Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento bilancio | ||||
Altri Autori: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Le leggi D.L. 7 maggio 2012, n. 52 'Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94. | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 653 Progressivo: 2 | ||||
Data: | 24/07/2012 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Progetti di legge |
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Le leggi |
D.L. 7 maggio 2012, n. 52 “Disposizioni urgenti per la razionalizzazione della spesa pubblica”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 luglio 2012, n. 94. |
Schede di lettura |
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n. 653/2 |
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23 luglio 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Bilancio ( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: D12052b.doc |
INDICE
Schede di lettura
§ Articolo 1, comma 1 (Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica)3
§ Articolo 1, commi da 1-bis a 1-quinquies (Programma di spending review). 6
§ Articolo 1-bis (Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di comuni, città metropolitane, province e regioni)........................................................................................ 10
§ Articolo 2 (Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi).......................................................................................................... 13
§ Articolo 3 (Organizzazione e programma di lavoro)..................................... 20
§ Articolo 4 (Relazione al Parlamento)............................................................ 22
§ Articolo 5 (Poteri).......................................................................................... 23
§ Articolo 6 (Requisiti di nomina)..................................................................... 31
§ Articolo 7 (Modifiche alle disposizioni in materia di procedure di acquisto). 32
§ Articolo 7-bis (Misure urgenti per la riduzione dei prezzi unitari corrisposti dalle aziende sanitarie locali per gli acquisti di beni e servizi)................................................................... 37
§ Articolo 8 (Dati in tema di acquisizioni di beni e servizi).............................. 41
§ Articolo 9 (Attività della centrale di committenza nazionale attraverso sistema informatico) 43
§ Articolo 10 (Acquisizioni di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati attraverso il ricorso a centrali di committenza e interpretazione autentica dell'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177)........................................................... 45
§ Articolo 11 (Mercato elettronico della pubblica amministrazione)............... 48
§ Articolo 12 (Aggiudicazione di appalti con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) 51
§ Articolo 13 (Semplificazione dei contratti di acquisto di beni e servizi)........ 55
§ Articolo 13-bis (Disposizioni in materia di certificazione e compensazione dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche)...... 56
§ Articolo 13-ter (Utilizzo di erogazioni liberali nel caso di acquisti attraverso convenzioni-quadro e attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione)............... 67
§ Articolo 14 (Misure in tema di riduzione dei consumi di energia e di efficientamento degli usi finali dell'energia).................................................................................................. 70
§ Articolo 15 (Copertura finanziaria)................................................................ 74
§ Articolo 16 (Entrata in vigore)....................................................................... 75
1. Al fine di coordinare l'azione del Governo e le politiche volte all'analisi e al riordino della spesa pubblica, è istituito un Comitato interministeriale, presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri e composto dal Ministro delegato per il programma di Governo, dal Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e dal Ministro dell'economia e delle finanze o vice Ministro da lui delegato e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con funzioni di Segretario del Consiglio dei Ministri. Il Presidente del Consiglio dei Ministri con proprio decreto può modificare la composizione del Comitato, sentite le Commissioni parlamentari competenti. Il Comitato svolge attività di indirizzo e di coordinamento, in particolare, in materia di revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti a imprese, razionalizzazione delle attività e dei servizi offerti, ridimensionamento delle strutture, riduzione delle spese per acquisto di beni e servizi, ottimizzazione dell'uso degli immobili e nelle altre materie individuate dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 3 maggio 2012.
L'articolo 1, comma 1, istituisce un Comitato interministeriale per la revisione della spesa pubblica, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, composto dal ministro delegato per il programma del Governo, dal ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dal ministro dell'economia e delle finanze (o dal vice ministro da lui delegato) e dal sottosegretario alla Presidenza del consiglio con funzioni di segretario del Consiglio dei ministri.
Ai sensi del secondo periodo del comma 1, tale composizione, determinata da fonte di rango primario è però suscettibile di modifica con atto del Presidente del Consiglio, avente forma di decreto. Su tale previsione che opera una dequalificazione della fonte deputata a prevedere la composizione dell’organo in una fase di operatività successiva all’iniziale istituzione, è intervenuta una modifica approvata in sede referente che stabilisce che su tale decreto debbano essere sentite le Commissioni parlamentari competenti.
Si può notare che, mentre ai sensi del primo periodo del comma in esame, l’obiettivo dell’istituzione del Comitato è di coordinamento in materia di spesa pubblica, in base al terzo periodo alla funzione di coordinamento si aggiunge quella di indirizzo.
In particolare, le attività di indirizzo e di coordinamento del Comitato interministeriale hanno ad oggetto:
§ la revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti, destinati alle imprese;
§ la razionalizzazione dei servizi e delle attività ;
§ il ridimensionamento delle strutture;
§ la riduzione delle spese per l'acquisto di beni e servizi;
§ l'ottimizzazione dell'uso degli immobili.
L'attività del Comitato può peraltro estendersi, sino a ricomprendere l'insieme delle materie indicate dalla direttiva 3 maggio 2012 del Presidente del Consiglio.
Si rammenta che l’articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione, dispone che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale è ricompresa la norma in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
La direttiva del 3 maggio 2012 stabilisce un obiettivo di riduzione complessiva della spesa pubblica di 4,2 miliardi per l'anno 2012, alla quale tutte le amministrazioni pubbliche debbano concorrere. A tale scopo essa prefigura una attività di revisione della spesa concentrata in particolare sui seguenti profili:
a) revisione dei programmi di spesa e dei trasferimenti, verificandone l’attualità e l’efficacia ed eliminando le spese non indispensabili e comunque non strettamente correlate alle missioni istituzionali;
b) ridimensionamento delle strutture dirigenziali esistenti, anche in conseguenza della riduzione dei programmi di spesa;
c) razionalizzazione delle attività e dei servizi offerti sul territorio e all’estero, finalizzata all’abbattimento dei costi e alla migliore distribuzione del personale, anche attraverso concentrazioni dell’offerta e dei relativi uffici;
d) riduzione, anche mediante accorpamento, degli enti strumentali e vigilati e delle società pubbliche;
e) riduzione in termini monetari della spesa per acquisto di beni e servizi anche mediante l’individuazione di responsabili unici della programmazione della spesa, nonché attraverso una più adeguata utilizzazione delle procedure espletate dalle centrali di acquisto ed una più efficiente gestione delle scorte;
f) ricognizione degli immobili in uso; riduzione della spesa per locazioni, assicurando il controllo di gestione dei contratti; definizione di precise connessioni tra superficie occupata e numero degli occupanti;
g) ottimizzazione dell’utilizzo degli immobili di proprietà pubblica anche attraverso compattamenti di uffici e amministrazioni;
h) restituzione all'Agenzia del demanio degli immobili di proprietà pubblica eccedenti i fabbisogni;
i) estensione alle società in house dei vincoli vigenti in materia di consulenza;
l) eliminazione, salvi i casi eccezionali riferibili per esempio a rapporti con Autorità estere, di spese di rappresentanza e spese per convegni;
m) proposizione di impugnazioni avverso sentenze di primo grado che riconoscano miglioramenti economici o progressioni di carriera per dipendenti pubblici, onde evitare che le stessa passino in giudicato.
La direttiva ha altresì previsto un Comitato interministeriale di analoga composizione di quello ora istituito dal decreto-legge.
Occorre rammentare che la direttiva ha fatto seguito al Consiglio dei ministri (del 30 aprile 2012) nel quale è stato esaminato un rapporto preliminare (intitolato Dinamica, struttura e criteri di governo della spesa pubblica) a cura del ministro senza portafoglio con delega all'attuazione del programma del Governo, con particolare riguardo all'analisi e allo studio per il riordino della spesa pubblica.
Il rapporto quantifica la spesa pubblica 'rivedibile' nel medio periodo in circa 295 miliardi di euro (di questa, la quota maggiore è costituita dalla spesa degli enti sanitari locali, per il 33,1 per cento; Regioni, comuni e province incidono per il 24,3 per cento, lo Stato per il 32,5 per cento, gli altri enti dell'amministrazione centrale per il 2,4 per cento, gli enti previdenziali per il 2,5 per cento e le Università e gli altri enti locali per il 5,2 per cento).
A breve termine, la spesa rivedibile sarebbe tuttavia inferiore, quantificabile in circa 80 miliardi.
La riduzione della spesa pubblica per un importo complessivo di 4,2 miliardi per l’anno 2012 (intesa a scongiurare l’aumento di due punti dell’IVA previsto per gli ultimi tre mesi del 2012 posta dall'articolo 18 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge n. 214[1]) è pertanto da ottenersi in 7 mesi (1° giugno-31 dicembre 2012).
Per conseguire quell'obiettivo di riduzione, ciascun ministro è tenuto - entro il 31 maggio 2012, a proporre un progetto contenente i corrispondenti interventi di revisione e riduzione della spesa, nonché le misure per gli esercizi futuri, di razionalizzazione organizzativa e di risparmio. Il Presidente del Consiglio adotta, anche in assenza delle proposte, le necessarie determinazioni.
Articolo 1, commi da 1-bis a 1-quinquies
(Programma di spending review)
1-bis. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 01 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, il Governo, sulla base della proposta del Comitato di cui al comma 1, presenta al Parlamento entro il 30 settembre 2012 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica coerente con la legge 4 marzo 2009, n. 15, nel quale sono specificati i singoli interventi e le misure adottati o in via di adozione per il conseguimento degli obiettivi di riduzione della spesa pubblica, nonché forme di monitoraggio sullo stato di attuazione degli stessi al fine di valutarne l'efficacia. Il programma individua, anche attraverso la sistematica comparazione di costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, anche al fine di evitare possibili duplicazioni di strutture ed implementare le possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse stanziate. Al programma è associata l'indicazione dei risparmi di spesa per ogni singolo intervento di riorganizzazione della spesa pubblica.
1-ter. Nell'ambito della risoluzione parlamentare approvativa della Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2012, sono indicati i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015, mediante i quali attuare le riorganizzazioni della spesa pubblica di cui al comma 1-bis.
1-quater. Entro venti giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Comitato provvede a definire le modalità di predisposizione del programma di cui al comma 1-bis e della relativa attuazione e, per il tramite della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ne dà comunicazione al Parlamento, al fine dell'espressione del parere, entro trenta giorni dalla trasmissione, da parte delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari.
1-quinquies. Ai fini dell'esercizio delle attività di cui al comma 1-bis, nonché per garantire l'uso efficiente delle risorse pubbliche, il Governo, avvalendosi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la collaborazione del Commissario di cui all'art. 2, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto dà inizio ad un ciclo di razionalizzazione della spesa pubblica mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. Per le amministrazioni periferiche dello Stato sono proposte specifiche metodologie per quantificare i relativi costi, anche ai fini di una più efficiente allocazione delle relative risorse nell'ambito della loro complessiva dotazione di bilancio, tale da renderle effettivamente utilizzabili da parte delle amministrazioni medesime.
I commi da 1-bis a 1-quinquies dell’articolo 1, introdotti nel corso dell’esame parlamentare, richiamano nel testo molti dei contenuti delle disposizioni sulla revisione della spesa pubblica dettate dall’articolo 01 del decreto-legge n. 138/2011[2], con la finalità, secondo quanto emerso nell’illustrazione dell’emendamento che ha inserito i commi in questione[3], di stabilire un nesso funzionale tra tale articolo ed la nuova disciplina sulla razionalizzazione della spesa detta dal provvedimento in esame.
Si rammenta che l’articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione, dispone che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale sono ricomprese le norme in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
L'articolo 01 del decreto legge n.138/2011 prevede la predisposizione di un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica diretto ad individuare, attraverso la sistematica comparazione di costi e risultati a livello nazionale ed europeo, eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici, nonché l'avvio di un ciclo di “spending review”, mirato alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato.
In particolare tale articolo attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministeri interessati, il compito di presentare al Parlamento entro il 30 novembre 2011 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica.
Detto programma, dato l'obiettivo di razionalizzazione della spesa e di superamento del criterio della spesa storica, deve prevedere in particolare, in coerenza con la legge 4 marzo 2009, n. 15[4]:
§ le linee-guida per l'integrazione operativa delle agenzie fiscali;
§ la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello provinciale;
§ il coordinamento delle attività delle forze dell'ordine, ai sensi della legge 1 aprile 1981, n. 121[5];
§ l'accorpamento degli enti della previdenza pubblica;
§ la razionalizzazione dell'organizzazione giudiziaria civile, penale, amministrativa, militare e tributaria a rete;
§ la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica.
Con il programma devono comunque essere individuate eventuali criticità nella produzione e nell'erogazione dei servizi pubblici, anche al fine di evitare possibili duplicazioni di strutture e di implementare strategie di miglioramento dei risultati ottenibili a parità di stanziamenti.
Si stabilisce poi che con la risoluzione parlamentare approvativa del Documento di economia e finanza 2012 (o della relativa Nota di aggiornamento), siano indicati i disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015, con cui il Governo viene delegato ad attuare le riorganizzazioni elencate dal comma precedente[6].
Le modalità per la predisposizione del programma di riorganizzazione della spesa di cui al comma 1 e per la sua attuazione sono definiti dal Ministro dell'economia e delle finanze entro venti giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge Da ultimo si prevede l'avvio, a partire dall'anno 2012, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, d’intesa con i Ministeri interessati, di un ciclo di “spending review” mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. Per quanto concerne invece le amministrazioni periferiche dello Stato sono proposte specifiche metodologie di quantificazione dei costi, anche ai fini della allocazione delle risorse nell'ambito della loro dotazione complessiva.
Va rammentato che in precedenza norme di tenore analogo a quelle contenute nel decreto-legge n.138/2011 erano state introdotte dall’articolo 9 del decreto-legge n. 98 del 2011[7], che aveva già disposto, a decorrere dal 2012, l’avvio di un ciclo di analisi e valutazione della spesa diretto alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato.
I commi da 1-bis a 1-quinquies vengono ora, come detto, a riproporre in buona parte quanto già previsto nell’articolo 01 del D.L. n.138/2011 sopra illustrato, con alcune differenziazioni – che si richiameranno sinteticamente nell’esposizione dei commi in esame - attinenti prevalentemente alla nuova tempistica dell’attività di spending review ed alle funzioni del Comitato istituito dal precedente comma 1 dell’articolo in esame. In particolare si dispone che:
§ ai fini dell’attuazione dell’articolo 01 sopradetto il Governo (invece che il Ministro dell’economia, d’intesa con i Ministri interessati), sulla base della proposta del Comitato di cui al comma 1 presenta al Parlamento entro il 30 settembre 2012 (e non più entro il 30 novembre 2011), un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica, nel quale sono specificati gli interventi adottati o in via di adozione (nell’articolo 01 si indicano invece specificamente i settori e le finalità di intervento del programma), nonché forme di monitoraggio sugli stessi al fine di valutarne la relativa efficacia. Al programma è associata la indicazione dei risparmi di spesa per ogni singolo intervento (disposizione non prevista nell’articolo 01);
§ nell’ambito della risoluzione parlamentare di approvazione della Nota di aggiornamento al DEF 2012 (e non più in quella di approvazione del DEF medesimo, già intervenuta) sono indicati i disegni di legge collegati mediante cui attuare i programma sopradetto. Entro venti giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge il Comitato definisce le modalità di predisposizione di tale programma, sul quale, entro il termine di trenta giorni dalla trasmissione alle Camere, dovranno essere espressi i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari;
§ il Governo (anziché il Ministro dell’economia), avvalendosi del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e con la collaborazione del Commissario straordinario, dà inizio a partire dalla data di dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (e non più a partire dall’anno 2012) un ciclo di spending review per la definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni dello Stato. Per le amministrazioni periferiche sono proposte specifiche metodologie, anche al fine di una più efficiente allocazione delle risorse che le renda effettivamente utilizzabili dalle amministrazioni medesime.
Al riguardo, in considerazione sia delle identità di formulazione che delle differenziazioni tra il testo dei commi in esame e quello del vigente articolo 01 del D.L. 138/2011, non appare del tutto evidente se i commi medesimi debbano intendersi come sostitutivi dell’articolo 01 ovvero se rechino una disciplina che si aggiunge a quella già vigente, in relazione ai nuovi organi ora previsti nonché al decorso dei termini di alcuni adempimenti previsti dall’articolo 01 e finora non effettuati. In tale secondo caso, – che peraltro sembra il più probabile, considerando che il comma 1-bis viene introdotto “Ai fini dell’attuazione dell’articolo 01” del D.L. 138/2011 – sarebbe risultato opportuno un più circostanziato coordinamento tra le due differenti discipline, se del caso anche mediante lo strumento della novellazione.
Si segnala, inoltre, come la previsione recata dal comma 1-ter (che peraltro ripete sostanzialmente quando già previsto nel vigente comma 2 dell’articolo 01), con la quale si dispone che nella risoluzione parlamentare approvativa della Nota di aggiornamento al DEF 2012 siano indicati i disegni di legge collegati mediante cui riorganizzare la spesa pubblica, potrebbe non risultare coerente con la disciplina contabile in materia, nella quale, ai sensi degli articolo 10, comma 6, e 10-bis, comma 7, della legge n 196 del 2009, i disegni di legge collegati sono previsti in allegato al DEF.
Articolo 1-bis
(Determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di comuni, città
metropolitane, province e regioni)
1. Ai fini dell'esercizio delle attività di cui al presente decreto e per l'efficace realizzazione della revisione della spesa pubblica, in particolare in campo sanitario, il Governo verifica prioritariamente l'attuazione della procedura per l'individuazione dei costi e dei fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, e dall'articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, provvedendo all'acquisizione e alla pubblicazione dei relativi dati entro il 31 dicembre 2012, nonché a ridefinire i tempi per l'attuazione dei medesimi decreti sui costi e i fabbisogni standard entro il primo quadrimestre dell'anno 2013.
L’articolo 1-bis interviene in tema di costi e fabbisogni standard per gli enti locali, come attualmente disciplinati dalla legge delega sul federalismo fiscale (L. 5 maggio 2009, n. 42) nonché da alcuni dei decreti legislativi di attuazione, stabilendo che la determinazione dei costi e fabbisogni medesimi debba avvenire entro il primo quadrimestre del 2013.
Com’è noto, secondo la definizione recata dall’articolo 2, comma 2, lettera f), della legge n. 42 del 2009, il costo ed il fabbisogno standard “valorizzando l’efficienza e l’efficacia, costituisce l’indicatore rispetto al quale comparare e valutare l’azione pubblica”. Il fabbisogno standard è finalizzato pertanto ad individuare il livello ottimale di un servizio valutato a costi standard.
Nel decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216[8], i fabbisogni standard costituiscono i nuovi parametri cui ancorare il finanziamento delle spese fondamentali di comuni, città metropolitane e province, al fine di assicurare un graduale e definitivo superamento del criterio della spesa storica.
Il computo delle occorrenze finanziarie derivante dai fabbisogni standard andrà effettuato rispetto alle funzioni fondamentali dei comuni e delle province, che vengono espressamente individuate nel provvedimento (funzioni generali di amministrazione, di polizia locale, viabilità, istruzione pubblica ed altre). A tal fine andranno altresì stabiliti gli obiettivi di servizio connessi ai livelli essenziali delle prestazioni da erogare.
La metodologia per la determinazione dei fabbisogni costituisce una operazione tecnicamente complessa, che in questa sede non si dettaglia, che è affidata alla Società per gli studi di settore – S.O.S.E. S.p.A.[9]., che potrà a tal fine avvalersi dell’ Istituto per la finanza e per l’economia locale IFEL, nonché dell'ISTAT.
Il decreto legislativo prevede una specifica procedura per la pubblicazione sia della nota metodologica della procedura di calcolo sia dei fabbisogni standard per ciascun ente locale, ai cui fini si dispone che ciascun schema di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri venga sottoposto al parere della Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale ed a quello delle Commissioni bilancio delle due Camere.
Viene infine stabilito, all’articolo 13, un periodo transitorio, nell’anno 2013[10], per l’applicazione del criterio di finanziamento basato sui fabbisogni standard a tutte le funzioni fondamentali, cui segue poi un successivo triennio per l’entrata a regime del nuovo sistema. In particolare si prevede che:
§ entro il 31 marzo 2013 verranno determinati i fabbisogni standard che entreranno in vigore nel 2013, riguardo ad almeno due terzi delle funzioni fondamentali degli enti, con un processo di gradualità per consentirne l’entrata a regime nell’arco del triennio successivo;
§ entro il medesimo anno 2013 (vale a dire il 31 dicembre dell’anno) verranno determinati i fabbisogni anche per tutte le restanti funzioni fondamentali, anche in tal case con una gradualità volta a garantirne l’entrata a regime entro il triennio successivo.
Alla determinazione dei fabbisogni standard fa altresì riferimento – con riguardo alle regioni - l’articolo 13 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68[11], che li richiama ai fini della individuazione ( con legge) dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) nelle materie di competenza regionale della sanità, dell’assistenza, dell’istruzione e del trasporto pubblico locale (per la parte di conto capitale).
Tale norma, in particolare, dispone che i LEP siano stabiliti prendendo a riferimento macroaree di intervento, per ciascuna delle quali devono essere definiti i costi ed i fabbisogni standard, secondo una procedura che prevede anche in tal caso l’intervento della SOSE S.p.A. in collaborazione con l’Istat ed anche utilizzando una apposita struttura[12] presso la Conferenza delle Regioni. Con DPCM (sottoposto a parere parlamentare) dovrà effettuarsi la ricognizione dei livelli essenziali in questione per poi procedere alla determinazione degli stessi con legge. Finché non intervenga quest’ultima, per la quale non viene stabilito un termine di entrata in vigore, si dispone, in via transitoria, che i livelli dei servizi da erogare nella materie in questione siano stabiliti tramite intesa da concludersi in sede di Conferenza unificata (di cui all’articolo 8 del D.Lgs. n. 281/1997).
L’articolo 1-bis appare volto ad anticipare i termini di conclusione del procedimento di determinazione dei fabbisogni standard rispetto a quanto ora previsto dal D.Lgs. n. 216/2010, stabilendo che ai fini della revisione della spesa pubblica, ed in particolare in campo sanitario, sulla base delle procedure previste dal decreto legislativo n. 216/2010 e dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 68/2011, il Governo debba pubblicare i relativi dati entro il 31 dicembre 2012 e ridefinire i tempi per l’attuazione dei decreti di determinazione dei fabbisogni medesimi entro il 30 aprile 2013, in tal modo anticipando il vigente termine del 31 dicembre 2013 ora previsto dal decreto n. 216/2010 medesimo.
