Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Le leggi - D.L. 22 giugno 2012, n. 83 "Misure urgenti per la crescita del Paese" convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 - Schede di lettura
Riferimenti:
DL N. 83 DEL 22-GIU-12   L N. 134 DEL 07-AGO-12
Serie: Progetti di legge    Numero: 660    Progressivo: 3
Data: 10/10/2012
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

Progetti di legge

 

 

 

Le leggi

D.L. 22 giugno 2012, n. 83

“Misure urgenti per la crescita del Paese” convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 660/3

 

 

 

10 ottobre 2012

 

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

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File: D12083c.doc


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Integrazione della disciplina relativa all’emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte delle società di progetto – project bond)3

§      Articolo 2 (Disposizioni in materia di finanziamento di infrastrutture mediante defiscalizzazione)9

§      Articolo 3 (Conferenza di servizi preliminare e requisiti per la predisposizione degli studi di fattibilità nella finanza di progetto)14

§      Articolo 4 (Percentuale minima di affidamento di lavori a terzi nelle concessioni)17

§      Articolo 4-bis (Contratto di disponibilità)19

§      Articolo 5 (Determinazione corrispettivi a base di gara per gli affidamenti di contratti di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria)21

§      Articolo 6 (Utilizzazione crediti d’imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali)24

§      Articolo 7 (Disposizioni urgenti in materia di gallerie stradali e ferroviarie e di laboratori autorizzati ad effettuare prove ed indagini)26

§      Articolo 8 (Grande evento EXPO 2015 e Fondazione La Grande Brera)30

§      Articolo 9 (Ripristino IVA per cessioni e locazioni nuove costruzioni)39

§      Articolo 10 (Ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012)43

§      Articolo 11 (Detrazioni per interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico)57

§      Articolo 12 (Piano nazionale per le città)63

§      Articolo 12-bis (Istituzione del Comitato interministeriale per le politiche urbane )75

§      Articolo 13 (Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l’esercizio dell’attività edilizia)79

§      Articolo 13-bis (Modifiche all'articolo 6 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia di attività edilizia libera)89

§      Articolo 13-ter (Disposizioni in materia di responsabilità solidale dell'appaltatore)91

§      Articolo 14 (Autonomia finanziaria dei porti)94

§      Articolo 15 (Disposizioni finanziarie in materia di infrastrutturazione portuale)100

§      Articolo 16 (Disposizioni urgenti per la continuità di alcuni servizi di trasporto)104

§      Articolo 17 (Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea)114

§      Articolo 17-bis (Finalità e definizioni)117

§      Articolo 17-ter (Legislazione regionale)122

§      Articolo 17-quater (Normalizzazione)125

§      Articolo 17-quinquies (Semplificazione dell'attività edilizia e diritto ai punti di ricarica)127

§      Articolo 17-sexies (Disposizioni in materia urbanistica)130

§      Articolo 17-septies (Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica)131

§      Articolo 17-octies (Azioni di sostegno alla ricerca)135

§      Articolo 17-nonies (Indicazioni all'Autorità per l'energia elettrica e il gas)136

§      Articolo 17-decies (Incentivi per l'acquisto di veicoli)139

§      Articolo 17-undecies (Fondo per l'erogazione degli incentivi)142

§      Articolo 17-duodecies (Copertura finanziaria)145

§      Articolo 17-terdecies (Norme per il sostegno e lo sviluppo della riqualificazione elettrica dei veicoli circolanti)146

§      Articolo 18 (Amministrazione aperta)147

§      Articoli 19-22 (Istituzione dell’Agenzia per l’Italia digitale)156

§      Articolo 23 (Fondo per la crescita sostenibile)172

§      Articolo 24 (Contributo tramite credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati)178

§      Articolo 24-bis (Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nelle attività svolte da call center)187

§      Articolo 25 (Monitoraggio, controlli, attività ispettiva)189

§      Articolo 26 (Moratoria delle rate di finanziamento dovute dalle imprese concessionarie di agevolazioni)194

§      Articolo 27 (Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa)197

§      Articolo 28 (Semplificazione dei procedimenti agevolativi di “Industria 2015”)202

§      Articolo 29 (Accelerazione della definizione di procedimenti agevolativi)204

§      Articolo 29-bis (Accelerazione degli interventi strategici per il riequilibrio economico e sociale)210

§      Articolo 30 (Disposizioni relative al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca – FRI)212

§      Articolo 31 (Ulteriori disposizioni finanziarie)216

§      Articolo 32 (Strumenti di finanziamento per le imprese)219

§      Articolo 32-bis (Liquidazione dell'IVA secondo la contabilità di cassa)230

§      Articolo 33 (Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale)234

§      Articolo 34 (Disposizioni per la gestione e la contabilizzazione dei biocarburanti)256

§      Articolo 35 (Disposizioni in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi)266

§      Articolo 36 (Semplificazioni di adempimenti per il settore petrolifero)273

§      Articolo 36-bis (Razionalizzazione dei criteri di individuazione di siti di interesse nazionale)282

§      Articolo 37 (Disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico)284

§      Articolo 38 (Semplificazioni delle attività di realizzazione di infrastrutture energetiche e liberalizzazioni nel mercato del gas naturale)298

§      Articolo 38-bis (Individuazione degli impianti di produzione di energia elettrica necessari per situazioni di emergenza e delle relative condizioni di esercizio e funzionamento)305

§      Articolo 38-ter (Inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche)308

§      Articolo 39 (Criteri di revisione del sistema delle accise sull’elettricità e sui prodotti energetici e degli oneri generali di sistema elettrico per le imprese a forte consumo di energia; regimi tariffari speciali per i grandi consumatori industriali di energia elettrica)310

§      Articolo 40 (Modifiche al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, in materia di attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio)316

§      Articolo 41 (Razionalizzazione dell’organizzazione dell’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e dell’ENIT - Agenzia nazionale per il turismo all’estero)319

§      Articolo 41-bis (Incentivazione dei flussi imprenditoriali e turistici verso l'Italia e promozione delle relazioni economiche in ambito internazionale)323

§      Articolo 42 (Sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e  consorzi per l’internazionalizzazione)326

§      Articolo 43 (Potere sanzionatorio in materia di Made in Italy)333

§      Articolo 44 (Società a responsabilità limitata a capitale ridotto)337

§      Articolo 45 (Contratto di rete)342

§      Articolo 46 (Adeguamento del sistema sanzionatorio delle cooperative)346

§      Articolo 46-bis (Modifiche alla legge 28 giugno 2012, n. 92, e misure in materia di accordi di lavoro)349

§      Articolo 47 (Semplificazione della governance di Unioncamere)356

§      Articolo 48 (Lodo arbitrale)358

§      Articolo 49 (Commissario ad acta)360

§      Articolo 50 (Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza)363

§      Articolo 51 (Cedibilità tax credit digitale)368

§      Articolo 51-bis (Misure per lo sviluppo delle imprese culturali dello spettacolo)370

§      Articolo 52 (Disposizioni in materia di tracciabilità dei rifiuti)372

§      Articolo 53 (Modificazioni al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, in materia di disciplina dei servizi pubblici locali)377

§      Articolo 54 (Appello)384

§      Articolo 55 (Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89, in materia di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo civile e penale)393

§      Articolo 56 (Modifiche Scuola Magistratura  ed esonero parziale dall’attività giurisdizionale)402

§      Articolo 57 (Misure per lo sviluppo dell’occupazione giovanile nel settore della green economy)405

§      Articolo 58 (Fondo per la distribuzione di derrate alimentari  alle persone indigenti)412

§      Articolo 59, commi 1 e 2 (Tutela dei consorzi delle Dop ed Igp vitivinicole)416

§      Articolo 59, commi 3-5 (Sostegno nelle crisi di mercato)418

§      Articolo 59, comma 6 (Controllo e certificazione delle sementi)420

§      Articolo 59, comma 7 (Produzione di energia elettrica)422

§      Articolo 59, commi 8-10 (Relazione su biomasse ad uso agroenergetico)424

§      Articolo 59, commi 11 e 12 (Impianti di acquacoltura marina)425

§      Articolo 59, comma 13 (Credito peschereccio)427

§      Articolo 59, commi 14-19 (Etichettatura dei prodotti della pesca)428

§      Articolo 59-bis (Sistemi di sicurezza contro le contraffazioni dei prodotti agricoli e alimentari)431

§      Articolo 59-ter (Informatizzazione del registro dei pescatori marittimi)433

§      Articolo 59-quater (Modifiche al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, in materia di pesca e acquacoltura)435

§      Articolo 60 (Campo di applicazione. Soggetti ammissibili, tipologie e strumenti di intervento)437

§      Articolo 61 (Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST))444

§      Articolo 62 (Modalità di attuazione e procedure di valutazione)448

§      Articolo 63 (Disposizioni finali)453

§      Articolo 64 (Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva)457

§      Articolo 65 (Comitato Italiano Paraolimpico - Federazioni sportive nazionali e le discipline sportive)461

§      Articolo 66 (Reti di impresa)464

§      Articolo 66-bis (Interventi in favore della sicurezza del turismo montano)467

§      Articolo 67, commi 1-5 (Fondazione di Studi Universitari e di Perfezionamento sul Turismo)473

§      Articolo 67, comma 5-bis (Finanziamento di grandi eventi sportivi di rilevanza mondiale)477

§      Articolo 67, comma 5-ter (Celebrazioni per il settimo centenario della nascita di Boccaccio)479

§      Articolo 67, comma 5-quater (Imposta erariale sui voli dei passeggeri di aerotaxi)481

§      Articolo 67-bis (Chiusura dello stato di emergenza)482

§      Articolo 67-ter (Gestione ordinaria della ricostruzione)485

§      Articolo 67-quater (Criteri e modalità della ricostruzione)490

§      Articolo 67-quinquies (Disposizioni transitorie e finali)498

§      Articolo 67-sexies (Copertura finanziaria)502

§      Articolo 67-septies (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012)505

§      Articolo 67-octies (Credito d'imposta in favore di soggetti danneggiati dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012)507

§      Articolo 68 (Assicurazioni estere)510

§      Articolo 69 (Disposizioni finanziarie)514

§      Articolo 70 (Entrata in vigore)521

 


Schede di lettura


 

Articolo 1
(
Integrazione della disciplina relativa all’emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte delle società di progetto – project bond)

 

 


1. Gli interessi delle obbligazioni di progetto emesse dalle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono soggette allo stesso regime fiscale previsto per i titoli del debito pubblico.

2. All'articolo 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, dopo le parole: «diversi dalle banche» sono aggiunte le seguenti: «e dalle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».

3. Le garanzie di qualunque tipo da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle emissioni di obbligazioni e titoli di debito da parte delle società di cui all'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché le relative eventuali surroghe, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni, sono soggette alle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa di cui rispettivamente al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 e al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, si applicano alle obbligazioni emesse nei tre anni successivi alla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. È ammessa l'emissione di obbligazioni ai sensi dell'articolo 157 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 , anche ai fini del rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell'infrastruttura o delle opere connesse al servizio di pubblica utilità di cui sia titolare.


 

 

L’articolo 1 reca la disciplina fiscaleapplicabile ai cd. “project bond”, ovvero alle emissioni obbligazionarie effettuate, nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del D.L. 83 del 2012 in commento), dalle società di progettoper finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità (project bond).

Viene a tal fine introdotto un regime fiscale agevolato per gli interessi derivanti dai predetti titoli, consistente nell’assimilazione ai titoli di Stato e, dunque, a tassazione sostitutiva con aliquota al 12,5%. Le disposizioni in esame precisano poi i limiti di deducibilità degli interessi passivi per i project bond; introducono un regime agevolato, ai fini delle imposte di registro e ipocatastali, per le garanzie (e le operazioni ad esse correlate) rilasciate in relazione all’emissione di project bond.

L’emissione di detti titoli viene infine consentita anche alle società già operative, per coprire debiti contratti precedentemente sulle infrastrutture esistenti.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) specifica che tale norma è volta ad agevolare l‘emissione e il collocamento di obbligazioni da parte di società di progetto, rendendole appetibili per gli investitori; tale proposta deve essere inquadrata nel più generale contesto europeo che prevede lo sviluppo di forme analoghe di finanziamento delle infrastrutture pubbliche volte ad attrarre capitale privato.

Viene a tal proposito rammentata l’iniziativa “Project bond 2020”[1] promossa dalla Commissione europea con lo scopo di orientare gli investitori istituzionali verso il finanziamento a lungo termine di progetti infrastrutturali rilevanti nei settori del trasporto, dell‘energia e della banda larga; lo strumento prevede un meccanismo di condivisione da parte della Banca Europea degli investimenti - BEI del rischio a garanzia (entro la percentuale massima del 20%) delle obbligazioni emesse dalle società di progetto per finanziare i relativi progetti infrastrutturali.

Si rammenta in proposito che il 22 maggio è stato raggiunto un accordo in sede di trilogo (Parlamento europeo - Commissione europea - Consiglio dell'UE) su un progetto pilota di 18 mesi, che destina 230 milioni di garanzie e prestiti (a carico del bilancio dell'UE e della Banca europea per gli investimenti) per l'emissione di project bond, in grado di mobilizzare 4,6 miliardi di euro di investimenti privati per progetti per infrastrutture in trasporti, energia e tecnologie digitali. L'accordo è stato approvato dalla Commissione bilancio del PE il 31 maggio, prima di andare all'approvazione della plenaria nella sessione di luglio 2012.

 

La disciplina di tali strumenti è stata oggetto di modifica con l’articolo 41 del D.L. n. 1 del 2012 (cd. “liberalizzazioni”), che, novellando tra l’altro l’articolo 157 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), ha consentito alle società di progetto (di cui all’art. 156[2] del medesimo Codice) e alle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato[3] di emettere, oltre alle obbligazioni, anche titoli di debito, con lo scopo di realizzare una singola infrastruttura o un nuovo servizio di pubblica utilità, anche in deroga ai limiti previsti dal Codice civile.

Gli strumenti sono sottoscritti solo da investitori qualificati (ai sensi del regolamento di attuazione del D.lgs. n. 58/1998 concernente la disciplina degli emittenti, adottato dalla Consob con delibera n. 11971 del 14 maggio 1999; gli investitori qualificati sono elencati all'art. 34-ter, comma 1: tra di essi figurano banche, società di gestione del risparmio, Sicav, fondi pensione, imprese di assicurazione, fondazioni bancarie).Il D.L. “liberalizzazioni” ha eliminato l’obbligo che tali strumenti siano garantiti pro-quota mediante ipoteca.

Le obbligazioni e i titoli di debito sono nominativi e non possono essere trasferiti a soggetti che non siano investitori qualificati.

In rapporto ai project bond non trovano applicazione specifiche norme del codice civile in materia di emissioni obbligazionarie (tra cui quelle in materia di riduzione di capitale, garanzie, assemblea degli obbligazionisti).

I titoli e la relativa documentazione di offerta devono riportare chiaramente ed evidenziare distintamente un avvertimento circa l'elevato profilo di rischio associato all'operazione.

Tali obbligazioni e titoli di debito possono essere garantiti, sino all'avvio della gestione dell'infrastruttura da parte del concessionario, dal sistema finanziario, da fondazioni e da fondi privati, secondo modalità da definire con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (MEF) di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti (MIT)[4].

Tali norme si applicano anche:

§       alle società titolari delle autorizzazioni alla costruzione di infrastrutture di trasporto di gas e delle concessioni di stoccaggio di cui agli artt. 9 e 11 del D.lgs. n. 164/2000[5]; l’articolo 9 del D.lgs. n. 164/2000 reca la definizione di rete nazionale di gasdotti e di rete di trasporto regionale. L’articolo 11 riguarda l’attività di stoccaggio del gas naturale in giacimenti o unità geologiche profonde, che è svolta sulla base di concessione, di durata non superiore a venti anni, rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico. Il maggiore operatore italiano nel settore dello stoccaggio del gas naturale è Stogit, società di Snam con 8 giacimenti attivi;

§       alle società titolari delle autorizzazioni alla costruzione di infrastrutture facenti parte del Piano di sviluppo della rete di trasmissione nazionale[6] dell’energia elettrica;

§       a quelle titolari delle autorizzazioni per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto, di cui all'art. 46 del decreto-legge n. 159/2007[7].

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell’articolo in esame prevede che gli interessi delle richiamate obbligazioni di progetto (project bond) emesse per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità, siano soggette allo stesso regime fiscale previsto per i titoli del debito pubblico, ovvero ad una tassazione con aliquota al 12,5 per cento.

 

In merito si ricorda che il D.L. 138 del 2011 (in particolare l'articolo 2 ai commi da 6 a 34) ha previsto, con decorrenza al 1° gennaio 2012, una complessiva revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria, volto a unificare le attuali aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento, previste sui redditi di capitale e sui redditi diversi, ad un livello intermedio fissato al 20 per cento.

L’articolo 2, comma 7 del citato provvedimento sottrae alla predetta unificazione delle aliquote talune tipologie di proventi, con lo scopo di salvaguardare alcuni interessi generali di natura pubblica oppure specifici interessi meritevoli di tutela da parte dell’ordinamento.

In particolare, le fattispecie cui non si applica l’aliquota del 20 per cento sono le seguenti:

a)  obbligazioni e titoli pubblici italiani ed equiparati, di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601;

b)  obbligazioni emesse dagli Stati white listed, ovvero quelli inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell’articolo 168-bis, comma 1, del TUIR (coi quali dunque esiste un adeguato scambio di informazioni ai fini fiscali);

c)  titoli di risparmio per l’economia meridionale di cui all’articolo 8, comma 4, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 (di cui al successivo paragrafo “Titoli di risparmio per l’economia meridionale”);

d)  piani di risparmio a lungo termine appositamente istituiti.

Per quanto riguarda i titoli pubblici italiani ed equiparati il richiamato articolo 31 del D.P.R. n. 601 del 1973 fa riferimento alle remunerazioni “dei titoli del debito pubblico, dei buoni postali di risparmio, delle cartelle di credito comunale e provinciale emesse dalla Cassa depositi e prestiti e delle altre obbligazioni e titoli similari emesse da amministrazioni statali, anche con ordinamento autonomo, da regioni, province e comuni e da enti pubblici istituiti esclusivamente per l’adempimento di funzioni statali o per l’esercizio diretto di servizi pubblici in regime di monopolio”.

Continuano, pertanto, ad essere soggetti ad imposta sostitutiva con la previgente minore aliquota del 12,50 per cento, indipendentemente dalla loro durata, gli interessi e gli altri proventi derivanti da titoli emessi dallo Stato e da amministrazioni statali, ma -come precisa in merito l’Agenzia delle entrate nella circolare n. 11/E del 28 marzo 2012 - anche da regioni, province e comuni. Conseguentemente, tale misura di tassazione rimane ferma anche con riferimento agli interessi ed altri proventi derivanti da titoli pubblici e da quelli equiparati emessi all’estero a decorrere dal 10 settembre 1992.

 

Il comma 2, novellando l’articolo 3, comma 115 della legge 28 dicembre 1995, n. 549 specifica che i limiti, ivi previsti, di deducibilità degli interessi passivi derivanti da obbligazioni nonsi applicano alle società che emettono project bond.

Come precisa in merito la relazione illustrativa al ddl di legge di conversione (A.C. 5312), tale disposizione è volta a ricondurre il trattamento fiscale degli interessi pagati dal concessionario sui project bond a quello degli interessi pagati sui finanziamenti bancari, escludendo pertanto l‘applicazione dei limiti di deducibilità assoluta di cui all‘articolo 3, comma 115, della legge n. 549/1995.

 

Il comma 115 – che è stato oggetto di novella da parte del D.L. 138 del 2011 - reca la disciplina fiscale degli interessi da obbligazioni emesse da società ed enti non quotati. Si tratta, più precisamente, di titoli emessi da società il cui capitale è rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione Europea e degli Stati aderenti allo Spazio Economico Europeo inclusi nella white list.

Ai fini della determinazione del reddito di impresa, gli interessi passivi derivanti dai predetti titoli sono deducibili a condizione che, al momento di emissione, il tasso di rendimento effettivo non sia superiore: a) al doppio del tasso ufficiale di riferimento, per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati in mercati regolamentati degli Stati membri dell’Unione europea e degli Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo che sono inclusi nella white list, o collocati mediante offerta al pubblico ai sensi della disciplina vigente al momento di emissione; b) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di due terzi, delle obbligazioni e dei titoli similari diversi dai precedenti. Qualora il tasso di rendimento effettivo all’emissione superi i predetti limiti, gli interessi passivi eccedenti l’importo derivante dall’applicazione dei tassi “soglia” ivi indicati sono indeducibili dal reddito di impresa. In sostanza, una volta verificato che alla data di emissione dei titoli il tasso di rendimento effettivo non risulti superiore al limite vigente al momento, gli interessi passivi saranno completamente deducibili per tutto l’arco di durata del prestito; in tal modo i prestiti caratterizzati da un tasso elevato non penalizzano il sottoscrittore (che sconta la tassazione del 20%, come il sottoscrittore di titoli a basso rendimento), ma continuano a determinare interessi parzialmente indeducibili in capo alla società emittente.

Tale limite, che nel testo previgente non si applicava alle banche, per effetto delle norme in commento si estende alle società emittenti i project bond.

 

Il comma 3 introduce un regime fiscale agevolato per le garanzie rilasciate in rapporto ai “project bond”, nonché sulle relative operazioni.

Più in dettaglio, si prevede l’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali in misura fissa (pari a euro 168) alle garanzie di qualunque tipo, da chiunque e in qualsiasi momento prestate in relazione alle emissioni di obbligazioni e titoli di debito da parte delle società di progetto (di cui al richiamato articolo 157 del Codice dei contratti pubblici).

Tale regime si applica anche alle relative eventuali surroghe, postergazioni, frazionamenti e cancellazioni anche parziali, ivi comprese le cessioni di credito stipulate in relazione a tali emissioni.

 

Ai sensi dell’articolo 6, comma 1 della Tariffa allegata D.P.R. n. 131 del 1986 (Testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro), sono assoggettate ad imposta di registro in misura proporzionale (0,50%) le cessioni di crediti, le compensazioni e remissioni di debiti, le quietanze, tranne quelle rilasciate mediante scrittura privata non autenticata, nonché le garanzie reali e personali a favore di terzi, se non richieste dalla legge.

 

Si segnala al riguardo che con il decreto 7 agosto 2012 del Ministero dell'economia e delle finanze (G.U. n. 210 dell'8 settembre 2012) sono state stabilite le modalità per la prestazione delle garanzie sulle obbligazioni e sui titoli di debito, di cui all'articolo 157 del D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), concernente l'emissione di obbligazioni e di titoli di debito da parte delle società di progetto (cd. project bond).

 

Il comma 4 fissa i limiti temporali all’applicazione della disciplina agevolata così introdotta: essa si applicherà alle obbligazioni emesse nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto in esame).

 

Infine, il comma 5 interviene sull’ambito applicativo della disciplina su tali titoli, estendendo la possibilità di emetterlo anche con finalità di rifinanziamento del debito precedentemente contratto per la realizzazione dell‘infrastruttura o delle opere connesse al servizio di pubblica utilità di cui sia titolare la società di progetto interessata dall’emissione.

In sostanza l'emissione dei titoli potrà essere fatta sia dalle società di progetto che si candidano a realizzare e gestire un'opera infrastrutturale, sia dai concessionari già operativi, per coprire debiti contratti precedentemente sulle infrastrutture esistenti.

 


 

Articolo 2
(
Disposizioni in materia di finanziamento di infrastrutture mediante defiscalizzazione)

 

 


1. All'articolo 18 della legge 12 novembre 2011, n. 183, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, l'alinea è sostituito dal seguente:

«1. Al fine di favorire la realizzazione di nuove infrastrutture, previste in piani o programmi di amministrazioni pubbliche, da realizzare con contratti di partenariato pubblico privato di cui all'articolo 3, comma 15-ter, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, riducendo ovvero azzerando il contributo pubblico a fondo perduto, in modo da assicurare la sostenibilità economica dell'operazione di partenariato pubblico privato tenuto conto delle condizioni di mercato, possono essere previste, per le società di progetto costituite ai sensi dell'articolo 156 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, nonché, a seconda delle diverse tipologie di contratto, per il soggetto interessato, le seguenti misure:»;

b) il comma 2-ter è soppresso;

c) al comma 2-quater:

1) le parole: «di cui ai commi 2-bis e 2-ter» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al comma 2-bis»;

2) le parole: «di cui ai predetti commi 2-bis e 2-ter» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al predetto comma 2-bis»;

d) dopo il comma 2-quater è inserito il seguente:

«2-quinquies. Restano salve le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 990 e 991, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, con riguardo agli interventi di finanza di progetto già individuati ed in parte finanziati ai sensi del citato comma 991.».


 

 

L’articolo 2 apporta modifiche alla normativa in materia di finanziamento di infrastrutture mediante defiscalizzazione contenuta nell’articolo 18 della legge di stabilità 2012 (legge n. 183 del 12 novembre 2011).

Viene a tal fine rimodulato l‘ambito di applicazione delle misure di defiscalizzazione, reso applicabile alla realizzazione di tutte le nuove infrastrutture in partenariato pubblico-privato[8], in luogo della limitazione di tali agevolazioni al project financing in determinati settori e con precisi limiti temporali.

Viene altresì reso flessibile, in coerenza con le predette modifiche, anche il novero dei destinatari delle misure agevolative, che sono rese applicabili – oltre alle società di progetto – più in generale al soggetto interessato, a seconda delle diverse tipologie di contratto.

Si interviene inoltre sulla disciplina della defiscalizzazione relativa alle opere portuali, sopprimendo la norma che subordinava l‘attribuzione del maggior gettito IVA registrato per la nuova opera all'andamento del gettito dell'intero sistema portuale nazionale.

 

Nella sua formulazione antecedente, la norma (già oggetto di numerose modifiche nel corso del tempo ad opera, in particolare, del D.L. n. 201 del 2011, del D.L. n. 1 del 2012 e del D.L. n. 16 del 2012) contemplava la possibilità di prevedere agevolazioni fiscali in favore delle società di progetto, finalizzate a:

§       realizzare nuove infrastrutture stradali e autostradali, anche di carattere regionale, con il sistema del project financing, purché le relative procedure fossero state avviate ai sensi della normativa vigente, e non fossero state ancora definite al 1° gennaio 2012 (di entrata in vigore della medesima legge di stabilità 2012);

§       realizzare nuove opere di infrastrutturazione ferroviaria metropolitana e di sviluppo ed ampliamento dei porti e dei collegamenti stradali e ferroviari inerenti i porti nazionali appartenenti alla rete strategica transeuropea di trasporto essenziale (CORE TEN-T NETWORK).

L’agevolazione consiste nella possibilità di compensare l’ammontare dovuto a titolo di specifiche imposte, in via totale o parziale, con le somme da versare al concessionario a titolo di contributo pubblico a fondo perduto per la realizzazione dell’infrastruttura, mediante riduzione o azzeramento di quest’ultimo.

In particolare:

§       si consente di compensare parzialmente o integralmente le imposte sui redditi e l’IRAP generati durante il periodo di concessione con la riduzione o l’azzeramento del contributo a fondo perduto;

§       si consente di assolvere agli obblighi di versamento IVA mediante compensazione parziale o integrale con il predetto contributo (nel rispetto delle disposizioni europee in materia di versamenti IVA recati dalla direttiva 2006/112/CE e di risorse proprie del bilancio UE);

§       limitatamente alle grandi infrastrutture portuali, per un periodo non superiore ai 15 anni, la suddetta compensazione è consentita anche con il 25% dell'incremento del gettito IVA relativa alle operazioni di importazione riconducibili all'infrastruttura oggetto dell'intervento.

Tra le misure previste è compresa la possibilità di riconoscere come contributo in conto esercizio l’ammontare del canone annuo di concessione previsto dall’articolo 1, comma 1020, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) nonché l’integrazione della misura del canone annuo prevista dall’articolo 19, comma 9-bis, del decreto-legge n. 78/2009. Il riconoscimento del contributo in conto esercizio si traduce di fatto in un beneficio per le imprese a fronte delle spese di gestione/funzionamento dalle stesse sostenute.

Si prevede quindi che il contributo a fondo perduto, nonché le modalità e i termini delle misure fiscali precedentemente descritte, utilizzabili anche cumulativamente, sono posti a base di gara per l’individuazione del concessionario e sono riportate nel contratto di concessione che deve essere approvato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. La misura del contributo pubblico, comprese le agevolazioni fiscali di cui al comma 1, non può, comunque, eccedere il 50 per cento del costo dell’investimento e deve essere conforme alla normativa nazionale e comunitaria.

Il maggior gettito IVA è così determinato:

§       per i progetti di nuove infrastrutture, in misura pari all'ammontare delle riscossioni dell'IVA registrato nell'anno;

§       per i progetti di ampliamento ovvero potenziamento di infrastrutture esistenti, in misura pari alla differenza tra l'ammontare delle riscossioni dell'IVA registrato nell'anno e la media delle riscossioni conseguite nel triennio immediatamente precedente l'entrata in esercizio dell'infrastruttura oggetto dell'intervento.

Ai sensi del successivo comma 2-ter, soppresso dall’articolo in commento,gli incrementi di gettito IVA in oggetto, registrati nei vari porti, per poter essere accertati devono essere stati realizzati nel singolo porto, tenendo conto anche dell’andamento del gettito dell'intero sistema portuale, secondo le modalità definite dal successivo comma 2-quater.

Infine il comma 2-quater prevede che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti - siano stabilite:

§       le modalità per l'accertamento, il calcolo e la determinazione dell’incremento di gettito sopra evidenziato;

§       le modalità di corresponsione della quota di incremento del predetto gettito alla società di progetto;

§       ogni altra disposizione attuativa delle precedenti disposizioni.

Il comma 3 subordina l’efficacia delle misure fiscali e di quanto previsto dal comma 2 all’emanazione del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze previsto dall’articolo 104, comma 4, del D.P.R. n. 917 del 1986, che determina le quote di ammortamento finanziario ammesse in deduzione per le concessioni relative alla costruzione e all’esercizio di opere pubbliche.

Infine, il comma 4 dell’articolo 18 prescrive che, in occasione degli aggiornamenti periodici del piano economico-finanziario si procede alla verifica del calcolo del costo medio ponderato del capitale investito ed eventualmente del premio di rischio indicati nel contratto di concessione vigente, nonché alla rideterminazione delle misure di agevolazione sopra illustrate sulla base dei valori consuntivati nel periodo regolatorio precedente, anche alla luce delle stime di traffico registrate nel medesimo periodo.

 

Le disposizioni in commento in primo luogo riformulano l’alinea dell’articolo 18, estendendo l‘ambito di applicazione della defiscalizzazione alla realizzazione di tutte le nuove opere infrastrutturali in partenariato pubblico-privato[9] (comma 1, lettera a)), in luogo della limitazione di tali agevolazioni al project financing in determinati settori, con i suddetti limiti temporali.

La medesima disposizione precisa che tali interventi agevolativi sono volti ad assicurare la sostenibilità economica dell‘operazione di partenariato pubblico privato, tenuto conto delle condizioni di mercato.

Viene altresì reso flessibile, in coerenza con le predette modifiche, anche il novero dei destinatari delle misure agevolative, che vengono rese applicabili – oltre alle società di progetto costituite ai sensi dell'articolo 156[10] del codice dei contratti (D.lgs. n. 163/2006) – più in generale al soggetto interessato a seconda delle diverse tipologie di contratto.

 

La lettera b)del comma 1sopprime il comma 2-ter dell’articolo 18, intervenendo sulla disciplina della defiscalizzazione relativa alle opere portuali.

 

Sulla situazione delle infrastrutture portuali si rinvia alle schede di lettura relative agli articoli 14 e 15.

 

Viene a tal fine soppressa la norma che subordinava l‘attribuzione del maggior gettito IVA registrato per la nuova opera all'andamento del gettito dell'intero sistema portuale nazionale.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) in merito precisa che tale norma non rendeva appetibile per il privato l‘impiego del proprio capitale in quanto, non legando la defiscalizzazione allo specifico intervento da realizzare, comportava un rischio sostanzialmente indefinito.

La lettera c)reca gli opportuni coordinamenti formali all’articolo 18, conseguenti alla soppressione del comma 2-ter.

 

Infine, si prevede (comma 1, lettera d)), una norma di salvaguardia delle contribuzioni pubbliche già previste e destinate ad infrastrutture portuali dall‘art. 1, commi 990 e 991, della legge n. 296/2006 e, dunque, volta a tutelare i relativi procedimenti attualmente in corso di definizione.

L’articolo 1, comma 990 della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006) prevede che con decreto del Ministro dei trasporti si proceda al riparto tra le autorità portuali della quota dei tributi diversi dai diritti portuali, riscossi nelle stesse e da destinare ad interventi infrastrutturali. Il successivo comma 991 autorizza un contributo di 10 milioni di euro per quindici anni a decorrere dall'anno 2007, a valere sulle risorse per la realizzazione delle opere strategiche di preminente interesse nazionale di cui alla legge-obiettivo (legge n. 443/2001), per la realizzazione di grandi infrastrutture portuali che risultino immediatamente cantierabili.

 

La citata relazione illustrativa precisa che la disposizione di salvaguardia è volta ad eliminare il rischio di compromettere la realizzazione delle iniziative già avviate in attuazione dell’articolo 1, comma 990, della legge n. 296/2006, evitando che, sulla base di un‘interpretazione estensiva dell‘art. 18 vigente, non sia consentito accedere alla defiscalizzazione per i soggetti che hanno già beneficiato ai sensi delle suddette disposizioni di contributi superiori al 50% del valore dell‘opera (infatti il comma 2 dell’articolo 18 precisa che la misura massima del contributo pubblico, ivi incluse le misure di cui al comma 1, non può eccedere il 50 per cento del costo dell'investimento.)

 

Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) sono disposizioni di coordinamento conseguenti alla soppressione del comma 2-ter dell‘articolo 18 della legge n. 183/2001.

 


 

Articolo 3
(
Conferenza di servizi preliminare e requisiti per la predisposizione degli studi di fattibilità nella finanza di progetto)

 


1. All'articolo 14-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. In relazione alle procedure di cui all'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, la conferenza dei servizi è sempre indetta. La conferenza si esprime sulla base dello studio di fattibilità per le procedure che prevedono che lo stesso sia posto a base di gara ovvero sulla base del progetto preliminare per le procedure che prevedono che lo stesso sia posto a base di gara. Le indicazioni fornite in sede di conferenza possono essere motivatamente modificate o integrate solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.».

2. All'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Lo studio di fattibilità da porre a base di gara è redatto dal personale delle amministrazioni aggiudicatrici in possesso dei requisiti soggettivi necessari per la sua predisposizione in funzione delle diverse professionalità coinvolte nell'approccio multidisciplinare proprio dello studio di fattibilità. In caso di carenza in organico di personale idoneamente qualificato, le amministrazioni aggiudicatrici possono affidare la redazione dello studio di fattibilità a soggetti esterni, individuati con le procedure previste dal presente codice. Gli oneri connessi all'affidamento di attività a soggetti esterni possono essere ricompresi nel quadro economico del progetto.».


 

 

L’articolo 3 introduce l’obbligo di indire sempre la conferenza di servizi preliminare nella procedura di finanza di progetto. Nell’ambito della medesima procedura viene previsto che la redazione dello studio di fattibilità da porre a base di gara sia effettuata dal personale delle amministrazioni aggiudicatrici, eccetto i casi di carenza in organico di personale avente i necessari requisiti professionali per la predisposizione dello studio nei quali si può fare ricorso a soggetti esterni.

 

Il comma 1 dell'articolo in commento aggiunge un comma 1-bis all’art. 14-bis della L. 241/1990[11], che introduce l’obbligo di indire sempre la conferenza di servizi preliminare nell’ambito della procedura di finanza di progetto.

Viene altresì disposto che la citata conferenza si esprime sulla base del documento progettuale posto a base di gara, cioè sulla base dello studio di fattibilità (SdF) ovvero sulla base del progetto preliminare (PP).

Lo stesso comma consente la modifica o l’integrazione delle indicazioni fornite in sede di conferenza, solo se motivate e solo in presenza di significativi elementi emersi nelle fasi successive del procedimento.

Tale ultima disposizione reca un contenuto analogo a quello del comma 4 dell’art. 14-bis della L. 241/1990 con il quale pertanto potrebbe essere coordinata.

 

Con riferimento alla conferenza di servizi preliminare disciplinata dall’art. 14-bis della L. 241/1990, si ricorda in particolare che il comma 2 prevede che, nelle procedure di realizzazione di opere pubbliche e di interesse pubblico, la conferenza di servizi si esprime sul progetto preliminare al fine di indicare quali siano le condizioni per ottenere, sul progetto definitivo, le intese, i pareri, le concessioni, le autorizzazioni, le licenze, i nulla osta e gli assensi, comunque denominati, richiesti dalla normativa vigente. Lo stesso comma disciplina il ruolo, nell’ambito della conferenza, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità, mentre il successivo comma 3 disciplina il caso in cui sia richiesta la valutazione d’impatto ambientale (VIA).

 

Si fa notare che, rispetto alla procedura attualmente prevista dal comma 2, il nuovo comma 1-bis prevede la possibilità che la conferenza si esprima sullo studio di fattibilità, qualora sia posto a base di gara.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che tale norma è volta a superare “i problemi connessi alle frequenti richieste di modifica al progetto dell'opera da parte delle amministrazioni competenti a rilasciare le autorizzazioni necessarie, che possono mettere a rischio l'equilibrio economico finanziario e la bancabilità stessa dell'opera”; in tal modo “le successive fasi progettuali dovrebbero risultare più celeri e snelle ed, in particolare, il progetto definitivo dovrebbe superare in modo più agevole la conferenza dì servizi decisoria”.

 

Il comma 2 inserisce un comma 2-bis all’art. 153 del D.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), che prevede la redazione dello SdF da porre a base di gara da parte del personale delle amministrazioni aggiudicatrici.

Lo stesso comma prevede che tale personale deve essere in possesso dei requisiti soggettivi necessari per la predisposizione dello studio di fattibilità, in funzione delle diverse professionalità coinvolte nell‘approccio multidisciplinare proprio dello studio di fattibilità. Il riferimento ai requisiti soggettivi è da intendersi pertanto ai requisiti di professionalità necessari per la predisposizione dello studio di fattibilità secondo quanto riportato anche dalla relazione illustrativa che sottolinea che la norma in commento “risponde all'esigenza di definire in modo esauriente, in conseguenza al ruolo chiave che viene ad assumere lo studio di fattibilità nella finanza di progetto, i requisiti di qualificazione dei soggetti incaricati di predisporre lo studio di fattibilità laddove lo stesso sia posto a base di gara, prevedendo l'espressa menzione dei requisiti di professionalità sui temi economico-finanziari necessari per redigere un documento che sia in grado di fornire indicazioni adeguate sulla gestione economica e funzionale della infrastruttura”.

In caso di carenza in organico di personale idoneamente qualificato, la norma consente alle amministrazioni aggiudicatrici di affidare la redazione dello SdF a soggetti esterni, individuati con le procedure previste dal Codice dei contratti (D.lgs. 163/2006), cioè, secondo quanto esplicitato dalla relazione illustrativa, mediante apposita gara.

 

Si ricorda che la procedura “tradizionale” di project financing, disciplinata dal comma 1 dell’art. 153 (che disciplina anche altre forme alternative di finanza di progetto), prevede, per la realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità inseriti nella programmazione triennale e finanziabili in tutto o in parte con capitali privati, che le amministrazioni aggiudicatrici possano, in alternativa all'affidamento mediante concessione di lavori pubblici di cui all’art. 143 del Codice, affidare una concessione ponendo a base di gara uno SdF, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l'utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti.

Con riferimento al contenuto dello SdF, esso viene disciplinato dall’art. 14, comma 2, del D.P.R. 207/2010 (regolamento di attuazione del Codice dei contratti) nei casi in cui lo SdF sia posto a base di gara, ai sensi degli articoli 58 e 153 del Codice. In tali casi viene previsto che, salva diversa motivata determinazione del responsabile del procedimento, lo SdF si componga di una relazione illustrativa generale (contenente, tra l’altro, la verifica della compatibilità con gli strumenti urbanistici; l’analisi dell'impatto socio-economico con riferimento al contesto produttivo e commerciale esistenti; l'analisi delle alternative progettuali; lo studio dell'impatto ambientale riferito alla soluzione progettuale individuata e alle possibili soluzioni alternative), di una relazione tecnica (contenente le caratteristiche funzionali e tecniche dei lavori da realizzare; la descrizione delle misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale, i valori culturali e paesaggistici; un’analisi sommaria delle tecniche costruttive e indicazione delle norme tecniche da applicare; il cronoprogramma e una stima sommaria dell'intervento); di elaborati progettuali stabiliti dal responsabile del procedimento tra quelli previsti dall'articolo 21 e di un elaborato tecnico-economico contenente, tra l’altro, l’analisi della fattibilità finanziaria (costi-ricavi) e della fattibilità economica e sociale (costi-benefici), oltre allo schema di sistema tariffario, nel caso di concessione, e agli elementi essenziali dello schema di contratto.

Si ricorda, in materia di redazione e affidamento degli SdF, quanto enunciato nelle linee guida emanate dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici (AVCP) con la determinazione n. 1/2009[12], ove si legge (a pag. 41) che «lo SdF deve essere, di norma, redatto dagli Uffici Tecnici delle amministrazioni aggiudicatrici; il ricorso a professionisti esterni è possibile solo in caso di carenze dell’organico ai sensi dell'articolo 90, comma 6 e dell'articolo 10, comma 7, per i servizi, del D.lgs. n. 163/2006. Al concetto di "carenza dell’organico" va dato un significato stringente e sostanziale, in quanto lo SdF rappresenta per l'amministrazione un elaborato a valenza strategica e non meramente professionale, come si intende per la progettazione. Qualora si tratti di uno studio particolarmente complesso, potrà farsi ricorso all'attività di supporto, in particolare per gli aspetti economici, finanziari, delle indagini sui flussi, ecc.».

 


 

Articolo 4
(Percentuale minima di affidamento di lavori a terzi nelle concessioni)

 

1. All'articolo 51 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «cinquanta per cento» sono sostituite dalle seguenti: «60 per cento»;

b) al comma 2, le parole: «1° gennaio 2015» sono sostituite dalle seguenti: «1° gennaio 2014».

 

 

L’articolo 4, comma 1, lettera a), eleva dal 50 al 60% la percentuale minima che i titolari di concessioni già assentite alla data del 30 giugno 2002, ivi comprese quelle rinnovate o prorogate ai sensi della legislazione successiva, sono tenuti ad affidare a terzi.

 

La disposizione viene introdotta quale novella al comma 1 dell’art. 51 del decreto legge n. 1/2012 che aveva recentemente elevato tale percentuale dal 40 al 50%. La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che l’innalzamento della soglia al 60% di affidamento a terzi ha un “carattere pro-concorrenziale”, in quanto inciderebbe soprattutto sulle vigenti concessioni del settore autostradale, per lo più affidate senza confronto concorrenziale, e favorirebbe una maggiore partecipazione degli operatori economici, anche di medie e piccole dimensioni, nella realizzazione degli interventi presenti nel piano degli investimenti previsti nelle convenzioni di concessione, con effetto anticongiunturale nel settore.

 

Si fa presente che il decreto-legge n. 1/2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, all’art. 51, comma 1, con una modifica all’art. 253, comma 25, del D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), ha elevato dal 40[13] al 50% la percentuale minima che i titolari di concessioni già assentite alla data del 30 giugno 2002, ivi comprese quelle rinnovate o prorogate ai sensi della legislazione successiva, sono tenuti ad affidare a terzi.Il citato comma 25 dispone altresì che i concessionari agiscono a tutti gli effetti come amministrazioni aggiudicatrici esclusivamente per la quota di lavori affidata a terzi. Il comma 2 dell’art. 51 del citato decreto-legge n. 1/2012 prevedeva quindi che la norma si applicasse a decorrere dal 1° gennaio 2015. La relazione illustrativa al decreto-legge n. 1/2012 precisava che il periodo transitorio fino al 1° gennaio 2015 era necessario al fine di evitare il blocco degli investimenti già avviati dai concessionari autostradali.

Si ricorda, inoltre, che il comma 25 dell’art. 253 del Codice dei contratti reca una disposizione derogatoria rispetto alle previsioni dell’articolo 146 del medesimo Codice che (sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 60 della direttiva 2004/18/CE), fatto salvo quanto dispone l’articolo 147 per l’affidamento di lavori complementari, prevede che la stazione appaltante possa imporre al concessionario di lavori pubblici di affidare a terzi appalti corrispondenti ad una percentuale non inferiore al 30% del valore globale dei lavori oggetto della concessione.

Si segnala, infine, che nel corso delle audizioni informali svolte al Senato nell’ambito dell’esame del decreto legge n. 1/2012, si sono registrate divergenti posizioni circa la noma di cui all’art. 51[14].

 

Il comma 1, lettera b), introdotto nel corso dell’esame parlamentare,novella l’articolo 51, comma 2, del citato decreto-legge 1/2012 anticipando di un anno, ossia al 1° gennaio 2014, l’applicazione del comma 1.


 

Articolo 4-bis
(Contratto di disponibilità)

 

 


1. All'articolo 160-ter del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Il contratto determina le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, che possono comportare variazioni dei corrispettivi dovuti per gli eventi incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla gestione tecnica dell'opera, derivanti dal sopravvenire di norme o provvedimenti cogenti di pubbliche autorità. Salvo diversa determinazione contrattuale e fermo restando quanto previsto dal comma 5, i rischi sulla costruzione e gestione tecnica dell'opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro atto di natura amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore»;

b) al comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L'amministrazione aggiudicatrice può attribuire all'affidatario il ruolo di autorità espropriante ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327».

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), si applicano ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

L’articolo 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, novella il comma 2 dell’articolo 160-ter del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 163/2006[15]) relativo alla disciplina del contratto di disponibilità.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che il contratto di disponibilità costituisce un contratto di partenariato pubblico-privato nel quale l'affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per il periodo di messa a disposizione dell'amministrazione aggiudicatrice.

 

L’articolo in commentointegra la predetta disposizione con la finalità di “temperare” la scelta di attribuire all’aggiudicatario ogni tipo di rischio, prevedendo che il contratto esenti le imprese dalla responsabilità di eventi incidenti sulla progettazione, costruzione e gestione che derivino da norme o provvedimenti della P.a. sopravvenuti.

Si specifica, inoltre, che, salvo diversa determinazione contrattuale, i rischi della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per mancato o ritardato rilascio di qualsivoglia autorizzazione o atto di natura amministrativa sono a carico del soggetto aggiudicatore. L’amministrazione aggiudicatrice può attribuire all'affidatario il ruolo di autorità espropriante.

Nello specifico, il comma 1, lettera a) aggiunge due nuovi periodi all'articolo 160-ter, comma 2, in base al quale l'affidatario assume il rischio della costruzione e della gestione tecnica dell'opera per il periodo di messa a disposizione dell'amministrazione aggiudicatrice. Il primo nuovo periodo specifica che il contratto determina le modalità di ripartizione dei rischi tra le parti, che possono comportare variazioni dei corrispettivi dovuti per gli eventi incidenti sul progetto, sulla realizzazione o sulla gestione tecnica dell'opera, derivanti dal sopravvenire di norme o provvedimenti cogenti di pubbliche autorità. Il secondo nuovo periodo pone a carico del soggetto aggiudicatore, salvo diversa determinazione contrattuale (e fermo restando quanto previsto dal comma 5, del medesimo articolo 160-ter,che consente all’affidatario di introdurre varianti progettuali) i rischi sulla costruzione e sulla gestione tecnica dell'opera derivanti da mancato o ritardato rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta e ogni altro attodi natura amministrativa.

 

Il comma 1, lettera b) aggiunge un nuovo periodo all’articolo 160-ter, comma 5, prevedendo la possibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di attribuire al privato il ruolo di autorità espropriante ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 327/2001[16], al fine di velocizzare il procedimento ablatorio.

 

Si ricorda che il comma 5 dell’articolo 160-ter dispone che il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le eventuali varianti in corso d'opera sono redatti a cura dell'affidatario; l'affidatario ha la facoltà di introdurre le eventuali varianti finalizzate ad una maggiore economicità di costruzione o gestione, nel rispetto del capitolato prestazionale e delle norme e provvedimenti di pubbliche autorità vigenti e sopravvenuti; il progetto definitivo, il progetto esecutivo e le varianti in corso d'opera sono ad ogni effetto approvati dall'affidatario, previa comunicazione all'amministrazione aggiudicatrice e, ove prescritto, alle terze autorità competenti. Il rischio della mancata o ritardata approvazione da parte di terze autorità competenti della progettazione e delle eventuali varianti è a carico dell'affidatario. Si ricorda, inoltre, che la nuova disposizione conferma la possibilità di espropriare l’immobile, possibilità che precedentemente era solo accennata nel comma 3 dello stesso art. 160-ter che dispone che “gli oneri connessi agli eventuali espropri sono considerati nel quadro economico degli investimenti e finanziati nell'ambito del contratto di disponibilità”. Mancava, pertanto, una disposizione espressa analoga a quella prevista per il contratto di locazione finanziaria all’art. 160-bis, comma 4-quater che prevede che “l'opera oggetto del contratto di locazione finanziaria può seguire il regime di opera pubblica ai fini urbanistici, edilizi ed espropriativi; l'opera può essere realizzata su area nella disponibilità dell'aggiudicatario”.

 

Il comma 2 precisa che le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), si applicano ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.


 

Articolo 5
(
Determinazione corrispettivi a base di gara per gli affidamenti di contratti di servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria)

 


1. All'articolo 9, comma 2, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano i parametri individuati con il decreto di cui al primo periodo, da emanarsi, per gli aspetti relativi alle disposizioni di cui al presente periodo, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; con il medesimo decreto sono altresì definite le classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi. I parametri individuati non possono condurre alla determinazione di un importo a base di gara superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del presente decreto.».

2. Fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 9, comma 2, penultimo periodo, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, introdotto dal comma 1 del presente articolo, le tariffe professionali e le classificazioni delle prestazioni vigenti prima della data di entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 1 del 2012 possono continuare ad essere utilizzate, ai soli fini, rispettivamente, della determinazione del corrispettivo da porre a base di gara per l'affidamento dei contratti pubblici di servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria e dell'individuazione delle prestazioni professionali.


 

 

L’articolo 5 modifica l’art. 9 del D.L. 1/2012, abrogativo delle tariffe professionali, al fine di introdurre una disciplina per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria, che consenta di colmare il vuoto normativo venutosi a creare in seguito alla citata abrogazione e che ha creato numerose difficoltà alle stazioni appaltanti.

 

In particolare, il comma 1 integra il disposto del comma 2 dell’art. 9 del D.L. 1/2012 aggiungendovi, in fine, un periodo volto a disciplinare la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV, del D.lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).

Si ricorda che l’art. 9 del D.L. 1/2012 (come convertito dalla L. 27/2012) ha previsto l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico. Inoltre il primo periodo del comma 2 ha previsto che, in caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista sia determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione[17]. Si segnala, in proposito, che è stato pubblicato (sulla G.U. n. 195 del 22 agosto 2012) il decreto del Ministero della Giustizia 20 luglio 2012, n. 140, contenente il «Regolamento recante la determinazione dei parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale dei compensi per le professioni regolarmente vigilate dal Ministero della giustizia».

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea le motivazioni sottese alla norma in esame. In essa viene infatti ricordato che “l’art. 9 del D.L. n. 1/2012 ha abrogato tutte le tariffe professionali demandando alla contrattazione diretta tra professionista e cliente la determinazione del compenso; ciò nello spirito di pervenire ad una totale liberalizzazione del settore delle professioni ordinistiche che possa stimolare una maggiore concorrenza di mercato. Ferma restando l'abrogazione delle tariffe, è necessario superare la situazione di assoluta indeterminatezza in cui si sono venute a trovare le stazioni appaltanti che, in tema di affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria, non dispongono più di riferimenti da utilizzare per stabilire l'importo da porre a base di gara. Tale indeterminatezza si sta rilevando infatti foriera di conseguenze negative sia in termini di qualità delle prestazioni che di limitazione della concorrenza sul mercato. Inoltre, sempre nell'ambito degli appalti pubblici relativi ai servizi di architettura e di ingegneria, ci si trova nell'impossibilità di procedere alla individuazione delle prestazioni, anche ai fini della richiesta dei requisiti di partecipazione alla gara da dimostrare da parte dei professionisti, tenuto conto che la classificazione sulla base della quale venivano individuate le prestazioni professionali era contenuta nell'art. 14 della legge 143/49, oggi abrogato. La situazione di incertezza sopra descritta ha già richiesto l'intervento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici che, nell'ambito di un tavolo tecnico appositamente istituito, ha fornito delle prime indicazioni con la deliberazione n. 49 del 3 maggio 2012[18]”. La delibera considera tre aspetti: l’importo a base di gara, le modalità di definizione dei requisiti di partecipazione e la verifica di congruità; alla luce delle considerazioni in essa esposte, in conclusione, si rileva che la determinazione dell’importo a base di gara per i servizi di architettura ed ingegneria debba discendere da una corretta analisi della prestazione richiesta, al fine di garantire la qualità del servizio, di individuare le corrette modalità di affidamento e la relativa pubblicità, nonché di fornire elementi per la valutazione della congruità delle offerte.

 

Per superare le difficoltà segnalate dalla relazione illustrativa, la norma prevede, ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara negli affidamenti di servizi di architettura e ingegneria, l’applicazione dei parametri individuati con il decreto di cui al primo periodo, cioè il decreto del Ministro vigilante.

 

Viene altresì stabilito che tale decreto:

§      dovrà essere emanato, per gli aspetti relativi alle disposizioni recate dalla norma in commento, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

§      provvederà alla definizione delle classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi di architettura e ingegneria.

 

Viene inoltre disposto che i parametri individuati devono condurre alla determinazione di un importo a base di gara che non può essere superiore a quello derivante dall’applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 1/2012.

Tale limite massimo si giustifica, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) per finalità di contenimento della spesa pubblica.

 

Il comma 2 reca una disposizione volta a dettare un regime transitorio da applicare nelle more dell’emanazione del citato decreto ministeriale.

In tale regime viene consentita l’utilizzazione delle tariffe professionali e delle classificazioni delle prestazioni vigenti prima dell’entrata in vigore del D.L. 1/2012, ai soli fini, rispettivamente, della determinazione del corrispettivo da porre a base di gara per l‘affidamento di servizi di architettura e ingegneria e dell‘individuazione delle prestazioni professionali.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che il comma 2, che è finalizzato ad “assicurare la continuità dell'azione amministrativa”, prevede che si continuino ad utilizzare “le tariffe professionali vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge e, per la qualificazione dei progettisti, la classificazione contenuta nell'art. 14 della legge 143/49”.

 


 

Articolo 6
(
Utilizzazione crediti d’imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali)

 


1. Al decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo l'articolo 26, è inserito il seguente:

«Art. 26-bis (Utilizzazione di crediti d'imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali e investimenti finalizzati al miglioramento dei servizi pubblici locali). - 1. A decorrere dall'esercizio 2012, il limite massimo determinato dall'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dei crediti di imposta compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, non si applica agli enti locali che abbiano maturato il credito di imposta in relazione ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azioni.

2. I rimborsi dovuti ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e le compensazioni di cui al comma 1 sono destinati esclusivamente alla realizzazione di infrastrutture necessarie per il miglioramento dei servizi pubblici, nel rispetto degli obiettivi fissati dal patto di stabilità interno.».


 

 

L’articolo 6, inserendo un nuovo articolo 26-bis nel D.L. n. 1 del 2012, prevede che il limite massimo di 516 mila euro per la compensazione dei crediti d’imposta non si applichi agli enti locali che abbiano maturato il credito di imposta in relazione ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azioni. Si dispone, inoltre, il vincolo di destinare tali compensazioni esclusivamente alla realizzazione di infrastrutture necessarie al miglioramento dei servizi pubblici.

 

Il nuovo articolo 26-bis nel D.L. n. 1 del 2012, inserito dall’articolo 6 in commento, al comma 1, esclude dal limite massimo per la compensazione dei crediti d’imposta (determinato in 516.456,90 euro dall’articolo 34 della legge n. 388 del 2000) i crediti d’imposta maturati dagli enti locali in relazione ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azioni.

Il comma 1-bis dell'articolo 14 del D.P.R. 917/1986, TUIR (in vigore fino al 31 dicembre 2003 e abrogato con effetto dal 1° gennaio 2004 dal D.lgs. n. 344 del 2003 che ha introdotto l'Ires in sostituzione dell'Irpeg), prevedeva per i Comuni (non soggetti all'allora Irpeg) la possibilità di usufruire del credito d'imposta sui dividendi ad essi distribuiti dalle società, comunque costituite, che gestivano servizi pubblici locali, utilizzandolo in compensazione.

Il limite massimo previsto dall'art. 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dei crediti di imposta compensabili ai sensi dell'articoli 17 del D.lgs. n. 241 del 1997 è pari a 516.456,90 euro per ciascuna annualità.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 26-bis nel D.L. n. 1 del 2012 dispone che i rimborsi dovuti ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge n. 311 del 2004 e le compensazioni di cui al comma 1 sono destinati esclusivamente alla realizzazione di infrastrutture necessarie per il miglioramento dei servizi pubblici, nel rispetto degli obiettivi fissati dal patto di stabilità interno.

L’articolo 1, comma 52, della legge n. 311 del 2004 (Finanziaria 2005) ha istituito per l'anno 2005, presso lo stato di previsione del Ministero dell'interno, il fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall'abolizione del credito d'imposta, con una dotazione di 10 milioni di euro. Inoltre con il D.P.R. del 18 settembre 2006, n. 287 è stato approvato il regolamento concernente la disciplina e i criteri di ripartizione del fondo per il rimborso agli enti locali delle minori entrate derivanti dall'abolizione del credito d'imposta, per l'anno 2004, sui dividendi percepiti dalle società di gestione dei servizi pubblici locali. Per gli anni successivi al 2004 non è stato disposto alcun rimborso.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) afferma che i Comuni, per effetto del limite alle compensazioni, hanno ancora consistenti crediti d'imposta in ragione soprattutto di dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azioni. Per essi viene a ridursi al minimo, se non ad azzerarsi, la possibilità di utilizzare dette risorse per investimenti in infrastrutture.

Pertanto, la finalità della norma proposta è di consentire ai Comuni di utilizzare i sopra richiamati crediti d'imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali necessarie per migliorare i servizi pubblici, compensando crediti e debiti all'interno del comparto della pubblica amministrazione.

 


 

Articolo 7
(
Disposizioni urgenti in materia di gallerie stradali e ferroviarie e di laboratori autorizzati ad effettuare prove ed indagini)

 


1. Per le attività di cui al numero 80 della Tabella dell'Allegato I del regolamento emanato con il decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, esistenti alla data di pubblicazione del predetto regolamento, gli adempimenti amministrativi stabiliti dal medesimo regolamento sono espletati entro i sei mesi successivi al completamento degli adeguamenti previsti nei termini disciplinati dall'articolo 55, comma 1-bis, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 53 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

2. Ai sensi e per gli effetti dell'articolo 19 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, per ciascuna attività di cui al comma 1 del presente articolo, i gestori presentano al Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, una scheda asseverata da un tecnico qualificato, contenente le caratteristiche e le dotazioni antincendio allo stato esistenti, nonché una relazione riportante, per gli aspetti di sicurezza antincendio, il programma operativo degli interventi di adeguamento da realizzare nei termini prescritti.

2-bis. All'articolo 11, comma 4, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° agosto 2011, n. 151, le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «due anni». (10)

3. All'articolo 59 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può autorizzare, con proprio decreto, ai sensi del presente capo, altri laboratori ad effettuare:

a) prove sui materiali da costruzione;

[b) indagini geotecniche in sito, compresi il prelievo dei campioni e le prove in sito];

c) prove di laboratorio su terre e rocce.».


 

 

L’articolo 7, ai commi 1 e 2, reca disposizioni relative alle verifiche antincendio nelle gallerie stradali e ferroviarie, mentre, al comma 3, estende le attività che possono essere svolte dai laboratori autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) relativamente alle indagini geotecniche in sito.

 

In particolare, il comma 1 prevede che per le attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi di cui al n. 80 della Tabella dell’Allegato I del regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi di cui al D.P.R. n. 151/2011, ossia per le “gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 m. e ferroviarie superiori a 2.000 m.”, gli adempimenti previsti dal citato D.P.R. consistenti nella presentazione dell’istanza per il rilascio del certificato di prevenzione incendi mediante Scia, vengano espletati entro i sei mesi successivi al completamento degli adeguamenti previsti nei termini di cui all’art. 55, comma 1-bis, del decreto legge n. 1/2012.

 

L’art. 55, comma 1-bis, del decreto n. 1/2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, ha previsto che per le attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi di cui al n. 80 della Tabella di cui all'Allegato I del D.P.R. n. 151/2011, ovvero per le “Gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 m. e ferroviarie superiori a 2.000 m.”, i termini degli adempimenti restino quelli previsti rispettivamente dal D.lgs. n. 264/2006 per la sicurezza delle gallerie stradali e dal D.M. del 28 ottobre 2005[19] per la sicurezza delle gallerie ferroviarie:

§       nel caso delle gallerie stradali, gli interventi di adeguamento delle gallerie esistenti dovranno essere effettuati entro il 30 aprile 2019 (art. 10 del D.lgs. n. 264/2006);

§       per le gallerie ferroviarie il termine per l’adeguamento è distinto tra quello previsto per le gallerie con progetto, stabilito al 7 aprile 2016, e quello per le gallerie in esercizio, fissato al 7 aprile 2021 (artt. 10 ed 11 del D.M. 28 ottobre 2005).

Si ricorda, inoltre, che con citato il D.P.R. n. 151/2011 è stato approvato il regolamento di semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione degli incendi, in attuazione del disposto dell’art. 49, comma 4-quater, del D.L. 78/2010[20], che è entrato in vigore il 7 ottobre 2011. Sono stati, pertanto, introdotti nuovi criteri e nuovi modelli procedurali per la verifica antincendio degli edifici e delle attività produttive, inserendo le gallerie stradali e ferroviarie rispettivamente sopra i 500 metri e i 2000 metri (allegato 1, rigo 80), finora escluse dalle procedure di diretta competenza dei Vigili del Fuoco, nel campo di applicazione delle attività soggette alla SCIA. L’art. 4 del citato D.P.R. n. 151dispone, infatti, che per le attività di cui all'Allegato I – tra cui, come anzidetto, rientrano le gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 m. e ferroviarie superiori a 2.000 m. - l'istanza di cui al comma 2 dell'art. 16 del D.lgs. n. 139/2006, ossia il certificato di prevenzione incendi, sia presentata al Comando provinciale dei vigili del fuoco prima dell'esercizio dell'attività, mediante segnalazione certificata di inizio attività (Scia) e corredata dalla documentazione prevista dal decreto di cui all'art. 2, comma 7, dello stesso D.P.R. (che prevede, al fine di garantire l'uniformità delle procedure, che le modalità di presentazione delle istanze oggetto del regolamento e la relativa documentazione siano disciplinate con apposito decreto del Ministro dell'interno che non è stato ancora emanato).

 

Per quanto riguarda la richiesta delle verifiche antincendio, il testo precisa che i gestori dovranno provvedervi, mediante la Scia, entro i sei mesi dal completamento dell’infrastruttura.

 

In merito alla Scia, si ricorda, in estrema sintesi, che la relativa disciplina è contenuta nell’art. 19 della legge n. 241/1990. L’art. 5 del decreto legge n. 70/2011 ne ha espressamente sancito l’applicabilità a tutte le tipologie di intervento edilizio soggette precedentemente al regime della Dia, eccetto per la Dia alternativa al permesso di costruire (cd. superDia), consentendo di avviare i lavori il giorno stesso della sua presentazione (mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni). Ulteriori semplificazioni in relazione alla Scia sono contenute anche nell’art. 13 del decreto legge in esame.

 

Nel corso dell’esame parlamentare è stato aggiunto un periodo al comma 1 che ha precisato che resta fermo quanto previsto dall’art. 53 del decreto-legge 1/2012. Il riferimento riguarda il comma 4 dell’art. 53, ove viene disposto che non possono essere applicati alla progettazione e costruzione delle nuove gallerie stradali e autostradali,nonché agli adeguamenti di quelle esistenti, parametri e standard tecnici e funzionali più stringenti rispetto a quelli previsti dagli accordi e dalle norme dell'Unione Europea.

 

Il comma 2 dispone che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 19 del D.lgs. n. 139/2006 relativo alle attività di vigilanza affidate al Corpo nazionale dei vigili del fuoco sull'applicazione della normativa di prevenzione incendi, per ciascuna galleria stradale o ferroviaria, i gestori dovranno presentare al Comando provinciale dei vigili del fuoco territorialmente competente, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, una scheda asseverata da un tecnico qualificato recante le caratteristiche e le dotazioni antincendio esistenti, accompagnata da una relazione che riporti, sempre in relazione agli aspetti di sicurezza antincendio, il programma operativo degli interventi di adeguamento da realizzare nei termini prescritti dallo stesso comma 1.

 

L’art. 19 del D.lgs. n. 139/2006, prevede che il Corpo nazionale dei vigili del fuoco esercita, con i poteri di polizia amministrativa e giudiziaria, la vigilanza sull'applicazione della normativa di prevenzione incendi in relazione alle attività, costruzioni, impianti, apparecchiature e prodotti ad essa assoggettati. La vigilanza si realizza attraverso visite tecniche, verifiche e controlli disposti di iniziativa dello stesso Corpo, anche con metodo a campione o in base a programmi settoriali per categorie di attività o prodotti, ovvero nelle ipotesi di situazioni di potenziale pericolo segnalate o comunque rilevate. Nell'esercizio dell'attività di vigilanza, il Corpo nazionale può avvalersi di amministrazioni, enti, istituti, laboratori e organismi aventi specifica competenza. L’articolo disciplina quindi le modalità delle ispezioni e verifiche e i provvedimenti da adottare qualora, dall’esito dell’attività di vigilanza, siano rilevate condizioni di rischio o l'inosservanza della normativa di prevenzione incendi.

 

Nel corso dell’esame parlamentare è stato anche aggiunto un comma 2-bis che proroga di un anno, vale a dire fino al 7 ottobre 2013, il termine (previsto dall’art. 11, comma 4, del D.P.R. 151/2011) entro il quale il Corpo nazionale dei vigili del fuoco dovrà effettuare i controlli di prevenzione antincendio sulle gallerie stradali di lunghezza superiore a 500 metri e ferroviarie superiori a 2.000 metri.

 

Il comma 3 riscrive, infine, il comma 2 dell’art. 59 del D.P.R. 380/2001 (TU edilizia) incidendo sulle attività che possono essere effettuate da altri laboratori (diversi da quelli ufficiali indicati al comma 1 del medesimo art. 59) autorizzati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT). Il fine della precisazione apportata – evidenziato nella relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) – è quello di estendere le indagini geognostiche “al terreno ed alle rocce nel significato più vasto di territorio, area, sito”:

 

La previgente formulazione dell'art. 59, comma 2, del D.P.R. 380/2001 prevedeva infatti che i laboratori autorizzati dal MIT potessero effettuare “prove su materiali da costruzione, comprese quelle geotecniche su terreni e rocce". Tale espressione, secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa, “deve però intendersi riferita non solo alle terre ed alle rocce intese come materiale o campioni, bensì al terreno ed alle rocce nel significato più vasto di territorio, area, sito”. La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea altresì che la norma in esame è “finalizzata a ricondurre nell'ambito di attività dei laboratori autorizzati le indagini geognostiche, il prelievo dei campioni e le prove in sito, quando questi riguardino indagini geotecniche, in quanto, per tali tipologie di indagini, l'autorizzazione soddisfa esigenze di pubblica utilità, avendo dette prove implicazione sulla sicurezza delle costruzioni”.

 

Nel corso dell’esame parlamentare sono state eliminate dal novero delle attività effettuabili dai laboratori citati, le indagini geotecniche in sito, compreso il prelievo dei campioni e le prove in sito (era la lettera b) del capoverso 2). La modifica di fatto riporta la disposizione recata dal comma 2 dell’art. 59 a una formulazione analoga a quella vigente prima dell’emanazione del decreto-legge.

 


 

Articolo 8
(
Grande evento EXPO 2015 e Fondazione La Grande Brera)

 


1. Al fine di reintegrare l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, nell'importo originariamente previsto, per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015 è autorizzata la spesa di 9.092.408 euro per il 2012, di 9.680.489 euro per il 2013, di 8.661.620 euro per il 2014 e di 987.450 euro per il 2015.

1-bis. Una quota delle somme di cui al comma 1, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, è destinata alla Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano per straordinari interventi conservativi e manutentivi del Duomo di Milano necessari anche in vista dello svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015.

2. All'articolo 14, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, dopo la parola: «urgente», sono aggiunte le seguenti: «. Il Commissario straordinario, con proprio provvedimento, può nominare uno o più delegati per specifiche funzioni.».

2-bis. Al fine di accelerare la realizzazione delle opere necessarie al grande evento EXPO Milano 2015, il termine di cui al comma 5 dell'articolo 127 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per l'espressione del parere sui progetti relativi alle predette opere da rendere ai sensi del medesimo comma 5, è stabilito in trenta giorni non prorogabili. A tale fine il Consiglio superiore dei lavori pubblici, anche convocando sedute straordinarie, procede all'esame dei progetti relativi al grande evento EXPO Milano 2015 con assoluta priorità. Nel caso in cui il parere debba essere espresso dai comitati tecnici amministrativi di cui al comma 3 del citato articolo 127, il termine è fissato entro trenta giorni non prorogabili, con la medesima priorità di cui al periodo precedente.

2-ter. All'articolo 32, comma 17, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, le parole: «con provvedimento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su richiesta degli interessati, e sentito l'A.N.A.S» sono sostituite dalle seguenti: «su richiesta degli interessati, e sentita la società ANAS Spa, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nel quale, in esito ad apposita valutazione tecnica, sono individuati specificamente i tratti stradali oggetto di deroga e, in relazione ad essi, le distanze minime da osservare».

3. A seguito dell'ampliamento e della risistemazione degli spazi espositivi della Pinacoteca di Brera e del riallestimento della relativa collezione, il Ministro per i beni e le attività culturali, nell'anno 2013, costituisce la fondazione di diritto privato denominata «Fondazione La Grande Brera», con sede in Milano, finalizzata al miglioramento della valorizzazione dell'Istituto, nonché alla gestione secondo criteri di efficienza economica.

4. La Fondazione di cui al comma 3 è costituita ai sensi del regolamento di cui al decreto ministeriale 27 novembre 2001, n. 491 e del codice civile. L'atto costitutivo prevede il conferimento in uso alla Fondazione, mediante assegnazione al relativo fondo di dotazione, della collezione della Pinacoteca di Brera, dell'immobile che la ospita, nonché degli eventuali ulteriori beni mobili e immobili individuati con apposito decreto ministeriale. Lo statuto della Fondazione prevede l'esercizio da parte del Ministero della vigilanza sul conseguimento di livelli adeguati di pubblica fruizione delle opere d'arte e delle raccolte in uso o nella titolarità della Fondazione.

5. Oltre al Ministero per i beni e le attività culturali, che assume la qualità di fondatore, possono partecipare alla Fondazione di cui al comma 3, in qualità di soci promotori, secondo le modalità stabilite dallo statuto, gli enti territoriali nel cui ambito la Fondazione ha sede, che assumano l'impegno di contribuire stabilmente al fondo di gestione in misura non inferiore al Ministero. Possono altresì diventare soci, previo consenso del fondatore e dei soci promotori, altri soggetti, pubblici e privati, i quali contribuiscano ad incrementare il fondo di dotazione e il fondo di gestione della Fondazione nella misura e secondo le modalità stabilite dallo statuto.

6. Il funzionamento della Fondazione di cui al comma 3 è assicurato mediante un apposito fondo di gestione, alimentato annualmente dal Ministero per i beni e le attività culturali per un importo pari a 2.000.000,00 di euro. Alla relativa spesa si provvede, a decorrere dal 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75, con specifico riferimento alle risorse di parte corrente.

7. La Fondazione di cui al comma 3 può avvalersi di personale appartenente ai ruoli del Ministero per i beni e le attività culturali e degli enti territoriali che abbiano acquisito la qualità di soci promotori, sulla base di protocolli d'intesa stipulati ai sensi dell'articolo 23-bis, commi 7 e seguenti, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. I protocolli d'intesa prevedono l'integrale rimborso della spesa per il suddetto personale alle amministrazioni di appartenenza. La gestione finanziaria della Fondazione è soggetta al controllo della Corte dei conti.


 

 

L’articolo 8, come modificato durante l'esame parlamentare,ai commi da 1 a 2-ter reca disposizioni in materia di Expo 2015 allo scopo di accelerare la realizzazione delle relative opere: mettendo a disposizione ulteriori risorse per la realizzazione delle opere e delle attività connesse; prevedendo la possibilità di nomina, da parte del sindaco di Milano quale Commissario straordinario del Governo, di uno o più delegati per lo svolgimento di specifiche funzioni; riducendo le tempistiche concesse al Consiglio superiore dei lavori pubblici per l’esame dei progetti relativi alle opere dell’Expo.

I commi da 3 a 7 riguardano la costituzione, nel 2013, di una fondazione di diritto privato denominata “Fondazione La Grande Brera”.

 

In particolare, il comma 1reintegra l'autorizzazione di spesa di cui all'art. 14 del D.L. 112/2008 (legge n. 133/2008) relativa alla realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento “EXPO Milano 2015”.

A tal fine, il comma autorizza la spesa complessiva di 28.421.967 euro nel periodo 2012-2015 secondo la seguente ripartizione temporale:

 

Anno

Spesa autorizzata (in euro)

2012

9.092.408

2013

9.680.489

2014

8.661.620

2015

987.450

Il comma 1-bis riserva una quota del predetto importo, pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, ad interventi straordinari per il Duomo di Milano.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che il reintegro dei finanziamenti operato dal comma 1 neutralizza “gli effetti dei tagli previsti dal decreto sulle semplificazioni fiscali, decreto legge n. 16/2012[21]

 

Si ricorda che l’art. 14, comma 1, del D.L. 112/2008 ha autorizzato, per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015, un finanziamento complessivo nel periodo 2009-2015 di 1.486 milioni di euro, stanziando: 30 milioni per il 2009, 45 milioni per il 2010, 59 milioni per il 2011, 223 milioni di euro per l'anno 2012, 564 milioni di euro per l'anno 2013, 445 milioni di euro per l'anno 2014 e 120 milioni di euro per l'anno 2015.

Il capitolo 7695 iscritto nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture, nel Programma “Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità” reca le spese per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento Expo Milano. La dotazione iniziale di competenza di tale capitolo, a legge di bilancio 2012, era pari a 223 milioni nel 2012, a 564 milioni nel 2013 e a 445 milioni nel 2014.

L’articolo 13, comma 1-quinquies,del D.L. n. 16/2012 ha disposto una riduzione lineare delle spese rimodulabili del bilancio iscritte nelle missioni di spesa del bilancio a legislazione vigente in misura complessivamente pari a 280 milioni di euro per l'anno 2012 e a 180 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013[22]. Il Ministero dell’economia e finanze è stato autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le predette somme e le amministrazioni sono state autorizzate a proporre su tali accantonamenti variazioni compensative, anche tra missioni diverse, nel rispetto dell'invarianza sui saldi finanziari.

Il capitolo 7695/Infrastrutture, in quanto capitolo rimodulabile, è stato interessato dagli accantonamenti disposti ai sensi del D.L. n. 16, in misura pari all’integrazione di spesa - al netto della riserva a favore del Duomo di Milano - prevista dall’articolo in esame.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) evidenzia altresì che con la medesima finalità i finanziamenti destinati all'EXPO 2015 sono esclusi dal taglio lineare previsto per la copertura dei maggiori oneri derivanti dal presente decreto-legge. Si veda al riguardo quanto disposto dall’articolo 69, comma 2, lettera b), alla cui scheda di commento si rinvia.

 

In merito alla realizzazione e al finanziamento delle opere connesse alla manifestazione “Expo Milano 2015”, nella sua audizione presso l’8a Commissione del Senato del 4 aprile 2012[23], il Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti ha ricordato, con riferimento alla suddivisione del citato finanziamento complessivo, che “il quadro delle competenze finanziarie statali per gli anni 2009-2015, al lordo delle competenze per il funzionamento delle Segreterie tecniche del Commissario straordinario e del Commissario generale, prevede la seguente ripartizione tra i principali enti territoriali direttamente interessati: per il Comune di Milano, 536 milioni di euro; per la Regione Lombardia, 117,4 milioni di euro; per Expo 2015 SpA, 832,6 milioni di euro”. Con riferimento alle somme impegnate e trasferite nella disponibilità di cassa di ciascuno dei soggetti attuatori, nella medesima audizione, è stato precisato che tali risorse ammontano “per il Comune di Milano, dal 2009 ad oggi, a 10,748 milioni di euro; per la Regione Lombardia a 5.182.480 euro; per Expo 2015 SpA a 67.278.692,97 euro…Si tratta di risorse destinate alla predisposizione delle opere e delle attività connesse all’Expo, soprattutto con riferimento alle infrastrutture necessarie a favorire l’accessibilità dei visitatori alle sedi dell’evento e agli spazi espositivi. Si tenga sempre presente che tali opere sono state ripartite in tre gruppi:….13 opere essenziali, 17 connesse e 36 necessarie. Le prime riguardano la mobilità e l’accessibilità diretta al sito; le seconde sono ritenute indispensabili affinché l’area sia collegata alla rete infrastrutturale esistente o le vie di accesso già presenti siano potenziate per adeguarsi ai volumi di affluenza previsti; le ultime, infine, richiedono interventi finalizzati a garantire la mobilità nell’area del sito espositivo e del territorio contiguo”[24].

 

Il comma 2 novella il comma 2 dell’art. 14 del D.L. 112/2008 al fine di consentire al Sindaco di Milano, nella sua veste di Commissario straordinario del Governo, di nominare, con proprio provvedimento, uno o più delegati per specifiche funzioni.

 

Si ricorda che il testo previgente del primo periodo del citato comma 2 prevedeva semplicemente, ai fini della realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento del grande evento EXPO Milano 2015, la nomina del Sindaco di Milano pro tempore, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, a Commissario straordinario del Governo per l'attività preparatoria urgente. A seguito delle dimissioni di Letizia Moratti, con D.P.C.M. 5 agosto 2011 (pubblicato sulla GU n. 233 del 6-10-2011), che ha sostituito l’articolo 2 del D.P.C.M. 22 ottobre 2008[25], il nuovo sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, è stato nominato fino al 31 dicembre 2016, quale Commissario straordinario del Governo per la realizzazione dell'Expo 2015. Il decreto ha, quindi, provveduto a definirne le attribuzioni.

 

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati inseriti i commi 2-bis e 2- ter, volti arisolvere alcune problematiche connesse alla tempistica relativa alla realizzazione delle opere dell’Expo.

Il comma 2-bis riduce, infatti, il termine per l'espressione del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici sui progetti relativi a opere necessarie per l'EXPO 2015 da 45 giorni a 30 giorni non prorogabili.

 

Si ricorda che il comma 3 dell'art. 127 del D.lgs. n. 163/2006, Codice dei contratti pubblici, dispone che il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprime parere obbligatorio sui progetti definitivi di lavori pubblici di competenza statale, o comunque finanziati per almeno il 50 per cento dallo Stato, di importo superiore ai 25 milioni di euro, nonché parere sui progetti delle altre stazioni appaltanti che siano pubbliche amministrazioni, sempre superiori a tale importo, ove esse ne facciano richiesta. Per i lavori pubblici di importo inferiore a 25 milioni di euro, le competenze del Consiglio superiore sono esercitate dai comitati tecnici amministrativi presso i servizi integrati infrastrutture e trasporti (SIIT). Qualora il lavoro pubblico di importo inferiore a 25 milioni di euro presenti elementi di particolare rilevanza e complessità, il direttore del settore infrastrutture sottopone il progetto, con motivata relazione illustrativa, al parere del Consiglio superiore.

 

Il termine per l'espressione del parere è ridotto a 30 giorni non prorogabili anche nel caso esso debba essere espresso dai succitati comitati tecnici amministrativi.

 

Il comma 2-ter, con una novella all'art. 32, comma 17, del decreto-legge n. 98/2011, e ribadendone sostanzialmente il disposto, stabilisce che, con riferimento alle opere essenziali di preparazione e di realizzazione del Sito di EXPO 2015 (di cui all'allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 22 ottobre 2008, e successive modificazioni, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 2008), le distanze di cui all'art. 41-septies della legge 17 agosto 1942, n. 1150, all'articolo 4, D.M. 1° aprile 1968, n. 1404, nonché all'art. 28 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, possono essere ridotte per determinati tratti, ove particolari circostanze lo richiedano, su richiesta degli interessati, e sentita l'ANAS Spa, con decreto del MIT, nel quale, in esito ad apposita valutazione tecnica, sono individuati specificamente i tratti stradali oggetto di deroga e, in relazione ad essi, le distanze minime da osservare (il testo previgente richiedeva solo un provvedimento del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su richiesta degli interessati, e sentita l'A.N.A.S.).

 

Si ricorda, infatti che il richiamato comma 17 dell’art. 32 del decreto legge n. 98/2011, al fine di permettere la realizzazione delle opere “essenziali” dell’Expo 2015, consente una deroga, per determinati tratti ove particolari circostanze lo richiedano, alla disciplina delle distanze minime per l’edificazione del nastro stradale e per l’edificazione nei centri abitati previste dalla normativa vigente. Pertanto, su richiesta degli interessati e sentita la società ANAS Spa, con decreto del MIT, sono individuati specificamente i tratti stradali oggetto di deroga e, in relazione ad essi, le distanze minime da osservare.

 

I commi da 3 a 7 riguardano la costituzione, nel 2013, di una fondazione di diritto privato denominata “Fondazione La Grande Brera”, finalizzata ad una migliore valorizzazione della collezione della Pinacoteca di Brera[26] e a consentire la gestione secondo criteri di efficienza economica[27]. La Fondazione è vigilata dal Mibac e sottoposta al controllo della Corte dei conti.

 

Si ricorda che la Pinacoteca di Brera nasce a fianco dell'Accademia di Belle Arti, voluta da Maria Teresa d’Austria nel 1776, con finalità didattiche. Doveva infatti costituire una collezione di opere esemplari, destinate alla formazione degli studenti. Quando Milano divenne capitale del Regno Italico la raccolta, per volontà di Napoleone, si trasformò in un museo che intendeva esporre i dipinti più significativi provenienti da tutti i territori conquistati dalle armate francesi. Brera quindi, a differenza di altri grandi musei italiani, come gli Uffizi ad esempio, non nasce dal collezionismo privato dei principi e dell'aristocrazia ma da quello politico e di stato. Nel 1882 la Pinacoteca viene resa autonoma dall’Accademia di Belle Arti. Dal 1989 è stato avviato un complesso intervento di ristrutturazione e razionalizzazione degli spazi, dotati di nuovi impianti tecnologici.

 

In particolare, il comma 3 affida la costituzione della Fondazione, per le finalità indicate, al Ministro per i beni e le attività culturali, e ricollega tale previsione all’ampliamento e alla risistemazione degli spazi espositivi della Pinacoteca di Brera e al riallestimento della relativa collezione.

 

Al riguardo si ricorda che il 19 luglio 2010 è stato firmato, presso il Comune di Milano, il protocollo d’intesa “Per la Conservazione e la Valorizzazione del Patrimonio culturale della città di Milano”, che prevede l’espansione della Pinacoteca con l’avvio del progetto de “La Grande Brera” e l’ampliamento dell’Accademia di belle arti di Brera con la creazione di un secondo polo presso l’ex caserma di Via Mascheroni.

L’accordo prevede l’espansione dell’Accademia delle Belle Arti negli spazi messi a disposizione del Ministero della Difesa, cioè la Caserma “Magenta” e la Caserma “Carroccio”. Ciò - come si leggeva nel comunicato stampa presente sul sito del Mibac - comporterà anche il conseguente ampliamento della Pinacoteca nell’area lasciata libera dall’Accademia[28].

 

Il comma 4 disciplina la costituzione della Fondazione, richiamando l’apposito decreto ministeriale a suo tempo emanato per la costituzione e la partecipazione a fondazioni da parte del Ministero per i beni e le attività culturali (DM 491/2001) e il codice civile.

 

Nell’ordinamento giuridico italiano, la disciplina normativa delle fondazioni è recata dal codice civile (artt. 14-35). L’istituto viene classicamente definito come “stabile organizzazione predisposta per la destinazione di un patrimonio ad un determinato scopo di pubblica utilità[29]”.

Il codice civile stabilisce, innanzitutto, i requisiti dell’atto costitutivo e dello statuto della fondazione, con i quali il fondatore enuncia un determinato scopo, predispone la struttura organizzativa che dovrà provvedere alla sua realizzazione e la fornisce dei mezzi patrimoniali necessari, nonché regola i profili relativi alle responsabilità degli amministratori, all’estinzione e alla trasformazione della fondazione. La disciplina recata dal codice è completata dalle norme del D.P.R. 361/2000, con il quale è stato riformato il procedimento per l’acquisto della personalità giuridica ed il sistema dei controlli sulle persone giuridiche private[30].

Accanto al modello codicistico, occorre, peraltro, sottolineare che, negli ultimi anni, il legislatore ha fatto più volte ricorso alla forma organizzativa della fondazione, dettando singole discipline settoriali per specifiche categorie di enti. Si ricordano, ad esempio, le disposizioni relative alle fondazioni bancarie[31], alle fondazioni lirico-sinfoniche[32], alle fondazioni universitarie[33], alla costituzione della Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo[34].

Con riferimento specifico all’ambito dei servizi museali e culturali, si ricorda che la forma gestionale della fondazione, per la sua caratteristica non lucrativa, è stata ritenuta particolarmente idonea, portando, in particolare, nel tempo, a far emergere lo schema della c.d. fondazione di partecipazione. Questa è divenuta strumento tipico di gestione dei beni culturali statali a far data dal D.lgs. n. 368 del 1998, che ha previsto la possibilità per il Ministero per i beni e le attività culturali, ai fini della gestione dei servizi relativi ai beni culturali di interesse nazionale, di costituire o partecipare ad associazioni, fondazioni o società (articolo 10, comma 1, lett. b).

In attuazione di quanto disposto dalla norma richiamata, è stato adottato il D.M. 491/ 2001[35], ai sensi del quale il Ministero può costituire fondazioni aventi personalità giuridica di diritto privato, ovvero parteciparvi allo scopo di perseguire il più efficace esercizio delle proprie funzioni e, in particolare, della gestione e valorizzazione dei beni culturali e della promozione delle attività culturali.

La materia è stata, da ultimo, modificata dal D.lgs. 156/2006, che ha disposto l’abrogazione esplicita dell’art. 10 del D.lgs. 368/1998, parallelamente alla ‘riscrittura’ degli artt. 112 e 115 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, concernenti la valorizzazione e la gestione dei beni culturali di appartenenza pubblica interni agli istituti e luoghi della cultura.

In particolare, l’art. 112 (commi 4, 5, 8) prevede che Stato, regioni ed altri enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale. Per l’elaborazione e lo sviluppo di tali piani, possono essere costituiti appositi soggetti giuridici, ai quali possono partecipare privati proprietari di beni culturali, nonché persone giuridiche private senza scopo di lucro, anche quando non dispongano di beni culturali che siano oggetto della valorizzazione, a condizione che l’intervento in tale settore di attività sia per esse previsto dalla legge o dallo statuto.

 

Inoltre, il comma 4 stabilisce che l’atto costitutivo prevede il conferimento in uso alla Fondazione, attraverso l’assegnazione al fondo di dotazione:

§      della collezione della Pinacoteca di Brera;

§      dell’immobile in cui la Pinacoteca è ospitata;

§      degli eventuali, ulteriori, beni mobili e immobili indicati con un apposito decreto ministeriale.

Infine, dispone che lo statuto della Fondazione prevede la vigilanza del Mibac sul conseguimento di adeguati livelli di pubblica fruizione delle opere d’arte e delle raccolte in uso o nella titolarità della Fondazione[36].

 

Il comma 5 reca la disciplina delle partecipazioni alla Fondazione. Oltre al Ministero, che è il fondatore, possono partecipare, quali soci promotori, secondo le modalità stabilite dallo statuto, gli enti territoriali nel cui ambito la Fondazione ha sede: condizione per la partecipazione è che gli stessi enti assumano l’impegno di contribuire stabilmente al fondo di gestione in misura non inferiore al Ministero (dunque, in misura non inferiore ai 2 milioni di euro annui di cui al comma 6).

Previo consenso del Ministero e dei soci promotori, possono partecipare altri soggetti pubblici e privati che contribuiscano ad incrementare il fondo di dotazione e il fondo di gestione della Fondazione nella misura e secondo le modalità stabilite dallo statuto.

 

Il comma 6 individua le risorse per il funzionamento della Fondazione, disponendo che ogni anno il fondo di gestione a ciò finalizzato è alimentato dal Mibac con 2 milioni di euro. Alla copertura di tale onere si provvede, dal 2013, mediante riduzione - con riferimento alle risorse di parte corrente - dell’autorizzazione di spesa con la quale, dal 2011, sono state incrementate le risorse per la manutenzione e la conservazione dei beni culturali.

Si tratta, in particolare, dell’autorizzazione di spesa di 80 milioni di euro annui disposta dall’art. 1, co. 1, lett. b), del D.L. 34/2011 (L. 75/2011)[37].

Al riguardo, la relazione illustrativa precisava che la parte dell’autorizzazione di spesa relativa alle risorse di parte corrente è quantificata, complessivamente, in 12,7 milioni di euro (dei quali 2 milioni già finalizzati, dal 2012, alle attività e al funzionamento dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia della Crusca[38]) e sottolineava che i 2 milioni di euro previsti dal D.L. consentono di coprire integralmente sia le spese iniziali di costituzione della Fondazione, sia quelle inerenti al suo funzionamento, anche in considerazione dell’assenza di ogni onere inerente la sede.

Evidenziava, infine, che la Fondazione dovrà attrarre capitali privati e che è già noto l’interesse manifestato da soggetti privati che intendono partecipare.

 

Per completezza, si ricorda che con deliberazione n. 38 del 23 marzo 2012[39], il CIPE ha assegnato al Mibac 70 milioni di euro del Fondo per lo sviluppo e la coesione, per la realizzazione di 9 interventi prioritari di competenza del medesimo Ministero su sedi museali di rilievo nazionale: in particolare, 23 milioni di euro sono stati destinati alla Grande Brera.

 

Il comma 7 dispone, anzitutto,in ordine al personale della Fondazione. Essa può avvalersi di personale appartenente ai ruoli del Mibac e degli enti territoriali che diventino soci promotori, sulla base di protocolli di intesa stipulati ai sensi dell’art. 23, commi 7 e seguenti, del D.lgs. 165/2001. Dispone, inoltre, che la gestione finanziaria della Fondazione è assoggettata al controllo della Corte dei conti.

 

L’art. 23-bis, co. 7, del D.lgs. 165/2001 dispone - per quanto qui interessa - che, sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le pubbliche amministrazioni possono disporre, per singoli progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale presso altre pubbliche amministrazioni o imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento, l'onere per la corresponsione del trattamento economico, da porre a carico dei soggetti destinatari.

Sotto questo profilo, si precisa che l’articolo in esame, nel disporre che i protocolli d’intesa prevedono l’integrale rimborso della spesa per il suddetto personale alle amministrazioni di appartenenza, appare parzialmente derogatorio rispetto alla previsione dell’articolo 23-bis, co. 7, sopra riportata.

 


 

Articolo 9
(
Ripristino IVA per cessioni e locazioni nuove costruzioni)

 


1. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 10, primo comma, i numeri 8), 8-bis) e 8-ter) sono sostituiti dai seguenti:

«8) le locazioni e gli affitti, relative cessioni, risoluzioni e proroghe, di terreni e aziende agricole, di aree diverse da quelle destinate a parcheggio di veicoli, per le quali gli strumenti urbanistici non prevedono la destinazione edificatoria, e di fabbricati, comprese le pertinenze, le scorte e in genere i beni mobili destinati durevolmente al servizio degli immobili locati e affittati, escluse le locazioni, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione, di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro delle politiche per la famiglia ed il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive del 22 aprile 2008, e di fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni;

8-bis) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato diversi da quelli di cui al numero 8-ter), escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, ovvero quelle effettuate dalle stesse imprese anche successivamente nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione, e le cessioni di fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali, come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008, per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;

8-ter) le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell'intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione;»;

b) all'articolo 17, sesto comma, la lettera a-bis) è sostituita dalla seguente:

«a-bis) alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) del primo comma dell'articolo 10 per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione»;

c) alla tabella A, parte terza, il n. 127-duodevicies) è sostituito dal seguente:

«127-duodevicies) locazioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito gli interventi di cui all'articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell'edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e locazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture 22 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 146 del 24 giugno 2008»


 

 

L'articolo 9, modificato nel corso dell’esame parlamentare, è diretto ad assoggettare all'imposizione IVA le operazioni relative a cessioni e locazioni di abitazioni effettuate dai costruttori anche oltre il limite dei cinque anni dall’ultimazione dei lavori. La normativa previgente, non considerando dette operazioni imponibili IVA, non consentiva di portare a compensazione l’IVA a credito relativa agli immobili, determinando una perdita per gli operatori del settore stimata dalla relazione illustrativa in circa 840 milioni di euro.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) la norma è volta a rendere disponibili risorse economiche, che attualmente le imprese di costruzione non utilizzano a causa della vigente normativa che prevede che le cessioni di immobili destinati ad uso abitativo effettuate da dette imprese costruttrici, oltre i cinque anni dalla costruzione, sono esenti dall'imposizione di IVA; inoltre sono esenti anche la maggior parte delle locazioni di abitazioni effettuate da parte dei medesimi soggetti; tali fattispecie rendono, pertanto, l'IVA non neutrale nei confronti degli imprenditori edili.

 

Si ricorda preliminarmente che la disciplina era stata recentemente modificata dall’articolo 57 del decreto-legge n. 1 del 2012 (liberalizzazioni), che aveva assoggettato all'imposizione IVA le operazioni relative agli interventi su fabbricati destinati ad alloggi sociali ed aveva consentito alle imprese che operano nel settore immobiliare di optare per la contabilizzazione separata relativamente alle operazioni di cessione di immobili abitativi in esenzione IVA. Tale ampliamento dell'opzione per la separazione (già applicata per la gestione relativa alle locazioni in esenzione) era volto a facilitare la gestione delle operazioni di cessione in esenzione.

 

Più in dettaglio, la lettera a) del comma 1 dell'articolo in esame novella i numeri 8), 8-bis) e 8-ter) dell'articolo 10, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972, il quale elenca le operazioni esenti da IVA.

Per effetto delle modifiche apportate al numero 8), non sono esenti da IVA le locazioni, per le quali nel relativo atto il locatore abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione:

§       di fabbricati abitativi, effettuate dalle imprese costruttrici degli stessi o dalle imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, interventi di restauro e di risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, o ristrutturazione urbanistica (di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del testo unico dell’edilizia,D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380);

§       di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali;

§       di fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni.

 

Si ricorda che il D.M. 22 aprile 2008, emanato dal Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro delle politiche per la famiglia ed il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, definisce all'articolo 1 come «alloggio sociale» l'unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato.

 

Per effetto delle modifiche apportate al numero 8-bis), non sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato:

§      effettuate dalle imprese costruttrici o dalle imprese che vi hanno eseguito interventi edilizi, anche oltre cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione - o dell'intervento di restauro e di risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, o ristrutturazione urbanistica - nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione.

 

Inoltre, a seguito di una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare, non sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati di civile abitazione:

§      destinati ad alloggi sociali, ove il cedente abbia manifestato espressamente l'opzione per l'imposizione nel relativo atto.

 

Per effetto delle modifiche apportate al numero 8-ter), non sono esenti da IVA le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni:

§      effettuate dalle imprese costruttrici o dalle imprese che vi hanno eseguito interventi edilizi, anche oltre cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione - o dell'intervento di restauro e di risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, o ristrutturazione urbanistica - per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione.

 

La lettera b) del comma 1 dell'articolo in esame novella quindi la lettera a-bis dell'articolo 17, sesto comma, del medesimo D.P.R. n. 633/1972, il quale prevede l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile (cosiddetto reverse charge) alle cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato strumentali.

Si ricorda che l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta che il destinatario della cessione, se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, sia obbligato all’assolvimento dell’imposta in luogo del cedente. Ciò, in deroga al principio di carattere generale secondo cui debitore d’imposta nei confronti dell’Erario, ai fini Iva, è il soggetto che effettua la cessione di beni o la prestazione di servizi.

Per effetto delle modifiche introdotte, il meccanismo dell’inversione contabile viene quindi esteso a tutte le cessioni di fabbricati o di porzioni di fabbricato – anche non strumentali - di cui ai numeri 8-bis) e 8-ter) sopra citati per le quali nel relativo attoil cedente abbia espressamente manifestato l'opzione per l'imposizione.

 

La lettera c)infine novella il n. 127-duodevicies) della tabella A, parte terza, allegata al D.P.R. n. 633/1972, che elenca i beni e servizi soggetti all'aliquota ridotta del 10 per cento.

Il precedente n. 127-duodevicies) assoggettava all'aliquota del 10 per cento le locazioni di immobili di civile abitazione effettuate in esecuzione di programmi di edilizia abitativa convenzionata e le locazioni di fabbricati di civile abitazione destinati ad alloggi sociali.

Ferma restando la disciplina delle locazioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali, per effetto delle modifiche apportate l’aliquota del 10 per cento viene quindi estesa alle locazioni di:

§       tutti i fabbricati abitativi (e non solo di quelli in esecuzione di programmi di edilizia abitativa convenzionata), effettuate dalle imprese costruttrici o dalle imprese che vi hanno eseguito gli interventi edilizi sopra richiamati;

§       fabbricati strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni.

 

Resta invece confermata la normativa vigente in tema di aliquote IVA sulle cessioni, in sostanza:

§       4 per cento per cessioni a favore di soggetti in possesso dei requisiti per le agevolazioni prima casa destinate ad uso abitativo del proprietario del terreno o di altri addetti alla coltivazione dello stesso o all’allevamento del bestiame ed attività connesse;

§       10 per cento per cessioni a favore di soggetti non in possesso dei predetti requisiti, per cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricati sui quali sono stati eseguiti interventi di restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia e ristrutturazione urbanistica, con l’esclusione invece di quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, per cessioni di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ovvero di linee di trasporto metropolitane tranviarie ed altre linee di trasporto ad impianto fisso; per cessioni di impianti di depurazione destinati ad essere collegati a reti fognarie anche intercomunali ed ai relativi collettori di adduzione; infine, per cessione di impianti di produzione e reti di distribuzione calore-energia e di energia elettrica da fonte solare-fotovoltaica ed eolica;

§       21 per cento per cessioni di fabbricati aventi caratteristiche di lusso e cessioni di fabbricati ad uso non abitativo.


 

Articolo 10
(
Ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nei territori colpiti dagli eventi sismici del maggio 2012)

 


1. I Commissari delegati di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, provvedono, nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessate dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, per i quali è stato adottato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° giugno 2012 di differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 130 del 6 giugno 2012, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti adottati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in termini di somma urgenza alla progettazione e realizzazione di moduli temporanei abitativi - destinati all'alloggiamento provvisorio delle persone la cui abitazione è stata distrutta o dichiarata inagibile con esito di rilevazione dei danni di tipo «E» o «F», ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 5 maggio 2011- ovvero destinati ad attività scolastica ed uffici pubblici, nonché delle connesse opere di urbanizzazione e servizi, per consentire la più sollecita sistemazione delle persone fisiche ivi residenti o stabilmente dimoranti, ove non abbiano avuto assicurata altra sistemazione nell'ambito degli stessi comuni o dei comuni limitrofi.

2. I Commissari delegati provvedono, sentiti i sindaci dei comuni interessati, alla localizzazione delle aree destinate alla realizzazione dei moduli di cui al comma 1, anche in deroga alle vigenti previsioni urbanistiche, utilizzando prioritariamente le aree di ricovero individuate nei piani di emergenza, se esistenti. Non si applicano gli articoli 7 ed 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il provvedimento di localizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere di cui al comma 1 e costituisce decreto di occupazione d'urgenza delle aree individuate.

3. L'approvazione delle localizzazioni di cui al comma 2, se derogatoria dei vigenti strumenti urbanistici, costituisce variante degli stessi e produce l'effetto della imposizione del vincolo preordinato alla espropriazione. Le aree destinate alla realizzazione dei moduli temporanei dovranno essere soggette alla destinazione d'uso di area di ricovero. In deroga alla normativa vigente ed in sostituzione delle notificazioni ai proprietari ed ogni altro avente diritto o interessato da essa previste, i Commissari delegati danno notizia della avvenuta localizzazione e conseguente variante mediante pubblicazione del provvedimento all'albo del comune e su due giornali, di cui uno a diffusione nazionale ed uno a diffusione regionale. L'efficacia del provvedimento di localizzazione decorre dal momento della pubblicazione all'albo comunale. Non si applica l'articolo 11 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327.

4. Per le occupazioni d'urgenza e per le eventuali espropriazioni delle aree per l'attuazione del piano di cui al comma 1, i Commissari delegati provvedono, prescindendo da ogni altro adempimento, alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli. Il verbale di immissione in possesso costituisce provvedimento di provvisoria occupazione a favore dei Commissari delegati o di espropriazione, se espressamente indicato, a favore della Regione o di altro ente pubblico, anche locale, specificatamente indicato nel verbale stesso. L'indennità di provvisoria occupazione o di espropriazione è determinata dai Commissari delegati entro dodici mesi dalla data di immissione in possesso, tenuto conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 29 maggio 2012.

5. Avverso il provvedimento di localizzazione ed il verbale di immissione in possesso è ammesso esclusivamente ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Capo dello Stato. Non sono ammesse le opposizioni amministrative previste dalla normativa vigente.

6. L'utilizzazione di un bene immobile in assenza del provvedimento di localizzazione o del verbale di immissione in possesso, o comunque di un titolo ablatorio valido, può essere disposta dai Commissari delegati, in via di somma urgenza, con proprio provvedimento, espressamente motivando la contingibilità ed urgenza della utilizzazione. L'atto di acquisizione di cui all'articolo 42-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, è adottato, ove ritenuto necessario, con successiva ordinanza, dai Commissari delegati a favore del patrimonio indisponibile della Regione o di altro ente pubblico anche locale.

7. L'affidamento degli interventi può essere disposto anche con le modalità di cui all'articolo 57, comma 6, del codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, compatibilmente con il quadro emergenziale e con la collaborazione, anche in ambito locale, degli ordini professionali e delle associazioni di categoria di settore. In deroga all'articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è consentito il subappalto delle lavorazioni della categoria prevalente fino al cinquanta per cento.

8. Alla realizzazione dei moduli temporanei destinati ad uffici pubblici ovvero all'attività scolastica, provvedono i presidenti delle regioni di cui all'articolo 1, comma 2 del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, potendosi anche avvalere del competente provveditorato interregionale per le opere pubbliche e dei competenti uffici scolastici provinciali, che operano nell'ambito delle proprie attività istituzionali, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

9. I Commissari delegati possono procedere al reperimento di alloggi per le persone sgomberate anche individuando immobili non utilizzati per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni riparate o ricostruite, assicurando l'applicazione di criteri uniformi per la determinazione del corrispettivo d'uso.

10. Secondo criteri indicati dai Commissari delegati con proprie ordinanze, l'assegnazione degli alloggi di cui al comma 1 e al comma 8 è effettuata dal sindaco del comune interessato, il quale definisce le modalità dell'uso provvisorio, anche gratuito, degli stessi da parte dei beneficiari.

11. I comuni per i quali è stato adottato il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 1° giugno 2012 di differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 130 del 6 giugno 2012, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti adottati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, predispongono, d'intesa con i Commissari delegati, sentito il presidente della provincia territorialmente competente, e d'intesa con quest'ultimo nelle materie di sua competenza, la ripianificazione del territorio comunale definendo le linee di indirizzo strategico per assicurarne la ripresa socio-economica, la riqualificazione dell'abitato e garantendo un'armonica ricostituzione del tessuto urbano abitativo e produttivo, tenendo anche conto degli insediamenti abitativi realizzati ai sensi del comma 1.

12. Agli oneri derivanti dai commi da 1 a 11 del presente articolo, si fa fronte, nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74.

13. Per consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, il 35 per cento delle risorse destinate nell'esercizio 2012 dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro - bando ISI 2012 - ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, viene trasferito alle contabilità speciali di cui all'articolo 2, comma 6, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, per finanziare interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni e degli impianti industriali a seguito degli eventi sismici che hanno colpito l'Emilia, la Lombardia e il Veneto. La ripartizione fra le regioni interessate delle somme di cui al precedente periodo, nonché i criteri generali per il loro utilizzo sono definite, su proposta dei presidenti delle regioni interessate, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali. Si applicano, in quanto compatibili, le previsioni di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012.

14. Sulla base di apposita convenzione da stipularsi con il Ministero dell'economia e delle finanze, Fintecna o società da questa interamente controllata assicura alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto il supporto necessario unicamente per le attività tecnico-ingegneristiche dirette a fronteggiare con la massima tempestività le esigenze delle popolazioni colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012, individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 1 del decreto-legge n. 74 del 2012. Ai relativi oneri, nel limite di euro 2 milioni per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, si provvede nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74.

15. All'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «A tal fine, i Presidenti delle regioni possono costituire apposita struttura commissariale, composta di personale dipendente delle pubbliche amministrazioni in posizione di comando o distacco, nel limite di quindici unità, i cui oneri sono posti a carico delle risorse assegnate nell'ambito della ripartizione del Fondo, di cui all'articolo 2, con esclusione dei trattamenti fondamentali che restano a carico delle amministrazioni di appartenenza.».

15-bis. All'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

«b-bis) le modalità di predisposizione e di attuazione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli edifici ad uso pubblico, ivi compresi archivi, musei, biblioteche e chiese, a tale fine equiparati agli immobili di cui alla lettera a). I Presidenti delle regioni - Commissari delegati, per la realizzazione degli interventi di cui alla presente lettera, stipulano apposite convenzioni con i soggetti proprietari, titolari degli edifici ad uso pubblico, per assicurare la celere esecuzione delle attività di ricostruzione delle strutture ovvero di riparazione, anche praticando interventi di miglioramento sismico, onde conseguire la regolare fruibilità pubblica degli edifici medesimi».

15-ter. Al fine di operare l'opportuno raccordo con le ulteriori amministrazioni interessate, i Presidenti delle regioni possono, inoltre, avvalersi, nel rispetto della normativa vigente e nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di soggetti attuatori all'uopo nominati, cui affidare specifici settori di intervento sulla base di specifiche direttive e indicazioni appositamente impartite.


 

 

L’articolo 10, modificato nel corso dell’esame parlamentare, reca ulteriori misure per la ricostruzione e la ripresa economica nel territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpite dal sisma del 20 e 29 maggio 2012. Le misure sono volte all’apprestamento urgente di moduli abitativi provvisori, nonché di moduli destinati ad uso scolastico ed edifici pubblici.

Tali disposizioni integrano quanto già previsto dal decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 che reca interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dai predetti eventi sismici.

 

In particolare, il comma 1 prevede che i Commissari delegati,di cui all’art. 1, comma 2, del decreto-legge n. 74 del 2012, ossia i presidenti delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, provvedano con la massima urgenza alla progettazione e realizzazione - nei comuni per i quali è stato disposto il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con D.M. dell'economia e delle finanze del 1° giugno 2012, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti adottati ai sensi dell'art. 9, comma 2, della legge n. 212/2000 - di moduli temporanei abitativi, ovvero destinati ad attività scolastica ed edifici pubblici,nonché alle relative opere di urbanizzazione e servizi, per consentire la sistemazione delle persone fisiche residenti o stabilmente dimoranti in abitazioni che sono state distrutte o dichiarate non agibili per gravi danni (classificate “E” o “F”) dai competenti organi tecnici pubblici, qualora non abbiano avuto altra sistemazione nell'ambito degli stessi comuni o dei comuni limitrofi.

 

Si ricorda che con il citato D.M. del MEF del 1° giugno 2012 è stata disposta la sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari scadenti nel periodo compreso tra il 20 maggio 2012 ed il 30 settembre 2012 a favore dei contribuenti colpiti dal sisma del 20 maggio 2012, verificatosi nelle province di Bologna, Ferrara, Modena, Reggio Emilia, Mantova e Rovigo. Nell’allegato 1 al DM sono quindi individuati i 104 comuni danneggiati dagli eventi sismici[40]. Il richiamato articolo 9, comma 2, della legge n. 212/2000 recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, dispone che, con proprio decreto, il Ministro dell’economia e delle finanze può sospendere o differire il termine per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti interessati da eventi eccezionali ed imprevedibili. Per i territori colpiti dal sisma è stata inoltre disposta, con il D.M. Economia 24 agosto 2012 (G.U. n. 202 del 30 agosto) la proroga, al 30 novembre 2012, del termine di scadenza della sospensione degli adempimenti e versamenti tributari.

Si ricorda che con il D.P.C.M. 5 maggio 2011[41] è stato approvato il modello per il rilevamento dei danni, pronto intervento e agibilità per edifici ordinari nell'emergenza post-sismica e del relativo manuale di compilazione, la cd. scheda AeDES, dei quali dovranno dotarsi le amministrazioni dello Stato e gli enti locali in occasione di eventi sismici per il rilevamento rapido dei danni, la definizione di provvedimenti di pronto intervento e la valutazione dell'agibilità post-sismica degli edifici ordinari.. Nella scheda di rilevazione, il giudizio di agibilità di un edificio viene espresso in base ad una scala che va dalla lettera A (Edificio agibile) alle lettere “E” (Edificio inagibile) ed “F” (Edificio inagibile per rischio esterno).

Procedura per la localizzazione dei moduli abitativi (commi 2 e 3)

La procedura per la localizzazione dei moduli abitativi ripercorre l’iter procedimentale adottato di norma nelle situazioni di emergenza (individuazione dei siti per la localizzazione in variante automatica degli strumenti urbanistici vigenti, dichiarazione implicita di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere, valore di decreto di occupazione d’urgenza dello stesso provvedimento di localizzazione).

 

L’articolo in commento reca, in alcuni punti, un contenuto analogo all’art. 2 del decreto-legge n. 39 del 2009 recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile.

 

Il comma 2 dispone che i Commissari, sentiti i sindaci dei comuni interessati, debbano anche provvedere alla localizzazione delle aree ove realizzare i moduli, utilizzando prioritariamente le aree di ricovero individuate nei piani di emergenza, se esistenti.

Non si applicano gli artt. 7 ed 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sulla comunicazione ai soggetti interessati dell’avvio del procedimento e sulla possibilità per i soggetti di intervenire nel procedimento stesso.

 

Si ricorda che l’art. 7 della legge n. 241 del 1990 prevede, riguardo alla partecipazione al procedimento amministrativo, che l'avvio del procedimento è comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi e anche ai soggetti ai quali possa derivare un pregiudizio al procedimento stesso. Si prevede espressamente che ciò possa non avvenire quando vi siano particolari esigenze di celerità del procedimento. L'art. 8 attiene a modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento.

 

Lo stesso comma dispone che il provvedimento di localizzazione comporta dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere e costituisce decreto di occupazione d’urgenza delle aree individuate.

Si ricorda, per quanto concerne il decreto di occupazione di urgenza, che esso è volto a trasferire temporaneamente il possesso di un bene immobile per soddisfare urgenti necessità pubbliche, spesso preordinate all'esproprio per pubblica utilità. La relativa procedura di occupazione, recata dall’art. 22-bis del D.P.R. n. 327 del 2001 (TU in materia di espropriazione per pubblica utilità), può essere così riassunta:

§       dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell'opera;

§       decreto di occupazione emesso dal sindaco previa deliberazione consiliare;

§       inizio dell'occupazione entro e non oltre 3 mesi dal decreto e contestuale redazione dello stato di consistenza dell'immobile, in contraddittorio con il proprietario in presenza di almeno due testimoni;

§       termine dell'occupazione non oltre 5 anni dalla immissione in possesso.

 

Il comma 3 prevede che la localizzazione, qualora avvenga in deroga ai vigenti strumenti urbanistici, costituisce variante degli stessi e produce l'effetto di imporre il vincolo preordinato alla espropriazione.

Per quanto riguarda il vincolo preordinato all’esproprio, si rammenta che esso è previsto nella prima fase del procedimento espropriativo. Infatti, secondo le disposizioni del citato D.P.R. n. 327 del 2001, l’emanazione del decreto di esproprio potrà avvenire (ai sensi dell’art. 8) soltanto qualora siano state percorse le seguenti tre fasi:

§       l'opera da realizzare sia stata prevista nello strumento urbanistico generale o una sua variante e sul bene sia stato apposto il vincolo preordinato all'esproprio;

§       sia stata emessa la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera;

§       sia stata determinata, anche se in via provvisoria, l'indennità di espropriazione dovuta al soggetto espropriato.

 

Lo stesso comma 3 prevede forme di comunicazione agli interessati diverse da quellerecate dalla vigente normativa di cui al citato TU n. 327 del 2001. Viene previsto che, in deroga alla normativa vigente ed in sostituzione delle notificazioni ai proprietari e ad ogni altro avente diritto, il Commissario informi dell’avvenuta localizzazione edella conseguente variante mediante pubblicazione del provvedimento all’albo del comune e su due quotidiani, di cui uno a diffusione nazionale ed uno a diffusione regionale. L’efficacia del provvedimento di localizzazione decorre dal momento della pubblicazione all’albo comunale.

Viene, infine, esclusa l’applicabilità dell’art. 11 del citato D.P.R. n. 327 del 2001 relativo all'obbligo di avviso dell'avvio del procedimento al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio.

 

L’art. 11 del citato D.P.R. n. 327 del 2001 disciplina la partecipazione degli interessati nella fase della sottoposizione del bene al vincolo preordinato all'esproprio. Al proprietario del bene sul quale si intende apporre il vincolo preordinato all'esproprio dovrà essere inviato l'avviso dell'avvio del procedimento:

a)    nel caso di adozione di una variante al piano regolatore per la realizzazione di una singola opera pubblica, almeno venti giorni prima della delibera del consiglio comunale;

b)    nei casi previsti dall'art. 10, comma 1 (ovvero per un'opera pubblica o di pubblica utilità non prevista dal piano urbanistico generale) almeno 20 giorni prima dell'emanazione dell'atto se ciò risulti compatibile con le esigenze di celerità del procedimento.

 

Procedure semplificate in materia di espropriazioni (commi 4-6)

Vista la situazione di emergenza post sisma, i commi 4-6 disciplinano uno speciale procedimento amministrativo semplificato in materia di espropriazioni per le finalità previste dal decreto in esame, derogando alla normativa recata dal citato D.P.R. n. 327 del 2001.

 

Il comma 4 dispone che i Commissari provvedono alle occupazioni d'urgenza e alle eventuali espropriazioni delle aree per l’attuazione degli interventi previsti dal comma 1 redigendo lo stato di consistenza ed il verbale di immissione in possesso dei suoli.

Il verbale di immissione in possesso costituisce, altresì provvedimento di:

§      provvisoria occupazione a favore del Commissario delegato;

§      espropriazione, se espressamente indicato, a favore della Regione o di altro ente pubblico, anche locale, specificatamente indicato nel verbale stesso.

 

Spetterà inoltre ai Commissari determinare l'indennità di provvisoria occupazione o di espropriazione entro dodici mesi dalla data di immissione in possesso, tenendo conto delle destinazioni urbanistiche antecedenti la data del 29 maggio 2012.

 

Il comma 5 stabilisce che avverso il provvedimento di approvazione (da parte dei Commissario delegati) della localizzazione delle aree destinate alla realizzazione dei moduli abitativi ed il conseguente verbale di immissione in possesso dei suoli sono ammessi esclusivamente il ricorso al giudice amministrativo (TAR) o il ricorso straordinario al Capo dello Stato. La disposizione esclude gli ulteriori ordinari rimedi esperibili per via amministrativa.

 

Per quanto concerne il ricorso giurisdizionale, le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e soggetti equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni in materia di espropriazione sono devoluti alla giurisdizione esclusiva del tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’art. 133 del Codice del processo amministrativo (D.lgs. n. 104 del 2010). In particolare, per i giudizi relativi a provvedimenti sulle procedure di occupazione e di espropriazione delle aree destinate all'esecuzione di opere pubbliche o di pubblica utilità si prevede l’applicazione del rito abbreviato di cui all’art. 119 del Codice, che prevede, in particolare, il dimezzamento dei termini processuali.

Sono, invece, di competenza del giudice ordinario le controversie sulla determinazione e corresponsione delle indennità di esproprio.

 

Il comma 6 consente ai Commissari, in via di “somma urgenza”, di utilizzare beni immobili in assenza del provvedimento di localizzazione o del verbale di immissione in possesso o, comunque di un titolo ablatorio valido, motivando espressamente, con proprio provvedimento, la contingibilità e l’urgenza dell’utilizzazione.

L’atto di acquisizione, ai sensi dell’art. 42-bis, comma 1, del D.P.R. n. 327 del 2001, sarà adottato con successiva ordinanza, qualora ritenuto necessario dai Commissari delegati, a favore del patrimonio indisponibile della Regione o di altro ente pubblico anche locale.

 

Si ricorda che l’art. 42-bis del D.P.R. n. 327 del 2001 relativo all’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico prevede che l'autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza del valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, possa disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale.

 

Il comma 7 reca speciali deroghe alle procedure di affidamento degli interventi per la realizzazione dei moduli abitativi, al fine di assicurare un’adeguata e tempestiva sistemazione della popolazione colpita dal sisma. Tale affidamento potrà avvenire, oltre che con gare pubbliche, anche con le modalità della trattativa privata, ossia secondo la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara di cui all’art. 57, comma 6, del decreto legislativo n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici).

 

Si ricorda che l’art. 57 del D.lgs. n. 163 del 2006 riguarda la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara che è consentita solo nelle tassative ipotesi previste dallo stesso art. 57, comma 2, tra le quali c’è anche quella derivante dall’estrema urgenza risultante da eventi imprevedibili per le stazioni appaltanti (lettera c) del comma 2).

Nel richiamato comma 6 viene indicata la procedura seguita per tale fattispecie. La stazione appaltante dovrà:

§       individuare gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni riguardanti le caratteristiche di qualificazione economico - finanziaria e tecnico - organizzativa desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione;

§       selezionare almeno tre operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti idonei;

§       invitare gli operatori economici selezionati a presentare le offerte oggetto della negoziazione, con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta;

§       scegliere l’operatore economico che ha offerto le condizioni più vantaggiose, secondo il criterio del prezzo più basso o dell’offerta economicamente più vantaggiosa, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione previsti per l’affidamento di contratti di uguale importo mediante procedura aperta, ristretta, o negoziata previo bando.

 

Il comma 7 ammette, infine, anche una deroga alla percentuale di lavori prevalenti che possono essere subappaltati, fissandola fino al 50%, in luogo del 30% previsto dall'art. 118 del richiamato D.lgs. n. 163/2006.

Ai sensi dell’art. 118, commi 1 e 2, del D.lgs. n. 163 del 2006, i soggetti affidatari dei contratti sono tenuti ad eseguire in proprio le opere comprese nel contratto. La stazione appaltante è tenuta ad indicare nel progetto e nel bando di gara le singole prestazioni e, per i lavori, la categoria prevalente con il relativo importo, nonché le ulteriori categorie, relative a tutte le altre lavorazioni previste in progetto, anch'esse con il relativo importo. Tutte le prestazioni e le lavorazioni, a qualsiasi categoria appartengano, sono subappaltabili e affidabili in cottimo. Per i lavori, per quanto riguarda la categoria prevalente, con il regolamento, è definita la quota parte subappaltabile, in misura eventualmente diversificata a seconda delle categorie medesime, ma in ogni caso non superiore al 30%. L'affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto, inoltre, ad una serie di condizioni indicate nello stesso comma 2.

 

Per la realizzazione dei moduli temporanei destinati ad uffici pubblici o all'attività scolastica, ai sensi del comma 8, provvedono i presidenti delle regioni anche avvalendosi del competente provveditorato interregionale per le opere pubbliche e dei competenti uffici scolastici provinciali, che operano nell'ambito delle proprie attività istituzionali, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

I Commissari procedono anche al reperimento degli alloggi per le persone sgomberate anche in immobili inutilizzati per il tempo necessario al rientro delle popolazioni nelle abitazioni recuperate o ricostruite, assicurando l’applicazione di criteri uniformi per la determinazione del corrispettivo d’uso (comma 9).

 

Secondo i criteri indicati con ordinanze dei Commissari, l’assegnazione dei moduli temporanei (commi 1 e 8) dovrà essere disposta dai sindaci dei comuni interessati, i quali sono chiamati a definire le modalità di uso provvisorio, anche gratuito da parte dei beneficiari (comma 10).

 

I comuni colpiti dal sisma predispongono, d'intesa con i Commissari e con il presidente della provinciaterritorialmente competente, la ripianificazione del territorio comunale, definendo le linee di indirizzo strategico per assicurare la ripresa socio-economica e la riqualificazione dell'abitato e garantendo un'armonica ricostituzione del tessuto urbano abitativo e produttivo.

I comuni oggetto della disposizione sono quelli per i quali è stato adottato il D.M. economia e finanze 1° giugno 2012 di differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari[42], nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti adottati ai sensi dell'art. 9, comma 2, della L. 212/2000 (comma 11).

 

Il comma 12 disciplina la copertura finanziaria, disponendo che agli oneri da essi derivanti si fa fronte, nel limiti delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 istituito, dall'art. 2, comma 1, del D.L. n. 74/2012, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (MEF).

 

Il citato art. 2, comma 1, del D.L. n. 74/2012 prevede che tale fondo venga assegnato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le finalità previste dal decreto-legge 74/2012.

In proposito la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che la modalità di copertura adottata si giustifica alla luce del fatto che “il computo relativo alla valutazione dei fabbisogni e degli scopi da perseguire da commisurare con le risorse disponibili è un compito che dovrà essere espletato dai Commissari delegati, nel corso dell'attuazione degli interventi individuati dal decreto-legge sopra citato”.

 

Il comma 13 reca misure finalizzate a consentire l'espletamento da parte dei lavoratori delle attività in condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro.

A tal fine viene disposto il trasferimento alle contabilità speciali intestate ai presidenti delle regioni (istituite dall’art. 2, comma 6, del D.L. 74/2012) colpite dal sisma del 35% delle risorse destinate nell'esercizio 2012 dall'INAIL al finanziamento dei progetti di investimento e formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro (bando ISI 2012) ai sensi dell'art. 11, comma 5, del D.lgs. n. 81/2008. Tale trasferimento è destinato a finanziare interventi di messa in sicurezza, anche attraverso la loro ricostruzione, dei capannoni e degli impianti industriali a seguito degli eventi sismici che hanno colpito l'Emilia, la Lombardia e il Veneto.

 

Si ricorda che il comma 6 dell’art. 2 del D.L. 74/2012 ha previsto l’intestazione ai presidenti delle Regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, di apposite contabilità speciali aperte presso la tesoreria statale su cui sono assegnate, con apposito DPCM, le risorse provenienti dal Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012, destinate al finanziamento degli interventi previsti dal decreto-legge n. 74. Sulle citate contabilità speciali confluiscono anche le risorse derivanti dalle erogazioni liberali effettuate alle stesse regioni ai fini della realizzazione di interventi per la ricostruzione e ripresa dei territori colpiti dagli eventi sismici.

Relativamente ai bandi ISI dell’INAIL, si ricorda che essi hanno sostanzialmente la finalità di erogare incentivi a fondo perduto per il miglioramento dei livelli di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. In particolare, solitamente nei richiamati bandi sono previsti incentivi per investimenti sulla sicurezza (quali ad esempio specifici interventi finalizzati alla riduzione o all’eliminazione del rischio, la ristrutturazione o modifica strutturale e/o impiantistica degli ambienti di lavoro) nonché l’adozione di determinati modelli organizzativi e di responsabilità sociale (quali ad esempio l’SGSL o il SA8000).

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che “per l'anno 2012, l'INAIL avrebbe una disponibilità di bilancio di circa 225 milioni di euro per il finanziamento di progetti di investimento e formazione, di cui alla proposta, e il bando per l'anno 2012 non è ancora pubblicato. Si tratta di risorse derivanti dai premi INAIL, che vengono distribuite fra le imprese a scopi di incentivazione; pertanto, la finalità originaria non verrebbe meno”.

Il 35% dell’importo indicato equivale quindi a circa 79 milioni di euro.

Da ultimo si segnala che l'Assemblea generale del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, nell'adunanza del 22 giugno, ha espresso il proprio parere favorevole sul progetto di “Linee guida per la valutazione della vulnerabilità e interventi per le costruzioni ad uso produttivo in zona sismica”, che intendono costituire un agile strumento di riferimento per tecnici ed operatori impegnati nella fase emergenziale nelle regioni colpite dai recenti eventi sismici.

 

La ripartizione fra le regioni interessate delle somme citate, nonché i criteri generali per il loro utilizzo saranno definite con apposito DPCM, su proposta dei presidenti delle regioni interessate, e di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali.

Viene altresì prevista l’applicazione, in quanto compatibile, del disposto dell'art. 2, comma 2, del D.L. n. 74/2012.

 

Si ricorda che il citato art. 2, comma 2, del D.L. n. 74/2012 prevede che al riparto tra le regioni del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 istituito dal precedente comma 1, per le finalità previste dal D.L. stesso, si provveda con apposito DPCM, su proposta dei Presidenti delle Regioni colpite, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Lo stesso comma dispone che il citato D.P.C.M. provvede anche a determinare i “criteri generali idonei ad assicurare, a fini di equità, la parità di trattamento dei soggetti danneggiati, nel rispetto delle risorse allo scopo finalizzate” e che “la proposta di riparto è basata su criteri oggettivi aventi a riferimento l'effettività e la quantità dei danni subiti e asseverati delle singole Regioni”.

 

Un’apposita convenzione con ilMEF assicurerà il supporto di Fintecna (o società da questa interamente controllata) alle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto - secondo una modifica introdotta nel corso dell'esame parlamentare - esclusivamente per le attività tecnico-ingegneristiche nell’ambito della ricostruzione .

Agli oneri derivanti da tale disposizione, nel limite di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, si provvede nell’ambito delle risorse del Fondo per la ricostruzione istituito dall'art. 2, comma 1, del D.L. n. 74/2012 (comma 14).

 

Si segnala che l’art. 1, comma 1, del D.L. n. 87/2012, attribuisce alla Cassa Depositi e Prestiti il diritto di opzione per l'acquisto delle partecipazioni azionarie detenute dallo Stato in Fintecna S.p.A ed in altre società, disponendo, al comma 5, che Fintecna S.p.A. continua a svolgere le attività già affidate sulla base di provvedimenti normativi e regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Infine, i Commissari possono costituire un’apposita struttura commissariale di supporto (comma 15).

Tale facoltà è attribuita attraverso una novella al comma 5 dell’art. 1 del D.L. 74/2012 che contemplava unicamente la possibilità per i presidenti delle regioni di avvalersi per gli interventi dei sindaci dei comuni e dei presidenti delle province interessati dal sisma, adottando idonee modalità di coordinamento e programmazione degli interventi stessi.

Viene quindi disciplinata la composizione di tale struttura, prevedendo che sia composta di personale dipendente delle p.a. in posizione di comando o distacco[43], nel limite di quindici unità.

Relativamente agli oneri, essi sono posti a carico delle risorse assegnate nell'ambito della ripartizione del Fondo per la ricostruzione, con esclusione dei trattamenti fondamentali che restano a carico delle amministrazioni di appartenenza (comma 15).

 

Nel corso dell’esame parlamentare sono stati introdottii commi 15-bis e 15-ter.

Il comma 15-bis, con l’aggiunta diuna lettera b-bis) al comma 1 dell’art. 4 del decreto-legge n. 74/2012, affida ai Presidenti delle regioni il compito di stabilire, oltre a quanto già previsto dal testo vigente, anche le modalità di predisposizione e di attuazione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli edifici ad uso pubblico, ivi compresi archivi, musei, biblioteche e chiese, a tal fine equiparati agli immobili pubblici (del cui ripristino si occupa la lettera a) del medesimo comma 1). Per la realizzazione di tali interventi, i Presidenti delle regioni – Commissari delegati, stipulano apposite convenzioni con i soggetti proprietari, titolari degli edifici ad uso pubblico, per assicurare la celere esecuzione delle attività di ricostruzione delle strutture ovvero di riparazione, anche praticando interventi di miglioramento sismico, onde conseguire la regolare fruibilità pubblica degli edifici medesimi.

 

Il comma 15-ter, al fine di operare l'opportuno raccordo con le ulteriori amministrazioni interessate, attribuisce ai Presidenti delle regioni la facoltà di avvalersi, nel rispetto della normativa vigente e nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di soggetti attuatori all'uopo nominati, cui affidare specifici settori di intervento sulla base di direttive ed indicazioni.

 

Si ricorda che l’art. 4, ai commi 1 e 2, del D.L. n. 74/2012 dispone che i Presidenti delle regioni colpite dal sisma stabiliscano, d’intesa tra di loro e sentite le province ed i comuni interessati, con propri provvedimenti, le modalità di predisposizione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici e le modalità organizzative per consentire la ripresa dell’attività degli uffici.

In particolare, il comma 1 prevede che i Presidenti delle regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, d’intesa tra loro e sentiti le province ed i comuni interessati per i profili di competenza, con propri provvedimenti adottati in coerenza con i criteri stabiliti dal D.P.C.M. previsto dall’art. 2, comma 2, sulla base dei danni effettivamente verificatisi ed entro il limite delle risorse allo scopo finalizzate a valere sulle contabilità speciali ivi individuate, stabiliscano:

a)    le modalità di predisposizione e di attuazione di un piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici, danneggiati dagli eventi sismici,che comprendono i seguenti immobili pubblici:

          gli immobili adibiti all'uso scolastico cui si sono aggiunti, nel corso dell’esame presso la Camera dei deputati in prima lettura, gli immobili adibiti all’uso educativo per la prima infanzia, e le strutture edilizie universitarie per i quali si specifica una priorità, a seguito di una modifica approvata sempre nel corso dell’esame presso la Camera;

          le caserme in uso all'amministrazione della difesa;

          gli edifici municipali;

          gli immobili demaniali o di proprietà di enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, formalmente dichiarati di interesse storico-artistico ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 (cd. Codice dei beni culturali).

Il comma 2 detta disposizioni in merito alla realizzazione degli interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici prevedendo che vi provvedano i presidenti delle regioni interessate, anche avvalendosi del competente provveditorato interregionale alle opere pubbliche e degli uffici scolastici provinciali, che operano nell’ambito delle proprie attività istituzionali, con le risorse umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

Nell’ambito del piano di interventi urgenti per il ripristino degli immobili pubblici e delle risorse individuate dal D.P.C.M. previsto dall’art. 2, comma 2, del decreto-legge secondo modalità stabilite d’intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali e con il presidente della regione interessata, si provvede alle esigenze connesse con:

-        gli interventi di messa in sicurezza degli immobili danneggiati;

-        gli interventi di rimozione e ricovero dei beni culturali e archivistici mobili;

-        la rimozione controllata e il ricovero delle macerie del patrimonio culturale danneggiato;

-        l’avvio degli interventi di ricostruzione, ripristino, conservazione, restauro e miglioramento strutturale del patrimonio culturale danneggiato.

 


 

Articolo 11
(
Detrazioni per interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico)

 


1. Per le spese documentate, sostenute dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2013, relative agli interventi di cui all'articolo 16-bis, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, spetta una detrazione dall'imposta lorda pari al 50 per cento, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare. Restano ferme le ulteriori disposizioni contenute nel citato articolo 16-bis.

2. All'articolo 1, comma 48, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, e successive modificazioni, le parole: «entro il 31 dicembre 2012» sono sostituite dalle seguenti: «entro il 30 giugno 2013».

2-bis. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2, pari a 1,7 milioni di euro per l'anno 2013, a 18 milioni di euro per l'anno 2014 e a 11,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 fino all'anno 2023, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 52, comma 18, della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

3. All'articolo 4, comma 4, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, l'ultimo periodo è soppresso; la presente disposizione si applica a decorrere dal 1° gennaio 2012.


 

 

L’articolo 11, modificato nel corso dell’esame parlamentare,dispone l’innalzamento della detrazione a fini Irpef dal 36 al 50% e del limite dell’ammontare complessivo da 48.000 a 96.000 euro in relazione alle spese per le ristrutturazioni edilizie sostenute dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto) fino al 30 giugno 2013 (comma 1).

Viene, inoltre, previsto che per le spese di riqualificazione energetica degli edifici la detrazione del 55% si applica alle spese sostenute sino al 30 giugno 2013 (comma 2); al relativo onere si provvede mediante riduzione delle risorse stanziate per il sostegno all'emittenza televisiva locale e all'emittenza radiofonica locale e nazionale (comma 2-bis).

È disposta, infine, una norma di coordinamento volta a ricomprendere, a decorrere dal 1° gennaio 2012, le spese per la realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici da fonti rinnovabili nell‘ambito della detrazione spettante per le ristrutturazioni edilizie (comma 3).

 

Il comma 1aumenta dal 36% al 50% la detrazione Irpef delle spese, tramite bonifico tracciabile, effettuate dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto in esame) fino al 30 giugno 2013 per le ristrutturazioni edilizie delle abitazioni. Il limite di spesa massima agevolabile sale a 96 mila euro (attualmente è fissato a quota 48 mila euro) per unità immobiliare. Non occorre inviare prima dell’inizio lavori la comunicazione al Centro operativo di Pescara né la manodopera in fattura.

La norma fa riferimento alle spese documentate sostenute dal 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto in esame) fino al 30 giugno, relative agli interventi di cui all’articolo 16-bis del D.P.R. n. 917 del 1986.

L’articolo 4 del D.L. n. 201 del 2011 (c.d. “salva Italia”), inserendo un nuovo articolo 16-bis nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), ha introdotto a regime la detrazione Irpef del 36% per le spese di ristrutturazione edilizia. Il beneficio sul quale calcolare la detrazione spetta fino al limite massimo di spesa di 48.000 euro da suddividere in dieci anni.

Con la norma in esame, nel periodo di tempo tra il 26 giugno 2012 e il 30 giugno 2013 la detrazione sale al 50% e il limite massimo di spesa a 96.000 euro.

 

Detrazione del 36% sulle ristrutturazioni edilizie

La detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio è stata introdotta dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. La norma è stata successivamente modificata e prorogata e, infine, resa stabile con il nuovo articolo 16-bis nel D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR).

 

La detrazione è concessa (comma 1 del nuovo articolo 16-bis) per i seguenti interventi:

§       manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati su tutte le parti comuni degli edifici residenziali;

§       manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia, effettuati sulle singole unità immobiliari residenziali di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, e sulle loro pertinenze;

§       ricostruzione o ripristino di immobili danneggiati a seguito di eventi calamitosi, quando sia stato dichiarato lo stato di emergenza - anche anteriormente alla data di entrata in vigore della presente disposizione - anche se non rientranti nelle tipologie di intervento di cui alle lettere a) e b);

§       realizzazione di autorimesse o di posti auto pertinenziali, anche di proprietà comune;

§       eliminazione di barriere architettoniche;

§       adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio di atti illeciti da parte di terzi;

§       realizzazione di interventi di cablatura degli edifici e di contenimento di inquinamento acustico;

§       conseguimento di risparmi energetici;

§       adozione di misure antisismiche;

§       bonifica dall’amianto e di esecuzione di opere volte ad evitare gli infortuni domestici.

 

Il comma 2 del nuovo articolo 16-bis (TUIR) ricomprende tra le spese sostenute quelle di progettazione e per prestazioni professionali connesse all'esecuzione delle opere edilizie e alla messa a norma degli edifici ai sensi della legislazione vigente in materia.

 

Il comma 3 del nuovo articolo 16-bis (TUIR) riconduce a regime la detrazione d’imposta del 36 per cento sull’acquisto di immobili ristrutturati da imprese di costruzione o ristrutturazione o da cooperative, istituita dall’articolo 9, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

 

Tra le più recenti novità si segnalano:

§       l’abolizione dell’obbligo di invio della comunicazione di inizio lavori al Centro operativo di Pescara (articolo 7, comma 2, lett. q), del D.L. n. 70 del 2011; si veda inoltre la circolare 19/E del 1° giugno 2012 dell’Agenzia delle entrate). In sostanza, a decorrere dal 14 maggio 2011, la norma prescrive l’obbligo di indicare taluni dati nella dichiarazione dei redditi e di conservare la documentazione prevista dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 149646 del 2 novembre 2011;

§       la riduzione della percentuale (dal 10 al 4%) della ritenuta d’acconto sui bonifici che banche e Poste hanno l’obbligo di operare (articolo 25 del decreto legge n. 78 del 2010, come modificato dall’articolo 23, comma 8 ,del decreto legge 98 del 2011);

§       con la risoluzione n. 55/E del 7 giugno 2012 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che il contribuente che intenda fruire dell’agevolazione deve utilizzare un bonifico dal quale risulti: 1) la causale del versamento; 2) il codice fiscale del beneficiario della detrazione; 3) il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato;

§       l’eliminazione dell’obbligo di indicare il costo della manodopera, in maniera distinta, nella fattura emessa dall’impresa che esegue i lavori (articolo 7, comma 2, lett. r) del D.L. n. 70 del 2011; si veda inoltre la circolare 19/E del 1° giugno 2012 dell’Agenzia delle entrate); tale soppressione ha effetto anche per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici (cfr. circolare n. 36/E del 31 maggio 2007).

§       la facoltà riconosciuta al venditore, nel caso in cui l’unità immobiliare sulla quale sono stati eseguiti i lavori sia ceduta prima che sia trascorso l’intero periodo di godimento della detrazione, di scegliere se continuare a usufruire delle detrazioni non ancora utilizzate o trasferire il diritto all’acquirente (persona fisica) dell’immobile (commi 12-bis e 12-ter dell’art. 2 del decreto-legge n. 138 del 2011);

§       l’obbligo per tutti i contribuenti di ripartire l’importo detraibile in 10 quote annuali: dal 2012 non è più prevista per i contribuenti di 75 e 80 anni la possibilità di ripartire la detrazione, rispettivamente, in 5 o 3 quote annuali (articolo 4, comma 7 del D.L. n. 201 del 2011);

§       l’estensione dell’agevolazione agli interventi necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, se è stato dichiarato lo stato di emergenza (articolo 16-bis, comma 1, lett. c), del TUIR).

 

Il comma 2, modificato nel corso dell’esame parlamentare, proroga dal 31 dicembre 2012 al 30 giugno 2013 la detrazione del 55% per le spese per interventi di riqualificazione energetica degli edifici. I valori massimi detraibili per ciascun tipo di intervento rimangono inalterati.

Si rammenta che la disposizione originaria del decreto-legge n. 83 del 2012, nel disporre la proroga delle detrazioni per le spese di riqualificazione energetica fino al 30 giugno 2012, aveva abbassato la quota detraibile al 50%.

Il comma 2-bis,introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca la copertura finanziaria dell'onere recato dal comma 2.

Tale onere - quantificato in 1,7 milioni di euro per l'anno 2013, 18 milioni di euro per l'anno 2014 e 11,3 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2015 fino all'anno 2023 - viene coperto mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 52, comma 18, della legge n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002), in materia di risorse a sostegno dell'emittenza televisiva locale e dell'emittenza radiofonica locale e nazionale.

 

 

Detrazione del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici

L’agevolazione consiste nel riconoscimento di detrazioni d’imposta nella misura del 55% delle spese sostenute, da ripartire in rate annuali di pari importo, entro un limite massimo di detrazione, diverso in relazione a ciascuno degli interventi previsti. Si tratta di riduzioni dall’Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) e dall’Ires (Imposta sul reddito delle società) concesse per interventi che aumentino il livello di efficienza energetica degli edifici esistenti e che riguardano, in particolare, le spese sostenute per:

§       la riduzione del fabbisogno energetico per il riscaldamento: detrazione massima 100.000 euro;

§       il miglioramento termico dell’edificio (finestre, comprensive di infissi, coibentazioni, pavimenti): detrazione massima 60.000 euro;

§       l’installazione di pannelli solari: detrazione massima 60.000 euro;

§       la sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale: detrazione massima 30.000 euro.

La norma che ha introdotto l’agevolazione in esame è contenuta nei commi da 344 a 349 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006). Successivamente la normativa in materia è stata più volte modificata. I cambiamenti si riferiscono, in particolare, alle procedure da seguire per avvalersi correttamente delle agevolazioni.

L’articolo 1, comma 48, della legge n. 220 del 2010(leggedi stabilità per il 2011) ha stabilito una proroga per usufruire delle detrazioni per le spese sostenute e documentate sino al 31 dicembre 2011 o, per i soggetti con periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare, fino al periodo d’imposta in corso alla predetta data.

L’articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011 aveva prorogato fino al 31 dicembre 2012 la detrazione Irpef del 55% delle spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio. A decorrere dal 1° gennaio 2013 era previsto che per tali interventi si applicasse la detrazione del 36 per cento come modificata dal nuovo articolo 16-bis del TUIR.

 

In sintesi la normativa al riguardo prevede che:

§       la detrazione dalle imposte sui redditi (Irpef o Ires) è pari al 55% delle spese sostenute, entro il limite massimo che varia a seconda della tipologia dell’intervento eseguito;

§       l’agevolazione non è cumulabile con altri benefici fiscali previsti da disposizioni di legge nazionali (come, ad esempio, la detrazione del 36% per il recupero del patrimonio edilizio) o altri incentivi riconosciuti dalla Comunità Europea; dal 1° gennaio 2009 la detrazione non è cumulabile con eventuali incentivi riconosciuti dalla Comunità Europea, dalle Regioni o dagli enti locali;

§       non è necessario effettuare alcuna comunicazione preventiva di inizio dei lavori all’Agenzia delle Entrate;

§       i contribuenti non titolari di reddito d’impresa devono effettuare il pagamento delle spese sostenute mediante bonifico bancario o postale (i titolari di reddito di impresa sono invece esonerati da tale obbligo);

§       è previsto l’esonero dalla presentazione della certificazione energetica per la sostituzione di finestre, per gli impianti di climatizzazione invernale e per l’installazione di pannelli solari;

§       al momento del pagamento del bonifico effettuato dal contribuente che intende avvalersi della detrazione, le banche e le Poste Italiane Spa hanno l’obbligo di effettuare una ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dall’impresa che effettua i lavori; dal 6 luglio 2011 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 98/2011) la ritenuta sui bonifici è stata ridotta dal 10 al 4%;

§       per gli interventi eseguiti dal 2011 è obbligatorio ripartire la detrazione in dieci rate annuali di pari importo (per gli anni 2009 e 2010 andava ripartita in cinque rate).

 

Il comma 3 sopprime la norma di coordinamento contenuta nell’ultimo periodo dell’articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011.

Tale disposizione, da un lato, come detto, ha prorogato per l'anno 2012 la detrazione per gli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici e, dall'altro, ha disposto che la detrazione per la realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici con particolare riguardo all'installazione di impianti basati sull'impiego delle fonti rinnovabili di energia (prevista dall'articolo 16-bis, comma 1, lettera h), del testo unico delle imposte sui redditi), si applica alle spese effettuate a decorrere dal 1° gennaio 2013.

Si tratta, nella sostanza, di interventi che pur avendo la medesima finalità di quelli agevolati con la detrazione del 55%, non rispondono alle caratteristiche tecniche necessarie per ottenere la predetta agevolazione. Pertanto, per effetto di quanto attualmente disposto dall'ultimo periodo dell'articolo 4, comma 4 del D.L. n. 201 del 2011, gli interventi relativi alla realizzazione di opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici che non possiedono i requisiti tecnici per rientrare tra quelli che danno diritto alla detrazione prevista dalla legge n. 296 del 2006 (55%), sarebbero ingiustificatamente esclusi, per l'anno 2012, anche dalla detrazione spettante ai sensi dell' art. 16-bis del TUIR (36%).

Per effetto del comma 3 in esame gli interventi volti a realizzare opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici da fonti rinnovabili rientrano nell‘ambito della detrazione spettante per le ristrutturazioni edilizie (36%) a decorrere dal 1° gennaio 2012.

Peraltro tali interventi, ai sensi del comma 1, beneficiano, fino al 30 giugno 2013, dell’innalzamento della soglia della detrazione al 50% e dell’ammontare complessivo a 96.000 euro.

 


 

Articolo 12
(
Piano nazionale per le città)

 


1. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti predispone un piano nazionale per le città, dedicato alla riqualificazione di aree urbane con particolare riferimento a quelle degradate. A tal fine, con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la Cabina di regia del piano, composta da due rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui uno con funzioni di presidente, da due rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle province autonome, da un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali, del Ministero dell'interno, dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per lo sviluppo e la coesione economica, per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, dell'Agenzia del demanio, della Cassa depositi e prestiti, dell'Associazione nazionale comuni italiani e, in veste di osservatori, da un rappresentante del Fondo Investimenti per l'Abitare (FIA) di CDP Investimenti SGR e da un rappresentante dei Fondi di investimento istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell'economia e delle finanze costituita ai sensi dell'articolo 33 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111; con il medesimo decreto sono stabilite le modalità di funzionamento della Cabina di regia. Ai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche nella Cabina di regia non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese.

1-bis. Il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti riferiscono alle Commissioni parlamentari competenti in merito all'attività della Cabina di regia con apposita relazione allegata al Documento di economia e finanza.

2. Ai fini della predisposizione del piano di cui al comma 1, i comuni inviano alla Cabina di regia proposte di Contratti di valorizzazione urbana costituite da un insieme coordinato di interventi con riferimento ad aree urbane degradate, indicando:

a) la descrizione, le caratteristiche e l'ambito urbano oggetto di trasformazione e valorizzazione;

b) gli investimenti ed i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell'eventuale cofinanziamento del comune proponente;

c) i soggetti interessati;

d) le eventuali premialità;

e) il programma temporale degli interventi da attivare;

f) la fattibilità tecnico-amministrativa.

3. La Cabina di regia seleziona le proposte sulla base dei seguenti criteri:

a) immediata cantierabilità degli interventi;

b) capacità e modalità di coinvolgimento di soggetti e finanziamenti pubblici e privati e di attivazione di un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti degli investimenti privati;

c) riduzione di fenomeni di tensione abitativa, di marginalizzazione e degrado sociale;

d) miglioramento della dotazione infrastrutturale anche con riferimento all'efficientamento dei sistemi del trasporto urbano;

e) miglioramento della qualità urbana, del tessuto sociale ed ambientale e contenimento del consumo di nuovo suolo non edificato .

4. La Cabina di regia, sulla base degli apporti e delle risorse messe a disposizione dai vari organismi che la compongono, definisce gli investimenti attivabili nell'ambito urbano selezionato; la stessa propone al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la destinazione delle risorse del Fondo di cui al comma 5 alle finalità del Contratto di valorizzazione urbana. La Cabina di regia promuove, di intesa con il comune interessato, la sottoscrizione del Contratto di valorizzazione urbana che regolamenta gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati, prevedendo anche la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa. L'insieme dei Contratti di valorizzazione urbana costituisce il piano nazionale per le città.

5. Per l'attuazione degli interventi previsti dal presente articolo, a decorrere dall'esercizio finanziario 2012 e fino al 31 dicembre 2017, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo, denominato «Fondo per l'attuazione del piano nazionale per le città», nel quale confluiscono le risorse, non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ai seguenti programmi:

a) interventi costruttivi finanziati ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali non siano stati ratificati, entro il termine del 31 dicembre 2007, gli accordi di programma previsti dall'articolo 13, comma 2, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, e già destinate all'attuazione del piano nazionale di edilizia abitativa ai sensi dell'articolo 11, comma 12, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni;

b) programmi di recupero urbano finanziati ai sensi dell'articolo 2, comma 63, lettera b), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, dell'articolo 1, comma 8 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 e dell'articolo 61, comma 1 della legge 23 dicembre 1998, n. 448;

c) programmi innovativi in ambito urbano, finanziati ai sensi dell'articolo 145, comma 33, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e dell'articolo 4, comma 3 della legge 8 febbraio 2001, n. 21.

6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, nel limite di euro 10 milioni per l'anno 2012, di euro 24 milioni per l'anno 2013, di euro 40 milioni per l'anno 2014 e di euro 50 milioni per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, si provvede mediante utilizzo delle risorse previste alle lettere a) e b) del comma 5 che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate sul Fondo di cui al medesimo comma 5.

7. I programmi di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, per i quali sia stato ratificato l'Accordo di programma entro il 31 dicembre 2007 ai sensi dell'articolo 13, comma 2, della legge 23 febbraio 2006, n. 51, possono essere rilocalizzati nell'ambito della medesima regione ovvero in regioni confinanti ed esclusivamente nei comuni capoluogo di provincia. È esclusa, in ogni caso, la possibilità di frazionare uno stesso programma costruttivo in più comuni. A tal fine il termine per la ratifica degli Accordi di programma di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è fissato al 31 dicembre 2013.

8. All'articolo 2 della legge 1° agosto 2002, n. 166, il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Agli interventi di edilizia sovvenzionata di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, si applicano i limiti di costo di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 5 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, vigenti in ciascuna regione e aggiornati ai sensi dell'articolo 9 del medesimo decreto, fermo restando, in ogni caso, il finanziamento statale ed il numero complessivo degli alloggi da realizzare.».

9. Per gli interventi di edilizia sovvenzionata rilocalizzati ai sensi del comma 7 il soggetto attuatore contribuisce con fondi propri all'incremento del finanziamento statale di edilizia sovvenzionata ai fini della completa realizzazione dell'intervento costruttivo. Le disposizioni di cui ai commi 7 e 8 si applicano anche ai programmi già finanziati ai sensi dell'articolo 18 del citato decreto-legge n. 152 del 1991 per i quali risulti già sottoscritta la convenzione attuativa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e per i quali si renda necessario procedere ad aggiornarne i costi di realizzazione.


 

 

L’articolo 12 prevede disposizioni per la riqualificazione di aree urbane, con particolare riguardo a quelle degradate, attraverso un nuovo strumento operativo, il “Piano nazionale per le città” del quale vengono indicate le modalità operative (commi 1 – 6); reca, altresì, disposizioni volte a consentire la rilocalizzazione degli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata (commi 7-9).

 

Procedure per il finanziamento degli interventi di recupero (commi 1 e 2)

 

Ai sensi dei commi 1 e 2, i comuni inviano ad uno specifico organismo, la Cabina di regia, ai fini della predisposizione del “Piano nazionale per le città” da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), proposte di contratti di valorizzazione urbana (vedi infra) costituite da un insieme coordinato di interventi per la valorizzazione di aree urbane degradate indicando una serie di elementi, in particolare:

§      la descrizione, le caratteristiche e l‘ambito urbano oggetto di trasformazione e valorizzazione;

§      gli investimenti ed i finanziamenti necessari, sia pubblici che privati, comprensivi dell‘eventuale cofinanziamento del comune proponente;

§      i soggetti interessati;

§      le eventuali premialità;

§      il programma temporale degli interventi da attivare;

§      la fattibilità tecnico-amministrativa.

 

Durante l’esame parlamentare è stato inserito un nuovo periodo al comma 1 vietando che ai rappresentanti delle amministrazioni pubbliche nella Cabina di regia venga corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso spese.

 

Si ricorda che il “Piano nazionale per le città” fa seguito al “Tavolo sul Piano per le città” avviato il 4 maggio 2012 dal Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti, con cui sono state definite le modalità e la tempistica di attuazione degli interventi per il rilancio e la valorizzazione delle aree urbane del Paese. All’iniziativa hanno partecipato i vertici della Conferenza delle Regioni, dell’Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili).

Si segnala che l’art. 5 del decreto-legge n. 70/2011 ha introdotto una normativa nazionale quadro per la riqualificazione delle aree urbane degradate (per l’avvio di un cd. Piano per le città), che prevedeva, a regime, leggi regionali finalizzate ad un concreto processo di riqualificazione urbana accompagnato da incentivi (tra i quali i bonus volumetrici) e la semplificazione di alcune procedure. Le regioni avrebbero dovuto, infatti, approvare, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto (entro l'11 settembre 2011), proprie leggi al fine riqualificare le aree urbane degradate, tenendo conto anche della necessità di favorire lo sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. In caso di inerzia delle regioni sarebbero state, invece, immediatamente applicabili le volumetrie aggiuntive premiali indicate nello stesso art. 5 del decreto legge n. 70. Si ricorda, da ultimo che, accanto a tale normativa nazionale quadro introdotta dal citato decreto legge n. 70, alcune regioni hanno già approvato, nell’ambito della legislazione regionale attuativa del cd. Piano casa 2, specifiche disposizioni che incentivano la riqualificazione urbana[44].

