Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento D.L. 16/2012 - A.C. 5109 Schede di lettura
Riferimenti:
DL N. 16 DEL 02-MAR-12   AC N. 5109/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 625
Data: 10/04/2012
Organi della Camera: VI-Finanze

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie,
di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento

D.L. 16/2012 – A.C. 5109

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 625

 

 

 

10 aprile 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§       La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D12016.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1, commi 1-4 (Rateazione dei debiti tributari)................................... 3

§      Articolo 1, commi 5 e 6 (Codice dei contratti pubblici - certificazione dei carichi pendenti)9

§      Articolo 2, commi 1-3 (Adempimenti formali - Rimessione in bonis).......... 12

§      Articolo 2, comma 4 (Comunicazione dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento)     17

§      Articolo 2, comma 5 (Dichiarazione nei casi di liquidazione societaria - Revoca della liquidazione)19

§      Articolo 2, comma 6 (Semplificazioni degli obblighi di comunicazione delle operazioni rilevanti a fini IVA da parte dei soggetti passivi)................................................................ 22

§      Articolo 2, comma 7 (Eliminazione dell’obbligo di chiedere l’indicazione del domicilio fiscale negli atti presentati all’Amministrazione finanziaria)................................................... 28

§      Articolo 2, comma 8 (Operazioni con Paesi c.d. black list)......................... 31

§      Articolo 2, commi 9 e 10 (Scritturazione telematica della contabilità delle accise in sostituzione dei registri cartacei)............................................................................................ 33

§      Articolo 2, commi 11 e 12 (Semplificazioni nel sistema di accertamento e contabilizzazione della birra negli stabilimenti di tipo artigianale).............................................................. 36

§      Articolo 2, comma 13 (Semplificazioni nel rilascio della licenza di esercizio per gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio azionate da fonti rinnovabili)     39

§      Articolo 2, comma 13-bis (Collocamento agricolo)...................................... 41

§      Articolo 3, commi da 1 a 4-bis (Deroghe in materia di utilizzo del contante)43

§      Articolo 3, comma 5, lettere a) e b) (Limiti di pignorabilità).......................... 49

§      Articolo 3, comma 5, lettere c) e d), e commi 6 e 7 (Procedure di esecuzione forzosa sui beni immobili)....................................................................................................... 51

§      Articolo 3, commi 8 e 9 (Ratei e risconti)..................................................... 54

§      Articolo 3, commi 10 e 11 (Crediti tributari di modesta entità)..................... 56

§      Articolo 3, comma 12 (Modalità di esposizione degli importi nelle dichiarazioni)      58

§      Articolo 3, comma 13 (Corresponsione dell’accisa mediante canone di abbonamento annuale per gli esercenti officine costituite da impianti azionati da fonti rinnovabili)............ 60

§      Articolo 3, comma 14 (Richieste e notifiche alle imprese di assicurazione per via telematica)       62

§      Articolo 3, comma 15 (Money transfer)....................................................... 64

§      Articolo 3, comma 16 (Pubblicità provvedimenti AAMS)............................ 67

§      Articolo 3, comma 16-bis (Fondo regioni di confine)................................... 68

§      Articolo 3, commi 16-ter e 16-quater (Regime fiscale delle borse di studio)70

§      Articolo 3-bis (Accisa sul combustibile utilizzato nella produzione combinata di energia elettrica e calore)........................................................................................................... 73

§      Articolo 3-ter  (Termini per adempimenti fiscali).......................................... 75

§      Articolo 4, comma 1 (Delibere di variazione dell’addizionale comunale IRPEF)       77

§      Articolo 4, comma 2 (Variazione dell'aliquota dell'imposta provinciale RCA nelle regioni a statuto speciale)....................................................................................................... 78

§      Articolo 4, comma 3 (Finanziamento dell’IFEL)........................................... 81

§      Articolo 4, comma 4 (Sblocco variazioni aliquote di tributi e addizionali di regioni ed enti locali)     83

§      Articolo 4, comma 1-bis e da 5 a 5-quater e da 5-sexies a 5-octies (Modifiche all’imposta municipale propria – IMU e regime fiscale degli immobili di interesse storico artistico)85

§      Articolo 4, comma 5-quinquies (Utili a riserva obbligatoria delle banche di credito cooperativo)    119

§      Articolo 4, commi 6-9 (Norme di rilievo finanziario per gli enti locali)........ 121

§      Articolo 4, commi 10 e 11 (Soppressione delle imposte sul consumo di energia elettrica nelle regioni a statuto speciale)...................................................................................... 127

§      Articolo 4, comma 12 (Attuazione rimborsi IRAP)..................................... 129

§      Articolo 4, commi 12-bis e 12-ter (Disposizioni in materia di Patto di stabilità interno)        132

§      Articolo 4-bis (Modifiche al Testo unico di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 in materia di deduzione dei canoni di leasing)........................................................................................ 137

§      Articolo 5, comma 1 (Allungamento termine per integrazione indicatori di coerenza economica a fini di applicazione del nuovo regime premiale per i soggetti cui si applicano gli studi di settore)         139

§      Articolo 5, commi 2 e 3 (Versamenti tributari)........................................... 141

§      Articolo 5, commi 4-6 (Contratto quadro Sogei)........................................ 143

§      Articolo 5, comma 7 (Definizione di Amministrazione pubblica)................ 146

§      Articolo 5, comma 7-bis (Modifica al D.Lgs. n. 91/2011 di armonizzazione dei sistemi contabili della pubblica amministrazione)......................................................................... 149

§      Articolo 5, comma 8 (Modalità di incasso dell'aggio spettante ad Equitalia Giustizia Spa)  151

§      Articolo 6, comma 1 (Attività estimative svolte dall’Agenzia del territorio)153

§      Articolo 6, comma 2 (TARES)................................................................... 156

§      Articolo 6, commi 3 e 4 (Dichiarazioni relative all’uso del suolo)............... 159

§      Articolo 6, comma 5 (Certificati ipotecari e catastali)................................ 161

§      Articolo 7 (Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato).................. 163

§      Articolo 8, commi 1-3 (Deducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di fatti, atti o attività qualificabili come delitto non colposo)................................... 166

§      Articolo 8, commi 4 e 5 (Modifiche in materia di condizioni per l'esperibilità dell'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione dei dati nei modelli per studi di settore, nonché per l'indicazione di insussistenti cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi)      172

§      Articolo 8, comma 6 (Disposizioni in materia di utilizzo da parte della Guardia di finanza dello strumento istruttorio delle indagini finanziarie)........................................... 175

§      Articolo 8, comma 7 (Invio delle comunicazioni relative alle infrazioni dei limiti all’uso del contante alla Guardia di finanza)..................................................................................... 177

§      Articolo 8, comma 8 (Segnalazioni di violazioni tributarie)......................... 179

§      Articolo 8, comma 9 (Partite IVA inattive).................................................. 180

§      Articolo 8, comma 10 (Rideterminazione di taluni termini per il controllo dell’autoliquidazione dell’imposta di registro)............................................................................... 184

§      Articolo 8, comma 11 (Soppressione della norma che prevede la possibilità di sostituire la contabilità con gli estratti conto bancari)..................................................................... 186

§      Articolo 8, comma 12 (Avviso di accertamento esecutivo e avviso di addebito)     188

§      Articolo 8, commi 13-17 (Disposizioni in materia di bollo, valori scudati e attività finanziarie all'estero)192


§      Articolo 8, commi 18-21 (Estensione delle misure di contrasto agli abusi nell'utilizzo dei crediti IVA in compensazione)......................................................................................... 200

§      Articolo 8, comma 21-bis (Depositi IVA).................................................... 203

§      Articolo 8, comma 22 (Estensione del potere di accesso nei confronti degli enti del “terzo settore”)205

§      Articolo 8, comma 23 (Soppressione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale - ONLUS)...................................................................................................... 207

§      Articolo 8, comma 24 (Procedure concorsuali di alcune Agenzie fiscali). 214

§      Articolo 8, comma 24-bis (Assunzioni straordinarie di ispettori nella Guardia di finanza)    218

§      Articolo 8, commi 25 e 25-bis (Fondo per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo del territorio)           220

§      Articolo 9, commi 1-3 (Potenziamento dell'accertamento in materia doganale)       223

§      Articolo 9, commi da 3-bis a 3-sexies (Riscossione delle risorse proprie tradizionali UE)  226

§      Articolo 10, comma 1 (Operazioni di gioco a fini di controllo).................... 231

§      Articolo 10, comma 2 (Potenziamento dell’accertamento in materia di giochi)         234

§      Articolo 10, commi 3-7 (Misure per la razionalizzazione e l’efficientamento delle scommesse ippiche e per il rilancio del settore ippico)............................................................... 239

§      Articolo 10, comma 8 (Giochi di sorte legati al consumo)......................... 244

§      Articolo 10, commi da 9 a 9-quater (Norme in materia di giochi).............. 246

§      Articolo 11, commi 1-3 (Omessa comunicazione delle minusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie).................. 251

§      Articolo 11, comma 4 (Sanzione amministrativa relativa alle dichiarazioni doganali)           253

§      Articolo 11, commi 5 e 6 (Incremento delle sanzioni amministrative previste per le infrazioni alla disciplina delle accise)............................................................................... 256

§      Articolo 11, comma 7 (Modifiche in materia di sanzioni amministrative).. 258

§      Articolo 11, comma 8 (Controlli sul denaro contante alla frontiera: oblazione e sanzioni)    261

§      Articolo 12, commi 1-3, 4 e 5 (Contenzioso in materia tributaria e riscossione)       265

§      Articolo 12, commi 3-bis e 3-ter (Finanziamento della giustizia tributaria)269

§      Articolo 12, comma 4-bis (Ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie)     271

§      Articolo 12, commi 6 e 7 (Disciplina dei crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorie)   273

§      Articolo 12, commi da 8 a 11-ter (Acquisto del termovalorizzatore di Acerra)275

§      Articolo 12, commi 11-quater e 11-quinquies (Certificazione dei crediti).. 282

§      Articolo 12, comma 11-sexies (Pagamento dei debiti commerciali)......... 285

§      Articolo 13 (Norma di copertura)................................................................ 287

§      Articolo 14 (Entrata in vigore)..................................................................... 289

 


Schede di lettura

 


Articolo 1, commi 1-4
(Rateazione dei debiti tributari)

 


1. All'articolo 3-bis del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 462, il comma 7 è abrogato.

2. All'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1-bis è soppresso l'ultimo periodo;

b) dopo il comma 1-bis sono inseriti i seguenti: «1-ter. Il debitore può chiedere che il piano di rateazione di cui ai commi 1 e 1-bis preveda, in luogo di rate costanti, rate variabili di importo crescente per ciascun anno. 1-quater. Ricevuta la richiesta di rateazione, l'agente della riscossione può iscrivere l'ipoteca di cui all'articolo 77 solo nel caso di mancato accoglimento della richiesta, ovvero di decadenza ai sensi del comma 3. Sono fatte comunque salve le ipoteche già iscritte alla data di concessione della rateazione».

c) al comma 3, alinea, le parole da: «della» a «successivamente,» sono soppresse e dopo le parole: «due rate» è inserita la seguente: «consecutive».

3. I piani di rateazione a rata costante, già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto, non sono soggetti a modificazioni, salvo il caso di proroga ai sensi dell'articolo 19, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

4. Al fine di una più equilibrata riscossione dei loro crediti di natura patrimoniale, gli enti pubblici dello Stato possono, su richiesta del debitore, che versi in situazioni di obiettiva difficoltà economica, ancorché intercorra contenzioso con lo stesso ovvero lo stesso già fruisca di una rateizzazione, riconoscere al debitore la ripartizione del pagamento delle somme dovute in rate costanti, ovvero in rate variabili. La disposizione del precedente periodo non trova applicazione in materia di crediti degli enti previdenziali e nei casi di ottemperanza ad obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 1 sono volti a favorire la rateazione dei debiti tributari.

Per effetto delle norme introdotte, il contribuente decaduto dal beneficio della rateazione di pagamenti conseguenti ad “avvisi bonari” può richiedere la dilazione del dovuto. Si può poi accedere alla rateazione “flessibile” delle somme iscritte a ruolo – ovvero secondo rate variabili di importo crescente - anche nel caso di primo accesso al beneficio. Il contribuente decade dalla rateazione nel caso di mancato pagamento di due rate consecutive.

Infine, si rende possibile rateizzare i debiti di natura patrimoniale nei confronti di enti pubblici dello Stato, anche in presenza di contenzioso o di una precedente rateizzazione. Tale ultima misura non si applica alla riscossione dei crediti di enti previdenziali, e per effetto delle modifiche introdotte durante l’esame al Senato, ai casi di ottemperanza di obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie.

Analisi normativa

 

I commi da 1 a 4 dell’articolo 1, modificati durante l’esame del provvedimento al Senato, recano disposizioni volte, complessivamente, a rendere più accessibile il ricorso allo strumento della rateazione dei debiti tributari.

 

Le disposizioni in commento si inseriscono nel solco degli interventi, susseguitisi negli ultimi anni, coi quali il legislatore ha progressivamente incentivato il ricorso alla rateazione dei debiti tributari, al fine di aumentare il tasso di adesione spontanea all’obbligazione fiscale.

Si ricorda in particolare che il D.L. n. 40 del 2010 ha previsto che, per accertamento con adesione, acquiescenza e conciliazione giudiziale, la prestazione di garanzia per accedere alla dilazione fosse necessaria nel solo caso di rate successive alla prima superiori a 50.000 euro; con analogo intento, il D.L. n. 70 del 2011, per la dilazione di pagamenti conseguenti ad “avvisi bonari”, ha reso necessaria la garanzia solo nel caso in cui le rate successive alla prima fossero, nel complesso, superiori a 50.000euro.

Successivamente, il D.L. n. 98 del 2011 ha eliminato l’obbligo di prestazione di garanzia per accedere alla rateazione di debiti tributari - anche superiori a 50.000 euro - conseguenti ad alcuni istituti deflativi del contenzioso, ovvero all’accertamento con adesione e alla conciliazione giudiziale. Da ultimo, il D.L. n. 201 del 2011 (articolo 10, comma 13-decies) ha del tutto eliminato l’obbligo di garanzia per i pagamenti conseguenti ad “avvisi bonari”. Sono state poi introdotte norme (articolo 10, commi 13-bis e 13-ter) nel complesso volte a prorogare i termini per beneficiare della rateazione dei pagamenti di somme iscritte a ruolo, in presenza di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà del contribuente.

Il richiamato comma 13-decies ha inoltre novellato la disciplina della decadenza dal beneficio della dilazione prevedendo che, anziché perdere il beneficio al mancato pagamento anche di una sola rata, il contribuente decada se la prima rata non è pagata entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione relativa all’esito dei controlli, ovvero nel caso di mancato pagamento di una sola delle rate successive alla prima entro il termine di pagamento della rata seguente.

 

Più in dettaglio, il comma 1 consente al contribuente, ancorché decaduto dal beneficio della dilazione dei pagamenti dovuti a seguito di “avvisi bonari” per controlli formali o automatizzati, di usufruire del beneficio della rateazione delle somme conseguentemente iscritte a ruolo.

A tal fine, viene soppresso il comma 7 dell’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 462 del 18 dicembre 1997[1].

 

Si ricorda che la legge (articolo 2 del richiamato D.Lgs. n. 462 del 1997) prevede l’iscrizione diretta a ruolo, a titolo definitivo, delle somme dovute a seguito dei controlli automatizzati effettuati in materia di imposte sui redditi e di IVA. Il contribuente può però evitare l’iscrizione a ruolo se (articolo 2, comma 2) effettua il pagamento entro 30 giorni dal ricevimento del c.d. “avviso bonario”: si tratta della comunicazione relativa all'esito della liquidazione, effettuata per evitare la reiterazione di errori e per consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, ovvero contenente la rideterminazione delle somme dovute, a seguito dei chiarimenti forniti dal contribuente o dal sostituto d'imposta. In tale ipotesi la sanzione è ridotta ad un terzo del dovuto.

Anche nel caso di controllo formale della dichiarazione da cui risulta un debito d’imposta (successivo articolo 3 del D.Lgs. n. 462 del 1997) il contribuente può evitare l’iscrizione a ruolo, se effettua il pagamento entro trenta giorni dal ricevimento del c.d. “avviso bonario”.

La scelta di effettuare il pagamento rateale delle somme liquidate con l’avviso bonario è lasciata alla discrezionalità del contribuente. In base all’articolo 3-bis del D.Lgs. n. 462 del 1997, la somma liquidata a titolo di imposte, interessi e sanzioni, a prescindere dall’importo, può infatti essere versata in unica soluzione o in più rate (al massimo in sei rate trimestrali di pari importo. Se il debito è superiore a 5.000 euro, è possibile frazionare il debito in un massimo di venti rate trimestrali di pari importo).

Il D.L. n. 201 del 2011, come rammentato supra, ha successivamente soppresso l’obbligo di prestazione di idonea garanzia per debiti superiori a 50.000 euro.

