’IRPEG, 9,1/10 dell’IVA (in vigore dal 2008) i 9/10 di altre poche imposte e, con la finanziaria 2008 il 29,75 % del gettito dell’accisa sulle benzine e il 30,34 % del gettito dell’accisa sul gasolio consumati nella regione;

§       Trentino-Alto Adige: le imposte ipotecarie, 9/10 delle imposte sulle successioni e donazioni e dei proventi del lotto, i 2/10 dell’IVA generale;

§       Province autonome di Trento e di Bolzano: i 9/10 di quasi tutte le imposte erariali (fanno eccezione le imposte devolute alla Regione Trentino Alto Adige).

[165]  L'aumento della accisa sull'energia elettrica, è stato determinato dai Decreti ministeriali 30 dicembre 2011 in attuazione di quanto disposto dai decreti legislativi n. 23 del 2011 (c.d. federalismo municipale) e n. 68 del 2011 (c.d. federalismo regionale) che hanno soppresso a decorrere dall'anno 2012, rispettivamente, l'addizionale comunale (art. 2, comma 6 D.Lgs. 23/2011) e l'addizionale provinciale (art. 18, comma 5, D.Lgs. 68/2011) all'accisa sull'energia elettrica. Ai sensi di quanto disposto dai comma 4 e 5 dell'articolo 35 del D.L. 1/2012 le risorse ottenute dalla riserva all'erario delle maggiori entrate percepite nei territori delle autonomie speciali dall'incremento dell'accisa sull'energia elettrica, provvedono in gran parte a coprire l'onere derivante dall'attuazione del comma 1 del medesimo art. 35, quantificato in 235 milioni di euro annui, che prevede l’adozione di determinate misure, al fine di accelerare il pagamento dei crediti commerciali connessi a transazioni commerciali per l’acquisizione di servizi e forniture, certi, liquidi ed esigibili, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato.

[166]  Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

[167]  Si evidenzia che si fa riferimento ai comuni delle sole regioni Sicilia e Sardegna in quanto in queste regioni – contrariamente a quanto avviene nelle altre regioni a statuto speciale - la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato. Si ricorda, al riguardo, che tutte le regioni e province autonome hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione: Per le regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d’Aosta e per le Province autonome di Trento e di Bolzano sono poi intervenute specifiche norme di attuazione dello statuto speciale che hanno disciplinato la materia della finanza locale nel senso che è la regione [o la provincia autonoma] a provvedere alla finanza degli enti locali del proprio territorio con risorse del proprio bilancio. Ciò non è avvenuto nel caso regione Sardegna e della Regione siciliana, dove la finanza degli enti locali è, dunque, ancora a carico dello Stato.

[168]  Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica. Si ricorda, al riguardo che l’articolo 2 stabilisce che - nell’ambito della razionalizzazione della spesa pubblica ed ai fini di coordinamento della finanza pubblica, di perequazione delle risorse finanziarie e di riduzione della spesa corrente della pubblica amministrazione, garantendo altresì la tutela della concorrenza attraverso la trasparenza ed economicità delle relative procedure - il Presidente del Consiglio dei Ministri può nominare un Commissario straordinario con il compito di definire il livello di spesa per acquisti di beni e servizi, per voci di costo, delle amministrazioni pubbliche.

L’incarico di Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi è stato conferito al dott. Enrico Bondi con D.P.C.M. 8 maggio 2012, registrato dalla Corte dei Conti in data 23 maggio 2012 (reg. 4/foglio 373).

Oltre alla definizione dei livelli di spesa per gli acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche, competono al Commissario straordinario i seguenti compiti:

§       la supervisione, il monitoraggio e il coordinamento dell’attività di approvvigionamento di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni;

§       le attività di ottimizzazione, in collaborazione con l’Agenzia del Demanio, dell’utilizzazione degli immobili di proprietà pubblica, anche al fine di ridurre i canoni ed i costi di gestione delle amministrazioni;

§       la revisione della spesa delle pubbliche amministrazioni.

[169]  Il SIOPE (istituito dall’articolo 28 della legge n. 289/2002) consiste in un sistema di rilevazione telematica di tutte le operazioni di riscossione e di pagamento effettuate dai tesorieri e dai cassieri delle amministrazioni pubbliche, rese omogenee attraverso un sistema di codificazione uniforme per tipologia di enti, che permette di rilevare in tempo reale le informazioni sui flussi di cassa delle amministrazioni, anche al fine di migliorare la conoscenza dei conti pubblici nazionali e garantire la rispondenza dei conti pubblici alle condizioni previste dall'art. 104 del trattato istitutivo della Comunità Europea, relativo alla procedura sui disavanzi eccessivi.

[170]  Il decreto è stato predisposto sulla base dei lavori effettuati in sede Copaff nella seduta del 19 maggio 2011, nella quale la Commissione ha provveduto ad aggiornare le stime di quantificazione della misura dei trasferimenti da fiscalizzare - ovvero - non fiscalizzabili per l’anno 2011, rispetto a quella originariamente effettuata in occasione della presentazione al parlamento della Relazione dell’8 giugno 2010, concernente il quadro generale di finanziamento degli enti locali, in ottemperanza della legge delega sul federalismo fiscale n. 42/2009.

[171]  Si ricorda che l’articolo 2, comma 4, del D.Lgs. n. 23/2011 dispone che la percentuale della compartecipazione al gettito dell'imposta sul valore aggiunto ivi prevista, è fissata, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica, in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del 2 per cento al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche.

[172]  Si veda, in particolare, il documento approvato nella seduta COPAFF del 22 febbraio 2012, in cui la Commissione ha affrontato il problema dell’aggiornamento delle informazioni finanziarie rispetto al 2011 per la determinazione sia dei trasferimenti fiscalizzati che di quelli non fiscalizzati per l’anno 2012.

[173]  Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[174]  Come già sopra ricordato, si fa riferimento soltanto ai comuni delle regioni Sicilia e Sardegna in quanto in queste regioni la finanza degli enti locali è ancora a carico dello Stato.

[175]  Sulla base delle risultanze specifiche contenute nel documento approvato in sede di Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale nella seduta del 22 febbraio 2012.

[176]  D.L. 25 giugno 2008, n. 112, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[177]  Legge 5 maggio 2009, n. 42, “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione”. In particolare, la norma richiamata detta norme transitorie per gli enti locali, nel quale si prevede che per i comuni, le funzioni, e i relativi servizi, da considerare ai fini del precedente comma 2 (che si riferiscono all’attuazione della legge n. 29 ed in particolare alla determinazione dell’entità e del riparto dei fondi perequativi degli enti locali) sono provvisoriamente individuate, tra le altre, nelle funzioni di polizia locale.