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea come con il nuovo Piano per le città consentirà la realizzazione, in modo coordinato e razionale, di interventi soprattutto nelle aree urbane degradate relativi a nuove infrastrutture, alla riqualificazione urbana, alla costruzione di parcheggi, alloggi e scuole. Attraverso uno specifico organismo, la Cabina di regia, sarà quindi possibile accorpare interventi diffusi e isolati (incentivi, fondi europei, fondi per l'edilizia scolastica, per l'housing sociale o per programmi non più attivi), snellire le procedure e coinvolgere gli investitori interessati, con particolare riferimento agli investitori privati, con un ruolo centrale attribuito al partenariato pubblico-privato.

 

Il comma 1 indica quindi la composizione della Cabina di regia che deve essere costituita con decreto del MIT senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Con lo stesso decreto devono essere indicate anche le relative modalità di funzionamento. A far parte della Cabina di regia sono chiamati, oltre che due rappresentanti del MIT e della Conferenza delle Regioni ed un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali, del Ministero dell'interno, dei Dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei Ministri per lo sviluppo e la coesione economica, per la cooperazione internazionale e l'integrazione e per la coesione territoriale, anche un rappresentante dell’Agenzia del demanio, della Cassa depositi e prestiti, dell’Anci, e, in veste di osservatori, un rappresentante del Fondo Investimenti per l’Abitare gestito da Cassa Depositi e Prestiti Investimenti SGR[45] (CDPI) e un rappresentante dei fondi di investimento istituiti dalla società di gestione del risparmio del Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) costituita ai sensi dell’art. 33 del decreto-legge n. 98/2011[46].

Il decreto ministeriale 3 agosto 2012[47] ha disciplinato la composizione e il funzionamento della Cabina di regia, nonché la presentazione e la selezione delle proposte.

 

Durante l’esame parlamentare è stato inserito un nuovo comma 1-bis che prevede la presentazione alle competenti Commissioni parlamentari, da parte del Ministro dello sviluppo economico e delle infrastrutture e dei trasporti, di una relazione sull’attività svolta dalla Cabina di regia, che dovrà essere allegata al Documento di economia e finanza (DEF).

 

I commi 3 e 4 definiscono quindi i compiti della Cabina di regia cui viene sostanzialmente assegnato un ruolo di coordinamento e selezione dei programmi di riqualificazione proposti dai Comuni,in base a valutazioni sugli effetti economici e sociali degli interventi stessi.

Pertanto i criteri per la scelta delle proposte dei contratti di valorizzazione urbana inviate dai Comuni, indicati dal comma 3, sono:

§      l’immediata cantierabilità dell’intervento;

§      la capacità di coinvolgere finanziamenti pubblici e privati e di attivare un effetto moltiplicatore del finanziamento pubblico nei confronti di quelli privati;

§      la riduzione della tensione abitativa e del degrado sociale;

§      il miglioramento delle infrastrutture e in particolare del trasporto urbano;

§      il miglioramento della qualità urbana e del tessuto socio ambientale.

 

Durante l’esame parlamentare è stato integrato il comma 3, lett. e)prevedendo che, tra i criteri per la scelta delle proposte dei contratti di valorizzazione urbana dei Comuni da parte della Cabina di regia, rientri oltre al miglioramento della qualità urbana e del tessuto socio ambientale, anche il contenimento del consumo di nuovo suolo non edificato.

 

Il comma 4 definisce i compiti della Cabina di regia che consistononella:

§      definizione, in base agli apporti e alle risorse messe a disposizione dai vari organismi che la compongono, degli investimenti attivabili nell‘ambito urbano selezionato;

§      proposta al MIT della destinazione delle risorse del Fondo di cui al successivo comma 5 alle finalità del Contratto di valorizzazione urbana;

§      promozione, di intesa con il comune interessato, della sottoscrizione del contratto di valorizzazione urbana.

 

Viene quindi introdotto un nuovo strumento attuativo - il contratto di valorizzazione urbana - la cui sottoscrizione viene promossa dalla Cabina di regia, d’intesa con il comune interessato. Il contratto è volto a regolamentare gli impegni dei vari soggetti pubblici e privati interessati, prevedendo anche la revoca dei finanziamenti.

Viene infine precisato che l’insieme dei contratti di valorizzazione urbana costituisce il “Piano nazionale per le città”.

 

Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città e risorse disponibili (commi 5 e 6)

Per l‘attuazione degli interventi del Piano viene istituito, ai sensi del comma 5, nello stato di previsione del MIT, un apposito “Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città” nel quale confluiranno le risorse, non utilizzate o provenienti da revoche, relativamente ad alcuni programmi in materia di edilizia residenziale di competenza del MIT e che, secondo quanto riportato dalla relazione tecnica, ammontano a circa 224 milioni di euro giacenti pressola Cassa depositi e prestiti.

 

In particolare, si tratta delle risorse non utilizzate o provenienti da revoche relative a:

a)  interventi del programma straordinario di edilizia residenziale a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata introdotto dall‘art. 18 del decreto-legge n. 152/1991, per i quali non siano stati ratificati, entro il termine del 31 dicembre 2007, gli accordi di programma ai sensi dell‘art. 13, comma 2, del decreto-legge n. 273/2005 e già destinate all‘attuazione del Piano nazionale di edilizia abitativa istituito dall‘art. 11, comma 12, del decreto-legge n. 112/2008. La relazione tecnica quantifica le risorse derivanti da tali interventi in 219,5 milioni di euro;

L’art. 18 del decreto-legge n. 152/1991[48] ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. La realizzazione degli interventi (tanto di recupero che di nuova costruzione) veniva affidata ai comuni, agli IACP, ad imprese di costruzione e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi (per ulteriori approfondimenti della disciplina si rinvia al successivo comma 7 dell’articolo in esame). Si ricorda, inoltre, che le risorse disponibili al 31 dicembre 2007 e non ancora impegnate per tale programma straordinario sono state dapprima destinate al rifinanziamento dei programmi innovativi in ambito urbano, cd. “Contratti di quartiere II” dall’art. 21-bis del decreto legge n. 159/2007 e che successivamente le risorse dei Contratti di quartiere II sono state a loro volta destinate all’attuazione del Piano casa, ai sensi dell’art. 11, comma 12 del decreto legge n. 112/2008, ad eccezione di quelle già iscritte nei bilanci degli enti destinatari e, quindi, già impegnate.

 

b)  programmi di recupero urbano finanziati ai sensi dell‘art. 2, comma 63, lett. b), della legge n. 662/1996, dell‘art. 1, comma 8, della legge n. 449/1997 e dell‘art. 61, comma 1, della legge n. 448/1998 (legge finanziaria 1999). La relazione tecnica quantifica le risorse derivanti da tali interventi in 4,5 milioni di euro;

L’art. 2, comma 63, lett. b), della legge n. 662/1996 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica)ha destinato 200 mld di lire (derivanti delle maggiori entrate provenienti dai fondi ex Gescal per gli anni 1993 e 1994) ad interventi sperimentali nel settore dell’edilizia residenziale sovvenzionata da realizzare nell’ambito dei programmi di recupero urbano denominati “Contratti di quartiere”, previsti dall'art. 2, comma 1, lett. f), della legge n. 457/1978 "Norme per l'edilizia residenziale".

L’art. 1, comma 8, della legge n. 449/1997 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) ha poi destinato ai Contratti di quartiere altri 100 mld di lire e l’art. 61 della legge n. 448/1998 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo) ha ulteriormente incrementato le disponibilità finanziarie per la realizzazione di tali progetti.

Da ultimo si ricorda, in estrema sintesi, che con il D.M. 22 ottobre 1997[49] sono state indicate le modalità attuative dei “Contratti di quartiere”. Si trattava di programmi complessi per il recupero delle periferie urbane costituiti da interventi edilizi su edifici residenziali, urbanizzazione primaria, piazze e verde, centri anziani, centri sanitari, spazi sportivi, servizi pubblici e spazi per i giovani. Successivamente con una serie di D.M. emanati a partire dal 2001[50] si è dato avvio ad un nuovo programma innovativo in ambito urbano denominato "Contratti di quartiere II" con l’intento di intervenire in situazioni caratterizzate da diffuso degrado delle costruzioni e dell'ambiente urbano, da carenza di servizi e da un contesto di scarsa coesione sociale e di marcato disagio abitativo. A differenza della prima edizione dei Contratti di quartiere, i nuovi interventi sono gestiti dalle singole regioni che, attraverso propri bandi, invitano le amministrazioni comunali a proporre progetti e a competere per la destinazione dei fondi.

 

c)  programmi innovativi in ambito urbano finanziati dall‘art. 145, comma 33, della legge n. 388/2000 e dall‘art. 4, comma 3, della legge n. 21/2001. La relazione tecnica non indica le risorse derivanti da tali ultimi programmi;

 

L’art. 145, comma 33, della n. 388/2000 (legge finanziaria 2001) autorizzava la spesa di lire 80 mld. per l'anno 2001 per il finanziamento delle iniziative relative a studi, ricerche e sperimentazioni in materia di edilizia residenziale di cui al citato art. 2, comma 63, lett. b), della legge n. 662/1996, nonché per interventi a favore di categorie sociali svantaggiate di cui allo stesso art. 2, comma 63. Per l'attuazione di tali programmi veniva altresì autorizzato un limite di impegno quindicennale di lire 80 mld. per l'anno 2002.

L’art. 4 della legge n. 21/2001 (Misure per ridurre il disagio abitativo ed interventi per aumentare l'offerta di alloggi in locazioni) avviava un programma innovativo in ambito urbano finalizzato prioritariamente ad incrementare, con la partecipazione di investimenti privati, la dotazione infrastrutturale dei quartieri degradati di comuni e città a più forte disagio abitativo, per il quale veniva autorizzata una spesa di 30 mld. per ciascuno degli anni 2000, 2001 e 2002. Con D.M. del 27 dicembre 2001[51] ne sono state definite le modalità attuative.

 

Il comma 6 dispone in merito alla copertura finanziaria prevedendo che dall‘attuazione delle disposizioni recate dall’articolo in commento, nel limite di complessivi di 224 milioni di euro - e precisamente 10 milioni di euro per l‘anno 2012; 24 milioni di euro per l‘anno 2013; 40 milioni di euro per l‘anno 2014; 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 - si provveda mediante utilizzo delle risorse previste per i Contratti di quartiere e per programmi innovativi in ambito urbano - lett. a) e b) del precedente comma 5 - che sono versate all‘entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate all’istituendo “Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città”.

 

Il programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata (commi da 7 a 9)

I restanti commi 7, 8 e 9 recano disposizioni volte a consentire la rilocalizzazione degli interventi del citato programma straordinario di edilizia residenziale a favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata.

 

In particolare, il comma 7 dispone che i programmi di edilizia sovvenzionata[52]ed agevolata[53] del citato Programma straordinario previsti dall'art. 18 del decreto-legge n. 152/1991, per i quali sia stato ratificato l'accordo di programma entro il 31 dicembre 2007 ai sensi dell‘art. 13, comma 2, del decreto legge n. 273 del 2005, possono essere rilocalizzati nell’ambito della stessa regione oppure anche in regioni confinanti, ma esclusivamente nei comuni capoluogo di provincia.

Viene poi esclusa la possibilità di frazionare uno stesso programma costruttivo in più comuni. A tal fine il termine per la ratifica degli accordi di programma viene fissato al 31 dicembre 2013.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea come la rilocalizzazione degli interventi in ambiti regionali confinanti potrà accelerare, in una congiuntura economica caratterizzata da una forte scarsità di risorse disponili, la sottoscrizione di nuove convenzioni in relazione a programmi non ancora avviati ma per i quali sia già stato ratificato l'accordo di programma nel termine previsto del 31 dicembre 2007 e di favorire, al contempo, la spesa degli investimenti statali destinati al settore. Essa aggiunge anche che gli interventi “sono finalizzati, in prevalenza, alla realizzazione di nuova costruzione di edilizia residenziale nonché alla realizzazione di edifici commerciali e terziari ed alle relative opere di urbanizzazione”. Conseguentemente non è chiaro se tali disposizioni sono volte unicamente agli interventi del programma straordinario di edilizia residenziale per i dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, oppure se riguardano anche altri interventi come quelli riportati nella relazione illustrativa.

 

Come già accennato nel commento al comma 5, l’art. 18 del decreto-legge n. 152/1991 ha dato avvio ad un programma straordinario di edilizia residenziale (sovvenzionata ed agevolata) da concedere in locazione o in godimento ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata. La realizzazione degli interventi (tanto di recupero che di nuova costruzione) veniva affidata ai comuni, agli IACP, ad imprese di costruzione e loro consorzi e a cooperative e loro consorzi. Sotto il profilo finanziario, l’art. 18 prevedeva un finanziamento attraverso un limite di impegno di 50 miliardi di lire per l'edilizia agevolata, e un finanziamento di 900 miliardi di lire per l'edilizia sovvenzionata. Con la delibera CIPE n. 98/1991[54]si fissavano, quindi, i limiti di costo per l’attuazione del programma straordinario[55], mentre con D.M. del 17 gennaio 1992 si disciplinava il confronto pubblico concorrenziale per la realizzazione del programma stesso.

Successivamente l’art. 11 della legge 136/1999 (Norme per il sostegno ed il rilancio dell'edilizia residenziale pubblica e per interventi in materia di opere a carattere ambientale) ha stabilito ulteriori modalità attuative del programma straordinario. Spetta al Ministro dei lavori pubblici - in qualità di Segretario generale del CER - comunicare ai Presidenti delle Giunte regionali interessate, entro i trenta giorni successivi alla data di entrata in vigore della stessa legge n. 136:

§       l’elenco delle proposte di attuazione dei programmi straordinari di edilizia residenziale per la mobilità dei dipendenti pubblici, cui si riferiscono i procedimenti ancora pendenti;

§       i soggetti attuatori o proponenti di tali proposte.

Compete, invece, al presidente della giunta regionale proporre al sindaco del comune territorialmente competente ed al soggetto attuatore o proponente la sottoscrizione di un accordo di programma, nell’ambito delle disponibilità delle somme accantonate. La ratifica di tale accordo da parte del consiglio comunale determina direttamente la immediata ammissione del programma al finanziamento. Lo stesso articolo 11 dispone però l’esclusione dal finanziamento per gli accordi di programma non ratificati entro il 31 dicembre 2007[56]. Il successivo art. 12 ha, tra l’altro, previsto la possibilità di introdurre varianti ai programmi sulla mobilità dei dipendenti pubblici, impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, qualora questi siano già stati ammessi al finanziamento, siano stati approvati dal consiglio comunale e qualora dalla variante non derivino variazioni nel finanziamento pubblico o nel numero degli alloggi e l’esclusione dal finanziamento qualora la convenzione urbanistica con il comune per la realizzazione dei programmi non sia conclusa entro il 31 dicembre 2007[57].

 

L’art. 4, comma 150, della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) è intervenuto sulla disciplina delle procedure relative all’attuazione degli accordi di programma, prevedendo la rilocalizzazione del programma in altra regione, nel caso in cui la regione interessata non provveda all’attivazione degli accordi di programma entro trenta giorni dalla richiesta del soggetto proponente. La rilocalizzazione avviene su proposta del soggetto proponente, da comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ed ha luogo attraverso la sottoscrizione di un accordo di programma tra il presidente della giunta regionale e il sindaco del comune interessati alla nuova localizzazione. L’accordo di programma deve essere ratificato dal consiglio comunale entro diciotto mesi dalla sottoscrizione: termine da ultimo prorogato al 31 dicembre 2007 dall’art. 13, comma 2, del decreto legge n. 273/2005.

 

Si ricorda, infine, anche la disposizione contenuta nell’art. 1, comma 453, della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006) che, allo scopo di garantire maggiore elasticità nell’attuazione degli interventi previsti, ha abolito l’obbligo della contiguità delle aree di localizzazione degli interventi all’interno della stessa Regione che, tra l’altro, era stato già previsto dalla citata delibera CIPE n. 98/1991.

 

Il comma 8, con la sostituzione del comma 5 dell’art. 2 della legge n. 166/2002, consente di applicare agli interventi di edilizia residenziale pubblica compresi nel citato programma straordinario, i massimali di costo per tale tipologia di intervento previsti dal D.M. 5 agosto 1994[58], vigenti in ciascuna regione e aggiornati ai sensi dell‘art. 9 dello stesso D.M., fermo restando il finanziamento statale ed il numero complessivo degli alloggi da realizzare.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) precisa come la finalità della disposizione sia quella “di allinearsi alla normativa vigente in materia di contratti pubblici evitando, contemporaneamente, il rischio di attivare procedure di gara per l'affidamento dei lavori sulla base di costi non congrui e di rendere più efficaci gli investimenti statali”.

 

Per un confronto con il precedente comma 5, che ora viene sostituito, si veda il seguente testo a fronte:

 

Testo previgente dell’art. 2, comma 5, della legge n. 166/2002

Art. 2, comma 5, della legge n. 166/2002, come novellato dal D.L. in esame

Agli interventi di edilizia sovvenzionata di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, si applicano i limiti di costo di cui al D.M. 5 agosto 1994 del Ministro dei lavori pubblici, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, nel caso in cui le gare di appalto per la realizzazione dei lavori siano andate deserte per almeno due volte. In tale ultimo caso si può procedere ad una eventuale riduzione del numero degli alloggi da realizzare. In alternativa, il concessionario del programma di cui al predetto articolo 18 può contribuire con fondi propri all'incremento del finanziamento statale, nei limiti massimi di costo di cui al citato D.M. 5 agosto 1994 del Ministro dei lavori pubblici, ai fini della completa realizzazione dell'opera.

Agli interventi di edilizia sovvenzionata di cui all'articolo 18 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, si applicano i limiti di costo di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 5 agosto 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, vigenti in ciascuna regione e aggiornati ai sensi dell‘articolo 9 del medesimo decreto, fermo restando, in ogni caso, il finanziamento statale ed il numero complessivo degli alloggi da realizzare.

 

 

Si ricorda che sulla disciplina del programma straordinario era intervenuto anche l’art. 2 della legge n. 166/2002 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti) che ha disciplinato i limiti di costo applicabili alle gare di appalto (comma 5 che ora viene sostituito) e il prezzo al quale gli alloggi realizzati con il finanziamento privato possono essere ceduti agli enti locali, agli istituti autonomi case popolari o enti assimilati (comma 6). I commi 7 ed 8 hanno stabilito, tra l’altro, che i finanziamenti sono attivati comunque subordinatamente alle disponibilità esistenti - alla data di ratifica da parte del comune dell’accordo di programma – sullo stanziamento destinato alla realizzazione del programma stesso.

In relazione al richiamato D.M. 5 agosto 1994 esso reca la“Determinazione dei limiti massimi di costo per gli interventi di edilizia residenziale sovvenzionata e di edilizia residenziale agevolata[59]. L’art. 7 autorizza le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano a deroghe motivate al limite massimo di costo totale dell'intervento per maggiori costi dell'area e degli oneri di urbanizzazione o di acquisizione degli immobili con possibilità di accantonamento delle risorse in fase di programmazione degli interventi, nonché ad individuare costi totali di intervento inferiori o superiori a quelli massimi stabiliti dallo stesso D.M. sulla base delle specifiche situazioni territoriali, ferme restando le quantità fisiche da realizzare. Infine l’art. 9 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano possano aggiornare, annualmente, il limite di costo di realizzazione tecnica da loro definito sulla base della variazione percentuale fatta registrare dall'indice ISTAT generale nazionale del costo di costruzione di un fabbricato residenziale fra il mese di giugno 1994 e il mese di giugno di ciascun anno successivo.

 

Il comma 9 prevede, in caso di rilocalizzazione dell'intervento originario, che il soggetto attuatore contribuisca utilizzando fondi propri ai fini della completa realizzazione dell’intervento costruttivo di edilizia sovvenzionata, fermo restando in ogni caso, il finanziamento pubblico originariamente previsto.

 

In merito a tale disposizione si ricorda che era stata già prevista (al comma 5 modificato dal comma 8 dell’articolo in commento) una procedura alternativa per il completamento degli interventi, basata sul contributo di capitali privati (il concessionario del programma poteva infatti contribuire con fondi propri all’incremento del finanziamento statale).

 

Da ultimo, viene previsto che i commi 8 e 9 in commento vengano applicati anche ai programmi già finanziati ai sensi del citato art. 18 del decreto legge n. 152/1991 per i quali risulti già sottoscritta la convenzione attuativa con il MIT e per i quali si renda necessario procedere ad aggiornarne i costi di realizzazione.


 

Articolo 12-bis
(Istituzione del Comitato interministeriale per le politiche urbane )

 


1. Al fine di coordinare le politiche urbane attuate dalle amministrazioni centrali interessate e di concertarle con le regioni e con le autonomie locali, nella prospettiva della crescita, dell'inclusione sociale e della coesione territoriale, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri è istituito il Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU). Il CIPU è presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato ed è composto dal Ministro per la coesione territoriale, dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, dal Ministro dell'interno, dal Ministro dell'economia e delle finanze, dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dal Ministro dello sviluppo economico, dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Alle riunioni del CIPU partecipano, inoltre, i Ministri aventi competenza sulle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all'ordine del giorno.

2. Partecipano, altresì, alle riunioni del CIPU un rappresentante delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, un rappresentante delle province e un rappresentante dei comuni, nominati dalla componente rappresentativa delle autonomie territoriali nell'ambito della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

3. Il CIPU svolge i propri compiti nel rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei Ministri, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza Stato-città ed autonomie locali.

4. Per la preparazione delle proprie riunioni, il CIPU si avvale di una segreteria tecnica istituita presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, come struttura generale ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni.

5. Il funzionamento del CIPU e della segreteria tecnica sono disciplinati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ai componenti del CIPU e della segreteria tecnica non è corrisposto alcun compenso, indennità o rimborso di spese. Gli oneri correlati al funzionamento del CIPU e della segreteria tecnica sono a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

L'articolo 12-bis, introdotto durante l'esame parlamentare,istituisce il Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, disciplinandone la composizione, i compiti e il funzionamento.

Nello specifico, il comma 1 istituisce, come anzidetto, il Comitato interministeriale per le politiche urbane (CIPU) presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Finalità esplicita è quella del coordinamento delle politiche urbane attuate dalle amministrazioni centrali interessate e del relativo concerto con le regioni e con le autonomie locali, nella prospettiva della crescita, dell’inclusione sociale e della coesione territoriale.

Il CIPU è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri (o dal Ministro delegato) ed è composto da:

§      il Ministro per la coesione territoriale,

§      il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport,

§      il Ministro dell’interno,

§      il Ministro dell’economia e delle finanze,

§      il Ministro del lavoro e delle politiche sociali,

§      il Ministro dello sviluppo economico,

§      il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,

§      il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca,

§      il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Alle riunioni del CIPU partecipano, inoltre:

§      Ministri aventi competenza sulle materie oggetto dei provvedimenti e delle tematiche inseriti all’ordine del giorno,

§      un rappresentante delle regioni (ex comma 2),

§      un rappresentante delle province autonome di Trento e di Bolzano (ex comma 2),

§      un rappresentante delle province (ex comma 2),

§      un rappresentante dei comuni (ex comma 2),

I rappresentanti delle autonomie territoriali - ancora ai sensi del comma 2 - sono nominati dalla componente rappresentativa delle autonomie territoriali nell’ambito della Conferenza unificata[60].

 

Il comma 3 impone al CIPU, nello svolgimento dei propri compiti, il rispetto delle competenze attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Parlamento, al Consiglio dei ministri, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e alla Conferenza Stato città ed autonomie locali.

 

Il comma 4 incarica una segreteria tecnica - istituita presso il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri[61] - della preparazione delle riunioni del CIPU. Il funzionamento del CIPU e della segreteria tecnica sono disciplinati, ai sensi del comma 5, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Ai componenti del CIPU e della segreteria non è corrisposto alcun compenso o rimborso. Gli oneri sono a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio. Correlativamente, il comma 6 prescrive che dall’attuazione dell'articolo in esame non devono derivare oneri a carico della finanza pubblica.

I comitati interministeriali

I comitati interministeriali sono organi collegiali di governo concorrenti all'attuazione dell'indirizzo politico (se anche alla sua determinazione, è profilo più controverso in dottrina) in specifici settori.

Volti ad una 'saldatura' tra decisione politica ed attuazione amministrativa, essi sono espressione di un potere di auto-organizzazione, proprio degli organi costituzionali.

Qualora tra le loro attribuzioni figuri l'adozione di atti amministrativi (o di atti che possano valere da presupposti sostanziali di atti amministrativi), essi sono istituiti per legge, in una sorta di 'intersezione' delle riserve di legge poste dall'articolo 95 e dall'articolo 97 della Costituzione.

 

I comitati interministeriali (che hanno origine pre-repubblicana: ad esempio il Comitato per il credito e il risparmio, ancor oggi operante, risale al 1936-38) aumentarono di numero (e di attribuzioni, nel caso del Comitato per la programmazione economica, la cui legge istitutiva fu la n. 48 del 1967) nel nome della programmazione affermatasi negli anni Sessanta, e declinata come programmazione di settore dai secondi anni Settanta.

Una drastica loro riduzione fu imposta dalla legge n. 593 del 1993 (articolo 1, commi 21 e 25), che molti ne soppresse, in modo 'nominato' - il Comitato interministeriale per il coordinamento della politica industriale (CIPI); il Comitato interministeriale per la politica economica estera (CIPES); il Comitato interministeriale per la cinematografia; il Comitato interministeriale per la protezione civile; il Comitato interministeriale per l'emigrazione (CIEM); il Comitato interministeriale per la tutela delle acque dall'inquinamento; il Comitato interministeriale prezzi (CIP); il Comitato interministeriale per la programmazione economica nel trasporto (CIPET); il Comitato interministeriale per la lotta all'AIDS; il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD); il Comitato interministeriale gestione fondo interventi educazione e informazione sanitaria) - o non ("sono altresì soppressi...gli altri comitati interministeriali, che prevedano per legge la partecipazione di più Ministri o di loro delegati").

Furono lasciati in vita dalla legge del 1993 solo i seguenti comitati, tuttora operanti:

§      Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), poi oggetto del decreto legislativo n. 430 del 1997, che ne ha riordinato le competenze;

§      Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR), le cui competenze deliberative sono state da ultimo definite dal Testo unico bancario del 1993;

§      Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza - che ha poi assunto la denominazione di Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), con la legge n. 124 del 2007 ("Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto");

§      Comitato dei ministri per i servizi tecnici nazionali e gli interventi nel settore della difesa del suolo (istituito dalla legge n. 183 del 1989; cfr. ora il decreto legislativo n. 152 del 2006, recante "Norme in materia ambientale", articolo 57);

§      Comitato interministeriale per la salvaguardia di Venezia (istituito dalla legge n. 798 del 1984).

In tempo successivo, si è avuta l'istituzione del Comitato interministeriale per gli affari comunitari (CIACE) (legge n. 11 del 2005, articolo 2).

A quelli or ricordati, che costituiscono l'insieme di comitati per così dire ordinamentale in quanto ormai stabile nel tempo, alcuni altri si sono andati aggiungendo. Non sono mancate infatti leggi istitutive di ulteriori comitati per specifiche materie, come: il Comitato la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento elettromagnetico (articolo 6 della legge n. 36 del 2001); il Comitato per fronteggiare la crisi del settore bieticolo-saccarifero (articolo 2 del decreto-legge n. 2 del 2006, come convertito dalla legge n. 81; cfr. anche il decreto-legge n. 5 del 2012 recante "Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo", articolo 29, convertito dalla legge n. 35); il Comitato per le politiche di semplificazione e di qualità della regolazione (articolo 1 del decreto-legge n. 4 del 2006, come convertito dalla legge n. 80).


 

Articolo 13
(
Semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l’esercizio dell’attività edilizia)

 


01. All'articolo 2, comma 9-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per ciascun procedimento, sul sito internet istituzionale dell'amministrazione è pubblicata, in formato tabellare e con collegamento ben visibile nella homepage, l'indicazione del soggetto a cui è attribuito il potere sostitutivo e a cui l'interessato può rivolgersi ai sensi e per gli effetti del comma 9-ter. Tale soggetto, in caso di ritardo, comunica senza indugio il nominativo del responsabile, ai fini della valutazione dell'avvio del procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza alle disposizioni del presente comma, assume la sua medesima responsabilità oltre a quella propria».

1. All'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, il terzo periodo del comma 1 è sostituito dal seguente: «Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.».

2. Al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 5:

1) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Lo sportello unico per l'edilizia costituisce l'unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l'intervento edilizio oggetto dello stesso, che fornisce una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni, comunque coinvolte. Acquisisce altresì presso le amministrazioni competenti, anche mediante conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, delle amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità. Resta comunque ferma la competenza dello sportello unico per le attività produttive definita dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160.

1-ter. Le comunicazioni al richiedente sono trasmesse esclusivamente dallo sportello unico per l'edilizia; gli altri uffici comunali e le amministrazioni pubbliche diverse dal comune, che sono interessati al procedimento, non possono trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati e sono tenuti a trasmettere immediatamente allo sportello unico per l'edilizia le denunce, le domande, le segnalazioni, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone comunicazione al richiedente»;

2) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Ai fini del rilascio del permesso di costruire, lo sportello unico per l'edilizia acquisisce direttamente o tramite conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14-ter, 14-quater e 14-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio. Nel novero di tali assensi rientrano, in particolare:

a) il parere dell'azienda sanitaria locale (ASL), nel caso in cui non possa essere sostituito da una dichiarazione ai sensi dell'articolo 20, comma 1;

b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa antincendio;

c) le autorizzazioni e le certificazioni del competente ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone sismiche di cui agli articoli 61, 62 e 94;

d) l'assenso dell'amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato o a stabilimenti militari, di cui all'articolo 333 del codice dell'ordinamento militare, di cui al decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66;

e) l'autorizzazione del direttore della circoscrizione doganale in caso di costruzione, spostamento e modifica di edifici nelle zone di salvaguardia in prossimità della linea doganale e nel mare territoriale, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 19 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374;

f) l'autorizzazione dell'autorità competente per le costruzioni su terreni confinanti con il demanio marittimo, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 55 del codice della navigazione;

g) gli atti di assenso, comunque denominati, previsti per gli interventi edilizi su immobili vincolati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, fermo restando che, in caso di dissenso manifestato dall'amministrazione preposta alla tutela dei beni culturali, si procede ai sensi del medesimo codice;

h) il parere vincolante della Commissione per la salvaguardia di Venezia, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 6 della legge 16 aprile 1973, n. 171, e successive modificazioni, salvi i casi in cui vi sia stato l'adeguamento al piano comprensoriale previsto dall'articolo 5 della stessa legge, per l'attività edilizia nella laguna veneta nonché nel territorio dei centri storici di Chioggia e di Sottomarina e nelle isole di Pellestrina, Lido e Sant'Erasmo;

i) il parere dell'autorità competente in materia di assetti e vincoli idrogeologici;

l) gli assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie, portuali e aeroportuali;

m) il nulla osta dell'autorità competente ai sensi dell'articolo 13 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, in materia di aree naturali protette»;

3) il comma 4 è abrogato;

b) al capo I del titolo II, dopo l'articolo 9 è aggiunto il seguente:

«Art. 9-bis.- (Documentazione amministrativa). - 1. Ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi previsti dal presente testo unico, le amministrazioni sono tenute ad acquisire d'ufficio i documenti, le informazioni e i dati, compresi quelli catastali, che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni e non possono richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e sull'autenticità di tali documenti, informazioni e dati»;

c) all'articolo 13, comma 1, le parole: «del competente ufficio comunale» sono sostituite dalle seguenti: «dello sportello unico»;

d) all'articolo 20:

1) al comma 1, le parole: «dal regolamento edilizio» sono soppresse;

2) al comma 3, le parole: «commi 3 e 4» sono sostituite dalle seguenti: «comma 3» e le parole: «, sempre che gli stessi non siano già stati allegati alla domanda dal richiedente» sono soppresse;

3) dopo il comma 5 è inserito il seguente:

«5-bis. Se entro il termine di cui al comma 3 non sono intervenute le intese, i concerti, i nulla osta o gli assensi, comunque denominati, delle altre amministrazioni pubbliche, o è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate, qualora tale dissenso non risulti fondato sull'assoluta incompatibilità dell'intervento, il responsabile dello sportello unico indice la conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Le amministrazioni che esprimono parere positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini dell'individuazione delle posizioni prevalenti per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento, di cui all'articolo 14-ter, comma 6-bis, della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni»;

4) il comma 6 è sostituito dal seguente:

«6. Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all'interessato, è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro il termine di trenta giorni dalla proposta di cui al comma 3. Qualora sia indetta la conferenza di servizi di cui al comma 5-bis, la determinazione motivata di conclusione del procedimento, assunta nei termini di cui agli articoli da 14 a 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, è, ad ogni effetto, titolo per la realizzazione dell'intervento. Il termine di cui al primo periodo è fissato in quaranta giorni con la medesima decorrenza qualora il dirigente o il responsabile del procedimento abbia comunicato all'istante i motivi che ostano all'accoglimento della domanda, ai sensi dell'articolo 10-bis della citata legge n. 241 del 1990, e successive modificazioni. Dell'avvenuto rilascio del permesso di costruire è data notizia al pubblico mediante affissione all'albo pretorio. Gli estremi del permesso di costruire sono indicati nel cartello esposto presso il cantiere, secondo le modalità stabilite dal regolamento edilizio»;

5) il comma 10 è sostituito dal seguente:

«10. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale, il competente ufficio comunale acquisisce il relativo assenso nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 5-bis. In caso di esito non favorevole, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto»;

e) all'articolo 23:

1) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti previsti dalla legge, dagli strumenti urbanistici approvati o adottati e dai regolamenti edilizi, da produrre a corredo della documentazione di cui al comma 1, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti.

1-ter. La denuncia, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la denuncia si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione. Con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, si procede all'individuazione dei criteri e delle modalità per l'utilizzo esclusivo degli strumenti telematici ai fini della presentazione della denuncia»;

2) al comma 3, alle parole: «Qualora l'immobile» sono premesse le seguenti: «Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto dell'esclusione di cui al comma 1-bis,»;

3) al comma 4, alle parole: «Qualora l'immobile» sono premesse le seguenti: «Nel caso dei vincoli e delle materie oggetto dell'esclusione di cui al comma 1-bis,».

2-bis. Le amministrazioni comunali sono tenute ad applicare le disposizioni di cui al comma 2 entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

L’articolo 13 reca misure concernenti i procedimenti amministrativi relativi ai titoli abilitativi dell’attività edilizia - Scia, Dia, permesso di costruirenonchéallo sportello unico per l’edilizia.

L’articolo,profondamente modificato durante l’esame parlamentare,dispone, riguardo ai procedimenti amministrativi, la pubblicazione, sul sito istituzionale dell’amministrazione, del soggetto cui è attribuito il potere sostituivo in caso di inerzia dell'amministrazione e al quale l’interessato può rivolgersi e detta disposizioni in merito all'attivazione di eventuali procedimenti disciplinari; modifica alcune norme del T.U. dell’edilizia relative alla disciplina dello sportello unico per l’edilizia, reca misure concernenti i procedimenti amministrativi relativi alla Scia e prevede che, nei casi ordinari, per iniziare i lavori sarà sufficiente accompagnare i due titoli abilitativi con autocertificazioni o certificazioni di tecnici abilitati, anziché con i pareri tecnici e gli altri atti preliminari.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea come tali modifiche proseguano il processo di semplificazione procedimentale avviato con l’introduzione di disposizioni in materia di attività edilizia libera, di Scia e di formazione del silenzio-assenso sulla domanda di permesso di costruire.

Si ricorda, infatti, che a partire dal 2010 sono state apportate numerose modifiche ai titoli abilitativi all’attività edilizia[62], tutte volte sostanzialmente ad estendere i sistemi alternativi all’assenso preventivo della pubblica amministrazione. Sono state ampliate le tipologie di interventi rientranti nell’attività edilizia libera, ovvero realizzabili senza alcun titolo abilitativo prevedendo, comunque, per alcuni di essi, anche una comunicazione di inizio lavori e la relazione di un tecnico abilito (art. 5 del decreto legge 40/2010, che ha interamente sostituito l’art. 6 del T.U. dell’edilizia, DPR n. 380/2001). Con l’art. 5 del decreto legge 70/2011 è stata espressamente sancita l’applicabilità della Scia a tutte le tipologie di intervento edilizio soggette in precedenza al regime della Dia, la quale è rimasta solo per alcune determinate ipotesi (vedi infra). E’ stato, infine, completamente ridisegnato l’iter procedimentale per il rilascio del permesso di costruire prevedendo, tra le maggiori novità, l’introduzione del silenzio-assenso in luogo del precedente regime basato sul silenzio-rifiuto (art. 5 del decreto legge 70/2011).

 

In particolare, a seguito di una modifica approvata nel corso dell'esame parlamentare, è stato premesso un comma 01 che, con una novella all’art. 2, comma 9-bis, della legge n. 241 del 1990, dispone che, per ciascun procedimento amministrativo, venga pubblicato, sul sito istituzionale dell’amministrazione, il soggetto cui è attribuito il potere sostitutivo in caso di inerzia e al quale l’interessato può rivolgersi ai sensi del successivo comma 9-ter per la conclusione del procedimento. In caso di ritardo, tale soggetto comunica senza indugio il nominativo del responsabile per valutare l’opportunità di avviare il procedimento disciplinare, secondo le disposizioni del proprio ordinamento e dei contratti collettivi nazionali di lavoro, e, in caso di mancata ottemperanza a tali disposizioni, assume, oltre alla propria responsabilità, anche quella del responsabile.

 

La modifica introdotta dal comma 1 è volta, invece, a semplificare ulteriormente le modalità di presentazione della Scia nei casi in cui qualsivoglia normativa, non solo di rango legislativo, ma anche regolamentare, preveda che i pareri degli enti o organi preposti o le verifiche preventive siano comunque sostituiti dalle autocertificazioni dei privati o attestazioni e asseverazioni di tecnici, salve le verifiche successive degli organi o amministrazioni competenti.

La modifica viene apportata con una novella al terzo periodo del comma 1 dell’art. 19 della legge n. 241/1990, ove viene sostituito il termine “legge” con “normativa vigente”.

Sostanzialmente tali disposizioni confermano quanto già introdotto dai precedenti decreti (70/2011 e 5/2012) con particolare riferimento alla sostituzione ipso iure di tutti i pareri di organi o enti appositi, nonché delle verifiche preventive di loro competenza, con autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati. La novità è da rinvenirsi nel fatto che il testo previgente prevedeva l'effetto sostitutivo solo in caso di pareri o verifiche richieste dalla legge, mentre il testo novellato rinvia in termini più generali alla «normativa vigente»: rientrano pertanto nell'ambito applicativo della nuova disposizione tutti i pareri ed i nulla osta previsti non solo dalla legge, ma anche da provvedimenti di valenza regolamentare emanati da qualsiasi ente competente (quali ad es. gli strumenti urbanistici comunali).

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) motiva tale novella con il fatto che, a livello regionale e locale, continuano ad essere in vigore “molti farraginosi passaggi procedimentali” previsti da atti regolamentari.

 

In relazione alla disciplina della Scia si rammenta che essaè stataintrodottadal comma 4-bis dell'art. 49 del decreto legge n. 78/2010 sostituendo integralmente la disciplina della dichiarazione di inizio attività contenuta nel previgente art. 19 della legge n. 241/1990. Tale riforma ha risposto all’esigenza di liberalizzare l'attività d'impresa, consentendo di iniziare immediatamente l’attività stessa. La Scia, infatti, consente di iniziare l’attività immediatamente e senza necessità di attendere la scadenza di alcun termine, ciò traducendosi in una sostanziale accelerazione e semplificazione rispetto alla precedente disciplina contenuta nel citato art. 19, che prevedeva il decorso del termine di 30 giorni prima di poter avviare l’attività oggetto della Dia e legittimava l’esercizio di poteri inibitori da parte dell’amministrazione entro l’ulteriore termine di trenta giorni dalla comunicazione di avvio della medesima attività.

Quanto all’ambito di applicazione, con la circolare del 16 settembre 2010 il Ministero per la semplificazione normativa ha chiarito che la Scia non si applica solo all'avvio dell'attività di impresa ma sostituisce anche la DIA in edilizia, eccetto la Dia alternativa al permesso di costruire (c.d. superDia) e nei casi in cui le leggi regionali abbiano previsto l’utilizzo della Dia per ulteriori tipologie di intervento rispetto a quelle previste dal T.U. dell’edilizia (art. 22, comma 4), consentendo di avviare i lavori il giorno stesso della sua presentazione, mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni. Successivamente tale interpretazione è stata confermata con l’art. 5 del decreto legge n. 70/2011, ove è stato anche precisato che essa deve corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni, nonché dei relativi elaborati tecnici a cura del professionista abilitatoil quale se dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti previsti è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Per il settore edilizio, si ricorda, infine, che sono stati esclusi dalla Scia i casi relativi alla normativa antisismica e quelli in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali. Da ultimo l'art. 6 del decreto legge n. 138/2011 ha introdotto alcune disposizioni di coordinamento con le norme del decreto legge 70/2011 e l’art. 2, comma 1, del decreto legge n. 5/2012, ha ulteriormente semplificato la procedura amministrativa prevedendo che la Scia venga corredata dalle attestazioni e asseverazioni dei tecnici abilitati non più in via generale, ma solo ove previsto dalle norme di settore.

 

Il comma 2, lett. e), estende alla Dia le stesse semplificazioni procedimentali prevista per la Scia prevedendo che anche per la Dia le autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati sostituiscano gli atti o pareri di organi o enti appositi o le verifiche preventive, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti e rendendo, di fatto, la disciplina di tale istituto ancora più simile a quella della Scia.

Attraverso l'inserimento dei commi 1-bis e 1-ter all'art. 23 del T.U. dell’edilizia, DPR n. 380/2001, viene previsto, infatti, anche per la Dia, la possibilità di sostituire l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi (ovvero l'esecuzione di verifiche preventive), con autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni o certificazioni di tecnici abilitati relative alla sussistenza dei requisiti e presupposti previsti dalla legge, dagli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi per l'esecuzione dell'intervento, da produrre a corredo della relazione e degli elaborati progettuali necessari da allegare alla denuncia (analogamente a quanto già previsto per la Scia).

La norma sancisce tassativamente anche i casi in cui non è possibile ricorrere alle autocertificazioni sostitutive: precisamente quando sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e in tutti i casi in cui sono previsti atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito (anche derivante dal gioco), nonché atti e verifiche previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche o imposti dalla normativa comunitaria.

Come già previsto dal comma 1 dell'art. 19 della legge 241/1990 per la Scia, ora anche la Dia potrà essere presentata - corredata dalle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dai relativi elaborati tecnici - mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento (in tal caso la denuncia si considera presentata al momento della ricezione del plico da parte dell'amministrazione destinataria).

A tale nuova modalità di presentazione fanno eccezione esclusivamente i procedimenti per i quali è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica, i cui criteri generali a livello nazionale sono ancora da definirsi con apposito regolamento ex art. 17, comma 2, della legge 400/1988, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il ministro per la Pubblica amministrazione e semplificazione, nonché d'intesa con la Conferenza unificata.

 

Si ricorda, in proposito che, a seguito dell’introduzione della Scia in edilizia, si è avuto un ridimensionamento della Dia che è rimasta quale istituto di carattere speciale. La Scia si applica, infatti, a tutte le tipologie di intervento edilizio che erano soggette in precedenza al regime della Dia ai sensi dell’art. 22, commi 1 e 2, del T.U. dell’edilizia, ad eccezione delle ipotesi in cui la Dia è alternativa al permesso di costruire, cd. SuperDia (art. 22, comma 3) e nei casi in cui le leggi regionali abbiano previsto l’utilizzo della Dia o della SuperDia per ulteriori tipologie di intervento rispetto a quelle previste dal T.U. dell’edilizia (art. 22, comma 4).

Da ultimo si elencano alcune delle differenze sostanziali tra i due titoli abilitativi: la Scia permette di avviare i lavori contestualmente alla sua presentazione, mentre con la Dia occorre attendere 30 giorni, entro i quali l’amministrazione può effettuare le eventuali verifiche. Con la Scia, invece, tali verifiche possono essere effettuate, sempre entro 30 giorni, ma a lavori già avviati. La Scia non reca un termine di validità, mentre la Dia è sottoposta al termine massimo di efficacia di tre anni, conseguentemente i lavori devono essere ultimati entro tale termine e la realizzazione della parte non ultimata è subordinata a nuova denuncia. Solo per la Dia l'interessato è tenuto a comunicare allo sportello unico: la data di ultimazione dei lavori, il certificato di collaudo finale che attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività e la ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero la dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento.

 

Il comma 2,lett. a) e b),modifica alcune norme del T.U. dell’edilizia relative alla disciplina dello sportello unico per l’edilizia ed alla documentazione amministrativa.

Le disposizioni, introdotte durante l’esame parlamentare, sono volte a rafforzare lo sportello unico per l'edilizia (Sue), disciplinato dall'art. 5 del T.U., attribuendo all'ufficio maggiori competenze decisorie e istruttorie, al fine di accelerare le procedure amministrative e ridurre gli adempimenti a carico dei privati.

Attraverso alcune novelle all'art. 5, lo Sue costituirà l'unico punto di accesso per il privato interessato in relazione a tutte le vicende amministrative riguardanti il titolo abilitativo e l'intervento edilizio oggetto dello stesso, al fine di fornire una risposta tempestiva in luogo di tutte le pubbliche amministrazioni coinvolte nel procedimento (comprese quelle preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute e della pubblica incolumità), oltre ad essere l'unico ufficio ad acquisire direttamente - da tali amministrazioni -, tutti gli atti di assenso comunque denominati (anche mediante conferenza di servizi).

Il ruolo dello Sportello viene rafforzato altresì dal divieto espresso - in capo a tutti gli altri uffici comunali e altre amministrazioni pubbliche interessati al procedimento - di trasmettere al richiedente atti autorizzatori, nulla osta, pareri o atti di consenso, anche a contenuto negativo, comunque denominati, a cui si affianca l'obbligo (per le medesime amministrazioni e uffici) di trasmettere immediatamente allo sportello tutte le denunce, le domande, le segnalazioni, gli atti e la documentazione ad esse eventualmente presentati, dandone comunicazione al richiedente.

La novella abroga, infine, il comma 4 relativo all'obbligo di indire la conferenza di servizi per l'acquisizione degli atti di assenso preliminari in determinate materie (quali le autorizzazioni e certificazioni del competente ufficio tecnico della regione, per le costruzioni in zone sismiche; assenso dell'amministrazione militare per le costruzioni nelle zone di salvaguardia contigue ad opere di difesa dello Stato o a stabilimenti militari; le autorizzazioni doganali e demaniali; le autorizzazioni e pareri in materia di beni culturali e paesaggio o di tutela idrogeologica; gli assensi in materia di servitù viarie, ferroviarie, portuali ed aeroportuali), ampliando conseguentemente l'ambito applicativo del comma 3 che prevede, oltre al ricorso alla conferenza di servizi ove necessario, la possibilità di acquisire direttamente dalle amministrazioni preposte tutti gli atti di assenso, comunque denominati, necessari ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio in ordine alle fattispecie a suo tempo individuate nell'abrogato comma 4.

Con la modifica, al comma 2, lett. c), anche all'art. 13 del T.U., infine, lo Sportello diventa l'unico ufficio comunale ad avere la competenza nel rilascio dei permessi di costruire.

Viene, inoltre, inserito, anche un articolo aggiuntivo - art. 9-bis -relativo alla documentazione amministrativa - che prevede l'obbligo, in capo alle amministrazioni, di acquisire d'ufficio i documenti, le informazioni e i dati (compresi quelli catastali), che siano in possesso della pubblica amministrazione, ai fini della presentazione, del rilascio o della formazione dei titoli abilitativi edilizi. La stessa disposizione prevede anche il divieto per le amministrazioni di richiedere attestazioni, comunque denominate, o perizie sulla veridicità e l'autenticità dei documenti, informazioni e dati che siano in possesso della Pa (in forza del principio della decertificazione dei rapporti tra privati e PA già sancito dall'articolo 15 della legge 183/2011).

 

Con il comma 2, lett. d) sono state introdotte anche modifiche procedurali al permesso di costruire, attraverso alcune novelle all'art. 20 del T.U. Viene prevista:

- la soppressione del riferimento ai regolamenti edilizi per gli elaborati progettuali da allegare alla domanda di rilascio del titolo, divenendo d'ora in poi irrilevante che il regolamento edilizio comunale contenga o meno l'indicazione di tutti gli elaborati progettuali, purché gli stessi siano previsti dalle altre normative di settore;

- la soppressione della facoltà in capo al richiedente di allegare pareri e atti di assenso eventualmente necessari, che dovranno invece essere acquisti d'ufficio, attraverso lo Sportello unico dell'edilizia, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda;

- l'introduzione del comma 5-bis, relativo all'obbligo di indizione della conferenza di servizi in capo al responsabile dello Sportello, se entro i 60 giorni dalla presentazione della domanda non sono intervenute le intese, i concerti, i nulla osta o gli assensi comunque denominati delle altre amministrazioni pubbliche, ovvero sia intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate, qualora tale dissenso non risulti fondato sulla assoluta incompatibilità dell'intervento. La nuova disposizione precisa altresì che le amministrazioni che esprimono parere positivo possono non intervenire alla conferenza di servizi e trasmettere i relativi atti di assenso, dei quali si tiene conto ai fini della individuazione delle posizioni prevalenti per l'adozione della determinazione motivata di conclusione del procedimento (ex art. 14-ter, comma 6-bis, legge 241/1990);

- la sostituzione del comma 6, mantenendo inalterati i termini previgenti per l'adozione del provvedimento finale, ma con la precisazione che la determinazione motivata di conclusione del procedimento (assunta nei termini di cui alla legge 241/1990) è, ad ogni effetto, titolo per la realizzazione dell'intervento, nei casi in cui sia indetta la conferenza di servizi, prevista dal neo introdotto comma 5-bis;

- la riformulazione del comma 10 che disciplina i casi in cui l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un vincolo la cui tutela non compete all'amministrazione comunale. D'ora in poi il competente ufficio comunale acquisirà il relativo assenso nell'ambito della conferenza di servizi di cui al comma 5-bis e, in caso di esito non favorevole, sulla domanda di permesso di costruire dovrà intendersi formato (come in precedenza) il silenzio-rifiuto. Anche da questa disposizione scompare la facoltà del richiedente di produrre direttamente il parere favorevole dell'autorità preposta, nonché la previsione di decorrenza del termine per l'adozione del provvedimento finale dalla conclusione della conferenza.

 

Il comma 2-bis dispone, infine, che le norme introdotte con il citato art. 13, comma 2, dovranno essere attuate dalle amministrazioni comunali entro il termine massimo di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.


 

Articolo 13-bis
(Modifiche all'articolo 6 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, in materia di attività edilizia libera)

 


1. All'articolo 6 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, dopo la lettera e) è aggiunta la seguente:

«e-bis) le modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa, ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa»;

b) il comma 3 è abrogato;

c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettere a) ed e-bis), l'interessato, unitamente alla comunicazione di inizio dei lavori, trasmette all'amministrazione comunale i dati identificativi dell'impresa alla quale intende affidare la realizzazione dei lavori e una relazione tecnica provvista di data certa e corredata degli opportuni elaborati progettuali, a firma di un tecnico abilitato, il quale dichiara preliminarmente di non avere rapporti di dipendenza con l'impresa né con il committente e che assevera, sotto la propria responsabilità, che i lavori sono conformi agli strumenti urbanistici approvati e ai regolamenti edilizi vigenti e che per essi la normativa statale e regionale non prevede il rilascio di un titolo abilitativo. Limitatamente agli interventi di cui al comma 2, lettera e-bis), sono trasmesse le dichiarazioni di conformità da parte dell'Agenzia per le imprese di cui all'articolo 38, comma 3, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al presente comma».


 

 

L'articolo 13-bis, introdotto nel corso dell'esame parlamentare,con alcune modifiche all’art. 6 del T.U. dell’edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001, amplia le tipologie rientranti nell'attività edilizia libera.

Attraverso l'inserimento della lettera e-bis al comma 2 dell'art. 6 del T.U. vengono ampliati gli interventi realizzabili in regime di attività edilizia libera, previa comunicazione di inizio dei lavori al Comune, con la nuova fattispecie delle modifiche interne di carattere edilizio sulla superficie coperta dei fabbricati adibiti ad esercizio di impresa ovvero le modifiche della destinazione d'uso dei locali adibiti ad esercizio d'impresa.

 

Si ricorda che, mentre le modifiche cd. «interne» risultavano già coperte (a prescindere dalla destinazione d'uso dei locali) dalla previgente casistica, visto che la lettera a) dell’art. 6 - nell'ambito degli interventi di manutenzione straordinaria - rende possibile in edilizia libera «l'apertura di porte interne o lo spostamento di pareti interne, sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici», l'innovazione di rilievo consiste nella liberalizzazione dei mutamenti di destinazione d'uso delle attività produttive,precedentemente soggetti a Scia.

Data l'assenza di specifica norma derogatoria al riguardo, sembra comunque ritenersi applicabile la disciplina generale di cui all'art. 19, comma 3, del medesimo T.U. nella parte in cui prevede - in caso di modifica della destinazione d'uso di opere destinate ad usi diversi dalla residenza intervenuta nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori - la corresponsione del contributo di costruzione nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione. E’ stato evidenziato[63] come attraverso tale tipologia il legislatore intenda favorire il più possibile le trasformazioni che, a vario titolo, riguardino l'interno degli edifici industriali e che siano finalizzate a utilizzare diversamente gli spazi esistenti, anche attraverso la creazione di nuove unità immobiliari o l'accorpamento delle stesse.

 

Viene inoltre abrogato, infine, il comma 3 del medesimo art. 6 che prevedeva l'obbligo di allegare alla comunicazione di inizio lavori, le autorizzazioni eventualmente obbligatorie ai sensi delle normative di settore e, limitatamente agli interventi di manutenzione straordinaria, i dati identificativi dell'impresa affidataria dei lavori e, in conseguenza delle precedenti modifiche, viene riformulato il comma 4.


 

Articolo 13-ter
(Disposizioni in materia di responsabilità solidale dell'appaltatore)

 


1. Il comma 28 dell'articolo 35 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è sostituito dai seguenti:

«28. In caso di appalto di opere o di servizi, l'appaltatore risponde in solido con il subappaltatore, nei limiti dell'ammontare del corrispettivo dovuto, del versamento all'erario delle ritenute fiscali sui redditi di lavoro dipendente e del versamento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta dal subappaltatore all'erario in relazione alle prestazioni effettuate nell'ambito del rapporto di subappalto. La responsabilità solidale viene meno se l'appaltatore verifica, acquisendo la documentazione prima del versamento del corrispettivo, che gli adempimenti di cui al periodo precedente, scaduti alla data del versamento, sono stati correttamente eseguiti dal subappaltatore. L'attestazione dell'avvenuto adempimento degli obblighi di cui al primo periodo può essere rilasciata anche attraverso un'asseverazione dei soggetti di cui all'articolo 35, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e all'articolo 3, comma 3, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. L'appaltatore può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione della predetta documentazione da parte del subappaltatore. Gli atti che devono essere notificati entro un termine di decadenza al subappaltatore sono notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido.

28-bis. Il committente provvede al pagamento del corrispettivo dovuto all'appaltatore previa esibizione da parte di quest'ultimo della documentazione attestante che gli adempimenti di cui al comma 28, scaduti alla data del pagamento del corrispettivo, sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dagli eventuali subappaltatori. Il committente può sospendere il pagamento del corrispettivo fino all'esibizione della predetta documentazione da parte dell'appaltatore. L'inosservanza delle modalità di pagamento previste a carico del committente è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 200.000 se gli adempimenti di cui al comma 28 non sono stati correttamente eseguiti dall'appaltatore e dal subappaltatore. Ai fini della predetta sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall'appaltatore.

28-ter. Le disposizioni di cui ai commi 28 e 28-bis si applicano in relazione ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che stipulano i predetti contratti nell'ambito di attività rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto e, in ogni caso, dai soggetti di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni. Sono escluse dall'applicazione delle predette disposizioni le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163».


 

 

L’articolo 13-ter, introdotto durante l’esame parlamentare,sostituisce il comma 28 dell'articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006, concernente i soggetti responsabili per il versamento di somme all’erario nel caso di appalto di opere e di servizi, aggiungendo altresì i commi 28-bis e 28-ter.

In particolare si stabilisce che i soggetti responsabili in solido dei versamenti siano l’appaltatore e il subappaltatore; che tale responsabilità riguardi, oltre alle ritenute sul lavoro dipendente, l' IVA dovuta dal subappaltatore per le prestazioni effettuate nel rapporto di subappalto; che la responsabilità solidale dell’appaltatore viene meno se questi verifica il corretto adempimento degli obblighi del subappaltatore. Viene quindi subordinato il pagamento del corrispettivo dovuto dal committente all’appaltatore all’esibizione della documentazione che attesti il corretto adempimento dei predetti obblighi. Viene infine prevista l'applicazione delle predette norme ai contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che operano nell’ambito di attività rilevanti a fini IVA, dai soggetti IRES, dallo Stato e dagli enti pubblici, escludendo le stazioni appaltanti.

 

Più in dettaglio, l'articolo 13-ter in esame sostituisce il comma 28 dell'articolo 35 del decreto-legge n. 223 del 2006[64] e vi aggiunge i commi 28-bis e 28-terin tema di soggetti responsabili per il versamento di somme all’erario nel caso di appalto di opere e di servizi.

 

Si ricorda che il comma 28 dell'articolo 35 citato, come modificato dal comma 5-bis dell'articolo 2 del decreto-legge n. 16 del 2012[65]:

§       ha esteso la responsabilità in solido anche al committente imprenditore o datore di lavoro e a ciascuno degli eventuali subappaltatori;

§       ha stabilito il limite della responsabilità in due anni dalla cessazione dell’appalto;

§       ha limitato l’oggetto dalla responsabilità solidale al versamento delle ritenute sui redditi di lavoro dipendente e dell’IVA relative alle fatture inerenti le prestazioni in questione;

§       ha fatto salva la possibilità di dimostrare di aver messo in atto tutte le cautele per evitare l’inadempimento.

 

Specificamente il comma 28 dell'articolo 35, come novellato dal testo in commento, in luogo della previsione di una responsabilità solidale di committente, appaltatore ed eventuali subappaltatori per il versamento delle ritenute su redditi di lavoro dipendente e per l’IVA dovuta in rapporto alle fatture inerenti alle prestazioni effettuate nell'ambito dell'appalto - stabilisce:

§      che i soggetti responsabili in solido dei versamenti siano l’appaltatore e il subappaltatore (e non più, pertanto, il committente imprenditore);

§      che tale responsabilità riguardi, oltre alle ritenute sul lavoro dipendente, la sola IVA dovuta dal subappaltatore per le prestazioni effettuate nel rapporto di subappalto;

§      che non operi la limitazione temporale della responsabilità (fissata in due anni dalla cessazione dell’appalto dal testo originario).

Affinché venga meno la responsabilità solidale dell’appaltatore, questi deve effettuare un’apposita verifica del corretto adempimento degli obblighi da parte del subappaltatore; a tal fine, viene data all’appaltatore la possibilità di sospendere i pagamenti nei confronti del subappaltatore fino all’esibizione della documentazione che attesti i corretti adempimenti fiscali.

Si prevede altresì che gli atti da notificare al subappaltatore entro un termine di decadenza debbano essere notificati entro lo stesso termine anche al responsabile in solido.

 

Il comma 28-bisdell'articolo 35 subordina il pagamento del corrispettivo dovuto dal committente all’appaltatore all’esibizione della documentazione che attesti il corretto adempimento dei predetti obblighi; si prevede altresì la possibilità di sospensione dei pagamenti fino all’esibizione dei predetti documenti.

Dal mancato rispetto di tali modalità di pagamento a carico del committente discendono specifiche sanzioni amministrative pecuniarie (da 5.000 euro fino a 200.000 euro); in tal caso, ai fini della sanzione si applicano le disposizioni previste per la violazione commessa dall'appaltatore.

 

Il comma 28-terinfine individua l’ambito di applicazione delle norme di cui ai due commi precedenti: esse operano pertanto per i contratti di appalto e subappalto di opere, forniture e servizi conclusi da soggetti che operano nell’ambito di attività rilevanti a fini IVA, dai soggetti IRES, dallo Stato e dagli enti pubblici. Sono invece escluse dalle disposizioni in materia di responsabilità solidale le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del decreto legislativo n. 163 del 2006, cd. Codice dei contratti pubblici (ovvero amministrazioni aggiudicatrici, concessionari di servizi e di lavori pubblici, società con capitale pubblico anche non maggioritario che non sono organismi di diritto pubblico, le quali hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere).

 


 

Articolo 14
(
Autonomia finanziaria dei porti)

 


1. Alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, dopo l'articolo 18 è inserito il seguente:

«Art. 18-bis (Autonomia finanziaria delle autorità portuali e finanziamento della realizzazione di opere nei porti). - 1. Al fine di agevolare la realizzazione delle opere previste nei rispettivi piani regolatori portuali e nei piani operativi triennali e per il potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti, è istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo per il finanziamento degli interventi di adeguamento dei porti alimentato su base annua, in misura pari all'1 per cento dell'imposta sul valore aggiunto dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nel limite di 70 milioni di euro annui.

2. Entro il 30 aprile di ciascun esercizio finanziario, il Ministero dell'economia e delle finanze quantifica l'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nonché la quota da iscrivere nel fondo.

3. Le autorità portuali trasmettono al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la documentazione relativa alla realizzazione delle infrastrutture portuali in attuazione del presente articolo.

4. Il fondo di cui al comma 1 è ripartito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, attribuendo a ciascun porto l'ottanta per cento della quota dell'imposta sul valore aggiunto dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per suo tramite e ripartendo il restante venti per cento tra i porti, con finalità perequative, tenendo altresì conto delle previsioni dei rispettivi piani operativi triennali e piani regolatori portuali.

5. Per la realizzazione delle opere e degli interventi di cui al comma 1, le autorità portuali possono, in ogni caso, fare ricorso a forme di compartecipazione del capitale privato, secondo la disciplina della tecnica di finanza di progetto di cui all'articolo 153 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e successive modifiche ed integrazioni, stipulando contratti di finanziamento a medio e lungo termine con istituti di credito nazionali ed internazionali abilitati, inclusa la Cassa depositi e prestiti S.p.A.

6. Sono abrogati i commi da 247 a 250 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.».

2. All'onere derivante dall'attuazione del comma 1, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 13, comma 12, della legge 11 marzo 1988, n. 67.


 

 

L’articolo 14, modificato nel corso dell’esame parlamentare, istituisce un fondo per interventi infrastrutturali nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti alimentato, nel limite di 70 milioni di euro annui, con la destinazione, su base annua, dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto.

In particolare, il comma 1 dell’articolo in commento, introduce un nuovo articolo 18-bis nella legge n. 84/1994, recante il riordino della legislazione in materia portuale, il quale istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo finalizzato:

§       ad agevolare la realizzazione delle opere previste nei rispettivi piani regolatori portuali e nei piani operativi triennali;

§       al potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti e nei collegamenti stradali e ferroviari nei porti.

Il fondo è alimentato su base annua con la destinazione dell’uno per cento del gettito dell’IVA relativa all’importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nel limite di 70 milioni di euro annui.

 

La legge n. 84/1994 ha riordinato la legislazione portuale in precedenza disciplinata dal Codice della navigazione, in particolare sopprimendo il regime monopolistico di cui beneficiavano le compagnie portuali (per le imprese di carico-scarico le imprese armatoriali erano obbligate ad avvalersi delle maestranze facenti capo a tali compagnie). Si è previsto inoltre l’obbligo di trasformazione delle compagnie portuali in società o in cooperative ed è stata affermata la separazione tra funzioni di programmazione e controllo, affidate ad un soggetto pubblico, le Autorità portuali, e le funzioni di gestione del traffico e dei terminali affidate alle società e cooperative. Le imprese che esercitano attività portuali devono essere autorizzate da parte delle Autorità portuali. Le aree portuali possono essere utilizzate da più imprese autorizzate oppure essere assegnate in concessione ad una specifica impresa. In base all’articolo 6, della legge n. 84/1994 le Autorità portuali sono soggetti di diritto pubblico e sono istituite nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savona, Taranto, Trieste e Venezia. Sono state successivamente istituite le Autorità portuali di Augusta, Gioia Tauro, Manfredonia, Olbia, Piombino, Trapani, Salerno. Con due DPR del 2007 le autorità di Manfredonia e di Trapani sono state soppresse. Il successivo articolo 7 definisce come organi delle Autorità il presidente; il comitato portuale; il segretario generale ed il collegio dei revisori dei conti. L’articolo 8 prevede che il Presidente dell’Autorità portuale sia nominato con una procedura che coinvolge il Ministro competente e gli enti territoriali, nonché le Camere di commercio, interessati[66].

Il “piano regolatore portuale”, in base all’articolo 5 della legge n. 84/1994, è chiamato a definire “l'ambito e l'assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all'attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie”; il piano è adottato dal Comitato portuale[67] dell’Autorità, previa intesa con il Comune o i comuni interessati”. Invece il “piano operativo triennale”, in base all’articolo 9 della legge n. 84/1994, concerne “le strategie di sviluppo delle attività portuali e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati” ed è approvato dal Comitato portuale.

Si ricorda che la relazione illustrativa al ddl di conversione A.C. 5312 indicava quale finalità dell’art. 14 il completamento dell’autonomia finanziaria delle Autorità portuali, in modo da dare impulso al processo di infrastrutturazione portuale.

In proposito, si ricorda anche che il rapporto Elementi per una revisione della spesa pubblica presentato, nell’ambito della c.d. Spending Review, dal Ministro per i rapporti con il Parlamento il 30 aprile 2012 prospetta la necessità della riduzione del numero e della riqualificazione delle Autorità portuali, nonché l’opportunità di una riflessione “sull’incremento degli spazi di autonomia ed iniziativa imprenditoriale delle più importanti autorità portuali nella prospettiva di consentire lautofinanziamento degli investimenti”.

Si segnala peraltro che la medesima materia (promozione dell’autonomia finanziaria e degli interventi infrastrutturali delle autorità portuali) è stata da ultimo affrontata anche con l’articolo 1, commi 247-250 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008) che ora la disposizione in commento abroga, nonché dall’articolo 1, comma 990 della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) (cfr. infra)

Un progetto di legge di riforma della legislazione portuale italiana di cui alla legge n. 84/1994 è stato approvato dal Senato il 12 settembre 2012 [T. U. S.263, S.754, S.2403 (Gov.)] ed è attualmente all’esame in sede referente della IX Commissione (Trasporti) della Camera dei deputati (A.C. 5453).

Il 12 aprile 2012 la Camera ha inoltre approvato in prima lettura una proposta di legge-quadro in materia di interporti e di piattaforme territoriali logistiche, ora all’esame del Senato (S. 3257). Per interporti si intendono le strutture finalizzate allo scambio di merci tra le diverse modalità di trasporto, comprendenti uno scalo ferroviario idoneo a formare e ricevere treni e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione, nonché aree coperte e scoperte utilizzate a fini di logistica, sosta e servizi. L’articolo 1 della proposta di legge definisce gli “interporti” come “il complesso organico di infrastrutture e di servizi integrati di rilevanza nazionale gestito da un soggetto imprenditoriale che opera al fine di favorire la mobilità delle merci tra diverse modalità di trasporto, con l’obiettivo di accrescere l’intermodalità e l’efficienza dei flussi logistici”.

 

I nuovi commi 2, 3 e 4 dell’articolo 18-bisintervengono in materia di ripartizione del Fondo istituito dal comma 1.

In particolare il comma 2 prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze quantifichi entro il 30 aprile di ciascun esercizio finanziario l'ammontare dell'imposta sul valore aggiunto dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto, nonché la quota da iscrivere nel fondo.

Al riguardo, la relazione tecnica al ddl di conversione A.C. 5312, riferita al testo originario del provvedimento (che attribuiva ai porti anche una percentuale dell’uno per cento delle accise riscosse), proiettando gli ultimi dati forniti dall’Agenzia delle dogane relativi al gettito IVA ed accise per operazioni nei porti e negli interporti sulle stime di crescita del PIL per gli anni 2012 e seguenti contenuti nell’ultima relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica, stimava l’importo della compartecipazione dell’1 per cento dell’IVA riscossa intorno ai 69,5 milioni di euro, mentre la compartecipazione dell’1 per cento delle accise riscosse intorno ai 0,5 milioni di euro, per un totale corrispondente appunto a circa 70 milioni di euro.

 

Il comma 3 prevede l’invio da parte delle Autorità portuali al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti della documentazione relativa alla realizzazione delle infrastrutture portuali in attuazione del presente articolo.

 

Il comma 4 prevede che il fondo sia ripartito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni, seguendo questi criteri:

§       a ciascun porto dovrà essere attribuito un importo pari all’ottanta per cento della quota dell’IVA dovuta sull'importazione delle merci introdotte nel territorio nazionale per suo tramite;

§       il restante venti per cento del fondo complessivo dovrà essere ripartito tra i porti con finalità perequative, tenendo anche conto delle previsioni dei rispettivi piani operativi triennali e piani regolatori portuali (e quindi, sembra intendersi, dei programmi di investimento prospettati in tali documenti).

Al riguardo, non è precisato il termine temporale entro il quale provvedere, in ciascun anno, all’emanazione del decreto di ripartizione, in maniera analoga a quanto previsto al comma 2 per la quantificazione del gettito da IVA (il termine dovrebbe essere successivo al 30 aprile individuato dal comma 2).

 

Il comma 5, modificato nel corso dell’esame parlamentare, consente alle Autorità portuali di fare ricorso a forme di compartecipazione del capitale privato, per la realizzazione delle opere e degli interventi di cui al comma 1, utilizzando la tecnica della finanza di progetto di cui all’articolo 153 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163/2006 stipulando contratti di finanziamento a medio e lungo termine con istituti di credito nazionali ed internazionali abilitati, inclusa la Cassa depositi e prestiti S.p.A.

Per Finanza di progetto l’articolo 153 del Codice dei contratti pubblici intende la procedura con la quale si procede al contratto di concessione di un’opera finanziabile in tutto o in parte con capitali privati la cui aggiudicazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice è fatta ponendo a base di gara uno studio di fattibilità. In tal senso, la finanza di progetto si colloca all’interno delle più ampie operazioni di “partenariato pubblico privato” definiti dall’articolo 3, comma 15-ter del Codice come contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico dei privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti”. Più in generale con il termine project financing si intende la tecnica finanziaria volta a rendere possibile il finanziamento di iniziative economiche sulla base della valenza tecnico-economica del progetto stesso piuttosto che sulla capacità autonoma di indebitamento dei soggetti promotori dell'iniziativa. In pratica garanzia primaria per il rimborso del debito ai finanziatori e per la remunerazione del loro capitale di rischio diviene la capacità dell’opera di generare flussi di cassa, da destinare appunto ai finanziatori attraverso l’affidamento in varia misura agli stessi della gestione dell’opera medesima.

 

Il comma 6 dispone l’abrogazione delle disposizioni che sulla medesima materia erano contenute nei commi da 247 a 250 dell’articolo 1 della legge n. 244/2007 (legge finanziaria 2008). In particolare:

§       il comma 247 prevedeva l’attribuzione alla regioni e alle province autonome dell’incremento delle riscossioni derivanti da IVA ed accise riscosse nei porti e negli interporti per il finanziamento del potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti;

§       il comma 248 precisava che l’incremento doveva verificarsi rispetto all’ammontare del gettito da IVA ed accise riscosse nei porti e negli interporti e risultante dal consuntivo dell’anno precedente; si sarebbe inoltre provveduto al riparto dell’incremento a condizione che il gettito complessivo derivante da IVA ed accise nell’anno di riferimento risultasse almeno pari a quanto previsto nella relazione previsionale e programmatica presentata contestualmente ai disegni di legge finanziaria e di bilancio previsionale riferiti al medesimo anno.

§       il comma 249 istituiva un fondo alimentato con gli incrementi del gettito da IVA ed accise riscosse nei porti e negli interporti, al netto delle somme da destinare, ai sensi dell’articolo 1, comma 990, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), al riparto tra le autorità portuali della quota dei tributi diversi dai diritti portuali, anch’esse finalizzate ad interventi infrastrutturali. Il medesimo comma prevedeva che al riparto si provvedesse con decreto del Ministro dei trasporti, in modo che a ciascuna regione spettasse comunque l’80 per cento dell’incremento delle riscossioni nei porti nel territorio regionale.

§       Il comma 250 prevedeva che con decreto del Ministro dei trasporti si provvedesse anche le modalità attuative della partecipazione alla riscossione dei tributi in questione, i criteri per la destinazione delle risorse e per il monitoraggio degli interventi.

 

Il comma 2 dell’articolo 14 reca la copertura finanziaria prevedendo che all’onere derivante dal nuovo articolo 18-bis della legge n. 84/1994, introdotto dal comma 1, onere che si deve intendere pari a 70 milioni di euro annui, considerato il limite di spesa di cui al comma 1 di tale articolo, si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa finalizzata, ai sensi dell’articolo 13, comma 12 della legge n. 67/1988, all’ammortamento dei mutui che le ferrovie in regime di concessione e in gestione commissariale governativa sono autorizzate a contrarre per la realizzazione di investimenti infrastrutturali.

 

L’articolo 13, comma 12, della legge n. 67/1988 (legge finanziaria 1988) stanziava 200 miliardi di lire per l'anno 1988, 500 miliardi di lire per l'anno 1989 e 700 miliardi di lire per l'anno 1990, disponendo che per gli anni successivi si provvedesse, in coerenza con quanto previsto dall’articolo 19, quattordicesimo comma, della legge n. 887/1984 (legge finanziaria 1985), con “aggiornamento annuale per scorrimento”. Le relative risorse risultano allocate nel capitolo n. 7141 dello Stato di previsione della spesa del Ministero delle infrastrutture per l’anno 2012 ed ammontano a 336.250.459 euro sia in termini di competenza che in termini di cassa.


 

Articolo 15
(
Disposizioni finanziarie in materia di infrastrutturazione portuale)

 


1. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 2, comma 2-novies, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, la disposizione di cui all'ultimo periodo del comma 2-undecies dello stesso articolo 2, si applica ai fondi trasferiti ed imputati ad opere i cui bandi di gara sono stati pubblicati alla data di entrata in vigore del presente decreto. I finanziamenti non rientranti nella predetta fattispecie sono revocati e le relative risorse sono destinate alle finalità stabilite dal medesimo articolo 2, comma 2-novies, con priorità per gli investimenti di cui alla lettera a) nonché per gli investimenti finalizzati allo sviluppo dei traffici con uso di container, anche sulla base degli accordi di programma già sottoscritti, e comunque per il perfezionamento degli interventi già avviati per i quali non siano state ancora completate le procedure autorizzative, secondo le modalità e procedure di cui all'articolo 2, commi da 2-novies a 2-undecies, del predetto decreto-legge n. 225 del 2010. Eventuali risorse disponibili una volta soddisfatte le priorità di cui alla citata lettera a) del comma 2-novies dell'articolo 2 del decreto-legge n. 225 del 2010 dovranno essere destinate agli investimenti finalizzati allo sviluppo dei traffici con uso di container, anche sulla base degli accordi di programma già sottoscritti, e comunque al perfezionamento degli interventi già avviati per i quali non siano state ancora completate le procedure di autorizzazione.


 

 

L’articolo 15 include tra le risorse per interventi infrastrutturali da revocare alle autorità portuali in assenza di avvio delle procedure di gara, al fine della riassegnazione ad altri progetti infrastrutturali nel medesimo settore, anche le risorse destinate ad interventi delle Autorità portuali che operino in siti di bonifica di interesse nazionale nei casi in cui i relativi bandi di gara non siano pubblicati alla data di pubblicazione del decreto-legge. La finalità della disposizione, in base alla relazione illustrativa, è quella di destinare ulteriori risorse agli interventi infrastrutturali nel settore portuale.

 

La Camera dei deputati ha modificato il comma 1, prevedendo che le risorse revocate dallo stesso comma siano prioritariamente destinate anche agli investimenti finalizzati allo sviluppo dei traffici containerizzati. Si specifica che eventuali risorse disponibili, una volta soddisfatte le priorità di cui alla lettera a) del comma 2-novies dell'articolo 2 del D.L. n. 225/2010 (vedi infra) dovranno essere destinate agli investimenti finalizzati allo sviluppo dei traffici con uso di container anche sulla base degli accordi di programma già sottoscritti e comunque di perfezionamento degli interventi già avviati per i quali non siano state ancora completate le procedure di autorizzazione.

 

La disposizione interviene sulla revoca dei fondi statali trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per la realizzazione di opere infrastrutturali, a fronte della mancata pubblicazione del bando di gara per l'assegnazione dei lavori entro il quinto anno dal trasferimento o dall'assegnazione, e sulla loro destinazione ad interventi infrastrutturali nel settore portuale, misure entrambe disposte dall’articolo 2, comma 2-novies del D.L. 225/2010 e da attuarsi, in base a tale disposizione, entro il 15 marzo 2011.

 

Alla disposizione sopra richiamata è stata data attuazione con il decreto del Ministro delle infrastrutture n. 357 del 13 ottobre 2011. Tale decreto ha individuato in 131.359.740,72 euro le risorse complessive revocate. Oggetto di revoca sono state somme (i relativi importi sono indicati tra parentesi) destinate alle autorità portuali di:

§       Bari (21.182.049,70 euro revocati e riversati al bilancio dello Stato; 51.500.000 euro quote di finanziamento di mutuo ancora disponibili presso il soggetto finanziatore e cedute ai nuovi soggetti finanziati);

§       Genova (8.699.808 euro revocati e riversati al bilancio dello Stato; 43.681.075 euro quote di finanziamento di mutuo ancora disponibili presso il soggetto finanziatore e cedute ai nuovi soggetti finanziati);

§       Gioia Tauro (50.060,29 euro revocati e riversati al bilancio dello Stato);

§       Salerno (3.157,04 euro revocati e riversati al bilancio dello Stato);

§       Savona (117.226,68 euro revocati e riversati al bilancio dello Stato;

§       Catania (1.300.407,46 euro quote di finanziamento di mutuo ancora disponibili presso il soggetto finanziatore e cedute ai nuovi soggetti finanziati);

§       Piombino (4.825.956,55 euro quote di finanziamento di mutuo ancora disponibili presso il soggetto finanziatore e cedute ai nuovi soggetti finanziati).

Le somme resesi così disponibili (sia quelle riversate nel bilancio dello Stato sia quelle derivanti da quote di mutuo cedute) sono state assegnate:

§       all’Autorità portuale di Savona (68.909.740,72 euro) per il cofinanziamento del progetto di realizzazione del terminal contenitori di Vado Ligure;

§       all’Autorità portuale di Cagliari (1.250.000 euro) per il sostegno alle attività di transhipment;

§       all’Autorità portuale di Gioia Tauro (5.200.000 euro) per il sostegno alle attività di transhipment;

§       all’Autorità portuale di Taranto (6.000.000 euro) per il sostegno alle attività di transhipment;

§       all’Autorità portuale di Genova (50.000.000 euro) per il progetto di banchinamento e riempimento dello specchio acqueo a levante del pontile Delta del porto petroli di Multedo.

 

L’articolo 2, comma 2-undecies del D.L. n. 225/2010 escludeva dalla revoca i fondi trasferiti o assegnati alle Autorità portuali per il finanziamento di opere in scali marittimi da esse amministrati ricompresi in siti di bonifica di interesse nazionale ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 426/1998.

 

Le disposizioni di cui all’articolo 15 circoscrivono ora l’esclusione, disponendo che la stessa operi unicamente per le opere i cui bandi di gara risultino pubblicati alla data di entrata in vigore del decreto. Le somme non rientranti in tali fattispecie sono destinate alle medesime finalità individuate, nel rispetto di un limite complessivo fissato per l’anno 2011 a 250 milioni di euro, per le altre somme oggetto di revoca e descritte dalle lettere a), b) e c) del richiamato articolo 2, comma 2-novies della D.L. 225/2010 e vale a dire:

a)   realizzazione di grandi infrastrutture portuali rientranti nella legge-obiettivo (legge n. 443/1988; nel limite di 150 milioni di euro nel 2011);

b)   finanziamento delle Autorità portuali i cui porti siano prevalentemente interessati da attività di transhipment (nel limite di 20 milioni di euro nel 2011)[68];

c)  il finanziamento delle Autorità portuali che presentino progetti cantierabili (nel limite, per il 2011, della quota residua e cioè di 70 milioni di euro).

 

Una particolare priorità, nella rassegnazione delle risorse, deve essere attribuita alla realizzazione delle grandi infrastrutture portuali rientranti nella legge-obiettivo (legge n. 443/2001), nonché, a seguito delle modifiche introdotte nel corso dell’esame parlamentare, agli investimenti finalizzati allo sviluppo dei traffici containerizzati.

 

Si ricorda che la legge n. 426/1998 ha stanziato per interventi di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati, ivi compresi aree e specchi d'acqua marittimi, lacuali, fluviali e lagunari limiti di impegno venticinquennali di 27.000 milioni di lire a decorrere dall'anno 1998, di 5.600 milioni di lire a decorrere dall'anno 1999 e di 16.200 milioni di lire a decorrere dall'anno 2000. Per le medesime finalità e' stata inoltre autorizzata la spesa di 130.000 milioni di lire per l'anno 2000, mentre per gli anni successivi veniva previsto che si provvedesse mediante rifinanziamento nella tabella C della legge finanziaria (ora legge di stabilità). La definizione degli interventi era rinviata ad un programma nazionale di interventi la cui predisposizione era affidata al Ministero dell’ambiente, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e sentite le competenti Commissioni parlamentari. Come primi interventi di interesse nazionale, la legge individua i seguenti:

-       Venezia (Porto Marghera);

-       Napoli orientale;

-       Gela e Priolo;

-       Manfredonia;

-       Brindisi;

-       Taranto;

-       Cengio e Saliceto;

-       Piombino;

-       Massa e Carrara;

-       Casal Monferrato;

-       Litorale Domizio-Flegreo e Agro aversano (Caserta-Napoli);

-       Pitelli (La Spezia);

-       Balangero;

-       Pieve Vergonte.

-       Sesto San Giovanni (aree industriali e relative discariche);

-       Napoli Bagnoli-Coroglio (aree industriali);

-       Pioltello e Rodano.

-       Brescia-Caffaro (aree industriali e relative discariche da bonificare);

-       Broni;

-       Falconara Marittima;

-       Serravalle Scrivia;

-       laghi di Mantova e polo chimico;

-       Orbetello area ex Sitoco;

-       aree del litorale vesuviano;

-       aree industriali di Porto Torres;

-       area industriale della Val Basento;

-       il territorio del bacino del fiume Sacco, con riferimento ai comuni di Colleferro, Segni e Gavignano della provincia di Roma, ed ai comuni di Paliano, Anagni, Ferentino, Sgurgola, Morolo e Supino, della provincia di Frosinone;

-       l’area industriale del Comune di Milazzo;

-       bacino idrografico del fiume Sarno.

Come si vede in questi territori risultano presenti le autorità portuali di Brindisi, La Spezia, Manfredonia, Marina di Carrara, Napoli, Piombino,Taranto e Venezia, che potrebbero risultare pertanto interessate dalla disposizione.

 


 

Articolo 16
(
Disposizioni urgenti per la continuità di alcuni servizi di trasporto)

 


1. Al fine di garantire la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, alla Gestione governativa navigazione laghi sono attribuite, per l'anno 2012, risorse pari a euro 6.000.000,00. Le maggiori risorse di cui al presente comma sono destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale. È comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 4, quarto comma, della legge 18 luglio 1957, n. 614.

2. Per la prosecuzione del servizio intermodale dell'autostrada ferroviaria alpina attraverso il valico del Frejus, è autorizzata, per l'anno 2012, la spesa di euro 4.500.000,00.

3. Al fine di garantire il contributo dovuto, per l'anno 2012, per l'esercizio della Funivia Savona-San Giuseppe, in concessione a Funivie S.p.A., è autorizzata, per l'anno 2012, la spesa di euro 5.000.000,00.

4. Al fine di consentire l'attivazione delle procedure per il trasferimento della proprietà sociale dello Stato delle Ferrovie della Calabria s.r.l. e delle Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici s.r.l., rispettivamente alle Regioni Calabria e Puglia, nonché per garantire il raggiungimento di obiettivi di efficientamento e razionalizzazione della gestione aziendale, è autorizzata la spesa complessiva di euro 40.000.000,00, a condizione che entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto siano sottoscritti con le regioni interessate i relativi accordi di trasferimento entro il 31 dicembre 2012. A seguito del trasferimento della proprietà sociale, le predette regioni, a copertura degli oneri necessari per la regolazione delle partite debitorie delle società di cui al primo periodo, possono utilizzare, entro il limite complessivo di euro 100 milioni, per ciascuna regione, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione ad esse assegnate. Per la regione Calabria, le risorse di cui al secondo periodo sono rese disponibili previa rimodulazione del piano di interventi di cui alla delibera del CIPE n. 62/2011 del 3 agosto 2011, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011. Gli accordi di trasferimento devono essere corredati di una dettagliata ricognizione della situazione debitoria e creditoria delle società trasferite.

4-bis. All'articolo 1, comma 1031, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo le parole: «tranviarie e filoviarie» sono aggiunte le seguenti: «, nonché per l'acquisto di unità navali destinate al trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, lagunare, lacuale e fluviale».

5. Il Commissario ad acta nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, per l'attuazione delle misure relative alla razionalizzazione e al riordino delle società partecipate regionali, recate dal piano di stabilizzazione finanziaria della Regione Campania approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 marzo 2012, al fine di consentire l'efficace realizzazione del processo di separazione tra l'esercizio del trasporto ferroviario regionale e la proprietà, gestione e manutenzione della rete, anche in applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione, effettua, entro 30 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, una ricognizione della consistenza dei debiti e dei crediti delle società esercenti il trasporto regionale ferroviario e delle società capogruppo. Nei successivi 60 giorni, sulla base delle risultanze dello stato dei debiti e dei crediti, il Commissario elabora un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui al comma 9, della durata massima di 60 mesi, da sottoporre all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze. Il piano di rientro dovrà individuare gli interventi necessari al perseguimento delle finalità sopra indicate e all'equilibrio economico delle suddette società, nonché le necessarie azioni di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro.

6. Nelle more della predisposizione dei piani di cui al comma 5 ed al fine di garantire la continuità dell'erogazione dei servizi di trasporto pubblico regionale nel rispetto della normativa vigente e con le risorse disponibili allo scopo a carico del bilancio regionale, il Commissario adotta ogni atto necessario ad assicurare lo svolgimento della gestione del servizio da parte di un unico gestore a livello di ambito o bacino territoriale ottimale, coincidente con il territorio della Regione, ai sensi dell'articolo 4, comma 32, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148 del 2011, garantendo in ogni caso il principio di separazione tra la gestione del servizio e la gestione e manutenzione delle infrastrutture.

6-bis. Non trovano applicazione le disposizioni contenute negli articoli 2502-bis e 2503 del codice civile.

6-ter. Sono revocati senza indugio tutti gli atti, adottati dalle società di cui al comma 5 successivamente all'approvazione del piano di stabilizzazione finanziaria della regione Campania di cui al medesimo comma 5, da cui derivano incrementi di spesa rispetto all'anno 2010, ove in contrasto con le prescrizioni del predetto piano o, in ogni caso, non strettamente necessari al proseguimento dello stesso.

6-quater. Per le attività di cui ai commi da 5 a 6-ter, il Commissario può costituire una struttura di supporto, definendone i compiti e le modalità operative, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

7. Al fine di assicurare lo svolgimento delle attività di cui al comma 5 e l'efficienza e continuità del servizio di trasporto secondo le modalità di cui al comma 6, per un periodo di 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale ed i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolano gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle stesse società. I relativi debiti insoluti producono, nel suddetto periodo di dodici mesi, esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile, fatti salvi gli accordi tra le parti che prevedono tassi di interesse inferiori.

8. È istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un tavolo tecnico, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di verifica degli adempimenti regionali per la disamina, in prima istanza, della documentazione pervenuta per la stipula e la successiva sottoscrizione dell'accordo di approvazione dei piani di cui al comma 5, sottoscritto dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze e dal Presidente della Regione.

9. A copertura dei debiti del sistema di trasporto regionale su ferro, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e previa approvazione dei piani di cui al comma 5, la Regione Campania può utilizzare, per gli anni 2012 e 2013, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione, di cui alla delibera CIPE n. 1/2009 del 6 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 16 giugno 2009, ad esse assegnate, entro il limite complessivo di 200 milioni di euro. A decorrere dall'anno 2013, subordinatamente al mancato verificarsi dei presupposti per l'aumento delle misure di cui all'articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il predetto aumento automatico è destinato alla ulteriore copertura del piano di rientro di cui al comma 5. A decorrere dal medesimo anno, per garantire la completa copertura del piano di rientro, nel caso in cui si verifichino i presupposti per l'aumento delle misure di cui all'articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, l'incremento nelle misure fisse ivi previsto è raddoppiato. Il Ministero delle infrastrutture comunica al Ministero dell'economia e delle finanze e all'Agenzia delle entrate, il verificarsi delle condizioni per l'applicazione del predetto incremento automatico.

10. I termini per l'approvazione dei bilanci consuntivi delle società di cui al comma 5 sono differiti al sessantesimo giorno successivo all'approvazione dei piani di cui allo stesso comma 5.

10-bis. Al fine di garantire l'approvazione in tempi certi del progetto definitivo del prolungamento a nord dell'autostrada A31, già compresa nelle Reti transeuropee dei trasporti (TEN-T), secondo le procedure di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 443, e alla relativa normativa di attuazione, l'intesa generale quadro prevista dall'articolo 161, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, deve essere raggiunta entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

L’articolo 16, modificato nel corso dell’esame parlamentare, reca numerose disposizioni per la continuità di alcuni servizi di trasporto.

In primo luogo dispone finanziamenti per la continuità e la riorganizzazione dei seguenti servizi pubblici di trasporto:

§       trasporto marittimo pubblico sui laghi Maggiore, di Garda e di Como;

§       prosecuzione del servizio intermodale dell’autostrada ferroviaria nel valico del Frejus;

§       esercizio delle funivia Savona-San Giuseppe;

§       trasporto pubblico locale o per via marittima, lagunare, lacuale e fluviale.

In secondo luogo prevede:

§       il trasferimento, rispettivamente alle regioni Calabria e Puglia, della proprietà sociale delle Ferrovie Calabria S.r.l. e delle Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici S.r.l.;

§       la riorganizzazione del trasporto ferroviario regionale nella Regione Campania;

§       la fissazione del termine ultime per raggiungere l’intesa quadro relativamente al prolungamento a nord dell'autostrada A31.

Trasporto marittimo pubblico sui laghi Maggiore, di Garda e di Como

Il comma 1 dell’articolo 16 intende garantire, anche per l’anno 2012, la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, attribuendo alla Gestione governativa navigazione laghi risorse per 6 milioni di euro, che dovranno essere destinate al finanziamento delle spese di esercizio per la gestione dei predetti servizi pubblici.

Viene fatto salvo quanto previsto dalla legge n. 614 del 1957 (Sistemazione dei servizi pubblici di linea di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como), secondo la quale gli utili di gestione risultanti dal conto economico sono versati allo stato di previsione dell'entrata dello Stato.

L’articolo 1 della legge n. 614/1957, ha autorizzato il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a gestire direttamente i servizi pubblici di navigazione sui laghi di Garda, Maggiore e di Como a mezzo di apposito gestore. L’articolo 2 della stessa legge prevede che l'eventuale disavanzo di gestione debba essere coperto con i fondi stanziati annualmente nello stato di previsione del Ministero, cui spetta la vigilanza sull’amministrazione affidata al gestore.

La relazione tecnica al ddl di conversione A.C. 5312 ricorda infatti che la Gestione Governativa Navigazione Laghi deve garantire, per nome e per conto dello Stato, le linee di navigazione in servizio pubblico sui suddetti laghi: La Gestione garantisce ogni anno il trasporto di circa 9 milioni di passeggeri e di 700.000 veicoli e si avvale complessivamente di 96 navi sui tre laghi. Le entrate del traffico e le altre entrate, nonché i finanziamenti del MIT, per un totale nel 2012 di 59,59 milioni di euro, non coprono le spese del servizio, pari a 71,09 milioni di Euro (di cui circa la metà per il personale), generando un disavanzo di gestione 2012 di 11,5 milioni di euro, che vengono solo in parte coperti con l’avanzo 2011 pari a 5,5 mln. Rimane pertanto da coprire il restante disavanzo di 6 milioni con il finanziamento disposto dal comma 1 dell’art. 16 in esame.

La relazione illustrativa al ddl di conversione A.C. 5312 ricorda anche che esiste una Convenzione italo-svizzera per la disciplina della navigazione sul lago Maggiore e sul lago di Lugano in base alla quale deve essere garantito il trasporto pubblico nel bacino svizzero del Lago Maggiore.

Si ricorda che già l’art. 7-sexies, comma 4 del D.L. n. 5 del 2009 aveva consentito alla Gestione governativa navigazione laghi per gli esercizi finanziari 2009 e 2010, al fine di scongiurare la possibilità che fosse compromessa la continuità del servizio pubblico di navigazione sui laghi Maggiore, di Garda e di Como, l'utilizzo degli avanzi di amministrazione risultanti dai bilanci 2007 e 2008 per fronteggiare le spese di esercizio per la gestione dei servizi di navigazione lacuale. Successivamente, l’art. 2, comma 12-ter del D.L. 225/2010 ha prorogato tale facoltà anche per il biennio 2011-2012, con riferimento agli avanzi dei bilanci 2009-2010 ed il comma 12-bis dello stesso articolo ha attribuito per il 2011 alla Gestione governativa navigazione laghi 2 milioni di euro,al fine di assicurare la continuità del servizio, sempre precisando che le maggiori entrate avrebbero dovuto essere destinate al finanziamento delle spese di esercizio per i servizi della navigazione lacuale. Più recentemente altre norme sono intervenute su aspetti diversi della navigazione lacuale; tra queste, l’art. 30 del D.L. n. 201 del 2011 ha previsto (comma 3-quater), che la normativa tecnica per la progettazione e la costruzione delle unità navali adibite al trasporto pubblico locale lagunare sia emanata con regolamento adottato dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute.

Servizio intermodale dell’autostrada ferroviaria nel valico del Frejus

Il comma 2 dell’articolo 16disponela prosecuzione del servizio intermodale dell’autostrada ferroviaria alpina attraverso il valico del Frejus mediante un finanziamento, per l'anno 2012, di 4,5 milioni di euro. Si tratta di un contributo statale da erogarsi alla società Trenitalia S.p.A. che assicura attualmente il servizio in base ad un Accordo di Programma con i Ministeri delle infrastrutture e dell’Ambiente stipulato negli anni 2004-2006 e successivamente prorogato fino al 2011.

Come ricorda la relazione tecnica al ddl di conversione A.C. 5312, la promozione e la sperimentazione di modalità più sicure di trasporto combinato strada-rotaia tra Italia e Francia, risale al vertice Governativo italo-francese di Torino del 19 gennaio 2001, successivo all’incidente nel tunnel del Monte Bianco del 1999. Nacque pertanto il progetto di Autostrada Ferroviaria Alpina sulla tratta Orbassano-Aiton ed a fine 2003 fu avviata da due imprese ferroviarie (Trenitalia e la francese SNCF) la gestione del servizio sperimentale, tutt’ora in corso e a carico in maniera paritaria dei due Stati, che offre alcuni collegamenti giornalieri tra le due località ad un prezzo competitivo con quello dell’attraversamento stradale del Frejus. L’Accordo di Programma triennale con Trenitalia, autorizzato dalla Commissione UE, per il progetto Autostrada Ferroviaria Alpina è stato rinnovato fino al 2009 e poi prorogato fino al 2011[69]. Per il 2012 è stata inoltrata richiesta alla Commissione europea di autorizzazione dell’aiuto di Stato e si è in attesa della relativa decisione. In particolare è stata richiesta la compatibilità dell’aiuto con il mercato interno in quanto aiuto destinato ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, senza alterare le condizioni degli scambi (art. 107, par. 3, lett. c)) del TFUE). Nelle more, ed in attesa del reperimento dei fondi, il servizio viene comunque erogato da Trenitalia.

La relazione tecnica al ddl di conversione A.C. 5312 riporta anche un prospetto di rendicontazione della gestione da cui si evince un risultato netto negativo della gestione (dal 2005 al 2011) variabile tra i 9,8 ed i 13,7 milioni di euro annui, che divisi al 50% tra i due Stati portano ad un corrispondente contributo pubblico che ha oscillato, tra il 2005 ed il 2010, tra circa 5,3 e 6,1 milioni di euro; in particolare negli ultimi due anni (2010 e 2011) il contributo pubblico italiano è stato di circa 5,5 milioni di euro annui.

Per l’anno 2012, presentando l’Amministrazione una disponibilità di solo 1 milione di euro, si rende pertanto necessario il finanziamento, disposto con il comma 2, dei mancanti 4,5 milioni di euro.

Esercizio delle funivia Savona-San Giuseppe

Il comma 3, al fine di garantire l’esercizio delle funivia Savona-San Giuseppe autorizza, per l'anno 2012, la spesa di 5 milioni di euro per il contributo dovuto per la concessione alla società Funivie S.p.A..

La relazione governativa al ddl di conversione A.C. 5312 ricorda che si tratta di un contributo dovuto in base ad una convenzione di concessione stipulata il 15 novembre 2007 con il Ministero dei trasporti. La società è concessionaria della Funivia fino al 20 dicembre 2032. L’impegno annuo delle risorse è stato definito con D.M. n. 4452 del 16 novembre 2009 e per il 2012 tale decreto prevede un contributo di 8,664 milioni di euro, di cui risultano iscritti in bilancio solo 3,664 milioni, necessitandosi così di un ulteriore finanziamento, disposto dal comma in esame, pari a 5 milioni di euro.

Trasferimento della proprietà delle Ferrovie Calabria S.r.l. e delle Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici S.r.l

Il comma 4, modificato nel corso dell’esame parlamentare, interviene per facilitare il trasferimento, rispettivamente alle regioni Calabria e Puglia, della proprietà sociale delle Ferrovie Calabria s.r.l. e delle Ferrovie del Sud-Est e Servizi Automobilistici s.r.l., attualmente del Ministero delle infrastrutture e trasporti. In particolare, sia per attivare le procedure per il trasferimento, che per garantire il raggiungimento di obiettivi di efficientamento e razionalizzazione della gestione aziendale, viene autorizzata la spesa complessiva di 40 milioni di euro, a condizione che siano sottoscritti con le regioni interessate i relativi accordi di trasferimento. Il termine entro il quale dovranno essere sottoscritti gli accordi con le regioni citate, è fissato in novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto[70]:, cioè dal 12 agosto 2012; pertanto il termine scadrà il 10 novembre 2012.

Entro il 31 dicembre 2012 dovrà quindi essere completato il trasferimento della proprietà alle Regioni.

 

Si autorizzano inoltre le predette regioni, a seguito del trasferimento della proprietà sociale, a copertura degli oneri per la regolazione delle partite debitorie delle società menzionate, ad utilizzare, entro il limite di 100 milioni di euro per ciascuna regione, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione ad esse assegnate. Per la regione Calabria, le risorse autorizzate per tale trasferimento sono rese disponibili previa rimodulazione del piano di interventi previsto dalla delibera CIPE n. 62 del 3 agosto 2011.

Gli accordi di trasferimento dovranno essere corredati di una dettagliata ricognizione della situazione debitoria e creditoria delle società trasferite.

Trasporto pubblico locale o per via marittima, lagunare, lacuale e fluviale

Il nuovo comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che il Fondo per gli investimenti destinatoall'acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale (art. 1, co. 1031, legge n. 296/2006) possa essere utilizzato anche per l’acquisto di unità navali destinate al trasporto pubblico locale effettuato per via marittima, lagunare, lacuale e fluviale.

Trasporto ferroviario regionale campano

I commi da 5 a 10 intervengono in materia di trasporto ferroviario regionale campano, delineando una procedura di accertamento dei disavanzi e una conseguente procedura di definizione dei piani di rientro, da realizzarsi nel termine di 5 anni, necessarie a riorganizzare e riqualificare il sistema di mobilità regionale su ferro della Regione Campania.

In particolare, il comma 5, modificato nel corso dell’esame parlamentare,prevede che il Commissario ad acta effettui, nel termine di 30 giorni dall'entrata in vigore del decreto, una ricognizione della consistenza dei debiti e dei crediti delle società esercenti il trasporto regionale ferroviario nonché delle relative società capogruppo e che nei successivi 60 giorni, sulla base delle risultanze dello stato dei debiti e dei crediti, elabori un piano di rientro dal disavanzo accertato e un piano dei pagamenti, alimentato dalle risorse regionali disponibili in bilancio e dalle entrate conseguenti all'applicazione delle disposizioni di cui al successivo comma 9.

Il piano avrà una durata massima di 60 mesi, dovrà essere sottoposto all'approvazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero dell'economia e delle finanze e dovrà individuare gli interventi necessari al perseguimento delle finalità sopra indicate e all'equilibrio economico delle suddette società, nonché le necessarie azioni di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del sistema di mobilità regionale su ferro.

Il comma 6, per garantire la continuità dell'erogazione dei servizi di trasporto pubblico regionale, consente al Commissario ad acta, nelle more dei tre mesi previsti per la predisposizione del piano di rientro, di adottare ogni atto necessario ad assicurare lo svolgimento della gestione del servizio da parte di un unico gestore a livello di ambito o bacino territoriale ottimale, coincidente con il territorio della Regione, con il vincolo di garantire comunque il principio di separazione tra la gestione del servizio e la gestione e manutenzione delle infrastrutture.

Il nuovo comma 6-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, esclude l’applicazione delle procedure di deposito presso il registro delle imprese delle decisioni di fusione (Art. 2502-bis C.C.) e di opposizione dei creditori in caso di fusione (Art. 2503 C.C.).

Il comma 6-ter, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede la revoca senza indugio di tutti gli atti da cui derivino incrementi di spesa, rispetto all’anno 2010, adottati dalle società esercenti il trasporto ferroviario regionale successivamente all’adozione del Piano di stabilizzazione finanziaria della regione, se in contrasto con le prescrizioni del Piano o comunque non strettamente necessari al perseguimento dello stesso.

Il comma 6-quater introdotto anch’esso nel corso dell’esame parlamentare, prevede che il commissario ad acta possa costituire una struttura di supporto, definendone i compiti e le modalità operative, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Si ricorda che si tratta del Commissario nominato ai sensi dell'articolo 14, comma 22, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78[71], per l'attuazione delle misure relative alla razionalizzazione e al riordino delle società partecipate regionali, recate dal piano di stabilizzazione finanziaria della Regione Campania approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 marzo 2012, al fine di consentire l'efficace realizzazione del processo di separazione tra l'esercizio del trasporto ferroviario regionale e la proprietà, gestione e manutenzione della rete, anche in applicazione dell'articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138[72], salvaguardando i livelli essenziali delle prestazioni e la tutela dell'occupazione.

Il comma 7 dispone che per un periodo di 12 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto-legge non possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche concorsuali, nei confronti delle società a partecipazione regionale esercenti il trasporto ferroviario regionale ed i pignoramenti eventualmente eseguiti non vincolino gli enti debitori e i terzi pignorati, i quali possono disporre delle somme per le finalità istituzionali delle stesse società. Si prevede anche che i relativi debiti insoluti producano, sempre nel periodo di dodici mesi, esclusivamente gli interessi legali di cui all'articolo 1284 del codice civile, fatti salvi gli accordi tra le parti che prevedano tassi di interesse inferiori. La finalità del comma 7 è quella di assicurare lo svolgimento delle attività di cui al comma 5 e l'efficienza e continuità del servizio di trasporto secondo le modalità di cui al comma 6.

Ai fini della stipula e della successiva sottoscrizione dell'accordo di approvazione dei piani di rientro, accordo che in base alla norma dovrà essere sottoscritto dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze e dal Presidente della Regione, il comma 8 istituisce presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito tavolo tecnico, senza oneri per la finanza pubblica, di verifica degli adempimenti regionali per la disamina, in prima istanza, della documentazione pervenuta.

Il comma 9 reca il meccanismo per la copertura finanziaria dei debiti del sistema di trasporto regionale su ferro. In particolare si prevede che la Regione Campania possa utilizzare, per gli anni 2012 e 2013, le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate), di cui alla delibera CIPE n. 1/2009 del 6 marzo 2009[73], relativa alla definizione della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate per la programmazione delle politiche di coesione 2007-2013, entro il limite complessivo di 200 milioni di euro. La disposizione è applicabile nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica e subordinatamente all’approvazione dei piani di rientro di cui al comma 5.

A decorrere dall’anno 2013 si prevede invece un meccanismo di copertura che, sia pure con una formulazione non priva di dubbi interpretativi, consente di destinare al finanziamento del sistema di trasporto regionale su ferro la possibilità di aumento dell’aliquota IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF introdotta per porre rimedio alla situazione di disavanzo sanitario della regione Campania.

Infatti si prevede, a decorrere dall'anno 2013, subordinatamente al mancato verificarsi dei presupposti per l'aumento automatico dell’aliquota IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro del disavanzo sanitario regionale campano, di cui all'articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che il predetto aumento automatico sia comunque disposto e destinato alla ulteriore copertura del piano di rientro dal disavanzo dei servizi di trasporto ferroviario regionale.

 

Si ricorda che l’art. 2, comma 86 della legge finanziaria 2010 ha disposto che ilmancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro dal disavanzo sanitario, con conseguente determinazione di un disavanzo sanitario, comporta per le Regioni anche l'incremento nelle misure fisse di 0,15 punti percentuali dell'aliquota dell'imposta regionale sulle attività produttive e di 0,30 punti percentuali dell'addizionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche rispetto al livello delle aliquote vigenti, secondo le procedure previste dall’articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, come modificato dal comma 76 dell’articolo 2.

Nel caso invece in cui vengano mancati gli obiettivi del piano di rientro dal disavanzo sanitario regionale campano e quindi si proceda all’aumento automatico delle aliquota IRAP e dell’addizionale regionale IRPEF, tale aumento viene raddoppiato, al fine di destinare risorse anche al piano di rientro dal disavanzo dei servizi di trasporto ferroviario regionale.

Il Ministero delle infrastrutture è tenuto a comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze e all'Agenzia delle entrate, il verificarsi delle condizioni per l'applicazione dell’incremento automatico.

Il comma 10 provvede infine a differire al sessantesimo giorno successivo all'approvazione dei piani di rientro, i termini per l'approvazione dei bilanci consuntivi delle citate società esercenti il trasporto regionale ferroviario.

Prolungamento a nord dell'autostrada A31

Il nuovo comma 10-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che, al fine di garantire l'approvazione in tempi certi del progetto definitivo secondo le procedure di cui alla c.d. legge Obiettivo e della relativa normativa di attuazione, l’intesa generale quadro prevista dall’articolo 161, comma 1, del D.lgs. n. 163 del 2006[74] per il prolungamento a nord dell’autostrada A31 (Valdastico), dovrà essere raggiunta entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto[75], quindi entro 60 giorni a partire dal 12 agosto 2012. Il termine scade pertanto l’11 ottobre 2012.


 

Articolo 17
(
Disposizioni in materia di autoservizi pubblici non di linea)

 

1. All'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, le parole: «entro e non oltre il 30 giugno 2012» sono sostituite dalle seguenti: «entro e non oltre il 31 dicembre 2012».

 

 

L’articolo 17 proroga al 31 dicembre 2012, il termine per l’emanazione del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti recante le disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente.

 

Infatti, l’articolo 17 provvede a novellare l’art. 2, comma 3 del D.L. n. 40 del 2010,che prevedeva l’emanazione entro il 30 giugno 2012 delle disposizioni attuative per impedire le pratiche di esercizio abusivo del servizio taxi e del servizio di noleggio con conducente non rispondenti ai principi ordinamentali che regolano la materia. Con il suddetto decreto dovrebbero altresì definirsi gli indirizzi generali per l'attività di programmazione e di pianificazione delle regioni, ai fini del rilascio, da parte dei Comuni, dei titoli autorizzativi.

Il termine per l’emanazione del decreto del Ministro delle infrastrutture e trasporti, che dovrà essere emanato di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e previa intesa con la Conferenza Unificata[76], viene differito al 31 dicembre 2012.

Nella relazione governativa al ddl di conversione A.C. 5312 si evidenzia che la proroga si rende necessaria per evitare l’entrata in vigore di una disposizione che contiene elementi fortemente restrittivi della concorrenza, attesa anche la pendenza di una causa pregiudiziale a seguito di un rinvio da parte di un giudice italiano avente ad oggetto l’interpretazione della disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici non di linea.

Le disposizioni introdotte con l’art. 29, comma 1-quater, del D.L. n. 207/2008, riguardano specificamente il servizio di noleggio con conducente[77], in relazione al quale sono stati ampliati gli obblighi a carico degli esercenti ed introdotte specifiche limitazioni, prevedendo:

§      una preventiva autocertificazione per l’accesso nel territorio di altri comuni;

§      nuove modalità per il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni, con obbligatoria disponibilità, in base a valido titolo giuridico, di una sede, di una rimessa o di un pontile situati nel territorio del comune che ha rilasciato l'autorizzazione;

§      l’obbligo di inizio e termine di ogni singolo servizio di noleggio con conducente presso la rimessa;

§      l'obbligo di compilazione e tenuta da parte del conducente di un “foglio di servizio”;

§      il divieto di sostare in posteggio di stazionamento su suolo pubblico nei comuni ove sia presente il servizio di taxi.

Si ricorda che l’applicazione della nuova disciplina è stata più volte differita nel tempo. L’art. 5, comma 3, del decreto legge n. 194/2009[78], ha stabilito che, nelle more della ridefinizione della disciplina dettata dalla legge n. 21/1992, da effettuare nel rispetto delle competenze attribuite dal quadro costituzionale e ordinamentale alle regioni e agli enti locali[79], l’efficacia del citato articolo 29 comma 1-quater fosse sospesa fino al 31 marzo 2010. Le successive proroghe del termine sono state disposte dall’art. 51, comma 7 del n. 78 del 2010[80] (al 31 dicembre 2010), dalla Tabella 1 del D.L. n. 225 del 2010[81] (al 31 marzo 2011), dall’art. 3, comma 11-bis del D.L. n. 138 del 2011[82] , dal DPCM 25 marzo 2011 (al 31 dicembre 2011) e dall’art. 11, comma 4 del D.L. n. 216 del 2011[83], al 30 giugno 2012.

 

Si ricorda peraltro che in materia di liberalizzazione del servizio taxi è intervenuto di recente l’art. 36, del D.L. n. 1 del 2012 (c.d. liberalizzazioni)[84] che ha istituito l'Autorità di regolazione nel settore dei trasporti e dell'accesso alle relative infrastrutture, prevedendo, al comma 1, lett. m), per quanto riguarda il servizio taxi, che l’Autorità provveda tra l’altro a monitorare e verificare la corrispondenza del servizio, delle tariffe e della qualità delle prestazioni alle esigenze dei diversi contesti urbani, secondo i criteri di ragionevolezza e proporzionalità. allo scopo di garantire il diritto di mobilità degli utenti.

La norma prevede inoltre che icomuni e le regioni, nell’ambito delle proprie competenze, dovranno provvedere, previo parere dell’Autorità, ad adeguare il servizio sulla base dei seguenti principi:

a)    l'incremento del numero delle licenze ove ritenuto necessario anche in base alle analisi effettuate dall’Autorità per confronto nell'ambito di realtà comunitarie comparabili, a seguito di istruttoria sui costi-benefici anche ambientali, in relazione a comprovate ed oggettive esigenze di mobilità ed alle caratteristiche demografiche e territoriali, bandendo concorsi straordinari in conformità alla vigente programmazione numerica; qualora la suddetta programmazione numerica manchi o sia ritenuta inidonea, rilasciando a titolo gratuito o oneroso, nuove licenze da assegnare ai soggetti iscritti nei ruoli dei conducenti di veicoli adibiti ad autoservizi pubblici non di linea; in caso di rilascio a titolo oneroso fissando il relativo importo; individuando criteri di selettivi di valutazione automatica o immediata che assicurino la conclusione in tempi celeri della procedura; destinando i proventi del rilascio di licenze a titolo oneroso all’erogazione di adeguate compensazioni da corrispondere a favore di coloro che già sono titolari di licenza;

b)    consentire, d’intesa con i Comuni, ai titolari di licenza una maggiore libertà di organizzazione del servizio, per fronteggiare particolari eventi o periodi di prevedibile aumento della domanda, e, in numero proporzionato alle esigenze, per sviluppare nuovi servizi integrativi come, il taxi ad uso collettivo o altre forme;

c)    consentire una maggiore libertà nella fissazione delle tariffe; la possibilità di una loro corretta e trasparente pubblicizzazione, prevedendo la possibilità per gli utenti di avvalersi di tariffe predeterminate dal Comune per percorsi prestabiliti;

d)    migliorare la qualità del servizio attraverso:

-       l’ampliamento della formazione professionale degli operatori con riferimento alla sicurezza stradale ed alle lingue straniere;

-       la conoscenza della normativa fiscale, amministrativa e civilistica del settore;

-       la promozione dell’investimento in nuove tecnologie per l’efficientamento del servizio;

-       l’adozione a livello regionale della Carta dei servizi.

e)    con riferimento alla disciplina relativa al servizio taxi, si prevede che l’Autorità possa ricorrere al Tribunale amministrativo del Lazio.

 


 

Articolo 17-bis
(Finalità e definizioni)

 


1. Il presente capo è finalizzato allo sviluppo della mobilità sostenibile, attraverso misure volte a favorire la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e la sperimentazione e la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive, con particolare riguardo al contesto urbano, nonché l'acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida.

2. Ai fini del presente capo si intende:

a) per reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, i prodotti, le reti e gli impianti che consentono ai veicoli alimentati ad energia elettrica di riapprovvigionarsi di energia mediante qualsiasi tecnologia, comprese la sostituzione delle batterie o tecnologie equivalenti;

b) per veicoli a basse emissioni complessive, i veicoli a trazione elettrica, ibrida, a GPL, a metano, a biometano, a biocombustibili e a idrogeno, che producono emissioni di anidride carbonica (CO 2 ) allo scarico non superiori a 120 g/km e ridotte emissioni di ulteriori sostanze inquinanti;

c) per veicoli, i veicoli di cui all'articolo 47, comma 1, lettere e), f), g) e n), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e successive modificazioni, appartenenti alle categorie L1, L2, L3, L4, L5, M1 e N1 di cui al comma 2 del medesimo articolo 47, nonché quelli di cui all'articolo 54, comma 1, lettere a), c), d), f) e g), del medesimo codice di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e i veicoli appartenenti alle categorie L6e e L7e di cui all'articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2002/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 marzo 2002;

d) per veicoli a trazione elettrica, i veicoli dotati di motorizzazione finalizzata alla sola trazione di tipo elettrico, con energia per la trazione esclusivamente di tipo elettrico e completamente immagazzinata a bordo;

e) per veicoli a trazione ibrida:

1) i veicoli dotati di almeno una motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione con la presenza a bordo di un motogeneratore termico volto alla sola generazione di energia elettrica, che integra una fonte di energia elettrica disponibile a bordo (funzionamento ibrido);

2) i veicoli dotati di almeno una motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione con la presenza a bordo di una motorizzazione di tipo termico volta direttamente alla trazione, con possibilità di garantire il normale esercizio del veicolo anche mediante il funzionamento autonomo di una sola delle motorizzazioni esistenti (funzionamento ibrido bimodale);

3) i veicoli dotati di almeno una motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione con la presenza a bordo di una motorizzazione di tipo termico volta sia alla trazione sia alla produzione di energia elettrica, con possibilità di garantire il normale esercizio del veicolo sia mediante il funzionamento contemporaneo delle due motorizzazioni presenti sia mediante il funzionamento autonomo di una sola di queste (funzionamento ibrido multimodale).

3. Al fine di perseguire i livelli prestazionali in materia di emissioni delle autovetture fissati dal regolamento (CE) n. 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, e di contribuire alla strategia europea per i veicoli puliti ed efficienti sul piano energetico, di cui alla comunicazione COM(2010)186 della Commissione, del 28 aprile 2010, la realizzazione delle reti infrastrutturali di cui al comma 1 nel territorio nazionale costituisce obiettivo prioritario e urgente dei seguenti interventi:

a) interventi statali e regionali a tutela della salute e dell'ambiente;

b) interventi per la riduzione delle emissioni nocive nell'atmosfera, per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e per il contrasto del riscaldamento globale prodotto dall'uso di combustibili fossili;

c) interventi per l'ammodernamento del sistema stradale urbano ed extraurbano;

d) interventi per la promozione della ricerca e dello sviluppo nel settore delle tecnologie avanzate;

e) interventi per l'incentivazione dell'economia reale e per l'adeguamento tecnologico e prestazionale degli edifici pubblici e privati.

4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali perseguono l'obiettivo di cui al comma 3, secondo le rispettive competenze costituzionali, anche mediante interventi di incentivazione, di semplificazione delle procedure, di tariffazione agevolata e di definizione delle specifiche tecniche dei prodotti e dell'attività edilizia.

5. All'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

Il Capo IV-bis (articoli da 17-bis a 17-duodecies) è stato introdotto nel corso dell’esame parlamentare e reca disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli a basse emissioni complessive.

Si segnala che il 6 ottobre 2010 le Commissioni riunite IX (Trasporti) e X (Attività produttive) della Camera dei deputati hanno avviato l’esame delle proposte di legge C. 2844[85] e C. 3553[86], alle quali è stata successivamente abbinata la proposta di legge C. 3773[87], aventi contenuto analogo a quello del Capo in esame.

 

L’articolo 17-bis indica le finalità e le definizioni del Capo IV-bis: le prime consistono nell’incentivazione della mobilità sostenibile attraverso la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici, la sperimentazione e la diffusione di flotte pubbliche e private di veicoli a basse emissioni complessive e l’acquisto di veicoli a trazione elettrica o ibrida. Sono definiti veicoli a basse emissioni complessive quelli a trazione elettrica, ibrida, GPL, a metano, a biometano, a biocombustibili ed a idrogeno che producono emissioni di anidride carbonica non superiori a 120 g/Km. Si specifica che all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il comma 1 enuncia le finalità del Capo IV-bis.

 

Il comma 2, lettera a) reca la definizione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica: i prodotti, le reti e gli impianti che consentono ai veicoli alimentati ad energia elettrica di riapprovvigionarsi di energia mediante qualsiasi tecnologia, comprese la sostituzione delle batterie o tecnologie equivalenti.

 

Il comma 2, lettera b) definisce i veicoli a basse emissioni complessive: quelli a trazione elettrica, ibrida, a GPL, a metano, a biometano, a biocombustibili e a idrogeno, che producono emissioni di anidride carbonica (CO2) allo scarico non superiori a 120 g/km e ridotte emissioni di ulteriori sostanze inquinanti.

 

Il comma 2, lettera c) individua i veicoli ai fini della normativa in commento, mediante rinvio all'articolo 47, comma 1, lettere e) (ciclomotori), f)(motoveicoli), g) (autoveicoli) e n) (veicoli con caratteristiche atipiche) del codice della strada (D.lgs. n. 285/1992[88]). Nell’ambito di tali veicoli, la normativa in commento si applica a quelli classificati come appresso indicato, in base alle categorie internazionali, nel modo seguente (riportate dall’articolo 47, comma 2, del codice della strada):

§      categoria L1 veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h;

§      categoria L2: veicoli a tre ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) non supera i 50 cc e la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) non supera i 50 km/h;

§      categoria L3: veicoli a due ruote la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h;

§      categoria L4: veicoli a tre ruote asimmetriche rispetto all'asse longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h (motocicli con carrozzetta laterale);

§      categoria L5: veicoli a tre ruote simmetriche rispetto all'asse longitudinale mediano, la cilindrata del cui motore (se si tratta di motore termico) supera i 50 cc o la cui velocità massima di costruzione (qualunque sia il sistema di propulsione) supera i 50 km/h;

§      categoria M1: veicoli destinati al trasporto di persone, aventi al massimo otto posti a sedere oltre al sedile del conducente;

§      categoria N1: veicoli destinati al trasporto di merci, aventi massa massima non superiore a 3,5 t.

Pertanto i veicoli destinati al trasporto di persone con più di otto posti a sedere e i veicoli merci con massa massima superiore a 3,5 t. sono esclusi.

Rientrano inoltre tra i veicoli ai quali si applica la normativa le autovetture, gli autoveicoli per trasporto promiscuo, gli autocarri, gli autoveicoli per trasporti specifici e gli autoveicoli per uso speciale (lettere a), c), d), f) e g) dell’articolo 54, comma 1, del codice della strada), e i quadrici leggeri e quelli pesanti, di cui alle categorie L6e e L7e previste dall’ articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2002/24/CE,[89]

 

Il comma 2, lettera d) definisce i veicoli a trazione elettrica: quelli dotati di motorizzazione finalizzata alla sola trazione di tipo elettrico, con energia per la trazione esclusivamente di tipo elettrico e completamente immagazzinata a bordo.

 

Il comma 2, lettera e) individua i veicoli a trazione ibrida:

1)  i veicoli dotati di almeno una motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione con la presenza a bordo di un motogeneratore termico volto alla sola generazione di energia elettrica, che integra una fonte di energia elettrica disponibile a bordo (funzionamento ibrido);

2)  i veicoli dotati di almeno una motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione con la presenza a bordo di una motorizzazione di tipo termico volta direttamente alla trazione, con possibilità di garantire il normale esercizio del veicolo anche mediante il funzionamento autonomo di una sola delle motorizzazioni esistenti (funzionamento ibrido bimodale);

3)  i veicoli dotati di almeno una motorizzazione elettrica finalizzata alla trazione con la presenza a bordo di una motorizzazione di tipo termico volta sia alla trazione sia alla produzione di energia elettrica, con possibilità di garantire il normale esercizio del veicolo sia mediante il funzionamento contemporaneo delle due motorizzazioni presenti sia mediante il funzionamento autonomo di una sola di queste (funzionamento ibrido multimodale).

 

Il comma 3 dichiara che al fine di perseguire i livelli prestazionali in materia di emissioni delle autovetture fissati dal regolamento (CE) n. 443/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009, e di contribuire alla strategia europea per i veicoli puliti ed efficienti sul piano energetico, di cui alla comunicazione COM(2010)186 della Commissione, del 28 aprile 2010, la realizzazione nel territorio nazionale delle reti infrastrutturali di cui al comma 1 costituisce obiettivo prioritario e urgente dei seguenti interventi:

a)   interventi statali e regionali a tutela della salute e dell'ambiente;

b)   interventi per la riduzione delle emissioni nocive in atmosfera, per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico e per il contrasto del riscaldamento globale prodotto dall'uso di combustibili fossili;

c)   interventi per l'ammodernamento del sistema stradale urbano ed extraurbano;

d)   interventi per la promozione della ricerca e dello sviluppo nel settore delle tecnologie avanzate;

e)   interventi per l'incentivazione dell'economia reale e per l'adeguamento tecnologico e prestazionale degli edifici pubblici e privati.

 

Il comma 4 demanda allo Stato, alle regioni ed agli enti locali di perseguire l'obiettivo di cui al comma 2, secondo le rispettive competenze costituzionali, anche mediante interventi di incentivazione, di semplificazione delle procedure, di tariffazione agevolata e di definizione delle specifiche tecniche dei prodotti e dell'attività edilizia.

 

Il comma 5 contiene la clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo che all’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 17-ter
(Legislazione regionale)

 


1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, le regioni emanano le disposizioni legislative di loro competenza, nel rispetto dei principi fondamentali contenuti nel presente capo e dell'intesa di cui al comma 4.

2. Il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Sudtirol, la Valle d'Aosta/Vallee d'Aoste e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a quanto disposto dal comma 1 in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.

3. Le disposizioni regionali e provinciali di cui ai commi 1 e 2 salvaguardano comunque l'unità economica nazionale e i livelli minimi essenziali delle prestazioni nel territorio dello Stato, stabiliti in attuazione del comma 4.

4. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Governo promuove la stipulazione di un'intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, per assicurare la realizzazione di posizioni unitarie e l'armonizzazione degli interventi e degli obiettivi comuni nel territorio nazionale in materia di reti infrastrutturali di ricarica a servizio dei veicoli alimentati ad energia elettrica.

5. Fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, le disposizioni del presente capo si applicano nell'intero territorio nazionale.


 

 

L'articolo 17-ter, inserito durante l'esame parlamentare, prevede che – entro il 12 febbraio 2013 (ovvero nel termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente D.L.) - il Governo promuova un’intesa con le Regioni per assicurare l’armonizzazione degli interventi in materia di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica; entro il medesimo termine le Regioni emanano le disposizioni legislative di loro competenza, nel rispetto dei principi fondamentali del presente Capo e dei contenuti dell’intesa.

 

Il comma 1 impone alle Regioni di emanare le disposizioni legislative di loro competenza nel rispetto dei princìpi fondamentali contenuti nel presente capo e dell’intesa di cui al comma 4.

Il termine per l'adeguamento è di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame.

 

Il comma 2 impone alle Autonomie speciali di provvedere a quanto disposto dal comma 1 in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione.Non è fissato un termine, e può apparire dubbio se sia applicabile quello del comma 1.

 

Il comma 3 impone alle disposizioni regionali e provinciali di cui ai commi 1 e 2 salvaguardare comunque l’unità economica nazionale e i livelli minimi essenziali delle prestazioni nel territorio dello Stato, stabiliti in attuazione del comma 4 (vale a dire dell'intesa).

 

Il comma 4 affida al Governo la promozione di un’intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge n. 131/2003, finalizzata a favorire l'armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni.

 

Nel caso di questa specifica intesa non è possibile applicare le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 del decreto legislativo n. 281/1997[90] che consentono al Consiglio dei ministri, decorsi trenta giorni in assenza del raggiungimento dell’intesa di provvedere con deliberazione motivata ovvero, per motivata urgenza, di prescindere in ogni caso dal conseguimento dell’intesa.

 

La previsione di un’intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131” non chiarisce se l’intesa debba essere stipulata in seno alla ConferenzaStato-regioni ovvero alla Conferenza unificata (richiamata esplicitamente dall’articolo 17-septies per l'intesa pure ivi prevista), poiché tale disposizione della legge 131/2003 fa riferimento ad entrambe le tipologie di intesa.

 

Il comma 5 prescrive che, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali (sia delle regioni a statuto ordinario che delle Autonomie speciali) le disposizioni del capo in esame si applichino nell’intero territorio nazionale.

 

La norma, che sembra adottare un modello di legislazione statale sostitutiva e cedevole[91], potrebbe essere ritenuta incompatibile con la posizione di autonomia costituzionale riconosciuta alle Autonomie a Statuto speciale.

Può essere utile richiamare al riguardo, sia pure con riferimento all'esercizio di un potere sostitutivo unilaterale dello Stato in caso di mancata intesa con una singola regione interessata, la recente sentenza 179 del 2012, dove la Corte costituzionale ha ribadito l’illegittimità costituzionale di una norma statale che preveda un potere sostitutivo del Governo in caso di mancato raggiungimento dell’intesa, affermando – in particolare - che «la previsione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una “drastica previsione” della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie “idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze” (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005).Solo nell’ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all’accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale» (sentenza n. 165 del 2011), come nel caso relativo alla disciplina del procedimento di certificazione dei siti idonei all’insediamento degli impianti nucleari (sentenza n. 33 del 2011).

 


 

Articolo 17-quater
(Normalizzazione)

 


1. Fatte salve le competenze dell'Unione europea stabilite dalla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, sono consentite la realizzazione e l'installazione di reti infrastrutturali di ricarica dei veicoli elettrici rispondenti agli standard fissati dagli organismi di normalizzazione europei e internazionali International electrotechnical Commission (IEC) e Comitè europeen de normalisation electrotechnique (CENELEC).

2. Gli organismi nazionali di normalizzazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera l), della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni, provvedono, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ad assumere i provvedimenti di loro competenza ai fini di quanto previsto al comma 1 del presente articolo, eventualmente integrando e modificando le determinazioni precedentemente assunte.

3. Si applicano le disposizioni degli articoli 5, 6, 9, 9-bis e 9-ter della legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni.


 

 

L’articolo 17-quater,inserito nel corso dell’esame parlamentare,consente, al comma 1, la realizzazione e l’installazione delle reti infrastrutturali di ricarica dei veicoli a basse emissioni, rispondenti agli standardfissati dagli organismi di normazione europea ed internazionale IEC (International Electrotechnical Commission) e CENELEC (Comité Européèn de Normalisation Electrotechnique). Sono fatte salve le competenze dell'Unione europea stabilite dalla direttiva 98/34/CE[92].

 

Il comma 2 demanda agli organismi nazionali di normalizzazione di cui all'articolo 1, comma 1, lettera l), della legge n. 317/1986[93], di assumere, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. in commento (ovvero entro il 12 novembre 2012), i provvedimenti di loro competenza ai fini di quanto previsto dal comma 1, eventualmente integrando e modificando le determinazioni precedentemente assunte.

Il citato articolo 1, comma 1, lettera l), della legge n. 317/1986 individua “l’organismo nazionale di normalizzazione” per rinvio all’allegato II della citata direttiva 98/34/CE:

§       UNI Ente nazionale italiano di unificazione;

§       CEI Comitato elettrotecnico italiano.

 

Il comma 3 prevede l’applicabilità delle disposizioni dei seguenti articoli, della citata legge n. 317/1986:

§      articolo 5: Adempimenti degli organismi di normalizzazione e delle amministrazioni pubbliche;

§      articolo 6: Comunicazione delle informazioni da parte del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato;

§      articolo 9: Differimento della messa in vigore di regole tecniche;

§      articolo 9-bis. Adempimenti procedurali;

§      articolo 9-ter: Esclusione di adempimenti.

 


 

Articolo 17-quinquies
(Semplificazione dell'attività edilizia e diritto ai punti di ricarica)

 


1. Al comma 2 dell'articolo 4 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, sono premessi i seguenti:

«1-ter. Entro il 1° giugno 2014, i comuni adeguano il regolamento di cui al comma 1 prevedendo, con decorrenza dalla medesima data, che ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio sia obbligatoriamente prevista, per gli edifici di nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale con superficie utile superiore a 500 metri quadrati e per i relativi interventi di ristrutturazione edilizia, l'installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli idonee a permettere la connessione di una vettura da ciascuno spazio a parcheggio coperto o scoperto e da ciascun box per auto, siano essi pertinenziali o no, in conformità alle disposizioni edilizie di dettaglio fissate nel regolamento stesso.

1-quater. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 1-ter del presente articolo, le regioni applicano, in relazione ai titoli abilitativi edilizi difformi da quanto ivi previsto, i poteri inibitori e di annullamento stabiliti nelle rispettive leggi regionali o, in difetto di queste ultime, provvedono ai sensi dell'articolo 39.

1-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater non si applicano agli immobili di proprietà delle amministrazioni pubbliche».

2. Fatto salvo il regime di cui all'articolo 1102 del codice civile, le opere edilizie per l'installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica dei veicoli in edifici in condominio sono approvate dall'assemblea di condominio, in prima o in seconda convocazione, con le maggioranze previste dall'articolo 1136, secondo comma, del codice civile.

3. Nel caso in cui il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, le deliberazioni di cui al comma 2, il condomino interessato può installare, a proprie spese, i dispositivi di cui al citato comma 2, secondo le modalità ivi previste. Resta fermo quanto disposto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, del codice civile.


 

 

L'articolo 17-quinquies, inserito nel corso dell'esame parlamentare, al comma 1 aggiunge i commi 1-ter, 1-quater e 1-quinquies all'articolo 4 del DPR n. 380 del 2001[94]. In particolare, il comma 1-ter dispone che entro il 1° giugno 2014 i comuni adeguino i propri regolamenti sull’attività edilizia in modo da prevedere che, per gli edifici di nuova costruzione ad uso diverso da quello residenziale di superficie superiore ai 500 mq e per i relativi interventi di ristrutturazione, l’installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli sia obbligatoria ai fini del conseguimento del titolo abilitativo edilizio.

Il comma 1-quinquies dell’articolo 4del DPR n. 380/2001stabilisce che, decorso inutilmente il termine del 1° giugno 2014, di cui al comma 1-ter, le regioni applichino, in relazione ai titoli abilitativi edilizi difformi da quanto ivi previsto, e cioè rilasciati anche se privi della previsione dell’installazione di infrastrutture elettriche per la ricarica dei veicoli, i poteri inibitori e di annullamento stabiliti nelle rispettive leggi regionali o, in difetto di queste ultime, provvedano all'annullamento del permesso di costruire ai sensi dell'articolo 39 del DPR n. 380 del 2001.

Il nuovo comma 1-quaterspecifica, infine, che tali disposizioni non si applicano agli immobili di proprietà delle Amministrazioni pubbliche.

 

Si ricorda che l'articolo 4 del DPR n. 380 del 2001 riguarda i regolamenti edilizi comunali e prevede che essi debbano contenere la disciplina delle modalità costruttive, con particolare riguardo al rispetto delle normative tecnico-estetiche, igienico-sanitarie, di sicurezza e vivibilità degli immobili e delle pertinenze degli stessi. L'articolo 39 del medesimo DPR prevede l'annullamento del permesso di costruire da parte della regione, disponendo che entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano interventi non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della loro adozione, possono essere annullati dalla regione, con un provvedimento che è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare del permesso, al proprietario della costruzione, al progettista, e al comune. Entro sei mesi dalla data di adozione del provvedimento di annullamento, deve essere ordinata la demolizione delle opere eseguite in base al titolo annullato.

 

Il comma 2 prevede che la decisione circa le opere edilizie per l’installazione delle infrastrutture di ricarica elettrica negli edifici in condominio sia approvata con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.

Viene a tal proposito fatto salvo il regime previsto dall'articolo 1102 del codice civile e cioè la possibilità da parte dei condomini di servirsi delle parti comuni purché non se ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne parimenti uso secondo il loro diritto. L'articolo del codice civile richiamato prevede, inoltre che il condomino possa apportare a proprie spese le modificazioni necessarie.

 

Il comma 3 dispone che, in caso di mancata deliberazione dell’assemblea entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, il condomino interessato può installare a proprie spese le infrastrutture di ricarica. Si stabilisce che rimanga fermo quanto previsto dagli articoli 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma del codice civile, riguardanti rispettivamente le innovazioni per il miglioramento delle cose comuni del condominio e la possibilità per i condomini di partecipare in ogni momento ai vantaggi dell'innovazione, contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.

 

Si ricorda che l'articolo 1120 del codice civile consente ai condomini con la maggioranza dei partecipanti e dei due terzi del valore dell'edificio, indicata dal quinto comma dell'articolo 1136, di disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento o all'uso più comodo o al maggior rendimento delle cose comuni. Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.

L'articolo 1121, terzo comma, fa salva, tuttavia, la possibilità, per i condomini che inizialmente non avevano inteso trarre vantaggio dall'innovazione, di partecipare in ogni momento a tali vantaggi contribuendo alle spese di esecuzione e di manutenzione dell'opera.


 

Articolo 17-sexies
(Disposizioni in materia urbanistica)

 


1. Le infrastrutture, anche private, destinate alla ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica costituiscono opere di urbanizzazione primaria realizzabili in tutto il territorio comunale.

2. Le leggi regionali stabiliscono contenuti, modalità e termini temporali tassativi affinché gli strumenti urbanistici generali e di programmazione territoriale comunali e sovracomunali siano adeguati con la previsione di uno standard minimo di dotazione di impianti pubblici di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e in coerenza con il Piano nazionale di cui all'articolo 17-septies.

3. Le leggi regionali prevedono, altresì, che gli strumenti urbanistici e di programmazione siano adeguati con la previsione di uno standard minimo di dotazione di impianti di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica ad uso collettivo a corredo delle attività commerciali, terziarie e produttive di nuovo insediamento.


 

 

L'articolo 17-sexies, inserito nel corso dell'esame parlamentare,prevede che le infrastrutture, anche private, destinate alla ricarica dei veicoli elettrici costituiscano opere di urbanizzazione primaria.

 

Sono considerate opere di urbanizzazione primaria, ai sensi del comma 7 dell’art. 16 del TU dell’edilizia (D.P.R. n. 380/2001), quelle relative ai seguenti interventi: strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato. Sostanzialmente le opere relative alla viabilità e servizi sono caratterizzate da un rapporto di stretta interconnessione funzionale rispetto all’intervento edilizio primario, essendo essenziali per rendere fruibile lo stesso. Il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate nel presente articolo. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire. A scomputo totale o parziale della quota dovuta, il titolare del permesso può obbligarsi a realizzare direttamente le opere di urbanizzazione. Il comma 2-bis all’art. 16 del TU dell’edilizia, nell’ambito degli strumenti attuativi dei piani urbanistici e degli atti equivalenti comunque denominati, nonché degli interventi in diretta attuazione dello strumento urbanistico generale, prevede la realizzazione diretta delle opere di urbanizzazione primaria a scomputo da parte del titolare del permesso di costruire qualora esse siano inferiori alle soglie comunitarie di cui all’articolo 28 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture).

 

Le leggi regionali dovranno stabilire, con la fissazione di modalità e termini tassativi, che gli strumenti urbanistici comunali e sovracomunali prevedano uno standard minimo di dotazione di impianti pubblici di ricarica, in coerenza con il piano nazionale infrastrutturale per la ricarica di veicoli alimentati ad energia elettrica previsto nel successivo articolo 17-septies (comma 2), anche a corredo delle attività commerciali, terziarie e produttive di nuovo insediamento (comma 3).

Articolo 17-septies
(Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica)

 


1. Al fine di garantire in tutto il territorio nazionale i livelli minimi uniformi di accessibilità del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, è approvato il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, di seguito denominato "Piano nazionale".

2. Il Piano nazionale è aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno, nel rispetto della procedura di cui al comma 1.

3. Il Piano nazionale ha ad oggetto la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica nonché interventi di recupero del patrimonio edilizio finalizzati allo sviluppo delle medesime reti.

4. Il Piano nazionale definisce le linee guida per garantire lo sviluppo unitario del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica nel territorio nazionale, sulla base di criteri oggettivi che tengono conto dell'effettivo fabbisogno presente nelle diverse realtà territoriali, valutato sulla base dei concorrenti profili della congestione di traffico veicolare privato, della criticità dell'inquinamento atmosferico e dello sviluppo della rete stradale urbana ed extraurbana e di quella autostradale. In particolare, il Piano nazionale prevede:

a) l'istituzione di un servizio di ricarica dei veicoli, a partire dalle aree urbane, applicabile nell'ambito del trasporto privato e pubblico e conforme agli omologhi servizi dei Paesi dell'Unione europea, al fine di garantirne l'interoperabilità in ambito internazionale;

b) l'introduzione di procedure di gestione del servizio di ricarica di cui alla lettera a) basate sulle peculiarità e sulle potenzialità delle infrastrutture relative ai contatori elettronici, con particolare attenzione:

1) all'assegnazione dei costi di ricarica al cliente che la effettua, identificandolo univocamente;

2) alla predisposizione di un sistema di tariffe differenziate;

3) alla regolamentazione dei tempi e dei modi di ricarica, coniugando le esigenze dei clienti con l'ottimizzazione delle disponibilità della rete elettrica, assicurando la realizzazione di una soluzione compatibile con le regole del libero mercato che caratterizzano il settore elettrico;

c) l'introduzione di agevolazioni, anche amministrative, in favore dei titolari e dei gestori degli impianti di distribuzione del carburante per l'ammodernamento degli impianti attraverso la realizzazione di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica;

d) la realizzazione di programmi integrati di promozione dell'adeguamento tecnologico degli edifici esistenti;

e) la promozione della ricerca tecnologica volta alla realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica.

5. Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti promuove la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, al fine di concentrare gli interventi previsti dal comma 4 nei singoli contesti territoriali in funzione delle effettive esigenze, promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società di distribuzione dell'energia elettrica. Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati.

6. Per la migliore realizzazione dei programmi integrati di cui al comma 4, lettera d), i comuni e le province possono associarsi ai sensi del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. I programmi integrati sono dichiarati di interesse strategico nazionale e alla loro attuazione si provvede secondo la normativa vigente.

7. I comuni possono accordare l'esonero e le agevolazioni in materia di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche stabiliti dall'articolo 1, comma 4, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, in favore dei proprietari di immobili che eseguono interventi diretti all'installazione e all'attivazione di infrastrutture di ricarica elettrica veicolare dei veicoli alimentati ad energia elettrica.

8. Ai fini del finanziamento del Piano nazionale, è istituito nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un apposito fondo, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per l'anno 2013 e a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

9. A valere sulle risorse di cui al comma 8, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti partecipa al cofinanziamento, fino a un massimo del 50 per cento delle spese sostenute per l'acquisto e per l'installazione degli impianti, dei progetti presentati dalle regioni e dagli enti locali relativi allo sviluppo delle reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli nell'ambito degli accordi di programma di cui al comma 5.

10. Ai fini del tempestivo avvio degli interventi prioritari e immediatamente realizzabili, previsti in attuazione del Piano nazionale, parte del fondo di cui al comma 8, per un ammontare pari a 5 milioni di euro per l'anno 2013, è destinata alla risoluzione delle più rilevanti esigenze nelle aree urbane ad alta congestione di traffico. Alla ripartizione di tale importo tra le regioni interessate si provvede con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.


 

 

L’articolo 17-septies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, disciplina il Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici, finanziato da un Fondo appositamente istituito.

 

Il comma 1 stabilisce che, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente D.L. (ovvero entro il 12 febbraio 2013), venga approvato un Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli elettrici, mediante decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del CIPE e d’intesa con la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del D.lgs. n. 281/1997, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Il Piano è volto a garantire in tutto il territorio nazionale i livelli minimi uniformi di accessibilità del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica.

 

Il comma 2 dispone che il Piano nazionale sia aggiornato entro il 30 giugno di ogni anno, nel rispetto della procedura di cui al comma 1.

 

Il comma 3 individua l’oggetto del Piano nazionale: la realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica nonché interventi di recupero del patrimonio edilizio finalizzati allo sviluppo delle reti stesse.

 

Il comma 4 prevede che il Piano nazionale definisca le linee guida per lo sviluppo unitario del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica nel territorio nazionale, tenendo conto dell'effettivo fabbisogno delle diverse realtà territoriali, valutato sulla base dei seguenti profili:

§      congestione di traffico veicolare privato;

§      criticità dell'inquinamento atmosferico;

§      sviluppo della rete stradale urbana ed extraurbana e di quella autostradale.

In particolare, il Piano nazionale prevede:

a)   l'istituzione di un servizio di ricarica dei veicoli, a partire dalle aree urbane, applicabile nell'ambito del trasporto privato e pubblico e conforme agli omologhi servizi dei Paesi dell'Unione europea, al fine di garantirne l'interoperabilità in ambito internazionale;

b)   l'introduzione di procedure di gestione del servizio di ricarica, basate sulle peculiarità e sulle potenzialità delle infrastrutture relative ai contatori elettronici, con particolare attenzione:

1.      all'assegnazione dei costi di ricarica al cliente che effettua la ricarica;

2.      alla predisposizione di un sistema di tariffe differenziate;

3.      alla regolamentazione dei tempi e dei modi di ricarica, coniugando le esigenze dei clienti con l'ottimizzazione delle disponibilità della rete elettrica;

c)   l'introduzione di agevolazioni, anche amministrative, in favore dei titolari e dei gestori degli impianti di distribuzione del carburante per l'ammodernamento degli impianti attraverso la realizzazione di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica;

d)   la realizzazione di programmi integrati di promozione dell'adeguamento tecnologico degli edifici esistenti;

e)   la promozione della ricerca tecnologica volta alla realizzazione di reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica.

 

Il comma 5 demanda al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di promuovere la stipulazione di appositi accordi di programma, approvati con D.P.C.M., previa deliberazione del CIPE, d'intesa con la Conferenza unificata, per concentrare gli interventi previsti dal comma 4 nei singoli contesti territoriali in funzione delle effettive esigenze, promuovendo e valorizzando la partecipazione di soggetti pubblici e privati, ivi comprese le società di distribuzione dell'energia elettrica. Decorsi novanta giorni senza che sia stata raggiunta la predetta intesa, gli accordi di programma possono essere comunque approvati.

 

Il comma 6 prevede che, per la migliore realizzazione dei programmi integrati per l’adeguamento tecnologico degli edifici (di cui alla lettera d) del comma 4), i comuni e le province possono associarsi, ai sensi di quanto previsto dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.lgs. n. 267/2000). I programmi integrati sono dichiarati di interesse strategico nazionale e alla loro attuazione si provvede ai sensi della normativa vigente.

 

Il comma 7 consente ai comuni di accordare l'esonero e le agevolazioni in materia di tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, stabiliti dall'articolo 1, comma 4, della legge n. 449/1997,[95] in favore dei proprietari di immobili che eseguono interventi diretti all'installazione e all'attivazione di infrastrutture di ricarica elettrica veicolare.

Il citato articolo 1, comma 4, consente ai comuni di esonerare dal pagamento della tassa di occupazione di spazi ed aree pubbliche, nei casi degli interventi indicati dai commi 1-3, del medesimo articolo 1.

 

Per il finanziamento del Piano nazionale, il comma 8 istituisce, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un apposito Fondo, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per l’anno 2013 e a 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015.

 

Il comma 9 disciplina l’utilizzo del Fondo, prevedendo che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti partecipi al cofinanziamento dei progetti presentati dalle regioni e dagli enti locali relativi allo sviluppo delle reti infrastrutturali per la ricarica, fino a un massimo del 50 per cento delle spese sostenute per l'acquisto e per l'installazione degli impianti.

 

Il comma 10 dispone che parte del Fondo (pari a 5 milioni di euro per il 2013) sia destinata alla risoluzione delle più rilevanti esigenze nelle aree urbane ad alta congestione di traffico. Alla ripartizione di tale importo tra le regioni interessate si provvede con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.


 

Articolo 17-octies
(Azioni di sostegno alla ricerca)

 


1. Ai fini della promozione della ricerca tecnologica di cui all'articolo 17-septies, comma 4, lettera e), del presente decreto, a valere sulle risorse del Fondo rotativo di cui all'articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e successive modificazioni, è attivata un'apposita linea di finanziamento dei programmi di ricerca finalizzati:

a) alla progettazione dei dati e dei sistemi interconnessi necessari per supportare le reti locali delle stazioni di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica collegati alle reti di distribuzione dell'energia elettrica;

b) alla pianificazione delle modifiche di progettazione necessarie per garantire un'efficace gestione e funzionamento delle reti di distribuzione dell'energia elettrica;

c) alla valutazione delle problematiche esistenti e dei probabili sviluppi futuri relativi agli aspetti normativi e commerciali delle reti infrastrutturali;

d) alla realizzazione di un'unità di bordo che comunica con la stazione di ricarica, volta a ricaricare la batteria automaticamente a un prezzo conveniente quando la rete di distribuzione dell'energia elettrica non è sovraccarica;

e) allo sviluppo di soluzioni per l'integrazione e l'interoperabilità tra dati e sistemi a supporto delle stazioni di ricarica e relative unità di bordo, di cui alle lettere da a) a d), con analoghe piattaforme di informazione sulla mobilità, per la gestione del traffico in ambito urbano;

f) alla ricerca sulle batterie ricaricabili.


 

 

L'articolo 17-octies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede all’unico comma un’apposita linea di finanziamento, a valere sulle risorse del fondo rotativo per il sostegno delle imprese e gli investimenti in ricerca, per programmi di ricerca tecnologica volti alla realizzazione delle reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici.

La norma elenca le finalità dei programmi di ricerca finanziati: le reti locali delle stazioni collegate alle reti di distribuzione dell'energia elettrica; l'efficace gestione e funzionamento delle reti di distribuzione dell'energia elettrica; la valutazione e gli sviluppi futuri relativi agli aspetti normativi e commerciali; la realizzazione di un'unità di bordo che comunica con la stazione di ricarica, volta a ricaricare la batteria automaticamente a un prezzo conveniente quando la rete di distribuzione dell'energia elettrica non è sovraccarica; le piattaforme di infomobilità, per la gestione del traffico in ambito urbano; la ricerca sulle batterie ricaricabili.

 

 


 

Articolo 17-nonies
(Indicazioni all'Autorità per l'energia elettrica e il gas)

 


1. Entro un mese dalla data di approvazione del Piano nazionale, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formula indicazioni all'Autorità per l'energia elettrica e il gas concernenti le reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, con particolare riguardo ai seguenti aspetti:

a) determinazione da parte dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas di tariffe per il consumo dell'energia elettrica di ricarica dei veicoli che, nel rispetto dell'articolo 2, comma 12, lettera e), della legge 14 novembre 1995, n. 481, incentivano l'uso di veicoli alimentati ad energia elettrica ricaricabili nella fase di avvio del mercato e almeno per il primo quinquennio;

b) fissazione di criteri specifici e differenziati rispetto a quelli relativi agli altri tipi di consumo;

c) riconoscimento e recupero dei costi sostenuti nell'interesse generale diretti ad assicurare la qualità, l'efficienza del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e l'adeguata diffusione del medesimo nel territorio nazionale, proporzionalmente all'effetto positivo che ne deriva sugli obiettivi generali di carattere sociale di ammodernamento del Paese, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse;

d) opportunità di differenziare il regime tariffario del servizio domestico o privato di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica da quello del servizio pubblico o collettivo svolto in forma di distribuzione commerciale nonché di contabilizzare separatamente i consumi elettrici per tale ricarica;

e) opportunità di correlare i meccanismi tariffari per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica all'agevolazione del maggior consumo nei casi in cui l'approvvigionamento elettrico è effettuato e contabilizzato separatamente dagli altri usi;

f) opportunità di correlare i provvedimenti di determinazione tariffaria alle ulteriori specificità della filiera della produzione e della distribuzione dell'energia elettrica per la ricarica dei veicoli.

2. Entro due mesi dall'avvenuta formulazione delle indicazioni di cui al comma 1 del presente articolo, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas assume i provvedimenti di sua competenza, con particolare riferimento a quanto indicato dall'articolo 2, comma 12, lettere da d) a h), della legge 14 novembre 1995, n. 481.

3. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas provvede annualmente a quanto indicato dall'articolo 2, comma 12, lettera n), della legge 14 novembre 1995, n. 481, in relazione alla filiera della produzione e della distribuzione dell'energia elettrica per la ricarica dei veicoli, formulando le osservazioni e le proposte di cui alla lettera a) del medesimo comma 12.


 

 

L'articolo 17-nonies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che, entro un mese dall’approvazione del Piano nazionale, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formuli indicazioni all’Autorità per l’energia elettrica e il gas concernenti le reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici.

 

Il comma 1 prevede che, entro un mese dall’approvazione del Piano nazionale di cui all’art. 17-septies, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, formuli indicazioni all’Autorità per l’energia elettrica e il gas concernenti le reti infrastrutturali per la ricarica dei veicoli elettrici.

La norma elenca gli aspetti che tali indicazioni devono toccare, fra cui la determinazione da parte dell’AEEG delle tariffe per il consumo dell'energia elettrica di ricarica dei veicoli che incentivano l'uso di veicoli alimentati ad energia elettrica ricaricabili nella fase di start up del mercato e almeno per il primo quinquennio.

Tale previsione opera nel rispetto dell'articolo 2, comma 12, lettera e), della legge 14 novembre 1995, n. 481: esso, nel dettare norme per l'istituzione delle Autorità per i servizi di pubblica utilità - competenti, rispettivamente, per l'energia elettrica e il gas e per le telecomunicazioni - stabilisce che ciascuna Autorità svolga fra l'altro la funzione di stabilire ed aggiornare, in relazione all'andamento del mercato, la tariffa base, i parametri e gli altri elementi di riferimento per determinare le tariffe di ciascun settore, nonché le modalità per il recupero dei costi eventualmente sostenuti nell'interesse generale in modo da assicurare la qualità, l'efficienza del servizio e l'adeguata diffusione del medesimo sul territorio nazionale, nonché la realizzazione degli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse, tenendo separato dalla tariffa qualsiasi tributo od onere improprio. La stessa Autorità è altresì tenuta a verificare la conformità a tali criteri delle proposte di aggiornamento delle tariffe annualmente presentate, pronunciandosi al riguardo, sentiti eventualmente i soggetti esercenti il servizio, entro novanta giorni dal ricevimento della proposta.

 

Ulteriori indicazioni sono dirette alla fissazione di criteri specifici e differenziati rispetto a quelli relativi agli altri tipi di consumo. Inoltre, esse riguardano i costi sostenuti nell'interesse generale diretti ad assicurare la qualità, l'efficienza del servizio di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica e l'adeguata diffusione del medesimo nel territorio nazionale (proporzionalmente all'effetto positivo che ne deriva sugli obiettivi generali di carattere sociale di ammodernamento del Paese, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse).

È anche statuita l'opportunità di differenziare il regime tariffario del servizio domestico o privato di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica da quello del servizio pubblico o collettivo, correlando i meccanismi tariffari per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica all'agevolazione del maggior consumo (nei casi in cui l'approvvigionamento elettrico è effettuato e contabilizzato separatamente dagli altri usi). Infine, i provvedimenti di determinazione tariffaria andrebbero correlati alle ulteriori specificità della filiera della produzione e della distribuzione dell'energia elettrica per la ricarica dei veicoli.