Per quanto concerne invece i livelli essenziali delle prestazioni di competenza regionale previsti dal D.Lgs. n.68/2011, pur in presenza della tempistica di determinazione dei fabbisogni stabilita nell’articolo in esame, rimane ferma la necessità che poi i LEP in questione andranno comunque fissati con legge, sulla base di quanto dispone l’articolo 13 del medesimo decreto legislativo.
1. Nell'ambito della razionalizzazione della spesa pubblica ed ai fini di coordinamento della finanza pubblica, di perequazione delle risorse finanziarie e di riduzione della spesa corrente della pubblica amministrazione, garantendo altresì la tutela della concorrenza attraverso la trasparenza ed economicità delle relative procedure, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per i rapporti con il Parlamento delegato per il programma di Governo, può nominare un Commissario straordinario, al quale spetta il compito di definire il livello di spesa per acquisti di beni e servizi, per voci di costo, delle amministrazioni pubbliche. Il Commissario svolge anche compiti di supervisione, monitoraggio e coordinamento dell'attività di approvvigionamento di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, anche in considerazione dei processi di razionalizzazione in atto, nonché, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, attività di ottimizzazione, in collaborazione con l'Agenzia del demanio, dell'utilizzazione degli immobili di proprietà pubblica, anche al fine di ridurre i canoni e i costi di gestione delle amministrazioni pubbliche. Il Commissario collabora altresì con il Ministro delegato per il programma di governo per l'attività di revisione della spesa delle pubbliche amministrazioni.
2. Tra le amministrazioni pubbliche sono incluse tutte le amministrazioni, autorità, anche indipendenti, organismi, uffici, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati e gli enti locali, nonché le società a totale partecipazione pubblica diretta e indiretta e le società non quotate controllate da soggetti pubblici nonché, limitatamente alla spesa sanitaria, le amministrazioni regionali commissariate per la redazione e l'attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario. Alle società a totale partecipazione pubblica e alle loro controllate che gestiscono servizi di interesse generale su tutto il territorio nazionale la disciplina del presente decreto si applica solo qualora abbiano registrato perdite negli ultimi tre esercizi. Ciascuna amministrazione può individuare, tra il personale in servizio, un responsabile per l'attività di razionalizzazione della spesa pubblica di cui al presente decreto; l'incarico è svolto senza corresponsione di indennità o compensi aggiuntivi.
2-bis. La Presidenza della Repubblica, il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale, in conformità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, valutano le iniziative volte a conseguire gli obiettivi di cui al presente decreto.
[3. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del presente decreto la Presidenza della Repubblica, il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale. ]
4. Per la definizione del livello di spesa di cui al comma 1, nelle regioni, salvo quanto previsto dal comma 2, il Commissario, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, di differenziazione, di adeguatezza e di leale collaborazione, formula proposte al Presidente della regione interessata, comunicandole al Ministero dell'economia e delle finanze.
5. Per le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano le disposizioni di cui al presente decreto costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica.
L’articolo 2 prevede l’istituzione, da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, di un Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti e servizi.
Com’è noto, la figura del Commissario straordinario è prevista dall’articolo 11 delle legge n. 400 del 1988, recante la disciplina dell’attività di Governo e l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri. Tale articolo dispone che al fine di realizzare specifici obiettivi determinati in relazione a programmi o indirizzi deliberati dal Parlamento o dal Consiglio dei ministri o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali, può procedersi alla nomina di commissari straordinari del Governo, ferme restando le attribuzioni dei Ministeri. Il Commissario costituisce pertanto un organo con competenze di natura straordinaria, sostitutive di quelle dell’organo ordinario.
In particolare il comma 1 stabilisce che - nell’ambito della razionalizzazione della spesa pubblica ed ai fini di coordinamento della finanza pubblica, di perequazione delle risorse finanziarie e di riduzione della spesa corrente della pubblica amministrazione, garantendo altresì la tutela della concorrenza attraverso la trasparenza ed economicità delle relative procedure - il Presidente del Consiglio dei Ministri può nominare un Commissario straordinario con il compito di definire il livello di spesa per acquisti di beni e servizi, per voci di costo, delle amministrazioni pubbliche.
La nomina del Commissario avviene su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro per i rapporti con il Parlamento delegato per il programma di Governo.
Oltre alla definizione dei livelli di spesa per gli acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche, competono al Commissario straordinario i seguenti compiti:
§ la supervisione, il monitoraggio e il coordinamento dell’attività di approvvigionamento di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni;
§ le attività di ottimizzazione, in collaborazione con l’Agenzia del Demanio, dell’utilizzazione degli immobili di proprietà pubblica, anche al fine di ridurre i canoni ed i costi di gestione delle amministrazioni;
§ la revisione della spesa delle pubbliche amministrazioni, quale collaboratore del Ministro delegato.
Con riguardo ai profili sistematici può rilevarsi come, ad un’analisi teorica, il Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti e servizi, per come configurata nel provvedimento all’esame, ed in particolare negli articoli 2 e 5, sembri rivestire alcuni caratteri peculiari rispetto alle funzioni che, in via generale[13] caratterizzano l’organo, che è titolare di una competenza straordinaria, sostitutiva di quella dell'organo ordinario, cui subentra in via alternativa e temporanea., del tutto assimilabile a questa fattispecie, giacché le disposizioni del decreto-legge lo configurano prevalentemente (all’articolo 5) come soggetto di impulso, raccordo, supervisione, rispetto alle ordinarie competenze degli altri organi ordinari, con una attività che si sostanzia in proposte e di segnalazioni nei confronti di altri organi – Presidente e Consiglio dei ministri, Presidente di Regione, Presidente di provincia e sindaco – cui spetta il potere dispositivo. Per esso sussistono tuttavia il potere (che nei confronti delle regioni è però circoscritto al formulazione di proposte) di definire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche, nonché la previsione che, qualora segnali alle amministrazioni pubbliche misure di razionalizzazione della spesa e fissi un termine per il raggiungimento degli obiettivi, alla scadenza del termine medesimo il Consiglio dei ministri possa autorizzare l'esercizio di poteri sostitutivi.
Il comma 2 specifica le pubbliche amministrazioni nei cui confronti si applicano le disposizioni in esame, individuandole in “tutte le amministrazioni, autorità, anche indipendenti, organismi, uffici, agenzie o soggetti pubblici comunque denominati e gli enti locali, nonché le società a totale partecipazione pubblica, diretta e indiretta e le società non quotate controllate da soggetti pubblici nonché, limitatamente alla spesa sanitaria, le amministrazioni regionali commissariate per la redazione e l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario”. Ciascuna amministrazione potrà individuare un responsabile per l’attività di razionalizzazione della spesa.
Può osservarsi come l’individuazione delle amministrazioni pubbliche recata dal comma in esame differisca in più aspetti dalla definizione di pubbliche amministrazioni, contenuta nell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165/2001[14], che costituisce la disposizione ritenuta generalmente parametro di riferimento al fine di individuare la categoria delle pubbliche amministrazioni.
Ai sensi di tale disposizione, infatti, per amministrazioni pubbliche si intendono “tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[15]”.
La definizione generale in questione è peraltro richiamata nel capo II del provvedimento, laddove l’articolo 14 stabilisce che le amministrazioni pubbliche cui si applicheranno le misure di risparmio energetico previste dall’articolo medesimo sono quelle di cui al D.Lgs. n.165.
In relazione a ciò, sarebbe stato opportuno precisare nell’articolo 2, comma 2 che l’elencazione delle amministrazioni pubbliche ivi contenuta veniva effettuata ai soli fini dell’attività di razionalizzazione della spesa disciplinata dal Capo I del decreto-legge.
In tal senso si è operato ad esempio nella legge di contabilità n. 196/2009, laddove all’articolo 1, comma 2, nel prevedersi un universo delle amministrazioni pubbliche più ampio di quello recato dal decreto legislativo 165/2001, si è precisato che ciò veniva disposto “ai fini dell’applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica”.
Una diversa questione, egualmente concernente l’elencazione delle pubbliche amministrazioni recata dal comma 2, attiene all’inclusione tra le stesse di una particolare fattispecie, costituita –con riguardo alla sola spesa sanitaria – dalle “amministrazioni regionali commissariate per la redazione e l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario”. Ciò comporta che le regioni in questione[16] (atteso che la dizione “amministrazione regionale” sembra doversi ritenere di fatto coincidente con quella di “regione”) sono sottoposte, in modo identico a tutte le altre amministrazioni pubbliche individuate dal comma in esame, alle attività del Commissario straordinario previste dall’articolo 5, incluso il potere di disporre ispezioni a cura dell’Ispettorato per la funzione pubblica e della Ragioneria generale dello Stato, nonché a quello di fissazione di un termine per il raggiungimento degli obiettivi di spesa prefissati, decorso il quale il Consiglio dei ministri può autorizzare in base all’articolo 120 della Costituzione, l’esercizio di poteri sostitutivi dei vertici delle amministrazioni inadempienti.
Per effetto del comma 2 in esame, pertanto, con riferimento alla spesa sanitaria le regioni commissariate rivestono, ai fini dell’attività di revisione della spesa in capo al Commissario, uno status differenziato rispetto alle altre amministrazioni regionali (incluse quelle sottoposte a piani di rientro ma non commissariate), non contemplate nel comma stesso; circostanza, questa, che potrebbe essere ritenuta da valutare in termini di compatibilità con i profili di autonomia regionale previsti dall’ordinamento.
Ai fini di tale valutazione va peraltro tenuto presente che sulla base della normativa vigente le regioni commissariate per l’attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario sono sottoposte a stringenti vincoli e limitazioni di carattere finanziario e contabile.
Ai sensi dell’articolo 2, comma 83, della legge n.191/2009[17], la nomina del Commissario ad acta per la predisposizione o l’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario[18] comporta infatti:
§ la sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio;
§ la decadenza, in via automatica dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale competente;
§ con riferimento all’esercizio in corso alla data della delibera di nomina del Commissario, l’incremento in via automatica, delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF rispettivamente di 0,15 e di 0,30 punti percentuali oltre il livello delle aliquote vigenti (articolo 2, comma 86, della L. 191/2009);
§ il blocco del turn over;
§ il divieto di effettuare spese non obbligatorie per i due esercizi successivi.
Inoltre, nel corso dell’esame parlamentare. è stata introdotta la previsione secondo la quale alle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi di interesse generale su tutto il territorio nazionale la disciplina del presente decreto si applica solo qualora abbiano registrato perdite negli ultimi tre esercizi.
Nel testo originario del decreto-legge era contemplata (comma 3) una disposizione che escludeva all'ambito di applicazione del decreto in esame gli organi costituzionali Presidenza della Repubblica, Senato della Repubblica, Camera dei Deputati e Corte Costituzionale.
Nel corso dell’esame parlamentare tale norma è stata soppressa ed è stato introdotto un nuovo comma 2-bis che prevede che la Presidenza della Repubblica, il Senato della Repubblica, la Camera dei deputati e la Corte costituzionale, in conformità con quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, valutino le iniziative volte a conseguire gli obiettivi di cui al presente decreto.
La disposizione originariamente contenuta nel testo esplicitava, con una formalizzazione non necessaria, l’autonomia assicurata a tali organi dal sistema costituzionale, autonomia della quale anche la disposizione da ultimo introdotta prende atto.
Poiché l’autonomia di decisione sulle spese necessarie al regolare funzionamento dell’organo costituzionale costituisce una garanzia a tutela della sua autonomia, il bilancio dello Stato fissa le quote del finanziamento di ciascuno di essi in coerenza con le deliberazioni dai medesimi assunte in ordine al proprio bilancio interno.
Per quanto riguarda le Camere l’organizzazione interna è riservata in via esclusiva alla potestà regolamentare di ciascuna assemblea, costituzionalmente garantita ex art. 64 Cost. e integrata, secondo la Corte costituzionale, da principi non scritti che si manifestano in consuetudini costituzionali (cfr. sent. n.129/1981[19]). Pertanto la definizione dell’ammontare delle somme occorrenti al fabbisogno annuale di ciascuna Camera costituisce una scelta autonoma e il relativo procedimento deliberativo è disciplinato dai regolamenti parlamentari (cfr. artt. 10 e 66 R.C. e artt. 10 e 165 R.S.)[20].
Con riferimento all’autonomia finanziaria della Corte costituzionale, in dottrina considerata fondata su una sorta di riserva regolamentare costituzionalmente stabilita, direttamente discendente dalla posizione della medesima nel sistema, la legge 11 marzo 1953, n. 87[21], prevede all’art. 14 che la Corte può disciplinare l’esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti e che, nei limiti di un fondo stanziato a tale scopo con legge del Parlamento, provvede alla gestione delle spese, dei servizi e degli uffici, e stabilisce, in apposita pianta organica, il numero, la qualità e gli assegni, nonché le attribuzioni, i diritti ed i doveri dei funzionari addetti a ciascun ufficio. Il Regolamento generale della Corte (art. 26) demanda all’Ufficio di Presidenza della Corte l’esame degli indirizzi generali per la gestione finanziaria e amministrativa, da sottoporre all’approvazione della Corte. Il Regolamento dei Servizi e del personale attualmente vigente è stato adottato con deliberazione della Corte del 10 febbraio 1984.
A norma del comma 4, per la definizione del livello di spesa di cui al comma 1, nelle regioni non commissariate (incluse quelle sottoposte al rientro) il Commissario, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione, formula proposte al Presidente della regione interessata, comunicandole al Ministero dell’economia e delle finanze. Al rispetto dei suddetti principi è stato aggiunto in sede referente, anche quello dei principi di differenziazione e adeguatezza.
La disposizione, come integrata in fase emendativa, richiama i tre principi che ai sensi dell’art. 118, primo comma, della Costituzione costituiscono la base per la distribuzione di funzioni amministrative tra gli enti costitutivi della Repubblica.
In merito al principio di sussidiarietà – per il quale l’intervento di ciascun ente pubblico territoriale va attuato nei confronti dei cittadini e degli stessi enti di livello sottostante solo in quanto tali soggetti non possano, per dimensioni o risorse effettuarlo – giova ricordare che la Corte costituzionale ne ha sottolineato, fin dalla sent. 303/2003, riferita al riformato titolo V Cost., la vocazione dinamica. In tal senso questo principio si pone come fattore di flessibilità dell’ordine delle competenze senza con ciò negare la rigidità costituzionale. Il principio di adeguatezza comporta che le funzioni amministrative vengano allocate dal legislatore tenendo conto dell’adeguatezza della dimensione e delle risorse di cui dispongono gli enti cui le funzioni stesse sono attribuite, mentre il principio di differenziazione richiede che, agli stessi fini, si tenga conto della situazione concreta in si trovano gli enti destinatari dell’attribuzione. Il principio di leale collaborazione richiede poi che l’esercizio di funzioni complesse da parte di un livello territoriale richieda la previa intesa con altri livelli di governo territoriale.
Più in concreto, le implicazioni derivanti dai principi richiamati dal comma 4, risaltano dalla sentenza 232/2011 della Corte costituzionale, nella quale rilevato che “la valutazione della necessità del conferimento di una funzione amministrativa ad un livello territoriale superiore rispetto a quello comunale deve essere effettuata dall’organo legislativo corrispondente almeno al livello territoriale interessato –, in relazione al principio di legalità sostanziale (per tutte, sentenza n. 6 del 2004), tale scelta deve giustificarsi in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza (ex plurimis sentenze n. 278 del 2010, n. 76 del 2009, n. 165 e n. 88 del 2007, n. 214 del 2006, n. 151 del 2005). E, dunque, proprio in ragione della rilevanza dei valori coinvolti, una deroga al riparto operato dall’art. 117 Cost. può essere giustificata solo se la valutazione dell’interesse unitario sottostante all’assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, non risulti affetta da irragionevolezza e sia oggetto di un accordo stipulato con la Regione interessata. Affinché, dunque, nelle materie di cui all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l’esercizio, è necessario che essa detti una disciplina logicamente pertinente (dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni), che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine e che sia adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, attraverso adeguati meccanismi di cooperazione per l’esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali (da ultimo, sentenza n. 278 del 2010)”.
A norma del comma 5 per (tutte) le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano le disposizioni di cui al presente decreto costituiscono principi di coordinamento della finanza pubblica.
Si rammenta che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale sono ricomprese le norme in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
Articolo 3
(Organizzazione e programma di lavoro)
1. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di nomina del Commissario straordinario stabilisce:
a) la durata, comunque non superiore ad un anno, dell'organo;
b) l'indennità del Commissario, comunque non superiore al trattamento economico complessivo correlato all'incarico di dirigente generale nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
c) l'eventuale nomina di due subcommissari, i quali coadiuvano il Commissario nell'esercizio delle sue funzioni e prestano la loro opera a titolo gratuito, fatto salvo il solo rimborso delle spese effettivamente sostenute, a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
d) gli uffici, il personale e i mezzi della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dell'economia e delle finanze dei quali il Commissario può avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nell'esercizio delle sue funzioni.
2. Il Commissario presenta entro 15 giorni dalla nomina un programma di lavoro al Comitato interministeriale di cui all'articolo 1, che ne verifica l'attuazione sulla base di relazioni mensili del Commissario. Il programma di lavoro e le relazioni mensili di cui al presente comma sono trasmessi altresì alle competenti Commissioni parlamentari.
L'articolo 3, comma 1, specificando il contenuto del D.P.C.M. di nomina del commissario straordinario, prevede che esso dovrà fissare la durata, non superiore ad un anno, dell’organo (lett. a)) e un’indennità, prevista in misura non superiore a quella di dirigente generale della Presidenza del Consiglio dei ministri (lett. b)).
Quanto sopra esposto pone in evidenza una prima distinzione della figura in esame rispetto ad altri soggetti istituiti nell’ordinamento per i quali sono prescritti requisiti soggettivi assimilabili a quelli stabiliti per il commissario dal successivo art. 6, vale a dire i componenti delle autorità amministrative indipendenti.
Infatti, nonostante la carica di Commissario straordinario richieda la sussistenza di determinati requisiti soggettivi, assimilabili a quelli che devono esser posseduti dai componenti delle authorities, una delle principali garanzie di indipendenza di quest’ultime è rappresentata dalla durata, di norma sufficientemente lunga, della carica onde consentire un esercizio stabile e professionale della funzione contemperando tale esigenza con quella di non vanificare la giusta alternanza ai vertici di tali amministrazioni.
Si ricorda, poi, che, in virtù dell’art. 2, comma 1 del decreto in esame, la nomina del Commissario viene delineata quale facoltà attribuita al Presidente del Consiglio, motivo al quale può essere ricondotta l’assenza di un termine per l'emanazione del decreto di nomina. Comunque, si segnala che, a conferma di quanto già annunciato con il comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 26 del 30 aprile 2012, l’incarico di Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi è stato conferito al dott. Enrico Bondi con D.P.C.M. 8 maggio 2012, registrato dalla Corte dei Conti in data 23 maggio 2012 (reg. 4/foglio 373).
Con particolare riferimento, poi, all’ indennità spettante al Commissario straordinario, secondo quanto evidenziato dalla relazione tecnica allegata al decreto de quo, il relativo importo ammonterebbe a circa 170.000 euro annui lordi.
Il D.P.C.M. può, inoltre, disporre in merito alla eventuale nomina di due subcommissari, con il compito di coadiuvare il Commissario straordinario nell’esercizio delle sue funzioni (lett. c)).
La norma precisa che i subcommissari prestano la loro opera a titolo gratuito, fatto salvo il solo rimborso delle spese effettivamente sostenute, a cui si provvede a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In aggiunta a quanto sopra esposto, lo stesso D.P.C.M. circoscrive agli uffici, al personale e ai mezzi della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell’economia e delle finanze le risorse di cui il Commissario può avvalersi nell’esercizio delle sue funzioni, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (lett. d)).
Appare evidente, in merito a tale ultima previsione, un’ulteriore sostanziale differenza di regime rispetto alle authorities le quali godono, in larga parte, di autonomia organizzativa, intesa come la facoltà di darsi regole per il funzionamento degli organi, e autonomia di organico, ovvero la facoltà di articolare e modificare le piante organiche dei dipendenti. Ciò nondimeno si noti come, in ordine a tali forme di autonomia, espressione della indipendenza delle autorità amministrative, il legislatore ha talvolta previsto diverse restrizioni ad opera dell’Esecutivo (per tutti, si ricorda che il potere della CONSOB di dotarsi, con proprio regolamento, di norme organizzative e di funzionamento viene ad essere limitato dal necessario vaglio di legittimità da parte del Presidente del Consiglio ex art. 1 L. 281/1985).
Il comma 2 fissa alcuni obblighi di informazione prevedendo che, entro 15 giorni dalla sua nomina, il Commissario presenti un programma di lavoro al Comitato interministeriale introdotto dall’articolo 1 e che, ai fini della verifica dello stato di attuazione di tale programma, il Commissario è tenuto a presentare al Comitato interministeriale relazioni mensili.
Si prevede, infine, che sia il programma di lavoro che le relazioni mensili, di cui sopra, siano trasmessi anche alle competenti commissioni parlamentari.
Si rammenta che l’articolo 1, comma 2, della legge di conversione, prevede che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale sono ricomprese le norme in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
Articolo 4
(Relazione al Parlamento)
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro da lui delegato riferisce ogni sei mesi alle Camere sull'attività di razionalizzazione della spesa pubblica di cui al presente decreto e invia altresì al Parlamento una relazione semestrale sulla medesima attività. In fase di prima applicazione il Governo adempie agli obblighi di cui al presente comma entro il 31 luglio 2012.
2. La relazione di cui al comma 1 è trasmessa anche alla Corte dei conti.
L'articolo 4 prevede che il Presidente del Consiglio dei Ministri (o il Ministro da lui delegato) riferisca al Parlamento sull’attività di razionalizzazione della spesa pubblica di cui decreto in esame con cadenza semestrale, disponendo altresì (secondo una disposizione inserita nel corso dell’esame parlamentare), che esso sia tenuto a presentare al Parlamento una relazione sulla medesima attività; tali obblighi, in fase di prima applicazione, devono essere adempiuti entro il 31 luglio 2012.
