Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Altri Autori: Servizio Bilancio dello Stato , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni D.L. 21/2012 ' A.C. 5052
Riferimenti:
AC N. 5052/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 614
Data: 21/03/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0021   DIFESA NAZIONALE
ENERGIA   TELECOMUNICAZIONI
TRASPORTI     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione
VI-Finanze
Altri riferimenti:
DL N. 21 DEL 15-MAR-12     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni

D.L. 21/2012 – A.C. 5052

 

 

 

 

 

 

 

n. 614

 

 

 

21 marzo 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti Finanze e Bilancio

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

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Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 389

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Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§         Le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D12021.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Premessa: la salvaguardia degli asset strategici............................................... 3

§      La disciplina dei poteri speciali............................................................................ 6

-        Procedure di contenzioso in corso (a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)12

-        Altri poteri speciali nella legislazione vigente................................................ 15

§      Articolo 1 (Poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale). 19

§      Articolo 2 (Poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni).................................................................................................. 31

§      Articolo 3 (Abrogazioni e norme generali e transitorie)..................................... 42

§      Articolo 4 (Clausola di invarianza finanziaria)................................................... 51

§      Articolo 5 (Entrata in vigore).............................................................................. 52

§      Profili finanziari (a cura del Servizio Bilancio dello Stato)................................. 53

 

 


Schede di lettura


Premessa: la salvaguardia degli asset strategici

Il provvedimento in esame si colloca nell’ambito di alcuni interventi legislativi adottati negli ultimi anni al fine di salvaguardare gli assetti proprietari delle società operanti in settori reputati strategici e d’interesse nazionale, attraverso l’introduzione di poteri speciali di governance societaria e di strumenti di difesa dalle scalate ostili.

 

In particolare, il decreto-legge interviene sulla disciplina della c.d. golden share, riformulando le condizioni e l’ambito di esercizio dei poteri speciali dello Stato sulle società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché in taluni ambiti di attività definiti di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

 

La necessità e l’urgenza del provvedimento originano dalla decisione, adottata dalla Commissione UE il 24 novembre 2011, di deferimento dell’Italia alla Corte di Giustizia dell’Unione europea a seguito dell’apertura, nel novembre del 2009, di una procedura d’infrazione (n. 2009/2255) in ordine alla disciplina generale italiana dei poteri speciali attribuiti allo Stato nell’ambito delle società privatizzate nel corso degli anni ’90 – quali Eni, Enel, Finmeccanica e Telecom Italia -, ritenuta dalla Commissione lesiva della libertà di stabilimento e della libertà di circolazione dei capitali garantite, rispettivamente, dagli art. 43 e 56 dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Peraltro, il ricorso non è stato ancora depositato dalla Commissione presso la Corte, in attesa di un intervento legislativo volto a conformare l’ordinamento italiano alle contestazioni mosse dalla Commissione stessa.

 

L’obiettivo del provvedimento è di rendere compatibile con il diritto europeo la disciplina nazionale dei poteri speciali del Governo, che si ricollega agli istituti della "golden share" e "action spécifique" – previsti nell’ordinamento inglese e francese - e che in passato era già stata oggetto di censure sollevate dalla Commissione europea e di una pronuncia di condanna da parte della Corte di giustizia UE[1].

 

La disciplina sulla golden share, introdotta in diversi ordinamenti europei, ha presentato profili di incompatibilità con i princìpi dell’ordinamento comunitario, in particolare laddove essa è apparsa limitare i principi della concorrenza e della contendibilità delle imprese in ragione del conferimento al Governo nazionale di un potere discrezionale pressoché generale di impedire operazioni di acquisto di partecipazioni azionarie e altre operazioni di carattere straordinario.

Per definire i criteri di compatibilità comunitaria della disciplina dei poteri speciali, la Commissione europea ha adottato una apposita Comunicazione[2], con la quale ha affermato che l'esercizio di tali poteri deve comunque essere attuato senza discriminazioni ed è ammesso se si fonda su "criteri obiettivi, stabili e resi pubblici" e se è giustificato da "motivi imperiosi di interesse generale".

Riguardo agli specifici settori di intervento, la Commissione ha ammesso un regime particolare per gli investitori di un altro Stato membro qualora esso sia giustificato da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica purché, conformemente alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sia esclusa qualsiasi interpretazione che poggi su considerazioni di ordine economico. Nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o con riguardo ai movimenti di capitali, le deroghe ammesse non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali.

In ogni caso, secondo quanto indicato dalla Commissione, la definizione dei poteri speciali deve rispettare il principio di proporzionalità, vale a dire deve attribuire allo Stato solo i poteri strettamente necessari per il conseguimento dell'obiettivo perseguito.

Gli indirizzi contenuti nella predetta Comunicazione hanno costituito la base per l’avvio da parte della Commissione delle procedure di infrazione nei confronti delle disposizioni del decreto-legge n. 332/1994, recanti la disciplina generale dei poteri speciali. Procedure di infrazione in materia di golden share hanno riguardato anche il Portogallo, il Regno Unito, la Francia, il Belgio, la Spagna e la Germania.

 

Il decreto-legge ridefinisce, anche mediante il rinvio ad atti di normazione secondaria (DPCM), l’ambito oggettivo e soggettivo, la tipologia, le condizioni e le procedure di esercizio dei poteri speciali, quali la facoltà di dettare specifiche condizioni all’acquisito di partecipazioni, di porre il veto all’adozione di determinate delibere societarie e di opporsi all’acquisto di partecipazioni.

 

A decorrere dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti di attuazione del decreto-legge, viene abrogata e in parte novellata la disciplina previgente introdotta nell’ordinamento nell’ambito del processo di privatizzazione delle imprese in mano pubblica, di cui al decreto-legge 13 maggio 1994, n. 332[3], e cessano conseguentemente di avere efficacia le clausole presenti negli statuti societari delle società privatizzate incompatibili con il nuovo regime dei poteri speciali.

 

Rispetto all’assetto previgente, che si riferiva specificamente all’esercizio dei poteri speciali da parte dell’azionista pubblico sulle imprese nazionali oggetto di privatizzazione operanti nei settori dei servizi pubblici - tra i quali il D.L. n. 332/94 indicava espressamente la difesa, i trasporti, le telecomunicazione e le fonti di energia -, i poteri speciali definiti dal provvedimento in esame non sono più legati in maniera esclusiva alla partecipazione azionaria pubblica, bensì riferiti alle società, pubbliche e private, operanti in determinati settori e svolgenti attività di rilevanza strategica (e non più genericamente operanti nei settori dei servizi pubblici).

 

In via generale, occorre ricordare, come sopra accennato, che oltre alla disciplina della “golden share” di cui al citato decreto-legge n. 332/94 e alle modifiche introdotte dalla legge n.350/03 (legge finanziaria 2004) - altri interventi legislativi hanno in seguito previsto disposizioni che perseguono, con diverse modalità, analoghe finalità di tutela delle società operanti in settori giudicati strategici per l’economia nazionale.

 

In particolare, ulteriori diritti speciali in capo all’azionista pubblico sono stati previsti nella disciplina codicistica delle società, nonché, successivamente, nella legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006), che ha introdotto nell’ordinamento italiano uno strumento - esistente anche in ordinamenti esteri e nota nella pratica dei mercati finanziari con l’appellativo di “poison pill” (“pillola avvelenata) - che consente, in caso di offerta pubblica di acquisto ostile riguardante società partecipate dalla mano pubblica, di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata non concordata.

 

Nella medesima logica di salvaguardia e tutela delle società d’interesse nazionale, s’innesta, da ultimo, l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011, che ha autorizzato la Cassa Depositi e Prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese. In particolare, sono state definite "di rilevante interesse nazionale" le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi.[4]


La disciplina dei poteri speciali

La disciplina dei poteri speciali prevista dall’articolo 2 del decreto-legge n. 332/1994

L’articolo 2 del decreto-legge n. 332/1994, che viene abrogato a seguito dell’attuazione del provvedimento in esame, disciplina i poteri speciali che potevano essere attribuiti al Ministero dell’economia e finanze dagli statuti delle società privatizzate.

La norma abrogata prevede che con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri fossero individuate, tra le società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato operanti nei settori dei servizi pubblici - tra i quali sono indicati espressamente la difesa, i trasporti, le telecomunicazioni, le fonti di energia - quelle nei cui statuti, prima di ogni atto che ne determinasse la perdita del controllo da parte dello Stato, dovesse essere introdotta una clausola attributiva al Ministro dell’economia e finanze della titolarità di uno o più poteri speciali (comma 1).

Le società individuate con D.P.C.M. nei cui statuti è stata prevista l’introduzione di poteri speciali a favore del Governo sono state le seguenti:

§       ENI S.p.A. (D.P.C.M. 5 ottobre 1995 e DD.MM. 5 e 16 ottobre 1995 e 1 aprile 2005);

§       STET S.p.A. e Telecom Italia S.p.a. (D.P.C.M. 21 marzo 1997 e DD.MM. 21 e 24 marzo 1997), il cui possesso azionario pubblico di controllo è stato ormai dismesso;

§       Finmeccanica S.p.A. (D.P.C.M. 28 settembre 1999 e D.M. 8 novembre 1999);

§       ENEL S.p.A. (D.P.C.M. 17 settembre 1999 e DD.MM. 17 settembre 1999 e D.M. 17 settembre 2004);

§       SNAM RETE GAS S.p.A. (D.P.C.M. 23 marzo 2006).

 

La disciplina sui poteri speciali operava anche per le società controllate direttamente o indirettamente da enti pubblici, anche territoriali ed economici, operanti nei settori dei trasporti e degli altri servizi pubblici, individuate con provvedimento dell’ente pubblico partecipante (comma 3).

 

Per quanto concerne i contenuti e le modalità di esercizio dei suddetti poteri speciali, si ricorda che la legge finanziaria per il 2004(legge n. 350/2003, articolo 4, commi 227-231) è, da ultimo, intervenuta sulle disposizioni dell’articolo 2 del D.L. n. 332/94 per operarne una generale revisione ed introdurre nuove disposizioni volte a limitare i suddetti poteri, in considerazione delle censure più volte intervenute a livello comunitario.

 

In particolare, la Corte di Giustizia, con sentenza pronunciata il 23 maggio 2000, ha dichiarato la normativa relativa ai poteri speciali originariamente contenuta nel decreto-legge n. 332/94 in contrasto con le disposizioni del Trattato CE relative al diritto di stabilimento (art. 43 Trattato CE, ora art. 49 TFUE), alla libera prestazione dei servizi (art. 49) e alla libera circolazione dei capitali (art. 56, ora art. 63 TFUE)[5].

In un secondo tempo, con riferimento alla normativa modificata successivamente alla prima procedura di infrazione (si veda l’articolo 66, comma 3 della legge n. 488/1999 e il relativo D.P.C.M. 11 febbraio 2000), la Commissione ha di nuovo inviato, nel febbraio 2003, una lettera di messa in mora al Governoitaliano, nella quale è stata nuovamente prospettata la violazione degli articoli 43 e 56 del Trattato CE relativi, specificamente, al diritto di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali.

Il Governo italiano, nelle osservazioni inviate alla Commissione il 4 giugno 2003, si era, tra l’altro, impegnato a procedere in tempi rapidi a una modifica della regolamentazione nazionale in materia di esercizio dei poteri speciali, così da restringere la portata di tali poteri e renderli pienamente conformi ai principi del diritto comunitario e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia.

 

Ciò nondimeno, anche la disciplina introdotta nel 2004 è stata oggetto di rilievi da parte della Commissione europea (cfr. infra).

 

I contenuti e gli effetti dei poteri speciali affidati al Ministero dell’economia e finanze - recati dall’articolo 2, comma 1, lettere a)-d)) del decreto-legge n. 332/1994, come integralmente sostituito dall’articolo 4, comma 227, della legge n. 350/2003, e di cui l’articolo 3 del provvedimento prevede l’abrogazione - sono così riassumibili:

a)   potere da parte del Ministro dell’economia di opporsi all’assunzione di partecipazioni rilevanti, cioè pari almeno al 5 per cento del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto nell’assemblea ordinaria (articolo 2, comma 1, lett. a)).

Ai fini della definizione di partecipazioni rilevanti il Ministro può, peraltro, anche stabilire, con proprio decreto, una percentuale più bassa.

L’esercizio dell’opposizione – da esprimersi entro dieci giorni dalla comunicazione dell’acquisto della partecipazione - deve essere debitamente motivato dal Ministroin ragione del ravviso di un pregiudizio concreto agli interessi vitali dello Stato.

 

In caso di esercizio del potere di opposizione, il cessionario che comunque eserciti i diritti di voto e quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante deve cedere le stesse azioni entro un anno. In caso di mancata ottemperanza, il tribunale, su richiesta del Ministro dell'economia e delle finanze, ordina la vendita delle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante, secondo le procedure di cui all'articolo 2359-ter del codice civile[6].

E’ prevista espressamente l’impugnabilità del provvedimento con il quale è esercitato il potere di opposizione dinnanzi al giudice amministrativo.

b)   il potere di opporsi alla conclusione di patti parasociali (articolo 2, comma 1, lett. b)), nel caso in cui gli aderenti al patto rappresentino almeno il 5 per cento del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria. Il Ministro, con proprio decreto, può peraltro fissare una percentuale minore[7].

Come per il potere di cui alla lettera a), l’opposizione è manifestata in un provvedimento debitamente motivato in relazione al concreto pregiudizio che il patto arrechi ad interessi vitali dello Stato.

La CONSOB informa il Ministro dei patti e degli accordi rilevanti ai fini dell’esercizio del potere medesimo, di cui essa abbia comunicazione in conformità alle previsioni del Testo unico sull’intermediazione finanziaria[8]. L’esercizio del potere di opposizione ha luogo entro dieci giorni dalla comunicazione della CONSOB.

In caso di opposizione del Ministro, gli accordi sono inefficaci. Nel caso in cui dal comportamento in assemblea dei soci aderenti al patto si desuma il mantenimento degli impegni assunti, sono impugnabili le delibere per le quali il voto di tali soci sia risultato determinante.

Anche il provvedimento ministeriale di opposizione alla conclusione di patti parasociali è impugnabile dinanzi al giudice amministrativo.

c)   il potere di veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o, comunque, di particolare rilevanza (articolo 2, comma 1, lett. c)).

Si tratta delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all'estero, di cambiamento dell'oggetto sociale e delle delibere volte a modificare lo statuto, sopprimendo o modificando i poteri speciali.

L’esercizio del potere di veto deve essere motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato.

Ai soci dissenzienti dalle deliberazioni che introducono questo potere speciale è riconosciuto il diritto di recesso (articolo 2, comma 2).

Il provvedimento con cui viene esercitato il potere è impugnabile dai soci dissenzienti dinanzi al tribunale amministrativo.

d)   il potere di nomina di un amministratore senza diritto di voto (articolo 2, comma 1, lett. d)).