 

Il comma 2 prevede che entro due mesi dall'avvenuta formulazione delle indicazioni, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas assuma i provvedimenti di sua competenza.

 

L’AEEG, ai sensi del comma 3, provvede annualmente – in relazione alla filiera della produzione e della distribuzione dell'energia elettrica per la ricarica dei veicoli, formulando le osservazioni e le proposte di competenza - a verificare la congruità delle misure adottate dai soggetti esercenti il servizio al fine di assicurare la parità di trattamento tra gli utenti. Ciò consentirebbe di garantire la continuità della prestazione dei servizi, di verificare periodicamente la qualità e l'efficacia delle prestazioni (all'uopo acquisendo anche la valutazione degli utenti), di garantire ogni informazione circa le modalità di prestazione dei servizi e i relativi livelli qualitativi, di offrire a utenti e consumatori il più agevole accesso agli uffici aperti al pubblico, di ridurre il numero degli adempimenti richiesti agli utenti semplificando le procedure per l'erogazione del servizio, di assicurare la sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni nel rispetto dei livelli qualitativi e tariffari.


 

Articolo 17-decies
(Incentivi per l'acquisto di veicoli)

 


1. A coloro che acquistano in Italia, anche in locazione finanziaria, un veicolo nuovo di fabbrica a basse emissioni complessive e che consegnano per la rottamazione un veicolo di cui siano proprietari o utilizzatori, in caso di locazione finanziaria, da almeno dodici mesi, è riconosciuto un contributo pari al:

a) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 5.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO 2 non superiori a 50 g/km;

b) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 3.500 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO 2 non superiori a 50 g/km;

c) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 4.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO 2 non superiori a 95 g/km;

d) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 3.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO 2 non superiori a 95 g/km;

e) 20 per cento del prezzo di acquisto, nel 2013 e 2014, fino ad un massimo di 2.000 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO 2 non superiori a 120 g/km;

f) 15 per cento del prezzo di acquisto, nel 2015, fino ad un massimo di 1.800 euro, per i veicoli a basse emissioni complessive che producono emissioni di CO 2 non superiori a 120 g/km.

2. Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati tra il 1° gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015 a condizione che:

a) il contributo di cui al comma 1 risulti ripartito in parti uguali tra un contributo statale, nei limiti delle risorse di cui all'articolo 17-undecies, comma 1, e uno sconto praticato dal venditore;

b) il veicolo acquistato non sia stato già immatricolato in precedenza;

c) il veicolo consegnato per la rottamazione appartenga alla medesima categoria del veicolo acquistato e risulti immatricolato almeno dieci anni prima della data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b);

d) il veicolo consegnato per la rottamazione sia intestato, da almeno dodici mesi dalla data di acquisto del veicolo nuovo di cui alla lettera b), allo stesso soggetto intestatario di quest'ultimo o ad uno dei familiari conviventi alla data di acquisto del medesimo veicolo, ovvero, in caso di locazione finanziaria del veicolo nuovo, che sia intestato, da almeno dodici mesi, al soggetto utilizzatore del suddetto veicolo o a uno dei predetti familiari;

e) nell'atto di acquisto sia espressamente dichiarato che il veicolo consegnato è destinato alla rottamazione e siano indicate le misure dello sconto praticato e del contributo statale di cui al comma 1.

3. Entro quindici giorni dalla data di consegna del veicolo nuovo, il venditore ha l'obbligo, pena il non riconoscimento del contributo, di consegnare il veicolo usato ad un demolitore e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell'automobilista, di cui al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 2000, n. 358.

4. I veicoli usati di cui al comma 3 non possono essere rimessi in circolazione e devono essere avviati o alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati, anche convenzionati con le stesse, al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero di materiali e della rottamazione.

5. Il contributo è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto.

6. Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo rimborsano al venditore l'importo del contributo e recuperano detto importo quale credito di imposta per il versamento delle ritenute dell'imposta sul reddito delle persone fisiche operate in qualità di sostituto d'imposta sui redditi da lavoro dipendente, dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, dell'imposta sul reddito delle società e dell'imposta sul valore aggiunto, dovute, anche in acconto, per l'esercizio in cui viene richiesto al pubblico registro automobilistico l'originale del certificato di proprietà e per i successivi.

7. Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita, le imprese costruttrici o importatrici conservano la seguente documentazione, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore:

a) copia della fattura di vendita e dell'atto di acquisto;

b) copia del libretto e della carta di circolazione e del foglio complementare o del certificato di proprietà del veicolo usato o, in caso di loro mancanza, copia dell'estratto cronologico;

c) originale del certificato di proprietà relativo alla cancellazione per demolizione, rilasciato dallo sportello telematico dell'automobilista di cui al comma 3;

d) certificato dello stato di famiglia, nel caso previsto dal comma 2, lettera d).


 

 

L’articolo 17-decies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, concede incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni.

 

Il comma 1 prevede un contributo per l’acquisto, anche in locazione finanziaria, di un veicolo nuovo a basse emissioni complessive previa consegna di un veicolo da rottamare. Il contributo - che, secondo quanto disposto dal comma 5 è corrisposto dal venditore mediante compensazione con il prezzo di acquisto - è riconosciuto in percentuale del 20 per cento (negli anni 2013 e 2014) o del 15 per cento (nel 2015) del prezzo d’acquisto, fino a determinati massimali, fissati in relazione alle emissioni complessive del veicolo.

 

Il contributo spetta per i veicoli acquistati e immatricolati tra il 1° gennaio 2013 e il 31 dicembre 2015, ed è concesso alle seguenti condizioni (comma 2):

a)   il contributo di cui al comma 1 deve essere ripartito in parti uguali tra un contributo statale e uno sconto praticato dal venditore;

b)   il veicolo acquistato non può essere stato già precedentemente immatricolato;

c)   il veicolo consegnato per la rottamazione deve appartenere alla medesima categoria del veicolo acquistato e deve essere stato immatricolato almeno dieci anni prima della data di acquisto del veicolo nuovo;

d)   il veicolo consegnato per la rottamazione deve essere intestato, da almeno dodici mesi dalla data di acquisto del veicolo nuovo, allo stesso soggetto che acquista il veicolo nuovo, o ad uno dei suoi familiari conviventi. In caso di locazione finanziaria del veicolo nuovo, il veicolo consegnato per la rottamazione deve essere intestato, da almeno dodici mesi, al soggetto utilizzatore del suddetto veicolo, o a uno dei suoi familiari conviventi;

e)   nell'atto di acquisto deve essere espressamente dichiarato che il veicolo consegnato è destinato alla rottamazione e deve essere indicata la misura dello sconto praticato e del contributo statale.

 

Il venditore, ai sensi del comma 3, ha l'obbligo di consegnare il veicolo usato ad un demolitore e di provvedere direttamente alla richiesta di cancellazione per demolizione allo sportello telematico dell'automobilista, entro quindici giorni dalla consegna del veicolo stesso, pena il non riconoscimento del contributo. I veicoli rottamati non possono essere rimessi in circolazione e vanno avviati o alle case costruttrici o ai centri appositamente autorizzati al fine della messa in sicurezza, della demolizione, del recupero dei materiali e della rottamazione (comma 4).

 

Le imprese costruttrici o importatrici del veicolo nuovo, ai sensi del comma 6, rimborsano al venditore l'importo del contributo a carico dello Stato e recuperano detto importo quale credito di imposta. Fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata emessa la fattura di vendita le imprese costruttrici o importatrici conservano la documentazione relativa all'evento, che deve essere ad esse trasmessa dal venditore (comma 7).


 

Articolo 17-undecies
(Fondo per l'erogazione degli incentivi)

 


1. Nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico è istituito un fondo, con una dotazione di 50 milioni di euro per l'anno 2013 e di 45 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, per provvedere all'erogazione dei contributi statali di cui all'articolo 17-decies.

2. Le risorse del fondo di cui al comma 1 sono così ripartite per l'anno 2013:

a) 15 milioni di euro, per provvedere all'erogazione dei contributi statali di cui all'articolo 17-decies, comma 1, lettere a) e c), erogati a beneficio di tutte le categorie di acquirenti, assicurando comunque che le risorse medesime siano assegnate per una quota pari al 70 per cento alla sostituzione di veicoli pubblici o privati destinati all'uso di terzi come definito dall'articolo 82 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, o alla sostituzione dei veicoli utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni, e destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa;

b) 35 milioni di euro, per provvedere all'erogazione dei contributi statali di cui all'articolo 17-decies, comma 1, lettera e), esclusivamente per la sostituzione di veicoli pubblici o privati destinati all'uso di terzi come definito dall'articolo 82 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, o alla sostituzione dei veicoli utilizzati nell'esercizio di imprese, arti e professioni, e destinati ad essere utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell'attività propria dell'impresa.

3. In deroga a quanto previsto dall'articolo 17-decies, i contributi di cui alla lettera a) del comma 2 del presente articolo, non facenti parte della quota del 70 per cento prevista dalla medesima lettera a), sono erogati anche in mancanza della consegna di un veicolo per la rottamazione.

4. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità per la preventiva autorizzazione all'erogazione e le condizioni per la fruizione dei contributi previsti dall'articolo 17-decies, a valere sulle risorse di cui al comma 2 del presente articolo, in modo da assicurare che una quota non inferiore a 5 milioni di euro per l'anno 2013 sia destinata all'erogazione dei contributi statali di cui all'articolo 17-decies, comma 1, lettera a).

5. Per la gestione della misura di agevolazione di cui al presente articolo, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa, attraverso il tempestivo monitoraggio delle disponibilità del fondo di cui al comma 1, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, potrà avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; i relativi costi graveranno sulle risorse di cui al comma 1 nella misura massima dell'1 per cento.

6. Per gli anni 2014 e 2015, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro il 15 gennaio di ciascun anno, vengono rideterminate le ripartizioni delle risorse di cui al comma 2, sulla base della dotazione del fondo di cui al comma 1 e del monitoraggio degli incentivi relativo all'anno precedente.


 

 

L’articolo 17-undecies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, istituisce il Fondo per l’erogazione dei contributi statali, per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, previsti dal precedente articolo 17-decies.

 

Il Fondo è istituito nello stato di previsione della spesa del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 (comma 1).

 

Il comma 2 stabilisce che, per l’anno 2013, i contributi siano ripartiti come segue:

a)   15 milioni di euro, per provvedere all'erogazione dei contributi statali per l’acquisto di veicoli che producono emissioni di CO 2 non superiori a 95 g/km. I contributi per l’acquisto di questi veicoli possono essere erogati a beneficio di tutte le categorie di acquirenti, assicurando comunque che una quota pari al 70 per cento delle risorse disponibili siano assegnate alla sostituzione di veicoli pubblici o privati destinati all'uso di terzi o alla sostituzione dei veicoli utilizzati, come beni strumentali, nell'esercizio di imprese, arti e professioni;

L’articolo 82 del D.lgs. n. 285/1992 (Codice della strada), richiamato dall’articolo in commento, prevede che si abbia uso di terzi quando un veicolo è utilizzato, dietro corrispettivo, nell'interesse di persone diverse dall'intestatario della carta di circolazione. L'uso di terzi comprende:

·       locazione senza conducente;

·       servizio di noleggio con conducente e servizio di taxi per trasporto di persone;

·       servizio di linea per trasporto di persone;

·       servizio di trasporto di cose per conto terzi;

·       servizio di linea per trasporto di cose;

·       servizio di piazza per trasporto di cose per conto terzi.

b)  35 milioni di euro per provvedere all'erogazione dei contributi statali per l’acquisto di veicoli che producono emissioni di CO 2 superiori a 95 g/km, ma non superiori a 120 g/km. I contributi per l’acquisto di questi veicoli sono destinati esclusivamente alla sostituzione di veicoli pubblici o privati destinati all'uso di terzi o alla sostituzione dei veicoli utilizzati, come beni strumentali, nell'esercizio di imprese, arti e professioni.

 

Il comma 3 prevede che i contributi di cui alla lettera a) del comma 2, non facenti parte della quota del 70 per cento, possano essere erogati anche in mancanza della consegna di un veicolo da rottamare.

 

Per i successivi anni 2014 e 2015, la ripartizione delle risorse viene effettuata, entro il 15 gennaio di ciascun anno, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, sulla base della dotazione del Fondo e del monitoraggio degli incentivi relativo all'anno precedente (comma 6).

 

Il comma 4 prevede l’emanazione, entro l’11 ottobre 2012 (ovvero 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge), di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Il decreto stabilisce le modalità per la preventiva autorizzazione all'erogazione e le condizioni per la fruizione dei contributi, assicurando che una quota non inferiore a 5 milioni di euro per il 2013 sia destinata alla concessione di contributi per l’acquisto di veicoli che producono emissioni di CO 2 non superiori a 50 g/km.

 

Il comma 5 consente al Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di avvalersi di società in house o di società o enti, in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà, per la gestione delle agevolazioni in commento, al fine di assicurare il rispetto del limite di spesa, attraverso il tempestivo monitoraggio delle disponibilità del relativo Fondo. Si prevede la stipula di una convenzione e la selezione del soggetto mediante gara, da svolgere secondo le previsioni del Codice dei contratti pubblici. I relativi costi dovranno gravare sul Fondo di cui al comma 1, nella misura massima dell’1 per cento.


 

Articolo 17-duodecies
(Copertura finanziaria)

 


1. Agli oneri derivanti dagli articoli 17-septies, comma 8, e 17-undecies, comma 1, pari complessivamente a 70 milioni di euro per l'anno 2013 e a 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015, si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2013 e 2014, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 17-duodecies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare,reca la copertura finanziaria degli oneri recati dagli articoli 17-septies, comma 8 (Fondo per il finanziamento del Piano nazionale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica), e 17-undecies, comma 1 (Fondo per l’erogazione dei contributi statali, per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive).

 

Ai sensi del comma 1, tali oneri - quantificati in 70 milioni di euro per l'anno 2013 e 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015 - vengono coperti mediante corrispondente riduzione delle proiezioni, per gli anni 2013 e 2014, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 2 autorizza conseguentemente il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare le necessari variazioni di bilancio con propri decreti.

 


 

Articolo 17-terdecies
(Norme per il sostegno e lo sviluppo della riqualificazione elettrica dei veicoli circolanti)

 

1. Per le modifiche delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione delle categorie internazionali L, M1 e N1, consistenti nella trasformazione degli stessi in veicoli il cui motore sia ad esclusiva trazione elettrica, si applica l'articolo 75, comma 3-bis, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.

 

 

L’articolo 17-terdecies, inserito nel corso dell’esame parlamentare, è diretto a semplificare la procedura per la trasformazione ad esclusiva trazione elettrica del motore dei veicoli.

 

La norma dispone l’applicabilità dell’articolo 75 (Accertamento dei requisiti di idoneità alla circolazione e omologazione), comma 3-bis, del Codice della strada (D.lgs. n. 285/1992), per la sopra indicata modifica delle caratteristiche costruttive e funzionali dei veicoli in circolazione.

Il citato comma 3-bis demanda a decreti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di stabilire, con propri decreti, norme specifiche per l’approvazione nazionale dei sistemi, componenti ed entità tecniche, nonché le idonee procedure per la loro installazione quali elementi di sostituzione o di integrazione di parti dei veicoli, su tipi di autovetture e motocicli nuovi o in circolazione. I sistemi, componenti ed entità tecniche, per i quali siano stati emanati i suddetti decreti contenenti le norme specifiche per l’approvazione nazionale degli stessi, sono esentati dalla necessità di ottenere l’eventuale nulla osta della casa costruttrice, salvo che sia diversamente disposto nei decreti medesimi.

 

La norma si applica ai seguenti veicoli:

§      veicoli a due e tre ruote;

§      veicoli a quattro ruote per il trasporto di persone con non più di 8 posti a sedere, oltre quello del conducente,

§      veicoli per il trasporto merci di massa massima non superiore a 3,5 tonnellate.


 

Articolo 18
(
Amministrazione aperta)

 


1. La concessione delle sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari alle imprese e l'attribuzione dei corrispettivi e dei compensi a persone, professionisti, imprese ed enti privati e comunque di vantaggi economici di qualunque genere di cui all'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 ad enti pubblici e privati, sono soggetti alla pubblicità sulla rete internet, ai sensi del presente articolo e secondo il principio di accessibilità totale di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

2. Nei casi di cui al comma 1 ed in deroga ad ogni diversa disposizione di legge o regolamento, nel sito internet dell'ente obbligato sono indicati: a) il nome dell'impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l'importo; c) la norma o il titolo a base dell'attribuzione; d) l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.

3. Le informazioni di cui al comma 2 sono riportate, con link ben visibile nella homepage del sito, nell'ambito dei dati della sezione «Trasparenza, valutazione e merito» di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009, che devono essere resi di facile consultazione, accessibili ai motori di ricerca ed in formato tabellare aperto che ne consente l'esportazione, il trattamento e il riuso ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

4. Le disposizioni del presente articolo costituiscono diretta attuazione dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità sanciti dall'articolo 97 della Costituzione, e ad esse si conformano entro il 31 dicembre 2012, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere g), h), l), m), r) della Costituzione, tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, le aziende speciali e le società in house delle pubbliche amministrazioni. Le regioni ad autonomia speciale vi si conformano entro il medesimo termine secondo le previsioni dei rispettivi Statuti.

5. A decorrere dal 1° gennaio 2013, per le concessioni di vantaggi economici successivi all'entrata in vigore del presente decreto-legge, la pubblicazione ai sensi del presente articolo costituisce condizione legale di efficacia del titolo legittimante delle concessioni ed attribuzioni di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare previste dal comma 1, e la sua eventuale omissione o incompletezza è rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico. La mancata, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 30 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

6. Restano fermi l'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, i decreti legislativi 7 marzo 2005, n. 82, 12 aprile 2006, n. 163 e 6 settembre 2011, n. 159, l'articolo 8 del decreto-legge 7 maggio 2012, n. 52 e le ulteriori disposizioni in materia di pubblicità. Ai pagamenti obbligatori relativi ai rapporti di lavoro dipendente ed ai connessi trattamenti previdenziali e contributivi si applicano le disposizioni ad essi proprie. Il Governo, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, è autorizzato ad adottare entro il 31 dicembre 2012, previo parere della Conferenza unificata, un regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a coordinare le predette disposizioni con il presente articolo ed a disciplinare le modalità di pubblicazione dei dati di cui ai commi precedenti anche sul portale nazionale della trasparenza di cui al citato decreto legislativo n. 150 del 2009. Lo stesso regolamento potrà altresì disciplinare le modalità di attuazione del presente articolo in ordine ai pagamenti periodici e per quelli diretti ad una pluralità di soggetti sulla base del medesimo titolo.

7. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo18 vincola le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, i concessionari di servizi pubblici e le società a prevalente partecipazione o controllo pubblico, ad utilizzare la rete internet per assolvere all’obbligo di pubblicità di dati, specificamente indicati, relativi all’erogazione di vantaggi economici. Le disposizioni in esame introducono così obblighi ulteriori rispetto a quelli già stabiliti dall'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che si limita a prevedere un obbligo di pubblicità dei criteri e delle modalità seguiti ai fini dell’emanazione di atti attributivi di vantaggi economici. I soggetti indicati, nonché le regioni ad autonomia speciale secondo le previsioni dei rispettivi statuti, devono conformarsi a tale prescrizione entro il 31 dicembre 2012. Dal 1° gennaio 2013, l’efficacia dei titoli che attribuiscono vantaggi economici di importo complessivo superiore a mille euro nell'anno solare è subordinata alla pubblicazione dei relativi dati sulla rete internet, la cui mancanza, incompletezza o ritardo è azionabile ai fini del risarcimento del danno.

 

L’articolo in esame, rubricato “amministrazione aperta”, dispone in tema di pubblicità via internet degli atti posti in essere da soggetti pubblici, diretti a concedere o attribuire vantaggi economici ad altri soggetti pubblici o privati, ad esclusione di quelli che costituiscono pagamenti obbligatori per rapporti di lavoro dipendente e connessi trattamenti previdenziali e contributivi.

All’’obbligo di predeterminazione e pubblicazione dei criteri e delle modalità seguiti per i provvedimenti attributivi di vantaggi economici già stabilito dall’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, cui i soggetti eroganti provvedevano nelle forme deliberate, l’articolo 18 rende uniforme per i soggetti indicati, sia la modalità sia il contenuto dell’obbligo di pubblicità:

 

Il citato art. 12 della legge 241/1990 è espressione di un principio di ordine generale “che esige, in materia di sovvenzioni, contributi, sussidi e ausili finanziari e di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, la predeterminazione e pubblicazione dei criteri e modalità cui le Amministrazioni devono attenersi per un'esigenza di trasparenza dell'azione amministrativa” (così Corte dei conti, Sez. Contr., det. n. 76 del 10 maggio 1993).

L’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi. La stessa disposizione prevede che l'effettiva osservanza di tali regole procedimentali risulti dai singoli provvedimenti relativi all’attribuzione dei vantaggi economici.

 

Ai fini della valutazione della portata innovativa dell’articolo in esame, occorre tenere conto del quadro normativo vigente, nel quale rilevano, oltre alle fonti espressamente richiamate dal comma 6 tra cui il citato art. 12 della legge 241/1990, ulteriori disposizioni in tema di pubblicità su siti istituzionali, in merito alle quali il medesimo comma formula un generico rinvio.

Ai fini di una indicativa di ricognizione di tali fonti si ricordano:

§       l’art. 3, comma 54 della L. 244/2007[96] che ha novellato il comma 127 dell’art. 1 della L. 23 dicembre 1996, n. 662, prevedendo che le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso sono tenute a pubblicare sul proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell’incarico e dell’ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

§       l’art. 3, comma 44 della l. 244/2007, che ha previsto che nessun atto comportante spesa per emolumenti a carico delle pubbliche finanze anche nell’ambito di rapporti di lavoro autonomo con pubbliche amministrazioni statali di cui all’articolo 1 , comma 2, D.lgs. n. 165/2001agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate, o per collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate, può ricevere attuazione, se non sia stato previamente reso noto, con l’indicazione nominativa dei destinatari e dell’ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web dell’amministrazione o del soggetto interessato e, in caso di violazione, l’amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.Tali disposizioni non si applicano ai contratti di diritto privato in corso alla data del 28 settembre 2007 e alla Banca d’Italia e alle altre autorità indipendenti tale previsione di pubblicità si applica solo a partire da determinati importi.

§       l’art. 4, comma 2, lett. h), n. 3) della L. 15/2009[97] che prescrive un principio di delega relativo all'adozione da parte delle pubbliche amministrazioni, sentite le associazioni di cittadini, consumatori e utenti rappresentate nel Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, di un programma per la trasparenza, di durata triennale, da rendere pubblico anche attraverso i siti web delle pubbliche amministrazioni. La disposizione delegata contenuta nell’art. 11 del D.lgs. n. 150 /2009, espressamente richiamato dal comma 1 dell’articolo in esame, definisce la trasparenza (amministrativa) in termini di accessibilità totale, da attuare anche attraverso la pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche, di informazioni concernenti anche gli indicatori relativi all'utilizzo di risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali. In base all’art. 11 l’accessibilità dei dati favorisce forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità e costituisce livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lett. m) della Costituzione. Ai sensi di tale disposizione ogni amministrazione adotta un Programma triennale per la trasparenza e l'integrità, che ha l'obbligo di pubblicare sul proprio sito in apposita sezione denominata: «Trasparenza, valutazione e merito».; sul medesimo sito la stessa disposizione prescrive che siano pubblicati gli incarichi conferiti anche a privati. L’inadempimento degli obblighi di pubblicazione comporta il divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti.

 

I soggetti destinatari degli obblighi di pubblicità già previsti dal quadro normativo vigente sopra tratteggiato sono costituiti:

§       ai sensi dell’art. 11 del D.lgs. 150/2009, dalle amministrazioni pubbliche indicate all’art. 1, comma 2, del D.lgs. 165/2001 - cioè tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché,fino alla revisione organica della disciplina di settore, il CONI;

§       ai sensi dell’art. 3, comma 44, della legge n. 244/2007 alle pubbliche amministrazioni statali (di cui all’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 165/2001) vanno aggiunti: agenzie, enti pubblici anche economici, enti di ricerca, università, società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica nonché le loro controllate.

 

I soggetti obbligatiai sensi del comma 4 sono tutte le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, le aziende speciali e le società in house. Il testo originario del decreto-legge includeva, tra i soggetti obbligati, "i concessionari di servizi pubblici e le società a prevalente partecipazione o controllo pubblico", ma in sede di esame parlamentare, tale previsione è stata sostituita con quella delle "aziende speciali e società in house". Per effetto di tale modifica, l'ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni, appare perimetrato su di un novero di soggetti più specificamente riconducibile alla 'pubblica amministrazione', per strumentalità (propria dell'azienda speciale rispetto all'ente locale ex art. 114 D.lgs. 267/2000) o per proiezione organizzativa con delegazione interorganica (caratterizzante il rapporto tra ente e società in house).

In materia di servizi pubblici locali e società in house si veda infra l’illustrazione dell’art. 53.

Circa gli organismi partecipati dalle amministrazioni locali, dati quantitativi (sulla base di un campione pari al 90 per cento degli enti locali) sono resi dalla Corte dei conti nel rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2012 (approvato dall’adunanza delle Sezioni riunite in sede di controllo del 28 maggio 2012), dalla quale risulta a livello nazionale un numero complessivo di 4.942 organismi partecipati da amministrazioni pubbliche; delle 3.153 società partecipate da Province e Comuni, 2.444 (pari al 78 per cento) sono destinatarie di affidamento diretto.

 

Dal punto di vista dell’oggetto dell’obbligo di pubblicità sul web, la disposizione in esame sembra avere un contenuto più ampio di quelle sopra illustrate, che deve essere articolato, ai sensi del comma 2, in modo da evidenziare: a) il nome dell'impresa o altro soggetto beneficiario ed i suoi dati fiscali; b) l'importo; c) la norma o il titolo a base dell'attribuzione; d) l'ufficio e il funzionario o dirigente responsabile del relativo procedimento amministrativo; e) la modalità seguita per l'individuazione del beneficiario; f) il link al progetto selezionato, al curriculum del soggetto incaricato, nonché al contratto e capitolato della prestazione, fornitura o servizio.

E’ infatti compreso ogni tipo di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari, restando però esclusi i pagamenti obbligatori relativi ai rapporti di lavoro dipendente ed ai connessi trattamenti previdenziali e contributivi. In merito a tali pagamenti si può notare che, per quelli da lavoro dipendente sia l’art. 3 della legge 244/2007, sia l’art. 11 del D.lgs. 150/2009 prevedono la pubblicazione sul web di retribuzioni.

Sotto il profilo dell’estensione degli effetti delle disposizioni in esame a quanto di competenza regionale, il comma 4 afferma che il regime previsto costituisce attuazione dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, ed è espressione di competenza esclusiva dello Stato sensi dell'articolo 117, comma 2, lettere g), h), l) m), r) della Costituzione. A tale regime tutti i soggetti che ne sono destinatari debbono conformarsi entro il 31 dicembre 2012.

Le materie di competenza esclusiva dello Stato cui il richiamo è riferito sono l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali (lett. g)), l’ordine pubblico e sicurezza (lett. h)), giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa (lett. l)); determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lett. m), nonché quella del coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale nell’ambito della lett. r)).

 

A decorrere dal 1° gennaio 2013, in base al comma 5, primo periodo, l’adeguamento al medesimo regime, quindi la pubblicazione sul web attraverso il sito istituzionale degli atti attributivi di vantaggi economici costituisce condizione per l’efficacia dell’atto stesso se di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare.

Il secondo periodo di tale comma dispone che l’omissione della pubblicazione o la pubblicazione incompleta è rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico.

In merito si rileva che:

§       il richiamo delle forme di responsabilità indicate è effettuato con riferimento ai soli organi dirigenziali e di controllo, non anche ai soggetti cui spetta provvedere alla pubblicità, e riguarda il rilievo d’ufficio dell’incompletezza, del ritardo o della mancanza di pubblicazione;

§       la disposizione contempla la fattispecie di ritardo di pubblicazione, ma non stabilisce il termine entro il quale l’atto attributivo di vantaggi economici, una volta adottato, debba essere pubblicato;

§       le disposizioni che compongono il vigente quadro normativo in materia di obblighi di pubblicazione sui siti istituzionali collegano all’omissione di pubblicazione l’illecito disciplinare e la responsabilità erariale (art. 1, comma 127, L. 23 dicembre 1996, n. 662) o il divieto di erogazione della retribuzione di risultato ai dirigenti preposti agli uffici coinvolti (art. 11 del D.lgs. n. 150 /2009);

§       le responsabilità stabilite dal comma 5 dovrebbero riferirsi a tutte le fattispecie di erogazione di vantaggi economici da parte dei soggetti di cui al comma 4; tra di essi, però, sono compresi anche soggetti di natura privata rispetto ai quali non appare chiaro in quali termini possono essere fatte valere le diverse forme di responsabilità indicate.

Sulla materia, le norme costituzionali di riferimento sono l’art. 28 Cost., in base al quale i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione dei diritti, nonché l’art. 103 Cost. che stabilisce la competenza della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica.

L’art. 28 Cost. collega la responsabilità, fondata su un principio di legalità, alla disposizione costituzionale alla sussistenza di un rapporto di servizio.

Secondo costante giurisprudenza della Corte costituzionale rientra nella discrezionalità del legislatore conformare tale responsabilità e, “ancorché non sia possibile desumere l'esistenza di un principio di inderogabilità delle comuni regole in tema di elemento soggettivo della responsabilità”, la discrezionalità del legislatore, “per essere correttamente esercitata, deve determinare e graduare i tipi e i limiti della responsabilità, caso per caso, in riferimento alle diverse categorie di dipendenti pubblici ovvero alle particolari situazioni, stabilendo, per ciascuna di esse, le forme più idonee a garantire i principi del buon andamento e del controllo contabile” (sentenze n. 1032 del 1988, n. 164 del 1982 e n. 54 del 1975 e n. 371 del 1978). Infatti, il legislatore è “arbitro di stabilire non solo quali comportamenti possano costituire titolo di responsabilità, ma anche quale grado di colpa sia richiesto ed a quali soggetti la responsabilità sia ascrivibile (sentenza n. 411 del 1988), senza limiti o condizionamenti che non siano quelli della non irragionevolezza e non arbitrarietà”. Quindi, “è indubbio che la responsabilità amministrativa, in generale, presenti una peculiare connotazione, rispetto alle altre forme di responsabilità previste dall’ordinamento, che deriva dalla accentuazione dei profili sanzionatori rispetto a quelli risarcitori. In questa prospettiva, il legislatore ha, tra l’altro, il potere di delimitare l’ambito di rilevanza delle condotte perseguibili, stabilendo, nella combinazione di elementi restitutori e di deterrenza, quanto del rischio dell’attività debba restare a carico dell’apparato e quanto a carico del dipendente, nella ricerca di un punto di equilibrio tale da rendere, per dipendenti ed amministratori pubblici, la prospettiva della responsabilità ragione di stimolo, e non di disincentivo (sentenze n. 453 e n. 371 del 1998 e 355 del 2010).

Quanto alla giurisdizione della Corte dei conti di cui all’art. 103 Cost., ai sensi dell’art. 1, comma 1, della legge 20/1994[98]la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti ed alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave, ferma restando l'insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. In ogni caso è esclusa la gravità della colpa quando il fatto dannoso tragga origine dall’emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità, limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo. Pertanto, risulta necessario, ai fini dell’eventuale condanna, l’accertamento dell’elemento soggettivo della condotta del dipendente, del danno causato alla pubblica amministrazione e del rapporto causale tra la condotta e il danno stesso.

Tuttavia, secondo la giurisprudenza costituzionale (sent. n. 24 del 1993) “costituisce 'ius receptum' che la responsabilità amministrativa patrimoniale, devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti, ha natura contrattuale, in quanto presuppone l'esistenza di un rapporto di servizio tra l'autore del danno e l'ente danneggiato (oltreché la violazione di doveri inerenti a detto rapporto), e che, invece, per i danni cagionati ad enti pubblici diversi da quello di appartenenza (ovvero a privati), i pubblici dipendenti rispondono a titolo di responsabilità extracontrattuale, soggetta a giurisdizione del giudice ordinario.carattere non cogente ed assoluto, ma solo tendenzialmente generale, dell'attribuzione alla Corte dei conti, ad opera dell'art. 103 Cost., della giurisdizione in materia di contabilità pubblica, intesa come comprensiva sia dei giudizi di conto che di quelli sulla responsabilità amministrativa patrimoniale dei pubblici dipendenti ed amministratori”. Tuttavia, “la concreta attribuzione della giurisdizione, in relazione alle diverse fattispecie di responsabilità amministrativa è (..) rimessa alla discrezionalità del legislatore ordinario e non opera automaticamente in base all'art. 103 Cost., richiedendo l'interpositio legislatoris, al quale sono rimesse valutazioni che non toccano solo gli aspetti procedimentali del giudizio, investendo la stessa disciplina sostanziale della responsabilità (sentenze nn. 189 e 241 del 1984; n. 641 del 1987; nn. 411, 421 e 773 del 1988, n. 24 del 1993).

 

Il secondo periodo dello stesso comma 5 prevede che la mancata, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 30 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104; tale articolo riguarda l’azione di condanna nei confronti della pubblica amministrazione, esperibile quindi, in tal caso, per danno ingiusto derivante da mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria.

 

Il citato art. 30 integra sul piano processuale quanto previsto dall’art. 2-bis della legge 241/1990 (aggiunto dalla legge n. 69/2009) che ha previsto la risarcibilità del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. La previsione dell’obbligo del risarcimento è ora garantita dal citato art. 30 del codice del processo amministrativo, che prevede, in tali ipotesi, una specifica azione in favore del ricorrente. Il termine per proporre l’azione di risarcimento del danno da ritardo è di un anno e 120 giorni decorrenti dalla scadenza del termine entro il quale si sarebbe dovuto provvedere alla pubblicazione del provvedimento attributivo del beneficio economico (art. 30, comma 4).

 

Il comma 6 espressamente tiene ferme le disposizioni contenute nelle seguenti fonti:

§       art. 12, già citato, della L. n. 241/1990;

§       D.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, recante "Codice dell'Amministrazione digitale";

§       D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante " Codice dei contratti pubblici";

§       D.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia" che prevede l’istituzione di una Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, istituita presso il Ministero dell'Interno;

§       art. 8 D.L. 7 maggio 2012, n. 52, in corso di conversione, recante "Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica".

A tale espressa indicazione il comma 6 aggiunge, come clausola residuale di chiusura, il riferimento alle ulteriori disposizioni in materia di pubblicità.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) richiama, inoltre, l’ulteriore fonte, non menzionata nel testo del comma, costituita l’art. 6 del D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito nella legge 4 aprile 2012, n. 35, c.d. "decreto semplificazioni", che istituisce presso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori servizi e forniture la "Banca dati nazionale dei contratti pubblici", per favorire la riduzione degli oneri amministrativi derivanti dagli obblighi informativi e assicurare l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa.

Il medesimo comma 6 rinvia a regolamento di delegificazione, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro il 31 dicembre 2012, previo parere della Conferenza unificata, l’individuazione delle modalità di attuazione della normativa introdotta dall’articolo in esame, nonché le disposizioni di coordinamento tra di essa e quella già vigente.

 

Il comma 7, oggetto di una modifica introdotta in sede di esame parlamentare che non ne ha modificato la portata normativa, prevede che dall'attuazione delle disposizioni illustrate non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che alle attività previste si faccia fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.


 

Articoli 19-22
(
Istituzione dell’Agenzia per l’Italia digitale)

 

Art. 19
Istituzione dell'Agenzia per l'Italia digitale

 

 


1. È istituita l'Agenzia per l'Italia Digitale, sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro da lui delegato, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

2. L'Agenzia opera sulla base di principi di autonomia organizzativa, tecnico-operativa, gestionale, di trasparenza e di economicità e persegue gli obiettivi di efficacia, efficienza, imparzialità, semplificazione e partecipazione dei cittadini e delle imprese. Per quanto non previsto dal presente decreto all'Agenzia si applicano gli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.


 

 

Art. 20
Funzioni

 

 


1. L'Agenzia per l'Italia Digitale è preposta alla realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale italiana, in coerenza con gli indirizzi elaborati dalla Cabina di regia di cui all'articolo 47 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, e con l'Agenda digitale europea.

2. L'Agenzia svolge, altresì, fatte salve le funzioni dell'INDIRE per quanto attiene il supporto allo sviluppo dell'innovazione del piano di innovazione nelle istituzioni scolastiche, le funzioni di coordinamento, di indirizzo e regolazione affidate a DigitPA dalla normativa vigente e, in particolare, dall'articolo 3 del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177 fatto salvo quanto previsto dal successivo comma 4, nonché le funzioni affidate all'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione istituita dall'articolo 1, comma 368, lettera d), della legge 23 dicembre 2005, n. 266 e le funzioni svolte dal Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L'Agenzia svolge, altresì, le funzioni dell'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione in materia di sicurezza delle reti. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sono individuati i criteri per il trasferimento del personale in servizio presso l'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell'informazione, necessario allo svolgimento delle funzioni di cui al precedente periodo. Il Ministero dello sviluppo economico provvede alla riduzione delle strutture e delle dotazioni organiche in misura corrispondente alle funzioni e al personale effettivamente trasferito all'Agenzia. L'Agenzia assicura il coordinamento informatico dell'amministrazione statale, regionale e locale, in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

3. In particolare l'Agenzia esercita le sue funzioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni allo scopo di promuovere la diffusione delle tecnologie digitali nel Paese e di razionalizzare la spesa pubblica. A tal fine l'Agenzia:

a) contribuisce alla diffusione dell'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, allo scopo di favorire l'innovazione e la crescita economica, anche mediante lo sviluppo e l'accelerazione della diffusione delle reti di nuova generazione (NGN);

b) detta indirizzi, regole tecniche e linee guida in materia di sicurezza informatica e di omogeneità dei linguaggi, delle procedure e degli standard, anche di tipo aperto, in modo da assicurare anche la piena interoperabilità e cooperazione applicativa tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione e tra questi e i sistemi dell'Unione europea;

c) assicura l'omogeneità, mediante il necessario coordinamento tecnico, dei sistemi informativi pubblici destinati ad erogare servizi ai cittadini ed alle imprese, garantendo livelli uniformi di qualità e fruibilità sul territorio nazionale, nonché la piena integrazione a livello europeo;

d) supporta e diffonde le iniziative in materia di digitalizzazione dei flussi documentali delle amministrazioni, ivi compresa la fase della conservazione sostitutiva, accelerando i processi di informatizzazione dei documenti amministrativi e promuovendo la rimozione degli ostacoli tecnici, operativi e organizzativi che si frappongono alla realizzazione dell'amministrazione digitale e alla piena ed effettiva attuazione del diritto all'uso delle tecnologie, previsto dall'articolo 3 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni;

e) vigila sulla qualità dei servizi e sulla razionalizzazione della spesa in materia informatica, anche in collaborazione con CONSIP Spa e SOGEI Spa;

f) promuove e diffonde le iniziative di alfabetizzazione informatica rivolte ai cittadini, nonché di formazione e addestramento professionale destinate ai pubblici dipendenti, anche mediante intese con la Scuola superiore della pubblica amministrazione e il Formez, e il ricorso a tecnologie didattiche innovative, nell'ambito delle dotazioni finanziarie disponibili, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica;

g) effettua il monitoraggio, anche a campione, dell'attuazione dei piani di Information and Communication Technology (ICT) delle pubbliche amministrazioni, redatti in osservanza delle prescrizioni di cui alla lettera b), sotto il profilo dell'efficacia, economicità e qualità delle realizzazioni, proponendo agli organi di governo degli enti e, ove necessario, al Presidente del Consiglio dei Ministri, le conseguenti misure correttive, nonché segnalando alla Corte dei conti casi in cui si profilino ipotesi di danno erariale;

h) svolge attività di progettazione e coordinamento delle iniziative strategiche e di preminente interesse nazionale, anche a carattere intersettoriale, per la più efficace erogazione di servizi in rete della pubblica amministrazione a cittadini e imprese;

i) costituisce autorità di riferimento nazionale nell'ambito dell'Unione europea e internazionale; partecipa all'attuazione di programmi europei al fine di attrarre, reperire e monitorare le fonti di finanziamento finalizzate allo sviluppo della società dell'informazione;

l) adotta indirizzi e formula pareri facoltativi alle amministrazioni sulla congruità tecnica ed economica dei contratti relativi all'acquisizione di beni e servizi informatici e telematici, anche al fine della piena integrazione dei sistemi informativi;

m) promuove, anche a richiesta di una delle amministrazioni interessate, protocolli di intesa e accordi istituzionali finalizzati alla creazione di strutture tecniche condivise per aree omogenee o per aree geografiche, alla risoluzione di contrasti operativi e al più rapido ed effettivo raggiungimento della piena integrazione e cooperazione applicativa tra i sistemi informativi pubblici, vigilando sull'attuazione delle intese o degli accordi medesimi.

4. Dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono affidate alla società CONSIP Spa le attività amministrative, contrattuali e strumentali già attribuite a DigitPA, ai fini della realizzazione e gestione dei progetti in materia, nel rispetto delle disposizioni del comma 3.

5. L'Agenzia svolge le funzioni assegnate attenendosi al principio dell'ottimizzazione e razionalizzazione della spesa in materia informatica, al fine di ottenere significativi risparmi, comunque garantendo, a decorrere dal 2013, un risparmio di spesa non inferiore a 12 milioni di euro all'anno rispetto alla spesa complessiva affrontata dalle amministrazioni pubbliche nel settore informatico nell'anno 2012.


 

 

Art. 21
Organi e statuto

 

 


1. Sono organi dell'Agenzia:

a) il Direttore generale;

b) il Comitato di indirizzo;

c) il Collegio dei revisori dei conti.

2. Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, il Presidente del Consiglio dei Ministri, o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e finanze nomina, previo avviso pubblico, il Direttore generale tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione.

3. Il Direttore generale è il legale rappresentante dell'Agenzia, la dirige e ne è responsabile. Resta in carica tre anni.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, è approvato lo statuto dell'Agenzia entro 45 giorni dalla nomina del Direttore generale, in conformità ai principi e criteri direttivi previsti dall'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, in quanto compatibili con il presente decreto. Lo Statuto prevede che il Comitato di indirizzo sia composto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri, un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico, un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un rappresentante del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, un rappresentante del Ministero dell'economia e finanze e due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata, tutti in possesso dei requisiti di qualificazione professionale di cui al comma 2. Ai componenti del Comitato di indirizzo non è corrisposto alcun emolumento, indennità o rimborso di spese. Con lo statuto sono altresì disciplinate le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del Comitato di indirizzo e le modalità di nomina del Collegio dei Revisori, composto da tre membri.


 

 

 

 

Art. 22
Soppressione di DigitPA e dell'Agenzia per la diffusione
delle tecnologie per l'innovazione; successione dei rapporti e individuazione
delle effettive risorse umane e strumentali

 

 


1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, DigitPA e l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione sono soppressi.

2. Al fine di garantire la continuità delle attività e dei rapporti facenti capo alle strutture soppresse, gli organi in carica alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano a svolgere le rispettive funzioni fino alla nomina del direttore generale e deliberano altresì i bilanci di chiusura degli enti soppressi alla data di cessazione degli enti stessi, che sono corredati della relazione redatta dall'organo interno di controllo in carica alla medesima data e trasmessi per l'approvazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze. Il Direttore generale esercita in via transitoria le funzioni svolte dagli enti soppressi e dal Dipartimento di cui all'articolo 20, comma 2, in qualità di commissario straordinario, fino alla nomina degli altri organi dell'Agenzia per l'Italia Digitale.

3. Sono trasferiti all'Agenzia per l'Italia Digitale il personale di ruolo delle amministrazioni di cui all'articolo 20, comma 2, le risorse finanziarie e strumentali degli enti e delle strutture di cui al medesimo articolo 20, comma 2, compresi i connessi rapporti giuridici attivi e passivi, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale. E' fatto salvo il diritto di opzione per il personale in servizio a tempo indeterminato presso il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Per i restanti rapporti di lavoro l'Agenzia subentra nella titolarità del rapporto fino alla naturale scadenza.

4. Il personale attualmente in servizio in posizione di comando presso le amministrazioni di cui all'articolo 20, comma 2, può optare per il transito alle dipendenze dell'Agenzia. Il transito è effettuato, previo interpello, con valutazione comparativa della qualificazione professionale posseduta nonché dell'esperienza maturata nel settore dell'innovazione tecnologica, dell'anzianità di servizio nelle amministrazioni di cui all'articolo 20, comma 2, e dei titoli di studio. Il personale comandato non transitato all'Agenzia ritorna all'amministrazione o all'ente di appartenenza.

5. Nelle more della definizione dei comparti di contrattazione, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, al personale dell'Agenzia si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto Ministeri.

6. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla nomina del Direttore generale dell'Agenzia, è determinata l'effettiva dotazione delle risorse umane, nel limite del personale effettivamente trasferito ai sensi dei commi 3 e 4, con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza, fissata entro il limite massimo di 150 unità, nonché la dotazione delle risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia stessa, tenendo conto del rapporto tra personale dipendente e funzioni dell'Agenzia, in un'ottica di ottimizzazione delle risorse e di riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne. Con lo stesso decreto è definita la tabella di equiparazione del personale trasferito con quello appartenente al comparto Ministeri. I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza, nonché il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento. Nel caso in cui il trattamento risulti più elevato rispetto a quello del comparto Ministeri, il personale percepisce per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici.

7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, da emanarsi entro quarantacinque giorni dalla nomina del Direttore generale dell'Agenzia, e non oltre la data di adozione del decreto di cui al comma 6, le strutture della Presidenza del Consiglio dei Ministri sono adeguate in considerazione del trasferimento delle funzioni di cui all'articolo 20, comma 2.

8. All'attuazione degli articoli 19, 20, 21 e 22 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

9. All'Agenzia si applicano le disposizioni sul patrocinio e sull'assistenza in giudizio di cui all'articolo 1 del testo unico di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.

10. Il comma 1 dell'articolo 68 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è sostituito dal seguente:

«1. Le pubbliche amministrazioni acquisiscono programmi informatici o parti di essi a seguito di una valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico tra le seguenti soluzioni disponibili sul mercato:

a) software sviluppato per conto della pubblica amministrazione;

b) riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione;

c) software libero o a codice sorgente aperto;

d) software combinazione delle precedenti soluzioni.

Solo quando la valutazione comparativa di tipo tecnico ed economico dimostri l'impossibilità di accedere a soluzioni open source o già sviluppate all'interno della pubblica amministrazione ad un prezzo inferiore, è consentita l'acquisizione di programmi informatici di tipo proprietario mediante ricorso a licenza d'uso. La valutazione di cui al presente comma è effettuata secondo le modalità e i criteri definiti dall'Agenzia per l'Italia Digitale, che, a richiesta di soggetti interessati, esprime altresì parere circa il loro rispetto».


 

 

Gli articoli 19, 20, 21 e 22 del decreto-legge in esame razionalizzano le funzioni in materia di innovazione tecnologica e di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, creando a tal fine un organismo unico, denominato Agenzia per l’Italia digitale al posto della pluralità di amministrazioni e di enti finora competenti in materia.

 

L'articolo 19 istituisce l'Agenzia per l'Italia digitale, che, ai sensi del comma 1, è sottoposta alla vigilanza del Presidente del Consiglio o di un Ministro da lui delegato, nonché dei seguenti ministri:

§      economia e finanze;

§      pubblica amministrazione e semplificazione;

§      sviluppo economico;

§      istruzione, università e ricerca.

 

Il comma 2, primo periodo, indica espressamente taluni princìpi cui l'Agenzia dovrà attenersi mentre, per altri aspetti della sua attività, il secondo periodo del comma rimanda ai dettami di carattere generale per tutte le agenzie governative recati dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

I princìpi esplicitati dal primo periodo del comma 2 sono:

§      l'autonomia organizzativa, tecnico-operativa e gestionale;

§      la trasparenza;

§      l'economicità.

 

Ed indica - a seguito di integrazione disposta nel corso dell’esame parlamentare – alcuni obiettivi cui essa debba improntare il suo operato: efficacia; efficienza; imparzialità; semplificazione; partecipazione dei cittadini e delle imprese.

Il secondo periodo rinvia, per altri aspetti dell'attività, alle disposizioni di carattere generale recate per tutte le agenzie governative dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[99].

Per questo riguardo, si ricorda che la norma di carattere generale stabilisce che le agenzie sono strutture le quali svolgono attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, esercitate da ministeri ed enti pubblici, e operano al servizio delle amministrazioni pubbliche, comprese anche quelle regionali e locali.

 

In base all'articolo 8 del decreto legislativo 300/1999, le agenzie sono sottoposte al controllo della Corte dei conti e ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro. Il medesimo articolo 8 del decreto legislativo elenca altresì i princìpi e criteri direttivi cui gli statuti delle agenzie devono conformarsi.

L'articolo 9 del decreto legislativo 300/1999, a sua volta, verte sul personale e sulla dotazione finanziaria delle agenzie. Alla copertura dell'organico delle agenzie si provvede, nell'ordine, mediante l'inquadramento del personale trasferito dai ministeri e dagli enti pubblici, mediante procedure di mobilità e, quando l'agenzia è ormai a regime, mediante le ordinarie forme di reclutamento. Sempre secondo l'articolo 9 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, gli oneri di funzionamento delle agenzie sono coperti mediante risorse finanziarie trasferite da amministrazioni, mediante introiti derivanti dai contratti stipulati con le amministrazioni per le prestazioni di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto e promozione, e mediante finanziamento annuale, nei limiti del fondo a tale scopo stanziato in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del ministero competente.

Funzioni dell’Agenzia per l’Italia digitale

L'articolo 20 delinea le funzionidell'Agenzia per l'Italia digitale.

Insieme pone un obiettivo - posto dal comma 5, introdotto nel corso dell'esame parlamentare - in termini di risparmio di spesa, all'operato dell'Agenzia che deve condurre ad un risparmio di almeno dodici milioni di euro annui dal 2013, rispetto alla spesa complessiva sostenuta dalla amministrazioni pubbliche per il settore informatico nel 2012.

Ai sensi del comma 1, l'Agenzia cura la realizzazione degli obiettivi dell'Agenda digitale Italiana (ed altra previsione, recata dal comma 3, lettera i) fa dell'Agenzia l'autorità di riferimento nazionale, in ambito comunitario e internazionale).

 

Il 19 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato la comunicazione “Un’agenda digitale europea” (COM(2010)245).

L’Agenda, che rappresenta una delle sette “iniziative faro” della Strategia per la crescita “Europa 2020”, mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) per raggiungere gli obiettivi che l'UE si è prefissata per il 2020.

Essa propone di incrementare fino al 50% l'uso dei servizi e-government da parte dei cittadini dell'UE e fino all'80% da parte delle imprese dell'UE entro il 2015.

Il pacchetto dell’agenda digitale è composto da una comunicazione per promuovere gli investimenti nella rete di banda larga (COM(2010)472), una raccomandazione sull’accesso regolato alla rete Next Generation Access (NGA) (C(2010)6223, pubblicato in G.U.U.E. L, n. 251 del 25.9.2010) e una proposta di decisione sulla creazione di un programma per la politica dello spettro radio (COM(2010)471).

Il 15 dicembre 2010, la Commissione ha presentato il “piano d'azione europeo per l'e-Government 2011-2015. Valorizzare le TIC per promuovere un'amministrazione digitale intelligente, sostenibile e innovativa” (COM(2010)743). Obiettivo generale del piano d'azione è quello di facilitare la transizione dall'attuale e-Government verso una nuova generazione di servizi di amministrazione digitale a livello locale, regionale, nazionale ed europeo.

Nell’ambito dell’attuazione dell’Agenda digitale europea, con l’articolo 47 del D.L. n. 5/2012 (D.L. “semplificazioni”), l’Italia ha istituito la Cabina di regia per l’Agenda digitale italiana, entrata in funzione il 1° marzo 2012, presso il Ministero dello sviluppo economico, con il compito di accelerare il percorso di attuazione dell'Agenda digitale italiana, coordinando gli interventi dei diversi soggetti pubblici diretti a favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi, potenziare l'offerta di connettività a larga banda, incentivare cittadini e imprese all'utilizzo di servizi digitali e promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi.

La Cabina di Regia è articolata in sei gruppi di lavoro che curano i principali target dell’Agenda digitale: infrastrutture e sicurezza; e-Commerce; alfabetizzazione digitale e competenze digitali; e-Government; ricerca e innovazione e smart cities e communities.

Inoltre, il Documento di economia e finanza 2012 (doc. LVII, n. 5) individua l’agenda digitale come una delle quattro priorità a cui andranno destinati i fondi strutturali recentemente riprogrammati, unitamente allo sblocco della quota di cofinanziamento nazionale del Fondo sviluppo e coesione. Le azioni previste prevedono il completamento del piano nazionale banda larga nel Mezzogiorno; la diffusione della banda larga ultraveloce; la realizzazione di data center per la creazione di un sistema di cloud computing propriamente rivolto a scuole, biblioteche digitali, educazione televisiva.

 

Il comma 2 dell’articolo in esame attribuisce all’Agenzia le funzioni precedentemente espletate da DigitPA e dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione (enti che vengono soppressi dall'articolo 22, comma 1 del decreto-legge), nonché quelle facenti capo al Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, destinato dall'articolo 22, comma 7, ad essere riorganizzato con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri. Sono invece fatte salve le funzioni dell'INDIRE relative all'innovazione nel campo delle istituzioni scolastiche.

All'Agenzia sono altresì attribuite le funzioni - e il personale - dell'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie. E' previsione introdotta nel corso del’lesame parlamentare (con la specificazione che un decreto del Ministero dello sviluppo economico operi la riduzione delle dotazioni organiche dell'Istituto, in misura corrispondente al personale e alle funzioni effettivamente trasferiti).

 

DigitPA, uno dei due enti soppressi dall'articolo 22, comma 1, è un ente pubblico non economico, con sede in Roma, che si occupa di tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'ambito della pubblica amministrazione, con la missione di contribuire alla creazione di valore per cittadini e imprese attraverso la realizzazione dell'amministrazione digitale. DigitPA, nuovo nome assunto dal Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) in occasione della riorganizzazione di quest'ultimo disposta dal decreto legislativo n. 177/2009, opera secondo le direttive e sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato, con autonomia tecnica e funzionale, amministrativa, contabile, finanziaria e patrimoniale. DigitPA ha fornito consulenze, assistenza e collaborazione tecnica -anche alle regioni e agli enti locali - emana regole, standard e guide tecniche e ne vigila e controlla il rispetto, effettua valutazioni di progetti preventive e successive, monitoraggi, e gestisce progetti innovativi. Gli organi direttivi di DigitPA sono il Presidente, il Comitato Direttivo (formato da quattro membri, tra cui il Presidente) e il Comitato dei Revisori.

 

Il secondo ente in via di soppressione, l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione, con sede a Milano, è stato istituito dall'articolo 1, comma 368, lettera d), della legge n. 266/2005 (legge finanziaria per il 2006), allo scopo di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali. La legge istitutiva ha posto l'ente sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il suo Statuto definisce l'Agenzia ente di ricerca che promuove l'innovazione nel Paese, contribuisce alla realizzazione dello Spazio europeo della ricerca e dell'innovazione e coordina la propria azione con le istituzioni e gli organismi europei, nazionali e regionali aventi analoghe finalità. Organi dell'Agenzia sono il Presidente, il Consiglio di Amministrazione, il Collegio dei Revisori dei Conti e il Direttore Generale.

 

Per quanto riguarda dall'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa (INDIRE) si tratta di un ente di ricerca autonomo, vigilato dal ministero dell’istruzione. E’ stato istituito dal D.lgs. 298/1999, poi soppresso e sostituito dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica, per effetto dell'articolo 1, comma 611, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), poi ripristinato dal D.L. 98/2011 (art. 19).

 

Il Dipartimento per la digitalizzazione è la struttura di supporto, incardinata nella Presidenza del Consiglio, di cui si avvale il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione ai fini del coordinamento e dell'attuazione delle politiche di promozione dello sviluppo della società dell'informazione, nonché delle connesse innovazioni per le amministrazioni pubbliche, i cittadini e le imprese.

Tra i compiti principali del Dipartimento, indicati nel decreto ministeriale del 13 luglio 2011 recante la riorganizzazione del Dipartimento si segnalano i seguenti:

§       fornire al Ministro per la pubblica amministrazione il supporto per la definizione di una strategia unitaria per la modernizzazione del Paese attraverso le tecnologie dell'informazione e della comunicazione assicurando il coordinamento informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale ai sensi dell'articolo 117 secondo comma, lettera r) della Costituzione;

§       concorrere alla definizione degli indirizzi strategici del Governo per la diffusione e l'impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nel Paese

§       promuovere e realizzare iniziative di digitalizzazione delle attività degli uffici;

§       ridurre il digital-divide.

 

L'Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie può dirsi risalire all'età giolittiana, al 1907 (allora con la denominazione Istituto superiore postale e telegrafico) allorché fu realizzata la statalizzazione dei servizi postali.

Attraverso una serie di trasformazioni organizzative, onde adeguarsi all'evoluzione tecnica del settore delle telecomunicazioni e delle tecnologie, si è andato configurando quale istituto la cui attività, rivolta verso le aziende operanti nel settore ICT, le Amministrazioni pubbliche e l'utenza, riguarda fondamentalmente i servizi alle imprese, la normazione, la sperimentazione e la ricerca di base e applicata, la formazione e l’istruzione specializzata nel campo delle telecomunicazioni.

Per effetto delle disposizioni del DM 7 maggio 2009, l'Istituto si articola in quattro Divisioni: Attività tecnica, amministrativa, contabile, formazione; Tecnologie dell’informazione e sviluppo delle reti; Internet, sicurezza delle informazioni e delle reti e qualità dei servizi ICT; Comunicazioni elettroniche, sistemi e servizi.

Il personale è formato da quasi 200 unità.

All'Agenzia, inoltre, il comma in esame affida il compito di assicurare il coordinamento informativo dell'amministrazione statale, regionale e locale, in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

Tale disposizione costituzionale attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva, tra l’altro, in materia coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale.

Siffatto compito spettava al Dipartimento per la digitalizzazione.

 

All'Agenzia, inoltre, il comma in esame affida il compito di assicurare il coordinamento informativo dell'amministrazione statale, regionale e locale, in attuazione dell'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione. Infatti, tale disposizione costituzionale attribuisce allo Stato la legislazione esclusiva, tra l’altro, in materia coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale. Tale compito come si è detto spettava al Dipartimento per la digitalizzazione.

 

Il comma 3 elenca in maniera particolareggiata le funzioni spettanti all'Agenzia per l'Italia digitale. Si tratta di funzioni di carattere generale che hanno solo in parte analogia con quelle svolte finora dagli organismi soppressi.

Secondo previsione introdotta nel corso dell’esame parlamentare, l'Agenzia esercita le sua funzioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni ad un duplice scopo:

§      diffusione delle tecnologie digitali;

§      razionalizzazione della spesa pubblica.

 

In primo luogo, la nuova agenzia ha tra i suoi compiti istituzionali la promozione dell’utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, allo scopo di favorire l'innovazione e la crescita economica, anche mediante l'accelerazione della diffusione delle Reti di nuova generazione (NGN). Si tratta di funzioni in parte assimilabili a quelle dell’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, istituita al fine di accrescere la capacità competitiva delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, attraverso la diffusione di nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali, con il compito precipuo di promuovere l'integrazione fra il sistema della ricerca ed il sistema produttivo attraverso l'individuazione, valorizzazione e diffusione di nuove conoscenze, tecnologie, brevetti ed applicazioni industriali prodotti su scala nazionale ed internazionale.

Le altre funzioni della nuova Agenzia, che riguardano prevalentemente l’informatizzazione della pubblica amministrazione, sono state fin qui svolte dalla DigitPA.

Tra le funzioni attribuite all’Agenzia si segnalano:

§      la disciplina in materia di omogeneità dei linguaggi, delle procedure e degli standard per la interoperabilità tra i sistemi informatici della pubblica amministrazione e tra questi e i sistemi dell'Unione Europea;

§      la disciplina in materia di sicurezza informatica;

§      l'uniformità tecnica dei sistemi informativi pubblici destinati ad erogare servizi ai cittadini ed alle imprese;

§      la diffusione di iniziative in materia di digitalizzazione dei flussi documentali delle amministrazioni;

§      la vigilanza sulla qualità dei servizi e sulla razionalizzazione della spesa in materia informatica, in collaborazione con CONSIP Spa - nonché con Sogei Spa, (anche tenuto conto, può rilevarsi, dell'attribuzione a quest'ultima di alcune funzioni prima della Consip, per effetto dell'articolo 4 del decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87);

§      la promozione dell’alfabetizzazione informatica dei cittadini e dei pubblici dipendenti, anche mediante intese con la Scuola Superiore della pubblica amministrazione e il Formez (nell'ambito delle dotazioni finanziarie disponibili e senza maggiori oneri);

§      il monitoraggio dell'attuazione dei piani di Information and Communication Technology (ICT) delle pubbliche amministrazioni - segnalando misure correttive nonché alla Corte dei conti casi di possibile danno erariale. Si tratta di funzioni che ricalcano parzialmente quelle indicate nell’articolo 3, comma 2, della D.lgs. 177/2009, di disciplina della DigitPA. Infatti, due importanti funzioni di carattere operativo esercitate da DigitPA sono trasferite alla Consip (comma 4).

 

A tali funzioni altre se ne aggiungono, tutte introdotte nel corso del’esame parlamentare:

§       la progettazione (e il coordinamento) delle iniziative strategiche e di preminente interesse nazionale, per la più efficace erogazione di servizi in rete della pubblica amministrazione;

§       la formulazione di indirizzi e (facoltativi) pareri alle amministrazioni sulla congruità tecnica ed economica dei contratti relativi all'acquisizione di beni e servizi telematici:

§       promozione di accordi volti a creare strutture tecniche condivise per aree omogenee o per aree geografiche.

 

L'insieme di funzioni sopra ricordate ricalca parzialmente quelle indicate nell’articolo 3, comma 2, della D.lgs. 177/2009, di disciplina della DigitPA.

Infatti funzione di carattere operativo esercitata da DigitPA è di contro trasferita alla Consip dal comma 4 (riformulato in sede di esame parlamentare).

Si tratta dello svolgimento delle "attività amministrative, contrattuali e strumentali già attribuite a DigitPa, ai fini della realizzazione e gestione dei progetti in materia".

 

Consip spa è una società per azioni del Ministero dell'Economia e delle Finanze, che ne è l'azionista unico. Consip S.p.A. opera secondo gli indirizzi strategici del Ministero, lavorando al servizio esclusivo delle pubbliche amministrazioni.

Essenzialmente, Consip S.p.A. gestisce il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A e fornisce servizi di consulenza e di assistenza progettuale, organizzativa e tecnologica per l'innovazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Corte dei conti.

 

Si è sopra ricordato l'obiettivo di risparmio di spesa - pari ad almeno 12 milioni di euro annui, dal 2013 - che il comma 5 infine pone all'operato dell'Agenzia.

Tale comma è stato così formulato dalle Camere, mutando ampiamente l'originario dettato della disposizione quale recata dal decreto-legge.

Questa prevedeva che, a seguito del trasferimento di funzioni da DigitPA a Consip spa, andassero a Consip spa i relativi futuri contributi che la normativa prevedesse in favore di DigitPA. Si tratta dei contributi forfetari che DigitPA riceve dalle amministrazioni contraenti nell'ambito di gare o accordi quadro predisposti direttamente o con altri soggetti (art. 18, comma 3, D.lgs. 177/2009).

I contributi sono calcolati, in percentuale sul valore del contratto sottoscritto che vanno dal 4 all’8 per mille a seconda del tipo di contratto (DPCM 23 giugno 2010).

Organi e statuto dell’Agenzia

L’articolo 21 individua i seguenti organi dell’agenzia:

§      il direttore generale;

§      il comitato di indirizzo;

§      il collegio dei revisori dei conti.

 

Il direttore generale, legale rappresentante dell'Agenzia, la dirige e ne è responsabile, è scelto tra persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione.

Esso è nominato entro sessanta giorni (il testo originario del decreto-legge, prevedeva trenta giorni) dall'entrata in vigore del presente decreto, dal Presidente del Consiglio dei Ministri, o il Ministro delegato, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con il Ministro dello sviluppo economico, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell'economia e finanze nomina, previo avviso pubblico.

Il direttore dura in carica 3 anni e non è prevista (né esclusa la possibilità) di conferma (la durata in carica del presidente di DigitPA è fissata in 4 anni ed è rinnovabile una sola volta).

Non è specificato l’atto formale di nomina (il presidente di DigitPA è nominato don decreto del Presidente della Repubblica).

 

Il comitato di indirizzo è composto da:

§      un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

§      un rappresentante di ciascuno dei Ministeri vigilanti (sviluppo economico, istruzione, università e ricerca, pubblica amministrazione e semplificazione, economia e finanze);

§      due rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata.

I rappresentanti partecipano al Comitato senza emolumento né indennità né rimborso spese.

 

Anche i componenti del comitato (non solo il direttore generale, dunque) debbono essere persone di particolare e comprovata qualificazione professionale in materia di innovazione tecnologica e in possesso di una documentata esperienza di elevato livello nella gestione di processi di innovazione. Così ha previsto una modifica approvata nel corso del’esame parlamentare.

 

Entro 45 giorni dalla nomina del direttore generale, è adottato lo statuto dell’Agenzia, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.

Lo statuto dovrà anche disciplinare le modalità di nomina, le attribuzioni e le regole di funzionamento del comitato di indirizzo e le modalità di nomina del collegio dei revisori - il quale è composto di tre membri.

Inoltre, lo statuto deve conformarsi ai principi e criteri direttivi previsti in generale per le agenzie istituite ai sensi del D.lgs. 300/1999, in quanto compatibili con il decreto in commento.

 

L'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, prevede come contenuto necessario degli statuti delle agenzie, tra l’altro:

§       la definizione delle attribuzioni del direttore generale dell'agenzia e dei dirigenti, tra cui i poteri e la responsabilità della gestione, nonché della responsabilità per il conseguimento dei risultati fissati dal ministro;

§       la previsione di un comitato direttivo, composto da dirigenti dei principali settori di attività dell'agenzia, in numero non superiore a quattro, con il compito di coadiuvare il direttore generale nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite;

§       la definizione dei poteri ministeriali di vigilanza, tra cui l'approvazione dei bilanci e rendiconti, pur secondo modalità idonee a garantire l'autonomia dell'agenzia;

§       la definizione, tramite una apposita convenzione da stipularsi tra il ministro competente e il direttore generale dell'agenzia, degli obiettivi specificamente attribuiti a questa ultima, nell'ambito della missione ad essa affidata dalla legge;

§       l’attribuzione all'agenzia di autonomia di bilancio, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo in apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del ministero competente; attribuzione altresì all'agenzia di autonomi poteri per la determinazione delle norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento;

§       la previsione di un collegio dei revisori, nominato con decreto del ministro competente, composto di tre membri, due dei quali scelti tra gli iscritti all'albo dei revisori dei conti o tra persone in possesso di specifica professionalità e la previsione di un membro supplente.

Disposizioni in materia di personale, transitorie e finali

L’articolo 22 dispone la soppressione di DigitPA e dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione. Insieme reca alcune disposizioni relative al personale nonché volte a disciplinare la transizione.

La soppressione, invero, non è corredata dalla abrogazione delle disposizioni normative istitutive e disciplinatrici di quelle strutture.

 

Il comma 1 dispone che la soppressione abbia decorrenza immediata, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge.

I commi seguenti disciplinano la fase transitoria fino alla costituzione della nuova agenzia - rectius fino alla nomina del direttore generale dell'Agenzia per l'Italia digitale, il quale esercita in via transitoria le funzioni svolte dalle strutture soppresse (nonché del Dipartimento della Presidenza del Consiglio, per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica), in qualità di commissario straordinario fino alla nomina degli altri organi dell'Agenzia.

Così prevede il comma 2, secondo il quale fino alla nomina del direttore generale, gli organi in carica delle strutture soppresse continuano a svolgere le loro funzioni - e deliberano i bilanci di chiusura alla data di cessazione delle strutture, corredati della relazione redatta dall'organo interno di controllo in carica alla medesima data e trasmessi per l'approvazione alla Presidenza del Consiglio e al Ministero dell'economia e delle finanze.

Il citato Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio, pur di fatto privato delle funzioni, trasferite alla nuova Agenzia, non viene soppresso direttamente dall'articolo in esame, che, in ossequio al principio di autonomia organizzativa e gestionale riconosciuta alla Presidenza del Consiglio (con il D.lgs. 303/1999), ne demanda la riorganizzazione ad un successivo decreto del Presidente del Consiglio (comma 7).

 

 

Il personale di ruolo delle amministrazioni soppresse è trasferito all’Agenzia digitale, così come le risorse finanziarie e strumentali, compresi i connessi rapporti giuridici attivi e passivi, senza che sia esperita alcuna procedura di liquidazione, neppure giudiziale.

 

Così dispone il comma 3, il quale insieme prevede che per il solo personale in servizio a tempo indeterminato presso il Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica della Presidenza del Consiglio, sia salvo il diritto di opzione.

Per i restanti rapporti di lavoro, l'Agenzia subentra nella titolarità del rapporto fino alla naturale scadenza.

Il personale attualmente in servizio in posizione di comando presso gli organismi soppressi, può optare per il transito alle dipendenze dell'Agenzia. Il passaggio non è però automatico ma è effettuato, previo interpello, con valutazione comparativa della qualificazione professionale posseduta nonché dell'esperienza maturata nel settore dell'innovazione tecnologica, dell'anzianità di servizio e dei titoli di studio. Il personale comandato che non passa all'Agenzia ritorna alle amministrazioni o agli enti di appartenenza (comma 4).

 

Al personale della nuova agenzia, ai sensi del comma 5 si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale del comparto Ministeri, nelle more della eventuale definizione di un diverso comparto di contrattazione, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che disciplina la definizione dei comparti contrattuali del pubblico impiego e all’interno di esse sezioni contrattuali specifiche per determinate professionalità. Ma in proposito si veda anche il comma 6, ultimi due periodi.

 

Attualmente il rapporto di lavoro del personale di DigitPA (come per altri enti quali CNEL, ENEA, ENAC ecc.) è regolato da un contratto collettivo separato da quello dei ministeri, in virtù della deroga operata dall’articolo 70 del D.lgs. 165/2001. L’Agenzia dell’innovazione non risulta compresa tra gli enti in deroga, e pertanto il suo personale è sottoposto al CCNL comparto ministeri. Il personale del Dipartimento per la digitalizzazione ha il CCNL della Presidenza del Consiglio.

 

Il comma 6 fissa in 150 unità il limite massimo della dotazione organica della nuova Agenzia.

 

Attualmente la pianta organica di DigitPA prevede 120 posti complessivi, di cui 20 dirigenti (D.lgs. 177/2009, Tabella A).

La dotazione organica dell’Agenzia per l’innovazione consta di 40 posti di cui 2 dirigenti (Regolamento di organizzazione e gestione del personale dell’Agenzia approvato dal Ministro per la pubblica amministrazione con il decreto del 3 agosto 2009). Si ricorda che il D.P.R. 28 ottobre 2010, n. 237, recante il riordino dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione ha imposto la riduzione di almeno il 10% della dotazione organica, che pertanto non può superare 36 unità.

Attualmente, al Dipartimento per la digitalizzazione sono assegnati circa 40 dipendenti.

 

L'effettiva dotazione delle risorse umane, nel limite del personale effettivamente trasferito ai sensi dei commi 3 e 4, con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni di provenienza, è stabilita, sempre nel limite sopra indicato, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o del Ministro delegato, di concerto con gli altri ministri vigilanti da adottarsi entro quarantacinque giorni dalla nomina del direttore generale dell'Agenzia.

Lo stesso decreto determina:

§      la dotazione delle risorse finanziarie e strumentali necessarie al funzionamento dell'Agenzia, tenendo conto del rapporto tra personale dipendente e funzioni dell'Agenzia, in un'ottica di ottimizzazione delle risorse e di riduzione delle spese per il funzionamento e per le collaborazioni esterne;

§      la tabella di equiparazione del personale trasferito con quello del personale appartenente al comparto Ministeri.

I dipendenti trasferiti mantengono l'inquadramento previdenziale di provenienza, nonché il trattamento economico fondamentale e accessorio, limitatamente alle voci fisse e continuative, corrisposto al momento dell'inquadramento. Nel caso in cui il trattamento economico risulti più elevato rispetto a quello del comparto Ministeri il personale percepisce per la differenza un assegno ad personam riassorbibile con i successivi miglioramenti economici.

Si ricorda che il comma 5 di questo articolo prevede l’applicazione ai dipendenti dell’Agenzia del contratto del comparto ministeri.

 

Il comma 8 reca la clausola di neutralità finanziaria disponendo l’assenza di nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e prevedendo che alle attività previste si farà fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili.

 

Infine, il comma 9 prevede che la rappresentanza in giudizio dell’Agenzia sia assicurata dall’Avvocatura dello Stato ai sensi dell'articolo 1 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611.

 

Infine il comma 10- introdotto nel corso dell'esame parlamentare - detta disposizioni circa l'acquisizione di programmi informatici da parte delle pubbliche amministrazioni.

Esso incide sulla disposizione del codice dell'amministrazione digitale (articolo 68 del D.lgs. 82/2005) la quale prevede che l'acquisizione di programmi informatici mediante ricorso a licenza d'uso sia una delle opzioni cui ricorrere, nell'analisi comparativa, di tipo tecnico ed economico, delle soluzioni.

Tale disposizione è ora novellata, in senso restrittivo avverso l'acquisizione (onerosa) mediante ricorso a licenza d'uso. Essa diviene possibile solo quando l'analisi comparativa porti ad escludere alternative, in particolare verificando l'impossibilità di accedere a formati di tipo aperto (open source), dunque già reso pubblico e disponibile, ovvero a soluzioni già sviluppate all'interno della pubblica amministrazione e ad un prezzo inferiore.

L'analisi comparativa è tenuta ad uniformarsi a criteri e modalità, da definirsi ad opera dell'Agenzia per l'Italia digitale (la quale può indi dare parere circa la conforme effettuazione dell'analisi, dietro richiesta dei soggetti interessati).

 


 

Articolo 23
(
Fondo per la crescita sostenibile)


1. Le presenti disposizioni sono dirette a favorire la crescita sostenibile e la creazione di nuova occupazione nel rispetto delle contestuali esigenze di rigore nella finanza pubblica e di equità sociale, in un quadro di sviluppo di nuova imprenditorialità, con particolare riguardo al sostegno alla piccola e media impresa e di progressivo riequilibrio socio-economico, di genere e fra le diverse aree territoriali del Paese.

2. Il Fondo speciale rotativo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico assume la denominazione di «Fondo per la crescita sostenibile» (di seguito Fondo).

Il Fondo è destinato, sulla base di obiettivi e priorità periodicamente stabiliti e nel rispetto dei vincoli derivanti dall'appartenenza all'ordinamento comunitario, al finanziamento di programmi e interventi con un impatto significativo in ambito nazionale sulla competitività dell'apparato produttivo, con particolare riguardo alle seguenti finalità:

a) la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione di rilevanza strategica per il rilancio della competitività del sistema produttivo, anche tramite il consolidamento dei centri e delle strutture di ricerca e sviluppo delle imprese;

b) il rafforzamento della struttura produttiva, il riutilizzo di impianti produttivi e il rilancio di aree che versano in situazioni di crisi complessa di rilevanza nazionale tramite la sottoscrizione di accordi di programma;

c) la promozione della presenza internazionale delle imprese e l'attrazione di investimenti dall'estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall'ICE - Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane.

3. Per il perseguimento delle finalità di cui al comma 2, con decreti di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nel rispetto degli equilibri di finanza pubblica, sono individuate le priorità, le forme e le intensità massime di aiuto concedibili nell'ambito del Fondo, avuto riguardo a quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 ad eccezione del credito d'imposta. Le predette misure sono attivate con bandi ovvero direttive del Ministro dello sviluppo economico, che individuano i termini, le modalità e le procedure, anche in forma automatizzata, per la concessione ed erogazione delle agevolazioni. Per la gestione degli interventi il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Agli oneri derivanti dalle convenzioni e contratti di cui al presente comma si applica quanto previsto dall'articolo 3, comma 2 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 e dall'articolo 19, comma 5 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni con legge 3 agosto 2009, n. 102.

3-bis. Gli obiettivi e le priorità del Fondo possono essere periodicamente aggiornati con la medesima procedura di cui al comma 3 sulla base del monitoraggio dell'andamento degli incentivi relativi agli anni precedenti.

4. Il Fondo può operare anche attraverso le due distinte contabilità speciali già intestate al Fondo medesimo esclusivamente per l'erogazione di finanziamenti agevolati che prevedono rientri e per gli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall'Unione Europea o dalle regioni, ferma restando la gestione ordinaria in bilancio per gli altri interventi. Per ciascuna delle finalità indicate al comma 2 è istituita un'apposita sezione nell'ambito del Fondo.

5. Il comitato tecnico previsto dall'articolo 16, comma 2 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 continua a svolgere le proprie funzioni, sino alla data del 31 dicembre 2015, per le attività e i procedimenti avviati alla data di entrata in vigore del presente decreto, che continuano ad essere disciplinati dalle pertinenti disposizioni attuative della medesima legge.

6. I finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo possono essere assistiti da garanzie reali e personali. È fatta salva la prestazione di idonea garanzia per le anticipazioni dei contributi.

7. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono abrogate le disposizioni di legge indicate dall'allegato 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 11 del presente articolo.

8. Gli stanziamenti iscritti in bilancio non utilizzati nonché le somme restituite o non erogate alle imprese, a seguito dei provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni concesse ai sensi delle disposizioni abrogate ai sensi del precedente comma, così come accertate con decreto del Ministro dello sviluppo economico, affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo alla contabilità speciale del Fondo, operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati. Le predette disponibilità sono accertate al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti di cui al comma 11.

9. Limitatamente agli strumenti agevolativi abrogati ai sensi del comma 7, le disponibilità esistenti sulle contabilità speciali nella titolarità del Ministero dello sviluppo economico e presso l'apposita contabilità istituita presso Cassa Depositi e Prestiti per l'attuazione degli interventi di cui all'articolo 2, comma 203, lettera f) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero per la successiva assegnazione alla contabilità speciale del Fondo operativa per l'erogazione di finanziamenti agevolati. Le predette disponibilità sono accertate al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti di cui al successivo comma 11. Le predette contabilità speciali continuano ad operare fino al completamento dei relativi interventi ovvero, ove sussistano, degli adempimenti derivanti dalle programmazioni comunitarie già approvate dalla UE alla data di entrata in vigore del presente decreto.

10. Al fine di garantire la prosecuzione delle azioni volte a promuovere la coesione e il riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese, le disponibilità accertate e versate al Fondo ai sensi dei commi 8 e 9 del presente articolo, rivenienti da contabilità speciali o capitoli di bilancio relativi a misure di aiuto destinate alle aree sottoutilizzate sono utilizzate secondo il vincolo di destinazione di cui all'articolo 18, comma 1 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

11. I procedimenti avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge sono disciplinati, ai fini della concessione e dell'erogazione delle agevolazioni e comunque fino alla loro definizione, dalle disposizioni delle leggi di cui all'Allegato 1 e dalle norme di semplificazione recate dal presente decreto-legge.

12. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 23 riordina gli strumenti esistenti per l’incentivazione delle attività imprenditoriali, trasformando, tra l’altro, il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT) nel Fondo per la crescita sostenibile, chiamato a promuovere i progetti di ricerca strategica, il rafforzamento della struttura produttiva e la presenza internazionale delle imprese nazionali, e abrogando numerose disposizioni, contenute nell’Allegato 1, che prevedono diversi meccanismi di incentivazione alle imprese.

 

Più in particolare, l’articolo in esame, dopo aver definito al comma 1, le finalità dell’intervanto (crescita sostenibile e creazione di nuova occupazione) dispone, al comma 2, la trasformazione del Fondo speciale rotativoper l'innovazione tecnologica (FIT) di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, nel Fondo per la crescita sostenibile.

Principali finalità del Fondo, che diventa il principale strumento di interventonel settore, consistono:

§      promozione di progetti di ricerca strategica, anche tramite il consolidamento dei centri di ricerca delle imprese;

§      il rafforzamento della struttura produttiva;

§      la promozione della presenza internazionale delle imprese e l’attrazione di investimenti dall’estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto Il MISE, di concerto con il MEF, emana decreti di natura non regolamentare, ai fini dell’erogazione delle agevolazioni, individuando:

§       le priorità e le forme di aiuto concedibili nell’ambito del Fondo. Gli aiuti possono essere erogati nella forma di concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi e finanziamento agevolato (articolo 7, D.lgs. 123/1998), con esclusione del credito di imposta (tale attività è svolta con decreto e di concerto con il MEF);

§       i termini, le modalità e le procedure, anche in forma automatizzata, attraverso bandi o direttive; può avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un’apposita gara (gli oneri derivanti dalle convenzioni sono a carico degli stanziamenti cui le convenzioni si riferiscono) (comma 3).

 

Gli obiettivi e le priorità del Fondo possono essere periodicamente aggiornati con la medesima procedura di cui al comma 3 sulla base del monitoraggio dell'andamento degli incentivi relativi agli anni precedenti (comma 3-bis).

 

Il Fondo può operare anche attraverso le due distinte contabilità speciali già esistenti nell’ambito del FIT, esclusivamente per l’erogazione dei finanziamenti agevolati sotto forma di prestiti e per gli interventi cofinanziati dall’UE o dalle regioni, anche di natura non rotativa. Rimane la gestione ordinaria nel bilancio statale per gli altri tipi di intervento. Inoltre, si istituiscono per ciascuna delle finalità previste al comma 2 apposite sezioni nell’ambito del Fondo (comma 4).

Per lesole attività avviate prima dell’entrata in vigore dei presente decreto, il comitato tecnico già istituito all’articolo 16, comma 2, L. 46/1982, continuerà a svolgere le proprie funzioni fino al 31 dicembre 2015 (comma 5).

I finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo per la crescita sostenibile potranno essere assistiti da garanzie reali e personali facendo salva, al contempo, la necessaria prestazione di idonea garanzia per le anticipazioni dei contributi (comma 6).

 

Si ricorda che l’articolo 14 della L. 46/1982, ha istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico) il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, che opera con gestione fuori bilancio ai sensi dell'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041.

Gli interventi del Fondo hanno per oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati.

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A:C: 5312) precisa che il Ministero dello sviluppo economico per l’istruttoria dei programmi e per l’erogazione delle agevolazioni già previste dalla stessa legge 46/82, si avvale di banche convenzionate e che le risorse in bilancio per i contributi in conto capitale ammontano a euro 11,23 milioni di euro necessari a far fronte ai programmi già proposti dalle imprese.

 

Conseguentemente, si provvede, con l’Allegato 1, ad abrogare le leggi e le normative sparse in numerose provvedimenti contenenti misure di incentivo non ritenute più efficaci o che ormai hanno esaurito i loro effetti (comma 7). Alla fine del dossier una Tabella riepilogativa darà conto del contenuto delle norme abrogate.

 

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A:C: 5312) precisa che gran parte delle disposizioni inserite nell’elenco, sebbene formalmente vigenti, sono di fatto da lungo tempo non operative e, pertanto, essendosi conclusi i relativi procedimenti amministrativi, non vi sono stanziamenti di risorse finanziarie né vi è la necessità di erogare somme, salvi gli effetti dei contenziosi pendenti. Tuttavia, alcune delle leggi abrogande presentano un’attività di gestione connessa a procedimenti in essere che proseguirà regolata da norme abrogate e alle disposizioni di semplificazione introdotte al comma 11.

 

I commi 8 e 9 prevedono il reimpiego delle economie rinvenienti dagli interventi agevolativi concessi ai sensi delle norme abrogate dal precedente comma 7, con riferimento sia agli stanziamenti di bilancio non utilizzati sia delle disponibilità esistenti sulle apposite contabilità speciali.

 

In particolare, il comma 8 dispone che gli stanziamenti iscritti in bilancio non utilizzati, nonché le risorse restituite ovvero non erogate alle imprese a seguito di provvedimenti di revoca e di rideterminazione delle agevolazioni concesse ai sensi delle disposizioni abrogate dal comma precedente, affluiscano all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate alla contabilità speciale del Fondo per la crescita sostenibile, per il successivo loro utilizzo. Le predette disponibilità da versare all’entrata del bilancio dello Stato devono essere accertate con apposito decreto del Ministero dello sviluppo economico, al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti già avviati in data anteriore a quella di entrata in vigore del presente decreto-legge.

 

Il comma 9 prevede, altresì, il recupero delle disponibilità relative agli strumenti agevolativi abrogati dal precedente comma 7 esistenti sia sulle contabilità speciali intestate al Ministero dello sviluppo economico sia sulla specifica contabilità istituita presso la Cassa Depositi e Prestiti per l'attuazione dei contratti d’area, di cui all'articolo 2, comma 203, lettera f) della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Anche per tali disponibilità è previsto il versamento all'entrata del bilancio dello Stato ai fini della loro successiva riassegnazione, nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero, per la successiva assegnazione alla contabilità speciale del Fondo.

Le disponibilità sono accertate al netto delle risorse necessarie per far fronte agli impegni già assunti e per garantire la definizione dei procedimenti già avviati in data anteriore al 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del presente decreto-legge).

Pertanto, le predette contabilità speciali continuano ad operare fino al completamento dei relativi interventi ovvero degli adempimenti derivanti dalle programmazioni comunitarie già approvate dalla UE al 26 giugno 2012.

Si prevede, infine, che le misure di aiuto destinate alle aree sottoutilizzate siano impiegate secondo il vincolo di destinazione dell’85% delle risorse al Mezzogiorno e del restante 15% alle regioni del centro-nord (comma 10).

 

Il comma 11 prevede che ai procedimenti avviati prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti pro tempore e le nuove norme di semplificazione.

 

Il comma 12. prevede che le occorrenti variazioni di bilancio siano effettuate dal Ministro dell’economia e delle finanze con propri decreti.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A:C: 5312), il nuovo Fondo avrà una consistenza iniziale pari alle disponibilità presenti sul FIT alla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, al netto degli impegni già assunti, stimata pari a circa 300 milioni di euro.

Al fine di fornire una rappresentazione dell’entità del flusso dei rientri sul Fondo, la relazione evidenzia che, nel 2011, questi sono stati pari a circa 238 milioni di euro.

Tale dotazione sarà implementata, per effetto delle disposizioni di cui al presente decreto, con le risorse derivanti dalle misure abrogate, di cui è dato specificamente conto nelle tre tabelle allegate alla relazione tecnica.

In particolare, per quanto riguarda le risorse in bilancio rinvenienti dalle abrogazioni (riportate nella Tabella n. 1), sussistono disponibilità da trasferire al Fondo per 3,96 milioni di euro nel periodo 2012-2014.

Inoltre, sempre secondo quanto riportato nella relazione al d.d.l. di conversione (A:C: 5312), il Fondo potrà disporre di risorse rinvenienti dalle contabilità speciali e dai conti di tesoreria (riportati nella Tabella n. 2 della relazione), per un importo complessivo pari a 292,4 milioni di euro. In particolare, le risorse disponibili ad oggi presenti sulle contabilità speciali, cui si riferisce il comma 9, al netto di quelle già impegnate, consistono in circa 118 milioni euro per i Contratti di programma (registrati nell’ambito della contabilità speciale n. 1726 “aree depresse”) e in circa 144,3 milioni euro per i Contratti d’area[100] (registrati sul conto di tesoreria n. 29851, acceso presso la Cassa Depositi e Prestiti). Ulteriori 30 milioni sono riferibili al Fondo salvataggio imprese (registrati sul conto di tesoreria del MISE n. 22051).

Dette rinvenienze derivano da misure di aiuto erogate alle imprese sotto forma di contributo a fondo perduto. Nel nuovo sistema saranno versate sulla contabilità del Fondo rotativo per essere utilizzate sotto forma di finanziamento agevolato.

 


 

Articolo 24
(
Contributo tramite credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati)

 


1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, a tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dalle dimensioni aziendali, dal settore economico in cui operano, nonché dal regime contabile adottato, è concesso un contributo sotto forma di credito d'imposta del 35%, con un limite massimo pari a 200 mila euro annui ad impresa, del costo aziendale sostenuto per le assunzioni a tempo indeterminato di:

a) personale in possesso di un dottorato di ricerca universitario conseguito presso una università italiana o estera se riconosciuto equipollente in base alla legislazione vigente in materia;

b) personale in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico, di cui all'Allegato 2 al presente decreto, impiegato in attività di Ricerca e Sviluppo, come specificato al comma 3.

1-bis. Il credito d'imposta è riservato alle assunzioni di personale in possesso dei titoli accademici previsti alle lettere a) e b) del comma 1.

2. Il credito d'imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta di maturazione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d'imposta nei quali lo stesso è utilizzato e non è soggetto al limite annuale di cui all'articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. Esso non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

3. Il credito d'imposta, di cui alla lettera b) del comma 1, è concesso per il personale impiegato nelle seguenti attività:

a) lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

b) ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti ovvero la creazione di componenti di sistemi complessi, necessaria per la ricerca industriale, ad esclusione dei prototipi di cui alla lettera c);

c) acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati ad uso commerciale; realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati ad esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. L'eventuale, ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili.

4. Il diritto a fruire del contributo decade:

a) se il numero complessivo dei dipendenti è inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente all'applicazione del presente beneficio fiscale;

b) se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

b-bis) se l'impresa beneficiaria delocalizza in un Paese non appartenente all'Unione europea riducendo le attività produttive in Italia nei tre anni successivi al periodo di imposta in cui ha fruito del contributo;

c) nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

5. Per la gestione della misura di agevolazione di cui al presente articolo, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, potrà avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

6. Per fruire del contributo le imprese presentano un'istanza, secondo le modalità che saranno individuate con il decreto di cui al comma 11, al Ministero dello sviluppo economico che concede il contributo nel rispetto del previsto limite di spesa di cui al comma 12.

7. Qualora sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del contributo per il verificarsi del mancato rispetto delle condizioni previste dalle presenti disposizioni, il Ministero dello sviluppo economico procede, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.

8. I controlli avvengono sulla base di apposita documentazione contabile certificata da un professionista iscritto al registro dei revisori contabili o dal collegio sindacale. Tale certificazione va allegata al bilancio.

9. Le imprese non soggette a revisione contabile del bilancio e prive di un collegio sindacale devono comunque avvalersi della certificazione di un revisore dei conti o di un professionista iscritto al registro dei revisori contabili che non abbia avuto, nei tre anni precedenti, alcun rapporto di collaborazione o di dipendenza con l'impresa stessa. Le spese sostenute per l'attività di certificazione contabile di cui al presente comma sono considerate ammissibili entro un limite massimo di 5 mila euro.

10. Nei confronti del revisore contabile che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti per il rilascio della certificazione di cui ai commi 8 e 9 si applicano le disposizioni dell'articolo 64 del codice di procedura civile.

11. Con successivo decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, sono adottate le disposizioni applicative necessarie.

12. All'ultimo periodo dell'articolo 1, comma 851, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dopo la parola «riassegnate» sono inserite le seguenti: «, per la parte eccedente l'importo di 25 milioni di euro per l'anno 2012 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013,».

13. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2012 e di 50 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013. Al relativo onere si provvede con le risorse rivenienti dal comma 12.

13-bis. Al fine di favorire la ripresa economica e garantire il mantenimento dei livelli occupazionali nelle zone colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, una quota pari a 2 milioni di euro per l'anno 2012 e a 3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, nell'ambito dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 13, è riservata ad assunzioni da parte di imprese che abbiano la sede o unità locali nei territori dei comuni identificati dall'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74.


 

 

L’articolo 24 istituisce un contributo, in forma di credito d'imposta, in favore di tutte le imprese che effettuino nuove assunzioni a tempo indeterminato di soggetti con profili "altamente qualificati". Il credito d'imposta è pari al 35% del costo aziendale sostenuto per l'assunzione; l'importo del credito non può superare i 200.000 euro annui (per impresa).

Il nuovo personale deve costituire un incremento rispetto al numero complessivo dei dipendenti del periodo di imposta precedente. Inoltre, i nuovi posti di lavoro devono essere conservati per almeno tre anni (due anni, nel caso di PMI).

Sono destinati alla misura 25 milioni di euro per il 2012 e 50 milioni annui a decorrere dal 2013, rinvenienti dalle risorse che provengono annualmente dalla riscossione delle tasse sui diritti brevettuali. Il comma 13-bis - inserito nel corso dell’esame parlamentare - pone, nell'ambito delle relative risorse finanziarie, una quota di riserva in favore delle assunzioni in oggetto da parte di imprese che abbiano la sede o unità locali nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012.

In dettaglio, i commi 1 e 1-bis prevedono che il credito d'imposta del 35%, con un limite massimo di 200.000 euro annui per impresa, sia riservato alle assunzioni relative a:

1) dottori di ricerca con titolo conseguito presso una università italiana o estera se riconosciuta equipollente in base alla legislazione vigente in materia;

2) personale in possesso di una laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo specificatamente descritte nel successivo comma 3.

 

Si tratta, in particolare, di attività di carattere sperimentale o teorico, aventi quale principale finalità l'acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette; ovvero di ricerca pianificata per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti; ovvero di acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica e commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Tali ultime attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati ad uso commerciale; possono inoltre comprendere la realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati ad esperimenti tecnologici o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida. L'eventuale, ulteriore sfruttamento di progetti di dimostrazione o di progetti pilota a scopo commerciale comporta la deduzione dei redditi così generati dai costi ammissibili.

 

Le classi di laurea interessate dalla norma sono le seguenti:

LM-12Design;

LM-13 Farmacia e farmacia industriale

LM-17 Fisica

LM-18 Informatica

LM-20 Ingegneria aerospaziale e astronautica

LM-21 Ingegneria biomedica

LM-22 Ingegneria chimica

LM-23 Ingegneria civile

LM-24 Ingegneria dei sistemi edilizi

LM-25 Ingegneria dell'automazione

LM-26 Ingegneria della sicurezza

LM-27 Ingegneria delle telecomunicazioni

LM-28 Ingegneria elettrica

LM-29 Ingegneria elettronica

LM-30 Ingegneria energetica e nucleare

LM-31 Ingegneria gestionale

LM-32 Ingegneria informatica

LM-33 Ingegneria meccanica

LM-34 Ingegneria navale

LM-35 Ingegneria per l'ambiente e il territorio

LM-4 Architettura e ingegneria edile - architettura

LM-40 Matematica

LM-44 Modellistica matematico-fisica per l'ingegneria

LM-53 Scienza e ingegneria dei materiali

LM-54 Scienze chimiche

LM-6 Biologia

LM-60 Scienze della natura

LM-61 Scienze della nutrizione umana

LM-66 Sicurezza informatica

LM-69 Scienze e tecnologie agrarie

LM-7 Biotecnologie agrarie

LM-70 Scienze e tecnologie alimentari

LM-71 Scienze e tecnologie della chimica industriale

LM-72 Scienze e tecnologie della navigazione

LM-73 Scienze e tecnologie forestali ed ambientali

LM-74 Scienze e tecnologie geologiche

LM-75 Scienze e tecnologie per l'ambiente e il territorio

LM-79 Scienze geofisiche

LM-8 Biotecnologie industriali

LM-82 Scienze statistiche

LM-86 Scienze zootecniche e tecnologie animali

LM-9 Biotecnologie mediche, veterinarie e farmaceutiche

LM-91 Tecniche e metodi per la società dell'informazione

Possono usufruire dell’agevolazione tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dalle dimensioni aziendali, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato.

Per fruire del contributo, le imprese presentano un'istanza al Ministero dello sviluppo economico, secondo le modalità definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge in esame (commi 6 e 11). Il credito d'imposta è concesso, da parte del Ministero dello sviluppo economico, nel rispetto dei limiti di risorse di cui ai commi 12, 13 e 13- bis.

 

Al riguardo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) anticipa che l’istanza sarà di tipo telematico: sarà costituita, infatti, un'apposita piattaforma informatica per la ricezione e la gestione delle istanze telematiche presentate dalle imprese e per il monitoraggio sia economico in riferimento all'agevolazione, sia tecnico scientifico per analizzare l'orientamento degli investimenti in ricerca e sviluppo.

 

Il comma 5 prevede che per la gestione del credito di imposta in esame, il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, potrà avvalersi, sulla base di apposita convenzione, di società in house ovvero di società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà scelti, sulla base di un'apposita gara, secondo le modalità e le procedure previste dal Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 163 del 2006).

Il sistema degli affidamenti in house (in house providing) – pur essendo derogatorio rispetto al metodo di scelta del contraente mediante gara pubblica richiesto dai principi comunitari a tutela della concorrenza e del mercato – è stato ritenuto ammissibile dalla Corte di Giustizia e dalla giurisprudenza nazionale entro determinati limiti. Più specificatamente, le condizioni necessarie affinché si possa derogare alla gara pubblica (secondo la sentenza del 18 novembre 1999 della Corte di Giustizia, c.d. “Sentenza Teckal”, in causa C-107/98) sono:

§       l’esercizio da parte dell’ente committente, sul soggetto affidatario, di un “controllo analogo” a quello che esercita sui propri servizi;

§       la necessità che il soggetto affidatario realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente committente (o gli enti se son più di uno) che la controlla.

 

Il diritto a fruire del credito d'imposta decade al verificarsi delle seguenti condizioni:

a)  se, il numero complessivo dei dipendenti, è inferiore o pari a quello indicato nel bilancio presentato nel periodo di imposta precedente all'applicazione del presente beneficio fiscale; deve, pertanto, trattarsi di assunzioni aggiuntive;

b)  se i posti di lavoro creati non sono conservati per un periodo minimo di tre anni, ovvero di due anni nel caso delle piccole e medie imprese;

b-bis) qualora l'impresa beneficiaria trasferisca, in tutto o in parte, le attività produttive in un Paese non appartenente all’Unione europea, con un effetto di riduzione di quelle ubicate in Italia, nei tre anni successivi al periodo di imposta in cui abbia fruito dell'incentivo. Tale fattispecie è stata inserita nel corso dell’esame parlamentare;

c)  nei casi in cui vengano definitivamente accertate violazioni non formali, sia alla normativa fiscale che a quella contributiva in materia di lavoro dipendente per le quali sono state irrogate sanzioni di importo non inferiore a euro 5.000, oppure violazioni alla normativa sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori previste dalle vigenti disposizioni, nonché nei casi in cui siano emanati provvedimenti definitivi della magistratura contro il datore di lavoro per condotta antisindacale.

 

Qualora sia accertata l'indebita fruizione, anche parziale, del contributo, il Ministero dello sviluppo economico procede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge.

I controlli, secondo quanto disposto dai commi 8 e 9, avvengono sulla base di apposita documentazione contabile certificata da un revisore iscritto nel registro dei revisori dei conti o dal collegio sindacale. La certificazione viene allegata al bilancio. Le imprese non soggette a revisione contabile e prive di collegio sindacale devono avvalersi per la certificazione delle spese di un consulente tecnico indipendente (che non abbia avuto nei tre anni precedenti un rapporto di collaborazione o dipendenza con l’impresa) e iscritto al registro dei revisori contabili. La spesa sostenuta per la certificazione contabile è ammessa a contributo nel limite di 5.000 euro.

Nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile: il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329. Si applica inoltre la sospensione dall’esercizio della professione (ai sensi dell'articolo 35 del codice penale). In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.

Il credito d’imposta (comma 2) deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi e non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sul reddito e dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Il credito d’imposta non rileva, inoltre, ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi, di cui all’articolo 61 del TUIR, né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui all’articolo 109, comma 5, del medesimo TUIR.

L’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del D.lgs. n. 241 del 1997.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Precedenti crediti d’imposta per ricerca e sviluppo

Si segnala che l’articolo 1 del D.L. n. 70 del 2011 (c.d. decreto sviluppo 2011) ha istituito un credito d’imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca. Il credito d’imposta compete nella misura del 90 per cento della spesa incrementale di investimento, rispetto alla media di investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010. Tale disposizione ha assorbito il credito di imposta per la ricerca e lo sviluppo previsto dall’articolo 1, comma 25, della legge n. 220 del 2010.

Il credito spetta in relazione agli investimenti realizzati a decorrere dal periodo d’imposta successivo al 31 dicembre 2010 fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, ossia, per i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, per gli investimenti effettuati negli anni 2011 e 2012.

L’articolo 1, comma 25, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità per il 2011) aveva attribuito un credito d’imposta, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2011, in favore delle impreseche affidanoattività di ricerca e sviluppo a università o enti pubblici di ricerca in relazione agli investimenti realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2011. La misura del beneficio non risulta ad oggi determinata in quanto non è stato emanato il decreto ministeriale previsto dalla norma.

In precedenza un altro credito d’imposta in favore delle imprese che avevano sostenuto, nel periodo 2007-2009, costi per l’attività di ricerca industriale e di sviluppo precompetitivo era stato istituito dalla legge finanziaria per il 2007(legge n. 296 del 2006, articolo 1, commi da 280 a 283).

Per ovviare ai problemi di copertura finanziaria sorti in applicazione del beneficio in argomento, l’articolo 29 del D.L. n. 185 del 2008 ha introdotto l’obbligo per i contribuenti di presentare una comunicazione relativa agli investimenti agevolabili per consentire il monitoraggio del credito d’imposta in esame.

La disciplina del monitoraggio dei crediti d’imposta, introdotta per esigenze conoscitive finalizzate anche a garantire la copertura finanziaria dell’onere a carico della finanza pubblica, consente all’Amministrazione finanziaria di conoscere, in via anticipata, la fruizione complessiva del beneficio concesso. In taluni casi, essa prevede anche l’obbligo per il contribuente di presentare apposita richiesta e subordina la fruizione all’acquisizione dell’autorizzazione da parte dell’amministrazione competente.

Successivamente si è reso necessario disporre un rifinanziamento dell’autorizzazione di spesa. In particolare, l’articolo 2, comma 236, della legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009) ha, in un primo momento, incrementato lo stanziamento di 200 milioni di euro, per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e, in un secondo momento, il decreto legge n. 40 del 2011 lo ha ridotto di 50 milioni per l’anno 2010. Il beneficio era pari al 10% della spesa sostenuta ovvero al 40% della stessa qualora fosse stata riferita a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca, non potendo, in ogni caso, superare 50 milioni annui. Tali risorse sono state assegnate dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, del 4 marzo 2011, ai soggetti che non hanno ricevuto il nulla-osta per la fruizione del credito di imposta per l’esaurimento delle risorse disponibili.

L’articolo 2 dello stesso D.L. n. 70 del 2011 ha istituito, inoltre, un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del decreto in esame. Si tratta di uno sgravio fiscale del 50% sui costi salariali dei contratti stipulati con personale “svantaggiato” o “molto svantaggiato” nel periodo compreso tra il 14 maggio 2011 e il 13 maggio 2013.

Con il decreto 24 maggio 2012 del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e il Ministro per la coesione territoriale (pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 127 del 1° giugno 2012) è stata attuata tale normativa. Le otto regioni interessate dallo stanziamento dei fondi, che ammontano a 142 milioni di euro, sono Abruzzo (4 milioni di euro), Molise (1 milione di euro), Basilicata (2 milioni di euro), Campania (20 milioni di euro), Calabria (20 milioni di euro), Puglia (10 milioni di euro), Sicilia (65 milioni di euro) e Sardegna (20 milioni di euro).

Per«lavoratore svantaggiato» si intende chiunque rientri in una delle seguenti categorie:

§       chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

§       chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale;

§       lavoratori che hanno superato i 50 anni di età;

§       adulti che vivono soli con una o più persone a carico;

§       lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato.

Per «lavoratore molto svantaggiato» si intende colui il quale è privo di lavoro da più di 24 mesi.

 

I commi 12, 13 e 13-bis recano le norme di natura finanziaria.

In particolare, il comma 12 autorizza la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2012 e di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.

Il comma 13-bis- inserito nel corso dell’esame parlamentare - pone, nell'àmbito delle suddette risorse finanziarie, una quota di riserva in favore delle assunzioni in oggetto da parte di imprese che abbiano la sede o unità locali nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, interessati dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012. La quota di riserva è pari a 2 milioni di euro per l'anno 2012 e a 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2013.

All'onere di cui al comma 13 si provvede attraverso l’utilizzo di quota parte dei proventi derivanti dal pagamento dei diritti sui brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e modelli, nonché dei diritti di opposizione alla registrazione dei marchi d’impresa, di cui all’articolo 1, comma 851, della citata legge n. 296 del 2006; tali proventi, in base alla novella di cui al comma 12, non saranno riassegnati, per l’importo corrispondente agli oneri di cui al comma 13, allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, ma resteranno acquisiti all’entrata del bilancio dello Stato, ai fini del finanziamento del credito d’imposta in esame.

Si ricorda che il citato articolo 1, comma 851, della legge n. 296 prevede che le somme derivanti dal pagamento dei diritti sui brevetti per invenzione industriale e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e modelli, nonché dei diritti di opposizione alla registrazione dei marchi d’impresa, siano interamente versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, anche al fine di potenziare le attività del medesimo Ministero di promozione, di regolazione e di tutela del sistema produttivo nazionale, di permettere alle piccole e medie imprese la piena partecipazione al sistema di proprietà industriale, di rafforzare il brevetto italiano, anche con l'introduzione della ricerca di anteriorità per le domande di brevetto per invenzione industriale.


 

Articolo 24-bis
(
Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell'occupazione nelle attività svolte da call center)

 


1. Le misure del presente articolo si applicano alle attività svolte da call center con almeno venti dipendenti.

2. Qualora un'azienda decida di spostare l'attività di call center fuori dal territorio nazionale deve darne comunicazione, almeno centoventi giorni prima del trasferimento, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali indicando i lavoratori coinvolti. Inoltre deve darne comunicazione all'Autorità garante per la protezione dei dati personali, indicando quali misure vengono adottate per il rispetto della legislazione nazionale, in particolare del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e del registro delle opposizioni. Analoga informativa deve essere fornita dalle aziende che già oggi operano in Paesi esteri.

3. In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all'occupazione nel settore dei call center, i benefici previsti dalla legge 29 dicembre 1990, n. 407, non possono essere erogati ad aziende che delocalizzano attività in Paesi esteri.

4. Quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese estero in cui l'operatore con cui parla è fisicamente collocato e deve, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale.

5. Quando un cittadino è destinatario di una chiamata da un call center deve essere preliminarmente informato sul Paese estero in cui l'operatore è fisicamente collocato.

6. Il mancato rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo comporta la sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro per ogni giornata di violazione.

7. All'articolo 61, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, dopo le parole: «rappresentanti di commercio» sono inserite le seguenti: «, nonché delle attività di vendita diretta di beni e di servizi realizzate attraverso call center 'outbound' per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento,».


 

 

L'articolo 24-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca norme in materia di call center, con riferimento ai profili lavoristici e alla protezione dei dati personali e della riservatezza.

 

In particolare, il comma 1specifica che le norme di cui al presente articolo si applicano esclusivamente ai call center con almeno venti dipendenti.

 

Il comma 2 dispone l’obbligo, per le aziende che spostano l’attività fuori del territorio nazionale, di comunicare tale spostamento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali almeno 120 giorni prima del trasferimento stesso, individuando i lavoratori coinvolti; nonché all’Autorità garante della privacy, indicando le misure adottate ai fini del rispetto della legislazione nazionale, in particolare, del codice in materia di protezione dei dati personali[101] e della disciplina sul registro delle opposizioni ("registro pubblico degli abbonati che si oppongono all'utilizzo del proprio numero telefonico per vendite o promozioni commerciali.

Analoga informativa deve essere fornita anche dalle aziende che operino già oggi su paesi esteri.

 

Il comma 3 prevede il divieto di erogare specifici benefici per le aziende che trasferiscano all'estero attività di call center.

Si tratta degli incentivi di cui all'articolo 8, comma 9, della L. 29 dicembre 1990, n. 407[102], e successive modificazioni (sgravi contributivi in caso di assunzione, con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di lavoratori che da almeno 24 mesi siano o disoccupati o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale).

 

Il comma 4 prevede l’obbligo di informare preliminarmente il cittadino che contatti un call center quale sia il Paese estero in cui l'operatore con cui parla sia fisicamente collocato; allo stesso tempo l’utente ha il diritto, al fine di poter essere garantito rispetto alla protezione dei suoi dati personali, di poter scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale.

Ai sensi del successivo comma 5, in caso di chiamata da parte di un call center, il cittadino deve essere preliminarmente informato sul Paese estero in cui l'operatore sia eventualmente collocato.

In relazione agli obblighi richiamati, il comma 6 stabilisce una sanzione amministrativa pecuniaria di 10.000 euro per ogni giornata di violazione.

 

Il comma 7, infine,interviene sulla disciplina del lavoro a progetto di cui al D.lgs. 276/2003. In particolare, si dispone che le nuove disposizioni introdotte dall’articolo 1, comma 23, della L. 92/2012, concernenti i parametri cui i datori di lavoro devono attenersi per poter stipulare tale fattispecie contrattuale, trovino applicazione ferma restando la disciplina degli agenti e rappresentanti di commercio, nonché le attività di vendita diretta di beni e servizi realizzate attraverso call center “outbound, per le quali il ricorso ai contratti di collaborazione a progetto è consentito sulla base del corrispettivo definito dalla contrattazione collettiva nazionale di riferimento.


 

Articolo 25
(
Monitoraggio, controlli, attività ispettiva)

 


1. Allo scopo di vigilare sul corretto utilizzo delle agevolazioni di cui al presente decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi del Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, il quale svolge, anche d'iniziativa, analisi, ispezioni e controlli sui programmi di investimento ammessi alle agevolazioni. A tal fine, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sottoscrive un protocollo d'intesa con il Comandante della Guardia di Finanza.

Per l'esecuzione delle attività di cui al comma 1, fermo restando quanto previsto dall'articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, gli appartenenti al Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie:

a) si avvalgono anche dei poteri e delle facoltà previsti dall'articolo 8, comma 4, lettere a) e b) del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231;

b) possono accedere, anche per via telematica, alle informazioni detenute nelle banche dati in uso al Ministero dello sviluppo economico, agli Enti previdenziali ed assistenziali, nonché, in esenzione da tributi e oneri, ai soggetti pubblici o privati che, su mandato del Ministero dello sviluppo economico, svolgono attività istruttorie e di erogazione di fondi pubblici. Tali soggetti pubblici e privati consentono, altresì, l'accesso alla documentazione in loro possesso connessa alla gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

2. All'attuazione del comma 1 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

3. Gli oneri relativi alle attività ispettive sui programmi di investimento oggetto di agevolazioni concesse dal Ministero dello sviluppo economico, anche ai sensi delle disposizioni abrogate di cui all'articolo 23, comma 7, sono posti a carico del Fondo, di cui all'articolo 23, comma 2, entro il limite di 400.000 euro per anno.

4. Per consentire lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266 anche tramite analisi strutturate e continuative sull'efficacia degli interventi agevolativi, il Ministero dello sviluppo economico determina, per ciascun intervento, gli impatti attesi tramite la formulazione di indicatori e valori-obiettivo. Di tale determinazione è data adeguata pubblicità sul sito istituzionale dell'Amministrazione anteriormente al termine iniziale di presentazione delle domande di agevolazione cui i predetti impatti si riferiscono.

5. I soggetti beneficiari degli interventi di cui al presente decreto-legge si impegnano a fornire al Ministero dello sviluppo economico e ai soggetti dallo stesso incaricati, anche con cadenza periodica e tramite strumenti informatici, ogni informazione utile al monitoraggio dei programmi agevolati. I contenuti e le modalità di trasmissione delle predette informazioni sono individuati, tenuto conto delle caratteristiche e finalità dei singoli interventi agevolativi cui i programmi si riferiscono, con circolari del Ministero dello Sviluppo Economico. Con decreto del medesimo Ministero di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze sono individuati i contenuti minimi delle predette informazioni alla luce di quanto stabilito ed adottato per il sistema di monitoraggio del Quadro Strategico Nazionale 2007/2013 ed ai fini di quanto previsto dall'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La non corretta alimentazione del sistema di monitoraggio da parte dei soggetti beneficiari degli interventi comporta per l'impresa inadempiente la sospensione dell'erogazione dei benefici fino al ripristino delle condizioni di corretta alimentazione del predetto sistema ovvero, in caso di reiterazione dell'inadempimento, la revoca del beneficio concesso.

6. Per consentire un'adeguata trasparenza degli interventi agevolativi disposti ai sensi del presente decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico pubblica sul proprio sito istituzionale l'elenco delle iniziative oggetto di finanziamento a valere sul fondo di cui all'articolo 23, comma 2.


 

 

L’articolo 25 reca le disposizioni in materia di controlli sugli interventi agevolativi contenuti nel provvedimento in esame.

In particolare, a tale scopo il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di Finanza, che può anche avvalersi dei poteri e delle facoltà connesse alle attività antiriciclaggio, nonché accedere alle opportune banche dati.

Sono posti a carico del Fondo per la crescita sostenibile, istituito al comma 2, articolo 23 del decreto in esame gli oneri relativi alle attività ispettive sulle agevolazioni concesse dal Ministero dello sviluppo economico, anche ai sensi delle disposizioni abrogate di cui all‘articolo 23, comma 7, nel limite di 400.000 euro per anno.

Si affidano al MISE le opportune valutazioni degli impatti attesi dalle misure introdotte, al fine di svolgere l’attività di valutazione e controllo sugli interventi di sostegno alle attività economiche e produttive. E’ previsto l’obbligo, per i beneficiari degli interventi agevolativi, di fornire al MISE ogni informazione utile al monitoraggio dei programmi agevolati. La non corretta alimentazione del sistema di monitoraggio può essere sanzionata, per l’impresa inadempiente, con la sospensione dell’erogazione dei benefici.

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede che al predetto scopo il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi del Nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie della Guardia di Finanza, cui è demandato il compito di svolgere, anche d‘iniziativa propria, analisi, ispezioni e controlli sui programmi di investimento ammessi alle agevolazioni.

E’ previsto a tal fine che il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell‘economia e delle finanze, sottoscriva un protocollo d‘intesa con il Comandante della Guardia di Finanza.

Fermi restando i compiti istituzionali della Guardia di Finanza (enumerati dall‘articolo 2 del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68), per l’esecuzione del suddetto monitoraggio gli appartenenti al citato Nucleo:

§      potranno esercitare anche i poteri e le facoltà specificamente previsti dalla normativa antiriciclaggio (in particolare dall‘articolo 8, comma 4, lettere a) e b) del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231).

Essi potranno anzitutto avvalersi dei dati contenuti nell’anagrafe tributaria; per effetto del predetto rinvio, infatti, i membri del Nucleo speciale si avvalgono dei dati (ai sensi dell'articolo 7, sesto e undicesimo comma del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605) comunicati da banche, Poste italiane, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio e altri operatori finanziari, relativi ai clienti e ai soggetti con cui intrattengono rapporti, che sono archiviati in apposita sezione dell'anagrafe tributaria.

Inoltre, il Nucleo speciale potrà esercitare anche i poteri attribuiti dalla normativa valutaria, che verranno estesi ai militari appartenenti ai reparti della Guardia di finanza, con possibilità di delega di compiti.

§      potranno accedere, anche per via telematica, alle informazioni detenute nelle banche dati in uso al Ministero dello sviluppo economico, agli Enti previdenziali ed assistenziali, nonché, in esenzione da tributi e oneri, ai soggetti pubblici o privati che, su mandato del Ministero dello sviluppo economico, svolgono attività istruttorie e di erogazione di fondi pubblici. Tali soggetti pubblici e privati dovranno consentire, l’accesso alla documentazione in loro possesso connessa alla gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

 

Ai sensi del comma 2, modificato nel corso dell’esame parlamentare, dall‘attuazione di tali disposizioni non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato; dunque alle attività ivi previste si farà fronte con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

Il comma 3, anch’esso modificato nel corso dell’esame parlamentare, pone a carico del Fondo per la crescita sostenibile - istituito all’articolo 23, comma 2 del provvedimento in esame gli oneri relativi alle attività ispettive sui programmi di investimento oggetto di agevolazioni concesse dal Ministero dello sviluppo economico, nel limite di 400.000 euro per anno, anche ai sensi delle disposizioni abrogate di cui all‘articolo 23, comma 7 del provvedimento in commento. Si ricorda che il richiamato comma 7 rimanda all’Allegato 1 al decreto-legge, per l’elencazione di leggi e disposizioni speciali recanti misure di incentivo non ritenute più efficaci o che ormai hanno esaurito i loro effetti.

 

Si segnala che dal tenore della norma non appare chiaro se le attività ispettive sono effettuate solo sulle nuove agevolazioni concesse sul Fondo per la crescita ovvero anche ai sensi delle disposizioni abrogate, che continuano a operare fino ad esaurimento: alcune delle leggi abrogande, infatti, presentano un’attività di gestione connessa a procedimenti in essere, che proseguirà regolata da norme abrogate e dalle disposizioni di semplificazione introdotte al comma 11 del richiamato articolo 23.

 

Ai sensi del comma 4, il Ministero della sviluppo economico determina, per ciascun intervento agevolativo, gli impatti attesi, tramite la formulazione di indicatori e valori-obiettivo, affinché l’attività di valutazione e controllo del Governo sull'efficacia e sul rispetto delle finalità delle leggi e dei conseguenti provvedimenti amministrativi in materia di sostegno alle attività economiche e produttive sia svolta mediante analisi strutturate e continuative sull‘efficacia degli interventi. Tale attività implica, si ricorda, la presentazione alle commissioni parlamentari competenti in materia industriale, entro il mese di aprile di ogni anno, di una relazione illustrativa delle caratteristiche e dell'andamento, nell'anno precedente, dei diversi provvedimenti in materia di sostegno alle attività economiche e produttive (ai sensi dell‘articolo 1, comma 1, della legge 7 agosto 1997, n. 266).

Detta relazione fornisce in forma articolata elementi di monitoraggio, rispetto agli andamenti degli anni precedenti, nonché l'illustrazione dei risultati dell'attività di vigilanza e di controllo esercitata dal Governo anche nei confronti di società o enti vigilati dalle pubbliche amministrazioni, ovvero dalle medesime direttamente o indirettamente controllati, al fine di mettere in grado le Commissioni di valutare l'efficacia di detti provvedimenti.

Le determinazioni sugli impatti attesi dalle introdotte misure agevolative sono pubblicate sul sito istituzionale dell‘Amministrazione anteriormente al termine iniziale di presentazione delle domande di agevolazione cui i predetti impatti si riferiscono.

 

Il comma 5 obbliga i beneficiari degli interventi agevolativi di cui al decreto legge in esame a fornire al Ministero dello sviluppo economico e ai soggetti dallo stesso incaricati, anche con cadenza periodica e tramite strumenti informatici, ogni informazione utile al monitoraggio dei programmi agevolati.

Si demanda l’individuazione dei contenuti e delle modalità di trasmissione delle predette informazioni - tenuto conto delle caratteristiche e finalità dei singoli interventi agevolativi cui i programmi si riferiscono – a circolari del Ministero dello Sviluppo Economico.

Un decreto del medesimo Ministero, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, individuerà i contenuti minimi delle predette informazioni alla luce di quanto stabilito ed adottato per il sistema di monitoraggio del Quadro Strategico Nazionale 2007/2013 ed ai fini dell’alimentazione della banca dati delle amministrazioni pubbliche prevista dall’articolo 13 della legge di contabilità (legge 31 dicembre 2009 n.196).

 

La proposta di Regolamento generale sulla politica di coesione comunitaria per il periodo 2007-2013 prevede un approccio programmatico strategico e un raccordo organico della politica di coesione con le strategie nazionali degli Stati membri. A tal fine, l'Italia ha presentato all'Unione Europea un Quadro Strategico Nazionale con l'obiettivo di indirizzare le risorse che la politica di coesione destinerà al nostro Paese, sia nelle aree del Mezzogiorno sia in quelle del Centro-Nord.

 

Sono previste specifiche sanzioni per la non corretta alimentazione del sistema di monitoraggio da parte dei soggetti beneficiari degli interventi; per l’impresa inadempiente è disposta la sospensione dell’erogazione dei benefici fino al ripristino delle condizioni di corretta alimentazione del predetto sistema ovvero, in caso di reiterazione dell’inadempimento, la revoca del beneficio concesso.

Il comma 6 prevede infine la pubblicazione dell’elenco dei progetti beneficiari delle agevolazioni che attingono dal Fondo per la crescita sostenibile (di cui all’articolo 23 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia), mediante conferimento sul sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico.

 


 

Articolo 26
(Moratoria delle rate di finanziamento dovute dalle imprese concessionarie di agevolazioni)

 


1. In relazione ai finanziamenti agevolati già concessi dal Ministero dello sviluppo economico a valere sul Fondo di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, e dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, può essere disposta, per una sola volta, una sospensione di dodici mesi del pagamento della quota capitale delle rate con scadenza non successiva al 31 dicembre 2013. La sospensione determina la traslazione del piano di ammortamento per un periodo di dodici mesi. Gli interessi relativi alla rata sospesa sono corrisposti alle scadenze originarie ovvero, ove le rate risultino già scadute alla data di concessione del beneficio, entro sessanta giorni dalla predetta data, maggiorati degli interessi di mora. A tal fine il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con decreti di natura non regolamentare da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, stabiliscono, per le agevolazioni di rispettiva competenza, condizioni e criteri per la concessione del suddetto beneficio nonché i termini massimi per la relativa richiesta, prevedendone l'applicazione anche alle iniziative nei cui confronti sia stata già adottata la revoca delle agevolazioni in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non sia stato iscritto a ruolo, e determinando, in tal caso, modalità di restituzione graduali. Qualora dalla traslazione del piano di ammortamento consegua il superamento dell'equivalente sovvenzione lordo massimo concedibile, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvedono, per le agevolazioni di rispettiva competenza, alla rideterminazione delle agevolazioni concesse all'impresa.

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 26 detta disposizioni volte a concedere una moratoria di un anno del pagamento della quota capitale delle rate alle imprese beneficiarie di finanziamenti agevolati concessi a valere sul Fondo per l'innovazione tecnologica di cui all'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46, trasformato dall’art. 23 del decreto-legge in esame in Fondo per la crescita sostenibile, e sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.

 

Si ricorda che l’articolo 14 della L. 46/1982, ha istituito presso il Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (ora Ministero dello sviluppo economico) il Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica, che opera con gestione fuori bilancio ai sensi dell'articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041[103].

Gli interventi del Fondo hanno per oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Tali programmi riguardano le attività di progettazione, sperimentazione, sviluppo, preindustrializzazione e i processi realizzativi di campionatura innovativa, unitariamente considerati.

La gestione del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) era articolata in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse; con l’articolo 1, commi 870-874, della legge finanziaria per il 2007, è stato istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), nel quale sono confluite, appunto, sia le risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), sia quelle del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB) sia quelle del Fondo per le aree sottoutilizzate per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca, sia infine le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN).

Si segnala, come peraltro già ricordato, che l’articolo 23, comma 2 e seguenti del decreto in esame provvede a rinominare il Fondo speciale rotativo di cui all’articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46 in Fondo per la crescita sostenibile, per ulteriori approfondimenti si rinvia alla scheda di lettura.

 

Il comma 1 prevede che la sospensione del pagamento della quota capitale delle rate può essere disposta per una sola volta e con riferimento alle rate con scadenza non successiva al 31 dicembre 2013. La sospensione determina la traslazione del piano di ammortamento per un periodo di dodici mesi. Gli interessi relativi alla rata sospesa sono corrisposti alle scadenze originarie ovvero, ove le rate risultino già scadute alla data di concessione del beneficio, entro sessanta giorni dalla predetta data, maggiorati degli interessi di mora.

Con decreti distinti del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca saranno individuati i criteri per la concessione del beneficio, ivi compresi i criteri di recupero e di pagamento degli interessi connessi alla rata sospesa, prevedendone l'applicazione anche alle iniziative nei cui confronti sia stata già adottata la revoca delle agevolazioni in ragione della morosità nella restituzione delle rate, purché il relativo credito non sia stato iscritto a ruolo, e determinando, in tal caso, modalità di restituzione graduali. Qualora dalla traslazione del piano di ammortamento consegua il superamento dell'equivalente sovvenzione lorda massima concedibile, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvedono, per le agevolazioni di rispettiva competenza, alla rideterminazione delle agevolazioni concesse all'impresa.

 

La relazione illustrativa al d.d.l. di conversione (A.C. 5312)afferma che tale intervento, coerente con l'accordo sottoscritto il 28 febbraio 2012 dai Ministri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico con l'ABI e le associazioni imprenditoriali, si rende opportuno, nell'attuale contesto di grave crisi economica, al fine di non penalizzare le imprese che hanno portato o stanno portando regolarmente a compimento i programmi di investimento agevolati e si trovano in una situazione di temporanea difficoltà nella restituzione delle rate di mutuo. La revoca del beneficio, prevista dalle disposizioni vigenti, determinerebbe in moltissime situazioni l'insolvenza totale della società. Inoltre per rispondere alla grave crisi economica del Paese, la relazione illustrativaal d.d.l. di conversione (A:C: 5312) precisa che la norma si applica per le stesse motivazioni ed effetti agli interventi concessi dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a valere sul Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.

 

Il comma 2, infine, stabilisce l’invarianza sui saldi di finanza pubblica.

 


 

Articolo 27
(
Riordino della disciplina in materia di riconversione e riqualificazione produttiva di aree di crisi industriale complessa)

 


1. Nel quadro della strategia europea per la crescita, al fine di sostenere la competitività del sistema produttivo nazionale, l'attrazione di nuovi investimenti nonché la salvaguardia dei livelli occupazionali nei casi di situazioni di crisi industriali complesse con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, il Ministero dello sviluppo economico adotta Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. Sono situazioni di crisi industriale complessa, quelle che, a seguito di istanza di riconoscimento della regione interessata, riguardano specifici territori soggetti a recessione economica e perdita occupazionale di rilevanza nazionale derivante da:

-        una crisi di una o più imprese di grande o media dimensione con effetti sull'indotto;

-        una grave crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.

Non sono oggetto di intervento le situazioni di crisi che risultano risolvibili con risorse e strumenti di competenza regionale.

2. I Progetti di cui al comma 1 promuovono, anche mediante cofinanziamento regionale e con l'utilizzo di tutti i regimi d'aiuto disponibili per cui ricorrano i presupposti, investimenti produttivi anche a carattere innovativo, la riqualificazione delle aree interessate, la formazione del capitale umano, la riconversione di aree industriali dismesse, il recupero ambientale e l'efficientamento energetico dei siti e la realizzazione di infrastrutture strettamente funzionali agli interventi.

Il Piano di promozione industriale di cui agli articoli 5, 6, e 8 della legge 15 maggio 1989, n. 181, come esteso dall'articolo 73 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, si applica esclusivamente per l'attuazione dei progetti di riconversione e riqualificazione industriale.

3. Per assicurare l'efficacia e la tempestività dell'iniziativa, i Progetti di riconversione e riqualificazione industriale sono adottati mediante appositi accordi di programma che disciplinano gli interventi agevolativi, l'attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati, le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate. Le opere e gli impianti compresi nel Progetto di riconversione e riqualificazione industriale sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti ed indifferibili.

4. Le conferenze di servizi strumentali all'attuazione del Progetto sono indette dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi degli articoli 14 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. Resta ferma la vigente normativa in materia di interventi di bonifica e risanamento ambientale dei siti contaminati.

5. La concessione di finanziamenti agevolati mediante contributo in conto interessi per l'incentivazione degli investimenti di cui al decreto-legge 1° aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, è applicabile, nell'ambito dei progetti di cui al comma 1 in tutto il territorio nazionale, fatte salve le soglie di intervento stabilite dalla disciplina comunitaria per i singoli territori, nei limiti degli stanziamenti disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

6. Per la definizione e l'attuazione degli interventi del Progetto di riconversione e riqualificazione industriale, il Ministero dello sviluppo economico si avvale dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, S.p.A., le cui attività sono disciplinate mediante apposita convenzione con il Ministero dello sviluppo economico. Gli oneri derivanti dalle predette convenzioni sono posti a carico delle risorse assegnate all'apposita sezione del fondo di cui all'articolo 23, comma 2 utilizzate per l'attuazione degli accordi di cui al presente articolo, nel limite massimo del 3 per cento delle risorse stesse.

7. Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, elabora misure volte a favorire il ricollocamento professionale dei lavoratori interessati da interventi di riconversione e riqualificazione industriale. Tali misure possono essere realizzate mediante il coinvolgimento di imprese abilitate allo svolgimento dei servizi di supporto alla ricollocazione, a condizione che siano autorizzate allo svolgimento di tale attività ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le misure di cui al presente comma possono essere cofinanziate dalle regioni, nell'ambito delle rispettive azioni di politica attiva del lavoro, nonché dai fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

8. Il Ministro dello sviluppo economico, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto di natura non regolamentare, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, disciplina le modalità di individuazione delle situazioni di crisi industriale complessa e determina i criteri per la definizione e l'attuazione dei Progetti di riconversione e riqualificazione industriale. Il Ministro dello sviluppo economico impartisce le opportune direttive all'Agenzia di cui al comma 6, prevedendo la priorità di accesso agli interventi di propria competenza.

9. All'attuazione degli interventi previsti dai Progetti di cui ai commi precedenti, ivi compresi gli oneri relativi alla convenzione di cui al comma 6, si provvede a valere sulle risorse finanziarie individuate dalle Amministrazioni partecipanti di cui al comma 3 e, relativamente agli interventi agevolativi, a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo di cui all'articolo 23, comma 2. Le attività del presente articolo sono svolte dalle amministrazioni territoriali partecipanti nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.

10. Le risorse destinate al finanziamento degli interventi di cui all'articolo 7 della legge n. 181 del 15 maggio 1989, al netto delle somme necessarie per far fronte agli impegni assunti e per finanziare eventuali domande oggetto di istruttoria alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministro dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per la successiva assegnazione al Fondo di cui all'articolo 23, comma 2.

11. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 27 prevede che in caso di situazioni di crisi industriali complesse possano essere attivati i progetti di riconversione e riqualificazione industriale la cui finalità è quella di agevolare gli investimenti produttivi, anche di carattere innovativo, nonché la riconversione industriale e riqualificazione economico produttiva dei territori interessati.

 

Le situazioni di crisi industriali complesse si hanno quando specifici territori siano soggetti a recessione economica e perdita occupazionale e riscontrino:

§       la crisi di una o più imprese di media o grande dimensione con effetti sull’indotto;

§       la crisi di uno specifico settore industriale con elevata specializzazione nel territorio.

Qualora la crisi è passibile di risoluzione con le ordinarie risorse regionali, essa non rientra nell’ambito oggettivo delle disposizioni in esame.

Il procedimento ai fini del riconoscimento di tale crisi è caratterizzato da un elemento formale: l'istanza di riconoscimento della regione interessata (comma 1).

 

Il comma 2, evidenzia la finalità del Progetto e il relativo finanziamento. Sotto il primo profilo i Progetti promuovono:

§       investimenti produttivi, anche di carattere innovativo;

§        la riqualificazione delle aree interessate;

§       la formazione del capitale umano;

§       la riconversione delle aree industriali dismesse;

§       il recupero ambientale;

§       l’efficientamento energetico;

§       la realizzazione di infrastrutture funzionali agli interventi.

 

Sotto il secondo profilo è previsto:

§       il cofinanziamento regionale;

§       l’utilizzo di tutti i regimi d’aiuto per cui ricorrano i presupposti;

§       il contributo in conto interessi di cui all’art. 7 D.L. 120/1989, che viene reso applicabile a tutto il territorio nazionale;

§       il Fondo di cui all’art. 23.

 

Viene previsto che il Piano di promozione industriale di cui agli articoli 5, 6, e 8 del D.L. n. 120/1989, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, venga applicato esclusivamente per i progetti di riconversione e riqualificazione industriale.

 

Si ricorda in proposito che il D.L. n. 120 del 1989, convertito con modificazioni dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, e successive modifiche e integrazioni, ha disposto misure di sostegno e di reindustrializzazione per le aree di crisi siderurgica, in attuazione del piano di risanamento della siderurgia e, in particolare, con gli articoli 5 e 8, ha affidato alla SPI (Società per la promozione e lo sviluppo industriale, confluita nel 2000 in Sviluppo Italia e quindi nell'Agenzia succedutale) la realizzazione di un Piano di promozione industriale. Tale Piano fu successivamente dichiarato compatibile con il mercato comune dalle competenti sedi comunitarie e con la nota di autorizzazione del 18 settembre 2003 C(2003) 3365 la Commissione europea comunicò altresì di considerare compatibile con il mercato comune l'estensione del sistema agevolativo previsto dalla normativa del 1989 a nuove aree di crisi industriale diverse da quella siderurgica, come previsto dall'art. 73 della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e quindi potenzialmente a tutto il territorio nazionale, laddove si verificassero crisi settoriali localizzate. Ulteriori estensioni degli incentivi previsti dal decreto legge n. 120 del 1989, riconducibili all'autorizzazione comunitaria predetta, sono state poi approvate dalle successive leggi finanziarie.

Si ricorda che il D.M. 3 dicembre 2007, n. 747 prevede che le agevolazioni concesse ai sensi del decreto legge n. 120 del 1989 non possono essere cumulati con altri aiuti di Stato ai sensi del Trattato dell'Unione europea, né con altre misure di finanziamento comunitario o nazionale, qualora tale cumulo dia luogo a un'intensità d'aiuto superiore al livello fissato dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013

 

Il comma 3 prevede che possano essere attivati accordi di programma al fine dell’adozione dei Progetti in esame, al fine di disciplinare:

§       gli interventi agevolativi;

§       l’attività integrata e coordinata di amministrazioni centrali, regioni, enti locali e dei soggetti pubblici e privati;

§       le modalità di esecuzione degli interventi e la verifica dello stato di attuazione e del rispetto delle condizioni fissate.

Tutte le opere e gli impianti richiamati all’interno dei Progetti sono dichiarati di pubblica utilità, urgenti e indifferibili.

 

Il comma 4 prevede, a supporto all’attuazione del progetto, la costituzione di apposite conferenze di servizi.

 

Il comma 5 permette l’applicazione del finanziamento agevolato di cui al D.L. 120/1989 su tutto il territorio nazionale, fatte salve le soglie di intervento stabilite dalla disciplina comunitaria stabilite per i singoli territori.

 

Il D.M. 3 dicembre 2007, n. 747 prevede che le agevolazioni concesse ai sensi del decreto legge n. 120 del 1989 non possono essere cumulati con altri aiuti di Stato ai sensi del Trattato dell'Unione europea, né con altre misure di finanziamento comunitario o nazionale, qualora tale cumulo dia luogo a un'intensità d'aiuto superiore al livello fissato dalla Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013.

 

Il comma 6 prevede che il MISE si avvalga dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., quale soggetto responsabile della definizione ed attuazione dei progetti e si prevede una convenzione per disciplinarne le attività, i cui oneri sono posti a carico dell’istituendo Fondo per la crescita sostenibile di cui all’art.23, comma 2 del decreto in esame.

 

Si ricorda che, a partire dalla legge finanziaria 2005, sono stati previsti diversi strumenti di intervento per favorire l’attrazione di investimenti in Italia, assegnandone la competenza gestionale a Sviluppo Italia. La legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006) all’articolo 1, comma 460, oltre a mutare la denominazione di Sviluppo Italia S.p.A. in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“, ha attribuito al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, tra cui quello di definire con apposite direttive le priorità e gli obiettivi dell’Agenzia. La direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 marzo 2007 ha stabilito che l’azione dell’Agenzia è diretta, con particolare riferimento al Mezzogiorno, a conseguire le seguenti priorità:

§       favorire l’attrazione degli investimenti esteri di elevata qualità, in grado di dare un contributo allo sviluppo del sistema economico e produttivo nazionale;

§       sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei sistemi produttivi e nei sistemi territoriali;

§       promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori.

 

Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, adotta le misure per il ricollocamento professionale dei lavoratori interessati da interventi di riconversione e riqualificazione industriale (comma 7).

In ragione di un emendamento approvato in sede referente dalle Commissioni riunite della Camera, tali misure possono essere realizzate mediante il coinvolgimento di imprese abilitate allo svolgimento dei servizi di supporto alla ricollocazione, a condizione che siano autorizzate allo svolgimento di tale attività ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettere a) ed e), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Le misure in questione possono essere cofinanziate dalle regioni, nell'ambito delle rispettive azioni di politica attiva del lavoro, nonché dai fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. Dall'attuazione del comma, così come novellato, non dovranno derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Il Ministro dello sviluppo economico adotta, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame, le modalità di attuazione dei progetti, impartendo direttive all'Agenzia e prescrivendo la priorità di accesso agli strumenti agevolativi di competenza del Ministero stesso (comma 8).

 

Il comma 9 opera una clausola di invarianza finanziaria, per ogni onere ulteriore rispetto alla previsione che fa gravare i costi dell’attuazione degli interventi, previsti dai Progetti, a valere sulle risorse finanziarie individuate dalle Amministrazioni partecipanti e, relativamente agli interventi agevolativi, a valere sulle risorse stanziate sugli strumenti agevolativi prescelti, ovvero, qualora non disponibili, sul Fondo di cui all’articolo 23.

 

Il comma 10, poi, individua nell'articolo 7 del D.L. n. 120 del 1989 la fonte delle risorse destinate al finanziamento degli interventi, mentre per il comma 11 il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.


 

Articolo 28
(
Semplificazione dei procedimenti agevolativi di “Industria 2015”)

 


1. Le agevolazioni concesse in favore dei programmi oggetto dei progetti di innovazione industriale di cui all'articolo 1, comma 842 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 sono revocate qualora entro diciotto mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni non sia stata avanzata almeno una richiesta di erogazione per stato di avanzamento. Per i programmi di investimento per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sia stato già emanato il predetto provvedimento di concessione delle agevolazioni, la richiesta di erogazione per stato di avanzamento deve essere presentata entro il termine di sei mesi dalla predetta data di entrata in vigore, fatto salvo il maggior termine conseguente dall'applicazione del periodo precedente.

2. Le imprese titolari dei progetti di cui al comma 1 decadono dalle agevolazioni concedibili qualora, decorsi 60 giorni dalla richiesta formulata dal soggetto gestore degli interventi, non provvedano a trasmettere la documentazione necessaria per l'emanazione del provvedimento di concessione delle agevolazioni.

3. Il Ministero dello sviluppo economico adotta le necessarie misure anche di carattere organizzativo volte a semplificare ed accelerare le procedure per la concessione ed erogazione delle agevolazioni in favore dei progetti di cui al comma 1. A tal fine lo stesso Ministero provvede ad emanare specifiche direttive nei confronti del soggetto gestore degli interventi.


 

 

L'articolo 28 stabilisce termini certi per la definizione dei procedimenti agevolativi riferiti ai progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie per il made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche (di cui all'articolo 1, comma 842, della L. n. 296/06), prevedendo la revoca delle agevolazioni qualora l'impresa non abbia avanzato almeno una richiesta di erogazione per stato d'avanzamento o non abbia consegnato la documentazione necessaria.

 

I commi 1 e 2 prevedono la decadenza dei procedimenti agevolativi di cui all’articolo 1, comma 842, della L. n. 296/06 (“Industria 2015”), qualora entro diciotto mesi dalla data del provvedimento di concessione delle agevolazioni non sia stata avanzata almeno una richiesta di erogazione per stato di avanzamento(ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di già avvenuta concessione) e la decadenza dalle agevolazioni qualora l'impresa non trasmetta la documentazione necessaria per l'emanazione del provvedimento di concessione entro sessanta giorni dalla richiesta formulata dal soggetto gestore dell'intervento.

 

I progetti in questione trovano copertura nel fondo per la competitività, istituito dalla legge n. 296/06, art. 1, comma 841, che ha assorbito tutti i pregressi strumenti di agevolazione.

Con decreto 8 febbraio 2008, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, si è provveduto alla individuazione della quota delle risorse da assegnare – allocate ai capitoli 7342 e 7445 del Ministero dello sviluppo economico – che sono state puntualmente ripartite nelle distinte aree tecnologiche sopra indicate. Ulteriori somme sono state destinate al perseguimento di tali finalità dal CIPE nella seduta del 2 aprile 2008 e dalla Comunità Europea per il periodo 2007-2013[104].

 

Il comma 3 rinvia a successivi decreti del Ministero dello sviluppo economico la disciplina di ulteriori misure di semplificazione e accelerazione delle procedure attribuendo allo stesso Ministero anche la possibilità di emanare specifiche direttive nei confronti del soggetto gestore degli interventi.

 

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A.C. 5312), precisa che la norma risponde all'esigenza di introdurre dei riferimenti temporali rigidi, richiedendo alle imprese gli atti di impulso necessari a manifestare la reale volontà di intraprendere l'investimento e permettendo, in assenza delle iniziative anzidette, la definizione dei procedimenti agevolativi.

Inoltre la RT al d.d.l. di conversione (A.C. 5312), dà conto del quadro finanziario complessivo della misura che può essere così riassunto: sono stati ammessi alle agevolazioni 232 progetti per complessivi 846 M euro, dì cui 668,2 M euro con risorse in bilancio e i restanti a valere sul PON R&C nella contabilità speciale 1726. Sono stati ad oggi emanati 128 provvedimenti di concessione per 507 M euro e sono state effettuate erogazioni per 13 M euro.

 


 

Articolo 29
(
Accelerazione della definizione di procedimenti agevolativi)

 


1. In considerazione della particolare gravità della crisi economica che ha colpito il sistema produttivo, le imprese beneficiarie delle agevolazioni di cui all'articolo 1 del decreto-legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, e di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 215, non sono più tenute al rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie. Sono fatti salvi i provvedimenti già adottati.

2. Al fine di conseguire la definitiva chiusura dei procedimenti relativi alle agevolazioni di cui al comma 1, di quelle di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64, nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area, qualora alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge non sia stata avanzata alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento, il Ministero dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla predetta data, accerta la decadenza dai benefici per l'insieme delle imprese interessate con provvedimento da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

3. La rimodulazione dei programmi d'investimento oggetto di agevolazioni a valere sui contratti di programma di cui all'articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 è consentita entro e non oltre un anno dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana della delibera del CIPE di approvazione e finanziamento dei contratti. In tale caso il CIPE può prorogare il termine di ultimazione degli investimenti per non più di un anno dal termine originariamente previsto.

4. Fatto salvo quanto previsto dal comma 3, non è consentito alcun differimento del termine di ultimazione degli investimenti, eventualmente prorogato, per effetto di variazioni del programma e dei soggetti proponenti.

5. Qualora, con riferimento ai contratti di programma già oggetto di deliberazione del CIPE di approvazione e di finanziamento, non venga presentato il progetto esecutivo entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, il Ministero dello sviluppo economico dispone la decadenza delle imprese interessate dalle agevolazioni previste e ne dà comunicazione al CIPE. Per i programmi oggetto di notifica alla Commissione europea, il predetto termine decorre dalla comunicazione degli esiti della notifica, qualora successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

6. È disposta la risoluzione dei contratti di programma già stipulati qualora, decorsi centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, l'impresa non abbia prodotto la documentazione comprovante l'avvio degli investimenti e l'ottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie al predetto avvio. Qualora il contratto sia riferito ad una pluralità di iniziative, la risoluzione ha effetto limitatamente alle iniziative interessate dall'inadempimento.

7. Fatti salvi i provvedimenti adottati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, per le iniziative agevolate a valere sugli strumenti di cui all'articolo 2, comma 203, lettere d), e) e f), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, non si procede alla revoca delle agevolazioni sia nel caso di mancato raggiungimento degli obiettivi occupazionali previsti per l'esercizio a regime, sia nel caso di mancato rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo di indicatori eventualmente previsti.

8. Le iniziative agevolate ai sensi dell'articolo 12 della legge 6 ottobre 1982, n. 752, della legge 30 luglio 1990, n. 221, del decreto-legge 24 aprile 1993, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 1993, n. 204, e dell'articolo 114, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, purché avviate alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono concluse entro il termine perentorio di diciotto mesi dalla predetta data. La documentazione finale di spesa è presentata dai beneficiari entro sei mesi, non più prorogabili, dalla scadenza del termine di ultimazione come sopra definito. Il mancato rispetto dei termini previsti dal presente articolo comporta la revoca delle agevolazioni.

9. Il Ministro dello sviluppo economico, in presenza di situazioni di particolari gravità sotto il profilo economico e finanziario delle imprese beneficiarie tali comunque da minacciare la continuità delle attività produttive ed il mantenimento dei relativi livelli occupazionali, può disporre in via eccezionale la sospensione dei termini di ultimazione di programmi agevolati a valere sugli strumenti di propria competenza fino all'adozione dei conseguenti programmi di ristrutturazione anche tramite cessione dei complessi aziendali.


 

 

L’articolo 29 prevede modalità semplificate per accelerare la chiusura dei procedimenti agevolativi concessi ad imprese che operano in aree sottoutilizzate.

 

Il comma 1 prevede che le imprese beneficiarie delle agevolazioni di cui all’articolo 1 del decreto legge 22 ottobre 1992, n. 415, convertito con modificazioni dalla legge 19 dicembre 1992, n. 488, non sono più tenute al rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo degli indicatori utilizzati per la formazione delle graduatorie.

 

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A:C: 5312),precisa che la disposizione si rende necessaria poiché gli obblighi sono stati assunti dalle imprese in un contesto economico del tutto diverso da quello dell'attuale situazione di crisi:, inoltre gli ultimi provvedimenti di concessione emanati per la legge 488/92 risalgono al 2007. Poiché gli accertamenti sul rispetto degli indicatori vengono svolti successivamente all'ultimazione del programma e non condizionano le erogazioni, la disposizione non è suscettibile di influenzare la dinamica di queste ultime, favorendo, invece, la definizione dei procedimenti amministrativi.

 

La legge n. 488/1992 costituisce il principale intervento di agevolazione a favore delle imprese previsto nell’ambito dell’intervento ordinario nelle aree sottoutilizzate del territorio nazionale. L’articolo 1, comma 2, del D.L. n. 415/1992 (convertito con modificazioni dalla legge n. 488/1992) ha affidato al CIPE la definizione delle disposizioni per la concessione delle agevolazioni alle nuove iniziative relative ad attività produttive nelle aree depresse del territorio nazionale, sulla base di specifici criteri. Con il D.M. Industria 3 luglio 2000 sono state raccolte in un testo unico tutte le disposizioni adottate a livello ministeriale che disciplinano la concessione e l’erogazione delle agevolazioni alle attività produttive nelle aree depresse. Le agevolazioni della legge n. 488/1992 sono concesse ai programmi di investimento alle imprese del settore industria, finalizzati alla costruzione, ampliamento e ammodernamento degli impianti produttivi relativi alle attività estrattive e manifatturiere, alle attività di produzione e distribuzione di energia elettrica, di vapore e acqua calda, alle attività di costruzioni e, nei limiti del 5% delle risorse, alle attività dei servizi reali alle imprese nel settore dell'informatica (e dei servizi connessi di formazione professionale), del trasferimento tecnologico e intermediazione dell'informazione, di consulenza tecnico-economica. Le agevolazioni sono state inoltre estese alle imprese, localizzate nelle aree sottoutilizzate, operanti nel settore turistico-alberghiero (art. 9 legge n. 449/1997) e alle imprese operanti nel settore del commercio (art. 54, comma 2, legge n. 448/1998). Le agevolazioni della legge n. 488/1992 possono essere concesse alle imprese situate nei territori considerati ammissibili agli interventi dei Fondi Strutturali comunitari (aree obiettivo 1, aree obiettivo 2 e aree "phasing out"), nonché nelle aree individuate in base alle deroghe previste dal Trattato dell'Unione europea in relazione agli aiuti di Stato a finalità regionale, individuate nella c.d. Carta degli aiuti.

L'intensità di aiuto in rapporto al costo agevolabile è graduata a seconda delle zone dove operano le imprese e della dimensione delle stesse, privilegiando le aree più arretrate e le imprese di minore dimensione, cui è riservato il 50% delle risorse disponibili annualmente. Il sistema agevolativo viene attuato attraverso una procedura a bando[105]. La formazione delle graduatorie viene effettuata calcolando cinque indicatori, sulla base degli esiti istruttori della banca concessionaria e, per quanto concerne il valore dell’agevolazione richiesta, di quanto indicato dall’imprenditore nel modulo di domanda[106].

La medesima disciplina del comma 1 si applica alle agevolazioni di cui alla legge 25 febbraio 1992, n. 215 (Azioni positive per l’imprenditoria femminile), peraltro rifluita nel decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246)[107].

 

Il comma 2 prevede modalità semplificate per accelerare la chiusura dei procedimenti relativi alle leggi di cui al comma 1, di quelle di cui alla legge 1° marzo 1986, n. 64 (disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno), nonché di quelle concesse nell'ambito dei patti territoriali e dei contratti d'area. In tutti questi casi, se i beneficiari non abbiano avanzato alcuna richiesta di erogazione per stato di avanzamento alla data di entrata in vigore del decreto, è stabilita la decadenza delle agevolazioni, accertata con provvedimento del Ministero dello sviluppo economico, sono fatti salvi i provvedimenti già adottati.

 

Si ricorda che la legge n. 64/1986 rientra tra i provvedimenti che l’Allegato 1 elenca ai fini della loro abrogazione.

 

In attuazione di quanto disposto dal presente comma sono stati emanati: il Decreto 13 luglio 2012 e il Decreto 30 luglio 2012, per gruppi di imprese agevolate con la legge n. 64/1986; il Decreto 13 luglio 2012, il Decreto 30 luglio 2012, il Decreto 2 agosto 2012 e il Decreto 14 settembre 2012, per gruppi di imprese agevolate con la legge n. 488/1992.

 

 

Il comma 3 prevede che, al fine di determinare date certe di completamento degli investimenti oggetto dei contratti di programma (articolo 2, comma 203, della legge 23 dicembre 1996, n. 662) stabilisce dei limiti alla possibilità di prorogare i termini e rimodulare le previsioni originarie dei Contratti oggetto di delibera CIPE.

Tale limite fissa il periodo di proroga massimo ad un anno per la rimodulazione dei programmi e ad un ulteriore anno per l'ultimazione degli investimenti.

 

Si ricorda che i contratti di programma sono rivolti, attraverso la negoziazione[108] tra imprese e amministrazione pubblica, al finanziamento di grandi investimenti industriali con un rilevante impatto in termini di occupazione, capacità produttiva, riduzione del divario tecnologico, formazione e valorizzazione delle risorse del territorio. Essendo uno strumento rivolto a favorire la realizzazione di progetti di investimento, generalmente, di grandi dimensioni, il contratto di programma favorisce l’attrazione degli investimenti verso le aree depresse del Paese.

Nel caso di contratti di programma proposti da grandi imprese, l’oggetto del contratto è rappresentato da piani progettuali articolati sul territorio, atti a generare significative ricadute sull’apparato produttivo mediante prevalente attivazione di nuovi impianti e creazione di occupazione aggiuntiva. Nel caso di contratti proposti da consorzi di PMI, l’oggetto del contratto è rappresentato da iniziative facenti parte di organici piani per la realizzazione di nuove iniziative produttive o di ampliamenti di quelle esistenti. Nel caso di contratti proposti da rappresentanze dei distretti, l’oggetto del contratto è costituito da iniziative facenti parte di organici piani di investimento produttivi, operanti anche in più settori, che potranno comprendere attività di ricerca e attività di servizio a gestione consortile.

Le iniziative oggetto di contratto possono riguardare sia programmi di investimenti produttivi sia programmi di ricerca e sviluppo industriale. Le spese ammissibili sono quelle relative all’acquisto o, con esclusione delle imprese turistiche, alla realizzazione delle immobilizzazioni (anche immateriali) relative alle finalità del programma oggetto della domanda: progettazione e studi; suolo aziendale; opere murarie ed assimilabili; macchinari, impianti ed attrezzature; per le imprese operanti nel settore agricolo e della pesca, i limiti e le condizioni di ammissibilità sono fissati nei Programmi operativi regionali (POR) e nei relativi complementi di programmazione (CdP), per le regioni dell’obiettivo 1, o nei Piani di sviluppo rurale (PSR), per tutte le altre regioni. Riguardo agli investimenti realizzati nell’ambito del settore della ricerca sono ammessi sia i costi per la realizzazione di programmi di ricerca che le spese per investimenti in centri di ricerca.

 

Il comma 4 prevede che non sia ammesso alcun differimento del termine di ultimazione degli investimenti, se non quello previsto dal comma 3, anche in presenza di eventuali proroghe determinate da variazioni del programma e dei soggetti proponenti.

 

Il comma 5 dispone che i contratti di programma, la cui approvazione e finanziamento è stata già oggetto di delibera CIPE, decadono dalle agevolazioni previste se non presentano il progetto esecutivo entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, Per i programmi oggetto di notifica alla Commissione europea, il predetto termine decorre dalla comunicazione degli esiti della notifica, qualora successiva alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Il comma 6 prevede la risoluzione dei contratti di programma già stipulati allorché non sia stata prodotta da parte dell'impresa la documentazione idonea a comprovare l' avvio degli investimenti e l'ottenimento delle autorizzazioni a tale scopo necessarie.