Si rammenta che l’articolo 1, comma 2, della legge di conversione, prevede che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale sono ricomprese le norme in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
1. Il Commissario ha diritto di corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e con gli enti di diritto pubblico e di chiedere ad essi, oltre a notizie ed informazioni, la collaborazione per l'adempimento delle sue funzioni. In particolare, il Commissario ha il potere di chiedere informazioni e documenti alle singole amministrazioni e alle società di cui all'articolo 2, comma 2, nonché di disporre che vengano svolte, nei confronti delle stesse, ispezioni e verifiche a cura dell'Ispettorato per la funzione pubblica e del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato. Nell'esercizio delle sue funzioni, il Commissario può altresì richiedere, previe intese ai sensi dell'art. 3, comma 1, del decreto legislativo 19 marzo 2001, n. 68, la collaborazione della Guardia di finanza. Le amministrazioni pubbliche e le società a totale partecipazione pubblica che svolgono compiti di centrale di committenza hanno l'obbligo di trasmettere i dati e i documenti richiesti, nonché, comunque, di fornire la più ampia collaborazione al Commissario.
2. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 2, comma 4, il Commissario ha il potere di definire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi da parte delle amministrazioni pubbliche. Il Commissario può altresì emanare direttive generali nei riguardi delle società di cui all'articolo 2, comma 2, finalizzate all'ottimizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi alle quali gli organi di amministrazione delle stesse si attengono nell'esercizio della propria autonomia gestionale.
3. Il Commissario segnala al Consiglio dei Ministri e al Presidente della Regione interessata le norme di legge o di regolamento o i provvedimenti amministrativi di carattere generale, che determinano spese o voci di costo delle singole amministrazioni, che possono essere oggetto di soppressione, riduzione o razionalizzazione e propone a tale fine i necessari provvedimenti amministrativi, regolamentari e legislativi.
4. Il Commissario esprime parere circa le iniziative necessarie per rimuovere o prevenire gli eccessi di spesa e può pubblicare i pareri nei modi più congrui in relazione alla natura e all'importanza delle situazioni distorsive.
5. Su motivata proposta del Commissario, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro da questi delegato o, per le Regioni, il Presidente della Regione interessata o, per le Regioni commissariate per la redazione e l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario, il commissario ad acta per le disposizioni in ambito sanitario, ovvero, per gli enti locali, il Presidente della Provincia interessata e il Sindaco del Comune interessato possono adottare le seguenti misure:
a) sospensione, revoca o annullamento d'ufficio di singole procedure relative all'acquisto di beni e servizi anche per motivate ragioni di opportunità;
b) introduzione di obblighi informativi a carico delle pubbliche amministrazioni finalizzati alla trasparenza ed all'effettivo esercizio delle funzioni di monitoraggio e supervisione attribuite al Commissario ai sensi del comma 1 .
6. I provvedimenti di cui al comma 5 sono segnalati, anche ai fini di quanto previsto dall'articolo 11 della legge 4 marzo 2009, n. 15, al Presidente della Corte dei conti, il quale, per quanto riguarda le regioni, li comunica alla competente sezione regionale di controllo della Corte medesima.
7. Il Commissario segnala alle amministrazioni e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, le misure di razionalizzazione della spesa, inclusa l'attivazione e lo sviluppo di centrali regionali di acquisto, e fissa un termine per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Alla scadenza del termine il Consiglio dei Ministri può autorizzare, nel rispetto dell'articolo 120 della Costituzione, l'esercizio di poteri sostitutivi dei vertici delle amministrazioni inadempienti.
7-bis. Il Commissario promuove lo sviluppo del sistema a rete delle centrali regionali di acquisto di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
8. Le amministrazioni provvedono all'attuazione dei compiti previsti dal presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Con l'articolo 5, modificato in più parti nel corso dell’esame parlamentare, vengono conferiti al Commissario straordinario per la razionalizzazione della spesa per acquisti di beni e servizi una serie di poteri di coordinamento dell’attività di spending review con il coinvolgimento di tutte le amministrazioni pubbliche, a carico delle quali sono introdotti nuovi obblighi informativi.
Si rammenta che l’articolo 1, comma 2, della legge di conversione, prevede che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale sono ricomprese le norme in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
Più in dettaglio, il comma 1 attribuisce al Commissario il diritto di corrispondere con tutte le pubbliche amministrazioni e gli enti di diritto pubblico e di richiedere ad essi la collaborazione ai fini dell’adempimento delle sue funzioni.
Sotto questo profilo, al Commissario straordinario è attribuito il potere di:
§ chiedere informazioni e documenti alle singole amministrazioni e alle società a totale partecipazione pubblica diretta e indiretta;
§ di disporre che vengano svolte ispezioni e verifiche da parte dell’Ispettorato per la funzione pubblica e del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato nei confronti delle suddette amministrazioni e società.
Si ricorda che i controlli sulla regolarità amministrativa e contabile delle attività delle Pubbliche Amministrazioni, sono affidati, con competenza di carattere generale, ai Servizi ispettivi di finanza pubblica (S.I.Fi.P.) che costituiscono la relativa struttura operativa dell’Ispettorato generale di finanza della Ragioneria generale dello Stato. Le finalità dell’attività ispettiva consistono nel ricondurre ad economicità e legittimità le gestioni pubbliche, nel verificare la regolare produzione dei servizi, nel suggerire i provvedimenti dai quali possano derivare economie nella gestione del bilancio. I destinatari delle ispezioni sono le amministrazioni statali, regioni, province, comuni, comunità montane e loro consorzi ed associazioni, istituzioni universitarie, Camere di commercio, enti pubblici non economici ed agenzie nazionali, regionali e locali, amministrazioni, Aziende ed enti del Servizio Sanitario Nazionale, Enti pubblici economici ed altri soggetti pubblici o privati in relazione a protocolli d’intesa con le Amministrazioni centrali che possono disporre accertamenti verso tali soggetti.
Nell'esercizio delle sue funzioni, il Commissario può altresì richiedere la collaborazione della Guardia di finanza, previe intese con il Comando generale, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del D.Lgs. 19 marzo 2001, n. 68.
La norma citata prevede che il Corpo della Guardia di finanza, in relazione alle proprie competenze in materia economica e finanziaria, collabori con gli organi costituzionali. La stessa collaborazione, previe intese con il Comando generale, può essere fornita agli organi istituzionali, alle Autorità indipendenti e agli enti di pubblico interesse che ne facciano richiesta.
Nei confronti delle amministrazioni pubbliche e delle società a totale partecipazione pubblica che svolgono compiti di centrale di committenza[22] è disposto l’obbligo di trasmissione dei dati e dei documenti richiesti, nonché l'obbligo di ampia collaborazione con il Commissario.
I successivi commi attribuiscono al Commissario una serie di poteri in merito alla definizione del livello di spesa per acquisti di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni e all’individuazione degli interventi che le pubbliche amministrazioni possono mettere in campo per garantire il rispetto di tale limite.
In particolare, il comma 2, ribadendo quanto già previsto all’articolo 2, comma 1, attribuisce al Commissario - fatto salvo quanto specificamente previsto per le regioni - il potere di definire, per voci di costo, il livello di spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche.
Per la definizione del livello di spesa per acquisti di beni e servizi per voci di costo nelle regioni – che non siano commissariate per l’attuazione dei piani di rientro dal disavanzo sanitario - l’articolo 2, comma 4 del provvedimento prevede infatti che il Commissario, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di leale collaborazione, si limiti a formulare proposte al Presidente della regione interessata, comunicandole al Ministero dell'economia e delle finanze.
Con riferimento al potere del Commissario straordinario relativo alla definizione per voci di costo del livello di spesa per acquisti di beni e servizi delle amministrazioni pubbliche si osserva che esso andrebbe letto in combinato disposto con le norme vigenti relative alla fissazione dei parametri di prezzo-qualità dei beni e servizi delle pubbliche amministrazioni da parte di Consip Spa nelle convenzioni quadro[23], ovvero da parte delle centrali regionali di acquisto, che costituiscono insieme a Consip Spa, il sistema a rete degli acquisti della pubblica amministrazione.
Vanno inoltre ricordate le norme di cui all’articolo 1, comma 454, della legge n. 296/2006 che prevedono, con riferimento alle sole amministrazioni dello Stato, la realizzazione di un programma per l'adozione di sistemi informativi comuni a supporto della definizione dei fabbisogni di beni e servizi e la definizione di un insieme di indicatori sui livelli di spesa sostenibili, per le categorie di spesa comune, che vengono utilizzati nel processo di formazione dei relativi capitoli di bilancio.
Nel corso dell’esame parlamentare è stata introdotta la previsione secondo la quale il Commissario può emanare direttive generali alle società a totale partecipazione pubblica e le loro controllate, di cui all’articolo 2, comma 2, finalizzate all’ottimizzazione delle procedure di acquisto di beni e servizi alle quali gli organi di amministrazione delle stesse devono attenersi nell’ambito della propria autonomia gestionale.
Poiché il potere di direttiva include tutte le società di cui al comma 2, non essendone limitata l’applicabilità alle sole fattispecie del secondo periodo del medesimo comma, non può escludersi che la norma in questione - oltre a non risultare coerente con quella di cui al comma 4 dell’articolo 2 che limita i poteri del Commissario per ciò che attiene alla competenza delle regioni alla formulazione di proposte - possa presentare profili problematici alla luce del riparto costituzionale di competenze tra enti territoriali della Repubblica e della relativa giurisprudenza costituzionale, atteso che alcune delle società in questione sono controllate da enti territoriali[24].
Al Commissario sono, inoltre, assegnati i seguenti poteri che possono incidere sul comportamento delle pubbliche amministrazioni in funzione del raggiungimento degli obiettivi di spending review:
§ segnalare al Consiglio dei ministri e al Presidente della Regione interessata le norme di legge o di regolamento, ovvero i provvedimenti amministrativi di carattere generale, che comportano spese o voci di costo delle singole amministrazioni, che possono essere razionalizzate, ovvero soppresse o ridotte e, conseguentemente, di proporre alle amministrazioni i necessari provvedimenti - amministrativi, regolamentari e legislativi – funzionali al contenimento della spesa (comma 3);
§ esprimere pareri in merito alle iniziative necessarie per rimuovere o prevenire gli eccessi di spesa; detti pareri possono essere pubblicati nei modi più congrui in relazione all’importanza delle situazioni discorsive (comma 4);
§ proporre al Presidente del Consiglio dei ministri, o al Ministro da questi delegato, o, per le regioni, al Presidente della regione interessata ovvero o, per le Regioni commissariate per l'attuazione del piano di rientro del disavanzo sanitario, al Commissario ad acta per le disposizioni in ambito sanitario o, per gli enti locali, al Presidente della provincia e al Sindaco interessato, di adottare le seguenti misure (comma 5):
a) la sospensione, la revoca o l’annullamento d’ufficio di singole procedure relative all’acquisto di beni e servizi, motivandole per ragioni di opportunità.
Come precisato nella relazione tecnica, i poteri di annullamento e revoca, previsti per ragioni di motivata opportunità, dovrebbero essere modulati ed esercitati compatibilmente con il livello di autonomia e di indipendenza delle amministrazioni e degli organi che adottano le procedure;
b) l’introduzione di specifici obblighi informativi a carico delle pubbliche amministrazioni, finalizzati alla trasparenza e all’esercizio dell’attività di monitoraggio che compete al Commissario, ai sensi dell’articolo 2, comma 1.
La disposizione precisa che la proposta del Commissario per l’adozione delle suddette misure deve essere motivata.
I provvedimenti adottati ai sensi del comma 5 saranno, inoltre, segnalati al Presidente della Corte dei conti, anche ai fini di quanto previsto dall’articolo 11 della legge 4 marzo 2009, n. 15.
Per quanto concerne specificamente le regioni, il Presidente della Corte dei conti provvede poi a comunicare detti provvedimenti alla competente sezione regionale di controllo della stessa Corte (comma 6).
Si ricorda che il citato articolo 11 della legge n. 15 del 2009[25] prevede, al comma 2, che la Corte, anche a richiesta delle competenti Commissioni parlamentari, può effettuare controlli su gestioni pubbliche statali in corso di svolgimento. Ove accerti gravi irregolarità gestionali ovvero gravi deviazioni da obiettivi, procedure o tempi di attuazione stabiliti da norme nazionali o comunitarie, ovvero da direttive del Governo, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause e provvede, con decreto motivato del Presidente, a darne comunicazione al Ministro competente. Questi, con decreto da comunicare al Parlamento e alla presidenza della Corte può disporre la sospensione dell'impegno di somme stanziate sui pertinenti capitoli di spesa. Qualora emergano rilevanti ritardi nella realizzazione di piani e programmi, nell'erogazione di contributi ovvero nel trasferimento di fondi, la Corte ne individua, in contraddittorio con l'amministrazione, le cause, e provvede, con decreto motivato del Presidente, a darne comunicazione al Ministro competente. Entro sessanta giorni l'amministrazione competente adotta i provvedimenti idonei a rimuovere gli impedimenti, ferma restando la facoltà del Ministro di sospendere il termine stesso per il tempo ritenuto necessario ovvero di comunicare, al Parlamento ed alla presidenza della Corte, le ragioni che impediscono di ottemperare ai rilievi formulati dalla Corte. Il successivo comma 3 stabilisce che le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono fare applicazione delle disposizioni di cui al comma 2 nei confronti delle gestioni pubbliche regionali o degli enti locali. In tal caso la facoltà attribuita al Ministro competente si intende attribuita ai rispettivi organi di governo e l'obbligo di riferire al Parlamento è da adempiere nei confronti delle rispettive Assemblee elettive.
§ segnalare alle amministrazioni le misure di razionalizzazione della spesa, fissando un termine per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Tra queste misure è espressamente indicata l’attivazione e lo sviluppo di centrali di acquisto regionali (comma 7). La segnalazione delle misure di razionalizzazione della spesa venga fatta, oltre che alle amministrazioni, anche alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, istituita ai dall'articolo 33 del decreto legislativo 12 maggio 2011, n. 68[26].
Scaduto il termine, il comma 7 prevede che il Consiglio dei Ministri possa autorizzare l’esercizio di poteri sostitutivi dei vertici delle amministrazioni inadempienti, nel rispetto dell’articolo 120 della Costituzione[27].
Per quanto concerne le centrali di acquisto regionali, si ricorda che esse sono state introdotte dall’articolo 1, comma 455, della legge n. 196/2006 (legge finanziaria 2007), che ha dato facoltà alle regioni, ai fini del contenimento e della razionalizzazione della spesa per l'acquisto di beni e servizi, di costituire centrali di acquisto, anche associandosi tra loro, che operano quali centrali di committenza operanti sul modello delineato dal Codice degli appalti in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nel medesimo territorio. Le centrali regionali, per gli ambiti territoriali di competenza, stipulano convenzioni quadro con le quali l'impresa prescelta si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura di beni e servizi deliberati dalle amministrazioni.
Le convenzioni quadro stipulate dalle centrali regionali soggiacciono comunque al “tetto” di prezzo fissato dalle convenzioni quadro Consip stipulate in ordine alla stessa tipologia di beni e servizi. Qualora invece Consip, per quella stessa tipologia di bene e servizio, non abbia stipulato convenzioni quadro, le regioni fisseranno tale “tetto”.
Si osserva che soltanto alcune regioni hanno finora istituito centrali regionali di acquisto, di cui 7 Centrali Acquisti Territoriali (regioni Piemonte, Lombardia, Liguria , Emilia-Romagna, Puglia, Sicilia e Sardegna), 6 Centrali Acquisti Sanità (regioni Veneto, Friuli Venezia-Giulia, Umbria, Lazio, Campania e Calabria).
Il comma 7-bis prevede quale compito specifico del Commissario la promozione dello sviluppo del sistema a rete delle centrali acquisto, previsto dall’articolo 1, comma 457, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007).
Si ricorda che la norma citata ha previsto la costituzione un sistema a rete delle centrali di acquisto, tra le centrali regionali e CONSIP Spa, finalizzato all'armonizzazione dei piani di razionalizzazione della spesa.
Il Sistema a rete consiste, nella sostanza, nella realizzazione di un network di competenze ed esperienze di e-procurement, al fine di armonizzare a livello nazionale piani e piattaforme per la realizzazione degli acquisti, realizzando sinergie nell’utilizzo degli strumenti informatici necessari.
Più in dettaglio, il sistema a rete è stato progettato per gestire su basi condivise l’approccio ai processi di razionalizzazione e centralizzazione degli acquisti pubblici nel più ampio contesto del Sistema Nazionale di e-Procurement. Il sistema di e-Procurement ha tra gli obiettivi principali quelli di migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione favorendo il ciclo di convergenza digitale, l’interoperabilità e la cooperazione fra le amministrazioni, migliorando la trasparenza, il controllo e l’efficacia della spesa pubblica anche mediante la tracciabilità dei processi.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 457 della legge finanziaria 2007, i programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto della pubblica amministrazione e per la razionalizzazione delle forniture di beni e servizi vengono annualmente approvati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la quale provvede altresì a definirne le modalità e a monitorare il raggiungimento dei risultati rispetto agli obiettivi. Tali programmi non risultano, finora, essere stati adottati. In tale contesto, tuttavia, nell'ambito della Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano, il 24 gennaio 2008 è stato sancito un primo Accordo che definisce le linee di intervento per l'attuazione del sistema a rete, prevedendo, tra l’altro, l’implementazione delle rete delle centrali di acquisto (attraverso il trasferimento di know-how, la collaborazione strategica, lo sviluppo di iniziative comuni che prevedano attività di partnership tra le centrali di acquisto già realizzate e quelle in fase di avvio); l’interoperabilità tra le piattaforme di acquisto (tramite la definizione di un linguaggio comune a tutta la rete in termini di codifiche e di standard), le sinergie tra i sistemi di acquisto, la gestione della domanda, i rapporti con le imprese, ed infine, la costituzione di un portale di servizio per le PA.
Attualmente, sono in corso di definizione e svolgimento le attività di collaborazione - anche attraverso la stipula di accordi tra il Ministero, Consip e le varie regioni - per lo sviluppo di sistemi di e-procurement regionali, nel quadro del più ampio Sistema a rete nazionale.
Il comma 8 impone infine alle amministrazioni interessate di svolgere i compiti previsti dall'articolo in commento con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
Come anche precisato nella Relazione tecnica, si ricorda che gli adempimenti posti a carico delle amministrazioni dall’articolo in esame rientrano, comunque, nelle attività istituzionali di valutazione e controllo già previste a legislazione vigente.
Articolo 6
(Requisiti di nomina)
1. Il Commissario opera in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione ed è scelto tra persone, anche estranee alla pubblica amministrazione, provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità, di notorie esperienza e capacità.
L'articolo 6 stabilisce, in primo luogo, i requisiti di nomina del Commissario straordinario il quale deve esser scelto tra persone provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità, di notorie esperienza e capacità. Una modifica introdotta in sede referente specifica che la scelta può cadere anche su persone estranee alla pubblica amministrazione. Si precisa, poi, che lo stesso è tenuto a operare in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.
In merito alla definizione dei suddetti requisiti soggettivi appare prima facie evidente l’intenzione volta ad assicurare che il Commissario straordinario possegga le medesime qualità ed elevate competenze tecniche (cd. expertise) che l’ordinamento già prescrive nella normativa in materia di authorities. Si consideri, nello specifico, il caso dell’autorità Antitrust, organismo operante in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione, i cui membri sono scelti tra persone di notoria indipendenza da individuarsi tra magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei conti o della Corte di cassazione, professori universitari ordinari di materie economiche o giuridiche, e personalità provenienti da settori economici dotate di alta e riconosciuta professionalità (art. 10, comma 2, L. n. 287/1990).
Si rammenta che l’articolo 1, comma 2, della legge di conversione, prevede che le disposizioni recate dal Capo I del decreto legge, nel quale è ricompresa la norma in esame, hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
Articolo 7
(Modifiche alle disposizioni in materia
di procedure di acquisto)
1. All'articolo 1, comma 449, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono individuati, entro il mese di gennaio di ogni anno, tenuto conto delle caratteristiche del mercato e del grado di standardizzazione dei prodotti, le tipologie di beni e servizi per le quali» sono soppresse e, dopo le parole: «utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di riferimento», sono aggiunte le seguenti: «ovvero, qualora non siano operative convenzioni regionali, le convenzioni-quadro stipulate da Consip S.p.A.».
2. All'articolo 1, comma 450, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole: «di cui all'articolo 11, comma 5, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2002, n. 101» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all'articolo 328, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207. Fermi restando gli obblighi previsti al comma 449 del presente articolo, le altre amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per gli acquisti di beni e servizi di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero ad altri mercati elettronici istituiti ai sensi del medesimo articolo 328».
3. Le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, nonché le organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano possono ricorrere per l'acquisto di beni e di servizi alle convenzioni stipulate dalla società Consip S.p.A. ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, nonché al mercato elettronico della pubblica amministrazione, previsto dall'articolo 328 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza.
L’articolo 7, il cui testo originario è stato interamente sostituito nel corso dell’esame al Senato, reca modifiche alle norme sulle procedure di acquisto di beni e servizi da parte delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, il comma 1 modificando l’articolo 1, comma 449 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007):
§ estende l’obbligo di approvvigionamento attraverso le convenzioni-quadro Consip S.p.A.[28] a tutte le tipologie di beni e servizi che devono essere acquistati dalle amministrazioni statali centrali e periferiche (fatta eccezione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie);
§ specifica che gli enti del Servizio sanitario nazionale, laddove non siano operative le convenzioni-quadro stipulate dalle centrali regionali di acquisto, sono tenuti a ricorrere alle convenzioni-quadro Consip (comma 2).
Dunque, in virtù di tale norma, se gli enti del Servizio sanitario nazionale non possono fare riferimento alle centrali regionali di acquisto, perché esse non sono state istituite, ovvero se le medesime centrali regionali non trattano il bene, esse devono fare riferimento, in seconda istanza, alla centrale nazionale di acquisto.
Si ricorda che il testo originario del comma 1 e del comma 2 dell’articolo in esame, nella formulazione antecedente alle modifiche introdotte dal Senato, stabiliva invece – per tutte le amministrazioni pubbliche – l’obbligo di conformarsi a parametri prezzo-qualità migliorativi di quelli eventualmente individuati nei bandi di gara pubblicati dalla Consip S.p.A. per beni o servizi comparabili, prevedendo a tal fine la possibilità che Consip pubblichi i relativi parametri.