 

A completamento della disciplina dei poteri speciali sopra descritta, la legge n. 350/2003 (articolo 4, comma 228) precisa che il potere di opposizione sia all’acquisizione di partecipazioni rilevanti, sia alla conclusione di patti parasociali è esercitato con riferimento a ogni singola operazione; nel caso di acquisizione di partecipazioni, il potere di opposizione è altresì esercitabile quando il limite fissato per l’individuazione di una partecipazione rilevante sia raggiunto o oltrepassato attraverso ripetuti e distinti atti di acquisto.

Il potere di opposizione, in entrambi i casi, può essere esercitato ogniqualvolta insorga l'esigenza di tutelare "sopravvenuti motivi imperiosi di interesse pubblico".

 

La legge finanziaria per il 2004 ha introdotto ulteriori disposizioni, che, come la precedente non risultano esplicitamente abrogate dal provvedimento in esame (articolo 4, commi 229-231, legge n. 350/2003).

 

In particolare, si prevede il rinvio ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per l’individuazione delle società dai cui statuti deve essere eliminata la clausola di attribuzione al Ministro dell'economia e delle finanze di uno o più dei suddetti poteri speciali. L’eliminazione avviene con deliberazione dell'assemblea straordinaria (articolo 4, comma 229).

Inoltre, si demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri - adottato su proposta dei Ministri dell'economia e delle finanze e delle attività produttive – l’individuazione dei criteri di esercizio dei poteri speciali,limitando il loro utilizzo ai soli casi di pregiudizio degli interessi vitali dello Stato (articolo 4, comma 230).

Si richiede, infine, che gli statuti delle società nelle quali è prevista la clausola che attribuisce allo Stato i poteri speciali siano adeguati alle disposizioni di cui ai commi 227-230 (articolo 4, comma 231).

In attuazione di tale disposizione è stato adottato il D.P.C.M. 10 giugno 2004 - che ha sostituito il precedente D.P.C.M. 11 febbraio 2000 – il quale, all’articolo 1, comma 2, ha definito i criteri per l’esercizio dei poteri speciali di opposizione all’assunzione di partecipazioni rilevanti, di opposizione alla conclusione di accordi parasindacali e di veto su determinate delibere.

 

Come già detto, anche la disciplina della golden share, come modificata dalla legge finanziaria per il 2004, è stata oggetto di censure da parte della Commissione europea.

In particolare, in data 13 ottobre 2005, la Commissione ha adottato un parere motivato nei confronti dello Stato Italiano, nel quale, pur riconoscendo che la normativa di riforma “sostituisce la precedente procedura (..) con un diritto di opposizione meno restrittivo”, ha ritenuto “ingiustificati i restanti controlli sull’assetto proprietario delle società privatizzate e sulle decisioni di gestione[9], valutandoli sproporzionati rispetto al loro scopo e costituenti ingiustificate limitazioni alla libera circolazione dei capitali e al diritto di stabilimento (articoli 56 e 43 TCE). Ha pertanto invitato l’Italia a modificare nuovamente la legislazione.

La risposta delle autorità italiane è stata inviata nel dicembre 2005.

Tale risposta non è stata valutata tale da permettere l’arresto della procedura. In data 28 giugno 2006, l’Italia è stata dunque deferita alla Corte di giustizia.

 

La Corte di Giustizia si è pronunciata con sentenza 26 marzo 2009 (causa C-326/07)[10], giudicando l’Italia responsabile per essere venuta meno agli obblighi su di essa incombenti in forza dell’art. 56 TCE (libera circolazione dei capitali, ora art. 63 TFUE) ed in forza dell'art. 43 TCE (diritto di stabilimento, ora art. 49 TFUE), nella misura in cui i criteri e le condizioni per l’esercizio dei poteri speciali disciplinati all’articolo 1, comma 2, del citato D.P.C.M. 10 giugno 2004[11] si applicano ai poteri previsti dall'art. 2, comma 1, lett. a) e b) e c) del D.L. n. 332/94 (rispettivamente opposizione all’assunzione di partecipazioni rilevanti e opposizione all’assunzione di patti o accordi parasociali, nonché potere di veto in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato, all'adozione delle delibere di scioglimento della società, di trasferimento dell'azienda, di fusione, di scissione, di trasferimento della sede sociale all'estero.

 

La Corte si è pronunciata, in primo luogo, sui criteri per l’esercizio dei poteri speciali di opposizione (all’acquisizione di partecipazioni rilevanti e alla conclusione di patti parasociali), ritenendo la normativa italiana non compatibile con le norme del Trattato sulla libera circolazione dei capitali, in quanto non rispettosa del principio di proporzionalità.

I giudici europei hanno infatti ricordato che la libera circolazione dei capitali nell’Unione può essere limitata da provvedimenti nazionali giustificati, tra l’altro, da ragioni imperative di interesse generale, purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi. In mancanza di siffatta armonizzazione, spetta agli Stati membri decidere il livello al quale intendono garantire la tutela di tali legittimi interessi, nonché il modo in cui questo livello deve essere raggiunto. Essi possono tuttavia farlo soltanto nei limiti tracciati dal Trattato e, in particolare, nel rispetto del principio di proporzionalità che esige, in primo luogo, che i provvedimenti adottati siano atti a conseguire gli obiettivi perseguiti.

La Corte ha ritenuto che l’applicazione dei criteri contenuti nell’articolo 1, comma 2 del DPCM del 10 giugno 2004, fossero generici ed imprecisi[12].

La Corte ha poi rilevato che l’assenza di un nesso tra i criteri di esercizio dei poteri speciali e i poteri stessi accentua l’incertezza in ordine alle circostanze in cui tali facoltà possono essere attivate, conferendo loro carattere discrezionale. I giudici hanno reputato un siffatto potere discrezionale sproporzionato rispetto agli obiettivi perseguiti.

In ordine ai criteri per l’esercizio del potere di veto, la Corte ha dichiarato inadempiente lo Stato italiano ai sensi del citato articolo 43 CE in quanto le circostanze per l’esercizio del potere stabilite dalle norme interne sono imprecise e la normativa è sproporzionata rispetto all’obiettivo indicato.

A parere della Corte, infatti, il decreto del 2004 non contiene precisazioni sulle circostanze concrete in cui può essere esercitato il potere di veto e i criteri da esso fissati non sono dunque fondati su condizioni oggettive e controllabili.

L’analoga, generica affermazione secondo cui il potere di veto deve essere esercitato soltanto in conformità con il diritto comunitario, nonché la sottoposizione al controllo del giudice nazionale non possono rendere la normativa in esame compatibile con il diritto comunitario.

 

A seguito di tale pronuncia, i criteri per l’esercizio dei poteri speciali dettati dall’articolo 1, comma 2, del D.P.C.M. 10 giugno 2004 sono stati abrogati con un apposito D.P.C.M. 20 maggio 2010[13].

 

La normativa sulla golden share, anche dopo le modifiche ad essa apportate dal citato D.P.C.M. del maggio 2010,è rimasta comunque oggetto di vaglio da parte degli organismi comunitari. Su di essa, in data 16 febbraio 2011 è stato inviato all’Italia un parere motivato da parte della Commissione europea e ad oggi, è pendente la decisione di ricorso presso la Corte di Giustizia (cfr. il paragrafo successivo).

Procedure di contenzioso in corso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 24 novembre 2011 la Commissione europea ha deliberato di presentare, nell’ambito della procedura di infrazione n. 2009/2255, un ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE contro l’Italia in quanto ritiene che alcune disposizioni della normativa italiana che conferisce poteri speciali allo Stato nelle società privatizzate operanti in settori strategici come le telecomunicazioni e l'energia, siano incompatibili con gli articoli 63 e 49 del Trattato sul funzionamento dell’UE (TFUE) riguardanti rispettivamente la libera circolazione dei capitali e il diritto di stabilimento.

Il ricorso non risulta ancora depositato in quanto la Commissione europea, in base a contatti informali con il Governo italiano, avrebbe preso atto dell’impegno a conformare a breve la normativa nazionale al diritto dell’UE, rimandando pertanto l’effettiva presentazione del ricorso alla Corte.

 

La decisione di presentare il ricorso fa seguito ad un precedente parere motivato, inviato dalla Commissione all’Italia il 16 febbraio 2011, nel quale si formulano rilievi specifici in merito all’articolo 4, commi 227-231, della legge finanziaria per il 2004 (legge 24 dicembre 2003, n. 350), che modifica e completa il D.L. n. 332/1994, recante norme per l’accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni.

 

Accanto alle suddette disposizioni il parere motivato richiama:

§       i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 17 settembre e del 28 settembre 1999 che hanno introdotto i suddetti poteri speciali negli statuti rispettivamente di ENEL S.p.A e di Finmeccanica S.p.A, prima della loro privatizzazione;

§       i decreti ministeriali del 17 settembre e dell’8 novembre 1999che hanno fissato al 3% l’entità effettiva dei diritti di voto che autorizza l’esercizio dei poteri speciali di cui rispettivamente alla lettera a) per ENEL, e alle lettere a) e b) per Finmeccanica;

§       il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 marzo 2006 che prevede l’introduzione di poteri speciali nello statuto di Snam Rete Gas S.p.A.;

§       gli statuti di ENEL S.p.A, Finmeccanica S.p.A., ENI S.p.A., Telecom Italia S.p.A., e Terna S.p.A., nella parte in cui si riferiscono ai poteri speciali in oggetto.

 

Pur riconoscendo che gli interessi collettivi cui fa riferimento la normativa italiana (approvvigionamento minimo di prodotti petroliferi, energetici, materie prime e beni essenziali alla collettività; un livello minimo di servizi di telecomunicazione e di trasporto; la continuità della prestazione dei servizi pubblici; la difesa nazionale; la sicurezza militare; l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza; le emergenze sanitarie) possono essere considerati in astratto come legittimi interessi la cui tutela potrebbe richiedere misure restrittive della libera circolazione dei capitali e della libertà di stabilimento[14], la Commissione, richiamandosi alla giurisprudenza della Corte di giustizia, sostiene che le disposizioni in questione configurano restrizioni inadeguate e/o sproporzionate ai fini del conseguimento dei legittimi obiettivi.

 

Ad avviso della Commissione, infatti:

§      l’attribuzione allo Stato di poteri speciali operata dalla normativa italiana in oggetto costituirebbe un ostacolo all’investimento diretto e di portafoglio (che ai sensi della direttiva 88/361/CEE costituiscono movimenti di capitali) nelle società in questione, dissuadendo i potenziali investitori stabiliti in altri Stati membri dall’investire o dall’accrescere la loro influenza sulla gestione e sul controllo delle società stesse, e sarebbe pertanto incompatibile con i princìpi di libera circolazione dei capitali e di stabilimento di cui agli articoli 63 e 49 del TFUE;

§      l’obiettivo di salvaguardare gli interessi vitali dello Stato può essere raggiunto mediante misure più adeguate e meno restrittive rispetto al controllo degli assetti proprietari delle società strategiche e delle decisioni dei loro dirigenti. La Commissione ricorda a tale riguardo che diverse direttive europee già recepite negli ordinamenti nazionali consentono agli Stati membri di tutelare gli interessi generali nei settori dell’elettricità e del gas (direttive 2003/54/CE, 2003/55/CE, 2009/72/CE, 2009/73/CE, 2004/67/CE e 2005/89/CE), del petrolio greggio e dei prodotti petroliferi (direttive 2006/67/CE e 73/238/CEE, nonché decisioni n. 68/416/CEE e n. 77/706/CEE), e delle telecomunicazioni (direttive 2002/19/CE, 2002/20/CE, 2002/21/CE, 2002/22/CE e 2002/58/CE), lasciando agli stessi Stati un ampio margine di discrezionalità per il conseguimento di obiettivi legittimi nei settori interessati nei limiti posti dal trattato, con particolare riferimento al principio di proporzionalità.

§      i criteri per l'esercizio dei poteri di opposizione da parte del Ministro dell’economia potrebbero comportare un'eccessiva discrezionalità da parte dello Stato in quanto sono limitati solo da un riferimento generico agli interessi vitali dello Stato e dai criteri enunciati nel decreto attuativo 10 giugno 2004, ora abrogato, che non precisano le circostanze specifiche ed obiettive in cui tali poteri devono essere esercitati. Inoltre, il fatto che gli azionisti interessati possano impugnare la decisione del ministro in tribunale non ha alcuna rilevanza proprio in considerazione del fatto che la normativa in questione non fornisce ai tribunali nazionali criteri sufficientemente precisi per consentire loro di giudicare il modo in cui il ministro esercita la propria discrezionalità;

§      il potere di opporsi all’assunzione di partecipazioni e alla conclusione di patti da parte degli azionisti che rappresentino una determinata percentuale dei diritti di voto non è idoneo a tutelare gli interessi vitali dello Stato, in quanto né l’assunzione di una partecipazione pari ad almeno il 5% di una società prestatrice di servizi pubblici (o inferiore come nel caso di ENEL e Finmeccanica), né un accordo tra azionisti che rappresentano una percentuale analoga, possono in linea di massima essere considerati una reale minaccia per gli interessi vitali dello Stato;

§      analogamente anche per il potere di veto su decisioni fondamentali per la vita di un’impresa non vengono indicate le circostanze specifiche in cui esso può essere esercitato nei confronti delle delibere adottate dai dirigenti delle società, e ciò potrebbe dissuadere potenziali investitori di altri Stati membri dall’acquisire azioni nelle società italiane in questione. Anche in questo caso la possibilità per gli eventuali soci dissenzienti di impugnare il veto dinanzi ai tribunali nazionali non rende tale potere compatibile con il trattato.

 

La Commissione ha concluso pertanto che i poteri speciali previsti dalla normativa italiana risultano sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti e sono quindi incompatibili con la libertà di stabilimento e la libera circolazione invitando l’Italia a modificare le disposizioni contestate.

Altri poteri speciali nella legislazione vigente

L’articolo 3 del D.L. n. 332/1994 ha altresì previsto la possibilità di inserire altre clausole statutarie speciali nello statuto delle società operanti nel settore dei servizi pubblici, delle banche e delle imprese di assicurazione controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici.

Con tali clausole, immodificabili per un periodo di tre anni, si fissa un limite massimo di possesso azionario nei confronti del singolo socio, del suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e del gruppo di appartenenza.

Il limite di possesso azionario è del 5 per cento.

In connessione con la clausola relativa al limite del possesso azionario, il decreto-legge n. 332/1994, all’articolo 4, ha previsto l’introduzione di una ulteriore clausola, con la quale si stabilisce che l’elezione degli amministratori abbia luogo mediante voto di lista. Questa clausola è rivolta a tutelare le minoranze azionarie: alle liste di minoranza deve essere infatti riservato complessivamente almeno un quinto degli amministratori e un rappresentante del collegio sindacale.

 

Il provvedimento in esame mantiene inalterato il suddetto potere di introdurre un limite massimo al possesso azionario, prevedendo però che esso trovi applicazione - oltre che alle banche e alle imprese di assicurazione oggetto di controllo diretto o indiretto pubblico - alle società operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni a controllo diretto o indiretto pubblico, e non più genericamente alle società operanti nei settori dei servizi pubblici in via di privatizzazione.