[178]  Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.

[179]  Il testo originario del decreto-legge fissava il nuovo termine al 10 settembre.

[180]  Il testo originario del decreto-legge fissava il nuovo termine al 30 settembre.

[181]  Le norme statutarie e le relative norme di attuazione, ove presenti, sono le seguenti: Sicilia, R.D.Lgs. 455/1946 art. 14; Sardegna, L.Cost. 3/1948 art. 3; Valle d’Aosta L. Cost. 4/1948 art. 2; D.Lgs. 431/1989; Trentino-Alto Adige, D.P.R. 670/1972 artt. 4, 80; D.P.R. 473/1975; D.Lgs. 268/1992; Friuli-Venezia Giulia, L. Cost. 1/1963 art. 4; D.P.R. 114/1965 art. 8; D.Lgs. 9/1997.

[182]  L'accordo è stato raggiunto in sede di Conferenza delle Regioni e delle Province autonome il 3 agosto 2012, ratificato dalla Conferenza Stato-Regioni lo stesso giorno e pubblicato nel sito della Conferenza delle Regioni, www.regioni.it. In quella sede è stato raggiunto l'accordo anche in merito alla quota di risparmio che ciascuna regione a statuto ordinario deve realizzare al fine di realizzare l'obiettivo complessivo di 700 milioni di euro come previsto dal comma 2 dell'articolo 16 di questo stesso decreto legge.

[183]  Un ampio e approfondito esame sull'utilizzo del patto regionalizzato (verticale e orizzontale) nel 2011 è svolto nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2012 della Corte dei conti (maggio 2012), nella capitolo Il patto per gli enti locali nel 2011.

[184]  Recante “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”, convertito con legge 30 luglio 2010, n.122.

[185]  Recante “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie”, convertito dalla legge 26 febbraio 2011, n.10.

[186]  Nello specifico dall’articolo 7, comma 1, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n.26.

[187]  Convertito dalla legge 12 luglio 2012, n.100.

[188]  Decreto legislativo 6 maggio 2011, n.68, recante “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.”

[189]  Modificato, per quanto concerne la decorrenza dall'art. 1, comma 10, lett. a), D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 settembre 2011, n. 148 e successivamente per quanto concerne l'aliquota base dall'art. 28, comma 1, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[190]  Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.

[191]  Nelle more dell’approvazione del piano di rientro, il comma 8 dell’articolo 78 del D.L. n. 112 aveva autorizzato la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. a concedere al Comune di Roma una anticipazione di 500 milioni di euro per il 2008, al fine di superare la grave situazione di mancanza di liquidità che il Comune di Roma si trovava ad affrontare. Le somme anticipate dalla Cassa Depositi e prestiti sono state restituite ai sensi del D.L. n. 154/2008, che all’articolo 5, comma 1, ha previsto l’attribuzione al comune di Roma di un contributo di 500 milioni per l’anno 2008, finalizzato proprio al rimborso alla Cassa della somma erogata a titolo di anticipazione ai sensi dell’art. 78 del D.L. n. 112/2008.

Successivamente, il D.L. n. 154/2008, all’articolo 5, comma 3, ha previsto per le medesime finalità del suddetto articolo 78 del D.L. n. 112 l’attribuzione al Comune di Roma di un analogo contributo di 500 milioni di euro anche per l’anno 2009, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate assegnate con delibera CIPE del 30 settembre 2008.

Il medesimo comma 3, ultimo periodo, ha altresì disposto, ai fini del rifinanziamento annuale del piano di rientro, che a decorrere dal 2010, in sede di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione, venga riservato prioritariamente a favore di Roma Capitale un contributo annuale di 500 milioni di euro nell’ambito delle risorse disponibili.

Anche per l’anno 2010, l’articolo 2, comma 195, della finanziaria per il 2010 (legge n. 191/2009) ha pertanto attribuito al Commissario straordinario del Governo un contributo pari a complessivi 500 milioni di euro

[192]  D.L. 6 luglio 2011, n. 98, recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

[193]  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2012, n. 214.

[194]  Legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)”.

[195]  Camera dei deputati, Seduta 13 settembre 2012, n. 685, Risposta all’interpellanza urgente n. 2-01647.

[196]  Presidenza del Consiglio dei ministri. Dipartimento delle riforme istituzionali. Nota 3 agosto 2012, Riordino delle Province e loro funzioni (http://www.funzionepubblica.gov.it).

[197]  Si legge inoltre nella relazione governativa che “anche a voler prescindere dalla considerazione che, trattandosi di un riordino complessivo, non trova applicazione l'art. 133 della Costituzione, va rilevato in ogni caso che detto articolo è, nella sostanza, rispettato, visto che i comuni sono pienamente coinvolti tramite il Consiglio delle autonomie locali”.

[198]  Presidenza del Consiglio dei ministri. Dipartimento per le riforme istituzionali, Le province: istruzioni per l’uso [13 settembre 2012]

[199]  Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

[200]  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici (convertito L. 22 dicembre 2011, n. 214).

[201]  Si tratta delle zone comprendenti i comuni delle maggiori città italiane (Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari e Napoli) e i comuni ad essi vicini e legati da stretti rapporti economici e sociali. Le regioni a statuto speciale individuano autonomamente le zone dove costituire le aree metropolitane. Le disposizioni del TUEL disciplinano la modalità di costituzione delle città metropolitane.

[202]  D.Lgs. 18 agosto 2000 Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[203]  D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, conv. con modifiche dalla legge 31 luglio 2010, n. 122.

[204]  L. 5 maggio 2009, n. 42, Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.

[205]  D.Lgs. 26 novembre 2011, Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province.

[206]  Introdotte nel corso dell’esame parlamentare del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35, con l’art. 47-ter.

[207]  Si ricorda che le aliquote IVA sono disciplinate dall’articolo 16 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recante l’istituzione e la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto. Nel dettaglio, accanto all’aliquota normale (21 per cento, a seguito dell’incremento di un punto percentuale introdotto dai commi da 2-bis a 2-quater dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011), si prevede un’aliquota ridotta del 10 per cento e un’aliquota “super-ridotta” del 4 per cento per le operazioni aventi per oggetto i beni e i servizi elencati nella Tabella A allegata al citato D.P.R. n. 633.

In particolare, nella parte III della Tabella A vi è l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 10 per cento. La parte II della Tabella A reca invece l’elenco dettagliato dei beni e dei servizi assoggettati ad aliquota del 4 per cento. Si fa presente, inoltre, che l’ordinamento prevede anche alcuni specifici regimi agevolati e forfetari di applicazione dell’IVA.