 

Il comma 7 prevede una attenuazione dell’operatività dell’obiettivo occupazionale previsto dai contratti di programma. Più in particolare non si procede alla revoca delle agevolazioni qualora si registri uno scostamento dell'obiettivo occupazionale contenuto.

La relazione illustrativa al d.d.l. di conversione (A:C: 5312), afferma che la norma introduce una disposizione volta a liberare risorse impegnate per iniziative di fatto mai avviate o comunque non utilmente completate. Si prevede a tal fine di agevolare la positiva definizione dei programmi correttamente realizzati, nonostante non siano stati raggiunti gli obiettivi prefissati in termini di occupazione aggiuntiva.

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A.C. 5312), precisa che la disposizione ha lo scopo di mitigare e non sopprimere il vincolo dell'obiettivo occupazionale in considerazione del carattere negoziato della procedura che ha dato luogo alla concessione delle agevolazioni.

 

Rispetto al testo iniziale del decreto-legge, con emendamento approvato in sede referente dalle Commissioni riunite della Camera si è ulteriormente escluso che si possa procedere alla revoca delle agevolazioni nel caso di mancato rispetto degli obblighi derivanti dal calcolo di indicatori eventualmente previsti.

Tale nuova disposizione - che fa comunque salvi i provvedimenti di revoca adottati fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame – si applica, oltre che ai contratti di programma, anche alle iniziative agevolate a valere sui patti territoriali e sui contratti d’area.

 

Il comma 8 introduce la necessità di revocare le iniziative non ancora avviate e fissare un termine perentorio di 18 mesi per il completamento di quelle già in corso e di ulteriori sei mesi, non più prorogabili, per la presentazione della documentazione finale di spesa. La disposizione si riferisce alle iniziative agevolate ai sensi dell'articolo 12 della legge 6 ottobre 1982, n. 752 (contributi in c/interessi ai concessionari minerari tramite Istituti di credito), della legge 30 luglio 1990, n. 221 (iniziative sostitutive delle attività minerarie localizzate nei bacini minerari in crisi), del decreto-legge 24 aprile 1993, n. 121, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 1993, n. 204 (interventi di recupero ambientale dei siti minerari dismessi da destinare a scopi turistici o sociali), e dell'articolo 114, comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (interventi per il ripristino ambientale e la sicurezza nelle cave).

 

Il comma 9 disciplina la possibilità di disporre in via eccezionale la sospensione, su disposizione del Ministro, dei termini di ultimazione dei programmi agevolati qualora ricorrano condizioni di particolare gravità sotto il profilo economico finanziario.

 


 

Articolo 29-bis
(
Accelerazione degli interventi strategici per il riequilibrio economico e sociale)

 


1. All'articolo 55-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

«2-bis. Al fine di accelerare l'attuazione degli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale e la crescita economica, con particolare riferimento a quelli riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, nonché per razionalizzare e rendere più efficienti le relative procedure di spesa, per i progetti finanziati con fondi europei le amministrazioni interessate possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, in qualità di centrale di committenza ai sensi degli articoli 3, comma 34, 19, comma 2, e 33, comma 3, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nell'ambito delle sue competenze istituzionali e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di procedure di acquisto di beni e servizi».


 

 

L’articolo 29-bisaggiunge il comma 2-bis all’articolo 55-bis del D.L. n. 1/2012 al fine di dare facoltà a tutte le amministrazioni interessate di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni per la disciplina dei relativi rapporti, dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa S.p.A. (ex Sviluppo Italia S.p.A., ora INVITALIA), limitatamente ai progetti finanziati con fondi europei.

L'Agenzia opererà in qualità di centrale di committenza, ai sensi degli articoli 3, comma 34, 19, comma 2, e 33, comma 3, del D.lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), nell’ambito delle sue competenze istituzionali e ferme restando le disposizioni vigenti in materia di procedure di acquisto di beni e servizi.

Scopo della norma è quello di accelerare l'attuazione degli interventi di rilevanza strategica per la coesione territoriale e la crescita economica, con particolare riferimento a quelli riguardanti le aree sottoutilizzate del Paese, finanziati con risorse nazionali, dell'Unione europea e del Fondo per lo sviluppo e la coesione, nonché per razionalizzare e rendere più efficienti le relative procedure di spesa.

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A, è una società per azioni interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze. Ad essa è attribuito il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti.

Relativamente all’Agenzia (ex Sviluppo Italia) si ricorda che la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006, articolo 1, commi 460-464), oltre a mutarne la denominazione, ha operato un riassetto complessivo della società, attribuendo al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri.

In particolare il comma 462 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2007, operando una modifica all’articolo 8 della legge n. 166/2002, ha limitato alle sole amministrazioni centrali (escludendo – rispetto al testo originario – le amministrazioni regionali e locali) la facoltà di avvalersi delle convenzioni con Sviluppo Italia S.p.A. per le attività tecniche, economiche e finanziarie occorrenti alla realizzazione di interventi riguardanti le aree depresse del Paese.

Analogamente il comma 463 ha novellato l’articolo 2, comma 5, del D.Lgs n. 1 del 1999 – istitutivo di Sviluppo Italia – escludendo le amministrazioni regionali e locali dalla possibilità di stipulare convenzioni con essa.

 

Il comma 2 dell’articolo 55-bis del D.L. n. 1/2012 ha abrogato l’articolo 8 della legge n. 166/2002, e, contestualmente al comma 1 ha previsto per le amministrazioni centrali competenti per gli interventi nelle aree sottoutilizzate (FSC, fondi comunitari) la possibilità di avvalersi per le occorrenti attività economiche, finanziarie e tecniche, delle convenzioni con l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa.

 

Per effetto del presente articolo 29-bis si dispone che, relativamente ai progetti finanziati con fondi europei, tutte le amministrazioni interessate (e quindi anche quelle regionali e locali) possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni, dell’Agenzia quale centrale di committenza ai sensi del D.lgs. n. 163 del 2006.

 


 

Articolo 30
(
Disposizioni relative al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca – FRI)

 


1. All'articolo 1, comma 855, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è aggiunto in fine il seguente periodo: «Gli interventi di cui al presente comma possono assumere anche la forma di contributi in conto interessi concessi dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e Bolzano a valere sulle proprie risorse a fronte di finanziamenti deliberati da Cassa depositi e prestiti S.p.a. al tasso di interesse vigente pro tempore, determinato con il decreto di cui all'articolo 1, comma 358 della legge 30 dicembre 2004, n. 311».

2. Per il perseguimento delle finalità di cui all'articolo 23, comma 2 del presente decreto-legge, i programmi e gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile possono essere agevolati anche a valere sulle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (di seguito anche FRI) di cui all'articolo 1, comma 354 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. I finanziamenti agevolati concessi a valere sul FRI possono essere assistiti da idonee garanzie.

3. Fermo restando quanto previsto dai commi 358, 359, 360 e 361 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, le risorse di cui al comma 354 del medesimo articolo 1 non utilizzate del FRI al 31 dicembre 2012 e, a decorrere dal 2013, al 31 dicembre di ciascun anno, sono destinate alle finalità di cui al comma 2, nel limite massimo del 70 per cento. Ai fini del presente comma sono da intendersi non utilizzate le risorse già destinate dal CIPE per interventi in relazione ai quali non siano ancora state pubblicate le modalità per la presentazione delle istanze di accesso alle agevolazioni, ovvero quelle derivanti da rimodulazione o rideterminazione delle agevolazioni concedibili, nonché quelle provenienti dai rientri di capitale dei finanziamenti già erogati e dai rientri di capitale derivanti dalle revoche formalmente comminate.

4. Con decreti interministeriali del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico sono determinate le modalità di ricognizione delle risorse non utilizzate di cui al comma 3, nonché le modalità di utilizzo e il riparto delle predette risorse tra gli interventi destinatari del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 23, comma 2 del presente decreto-legge.

5. Sono abrogati i commi 361-bis, 361-ter e 361-quater dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

L’articolo 30 detta disposizioni volte alla razionalizzazione dell’attuale quadro normativo relativo al Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), istituito dall’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A.; da un lato, operando integrazioni alla disciplina che ha esteso l’ambito di operatività del FRI agli interventi previsti da leggi regionali di agevolazione ovvero di competenza regionale (comma 1), e dall’altro consentendo l’utilizzo del FRI per le finalità del Fondo per la crescita sostenibile, di cui all’articolo 23 del provvedimento in esame (commi 2-5).

L’articolo 30, dunque, letto in combinato disposto con l’articolo 23 del provvedimento, rientra nel quadro degli interventi – delineati dal decreto legge – volti al riordino, alla razionalizzazione e alla riprogrammazione degli strumenti nazionali vigenti di incentivazione alle attività imprenditoriali, anche mediante interventi di abrogazione di norme (comma 5).

In particolare, il comma 1, novellando l'articolo 1, comma 855, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, consente alla Regioni di concedere, in alternativa al già previsto finanziamento agevolato a valere sul fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI), un contributo in conto interessi a valere sulle risorse proprie, a fronte di un finanziamento deliberato da Cassa depositi e prestiti S.p.A. al tasso di interesse vigente pro tempore, determinato con il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze di cui all'articolo 1, comma 358, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

L’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha disposto l’istituzione, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, del “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“, finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale. La dotazione iniziale del Fondo, alimentato con le risorse del risparmio postale, è stabilita in 6 miliardi di euro.

La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri in maniera non delegabile, sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti: il Fondo è destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio (comma 355). Al Ministro competente è attribuita la funzione di stabilire i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati (comma 357). Al Ministro dell'economia e delle finanze è attribuita, invece, la competenza a determinare il tasso di interesse da applicare alle somme erogate in anticipazione. La differenza risultante tra il tasso così fissato e quello di finanziamento agevolato è posta a carico del bilancio statale, a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 361, come pure a carico dello Stato risultano gli oneri riferiti alle spese gestionali del Fondo sostenuti dalla stessa Cassa depositi e prestiti (comma 358).

Sulla base della predetta disciplina, il CIPE, stabilendo i criteri generali di erogazione dei finanziamenti agevolati, ha approvato lo schema di convenzione per la regolazione dei rapporti tra la CDP, i Ministeri titolari dei regimi di aiuto e i soggetti abilitati a svolgere le istruttorie dei finanziamenti, ed ha ripartito i 6 miliardi di euro di dotazione iniziale del FRI (alimentata dal risparmio postale) secondo le seguenti percentuali di riserva:

 

Settori

Strumenti

Ministero

Riserva %

Innovazione tecnologica

FIT

MISE

32,4

Ricerca

FAR

MIUR

29,8

Incentivi alle imprese

L. n. 488/92

MISE

27,0

Agricoltura

Contratti di filiera, operazioni di riordino fondiario

MIPAFF

5,0

Infrastrutture Strategiche

Legge Obiettivo

MIT

5,8

La disciplina del Fondo rotativo di cui sopra è stata quindi modificata dall’art. 6 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, il quale, in particolare, ha provveduto a ridenominare il Fondo, divenuto “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”, in quanto una quota - pari ad almeno il 30 per cento della dotazione finanziaria del fondo medesimo - è stata destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica. L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE.

L’ambito di operatività del Fondo è stato esteso agli interventi previsti da leggi regionali ovvero conferiti alle Regioni ai sensi del D.lgs. n. 112/98, in virtù di quanto previsto dall’articolo 1, comma commi 855-859, della legge n. 296/2006, che ha implementato le risorse del FRI di ulteriori 2 miliardi di euro.

Cassa depositi e prestiti S.p.A. è stata autorizzata ad apportare alla dotazione iniziale del Fondo un incremento nell’importo massimo fino a 2 miliardi di euro (sempre a valere sulle risorse del risparmio postale).

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A.C. 5312), afferma che circa 2 miliardi delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) risultano attualmente non utilizzate.

 

Il comma 2 prevede l’utilizzo delle risorse del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) per agevolare la promozione di progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, per il rafforzamento della struttura produttiva, e, infine, per la promozione della presenza internazionale delle imprese e l’attrazione di investimenti dall’estero (sono le finalità del Fondo per la crescita sostenibile di cui all'articolo 23).

Tale Fondo, previsto dall’articolo 23 del decreto legge in sostituzione del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT) diviene, in virtù del decreto legge in esame, il principale strumento di intervento nel settore. Le principali finalità del Fondo consistono:

§       nella promozione di progetti di ricerca strategica, anche tramite il consolidamento dei centri di ricerca delle imprese;

§       nel rafforzamento della struttura produttiva;

§       nella promozione della presenza internazionale delle imprese e l’attrazione di investimenti dall’estero, anche in raccordo con le azioni che saranno attivate dall’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane.

 

Il comma 3 detta criteri per la ricognizione delle suddette risorse (di cui al comma 354, L. 311/2004) non utilizzate e la ripartizione delle stesse a favore degli interventi attuativi del riordino, secondo una scansione temporale (con riferimento al 31 dicembre 2012 e, successivamente, al 31 dicembre di ciascun anno, prevedendo la possibilità di destinare, fino al 70 per cento delle stesse, alle finalità del Fondo per la crescita sostenibile).

 

Il comma 4 affida ad un decreto interministeriale del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico la determinazione del meccanismo per la ricognizione e la ripartizione delle risorse del FRI non utilizzate.

 

Il comma 5 opera l'abrogazione di alcune norme incompatibili con il sistema ora delineato.

Si ricorda che le norme abrogate (commi 361-bis, 361-ter e 361-quater dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311) prevedevano la destinazione delle risorse inutilizzate per una quota fino al 50 per cento delle risorse destinata al finanziamento agevolato delle imprese attraverso l'intermediazione di enti creditizi con priorità per quelle di dimensioni piccole e medie e anche mediante meccanismi di condivisione del rischio creditizio.

 

Il comma 6, infine, stabilisce l'invarianza sui saldi di finanza pubblica.


 

Articolo 31
(
Ulteriori disposizioni finanziarie)

 


1. Al fine di dare attuazione all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 10, nel rispetto degli impegni assunti precedentemente all'entrata in vigore del predetto decreto-legge n. 225 del 2010, le residue disponibilità del fondo per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica di cui all'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito con modificazioni dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, giacenti sul conto corrente postale intestato al Ministero dello sviluppo economico, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato entro il termine di trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

2. Le disponibilità del Fondo di cui all'articolo 1 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, al netto delle somme occorrenti a finanziare le domande già pervenute alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero per la successiva assegnazione al Fondo di cui al articolo 17, comma 1, della legge 27 febbraio 1985, n. 49.

3. Le risorse annualmente assegnate al Ministero dello sviluppo economico per il finanziamento delle agevolazioni industriali la cui gestione non sia stata assunta dalle Regioni ai sensi degli articoli 10 e 19 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, sono riassegnate nel medesimo importo, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico, ad apposito capitolo dello stato di previsione dello stesso Ministero per essere utilizzate, previo accordo con le Regioni interessate, per iniziative in favore delle piccole e medie imprese operanti in tali Regioni.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

5. All'articolo 33, comma 32, della legge 12 novembre 2011, n. 183, le parole da «, la cui erogazione» a «contenziosi pregressi» sono soppresse.


 

 

L’articolo 31. destina agli interventi di venture capital per le imprese innovative le residue disponibilità del fondo per l'efficienza energetica; dispone il trasferimento delle risorse del Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (denominato Foncooper), in favore del Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione; prevede che le risorse annualmente assegnate al Ministero dello sviluppo economico, la cui gestione non sia stata assunta dalle Regioni siano utilizzate per finanziare iniziative a favore delle piccole e medie imprese operanti in quei territori.

 

Si ricorda preliminarmente che il venture capital è l'attività di investimento in capitale di rischio realizzata da operatori professionali e finalizzata ad operazione c.d. di early stage ovvero l'insieme dei finanziamenti (seed financing e start up financing) a sostegno delle imprese nei primi stadi di vita.

 

Il comma 1 destina agli interventi di venture capital per le imprese innovative di cui alla legge n.388/2000 le residue disponibilità del fondo per l'efficienza energetica previsto dall'art. 4 del decreto legge n. 40 del 2010 e successive modifiche ed integrazioni, al fine di dare copertura alle iniziative già approvate che non dispongono più delle risorse originariamente destinate alla misura per effetto dell'articolo 3, comma 1, lettera c) del D.L. 225/2010, che ha disposto il trasferimento di 73 milioni di euro disponibili a favore di altri interventi, determinando l'impossibilità di erogare le quote ancora dovute alle iniziative approvate.

 

Il comma 2 dispone il trasferimento delle risorse del Fondo di rotazione per la promozione e lo sviluppo della cooperazione (denominato Foncooper) di cui all’art. 1 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, al netto delle somme occorrenti a finanziare le domande attualmente in istruttoria, in favore del Fondo speciale per gli interventi a salvaguardia dei livelli di occupazione.

 

Il comma 3 prevede che le risorse annualmente assegnate al Ministero dello sviluppo economico, per i settori la cui gestione non sia stata assunta dalle Regioni ai sensi del citato decreto legislativo n. 112/98, siano utilizzate, previo accordo con tali Regioni, per finanziare iniziative a favore delle piccole e medie imprese operanti in quei territori.

 

La relazione tecnica al d.d.l. di conversione (A.C. 5312), precisa che due Regioni (Sicilia e Valle d'Aosta) non hanno attuato il previsto decentramento amministrativo. Conseguentemente, con le risorse attribuite dallo Stato il Ministero dello sviluppo economico ha, fino ad ora, attuato una serie di misure, oggi da ritenersi di "vecchia generazione" (quali, tra le altre, quelle di cui ai cosiddetti incentivi automatici), in quanto oramai superate nella concezione e particolarmente onerose per le imprese e per l'Amministrazione, in molti casi impossibilitata all'utilizzo stesso delle risorse per l'avvenuta scadenza delle convenzioni con i gestori.

La norma mira, pertanto, a consentire l'attivazione di misure più attuali da parte del Ministero dello sviluppo economico ovvero a permettere alle due citate Regioni di utilizzare le risorse in questione per il cofinanziamento di strumenti gestiti dallo stesso Ministero.

 

Per il comma 4 il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti all'attuazione delle predette norme.

 

Il comma 5, infine, consente che l’erogazione dei 70 milioni di euro per l’anno 2012, già previsti dalla legge di stabilità 2012[109], in favore dei policlinici universitari gestiti direttamente da università non statali[110], avvenga senza la sottoscrizione del protocollo d'intesa tra università e regione, comprensivo della regolazione condivisa di eventuali contenziosi pregressi.

 


 

Articolo 32
(
Strumenti di finanziamento per le imprese)

 


[1. Ai fini del presente articolo per società si intendono le società non emittenti strumenti finanziari quotati su mercati regolamentati o su sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, come definite nella raccomandazione 2003/361/CE della Commissione Europea del 6 maggio 2003.]

[2. Anche in deroga all'articolo 11 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, le società possono emettere cambiali finanziarie, come definite alla legge 13 gennaio 1994, n. 43, e obbligazioni a condizione che:

a) l'emissione sia assistita da uno sponsor;

b) l'ultimo bilancio dell'emittente sia assoggettato a revisione contabile da parte di un revisore legale o di una società di revisione legale iscritti nel Registro dei revisori legali e delle società di revisione;

c) i titoli siano:

i. collocati esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente;

ii. destinati alla circolazione esclusivamente tra tali investitori.

Ai fini delle norme contenute nel presente articolo le cambiali finanziarie sono titoli similari alle obbligazioni.]

[3. Ai fini del presente articolo per investitori qualificati si intendono i soggetti definiti ai sensi dell'articolo 100 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58.]

[4. Sono esclusi dalle disposizioni dei commi 2 e 3, nonché dei successivi commi 15, 16, 17 (sponsor) e 19, 20, 21, 22, 23, 24 (clausole di subordinazione e partecipazione) gli strumenti finanziari oggetto di offerta al pubblico ai sensi dell'articolo 1, comma 1, lettera t), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 e ammessi alle negoziazioni in un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione italiano o di altro stato membro dell'Unione europea.]

5. All'articolo 1, comma 1, della legge 13 gennaio 1994, n. 43, le parole: «ed aventi una scadenza non inferiore a tre mesi e non superiore a dodici mesi dalla data di emissione» sono sostituite dalle seguenti: «ed aventi una scadenza non inferiore a un mese e non superiore a trentasei mesi dalla data di emissione».

5-bis. Dopo il comma 2 dell'articolo 1 della legge 13 gennaio 1994, n. 43, sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Le cambiali finanziarie possono essere emesse da società di capitali nonché da società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003. Le società e gli enti non aventi titoli rappresentativi del capitale negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati possono emettere cambiali finanziarie subordinatamente alla presenza dei seguenti requisiti:

a) l'emissione deve essere assistita, in qualità di sponsor, da una banca o da un'impresa di investimento, da una società di gestione del risparmio (SGR), da una società di gestione armonizzata, da una società di investimento a capitale variabile (SICAV), purché con succursale costituita nel territorio della Repubblica, che assiste l'emittente nella procedura di emissione dei titoli e lo supporta nella fase di collocamento dei titoli stessi;

b) lo sponsor mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi non inferiore:

1) al 5 per cento del valore di emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro;

2) al 3 per cento del valore di emissione dei titoli eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota risultante dall'applicazione della percentuale di cui al numero 1);

3) al 2 per cento del valore di emissione dei titoli eccedente 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota risultante dall'applicazione delle percentuali di cui ai numeri 1) e 2);

c) l'ultimo bilancio deve essere certificato da un revisore contabile o da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili;

d) le cambiali finanziarie devono essere emesse e girate esclusivamente in favore di investitori professionali che non siano, direttamente o indirettamente, soci della società emittente; il collocamento presso investitori professionali in rapporto di controllo con il soggetto che assume il ruolo di sponsor è disciplinato dalle norme vigenti in materia di conflitti di interesse.

2-ter. Lo sponsor deve segnalare, per ciascun emittente, se l'ammontare di cambiali finanziarie in circolazione è superiore al totale dell'attivo corrente, come rilevabile dall'ultimo bilancio approvato. Per attivo corrente si intende l'importo delle attività in bilancio con scadenza entro l'anno dalla data di riferimento del bilancio stesso. Nel caso in cui l'emittente sia tenuto alla redazione del bilancio consolidato o sia controllato da una società o da un ente a ciò tenuto, può essere considerato l'ammontare rilevabile dall'ultimo bilancio consolidato approvato. Lo sponsor classifica l'emittente al momento dell'emissione, distinguendo almeno cinque categorie di qualità creditizia dell'emittente, ottima, buona, soddisfacente, scarsa e negativa, da mettere in relazione, per le operazioni garantite, con i livelli di garanzia elevata, normale o bassa. Lo sponsor rende pubbliche le descrizioni della classificazione adottata.

2-quater. In deroga a quanto previsto dal comma 2-bis, lettere a) e b), del presente articolo, le società diverse dalle medie e dalle piccole imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, possono rinunciare alla nomina dello sponsor.

2-quinquies. Si può derogare al requisito di cui al comma 2-bis, lettera b), qualora l'emissione sia assistita, in misura non inferiore al 25 per cento del valore di emissione, da garanzie prestate da una banca o da un'impresa di investimento, ovvero da un consorzio di garanzia collettiva dei fidi per le cambiali emesse da società aderenti al consorzio.

2-sexies. Per un periodo di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della disposizione di cui al comma 2-bis, lettera c), si può derogare all'obbligo, ivi previsto, di certificazione del bilancio, qualora l'emissione sia assistita, in misura non inferiore al 50 per cento del valore di emissione delle cambiali, da garanzie prestate da una banca o da un'impresa di investimento, ovvero da un consorzio di garanzia collettiva dei fidi per le cambiali emesse da società aderenti al consorzio. In tal caso la cambiale non può avere durata superiore al predetto periodo di diciotto mesi».

[6. Il limite massimo all'ammontare di cambiali finanziarie in circolazione è pari al totale dell'attivo corrente come rilevabile dall'ultimo bilancio approvato. Per attivo corrente si intende l'importo delle attività in bilancio con scadenza entro l'anno dalla data di riferimento del bilancio stesso. Nel caso in cui l'emittente sia tenuto alla redazione del bilancio consolidato o sia controllato da una società o ente a ciò tenuto, può essere considerato l'ammontare rilevabile dall'ultimo bilancio consolidato approvato.]

7. Dopo l'articolo 1 della legge 13 gennaio 1994, n. 43, come modificato dal presente articolo, è inserito il seguente:

«Art. 1-bis.- 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 83-bis, comma 1, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le cambiali finanziarie possono essere emesse anche in forma dematerializzata; a tal fine l'emittente si avvale esclusivamente di una società autorizzata alla prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari.

2. Per l'emissione di cambiali finanziarie in forma dematerializzata, l'emittente invia una richiesta alla società di gestione accentrata di strumenti finanziari, contenente la promessa incondizionata di pagare alla scadenza le somme dovute ai titolari delle cambiali finanziarie che risultano dalle scritture contabili degli intermediari depositari.

3. Nella richiesta di cui al comma 2 sono altresì specificati:

a) l'ammontare totale dell'emissione;

b) l'importo di ciascuna cambiale;

c) il numero delle cambiali;

d) l'importo dei proventi, totale e suddiviso per singola cambiale;

e) la data di emissione;

f) gli elementi specificati nell'articolo 100, primo comma, numeri da 3) a 7), del regio decreto 14 dicembre 1933, n. 1669;

g) le eventuali garanzie a supporto dell'emissione, con l'indicazione dell'identità del garante e l'ammontare della garanzia;

h) l'ammontare del capitale sociale versato ed esistente alla data dell'emissione;

i) la denominazione, l'oggetto e la sede dell'emittente;

l) l'ufficio del registro delle imprese al quale l'emittente è iscritto.

4. Si applicano, ove compatibili, le disposizioni contenute nel capo II del titolo II della parte III del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

5. Le cambiali emesse ai sensi del presente articolo sono esenti dall'imposta di bollo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, ferma restando comunque l'esecutività del titolo».

8. Le disposizioni dell'articolo 3, comma 115, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, non si applicano nei casi in cui le obbligazioni e le cambiali finanziarie, emesse da società non emittenti strumenti finanziari rappresentativi del capitale quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge, siano sottoscritti da investitori qualificati che non siano, anche per il tramite di società fiduciarie o per interposta persona, direttamente o indirettamente soci della società emittente.

9. Nell'articolo 1 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. La ritenuta del 20 per cento di cui al comma 1 dell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, non si applica sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni, delle cambiali finanziarie e titoli similari, emessi da banche, da società per azioni con azioni negoziate in mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e da enti pubblici economici trasformati in società per azioni in base a disposizione di legge, nonché sugli interessi ed altri proventi delle obbligazioni e titoli similari negoziati nei medesimi mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione emessi da società diverse dalle prime».

10. Per i titoli emessi dalle società diverse dalle banche e dalle società con azioni quotate nei mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la disposizione di cui al comma 9 si applica con riferimento ai titoli emessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

[11. Nell'articolo 26 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, al comma 1, le parole «obbligazioni, titoli similari e cambiali finanziarie» sono sostituite dalle seguenti «obbligazioni e titoli similari».]

[12. I dati sull'emissione delle obbligazioni e titoli similari non negoziati in mercati regolamentati devono essere comunicati dall'emittente entro trenta giorni all'Agenzia delle Entrate per consentire adeguato monitoraggio ai fini antielusivi. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate saranno indicati eventuali ulteriori adempimenti.]

13. Le spese di emissione delle cambiali finanziarie, delle obbligazioni e dei titoli similari di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, primo comma, sono deducibili nell'esercizio in cui sono sostenute indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio.

[14. Possono assumere il ruolo di sponsor ai sensi del comma 2 le banche, le imprese di investimento, le SGR, le società di gestione armonizzate, SICAV, gli intermediari finanziari iscritti nell'elenco previsto dall'articolo 107 del T.U. bancario, nonché le banche autorizzate all'esercizio dei servizi di investimento anche aventi sede legale in uno Stato extracomunitario, purché autorizzate alla prestazione di servizi nel territorio della Repubblica.]

[15. Lo sponsor assiste la società nella procedura di emissione dei titoli supportando l'emittente nella fase di emissione e di collocamento. Egli assume altresì con l'emittente impegni volti ad assicurare la liquidabilità, almeno a intervalli predefiniti, dei titoli fino alla scadenza.

Il collocamento dei titoli presso investitori qualificati in rapporto di controllo con il soggetto che assume il ruolo di sponsor è disciplinato dalle norme vigenti in materia di conflitti di interesse.]

16. Lo sponsor mantiene nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi non inferiore al 5% del valore di emissione dei titoli, per le emissioni fino a 5 milioni di euro, al 3% del valore di emissione eccedente 5 milioni di euro, fino a 10 milioni di euro, in aggiunta alla quota precedente, ed il 2% del valore di emissione eccedente 10 milioni di euro, in aggiunta alle quote anzidette.

[17. Lo sponsor procede ad una valutazione periodica, almeno semestrale, del valore dei titoli. Lo sponsor provvede altresì, tramite propri modelli formalizzati, alla classificazione dell'emittente in una categoria di rischio identificata secondo procedure che tengano conto della qualità creditizia delle imprese, avendo riferimento alla Comunicazione della Commissione Europea 2008/C 14/02, relativa alla revisione del metodo di fissazione dei tassi di riferimento e di attualizzazione. In particolare, lo sponsor classifica l'emittente con periodicità almeno semestrale, e comunque ogniqualvolta intervengano elementi straordinari atti a modificare il giudizio, distinguendo almeno cinque categorie di qualità creditizia dell'emittente (ottima, buona, soddisfacente, scarsa e negativa), da incrociarsi, per le operazioni garantite, con i livelli di garanzia elevata, normale o bassa. Lo sponsor rende pubbliche le descrizioni della classificazione adottata e ne aggiorna tempestivamente i contenuti ogni qual volta sia necessario.]

[18. In deroga a quanto previsto dal comma 2, lettera a), del presente articolo, le società diverse dalle medie e dalle piccole imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003 possono rinunciare alla nomina dello sponsor ovvero alle prestazioni da esso dovute ai sensi dei commi 15, 16 e 17.]

19. Le obbligazioni emesse da società non emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, possono prevedere clausole di partecipazione agli utili d'impresa e di subordinazione, purché con scadenza iniziale uguale o superiore a trentasei mesi.

20. La clausola di subordinazione definisce i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società e ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale. Alle società emittenti titoli subordinati si applicano le norme di cui all'articolo 2435 del codice civile.

Le emissioni di obbligazioni subordinate rientrano tra le emissioni obbligazionarie e ne rispettano i limiti massimi fissati dalla legge.

21. La clausola di partecipazione regola la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell'impresa emittente. Il tasso di interesse riconosciuto al portatore del titolo (parte fissa del corrispettivo) non può essere inferiore al Tasso Ufficiale di Riferimento pro tempore vigente. La società emittente titoli partecipativi si obbliga a versare annualmente al soggetto finanziatore, entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio, una somma commisurata al risultato economico dell'esercizio, nella percentuale indicata all'atto dell'emissione (parte variabile del corrispettivo).

Tale somma è proporzionata al rapporto tra obbligazioni partecipative in circolazione e capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

22. Le regole di calcolo della parte variabile del corrispettivo sono fissate all'atto dell'emissione, non possono essere modificate per tutta la durata dell'emissione, sono dipendenti da elementi oggettivi e non possono discendere, in tutto o in parte, da deliberazioni societarie assunte in ciascun esercizio di competenza.

23. La variabilità del corrispettivo riguarda la remunerazione dell'investimento e non si applica al diritto di rimborso in linea capitale dell'emissione.

24. Qualora l'emissione con clausole partecipative contempli anche la clausola di subordinazione e comporti il vincolo a non distribuire capitale sociale se non nei limiti dei dividendi sull'utile d'esercizio, la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente, rappresenta un costo e, ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi, è computata in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza. Ad ogni effetto di legge gli utili netti annuali si considerano depurati da detta somma.

25. La parte variabile del corrispettivo non è soggetta alla legge 7 marzo 1996, n. 108.

26. All'articolo 2412 del codice civile, il quinto comma è sostituito dal seguente

«I commi primo e secondo non si applicano alle emissioni di obbligazioni destinate ad essere quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.».


 

 

L’articolo 32, modificato dalla Camera, consente alle società di capitali, nonché alle società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese di emettere cambiali finanziarie. Le società e gli enti non aventi titoli negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati possono emettere cambiali finanziarie a condizione che l'emissione sia assistita da uno sponsor che mantenga in portafoglio una quota dei titoli fino alla naturale scadenza, l'ultimo bilancio dell'emittente sia certificato da un revisione contabile o una società di revisione, i titoli siano collocati esclusivamente presso investitori qualificati che non siano, neanche indirettamente, soci della società emittente.

 

Secondo quanto emerge dalla relazione illustrativa, le disposizioni contenute nell'articolo intendono semplificare ed integrare l'attuale ordinamento degli strumenti per il finanziamento dell'attività d'impresa, consentendo in particolare la sollecitazione del mercato monetario e finanziario da parte di emittenti finora esclusi, come le imprese non quotate, medie e piccole (secondo la classificazione europea), ampliando infine le opportunità di investimento degli operatori istituzionali nell'economia nazionale.

 

Si ricorda che la cambiale finanziaria è disciplinata dalla legge 13 gennaio 1994, n. 43, e dalla delibera del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) del 3 marzo 1994, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 58 dell'11 marzo 1994, poi revocata dalla delibera del medesimo CICR n. 1058 del 19 luglio 2005, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 13 agosto 2005, che ha armonizzato la normativa della raccolta del risparmio da parte dei soggetti non bancari alle norme introdotte con la modifica del diritto societario.

In sostanza, si tratta di titoli di credito caratterizzati dall'essere emessi in serie, all'ordine, con durata ben delimitata (minimo tre mesi) in cui la girata è senza garanzia per evitare azioni di regresso.

Possono emettere cambiali finanziarie le società e gli enti con titoli negoziati in un mercato regolamentato, nonché le società non quotate purché le emissioni siano assistite da garanzia (in misura non inferiore al 100 per cento del loro valore di emissione) rilasciata da soggetti vigilati o dalla società Servizi assicurativi del commercio estero (SACE) S.p.A.

In Italia, peraltro, tale strumento non ha trovato ampia diffusione. Le ragioni della modesta utilizzazione delle cambiali finanziarie sono riconducibili, per le imprese quotate, a motivi di carattere fiscale, legati al mancato assoggettamento dei redditi relativi alle cambiali finanziarie all'imposta sostitutiva di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239; a motivi di carattere regolamentare, legati alla durata, da tre a dodici mesi, mentre in altri Paesi le commercial paper sono emesse in quantità maggiore con durata fino a un mese; a motivi di carattere formale e procedurale, in quanto le cambiali finanziarie sono ancora oggi titoli necessariamente materiali, difficili quindi da collocare in quantità elevata e da negoziare nei mercati finanziari, che trattano ormai quasi esclusivamente titoli dematerializzati.

Inoltre, per le imprese medio-grandi non quotate, pesa l'obbligo di ricorrere al supporto di una garanzia bancaria.

L’opportunità di rilanciare tale strumento era stata peraltro sollecitata da più parti nel corso dell'indagine conoscitiva sul mercato degli strumenti finanziari recentemente svolta dalla Commissione Finanze della Camera dei deputati, ed è contenuta tra le proposte del documento conclusivo dell'indagine, approvato dalla stessa Commissione il 19 luglio 2011. La Commissione ha successivamente esaminato alcune proposte di legge (A.C. 4790 e abb.), confluite in un testo unificato, sul quale i gruppi parlamentari hanno espresso l’assenso al trasferimento dell’esame alla sede legislativa.

 

Nel corso dell'esame parlamentare sono stati soppressi i commi da 1 a 4 dell'articolo in esame; il contenuto del comma 2 è stato tuttavia riproposto in parte nel successivo comma 5-bis (cui si rinvia).

 

Il comma 5 modificato novella la disciplina della cambiale finanziaria. In particolare, mediante modifica dell'articolo 1, comma 1, della citata legge 13 gennaio 1994, n. 43, la scadenza delle cambiali viene allungata, prevedendo un limite minimo di un mese (anziché tre mesi) e un limite massimo non superiore a trentasei mesi (anziché dodici) dalla data di emissione.

Il nuovo comma 5-bis inserisce dopo il comma 2 dell'articolo 1 della legge n. 43 del 1994 i nuovi commi da 2-bis a 2-sexies.

Il comma 2-bisindividua anzitutto i soggetti autorizzati ad emettere le cambiali finanziarie, ossia le società di capitali, nonché le società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE) di emettere cambiali finanziarie.

 

Si ricorda che, ai sensi della raccomandazione 2003/361/CE della Commissione europea del 6 maggio 2003, si considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un'attività economica. La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (PMI) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Nella categoria delle PMI si definisce piccola impresa un'impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro. Nella categoria delle PMI si definisce microimpresa un'impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro. Da ultimo, la direttiva 2012/6/UE ha introdotto la definizione di microentità, indicando le società che alla data di chiusura del bilancio non superano i limiti numerici di due dei tre criteri seguenti: totale dello stato patrimoniale: 350.000 euro, importo netto del volume di affari: 700.000 euro, numero di dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 10.

 

In secondo luogo il comma 2-bisconsente alle società e agli enti non aventi titoli negoziati in mercati regolamentati o non regolamentati di emettere cambiali finanziarie subordinatamente al possesso dei seguenti requisiti:

a) la previsione di uno sponsor, rappresentato da una banca, da un’impresa di investimento, da una società di gestione del risparmio (SGR), da una società di gestione armonizzata, da una società di investimento a capitale variabile (SICAV), purché con succursale costituita nel territorio della Repubblica, che collabora con l'emittente nella procedura di emissione e collocamento dei titoli;

b) la previsione che lo sponsor mantenga nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi non inferiore al 5 per cento del valore di emissione dei titoli per le emissioni fino a 5 milioni di euro, cui si aggiunge il 3 per cento fino a 10 milioni di euro, e un ulteriore 2 per cento oltre i 10 milioni di euro;

c) la certificazione dell'ultimo bilancio da parte di un revisore contabile o di una società di revisione iscritta al registro dei revisori contabili;

d) la possibilità di emettere o girare le cambiali finanziarie esclusivamente in favore di investitori professionali che non siano, né direttamente né indirettamente, soci della società emittente.

L'ipotesi di collocamento presso investitori professionali in rapporto di controllo con lo sponsor deve essere disciplinato dalle norme in materia di conflitti di interesse.

 

Il comma 2-terindividua alcuni compiti dello sponsor. Lo sponsor deve in particolare segnalare se l'ammontare di cambiali finanziarie dell'emittente in circolazione è superiore al totale dell'attivo corrente - vale a dire l'importo delle attività in bilancio con scadenza entro l'anno dalla data di riferimento del bilancio stesso - come rilevabile dall'ultimo bilancio approvato. Nel caso in cui l'emittente sia tenuto alla redazione del bilancio consolidato (o sia controllato da società o ente a ciò tenuto), può essere considerato l'ammontare rilevabile dall'ultimo bilancio consolidato approvato.

Lo sponsor, inoltre, classifica l'emittente al momento dell'emissione, distinguendo almeno cinque categorie di qualità creditizia dell'emittente (ottima, buona, soddisfacente, scarsa e negativa); tale qualità deve essere messa in relazione - per le operazioni garantite - con i livelli di garanzia elevata, normale o bassa.

Le descrizioni delle classificazioni adottate devono essere rese pubbliche dallo sponsor.

 

Il comma 2-quaterconsente alle società diverse dalle medie e dalle piccole imprese (sempre come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE) di rinunciare alla nomina dello sponsor.

Tale disposizione opera in deroga a quanto previsto dal comma 2-bis, lettere a) e b), sopra riportate.

 

Altra deroga è contenuta al comma 2-quinquies. Tale disposizione consente infatti di derogare all’obbligo per lo sponsor di mantenere una quota di titoli nel proprio portafoglio qualora l’emissione sia assistita, in misura non inferiore al 25 per cento del valore di emissione, da garanzie prestate da una banca o da un’impresa di investimento, ovvero prestate da un consorzio di garanzia collettiva fidi per le cambiali emesse da società aderenti al consorzio.

 

Il comma 2-sexiesconsente invece, per un periodo di diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della norma, di derogare all’obbligo di certificazione del bilancio, qualora l’emissione sia assistita, in misura non inferiore al 50 per cento del valore di emissione delle cambiali, da garanzie prestate da una banca o da un’impresa di investimento, ovvero prestate da un consorzio di garanzia collettiva fidi per le cambiali emesse da società aderenti al consorzio. In tal caso la cambiale non può avere durata superiore al predetto periodo di diciotto mesi.

 

Il comma 6 dell'articolo in esame è stato soppresso nel corso dell’esame parlamentare e riproposto in parte nel precedente comma 5-bis, cui si rinvia.

 

Il comma 7 consente (attraverso l’introduzione del nuovo articolo 1-bis nella legge n. 43 del 1994), la dematerializzazione delle cambiali finanziarie ad opera di una società autorizzata alla prestazione del servizio di gestione accentrata di strumenti finanziari.

Sono quindi definiti i requisiti e la documentazione per l'emissione di cambiali finanziarie in forma de materializzata. Si applicano, ove compatibili, le disposizioni in materia di intermediari contenute nel capo II del titolo II della parte III del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF).

Le cambiali in questione, per renderne sempre più diffuso l'utilizzo, si intendono esenti dall'imposta di bollo di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, ferma restando comunque l'esecutività del titolo.

 

I commi 8, 9 e 10 prevedono una modifica del trattamento fiscale delle obbligazioni e delle cambiali finanziarie.

 

In particolare, al comma 8 modificato nel corso dell’esame parlamentare, si prevede che la disposizione contenuta nell’articolo 3, comma 115, della legge n. 549 del 1995 sulla parziale indeducibilità degli interessi non si applichi nel caso in cui le obbligazioni e le cambiali finanziarie, emesse da società non emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, siano sottoscritte da investitori qualificati che non siano soci della società emittente. In tal modo si rendono deducibili gli interessi su tali titoli uniformando il trattamento fiscale fra emittenti nel caso di titoli sottoscritti da investitori qualificati non soci per evitare abusi e arbitraggi fiscali.

Inoltre, al fine rendere efficiente anche per gli investitori stranieri la possibilità di sottoscrivere le obbligazioni, allineando la nostra normativa a quella dei principali paesi comunitari, si estende l'esenzione da ritenuta, che il D.lgs. n. 239 del 1996[111] prevede per le obbligazioni emesse dai cd. "grandi emittenti" (banche e società quotate), anche alle obbligazioni emesse dalle società non emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge.

Al fine di rendere neutrale la scelta fra diverse tipologie di strumenti di credito (obbligazioni, cambiali finanziarie e prestiti bancari), il trattamento fiscale della cambiale finanziaria è uniformato a quello delle obbligazioni societarie (commi 9 e 10).

 

I commi 11 e 12 sono stati soppressi nel corso dell’esame parlamentare.

 

Il comma 13 prevede la deducibilità fiscale degli oneri per l'emissione delle cambiali finanziarie, delle obbligazioni e dei titoli similari (di cui all'articolo 1 del D.lgs. n. 239 del 1996), nell'esercizio nel quale vengono sostenuti, indipendentemente dal criterio di imputazione a bilancio adottato.

 

I commi 14 e 15 sono stati soppressi nel corso dell’esame parlamentare.

 

Il comma 16 prevede che lo sponsor mantenga nel proprio portafoglio, fino alla naturale scadenza, una quota dei titoli emessi.

Si segnala, peraltro, che tale disposizione è identica a quella proposta dal precedente comma 5-bis (con l'introduzione, all'articolo 1 della legge n. 43 del 1994, del comma 2-bis, lettera b)).

 

I commi 17 e 18 sono stati soppressi nel corso dell’esame parlamentare.

 

Con il comma 19, modificato nel corso dell’esame parlamentare, viene data la possibilità alle società non emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione, diverse dalle banche e dalle micro-imprese, di emettere obbligazioni con clausole di partecipazione agli utili di impresa e di subordinazione purché con scadenza iniziale uguale o superiore a 36 mesi.

 

La clausola di subordinazione (comma 20) definisce i termini di postergazione del portatore del titolo ai diritti degli altri creditori della società e ad eccezione dei sottoscrittori del solo capitale sociale.

In tal modo - secondo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) - si rafforza la struttura finanziaria dell'impresa meglio tutelando le ragioni creditorie di clienti e fornitori, nonché dei creditori ordinari e garantiti.

Alle società emittenti titoli subordinati si applicano le norme in materia di pubblicazione del bilancio e dell'elenco dei soci e dei titolari di diritti su azioni (di cui all'articolo 2435 del codice civile). Viene quindi chiarito che le emissioni di obbligazioni subordinate rientrano tra le emissioni obbligazionarie e ne rispettano i limiti massimi fissati dalla legge.

 

Ai sensi del comma 21, la clausola di partecipazione regola la parte del corrispettivo spettante al portatore del titolo obbligazionario, commisurandola al risultato economico dell'impresa emittente. Il tasso di interesse riconosciuto al portatore del titolo (vale a dire, la parte fissa del corrispettivo) non può essere inferiore al Tasso Ufficiale di Riferimento. La società emittente titoli partecipativi si obbliga a versare annualmente al soggetto finanziatore, entro trenta giorni dall'approvazione del bilancio, una somma commisurata al risultato economico dell'esercizio, nella percentuale indicata all'atto dell'emissione (parte variabile del corrispettivo). Tale somma è proporzionata al rapporto tra obbligazioni partecipative in circolazione e capitale sociale, aumentato della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall'ultimo bilancio approvato.

Secondo la relazione illustrativa (A.C. 5312), la norma consente, tramite la clausola di subordinazione, un rafforzamento del capitale senza intaccare l'equilibrio societario e proprietario, mantenendo coesione e determinazione dell'assetto di comando aziendale.

Qualora accompagnato da clausola partecipativa, il titolo consente anche di modulare gli esborsi finanziari in funzione dei risultati d'impresa, favorendo la sostenibilità delle fasi di rapida crescita o di ristrutturazione, in cui i flussi di cassa possono essere sotto tensione per investimenti e per ricostituzione dei margini operativi.

Le regole di calcolo della parte variabile del corrispettivo sono fissate all'atto dell'emissione, non possono essere modificate per tutta la durata dell'emissione, sono dipendenti da elementi oggettivi e non possono discendere, in tutto o in parte, da deliberazioni societarie assunte in ciascun esercizio di competenza (comma 22). La variabilità del corrispettivo riguarda la remunerazione dell'investimento e non si applica al diritto di rimborso in linea capitale dell'emissione (comma 23).

 

Ai sensi del comma 24, qualora l'emissione con clausole partecipative contempli anche la clausola di subordinazione e comporti il vincolo a non distribuire capitale sociale se non nei limiti dei dividendi sull'utile d'esercizio, la componente variabile del corrispettivo costituisce oggetto di specifico accantonamento per onere nel conto dei profitti e delle perdite della società emittente, rappresenta un costo e, ai fini dell'applicazione delle imposte sui redditi, è computata in diminuzione del reddito dell'esercizio di competenza. Ad ogni effetto di legge gli utili netti annuali si considerano depurati da detta somma.

La parte variabile del corrispettivo non è soggetta alle disposizioni in materia di usura di cui alla legge del 7 marzo 1996, n. 108 (comma 25).

 

Con il comma 26, infine, infine, si modifica l'art. 2412 del codice civile prevedendo che i limiti all'emissione per le società per azioni non trovano applicazione nel caso di emissioni obbligazionarie destinate ad essere quotate in mercati regolamenti o in sistemi multilaterali di negoziazione ovvero di obbligazioni che danno il diritto di acquisire ovvero di sottoscrivere azioni.

 


 

Articolo 32-bis
(
Liquidazione dell'IVA secondo la contabilità di cassa)

 


1. In esecuzione della facoltà accordata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate da soggetti passivi con volume d'affari non superiore a 2 milioni di euro, nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell'esercizio di impresa, arte o professione, l'imposta sul valore aggiunto diviene esigibile al momento del pagamento dei relativi corrispettivi. Per i medesimi soggetti l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi. In ogni caso, il diritto alla detrazione dell'imposta in capo al cessionario o al committente sorge al momento di effettuazione dell'operazione, ancorché il corrispettivo non sia stato ancora pagato. Le disposizioni del presente comma non si applicano alle operazioni effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell'imposta, né a quelle poste in essere nei confronti di cessionari o di committenti che assolvono l'imposta mediante l'applicazione dell'inversione contabile. L'imposta diviene, comunque, esigibile dopo il decorso del termine di un anno dal momento di effettuazione dell'operazione. Il limite annuale non si applica nel caso in cui il cessionario o il committente, prima del decorso del termine, sia stato assoggettato a procedure concorsuali.

2. Il regime di cui al comma 1 si rende applicabile previa opzione da parte del contribuente, da esercitare secondo le modalità individuate con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.

3. Sulle fatture emesse in applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 deve essere apposta specifica annotazione.

4. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le disposizioni di attuazione del presente articolo.

5. Dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente articolo, individuata con il decreto di cui al comma 4 del presente articolo, è abrogato l'articolo 7 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

6. All'onere relativo all'attuazione del presente articolo, pari a 11,9 milioni di euro per l'anno 2012 e a 500.000 euro a decorrere dall'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 27, comma 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni.

7. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 32-bis, introdotto durante l’esame parlamentare, apporta sostanziali modifiche alla cd. IVA “per cassa”, ampliando le ipotesi nelle quali cui l’IVA è esigibile (dunque deve essere versata all’erario) al momento del pagamento dei corrispettivi relativi alle operazioni effettuate, in luogo del momento di effettuazione dell’operazione (come previsto invece dalla disciplina generale).

In particolare, l’applicazione del suddetto criterio è esteso alle operazioni effettuate da soggetti passivi con volume d’affari non superiore a due milioni di euro (in luogo della precedente soglia di 200.000 euro).

Si prevede altresì che il diritto alla detrazione in capo al cessionario o al committente sorga al momento di effettuazione dell’operazione, anche se il corrispettivo non è stato ancora pagato.

 

La previgente disciplina dell’IVA “per cassa”

 

Le regole generali in materia di IVA prevedono (articolo 6, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972) che le cessioni di beni mobili si considerano effettuate (e, pertanto, la relativa IVA diviene esigibile) al momento della consegna o spedizione del bene stesso. Per i beni immobili la cessione è efficace ai fini IVA al momento della stipulazione del contratto. L’IVA esigibile, al netto dell’IVA detraibile (ossia di quella relativa agli acquisti di beni o servizi e regolarmente registrata negli appositi libri contabili) deve essere versata dal contribuente entro il giorno 16 del mese successivo[112] a quello cui si riferisce la liquidazione dell’imposta (articolo 1 del D.P.R. n. 100/1998). Il richiamato articolo 6 del DPR n. 633/1972 dispone, tuttavia, alcune deroghe all’applicazione della disciplina generale. In particolare, il secondo periodo del quinto comma individua le ipotesi in cui l’esigibilità dell’imposta è determinata in base al criterio di cassa (c.d. regime IVA in sospensione d’imposta che si applica, ad esempio, nel caso di fatture emesse nei confronti delle pubbliche amministrazioni).

La normativa sull’IVA “per cassa” era in precedenza contenuta nell’articolo 7 del D.L. 185 del 2008; tale disposizione è abrogata dal comma 5 della norma in commento (cfr. infra).

Il richiamato articolo 7 disciplinava le ipotesi in cui l’IVA sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizio diventava esigibile al momento dell’incasso, ove quest’ultimo fosse successivo al momento dell’emissione della fattura; l’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nell’articolo 6, quinto comma, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972 era estesa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti di esercenti attività di impresa, arte o professione (con esclusione delle operazioni effettuate nei confronti dei privati consumatori, per le quali la mancanza di una documentazione dalla quale emergano dati del cliente farebbe nascere notevoli incertezze applicative).

Il comma 2dell’articolo 7 rinviava ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze la determinazione del volume d’affari dei contribuenti nei cui confronti fosse applicabile la disposizione in commento; il D.M. 26 marzo 2009 ha fissato tale soglia in misura pari a 200.000 euro. Erano in ogni caso esclusi dall’applicazione del criterio per cassa i soggetti che si avvalevano di regimi speciali IVA e quelli che applicavano il regime dell’inversione contabile (c.d. reverse charge).

Il differimento dell’esigibilità dell’IVA era ammesso per un periodo massimo di un anno dal momento di effettuazione dell’operazione di cessione, trascorso il quale l’imposta diveniva esigibile anche in caso di mancato incasso della stessa. Tale termine non si sarebbe applicato se l’acquirente fosse stato assoggettato a procedure concorsuali o esecutive. Condizione per la fruizione del beneficio era l’obbligo di specifica indicazione nella fattura sul fatto che la vendita fosse effettuata con imposta a esigibilità differita. In assenza di tale esplicita indicazione, all’imposta indicata in fattura si sarebbe applicata l’esigibilità immediata. L’efficacia della disposizione è subordinata all’autorizzazione comunitaria prevista dalla direttiva 2006/112/CE[113].

 

Più in dettaglio, il comma 1 dell'articolo in commento prevede che, in esecuzione alla facoltà accordata dalla direttiva 2010/45/UE, l'IVA diventi esigibile al momento del pagamento dei corrispettivi se:

§      si tratta di cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate da soggetti passivi con volume d'affari non superiore a 2 milioni di euro, in luogo della predetta soglia di 200.000 euro; è dunque coinvolta una platea più ampia di contribuenti,

§      analogamente a quanto previsto dal D.L. 185 del 2008, tali cessioni / prestazioni sono rese nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell'esercizio di impresa, arte o professione (dunque tale sistema non vale nei confronti dei consumatori finali, ovvero dei soggetti che agiscono al di fuori delle suddette attività).

 

Si ricorda che la direttiva 2010/45/UE modifica la direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione. La direttiva ha introdotto modifiche sia in tema di esigibilità dell’IVA che di semplificazione della fatturazione. In particolare - sotto il primo profilo - gli Stati membri entro il 31 dicembre 2012 potranno introdurre un regime di contabilità di cassa, tale da consentire che i pagare menti IVA avvengano solo quando viene effettivamente incassato il corrispettivo sui beni e servizi sottostanti.

Come emerge dai considerando della direttiva, tale regime ha lo scopo di aiutare le piccole e medie imprese che hanno difficoltà a versare l’IVA prima di aver ricevuto i pagamenti dai loro acquirenti. In tal modo, si afferma, gli Stati membri potranno introdurre un regime facoltativo di contabilità di cassa che non andrà ad incidere negativamente sui flussi di cassa legati alle loro entrate IVA. Le norme dovranno essere recepite dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2012 per rendere applicabili le nuove disposizioni dal successivo 1° gennaio 2013.

Si ricorda che la direttiva 2010/45/UE è inserita nell’allegato B del disegno di legge Comunitaria 2011 (A.S. 3129), attualmente all’esame del Senato.

 

Il medesimo comma 1 specifica che, per gli operatori nel regime per cassa, l'esercizio del diritto alla detrazione dell'imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi.

Analogamente a quanto disposto dal D.M. 23 marzo 2009, il diritto alla detrazione dell'imposta in capo al cessionario o al committente sorge invece al momento di effettuazione dell'operazione, ancorché il corrispettivo non sia stato ancora pagato.

 

Riprendendo il disposto dell’articolo 7 del D.L. 185 del 2008, rimangono escluse dall'applicazione delle disposizioni in esame le operazioni:

§      effettuate dai soggetti che si avvalgono di regimi speciali di applicazione dell'imposta;

§      poste in essere nei confronti di cessionari o di committenti che assolvono l'IVA applicando l'inversione contabile.

Resta ferma anche la prescrizione che rende l'imposta comunque esigibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell'operazione (il limite non si applica qualora il cessionario o il committente sia stato assoggettato a procedure concorsuali).

Elemento di novità introdotto dalle norme in esame è l’opzionalità del regime “per cassa”, che viene reso (comma 2) applicabile previa opzione da parte del contribuente, da esercitare con modalità demandate a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate.

Rimane analogamente vigente l’obbligo di specifica annotazione sulle fatture emesse in applicazione di tale regime (comma 3).

 

Il comma 4 demanda ad un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze - da emanare entro l’11 ottobre 2012, ovvero sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del provvedimento in esame - l'individuazione delle disposizioni di attuazione dell'articolo in commento, nonché della data di entrata in vigore delle disposizioni ivi contenute.

Dalla stessa data viene altresì abrogato l'articolo 7 del decreto-legge n. 185 del 2008[114], che reca l'attuale disciplina della norma in esame (comma 5).

 

La copertura finanziaria dell'articolo in esame è recata dal comma 6: l'onere - quantificato in 11,9 milioni di euro per l'anno 2012 e 500 mila euro a decorrere dall'anno 2013 - è coperto mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 27, comma 10, della legge n. 488 del 1999[115]. Si tratta di risorse destinate alle misure di sostegno dell'emittenza televisiva locale e dell'emittenza radiofonica locale e nazionale.

Il comma 7 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare con decreto le variazioni di bilancio occorrenti.

 


 

Articolo 33
(
Revisione della legge fallimentare per favorire la continuità aziendale)

 


1. Al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 67, terzo comma, sono apportate le seguenti modificazioni:

01) alla lettera c), dopo le parole: «entro il terzo grado» sono aggiunte le seguenti: «, ovvero immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività d'impresa dell'acquirente, purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio»;

1) la lettera d) è sostituita dalla seguente:

«d) gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria; un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è indipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio; in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 2399 del codice civile e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo; il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore;»;

2) alla lettera e): dopo le parole «dell'articolo 182-bis» sono aggiunte le seguenti: «, nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito del ricorso di cui all'articolo 161;»;

a-bis) all'articolo 69-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

1) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Decadenza dall'azione e computo dei termini»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese»;

a-ter) all'articolo 72, ottavo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente»;

b) all'articolo 161 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al secondo comma, dopo la lettera d), è aggiunta la seguente:

«e) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.»;

2) al terzo comma sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo la parola «professionista» sono aggiunte le seguenti: «, designato dal debitore,»;

b) dopo il primo periodo è aggiunto, in fine, il seguente: «Analoga relazione deve essere presentata nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano.»;

3) al quinto comma, dopo le parole «pubblico ministero» sono aggiunte le seguenti: «ed è pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria»;

4) dopo il quinto comma sono aggiunti i seguenti:

«L'imprenditore può depositare il ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, riservandosi di presentare la proposta, il piano e la documentazione di cui ai commi secondo e terzo entro un termine fissato dal giudice, compreso fra sessanta e centoventi giorni e prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni. Nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma. In mancanza, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo.

Dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di cui all'articolo 163 il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111.

Con il decreto di cui al sesto comma, primo periodo, il tribunale dispone gli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa, che il debitore deve assolvere sino alla scadenza del termine fissato. In caso di violazione di tali obblighi, si applica l'articolo 162, commi secondo e terzo.

La domanda di cui al sesto comma è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha presentato altra domanda ai sensi del medesimo comma alla quale non abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo o l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti.

Fermo restando quanto disposto dall'articolo 22, primo comma, quando pende il procedimento per la dichiarazione di fallimento il termine di cui al sesto comma del presente articolo è di sessanta giorni, prorogabili, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni»;

c) all'articolo 168 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole «presentazione del ricorso» sono sostituite dalle seguenti: «pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese»;

b) dopo la parola «esecutive» sono aggiunte le seguenti: «e cautelari»;

c) dopo le parole: «creditori per titolo o causa anteriore» le parole «al decreto» sono soppresse;

2) al terzo comma è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.»;

d) nel titolo III, capo II, dopo l'articolo 169 è aggiunto il seguente articolo:

«Articolo 169-bis (Contratti in corso di esecuzione). - Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta.

In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.

Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato nonché ai contratti di cui agli articoli 72, ottavo comma, 72-ter e 80, primo comma.»;

d-bis) all'articolo 178 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «E' altresì inserita l'indicazione nominativa dei creditori che non hanno esercitato il voto e dell'ammontare dei loro crediti»;

2) al terzo comma, le parole: «senza bisogno di avviso" sono sostituite dalle seguenti: «dandone comunicazione»;

3) il quarto comma è sostituito dal seguente: «I creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire il proprio dissenso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale. In mancanza, si ritengono consenzienti e come tali sono considerati ai fini del computo della maggioranza dei crediti. Le manifestazioni di dissenso e gli assensi, anche presunti a norma del presente comma, sono annotati dal cancelliere in calce al verbale»;

d-ter) all'articolo 179 è aggiunto, in fine, il seguente comma: «Quando il commissario giudiziale rileva, dopo l'approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all'udienza di cui all'articolo 180 per modificare il voto»;

d-quater) all'articolo 180, quarto comma, la parola: «contesta» è sostituita dalle seguenti: «ovvero, nell'ipotesi di mancata formazione delle classi, i creditori dissenzienti che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto, contestano»;

e) all'articolo 182-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il primo comma è sostituito dal seguente:

«L'imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all'articolo 161, l'omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull'attuabilità dell'accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell'omologazione.»;

2) al terzo comma, primo periodo, dopo la parole «patrimonio del debitore», sono aggiunte le seguenti: «, nè acquisire titoli di prelazione se non concordati»;

3) al sesto comma, primo periodo, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole «all'articolo 161, primo e secondo comma» sono aggiunte le seguenti: «lettere a), b), c) e d)»;

b) le parole «il regolare» sono sostituite dalle seguenti: «l'integrale»;

4) al settimo comma, secondo periodo, le parole «il regolare» sono sostituite dalle seguenti: «l'integrale»;

5) l'ottavo comma è sostituito dal seguente:

«A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo.»;

e-bis) all'articolo 182-quater sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, le parole: «da banche e intermediari finanziari iscritti negli elenchi di cui agli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385,» sono soppresse;

2) il secondo comma è sostituito dal seguente:

«Sono parificati ai crediti di cui al primo comma i crediti derivanti da finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, qualora i finanziamenti siano previsti dal piano di cui all'articolo 160 o dall'accordo di ristrutturazione e purché la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con cui il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato preventivo ovvero l'accordo sia omologato»;

3) il terzo comma è sostituito dal seguente:

«In deroga agli articoli 2467 e 2497-quinquies del codice civile, il primo e il secondo comma del presente articolo si applicano anche ai finanziamenti effettuati dai soci fino alla concorrenza dell'80 per cento del loro ammontare. Si applicano i commi primo e secondo quando il finanziatore ha acquisito la qualità di socio in esecuzione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo»;

4) il quarto comma è abrogato;

5) al quinto comma, le parole: «ai commi secondo, terzo e quarto, i creditori» sono sostituite dalle seguenti: «al secondo comma, i creditori, anche se soci,»;

f) dopo l'articolo 182-quater sono aggiunti i seguenti articoli:

«Articolo 182-quinquies (Disposizioni in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti). - Il debitore che presenta, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a contrarre finanziamenti, prededucibili ai sensi dell'articolo 111, se un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

L'autorizzazione di cui al primo comma può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative.

Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.

Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale, anche ai sensi dell'articolo 161, sesto comma, può chiedere al tribunale di essere autorizzato, assunte se del caso sommarie informazioni, a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione della attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori. L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori.

Il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi dell'articolo 182-bis, primo comma, o una proposta di accordo ai sensi dell'articolo 182-bis, sesto comma, può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza dei presupposti di cui al quarto comma, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni o servizi. In tal caso i pagamenti effettuati non sono soggetti all'azione revocatoria di cui all'articolo 67.

Articolo 182-sexies (Riduzione o perdita del capitale della società in crisi). - Dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo, anche a norma dell'articolo 161, sesto comma, della domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis ovvero della proposta di accordo a norma del sesto comma dello stesso articolo e sino all'omologazione non si applicano gli articoli 2446, commi secondo e terzo, 2447, 2482-bis, commi quarto, quinto e sesto, e 2482-ter del codice civile. Per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, n. 4, e 2545-duodecies del codice civile.

Resta ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta di cui al primo comma, l'applicazione dell'articolo 2486 del codice civile.»;

g) all'articolo 184, primo comma, primo periodo, le parole «al decreto di apertura della procedura di concordato» sono sostituite dalle seguenti: «alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all'articolo 161»;

h) nel titolo III, capo VI, dopo l'articolo 186 è aggiunto il seguente articolo:

«Articolo 186-bis (Concordato con continuità aziendale). - Quando il piano di concordato di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e) prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore,la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società, anche di nuova costituzione, si applicano le disposizioni del presente articolo. Il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa.

Nei casi previsti dal presente articolo:

a) il piano di cui all'articolo 161, secondo comma, lettera e), deve contenere anche un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

b) la relazione del professionista di cui all'articolo 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;

c) il piano può prevedere, fermo quanto disposto dall'articolo 160, secondo comma, una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, salvo che sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In tal caso, i creditori muniti di cause di prelazione di cui al periodo precedente non hanno diritto al voto.

Fermo quanto previsto nell'articolo 169-bis, i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura. Sono inefficaci eventuali patti contrari. L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista designato dal debitore di cui all'articolo 67 ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all'atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni.

L'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa presenta in gara:

a) una relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesta la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento del contratto;

b) la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti di carattere generale, di capacità finanziaria, tecnica, economica nonché di certificazione, richiesti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto. Si applica l'articolo 49 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Fermo quanto previsto dal comma precedente, l'impresa in concordato può concorrere anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese, purché non rivesta la qualità di mandataria e sempre che le altre imprese aderenti al raggruppamento non siano assoggettate ad una procedura concorsuale. In tal caso la dichiarazione di cui al quarto comma, lettera b), può provenire anche da un operatore facente parte del raggruppamento.

Se nel corso di una procedura iniziata ai sensi del presente articolo l'esercizio dell'attività d'impresa cessa o risulta manifestamente dannoso per i creditori, il tribunale provvede ai sensi dell'articolo 173. Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato.»;

i) la rubrica del capo terzo del titolo sesto è sostituita dalla seguente:

«Capo III. - Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa»;

l) dopo l'articolo 236 è inserito il seguente:

«Articolo 236-bis (Falso in attestazioni e relazioni). - Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182-bis, 182-quinquies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro.

Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sè o per altri, la pena è aumentata.

Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà»;

l-bis) all'articolo 217-bis, comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole:

«, nonché ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell'articolo 182-quinquies».

2. All'articolo 38, primo comma, lettera a), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 dopo le parole «concordato preventivo» sono aggiunte le seguenti: «, salvo il caso di cui all'articolo 186-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267».

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano ai procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, nonché ai piani di cui al comma 1, lettera a), n. 1) elaborati successivamente al predetto termine.

4. Il comma 4 dell'articolo 88 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è sostituito dal seguente:

«4. Non si considerano sopravvenienze attive i versamenti in denaro o in natura fatti a fondo perduto o in conto capitale alle società e agli enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a) e b), dai propri soci e la rinuncia dei soci ai crediti, nè gli apporti effettuati dai possessori di strumenti similari alle azioni, nè la riduzione dei debiti dell'impresa in sede di concordato fallimentare o preventivo o per effetto della partecipazione delle perdite da parte dell'associato in partecipazione. In caso di accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero di un piano attestato ai sensi dell'articolo 67, terzo comma, lettera d), del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, pubblicato nel registro delle imprese, la riduzione dei debiti dell'impresa non costituisce sopravvenienza attiva per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all'articolo 84.».

5. Il comma 5 dell'articolo 101 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è sostituito dal seguente:

«5. Le perdite di beni di cui al comma 1, commisurate al costo non ammortizzato di essi, e le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali o ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Ai fini del presente comma, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data della sentenza dichiarativa del fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa o del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo o del decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione o del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi. Gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi.


 

 

L’articolo 33 modifica la legge fallimentare ed è diretto a migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d'impresa disciplinati dalla legge fallimentare, in modo da incentivare l'impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi. A tal fine, in particolare:

§       sono ampliati i casi di non assoggettabilità alla revocatoria fallimentare;

§       nel concordato preventivo è anticipata l’applicabilità delle misure a tutela del debitore ed è introdotta la possibilità di sciogliersi in alcuni casi da contratti in corso di esecuzione;

§       negli accordi di ristrutturazione del debito è introdotta una moratoria legale dei pagamenti;

§       sono individuate misure di finanza interinale, volte a consentire finanziamenti o pagamenti del debitore nelle more della definizione dei procedimenti di ristrutturazione del debito e di concordato preventivo;

§       sono introdotte deroghe per le società in crisi alla disciplina sulla perdita di capitale;

§       è introdotto il concordato con continuità aziendale, con prosecuzione dell’attività d’impresa;

§       è adeguata la disciplina fiscale sulle sopravvenienze attive e la deducibilità delle perdite.

 

In dettaglio, il comma 1 è composto dalle lettere da a) ad l-bis).

 

La lettera a) amplia l’area degli atti, pagamenti e garanzie non soggetti all’azione revocatoria fallimentare.

Si rammenta che l’azione revocatoria è disciplinata dalla legge fallimentare. Sono privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo gratuito, esclusi i regali d'uso e gli atti compiuti in adempimento di un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante (art. 64). Sono inoltre privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente, se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento (art. 65). Il curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme del codice civile. L'azione si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del contraente immediato, sia in confronto dei suoi aventi causa nei casi in cui sia proponibile contro costoro (art. 66). L’art. 67 individua poi i casi in cui vi è obbligo di revoca, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato d'insolvenza del debitore ed elenca gli atti, i pagamenti e le garanzie che non sono soggetti all’azione revocatoria.

Più in dettaglio, l’art. 67 LF elenca gli atti soggetti a revocatoria fallimentare e quelli non soggetti.

Debbono essere revocati:

1)    gli atti a titolo oneroso compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che a lui è stato dato o promesso;

2)    gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se compiuti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento;

3)    i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nell'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non scaduti;

4)    i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti scaduti.

Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti entro sei mesi anteriori alla dichiarazione di fallimento.

Non sono soggetti all'azione revocatoria:

a)    i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso;

b)    le rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca;

c)    le vendite ed i preliminari di vendita trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile, i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado;

d)    gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria e la cui ragionevolezza sia attestata da un professionista iscritto nel registro dei revisori contabili e che abbia i requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti; studi professionali associati o società tra professionisti), ai sensi dell'articolo 2501-bis, quarto comma, del codice civile;

e)    gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata, nonché dell'accordo omologato ai sensi dell'articolo 182-bis;

f)      i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoro effettuate da dipendenti ed altri collaboratori, anche non subordinati, del fallito;

g)    i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali di amministrazione controllata e di concordato preventivo.

Le disposizioni dell’art. 67 non si applicano all'istituto di emissione, alle operazioni di credito su pegno e di credito fondiario; sono salve le disposizioni delle leggi speciali.

 

 

Il n. 01), introdotto nel corso dell'esame parlamentare, inserisce fra gli atti sottratti alla revocatoria fallimentare, ai sensi del terzo comma dell'articolo 67 della legge fallimentare, le vendite ed i preliminari di vendita (trascritti ai sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile) i cui effetti non siano cessati ai sensi del comma terzo della suddetta disposizione, conclusi a giusto prezzo e aventi ad oggetto gli immobili ad uso non abitativo destinati a costituire la sede principale dell'attività di impresa dell'acquirente, purché alla data di dichiarazione di fallimento tale attività sia effettivamente esercitata ovvero siano stati compiuti investimenti per darvi inizio.

 

Il successivo n. 1) interviene sempre sull'art. 67, terzo comma, della LF al fine di rafforzare le garanzie di indipendenza del professionista, che è designato dal debitore e deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano di risanamento dell’azienda.

Infatti: tra gli atti non soggetti all’azione revocatoria sono compresi gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano idoneo a consentire il risanamento e il riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa; di questo piano il professionista è chiamato ad attestare la veridicità e la fattibilità.

La disposizione prevede che:

§      la verifica del piano di cui alla lettera d) del terzo comma dell'articolo 67 della LF spetta a un professionista indipendente, iscritto nell’albo dei revisori legali e designato dal debitore;

§       il professionista deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano;

§       il professionista è indipendente quando non è legato all’impresa e a coloro che hanno interesse all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l’indipendenza di giudizio;

§       in ogni caso, il professionista deve essere in possesso dei requisiti previsti dall’art. 2399 del codice civile (cause di ineleggibilità e decadenza dalla carica di componente del collegio sindacale) e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo;

§       il piano può essere pubblicato nel registro delle imprese su richiesta del debitore.

 

La lettera a), n. 2), aggiunge alla lista degli atti non soggetti alla revocatoria fallimentare gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda relativa al concordato preventivo di cui all’art. 161 LF (v. ultra, il commento alla lettera b)).

 

Come noto, il concordato preventivo è un mezzo di soddisfacimento delle ragioni dei creditori che si svolge in luogo del fallimento. Consiste in un accordo tra l’imprenditore e la maggioranza dei creditori finalizzato a risolvere la crisi aziendale e a evitare il fallimento tramite una soddisfazione, anche parziale, delle ragioni creditorie.

 

La lettera a-bis), introdotta nel corso dell’esame parlamentare, aggiunge un comma all'articolo 69-bis della legge fallimentare, modificando la decorrenza dei termini per l’azione revocatoria nel caso in cui il fallimento segua alla domanda di concordato preventivo e prevedendo, in particolare, che tali termini decorrano dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.

 

La lettera a-ter) – anch’essa introdotta nel corso dell’esame parlamentare del ddl di conversione del decreto-legge - interviene invece sull'articolo 72, ottavo comma, LF, apportandovi una modifica di coordinamento con la modifica all'articolo 67 della LF di cui al già citato n. 01) della lettera a) del comma 1.

 

La lettera b) del comma 1 modifica l’art. 161 LF sulla domanda per l’ammissione al concordato preventivo, stabilendo che il debitore deve presentare un piano, anche successivamente alla presentazione della domanda, contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta.

 

Come si legge nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione (A.C. 5312), si vuole così consentire al debitore di beneficiare degli effetti protettivi del proprio patrimonio connessi al deposito della domanda di concordato, impedire che i tempi di preparazione della proposta e del piano aggravino la situazione di crisi sino a generare un vero e proprio stato di insolvenza e promuovere la prosecuzione dell' attività produttiva dell’imprenditore in concordato.

 

In base all’art. 161 LF, la domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è proposta con ricorso, sottoscritto dal debitore, al tribunale del luogo in cui l'impresa ha la propria sede principale.

Il debitore deve presentare con il ricorso:

a)    un’aggiornata relazione sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell'impresa;

b)    uno stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione;

c)    l'elenco dei titolari dei diritti reali o personali su beni di proprietà o in possesso del debitore;

d)    il valore dei beni e i creditori particolari degli eventuali soci illimitatamente responsabili.

Il piano e la documentazione devono essere accompagnati dalla relazione di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d), che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo.

La domanda di concordato è comunicata al pubblico Ministero.

 

Le modifiche introdotte all’art. 161 LF prevedono che:

§      il debitore debba presentare con la domanda di concordato preventivo (unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi) un piano contenente la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta;

§       il professionista chiamato a redigere la relazione di accompagnamento del piano deve essere designato dal debitore;

§       l’obbligo di presentazione della relazione sussiste anche nel caso di modifiche sostanziali della proposta o del piano;

§       la domanda di concordato deve essere pubblicata, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo al deposito in cancelleria;

§       l’imprenditore può riservarsi di presentare la proposta, il piano e la documentazione entro un termine fissato dal giudice (fra sessanta e centoventi giorni) prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre sessanta giorni;

§       nello stesso termine, in alternativa e con conservazione sino all'omologazione degli effetti prodotti dal ricorso, il debitore può depositare domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti. In mancanza, si applica l’articolo 162, commi secondo e terzo (dichiarazione di inammissibilità della proposta di concordato e dichiarazione di fallimento del debitore da parte del tribunale;

§       dopo il deposito del ricorso e fino al decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo, il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale, il quale può assumere sommarie informazioni. Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di ordinaria amministrazione. I crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111[116].

§       Inoltre, nel corso dell'esame parlamentare, nel procedimento relativo alla domanda di concordato preventivo sono stati introdotti alcuni oneri informativi in capo al debitore, alcuni casi di inammissibilità della domanda laddove analoga domanda non sia stata accolta negli ultimi due anni, nonché termini più brevi laddove sia pendente il procedimento per la dichiarazione di fallimento.

 

La lettera c) del comma 1 modifica l’art. 168 LF sugli effetti della presentazione del ricorso relativo alla domanda di ammissione al concordato preventivo e sugli effetti nei confronti dei creditori.

 

In base all’art. 168, dalla data della presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente.

 

Il decreto legge n. 83/2012 persegue con questa disposizione l’intento di risolvere l'attuale difetto di coordinamento tra l'articolo 168 e l'articolo 184 LF in ordine alla estensione soggettiva degli effetti del concordato.

 

Come si legge nella relazione illustrativa dell’A.C. 5312, “il contrasto è risolto prevedendo al quinto comma dell'art. 161 la pubblicazione obbligatoria e ex officio della domanda per concordato preventivo, ivi compresa quella anticipata, e individuando nel momento della suddetta pubblicazione il confine tra creditori concorsuali e non. Il secondo periodo aggiunto all'ultimo comma dell'art. 168 dispone, poi, l'inefficacia rispetto ai creditori concordatari delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni antecedenti al deposito della domanda di concordato, disinnescando la corsa dei creditori dell'imprenditore in crisi a costituirsi cause di prelazione, spesso causa del mancato raggiungimento di soluzioni negoziali di risanamento”.

 

E’ previsto adesso che i limiti per i creditori per titolo o causa anteriori sono efficaci a decorrere dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e che i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni cautelari, oltre che esecutive, sul patrimonio del debitore.

E’ inoltre specificato che le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.

 

La lettera g) del comma 1 modifica conseguentemente l’art. 184 LF, sugli effetti del concordato sui creditori, prevedendo che il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso per l’ammissione al concordato preventivo (e non più al decreto di apertura della procedura di concordato).

La lettera d) del comma 1 introduce l’articolo 169-bisLF, sui contratti in corso di esecuzione. Si tratta di una disciplina finora non prevista dalla legge, in base alla quale il debitore può sciogliersi dai contratti in corso qualora ciò faciliti la risoluzione della crisi.

Si prevede infatti che il debitore, nel ricorso con cui presenta la domanda di ammissione al concordato preventivo, possa chiedere che il Tribunale (oppure, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato) lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta. In tali casi il contraente ha diritto a un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento e tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato. Lo scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta.

Le nuove disposizioni non si applicano ai rapporti di lavoro subordinato, ai contratti preliminari di vendita trascritti, aventi ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l'abitazione principale dell'acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado e il contratto di locazione di immobili.

 

La lettera d-bis), introdotta nel corso dell’esame parlamentare, interviene sull'articolo 178 della LF, in tema di adesione alla proposta di concordato, e dopo aver rafforzato le garanzie informative per i creditori che non hanno esercitato il voto nella fase destinata alla raccolta delle adesioni dei creditori alla proposta di concordata preventivo, introduce un meccanismo di accertamento in via presuntiva del consenso degli stessi. In particolare viene sostituito il quarto comma dell'articolo 178 prevedendosi che i creditori che non hanno esercitato il voto possono far pervenire il proprio dissenso per telegramma o per lettera o per telefax o per posta elettronica nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale. In mancanza, si ritengono consenzienti e come tali sono considerati ai fini del computo della maggioranza dei crediti.

 

La successiva lettera d-ter) – anch’essa introdotta nel corso dell’esame parlamentare - aggiunge un comma all'articolo 179 LF, con il quale si stabilisce che, quando il commissario giudiziario rileva, dopo l'approvazione del concordato, che sono mutate le condizioni di fattibilità del piano, ne dà avviso ai creditori, i quali possono costituirsi nel giudizio di omologazione fino all'udienza di cui all'articolo 180 per modificare il voto.

 

Infine la lettera d-quater) interviene sull'articolo 180 della legge fallimentare inserendovi il riferimento all'ipotesi della mancata formazione delle classi dissenzienti di creditori.

 

La lettera e) del comma 1 modifica l’art. 182-bis LF in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti. In particolare viene stabilita una moratoria legale di 120 giorni per il pagamento dei creditori estranei; in questo modo si intende consentire al debitore in crisi di poter beneficiare del c.d. scaduto fisiologico.

 

Si ricorda che, a partire dal decreto-legge 35/2005 (convertito con modificazioni dalla legge 80/2005), è stata introdotta la possibilità del debitore, nell’ambito del concordato preventivo, di concludere con i creditori un accordo stragiudiziale di ristrutturazione dei debiti che gli permetta di fare fronte alla crisi dell’impresa tramite un piano concordato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti. L’accordo è poi omologato dal tribunale.

 

Più in dettaglio, viene specificato anche al primo comma dell’art. 182-bis che:

§      il professionista che redige la relazione relativa all’accordo è designato dal debitore;

§      la relazione riguarda la veridicità dei dati aziendali (oltre all’attuabilità dell’accordo stesso);

§      oggetto della verifica è l’idoneità dell’accordo ad assicurare l’integrale (e non il regolare) pagamento dei creditori estranei;

§      il pagamento integrale deve avere luogo entro centoventi giorni dall’omologazione in caso di crediti già scaduti a quella data ovvero entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.

 

Al terzo comma dell’art. 182-bis è previsto che, nel periodo di sessanta giorni dalla pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese, i creditori per titolo e causa anteriore – oltre a non potere iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore – non possono acquisire titoli di prelazione se non concordati.

E’ inoltre modificato il sesto comma dell’art. 182-bis, sulla possibilità di richiedere il divieto di azioni cautelari o esecutive anche prima della formalizzazione dell’accordo, in modo da ridurre gli oneri per il debitore.

 

Il sesto comma stabilisce che il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive può essere richiesto dall'imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell'accordo, depositando presso il tribunale competente la documentazione di cui all'articolo 161, primo e secondo comma (ricorso, relazione sulla situazione dell’impresa, stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo dei creditori, titolari dei diritti reali o personali su beni del debitore, valore dei beni). Insieme deve depositare anche una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell'imprenditore, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista circa l’idoneità della proposta ad assicurare il regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative.

 

La modifica circoscrive la documentazione che il debitore deve presentare. Si tratta del ricorso, della relazione sulla situazione d’impresa, dello stato analitico ed estimativo delle attività e dell’elenco nominativo dei creditori. Anche in questo caso la proposta del debitore deve essere idonea ad assicurare l’integrale (e non più il regolare) pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative.

Anche il settimo comma è modificato per coordinamento, in modo da prevedere che tra gli oggetti delle verifiche del tribunale, in ordine alla sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti, rientrino anche le condizioni per l’integrale (e non più il regolare) pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative.

La modifica dell’ottavo comma comporta in primo luogo la possibilità per il debitore di depositare un accordo diverso da quello annunciato nella proposta. Si fa infatti riferimento al deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti (e non dell’accordo di ristrutturazione).

In secondo luogo è prevista l’eventualità che, qualora sia invece presentata una domanda di concordato preventivo, si determini la conservazione degli effetti protettivi già prodottisi.

 

La lettera e-bis), introdotta nel corso dell’esame parlamentare del ddl di conversione, interviene sull'articolo 182-quater della LF, recante disposizioni in tema di prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti. Le modifiche proposte ampliano le tipologie dei finanziamenti erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti, ovvero in esecuzione di un concordato preventivo ovvero di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, ai quali si applica il beneficio della prededuzione.

 

La lettera f) del comma 1 introduce due nuovi articoli nel capo della legge fallimentare dedicato all'omologazione e all'esecuzione del concordato preventivo e agli accordi di ristrutturazione di debiti: l’art. 182-quinquies riguarda finanziamento e continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti; l’art. 182-sexies disciplina la riduzione o perdita del capitale della società in crisi.

Il nuovo art. 182-quinquies interessa la c.d. finanza interinale che, come evidenziato nella relazione illustrativa, costituisce una delle criticità del sistema vigente che maggiormente impedisce la tempestiva risoluzione delle crisi di impresa.

 

Si tratta della sostanziale inesistenza di un mercato della finanza interinale dovuta, soprattutto, alla circostanza che i finanziatori non possono sapere se il loro credito godrà o meno del beneficio della prededuzione fino a un momento molto avanzato del procedimento di ristrutturazione.

Pertanto, il debitore che presenta una domanda di ammissione al concordato preventivo o una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo prima della sua formalizzazione può chiedere al tribunale di essere autorizzato a contrarre finanziamenti, prededucibili, se un professionista - designato dal debitore e in possesso dei prescritti requisiti di indipendenza – dopo avere verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesta che tali finanziamenti sono funzionali alla migliore soddisfazione dei creditori.

L'autorizzazione può riguardare anche finanziamenti individuati soltanto per tipologia ed entità, e non ancora oggetto di trattative.

Il tribunale può autorizzare il debitore a concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.

Il debitore che presenta domanda di ammissione al concordato preventivo con continuità aziendale può chiedere al tribunale di essere autorizzato a pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, se un professionista indipendente attesta che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.

 

L'attestazione del professionista non è necessaria per pagamenti effettuati fino a concorrenza dell'ammontare di nuove risorse finanziarie che vengano apportate al debitore senza obbligo di restituzione o con obbligo di restituzione postergato alla soddisfazione dei creditori.

 

Analoga disposizione sui pagamenti di crediti anteriori riguarda il debitore che presenta una domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o una proposta di accordo prima della sua formalizzazione può chiedere al Tribunale di essere autorizzato, in presenza degli stessi presupposti, a pagare crediti anche anteriori per prestazioni di beni e servizi. I pagamenti effettuati non sono soggetti all’azione revocatoria.

 

Il nuovo art. 182-sexies LF riguarda la perdita del capitale della società in crisi, volto a incentivare la risoluzione delle situazioni di crisi di impresa. A tal fine è prevista l’inapplicabilità degli obblighi di capitalizzazione della società in perdita e della causa di scioglimento per riduzione o perdita del capitale sociale, in costanza dei procedimenti di concordato preventivo e per l'omologazione degli accordi di ristrutturazione.

 

Come rileva la relazione illustrativa all’A.C. 5312, la norma recepisce un orientamento interpretativo diffuso in tema di concordato preventivo (per la verità formatosi soprattutto con riguardo al concordato liquidatorio piuttosto che rispetto a quello con continuità aziendale) ma lo estende anche al procedimento di ristrutturazione di cui all'articolo 182-bis, commi primo e sesto. Naturalmente, al momento dell'omologazione gli obblighi di capitalizzazione saranno evasi proprio per effetto del piano o dell'accordo di ristrutturazione.

 

Pertanto, il nuovo art. 182-sexies prevede che:

§      dalla data del deposito della domanda per l'ammissione al concordato preventivo, della domanda per l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione del debito ovvero della proposta di accordo e sino all'omologazione non si applicano gli articoli del codice civile che riguardano gli obblighi di riduzione del capitale in caso di perdita nelle società per azioni e nelle società a responsabilità limitata;

§      per lo stesso periodo non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale;

§      resta ferma, per il periodo anteriore al deposito delle domande e della proposta, l'applicazione dell'articolo 2486 del codice civile sui poteri e responsabilità degli amministratori al verificarsi di una causa di scioglimento.

 

La lettera h) del comma 1 introduce un nuovo art. 186-bis nella legge fallimentare, relativo al concordato con continuità aziendale, con l’intento di favorire i piani di concordato preventivo finalizzati alla prosecuzione dell'attività d'impresa. La disposizione, anche a seguito di modifiche apportate nel corso dell’esame parlamentare, prevede che:

§       quando il piano di concordato prevede la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore, la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società si applicano le disposizioni del nuovo articolo;

§       il piano può prevedere anche la liquidazione di beni non funzionali all'esercizio dell'impresa;

§       il piano con i tempi e le modalità di adempimento della proposta deve indicare anche i costi e i ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura;

§       la relazione del professionista deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori;

§       il piano può prevedere una moratoria fino a un anno dall'omologazione per il pagamento dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca; in ordine aquesta previsione, il Parlamento ha precisato che l'applicazione della medesima deve avvenire facendo salvo il disposto del secondo comma[117] dell'articolo 160 della LF e inoltre che, nel caso in cui sia prevista la liquidazione dei beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, i creditori muniti della relativa causa di prelazione non hanno diritto al voto;

§       i contratti in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso, anche stipulati con pubbliche amministrazioni, non si risolvono per effetto dell'apertura della procedura e sono inefficaci eventuali patti contrari;

§       l'ammissione al concordato preventivo non impedisce la continuazione di contratti pubblici se il professionista indipendente ha attestato la conformità al piano e la ragionevole capacità di adempimento. Di tale continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d'azienda o di rami d'azienda cui i contratti siano trasferiti. Il giudice delegato, all'atto della cessione o del conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni;

§       l'ammissione al concordato preventivo non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici, quando l'impresa soddisfa alcuni requisiti, tra cui la dichiarazione di altro operatore in possesso dei requisiti per l'affidamento dell'appalto, il quale si è impegnato nei confronti del concorrente e della stazione appaltante a mettere a disposizione, per la durata del contratto, le risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e a subentrare all'impresa ausiliata nel caso in cui questa fallisca nel corso della gara ovvero dopo la stipulazione del contratto, ovvero non sia per qualsiasi ragione più in grado di dare regolare esecuzione all'appalto. Si applicano le disposizioni in materia di avvalimento contenute nel codice dei contratti pubblici;

§       l'impresa in concordato può concorrere all’aggiudicazione di contratti pubblici, a certe condizioni, anche riunita in raggruppamento temporaneo di imprese;

§       se nel corso di una procedura di concordato con continuità aziendale l'esercizio dell'attività d'impresa cessa o risulta manifestamente dannosa per i creditori, il tribunale revoca l'ammissione al concordato e dichiara il fallimento. Resta salva la facoltà del debitore di modificare la proposta di concordato.

 

La lettera i) del comma 1 modifica la rubrica del capo II del Titolo VI della legge fallimentare: “Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa” in luogo di “Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, di amministrazione controllata e di liquidazione coatta amministrativa”.

 

La lettera l) del comma 1 introduce il nuovo art. 236-bis nella legge fallimentare, relativo al falso in attestazioni e relazioni.

E’ punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro il professionista che espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti nelle relazioni o attestazioni sopra richiamate.

 

Si tratta delle attestazioni relative alla sulla veridicità e fattibilità del piano aziendale; alla fattibilità del piano o dell’accordo di ristrutturazione dei debiti; al ricorso alla finanza interinale e al pagamento dei crediti nel concordato preventivo o nell’accordo di ristrutturazione dei debiti in continuità aziendale; allaconformità al piano dell’accesso a contratti pubblici.

 

Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata. Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.

 

Nella relazione illustrativa dell’A.C. 5312 viene sottolineato che tale “soluzione si impone per evitare asimmetrie irragionevoli, in un'ottica costituzionale, rispetto alla rilevanza penale della condotta dell'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile che «rende false attestazioni in ordine alla veridicità dei dati contenuti nella proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore», a norma dell'articolo 19, comma 2, della legge n. 3 del 2012”.

Si ricorda che, in base al citato art. 19, comma 2, della legge n. 3 del 2012, il componente dell'organismo di composizione della crisi che rende false attestazioni in ordine all'esito della votazione dei creditori sulla proposta di accordo formulata dal debitore ovvero in ordine alla veridicità dei dati contenuti in tale proposta o nei documenti ad essa allegati ovvero in ordine alla fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti proposto dal debitore è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 1.000 a 50.000 euro.

 

La lettera l-bis), introdotta nel corso dell’esame parlamentare del provvedimento, interviene sull'articolo 217-bis della LF. Il citato articolo 217-bis prevede la non applicabilità delle disposizioni penali in tema di bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo di cui all’articolo 160 della LF o di un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’articolo 182-bis ovvero del piano di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) della medesima legge. La modifica apportata dalla conversione del decreto-legge è volta ad estendere la predetta non applicabilità anche ai pagamenti e alle operazioni di finanziamento autorizzati dal giudice a norma dell'articolo 182-quinquies in tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti.

 

Il comma 2 dell’art. 33 modifica per coordinamento l’art. 38 del codice degli appalti pubblici (decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163), relativo alla esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, e dall’affidamento di subappalti di coloro che si trovano in stato di fallimento, di liquidazione coatta, di concordato preventivo, o nei cui riguardi sia in corso un procedimento per la dichiarazione di una di tali situazioni. Viene infatti fatta salva la disciplina del nuovo art. 186-bis della legge fallimentare sul concordato con continuità aziendale. Come si è visto, l’ammissione a tale forma di concordato non impedisce la partecipazione a procedure di assegnazione di contratti pubblici.

 

Il comma 3 reca una disposizione transitoria.

Stabilisce infatti che tutte le disposizioni sopra descritte si applicano ai procedimento di concordato preventivo e per l’omologazione di accordi di ristrutturazione dei debiti introdotti dal 30° giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione nonché ai piani di risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa ex nuovo art. 67, terzo comma, lettera d), LF.

 

Con la modifica di cui al comma 4 si interviene sulla disciplina del regime fiscale delle sopravvenienze attive contenuta nell’articolo 88, comma 4, del testo unico delle imposte sui redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), novellato dalla norma in esame.

 

Si ricorda che per sopravvenienze si intendono, nella vita dell’impresa, quegli eventi di carattere economico riferiti ad elementi di reddito imputati ad esercizi precedenti; sono dunque elementi che rettificano il reddito di precedenti esercizi. A seconda del fatto che le genera, si qualificano come sopravvenienze attive o passive. In genere, le sopravvenienze sono tassate secondo il criterio di competenza.

 

Per effetto delle disposizione in commento viene integrato l’elenco delle esclusioni dalla disciplina delle sopravvenienze attive; più in dettaglio, non è considerata sopravvenienza attiva la riduzione del debito a seguito dell'accordo di ristrutturazione omologato, ovvero di un piano di risanamento attestato e pubblicato nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 67, lettera d) della legge fallimentare, per la parte che eccede le perdite, pregresse e di periodo, riportabili nei successivi periodi d’imposta (ai sensi delle disposizioni dell’articolo 84 del TUIR).

 

Una prassi costante dell’Agenzia delle Entrate riteneva l’accordo di ristrutturazione dei debiti (di cui all’articolo 182-bis della legge fallimentare) non assimilabile al concordato preventivo, motivando tale differenza di trattamento sulla base della diversa ratio degli istituti in questione e, in particolare, della diversa rilevanza dell’autonomia privata nelle due procedure. Ne conseguiva che – sotto il profilo fiscale – all’accordo di ristrutturazione dei debiti non trovavano applicazione i seguenti trattamenti fiscali riservati al concordato preventivo: 1) per i creditori, le perdite su crediti non erano soggette all’articolo 101, comma 5, ultimo periodo del TUIR; 2) per il debitore, la sopravvenienza attiva risultava tassabile, in quanto non trovava applicazione l’articolo 88, comma 4, del TUIR; essa dunque concorreva alla formazione del reddito imponibile dell’interessato[118].

 

Il comma 5 modifica l’articolo 101, comma 5, del TUIR in materia di deducibilità delle perdite sui crediti.

Per effetto delle modifiche in commento, viene prevista la irrilevanza da tassazione per la riduzione dei debiti anche nel caso in cui intervenga una ristrutturazione ex articolo 182-bis della legge fallimentare; le perdite su crediti saranno dunque deducibili anche in tali casi, non solo nell’ipotesi di procedure concorsuali.

 

Si ricorda che la legge, poiché l’insolvenza del debitore può dar luogo a perdite sui crediti, consente al creditore di rinunciare al credito o cederlo a terzi. Le perdite sui crediti a fini fiscali (ai sensi dell’articolo 101, comma 5, del TUIR) sono deducibili dall’imponibile solo se risultano da elementi certi e precisi e, in ogni caso, ove derivino da procedure concorsuali. In relazione a queste ultime, la legge riconosce immediatamente la sussistenza dei requisiti di “certezza” e “precisione” della perdita, che risulta detraibile senza bisogno di attendere la conclusione delle procedure stesse.

Nella sua precedente formulazione, l’articolo 101, comma 5, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data:

§       della sentenza dichiarativa del fallimento;

§       del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;

§       del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;

§       del decreto che dispone la procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

 

Erano esclusi dal novero delle “procedure concorsuali” (e dunque soggetti alla regola della certezza e precisione degli elementi da cui risultino le perdite, cfr. circolare n. 42/E del 2010 dell’Agenzia delle Entrate) che davano diritto all’immediata deducibilità le perdite su crediti generatesi per effetto di quanto previsto nell'accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis della legge fallimentare omologato dal tribunale. L’Agenzia, nella citata circolare n. 42/E, affermava tuttavia che la rilevanza fiscale del differenziale (derivante dalla conversione o estinzione del credito) poteva essere riconosciuta ai sensi dell’articolo 101, comma 5, primo periodo, del TUIR, atteso che gli elementi certi e precisi richiesti dalla norma erano integrati a partire dalla data in cui il decreto di omologa dell'accordo fosse divenuto definitivo.

 

Per effetto delle modifiche in commento, è consentito al creditore di dedurre immediatamente le perdite sui crediti derivanti da un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi del citato articolo 182-bis della legge fallimentare; l’accordo si considera concluso dalla data del decreto del Tribunale di omologazione.

In sostanza, se la prassi ammetteva la deducibilità delle predette perdite al momento in cui il decreto di omologazione diventava definitivo - in quanto tale definitività integrava il requisito di certezza e precisione richiesti dall’articolo 101, comma 5 - per effetto delle norme in commento:

§      la deducibilità è immediata, opera ossia dalla data del decreto di omologazione e non dal momento in cui esso diventa inoppugnabile;

§      essa opera ex lege, analogamente alle altre procedure concorsuali enumerate al richiamato comma 5.

 

Nel corso dell'esame parlamentare sono state previste ulteriori ipotesi di deducibilità ex lege delle perdite sui crediti.

In particolare, si è stabilito che gli elementi certi e precisi sussistono in ogni caso quando il credito sia di modesta entità e sia decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza di pagamento del credito stesso. Il credito si considera di modesta entità quando ammonta ad un importo non superiore a 5.000 euro per le imprese di più rilevante dimensione di cui all'articolo 27, comma 10, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e non superiore a 2.500 euro per le altre imprese. Gli elementi certi e precisi sussistono inoltre quando il diritto alla riscossione del credito è prescritto. Per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli elementi certi e precisi sussistono inoltre in caso di cancellazione dei crediti dal bilancio operata in dipendenza di eventi estintivi.

 


 

Articolo 34
(
Disposizioni per la gestione e la contabilizzazione dei biocarburanti)

 


1. All'articolo 33, comma 4, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono aggiunte all'inizio le parole «Al fine di permettere ai produttori di biocarburanti comunitari di attuare le modificazioni tecnologiche necessarie alla produzione dei biocarburanti di seconda generazione, fino al 31 dicembre 2014,» e all'ultimo periodo le parole «pari a 9 Giga-calorie» sono sostituite dalle parole «pari a 8 Giga-calorie».

2. All'articolo 33, comma 5, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 dopo le parole «rifiuti e sottoprodotti» è aggiunto «, entrambi prodotti e trasformati in biocarburanti nel territorio Comunitario, che non presentino altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici,». Alla fine dello stesso comma sono aggiunte le parole «Al biocarburante prodotto da materie cellulosiche o lignocellulosiche, indipendentemente dalla classificazione di queste ultime come materie di origine non alimentare, rifiuti, sottoprodotti o residui, si applica sempre la maggiorazione di cui al periodo precedente.».

3. All'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, dopo il comma 5 sono aggiunti i seguenti commi:

«5-bis. Per il periodo dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo fino al 31 ottobre 2012, è comunque ammissibile il contributo dei biocarburanti prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, come definiti, individuati e tracciati ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, per le finalità di cui al comma 5.

5-ter. A decorrere dal 1° novembre 2012, limitatamente alla categoria dei sottoprodotti, hanno accesso alle maggiorazioni di cui al comma 5 esclusivamente i residui di seguito elencati, che possono essere qualificati come sottoprodotti qualora soddisfino i requisiti stabiliti dall'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152:

acque glicerinose;

acidi grassi provenienti dalla raffinazione, fisica o chimica, degli oli, condotta all'interno degli stabilimenti di produzione del biodiesel (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di biodiesel);

acidi grassi saponificati provenienti dalla neutralizzazione della parte acida residua dell'olio durante il processo di produzione del biodiesel (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di biodiesel);

residui dalla reazione di distillazione degli acidi grassi grezzi (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di acidi grassi distillati) e delle acque glicerinose (nella misura massima del 5% in peso della relativa produzione di Glicerina distillata) condotta nelle aziende oleochimiche;

oli lubrificanti vegetali esausti derivati da acidi grassi;

feccia da vino e vinaccia;

grassi animali di categoria 1, nel rispetto del Regolamento (CE) n. 1069/2009 e del Regolamento (CE) n. 142/2011 e della Comunicazione della Commissione sull'attuazione pratica del regime UE di sostenibilità per i biocarburanti e sulle norme di calcolo per i biocarburanti (2010/C 160/02).

5-quater. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, entro il 30 gennaio di ogni anno, possono essere modificati, nel rispetto dei criteri di cui al comma 5, l'elenco di cui al comma 5-ter dei sottoprodotti che hanno accesso alle maggiorazioni previste dal comma 5 e le modalità di tracciabilità degli stessi, con efficacia a decorrere dal 1° gennaio dell'anno successivo e stabilite variazioni della misura massima percentuale prevista dal comma 5-quinquies.

5-quinquies. Ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, a decorrere dall'anno 2013 i soggetti obbligati possono adempiere al proprio obbligo annuale complessivo di immissione in consumo di biocarburanti nella misura massima del 20% con certificati di immissione in consumo di biocarburanti che sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, ai sensi del comma 5 del presente articolo.

5-sexies. A decorrere dal 1° gennaio 2013, le competenze operative e gestionali assegnate al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ai sensi del provvedimento di attuazione dell'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, così come modificato dall'articolo 1, comma 368, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono attribuite al Ministero dello sviluppo economico che le esercita anche avvalendosi del Gestore dei servizi energetici S.p.A. Gli oneri gestionali sono posti a carico dei soggetti obbligati e con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, ne è determinata l'entità in funzione delle Giga-calorie di biocarburante da immettere in consumo e le relative modalità di versamento al Gestore dei servizi energetici S.p.A. Per l'esercizio di tali competenze è costituito presso il Ministero dello sviluppo economico un comitato tecnico consultivo composto da rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero dell'economia e delle finanze, e del Gestore dei servizi energetici S.p.A., con oneri a carico dello stesso Gestore. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

5-septies. In riferimento alle attività previste dall'articolo 7-bis del decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, come introdotto dall'articolo 1, comma 6 del decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 55, il Gestore dei servizi energetici S.p.A. e l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale assicurano il necessario raccordo dei flussi informativi al fine della semplificazione degli adempimenti a carico degli operatori economici. Il comma 2 dell'articolo 3 del decreto legislativo 31 marzo 2011, n. 55 è abrogato.».

4. A decorrere dal trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 dell'articolo 33 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, l'importazione di biocarburanti prodotti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea è soggetta ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita l'Agenzia delle Dogane.

5. I soggetti che intendono importare in Italia biocarburanti da immettere sul mercato interno ai fini del comma 4 devono presentare istanza al Ministero dello sviluppo economico - Direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare o inviarla, mediante sistemi di identificazione e autenticazione elettronica, corredata dalla seguente documentazione:

a) copia della licenza di attività dell'impianto, nella quale risulti la capacità riconosciuta all'impianto, la ragione sociale, ubicazione dell'impresa titolare dell'impianto, il numero di identificazione fiscale, il codice di attività o il documento equivalente del paese nel quale si trova l'impianto;

b) relazione rilasciata da un soggetto indipendente che certifichi la capacità di produzione dell'impianto che risulta operativo al momento della presentazione dell'istanza e le specifiche tecniche del prodotto importato, con indicazione dei controlli di qualità effettuati e relativi risultati;

c) dichiarazione giurata del titolare dell'impianto che afferma quanto segue:

 di essere in regola con gli obblighi di pagamento relativi alla previdenza sociale e con gli obblighi fiscali del paese corrispondente;

 di operare in conformità con la normativa ambientale del paese nel quale si trova l'impianto o l'unità produttiva oggetto della domanda;

 che il biocarburante è interamente prodotto nell'impianto;

d) procura valida ed autentica conferita al firmatario della domanda.

6. Le domande di cui al comma 5 devono essere redatte in lingua italiana o inglese. I documenti redatti in altre lingue devono essere corredati dalla relativa traduzione giurata in lingua italiana. Il Ministero dello sviluppo economico ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare pubblicano nel proprio sito Internet il «Registro delle autorizzazioni all'importazione di biocarburanti prodotti in paesi non appartenenti all'Unione Europea». All'attuazione dei commi 4 e 5 si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

7. Le specifiche convenzionali di carburanti e biocarburanti riportate nell'allegato 1) del decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali del 29 aprile 2008, n. 110, «Regolamento recante criteri, condizioni e modalità per l'attuazione dell'obbligo di immissione in consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti», emanato ai sensi dell'articolo 2-quater, punto 3, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come sostituito dall'articolo 1, comma 368, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono aggiornate e integrate con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro dell'economia e delle finanze.

7-bis. Al fine di garantire una maggiore efficienza delle infrastrutture energetiche nazionali e di contenere gli oneri indiretti dovuti alla crescita delle fonti rinnovabili non programmabili, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, definisce le modalità per la selezione, previa analisi dei fabbisogni del sistema elettrico effettuata su base territoriale dal gestore della rete, e per la remunerazione dei servizi di flessibilità assicurati dagli impianti di produzione abilitati, in base alle diverse offerte formulate dagli impianti stessi, senza maggiori oneri per prezzi e tariffe dell'energia elettrica.


 

 

L’articolo 34 contiene misure per razionalizzare la filiera di produzione dei biocarburanti da utilizzare nel settore dei trasporti e per favorire il sistema produttivo nazionale e comunitario, rispetto ai prodotti finiti importati da Paesi extra-Comunitari (per i quali si rende obbligatorio ottenere un’autorizzazione ministeriale).

A tal fine si riconosce un maggiore valore, ai fini del calcolo dell'obbligo comunitario, ai biocarburanti di produzione nazionale e comunitaria e si limita il riconoscimento del valore doppio, ai fini del calcolo dell’obbligo, solo ai biocarburanti "di seconda generazione" (da materie cellulosiche e da alghe), prodotti da rifiuti e sottoprodotti che non abbiano già altri usi industriali e provenienti dalla produzione nazionale e comunitaria.

Viene infine trasferita dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali al MISE la gestione del sistema di monitoraggio sui biocarburanti.

I commi 1-3 modificano ed integrano l’articolo 33 del D.lgs. 28/2011[119], che ha recepito la nuova direttiva europea sulle fonti rinnovabili.

La finalità evidenziata dalla relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) è quella di razionalizzazione la filiera dì produzione dei biocarburanti da utilizzare nel settore dei trasporti, per favorire il sistema produttivo e di trasformazione nazionale e comunitario, prodotto nel rispetto di precisi standard ambientali e sociali, rispetto ai prodotti finiti importati da Paesi extra-Comunitari, limitando gli effetti negativi su altri comparti industriali che utilizzano le stesse materie prime. Si rammenta che, in una comunicazione (COM(2012)271) presentata il 6 giugno 2012, la Commissione prospetta le priorità d’azione nel settore delle fonti energetiche rinnovabili per il 2020 e pone in rilievo la necessità di procedere, entro il 2014, a una valutazione dell’efficacia degli attuali criteri di sostenibilità individuati dalla direttiva sulle energie rinnovabili (direttiva 2009/28/CE). Inoltre, la Commissione si accinge a presentare relazioni e proposte per rafforzare ulteriormente il quadro UE in materia di sostenibilità. Essa esaminerà anche quale possa essere l’uso più appropriato della bioenergia dopo il 2020 in modo che sia coerente con le aspettative dell’Unione europea in materia di energia e di clima da oggi al 2030, tenendo nel contempo pienamente conto delle considerazioni ambientali, sociali ed economiche.

In particolare, al comma 1, si prevede una modifica del comma 4 del predetto articolo 33, al fine di permettere ai produttori di biocarburanti nazionali e comunitari di attuare le modificazioni tecnologiche necessarie alla produzione dei biocarburanti di seconda generazione (da materie cellulosiche e lignocellulosiche ed alghe), per un periodo di tempo limitato al 31 dicembre 2014, in correlazione alla prevista revisione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, prevedendo che il diritto ad un certificato di immissione in consumo matura quando è immessa una quantità di biocarburanti pari a 8 Giga-calorie e non più 9 Giga calorie.

La provenienza della materia prima dalla filiera nazionale e europea, insieme alla previsione di trasformazione e produzione dei biocarburanti in impianti di produzione dislocati sull'intero territorio europeo, dovrebbe consentire –secondo quanto riferito nella relazione illustrativa- una maggiore riduzione delle emissioni di CO2 per unità di biocarburante e riportare alla giusta concorrenza un mercato fortemente distorto da una concorrenza sleale di importazione da Paesi extra UE.

Il comma 2, modifica il comma 5 dell’articolo 33, che disciplina il riconoscimento di una premialità doppia, (c.d. double counting), di cui usufruiscono determinate categorie di materie prime, rifiuti e sottoprodotti utilizzate per la produzione di biocarburanti.

A tal fine, si chiarisce meglio la definizione di "rifiuti e sottoprodotti" ai fini del double counting, precisando che:

§       possono essere utilizzati solo quei "rifiuti e sottoprodotti" che non presentino altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici;

§       la cui provenienza debba essere esclusivamente, per entrambe le tipologie, nazionale e comunitaria, al fine di impedire una massiccia importazione di rifiuti e sottoprodotti extra UE, senza le garanzie di definizione, individuazione e tracciabilità assicurate dal Codice ambientale (D.lgs. n. 152/2006).

Per favorire, poi, la filiera produttiva nazionale che – sempre secondo la relazione illustrativa - appare all'avanguardia mondiale, per i biocarburanti derivanti da materiali lignocellulosico, si chiarisce che non vi sono limiti di impiego ai fini del double counting anche se vengono prodotti a partire da rifiuti o sottoprodotti lignocellulosici.

Più nel dettaglio, le modifiche operate sono evidenziate dal seguente testo a fronte.

D.lgs. 28/2011, articolo 33, commi 4 e 5

D.lgs. 28/2011, articolo 33, commi 4 e 5, come modificati dall’articolo 34, commi 1 e 2 in esame

 

 

4. Allo scopo di valorizzare il contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti dei biocarburanti prodotti in luoghi vicini a quelli di consumo finale, ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2012 il contributo energetico dei biocarburanti diversi da quelli di cui al comma successivo è maggiorato rispetto al contenuto energetico effettivo qualora siano prodotti in stabilimenti ubicati in Stati dell'Unione europea e utilizzino materia prima proveniente da coltivazioni effettuate nel territorio dei medesimi Stati. Identica maggiorazione è attribuita ai biocarburanti immessi in consumo al di fuori della rete di distribuzione dei carburanti, purché la percentuale di biocarburante impiegato sia pari al 25%, fermi restando i requisiti di sostenibilità. Per tali finalità, fatto salvo il comma 5, il diritto a un certificato di immissione in consumo ai fini del rispetto del richiamato obbligo matura allorché è immessa in consumo una quantità di biocarburanti pari a 9 Giga-calorie.

4. Al fine di permettere ai produttori di biocarburanti comunitari di attuare le modificazioni tecnologiche necessarie alla produzione dei biocarburanti di seconda generazione, fino al 31 dicembre 2014, allo scopo di valorizzare il contributo alla riduzione delle emissioni climalteranti dei biocarburanti prodotti in luoghi vicini a quelli di consumo finale, ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, a decorrere dal 1° gennaio 2012 il contributo energetico dei biocarburanti diversi da quelli di cui al comma successivo è maggiorato rispetto al contenuto energetico effettivo qualora siano prodotti in stabilimenti ubicati in Stati dell'Unione europea e utilizzino materia prima proveniente da coltivazioni effettuate nel territorio dei medesimi Stati. Identica maggiorazione è attribuita ai biocarburanti immessi in consumo al di fuori della rete di distribuzione dei carburanti, purché la percentuale di biocarburante impiegato sia pari al 25%, fermi restando i requisiti di sostenibilità. Per tali finalità, fatto salvo il comma 5, il diritto a un certificato di immissione in consumo ai fini del rispetto del richiamato obbligo matura allorché è immessa in consumo una quantità di biocarburanti pari a 8 Giga-calorie.

5. Ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, il contributo dei biocarburanti, incluso il biometano, per i quali il soggetto che li immette in consumo dimostri, mediante le modalità di cui all'articolo 39, che essi sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, come definiti, individuati e tracciati ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, materie di origine non alimentare, ivi incluse le materie cellulosiche e le materie ligno-cellulosiche, alghe, è equivalente all'immissione in consumo di una quantità pari a due volte l'immissione in consumo di altri biocarburanti, diversi da quelli di cui al comma 4.

5. Ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'articolo 2-quater del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, come modificato dal comma 1 del presente articolo, il contributo dei biocarburanti, incluso il biometano, per i quali il soggetto che li immette in consumo dimostri, mediante le modalità di cui all'articolo 39, che essi sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, entrambi prodotti e trasformati in biocarburanti nel territorio Comunitario, che non presentino altra utilità produttiva o commerciale al di fuori del loro impiego per la produzione di carburanti o a fini energetici, come definiti, individuati e tracciati ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, materie di origine non alimentare, ivi incluse le materie cellulosiche e le materie ligno-cellulosiche, alghe, è equivalente all'immissione in consumo di una quantità pari a due volte l'immissione in consumo di altri biocarburanti, diversi da quelli di cui al comma 4. Al biocarburante prodotto da materie cellulosiche o lignocellulosiche, indipendentemente dalla classificazione di queste ultime come materie di origine non alimentare, rifiuti, sottoprodotti o residui, si applica sempre la maggiorazione di cui al periodo precedente.

 

Il comma 3 aggiunge alcuni commi dopo il comma 5 del predetto articolo 33. In particolare si introducono:

§      il comma 5-bis, che dispone la vigenza fino al 31 ottobre 2012 delle disposizioni precedenti per i contratti già sottoscritti;

§      il comma 5-ter, che elenca i soli sottoprodotti utilizzabili, a partire dal 1 novembre 2012, ai fini del double counting. Secondo la relazione illustrativa, in questo modo si risolve la problematica interpretativa sulla ammissibilità o meno di alcune tipologie di sottoprodotti;

§      il comma 5-quater, secondo il quale l’elenco di cui al comma precedente può essere modificato delineandone la tempistica attuativa con un decreto interministeriale (MISE, MIPAAF e MATTM);

§      il comma 5-quinquìes, secondo il quale, per permettere uno sviluppo equilibrato delle diverse fonti rinnovabili per il raggiungimento del target imposto dall’UE del 17%, il tetto alla possibilità per gli operatori petroliferi di coprire l'obbligo di miscelazione dei biocarburanti attraverso l'impiego di rifiuti e sottoprodotti è fissato nella percentuale del 20% (con certificati di immissione in consumo di biocarburanti che sono stati prodotti a partire da rifiuti e sottoprodotti, ai sensi del comma 5 dell'articolo novellato).

L'attuale riconoscimento di una premialità doppia di cui essi usufruiscono, secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), risulta troppo favorevole e spiazza tutte le altre modalità di copertura. Ciò renderebbe non equilibrato il contributo delle diverse fonti rinnovabili al raggiungimento del target nazionale del 17% al 2020. Tale "valore doppio", infatti, ai sensi della direttiva 2009/28/CE, mentre vale per raggiungere il target settoriale dei trasporti (10% al 2020), non vale ai fini del target complessivo sopra richiamato. Ciò costringerebbe il nostro Paese a coprire la parte mancante con le altre fonti rinnovabili (eolico, fotovoltaico, etc.), con aggravi di costi per i cittadini. Inoltre, un sistema troppo vantaggioso senza alcun limite di utilizzo, potrebbe facilmente innescare meccanismi fraudolenti di difficile controllo e potrebbe rappresentare un ostacolo allo sviluppo dei biocarburanti di seconda generazione (da materie cellulosiche e ligno-cellulosiche ed alghe) su cui il nostro Paese sta investendo con buone prospettive;

§      il comma 5-sexies, che attribuisce, a partire dal 1 gennaio 2013, al Ministero dello sviluppo economico le competenze operative e gestionali in materia di biocarburanti; fino al 31 dicembre 2012, le stesse continueranno ad essere svolte dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. A tal fine il Ministero dello sviluppo economico si avvale del Gestore dei servizi energetici S.p.A. e di un comitato tecnico consultivo interministeriale.

Nulla viene innovato per quanto riguarda le sanzioni amministrative in caso di inadempienza, che sono versate al bilancio dello Stato; gli oneri gestionali - per le attività che prima erano svolte dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, e quindi a carico del bilancio dello Stato -ora invece vengono posti a carico dei soggetti che ai sensi di legge sono obbligati ad immettere in consumo una quota percentuale di biocarburanti (compagnie petrolifere), con entità e modalità di versamento al Gestore dei servizi energetici – GSE, da definire con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto col Ministro dell'economia e delle finanze (come precisato dalla Camera dei deputati, che ha sottratto l'attribuzione relativa alle competenze proprie della dirigenza ministeriale). Gli oneri gestionali a carico del GSE sono comunque limitati, essendo relativi all'aggiornamento del software di gestione delle certificazioni e ad alcune unità di personale per la gestione delle certificazioni, e al funzionamento del Comitato interministeriale e non sono evidentemente tali da incidere sui bilanci delle società petrolifere, che già ora riversano in ogni caso sul prezzo finale dei carburanti gli oneri derivanti dagli obblighi comunitari di loro miscelazione con i più costosi biocarburanti, con un’incidenza di pochi millesimi di euro al litro. La relazione precisa infine che il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali si trova in accordo con la formulazione dell'intero articolo.

§      il comma 5-septies, che razionalizza la gestione dei controlli eliminando la previsione di oneri aggiuntivi a carico degli operatori economici che già sono controllati attraverso quanto previsto dal D.M. 23 gennaio 2012[120]. Si prevede anche il coordinamento tra il Gestore dei servizi energetici S.p.A. con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, per evitare duplicazioni di adempimenti a carico degli operatori.

 

I commi da 4 a 6 introducono l’obbligo di ottenere un’autorizzazione per l’importazione di biocarburanti prodotti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea. Tale obbligo entra in vigore un mese dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge. L’autorizzazione è rilasciata dal Ministero dello sviluppo economico, d'intesa con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e sentita l'Agenzia delle Dogane. Il comma 5 dettaglia le modalità di presentazione dell’istanza al Ministero da parte dei soggetti interessati all’importazione extracomunitaria di biocarburanti. Ai sensi del comma 6, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare faranno fronte alle relative competenze (autorizzativa e di pubblicazione sul rispettivo sito internet dell'elenco delle autorizzazioni) mediante le ordinarie risorse di personale, il che è stato ulteriormente precisato nel corso dell’esame parlamentarefacendo riferimento alle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), l’introduzione di tale obbligo è motivata dall'attuale crescita delle importazioni di biocarburanti da paesi extra comunitari, che spesso sono prodotti senza adottare i necessari standard ambientali e sociali, e quindi a costi minori, realizzando pertanto una distorsione di mercato con i prodotti realizzati in impianti di produzione europea, dove sono in vigore precise normative di carattere ambientale e per la tutela sociale.

Al fine di evitare tale distorsione di mercato, in sede di autorizzazione verrà verificato il rispetto di tali normative nel paese di produzione.

La misura prevista non introduce alcun ostacolo alle importazioni di biocarburanti da paesi extra comunitari, ma un sistema di autorizzazione in grado di assicurare un controllo ed una tracciabilità delle importazioni che consenta di ripristinare condizioni di mercato concorrenziale in linea con i principi nazionali, comunitari ed internazionali di libero mercato.

La procedura autorizzativa sarà svolta dal Dipartimento energia del MISE, che già dispone di un ufficio che cura il settore dei biocarburanti, e dal MATTM nell'ambito delle ordinarie risorse di personale e finanziarie, come indicato dalla clausola di invarianza finanziaria. Nel corso dell’esame parlamentare è stato precisato che l’istanza da presentare al Ministero dello sviluppo economico (MiSE) ed al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) - per ottenere l’autorizzazione all’importazione di biocarburanti prodotti in Paesi non appartenenti all'Unione Europea - può essere redatta anche in lingua inglese, oltre che in lingua italiana.

Il comma 7 prevede che, con decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il MIPAF, MATTM e con il MEF, possono essere aggiornate ed integrate, con uno o più decreti di natura non regolamentare, le specifiche convenzionali dei carburanti e biocarburanti utilizzabili per adempiere all'obbligo di immissione di biocarburanti.

Si ricorda che il D.M. 29 aprile 2008[121] detta criteri, condizioni e modalità per l'attuazione degli obblighi di cui all'articolo 2-quater, comma 3, della legge 11 marzo 2006, n. 81[122], così come modificato dalla legge finanziaria per il 2007, e contiene, all’Allegato1, le specifiche convenzionali di carburanti e biocarburanti.

 

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), la norma è finalizzata a porre rimedio ad un’incertezza operativa lamentata da molti operatori economici. Occorre infatti prevedere la base di calcolo in termini di potere calorifico inferiore (MJ/Kg) di biocarburanti non presenti nel decreto 110/2008 e che il mercato e l'innovazione tecnologica ha reso disponibile negli ultimi anni.

 

La normativa relativa ai biocarburanti è stata inizialmente disposta con il decreto legge n. 2/2006[123], art. 2-quater che, completamente riscritto dal comma 368 della legge n. 296/06 “Finanziaria 2007”, fra le altre misure prevede l’obbligo per i petrolieri di commercializzare una quota minima di biocarburanti (comma 1).

Pertanto, a decorrere dal 1o gennaio 2007, per i soggetti che immettono in consumo benzina o gasolio per autotrazione prodotti a partire da fonti primarie non rinnovabili, vige l’obbligo di immettere in consumo, nell'anno successivo, una quota minima di carburanti liquidi o gassosi per trasporti, purché ricavati esclusivamente da biomasse (comma 4 dell’art. 2-quater[124]).

Relativamente alla determinazione della quota minima, è stata fissata all’1% per il 2007, elevato al 2% a decorrere dal 2008 (comma 2 dell’art. 2-quater). Per il 2009 è intervenuta la legge 244/07 (finanziaria per il 2008) che, con l’art. 2, comma 139, ha elevato la quota minima al 3%, e con il successivo co. 140 ha stabilito che per gli anni successivi al 2009 un decreto ministeriale potesse incrementare la quota stabilita per il 1009. E’ così stato approvato il D.M. 25/1/2010[125] che ha stabilito che il 2010 la quota minima è del 3,5, per l'anno 2011 è del 4% e per il 2012 è del 4,5%. Infine, l’art. 33 (comma 2) del D.lgs. n. 28/2011 ha determinato la quota da conseguire entro l'anno 2014 (5%), demandando a successivi decreti interministeriali sia la definizione degli incrementi annuali necessari al raggiungimento dell’obiettivo, sia la rideterminazione dell’obiettivo stesso.

Per assolvere all’obbligo della “quota minima” è anche consentito l’acquisto, in tutto o in parte, dell'equivalente quota di immissione o dei relativi diritti da altri soggetti dei cosiddetti certificati verdi (comma 1 dell’art. 2-quater del D.L.2/06), ovvero titoli emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) attestanti la produzione di energia da fonti rinnovabili.

Le sanzioni pecuniarie per il mancato adempimento dell’obbligo di cui sopra (produzione di carburanti da biomasse o acquisto di certificati verdi) sono state definite con il Decreto 23 aprile 2008, n. 100 del Ministro dello sviluppo economicoe potranno successivamente essere aggiornate, mentre con decreto 29 aprile 2008, n. 110, del Ministro delle politiche agricole sono state approvate condizioni e modalità per l'attuazione dell'obbligo di immissione. Il D.M. 29 aprile 2008[126] detta criteri, condizioni e modalità per l'attuazione degli obblighi di cui all'articolo 2-quater, comma 3, della legge 11 marzo 2006, n. 81[127], così come modificato dalla legge finanziaria per il 2007, e contiene, all’Allegato1, le specifiche convenzionali di carburanti e biocarburanti.

 

Nel corso dell’esame parlamentare è stato poi aggiunto il comma 7-bis, secondo il quale entro 90 giorni l’AEEG definisce le modalità per la selezione, previa analisi dei fabbisogni del sistema elettrico effettuata su base territoriale dal gestore della rete, e per la remunerazione dei servizi di flessibilità assicurati dagli impianti di produzione abilitati, in base alle diverse offerte formulate dagli impianti stessi, senza maggiori oneri per prezzi e tariffe dell’energia elettrica. La norma è finalizzata a migliorare l’efficienza delle infrastrutture energetiche nazionali e contenere gli oneri indiretti dovuti alla crescita delle fonti rinnovabili non programmabili (come ad esempio l’eolico e il fotovoltaico).


 

Articolo 35
(
Disposizioni in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi)

 


1. L'articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è sostituito dal seguente:

«17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell'Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo, fatte salve le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l'olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell'incremento dell'aliquota ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico, per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell'inquinamento marino e delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare.».

2. All'articolo 184, al comma 5-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 è aggiunto il seguente periodo: «con lo stesso decreto interministeriale sono determinati i criteri di individuazione delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui all'Allegato 5 alla parte quarta del Presente decreto, applicabili ai siti appartenenti al Demanio Militare e alle aree ad uso esclusivo alle Forze Armate, tenuto conto delle attività effettivamente condotte nei siti stessi o nelle diverse porzioni di essi.».


 

L’articolo 35 reca,al comma 1, modifiche alla disciplina delle attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, fissando un’unica fascia di rispetto per lo svolgimento di tali attività in mare, e, al comma 2, dispone in ordine all’individuazione delle soglie di contaminazione applicabili ai siti appartenenti al Demanio militare e alle aree ad uso esclusivo delle Forze armate.

In particolare, il comma 1 sostituisce l’art. 6, comma 17, del D.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente) che disciplina le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare.

Una modifica inserita nel corso dell'esame parlamentare inserisce fra la normativa richiamata in materia anche le convenzioni dell'Unione Europea, non previste nel testo vigente dell'articolo 17 del decreto legislativo n 152 del 2006.

La principale modifica prevista dal nuovo testo del comma 17 consiste nella fissazione di un'unica, per olio e per gas, e più rigida fascia di rispetto, fino alle 12 miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, per qualunque nuova attività di prospezione, ricerca e coltivazione.

Rimane invece immutato il divieto con riferimento alle attività suddette all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette.

La differenza tra le due discipline (vigente e previgente), con riferimento alle zone esterne al perimetro delle aree marine e costiere protette, viene evidenziata, oltre che dal testo a fronte riportato più avanti, dal seguente schema.

 

Area interessata

Distanza entro cui vige il divieto (testo previgente)

Distanza entro cui vige il divieto (nuovo testo)

Zone di mare prospicienti il perimetro costiero nazionale[128]

5 miglia

(il divieto opera solo limitatamente agli idrocarburi liquidi)

12 miglia

Zone di mare esterne al perimetro delle aree marine e costiere protette

12 miglia

12 miglia

 

Viene altresì confermata la disposizione recentemente inserita nel testo del comma 17 dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 24 del D.L. 5/2012, recante disposizioni in materia di semplificazione e sviluppo, con la quale resta ferma l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data, anche ai fini delle eventuali relative proroghe.

Anzi, tale disposizione sembra venire ampliata, secondo quanto affermato dalla relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), ove si legge che il comma in esame chiarisce “che nell'ambito dei titoli già rilasciati possono essere svolte, oltre alle attività di esercizio, tutte le altre attività di ricerca, sviluppo e coltivazione di giacimenti già noti o ancora da accertare, consentendo di valorizzare nel migliore dei modi tutte le risorse presenti nell'ambito dei titoli stessi”.

E’, altresì, confermata la disposizione secondo cui le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA). Si segnala, in proposito, che “prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in mare” sono attività incluse (al numero 7) nell’allegato II alla parte II del Codice relativo ai progetti sottoposti a VIA statale.

 

Si segnala che una modifica, introdotta nel corso dell'esame parlamentare, fa salve, rispetto al regime sopra illustrato di sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA), le attività di cui l'articolo 1, comma 82-sexies, della legge n. 239 del 2004[129], autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Si tratta delle attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati.

 

Con riferimento alla citata data di entrata in vigore del D.lgs. 128/2010, si rammenta che il comma 17 è stato inserito nel testo dell’art. 6 del Codice proprio ad opera del D.lgs. 128/2010 (precisamente dalla lettera h) del comma 3 dell'art. 2). Quindi il riferimento al D.lgs. 128/2010 è di fatto un riferimento all’entrata in vigore dello stesso comma 17, avvenuta in data 26 agosto 2010[130].

Nel fare salvi i procedimenti in corso, la norma in esame richiama i “procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991”.

Si ricorda in proposito che l’art. 4 prevede un divieto di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (fatti salvi i permessi, le autorizzazioni e le concessioni in atto) nelle acque del Golfo di Napoli, del Golfo di Salerno e delle Isole Egadi, nonché nelle acque del Golfo di Venezia, nel tratto di mare compreso tra il parallelo passante per la foce del fiume Tagliamento e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, mentre gli articoli 6 e 9 disciplinano, rispettivamente, il conferimento del permesso di ricerca e la concessione di coltivazione.

 

In merito alle disposizioni commentate la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) aggiunge che esse consentono di “completare alcuni progetti di sviluppo di giacimenti già scoperti sui quali risultavano già fatti investimenti e di sviluppare i progetti conseguenti a nuovi rinvenimenti su aree già richieste, evitando oneri a carico delle finanze pubbliche conseguenti a richieste di risarcimento da parte delle imprese allo Stato italiano per la revoca degli affidamenti fatta ad investimenti in corso”[131].

 

Vengono poi elevate di tre punti percentuali le royalties che i titolari delle concessioni di coltivazione in mare devono corrispondere annualmente allo Stato. Le risorse aggiuntive derivanti dall’incremento saranno equiripartite tra il MATTM (per le azioni di monitoraggio e contrasto dell'inquinamento marino[132]) e il MISE (per le attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare).

Si ricorda che l’articolo 19 del D.lgs. n. 625/1996[133] riguarda la disciplina sulle aliquote di prodotto della coltivazione. Il comma 1 prevede che l’obbligo per il titolare di ciascuna concessione di coltivazione di corrispondere annualmente allo Stato il valore di un'aliquota del prodotto della coltivazione pari 7% della quantità di idrocarburi gassosi e al 4% della quantità di idrocarburi liquidi estratti in mare.

 

Il seguente testo a fronte evidenzia le modifiche testé commentate rispetto al testo previgente:

 

Art. 6, co. 17, D.lgs. 152/2006
Testo previgente

Art. 6, co. 17, D.lgs. 152/2006
Nuovo testo

 

 

17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia marine

17. Ai fini di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, all'interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l'intero perimetro costiero nazionale e

dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, oltre che per i soli idrocarburi liquidi nella fascia marina compresa entro cinque miglia dalle linee di base delle acque territoriali lungo l'intero perimetro costiero nazionale.

Per la baia storica del Golfo di Taranto di cui all'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n. 816, il divieto relativo agli idrocarburi liquidi è stabilito entro le cinque miglia dalla linea di costa.

 

Resta ferma l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla stessa data, anche ai fini delle eventuali relative proroghe.

dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010 n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l'efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell'ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi.

Al di fuori delle medesime aree,

le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano ai procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del presente comma.

 

Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo, fatte salve le attività di cui all'articolo 1, comma 82-sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239.

Dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente comma è abrogato il comma 81 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239.

 

A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, i titolari delle concessioni di coltivazione in mare sono tenuti a corrispondere annualmente l'aliquota di prodotto di cui all'articolo 19, comma 1 del decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625, elevata dal 7% al 10% per il gas e dal 4% al 7% per l'olio. Il titolare unico o contitolare di ciascuna concessione è tenuto a versare le somme corrispondenti al valore dell'incremento dell'aliquota ad apposito capitolo dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere interamente riassegnate, in parti uguali, ad appositi capitoli istituiti nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero dello sviluppo economico, per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell'inquinamento marino e delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare.

 

Il comma 2 dell'articolo in esame novella il comma 5-bis dell’art. 184 del decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di gestione dei materiali e dei rifiuti e di bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale.

 

Il citato comma 5-bis ha demandato ad apposito decreto interministeriale sia l’individuazione dei “sistemi d'arma, i mezzi, i materiali e le infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare ed alla sicurezza nazionale” sia la disciplina delle procedure da seguire per “la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti ove vengono immagazzinati i citati materiali”.

In attuazione di tale disposizione sono stati emanati due diversi decreti interministeriali, in data 6 marzo 2008 (di individuazione dei sistemi d'arma, dei mezzi, dei materiali e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale) e 22 ottobre 2009 (di disciplina delle procedure per la gestione dei materiali e dei rifiuti e la bonifica dei siti e delle infrastrutture direttamente destinati alla difesa militare e alla sicurezza nazionale).

 

La novella in esame integra il disposto del citato comma 5-bis al fine di prevedere che con lo stesso decreto interministeriale sono determinati i criteri di individuazione delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) di cui all'Allegato 5 alla parte IV del D.lgs. 152/2006, applicabili ai siti appartenenti al Demanio Militare e alle aree ad uso esclusivo alle Forze Armate, tenuto conto delle attività effettivamente condotte nei siti stessi o nelle diverse porzioni di essi.

Si ricorda che l’Allegato 5 citato elenca le concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare, distinguendo i valori limite a seconda che si tratti di siti ad uso “verde pubblico, privato e residenziale” o di siti “ad uso commerciale e industriale”. Ai sensi dell’art. 240, comma 1, lettera b), le CSC sono definite come “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica”. Tale ultima procedura conduce alla determinazione di “concentrazioni soglia di rischio” (CSR), cioè dei livelli di contaminazione delle matrici ambientali il cui superamento richiede la messa in sicurezza e la bonifica del sito.

 

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312)sottolinea che il comma in esame consente di ricondurre anche i siti militari (e/o loro porzioni) «alle citate categorie previste dalla normativa di carattere generale. Il Codice dell'Ambiente, infatti, all'articolo 240, comma 1, lett. b), stabilisce i livelli di contaminazione delle matrici ambientali (CSC) al di sopra dei quali è necessario procedere alla "caratterizzazione" del sito e alla valutazione del rischio di contaminazione, cd. "analisi del rischio sito specifica" ai fini delle eventuali necessarie bonifiche. Detti valori sono individuati, nonché differenziati in riferimento a categorie di impiego delle aree di carattere generale (es. aree adibite a verde pubblico, aree residenziali ed a quelle commerciali/industriali), per cui non sempre risulta agevole rapportare i siti e le attività militari. Tale esigenza è stata peraltro condivisa dal Governo, il quale ha accolto l'ordine del giorno 4.0.304 all'A.S. 3162 e si è impegnato ad affrontare e risolvere la problematica in argomento[134]. La presente norma prevede che, con decreto interministeriale, siano fissati criteri idonei ad individuare quali dei valori di CSC siano da applicare ai predetti siti».

 


 

Articolo 36
(
Semplificazioni di adempimenti per il settore petrolifero)

 


1. Il comma 9 dell'articolo 57 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, è sostituito dal seguente:

«9. Nel caso di attività di reindustrializzazione dei siti contaminati, anche di interesse nazionale, nonché nel caso di chiusura di impianti di raffinazione e loro trasformazione in depositi, i sistemi di sicurezza operativa già in atto possono continuare a essere eserciti senza necessità di procedere contestualmente alla bonifica, previa autorizzazione del progetto di riutilizzo delle aree interessate, attestante la non compromissione di eventuali successivi interventi di bonifica, ai sensi dell'articolo 242 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni».

2. All'articolo 57, comma 2, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012, n. 35, recante «Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni e di sviluppo» dopo le parole «il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti», sono inserite le seguenti: «limitatamente agli impianti industriali strategici e relative infrastrutture, disciplinati dall'articolo 52 del Codice della Navigazione».

3. All'articolo 57, comma 4, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35,» sostituire le parole «eventualmente previsti» con le seguenti «previsti dalla legislazione ambientale», e sostituire le parole «centottanta giorni» con le seguenti «novanta giorni».

4. All'articolo 57, dopo il comma 15, è inserito il seguente:

«15-bis. Al Titolo V, Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche e integrazioni, all'articolo 252, comma 4, sono aggiunte, infine, le seguenti parole: “il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti”.».

5. Dopo l'articolo 57 del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, è inserito il seguente articolo aggiuntivo:

«Art. 57-bis (Semplificazione amministrativa in materia di infrastrutture strategiche, impianti di produzione a ciclo continuo e impianti per la fornitura di servizi essenziali). - 1. Le periodicità di cui alle Tabelle A e B del decreto ministeriale 1° dicembre 2004, n. 329 non si applicano agli impianti di produzione a ciclo continuo nonché a quelli per la fornitura di servizi essenziali, monitorati in continuo e ricadenti, ambedue le tipologie, nel campo di applicazione dell'articolo 8 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e successive modifiche e integrazioni. Sotto la responsabilità dell'utilizzatore deve essere accertata, da un organismo notificato per la direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione, la sostenibilità della diversa periodicità in relazione alla situazione esistente presso l'impianto. Sulla base dell'accertamento, qualora le condizioni di sicurezza accertate lo consentano, potrà essere utilizzata una periodicità incrementale non superiore ad anni 3 rispetto a quelle previste per legge. La documentazione di accertamento deve essere conservata dall'utilizzatore per essere presentata, a richiesta, agli Enti preposti alle verifiche periodiche di sicurezza espletate dai competenti organi territoriali.

2. Per le infrastrutture e insediamenti strategici individuati ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera i), della legge 23 agosto 2004, n. 239, per gli impianti a ciclo continuo e per quelli che rivestono carattere di pubblica utilità o servizio essenziale, in presenza di difetti che possono pregiudicare la continuità di esercizio di un'attrezzatura, a giudizio e sotto la responsabilità dell'utilizzatore, possono essere effettuati interventi temporanei di riparazione, anche con attrezzatura in esercizio, finalizzati a mantenere la stabilità strutturale dell'attrezzatura e garantire il contenimento delle eventuali perdite per il tempo di ulteriore esercizio fino alla data di scadenza naturale della verifica periodica successiva alla temporanea riparazione. Tali temporanee riparazioni sono effettuate secondo le specifiche tecniche previste ai sensi dall'articolo 3 del citato decreto ministeriale 1° dicembre 2004, n. 329, o norme tecniche internazionali riconosciute».

6. A decorrere dal 1° gennaio 2013 l'importazione di prodotti petroliferi finiti liquidi da Paesi non appartenenti all'Unione Europea è soggetta ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentita l'Agenzia delle Dogane, rilasciata sulla base di criteri determinati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, nel quale sono individuati i requisiti minimi per l'ottenimento dell'autorizzazione, tenendo anche conto dell'aderenza dell'impianto estero di produzione dei prodotti petroliferi oggetto di importazione alle prescrizioni ambientali, di salute dei lavoratori e di sicurezza, previste dalla disciplina comunitaria per gli impianti produttivi ubicati all'interno della Comunità. All'attuazione del presente comma si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

7. All'articolo 276, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128, dopo le parole «ove producano emissioni in atmosfera» sono aggiunte le seguenti «e non risultino adeguati alle prescrizioni di cui all'allegato VII alla parte quinta del presente decreto».


 

 

L’articolo 36 contiene alcune semplificazioni di adempimenti burocratici per il settore petrolifero, con particolare attenzione al settore della raffinazione. A tal fine vengono integrate, fra l’altro, alcune norme in materia dettate dal decreto “semplificazioni” (D.L. 5/2012) e dal Codice ambientale (D.lgs. 152/2006).

 

In particolare, si dispone che:

§       i sistemi di sicurezza già in atto possono continuare ad essere utilizzati solo nel caso di chiusura di un impianto di raffinazione e sua trasformazione in deposito (e non più in caso di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale), in caso di attività di reindustrializzazione dei siti contaminati;

§       la concertazione con il Ministero delle infrastrutture è necessaria solo per gli impianti industriali strategici;

§       il termine per il rilascio dei provvedimenti amministrativi per apportare modifiche agli stabilimenti di lavorazione di oli minerali; passi da 180 a 90 giorni;

§       il Ministero dell’ambiente adotti procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione dei carburanti;

§       non si applichino le verifiche periodiche delle attrezzature a pressione per gli impianti di produzione a ciclo continuo e per quelli di fornitura di servizi essenziali;

§       l’importazione di prodotti petroliferi da Paesi non appartenenti all’Unione europea sia soggetta ad autorizzazione del MISE a partire dal 2012;

§       non sia necessaria una particolare autorizzazione per le pensiline di carico di benzina su autobotti all’interno dei depositi petroliferi.

I commi 1-5 modificano ed integrano il D.L. 5/2012[135] (c.d. “decreto semplificazioni”); in particolare i commi 1-4 intervengono sull’articolo 57 relativo alle infrastrutture strategiche, e il comma 5 aggiunge l’articolo 57-bis che apporta semplificazioni amministrative sempre in materia infrastrutture strategiche.

 

Il comma 1 interviene sul comma 9 del citato articolo 57.

Si ricorda che il comma 9 dell’articolo 57 del decreto “semplificazioni”, nel testo previgente, mira a ridurre gli oneri amministrativi per le attività di reindustrializzazione dei siti di interesse nazionale, consentendo di continuare ad utilizzare i sistemi di sicurezza operativa già in atto senza necessità di procedere alla contestuale bonifica del sito, purché l’autorizzazione al riutilizzo delle aree interessate previamente acquisita attesti che non vengono compromessi eventuali successivi interventi di bonifica che dovessero risultare necessari ai sensi dell’art. 242 del D.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente).

Il testo originario del decreto-legge 83/2012 (A.C. 5312), da una parte estendeva la semplificazione prevista al comma 9 dell’articolo 57 del decreto citato a tutti i siti contaminati e dall'altra la limitava al solo caso di trasformazione da raffineria a deposito, dove l'attività di stoccaggio è già insita negli impianti di raffinazione.

Il testo iniziale del decreto-legge, però, è stato modificato nel corso dell’esame parlamentare ed ha nuovamente esteso anche alle attività di reindustrializzazione (e non solo dei siti di interesse nazionale) la semplificazione procedimentale in questione, pur precisando che essa vale anche per il caso di chiusura di un impianto di raffinazione e sua trasformazione in deposito.

Il 22 settembre 2006 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva quadro per la protezione del suolo (COM(2006)232), tuttora all’esame delle istituzioni europee, che contiene disposizioni per gli Stati membri finalizzate a contenere l’immissione di sostanze pericolose nel suolo, per evitarne l’accumulo che potrebbe ostacolare lo svolgimento delle funzioni del suolo e comportare un rischio per la salute umana e per l’ambiente. Si prospetta, inoltre, la predisposizione di inventari nazionali dei siti contaminati individuati attraverso idonee procedure di valutazione del rischio, presente e futuro, che prevedono anche l’istituzione di un’autorità competente.

Il 13 febbraio 2012 la Commissione ha presentato una relazione (COM(2012)46) sull’attuazione della strategia UE per la protezione del suolo, presentata nel 2006 (COM(2006)231) unitamente alla sopracitata proposta di direttiva. Sulla base degli aspetti scientifici contenuti nella relazione del 2010 sullo stato dell’ambiente[136], a cura dell’Agenzia europea dell’ambiente, la Commissione europea indica tra le priorità d’azione futura:

-      consolidare un monitoraggio armonizzato del suolo a vari fini, compresi sicurezza e protezione alimentare, contaminazione diffusa e adattamento ai cambiamenti climatici e mitigazione. In tale contesto la Commissione intende valutare la possibilità di indagini sui suoli periodiche (cinque-dieci anni), anche avvalendosi delle nuove tecnologie di telerilevamento quali, ad esempio, quelle offerte dal programma europeo di monitoraggio della terra per l’ambiente e la sicurezza (GMES)[137];

-      integrare ulteriormente la protezione del suolo nelle politiche dell’UE, con particolare riferimento ai provvedimenti prospettati nella Tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse[138], nella PAC e nella politica regionale.

 

Il comma 2 integra il comma 2 del citato articolo 57 del decreto n. 5/2012, (cd. “semplificazioni”) esplicitando che la concertazione con il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti per le autorizzazioni relative ad una serie di infrastrutture-insediamenti propri del settore energetico, è necessaria solo per gli impianti industriali strategici e le relative infrastrutture disciplinati dall’articolo 52 del Codice della Navigazione. Si tratta dei depositi e degli stabilimenti situati, anche soltanto in parte, entro i confini del demanio marittimo o del mare territoriale, ovvero comunque collegati al mare, a corsi d'acqua o canali marittimi. Le concessioni per l’impianto e l’esercizio di tali strutture sono disciplinate dal codice della Navigazione.

Si ricorda che l’articolo 57, comma 2, del D.L. 5/2012, nel testo previgente, prevedeva che le autorizzazioni relative ad una serie di infrastrutture-insediamenti propri del settore energetico (gli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, i depositi costieri di oli minerali, i depositi di carburante per aviazione siti nelle aree aeroportuali, i depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi (escluso il GPL) di capacità superiore a 10.000 metri cubi, i depositi di stoccaggio di GPL di capacità non inferiore a 200 tonnellate, gli oleodotti facenti parte della rete nazionale degli oleodotti) fossero rilasciate dallo Stato e, in specie, dal Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, d’intesa con le Regioni interessate. Sono per altro fatte salve le particolari competenze in materia delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, nonché le normative in materia ambientale.

Il comma 3 interviene sul comma 4 del citato articolo 57, in particolare abbreviando il termine ivi previsto da 180 a 90 giorni.

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) la norma introduce un coordinamento delle "autorizzazioni ambientali" prevedendo tempi certi di rilascio, fatta salva la VIA.

Si ricorda che il comma 4 dell’articolo 57 del decreto “semplificazioni” assoggettava al termine finale di 180 giorni il rilascio di una serie di altri provvedimenti amministrativi (autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta, pareri e assensi) che fossero eventualmente previsti, dalle normative di settore, per poter apportare le modifiche agli stabilimenti di lavorazione e ai depositi di oli minerali e agli oleodotti cui si riferisce il comma 58 dell’art. 1 della L. 239 del 2004.

 

Articolo 57, comma 4, D.L. 5/2012

Articolo 57, comma 4, D.L. 5/2012 come integrato dal comma 1
in esame

4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta, pareri o assensi eventualmente previsti per le modifiche di cui all'articolo 1, comma 58, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono rilasciati entro il termine di centottanta giorni.

4. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le autorizzazioni, concessioni, concerti, intese, nulla osta, pareri o assensi previsti dalla legislazione ambientale per le modifiche di cui all'articolo 1, comma 58, della legge 23 agosto 2004, n. 239, sono rilasciati entro il termine di novanta giorni.

 

Il comma 4 aggiunge al citato articolo 57 del decreto “semplificazioni” il comma 15-bis, che integra l’articolo 252 del Codice ambientale (D.lgs. 152/2006) in materia di procedura di bonifica dei siti di interesse nazionale, per prevedere che il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotti procedure semplificate per le operazioni di bonifica relative alla rete di distribuzione carburanti.

 

Secondo la relazione tecnica al ddl di conversione (A.C. 5312), le modifiche proposte hanno l'obiettivo di ridurre i tempi di bonifica e gli oneri sulle imprese al fine di migliorare la competitività economica. La prima modifica riguarda i punti vendita ubicati nei Siti di interesse nazionale (SIN) ed è volta ad unificare le competenze per i procedimenti di bonifica per la rete carburanti in capo alle Regioni, i cui tempi di conclusione del procedimento amministrativo di bonifica possono essere molto più rapidi che non nei Siti di interesse nazionale, in ragione della complessità di quest'ultimi. Infatti, la gestione dei 57 Siti di interesse nazionale è molto complessa e la procedura conseguente risulta troppo articolata per questa specifica tipologia di siti di ridotte dimensioni, a cui sono state dedicate anche procedure semplificate nelle linee guida tecniche di analisi di rischio predisposte da ISPRA (appendice V, giugno 2009).

 

Il comma 5 aggiunge al citato decreto un articolo (la cui rubrica è novellata nel corso dell’esame parlamentare), per contemplarvi anche impianti di produzione a ciclo continuo o impianti per la fornitura di servizi essenziali in materia di verifiche periodiche delle attrezzature a pressione.

Tali verifiche comportano la fermata degli impianti, e pertanto la norma punta a coordinare la calendarizzazione delle verifiche con le esigenze di continuità operativa e produttiva, in particolare per gli impianti di produzione a ciclo continuo (ad esempio le raffinerie) e per la fornitura di servizi essenziali.

La disciplina attualmente applicata per le verifiche periodiche di riqualificazione dell'integrità (con cadenza decennale) e del funzionamento (con cadenza biennale) delle attrezzature a pressione è costituita D.M. 329/2004[139].

 

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) tali verifiche periodiche presuppongono quasi sempre la fermata degli impianti, compromettendo la continuità operativa e produttiva degli impianti a ciclo continuo, soprattutto con riferimento alle cadenze biennali. Tali fermate di verifica, infatti, si aggiungono alle fermate già previste per le manutenzioni generali degli impianti, tipicamente e ciclicamente programmate ogni 4 - 6 anni, producendo fenomeni di fatica termo-meccanica delle attrezzature e delle macchine con diminuzione delle caratteristiche di sicurezza, oltre ad un'ingiustificata perdita dì produzione ed energia termica. Ai sensi del DM 329/2004, il MiSE (autorità autorizzante competente) attualmente può consentire deroghe alla tempistica delle ispezioni, purché il gestore dimostri e garantisca, tramite adeguata relazione tecnica un livello di protezione equivalente.

La norma in esame, dunque, intende integrare la disciplina in materia per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti e la continuità operativa e produttiva delle infrastrutture e degli insediamenti a ciclo continuo, alcuni dei quali ritenuti strategici in quanto rivestono carattere di pubblica utilità o servizio essenziale. Oltre a coordinare la calendarizzazione delle verifiche con le esigenze di continuità operativa e produttiva (comma 1), per i medesimi impianti, qualora si verifichino avarie/difetti controllabili e risolvibili in sicurezza tramite tempestivi interventi di manutenzione che consentano al contempo di mantenere l'impianto in esercizio, la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) valuta inappropriato attuare una fermata imprevista dell'impianto che produrrebbe in ogni caso fenomeni di fatica termo-meccanica delle attrezzature e delle macchine con diminuzione delle caratteristiche di sicurezza e di efficienza energetica, oltre a comportare notevoli perdite di produzione o servizi essenziali. Alcune attività di manutenzione possono infatti essere svolte con interventi temporanei che siano comunque in grado di garantire lo standard di sicurezza atteso e con procedure che assicurano il livello di affidabilità richiesto come risulta da esperienze da lungo tempo consolidate sulla base di norme tecniche internazionali riconosciute. Tali interventi, al momento non disciplinati dal DM 329/04, sono finalizzati a mantenere la stabilità strutturale dell'attrezzatura e garantire il contenimento delle eventuali perdite per il tempo di ulteriore esercizio sino alla fermata successiva dell'impianto come disciplinate a seguito della revisione della normativa operata dalla norma stessa (comma 2).

Più in particolare, il primo capoverso (del nuovo articolo inserito dal comma 5) prevede che non si applichino agli impianti di produzione a ciclo continuo nonché a quelli per la fornitura di servizi essenziali le periodicità di cui alle Tabelle A e B del citato D.M. 329/2004, che riportano le frequenze della riqualificazione periodica delle attrezzature a pressione (ad esempio: tubazioni per gas, recipienti contenenti gas compressi, liquefatti e disciolti o vapori, bombole per apparecchi respiratori, estintori portatili).

Tali impianti sono monitorati in continuo e ricadono nel campo di applicazione dell’articolo 8 del D.lgs. n. 334/1999[140], ovvero il loro gestore è tenuto a redigere un rapporto di sicurezza.

Sotto la responsabilità dell’utilizzatore deve essere accertata, da un organismo notificato[141] per la direttiva 97/23/CE in materia di attrezzature a pressione, la sostenibilità della diversa periodicità in relazione alla situazione esistente presso l’impianto. Sulla base dell’accertamento potrà essere utilizzata una periodicità incrementale non superiore ad anni 3 rispetto a quelle previste per legge. La documentazione di accertamento deve essere conservata dall’utilizzatore per essere presentata, a richiesta, agli Enti preposti alle verifiche periodiche di sicurezza espletate dai competenti organi territoriali.

Con il secondo capoverso 2 del nuovo articolosi prevede che per le infrastrutture e insediamenti strategici, per gli impianti a ciclo continuo e per quelli che rivestono carattere di pubblica utilità o servizio essenziale, in presenza di difetti che possono pregiudicare la continuità di esercizio di un'attrezzatura, a giudizio e sotto la responsabilità dell’utilizzatore, possono essere effettuati interventi temporanei di riparazione, anche con attrezzatura in esercizio, finalizzati a mantenere la stabilità strutturale dell'attrezzatura e garantire il contenimento delle eventuali perdite per il tempo di ulteriore esercizio fino alla data di scadenza naturale della verifica periodica successiva alla temporanea riparazione.

Tali temporanee riparazioni sono effettuate secondo le specifiche tecniche previste ai sensi dall’articolo 3 del presente D.M. n.329/2004 o norme tecniche internazionali riconosciute.