 

Si ricorda, infine, che la disciplina sui limiti massimi di possesso azionario è stata successivamente integrata in maniera significativa dalla disciplina, contenuta nella legge finanziaria 2006, sulla cd. poison pill.

In particolare, la legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266: art. 1, commi 381-384) ha introdotto la facoltà per le società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante di emettere azioni e strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi muniti di diritto di voto.

È stato così introdotto nell’ordinamento italiano uno strumento, esistente anche in ordinamenti esteri, che, in caso di offerta pubblica di acquisto riguardante società partecipate dalla mano pubblica, permetterebbe di deliberare un aumento di capitale, grazie al quale l’azionista pubblico potrebbe accrescere la propria quota di partecipazione vanificando il tentativo di scalata.

 

La richiamata legge finanziaria per il 2006 (articolo 1, comma 384 della legge n. 266 del 2005) ha introdotto una disposizione che raccorda le norme sui limiti massimi di possesso azionario introdotte dal D.L. n. 332 del 1994 e l’istituto della cd. poison pill. In particolare, tale specifica disciplina si applica alle società a partecipazione pubblica che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio. Lo statuto di queste società, una volta decorso il periodo in cui le clausole relative ai limiti massimi di possesso azionario sono immodificabili (ovvero tre anni dalla delibera con cui sono state introdotte), può subordinare la modifica delle predette clausole all’approvazione dell'assemblea speciale dei soggetti titolari delle azioni o degli strumenti finanziari che consentono di attivare la cd. “poison pill”. Tale delibera è adottata con le maggioranze previste per l'approvazione delle modificazioni statutarie.

 

Ove siano deliberate siffatte modifiche al limite di possesso azionario, non trova applicazione la norma (di cui all’articolo 3, comma 3 del D.L. n. 332 del 1994) che dispone la decadenza delle clausole sui limiti massimi di possesso azionario, ove i predetti limiti siano superati per effetto di un'offerta pubblica di acquisto avente determinate caratteristiche (ossia che ponga l'offerente nella condizione di detenere una quota pari almeno al settantacinque per cento del capitale con diritto di voto nelle deliberazioni che riguardano la nomina o la revoca degli amministratori o dei componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza).

 

Comunque, la previsione del limite massimo del possesso azionario previsto dall’articolo 3 del D.L. n. 332 cessa di avere effettouna volta introdotta nell’ambito delle norme statutarie la “poison pill”.

 

Ulteriori diritti speciali in capo all’azionista pubblico sono previsti nella disciplina codicistica delle società.

L’articolo 2449 del codice civile dispone che se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni, lo statuto può ad essi conferire la facoltà di nominare uno o più amministratori o sindaci ovvero componenti del consiglio di sorveglianza, in numero proporzionale alla partecipazione al capitale sociale.

Questi soggetti, così nominati, hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall’assemblea e possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.

Alle società che fanno ricorso al mercato azionario è prevista la possibilità di riservare allo Stato o agli enti partecipanti azioni fornite di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, ma non del voto nell'assemblea generale degli azionisti (cioè si applica quanto previsto dall’ultimo comma dell'articolo 2346 c.c., in materia di emissione di azioni).

La norma dunque attribuisce ai membri nominati, con le modalità sopra dette, dallo Stato o dagli enti pubblici una particolare “resistenza”, potendo essi essere revocati esclusivamente dagli enti che li hanno nominati. Inoltre, tale potere di nomina da parte dello Stato o degli enti pubblici è concesso a prescindere dalla quota azionaria posseduta, che può quindi anche essere di minoranza.

 

Si ricorda, infine, che l'articolo 7 del decreto-legge n. 34 del 2011 ha autorizzato la Cassa Depositi e Prestiti ad assumere partecipazioni in società di rilevante interesse nazionale, in termini di strategicità del settore di operatività, di livelli occupazionali, di entità di fatturato ovvero di ricadute per il sistema economico-produttivo del Paese, che risultino in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico e siano caratterizzate da adeguate prospettive di redditività.

L’individuazione dei requisiti per la qualifica di “società di interesse nazionale” è stata effettuata dal decretodel Ministro dell'economia e delle finanze del 3 maggio 2011. In particolare, sono state definite "di rilevante interesse nazionale" le società di capitali operanti nei settori della difesa, della sicurezza, delle infrastrutture, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia, delle assicurazioni e dell'intermediazione finanziaria, della ricerca e dell'innovazione ad alto contenuto tecnologico e dei pubblici servizi.

Al di fuori dei settori indicati, sono di rilevante interesse nazionale le società che possiedono un fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e un numero medio di dipendenti nel corso dell'ultimo esercizio non inferiore a 250 (qualora rientri nel 20% di tali valori, l'attività della società deve risultare rilevante in termini di indotto e di benefici del sistema economico-produttivo del Paese, anche in termini di presenza sul territorio di stabilimenti produttivi).

 

Con il comunicato stampa del 22 giugno 2011, il cda di Cassa depositi e prestiti ha approvato la costituzione della società per azioni per l’assunzione di partecipazioni strategiche (“Fondo Strategico Italiano”); il successivo 27 luglio ha annunciato l’approvazione del relativo statuto. Il 30 novembre u.s. Cassa Depositi e Prestiti ha deliberato la sottoscrizione di 4 miliardi di euro di aumenti di capitale del Fondo Strategico Italiano (FSI). Grazie all’ingresso di altri soci - enti pubblici, fondazioni di origine bancaria, banche, assicurazioni, casse previdenziali e altri investitori istituzionali, anche esteri - la dimensione di FSI si attesterà a circa 7 miliardi di euro[15].


Articolo 1
(Poteri speciali nei settori della difesa e della sicurezza nazionale)


1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottati su proposta, per i rispettivi ambiti di competenza, del Ministro della difesa o del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della difesa ovvero del Ministro dell'interno, sono individuate le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ivi incluse le attività strategiche chiave, in relazione alle quali con decreto del Presidente del Consiglio, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, possono essere esercitati i seguenti poteri speciali in caso di minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale:

a) imposizione di specifiche condizioni relative alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici, al controllo delle esportazioni nel caso di acquisto, a qualsiasi titolo, di partecipazioni in imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale;

b) veto all'adozione di delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione di un'impresa di cui alla lettera a), aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento dell'azienda o di rami di essa o di società controllate, il trasferimento all'estero della sede sociale, il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, le cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego;

c) opposizione all'acquisto, a qualsiasi titolo, di partecipazioni in un'impresa di cui alla lettera a) da parte di un soggetto diverso dallo Stato italiano, enti pubblici italiani o soggetti da questi controllati, qualora l'acquirente venga a detenere, direttamente o indirettamente, anche attraverso acquisizioni successive, per interposta persona o tramite soggetti altrimenti collegati, un livello della partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale. A tale fine si considera altresì ricompresa la partecipazione detenuta da terzi con i quali l'acquirente ha stipulato uno dei patti di cui all'articolo 122 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 ovvero di quelli di cui all'articolo 2341-bis del codice civile.

2. Al fine di valutare la minaccia effettiva di grave pregiudizio agli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale derivante dalle delibere di cui alla lettera b) del comma 1, il Governo considera, tenendo conto dell'oggetto della delibera, la rilevanza strategica dei beni o delle imprese oggetto di trasferimento, l'idoneità dell'assetto risultante dalla delibera o dall'operazione a garantire l'integrità del sistema di difesa e sicurezza nazionale, la sicurezza delle informazioni relative alla difesa militare, gli interessi internazionali dello Stato, la protezione del territorio nazionale, delle infrastrutture critiche e strategiche e delle frontiere, nonché gli elementi di cui al comma 3.

3. Al fine di valutare la minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, derivante dall'acquisto delle partecipazioni di cui alle lettere a) e c) del comma 1, il Governo, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, considera, alla luce della potenziale influenza dell'acquirente sulla società, anche in ragione della entità della partecipazione acquisita:

a) l'adeguatezza, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione, della capacità econo­mica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente nonché del progetto industriale rispetto alla regolare prosecuzione delle attività, al mantenimento del patrimonio tecno­logico, anche con riferimento alle attività strategiche chiave, alla sicurezza e alla


continuità degli approvvigionamenti, oltre che alla corretta e puntuale esecuzione degli obblighi contrattuali assunti nei confronti di pubbliche amministrazioni, direttamente o indirettamente, dalla società le cui partecipazioni sono oggetto di acquisizione, con specifico riguardo ai rapporti relativi alla difesa nazionale, all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale;

b) l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale desunti dalla natura delle loro alleanze o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad essi comunque collegati.

4. Ai fini dell'esercizio del potere di veto di cui al comma 1, lettera b), l'impresa notifica alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una informativa completa sulla delibera o sull'atto da adottare in modo da consentire il tempestivo esercizio del potere di veto. Dalla notifica non deriva per la Presidenza del Consiglio dei Ministri né per l'impresa l'obbligo di notifica al pubblico ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Entro quindici giorni dalla notifica il Presidente del Consiglio dei Ministri comunica l'eventuale veto. Qualora si renda necessario richiedere informazioni all'impresa, tale termine è sospeso, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni. Le richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini. Decorsi i predetti termini l'operazione può essere effettuata. Il potere di cui al presente comma è esercitato nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale. Le delibere o gli atti adottati in violazione del presente comma sono nulli. Il Governo può altresì ingiungere alla società e all'eventuale controparte di ripristinare a proprie spese la situazione anteriore. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi le disposizioni di cui al presente comma, oltre alla revoca della relativa autorizzazione, è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

5. Chiunque acquisisce una partecipazione ai sensi del comma 1, lettere a) e c), notifica l'acquisizione entro dieci giorni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, trasmettendo nel contempo le informazioni necessarie, comprensive di descrizione generale del progetto di acquisizione, dell'acquirente e del suo ambito di operatività, per le valutazioni di cui al comma 3. Nel caso in cui l'acquisizione abbia a oggetto azioni di una società ammessa alla negoziazione nei mercati regolamentati, la notifica deve essere effettuata qualora l'acquirente venga a detenere, a seguito dell'acquisizione, una partecipazione superiore alla soglia prevista dall'articolo 120, comma 2, del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e sono successivamente notificate le acquisizioni al superamento delle soglie del 3 per cento, 5 per cento, 10 per cento, 15 per cento, 20 per cento e 25 per cento. Il potere di imporre specifiche condizioni di cui al comma 1, lettera a), o di opporsi all'acquisto ai sensi del comma 1, lettera c), è esercitato entro quindici giorni dalla data della notifica. Qualora si renda necessario richiedere informazioni all'acquirente, tale termine è sospeso, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni. Eventuali richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini, decorsi i quali l'acquisto può essere effettuato. Fino alla notifica e, successivamente, comunque fino alla decorrenza del termine per l'imposizione di condizioni o per l'esercizio del potere di opposizione, i diritti di voto e comunque quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante, sono sospesi. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi le condizioni di cui al comma 1, lettera a), è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'operazione. In caso di esercizio del potere di opposizione il cessionario non può esercitare i diritti di voto e comunque quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante e dovrà cedere le stesse azioni entro un anno. In caso di mancata ottemperanza il tribunale, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordina la vendita delle suddette azioni secondo le procedure di cui all'articolo 2359-ter del codice civile. Le deliberazioni assembleari eventualmente adottate con il voto determinante di tali azioni sono nulle.

6. Nel caso in cui le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale individuate con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1, si riferiscono a società partecipate, direttamente o indirettamente, dal Ministero dell'economia e delle finanze, il Consiglio dei Ministri delibera, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali di cui al medesimo comma, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Le notifiche di cui ai commi 4 e 5 sono rese al Ministero dell'economia e delle finanze.

7. I decreti di individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale di cui al comma 1, sono aggiornati almeno ogni tre anni.

8. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa e il Ministro dello sviluppo economico, sono emanate disposizioni di attuazione del presente articolo. Fino all'adozione del medesimo decreto, le competenze inerenti le proposte per l'esercizio dei poteri speciali, di cui al comma 1, e le attività conseguenti, di cui ai commi 4 e 5, sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze per le società da esso partecipate, ovvero, per le altre società, al Ministero della difesa o al Ministero dell'interno, secondo i rispettivi ambiti di competenza.


Sintesi ed effetti

 

L’articolo 1 del decreto in esame reca la nuova disciplina dei poteri speciali esercitabili dall’Esecutivo rispetto alle imprese operanti nei comparti della difesa e della sicurezza nazionale.

 

La principale differenza con la normativa vigente si rinviene nell’ambito operativo della nuova disciplina, la quale consente l’esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le società, pubbliche o private, che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate o in mano pubblica.

 

Per effetto delle norme in commento, alla disciplina secondaria (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) saranno affidate le seguenti funzioni:

§       individuazione di attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale in rapporto alle quali potranno essere attivati i poteri speciali;

§       concreto esercizio dei poteri speciali;

§       individuazione di ulteriori disposizioni attuative.

Le norme fissano puntualmente il requisito per l’esercizio dei poteri speciali nei comparti della sicurezza e della difesa, individuato nella sussistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.

L’esecutivo potrà imporre specifiche condizioni all’acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel settore della difesa e della sicurezza; potrà porre il veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o di particolare rilevanza; potrà opporsiall'acquisto di partecipazioni, ove l'acquirente arrivi a detenere un livello della partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale.

Sono poi disciplinati gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali e le conseguenze che derivano dagli stessi o dalla loro violazione.

I DPCM che individueranno le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale - in relazione alle quali potranno essere attivati i poteri speciali – dovranno essere aggiornati almeno ogni tre anni.

 

Descrizione analitica

 

Nel dettaglio, l’articolo 1 (comma 1) demanda a uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri l’individuazione delle attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, ivi incluse le attività strategiche chiave, per le quali possono essere esercitati i poteri speciali.

 

La disciplina vigente affida (articolo 2, comma 1 del D.L. n. 332 del 1994) alla normativa secondaria l’individuazione delle singole società privatizzate i cui statuti dovranno consentire, dopo la perdita di controllo da parte della PA, l’esercizio dei poteri speciali da parte dell’azionista pubblico.

 

Le norme in commento (così come quelle dell’articolo 2 per il settore dei trasporti, delle comunicazioni e dell’energia) sono destinate a sostituire quelle vigenti, contenute nella disciplina generale sulle privatizzazioni di cui al D.L. n. 332 del 1994 e successive modificazioni - per un’ampia disamina delle quali si rinvia alla premessa del presente dossier - a partire dalla data di entrata in vigore del primo decreto di attuazione della nuova disciplina. A partire da tale termine, infatti, ai sensi dell’articolo 3 del provvedimento in esame è disposta l’abrogazione delle predette norme del D.L. n. 332 del 1994.

 

La principale differenza con la normativa vigente si rinviene dunque nell’ambito operativo della nuova disciplina, la quale sembra consentire l’esercizio dei poteri speciali rispetto a tutte le persone giuridiche che svolgono attività considerate di rilevanza strategica, e non più soltanto rispetto alle società privatizzate.