Il contribuente decade dal beneficio della dilazione se omette il pagamento della prima rata entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della comunicazione (comma 4 e seguenti dell’articolo 3-bis, modificati da ultimo dall’articolo 10, comma 13-terdecies del D.L. n. 201 del 2011), ovvero nel caso di omissione del pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine fissato per il versamento della rata successiva (ad esempio, se la seconda rata non è pagata entro il termine fissato per la scadenza della terza).

La decadenza della procedura di pagamento rateale comporta l’iscrizione a ruolo del debito relativo alle imposte, agli interessi e alle sanzioni (conteggiate in misura piena), previa deduzione di quanto è già stato versato. Il tardivo pagamento di una rata diversa dalla prima entro il termine di scadenza fissato per quella successiva comporta l’iscrizione a ruolo a titolo definitivo della sanzione del 30 per cento, commisurata sulla rata versata in ritardo, e degli interessi legali.

Ancora una volta, l’iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente sana l’irregolarità mediante l’istituto del c.d. “ravvedimento operoso” (di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472) entro il termine di pagamento della rata successiva.

Ai sensi del comma 7 dell’articolo 3-bis, abrogato dalla norma in esame, al contribuente così decaduto non era consentito l’accesso alla dilazione di pagamento specificamente prevista per le somme iscritte a ruolo dall’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973 (norma peraltro modificata dal successivo comma 2 del testo in commento, su cui si veda più diffusamente infra).

In sostanza, prima della modifica operata con la disposizione in commento, anche ove versasse in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà, il contribuente non poteva richiedere all’agente della riscossione la dilazione del dovuto (fino ad un massimo di 72 rate mensili). Per effetto della norma in esame, dunque, anche se decaduto dal beneficio della rateazione dei pagamenti conseguenti agli “avvisi bonari”, il contribuente potrà in ogni caso avvalersi della dilazione specificamente prevista dall’articolo 19 del DPR n. 602 del 1973 per le somme iscritte a ruolo.

 

Il comma 2 apporta diverse modifiche alla disciplina della dilazione del pagamento di somme iscritte a ruolo, novellando a tal fine l’articolo 19 del DPR 29 settembre 1973, n. 602[2].

In estrema sintesi, per effetto delle norme in commento sarà possibile per il contribuente chiedere una rateazione “flessibile” delle somme iscritte a ruolo - ovvero secondo rate variabili, di importo crescente per ciascun anno - sia nel caso di primo accesso al beneficio, sia nel caso di proroga di una dilazione già concessa.

Le disposizioni inoltre limitano la possibilità, per l’agente della riscossione, di iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore che non ha tempestivamente adempiuto alle sole ipotesi di mancato accoglimento dell’istanza di dilazione, ovvero nel caso di decadenza dal suddetto beneficio.

Infine, si prevede che la decadenza dal beneficio della rateazione operi nel solo caso di mancato pagamento di due rate consecutive (anziché attivarsi al mancato pagamento della sola prima rata o, successivamente, di due rate).

 

Si ricorda che il richiamato articolo 19 del DPR n. 602 del 1973 al comma 1 prevede che, previa richiesta del contribuente, l’agente della riscossione possa concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà del debitore, la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo in un numero massimo di settantadue rate mensili.

 

Più in dettaglio, la lettera a)del comma in esame modifica il comma 1-bis dell’articolo 19 citato (norma introdotta dall’articolo 10, comma 13-bis del D.L. n. 201 del 2011), ai sensi del quale, in caso di comprovato peggioramento della situazione di temporanea e obiettiva difficoltà del contribuente, è possibile prorogare per un ulteriore periodo di tempo la dilazione già concessa.

La dilazione può essere concessa per una sola volta, per un ulteriore periodo e fino a settantadue mesi, a condizione che non sia intervenuta decadenza.

Per effetto delle norme in esame viene in primo luogo soppresso l’ultimo periodo del comma 1-bis, ai sensi del quale il debitore poteva chiedere che la rateazione così prorogata avvenisse, anziché per rate di importo costante, secondo rate variabili di importo crescente per ciascun anno; di conseguenza, la successiva lettera b)inserisce all'articolo 19 il comma 1-ter, che prevede per il debitore la possibilità di chiedere un piano di rateazione “flessibile” – per rate variabili, di importo crescente per ciascun anno – non solo nel caso di proroga di una dilazione già concessa (di cui al comma 1-bis), ma anche nell’ipotesi di prima richiesta del beneficio (ai sensi del comma 1 dell’articolo 19).

 

La medesima lettera introduce poi il comma 1-quater, che limita i poteri dell’agente della riscossione in caso di richiesta del beneficio della dilazione.

Una volta ricevuta la richiesta del contribuente, infatti, sarà possibile iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore (ai sensi dell’articolo 77 del D.P.R. n. 602 del 1973) solo nel caso di mancato accoglimento dell’istanza, ovvero di decadenza dal beneficio della rateazione (ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 19).

In sostanza, nel caso in cui il debitore abbia ottenuto il beneficio della dilazione, l’agente della riscossione non potrà procedere all’iscrizione ipotecaria.

Sono fatte salve le ipoteche già iscritte alla data di concessione della rateazione.

 

Si ricorda in proposito che, in linea di principio, l’iscrizione a ruolo delle somme dovute dal contribuente (a titolo di imposta ed eventualmente di interessi e sanzioni) per legge ha valore di titolo esecutivo (articolo 49, comma 1 del D.P.R. n. 602 del 1973).

Secondo le regole generali (articolo 50 del D.P.R. n. 602 del 1973), il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento; da quel momento il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede (articolo 77 del DPR n. 602 del 1973).

Si segnala peraltro che il comma 5 dell’articolo 3 del provvedimento in esame ha modificato le condizioni alle quali l’agente della riscossione può iscrivere ipoteca sui beni immobili del debitore; in particolare, l’agente della riscossione può iscrivere ipoteca sui beni immobili del debitore senza dover attendere che si verifichino le condizioni per procedere all’espropriazione immobiliare, purché l’importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore, complessivamente, a ventimila euro (al riguardo si veda la relativa scheda di lettura infra per approfondimenti).

Dal 13 luglio 2011 (data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. n. 70 del 2011, per effetto delle norme recate dall’articolo 7, comma 2, lettera gg-decies) del medesimo provvedimento) l’ipoteca esattoriale non può essere iscritta se l’importo complessivo del credito per cui si procede è inferiore complessivamente a:

§       ventimila euro, qualora la pretesa iscritta a ruolo sia contestata in giudizio ovvero sia ancora contestabile in tale sede e il debitore sia proprietario dell’unità immobiliare dallo stesso adibita a propria abitazione principale ai fini delle imposte sui redditi;

§       ottomila euro, negli altri casi.

Il comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge in esame prevede che la nuova disciplina si applichi a decorrere dal 2 marzo 2012, data di entrata in vigore del provvedimento in commento. Conseguentemente, viene abrogato (comma 7) il citato articolo 7, comma 2, lettera gg-decies) del D.L. n. 70 del 2011 sopra richiamato.

 

La lettera c) del comma in esame novella infine il comma 3 dell’articolo 19, apportando modifiche alla disciplina della decadenza dal beneficio della rateazione di somme iscritte a ruolo. In particolare, si prevede che la decadenza automatica operi nel caso di mancato pagamento di due rate consecutive (anziché attivarsi al mancato pagamento della sola prima rata o, successivamente, di due rate, come previsto dal testo previgente).

 

In tale ipotesi, oltre alla decadenza automatica dal beneficio, l'intero importo iscritto a ruolo ancora dovuto è immediatamente ed automaticamente riscuotibile in unica soluzione ed il carico non può più essere rateizzato.

 

Il comma 3 dell'articolo in esame prevede che i piani di rateazione a rata costante, già emessi alla data di entrata in vigore del presente decreto (ossia al 2 marzo 2012), non sono soggetti a modificazioni, salvo il caso in cui essi siano stati prorogati (ai sensi del già citato articolo 19, comma 1-bis, del D.P.R. n. 602 del 1973), ossia nell’ipotesi di comprovato peggioramento della situazione di obiettiva difficoltà del debitore, fino a settantadue mesi.

 

Il comma 4, infine, consente di rateizzare anche i debiti di natura patrimoniali nei confronti degli enti pubblici dello Stato; questi ultimi possono infatti accordare, su istanza dei debitori che versino in condizioni di obiettiva difficoltà economica, forme di articolazione del rimborso dei debiti, a rate costanti o variabili, anche in presenza di:

§      contenzioso con lo stesso soggetto;

§      una rateizzazione di cui lo stesso soggetto già fruisce.

La norma esclude la possibilità di ricorrere a tale misura di maggiore flessibilità per la riscossione dei crediti degli enti previdenziali; per effetto delle modifiche apportate durante l’esame del provvedimento al Senato, si specifica chetale misura non si applica ai casi di ottemperanza di obbligazioni derivanti da sanzioni comunitarie.

 

Peraltro, come evidenziato dalla Relazione tecnica (A.S. 3184), la norma:

-        non comporta decurtazione dell’ammontare del debito;

-        non comporta rinuncia all’applicazione degli interessi sulle singole rate (costanti o variabili che siano);

-        non preclude all’ente creditore il ricorso a forme alternative di riscossione coattiva.


 

Articolo 1, commi 5 e 6
(Codice dei contratti pubblici - certificazione dei carichi pendenti)

 


5. All'articolo 38, comma 2, terzo periodo, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, recante il codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, dopo le parole: «all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602» sono inserite le seguenti: «; costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all'obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili».

6. Sono fatti salvi i comportamenti già adottati alla data di entrata in vigore del presente decreto dalle stazioni appaltanti in coerenza con la previsione contenuta nel comma 5.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 5 e 6 sono volti a non escludere dalle gare pubbliche il contribuente ammesso alla rateizzazione del proprio debito tributario; non si intendono pertanto scaduti ed esigibili, ai fini della suddetta disciplina, i debiti per i quali sia stato concordato un piano di rateazione rispetto al quale il contribuente sia in regola con i pagamenti.

Analisi normativa

 

I commi 5 e 6 dell'articolo in esame sono volti a precisare la definizione di “violazioni definitivamente accertate” in materia fiscale, ai fini della determinazione delle cause di esclusione dalla partecipazione alle procedure di gara previste dal Codice dei contratti pubblici.

 

Si ricorda che il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici), prevede all’articolo 38, comma 1, le cause di esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi. I soggetti interessati non possono essere altresì affidatari di subappalti né possono stipulare i relativi contratti.

Tra i soggetti esclusi, la lettera g) del comma 1 include coloro i quali abbiano commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al


pagamento delle imposte e tasse, secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti.

 

Il comma 5 interviene pertanto mediante una integrazione al terzo periodo del comma 2 dell'articolo 38 del decreto legislativo n. 163 del 2006 al fine di stabilire che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili.

 

Si ricorda che il terzo periodo del comma 2 del citato articolo 38 già definisce “gravi” le violazioni che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse per un importo superiore a diecimila euro (secondo quanto previsto dall’articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, recante Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).

Tale disposizione prevede in particolare che le amministrazioni pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, un pagamento superiore al predetto importo - che può essere modificato con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze - verificano se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

 

Come evidenziato dalla relazione tecnica (A.S. 3184), la disposizione serve a far sì che il contribuente ammesso alla rateizzazione del proprio debito tributario non sia considerato inadempiente (e quindi escluso dalle procedure di gara sopra richiamate); non si intendono pertanto scaduti ed esigibili, ai fini della suddetta disciplina, i debiti per i quali sia stato concordato un piano di rateazione rispetto al quale il contribuente sia in regola con i pagamenti.

 

Il successivo comma 6 fa salvi i comportamenti già adottati dalle stazioni appaltanti in coerenza con la nuova disposizione.

Viene pertanto attribuito carattere retroattivo alla disposizione in esame.

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

 

Il 20 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato due misure volte a modificare la normativa in materia di appalti pubblici:

§      una proposta di direttiva sugli appalti nei cosiddetti “settori speciali”, vale a dire acqua, energia, trasporti e servizi postali (COM(2011)895);

§      una proposta di direttiva sugli appalti pubblici (COM(2011)896).

L’articolo 74 di entrambe le proposte dispone l’esclusione dalla partecipazione ad un appalto dell'offerente condannato con sentenza definitiva perpartecipazione ad un'organizzazione criminale, corruzione, frode, reati terroristici e riciclaggio dei proventi di attività illecite. Dovranno essere altresì esclusi dalla partecipazione all'appalto gli operatori oggetto di una sentenza passata in giudicato nella quale si attesta che essi non sono in regola con gli obblighi relativi al pagamento di imposte o di contributi di sicurezza sociale.

Potranno inoltre essere esclusi gli operatori che:

-        abbiano commesso violazioni alla normativa UE e a quella internazionale in materia ambientale, di diritto del lavoro e sicurezza sociale;

-        siano soggetti ad una procedura di insolvenza o di liquidazione;

-        abbiano commesso gravi illeciti professionali;

-        si siano resi responsabili di significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un requisito sostanziale nel quadro di precedenti contratti di natura analoga con la stessa amministrazione aggiudicatrice.

E’ prevista tuttavia la possibilità per i candidati interessati di fornire all'amministrazione aggiudicatrice la prova che dimostri la sua affidabilità nonostante l'esistenza di un motivo di esclusione.

Secondo la tabella di marcia fissata per l’esame, le nuove direttive dovrebbero essere approvate entro la fine del 2012 ed essere recepite negli Stati membri entro il 30 giugno 2014.

L’esame del Parlamento europeo, nell’ambito della procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione) è previsto per la seduta del 10 dicembre 2012.


 

Articolo 2, commi 1-3
(Adempimenti formali - Rimessione in bonis)

 


1. La fruizione di benefìci di natura fiscale o l'accesso a regimi fiscali opzionali, subordinati all'obbligo di preventiva comunicazione ovvero ad altro adempimento di natura formale non tempestivamente eseguiti, non è preclusa, sempre che la violazione non sia stata constatata o non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l'autore dell'inadempimento abbia avuto formale conoscenza, laddove il contribuente:

a) abbia i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

b) effettui la comunicazione ovvero esegua l'adempimento richiesto entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;

c) versi contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista.

2. A decorrere dall'esercizio finanziario 2012 possono partecipare al riparto del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche gli enti che pur non avendo assolto in tutto o in parte, entro i termini di scadenza, agli adempimenti richiesti per l'ammissione al contributo:

a) abbiano i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

b) presentino le domande di iscrizione e provvedano alle successive integrazioni documentali entro il 30 settembre;

c) versino contestualmente l'importo pari alla misura minima della sanzione stabilita dall'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, secondo le modalità stabilite dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista.

3. All'articolo 43-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, dopo il secondo comma è inserito il seguente:

«In caso di cessione dell'eccedenza dell'imposta sul reddito delle società risultante dalla dichiarazione dei redditi del consolidato di cui all'articolo 122 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell'importo ceduto non determina l'inefficacia ai sensi del secondo comma se il cessionario è lo stesso soggetto consolidante. In tale caso si applica la sanzione di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, nella misura massima stabilita.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Si prevede, in via generale, che la mancata tempestiva effettuazione di adempimenti formali non precluda necessariamente la fruizione di benefici fiscali


o l'accesso a regimi opzionali, qualora sussistano i requisiti sostanziali, la violazione non sia stata contestata e sia versata una sanzione. In particolare, si disciplina la rimessione in bonis degli enti che intendono accedere al riparto del 5 per mille dell’Irpef e si interviene in materia di cessione delle eccedenze dell'Ires nell'ambito del gruppo.

Analisi normativa

 

Il comma 1 dell'articolo 2 del testo in esame prevede che la mancata tempestiva effettuazione di adempimenti formali, come la preventiva comunicazione quando richiesta, non preclude necessariamente la fruizione di benefici fiscali o l'accesso a regimi opzionali: in presenza di un ritardo nell’adempimento formale è possibile infatti sanare la propria situazione entro il termine di scadenza della prima dichiarazione utile, versando una sanzione minima (pari a 258 euro), senza possibilità di compensazione con eventuale crediti, purché sussistano i requisiti sostanziali previsti dalla disciplina di riferimento e la violazione formale non sia stata contestata ovvero siano iniziate attività ispettive o di accertamento.

 

La norma in esame, di carattere generale, si applica alle diverse ipotesi previste nel sistema tributario che consentono l'accesso ad alcuni regimi fiscali speciali o la fruizione di particolari benefici tributari previa presentazione di specifica comunicazione oppure a seguito di un adempimento meramente formale. Esempi in questo senso, come ricordato dalla Relazione illustrativa (A.S. 3184), sono rinvenibili nel regime di tassazione per trasparenza nell’ambito delle società di capitali (articoli 115 e 116 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917[3] - TUIR - e decreto ministeriale 23 aprile 2004), nel consolidato fiscale (articoli dal 117 al 129 del TUIR e decreto ministeriale 9 giugno 2004), nonché nelle disposizioni di favore introdotte per gli enti di tipo associativo (articoli 148 del TUIR e 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633[4]).

 

Più in dettaglio, il comma 1 prevede una remissione in bonis qualora un soggetto che aspiri a benefici di natura fiscale o all’accesso a regimi fiscali opzionali non adempia tempestivamente ad un obbligo di preventiva comunicazione o ad un altro adempimento di natura formale.