Si ricorda che il citato articolo 3 prevede che, su richiesta del Ministero dello sviluppo economico le specifiche tecniche concernenti l'esercizio delle attrezzature e degli insiemi di cui sono elaborate in collaborazione con l'ISPESL e con l'Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI), tenendo conto delle normative emanate dal Comitato europeo di normazione, sentite le associazioni di categoria interessate, e successivamente approvate dal MiSE di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Il comma 6 assoggetta l’importazione di prodotti petroliferi finiti liquidi da Paesi non appartenenti all’Unione Europea, a partire dal 2012, ad autorizzazione del Ministero dello sviluppo economico, sentita l’Agenzia delle Dogane.

Tale autorizzazione è rilasciata sulla base di criteri determinati con decreto del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, da adottare entro tre mesi dall’entrata in vigore del presente decreto, nel quale sono individuati i requisiti minimi per l’ottenimento dell’autorizzazione, tenendo anche conto dell’aderenza dell’impianto estero di produzione dei prodotti petroliferi oggetto di importazione alle prescrizioni ambientali, di salute dei lavoratori e di sicurezza, previste dalla disciplina comunitaria per gli impianti produttivi ubicati all’interno della Comunità.

Il comma contiene infine una clausola di salvaguardia finanziaria che nel corso dell’esame parlamentare è stata ulteriormente dettagliata come obbligo di provvedere all'attuazione del comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) evidenzia la duplice finalità di evitare

§       le distorsioni di mercato tra prodotti petroliferi prodotti in stabilimento ubicati all'interno dell'Unione europea, soggetti a severe normative ambientali e di sicurezza, rispetto a prodotti petroliferi raffinati in impianti che non sono soggetti a tali normative e quindi con costi di produzione sensibilmente minori;

§       il peggioramento delle condizioni ambientali complessive attraverso la delocalizzazione delle raffinerie in paesi extraeuropei che hanno vincoli ambientali minori.

 

Al riguardo si segnala che, presso la Commissione X della Camera dei Deputati è in corso un’indagine conoscitiva sulla crisi del settore della raffinazione. In numerose audizioni è emersa proprio la problematica dei differenti vincoli ambientali e di sicurezza tra l’area UE e il resto del mondo, che finisce per incentivare l’acquisto di raffinati provenienti dalle raffinerie di paesi dove sono applicate normative meno restrittive sul piano ambientale, che quindi implicano costi di produzione ben diversi.

 

Il comma 7 dispone un intervento di semplificazione amministrativa per le pensiline di carico di benzina su autobotti all'interno di depositi petroliferi che siano già adeguate alle prescrizioni in materia del Codice ambientale.

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), la ratio della norma risiede nell’attuazione di un regime di semplificazione procedurale, dal momento che si tratta di emissioni poco significative.

A tal fine, la norma integra l’articolo 276, comma 6, del Codice ambientale (D.lgs. 152/2006) in modo da non rendere necessaria una particolare autorizzazione per gli impianti di caricamento di benzina presso i terminali che risultino adeguati alle prescrizioni di cui all’allegato VII alla parte quinta del Codice stesso, relativo alle operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione.

Si ricorda che il citato comma 6, nel testo previgente, richiede per gli stabilimenti in cui sono presenti gli impianti di caricamento di benzina presso i terminali che producano emissioni in atmosfera l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera per gli stabilimenti, di cui all'articolo 269 del Codice.

 


 

Articolo 36-bis
(
Razionalizzazione dei criteri di individuazione di siti di interesse nazionale)

 


1. All'articolo 252 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, dopo la lettera f) è aggiunta la seguente:

«f-bis) l'insistenza, attualmente o in passato, di attività di raffinerie, di impianti chimici integrati o di acciaierie»;

b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Sono in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto».

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sentite le regioni interessate, è effettuata la ricognizione dei siti attualmente classificati di interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di cui all'articolo 252, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come modificato dal comma 1 del presente articolo.

3. Su richiesta della regione interessata, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti gli enti locali interessati, può essere ridefinito il perimetro dei siti di interesse nazionale, fermo restando che rimangono di competenza regionale le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica della porzione di siti che, all'esito di tale ridefinizione, esuli dal sito di interesse nazionale.

4. All'attuazione delle disposizioni del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 36-bis, inserito nel corso dell'esame parlamentare,reca una serie di disposizioni in materia di criteri di individuazione dei siti inquinati di interesse nazionale (SIN).

Il comma 1, alla lettera a), novella il comma 2 dell’articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente), con l'inserimento, dopo la lettera f), di una lettera f-bis), al fine di aggiungere, ai principi e criteri direttivi da seguire per l’individuazione dei SIN, un nuovo criterio che tiene conto dei siti interessati, attualmente o in passato, da attività di raffinerie, impianti chimici integrati, acciaierie.

Il comma 1, alla lettera b), aggiunge un comma 2-bis all’articolo 252 prevedendo che siano in ogni caso individuati quali siti di interesse nazionale, ai fini della bonifica, i siti interessati da attività produttive ed estrattive di amianto.

 

Per quanto riguarda i siti di interesse nazionale (SIN), ai sensi dell'articolo 252, comma 1, del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente) essi sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali ed ambientali. Inoltre, il comma 2 del medesimo articolo 252 dispone che l'individuazione dei SIN avvenga mediante decreto del Ministro dell'ambiente, d'intesa con le regioni interessate, ed elenca una serie di principi e criteri direttivi cui attenersi. In particolare gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale; b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati dal decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio); c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato; d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante; e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale; f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni.

 

Il comma 2 prevede l’emanazione, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, di un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le regioni interessate, finalizzato alla ricognizione dei siti attualmente classificati di interesse nazionale che non soddisfano i requisiti di cui all’articolo 252, comma 2, del Codice dell'ambiente, come integrati dal comma 1 del presente articolo.

 

Il comma 3 dispone che, su richiesta della regione interessata, con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti gli enti locali interessati, può essere ridefinito il perimetro dei SIN, fermo restando che rimangono di competenza regionale le necessarie operazioni di verifica ed eventuale bonifica della porzione di siti che, all’esito di tale ridefinizione, esuli dal sito di interesse nazionale.

 

Il comma 4 contiene la clausola di invarianza finanziaria.


 

Articolo 37
(
Disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale e nel settore idroelettrico)

 


1. Al decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 14, comma 5, è sostituito dal seguente:

«Alle gare di cui al comma 1 sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia e in altri Paesi dell'Unione europea, o in Paesi non appartenenti all'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico. La esclusione di cui al primo periodo non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, nonché al socio selezionato ai sensi dell'articolo 4, comma 12, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, e alle società a partecipazione mista, pubblica e privata, costituite ai sensi del medesimo comma»;

b) il primo periodo dell'articolo 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 , è sostituito dai seguenti:

«I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle prime gare per ambiti territoriali, indette a norma dell'articolo 14, comma 1, successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale e senza limitazioni, anche se, in Italia o all'estero, tali soggetti o le loro controllate, controllanti o controllate da una medesima controllante gestiscono servizi pubblici locali, anche diversi dalla distribuzione di gas naturale, in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Per le prime gare di cui sopra non si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 33, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modifiche e integrazioni.».

2. Sono fatte salve le disposizioni dell'articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, in materia di distribuzione di gas naturale, e gli ambiti di distribuzione gas determinati ai sensi del medesimo articolo, in base a cui devono essere espletate le gare per l'affidamento del servizio di distribuzione gas in conformità con l'articolo 24, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93.

3. In sede di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale, al fine di garantire la sicurezza del servizio, sono fatti salvi gli obblighi in materia di tutela dell'occupazione stabiliti dai provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 28, comma 6, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, che, a causa dell'obbligatorietà, non costituiscono elemento di valutazione dell'offerta.

4. All'articolo 12 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Le regioni e le province autonome, cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico e nei casi di decadenza, rinuncia e revoca, fermo restando quanto previsto dal comma 4, ove non ritengano sussistere un prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, incompatibile con il mantenimento dell'uso a fine idroelettrico, indicono una gara ad evidenza pubblica, nel rispetto della normativa vigente e dei principi fondamentali di tutela della concorrenza, libertà di stabilimento, trasparenza, non discriminazione e assenza di conflitto di interessi, per l'attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata da venti anni fino ad un massimo di trenta anni, rapportato all'entità degli investimenti ritenuti necessari, avendo riguardo all'offerta di miglioramento e risanamento ambientale del bacino idrografico di pertinenza, alle misure di compensazione territoriale, alla consistenza e qualità del piano di interventi per assicurare la conservazione della capacità utile di invaso e, prevalentemente, all'offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e all'aumento dell'energia prodotta o della potenza installata. Per le concessioni già scadute alla data di entrata in vigore della presente disposizione e per quelle in scadenza successivamente a tale data ed entro il 31 dicembre 2017, per le quali non è tecnicamente applicabile il periodo di cinque anni di cui al primo periodo del presente comma, le regioni e le province autonome indicono la gara entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2 e la nuova concessione decorre dal termine del quinto anno successivo alla scadenza originaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2017. Nel bando di gara sono specificate altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata»;

b) al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con lo stesso decreto sono stabiliti i criteri e i parametri per definire la durata della concessione in rapporto all'entità degli investimenti, nonché, con parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, i parametri tecnico-economici per la determinazione del corrispettivo e dell'importo spettanti al concessionario uscente, ed è determinata la percentuale dell'offerta economica di cui al comma 1, presentata dal soggetto risultato aggiudicatario, da destinare alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio della generalità dei clienti finali, secondo modalità definite nel medesimo decreto».

5. Fermo restando quanto previsto per i casi di decadenza, rinuncia o termine dell'utenza idroelettrica dall'articolo 25, primo comma, del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il bando di gara per l'attribuzione di una concessione di grande derivazione ad uso idroelettrico prevede, per garantire la continuità gestionale, il trasferimento dal concessionario uscente al nuovo concessionario della titolarità del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici afferenti alla concessione.

6. Al concessionario uscente spetta un corrispettivo per il trasferimento del ramo d'azienda, predeterminato e concordato tra questo e l'amministrazione concedente prima della fase di offerta e reso noto nel bando di gara. Con riferimento ai beni materiali compresi nel ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione diversi da quelli di cui all'articolo 25, primo comma, del testo unico di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il corrispettivo è determinato sulla base del valore di mercato, inteso come valore di ricostruzione a nuovo diminuito nella misura dell'ordinario degrado. Con riferimento ai beni di cui al citato articolo 25, primo comma, è inoltre dovuto un importo determinato sulla base del metodo del costo storico rivalutato, calcolato al netto dei contributi pubblici in conto capitale, anch'essi rivalutati, ricevuti dal concessionario per la realizzazione di tali opere, diminuito nella misura dell'ordinario degrado. In caso di mancato accordo, si provvede attraverso tre qualificati e indipendenti soggetti terzi, di cui due indicati rispettivamente da ciascuna delle parti, che ne sopportano i relativi oneri, e il terzo dal presidente del Tribunale delle acque pubbliche territorialmente competente, i quali operano secondo sperimentate metodologie e rendono la pronuncia entro novanta giorni dalla nomina.

7. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attività di generazione idroelettrica e parità di trattamento tra gli operatori economici, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i criteri generali per la determinazione, secondo principi di economicità e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni delle concessioni ad uso idroelettrico. Con lo stesso decreto sono fissate le modalità tramite le quali le regioni e le province autonome possono destinare una percentuale di valore non inferiore al 20 per cento del canone di concessione pattuito alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio dei clienti finali, con riferimento ai punti di fornitura localizzati nel territorio della provincia o dell'unione dei comuni o dei bacini imbriferi montani insistenti nel medesimo territorio interessato dalle opere afferenti alle concessioni di cui al presente comma.

8. Sono abrogati i commi 489 e 490 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266.


 

 

I commi 1-3 riguardano la disciplina delle gare per la distribuzione di gas naturale, mentre i commi 4-8 le gare nel settore idroelettrico.

Con riferimento alla distribuzione del gas, le norme mirano fondamentalmente a precisare la specificità normativa delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas in relazione alla nuova disciplina generale in materia di servizi pubblici locali, contenuta nell'articolo 25 del decreto “liberalizzazioni”.

Nel settore idroelettrico, la modifica più rilevante consiste nella riduzione di dieci anni della durata delle concessioni idroelettriche (da 30 a 20 anni).

 

Riguardo alle gare per la distribuzione di gas naturale, le disposizioni contenute nei commi 1-3 dell’articolo in esame forniscono chiarimenti sulle potenziali interferenze della nuova disciplina generale in materia di servizi pubblici locali, contenuta nell'articolo 25 del decreto legge "liberalizzazioni", con le norme specifiche che regolano le imminenti gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas per ambiti sovra comunali (177 in tutta Italia) da parte di consorzi di comuni. Lo scopo è di evitare possibili contenziosi e ritardi nell'avvio delle gare, eliminando le possibili incertezze di interpretazione. In particolare:

§      si chiarisce che alle gare per ambito territoriale sono ammessi tutti i soggetti, con la sola esclusione di quelli che, a livello di gruppo societario, gestiscono al momento della gara servizi pubblici locali a seguito di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica (con eccezione delle società quotate e loro collegate);

§      si consente in via transitoria la partecipazione alle gare a tutti i soggetti interessati, quotati e non quotati, anche se hanno affidamenti diretti, anche a livello di gruppo, anche in servizi pubblici diversi dalla distribuzione gas;

§      vengono fatti salvi i 177 ambiti di gara già determinati con decreto MISE e le norme a tutela dell'occupazione del distributore uscente, concordate a livello sindacale, che nel settore del gas restano obbligatorie e non facoltative come previsto per la generalità dei servizi pubblici locali.

 

Più in dettaglio, il comma 1 interviene sul D.lgs. n. 164/2000 (c.d. decreto Letta[142]) di liberalizzazione del mercato del gas, e in particolare sugli articoli riguardanti la partecipazione alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas.

Si ricorda che i medesimi articoli del decreto Letta su cui insiste il decreto-legge in esame, erano già stati modificati dal D.L. 1/2012 (c.d. decreto “liberalizzazioni”), e in particolare dall’articolo 25, comma 3.

La lettera a) del comma 3 dell’articolo 25 del decreto “liberalizzazioni” ha integrato l’articolo 14, comma 5, del decreto Letta prevedendo l’applicazione per definire l’ammissibilità dei soggetti alle gare anche dei principi di garanzia stabiliti dall’articolo 4, comma 33, del D.L. 138/2011.

Il comma 5 dell’articolo 14 del decreto Letta concerne le società ammesse alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas. Alle gare sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico. Tale previsione è stata integrata dal decreto “liberalizzazioni” con l’applicazione dei principi del citato comma 33 del D.L. 138/2011, che contiene ulteriori vincoli di ammissibilità alle gare di affidamento del servizio di distribuzione del gas per i soggetti che, in Italia o all'estero, gestiscono servizi pubblici locali affidati senza gara nonché per i soggetti cui è affidata la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora separata dall'attività di erogazione dei servizi.

La lettera b) del comma 3 dell’articolo 25 del decreto “liberalizzazioni” ha modificato l’articolo 15, comma 10, del decreto Letta che concerne il c.d “periodo transitorio”.

Si ricorda che il citato “decreto Letta” ha previsto all’articolo 14 che l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas deve avvenire esclusivamente mediante gara, da svolgersi decorso il “periodo transitorio” (che è in pratica il periodo di attesa per l’avvio delle gare) disciplinato dal successivo articolo 15. Gli enti locali, dunque, devono affidare la gestione del servizio solamente a mezzo gara: cessano quindi le gestioni comunali dirette (“in economia” o a mezzo di aziende speciali) per le quali è stabilito (articolo 15, commi 1-3) l’obbligo di trasformarsi in società di capitali.

Si ricorda che il citato comma 10 dispone che i soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni in essere possono partecipare senza limitazioni alle gare ad evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas. Per le gestioni degli enti locali che devono essere trasformate in società di capitali o in società cooperative a responsabilità limitata, la partecipazione alle gare è consentita a partire dalla data dell'avvenuta costituzione o trasformazione. A seguito delle modifiche apportate dalla lettera b) del comma 3 dell’articolo 25 del decreto “liberalizzazioni”, per le gestioni degli enti locali che devono subire la trasformazione societaria, “la partecipazione alle prime gare successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale, è consentita a partire dalla data dell'avvenuta costituzione o trasformazione”.

 

Il decreto Letta, emanato in attuazione della prima direttiva sul mercato del gas naturale, ha effettuato la scelta della gara pubblica, anche in forma aggregata fra gli Enti locali concedenti, come unica forma di assegnazione del servizio di distribuzione gas. A tal fine lo stesso decreto ha previsto una cessazione anticipata delle concessioni previgenti, in funzione di una serie di parametri tesi ad aggregare i distributori esistenti (che dal 2000 ad oggi sono diminuiti da circa 780 a 230), secondo termini di scadenza che, anche in funzione di modifiche normative successive, sono divenuti più lunghi dei cinque anni iniziali; conseguentemente la maggior parte delle concessioni previgenti al D.lgs. n.164 del 2000 ha un termine di scadenza tra il 2009 e il 2012.

Le centinaia di gare che hanno avuto luogo nel trascorso decennio, per scadenza naturale delle concessioni più antiche, sono state prevalentemente basate, in assenza di criteri prestabiliti, sul massimo canone offerto ed hanno comportato numerosi contenziosi, in particolare per quanto riguarda il valore di rimborso della rete da corrispondere al gestore uscente.

Inoltre alle nuovi gestioni spetta anche il compito di assicurare impegnativi investimenti in manutenzione e sostituzione di molte reti di distribuzione che hanno raggiunto un tasso elevato di obsolescenza, dato l’ormai pluridecennale sviluppo della metanizzazione italiana, nonché per completare la metanizzazione del territorio, in particolare nel Mezzogiorno, dato che, con la riduzione delle risorse statali a disposizione, il finanziamento pubblico di tali opere si è sostanzialmente ridotto.

Per questi motivi, oltre che per migliorare l’efficacia e l’efficienza del servizio, il legislatore, con il D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con legge 29 novembre 2007, n. 222, da ultimo modificato con la legge 23 luglio 2009, n.99, ha affidato ai Ministri dello sviluppo economico e per i rapporti regionali il compito di emanare un decreto che definisca gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas e un decreto che individui i criteri di gara e di valutazione delle offerte.

Il "Regolamento Criteri"[143], in vigore dall’11 febbraio 2012, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 27 gennaio 2012. Si tratta dell’ultimo decreto che completa le norme relative all’indizione delle Gare di Ambito per la distribuzione del gas. In questo modo, le nuove gare saranno disciplinate secondo criteri stabiliti per legge e omogenei (idonei a regolamentare il calcolo del valore di riscatto, gli oneri in capo all’aggiudicatario, i criteri di aggiudicazione, il contratto di servizio ecc).

Il “decreto Ambiti[144] è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo 2011. Come già nelle intenzioni del decreto Letta, il decreto Ambiti è stato strutturato per ottenere un riassetto delle concessioni da cui conseguirà una sensibile riduzione degli operatori attivi. Sono previsti 177 ambiti (che sono gli insiemi minimi di comuni i cui impianti dovranno essere gestiti da un unico soggetto). Il 28 ottobre 2011 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il "Decreto Comuni"[145] che definisce i confini territoriali dei 177 ambiti per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas[146].

Per quanto riguarda la salvaguardia dell'occupazione nelle società di distribuzione del Gas, è stato pubblicato in G.U. il 4 maggio 2011 il cosiddetto "Decreto Tutela"[147], emanato dal Ministero dello Sviluppo economico e dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, continuando a completare la riforma dell'assetto delle concessioni.

 

Il comma 1 in esame modifica il D.lgs. 164 del 2000 come risulta dal seguente testo a fronte:

 

Articolo 14, comma 5, D.lgs. 164/2000

Articolo 14, comma 5, D.lgs. 164/2000, come sostituito dal comma 1,
lettera a) in esame

 

 

5. Alle gare di cui al comma 1 sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico. Si applicano i principi di garanzia previsti dall'articolo 4, comma 33, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

5. Alle gare di cui al comma 1 sono ammesse, senza limitazioni territoriali, società per azioni o a responsabilità limitata, anche a partecipazione pubblica, e società cooperative a responsabilità limitata, sulla base di requisiti oggettivi, proporzionati e non discriminatori, con la sola esclusione delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia e in altri Paesi dell'Unione europea, o in Paesi non appartenenti all'Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Alle gare sono ammessi inoltre i gruppi europei di interesse economico. La esclusione di cui al primo periodo non si applica alle società quotate in mercati regolamentati e alle società' da queste direttamente o indirettamente controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, nonché al socio selezionato ai sensi dell'articolo 4, comma 12, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, e alle società a partecipazione mista, pubblica e privata, costituite ai sensi del medesimo comma.

 

 

Articolo 15, comma 10, D.lgs. 164/2000

Articolo 15, comma 10, D.lgs. 164/2000, come modificato dal comma 1,
lettera b) in esame

 

 

10. I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle prime gare successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale indette a norma dell'articolo 14, comma 1, senza limitazioni. Per i soggetti che devono essere costituiti o trasformati ai sensi dei commi 1, 2, e 3 del presente articolo, la partecipazione alle prime gare successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale è consentita a partire dalla data dell'avvenuta costituzione o trasformazione

10. I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle prime gare per ambiti territoriali, indette a norma dell'articolo 14, comma 1, successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale e senza limitazioni, anche se, in Italia o all'estero, tali soggetti o le loro controllate, controllanti o controllate da una medesima controllante gestiscono servizi pubblici locali, anche diversi dalla distribuzione di gas naturale, in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica. Per le prime gare di cui sopra non si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 33, del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, e successive modifiche e integrazioni. Per i soggetti che devono essere costituiti o trasformati ai sensi dei commi 1, 2, e 3 del presente articolo, la partecipazione alle prime gare successive al periodo transitorio, su tutto il territorio nazionale è consentita a partire dalla data dell'avvenuta costituzione o trasformazione

 

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), con l’entrata in vigore della nuova disciplina generale in materia di servizi pubblici locali, contenuta nell'articolo 25 del decreto “liberalizzazioni”, risulta necessario chiarire la sua potenziale interferenza con il sistema di norme in materia di gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, che, come rilevato poc’anzi, hanno finalmente trovato una compiuta definizione nel 2011 con la determinazione degli ambiti territoriali e con l'emanazione del regolamento che disciplina i criteri di aggiudicazione della gara.

Sempre secondo la relazione, le nuove norme dettate dall’articolo 25 del decreto “liberalizzazioni” potrebbero dare origine a diverse interpretazioni con conseguenti ricorsi amministrativi, proprio nel momento del prossimo avvio delle prime gare per ambito nel 2012, ostacolando lo svolgimento di un processo ormai avviato.

 

Pertanto, le disposizioni di cui al comma 1, lettera a) chiariscono che alle gare per ambito territoriale sono ammessi tutti i soggetti, con la sola esclusione di quelli che, a livello di gruppo societario, gestiscono al momento della gara servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica, specificando al contempo che tale divieto non vale per le società quotate in mercati regolamentati e per le società da queste direttamente o indirettamente controllate, nonché al socio selezionato ai sensi dell'articolo 4, comma 12, del decreto legge 13 agosto 2011, n.138, e alle società a partecipazione mista, pubblica e privata, come già disposto dall'articolo 25 del decreto “liberalizzazioni”. Tale disposizione vale solo per le gare per ambito "a regime" e cioè per quelle che saranno svolte dopo le prime gare per ambito che stanno per essere bandite nel 2012, al termine del periodo transitorio, ormai concluso, disciplinato dallo stesso D.lgs. n.164/00 (vale quindi per le gare che saranno bandite indicativamente nel 2024).

Il comma 1, lettera b), chiarisce che la partecipazione alle prime gare per ambito che stanno per essere bandite nel 2012 è invece più ampia, venendo aperta a tutti i soggetti, quotati e non quotati, anche se hanno affidamenti diretti, pure a livello di gruppo, in servizi pubblici diversi dalla distribuzione gas.

 

I commi 2 e 3 fanno salve alcune disposizioni in materia di affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.

Il comma 2 precisa che valgono le disposizioni dell'articolo 46-bis del D.L. n. 159/2007 e gli ambiti di distribuzione gas determinati in attuazione di esso.

Come si è accennato, il citato D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, ha affidato ai Ministri dello sviluppo economico e per i rapporti regionali il compito di emanare un decreto che definisca gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas e un decreto che individua i criteri di gara e di valutazione delle offerte. Tale “decreto Ambiti[148] è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 31 marzo 2011, e prevede 177 ambiti (che sono gli insiemi minimi di comuni i cui impianti dovranno essere gestiti da un unico soggetto).

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) afferma che la disposizione in esame intende chiarire che la generale disciplina degli ambiti, individuati a livello provinciale dall'articolo 25 del decreto “liberalizzazioni”, come peraltro detto in forma generica dallo stesso articolo, non si applica agli ambiti già determinati per le gare per la distribuzione del gas.

Il comma 3 fa salvi gli obblighi in materia di tutela dell'occupazione stabiliti dai provvedimenti emanati ai sensi dell'articolo 28, comma 6, del decreto Letta, che, a causa dell'obbligatorietà, non costituiscono elemento di valutazione dell'offerta.

Si ricorda che il comma 6 dell’articolo 28 del decreto Letta prevede da parte del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali la definizione delle condizioni minime al cui rispetto sono tenuti i nuovi gestori di reti di distribuzione per un'adeguata gestione degli effetti occupazionali connessi alle trasformazioni del settore del gas. Il decreto attuativo è il già citato "Decreto Tutela"[149], emanato a salvaguardia dell'occupazione nelle società di distribuzione del Gas, e pubblicato in G.U. il 4 maggio 2011.

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) specifica che la norma mantiene fermo l'obbligo di assumere una quota parte del personale del distributore uscente, come stabilito dal decreto “tutela”, e che pertanto tale previsione non può dare punteggi per l'aggiudicazione della gara. L’articolo 25 del decreto “liberalizzazioni” prevede invece che l’assunzione del personale del distributore uscente da parte del distributore subentrante sia facoltativa e che dia luogo a un punteggio migliore.

 

I commi successivi riguardano invece il settore idroelettrico.

Il decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 (cosiddetto «decreto Bersani»), concernente attuazione della direttiva 96/92/CE, recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica, ha introdotto in Italia la liberalizzazione del mercato dell’energia – che fin dalla nazionalizzazione del 1962 era di fatto monopolistico- prevedendo, fra l’altro, all’articolo 12, una revisione delle scadenze delle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico ed un nuovo metodo per aggiudicare le utenze idriche al momento di tali scadenze, improntato ai principi della concorrenza. Il cosiddetto decreto Bersani ha fissato al 1º aprile 2029 la scadenza delle concessioni per le grandi derivazioni idroelettriche rilasciate a suo tempo a ENEL. Quelle rilasciate ad altri soggetti, scadute o in scadenza entro il 31 dicembre 2010 sono state prorogate di diritto a tale data. Per quelle posteriori al 31 dicembre 2010, i termini di scadenza sono quelli stabiliti dai relativi atti di concessione. Successivamente, la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia, contestando la preferenza riservata al concessionario uscente, a parità di offerta, rispetto ad altri concorrenti in caso di rinnovo delle concessioni di produzione di energia idroelettrica, in virtù dell’articolo 12 del citato decreto legislativo n. 79 del 1999.

Aderendo alla tesi della Commissione europea, la legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), ha eliminato la preferenza per il concessionario uscente prevista dal decreto Bersani, e quindi la procedura è stata archiviata. Tale finanziaria ha infatti previsto all’articolo 1, comma 483 (che modifica il suddetto articolo 12 del decreto Bersani), cinque anni prima dello scadere di una concessione di grande derivazione d’acqua per uso idroelettrico, l’indizione diretta da parte dell’amministrazione competente di una gara per l’attribuzione a titolo oneroso della concessione per un periodo di durata trentennale. Per limitare i danni al patrimonio delle imprese titolari delle concessioni, al comma 485 ha introdotto una sorta di misura compensativa, in deroga a quanto previsto dal decreto Bersani, stabilendo una proroga di dieci anni dei termini di scadenza di tutte le concessioni delle derivazioni idroelettriche, condizionata all’effettuazione di «congrui interventi di ammodernamento degli impianti», come definiti dal comma 487.

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 1 del 18 gennaio 2008, si è poi pronunziata in ordine ad una serie di questioni di legittimità costituzionale in merito alla disciplina delle concessioni di grande derivazione a scopo idroelettrico contenuta nell’articolo 1, commi 483 e ss. della legge finanziaria 2006, dichiarando l’illegittimità dell’art. 1, comma 485, per la proroga ivi stabilita e dell’art. 1, comma 486, che prevede l’obbligo per il soggetto titolare della concessione di versare «entro il 28 febbraio per quattro anni, a decorrere del 2006, un canone aggiuntivo unico, riferito all’intera durata della concessione».

In sintesi, il combinato disposto delle norme in materia di grandi derivazioni ad uso idroelettrico di cui al citato decreto legislativo n. 79 del 1999, le modifiche introdotte dalla legge n. 266 del 2005 e la sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 2008, hanno determinato una fase di incertezza normativa in merito alle modalità e tempi di gestione degli impianti idroelettrici.

In tale contesto, il fenomeno delle proroghe concernenti le assegnazioni delle concessioni di grande derivazione d’acqua, può essere visto nell’ottica del contemperamento tra l’esigenza di parità di trattamento concorrenziale fra gli operatori e l’esigenza di disporre di un tempo adeguato per lo svolgimento delle gare da parte delle amministrazioni competenti. Inoltre, vi è anche da considerare l’esigenza di consentire alle società concessionarie che hanno eseguito interventi di ammodernamento delle strutture, in virtù della legge finanziaria 2006, e attuato notevoli investimenti per la ristrutturazione e l’adeguamento delle strutture stesse, di ammortizzare tali investimenti.

Peraltro, in base ai dettami europei, inoltre, onde evitare misure discriminatorie, la concessione rilasciata non dovrebbe avere una durata eccessiva, non dovrebbe essere rinnovata automaticamente o conferire vantaggi al prestatore uscente, a meno che ciò non sia giustificato da una ragione di interesse generale prevista dal Trattato e proporzionato all’obiettivo perseguito.

Successivamente, il decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito con modificazioni in legge 30 luglio 2010 n.122, ha apportato ulteriori modifiche alla disciplina vigente in materia, prevedendo ipotesi di proroghe di cinque, ed eventualmente altri sette anni (per complessivi dodici anni), delle concessioni idroelettriche (art. 15, commi da 6-ter a 6 quinquies).

Tale normativa è stata superata in esito al contenzioso instauratosi dinanzi la Corte Costituzionale, conclusosi con la sentenza n. 205 del 13 luglio 2011.

La Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittime le proroghe di cinque anni dei rapporti concessori in essere, disposte al fine di “consentire il rispetto del termine, per l’indizione delle gare e garantire un equo indennizzo agli operatori economici per gli investimenti effettuati” (art. 15, comma 6-ter, lett. b) D.L. 78/2010) e quelle di ulteriori sette anni per le concessioni in vigore al 31 dicembre 2010, ricadenti in tutto o in parte nei territori di alcune province del nord Italia, alle condizioni tutte ivi previste, in attuazione dell’art. 44 Cost. e allo scopo di sperimentare forme di compartecipazione territoriale nella gestione della risorsa (art. 15, comma 6-ter, lett. d), D.L. 78/2010).

Il comma 4 interviene sull’articolo 12 del D.lgs. 79/1999[150] (cd. decreto Bersani). Il testo originario del decreto riduceva di dieci anni la durata delle concessioni idroelettriche (da 30 a 20 anni) e modificava la tempistica ed i criteri di aggiudicazione delle gare per le concessioni idroelettriche.

 

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) considera che 20 anni sono un tempo congruo per consentire lo sfruttamento della risorsa pubblica e dei benefici degli eventuali investimenti effettuati dal soggetto aggiudicatario, ma al contempo assicurarne la successiva circolazione fra altri soggetti interessati. Inoltre, poiché il prezzo di mercato dell'energia elettrica è difficilmente prevedibile a lungo termine, una durata eccessivamente lunga indurrebbe i soggetti offerenti a sottovalutare (e `sottoprezzare') il valore economico della concessione stessa.

 

Nel corso dell’esame parlamentare si è da un lato precisato che l'amministrazione competente è quella regionale (o delle province autonome); dall'altro lato si è inclusa la necessità del rispetto anche del princìpio fondamentale di assenza di conflitto di interessi. Infine, vi si prevede la possibilità che la durata delle concessioni per grandi derivazioni idroelettriche salga dai 20 anni previsti dal testo originario a 30 anni, a seconda dell’entità degli investimenti ritenuti necessari. Si disciplina anche il caso delle concessioni già scadute e in scadenza entro il 31 dicembre 2017 (per le quali non è applicabile il termine di 5 anni prima della scadenza per l’indizione della gara): in tali casi, le Regioni e le Province autonome indicono la gara entro due anni dall’emanazione del decreto interministeriale, specificando altresì le eventuali condizioni di esercizio della derivazione al fine di assicurare il necessario coordinamento con gli usi primari riconosciuti dalla legge, in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica. La gara è indetta anche per l'attribuzione di una nuova concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico, con le medesime modalità e durata.

 

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) affermava che, a fini di chiarezza interpretativa, per evitare anche possibili contenziosi che potrebbero rallentare le procedure di aggiudicazione, è stabilito il valore predominante da attribuire all'elemento "offerta economica per l'acquisizione dell'uso della risorsa idrica e degli altri beni pubblici oggetto di concessione" nonché all'elemento "offerta di aumento dell'energia prodotta o della potenza installata", rispetto agli altri elementi dell'offerta, in quanto criteri oggettivi, di immediata valutazione. I criteri, secondo questo ordine di priorità, dovranno essere poi riportati nel provvedimento, di competenza del Ministero dello Sviluppo Economico, di concerto con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata sui requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara previsto dall'articolo 12, comma 2, del citato decreto legislativo 79/1999.

 

La norma di cui al comma 4, lettera b), rinvia al predetto decreto ministeriale la fissazione della percentuale dell'offerta economica, risultata aggiudicataria, da destinare alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio della generalità dei clienti finali e la definizione delle relative modalità di attuazione.

Nel corso dell’esame parlamentare si è precisato che con lo stesso decreto sono stabiliti i criteri ed i parametri per definire la durata della concessione in rapporto all'entità degli investimenti, nonché, con parere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, i parametri tecnico-economici per la determinazione del corrispettivo e dell'importo spettanti al concessionario uscente.

 

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) evidenzia che il provvedimento attuativo di cui al comma 2 non sembra più procrastinabile ed è stato ripetutamente sollecitato dalla Commissione europea, sia all'interno della procedura di infrazione n. 2011/2026[151], che riguardo al caso pilota n. 965/10/MARK[152] che dalla Autorità Antitrust e da quella di vigilanza sui contratti pubblici.

Si ricorda che l’articolo 24-ter del decreto “liberalizzazioni” aveva prorogato al 30 aprile 2012 il termine previsto dal D.lgs. 79/1999[153] (cd. decreto Bersani) per l’adozione degli atti amministrativi volti a definire i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti le procedure per le gare per concessioni idroelettriche.

Il termine previgente per l'adozione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di appositoprovvedimento con il quale vengono determinati i requisiti organizzativi e finanziari minimi, i parametri ed i termini concernenti la procedura di gara ad evidenza pubblica per l’assegnazione delle concessione di grande derivazione d'acqua per uso idroelettrico era scaduto il 31 gennaio 2011.

Si ricorda anche che, in precedenza, l’articolo 12 del D.lgs. 79/1999 (c.d. decreto Bersani), di liberalizzazione del settore elettrico - già modificato dalla L. 266/2005 (finanziaria 2006) che ha previsto la gara ad evidenza pubblica quale procedura di assegnazione delle concessioni, ha subito numerose modifiche ad opera del D.L. 78/2010, come modificato dalla legge di conversione. Fra l’altro, è stato prorogato di 5 anni le concessioni.

I commi 5 e 6 disciplinano il trasferimento del ramo d'azienda dal concessionario uscente al nuovo aggiudicatario per garantire la continuità gestionale della concessione.

Il comma 5 prevede che, nel quadro del Testo Unico di cui al Regio Decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (nel corso dell’esame parlamentare si è limitato il rinvio ai casi di decadenza, rinuncia o termine dell'utenza idroelettrica), il bando di gara per l’attribuzione di una concessione di grande derivazione ad uso idroelettrico prevede, per garantire la continuità gestionale, il trasferimento dal concessionario uscente al nuovo concessionario della titolarità.

Si ricorda che le derivazioni d’acqua pubblica per usi idroelettrici hanno ancor oggi il loro riferimento normativo nel Regio Decreto 11 dicembre 1933 n. 1775, recante “Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici”, emanato per rispondere alle esigenze di regolamentazione dell’utilizzazione delle acque ai fini della produzione di energia elettrica, iniziata nei primi decenni del secolo scorso in occasione dello sviluppo della produzione industriale.

 

Il comma 6 dispone che al concessionario uscente sia assicurato un corrispettivo per il trasferimento del ramo d'azienda: Nel corso dell’esame parlamentaresi è precisato il rientro degli investimenti effettuati avviene con riferimento al valore di mercato, per i beni materiali diversi da quelli pubblici identificati dall'articolo 25, comma 1, del citato Testo Unico e non ammortizzati alla scadenza della concessione. Invece, con riferimento ai beni di cui al citato articolo 25, comma 1(opere di raccolta, di regolazione e di condotte forzate ed i canali di scarico, fermo restando il carattere demaniale della risorsa idrica), è inoltre dovuto un importo determinato sulla base del metodo del costo storico rivalutato, calcolato al netto dei contributi pubblici in conto capitale, anch'essi rivalutati, ricevuti dal concessionario per la realizzazione di tali opere, diminuito nella misura dell'ordinario degrado. Il prezzo del ramo d'azienda va concordato tra l'Amministrazione regionale e il concessionario uscente e reso noto nel bando di gara. In caso di mancato accordo si ricorre ad un collegio arbitrale che deve pronunciarsi entro un tempo definito.

 

Il comma 8 provvede ad abrogare la precedente normativa in materia, dettata dai commi 489 e 490 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2006 (legge n.266/2005).

Si ricorda che il citato comma 489 prevede che il bando di gara per concessioni idroelettriche possa anche prevedere il trasferimento della titolarità del ramo d'azienda relativo all'esercizio della concessione, comprensivo di tutti i rapporti giuridici, dal concessionario uscente al nuovo concessionario, secondo modalità dirette a garantire la continuità gestionale e ad un prezzo, entrambi predeterminati dalle amministrazioni competenti e dal concessionario uscente prima della fase di offerta e resi noti nei documenti di gara. Il successivo comma 490 disciplina il caso di mancato accordo, in cui si provvede alle relative determinazioni attraverso tre qualificati e indipendenti soggetti terzi di cui due indicati rispettivamente da ciascuna delle parti, che ne sopportano i relativi oneri, ed il terzo dal presidente del tribunale territorialmente competente, che operano secondo sperimentate metodologie finanziarie che tengano conto dei valori di mercato.

 

Il comma 7 mira ad assicurare un’omogenea disciplina sul territorio nazionale delle attività di generazione idroelettrica e una parità di trattamento tra gli operatori economici. A tal fine prevede che vengano stabiliti criteri generali per la determinazione secondo criteri di economicità e ragionevolezza, da parte delle regioni, di valori massimi dei canoni di concessione ad uso idroelettrico. All’attuazione si provvede tramite decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano. Nel corso dell’esame parlamentaresi è in proposito espunta la previsione del concerto con il decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e si è previsto che, con lo stesso decreto, sono fissate le modalità mediante le quali le regioni e le province autonome possono destinare una percentuale di valore non inferiore al 20 per cento del canone di concessione pattuito alla riduzione dei costi dell'energia elettrica a beneficio dei clienti finali (con riferimento ai punti di fornitura localizzati nel territorio della provincia o dell'unione dei comuni o dei bacini imbriferi montani insistenti nel medesimo territorio interessato dalle opere afferenti le concessioni in questione).

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 14 marzo 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura d’infrazione 2011-2026) ritenendo in contrasto con gli obblighi previsti dall’art. 49 TFUE l’art. 15 comma 6-ter, lettere b) e d) del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modifiche dalla L. 122/2010, che prevede una proroga automatica a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni idroelettriche.


 

Articolo 38
(
Semplificazioni delle attività di realizzazione di infrastrutture energetiche e liberalizzazioni nel mercato del gas naturale)

 


1. All'articolo 1 della legge 23 agosto 2004, n. 239, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, nel caso di mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa, comunque denominati, inerenti alle funzioni di cui ai commi 7 e 8 del presente articolo, entro il termine di centocinquanta giorni dalla richiesta nonché nel caso di mancata definizione dell'intesa di cui al comma 5 dell'articolo 52-quinquies del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e nei casi di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, il Ministero dello sviluppo economico invita le medesime a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da parte delle amministrazioni regionali interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale, entro sessanta giorni dalla rimessione, provvede in merito con la partecipazione della regione interessata. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso e sostituiscono il comma 6 del citato articolo 52-quinquies del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.»;

1-bis. Il conseguimento dell'autorizzazione alla costruzione e gestione di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto in area demaniale, portuale o limitrofa ai sensi dell'articolo 8 della legge 24 novembre 2000, n. 340, oltre a comportare la conformità agli strumenti urbanistici vigenti, costituisce titolo per il rilascio della concessione demaniale. Nell'ambito del procedimento per il rilascio della concessione demaniale di cui all'articolo 52 del codice della navigazione, l'eventuale parere definitivo del Consiglio superiore dei lavori pubblici viene reso entro centoventi giorni dalla richiesta. Decorso tale termine, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti invita il Consiglio superiore dei lavori pubblici a provvedere entro un termine non superiore ad ulteriori trenta giorni, decorsi i quali il parere si intende reso in senso favorevole, salve le prescrizioni tecniche che possono essere disposte anche successivamente fino al rilascio della concessione, e si procede alla conclusione del procedimento di concessione demaniale entro i successivi sessanta giorni. Le disposizioni del presente comma si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso.

2. All'articolo 14 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modifiche:

a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Con il decreto del Ministero dello sviluppo economico da emanare ai sensi dell'articolo 18, comma 2, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dal decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, è altresì determinata la parte dello spazio di stoccaggio di modulazione destinato alle esigenze dei clienti di cui all'articolo 12, comma 7, lettera a) del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, come modificato dal decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, da assegnare, per le esigenze degli stessi clienti, con procedure di asta competitiva, e la parte dello stesso spazio di stoccaggio di modulazione da assegnare con le procedure di allocazione vigenti. Le stesse procedure di asta competitiva sono utilizzate anche per le ulteriori capacità di stoccaggio di gas naturale disponibili per altre tipologie di servizio, incluse quelle eventualmente non assegnate ai sensi del comma 1. Le maggiori entrate rispetto alla remunerazione tariffaria dei servizi di modulazione relativi ai clienti sopra citati sono destinate dalla stessa Autorità alla riduzione delle tariffe di distribuzione, mentre quelle relative all'offerta degli altri tipi di servizi di stoccaggio sono destinate alla riduzione della tariffa di trasporto.»;

b) dopo il comma 3 è aggiunto il seguente comma:

«3-bis. Lo spazio di stoccaggio di cui all'articolo 5, comma 1, lettera b), punto 2) del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130, è offerto, nell'anno contrattuale di stoccaggio in cui diviene, anche parzialmente, fisicamente disponibile, ai soggetti individuati allo stesso punto 2) mediante procedure di asta competitiva. Le maggiori entrate rispetto alla remunerazione tariffaria dei servizi di stoccaggio sono destinate dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas alla riduzione delle tariffe di trasporto.» .

2-bis. L'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, provvede ad adeguare il sistema delle tariffe di trasporto del gas naturale secondo criteri che rendano più flessibile ed economico il servizio di trasporto a vantaggio dei soggetti con maggiore consumo di gas naturale.

3. Con decreti del Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, sono determinati limiti massimi per l'attribuzione a ciascun soggetto o gruppo societario delle capacità di stoccaggio non destinate alle esigenze dei clienti civili e, fino alla realizzazione di ulteriori capacità di stoccaggio e di punta di erogazione sufficienti a garantire il funzionamento in sicurezza del sistema del gas naturale in base alle valutazioni di rischio condotte ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93, le modalità per l'utilizzo delle capacità di stoccaggio e di punta esistenti da parte di tutti gli utenti ai fini della sicurezza dello stesso sistema.


 

 

L’articolo 38 contiene, al comma 1, una disposizione che definisce una procedura con un intervento statale per sbloccare i procedimenti autorizzativi delle infrastrutture energetiche nel caso di mancanza di atti di competenza delle amministrazioni regionali. I commi 2 e 3, invece, sono mirati ad introdurre modalità più efficienti per l’allocazione dei servizi di stoccaggio del gas naturale.

 

Il comma 1 integra la legge di riordino del settore energetico (legge n. 239/2004[154]) con una disposizione che prevede un intervento statale per sbloccare i procedimenti autorizzativi per le infrastrutture energetiche in caso di inerzia delle regioni.

Dopo i commi 7 e 8, che elencano i compiti e le funzioni dello Stato nel settore energetico, viene inserito un comma 8-bis che, fatte salve le disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale, definisce una procedura da attuarsi nel caso di mancata espressione da parte delle amministrazioni regionali degli atti di assenso o di intesa inerenti alle funzioni di cui ai precedenti commi 7 e 8 entro il termine di centocinquanta giorni dalla richiesta.

In tali casi, il Ministero dello sviluppo economico invita le Regioni a provvedere entro un termine non superiore a trenta giorni. In caso di ulteriore inerzia da parte delle amministrazioni regionali interessate, lo stesso Ministero rimette gli atti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale provvede in merito con la partecipazione della Regione interessata.

Tale procedura è applicabile anche ai procedimenti amministrativi in corso.

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) evidenzia come molti procedimenti relativi alla realizzazione di infrastrutture energetiche strategiche risultino fortemente rallentati o sospesi, anche per anni, a causa dell'inerzia delle amministrazioni regionali aventi competenza concorrente nell'autorizzazione o concessione relativa alle opere da realizzare. Anche in presenza di espressioni favorevoli di V.I.A. e di pareri favorevoli dei Comuni interessati, in assenza di intesa regionale non si possono autorizzare le realizzazioni di infrastrutture in grado di muovere investimenti rilevanti di privati. Per lo sviluppo di programmi di realizzazione di infrastrutture energetiche sono attualmente in attesa di autorizzazione ingenti investimenti di operatori di mercato, per un ammontare di oltre 10 miliardi di euro, totalmente di capitale privato, che, ove celermente autorizzati, potrebbero contribuire significativamente alla crescita economica e all'occupazione, con effetti anche sulla riduzione del costo dell'energia per i consumatori domestici e per le imprese.

Le disposizioni del comma 1, coerentemente con l'orientamento giurisprudenziale attuale della Corte Costituzionale, colmano un vuoto normativo che si presenta nel caso in cui l'intesa regionale, necessaria nei casi di competenza concorrente, o il diniego della stessa, non intervengano anche dopo tempi di attesa molto lunghi, e in presenza di un procedimento amministrativo già concluso con il parere delle varie amministrazioni centrali e locali coinvolte e dopo una Valutazione di Impatto Ambientale espressa in senso favorevole. La nuova norma pone all'Amministrazione dello Stato procedente in regime concorrente l'onere di attuare tutti i possibili tentativi di leale collaborazione, esperiti i quali, analogamente con le procedure di legge già previste in caso di dissenso espresso, si fa ricorso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per un decisione definitiva, in modo da pervenire alla chiusura del procedimento.

 

Nel corso dell’esame parlamentare si è resa applicabile tale procedura di intervento statale di sblocco dei procedimenti autorizzativi delle infrastrutture energetiche qualora manchino gli atti di competenza delle amministrazioni regionali già prevista dalla versione originaria del comma 8-bis anche ai casi:

·       di mancata definizione dell’intesa con le Regioni interessate per le autorizzazioni alla costruzione e l’esercizio dei gasdotti e degli oleodotti appartenenti alle reti nazionali di trasporto;

·       di mancato rispetto da parte delle amministrazioni regionali competenti dei termini per l'espressione dei pareri o per l'emanazione degli atti di propria competenza per le infrastrutture coerenti con la strategia energetica nazionale individuate col DPCM di cui all’articolo 3, comma 1, del D.lgs. 93/2011[155].

L'ultimo periodo dispone che il nuovo comma 8-bis si applichi anche ai procedimenti in corso e, come integrato nel corso dell’esame parlamentare, sostituisca l'articolo 52-quinquies del Testo unico sulle espropriazioni.

Nel corso dell’esame parlamentare è stato inserito il comma 1-bis, ove si dispone che il conseguimento dell’autorizzazione alla costruzione e alla gestione di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto in area demaniale, portuale o limitrofa costituisce titolo per il rilascio della concessione demaniale.

Si definiscono inoltre tempi certi nell’ambito del procedimento per il rilascio della concessione demaniale stessa. Tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti amministrativi in corso.

 

I commi 2 e 3 riguardano gli stoccaggi di gas naturale.

 

Il comma 2 interviene sull’articolo 14 del cd. decreto “liberalizzazioni” relativo appunto agli stoccaggi di gas naturale e mirato a ridurre i costi di approvvigionamento di gas naturale per le imprese accrescendo le possibilità di accesso al gas già oggetto di stoccaggio strategico e di stoccaggio di modulazione (scorte accumulate nei periodi di minor consumo) e, più in generale, le possibilità di acquisizione di gas mediante infrastrutture di importazione di gas dall’estero.

Si ricorda che il citato articolo 14 del decreto “liberalizzazioni”, per raggiungere le proprie finalità, da un lato, ha incentivato l’erogazione di nuovi servizi integrati di trasporto di gas a mezzo di gasdotti esteri e di rigassificazione; dall’altro ha consentito di liberare per usi produttivi una quota del gas già oggetto di stoccaggio “strategico” e di stoccaggio “di modulazione”.

Essa si basa sul presupposto che a seguito di alcune disposizioni introdotte dal D.lgs. 93/2011[156] (di recepimento del c.d. Terzo pacchetto energia dell’UE) nel corpo del D.lgs. 164/2000 (decreto Letta), si potranno rendere disponibili, per le imprese, maggiori quantità di gas naturale, con conseguente riduzione del relativo prezzo. Il riferimento è:

§       all’art. 12, comma 11-ter, del D.lgs. 164/2000 (come novellato nel 2011), per il quale con D.M. Sviluppo Economico sono annualmente rideterminate, in base a parametri specifici, le quote di gas naturale che i soggetti produttori e i soggetti importatori sono obbligati a destinare a stoccaggio strategico[157];

§       all’art. 18, comma 2, del D.lgs. 164/2000 (come novellato nel 2011), per il quale con D.M. Sviluppo Economico sono determinati i criteri di calcolo per i quantitativi di gas da destinare al cosiddetto stoccaggio “di modulazione[158]” (le scorte accumulate nei periodi di minor consumo, pari a circa 10 miliardi di metri cubi annui, vengono iniettate nel sottosuolo d’estate, quando le importazioni superano la domanda e rierogate d’inverno, durante i maggiori consumi del mercato civile)[159].

Per conseguire i vantaggi della riconversione ad uso produttivo di tali quote di gas stoccato rese disponibili, la norma del comma 1 dell’art. 14 del D.L. liberalizzazioni ne ha previsto l'assegnazione, a due specifiche tipologie di impresa: a) imprese industriali; b) imprese di rigassificazione, a garanzia del rispetto dei programmi di rigassificazione dei propri utenti. Il comma 3, sostituito dalla norma attualmente in esame,consente quindi di distribuire – secondo modalità che saranno stabilite dall’AEEG - anche ad altri utenti le ulteriori disponibilità di gas già stoccato non assegnate ai sensi del comma 1.

 

La lettera a), modificativa del comma 3 dell’art. 14 del D.L. 1/2012, configura dunque un sistema di aste competitive

§      per la parte dello spazio di stoccaggio di modulazione destinato alle esigenze dei clienti civili e ai clienti non civili con consumi non superiori a 50.000 metri cubi annui, da determinarsi con il decreto del Ministero dello sviluppo economico;

§      per le ulteriori capacità di stoccaggio di gas naturale disponibili per altre tipologie di servizio, incluse quelle eventualmente non assegnate ai sensi del già citato comma 1 dell’articolo 14 del decreto “liberalizzazioni”.

 

Sono destinate alla riduzione delle tariffe

§      di distribuzione, le maggiori entrate rispetto alla remunerazione tariffaria dei servizi di modulazione relativi ai clienti sopra citati;

§      di trasporto, le maggiori entrate relative all’offerta degli altri tipi di servizi di stoccaggio.

Nel corso dell’esame parlamentare, poi, è stato precisato che con D.M. del MiSE sarà determinata, oltre alla parte dello spazio di stoccaggio di modulazione destinato alle esigenze dei clienti civili e ai clienti non civili con consumi non superiori a 50.000 metri cubi annui, anche la parte dello stesso spazio di stoccaggio di modulazione da assegnare con le procedure di allocazione vigenti.

Le aste competitive sono previste anche dalla lettera b), che aggiunge il comma 3 bis all’articolo 14 del decreto “liberalizzazioni”. Tale nuovo comma prevede l’offerta a tutti gli utenti del sistema del gas naturale mediante procedure di asta competitiva dello spazio di stoccaggio di cui all’articolo 5, comma 1, lettera b), punto 2) del D.lgs. n.130/2010[160], nell’anno contrattuale di stoccaggio in cui diviene, anche parzialmente, fisicamente disponibile. Nel corso dell’esame parlamentare, poi, è stato precisato che l’offerta, mediante procedure di asta competitiva, dello spazio di stoccaggio in questione (riguardante un volume pari ad 1 miliardo di metri cubi riservati a clienti finali corrispondenti a soggetti produttori di energia elettrica limitatamente ai loro impianti alimentati unicamente a gas naturale) non va fatta a tutti gli utenti del sistema del gas naturale (come previsto dalla versione originaria) bensì ai soggetti individuati dal punto 2) (ossia ai produttori di energia elettrica limitatamente ai loro impianti alimentati unicamente a gas naturale).

Si ricorda che l’articolo 5, comma 1, lettera b), punto 2) del D.lgs. n.130/2010 riguarda un volume pari ad 1 miliardo di metri cubi riservati a clienti finali corrispondenti a soggetti produttori di energia elettrica limitatamente ai loro impianti alimentati unicamente a gas naturale.

Le maggiori entrate rispetto alla remunerazione tariffaria dei servizi di stoccaggio sono destinate dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas alla riduzione delle tariffe di trasporto.

 Nel corso dell’esame parlamentare è stato poi inserito il comma 2-bis, per prevedere che l’AEEG, entro 4 mesi, adegui il sistema delle tariffe di trasporto del gas naturale secondo criteri che rendano più flessibile ed economico il servizio di trasporto a vantaggio dei soggetti a maggiore consumo di gas naturale.

 

Secondo la relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312), le disposizioni del comma 2 introducono modalità più efficienti per l’allocazione dei servizi di stoccaggio destinati

§       alla flessibilità del sistema di importazione,

§       al servizio di modulazione per i clienti civili,

§       al servizio di stoccaggio per utenti industriali e termoelettrici,

passando da un sistema pro-quota e con volumi segmentati per tipologia di utenza, ad un sistema di asta competitiva sul complesso delle capacità disponibili. In tal modo si fa emergere il valore commerciale della risorsa stoccaggio, destinando ai clienti civili, per la parte di competenza, e a tutti gli utenti del sistema per la rimanente parte, la differenza tra le maggiori entrate derivanti dalle procedure di asta e la tariffa regolata per tali servizi, stabilita dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Viene consentito perciò l'accesso allo stoccaggio da parte di tutti gli utenti, semplificando il sistema di transazioni tra i diversi fornitori al mercato civile in caso di modifica del portafoglio clienti, e si spinge verso un sistema di mercato per l'allocazione di una risorsa scarsa di sistema.

 

Il comma 3 prevede la determinazione, con decreti del Ministro dello sviluppo economico, sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas,

§      dei limiti massimi per l’attribuzione a ciascun soggetto o gruppo societario delle capacità di stoccaggio non destinate alle esigenze dei clienti civili e

§      delle modalità per l’utilizzo delle capacità di stoccaggio e di punta esistenti da parte di tutti gli utenti ai fini della sicurezza dello stesso sistema, fino alla realizzazione di ulteriori capacità di stoccaggio e di punta di erogazione sufficienti a garantire il funzionamento in sicurezza del sistema del gas naturale in base alle valutazioni di rischio condotte ai sensi dell’articolo 8[161] del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93.

La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) afferma che la disposizione introduce la possibilità di determinare limiti per l'acquisizione da parte di un singolo operatore o gruppo societario delle capacità di stoccaggio, al fine di consentire un più concorrenziale accesso alle stesse, evitando il possibile rafforzamento di posizioni dominanti, nonché, in attesa che vengano realizzate in Italia capacità di stoccaggio sufficienti a garantire il funzionamento del sistema del gas nelle diverse situazioni di rischio derivanti da interruzioni di forniture dall'estero e da eventi climatici sfavorevoli, di stabilire modalità di utilizzo delle capacità di stoccaggio esistenti, anche in presenza di una pluralità di utenti, che preservino la sicurezza di funzionamento del sistema del gas in tali condizioni di rischio.


 

Articolo 38-bis
(
Individuazione degli impianti di produzione di energia elettrica necessari per situazioni di emergenza e delle relative condizioni di esercizio e funzionamento)

 

 


1. Al fine di ridurre il consumo di gas naturale nel settore termoelettrico nelle situazioni di emergenza gas e garantire la sicurezza delle forniture di energia elettrica a famiglie e imprese, anche tenendo conto di quanto previsto all'articolo 38, il Ministro dello sviluppo economico, sulla base degli elementi evidenziati dal Comitato per l'emergenza gas e dalla società Terna Spa, entro il 31 luglio di ogni anno individua con proprio decreto le esigenze di potenza produttiva, alimentabile con olio combustibile e con altri combustibili diversi dal gas, di cui garantire la disponibilità, nonché le procedure atte ad individuare, nei successivi trenta giorni e secondo criteri di trasparenza e di contenimento degli oneri, gli specifici impianti di produzione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW, anche tra quelli non in esercizio a motivo di specifiche prescrizioni contenute nelle relative autorizzazioni, destinati a far fronte ad emergenze nel successivo anno termico. Il termine per l'individuazione delle esigenze di potenza produttiva da parte del Ministro dello sviluppo economico è fissato, in sede di prima applicazione, al 30 settembre 2012.

2. I gestori degli impianti di cui al comma 1 garantiscono la disponibilità degli impianti stessi per il periodo dal 1° gennaio al 31 marzo di ciascun anno termico e possono essere chiamati in esercizio in via di urgenza, nell'arco di tempo suddetto, per il solo periodo di tempo necessario al superamento della situazione di emergenza.

3. Tenuto conto del limitato periodo di possibile esercizio degli impianti di cui al comma 1 e della loro finalità, a tali impianti si applicano esclusivamente i valori limite di emissione nell'atmosfera previsti dalla normativa vigente, in deroga a più restrittivi limiti di emissioni nell'atmosfera o alla qualità dei combustibili, eventualmente prescritti dalle specifiche autorizzazioni di esercizio, ivi incluse le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate ai sensi della parte seconda, titolo III-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Sono sospesi altresì gli obblighi relativi alla presentazione di piani di dismissione previsti nelle medesime autorizzazioni.

4. Fermo restando quanto previsto dal comma 3, per il periodo di cui al comma 2, i gestori degli impianti di cui al comma 1 sono esentati dall'attuazione degli autocontrolli previsti nei piani di monitoraggio e controllo, con deroga alle eventuali specifiche prescrizioni contenute nelle relative autorizzazioni integrate ambientali per il caso di utilizzo di combustibili liquidi, nonché dall'attuazione delle prove periodiche sui sistemi di misurazione in continuo delle emissioni di cui alla parte quinta, allegato II, parte II, sezione 8, punto 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, previste dalla citata parte quinta, allegato VI, del decreto legislativo n. 152 del 2006. Le esenzioni si applicano anche nel caso in cui gli impianti non vengano chiamati in esercizio al di fuori del periodo di cui al comma 2. Ai medesimi gestori non si applica quanto previsto all'articolo 1-quinquies, comma 1, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2003, n. 290.

5. Con provvedimento dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità per il dispacciamento degli impianti di cui al comma 1, nonché le modalità per il riconoscimento dei costi sostenuti per i medesimi impianti in ciascun anno termico, quali oneri generali per la sicurezza del sistema del gas naturale, in analogia a quanto previsto per la reintegrazione dei costi delle unità essenziali per la sicurezza del sistema elettrico.


L’articolo 38-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede una procedura annuale di individuazione delle esigenze di potenza e degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati a combustibili diversi dal gas per far fronte alle situazioni di emergenza gas.

Nella comunicazione relativa alla strategia di politica energetica per il 2020 (COM(2010)639) e nella successiva comunicazione relativa a una Tabella di marcia per l’energia per il 2050 (COM(2011)885) presentata il 15 dicembre 2011, già la Commissione europea considerava necessario conseguire l’obiettivo UE della decarbonizzazione, assicurando al settore dell’energia la sicurezza dell’approvvigionamento e la competitività: ciò passa per la realizzazione entro il 2014 di un mercato interno dell’energia funzionante, basato su adeguate infrastrutture di trasmissione e stoccaggio e capace di convogliare l’energia in funzione della domanda.

In tale contesto, la Commissione ritiene importante assicurare che gli accordi di mercato offrano soluzioni efficaci dal punto di vista dei costi e che l’accesso ai mercati sia garantito per forniture flessibili di tutti i tipi - per la gestione della domanda, dello stoccaggio come pure della produzione - e che una tale flessibilità sia ricompensata sul mercato garantendo utili ragionevoli sul capitale investito.

In ragione di ciò, il comma 1 attribuisce al MiSE, anche tenendo conto di quanto previsto all'articolo 38, sulla base degli elementi evidenziati dal Comitato per l'emergenza gas e da Terna, la funzione di individuare annualmente (entro il 30 settembre 2012 in sede di prima applicazione) le esigenze di potenza produttiva, alimentabile ad olio combustile e altri combustibili diversi dal gas, di cui garantire la disponibilità. Nella stessa sede saranno indicate le procedure atte ad individuare, nei successivi trenta giorni e secondo criteri di trasparenza e di contenimento degli oneri, gli specifici impianti di produzione di energia elettrica con potenza termica nominale superiore a 300 MW, anche tra quelli non in esercizio a motivo di specifiche prescrizioni contenute nelle relative autorizzazioni, destinati a far fronte ad emergenze nel successivo anno termico.

Si rammenta che l'Unione europea[162] ha all'esame una proposta di regolamento (COM(2011)658) che intende favorire in maniera proporzionale l’allineamento minimo delle procedure amministrative nazionali, necessario per agevolare l'attuazione di progetti di rilevanza europea, lasciando gli Stati membri liberi di conformarsi a quanto prescritto dal regolamento attraverso le procedure ritenute più in linea con i rispettivi sistemi giuridici nazionali. In essa si prospetta anche una revisione degli orientamenti in materia di reti transeuropee dell’energia (RTE-E) al fine di favorirne lo sviluppo tempestivo e l'interoperabilità. In particolare, la Commissione propone norme per individuare i progetti di interesse comune (PIC) prioritari e, per tali progetti, un regime di interesse comune finalizzato a coordinare e semplificare il processo di rilascio delle autorizzazioni, a fissare gli standard minimi per la trasparenza e la partecipazione del pubblico nonché la durata massima di tre anni per completare il processo di rilascio delle autorizzazioni.

Per il comma 2 i gestori renderanno disponibili tali impianti per il periodo 1° gennaio - 31 marzo di ciascun anno. Ai sensi dei commi 3 e 4 per tali impianti sono previste normative meno restrittive in termini di valori limite di emissione, mentre per il comma 5 l’AEEG definisce le modalità per il dispacciamento e per il riconoscimento dei costi sostenuti, quali oneri generali di sistema.


 

Articolo 38-ter
(
Inserimento dell'energia geotermica tra le fonti energetiche strategiche)

 

1. All'articolo 57, comma 1, del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, dopo la lettera f) è aggiunta la seguente:

«f-bis) gli impianti per l'estrazione di energia geotermica di cui al decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22.».

 

 

L’articolo 38-ter, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, è volto ad inserire gli impianti per l’estrazione di energia geotermica tra le infrastrutture e gli insediamenti strategici ai sensi dell'articolo 1, comma 7, lettera i), della legge 23 agosto 2004, n. 239 (legge di riordino del settore energetico), a tal fine novellando il decreto-legge n. 5 del 2012[163].

 

Si ricorda che il riassetto della normativa[164] in materia di ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche è stato effettuato con il D.lgs. 11 febbraio 2010, n. 22, emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 27, comma 28, della legge 23 luglio 2009, n. 99.

Si segnala inoltre che con l’adozione dei decreti ministeriali[165] che definiscono i nuovi incentivi per l’energia fotovoltaica e per le rinnovabili elettriche non fotovoltaiche (idroelettrico, geotermico, eolico, biomasse, biogas), anche per questo settore il nuovo regime favorisce tecnologie con maggior ricaduta sulla filiera economico-produttiva nazionale e ad altro contenuto innovativo, introducendo inoltre meccanismi per evitare distorsioni a livello territoriale e conflitti con altre filiere; è pertanto prevedibile una ricaduta infrastrutturale rilevante.

Per le fonti rinnovabili l'Obiettivo Strategia Europa 2020 è raggiungere il 20 per cento di quota di fonti rinnovabili nei consumi finali di energia. In base all’obiettivo europeo, declinato a livello nazionale, al 2020 l’Italia dovrà coprire con energia prodotta da fonti rinnovabili il 17 per cento dei consumi lordi nazionali. Quest’obiettivo è stato opportunamente ripartito, nell’ambito del Piano di Azione Nazionale per le energie rinnovabili presentato dall’Italia a Bruxelles a giugno 2010, tra i tre settori: elettrico, termico e dei trasporti. La dinamica degli investimenti in energie rinnovabili è attestata dal fatto che, nel 2010, gli impianti alimentati con fonti rinnovabili in Italia hanno raggiunto le 159.895 unità, più del doppio dell’anno precedente, per una potenza efficiente lorda pari a 30.284 MW con circa 3.765 MW addizionali (+14 per cento). Il parco nazionale è caratterizzato soprattutto dagli impianti che sfruttano la fonte idraulica, tuttavia l’avvento dei sistemi d’incentivazione ha sostenuto lo sviluppo delle nuove fonti solare-fotovoltaica, eolica e delle bioenergie. Anche per la fonte eolica si registra un incremento nel corso degli ultimi anni, mentre è da segnalare il forte sviluppo sul mercato italiano degli impianti a biogas e bioliquidi.

Si segnala che tali incrementi consentono, al momento, di ipotizzare che l’obiettivo europeo sarà realizzato senza ricorrere ai trasferimenti statistici da altri Stati membri ipotizzati nel Piano di azione nazionale per le fonti rinnovabili presentato nel luglio 2010 e che sarà anche limitato il ricorso ai progetti comuni di cui all’art. 9 della direttiva. Ai fini del raggiungimento dell’obiettivo europeo in materia di fonti rinnovabili l’Italia sta mettendo a punto diverse azioni, rivedendo allo stesso tempo gli strumenti già in essere. Tra gli obiettivi che il Governo si pone in questo settore rilevano in particolare: la rimodulazione del livello incentivi per le fonti rinnovabili per tenere conto dell’evoluzione tecnologica e delle priorità per le tecnologie più efficienti; un maggior sostegno alle fonti rinnovabili termiche con forme di efficienza nella distribuzione e nell’uso di energia; un miglior coordinamento tra Stato e Regioni nella suddivisione delle responsabilità per raggiungere gli obiettivi; interventi sulle infrastrutture di rete (sistemi di accumulo e smart grid); aggiornamento delle regole del mercato elettrico per tener conto della forte crescita delle energie rinnovabili non programmabili (eolico e fotovoltaico).

Nel corso del 2011 era già stato approvato il D.lgs. n. 28/2011, che attua la Direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili e per il quale sono in corso di predisposizione i decreti attuativi. Fu approvato anche il decreto interministeriale relativo al ‘Burden Sharing regionale’ sulle fonti rinnovabili con obiettivi specifici per ciascuna Regione e Provincia Autonoma in termini di percentuale di rinnovabili sul consumo finale lordo, con controllo biennale del raggiungimento degli obiettivi a partire dal 2012. In precedenza, la legge n. 13 del 2009 aveva stabilito che gli obiettivi comunitari circa l’uso delle energie rinnovabili fossero ripartiti, con modalità condivise, tra le Regioni italiane, con l’istituzione di un meccanismo di trasferimento su base statistica tra le Regioni di quote di produzione di energia da fonti rinnovabili.

L’obiettivo è di ridurre i differenziali tra le diverse aree del Paese, attualmente elevati.

La produzione lorda da fonti rinnovabili risulta distribuita per oltre la metà nelle Regioni del Nord 58,7 (dove sono localizzate la gran parte delle centrali idroelettriche), per poco meno del 15,6 per cento in quelle del Centro (dove all’idroelettrico si affianca il geotermico) e per il restante 25 per cento circa nel Mezzogiorno. Alcune Regioni del Mezzogiorno, in particolare Puglia, Sicilia e Molise, negli ultimi anni hanno registrato progressi significativi, anche grazie al contributo dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali. Per l’insieme della ripartizione, la produzione elettrica da fonti rinnovabili è aumentata del 28 per cento nel solo 2010, grazie alle fonti ‘nuove’, quali biomasse, eolico e fotovoltaico.


 

Articolo 39
(
Criteri di revisione del sistema delle accise sull’elettricità e sui prodotti energetici e degli oneri generali di sistema elettrico per le imprese a forte consumo di energia; regimi tariffari speciali per i grandi consumatori industriali di energia elettrica)

 


1. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 dicembre 2012, sono definite, in applicazione dell'articolo 17 della Direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003, le imprese a forte consumo di energia, in base a requisiti e parametri relativi a livelli minimi di consumo ed incidenza del costo dell'energia sul valore dell'attività d'impresa.

2. I decreti di cui al comma 1 sono finalizzati alla successiva determinazione di un sistema di aliquote di accisa sull'elettricità e sui prodotti energetici impiegati come combustibili rispondente a principi di semplificazione ed equità, nel rispetto delle condizioni poste dalla direttiva 2003/96/CE del Consiglio del 27 ottobre 2003, che assicuri l'invarianza del gettito tributario e non determini, comunque, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

3. I corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico ed i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali sono rideterminati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas entro 60 giorni dalla data di emanazione dei decreti di cui al comma 1, in modo da tener conto della definizione di imprese a forte consumo di energia contenuta nei decreti di cui al medesimo comma 1 e nel rispetto dei vincoli di cui al comma 2, secondo indirizzi del Ministro dello sviluppo economico. Dalla data di entrata in vigore della rideterminazione è conseguentemente abrogato l'ultimo periodo del comma 11 dell'articolo 3 del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.

4. In attuazione dell'articolo 3, comma 13-bis, del decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2012, convertito con modificazioni in legge n. 44 del 26 aprile 2012, e limitatamente ai periodi individuati dalla medesima norma, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas adotta i provvedimenti necessari a garantire che la componente tariffaria compensativa riconosciuta ai soggetti di cui alla citata norma, successivamente al loro passaggio al libero mercato dell'energia elettrica, non risulti inferiore a quella che sarebbe stata riconosciuta in caso di permanenza sul mercato vincolato. Restano salvi gli effetti delle decisioni della Commissione europea in materia.


 

 

L’articolo 39 riguarda le imprese a forte consumo di energia. I commi 1-3 prevedono una nuova definizione delle imprese energy intensive basata sulla normativa europea e finalizzata alla revisione delle accise sull’energia e sugli oneri generali di sistema gravanti su tali imprese. Il comma 4, invece, riguarda l’applicazione dei regimi tariffari speciali di cui sono beneficiarie alcune grandi società (in particolare l’Alcoa e la Thyssen).

 

I commi 1-3 sono orientati ad una revisione delle agevolazioni sui prodotti energetici di cui godono le imprese energy intensive (dette anche imprese “energivore”), ovvero le imprese a forte consumo di energia.

Il comma 1 prevede anzitutto la definizione dei requisiti e dei parametri che individuano le imprese a forte consumo di energia tramite uno o più decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto col Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro il 31 dicembre 2012.

 

La definizione delle imprese a forte consumo di energia deve avvenire:

§      in applicazione dell’articolo 17 della Direttiva 2003/96/CE[166].

L’articolo 17 della citata direttiva qualifica come «impresa a forte consumo di energia» un'impresa in cui i costi di acquisto dei prodotti energetici ed elettricità siano pari almeno al 3,0 % del valore produttivo ovvero l'imposta nazionale sull'energia pagabile sia pari almeno allo 0,5 % del valore aggiunto. Nell'ambito di questa definizione gli Stati membri possono applicare concetti più restrittivi;

 

§      in base a requisiti e parametri relativi a livelli minimi di consumo ed incidenza del costo dell’energia sul valore dell’attività d’impresa.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) rileva che l'attuale normativa in materia fiscale identifica i grandi consumatori di energia, per i quali esiste una disciplina di maggior favore, esclusivamente in base alla quantità di energia consumata.

 

Da ultimo, si ricorda che il decreto-legge “semplificazioni tributarie” (D.L. n. 16 del 2012 (articolo 3-bis), accanto alla previsione di un’aliquota per uso combustione ridotta nei casi di produzione combinata di energia elettrica e calore, ha modificato - con decorrenza dal 1° giugno 2012 - l’aliquota di accisa sull’energia elettrica per qualsiasi uso in locali diversi dalle abitazioni, disponendone una differenziazione per fasce e a seconda dell’ammontare del consumo mensile.

 

Nel dettaglio:

§       è stata abrogata la norma che disponeva l’esenzione d’accisa per l’energia elettrica utilizzata in opifici industriali aventi un consumo mensile superiore a 1.200.000 kWh;

§       è stata conseguentemente rideterminata la misura dell’accisa sull’elettricità utilizzata nei luoghi diversi dalle abitazioni, differenziandola sulla base del consumi, nella seguente misura:

a)   per i consumi fino a 1.200.000 kWh mensili (piccoli e medi opifici):

1)  sui primi 200.000 kWh consumati nel mese si applica l'aliquota di euro 0,0125 per kWh;

2)  sui consumi che eccedono i primi 200.000 kWh consumati nel mese e che non sono superiori a 1.200.000 kWh si applica l'aliquota di euro 0,0075 per kWh;

b)   per i consumi superiori a 1.200.000 kWh mensili (grandi opifici):

1)   sui primi 200.000 kWh consumati nel mese si applica l'aliquota di euro 0,0125 per kWh;

2)   sui consumi che eccedono i primi 200.000 kWh consumati nel mese si applica un'imposta in misura fissa pari a euro 4.820.

 

Accisa sull’elettricità utilizzata nei luoghi diversi dalle abitazioni

Misura dell’accisa

Opifici con consumo mensile fino a 1.200.000 kwh:

 

- fino a 200.000 kwh

0,0125 euro per kwh

- tra 200.001 e 1.200.000 kwh

0,0075 euro per kwh

Opifici con consumo mensile superiore a 1.200.000 kwh:

 

- fino a 200.000 kwh

0,0125 euro per kwh

- tra 200.001 e 1.200.000 kwh

4.820 euro (quota fissa)

 

Ai fini dell'applicazione dell'aliquota ridotta di euro 0,0075 al kWh o dell'imposta in misura fissa pari a euro 4.820, è previsto che i soggetti i quali producono energia elettrica per uso proprio e la consumano per qualsiasi uso in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, sono tenuti a trasmettere al competente ufficio dell'Agenzia delle dogane, entro il giorno 20 di ogni mese, i dati relativi al consumo del mese precedente.

La direttiva 2003/96/CE in materia di tassazione energetica prevede che i Paesi membri possano definire sgravi fiscali a favore delle imprese a forte consumo dì energia, identificate secondo parametri di incidenza dei costi di acquisto dell'energia sul valore produttivo dell'impresa.

La norma che si propone è finalizzata ad identificare le categorie di imprese a forte consumo di energia secondo i criteri dati dalla direttiva europea, ossia con riferimento non solo alla quantità di energia consumata ma anche al peso che riveste il costo dell'energia sui costi di produzione e sull'attività di impresa, in modo da riequilibrare in modo più equo le attuali agevolazioni.

 

Il comma 2 specifica che la finalità dei decreti che dovranno rivedere tali agevolazioni risiede nella successiva determinazione di un sistema di aliquote di accisa sull’elettricità e sui prodotti energetici impiegati come combustibili rispondente a princìpi di semplificazione ed equità.

L’operazione di revisione delle aliquote, peraltro, deve assicurare l'invarianza del gettito tributario e non determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Il comma 3 prevede che, entro 60 giorni dall’emanazione di tali decreti, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ridetermini i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico ed i criteri di ripartizione dei medesimi oneri a carico dei clienti finali.

In tale rideterminazione, l’Autorità deve tener conto

§      della definizione di imprese a forte consumo di energia contenuta nei decreti;

§      dei vincoli di cui al comma 2;

§      degli indirizzi del Ministro dello sviluppo economico.

 

Dalla data di entrata in vigore della delibera con cui vengono rideterminati i corrispettivi a copertura degli oneri generali di sistema elettrico, è abrogato l’ultimo periodo del comma 11 dell’articolo 3 del decreto Bersani (D.lgs. 79/1999).

Il citato comma 11 dell’articolo 3 del decreto Bersani riguarda l’individuazione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico. L’ultimo periodo, che sarà abrogato una volta che l’AEEG avrà rideterminato i corrispettivi, dispone che la quota parte del corrispettivo a copertura dei suddetti oneri è a carico dei clienti finali, in particolare per le attività ad alto consumo di energia, sia definita in misura decrescente in rapporto ai consumi maggiori.

 

Il comma 4 indica le modalità attuative dell’articolo 3, comma 13-bis, del decreto-legge “semplificazioni fiscali”[167], che è recentemente intervenuto sulle modalità di applicazione di regimi tariffali speciali per l'energia elettrica.

L’Autorità per l’energia elettrica e il gas dovrà adottare i provvedimenti di attuazione, ovvero le delibere che garantiscano che la componente tariffaria compensativa riconosciuta ai soggetti di cui alla citata norma, successivamente al loro passaggio al libero mercato dell’energia elettrica, non risulti inferiore a quella che sarebbe stata riconosciuta in caso di permanenza sul mercato vincolato.

 

Si ricorda che il comma 13-bis dell’articolo 3 del D.L. 16/2012 riguarda taluni clienti finali di energia elettrica destinatari di regimi tariffari speciali[168]:

a)    gli autoproduttori da fonti energetiche convenzionali, di cui all'articolo 20, comma 4, della legge 9 gennaio 1991, n. 9[169], beneficiari della “tariffa Terni”.

Le società subentrate alla società Terni S.p.A. godono di un regime tariffario speciale concesso in seguito alla nazionalizzazione della produzione di energia elettrica con la legge 6 dicembre 1962, n. 1643.

Con tale legge, le centrali elettriche all’epoca esistenti, tra cui quelle della società Terni, furono espropriate e trasferite alla neocostituita Enel, che deteneva il monopolio della produzione, distribuzione e fornitura di energia elettrica.

A titolo di indennizzo per i beni produttivi espropriati, con D.P.R. n. 1165/63, alla società Terni è stata concessa una tariffa agevolata per il periodo 1962-1992.

Con la legge 9 gennaio 1991, n. 9, all’art. 20, comma 4, è stata disposta una proroga della tariffa agevolata a favore delle tre società subentrate alla società Terni fino al 2001, prevedendo una progressiva riduzione dell’erogazione del vantaggio tariffario nell’arco dei successivi sei anni (2002-2007). La tariffa agevolata ha continuato a essere applicata, alle stesse condizioni, alle tre società ex-Terni. Il principale beneficiario, in termini di quantità di energia sovvenzionata sia in valore assoluto, sia in proporzione al consumo totale di energia elettrica della società, è ThyssenKrupp[170].

b)    la società Alcoa, beneficiaria della “tariffa Alcoa” di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 19 dicembre 1995[171].

Il produttore di alluminio Alcoa fruisce dal 1996 di una tariffa agevolata per l'energia elettrica per i suoi due smelter di alluminio primario situati in Sardegna (Portovesme) e in Veneto (Fusina). La tariffa era stata inizialmente introdotta per un periodo di dieci anni (scaduto il 31 dicembre 2005) nel contesto di un'operazione di privatizzazione. Quella tariffa era stata autorizzata in base alle norme sugli aiuti di Stato dalla Commissione; in una decisione era stato considerato che tale regime non configurava come un aiuto di Stato. Tuttavia, la natura di tale tariffa è stata modificata nel tempo e prorogata due volte, prima nel 2004 e nuovamente nel 2005. La tariffa agevolata è sovvenzionata mediante un pagamento in contanti da parte della Cassa Conguaglio, a riduzione del prezzo fissato contrattualmente tra Alcoa e il suo fornitore di elettricità ENEL. Le risorse necessarie sono raccolte mediante un prelievo parafiscale applicato alla generalità delle utenze elettriche mediante la componente A4 della tariffa elettrica.

Lo scopo della norma in esame è quello di evitare che il passaggio al mercato libero dell’energia elettrica possa determinare per tali clienti un peggioramento rispetto al trattamento precedente, in termini di prezzo dell’elettricità. A tal fine si dispone che la componente tariffaria compensativa oggetto di tali regimi sia ricalcolata in modo da assicurare ad essi condizioni economiche di neutralità. In pratica, dunque, l’obiettivo è quello di eliminare eventuali penalizzazioni subite da tali clienti con il passaggio al mercato libero.

Questa ulteriore tutela introdotta dalla disposizione in esame per i citati clienti, tuttavia, viene esplicitamente limitata al periodo temporale di validità dei medesimi regimi, ossia rispettivamente:

§       fino al 2007 per la lettera a);

§       fino al 2005 per la lettera b).

Peraltro, sono fatti salvi:

§       gli effetti delle decisioni della Commissione europea in materia;

§       la già avvenuta esazione fiscale, per la quota parte che conseguiva, nella tariffa elettrica, alla componente compensativa di cui erano destinatari i citati clienti finali di energia elettrica.

Si ricorda che con le seguenti decisioni:

§       decisione[172] del 20 novembre 2007 relativa all'aiuto di Stato C 36/A/06 (ex NN 38/06) a favore di ThyssenKrupp, Cementir e Nuova Terni Industrie;

§       decisione[173] del 19 novembre 2009 relativa agli aiuti di Stato n. C 38/A/2004 (ex NN 58/2004) e n. C 36/B/2006 (ex NN 38/2006) a favore di Alcoa Trasformazioni,

la Commissione europea ha stabilito che le “seconde proroghe[174]” dei richiamati aiuti sotto forma di tariffe elettriche agevolate rappresentano una violazione della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato e che quindi lo Stato italiano deve recuperare le somme indebitamente impegnate.

 


 

Articolo 40
(
Modifiche al decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, in materia di attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio)

 


1. All'articolo 3, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, dopo le parole: «sono trasferiti alle Regioni, unitamente alle relative pertinenze,» sono aggiunte le parole «le miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze, e».

2. All'articolo 3, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, sono cancellate le parole «, e le miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze».

3. All'articolo 4, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, dopo le parole: «ad eccezione» sono aggiunte le parole «delle miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze e».

4. All'articolo 4, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, dopo le parole: «attribuzione di beni demaniali diversi» sono aggiunte le parole «dalle miniere di cui all'articolo 5, comma 1, lettera d), che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze, e».


 

 

L’articolo 40 dispone che le miniere di materiali solidi (vale a dire non comprendenti giacimenti petroliferi o di gas), che a norma del decreto legislativo n. 85 del 2010 sul federalismo demaniale sono attualmente assegnate al patrimonio disponibile delle Province, siano trasferite al patrimonio indisponibile delle Regioni.

 

Il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85[175], emanato in attuazione della legge delega n.42 del 2009 sul federalismo fiscale, nel disciplinare l’attribuzione di un proprio patrimonio agli enti territoriali, ha trasferito le miniere[176] di materiali solidi dal patrimonio indisponibile dello Stato al patrimonio disponibile delle Province.

In particolare, all’articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto legislativo n. 85/2010 dispone che siano trasferite alle Province, unitamente alla relative pertinenze “ le miniere di cui all’articolo 5, comma 1, lettera d) (vale a dire le miniere ubicate su terraferma) che non comprendono i giacimenti petroliferi e di gas e le relative pertinenze nonché i siti di stoccaggio di gas naturale e le relative pertinenze”, stabilendo inoltre, al successivo articolo 4, che tutti i beni trasferiti ( e pertanto anche le miniere in questione) entrino a far parte del patrimonio disponibile dell’ente territoriale, ad eccezione di alcune specifiche tipologie di beni, elencate nell’articolo 4 medesimo.

 

L’articolo 40 modifica tale disciplina, stabilendo che le miniere passino dal patrimonio disponibile delle Province al patrimonio indisponibile delle Regioni.

A tal fine la norma:

§      modifica l’articolo 3, comma 1, del decreto legislativo n.85/2011, includendo le miniere tra i beni trasferiti alle Regioni previsti nella lettera a) del comma medesimo, e, conseguentemente, sopprimendo le stesse miniere nella successiva lettera b), relativa alle categorie di beni assegnati alle Province;

§      modifica il primo periodo dell’articolo 4, comma 1, dello stesso decreto legislativo, escludendo dai beni trasferiti nel patrimonio disponibile degli enti territoriali le miniere in questione e, conseguentemente, espungendo le stesse dalla previsione recata dal secondo periodo del comma, che prevede la possibilità di apportare eventuali modifiche al regime dei beni facenti parte del patrimonio disponibile degli enti.

 

Le ragioni e la motivazione del passaggio di competenze disposto dalla norma è dettagliatamente esposto dalla relazione illustrativa che, nel rammentare che l'art. 826 cod. civ. ha originariamente incluso le miniere nel patrimonio indisponibile dello Stato, come tali destinate ad essere coltivate nell'interesse della collettività in regime di concessione, precisa poi come con la riforma costituzionale del 2001 lo Stato ha perso la competenza sia legislativa sia gestionale riguardo le miniere in quanto tali competenze sono passate alle Regioni. Nelle Regioni a statuto speciale le miniere (tutte, ad esclusione degli idrocarburi) appartengono al patrimonio indisponibile regionale.

Successivamente, con il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85 le miniere sono state trasferite al patrimonio disponibile delle Province, creando – osserva la relazione - una duplice distorsione:

a)  eliminare la natura pubblicistica delle miniere, declassando materiali strategici a beni privati, venendo così meno la finalità del perseguimento del pubblico interesse,

b)  attribuire tali beni alle Province che non hanno alcuna competenza in materia, sottraendoli alle Regioni che hanno l'intera competenza (legislativa ed amministrativa) al riguardo.

Da ciò l’intervento operato dalla norma in esame, che trasferisce le miniere di minerali solidi al patrimonio indisponibile delle regioni a statuto ordinario, riportando così ad uniformità la disciplina.

In merito, infine, ai profili finanziari, la relazione illustrativa ricorda che, a decorrere dal 1998[177], lo Stato non ha più titolo al "diritto proporzionale[178]" previsto all'art. 25 del R.D. n. 1443/1927. Il diritto proporzionale spetta oggi esclusivamente alle Regioni, le quali, anzi, con legge regionale hanno (in molti casi) disposto un ulteriore contributo ambientale a carico dei concessionari di miniera, al pari dei soggetti autorizzati alla coltivazione delle cave.

Sempre la relazione illustrativa rileva, inoltre, che il trasferimento operato dal D.lgs. 85/2010 delle miniere al patrimonio disponibile delle Province comporta in capo alle Regioni la perdita del diritto proporzionale, in quanto lo stesso ha come presupposto che le miniere siano patrimonio indisponibile; con il trasferimento ora disposto delle miniere al patrimonio indisponibile regionale, resta invece ferma la potestà per le Regioni di applicare il contributo ritenuto più opportuno con devoluzione dello stesso in tutto o in parte alle Province. Ciò comporta che, per lo Stato l'operazione risulti quindi neutra sotto il profilo finanziario.

 


 

Articolo 41
(
Razionalizzazione dell’organizzazione dell’ICE - Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane e dell’ENIT - Agenzia nazionale per il turismo all’estero)

 


1. Al fine di razionalizzare e rilanciare gli interventi a favore dello sviluppo economico e della internazionalizzazione delle imprese, all'articolo 14, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come modificato dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo periodo del comma 18-bis sono apportate le seguenti modifiche:

1) le parole: «copresieduta dai Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico» sono sostituite dalle seguenti: «copresieduta dal Ministro degli affari esteri, dal Ministro dello sviluppo economico e, per le materie di propria competenza, dal Ministro con delega al turismo»;

2) dopo le parole: «o da persona dallo stesso designata,» sono inserite le seguenti: «dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, o da persona dallo stesso designata,»;

3) le parole: «presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» sono sostituite dalle seguenti: «presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome»;

4) dopo le parole: «di R.E.T.E. Imprese Italia» sono inserite le seguenti: «, di Alleanza delle Cooperative italiane»;

b) al primo periodo del comma 24 la parola: «300» è sostituita dalla seguente: «450»;

c) al primo periodo del comma 26, la parola: «300» è sostituita dalla seguente: «450»;

d) al comma 26-bis dopo le parole: «Ministero dello sviluppo economico.» sono aggiunte, in fine, le seguenti: «Con i medesimi decreti si provvede a rideterminare le dotazioni organiche del Ministero dello sviluppo economico in misura corrispondente alle unità di personale in servizio a tempo indeterminato trasferito. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.».

2. All'articolo 22, comma 8, primo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: «di cui al comma 26-bis dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come inserito dal presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «designato dal Ministro dello sviluppo economico,».

3. Al fine di razionalizzarne la struttura organizzativa, l'ENIT - Agenzia nazionale per il turismo opera all'estero nell'ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari con modalità stabilite con apposita convenzione stipulata tra l'ENIT, il Ministero degli affari esteri e l'Amministrazione vigilante su ENIT. Il personale dell'ENIT all'estero, individuato nel limite di un contingente massimo di cinquanta unità definito in dotazione organica, può essere accreditato, previo nulla osta del Ministero degli affari esteri, secondo le procedure previste dall'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, in conformità alle convenzioni di Vienna sulle relazioni diplomatiche e consolari e tenendo conto delle consuetudini esistenti nei Paesi di accreditamento. Il funzionario responsabile dell'ufficio è accreditato presso le autorità locali in lista diplomatica. Il restante personale è notificato nella lista del personale tecnico-amministrativo. Il personale dell'ENIT all'estero opera nel quadro delle funzioni di direzione, vigilanza e coordinamento dei Capi missione, secondo le linee guida e gli indirizzi strategici in materia di promo-commercializzazione dell'offerta turistica all'estero definite dalla cabina di regia di cui all'articolo 14, comma 18-bis, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, inserito dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

4. A decorrere dal primo rinnovo del consiglio di amministrazione dell'ENIT - Agenzia nazionale per il turismo, uno dei membri è designato dal Ministro degli affari esteri.

4-bis. Al comma 20 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono indicate le modalità applicative e la struttura amministrativa responsabile per assicurare alle singole imprese italiane ed estere l'assistenza e il raccordo con i soggetti pubblici e le possibilità di accesso alle agevolazioni disponibili per favorire l'operatività delle stesse imprese nei settori e nelle aree di interesse all'estero.».

5. All'attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 41 detta disposizioni volte a razionalizzare l’organizzazione dell’ICE-Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione dell’imprese italiane, e dell’ENIT-Agenzia nazionale per il turismo all’estero.

 

Si ricorda che l’articolo 14, commi da 17 a 26-decies del D.L. 98/2011, convertito con modificazioni, dalla L. 111/2011, poi modificato dall'art. 22, comma 6, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201[179], ha abolito l’ICE ed ha istituito l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane - attualmente in gestione transitoria.

L’ente è dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico che li esercita sentiti, per le materie di rispettiva competenza, il Ministero degli affari esteri ed il Ministero dell'economia e delle finanze.

L'Agenzia ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti. L'Agenzia svolge le attività utili al perseguimento dei compiti ad essa affidati e, in particolare, offre servizi di informazione, assistenza e consulenza alle imprese italiane che operano nel commercio internazionale e promuove la cooperazione nei settori industriale, agricolo e agro-alimentare, della distribuzione e del terziario, al fine di incrementare la presenza delle imprese italiane sui mercati internazionali. Nello svolgimento delle proprie attività, l'Agenzia opera in stretto raccordo con le regioni, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le organizzazioni imprenditoriali e gli altri soggetti pubblici e privati interessati, ai sensi di linee guida e di indirizzo strategico in materia di promozione ed internazionalizzazione delle imprese che verranno assunte da una Cabina di regia istituzionale.

L’agenzia inoltre ha realizzato un sito specifico “Italtrade[180] rivolto alle aziende straniere interessate ad investire in Italia o a collaborare con aziende italiane e che, di fatto, si configura come un importante strumento e un’opportunità per le PMI per trovare partner commerciali o produttivi in altri paesi.

Quanto all’ENIT, con l’art. 12 del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, l'Ente nazionale del turismo (ENIT) è stato trasformato nell'Agenzia nazionale del turismo, sottoposta all'attività di indirizzo e vigilanza del Ministro delle attività produttive, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, con autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione. L'Agenzia provvede alle spese necessarie per il proprio funzionamento attraverso le entrate derivanti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici per la gestione di specifiche attività promozionali nonché dai proventi derivanti dalla gestione e dalla vendita di beni e servizi a soggetti pubblici e privati. Tra i compiti dell'Agenzia sono in particolare previsti lo sviluppo e la cura del turismo culturale e del turismo congressuale, in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale.

 

Il comma 1 apporta talune modifiche all’art. 14 del D.L. 98/2011, relativo all’organizzazione della nuova ICE-Agenzia per la promozione all’estero ed internazionalizzazione delle imprese, prevedendo che:

§      nella cabina di regia, organo di direzione dell’Agenzia, sieda, in qualità di copresidente, insieme ai Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico, anche il Ministro con delega al turismo, e che la stessa sia composta, oltre che dal Ministro dell’economia e delle finanze, anche dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dal Presidente della Conferenza delle regioni e delle province autonome (che sostituisce il Presidente della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano coincidente, nell’attuale quadro di deleghe di funzioni, con la figura del Ministro con delega al turismo) e, tra le associazioni di categoria, dall’Alleanza delle cooperative italiane;

§      la dotazione organica del personale è stabilita nel limite di 450 e non più di 300 unità, considerando tale nuova indicazione anche ai fini dell’individuazione del personale da trasferire alla nuova ICE-Agenzia;

§      in seguito al trasferimento di personale all’Agenzia e al Ministero dello sviluppo economico, dovrà essere rideterminata la dotazione organica del Ministero in misura corrispondente alle unità di personale in servizio a tempo determinato trasferito.

 

Il comma 2, apporta una modifica di ordine formale all’art. 22, comma 2, primo periodo, del d.l. 201/2011, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, necessitata, secondo quanto riporta la relazione illustrativa, da un problema di coordinamento creatosi a seguito dell’approvazione di emendamento al decreto-legge 201. La modifica introdotta specifica che il dirigente chiamato a svolgere l’attività di ordinaria amministrazione nella fase di passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento dell’ICE venga designato dal Ministro dello sviluppo economico.

Nella versione precedente tale modifica, la designazione doveva essere disposta in base all’art. 26-bis del decreto-legge n.98/2011, secondo il quale con uno o più decreti di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro degli affari esteri per le materie di sua competenza, si provvede all’individuazione delle risorse umane, strumentali, finanziarie, nonché dei rapporti giuridici attivi e passivi facenti capo al soppresso istituto, da trasferire all’Agenzia e al Ministero dello sviluppo economico.

 

Il comma 3 contiene disposizioni volte a razionalizzare la struttura organizzativa dell’ENIT. Si prevede, infatti, che essa operi all’estero nell’ambito delle Rappresentanze diplomatiche e consolari con modalità che saranno stabilite in una apposita convenzione stipulata tra l’ENIT, il Ministero degli affari esteri e l’amministrazione vigilante sull’ENIT. Il limite di personale operante all’estero viene individuato in 50 unità e potrà essere accreditato, previo nulla osta del Ministero degli affari esteri. Tale personale è posto alle dipendenze funzionali dei Capi missione.

 

La relazione tecnica al ddl di conversione (A.C. 5312) specifica che l’ENIT dispone di 25 strutture all’estero; il progressivo assorbimento delle sedi estere dell’ENIT in quelle del Ministero degli affari esteri comporterà un risparmio di spesa. Per quanto riguarda le risorse umane, la dotazione organica di ENIT è attualmente di 197 unità. Non è previsto un contingente specifico per il personale che opera all’estero. Alla data del 12 marzo 2012 la consistenza del personale di ruolo era pari a 92 unità di cui 7 operanti all’estero; ad esse si affiancano n.102 unità di personale locale a contratto. Con la fissazione del limite di 50 unità, essa comporterà l’assegnazione di due unità di personale per ciascuna delle 25 sedi.

 

Il comma 4 prevede che, a decorrere dal primo rinnovo del consiglio di amministrazione dell’ENIT, uno dei membri dello stesso consiglio sia designato dal Ministro degli Affari esteri.

 

Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, prevede che un decreto del MiSE individuerà le modalità applicative e la struttura responsabile all’interno dell’ICE, a cui le imprese italiane ed estere potranno rivolgersi al fine di conoscere le opportunità nei settori e nelle aree di interesse.

 

Il comma 5 prevede l’invarianza economica e finanziaria delle disposizioni in esame, precisando che all’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziariedisponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 41-bis
(
Incentivazione dei flussi imprenditoriali e turistici verso l'Italia e promozione delle relazioni economiche in ambito internazionale)

 


1. Nell'ambito dell'adeguamento dei servizi offerti a cittadini e imprese dalla rete all'estero del Ministero degli affari esteri, nell'ottica di favorire maggiori flussi imprenditoriali e turistici verso l'Italia e di accelerare i tempi di rilascio dei visti e incentivare la promozione delle relazioni economiche in ambito internazionale, la tariffa dei diritti consolari di cui all'articolo 64 del decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, è incrementata del 10 per cento a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Le maggiori entrate derivanti dall'incremento della tariffa di cui al periodo precedente sono destinate alle seguenti misure:

a) interventi strutturali e informatici a favore degli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri;

b) potenziamento stagionale delle dotazioni di impiegati temporanei degli uffici all'estero del Ministero degli affari esteri, di cui all'articolo 153, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni.

2. Le maggiori entrate di cui al comma 1, con esclusione dei diritti introitati ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 9 maggio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17 maggio 2006, per il rilascio dei passaporti elettronici, sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate al Ministero degli affari esteri per le finalità di cui al medesimo comma 1.

3. Gli uffici destinatari delle misure di cui al comma 1 sono individuati dal Ministero degli affari esteri, che determina, altresì, l'importo dei relativi finanziamenti, tenendo conto anche del volume delle rispettive attività.

4. Per le straordinarie esigenze di funzionamento delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari nella Repubblica popolare cinese, in via eccezionale, il contingente di cui all'articolo 152 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successive modificazioni, è incrementato di 40 unità.

5. All'onere derivante dal comma 4, pari a 506.000 euro per l'anno 2012 e a 1.012.000 euro annui a decorrere dall'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri.

6. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 41-bis prevede l’incremento della tariffa dei diritti consolari in ragione del 10 per cento; le maggiori entrate così conseguite vengono destinate a interventi strutturali e informatici a beneficio degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri (MAE), e a potenziare i contingenti di impiegati temporanei degli uffici all’estero del MAE. È disposto altresì un incremento di 40 unità del contingente di personale destinato al funzionamento delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari italiani nella Repubblica popolare cinese.

 

Più in dettaglio, il comma 1 incrementa del 10 per cento la tariffa dei diritti consolari di cui all'articolo 64 del decreto legislativo n. 71 del 2011, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. L’incremento è disposto a scopo di adeguare il livello dei servizi offerti a cittadini e imprese dalla rete degli uffici all’estero del Ministero degli affari esteri, in particolare per favorire la crescita dei flussi imprenditoriali e turistici verso il nostro Paese, mediante un più rapido rilascio dei visti, in tal modo incentivando la promozione delle relazioni economiche in ambito internazionale.

Si ricorda che l'articolo 64 citato prevede la riscossione dei diritti consolari per gli atti elencati nella tabella allegata, secondo gli importi tariffari in essa specificati. Con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si procede ogni due anni all'adeguamento degli importi tariffari; tuttavia, qualora intervengano provvedimenti vincolanti di organi dell'Unione europea concernenti variazioni di importi tariffari, il Ministro degli affari esteri provvede a darvi attuazione con propri decreti.

Le maggiori entrate derivanti dall'incremento tariffario sono destinate:

§       ad interventi strutturali e informatici in favore degli uffici all'estero del MAE;

§       al potenziamento stagionale delle dotazioni di impiegati temporanei degli uffici all'estero del MAE, di cui all'articolo 153, secondo comma, del D.P.R. n. 18 del 1967.

Si ricorda che il secondo comma dell'articolo 153 citato prevede che, per particolari esigenze di servizio, gli uffici all'estero possono essere autorizzati ad assumere, nei limiti del contingente di cui all'articolo 152 (pari a 2.277 unità), impiegati temporanei per periodi non superiori a sei mesi. Detti contratti sono suscettibili, stante il perdurare delle particolari esigenze di servizio, di un solo rinnovo per un periodo non superiore a sei mesi.

Ai sensi del comma 3, il MAE individua:

§       gli uffici destinatari delle predette misure;

§       l'importo dei relativi finanziamenti, tenendo conto anche del volume delle rispettive attività.

Le predette maggiori entrate sono versate all'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnate al Ministero degli affari esteri per le finalità predette.

Fanno eccezione i diritti introitati ai sensi del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 9 maggio 2006 per il rilascio dei passaporti elettronici (comma 2)

 

Il comma 4 incrementa, in via eccezionale, di 40 unità il contingente di personale destinato al funzionamento delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari italiani nella Repubblica popolare cinese.

Si ricorda che l'articolo 152 del citato D.P.R. n. 18 del 1967 prevede che le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari di prima categoria e gli istituti italiani di cultura possono assumere personale a contratto per le proprie esigenze di servizio, previa autorizzazione dell'Amministrazione centrale, nel limite di un contingente complessivo pari a 2.277 unità.

 

Il comma 5 quantifica l'onere recato dal comma precedente in 506.000 euro per l'anno 2012 e 1.012.000 euro annui a decorrere dall'anno 2013; ad esso si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo speciale di parte corrente iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al MAE.

 

Il comma 6 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 42
(
Sostegno all’internazionalizzazione delle imprese e
consorzi per l’internazionalizzazione
)

 


1. All'articolo 6 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2, lettera c) le parole «individuati e definiti dal Comitato interministeriale per la programmazione economica» sono soppresse;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico sono determinati i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore, le funzioni di controllo nonché la composizione e i compiti del Comitato per l'amministrazione del fondo di cui al comma 4. Sino alla emanazione del decreto restano in vigore i criteri e le procedure attualmente vigenti».

c) il comma 4 è sostituito dal seguente:

«4. Per le finalità dei commi precedenti sono utilizzate le disponibilità del Fondo rotativo di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394 con le stesse modalità di utilizzo delle risorse del Fondo rotativo, con riserva di destinazione alle piccole e medie imprese pari al 70% annuo.».

2. In deroga a quanto previsto dall'articolo 32, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, il riparto delle risorse iscritte nel capitolo 2501 del Ministero dello Sviluppo economico per il contributo in favore di istituti, enti, associazioni, consorzi per l'internazionalizzazione e di Camere di commercio italiane all'estero, di cui alla legge 1° luglio 1970, n. 518, per lo svolgimento di specifiche attività promozionali, di rilievo nazionale, per l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, è effettuato con decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. La relazione sulla realizzazione delle attività promozionali effettuate in ciascun anno viene trasmessa alle competenti Commissioni Parlamentari entro il 31 marzo dell'anno successivo.

3. I consorzi per l'internazionalizzazione hanno per oggetto la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi delle piccole e medie imprese nonché il supporto alla loro presenza nei mercati esteri anche attraverso la collaborazione e il partenariato con imprese estere.

4. Nelle attività dei consorzi per l'internazionalizzazione funzionali al raggiungimento dell'oggetto sono ricomprese le attività relative all'importazione di materie prime e di prodotti semilavorati, alla formazione specialistica per l'internazionalizzazione, alla qualità, alla tutela e all'innovazione dei prodotti e dei servizi commercializzati nei mercati esteri, anche attraverso marchi in contitolarità o collettivi.

5. I consorzi per l'internazionalizzazione sono costituiti ai sensi degli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile o in forma di società consortile o cooperativa da piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi e agroalimentari aventi sede in Italia; possono, inoltre, partecipare anche imprese del settore commerciale. È altresì ammessa la partecipazione di enti pubblici e privati, di banche e di imprese di grandi dimensioni, purché non fruiscano dei contributi previsti dal comma 6. La nomina della maggioranza degli amministratori dei consorzi per l'internazionalizzazione spetta in ogni caso alle piccole e medie imprese consorziate, a favore delle quali i consorzi svolgono in via prevalente la loro attività.

6. Ai consorzi per l'internazionalizzazione sono concessi contributi per la copertura di non più del 50 per cento delle spese da essi sostenute per l'esecuzione di progetti per l'internazionalizzazione, da realizzare anche attraverso contratti di rete con piccole e medie imprese non consorziate. I progetti possono avere durata pluriennale, con ripartizione delle spese per singole annualità. Ai contributi si applica, con riguardo alle imprese consorziate ed alle piccole e medie imprese non consorziate rientranti in un contratto di rete, il regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, in materia di aiuti de minimis, fatta salva l'applicazione di regimi più favorevoli. I contributi di cui al presente comma sono concessi nell'ambito delle risorse di bilancio disponibili allo scopo finalizzate ai sensi del comma 2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei contributi di cui al presente comma.

7. Ai fini delle imposte sui redditi le somme accantonate nelle riserve costituenti il patrimonio netto dei consorzi per l'internazionalizzazione concorrono alla formazione del reddito dell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite o dall'aumento del fondo consortile o del capitale sociale. I servizi resi da detti consorzi alle piccole e medie imprese consorziate costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali ai sensi dell'articolo 9 del decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Ai consorzi per l'internazionalizzazione si applicano le disposizioni dell'articolo 13, commi 34, 35, 36 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

7-bis. Al comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161, e successive modificazioni, le parole: «, nei quattro anni successivi alle date ivi previste,» sono soppresse.


 

 

L’articolo 42 riordina, semplificandola, la procedura per l’elargizione di agevolazioni finanziarie per favorire l’internazionalizzazione delle imprese e rivede l’ordinamento e l’attività dei consorzi a tal fine costituiti.

 

Il comma 1 apporta talune specifiche modifiche all’articolo 6 del decreto-legge n.112/2008, recante norme per il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese.

 

L’articolo 6, comma 1, prevede che le iniziative delle imprese italiane dirette alla loro promozione, sviluppo e consolidamento sui mercati diversi da quelli dell'Unione Europea possono fruire di agevolazioni finanziarie esclusivamente nei limiti ed alle condizioni previsti dal Regolamento (CE) n. 1998/2006 della Commissione Europea del 15 dicembre 2006, relativo agli aiuti di importanza minore (de minimis).

Secondo il comma 2, le iniziative ammesse ai benefici sono:

a)  la realizzazione di programmi di investimento per il lancio ed la diffusione di nuovi prodotti e servizi ovvero per l'acquisizione di nuovi mercati per prodotti e servizi già esistenti, attraverso l'apertura di strutture volte ad assicurare in prospettiva la presenza stabile nei mercati di riferimento;

b)  studi di prefattibilità e di fattibilità collegati ad investimenti italiani all'estero, nonché programmi di assistenza tecnica collegati ai suddetti investimenti;

c)  altri interventi prioritari individuati e definiti dal Comitato interministeriale per la programmazione economica.

In base al comma 3, con una o più delibere del CIPE sono determinati i termini, le modalità e le condizioni degli interventi, nonché le modalità di amministrazione del Fondo rotativo presso il Mediocredito centrale destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici a fronte di programmi di penetrazione commerciale (articolo 2, comma 1, del decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251). Entro il 30 giugno di ciascun anno, il Comitato interministeriale per la programmazione economica delibera il piano previsionale dei fabbisogni finanziari del fondo. Le ulteriori assegnazioni di risorse sono stabilite in via ordinaria dalla legge finanziaria ovvero in via straordinaria da apposite leggi di finanziamento.

 

Il comma in esame:

§      sopprime la lett. c) e, quindi, la competenza del CIPE in ordine all’individuazione degli interventi prioritari;

§      sostituisce il comma 3 prevedendo che sia un decreto del Ministro dello sviluppo economico a determinare i termini e le condizioni degli interventi, le attività e gli obblighi del gestore del Fondo, le funzioni di controllo nonché la composizione ed i compiti del Comitato per l’amministrazione del Fondo. 

§      sostituisce il comma 4 prevedendo che per la promozione delle imprese sui mercati esteri è utilizzato il Fondo a carattere rotativo destinato alla concessione di finanziamenti a tasso agevolato alle imprese esportatrici, prevedendo, in termini innovativi, che il 70% delle risorse venga destinato alle piccole e medie imprese.

 

Nell’Allegato 1 del decreto-legge si dispone l’abrogazione dell’art. 22 del decreto legislativo n.143/1998 n. 143, dove si prevede che i contributi di cui all'articolo 1, comma 40, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, concessi dal Ministero del commercio con l'estero, sono finalizzati ad incentivare lo svolgimento di specifiche attività promozionali di rilievo nazionale e la realizzazione di progetti volti a favorire, in particolare, l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese nonché le attività relative alla promozione commerciale all'estero del settore turistico al fine di incrementare i flussi turistici verso l'Italia. La relazione illustrativa al ddl di conversione (A.C. 5312) giustifica tale abrogazione con la volontà di evitare la dispersione delle risorse in interventi di ridotta entità. Insieme a tale disposizione viene altresì abrogata, per la medesima finalità ed in adeguamento delle disposizioni comunitarie, la legge 29 ottobre 1954, n.1083, recante concessioni di contributi per lo sviluppo delle esportazioni italiane.

 

Il comma 2 prevede che il riparto dei contributi destinati ad istituti, enti e consorzi per l’internazionalizzazione e alle Camere di commercio avvenga con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia, in deroga a quanto previsto dall’art. 32, comma 2, della legge n. 448 del 2001.

 

Tale articolo, al comma 2, ha stabilito che gli importi dei contributi dello Stato in favore di enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi, elencati nella tabella 1 allegata alla legge n.448/2001, siano iscritti in un'unica unità previsionale di base nello stato di previsione di ciascun Ministero interessato. Il riparto delle risorse stanziate deve essere effettuato annualmente entro il 31 gennaio dal Ministro competente, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, intendendosi corrispondentemente rideterminate le relative autorizzazioni di spesa.

Il comma 3 ridefinisce l’attività dei consorzi per l’internazionalizzazione prevedendo che la stessa abbia ad oggetto:

§      la diffusione internazionale dei prodotti e dei servizi alle piccole e medie imprese;

§      il supporto alla loro presenza nei mercati esteri, anche attraverso la collaborazione con imprese estere.

 

Il comma 4 prevede che debbano ritenersi attività funzionali al raggiungimento degli scopi dei consorzi le attività riguardanti:

§      l’importazione di materie prime e di prodotti semilavorati;

§      formazione specialistica per l’internazionalizzazione;

§      la qualità, la tutela e l’innovazione dei prodotti, anche attraverso marchi in contitolarità.

 

Il comma 5 definisce le modalità di costituzione dei consorzi in esame. Vengono, in particolare, in rilievo gli articoli 2602 e 2612 e seguenti del codice civile.

Il Capo II del codice civile è, infatti, intitolato “Dei consorzi per il coordinamento della produzione e degli scambi” e la Sezione I, all’art. 2602, prevede che con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese. L’art. 2612 dispone che, se il contratto prevede l'istituzione di un ufficio destinato a svolgere un'attività con i terzi, un estratto del contratto deve, a cura degli amministratori, entro trenta giorni dalla stipulazione, essere depositato per l'iscrizione presso l'ufficio del registro delle imprese del luogo dove l'ufficio ha sede. L'estratto deve indicare:1) la denominazione, l'oggetto del consorzio e la sede dell'ufficio; 2) il cognome e il nome dei consorziati; 3) la durata del consorzio; 4) le persone a cui vengono attribuite la presidenza, la direzione e la rappresentanza del consorzio ed i rispettivi poteri; 5) il modo di formazione del fondo consortile e le norme relative alla liquidazione. Del pari devono essere iscritte nel registro delle imprese le modificazioni del contratto concernenti gli elementi sopra indicati.

 

Possono costituire consorzi o cooperative:

§      le piccole e medie imprese industriali, artigiane, turistiche, di servizi e agroalimentari, aventi sede in Italia, nonché le imprese del settore commerciale;

§      gli enti pubblici e privati, le banche e le imprese di grandi dimensioni, purché non fruiscano dei contributi di cui al comma successivo;

La nomina della maggioranza degli amministratori dei consorzi per l’internazionalizzazione spetta in ogni caso alle piccole e medie imprese consorziate, in ragione della destinazione prevalente dei servizi alle stesse.

 

Il comma 6 prevede che i consorzi in esame possano ottenere, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a tal fine, un contributo non superiore al 50% per la copertura delle spese sostenute per l’esecuzione dei progetti. Di tali contributi possono beneficiare anche piccole e medie imprese non consorziate ma che abbiano stipulato contratti di rete tra di loro; alla generalità delle stesse imprese si applica la normativa comunitaria riguardante gli aiuti de minimis di cui al reg. (CE) n.1998/2006, salva l’applicazione di regimi più favorevoli. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico stabilirà i requisiti soggettivi, i criteri e le modalità per la concessione dei contributi.

 

Secondo il reg. 1998/2006 della Commissione europea l'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi ad una medesima impresa non deve superare i 200.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. L'importo complessivo degli aiuti «de minimis» concessi ad un'impresa attiva nel settore del trasporto su strada non deve superare i 100.000 euro nell'arco di tre esercizi finanziari. Tali massimali si applicano a prescindere dalla forma dell'aiuto «de minimis» o dall'obiettivo perseguito ed a prescindere dal fatto che l'aiuto concesso dallo Stato membro sia finanziato interamente o parzialmente con risorse di origine comunitaria. Il periodo viene determinato facendo riferimento agli esercizi finanziari utilizzati dall'impresa nello Stato membro interessato.

Nell’Allegato 1 vengono abrogate le disposizioni che attualmente disciplinano l’attività dei consorzi per l’internazionalizzazione che sono:

§      legge n. 83/1989, recante interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane. Tale provvedimento individua tra i soggetti beneficiari i consorzi che abbiano come scopo esclusivo l’esportazione dei prodotti delle imprese consorziate. Essi devono essere costituiti da almeno otto imprese, ciascuna delle quali non può sottoscrivere un fondo capitale inferiore a 2.500.000 lire e non può superare il 20% del fondo capitale. Nel caso di imprese che operano nei territori del Mezzogiorno, il numero delle imprese non può essere inferiore a cinque. I consorzi non possono distribuire avanzi di esercizio alle imprese; tali avanzi non concorrono a formare il reddito imponibile dei consorzi e delle società. Sono concessi contributi annuali, nella percentuale del 40% delle spese risultanti dal conto dei profitti e delle perdite dell’anno precedente a quello di presentazione della domanda, con il limite massimo annuale di 150 milioni di lire. Nel caso in cui siano costituiti da non meno di 25 imprese, il limite massimo è elevato a 200 milioni; nel caso in cui le imprese consorziate siano non meno di 75, il limite è ulteriormente elevato a 300 milioni. Per i consorzi di imprese operanti nel Mezzogiorno, la percentuale di contributi è elevata al 60%.

§      art. 10 del D.L. n.251/1981, convertito in legge n. 394 del 1981, recante misure a sostegno delle esportazioni italiane, che estende ai consorzi aventi come scopo esclusivo la esportazione di prodotti agro-alimentari, la concessione dei contributi previsti in generale a favore dei consorzi per l’export. Si prevede, inoltre, che possono essere concessi contributi a progetti promozionali e di internazionalizzazione realizzati da consorzi misti tra piccole e medie imprese dei settori agro-ittico-alimentare e turistico-alberghiero, aventi lo scopo esclusivo dell'attrazione della domanda estera.

 

Il comma 7 della disposizione in commento reca il trattamento fiscale dei consorzi per l’internazionalizzazione.

Si ricorda che la vigente disciplina dei consorzi per il commercio estero, contenuta nella legge n. 83 del 1989, vieta a tali soggetti (articolo 2, comma 4) di distribuire avanzi di esercizio di ogni genere e sotto qualsiasi forma alle imprese consorziate o socie; tale previsione deve essere recata dallo statuto. A fini fiscali si prevede inoltre (articolo 3, comma 1) che non concorrano a formare il reddito imponibile dei consorzi e delle società consortili - dunque siano esclusi da imposizione sui redditi - gli avanzi di esercizio destinati a fondi di riserva indivisibili, purché venga esclusa la possibilità di distribuire tali fondi sotto qualsiasi forma, sia durante la vita dell'ente che all'atto del suo scioglimento.

 

Gli avanzi di esercizio non dunque sono imponibili se hanno una specifica destinazione, ovvero i fondi per riserve indivisibili, e se è oggettivamente impedita la possibilità di distribuire tali fondi sia nella vita che nella fase di crisi dell’ente.

 

D’altro canto, le norme in commento pongono una disciplina più flessibile per i consorzi per l’internazionalizzazione: ai fini delle imposte sui redditi, le somme accantonate nelle riserve costituenti il patrimonio netto sono imponibili nell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite o dall'aumento del fondo consortile o del capitale sociale.

In sostanza, si concede a detti consorzi la possibilità di ampliare la fattispecie di accantonamento in sospensione di imposta degli avanzi di esercizio, mantenendo il regime fiscale di favore se utilizzati per scopi specifici afferenti la vita dell’ente.

A fini IVA, i servizi resi dai consorzi per l’internazionalizzazione nei confronti dei consorziati (piccole e medie imprese) non sono imponibili, in quanto vengono qualificati come costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, ai sensi dell'articolo 9 del decreto Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

Viene dunque ribadito per tali consorzi il regime IVA applicabile, ai sensi dell’articolo 3, comma 2 della richiamata legge n. 83 del 1989, ai consorzi all’esportazione.

 

La norma infine dispone che siano applicati ai consorzi per l'internazionalizzazione le disposizioni dell'articolo 13, commi 34, 35 e 36 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

 

In sostanza si concede ai consorzi per l’internazionalizzazione la possibilità - che il citato comma 33 prevede si applichi ai confidi e alle banche di garanzia collettiva dei fidi, in occasione delle trasformazioni e delle fusioni,di imputare al fondo consortile o al capitale sociale i fondi rischi e gli altri fondi o riserve patrimoniali costituiti da contributi dello Stato, delle regioni e di altri enti pubblici, senza che ciò comporti violazione dei vincoli di destinazione eventualmente sussistenti (cfr. supra, articolo 2 della legge n. 83 del 1989), che permangono, salvo quelli a carattere territoriale, con riferimento alla relativa parte del fondo consortile o del capitale sociale. Le azioni o quote corrispondenti costituiscono azioni o quote proprie e non attribuiscono alcun diritto patrimoniale o amministrativo, né sono computate nel capitale sociale o nel fondo consortile ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell'assemblea.

Si prevede inoltre che le modificazioni del contratto di consorzio riguardanti gli elementi indicativi dei consorziati devono essere iscritte soltanto una volta l'anno, entro centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio sociale attraverso il deposito dell'elenco dei consorziati riferito alla data di approvazione del bilancio.

Si estende agli amministratori del consorzio per l’internazionalizzazione l’obbligo di redigere il bilancio d'esercizio con l'osservanza delle disposizioni relative al bilancio delle società per azioni. L'assemblea approva il bilancio entro centoventi giorni dalla chiusura dell'esercizio ed entro trenta giorni dall'approvazione una copia del bilancio, corredata dalla relazione sulla gestione, dalla relazione del collegio sindacale, se costituito, e dal verbale di approvazione dell'assemblea deve essere, a cura degli amministratori, depositata presso l'ufficio del registro delle imprese.

 

Il comma 7-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, novella il comma 2 dell’articolo 7 del decreto legislativo 27 marzo 2006, n. 161, al fine di permettere l’immissione sul mercato extra-UE di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria che non rispettano il limite di contenuto di composti organici volatili (COV).


 

Articolo 43
(
Potere sanzionatorio in materia di Made in Italy)

 


1. Dopo il comma 49-ter dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, è aggiunto il seguente:

«49-quater. Le Camere di commercio industria artigianato ed agricoltura territorialmente competenti ricevono il rapporto di cui all'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ai fini dell'irrogazione delle sanzioni pecuniarie amministrative di cui al precedente comma 49-bis.».

1-bis. Al fine di prevenire frodi nel settore degli oli di oliva e di assicurare la corretta informazione dei consumatori, in fase di controllo gli oli di oliva extravergini che sono etichettati con la dicitura "Italia" o "italiano", o che comunque evocano un'origine italiana, sono considerati conformi alla categoria dichiarata quando presentano un contenuto in metil esteri degli acidi grassi ed etil esteri degli acidi grassi minore o uguale a 30 mg/kg. Il superamento dei valori, salve le disposizioni penali vigenti, comporta l'avvio automatico di un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa da parte delle Autorità nazionali competenti per i controlli operanti ai sensi del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004.

1-ter. Ai sensi dell'articolo 2 del regolamento (CEE) n. 2568/91 della Commissione, dell'11 luglio 1991, e successive modificazioni, la verifica delle caratteristiche organolettiche degli oli di oliva vergini è compiuta da un comitato di assaggio riconosciuto e tali caratteristiche si considerano conformi alla categoria dichiarata qualora lo stesso comitato ne confermi la classificazione. La verifica è effettuata da un comitato di assaggiatori riconosciuti ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 28 febbraio 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 26 aprile 2012, e iscritti nell'elenco di cui all'articolo 6 del medesimo decreto. Essa è obbligatoriamente disposta e valutata a fini probatori nei procedimenti giurisdizionali nell'ambito dei quali debba essere verificata la corrispondenza delle caratteristiche del prodotto alla categoria di oli di oliva dichiarati. Con regolamento adottato con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono definite le modalità di accertamento delle caratteristiche degli oli di oliva vergini ai fini della validità delle prove organolettiche.

1-quater. All'articolo 4, comma 49-bis, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Per i prodotti alimentari, per effettiva origine si intende il luogo di coltivazione o di allevamento della materia prima agricola utilizzata nella produzione e nella preparazione dei prodotti e il luogo in cui è avvenuta la trasformazione sostanziale».

1-quinquies. All'articolo 2, comma 2, lettera e), della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, dopo le parole: «la promozione del sistema italiano delle imprese all'estero» sono inserite le seguenti: «e la tutela del ''Made in Italy''».

 


 

 

L’articolo 43 prevede che le Camere di commercio competenti per territorio sono le destinatarie, ai fini dell’irrogazione della sanzione, del rapporto con il quale viene accertata la violazione delle norme a tutela dei prodotti made in Italy.

 

Il comma 1 individua l’Autorità amministrativa competente all’esercizio del potere sanzionatorio in caso di fallace indicazione dell’uso del marchio, qualora lo stesso avvenga con modalità tali (stampigliatura "Made in Italy") da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana.

 

La norma novella l’articolo 4 della legge n.350 del 2003, aggiungendo un nuovo comma dopo il comma 49-ter. Le disposizioni relative alla tutela del made in Italy sono contenute nei commi 49, 49-bis e 49-ter.

 

Il comma 49 introduce il reato di contraffazione, che si concretizza con la commercializzazione, l'importazione e l'esportazione a fini di commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine; esso è punito ai sensi dell'articolo 517 del codice penale. Per falsa indicazione si intende la stampigliatura della dicitura «made in Italy» su prodotti e merci che non provengono dall'Italia ai sensi della normativa europea sull'origine; per fallace indicazione si intende l'uso di segni, figure, o quant'altro possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, anche nel caso in cui sia indicata l'origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci, incluso l'uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli. Il reato si perfezione dal momento della presentazione dei prodotti o delle merci in dogana e fino al momento in cui il bene è posto in vendita. La fallace indicazione delle merci può essere sanata sul piano amministrativo attraverso la rimozione dei segni o delle figure che inducono in errore il consumatore sull’origine italiana del prodotto o attraverso l'esatta indicazione dell'origine o l'asportazione della stampigliatura «made in Italy».

Ai sensi del comma 49-bis, costituisce, altresì, fallace indicazione l'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore in errore sull’origine italiana. Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 250.000 euro.

Secondo il comma 49-ter, la confisca amministrativa del prodotto o della merce rappresenta la misura ordinaria.

 

L’articolo in esame, come già affermato, inserisce, dopo il comma 49-ter, una nuova disposizione secondo la quale le Camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura competenti per territorio sono le destinatarie del rapporto previsto dall’art. 17 della L. 689/1981, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie e amministrative di cui al comma 49-bis.

 

La legge n. 689 del 1981, recante modifiche al sistema penale, prevede, all’art. 17, che qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto.

 

Dopo il comma 1, nel corso dell’esame parlamentare sono stati introdotti alcuni commi aggiuntivi che vengono descritti nel seguito.

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, è volto ad assicurare una maggior tutela alla categoria degli oli d’oliva extra vergini nazionali. I prodotti etichettati con la dicitura "Italia" o "italiano", o che comunque evocano un'origine italiana, vanno considerati conformi alla categoria dichiarata se rivelano un contenuto degli esteri di acidi grassi (in metil esteri degli acidi grassi + etili esteri degli acidi grassi) minore o uguale a 30 mg/Kg, valore che è inferiore a quello ammesso dalle norme UE (reg. 2568/91, punto 1 all. I)[181]. In caso di superamento di tale valore, e fatte salve le conseguenze sotto il profilo penale, le autorità nazionali avviano automaticamente un piano straordinario di sorveglianza dell'impresa, mettendo in atto i controlli previsti dal reg. (CE) n. 882/2004 sulle diverse fasi della produzione, trasformazione e della distribuzione dei prodotti.

 

Il comma 1-ter, nato dal medesimo emendamento che ha prodotto il precedente comma, ha lo scopo di rafforzare i controlli sugli oli di oliva vergini, per i quali diventa obbligatoria, per finalità probatorie nei procedimenti giurisdizionali, la verifica – da parte di un apposito comitato d’assaggio (panel) – della corrispondenza delle caratteristiche organolettiche del prodotto alla categoria degli oli dichiarata. La verifica delle caratteristiche degli oli di oliva vergini deve essere compiuta da panel di assaggiatori riconosciuti dagli Stati membri (così l’art. 2 del regolamento comunitario n. 2568/91 sulle caratteristiche degli oli d'oliva).

Criteri e modalità per il riconoscimento dei comitati nazionali sono stati definiti con decreto del Ministero agricolo (28/2/12, GU n. 97) che, lasciando l’iniziativa per la loro istituzione ad enti o associazioni professionali, impone che siano riconosciuti con decreto Direttoriale del Mipaaf.

Gli assaggiatori sono tenuti a frequentare dei corsi – che possono essere organizzati sia da soggetti pubblici che privati, previa autorizzazione della regione o della provincia autonoma – ottenendone un attestato di idoneità fisiologica all'assaggio dell'olio di oliva vergine. Sono previsti specifici corsi di formazione di capo panel, per i soggetti che abbiano già operato per almeno tre anni. L’articolo 4 definisce i requisiti per l’iscrizione dei tecnici nell'elenco nazionale di tecnici ed esperti degli oli di oliva vergini ed extravergini, e l’articolo 6 prevede anche l’istituzione dell’elenco dei panel, che per potere operare debbono ottenere il riconoscimento da parte del Mipaaf rispondendo ai requisiti richiesti dalla comunità (art. 4 del reg. n. 2568/91). La revoca dei panel è disposta dallo stesso Mipaaf, acquisito il parere della apposita Commissione di valutazione istituita presso lo stesso Ministero.

 

Il comma 1-quater, anche esso introdotto nel corso dell’esame parlamentare, novella l'articolo 4, comma 49-bis della legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004), definendo le condizioni alle quali l’uso di un marchio costituisce fallace indicazione circa l’origine italiana di un prodotto di origine o provenienza estera. La novella introdotta reca la definizione di luoghi d’origine per i prodotti alimentari, che sono:

- il luogo di coltivazione e allevamento della materia prima;

- il luogo della trasformazione sostanziale.

 

Il comma 1-quinquies, introdotto dalla legge di conversione, novella l'articolo 2, comma 2, lettera e) della legge 29 dicembre 1993, n. 580, ed opera al fine di includere, tra le funzioni e i compiti che svolgono le camere di commercio, anche la tutela del made in Italy.


 

Articolo 44
(
Società a responsabilità limitata a capitale ridotto)

 


1. Fermo quanto previsto dall'articolo 2463-bis del codice civile, la società a responsabilità limitata a capitale ridotto può essere costituita con contratto o atto unilaterale da persone fisiche che abbiano compiuto i trentacinque anni di età alla data della costituzione.

2. L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e deve indicare gli elementi di cui al secondo comma dell'articolo 2463-bis del codice civile, ma per disposizione dello stesso atto costitutivo l'amministrazione della società può essere affidata a una o più persone fisiche anche diverse dai soci.

3. La denominazione di società a responsabilità limitata a capitale ridotto, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

4. Salvo quanto previsto dal presente articolo, si applicano alla società a responsabilità limitata a capitale ridotto le disposizioni del libro V, titolo V, capo VII, del codice civile, in quanto compatibili.

4-bis. Al fine di favorire l'accesso dei giovani imprenditori al credito, il Ministro dell'economia e delle finanze promuove, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un accordo con l'Associazione bancaria italiana per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a trentacinque anni, che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata a capitale ridotto.


 

 

L’articolo 44 riduce i costi per l’avvio di un’impresa consentendo anche a coloro che hanno già compiuto 35 anni di costituire società a responsabilità limitata partendo da un capitale sociale limitato (anche un solo euro). Tale nuovo modello societario viene denominato “società a responsabilità limitata a capitale ridotto”.

 

Analiticamente, l’articolo 44, pur senza novellare il codice civile, introduce nell’ordinamento la società a responsabilità limitata a capitale ridotto, un nuovo tipo di società a responsabilità limitata, che affianca la tradizionale s.r.l. - disciplinata dall’art. 2463 del codice civile - e la recente società semplificata a responsabilità limitata - disciplinata dall’art. 2463-bis (introdotto nel codice civile dal recente decreto-legge “liberalizzazioni”, n. 1 del 2012).

 

Si ricorda che l’art. 2463-bis c.c. è stato introdotto dal decreto-legge liberalizzazioni (D.L. 1/2012) per consentire a persone che non hanno ancora compiuto 35 anni di costituire s.r.l., senza i vincoli – anche di natura economica (10.000 euro di capitale) - imposti ordinariamente dall’art. 2463 c.c., così da favorire la partecipazione dei giovani a strutture associate attraverso la semplificazione dei requisiti per l’istituzione e il funzionamento della società.

 

Per chiarezza di analisi i tre modelli vengono di seguito raffrontati.

 

S.r.l.
(art. 2463 c.c.)

S.r.l. semplificata
(art. 2463-bis c.c.)

S.r.l. a capitale ridotto
(art. 44 D.L.)

 

 

 

La società può essere costituita con contratto o con atto unilaterale.

La società può essere costituita con contratto o atto unilaterale da under 35 alla data della costituzione.

La società può essere costituita con contratto o atto unilaterale da over 35 alla data della costituzione.

L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico.

L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico, in conformità ad un modello standard che dovrà essere tipizzato con DM.

L'atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico.

 

L'atto costitutivo e l'iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di segreteria e non sono dovuti onorari notarili

 

L’atto costitutivo deve indicare:

L’atto costitutivo deve indicare:

L’atto costitutivo deve indicare:

§       il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o lo Stato di costituzione, il domicilio o la sede, la cittadinanza di ciascun socio;

§       il cognome, il nome, la data, il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di ciascun socio;

§       il cognome, il nome, la data, il luogo di nascita, il domicilio, la cittadinanza di ciascun socio;

§       la denominazione, contenente l'indicazione di s.r.l., e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

§       la denominazione sociale contenente l'indicazione di s.r.l. semplificata e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

§       la denominazione sociale contenente l'indicazione di s.r.l. a capitale ridotto e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

§       l'ammontare del capitale, non inferiore a 10.000 euro, sottoscritto e di quello versato; i conferimenti di ciascun socio e il valore attribuito ai crediti e ai beni conferiti in natura;

§       l'ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore a 10.000 euro, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all'organo amministrativo;

§       l'ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore a 10.000 euro, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all'organo amministrativo;

§       l'attività che costituisce l'oggetto sociale;

§       l'attività che costituisce l'oggetto sociale;

§       l'attività che costituisce l'oggetto sociale;

§       la quota di partecipazione di ciascun socio;

§       la quota di partecipazione di ciascun socio;

§       la quota di partecipazione di ciascun socio;

§       le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione, la rappresentanza;

§       le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione, la rappresentanza;

§       le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione, la rappresentanza;

§       le persone cui è affidata l'amministrazione (che possono anche non essere soci)

§       le persone cui è affidata l'amministrazione, che devono essere scelte tra i soci

§       le persone cui è affidata l'amministrazione (che possono anche non essere soci)

§       l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;

§       l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;

§       l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti;

§       l'importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società.

 

 

 

§       luogo e data di sottoscrizione

§       luogo e data di sottoscrizione;

 

La denominazione di s.r.l. semplificata, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

La denominazione di s.r.l. a capitale ridotto, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

 

È fatto divieto di cessione delle quote a soci non aventi i requisiti di età di cui al primo comma e l'eventuale atto è conseguentemente nullo.

 

Si applicano alla società a responsabilità limitata le disposizioni degli articoli 2329, 2330, 2331, 2332 e 2341.

Salvo quanto previsto dall’art. 2463-bis, si applicano alla società le disposizioni del capo sulle s.r.l. (artt. 2462-2483 c.c.) in quanto compatibili.

Salvo quanto espressamente disciplinato dal D.L., si applicano alla società le disposizioni del capo sulle s.r.l. (artt. 2462-2483 c.c.) in quanto compatibili.

 

Il comma 1 dell’articolo 44 richiama la disciplina contenuta nell’art. 2463-bis del codice civile («Fermo quanto previsto dall’articolo 2463-bis…»), dal quale il Governo intende prendere le mosse per modellare la nuova s.r.l. a capitale ridotto: il capitale sociale richiesto per la nuova società è dunque inferiore rispetto a quello della s.r.l., essendo sufficiente 1 euro. Con l’obiettivo di ridurre i costi per l’avvio di un’impresa, non solo a beneficio dei giovani, il legislatore consente dunque anche a coloro che hanno già compiuto 35 anni di costituire, con contratto o atto unilaterale, società a responsabilità limitata in deroga ai requisiti di capitale (10.000 euro) imposti dall’art. 2463.

 

Il comma 2 stabilisce che l’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico.

 

Diversamente dalla costituzione di S.r.l. semplificate, per le quali il legislatore ha stabilito non solo l’esenzione da diritti di bollo e di segreteria, ma, soprattutto, la gratuità della prestazione notarile[182], per le S.r.l. a capitale ridotto non sono previste agevolazioni economiche. Anche lo standard di atto costitutivo previsto – anche se non ancora adottato - per le S.r.l. degli under 35 non si applicherà alle S.r.l. degli over 35.

 

Il contenuto dell’atto (mutuato, salva la disposizione sugli amministratori, sulla formulazione dell’art. 2463-bis c.c.) dovrà essere il seguente:

1)   cognome, nome, data, luogo di nascita, domicilio, cittadinanza di ciascun socio;

2)   denominazione sociale contenente l'indicazione di società a responsabilità limitata a capitale ridotto e comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

3)   ammontare del capitale sociale, pari almeno ad 1 euro e inferiore all'importo di 10.000 euro previsto per la società a responsabilità limitata ordinaria, sottoscritto e interamente versato alla data della costituzione. Il conferimento deve farsi in denaro e essere versato all'organo amministrativo (il consiglio di amministrazione ovvero il socio o i soci nominati amministratori ex art. 2475 c.c.);

4)   alcuni requisiti previsti dalla disciplina per la società a responsabilità limitata, vale a dire l'attività che costituisce l'oggetto sociale, la quota di partecipazione di ciascun socio, le norme relative al funzionamento della società, indicando quelle concernenti l'amministrazione, la rappresentanza, le persone cui è affidata l'amministrazione e l’eventuale soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti; (ai sensi dei numeri 3), 6), 7), 8) del secondo comma dell'articolo 2463)

5)   luogo e data di sottoscrizione;

6)   indicazione degli amministratori, che possono (diversamente dalla S.r.l. semplificata) anche essere scelti tra persone diverse dai soci.

 

Il comma 3 dispone che la denominazione “società a responsabilità limitata a capitale ridotto”, l'ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede della società e l'ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta devono essere indicati negli atti, nella corrispondenza della società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete telematica ad accesso pubblico.

 

Per quanto non espressamente previsto dall’articolo in commento, il comma 4 reca, infine, un rinvio generale alla disciplina della società a responsabilità limitata ordinaria (di cui al capo VII del titolo V del libro V del codice civile, artt. 2462-2483 del codice civile), in quanto compatibile.

Il comma 4-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, al fine di favorire la nascita e lo sviluppo di nuove imprese giovanili, prevede inoltre che il Ministro dell'economia e delle finanze promuova un Accordo con l’Associazione bancaria italiana - ABI per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a 35 anni, che intraprendono attività imprenditoriale attraverso la costituzione di una società a responsabilità limitata a capitale ridotto.

 

Si ricorda che recentemente sono stati siglati diversi accordi tra ABI e Ministro dell'economia e delle finanze; a titolo di esempio:

§       Accordo che individua nuove misure in favore delle imprese (16 febbraio 2011) tra Ministero dell'economia e delle finanze, l'ABI e le altre Associazioni di rappresentanza delle imprese, al fine di favorire il riequilibrio della struttura finanziaria delle imprese;

§       l'ABI e la Cassa Depositi e Prestiti hanno rinnovato l'accordo "Plafond PMI" (marzo 2012). Il Nuovo Plafond PMI è costituito da 10 miliardi di euro di nuove risorse - 8 miliardi a proseguire l’attività di sostegno dell’accesso al credito delle PMI e 2 miliardi a fornire alla aziende un supporto per fronteggiare gli effetti negativi dei ritardi nei pagamenti delle PA (“Plafond Crediti vs PA”);

§       intesa per “Nuove misure per il credito alle PMI” (28 febbraio 2012) dall’ABI, dal Ministro per lo sviluppo economico, dal Vice Ministro dell'economia e delle finanze e da alcune associazioni d’impresa al fine di assicurare la disponibilità di adeguate risorse finanziarie per le imprese che, pur registrando tensioni, presentano comunque prospettive economiche positive.


 

Articolo 45
(
Contratto di rete)

 


1. Al comma 4-ter dell'articolo 3 del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, le parole da: «Ai fini degli adempimenti» fino a: «la genuinità della provenienza;» sono sostituite dalle seguenti: «Se il contratto prevede l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e di un organo comune destinato a svolgere un'attività, anche commerciale, con i terzi:

1) la pubblicità di cui al comma 4-quater si intende adempiuta mediante l'iscrizione del contratto nel registro delle imprese del luogo dove ha sede la rete;

2) al fondo patrimoniale comune si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma, del codice civile; in ogni caso, per le obbligazioni contratte dall'organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune;

3) entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale l'organo comune redige una situazione patrimoniale, osservando, in quanto compatibili, le disposizioni relative al bilancio di esercizio della società per azioni, e la deposita presso l'ufficio del registro delle imprese del luogo ove ha sede; si applica, in quanto compatibile, l'articolo 2615-bis, terzo comma, del codice civile.

Ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente a norma degli articoli 24 o 25 del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, da ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, trasmesso ai competenti uffici del registro delle imprese attraverso il modello standard tipizzato con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, e deve indicare:

a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale di ogni partecipante per originaria sottoscrizione del contratto o per adesione successiva, nonché la denominazione e la sede della rete, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune ai sensi della lettera c);

b) l'indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e di innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti e le modalità concordate con gli stessi per misurare l'avanzamento verso tali obiettivi;

c) la definizione di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante; le modalità di realizzazione dello scopo comune e, qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo, nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato, costituito ai sensi dell'articolo 2447-bis, primo comma, lettera a), del codice civile;

d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l'esercizio del relativo diritto, ferma restando in ogni caso l'applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo;

e) se il contratto ne prevede l'istituzione, il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale del soggetto prescelto per svolgere l'ufficio di organo comune per l'esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso, i poteri di gestione e di rappresentanza conferiti a tale soggetto, nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. L'organo comune agisce in rappresentanza della rete e, salvo che sia diversamente disposto nel contratto, degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall'ordinamento, nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza.».

2. Al comma 4-quater dell'articolo 3 del decreto-legge n. 5 del 10 febbraio 2009, convertito in legge n. 33 del 9 aprile 2009 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:

«Le modifiche al contratto di rete, sono redatte e depositate per l'iscrizione, a cura dell'impresa indicata nell'atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. L'ufficio del registro delle imprese provvede alla comunicazione della avvenuta iscrizione delle modifiche al contratto di rete, a tutti gli altri uffici del registro delle imprese presso cui sono iscritte le altre partecipanti, che provvederanno alle relative annotazioni d'ufficio della modifica; se è prevista la costituzione del fondo comune, la rete può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede; con l'iscrizione nel registro delle imprese la rete acquista soggettività giuridica».

3. Al contratto di rete di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, così come sostituito dall'articolo 42, comma 2-bis, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, non si applicano le disposizioni di cui alla legge 3 maggio 1982, n. 203.


 

 

L’articolo 45 intende favorire il contratto di rete. Infatti, con i commi 1 e 2 effettua una semplificazione burocratica sulla forma contrattuale (prevedendo che possa essere redatto anche come atto firmato digitalmente) e sulle modalità di iscrizione presso il Registro delle imprese delle eventuali modifiche intervenute. Con il comma 3, si prevede che ai contratti in esame non si applicano le norme sui contratti agrari.

 

Con le ampie modifiche apportate nel corso dell’esame parlamentare,sono state introdotte specifiche disposizioni riguardanti i casi in cui la rete di imprese costituisce un fondo patrimoniale ed un organo comune.

 

I primi due commi hanno come ratio la semplificazione della forma e degli adempimenti relativi al contratto di rete, ed intervengono sulle norme che lo disciplinano.

Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. 5/2010[183] riguarda i distretti produttivi e le reti di imprese. Ai sensi del comma 4-ter, con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Il comma 4-quater dispone che il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.

 

Con le modifiche al comma 1 apportate nel corso dell’esame parlamentare,è stato inserito un nuovo periodo nel testo del citato comma 4-ter dell'articolo 3 del decreto-legge n. 5 del 2009. Tale modifica è volta a introdurre nuove disposizioni relative ai casi di costituzione di un fondo patrimoniale comune e di un organo comune, destinato a svolgere attività anche di tipo commerciale, prevedendo, tra l'altro,l'applicabilità di alcune norme del codice civile in tema di contratti consortili. Il nuovo periodo è strutturato in tre "numeri", di cui si dà brevemente conto qui di seguito.

Il numero 1) prevede che le forme di pubblicità di cui al comma 4-quater si intendono adempiute mediante l'iscrizione del contratto nel registro delle imprese del luogo dove ha sede la rete.

Il numero 2) stabilisce che al fondo patrimoniale comune si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615, secondo comma, del codice civile.

L'articolo 2614 disciplina l'autonomia patrimoniale del consorzio[184], prevedendo che il fondo consortile, costituito dai contributi dei consorziati e dai beni acquistati medianti tali contributi, non è divisibile per tutta la durata del consorzio. Inoltre, i creditori particolari dei consorziati non possono far valere i loro diritti sul fondo. Il secondo comma dell'articolo 2615 stabilisce che i singoli consorziati rispondono solidalmente tramite il fondo per le obbligazioni assunte dagli organi del consorzio per loro conto. In caso di insolvenza nei rapporti tra i consorziati il debito dell'insolvente si ripartisce tra tutti in proporzione delle quote.

La norma in esame stabilisce, inoltre, che per le obbligazioni contratte dall'organo comune in relazione al programma di rete, i terzi possono far valere i loro diritti esclusivamente sul fondo comune.

Il numero 3) pone in capo all'organo comune di redigere, entro due mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, la situazione patrimoniale, da depositare presso l'ufficio del registro delle imprese ove la rete ha la sua sede, osservando, in quanto compatibili, le norme relative al bilancio di esercizio delle società per azioni.

Inoltre il comma 1, nel testo originario del decreto-legge, alle modalità di redazione del contratto già previste dal citato comma 4-ter (atto pubblico o per scrittura privata autenticata) aggiunge la firma digitale autenticata dell’atto da parte di ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, e la sua trasmissione ai competenti uffici del registro delle imprese attraverso il modello standard tipizzato che sarà definito con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.

 

Con riferimento a tali disposizioni si segnala che nel corso dell’esame parlamentare è stato aggiunto, oltre al riferimento all'articolo 25 del Codice dell’amministrazione digitale (di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82), il riferimento all'articolo 24 dello stesso.

 

Si ricorda che l’articolo 25 del Codice dell’amministrazione digitale (D.lgs. n. 82/2005) disciplina la firma autenticata, e qualifica come riconosciuta, ai sensi dell'articolo 2703 del codice civile, la firma elettronica o qualsiasi altro tipo di firma avanzata autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato. La firma digitale è disciplinata dall’articolo 24.

 

Il comma 2 integra il comma 4-quater disponendo che le modifiche al contratto di rete, devono essere redatte e depositate per l'iscrizione, a cura dell'impresa indicata nell'atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. L'ufficio del registro delle imprese provvede alla comunicazione dell’avvenuta iscrizione delle modifiche al contratto di rete, a tutti gli altri uffici del registro delle imprese presso cui sono iscritte le altre partecipanti, che provvederanno alle relative annotazioni d'ufficio della modifica.

In tal modo, si consente di fare un'unica iscrizione della modifica presso il Registro delle imprese della camera di commercio dell'impresa indicata nell'atto modificativo. Quest'ultimo ufficio provvede a comunicarla a tutti gli altri uffici presso i quali le imprese aderenti alla rete sono iscritte.

 

Nel corso dell’esame parlamentare si è previsto che, ove sia costituito il fondo comune, la rete di imprese può iscriversi nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilità la sede e con tale iscrizione la rete stessa acquisisce soggettività giuridica.

 

Con il comma 3, si prevede che ai contratti di rete stipulati tra imprenditori agricoli non si applichino le norme contenute nella legge n. 203 del 1982, recante principalmente norme dirette alla conversione ope legis di talune tipologie contrattuali ormai superate nonché alla regolazione di contratti di affitto.

 

Secondo la relazione tecnica al ddl di conversione (A.C. 5312) l’articolo nel suo complesso non comporta effetti sulla finanza pubblica.


 

Articolo 46
(
Adeguamento del sistema sanzionatorio delle cooperative)

 


1. All'articolo 12 del decreto legislativo 2 agosto 2002, n. 220, dopo il comma 5-bis è aggiunto il seguente:

«5-ter. Agli enti cooperativi che si sottraggono all'attività di vigilanza o risultano irreperibili al momento delle verifiche disposte nei loro confronti si applica la sanzione amministrativa da euro 50.000 ad euro 500.000 per il periodo in corso alla data di riscontro del comportamento elusivo da parte dell'autorità di vigilanza e per ciascuno dei successivi periodi fino alla cessazione dell'irreperibilità. La stessa norma si applica alle irregolarità previste dall'articolo 10 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in sostituzione della sanzione della sospensione semestrale di ogni attività.».


 

 

L’articolo 46 aggiungendo il comma 5-ter all’articolo 12 del D.lgs. 2 agosto 2002, n. 220[185], interviene sulla disciplina della vigilanza sulle società cooperative, prevedendo una sanzione amministrativa applicabile agli enti cooperativi che si sottraggano all’attività di vigilanza o risultino irreperibili al momento delle verifiche.

 

Si ricorda che nella normativa previgente era prevista (articolo 12, comma 3, del richiamato D.lgs. 220/2002), per gli enti cooperativi che si sottraessero all’attività di vigilanza o non rispettassero le finalità mutualistiche, la cancellazione dall’albo nazionale degli enti cooperativi (ovvero dal registro prefettizio e dallo schedario generale della cooperazione), sentita la Commissione centrale per le cooperative, con conseguente perdita dei benefici connessi all’iscrizione.

 

Secondo la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento (A.C. 5312), l’intervento normativo si rende necessario in quanto la cancellazione dall’Albo degli enti cooperativi, a causa delle sostanziali modifiche normative che si sono succedute nel tempo in materia dì albo delle società cooperative, è divenuta inapplicabile. Secondo la relazione, infatti, tale sanzione “colpiva le cooperative che si sottraevano alla vigilanza con la perdita dei benefici fiscali in quanto la cancellazione da quello che veniva denominato "Albo nazionale degli enti cooperativi", evoluzione del soppresso registro prefettizio e schedario generale della cooperazione, di fatto mai attuato, comportava appunto quella conseguenza[186]. Il motivo della inapplicabilità dell'attuale disposizione”, continua la relazione, “è duplice: in primo luogo l'ipotetica cancellazione dall'odierno albo delle società cooperative provocherebbe la contestuale eliminazione dal registro delle imprese e quindi la cessazione della cooperativa senza, oltretutto, le garanzie che l'ordinamento prevede per i creditori sociali con l'attivazione della procedura liquidatoria dell'ente che a volte è irrinunciabile (se la società è proprietaria di beni immobili) ed in secondo luogo perché risulterebbe evidente l'inasprimento della sanzione rispetto a quelle che erano le originarie intenzioni del legislatore se si pensasse di applicare alla lettera l'attuale dettato normativo, poiché la cooperativa anziché perdere i benefici fiscali verrebbe completamente espunta dall' ordinamento”.

Per tali motivi, prosegue la relazione, viene in pratica ripristinata la sanzione prevista prima del D.lgs. 220 la quale “risulta più calibrata alla tipologia di infrazione commessa: essa inoltre ha il non trascurabile pregio di produrre effetti immediati sia in termini di deterrenza al fenomeno, sia di recupero del beneficio fiscale non dovuto alle cooperative che si sottraggono alle verifiche di mutualità”. Sia la relazione illustrativa sia la relazione tecnica stimano da tale disposizione “non meno di un milione di Euro per anno il recupero per lo Stato in termini di fiscalità”.

 

La sanzione, con importo minimo pari a 50.000 euro ed importo massimo pari a 500.000 euro, si applica per il periodo in corso alla data di riscontro del comportamento elusivo da parte dell’autorità di vigilanza e per ciascuno dei successivi periodi fino alla cessazione dell’irreperibilità.

 

La disposizione prevede altresì l’applicazione della richiamata sanzione per le irregolarità comportanti, ai sensi dell’articolo 10 della L. 23 luglio 2009, n. 99[187], la sanzione della sospensione semestrale di ogni attività, in sostituzione della sospensione stessa.

 

Al riguardo, si ricorda che il comma 5-bis dell’articolo 12 del D.lgs. 220/2002, introdotto dall’articolo 10, comma 12, della L. 99/2009, prevede l’irrogazione della sanzione della sospensione semestrale di ogni attività dell'ente, intesa come divieto di assumere nuove eventuali obbligazioni contrattuali, agli enti cooperativi che senza giustificato motivo non ottemperino, entro il termine prescritto, anche parzialmente alla diffida – peraltro non espressamente citata nello stesso articolo 12 - impartita in sede di vigilanza, salva l'applicazione di ulteriori sanzioni.

Oltre a quanto già detto, si ricorda che l’articolo 12 della L. 220/2002 individua i provvedimenti che possono essere adottati dal Ministero dello sviluppo sulla base delle risultanze in sede di vigilanza, e cioè:

a)    la cancellazione dall’albo nazionale degli enti cooperativi ovvero cancellazione dal registro prefettizio e dallo schedario generale della cooperazione;

b)    la gestione commissariale (disciplinata dall’articolo 2543 c.c. in caso di irregolare funzionamento della società cooperativa);

c)    lo scioglimento per atto dell’autorità (disciplinato dall’articolo 2544 c.c.);

d)    la sostituzione dei liquidatori (prevista dall’articolo 2545 c.c., in caso d'irregolarità o di eccessivo ritardo nello svolgimento della liquidazione ordinaria);

e)    la liquidazione coatta amministrativa (prevista dall’articolo 2540 c.c. per i casi di insolvenza).

 

I provvedimenti sanzionatori richiamati sono adottati sentita la Commissione centrale per le cooperative (comma 2), per quanto riguarda i consorzi agrari, invece, gli stessi provvedimenti sono adottati di concerto con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (comma 5).

 

La gestione commissariale di cui all’articolo 2543 c.c. si applica anche agli enti cooperativi che commettono gravi e reiterate violazioni del proprio regolamento interno di cui all’art. 6 della L. 142/2001 (comma 4).

 

Si fa presente che, in quanto prevede una specifica sanzione per le cooperative che si sottraggano all’attività di vigilanza o risultino irreperibili al momento delle verifiche in luogo della cancellazione, la disposizione andrebbe coordinata con l’articolo 12, commi 3 e 5-bis, del decreto legislativo n. 220 del 2002, trattandosi di norme di fatto sostituite e non più applicabili.