 

La norma in commento, sebbene operi una distinzione nell’ambito delle “attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale” rispetto alle “attività strategiche chiave” non sembra recare elementi di differenziazione in relazione ai quali sarebbero attivabili i poteri speciali.

 

I predetti decreti saranno adottati su proposta, per i rispettivi ambiti di competenza, del Ministro della difesa o del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri, il Ministro dello sviluppo economico e del Ministro della difesa ovvero del Ministro dell'interno.

Ai sensi della disciplina vigente, l’adozione dei decreti che individuano le società privatizzate in cui sono esercitabili i poteri speciali è preceduta dalla loro comunicazione alle competenti Commissioni parlamentari (richiamato articolo 2, comma 1 del D.L. n. 332 del 1994).

 

Si affida a un ulteriore decreto del Presidente del Consiglio, adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, anche l’esercizio dei poteri speciali in relazione alle predette attività.

 

La vigente disciplina (primaria e secondaria) non individua una specifica forma provvedimentale per l’esercizio concreto dei poteri speciali. L’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 332 del 1994, nel disciplinare il potere di impugnativa degli atti mediante i quali tali facoltà sono esercitate, si riferisce in genere a “provvedimenti”; d’altro canto, l’articolo 2, comma 1 del D.P.C.M. 10 giugno 2004 specifica che il potere di nomina di un amministratore senza diritto di voto viene esercitato mediante l'adozione di un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di intesa con il Ministro delle attività produttive (ora sviluppo economico).

 

L’esercizio dei poteri speciali nel comparto difesa e sicurezza è subordinato alla sussistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.

 

Rispetto alla disciplina vigente (articolo 4, comma 230 della legge finanziaria 2004, legge n. 350 del 2003), che affida a una norma secondaria (decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2004, come modificato nel tempo) la determinazione dei criteri di esercizio dei poteri speciali, stabilendo ex lege solo che il loro uso è limitato ai casi di pregiudizio degli interessi vitali dello Stato, per effetto delle norme in commento i criteri per l’esercizio dei poteri sono interamente riportati alla fonte primaria, ovvero al decreto-legge.

 

Le norme in commento procedono dunque all’individuazione dei poteri speciali esercitabili nel settore della difesa e della sicurezza nazionale, che sono i seguenti:

a)   imposizione di specifiche condizioni relative alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici, al controllo delle esportazioni, nel caso di acquisto a qualsiasi titolo di partecipazioni in imprese che svolgono attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale.

Tale facoltà non trova riscontro nella vigente disciplina dei poteri speciali;

b)   veto all'adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o, comunque, di particolare rilevanza. Si tratta del potere di veto all’adozione di delibere, da parte dell'assemblea o degli organi di amministrazione di un'impresa che svolge attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale, aventi ad oggetto:

-        fusione o scissione della società; trasferimento d’azienda, di rami di essa o di società controllate;

-        trasferimento all'estero della sede sociale;

-        mutamento dell'oggetto sociale;

-        scioglimento della società;

-        cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali, o l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego.

Il potere di veto all’adozione di delibere concernenti operazioni rilevanti/straordinarie della società privatizzata è contenuto nell’articolo 2, comma 1, lettera c) del D.L. n. 332 del 1994. L’attuale disciplina prevede che tale potere sia debitamente motivato in relazione al concreto pregiudizio arrecato agli interessi vitali dello Stato; esso riguarda anche – in relazione, per l’appunto, alla normativa vigente – le eventuali modifiche dello statuto societario che sopprimano o modifichino i poteri speciali;

c)   opposizione all'acquisto, a qualsiasi titolo, di partecipazioni in un'impresa che svolge attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale da parte di un soggetto diverso dallo Stato italiano, enti pubblici italiani o soggetti da questi controllati.

Il potere è attivabile qualora l'acquirente venga a detenere, direttamente o indirettamente, anche attraverso acquisizioni successive, per interposta persona o tramite soggetti altrimenti collegati, un livello della partecipazione al capitale con diritto di voto in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale.

La norma in esame non fornisce elementi utili a valutare quando il livello di partecipazione al capitale raggiunto mediante acquisto sia “in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale”. Dal tenore della disposizione, non appare chiaro se tale requisito debba essere determinato o meno dalla disciplina secondaria di attuazione, anche alla luce dei rilievi sollevati in sede europea.

 

A tale fine, si considera altresì ricompresa la partecipazione detenuta da terzi con i quali l'acquirente ha stipulato uno dei patti parasociali di cui all'articolo 122 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998, ovvero uno di quelli di cui all'articolo 2341-bis del codice civile.

Stante il generico riferimento all’articolo 122 del TUIF, sembra presumersi che si tratti dei patti di cui al comma 1, che hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società quotate e nelle relative controllanti, così come di quelli previsti al comma 5 del medesimo articolo 122, e cioè quelli che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto; pongono limiti al trasferimento delle azioni o di strumenti finanziari attributivi di diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse; prevedono l'acquisto di tali azioni o strumenti finanziari; hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società; volti a favorire o a contrastare il conseguimento degli obiettivi di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio, ivi inclusi gli impegni a non aderire ad un'offerta.

L’articolo 2341-bis c.c., per le società non quotate, si riferisce ai patti aventi qualunque forma che, al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società, hanno per oggetto l'esercizio del diritto di voto nelle società per azioni o nelle società che le controllano; pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o delle partecipazioni in società che le controllano; hanno per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società.

 

Anche l’articolo 2, comma 1, lettera a) del D.L. n. 332 del 1994 prevede un potere di opposizione all’acquisto da parte del pubblico azionista: in particolare, il Ministro dell’economia può opporsi all’assunzione di partecipazioni “rilevanti”, ove la soglia di rilevanza è fissata in un ammontare di strumenti partecipativi pari, almeno, al cinque per cento del capitale sociale rappresentato da azioni con diritto di voto nell’assemblea ordinaria. Per effetto delle disposizioni in esame, dunque, viene eliminato il limite del cinque per cento e si introduce invece il criterio della detenzione, da parte del cessionario, del predetto livello di partecipazione al capitale “in grado di compromettere nel caso specifico gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale”.

Le disposizioni in commento non replicano il potere di nominare un amministratore senza diritto di voto contenuto all’articolo 2, comma 1, lettera d) del D.L. n. 332 del 1994, né ripropongono le norme relative al potere di opposizione ai patti parasociali di cui alla lettera b) del medesimo articolo 2, comma 1.

Per effetto della disciplina introdotta, infatti, i patti parasociali rilevano ai soli fini del computo di quella partecipazione al capitale in grado di compromettere gli interessi della difesa e della sicurezza nazionale che consente, alle condizioni di legge, l'attivazione del potere speciale dell'esecutivo di opporsi all'acquisto di partecipazioni. Inoltre, per effetto della disciplina in esame, la rilevanza dei patti parasociali è limitata alle norme che riguardano il potere di opposizione all'acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nei settori della difesa e della sicurezza nazionale.

I commi 2 e 3 dell’articolo 1 recano i criteri per valutare l'esistenza dei requisiti per l’esercizio dei poteri speciali che, come visto supra, sono attivabili in presenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi della sicurezza nazionale.

 

Come già sottolineato in precedenza, rispetto alla vigente disciplina esposta in premessa, per effetto delle norme in commento le condizioni, i requisiti e le modalità di esercizio dei cd. “poteri speciali” sono ricondotti ad un provvedimento avente forza di legge, dunque sottratti alla discrezionalità dell’esecutivo.

 

In particolare, il comma 2 reca gli elementi per effettuare tale valutazione in rapporto al potere di veto all’adozione di delibere relative ad operazioni straordinarie o, comunque, di particolare rilevanza (enumerate alla già commentata lettera b) del comma 1) della società.

In particolare, al fine di valutare se da tali delibere può derivare una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi della sicurezza nazionale, il Governo deve considerare, tenendo conto dell'oggetto della delibera:

§      la rilevanza strategica dei beni o delle imprese oggetto di trasferimento;

§      l'idoneità dell'assetto risultante dalla delibera o dall'operazione a garantire l'integrità del sistema di difesa e sicurezza nazionale, la sicurezza delle informazioni relative alla difesa militare, gli interessi internazionali dello Stato, la protezione del territorio nazionale, delle infrastrutture critiche e strategiche e delle frontiere;

§      gli ulteriori elementi indicati al comma 3 dell’articolo in esame, ovvero gli elementi necessari a valutare se una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale possa derivare dall’acquisto di partecipazioni in imprese del relativo comparto.

 

Il richiamato comma 3 individua gli elementi necessari a valutare se dall’acquisto di partecipazioni in imprese operanti nel comparto della difesa e della sicurezza nazionale derivi una minaccia effettiva di grave pregiudizio agli interessi essenziali della difesa e della sicurezza, in rapporto all’eventuale esercizio dei poteri di opposizione all’acquisto o imposizione di specifiche condizioni.

 

In tale ipotesi il Governo, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, considera, alla luce della potenziale influenza dell'acquirente sulla società, anche in ragione della entità della partecipazione acquisita, i seguenti elementi:

§      l'adeguatezza (comma 3, lettera a)) tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione, della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente nonché del progetto industriale in riferimento ai seguenti aspetti: regolare prosecuzione delle attività; mantenimento del patrimonio tecnologico, anche con riferimento alle attività strategiche chiave; sicurezza e alla continuità degli approvvigionamenti; corretta e puntuale esecuzione degli obblighi contrattuali assunti nei confronti di pubbliche amministrazioni, direttamente o indirettamente, dalla società le cui partecipazioni sono oggetto di acquisizione, con specifico riguardo ai rapporti relativi alla difesa nazionale, all'ordine pubblico e alla sicurezza nazionale;

§      l'esistenza (comma 3, lettera b)), tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale desunti dalla natura delle loro alleanze o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad essi comunque collegati.

 

I commi 4 e 5 disciplinano gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali e le conseguenze che derivano dagli stessi o dalla loro violazione.

Si rimanda alla premessa per una più ampia disamina degli aspetti procedurali inerenti l’esercizio dei poteri speciali secondo la normativa vigente (richiamato articolo 2, comma 1 del D.L. n. 332 del 1994). In questa sede si rileva che anche la nuova disciplina prevede procedure differenziate secondo il tipo di potere attivabile; per effetto delle norme in esame, inoltre, sono previsti flussi informativi tra gli organi societari e il Governo, nonché la possibilità – nel caso di effettivo esercizio di poteri speciali – di instaurare un contradditorio tra il Governo e l’impresa, ovvero l’acquirente di titoli partecipativi.

 

Il comma 4, ai fini dell'esercizio del potere di veto (di cui al comma 1, lettera b) dell’articolo in commento) sull’adozione di alcune tipologie di delibere da parte degli organi di governo delle imprese strategiche nel comparto sicurezza e difesa, obbliga le imprese stesse a notificare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri una informativa completa sulla delibera o sull'atto da adottare, in modo da consentire il tempestivo esercizio del potere di veto da parte dell’esecutivo.

Le norme specificano che da tale notifica non derivano obblighi di notifica al pubblico - ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 - né per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, né per l'impresa.

L’articolo 114 del TUB reca la disciplina delle comunicazioni al pubblico rese dagli emittenti quotati e dalle società controllate. Si tratta delle norme che concernono la comunicazione al pubblico delle cd. “informazioni privilegiate” riguardanti gli emittenti e le società controllate, e cioè le informazioni di carattere preciso concernenti, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, e che, se rese pubbliche, potrebbero influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari. Tali obblighi di comunicazione investono altresì l’assunzione di partecipazioni rilevanti, i patti parasociali e il compimento di operazioni da parte di emittenti o loro organi apicali.

Entro quindici giorni dalla notifica il Presidente del Consiglio dei Ministri comunica l'eventuale veto che, si ricorda, deve essere deliberato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (ai sensi del comma 1).

Il termine è sospeso per una sola volta, qualora si renda necessario richiedere informazioni all'impresa, fino al ricevimento delle informazioni richieste, da rendersi entro dieci giorni. Non hanno effetto di sospensione dei termini le richieste di informazioni successive alla prima. Decorsi i predetti termini, l'operazione può essere effettuata.

Le norme in commento, nel rispetto del principio di proporzionalità, prevedono una graduazione dell’esercizio dei poteri dell’esecutivo in rapporto alla situazione di fatto che concretamente si verifica. In particolare, il potere di veto è esercitato nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni, ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale.

Viene prescritta la nullità delle delibere o degli atti adottati in violazione delle norme procedurali recate dal comma 4 in esame, con la possibilità del Governo di ingiungere alla società e all'eventuale controparte il ripristino dello status quo ante.

Infine, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi le disposizioni di cui al presente comma è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione, e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

 

Si osserva che la norma prevede, nel caso di violazione delle norme procedurali, altresì la “revoca della relativa autorizzazione”. Non appare chiaro a quale autorizzazione essa si riferisca.

 

Il comma 5 disciplina le modalità procedurali dell’esercizio dei poteri di imposizione di condizioni o di opposizione all’acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel settore comparto e sicurezza (ai sensi del comma 1, lettere a) e c)).

Tale acquisizione di partecipazioni deve essere notificata entro dieci giorni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al contempo trasmettendo le informazioni necessarie, comprensive di descrizione generale del progetto di acquisizione, dell'acquirente e del suo ambito di operatività, per le valutazioni sulla eventuale sussistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale, secondo gli elementi di cui al già commentato comma 3.

Nel caso in cui l'acquisizione abbia a oggetto azioni di una società ammessa alla negoziazione nei mercati regolamentati, la notifica deve essere effettuata qualora l'acquirente venga a detenere, a seguito dell'acquisizione, una partecipazione superiore al due per cento del capitale (si tratta della soglia prevista dall'articolo 120, comma 2, del TUIF, superata la quale scatta l’obbligo, per i soggetti che partecipano in un emittente azioni quotate avente l'Italia come Stato membro d'origine, di darne comunicazione alla partecipata e alla CONSOB).

Devono essere successivamente notificate le acquisizioni al superamento delle soglie del 3 per cento, 5 per cento, 10 per cento, 15 per cento, 20 per cento e 25 per cento.

Il potere di imporre specifiche condizioni di acquisto o di opporsi all’operazione è esercitato entro quindici giorni dalla data della notifica.

Anche in tale ipotesi tale termine è sospeso qualora si renda necessario richiedere informazioni all'acquirente, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni. Eventuali richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini, decorsi i quali l'acquisto può essere effettuato.

Fino alla notifica e, successivamente, comunque fino alla decorrenza del termine per l'imposizione di condizioni o per l'esercizio del potere di opposizione, i diritti di voto e comunque quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante, sono sospesi.

Inoltre, salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi le condizioni (previste alla lettera a) del comma 1) relative alla sicurezza degli approvvigionamenti, alla sicurezza delle informazioni, ai trasferimenti tecnologici, al controllo delle esportazioni, nel caso di acquisto di partecipazioni in imprese strategiche nel comparto difesa e sicurezza, è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione, comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'operazione (in analogia con quanto già previsto dal comma 4).