[208]  Convertito, con modificazioni, dalla legge n.94 del 2012.

[209]  Si ricorda che il citato articolo 01 del D.L. n.138/11 aveva attribuito al Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministeri interessati, il compito di presentare al Parlamento, entro il 30 novembre 2011, un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica. Il programma – che non è stato presentato alle Camere – avrebbe dovuto prevedere, in particolare: le linee-guida per l'integrazione operativa delle agenzie fiscali; la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello provinciale; il coordinamento delle attività delle forze dell'ordine, ai sensi della legge 1 aprile 1981, n. 121; l'accorpamento degli enti della previdenza pubblica; la razionalizzazione dell'organizzazione giudiziaria civile, penale, amministrativa, militare e tributaria a rete; la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica. Ai sensi del comma 2 dell’articolo, nell'ambito della risoluzione parlamentare approvativa del Documento di economia e finanza 2012 o della relativa Nota di aggiornamento, dovrebbero essere indicati i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015 mediante i quali il Governo viene delegato ad attuare le misure di riorganizzazioni previste dal programma. Ai fini dell'esercizio delle attività di razionalizzazione della spesa e per garantire l'uso efficiente delle risorse, il comma 4 del medesimo articolo 01 prevede, infine, che la Ragioneria generale dello Stato, a partire dall'anno 2012, d'intesa con i Ministeri interessati, dia inizio ad un ciclo di spending review mirata alla definizione dei “costi standard” dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, specificando altresì che per le amministrazioni periferiche dello Stato debbano essere proposte specifiche metodologie per quantificare i relativi costi, anche ai fini della allocazione delle risorse nell'ambito della loro complessiva dotazione.

Dato l'obiettivo di razionalizzazione della spesa e di superamento del criterio della spesa storica, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministri interessati, presenta al Parlamento entro il 30 novembre 2011 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica. Il programma prevede in particolare, in coerenza con la legge 4 marzo 2009, n. 15, le linee-guida per l'integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello provinciale, il coordinamento delle attività delle forze dell'ordine, ai sensi della legge 1° aprile 1981, n. 121, l'accorpamento degli enti della previdenza pubblica, la razionalizzazione dell'organizzazione giudiziaria civile, penale, amministrativa, militare e tributaria a rete, la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica. Il programma, comunque, individua, anche attraverso la sistematica comparazione di costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, anche al fine di evitare possibili duplicazioni di strutture ed implementare le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate.

Nell'ambito della risoluzione parlamentare approvativa del Documento di economia e finanza 2012 o della relativa Nota di aggiornamento, sono indicati i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015, mediante i quali il Governo viene delegato ad attuare le riorganizzazioni di cui al comma 1.

[210]  Si tratterebbe, anche secondo quanto emerso nell’audizione tenuto il 18 luglio 2012 presso le Commissioni congiunte V ed XI della Camera dei deputati dei dirigenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e della Ragioneria generale dello Stato in merito ai profili di carattere tecnico e finanziario legati all'attuazione delle norme in materia di requisiti per la fruizione delle deroghe alla disciplina generale per l'accesso al trattamento pensionistico, della tutela dei soggetti che maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2015, in quanto i soggetti che maturino i requisiti fino al 31 dicembre 2014 sono tutelati dal D.M. 1° giugno 2012 (vedi infra).

[211]  La R.G.S., in proposito, secondo quanto emerso in sede di audizione, ha stimato tali soggetti in 40.000 unità.

[212]  La R.G.S., secondo quanto emerso in sede di audizione, ha stimato tali soggetti appunto in 1.600 unità.

[213]  La R.G.S., secondo quanto emerso in sede di audizione, ha stimato tali soggetti in 7.400 unità.

[214]  La R.G.S., secondo quanto emerso in sede di audizione, ha stimato tali soggetti in 6.000 unità.

[215]  Tale articolo ha disposto che, qualora in seguito all’inclusione tra i soggetti interessati alla concessione del beneficio di cui all’articolo 6, comma 2-ter, risultasse, sulla base del monitoraggio di cui all’articolo 24, comma 15, del D.L. 201/2011, il raggiungimento del limite delle risorse previsto, le ulteriori domande relative ai soggetti inclusi tra i beneficiari dal richiamato articolo 6, comma 2-ter potranno essere prese in considerazione dagli enti previdenziali, in deroga a quanto previsto dal medesimo comma 15, solamente a condizione che con apposito decreto interministeriale sia stabilito un incremento delle aliquote contributive non pensionistiche a carico di tutti i datori di lavoro del settore privato dovuti alla “Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti”.

[216]  Legge 12 novembre 2011, n. 183, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato”.

[217]  Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”.

[218]  D.L. n. 40/2010, recante Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori, convertito con modificazioniin legge n. 73/2010.

[219]  Si tratta di organizzazioni di sostegno al volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’ articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, nonché delle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e delle associazioni e fondazioni riconosciute che operano nei settori di cui all’ articolo 10, comma 1, lettera a), del citato decreto legislativo n. 460 del 1997;

[220]  Si osserva che il comma 4-terdecies, dell’articolo 2 del decreto legge n. 40/2010 conferma l’applicazione alle associazioni sportive dilettantistiche di “rilevante interesse sociale” delle disposizioni del D.M. 2 aprile 2009 relative alle modalità di ammissione delle medesime associazioni, facendo salvi gli effetti del D.P.C.M. 23 aprile 2010 che individua specificamente i soggetti beneficiari e le procedure per la destinazione del 5 per mille.

[221]  Ai sensi della norma citata, infatti,il CNVSU provvedeva ad effettuare una valutazione dei risultati conseguiti al termine del terzo, quinto e settimo anno accademico di attività delle università.

Tale previsione è stata successivamente ribadita, con riferimento alle università non statali, dall’art. 6 del D.M. 23 dicembre 2010, n. 50, relativo alla programmazione 2010-2012.

Si ricorda, peraltro, che le attribuzioni del CNVSU sono oggi proprie dell’Agenzia per la valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR).

[222]  Per la ripartizione dei fondi 2011, peraltro, il MIUR ha applicato il modello di ripartizione delle risorse utilizzato nell'anno 2010, nell'attesa dell'emanazione dei decreti legislativi ai sensi dell'art. 5, co. 3, lett. a), b) e c), della L. 240/2010. (D.M. 8 novembre 2011, n. 452) http://attiministeriali.miur.it/anno-2011/novembre/dm-08112011-(1).aspx.