Il comma 449 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 prevede - per le amministrazioni statali centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie - che un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze individui, entro il mese di gennaio di ogni anno, le tipologie di beni e servizi per le quali le suddette amministrazioni sono obbligate ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni – quadro CONSIP[29].
Ai sensi del medesimo comma 449, le restanti amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1 del D.Lgs. n. 165/2001[30], tra le quali dunque gli enti territoriali, hanno la facoltà di ricorrere alle convenzioni CONSIP o alle convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto, ovvero hanno l’obbligo di utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.
Infine, ai sensi dell’ultimo periodo del comma 449, gli enti del servizio sanitario nazionale (aziende sanitarie ed ospedaliere) sono in ogni caso tenuti ad approvvigionarsi di beni e servizi utilizzando le convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto di riferimento.
Si sensi dell’articolo 1, comma 455 e 456 della legge n. 296/2006, le regioni possono i costituire centrali di acquisto anche assieme ad altre regioni, che operano quali centrali di committenza per appalti di lavori, servizi e forniture a favore delle amministrazioni territoriali di riferimento (regioni, enti locali, enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre pubbliche amministrazioni aventi sede nello stesso territorio).
Le centrali regionali di acquisto, per gli ambiti territoriali di competenza, stipulano convenzioni quadro e con Consip costituiscono un “sistema a rete” degli acquisti della P.A.[31]
Ai sensi del comma 457, alla Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome di Trento e di Bolzano è rimessa l’approvazione annuale dei programmi per lo sviluppo della rete delle centrali di acquisto.
La Conferenza, il 24 gennaio 2008, ha approvato un Accordo tra Governo, Regioni e Province Autonome che definisce le linee di intervento per la costituzione del sistema a rete.
Sull’obbligo delle amministrazioni centrali di approvvigionarsi tramite convenzioni Consip il legislatore è intervenuto nuovamente con il decreto legge n. 112/2008, il quale, all’articolo 48, ha imposto alle amministrazioni centrali[32] di approvvigionarsi di combustibile da riscaldamento e dei relativi servizi nonché di energia elettrica mediante le convenzioni Consip o comunque a prezzi inferiori o uguali a quelli praticati dalla Consip. Le altre pubbliche amministrazioni sono tenute ad adottare misure di contenimento delle spese di cui al comma 1 in modo da ottenere risparmi equivalenti.
Il comma 2 modifica l’articolo 1, comma 450 della legge n. 296/2006, estendendo l’obbligo - attualmente previsto per le sole amministrazioni statali – di fare ricorso al mercato elettronico della P.A. anche alle altre amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001.
A tal fine, il comma in esame richiama il mercato elettronico della pubblica amministrazione ovvero gli altri mercati elettronici di cui all’articolo 328 del Regolamento di attuazione del codice degli apparti pubblici, D.P.R. n. 207/2010[33], che ha abrogato la pregressa disciplina contenuta nel D.P.R. 101/2002.
Ai sensi del comma 450 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006, per gli acquisti di beni e servizi al di sotto della soglia di rilievo comunitario[34], le citate amministrazioni statali sono tenute a fare ricorso al mercato elettronico della pubblica amministrazione gestito da Consip, di cui all’articolo 11, comma 5 del D.P.R. n. 101/2002.
Si ricorda che il D.P.R. n. 101/2002 ha introdotto nell’ordinamento la disciplina delle procedure telematiche di acquisto, prevedendo all’articolo 11, il mercato elettronico della pubblica amministrazione per gli acquisti di importo inferiore alla soglia comunitaria.
Tale D.P.R. è stato successivamente abrogato dal Regolamento di attuazione del codice degli apparti pubblici, D.P.R. n. 207/2010[35], che reca ora una nuova disciplina generale degli strumenti di e-procurement.
In particolare, l’articolo 328, comma 1 del citato D.P.R., prevede, nell’ambito della disciplina delle acquisizioni sotto soglia, che la stazione appaltante può stabilire di procedere all'acquisto di beni e servizi attraverso il mercato elettronico realizzato dalla medesima stazione appaltante, ovvero attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione realizzato dal Ministero dell'economia sulle proprie infrastrutture tecnologiche avvalendosi di Consip S.p.A., ovvero attraverso il mercato elettronico realizzato dalle centrali di committenza di riferimento.
Per un approfondimento della normativa vigente sulla razionalizzazione degli acquisti della P.A., si rinvia all’apposita Appendice contenuta in allegato al presente Dossier.
Si ricorda che l’articolo in esame, nel testo originario e precedente alle modifiche apportate nell’esame parlamentare, prevedeva un comma 3, che stabiliva che le acquisizioni effettuate dalle amministrazioni pubbliche tramite il ricorso ad una centrale di committenza debbono rispettare in ogni caso i parametri del rapporto prezzo qualità delle convenzioni Consip S.p.A., nonché i parametri migliorativi adottati rispetto a tali convenzioni.
Il comma 3, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, consente alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al D.Lgs. n. 460/1997 (ONLUS), nonché alle organizzazioni di volontariato di cui alla legge n. 266/1991, iscritte nei registri istituiti dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano di ricorrere, per l'acquisto di beni e di servizi, alle convenzioni Consip, nonché al mercato elettronico della pubblica amministrazione.
La norma in commento, dunque, introduce la possibilità per enti che esercitano attività non commerciale e la cui forma giuridica è di carattere privatistico di ricorrere - per l’acquisto di beni e servizi - alle convenzioni quadro stipulate dalla Consip in qualità di struttura di servizio per gli acquisti centralizzati della pubblica amministrazione.
Il ricorso alle convenzioni quadro Consip da parte di tali enti è comunque consentito dal comma in esame nel rispetto dei principi di tutela della concorrenza.
Tale facoltà appare potersi inquadrare in quel complesso di misure agevolative dell’attività di carattere solidaristico esercitata dagli organismi non profit, predisposte dal legislatore, come, ad esempio, la disciplina fiscale agevolata recata dal D.Lgs. n. 460/1997.
Si ricorda che il D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460[36] nel recare il riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali (cd. settore del non profit), ha introdotto nell’ordinamento nazionale le organizzazione non lucrative di utilità sociale (ONLUS).
Ai sensi dell’articolo 10 del citato D.Lgs., sono ONLUS,: le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi prevedono espressamente lo svolgimento di attività in uno o più dei settori riferibili all’assistenza sociale e socio-sanitaria; all’assistenza sanitaria; alla beneficenza; all’istruzione; alla formazione; allo sport dilettantistico; alla tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico, della natura e dell'ambiente; alla promozione della cultura e dell'arte; alla tutela dei diritti civili; alla ricerca scientifica di particolare interesse sociale; all'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale. Sono in ogni caso considerati ONLUS gli organismi di volontariato di cui alla legge n. 266/1991, le organizzazioni non governative e le cooperative sociali[37].
La L.. 266/1991[38]definisce il volontariato come un’attività prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, anche indiretto, ed esclusivamente per fini di solidarietà. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico, ma devono espressamente prevedere nell'atto costitutivo, accordo o statuto, l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative, nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusioni di questi ultimi e i loro diritti. Lavoratori dipendenti o prestazioni di lavoro autonomo sono possibili esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento. Le fonti da cui le organizzazioni possono trarre le risorse economiche necessarie al loro funzionamento sono i contributi degli aderenti, di privati, dello Stato, di organismi internazionali; eventuali donazioni e lasciti testamentari; i rimborsi derivanti da convenzioni e, infine, le entrate derivanti da attività commerciali e produttive marginali. La legge 266/1991 ha istituito registri regionali e provinciali.
1. All'articolo 17, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «. Qualora sulla base dell'attività di rilevazione di cui al presente comma, nonché sulla base delle analisi effettuate dalle centrali regionali per gli acquisti anche grazie a strumenti di rilevazione dei prezzi unitari corrisposti dalle aziende sanitarie locali per gli acquisti di beni e servizi, emergano differenze significative dei prezzi unitari, non giustificate da particolari condizioni tecniche o logistiche delle forniture, le aziende sanitarie locali sono tenute a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti che abbia l'effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento come sopra individuati, senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro il termine di trenta giorni dalla trasmissione della proposta, in ordine ai prezzi come sopra proposti, le aziende sanitarie locali hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a carico delle stesse, in deroga all'art. 1671 del codice civile».
L’articolo 7-bis modifica la disciplina in materia di acquisto di beni e servizi nel settore sanitario,incidendo in particolare sul processo di standardizzazione dei prezzi di riferimento. In particolare, le Aziende sanitarie sono tenute a rinegoziare i contratti per gli acquisti di beni e servizi qualora i prezzi di fornitura presentino differenze significative con i prezzi di riferimento rilevati dall’Osservatorio dei contratti pubblici e dalle Centrali regionali per gli acquisti. In caso di mancato accordo, entro trenta giorni dalla trasmissione della proposta, le Aziende sanitarie avranno il diritto di recedere unilateralmente dal contratto, senza alcun onere a loro carico, in deroga all'articolo 1671 del Codice civile[39].
L’articolo 7-bis apporta alcune modifiche alla normativa in materia di acquisti di beni e servizi in ambito sanitario, novellando l’articolo 17, comma 1, lettera a) del D.L. n. 98/2011[40], che disciplina, in particolare, il processo di standardizzazione dei prezzi di riferimento dei beni e servizi.
L’articolo in commento rende più stringente la disciplina vigente prevedendo, in aggiunta, che le Aziende sanitarie siano tenute a rinegoziare i contratti per gli acquisti di beni e servizi qualora i prezzi unitari di fornitura presentino differenze significative, e non giustificate da particolari condizioni tecniche o logistiche delle forniture, con i prezzi di riferimento elaborati, per gli stessi beni e servizi, dall’Osservatorio dei contratti pubblici e dalle Centrali regionali degli acquisti. La rinegoziazione tra Aziende sanitarie e fornitori deve avere l'effetto di ricondurre i prezzi unitari di fornitura ai prezzi di riferimento, senza che ciò comporti modifica della durata del contratto. In caso di mancato accordo, entro trenta giorni dalla trasmissione della proposta, le Aziende sanitarie hanno il diritto di recedere dal contratto senza alcun onere a loro carico, in deroga all'articolo 1671 del codice civile.
Si ricorda inoltre che l’articolo 7-bis apporta modifiche anche all’attività di rilevazione dei prezzi come definita dall’articolo 17, comma 1, lettera a), del D.L. n. 98/2011: stabilisce infatti che le Centrali regionali per gli acquisti effettuino analisi sui prezzi unitari corrisposti dalle Aziende sanitarie per gli acquisti di beni e servizi.
L'articolo 17 del D.L. n. 98/2011 stabilisce, al comma 1, un incremento del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente, dello 0,5 per cento del livello vigente del 2012 e dell'1,4 per cento del livello 2013. Le modalità per il raggiungimento di tale obiettivo dovevano essere indicate da un'intesa Stato-Regioni, da stipularsi entro il 30 aprile 2012. In assenza di accordo, come avvenuto, il D.L. n. 98/2011 prevede l'applicazione di una serie di misure indicate dalla lettera a) alla lettera d) dello stesso comma 1.
In particolare la lettera a) prevede che l’Osservatorio dei contratti pubblici[41], utilizzando la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, elabori, dal 1 luglio 2012, i prezzi di riferimento relativi a dispositivi medici, farmaci per uso ospedaliero e servizi sanitari e non sanitari come individuati dall’Agenzia per i servizi sanitari regionali (AGENAS) tra quelli di maggiore impatto in termini di costi a carico del Servizio sanitario nazionale.
A regime[42], l’Osservatorio determinerà annualmente i costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura. Nelle more del perfezionamento di tale attività, l’articolo 17 del D.L. n. 98/2011, prevede che, dal 1 luglio 2012, l’Osservatorio fornisca alle regioni un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza di beni e servizi, tenuto conto anche dei prezzi previsti dalle convenzioni Consip. Come espressamente stabilito dalla disposizione, tale procedimento intende potenziare le attività delle Centrali regionali degli acquisti, fornendo alle stesse regioni gli strumenti operativi di controllo e di razionalizzazione della spesa. Le Regioni intervengono, a loro volta, anche sul livello di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie da operatori privati accreditati (lettera a)).
Si ricorda che la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) è stata istituita, presso l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, dall’art. 44 del D.Lgs. n. 235/2010 al fine di assicurare efficacia, trasparenza e controllo in tempo reale dell'azione amministrativa per l'allocazione della spesa pubblica in lavori, servizi e forniture. Nella banca dati dovranno, conseguentemente, confluire tutti i dati previsti dall'art. 7 del citato D.Lgs. n. 163/2006.
Per quanto riguarda le modalità di centralizzazione degli acquisti, le Regioni si stanno indirizzando già da tempo verso nuovi modelli organizzativi tra cui la centralizzazione degli acquisti che, facendo leva sull’aggregazione della domanda, induce ad un potenziale risparmio. In questo ambito gli approcci seguiti sono diversi:
§ costituzione di soggetti terzi (caratterizzate dall’obbligo di adesione da parte delle aziende sanitarie): Emilia Romagna -INTERCENT-ER; Campania –SORESA; Umbria -Agenzia Umbra Sanità AUS; Toscana –ESTAV; Friuli VG -Centro Servizi Condivisi CSC;
§ effettuazione di gare/acquisti centralizzati a livello regionale: Centrale acquisti e crediti sanitari - Lazio; Veneto –Centro Regionale Acquisto CRA;
§ adozione di riforme di carattere generale: Marche -ASUR
§ adozione di strumenti di supporto e di indirizzo per la razionalizzazione della spesa: la Centrale Regionale Acquisti è una struttura di servizio di Regione Lombardia nata all’interno di Lombardia Informatica che si avvale di una piattaforma per la gestione dell’albo fornitori, delle aste on-line e delle gare in sanità[43].
Al 1 luglio 2012, l’Osservatorio dei contratti pubblici ha concluso una prima rilevazione[44] su principi attivi, dispositivi medici, servizio di ristorazione, servizio di pulizia e servizio di lavanderia, alla cui elaborazione hanno partecipato le principali stazioni appaltanti operanti in ambito sanitario. Queste ultime sono state selezionate, su base regionale, attraverso la Banca Dati Nazionale dei Contratti Pubblici, tra quelle che presentavano la spesa più rilevante in ambito sanitario.
Per completezza, si ricordano in ultimo, le misure recate dall’articolo 17, comma 1, lettere b), c), d), per il contenimento della spesa sanitaria:
§ dal 2013, le aziende farmaceutiche saranno tenute a versare direttamente alle regioni una quota, non superiore al 35 per cento dell'eventuale sforamento del tetto di spesa del 2,4 per cento, fissato per la spesa farmaceutica ospedaliera. L'onere è imputato alle aziende in proporzione ai fatturati relativi ai farmaci ceduti alle strutture pubbliche. L'attuazione della norma è demandata ad un regolamento governativo, da emanarsi, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, entro il 30 giugno 2012. Qualora tale termine non venga rispettato, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) aggiorna, dal 2013, le tabelle di raffronto tra la spesa farmaceutica territoriale delle singole regioni, con la conseguente definizione delle migliori soglie di appropriatezza prescrittiva dei farmaci generici da parte dei medici del SSN. Conseguentemente, a decorrere dal 2013, il tetto di spesa per l’assistenza farmaceutica territoriale è rideterminato nella misura del 12,5 per cento, in luogo del tetto attuale, fissato al 13,3 per cento (lettera b)).
§ dal 1 gennaio 2013, la spesa sostenuta dal Servizio sanitario nazionale per l'acquisto di dispositivi medici, compresa la spesa relativa all’assistenza protesica, non può superare il limite del 5,2 per cento del fabbisogno sanitario standard nazionale e regionale (lettera c)).
§ dal 2014, è prevista una compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria (farmaceutica e altre prestazioni sanitarie), stabilita con regolamento governativo, su proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Tale misura può essere ridotta dalle medesime regioni, assicurando comunque l’equilibrio economico finanziario, con misure alternative, certificate, preventivamente, dal Comitato permanente per i LEA e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti (lettera d))[45].
Articolo 8
(Dati in tema di acquisizioni di beni e
servizi)
1. Al fine di garantire la trasparenza degli appalti pubblici, l'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture rende pubblici, attraverso il proprio portale, i dati e le informazioni comunicati dalle stazioni appaltanti ai sensi dell'articolo 7, comma 8, lettere a) e b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, con modalità che consentano la ricerca delle informazioni anche aggregate relative all'amministrazione aggiudicatrice, all'operatore economico aggiudicatario ed all'oggetto di fornitura.
2. Ai fini dell'attività di monitoraggio, analisi e valutazione della spesa pubblica, nonché delle attività strumentali al Programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione, l'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture trasmette, con cadenza semestrale, al Ministero dell'economia e delle finanze e, per esso, a Consip S.p.A. nonché, per l'ambito territoriale di riferimento, alle Regioni e, per esse, alle centrali regionali di acquisto, i dati di cui al comma 1.
2-bis. All'articolo 7, comma 8, alinea, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, le parole: «150.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «50.000 euro».
L’articolo 8 reca disposizioni volte a garantire la trasparenza degli appalti pubblici ai fini dell’attività di monitoraggio, analisi e valutazione della spesa pubblica attraverso la pubblicazione, da parte dell’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, sul proprio portale dei dati comunicati dalle stazioni appaltanti e la trasmissione dei medesimi dati al Ministero dell’economia e delle finanze e alle regioni. L’articolo inoltre provvede ad estendere gli obblighi di comunicazione delle stazioni appaltanti all’Osservatorio riducendo l’importo contrattuale al di sopra del quale devono essere osservati tali obblighi.
In particolare,il comma 1, al fine di garantire la trasparenza degli appalti pubblici, dispone che l’Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, operante nell’ambito dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (AVCP) renda pubblici, attraverso il proprio portale, i dati e le informazioni comunicati dalle stazioni appaltanti ai sensi dell’articolo 7, comma 8, lettere a) e b), del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici). La disposizione di cui al comma 1, come quella del successivo comma 2, pur provvedendo a disciplinare la pubblicità dei dati e delle informazioni comunicati dalle stazioni appaltanti ai sensi dell’articolo 7, comma 8, del Codice dei contratti e la loro trasmissione, non è formulata come novella a tale articolo.
Relativamente alle modalità di pubblicazione, lo stesso comma precisa che esse devono consentire la ricerca delle informazioni anche aggregate relative:
§ all’amministrazione aggiudicatrice;
§ all’operatore economico aggiudicatario;
§ all’oggetto di fornitura.
Il citato articolo 7 del Codice disciplina l’Osservatorio dei contratti pubblici, prevedendo, al comma 8, che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori siano tenuti a comunicare al medesimo Osservatorio, per contratti di importo superiore a 150.000 euro:
a) entro trenta giorni dalla data dell’aggiudicazione definitiva o di definizione della procedura negoziata, i dati concernenti il contenuto dei bandi, dei verbali di gara, i soggetti invitati, l'importo di aggiudicazione, il nominativo dell'affidatario e del progettista;
b) limitatamente ai settori ordinari, entro sessanta giorni dalla data del loro compimento ed effettuazione, l'inizio, gli stati di avanzamento e l'ultimazione dei lavori, servizi, forniture, l'effettuazione del collaudo, l'importo finale.
Il comma 2, ai fini dell’attività di monitoraggio, analisi e valutazione della spesa pubblica, nonché delle attività strumentali al Programma di razionalizzazione degli acquisti della pubblica amministrazione[46], prevede l’obbligo per l’Osservatorio di trasmettere, con cadenza semestrale, i dati di cui al comma 1 ai seguenti soggetti:
§ al Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) e, per esso, a Consip S.p.A.;
§ nonché, in seguito alle modifiche apportate nel corso dell’esame parlamentare, per l’ambito territoriale di riferimento, alle regioni e, per esse, alle centrali regionali acquisti[47].
Il citato Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A., avviato nel 2000, si basa sull'utilizzo delle tecnologie ICT applicate ai processi di approvvigionamento delle pubbliche amministrazioni e ha lo scopo di:
§ razionalizzare la spesa di beni e servizi delle pubbliche amministrazioni, migliorando la qualità degli acquisti e riducendo i costi unitari grazie ad un’approfondita conoscenza dei mercati ed all'aggregazione della domanda;
§ semplificare e rendere più rapide e trasparenti le procedure di approvvigionamento pubblico, grazie alla riduzione dei tempi d'accesso al mercato, con significativi impatti anche economici sui costi della macchina burocratica.
Nel corso dell’esame parlamentare è stata aggiunta, infine, una disposizione, recata dal comma 2-bis che, mediante una novella al comma 8 dell’art. 7 del D.Lgs. 163/2006, abbassa da 150.000 a 50.000 euro l’importo contrattuale superato il quale devono essere osservati gli obblighi di comunicazione previsti dalle lettere a) e b) del medesimo comma 8 dell’articolo 7 del Codice e dal comma 1 dell'articolo in commento.
Articolo 9
(Attività della centrale di committenza
nazionale attraverso sistema informatico)
1. Il Ministero dell'economia e delle finanze mette a disposizione, a titolo gratuito, il proprio sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider) delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti pubblici che si avvalgono di Consip S.p.A., anche ai sensi dell'articolo 29 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e delle disposizioni del presente decreto.
L’articolo 9 prevede l’utilizzo a titolo gratuito del sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider) del Ministero dell’economia e delle finanze da parte delle pubbliche amministrazioni e degli altri soggetti pubblici che si avvalgono di Consip S.p.A. per le attività che svolge quale centrale di committenza.
In particolare, l’articolo prevede che il Ministero dell’economia e delle finanze (MEF) metta a disposizione, a titolo gratuito, il proprio sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider) per le pubbliche amministrazioni e gli altri soggetti pubblici che si avvalgono di Consip S.p.A., anche ai sensi dell’articolo 29 del decreto-legge 201/2011[48] e delle disposizioni del decreto-legge in commento .
Si segnala che l’articolo 11, comma 3, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, reca disposizioni volte a razionalizzare la spesa per l’acquisto di beni e servizi da parte della pubblica amministrazione attraverso l'incremento dei processi di centralizzazione degli acquisti. Tale comma già consente, infatti, alle amministrazioni pubbliche di richiedere al Ministero dell'economia e delle finanze l'utilizzo del sistema informatico di negoziazione in modalità ASP (Application Service Provider). Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, che non risulta ancora emanato, sono previste le relative modalità e tempi di attuazione, nonché i meccanismi di copertura dei costi relativi all'utilizzo, e degli eventuali servizi correlati, del sistema informatico di negoziazione, anche attraverso forme di remunerazione sugli acquisti a carico degli aggiudicatari delle procedure realizzate. L’articolo in commento prevede, invece, l’utilizzo del sistema a titolo gratuito.