 


 

Articolo 46-bis
(
Modifiche alla legge 28 giugno 2012, n. 92, e misure in materia di accordi di lavoro)

 

 


1. Alla legge 28 giugno 2012, n. 92, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, comma 9, lettera h), è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«I termini ridotti di cui al primo periodo trovano applicazione per le attività di cui al comma 4-ter e in ogni altro caso previsto dai contratti collettivi stipulati ad ogni livello dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale»;

b) all'articolo 1 dopo il comma 17 è inserito il seguente:

«17-bis. Al comma 3 dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, dopo la lettera i-bis) è aggiunta la seguente:

''i-ter) in tutti i settori produttivi, in caso di utilizzo da parte del somministratore di uno o più lavoratori assunti con contratto di apprendistato''»;

c) all'articolo 1, comma 26, capoverso ''Art. 69-bis'', comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi»;

2) alla lettera b), le parole: «corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco dello stesso anno solare» sono sostituite dalle seguenti: «corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi»;

d) all'articolo 1, comma 32, lettera a), capoverso ''Art. 70'', comma 1, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per l'anno 2013, prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, fermo restando quanto previsto dal comma 3 e nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare, da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito. L'INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio»;

e) all'articolo 2, comma 46, alla lettera a), alinea, le parole: «31 dicembre 2013» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2014» e la lettera b) è abrogata;

f) all'articolo 2, dopo il comma 46 è inserito il seguente:

«46-bis. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il 31 ottobre 2014, procede, insieme alle associazioni dei datori di lavoro e alle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ad una ricognizione delle prospettive economiche e occupazionali in essere alla predetta data, al fine di verificare la corrispondenza della disciplina transitoria di cui al comma 46 a tali prospettive e di proporre, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, eventuali conseguenti iniziative»;

g) all'articolo 2, comma 57, le parole: «, al 28 per cento per l'anno 2013, al 29 per cento per l'anno 2014» sono sostituite dalle seguenti: «e per l'anno 2013, al 28 per cento per l'anno 2014» e le parole: «al 19 per cento per l'anno 2013, al 20 per cento per l'anno 2014, al 21 per cento per l'anno 2015, al 22 per cento per l'anno 2016, al 23 per cento per l'anno 2017 e al 24 per cento a decorrere dall'anno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «al 20 per cento per l'anno 2013, al 21 per cento per l'anno 2014, al 22 per cento per l'anno 2015 e al 24 per cento a decorrere dall'anno 2016»;

h) all'articolo 2, il comma 70 è sostituito dal seguente:

«70. All'articolo 3, comma 1, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, le parole: ''qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata'' sono sostituite dalle seguenti: ''quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali''.

L'articolo 3 della citata legge n. 223 del 1991, come da ultimo modificato dal presente comma, è abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2016»;

i) all'articolo 2, dopo il comma 70 è inserito il seguente:

«70-bis. I contratti e gli accordi collettivi di gestione di crisi aziendali che prevedono il ricorso agli ammortizzatori sociali devono essere depositati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità indicate con decreto direttoriale. Dalla presente disposizione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica»;

l) all'articolo 4, comma 27, lettera a), secondo periodo, dopo le parole: «della presente legge,» sono inserite le seguenti: «i lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a sei mesi,».

2. All'articolo 47, comma 4-bis, della legge 29 dicembre 1990, n. 428, dopo la lettera b) sono aggiunte le seguenti:

«b-bis) per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo;

b-ter) per le quali vi sia stata l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti».

3. Alle minori entrate contributive derivanti dalla lettera g) del comma 1, pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, si provvede, quanto a 4 milioni di euro per l'anno 2013 e a 12 milioni di euro per l'anno 2014, mediante le maggiori entrate derivanti dalla medesima lettera g) del comma 1 e, quanto a 46 milioni di euro per l'anno 2013 e a 38 milioni di euro per l'anno 2014, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 24, comma 27, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.


 

 

L'articolo 46-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca talune modifiche (comma 1) alla legge L. 28 giugno 2012, n. 92, di riforma del mercato del lavoro, nonché (comma 2) alla disciplina sul mantenimento dei diritti dei lavoratori nei casi di trasferimento d'azienda o di parte di essa. Il comma 3, infine, reca la copertura degli oneri finanziari derivanti dalla disposizione di cui al comma 1, lettera g)(vedi infra).

 

In particolare, per quanto attiene alle modifiche apportate dal comma 1:

§       si modificano le norme sui termini temporali per le riassunzioni a tempo determinato entro i quali il secondo contratto si considera a tempo indeterminato; in particolare, nell’ambito della riduzione degli intervalli di tempo, prevista dai contratti collettivi, oltre i quali la stipula di un nuovo contratto a termine viene considerato, dopo la scadenza del precedente, come assunzione a tempo indeterminato, si precisa che tali riduzioni si applichino alle attività stagionali ed in ogni altro caso previsto, ad ogni livello, dalla contrattazione collettiva (lettera a)).

Si ricorda che secondo l’articolo 1, comma 9, lettere g) ed h), alla L. 92/ 2012, ricorre tale fattispecie qualora il lavoratore sia riassunto entro 60 giorni dalla scadenza del precedente contratto a termine, ovvero entro 90 giorni qualora il primo contratto fosse di durata superiore a 6 mesi. Tuttavia, i contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale possono prevedere, in alcuni casi e stabilendo le relative condizioni, la riduzione dei predetti periodi, rispettivamente, fino a 20 giorni e a 30 giorni. In mancanza di un intervento da parte della contrattazione collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, decorsi 12 mesi dall'entrata in vigore della L. 92 (cioè entro il 18 luglio 2013), sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, provvede a individuare le condizioni suddette. La riduzione dei termini può essere prevista, da parte delle suddette fonti, nell'ambito di un processo organizzativo determinato: dall'avvio di una nuova attività; dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall'implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente.

 

§       si prevede che la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato sia ammessa in tutti i settori produttivi in caso di utilizzo da parte del somministratore di lavoratori assunti con contratto di apprendistato (lettera b)).

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 2, comma 3, del D.lgs. 167/2011, T.U. dell’apprendistato, tale categoria di lavoratori non può essere oggetto di contratto di somministrazione a tempo determinato[188].

 

Si osserva che sarebbe stato più opportuno fare riferimento al soggetto utilizzatore, anziché al somministratore.

 

§       si modificano i presupposti previsti ai fini della presunzione che le prestazioni rese da titolari di partita IVA siano da considerare come rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevedendo che la durata della collaborazione con lo stesso committente debba essere superiore a 8 mesi annui per 2 anni consecutivi (invece che per un solo anno) (lettera c), n. 1), e che il corrispettivo annuo debba superare l’80% del fatturato complessivo per due anni solari consecutivi ( invece che per un solo anno) (lettera c), n. 2);

Si ricorda che l’articolo 1, comma 26, della legge n.92/2012 prevede quale ulteriore requisito che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente. E’ inoltre fatta salva la prova contraria da parte del committente e che la presunzione si applica con riferimento ai rapporti instaurati successivamente al 18 luglio 2012 (data di entrata in vigore della L. 92/2012); per i rapporti già in corso, la presunzione si applica decorsi 12 mesi dalla medesima data. Da tale complesso di norme sono escluse alcune fattispecie, in relazione alla tipologia della prestazione o al livello (pari o superiore ad un determinato valore) del reddito annuo da lavoro autonomo del soggetto prestatore;

§       si dispone, per il solo 2013, che i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito possano svolgere prestazioni di lavoro accessorio in tutti i settori produttivi (compresi gli enti locali, fermi restando i vincoli vigenti in materia di contenimento delle spese di personale) nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare (lettera d)). L’INPS provvede a sottrarre dalla contribuzione figurativa, relativa alle prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, gli accrediti contributivi derivanti dalle prestazioni di lavoro accessorio;

L’articolo 1, comma 32, della legge n. 92/2012, ha modificato profondamente l’istituto del lavoro accessorio, specificando che per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative di natura meramente occasionale che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare, annualmente rivalutati. Fermo restando il limite complessivo di 5.000 euro nel corso di un anno solare, nei confronti dei committenti imprenditori commerciali o professionisti, le attività lavorative di cui al presente comma possono essere svolte a favore di ciascun singolo committente per compensi non superiori a 2.000 euro, rivalutati annualmente. Particolare disposizioni sono state previste per il lavoro accessorio in agricoltura, e sono stati modificati fati anche alcuni parametri relativi ai buoni orari che fungono da pagamento delle prestazioni.

§       per quanto attiene alle disposizioni transitorie che riducono progressivamente la durata del trattamento di mobilità (fino all’entrata in vigore dell’ASPI, prevista per il 2017) si proroga di un anno (ossia al 31 dicembre 2014) la disciplina attualmente prevista fino al 31 dicembre 2013 (il che si traduce in una durata dell’indennità di mobilità superiore di 6 mesi, nel 2014, per i lavoratori ultracinquantenni del Centro-nord e di tutti i lavoratori del Centro-sud) (lettera e)).

Si ricorda che la disciplina sull’indennità di mobilità prevede una durata dell'indennità è pari a 12 mesi, ovvero a 24 mesi per i soggetti che abbiano compiuto i 40 anni e a 36 mesi per quelli che abbiano compiuto i 50 anni; tali periodi sono, tuttavia, aumentati nel territorio del Mezzogiorno, rispettivamente, a 24, 36 e 48 mesi. L'attuale disciplina transitoria per i lavoratori collocati in mobilità nel corso del 2014 dispone che la durata sia pari, rispettivamente, a 12, 24 e 30 mesi e, nel territorio del Mezzogiorno, a 18, 30 e 42 mesi.Si ricorda che la normativa transitoria concerne, in termini diversi, anche i lavoratori collocati in mobilità nel corso del 2015 e del 2016. Riguardo al nuovo trattamento di disoccupazione (ASPI), esso concerne gli eventi di disoccupazione successivi al 31 dicembre 201229 (ad eccezione dei soggetti collocati in mobilità entro il 31 dicembre 2016); la durata del nuovo trattamento, in relazione agli eventi di disoccupazione verificatisi, rispettivamente, a decorrere dal 1° gennaio 2016 e nel periodo 1° gennaio 2013-31 dicembre 2015, è disciplinata dal’articolo 2, commi 11 e 45, della L. 92/2012;

§       si prevede, entro il 31 ottobre 2014, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali proceda, insieme con le associazioni dei datori di lavoro e le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, ad una verifica della corrispondenza tra le prospettive economiche ed occupazionali e la disciplina transitoria sulla durata dell'indennità di mobilità, con il fine di proporre, se necessarie e compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, iniziative per perseguire la corrispondenza stessa (lettera f)) ;

§       si rimodula l’aumento delle aliquote contributive della Gestione separata INPS, abbassando per alcuni periodi le aliquote dovute dagli assicurati non iscritti ad altre forme pensionistiche e aumentando le aliquote dovute dai soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche, riducendo il periodo transitorio e anticipando al 2016 l’aliquota a regime (lettera g)).

Di seguito si riportano le nuove aliquote (vengono evidenziate solamente le aliquote dovute dall’anno in corso).

Per gli assicurati non iscritti ad altre forme pensionistiche:

o   27% per il biennio 2012-2013;

o   28% per il 2014;

o   30% per il 2015;

o   31% per il 2016;

o   32% per il 2017;

o   33% a decorrere dal 2018.

Per i soggetti iscritti ad altre forme pensionistiche, l’incremento è determinato nel seguente modo:

o   18% per il 2012;

o   20% per il 2013;

o   21% per il 2014;

o   22% per il 2015;

o   24% a decorrere dal 2016.

§       intervenendo sulla disciplina dell’erogazione della CIGS per le aziende sottoposte a procedure concorsuali nonché nei casi di aziende sottoposte (ai sensi della disciplina contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso) a sequestro o confisca, si precisa che l’erogazione dello strumento di tutela del reddito è previsto solo quando sussistano prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli di occupazione, da valutare in base a parametri oggettivi definiti con specifico decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, e confermando l’abrogazione della richiamata disciplina a decorrere dal 1° gennaio 2016 (lettera h));

Si segnala che non viene specificato quale normativa si applichi nel periodo precedente l'emanazione del suddetto decreto ministeriale (di cui peraltro non viene previsto alcun termine per l’emanazione), atteso che tale decreto contiene i parametri di riferimento per l’applicazione della disciplina;

§       si prevede che i contratti e gli accordi collettivi di gestione di crisi aziendali che contemplino il ricorso agli ammortizzatori sociali siano depositati presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, secondo modalità indicate con specifico decreto direttoriale e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica (lettera i)).

Si segnala che il testo non indica il termine di emanazione del richiamato decreto;

§       modificando la disciplina in materia di diritto al lavoro dei disabili, di cui alla L. 68/1999, si interviene, in senso restrittivo, sulle categorie escluse dalla base di computo, inserendovi anche lavoratori occupati con contratto a tempo determinato di durata fino a 6 mesi (lettera l)).

 

Il comma 2 interviene in materia di trasferimento d’azienda, integrando l’articolo 47 della legge comunitaria per il 1990 (L. 428/1990). In particolare si conferma l’applicazione dell’art. 2112 c.c. nel caso in cui sia stato raggiunto un accordo circa il mantenimento, anche parziale, dell’occupazione, nel caso in cui il trasferimento riguardi anche aziende per le quali vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo e per le quali vi sia stata omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.

 

Il trasferimento d’azienda – disciplinato dall’articolo 2112 c.c. e dall’articolo 47[189] della legge comunitaria per il 1990 (L. 29 dicembre 1990, n. 428), come modificati dal D.lgs. 2 febbraio 2001, n. 18[190], di recepimento della direttiva n. 98/50/CE – consiste nel trasferimento di un'entità economica, vista come un insieme organizzato di mezzi per lo svolgimento di una determinata attività, che mantiene la sua identità, sia pubblica sia privata, indipendentemente dal fatto che venga perseguito o meno un fine di lucro.

Secondo quanto previsto dall’art. 2112 c.c., il trasferimento può anche riguardare un ramo d’azienda, a condizione che l’attività ceduta sia idonea ad essere collocata utilmente sul mercato, costituendo un’entità economica suscettibile di essere oggetto di un'attività autonoma di impresa da parte dell’acquirente, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento.

Per quanto concerne il rapporto di lavoro, l’articolo 2112 c.c. stabilisce che il rapporto di lavoro continua con il cessionario e pertanto il lavoratore conserva tutti i diritti derivanti dall'anzianità di servizio raggiunta prima del trasferimento, nonché quelli previsti nel contratto individuale, con particolare riferimento ai diritti relativi all’inquadramento di categoria e retributivo. Le condizioni di lavoro determinate nel contratto collettivo applicato al momento della cessione sono mantenute fino alla data della sua scadenza, a meno che il cessionario non applichi un altro contratto collettivo (che quindi prevale).

Il soggetto cedente è obbligato in solido con il cessionario per tutti i crediti che il dipendente vantava al momento del trasferimento; tuttavia il lavoratore può liberare il cedente da tali obbligazioni.

Infine il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé giusta causa o giustificato motivo di licenziamento, ferma restando la facoltà del datore di lavoro di recedere dal rapporto secondo quanto previsto dalla disciplina sul licenziamento.

La normativa vigente prevede anche obblighi di informazione e di consultazione in caso di trasferimento d’azienda (o ramo d’azienda) in cui siano occupati più di 15 dipendenti.

 

Il comma 3, infine, dispone che alle minori entrate contributive derivanti dalle disposizioni concernenti la rimodulazione delle aliquote contributive per gli iscritti alla Gestione separata INPS (comma 1, lettera g)) pari a 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 si provvede quanto a 4 milioni di euro per l’anno 2013 e a 12 milioni di euro per l’anno 2014 mediante le maggiori entrate derivanti dalla medesima lettera g) del comma 1 e quanto a 46 milioni di euro per l’anno 2013 e a 38 milioni di euro per l’anno 2014 mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne, di cui all’articolo 24, comma 27, del D.L. 201/2011.


 

Articolo 47
(
Semplificazione della governance di Unioncamere)

 


1. Il comma 6 dell'articolo 7 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, come modificata dal decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23è sostituito dal seguente:

«6. Oltre ai rappresentanti delle camere di commercio, come individuati dallo Statuto, che fanno parte dell'organo amministrativo dell'Unioncamere il cui numero massimo di componenti è calcolato con riferimento ai presidenti delle camere di commercio e in conformità alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi 2 e 3 della legge 11 novembre 2011, n. 180, sono invitati permanenti alle riunioni dello stesso tre rappresentanti designati dal Ministro dello sviluppo economico e tre rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata.».

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 47, per adeguarsi alle nuove norme in materia di numero di componenti degli organi amministrativi, pur mantenendo la rappresentanza delle amministrazioni centrali e locali, prevede che i rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico e degli enti locali partecipino alle riunioni dell’organo amministrativo di Unioncamere quali invitati e non più come componenti.

 

Il comma 1 modifica le modalità di partecipazione alle riunioni dell’organo amministrativo di Unioncamere dei tre rappresentanti del MiSE e dei tre rappresentanti della Conferenza Unificata, sostituendo il comma 6 dell’articolo 7 della legge 580/1993, di riordino delle Camere di Commercio (successivamente riformata con il D.lgs. 23/2010).

Secondo il testo del citato comma 6, vigente prima dell’entrata in vigore del decreto in esame, facevano parte dell'organo di amministrazione dell'Unioncamere:

§      i rappresentanti delle Camere di Commercio come individuati dallo Statuto,

§      tre rappresentanti designati dal Ministro dello sviluppo economico,

§      tre rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata.

Il D.lgs. 23/2010[191], infatti, per favorire il coordinamento della programmazione delle linee strategiche e delle attività del Sistema camerale con quelle definite dallo Stato e a livello locale, aveva esteso la partecipazione all'organo politico-amministrativo dell'Unioncamere ai rappresentanti di Stato e enti locali.

Tuttavia, la legge 180/2011[192] sullo statuto delle imprese ha disposto (articolo 3, commi 2 e 3) che il numero dei componenti degli organi amministrativi non può essere superiore ad un terzo dei componenti dei consigli di ciascuna camera di commercio[193], e che tale regola si applica anche agli enti del sistema delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura a base associativa.

Pertanto, per ripristinare la presenza dei rappresentanti degli enti locali e del Ministero dello Sviluppo economico, nell’organo amministrativo di Unioncamere, l’articolo in esame dispone che esso è composto dai rappresentanti delle Camere di Commercio, mentre i tre rappresentanti designati dal Ministro dello sviluppo economico e i tre rappresentanti designati dalla Conferenza Unificata divengono invitati permanenti alle riunioni.

 

Il comma 2 contiene la clausola di salvaguardia finanziaria.


 

Articolo 48
(
Lodo arbitrale)

 

1. Nei giudizi arbitrali per la risoluzione di controversie inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi il lodo è impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche ai giudizi arbitrali per i quali non sia scaduto il termine per l'impugnazione davanti alla Corte d'appello alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

L’articolo 48 interviene in tema di impugnabilità del lodo arbitrale su controversie inerenti a lavori pubblici, forniture e servizi.

 

In particolare, il comma 1 dispone che quando la risoluzione di controversie «inerenti o comunque connesse ai lavori pubblici, forniture e servizi» sia affidata ad un giudizio arbitrale, il lodo è impugnabile davanti alla Corte di appello, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia.

 

Con questa espressione si intende offrire al giudice dell’impugnazione la possibilità di conoscere degli errores in judicando, vale a dire degli errori di diritto commessi dagli arbitri nel giudicare il merito della controversie. Finora, invece, l’impugnazione per nullità del lodo attiene, ad esempio, ad ipotesi di pronuncia del lodo da parte di chi non aveva i requisiti per la nomina ad arbitro, ovvero di violazione del principio del contraddittorio, ovvero di lodo privo di un elemento essenziale come l’esposizione sommaria dei motivi o addirittura il dispositivo.

 

Si tratta di una possibilità già offerta dal Codice dei contratti pubblici, ma limitatamente alle controversie inerenti a diritti soggettivi e derivanti dall’esecuzione del contratto.

 

Si ricorda che l’art. 241 del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 163 del 2006) prevede che possano essere deferite ad arbitri «le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee» (comma 1), disponendo che, per quanto non disciplinato dallo stesso Codice, ai giudizi arbitrali si applicano le disposizioni del codice di procedura civile (comma 2).

Per quanto riguarda in particolare il regime delle impugnazioni del lodo arbitrale, la disposizione (comma 15-bis) deroga ai principi del codice di procedura civile (che vogliono il lodo impugnabile solo per nullità, revocazione ed opposizione di terzo, salva espressa volontà delle parti o disposizione di legge ex art. 829, comma 3) e precisa che «il lodo è impugnabile, oltre che per motivi di nullità, anche per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. L'impugnazione è proposta nel termine di novanta giorni dalla notificazione del lodo e non è più proponibile dopo il decorso di centoottanta giorni dalla data del deposito del lodo presso la Camera arbitrale»[194].

 

Il decreto-legge applica il principio dell’impugnazione nel merito in via generalizzata a tutte le controversie inerenti ai lavori pubblici (e non solo a quelle relative alla fase esecutiva del contratto).

 

Il comma 2 dell’art. 48 dispone l’applicazione del suddetto principio anche ai giudizi arbitrali per i quali alla data del 26 giugno 2012 non fosse scaduto il termine per l’impugnazione davanti alla Corte d’appello (in base all’art. 828 del codice di procedura civile l’impugnazione del lodo davanti alla Corte d’appello deve essere proposta entro 90 giorni dalla notificazione del lodo).

 


 

Articolo 49
(
Commissario ad acta)

 


1. Il commissario «ad acta» di cui all'articolo 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nominato con decreto del Ministro delle attività produttive 21 febbraio 2003, cessa alla data del 31 dicembre 2013.

2. Entro la medesima data del 31 dicembre 2013, il commissario «ad acta», previa ricognizione delle pendenze, provvede alla consegna di tutti i beni, trattazioni e rapporti in capo alle Amministrazioni individuate, secondo le ordinarie competenze, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e presenta ai medesimi Ministri la relazione conclusiva dell'attività svolta.

3. L'onere per il compenso a saldo e per il funzionamento della struttura di supporto del Commissario ad acta, nel limite di euro 100.000 per ciascuno degli anni 2012 e 2013, grava sulle disponibilità della contabilità speciale 3250, intestata al commissario ad acta, provenienti dalla contabilità speciale 1728 di cui all'articolo 86, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289.


 

 

Il comma 1 dispone la cessazione, al 31 dicembre 2013, del commissario ad acta previsto dall’art. 86 della L. 289/2002 per la definitiva chiusura degli interventi infrastrutturali nelle aree della Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, colpite dagli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981. Tale commissario, come citato anche nella norma, è stato nominato con D.M. attività produttive 21 febbraio 2003 (pubblicato nella G.U. 26 maggio 2003, n. 120).

Si ricorda che l’incarico di commissario è stato conferito dal citato D.M. all’ing. Filippo D'Ambrosio.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) ricorda che l'art. 86 citato, finalizzato alla definitiva chiusura di tutti gli interventi infrastrutturali di cui all'art. 32 della legge n. 219/1981, oltre alla nomina del citato commissario ad acta “aveva revocato tutte le concessioni per le opere di viabilità, finanziate ai sensi della citata legge n. 219 del 1981, i cui lavori non avessero conseguito significativi avanzamenti da almeno tre anni, ed aveva disposto che il commissario ad acta, entro 24 mesi dalla definizione degli stati di consistenza, affidasse l'esecuzione delle opere medesime con le modalità ritenute più vantaggiose per la pubblica amministrazione, avvalendosi della disciplina straordinaria di cui alla legge n. 219 del 1981, nulla disponendo sul termine della relativa definitiva consegna”. La stessa relazione sottolinea che, poiché l'affidamento ad un commissario ad acta di attività mediante procedure extra ordinem, per l'intrinseca natura delle procedure medesime, dovrebbe avere un'applicazione circoscritta nel tempo, con la norma in esame “si pone rimedio alla mancata previsione, nel citato art. 86 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, del termine di conclusione delle opere e dell'incarico di commissario ad acta".

La normativa per la ricostruzione e le risorse stanziate

Gli eventi sismici del novembre 1980 e del febbraio 1981 hanno colpito circa 200 comuni, dei quali una sessantina seriamente danneggiati, lasciando - oltre ai 2.914 morti e 8.800 feriti - 280.000 senzatetto e 150.000 edifici da ricostruire. Dopo una prima immediata individuazione di quelli disastrati, i comuni che sono stati poi interessati dall’opera di ricostruzione e sviluppo sono complessivamente 687, classificati a seconda della gravità dei danni, in comuni “disastrati”, “gravemente danneggiati” e “danneggiati”.

Per far fronte all’emergenza il Governo ha emanato dapprima il D.L. 776/1980, con cui sono stati adottati i primi interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dal terremoto e, successivamente, il D.L. 75/1981 (convertito dalla legge n. 219/1981), con cui sono stati disposti ulteriori stanziamenti.

I numerosi provvedimenti emanati successivamente per fronteggiare l’emergenza sono stati raccolti in un Testo unico approvato con il D.lgs. 76/1990 che è stato integrato da un’ulteriore specifica legge (L. 32/1992). Anche in virtù della legge n. 32 del 1992, spetta al CIPE deliberare la ripartizione, tra le Amministrazioni dello Stato e tra gli enti locali interessati, dei finanziamenti in favore degli interventi ricostruttivi e di sviluppo.

Successivamente i finanziamenti sono stati integrati dal comma 1013 dell’art. 1 della L. 296/2006 (finanziaria 2007) e dall’art. 2, comma 115, della L. 244/2007 (finanziaria 2008). In occasione dello stanziamento dei contributi quindicennali autorizzati dalla finanziaria per il 2007, la Corte dei Conti ha predisposto una relazione[195], nel luglio 2008, relativamente alla gestione dei fondi per il terremoto in Irpinia e Basilicata e alle esigenze finanziarie per il completamento degli interventi[196].

Secondo l’analisi delle disposizioni che si sono succedute nel tempo, per la ricostruzione delle zone terremotate sono stati autorizzati stanziamenti che, espressi in valori nominali rivalutati, corrispondono a circa 47,5 miliardi di euro[197].

 

Il comma 2 prevede che, entro il medesimo termine del 31 dicembre 2013, il commissario ad acta, previa ricognizione delle pendenze, provvede alla consegna di tutti i beni, trattazioni e rapporti in capo alle amministrazioni individuate, secondo le ordinarie competenze, con decreto interministeriale (emanato di concerto dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico).

Lo stesso comma prevede che, entro la medesima data, il commissario ad acta provveda alla presentazione di una relazione conclusiva dell'attività svolta.

 

Il comma 3 dispone in merito alla copertura degli oneri derivanti dai commi precedenti. Viene previsto che l'onere per il compenso a saldo e per il funzionamento della struttura di supporto del Commissario ad acta, nel limite di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, grava sulle disponibilità della contabilità speciale 3250, intestata al commissario ad acta, provenienti dalla contabilità speciale 1728 di cui all'art. 86, comma 3, della L. 289/2002.

Si ricorda, in proposito, che il citato comma 3 dell’art. 86 della L. 289/2002 ha previsto che “all'onere per il compenso del commissario e per il funzionamento della struttura di supporto composta da personale in servizio presso il Ministero delle attività produttive, per un massimo di 300.000 euro annui, si provvede a valere sulle disponibilità del Ministero delle attività produttive di cui alla contabilità speciale 1728, che saranno versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione allo stato di previsione del predetto Ministero”.

A tale riguardo la relazione tecnica al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) sottolinea che la norma in commento dispone una “riduzione del compenso attualmente previsto per il commissario ad acta, nei limiti consentiti dalla legislazione vigente, in primis l’art. 15 del decreto-legge n. 98 del 2011”.

Si ricorda che il comma 3 del citato art. 15 ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, che il compenso dei commissari o sub commissari è composto da una parte fissa e da una parte variabile, ognuna delle quali non può superare l’importo di 50.000 euro annui.

 


 

Articolo 50
(
Modifiche al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, in materia di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza)

 


1. Al decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2 dell'articolo 39, dopo le parole «la cui opera è richiesta dalla procedura», sono aggiunte le seguenti: «e gli obblighi da osservare circa la pubblicità degli incarichi conferiti e dei relativi costi, al fine di garantire piena trasparenza alla procedura»;

b) al comma 1 dell'articolo 41, dopo le parole «Ministero dell'Industria.», sono aggiunte le seguenti: «L'onere per il compenso del delegato, è detratto dal compenso del commissario.»;

c) il comma 2 dell'articolo 41 è sostituito dal seguente:

«2. Il commissario può essere autorizzato dal comitato di sorveglianza a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la propria responsabilità e ad attribuire a professionisti ed esperti incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale limitatamente ai casi di effettiva necessità e previa verifica circa la insussistenza di adeguate professionalità tra i dipendenti dell'impresa.»;

d) l'articolo 47, è sostituito dal seguente:

«47 (Compenso dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza). - 1. L'ammontare del compenso spettante al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza ed i relativi criteri di liquidazione sono determinati con decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi tenuto conto, per quanto applicabili e con gli adattamenti resi necessari dalla specificità della procedura, delle disposizioni di cui al decreto ministeriale 25 gennaio 2012, n. 30, recante "Regolamento concernente l'adeguamento dei compensi spettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelle procedure di concordato preventivo" nonché dei seguenti ulteriori criteri:

a) determinazione del compenso del commissario giudiziale in misura fissa, tra un importo minimo e un importo massimo definiti in relazione a parametri dimensionali dell'impresa, tenuto anche conto dell'eventuale affidamento della gestione dell'esercizio;

b) articolazione del compenso del commissario straordinario in: un compenso remunerativo dell'attività gestionale, parametrato al fatturato dell'impresa; un compenso remunerativo dell'attività concorsuale, da liquidarsi in rapporto all'attivo realizzato al netto dei costi sostenuti per l'attività concorsuale e al passivo della procedura, secondo aliquote individuate in misura non superiore all'80% di quelle vigenti per la determinazione dei compensi dei curatori fallimentari e modulate sulla base di criteri predeterminati di apprezzamento della economicità, efficacia ed efficienza della procedura;

c) determinazione del compenso dei membri esperti del Comitato di sorveglianza secondo importi minimi e massimi definiti in relazione al numero degli occupati, al fatturato e al numero delle imprese del gruppo assoggettate alla procedura.».


 

 

L’articolo 50 si pone come obiettivi la riduzione della spesa e la trasparenza della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, vincolando, fra l’altro, i criteri di determinazione dei compensi dei commissari e di attribuzione di incarichi a valutazioni relative al contenimento dei costi.

Con tale finalità, il comma unico dell’articolo in esame interviene su alcuni articoli del D.lgs. 270/99, recante "Nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza", come evidenziato dal seguente testo a fronte.

 

D.lgs. 270/1999, articoli 39, 41 e 47

D.lgs. 270/1999, articoli 39, 41 e 47, come modificati dall’art. 50 in esame

 

 

39. Criteri per la scelta dei commissari e degli esperti

1. Con regolamento del Ministro dell'industria, di concerto con il Ministro di grazia e giustizia, sono stabiliti i requisiti di professionalità e di onorabilità dei commissari giudiziali e dei commissari straordinari.

2. Il Ministro dell'industria stabilisce altresì preventivamente, con proprio decreto, i criteri per la scelta degli esperti la cui opera è richiesta dalla procedura.

39. Criteri per la scelta dei commissari e degli esperti

1. Identico.

 

 

 

 

 

2. Il Ministro dell'industria stabilisce altresì preventivamente, con proprio decreto, i criteri per la scelta degli esperti la cui opera è richiesta dalla procedura e gli obblighi da osservare circa la pubblicità degli incarichi conferiti e dei relativi costi, al fine di garantire piena trasparenza alla procedura.

41. Intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario

1. Il commissario esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio, con facoltà di delegare ad altri, sotto la propria responsabilità, le funzioni inerenti alla gestione corrente dell'impresa. Negli altri casi, la delega può essere conferita soltanto per singole operazioni e con l'autorizzazione del Ministero dell'industria.

 

 

2. Il commissario può essere altresì autorizzato dal Ministero dell'industria a farsi coadiuvare da esperti, sotto la propria responsabilità.

41. Intrasmissibilità delle attribuzioni del commissario straordinario

1. Il commissario esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio, con facoltà di delegare ad altri, sotto la propria responsabilità, le funzioni inerenti alla gestione corrente dell'impresa. Negli altri casi, la delega può essere conferita soltanto per singole operazioni e con l'autorizzazione del Ministero dell'industria. L'onere per il compenso del delegato, è detratto dal compenso del commissario.

2. Il commissario può essere autorizzato dal comitato di sorveglianza a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la propria responsabilità e ad attribuire a professionisti ed esperti incarichi di consulenza e collaborazione tecnica e professionale limitatamente ai casi di effettiva necessità e previa verifica circa la insussistenza di adeguate professionalità tra i dipendenti dell'impresa.

47. Compenso dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza

1. L’ammontare del compenso spettante al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza ed i relativi criteri di liquidazione sono determinati con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. I criteri di determinazione del compenso dei Commissari straordinari devono tener conto dell’impegno connesso alla gestione dell’esercizio dell’impresa e dei risultati conseguiti dalla procedura con riferimento all’attuazione dell’indirizzo programmatico prescelto a norma dell’articolo 27, comma 2, e del raggiungimento degli obiettivi fissati nel programma in ordine ai tempi e al grado di soddisfazione dei creditori e al complessivo costo della procedura. Per la liquidazione del compenso ai commissari straordinari, trova applicazione l’ articolo 39, commi 2, 3 e 4 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267.

 

47 Compenso dei commissari e dei membri del comitato di sorveglianza

 1. L'ammontare del compenso spettante al commissario giudiziale, al commissario straordinario ed ai membri del comitato di sorveglianza ed i relativi criteri di liquidazione sono determinati con decreto non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi tenuto conto, per quanto applicabili e con gli adattamenti resi necessari dalla specificità della procedura, delle disposizioni di cui al decreto ministeriale 25 gennaio 2012, n. 30, recante "Regolamento concernente l'adeguamento dei compensi spettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelle procedure di concordato preventivo" nonché dei seguenti ulteriori criteri:

a) determinazione del compenso del commissario giudiziale in misura fissa, tra un importo minimo e un importo massimo definiti in relazione a parametri dimensionali dell'impresa, tenuto anche conto dell'eventuale affidamento della gestione dell'esercizio;

b) articolazione del compenso del commissario straordinario in: un compenso remunerativo dell'attività gestionale, parametrato al fatturato dell'impresa; un compenso remunerativo dell'attività concorsuale, da liquidarsi in rapporto all'attivo realizzato al netto dei costi sostenuti per l'attività concorsuale e al passivo della procedura, secondo aliquote individuate in misura non superiore all'80% di quelle vigenti per la determinazione dei compensi dei curatori fallimentari e modulate sulla base di criteri predeterminati di apprezzamento della economicità, efficacia ed efficienza della procedura;

c) determinazione del compenso dei membri esperti del Comitato di sorveglianza secondo importi minimi e massimi definiti in relazione al numero degli occupati, al fatturato e al numero delle imprese del gruppo assoggettate alla procedura.

Il decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270 (cd. legge Prodi-bis) 43 aveva fra l'altro la finalità di accelerare la chiusura delle procedure di amministrazione straordinaria pendenti incentivando la soddisfazione, totale o parziale, dei creditori attraverso proposte di concordato volte all’assunzione da parte di un soggetto terzo (assuntore) delle attività e delle passività, compreso l’eventuale contenzioso attivo e passivo. La finalità di conservazione del patrimonio produttivo si sarebbe dovuta conseguire mediante prosecuzione, riattivazione o riconversione delle attività imprenditoriali (articolo 1). Le imprese ammesse alla predetta procedura sono anche quelle individuali, che hanno un numero di lavoratori subordinati, compresi quelli ammessi al trattamento di integrazione dei guadagni, non inferiore a duecento da almeno un anno [(articolo 2, lettera a)] e debiti per un ammontare complessivo non inferiore ai due terzi tanto del totale dell'attivo dello stato patrimoniale che dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni dell'ultimo esercizio [(articolo 2, lettera b)]. Inoltre sono state ricomprese le imprese confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, in materia di organizzazioni criminali di tipo mafioso, anche straniere. anche in mancanza dei requisiti oggettivi relativi al numero dei lavoratori e all’ammontare dei debiti [(articolo 2, comma 1-bis)]44.

Con le modifiche all’articolo 39, apportate dalla lettera a) in esame, si prevede che il decreto ministeriale per la fissazione dei criteri di scelta degli esperti la cui opera è richiesta dalla procedura, contempli anche gli obblighi di pubblicità degli incarichi conferiti e dei relativi costi.

Con le modifiche all'articolo 41, vengono adeguate ai criteri già previsti dalla riforma della legge fallimentare (art. 32 L.F.), le disposizioni relative alle figure del delegato e del coadiutore, in particolare esplicitando, quanto alla prima, che l'onere del compenso è detratto dal compenso del commissario (lettera b) in esame), mentre l'attribuzione di altri incarichi di collaborazione e consulenza viene assoggettata alla autorizzazione del Comitato di sorveglianza e limitata ai casi di effettiva necessità nonché alla previa verifica circa l'inesistenza di idonee professionalità interne all'impresa (lettera c) in esame).

L’articolo 47[198], su cui interviene la lettera d) in esame, demandava la fissazione dei criteri di liquidazione dei compensi ad un regolamento interministeriale. Tale regolamento, come segnala la relazione illustrativa, non è stato emanato, e, nelle more, i compensi dei commissari giudiziali e straordinari sono stati determinati applicando in via analogica le disposizioni contenute nel Regolamento concernente i compensi dei curatori fallimentari, di recente oggetto di adeguamento con il decreto ministeriale 25 gennaio 2012, n. 30[199].

Le modifiche apportate al citato articolo 47 del decreto-legge in esame prevedono, quindi, l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare, in luogo dell'originario regolamento, il rinvio alle disposizioni del citato D.M. 25 gennaio 2012, n. 30, e la previsione di ulteriori criteri direttivi secondo i quali la determinazione del compenso deve essere:

§      articolato in quota remunerativa della attività di gestione e una quota relativa alla attività concorsuale, da calcolarsi, quanto all'attivo, al netto dei costi sostenuti, per il commissario straordinario. Per le aliquote, viene fissato un tetto massimo dell'80% delle aliquote previste per i compensi dei curatori fallimentari. I parametri di calcolo per l’apprezzamento dell’economicità, efficacia ed efficienza della procedura devono essere predeterminati, al fine di ridurre la discrezionalità amministrativa all'atto della liquidazione;

§      calcolato in misura fissa, per il commissario giudiziale, tra un importo minimo e uno massimo definiti in base a parametri dimensionali dell’impresa, tenuto anche conto dell’eventuale affidamento della gestione di esercizio;

§      compreso tra minimi e massimi da modulare in rapporto a parametri dimensionali delle imprese del gruppo assoggettate alla procedura, per il comitato di sorveglianza.

 


 

Articolo 51
(
Cedibilità tax credit digitale)

 


1. All'articolo 1, comma 331, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «il credito d'imposta di cui al comma 327, lettera c), n. 1, è cedibile dal beneficiario, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile e previa adeguata dimostrazione dell'effettività del diritto al credito medesimo, a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, ovvero alla società fornitrice dell'impianto di digitalizzazione. Tali cessionari possono utilizzare il credito ceduto solo in compensazione con i propri debiti d'imposta o contributivi ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Anche a seguito della cessione, restano impregiudicati i poteri delle competenti Amministrazioni relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del beneficiario che ha ceduto il credito d'imposta di cui al periodo precedente.».


 

 

L’articolo 51 introduce la possibilità di cessione del credito di imposta, previsto per le imprese di esercizio cinematografico per l’acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale (tax credit digitale), in favore di banche, assicurazioni oppure del soggetto che ha fornito l'impianto di digitalizzazione, che a loro volta lo potranno utilizzare in compensazione con i propri debiti d'imposta o contributivi.

 

L’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), al comma 327, lettera c), n. 1), riconosce in favore delle imprese di esercizio cinematografico un credito di imposta pari al 30 per cento delle spese complessivamente sostenute per l’introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale, con un limite massimo annuo non eccedente, per ciascuno schermo, euro 50.000.

Con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali del 21 gennaio 2010 sono state emanate le disposizioni applicative dei crediti d'imposta concessi alle imprese di esercizio cinematografico per l'introduzione e acquisizione di impianti e apparecchiature destinate alla proiezione digitale.

 

La relazione di accompagnamento (A.C. 5312) sottolinea che la proposta viene incontro alla scarsa se non inesistente fruizione del tax credit digitale da parte di molte aziende medio-piccole del comparto (ad esempio, sale parrocchiali, mono-sale a conduzione individuale e/o familiare, etc.). Tali aziende, detentrici di circa 1.000-1.500 schermi sui 3.900 costituenti il parco complessivo italiano, per la dimensione della loro economia, per l'assenza o limitatezza di dipendenti, nonché per la compresenza di altri crediti d'imposta di fatto sono nella condizione di non poter avvantaggiarsi del beneficio e finiscono per ignorarlo.

 

In sostanza, per questi soggetti minori del comparto cinematografico, la disposizione prevede che anche essi possano utilizzare il credito di imposta per il rinnovamento attraverso il passaggio alla proiezione digitale, ma poiché non possono utilizzare il credito di imposta in compensazione in quanto i loro debiti verso l’erario sono o esigui o già diversamente compensati, essi provvedono alla cessione del credito a banche, assicurazioni oppure al soggetto che ha fornito l'impianto di digitalizzazione, che a loro volta lo potranno utilizzare in compensazione con i propri debiti d'imposta o contributivi.

 

La relazione tecnica evidenzia che le imprese hanno ampiamente fatto ricorso al tax credit digitale: secondo quanto indicato dalla relazione tecnica originaria (ddl finanziaria 2008), il costo annuo stimato era pari a circa 8,4 milioni di euro; in base ai dati F24 aggiornati a tutto il 2011, nel corso del 2011 il credito di imposta è stato utilizzato a compensazione (codice 6828) per un importo di circa 8,7 milioni di euro, da parte di 239 soggetti. Conseguentemente la relazione tecnica ipotizza, nella ipotesi che la cessione del credito teoricamente spettante incrementi l'utilizzo in compensazione, rispetto a quanto già adesso utilizzato, in misura percentualmente analoga, un minor gettito - sotto forma di maggiore compensazione in F24 - pari a circa 3,3 milioni di euro, cui si fa fronte ai sensi dell’articolo 69 del decreto legge stesso.

 

La disposizione specifica che, anche a seguito della cessione, restano impregiudicati i poteri delle competenti Amministrazioni relativi al controllo delle dichiarazioni dei redditi e all'accertamento e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del beneficiario che ha ceduto il credito d'imposta di cui al periodo precedente.

 


 

Articolo 51-bis
(
Misure per lo sviluppo delle imprese culturali dello spettacolo)

 


1. Agli organismi dello spettacolo, nelle diverse articolazioni di genere e di settori di attività cinematografiche, teatrali, musicali, di danza, di circhi e di spettacoli viaggianti, costituiti in forma di impresa, è riconosciuta la qualifica di micro, piccola e media impresa ai sensi della disciplina dell'Unione europea vigente in materia.

2. Le imprese di cui al comma 1 usufruiscono delle agevolazioni nazionali e dell'Unione europea previste dalla normativa vigente per le piccole e medie imprese, in attuazione del decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005.

3. Al comma 1 dell'articolo 17 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«i-bis) la pubblicità effettuata mediante proiezioni all'interno delle sale cinematografiche in quanto e laddove percepibile esclusivamente dai possessori dei titoli d'ingresso».


 

 

L’articolo 51-bis reca misure per lo sviluppo delle imprese culturali dello spettacolo. In particolare il comma 1 riconosce la qualifica di micro, piccola e media impresa agli organismi dello spettacolo costituiti in forma di impresa operanti nei diversi settori di attività (cinematografiche, teatrali, musicali, di danza, di circhi e di spettacoli viaggianti).

Le linee di indirizzo della legislazione nazionale[200] ed europea[201] appaiono volte ad uniformare le tre categorie che compongono le micro, piccole e medie imprese (PMI): esse risultano definite nella Raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003", ove (all'allegato) - entro l'ambito[202] definito dall'articolo 1 - si circoscrive la categoria delle PMI (microimprese, piccole imprese e medie imprese), cioè le "imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro (comma 1 dell'articolo 2).

Tali imprese per il comma 2 usufruiscono delle agevolazioni nazionali e comunitarie previste dalla normativa vigente per le PMI, ai sensi del D.M. Attività produttive 18 aprile 2005 (Adeguamento alla disciplina comunitaria dei criteri di individuazione di piccole e medie imprese)[203].

Si ricorda che con il D.P.R. 19 ottobre 2011, n. 227 (pubblicato nella G.U. 3 febbraio 2012, n. 28) è stato emanato, in attuazione dell'art. 49, comma 4-quater, del D.L. 78/2010, il regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle PMI (piccole e medie imprese), come definite dall’art. 2 del D.M. Attività produttive 18 aprile 2005.

Infine dal comma 3 viene novellato l’articolo 17 del D.lgs. n. 507 del 1993, disponendo l’esenzione dall’imposta per la pubblicità effettuata mediante proiezioni all’interno delle sale cinematografiche in quanto e laddove percepibile esclusivamente dai titolari dei titoli di ingresso.

 


 

Articolo 52
(
Disposizioni in materia di tracciabilità dei rifiuti)

 


1. Allo scopo di procedere, ai sensi degli articoli 21-bis, 21-ter, 21-quater, e 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modifiche ed integrazioni, alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali del Sistema di controllo della Tracciabilità dei Rifiuti (SISTRI) di cui all'articolo 188-bis, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 152 del 2006 resesi necessarie anche a seguito delle attività poste in essere ai sensi dell'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni in legge 14 settembre 2011, n. 148 e successive modifiche ed integrazioni, il termine di entrata in operatività del Sistema SISTRI, già fissato dall'articolo 12, comma 2 del decreto ministeriale 17 dicembre 2009 e prorogato, da ultimo, con l'articolo 6, comma 2, del già richiamato decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 e con l'articolo 13, commi 3 e 3-bis del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, è sospeso fino al compimento delle anzidette verifiche e comunque non oltre il 30 giugno 2013, unitamente ad ogni adempimento informatico relativo al SISTRI da parte dei soggetti di cui all'articolo 188-ter del decreto legislativo n. 152/2006, fermo restando, in ogni caso, che essi rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 ed all'osservanza della relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente all'entrata in vigore del decreto legislativo del 3 dicembre 2010, n. 205.

2. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è fissato il nuovo termine per l'entrata in operatività del Sistema SISTRI e, sino a tale termine, sono sospesi gli effetti del contratto stipulato tra il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la SELEX - SE.MA in data 14 dicembre 2009, come integrato da atto stipulato tra le medesime parti in data 10 novembre 2010 e sono conseguentemente inesigibili le relative prestazioni; è altresì sospeso il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.

2-bis. Ai sensi dell'articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, è considerato sottoprodotto il digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall'agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra loro, e utilizzato ai fini agronomici. Con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le caratteristiche e le modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all'efficienza di uso, ai concimi di origine chimica, nonché le modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura.

2-ter. Al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 183, comma 1, lettera bb), alinea, dopo le parole: «della cooperativa agricola» sono inserite le seguenti: «, ivi compresi i consorzi agrari,»;

b) all'articolo 193, comma 9-bis, secondo periodo, dopo le parole: «della cooperativa agricola» sono inserite le seguenti: «, ivi compresi i consorzi agrari,».


 

 

Il comma 1, allo scopo di procedere alle ulteriori verifiche amministrative e funzionali del SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), resesi necessarie anche in ragione della previsione (recata dall’art. 6, comma 2, del D.L. 138/2011) dell'utilizzo di modalità semplificate in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, sospende, fino al compimento delle anzidette verifiche e comunque non oltre il 30 giugno 2013:

§       il termine di entrata in operatività del SISTRI;

Si ricorda che l’art. 6, comma 2, del D.L. 138/2011, al fine di garantire un adeguato periodo transitorio per consentire la progressiva entrata in operatività del SISTRI, nonché l'efficacia del funzionamento delle tecnologie connesse al SISTRI, ha previsto che il Ministero dell'ambiente assicuri (a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e sino al 15 dicembre 2011), attraverso il concessionario SISTRI, “la verifica tecnica delle componenti software e hardware, anche ai fini dell'eventuale implementazione di tecnologie di utilizzo più semplice rispetto a quelle attualmente previste, organizzando, in collaborazione con le associazioni di categoria maggiormente rappresentative, test di funzionamento con l'obiettivo della più ampia partecipazione degli utenti”.

Lo stesso comma 2 ha conseguentemente differito il termine di entrata in operatività del SISTRI, poi fissato al 30 giugno 2012 dall’art. 13, comma 3, del D.L. 216/2011, che, per quanto attiene alla verifica del funzionamento tecnico del sistema SISTRI, ha altresì previsto che la competente Direzione del Ministero dell’ambiente può avvalersi di DigitPA.

Quanto all’istituzione del SISTRI, si ricorda che essa è avvenuta con il D.M. 17 dicembre 2009 (pubblicato sul S.O. n. 10 della G.U. n. 9 del 13 gennaio 2010). Le finalità del SISTRI sono: la semplificazione delle attuali procedure attraverso l’informatizzazione dei processi e l’eliminazione di alcuni adempimenti documentali, quali il formulario, il registro di carico e scarico e il MUD; nonché il controllo dell’intera filiera dei rifiuti (grazie all’utilizzo di dispositivi elettronici per la registrazione e comunicazione dei dati, quali chiavette USB e dispositivi di localizzazione satellitare dei mezzi di trasporto) anche a fini di contrasto dei fenomeni di criminalità organizzata nell’ambito dello smaltimento illecito dei rifiuti[204]. In seguito all’emanazione del D.lgs. 205/2010, di recepimento della direttiva rifiuti 2008/98, nel testo del D.lgs. 152/2006 (Codice dell’ambiente), sono state introdotte norme di coordinamento con la disciplina di rango secondario precedentemente introdotta. In particolare il nuovo art. 188-ter coordina quanto già previsto dal D.M. 17 dicembre 2009 in merito ai destinatari del sistema che vengono suddivisi in due gruppi: soggetti obbligati e quelli che possono aderire su base volontaria.

§       ogni adempimento informatico relativo al SISTRI da parte dei soggetti di cui all'articolo 188-ter del D.lgs. 152/2006, fermo restando, in ogni caso, che essi rimangono comunque tenuti agli adempimenti di cui agli articoli 190 e 193 (registri di carico e scarico e formulari di trasporto) del medesimo decreto, ed all'osservanza della relativa disciplina, anche sanzionatoria, vigente antecedentemente al 25 dicembre 2010 (data di entrata in vigore del D.lgs. 205/2010).

 

Si ricorda che con il D.lgs. 205/2010 sono stati novellati gli articoli 255 e 258 del D.lgs. 152/2006 ed introdotti i nuovi articoli 260-bis e 260-ter al fine di prevedere il sistema sanzionatorio necessario per l’efficace funzionamento del SISTRI.

Relativamente agli adempimenti informatici citati dalla norma, si ricorda che a carico dei soggetti tenuti ad aderire al SISTRI grava il correlato obbligo di comunicare, attraverso il medesimo sistema di tracciabilità, le quantità e le caratteristiche qualitative dei rifiuti oggetto delle proprie attività, utilizzando i seguenti dispositivi elettronici:

-        un dispositivo elettronico per l'accesso in sicurezza dalla propria postazione al sistema informatico (dispositivo USB), idoneo a consentire la trasmissione dei dati, a firmare elettronicamente le informazioni fornite e a memorizzarle sul dispositivo stesso, considerando l’obbligo a carico dei soggetti innanzi menzionati di dotarsi di sistema USB per ciascuna unità locale dell'impresa e per ciascuna attività di gestione dei rifiuti svolta all'interno dell'unità locale. Inoltre, in caso di attività di raccolta e trasporto dei rifiuti, è necessario acquisire, altresì, un dispositivo USB relativo alla sede legale dell'impresa e uno per ciascun veicolo adibito al trasporto di rifiuti;

-        per ciascun dispositivo USB, è necessario avere l'identificativo utente (username), la password per l'accesso al sistema, la password di sblocco del dispositivo (PIN) e il codice di sblocco personale (PUK);

-        un dispositivo elettronico per ciascun veicolo che trasporta rifiuti, con la funzione di monitorare il percorso effettuato dal medesimo, definito “black box” (una per ciascun veicolo in dotazione all'impresa), da installare presso le officine autorizzate, il cui elenco, fornito contestualmente alla consegna del dispositivo USB, è disponibile sul portale del sistema SISTRI[205].

 

Si fa notare che il comma 1 prevede che le ulteriori verifiche contemplate saranno effettuate ai sensi degli articoli 21-bis, 21-ter, 21-quater, e 21-quinques della L. 241/1990, i quali disciplinano l’efficacia del provvedimento amministrativo e la sua esecutività, nonché la revoca del medesimo.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) fornisce una chiave di lettura del citato rinvio normativo chiarendo che entro il termine della nuova proroga l’amministrazione dovrà “valutare l'eventuale sussistenza delle condizioni per procedere alla revoca degli atti amministrativi sottostanti ed alla conseguente caducazione dei rapporti contrattuali in essere ai sensi e per gli effetti delle pertinenti previsioni della legge n. 241/1990”.

 

Il comma 2 prevede che sia un apposito decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a fissare il nuovo termine per l'entrata in operatività del SISTRI.

Lo stesso comma dispone che, sino a tale termine, sono sospesi gli effetti del contratto stipulato tra il Ministero dell'ambiente e la SELEX-SE.MA e sono conseguentemente inesigibili le relative prestazioni.

La norma ricorda che il contratto è stato stipulato in data 14 dicembre 2009 e successivamente integrato con atto stipulato il 10 novembre 2010.

É altresì sospeso il pagamento dei contributi dovuti dagli utenti per l'anno 2012.

Si ricorda che, ai sensi di quanto disposto dal D.M. 17 dicembre 2009 così come modificato dal D.M. 1 febbraio 2010, è previsto il pagamento da parte degli operatori di un contributo annuo ai fini della copertura degli oneri derivanti dal funzionamento del sistema. Le modalità di calcolo e di versamento dei contributi sono dettagliatamente spiegate sul portale SISTRI.

Quanto alle ragioni che hanno motivato la sospensione dell’operatività del SISTRI prevista dall'articolo in esame, si ricorda che, in attuazione della citata norma del D.L. 216/2011 che ha previsto il coinvolgimento di DigitPA nelle attività di verifica del funzionamento tecnico del sistema SISTRI, lo scorso 16 maggio DigitPA ha trasmesso al Ministero dell'ambiente le sue valutazioni. In proposito il comunicato web del Ministero dell’ambiente del 12 giugno[206] evidenzia che «Il parere di DIGITPA solleva una serie di questioni in merito alle procedure seguite da parte del Ministero per l’affidamento a SELEX-FINMECCANICA della progettazione e realizzazione del SISTRI, in merito ai costi ed al funzionamento del sistema” e che “le verifiche avviate richiedono tempi non compatibili con l’entrata in funzione del SISTRI il 1° luglio prossimo”.

 

Nel corso dell'esame parlamentare sono stati aggiunti due commi.

Il comma 2-bis attribuisce la qualifica di sottoprodotto (ai sensi dell’art. 184- bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante la definizione di sottoprodotto) al digestato ottenuto in impianti aziendali o interaziendali dalla digestione anaerobica, eventualmente associata anche ad altri trattamenti di tipo fisico-meccanico, di effluenti di allevamento o residui di origine vegetale o residui delle trasformazioni o delle valorizzazioni delle produzioni vegetali effettuate dall’agro-industria, conferiti come sottoprodotti, anche se miscelati fra di loro, ed utilizzato ai fini agronomici.

 

Si ricorda che la digestione anaerobica (DA) è un processo di trasformazione biologica, svolto in reattori chiusi, attraverso il quale, in assenza di ossigeno, la sostanza organica (solitamente derivante dalla frazione organica selezionata di rifiuti urbani, degli scarti zootecnici e dell’agroindustria) è trasformata in biogas, con un contenuto in metano variabile dal 50 al 60 per cento. Oltre a questi gas si ottiene anche, come sottoprodotto, il “digestato" un materiale semistabilizzato, matrice ideale per la formazione della miscela da avviare a compostaggio”.

Relativamente alla citata disciplina per l’utilizzo degli ammendanti, si ricorda che il principale riferimento normativo è costituito dal decreto legislativo n. 75 del 2010, recante “Riordino e revisione della disciplina in materia di fertilizzanti, a norma dell'articolo 13 della legge 7 luglio 2009, n. 88”.

Si ricorda, infine, che ai sensi dell’art. 184-bis citato è un sottoprodotto e non un rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le seguenti condizioni:

a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;

b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;

c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;

d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

 

Lo stesso comma prevede l’emanazione di un decreto interministeriale (concertato tra i Ministeri delle politiche agricole e dell’ambiente) per la definizione:

§       delle caratteristiche e delle modalità di impiego del digestato equiparabile, per quanto attiene agli effetti fertilizzanti e all’efficienza di uso, ai concimi di origine chimica;

§       nonché delle modalità di classificazione delle operazioni di disidratazione, sedimentazione, chiarificazione, centrifugazione ed essiccatura.

 

Si segnala che è in corso di esame presso la Camera dei deputati il disegno di legge A.C. 4240-B che all'articolo 3, comma 1, lettera b), n. 4), introduce la lettera ff-bis) al comma 1 dell’art.183 del D.lgs. 152/2006, recante la definizione di “digestato da non rifiuto”, inteso come prodotto ottenuto dalla digestione anaerobica di prodotti o di sottoprodotti di cui all'art. 184-bis che sia utilizzabile come ammendante ai sensi della normativa vigente in materiaInoltre il comma 1, lettera c), n. 1), novella la lettera b) del comma 2 dell’art. 185 del D.lgs. 152/2006 relativo alle esclusioni dall’ambito di applicazione della normativa sui rifiuti. Prevede, infatti, un‘ulteriore condizione all’eccezione prevista dalla lettera b) del comma 2 dell’art. 185, che incide sulla destinazione del digestato o del compost.

 

Il comma 2-ter, prevede, relativamente alle disposizioni dettate in materia di deposito temporaneo dei rifiuti e di trasporto degli stessi dagli articoli 183, comma 1, lettera b), e 193, comma 9-bis, del decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell’ambiente), l’applicazione di quanto previsto con riferimento alle cooperative agricole, anche ai consorzi agrari.

 

Si ricorda che con il decreto-legge n. 5 del 2012[207] gli articoli 183 e 193 del decreto legislativo n. 152 del 2006 sono stati novellati al fine di includere nel deposito temporaneo il raggruppamento dei rifiuti effettuato dagli imprenditori agricoli presso il sito della cooperativa agricola e, conseguentemente, di escludere dal novero delle operazioni di trasporto dei rifiuti la movimentazione effettuata dall'imprenditore agricolo verso il sito della cooperativa agricola di cui è socio, qualora sia finalizzata al raggiungimento del deposito temporaneo.

Articolo 53
(
Modificazioni al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, in materia di disciplina dei servizi pubblici locali)

 


1. Al decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 settembre 2011, n. 148, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 3-bis, comma 1, primo periodo, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) dopo le parole «di rilevanza economica», la parola «in» è sostituita dalle seguenti: «definendo il perimetro degli»;

2) dopo le parole «massimizzare l'efficienza del servizio», sono inserite le seguenti: «e istituendo o designando gli enti di governo degli stessi»;

3) al quarto periodo, dopo le parole: «Fermo restando il termine di cui al primo periodo del presente comma» sono inserite le seguenti: «che opera anche in deroga a disposizioni esistenti in ordine ai tempi previsti per la riorganizzazione del servizio in ambiti»;

4) al quarto periodo, le parole: «di dimensione non inferiore a quelle» sono sostituite dalle seguenti: «in coerenza con le previsioni»;

b) all'articolo 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 3, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole «la delibera di cui al comma 2» sono inserite le seguenti: «nel caso di attribuzione di diritti di esclusiva se il valore economico del servizio è pari o superiore alla somma complessiva di 200.000 euro annui»;

b) le parole «adottata previo» sono sostituite dalle seguenti: «trasmessa per un»;

c) le parole: «dell'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «all'Autorità»;

d) le parole «che si pronuncia entro sessanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «che può pronunciarsi entro sessanta giorni»;

e) le parole «dall'ente di governo locale dell'ambito o del bacino o in sua assenza» sono eliminate;

f) alla fine del primo periodo, dopo le parole «di una pluralità di servizi pubblici locali.» sono inserite le seguenti: «Decorso inutilmente il termine di cui al periodo precedente, l'ente richiedente adotta la delibera quadro di cui al comma 2.»;

2) al comma 4 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «trenta giorni dal parere dell'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «novanta giorni dalla trasmissione del parere all'Autorità»;

2-bis) al comma 5, dopo le parole: «alle aziende esercenti i servizi stessi» sono inserite le seguenti: «determinate, con particolare riferimento al trasporto pubblico regionale e locale, tenendo in adeguata considerazione l'ammortamento degli investimenti effettuati nel comparto del trasporto su gomma, e che dovrà essere osservato dagli enti affidanti nella quantificazione dei corrispettivi da porre a base d'asta previsti nel bando di gara o nella lettera d'invito di cui al comma 11»;

3) al comma 14 le parole «per le riforme per il federalismo» sono sostituite dalle seguenti: «per gli Affari Regionali»;

4) al comma 32, lettera a), terzo periodo, le parole: «azienda in capo alla» sono soppresse;

5) al comma 32-ter le parole: «di cui all'articolo 2, comma 3, lettera e) del presente decreto» sono soppresse;

6) dopo il comma 35 è inserito il seguente:

«35-bis. Fatto salvo quanto previsto dal comma 35, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, la verifica di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, le attività di cui al comma 5 e le procedure di cui ai commi 8, 12 e 13 per il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, sono effettuate unicamente per ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui all'articolo 3-bis dagli enti di governo degli stessi istituiti o designati ai sensi del medesimo articolo.».


 

 

L’articolo 53 reca norme concernenti la disciplina dei servizi pubblici locali attraverso alcune puntuali novelle aventi ad oggetto gli artt. 3 bis e 4 del D.L. 138/2011, allo scopo di chiarirne la portata normativa e l’ambito applicativo alla luce delle modifiche apportate dal D.L. n. 1/2012.Nel corso dell’esame parlamentare per il trasporto pubblico locale e regionale su gomma è stata introdotta una norma che prevede che le compensazioni, previste a fronte degli obblighi di servizio pubblico, tengano conto dell’ammortamento degli investimenti effettuati.

 

Limitatamente alla disciplina prevista dal citato art. 4, va ricordato che, con la sentenza n. 199, depositata il 19 luglio 2012, la Corte Costituzionale ne ha dichiarato l’illegittimità, anche con riferimento alle le modificazioni introdotte successivamente all’entrata in vigore.

Poiché tale articolo era stato emanato a seguito dell’abrogazione della previgente normativa in materia di disciplina dei servizi pubblici di rilevanza economica conseguente al referendum popolare del 12-13 giugno 2011, la Corte Costituzionale ha ritenuto, con la citata sentenza, che la norma reintroducesse la disciplina abrogata con il referendum, violando, quindi, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 Cost.

 

La disciplina dell’art. 4 del citato D.L. 138/2011 era stata infatti emanata in seguito all'abrogazione, in via referendaria, dell'art.23 bis del D.L. 112/2008, che conteneva le regole per l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, il regime transitorio degli affidamenti non conformi e la previsione di una disciplina regolamentare di attuazione di obiettivi specifici (anche di liberalizzazione) previsti dall'articolo stesso (cfr. nota).

Sotto un profilo sistematico, l'art. 4, inserito nel Titolo II del decreto, dedicato alle misure di liberalizzazione e privatizzazione per favorire lo sviluppo, va letto prima di tutto in chiave applicativa del principio codificato nel precedente art. 3 secondo cui l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge. Con la norma in questione, pertanto, si era definito un sistema di gestione dei servizi pubblici locali in cui quella concorrenziale ("nel" mercato) costituisse la regola e quella monopolistica l'eccezione. A tal fine, si era affidato agli enti locali il compito di procedere alla verifica, ai fini di un'apposita delibera quadro da inviare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, della realizzabilità della gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali e dell'effettiva liberalizzazione delle attività economiche, limitando il riconoscimento del diritto di monopolio ai casi in cui la libera iniziativa potesse non rispettare appieno le caratteristiche di universalità e accessibilità del servizio. Per sottrarre settori alla liberalizzazione, l'ente locale avrebbe dovuto motivare, nella stessa delibera, le ragioni giustificatrici della decisione ed i benefici derivanti dal mantenimento del monopolio.

L’art. 4 era stato poi modificato dalle seguenti fonti.

L’articolo 25, comma 1, del D.L. 1/2012 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), era intervenuto a modifica di alcuni profili della disciplina generale dei servizi pubblici locali, salvaguardando l’impianto complessivo della riforma contenuto nel citato art. 4 e rafforzando gli elementi volti ad introdurre la concorrenza nel mercato dei relativi servizi. Tra le novità principali introdotte si segnalano: l’obbligo di organizzazione dei servizi per ambiti territoriali almeno provinciali; meccanismi premiali per gli affidamenti mediante gara; il parere preventivo obbligatorio dell’Autorità garante del mercato; economie di gestione tali da riflettersi sulle tariffe o sulle politiche del personale; riduzione a 200.000 euro del valore economico dei servizi che è possibile affidare in house; la proroga dei termini di scadenza degli affidamenti in house non conformi; estensione della normativa sui servizi pubblici locali al trasporto ferroviario regionale.

Più specificamente, tale disposizione ha apportato alcune modifiche ed integrazioni alla disciplina dei servizi pubblici locali con l’obiettivo di limitare ulteriormente le possibilità di ricorrere alle gestioni dirette, incentivando le gestioni concorrenziali nei diversi segmenti del comparto[208]. In primo luogo è stato introdotto nel testo del D.L. 138/2011 un nuovo articolo 3-bis, recante una misura preliminare di organizzazione dei servizi, attraverso l’attribuzione alle Regioni del compito di individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione. Tale misura è preordinata a rendere più efficiente la gestione dei servizi ed esplicitamente dettata “a tutela della concorrenza e dell’ambiente”, espressione che sembra evocare le corrispondenti materie di legislazione esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettere e) ed s) della Costituzione. L’organizzazione territoriale per ambiti riguarda i servizi pubblici a rete di rilevanza economica (in base alla disposizione, gli ambiti devono essere ottimali; omogenei e di dimensione normalmente non inferiore a quella del territorio provinciale). Peraltro, proprio in relazione al parametro dimensionale, è riconosciuta alle Regioni la possibilità di derogare alla dimensione provinciale, individuando ambiti di dimensionediversa. Ciò purché la scelta sia motivata in base a criteri di differenziazione territoriale e socio economica e rispetto a specifiche caratteristiche del servizio. La proposta in tal senso può essere presentata anche dai Comuni entro il 31 maggio 2012, previa lettera di adesione dei sindaci interessati o delibera di un organismo già costituito sulla base di convenzioni tra enti locali stipulate ex art. 30, Tuel[209] (che appunto consente la stipula di convenzioni tra enti locali per lo svolgimento in comune di servizi e funzioni determinate, prevedendo anche la possibilità di costituzione di uffici comuni). È, in ogni caso, fatta salva l'organizzazione per ambiti di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali e già avviata mediante costituzione di bacini di dimensioni non inferiori a quella prevista dall’articolo in esame, anche sulla base di direttive europee. L’individuazione degli ambiti compete alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano, che devono provvedervi entro il 30 giugno 2012. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri è autorizzato ad esercitare i poteri sostitutivi di cui all’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131[210], a tutela dell'unità giuridica ed economica. Con una modifica introdotta dal Senato nel corso della conversione del decreto, è stato eliminato, nell’ipotesi di esercizio del potere sostitutivo, il vincolo già previsto di dimensione almeno provinciale.

Il comma 2 dell’art.3-bis, qualifica come elemento di valutazione dell'offerta in sede di affidamento del servizio mediante procedura ad evidenza pubblica la circostanza che siano stati adottati strumenti di tutela dell'occupazione. I commi 3 e 4 dell’articolo 3-bis introducono, inoltre, misure incentivanti all’utilizzo di procedure concorrenziali per l’affidamento dei servizi. I successivi commi 5 e 6 riguardano, infine, le società in house,affidatarie di servizi pubblici locali, che vengono assoggettate ad alcuni oneri cui sono tenuti gli enti locali, così rafforzandone l’inquadramento pubblicistico.

Si rammenta come la ratio dell’inserimento dell’articolo 3-bis del D.L. 138/2011 si rinvenga nella volontà di adeguare la disciplina dei servizi pubblici locali all’esito del referendum del 12 e 13 giugno 2011. L’articolo 3 bis prevede una misura preliminare di organizzazione dei servizi attraverso l’attribuzione, alle Regioni, del compito di individuare ambiti o bacini territoriali che consentano di sfruttare economie di scala e di differenziazione.

Tale criterio di organizzazione è preordinato a migliorare l’efficienza della gestione dei servizi nel rispetto della “ tutela della concorrenza e dell’ambiente” che, ai sensi dell’art.117, comma secondo lettere e) s) Cost. sono materie di legislazione esclusiva statale. Il rinvio contenuto alla disposizione costituzionale in oggetto recepisce l’orientamento della Corte costituzionale che ha in più occasioni qualificato la materia dei servizi pubblici locali nell’ambito delle materie di competenza residuale regionale, correlativamente, però, ammettendo significativi spazi di intervento statale in ragione della tutela della concorrenza. Quest’ultima, come noto, è materia trasversale, suscettibile di intrecciarsi con le sfere di competenza concorrente o residuale delle Regioni (Corte Cost, sentenza n. 272 del 2004, ed altresì sentenze nn. 307 del 2009, 123 del 2011, 151del 2012).

Con l’art. 4 del d.l. n. 95 del 2012 sono state disposte norme in tema di riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche, dalle quali sono solo parzialmente escluse le società che gestiscono servizi pubblici locali.

 

Pertanto, anche le modifiche dell’art. 4 del D.L. 138/2011, di seguito illustrate, vanno considerate comprese nel perimetro della ricordata sentenza 199/2012.

 

Con il comma 1, lett. b), viene modificato il comma 3 dell’articolo 4 per la semplificazione della procedura di approvazione della delibera quadro degli enti locali nel caso di attribuzione di diritti in esclusiva ad un’impresa incaricata della gestione dei servizi pubblici.

Si introduce, altresì, un nuovo parametro di natura economica per il conferimento del servizio disponendo che, nel caso di enti locali con popolazione superiore ai 10.000 abitanti, per l’attribuzione di diritti di esclusiva, se il valore economico del servizio è pari o superiore alla somma complessiva di 200.000 euro annui, la relativa delibera è trasmessa per un parere obbligatorio all’Autorità garante della concorrenza che potrà pronunciarsi entro sessanta giorni.

Quest’ultima previsione, pur qualificando come obbligatorio il parere dell’Autorità Garante della concorrenza - avente ad oggetto sia la delibera quadro che l’esito della verifica condotta dall’ente locale, verifica nella quale sia emersa l’impossibilità di realizzare una gestione concorrenziale – tuttavia ne prevede come facoltativa l’adozione da parte dell’Autorità, che “può pronunciarsi”. Del resto, la stessa disposizione prevede che, decorso inutilmente il termine di sessanta giorni, nel caso in cui l’Autorità non si pronunci, l’ente locale adotta comunque la delibera quadro.

 

Il comma 4 dell’articolo 4 è modificato per coordinare le scadenze temporali delle procedure di approvazione della delibera quadro con le modifiche adottate al precedente comma 3: quindi la delibera va adottata entro novanta giorni dalla trasmissione del parere, anziché trenta, così attribuendo alle Regioni un intervallo temporale più lungo per l’adozione della delibera da parte dell’ente locale.

Una modifica introdotta nel corso dell’esame parlamentare ha previsto che le compensazioni, previste a fronte degli obblighi di servizio pubblico per lo svolgimento del trasporto pubblico locale e regionale su gomma, tengano conto dell’ammortamento degli investimenti effettuati.

Si stabilisce, poi, una modifica testuale al comma 14 dell’art.4 in virtù della quale le società “in house”, sono tenute al rispetto del patto di stabilità interno secondo modalità definite che sono disposte di concerto con il Ministro per gli Affari regionali, anziché del Ministro per le riforme per il federalismo.

Ulteriori modifiche riguardano il commi 32, lettera a) dell’articolo 4, che è novellato per chiarire la portata della deroga, introdotta dal D.L. 1/2012, alla scadenza degli affidamenti inerente l’aggregazione di società in house: a tal fine si precisa che la deroga comprende non solo l’integrazione operativa di preesistenti gestioni, ma anche la costituzione di una “società in house. Questa modifica è stata apportata accogliendo esplicitamente un invito dell’Autorità garante del Mercato e della Concorrenza nella già menzionata segnalazione del 5/1/2012 a modificare il suddetto comma.

Già il D.L. 1/2012 ha introdotto un regime transitorio derogatorio per gli affidamenti diretti “in house” relativi a servizi pari a 200.000 euro annui. In alternativa alla prescritta scadenza del 31 dicembre 2012, è consentito l’affidamento in gestione a favore di un’unica società “in house” risultante dall’integrazione operativa di preesistenti gestioni, tali da configurare un unico gestore del servizio. Per tali deroghe il contratto di servizio deve rispettare alcune condizioni preliminari, tra cui l’organizzazione per ambiti territoriali le indicazioni relative al livello di qualità del servizio reso, il livello di investimenti programmati e gli obiettivi di efficienza perseguiti.

Si espunge, poi, dal comma 32-ter dell’art. 4 un riferimento improprio all'articolo 2, comma 3, lett. e) del decreto 138/2011 e viene introdotto un nuovo comma 35-bis quale norma di chiusura inerente al quadro delle novelle apportate alla disciplina dei servizi pubblici locali: pertanto, salvo quanto previsto dal comma 35[211], a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 1/2012[212] le verifiche e le procedure per il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, devono essere effettuate unicamente per ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei di cui al predetto art. 3-bis, dagli enti di governo degli stessi istituiti o designati ai sensi del medesimo articolo.

La novella risponde alla duplice finalità, da una parte, di precisare il ruolo degli enti locali nelle procedure di affidamento già avviate per i servizi a rete di rilevanza economica, dall’altra, di ribadire la volontà di incentivare la riorganizzazione per ambiti territoriali prevista dall’art.3-bis.

 

La sentenza n. 199/2012 non reca alcuna pronuncia sull’art. 3 bis, per il quale le modifiche introdotte dal comma 1, lett. a) hanno l’obiettivo di accelerare e semplificare l’organizzazione degli ambiti territoriali dei servizi pubblici, nel rispetto del termine fissato al 30 giugno 2012.

A tale proposito si rammenta come l’Autorità garante per la concorrenza e per il mercato avesse già auspicato con una propria segnalazione del 5 gennaio 2012, un intervento di modifica delle disposizioni del dl 138/2011, al fine di raggiungere una maggiore chiarezza normativa e perseguire una migliore trasparenza nelle procedure.

 

L’art. 3-bis, anche a seguito della modifica, mantiene lo stesso ambito materiale e le medesime finalità, trovando applicazione nei riguardi dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica per consentire la realizzazione di economie di scala e massimizzare l’efficienza del servizio.

La novella in esame, introduce un elemento di specificazione chiarendo che il criterio di organizzazione in ambiti territoriali o bacini attiene sia alla delimitazione geografica dell’area, sia all’individuazione dell’ente di governo, da effettuarsi tramite istituzione dello stesso o tramite designazione, attribuendone le funzioni ad un ente già istituito.

Si stabilisce, poi, un’ulteriore modifica, emendata in via formale nel corso dell’esame parlamentare, volta a far prevalere, ai fini della definizione degli ambiti o dei bacini, il termine del 30 giugno 2012, su differenti termini contemplati da normative di settore; in ogni caso è fatta salva l’organizzazione in ambiti o bacini di singoli servizi già prevista da normative di settore e da disposizioni regionali già avviata anche sulla base di direttive europee.

Articolo 54
(
Appello)

 


1. Al codice di procedura civile, libro secondo, sono apportate le seguenti modificazioni:

0a) all'articolo 342, il primo comma è sostituito dal seguente:

«L'appello si propone con citazione contenente le indicazioni prescritte dall'articolo 163. L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità:

1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;

2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata»;

0b) all'articolo 345, terzo comma, le parole: che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero» sono soppresse;

a) dopo l'articolo 348 sono inseriti i seguenti:

«Art. 348-bis (Inammissibilità dell'appello). - Fuori dei casi in cui deve essere dichiarata con sentenza l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'appello, l'impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta.

Il primo comma non si applica quando:

a) l'appello è proposto relativamente a una delle cause di cui all'articolo 70, primo comma;

b) l'appello è proposto a norma dell'articolo 702-quater.

Art. 348-ter (Pronuncia sull'inammissibilità dell'appello). - All'udienza di cui all'articolo 350 il giudice, prima di procedere alla trattazione, sentite le parti, dichiara inammissibile l'appello, a norma dell'articolo 348-bis, primo comma, con ordinanza succintamente motivata, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. Il giudice provvede sulle spese a norma dell'articolo 91.

L'ordinanza di inammissibilità è pronunciata solo quando sia per l'impugnazione principale che per quella incidentale di cui all'articolo 333 ricorrono i presupposti di cui al primo comma dell'articolo 348-bis. In mancanza, il giudice procede alla trattazione di tutte le impugnazioni comunque proposte contro la sentenza.

Quando è pronunciata l'inammissibilità, contro il provvedimento di primo grado può essere proposto, a norma dell'articolo 360, ricorso per cassazione. In tal caso il termine per il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di primo grado decorre dalla comunicazione o notificazione, se anteriore, dell'ordinanza che dichiara l'inammissibilità. Si applica l'articolo 327, in quanto compatibile.

Quando l'inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell'articolo 360.

La disposizione di cui al quarto comma si applica, fuori dei casi di cui all'articolo 348-bis, secondo comma, lettera a), anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d'appello che conferma la decisione di primo grado.»;

b) all'articolo 360, primo comma, è apportata la seguente modificazione:

il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.»;

c) all'articolo 383 è aggiunto il seguente comma:

«Nelle ipotesi di cui all'articolo 348-ter, commi terzo e quarto, la Corte, se accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli indicati dall'articolo 382, rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello e si applicano le disposizioni del libro secondo, titolo terzo, capo terzo, sezione terza.»;

c-bis) all'articolo 434, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Il ricorso deve contenere le indicazioni prescritte dall'articolo 414. L'appello deve essere motivato. La motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità:

1) l'indicazione delle parti del provvedimento che si intende appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado;

2) l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata»;

d) dopo l'articolo 436 è inserito il seguente:

«Art. 436-bis (Inammissibilità dell'appello e pronuncia). - All'udienza di discussione si applicano gli articoli 348-bis e 348-ter»;

e) all'articolo 447-bis, primo comma, è apportata la seguente modificazione:

 le parole «e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 437, 438, 439, 440, 441,» sono sostituite dalle seguenti «e secondo comma, 430, 433, 434, 435, 436, 436-bis, 437, 438, 439, 440, 441,».

1-bis. All'articolo 702-quater, primo comma, del codice di procedura civile, la parola: «rilevanti» è sostituita dalla seguente: «indispensabili».

2. Le disposizioni di cui al comma 1, lettere 0a), a), c), c-bis), d) ed e), si applicano ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

3. La disposizione di cui al comma 1, lettera b), si applica alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

3-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano al processo tributario di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546.


 

 

L’articolo 54 interviene sulla disciplina delle impugnazioni, sia di merito che di legittimità.

 

Ad eccezione della prima serie storica, elaborata dalla Corte di cassazione, le tabelle che seguono forniscono alcune serie statistiche sulla durata dei procedimenti civili nel triennio 2008-2010 forniti dal Ministero della giustizia, Direzione generale di statistica.

 

Durata media effettiva (in giorni)
dei procedimenti definiti con sentenza

 

Ufficio

2008

2009

2010

2010 vs 2008 (%)

 

Corte di appello

1.197

1.276

1.301

+8,7

 

Tribunale ordinario

1.108

1.118

1.111

+0,3

 

Giudice di pace

533

544

582

+9,25

 

CORTE D’APPELLO

Durata media effettiva (in giorni) dei procedimenti definiti con sentenza

Distretto

2008

2009

2010

2010 vs 2008 (%)

TRENTO

517

558

602

+16,3

TORINO

745

738

759

+1,9

SALERNO

860

858

916

+6,5

CALTANISSETTA

993

958

992

0,0

CAGLIARI

927

966

994

+7,3

CAMPOBASSO

924

862

1.002

+8,4

TRIESTE

1.018

1.022

1.009

-0,9

BRESCIA

1.027

1.054

1.012

-1,4

LECCE

959

988

1.027

7,1

PERUGIA

1.040

1.001

1.030

-1,0

POTENZA

1.039

1.013

1.035

-0,3

BARI

978

1.066

1.040

+6,4

L’AQUILA

1.000

N.D.

1.156

+15,7

PALERMO

1.087

1.142

1.166

+7,2

MILANO

1.079

1.140

1.167

+8,1

GENOVA

1.106

1.091

1.189

+7,5

FIRENZE

1.129

1.104

1.200

+6,2

Nazionale

1.197

1.276

1.301

8,7

CATANZARO

1.241

1.354

1.430

+15,3

ROMA

1.504

1.509

1.445

-4,0

NAPOLI

1.313

1.388

1.457

+10,9

MESSINA

1.410

1.460

1.494

+6,0

CATANIA

1.356

1.475

1.537

+13,4

VENEZIA

1.440

1.545

1.590

+10,5

ANCONA

1.280

1.490

1.594

+24,5

BOLOGNA

1.555

1.663

1.803

+16,0

REGGIO CALABRIA

2.056

2.218

2.270

+10,4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

TRIBUNALE ORDINARIO

Durata media effettiva dei procedimenti definiti con sentenza (in giorni)

Distretto

2008

2009

2010

2010 vs 2008

(%)

VENEZIA

1.143

1.134

690

-39,6

TORINO

720

698

718

-0,2

TRENTO

815

792

799

-1,9

MILANO

863

940

843

-2,4

BRESCIA

999

884

925

-7,4

GENOVA

1.035

1.032

966

-6,7

ROMA

1.013

1.002

972

-4

TRIESTE

970

937

986

+1,7

REGGIO CALABRIA

1.095

988

1.029

-6

PALERMO

1.117

1.067

1.030

-7,8

FIRENZE

1.054

1.043

1.048

-0,5

BOLOGNA

1.112

1.231

1.065

-4,2

NAZIONALE

1.107

1.118

1.111

+0,3

NAPOLI

1.092

1.105

1.135

+3,9

ANCONA

1.115

1.190

1.160

+4

CALTANISSETTA

1.156

1.006

1.162

+0,5

CATANZARO

1.226

1.177

1.186

-3,3

SALERNO

1.244

1.212

1.191

-4,2

L’AQUILA

1.121

1.108

1.209

+7,9

CATANIA

1.184

1.185

1.224

+3,3

PERUGIA

1.195

1.332

1.261

+5,5

CAMPOBASSO

1.097

1.204

1.313

+19,7

CAGLIARI

1.311

1.349

1.384

+5,5

BARI

1.346

1.475

1.411

+4,8

POTENZA

1.415

1.441

1.436

+1,5

MESSINA

1.419

1.465

1.514

+4,5

LECCE

1.272

1.248

1.550

+21,9

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CORTE DI CASSAZIONE

Serie storica della durata media (in mesi) dei procedimenti civili definiti con provvedimento, per sezione

anno

2000

2001

2002

2003

2004

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

S.U.

24,1

19,6

24,7

23,5

23,6

32,3

25,0

22,3

24,4

22,2

19,4

16,2

1^

21,9

22,6,

25,3

27,4

29,1

30,3

35,2

40,6

40,8

38,9

35,5

43,6

2^

28,4

27,2

29,9

33,4

35,7

32,0

39,8

45,1

47,7

53,9

56,7

63,5

3^

28,0

27,6

32,1

32,1

34,6

33,9

38,9

43,8

44,4

46,6

50,0

39,0

Lav.

31,2

27,2

28,2

28,9

24,4

26,3

28,9

30,7

33,9

35,1

39,4

41,3

Trib.

25,8

29,4

30,4

42,7

32,7

43,1

59,5

63,9

60,6

56,9

50,7

53,7

Totale

27,7

26,4

28,9

32,2

30,6

33,0

39,8

46,3

45,8

44,3

43,7

45,9

 

 

Il comma 1 dell’articolo 54 novella numerose disposizioni del codice di procedura civile e si articola nelle lettere da 0a) ad e).

Analiticamente, la lettera 0a), introdotta nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge di conversione, modifica l’articolo 342 del codice di rito, in tema di forma dell’appello, per specificare i requisiti relativi alla motivazione dell'atto di appello. In particolare, la nuova disposizione prevede che la motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità, l'indicazione delle parti del provvedimento che si intendono appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, nonché l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

 

La successiva lettera 0b) - anch'essa introdotta nel corso dell'esame parlamentare - interviene invece sul disposto dell'articolo 345 del codice di procedura civile sopprimendo, al terzo comma, le parole "che il collegio non li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa ovvero". In conseguenza di tale modifica l'ammissione di nuovi mezzi di prova e di nuovi documenti nel giudizio di appello risulterà limitata ai soli casi in cui la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Rimane in ogni caso ferma la possibilità di deferire il giuramento decisorio.

 

La lettera a) del comma 1 introduce nel codice di procedura civile l’articolo 348-bis, che prevede un filtro di inammissibilità dell’appello; tale filtro avviene sulla base di una prognosi rimessa alla discrezionalità dello stesso giudice del gravame, basata sulla ragionevole fondatezza dell’impugnazione (l’impugnazione è inammissibile “quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”) (primo comma).

Dall’introduzione di tale filtro derivano le ulteriori novelle al codice di procedura civile.

Lo schema che viene introdotto nel processo civile si basa, quindi, su una selezione preventiva delle impugnazioni meritevoli di trattazione (la citata relazione rileva che il 68% degli appelli si concludono con la conferma della sentenza di primo grado): quando il giudice rilevi l’infondatezza di merito dell’impugnazione, dichiara l’inammissibilità dell’impugnazione con ordinanza, spogliandosi del gravame. In tal caso, la decisione di primo grado sarà ricorribile per cassazione.

Nel caso contrario (di ammissione dell’appello) il giudice procede alla trattazione, senza adottare alcun provvedimento.

Il filtro di inammissibilità non può essere applicato se il gravame concerne (secondo comma).

§       le cause in cui è obbligatorio l’intervento del PM. Si tratta delle cause che egli stesso potrebbe proporre; delle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi; delle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone; degli altri casi previsti dalla legge (transazione nei giudizi di falso, art 1968 c.c.; querela di falso, art. 221 c.p.c..; apposizione d’ufficio dei sigilli, art. 754 c.p.c.) (lett. a);

§       l’appello all’ordinanza di cui all’art. 702-ter, sesto comma, che decide in sede di procedimento sommario di cognizione (lett. b).

 

Il nuovo articolo 348-terdel codice di procedura civile - introdotto sempre dalla citata lettera a) - detta disposizioni sulla pronuncia d’inammissibilità dell’appello. L’ordinanza d’inammissibilità è adottata dal giudice in sede di prima udienza di trattazione (art. 350 c.p.c.) ed è “succintamente motivata” anche con il rinvio ad elementi di fatto riportati negli atti di causa ed a precedenti conformi; l’ordinanza pronuncia anche sulla condanna alle spese ex art. 91 (primo comma). Una modifica introdotta nel corso dell'esame parlamentare ha esplicitamente stabilito che l'ordinanza è adottata "sentite le parti". L’inammissibilità può essere dichiarata solo quando la prognosi di infondatezza del gravame sussista sia per l’appello principale che per quello incidentale; in caso contrario, il giudice dovrà trattare tutte le impugnazioni proposte contro la decisione di primo grado (secondo comma).

 

Come accennato, se l’appello è dichiarato inammissibile ai sensi del nuovo articolo 348-bis, la sentenza di primo grado è ricorribile per cassazione; il termine di venti giorni per il ricorso decorre dalla comunicazione o notifica dell’ordinanza che ha pronunciato l’inammissibilità dell’appello (terzo comma).

Il ricorso per cassazione - quando l’ordinanza di inammissibilità dell’appello ex art. 348-bis è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste alla base della sentenza di primo grado appellata – viene, tuttavia, limitato ai soli motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione delle norme sulla competenza (quando non è prescritto il regolamento di competenza), alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, alla nullità della sentenza o del procedimento (art. 360, primo comma, nn. 1-4, c.p.c.) (quarto comma).

Fuori delle ipotesi di cause in cui è obbligatorio l’intervento del PM (art. 348- bis, secondo comma, lett. a) la limitazione nei motivi del ricorso per cassazione (art. 348-ter, quarto comma) si applica anche al ricorso per cassazione a seguito della cd. doppia conforme (sentenza di appello che conferma la sentenza di primo grado) (quinto comma).

 

La lettera b) del comma 1 dell'articolo in commento interviene, poi, sull'articolo 360 del codice di procedura civile introducendo un filtro anche ai ricorsi in cassazione volto, modificando la disciplina dei motivi di ricorso al fine di evitare, secondo la relazione illustrativa dell’AC 5312, una “strumentalizzazione ad opera delle parti che sta rendendo insostenibile il carico della Suprema Corte di cassazione, come più volte rilevato dal Primo Presidente”.

Viene infatti sostituito il n. 5) del primo comma del citato articolo 360 che, nella nuova formulazione, fa esclusivo riferimento a “l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”. Sono così eliminati dai motivi del ricorso in cassazione quelli inerenti la motivazione della sentenza pronunciata in appello (o in unico grado) ovvero la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (primo comma n. 5 nel testo vigente anteriormente all'entrata in vigore del decreto legge in esame). Con tale modifica si ritorna quindi, sul punto, al testo originario del codice di procedura civile anteriore alla novella introdotta dalla legge n. 581 del 1950.

 

La successiva lettera c), con una integrazione all’articolo 383 del codice di procedura civile relativo alle ipotesi di cassazione con rinvio, stabilisce che, nelle citate ipotesi di cui al terzo e quarto comma del nuovo articolo 348-ter (ricorso diretto in cassazione della sentenza di primo grado), se la Corte accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli di giurisdizione e di competenza (art. 382), rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull’appello (dichiarato inammissibile ex art. 348-bis); viene precisata l’applicabilità della disciplina sul giudizio di rinvio prevista del codice di rito (artt. da 392 a 394).

 

La lettera c-bis) del comma 1 dell'articolo in commento, introdotta nel corso dell'esame parlamentare del ddl di conversione, interviene sull'articolo 434 del codice di procedura civile, modificando la disciplina dell'atto introduttivo del giudizio di appello nel rito del lavoro, in modo conforme a quanto previsto dalle modifiche apportate all'articolo 342 c.p.c. dalla precedente lettera 0a).

La disposizione, in particolare sostituisce il primo comma del citato articolo 434 il quale, nella nuova formulazione, stabilisce che il ricorso in appello deve contenere le indicazioni prescritte dall'articolo 414, che l'appello deve essere motivato e che la motivazione dell'appello deve contenere, a pena di inammissibilità l'indicazione delle parti del provvedimento che si intendono appellare e delle modifiche che vengono richieste alla ricostruzione del fatto compiuta dal giudice di primo grado, nonché l'indicazione delle circostanze da cui deriva la violazione della legge e della loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

 

Le lettere d) ed e) del comma 1 dell’articolo 54 dettano poi, per le cause di lavoro e per quelle inerenti la disciplina delle locazioni, alcune norme di coordinamento con le novelle introdotte.

La prima, aggiungendo al c.p.c. l’art. 436-bis, rende applicabile anche alle cause di lavoro la descritta disciplina del filtro di inammissibilità dell’appello di cui agli artt. 348-bis e 348-ter del codice processuale civile.

La seconda, di modifica dell’art. 447-bis c.p.c., rende applicabile (tramite il richiamo all’art. 436-bis) la stessa disciplina alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto.

 

Nel corso dell’esame parlamentare del d.d.l. di conversione è stato introdotto nell’articolo 54 il comma 1-bis, volto a modificare l'articolo 702-quater del codice di procedura civile, relativo alla disciplina dell'appello nel procedimento sommario di cognizione. La disposizione è volta a prevedere che, in tale sede, nuovi mezzi di prova e nuovi documenti possano essere ammessi quando il collegio li ritenga non solo rilevanti - come precedentemente previsto - ma indispensabili ai fini della decisione. Rimane ferma inoltre la disposizione relativa alla possibilità di disporre nuovi mezzi di prova e nuovi documenti quando la parte dimostra di non aver potuto proporli nel corso del procedimento sommario per causa ad essa non imputabile.

 

I commi 2 e 3 dell'articolo prevedono poi una disciplina transitoria che stabilisce:

§       l’applicabilità della riforma del filtro di inammissibilità (eccetto quella relativa all’esclusione dai motivi del ricorso in cassazione, di quelli inerenti la motivazione della sentenza, cui all’art. 360, primo comma, n. 5) – nonché delle nuove disposizioni relative alla forma dell'appello (lettere 0a) e cbis)) - ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge;

§       l’applicabilità dei nuovi motivi di ricorso in cassazione (art. 360, primo comma, n. 5) alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione.

 

Infine, nel corso dell'esame parlamentare è stato introdotto il comma 3-bisai sensi del quale le disposizioni dell'articolo in commento non si applicano al processo tributario (di cui al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546).

 

 

 


 

Articolo 55
(
Modifiche alla legge 24 marzo 2001, n. 89, in materia di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo civile e penale)

 


1. Alla legge 24 marzo 2001, n. 89, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2:

1) il comma 2 è sostituito dal seguente:

«Nell'accertare la violazione il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione»;

2) dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari.

2-ter. Si considera comunque rispettato il termine ragionevole se il giudizio viene definito in modo irrevocabile in un tempo non superiore a sei anni.

2-quater. Ai fini del computo non si tiene conto del tempo in cui il processo è sospeso e di quello intercorso tra il giorno in cui inizia a decorrere il termine per proporre l'impugnazione e la proposizione della stessa.

2-quinquies. Non è riconosciuto alcun indennizzo:

a) in favore della parte soccombente condannata a norma dell'articolo 96 del codice di procedura civile;

b) nel caso di cui all'articolo 91, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile;

c) nel caso di cui all'articolo 13, primo comma, primo periodo, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28;

d) nel caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione connessa a condotte dilatorie della parte;

e) quando l'imputato non ha depositato istanza di accelerazione del processo penale nei trenta giorni successivi al superamento dei termini cui all'articolo 2-bis;

f) in ogni altro caso di abuso dei poteri processuali che abbia determinato una ingiustificata dilazione dei tempi del procedimento.».

3) il comma 3 è abrogato;

b) dopo l'articolo 2 è aggiunto il seguente:

«Art. 2-bis (Misura dell'indennizzo). - 1. Il giudice liquida a titolo di equa riparazione una somma di denaro, non inferiore a 500 euro e non superiore a 1.500 euro, per ciascun anno, o frazione di anno superiore a sei mesi, che eccede il termine ragionevole di durata del processo.

2. L'indennizzo è determinato a norma dell'articolo 2056 del codice civile, tenendo conto:

a) dell'esito del processo nel quale si è verificata la violazione di cui al comma 1 dell'articolo 2;

b) del comportamento del giudice e delle parti;

c) della natura degli interessi coinvolti;

d) del valore e della rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali della parte.

3. La misura dell'indennizzo, anche in deroga al comma 1, non può in ogni caso essere superiore al valore della causa o, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.»;

c) l'articolo 3 è sostituito dal seguente:

«Art. 3 (Procedimento). - 1. La domanda di equa riparazione si propone con ricorso al presidente della corte d'appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata. Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile.

2. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze.

3. Unitamente al ricorso deve essere depositata copia autentica dei seguenti atti:

a) l'atto di citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relativi al procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata;

b) i verbali di causa e i provvedimenti del giudice;

c) il provvedimento che ha definito il giudizio, ove questo si sia concluso con sentenza od ordinanza irrevocabili.

4. Il presidente della corte d'appello, o un magistrato della corte a tal fine designato, provvede sulla domanda di equa riparazione con decreto motivato da emettere entro trenta giorni dal deposito del ricorso. Si applicano i primi due commi dell'articolo 640 del codice di procedura civile.

5. Se accoglie il ricorso, il giudice ingiunge all'amministrazione contro cui è stata proposta la domanda di pagare senza dilazione la somma liquidata a titolo di equa riparazione, autorizzando in mancanza la provvisoria esecuzione. Nel decreto il giudice liquida le spese del procedimento e ne ingiunge il pagamento.

6. Se il ricorso è in tutto o in parte respinto la domanda non può essere riproposta, ma la parte può fare opposizione a norma dell'articolo 5-ter.

7. L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene nei limiti delle risorse disponibili.»;

d) l'articolo 4 è sostituito dal seguente:

«Art. 4. - (Termine di proponibilità). - 1. La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.»;

e) l'articolo 5 è sostituito dal seguente:

«Art. 5 (Notificazioni e comunicazioni). - 1. Il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta.

2. Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta.

3. La notificazione ai sensi del comma 1 rende improponibile l'opposizione e comporta acquiescenza al decreto da parte del ricorrente.

4. Il decreto che accoglie la domanda è altresì comunicato al procuratore generale della Corte dei conti, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, nonché ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.»;

f) dopo l'articolo 5-bis sono inseriti i seguenti:

«Art. 5-ter (Opposizione). - 1. Contro il decreto che ha deciso sulla domanda di equa riparazione può essere proposta opposizione nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento ovvero dalla sua notificazione.

2. L'opposizione si propone con ricorso davanti all'ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice che ha emesso il decreto. Si applica l'articolo 125 del codice di procedura civile.

3. La corte d'appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Del collegio non può far parte il giudice che ha emanato il provvedimento impugnato.

4. L'opposizione non sospende l'esecuzione del provvedimento. Il collegio, tuttavia, quando ricorrono gravi motivi, può, con ordinanza non impugnabile, sospendere l'efficacia esecutiva del decreto opposto.

5. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo.

Art. 5-quater (Sanzioni processuali). - 1. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 4, ovvero con il provvedimento che definisce il giudizio di opposizione, il giudice, quando la domanda per equa riparazione è dichiarata inammissibile ovvero manifestamente infondata, può condannare il ricorrente al pagamento in favore della cassa delle ammende di una somma di denaro non inferiore ad euro 1.000 e non superiore ad euro 10.000.».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

2-bis. L'articolo 1, comma 1225, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si interpreta nel senso che il Ministero dell'economia e delle finanze procede comunque ai pagamenti degli indennizzi in caso di pronunce emesse nei suoi confronti e nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.


 

 

L’articolo 55modifica la disciplina dei procedimenti relativi alle domande di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo civile e penale, specificando inoltre, per ciascun grado di giudizio, quale sia il termine entro il quale la durata del processo non può mai essere dichiarata irragionevole.

La norma interviene, quindi, sul contenuto della cd. legge Pinto (L. n. 89 del 2001)sia con finalità di razionalizzazione del relativo procedimento presso le corti d’appello che di contenimento della spesa pubblica.

 

L’art. 2 della legge 24 marzo 2001, n. 89 (legge Pinto) prevede il diritto all'equa riparazione di chi ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione (comma 1).

 

I giudizi sul diritto all’equa riparazione che devono decidere sul fondatezza del ricorso e sulla liquidazione degli importi si svolgono davanti alla Corte d’appello in composizione collegiale, con instaurazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione responsabile e con svolgimento attraverso una pluralità di udienze.

Poiché tali procedimenti, proprio per la loro eccessiva durata, sono stati essi stessi fonte di domande di risarcimento, la disposizione in esame delinea un nuovo, più snello modello procedimentale (basato su quellodel decreto ingiuntivoprevisto dal codice di rito civile) che permette di arrivare ad una rapida decisione sia sulla domanda (dagli attuali quattro mesi si passa a trenta giorni) che sull’eventuale impugnazione.

Per limitare gli esborsi dello Stato per violazione del termine di ragionevole durata (secondo la relazione illustrativa al decreto-legge, nel 2011 gli indennizzi sono risultati pari a circa 200 milioni di euro), l’art. 55 prevede poi:

§       specifiche cause di non indennizzabilità;

§       la misura delle somme risarcibili sulla base di soglie predeterminate minime e massime.

Con la novella in esame, inoltre, sono fissati nella stessa legge Pinto i termini di ragionevole durata nei diversi gradi di giudizio sulla base di parametri acquisiti dalla giurisprudenza (sei anni complessivi: tre per il primo grado, due per l’appello ed uno per il giudizio di cassazione).

 

Secondo Cassazione, Sez. I, sentenza n. 7559 del 29 marzo 2010, la Corte Europea dei diritti dell'uomo ha stabilito un parametro tendenziale che fissa la durata ragionevole del giudizio, rispettivamente, in anni tre, due ed uno per il giudizio di primo, di secondo grado e di legittimità. Da questo parametro è tuttavia possibile discostarsi, purché in misura ragionevole e sempre che la relativa conclusione sia confortata con argomentazioni complete, logicamente coerenti e congrue, dando applicazione ai criteri dettati dall'art. 2 L.. n. 89/01. Resta comunque escluso che i criteri indicati nell'art. 2, comma 1, di detta legge permettano di sterilizzare del tutto la rilevanza del lungo protrarsi del processo.

 

L’art. 55 interviene quindi sulla disciplina della legge 89/2001, anzitutto, novellando l’articolo 2 con una nuova formulazione del comma 2 che estende il potere di valutazione del giudice. Infatti, in relazione all’accertamento della violazione sono attribuiti al giudice poteri di valutazione (e non di semplice considerazione); quanto alla valutazione, è inserito, in particolare, l’oggetto del procedimento precisandosi che la valutazione stessa riguarda il comportamento “di ogni altro soggetto” chiamato a concorrere al procedimento o alla sua definizione (attualmente il riferimento è solamente ad “ogni altra autorità”).

 

Novità più sostanziali sono contenute nei nuovi quattro commi (da 2-bis a 2-quinquies) introdotti nell’art. 2 della legge Pinto:

§      Il comma 2-bis stabilisce i termini di durata dei singoli gradi di giudizio. La loro osservanza fa sì che sia considerato rispettato il termine ragionevole di durata del procedimento e, quindi, non permette alcuna domanda di indennizzo. I termini sono i seguenti: tre anni per il primo grado; due per il secondo; un anno per la cassazione (quindi sei anni complessivi); termini particolari di ragionevole durata sono dettati per il processo esecutivo (tre anni) e per le procedure concorsuali (sei anni).

§      La norma individua, poi, diversi termini iniziali da considerare ai fini della decorrenza dei termini del processo: nel civile, il momento del deposito del ricorso introduttivo o la notifica della citazione al convenuto; nel penale, l’assunzione della qualità di imputato (quindi il momento della richiesta di rinvio a giudizio), di parte civile (il momento della costituzione ex art. 78 c.p.p.) o responsabile civile (il momento della costituzione, ex art. 84, o dell’intervento volontario, ex art. 85 c.p.p.); nel processo penale, quando l’indagato è rinviato a giudizio assumendo la qualità di imputato (ovvero quando il PM esercita l’azione penale).

§      Il comma 2-ter detta una disposizione di chiusura in base a cui è comunque rispettato il termine di durata ragionevole se il processo è chiuso definitivamente in sei anni;

§      Il comma 2-quater precisa che il computo della durata non debba calcolare i periodi di sospensione del processo nonché i giorni intercorrenti tra la data da cui decorre il termine di impugnazione e quella in cui questa viene effettivamente proposta;

§      con il comma 2-quinquies sono elencate le seguenti ipotesi di mancato riconoscimento dell’indennizzo (riconducibili a condotte della parte non diligenti, dilatorie o abusive): a favore del soccombente nel processo civile, se è accertato dalla sentenza che questi abbia agito o resistito in giudizio con malafede o colpa grave (responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.); a favore della parte che, senza giustificato motivo, ha rifiutato la proposta di pagamento in sede conciliativa quando la domanda è accolta dal giudice in misura non superiore a detta proposta (art. 91, primo comma, secondo periodo, c.p.c.); a favore della parte che – nella mediazione per le controversie civile e commerciali – subisca dal giudice i provvedimenti sulle spese per aver rifiutato la proposta di conciliazione quando il provvedimento che definisce il giudizio corrisponda interamente al contenuto della proposta (art. 13, primo comma, primo periodo, D.lgs. n. 28/2010); nel processo penale, a favore della parte che, con condotte dilatorie, provochi l’estinzione del reato per prescrizione; a favore dell’imputato che non abbia richiesto l’accelerazione del processo entro trenta giorni dalla scadenza dei termini di durata dei singoli gradi di giudizio individuati dal comma 2-bis; a favore di chi abbia abusato dei suoi poteri processuali provocando la dilatazione ingiustificata dei termini di durata del procedimento.

 

Come accennato, l’art. 55 detta una nuova disciplina della misura e dei criteri di calcolo dell’indennizzo per violazione del termine ragionevole del processo, abrogando, per coordinamento, il comma 3 dell’art. 2 della legge 89/2001.

 

Il citato art. 2, comma 3, stabiliva che il giudice determina la riparazione a norma dell'articolo 2056 c.c.[213], osservando le disposizioni seguenti: a) rileva solamente il danno riferibile al periodo eccedente il termine ragionevole del processo; b) il danno non patrimoniale è riparato, oltre che con il pagamento di una somma di denaro, anche attraverso adeguate forme di pubblicità della dichiarazione dell'avvenuta violazione

 

E’ infatti inserito nella legge Pinto un articolo 2-bis che prevede una griglia predeterminata per la misura dell’indennizzo individuata in una somma tra 500 e 1.500 euro per ogni anno (o frazione di anno superiore a sei mesi) che ecceda il termine di durata ragionevole del processo, come individuato dal nuovo comma 2-bis dell’art. 2 della legge (comma 1). Ai fini della determinazione concreta dell’indennizzo all’interno delle soglie quantitative, l’art. 2-bis ricorre ai citati criteri di cui all’art. 2056 c.c. integrandoli con una serie di ulteriori parametri: l’esito del processo in cui è stato violato il termine ragionevole; il comportamento del giudice e delle parti; la natura degli interessi coinvolti; il valore e la rilevanza della causa, valutati anche in relazione alle condizioni personali delle parti (comma 2).

Viene, comunque, precisato che - anche se in deroga ai limiti quantitativi sopraindicati - la misura del’indennizzo non può essere comunque superiore al valore della causa ovvero, se inferiore, a quello del diritto accertato dal giudice.

La previsione sarà inapplicabile all'imputato nel processo penale, poiché in riferimento allo stesso non è possibile individuare un valore della causa.

 

Come detto, l’art. 55 del decreto-legge ridisegna completamente la disciplina del procedimento in corte d’appello per l’accertamento del diritto all’indennizzo ex legge Pinto.

Viene, a tal fine, dettata una riformulazione dell’art. 3 della legge 89/2001 da cui emerge un procedimento a carattere sommario modellato sul procedimento d’ingiunzione di cui agli artt. 633 e ss. c.p.c., su base documentale e con termini molto stringenti per l’adozione della decisione finale.

 

Il testo dell'articolo 3 vigente anteriormente all'entrata in vigore del decreto legge in conversione prevedeva che la domanda di equa riparazione fosse proposta dinanzi alla corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente, ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale,a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata.

La domanda si propone con ricorso depositato in cancelleria, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente gli elementi di cui all'articolo 125 del codice di procedura civile (l’ufficio giudiziario, le parti, l’oggetto, le ragioni della domanda, e la richiesta).

Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze.

La corte di appello provvede con procedimento camerale. Il ricorso, con il decreto di fissazione della camera di consiglio, è notificato, a cura del ricorrente, all'amministrazione convenuta, presso l'Avvocatura dello Stato. Tra la data della notificazione e quella della camera di consiglio deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.

Le parti hanno facoltà di richiedere che la corte disponga l'acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento in cui si assume essersi verificata la violazione del termine ragionevole del processo ed hanno diritto, unitamente ai loro difensori, di essere sentite in camera di consiglio se compaiono. Sono ammessi il deposito di memorie e la produzione di documenti sino a cinque giorni prima della data in cui è fissata la camera di consiglio, ovvero sino al termine che è a tale scopo assegnato dalla corte a seguito di relativa istanza delle parti.

La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo.

L'erogazione degli indennizzi agli aventi diritto avviene, nei limiti delle risorse disponibili, a decorrere dal 1° gennaio 2002.

 

Il nuovo articolo 3 introduce le seguenti novità:

§       il ricorso deve essere presentato al presidente della corte d’appello competente e per la sua sottoscrizione non è necessaria la procura speciale al difensore; con il ricorso deve” essere presentata copia autentica di una serie di documenti ovvero: la citazione, il ricorso, le comparse e le memorie relative al procedimento in cui si ritiene avvenuta la violazione del termine ragionevole; i verbali di causa, i provvedimenti del giudice (il riferimento dovrebbe essere ai provvedimenti interinali) ed il provvedimento (sentenza o ordinanza irrevocabile) che ha definito il giudizio;

§       la decisione non è pronunciata dal collegio ma da un giudice singolo; infatti, entro trenta giorni dal deposito del ricorso, il presidente (o un magistrato da lui designato) decide sulla domanda di indennizzo con decreto motivato se, invece, il giudice ritiene insufficientemente giustificata la domanda, dispone che il cancelliere ne dia notizia al ricorrente, invitandolo a provvedere alla prova. Se il ricorrente non risponde all'invito o non ritira il ricorso oppure se la domanda non è accoglibile, il giudice la rigetta con decreto motivato;

§       il decreto ingiunge all’amministrazione competente di pagare “senza dilazione” la somma da indennizzare a titolo di equa riparazione autorizzando, in mancanza, a provvisoria esecuzione, col provvedimento, il giudice decide sulla liquidazione delle spese del procedimento ingiungendone il pagamento;

§       la domanda, se respinta, anche solo parzialmente, non è riproponibile fermo restando il diritto all’opposizione davanti alla stessa corte d'appello, ma in composizione collegiale, ai sensi del nuovo art. 5-ter (v. ultra).

 

Analoga riformulazione riguarda l’articolo 4 (Termine e condizioni di proponibilità) della legge Pinto, che in precedenza prevedeva la possibile proposizione della domanda di riparazione sia in pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assumeva verificata, sia, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, era divenuta definitiva.

Il nuovo articolo 4 conferma il citato termine semestrale ma esclude che la domanda di equa riparazione possa essere avanzata in pendenza del procedimento.

 

L’art. 55 detta poi una nuova disciplina delle notificazioni e comunicazioni prevista dall’art. 5 della legge 89/2011.

 

Prima dell’entrata in vigore del decreto-legge l’art. 5 prevedeva che il decreto di accoglimento della domanda sia comunicato a cura della cancelleria, oltre che alle parti, sia al PG della Corte dei conti, per l'eventuale avvio del procedimento di responsabilità, che ai titolari dell'azione disciplinare dei dipendenti pubblici comunque interessati dal procedimento.

 

Confermati gli obblighi di comunicazione del decreto di accoglimento della domanda sia al PG della Corte dei conti, che ai titolari dell'azione disciplinare, il nuovo art. 5 della legge Pinto prevede che, oltre al decreto, sia notificato al Ministro nei cui confronti è proposta la domanda anche il ricorso iniziale; entrambi gli atti debbono essere in copia autentica.

Viene stabilito, inoltre, che alla mancata notifica del decreto nel termine di trenta giorni dal deposito consegue la sua inefficacia e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta. La notificazione comporta acquiescenza al decreto e impedisce la proposizione dell’opposizione ex art. 5-ter (v. ultra).

Ne deriva che, una volta emesso il decreto che decide della domanda di equa riparazione, il ricorrente ha, quindi, due alternative:

§       notificare il decreto stesso, con il ricorso, al Ministro competente e, quindi, accettare implicitamente l’indennizzo ivi stabilito; ovvero

§       fare opposizione alla Corte d’appello, in caso di domanda respinta totalmente o parzialmente.

 

Il nuovo articolo 5-ter della legge 89/2001 introduce la possibile opposizione al decreto del presidente della corte d’appello che decide sulla domanda, da proporre entro trenta giorni dalla comunicazione del provvedimento o dalla sua notificazione. Come noto, in precedenza l’art. 3 della legge prevedeva il solo ricorso per cassazione.

Il procedimento di opposizione (in contraddittorio tra le parti) è regolato nelle forme semplificate del procedimento camerale (artt. 737 ss. c.p.c.) davanti alla Corte d’appello in composizione collegiale (è, per motivi di incompatibilità, escluso il giudice singolo che ha deciso in prima istanza). Esclusa la ricorrenza di gravi motivi, l’opposizione non sospende l’esecuzione del decreto.

L’opposizione è decisa entro quattro mesi dal suo deposito con decreto (immediatamente esecutivo) impugnabile per cassazione.

 

Infine, è aggiunto un articolo 5-quater alla legge Pinto che, con finalità di dissuasione di liti temerarie, prevede applicazione di sanzioni processuali ove la domanda di equa riparazione sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata. In tali casi, con il decreto motivato che decide sulla domanda, il giudice può condannare il ricorrente al pagamento alla Cassa delle ammende di una somma tra i mille ed i diecimila euro.

 

Il comma 2 dell’art. 55 in esame introduce, infine, una norma transitoria per l’applicazione della nuova disciplina dei procedimenti di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo.

 

Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, interpreta l'articolo 1, comma 1225, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevedendo che l’obbligo in capo al Ministero dell’economia e delle finanze di procedere comunque ai pagamenti degli indennizzi per la violazione del termine di ragionevole durata del processo sussiste nel caso di pronunce emesse nei suoi confronti e nei confronti della Presidenza del Consiglio.


 

Articolo 56
(
Modifiche Scuola Magistratura
ed esonero parziale dall’attività giurisdizionale
)

 


Al decreto legislativo 30 gennaio 2006, n. 26, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1, il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono individuate fino a un massimo di tre sedi della Scuola. Con il medesimo decreto è individuata la sede della Scuola in cui si riunisce il Comitato direttivo»;

b) all'articolo 6, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole «ovvero, a loro richiesta, possono usufruire di un esonero parziale dall'attività giurisdizionale nella misura determinata dal Consiglio superiore della magistratura».


 

 

L’articolo 56 interviene sulla Scuola della Magistratura per stabilire che questa possa avere da una a tre sedi: il numero effettivo delle sedi, unitamente alla loro localizzazione, resta rimesso ad un decreto ministeriale. La disposizione consente inoltre ai magistrati che facciano parte del consiglio direttivo della Scuola di scegliere tra la prosecuzione, seppur limitata, delle attività giurisdizionali e la collocazione fuori ruolo organico.

 

In particolare, il comma 1 novella il decreto legislativo n. 26 del 2006[214] in tema di Scuola della magistratura.

 

La Scuola superiore della magistratura ha competenza esclusiva in materia di aggiornamento e formazione dei magistrati[215]. E’ un ente autonomo con personalità giuridica di diritto pubblico, e gode di piena autonomia organizzativa, funzionale e gestionale, negoziale e contabile.

Gli organi della Scuola sono: il comitato direttivo (12 membri, di cui 7 magistrati anche in quiescenza, 3 professori universitari e 2 avvocati, nominati dal CSM e dal Ministro della giustizia), il presidente e il segretario generale.

Lo statuto della Scuola, espressione della sua autonomia, è stato adottato il 6 febbraio 2012.

 

Nonostante sia stata istituita nel 2006, la Scuola non è ancora operativa. In una prima fase, infatti, il Governo è stato impegnato nell’individuazione delle tre sedi, demandata ad un decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Con D.M. 27 aprile 2006 il Ministro della Giustizia Castelli individuò le sede nelle province di Bergamo, Latina e Catanzaro..

Con il cambio di legislatura, il Ministro Mastella emanò un proprio decreto (D.M. 30 novembre 2006) con il quale individuò a sua volta le sedi nelle province di Bergamo, Firenze e Benevento. Quest’ultima sede, nel gennaio 2008, venne individuata anche come sede del comitato direttivo della Scuola.

Nel frattempo, peraltro, il decreto del Ministro Mastella, nella parte in cui spostava la sede da Catanzaro a Benevento, era stato impugnato davanti al TAR che, nel 2009, aveva accolto il ricorso dichiarando il DM illegittimo e dunque ripristinando la sede di Catanzaro. La sentenza del giudice amministrativo è stata però impugnata dinanzi al Consiglio di Stato che, nel marzo 2012, ha ribaltato la decisione di primo grado, riportando la scuola a Benevento.

 

Pertanto, la Scuola non è ancora entrata in funzione. In questo quadro, il 9 maggio scorso il Ministro della giustizia ha comunicato al Consiglio superiore della magistratura di avere optato per un'unica sede di formazione, da collocarsi in locali di proprietà demaniale nel comune di Scandicci, nell'area metropolitana di Firenze.

 

Il 18 settembre 2012 si è svolta la cerimonia di consegna dei locali della scuola al ministro della Giustizia: si tratta della Villa Castel Pulci, uno storico edificio, in precedenza della Provincia di Firenze e adesso di proprietà del Demanio, che è stato concesso in uso governativo al Ministero della Giustizia. I corsi della Scuola si apriranno il prossimo 15 ottobre 2012.

 

La novella all’articolo 1 del decreto legislativo n. 26/2006, introdotta dalla lettera a), consente un numero di sedi oscillante da 1 a 3 (con D.M. «sono individuate fino a un massimo di tre sedi») ed è dunque volta a rendere compatibile la legislazione con l’intento dichiarato di prevedere una sede unica.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge (AC. 5312) motiva questa decisione con l’esigenza di «permettere marcati contenimenti della spesa pubblica».

 

La lettera b) interviene sull’articolo 6 del decreto legislativo per modificare lo status dei magistrati chiamati a fare parte del consiglio direttivo della Scuola.

Il decreto-legge consente infatti ai magistrati membri del Consiglio, che non siano in quiescenza (un totale massimo di 7 magistrati), di scegliere tra:

§      la collocazione fuori del ruolo organico della magistratura per i 4 anni di durata dell’incarico (fino al provvedimento in commento, unica possibilità per il magistrato);

In merito si ricorda che l’AS 2156-B (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), approvato con modificazioni dalla Camera dei deputati il 14 giugno scorso, prevede, all’articolo 18, che i magistrati (ordinari, amministrativi, contabili, così come gli avvocati dello Stato) possano rimanere fuori ruolo per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso della carriera, per un massimo di dieci anni. Tra i due incarichi devono, tuttavia, intercorrere almeno cinque anni. Si prevede, inoltre, che il magistrato fuori ruolo mantenga, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l’indennità ed è’ precisata la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

 

§      la prosecuzione delle attività giurisdizionali, seppur in una misura parziale che dovrà essere determinata dal CSM.

 

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del decreto-legge (A.C. 5312) chiarisce che «non vi sono ragioni organizzative e di buon andamento dell'amministrazione che impongano il collocamento fuori ruolo di tali magistrati quale unica soluzione praticabile nei confronti dei magistrati in servizio. Al riguardo è sufficiente osservare che del comitato direttivo fanno parte anche tre professori universitari, per i quali la norma non prevede alcun collocamento fuori ruolo per la durata dell'incarico».

 

Infine, si osserva che la relazione illustrativa non esplicita per la disposizione in commento né i possibili riflessi sulla crescita, lo sviluppo e la competitività, né la necessità e l’urgenza dell’intervento.

 


 

Articolo 57
(
Misure per lo sviluppo dell’occupazione giovanile
nel settore della
green economy)

 


1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è abrogato l'articolo 1, comma 1112, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e a valere sul Fondo di cui all'articolo 1, comma 1110, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato a soggetti privati che operano nei seguenti settori:

a) protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico;

b) ricerca, sviluppo e produzione di biocarburanti di «seconda e terza generazione»;

b-bis) ricerca, sviluppo e produzione mediante bioraffinerie di prodotti intermedi chimici da biomasse e scarti vegetali;

c) ricerca, sviluppo, produzione e installazione di tecnologie nel «solare termico», «solare a concentrazione», «solare termo-dinamico», «solare fotovoltaico», biomasse, biogas e geotermia;

d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile, industriale e terziario, compresi gli interventi di social housing;

d-bis) processi di produzione o valorizzazione di prodotti, processi produttivi od organizzativi o servizi che, rispetto alle alternative disponibili, comportino una riduzione dell'inquinamento e dell'uso delle risorse nell'arco dell'intero ciclo di vita.

2. Per accedere ai finanziamenti di cui al comma 1, i progetti di investimento presentati dalle imprese ricadenti nei settori di cui al comma 1 devono prevedere occupazione aggiuntiva a tempo indeterminato di giovani con età non superiore a 35 anni alla data di assunzione. Nel caso di assunzioni superiori a tre unità, almeno un terzo dei posti è riservato a giovani laureati con età non superiore a 28 anni. Per singola impresa richiedente, le nuove assunzioni devono essere aggiuntive rispetto alla media totale degli addetti degli ultimi 12 mesi. I finanziamenti di cui al presente articolo sono erogabili ai progetti di investimento sino a concorrenza della disponibilità del Fondo. A tal fine, al Fondo di cui al comma 1 affluiscono anche le rate di rimborso dei finanziamenti concessi e, in aggiunta, eventuali risorse comunitarie.

3. Sono fatte salve le domande di finanziamento agevolato presentate ai sensi del decreto ministeriale 25 novembre 2008 e successiva circolare del 16 febbraio 2012. Le risorse assegnate con il citato decreto ministeriale 25 novembre 2008 e non utilizzate alla data di entrata in vigore della presente norma possono essere destinate al finanziamento degli interventi ricadenti nei settori di cui al comma 1.

4. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i settori di cui al comma 1 possono essere integrati o modificati.

5. Le modalità di presentazione delle domande e le modalità di erogazione dei finanziamenti sono disciplinate nei modi previsti dall'articolo 2, lettera s), del decreto 25 novembre 2008, prevedendo procedure semplificate e informatizzate di accesso al beneficio.

6. Ai progetti di investimento presentati dalle società ESCO, dagli affidatari di contratti di disponibilità stipulati ai sensi dell'articolo 44 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, nonché dalle società a responsabilità limitata semplificata costituite ai sensi dell'articolo 2463-bis del codice civile e dalle imprese di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, e successive modificazioni, si applica la riduzione del 50% del tasso di interesse di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 17 novembre 2009.

7. I finanziamenti a tasso agevolato, concessi nei settori di cui al comma 1, hanno durata non superiore a settantadue mesi, ad esclusione di quelli erogati ai soggetti di cui al precedente comma 6, per i quali la durata non può essere superiore a centoventi mesi.


 

 

L’articolo 57 interviene sulla destinazione delle risorse del fondo rotativo per il finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto, per un verso, modificando il novero dei settori in cui operano i soggetti destinatari dei fondi e, per l’altro, prevedendo che i finanziamenti siano destinati a progetti che devono prevedere l’assunzione a tempo indeterminato di persone con età non superiore a trentacinque anni.

 

In particolare, il comma 1 modifica il novero dei settori destinatari dei finanziamenti a tasso agevolato a valere sulle risorse del Fondo.

A tal fine viene disposta l’abrogazione - decorrente dall’entrata in vigore del decreto legge - del comma 1112 dell’art. 1 della L. 296/2006 (finanziaria 2007), che elencava le iniziative prioritariamente finanziate nel triennio 2007-2009, e viene contestualmente fornito un elenco di soggetti beneficiari operanti in taluni settori individuati dalla norma, il che comporta un riorientamento e un ampliamento delle misure di intervento con riferimento a nuovi settori produttivi. Rispetto alla disciplina previgente viene sottolineato che i finanziamenti sono destinati a soggetti privati operanti nei settori indicati e non anche a quelli pubblici, come invece prevede il comma 1111 dell’art. 1 della L. 296/2006.

La tabella seguente mette a confronto l’elenco previsto dall’abrogato comma 1112 ed il nuovo elenco recato dal comma 1.

 

Art. 1, comma 1112, L.F. 2007

Comma 1 D.L. 83/2012

Per il triennio 2007-2009 sono finanziate prioritariamente le misure di seguito elencate:

possono essere concessi finanziamenti a tasso agevolato a soggetti privati che operano nei seguenti settori:

a) installazione di impianti di microcogenerazione diffusa ad alto rendimento elettrico e termico;

 

 

a) protezione del territorio e prevenzione del rischio idrogeologico e sismico;

c) sostituzione dei motori elettrici industriali con potenza superiore a 45 kW con motori ad alta efficienza;

e) eliminazione delle emissioni di protossido di azoto dai processi industriali;

f-bis) pratiche di gestione forestale sostenibile attuate attraverso interventi diretti a ridurre il depauperamento dello stock di carbonio nei suoli forestali e nelle foreste

 

 

b) ricerca, sviluppo e produzione di biocarburanti di «seconda e terza generazione»;

b) installazione di impianti di piccola taglia per l'utilizzazione delle fonti rinnovabili per la generazione di elettricità e calore;

f) progetti pilota di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie e di nuove fonti di energia a basse emissioni o ad emissioni zero;

c) ricerca, sviluppo, produzione e installazione di tecnologie nel «solare termico», «solare a concentrazione», «solare termo-dinamico», «solare fotovoltaico», biomasse, biogas e geotermia;

d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario;

d) incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario, compresi gli interventi di social housing.

 

Si fa notare che il novero dei soggetti destinatari dei finanziamenti viene ampliato al fine di ricomprendere taluni settori, quali la prevenzione del rischio sismico e gli interventi di housing sociale, che appaiono non strettamente riconducibili alla finalità originaria del Fondo rotativo.

 

Nel corso dell'esame parlamentare è stata aggiunta la lettera b-bis) al comma 1, al fine di includere, tra i settori a cui possono essere concessi i finanziamenti a tasso agevolato a valere sul Fondo rotativo Kyoto, il settore della ricerca, dello sviluppo e della produzione mediante bioraffinerie di prodotti intermedi chimici da biomasse e scarti vegetali.

Inoltre - sempre durante l'esame parlamentare - è stata modificata la lettera d) del comma 1, ai sensi della quale i finanziamenti del Fondo rotativo Kyoto possono essere concessi ai soggetti privati operanti nel settore dell’incremento dell'efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile e terziario, estendendo la disposizione anche all’incremento di efficienza negli usi finali del settore industriale.

E' stata poi aggiunta la lettera d-bis) al comma 1, al fine di includere, tra i settori a cui possono essere concessi i finanziamenti a tasso agevolato a valere sul Fondo rotativo Kyoto, i processi di produzione o valorizzazione di prodotti, i processi produttivi/organizzativi o i servizi, che, rispetto alle alternative disponibili, comportino una riduzione dell'inquinamento e dell'uso delle risorse nell'arco dell'intero ciclo di vita.

 

Si rammenta che, per il finanziamento di misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto, l'art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati), con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009. Tale norma è stata attuata con il successivo D.M. ambiente 25 novembre 2008 che ha dettato la disciplina delle modalità di erogazione dei citati finanziamenti. Successivamente sono intervenuti il D.M. Economia 17 novembre 2009, che ha stabilito il tasso di interesse per i finanziamenti agevolati ed il Decreto direttoriale del Ministero dell'ambiente 19 luglio 2011, che ha modificato gli allegati al D.M. 25 novembre 2008. L’effettiva applicazione della normativa citata si è tuttavia avuta solo con l’emanazione della circolare del Ministero dell'ambiente 16 febbraio 2012[216], pubblicata nella G.U. n. 51 del 1° marzo 2012, S.O.[217].

La relazione tecnica al disegno di legge di conversione (A.C. 5312) evidenzia che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, presso il conto infruttifero di tesoreria centrale n. 25036, intestato al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e gestito dalla CDP, sono disponibili 565 milioni di euro per le finalità del Fondo. Alla medesima data risultano pervenute richieste di finanziamento per 95 milioni di euro, allo stato in fase di istruttoria. Per tale ragione, le risorse riallocabili risultano pari ad almeno 470 milioni di euro per la quali, con la norma in commento, si provvede a riorientare la finalizzazione.

Si segnala, infine, che l’articolo 1, comma 8, del decreto legge n. 129 del 2012[218] prevede che i finanziamenti a tasso agevolato di cui all’articolo 57, comma 1, possono essere concessi, secondo i criteri e le modalità definiti dal medesimo articolo 57, anche per gli interventi di riqualificazione e di ambientalizzazione compresi nell’area del Sito di interesse nazionale di Taranto. Per tale finalità, nell’ambito del Fondo rotativo è destinata una quota di risorse fino a un importo massimo di 70 milioni di euro.

 

Il comma 2 pone l’assunzione di giovani a tempo indeterminato come condizione per accedere ai finanziamenti a tasso agevolato.

I progetti di investimento presentati dalle imprese devono prevedere occupazione aggiuntiva di giovani con età non superiore a 35 anni alla data di assunzione. Nel caso di assunzioni superiori a tre unità, almeno un terzo dei posti è riservato a giovani laureati con età non superiore a 28 anni.

Per singola impresa richiedente, le nuove assunzioni devono essere aggiuntive rispetto alla media totale degli addetti degli ultimi 12 mesi.

I finanziamenti di all’articolo 1 sono erogabili ai progetti di investimento sino a concorrenza della disponibilità del Fondo rotativo Kyoto, a cui affluiscono anche le rate di rimborso dei finanziamenti concessi e, in aggiunta, eventuali risorse comunitarie.

 

Ai sensi del comma 3 sono fatte salve le domande di finanziamento agevolato già presentate ai sensi del D.M. 25 novembre 2008 e della successiva circolare del 16 febbraio 2012.

Viene altresì previsto che le risorse assegnate con il citato D.M. 25 novembre 2008 e non utilizzate alla data di entrata in vigore del decreto-legge possono essere destinate al finanziamento degli interventi ricadenti nei settori indicati al comma 1.

 

Il comma 4 consente l’integrazione o la modifica dell’elenco dei settori di cui al comma 1 con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 5 prevede che per le modalità di presentazione delle nuove domande e di erogazione dei finanziamenti continua a valere la disciplina prevista dalla circolare del 16 febbraio 2012, mediante l’applicazione di procedure semplificate e informatizzate di accesso al beneficio.

La norma in esame fa infatti rinvio alla disciplina recata dall'art. 2, lettera s), del D.M. 25 novembre 2008. Tale lettera, a sua volta, fa riferimento alla circolare applicativa emanata, in data 16 febbraio 2012, dal Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico e d'intesa con la CDP S.p.A., per l'ulteriore attuazione di dettaglio del citato decreto.

 

Il comma 6 dispone la riduzione del 50% del tasso di interesse individuato dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 17 novembre 2009, in favore dei progetti di investimento presentati:

§       dalle società ESCO[219];

§       dagli affidatari di contratti di disponibilità stipulati ai sensi dell’articolo 44[220] del decreto-legge n. 1 del 2012, recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività.;

§       dalle società a responsabilità limitata semplificata costituite ai sensi dell’articolo 2463 bis del codice civile;

 

La SRL semplificata è stata introdotta nell’ordinamento dall’articolo 3 del D.L. n.1 del 2012; essa può essere costituita da persone fisiche che non abbiano compiuto i trentacinque anni di età. La legge prevede una semplificazione dei requisiti per l’istituzione e il funzionamento della società, al fine di promuovere l’adozione da parte dei giovani di forma associative d’impresa.

Si rammenta in merito che l’articolo 44 del decreto-legge (alla cui scheda di lettura si rinvia) al fine di ridurre i costi per l’avvio di un’impresa, consente anche a coloro che hanno già compiuto 35 anni di costituire società a responsabilità limitata partendo da un capitale sociale limitato (anche un solo euro). Tale modello societario è denominato “società a responsabilità limitata a capitale ridotto”.

 

Una modifica, approvata nel corso dell'esame parlamentare, ha integrato il comma 6 per includere tra coloro che possono beneficiare della riduzione del tasso di interesse per i loro progetti di investimento anche le imprese unite da un contratto di rete, individuate mediante il riferimento all'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge, n. 5 del 2009.

 

Si ricorda che l’articolo 3 del D.L. 5/2009 riguarda i distretti produttivi e le reti di imprese. Ai sensi del comma 4-ter, con il contratto di rete più imprenditori perseguono lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato e a tal fine si obbligano, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Il contratto può anche prevedere l’istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Il comma 4-quater dispone che il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.

Si segnala, infine, che l'articolo 45 del provvedimento in esame intende favorire il contratto di rete. Infatti, con i commi 1 e 2 effettua una semplificazione burocratica sulla forma contrattuale.

 

Più in dettaglio, per i suddetti progetti di investimento il tasso di interesse ammonta dunque allo 0,25 per cento annuo.

 

Il richiamato D.M. 17 novembre 2009 reca il tasso di interesse da applicare sui finanziamenti da concedersi a valere sulle risorse del Fondo rotativo a sostegno delle misure per l'attuazione del Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici, in ottemperanza alle disposizioni della legge finanziaria 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) che ha previsto (articolo 1, comma 1110) l'istituzione di un Fondo rotativo destinato al finanziamento delle misure finalizzate all'attuazione del Protocollo di Kyoto alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici e (successivo comma 1111) l’individuazione con decreto ministeriale delle modalità per l'erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato a soggetti pubblici o privati, con determinazione del tasso di interesse agevolato per mezzo di decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Il tasso di interesse è dello 0,50 per cento annuo.

 

Il comma 7 prevede che la durata dei finanziamenti a tasso agevolato, concessi nei settori di cui al primo comma, sia:

§      non superiore a 120 mesi, per quelli erogati ai soggetti di cui al precedente comma 6;

§      non superiore a 72 mesi, negli altri casi.


 

Articolo 58
(
Fondo per la distribuzione di derrate alimentari
alle persone indigenti
)

 


1. È istituito presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura un fondo per il finanziamento dei programmi nazionali di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nel territorio della Repubblica Italiana. Le derrate alimentari sono distribuite agli indigenti mediante organizzazioni caritatevoli, conformemente alle modalità previste dal Regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio del 22 ottobre 2007.

2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione, viene adottato, entro il 30 giugno di ciascun anno, il programma annuale di distribuzione che identifica le tipologie di prodotto, le organizzazioni caritatevoli beneficiarie nonché le modalità di attuazione, anche in relazione alle erogazioni liberali e donazioni fornite da parte di soggetti privati e tese ad incrementare le dotazioni del Fondo di cui al comma 1. Ai fini fiscali, in questi casi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo del 4 dicembre 1997, n. 460.

3. Gli operatori della filiera agroalimentare possono destinare all'attuazione del programma annuale di cui al comma 2 derrate alimentari, a titolo di erogazioni liberali, secondo modalità stabilite dall'Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Ai fini fiscali, in questi casi si applicano le disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto legislativo del 4 dicembre 1997, n. 460.

4. L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura è il soggetto responsabile dell'attuazione del programma di cui al comma 2.

5. Ai fini del reperimento sul mercato dei prodotti identificati dal programma di cui al comma 2, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura opera secondo criteri di economicità dando preferenza, a parità di condizioni, alle forniture offerte da organismi rappresentativi di produttori agricoli o imprese di trasformazione dell'Unione Europea.


 

 

L’articolo 58 istituisce, presso l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, un fondo destinato a finanziare programmi annuali di distribuzione di derrate alimentari agli indigenti. Il fondo potrà essere incrementato da erogazioni liberali e donazioni di privati che godranno di agevolazioni fiscali. La distribuzione delle derrate è affidata ad associazioni caritatevoli.

 

Il primo comma istituisce presso AGEA un fondo per la distribuzione di derrate agli indigenti presenti sul territorio nazionale; i soggetti cui sono demandate le operazioni di distribuzione sono individuati nelle organizzazioni caritatevoli, che debbono operare secondo quanto stabilito con il reg. (CE) 1234/2007, regolamento unico OCM (organizzazione comune di mercato).

L'Agenzia per le erogazioni in agricoltura(AGEA), il cui compito principale è quello di gestire tutti gli aiuti (contributi e premi) che l’Unione Europea decide di erogare al comparto agricolo a titolo di sostegno, è stata istituita con D.lgs. 27 maggio 1999, n. 165[221]. Con tali norme è stata disposta la soppressione della precedente Azienda (AIMA), la sua messa in liquidazione e l’istituzione dell'Agenzia, ente di diritto pubblico non economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole. L'Agenzia è dotata di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, amministrativa, finanziaria e contabile, ed è sottoposta al controllo della Corte dei Conti come previsto per gli enti ai quali contribuisca lo Stato.

All’Agenzia competono attività e funzioni diverse, sia in adempimento di disposizioni comunitarie, che in attuazione delle linee d’indirizzo e d’intervento delle autorità nazionali. In ogni caso l’Agenzia opera sulla base degli indirizzi del Ministro per le politiche agricole, e, per quanto attiene la realizzazione della politica interna, è anche necessaria l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

Per quanto attiene alla realizzazione della politica comunitaria l’Agenzia gestisce e distribuisce gli aiuti comunitari agli indigenti; per quanto attiene alla realizzazione della politica nazionale l’Agenzia gestisce le forniture di prodotti agroalimentari disposte dallo Stato italiano anche in attuazione degli impegni assunti in ambito internazionale.

Relativamente alle modalità secondo le quali dovranno operare i soggetti caritatevoli nella distribuzione delle derrate, viene richiamato il reg. (CE) 1234/2007, regolamento unico OCM, nel quale sono confluite numerose disposizioni, incluse quelle recate dal regolamento (CEE) n. 3730/87, che stabiliva le norme generali per la fornitura a taluni organismi di derrate alimentari provenienti dalle scorte d'intervento e destinate ad essere distribuite agli indigenti nella Comunità.

La norma di riferimento è pertanto ora l’articolo 27, del regolamento n. 1234[222], che ha istituito un programma per il 2012 e il 2013 che prevede la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti nell’Unione. I soggetti incaricati della distribuzione sono designati dagli Stati membri, ma non debbono avere le caratteristiche dell’imprese commerciale. Quanto alla definizione degli “indigenti”, sono gli Stati ad individuarli in base alla presenza di caratteri di dipendenza sociale ed economica. Le derrate poste in distribuzione possono provenire da scorte d’intervento ma anche , ove queste non siano disponibili, da prodotti acquistate sul mercato.

I programmi di distribuzione nazionali devono essere presentati alla Commissione, che a sua volta approva propri piani annuali nei quali vengono specificati gli stanziamenti finanziari dell’Unione per Stato membro.

Le derrate alimentari sono consegnate agli organismi designati a titolo gratuito, mentre la distribuzione agli indigenti è effettuata a titolo gratuito; o ad un prezzo in nessun caso superiore a quello giustificato dai costi sostenuti dagli organismi di distribuzione. I piani nazionali possono accordare la preferenza ai prodotti originari dell’Unione.

In ogni caso gli Stati membri possono elaborare programmi di distribuzione di derrate alimentari non rispondenti ai requisiti di cui all’articolo 27 illustrato, purché siano conformi al diritto dell’Unione.

Il comma 2 definisce il contenuto dell’annuale decreto di adozione del programma che, entro il 30 giugno dovrà identificare:

§       le tipologie di prodotto;

§       le organizzazioni caritatevoli beneficiarie;

§       le modalità di esercizio degli atti di liberalità da parte dei privati;

§       ogni altra modalità necessaria all’attuazione.

Gli incrementi del fondo disposti da privati beneficiano delle agevolazioni fiscali di cui all’art. 13 del D.lgs. n. 460/97, che ha disposto il riordino della normativa degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Le medesime agevolazioni si applicano, secondo il comma 3, alle derrate attribuite al programma da parte degli operatori della filiera agroalimentare.

L’attribuzione, che deve essere sempre a titolo di liberalità, avviene secondo le modalità che saranno stabilite da AGEA, che è anche il soggetto responsabile dell’attuazione del programma (comma 4).

 

Il comma 5 stabilisce che nel reperimento sul mercato delle derrate identificate dal programma, Agea:

§       debba operare secondo criteri di economicità;

§       a parità di condizioni accordi la preferenza agli organismi rappresentativi di produttori agricoli ((Organizzazioni professionali agricole, cooperative, consorzi, organizzazioni di produttori…),

§       o alle imprese di trasformazione dell’Unione europea.

Il decreto è demandato al Ministro dell’agricoltura, con il concerto di quello della cooperazione internazionale (comma 2).

Agevolazioni fiscali

Le norme in esame consentono di incrementare le dotazioni del programma annuale di distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti mediante erogazioni liberali e donazioni (finanziarie o in prodotti alimentari) da parte di soggetti privati. A fini fiscali, trova applicazione il regime agevolato per le erogazioni alle ONLUS di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 460 del 1997.

 

Il richiamato articolo reca numerose disposizioni in materia di cessioni alle ONLUS.

In primo luogo (articolo 13, comma 2) viene richiamato il trattamento fiscale delle cessioni gratuite alle ONLUS di derrate alimentari e prodotti farmaceutici alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, nel caso in cui essi vengano così trasferiti in alternativa alla usuale eliminazione dal circuito commerciale.

Tale speciale disciplina, al fine di incentivare le erogazioni in natura a favore delle Onlus, “neutralizza” gli effetti delle norme del TUIR (articolo 57 e 85 del Testo Unico delle Imposte sui redditi – di cui al D.P.R. n. 917 del 1986), che considerano ricavi, tra l'altro, il valore normale dei beni, alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, destinati a finalità estranee all'esercizio dell'impresa stessa; di conseguenza le imprese possono cedere alle Onlus, gratuitamente e senza alcun limite, derrate alimentari e prodotti farmaceutici alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa stessa, altrimenti destinati all'usuale eliminazione dal circuito commerciale, senza che il valore normale degli stessi venga considerato tra i ricavi dell'impresa stessa e tassato come tale.

Il richiamato articolo 13 prevede, con specifiche limitazioni, un regime specifico (articolo 13, comma 3) per la cessione gratuita alle ONLUS di beni non di lusso alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa, purché diversi da derrate e prodotti farmaceutici, ove presentino imperfezioni, alterazioni, danni o vizi che, pur non modificandone l’idoneità di utilizzo non ne consentono la commercializzazione o la vendita, rendendone necessaria l’esclusione dal mercato o la distruzione. Il regime fiscale di favore opera (dunque tali beni non sono tassati come ricavi) per un importo corrispondente al costo specifico sostenuto per la produzione o l’acquisto, complessivamente non superiore al 5 per cento del reddito d’impresa dichiarato. Tali beni, si considerano distrutti a fini IVA, dunque non vi sono assoggettati.

Il comma 4 dell’articolo 13 reca le condizioni e gli adempimenti per usufruire dei suesposti trattamenti agevolativi.

Sono previste alcune specifiche formalità di comunicazione all’erario delle cessioni in capo al cedente (con raccomandata A/R) nonché obblighi formali e sostanziali a carico della ONLUS e dell’impresa cedente: in particolare, è richiesta una dichiarazione da conservare agli atti dell'impresa cedente, con cui la ONLUS attesti l’impegno ad utilizzare direttamente i beni in conformità alle finalità istituzionali; a pena di decadenza dei benefici fiscali, deve essere realizzato l'effettivo utilizzo diretto dei beni; entro il quindicesimo giorno del mese successivo, il cedente deve annotare nei registri previsti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto ovvero in apposito prospetto, che tiene luogo degli stessi, la qualità e la quantità dei beni ceduti gratuitamente in ciascun mese. Sono fatte salve le cessioni di beni facilmente deperibili e di modico valore, per cui si è esonerati dall'obbligo della comunicazione preventiva.

I successivi commi da 5 a 7 del richiamato articolo 13 disciplinano i limiti e le condizioni di deducibilità dal reddito delle erogazioni liberali.

 


 

Articolo 59, commi 1 e 2
(
Tutela dei consorzi delle Dop ed Igp vitivinicole)

 


1. All'articolo 24 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Salva l'applicazione delle norme penali vigenti, il soggetto inserito nel sistema di controllo di una denominazione di Origine Protetta o di una Indicazione Geografica Protetta che non assolve in modo totale o parziale, nei confronti del Consorzio di tutela incaricato, agli obblighi di cui all'articolo 17, comma 5 e comma 6 del presente decreto legislativo è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari al triplo dell'importo accertato».

2. Al comma 5 dell'articolo 24 del decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61, le parole «Per l'illecito previsto al comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli illeciti previsti ai commi 3, 3-bis e 4».


 

 

I commi 1 e 2, novellando l’articolo 24 del D.lgs. n. 61/2010, introducono nuove fattispecie di illecito sanzionate amministrativamente, allo scopo di garantire il versamento di quanto dovuto ai consorzi di tutela delle Dop ed Igp vitivinicole da parte sia dei soci dei consorzi che dei nuovi utilizzatori della denominazione. La sanzione può includere la sospensione del diritto di utilizzare la denominazione protetta.

 

Il comma 1 introduce il nuovo comma 3-bisnell’articolo 24 del D.lgs. n. 61/2010 sulla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini: detto articolo 24 reca le sanzioni dirette a garantire il funzionamento del sistema dei controlli, incluso l’assolvimento degli obblighi pecuniari relativi allo svolgimento dell'attività di controllo.

In base all’articolo 24 del D.lgs. n. 61, comma 4, il soggetto immesso nel sistema di controllo, che non assolva agli obblighi pecuniari relativi allo svolgimento dell'attività di controllo per la denominazione protetta rivendicata dal soggetto stesso, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio dell'importo dell'obbligo pecuniario accertato; resta l’obbligo di provvedere al versamento delle somme dovute, comprensive degli interessi legali, direttamente al creditore.

Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 24 introduce un’ammenda, pari al triplo dell’importo accertato, per gli illeciti commessi dai soggetti immessi nel sistema di controllo di una Dop o IGP, che non assolvano agli obblighi specifici di cui all’articolo 17, commi 5 e 6, del D.lgs. n. 61.

Quanto a tali obblighi, va rammentato che il comma 5 dell’articolo 17 pone a carico di tutti i soci del consorzio, nonché di tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo, anche se non aderenti al consorzio, i costi derivanti dalle attività di controllo attribuite dal comma 4 ai consorzi; ed il comma 6 aggiunge che per le medesime attività di controllo i consorzi possano anche chiedere ai nuovi soggetti utilizzatori della denominazione, al momento della immissione nel sistema di controllo, un “contributo di avviamento”.

Infine, le attività che il comma 4 consente siano svolte dai consorzi a ciò autorizzati, nell'interesse di tutti i produttori anche non aderenti, sono:

a)    contribuire a definire una più equilibrata offerta ed un miglior coordinamento dell'immissione sul mercato della denominazione tutelata, nonché definire piani di miglioramento della qualità del prodotto;

b)    organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione della DOP o IGP;

c)    agire, in tutte le sedi giudiziarie ed amministrative, per la tutela della denominazione protetta e per la tutela degli interessi e diritti dei produttori;

d)    svolgere azioni di vigilanza e tutela della denominazione prevalentemente alla fase del commercio.

 

Il comma 2 novella il comma 5 dell’articolo 24 del decreto legislativo n. 61/10 estendendo l’applicazione della sanzione ivi prevista, che consiste nella sospensione del diritto ad utilizzare la denominazione protetta (fino alla rimozione della causa che ha dato origine alla sanzione), anche alle ipotesi d’illecito previste con il nuovo comma 3-bis e dal comma 4 dello stesso articolo 24.

 


 

Articolo 59, commi 3-5
(
Sostegno nelle crisi di mercato)

 


3. Le somme presenti sul bilancio dell'AGEA e non ancora erogate, pari a 19,738 milioni di euro, assegnate alla medesima Agenzia ai sensi dell'articolo 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81, dell'articolo 1, comma 405, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dell'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, dell'articolo 2, comma 122, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dell'articolo 69, comma 9, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, così come rifinanziata dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, sono destinate a finanziare misure a sostegno del settore agricolo e specifici interventi di contrasto alle crisi di mercato.

4. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze sono definite le modalità di applicazione del comma 3 e sono quantificate le risorse finanziarie da destinare in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato, ad ogni singola misura o intervento alla cui attuazione provvede l'AGEA.

5. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

I commi 3-5 attribuiscono ad interventi di sostegno del comparto agricolo, nelle fasi di crisi di mercato, le somme residuate dagli stanziamenti statali disposti nel corso degli anni in favore del comparto bieticolo-saccarifero. Tali somme non sono ancore state erogate ma sono presenti nel bilancio di Agea che, in base ad una ricognizione conclusa il 17/2/2012 (così la relazione illustrativa del Governo nel ddl di conversione, A.C. 5312), le quantifica in 19,7 milioni di euro.

Un decreto del Mipaaf, di concerto con il dicastero dell’economia, definirà le modalità applicative delle nuove disposizioni, e quantificherà le risorse da destinare ad ogni singola misura - la cui attuazione spetta all’Agenzia – in coerenza con la normativa comunitaria.

Nel dettaglio, le risorse residuali reperite fanno riferimento ai seguenti provvedimenti:

§       L. n. 289/2002 (legge finanziaria 2003), che, con l’articolo 69, co. 9, ha disposto le autorizzazioni di spesa necessarie all'attuazione degli interventi autorizzati dall'Unione europea nel settore bieticolo-saccarifero;

§       D.L. n. 2/2006, che, con l’articolo 2, ha finanziato gli interventi urgenti nel settore bieticolo - saccarifero ;

§       L. n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), che, con l’articolo 1, comma 405, ha incrementato il Fondo bieticolo nazionale;

§       L. 27-12-2006 (legge finanziaria 2007), che, con l’articolo 1, comma 1063, ha attribuito nuove risorse al Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolosaccarifera;

§       L. n. 244/2007 (legge finanziaria 2008), che, con l’articolo 2, comma 122, ha ulteriormente incrementato tale fondo;

§       L. n. 289/02 (legge finanziaria 2003) che, con l’articolo 69 (comma 9), ha recato un’autorizzazione di spesa per il 2003 destinata all'attuazione degli interventi autorizzati dall'Unione europea nel settore.

Crisi di mercato

Un tentativo di introdurre una disciplina delle crisi di mercato è stata fatta con gli articoli 1, (commi 1-bis , 1-ter, e 3-quater) e 1-bis, del decreto legge n. 22/2005, allo scopo di assicurare in modo permanente un sostegno alle imprese colpite da gravi perturbazioni nei prezzi. Le norme definiscono in primo luogo le condizioni alle quali le imprese hanno titolo ai benefici, ovvero deve verificarsi una riduzione del reddito medio d’impresa pari al 30% rispetto al reddito medio conseguito nel triennio precedente; quanto alle provvidenze, sono quelle in genere conseguenti all’attivazione del Fondo di solidarietà nazionale.

Il decreto-legge n. 22 è stato oggetto di osservazioni da parte della Commissione europea che, in data 29/6/2005, ha espresso “seri dubbi” in merito alla loro compatibilità con il mercato comune. In particolare, la Commissione ha eccepito che la riduzione del reddito medio di un’azienda può essere determinata da una pluralità di fattori, quali eventi meteorologici, epizoozie o fitopatie, ma anche fluttuazione dei prezzi, o cattiva gestione; tuttavia, non tutte le perdite possono essere compensate con aiuti di Stato, poiché questi non sono di norma ammessi, “salvo le eccezioni esplicitamente previste dalla normativa comunitaria”. In merito, è stato segnalato nelle osservazioni, la Commissione ha accettato le misure di tutela dei redditi degli agricoltori colpiti da calamità, da avversità atmosferiche, dall’insorgenza di epizoozie e fitopatie, ma la normativa comunitaria non prevede esplicitamente alcun intervento per le perdite di reddito conseguenti ad una fluttuazione di prezzi al ribasso.

Merita peraltro evidenziare che di lì a poco la Commissione è intervenuta nuovamente, in via generale, sul tema dei rischi in agricoltura, con la Comunicazione al Consiglio COM (2005) 74, ove si prospetta la introduzione di strumenti atti a “fornire una copertura di base contro le crisi dei redditi”, i cui principi di fondo paiono sostanzialmente riconducibili a quelli che informano il sistema delineato dal decreto-legge n. 22 del 2005.

Allo scopo di superare i rilievi formulati dalla Commissione, il Governo è nuovamente intervenuto sulla materia con il decreto-legge n. 182/2005, stabilendo (art. 1) che i descritti aiuti possano essere concessi nella misura e secondo le modalità previste dal reg. (CE) 1860/2004, così riconducendo tutti gli aiuti prefigurati per le crisi di mercato nell’alveo degli aiuti de minimis.

Va infine segnalato che negli “Orientamenti comunitari per gli aiuti di Stato nel settore agricolo e forestale 2007-2013”, la Commissione dichiara di aver rivisto gli elenchi esistenti di misure di gestione dei rischi e delle crisi che possono essere finanziate attraverso la concessione di aiuti di Stato, e che “da tale revisione è emerso che l'attuale panoplia di strumenti è adeguata, ma deve essere perfezionata alla luce dell’esperienza”.

In particolare “l'introduzione nel 2005 dell'agevolazione de minimis a livello della produzione primaria mette a disposizione degli Stati membri uno strumento supplementare per erogare un supporto minimo rapidamente e senza bisogno di chiedere l'autorizzazione alla Commissione”.

 


 

Articolo 59, comma 6
(
Controllo e certificazione delle sementi)

 

6. All'articolo 41 della legge 25 novembre 1971, n. 1096, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«A decorrere dall'anno 2012, nel limite di 2,5 milioni di euro annui, le risorse trasferite alle Regioni, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, sono utilizzate per il rimborso del costo sostenuto dagli enti ed organismi di coordinamento delle prove varietali.»