[223]  In base alla norma citata, le regioni determinano la quota dei fondi destinati agli interventi per il diritto agli studi universitari, da devolvere annualmente all’erogazione di borse di studio per gli studenti iscritti ai corsi di diploma e di laurea, nel rispetto dei requisiti minimi stabiliti ai sensi dell’art. 4 della medesima legge e secondo procedure selettive.

[224]  L’art. 33, co. 27, della L. 183/2011 ha incrementato di 150 milioni di euro per l’anno 2012 la dotazione del Fondo di intervento integrativo.

[225]  Il D.P.C.M. 320/1999 ha, quindi, indicato in trenta milioni di lire (ora, 15.493,71 euro) il reddito annuale massimo del nucleo familiare necessario per l’accesso al beneficio.

[226]  GU n. 119 del 23/05/2012.

[227]  Proroghe del piano di impiego sono state disposte: dall'articolo 55, comma 3 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica fino al 31 dicembre 2010, con un'autorizzazione di spesa di 30 milioni di euro per l’anno 2010, con specifica destinazione di 27,7 milioni di euro e di 2,3 milioni di euro, rispettivamente, per il personale di cui al comma 74 e di cui al comma 75 del citato articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009; dall'articolo 1, comma 28, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011) fino al 30 giugno 2011, con un'autorizzazione di spesa di 36,4 milioni di euro per l'anno 2011, con specifica destinazione di 33,5 milioni di euro e di 2,9 milioni di euro, rispettivamente, per il personale di cui al comma 74 e di cui al comma 75 del citato articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009; dall'art. 33, comma 19 della legge di stabilità 2012 fino al 31 dicembre 2012 con un'autorizzazione di spesa per il 2012 di 72,8 milioni di euro, dei quali 67 milioni di euro destinati al personale delle Forze armate di cui al comma 74 e 5,8 milioni a beneficio del personale delle Forze di polizia impiegato ai sensi del comma 75.

[228]  Si ricorda che la legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010) indicava, tra le destinazioni delle risorse del Fondo spese urgenti e indifferibili gli “Interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati, ai sensi dell'articolo 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296”, con una assegnazione di 100 milioni.

[229]  Misure urgenti per garantire la sicurezza dei cittadini, per assicurare la funzionalità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e di altre strutture dell'Amministrazione dell'interno, nonché in materia di Fondo nazionale per il Servizio civile.

[230]  Si fa presente che, ai sensi dei commi 5 e 6 dell’art. 5 della legge n. 225/1992, le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono essere motivate, contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare, pubblicate nella G.U. e trasmesse ai sindaci interessati per l’ulteriore pubblicazione locale.

[231]  Il testo originario conteneva il termine “verificazione” che è stato sostituito con il termine “verifica” durante l’esame in sede referente.

[232]  Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.

[233]  D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.

[234]  Le informazioni contenute in questa sezione sono state tratte da: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto ISEE 2011, Quaderni della ricerca sociale 13, marzo 2011. Il rapporto è consultabile online:

      http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/FD9DD2FE-182C-4054-81A5-0533E9AC2083/0/RapportoISEE2011.pdf

[235]  Dal punto di vista territoriale, la franchigia sul patrimonio mobiliare opera in modo molto diverso: nel Mezzogiorno solo lo 0,75 per cento dei dichiaranti riporta un patrimonio mobiliare lordo superiore ai 15.500 euro, mentre al Nord-est la percentuale dei dichiaranti in quest’ambito si attesta sul 16 per cento.

[236]  Finora l’esclusione dei trasferimenti esenti da imposizione è stata motivata anche dal fatto che questi tipi di prestazioni rispondono a specifiche condizioni di bisogno, essendo sostanzialmente misure non sottoposte alla prova dei mezzi. Sul punto Motta, M., Le criticità dell’ISEE, in Prospettive sociali e sanitarie 16-18, settembre-ottobre 2011. L’autore rileva che “laddove l’ISEE venga utilizzato per definire le erogazioni di assistenza economica dei Comuni (o loro Consorzi), si può avviare un paradossale effetto di sostituzione dei compiti e dei costi tra Stato ed Enti locali”. L’INPS infatti eroga gli assegni sociali agli anziani in condizioni di povertà valutando la loro condizione economica con strumenti diversi dall’ISEE. D’altra parte, i Comuni erogano la loro assistenza economica tramite l’ISEE non considerando l’assegno sociale INPS. Tale meccanismo, a parere dell’autore, può creare distorsioni nel sostegno del reddito da parte del Comune che erogherà l’assegno sociale ad un anziano che già riceve l’assegno INPS poiché, a parità di patrimoni ed altri redditi, risulterà avere lo stesso ISEE dell’anziano che non riceve l’assegno sociale. D’altra parte l’INPS, considerando tra i redditi l’assistenza comunale, nel corso degli anni, nel caso sopra proposto, tenderà a ridurre od eliminare la concessione dell’assegno sociale, spostando prestazioni che hanno natura di un diritto soggettivo ad altre di natura comunale.

[237]  Decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (legge n. 33/2009).

[238]  La citata disposizione ha previsto che, per l’anno 2011, una quota (pari a 50 milioni) delle risorse del Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili venga destinata al finanziamento di interventi urgenti di riequilibrio socio-economico e sviluppo dei territori, alle attività di ricerca, assistenza e cura dei malati oncologici e alla promozione di attività sportive, culturali e sociali (quarto periodo del comma 40), e ripartita con decreto del Ministro dell'economia e finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario (quinto periodo del comma 40).

Si ricorda che, per l’anno 2011, le risorse del Fondo sono state ripartite con il D.P.C.M. 18 maggio 2011. Le risorse desinate alle finalità di cui al quarto periodo del comma 40 non risultano ancora ripartite.

[239]  D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[240]  Con la legge 25 novembre 1964, n. 1280 (Provvidenze per il Comune di Roma) è stata autorizzata, a decorrere dall’anno 1964, la concessione di un contributo annuo di 5 miliardi di lire in favore del comune di Roma, quale sostegno dello Stato agli oneri finanziari che il comune sostiene quale sede della Capitale. Tale contributo è stato nel tempo rideterminato, in 10 miliardi di lire dall’art. 1 della legge n. 99/1969, in 19 miliardi dall’art. 1 della legge n. 686/1974, in 25 miliardi di lire dall'art. 35, comma 17, della legge n. 730/1983, e, infine, a decorrere dall'anno finanziario 1986, in 35 miliardi di lire dall’art. 32, comma 26, della legge n. 41/1986. Tale contributo è stato, poi, incrementato di ulteriori 200 miliardi di lire a decorrere dal 1999, ai sensi dell’articolo 9, comma 1, della legge n. 494/1999. Tale contributo, che dal 1999 era rimasto fermo – convertito in euro - a 121,4 milioni di euro, è stato, da ultimo, incrementato di ulteriori 175 milioni di euro dalla legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 963, legge n. 296/2006).