La norma fissa pertanto le condizioni necessarie:

§       la violazione non deve essere stata contestata e non devono essere iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento;

§       devono sussistere i requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

§       l’adempimento richiesto (comunicazione o altro) sia comunque effettuato entro il termine di presentazione della prima dichiarazione utile;

§       il soggetto richiedente versi contestualmente la sanzione, nella misura minima (258 euro), prevista dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997[5].

 

Il pagamento della sanzione deve avviene tramite versamento, senza possibilità di compensazione, con le modalità previste dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997[6].

 

La norma sembrerebbe pertanto sanare i soli inadempimenti di natura formale che non abbiano prodotto danni per l’erario, nemmeno in termini di pregiudizio all’attività di accertamento.

La norma inoltre sembra riguardare tutte le fattispecie in cui, al fine di accedere ad una agevolazione o optare ad un regime fiscale, siano previsti una comunicazione o un adempimento, che pertanto potranno essere effettuati anche tardivamente. Viceversa, non sembrerebbe applicabile a quelle fattispecie in cui le comunicazioni o gli adempimenti non sono essenziali per l'accesso all'agevolazione o al regime opzionale, ma che, in caso di mancata effettuazione, prevedono solo l'irrogazione di una sanzione.

 

Il comma 2 introduce una disciplina (simile a quella dettata in termini generali dal comma 1) specificamente dedicata alla rimessione in bonis degli enti che intendono accedere al riparto del 5 per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Tale disposizione prevede in particolare che, a decorrere dall’esercizio finanziario 2012, possono partecipare al riparto del 5 per mille dell’IRPEF anche gli enti che, pur non avendo assolto gli adempimenti richiesti per l’ammissione al contributo entro i termini di scadenza, rispettino le seguenti condizioni:

§       siano in possesso dei requisiti sostanziali richiesti dalle norme di riferimento;

§       presentino le domande di iscrizione (e le successive integrazioni documentali) entro il 30 settembre;

§       paghino contestualmente la sanzione, nella misura minima (258 euro), prevista dall’articolo 11, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997, tramite versamento, senza possibilità di compensazione, con le modalità previste dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 241 del 1997.

 

I termini per l'assolvimento degli adempimenti in materia di riparto della quota del cinque per mille dell'IRPEF sono individuati nel decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 23 aprile 2010[7].

Si ricorda che l’articolo 23, comma 46, del D.L. n. 98 del 2011 ha inserito tra le attività che possono essere finanziate con la quota del cinque per mille dell’Irpef quelle di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.

La Relazione illustrativa definisce la disposizione in esame in linea col principio previsto dall’articolo 10 della legge n. 212 del 2000[8] ("i rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede"), nonché con il principio sancito dall’articolo 1, comma 1, del D.P.R. n. 442 del 1997[9] ("l’opzione e la revoca di regimi di determinazione dell’imposta o di regimi contabili si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili. La validità dell’opzione e della relativa revoca è subordinata unicamente alla sua concreta attuazione sin dall’inizio dell’anno o dell’attività").

 

L’Agenzia delle entrate il 20 marzo 2012 ha pubblicato la circolare n. 10/E con la quale sono riepilogati gli adempimenti procedurali necessari per accedere al riparto della quota del cinque per mille. La circolare n. 10/E tiene conto delle novità normative intervenute e, pertanto, inserisce le attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici fra quelle che possono essere finanziate con la quota del cinque per mille (articolo 23, comma 46, del D.L. n. 98 del 2011) e ammette al riparto gli enti che, pur non avendo assolto in tutto o in parte entro le previste scadenze agli adempimenti richiesti, sono in possesso dei requisiti sostanziali e provvedono a presentare la domanda di iscrizione e a effettuare le successive integrazioni documentali entro il 30 settembre (comma in esame).

In particolare, su quest’ultimo punto, la circolare ha precisato che la regolarizzazione - che passa comunque per il possesso dei requisiti per l’ammissione al beneficio alla data originaria di scadenza per la presentazione della domanda di iscrizione per ciascuna tipologia di enti (7 maggio 2012 per gli enti del volontariato e le associazioni sportive dilettantistiche, 30 aprile 2012 per gli enti della ricerca scientifica e quelli della ricerca sanitaria) - interessa sia quanti non rispettino i termini “ordinari” per la presentazione della domanda di iscrizione o della dichiarazione sostitutiva, sia i soggetti che pur avendo presentato in tempo la dichiarazione sostitutiva, hanno omesso di allegare la copia del documento di identità. Il versamento della sanzione di 258 euro andrà effettuato con F24, senza la possibilità di compensare.

 

Il comma 3 interviene in materia di cessione delle eccedenze dell'imposta sul reddito delle società (IRES) nell'ambito del gruppo, prevedendo che la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi del consolidato fiscale – compilata dalla società consolidante – dei dati del cessionario-consolidante e dell’importo ceduto non determina più l’inefficacia della cessione nei confronti dell’amministrazione finanziaria; in tale ipotesi è previsto il versamento della sanzione di 2.065,83 euro.

 

Più in dettaglio, la norma in esame inserisce un nuovo comma 2-bis nell’articolo 43-ter del D.P.R. n. 602 del 1973[10] al fine di disporre che, nel caso di cessione dell’eccedenza dell’IRES nell’ambito dell'opzione per la tassazione consolidata di gruppo, la mancata indicazione nella dichiarazione dei redditi degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non determina l’inefficacia della cessione stessa nei confronti dell’amministrazione finanziaria, nel caso in cui il cessionario sia lo stesso consolidante.

In tal caso si applica tuttavia la misura massima della sanzione prevista dall’articolo 8, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997 (pari a 2.065,83 euro).

Si ricorda che il citato articolo 43-ter del D.P.R. n. 602 del 1973 prevede, al comma 1, che le eccedenze dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società o all'ente dello stesso gruppo, senza l'osservanza delle formalità di cui agli articoli 69 e 70 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440.

Tuttavia, ai sensi del comma 2, la cessione delle eccedenze è efficace nei confronti dell'amministrazione finanziaria a condizione che l'ente o società cedente indichi nella dichiarazione gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi

 

Sulla materia è stata emanata la circolare 35/E del 18 luglio 2005 dell'Agenzia delle entrate, dedicata alle problematiche connesse alla cessione delle eccedenze IRES nell’ambito del consolidato nazionale.

Si evidenzia che, come riportato dalla Relazione tecnica (A.S. 3184), sulla fattispecie presa in considerazione dalla norma (casi in cui l’eccedenza IRES risulti dalla dichiarazione dei redditi del consolidato se il cessionario è lo stesso soggetto consolidante) si registrano sentenze di Commissioni Tributarie sfavorevoli all’amministrazione finanziaria (si veda, ad esempio, la sentenza n. 157 del 16 novembre 2010 della Commissione tributaria provinciale di Modena, Sez. II, secondo la quale la mancata compilazione del quadro CK predisposto per la cessione delle eccedenze non può precludere l’efficacia dell’utilizzazione in proprio da parte della consolidante delle eccedenze IRES di gruppo).


 

Articolo 2, comma 4
(Comunicazione dei dati relativi alle dichiarazioni d’intento)

 

4. All'articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1984, n. 17, le parole: «entro il giorno 16 del mese successivo» sono sostituite dalle seguenti: «entro il termine di effettuazione della prima liquidazione periodica IVA, mensile o trimestrale, nella quale confluiscono le operazioni realizzate senza applicazione dell'imposta».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 4 dell'articolo 2 prevede che l’obbligo della trasmissione telematica dei dati contenuti nelle lettere d'intento debba avvenire non più entro il 16 del mese successivo alla loro ricezione, bensì entro il termine della prima liquidazione periodica dell'IVA nella quale sono ricomprese le forniture effettuate in sospensione d’imposta.

Analisi normativa

 

Il comma 4 dell'articolo 2 prevede che la comunicazione dei dati contenuti nelle lettere d’intento (ovvero le dichiarazioni con le quali l’esportatore abituale richiede la fatturazione senza applicazione dell'imposta) avvenga entro il termine di effettuazione della prima liquidazione periodica dell'IVA, mensile o trimestrale, in luogo del 16 del mese successivo alla loro ricezione come stabilito dalla previgente normativa.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che la normativa in materia (articolo 8 del D.P.R. n. 633 del 1972[11]) consente agli esportatori abituali di effettuare acquisti in sospensione d'imposta entro un determinato ammontare (c.d. plafond).

Per poter beneficiare dell'acquisto in sospensione d'imposta, l'esportatore abituale deve far pervenire al proprio fornitore una dichiarazione con la quale richiede la fatturazione senza applicazione dell'imposta (dichiarazione d'intento - articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto-legge 29 dicembre 1983, n. 746[12]).

Successivamente l'articolo 1, comma 381, della legge n. 311 del 2004[13] ha introdotto, in capo ai fornitori degli esportatori abituali, l’obbligo di comunicare all'Agenzia delle Entrate, esclusivamente in via telematica, entro il giorno 16 del mese successivo, i dati contenuti nelle lettere d'intento ricevute nel mese precedente. Tale disciplina, come evidenziato anche dalla Relazione illustrativa (A.S. 3184), attribuendo l’obbligo di comunicazione ad un soggetto diverso da colui che emette le dichiarazioni d’intento, si è posta come strumento di garanzia circa la regolare trasmissione delle informazioni ivi contenute, al fine di contrastare le frodi IVA tramite il fenomeno dei falsi esportatori abituali.

Si rammenta che il fornitore che ometta l'invio entro il termine previsto della comunicazione in questione, ovvero la invii con dati infedeli o incompleti, è punito con la sanzione amministrativa dal 100% al 200% dell'imposta non applicata (articolo 7, comma 4-bis, del decreto legislativo 471/1997).

 

La norma in esame pertanto, tramite una novella all’articolo 1, comma 1, lettera c), del citato decreto-legge n. 746 del 1983, prevede che l’obbligo della trasmissione telematica dei dati contenuti nelle lettere d'intento debba avvenire non più entro il 16 del mese successivo alla loro ricezione, bensì entro il termine della prima liquidazione periodica dell'IVA nella quale sono ricomprese le forniture effettuate in sospensione d’imposta.


 

Articolo 2, comma 5
(Dichiarazione nei casi di liquidazione societaria - Revoca della liquidazione)

 


5. All'articolo 5, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole «la data in cui ha effetto la deliberazione di messa in liquidazione» sono sostituite dalle seguenti: «la data in cui si determinano gli effetti dello scioglimento della società ai sensi degli articoli 2484 e 2485 del codice civile, ovvero per le imprese individuali la data indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,»;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente comma:

«3-bis. In caso di revoca dello stato di liquidazione quando gli effetti, anche ai sensi del secondo comma dell'articolo 2487-ter del codice civile, si producono prima del termine di presentazione delle dichiarazioni di cui ai precedenti commi 1, primo periodo, e 3, il liquidatore o, in mancanza, il rappresentante legale, non è tenuto a presentare le medesime dichiarazioni. Restano in ogni caso fermi gli effetti delle dichiarazioni già presentate ai sensi dei commi 1, primo periodo, e 3, prima della data in cui ha effetto la revoca dello stato di liquidazione, ad eccezione dell'ipotesi in cui la revoca abbia effetto prima della presentazione della dichiarazione relativa alla residua frazione del periodo d'imposta in cui si verifica l'inizio della liquidazione.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 5 dell'articolo 2 è volto ad allineare la disciplina fiscale in materia di liquidazione e scioglimento delle società di capitali alla disciplina civilistica contenuta nel capo VIII del codice civile.

Analisi normativa

 

Il comma 5 dell'articolo 2 novella l’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, in materia di dichiarazioni dei redditi, al fine di allineare la disciplina fiscale ivi prevista in materia di liquidazione e scioglimento delle società di capitali alla disciplina civilistica contenuta nel capo VIII del codice civile (recante la disciplina delle società di capitali e società cooperative).


Si ricorda al riguardo che l’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, al comma 1 ha previsto che - in caso di liquidazione di società o enti soggetti all'IRES, di società o associazioni di cui all'articolo 5 del TUIR (che producono redditi in forma associata) e di imprese individuali - il liquidatore (o il rappresentante legale) deve presentare la dichiarazione relativa al periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui ha effetto la deliberazione di messa in liquidazione entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a tale data in via telematica.

Successivamente, con la riforma del diritto societario recata dal D.Lgs. n. 6 del 2003, gli articoli 2484 e 2485 del codice civile hanno disposto rispettivamente che gli effetti dello scioglimento della società di capitali si producono:

-        dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori ne accertano la causa, nelle ipotesi previste dai numeri 1), 2), 3), 4) e 5) del primo comma dell’articolo 2484[14];

-        dalla data di iscrizione della relativa deliberazione dell’assemblea nell’ipotesi prevista dal numero 6) del primo comma dall’articolo 2484 del codice civile[15];

-        dalla data di iscrizione del decreto del tribunale con cui sono accertate le cause di scioglimento nell’ipotesi di cui all’articolo 2485, comma 2, del codice civile[16].

 

Il comma 5 in esame reca modifiche all’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.

 

Anzitutto la lettera a) del comma 5 novella il comma 1 dell’articolo 5 del D.P.R. n. 322 del 1998, prevedendo che la dichiarazione da presentare in via telematica in caso di liquidazione concerne il periodo compreso tra l'inizio del periodo d'imposta e la data in cui si determino gli effetti dello scioglimento della società ai sensi dei citati articoli 2484 e 2485 del codice civile.

Per quanto concerne le imprese individuali, la norma in esame fa invece riferimento alla data indicata nella dichiarazione di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (in materia di imposta sul valore aggiunto), concernente le dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività.

La norma ricalca pertanto quanto già previsto dall’articolo 182, comma 1, ultimo periodo, del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), secondo cui per le imprese individuali la data di inizio della liquidazione, ai fini delle imposte sui redditi, è quella indicata nella dichiarazione di cui all'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

 

La lettera b) del comma 5 inserisce invece il comma 3-bis all’articolo 5 del D.P.R. n. 322 del 1998, al fine di disciplinare gli effetti fiscali della revoca della liquidazione.

 

Si ricorda al riguardo che l’articolo 2487-ter del codice civile prevede, al secondo comma, che la revoca della liquidazione ha effetto solo decorsi sessanta giorni dall'iscrizione nel registro delle imprese della relativa deliberazione, salvo che consti il consenso dei creditori della società o il pagamento dei creditori che non hanno dato il consenso. Qualora nel termine suddetto i creditori anteriori all'iscrizione abbiano fatto opposizione, si applica l'ultimo comma dell'articolo 2445.

 

Il comma 3-bis prevede pertanto che se la revoca produce effetti prima del termine di presentazione delle dichiarazioni di cui ai precedenti commi 1, primo periodo, e 3 (ossia nel periodo “ante-liquidazione”), il liquidatore (o il rappresentante legale) non è tenuto a presentare le suddette dichiarazioni.

Restano comunque fermi gli effetti delle dichiarazioni già presentate prima della data in cui la revoca dello stato di liquidazione ha avuto effetto.

L'unica eccezione prevista si verifica qualora la revoca abbia effetto prima della presentazione della dichiarazione relativa alla residua frazione del periodo d’imposta in cui si verifica l’inizio della liquidazione.

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa (A.S. 3184), la norma suddetta, nonostante la disciplina civilistica attribuisca alla revoca dello stato di liquidazione efficacia ex tunc, per evidenti necessità di certezza della norma tributaria fa salvi gli effetti prodotti dalle dichiarazioni già presentate.


 

Articolo 2, comma 6
(Semplificazioni degli obblighi di comunicazione delle operazioni rilevanti a fini IVA da parte dei soggetti passivi)

 


6. A decorrere dal 1o gennaio 2012, all'articolo 21, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, le parole: «, di importo non inferiore a euro tremila» sono soppresse e dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «L'obbligo di comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto per le quali è previsto l'obbligo di emissione della fattura è assolto con la trasmissione, per ciascun cliente e fornitore, dell'importo di tutte le operazioni attive e passive effettuate. Per le sole operazioni per le quali non è previsto l'obbligo di emissione della fattura la comunicazione telematica deve essere effettuata qualora le operazioni stesse siano di importo non inferiore ad euro 3.600, comprensivo dell'imposta sul valore aggiunto. Per i soggetti tenuti alle comunicazioni di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le comunicazioni sono dovute limitatamente alle fatture emesse o ricevute per operazioni diverse da quelle inerenti ai rapporti oggetto di segnalazione ai sensi dell'articolo 7, commi quinto e sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 6 dell’articolo 2 modifica la disciplina del c.d. “spesometro” per le transazioni con obbligo di fattura, reintroducendo l'obbligo di comunicare all'amministrazione finanziaria tutte le transazioni effettuate con l'obbligo di emissione della fattura. Per le operazioni senza obbligo di fattura la disciplina invece non cambia, in quanto devono essere comunicate solo le operazioni di importo superiore alla soglia di 3.600 euro.

Analisi normativa

 

Il comma 6 dell'articolo 2 del testo in esame prevede che, a decorrere dal 1° gennaio 2012, per le operazioni rilevanti a fini IVA soggette all’obbligo di fatturazione, gli operatori devono comunicare telematicamente l’importo


complessivo delle operazioni attive e passive effettuate nei confronti di ciascun cliente o fornitore, mentre per le operazioni per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura la comunicazione deve essere effettuata solo per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, IVA inclusa.