L'ASP (Application Service Provider)è un modello architetturale per l'erogazione di servizi informatici che prevede una elevata “remotizzazione” elaborativa ed applicativa. Spesso il termine è usato indicando l'erogazione di servizi informatici in modalità ASP. Il modello architetturale prevede che la tecnologia di elaborazione (hardware) e quella applicativa (software) vengono gestite centralmente presso un Service Provider lasciando all'utente finale la scelta dei tempi e dei modi di fruizione del servizio. Tipicamente, lo strumento software lato cliente che funge da interfaccia con il servizio applicativo è il web browser.
Si fa presente, inoltre, che il citato articolo 29, del decreto-legge 201/2011, al fine di facilitare l’acquisizione di beni e servizi per importi superiori alle soglie di rilevanza comunitaria, disciplina la facoltà per le amministrazioni pubbliche centrali di avvalersi, sulla base di apposite convenzioni che ne regolamentano i rapporti, di Consip S.p.A. come centrale di committenza.
Nella relazione tecnica si evidenzia che la norma in commento ha l’obiettivo primario di consentire alle pubbliche amministrazioni la massimizzazione dei vantaggi derivanti dall’avvalersi di Consip in qualità di centrale di committenza, sia nell’ambito del Programma di razionalizzazione degli acquisti per le pubbliche amministrazioni sia al di fuori di questo, in ulteriori ambiti, quali a titolo esemplificativo l’approvvigionamento di beni e servizi ICT (Information and communication technology) funzionali allo sviluppo dei sistemi informativi del Ministero dell’economia e delle finanze o l’effettuazione di procedure di acquisto ai sensi dell’articolo 29 del decreto-legge n. 201 del 2011. Secondo quanto riportato nella relazione si intendono, pertanto, perseguire obiettivi di risparmio, trasparenza e innovazione nel procurementpubblico, facilitando l’utilizzo del sistema informatico di negoziazione del Ministero dell’economia e delle finanze, massimizzandone l’economicità per le pubbliche amministrazioni che vi ricorrono attraverso l’attività della Consip e favorendo il ricorso a modalità telematiche di acquisto in linea con la normativa relativa alla digitalizzazione dell’azione amministrativa.
Articolo 10
(Acquisizioni di beni e servizi relativi
ai sistemi informativi automatizzati attraverso il ricorso a centrali di
committenza e interpretazione autentica dell'articolo 18, comma 3, del decreto
legislativo 1° dicembre 2009, n. 177)
1. All'articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Tali pareri sono facoltativi per le centrali di committenza e per le amministrazioni che ad esse ricorrono per le acquisizioni di beni e servizi».
1-bis. L'articolo 18, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177, si interpreta nel senso che il contributo forfetario non è dovuto nel caso di gare predisposte dalle amministrazioni contraenti e per le quali sono stati chiesti a DigitPA i pareri di cui all'art. 3 dello stesso decreto.
Il comma 1, con una novellaall’art. 3, comma 3 del D.Lgs. n. 177/2009, rende facoltativo il parere che le centrali di committenza e le amministrazioni centrali che ad esse ricorrono sono tenute a richiedere a DigitPA sugli schemi di contratti per l’acquisizione di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati relativamente alla congruità tecnico-economica. Secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, il ricorso alla centrale di committenza consente l’accesso ad un patrimonio di esperienze e competenze in tema di acquisizioni tali da non rendere necessaria la consulenza di DigitPA restando ferma, comunque, la possibilità di richiedere tale parere. Il comma 1 è stato modificato nel corso dell’esame parlamentare al fine di riformularlo sotto forma di novella all’articolo 3, comma 3, del citato decreto legislativo n. 177 del 2009.
Si ricorda che il comma 3 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 177/2009 prevede che DigitPA esprima pareri tecnici, obbligatori e non vincolanti, sugli schemi di contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni centrali concernenti l'acquisizione di beni e servizi relativi ai sistemi informativi automatizzati per quanto concerne la congruità tecnico-economica, qualora il valore lordo di detti contratti sia superiore a 1 milione di euro nel caso di procedura negoziata e a 2 milioni di euro per la procedura ristretta o aperta. Il parere è reso entro il termine di quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Si ricorda, inoltre, che con il citato D.Lgs. n. 177 è stata disposto il riordino del Centro nazionale per l'informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) che ha assunto la denominazione di DigitPA, qualificandolo come un ente pubblico non economico, con sede in Roma e competenza nel settore delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nell'ambito della pubblica amministrazione; esso opera secondo le direttive, per l'attuazione delle politiche e sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato, con autonomia tecnica e funzionale, amministrativa, contabile, finanziaria e patrimoniale. DigitPA svolge funzioni di natura progettuale, tecnica e operativa, con la missione di contribuire alla creazione di valore per cittadini e imprese da parte della pubblica amministrazione, attraverso la realizzazione dell'amministrazione digitale.
In merito alle centrali di committenza, il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), ha trasposto nell’ordinamento nazionale (art. 3, comma 34 e art. 33) le disposizioni in materia di centrali di committenza previste dalla normativa europea (art. 1, par. 10, e art. 11 della direttiva 2004/18/CE e art. 1, par. 8, e art. 29 della direttiva 2004/17/CE). Il ricorso a centri unici di imputazione di appalti non è un obbligo, ma è rimesso alla facoltà dei singoli Stati darvi attuazione nei loro ordinamenti (considerando n. 16). Ai sensi dell’art. 3, comma 34, del Codice dei contratti pubblici, la centrale di committenza è un'amministrazione aggiudicatrice che:
§ acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori;
§ aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.
L’art. 33 dello stesso Codiceprevede, quindi, che le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori possono acquisire lavori, servizi e forniture facendo ricorso a centrali di committenza, anche associandosi o consorziandosi e che tali centrali sono tenute all’osservanza del Codice.
L’istituto della centrale di committenza è stato disciplinato per la prima volta nell’ordinamento italiano con il D.M. 24 febbraio 2000, emanato sulla base dell’art. 26 della legge n. 488/1999 (legge finanziaria per il 2000), che ha affidato a Consip S.p.A. il compito di stipulare convenzioni e contratti quadro per l’acquisto di beni e servizi per conto delle amministrazioni dello Stato.
Il comma 1-bis, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, reca una norma di interpretazione autentica dell’art. 18, comma 3, dello stesso D.Lgs. n. 177/2009, disponendo che il contributo forfetario non è dovuto nel caso di gare predisposte dalle amministrazioni contraenti per le quali sono stati chiesti a DigitPA i pareri tecnici di cui all'art. 3 dello stesso D.Lgs. n. 177/2009.
Premesso che la disposizione sembra avere effetto sotto il profilo finanziario, si fa presente che, secondo la giurisprudenza costituzionale, non è sufficiente che una disposizione si autoqualifichi di interpretazione autentica per definirne la natura. Infatti, in considerazione della portata retroattiva che la disposizione viene a spiegare, occorre che essa intervenga in relazione a fattispecie sulla quale siano insorti contrasti interpretativi, precisandone il significato tra quelli possibili. A questa condizione, il vincolo di significato normativo che viene ad essere stabilito anche per il passato può essere considerato compatibile con l’esigenza di certezza giuridica e di tutela dell'affidamento legittimamente posto nella certezza dell'ordinamento giuridico (ex plurimis, tra le più recenti, sentenze n. 272 del 2011, n. 209 del 2010 e n. 236 del 2009). Infatti, “il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), costituisce valore fondamentale di civiltà giuridica, pur non ricevendo nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25 Cost.” e in mancanza di “motivi imperativi d'interesse generale, idonei a giustificare l'effetto retroattivo” risulterebbe leso il canone generale della ragionevolezza delle norme che si trae dall’art. 3 Cost. (sent. 78/2012).
Si segnala, infine, che la circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi prescrive che “deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo”.
Si ricorda che l’art. 18, comma 3, del D.Lgs. n. 177 dispone che, nell'ambito di gare o accordi quadro predisposti direttamente o con altri soggetti, per l'espletamento delle funzioni di cui all'art. 3, DigitPA riceve dalle amministrazioni contraenti, nell'ambito delle risorse ordinariamente destinate all'innovazione tecnologica, un contributo forfetario per spese di funzionamento secondo un importo determinato, in misura fissa ovvero compresa tra un minimo e un massimo, con D.P.C.M., su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, in percentuale sul valore del contratto sottoscritto. In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.P.C.M. 23 giugno 2010. L’art. 1 del D.P.C.M. dispone che il contributo per spese di funzionamento, spettante a DigitPA a norma dell'art. 18, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177, nell'ambito di gare e posto a carico delle amministrazioni contraenti, è determinato:
a) per i contratti relativi all'acquisizione di beni e servizi informatici e telematici per i quali DigitPA abbia ricevuto richiesta di parere sulla coerenza strategica e/o sulla congruità tecnico-economica ai sensi dell'art. 3, commi 2, lettera c), e 3, del decreto legislativo n. 177/2009: 8 per mille del valore del contratto sottoscritto;
b) per i contratti relativi all'acquisizione di beni e servizi informatici e telematici, per i quali sia obbligatorio il parere sulla congruità tecnico-economica di cui all'art. 3, comma 3, del decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177, se il contratto ha per oggetto la mera fornitura di beni o prestazione di servizi tra loro identici o equiparabili in alternativa e se la procedura è gestita da centrali di acquisto e prevede la stipula di contratti quadro o convenzioni: 4 per mille del valore del contratto sottoscritto.
L’art. 2 del D.P.C.M., inoltre, stabilisce il contributo per spese di funzionamento spettante a DigitPA a norma dell'art. 18, comma 3, del D.Lgs. n. 177, nell'ambito di accordi o di contratti quadro predisposti direttamente da DigitPA o con altri soggetti e posto a carico delle amministrazioni contraenti[49].
Articolo 11
(Mercato elettronico della pubblica
amministrazione)
1. All'articolo 11, comma 10-bis, lettera b), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono aggiunte in fine, le seguenti parole: «e nel caso di acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 328 del regolamento».
L’articolo 11 prevede la non applicazione del termine dilatorio di trentacinque giorni dall’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva per la stipula dei contratti relativi agli acquisti effettuati attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione.
L’articolo 11 prevede, infatti, che il contratto relativo agli acquisti mediante il mercato elettronico della pubblica amministrazione possa comunque essere stipulato prima della scadenza del termine dilatorio di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva. Tale disposizione viene inserita attraverso una novella all’art. 11, comma 10-bis, lettera b), del D.Lgs. n. 163/2006 (cd. Codice dei contratti pubblici, d’ora in avanti Codice). La relazione illustrativa precisa che tale modifica è coerente con quanto già previsto per il Sistema dinamico d’acquisto (SDA) ed al fine di mantenere e rafforzare i vantaggi propri del mercato elettronico (quale strumento di acquisto di beni e servizi al di sotto della soglia dell’Unione europea che, essendo gestito completamente con sistemi informatici, determina economie di scala, riduzione dei tempi di aggiudicazione e garantisce la trasparenza delle relative operazioni, considerata la completa tracciabilità delle stesse).
Si ricorda che il citato art. 11 del D.Lgs. n. 163/2006 disciplina le fasi delle procedure di affidamento dei contratti pubblici prevedendo, al comma 10, che il contratto non può comunque essere stipulato prima del termine di trentacinque giorni dall'invio dell'ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva ai sensi dell’art. 79. Tale termine dilatorio (comma 10-bis) non si applica:
§ se è stata presentata o ammessa una sola offerta e non sono state tempestivamente proposte impugnazioni del bando o della lettera di invito o queste impugnazioni risultano già respinte con decisione definitiva;
§ nel caso di un appalto basato su un accordo quadro[50] e in caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione [51].
Conseguentemente l’articolo in commento aggiunge alle fattispecie previste dal comma 10-bis dell’art. 11 del Codice anche quella relativa all’acquisto effettuato attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione disciplinato dall’art. 328 del D.P.R. n. 207/2010 recante il Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice.
Si ricorda che l’art. 328 del D.P.R. n. 207/2010 reca le modalità per effettuare gli acquisti di beni e servizi attraverso il mercato elettronico. Pertanto, la stazione appaltante può stabilire di procedere all'acquisto di beni e servizi attraverso il mercato elettronico realizzato dalla medesima stazione appaltante ovvero attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione realizzato dal Ministero dell'economia e delle finanze sulle proprie infrastrutture tecnologiche avvalendosi di Consip S.p.A. ovvero attraverso il mercato elettronico realizzato dalle centrali di committenza di riferimento (comma 1). Il mercato elettronico consente acquisti telematici basati su un sistema che attua procedure di scelta del contraente interamente gestite per via elettronica e telematica. A loro volta, le procedure telematiche di acquisto mediante il mercato elettronico devono essere adottate e utilizzate dalle stazioni appaltanti nel rispetto dei principi di trasparenza e semplificazione delle procedure, di parità di trattamento e non discriminazione (comma 2). Le stazioni appaltanti abilitano al mercato elettronico i fornitori di beni e i prestatori di servizi tramite uno o più bandi aperti per tutta la durata del mercato elettronico a qualsivoglia operatore economico che soddisfi i requisiti di abilitazione. I bandi di abilitazione sono pubblicati in conformità della disciplina applicabile per le procedure sotto soglia di cui all'art. 124, comma 5, del Codice e indicano l'indirizzo del sito informatico presso il quale è possibile consultare la documentazione della procedura direttamente e senza oneri (comma 3). Avvalendosi del mercato elettronico le stazioni appaltanti possono effettuare acquisti di beni e servizi sotto soglia, seguendo le modalità indicate al comma 4. Qualora siano consultati più fornitori abilitati, il sistema informatico di negoziazione del mercato elettronico provvede a predisporre automaticamente una graduatoria sulla base dei criteri scelti dalla stazione appaltante tra le opzioni proposte dal sistema stesso. Il contratto è stipulato per scrittura privata, che può consistere anche nello scambio dei documenti di offerta e accettazione firmati digitalmente dal fornitore e dalla stazione appaltante (comma 5).
Si fa presente, infine, che l’8a Commissione lavori pubblici del Senato, nel parere approvato nella seduta del 30 maggio 2012, ha rilevato, in un’osservazione, l’opportunità di valutare la compatibilità dell'articolo 11 con il quadro normativo europeo e, in particolare, con la direttiva 89/665/CEE, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CEE (la cosiddetta direttiva ricorsi) “pur riconoscendo che la procedura di acquisto attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all'articolo 328 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, garantisce un elevato livello di visibilità”. L'articolo 2-bis della direttiva 89/665/CE, introdotto dalla direttiva ricorsi, prevede, infatti, che la conclusione di un contratto in seguito alla decisione di aggiudicazione di un appalto disciplinato dalla direttiva 2004/18/CE non possa avvenire prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui la decisione di aggiudicazione dell’appalto è stata inviata agli offerenti e ai candidati interessati, se la spedizione è avvenuta per fax o per via elettronica, oppure se la spedizione è avvenuta con altri mezzi di comunicazione prima dello scadere di un termine di almeno quindici giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui è stata inviata la decisione di aggiudicazione dell’appalto agli offerenti e ai candidati interessati, o di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data di ricezione della decisione di aggiudicazione dell’appalto. Secondo il sesto considerando alla direttiva ricorsi,il termine sospensivo in questione dovrebbe concedere agli offerenti interessati sufficiente tempo per esaminare la decisione d’aggiudicazione dell’appalto e valutare se sia opportuno avviare una procedura di ricorso. Ai sensi del successivo articolo 2-ter, gli Stati membri possono prevedere che il termine sospensivo di cui all’articolo 2-bis non si applichi nei seguenti casi: a) se la direttiva 2004/18/CE non prescrive la previa pubblicazione di un bando nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea; b) se l’unico offerente interessato è colui al quale è stato aggiudicato l’appalto e non vi sono candidati interessati; c) nel caso di un appalto basato su un accordo quadro di cui all’articolo 32 della direttiva 2004/18/CE e in caso di appalti specifici basati su un sistema dinamico di acquisizione di cui all’articolo 33 di tale direttiva.
Articolo 12
(Aggiudicazione di appalti con il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa)
1. Al comma 2 dell'articolo 120 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, è premesso il seguente periodo: «La commissione, anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012, apre in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti prodotti.».
2. Al comma 2 dell'articolo 283 del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, è premesso il seguente periodo: «La commissione, costituita ai sensi dell'articolo 84 del codice, anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012, apre in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti prodotti» e dopo le parole: «In una o più sedute riservate, la commissione» le parole: «, costituita ai sensi dell'art. 84 del codice,» sono soppresse.
[3. I commi 1 e 2 si applicano alle procedure di affidamento per le quali non si sia ancora proceduto all'apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche alla data di entrata in vigore del presente decreto. ]
L’articolo 12, con alcune novelle al D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, recante ilRegolamento di attuazione ed esecuzione del Codice dei contratti pubblici stabilisce che, nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche debba avvenire in seduta pubblica. I commi 1 e 2 sono stati modificati nel corso dell’esame parlamentare al fine di specificare che la disposizione si applica anche alle gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012 ripristinando, pertanto, nella sostanza il disposto del comma 3 del testo approvato dal Governo soppresso nel corso dell’esame parlamentare.
In particolare, il comma 1,novellando il comma 2 dell’art. 120 del D.P.R. n. 207/2010, premette un periodo a tale comma, al fine di specificare che, nel caso di aggiudicazione dei contratti pubblici relativi a lavori aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, l’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche da parte della Commissione giudicatrice sia effettuata in seduta pubblica, al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti prodotti.
Il citato comma 2 dell’articolo 120 del Regolamento prevede, nel caso di aggiudicazione con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che la valutazione delle offerte tecniche e l’assegnazione dei relativi punteggi sia effettuata dalla Commissione giudicatrice in una o più sedute riservate, mentre, successivamente, in seduta pubblica, la Commissione dà lettura dei punteggi attribuiti alle singole offerte tecniche, procede alla apertura delle buste contenenti le offerte economiche e, data lettura dei ribassi espressi in lettere e delle riduzioni di ciascuna di esse, procede alla valutazione delle offerte anomale.
Il comma 2 contiene una disposizione identica a quella introdotta con il comma 1 ma riferita all’aggiudicazione di servizi e forniture con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Viene quindi novellato il comma 2 dell’art. 283 del DPR n. 207/2010, provvedendo nel contempo a una modifica volta a specificare che l’apertura dei plichi è effettuata dalla Commissione giudicatrice di cui all’art. 84 del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici), specificazione che, nel testo previgente era riportata al secondo periodo del comma 2 in cui si dettano disposizioni per la valutazione delle offerte tecniche da parte della medesima Commissione.
I commi 1 e 2, come precisato anche nella relazione illustrativa, tengono conto della sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n.13 del 28 luglio 2011 codificando, pertanto, un principio ivi affermato.
La decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 13 del 28 luglio 2011[52] trae origine da un giudizio di appello nell’ambito del quale era stata censurata la sentenza TAR Sardegna n. 2299/2010, per aver il giudice di primo grado ritenuto illegittima la clausola del bando di gara d’appalto che prevedeva l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche in seduta riservata. Il TAR Sardegna aveva infatti accolto il ricorso con il quale si era sostenuto che all’apertura delle buste delle offerte tecniche, come per quelle contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica, avrebbe dovuto procedersi in seduta pubblica. Il Consiglio di Stato (Sez. V), rilevando che la questione dell’apertura in seduta pubblica delle buste contenenti le offerte tecniche nelle gare d’appalto ha dato luogo a numerose oscillazioni giurisprudenziali tra le diverse sezioni del Consiglio di Stato, ha rimesso la questione all’Adunanza Plenaria con decisione 12 maggio 2011 n. 2846. Come evidenziato nella predetta decisione, infatti, secondo un primo indirizzo l’obbligo di pubblicità delle sedute delle commissioni di gara riguarda esclusivamente la fase dell’apertura dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica dei partecipanti e non anche la fase di apertura e successiva valutazione delle offerte tecniche. Secondo un altro indirizzo, invece, devono svolgersi in seduta pubblica gli adempimenti concernenti la verifica dell'integrità dei plichi contenenti l'offerta, sia che si tratti di documentazione amministrativa sia che si tratti di documentazione in materia di offerta tecnica ed economica.
Al fine di risolvere la questione sottoposta, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 28 luglio 2011 ha dovuto chiarire se l’operazione di apertura della buste contenenti l’offerta tecnica in seduta riservata sia suscettibile o meno di determinare la violazione di una regola imposta dalla disciplina legale dell’affidamento dei contratti pubblici. Al riguardo, in linea con il secondo degli orientamenti della giurisprudenza amministrativa sopra illustrati, il Consiglio di Stato ha preliminarmente evidenziato che la verifica dell’integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, essendo destinata anche a garantire che la documentazione prodotta dai concorrenti trovi correttamente ingresso nella procedura di gara. Ed infatti, la pubblicità delle sedute della commissione di gara risponde all’esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti (ai quali deve essere consentito di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere in tal modo la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni), ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post una volta aperti i plichi (e cioè in mancanza di un riscontro immediato). Ad avviso dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, tale regola costituisce corretta interpretazione dei principi comunitari e nazionali di trasparenza e pubblicità nelle gare d’appalto per i pubblici appalti ed opera anche in relazione all’apertura della busta dell’offerta tecnica. Tale operazione, infatti, così come per la documentazione amministrativa e per l’offerta economica, costituisce passaggio essenziale e determinante dell’esito della procedura competitiva, e richiede pertanto di essere presidiata dalle medesime garanzie, a tutela degli interessi privati e pubblici coinvolti dal procedimento. Alla luce di quanto precede, pertanto, anche le buste contenenti le offerte tecniche devono essere aperte in seduta pubblica. Al riguardo, l’Adunanza Plenaria ha inoltre precisato che gli argomenti che depongono in senso contrario alla tesi della necessità della seduta pubblica per l’apertura delle buste contenenti le offerte tecniche, non sono idonei ad inficiare la validità della predetta tesi. In particolare, ad avviso del Consiglio di Stato, devono infatti essere disattesi i rilievi in forza dei quali l’obbligo di apertura in seduta pubblica dell’offerta tecnica: non avrebbe alcuna base normativa; comporterebbe inutili aggravamenti della procedura; contrasterebbe con l’evoluzione della disciplina delle gare di appalto; realizzerebbe una indebita anticipazione dell’accesso agli atti della procedura, in violazione dei precetti di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 163/2006.