[241]  Programma 2.3. “Elaborazione, quantificazione, e assegnazione dei trasferimenti erariali; determinazione dei rimborsi agli enti locali anche in via perequativa”.

[242]  Decreto legislativo 18 aprile 2012, n.61, recante “ Ulteriori disposizione recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n.42, in materia di ordinamento di Roma capitale”, che fa seguito al precedente D.Lgs. 17 settembre 2010 “Disposizioni recanti attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n.42, in materia di ordinamento transitorio di Roma capitale”.

[243]  Ai sensi dell'articolo 8, lettera c), del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, nonché delle residue disponibilità finanziarie della gestione liquidatoria, di cui all'art. 2, commi 3 e seguenti, del decreto-legge 1° ottobre 1999, n. 341, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 dicembre 1999, n. 453.

[244]  L’Agenzia autonoma per la gestione dell’Albo dei segretari comunali e provinciali è stata istituita dall’articolo 17, co. 76 e seguenti, della L. 127/1997 (così detta “Bassanini 2”) nell’ambito più generale della riforma del ruolo dei segretari comunali e provinciali.

[245]  Si ricorda, in proposito, che il funzionamento dell’Agenzia è garantito principalmente dal fondo finanziario di mobilità a carico degli enti locali, istituito dall’articolo 102, commi 5 e 6 del TUEL (D.Lgs. 267/2000) - ora abrogato dal D.L. n. 78/2010. Nel fondo confluiscono due voci: il fondo di mobilità “propriamente detto” (che costituisce la voce più cospicua pari al 79% del totale) e i proventi derivanti da una quota dei diritti di segreteria (21% del totale). Il fondo di mobilità propriamente detto è costituito dal contributo che province e comuni sono tenuti a versare annualmente all’Agenzia; tale contributo è calcolato sul trattamento economico del segretario e graduato in rapporto alla dimensione dell’ente. I diritti di segreteria sono costituiti dai proventi corrisposti dal contraente privato per gli atti e i contratti nei quali una delle parti è l’ente locale, una quota pari al 10% è destinata all’agenzia.

[246]  Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.

[247]  D.Lgs. 19 novembre 1997, n. 422, recante “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59”.

[248]  Regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370/2007, che disciplina i servizi pubblici di trasporto nazionali e internazionali di passeggeri, su strada e per ferrovia.

[249]  Legge 5 maggio 2009, n. 42, recante “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione”.

[250]  D.Lgs. 26 novembre 2010, n. 216, recante “Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province”.

[251]  Si tratta delle 6 regioni del sud (Campania, Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata e Puglia) (Obiettivo 1) e delle aree sottoutilizzate del centro-nord (Obiettivo 2).

[252]  L’articolo 11 della citata L. 724 ha sostituito la tabella A allegata al D.Lgs. 503/1992, recante disposizioni per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. In particolare, l’articolo 1, comma 1, del citato provvedimento ha stabilito che il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti è subordinato al compimento dell'età indicata, per ciascun periodo, nella tabella A di seguito riportata.

 

Età richiesta per il pensionamento di vecchiaia

Periodo di riferimento

Uomini

Donne

dal 1° gennaio 1994 al 30 giugno 1995

61° anno

56° anno

dal 1° luglio 1995 al 31 dicembre 1996

62° anno

57° anno

dal 1° gennaio 1997 al 30 giugno 1998

63° anno

58° anno

dal 1° luglio 1998 al 31 dicembre 1999

64° anno

59° anno

dal 1° gennaio 2000 in poi

65° anno

60° anno

 

L‘articolo 59 della L. 449/1997 ha recato disposizioni in materia di previdenza, assistenza, solidarietà sociale e sanità.

In particolare, il comma 6 ha individuato i requisiti per il pensionamento d’anzianità per lavoratori dipendenti privati e pubblici, lavoratori autonomi, nonché norme particolari per il personale eccedentario delle Ferrovie dello Stato S.p.A.

Il successivo comma 7 contiene alcune deroghe all’applicazione del precedente comma 6. In particolare, si stabilisce che i requisiti più favorevoli di cui alla tabella B allegata alla L. 335/1995 continuano ad applicarsi ad alcune categorie di lavoratori dipendenti, in considerazione della gravosità del lavoro effettuato, della precocità del loro ingresso nel mercato del lavoro e della difficoltà della loro collocazione nel mercato del lavoro stesso.

Precisamente la deroga si applica, tra gli altri:

          ai lavoratori dipendenti pubblici e privati qualificati dai contratti collettivi come operai e per i lavoratori ad essi equivalenti da individuarsi con successivo regolamento (lettera a));

          ai lavoratori dipendenti che risultino iscritti a forme pensionistiche obbligatorie per non meno di un anno, in età compresa tra i 14 e i 19 anni, a seguito di effettivo svolgimento di attività lavorativa(lettera b)).

Il comma 8, infine, ha stabilito le decorrenze annuali, scaglionate per trimestri, per poter accedere al pensionamento d'anzianità, tenendo conto del possesso dei requisiti indicati ai precedenti commi 6 e 7, lettere a) e b).

[253]  Gli altri fondi indicati nella norma sono il Fondo infrastrutture, di cui all’articolo 6-quinquies del D.L. 112/2008, anche per la messa in sicurezza delle scuole, per le opere di risanamento ambientale, per l'edilizia carceraria, per le infrastrutture museali ed archeologiche, per l'innovazione tecnologica e le infrastrutture strategiche per la mobilità e il Fondo strategico per il Paese a sostegno dell’economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[254]  D.L. 27 maggio 2008, n. 93, recante “Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126.

[255]  Si ricorda che tra i soci di UIRNet S.p.A. vi sono le società italiane degli interporti, alcune società operanti nei settori trasporti e telecomunicazioni quali Telespazio S.p.A., Autostrade per l'Italia S.p.A, Telecom Italia S.p.A. Selex Elsag S.p.A, Fondazione Slala, nonché associazioni di categoria e sindacali del settore.