 

Viene pertanto modificata la disciplina del c.d. “spesometro” per le transazioni con obbligo di fattura, reintroducendo l'obbligo di comunicare all'amministrazione finanziaria tutte le transazioni effettuate con l'obbligo di emissione della fattura (c.d. elenco clienti fornitori).

Per le operazioni senza obbligo di fattura (generalmente giustificate da scontrino o ricevuta fiscale, nei confronti dei privati) la disciplina invece non cambia, in quanto devono essere comunicate solo le operazioni di importo superiore alla soglia di 3.600 euro.

 

Secondo quanto evidenziato dalla Relazione illustrativa (A.S. 3184), la norma sarebbe diretta a superare le difficoltà operative, segnalate dagli operatori economici e dalle associazioni di categoria, legate all’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate i dati relativi alle singole operazioni effettuate e ricevute.

 

Si ricorda al riguardo che l’articolo 21 del decreto legge n. 78 del 2010 ha introdotto l’obbligo di comunicazione telematica delle operazioni rilevanti ai fini IVA, di importo non inferiore a 3.000 euro, demandandone le modalità e i termini attuativi, tali da limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti, ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate. La disposizione ha previsto altresì che, nell’ipotesi di omissione delle comunicazioni telematiche, ovvero di una loro effettuazione con dati incompleti o non veritieri, si applichi una sanzione amministrativa compresa tra un minimo di 258 euro e un massimo di 2.065 euro, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (recante Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi ).

 

Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2010 ha individuato i soggetti obbligati a tale comunicazione, gli elementi e i dati da comunicare nonché le modalità di effettuazione della comunicazione. In particolare si è previsto che:

-        oggetto della comunicazione sono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese e ricevute dai soggetti passivi IVA per le quali i corrispettivi dovuti sono di importo pari o superiore a euro tremila al netto dell’imposta sul valore aggiunto. Per le operazioni rilevanti ai fini IVA per le quali non ricorre l’obbligo di emissione della fattura, il predetto limite è elevato a 3.600 euro al lordo dell’imposta applicata (articolo 2 del provvedimento);

-        sono escluse dal predetto obbligo le importazioni, le esportazioni alle condizioni di legge, le cessioni di beni e le prestazioni di servizi nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti “black list” e le operazioni che hanno già costituito oggetto di comunicazione all'Anagrafe tributaria.

 

Il successivo provvedimento del 14 aprile 2011, emanato dall'Agenzia delle entrate, ha peraltro escluso, in fase di prima applicazione, le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per le quali non ricorre l’obbligo di fattura, effettuate fino al 30 giugno 2011 (articolo 3 del provvedimento);

-        tra gli elementi da indicare nella comunicazione vi sono, tra l’altro, l’anno di riferimento, la partita IVA o il codice fiscale del cedente, prestatore, cessionario o committente, i corrispettivi dovuti dal cessionario o committente, o al cedente o prestatore, secondo le condizioni contrattuali, e l’importo dell’imposta sul valore aggiunto applicata o la specificazione che trattasi di operazioni non imponibili o esenti; per le operazioni rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto per le quali non ricorre l’obbligo della fattura, i corrispettivi comprensivi dell’imposta sul valore aggiunto applicata.

 

L'articolo 7, comma 2, lettera o), del decreto-legge n. 70 del 2011 ha quindi inserito all’articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010 un nuovo comma 1-bis: tale disposizione esclude dal predetto obbligo di comunicazione telematica le operazioni rilevanti ai fini dell’IVA effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi, in tutti i casi in cui il pagamento dei corrispettivi avvenga mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse da operatori finanziari obbligati alla comunicazione dei rapporti e delle operazioni con la clientela all’Anagrafe tributaria (ai sensi dell’art. 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605).

 

Gli ultimi chiarimenti in materia sono stati forniti con la Circolare 24/E dell’Agenzia delle Entrate del 30 maggio 2011 e con il successivo Provvedimento del 21 giugno 2011, che ha dettato le specifiche tecniche relative alla comunicazione telematica.

La Circolare 24/E ha chiarito che l’obbligo di comunicazione riguarda non solo le operazioni effettuate tra soggetti IVA (cosiddette operazioni business to business), ma anche quelle in cui cessionario o committente risulti essere il consumatore finale (cosiddette operazioni business to consumer).

In sede di prima applicazione il provvedimento ha stabilito che devono essere comunicate:

-        entro il 31 ottobre 2011, le operazioni di importo pari o superiore ai 25.000 euro al netto dell’IVA rese e ricevute nel periodo d’imposta 2010, limitatamente a quelle per le quali è previsto l’obbligo di emissione della fattura. Si ricorda al riguardo che un primo Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16 settembre 2011 ha fatto slittare il termine al 31 dicembre 2011; successivamente con il Provvedimento del 21 dicembre 2011 è stata disposta un’ulteriore proroga al 31 gennaio 2012;

-        entro il 30 aprile 2012, le operazioni di importo pari o superiore a 3.000 euro, al netto dell’IVA, rese e ricevute nel periodo d’imposta 2011 per le quali è previsto l’obbligo di emissione della fattura;

-        entro il 30 aprile 2012, le operazioni di importo pari o superiore a 3.600 euro, al lordo dell’IVA, per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura, con esclusivo riferimento a quelle rese e ricevute dal 1° luglio 2011.

Per il periodo d’imposta 2010 devono, quindi, essere comunicate soltanto le operazioni soggette all’obbligo di fatturazione di ammontare pari o superiore a 25.000 euro, al netto dell’imposta. A regime, invece, la predetta soglia era fissata ad un ammontare pari o superiore a 3.000 euro, ovvero pari o superiore a 3.600 euro nel caso di operazioni non soggette all’obbligo di fatturazione. La comunicazione deve essere inviata all’Agenzia entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

 

Da ultimo l'articolo 23, comma 41, del decreto legge n 98 del 2011 è intervenuto nuovamente sull’articolo 21 del decreto legge n. 78 del 2010, aggiungendo un comma 1-ter. Per effetto di tale modifica è previsto che gli operatori finanziari che emettono carte di credito, di debito o prepagate e che sono soggetti ai predetti obblighi di comunicazione all’Anagrafe Tributaria devono altresì comunicare all’Agenzia delle entrate le operazioni effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi IVA, in relazione alle quali il pagamento dei corrispettivi sia avvenuto mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse dagli operatori finanziari stessi. La norma demanda ad un provvedimento direttoriale dell’Agenzia delle Entrate l’individuazione di termini e modalità di tale comunicazione[17].

 

Il comma 6 in esame interviene pertanto sull’articolo 21, comma 1, del decreto legge n. 78 del 2011, espungendo anzitutto il riferimento alla soglia di tremila euro, ivi prevista in via generale.

La norma, peraltro, aggiunge al comma 1 citato un nuovo periodo con cui, con una disposizione di rango primario (e non più ad opera di un provvedimento direttoriale), si opera una distinzione tra operazioni con obbligo di emissione di fattura e operazioni in cui tale obbligo non è previsto:

§      nella prima ipotesi l’obbligo di comunicazione è assolto con la trasmissione, per ciascun cliente e fornitore, dell’importo di tutte le operazioni attive e passive effettuate. Per queste operazioni, pertanto, non è stabilita alcuna soglia minima di importo;

§      nella seconda ipotesi (operazioni senza obbligo di fattura, generalmente giustificate da scontrino o ricevuta fiscale), analogamente a quanto attualmente previsto, la comunicazione telematica deve essere effettuata per le operazioni di importo non inferiore a 3.600 euro, comprensivi di IVA.

 

La modifica in esame sembrerebbe comportare l'obbligo di segnalazione dell'importo di tutte le operazioni attive e passive rilevanti ai fini IVA per le quali è obbligatoria l'emissione della fattura, effettuate nei confronti di ciascun cliente e fornitore, a prescindere dall'ammontare unitario.

Pertanto, oggetto della comunicazione non sembrerebbero più le singole operazioni, bensì l'insieme dei rapporti intrattenuti con un determinato cliente o fornitore, secondo una logica che da oggettiva (la segnalazione dell'operazione) passa a soggettiva (la segnalazione della controparte commerciale).

La disciplina sembrerebbe peraltro idonea a consentire l’eliminazione del problema dei contratti collegati e delle prestazioni periodiche, in quanto la rimozione della soglia quantitativa e la caratterizzazione soggettiva della comunicazione determinano la necessità di trasmettere all’Agenzia delle entrate tutte le operazioni, senza necessità di valutarne il rapporto genetico sottostante.

 

Si tratterebbe, in sostanza, di un ritorno all’elenco clienti e fornitori, introdotto nel 2006 dall'articolo 37, commi 8 e 9, del decreto-legge n. 223 del 2006 e successivamente abolito nel 2008 dall'articolo 33, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto l’ultimo periodo del comma 6, il quale esclude dall’obbligo di comunicazione all’amministrazione finanziaria alcune operazioni rilevanti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto effettuate da soggetti già sottoposti a determinati obblighi di comunicazione all’Anagrafe tributaria. I soggetti in questione, infatti, devono effettuare le comunicazioni limitatamente alle fatture emesse o ricevute per le operazioni diverse da quelle inerenti ai rapporti oggetto di segnalazione ai sensi dell’articolo 7, commi 5 e 6 del D.P.R. n. 605 del 1973

L’articolo 7, comma 5, dispone che le aziende, gli istituti, gli enti e le società devono comunicare all'Anagrafe tributaria i dati e le notizie riguardanti i contratti di assicurazione, ad esclusione di quelli relativi alla responsabilità civile ed alla assistenza e garanzie accessorie, relativamente ai soggetti contraenti; i contratti di somministrazione di energia elettrica, di servizi di telefonia, fissa, mobile e satellitare, di servizi idrici e del gas, relativamente agli utenti; al fine dell'emersione delle attività economiche, con particolare riferimento all'applicazione dei tributi erariali e locali nel settore immobiliare, gli stessi soggetti devono comunicare i dati catastali identificativi dell'immobile presso cui è attivata l'utenza, dichiarati dagli utenti

L’articolo 7, comma 6, prevede che le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'Anagrafe tributaria ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

 

Si rammenta che l’articolo 11, comma 2 del D.L. n. 201 del 2011 (c.d. “salva Italia”) ha imposto agli operatori finanziari, dal 1° gennaio 2012, di comunicare periodicamente all’Anagrafe tributaria tutte le movimentazioni relative ai rapporti finanziari già oggetto di specifici obblighi di evidenziazione e comunicazione, ai sensi dell’articolo 7, comma 6, del D.P.R. n. 605 del 1973.

Tali informazioni sulle operazioni, sui rapporti finanziari e sui relativi importi possono essere utilizzate dall'Agenzia delle entrate anche per la individuazione dei contribuenti a maggior rischio di evasione da sottoporre a controllo, oltre che per le finalità individuate dall’articolo 7, comma 11, del medesimo D.P.R. n. 605/1973 (riscossione mediante ruolo, accertamenti finalizzati alla ricerca e all'acquisizione della prova e delle fonti di prova nel corso di un procedimento penale, accertamenti di carattere patrimoniale per le finalità di prevenzione previste da specifiche disposizioni di legge e per l'applicazione delle misure di prevenzione).


 

Articolo 2, comma 7
(Eliminazione dell’obbligo di chiedere l’indicazione del domicilio fiscale negli atti presentati all’Amministrazione finanziaria)

 

7. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, quarto comma, le parole: «In tutti gli» sono sostituite dalla seguente: «Negli» e dopo le parole: «con la precisazione dell'indirizzo» sono aggiunte le seguenti: «solo ove espressamente richiesto»;

b) nell'articolo 60, il secondo periodo del terzo comma è soppresso.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 7, per semplificare i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, limita l’obbligo di indicare il comune di domicilio fiscale e l'indirizzo ai soli casi in cui ciò venga espressamente richiesto, anziché in tutti gli atti presentati agli uffici finanziari.

Analisi normativa

 

Il comma 7 dell'articolo 2 reca disposizioni volte alla semplificazione nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria, limitando l’obbligo di indicare il comune di domicilio fiscale e l'indirizzo ai soli casi in cui ciò venga espressamente richiesto, anziché in tutti gli atti presentati agli uffici finanziari.

 

A tal fine, la lettera a) modifica l’articolo 58 del D.P.R. n. 600/1973[18], che reca la disciplina generale del domicilio fiscale dei contribuenti.

L’articolo 58 prescrive che agli effetti dell'applicazione delle imposte sui redditi ogni soggetto si intende domiciliato in un comune dello Stato e, in particolare:

-        le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte;

-        le persone fisiche non residenti hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, nel comune in cui si è prodotto il reddito più elevato;

-        i cittadini italiani, che risiedono all'estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione, nonché quelli considerati residenti in quanto cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, (articolo 2, comma 2–bis, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, testo unico delle imposte sui redditi) hanno il domicilio fiscale nel comune di ultima residenza nello Stato;

I soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale o, in mancanza, la sede amministrativa; se anche questa manchi, essi hanno il domicilio fiscale nel comune ove è stabilita una sede secondaria o una stabile organizzazione e in mancanza nel comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività.

 

Per effetto delle modifiche operate dalla norma in esame (che novella testualmente il comma quarto dell’articolo 58) viene eliminato l’obbligo di indicare il comune di domicilio fiscale e l'indirizzo nella totalità degli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengono presentati agli uffici finanziari. Tale indicazione viene limitata solo ai casi in cui ciò venga espressamente richiesto.

 

La successiva lettera b) reca modifiche alla disciplina delle notifiche a fini fiscali, sopprimendo l’ultimo periodo dell’articolo 60, comma terzo del D.P.R. n. 600/1973.

 

In estrema sintesi, si ricorda che le notifiche di atti e avvisi a fini fiscali sono effettuati secondo le relative norme del codice di procedura civile, con alcune specificità - recate dal richiamato articolo 60 - legate alla natura tributaria dell’atto da notificare.

 

In particolare, il terzo comma dell’articolo 60 disciplina la decorrenza degli effetti delle variazioni e delle modificazioni dell'indirizzo dei contribuenti. Esse hanno effetto, ai fini delle notificazioni, dal trentesimo giorno successivo a quello dell'avvenuta variazione anagrafica.

Per le persone giuridiche e le società ed enti privi di personalità giuridica, la variazione ha effetto dal trentesimo giorno successivo a quello della ricezione, da parte dell'ufficio, della comunicazione della dichiarazione di inizio attività, di variazione dati o di cessazione attività ai fini IVA (articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972), ovvero della dichiarazione dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, che intendono assolvere gli obblighi ed esercitare i diritti in materia di imposta sul valore aggiunto direttamente (articolo 35-ter del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972), ovvero del modello previsto per la domanda di attribuzione del numero di codice fiscale dei soggetti diversi dalle persone fisiche non obbligati alla presentazione della dichiarazione di inizio attività IVA.

In sostanza, con una novella che appare conseguente alle modifiche apportate dalla già commentata lettera a), viene soppresso l’ultimo periodo del comma terzo; si elimina la previsione secondo cui la notifica di atti e avvisi nel comune di domicilio fiscale risultante dall'ultima dichiarazione annuale è valida, se sono state omesse le predette comunicazioni da cui si evince la variazione dell’indirizzo del contribuente.

 


 

Articolo 2, comma 8
(Operazioni con Paesi c.d. black list)

 

8. All'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, dopo le parole: «prestazioni di servizi» sono inserite le seguenti: «di importo superiore a euro 500».».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 8 introduce la soglia minima di 500 euro al di sotto della quale non è più dovuta la comunicazione all’Agenzia delle entrate delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list.

Analisi normativa

 

Il comma 8 limita l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate con operatori aventi sede residenza o domicilio in Paesi cd. black list ai soli casi in cui le operazioni siano di importo superiore a 500 euro.

La modifica interviene sull’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 40 del 2010, il quale ha stabilito l’obbligo a carico dei contribuenti che effettuano scambi commerciali con soggetti aventi sede, residenza o domicilio nei paradisi fiscali, di inviare una comunicazione telematica relativa alle operazioni effettuate (norma di contrasto alle cosiddette “operazioni carosello”). I Paesi interessati dalla disciplina sono quelli indicati nella black list fatta salva la facoltà, per il Ministro dell’economia e delle finanze, di includere ulteriori Paesi ovvero di escludere alcuni di quelli già inclusi mediante l’emanazione di un decreto non regolamentare.

La omessa, incompleta o non veritiera presentazione della comunicazione comporta una sanzione di ammontare compreso tra 516 euro e 4.132 euro.

L'individuazione degli Stati c.d. black list è stata realizzata dal decreto del Ministro delle finanze del 4 maggio 1999 (in Gazzetta Ufficiale n. 107 del 10 maggio 1999) e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 21 novembre 2001 (in Gazzetta Ufficiale n. 273 del 23 novembre 2001).

 

L'introduzione di una soglia minima mira a ridurre gli oneri informativi per gli operatori con riguardo agli scambi di importo contenuto.