 

 

Il comma 6 introduce, a decorrere dal 2012, un vincolo per le regioni relativamente all’utilizzo delle risorse annualmente trasferite loro sulla base del D.lgs. n. 143/1997: nel limite di 2,5 milioni di euro, tali risorse debbono essere attribuite agli enti ed organismi di coordinamento delle prove varietali, a titolo di rimborso dei costi dagli stessi sostenuti.

Con tale disposizione, si rende uniforme la normativa per ciò che concerne l’esecuzione delle prove per l’accertamento dei requisiti varietali per la concessione di privative per nuove varietà vegetali, con quella attualmente prevista per l’iscrizione ai registri di varietà vegetali, prevedendo per entrambi i casi il rimborso delle spese sostenute.

La disposizione è introdotta nella forma di novella all’articolo 41 della legge n. 1096 del 1971 (di disciplina dell'attività sementiera). Tale articolo 41 demanda al Ministero dell’agricoltura di stabilire compensi e tariffe per i servizi prestati nel settore sementiero da diversi soggetti: tra le attività per le quali è previsto il rimborso compaiono gli adempimenti necessari ai fini della iscrizione delle varietà nei registri di varietà vegetali. Il soggetto beneficiato è in tal caso l'Istituto conservatore dei registri, mentre il compenso deve essere in misura corrispondente al costo del servizio.

Quanto al trasferimento di risorse alle regioni, la norma sottesa è il decreto legislativo n. 143/1997 che, in attuazione della c.d legge Bassanini (l. n. 59/97), ha riordinato le competenze regionali e statali in materia agricola, regolando con l’articolo 4 il trasferimento di risorse alle regioni[223].

Nel ddl di conversione del decreto (A.C. 5312), la relazione illustrativa del Governo, in coerenza peraltro con la relazione tecnica, riferisce relativamente al comma 6 di un “trasferimento di risorse alle regioni”, che, con ogni probabilità, deve intendersi come vincolo a risorse già oggetto di trasferimento. A conferma di ciò, la relazione tecnica afferma che il comma in oggetto darebbe attuazione operativa all’articolo 12 della legge 537/93. Tale norma ha disposto che gli interventi finanziati con gli stanziamenti dei capitoli del bilancio dello Stato di cui agli allegati elenchi nn. 5 e 6 si intendono di competenza regionale, e sono fatti confluire in appositi fondi. Nell’elenco n. 5 figura il cap. 1531 del dicastero agricolo, intitolato agli interventi obbligatori in materia fitosanitaria, confluito nel fondo di cui all’art. 8 della legge n. 281/1970, il cui ammontare è commisurato al gettito annuale di taluni tributi erariali.

 


 

Articolo 59, comma 7
(
Produzione di energia elettrica)

 

7. Al commissario ad acta di cui all'articolo 19, comma 5, del decreto-legge 8 febbraio 1995, n. 32, convertito dalla legge 7 aprile 1995, n. 104 e successive modificazioni, sono attribuite le competenze per il finanziamento, ai soggetti pubblici attuatori delle opere irrigue, di interventi finalizzati alla produzione di energia da fonti rinnovabili riguardanti impianti idroelettrici connessi alle opere irrigue, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

Il comma 7 estende la competenza del commissario ad acta per le opere irrigue,di cui all’art. 19, co. 5 del D.L. 32/95, alle opere per la produzione di energia idroelettrica. A tale commissario, incaricato della gestione delle opere ex Agensud poi trasferite al dicastero agricolo, che segue pertanto gli impianti irrigui che insistono sugli schemi idrici delle regioni meridionali, viene consentito di finanziare le opere destinate alla produzione di energia, a condizione che gli impianti siano connessi con le opere irrigue, e che non derivino nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

L'art. 19 comma 5, del decreto-legge n. 32/1995[224] ha introdotto la figura del Commissario ad acta per la gestione di tutte le attività attribuite al Ministero, già di competenza dell’ex Agensud, rientranti nella materia delle opere irrigue e degli invasi strettamente finalizzati all'agricoltura e assegnati al dicastero agricolo dall’art. 10, co. 6 del D.lgs. n. 96/1993[225]. Tale Commissario, che esercita i poteri e osserva le procedure di cui all'articolo 9 del D.lgs. n. 96/1993[226] e che deve riferire trimestralmente al CIPE sul suo operato, ha in particolare la gestione delle opere della “gestione separata”, intendendosi per tali le attività a suo tempo previste dal D.L. n. 581/84 (per la prosecuzione dell’intervento straordinario nel mezzogiorno), che l’Agensud aveva ereditato dalla Cassa per il mezzogiorno e che ha dovuto gestire separatamente sia sotto il profilo organizzativo che contabile sulla base dell’art. 5, co. 1 della legge n. 64/1986 di “Disciplina organica dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno”, nonché dei progetti trasferiti dal Commissario liquidatore di Agensud ai sensi dell'art. 19 del D.lgs. n. 96/1993, sull’assegnazione alle amministrazioni competenti delle attività, funzioni e beni strumentali dell’Agenzia per il Mezzogiorno (comma 3).

Va rammentato che l’articolo 16-bis del D.L. n. 78/2009 ha autorizzato il Commissario ad acta ad utilizzare le economie, realizzate sui fondi assegnati fino alla data del 31 dicembre 2008, per fare fronte agli “oneri accessori” per la prosecuzione delle proprie attività, incluso il completamento dei programmi infrastrutturali irrigui approvati dal CIPE.

Il comma in commento consente l’utilizzo di tali economie anche per finanziare la realizzazione di impianti per la produzione di energia idroelettrica, che i consorzi di bonifica (gestori della rete irrigua nazionale) intendano realizzare, utilizzando l’energia potenzialmente prodotta dai “salti d’acqua” presenti nella rete. Il finanziamento potrà avvenire utilizzando l’articolo 26 del D.lgs. n. 28/2011, di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, che consente ai consorzi di cumulare le tariffe agevolate incentivanti con altri incentivi pubblici, ovvero con il finanziamento disposto dal commissario, purché contenuto nei seguenti limiti:

§       non eccedente il 40% del costo dell'investimento, nel caso di impianti di potenza elettrica fino a 200 kW;

§       non eccedente il 30%, nel caso di impianti di potenza elettrica fino a 1 MW;

§       e non eccedente il 20%, nel caso di impianti di potenza fino a 10 MW.

La restante parte del costo dell’opera dovrà essere coperta facendo ricorso al mercato: con l’accensione di prestiti bancari o della Cassa depositi, o ricorrendo ad una impesa partner.


 

Articolo 59, commi 8-10
(
Relazione su biomasse ad uso agroenergetico)

 


[8. A decorrere dal 2013 le Regioni e Provincie autonome inviano annualmente, entro il 31 gennaio, al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una relazione sul rapporto tra biomasse ad uso agro energetico e agricoltura nelle singole Regioni. In particolare, tale relazione dovrà consentire di evidenziare:

a) fabbisogno di biomasse di origine agricola legate ad impianti in esercizio;

b) fabbisogno potenziale di biomasse di origine agricola derivante da impianti che potranno entrare in esercizio nel corso dell'anno seguente;

c) disponibilità di biomasse di origine agricola nel bacino regionale;

d) valutazione dell'equilibrio di approvvigionamento e possibili effetti economici e fondiari indotti.]

[9. Con successivo provvedimento del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente delle regioni e delle province autonome, sono definiti i criteri omogenei e le modalità per la redazione della relazione di cui al comma precedente.]

[10. Le informazioni ottenute in attuazione del comma 8 sono utilizzate dalle amministrazioni competenti al fine di valutare le necessarie autorizzazioni per l'autorizzazione all'entrata in esercizio degli impianti.]


 

 

Con un emendamento soppressivo approvato in sede di conversione del decreto legge, sono stati espunti dall'articolo in commento i commi 8, 9 e 10.

 

Le disposizioni soppresse, per consentire una migliore pianificazione nazionale, impegnavano le regioni, a decorrere dal 2013, ad inviare annualmente al dicastero agricolo una relazione sul rapporto esistente nel proprio territorio tra biomasse ad uso agro energetico e agricoltura. La relazione, redatta secondo i criteri omogenei da individuare con un decreto del ministero dell’agricoltura (d’intesa con la conferenza Stato-regioni), avrebbe dovuto indicare fabbisogno e disponibilità di biomasse nel bacino regionale, ed avrebbe consentito alle amministrazioni competenti di valutare in merito al rilascio delle autorizzazioni necessarie all’entrata in esercizio degli impianti.

 


 

Articolo 59, commi 11 e 12
(
Impianti di acquacoltura marina)

 


11. L'autorizzazione all'esercizio di nuovi impianti di acquacoltura in mare, posti ad una distanza superiore ad un km dalla costa, è rilasciata dal Mipaaf sulla scorta delle disposizioni adottate con regolamento del medesimo Ministero, entro 90 giorni dall'entrata in vigore del presente Decreto Legge, ferme restando comunque le funzioni di controllo in corso di attività di competenza delle autorità sanitarie. Le medesime disposizioni si applicano al rinnovo delle autorizzazioni per gli impianti già in esercizio.

12. Le disposizioni di cui al comma 11 si applicano fino alla data di entrata in vigore della normativa adottata da ciascuna regione e provincia autonoma nel rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e di quanto prescritto dall'articolo 29 della legge 7 agosto 1990, n. 241.


 

 

Il comma 11 accentra le competenze autorizzatorie del settore dell’acquacoltura marina, limitatamente agli impianti situati ad una distanza superiore ad un chilometro dalla costa, attribuendole al MIPAAF, che dovrà esercitarle sulla base dei criteri contenuti in un regolamento ministeriale da emanarsi entro 90 giorni.

Con un emendamento approvato in sede di conversione del decreto legge, la disciplina inizialmente prevista per i nuovi impianti è stata estesa al rinnovo delle autorizzazioni per gli impianti già in esercizio.

Rientrando tuttavia la materia pesca nella potestà legislativa delle regioni, in quanto non espressamente riservata dall’art. 117 Cost. alla legislazione dello Stato, il comma 12 reca una clausola di cedevolezza che dispone l’applicazione transitoria in ogni singola regione delle norme di cui al comma 11 in commento, fino a quando ciascuna regione non abbia adottato una propria normativa. Alle norme regionali tuttavia si applica un doppio vincolo costituito: in primo luogo, dalle disposizioni comunitarie in materia; quindi dall’articolo 29 della legge n. 241/90, che impone il rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa.

 

In effetti, “con la legge costituzionale n. 3 del 2001, la pesca non è stata inserita nell’elenco di materie rimesse alla potestà legislativa dello Stato dall’art. 117, secondo comma, Cost., né è stata ascritta alla competenza concorrente di cui al terzo comma del suddetto articolo. Ciò ha portato a ritenere che la mancata espressa attribuzione della pesca alla competenza legislativa esclusiva statale o concorrente dello Stato e delle Regioni, comporti la riferibilità della stessa, nella sua globalità, alla potestà legislativa regionale “residuale”, e dunque piena. (…) La Corte [costituzionale] deduce che la mancanza nell’attuale art. 117 Cost. di una espressa attribuzione di potestà legislativa in materia di “pesca nelle acque interne”, da un lato, non consente, per le specificità del settore pesca, di ritenere la stessa riconducibile o assorbita da uno o più ambiti chiaramente rimessi alla competenza legislativa esclusiva o concorrente (art. 117, secondo e terzo comma, Cost.); dall’altro, conferma la progressiva generale attribuzione della “pesca” alle Regioni ordinarie, senza alcuna distinzione basata sulla natura delle acque. Ne deriva che “la pesca, pertanto, costituisce materia oggetto della potestà legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost., sulla quale, tuttavia, per la complessità e la polivalenza delle attività in cui si estrinseca, possono interferire più interessi eterogenei, taluni statali, altri regionali, con indiscutibili riflessi sulla ripartizione delle competenze legislativa ed amministrativa. Per loro stessa natura, talune attività e taluni aspetti riconducibili all’attività di pesca non possono, infatti, che essere disciplinati dallo Stato, atteso il carattere unitario con cui si presentano e la conseguente esigenza di una loro regolamentazione uniforme”. Inoltre, per quegli aspetti, pur riconducibili in qualche modo all’attività di pesca, che sono connessi a materia di competenza ripartita tra Stato e Regioni (tutela della salute, alimentazione, tutela e sicurezza del lavoro, commercio con l’estero, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione delle imprese per il settore produttivo della pesca, porti, previdenza complementare e integrativa, governo del territorio) sussiste la potestà legislativa statale nella determinazione dei principi fondamentali, ai quali il legislatore regionale, nel dettare la disciplina di dettaglio, deve attenersi”.

 


 

Articolo 59, comma 13
(
Credito peschereccio)

 

13. All'articolo 17, comma 1, della legge 28 agosto 1989, n. 302, dopo le parole «e delle imprese di pesca socie» sono aggiunte le seguenti parole «nonché delle Associazioni nazionali di rappresentanza del settore della pesca per le loro finalità istituzionali».

 

 

Il comma 13 novella l’articolo 17 della legge n. 302/89, sul credito peschereccio d’esercizio, estendendo l’operatività dei consorzi di garanzia collettiva fidi, il cui campo d’azione è quello di attenuare i rischi derivanti dall'attività di impresa delle cooperative di pescatori e delle imprese di pesca socie, anche alle Associazioni nazionali di rappresentanza del settore.

Estendendo l’applicazione degli strumenti di garanzia, la norma è diretta ad agevolare l’accesso al credito da parte delle associazioni del comparto, che il legislatore ha inteso promuovere già con l’art. 17 del D.lgs. n. 154/04 (di modernizzazione del comparto): nel Programma nazionale della pesca e dell’acquacoltura, le cui risorse si sono costantemente ridotte, è previsto il finanziamento delle iniziative programmate dalle associazioni nazionali riconosciute delle imprese di pesca e delle imprese di acquacoltura.

 

I consorzi nascono dalla necessità di agevolare l’accesso al credito da parte delle micro, piccole e medie imprese, per le quali risulta difficile - quando non impossibile - offrire idonee garanzie, incorrendo nel conseguente rifiuto del finanziamento richiesto. Tali associazioni si propongono di favorire le operazioni di credito, offrendo agli associati garanzie dirette, fideiussioni e avalli, che consentano anche condizioni creditizie più vantaggiose ed a tassi più contenuti.

In merito ai consorzi (e cooperative) di garanzia collettiva (Confidi), va detto che secondo il dettato dell'articolo 29 della legge n. 317/91 (per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), si considerano tali i consorzi, le società consortili e le cooperative che abbiano come scopi sociali:

§       attività di prestazione di garanzie collettive al fine di favorire la concessione di finanziamenti da parte di banche, di società di leasing, di società di cessione di crediti di imprese e di enti parabancari alle piccole imprese associate;

§       attività di informazione, consulenza, assistenza alle imprese consorziate per il reperimento e il migliore utilizzo delle fonti finanziarie, nonché le prestazioni dei servizi per migliorare la gestione finanziaria delle stesse imprese.

I Confidi, quindi, si configurano come organismi finalizzati ad agevolare l'accesso al credito alle piccole e medie imprese, offrendo alle banche delle garanzie che in genere coprono il 50% dell'entità del prestito erogato.

 


 

Articolo 59, commi 14-19
(
Etichettatura dei prodotti della pesca)

 


14. Al fine di fornire una più dettagliata informazione al consumatore ed incrementare lo sviluppo concorrenziale del mercato ittico, i soggetti che effettuano la vendita al dettaglio e la somministrazione dei prodotti della pesca possono utilizzare nelle etichette e in qualsiasi altra informazione fornita per iscritto al consumatore, la dicitura «prodotto italiano» o altra indicazione relativa all'origine italiana o alla zona di cattura più precisa di quella obbligatoriamente prevista dalle disposizioni vigenti in materia. Allo scopo di assicurare la piena osservanza delle disposizioni di cui al presente comma, anche ai fini di cui ai commi 18 e 19, si procede ai sensi dell'articolo 18, comma 15, della legge 23 luglio 2009, n. 99. A tal fine, la disposizione di cui all'articolo 4, comma 31-bis, ultimo periodo, del decreto-legge 12 luglio 2011, n. 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, n. 130, si interpreta nel senso che le maggiori entrate ivi richiamate e destinate alla finalità ivi indicata sono determinate dalla differenza tra gli importi delle tariffe indicati nella tabella D allegata al decreto-legge 31 luglio 1954, n. 533, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1954, n. 869, e gli importi indicati nella tabella D come sostituita dal citato articolo 4, comma 31-bis, del decreto-legge n. 107 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 130 del 2011.

15. La facoltà di cui al precedente comma 14 può essere esercitata esclusivamente per i prodotti acquistati direttamente da imprese di pesca, anche cooperative, organizzazioni dei produttori o imprese di acquacoltura che siano in grado di dimostrare l'esattezza delle informazioni relative all'origine del prodotto con gli strumenti previsti dal Regolamento 1224/09/CE e relativo Regolamento di attuazione e con una specifica attestazione di accompagnamento.

16. Con successivo decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali vengono definiti i dettagli applicativi delle disposizioni di cui ai commi 14 e 15 ai fini della definizione dell'attestazione di origine, anche in relazione alla identificazione delle zone di cattura e/o di allevamento, nonché alla conformità alle disposizioni del Regolamento 2065/01/CE.

17. Gli operatori economici di cui al comma 14 sono tenuti a conservare la documentazione relativa all'acquisto del prodotto, comprensiva dell'attestazione di origine, per almeno un anno.

18. Ai soggetti di cui al comma 14 che, avvalendosi anche alternativamente, delle facoltà di cui al medesimo comma, forniscano ai consumatori un'informazione non corretta si applicano le sanzioni previste dall'articolo 18, comma 1, decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109.

19. Ai soggetti di cui al comma 15 che forniscano informazioni non corrette si applicano le sanzioni previste dall'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4.


 

 

I commi 14-19 introducono un regime facoltativo di etichettatura dei prodotti della pesca che indichi la provenienza del prodotto nella fase di vendita al dettaglio e somministrazione: la dicitura può essere “prodotto italiano”, o altra che indichi con precisione la zona di cattura.

 

Nel corso dell’esame parlamentare, all’originario primo periodo del comma 14, sono state aggiunte disposizioni che sembrerebbero dirette ad assicurare la realizzazione dei controlli, e l’applicazione delle correlate sanzioni di cui ai successivi commi 18 e 19, sul nuovo sistema di etichettatura:

-    rimandando alle norme che (per gli anni 2010 e 2012) hanno recato un’autorizzazione di spesa, per l’attività di controllo della pesca posta a carico del Corpo delle capitanerie di porto (art. 18, co. 15 della L. 99/09);

-    consentendo l’utilizzo per tale finalità anche delle maggiori risorse attribuite al Corpo per il suo funzionamento con il co. 31-bis dell’art. 4 del D.L. 107//11;

-    precisando che le menzionate maggiori entrate derivano dalla differenza tra le nuove tariffe approvate in sostituzione delle precedenti, tariffe dovute per i servizi resi dalle stesse Capitanerie di porto.

 

Le norme dispongono inoltre che:

§      l’indicazione facoltativa dell’origine può essere applicata esclusivamente ai prodotti acquistati direttamente da imprese di pesca - anche cooperative, organizzazioni dei produttori o imprese di acquacoltura (comma 15);

§      le imprese di pesca - anche cooperative, organizzazioni dei produttori o imprese di acquacoltura - devono essere in grado di dimostrare l'esattezza delle informazioni sull’origine del prodotto, alla luce del regolamento comunitario n. 1224/09/CE che regola controlli ed ispezioni necessari a garantire il rispetto della PCP (comma 15);

§      i soggetti che effettuano la vendita al dettaglio e somministrazione (che hanno acquistato il prodotto dalle imprese di pesca) sono tenuti a conservare la documentazione relativa all'acquisto del prodotto, comprensiva dell'attestazione di origine, per almeno un anno (comma 17);

§      ai medesimo soggetti, che forniscano ai consumatori un'informazione non corretta, si applica un’ammenda compresa tra tremilacinquecento e diciottomila euro (articolo 18, co.1, D.lgs. n. 109/92) (comma 18);

§      alle imprese di pesca - anche cooperative, organizzazioni dei produttori o imprese di acquacoltura, menzionate al comma 16 - che forniscano informazioni non corrette si applica un’ammenda compresa tra 1.000 euro e 6.000 euro (articolo 11, co.2, del D.lgs. n. n. 4/12) (comma 19).

§      i dettagli applicativi saranno definiti con un decreto del dicastero agricolo che terrà conto del regolamento comunitario in materia, reg. n. 2065/01/CE (comma 16).

 

In merito all’indicazione della provenienza del pescato, va rammentato che l’etichettatura dei prodotti della pesca è disciplinata dal reg. (CE) n. 104/2000 (che regola la OCM pesca), che con l’articolo 4 stabilisce che nella vendita al dettaglio al consumatore finale i prodotti debbano indicare in etichetta anche la “zona di cattura”, con la sola esclusione dei piccoli quantitativi di prodotti venduti direttamente dai pescatori ai consumatori. Il reg. (CE) n. 2065/2001, con il quale sono state definite le modalità d’applicazione, ha delimitato le zone di cattura che vengono ora individuate con un codice FAO - il pescato nazionale rientra nella cosiddette “zona FAO 37”, che comprende l’intero Mediterraneo -, ed ha altresì aggiunto (articolo 5) che gli operatori “possono menzionare una zona di cattura più precisa”.

Tale impianto non poteva che essere confermato dalla disposizioni nazionali di attuazione (D.M. 27/3/02, sull’etichettatura dei prodotti ittici e sul sistema di controllo, e circolare esplicativa del 27/5/02, n.1329), mentre l’articolo 4 della legge 3 febbraio 2011, n. 4, che ha stabilito l'obbligatorietà della indicazione del luogo di origine o di provenienza dei prodotti alimentari commercializzati (siano essi trasformati, parzialmente trasformati o non trasformati), è in attesa dei provvedimenti attuativi ed è di difficile applicazione proprio in ragione della asserita “obbligatorietà” della indicazione di provenienza, laddove le norme comunitarie prevedono solo regimi “facoltativi”.

 


 

Articolo 59-bis
(
Sistemi di sicurezza contro le contraffazioni dei prodotti agricoli e alimentari)

 


1. Al fine di contrastare le pratiche ingannevoli nel commercio dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP), di specialità tradizionale garantita (STG) o certificati come biologici ovvero che devono soddisfare determinati requisiti merceologici o specifiche qualitative richiesti da norme relative a organizzazioni comuni di mercato (OCM), consistenti, tra l'altro, in contraffazioni, falsificazioni, imitazioni e altre operazioni non veritiere apportate sulle menzioni, sulle indicazioni, sui marchi di fabbrica o di commercio, sulle immagini o sui simboli che si riferiscono al prodotto agricolo o alimentare e che figurano direttamente sull'imballaggio o sull'etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o, in mancanza, sui documenti di accompagnamento del prodotto agricolo o alimentare, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze, con regolamento da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, definisce le modalità per l'integrazione dell'etichettatura dei prodotti agricoli e alimentari con sistemi di sicurezza realizzati dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, basati prioritariamente su elementi elettronici o telematici, anche in collegamento con banche dati, e prevedendo, ove possibile, l'utilizzo, ai fini dei relativi controlli, di dispositivi o mezzi tecnici di controllo e di rilevamento a distanza. Il regolamento definisce altresì le caratteristiche e i requisiti di tali sistemi e fissa il termine, non superiore ad un anno dalla data della sua entrata in vigore, per l'applicazione del relativo processo di garanzia della sicurezza.

2. I costi di realizzazione e di gestione del sistema di sicurezza di cui al comma 1 sono a carico dei soggetti che si avvalgono dell'etichettatura di cui al presente articolo.


 

 

L'articoloin commento è stato introdotto nel corso dell’esame parlamentare, allo scopo di pervenire ad un sistema di etichettatura che consenta di contrastare tutte le pratiche ingannevoli nella commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari di qualità (Dop, Igp, Stg, biologici o anche solo vincolati alle norme qualitative delle singole OCM). Lo strumento viene individuato nella integrazione dell’etichettatura con sistemi di sicurezza basati prioritariamente su elementi elettronici o telematici.

Il comma 1 indirizza l'azione di contrasto verso le pratiche consistenti, tra l'altro, in contraffazioni, falsificazioni, imitazioni e altre operazioni non veritiere apportate sulle menzioni, sulle indicazioni, sui marchi di fabbrica o di commercio, sulle immagini o sui simboli che si riferiscono al prodotto agricolo o alimentare e che figurano direttamente sull'imballaggio o sull'etichetta appostavi o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli o fascette legati al prodotto medesimo o, in mancanza, sui documenti di accompagnamento del prodotto agricolo o alimentare.

Il MIPAAF avrà sei mesi per emanare un regolamento che definisca le caratteristiche e i requisiti dei sistemi di sicurezza, la cui realizzazione è attribuita all’Istituto poligrafico statale, e che fissi il termine, non superiore ad un anno dalla data della sua entrata in vigore, per l'applicazione del processo di garanzia della sicurezza.

Oltre ad incidere sull'ambito di operatività dell'articolo 517 del codice penale (sulla vendita di prodotti industriali con segni idonei a trarre in inganno il compratore), la norma intende assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, in conformità con il disposto dell'articolo 153 del Trattato che istituisce la Comunità economica europea; a tutelare i consumatori dalle false o fallaci indicazioni, incluso l'uso fallace e fuorviante dei marchi aziendali è volta anche la disciplina concernente le pratiche commerciali ingannevoli (articolo 4, comma 49, della legge n. 350 del 2003); per destinare al consumatore l'informazione sulla sicurezza e sulla qualità dei prodotti, si spende anche il codice del consumo (articolo 6 del decreto legislativo n. 206 del 2005).

Si rammenta che, in sede di relazione alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita (COM (2011) 635 def., dell’11 ottobre 2011), la Commissione europea ha dichiarato che "continuerà anche ad esaminare aspetti più vasti del diritto del consumo, quali la necessità di aggiornare o estenderne le norme, ad esempio nel rivedere la direttiva sulle pratiche commerciali sleali e la direttiva sulla pubblicità ingannevole, e continuerà a riflettere sulle pratiche commerciali tra imprese, anche nella loro dimensione contrattuale".

 

A seguito del parere condizionato espresso dalla Commissione bilancio della Camera, la norma del comma 2 ha previsto che i costi di realizzazione e di gestione del sistema di sicurezza di cui al comma 1 siano a carico dei soggetti che si avvalgano dell’etichettatura in questione.

 


 

Articolo 59-ter
(
Informatizzazione del registro dei pescatori marittimi)

 


1. Presso ogni capitaneria di porto è istituito il registro elettronico dei pescatori marittimi (REPM), contenente le informazioni previste dagli articoli 32 e seguenti del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 ottobre 1968, n. 1639, e successive modificazioni.

2. Coloro che intendono esercitare la pesca marittima professionale devono conseguire l'iscrizione al registro di cui al comma 1.

3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono definite le modalità operative per il passaggio dal registro in forma cartacea a quello in forma elettronica.


 

 

L’articolo in commento, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, stabilisce che il registro dei pescatori, nel quale sono tenuti ad esser iscritti coloro che esercitano la pesca professionale e che è attualmente in formato cartaceo, dovrà essere sostituito da un “registro elettronico dei pescatori marittimi” anch’esso tenuto dalle Capitanerie di porto.

L’attuale versione cartacea (secondo il modello allegato al DPR n. 1639/68) è suddivisa in due parti: nella prima sono iscritti coloro che esercitano la pesca a bordo di navi, e nella seconda coloro che esercitano tale attività senza imbarco o negli impianti di pesca; sono iscritti nella prima parte del registro anche i soggetti che esercitino promiscuamente le due forme di attività.

 

Nel registro elettronico, ai sensi del comma 2, continuano ad essere tenuti ad essere iscritti coloro che esercitano la pesca professionale, che – sulla base delle categorie di nave indicate nel citato decreto 1639 e delle categorie di pesca previste dal codice della navigazione e dal regolamento per la navigazione marittima – si svolge nelle seguenti modalità: pesca costiera, pesca mediterranea o d'altura[227], pesca oltre gli Stretti od oceanica[228]; la pesca costiera, a sua volta, può configurarsi come pesca locale[229] o pesca ravvicinata[230].

 

Per il comma 3 il nuovo “registro elettronico dei pescatori marittimi” si pone in rapporto di successione col vecchio registro, previsto dagli articoli 32 e seguenti del regolamento n. 1639/68: ad un decreto del MiPAAF è infatti attribuita la sola definizione delle modalità del passaggio dalla forma cartacea a quella elettronica, senza che possano pertanto essere introdotti ulteriori vincoli.

 

Il menzionato decreto presidenziale n. 1639, che recava il regolamento per l'esecuzione della legge n. 963/1963 di disciplina della pesca marittima (recentemente abrogata dal D.lgs. n. 4/2012, di riassetto della normativa sulla pesca), con l'articolo 42 prevedeva che l'iscrizione nel registro non fosse richiesta agli stranieri imbarcati su navi da pesca nei casi previsti dagli articoli 318, secondo comma, e 319 del codice della navigazione. Per tali soggetti era il Ministro, per “particolare necessità di determinati tipi di pesca professionale", a determinare le categorie e le qualifiche dei pescatori stranieri autorizzati all'imbarco.

L'ultimo comma del citato articolo 42 recava poi una clausola di salvaguardia della disciplina europea sulla libera circolazione delle persone "per i cittadini degli Stati membri della Comunità economica europea".

 


 

Articolo 59-quater
(
Modifiche al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, in materia di pesca e acquacoltura)

 


1. Il comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, è sostituito dai seguenti:

«2. Rientrano nelle attività di pesca professionale, se effettuate dall'imprenditore ittico di cui all'articolo 4, le seguenti attività:

a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turistico-ricreativo, denominata “pesca-turismo”;

b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche, esercitate da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso, denominate “ittiturismo”.

2-bis. Sono connesse all'attività di pesca professionale, purché non prevalenti rispetto a questa ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca ovvero di attrezzature o di risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività:

a) la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione dei prodotti della pesca, nonché le azioni di promozione e valorizzazione;

b) l'attuazione di interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva, all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici e alla tutela dell'ambiente costiero».


 

 

L’articolo in commento, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, novella l’articolo 2 del decreto legislativo n. 4/2012 di riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura.

L’articolo novellato definisce le attività rientranti nella pesca esercitata professionalmente dall’imprenditore ittico, e quelle che possono essere considerate connesse alle prime: a seguito della sostituzione del comma 2, le attività precedentemente qualificate connesse – di imbarco per la “pesca turismo”, e di ospitalità di tipo alberghiero per l’esercizio dell’ittiturismo – vanno ora considerate attività rientranti interamente nella pesca professionale. Conseguentemente, a dette attività non andranno più applicate le seguenti condizioni, richieste dal legislatore per il riconoscimento della connessione: non essere prevalenti (in termini di ore dedicate e reddito ricavato) rispetto alle attività principali, utilizzare prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica.

Rimane invece confermato che sono attività connesse: la trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti della pesca e le azioni di promozione e valorizzazione degli stessi, e i cosiddetti interventi di gestione attiva (ovvero finalizzati alla valorizzazione produttiva, all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici e alla tutela dell'ambiente costiero), presenti nel D.lgs. n. 226/01.

 

Si rammenta che l’articolo 3 del decreto legislativo n 226 del 2001 legge di orientamento per la pesca - cui si è sostituito l’articolo 2 del decreto legislativo n. 4/2012 ora novellato - faceva già rientrare tra le attività connesse non solo le attività di imbarco e ospitalità, ma anche quelle di trasformazione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti (lett. c)), nonché l'attuazione di interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva ed all'uso sostenibile degli ecosistemi acquatici (art. 2, primo comma). Una parziale restrizione alla individuazione delle attività connesse è stata apportata dal D.lgs. n. 154/04 che modificando il menzionato decreto 226 non ha più previsto gli interventi di “gestione attiva”, diretti alla conservazione dell’ambiente ed alla preservazione dell’ecosistema[231].

Verso il testo della legge di orientamento si è fondamentalmente indirizzato il legislatore nella redazione del successivo D.lgs. n. 4/12, di riassetto della normativa sulla pesca, che ha riconosciuto la connessione per le medesime attività enunciate originariamente nel decreto n. 226.

In dottrina[232], fin dall’inizio l’ampliamento delle attività connesse ha prodotto giudizi contrastanti, perché se la sua estensione mostrava il favore del legislatore verso uno sviluppo della multifunzionalità dell’impresa ispirato dalla necessità di garantire integrazioni al reddito, il rischio di “annacquare” l’agrarietà dell’imprenditore ittico - al quale si applicano le disposizioni previste per l'imprenditore agricolo (art. 4 del D.lgs. n. 4/12) – poteva condurre a correzioni delle esenzioni di cui storicamente tale imprenditore godeva. Per un verso peraltro le correzioni allo statuto civilistico particolare delineato per il comparto primario poteva rispondere all’evoluzione della figura imprenditoriale, maggiormente soggetta al mercato; ma non si poteva escludere che l’allargamento delle attività al di fuori di quelle tradizionali avrebbe indotto il legislatore a rivedere i regimi speciali in merito all’iscrizione nel registro delle imprese, all’assoggettamento alle procedure concorsuali, alla tenuta delle scritture contabili.

 

 


 

Articolo 60
(
Campo di applicazione. Soggetti ammissibili, tipologie e strumenti di intervento)

 


1. Al fine di garantire la competitività della ricerca, per far fronte alle sfide globali della società, il presente capo, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato in favore dei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, definisce gli interventi di competenza del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca diretti al sostegno delle attività di ricerca fondamentale nonché di ricerca industriale, estese a non preponderanti processi di sviluppo sperimentale, e delle connesse attività di formazione per la valorizzazione del capitale umano.

2. Per «ricerca fondamentale», «ricerca industriale» e «sviluppo sperimentale» si intendono le corrispondenti attività definite dalla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione di cui alla comunicazione della Commissione europea del 2006/C 323/01, recante «Disciplina comunitaria in materia di aiuti di stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 30 dicembre 2006, n. C/323.

3. Sono soggetti ammissibili agli interventi di cui al presente capo le imprese, le università, gli enti e gli organismi di ricerca o qualsiasi altro soggetto giuridico in possesso dei requisiti minimi previsti dai bandi, purché residenti ovvero con stabile organizzazione nel territorio nazionale.

4. Sono ammissibili le seguenti tipologie di intervento:

a) interventi di ricerca fondamentale, diretti a sostenere l'avanzamento della conoscenza;

b) interventi di ricerca industriale, estesi a eventuali attività non preponderanti di sviluppo sperimentale, orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale nazionale;

c) appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo sperimentale, anche attraverso interventi cofinanziati con pubbliche amministrazioni, in risposta a esigenze di particolare rilevanza sociale (social big challenges);

d) azioni di innovazione sociale (social innovation);

e) interventi integrati di ricerca e sviluppo sperimentale, infrastrutturazione, formazione di capitale umano di alto livello qualitativo, di trasferimento tecnologico e spin off di nuova imprenditorialità innovativa, finalizzati in particolare allo sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale;

f) interventi nazionali di ricerca fondamentale o di ricerca industriale inseriti in accordi e programmi comunitari e internazionali.

5. Sono strumenti a sostegno degli interventi cui al comma 4:

i contributi a fondo perduto;

il credito agevolato;

il credito di imposta ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106;

la prestazione di garanzie;

le agevolazioni fiscali cui all'articolo 7, commi 1 e 4, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123;

i voucher individuali di innovazione che le imprese possono utilizzare per progetti di innovazione sviluppati in collaborazione con gli organismi di ricerca presenti nel territorio nazionale.


 

 

L’articolo 60 - da leggere nel combinato disposto con gli articoli 61, 62 e 63 - ridefinisce le tipologie, gli strumenti di intervento nonché i soggetti ammessi ai contributi per la ricerca scientifica e tecnologica.

L’obiettivo del complesso delle disposizioni - quale individuato dal comma 1 dell’articolo in esame – è quello di garantire la competitività della ricerca, per fa fronte alle sfide globali della società.

 

La relazione illustrativaal disegno di legge di conversione (A.C. 5312)evidenzia che l’unificazione dei diversi strumenti di ricerca nel FIRSTnon ha dato i risultati sperati[233]: ciò, non soloa causa della progressiva riduzione delle risorse a disposizione, che pure è stata rilevante[234] ma anche per tre ordini di fattori:

§       l’assenza di una visione complessiva strategica capace di mettere in corrispondenza gli indirizzi della ricerca con le azioni di politica economica del Paese;

§       l’utilizzazione di strumenti che riflettono una modalità di fare ricerca, basata su un modello lineare (ricerca di base, seguita dalla ricerca industriale e poi dallo sviluppo verso il mercato) ormai datato;

§       l’esistenza di meccanismi di valutazione, selezione ed erogazione delle risorse eccessivamente lunghi e complessivi per la ricerca industriale.

 

Si è ritenuto, quindi, necessario muoversi su tre livelli paralleli:

§       definire precisi obiettivi da raggiungere collegati funzionalmente alle politiche economiche del Paese, specializzando la ricerca verso particolari ambiti e settori per rendere il sistema più competitivo a livello internazionale;

§       rendere sempre connesse la ricerca di base e quella applicata, congiungendo l’attività di ricerca pubblica con quella più tipicamente industriale,

§       rivedere le procedure di valutazione, semplificandole e accentuando l’importanza delle valutazioni ex post.

 

Il comma 2 rinvia alla comunicazione della Commissione europea 2006/C323/01 in materia di aiuti di Stato legati alla ricerca, la definizione delle attività di “ricerca fondamentale”, “ricerca industriale” e ”sviluppo sperimentale”.

Secondo il documento della Commissione europea si intende per:

§       «ricerca fondamentale»: i lavori sperimentali o teorici svolti soprattutto per acquisire nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette;

§       «ricerca industriale»: ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti. Comprende tale definizione la creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi;

§       «sviluppo sperimentale»: acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale e altro, allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati. Può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi. Tali attività possono comprendere l'elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale.

 

Con riferimento alla ricerca fondamentale, si ricorda anche che l’allegato 4 del Programma nazionale della ricerca 2011-2013[235] - approvato dal CIPE con deliberazione del 23 marzo 2011[236] - richiamando la predetta definizione contenuta nella Comunicazione 2006/C 323/01, aggiunge che la ricerca fondamentale è definita anche ricerca guidata dalla curiosità (curiosity driven o knowledge driven), che necessita di strutture e di accesso a infrastrutture (centri di calcolo, banche dati, archivi, grandi strumenti per l’osservazione e la sperimentazione)[237].

 

 

La legislazione europea sugli aiuti di Stato, con particolare riferimento al settore della ricerca e dello sviluppo

La disciplina dell’Unione europea relativa agli aiuti di Stato trova la sua base fondamentale nel Trattato istitutivo dell'Unione europea, che all'articolo 87 vieta gli aiuti di Stato che falsano o minacciano di falsare la concorrenza sul mercato comune.

Il trattato autorizza tuttavia alcune deroghe qualora gli aiuti presentino effetti positivi per l'Unione europea in generale. Gli aiuti di Stato possono a volte essereeconomico generale, coesione sociale e regionale, occupazione, ricerca e sviluppo, sviluppo sostenibile, promozione della diversità culturale, ecc.) e per correggere taluni "fallimenti del mercato". In tali casi gli Stati membri possono intervenire, concedendo aiuti pubblici e accrescendo l'efficienza del mercato, che a sua volta genera crescita. Nel 2005 la Commissione europea ha presentato un piano di azione nel settore degli aiuti di Stato, con lo scopo di avviare un'esaustiva riforma della politica degli aiuti da realizzare dal 2005 al 2009. L'obiettivo è stato quello di garantire agli Stati membri un quadro chiaro e prevedibile, che consentisse loro di concedere aiuti di Stato volti al conseguimento degli obiettivi della strategia di Lisbona. Tra i settori prioritari evidenziati dal piano sono presenti quelli relativi a:

• l'innovazione e le attività di ricerca e sviluppo (R&S): le norme in materia di aiuti di Stato dovranno incoraggiare le imprese a investire nelle attività di R&S e dovranno tenere conto dell'importanza crescente del partenariato pubblico-privato;

• investimenti nel capitale umano. L'8 maggio 2012, a Bruxelles, la Commissione europea ha comunicato nuovi obiettivi di riforma che, entro la fine del 2013, riguarderanno il settore degli aiuti di Stato100. La riforma verterà su tre fondamentali obiettivi:

§       scoraggiare gli aiuti in quei settori che non apportano valore aggiunto all'economia o che falsano la concorrenza sul mercato;

§       concentrare i controlli relativi agli aiuti di Stato a quei settori che maggiormente incidono sul mercato e a quegli aiuti che hanno importi più elevati;

§       semplificare le procedure in maniera da rendere possibile l'adozione di decisioni in tempi più brevi, che meglio si adattino alle esigenze delle imprese.

Quest'ultima iniziativa della Commissione si inserisce in un contesto volto a stabilire una coordinazione globale delle politiche economiche nazionali in vista di raggiungere l'obiettivo comune di una crescita sostenuta e durevole migliorando, altresì, la qualità delle spese pubbliche.

Si ricorda, inoltre, che l’attuale disciplina europea in materia di aiuti di stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione scadrà nel dicembre 2013 e che la Commissione europea dovrebbe presentare un progetto di nuovi orientamenti in materia di aiuti di stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione nella seconda parte del 2012, sul quale svolgerà una consultazione con le parti interessate.

Aiuti a favore di ricerca, sviluppo e innovazione

La Commissione ha adottato nel 2006 una disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione (RSI) e, nel 2008, il regolamentogenerale di esenzione per categoria103, che comprende anch'esso diverse categorie di RSI. Sia la disciplina che il regolamento generale di esenzione per categoria contengono nuove disposizioni relative all'innovazione che contribuiscono a orientare con maggiore precisione gli aiuti verso la creazione di occupazione e di crescita conformemente alle linee indicate dalla strategia di Lisbona.

Categorie di possibili misure di aiuto a norma della disciplina:

§       aiuti a progetti di ricerca e sviluppo: tale categoria comprende aiuti per: ricerca fondamentale, ricerca industriale, sviluppo sperimentale;

§       aiuti per gli studi di fattibilità tecnica: possono essere concessi aiuti per studi di fattibilità tecnica preliminari ad attività di ricerca industriale o di sviluppo sperimentale;

§       aiuti per le spese connesse ai diritti di proprietà industriale: tali aiuti possono coprire i costi relativi alla concessione e al riconoscimento di brevetti e di altri diritti di proprietà industriale;

§       aiuti per la messa a disposizione di personale altamente qualificato: il personale deve essere assegnato a funzione nuova creata nell'ambito dell'impresa beneficiaria e aver lavorato per almeno due anni presso l'organismo di ricerca o la grande impresa che lo mette a disposizione. L'intensità di aiuto non supera il 50 % dei costi ammissibili, per un periodo massimo di tre anni per impresa e per persona;

§       aiuti alla ricerca e sviluppo nei settori dell'agricoltura e della pesca;

§       aiuti a nuove imprese innovative: il beneficiario è una piccola impresa esistente da meno di sei anni al momento della concessione dell'aiuto;

§       aiuti per servizi di consulenza in materia di innovazione e per servizi di supporto all'innovazione: l'aiuto non supera l'importo massimo di 200.000 euro per beneficiario su un periodo di tre anni. Se il prestatore dei servizi possiede una certificazione nazionale o europea, l'aiuto può coprire il 100% dei costi ammissibili; in caso contrario l'aiuto può corrispondere al massimo al 75 % dei costi ammissibili;

§       aiuti per l'innovazione dei processi e dell'organizzazione nei servizi: l'innovazione dei processi o dell'organizzazione deve rappresentare una novità o un sensibile miglioramento rispetto allo stato dell'arte del settore interessato nella Comunità e deve comportare un grado di rischio evidente. L'innovazione dell'organizzazione deve sempre essere legata all'uso e allo sfruttamento delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'ottica di modificare l'organizzazione;

§       aiuti ai poli di innovazione: possono essere concessi aiuti all'investimento per la creazione, l'ampliamento e l'animazione di poli di innovazione esclusivamente alla persona giuridica che ne assume la gestione; aiuti al funzionamento per l'animazione dei poli possono essere concessi in via temporanea alla persona giuridica che gestisce il polo di innovazione.Categorie di possibili misure di aiuto a norma del regolamento generale di esenzione per categoria: Tutte le categorie di aiuto alla RSI a norma della disciplina rientrano nel campo di applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria e sono di conseguenza esentate dall'obbligo di notifica, salvo le seguenti eccezioni:

1. aiuti per l'innovazione dei processi e dell'organizzazione nei servizi;

2. aiuti ai poli di innovazione;

3. importi elevati di aiuti individuali: le categorie di aiuto alla RSI rientrano nel campo di applicazione del regolamento generale di esenzione per categoria nella misura in cui non vengono superate le seguenti soglie di notifica (per impresa, per progetto/studio):

§        se il progetto concerne prevalentemente la ricerca fondamentale: 20 milioni di euro104;

§        se il progetto concerne prevalentemente la ricerca industriale: 10 milioni di euro105;

§        tutti gli altri progetti: 7,5 milioni di euro 106;

§       aiuti per le spese connesse ai diritti di proprietà industriale: 5 milioni di euro.

 

Il comma 3 specifica che possono accedere agli interventi:

§       le imprese

§       le università;

§       gli enti e gli organismi di ricerca;

§       qualsiasi altro organismo giuridico avente i requisiti previsti dai bandi, purché residenti o con stabile organizzazione nel territorio nazionale.

 

Il comma 4 specifica le tipologie di intervento:

§       interventi di ricerca fondamentale per lo sviluppo della conoscenza;

§       interventi di ricerca industriale, orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale nazionale;

§       appalti pre-commerciali di ricerca e sviluppo sperimentale, in risposta ad esigenze di particolare rilevanza sociale;

§       azioni di innovazione sociale[238];

§       sviluppo di grandi aggregazioni (cluster) tecnologiche pubblico-private di scala nazionale;

§       interventi nazionali di ricerca fondamentale o di ricerca industriale inseriti in   accordi e programmi comunitari ed internazionali.

Si ricorda che con decreto direttoriale 30 maggio 2012, n. 257[239], è stato emanato un avviso da parte della Direzione generale per il coordinamento e lo sviluppo della ricerca per lo sviluppo e il potenziamento di cluster tecnologici nazionali. Sono definite tali le aggregazioni organizzate di imprese, università, altre istituzioni pubbliche o private di ricerca, compresi i distretti tecnologici, focalizzate su uno specifico ambito tecnologico ed applicativo. Il decreto individua le aree nelle quali il MIUR intende favorire la nascita di cluster tecnologici nazionali: chimica verde (sviluppo di tecnologie di trasformazione di biomasse di seconda e terza generazione in energia e chimica verde); agrifood (produzione di cibi, anche di origine marina, più sicuri e con minor impatto ambientale); tecnologie per gli ambienti di vita (finalizzate allo sviluppo di soluzioni tecnologicamente innovative che permettano di ridisegnare l’ambiente di vita domestico); scienza della vita (produzioni di nuovi farmaci e realizzazione di approcci diagnostici innovativi per malattie particolarmente critiche); tecnologie per le smart communities (realizzazione di soluzioni tecnologiche applicative per consentire la risoluzione di problemi sociali di scala urbana e metropolitana (mobilità, sicurezza e monitoraggio del territorio, education, health, beni culturali e turismo, green cloud computing, energie rinnovabili ed efficienza energetica, giustizia); mezzi e sistemi per la mobilità di superficie terrestre e marina; aerospazio (uso duale delle tecnologie per il settore aeronautico e spaziale per l’applicazione in campo civile); energia (sviluppo di sistemi innovativi relative alla produzione di energia, anche marine, sostenibili e a basso contenuto di CO2); fabbrica intelligente (attraversolo sviluppo della robotica,di nuovi dispositivi avanzati, di virtual prototyping ed in generale l’applicazione delle tecnologie digitali al manufacturing).

 

Il comma 5, modificato nel corso dell’esame parlamentare,definisce gli strumenti a sostegno degli interventi, individuati nei:

§       contributi a fondo perduto;

§       credito agevolato;

§       credito di imposta ai sensi dell’art. 1 del D.L. 70/2011 (L. 106/2011);

§       prestazione di garanzie;

§       agevolazioni fiscali di cui all’art. 7, commi 1 e 4, del D.lgs. 123/1998;

§       voucher individuali di innovazione (inserito durante l'esame parlamentare).

 

Il richiamato articolo 1 del D.L. 70 del 2011 ha istituito un credito d’imposta, per gli anni 2011 e 2012, in favore delle imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca. Esso compete in tre quote annuali a decorrere da ciascuno degli anni 2011 e 2012, per l’importo percentuale che eccede la media degli investimenti in ricerca effettuati nel triennio 2008-2010, nella misura del 90 per cento della spesa incrementale di investimento.

Gli enti coinvolti possono sviluppare i progetti così finanziati anche in associazione, in consorzio, in joint venture ed altre forme di collaborazione; è demandato alla norma secondaria il compito di individuare altre strutture finanziabili oltre alle Università e agli enti di ricerca.

Con il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 9 settembre 2011 sono state introdotte le disposizioni applicative del predetto credito d’imposta, specificando – accanto a modalità e termini di fruizione – anche la disciplina relativa al monitoraggio sulla fruizione del credito d’imposta.

Si ricorda che l’articolo 24 del provvedimento in esame istituisce un contributo in forma di credito di imposta a favore di tutte le imprese che effettuano nuove assunzioni a tempo indeterminato di profili altamente qualificati. La misura, che decorre dal 26 giugno 2012 e non ha un limite temporale di applicazione, prevede un contributo del 35% sulle spese effettuate per le nuove assunzioni di personale, con un tetto massimo di 200 mila euro per impresa. Il nuovo personale deve essere aggiuntivo rispetto al numero complessivo dei dipendenti nel periodo di imposta precedente. Per non decadere dal contributo, inoltre, i nuovi posti di lavoro devono essere conservati per almeno tre anni (due anni nel caso di PMI). Sono stabilmente destinati alla misura 50 milioni di euro all’anno rinvenienti dalle risorse che provengono annualmente dalla riscossione delle tasse sui diritti brevettuali.

 

L’articolo 7 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 specifica (comma 1) che i benefici derivanti dagli interventi di sostegno pubblico alle imprese ivi disciplinati sono attribuiti ai destinatari in molteplici forme: credito d'imposta, bonus fiscale, concessione di garanzia, contributo in conto capitale, contributo in conto interessi e del finanziamento agevolato.

In particolare, per quanto riguarda il bonus fiscale (comma 4), si tratta di un’agevolazione utilizzabile dal beneficiario in una o più soluzioni, a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla ricezione dello stesso, per il pagamento, presso l’agente della riscossione competente per territorio, delle imposte che affluiscono sul conto fiscale dell’impresa intestato allo stesso soggetto beneficiario ed anche per il pagamento delle somme dovute in qualità di sostituto d'imposta. Il bonus fiscale è rilasciato dal soggetto competente in duplice esemplare; in occasione del primo versamento delle imposte sul proprio conto fiscale, l'impresa beneficiaria consegna al concessionario uno dei due esemplari.

 


 

Articolo 61
(
Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST))

 


1. Le tipologie di intervento di cui all'articolo 60, comma 4, sono sostenute con le risorse a valere sul Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) istituito dall'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Tale fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica continua a operare anche attraverso l'esistente contabilità speciale esclusivamente per l'erogazione di finanziamenti agevolati che prevedano rientri e per gli interventi, anche di natura non rotativa, cofinanziati dall'Unione Europea o dalle regioni, ferma restando la gestione ordinaria in bilancio per gli altri interventi.

2. A garanzia delle anticipazioni concesse a favore di progetti di ricerca presentati da soggetti privati è trattenuta e accantonata, per ogni intervento, una quota del finanziamento nella misura massima del 10 per cento dello stesso e nel limite complessivo del 10 per cento della dotazione annuale del Fondo cui al comma 1.


 

 

L’articolo 61 dispone che le tipologie di interventi di ricerca definite dall’art. 60, comma 4, sono sostenute con le risorse del Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) e prevede una forma di garanzia delle anticipazioni concesse a favore di progetti di ricerca presentati da soggetti privati.

Si conferma, in tal modo - come sottolineato anche dalla relazione illustrativa - la scelta, già operata dall’art. 1, co. 870, della L. n. 296/2006, di far confluire in un unico fondo vari strumenti finanziari a sostegno della ricerca, ferme restando – come evidenzia la relazione tecnica - le disposizioni relative al credito agevolato del FAR.

 

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che il FIRST è stato istituito dall’art. 1, co. 870–874, della L. finanziaria 2007 nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca. In esso confluisconole risorse del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB)[240] (peraltro ora abrogato dall’art. 63, comma 1, lett. a), del decreto in esame), del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS - ora, Fondo per lo sviluppo e la coesione)[241], per quanto di competenza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN)[242]. Inoltre, ai sensi dell’art. 1, co. 758, della predetta legge finanziaria, il FIRST è finanziato a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del trattamento di fine rapporto (TFR), istituito presso l’INPS. Il Fondo è alimentato in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell’ambito del riparto del FAS (ora, del Fondo per lo sviluppo e la coesione).

La ripartizione delle risorse del Fondo avviene con decreto interministeriale emanato dal MIUR, di concerto con il MEF, in attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca (si veda ante, scheda art. 60).

La definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo e gestione del fondo era stata rimessa a un regolamento ministeriale, stabilendo che, fino alla data di entrata in vigore del regolamento, trovano applicazione le disposizioni vigenti per l’utilizzo delle risorse.

Successivamente, la disciplina del FIRST è stata novellata con l’art. 13, co. 1, del D.L. 159/2007 (L. 222/2007). In particolare, la novella ha disposto – introducendo un periodo aggiuntivo all’art. 1, co. 873, della L. 296/2006 - che per il triennio 2008-2010 si sarebbe provveduto all’attuazione del medesimo co. 873 con decreto del MIUR di natura non regolamentare, da emanare entro il 30 novembre 2007.

Di fatto non sono intervenuti né il decreto ministeriale previsto per il triennio 2008-2010, né il regolamento.

Infatti, rispondendo all’interrogazione 5-02131 nella seduta della VII Commissione della Camera il 19 gennaio 2010, il sottosegretario competente aveva precisato che in attesa dell’emanazione del decreto il FIRST era stato utilizzato negli anni 2007, 2008 e 2009 ripartendo le risorse annuali con decreti ministeriali sulla base della normativa previgente[243].

 

Recentemente, l’articolo 32 del D.L. 5/2012 (L. 35/2012) ha previsto alcune misure di semplificazione delle procedure istruttorie, valutative, di spesa e di controllo nel settore della ricerca[244] e ha introdotto alcune novità relative al FIRST, novellando i commi 872 e 873 dell’articolo 1 della predetta L. finanziaria 2007. In sintesi:

§       il FIRST non risulta più ripartito “in attuazione” del PNR, bensì “in coerenza” con gli indirizzi recati da tale documento;

§       con riferimento alle procedure per l'emanazione dei provvedimenti di riparto del Fondo non è più previsto il coinvolgimento della Conferenza Stato-regioni;

§       il riparto del Fondo deve rispettare un vincolo di destinazione del 15 per cento delle risorse complessive per il finanziamento degli interventi presentati nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali (che si aggiunge al 10 per cento destinato, ai sensi dell’articolo 31 del medesimo D.L. n. 5/2012, ai progetti di ricerca di giovani ricercatori). Sia per la ripartizione del FIRST, che per la definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo dello stesso fondo, è previsto un decreto di natura regolamentare;

§       il MIUR provvede a fissare con decreto, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L., i criteri di selezione dei progetti, prevedendo misure di premialità per quelli presentati dalle piccole e medie imprese (il decreto allo stato non risulta intervenuto[245]).

 

Il comma 1, oltre al concetto già sopra esposto, prevede che il FIRST continua ad operare attraverso:

§       la contabilità speciale già esistente, per l’erogazione di finanziamenti agevolati di cui sono previsti i rientri[246], ovvero per interventi, anche di natura non rotativa, che sono cofinanziati dall’Unione europea o dalle regioni;

§       la gestione ordinaria in bilancio per tutti gli altri tipi di interventi.

 

Il comma 2 dispone, a garanzia delle anticipazioni concesse a favore di progetti di ricerca presentati da soggetti privati, che, per ciascun intervento, una quota del finanziamento è trattenuta ed accantonata nella misura massima del 10 per cento dello stesso e nel limite complessivo del 10 per cento della dotazione annuale del FIRST.

La relazione illustrativa al disegno di legge di conversione (A.C. 5312), sottolineato che la misura rappresenta una forma di risposta alla particolare situazione di crisi economico-finanziaria, evidenzia che essa ricalca le regole di partecipazione già previste, con riferimento al meccanismo di copertura dei rischi, dall‘articolo 38 del Regolamento (CE) n. 1906/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 che definisce le regole per la partecipazione alle azioni nell‘ambito del 7° programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca[247].

 


 

Articolo 62
(
Modalità di attuazione e procedure di valutazione)

 


1. Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla base del programma nazionale della ricerca e della relazione di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, adotta, entro il 31 dicembre dell'anno antecedente al triennio, per ogni triennio di riferimento del predetto programma, indirizzi in ordine agli obiettivi e alle priorità di intervento e alle attività di cui al presente capo.

2. Con uno o più decreti di natura non regolamentare emanati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in conformità alle procedure automatiche, valutative e negoziali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, sono definite le spese ammissibili, ivi comprese, con riferimento ai progetti svolti nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali, quelle per la disseminazione dei risultati ottenuti e per il coordinamento generale del progetto, le caratteristiche specifiche delle attività e degli strumenti, le modalità e i tempi di attivazione, le misure delle agevolazioni, le modalità della loro concessione ed erogazione, i tempi di definizione delle procedure e delle singole fasi, nel rispetto della normativa comunitaria vigente, delle norme sulla semplificazione dell'attività amministrativa e sulla firma digitale, nonché prevedendo adempimenti ridotti per attività di non rilevante entità. Con il medesimo decreto sono altresì definite le modalità di attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 61 e le condizioni generali di accesso, utilizzo e rimborso delle somme accantonate a garanzia delle anticipazioni, l'amministrazione del Fondo di cui al comma 1 del medesimo articolo 61 e le modalità e i requisiti di accesso.

3. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ammette al finanziamento gli interventi di ricerca industriale di cui al presente capo, previo parere tecnico-scientifico di esperti inseriti in apposito elenco del Ministero e individuati di volta in volta dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNGR), di cui all'articolo 21 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.

4. Per gli interventi di ricerca industriale di cui all'articolo 60, comma 4, lettera b), e) e f), l'ammissione al finanziamento è altresì subordinata al parere positivo di esperti tecnici sulla solidità e sulla capacità economico-finanziaria dei soggetti in relazione all'investimento proposto.

5. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con onere a carico del Fondo di cui all'articolo 61, può avvalersi, per gli adempimenti di cui al comma 4 e per le connesse attività di monitoraggio, di banche, di società finanziarie, di altri soggetti qualificati, dotati di comprovata competenza, di risorse umane specialistiche e di strumenti tecnici adeguati, in conformità all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123, nonché di esperti iscritti nell'elenco di cui al comma 3.

6. La valutazione ex ante degli aspetti tecnico-scientifici dei progetti o programmi presentati non è richiesto per i progetti già selezionati nel quadro di programmi dell'Unione europea o di accordi internazionali cofinanziati anche dalla stessa a seguito di bandi internazionali di ricerca. I progetti sono ammessi al finanziamento fino alla concorrenza delle risorse disponibili nell'ambito del riparto del Fondo cui all'articolo 61.

7. In un'ottica di merito di progetto, il decreto di cui al comma 2 disciplina i casi e le modalità in cui il Ministero può ammettere i progetti e i programmi anche in caso di esito negativo della valutazione di cui al comma 4. A tal fine, il decreto disciplina l'acquisizione di garanzie fideiussorie o assicurative, o altre forme di garanzia rilasciate anche da uno dei soggetti proponenti in forma di avvalimento rispetto agli soggetti proponenti.

8. Ai fini della semplificazione dei rapporti istruttori e di gestione dei progetti e programmi di ricerca di cui al comma 4, per ciascun progetto e programma i partecipanti individuano tra di loro un soggetto capofila. Il soggetto capofila assolve i seguenti compiti:

a) rappresenta i soggetti proponenti nei rapporti con l'amministrazione che concede le agevolazioni, anche ai fini delle forme di garanzia in avvalimento di cui al precedente comma 7;

b) ai fini dell'accesso alle agevolazioni e del mantenimento delle stesse presenta, in nome proprio e per conto degli altri soggetti partecipanti, la proposta o progetto di ricerca e le eventuali variazioni degli stessi;

c) richiede, in nome proprio e per conto degli altri soggetti partecipanti, le erogazioni per stato di avanzamento;

d) effettua il monitoraggio periodico sullo svolgimento del programma.

9. Il decreto di cui al comma 2 disciplina altresì i casi di variazioni soggettive e delle attività progettuali, definendone le modalità di valutazione ed eventualmente di approvazione.

10. Le variazioni del progetto senza aumento di spesa approvate in ambito comunitario o internazionale sono automaticamente recepite in ambito nazionale.

11. Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca iscrive i progetti approvati e i soggetti fruitori degli interventi di cui al presente capo nell'Anagrafe nazionale della ricerca.


 

 

L’articolo 62 ridefinisce le procedure e le modalità di valutazione ed erogazione dei finanziamenti per la ricerca.

 

In primo luogo il comma 1, prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sulla base del Programma nazionale della ricerca (PNR) adotta, entro il 31 dicembre dell'anno antecedente al triennio (tale termine è stato introdotto nel corso dell’esame parlamentare), per ogni triennio di riferimento del PNR, indirizzi sugli obiettivi, sulle priorità di intervento e sulle attività di ricerca.

 

Con riferimento al programma nazionale della ricerca, si ricorda che il D.lgs. n. 204/1998 ha stabilito, all’art. 1, che nel Documento di programmazione economica e finanziaria (DPEF) (ora, Decisione di Finanza pubblica - DFP - ai sensi della L. 196/2009), il Governo determina gli indirizzi e le priorità strategiche per gli interventi a favore della ricerca scientifica e tecnologica, definendo il quadro delle risorse finanziarie da attivare. Sulla base degli indirizzi citati, nonché di altri elementi, è predisposto, approvato e aggiornato annualmente dal CIPE, le cui funzioni in materia sono coordinate dal MIUR, un programma nazionale per la ricerca (PNR), di durata triennale, che definisce gli obiettivi generali e le modalità di realizzazione degli interventi.

Come già accennato nella scheda relativa all’art. 60, il PNR 2011-2013 è stato approvato dal CIPE con deliberazione del 23 marzo 2012.

 

Il comma 2 stabilisce che con uno o più decreti di natura non regolamentaredel medesimo Ministro (per la cui emanazione non è indicato un termine)sono definite le spese ammissibili (comprese, per i progetti svolti nel quadro di programmi UE o di accordi internazionali, quelle riguardanti la disseminazione dei risultati ottenuti ed il coordinamento del progetto):

§      le caratteristiche specifiche delle attività e degli strumenti;

§      le modalità ed i tempi di attivazione;

§      le misure delle agevolazioni e le modalità della loro concessione ed erogazione;

§      i tempi di definizione delle procedure, prevedendo adempimenti ridotti per attività di non rilevante entità;

§      le modalità di attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 61;

§      le condizioni di accesso, utilizzo e rimborso delle somme accantonate a garanzia delle anticipazioni;

§      l’amministrazione del Fondo;

§      le modalità ed i requisiti di accesso al Fondo.

Il riferimento al Fondo sembra, ovviamente, doversi leggere come riferimento al FIRST.

 

Il comma 3 dispone che per gli interventi di ricerca industriale è richiesto un parere tecnico-scientifico di esperti inserititi in un apposito elenco del Ministero e individuati “di volta in volta”, dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca (CNRG).

 

Si ricorda che il CNGR è stato istituito, ai sensi dell’art. 21 della L. 240/2010, al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon funzionamento delle procedure di valutazione tra pari previste dall’art. 20 per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale e del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST). Inoltre, si è disposto che esso: subentra alla commissione istituita per la valutazione delle domande per l'accesso al FIRB (strumento che, come si è detto nella scheda relativa all’art. 60, è ora abrogato - a decorrere dalla data indicata - dall’art. 63, co. 1, lett. a), del D.L. in esame), nonché alla commissione di garanzia prevista per la selezione dei programmi di ricerca di interesse nazionale (PRIN); indica criteri generali per le attività di valutazione e – in base alla modifica apportata dall’art. 49 del D.L. 5/2012 - per la selezione dei progetti di ricerca; nomina gli studiosi membri dei comitati di selezione di cui all’art. 20, co. 1, e ne coordina le attività; può procedere alla selezione di progetti o programmi di ricerca attivati da enti pubblici o privati.

 

Secondo quanto dispone il comma 4, per gli interventi di ricerca industriale orientati a favorire la specializzazione del sistema industriale, lo sviluppo di grandi aggregazioni tecnologiche (cluster) e quelli inseriti in accordi comunitari ed internazionali, il finanziamento è disposto, altresì, previo parere positivo di esperti tecnici sulla solidità e sulla capacità economico-finanziaria dei soggetti rispetto all’investimento proposto.

 

Per gli adempimenti di cui al comma 4 e per le connesse attività di monitoraggio, il MIUR può avvalersi di banche, società finanziarie e di altri soggetti qualificati dotati di competenza e risorse umane e tecniche adeguate (comma 5).

 

L’art. 3, comma 2, del D.lgs. n.123/1998, recante disposizioni per la razionalizzazione degli interventi di sostegno pubblico alle imprese, al quale il comma in esame rinvia, prevede che “per lo svolgimento dell'attività istruttoria o di erogazione, tenuto conto della complessità degli adempimenti di natura tecnica o gestionale, possono essere stipulate convenzioni, le cui obbligazioni sono di natura privatistica, con società o enti in possesso dei necessari requisiti tecnici, organizzativi e di terzietà in relazione allo svolgimento delle predette attività, selezionati tramite le procedure di gara previste dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157. Gli oneri derivanti dalle convenzioni in misura non superiore a quanto determinato in sede di aggiudicazione della gara sono posti a carico degli stanziamenti cui le convenzioni si riferiscono: in ogni caso è disposto il pagamento di penali in caso di revoca di interventi dall'aggiudicatario in misura percentuale sul valore dell'intervento, fatti salvi esclusivamente i casi di accertata falsità dei documenti.

 

Il comma 6 specifica che per i progetti già selezionati nel quadro dei programmi dell’Unione europea o di accordi internazionali non è richiesta la valutazione preventiva degli aspetti tecnico-scientifici.

La norma sostituisce il comma 4-bis dell’art. 30 del D.L. 5/2012, che modificava il D.lgs. 297/1999, ora abrogato dall’art. 63.

 

Secondo il comma 7, il decreto di natura non regolamentare di cui al comma 2 definisce i casi in cui il Ministero può ammettere al finanziamento anche i progetti di ricerca industriale di cui al comma 4 per i quali la valutazione ha avuto esito negativo; a tal fine, lo stesso decreto disciplina l’acquisizione di garanzie fideiussorie o assicurative o altre tipologie di garanzia rilasciate da uno dei soggetti proponenti.

 

Il comma 8 definisce alcune regole per meglio facilitare la gestione dei rapporti istruttori dei programmi di ricerca industriale di cui al comma 4. A tal fine si richiede che per ciascun progetto i partecipanti individuino il soggetto capofila che è chiamato ad assolvere i seguenti obblighi:

§      rappresentare tutti i proponenti nei rapporti con l’amministrazione;

§      presentare la proposta di ricerca per l’ottenimento delle agevolazioni;

§      richiedere le erogazioni;

§      effettuare il monitoraggio periodico sullo svolgimento del programma.

Sempre il decreto di cui al comma 2 deve definire i casi di variazioni soggettive e delle attività progettuali (comma 9).

Le variazioni del progetto che non comportano un aumento di spesa sono automaticamente recepite in ambito nazionale (comma 10).

il Ministero dell’istruzione provvede ad iscrivere i progetti approvati ed i soggetti fruitori nell’Anagrafe nazionale della ricerca (comma 11).

 

L’Anagrafe nazionale della ricerca è uno strumento di archiviazione di informazioni coordinato dal MIUR e istituito con l’articolo 63 del D.P.R. 382/1980, al fine di evitare duplicazione e sovrapposizione di strutture e di finanziamenti nel campo della ricerca scientifica. Come evidenzia l’all. 4 del PNR 2011-2013, ad essa affluiscono tutte le notizie relative alle ricerche comunque finanziate, in tutto o in parte, con fondi a carico del bilancio dello Stato o di bilanci di enti pubblici[248].

 


 

Articolo 63
(
Disposizioni finali)

 


1. A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all'articolo 62, comma 2, sono abrogati:

a) l'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, a eccezione del comma 5;

b) il decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, e successive modificazioni.

2. Il decreto di cui all'articolo 62, comma 2, quale nuovo regime di aiuti ai sensi dell'articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, è sottoposto a notifica e approvazione da parte della Commissione europea secondo le vigenti disposizioni.

3. All'attuazione delle disposizioni del presente capo si provvede con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Dall'attuazione delle disposizioni del presente capo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

4. L'articolo 20 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è sostituito dal seguente:

«Art. 20. - (Valutazione dei progetti di ricerca). - 1. I progetti di ricerca fondamentale libera e fondamentale di tipo strategico finanziati a carico del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica di cui all'articolo 1, comma 870, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono assoggettati a valutazione tramite appositi comitati, secondo criteri stabiliti con decreto ministeriale di natura non regolamentare, tenendo conto in particolare dei principi della tecnica di valutazione tra pari. Una percentuale di almeno il dieci per cento del Fondo è destinata ad interventi in favore di giovani ricercatori di età inferiore a 40 anni. Le attività del presente comma sono svolte a valere sulle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.».


 

 

L’articolo 63 modificato solo formalmente dalla Camera reca talune modifiche ed abrogazioni alla normativa vigente, prevedendo, altresì, la notifica del decreti attuativi della riforma sulla ricerca scientifica e tecnologica alla Commissione europea e la clausola di invarianza economica delle disposizioni contenute nel Capo in esame.

Tra le modifiche alla legislazione vigente, è inclusa la sostituzione dell’art. 20 della L. 240/2010, in materia di tecniche di valutazione dei progetti di ricerca.

 

Il comma 1 dispone l’abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’art. 62, comma 2, di:

§      commi 1-4 dell’art. 104 della legge n. 388 del 2000, relativi all’istituzione delFIRB ad eccezione del comma 5.

L’articolo in esame, commi 1-4, ha istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, a decorrere dall'esercizio 2001, il Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB).

Fino ad oggi il FIRB ha finanziato, secondo il disposto della legge:

-        progetti di potenziamento delle grandi infrastrutture di ricerca pubbliche o pubblico-private;

-        progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico o tecnologico, anche a valenza internazionale, proposti da università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, gruppi di ricercatori delle stesse strutture;

-        progetti strategici di sviluppo di tecnologie pervasive e multisettoriali;

-        costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, pubblici o privati, anche su scala internazionale.

Il comma 5, del quale viene esclusa l’abrogazione, ha inserito specifiche modifiche all'articolo 5, comma 3, quarto periodo, della legge 7 agosto 1997, n. 266, riguardante i soggetti incaricati dell’attuazione e le strutture operative, responsabili dell’aggiornamento del Programma nazionale di ricerche in Antartide.

§      decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, recante il riordino della disciplina e lo snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori.

Il decreto disciplina gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività. Vengono, quindi, definiti i soggetti ammessi alla presentazione delle domande (imprese, centri di ricerca, società, consorzi, professori, società di assicurazione e banche, università, parchi scientifici), con connessa individuazione del soggetto capofila, le attività finanziabili, gli strumenti (contributi a fondo perduto, credito agevolato, contributi in conto interessi, crediti di imposta, prestazione di garanzie, bonus fiscale), la copertura delle agevolazioni attraverso il Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR), a carattere rotativo, la possibilità di avvalersi, per gli adempimenti tecnici, istruttori ed amministrativi di soggetti qualificati nonché le procedure per la valutazione delle domande.

 

Il comma 2, modificato formalmente durante l’esame parlamentare, prevede che i decreti ministeriali che saranno emanati ai sensi dell’articolo 62, comma 2, in quanto contenenti un nuovo regime di aiuti, dovranno essere notificati ed approvati da parte della Commissione europea.

 

l comma 3 contiene la clausola di invarianza finanziaria degli oneri recati dalle disposizioni introdotte nel Capo IX.

 

Il comma 4, che reca modifiche formali approvate nel corso dell’esame parlamentare, modifica (rectius: sostituisce) l’art. 20 della L. 240/2010 - che aveva previsto l’introduzione in via sperimentale, per tre anni, della tecnica di valutazione tra pari (peer review) per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale e del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) - rendendo permanente il riferimento ai principi di tale tecnica per tutti i progetti di ricerca fondamentale libera e di tipo strategico finanziati a carico del FIRST.

In particolare, si rimette ad un decreto ministeriale di natura non regolamentare la definizione dei criteri di valutazione ai quali dovranno attenersi “appositi comitati” per la valutazione in questione.

Dispone, inoltre, che una percentuale di almeno il 10% del FIRST è destinata a progetti di ricerca di ricercatori di età inferiore a 40 anni e reca la clausola di invarianza finanziaria[249].

 

Al riguardo, si ricorda che l’art. 20 della L. 240/2010, introducendo sperimentalmente quanto sopra indicato, aveva disposto che la relativa valutazione doveva essere svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all’estero,nominati dal Comitato nazionale dei garanti per la ricerca, e aveva fatto salve le disposizioni in materia di progetti di ricerca e di ricerca sanitaria svolti da ricercatori di età inferiore a 40 anni recate dalle leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008[250] - per i quali era prevista la valutazione fra pari - nonché la possibilità di una disciplina particolare in relazione al Fondo per le agevolazioni alla ricerca.

In seguito, l’art. 31, comma 2, del D.L. 5/2012 (L. 35/2012), ha disposto l’abrogazione delle disposizioni della legge finanziaria per il 2007 relative ai progetti di ricerca svolti da ricercatori di età inferiore a 40 anni[251] -, mentre il comma 3, modificando l’art. 20 della L. 240/2010 - ha rimesso ad un decreto ministeriale la definizione delle procedure per l’attribuzione a progetti di giovani ricercatori di una percentuale del 10% del FIRST.

In relazione all’abrogazione delle disposizioni che prevedevano la valutazione secondo la tecnica della peer review dei progetti di ricerca dei giovani ricercatori erano insorte alcune polemiche, in relazione alle quali il Ministro, come riferito da organi di stampa[252], aveva evidenziato la necessità di individuare un nuovo meccanismo, essendosi riscontrate alcune difficoltà, soprattutto nella ricerca dei membri stranieri.

 

Con la disposizione in esame, dunque, i criteri di valutazione di tutti i progetti di ricerca fondamentale libera e di tipo strategico saranno definiti con decreto ministeriale di natura non regolamentare, tenendo conto, in particolare, dei principi della peer review.

Per quanto concerne la composizione dei comitati, sembrerebbe restare ferma la nomina dei membri da parte del CNGR (ai sensi dell’art. 21 della L. 240/2010), ma scompare il riferimento alla partecipazione di un terzo di studiosi operanti all’estero.

 

In relazione al “decreto di natura non regolamentare”, si rinvia a quanto osservato precedentemente.

 

Per quanto concerne i giovani ricercatori, si ripristina la previsione originariamente recata dall’art. 2, co. 313, della L. finanziaria 2008 di destinare agli stessi una percentuale di “almeno” il 10 per cento del FIRST (l’art. 31, co. 3, del D.L. 5/2012 aveva invece disposto che la percentuale fosse pari al 10%).

Sul punto si rappresenta, tuttavia, che, con l’attuale sostituzione dell’intero art. 20 della L. 240/2010 - il cui co. 1, secondo e terzo periodo, era stato sostituito dal co. 3 del D.L. 5/2010, che aveva rimesso ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca la definizione delle procedure per l’erogazione di tali finanziamenti - non appare più chiaro secondo quali procedure sarà regolata l’erogazione medesima.


 

Articolo 64
(
Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva)

 


1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva a tutte le età e tra tutti gli strati della popolazione finalizzato alla realizzazione di nuovi impianti sportivi ovvero alla ristrutturazione di quelli esistenti, con una dotazione finanziaria, per l'anno 2012, fino a 23 milioni di euro.

2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il CONI e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono definiti i criteri per l'erogazione delle risorse finanziarie del fondo di cui al comma 1. Con successivo decreto adottato dal Capo del Dipartimento per gli affari regionali sono individuati gli interventi ammessi al relativo finanziamento.

3. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, si provvede, nel limite di spesa di 23 milioni di euro, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'anno 2012, finalizzate alla diffusione della pratica sportiva, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

3-bis. Nell'ambito della dotazione finanziaria del Fondo di cui al comma 1, la somma di 5 milioni di euro è destinata al Fondo di cui all'articolo 90, commi 12 e 13, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, come sostituiti dal comma 3-ter del presente articolo.

3-ter. I commi 12 e 13 dell'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sono sostituiti dai seguenti:

«12. Presso l'Istituto per il credito sportivo è istituito il Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, ivi compresa l'acquisizione delle relative aree, da parte di società o associazioni sportive nonché di ogni altro soggetto pubblico o privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive.

13. Il Fondo è gestito in base a criteri approvati dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, su proposta dell'Istituto per il credito sportivo, sentito il Comitato olimpico nazionale italiano. Al Fondo possono essere destinati ulteriori apporti conferiti direttamente o indirettamente da enti pubblici.».


 

 

L’articolo 64 istituisce il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva, finalizzato alla realizzazione di nuovi impianti sportivi e alla ristrutturazione di quelli esistenti. A seguito delle modifiche apportate durante l’esame parlamentare, una parte delle risorse del nuovo Fondo è destinata al Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all’ampliamento, all’attrezzatura, al miglioramento o all’acquisto di impianti sportivi, già previsto presso l’Istituto per il credito sportivo, ma di cui viene innovata, in parte, la disciplina.

 

In particolare, il Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, e con una dotazione finanziaria, per il 2012, fino a 23 milioni di euro (si tratta, dunque, di un limite massimo[253]), intende contribuire, attraverso interventi di costruzione e di ristrutturazione di impianti sportivi, alla diffusione della pratica sportiva a tutte le età e fra tutti gli strati della popolazione (comma 1)[254].

Al riguardo, si ricorda che la 7a Commissione del Senato ha svolto una indagine conoscitiva (che si è conclusa il 14 giugno 2011) segnalando, tra l’altro, - anche sulla base delle istanze avvertite dal mondo sportivo, specie con riferimento alle carenze delle infrastrutture sportive nelle regioni del Sud - la necessità di favorire l’accesso agli sport di base e le attività delle associazioni sportive dilettantistiche[255].

 

In relazione a tale istituzione, il comma 2 individua due adempimenti normativi, riferiti alla definizione dei criteri per l’erogazione delle risorse del Fondo e all’individuazione degli interventi ammessi al finanziamento.

Per la prima esigenza è previsto l’intervento di un decreto di natura non regolamentare del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti il CONI e la Conferenza unificata[256]. Non è stato indicato un termine per l’emanazione.

Per la seconda esigenza è previsto l’intervento di un successivo decreto del Capo del Dipartimento per gli affari regionali.

 

Con riferimento al decreto di natura non regolamentare, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come “un atto statale dalla indefinibile natura giuridica”. Più recentemente, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell’articolo 4 del decreto ministeriale in data 6 febbraio 2006, ha osservato che: «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di “fuga dal regolamento” (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l’adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti “atipici”, di natura non regolamentare».

 

Con riferimento alla copertura degli oneri, il comma 3 dispone che si provvede nell’ambito delle risorse effettivamente disponibili nel bilancio della Presidenza del Consiglio per il 2012, finalizzate alla diffusione della pratica sportiva.

Al riguardo, la relazione tecnica (A.C. 5312) specificava che la copertura è individuata, quanto a 14 milioni di euro, sul capitolo di spesa 984 iscritto al Centro di responsabilità (CRD) n. 18 “Sport” e, quanto a 9 milioni di euro, sulla revoca di fondi rivenienti dal capitolo 991- esercizio finanziario 2009 - dello stesso CRD, trasferiti all’Istituto per il credito sportivo, per la mancata realizzazione di impianti sportivi al cui interno fosse previsto uno spazio destinato a Museo tematico avente come oggetto la tutela e la valorizzazione di una singola disciplina sportiva[257].

 

I commi 3-bis e 3-ter, inseriti durante l’esame parlamentare, destinano una parte delle risorse del Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva al Fondo di garanzia per i mutui relativi alla costruzione, all'ampliamento, all'attrezzatura, al miglioramento o all'acquisto di impianti sportivi, già previsto presso l’Istituto per il credito sportivo, ma di cui viene innovata, in parte, la disciplina.

In particolare, la somma destinata al Fondo di garanzia - di cui all'articolo 90, commi 12 e 13, della legge n. 289 del 2002 – è pari a 5 milioni di euro (co. 3-bis).

I commi 12 e 13 dell’art. 90 della legge n. 289 del 2002 sono, peraltro, sostituiti dal co. 3-ter dell'articolo in commento.

Ferme restando la pertinenza del Fondo di garanzia all’istituto per il credito sportivo e le sue finalità (nonché la natura sussidiaria della garanzia, eliminata nella nuova formulazione del comma 12, ma già ribadita nel comma 15 dell’art. 90, che non viene modificato), si amplia il novero dei soggetti che potranno usufruire della stessa garanzia: essa potrà essere rilasciata - oltre che in favore di società o associazioni sportive (per le quali, peraltro, non sono più richieste la natura dilettantistica e la personalità giuridica) - anche in favore di ogni altro soggetto pubblico e privato che persegua, anche indirettamente, finalità sportive.

Al riguardo si segnala che l’art. 7, co. 1, del D.L. 136/2004 (L. 186/2004) aveva disposto che le disposizioni recate, fra l’altro, dal comma 12 dell’art. 90 della L. 289/2002 si applicano alle società e alle associazioni sportive dilettantistiche che sono in possesso del riconoscimento a fini sportivi rilasciato dal CONI, quale garante dell’unicità dell’ordinamento sportivo nazionale[258].

Sarebbe stato necessario chiarire il coordinamento con tale previsione normativa.

 

L’ulteriore modifica - relativa al comma 13 dell’art. 90 - riguarda la definizione dei criteri di gestione del Fondo, in particolare per quanto riguarda i soggetti a ciò deputati e il relativo ruolo.

In luogo del regolamento adottato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (ex art. 17, co. 3, L. 400/1988), previa deliberazione del Consiglio nazionale del CONI[259] - che, peraltro, non risulta adottato - si dispone che i criteri siano approvati dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, su proposta dell’Istituto per il credito sportivo, sentito il CONI.

Al riguardo si segnala che non è stata indicata la tipologia di atto da adottare per l’approvazione dei criteri. Peraltro, nel comma 15 dell’art. 90 della L. n. 289 del 2002 – che non è stato modificato – si continua a fare rinvio “al regolamento di cui al comma 13”.

Si prevede, infine, che al Fondo possono essere destinati ulteriori apporti conferiti direttamente o indirettamente da enti pubblici.

 

 


 

Articolo 65
(
Comitato Italiano Paraolimpico - Federazioni sportive nazionali e le discipline sportive)

 


1. All'articolo 2 della legge 15 luglio 2003, n. 189, dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti commi:

«1-bis. Le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate svolgenti esclusiva attività sportiva per disabili hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato.

1-ter. Il riconoscimento della personalità giuridica di diritto privato alle federazioni sportive nazionali e discipline sportive associate svolgenti esclusiva attività sportiva per disabili è concesso a norma del decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361 previo riconoscimento, ai fini sportivi, da parte del Consiglio nazionale del Comitato Italiano Paraolimpico».

2. Agli organismi di cui al presente articolo continuano ad applicarsi le misure di contenimento della spesa previste per le amministrazioni pubbliche a legislazione vigente.


 

 

L’articolo 65, novellando l’art. 2 della L. 189/2003 - che reca norme per la promozione della pratica dello sport da parte delle persone disabili - dispone che le federazioni sportive nazionali e le discipline sportive associate che svolgono esclusiva attività sportiva per disabili sono associazioni con personalità giuridica di diritto privato.

Si sancisce così a livello legislativo ciò che è già previsto negli articoli 19 e 23 dello Statuto del Comitato italiano paraolimpico, rispettivamente per le federazioni e per le discipline sportive paraolimpiche[260].

 

Al riguardo, la relazione illustrativa(A.C. 5312)evidenziava chesi uniforma la disciplina delle federazioni e delle discipline sportive paraolimpiche a quella prevista dall’art. 15 del D.lgs. 242/1999 per le federazioni e le discipline sportive riconosciute dal CONI.

 

In particolare, presupposto perché possa essere riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato, secondo le modalità del D.P.R. n. 361/2000[261], è che sia intervenuto il riconoscimento, ai fini sportivi, da parte del Consiglio nazionale del Comitato italiano paraolimpico. Si tratta dello stesso presupposto previsto dallo Statuto.

Così si giustifica l’utilizzo dell’aggettivo “esclusiva”: infatti, le federazioni e discipline sportive riconosciute dal CONI – alcune delle quali sono riconosciute anche dal Comitato italiano paraolimpico – già hanno la personalità giuridica di diritto privato.

Si ricorda che il Comitato italiano paraolimpico, già Federazione italiana sport disabili, è stato istituito con L. 189/2003. Sulla base dell’art. 2 della stessa legge, è intervenuto il DPCM 8 aprile 2004, che ha individuato le attività svolte dalla stessa Federazione, quale Comitato Italiano Paraolimpico.

Ai sensi dell’art. 1 del DPCM, il CIP, tra l’altro, riconosce e coordina le federazioni, le organizzazioni e le discipline sportive riconosciute dall'International Parolympic Committee (IPC) e/o dal Comitato internazionale olimpico, o comunque operanti sul territorio nazionale, che curano prevalentemente l'attività sportiva per disabili.

Allo stato, il CIP ha riconosciuto 20 federazioni sportive paralimpiche[262] e 11 discipline sportive paralimpiche[263] (alcune delle quali sono riconosciute anche dal CONI). Le linee guida vigenti per il riconoscimento sono state approvate il 18 giugno 2010[264].

 

Si dispone, inoltre, che agli organismi citati nel novellato art. 2 della L. 189/2003 continuano ad applicarsi le misure di contenimento della spesa previste per le amministrazioni pubbliche.

Il riferimento, pertanto, è al CIP, alle federazioni sportive paraolimpiche e alle discipline sportive paraolimpiche.

Al riguardo si rappresenta che, in base all’art. 1 dello Statuto, lo stesso Comitato è soggetto alla vigilanza dell’autorità di governo competente in materia di sport[265] (che approva lo Statuto, gli atti regolamentari e i bilanci).

Dal 2007, il CIP è stato inserito nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, redatto dall’ISTAT. La sua attività è finanziata con fondi pubblici.

Con riferimento agli emolumenti da corrispondere agli organi del CIP, l’art. 5, co. 5, dello Statuto stabilisce che gli stessi devono essere definiti, su proposta del Comitato, con decreto dell’autorità di governo competente in materia di sport, di concerto con il MEF, tenendo conto delle direttive in materia[266].

Per quanto concerne le Federazioni sportive paraolimpiche, l’art. 22 dello Statuto riconosce la natura pubblicistica di alcune loro attività[267].

In base ad informazioni ottenute per le vie brevi, il Cip e le Federazioni sportive paraolimpiche riconosciute solo dallo stesso Comitato, applicano le disposizioni in materia di contenimento della spesa pubblica previste dal D.L. 78/2010 (L. 122/2010), con particolare riferimento all’art. 6, co. 1, 3, 7, 8, 12, 13. Si tratta, molto sinteticamente, delle riduzioni disposte: per la partecipazione agli organi collegiali, resa onorifica (co. 1); per indennità, compensi, gettoni, retribuzioni o altre utilità comunque denominate, ai componenti di organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati e ai titolari di incarichi di qualsiasi tipo (co. 3); per studi e incarichi di consulenza (co. 7); per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza (co. 8); per missioni (co. 12); per attività di formazione del personale (co. 13).

 

 


 

Articolo 66
(
Reti di impresa)

 


1. Al fine di favorire la creazione di reti di impresa e di filiera tra le aziende del comparto turistico del territorio nazionale, con uno o più decreti del Ministro per gli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti criteri e modalità per la realizzazione di progetti pilota. Con i medesimi provvedimenti sono definiti gli interventi oggetto dei contributi, finalizzati alla messa a sistema degli strumenti informativi di amministrazione, di gestione e di prenotazione dei servizi turistici, alla attivazione di iniziative di formazione e riqualificazione del personale, alla promozione integrata sul territorio nazionale ed alla promozione unitaria sui mercati internazionali, in particolare attraverso le attività di promozione dell'ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo, nonché le modalità di ripartizione dei predetti contributi, nel rispetto dei limiti fissati dall'Unione Europea in materia di aiuti di Stato alle imprese. L'ENIT - Agenzia Nazionale del Turismo provvede ai compiti derivanti dal presente articolo nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.

1-bis. All'articolo 3, comma 5, del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e successive modificazioni, dopo le parole: «la delimitazione dei Distretti è effettuata» sono inserite le seguenti: «, entro il 31 dicembre 2012,».

2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1, si provvede, nel limite di spesa di 8 milioni di euro, nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per l'anno 2012, finalizzate allo sviluppo del turismo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 66 rinvia ad uno o più decreti del Ministro degli Affari regionali, del Turismo e dello Sport, la definizione di criteri e modalità di realizzazione di progetti pilota per favorire la creazione di reti di impresa e di filiera tra le aziende del comparto turistico.

 

Con i medesimi provvedimenti si provvede a definire:

§       gli interventi oggetto dei contributi per la predisposizione di strumenti informativi di amministrazione e prenotazione dei servizi turistici;

§       le iniziative di formazione e riqualificazione del personale;

§       la promozione integrata sul territorio nazionale e sui mercati internazionale attraverso l’attività di promozione dell’ENIT.

 

Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, fissa il termine del 31 dicembre 2012 per effettuare la delimitazione dei distretti turistici (previsti dal D.L. 70/2011, articolo 3) da parte delle Regioni.

 

Si ricorda che i commi 4-6 dell’articolo 3 del c.d. decreto “sviluppo” (D.L. 70/2011[268]) hanno previsto l’istituzione, nei territori costieri, dei Distretti turistici, con gli obiettivi di riqualificare e rilanciare l’offerta turistica a livello nazionale e internazionale, di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori del Distretto, di migliorare l’efficienza nell’organizzazione e nella produzione dei servizi, di assicurare garanzie e certezze giuridiche alle imprese che vi operano con particolare riferimento alle opportunità di investimento, di accesso al credito, di semplificazione e celerità nei rapporti con le pubbliche amministrazioni.

Tali Distretti sono istituiti con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su richiesta delle imprese del settore che operano nei medesimi territori, previa intesa con le Regioni interessate. La delimitazione dei Distretti è effettuata dalle Regioni d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze e con i Comuni interessati, previa conferenza di servizi, che è obbligatoriamente indetta se richiesta da imprese del settore turistico che operano nei medesimi territori. Alla conferenza di servizi deve sempre partecipare l’Agenzia del demanio.

 

Il comma 2 prevede per tali interventi un limite di spesa di 8 milioni di euro, utilizzando le risorse disponibili nel bilancio autonomo della presidenza del Consiglio dei Ministri per l’anno 2012, destinate allo sviluppo del turismo.

 

Il coinvolgimento dell'ENIT avviene però utilizzando le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente. Secondo la relazione governativa in tal modo “si consente una maggiore efficacia di promozione del territorio e una più alta capacità di penetrazione nei mercati esteri, con un abbattimento dei relativi costi per economie di scala. Inoltre, si incrementerebbero sinergie volte a promuovere e sviluppare specifici prodotti turistici locali, quali ad esempio l’enogastronomia delle singole aree, incentivando tutte le attività degli altri settori produttivi presenti sul territorio e favorendo il consumo in zona delle produzioni locali con conseguente riduzione dell‘impatto ambientale rappresentato dal trasporto. I progetti pilota potranno essere localizzati su aree che, per le specifiche caratteristiche di prodotto, di territorio e di organizzazione, potranno garantire la replicabilità degli interventi su altri territori nazionali. Gli interventi dovranno prevedere iniziative di formazione per la qualificazione professionale del personale, sia sugli aspetti specificatamente di miglioramento delle abilità linguistiche, che quelli inerenti alle capacità di accoglienza legate ai diversi mercati di provenienza della clientela turistica”. Come già disposto dal comma 3 dell'art. 4 D.lgs. 79/2011 (codice del turismo) – secondo cui "fermi restando i limiti previsti dall'Unione europea in materia di aiuti di Stato alle imprese, alle imprese turistiche sono estesi i contributi, le agevolazioni, le sovvenzioni, gli incentivi e i benefici di qualsiasi genere previsti dalle norme vigenti per l'industria" – anche in questo caso le modalità di ripartizione dei contributi vanno determinate nel rispetto dei limiti fissati dall'Unione Europea in materia di aiuti di Stato alle imprese.

 

L’art. 42 del D.L. 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n.122/2010 ha riconosciuto alle imprese appartenenti ad una delle reti di imprese vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, nonché la possibilità di stipulare convenzioni con l'A.B.I.

In particolare è stata introdotta una agevolazione fiscale per le imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete. In particolare per tali imprese viene previsto un regime di sospensione d’imposta relativamente alla quota degli utili dell'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete. L’importo che non concorre alla formazione del reddito d’impresa non può, comunque, superare il limite di euro 1.000.000. Gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare trovano espressione in bilancio in una corrispondente riserva, di cui viene data informazione in nota integrativa, e sono vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete

In attuazione del citato articolo 42 il Governo ha emanato il decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 25 febbraio 2011, di individuazione dei requisiti degli organismi espressione dell'associazionismo imprenditoriale che asseverano il programma comune di rete, ai sensi del comma 2-quater dell'articolo 42 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 31 marzo 2011, n. 74).

La legge 180/2011 (A.C. 98 ed abbinate) pone tra i principi generali che concorrono a definire lo statuto giuridico delle imprese, la promozione dell'aggregazione tra imprese anche attraverso il sostegno ai distretti e alle reti di imprese.

Si ricorda al riguardo che la Commissione Attività produttive della Camera ha svolto una indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del sistema industriale e manifatturiero italiano in relazione alla crisi dell’economia internazionale, nell’ambito della quale sono state effettuate alcune audizioni dei rappresentanti di distretti produttivi.

 


 

Articolo 66-bis
(
Interventi in favore della sicurezza del turismo montano)

 

 


1. Per l'anno 2013 è istituito il Fondo nazionale integrativo per la sicurezza del turismo in montagna, con una dotazione pari a un milione di euro. Al relativo onere si provvede, per l'anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, relativa al Fondo per interventi strutturali di politica economica, come incrementato dall'articolo 69, comma 1, del presente decreto.

2. All'individuazione dei progetti di cui al comma 3 si provvede, entro il 30 marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Lo schema del decreto è trasmesso alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da esprimere entro trenta giorni dalla trasmissione. Decorso il termine di cui al precedente periodo, il decreto può essere comunque adottato.

3. Il decreto di cui al comma 2 provvede, nei limiti delle disponibilità finanziarie del Fondo di cui al comma 1, al finanziamento, in favore dei comuni montani e degli enti, come individuati dal decreto medesimo, di progetti rientranti tra le seguenti tipologie:

a) sviluppo in sicurezza del turismo montano e degli sport di montagna;

b) tutela e valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi di montagna con riferimento alla manutenzione per la messa in sicurezza degli stessi;

c) potenziamento e valorizzazione del soccorso alpino e speleologico;

d) prevenzione per la sicurezza in montagna in ambiente attrezzato e libero.

4. Il Club alpino italiano, nell'ambito della propria attività istituzionale, può prevedere progetti per la tutela e la valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi presenti sul territorio nazionale, da realizzare anche avvalendosi di finanziamenti assegnati a valere sulle risorse di cui al comma 1.

5. Il Collegio nazionale delle guide alpine italiane e il Collegio nazionale dei maestri di sci, nell'ambito della propria attività istituzionale e tenuto conto della tradizione storica e culturale in campo turistico e montano, possono prevedere progetti per la sicurezza e la prevenzione degli incidenti in montagna, attività propedeutiche di avvicinamento dei giovani alla professione di guida alpina e di maestro di sci, iniziative a supporto della propria attività istituzionale, incentivi per una frequentazione consapevole della montagna e per la realizzazione di attività compatibili con l'ambiente montano, nonché iniziative rivolte alla valorizzazione delle risorse montane.


 

 

L’articolo 66-bis intervenire in tema di sicurezza del turismo montano.

In particolare il comma 1 istituisce il Fondo nazionale integrativo per la sicurezza del turismo in montagna con una dotazione di 1 milione di euro per il 2013; alla copertura del relativo onere si provvede a valere sulle disponibilità del Fondo per interventi strutturali di politica economica (c.d. FISPE).

La formulazione del testo non indica in quale stato di previsione del bilancio dello Stato viene istituito il nuovo Fondo.

Inoltre sembrerebbe che il Fondo sia istituito soltanto per il 2013 (vedi nota infra). Una corretta formulazione del testo avrebbe così disposto: “Nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze é istituito il Fondo nazionale integrativo per la sicurezza del turismo in montagna, con una dotazione per l’anno 2013 pari a un milione di euro”.

Ai sensi del comma 2 i progetti da finanziare sono individuati entro il 31 marzo di ogni anno[269] con decreto del Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa intesa in sede di Conferenza unificata. Lo schema del decreto è trasmesso alle Camere per l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da esprimere entro 30 giorni dalla trasmissione.

La disposizione, trattandosi della ripartizione di un fondo, prevede il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari (cioè le Commissioni bilancio) e non delle Commissioni competenti nella materia del turismo (X Commissione Attività produttive), che invece potrebbero avere competenza ad intervenire in merito alle scelte dei progetti da finanziare.

La disposizione, peraltro, non indica alcuna procedura da seguire per la presentazione di progetti da ammettere all’eventuale finanziamento.

 

Il comma 3 individua letipologie nelle quali i progetti debbono rientrare. Si tratta di:

a)   sviluppo in sicurezza del turismo montano e degli sport di montagna;

b)   tutela e valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi di montagna con riferimento alla manutenzione per la messa in sicurezza degli stessi;

c)   potenziamento e valorizzazione del soccorso alpino e speleologico;

d)   prevenzione per la sicurezza in montagna in ambiente attrezzato e libero.

Si osserva che, mentre per le lettere b) e c) appaiono chiare le competenze in materia attribuite da leggi statali, rispettivamente, al Club alpino italiano e al Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (vedi i relativi box, riportati di seguito), le tipologie indicate alle lettere a) e d) risultano di contenuto assai generico.

 

I finanziamenti possono essere destinati anche al Club alpino italiano per la tutela e la valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi (comma 4).

La disposizione di cui al comma 4 sembra risultare un duplicato di quanto già previsto alla lettera b) del comma 3, poiché, ai sensi dell’articolo 2, lett. b), della legge n. 91 del 1963 il CAI provvede al tracciamento, alla realizzazione e alla manutenzione di sentieri, opere alpine e attrezzature alpinistiche.

 

Infine il Collegio nazionale delle guide alpine italiane e il Collegio nazionale dei maestri di sci possono prevedere progetti per la sicurezza e la prevenzione degli incidenti in montagna, attività propedeutiche di avvicinamento dei giovani alla professione di guida alpina e di maestro di sci, iniziative a supporto della propria attività istituzionale, incentivi per una frequentazione consapevole della montagna e per la realizzazione di attività compatibili con l'ambiente montano, nonché iniziative rivolte alla valorizzazione delle risorse montane (comma 5).

Dalla formulazione sembrerebbe che quanto indicato dal comma 5 debba essere considerato quale ulteriore tipologie da ammettere al finanziamento del Fondo, anche se – a differenza di quanto previsto al comma 4 per la sentieristica CAI – non viene fatto espresso rinvio.

 

 

Il Club alpino italiano (CAI), sorto come libera associazione nel 1863 e riconosciuto come persona giuridica con D.M. 17 settembre 1931, con legge 17 maggio 1938, n. 1072 assunse la denominazione di “Centro alpinistico italiano”. La legge di riordino 26 gennaio 1963, n. 91, ripristinando l’originaria denominazione dell’ente, gli ha attribuito personalità giuridica di diritto pubblico, ponendolo sotto la vigilanza del Ministero per il turismo, ora Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento del turismo, e ne ha rideterminato le funzioni. La legge 20 marzo 1975 n. 70, di riordino degli enti pubblici non economici, ha inserito il CAI nella Tabella V, fra gli enti preposti ad attività sportive, turistiche e del tempo libero. L’ente rientra, peraltro, fra le "associazioni di protezione ambientale a carattere nazionale" previste dall'art. 13 della legge n. 349 del 1986, istitutiva del Ministero dell'ambiente, e dal D.M. 20.2.1987, e in tale veste è membro del Consiglio nazionale dell’ambiente. Il CAI non è annoverato nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate annualmente dall’ISTAT ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009 n. 196 (Legge di contabilità e di finanza pubblica).

Scopi istitutivi dell’ente, secondo l’art. 2 della citata legge n. 91 del 1963, sono quelli di provvedere alla realizzazione, manutenzione e gestione dei rifugi alpini[270], al tracciamento, realizzazione e manutenzione di sentieri e opere alpine, alla organizzazione e diffusione di iniziative alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, alla formazione e all’addestramento di istruttori, alla prevenzione degli infortuni, al soccorso alpino e speleologico, al recupero dei caduti, alla promozione di attività scientifiche e didattiche per la conoscenza dell’ambiente montano, alla promozione di ogni iniziativa volta alla protezione e valorizzazione dell’ambiente montano nazionale.

La sede legale, gli uffici degli Organi centrali e la Direzione generale sono stabiliti a Milano, mentre la sede sociale è a Torino ove si trova anche il Museo della montagna. Il CAI si configura come una struttura complessa costituita dall’Ente centrale dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sul quale la Corte dei conti esercita il proprio controllo, e da strutture territoriali di diritto privato, articolate in sezioni e raggruppamenti regionali, dotate di autonomia patrimoniale e di un proprio ordinamento, che partecipano all’ Assemblea dell’ente mediante propri delegati. Attualmente il CAI consta di 496 sezioni e di 308 sottosezioni. Lo Statuto prevede anche la costituzione di sezioni nazionali, rette da uno specifico ordinamento, fra cui rientrano il Club Alpino Accademico Italiano (C.A.A.I.), l'Associazione Guide Alpine Italiane (AGAI) e il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (C.N.S.A.S.). Il CAI è membro di organismi internazionali quali l'Union Internationale des Associations d'Alpinisme (UIAA) ed è tra i soci fondatori del Club Arc Alpin (CAA), associazione che promuove un alpinismo responsabile di salvaguardia dell'intero arco montano e dell'ecosistema alpino.

Al mese di dicembre 2011 i soci del CAI risultano essere 319.467.

Le funzioni, l’ordinamento e l’organizzazione dell’ente nonché la struttura e l’attività degli organi sono disciplinati dallo statuto. Nel corso del 2010 sono state approvate modifiche statutarie riguardanti, in particolare, la composizione del Collegio dei probiviri (Assemblea straordinaria del 23 maggio) e la riduzione dei componenti del Comitato Direttivo Centrale da sette a cinque, in attuazione del D.L. n. 78 del 2010 (assemblea straordinaria del 19 dicembre 2010).

Il finanziamento da parte dello Stato al CAI, autorizzato dall’articolo 5 della legge n. 91/1963, dall’articolo 1 della legge n. 776/1985 e dall’articolo 2 della legge n. 119/2007, ammontava nel 2010 a 1.145.287 euro. Per effetto delle manovre correttive di finanza pubblica intervenute, il bilancio autonomo di previsione della Presidenza del Consiglio, indica (cap. 865) per il 2012 uno stanziamento pari a 468.116 euro.

 

 

Il Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano (CAI) svolge dal 1954 la sua istituzionale missione nel portare soccorso in montagna, in grotta e in ambienti ostili, quali forre o zone difficilmente raggiungibili con i normali mezzi. La professionalità raggiunta in questi anni è comprovata da oltre 100.000 soccorsi portati a termine con riconoscimenti in Italia e all’estero, non per ultima la Medaglia d’oro al merito civile conferita al Corpo dal Ministro dell’interno il 26 novembre 2010.

Il CNSAS è una sezione nazionale del CAI ed é composto da circa 7.500 tecnici, tutti soci CAI volontari, che operano prevalentemente lungo l'arco alpino e la dorsale appenninica, con un ricambio annuale di 400-500 unità. Il Corpo opera nell’ambito del “sistema sanitario 118” e fa parte della Protezione civile.

La struttura territoriale si compone di 21 Servizi regionali, 33 Zone alpine con 232 Stazioni e 16 Zone speleologiche con 29 Stazioni di soccorso.

L'attività addestrativa si svolge seguendo programmi consolidati messi a punto dalle Scuole nazionali alle quali è demandata la formazione dei vari operatori tecnici.

Nel 2011 sono stati compiuti 8.299 interventi, soccorrendo 8.751 persone ed impegnando 36.517 volontari CNSAS.

Si è fatto ricorso all’impiego dell'elicottero in circa 3.831 interventi; nella maggioranza dei casi si è trattato di mezzi del Sistema Sanitario Nazionale (118), presso le cui basi di elisoccorso dell’arco alpino è sempre presente un tecnico del soccorso alpino (nel periodo invernale anche una unità cinofila da ricerca in valanga).

Circa il 92% delle persone soccorse non era socio del CAI.

 

Nel bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri le risorse destinate al CNSAS sono allocate su due capitoli in base alle seguenti disposizioni legislative:

-      cap. 866: Contributo annuo al Club alpino italiano per l’assicurazione dei volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico e per la realizzazione e gestione di un centro di coordinamento dell’attività del Corpo stesso (legge n. 162/1992, art. 3 e Legge n. 74/2001, art. 8). La quota destinata al pagamento del premio per l’assicurazione risulta essere pari a 2/3 dello stanziamento;

-      cap. 867: Contributo annuo a favore del Club alpino italiano per le attività del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (legge n. 162/1992, art. 5; legge n. 388/2000, art. 145, co. 17; legge 119/2007, art. 1).

 

Il contributo annuo a carico dello Stato, previsto originariamente dall'articolo 3 della legge 18 febbraio 1992, n. 162 nella misura di 600 milioni di lire annui (circa 310.000 euro), destinato al pagamento dei premi per l'assicurazione dei volontari del CNSAS che siano impegnati nelle operazioni di soccorso o nelle esercitazioni è stato oggetto delle riduzioni disposte delle manovre correttive di finanza pubblica; contestualmente l’ammontare del premio da pagare per l’assicurazione è notevolmente aumentato a seguito degli incidenti occorsi nel 2009, che hanno registrato il decesso di 8 soccorritori CNSAS, di cui 4 membri nella caduta dell’elicottero Falco 1 a Cortina d’Ampezzo (mese di agosto), di altri 4 soccorritori nell’operazione di soccorso post-valanga in Val di Fassa (mese di dicembre) e, da ultimo, nell’agosto 2011 di due soccorritori della stazione CNSAS di San Vito di Cadore sul monte Pelmo durante un intervento di soccorso.

Conseguentemente con il D.L. 195/2009, all’art. 5-bis, co. 4, è stata autorizzata una integrazione di 250.000 euro per il 2010, estesa anche al 2012 dall’articolo 15, commi da 3-bis a 3-quater, del D.L. n. 216 del 2011.

Per l’esercizio 2012 la dotazione complessiva del cap. 866 è indicata (DPCM 20 dicembre 2011 - S.O. alla G.U. n. 4 del 5 gennaio 2012) in complessivi 156.118 euro (di cui 2/3 - poco più di 104.079 euro - destinati all’assicurazione, ai quali vanno aggiunti i 250.000 euro di integrazione.

 

Nel bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio per il 2012 (DPCM 20 dicembre 2011) il contributo per le attività del CNSAS (cap. 867) figura con una dotazione di 230.275 euro (nel conto consuntivo 2011 ammontava a 1.022.523 euro): si è trattato di un errore tecnico in quanto sono state considerate soltanto le risorse autorizzate dalla legge n. 119 del 2007, e non anche le due precedenti autorizzazioni di spesa (da considerare, al netto dei tagli lineari disposti dalle manovre, poco oltre 350.000 euro).

Nel corso dell’esercizio con DM Turismo 3 agosto 2012 lo stanziamento del cap. 867 è stato integrato di 300.000 euro, unitamente a incrementi del cap. 865 (100.000 euro) e del cap. 866 (200.000 euro).

 

 

Il Collegio nazionale delle guide alpine italiane-maestri di alpinismo e degli aspiranti guida è l’organo giuridico di coordinamento dei Collegi regionali e provinciali costituiti in base alla legge n. 6 del 2 gennaio 1989, recante “Ordinamento della professione di guida alpina”.

Il Collegio nazionale, come organismo di coordinamento dei collegi regionali ha un direttivo formato dai presidenti di tutti i collegi regionali e degli analoghi organismi costituiti nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome dotate di competenza legislativa primaria in materia di ordinamento delle professioni alpine, nonché da un eguale numero di altri membri eletti direttamente da tutte le guide alpine-maestri di alpinismo e gli aspiranti guida iscritti negli albi professionali, scelti per almeno tre quarti fra gli iscritti negli albi delle guide alpine-maestri di alpinismo. Le elezioni sono indette ogni tre anni dal direttivo uscente al quale spetta altresì stabilire ogni norma necessaria per lo svolgimento delle elezioni medesime. Fanno parte di diritto del direttivo il presidente generale del Club alpino italiano e il presidente della commissione tecnica nazionale formata dai presidenti delle commissioni tecniche regionali. Il direttivo elegge il proprio presidente, scegliendolo fra gli iscritti agli albi delle guide alpine-maestri di alpinismo componenti il direttivo medesimo. La vigilanza sul collegio nazionale delle guide è esercitata dal Ministro del turismo e dello spettacolo.

Spetta al Collegio nazionale elaborare le norme della deontologia professionale, decidere sui ricorsi contro i provvedimenti disciplinari adottati dai collegi regionali e definire i programmi dei corsi e i criteri per le prove di esame, nonché organizzare i corsi per l’abilitazione tecnica all’esercizio della professione e collaborare con le autorità statali e regionali sulle questioni riguardanti l’ordinamento della professione.

Le guide alpine, gli accompagnatori di media montagna e le guide vulcanologiche operanti in Italia sono 1.750.

 

Analogamente alle guide alpine, Il Collegio Nazionale dei maestri di sci è l’organo giuridico di coordinamento dei Collegi regionali costituiti in base all’articolo 15 della legge n. 81 dell’8 marzo 1991, “Legge-quadro per la professione di maestro di sci”.

Il collegio nazionale dei maestri di sci, retto da un direttivo formato dai presidenti di tutti i collegi regionali, nonché da un eguale numero di maestri di sci direttamente eletti dalle assemblee dei collegi regionali. I membri del collegio nazionale durano in carica quattro anni e sono rieleggibili. La vigilanza sul collegio nazionale dei maestri di sci è esercitata dal Ministero del turismo e dello spettacolo.

Spetta al collegio nazionale dei maestri di sci:

a) elaborare le norme della deontologia professionale;

b) decidere sui ricorsi contro i provvedimenti disciplinari adottati dai collegi regionali;

c) coordinare l'attività dei collegi regionali dei maestri di sci;

d) definire, in accordo con la Federazione italiana sport invernali, i criteri per i corsi tecnico-didattici e per le prove di esame;

e) mantenere i rapporti con gli organismi e le associazioni rappresentative dei maestri di sci e di altre categorie professionali, in Italia e all'estero;

f) collaborare con le autorità statali e regionali nelle questioni riguardanti l'ordinamento della professione;

g) stabilire la quota del contributo a carico degli iscritti agli albi professionali da devolvere a favore del collegio nazionale per le attività di sua competenza.

I maestri di sci sono 14.000, di cui 10.000 lavorano per 120 giorni all’anno; le scuole di sci in Italia sono 373.

 


 

Articolo 67, commi 1-5
(
Fondazione di Studi Universitari e di Perfezionamento sul Turismo)

 

 


1. È istituita la Fondazione di Studi Universitari e di Perfezionamento sul Turismo, avente sede in una delle Regioni di cui all'obiettivo Convergenza individuata dallo Statuto.

2. La Fondazione provvede alla progettazione, predisposizione e attuazione di corsi di formazione superiore e di formazione continua, anche tramite terzi, volti allo sviluppo di competenze imprenditoriali, manageriali e politico-amministrativo per il settore turistico. La Fondazione opera prioritariamente in collaborazione con le Università degli Studi individuate dallo Statuto.

3. La Fondazione svolge altresì attività di ricerca applicata sulle tematiche di cui al comma precedente e può avviare attività di promozione e sviluppo dell'imprenditorialità nel settore turistico.

4. In prima applicazione, lo Statuto della Fondazione è adottato con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'Università e della Ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro degli Affari Regionali, il Turismo e lo Sport entro 60 giorni dall'entrata in vigore del presente decreto.

5. Le attività di cui ai precedenti commi sono realizzate nel limite di spesa di euro 2 milioni per gli anni 2012/2013/2014, e comunque nell'ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e finalizzate al settore del turismo, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

L’articolo 67 dispone, innanzitutto, l’istituzione, in una delle regioni dell’obiettivo Convergenza, di una Fondazione di Studi universitari e di perfezionamento sul turismo, volta - in base alla relazione illustrativa (A.C. 5312) - a contribuire al superamento di specifiche criticità dell’impianto formativo di settore.

Durante l’esame parlamentare sono state inserite ulteriori disposizioni, recanti oggetti diversi rispetto a quello indicato nella rubrica.

 

Alla Fondazione di Studi universitari e di perfezionamento sul turismo sono dedicati i commi da 1 a 5.

In particolare, il comma 1 dispone chela regione in cui la Fondazione è istituita(tra Calabria, Puglia, Sicilia e Campania, regioni dell’obiettivo Convergenza)è individuata dallo Statuto che,in base al comma 4, doveva essere adottato, in sede di prima applicazione, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro degli affari regionali, turismo e sport, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (dunque, entro il 21 agosto 2012).

Nella relazione illustrativa era specificato che lo Statuto della Fondazione disciplinerà scopo, attività, organi e modalità di funzionamento della stessa[271].

 

Non è stato indicato il soggetto fondatore, né chi può partecipare alla Fondazione, né la sua natura[272].

 

La relazione illustrativa sottolineava che il tentativo di avviare la realizzazione di un centro internazionale di alta formazione in turismo, da collocare preferibilmente nel Mezzogiorno d’Italia, era stato compiuto già a partire dagli anni ’90, anche considerate le potenzialità di crescita del settore[273]. Faceva presente, inoltre, che l’offerta formativa oggi in Italia si struttura in corsi avviati all’interno di classi di laurea fra loro anche molto diverse, che hanno determinato percorsi di studio non omogenei e di cui non è agevole la comparazione, con una conseguente duplice criticità: da una parte, di orientamento per gli studenti al momento della scelta del percorso di laurea[274] e, dall’altra, di selezione da parte degli operatori al momento della scelta dei candidati per determinate posizioni professionali nel settore. Ciò ha determinato pertanto uno “scollamento” tra percorsi formativi e mercato del lavoro ed una minore competitività dell’Italia nel settore del turismo, se comparato con quello di altri Paesi.

 

Gli ambiti di operatività della Fondazione sono individuati nei commi 2 e 3. Essa:

§      provvede alla progettazione, predisposizione e attuazione di corsi di formazione superiore e di formazione continua, anche tramite terzi, volti allo sviluppo di competenze imprenditoriali, manageriali e politico-amministrativo per il settore turistico, operando prioritariamente in collaborazione con le Università individuate dallo Statuto (nonché, in base alla relazione illustrativa, con altri interlocutori del mondo imprenditoriale[275]);

§      svolge attività di ricerca applicata sulle medesime tematiche e può avviare attività di promozione e sviluppo dell'imprenditorialità nel settore turistico[276].

La relazione illustrativa evidenziava, in particolare, che “la Fondazione deve qualificarsi come nodo di raccordo e ponte tra Istituti Superiori di eccellenza per il Turismo ed il mondo imprenditoriale, nonché promuovere l‘interscambio culturale e produttivo con il settore pubblico del comparto. A tal fine, nell‘offerta formativa è da prevedere l‘attivazione di specifici corsi di aggiornamento con scambio di esperienze e reciproci stage formativi tra il settore pubblico ed il settore privato, volti a favorire l‘acquisizione di conoscenze comuni per la conseguente riqualificazione del prodotto turistico nazionale e la costruzione di una consapevole cultura dell‘accoglienza, al passo con le rinnovate istanze dei turisti consumatori anche stranieri”.

Al riguardo, si ricorda che percorsi finalizzati alla formazione turistica sono stati attivati nell’ambito degli Istituti tecnici superiori - area delle “Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali - avviati nello scorso autunno.

 

In relazione ad alcuni degli ambiti di operatività della Fondazione, sembra, dunque, che essa costituisca una nuova tipologia di soggetto formativo che, in base alla relazione tecnica, accederà alle risorse finanziarie per il sistema universitario (v. infra).

 

Non sono stati indicati i titoli di studio necessari per l’accesso ai corsi della Fondazione e che tipo di titoli/certificazioni/attestazioni la stessa potrà rilasciare, anche in rapporto ai titoli di studio rilasciati dai corsi attivati dalle università[277].

 

Il comma 5 stabilisce, infine, che le attività indicate sono realizzate nel limite di spesa di 2 milioni di euro per gli anni 2012, 2013 e 2014 e, comunque, nell’ambito delle risorse effettivamente disponibili sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri finalizzate al settore del turismo. Da tali attività non devono comunque derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Al riguardo, la relazione tecnica(A.C. 5312)specificava che le risorse trovano copertura su alcuni capitoli del Centro di responsabilità n. 17 “Sviluppo e competitività del turismo”. In particolare:

 

 

 

 

2012

2013

2014

Cap. 796

1.319.000

1.205.000

1.327.000

Cap. 805

524.000

638.000

516.000

Cap. 868

157.000[278]

157.000[279]

157.000[280]

 

 

Evidenziava, inoltre, che per il funzionamento futuro lo Statuto potrà prevedere che la Fondazione, oltre a poter cercare contributi pubblici di regioni ed enti locali per specifici progetti formativi, possa stabilire accordi con il mondo imprenditoriale per l’attivazione dei corsi che lo stesso riterrà prioritari rispetto al proprio fabbisogno formativo.

Concludeva evidenziando che, in ogni caso, la Fondazione, quale istituzione universitaria, potrà accedere, con invarianza della spesa complessiva, ai fondi previsti dall’art. 5 della L. 537/1993 (dunque, FFO, fondo per l'edilizia universitaria e per le grandi attrezzature scientifiche, fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario).

 


 

Articolo 67, comma 5-bis
(
Finanziamento di grandi eventi sportivi di rilevanza mondiale)

 

 


5-bis. Una quota pari a 10 milioni di euro del Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, di cui all'articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, iscritta, come residui di stanziamento, nel conto residui del capitolo 7536 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, è destinata, per l'esercizio finanziario 2012, al Comitato olimpico nazionale italiano, al fine della successiva riassegnazione alle federazioni sportive interessate, per lo svolgimento nel territorio nazionale di grandi eventi sportivi di rilevanza mondiale.


 

 

Il comma 5-bis dell’articolo 67 destina al CONI, per il 2012, 10 milioni di euro per lo svolgimento nel territorio nazionale di grandi eventi sportivi di rilevanza mondiale.

Si tratta di una quota del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, di cui all’articolo 13, co. 3-quater, del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), iscritta in bilancio a titolo di residui di stanziamento nello stato di previsione del MEF (cap. 7536 conto residui).

La quota è riassegnata dal CONI alle federazioni sportive interessate, per la finalità indicata.

 

Al riguardo si ricorda, per connessione, che l’art. 1, co. 1291, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) ha istituitopresso la Presidenza del Consiglio dei ministri il “Fondo per gli eventi sportivi di rilevanza internazionale”, destinato al potenziamento degli impianti sportivi ed alla promozione e realizzazione di interventi per gli eventi di rilevanza internazionale, (tra cui, in particolare, la partecipazione dell’Italia ai Giochi olimpici di Pechino 2008) assegnando, per l’anno 2007, la somma di 33 milioni di euro[281].

La dotazione del Fondo è stata poi incrementata dall’art. 2, co. 566 e 567, della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007). In particolare:

-          il co. 566 ha assegnato al Fondo 10 milioni di euro, per l’anno 2008;

-          il co. 567 ha incrementato il Fondo di ulteriori 3 milioni di euro, per ciascuno degli esercizi finanziari 2008, 2009 e 2010, finalizzando lo stanziamento alla promozione e realizzazione dei Campionati mondiali maschili di pallavolo del 2010.

Successivamente, l’art. 5, c. 1, del D.L. 93/2008 (L. 126/2008) ha disposto la riduzione dell’autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro per il 2008 prevista a favore del Fondo dal co. 566 della legge finanziaria 2008.

Da ultimo, l’art. 23, co. 21-bis, del D.L. 78/2009 (L. 102/2009) ha incrementato il Fondo di 10 milioni di euro per il 2010[282].

 

Per quanto riguarda il Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, si ricorda che esso è stato istituito dall’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112/2008[283], presso il Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 7536). Il Fondo, dotato originariamente di 60 milioni di euro per il 2009 e di 30 milioni per ciascun anno del biennio 2010-2011, è destinato alla concessione di contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori finalizzati al risanamento ed al recupero dell’ambiente e allo sviluppo economico dei territori stessi.

Il Fondo è stato successivamente rifinanziato da una serie di disposizioni legislative. Per gli anni 2011 e 2012, il rifinanziamento delle finalità del Fondo è posto a valere sulle risorse del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili[284], nell’ambito del quale è stata prevista una apposita riserva, da destinate ad analoghe finalità di riequilibrio socio-economicoe di sviluppo dei territori.

Alla ripartizione delle risorse e all’individuazione degli enti beneficiari del Fondo è previsto si provveda con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato in coerenza con un apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.

 


 

Articolo 67, comma 5-ter
(Celebrazioni per il s
ettimo centenario della nascita di Boccaccio)

 

 


5-ter. Al fine di consentire la promozione e lo svolgimento di iniziative per la celebrazione e la commemorazione di Giovanni Boccaccio nel settimo centenario dalla sua nascita, è assegnato, per l'anno 2013, un contributo di 100.000 euro al comune di Certaldo. Al relativo onere, pari a 100.000 euro per l'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione della proiezione, per l'anno 2013, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.


 

 

Il comma 5-ter dell’articolo 67 assegna al Comune di Certaldo (FI) un contributo di 100.000 euro per l’anno 2013, al fine di consentire la promozione e lo svolgimento di iniziative per la celebrazione e la commemorazione di Giovanni Boccaccio nel settimo centenario dalla sua nascita.

Al relativo onere si provvede mediante riduzione della proiezione, per il 2013, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell’ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” dello stato di previsione del MEF per il 2012, utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

 

Al riguardo, si ricorda che la legge n. 420 del 1997 ha inteso ricondurre ad unità, attraverso un unico provvedimento a cadenza annuale, l’intervento statale a favore di Comitati per lo svolgimento di celebrazioni e manifestazioni culturali di particolare rilevanza(nonché di Edizioni nazionali).

A questo fine la legge ha previsto l’istituzione, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, di un organismo tecnico, la “Consulta dei Comitati nazionali e delle Edizioni nazionali”, al quale ha affidato il compito di deliberare, per quanto qui interessa, sulla costituzione e l’organizzazione dei Comitati nazionali (le relative richieste sono presentate da enti locali, enti pubblici, istituzioni culturali o comitati promotori, nonché da amministrazioni dello Stato[285]) nonché sull’accesso al contributo finanziario statale e sulla misura dello stesso. In base al dettato normativo, la Consulta predispone con cadenza annuale un elenco dei Comitati ammessi al finanziamento, che viene emanato, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali[286].

 


 

Articolo 67, comma 5-quater
(Imposta erariale sui voli dei passeggeri di aerotaxi)

 

 


5-quater. All'articolo 16 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 10-bis è sostituito dal seguente:

«10-bis. È istituita l'imposta erariale sui voli dei passeggeri di aerotaxi. L'imposta è applicata anche sui voli taxi effettuati tramite elicottero. L'imposta è a carico del passeggero ed è versata dal vettore. L'imposta, dovuta per ciascun passeggero e all'effettuazione di ciascuna tratta, è fissata in misura pari a:

a) euro 10 in caso di tragitto non superiore a 100 chilometri;

b) euro 100 in caso di tragitto superiore a 100 chilometri e non superiore a 1.500 chilometri;

c) euro 200 in caso di tragitto superiore a 1.500 chilometri»;

b) al comma 11, lettera a), il numero 7) è sostituito dal seguente:

«7) oltre 10.000 kg: euro 7,60 al kg;».


 

 

Il comma 5-quater dell’articolo 67 modifica la disciplina dell’imposta erariale sui voli dei passeggeri in aerotaxi.

Il comma 10-bis del D.L. n. 201 del 2011 - introdotto dall’articolo 3-sexies,comma 1, lettera a), del D.L. n. 16/2012 - ha istituito l'imposta erariale sui voli dei passeggeri di aerotaxi. L'imposta, dovuta per ciascun passeggero e all'effettuazione di ciascuna tratta, è fissata in misura pari a euro 100 in caso di tragitto non superiore a 1.500 chilometri e a euro 200 in caso di tragitto superiore a 1.500 chilometri. L'imposta è a carico del passeggero ed è versata dal vettore.

Con il presente comma 5-quater l’imposta viene estesa anche al servizio taxi effettuato tramite elicottero, precisando che essa è dovuta per ciascun passeggero e all’effettuazione di ciascuna tratta.

In luogo delle precedenti misure d’imposta (100 euro in caso di tragitto non superiore a 1.500 chilometri e 200 in caso di tragitto superiore a 1.500 chilometri), si prevede una differenziazione più articolata del quantum dovuto in base alla lunghezza del tragitto, con le seguenti modalità:

§      10 euro per tragitti non superiori a 100 km;

§      100 euro per tragitti superiori a 100 km e non superiore a 1.500 km;

§      200 euro in caso di tragitto superiore a 1.500 km.

In sostanza per le tratte inferiori ai 100 km si prevede una imposta di soli 10 euro, in luogo dei 100 euro precedenti.

Viene altresì modificata l'imposta erariale sugli aeromobili privati, innalzando da 7,55 euro al kg a 7,60 euro al kg la misura dell’imposta dovuta per gli aerei di peso superiore a 10.000 kg.

 


 

Articolo 67-bis
(
Chiusura dello stato di emergenza)

 


1. Lo stato di emergenza dichiarato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 aprile 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 81 del 7 aprile 2009, a causa degli eventi sismici che hanno interessato la provincia dell'Aquila e gli altri comuni della regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009, già prorogato con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri 17 dicembre 2010 e 4 dicembre 2011, pubblicati nelle Gazzette Ufficiali n. 1 del 3 gennaio 2011 e n. 290 del 14 dicembre 2011, cessa il 31 agosto 2012.

2. Continuano ad operare sino alla data del 15 settembre 2012, al solo fine di consentire il passaggio delle consegne alle amministrazioni competenti in via ordinaria, il Commissario delegato ovvero la Struttura di missione per le attività espropriative per la ricostruzione, tutti gli uffici, le strutture, le commissioni e qualsiasi altro organismo costituito o comunque posto a supporto del Commissario delegato.

3. In ragione della necessità di procedere celermente nelle azioni di sostegno alla ricostruzione dei territori, nonché di assicurare senza soluzione di continuità l'assistenza alle popolazioni colpite dal sisma, il personale con contratti di lavoro a tempo determinato o comunque flessibile in servizio presso i comuni, le province e la regione Abruzzo, assunto sulla base delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate in attuazione del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, continua ad operare, fino al 31 dicembre 2012, presso le medesime amministrazioni. Con decreto del Capo del Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il personale non apicale in servizio presso l'Ufficio coordinamento ricostruzione, presso il Commissario delegato e presso l'Ufficio del soggetto attuatore per le macerie e la Struttura di missione per le attività espropriative per la ricostruzione è provvisoriamente assegnato dal 16 settembre 2012 al 31 dicembre 2012 agli enti locali, alla regione e alle amministrazioni statali impegnate nella ricostruzione. Agli oneri relativi al personale di cui al presente comma si provvede con le risorse e nei limiti già autorizzati dall'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 marzo 2012, n. 4013.

4. Il Commissario delegato per la ricostruzione fornisce al Presidente del Consiglio dei Ministri, entro il 15 settembre 2012, una relazione dettagliata sullo stato degli interventi realizzati e in corso di realizzazione e sulla situazione contabile nonché una ricognizione del personale ancora impiegato, ad ogni titolo, nell'emergenza e nella ricostruzione. Entro i successivi quindici giorni, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono disciplinati i rapporti derivanti da contratti stipulati dal Commissario delegato per la ricostruzione, dall'Ufficio coordinamento ricostruzione e da ogni altro organismo di cui al comma 2 nonché le modalità per consentire l'ultimazione di attività per il superamento dell'emergenza per le quali il Commissario delegato per la ricostruzione ha già presentato, alla data del 30 giugno 2012, formale richiesta al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri e per il completamento di interventi urgenti di ricostruzione già oggetto di decreti commissariali emanati.

5. Entro il 30 settembre 2012 le residue disponibilità della contabilità speciale intestata al Commissario delegato per la ricostruzione sono versate ai comuni, alle province e agli enti attuatori interessati, in relazione alle attribuzioni di loro competenza, per le quote stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per la coesione territoriale. Le spese sostenute a valere sulle risorse eventualmente trasferite sono escluse dai vincoli del patto di stabilità interno. Con il medesimo decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze, anche nelle more dell'adozione dei provvedimenti attuativi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, disciplina le modalità per il monitoraggio finanziario, fisico e procedurale degli interventi di ricostruzione e per l'invio dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni. Le disposizioni del decreto legislativo n. 229 del 2011 e dei relativi provvedimenti attuativi si applicano ove compatibili con le disposizioni del presente articolo e degli articoli da 67-ter a 67-sexies.


 

 

Il Capo X-bis è stato introdotto nel corso dell'esame parlamentare e reca numerosi articoli aggiuntivi volti alla chiusura dell’emergenza nella regione Abruzzo a seguito del sisma del 6 aprile 2009 ed all’avvio della ricostruzione post sismica.

Nello specifico l’articolo 67-bis disciplina la fase della cessazione dello stato di emergenza dichiarato a seguito degli eventi sismici in Abruzzo del 6 aprile 2009, che viene anticipata al 31 agosto 2012, anziché al 31 dicembre 2012 come previsto da ultimo dal D.P.C.M. 4 dicembre 2011 (comma 1).

Fino al 15 settembre 2012 continuano ad operare: il Commissario delegato, la Struttura di missione per le attività espropriative ed altri organismi costituiti a supporto del Commissario delegato per la ricostruzione, ai fini del trasferimento, da tale data, delle funzioni alle amministrazioni competenti in via ordinaria: regione, province e comuni del cratere (comma 2).

 

Si ricorda che ai sensi dell'art. 4, comma 2, del decreto-legge n. 39 del 2009[287], il Presidente della regione Abruzzo ha assunto le funzioni di Commissario delegato per la ricostruzione operando con i poteri e le deroghe di cui alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate per superare il contesto emergenziale e prosegue gli interventi di primo soccorso e di assistenza in favore delle popolazioni colpite dai medesimi eventi, ad esclusione degli interventi per il completamento del progetto C.A.S.E. e dei moduli abitativi provvisori (MAP) e scolastici (MUSP).

Riguardo alla Struttura di missione per le attività espropriative si ricorda che l’art. 4 dell’ OPCM 3898/2010, al fine di consentire la gestione delle procedure amministrative connesse alle occupazioni d’urgenza e le espropriazioni finalizzate alla realizzazione di moduli abitativi di durevole utilizzazione nonché di quelli provvisori, anche ad uso scolastico, ha autorizzato il Capo del Dipartimento della protezione civile ad istituire, sino al termine dello stato di emergenza, una apposita Struttura di missione, con sede a L’Aquila. Riguardo poi agli altri uffici e strutture si ricorda, in relazione all’Ufficio Coordinamento Ricostruzione - UCR , che l'OPCM n. 4013/2012 ha stabilito, all’art. 1, comma 1, che “…la Struttura operativa istituita ai sensi dell’art. 1 comma 4, dell’OPCM n. 3833/2009, denominata Struttura per la Gestione dell’Emergenza – SGE è soppressa alla data del 31 marzo 2012”. Le funzioni ancora esercitate dalla struttura di cui al comma 1, nonché le risorse strumentali e finanziarie sono trasferite alla Struttura tecnica di missione istituita ai sensi dell’art. 3 dell’OPCM n. 3833/2009 che assume la denominazione di ‘Ufficio Coordinamento Ricostruzione - UCR’.

Da ultimo, il Soggetto attuatore per la rimozione delle macerie, previsto dall'art. 2 dell’OPCM n. 3923/2011, è nominato dal Commissario delegato per l'attuazione e il coordinamento delle attività di selezione, cernita e rimozione delle macerie. La stessa OPCM dispone in merito alla dotazione di personale e di fondi della struttura.

Fino al 31 dicembre 2012 continua ad operare presso i comuni, le province e la regione Abruzzo il personale assunto con contratti a tempo determinato o flessibile con le ordinanze adottate durante la fase emergenziale. Con decreto del Capo del Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali della Presidenza del Consiglio dei ministri il personale non apicale in servizio presso l’Ufficio coordinamento ricostruzione (UCR) e presso il Commissario delegato, nonché presso l’Ufficio del soggetto attuatore per le macerie e la Struttura di missione per le attività espropriative, è provvisoriamente assegnato fino al 31 dicembre 2012 agli enti locali, alla regione e alle amministrazioni statali impegnate nella ricostruzione. Agli oneri relativi al personale si provvede con le risorse previste nell'OPCM n. 4013 del 23 marzo 2012 (comma 3).

 

Si ricorda che l'OPCM n. 4013/2012, in merito alle risorse da utilizzare, richiama quanto previsto dall'art. 14, comma 1, del citato decreto-legge n. 39, ove si prevede che il CIPE assegni al finanziamento degli interventi di ricostruzione e alle altre misure previste dal decreto-legge stesso, nell'ambito della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) per il periodo di programmazione 2007-2013: un importo non inferiore a 2 miliardi di euro e non superiore a 4 miliardi di euro a valere sulle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, che sarà ripartito dal CIPE in quote annuali.

 

Entro il 15 settembre 2012 il Commissario delegato fornisce una relazione al Presidente del Consiglio sullo stato della ricostruzione per poter procedere, entro i successivi quindici giorni, mediante apposito DPCM, alla definizione dei rapporti contrattuali ancora pendenti, nonché delle modalità per il superamento dell’emergenza e per il completamento di interventi di ricostruzione già oggetto di decreti commissariali emanati (comma 4).

Entro il 30 settembre 2012 dovranno essere trasferite a comuni, province ed enti attuatori le residue disponibilità della contabilità speciale intestata al Commissario delegato. Si prevede inoltre che le spese sostenute a valere sulle risorse eventualmente trasferite sono escluse dai vincoli del patto di stabilità interno. Si demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, su proposta del Ministro per la coesione territoriale la fissazione delle quote da versare ai comuni, alle province e agli enti attuatori nonché la disciplina le modalità per il monitoraggio finanziario, fisico e procedurale degli interventi di ricostruzione e per l'invio dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze (comma 5).


 

Articolo 67-ter
(
Gestione ordinaria della ricostruzione)

 


1. A decorrere dal 16 settembre 2012, la ricostruzione e ogni intervento necessario per favorire e garantire il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009 sono gestiti sulla base del riparto di competenze previsto dagli articoli 114 e seguenti della Costituzione, in maniera da assicurare prioritariamente il completo rientro a casa degli aventi diritto, il ripristino delle funzioni e dei servizi pubblici, l'attrattività e lo sviluppo economico-sociale dei territori interessati, con particolare riguardo al centro storico monumentale della città dell'Aquila.

2. Per i fini di cui al comma 1 e per contemperare gli interessi delle popolazioni colpite dal sisma con l'interesse al corretto utilizzo delle risorse pubbliche, in considerazione della particolare configurazione del territorio, sono istituiti due Uffici speciali per la ricostruzione, uno competente sulla città dell'Aquila e uno competente sui restanti comuni del cratere. Tali Uffici forniscono l'assistenza tecnica alla ricostruzione pubblica e privata e ne promuovono la qualità, effettuano il monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi e curano la trasmissione dei relativi dati al Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, garantendo gli standard informativi definiti dal decreto ministeriale di cui all'articolo 67-bis, comma 5, del presente decreto, assicurano nei propri siti internet istituzionali un'informazione trasparente sull'utilizzo dei fondi ed eseguono il controllo dei processi di ricostruzione e di sviluppo dei territori, con particolare riferimento ai profili della coerenza e della conformità urbanistica ed edilizia delle opere eseguite rispetto al progetto approvato attraverso controlli puntuali in corso d'opera, nonché della congruità tecnica ed economica. Gli Uffici curano, altresì, l'istruttoria finalizzata all'esame delle richieste di contributo per la ricostruzione degli immobili privati, anche mediante l'istituzione di una commissione per i pareri, alla quale partecipano i soggetti pubblici coinvolti nel procedimento amministrativo.

3. L'Ufficio speciale per i comuni del cratere, costituito dai comuni interessati con sede in uno di essi, ai sensi dell'articolo 30, commi 3 e 4, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, previa intesa con il Ministro per la coesione territoriale, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il presidente della regione Abruzzo, con i presidenti delle province dell'Aquila, di Pescara e di Teramo e con un coordinatore individuato dai 56 comuni del cratere, coordina gli otto uffici territoriali delle aree omogenee di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 marzo 2012, n. 4013. L'Ufficio speciale per la città dell'Aquila è costituito dal comune dell'Aquila, previa intesa con il Ministro per la coesione territoriale, con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il presidente della regione Abruzzo e con il presidente della provincia dell'Aquila. Nell'ambito delle citate intese, da concludere entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono determinati l'organizzazione, la struttura, la durata, i rapporti con i livelli istituzionali centrali, regionali e locali, gli specifici requisiti e le modalità di selezione dei titolari, la dotazione di risorse strumentali e umane degli Uffici speciali, nel limite massimo di 50 unità, di cui, per un triennio, nel limite massimo di 25 unità a tempo determinato, per ciascun Ufficio. A ciascuno dei titolari degli Uffici speciali con rapporto a tempo pieno ed esclusivo è attribuito un trattamento economico onnicomprensivo non superiore a 200.000 euro annui, al lordo degli oneri a carico dell'amministrazione.

4. Il Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali della Presidenza del Consiglio dei Ministri coordina le amministrazioni centrali interessate nei processi di ricostruzione e di sviluppo al fine di indirizzare e dare impulso, d'intesa con la regione Abruzzo e gli enti locali, agli Uffici speciali di cui al comma 2, in partenariato con le associazioni e con le organizzazioni di categoria presenti nel territorio.

5. Al fine di fronteggiare la ricostruzione conseguente agli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009, il comune dell'Aquila e i comuni del cratere sono autorizzati, in deroga a quanto previsto dall'articolo 76, commi 4 e 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, ad assumere a tempo indeterminato, a decorrere dall'anno 2013, complessivamente 200 unità di personale, previo esperimento di procedure selettive pubbliche, di cui fino a 128 unità assegnate al comune dell'Aquila e fino a 72 unità assegnate alle aree omogenee. In considerazione delle suddette assegnazioni di personale è incrementata temporaneamente nella misura corrispondente la pianta organica dei comuni interessati. Dal 2021 il personale eventualmente risultante in soprannumero è assorbito secondo le ordinarie procedure vigenti.

6. Al fine di fronteggiare la ricostruzione conseguente agli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo il giorno 6 aprile 2009, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti è autorizzato, in deroga a quanto previsto dall'articolo 3, comma 102, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, ad assumere a tempo indeterminato, a decorrere dall'anno 2013, fino a 100 unità di personale, previo esperimento di procedure selettive pubbliche. Tale personale è temporaneamente assegnato fino a 50 unità agli Uffici speciali di cui al comma 2, fino a 40 unità alle province interessate e fino a 10 unità alla regione Abruzzo. Alla cessazione delle esigenze della ricostruzione e dello sviluppo del territorio coinvolto nel sisma del 6 aprile 2009, tale personale è assegnato al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per finalità connesse a calamità e ricostruzione, secondo quanto disposto con apposito regolamento ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. In considerazione delle suddette assunzioni di personale è corrispondentemente incrementata la dotazione organica del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. È fatto comunque salvo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95.

7. Le procedure concorsuali di cui ai commi 5 e 6 sono bandite e gestite dalla Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994, su delega delle amministrazioni interessate. La Commissione giudicatrice è designata dal Presidente del Consiglio dei Ministri.

8. Nell'ambito delle intese di cui al comma 3 sono definiti, sentito il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, le categorie e i profili professionali dei contingenti di personale di cui ai commi 5 e 6, i requisiti per l'ammissione alle procedure concorsuali, la possibilità di una quota di riserva, in misura non superiore al 50 per cento dei posti banditi, a favore del personale che abbia maturato un'esperienza professionale di almeno un anno, nell'ambito dei processi di ricostruzione, presso la regione, le strutture commissariali, le province interessate, il comune dell'Aquila e i comuni del cratere a seguito di formale contratto di lavoro, nonché le modalità di assegnazione del personale agli enti di cui al comma 5. Gli uffici periferici delle amministrazioni centrali operanti nel territorio della regione Abruzzo interessati ai processi di ricostruzione possono essere potenziati attraverso il trasferimento, a domanda e previo assenso dell'amministrazione di appartenenza, del personale in servizio, nei medesimi ruoli, presso altre regioni qualunque sia il tempo trascorso dall'assunzione in servizio nella sede dalla quale provengono, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

9. Nella prospettiva del contenimento dei costi per le attività di selezione del personale di cui al comma 6, si può prevedere nei bandi di concorso una quota di iscrizione non superiore al valore dell'imposta di bollo pari ad euro 14,62.


L’articolo 67-ter, introdotto nel corso dell'esame parlamentare,reca le disposizioni per la ricostruzione e gli altri interventi necessari per il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009 che, a decorrere dal 16 settembre 2012, saranno gestiti sulla base del riparto costituzionale di competenze tra gli enti territoriali e lo Stato, richiamando in proposito gli artt. 114 e seguenti della Costituzione riguardante le regioni, le province e i comuni. Si mira ad assicurare in tal modo il completo rientro nelle abitazioni degli aventi diritto, il ripristino delle funzioni e dei servizi pubblici e lo sviluppo economico-sociale dei territori interessati, con particolare riguardo al centro storico monumentale della città de L’Aquila (comma 1).

Per il controllo degli interventi di ricostruzione vengono istituiti due Uffici speciali per la ricostruzione: uno per la città de L’Aquila e l’altro per i 56 comuni del cratere. Vengono definiti i compiti dei due Uffici che sono chiamati a svolgere, tra l’altro, sostanzialmente un’attività di promozione e assistenza tecnica della qualità della ricostruzione, monitoraggio finanziario e attuativo degli interventi, informazione trasparente sull’utilizzo dei fondi, controllo della conformità e della coerenza urbanistica ed edilizia delle opere nonché verifica della coerenza rispetto al progetto approvato con controlli puntuali in corso d’opera. I due Uffici curano altresì l’istruttoria per l’esame delle richieste di contributo degli immobili privati, oltre a verificare la congruità tecnica ed economica (comma 2).

Il comma 3 reca la composizione dei due Uffici speciali e definisce la dotazione di risorse strumentali ed umane, prevedendo un limite massimo di 50 unità di personale di cui, per un triennio, al massimo 25 a tempo determinato per ciascun ufficio. Si prevedono, altresì due titolari degli Uffici speciali per i quali la disposizione disciplina il trattamento economico: a ciascuno dei titolari degli Uffici speciali è attribuito un trattamento economico onnicomprensivo non superiore a 200.000 euro annui, al lordo degli oneri a carico dell'amministrazione.

Il Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali (Diset) della Presidenza del Consiglio svolge un ruolo di coordinamento delle amministrazioni centrali nei processi di ricostruzione e, al fine di dare impulso all’attività dei due Uffici speciali (comma 4).

Al comma 5 sono previste misure volte al reclutamento di risorse umane al fine di potenziare le strutture degli enti locali – comune de L’Aquila e comuni del cratere - impegnati nelle opere di ricostruzione, attraverso l’assunzione, a tempo indeterminato, di 200 unità di personale a decorrere dall’anno 2013: fino a 128 unità assegnate al comune de L’Aquila e fino a 72 unità assegnate alle aree omogenee. Tale assunzione avviene in deroga a quanto previsto dall'articolo 76, commi 4 e 7, del decreto-legge n. 112 del 2008[288].

Si ricorda che all'art. 76, commi 4 e 7, del decreto-legge n. 112/2008 si stabilisce che in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo. E' inoltre fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente.

Conseguentemente viene aumentata la pianta organica dei comuni interessati. Si specifica che l’incremento della pianta organica è temporaneo e che dal 2021 il personale eventualmente risultante in soprannumero sarà riassorbito secondo le ordinarie procedure vigenti.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT) è, inoltre, autorizzato, in deroga a quanto previsto dalla normativa vigente, ad assumere a tempo indeterminato fino a 100 unità di personale da assegnare temporaneamente:

§         fino a 50 unità ai due sopracitati Uffici speciali;

§         fino a 40 unità alle province interessate;

§         fino a 10 unità alla regione Abruzzo.

Alla cessazione del processo di ricostruzione tale personale rientrerà presso il MIT per finalità connesse alle calamità naturali e ai conseguenti interventi di ricostruzione. Si fa salvo quanto previsto dall'articolo 2 del decreto-legge n. 95 del 2012[289] (comma 6).

 

L'art. 2 del decreto-legge n. 95/2012 dispone una riduzione delle dotazioni organiche delle pubbliche amministrazioni, che deve essere non inferiore al 20 per cento degli organici del personale dirigenziale e del 10 per cento per il personale non dirigenziale. Si determinano le procedure per le riduzioni di organico, si bloccano le assunzioni per le amministrazioni che non le abbiano effettuate, si escludono dalle procedure stesse taluni comparti. Si disciplina il riassorbimento delle situazioni di soprannumero, mediante pensionamento, mobilità o part-time.

I commi 7, 8 e 9 disciplinano le relative procedure concorsuali.

In particolare il comma 7 stabilisce che le procedure concorsuali per le assunzioni previste nei commi 5 e 6 sono bandite e gestite dalla Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni di cui al decreto interministeriale 25 luglio 1994, su delega delle amministrazioni interessate. La Commissione giudicatrice è designata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Si ricorda che il decreto interministeriale del 25 luglio 1994 ha istituito una Commissione composta dai rappresentanti del Ministro dell’Economia, del Ministro della Funzione Pubblica e del Ministro dell'Interno, con il compito di adottare tutti i provvedimenti necessari per mettere a concorso e garantire la successiva assunzione negli enti locali delle unità di personale da selezionare e formare con gli appositi corsi di reclutamento.

Il comma 8 prevede che nelle intese fra i vari soggetti istituzionali interessati previste dal comma 3 vengano definiti, sentito il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, le categorie e i profili professionali, nonché i requisiti per l'ammissione alle procedure concorsuali. Si stabilisce la possibilità di una quota di riserva, in misura non superiore al 50 per cento dei posti, a favore del personale che abbia maturato un'esperienza professionale di almeno un anno, nell'ambito dei processi di ricostruzione, presso la regione, le strutture commissariali, le province interessate, il comune de L’Aquila e i comuni del cratere a seguito di formale contratto di lavoro Gli uffici periferici delle amministrazioni centrali operanti nel territorio della regione Abruzzo interessati ai processi di ricostruzione possono essere potenziati attraverso il trasferimento, a domanda e previo assenso dell'amministrazione di appartenenza, del personale in servizio, nei medesimi ruoli, presso altre regioni.

Il comma 9 consente di prevedere nei bandi di concorso una quota di iscrizione non superiore al valore dell'imposta di bollo, pari ad euro 14,62.


 

Articolo 67-quater
(
Criteri e modalità della ricostruzione)

 


1. Nella ricostruzione il comune dell'Aquila e i comuni del cratere perseguono i seguenti obiettivi:

a) il rientro della popolazione nelle abitazioni attraverso la ricostruzione e il recupero, con miglioramento sismico e, ove possibile, adeguamento sismico, di edifici pubblici o di uso pubblico, con priorità per gli edifici strategici, e degli edifici privati residenziali, con priorità per quelli destinati ad abitazione principale, insieme con le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, distrutti o danneggiati dal sisma;

b) l'attrattività della residenza attraverso la promozione e la riqualificazione dell'abitato, in funzione anche della densità, qualità e complementarità dei servizi di prossimità e dei servizi pubblici su scala urbana, nonché della più generale qualità ambientale, attraverso interventi di ricostruzione che, anche mediante premialità edilizie e comunque mediante l'attribuzione del carattere di priorità e l'individuazione di particolari modalità di esame e di approvazione dei relativi progetti, assicurino:

1) un elevato livello di qualità, in termini di vivibilità, salubrità e sicurezza nonché di sostenibilità ambientale ed energetica del tessuto urbano;

2) l'utilizzo di moderni materiali da costruzione e di avanzate tecnologie edilizie, anche per garantire il miglioramento sismico e il risparmio energetico;

3) l'utilizzo di moderne soluzioni architettoniche e ingegneristiche in fase di modifica degli spazi interni degli edifici;

4) l'ampliamento degli spazi pubblici nei centri storici, la riorganizzazione delle reti infrastrutturali, anche in forma digitale attraverso l'uso della banda larga, il controllo del sistema delle acque finalizzato alla riduzione dei consumi idrici e la razionalizzazione del sistema di smaltimento dei rifiuti;

c) la ripresa socio-economica del territorio di riferimento.

2. Gli obiettivi di cui al comma 1 sono attuati mediante:

a) interventi singoli o in forma associata da parte dei privati, aventi ad oggetto uno o più aggregati edilizi, che devono essere iniziati entro il termine inderogabile stabilito dal comune. Decorso inutilmente tale termine, il comune si sostituisce al privato inadempiente e, previa occupazione temporanea degli immobili, affida, mediante procedimento ad evidenza pubblica, la progettazione e l'esecuzione dei lavori, in danno del privato per quanto concerne i maggiori oneri;

b) programmi integrati, nei casi in cui siano necessari interventi unitari. In tali casi il comune, previo consenso dei proprietari degli edifici rientranti nell'ambito interessato, può bandire un procedimento ad evidenza pubblica per l'individuazione di un unico soggetto attuatore con compiti di progettazione e realizzazione integrata degli interventi pubblici e privati. In caso di mancato consenso e di particolare compromissione dell'aggregato urbano, è facoltà del comune procedere all'occupazione temporanea degli immobili;

c) delega volontaria ai comuni, da parte dei proprietari, delle fasi della progettazione, esecuzione e gestione dei lavori, previa rinuncia ad ogni contributo o indennizzo loro spettante. La delega è rilasciata mediante scrittura privata autenticata nelle forme di legge. In caso di condomini, la delega è validamente conferita ed è vincolante per tutti i proprietari costituiti in condominio, anche se dissenzienti, purché riguardi i proprietari che rappresentino almeno i due terzi delle superfici utili complessive di appartamenti destinati a prima abitazione, ovvero i proprietari che rappresentino almeno i tre quarti delle superfici utili complessive delle unità immobiliari a qualunque uso destinate. Al fine di incentivare il ricorso a tale modalità di attuazione, si possono prevedere premialità in favore dei proprietari privati interessati che ne facciano domanda, consistenti nell'ampliamento e nella diversificazione delle destinazioni d'uso, nonché, in misura non superiore al 20 per cento, in incrementi di superficie utile compatibili con la struttura architettonica e tipo-morfologica dei tessuti urbanistici storici, privilegiando le soluzioni che non comportino ulteriore consumo di suolo e che comunque garantiscano la riqualificazione urbana degli insediamenti esistenti.

3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 che non contengono principi fondamentali di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione hanno efficacia fino all'entrata in vigore della competente normativa regionale.

4. Per l'esecuzione degli interventi unitari in forma associata sugli aggregati di proprietà privata ovvero mista pubblica e privata, anche non abitativi, i proprietari si costituiscono in consorzi obbligatori entro trenta giorni dall'invito ad essi rivolto dal comune. La costituzione del consorzio è valida con la partecipazione dei proprietari che rappresentino almeno il 51 per cento delle superfici utili complessive dell'immobile, ivi comprese le superfici ad uso non abitativo. La mancata costituzione del consorzio comporta la perdita dei contributi e l'occupazione temporanea da parte del comune, che si sostituisce ai privati nell'affidamento della progettazione e dell'esecuzione dei lavori. L'affidamento dei lavori da parte dei consorzi obbligatori avviene nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, parità di trattamento e trasparenza ed è preceduto da un invito rivolto ad almeno cinque imprese idonee, a tutela della concorrenza.