[256]  D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, e convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[257]  Dagli atti 14a Conferenza Nazionale ASITA (Federazione delle Associazioni Scientifiche per le Informazioni Territoriali) - Brescia 9-12 novembre 2010, N. Ancora, M. Marchetti “Le buone pratiche dei servizi geospaziali della Regione Molise “, Università del Molise - Dipartimento di Scienze e Tecnologie per l’Ambiente e il Territorio. Tale articolo è consultabile al seguente indirizzo internet http://www.attiasita.it/ASITA2010/Pdf/075.pdf -

[258]  Per approfondimenti sull’attività dell’ISPRA e sugli organi direttivi si può consultare il sito dell’istituto al seguente indirizzo internet http://www.isprambiente.it/it

[259]  A tal proposito si segnala da ultimo il D.Lgs. 26 ottobre 2010 n. 204, recante Attuazione della direttiva 2008/51/CE, che modifica la direttiva 91/477/CEE relativa al controllo dell'acquisizione e della detenzione di armi.

[260]  A tal proposito si evidenzia come negli altri Paesi europei in genere la qualità di arma “comune” venga certificata dal produttore stesso in conformità a quanto definito dalla legge, con la possibilità di consultare le amministrazioni competenti in caso di dubbio, e con la competenza delle autorità di polizia ad effettuare opportuni controlli.

[261]  D.L. 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica).

[262]  Articolo 11 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[263]  Vedi lettera d) dell'articolo 1, comma 409, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge finanziaria 2006). e successive modificazioni.

[264]  Si tratta di farmacie aperte in base al criterio topografico o della distanza, ai sensi dell'articolo 104 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 e successive modificazioni, e anteriormente o posteriormente all'entrata in vigore della legge 8 novembre 1991, n. 362 (Norme di riordino del settore farmaceutico).

[265]  Previsto dal comma 1, lettera a), del’articolo 11, del D.L. n.1 del 2012.

[266]  Viene modificato il comma 3 dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012.

[267]  L’art. 5 del D.P.C.M. 30-3-1994 n. 298, reca la valutazione dei titoli previsti, che ogni commissario dispone per l’assegnazione della farmacia. Regolamento di attuazione dell'art. 4, comma 9, della legge 8 novembre 1991, n. 362, concernente norme di riordino del settore farmaceutico

[268]  Viene introdotta la lettera b-bis) al comma 5 dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012.

[269]  Viene modificato il comma 6, terzo e quarto periodo, dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012.

[270]  Viene modificato il comma 7, primo periodo, dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012.

[271]  Viene modificato il comma 17 dell’articolo 11 del decreto-legge n. 1 del 2012.

[272]  Aggiunge l’art. 1-ter alla legge 2 aprile 1968 n. 475 (Norme concernenti il servizio farmaceutico).

[273]  Aggiunge l’art. 1-bis alla legge 2 aprile 1968 n. 475. Il citato D.L. è convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[274]  Articolo 11, comma 1, lett. a) del decreto-legge n. 1 del 2012.

[275]  Art. 11, comma 10 del decreto-legge n. 1 del 2012.

[276]  Il D.L. n.87/2012 non è stato convertito in legge (Comunicato 27 agosto 2012, pubblicato nella G.U. 27 agosto 2012, n. 199).

[277]  Secondo le norme del codice civile (in particolare, articolo 1331 c.c.) il patto di opzione è finalizzato a costituire in capo ad un soggetto (detto opzionario) il diritto potestativo di concludere un contratto, con la corrispondente situazione di soggezione (a tale diritto potestativo) in capo al soggetto concedente. L’esercizio del diritto di opzione avviene mediante atto unilaterale, dal quale discende l'instaurarsi del rapporto contrattuale definitivo; la parte che ha accettato di rimanere vincolata alla propria dichiarazione – la quale versa in una situazione di mera soggezione – non necessita di alcuna condotta attiva o collaborazione per la instaurazione del rapporto contrattuale definitivo. Il diritto d'opzione è, normalmente, concesso contro il versamento di un prezzo (c.d. premio), ma la dottrina maggioritaria ritiene possibile anche un’opzione concessa a titolo gratuito.

[278]  D.P.C.M. 4 maggio 2007, recante “Riordino degli organismi operanti presso il Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248”.

[279]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[280]  Per la composizione azionaria di Cassa depositi e prestiti vedasi il prospetto pubblicato sul sito istituzionale. Si veda, inoltre l’audizione dei rappresentanti di Cassa depositi in data 31 gennaio 2012 presso la X Commissione della Camera (Res. sten.31 gennaio 2012), in sede di indagine conoscitiva sulle caratteristiche attuali dello sviluppo del sistema industriale e il ruolo delle imprese partecipate dallo Stato, con particolare riferimento al settore energetico. L’indagine è tutt’ora in corso.

[281]  Per la composizione azionaria di Simest vedasi il prospetto pubblicato sul sito istituzionale della società http://www.simest.it/frameset.asp.

[282]  Con D.M. 18 giugno 2004, n. 59627, sono stati definiti, ai sensi dell'art. 5, comma 11, lettera d), del D.L. n. 269/03 i criteri di gestione delle partecipazioni societarie dello Stato trasferite a CDP.

[283]  Disposizioni urgenti in favore della cultura, in materia di incroci tra settori della stampa e della televisione, di razionalizzazione dello spettro radioelettrico, di abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione di nuovi impianti nucleari, di partecipazioni della Cassa depositi e prestiti, nonché per gli enti del Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo.

[284]  Lo Statuto di FSI S.p.A, adottato il 2 agosto 2011, reca come oggetto sociale della Società: l’esercizio dell’attività di assunzione in via diretta o indiretta di partecipazioni, intesa quale attività di acquisizione, detenzione e gestione dei diritti, rappresentati o meno da titoli, sul capitale di società di capitali che presentino significative prospettive di sviluppo. Il Testo completo dello Statuto è disponibile al seguente indirizzo

http://www.fondostrategico.it/static/upload/fsi/fsi_statuto_2011.pdf.

[285]  La composizione azionaria della società è disponibile al seguente indirizzo:

http://www.fondoitaliano.it/la-societa.shtml

[286]  http://www.cassaddpp.it/chi-siamo/fatti-numeri/partecipazioni.html

[287]  Vedasi il Rapporto annuale 2011 della Società Sace disponibile al seguente indirizzo http://issuu.com/sacegroup/docs/annual_report_sace_2011?mode=window&proSidebarEnabled=true&logo=http%3A%2F%2Fwww.sace.it%2FGruppoSACE%2Fcontent%2Fimg%2FSACE_ISSUU.png&backgroundColor=%23e9e9e9

[288]  Vedasi la Relazione e i Bilanci 2011 della società Fintecna, disponibili al seguente indirizzo http://www.fintecna.it/doc/BILANCIO%202011.pdf.

[289]  Vedasi il Bilancio e le Relazioni d’esercizio 2010 disponibili al seguente indirizzo http://www.simest.it/content/pdf/bilancio2010/bilancio.pdf.