I commi 1 e 2 sono stati modificati nel corso dell’esame parlamentare alla Camera al fine di precisare che le disposizioni in essi contenute si applicano anche alle gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012, ossia alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Nel corso dell’esame al Senato,è stato invece soppresso il comma 3 dell’articolo in commento, del testo approvato dal Governo, che già prevedeva che i commi 1 e 2 si applicassero alle procedure di affidamento per le quali non si fosse ancora proceduto all’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche alla data di entrata in vigore del decreto-legge. La relazione illustrativa, che ha accompagnato la presentazione del decreto-legge da parte del Governo, sottolinea che “l’articolo 12 specifica – in coerenza con quanto chiarito dalla sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 13 del 28 luglio 2011 – le modalità attraverso cui procedere all’apertura dei plichi contenenti le offerte tecniche (e, cioè, in seduta pubblica), nell’ottica di garantire la certezza del diritto attraverso un riferimento normativo chiaro anche con riferimento all’individuazione delle fattispecie temporalmente rientranti nell’applicazione della disposizione”.
La norma codifica un principio già affermato dalla giurisprudenza amministrativa nella citata decisione dell’Adunanza plenaria, che ha risolto un contrasto giurisprudenziale provocando prima dell’entrata in vigore del decreto-legge l’annullamento di alcune procedure. E’ pacifico che la norma non dispone che per l’avvenire (articolo 11, comma 1, delle disposizioni preliminari al codice civile); sulla scorta di quanto previsto dalle modifiche approvate nel corso dell’esame parlamentare che nella sostanza riproducono il contenuto del comma 3 dell’articolo 12 del testo originario del decreto, soppresso nel corso dell’esame parlamentare e vigente fino all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, si precisa che la norma si applica anche alle gare in corso per le quali, alla data di entrata in vigore del decreto-legge, i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti. Non appare possibile escludere che la fissazione di uno spartiacque temporale possa ingenerare problemi interpretativi con riferimento all’applicazione del principio sancito in via giurisprudenziale e codificato dalla norma alle procedure sub iudice prima dell’entrata in vigore del decreto-legge; tuttavia, sul punto, occorre ricordare che l’Adunanza plenaria ha ritenuto che la regola affermata dalla giurisprudenza in ordine alla pubblicità delle sedute – richiamata nella decisione[53] - costituisce “corretta interpretazione dei principi comunitari e di diritto interno in materia di trasparenza e di pubblicità nelle gare per i pubblici appalti e, come tale, meriti di essere confermata e ribadita con specifico riferimento all’apertura della busta dell’offerta tecnica”. Pertanto, pur in presenza dell’esplicitazione nella disposizione della decorrenza della nuova disciplina, il giudice adito potrebbe comunque far valere l’applicazione del principio dell’apertura in seduta pubblica dei plichi contenenti offerte tecniche anche alle controversie in cui le violazioni di tale principio sono state compiute prima dell’entrata in vigore del decreto-legge.
Articolo 13
(Semplificazione dei contratti di
acquisto di beni e servizi)
1. Per i contratti relativi agli acquisti di beni e servizi degli enti locali, ove i beni o i servizi da acquistare risultino disponibili mediante strumenti informatici di acquisto, non trova applicazione quanto previsto dall'articolo 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604.
L’articolo 13 sottrae all’ambito di efficacia del’articolo 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604 i contratti di acquisto di beni e servizi degli enti locali, quando i beni o i servizi siano disponibili mediante strumenti informatici di acquisto.
L'art. 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604 - Modificazioni allo stato giuridico e all'ordinamento della carriera dei segretari comunali e provinciali - è rubricato ‟Provento e ripartizione dei diritti di segreteria‟ e rende ‟obbligatoria in tutti i Comuni la riscossione dei diritti di segreteria, da effettuarsi a mezzo di marche segnatasse in conformità alla (ivi allegata) tabella D. Le Province sono autorizzate ad esigere, per la spedizione degli atti, i diritti di segreteria stabiliti in (detta) tabella D ”.
Per effetto dell’articolo 13 in esame, pertanto, sui contratti in questione non sussiste più l’obbligo di riscossione dei diritti di segreteria da parte dei comuni e delle province.
La relazione tecnica allegata al provvedimento si sofferma analiticamente sul punto, evidenziando che, ai sensi dell’articolo 11, comma 13, del codice (dei contratti) di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ciascun contratto per lavori e forniture di beni e di servizi è stipulato mediante atto pubblico notarile o mediante forma pubblica amministrativa a cura dell’ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice, ovvero mediante scrittura privata, nonché in forma elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante. Il codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, prescrive in tali caso l’utilizzo della firma digitale.
L’articolo 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604, individua l’entità dei diritti di segreteria dovuti in caso di stipula del contratto in forma pubblica amministrativa (ai sensi dell’articolo 41, quarto comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, una quota di tali proventi è attribuita al segretario comunale e provinciale rogante, in misura pari al 75 per cento e fino a un massimo di un terzo dello stipendio in godimento).
Ove sia possibile effettuare un acquisto in forma elettronica, quest’ultima modalità – per sua natura assistita da caratteristiche di trasparenza, affidabilità e garanzia dell’identità – consente all’amministrazione comunale e provinciale di stipulare il relativo contratto senza la forma pubblica amministrativa, pur mantenendo le garanzie sopra indicate. Per migliorare l’efficienza, l’economicità e la trasparenza dei procedimenti, con la disposizione di cui all’articolo 13 viene quindi privilegiato l’utilizzo della forma elettronica, laddove disponibile, prevedendo che comunque con riferimento agli acquisti effettuabili mediante strumenti informatici di acquisto non sia applicabile la corresponsione dei diritti di rogito.
Articolo 13-bis
(Disposizioni
in materia di certificazione e compensazione dei crediti vantati dai fornitori
di beni e servizi nei confronti delle amministrazioni pubbliche)
1. All'articolo 9 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 3-bis, al primo periodo, dopo le parole: «enti locali» sono inserite le seguenti: «nonché gli enti del Servizio sanitario nazionale» e le parole: «sessanta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «trenta giorni»; al secondo periodo, le parole da: «provvede la Ragioneria territoriale dello Stato» fino alla fine del periodo sono sostituite dalle seguenti: «è nominato un Commissario ad acta, con oneri a carico dell'ente debitore. La nomina è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle amministrazioni statali periferiche, delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale»;
b) al comma 3-ter, la lettera b) è sostituita dalla seguente:
«b) dagli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro dai disavanzi sanitari, ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, qualora nell'ambito di detti piani o programmi siano state previste operazioni relative al debito. Sono in ogni caso fatte salve le certificazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei predetti piani o programmi operativi»;
c) dopo il comma 3-ter è aggiunto il seguente:
«3-quater. Esclusivamente per consentire la cessione di cui al primo periodo del comma 3-bis, sono fatte salve le certificazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 141, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, secondo le modalità stabilite con il decreto di attuazione di cui all'articolo 13, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183».
2. All'articolo 28-quater, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al primo periodo, dopo le parole: «nei confronti» sono inserite le seguenti: «dello Stato, degli enti pubblici nazionali,»;
b) al secondo periodo, dopo le parole: « legge 28 gennaio 2009, n. 2,» sono inserite le seguenti: «o le certificazioni richiamate all'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), ultimo periodo, del medesimo decreto,»;
c) al quarto periodo, le parole: «la regione, l'ente locale o l'ente del Servizio sanitario nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «l'ente debitore» e le parole: «della regione, dell'ente locale o dell'ente del Servizio sanitario nazionale» sono sostituite dalle seguenti: «dell'ente debitore».
3. All'articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1-bis, l'ultimo periodo è soppresso;
b) al comma 1-ter, le parole da: «; le modalità di certificazione» fino alla fine del comma sono soppresse.
4. All'attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 3 si provvede con le modalità previste dall'articolo 13, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183. Le certificazioni dei crediti rilasciate secondo le modalità indicate dall'articolo 9, comma 3-ter, lettera b), secondo periodo, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come sostituita dal comma 1 del presente articolo, possono essere utilizzate anche ai fini dell'ammissione alla garanzia del fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, secondo i criteri e le modalità e nei limiti stabiliti dal decreto di cui all'articolo 8, comma 5, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e all'articolo 39 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
5. Il documento unico di regolarità contributiva di cui all'articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è rilasciato anche in presenza di una certificazione, rilasciata ai sensi dell'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, come da ultimo modificato dal presente articolo, che attesti la sussistenza e l'importo di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di importo almeno pari agli oneri contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma, assicurando l'assenza di riflessi negativi sui saldi di finanza pubblica.
L’articolo 13-bisreca, al comma 1, alcune modifiche alla disciplina in materia di certificazione dei crediti vantati per somministrazioni, forniture e appaltinei confronti delle Amministrazioni pubbliche, contenuta nell’articolo 9, commi 3-bis e 3-ter,del D.L. n. 185/2008[54].
Si ricorda che l’istituto della certificazione dei crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni si inserisce nel contesto di un complesso di interventi legislativi finalizzati a dare concreta attuazione alla problematica dei ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali, affrontata a livello comunitario con l’adozione della direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2000/35/CE del 29 giugno 2000, recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. n. 231 del 2002, e ora sostituita dalla più recente direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2011/7/UE.
La cessione dei crediti vantati dalle imprese verso la P.A. derivanti da contratti di lavori pubblici è peraltro in generale prevista dall’articolo 117 del Codice dei contratti pubblici, relativi a lavori, servizi e forniture (D.Lgs. n. 163/2006), il quale ha esteso la disciplina della cessione dei crediti d'impresa di cui alla legge n. 52 del 1991 (legge sul contratto di factoring) ai crediti vantati dalle imprese verso le pubbliche amministrazioni in ragione di contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori[55].
In particolare, la lettera a) del comma 1 modifica il comma 3-bis dell’articolo 9, del D.L. n. 185/2008, il quale, ai fini dell’accelerazione del pagamento dei debiti delle pubbliche amministrazioni, ha introdotto una disciplina specifica che prevede la certificazione, da parte delle Amministrazioni regionali e locali debitrici, dei crediti vantati nei loro confronti per somministrazioni, forniture e appalti ai fini della cessione dei medesimi crediti a banche o intermediari finanziari.
Sulla normativa – che è stata più volte modificata[56] – è da ultimo intervenuto il D.L. 2 marzo 2012, n. 16 (articolo 12, commi 11-quater e 11-quinquies), il quale, novellando il comma 3-bis,ha previsto che la certificazione possa essere finalizzata a consentire al creditore, oltre che la cessione pro soluto - che esonera il cedente dal rispondere dell'eventuale solvibilità del debitore - anche la cessione pro solvendo a favoredi banche o intermediari finanziari, che implica invece per il cedente l’obbligo di rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore[57]. La procedura della certificazione dei crediti pro soluto e pro solvendoper somministrazioni, forniture e appalti è stata altresì estesa nei confronti delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali.
Ai sensi del vigente comma 3-bis, su istanza del creditore, le amministrazioni pubbliche sono tenute a certificare se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, al fine di consentirne la cessione a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente[58], entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione dell'istanza. Scaduto il termine, su nuova istanza del creditore, provvede alla certificazione dei crediti delle regioni e degli enti locali la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, la quale, ove necessario nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell’ente territoriale.
Le novelle apportate dalla lettera a) del comma 1 alla suesposta normativa sono volte.
1) ad estendere il meccanismo della certificazione dei crediti agli enti del Servizio sanitario nazionale.
Su tale punto si ricorda che la procedura per la certificazione dei crediti, originariamente introdotta per le regioni e gli enti locali dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008 era già stata estesa anche agli enti del Servizio sanitario nazionale dall’articolo 31, comma 1-ter, del D.L. n. 78/2010. Con le modifiche apportate di recente al citato comma 3-bis dalla legge di stabilità per il 2012 (legge n. 183/2011), gli enti del servizio sanitario nazionale sono stati sono nuovamente esclusi dalla normativa.
2) a ridurre da sessanta a trenta giorni il termine entro il quale le amministrazioni debitrici sono tenuti a certificare se il credito vantato nei loro confronti è certo, liquido ed esigibile.
Si ricorda che il termine era stato originariamente fissato in venti giorni, dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008, e successivamente esteso a sessanta giorni dall’articolo 13, comma 1, della legge n. 183/2011.
Va considerato che la riduzione del termine a trenta giorni corrisponde a quanto indicato nella nuova Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2011/7/UE del 16 febbraio 2011 - che interviene sulla materia dei ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, il cui termine di recepimento nel diritto interno degli Stati membri è fissato al 16 marzo 2013 – che, all’articolo 3, fissa i termini di pagamento per le transazioni commerciali in cui la parte debitrice è una pubblica amministrazione in trenta giorni, a meno che un diverso termine sia espressamente concordato tra le parti e giustificato dalla particolare natura del contratto. La norma prevede, inoltre, che, qualora il creditore abbia adempiuto agli obblighi contrattuali e di legge, se il pagamento non è stato ricevuto nei termini e il ritardo è imputabile al debitore, le imprese creditrici hanno diritto agli interessi legali di mora, senza la necessità di un sollecito.
3) a rendere obbligatoria – e non più eventuale - la nomina di un Commissario ad acta, su nuova istanza del creditore, qualora, allo scadere del termine previsto, l’amministrazione non abbia provveduto alla certificazione.
Si ricorda che la normativa vigente prevede, invece, che una volta scaduti i termini, sia la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio che provvede alla certificazione dei crediti, nominando un Commissario ad acta soltanto qualora lo ritenga necessario.
In considerazione del fatto che la normativa sulla certificazione dei crediti è stata estesa a tutte le amministrazioni statali e agli enti pubblici nazionali,ai sensi dell’articolo 12, comma 11-quinquies del D.L. n. 16/2012, con la novella in esame si provvede altresì a precisare che la nomina del Commissario ad acta è effettuata dall'Ufficio centrale del bilancio competente per le certificazioni di pertinenza delle Amministrazioni statali centrali e degli enti pubblici nazionali, o dalla Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio per le certificazioni di pertinenza delle Amministrazioni statali periferiche, delle Regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale.
Con la lettera b) del comma 1 si novella il comma 3-ter all’articolo 9 del D.L. n. 185/2008, che disciplina la nullità della certificazione qualora sia rilasciata dagli enti locali commissariati e dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari.
Con la novella si provvede a riformulare la lettera b) del comma 3-ter al fine di precisare che la certificazione è nulla qualora sia rilasciata non dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari ma dagli enti del servizio sanitario nazionale delle regioni sottoposte a piano di rientro ovvero a programmi operativi di prosecuzione degli stessi, qualora nell'ambito di detti piani o programmi siano state previste operazioni relative al debito.
E’ da ritenere che la novella sia volta a superare il divieto per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari di beneficiare del meccanismo di certificazione dei crediti, che consente al creditore la cessione del credito a banche o intermediari finanziari.
Sono in ogni caso fatte salve le certificazioni già rilasciate dalle regioni commissariate per l’attuazione del piano di rientro dai disavanzi finanziari, ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del D.L. n. 78/2010, nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei predetti piani o programmi operativi.
Si ricorda che il citato comma 2 dell’articolo 11 del D.L. n. 78/2010 prevede, per le regioni sottoposte ai piani di rientro nelle quali operi il commissario ad acta per l’attuazione del piano medesimo, che, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi dei piani di rientro, anche mediante il regolare svolgimento dei pagamenti dei debiti accertati, il commissario proceda, entro 15 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge n. 78/2010, alla conclusione della procedura di ricognizione dei debiti accertati (nel settore sanitario) e che predisponga un piano che individui modalità e tempi di pagamento dei debiti medesimi.
La lettera b-bis) del comma 1, introdotta in sede di esame parlamentare, aggiunge il comma 3-quater all’articolo 9 del D.L. n. 185/2008, con il quale vengono fatte salve le certificazioni relative ai pagamenti in acconto rilasciate ai sensi dell’articolo 141, comma 2, del D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207[59], recante il regolamento di attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, relativo al Codice degli appalti, esclusivamente al fine di consentirne l’utilizzabilità nella procedura della cessione pro soluto e pro solvendo disciplinata dal comma 3-bis dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008, secondo le modalità che saranno stabilite dal decreto previsto dall’articolo 13, comma 2, della legge n. 183/2011.
Si ricorda che l’articolo 13, comma 2, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge medesima, sentita la Conferenza Unificata Stato città ed autonomie locali, le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008, come modificati dall’articolo 13, comma 1, della stessa legge di stabilità 2012.
Si tratta, come detto, dei certificati di pagamento delle rate di acconto del corrispettivo dell’appalto, che sono emessi dal responsabile del procedimento sulla base dei documenti contabili indicanti la quantità, la qualità e l'importo dei lavori eseguiti, non appena scaduto il termine fissato dal contratto o non appena raggiunto l'importo previsto per ciascuna rata.
Si ricorda che il citato articolo 141 del D.P.R. n. 207/2010 disciplina i pagamenti in acconto, prevedendo che nel corso dell'esecuzione dei lavori siano erogati all'esecutore, in base ai dati risultanti dai documenti contabili, pagamenti in acconto del corrispettivo dell'appalto, nei termini o nelle rate stabiliti dal contratto ed a misura dell'avanzamento dei lavori regolarmente eseguiti.
I certificati di pagamento delle rate di acconto sono emessi dal responsabile del procedimento sulla base dei documenti contabili indicanti la quantità, la qualità e l'importo dei lavori eseguiti, non appena scaduto il termine fissato dal contratto o non appena raggiunto l'importo previsto per ciascuna rata.
Nel caso di sospensione dei lavori di durata superiore a quarantacinque giorni la stazione appaltante dispone comunque il pagamento in acconto degli importi maturati fino alla data di sospensione.
Sulla base di questi due documenti, stato di avanzamento dei lavori e certificato di pagamento della rata, l’organo competente della stazione appaltante emetterà il mandato di pagamento o titolo di spesa.
Sulla base della vigente disciplina sui certificati di pagamento, come ora illustrata, sembrerebbe, pertanto, che il comma 3-quater, introdotto dalla norma in esame, equipari tali certificati alle certificazioni dei crediti vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008.
Il comma 2 novella il comma 1 dell’articolo 28-quater del D.P.R. n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) relativamente alle compensazioni di crediti con somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo.
L’articolo 28-quater, introdotto dall’articolo 31, comma 1-bis, del D.L. n. 78 del 2010, stabilisce che, a partire dal 1° gennaio 2011, i crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili, maturati nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del Servizio sanitario nazionale per somministrazione, forniture e appalti, possono essere compensati con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo. A tal fine il creditore acquisisce la certificazione prevista dall’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185 del 2008, e la utilizza per il pagamento, totale o parziale, delle somme dovute a seguito dell’iscrizione a ruolo. L’estinzione del debito a ruolo è condizionata alla verifica dell’esistenza e validità della certificazione. Qualora la regione, l’ente locale o l’ente del Servizio sanitario nazionale non versi all’agente della riscossione l’importo oggetto della certificazione entro 60 giorni dal termine nella stessa indicato, l’agente della riscossione procede, sulla base del ruolo emesso a carico del creditore, alla riscossione coattiva nei confronti della regione, dell’ente locale o dell’ente del Servizio sanitario nazionale secondo le disposizioni di cui al titolo II del presente decreto.
Il comma 2 in esame in particolare:
§ modifica il primo periodo estendendo la compensazionecon le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo anche ai crediti vantati nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali, adeguandosi, pertanto, a quanto disposto dall’articolo 12, comma 11-quinquies, del D.L. n. 16 del 2012, che ha esteso la procedura di certificazione dei crediti alle amministrazioni statali e agli enti pubblici. Pertanto, i titolari dei crediti non prescritti, certi, liquidi ed esigibili maturati sia nei confronti delle regioni, degli enti locali e degli enti del servizio sanitario, sia nei confronti nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali, possono usare tali crediti per il pagamento delle somme dovute e iscritte a ruolo;
§ modifica il secondo periodo relativamente alle certificazioni da acquisire per la compensazione, ricomprendendovi anche le certificazioni previste dal comma 3-ter, del D.L. n. 185 del 2008 - come sostituito dal comma 1, lettera b), del presente articolo 13-bis in esame - cioè le certificazioni conseguenti alla ricognizione dei debiti effettuata dai commissari ad acta per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai disavanzi sanitari ai sensi dell'articolo 11, comma 2, del D.L. n. 78 del 2010, nonché le certificazioni rilasciate nell'ambito di operazioni di gestione del debito sanitario, in attuazione dei piani o programmi operativi (cfr. comma 1, lettera b)).
§ modifica il quarto periodo - relativamente alla procedura di riscossione coattiva in caso di mancato versamento entro 60 giorni dal termine indicati nella certificazione - facendo riferimento genericamente all’ente debitore, in quanto, ai sensi del primo periodo dell’articolo 28-quater come novellato dal comma in esame, tali disposizioni si applicano anche nei confronti dello Stato e degli enti pubblici nazionali, oltre che della regione, dell’ente locale o dell’ente del Servizio sanitario nazionale.
Il comma 3 in esame modifica l'articolo 31, del D.L. n. 78 del 2010, che, novellando (al comma 1-bis) il D.P.R. n. 602 del 1973 e (al comma 1-ter) l’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185 del 2008, estendeva alle ASL le procedure di certificazione dei crediti e di compensazione con le somme iscritte a ruolo. In particolare il comma 3 apporta le seguenti modificazioni:
a) sopprime l’ultimo periodo del comma 1-bis, il quale stabiliva che per i crediti maturati nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale si dovesse applicare comunque quanto previsto dal comma 1-ter, secondo periodo, del medesimo articolo 31, che demandava ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze le modalità di attuazione del comma medesimo – che estendeva agli enti del servizio sanitario nazionale il meccanismo di certificazione dei crediti;
b) sopprime, al comma 1-ter, la disposizione in base alla quale le modalità di certificazione dei crediti vantati nei confronti delle ASL dovevano essere stabilite dalle singole regioni d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze, con l’osservanza delle condizioni stabilite con il predetto decreto. Tale procedura, in sostanza, risulta superata in quanto al successivo comma 4, primo periodo, dell’articolo in esame, si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze per l’attuazione delle disposizioni contenute ai commi da 1 a 3 in tema di certificazione dei crediti vantati nei confronti delle PA.