 

Articolo 2, commi 9 e 10
(Scritturazione telematica della contabilità delle accise in sostituzione dei registri cartacei)

 


9. I registri la cui tenuta è obbligatoria, ai sensi del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, recante testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi, e delle relative sanzioni penali e amministrative e relative norme di attuazione, possono essere sostituiti dalla presentazione esclusivamente in forma telematica, con cadenza giornaliera, dei dati relativi alle contabilità degli:

a) operatori di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286;

b) esercenti depositi per uso privato, agricolo ed industriale di capacità superiore a 25 metri cubi, esercenti impianti di distribuzione stradale di carburanti, esercenti apparecchi di distribuzione automatica di carburanti per usi privati, agricoli ed industriali collegati a serbatoi la cui capacità globale supera i 10 metri cubi di cui all'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 504 del 1995;

c) operatori che trattano esclusivamente prodotti energetici in regime di vigilanza fiscale ai sensi del capo II del decreto del Ministro delle finanze 17 maggio 1995, n. 322;

d) operatori che trattano esclusivamente alcoli sottoposti a vigilanza fiscale ai sensi dell'articolo 66 del citato decreto legislativo, n. 504 del 1995 e dell'articolo 22 del decreto del Ministro delle finanze 27 marzo 2001, n. 153;

e) operatori che impiegano l'alcol etilico e le bevande alcoliche in usi esenti da accisa ai sensi del decreto del Ministro delle finanze 9 luglio 1996, n. 524.

10. Con provvedimenti dell'Agenzia delle dogane da adottarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabiliti:

a) tempi e modalità per la presentazione esclusivamente in forma telematica dei dati delle contabilità degli operatori di cui al comma 9, lettere da b) ad e);

b) regole per la gestione e la conservazione dei dati delle contabilità trasmessi telematicamente;

c) istruzioni per la produzione della stampa dei dati delle contabilità da esibire a richiesta degli organi di controllo in sostituzione dei registri di cui al comma 9.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 9 e 10 prevedono la facoltà, per gli operatori nei settori dei prodotti energetici e degli alcolici, di avvalersi della trasmissione telematica giornaliera dei dati contabili all’Amministrazione finanziaria, in sostituzione della tenuta dei registri cartacei, con conseguente riduzione degli oneri amministrativi sia per gli operatori che per l'Amministrazione, nonché un miglioramento dei controlli e della qualità dei dati raccolti.


Analisi normativa

 

Il comma 9 prevede la facoltà, per gli operatori di diversi settori, di avvalersi della trasmissione telematica giornaliera dei dati contabili, quale sostitutiva della tenuta dei registri cartacei.

Nel dettaglio, possono ricorrere a tale modalità di obbligatoria comunicazione dei dati relativi alla contabilità i seguenti soggetti:

a)   depositari autorizzati, operatori professionali, rappresentanti fiscali ed esercenti depositi commerciali, circa l'attività svolta nei settori dei prodotti energetici, dell'alcole e delle bevande alcoliche e degli oli lubrificanti e bitumi di petrolio (art. 1, co. 1, lett. a), D.L. n. 262/2006);

b)   esercenti depositi per uso privato, agricolo ed industriale di capacità superiore a 25 metri cubi, esercenti impianti di distribuzione stradale di carburanti, esercenti impianti di distribuzione automatica di carburanti collegati a serbatoi con capacità superiore a 10 metri cubi (art. 25, D.Lgs. n. 504/1995);

c)   operatori che trattano esclusivamente prodotti energetici in regime di vigilanza fiscale sugli oli minerali non soggetti ad accisa (capo II D.M. n. 322/1995);

d)   operatori che trattano esclusivamente alcoli in regime di vigilanza per gli alcoli metilico, propilico ed isopropilico (art. 66, D.Lgs. n. 504/1995);

e)   operatori che impiegano l'alcol etilico e le bevande alcoliche in usi esenti da accisa (D.M. n. 524/1996).

 

Tali previsioni - le cui modalità applicative, ai sensi del successivo comma 10, sono da determinarsi con provvedimenti dell'Agenzia delle dogane - legificano e generalizzano, per i settori dei prodotti energetici e alcolici sopra ricordati, una trasmissione dei dati già operante (ma con cadenza temporale assai diversa dalla giornaliera) ai sensi delle determinazioni direttoriali[19] attuative del decreto-legge n. 262 del 2006.

 

Secondo la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione (A.S. 3184), la dematerializzazione dei registri cartacei determinerebbe una riduzione degli oneri amministrativi sia per gli operatori che per l'Agenzia delle dogane, nonché un miglioramento dei controlli e della qualità dei dati raccolti.

 

L'obbligo di registro dei dati relativi alla contabilità, di cui qui si tratta, è disciplinato dal decreto legislativo n. 504 del 1995, recante "Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative", agli articoli 25 (Deposito e circolazione di prodotti energetici assoggettati ad accisa), 26 (Disposizioni particolari per il gas naturale) e 29 (Deposito di prodotti alcolici assoggettati ad accisa).


 

Articolo 2, commi 11 e 12
(Semplificazioni nel sistema di accertamento e contabilizzazione della birra negli stabilimenti di tipo artigianale)

 


11. All'articolo 35 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. Fatta salva, su motivata richiesta del depositario, l'applicabilità delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, nelle fabbriche con produzione annua non superiore ai 10.000 ettolitri l'accertamento del prodotto finito viene effettuato immediatamente a monte del condizionamento, sulla base di appositi misuratori, direttamente dall'esercente l'impianto. Il prodotto finito deve essere confezionato nella stessa fabbrica di produzione e detenuto ad imposta assolta. Non si applicano le disposizioni dei commi 5 e 6, lettere b) e c).».

12. All'articolo 3, comma 4, del decreto del Ministro delle finanze 27 marzo 2001, n. 153, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Per le fabbriche di cui all'articolo 35, comma 3-bis del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, recante Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, l'assetto del deposito fiscale e le modalità di accertamento, contabilizzazione e controllo della produzione sono stabiliti con determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 11 e 12introducono alcune semplificazioni nel settore della produzione di birra artigianale, relativamente all'accertamento e alla contabilizzazione del prodotto.

Analisi normativa

 

Il comma 11 aggiunge il comma 3-bis all’articolo 35 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (TU delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi), disponendo che nelle fabbriche con produzione annua non superiore ai 10.000 ettolitri l’accertamento del prodotto finito possa essere effettuato immediatamente a monte del condizionamento


(filtraggio della birra maturata), sulla base di appositi misuratori, direttamente dall’esercente l’impianto, enon più attraverso contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni.

Il prodotto finito deve essere confezionato nella stessa fabbrica di produzione e detenuto ad imposta assolta.

La norma non prevede l’applicazione delle disposizioni contenute ai commi 5 e 6, lettere b) e c) relativi, rispettivamente, alle rotture di contenitori e alle tolleranze.

La disposizione fa salva la possibilità per il depositario, dietro motivata richiesta, dell’applicabilizzazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo 35.

 

La Relazione al disegno di legge di conversione del provvedimento (A.S. 3184) evidenzia che la disposizione individua una diversa modalità di immissione in consumo della birra avviata al confezionamento, senza che questo debba essere già ultimato. Ne consegue che il prodotto assolva all'imposta primadel confezionamento, senza che si debbano così applicare le disposizioni vigenti per l'accertamento dell'accisa sulla birra, relative alla verifica di rotture degli imballaggi (in una certa misura, queste determinano la non esigibilità dell'accisa) e sul volume delle confezioni. In tal modo sono eliminati alcuni oneri per gli operatori, in termini di adempimenti amministrativi relativi al magazzino fiscale. Tale disciplina non sarebbe in contrasto, come affermato nella relazione, con la normativa comunitaria (la quale prevede la tassazione sui volumi, non sulle confezioni).

 

Il richiamato articolo 35 reca disposizioni in materia di accertamento dell'accisa sulla birra. In particolare il comma 1 prevede che ai fini dell'accertamento dell'accisa sulla birra, per prodotto finito si intende la birra nelle condizioni in cui viene immessa in consumo. Il volume di ciascuna partita di birra da sottoporre a tassazione è dato dalla somma dei volumi nominali degli imballaggi preconfezionati e dei volumi nominali dichiarati degli altri contenitori utilizzati per il condizionamento: il volume così ottenuto, espresso in ettolitri, viene arrotondato al litro, computando per intero le frazioni superiori al mezzo litro. Per grado Plato si intende la quantità in grammi di estratto secco contenuto in 100 grammi del mosto da cui la birra è derivata; la ricchezza saccarometrica così ottenuta viene arrotondata ad un decimo di grado, trascurando le frazioni di grado pari o inferiori a 5 centesimi, e computando per un decimo di grado quelle superiori. Ai sensi del comma 2 per il controllo della produzione sono installati misuratori delle materie prime, della birra immediatamente a monte del condizionamento ed, eventualmente, dei semilavorati, nonché contatori per la determinazione del numero degli imballaggi preconfezionati e delle confezioni. Ultimate le operazioni di condizionamento, il prodotto è custodito in apposito magazzino, preso in carico dal depositario ed accertato dall'Ufficio dell'Agenzia delle dogane. Il comma 3 prevede che il condizionamento della birra possa essere effettuato anche in fabbriche diverse da quella di produzione o in appositi opifici di imbottigliamento che in tal caso sono considerati, a tutti gli effetti fiscali, fabbriche di birra.

 

Il comma 12 sostituisce l’ultimo periodo del comma 4 dell’articolo 3 (Assetto dei depositi fiscali) del decreto ministeriale 27 marzo, 2001, n. 153[20], disponendo che per le fabbriche di cui all’articolo 35, comma 3-bis del D.Lgs. n. 504 del 1995 – introdotto dal comma precedente - l’assetto del deposito fiscale e le modalità di accertamento, contabilizzazione e controllo della produzione sono stabiliti con determinazione del Direttore dell’Agenzia delle dogane.

 

Il testo previgente disponeva che per le fabbriche che avessero una produzione annuale non superiore ai 10.000 ettolitri e fossero destinate al solo rifornimento di un attiguo locale di mescita e di minuta vendita, l'assetto del deposito fiscale e le modalità per il controllo della produzione fossero stabiliti di volta in volta dall'Agenzia.

 

In sostanza, novellando il decreto ministeriale n. 153 del 2001 viene espunta la condizione - ormai obsoleta - del rifornimento solo a un attiguo locale di mescita o di minuta vendita, rinviando la disciplina ad una determinazione da parte dell'Agenzia delle dogane delle modalità non solo di controllo della produzione ma anche di accertamento e contabilizzazione, nonché l'assetto del deposito fiscale.

 

Si osserva che con una disposizione legislativa si modifica un regolamento ministeriale, peraltro in modo frammentario quale la sostituzione di un periodo di un comma.


 

Articolo 2, comma 13
(Semplificazioni nel rilascio della licenza di esercizio per gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio azionate da fonti rinnovabili)

 

13. All'articolo 53, comma 7, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ai soggetti di cui al comma 1 lettera b) che esercitano officine di produzione di energia elettrica azionate da fonti rinnovabili, con esclusione di quelle riconducibili ai prodotti energetici di cui all'articolo 21, la licenza è rilasciata successivamente al controllo degli atti documentali tra i quali risulti specifica dichiarazione relativa al rispetto dei requisiti di sicurezza fiscale.».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 13prevede cheagli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio azionate da fonti rinnovabili la licenza sia rilasciata successivamente al controllo degli atti documentali tra i quali risulti specifica dichiarazione relativa al rispetto dei requisiti di sicurezza fiscale, in luogo della attuale verifica degli impianti.

Analisi normativa

 

Il comma 13 integra il comma 7 dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), prevedendo che agli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio (soggetti così indicati al comma 1, lettera b) del medesimo articolo) azionate da fonti rinnovabili, con esclusione di quelle riconducibili ai prodotti energetici sottoposti ad accisa ai sensi dell’articolo 21 del D.Lgs. n. 504, la licenza è rilasciata successivamente al controllo degli atti documentali tra i quali risulti specifica dichiarazione relativa al rispetto dei requisiti di sicurezza fiscale, in luogo della verifica degli impianti prevista dal medesimo comma 7.

 

Il richiamato articolo 53, ai commi 1 e 2, indica i soggetti obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica. Il successivo comma 5 prevede una procedura autorizzatoria per gli esercenti officine di energia elettrica, fatta eccezione per coloro che versano anticipatamente l'imposta dovuta mediante canone di abbonamento annuale.

In luogo dell'autorizzazione concessa ai sensi del comma 5, il comma 7 prevede che ai soggetti che esercitano officine di energia elettrica sia rilasciata, dal competente ufficio dell'Agenzia delle dogane successivamente alla verifica degli impianti, una licenza di esercizio, soggetta al pagamento di un diritto annuale.


 

Articolo 2, comma 13-bis
(Collocamento agricolo)

 

13-bis. All'articolo 9-bis, comma 2, terzo periodo, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, le parole: «Nel settore turistico» sono sostituite dalle seguenti: «Nei settori agricolo, turistico».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 13-bis, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, estende al settore agricolo una specifica deroga, già prevista per il settore turistico e per i pubblici esercizi, agli obblighi di comunicazione a carico del datore di lavoro per l’instaurazione del rapporto di lavoro.

Analisi normativa

 

Il comma 13-bis, introdotto nel corso dell’esame del provvedimento al Senato, modificando il comma 2 dell’articolo 9-bis del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510, convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608[21], concernente le comunicazioni da effettuare all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro, reca alcune semplificazioni relative a specifiche disposizioni in materia di assunzioni e di collocamento obbligatorio.

Si segnala che il richiamato comma è stato di recente modificato dall’articolo 18, comma 1, del D.L. 5/2012, approvato definitivamente dalla Camera dei deputati il 4 aprile 2012 ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale.

 

Gli obblighi informativi relativi all’instaurazione del rapporto di lavoro e alle successive variazioni sono contenuti in varie disposizioni[22].

In particolare, si ricorda che l’articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 1° ottobre 1996, n. 510[23], convertito dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, ha stabilito l’obbligo, per i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, in caso di instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, nonché di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione con apporto lavorativo, di comunicazione dell’instaurazione del rapporto di lavoro al Servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (quindi la Direzione provinciale del lavoro) entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei relativi rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione (primo periodo).

La richiamata comunicazione deve indicare i dati anagrafici del lavoratore, la data di assunzione, la data di cessazione qualora il rapporto non sia a tempo indeterminato, la tipologia contrattuale, la qualifica professionale nonché il trattamento economico e normativo applicato (secondo periodo).

Il terzo periodo, in particolare, prevede una deroga degli obblighi a carico del datore di lavoro per il settore turistico e per i pubblici esercizi, consistente nella possibilità, per il datore di lavoro che non sia in possesso di uno o più dati anagrafici inerenti il lavoratore, di integrare la comunicazione entro il terzo giorno successivo a quello dell'instaurazione del rapporto di lavoro, a condizione che dalla comunicazione preventiva risultino in maniera inequivocabile la tipologia contrattuale e l'identificazione del prestatore di lavoro.

In base alla modifica apportata, la richiamata deroga opera, oltre che per il settore turistico e dei pubblici esercizi, anche per il settore agricolo.


 

Articolo 3, commi da 1 a 4-bis
(Deroghe in materia di utilizzo del contante)

 


1. Per l'acquisto di beni e di prestazioni di servizi legate al turismo effettuati presso soggetti di cui agli articoli 22 e 74-ter del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dalle persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei paesi dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo, che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato, non opera il divieto di trasferimento di denaro contante di cui all'articolo 49, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, a condizione che il cedente del bene o il prestatore del servizio provveda ai seguenti adempimenti:

a) all'atto dell'effettuazione dell'operazione acquisisca fotocopia del passaporto del cessionario e /o del committente nonché apposita autocertificazione di quest'ultimo, ai sensi dell'articolo 47 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, attestante che non è cittadino italiano né cittadino di uno dei Paesi dell'Unione europea ovvero dello Spazio economico europeo e che ha la residenza fuori del territorio dello Stato,

b) nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell'operazione versi il denaro contante incassato in un conto corrente intestato al cedente o al prestatore presso un operatore finanziario, consegnando a quest'ultimo fotocopia del documento di cui alla lettera a) e della fattura o della ricevuta o dello scontrino fiscale emesso.

2. La disposizione di cui al comma 1 opera a condizione che i cedenti o i prestatori che intendono aderire alla disciplina del presente articolo inviino apposita comunicazione preventiva, anche in via telematica, all'Agenzia delle entrate secondo le modalità ed i termini stabiliti con provvedimento del Direttore dell'Agenzia stessa, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

3. L'efficacia della disposizione di cui all'articolo 2, comma 4-ter, lettera c), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, come introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, limitatamente alla erogazione di stipendi e pensioni corrisposti da enti e amministrazioni pubbliche, è differita al 1o giugno 2012. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto presso gli sportelli aperti al pubblico di tali enti e amministrazioni pubbliche è data massima pubblicità al contenuto e agli effetti della disposizione di cui al precedente periodo.