[290]  Ai sensi di quanto previsto dall’articolo 5, comma 6, la Società è intermediario finanziario non bancario, essendo soggetta alla vigilanza della Banca d’Italia nelle forme previste per gli intermediari finanziari iscritti nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del T.U.B.

[291]  I poteri di indirizzo e di vigilanza, anche regolamentari sulle attività in regime di gestione separata di CDP S.p.A. sono attribuiti al Ministero dell'economia e delle finanze (D.M. 5 dicembre 2003).

[292]  Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici. Come evidenziato da Presidente di Cassa depositi e prestiti Franco Bassanini in occasione della citata Audizione presso la X Commissione attività produttive della Camera, per oltre 150 anni Cassa depositi e prestiti è stata un'istituzione pubblica, il cui compito era raccogliere tramite il sistema postale il risparmio postale delle famiglie e utilizzarlo per erogare prestiti alle amministrazioni pubbliche, prevalentemente ma non solo alle amministrazioni locali, per investimenti, rivolti principalmente a opere pubbliche. Le risorse che risultavano in eccesso venivano depositate in un conto corrente di tesoreria e concorrevano al finanziamento della Tesoreria. Si trattava di un finanziamento della Tesoreria che non richiedeva emissione di titoli di debito sovrano. Dal 2003, su proposta del Governo, ma anche per volontà del Parlamento, la Cassa depositi e prestiti è stata trasformata in società per azioni.

Eurostat ha riconosciuto che la Cassa è al di fuori del perimetro della pubblica amministrazione e, quindi, è un soggetto privato, ancorché partecipato dallo Stato che raccoglie il risparmio privato.

Il risparmio postale in quanto tale non rientra nel debito pubblico, mentre vi rientrano gli impieghi, se sono effettuati sotto forma di prestiti alle amministrazioni pubbliche. Rientrano nel debito pubblico poi i mutui alle amministrazioni pubbliche, perché sono indebitamento delle pubbliche amministrazioni. Rientra pure nel debito pubblico il citato conto corrente di Tesoreria, perché considerato un prestito allo Stato. Non rientrano nel debito pubblico, invece, i finanziamenti erogati direttamente alle imprese o per finanziare infrastrutture o per sostenere l'economia, perché a soggetti privati.

Dunque, i trasferimenti di CDP ai soggetti privati consentono un canale di finanziamento che non va ad appesantire il debito pubblico.

[293]  D.L. n. 185/2008, convertito con modificazioni nella legge n. 2 del 28 gennaio 2009.

[294]  D.L. n. 5/2009, convertito con modificazioni nella legge n. 33 del 9 aprile 2009

[295]  L’articolo 3 dello Statuto di Cassa depositi e prestiti, nell’elencare gli ambiti operativi della Società, indica specificamente la concessione di finanziamenti, sotto qualsiasi forma ivi compreso l'acquisto di crediti di impresa, il rilascio di garanzie, l'assunzione di capitale di rischio o di capitale di debito, la sottoscrizione di quote di fondi di investimento nei confronti delle piccole e medie imprese per finalità di sostegno dell'economia. Tali operazioni sono effettuate a favore delle piccole e medie utilizzando fondi provenienti dalla raccolta postale esclusivamente attraverso l'intermediazione di enti creditizi o attraverso la sottoscrizione di fondi comuni di investimento gestiti da una società di gestione collettiva del risparmi, il cui oggetto sociale realizza uno o più fini istituzionali della Cassa depositi e prestiti SpA.

A tale fine è stato istituito, in data 18 marzo 2010, il "Fondo Italiano d'Investimento SGR S.p.A.".

[296]  Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[297]  Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero.

[298]  http://www.fintecna.it/partecipazioni.asp

[299]  Il Fondo ammortamento titoli di Stato, istituito dalla legge 27 ottobre 1993, n. 432 con l’obiettivo di destinare i proventi delle operazioni di privatizzazione alla riduzione del debito pubblico, è attualmente disciplinato dal D.Lgs. 30 dicembre 2003, n. 396 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di debito pubblico” (Testo A), Capo III del Titolo I (artt. 44-52).

Per quanto concerne i meccanismi di funzionamento del Fondo si ricorda che in base all’art. 48 del D.P.R. n. 397/2003 le disponibilità che affluiscono al Fondo debbono essere interamente impiegate nell'acquisto di titoli di Stato o nel rimborso di titoli in scadenza a decorrere dal 1995, nonché per l'acquisto di partecipazioni azionarie possedute da società delle quali il Tesoro sia unico azionista, ai fini della loro dismissione.

Le risorse finanziarie di cui il Fondo può disporre sono individuate dall’art. 45 del D.Lgs. n. 396/2003 in:

a)   titoli di Stato corrisposti dagli acquirenti come prezzo dovuto per la vendita di beni del patrimonio immobiliare ovvero di partecipazioni dello Stato;

b)   proventi relativi alla vendita di partecipazioni dello Stato; sono in ogni caso esclusi i proventi derivanti dalle dismissioni immobiliari;

c)   gettito derivante da entrate straordinarie dello Stato;

d)   eventuali assegnazioni da parte del Ministero dell’economia e delle finanze;

e)   proventi derivanti da donazioni o da disposizioni testamentarie, comunque destinate al conseguimento delle finalità del Fondo;

f)    proventi derivanti dalla vendita di attività mobiliari e immobiliari confiscate dall'autorità giudiziaria e corrispondenti a somme sottratte illecitamente alla pubblica amministrazione.

Le somme destinate al Fondo affluiscono all’entrata del bilancio dello Stato, per essere poi trasferite ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell’economia (capitolo 9565 dell’UPB 26.2.9) ed essere, infine, accreditate presso la Banca d'Italia, in un conto intestato appunto al Fondo.

[300]  Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, pubblicato in G.U. n. 18/L del 24 gennaio 2012.

[301]  Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.

[302]  http://www.cassaddpp.it/chi-siamo/fatti-numeri/partecipazioni.html

[303]  Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[304]  Consiglio nazionale del notariato, La disciplina sull’edilizia residenziale convenzionata dopo il Decreto sullo Sviluppo 2011 (Studio approvato dalla Commissione Studi Civilistici del 20 ottobre 2011), disponibile al link www.notariato.it/en/highlights/news/archive/pdf-news/521-11.c.pdf. A tale studio si rinvia per ulteriori approfondimenti in materia.

[305]  Termine modificato nel corso dell’esame al Senato. Il termine originario faceva riferimento alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso.

[306]  Termine modificato nel corso dell’esame al Senato. Il termine originario faceva indicava 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso.