5. In considerazione del particolare valore del centro storico del capoluogo del comune dell'Aquila, alle unità immobiliari private diverse da quelle adibite ad abitazione principale ivi ubicate, distrutte o danneggiate dal sisma del 6 aprile 2009, è riconosciuto un contributo per la riparazione e per il miglioramento sismico, pari al costo, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto, degli interventi sulle strutture e sugli elementi architettonici esterni, comprese le rifiniture esterne, e sulle parti comuni dell'intero edificio, definite ai sensi dell'articolo 1117 del codice civile, nonché per gli eventuali oneri per la progettazione e per l'assistenza tecnica di professionisti abilitati. Tali benefici sono applicati anche agli edifici con un unico proprietario. Sono escluse dal contributo le unità immobiliari costruite, anche solo in parte, in violazione delle vigenti norme urbanistiche ed edilizie o di tutela paesaggistico-ambientale, senza che sia intervenuta sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47. La fruizione dei benefici previsti dal presente comma è subordinata al conferimento della delega volontaria di cui alla lettera c) del comma 2 del presente articolo. In caso di mancato consenso è facoltà del comune procedere all'occupazione temporanea degli immobili.

6. Nell'ambito delle misure finanziate con le risorse di cui al comma 1 dell'articolo 14 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, si intendono ricompresi gli interventi preordinati al sostegno delle attività produttive e della ricerca. A decorrere dall'anno 2012, una quota pari al 5 per cento di tali risorse è destinata alle finalità indicate nel presente articolo.

7. Hanno diritto alla concessione dei contributi per la riparazione e ricostruzione delle abitazioni principali e degli altri indennizzi previsti dal decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, anche coloro che succedono mortis causa, a titolo di erede o di legatario, nella proprietà dei relativi immobili, a condizione che alla data di apertura della successione i contributi non siano stati già erogati in favore dei loro danti causa e che questi fossero in possesso delle condizioni e ancora nei termini per richiederli.

8. I contratti per la redazione dei progetti e la realizzazione dei lavori di ricostruzione devono essere redatti per iscritto a pena di nullità e devono contenere, in maniera chiara e comprensibile, osservando in particolare i principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni commerciali, valutati in base alle esigenze di protezione delle categorie di consumatori socialmente deboli, le seguenti informazioni:

a) identità del professionista e dell'impresa;

b) requisiti di ordine generale e di qualificazione del professionista e dell'impresa, indicando espressamente le esperienze pregresse e il fatturato degli ultimi cinque anni, nonché la certificazione antimafia e di regolarità del documento unico di regolarità contributiva;

c) oggetto e caratteristiche essenziali del progetto e dei lavori commissionati;

d) determinazione e modalità di pagamento del corrispettivo pattuito;

e) modalità e tempi di consegna;

f) dichiarazione di voler procedere al subappalto dell'esecuzione dell'opera, ove autorizzato dal committente, indicandone la misura e l'identità del subappaltatore.

9. Al fine di garantire la massima trasparenza e tracciabilità nell'attività di riparazione e di ricostruzione degli edifici danneggiati dal sisma del 6 aprile 2009, è istituito un elenco degli operatori economici interessati all'esecuzione degli interventi di ricostruzione. Gli Uffici speciali di cui al comma 2 dell'articolo 67-ter fissano i criteri generali e i requisiti di affidabilità tecnica per l'iscrizione volontaria nell'elenco. L'iscrizione nell'elenco è, comunque, subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, e alle verifiche antimafia effettuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo competenti. Gli aggiornamenti periodici delle verifiche sono comunicati dalle prefetture-uffici territoriali del Governo agli Uffici speciali ai fini della cancellazione degli operatori economici dall'elenco. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti procedure anche semplificate per il riconoscimento dei contributi alla ricostruzione privata, ulteriori requisiti minimi di capacità e di qualificazione dei professionisti e delle imprese che progettano ed eseguono i lavori di ricostruzione, sanzioni per il mancato rispetto dei tempi di esecuzione, nonché prescrizioni a tutela delle condizioni alloggiative e di lavoro del personale impiegato nei cantieri della ricostruzione.

10. Il terremoto del 6 aprile 2009 costituisce evento straordinario, non imputabile e imprevedibile ai sensi degli articoli 1463 e 1467 del codice civile, e comporta la risoluzione di diritto dei contratti preliminari di compravendita o istitutivi di diritti reali di godimento relativi a beni immobili siti nei comuni interessati dall'evento sismico, individuati dal decreto del Commissario delegato 16 aprile 2009, n. 3, stipulati in epoca antecedente da residenti nei medesimi comuni.

11. Le cariche elettive e politiche dei comuni, delle province e della regione nei cui territori sono ubicate le opere pubbliche e private finanziate ai sensi del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, sono incompatibili con quella di progettista, di direttore dei lavori o di collaudatore di tali opere nonché con l'esercizio di attività professionali connesse con lo svolgimento di dette opere, ivi comprese l'amministrazione di condomini e la presidenza di consorzi di aggregati edilizi. I soggetti che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono in condizioni di incompatibilità possono esercitare la relativa opzione entro novanta giorni. Il regime di incompatibilità previsto dal presente comma si applica anche ai dipendenti delle amministrazioni, enti e uffici pubblici, che a qualsiasi titolo intervengano sui procedimenti inerenti alla ricostruzione.

12. Resta ferma l'autorizzazione di spesa dell'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77.

13. Ferma restando la sussistenza dei requisiti di legge, per gli orfani delle vittime degli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 si applicano, senza limiti di età, le disposizioni in materia di assunzioni obbligatorie nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 7, comma 2, della legge 12 marzo 1999, n. 68. Le assunzioni devono in ogni caso avvenire nel rispetto dei limiti delle assunzioni consentite dalla normativa vigente per l'anno di riferimento. Resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 della citata legge n. 68 del 1999, e successive modificazioni, in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva, in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili.


 

 

L’art. 67-quater, inserito nel corso dell'esame parlamentare,elenca, in attesa dell’emanazione di una organica legge regionale (comma 3), gli obiettivi e le modalità della ricostruzione. Tra gli obiettivi rilevano:

a) la priorità del rientro della popolazione nelle abitazioni mediante il recupero, ove possibile, con adeguamento sismico degli edifici. Viene data priorità, per gli edifici pubblici, agli edifici strategici e, per gli edifici privati, a quelli destinati ad abitazione principale, insieme con le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, distrutte o danneggiati dal sisma;

b) la promozione e la riqualificazione dell’abitato, con riferimento alla presenza di servizi pubblici e di progetti che assicurino la sostenibilità ambientale e energetica, avanzate tecnologie edilizie, l'ampliamento degli spazi pubblici nei centri storici e la riorganizzazione delle reti infrastrutturali e dei servizi;

c) la ripresa socio-economica del territorio (comma 1).

Per l’attuazione degli obiettivi indicati al comma 1, il comma 2 prevede:

a) interventi singoli o in forma associata per i quali viene previsto un termine inderogabile di avvio degli stessi, stabilito dal comune, e viene altresì indicata una procedura da seguire in caso di inadempienza con l’attribuzione al comune di poteri sostitutivi. Infatti, decorso inutilmente tale termine, il comune si sostituisce al privato inadempiente e, previa occupazione temporanea degli immobili, affida, mediante procedimento ad evidenza pubblica, la progettazione e l'esecuzione dei lavori;

b) programmi integrati nei casi in cui siano necessari interventi unitari. In tali casi viene prevista la possibilità dell’individuazione, da parte del comune, di un unico soggetto attuatore per la progettazione e realizzazione degli interventi, soggetto individuato attraverso un procedimento ad evidenza pubblica. Nei casi di mancato consenso tra il comune e i proprietari degli edifici interessati dai programmi integrati e di particolare compromissione dell’aggregato urbano, il comune può procedere all’occupazione temporanea degli immobili;

c) delega volontaria da parte dei proprietari ai comuni delle fasi di progettazione, esecuzione e gestione lavori. La delega, da rendersi in forma di scrittura privata autenticata, in caso di condomini, è vincolante per tutti i proprietari purché riguardi i proprietari che rappresentino almeno i due terzi delle superfici di appartamenti destinati a prima abitazione, ovvero i tre quarti delle superfici delle unità immobiliari a qualunque uso destinate. Sono previste premialità urbanistiche nei confronti dei proprietari privati interessati che consiste, oltre che nella diversificazione delle destinazioni d'uso, nell’attribuzione di una percentuale di incremento di superficie utile compatibile con la struttura architettonica e tipo-morfologica dei tessuti storici, prevista nella misura del 20 per cento.

Il comma 4 disciplina l’esecuzione degli interventi unitari in forma associata sugli aggregati di proprietà privata o mista prevedendo la costituzione dei proprietari in consorzi obbligatori entro trenta giorni dall’invito ad essi rivolto dal comune, pena la perdita dei contributi e la sostituzione del comune ai privati nell’affidamento della progettazione/esecuzione dei lavori. La costituzione del consorzio è valida con la partecipazione dei proprietari che rappresentino almeno il 51 per cento delle superfici utili complessive dell'immobile, ivi comprese le superfici ad uso non abitativo. In relazione all’affidamento dei lavori da parte dei consorzi obbligatori, esso dovrà avvenire nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, parità di trattamento e trasparenza ed è preceduto da un invito rivolto ad almeno cinque imprese.

Per favorire la ricostruzione del centro storico de L’Aquila, si prevede un contributo per la riparazione ed il miglioramento sismico anche per le unità immobiliari private diverse dall’abitazione principale.

Di fatto lo Stato coprirà al 100 % le spese per la ricostruzione delle parti strutturali e comuni (compresi gli elementi architettonici esterni) di tutti gli edifici privati del centro storico de L’Aquila, compresi quelli con un unico proprietario.

Sono escluse le unità immobiliari costruite in violazione delle vigenti norme urbanistiche ed edilizie senza che sia intervenuta sanatoria.

Infine, la corresponsione del contributo è subordinata al conferimento della delega volontaria al comune prevista dal comma 2 e, in caso di mancato consenso, il comune può procedere all’occupazione temporanea degli immobili (comma 5).

Si precisa che le risorse stanziate dall’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 39 del 2009 sono finalizzate anche al sostegno delle attività produttive e della ricerca e, a decorrere dal 2012, una quota di esse pari al 5% viene destinata alle finalità dell'articolo in esame (comma 6).

 

Si ricorda che l'art. 14, comma 1 del richiamato decreto-legge n. 39 prevede che il CIPE assegni al finanziamento degli interventi di ricostruzione e alle altre misure previste dal decreto- legge, nell'ambito della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) per il periodo di programmazione 2007-2013: un importo non inferiore a 2 miliardi di euro e non superiore a 4 miliardi di euro a valere sulle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, che sarà ripartito dal CIPE in quote annuali.

Il comma 7 disciplina le situazioni soggettive relative alla concessione dei contributi per gli eredi che succedono nella proprietà degli immobili danneggiati. Stabilisce infatti che i contributi spettano anche all'erede o al legatario a condizione che alla data di apertura della successione vi siano le condizioni per richiederli.

Si ricorda in proposito che l'art. 8, comma 1, dell’O.P.C.M. n. 3813/2009 prevede che gli eredi dei soggetti per i quali ricorrono i requisiti per l’erogazione dei contributi per la riparazione e ricostruzione delle abitazioni principali e degli altri indennizzi, deceduti nel sisma del 6 aprile 2009 o alla data di pubblicazione della presente ordinanza, hanno diritto alla concessione dei contributi spettanti al “de cuius” sulla base della normativa vigente.

Il comma 8 prevede, per la redazione dei contratti relativi alla progettazione ed alla realizzazione dei lavori di ricostruzione, la forma scritta pena la loro nullità e ne indica il relativo contenuto minimo (indicazioni sul professionista e sull'impresa, oggetto dei lavori commissionati, determinazione e modalità di pagamento del corrispettivo pattuito, modalità e tempi di consegna, eventuali dichiarazione sul subappalto dell'esecuzione dell'opera). Tra gli elementi da indicare viene inserita anche la certificazione antimafia e di regolarità del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC).

Viene inoltre istituita, riproducendo nella sostanza gran parte delle disposizioni contenute negli artt. 7 e 8 dell’OPCM 4013/2012, una cd. white list, ossia un elenco al quale gli operatori economici interessati alla ricostruzione per garantire trasparenza negli interventi stessi possono iscriversi. Agli Uffici speciali per la ricostruzione, quello per la città de L’Aquila e l’altro per i 56 comuni del cratere previsti dal comma 2 dell'art. 67-ter, è demandata la fissazione dei requisiti di affidabilità tecnica per l'iscrizione volontaria nell'elenco comunque, subordinata al possesso dei requisiti di cui all'articolo 38 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006.

Le verifiche antimafia e gli aggiornamenti periodici vengono effettuati dalle prefetture-uffici territoriali del Governo competenti. Si demanda a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, la disciplina dei contributi alla ricostruzione privata, ulteriori requisiti dei professionisti e delle imprese, delle sanzioni per il mancato rispetto dei tempi di esecuzione, nonché prescrizioni a tutela dei lavoratori impiegati nei cantieri della ricostruzione (comma 9).

 

Per l’efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici, l’art. 4 del D.L. 70/2011 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia) ha, per primo, generalizzato l’istituzione di “white list” di imprese presso le Prefetture, finora previsto in singole leggi speciali (normative sulla ricostruzione in Abruzzo, sulle opere per l'EXPO 2015, sul piano carceri). L’art. 4 prevede, infatti, che presso ogni Prefettura venga istituito l'elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori di lavori, servizi e forniture. La Prefettura effettua verifiche periodiche sui soggetti iscritti agli elenchi circa "la perdurante insussistenza dei suddetti rischi" e, in base all’esito, dispone o meno la cancellazione dell'impresa dalla white list. La norma ha affidato ad un DPCM, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, la definizione delle modalità per l’istituzione e l’aggiornamento, delle white list, nonché per l’attività di verifica. Le stazioni appaltanti previste dal Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 163/2006) acquisiscono d’ufficio, anche per via tematica, a titolo gratuito, l’informazione antimafia circa la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto da concessioni, licenze, contributi ed erogazioni pubbliche, previste dall’articolo 67 del cd. Codice antimafia (D.lgs. 159/2011): l’applicazione di una misura di prevenzione antimafia o la condanna definitiva (o almeno confermata in appello) per uno dei gravi delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis c.p.p. (si tratta di reati di grave allarme sociale, tra cui l’associazione mafiosa, la tratta di persone, la riduzione in schiavitù, il sequestro di persona a scopo estorsivo, l’associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti).

Si ricorda, infine, che negli artt. 7 e 8 dell’OPCM 4013/2012 si è previsto che, al fine di favorire la concorrenza e la trasparenza nell’affidamento dei lavori e di prevenire infiltrazioni malavitose, le domande di contributo per la riparazione o la ricostruzione devono essere corredate anche da almeno cinque offerte acquisite da imprese, nonché di almeno tre offerte acquisite da progettisti, individuati tra quelli compresi negli elenchi previsti al fine di consentire valutazioni comparative.

Il comma 10 dispone che il sisma del 6 aprile 2009 costituisce evento straordinario, non imputabile ed imprevedibile ai sensi degli articoli 1463 e 1467 del codice civile, e comporta la risoluzione di diritto dei contratti preliminari di compravendita o istitutivi di diritti reali di godimento relativi a beni immobili siti nei comuni interessati dall'evento sismico come individuati dal decreto del Commissario delegato 16 aprile 2009, n. 3, stipulati in epoca antecedente da residenti nei medesimi comuni.

 

Si ricorda che l'art. 1463 del codice civile contiene la disciplina generale in tema di estinzione del rapporto contrattuale per sopravvenuta impossibilità della prestazione, con conseguente liberazione del debitore dall'obbligazione divenuta impossibile che nello stesso trovava fonte.

L'art. 1467 del codice civile prevede che nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto.

Il comma 11 introduce un regime di incompatibilità tra le cariche elettive e politiche nei comuni, nelle province e nella regione ove sono ubicate le opere destinatarie difinanziamenti pubblici con l’esercizio di attività professionali connesse con tali opere. L’incompatibilità riguarda anche i dipendenti delle amministrazioni, enti e uffici pubblici che, a qualsiasi titolo, intervengono sui procedimenti relativi alla ricostruzione. I soggetti che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto sono in condizioni di incompatibilità possono esercitare la relativa opzione entro novanta giorni.

Il comma 12 fa salva l’autorizzazione di spesa prevista dall’art. 14, comma 1, del decreto-legge n. 39 del 2009.

 

Il comma 13 dispone che, ferma restando la sussistenza dei requisiti di legge, per gli orfani delle vittime degli eventi sismici si applicano, senza limiti di età, le disposizioni in materia di assunzioni obbligatorie per le p.a. di cui all'art. 7, comma 2, della legge n. 68/1999 recante le norme per il diritto al lavoro dei disabili. Tali assunzioni devono in ogni caso avvenire nel rispetto dei limiti delle assunzioni consentite dalla normativa vigente per l'anno di riferimento. Resta comunque ferma l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 3 della legge n. 68/1999 in materia di assunzioni obbligatorie e quote di riserva, in quanto ad esclusivo beneficio dei lavoratori disabili.

 

Si ricorda che la legge n. 68/1999 dispone in particolare, all'art. 7, comma 2, che i datori di lavoro pubblici effettuano le assunzioni obbligatorie per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento, in conformità a quanto previsto dall'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo n. 29/1993 (oggi art. 35 decreto legislativo n. 165/2001), salva l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 11 della legge, mentre per le assunzioni di cui all'art. 36, comma 1, lett. a), del predetto decreto legislativo n. 29 (cioè le assunzioni mediante procedure concorsuali) ai lavoratori disabili iscritti nell'elenco di cui all'art. 8, comma 2, della legge viene riconosciuto il diritto alla riserva dei posti, nei limiti della complessiva quota d'obbligo e fino al cinquanta per cento dei posti messi a concorso.

L'art. 3 della legge n. 68/1999 riguarda le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva in favore dei disabili e dispone, tra l'altro, in via generale, che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad avere alle loro dipendenze lavoratori appartenenti alle categorie di cui all'articolo 1 nella seguente misura:a) sette per cento dei lavoratori occupati, se occupano più di 50 dipendenti; b) due lavoratori, se occupano da 36 a 50 dipendenti;c) un lavoratore, se occupano da 15 a 35 dipendenti.


 

Articolo 67-quinquies
(
Disposizioni transitorie e finali)

 


1. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, i comuni di cui al comma 3 del presente articolo predispongono, ove non vi abbiano già provveduto, i piani di ricostruzione del centro storico, di cui all'articolo 14, comma 5-bis, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, che definiscono gli indirizzi da seguire in fase di ricostruzione e la stima dei costi riguardanti l'intero perimetro del centro storico. Decorso inutilmente il suddetto termine, le finalità di cui all'articolo 67-quater sono comunque perseguite con gli strumenti previsti dalla legislazione ordinaria nazionale e regionale. I piani di ricostruzione hanno natura strategica e, ove asseverati dalla provincia competente secondo la disciplina vigente, anche urbanistica. Le varianti urbanistiche per la ricostruzione normativa e cartografica sono approvate mediante accordo di programma ai sensi dell'articolo 34 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, tra il comune proponente e la provincia competente. Le disposizioni urbanistiche comunali si intendono aggiornate se in contrasto con altre sopraggiunte disposizioni statali o regionali in materia urbanistica. Nell'attuazione dei piani di ricostruzione, ai fini del citato articolo 14, comma 5-bis, del decreto-legge n. 39 del 2009, il particolare interesse paesaggistico degli edifici civili privati è attestato dal direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici.

2. Fino all'adozione di un testo unico delle disposizioni concernenti gli interventi relativi agli eventi sismici del 6 aprile 2009, restano efficaci le disposizioni delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate in attuazione del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, che presentano ancora ulteriori profili di applicabilità.

3. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo e di tutte le misure già adottate in relazione al sisma del 6 aprile 2009, si intendono per territori comunali colpiti dal sisma quelli di cui all'articolo 1 del decreto del Commissario delegato 16 aprile 2009, n. 3, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 89 del 17 aprile 2009, e di cui al decreto del Commissario delegato 17 luglio 2009, n. 11, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 173 del 28 luglio 2009. Resta ferma l'applicazione dell'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77.


 

 

L’articolo 67-quinquies, inserito nel corso dell'esame parlamentare,in primo luogo, al comma 1, interviene sui piani di ricostruzione dei centri storici dei comuni del cratere prevedendo che debbano essere predisposti dagli stessi comuni, ove non abbiano ancora provveduto, entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.

Si tratta dei piani di ricostruzione previsti dall'art. 14, comma 5-bis, del decreto-legge n. 39 del 2009. Decorso tale termine si applica comunque la disciplina introdotta con l’articolo 67-quater con gli strumenti previsti dalla legislazione ordinaria e regionale. I piani di ricostruzione hanno carattere strategico e, ove asseverati dalla provincia competente, anche urbanistica.

Si dispone, inoltre, in merito all’approvazione delle varianti urbanistiche di adeguamento normativo e cartografico, ai fini della ricostruzione, per le qualiviene richiesto l’accordo di programma di cui all’art. 34 del decreto legislativo n. 267/2000 tra il comune e la provincia competente.

Riguardo poi alle disposizioni urbanistiche comunali in contrasto con sopraggiunte norme statali o regionali si prevede che, in tal caso, le disposizioni comunali si intendono aggiornate.

 

Si ricorda che il comma 5-bis del decreto-legge n. 39 reca disposizioni per la predisposizione di piani di ricostruzione dei centri storici relativi ai comuni colpiti dal sisma, affidando ai sindaci dei comuni individuati dal Commissario delegato, d'intesa con i presidenti della regione e della provincia (quest’ultimo per le materie di competenza), la predisposizione dei piani di ricostruzione del centro storico delle città. A tal fine i sindaci dovranno definire le linee di indirizzo strategico per assicurarne la ripresa socio-economica, la riqualificazione dell'abitato, il rientro delle popolazioni sfollate nelle abitazioni danneggiate dal sisma. Qualora gli edifici siano beni culturali in quanto appartenenti alla categoria di cui all'art. 10, comma 3, lett. a), del D.lgs. n. 42 del 2004 (cd. Codice del paesaggio) o in caso di particolare interesse paesaggistico attestato dal competente Vice Commissario d'intesa con il Sindaco, gli edifici civili privati possono essere ricostruiti a valere sulle predette risorse nei limiti definiti con ordinanza del Presidente del Consiglio, emanata con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto della situazione economica individuale del proprietario.

 

Da ultimo, il comma 1 dispone che, nell'attuazione dei piani di ricostruzione dei centri storici dei comuni del cratere il particolare interesse paesaggistico degli edifici civili privati deve essere attestato dal Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici.

 

Si ricorda che ai sensi dell’art. 10, comma 3, lett. a), del D.lgs. n. 42 del 2004, sono considerati beni culturali, qualora sia intervenuta la dichiarazione di interesse culturale prevista dall'art. 13, anche le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al comma 1 (ovvero Stato, regioni, altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti).

In merito alla procedura ordinaria di autorizzazione paesaggistica, essa è prevista dall’art. 146 del richiamato D.lgs. n. 42 ed è entrata in vigore il 1° gennaio 2010. L’autorizzazione va richiesta qualora i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, intendano intraprendere interventi o apportarvi delle modifiche. Costituisce, pertanto, un provvedimento fondamentale ai fini dell’edificazione in quanto, a monte del permesso di costruire, consente la realizzazione di interventi edificatori in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Il suo rilascio spetta ora, ai sensi dell’art. 146, comma 6, alla regione che esercita tale funzione avvalendosi di propri uffici oppure può delegarne l'esercizio a province, a forme associative e di cooperazione fra enti locali. La disciplina dell’art. 146 riconduce, in buona sostanza, le competenze sull’autorizzazione paesaggistica nell’ambito della soprintendenza, che deve esprimere un parere obbligatorio, preventivo e vincolante su tutte le istruttorie (comma 5). Il procedimento prevede, infatti, l’incardinamento della soprintendenza all’interno dellostesso procedimento di rilascio dell’autorizzazione, in quanto la regione si può pronunciare solo dopo aver “acquisito il parere vincolante del soprintendente” (comma 8).

 

Viene specificato che resta ferma l’efficacia delle OPCM emanate dal 2009 fino all’adozione di un T.U. delle disposizioni concernenti gli interventi relativi agli eventi sismici del 6 aprile 2009 (comma 2).

 

Si conferma l’ambito di applicazione di tutte le misure già adottate a seguito degli eventi sismici del 6 aprile 2009 e delle disposizioni introdotte con gli articoli aggiuntivi da 67-bis a 67-sexies - relativi alla chiusura della gestione dell’emergenza nella regione Abruzzo e alla ricostruzione nei territori interessati - che riguarda i comuni del cratere come individuati con i decreti del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 e n. 11 del 17 luglio 2009.

Resta, inoltre, ferma l’applicazione dell’art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 39 che prevede che gli interventi di ricostruzione (ad eccezione di quelli relativi alle attività produttive) possono riguardare anche beni localizzati al di fuori dei territori dei comuni del cratere qualora vi sia un nesso di causalità diretto tra il danno subito e l'evento sismico, comprovato da apposita perizia giurata (comma 3).

Si ricorda che l'O.P.C.M. n. 3754/2009 ha stabilito, all'art. 1, che il Commissario delegato individua con proprio decreto i comuni interessati dagli eventi sismici che hanno colpito la regione Abruzzo a partire dal 6 aprile 2009 che, sulla base dei dati risultanti dai rilievi macrosismici effettuati dal Dipartimento della protezione civile in collaborazione con l'INGV, hanno risentito un'intensità MCS uguale o superiore al sesto grado. Si prevede, inoltre, che con successivi decreti il Commissario delegato aggiorni l'elenco dei comuni interessati sulla base dell'ulteriore attività di rilevazione macrosismica in corso di effettuazione e aggiornamento. In attuazione di tale articolo è stato emanato il decreto del Commissario delegato n. 3 del 16 aprile 2009 che ha individuato i comuni interessati dagli eventi sismici, ovvero quei comuni che hanno risentito di un'intensità MCS uguale o superiore al sesto grado: Provincia dell'Aquila: Acciano, Barete, Barisciano, Castel del Monte, Campotosto, Capestrano, Caporciano, Carapelle Calvisio, Castel di Ieri, Castelvecchio Calvisio, Castelvecchio Subequo, Cocullo, Collarmele, Fagnano Alto, Fossa, Gagliano Aterno, Goriano Sicoli, L'Aquila, Lucoli, Navelli, Ocre, Ofena, Ovindoli, Pizzoli, Poggio Picenze, Prata d'Ansidonia, Rocca di Cambio, Rocca di Mezzo, San Demetrio ne' Vestini, San Pio delle Camere, Sant'Eusanio Forconese, Santo Stefano di Sessanio, Scoppito, Tione degli Abruzzi, Tornimparte, Villa Sant'Angelo e Villa Santa Lucia degli Abruzzi; Provincia di Teramo: Arsita, Castelli, Montorio al Vomano, Pietracamela e Tossicia; Provincia di Pescara: Brittoli, Bussi sul Tirino, Civitella Casanova, Cugnoli, Montebello di Bertona, Popoli e Torre de' Passeri. Con il decreto n. 11 del 17 luglio del Commissario delegato sono stati inseriti otto nuovi Comuni: Bugnara, Cagnano Amiterno, Capitignano, Fontecchio e Montereale della Provincia dell’Aquila; per la Provincia di Teramo i comuni di Colledara, Fano Adriano e Penna Sant’Andrea. L’introduzione di nuovi comuni, che si aggiungono a quelli individuati con il decreto del 16 aprile 2009, è stata necessaria dopo le ulteriori verifiche dei danni causati dal proseguimento dello sciame sismico in Abruzzo.

Si ricorda, infine, che il comma 3 dell'art. 1 del decreto-legge n. 39 ha introdotto la possibilità di applicare le agevolazioni per la ricostruzione e riparazione delle abitazioni private e di immobili ad uso non abitativo anche per beni localizzati fuori dei territori dei comuni come sopra individuati, in tal caso, tuttavia, occorre che una perizia giurata attesti il nesso di causalità tra il danno e l'evento sismico.


 

Articolo 67-sexies
(
Copertura finanziaria)

 


1. Agli oneri derivanti dai commi 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 67-ter, pari a euro 14.164.000 per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015 e a euro 11.844.000 a decorrere dall'anno 2016, si provvede mediante utilizzo delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio, come determinato dall'articolo 2 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e, a decorrere dalla data della sua attivazione, del fondo perequativo, come determinato ai sensi dell'articolo 13 del medesimo decreto legislativo n. 23 del 2011.

2. Con uno o più decreti del Ministro per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di trasferimento delle risorse agli Uffici speciali di cui all'articolo 67-ter, comma 2, nonché le modalità di utilizzo delle risorse destinate alla ricostruzione.

3. All'onere connesso col finanziamento degli interventi necessari per la riparazione e il miglioramento sismico degli edifici gravemente danneggiati dal terremoto del 15 dicembre 2009 che ha colpito l'Umbria e per il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 4 del 7 gennaio 2010, si provvede con 20 milioni di euro per l'anno 2012 e 15 milioni di euro per l'anno 2013, a valere su corrispondente quota, per i medesimi anni, delle risorse rivenienti dall'articolo 16, comma 1, della legge 6 luglio 2012, n. 96, da assegnare alla regione Umbria con le modalità previste dalla medesima disposizione, ad integrazione del gettito derivante alla stessa dall'istituzione dell'imposta sulla benzina per autotrazione, prevista dall'articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 14 giugno 1990, n. 158, e dall'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1990, n. 398, già disposta con legge regionale della regione Umbria 9 dicembre 2011, n. 17. La regione Umbria è autorizzata a utilizzare il finanziamento assegnato, con priorità per gli edifici comprendenti abitazioni dei residenti e attività produttive oggetto di ordinanza di sgombero, nonché per il Piano integrato di recupero della frazione di Spina del comune di Marsciano.

4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 67-sexies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca la copertura finanziaria degli oneri recati dall’articolo 67-ter, commi 3, 5, 6 e 7, del testo in esame, per la ricostruzione delle aree abruzzesi colpite dal sisma del 6 aprile 2009; vengono altresì finanziati interventi per il miglioramento sismico degli edifici gravemente danneggiati dal sisma del 15 dicembre 2009 in Umbria con complessivi 35 milioni di euro.

 

Più in dettaglio, il comma 1 provvede alla copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle disposizioni introdotte dall’articolo 67-ter, commi 3, 5, 6 e 7, del testo in esame (per la ricostruzione e gli altri interventi necessari per il ritorno alle normali condizioni di vita nelle aree abruzzesi colpite dal sisma del 6 aprile 2009), quantificati in 14.164.000 euro per ciascuno degli anni 2013-2015 e in 11.844.000 euro a decorrere dal 2016.

A tali oneri si provvede mediante corrispondente riduzione delle disponibilità del Fondo sperimentale di riequilibrio di comuni e province, e, a decorrere dalla data della sua attivazione, del futuro Fondo perequativo, determinati ai sensi degli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n. 23 del 2011[290] .

 

Si ricorda che l'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha istituito un Fondo sperimentale di riequilibrio per realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare.

Il comma 13 ha invece istituito nel bilancio dello Stato un fondo perequativo per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province, successivo alla determinazione dei fabbisogni standard collegati alle spese per le funzioni fondamentali, con indicazione separata degli stanziamenti per i comuni e degli stanziamenti per le province, a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni da loro svolte.

 

Il comma 2 demanda ad uno o più decreti del Ministro delegato per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell’economia e finanze, la definizione delle modalità di trasferimento delle risorse relative agli Uffici speciali per la ricostruzione istituiti dall’articolo 67-ter, comma 2 (cui si rinvia), nonché di utilizzo delle risorse destinate alla ricostruzione.

 

Il comma 3 finanzia con complessivi 35 milioni di euro (20 milioni di euro per il 2012 e 15 per il 2013) gli interventi per il miglioramento sismico degli edifici gravemente danneggiati dal sisma del 15 dicembre 2009 in Umbria. Tale stanziamento è a valere sulle risorse previste dall’articolo 16 della legge n. 96 del 2012[291], che ha destinato i risparmi derivanti dalla riduzione dei contributi pubblici per le spese sostenute dai partiti e dai movimenti politici ad interventi conseguenti ai danni provocati da eventi sismici e calamità naturali che hanno colpito il territorio nazionale a partire dal 1° gennaio 2009.

L’assegnazione di tale risorse alla regione Umbria andrà ad integrare il gettito derivante alla stessa dall’imposta sulla benzina per autotrazione prevista da alcune norme statali e regionali (articolo 6, comma 1, lettera c), della legge n. 158 del 1990[292], articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 398 del 1990[293], legge regionale n. 17 del 2011 della regione Umbria[294]).

La regione Umbria viene, infine, autorizzata ad utilizzare il finanziamento assegnato dando priorità:

§      agli edifici adibiti a residenza e ad attività produttive oggetto di ordinanza di sgombero;

§      al Piano integrato di recupero della frazione Spina nel comune di Marsciano (PG).

 

Il comma 4 autorizza infine il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


 

Articolo 67-septies
(
Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012)

 


1. Il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012, e l'articolo 10 del presente decreto si applicano anche ai territori dei comuni di Ferrara, Mantova, nonché, ove risulti l'esistenza del nesso causale tra i danni e gli indicati eventi sismici, dei comuni di Castel d'Ario, Commessaggio, Dosolo, Motteggiana, Pomponesco, Viadana, Adria, Bergantino, Castelnovo Bariano, Fiesso Umbertiano, Casalmaggiore, Casteldidone, Corte dè Frati, Piadena, San Daniele Po, Robecco d'Oglio, Argenta.

2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui al comma 1 si provvede nell'ambito delle risorse del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74.


 

 

L’articolo 67-septies, introdotto nel corso dell'esame parlamentare, estende l’applicabilità delle disposizioni in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012, recate dal decreto-legge n. 74 del 2012[295] e dall’art. 10 del decreto-legge in esame (cfr. la relativa scheda), al territorio dei comuni di Ferrara e Mantova, nonché - ove risulti l’esistenza del nesso di causalità tra danni e i suindicati eventi sismici – dei seguenti comuni: Castel d’Ario, Commessaggio, Dosolo, Mottegiana, Pomponesco, Viadana, Adria, Bergantino, Castelnovo Bariano, Fiesso Umbertiano, Casalmaggiore, Casteldidone, Corte de’ Frati, Piadena, San Daniele Po, Robecco d’Oglio, Argenta (comma 1).

 

Si ricorda che l'articolo 1 del citato decreto-legge n. 74 del 2012 precisa l’ambito di applicazione delle disposizioni del decreto-legge stesso ai territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012. In particolare, ai sensi del comma 1, le disposizioni del decreto legge sono volte a disciplinare gli interventi per la ricostruzione, l'assistenza alle popolazioni e la ripresa economica nei territori dei comuni delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo colpiti dagli eventi sismici dei giorni 20 e 29 maggio 2012, per i quali è stato disposto il differimento dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari con D.M. dell'economia e delle finanze del 1° giugno 2012, nonché di quelli ulteriori indicati nei successivi decreti. Nell’allegato 1 al DM sono quindi individuati i comuni danneggiati dagli eventi sismici[296]. Il DM prevede, infine,che con un successivo decreto del MEF vengano stabilite le modalità di effettuazione degli adempimenti e dei versamenti previsti e che possano essere individuati, sulla base delle comunicazioni del Dipartimento della Protezione Civile, anche altri comuni colpiti dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012 relativamente ai quali trova applicazione la sospensione dei termini disposta con il decreto. Si segnala che, con il D.M. Economia 24 agosto 2012 (pubblicato sulla G.U. n. 202 del 30 agosto), è stata disposta, inoltre, la proroga, al 30 novembre 2012, del termine di scadenza della sospensione degli adempimenti e versamenti tributari.

 

Il comma 2 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dall’articolo, ponendoli a carico del Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 previsto dall’articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 74 del 2012.

 

Si ricorda che l’articolo 2, modificato nel corso dell'esame parlamentare, istituisce nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, a decorrere dall'anno 2012 il Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma, da assegnare alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 1) e detta le modalità di riparto (comma 2). I commi 3 e 4 dispongono che il Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 sia alimentato, per un ammontare pari a 500 milioni di euro, anche mediante un aumento pari a 2 centesimi, fino al 31 dicembre 2012, dell’accisa sulla benzina e sul gasolio usato come carburante. Il comma 5 dispone, inoltre che il fondo venga alimentato con le risorse eventualmente rivenienti dal Fondo di solidarietà dell’Unione europea e con le somme derivanti dalla riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti politici e dei movimenti politici. Ai sensi del comma 21 dell’articolo 7 del decreto legge n. 95 del 2012, recante disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, il citato Fondo è, altresì, alimentato per 550 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 mediante quota parte delle riduzioni di spesa previste dal medesimo decreto.

 


 

Articolo 67-octies
(
Credito d'imposta in favore di soggetti danneggiati dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012)

 


1. I soggetti che alla data del 20 maggio 2012 avevano sede legale od operativa e svolgevano attività di impresa o di lavoro autonomo in uno dei comuni interessati dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, e che per effetto del sisma hanno subito la distruzione ovvero l'inagibilità dell'azienda, dello studio professionale, ovvero la distruzione di attrezzature o di macchinari utilizzati per la loro attività, denunciandole all'autorità comunale e ricevendone verificazione, possono usufruire di un contributo sotto forma di credito di imposta pari al costo sostenuto, entro il 30 giugno 2014, per la ricostruzione, il ripristino ovvero la sostituzione dei suddetti beni.

2. Il credito di imposta deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di maturazione del credito e nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi di imposta nei quali lo stesso è utilizzato. Esso non concorre alla formazione del reddito nè della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.

3. Il credito di imposta di cui al comma 1 è attribuito nel limite massimo di spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015. Al relativo onere si provvede, per l'anno 2013, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 33, comma 1, terzo periodo, della legge 12 novembre 2011, n. 183, e, per gli anni 2014 e 2015, mediante corrispondente riduzione della proiezione, per l'anno 2014, dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

4. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, adottato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità applicative delle disposizioni del presente articolo, ivi incluse quelle relative ai controlli e alla revoca del beneficio conseguente alla sua indebita fruizione. Per fruire del contributo, le imprese presentano un'istanza, secondo le modalità che saranno individuate con il decreto di cui al primo periodo, all'Agenzia delle entrate, che concede il contributo nel rispetto del limite di spesa di cui al comma 3. A tal fine, per ciascuna istanza accolta, l'Agenzia delle entrate indica la quota del credito di imposta fruibile in ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015.


 

 

L’articolo 67-octies, introdotto nel corso dell’esame parlamentare,attribuisce a imprese e lavoratori autonomi con sede nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 un contributo, sotto forma di credito di imposta, per la ricostruzione, il ripristino o la sostituzione dei beni d’impresa distrutti o resi inagibili dal sisma.

Più in dettaglio, il comma 1 attribuisce a imprese e lavoratori autonomi con sede legale od operativa - alla data del 20 maggio 2012 - nei territori colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012 un contributo, sotto forma di credito di imposta, pari al costo sostenuto, entro il 30 giugno 2014, per la ricostruzione, il ripristino o la sostituzione dei beni d’impresa o di lavoro autonomo distrutti o inagibili a causa del sisma stesso.

 

Ai sensi del comma 2 il credito d’imposta:

§      deve essere indicato nelle relative dichiarazioni dei redditi;

§      non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP);

§      non rileva ai fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi né rispetto ai criteri di inerenza per la deducibilità delle spese, di cui rispettivamente agli articoli 61 e 109, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 (TUIR).

Si ricorda che l’articolo 61 del TUIR disciplina la percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa. Tale quota è pari al rapporto tra i ricavi e gli altri proventi che concorrono a formare il reddito e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi. L’articolo 109, comma 5, del TUIR prevede che le spese e gli altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, tranne gli oneri fiscali, contributivi e di utilità sociale, siano deducibili se e nella misura in cui si riferiscono ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi. Se si riferiscono indistintamente ad attività o beni produttivi di proventi computabili e ad attività o beni produttivi di proventi non computabili in quanto esenti nella determinazione del reddito, sono deducibili per la parte corrispondente al rapporto di cui ai commi 1, 2, e 3 dell'articolo 96;

§      è utilizzabile esclusivamente in compensazione, secondo le norme generali in materia di compensazione dei crediti tributari dettate dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997.

Ai sensi del comma 1 del citato articolo 17, i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche dei redditi. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

Il comma 3 applica al credito d’imposta il limite di spesa di 10 milioni di euro per ciascuna annualità 2013-2015. A tale onere si provvede:

§      per il 2013, a carico del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio (articolo 33, comma 1, terzo periodo, della legge n. 183 del 2011);

§      per gli anni 2014 e 2015, a carico del Fondo speciale di conto capitale iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 4 demanda infine ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze - adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto - l'individuazione delle modalità applicative, ivi incluse quelle relative ai controlli ed alla revoca del beneficio. Il decreto dovrà altresì definire le modalità di presentazione della relativa istanza all'Agenzia delle entrate, che concederà il contributo nel rispetto del predetto limite di spesa.

Si evidenzia che la clausola "di natura non regolamentare" riferita all'emanando decreto esclude l'applicazione dell'art. 17, comma 4, della legge 23 agosto 1988, n. 400, che reca la procedura per l'approvazione dei regolamenti (prevedendo fra l'altro il parere del Consiglio di Stato) e, qualora il contenuto del decreto da emanare abbia natura sostanzialmente normativa, si configura come tacita deroga alla citata norma della legge n. 400.

 

Si ricorda, infine, che con il decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74 sono stati approntati degli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012.

Tra le misure del D.L. n. 74/2012 si segnalano: l’istituzione del Fondo per la ricostruzione delle aree terremotate (articolo 2); l’esenzione temporanea dalle imposte sui redditi e dall'IMU dei fabbricati ubicati nelle zone del sisma, purché distrutti ovvero oggetto di ordinanze sindacali di sgombero; la sospensione dei termini di una serie di adempimenti, in aggiunta alla sospensione dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dal sisma prevista dal D.M. 1° giugno 2012; in particolare sono prorogati al 30 novembre 2012 gli adempimenti verso le amministrazioni pubbliche effettuati o a carico di professionisti, consulenti, associazioni e centri di assistenza fiscale che abbiano sede o operino nei comuni coinvolti dal sisma; la sospensione delle sanzioni in materia di invio tardivo delle comunicazioni obbligatorie e degli adempimenti amministrativi, compresi quelli connessi al lavoro (articolo 8).

 


 

Articolo 68
(
Assicurazioni estere)

 


1. All'articolo 26-ter, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Nel caso in cui l'imposta sostitutiva non sia applicata direttamente dalle imprese di assicurazione estere operanti nel territorio dello Stato in regime di libertà di prestazione di servizi ovvero da un rappresentante fiscale, l'imposta sostitutiva è applicata dai soggetti di cui all'articolo 23 attraverso i quali sono riscossi i redditi derivanti da tali contratti.».

2. All'articolo 1 del decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, e successive modificazioni, dopo il comma 2-quinquies è inserito il seguente:

«2-sexies. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 2-ter si applicano anche ai soggetti di cui all'articolo 26-ter, comma 3, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni. L'imposta di cui al comma 2 è commisurata al solo ammontare del valore dei contratti di assicurazione indicati nel citato terzo periodo. A tal fine i contraenti sono tenuti a fornire la provvista. I sostituti d'imposta segnalano i contraenti nei confronti dei quali non è stata applicata l'imposta. Nei confronti dei predetti soggetti l'imposta è riscossa mediante iscrizione a ruolo, ai sensi dell'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive modificazioni.».

3. In deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 1° gennaio 2011. Per tale periodo d'imposta il versamento dell'imposta deve essere effettuato entro il 16 novembre 2012 sulla base del valore dei contratti in essere al 31 dicembre 2011.


 

 

L’articolo 68, modificato durante l’esame parlamentare, è inserito nel capo sulle disposizioni finanziarie a copertura degli oneri derivanti dal provvedimento in esame. Esso dispone che, qualora l’imposta sostitutiva sui capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione non venga applicata direttamente dalle imprese estere operanti nel territorio dello Stato, essa debba essere applicata dall’intermediario assicurativo intervenuto nel contratto in qualità di sostituto d’imposta (ad esempio, le società fiduciarie italiane che sottoscrivono i contratti per conto dei fiducianti e delle banche che canalizzano i flussi finanziari e i redditi derivanti da tali attività).

Gli stessi soggetti dovranno applicare l'imposta dello 0,35% sulle riserve matematiche dei rami vita, relative ai contratti sottoscritti con il loro intervento.

 

In particolare il comma 1, aggiungendo un periodo al comma 3 dell’articolo 26-ter del D.P.R. n. 600 del 1973[297], modifica la disciplina dell’imposta sostitutiva sui proventi corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, attribuendo all’intermediario assicurativo che interviene nella sottoscrizione del contratto il compito di agire in qualità di sostituto d'imposta - applicando dunque la predetta imposta sostitutiva - ove questa non sia applicata direttamente dalle imprese di assicurazione estere operanti nel territorio dello Stato in regime di libertà di prestazione di servizi ovvero da un rappresentante fiscale.

In sostanza, per le polizze “intermediate” da imprese residenti, l’imposta sostitutiva deve essere applicata dall’intermediario assicurativo intervenuto nel contratto in qualità di sostituto d’imposta; nella formulazione originaria della disposizione, l’intermediario aveva la mera facoltà di applicarla.

Si ricorda che, per effetto della riforma complessiva dei redditi finanziari operata dall’articolo 2 del D.L. 138 del 2011 (in particolare, secondo quanto previsto al comma 6) sui redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione (di cui all'articolo 44, comma 1, lett. g-quater), del D.P.R. n. 917 del 1986, Testo Unico delle imposte sui redditi - TUIR) l'imposta sostitutiva prevista dall'art. 26-ter del D.P.R n. 600 del 1973 è passata dall’originaria misura del 12,50 al 20 per cento. Tale tassazione al 20 per cento viene tuttavia di fatto ridotta, ove tra gli attivi a copertura delle riserve matematiche siano compresi titoli pubblici ed equivalenti.

Al riguardo, il successivo comma 23 dell'articolo 2 prevede che i proventi assoggettati a imposta sostitutiva sono determinati al netto di una quota dei proventi riferibili alle obbligazioni e altri pubblici italiani ed equiparati (di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973) e alle obbligazioni emesse dagli Stati white list (inclusi nella lista di cui al decreto emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del TUIR), per una quota individuata dal decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 13 dicembre 2011, che in estrema sintesi ha indicato un criterio forfetario di tipo patrimoniale nella determinazione della predetta quota: per ciascun contratto si attribuisce rilevanza alla percentuale annuale media dell’attivo investito - direttamente, o indirettamente per il tramite di organismi di investimento collettivo del risparmio - nei suddetti titoli pubblici, rispetto al totale dell’attivo.

 

 

Il comma 2 interviene sulla disciplina dell’imposta annua versata dalle compagnie assicurative sulle riserve matematiche dei rami vita, recata dall’articolo 1, commi 2 e 2-bis del decreto-legge n. 209 del 2002, provvedimento che viene novellato con la norma in esame.

 

Si ricorda che il prelievo fiscale sulle riserve matematiche dei rami vita delle società ed enti di assicurazione, introdotto dal richiamato articolo 1 del D.L. n. 209 del 2002, è stato innalzato (articolo 83, comma 13-bis del D.L. 112 del 2008) dallo 0,20 allo 0,35 per cento delle predette riserve matematiche (articolo 1, comma 2-bis del D.L. 209 del 2002).

Il versamento dell’imposta sulle riserve matematiche è effettuato entro il termine di versamento a saldo delle imposte sui redditi; esso costituisce - tra l’altro - credito di imposta per il versamento della già richiamata imposta sostitutiva prevista dall'articolo 26-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; dunque tale prelievo rappresenta, in sostanza, un acconto di quanto versato a titolo di imposta sostitutiva dal già illustrato articolo 26-ter del D.P.R. n. 600/1973 al momento del riscatto della polizza.

Ai sensi del comma 2-ter, per l'accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

 

Per effetto delle norme in commento, si prevede che il prelievo sulle riserve matematiche (di cui ai citati commi 2 e 2-ter dell’articolo 1 del D.L. 209/2002) si applica anche nei confronti degli intermediari che agiscono in qualità di sostituti d’imposta (ovvero i soggetti enumerati dall’articolo 26-ter, comma 3 del D.P.R. n. 600 del 1973, modificato dal comma 1 della norma in esame) attraverso il cui intervento sono riscossi i redditi derivanti dai contratti di assicurazione

In sostanza, il suddetto prelievo si applica anche nei confronti degli intermediari che agiscono in qualità di sostituti d'imposta attraverso il cui intervento sono riscossi i redditi derivanti dai contratti di assicurazione.

In tal caso:

- il prelievo è commisurato al solo ammontare del valore dei contratti di assicurazione; nella formulazione originaria della norma, esso era commisurato alle riserve matematiche relative ai contratti di assicurazione sottoscritti mediante l‘intervento degli intermediari;

- i contraenti sono tenuti a fornire la provvista;

- i sostituti d'imposta devono segnalare i contraenti nei confronti dei quali il tributo non è stato applicato; in tale ipotesi il tributo è riscosso con iscrizione a ruolo (ai sensi del DPR n. 602 del 1973).

 

La norma trova applicazione, in deroga al principio di irretroattività delle norme tributarie (recata dall’articolo 3 dello Statuto del contribuente, Legge n. 212 del 2000, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2011. Per tale periodo il versamento deve essere effettuato entro il 16 novembre 2012 sulla base del valore dei contratti in essere al 31 dicembre 2011.

 

Come precisa al riguardo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del D.L. 83 del 2012 (A.C. 5312), l’intervento concerne le polizze emesse da compagnie assicurative estere, per le quali normalmente le compagnie non pagano l'imposta annua dello 0,35%, in quanto si avvalgono di un chiarimento dell’Amministrazione finanziaria (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 62/E del 31 dicembre 2003) secondo cui l'imposta sulle riserve matematiche non è dovuta dalle imprese di assicurazioni estere che, pur operando nel territorio dello Stato, non intendono provvedere agli adempimenti di sostituzione tributaria, lasciando al contribuente l'onere di indicare i predetti redditi di capitale di natura assicurativa nella dichiarazione annuale dei redditi.

Si osserva tra l'altro che i contribuenti, che sarebbero tenuti ad indicare la polizza nel quadro RW in quanto trattasi di attività finanziaria estera, abitualmente sottoscrivono il contratto di assicurazione per il tramite di un intermediario residente (tipicamente una fiduciaria), esercitando l'opzione per il cd. "risparmio amministrato" che consente di ottenere l'esonero dagli adempimenti di monitoraggio valutario.

Inoltre, per evitare di indicare il reddito derivante dal riscatto della polizza nel Modello UNICO, alcuni contribuenti decidono di cedere la polizza ad un soggetto terzo, realizzando un reddito diverso (anziché un reddito di capitale) sul quale l'intermediario residente applica l'imposta sostitutiva ex art. 6 del D.lgs. n. 461/1997.


 

Articolo 69
(Disposizioni finanziarie)

 


1. La dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307 è incrementata di 24,9 milioni di euro per l'anno 2012 e di 26,7 milioni di euro per l'anno 2013.

2. Agli oneri derivanti dalle disposizioni di cui agli articoli 6, comma 1, 8, comma 1, 9, comma 1, 11, commi 1 e 2, 12, comma 5, 16, commi da 1 a 4, 31, comma 1, 32, 33, comma 5, 51, 59, comma 4, e comma 1 del presente articolo, pari complessivamente a 135.292.408 euro per l'anno 2012, 113.780.489 euro per l'anno 2013, 234.261.620 euro per l'anno 2014, 414.587.450 euro per l'anno 2015, 316.600.000 euro per l'anno 2016 e 318.200.000 euro a decorrere dall'anno 2017, che aumentano a 190.458.408 euro per l'anno 2012, a 137.780.489 euro per l'anno 2013, a 274.261.620 euro per l'anno 2014, a 464.587.450 euro per l'anno 2015, a 366.600.000 euro per l'anno 2016 e a 368.200.000 euro per l'anno 2017 ai fini della compensazione degli effetti in termini di fabbisogno ed indebitamento netto, si provvede:

a) quanto a 185.458.408 euro per l'anno 2012, a 132.780.489 euro per l'anno 2013, a 128,6 milioni di euro per l'anno 2014 e a 108,7 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, con le maggiori entrate e le minori spese derivanti dagli articoli 11, commi 1 e 2, 14, comma 2, e 68, commi 1 e 2 del presente decreto;

b) quanto a 140.661.620 milioni di euro per l'anno 2014, a 355.887.450 milioni di euro per l'anno 2015, a 257.900.000 euro per l'anno 2016, a 259.500.000 euro per l'anno 2017 e a 209.500.000 a decorrere dall'anno 2018, mediante riduzione lineare delle voci di spesa indicate nell'elenco allegato alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, ad esclusione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Il Ministro dell'economia e delle finanze, ai fini delle successive riduzioni, è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibili le predette somme. Le amministrazioni, in sede di predisposizione del disegno di legge di bilancio, possono proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati nel rispetto dell'invarianza sui saldi di finanza pubblica;

b-bis) quanto a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare .

3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio per l'attuazione del presente decreto.

3-bis. Al fine di semplificare l'organizzazione degli enti territoriali locali, di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e di contribuire al contenimento della spesa pubblica, nonché in ottemperanza al disposto dell'articolo 23, comma 22, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le province autonome di Trento e di Bolzano prevedono, nell'ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, che gli incarichi conferiti all'interno delle comunità di valle siano svolti a titolo esclusivamente onorifico, senza la corresponsione di alcuna forma di remunerazione, indennità o gettone di presenza.

3-ter. Le disposizioni di cui al comma 3-bis si applicano compatibilmente con le competenze attribuite alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.


 

 

L’articolo 69 reca il rifinanziamento del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di 24,9 milioni di euro per l'anno 2012 e di 26,7 milioni di euro per l'anno 2013, nonché la norma di copertura finanziaria degli oneriderivanti dalle disposizioni contenute nel provvedimento.

 

In particolare il comma 1 reca un rifinanziamento del Fondo per interventi strutturali di politica economica, prevedendo un incremento della dotazione di 24,9 milioni di euro per l'anno 2012 e di 26,7 milioni di euro per l'anno 2013.

 

Si ricorda che il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica è stato istituito dall’articolo 10, comma 5, del D.L. n. 282/2004[298], al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

Nel bilancio di previsione 2012, il Fondo ISPE presenta una dotazione di 44,8 milioni per il 2012, 49,3 milioni per il 2013 e 43,8 milioni per il 2014 (cap. 3075/Economia).

 

Il comma 2 reca la norma di copertura finanziaria degli oneriderivanti da talune disposizioni contenute nel provvedimento.

Tali oneri vengono quantificati, complessivamente, in circa 135,3 milioni di euro per l'anno 2012, in 113,8 milioni per il 2013, in 234,3 milioni per l'anno 2014, in 414,6 milioni per l'anno 2015, in 316,6 milioni per l'anno 2016 e in 318,2 milioni a decorrere dall'anno 2017, in termini di saldo netto da finanziare.

 

In termini di fabbisogno e di indebitamento netto, gli effetti finanziari derivanti dalle norme del provvedimento risultano superiori agli oneri calcolati sul saldo netto da finanziare. Tali effetti risultano pari a 190,5 milioni di euro l'anno 2012, a 137,8 milioni per l'anno 2013, a 274,3 milioni per l'anno 2014, a 464,6 milioni per l'anno 2015, a 366,6 milioni per l'anno 2016 e a 368,2 milioni per l'anno 2017.

Di conseguenza, in coerenza con le regole dettate dalla legge di contabilità n. 196/2009, la norma in esame dispone la copertura con riferimento agli onericomplessivi che il provvedimento determina sull’indebitamento netto, atteso che tali oneri risultano di ammontare superiore a quelli che si producono in termini di saldo netto.

Si ricorda al riguardo che l’articolo 17, comma 4, della legge di contabilità e finanza pubblica, n. 196/2009 prevede, ai fini della determinazione della copertura, che la relazione tecnica debba evidenziare anche gli effetti di ciascuna disposizione sui saldi di cassa (fabbisogno) e di indebitamento netto, indicando altresì i criteri per la loro quantificazione e compensazione nell'ambito della copertura finanziaria.

 

La norma indica le seguenti norme da cui discenderebbero gli effetti finanziari che necessitano di copertura:

§       articolo 6, comma 1, che consente ai comuni di utilizzare i crediti d’imposta relativi ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in S.p.A. per la realizzazione di opere infrastrutturali finalizzate al miglioramento dei servizi pubblici, i cui oneri, in termini di minori entrate, sono quantificati nella relazione tecnica al decreto legge in misura pari a 4,2 milioni annui;

§       articolo 8, comma 1, che dispone un rifinanziamento delle attività e delle opere connesse all’Expo 2015 e alla ristrutturazione del Duomo di Milano di 9,1 milioni di euro per il 2012, di 9,7 milioni di euro per il 2013, di 8,7 milioni di euro per il 2014 e di 1 milione di euro per il 2015;

§       articolo 9, comma 1, che reca il ripristino dell’IVA per cessioni e locazioni di nuove costruzioni;

§       articolo 11, commi 1 e 2, che dispongono una detrazione per interventi di ristrutturazione e di efficientamento energetico;

§       articolo 12, comma 5, che prevede l’istituzione del “Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città”, finanziato con risorse provenienti da revoche o non utilizzate, relative ad alcuni programmi in materia di edilizia residenziale.Tale non produce effetti in termini di saldo netto da finanziare, ma solo in termini di fabbisogno ed indebitamento netto.

§       articolo 16, commi da 1 a 4,recanti misure finanziarie urgenti per la continuità e l’organizzazione di alcuni servizi pubblici di trasporto. Nel complesso, gli oneri derivanti da tali misure sono pari a 55,5 milioni di euro nel 2012.

In particolare, l’articolo 16, al comma 1, assegna 6 milioni di euro per il 2012 per finanziare le spese di esercizio dei servizi di navigazione dei Laghi Maggiore, di Garda e di Como; al comma 2, stanzia 4,5 milioni di euro per il 2012 per la prosecuzione del servizio di trasporto dell’autostrada ferroviaria del Frejus; al comma 3, stanzia 5 milioni di euro per il 2012 per garantire la concessione in convenzione della Funivia Savona San Giuseppe; al comma 4, autorizza la spesa complessiva di 40 milioni di euro per le procedure di trasferimento della proprietà delle Società Ferrovie della Calabria S.r.l e Ferrovie Sud est e Servizi automobilistiche S.r.l., dallo Stato, rispettivamente, alle Regioni Calabria e Puglia;

§       articolo 31, comma 1, che destina agli interventi di venture capital per le imprese innovative le residue disponibilità del Fondo per l’efficienza energetica. Tale disposizione produce effetti soltanto in termini di fabbisogno ed indebitamento netto.

§       articolo 32, che consente alle società di capitali, nonché alle società cooperative e mutue assicuratrici diverse dalle banche e dalle micro-imprese di emettere cambiali finanziarie, modificando, tra l’altro, il trattamento fiscale per i prestiti obbligazionari e per le cambiali finanziarie.

§       articolo 33, comma 5, che consente, attraverso una modifica del TUIR, la deducibilità delle perdite sui crediti, anche nell’ipotesi in cui il debitore abbia concluso un accordo di ristrutturazione debiti omologato ex articolo 182-bis della legge fallimentare (R.D. n. 267/1942) e non solo nell’ipotesi in cui il debitore è assoggettato a procedure concorsuali.

§       articolo 51, che introduce la cedibilità del credito di imposta del tax credit digitale in finalità di compensazione con debiti d'imposta o contributivi. La misura determina minori entrate per 3,3 milioni a decorrere dal 2012;

§       articolo 59, comma 4, che reca disposizioni di sostegno del settore agricolo, attraverso l’utilizzo delle risorse presenti sul bilancio dell’AGEA e non ancora erogate. Tale disposizione produce effetti soltanto in termini di fabbisogno ed indebitamento netto

§       comma 1 dell’articolo in esameche, come sopra detto, rifinanzia il Fondo interventi strutturali di politica economica autorizzando la spesa di 24,9 milioni per il 2012 e di 26,7 milioni per il 2013.

 

A tali oneri si provvede:

a)  con le maggiori entrate derivanti dall’articolo 11, commi 1 e 2, e dall’articolo 68, commi 1 e 2, e con le minori spese derivanti dall’articolo 14, comma 2, per l’importo complessivo di 185,5 milioni di euro per l’anno 2012, di 132,8 milioni per l’anno 2013, di 128,6 milioni di euro per l’anno 2014 e di 108,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015.

Si segnala, con riferimento alle minori spese derivanti dall’articolo 14, comma 2, che si tratta di quota parte delle minori spese, in termini di indebitamento netto, derivanti dalla disposizione, in quanto la medesima provvede altresì a coprire gli effetti finanziari derivanti dal comma 1 dell’articolo medesimo, in materia di autonomia finanziaria dei porti.

b)mediante riduzione lineare delle voci di spesa indicate nell'elenco allegato alla legge 24 febbraio 1992, n. 225a partire dall’anno 2014, per gli importi di 140,7 milioni di euro per l’anno 2014, di 355,9 milioni per l’anno 2015, di 257,9 milioni per l’anno 2016, di 259,5 milioni per l’anno 2017 e di 209,5 milioni a decorrere dall’anno 2018.

Dalla predetta riduzione è esclusa la vocerelativa allautorizzazione di spesa per la realizzazione delle opere e delle attività connesse allo svolgimento dell’EXPO Milano 2015 di cui all’articlo14 del decreto legge n. 112/2008[299].

Si ricorda che l’elenco allegato alla legge n. 225/1992 è un elenco che riporta i capitoli del bilancio statale - sia di parte corrente che in conto capitale - ripartiti per singoli stati di previsione dei Ministeri, sui quali possono essere effettuate - ai sensi dell’articolo 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225/1992, come sostituito dal D.L. n. 59/2012[300] - le riduzioni necessarie al recupero delle somme per il reintegro del Fondo di riserva per le spese impreviste, nell’ipotesi in cui, per finanziare interventi della protezione civile per eventi calamitosi, sia necessario attingere a tale Fondo[301].

La maggior parte delle voci riportate in elenco fa riferimento a spese rimodulabili del bilancio dello Stato, con alcune eccezioni (ad esempio, rientrano nell’elenco dei capitoli soggetti a riduzione, i capitoli relativi ai fondi occorrenti per l’attuazione del federalismo amministrativo, che sono indicati, nel bilancio dello Stato, tra i capitoli non rimodulabili).

Si ricorda che con il decreto legge n. 59/2012[302] (legge n. 100/2012), dall’elenco delle voci di spesa su cui possono essere operate le riduzioni lineari sono stati soppressi il capitolo 2309/Interno (somme da erogare a enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi), il capitolo 2310/Interno (contributo annuo a favore dell’associazione nazionale vittime civili di guerra)e il capitolo 4401/Salute (somme da destinare alle attività istituzionali della sezione italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità).

La norma autorizza il Ministro dell’economia e finanze ad accantonare e rendere indisponibili le predette somme, sulle quali le amministrazioni potranno proporre variazioni compensative, anche relative a missioni diverse, tra gli accantonamenti interessati, nel rispetto dell'invarianza dei saldi di finanza pubblica, ai fini delle successive riduzioni.

b-bis)    mediante riduzione – pari a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012, 2013 e 2014 - del fondo speciale di conto capitale iscritto nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l’anno 2012, parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

 

Il comma 3 autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le variazioni di bilancio occorrenti per l'attuazione del decreto-legge in esame.

 

Il comma 3-bisprevede - al fine di assicurare il contenimento della spesa pubblica e di semplificare l'organizzazione degli enti territoriali locali – che le province autonome di Trento e Bolzano, nell’ambito della propria autonomia statutaria e nel quadro delle procedure di coordinamento previste, provvedano affinché gli incarichi conferiti all’interno delle comunità di valle siano onorifici, senza alcuna remunerazione, indennità o gettone di presenza.

Tale disposizioni si applica in ottemperanza a quanto disposto dall’articolo 23, comma 22, del D.L. n. 201/2011 che sancisce l’onorificità di qualsiasi ufficio, carica o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione.

L'articolo 23, comma 22, del decreto-legge n. 201 del 2011[303] ha previsto che la titolarità di qualsiasi carica, ufficio o organo di natura elettiva di un ente territoriale non previsto dalla Costituzione è a titolo esclusivamente onorifico e non può essere fonte di alcuna forma di remunerazione, indennità o gettone di presenza, con esclusione dei comuni di cui all’articolo 2, comma 186, lettera b), della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (circoscrizioni di decentramento comunale dei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti).

Ai sensi del successivo comma 3-ter, compatibilmente con le competenze attribuite alle province autonome di Trento e di Bolzano ai sensi dello statuto speciale e delle relative norme di attuazione.

 


Articolo

Contenuto

2012

2013

2014

2015

2016

2017

ONERI FINANZIARI:

Art. 6, co. 1

Utilizzo crediti d’imposta per opere infrastrutturali

4,2

4,2

4,2

4,2

4,2

4,2

Art. 8, co. 1

Reintegro Expò 2015 e interventi Duomo Milano

9,1

9,7

8,7

1,0

 

 

Art. 9, co. 1

Ripristino IVA per cessioni e locazioni di nuove costruzioni

23,6

47,2

47,2

47,2

47,2

47,2

Art. 11, co. 1-2

Detrazione interventi di ristrutturazione ed efficientamento energetico

-

3,1

154,4

340,8

242,2

242,2

Art. 16, co. 1 e 3

Servizi di navigazione dei Laghi Maggiore e Funivia Savona San Giuseppe

11

-

-

-

-

-

Art. 16, co. 2 e 4

Autostrada ferroviaria del Frejus e trasferimento della proprietà delle Società Ferrovie della Calabria S.r.l. e di Ferrovie Sud est

44,5

-

-

-

-

-

Art. 32

Finanziamento attività di impresa

8,1

10,8

7,9

9,4

11

12,6

Art. 33, co. 5

Deducibilità delle perdite sui crediti

6,6

8,8

8,6

8,7

8,7

8,7

Art. 51

Cedibilità del tax credit digitale

3,3

3,3

3,3

3,3

3,3

3,3

Art. 69, co. 1

Rifinanziamento Fondo ISPE

24,9

26,7

 

 

 

 

 

Oneri finanziari su SNF

135,3

113,8

234,3

414,6

316,6

318,2

Art. 12, co. 5

Fondo per l‘attuazione del Piano nazionale per le città

10,0

24,0

40,0

50,0

50,0

50,0

Art. 31, co. 1

Utilizzo disponibilità del Fondo per l’efficienza energetica

25,4

 

 

 

 

 

Art. 59, co. 4

Utilizzo risorse AGEA

19,7

 

 

 

 

 

 

Effetti finanziari su Indebitamento netto

55,1

24,0

40,0

50,0

50,0

50,0

TOTALE ONERI

190,5

137,8

274,3

464,6

366,6

368,2

COPERTURA FINANZIARIA

Art. 69, co. 2, lett. a)

Maggiori Entrate e Minori Spese

133,7

109,0

109,0

109,0

109,0

109,0

Di cui:  - Art. 11, co. 1-2

Detrazione interventi di ristrutturazione – Effetti positivi IVA e IRPEF

13,7

-

-

-

-

-

            - Art. 68, co. 1-2

Assicurazioni estere

120,0

109,0

109,0

109,0

109,0

109,0

         - Art. 14, co. 2

Riduzione finanziamento ferrovie in regime di concessione – quota residua utile alla copertura finanziaria *

60,0

40,0

20,0

-

-

-

Art. 69, co. 2, lett. b)

Riduzione lineare capitoli di spesa

-

-

140,7

355,9

257,9

259,5

Art. 69, co. 2, lett. b-bis)

Riduzione fondo speciale di conto capitale (Tabella B, L. stabilità)

5,0

5,0

5,0

-

-

-

TOTALE COPERTURA FINANZIARIA

198,7

154,0

274,7

464,9

366,9

368,5

*     Si segnala che solo quota parte delle minori spese derivanti dall’articolo 14, comma 2 (70 milioni di euro annui) sono utilizzate a finalità di copertura finanziaria del provvedimento, in quanto parte di esse sono destinate a coprire gli effetti finanziari derivanti dal comma 1 dell’articolo medesimo, che reca norme in materia di autonomia finanziaria dei porti.


 

Articolo 70
(
Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

L'articolo 70 dispone l'entrata in vigore del decreto in esame nel giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (ossia il 26 giugno 2012).

 

Si segnala che alcune disposizioni prevedono l’entrata in vigore delle medesime in un momento differito. In particolare:

§      l’articolo 1, comma 4, prevede l’applicazione del regime fiscale agevolato per le emissioni obbligazionarie emesse dalle società di progetto per finanziare gli investimenti in infrastrutture o nei servizi di pubblica utilità (project bond) nei tre anni successivi al 26 giugno 2012 (data di entrata in vigore del decreto in esame);

§      l’articolo 11, comma 3, sopprimendo l’ultimo periodo dell’articolo 4, comma 4, del D.L. n. 201 del 2011, stabilisce che gli interventi volti a realizzare opere finalizzate al conseguimento di risparmi energetici da fonti rinnovabili rientrano nell‘ambito della detrazione spettante per le ristrutturazioni edilizie (36%) con decorrenza dal 1° gennaio 2012;

§      l’articolo 54, ai commi 2 e 3, prevede una disciplina transitoria che stabilisce:

-       l’applicabilità della riforma del filtro di inammissibilità (eccetto quella relativa all’esclusione dai motivi del ricorso in cassazione, di quelli inerenti la motivazione della sentenza, cui all’art. 360, primo comma, n. 5) ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame;

-       l’applicabilità dei nuovi motivi di ricorso in cassazione (art. 360, primo comma, n. 5) alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

§      l’articolo 55, comma 2, prevede l’applicazione delle disposizioni modificative della disciplina delle domande di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo (c.d. legge Pinto, n. 89 del 2001) ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.

 

 



[1]     http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2011:0659:FIN:IT:PDF

[2]     Ai sensi dell’articolo 156, comma 1, del Codice il bando di gara per l’affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità deve prevedere che l’aggiudicatario ha la facoltà, dopo l’aggiudicazione, di costituire una società di progetto in forma di S.p.A. o S.r.l. anche consortile.

[3]     L’articolo 3, comma 15-ter, del Codice definisce i «contratti di partenariato pubblico privato» come i contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste.

[4]     La relazione illustrativa all’A.S. 3110 (disegno di legge di conversione del D.L. “liberalizzazioni”) sottolinea come tale forma di garanzia è volta ad agevolare il reperimento di risorse finanziarie sul mercato da parte della società di progetto anche prima dell’erogazione dei flussi di cassa conseguenti alla gestione dell’opera. In tal modo si mira a far sì che la società di progetto possa contare su tali risorse già nella fase iniziale di realizzazione dell’opera. La relazione tecnica all’emendamento del Governo su cui è stata posta la questione di fiducia al Senato precisa che, in sede di adozione del decreto ministeriale, si dovranno prevedere specifiche modalità per la prestazione di garanzia da parte di fondazioni a partecipazione pubblica volte a tutelare l’assenza di oneri per la finanza pubblica.

[5]     Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale.

[6]     Il Piano di Sviluppo della Rete Elettrica di Trasmissione Nazionale è lo strumento di pianificazione predisposto annualmente da Terna sulla base dell’andamento del fabbisogno energetico e della previsione di domanda di energia elettrica da soddisfare, della necessità di potenziamento della rete, delle richieste di connessione di nuovi impianti di generazione alla rete. Nel documento sono riportati tutti gli interventi da avviare o in fase di ultimazione, nonché quelli già inseriti nel precedente Programma ma non ancora realizzati. L’ultimo Piano è disponibile al link

http://www.terna.it/LinkClick.aspx?fileticket=dBsoVKFo2KM%3d&tabid=5069&mid=24684.

[7]     Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.

[8]     L’art. 3, comma 15-ter del D.lgs. n. 163/2006 definisce i «contratti di partenariato pubblico privato» quei contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano tra i contratti di partenariato pubblico privato (PPP) la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste, nonché l'affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell'opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi. Fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall'art. 44, co. 1-bis, del decreto-legge 248/2007, alle operazioni di PPP si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat.

[9]     L’art. 3, comma 15-ter del D.lgs. n. 163/2006 definisce i «contratti di partenariato pubblico privato» quei contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano tra i contratti di partenariato pubblico privato (PPP) la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste, nonché l'affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell'opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi. Fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall'art. 44, co. 1-bis del decreto-legge 248/2007, alle operazioni di PPP si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat.

[10]    Ai sensi dell’articolo 156 del decreto legislativo n. 163 del 2006, il bando di gara per l'affidamento di una concessione per la realizzazione e/o gestione di una infrastruttura o di un nuovo servizio di pubblica utilità deve prevedere che l'aggiudicatario ha la facoltà, dopo l'aggiudicazione, di costituire una società di progetto in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. La ragione che sta alla base dell’introduzione della società di progetto è l’esigenza della separazione del rischio correlato al progetto con l’isolamento (c.d. ring fence) dei relativi flussi di cassa, che costituiscono la principale o esclusiva garanzia di rimborso per i finanziatori. In sostanza, si tutela da una parte il concessionario, consentendogli di circoscrivere il rischio del progetto ad una società con una propria autonomia patrimoniale e, dall’altra, l’interesse pubblico alla realizzazione dell’opera mediante uno strumento snello che permette la valorizzazione delle risorse di tutti i soggetti coinvolti. La società così costituita diventa la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione all'aggiudicatario senza necessità di approvazione o autorizzazione.

[11]    Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi.

[12]    www.autoritalavoripubblici.it/portal/rest/jcr/repository/collaboration/Digital%20Assets/Pdf/determinazioni/
Linee_guida_project_financing.pdf

[13]    La percentuale del 40% è stata fissata dal comma 1-sexies dell'art. 29 del decreto legge n. 207/2008.

[14]    Si veda, ad esempio, la documentazione depositata dall’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE) nella seduta n. 53 dell’8 febbraio 2012 e disponibile al seguente link: http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm10/documenti_acquisiti/AS%203110/2012_02_08%20-%20ANCE.pdf e la documentazione depositata dall’AISCAT nella seduta n. 51 del 7 febbraio 2012 al link :

      http://www.senato.it/documenti/repository/commissioni/comm10/documenti_acquisiti/AS%203110/2012_02_07%20-%20Aiscat.pdf.

[15]  Decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.

[16]  Decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità”.

[17]    La legge di conversione n. 27/2012 è stata pubblicata nella G.U. 24 marzo 2012, n. 71, S.O. ed è entrata in vigore, ai sensi dell’art. 1, comma 2, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

[18]    www.autoritalavoripubblici.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=5019.

[19]    Pubblicato sulla G.U. 8 aprile 2006, n. 83. S.O.

[20]    Il citato comma 4-quater, al fine di promuovere lo sviluppo del sistema produttivo e la competitività delle imprese ha autorizzato il Governo ad adottare uno o più regolamenti di delegificazione volti a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi gravanti sulle PMI (piccole e medie imprese).

[21]    Convertito, con modificazioni, in legge n. 44/2012.

[22]    Da tali riduzioni sono state escluse le risorse destinate al cinque per mille, le spese per la tutela dell'ordine e la sicurezza pubblica, nonché per il soccorso pubblico, e gli stanziamenti relativi al fondo sviluppo e coesione.

[23]    www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/281771.pdf

[24]    Per un approfondimento della normativa emanata per l’EXPO 2015 e della documentazione disponibile si rinvia al tema dell'attività parlamentare “Expo 2015”, al link www.camera.it/465?area=23&tema=51&Expo+2015.

[25]    Interventi necessari per la realizzazione dell'EXPO Milano 2015, pubblicato nella G.U. 26 novembre 2008, n. 277.

[26]    http://www.brera.beniculturali.it/Page/t02/view_html?idp=280.

[27]    Sull’argomento, consultare il seguente link

http://milano.corriere.it/milano/notizie/cronaca/12_giugno_26/fondazione-grande-brera-via-libera-governo-201760919118.shtml.

[28]    http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Contenuti/MibacUnif/Comunicati/visualizza_asset.html?id=77719&pagename=129.

[29]    F. Galgano, Fondazione 1) Diritto civile, voce Enciclopedia giuridica, 1989.

[30]    L’acquisto della personalità giuridica consegue all’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture.

[31]    D.lgs. 17 maggio 1999, n. 153, e D.M. 18 maggio 2004, n. 150.

[32]    D.lgs. 29 giugno 1996, n. 367.

[33]    Art. 59, c. 3, della L. n. 388/2000.

[34]    Art. 25 L. 69/2009.

[35]    Il decreto precisa l'ambito di attività delle fondazioni, stabilendo che esse si occupano, in particolare, della gestione e della valorizzazione dei beni culturali e della promozione delle attività culturali, e definisce i criteri relativi agli organi, all’organizzazione ed al funzionamento delle fondazioni.

[36]    La vigilanza sulle fondazioni costituite dal MIBAC è disciplinata nell’art. 13 del D.M. 491/2001.

[37]    Il provvedimento non reca indicazioni circa le modalità attuative di tale spesa (né le stesse sono state evidenziate nella relazione illustrativa di cui era corredato l’A.S. 2665).

      Al riguardo, si ricorda che, nella seduta dell’Assemblea del Senato del 19 aprile 2011, il Governo, accogliendo l’ordine del giorno G1.101 (testo 2), si era impegnato, tra l’altro: ai fini della ripartizione delle risorse di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), a prevedere l'individuazione dei criteri, delle modalità e dei soggetti beneficiari in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari; nella fase dell'attuazione delle disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), ad acquisire il parere degli enti locali interessati.

      http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=531328.

[38]    Art. 30, co. 6 e 7, D.L. 201/2011 (L. 214/2011).

[39]    Pubblicata nella G.U. n. 138, S.O. n. 120, del 15 giugno 2012.

[40]    I comuni danneggiati riportati nell’Allegato 1 al DM citato sono i seguenti: provincia di Bologna (16 comuni): Argelato; Baricella; Bentivoglio; Castello d'Argile; Castelmaggiore; Crevalcore; Galliera; Malalbergo; Minerbio; Molinella; Pieve di Cento; Sala Bolognese; San Giorgio di Piano; San Giovanni in Persiceto; San Pietro in Casale; Sant'Agata Bolognese; provincia di Ferrara (6 comuni): Bondeno; Cento; Mirabello; Poggio Renatico; Sant'Agostino; Vigarano Mainarda; provincia di Modena (18 comuni): Bastiglia; Bomporto; Campogalliano; Camposanto; Carpi; Castelfranco Emilia; Cavezzo; Concordia sulla Secchia; Finale Emilia; Medolla; Mirandola; Nonantola; Novi; Ravarino; San Felice sul Panaro; San Possidonio; San Prospero; Soliera; provincia di Reggio Emilia (13 comuni): Boretto; Brescello; Correggio; Fabbrico; Gualtieri; Guastalla; Luzzara; Novellara; Reggiolo; Rio Saliceto; Rolo; San Martino in Rio; Campagnola Emilia; provincia di Mantova (34 comuni): Bagnolo San Vito; Borgoforte; Borgofranco sul Po; Carbonara di Po; Castelbelforte; Castellucchio; Curtatone; Felonica; Gonzaga; Magnacavallo; Marcaria; Moglia; Ostiglia; Pegognaga; Pieve di Coriano; Poggio Rusco; Porto Mantovano; Quingentole; Quistello; Revere; Rodigo; Roncoferraro; Sabbioneta; San Benedetto Po; San Giacomo delle Segnate; San Giovanni del Dosso; Schivenoglia; Sermide; Serravalle a Po; Sustinente; Suzzara; Villa Poma; Villimpenta; Virgilio; provincia di Rovigo (17 comuni): Bagnolo di Po; Calto; Canaro; Canda; Castelguglielmo; Castelmassa; Ceneselli; Ficarolo; Gaiba; Gavello; Giacciano con Baruchella; Melara; Occhiobello; Pincara; Salara; Stienta; Trecenta.

[41]    Pubblicato nella G.U. 17 maggio 2011, n. 113, S.O.

[42]   Pubblicato nella G.U. n. 130 del 6 giugno 2012.

[43]    Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 T.U. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio. L’ordinamento vigente non reca invece la definizione del distacco; in mancanza di una specifica disciplina, parte della dottrina considera il distacco come una semplice situazione di fatto, mentre altro orientamento ritiene che si configura un distacco quando l’impiegato statale è destinato a prestare servizio non presso altra amministrazione statale (come nel comando), bensì presso altro ente pubblico. Inoltre per il distacco si fa in genere riferimento alla disciplina che riguarda i dirigenti collocati in aspettativa retribuita, per cui si verifica più propriamente una sospensione del rapporto di lavoro. Il D.lgs. 165/2001 (T.U. del pubblico impiego) non ha disciplinato l’istituto del comando né quello del distacco, che vanno pertanto ricostruiti all’interno di un quadro più generale. Si può interpretare il silenzio del legislatore come un rinvio in via immediata alle regole privatistiche ed alla contrattazione collettiva, che sono destinate ormai a disciplinare il rapporto dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche (art. 2, comma 2, D.lgs. 165/2001).

[44]    Per approfondimenti si veda la scheda sul “Il Piano città”, predisposta dal servizio Studi al seguente indirizzo internet:

      http://www.camera.it/561?appro=354&Il+Piano+citt%C3%A0#approList.

[45]    Si ricorda che il principale soggetto impegnato nello sviluppo del social housing italiano è la Cassa Depositi e Prestiti Investimenti Sgr (CDPI) che gestisce il Fondo Investimenti per l’Abitare (FIA). Per ulteriori approfondimenti si veda l’apposito sito internet http://www.cdpisgr.it/caratteristiche_fondo/index.html.

[46]    L'art. 33 del decreto-legge n. 98/2011 ha istituito una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale di 2 milioni di euro interamente posseduto dal Ministero dell'Economia, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione.

[47]   Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 23 agosto 2012 n. 196.

[48]    Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento dell'attività amministrativa.

[49]    Pubblicato nella G.U. 30 gennaio 1998, n. 24.

[50]    D.M. delle infrastrutture e dei trasporti 27 dicembre 2001, 30 dicembre 2002 e 21 novembre 2003.

[51]    Pubblicato nella G.U. del 17 luglio 2002 n. 162, S.O. n. 142.

[52]    Per edilizia sovvenzionata si intende l'insieme degli interventi diretti alla costruzione di nuovi alloggi da parte di soggetti pubblici nonché al recupero del patrimonio edilizio degli enti pubblici (art. 1 della legge n. 457/1978). Gli alloggi realizzati o recuperati sono generalmente assegnati in locazione ai soggetti in possesso dei requisiti prescritti. L'attuazione dei programmi di edilizia sovvenzionata è affidata in massima parte ai comuni e agli IACP.

[53]    Per edilizia agevolata si intende l’intervento indiretto dello Stato attraverso la concessione di agevolazioni ai cittadini che non possiedono i requisiti per usufruire dei benefici dell'edilizia sovvenzionata (art. 1 della legge n. 457/1978). L'intervento pubblico a sostegno dei programmi di edilizia agevolata consiste principalmente nella concessione di mutui agevolati, assistiti dal contributo statale, di agevolazioni fiscali e/o di contributi in conto capitale. Le tipologie di interventi ammessi a finanziamento sono tradizionalmente la costruzione ed il recupero degli immobili.

[54]    Pubblicata sulla G.U. 20 gennaio 1992, n. 15.

[55]    In particolare, si precisava che “al finanziamento di 900 mld per l’edilizia sovvenzionata corrisponde una previsione di realizzazione di 9.000 alloggi ed al limite annuo di d’impegno di 50 mld una previsione di realizzazione di 8.400 alloggi”.

[56]    Il termine del 31 dicembre 2007 è stato introdotto, dopo una lunga serie di successive proroghe, dall’art. 13, comma 2, del decreto legge n. 273/2005.

[57]    Si veda la nota precedente.

[58]    Pubblicato nella G. U. n. 194 del 20 agosto 1994.

[59]    Il citato D.M. ha provveduto ad aggiornare quelli che erano i limiti di costo ammessi alla data di emanazione del bando, fissati da due precedenti DD.MM. del 26 aprile 1991 (relativi, rispettivamente, all’edilizia sovvenzionata e all’edilizia agevolata).

[60]   Ex art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni.

[61]    Inquadrata come struttura generale ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni (Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri); l’articolo non prevede una specifica disciplina delle “strutture generali”, salvo il riferimento alle “strutture in cui si articola il Segretariato generale” (comma 1).

[62]    Per ulteriori approfondimenti si veda il numero speciale di Edilizia e territorio del 31 maggio 2012 su “Edilizia privata: i permessi. Guida pratica ai titoli abilitativi”.

[63]   Edilizia e territorio, Decreto sviluppo: guida alle misure per l’edilizia, agosto 2012.

[64]    Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.

[65]    Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.

[66]    Il Presidente dell’Autorità portuale è nominato previa intesa con la Regione interessata, con decreto ministeriale, nell’ambito di una terna di esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell’economia dei trasporti e portuale, designati rispettivamente dalla Provincia, dai Comuni e dalle Camere di commercio competenti territorialmente. La terna è comunicata al Ministro dei trasporti tre mesi prima della scadenza del mandato. Il Ministro, con atto motivato, può chiedere di comunicare, entro trenta giorni dalla richiesta, una seconda terna di candidati, nell’ambito della quale effettuare la nomina. Qualora non pervenga nei termini alcuna designazione, il Ministro nomina il presidente previa intesa con la Regione interessata comunque tra personalità che risultano esperte e di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori dell'economia dei trasporti e portuale.

[67]    Il Comitato portuale è composto dal presidente dell'autorità portuale, che lo presiede; dal comandante del porto sede dell'Autorità portuale, con funzione di vice presidente; da un dirigente dei servizi doganali della circoscrizione doganale competente, in rappresentanza del Ministero delle finanze; da un dirigente del competente ufficio speciale del genio civile per le opere marittime, in rappresentanza del Ministero dei lavori pubblici; dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato; dal presidente della provincia o da un suo delegato; dal sindaco del comune in cui e' ubicato il porto, dal presidente della camera di commercio; da sei rappresentanti delle categorie produttive (armatori; industriali; imprenditori; spedizionieri; agenti e raccomandatari marittimi; autotrasportatori operanti nell'ambito portuale); da sei rappresentanti dei lavoratori (cinque eletti dai lavoratori delle imprese che operano nel porto ed uno eletto dai dipendenti dell'Autorità portuale); da un rappresentante delle imprese ferroviarie operanti nei porti, nominato dal presidente dell'Autorità portuale.

[68]    Per attività di transhipment o di “trasbordo” si intende un sistema logistico in base al quale porti dotati di spazi operativi e di fondali adeguati accolgono le maggiori navi dedicate ai trasporti transoceanici (mother) e ne frazionano il carico in blocchi di dimensioni inferiori, destinati ai porti di sbarco finale (di hinterland), i cui volumi non giustificherebbero economicamente una deviazione e una sosta delle navi mother rispetto alla rotta ideale. Il collegamento tra gli scali di transhipment e quelli di hinterland avviene mediante navi più piccole (feeder), che necessitano di spazi, fondali e infrastrutture minori. In Italia i porti dedicati prevalentemente ad attività di transhipment sono quelli di Gioia Tauro, Cagliari, Taranto.

[69]    L’Accordo di programma con Trenitalia originario è relativo agli anni 2004-2006. La società francese ha invece una concessione rinnovata annualmente con il proprio Ministero.

[70]   L’art. 1 della legge di conversione del decreto, legge n. 134 del 2012, ha stabilito l’entrata in vigore della legge il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta l’11 agosto 2012.

[71]    Decreto convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, che contiene una serie di disposizionispeciali per la regione Campania per il mancato rispetto del patto di stabilità interno per il 2009, tra cui in particolare il comma 22 dell’art. 14 che prevede che il Presidente della Regione, nella qualità di commissario ad acta, predisponga un piano di stabilizzazione finanziaria sottoposto all’approvazione del Ministero dell’economia e delle finanze, che, d’intesa con la regione interessata, nomini uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza per l’adozione e l’attuazione degli atti indicati nel piano.

[72]    Decreto convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Si tratta della norma che per adeguare la disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011, sulla modalità di affidamento dei servizi pubblici locali di rilevanza economica e sulla determinazione della tariffa idrica, e alla normativa dell’Unione europea, ha disegnato la procedura attraverso la quale gli enti locali distinguono – all’interno dei servizi pubblici locali di rilevanza economica- quelli da liberalizzare e quelli da concedere in esclusiva.

[73]    Delibera pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 137 del 16 giugno 2009.

[74]   Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE.

[75]   L’art. 1 della legge di conversione del decreto, legge n. 134 del 2012, ha stabilito l’entrata in vigore della legge il giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta l’11 agosto 2012.

[76]    di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

[77]    Va ricordato che la legge n. 21/1992 reca la disciplina degli autoservizi pubblici non di linea, che, secondo la definizione di cui all’articolo 1 della legge, sono quelli che provvedono al trasporto collettivo od individuale di persone, con funzione complementare e integrativa rispetto ai trasporti pubblici di linea, e che vengono effettuati, a richiesta dei trasportati o del trasportato, in modo non continuativo o periodico, su itinerari e secondo orari stabiliti di volta in volta. In particolare, costituiscono servizi non di linea: il servizio di taxi con autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale; il servizio di noleggio con conducente e autovettura, motocarrozzetta, natante e veicoli a trazione animale.

[78]    Decreto convertito dalla legge n. 25/2010.

[79]    La materia del trasporto pubblico locale rientra fra quelle rimesse alla potestà legislativa delle Regioni. Alla legislazione statale resta tuttavia attribuita la competenza di disciplinare i profili connessi alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. e) della Costituzione.

[80]    Convertito dalla legge n. 122 del 2010.

[81]    Convertito dalla legge n. 10 del 2011.

[82]    Convertito dalla legge n. 148 del 2011.

[83]    Convertito dalla legge n. 14 del 2012.

[84]    Convertito dalla legge n. 27 del 2012.

[85]    A.C. 2844: Lulli ed altri: "Disposizioni per favorire lo sviluppo della mobilità mediante veicoli che non producono emissioni di anidride carbonica".

[86]    A.C. 3553: Ghiglia ed altri: "Disposizioni per la realizzazione di reti infrastrutturali a servizio dei veicoli alimentati ad energia elettrica".

[87]    A.C. 3773: Scalera ed altri: "Misure per la promozione dei veicoli alimentati ad energia elettrica”.

[88]    Decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 “Nuovo codice della strada”.

[89]    Direttiva 18 marzo 2002 n. 2002/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote e che abroga la direttiva 92/61/CEE del Consiglio.

[90]   Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato - città ed autonomie locali.

[91]    Analogo a quanto previsto dall'art.11, comma 8 della legge n. 11 del 2005 che verte, tuttavia, in un ambito caratterizzato dagli obblighi comunitari dello Stato: ‟8. In relazione a quanto disposto dall'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, gli atti normativi di cui al presente articolo possono essere adottati nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome al fine di porre rimedio all'eventuale inerzia dei suddetti enti nel dare attuazione a norme comunitarie. In tale caso, gli atti normativi statali adottati si applicano, per le regioni e le province autonome nelle quali non sia ancora in vigore la propria normativa di attuazione, a decorrere dalla scadenza del termine stabilito per l'attuazione della rispettiva normativa comunitaria, perdono comunque efficacia dalla data di entratain vigore della normativa di attuazione di ciascuna regione e provincia autonoma e recano l'esplicita indicazione della natura sostitutiva del potere esercitato e del carattere cedevole delle disposizioni in essi contenute. I predetti atti normativi sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

[92]    Direttiva 22 giugno 1998, n. 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione.

[93]    Legge 212 giugno 1986, n. 317, recante “Procedura d'informazione nel settore delle norme e regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione in attuazione della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998, modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 luglio 1998”.

[94]    D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia.

[95]    Legge 27 dicembre 1997, n. 449, recante “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.

[96]    L. 24 dicembre 2007, n. 244.

[97]    L. 4 marzo 2009, Principi e criteri in materia di valutazione delle strutture e del personale delle amministrazioni pubbliche e di azione collettiva. Disposizioni sul principio di trasparenza nelle amministrazioni pubbliche.

[98]    L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.

[99]    Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[100]  La Relazione tecnica segnala che tale importo è suscettibile di ridursi sino a 94 milioni di euro, in considerazione del contenzioso in essere, per circa 50 milioni di euro.

[101]  Di cui al D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

[102]  Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993.

[103]  Ai sensi della norma citata, tutte le gestioni fuori bilancio, compresi i fondi di rotazione, regolate da leggi speciali sono condotte con le modalità stabilite dalle particolari disposizioni che le disciplinano, salvo quanto disposto in materia di controllo e di rendicontazione. Il bilancio consuntivo o il rendiconto annuale è comunque soggetti al controllo della competente ragioneria centrale e della Corte dei conti. La ragioneria centrale e la Corte dei conti hanno facoltà di disporre gli accertamenti diretti che riterranno necessari.

[104]  Così sono illustrati nella delibera che li ha inclusi nella programmazione delle attività di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato per l’anno 2012 da parte della Corte dei conti (Deliberazione n. 19/2011/G).

[105]  A decorrere dal 2000, il sistema di formazione delle graduatorie è stato modificato. Mentre prima si provvedeva alla formazione di 20 graduatorie regionali, a decorrere dal 2000 è stata prevista una graduatoria “ordinaria” per ciascuna regione, una graduatoria “speciale” per ciascuna regione, due graduatorie (una per il Mezzogiorno e una per il Centro-Nord) per i "grandi progetti”, eventuali graduatorie per specifici obiettivi di sviluppo territoriale o produttivo da raggiungere.

[106]  Nel 2004 sono divenute operative alcune modifiche introdotte nelle modalità di concessione delle agevolazioni previste dalla legge n. 488/1992. Le principali hanno riguardato: l’abolizione – tranne che per i grandi progetti di investimento - di uno dei cinque indicatori previsti per la formazione delle graduatorie, quello relativo al rapporto tra la misura dell’agevolazione concedibile e la misura richiesta e l’introduzione di una misura fissa del contributo, pari all’80% dei massimali di aiuto consentiti dall’Unione europea per le tipologie di investimenti relative agli ammodernamenti, alle ristrutturazioni, riconversioni, riattivazioni e delocalizzazioni (al 90% nel caso degli ampliamenti e al 100% in quello di nuovi impianti); l’abolizione della quota massima del 5% di risorse disponibili riservate ai servizi nell’ambito del bando a favore dell’“industria e servizi”; l’introduzione di soglie dimensionali minime dell’investimento per accedere all’intervento pari a 500 mila euro per il turismo e per l’industria, ad eccezione del settore delle costruzioni per il quale la soglia di accesso è fissata in 150 mila euro, la stessa prevista per i servizi e per il commercio; il passaggio delle agevolazioni in oggetto dal regime di contabilità fuori bilancio alla contabilità ordinaria.

[107]  Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 31 maggio 2006 – S. O. n. 133.

[108]  L'istituto del “contratto di programma”, unitamente all'accordo di programma (di cui all'articolo 7 della legge n. 64/1986), all'intesa di programma (delibera CIPI 29 dicembre 1986) e al contratto d'impresa (delibera CIPI 2 febbraio 1990), ha rappresentato uno dei modelli di intervento a base convenzionale recati dalla normativa primaria e secondaria dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno.

      A partire dal 1987, il contratto di programma ha avuto ampia applicazione e ha consentito l’attivazione di importanti volumi di investimenti e la creazione di significativi livelli occupazionali nel Mezzogiorno da parte di grandi gruppi italiani e stranieri. I contratti di programma si sono infatti rivelati uno strumento efficace ai fini dell’attrazione di investimenti esteri.

      Si tratta di una modalità della Programmazione negoziata, che ha lo scopo “di regolare gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati e che comportano attività decisionali complesse, nonché la gestione unitaria delle risorse finanziarie”. Gli strumenti di attuazione sono individuati in: Intesa Istituzionale di Programma, attuata mediante Accordo di Programma Quadro; Patto territoriale; Contratto di programma; Contratto di area. La Programmazione negoziata è stata formulata con la legge 662 /1996, art. 203, legge finanziaria per l'anno 1997. La stessa legge ha demandato al CIPE il compito di regolamentare gli strumenti di attuazione della politica economica nazionale, delegandone anche l'approvazione, nonché la ripartizione delle risorse finanziarie pubbliche destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate.

[109]  Art. 33, comma 32 della legge 183/2011.

[110]  L’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n. 517, Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419 estende alle università non statali, che gestiscono direttamente tali policlinici universitari, la disciplina del decreto, con la stipula dei relativi protocolli d'intesa per gli ambiti operativi e organizzativi.

[111]Modificazioni al regime fiscale degli interessi, premi ed altri frutti delle obbligazioni e titoli similari, pubblici e privati.

[112]  La liquidazione periodica dell’IVA può essere effettuata con cadenza trimestrale per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e per gli esercenti arti o professioni che realizzano un volume d'affari non superiore a euro 309.874, ovvero per le imprese aventi per oggetto altre attività (articolo 7 del D.P.R. n. 542/1999) a euro 516.457.

[113]  Sistema comune d’imposta sul valore aggiunto.

[114]Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale.

[115]Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge finanziaria 2000).

[116]In base all’art. 111 LF, le somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate in primo luogo per il pagamento dei crediti prededucibili, per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l'ordine assegnato dalla legge, per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso. Sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali; tali crediti sono soddisfatti con preferenza.

[117]Si riporta qui di seguito il testo del citato secondo comma: «La proposta può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera d). Il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di relazione».

[118]  L'applicabilità di tale normativa agli accordi di ristrutturazione è stata negata in occasione della videoconferenza Map del 18 giugno 2006 dal Direttore della Direzione centrale e Normativa e Contenzioso dell'Agenzia delle Entrate, come ricordato nella Nota del 7 febbraio 2008 (prot. n. 6579 dell’Agenzia delle Entrate – Dir. reg. Emilia Romagna – Uff. riscossione) relativa alla transazione fiscale e agli accordi di ristrutturazione dei debiti.

[119]  Attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30/CE.

[120]  Decreto emanato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sul Sistema nazionale di certificazione per biocarburanti e bioliquidi.

[121]  Decreto emanato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, recante Regolamento recante criteri, condizioni e modalità per l'attuazione dell'obbligo di immissione in consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti, ai sensi dell'articolo 1, comma 368, punto 3, della legge n. 296/2006.

[122]  Legge di conversione del D.L. 10-1-2006 n. 2, recante Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa.

[123]  D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa, convertito con modificazioni dalla legge 11 marzo 2006, n. 81.

[124]  La disposizione è stata da ultimo novellata dall’art. art. 33, D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28.

[125]  Il D.M. 25 gennaio 2010 Modifica della quota minima di immissione in consumo di biocarburanti ed altri carburanti rinnovabili (G.U. n. 42/2010) adottato sulla base del comma 140 del menzionato art.2 della legge 144/07 che ha stabilito che, per gli anni successivi al 2009, la quota di cui al comma 139 possa essere incrementata con decreto interministeriale (dei Ministri dello sviluppo economico, delle politiche agricole, dell’economia e dell’ambiente.

[126]Decreto emanato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, recante Regolamento recante criteri, condizioni e modalità per l'attuazione dell'obbligo di immissione in consumo nel territorio nazionale di una quota minima di biocarburanti, ai sensi dell'articolo 1, comma 368, punto 3, della legge n. 296/2006.

[127]Legge di conversione del D.L. 10-1-2006 n. 2, recante Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa.

[128]  In realtà nel testo previgente e nel nuovo testo si utilizzano espressioni diverse (si veda il testo a fronte), ma si fa riferimento al perimetro costiero per una più agevole lettura dello schema.

[129]L. 23 agosto 2004, n. 239, Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il

riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[130]  Il D.lgs. 128/2010 è infatti stato pubblicato nella G.U. 11 agosto 2010, n. 186, S.O.

[131]  Dati relativi ai permessi e alle concessioni in corso e rilasciati sono disponibili sul sito web dell’UNMIG (Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse) al link http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/unmig/monitoraggio/mare/off-shore.asp.

[132]  Si rinvia al sito web della Direzione generale per la protezione della natura e del mare del Ministero dell'ambiente al link http://www.tutelamare.it/home.jsp.

[133]  Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.

[134]  L’O.d.g. G4.0.304 citato ha impegnato il Governo ad affrontare e risolvere le problematiche di cui all'emendamento 4.0.304, che prevedeva che “All'articolo 184, al comma 5-bis, del decreto legislativo 152 del 2006, è aggiunto infine il seguente periodo: «Con lo stesso decreto interministeriale sono determinate, tenuto conto delle attività effettivamente condotte nei siti o nelle diverse porzioni di esso, le concentrazioni soglia di contaminazione applicabili ai fini di ogni effetto previsto dal Titolo V della parte quarta del presente decreto".

[135]  Decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modificazioni nella legge 4 aprile 2012, n. 35 recante Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni e di sviluppo.

[136]http://www.eea.europa.eu/soer.

[137]Regolamento (UE) n. 911/2010.

[138]COM(2011) 571.

[139]  Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all'articolo 19 del D.lgs. 25 febbraio 2000, n. 93.

      La normativa in ordine alla messa in servizio e l'utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi è costituita dal regolamento emanato con decreto ministeriale 1° dicembre 2004, n. 329 (Regolamento recante norme per la messa in servizio ed utilizzazione delle attrezzature a pressione e degli insiemi di cui all'articolo 19 del D.lgs. 25 febbraio 2000, n. 93). Il DM n. 329/2004 disciplina nel dettaglio le varie tipologie di verifiche, le esclusioni, gli obblighi da osservare per la messa in servizio e l'utilizzazione, dichiarazione di messa in servizio, le verifiche periodiche, le riqualificazioni, le riparazioni e le modifiche. In particolare, a norma dell’articolo 6 del citato DM, all'atto della messa in servizio l'utilizzatore delle attrezzature e degli insiemi soggetti a controllo o a verifica invia all'ISPESL e all'Unità Sanitaria Locale (USL) o all'Azienda Sanitaria Locale (ASL) competente, una dichiarazione di messa in servizio, contenente, tra l’altro, l'elenco delle singole attrezzature, con le loro caratteristiche, una relazione tecnica, con lo schema dell'impianto, recante le condizioni d'installazione e di esercizio, le misure di sicurezza, protezione e controllo adottate, una dichiarazione attestante che l'installazione è stata eseguita in conformità a quanto indicato nel manuale d'uso nonché il verbale della verifica di primo impianto, ove prescritta. Si ricorda che il DM n. 329/2004 reca numerose disposizioni in materia, e in particolare gli articoli 8 e 9 (relativi alle verifiche periodiche), gli articoli 10 e 11 (sulla riqualificazione periodica), gli articoli 11 e 12 (sulle verifiche di integrità e di funzionamento in occasione delle verifiche periodiche) e l’articolo 14 (relativo alle riparazioni e alle modifiche). Si segnala che inoltre che l’ex Ministero delle attività produttive (ora MiSE), con la circolare del 23 maggio 2005 (pubblicata nella G.U. 26 maggio 2005, n. 121) ha chiarito alcuni problemi interpretativi circa l'individuazione dei soggetti preposti alle verifiche periodiche successive alla prima. Infatti, l'articolo 5, comma 1, lettera d), considera la possibilità che, quando richiesto, il controllo della messa in servizio - prima verifica - possa essere effettuato, a determinate condizioni, da un organismo notificato o da un ispettorato degli utilizzatori. Le verifiche periodiche a diverso titolo contemplate negli articoli 9, 10, 11, 12 e 14 nonché le verifiche di funzionamento in occasione delle verifiche periodiche o le verifiche conseguenti ad una attività di riparazione, configurano – secondo la circolare - un'attività che si può comparare alla prima verifica e richiede simile livello di professionalità da parte dei tecnici di parte terza utilizzati, e possono pertanto essere operate dai medesimi soggetti. Restano ovviamente invariate le competenze delle Unità sanitarie locali, delle Aziende sanitarie locali e delle ARPA derivando le stesse da una normativa specifica non vincolata al precedente quadro legislativo sulle attrezzature a pressione.

[140]  Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose.

[141]  L’articolo 12 della direttiva prevede che gli Stati membri notifichino alla Commissione ed agli altri Stati membri gli organismi designati per espletare le procedure di valutazione di conformità e di approvazione dei materiali delle attrezzature a pressione. La Commissione pubblica nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee un elenco degli organismi notificati in cui figurano i loro numeri di identificazione, nonché i compiti per i quali sono stati notificati.

[142]  Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144.

[143]  Decreto Ministeriale 12 novembre 2011, n. 226, Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell'articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.

[144]  Decreto ministeriale 19 gennaio 2011, Determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione del gas naturale.

[145]  Decreto ministeriale 18 ottobre 2011, Determinazione dei Comuni appartenenti a ciascun ambito territoriale del settore della distribuzione del gas naturale.

[146]  Per approfondimenti, si veda il portale approntato dal Ministero dello sviluppo economico al link http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it/dgsaie/ambiti/default.asp.

[147]  Decreto ministeriale 21 aprile 2011, Disposizioni per governare gli effetti sociali connessi ai nuovi affidamenti delle concessioni di distribuzione del gas.

[148]  Decreto ministeriale 19 gennaio 2011, Determinazione degli ambiti territoriali nel settore della distribuzione del gas naturale.

[149]  Decreto ministeriale 21 aprile 2011, Disposizioni per governare gli effetti sociali connessi ai nuovi affidamenti delle concessioni di distribuzione del gas.

[150]  Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[151]  Il 14 marzo 2011 la Commissione europea ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora (procedura d’infrazione 2011-2026) ritenendo in contrasto con gli obblighi previsti dall’art. 49 TFUE l’art. 15 comma 6-ter, lettere b) e d) del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modifiche dalla L. 122/2010, che prevede una proroga automatica a favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni idroelettriche.La procedura di infrazione UE 2011/2026 in particolare evidenziava che la proroga automatica, senza indizione di gara, delle autorizzazioni di sfruttamento delle acque ai fini della produzione di energia elettrica avrebbe conferito una posizione privilegiata agli attuali prestatori, impedendo di fatto ad altre società, in particolare quelle straniere, di presentare domanda per il rilascio delle predette concessioni. Ciò costituendo una restrizione alla libertà di stabilimento (ex art. 49 del Trattato per il Funzionamento dell’Unione Europea).

[152]  In relazione a tale caso, la Commissione europea ha evidenziato possibili profili d’illegittimità nelle concessioni di grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico assentite dalle Province autonome di Trento e di Bolzano mediante proroga delle relative scadenze, al di fuori dunque dell’esperimento di una procedura di gara ad evidenza pubblica. Taluni aspetti della legislazione della Provincia di Bolzano (L.P. 20 luglio 2006, n. 7), potrebbero presentare problemi di conformità con il diritto dell’Unione europea e con le leggi nazionali in materia di pubblici affidamenti.

[153]  Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.

[154]Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.

[155]Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE.

[156]  Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE..

[157]  Per questa norma il volume complessivo relativo allo stoccaggio strategico è stabilito annualmente dal MiSE, sentito il Comitato di emergenza e monitoraggio del sistema del gas, in misura non inferiore al maggiore tra due parametri, definiti come: a) il volume necessario al fine di poter erogare per almeno 30 giorni continuativi, nel corso dì tutto il periodo di punta stagionale, una portata fino al 100% della maggiore delle importazioni provenienti dalla infrastruttura di importazione maggiormente utilizzata; b) volume necessario per le necessità di modulazione in caso di inverno rigido, calcolato per l'inverno più rigido verificatosi negli ultimi 20 anni.

[158]  Per stoccaggio di modulazione si intende lo stoccaggio finalizzato a soddisfare la modulazione dell'andamento giornaliero, stagionale e di punta dei consumi. La disciplina vigente, dal 2011, impone: a) l’assegnazione prioritaria di una quota delle capacità di stoccaggio di modulazione per le esigenze di fornitura ai clienti civili (tale quota corrisponde ad un volume calcolato annualmente e pari al fabbisogno di modulazione stagionale degli stessi clienti in ipotesi di inverno rigido), ivi comprese le utenze relative ad attività di servizio pubblico, tra cui ospedali, case di cura e di riposo, carceri, scuole, e altre strutture pubbliche o private che svolgono un’attività riconosciuta di assistenza, nonché a clienti non civili con consumi non superiori a 50.000 metri cubi annui; b) l’assegnazione, secondo modalità stabilite dall’AEEG, del rimanente stoccaggio di modulazione, anche per servizi diversi da quelli di modulazione.

[159]  L’articolo 18 del D.lgs. 164/2000, che disciplina l’attività di vendita prevede al comma 2, secondo periodo, che il Ministero dello sviluppo economico (in luogo dell’AEEG) il compito di determinare i criteri per il calcolo degli obblighi di modulazione per il periodo di punta stagionale per aree di prelievo omogenee in funzione dei valori climatici, tenendo conto degli obblighi di garanzia delle forniture di gas ai clienti vulnerabili di cui all’articolo 8 del regolamento (CE) n. 994/2010.

[160]  Misure per la maggiore concorrenzialità nel mercato del gas naturale ed il trasferimento dei benefici risultanti ai clienti finali, ai sensi dell'articolo 30, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 2009, n. 99.

[161]  Secondo tale articolo, il Ministero dello sviluppo economico provvede alla valutazione dei rischi che incidono sulla sicurezza del sistema nazionale del gas naturale e definisce il piano di azione preventivo e il piano di emergenza e monitoraggio della sicurezza degli approvvigionamenti di gas naturale, avvalendosi del Comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del sistema del gas naturale operante presso lo stesso Ministero.

[162]Nell'ambito delle azioni previste per il prossimo quadro finanziario pluriennale 2014-2020, il 19 ottobre 2011 la Commissione europea ha presentato un "pacchetto" di proposte destinate a favorire il completamento delle reti europee per l’energia, per il trasporto e per le telecomunicazioni attraverso l’attivazione di un nuovo “meccanismo per collegare l'Europa” (Connecting Europe facility) che comprende uno stanziamento di 9,1 miliardi di euro per progetti infrastrutturali energetici prioritari.

[163]Decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2012, n. 35.

[164]Si veda anche la scheda di approfondimento disponibile al link http://www.camera.it/561?appro=188&Energia+geotermica

[165]Decreto ministeriale 6 luglio 2012 (ncentivi per energia da fonti rinnovabili elettriche non fotovoltaiche) e Decreto ministeriale 5 luglio 2012 (Incentivi per energia da fonte fotovoltaica).

[166]  Direttiva 2003/96/ce del Consiglio del 27 ottobre 2003 che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.

[167]  D.L. n. 16 del 2 marzo 2012, convertito con modificazioni in legge n. 44 del 26 aprile 2012, recante Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento.

[168]  I regimi tariffari speciali sono condizioni tariffarie favorevoli, praticate a determinate forniture, che costituiscono un onere generale del sistema elettrico (articolo 1, comma 1, lettera c), legge n. 83/03). La differenza tra la tariffa agevolata e la tariffa praticata dall’esercente ai beneficiari della misura viene posta a carico della collettività attraverso un’apposita componente tariffaria parafiscale denominata A4.

[169]  Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali

[170]  I quantitativi di elettricità forniti sono attualmente suddivisi come segue: ThyssenKrupp 86%, Nuova Terni Industrie Chimiche 10% e Cementir 4%.

[171]  Il D.M. 19 dicembre 1995, Prezzi dell'energia elettrica per i settori industriali”, reca invece una nuova determinazione delle tariffe relative alle forniture di energia elettrica per la produzione di alluminio primario.

[172]  Il testo è disponibile al link

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:32008D0408:IT:HTML

[173]  Il testo è disponibile al link http://ec.europa.eu/competition/state_aid/register/ii/doc/C38a-04-C36b-06-WLAL-it-19.11.2009.pdf.

[174]  L'articolo 11, comma 11, della legge n. 80/2005, di conversione del decreto-legge 35/2005, proroga fino al 2010 entrambe le misure che concedono riduzioni della tariffa generale vigente per la fornitura di energia elettrica e i cui beneficiari sono il produttore di alluminio Alcoa e le tre società ex-Terni.

[175]  Recante Attribuzione a comuni province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

[176]  Il settore minerario trova le sue basi normative nel Regio Decreto 29 luglio 1927, n. 1443 recante Norme di carattere legislativo per disciplinare la ricerca e la coltivazione delle miniere del Regno.

[177]  Con gli articoli 33, 34 e 35 del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59 sono state trasferite alle Regioni le competenze relative all’attività estrattiva dei minerali solidi.

[178]  Si tratta di un diritto che il concessionario era tenuto a pagare annualmente allo Stato per ogni ettaro di superficie compreso entro i limiti della concessione.

[179]  Convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[180]  http://www.italtrade.com/.

[181]Premesso che MEAG sono i Metil esteri degli acidi grassi, e EEAG sono gli etil esteri degli acidi grassi, il regolamento (CEE) n. 2568/91, relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva, richiede che: Σ MEAG + EEAG ≤ 75 mg/kg o 75 mg/kg <Σ MEAG + EEAG ≤ 150 mg/kg e (MEAG/EEAG) ≤ 1,5 (punto 1 dell’all. I).

In altri termini la sommatoria degli esteri di acidi grassi MEAG + EEAG deve essere inferiore o uguale a 75 mg/kg; è ammesso un valore più alto purché non superiore a 150 mg/kg, e purché il rapporto MEAG/EEAG sia inferiore o uguale a 1,5.

[182]  Cfr. art. 3, comma 3, DL n. 1 del 2012. Il successivo comma 4, infine, attribuisce al Consiglio nazionale del notariato compiti di vigilanza sulla corretta e tempestiva applicazione delle disposizioni da parte dei singoli notai; a tal fine il Consiglio pubblica ogni anno i relativi dati sul proprio sito istituzionale.

[183]  Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.

[184]  La cui nozione è introdotta dall'articolo 2602 nei termini seguenti: "Con il contratto di consorzio più imprenditori istituiscono un'organizzazione comune per la disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese".

[185]  “Norme in materia di riordino della vigilanza sugli enti cooperativi, ai sensi dell'articolo 7, comma 1, della L. 3 aprile 2001, n. 142, recante: «Revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore».

[186]  Sempre secondo la relazione illustrativa, “di tutt'altra natura invece è l'attuale "Albo delle società cooperative", introdotto con la riforma del diritto societario (art. 223-sexiesdecies disp att codice civile) e poi istituito con il D.M. 23/06/2004 che non contiene l'elenco degli enti che godono di benefici fiscali: nato con finalità di tipo anagrafico e statistico, con le novità introdotte dalla L. n. 99/2009 (art. 10 comma 1) è divenuto vero e proprio elemento costitutivo della natura cooperativistica della società”.

[187]  Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

[188]  Ai sensi dell'art. 2, comma 3, del testo unico dell'apprendistato, di cui al D.lgs. 14 settembre 2011, n. 167, e successive modificazioni.

[189]Attuativo della direttiva n. 77/187/CE.

[190]  “Attuazione della direttiva 98/50/CE relativa al mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento di imprese, di stabilimenti o di parti di stabilimenti”

[191]  Riforma dell'ordinamento relativo alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, in attuazione dell'articolo 53 della legge 23 luglio 2009, n. 99.

[192]  Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese.

[193]  Il numero dei componenti dei consigli delle Camere di Commercio è determinato in base al numero delle imprese iscritte o annotate nel registro delle imprese, ai sensi dell’articolo 10 della legge n. 580/1993, di riordino delle Camere di Commercio, industria, artigianato e agricoltura.

[194]  In questi casi, su istanza di parte, la Corte d'appello può sospendere, con ordinanza, l'efficacia del lodo, se ricorrono gravi e fondati motivi. Si applica l'articolo 351 del codice di procedura civile. Quando sospende l'efficacia del lodo, o ne conferma la sospensione disposta dal presidente, il collegio verifica se il giudizio è in condizione di essere definito. In tal caso, fatte precisare le conclusioni, ordina la discussione orale nella stessa udienza o camera di consiglio, ovvero in una udienza da tenersi entro novanta giorni dall'ordinanza di sospensione; all'udienza pronunzia sentenza a norma dell'articolo 281-sexies del codice di procedura civile. Se ritiene indispensabili incombenti istruttori, il collegio provvede su di essi con la stessa ordinanza di sospensione e ne ordina l'assunzione in una udienza successiva di non oltre novanta giorni; quindi provvede ai sensi dei periodi precedenti.

[195]  Tale relazione, approvata con la Deliberazione n. 21/2008/G, è disponibile all’indirizzo internet www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2008/delibera_21_2008_g.relazione.pdf

[196]  Sull’utilizzo dei contributi pluriennali il Governo ha fornito indicazioni nella seduta dell’11 gennaio 2012 presso l’VIII Commissione (Ambiente), in risposta all’interrogazione 5-05462 (http://documenti.camera.it/leg16/resoconti/commissioni/bollettini/pdf/2012/01/11/08.pdf)

[197]  Servizio studi, I principali eventi sismici a partire dal 1968 - Normativa antisismica, finanziamenti, agevolazioni fiscali e contributive - Schede di lettura (Documentazione e ricerche n. 67 del 2009), al link http://documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/Am0065.htm. La somma indicata non tiene conto degli stanziamenti riferiti al titolo VIII della L. 219/1981, relativo all’intervento statale per l’edilizia a Napoli, pari complessivamente, in valori nominali rivalutati, a quasi 17,5 miliardi di euro.

[198]  Tale articolo è stato di recente novellato dall'art. 8, comma 3, lett. c), del decreto-legge 70/2011, convertito dalla legge 106/2011.

[199]  Decreto del Ministro della Giustizia recante Regolamento concernente l'adeguamento dei compensi spettanti ai curatori fallimentari e la determinazione dei compensi nelle procedure di concordato preventivo.

[200]  Nella legge 11 novembre 2011, n. 180 (Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese) all'articolo 5 comma 1 lettera a) si definiscono «microimprese», «piccole imprese» e «medie imprese» le imprese che rientrano nelle definizioni recate dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. L 124 del 20 maggio 2003.

[201]  Nella proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo a un diritto comune europeo della vendita (COM (2011) 635 def., dell’11 ottobre 2011) il campo di applicazione territoriale e personale del regolamento, gli artt. 4 e 7 limitano il regime in oggetto ai contratti transfrontalieri tra imprese e consumatori e tra imprese in cui almeno una delle parti è una PMI, che corrisponde cioè ai requisiti di cui alla raccomandazione 2003/361 della Commissione europea relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese. La proposta fa salva la possibilità per gli Stati membri di rendere applicabile il diritto comune europeo della vendita anche ai contratti puramente nazionali e ai contratti fra professionisti in cui nessuna parte è una PMI (art. 13). Tale opzione necessita di un atto legislativo che tuttavia può essere adottato in qualsiasi momento successivo all’entrata in vigore del regolamento.

[202]  "Si considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un'attività economica. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un'attività economica".

[203]  Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 238 del 18 ottobre 2005, aggiorna i criteri di individuazione delle microimprese, piccole e medie imprese, in accordo con la disciplina comunitaria, rappresentata dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003, che dal 1° gennaio 2005 sostituiva la precedente normativa. Il decreto fornisce le necessarie indicazioni per la determinazione della dimensione aziendale ai fini della concessione di aiuti alle attività produttive e si applica alle imprese operanti in tutti i settori produttivi.

[204]  Per una ricostruzione accurata dell’evoluzione normativa relativa alla disciplina del SISTRI si rinvia alla scheda web “Il Sistri”, al link www.camera.it/561?appro=247&Il+Sistri

[205]  www.sistri.it.

[206]  www.minambiente.it/home_it/showitem.html?item=/documenti/comunicati/comunicato_0399.html&lang=it.

[207]  D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 4 aprile 2012, n. 35.

[208]  La disciplina dei servizi pubblici locali è stata oggetto negli ultimi anni di numerosi e profondi interventi legislativi, volti a consentire una (sia pure parziale) liberalizzazione del comparto, incentivando la gestione in concorrenza dei servizi. In particolare, l’articolo 23-bis del D.L. n. 112 del 2008, dopo precedenti tentativi, aveva disposto la riforma del comparto dei servizi pubblici locali, al fine di favorire la diffusione dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi. Tale disciplina era stata modificata in vari punti dall’articolo 15 del decreto-legge 135/2009, convertito dalla legge 166/2009, e successivamente completata dal regolamento governativo adottato con D.P.R. 168/2010. Successivamente, l’intera disciplina è stata travolta dall’esito delle consultazioni referendarie del 12 e 13 giugno 2011, aventi ad oggetto quattro quesiti, tra cui uno concernente l'abrogazione dell'art. 23-bis del D.L. 112/2008 sui servizi pubblici locali. La partecipazione al voto di quasi il 55% degli elettori ha consentito il raggiungimento del quorum necessario per la validità del referendum, e oltre il 95% dei votanti si è espresso in senso favorevole all'abrogazione.

[209]  D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[210]  Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3.

[211]  Tale comma fa salve le procedure di affidamento già avviate all'entrata in vigore del decreto 138/2011.

[212]  Si precisa che il D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, pubblicato nella G.U. del 24 gennaio 2012, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 24 marzo 2012, n. 27, pubblicata nella G.U. 24 marzo 2012.

[213]  L’art. 2056 fa a sua volta riferimento ai criteri di cui agli artt. 1223, 1226, 1227, quindi: che il danno subito come il mancato guadagno sia valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze; che, ove il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, è liquidato dal giudice con valutazione equitativa; che se il fatto colposo dell’avente diritto all’indennizzo ha concorso a cagionare l’eccessiva durata del processo, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate; che l’indennizzo non è dovuto per i danni che l’avente diritto avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza.

[214]  D.lgs. 30 gennaio 2006, n. 26, Istituzione della Scuola superiore della magistratura, nonché disposizioni in tema di tirocinio e formazione degli uditori giudiziari, aggiornamento professionale e formazione dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera b), della L. 25 luglio 2005, n. 150.

[215]  Essa è preposta in particolare:

-        all’organizzazione di seminari di aggiornamento professionale e di formazione dei magistrati nonché, nei casi previsti, di altri operatori della giustizia;

-        alla formazione iniziale e permanente della magistratura onoraria;

-        all'organizzazione di corsi di formazione per i magistrati giudicanti e requirenti che aspirano al conferimento degli incarichi direttivi di primo e di secondo grado nonché alla formazione dei magistrati titolari di funzioni direttive e semidirettive negli uffici giudiziari;

-        alla formazione dei magistrati incaricati di compiti di formazione;

-        alle attività di formazione decentrata;

-        alla collaborazione alle attività connesse con lo svolgimento del tirocinio dei magistrati ordinari nell’ambito delle direttive formulate dal Csm e tenendo conto delle proposte dei consigli giudiziari;

-        alla formazione, su richiesta della competente autorità di governo, di magistrati stranieri in Italia o partecipanti all’attività di formazione che si svolge nell’ambito della Rete di formazione giudiziaria europea;

-        alla collaborazione, su richiesta della competente autorità di governo, nelle attività dirette all’organizzazione e al funzionamento del servizio giustizia in altri paesi nonché alla realizzazione di programmi di formazione in collaborazione con analoghe strutture di altri organi istituzionali o di ordini professionali;

-        alla pubblicazione di ricerche e di studi nelle materie oggetto di attività di formazione;

-        allo svolgimento, anche sulla base di specifici accordi o convenzioni che disciplinano i relativi oneri, di seminari per operatori della giustizia o iscritti alle scuole di specializzazione forense.

[216]  www.camera.it/temiap/CircolareKyotorotativo.pdf

[217]  Per approfondimenti si veda anche www.nextville.it/index/960.

[218]  D.L. 7 agosto 2012, n. 129, Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto, convertito dalla legge n. 171 del 2012.

[219]  L’acronimo ESCO significa Energy Service Companies, ovvero Società di Servizi Energetici. Si segnala che l’articolo 16 del D.lgs. 115/2008 (Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE) ha previsto una procedura di certificazione volontaria per le ESCO. Per tale finalità è stata pubblicata la norma tecnica UNI CEI 11352 “Gestione dell’Energia. Società che forniscono servizi energetici (ESCo). Requisiti Generali e lista di controllo per la verifica dei requisiti”.

[220]  Il citato articolo 44 introduce nel Codice dei contratti pubblici una nuova fattispecie contrattuale di partenariato pubblico privato (PPP), il contratto di disponibilità mediante il quale sono affidate, a rischio e a spesa dell'affidatario, la costruzione e la messa a disposizione a favore dell'amministrazione aggiudicatrice di un'opera di proprietà privata destinata all'esercizio di un pubblico servizio, a fronte di un corrispettivo.

[221]  Successivamente modificato ed integrato dal D.lgs. 15 giugno 2000, n. 188, cui si sono aggiunte le novelle recate dal D.L. 22 ottobre 2001, n. 381.

[222]  In base a tale articolo 27, sostituito recentemente dal reg. n. 121/2012 del 15 febbraio 2012, si prevede che il budget di circa 500 milioni l'anno possa essere utilizzato da circa 18 - 19 milioni di persone in 20 Stati membri.

[223]  L’attuazione dell’articolo 4 è stata data con il DPCM 11 maggio 2001che ha anche individuato i beni e quantificato le risorse finanziarie da trasferire alle regioni.

[224]  D.L. 8 febbraio 1995, n. 32, Disposizioni urgenti per accelerare la concessione delle agevolazioni alle attività gestite dalla soppressa Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, per la sistemazione del relativo personale, nonché per l'avvio dell'intervento ordinario nelle aree depresse del territorio nazionale, convertito in legge con l'art. 1, comma 1, L. 7 aprile 1995, n. 104.

[225]  Il decreto legislativo 3 aprile 1993, n. 96, Trasferimento delle competenze dei soppressi Dipartimento per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno e Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, a norma dell'art. 3 della L. 19 dicembre 1992, n. 488, conseguente all’approvazione del D.L. n. 415/92 (convertito con modificazioni nella legge n. 488/92) che aveva, fra l'altro, sancito la cessazione dell'intervento straordinario nel Mezzogiorno sostituito da un sistema di interventi ordinari nelle aree depresse del territorio nazionale, ha disposto la liquidazione dell’Agensud (art. 19) e la contestuale attribuzione delle competenze alle amministrazioni statali, istituendo anche con il comma 5 un Fondo per il finanziamento degli interventi ordinari.

[226]  L’articolo 9 in particolare ha definito il campo d’attività ed i poteri del/dei commissari ad acta istituiti per la gestione delle opere e dei progetti trasferiti al Ministero dei lavori pubblici a seguito della soppressione di Agensud.

[227]  La pesca d'altura si esercita nelle acque del mare Mediterraneo, con navi da pesca di categoria non inferiore alla seconda.

[228]  La pesca oceanica si esercita oltre gli Stretti, con navi di prima categoria.

[229]  La pesca locale si esercita nelle acque marittime fino ad una distanza di sei miglia dalla costa, con o senza navi da pesca di quarta categoria, o da terra.

[230]  Nel rispetto della normativa internazionale, la pesca ravvicinata si esercita nelle acque marittime fino ad una distanza di 40 miglia dalla costa, con navi da pesca di categoria non inferiore alla terza.

[231]  A norma dell’art. 3 del D.lgs. n. 226 (come modificato dal D.lgs. n. 154) “Si considerano connesse alle attività della pesca, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate dall’imprenditore ittico mediante l’utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’impresa ittica, le seguenti attività: imbarco di persone non facenti parte dell’equipaggio su navi da pesca a scopo turistico-ricreativo, denominata pescaturismo; attività di ospitalità, ricreative e didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi, delle risorse della pesca e dell’ acquacoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio culturali delle imprese ittiche e di acquacoltura, esercitata da imprenditori, singoli o associati, attraverso l’utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell’imprenditore stesso, denominata ittiturismo; la prima lavorazione dei prodotti del mare e dell'acquacoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione.

[232]Luigi Costato, Commento agli artt. 2 e 3 del decreto legislativo n. 226/01, in Rivista di diritto agrario n. 4/2001.

[233]  Sull’operatività del FIRST, si veda anche infra, scheda art. 61.

[234]  In particolare, la relazione ricorda il mancato rifinanziamento del FIRB dal 2010 e del FAR dal 2012, evidenziando, peraltro, che alle risorse nazionali vanno aggiunte quelle che l’UE mette a disposizione per gli interventi nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza e che, per il periodo 2007/2013, ammontano a 3,2 milioni di euro).

[235]  Di cui al D.lgs. n. 204/1998.

[236]  G.U. n. 198 del 26 agosto 2011, S.O. n. 195. http://www.miur.it/Documenti/ricerca/pnr_2011_2013/PNR_2011-2013_23_MAR_2011_web.pdf.

[237]  Si sottolinea che il Programma nazionale di ricerca 2011-2013
http://www.miur.it/Documenti/ricerca/pnr_2011_2013/PNR_2011-2013_23_MAR_2011_web.pdf ha utilizzato la denominazione di “ricerca fondamentale di base” (p. 8) con riferimento alla ricerca pura.

[238]  Al riguardo, si ricorda che con D.D. 84/Ric. del 2 marzo 2012 il MIUR ha invitato a presentare idee progettuali per Smart Cities and Communities and Social Innovation. In particolare: Idee progettuali per "Smart Cities e Communities", in attuazione delle azioni integrate per lo sviluppo sostenibile e lo sviluppo della società dell'informazione previste nell'ambito dell'Asse II del PON R&C. Per la realizzazione delle idee progettuali, le risorse complessive a valere sul PON R&C sono pari a 200.696.821,00; "Progetti di innovazione sociale", in attuazione delle iniziative di osmosi Nord-Sud previste nell'ambito dell'Asse III del Programma. Le risorse complessive a disposizione sul PON R&C per questa azione, riservata ai giovani delle quattro regioni dell'obiettivo Convergenza che non abbiano superato i 30 anni di età, sono pari a 40 milioni di euro. http://www.ponrec.it/bandi/smartcities_communities_socialinnovation/.

[239]  Pubblicato nella GU n. 133 del 30 giugno 2012.

[240]  Il FIRB, di cui all’art. 104 della L. 388/2000 (legge finanziaria 2001), è stato istituito presso il MIUR, a decorrere dall'esercizio 2001, al fine di favorire l'accrescimento delle competenze scientifiche del Paese e di potenziarne la capacità competitiva a livello internazionale. Per ulteriori approfondimenti si rinvia a pag. 176 del Dossier studi n. 595/2 del 9 marzo 2012, riferito al D.L. 5/2012. http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/D12005c.htm.

[241]  Per un approfondimento in merito si rinvia al Dossier del Servizio Studi n. 359 del 19 giugno 2012 http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/BI0544.htm

[242]  I Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale (PRIN) prevedono proposte di ricerca libere e autonome, nell’ambito delle 14 aree disciplinari di cui al D.M. n. 175 del 4 ottobre 2000. Il MIUR cofinanzia ogni anno gli stessi, attraverso la pubblicazione di un bando a ricerca libera. Si veda pag. 177 del Dossier studi n. n. 595/2 del 9 marzo 2012 al seguente link:

http://documenti.camera.it/leg16/dossier/Testi/D12005c.htm

[243]  Si segnala che le risorse assegnate al FIRST sono ripartite nell’ambito di due differenti programmi: “Ricerca scientifica e tecnologica applicata” (cap. 7320), e “Ricerca scientifica e tecnologica di base” (cap. 7245). Il cap. 7320 ha avuto uno stanziamento di competenza fino all’anno 2011 (€. 101,1 mln): nel bilancio di previsione 2012, gli stanziamenti del FIRST relativi alla ricerca applicata sono di sola cassa (€ 94,7 mln). Il cap. 7245, invece, presenta stanziamenti per competenza e cassa per l’intero triennio di programmazione 2012-2014 (in competenza, € 83,8 mln per ciascun anno del triennio). Da ultimo, con D.M. 11 novembre 2011 (D.M. 955/ric), pubblicato nella GU n. 35 dell’11 febbraio 2012, si è provveduto alla ripartizione delle risorse FIRST per il 2011, pari ad € 83,8 milioni, dei quali € 75,5 destinati a interventi del PRIN ed € 8,4 per interventi del FIRB relativi ad iniziative di giovani ricercatori. Nella premessa del D.M. si evidenzia che “l’ulteriore importo iscritto in bilancio, pari ad € 101.070.000,00 deriva da assegnazioni FAS, disposte con delibera CIPE dell’anno 2005 e già completamente impegnate”.

[244]  Il comma 1, in particolare, dispone che il MIUR, allo scopo di finanziare con risorse nazionali progetti ad esclusiva ricaduta nazionale già valutati positivamente in sede comunitaria, sebbene non ammessi al relativo finanziamento, sulla base di un avviso pubblico di presentazione di specifiche domande di finanziamento e fino alla concorrenza delle risorse che sono stanziate per tali finalità, prende atto dei risultati di tali valutazioni e delle graduatorie adottate in sede comunitaria. Nel predetto avviso pubblico può essere definita la priorità degli interventi, anche in relazione alla coerenza degli stessi con le strategie nazionali.

Analoghe disposizioni di semplificazione procedurale per progetti già selezionati nel quadro di programmi dell’UE o di accordi internazionali cofinanziati dalla stessa, è contenuta, con riferimento alla ricerca applicata, nell’art. 30, co. 1, lett. d), che a tal fine novella l’art. 7 del D.lgs. n. 297 del 1999, ora abrogato nella sua interezza dall’art. 63 del D.L. in esame.

[245]  Infine, il co. 3 dell'art. 32 dispone che gli oneri delle commissioni tecnico-scientifiche o professionali di valutazione e controllo dei progetti di ricerca gravano “sul Fondo medesimo o nell'ambito delle risorse impegnate per gli stessi progetti”, senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica.

[246]  La gestione di fondi secondo meccanismi di rotazione costituisce una speciale forma di gestione fuori bilancio, vale a dire acquisizioni di entrate o effettuazione di spese da parte dell’amministrazione dello Stato che non rientrano nelle procedure proprie del bilancio e che quindi non sono soggette alle normali procedure giuridico-amministrative di esecuzione dello stesso. La disciplina organica delle gestioni fuori bilancio è prevista dalla L. 1041/1971 e dal relativo regolamento approvato con D.P.R. 689/1977, la quale in particolare prevede che ciascuna gestione fuori bilancio deve essere autorizzata con apposita norma legislativa. La L. 559/1993 ha previsto che le gestioni fuori bilancio attuate con fondi di rotazione siano sottoposte all’obbligo di rendicontazione ed al controllo della Ragioneria generale e della Corte dei Conti. Il Ministro dell’economia e delle finanze, inoltre, ha facoltà di disporre accertamenti nel corso della gestione. I criteri per l’individuazione delle predette gestioni attuate con fondi rotativi sono stati forniti con la Nota di indirizzo allegata alla direttiva del Ragioniere generale dello Stato del 24 marzo 2003, che ha evidenziato: 1) la natura pubblicistica dei fondi, in quanto le risorse finanziarie di tali fondi devono provenire dallo Stato o da altre pubbliche amministrazioni, incluse le istituzioni sovranazionali; 2) l’autoalimentazione e vincolo di destinazione: i "rientri" di risorse al Fondo costituiscono fonte di autoalimentazione e sono vincolati al perseguimento delle finalità del fondo; 3) la natura dei rientri, i quali devono provenire dai beneficiari dei provvedimenti, a titolo di parziale o totale restituzione; 4) l’eventuale rotatività parziale: nel caso in cui i fondi siano misti, la parte rotativa è considerata esclusivamente per la quota delle erogazioni per le quali è previsto il rientro delle risorse.

[247]  http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2006:391:0001:0018:it:PDF. L’art. 38 ha previsto l’istituzione di un fondo di garanzia dei partecipanti al predetto programma quadro (imprese, centri di ricerca e università), al fine di gestire il rischio legato al mancato recupero di importi dovuti alla Comunità. Il contributo previsto assume la forma di una sovvenzione del partecipante che non supera il 5 % del contributo finanziario della Comunità dovuto al partecipante, che, dopo essere stato dedotto dal contributo, viene restituito al partecipante al termine dell'azione. Tale deduzione non si applica agli organismi pubblici, ai soggetti giuridici la cui partecipazione all'azione indiretta è garantita da uno Stato membro o da un paese associato e agli istituti di istruzione secondaria e superiore. Per gli altri soggetti partecipanti al settimo programma quadro, la Commissione effettua una verifica ex ante per verificarne la capacità finanziaria in caso chiedano un contributo per un'azione indiretta superiore a 500.000 euro e, in particolare, qualora, in base alle informazioni già disponibili, vi siano motivi giustificati per dubitare della capacità finanziaria di partecipanti.

[248]  Per ulteriori approfondimenti si veda il sito ufficiale dell’anagrafe nazionale delle ricerche: http://www.anagrafenazionalericerche.it/arianna/contentpages/report.aspx.

[249]Dal punto di vista del coordinamento con la normativa vigente, si segnala, inoltre, che sarebbe stato necessario abrogare l’art. 31, co. 3, del D.L. 5/2012 (L. 35/2012).

[250]  Articolo 1, co. 814 e 815, della L. 296/2006, e articolo 2, co. 313, 314 e 315, della L. 244/ 2007.

[251]  La relazione tecnica evidenziava che la disposizione semplificava le procedure di valutazione dei progetti finanziati dal FIRST, sopprimendo il comitato di cui al co. 313 dell’art. 2 della L. 244/2007, per il funzionamento del quale era previsto un onere quantificato nel limite massimo di 100.000 euro annui.

[252]  Si veda La Stampa 26 marzo 2012, http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna/archivio/2012/03/26SIK1025.PDF.

[253]  La relazione illustrativa (A.C. 5312), peraltro, utilizzava l’espressione “pari a 23 milioni di euro”.

[254]  Il 28 novembre 2011 si è svolta una giornata di studio sull’impiantistica sportiva, organizzata dall’Osservatorio Nazionale per i’Impiantistica sportiva (ONIS).

      (http://www.sportgoverno.it/onis/documentazione/archivio-riunioni/giornata-studio-sullimpiantistica-sportiva/gli-atti-della-giornata.aspx).

[255]  http://www.senato.it/commissioni/4569/106761/159250/sommarioindagini.htm.

[256]Nel dossier del Servizio Studi della Camera n. 660 del 3 luglio 2012 era stata suggerita l’opportunità di prevedere un più adeguato coinvolgimento delle Regioni, attraverso un’intesa o un concerto della Conferenza unificata.

[257]  In particolare, la relazione tecnica (A.C. 5312) precisava che i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse di cui alla L. 376/2003 (il cui art. 3 ha destinato all’Istituto per il credito sportivo le risorse previste dall'art. 27, co. 3, della L. 412/1991, derivanti dalle giocate dei concorsi pronostici, non utilizzate fino a quel momento dal medesimo Istituto, ai fini della concessione di contributi o di finanziamenti in conto capitale per la realizzazione o la ristrutturazione di infrastrutture destinate a ospitare, con carattere di continuità, attività o eventi sportivi di rilevanza nazionale o internazionale, nonché per l'acquisto, la ristrutturazione e l'adeguamento funzionale degli immobili destinati a sede del Museo dello sport, di cui all'art. 1 della L. 426/2001) sono stati definiti, nei termini indicati nel testo, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 17 novembre 2004. Con decreto 29 ottobre 2009 è stata trasferita all’Istituto per il credito sportivo la somma di € 25,8 milioni, per il pagamento dei contributi agli enti beneficiari individuati con decreto direttoriale 26 aprile 2006 (in particolare, come emerge dalla tabella allegata, si trattava di: comune di Roma, provincia di Ragusa, Federazione italiana pallavolo, Federazione italiana judo lotta, comune di Assisi, comune di Forlì, comune di Vercelli, Tennis club Ambrosiano, comune di Barano d’Ischia, comune di Dronero, Federazione italiana sport equestri, G.S. Mosole, l’Aquila Rugby srl, comune di Francavilla). Di tali somme, sono utilizzabili € 9,8 milioni.

[258]L’art. 7 del D.L. 136/2004 era stato soppresso dall’art. 30, co. 4, del D.L. 185/2008 (L. 2/2009). La soppressione è stata eliminata durante l’esame parlamentare.

[259]Prima della modifica disposta con il decreto-legge in commento, il comma 13 dell’art. 90 disponeva anche che il regolamento doveva disciplinare, in particolare, le forme di intervento del fondo in relazione all'entità del finanziamento e al tipo di impianto.

[260]  http://www.comitatoparalimpico.it/archiviofiles/newstatuto.pdf. Il nuovo statuto è stato deliberato dal Consiglio nazionale del CIP il 17 dicembre 2010 ed è stato approvato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri-ufficio per lo sport il 1° marzo 2011.

[261]  In base al D.P.R. indicato, la personalità giuridica si acquista mediante il riconoscimento determinato dall'iscrizione nel registro delle persone giuridiche, istituito presso le prefetture.

[262]  Federazione Italiana Bocce; Federazione Italiana Scherma; Federazione Sport Sordi Italia; Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva e Relazionale; Federazione Italiana Sport Invernali Paralimpici; Federazione Italiana Sport Paralimpici per Ipovedenti e Ciechi; Federazione Italiana Sport Paralimpici e Sperimentali; Federazione Italiana Nuoto Paralimpico;

      Federazione Italiana Pallacanestro in carrozzina; Federazione Italiana Tiro a Volo; Federazione Italiana Cronometristi; Federazione Italiana Sport Equestri; Federazione Italiana Tennistavolo; Federazione Italiana Tiro con l'Arco; Federazione Italiana Canottaggio; Federazione Ciclistica Italiana; Federazione Italiana Tennis; Federazione Italiana Vela; Federazione Italiana Sport del Ghiaccio; Federazione Italiana Canoa e Kayak.

http://www.comitatoparalimpico.it/showfaq.php?fldAuto=68&chapter=112. L’art. 19, co. 2, dello Statuto stabilisce che le Federazioni sportive paralimpiche sono costituite dalle società, dalle associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti in relazione alla particolare attività, anche da singoli tesserati. I requisiti per il riconoscimento sono indicati nell’art. 20.

[263]  Federazione Italiana Pesistica; Federazione Italiana Hockey; Federazione Italiana Triathlon; Federazione Italiana Baseball e Softball; Federazione Italiana Sportiva Automobilismo Patenti Speciali; Federazione Italiana Wheelchair Hockey; Federazione Italiana Golf Disabili; Federazione Italiana Sport Orientamento; Federazione Arrampicata Sportiva Italiana; Federazione Italiana Sci Nautico e Wakeboard; Federazione Italiana Danza Sportiva. http://www.comitatoparalimpico.it/showfaq.php?fldAuto=69&chapter=114. I requisiti per il riconoscimento delle Discipline sportive associate paraolimpiche sono indicati nell’art. 23 dello Statuto.

[264]  http://www.comitatoparalimpico.it/archiviofiles/ricono_FSP_DA.pdf.

[265]  Nonché del CONI, esclusivamente per le attività di alto livello finalizzate alla partecipazione ai giochi paralimpici estivi ed invernali.

[266]  Per le vie brevi, si è acquisita l’informazione che il MEF, con nota 19 luglio 2008, nell’ambito della determinazione delle indennità di funzione dei componenti degli organi del CIP, ha ritenuto applicabile la procedura delineata dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 gennaio 2001, relativa alla fissazione dei criteri per la determinazione dei compensi spettanti agli organi di amministrazione e controllo degli enti ed organismi pubblici. L’indicazione è stata confermata con nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri, struttura di missione per lo sport, n. 03842 del 31 luglio 2009.

[267]  Si tratta delle attività relative all’ammissione e all’affiliazione di società, associazioni sportive e singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché alle attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici.

[268]  Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito, con modificazioni, nella legge n. 106/2011.

[269]Una prima formulazione del testo (emendamento 67.019 approvato dalle Commissioni riunite VI e X della Camera dei deputati) prevedeva anche che “a decorrere dall’anno 2014 la dotazione sarebbe stata determinata, compatibilmente con i vincoli di finanza pubblica, dalla legge di stabilità” (A.C. 5312-A). A seguito del rinvio in Commissione del testo, la V Commissione bilancio nel proprio parere ha disposto la soppressione della previsione di successivo finanziamento attraverso la legge di stabilità (A.C. 5312-A/R). E’ tuttavia rimasta nel testo del comma 2 la formulazione generica del “31 marzo di ogni anno” riferita alla precedente stesura.

[270]I rifugi alpini e i bivacchi d’alta quota di proprietà del Club Alpino Italiano e delle singole Sezioni ammontano a 774 strutture per un totale di 23.044 posti letto.

[271]Per una ricognizione normativa sulle Fondazioni e sulle modalità della loro costituzione, si veda la scheda relativa all’art. 8.

[272]Al riguardo, si veda il parere reso dalla 7a Commissione del Senato nella seduta del 31 luglio 2012: http://www.senato.intranet/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=674566.

[273]  Al riguardo, si veda lo studio OCSE sul Turismo in Italia, Analisi e criticità delle politiche (2011), http://www.keepeek.com/Digital-Asset-Management/oecd/industry-and-services/studi-ocse-sul-turismo-italia_9789264116030-it e, in particolare, le pagg. da 141 a 158, che riguardano proprio l’istruzione e la formazione per il turismo in Italia.

[274]  Citando l’analisi condotta nel Rapporto sullo stato della formazione universitaria per il turismo in Italia del dicembre 2009, la relazione illustrativa sottolineava che “il sistema formativo italiano ha per molti anni concentrato la propria offerta nel segmento dei percorsi di scuola superiore secondaria, attraverso la presenza di istituti alberghieri e di istituti professionali per il turismo. Solo alla fine degli anni ’90 sono stati istituiti i primi corsi di laurea in turismo, principalmente all’interno di due classi di laurea: la classe L15 relativa alle Scienze del Turismo e la classe L18 relativa alle Scienze dell’economia e della gestione aziendale. Attualmente sono presenti 39 corsi di laurea triennale in 32 Atenei (tra i quali un corso di laurea nelle classi L1 - Scienze dei Beni Culturali per il Turismo, L11 - Lingue e Culture Moderne, L6 - Geografia e L33 - Scienze Economiche e due corsi di laurea in L12 - Mediazione Linguistica). Al secondo livello sono presenti 28 corsi di laurea magistrale in 24 Atenei (principalmente nelle classi LM49 - Progettazione e Gestione dei Sistemi Turistici e LM56 - Scienze dell‘Economia, un corso di laurea nelle classi LM76 - Scienze Economiche per l‘ambiente e la cultura, LM77 - Scienze Economico-Aziendali, LM14 - Filologia Moderna e due corsi di laurea nella classe LM38 - Lingue moderne per la cooperazione internazionale)”.

[275]  La stessa relazione evidenziava, infatti, che il processo di attivazione dei percorsi formativi non ha coinvolto gli attori appartenenti alla filiera produttiva.

[276]  Per i profili relativi alle attività promozionali da parte delle regioni si veda p. 128 del sopra citato Studio OCSE sul Turismo in Italia.

[277]Sul punto, si veda il parere della 7a Commissione del Senato, già citato.

[278]  Per un totale di € 1.843.100.

[279]  Per un totale di € 2.000.000.

[280]  Per un totale di € 2.000.000.

[281]  Con D.M. 25 giugno 2007 sono stati definiti i criteri di accesso alle risorse del Fondo. In particolare, l’art. 2 specifica che le richieste di finanziamento devono essere riferite ad eventi sportivi di livello almeno europeo, il cui svolgimento sia previsto sul territorio nazionale. Ai sensi dell’art. 4, le richieste possono riguardare anche eventi programmati per gli anni successivi.

[282]Con D.M. 1 aprile 2010 è stato emanato il bando, il cui articolo 2 specifica - come l’art. 2 del D.M. 25 giugno 2007 - che le richieste di finanziamento devono essere riferite ad eventi sportivi di livello almeno europeo, il cui svolgimento sia previsto sul territorio nazionale (ai sensi dell’art. 4, gli eventi devono essere programmati dal 1° gennaio 2010 al 31 dicembre 2014). Con D.M. 3 dicembre 2010 sono poi stati definiti i criteri di accesso alle risorse del Fondo. A seguito della rinuncia di uno dei soggetti beneficiari, la graduatoria finale è stata riformulata con decreto 7 aprile 2011:
http://www.sportgoverno.it/media/43831/decreto_riformulazione_ge_2010.pdf.

[283]  D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[284]Si ricorda che il Fondo per le esigenze urgenti ed indifferibili è stato istituito dall'articolo 7-quinquies, comma 1, del D.L. n. 5/2009 nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze (cap. 3071). Il fondo, genericamente rifinanziato nell’ambito delle leggi di stabilità, viene ripartito tra le finalità indicate in apposito Elenco allegato alla legge medesima, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

[285]  A partire dall’esercizio finanziario 2008 sono divenute operative le modalità di presentazione delle domande per i contributi dettate dal MIBAC con Circolare n. 84 del 10 aprile 2006.

[286]Occorre peraltro ricordare che, a seguito dell’intervento dell’art. 7, co. 24, del D.L. 78/2010 (L. 122/2010) – che ha previsto la riduzione degli stanziamenti relativi al contributo dello Stato a enti, istituti, fondazioni ealtri organismi per una quota pari al 50% delle dotazioni dell'anno 2009, disponendo, altresì, che i Ministri competenti, entro 60 giorni, stabilissero con decreto il riparto delle risorse rimaste disponibili – per il 2010 il DM 30 novembre 2010 ha stabilito la corresponsione del contributo solo al Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario della nascita di Cavour. Per il 2011, lo schema Atto n. 362 è stato ritirato successivamente alla presentazione.

[287]D.L. 28 aprile 2009, n. 39, Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 24 giugno 2009, n. 77.

[288]D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[289]D.L. 6 luglio 2012, n. 95, Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, il cui disegno di legge di conversione è in corso di esame parlamentare.

[290]Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale.

[291]Norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici, nonché misure per garantire la trasparenza e i controlli dei rendiconti dei medesimi. Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle leggi concernenti il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici e per l'armonizzazione del regime relativo alle detrazioni fiscali.

[292]Norme di delega in materia di autonomia impositiva delle regioni e altre disposizioni concernenti i rapporti finanziari tra lo Stato e le regioni.

[293]Istituzione e disciplina dell'addizionale regionale all'imposta erariale di trascrizione di cui alla legge 23 dicembre 1977, n. 952 e successive modificazioni, dell'addizionale regionale all'accisa sul gas naturale e per le utenze esenti, di un'imposta sostitutiva dell'addizionale, e previsione della facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un'imposta regionale sulla benzina per autotrazione.

[294]Misure urgenti in materia di tributi regionali.

[295]D.L. 6 giugno 2012, n. 74, Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici che hanno interessato il territorio delle province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova, Reggio Emilia e Rovigo, il 20 e il 29 maggio 2012, il cui disegno di legge di conversione è in corso di esame parlamentare.

[296]I comuni danneggiati riportati nell’Allegato 1 al DM citato sono i seguenti: provincia di Bologna (16 comuni): Argelato; Baricella; Bentivoglio; Castello d'Argile; Castelmaggiore; Crevalcore; Galliera; Malalbergo; Minerbio; Molinella; Pieve di Cento; Sala Bolognese; San Giorgio di Piano; San Giovanni in Persiceto; San Pietro in Casale; Sant'Agata Bolognese; provincia di Ferrara (6comuni): Bondeno; Cento; Mirabello; Poggio Renatico; Sant'Agostino; Vigarano Mainarda; provincia di Modena (18 comuni): Bastiglia; Bomporto; Campogalliano ; Camposanto; Carpi; Castelfranco Emilia; Cavezzo; Concordia sulla Secchia; Finale Emilia; Medolla; Mirandola; Nonantola; Novi; Ravarino; San Felice sul Panaro; San Possidonio; San Prospero; Soliera; provincia di Reggio Emilia (13 comuni): Boretto; Brescello; Correggio; Fabbrico; Gualtieri; Guastalla; Luzzara; Novellara; Reggiolo; Rio Saliceto; Rolo; San Martino in Rio; Campagnola Emilia; provincia di Mantova (34 comuni): Bagnolo San Vito; Borgoforte; Borgofranco sul Po; Carbonara di Po; Castelbelforte; Castellucchio; Curtatone; Felonica; Gonzaga; Magnacavallo; Marcaria; Moglia; Ostiglia; Pegognaga; Pieve di Coriano; Poggio Rusco; Porto Mantovano; Quingentole; Quistello; Revere; Rodigo; Roncoferraro; Sabbioneta; San Benedetto Po; San Giacomo delle Segnate; San Giovanni del Dosso; Schivenoglia; Sermide; Serravalle a Po; Sustinente; Suzzara; Villa Poma; Villimpenta; Virgilio; provincia di Rovigo (17 comuni): Bagnolo di Po; Calto; Canaro; Canda; Castelguglielmo; Castelmassa; Ceneselli; Ficarolo; Gaiba; Gavello; Giacciano con Baruchella; Melara; Occhiobello; Pincara; Salara; Stienta; Trecenta.

[297]Recante disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[298]Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica.

[299]Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

[300]  Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile.

[301]  Si ricorda che l’articolo 5, comma 5-quinquies, della legge n. 225/1992, come sostituito dal decreto legge n. 59/2012, dispone che per gli oneri connessi agli interventi per gli eventi calamitosi vanno prioritariamente utilizzate le risorse del Fondo nazionale della protezione civile. Qualora si faccia ricorso al Fondo di riserva per le spese impreviste, il medesimo Fondo di riserva deve essere obbligatoriamente e corrispondentemente reintegrato, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, attraverso la riduzione delle voci di spesa indicate nell'elenco allegato alla presente legge. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sono individuati l'ammontare complessivo delle riduzioni delle dotazioni finanziarie da operare e le voci di spesa interessate e le conseguenti modifiche degli obiettivi del patto di stabilità interno, tali da garantire la neutralità in termini di indebitamento netto delle P.A.

[302]Disposizioni urgenti per il riordino della Protezione civile.

[303]Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.