4. La disposizione di cui al primo periodo del comma 3 non trova applicazione nei riguardi di coloro i quali, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, si sono già conformati alla disposizione di cui all'articolo 2, comma 4-ter, lettera c), del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, come introdotta dall'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

4-bis. All'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, dopo il comma 4-ter sono inseriti i seguenti:

«4-quater. Per i soggetti beneficiari di stipendi, pensioni, compensi e ogni altro emolumento comunque corrisposti dalle pubbliche amministrazione centrali e locali e dai loro enti, che siano impossibilitati, entro la scadenza del termine di cui al comma 4-ter, per comprovati e gravi


motivi di salute ovvero per provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale, a recarsi personalmente presso i locali delle banche o di Poste italiane Spa, è consentito ai soggetti che risultino, alla stessa data, delegati alla riscossione, l'apertura di un conto corrente base o di un libretto di risparmio postale, intestati al beneficiario dei pagamenti.

4-quinquies. In deroga alle vigenti disposizioni di legge, il delegato deve presentare alle banche o a Poste italiane Spa copia della documentazione già autorizzata dall'ente erogatore attestante la delega alla riscossione, copia del documento di identità del beneficiario del pagamento nonché l'attestazione, da parte di un medico di base o di una struttura pubblica, delle condizioni di salute che impediscono al soggetto di recarsi personalmente presso i locali delle banche o di Poste italiane Spa ovvero documentazione, rilasciata dall'autorità giudiziaria o dalla struttura penitenziaria, che attesti lo stato di detenzione.

4-sexies. Entro il 31 maggio 2012 i beneficiari dei pagamenti di cui alla lettera c) del comma 4-ter indicano un conto di pagamento su cui ricevere i pagamenti di importo superiore a mille euro. Se l'indicazione non è effettuata nel termine indicato, le banche, Poste italiane Spa e gli altri prestatori di servizi di pagamento sospendono il pagamento, trattengono gli ordini di pagamento e versano i relativi fondi su un conto transitorio infruttifero, senza spese e oneri per il beneficiario del pagamento.

4-septies. Se l'indicazione del beneficiario è effettuata nei tre mesi successivi al decorso del termine di cui al comma 4-sexies, le somme vengono trasferite senza spese e oneri per il beneficiario medesimo. Se l'indicazione non è effettuata nei tre mesi successivi al decorso del termine di cui al comma 4-sexies, le banche, Poste italiane Spa e gli altri prestatori di servizi di pagamento provvedono alla restituzione delle somme all'ente erogatore. Nel corso dei tre mesi successivi al decorso del termine di cui al comma 4-sexies, il beneficiario ottiene il pagamento mediante assegno di traenza».


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 1 e 2 prevedono che non operi il divieto di pagamento in contanti per importi pari o superiori a mille euro per l’acquisto di beni al dettaglio e di prestazioni di servizi legate al turismo da parte di cittadini extraeuropei non residenti in Italia. I commi 3 e 4 differiscono al 1° giugno 2012 il termine entro il quale gli stipendi e le pensioni di importo superiore a mille euro corrisposti dalla pubblica amministrazione debbono essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante. Il comma 4-bis contiene norme volte a disciplinare la fase transitoria di tale normativa.


 

Analisi normativa

 

I commi 1 e 2 pongono una deroga in materia di limitazione dell'uso del contante esentandone, a determinate condizioni, i cittadini extraeuropei.

Più esattamente il divieto del contante per trasferimenti pari o superiori a mille euro (soglia così definita dall'articolo 12 del decreto-legge n. 201 del 2011)[24] nonsi applica per acquisti di beni o prestazioni di servizi connessi al turismo, effettuati presso soggetti esercenti commercio al minuto e attività assimilate o presso agenzie di viaggio e turismo.

Perché non si applichi il divieto di contante, gli acquirenti devono essere persone fisiche, non residenti in Italia, aventi cittadinanza diversa da quella di uno Stato dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo[25].

Tale deroga è concessa a condizione che il commerciante o l'agente di viaggio e turismo[26] effettui i seguenti adempimenti:

1)  acquisisca fotocopia del passaporto e autocertificazione[27] del cessionario o del committente che attesti i requisiti di cittadinanza e residenza sopra ricordati;

2)  versi nel primo giorno feriale successivo a quello dell'operazione il contante incassato in un conto corrente e consegni alla banca la fotocopia del passaporto e la ricevuta fiscale;

3)  comunichi preventivamente all’Agenzia delle entrate, anche in via telematica, l’intenzione di utilizzare tale procedura (le modalità ed i termini della comunicazione dovranno essere stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame).

Fine delle presenti disposizioni pare essere la rimozione di un ostacolo agli scambi commerciali, piuttosto che la semplificazione degli oneri amministrativi suggerita dalla rubrica dell’articolo, dal momento che si introduce un obbligo di comunicazione (e di deposito del contante) giornaliero (nel primo giorno feriale successivo all'operazione).

 

Le norme in esame stabiliscono, pertanto, una deroga al divieto di utilizzo di denaro contante a favore dei cittadini extraeuropei non residenti in Italia che effettuano acquisti di beni o si avvalgono di servizi connessi al turismo, effettuati presso soggetti esercenti commercio al minuto e attività assimilate ovvero presso agenzie di viaggio e turismo.

 

I commi 3 e 4 differiscono al 1° giugno 2012 il termine entro il quale gli stipendi e le pensioni corrisposti dalla pubblica amministrazione centrale e locale e dai loro enti, di importo superiore a mille euro, debbono essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante, mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, comprese le carte di pagamento prepagate e le carte elettroniche istituzionali. Le pubbliche amministrazioni devono dare massima pubblicità a tale innovazione. La proroga non si estende a quelle amministrazioni che hanno già iniziato a erogare stipendi e pensioni tramite strumenti di pagamento elettronici.

Questa modalità di pagamento è stata prescritta dall'articolo 12, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (“Salva Italia”), il quale inserendo un nuovo comma 4-ter, all’articolo 2 del decreto legge n. 138 del 2011, al fine di favorire la modernizzazione e l’efficienza degli strumenti di pagamento, ha imposto alle Pubbliche Amministrazioni, centrali e locali, di effettuare le operazioni di pagamento delle loro spese mediante l’utilizzo di strumenti telematici.

La disposizione si inquadra nel processo di riforma del settore pubblico basata sulla digitalizzazione degli enti della PA, l’attuazione dei piani di e-Government e lo svecchiamento di procedure che non sfruttano appieno le più moderne tecnologie; l’articolo è inoltre dettato dall’esigenza di un coordinamento con norme che intendono accelerare in maniera significativa il processo di rinnovamento quali quelle contenute nel nuovo Codice dell’amministrazione digitale (“CAD”) e nella normativa attuativa della Direttiva sui Servizi di Pagamento (Payment Services Directive – PSD) di prossima applicazione agli enti della PA.

I pagamenti delle PA, pertanto, devono essere effettuati in via ordinaria mediante accreditamento sui conti correnti bancari o postali dei creditori ovvero con le modalità offerte dai servizi elettronici di pagamento interbancari prescelti dal beneficiario. Gli eventuali pagamenti per cassa non possono, comunque, superare l’importo di 1.000 euro.

In particolare il comma 4-ter, lettera c), prescriveva che, entro tre mesi dall’entrata in vigore del decreto “Salva Italia” (7 marzo 2012) gli stipendi, le pensioni e i compensi comunque corrisposti dalla pubblica amministrazione centrale e locale e dai loro enti, e ogni altro tipo di emolumento a chiunque destinato, di importo superiore a mille euro, avrebbero dovuto essere erogati con strumenti diversi dal denaro contante, mediante l’utilizzo di strumenti di pagamento elettronici bancari o postali, comprese le carte di pagamento prepagate. Con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze il limite di importo di mille euro può essere modificato.

 

In sede di conversione del decreto legge n. 201 del 2011, all’articolo 12 è stato aggiunto un comma 2-bis, con il quale si prevede che il termine di cui al comma 4-ter del D.L. n. 138 del 2011 (7 marzo 2012) può essere prorogato, per specifiche e motivate esigenze, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

La norma in esame, limitatamente alla erogazione di stipendi e pensioni corrisposti da enti e amministrazioni pubbliche, proroga il termine con rango primario, in luogo del D.P.C.M. previsto dall’articolo 12, comma 2-bis, del D.L. n. 201 del 2011. Si segnala che nel corso dell’esame al Senato l’originario termine del 1° maggio previsto dal decreto legge in esame è stato ulteriormente prorogato al 1° giugno 2012.

 

Nel corso dell’esame al Senato è stato aggiunto il comma 4-bis,volto adisciplinare la fase transitoria della normativa che impone il pagamento degli stipendi e delle pensioni corrisposti dalla pubblica amministrazione, di importo superiore a mille euro, tramite strumenti diversi dal denaro contante. In particolare, all’articolo 2 del decreto legge n. 138 del 2011 sono introdotti i commi dal 4-quater al 4-septies.

I commi 4-quater e 4-quinquies prevedono la possibilità per soggetti delegati di aprire un conto corrente di base o un libretto di risparmio postale intestati ai beneficiari dove accreditare gli stipendi o le pensioni in esame, nel caso in cui i beneficiari degli stessi siano impossibilitati, entro la scadenza del termine di cui al comma 4-ter, per comprovati e gravi motivi di salute ovvero per provvedimenti giudiziari restrittivi della libertà personale a recarsi personalmente presso i locali delle banche o delle poste.

Si segnala che il termine previsto dal comma 4-ter è il 7 marzo 2012, già scaduto. Sembra più opportuno indicare la scadenza del 31 maggio 2012, analogamente a quanto prescritto dal successivo comma 4-sexies.

 

Si ricorda che i conti correnti di base sono stati previsti dall’articolo 12 del D.L. n. 201 del 2011, il quale ha demandato al Ministero dell'economia e delle finanze e all'Associazione bancaria italiana il compito di definire con un’apposita convenzione le caratteristiche di un conto corrente di base; il termine per la stipula della convenzione è fissato al 28 marzo 2012, dopodiché opereranno i poteri sostitutivi del Ministro dell’economia e delle finanze. L’articolo 27 del D.L. n. 1 del 2012 ha precisato che dovrà essere garantita la gratuità delle spese di apertura e di gestione dei conti di pagamento di base destinati all'accredito e al prelievo della pensione del titolare, per i soggetti che hanno diritto a trattamenti pensionistici fino a 1.500 euro mensili, ferma restando l'onerosità di eventuali servizi aggiuntivi richiesti dal titolare.

Ai fini dell’apertura del conto corrente o del libretto postale, il delegato deve presentare alle banche o a Poste Italiane copia della documentazione già autorizzata dall'Ente erogatore attestante la delega alla riscossione, copia del documento di identità del beneficiario del pagamento nonché l'attestazione, da parte di un medico di base o di una struttura pubblica, delle condizioni di salute che impediscono al soggetto di recarsi personalmente presso i locali delle banche o di Poste italiane S.p.A. ovvero documentazione, rilasciata dall'autorità giudiziaria o dalla struttura penitenziaria, che attesti lo stato di detenzione.

I commi 4-sexies e 4-septies dispongono la normativa applicabile nel caso in cui i beneficiari dei pagamenti in esame non indichino entro il 31 maggio 2012 il conto corrente o postale su cui ricevere i pagamenti di importo superiore a mille euro. Se l'indicazione non è effettuata nel termine indicato, le banche, Poste italiane S.p.A. e gli altri prestatori di servizi di pagamento sospendono il pagamento, trattengono gli ordini di pagamento e versano i relativi fondi su un conto transitorio infruttifero senza spese e oneri per il beneficiario del pagamento.

Se l'indicazione del beneficiario è effettuata nei tre mesi successivi al 31 maggio 2012, le somme vengono trasferite senza spese e oneri per il beneficiario medesimo. Qualora dopo i tre mesi successivi al 31 maggio 2012 il beneficiario non abbia provveduto ad effettuare l’indicazione, le banche, Poste italiane S.p.A. e gli altri prestatori di servizi di pagamento restituiscono le somme all'Ente erogatore; nel corso dei tre mesi successivi al 31 maggio 2012, il beneficiario ottiene il pagamento mediante assegno di traenza.

L’assegno di traenza è un assegno non trasferibile, con validità prefissata e inderogabile. Per poterlo incassare, o versare sul conto, deve essere firmato per traenza, nella faccia anteriore, e per quietanza, in quella posteriore, dal beneficiario, che apporrà pertanto due firme.


 

Articolo 3, comma 5, lettere a) e b)
(Limiti di pignorabilità)


 

5. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 72-bis, comma 1, dopo le parole: «sesto, del codice di procedura civile,» sono inserite le seguenti: «e dall'articolo 72-ter del presente decreto»;

b) dopo l'articolo 72-bis, è inserito il seguente: «Art. 72-ter (Limiti di pignorabilità) 1. Le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate dall'agente della riscossione: a) in misura pari ad un decimo per importi fino a duemila euro; b) in misura pari ad un settimo per importi da duemila a cinquemila euro. 2. Resta ferma la misura di cui all'articolo 545, quarto comma, del codice di procedura civile, se le somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, superano i cinquemila euro.»;


 

 

Sintesi ed effetti

 

Le lettere a) e b) del comma 5 pongono limiti più stringenti alla pignorabilità per crediti tributari delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego: per effetto delle norme in commento, esse possono essere pignorate in misura pari a un decimo, se di importo inferiore o pari a 2.000 euro, e in misura pari a un settimo, se comprese tra i 2.001 e i 5.000 euro.

Analisi normativa

 

Il comma 5, lettere a) e b), pone limiti più stringenti alla pignorabilità delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento. In particolare, tali somme possano essere escusse in misura pari a un decimo se l’emolumento è inferiore o pari a 2.000 euro, e in misura pari a un settimo per le somme comprese tra i 2.000 e i 5.000 euro.


La lettera b)introduce l’articolo 72-ter al D.P.R. n. 602 del 1973 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) che stabilisce (comma 1) la pignorabilità, da parte dell’agente della riscossione, delle somme dovute a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nelle seguenti misure:

a)      in misura pari ad un decimo per importi fino a 2.000 euro;

b)      in misura pari ad un settimo per importi da 2.000 a 5.000 euro.

Per effetto delle norme in esame, dunque, viene ridotta la quota pignorabile degli emolumenti di importo inferiore ai 5.000 euro. Ove le suddette somme superino tale soglia, esse rimangono pignorabili secondo le norme generali, ovvero nella misura di un quinto.

 

La lettera a) del comma 5 novella l'articolo 72-bis, comma 1, al fine di coordinarlo con le disposizioni introdotte alla successiva lettera b).

Il richiamato comma 1 dell’articolo 72-bis prevede che l’atto di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi possa contenere, in luogo della citazione del terzo a comparire per rendere l’apposita dichiarazione (relativa ai propri debiti nei confronti del soggetto escusso, di cui all’articolo 543, secondo comma, numero 4 c.p.c.), l’ordine al terzo di pagare il credito direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede:

§      nel termine di quindici giorni dalla notifica dell’atto di pignoramento, per le somme per le quali il diritto alla percezione sia maturato anteriormente alla data di tale notifica;

§      alle rispettive scadenze, per le restanti somme.

Le norme prevedono che tale regola non si applica ai crediti pensionistici e che rimane fermo quanto previsto del codice di procedura civile (articolo 545, commi dal quarto al sesto) in materia di somme impignorabili.

Il richiamato articolo 545 c.p.c. (relativo ai crediti impignorabili) dispone tra l’altro che le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate nella misura di un quinto per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, ed in eguale misura per ogni altro credito. Il pignoramento per il simultaneo concorso delle cause indicate precedentemente non può estendersi oltre alla metà dell'ammontare delle somme predette. Restano in ogni caso ferme le altre limitazioni contenute in speciali disposizioni di legge.

 

Per effetto delle norme in esame, ai fini della disciplina del pignoramento presso terzi per crediti tributari si deve tener conto, oltre che dei limiti di pignorabilità disposti dal codice di procedura civile, anche di quelli, ulteriori, introdotti dal già commentato articolo 72-ter del D.P.R. n. 602 del 1973.


 

Articolo 3, comma 5, lettere c) e d), e commi 6 e 7
(Procedure di esecuzione forzosa sui beni immobili)

 


5. Al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono apportate le seguenti modificazioni:

c) all'articolo 76 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. L'agente della riscossione può procedere all'espropriazione immobiliare se l'importo complessivo del credito per cui si procede supera complessivamente ventimila euro».;

2) al comma 2, le parole: «agli importi indicati» sono sostituite dalle seguenti: «all'importo indicato»;

d) all'articolo 77 dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. L'agente della riscossione, anche al solo fine di assicurare la tutela del credito da riscuotere, può iscrivere la garanzia ipotecaria di cui al comma 1, purché l'importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore complessivamente a ventimila euro.».

6. La disposizione di cui al comma 1-bis dell'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

7. L'articolo 7, comma 2, lettera gg-decies) del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, è abrogato.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 5, lettere c) e d), 6 e 7 recano disposizioni in materia di procedure di esecuzione forzata sui beni immobili del debitore fiscale. In particolare, con le norme introdotte si intende semplificare, uniformandole, le condizioni alle quali l’agente della riscossione può procedere ad espropriazione immobiliare e all’iscrizione di ipoteca esattoriale.

Analisi normativa

 

I commi 5, lettere c) e d), 6 e 7 recano disposizioni in materia di procedure di esecuzione forzata sui beni immobili del debitore fiscale. In particolare, con le norme introdotte si intende semplificare, uniformandole, le condizioni alle quali l’agente della riscossione può procedere ad espropriazione immobiliare e all’iscrizione di ipoteca esattoriale.