[307]  Termine modificato nel corso dell’esame al Senato. Il termine originario faceva indicava 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso.

[308]  Quindici giorni decorrenti dalla data di incorporazione indicata al comma 1 (1° dicembre 2012). Il termine originario faceva riferimento a 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione.

[309]  Termine modificato nel corso dell’esame al Senato. Il termine originario faceva riferimento alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso.

[310]  Termine modificato nel corso dell’esame al Senato. Il termine originario faceva riferimento alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge stesso.

[311]  Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

[312]  Si rammenta che sulla base del vigente C.C.N.L., il sistema di classificazione del personale delle Agenzia fiscali risulta articolato in tre aree: Prima area: – comprendente la ex posizione A1; Seconda area: – comprendente le ex posizioni B1, B2 e B3; Terza area: – comprendente le ex posizioni C1, C2 e C3.

Alla Terza area funzionale appartengono i lavoratori che, nel quadro di indirizzi generali, per la conoscenza dei vari processi gestionali, svolgono, nelle unità di livello non dirigenziale a cui sono preposti, funzioni di direzione, coordinamento e controllo di attività rilevanti, ovvero lavoratori che svolgono funzioni che si caratterizzano per il loro elevato contenuto specialistico.

[313]  Per l'applicazione delle riduzioni già introdotte nel 2008 dall'articolo 74 del decreto- legge n. 112 del 2008 (L. n.133/2008), in precedenza citato.

[314]  Recante il Regolamento per la riorganizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’economia e delle finanze.

[315]  Recante “Norme per la ristrutturazione del Ministero delle finanze”.

[316]  Si tratta degli incarichi dirigenziali che, entro una quota prefissata delle dotazioni organiche del personale dirigenziale, possono essere attribuiti a soggetti esterni all’ Amministrazione che possiedano i necessari requisiti professionali, ed a condizione che si tratti di professionalità non rinvenibili nei ruoli dell’Amministrazione medesima.

[317]  Il D.L. n.87/2012 non è stato convertito in legge (Comunicato 27 agosto 2012, pubblicato nella G.U. 27 agosto 2012, n. 199).

[318]  Posto che il comma 7 in commento riproduce una norma, già vigente, contenuta nell’articolo 4, comma 9, del D.L. n. 87/2012, la decadenza decorre dalla data del 27 giugno 2012.

[319]  L’articolo 2383, terzo comma del codice civile , di cui il comma in esame esclude l’applicazione, prevede che gli amministratori sono rieleggibili, salvo diversa disposizione dello statuto, e sono revocabili dall'assemblea in qualunque tempo, anche se nominati nell'atto costitutivo, salvo il diritto dell'amministratore al risarcimento dei danni, se la revoca avviene senza giusta causa.

[320]  D.L. 29 dicembre 2009, n. 193, recante “Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario”, convertito, con modificazioni, in legge n. 24/2010.

[321]  Convertito, con modificazioni, in legge n. 94/2012.

[322]  In linea generale, ogni azione attribuisce il diritto di voto. Tuttavia, salve diverse disposizioni di legge, lo statuto può prevedere la creazione di azioni senza diritto di voto, con diritto di voto limitato ovvero subordinato al verificarsi di particolari condizioni non meramente potestative, ma il valore di tali azioni non può complessivamente superare la metà del capitale sociale. Alcune tipologie di strumenti finanziari (forniti di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti, da distribuire ai prestatori di lavoro dipendenti della società o di società controllate) possono essere dotati del diritto di voto su argomenti specificamente indicati.

[323]  Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

[324]  Si ricorda che l'articolo 107 citato prevede, al comma 1, che salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

Ai sensi del comma 2 sono compatibili con il mercato interno:

a)    gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti;

b)    gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;

c)     gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.

Ai sensi del comma 3 possono considerarsi compatibili con il mercato interno:

a)    gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;

b)    gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;

c)     gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;

d)    gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune;

e)    le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

[325]  Si ricorda che l'articolo 107 citato prevede, al comma 1, che salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

Ai sensi del comma 2 sono compatibili con il mercato interno:

a)       gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall'origine dei prodotti;

b)       gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali;

c)       gli aiuti concessi all'economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.

Ai sensi del comma 3 possono considerarsi compatibili con il mercato interno:

a)       gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all'articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale;

b)       gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro;

c)       gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse;

d)       gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell'Unione in misura contraria all'interesse comune;

e)       le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.

[326]  Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia.

[327]  Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della L. 6 febbraio 1996, n. 52.

[328]  Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

[329]  Si ricorda al riguardo che l’articolo 17, comma 4, della legge di contabilità e finanza pubblica, n. 196/2009 prevede, ai fini della determinazione della copertura, che la relazione tecnica debba evidenziare anche gli effetti di ciascuna disposizione sui saldi di cassa (fabbisogno) e di indebitamento netto, indicando altresì i criteri per la loro quantificazione e compensazione nell'ambito della copertura finanziaria.

[330]  Ogni statuto elenca le imposte erariali (IRPEF, IRPEG, IVA, accise varie) delle quali una quota percentuale è attribuita alla regione.

[331]  Cfr. da ultimo l’articolo 32, comma 14, della legge 12 novembre 2011, n.183 (legge di stabilità 2012).

[332]  Si vedano le numerose sentenze a riguardo, da ultimo, n. 289 e 326 del 2008, nn. 165, 162 e 105 del 2007, nn. 234, 118 e 88 del 2006).

[333]  Sentenza n. 64 del 7/3/2012, in cui la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione sollevata dalla Regione siciliana su alcune norme del D.Lgs. 23/2011 (federalismo fiscale municipale) in quanto le norme censurate non si applicano alla Regione siciliana, come desunto dalla clausola di salvaguardia contenuta nell'art. 14, comma 2 del medesimo decreto legislativo., nonché sentenza n. 184 del 4/7/2012 in ordine a misure dirette ad agevolare interventi edilizi su costruzioni private (art. 5 D.L. 70/2011).

[334]  I riferimenti normativi sono i seguenti: Friuli-Venezia Giulia: L.cost. 1/1963 (Statuto) art. 4; D.P.R. 114/1965 art. 8; D.Lgs. 9/1997; Valle d’Aosta: L.cost. 4/1948 (Statuto) artt. 2-3, D.Lgs. 431/1989 D.Lgs. 282/1992, Trentino-Alto Adige: DPR 670/1972 (Statuto) artt. 4, 8, 80; D.P.R. 473/1975, D.Lgs. 268/1992. Sardegna: L.cost. 3/1948 art. 3. Sicilia: R.D.Lgs. art. 15.