Il comma 4 prevede, al primo periodo, che all'attuazione delle disposizioni in tema di certificazione dei crediti si provveda con le medesime modalità previste dall'articolo 13, comma 2, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012), il quale demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2012, sentita la Conferenza Unificata Stato città ed autonomie locali le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008, come modificati dall’articolo 13, comma 1, della legge di stabilità 2012.
Il secondo periodo del comma 4 prevede che le certificazioni dei crediti rilasciate secondo le modalità sopra descritte possono essere utilizzate anche ai fini dell’ammissione al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, secondo i criteri, le modalità e nei limiti stabiliti nel decreto di cui all'articolo 8, comma 5, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70e all'articolo 39 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.
Il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese è stato istituito dall’art. 2, co. 100, lett. a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese.
L'articolo 8, comma 5, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 prevede che, ai fini di una migliore finalizzazione verso l’accesso al credito e lo sviluppo delle piccole e medie imprese degli interventi del Fondo di garanzia, nonché per un utilizzo più efficiente delle risorse finanziarie disponibili, con decreti del Ministro dello sviluppo economico possono essere modificati e integrati i criteri e le modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia medesimo, anche introducendo delle differenziazioni in termini di percentuali di finanziamento garantito e di onere della garanzia in modo da meglio perseguire le finalizzazioni sopra citate. A tali fini, il Fondo può anche sostenere con garanzia concessa a titolo oneroso il capitale di rischio investito da fondi comuni di investimento mobiliari chiusi. Le predette modifiche riguardanti il funzionamento del Fondo devono complessivamente assicurare il rispetto degli equilibri di finanza pubblica;
L’articolo 39 del D.L. n. 201/2011 è intervenuto in materia di Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese, prevedendo che la garanzia diretta e la controgaranzia possano essere concesse a valere sulle disponibilità del citato Fondo di garanzia fino all’80 per cento dell’ammontare delle operazioni finanziarie a favore di piccole e medie imprese e consorzi ubicati in tutto il territorio nazionale, purché rientranti nei limiti previsti dalla vigente normativa comunitaria.
Il comma 5, introdotto nel corso dell’esame parlamentare, consente il rilascio del Documento unico di regolarità contributiva (DURC), di cui all'articolo 1, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, anche in presenza di certificazione, rilasciata secondo le modalità sopra descritte ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008, che attesti la sussistenza di crediti certi, liquidi ed esigibili vantati nei confronti delle pubbliche amministrazioni di importo almeno pari ai versamenti contributivi accertati e non ancora versati da parte di un medesimo soggetto.
Il Documento unico di regolarità contributiva (DURC) attesta la regolarità dei versamenti dovuti agli Istituti previdenziali e, per i datori di lavoro dell'edilizia, la regolarità dei versamenti dovuti alle Casse edili. La sua validità è in linea generale mensile, mentre per il settore degli appalti privati è trimestrale[60].
Il DURC è stato introdotto dal D.Lgs. 494/1996[61]per i cantieri temporanei o mobili laddove si è previsto che il committente o il responsabile dei lavori, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa, fosse tenuto a chiedere un certificato di regolarità contributiva rilasciata. Questa norma è ora riprodotta all’articolo 90 del D.Lgs. 81/2008[62].
In seguito, tale obbligo è stato esteso dapprima alle ipotesi di imprese affidatarie di un appalto pubblico, tenute alla presentazione del documento alla stazione appaltante a pena di revoca dell'affidamento[63], e successivamente per l’accesso da parte delle imprese ai benefici e alle sovvenzioni comunitarie[64] anche per la realizzazione di investimenti[65].
L’applicazione del Documento unico di regolarità contributiva è stata poi generalizzata a settori e situazioni ulteriori dall’articolo 1, comma 1175, della legge 296/2006[66]. Le modalità di rilascio del documento, i contenuti analitici della certificazione e le tipologie di pregresse irregolarità previdenziali relative al rapporto di lavoro che non impediscono il rilascio della certificazione, sono state disciplinate con il D.M. 24 ottobre 2007, recante “Documento unico di regolarità contributiva”, nel quale vengono indicati come soggetti obbligati al possesso del documento:
§ i datori di lavoro ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi in materia di lavoro e di legislazione sociale previsti nonché ai fini della fruizione dei benefici e sovvenzioni previsti dalla disciplina comunitaria;
§ i datori di lavoro e i lavoratori autonomi nell'ambito delle procedure di appalto di opere, servizi e forniture pubblici e nei lavori privati dell'edilizia.
I soggetti competenti al rilascio del DURC sono l'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e, previa apposita convenzione con i predetti enti, gli altri istituti previdenziali che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria. Per il settore edile il documento può essere rilasciato anche dalle Casse edili costituite da una o più associazioni dei datori o dei prestatori di lavoro.
Si ricorda che per le attività di commercio al dettaglio ambulante l’articolo 2, comma 12 della Legge 191/2009[67] ha attribuito alle regioni, nell’esercizio della potestà normativa in materia di disciplina delle attività economiche, la facoltà di autorizzare l’esercizio dell’attività del commercio sulle aree pubbliche sulla base della presentazione del DURC da parte del richiedente. In tal senso, i comuni, assieme alle associazioni di categoria riconosciute dal Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, possono essere chiamati al compimento di attività di verifica della sussistenza e regolarità di tale documentazione. L’autorizzazione all’esercizio viene rilasciata anche ai soggetti che hanno ottenuto dall’INPS la rateizzazione del debito contributivo, nonché alle imprese individuali.
Inoltre, è prevista la sospensione dell’autorizzazione per 6 mesi in caso di mancata presentazione annuale del DURC.
La norma prevede, infine, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, sono stabilite le modalità di attuazione del comma in esame, che dovranno comunque assicurare l'assenza di riflessi negativi sui saldi di finanza pubblica.
1. Le amministrazioni pubbliche, nel caso di acquisti di beni e di servizi attraverso convenzioni-quadro stipulate dalla società Consip S.p.a. ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, o attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione previsto dall'articolo 328 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207, possono utilizzare, al fine del pagamento del relativo corrispettivo, erogazioni liberali in denaro rese in loro favore per la realizzazione delle finalità per le quali il citato acquisto è effettuato. Le erogazioni liberali in denaro di cui al primo periodo possono essere rese in modo diretto in favore dell'amministrazione, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato nel caso delle amministrazioni statali ovvero all'entrata dei relativi bilanci autonomi nel caso delle amministrazioni pubbliche, oppure in modo indiretto, attraverso il pagamento totale o parziale delle fatture emesse dall'aggiudicatario per la prestazione resa nei confronti dell'amministrazione.
2. Le erogazioni liberali di cui al comma 1 e le relative accettazioni sono effettuate in forma semplificata attraverso il sistema informatico di negoziazione tramite il quale è reso disponibile il mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui al medesimo comma 1, in deroga all'articolo 782 del codice civile.
3. Sul portale www.acquistinretepa.it sono indicate le istruzioni operative e le modalità tecniche per l'attuazione dei commi 1 e 2.
4. Le somme affluite all'entrata del bilancio dello Stato ai sensi del comma 1 sono trimestralmente riassegnate agli stati di previsione delle amministrazioni statali interessate per essere destinate al pagamento del corrispettivo dell'acquisto di beni e servizi di cui al medesimo comma 1.
Il comma 1 dell’articolo 13-ter, consente alle amministrazioni pubbliche - nel caso di acquisti di beni e di servizi effettuati attraverso convenzioni-quadro Consip o attraverso il mercato elettronico della pubblica amministrazione - di utilizzare, per il pagamento del relativo corrispettivo, le erogazioni liberali e le donazioni in denaro effettuate a loro favore per la realizzazione delle finalità per le quali l’acquisto è effettuato.
Sulla base del tenore della norma in commento, si tratterebbe dunque di erogazioni liberali e donazioni con destinazione vincolata all’acquisto di determinati beni e servizi per i quali vengono utilizzate le convenzioni Consip o il mercato elettronico della P.A..
Per la ricostruzione normativa delle convenzioni quadro Consip di cui all’articolo 26 della legge n. 488/1999 e sul mercato elettronico della pubblica amministrazione di cui all’articolo 328 del D.P.R. n. 207/2010, si rinvia all’Allegato 2 del presente dossier, ricostruttivo della normativa sulla razionalizzazione degli acquisti della P.A..
Ai sensi del medesimo comma, le erogazioni liberali e le donazioni in denaro rese per gli acquisti di beni e servizi possono essere rese in modo diretto o in modo indiretto.
Il versamento in modo diretto avviene, per le amministrazioni statali, attraverso versamento delle somme all'entrata del bilancio dello Stato; ovvero, per le altre amministrazioni pubbliche, attraverso il versamento all'entrata dei rispettivi bilanci, secondo quanto già previsto a legislazione vigente.
Il versamento in modo indiretto avviene attraverso il pagamento totale o parziale delle fatture emesse dall'aggiudicatario per la prestazione resa nei confronti dell'amministrazione.
Tale modalità sembrerebbe dunque prefigurare una sorta di surroga nel pagamento da parte di un soggetto terzo, vale a dire il soggetto che compie l’atto di liberalità per l’acquisto di determinati beni e servizi della pubblica amministrazione. Le somme derivanti dall’atto di liberalità, infatti, sembrerebbero non transitare all’entrata del bilancio dell’ente, ma verrebbero immediatamente utilizzate per il pagamento, totale o parziale, del bene e servizio per cui sono destinate.
Al riguardo si segnala che la norma, nel recare disposizioni in ordine alla utilizzabilità delle erogazioni liberali che sembrerebbero già possibili alla luce della legislazione vigente in materia, prevede talune nuove modalità di effettuazione e di utilizzo delle erogazioni medesime, quali in particolare il versamento indiretto, per le quali, ad un primo esame, non può escludersi che possano derivare problemi in sede di applicabilità della stessa, pur tenendo presente che in ogni caso dovranno intervenire apposite istruzioni ai sensi del comma 3.
Il comma 2 prevede che le donazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni sono effettuate in forma semplificata attraverso il sistema informatico di negoziazione, in deroga alla disciplina codicistica che richiede la forma dell’atto pubblico (art. 782 c.c.).
L’articolo 782 del codice civile disciplina la forma della donazione, prevedendo che essa debba essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità.
Se la donazione ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell'atto, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio.
Ai sensi del medesimo articolo 782, l'accettazione può essere fatta nell'atto stesso o con atto pubblico posteriore. In questo, caso la donazione non è perfetta se non dal momento in cui l'atto di accettazione è notificato al donante.
Prima che la donazione sia perfetta, tanto il donante quanto il donatario possono revocare la loro dichiarazione.
Ai sensi del comma 3, sul portale www.acquistinretepa.it saranno indicate le istruzioni operative e le modalità tecniche per l’attuazione della misura in esame.
Ai sensi del comma 4, le somme affluite all’entrata del bilancio statale a titolo di erogazioni liberali sono riassegnate trimestralmente agli stati di previsione della spesa delle amministrazioni statali interessate, per essere destinate al pagamento del corrispettivo dell'acquisto dei beni e servizi.
Con riferimento alle erogazioni liberali, si ricorda che il sistema tributario italiano prevede numerose agevolazioni fiscali, per i contribuenti che effettuano erogazioni liberali a favore di determinate categorie di enti di particolare rilevanza sociale, sia sotto forma di detrazioni d’imposta che come deduzioni dal reddito imponibile IRPEF. Si ricorda, in particolare, che le persone fisiche possono portare in deduzione dal reddito dichiarato le erogazioni liberali in denaro, senza limiti di importo, a favore di:
§ università e fondazioni universitarie (di cui all’articolo 59, comma 3, della legge 23 dicembre 2000 n. 388 regolamentate con il D.P.R. 24 maggio 2001, n. 254);
§ istituzioni universitarie pubbliche;
§ enti di ricerca pubblici, nonché quelli privati vigilati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro);
§ enti parco regionali e nazionali.
Sono quindi detraibili dall’imposta sul reddito, nella misura del 19% le erogazioni liberali:
§ a favore degli istituti scolastici di ogni ordine e grado, finalizzate all'innovazione tecnologica, all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa;
§ per attività culturali ed artistiche nonché, per un importo non superiore al 2% del reddito complessivo dichiarato;
§ a favore di enti o istituzioni pubbliche, fondazioni e associazioni legalmente riconosciute e senza scopo di lucro che svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, effettuate per la realizzazione di nuove strutture, per il restauro ed il potenziamento delle strutture esistenti, nonché per la produzione nei vari settori dello spettacolo;
§ a favore degli enti di prioritario interesse nazionale operanti nel settore musicale, per i quali è prevista la trasformazione in fondazioni di diritto privato ai sensi dell’art. 1 del decreto legislativo n. 367 del 1996.
Anche le imprese (imprenditori individuali, società di persone, società di capitali, enti commerciali, eccetera) possono usufruire di vantaggi fiscali per le liberalità a favore del settore culturale e dello spettacolo.
Per i titolari di reddito di impresa (o di lavoro autonomo) non si considerano destinate a finalità estranee all’esercizio dell’attività e, pertanto, non concorrono a formare il reddito come ricavi o plusvalenze patrimoniali, le cessioni gratuite di dotazioni informatiche e di prodotti editoriali non più commercializzati o non idonei alla commercializzazione a favore di enti locali, istituti di prevenzione e pena, istituzioni scolastiche, orfanotrofi, enti religiosi.
Articolo 14
(Misure in tema di riduzione dei consumi
di energia e di efficientamento degli usi finali dell'energia)
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sulla base delle indicazioni fornite dall'Agenzia del demanio, adottano misure finalizzate al contenimento dei consumi di energia e all'efficientamento degli usi finali della stessa, anche attraverso il ricorso ai contratti di servizio energia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, e al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115, e anche nelle forme dei contratti di partenariato pubblico privato di cui all'art. 3, comma 15-ter, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. L'affidamento della gestione dei servizi energetici di cui al presente comma deve avvenire con gara a evidenza pubblica, con le modalità di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115.
L'articolo 14 introduce un principio generale a carico delle amministrazioni pubbliche, che dovranno adottare - entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto-legge - misure per il contenimento dei consumi di energia e per rendere più efficienti gli usi finali di energia. Ciò deve avvenire sulla base delle indicazioni fornite dall'Agenzia del demanio e anche attraverso il ricorso ai contratti di servizio energia di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 412 del 1993[68] e al decreto legislativo n. 115 del 2008[69] e ai contratti di partenariato pubblico privato (PPP).
Si segnala che il Capo IV del citato D.Lgs. 115/2008 (artt. 12-15) reca norme sull’efficienza energetica nel settore pubblico, dettando gli obblighi in relazione agli usi efficienti dell'energia nel settore dell’edilizia pubblica, all'acquisto di apparecchi, impianti, autoveicoli ed attrezzature che consumano energia, agli appalti pubblici aventi ad oggetto l'affidamento della gestione dei servizi energetici.
Le amministrazioni pubbliche interessate dalla norma sono identificate attraverso il riferimento all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001[70].
Si ricorda che l’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001 considera amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Inoltre, fino alla revisione organica della disciplina di settore, il medesimo decreto 165 continua ad applicarsi al CONI.
La relazione illustrativa definisce i contratti di servizio energia quei contratti caratterizzati dall’affidamento del complesso delle attività (fornitura del vettore energetico; interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria diretti alla riduzione dei consumi energetici) ad un unico fornitore.
Essi, introdotti dalla legge n. 10 del 1991[71], poi definiti dal regolamento attuativo (D.P.R. 412 del 1993[72]) e infine disciplinati nelle caratteristiche dal decreto legislativo n. 165/2008, concentrano in un unico fornitore la manutenzione dell'impianto, l'acquisto del combustibile o comunque della fonte energetica, mentre l'utente finale è tenuto al pagamento di un corrispettivo legato alla misurazione dei consumi.
Si ricorda che l’articolo 1, comma 1, lettera p), del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412, definisce il «contratto servizio energia» come l'atto contrattuale che disciplina l'erogazione dei beni e servizi necessari a mantenere le condizioni di comfort negli edifici nel rispetto delle vigenti leggi in materia di uso razionale dell'energia, di sicurezza e di salvaguardia dell'ambiente, provvedendo nel contempo al miglioramento del processo di trasformazione e di utilizzo dell'energia.
L’articolo 16, comma 4, del D.Lgs. n. 165/2008 include fra i contratti che possono essere proposti nell'ambito della fornitura di un servizio energetico il contratto di servizio energia, rispondente a quanto stabilito dall'allegato II al medesimo D.Lgs., che definisce i requisiti e le prestazioni che qualificano il contratto servizio energia.
Ai fini della qualificazione come contratto servizio energia, un contratto deve prevedere, tra l'altro:
§ la presenza di un attestato di certificazione energetica dell'edificio;
§ la determinazione dei gradi giorno effettivi della località, come riferimento per destagionalizzare il consumo annuo di energia termica a dimostrare l'effettivo miglioramento dell'efficienza energetica;
§ la contabilizzazione dell'energia termica complessivamente utilizzata da ciascuna delle utenze servite dall'impianto;
§ la rendicontazione periodica da parte del fornitore del contratto servizio energia dell'energia termica complessivamente utilizzata;
§ la preventiva indicazione che gli impianti interessati al servizio sono in regola con la legislazione vigente o in alternativa l'indicazione degli eventuali interventi obbligatori;
§ l'esecuzione da parte del Fornitore del contratto servizio energia delle prestazioni necessarie ad assicurare l'esercizio e la manutenzione degli impianti;
§ l'indicazione da parte del committente, qualora si tratti di un ente pubblico, di un tecnico di controparte incaricato di monitorare lo stato dei lavori e la corretta esecuzione delle prestazioni previste dal contratto;
§ l'annotazione puntuale sul libretto di centrale, o di impianto, degli interventi effettuati sull'impianto termico e della quantità di energia fornita annualmente.
La relazione tecnica evidenzia che "il servizio energia, in quanto caratterizzato dall’affidamento del complesso delle attività ad un unico fornitore – in luogo dell’affidamento di una varietà di autonomi e distinti contratti ad una pluralità di fornitori – si basa su uno schema contrattuale produttivo di rilevanti vantaggi in termini di riduzione delle quantità dei consumi e, dunque, della relativa spesa delle bollette energetiche e in termini di disponibilità di impianti riqualificati ed energeticamente più efficienti (la cui vita utile è superiore alla durata contrattuale). Pertanto la disposizione è foriera di risparmi, quantificabili a consuntivo.".
Si segnala che la relazione illustrativa attribuisce alle pubbliche amministrazioni la possibilità di stipulare contratti di servizio energia "anche in deroga alle competenze attualmente previste (articolo 12 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2011) in capo all’Agenzia del demanio in tema di decisioni di spesa relative agli interventi di manutenzioni sugli immobili". Peraltro, nell'articolo 14 tale deroga non appare esplicitata.
Si ricorda che l'articolo 12 del decreto-legge n. 98 del 2011[73] dispone in ordine alle operazioni di acquisto, vendita, manutenzione e censimento degli immobili di proprietà pubblica da parte delle pubbliche amministrazioni. All'Agenzia del demanio è attribuito il compito di gestire in maniera accentrata le decisioni di spesa per la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle pubbliche amministrazioni. Si segnala in particolare che il comma 5 dell'articolo 12 prevede che per realizzare gli interventi di manutenzione l’Agenzia del demanio può stipulare convenzioni quadro con le strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, senza nuovi o maggiori oneri, ovvero accordi quadro con società specializzate o con altri soggetti pubblici per la gestione degli appalti.
Il comma 7 del medesimo articolo 12 prevede che fino alla stipula degli accordi o delle convenzioni quadro e, comunque, per i lavori già appaltati, gli interventi manutentivi continuano ad essere gestiti dalle amministrazioni interessate. Successivamente alla stipula dell'accordo o della convenzione quadro, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio. Fanno eccezione i contratti stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Si valuti l'opportunità di un coordinamento dell'articolo 14 in esame con la disposizione illustrata, in considerazione del fatto che i contratti servizio energia riguardano anche interventi manutentivi degli impianti.
Nel corso dell’esame al Senato l’articolo 14 è stato integrato al fine di specificare che le misure in esso previste possono essere attuate anche nelle forme dei contratti di partenariato pubblico privato (PPP) di cui all’art. 3, comma 15-ter, del D.Lgs. n. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici).
Si ricorda in proposito che il citato comma 15-ter definisce contratti di partenariato pubblico privato i contratti aventi per oggetto una o più prestazioni quali la progettazione, la costruzione, la gestione o la manutenzione di un'opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio, compreso in ogni caso il finanziamento totale o parziale a carico di privati, anche in forme diverse, di tali prestazioni, con allocazione dei rischi ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi comunitari vigenti. Rientrano, a titolo esemplificativo, tra i contratti di partenariato pubblico privato la concessione di lavori, la concessione di servizi, la locazione finanziaria, il contratto di disponibilità, l'affidamento di lavori mediante finanza di progetto, le società miste. Possono rientrare altresì tra le operazioni di partenariato pubblico privato l'affidamento a contraente generale ove il corrispettivo per la realizzazione dell'opera sia in tutto o in parte posticipato e collegato alla disponibilità dell'opera per il committente o per utenti terzi. Lo stesso comma prevede che, fatti salvi gli obblighi di comunicazione previsti dall'articolo 44, comma 1-bis del D.L. n. 248/2007, alle operazioni di PPP si applicano i contenuti delle decisioni Eurostat.
La Camera dei Deputati ha integrato la norma disponendo che l'affidamento della gestione dei servizi energetici deve avvenire con gara a evidenza pubblica, con le modalità di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115.
L’articolo 15 del citato D.Lgs. n. 115/2008 riguarda le procedure di gara e rinvia al Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006) per gli appalti pubblici aventi ad oggetto l'affidamento della gestione dei servizi energetici. In particolare, per quelli che prevedono, unitamente all'effettuazione di una diagnosi energetica, la presentazione di progetto in conformità ai livelli di progettazione specificati dal Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006, articolo 93), nonché la realizzazione degli interventi attraverso lo strumento del finanziamento tramite terzi, si applica il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa di cui all'articolo 83 del medesimo Codice, anche in mancanza di progetto preliminare redatto a cura dell'Amministrazione. All’individuazione degli operatori economici che possono presentare le offerte nell'ambito di tali appalti si provvede secondo le procedure (aperte o ristrette) previste dall'articolo 55 del citato Codice.