In caso di esercizio del potere di opposizione all’acquisto di partecipazioni, al cessionario è inibito l’esercizio dei diritti di voto e di quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante; questi dovrà cedere le stesse azioni entro un anno.

In caso di mancata ottemperanza il tribunale, su richiesta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ordina la vendita delle suddette azioni secondo le procedure di cui all'articolo 2359-ter del codice civile.

Per effetto del rinvio a tale articolo, le azioni dovranno essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto.

In mancanza, la società controllante deve procedere senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale, con rimborso. Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale.

Si prescrive infine la nullità delle deliberazioni assembleari eventualmente adottate con il voto determinante di tali azioni.

 

Il comma 6 prescrive che, ove le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale individuate dai D.P.C.M. si riferiscano a società partecipate, direttamente o indirettamente, dal Ministero dell'economia e delle finanze, l’esercizio dei poteri speciali è deliberato dal Consiglio dei Ministri delibera su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.

Le notifiche relative alle procedure di esercizio dei poteri speciali (di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo in esame) sono rese al Ministero dell'economia e delle finanze.

 

Il comma 7 prescrive l’aggiornamento, almeno ogni tre anni, dei decreti che individuano le attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e di sicurezza nazionale in relazione alle quali – secondo il comma 1 – possono essere eventualmente attivati i poteri speciali.

 

Le disposizioni attuative delle norme introdotte (comma 8) sono affidate a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa e il Ministro dello sviluppo economico.

Sino all’adozione di tale decreto, le competenze inerenti le proposte per l'esercizio dei poteri speciali e le attività procedurali conseguenti sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze per le società da esso partecipate, ovvero, per le altre società, al Ministero della difesa o al Ministero dell'interno, secondo i rispettivi ambiti di competenza.


 

Articolo 2
(Poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni)

 


1. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri, oltre che con i Ministri competenti per settore, sono individuati le reti e gli impianti, i beni e i rapporti di rilevanza strategica per il settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni. Tali decreti sono aggiornati almeno ogni tre anni.

2. Qualsiasi delibera, atto o operazione, adottata da una società che detiene uno o più degli attivi individuati ai sensi del comma 1, che abbia per effetto modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi medesimi o il cambiamento della loro destinazione, comprese le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società, il trasferimento all'estero della sede sociale, il trasferimento dell'azienda o di rami di essa in cui siano compresi detti attivi o l'assegnazione degli stessi a titolo di garanzia, sono entro dieci giorni, e comunque prima che ne sia data attuazione, notificati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri dalla società stessa. Sono notificati nei medesimi termini le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione concernenti il trasferimento di società controllate che detengono i predetti attivi.

3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, può essere espresso il veto alle delibere, atti e operazioni di cui al comma 2, che diano luogo a una situazione eccezionale di minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.

4. Con la notifica di cui al comma 2, è fornita al Governo una informativa completa sulla delibera, atto o operazione in modo da consentire l'eventuale tempestivo esercizio del potere di veto. Dalla notifica non deriva per la Presidenza del Consiglio dei Ministri né per la società l'obbligo di comunicazione al pubblico ai sensi dell'articolo 114 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Entro quindici giorni dalla notifica, il Presidente del Consiglio dei Ministri comunica l'eventuale veto. Qualora si renda necessario richiedere informazioni alla società, tale termine è sospeso, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni. Le richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini. Fino alla notifica e comunque fino al decorso dei termini previsti dal presente comma è sospesa l'efficacia della delibera, dell'atto o dell'operazione rilevante. Decorsi i termini previsti dal presente comma l'operazione può essere effettuata. Il potere di veto di cui al comma 3, è espresso nella forma di imposizione di specifiche prescrizioni o condizioni ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi pubblici di cui al comma 3. Le delibere o gli atti o le operazioni adottate o attuate in violazione del presente comma sono nulli. Il Governo può altresì ingiungere alla società e all'eventuale controparte di ripristinare a proprie spese la situazione anteriore. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi le disposizioni di cui al presente comma, è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio.

5. L'acquisto a qualsiasi titolo da parte di un soggetto esterno all'Unione europea di partecipazioni in società che detengono gli attivi individuati come strategici ai sensi del comma 1, di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è oggetto dell'acquisto, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile e del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, è notificato entro dieci giorni alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, unitamente ad ogni informazione utile alla descrizione generale del progetto di acquisizione, dell'acquirente e del suo ambito di operatività. Per soggetto esterno all'Unione europea si intende qualsiasi persona fisica o giuridica, che non abbia la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo o che non sia comunque ivi stabilito.

6. Qualora l'acquisto di cui al comma 5 comporti una minaccia effettiva di grave pregiudizio agli interessi essenziali dello Stato di cui al comma 3, con decreto del Presidente del Consiglio adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri entro quindici giorni dalla notifica di cui al medesimo comma 5, l'efficacia dell'acquisto può essere condizionata all'assunzione da parte dell'acquirente di impegni diretti a garantire la tutela dei predetti interessi. In casi eccezionali di rischio per la tutela dei predetti interessi, non eliminabili attraverso l'assunzione degli impegni di cui al primo periodo, il Governo può opporsi, sulla base della stessa procedura, all'acquisto. Fino alla notifica e, successivamente, fino alla decorrenza del termine per l'eventuale esercizio del potere di opposizione o imposizione di impegni, i diritti di voto o comunque quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale connessi alle azioni o quote che rappresentano la partecipazione rilevante sono sospesi. Decorsi i predetti termini, l'operazione può essere effettuata. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi gli impegni imposti ai sensi del presente comma è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'operazione. In caso di esercizio del potere di opposizione l'acquirente non può esercitare i diritti di voto e comunque quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante e dovrà cedere le stesse azioni entro un anno. In caso di mancata ottemperanza il tribunale, su richiesta del Governo, ordina la vendita delle suddette azioni secondo le procedure di cui all'articolo 2359-ter del codice civile. Le deliberazioni assembleari eventualmente adottate con il voto determinante di tali azioni sono nulle.

7. I poteri speciali di cui ai commi 3 e 6 sono esercitati esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori. A tale fine il Governo considera, avuto riguardo alla natura dell'operazione, i seguenti criteri:

a) l'esistenza, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale desunti dalla natura delle loro alleanze o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad essi comunque collegati;

b) l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a garantire:

1) la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti;

2) il mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti.

8. Nel caso in cui le attività di rilevanza strategica individuate con i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui al comma 1 si riferiscono a società partecipate, direttamente o indirettamente, dal Ministero dell'economia e delle finanze, il Consiglio dei Ministri delibera ai fini dell'esercizio dei poteri speciali di cui ai commi 3 e 6, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze. Le notifiche di cui ai commi 2 e 5 sono rese al Ministero dell'economia e delle finanze.

9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le Autorità indipendenti di settore, ove esistenti, sono emanate disposizioni di attuazione del presente articolo. Fino all'adozione del medesimo decreto, le competenze inerenti le proposte per l'esercizio dei poteri speciali, di cui ai commi 3 e 6, e le attività conseguenti, di cui ai commi 4 e 6, sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze per le società da esso partecipate, ovvero, per le altre società, al Ministero dello sviluppo economico o al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, secondo i rispettivi ambiti di competenza.


Sintesi ed effetti

 

L’articolo 2 del decreto in esame reca la disciplina dei poteri speciali nei comparti dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Con disposizioni simili a quelle previste dall’articolo 1 del provvedimento per il comparto sicurezza e difesa, alla disciplina secondaria (decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) sono affidate le seguenti funzioni:

§      individuazione degli asset strategici nel settore dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni (comma 1);

§      esercizio dei poteri speciali (commi 3 e 6);

§      individuazione di ulteriori disposizioni attuative della nuova disciplina (comma 9).

I poteri speciali esercitabili nel settore dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni consistono nella possibilitàdi far valere il veto dell’esecutivo alle delibere, agli atti e alle operazioni concernenti asset strategici, in presenza dei requisiti richiesti dalla legge, ovvero imporvi specifiche condizioni; di porre condizioni all'efficacia dell'acquisto di partecipazioni da parte di soggetti esterni all’UE in società che detengono attivi “strategici” e, in casi eccezionali, opporsi all'acquisto stesso.

 

Le norme in esame, in rapporto alle tipologie di poteri esercitabili e alle loro modalità di esercizio, ripropongono – con alcune differenze - la disciplina prevista dall’articolo 1 in relazione alle società operanti nel comparto difesa e sicurezza, secondo quanto segnalato di seguito.

Si rimanda alla scheda di lettura del richiamato articolo 1, inoltre, per gli opportuni raffronti con la normativa vigente contenuta nel D.L. n. 332 del 1994 e nella legge finanziaria 2004.

Descrizione analitica

 

In particolare, il comma 1 dell’articolo in esame affida a norme secondarie (uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) l’individuazione delle reti e degli impianti, dei beni e dei rapporti da considerare come aventi rilevanza strategica per il settore dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni ai fini dell’attivazione dei poteri speciali.

 

Si osserva che la disposizione in commento non reca i criteri per l’individuazione degli asset da considerare “strategici” nei comparti considerati.

 

Per quanto riguarda il settore energetico, si ricorda che la legge 239/2004 all’articolo 1, comma 7, lettera i) attribuisce la competenza per l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici allo Stato, al fine di garantire la sicurezza strategica, ivi inclusa quella degli approvvigionamenti energetici e del relativo utilizzo, il contenimento dei costi dell'approvvigionamento energetico del Paese, lo sviluppo delle tecnologie innovative per la generazione di energia elettrica e l'adeguamento della strategia nazionale a quella comunitaria per le infrastrutture energetiche.

Al riguardo si ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza 11-14 ottobre 2005, n. 383[16] (Gazz. Uff. 19 ottobre 2005, n. 42 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità della citata lettera i), nella parte in cui non prevede che «l'individuazione delle infrastrutture e degli insediamenti strategici» da parte dello Stato avvenga d'intesa con le Regioni e le Province autonome interessate.

Sulla materia è intervenuto recentemente anche il D.L. 5/2012 (cd. “decreto semplificazioni”, approvato dalla Camera e attualmente all’esame del Senato, A.S. 3194) con l’articolo 57 e l’articolo 57-bis (introdotto alla Camera).

L’articolo 57 individua direttamente, con atto di rango legislativo, come strategici una serie di infrastrutture-insediamenti propri del settore energetico. La norma menziona: gli stabilimenti di lavorazione e stoccaggio di oli minerali, i depositi costieri di oli minerali, i depositi di carburante per aviazione siti nelle aree aeroportuali, i depositi di stoccaggio di prodotti petroliferi (escluso il GPL) di capacità superiore a 10.000 metri cubi, i depositi di stoccaggio di GPL di capacità non inferiore a 200 tonnellate, gli oleodotti facenti parte della rete nazionale degli oleodotti. La competenza regionale è tuttavia salvaguardata (anche in linea con la già citata sentenza n. 383/2005 della Corte costituzionale) dal meccanismo dell’intesa ai fini delle autorizzazioni.

L’articolo 57-bis introduce una nuova disposizione riguardo all’individuazione e all’aggiornamento biennale con DPCM delle infrastrutture energetiche strategiche nei settori dell’energia elettrica e del gas naturale.

Sulla medesima materia era intervenuto in precedenza l’articolo 3 del decreto legislativo 1 giugno 2011, n. 93[17], attuativo del cd. “terzo pacchetto energia” della UE, al quale l’articolo 57-bis mira a dare una prima attuazione.

Tale articolo disciplina le procedure per l’individuazione delle infrastrutture coerenti con la strategia energetica nazionale.

A differenza dell’articolo 3 del D.Lgs. 93/2011, il comma 1 dell’articolo 57-bis non prevede l’intesa con la Conferenza Unificata per l’adozione del DPCM. Per gli aggiornamenti biennali, invece, il comma 2 riconduce le procedure all’interno di quelle previste dall’articolo 3 del D.Lgs. 93/2011.

 

Sulla procedura e sull’individuazione dell’ambito oggettivo delle disposizioni riferite al settore energetico, si evidenzia l’opportunità di un chiarimento in ordine al coordinamento tra la normativa vigente e le disposizioni in esame.

 

I decreti sono adottati su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'interno e il Ministro degli affari esteri, oltre che con i Ministri competenti per settore e sono aggiornati ogni tre anni.

 

Analogamente, l’articolo 1 (comma 1) del decreto in commento demanda a uno o più D.P.C.M. l’individuazione di attività di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale in rapporto alle quali potranno essere attivati i poteri speciali e ne prevede l’aggiornamento ogni tre anni (comma 7). Rispetto alla normativa vigente, anche in tal caso non viene riproposto l’obbligo di previa comunicazione alle Commissioni parlamentari competenti (di cui all’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 332 del 1994).

 

I commi da 2 a 4 disciplinano le condizioni e le procedure per l’esercizio del potere di veto da parte dell’esecutivo.

 

In particolare, il comma 2 prevede l’obbligo di notificare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri qualsiasi delibera, atto o operazione, adottata da una società che detiene uno o più degli attivi “strategici” (ovvero le reti, gli impianti, i beni e i rapporti aventi rilevanza strategica, individuati con D.P.C.M.) che abbia i seguenti effetti:

§      modifiche della titolarità, del controllo o della disponibilità degli attivi;

§      cambiamento della loro destinazione, comprese le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione aventi ad oggetto la fusione o la scissione della società;

§      trasferimento all'estero della sede sociale;

§      il trasferimento dell'azienda o di rami di essa in cui siano compresi detti attivi o l'assegnazione degli stessi a titolo di garanzia.

La notifica deve avvenire entro dieci giorni e, comunque, prima che ne sia data attuazione.

Sono notificati nei medesimi termini le delibere dell'assemblea o degli organi di amministrazione concernenti il trasferimento di società controllate che detengono i predetti attivi.

 

I commi 4 e 5 dell’articolo 1 disciplinano gli aspetti procedurali dell'esercizio dei poteri speciali nel settore della difesa e della sicurezza nazionale: in particolare, ai fini dell'esercizio del potere di veto, le imprese operanti nel comparto devono notificare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri un’informativa completa sulla delibera o sull'atto da adottare; anche l’acquisizione di partecipazioni nelle stesse dev’essere tempestivamente notificata, affinché l’esecutivo possa porre condizioni all’acquisto ovvero opporsi al medesimo; a differenza di quanto previsto per i settori in commento, ai fini dell’esercizio del diritto di veto, all’articolo 1 rilevano anche il mutamento dell'oggetto sociale, lo scioglimento della società, le cessioni di diritti reali o di utilizzo relative a beni materiali o immateriali o l'assunzione di vincoli che ne condizionino l'impiego.

 

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (comma 3), adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, l’esecutivo può esprimere il veto alle delibere, agli atti e alle operazioni di cui al già illustrato comma 2, ovvero adottati da una società che detiene uno o più degli attivi “strategici” nel settore dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni e che abbiano le specifiche conseguenze - sugli asset medesimi o sulla società – precisate dalla legge.