Si ricorda che, secondo le regole generali (articolo 50 del D.P.R. 602/1973, Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), il concessionario procede ad espropriazione forzata quando è inutilmente decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento. L’agente della riscossione ha inoltre la facoltà di promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. Sono fatte salve le ipotesi in cui il contribuente richiede la dilazione del pagamento, nonché la disciplina della sospensione dello stesso.

L’esecuzione forzata si articola in tre momenti: pignoramento dei beni, vendita e assegnazione del ricavato. L’agente della riscossione può dunque espropriare beni mobili e immobili del contribuente.

Decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione della cartella di pagamento, il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell'importo complessivo del credito per cui si procede (articolo 77 del citato D.P.R. 602/1973).

Il comma 2 dell’articolo 77 prescrive all’agente della riscossione di iscrivere obbligatoriamente ipoteca prima di procedere all'esecuzione forzata, ove l'importo complessivo del credito per cui si procede non superi il cinque per cento del valore dell'immobile da sottoporre ad espropriazione. Decorsi sei mesi dall'iscrizione senza che il debito sia estinto, il concessionario procede all'espropriazione.

Si ricorda inoltre che il comma 1-quater dell’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973, introdotto dall’articolo 1 del provvedimento in esame (per cui cfr. la relativa scheda di lettura), limita i poteri dell’agente della riscossione in caso di richiesta del beneficio della dilazione del pagamento: una volta ricevuta l’istanza del contribuente, infatti, sarà possibile iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore solo nel caso di mancato accoglimento dell’istanza, ovvero di decadenza dal beneficio della rateazione (ai sensi del comma 3 dell’articolo 19).

 

In primo luogo, la lettera c)del comma 5 limita il potere dell’agente della riscossione di procedere all’espropriazione immobiliare dei beni del debitore alla sola ipotesi in cui l’importo complessivo del credito superi, complessivamente, ventimila euro, a tal fine novellando l’articolo 76 del D.P.R. n. 602 del 1973.

 

A tale scopo, il numero 1)sostituisce il comma 1 del richiamato articolo 76 (come da ultimo modificato dall’articolo 7, comma 2, lettera gg-undecies), del D.L. n. 70 del 2011), norma che reca le condizioni di accesso all’espropriazione immobiliare.

 

Nella formulazione previgente del richiamato comma 1, si consentiva di procedere ad espropriazione immobiliare solo ove l'importo complessivo dovuto superasse uno specifico ammontare, così differenziato:

a)    ventimila euro, qualora la pretesa iscritta a ruolo fosse contestata in giudizio ovvero fosse ancora contestabile in tale sede e il debitore fosse proprietario dell'unità immobiliare dallo stesso adibita a propria abitazione principale;

b)    ottomila euro, negli altri casi.

 

Per effetto delle modifiche operate con la norma in esame, i suddetti importi vengono unificati, consentendosi all’agente della riscossione di procedere ad espropriazionedei beni immobili del contribuente alla sola ipotesi in cui l’importo complessivo del credito superi, complessivamente, ventimila euro.

 

Il numero 2)reca le opportune norme di coordinamento, modificando il comma 2 del richiamato articolo 76 al fine di impedire all’agente della riscossione di procedere all'espropriazione ove il valore del bene, determinato a norma di legge e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede, sia inferiore al suddetto importo (in luogo degli importi differenziati indicati dal previgente comma 1).

 

La lettera d) del comma 5, conseguentemente alle disposizioni in materia di espropriazione immobiliare introdotte dalla lettera c), consente all’agente della riscossione di iscrivere garanzia ipotecaria sui beni immobili del debitore nel solo caso in cui l’importo complessivo del credito per cui si procede non sia inferiore, complessivamente, a ventimila euro.

A tal fine, viene aggiunto il comma 1-bis al già illustrato articolo 77 del D.P.R. n. 602/1973.

Pertanto, per effetto della norma in esame, con finalità di tutela del credito per cui si procede, l’agente della riscossione può iscrivere la garanzia ipotecaria solo se l’importo complessivo del credito per cui si procede non è inferiore, complessivamente, a ventimila euro.

 

Il comma 6 prevede che la suddetta disposizione si applichi a decorrere dal 2 marzo 2012, data di entrata in vigore del provvedimento in commento. Conseguentemente, viene abrogato (comma 7) l’articolo 7, comma 2, lettera gg-decies) del D.L. n. 70 del 2011 sopra richiamato.


 

Articolo 3, commi 8 e 9
(Ratei e risconti)

 

8. Nell'articolo 66, comma 3, terzo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «sono deducibili» sono sostituite dalle seguenti: «possono essere dedotti»;

b) la parola: «ricevuto» è sostituita dalla seguente: «registrato».

9. Le disposizioni di cui al comma 8 trovano applicazione a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2011.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 8 stabilisce che, nella determinazione del reddito delle imprese minori, i costi concernenti contratti a corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta, possono essere dedotti secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali. Il comma 9 precisa che la disposizione di cui al comma precedente si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011.

Analisi normativa

 

Il comma 8 novella l'articolo 66 (terzo periodo del comma 3) del TUIR, stabilendo che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011, nella determinazione del reddito delle imprese in regime di contabilità semplificata, i costi concernenti contratti a corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta, possano essere dedotti nell’esercizio nel quale è stato registrato il documento probatorio.

 

Il comma 3 dell’articolo 66 del TUIR era stato, da ultimo, modificato dall’art. 7, comma 2, lettera s), del D.L. n. 70 del 2011[28], il quale ha previsto che, per singole spese di importo non superiore a 1.000 euro, relative a corrispettivi periodici per servizi resi a cavallo di due esercizi economici, in base a contratti di fornitura di servizi ovvero di somministrazione di beni, la deduzione fiscale del costo avviene nel periodo d’imposta in cui è ricevuto il documento probatorio, ossia la fattura. La disposizione, applicabile ai soli soggetti in contabilità semplificata, deroga al principio di competenza economica in favore del principio di registrazione ai fini IVA.

 

Come si evince dalla relazione illustrativa (A.S. 3184), il comma 8 introduce, a fini di semplificazione e in considerazione della modesta entità degli importi considerati, la possibilità di dedurre, a scelta del contribuente, i costi relativi a contratti con corrispettivi periodici secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali.

Pertanto, la deroga all’ordinario criterio di competenza per la deduzione delle prestazioni di servizi relative a contratti con corrispettivi periodici, normalmente collegata alla maturazione del corrispettivo nel periodo d’imposta (e da cui derivano i ratei ed i risconti per la ripartizione temporale del costo tra due esercizi), con l’imputazione integrale nell’esercizio in cui si riceve il documento probatorio, è espressamente definita dalla norma in esame come una facoltà, e non come un obbligo (come si evinceva dalla originaria formulazione del comma 3 dell’articolo 66 del TUIR come modificato dall’art. 7, comma 2, lettera s), del D.L. n. 70 del 2011).

 

La relazione tecnica (A.S. 3184) stima che la disposizione in esame non determini sostanziali effetti in termini di gettito erariale, peraltro, solo per il primo anno, in considerazione della limitata casistica e del fatto che essi si manifesterebbero solo in via indiretta incidendo sulla redditività dei singoli contribuenti.

 

Il comma 9 precisa che la disposizione di cui al comma precedente si applica a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2011.


 

Articolo 3, commi 10 e 11
(Crediti tributari di modesta entità)

 

10. A decorrere dal 1o luglio 2012, non si procede all'accertamento, all'iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali, qualora l'ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, non superi, per ciascun credito, l'importo di euro 30, con riferimento ad ogni periodo d'imposta.

11. La disposizione di cui al comma 10 non si applica qualora il credito derivi da ripetuta violazione degli obblighi di versamento relativi ad un medesimo tributo.

 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 10 e 11 dell’articolo 3 prescrivono che dal 1° luglio 2012 non si proceda ad accertamento e riscossione dei tributi per somme non superiori a 30 euro per ciascun periodo d’imposta, salvo il caso in cui il credito derivi da ripetuta violazione degli obblighi di versamento relativi ad un medesimo tributo.

Analisi normativa

 

Il comma 10 dell’articolo 3 prescrive che dal 1° luglio 2012 non si proceda ad accertamento e riscossione dei tributi per somme non superiori a 30 euro per ciascun periodo d’imposta.

 

Più in dettaglio, non si procederà all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione di crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali non superiori al predetto importo. La somma di 30 euro deve essere comprensiva anche di sanzioni amministrative e interessi.

 

Si ricorda che l'articolo 16, comma 2, della legge 8 maggio 1998, n. 146 (recante Disposizioni per la semplificazione e la razionalizzazione del sistema tributario e per il funzionamento dell'Amministrazione finanziaria, nonché disposizioni varie di carattere finanziario) ha affidato a un regolamento il compito di stabilire gli importi dei crediti - comprensivi o costituiti solo da sanzioni amministrative o interessi - accertati anche in via definitiva e non pagati, per i quali non si fa luogo ad iscrizione nei ruoli o, comunque, alla riscossione.

Il D.P.R. n. 129 del 1999 (Regolamento recante disposizioni in materia di crediti tributari di modesta entità), emanato in attuazione della predetta norma, stabilisce che non si fa luogo all'accertamento, all'iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali di ogni specie comprensivi o costituiti solo da sanzioni amministrative o interessi, qualora l'ammontare dovuto, per ciascun credito, con riferimento ad ogni periodo d'imposta non superi l'importo di trentaduemila lire, ossia 16,53 euro (articolo 1, comma 1). Se l'importo del credito supera tale limite, si fa luogo all'accertamento, all'iscrizione a ruolo e alla riscossione per l'intero ammontare. La disposizione di cui al comma 1 non si applica qualora il credito tributario, comprensivo o costituito solo da sanzioni amministrative o interessi, derivi da ripetuta violazione, per almeno un biennio, degli obblighi di versamento concernenti un medesimo tributo.

 

La relazione illustrativa (A.S. 3184) chiarisce che tale limite è stato innalzato per ragioni di economicità ed efficienza, tenuto conto del tempo trascorso e dell'incremento dei costi dell'attività di controllo e di riscossione.

 

Ai sensi del comma 11, l’esclusione di cui al comma precedente non opera se il credito deriva da ripetuta violazione degli obblighi di versamento relativi ad un medesimo tributo.


 

Articolo 3, comma 12
(Modalità di esposizione degli importi nelle dichiarazioni)

 

12. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 1977, n. 935, il secondo comma è sostituito dal seguente: «Nelle dichiarazioni dei sostituti d'imposta, a decorrere da quelle relative all'anno d'imposta 2012, tutti gli importi da indicare devono essere espressi in euro mediante arrotondamento alla seconda cifra decimale.».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 12 reca modalità semplificate di esposizione degli importi nelle dichiarazioni e nelle certificazioni dei sostituti d’imposta: a partire dalle dichiarazioni e certificazioni relative all’anno di imposta 2012, tutti gli importi saranno espressi in euro e arrotondati alla seconda cifra decimale, in luogo dell’esposizione in migliaia di lire mediante troncamento delle ultime tre cifre.

Analisi normativa

 

Il comma 12 reca modalità semplificate di esposizione degli importi nelle dichiarazioni e nelle certificazioni dei sostituti d’imposta, a tal fine novellando l’articolo 1, secondo comma, della legge n. 935 del 1977 (recante Arrotondamento degli importi ai fini dell'applicazione e della riscossione delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto).

 

Con la novella in commento, a partire dalle dichiarazioni e certificazioni dei sostituti d’imposta relative all’anno di imposta 2012, tutti gli importi saranno espressi in euro e arrotondati alla seconda cifra decimale, in luogo dell’esposizione in migliaia di lire mediante troncamento delle ultime tre cifre.

 

La relazione illustrativa (A.S. 3184) precisa che in tal modo si ottiene una maggior efficienza dei programmi di controllo automatizzato delle dichiarazioni e dei versamenti, dove i valori sono esposti con l'indicazione dei centesimi di euro.


 

Articolo 3, comma 13
(Corresponsione dell’accisa mediante canone di abbonamento annuale per gli esercenti officine costituite da impianti azionati da fonti rinnovabili)

 

13. Al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 53, comma 1, dopo la lettera c) è aggiunta la seguente:

«c-bis) i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica sul mercato elettrico di cui all'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, limitatamente al consumo di detta energia»;

b) all'articolo 55, comma 5, dopo le parole: «impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore» sono inserite le seguenti: «ed impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente».

 

 

Sintesi ed effetti

 

La lettera a) del comma 13 dispone l’obbligo al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica anche per i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica sul mercato elettrico limitatamente al consumo di detta energia.

 

La lettera b) estende agli esercenti officine costituite da impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente, con potenza disponibile non superiore a 100 kW, la possibilità di corrispondere l'accisa mediante canone di abbonamento annuale, anziché provvedere al versamento.

Analisi normativa

 

La lettera a) del comma 13, introdotta dal Senato, novella il comma 1 dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 504 del 1995 (testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative), introducendo la ulteriore lettera d) con cui si dispone che sono obbligati al pagamento dell’accisa sull’energia elettrica anche i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica sul mercato elettrico limitatamente al consumo di detta energia.

 

La lettera b) del comma 13, novellando l’ultimo periodo del comma 5 dell’articolo 55, del decreto legislativo n. 504 del 1995 estende agli esercenti officine costituite da impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente, con potenza disponibile non superiore a 100 kW, la possibilità di corrispondere l'accisa mediante canone di abbonamento annuale, anziché provvedere al versamento periodico secondo le modalità indicate al comma 1 del medesimo articolo 55.

 

Il richiamato comma 5 stabilisce che i soggetti indicati all'articolo 53, comma 1, lettera b), esercenti officine non fornite di misuratori o di altri strumenti integratori della misura dell'energia adoperata, corrispondono l'accisa mediante un canone annuo di abbonamento determinato dal competente Ufficio dell'Agenzia delle dogane. Gli stessi soggetti hanno l'obbligo di dichiarare anticipatamente le variazioni che comportino un aumento superiore al 10% del consumo preso per base nella determinazione del canone ed in tal caso il competente Ufficio dell'Agenzia delle dogane procede alla revisione straordinaria dello stesso. Gli esercenti officine costituite da impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore - e ora anche da impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente - con potenza disponibile non superiore a 100 kW, possono corrispondere l'imposta mediante canone di abbonamento annuale.


 

Articolo 3, comma 14
(Richieste e notifiche alle imprese di assicurazione per via telematica)

 

14. All'articolo 11-bis del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: «le banche e gli intermediari finanziari», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «le banche, gli intermediari finanziari e le imprese di assicurazioni».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 14 dell'articolo 3 estende alle imprese assicurative alcune norme di semplificazione, contenute nel decreto-legge n. 201 del 2011, che dispongono l’obbligo di utilizzare lo strumento telematico per l’espletamento di procedure, per le richieste di informazioni, per le notifiche e le relative risposte, nonché la previa consultazione dell’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria in cui confluiscono le informazioni obbligatoriamente inviate dalle predette categorie di imprese.

Analisi normativa

 

Il comma 14 dell'articolo 3 estende alle imprese assicurative le norme di semplificazione degli adempimenti e di riduzione dei costi di acquisizione delle informazioni finanziarie contenute nell’articolo 11-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, che viene conseguentemente novellato dalla norma in commento.

 

Il richiamato articolo ha disposto l’obbligo di utilizzo dello strumento telematico per l’espletamento di procedure, nonché per le richieste di informazioni, per le notifiche e relative risposte rivolte alle banche e agli intermediari finanziari e la previa consultazione dell’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria in cui confluiscono le informazioni obbligatoriamente inviate dalle predette categorie di imprese (ossia dell'Archivio dei rapporti di cui all’articolo 7, comma sesto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti).

 

Si ricorda che il citato comma 7 dispone che le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro; l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'Anagrafe tributaria ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale.

 

Le richieste telematiche sono eseguite secondo le procedure già in uso presso le banche e gli intermediari finanziari ai fini delle indagini finanziarie svolte dall’amministrazione finanziaria (ai sensi dell’art. 32, comma 3, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, e relative norme di attuazione).

 

Le relative disposizioni di attuazione sono state affidate a un provvedimento dei Ministri interessati, da adottarsi entro il 6 giugno 2012 (sei mesi dall’entrata in vigore del decreto-legge n. 201 del 2011), sentita l’Agenzia delle entrate.


 

Articolo 3, comma 15
(Money transfer)

 

15. Al fine di adempiere agli impegni internazionali assunti dall'Italia in occasione, tra l'altro dei vertici G8 de L'Aquila (8-10 luglio 2009) e G20 di Cannes (3-4 novembre 2011) l'articolo 2, comma 35-octies, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è abrogato.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 15,abrogando il comma 35-octies dell’articolo 2 del decreto legge n. 138 del 2011, elimina la previsione di un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero attraverso istituti bancari, altri agenti di attività finanziarie e agenzie di "money transfer".

Analisi normativa

 

Il comma 15 dell'articolo 3 abroga il comma 35-octies dell’articolo 2 del decreto legge n. 138 del 2011[29], con il quale è stata introdotta un’imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero attraverso istituti bancari, altri agenti di attività finanziarie e agenzie di "money transfer".