Articolo 15
(Copertura finanziaria)
1. All'onere derivante dall'articolo 3, comma 1, lettera b), del presente decreto, pari a euro 155 mila nell'anno 2012 e a euro 78 mila nell'anno 2013, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 303 del 1999, come determinata dalla tabella C della legge 12 novembre 2011, n. 183.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
L'articolo 15 reca la copertura finanziaria dell’onere relativo all’indennità del Commissario straordinario.
A tale onere - pari a 155.000 euro per l’anno 2012 e a 78.000 euro per l’anno 2013 - si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui al decreto legislativo n. 303 del 1999[74] (come determinata dalla tabella C della legge di stabilità 2012), relativa al fondo per il funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Articolo 16
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
L’articolo 16 fissa l’entrata in vigore del decreto-legge al 9 maggio 2012, giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale (G.U. n. 106 dell’8 maggio 2012).
Si ricorda, peraltro, che, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dell’articolo 1 della legge di conversione, le disposizioni recate dal Capo I (articoli da 1 a 6) del decreto legge hanno efficacia fino alla data del 31 dicembre 2014.
[1] L’articolo 18 in particolare dispone che a decorrere dal 1° ottobre 2012 fino al 31 dicembre 2012 le aliquote Iva del 10 e del 21 per cento siano incrementate di 2 punti percentuali.
[2] "Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziariae per lo sviluppo", convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della L. 14 settembre 2011, n. 148.
[3] I commi in esame sono stati introdotti nel corso dell’esame presso il Senato dall’emendamento 1.5 (testo2), Mercatali ed altri. Nell’illustrare la proposta emendativa, il sen. Morando ha sottolineato come la stessa miri a realizzare un nesso funzionale tra il decreto-legge in esame e le disposizioni del decreto-legge n. 138 del 2011, con particolare riguardo all’obbligo di presentazione del piano di riorganizzazione della spesa pubblica, previsto dal D.L. n. 138 per il novembre 2011, che ora l’emendamento sposta al mese di settembre 2012, inserendo in tale procedura anche l’azione del Commissario straordinario.
[4] "Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti".
[5] "Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza".
[6] Nel Documento di economia e finanza (DEF) 2012, presentato in Parlamento il 19 aprile 2012 (Doc. LVII n. 5), nella sezione III (Programma nazionale di riforma) il Governo ricorda che ha avviato e svilupperà nei prossimi mesi un processo di analisi e razionalizzazione delle tendenze della spesa pubblica per migliorarne l’efficacia, la qualità e l’allocazione delle risorse tra i vari programmi (spending review). Dalla revisione dovrà derivare un contributo per garantire la sostenibilità finanziaria degli obiettivi di spesa previsti, assicurare che i risparmi non siano derivanti solo da tagli cosiddetti ‘lineari’ ed, inoltre, ottimizzare la quantità e qualità dei servizi forniti dalla Pubblica Amministrazione a fronte delle risorse umane e materiali investite, mediante razionalizzazione organizzativa e operativa. I progetti di revisione riguarderanno inizialmente la spesa delle sole Amministrazioni centrali. Nella risoluzione parlamentare approvativa del DEF 2012 (6-00128) n. 3 del 26 aprile 2012 si afferma al riguardo che appare urgente avviare una sistematica attività di revisione della spesa pubblica, nella quale siano coinvolte tutte le amministrazioni centrali e periferiche, che dovrà assicurare che ogni programma sia costantemente oggetto di specifica riconsiderazione allo scopo di elevarne l'efficienza, migliorare la qualità dei servizi e garantire una riduzione della spesa; si afferma altresì che le risorse rivenienti dalla spending review debbano essere prioritariamente destinate, fermo restando l'obiettivo del pareggio di bilancio, alla riduzione della pressione fiscale sui redditi da lavoro e da impresa.
[7] Recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.
[8] Recante “Disposizioni in materia di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province”.
[9] Società per azioni che opera per la elaborazione degli studi di settore.
[10] Secondo quanto disposto, da ultimo dal decreto-legge 29 dicembre 2012, n. 216 (Proroga termini). Nel testo originario del decreto legislativo la fase transitoria iniziava nel 2011, con la determinazione di almeno un terzo delle funzioni fondamentali e, dopo la individuazione di un ulteriore terzo nel 2012, si completava nel 2013 con la determinazione dei fabbisogni standard di tutte le funzioni fondamentali. In ciascuno di tali anni la determinazione medesima prevede l’entrata in vigore dei fabbisogni nell’anno successivo, con un processo di gradualità diretto a garantirne la messa a regime nell’arco di un triennio.
[11] Recante “ Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e fabbisogni standard nel settore sanitario”.
[12] Costituita dalla “Struttura tecnica di supporto alla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome presso il Centro interregionale di studi e documentazione (CINSEDO)”.
[13] Non considerando però, per le sue peculiarità, il Commissario straordinario per la protezione civile, che presenta profili del tutto specifici, che ovviamente non rilevano in questa sede.
[14] Recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
[15] Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59. Esso disciplina, fra l'altro, le agenzie fiscali.
[16] Costituite al momento dalle regioni Lazio, Abruzzo, Molise, Campania e Calabria.
[17] L.23 dicembre 2009, n.191, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e poliennale dello Stato (legge finanziaria 2010).
[18] Si rammenta che ai sensi dell’articolo 2, comma 77, della L. 191/2009, una regione è obbligatoriamente assoggettata a piano di rientro in una situazione di disavanzo sanitario tale che comporti, rispetto al finanziamento sanitario ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, uno squilibrio economico pari o superiore al 5%, se coperto dalla regione e, qualora la regione non possa farvi fronte, inferiore al 5%. In tal caso, la regione interessata è tenuta a presentare un piano di rientro di durata non superiore al triennio. In caso di riscontro negativo, ovvero in caso di mancata presentazione del piano, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell’ articolo 120 della Costituzione, nomina il Presidente della regione Commissario ad acta per la predisposizione del piano di rientro e per la sua attuazione per l’intera durata del piano stesso (articolo 2, comma 79, della L. 191/2009).
[19] Con tale sentenza la Consulta ha risolto il conflitto di attribuzioni sollevato da Camera dei deputati, Senato e Presidenza della Repubblica nei confronti della Corte dei Conti, asserendo che la esenzione degli agenti contabili degli organi costituzionali dall’obbligo del rendiconto giudiziale è il riflesso dell’autonomia loro spettante. La questione, ha affermato la Corte, non può risolversi basandosi sul fatto che la Costituzione non introduce alcuna deroga esplicita all’art. 103, poiché esso indica una regola la cui valenza è solo “tendenziale”, mentre la giurisdizione dell’organo contabile è da considerarsi limitata da altre norme e principi costituzionali. La Corte ha aggiunto che la disciplina costituzionale relativa all’organizzazione degli organi costituzionali non è affatto compiuta ma va integrata da principi non scritti, manifestantisi in vere e proprie consuetudini costituzionali; ed è indubbio, sempre secondo la Corte, che una consuetudine in tal senso si sia instaurata sin dall’epoca statutaria; consuetudine rilevante anche nell’ordinamento repubblicano, poiché rappresenta il riflesso dell’autonomia spettante alle Camere ex art. 64, la quale si manifesta non solo a livello normativo ma comprende anche il momento applicativo della norma stessa.
[20] Con la sentenza n. 154 del 1985, la Corte costituzionale ha affermato che i regolamenti parlamentari hanno una "peculiarità e dimensione" che ne impedisce la sindacabilità da parte della Corte costituzionale. Inoltre, la dottrina maggioritaria è concorde nel ritenere che la discussione del bilancio interno rientra negli interna corporis anche per il fatto che il Governo non solo non interviene mai nel dibattito ma non è neppure presente ad esso (il posto riservato all’Esecutivo è, in tale circostanza, occupato dai questori che svolgono la relazione introduttiva al bilancio).
[21] Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale.
[22] Si rammenta che, secondo la definizione recata dall’articolo 3, comma 34, del D.Lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici), la centrale di committenza è un'amministrazione aggiudicatrice che:
§ acquista forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori, o
§ aggiudica appalti pubblici o conclude accordi quadro di lavori, forniture o servizi destinati ad amministrazioni aggiudicatrici o altri enti aggiudicatori.
[23] Si ricorda che l’articolo 26 della legge n. 488/1999 ha conferito al Ministero dell’economia la competenza - successivamente attribuita dallo stesso Ministero alla CONSIP S.p.A. - a stipulare convenzioni quadro, con le quali l'impresa prescelta, fornitrice di beni e servizi, si impegna ad accettare, sino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla convenzione ed ai prezzi e condizioni ivi previsti, ordinativi di fornitura deliberati dalle amministrazioni dello Stato. In base alla disciplina attualmente vigente, le amministrazioni statali centrali e periferiche hanno l’obbligo di approvvigionarsi utilizzando le convenzioni quadro stipulate dalla CONSIP; per le restanti amministrazioni pubbliche, tra le quali gli enti territoriali, è prevista soltanto una facoltà di ricorrere alle convenzioni CONSIP o alle convenzioni stipulate dalle centrali regionali di acquisto; esse hanno comunque l’obbligo di utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipula dei contratti.
[24] In proposito può rinviarsi, benché concernente una fattispecie diversa da quella in esame, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 159 del 2008.
[25] Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e alla Corte dei conti.
[26] L’art. 5 della legge 5 maggio 2009 n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, istituisce, nell’ambito della Conferenza unificata, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, al fine generale di coordinare la finanza pubblica, composta di diversi livelli istituzionali di governo, la cui disciplina, funzionamento e composizione, secondo specifici principi e criteri direttivi, sono stabiliti dagli artt. 33-37 del D.Lgs. 6 maggio 2011 n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. In particolare, gli articoli summenzionati regolano l’oggetto, la composizione, le modalità di funzionamento, le funzioni e il supporto tecnico della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.
[27] L’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, come modificato dalla riforma del Titolo V del 2001, prevede un potere sostitutivo del Governo nei confronti di regioni ed enti locali in gravi casi di inadempienza (mancato rispetto di norme internazionali o comunitarie) oppure qualora sia in pericolo la sicurezza pubblica, od ancora quando, in generale, lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica del Paese. Il dettato costituzionale è stato attuato dall’articolo 8 della legge 131/2003 che disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Governo. Questo, nei casi di cui sopra, in primo luogo assegna all’ente inadempiente un congruo termine per adottare i provvedimenti necessari e, decorso inutilmente tale termine, può scegliere tra due opzioni: adotta direttamente i provvedimenti necessari, oppure nomina un apposito commissario ad acta. La procedura di decisione, identica nei due casi, prevede la deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei Ministri.
[28] La Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A. è stata istituita in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 414 del 1997. La società –interamente posseduta dal MEF- oltre a gestire le attività informatiche dell'Amministrazione statale in materia finanziaria e contabile è la struttura di servizio per gli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A., in virtù dei compiti ad essa conferiti dal combinato disposto di una serie di norme quali l’articolo 26 della legge n. 488/1999 e l’articolo 58 della legge 388/2000.
[29] Le tipologie di beni e servizi per le quali vi è l’obbligo di aderire alle convenzioni CONSIP sono state individuate da ultimo con il D.M. 15 marzo 2012, pubblicato in G.U. n. 123 del 28 maggio 2012. Tali tipologie sono: 1)Arredi per ufficio; 2)Carburanti da autotrazione (specificamente: carburanti in rete ed extrarete, buoni carburante e fuel card); 3)Macchine per ufficio e prodotti hardware (specificamente: fotocopiatrici multifunzione, in acquisto e noleggio, personal computer, desktop e portatili, server entry e midrange, stampanti); 4)Noleggio e acquisto di autoveicoli; 5)Servizio di buoni pasto; 6)Servizi di telefonia fissa; 7)Servizi di telefonia mobile;
8)Apparati e servizi di telefonia e trasmissione dati (reti locali, centrali telefoniche).
[30] L’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 definisce amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo di riforma dell’organizzazione del Governo, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.
[31] Le convenzioni quadro stipulate dalle centrali regionali soggiacciono comunque al “tetto” di prezzo fissato dalle convenzioni quadro Consip stipulate in ordine alla stessa tipologia di beni e servizi. Qualora invece Consip, per quella stessa tipologia di bene e servizio, non abbia stipulato convenzioni quadro, le regioni fisseranno tale “tetto”.
[32] Quelle di cui all'articolo 1, comma 1, lettera z), del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82.
[33] D.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 “Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.
[34] Si ricorda che nell’ambito degli appalti pubblici, disciplinati del Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 163/2006), si distinguono i contratti «sopra soglia» e «sotto soglia», a seconda che abbiano ad oggetto affidamenti, rispettivamente, di importo superiore, ovvero inferiore a determinati valori (cd. soglie comunitarie). Agli appalti «sopra soglia» si applicano tout court le direttive comunitarie, in particolare, la direttiva 2004/18/CE e la Direttiva 2004/17/CE e la citata normativa nazionale di recepimento, mentre gli appalti «sotto soglia» trovano la loro specifica disciplina negli articoli da 121 a 124 del Codice del Contratti pubblici.
[35] D.P.R. 4 aprile 2002, n. 101 “Regolamento recante criteri e modalità per l'espletamento da parte delle amministrazioni pubbliche di procedure telematiche di acquisto per l'approvvigionamento di beni e servizi”.
[36] Recante “Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale”.
[37] Le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, se in possesso di determinati requisiti, possono usufruire di rilevanti agevolazioni fiscali e di un regime tributario agevolato per quanto riguarda le imposte sui redditi, l’Iva e le altre imposte indirette. Per beneficiare delle agevolazioni i soggetti interessati devono chiedere l’iscrizione all’anagrafe unica delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), presentando una comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Tale adempimento non è richiesto alle cosiddette Onlus di diritto, ovvero alle organizzazioni di volontariato, alle Organizzazioni non governative (Ong) alle cooperative sociali ed ai i consorzi costituiti interamente da cooperative sociali.
[38] L. 11 agosto 1991, 266, Legge quadro sul volontariato.
[39] Il committente può recedere dal contratto, anche se stata iniziata l’esecuzione dell’opera o la prestazione del servizio, purché tenga indenne l’appaltatore delle spese sostenute, dei lavori eseguiti e del mancato guadagno.
[40] D.L. 6 luglio 2011, n. 98, Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.
[41] L’Osservatorio dei contratti pubblici e dell’attività di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e sul sistema di qualificazione è stato istituito dall’articolo 7 del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture). L’Osservatorio è composto da una sezione centrale, istituita presso l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (Avcp), che si avvale delle sezioni regionali aventi sede presso le regioni e le Province Autonome.
[42] Come previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 163/2006, istitutivo dell’Osservatorio.
[43] Fonte: Moirano, F. (Agenas), La disomogeneità delle politiche regionali per il governo della spesa nel settore dei dispositivi medici, Intervento tenuto alla Conferenza nazionale sui dispositivi medici, Roma 31 maggio-1 giugno 2011.
[44] Le Tabelle sono visibili sul sito dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture all’indirizzo:
http://www.avcp.it/portal/public/classic/Comunicazione/Pubblicazioni/StudiRicerche/_prezziAmbitoSanitario.
[45] La Corte costituzionale con sentenza 187/2012 ha sottolineato che le misure di compartecipazione ai costi dell’assistenza farmaceutica attengono sia ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, la cui determinazione è riservata alla potestà legislativa esclusiva statale (art. 117, secondo comma, lettera m, Cost.), sia al coordinamento della finanza pubblica e alla tutela della salute, oggetto della potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni (art. 117, terzo comma, Cost.). La Corte precisa che, nella disciplina del ticket, l’«intreccio» e la «sovrapposizione di materie» non rendono possibile «individuarne una prevalente» (sentenza 330/2011), né tracciare una «precisa linea di demarcazione» tra le competenze (sentenza 200/2009). Infine, la Consulta ricorda che lo Stato può esercitare la potestà regolamentare solo nelle materie nelle quali abbia competenza esclusiva (da ultimo, sentenze n. 149 e n. 144 del 2012), non in un caso, come quello in esame, caratterizzato da una «concorrenza di competenze» (sentenza 50/2005). Va, quindi, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, comma 1, lettera d), del D.L. 98/2011, nella parte in cui prevede che le misure di compartecipazione siano introdotte «con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della L. 400/1988, su proposta del Ministro della salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze»
[46] http://www.consip.it/on-line/Home/Attivitaerisultati/Acquistiinrete.html
[47] Le centrali di committenza regionali sono amministrazioni aggiudicatrici (ai sensi dell’art. 3, comma 34, del D.Lgs. 163/2006) che hanno il compito di stipulare convenzioni per l’acquisto di beni e servizi a favore di tutte le amministrazioni locali e delle A.S.L. presenti nel territorio. La L. 296/2006 (finanziaria 2007) ha previsto il cosiddetto “sistema a rete” costituito dalle Centrali Regionali e dalla Consip Spa “per gestire su basi condivise l’approccio ai processi di razionalizzazione e centralizzazione degli acquisti pubblici nel più ampio contesto del Sistema Nazionale di e-Procurement” (cfr. comunicato stampa dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici del 5 marzo 2010). Per approfondimenti si rinvia a F. Di Lascio, Le centrali di committenza regionali (www.astrid-online.it/Outsourcin/Note-e-con/Di-Lascio_contributo-Gruppo-ASTRID_19_04_10.pdf) e G. Squillace, Le Centrali di acquisto regionali dopo il regolamento appalti (www.leggioggi.it/2011/04/04/le-centrali-di-acquisto-regionali-dopo-il-regolamento-appalti/).
[48] D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
[49] Il contributo è determinato nella misura seguente:
a) per i contratti esecutivi di accordi o contratti quadro di acquisizione di beni e servizi informatici e telematici, il cui corrispettivo non sia superiore a un milione di euro: 8 per mille del valore del contratto esecutivo sottoscritto;
b) per i contratti esecutivi di accordi o contratti quadro di acquisizione di beni e servizi informatici e telematici, il cui corrispettivo sia superiore a un milione di euro: 5 per mille del valore del contratto esecutivo sottoscritto;
c) per gli atti aggiuntivi a contratti esecutivi: 3 per mille sull'incremento tra il valore del contratto esecutivo ed il valore dell'atto aggiuntivo.
[50] Disciplinato dall’articolo 59 del Codice.
[51] Ai sensi dell’articolo 60 del Codice.
[52] http://www.giustizia-amministrativa.it/adunanza_plenaria/librocds/2011/2011AP_n_13_del_2011_ord.htm
[53] Si veda Cons. Stato, sez. V, 17 settembre 2010, n. 6939; 10 novembre 2010, n. 8006; 4 marzo 2008, n. 901; sez. VI, 22 aprile 2008, n. 1856; sez. V, 3 dicembre 2008, n. 5943; sez. IV, 11 ottobre 2007, n. 5354; sez. V, 18 marzo 2004, n. 1427.
[54] Convertito con modificazioni dalla legge n. 2/2009.
[55] L’estensione della disciplina sui crediti d’impresa ai crediti vantati dalle imprese verso le PP.AA. per lavori pubblici è stata introdotta nel nostro ordinamento dalla legge n. 109/1994, legge quadro in materia di lavori pubblici (cd. legge Merloni), successivamente abrogata dal citato D.Lgs. n. 163/2006 e dal relativo regolamento di attuazione (D.P.R. n. 554/1999).
[56] Si ricorda che il meccanismo della certificazione dei crediti, originariamente introdotto per il solo anno 2009, è stato dapprima esteso al 2010 dall’articolo 1, comma 16, del D.L. n. 194/2009 e poi reso permanente dall’articolo 31, comma 1-ter, del D.L. n. 78/2010. La disciplina è stata successivamente rivista ed integrata dall'art. 13, comma 1, L. 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012), che ha sostituito l'originario comma 3-bis con gli attuali commi 3-bis e 3-ter, a decorrere dal 1° gennaio 2012.
[57] In linea generale, si ricorda che la cessione del credito è un negozio giuridico bilaterale con cui si trasmette un diritto ad un altro soggetto che subentra nel rapporto obbligatorio. La cessione può essere “pro soluto”, quando il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza (solvibilità) del debitore e garantisce solamente dell'esistenza del credito, ovvero “pro solvendo”, quando invece il cedente risponde dell'eventuale inadempienza del debitore.
Ai sensi dell’art. 1260 del Codice civile il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione. Ai sensi dell’art. 1263 del C.C. per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e reali e con gli altri accessori.
[58] La certificazione del credito costituisce idoneo titolo giuridico ai fini della cessione di questo. La cessione la cessione del credito deve avvenire nel rispetto delle forme previste dall’art. 117, D.Lgs. n. 163/2003, Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.
[59] Regolamento di esecuzione ed attuazione del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE».
[60] In tal senso l’articolo 39-septies, del D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, “Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti”, convertito in legge, con modificazioni dall'articolo 1, L. 23 febbraio 2006, n. 51.
[61] In tal senso, l’articolo 3, comma 8, del D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494, “Attuazione della direttiva 95/57/CE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”.
[62] D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, “Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.
[63] Articolo 2, comma 1, D.L. 25 settembre 2002, n. 210, “Disposizioni urgenti in materia di emersione del lavoro sommerso e di rapporti di lavoro a tempo parziale” convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, L. 22 novembre 2002, n. 266. Si ricorda che l’articolo 16-bis, comma 10, del D.L. 29 novembre 2008 n. 185, “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 28 gennaio 2009, n. 2, ha previsto che le stazioni appaltanti pubbliche siano tenute ad acquisire d’ufficio, anche attraverso strumenti informatici, il DURC presso gli istituti o gli enti abilitati al rilascio ad ogni fine di legge.
[64] Articolo 10, comma 7, D.L. 30 settembre 2005, n. 203, “Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, L. 2 dicembre 2005, n. 248.
[65] Articolo 1, comma 553, della L. 23 dicembre 2005, n. 266, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)”.
[66] L. 27 dicembre 2006, n. 296, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)”.
[67] In tal senso, la Legge 23 dicembre 2009, n. 191, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)” che ha modificato gli articoli 28 e 29 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 114, “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, 59.
[68] D.P.R. 26 agosto 1993, n. 412, Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della L. 9 gennaio 1991, n. 10.
[69] D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 115, Attuazione della direttiva 2006/32/CE relativa all'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e abrogazione della direttiva 93/76/CEE.
[70] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[71] L. 9 gennaio 1991, n. 10, Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.
[72] Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della L. 9 gennaio 1991, n. 10.
[73] D.L. 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 15 luglio 2011, n. 111.
[74] Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.