La condizione per esercitare il potere di veto è che tali operazioni, atti e delibere diano luogo a una situazione eccezionale di minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.

Anche nei comparti analizzati, l’esercizio dei “poteri speciali” è affidato ad un provvedimento tipizzato, ovvero a un D.P.C.M.; inoltre, anche in questa ipotesi è una norma di rango primario che definisce le condizioni per la loro attivazione.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera b) del provvedimento in esame, il potere di veto dell’esecutivo nei settori della difesa e della sicurezza nazionale è esercitabile nei confronti di delibere dell’assemblea o degli organi di amministrazione di un'impresa “strategica” del comparto. Nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni esso si estende anche gli atti e alle operazioni posti in essere da una società che detiene attivi “strategici”; esso sembra dunque avere una portata più ampia.

 

Ai sensi del successivo comma 4, la predetta notifica è accompagnata da un’informativa completa, fornita al Governo, sulla delibera, atto o operazione in modo da consentire l'eventuale tempestivo esercizio del potere di veto. Entro quindici giorni dalla notifica, il Presidente del Consiglio dei Ministri comunica l'eventuale veto.

Le procedure individuate dalle norma in esame presentano sostanziali analogie con quelle previste per i comparti della difesa e della sicurezza.

Dalla notifica non deriva, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri né per la società l'obbligo di comunicazione al pubblico posti in capo agli emittenti e alle società quotate dal Testo Unico in materia di intermediazione finanziaria (articolo 114 del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58[18]).

Analogamente a quanto previsto dai commi 4 e 5 dell’articolo 1 del provvedimento in esame, ove si renda necessario richiedere informazioni alla società, tale termine è sospeso, per una sola volta, fino al ricevimento delle informazioni richieste, che sono rese entro il termine di dieci giorni.

Le richieste di informazioni successive alla prima non sospendono i termini.

Fino alla notifica e, comunque, fino al decorso dei termini previsti dal comma in esame (quindici giorni dalla notifica, o più giorni in caso di richiesta di informazioni all’impresa), le norme in esame dispongono la sospensione dell'efficacia della delibera, dell'atto o dell'operazione rilevante.

Tale sospensione non è invece prevista nella procedura indicata dall’articolo 1.

Decorsi i suddetti termini, l'operazione può essere effettuata.

Anche per il settore dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni si prevede la possibilità di graduare l’esercizio dei poteri speciali secondo un criterio di proporzionalità rispetto all’interesse pubblico tutelato (criterio che peraltro non viene esplicitamente richiamato come invece avviene al comma 3 dell’articolo 1, laddove il governo è chiamato a rispettare i principi di proporzionalità e ragionevolezza).

Si prevede infatti che il potere di veto possa venire espresso nella forma di imposizionedi specifiche prescrizioni o condizioni, ogniqualvolta ciò sia sufficiente ad assicurare la tutela degli interessi pubblici relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.

E’ prevista la nullità delle delibere, degli atti o delle operazioni adottate o attuate in violazione delle procedure descritte dal comma in esame; il Governo può altresì ingiungere alla società e all'eventuale controparte di ripristinare a proprie spese la situazione anteriore.

Salvo che il fatto costituisca reato, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria (analoga a quella indicata all’articolo 1) fino al doppio del valore dell'operazione, e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato cumulato realizzato dalle imprese coinvolte nell'ultimo esercizio per il quale sia stato approvato il bilancio, per chiunque non rispetti le disposizioni procedurali illustrate.

 

I commi 5 e 6 disciplinano i poteri speciali esercitabili in relazione all’acquisto da parte di soggetti esterni all’Unione Europea di partecipazioni rilevanti in società che detengono attivi di rilevanza strategica. Essi consistono nella possibilità di condizionare tale acquisto all’assunzione da parte dell’acquirente di specifici impegni, ovvero nella possibilità di opporsi all’acquisto.

 

In particolare, il comma 5 obbliga a notificare alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, entro dieci giorni, l'acquisto a qualsiasi titolo, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, di partecipazioni in società che detengono gli attivi “strategici”, ove l’acquisto sia di rilevanza tale da determinare l'insediamento stabile dell'acquirente, in ragione dell'assunzione del controllo della società la cui partecipazione è acquisita.

Le disposizioni in commento si riferiscono in particolare alla nozione di controllo societario di cui all'articolo 2359 del codice civile e, con un rinvio generico, al già citato Testo Unico sull’intermediazione finanziaria, di cui al D.Lgs. n. 58 del 1998 (TUF).

Il richiamato articolo 2359 del codice civile considera “società controllate”:

1)       le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2)       le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3)       le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta. Non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

L’articolo 93 del TUF reca una definizione più ampia di “controllo” per le società emittenti strumenti finanziari. Infatti, oltre a quelle indicate nel richiamato articolo 2359, primo comma, numeri 1 e 2, sono considerate “imprese controllate”:

a)       le imprese, italiane o estere, su cui un soggetto ha il diritto, in virtù di un contratto o di una clausola statutaria, di esercitare un'influenza dominante, quando la legge applicabile consenta tali contratti o clausole;

b)       le imprese, italiane o estere, su cui un socio, in base ad accordi con altri soci, dispone da solo di voti sufficienti a esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria.

Si considerano anche i diritti spettanti a società controllate o esercitati per il tramite di fiduciari o di interposte persone; non si considerano quelli spettanti per conto di terzi.

 

La notifica è accompagnata da ogni informazione utile alla descrizione generale del progetto di acquisizione, dell'acquirente e del suo ambito di operatività.

Le norme definiscono “soggetto esterno all'Unione europea” qualsiasi persona fisica o giuridica che non abbia la residenza, la dimora abituale, la sede legale o dell'amministrazione ovvero il centro di attività principale in uno Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, o che non sia comunque ivi stabilito.

 

Ai sensi del comma 6, condizione per l’esercizio del potere è che l’acquisto comporti una minaccia effettiva di grave pregiudizio agli interessi essenziali dello Stato relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti.

Rispetto alla formulazione della norma in esame, il precedente comma 3 subordina l’esercizio del potere di veto all’esistenza di una situazione eccezionale di minaccia effettiva di grave pregiudizio per i suddetti interessi (peraltro qualificati come pubblici e non essenziali); sembra dunque che la legge richieda condizioni più stringenti per l’attivazione del potere di veto dell’esecutivo nei confronti di delibere, atti e operazioni concernenti asset strategici, rispetto a quelle previste per esercitare i poteri di opposizione / apposizione di condizioni all’acquisto di partecipazioni di controllo.

In tale ipotesi, entro quindici giorni dalla notifica dell’acquisto, con D.P.C.M. adottato su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, l’esecutivo può:

§      condizionare l'efficacia dell'acquisto all'assunzione, da parte dell'acquirente, di impegni diretti a garantire la tutela degli interessi relativi alla sicurezza e al funzionamento delle reti e degli impianti e alla continuità degli approvvigionamenti;

§      in casi eccezionali di rischio per la tutela dei predetti interessi, non eliminabili attraverso l'assunzione dei predetti impegni, opporsi all'acquisto sulla base della stessa procedura.

Anche in tal caso (analogamente all’opposizione di cui all’articolo 1, comma 5 del provvedimento in esame) è prevista la sospensione dei diritti di voto o di quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale, connessi alle azioni o quote che rappresentano la partecipazione rilevante fino alla notifica e, successivamente, fino alla decorrenza del termine per l'eventuale esercizio del potere di opposizione o imposizione di impegni. Decorsi i predetti termini, l'operazione può essere effettuata.

Analoga è anche la sanzione: salvo che il fatto costituisca reato, chiunque non osservi gli impegni imposti ai sensi del presente comma è soggetto a una sanzione amministrativa pecuniaria fino al doppio del valore dell'operazione e comunque non inferiore all'uno per cento del fatturato realizzato in ciascuna impresa nell'ultimo esercizio chiuso anteriormente all'operazione.

Anche in tal caso, nel caso di esercizio del potere di opposizione all'acquirente è inibito l’esercizio dei diritti di voto e di quelli aventi contenuto diverso da quello patrimoniale connessi alle azioni che rappresentano la partecipazione rilevante; egli dovrà cedere le stesse azioni entro un anno. Nel caso di mancata ottemperanza il tribunale, su richiesta del Governo, ordina la vendita delle suddette azioni secondo le procedure di cui all'articolo 2359-ter del codice civile[19]. Si prevede la nullità delle deliberazioni assembleari eventualmente adottate con il voto determinante di tali azioni.

 

I poteri speciali si manifestano in modi sostanzialmente analoghi sia nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, sia nel comparto dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni (concretandosi nel potere di veto; di opposizione all’acquisto di partecipazioni, ovvero di apposizione di condizioni all’acquisto stesso) ma con seguenti principali differenze:

§       per il comparto della difesa e della sicurezza nazionale, la condizione per l’esercizio dei poteri è unica (minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi essenziali della difesa e della sicurezza nazionale), mentre per il comparto dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni essa è parzialmente diversa, secondo il tipo di potere attivabile (situazione eccezionale di minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi pubblici, per il potere di veto; minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli stessi interessi, per il potere di apporre condizioni all’acquisto di partecipazioni ovvero di opporvisi);

§       il potere di veto nel settore dei trasporti, dell’energia e delle comunicazioni copre non solo le delibere delle società che detengono beni strategici (come nel settore della difesa e della sicurezza), ma anche tutte le operazioni e gli atti – concernenti la società o gli asset – tali da minacciare pregiudizio per gli interessi pubblici.

 

Il comma 7 reca i criteri di esercizio dei poteri speciali.

Essi – come avviene per i settori della difesa e della sicurezza nazionale – sono dunque enucleati dalla norma di rango primario.

Tali poteri sono esercitati esclusivamente sulla base di criteri oggettivi e non discriminatori.

A tale fine il Governo considera, avuto riguardo alla natura dell'operazione, i seguenti criteri:

1.    tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell'Unione europea, l'esistenza di motivi oggettivi che facciano ritenere possibile la sussistenza di legami fra l'acquirente e paesi terzi che non riconoscono i principi di democrazia o dello Stato di diritto, che non rispettano le norme del diritto internazionale o che hanno assunto comportamenti a rischio nei confronti della comunità internazionale desunti dalla natura delle loro alleanze o hanno rapporti con organizzazioni criminali o terroristiche o con soggetti ad essi comunque collegati;

2.    l'idoneità dell'assetto risultante dall'atto giuridico o dall'operazione, tenuto conto anche delle modalità di finanziamento dell'acquisizione e della capacità economica, finanziaria, tecnica e organizzativa dell'acquirente, a garantire:

a)   la sicurezza e la continuità degli approvvigionamenti;

b)   il mantenimento, la sicurezza e l'operatività delle reti e degli impianti.

 

Ai sensi del comma 8 (con norma analoga a quella dell’articolo 1, comma 6 del provvedimento in esame), ove le attività di rilevanza strategica individuate con D.P.C.M. si riferiscono a società partecipate, direttamente o indirettamente, dal Ministero dell'economia e delle finanze, ai fini dell'esercizio dei poteri speciali il Consiglio dei Ministri delibera su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze; ad esso sono rese le notifiche prescritte dalle norme in esame.

 

Infine, il comma 9 demanda l’ulteriore disciplina attuativa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro degli affari esteri, il Ministro dell'interno, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentite le Autorità indipendenti di settore, ove esistenti.

Fino all'adozione del predetto decreto, le competenze inerenti le proposte per l'esercizio dei poteri speciali e le attività conseguenti sono attribuite al Ministero dell'economia e delle finanze per le società da esso partecipate, ovvero, per le altre società, al Ministero dello sviluppo economico o al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, secondo i rispettivi ambiti di competenza.


 

Articolo 3
(Abrogazioni e norme generali e transitorie)


1. Fatti salvi l'articolo 1, comma 1, lettera c), e l'articolo 2, comma 6, l'acquisto, a qualsiasi titolo, da parte di un soggetto esterno all'Unione europea, quale definito dall'articolo 1, comma 1, lettera c), di partecipazioni in società che detengono uno o più degli attivi individuati come strategici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 2, comma 1, è consentito a condizione di reciprocità.

2. L'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni, è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore del primo dei decreti di cui all'articolo 1, comma 1, e di cui all'articolo 2, comma 1. Gli amministratori senza diritto di voto eventualmente nominati ai sensi della predetta disposizione e in carica alla data della sua abrogazione cessano alla scadenza del mandato.

3. Cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 1, comma 1, le disposizioni attributive dei poteri speciali contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 28 settembre 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 1999, e nei decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 8 novembre 1999 e le clausole statutarie incompatibili con la presente disciplina in materia di poteri speciali.

4. Cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti di cui all'articolo 2, comma 1, le disposizioni attributive dei poteri speciali di cui ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 17 settembre 1999 e in data 23 marzo 2006 e nei decreti del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in data 17 settembre 1999 e del Ministro dell'economia e delle finanze in data 17 settembre 2004, pubblicati, rispettivamente nelle Gazzette Ufficiali n. 225 del 24 settembre 1999, n. 79 del 4 aprile 2006, n. 237 dell'8 ottobre 1999 e n. 234 del 5 ottobre 2004. Cessano altresì di avere efficacia a partire dalla stessa data le clausole in materia di poteri speciali presenti negli statuti societari.

5. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: "Le società operanti nei settori di cui all'articolo 2" sono sostituite dalle seguenti: "Le società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni";

b) le parole: "per le società di cui all'articolo 2" sono sostituite dalle seguenti: "per le società operanti nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, dei trasporti, delle comunicazioni, dell'energia.".

6. All'articolo 119, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1, annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera c) è inserita la seguente: "c-bis) i provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;".

7. All'articolo 133, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, dopo la lettera z-quater) è aggiunta, in fine, la seguente: "z-quinquies) le controversie relative all'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;".

8. All'articolo 135, comma 1, del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, la lettera h) è sostituita dalla seguente: "h) le controversie relative all'esercizio dei poteri speciali inerenti alle attività di rilevanza strategica nei settori della difesa e della sicurezza nazionale e nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni;".


Sintesi ed effetti

 

L'articolo 3 reca norme generali, transitorie e le necessarie abrogazioni, nonché disposizioni in materia di tutela giurisdizionale dinanzi al giudice amministrativo

In particolare, si prevede una condizione di reciprocità operante per l'acquisto, da parte di un soggetto estraneo all'Unione europea, di partecipazioni in società che detengono attivi di rilevanza strategica.

È quindi abrogata la disciplina dei poteri speciali indicata dall'articolo 2 del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, la qualeha luogo a decorrere dalla data di entrata in vigore del primo dei DPCM attuativi della nuova disciplina. Nelle more, si dispone che gli amministratori senza diritto di voto nominati ai sensi della predetta disciplina e in carica alla data della sua abrogazione cessano alla scadenza del mandato.

A decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti attuativi di cui all’art.1, comma 1 e 2, comma 1, cessano altresì di avere efficacia le disposizioni attributive dei poteri speciali contenute nei D.P.C.M. di attuazione del decreto-legge n. 332 del 1994[20], nonché le relative clausole in materia di poteri speciali contenuti negli statuti societari.

L’articolo novella, inoltre, l'articolo 3, comma 1, del citato decreto-legge n. 332/94, prevedendo che la facoltà di introdurre nello statuto societario un limite massimo di possesso azionario trovi applicazione con riferimento alle società a controllo diretto o indiretto pubblico operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni e non più genericamente alle società operanti nei settori dei servizi pubblici in via di privatizzazione.

 S’introducono, infine, alcune novelle al codice del processo amministrativo, volte a estendere il rito abbreviato e la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (TAR del Lazio) ai provvedimenti adottati nell'esercizio dei poteri speciali nei settori disciplinati dal decreto-legge.

Descrizione analitica

Comma 1 - Condizione di reciprocità

 

L’articolo 3 introduce, al comma 1, la previsione di una condizione di reciprocità per l’acquisto di partecipazioni in società che detengono attivi di rilevanza strategica da parte di un soggetto esterno all’Unione europea.

Ai fini della definizione di soggetto esterno si fa rinvio all’articolo 1, comma 1, lettera c) del provvedimento, relativo all’opposizione all’acquisto di partecipazioni azionarie in società operanti nel settore della difesa e della sicurezza nazionale da parte di “un soggetto diverso dallo Stato italiano, enti pubblici italiani o soggetti da questi controllati”.

 

Si osserva che la condizione di reciprocità che viene inserita dal comma in esame riguarda esclusivamente i soggetti esterni all’Unione europea.

 

La norma appare dunque in linea con gli orientamenti giurisprudenziale costantemente espressi della Corte di Giustizia, che hanno escluso l’ammissibilità dell’introduzione di una condizione di reciprocità per i paese intra UE[21].

 

La condizione di reciprocità opera fermo restando il potere speciale di opposizione relativo sia all’acquisto di partecipazioni in un’impresa operante nei settori di rilevanza strategica per la difesa e la sicurezza nazionale da parte di un soggetto esterno allo Stato italiano, laddove ciò risulti pregiudizievole per la sicurezza nazionale, sia all’acquisto da parte di un soggetto estraneo all’Unione europea di società detenenti attivi individuati come strategici nei settori dell’energia , dei trasporti e delle comunicazioni.

 

Commi 2-4 - Abrogazioni

 

In conseguenza della nuova disciplina sui poteri speciali introdotta dagli articoli 1 e 2, l’articolo in esame dispone, al comma 2, l’abrogazione della disciplina di cui all’articolo 2 del decreto-legge n. 332/1994, relativa ai poteri speciali che l’azionista pubblico può introdurre negli statuti delle società operanti nei settori dei servizi pubblici prima di ogni atto che determini su di esse la perdita del controllo.

L’abrogazione decorre dalla data di entrata in vigore dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri che - ai sensi dell’articolo 1, comma 1 e dell’articolo 2, comma 1 – individuano gli ambiti di rilevanza strategica per il sistema di difesa e sicurezza nazionale e i poteri speciali che sulle società operanti in tali settori sono esercitati dall’azionista pubblico, e dei decreti che individuano le reti e gli impianti e i rapporti di rilevanza strategica per il settore dell’energia e dei trasporti e della comunicazioni in cui sono esercitati i poteri speciali.

Gli amministratori senza diritto di voto eventualmente nominati ai sensi della predetta disposizione e in carica alla data della sua abrogazione cessano alla scadenza del mandato.

 

Conseguentemente, i commi 3 e 4 dispongono che – a decorrere dalla medesima data di adozione dei nuovi D.P.C.M. di attuazione della nuova disciplina in esame, - cessano di avere efficacia i provvedimenti attributivi al Ministero dell’economia e finanze dei poteri speciali nella disciplina statutaria delle seguenti società:

§      Finmeccanica S.p.A.: D.P.C.M. 28 settembre 1999 e D.M. 8 novembre 1999 (comma 3);

§      ENEL S.p.A.: D.P.C.M. 17 settembre 1999 e DD.MM. 17 settembre 1999 e D.M. 17 settembre 2004 (comma 4);

§      SNAM RETE GAS S.p.A.: D.P.C.M. 23 marzo 2006 (comma 4).

 

Il comma 3, riferito alla società Finmeccanica, dispone, inoltre, che cessano di avere efficacia le clausole statutarie incompatibili con la nuova disciplina in materia di poteri speciali.

Il comma 4, che richiama i decreti riferiti alle società ENEL e SNAM RETE GAS, reca una disposizione di cessazione dell’efficacia delle clausole statutarie in materia di poteri speciali presenti negli statuti societari, la quale non reca tuttavia il riferimento al criterio di incompatibilità con la nuova disciplina in materia di poteri speciali, contenuto invece nel comma 3.

Peraltro tale norma, essendo contenuta in un periodo distinto rispetto a quello, precedente, relativo alla cessazione di efficacia dei decreti relativi ad Enel e Snam rete gas, sembra potersi configurare come una clausola di chiusura di carattere generale, che troverebbe pertanto applicazione con riferimento a tutte le società nei cui statuti sono contemplati poteri speciali dell’azionista pubblico.

Al riguardo, andrebbe comunque acquisito un chiarimento da parte del Governo in ordine al novero delle società interessate dalla disposizione.

Occorre, infatti, considerare che tra i decreti di cui si dispone la cessazione dell’efficacia delle predette clausole non sono richiamati, ad esempio, quelli relativi ai poteri speciali introdotti all’interno dello statuto di Eni spa.

 

In via generale, le norme in esame – abrogando il nucleo centrale della disciplina generale sui poteri speciali e disponendo altresì la cessazione dell’efficacia dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri riguardanti i poteri speciali previsti in sede di privatizzazione delle predette società e delle clausole successivamente inserite nei relativi statuti – intendono conformarsi ai rilievi espressi dalla Commissione europea nel parere reso il 16 febbraio 2011, in base al quale le predette norme sono state ritenute lesive della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali garantite dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

 

Si segnala che in base al disposto del comma 2, nell’ordinamento continuerebbero a rimanere vigenti ulteriori norme introdotte dalla legge n. 350/2003 (legge finanziaria 2004) a completamento della disciplina sulla golden share contenuta nell’articolo 2 del D.L. n. 332/1994, oggetto di abrogazione da parte del decreto-legge in esame.

Andrebbe pertanto valutato, anche in base al principio della chiarezza dei testi normativi di cui all’articolo 13-bis, comma 1, lettera a) della legge n. 400/1988, l’opportunità di procedere all’abrogazione esplicita, o eventualmente al coordinamento con la nuova disciplina, dei commi 228-231 dell’articolo 4, della legge n. 350/2003, nonché del D.P.C.M. del 10 giugno 2004, come modificato dal successivo D.P.C.M. del 20 maggio 2010. Occorre, infatti, tenere presente che nel parere motivato espresso dalla Commissione europea in data 16 febbraio 2011 sono indicati – quale oggetto di censure – anche i citati commi 228-231, sebbene non sia chiaro se, in sede di ricorso, peraltro ancora non formalizzato, alla Corte di Giustizia UE, il suddetto parere sia stato integralmente riproposto. Si ravvisa in proposito l’opportunità di acquisire un chiarimento da parte del Governo.

 

Comma 5: limite massimo al possesso azionario in società a controllo pubblico

 

Il comma 5 interviene sul potere di introdurre un limite massimo del 5 per cento al possesso azionario per i soci delle società direttamente o indirettamente controllate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici, sancito nell’articolo 3, comma 1 del D.L. n. 332/19994, modificandone l’ambito soggettivo di applicazione.

 

In particolare, attraverso una modifica al citato articolo 3, comma 1, si prevede che il potere di introdurre il predetto limite trovi applicazione – oltre che alle banche e alle imprese di assicurazione oggetto di controllo diretto o indiretto pubblico, già previste dalla formulazione originaria della norma – anche alle società operanti nei settori della difesa, della sicurezza nazionale, dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni a controllo diretto o indiretto pubblico, e non più genericamente alle società operanti nei settori dei servizi pubblici in via di privatizzazione.

 

Il comma 1 dell’articolo 3 del D.L. n. 332/1994, nella formulazione precedente alla modifica apportata dal provvedimento in esame, prevedeva – attraverso un richiamo alle società di cui all’articolo 2 del D.L. n. 332/19994 - che la possibilità di inserire negli statuti un limite massimo del 5 per cento al possesso azionarionei confronti del singolo socio, del suo nucleo familiare (comprendente il socio stesso, il coniuge non separato legalmente e i figli minori) e del gruppo di appartenenza operasse per le societàsvolgenti attività nel settore dei servizi pubblici in via di privatizzazione, delle banche e delle imprese di assicurazionecontrollate dallo Stato o da enti pubblici anche territoriali ed economici.

Inoltre, si ricorda che l’articolo 3, comma 1 - nella parte non modificata dal provvedimento in esame e pertanto vigente - prevede che il suddetto limite del 5 percento trovi applicazione anche ai soggetti che, direttamente o indirettamente, aderiscono a patti parasociali che coinvolgono almeno il 10 per cento del capitale di società quotate o il 20 per cento del capitale di società non quotate. Ai sensi dell’articolo 3, comma 2, il superamento del limite così stabilito comporta il divieto di esercitare il diritto di voto e i diritti non aventi contenuto patrimoniale per le partecipazioni che eccedono il limite stesso. Ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 3, le clausole statutarie che sanciscono il limite del 5 per cento al possesso azionario non sono modificabili per un periodo di tre anni. Inoltre, la clausola con cui si impone un limite al possesso azionario decade se il limite sia superato per effetto di un’offerta pubblica di acquisto da cui derivi l’assunzione della maggioranza dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria.

A tal proposito, si ricorda altresì che la disciplina sui limiti massimi di possesso azionario è stata successivamente integrata in maniera significativa dalla normativa, contenuta nella legge finanziaria 2006 (legge n. 266/2005, art. 1, commi 381-384), sulla cd. poison pill, la quale ha introdotto la facoltà per le società in cui lo Stato detenga una partecipazione rilevante di emettere azioni e strumenti finanziari partecipativi che attribuiscono il diritto a chiedere l’emissione di nuove azioni o strumenti partecipativi muniti di diritto di voto. Ai sensi di tale disciplina, l’inserimento della c.d. poison pill si pone essenzialmente quale alternativa al limite del 5 per cento del possesso azionario di cui all’articolo 3 del D.L. n. 332/1994. Infatti, la previsione del limite massimo del possesso azionario cessa di avere effettouna volta introdotta nell’ambito delle norme statutarie la suddetta “poison pill”.

Infine, si ricorda che - ai sensi dell’articolo 4 del decreto-legge n. 332/1994 - si prevede che laddove sia inserita la clausola relativa al limite del possesso azionario di cui all’articolo 3, l’elezione degli amministratori abbia luogo mediante voto di lista. Questa clausola è rivolta a tutelare le minoranze azionarie: alle liste di minoranza deve essere infatti riservato complessivamente almeno un quinto degli amministratori e un rappresentante del collegio sindacale.

 

Commi 6-8. Giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo

 

I commi 6, 7 e 8 dell’articolo 3 novellano il Codice del processo amministrativo attribuendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (ed alla competenza inderogabile del Tar di Roma) le controversie relative ai provvedimenti adottati nell’esercizio dei poteri speciali attinenti alle attività di rilevanza strategica nei settori difesa, sicurezza nazionale, energia, trasporti e comunicazioni. Per tali controversie il legislatore prevede l’applicazione del rito abbreviato.

 

Le controversie cui si riferiscono i tre commi in commento attengono all’esercizio di poteri in attività di rilevanza strategica, che dovranno essere individuate con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dunque, il legislatore si limita a prevedere in astratto la competenza del giudice amministrativo, in quanto la determinazione concreta dei poteri speciali è rimessa ad un atto del potere esecutivo.

Peraltro, ciò non pare contrastare con l’interpretazione che la Corte costituzionale ha dato dell’art. 25, primo comma, della Costituzione (riserva di legge per la precostituzione del giudice naturale): dopo una prima fase, infatti, nella quale la Corte affermava che spetta esclusivamente alla legge stabilire direttamente «senza la intermediazione di altre autorità» le competenze spettanti a ciascun giudice[22], la Consulta è stata molto più elastica ritenendo il principio della riserva di legge rispettato anche quando il giudice sia stato designato «attraverso atti di soggetti ai quali sia stato attribuito il relativo potere nel rispetto della riserva di legge». La stessa Corte ha poi aggiunto che è «sufficiente che la legge determini criteri oggettivi e generali, capaci di costituire un discrimen della competenza o della giurisdizione di ogni giudice»[23].

 

In particolare, il comma 6 interviene sull’articolo 119 del Codice, che disciplina il rito abbreviato, per prevederlo anche per i giudizi sull’esercizio dei poteri speciali (nuova lettera c-bis)).

 

Si ricorda che nell’art. 119 del Codice sono confluite le disposizioni originariamente contenute nell’art. 23-bis della legge sui TAR, con l’inserimento di un maggior numero di materie.

Il rito si caratterizza per il dimezzamento di tutti i termini processuali, salvo quelli per l'introduzione delle domande in primo grado (ricorso, motivi aggiunti, ricorso incidentale) e quelli per la notifica e il deposito dell'appello cautelare (avverso l'ordinanza cautelare) ai sensi dell'art. 62, comma 1.

Se in udienza cautelare il collegio ritiene che il ricorso presenta profili sia di fumus che di periculum, viene con ordinanza fissata l'udienza di merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termie di trenta giorni dal deposito dell'ordinanza. Se poi ne ricorrono i presupposti, la causa può essere definita con sentenza in forma semplificata già in esito all'udienza cautelare.

Fuori da tale ipotesi, se la domanda cautelare viene respinta, il ricorso perde la corsia preferenziale per la fissazione del merito e dunque il rito non differisce nel suo svolgimento da un rito ordinario, se si eccettua il dimezzamento dei termini che si applica comunque.

L’articolo 119 disciplina inoltre:

§       la pubblicazione anticipata del dispositivo;

§       l'appello sul dispositivo e sulla sentenza, prevedendo per l'impugnazione del dispositivo un unico termine di trenta giorni decorrente dalla sua pubblicazione. La successiva motivazione va impugnata entro trenta giorni dalla notificazione della sentenza o entro tre mesi dalla sua pubblicazione. Tali termini si osservano anche se è impugnata direttamente la sentenza. L'appello avverso il dispositivo è, come già in passato, un appello cautelare, finalizzato alla sospensione del dispositivo medesimo;

§       l’estensione del rito abbreviato ai giudizi di impugnazione.

 

Il comma 7 interviene sull’articolo 133 del codice del processo amministrativo – che raggruppa in un lungo elenco le ipotesi di giurisdizione esclusiva disseminate nella legislazione prima dell’emanazione del Codice - per inserire (nuova lett. z-quinquies) anche le controversie sull’esercizio dei poteri speciali tra le materie di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

 

Il comma 8 sostituisce la lettera h) dell’art. 135 del Codice, per affermare la competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma sulle controversie relative all’esercizio dei poteri speciali.


 

Articolo 4
(Clausola di invarianza finanziaria)

 

1. Dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. Le attività previste dal presente decreto sono svolte dalle Amministrazioni interessate nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

 

 

L'articolo 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

Si stabilisce quindi che le attività previste dal presente decreto-legge sono svolte dalle Amministrazioni interessate nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.


 

Articolo 5
(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

 

 

L'articolo 5 prevede l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale,


Profili finanziari
(a cura del Servizio Bilancio dello Stato)

 

La relazione tecnica afferma che il provvedimento in esame non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, in quanto esso è finalizzato esclusivamente a modificare la normativa già esistente al fine di:

§      predisporre la disciplina relativa ai criteri in base ai quali è valutata l'esistenza di una minaccia effettiva di grave pregiudizio per gli interessi della sicurezza nazionale;

§      rimodulare gli aspetti procedurali attinenti all'esercizio dei poteri speciali e alle conseguenze che derivano dagli stessi o dalla loro violazione;

§      prevedere poteri speciali inerenti agli attivi strategici nei settori dell'energia, dei trasporti e delle comunicazioni.

Il provvedimento si rende necessario a fronte della decisione di deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia dell'Unione europea, a seguito dell'apertura da parte della Commissione europea, nel novembre 2009, di una procedura d'infrazione (n. 2009/2255) in ordine alla vigente disciplina generale italiana dei poteri speciali attribuiti allo Stato nell'ambito delle società privatizzate, ritenuta lesiva della libertà di stabilimento e della libera circolazione dei capitali garantite dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Con il decreto-legge in esame potrà essere evitato un’eventuale sentenza di condanna della Corte di giustizia e la conseguente irrogazione di sanzioni pecuniarie, laddove si arrivasse ad un secondo deferimento alla Corte.

 

 

Nulla da osservare in merito ai profili di quantificazione.

Si ricorda infine che il provvedimento è corredato di clausola di invarianza finanziaria che prevede che dallo stesso non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e che le attività ivi previste siano svolte dalle Amministrazioni interessate nell’ambito delle risorse umane finanziare e strumentali disponibili a legislazione vigente.


 

 



[1]     In particolare la Corte, con sentenza del 26 marzo 2009, ha condannato l’Italia per le disposizioni dell’art.1, comma 2, del D.P.C.M. 10 giugno 2004, di attuazione della normativa generale e recante la definizione dei criteri di esercizio dei poteri speciali. Per un approfondimento della giurisprudenza della Corte in materia cfr. oltre.

[2]     Comunicazione della Commissione relativa ad alcuni aspetti giuridici attinenti agli investimenti intracomunitari (97/C 220/06), pubblicata nella Gazzetta ufficiale CE n. C 220 del 19 luglio 1997.

[3]     Convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, Norme per l'accelerazione delle procedure di dismissione di partecipazioni dello Stato e degli enti pubblici in società per azioni.

[4]     L’individuazione dei requisiti per la qualifica di “società di interesse nazionale” – che poter essere oggetto di acquisizione deve comunque risultare in una stabile situazione di equilibrio finanziario, patrimoniale ed economico ed essere caratterizzata da adeguate prospettive di redditività - è stata effettuata dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 3 maggio 2011. Al di fuori dei settori sopra indicati, sono considerate di rilevante interesse nazionale le società che possiedono un fatturato annuo netto non inferiore a 300 milioni di euro e un numero medio di dipendenti nel corso dell'ultimo esercizio non inferiore a 250 (qualora rientri nel 20% di tali valori, l'attività della società deve risultare rilevante in termini di indotto e di benefici del sistema economico-produttivo del Paese, anche in termini di presenza sul territorio di stabilimenti produttivi). Con il comunicato stampa del 22 giugno 2011, il cda di Cassa depositi e prestiti ha approvato la costituzione della società per azioni per l’assunzione di partecipazioni strategiche (“Fondo Strategico Italiano”); il successivo 27 luglio ha annunciato l’approvazione del relativo statuto. Il 30 novembre u.s. Cassa Depositi e Prestiti ha deliberato la sottoscrizione di 4 miliardi di euro di aumenti di capitale del Fondo Strategico Italiano (FSI). Grazie all’ingresso di altri soci - enti pubblici, fondazioni di origine bancaria, banche, assicurazioni, casse previdenziali e altri investitori istituzionali, anche esteri - la dimensione di FSI si attesterà a circa 7 miliardi di euro.

[5]     Sentenza della Corte di Giustizia del 23 maggio 2000 nella causa C-58/99, Commissione contro Italia.

[6]     L’articolo 2359-ter del codice civile demanda all’assemblea l’individuazione delle modalità con le quali devono essere alienate le azioni o quote della società controllante acquistate dalla società controllata in violazione dei limiti stabiliti dall’articolo 2359-bis “Acquisto di azioni o quote da parte di società controllate”.

[7]     Ai sensi del comma 5 dell’articolo 122 del D.Lgs. n. 58/1998 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria) gli obblighi previsti dall’articolo medesimo in relazione ai patti parasociali si applicano ai patti, in qualunque forma stipulati:

a)    che istituiscono obblighi di preventiva consultazione per l'esercizio del diritto di voto nelle società con azioni quotate e nelle società che le controllano;

b)    che pongono limiti al trasferimento delle relative azioni o di strumenti finanziari che attribuiscono diritti di acquisto o di sottoscrizione delle stesse;

c)     che prevedono l'acquisto delle azioni o degli strumenti finanziari previsti dalla lettera b);

d)    aventi per oggetto o per effetto l'esercizio anche congiunto di un'influenza dominante su tali società;

d-bis)   volti a favorire o a contrastare il conseguimento degli obiettivi di un'offerta pubblica di acquisto o di scambio, ivi inclusi gli impegni a non aderire ad un'offerta.

[8]     Secondo quanto previsto dai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 122 del D.Lgs. n. 58/1998 (Testo unico in materia di intermediazione finanziaria), i patti parasociali, individuati dall’articolo medesimo, in qualunque forma stipulati, sono: a) comunicati alla CONSOB; b) pubblicati per estratto sulla stampa quotidiana; c) depositati presso il registro delle imprese del luogo ove la società ha la sede legale; d) comunicati alle società con azioni quotate.

[9]     Cfr., sul punto, comunicato stampa IP/05/1270 del 13 ottobre 2005.

[10]    La sentenza citata è disponibile all’indirizzo:

http://curia.europa.eu/juris/celex.jsf?celex=62007CJ0326&lang1=it&type=NOT&ancre=

[11]    Occorre ricordare che la Corte di giustizia, nei paragrafi 28-31 della richiamata sentenza, ha preliminarmente circoscritto l’ambito del proprio giudizio. Essa ha rilevato infatti come la Commissione europea abbia contestato non tanto i criteri contenuti nel decreto del 2004, quanto invece i poteri speciali istituiti dal decreto legge n. 332/1994, mirando a farli dichiarare non conformi al diritto comunitario. Tuttavia, sebbene la Commissione europea abbia sviluppato argomenti critici riguardo ai poteri speciali posti in essere dal decreto legge n. 332/1994, essa non li ha rimessi in questione, contestando soltanto i criteri che consentono il loro esercizio.

Di conseguenza, poiché l’asserito inadempimento riguardava solo i criteri definiti dall’articolo 1, comma 2, del decreto del 2004, la Corte si è pronunciata unicamente sulla conformità di questa disposizione con il diritto comunitario.

[12]    Per consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia, infatti, i poteri d’intervento di uno Stato membro (come i poteri di opposizione) costituiscono un grave pregiudizio alla libera circolazione dei capitali, se le relative condizioni di esercizio sono determinate da criteri non subordinati ad alcuna condizione, salvo un riferimento generico alla tutela degli interessi nazionali e senza che vengano precisate le circostanze specifiche e obiettive in cui tali poteri verranno esercitati.

[13]    In particolare, per l’esercizio di tali poteri, il D.P.C.M. del 2004 richiedeva il verificarsi delle seguenti circostanze:

a)    grave ed effettivo pericolo di approvvigionamento nazionale minimo di prodotti petroliferi ed energetici, nonché di erogazione dei servizi connessi e conseguenti e, in generale, di materie prime e di beni essenziali alla collettività, nonché di un livello minimo di servizi di telecomunicazione e di trasporto;

b)    grave ed effettivo pericolo in merito alla continuità di svolgimento dell'esercizio di un servizio pubblico, nonché al perseguimento della missione affidata alla società nel campo delle finalità di interesse pubblico;

c)     grave ed effettivo pericolo per la sicurezza degli impianti e delle reti nei servizi pubblici essenziali;

d)    grave ed effettivo pericolo per la difesa nazionale, la sicurezza militare, l'ordine pubblico e la sicurezza pubblica;

e)    emergenze sanitarie.

[14]    La Corte di giustizia ha stabilito che la libera circolazione dei capitali può essere limitata da provvedimenti nazionali giustificati da ragioni imperative di interesse generale – nei limiti posti, dal Trattato con particolare riferimento al principio di proporzionalità - purché non esistano misure comunitarie di armonizzazione che indichino i provvedimenti necessari a garantire la tutela di tali interessi. Ha altresì precisato che a seconda delle circostanze alcune preoccupazioni potrebbero giustificare il mantenimento da parte degli Stati membri di un grado di influenza all’interno di imprese inizialmente pubbliche e successivamente privatizzate qualora esse siano attive in settori che comportano la prestazione di servizi di interesse pubblico o di servizi strategici. Tuttavia, gli argomenti di pubblica sicurezza non possono giustificare l’introduzione di misure suscettibili di limitare le libertà fondamentali del Trattato se gli stessi obiettivi possono essere raggiunti con mezzi meno restrittivi. La pubblica sicurezza può pertanto essere invocata soltanto in caso di minaccia effettiva e grave ad uno degli interessi fondamentali della collettività.

[15]http://www.cassaddpp.it/cdp/Areagenerale/Informazionifinanziarie/Partecipazioni/Societanonquotate/FondoStrategicoItaliano/index.htm

[16]    Per approfondimenti si veda il link alla sentenza n. 383 del 2005.

[17]    “Attuazione delle direttive 2009/72/CE, 2009/73/CE e 2008/92/CE relative a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, del gas naturale e ad una procedura comunitaria sulla trasparenza dei prezzi al consumatore finale industriale di gas e di energia elettrica, nonché abrogazione delle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE”.

[18]    L’articolo 114 del TUB reca la disciplina delle comunicazioni al pubblico rese dagli emittenti quotati e dalle società controllate. Si tratta delle norme che concernono la comunicazione al pubblico delle cd. “informazioni privilegiate” riguardanti gli emittenti e le società controllate, e cioè le informazioni di carattere preciso concernenti, direttamente o indirettamente, uno o più emittenti strumenti finanziari o uno o più strumenti finanziari, e che, se rese pubbliche, potrebbero influire in modo sensibile sui prezzi di tali strumenti finanziari. Tali obblighi di comunicazione investono altresì l’assunzione di partecipazioni rilevanti, i patti parasociali e il compimento di operazioni da parte di emittenti o loro organi apicali.

[19]    Per effetto del rinvio, le azioni dovranno essere alienate secondo modalità da determinarsi dall'assemblea, entro un anno dal loro acquisto.

In mancanza, la società controllante deve procedere senza indugio al loro annullamento e alla corrispondente riduzione del capitale, con rimborso. Qualora l'assemblea non provveda, gli amministratori e i sindaci devono chiedere che la riduzione sia disposta dal tribunale.

[20]    D.P.C.M. 28 settembre 1999 recante Disposizioni per l'attuazione di poteri speciali al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in tema di privatizzazione della Finmeccanica S.p.a.

D.P.C.M. 23 marzo 2006 recante Individuazione di SNAM RETE GAS S.P.A., quale società nel cui statuto introdurre i poteri speciali

D.M. 17 settembre 1999 recante Individuazione del contenuto della clausola statutaria, da inserire negli statuti di ENEL S.p.a., ENEL Produzione S.p.a., Terna S.p.a. ed ENEL Distribuzione S.p.a., che attribuisce al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica la titolarità dei poteri speciali ai sensi dell'art. 2 del D.L. 31 maggio 1994, n. 332, convertito in L. 30 luglio 1994, n. 474

D.M. 17 settembre 2004 recante Individuazione del contenuto della clausola da inserire nello statuto di ENEL S.p.a., che attribuisce al Ministro dell'economia e delle finanze la titolarità dei poteri speciali, ai sensi dell'art. 2, comma 1-bis, del D.L. 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, nella L. 30 luglio 1994, n. 474

[21]    A tale proposito si ricorda la vicenda relativa agli specifici poteri speciali nelle società del settore energetico (elettricità e gas) - introdotti con l’articolo 1 del decreto legge n. 192/2001 (legge n. 301/2001) e poi abrogati - che prevedevano la sospensione automatica dei diritti di voto per le partecipazioni superiori al 2% del capitale sociale acquisite in imprese nazionali del settore dell’elettricità e del gas da imprese straniere a controllo pubblico operanti nel medesimo settore, quando tali partecipazioni fossero acquisite da imprese pubbliche non quotate in mercati finanziari regolamentati e già titolari di una posizione dominante nel proprio mercato nazionale.

Con sentenza del 2 giugno 2005 (causa C-174/04), la Corte di giustizia dichiarava che con tali norme l’Italia veniva meno agli obblighi su di essa incombenti ai sensi dell’art. 56 TCE, in quanto siffatta normativa aveva per effetto di dissuadere le imprese pubbliche aventi sede in altri Stati membri dall’acquisire di azioni in società nazionali.

In data 14 maggio 2005 l’Italia ha dunque adottato il D.L. n. 81 (legge n. 131/2005), il quale, ha modificato la norma nel senso di escludere l’applicazione della sospensione automatica dei diritti di voto verso quei soggetti, controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell'Unione europea o dalle sue amministrazioni pubbliche, titolari nel proprio mercato nazionale di una posizione dominante, e dei quali le competenti Autorità avessero avviato le procedure per la privatizzazione, qualora fossero definite con il Governo italiano intese per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e per l'apertura del mercato, a condizioni di reciprocità.

La Commissione ha ritenuto tali modifiche ugualmente contrarie al diritto comunitario e dunque non sufficienti per dare piena attuazione alla sentenza della Corte. Di conseguenza, dopo una lettera di costituzione in mora, la Commissione ha emesso un parere motivato con il quale ha chiesto formalmente all’Italia di conformarsi alla sentenza della Corte.

La legge 1° agosto 2006, n. 242, ha abrogato sia il decreto-legge n. 192/2001, sia il decreto legge n. 81/2005, conformandosi così pienamente alla sentenza della Corte.

A seguito di tali abrogazioni, la Commissione, in data 12 ottobre 2006, ha chiuso la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.

[22]    Sentenze n. 88 del 1962 e 56 del 1967.

[23]    Sentenza n. 343 del 2001.