 

Secondo quanto evidenziato dalla Relazione illustrativa (A.S. 3184), la disposizione abrogata avrebbe determinato un aumento dei costi di transazione delle rimesse, pregiudicando il raggiungimento dell’obiettivo - adottato formalmente nel vertice G20 di Cannes del novembre 2011 su proposta dell’Italia - della riduzione del costo medio globale di trasferimento delle rimesse dal 10% al 5% in 5 anni. Inoltre la Dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo del Vertice G8 de L’Aquila del luglio 2009 ha previsto l’impegno comune a facilitare un più efficiente trasferimento e miglior uso di flussi di rimesse e a favorire la cooperazione tra le organizzazioni nazionali ed internazionali in questo ambito.

L'abrogazione viene altresì motivata dall'esigenza di evitare una contrazione del volume delle rimesse verso i Paesi extracomunitari, che potrebbe comportare una migrazione di flussi monetari dai canali di trasferimento ufficiali a quelli non autorizzati, privi di forme di controllo, tracciabilità, protezione e tassazione.

 

Si ricorda che l'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all’estero, prevista dal comma 35-octies dell’articolo 2 del decreto legge n. 138 del 2011 - ora abrogato dalla norma in esame, era prevista in misura pari al 2 per cento dell’importo trasferito per singola operazione, con un misura minima di prelievo pari a 3 euro.

Erano soggetti a imposizione i trasferimenti effettuati mediante:

-        istituti bancari;

-        agenzie di “money transfer”;

-        altri agenti in attività finanziaria.

Le disposizioni esentavano da imposta i trasferimenti effettuati verso i paesi dell’Unione Europea e quelli effettuati da soggetti muniti di matricola INPS e codice fiscale.

 

Ai sensi dell’articolo 128-quater del Testo Unico Bancario – TUB (D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385), l’agente in attività finanziaria è il soggetto che promuove e conclude contratti relativi alla concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma o alla prestazione di servizi di pagamento, su mandato diretto di intermediari finanziari, istituti di pagamento o istituti di moneta elettronica. Il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141 (come successivamente modificato dal D.Lgs. n. 218/2010), emanato al fine di recepire la direttiva n. 2008/48/CE in materia di contratti di credito ai consumatori, ha riformato la disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, dei mediatori creditizi e degli agenti in attività finanziaria. In particolare, per gli agenti in attività finanziaria sono stati introdotti requisiti di accesso più elevati e l'istituzione di un nuovo elenco, nonché di un'apposita sezione dedicata agli agenti che svolgono esclusivamente servizi di pagamento, affidandone la tenuta ad un apposito Organismo.

I cosiddetti "money transfer", invece, sono gli agenti in attività finanziaria, persone fisiche o giuridiche, che offrono esclusivamente il servizio di pagamento consistente nel trasferimento di fondi attraverso la raccolta e la consegna delle disponibilità da trasferire. Nel caso di attività circoscritta al trasferimento di fondi (money transfer) la limitazione dovrà essere espressamente prevista nell'oggetto sociale.

 

La relazione tecnica (A.S. 3184) sottolinea che i potenziali effetti negativi derivanti dall’abrogazione della norma, “pur in assenza di dati puntuali, sono di non rilevante entità, vista l’aera di non imponibilità e di esenzione prevista”.

 

Si ricorda, peraltro, che la relazione tecnica della Ragioneria generale dello Stato al maxiemendamento presentato al Senato nel corso dell’esame del D.L. n. 138 del 2011 (riferito all’emendamento 2.106 testo 2 approvato in Commissione) sottolinea che la norma “comporta effetti positivi di gettito, che in assenza di dati puntuali sulla frequenza e ammontare di versamenti effettuati da soggetti privi di codice fiscale e matricola INPS, prudenzialmente non vengono quantificati”.

Infatti nella tavola riepilogativa degli effetti del maxiemendamento alla disposizione sul “money transfer” non vengono contabilizzati effetti sui saldi di finanza pubblica.


 

Articolo 3, comma 16
(Pubblicità provvedimenti AAMS)

 

16. Al comma 361 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, dopo le parole: «dei direttori di agenzie fiscali» sono inserite le seguenti: «, nonché del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 16 ricomprende anche i provvedimenti del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) tra quelli che, per esigenze di economicità e di speditezza dell’azione amministrativa, devono essere pubblicati sui propri siti internet.

Analisi normativa

 

Il comma 16 dell'articolo 3, novellando il comma 361 dell’articolo 1 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244 del 2007), ricomprende anche i provvedimenti del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) - oltre a quelli dei direttori delle agenzie fiscali - tra i provvedimenti che, per esigenze di economicità e di speditezza dell’azione amministrativa, devono essere pubblicati sui propri siti internet.

 

Il richiamato comma 361 specifica che tale pubblicazione tiene luogo della pubblicazione dei medesimi documenti, nella Gazzetta Ufficiale, nei casi in cui questa sia prevista da altre disposizioni di legge.

I siti internet delle agenzie fiscali - e ora anche quello dell’AAMS - devono essere strutturati al fine di consentire la ricerca, la consultazione, l’estrazione e l’utilizzazione di tutti i documenti ivi pubblicati.


 

Articolo 3, comma 16-bis
(Fondo regioni di confine)

 

16-bis. È istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze il Fondo per la valorizzazione e la promozione delle realtà socioeconomiche delle zone appartenenti alle regioni di confine, cui è attribuita una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2012. L'individuazione delle regioni beneficiarie, nonché i criteri e le modalità di erogazione del predetto Fondo, sono stabiliti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. All'onere derivante dal presente comma si provvede mediante utilizzo delle disponibilità esistenti presso la contabilità speciale 1778 «Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio» che sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo di cui al presente comma.

 

 

Sintesi ed effetti

 

La norma istituisce un Fondo per le regioni di confine dotato di 20 milioni di euro per l'anno 2012, per la valorizzazione e la promozione delle realtà socioeconomiche di quelle zone.

Analisi normativa

 

La norma, introdotta con il maxiemendamento del Governo approvato dal Senato, istituisce un «Fondo per la valorizzazione e la promozione delle realtà socioeconomiche delle zone appartenenti alle regioni di confine» con una dotazione di 20 milioni di euro per l'anno 2012.

La copertura finanziaria è realizzata mediante utilizzo delle disponibilità esistenti presso la contabilità speciale 1778 "Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio"

Per la individuazione delle regioni beneficiarie e per i criteri e le modalità di erogazione dei contributi, la norma rinvia ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, senza fornire ulteriori indicazioni.

Non è previsto alcuna forma di consultazione con le regioni nella sede della Conferenza Stato-Regioni.


 

Articolo 3, commi 16-ter e 16-quater
(Regime fiscale delle borse di studio)

 


16-ter. Al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 52, comma 1, alla lettera a-bis) è premessa la seguente:

«a.1) le somme di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 50 concorrono a formare il reddito per la parte eccedente 11.500 euro»;

b) all'articolo 13, comma 1, alinea, dopo le parole: «50, comma 1, lettere a), b),» la parola: «c),» è soppressa.

16-quater. Le somme da chiunque corrisposte, a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, per gli importi eccedenti l'ammontare indicato nell'articolo 52, comma 1, lettera a.1), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, costituiscono reddito ai sensi dell'articolo 50, comma 1, lettera c), del medesimo testo unico, anche in deroga alle specifiche disposizioni che ne prevedono l'esenzione o l'esclusione, ferma restando l'applicazione dell'articolo 51, comma 2, lettera f-bis), del predetto testo unico.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 16-ter e 16-quater, introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato, modificano il regime fiscale delle somme corrisposte a titolo di borse di studio, al fine di sottoporle a IRPEF solo per l’ammontare eccedente 11.500 euro; inoltre, le borse di studio superiori a tale importo vengono assimilate ai redditi da lavoro dipendente.

Analisi normativa

 

I commi 16-ter e 16-quater, introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato, modificano il regime fiscale delle somme corrisposte a titolo di borse di studio, che costituiranno reddito assimilato ai redditi da lavoro dipendente per l’importo eccedente 11.500 euro.


Si ricorda che il trattamento fiscale dei beneficiari di borse di studio, codificatonell’ambito del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986), presenta una serie di regole generali che prevedono, alle condizioni di legge, la tassazione delle somme così percepite. Norme specifiche, a titolo di eccezione, stabiliscono tuttavia l’esenzione di talune borse di studio.

Come sottolineato dalla dottrina e dalla prassi[30] alcune di tali norme, per individuare le borse di studio esenti da tassazione, recano criteri che fanno espresso rinvio ad accordi internazionali.

L’articolo 50, comma 1, lettera c)del TUIR assimila ai redditi di lavoro dipendente, e dunque sottopone ad IRPEF, le somme corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, qualora il beneficiario non è legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante.

Ai beneficiari delle somme tassate spettano le detrazioni per i redditi di lavoro dipendente, con riferimento ai giorni compresi nel periodo assunto ai fini dell’erogazione delle borse di studio, anche se relativo ad anni precedenti rispetto a quello di effettiva erogazione; le stesse somme, se corrisposte.

Per quanto riguarda le eccezioni, come chiarito dalle Risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate del 23 aprile 2009, n. 23 e del 22 novembre 2010, n. 120, sono esenti da IRPEF:

-        le borse di studio corrisposte agli studenti universitari dalle Regioni a statuto ordinario, dalle Regioni a statuto speciale e dalle Province autonome di Trento e Bolzano (articolo 4 della legge 13 agosto 1984, n. 476);

-        quelle corrisposte dalle Università e dagli istituti di istruzione universitaria per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per attività di ricerca post-dottorato e per i corsi di perfezionamento all'estero (articolo 6 della legge 30 novembre 1989, n. 398, e articolo 4 della legge 3 luglio 1998, n. 210);

-        quelle corrisposte dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali (articolo 3, comma 3, lettera d-ter, del TUIR);

-        le borse corrisposte nell'ambito del programma europeo SOCRATES, istituito con Decisione 819/95/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 marzo 1995, come modificata dalla Decisione n. 576/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, nonché le somme aggiuntive corrisposte dalle Università, a condizione che l'importo complessivo annuo non sia superiore a euro 7.746,85 (articolo 6, comma 13 della legge n. 488 del 1999);

-        le borse di studio a vittime del terrorismo e della criminalità organizzata nonché agli orfani ed ai figli di quest’ultimi (articolo 4 della legge 23 novembre 1998 n. 407);

Con risoluzione n. 109/E del 23 aprile 2009, l’Agenzia delle entrate ha chiarito che le borse di studio erogate nell’ambito del nuovo programma comunitario di cooperazione interuniversitaria Erasmus Mundus, finanziate dalla Comunità Europea, sono erogate dalle Università italiane in qualità di Amministrazioni pubbliche deputate alla formazione universitaria e post-universitaria, secondo il sistema di istruzione nazionale è applicabile, secondo l’Agenzia, il richiamato articolo 3, comma 3, lettera d-ter) del TUIR, la quale prevede l’esclusione dalla base imponibile delle borse di studio erogate dal Governo italiano “a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali.”.

L’articolo 23, comma 2, lettera b) del TUIR considera prodotti nel territorio dello Stato e dunque tassabili le borse di studio (in quanto redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente) percepite da soggetti non residenti in Italia, se l’erogatore è lo Stato, ovvero un soggetto residente nel territorio dello Stato o la stabile organizzazione, nel territorio dello Stato, di un soggetto non residente in Italia.

La regola della tassazione in Italia si applica generalmente anche sulla base delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sui redditi. Ad esempio, con la Francia, la Germania, il Regno Unito e gli Stati Uniti, è previsto che se un contribuente residente in Italia soggiorna per motivi di studio in uno degli Stati esteri considerati e la borsa di studio è pagata da un soggetto residente nel nostro Paese, è tassabile soltanto in Italia; se invece la borsa di studio è pagata da un soggetto residente nello Stato estero di soggiorno, quest'ultimo può tassare il reddito ma il contribuente deve dichiararlo anche in Italia e chiedere il credito per l'imposta pagata all'estero.

 

Per effetto delle disposizioni in esame (lettera a) del comma 16-ter), che aggiunge la lettera a.1) al comma 1 dell’articolo 52 del TUIR, le somme corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, qualora il beneficiario non sia legato da rapporti di lavoro dipendente nei confronti del soggetto erogante, concorrono a formare il reddito IRPEF solo per la parte eccedente 11.500 euro.

In sostanza, non saranno sottoposte a IRPEF le somme inferiori o pari a tale limite.

 

Viene conseguentemente modificata (lettera b) del comma 16-ter)la disciplina delle detrazioni IRPEF da lavoro dipendente e assimilato, contenuta nell’articolo 13, comma 1 del TUIR.

In conseguenza della franchigia disposta con la lettera a), si espunge dall’alinea del citato articolo 13, comma 1, il riferimento all’articolo 50, comma 1, lettera c.

 

Il comma 16-quaterdispone infine che le somme da chiunque corrisposte, a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, per gli importi eccedenti 11.500 euro, costituiscono reddito assimilabile a quello da lavoro dipendente, anche in deroga alle specifiche disposizioni che ne prevedono l’esenzione o l’esclusione, ferma restando l’applicazione dell’articolo 51, comma 2, lett. f-bis) del TUIR, ai sensi del quale non concorrono a formare il reddito imponibile, tra le altre, le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti per borse di studio a favore dei familiari.


 

Articolo 3-bis
(
Accisa sul combustibile utilizzato nella produzione combinata di energia elettrica e calore)

 


1. Al punto 11 della tabella A allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, è aggiunto, in fine, il seguente capoverso: «In caso di produzione combinata di energia elettrica e calore ad alto rendimento (CAR), ai quantitativi dei combustibili impiegati nella produzione di energia elettrica si applica l'aliquota per uso combustione ridotta in misura corrispondente ai coefficienti determinati dal Ministero dello sviluppo economico, con apposito decreto adottato di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, sulla base dell'efficienza media del parco elettrico nazionale e con riferimento alle diverse configurazioni impiantistiche. I coefficienti sono determinati su base quinquennale entro il 30 novembre dell'anno precedente al quinquennio di riferimento».

2. Dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2012 i coefficienti di cui al punto 11, ultimo capoverso, della tabella A allegata al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, come modificato dal comma 1, sono pari ai coefficienti individuati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas con deliberazione n. 16/98 dell'11 marzo 1998, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 dell'8 aprile 1998, ridotti del 12 per cento.


 

 

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 3-bis dispone l’applicazione di una aliquota per uso combustione ridotta nei casi di produzione combinata di energia elettrica e calore ad alto rendimento (CAR).

Analisi normativa

 

L’articolo 3-bis, introdotto dal Senato, al comma 1, integra il punto 11) della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995.

 

La richiamata tabella A reca l’indicazione degli impieghi dei prodotti energetici che comportano l'esenzione dall'accisa o l'applicazione di un'aliquota ridotta.


Il punto 11) riguarda la produzione, diretta o indiretta, di energia elettrica con impianti obbligati alla denuncia prevista dalle disposizioni che disciplinano l'imposta di consumo sull'energia elettrica.

 

La novella prevede che in caso di produzione combinata di energia elettrica e calore ad alto rendimento (CAR), ai quantitativi dei combustibili impiegati nella produzione di energia elettrica si applica l’aliquota per uso combustione ridotta in misura corrispondente ai coefficienti determinati dal Ministero dello sviluppo economico, con apposito decreto adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base dell’efficienza media del parco elettrico nazionale e con riferimento alle diverse configurazioni impiantistiche.

I coefficienti sono determinati su base quinquennale entro il 30 novembre dell’anno precedente al quinquennio di riferimento.

 

In attesa dell’emanazione del decreto interministeriale, il comma 2 stabilisce che per l’anno 2012 i coefficienti di cui al punto 11), ultimo capoverso, della tabella A allegata al decreto legislativo n. 504 del 1995, come modificato dal precedente comma 1, siano pari ai coefficienti individuati dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas con deliberazione n. 16/98dell’11 marzo 1998 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 82 dell’8 aprile 1998, ridotti del 12%.


 

Articolo 3-ter
(Termini per adempimenti fiscali)

 

1. All'articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, dopo il comma 11 è inserito il seguente:

«11-bis. Gli adempimenti fiscali ed il versamento delle somme di cui agli articoli 17 e 20, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, che hanno scadenza dal 1o al 20 agosto di ogni anno, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione».

 

 

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 3-ter stabilisce che gli adempimenti fiscali e i versamenti unitari delle imposte, tra cui quelli relativi all’Iva, che hanno la scadenza calendarizzata in uno dei primi 20 giorni del mese di agosto possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione.

Analisi normativa

 

La norma, inserita nel corso dell’esame al Senato, introduce un nuovo comma 11-bis nell’articolo 37, recante disposizioni in tema di accertamento, semplificazione e altre misure di carattere finanziario, del decreto legge n. 223 del 2006. La disposizione con riferimento agli adempimenti fiscali ed al versamento delle somme di cui agli articoli 17 e 20, comma 4, del decreto-legislativo del 9 luglio 1997, n. 241, che hanno scadenza dal primo al 20 agosto di ogni anno, ne consente il pagamento entro il 20 agosto senza maggiorazione. In sostanza, la norma accorpa di fatto il termine per i pagamenti dell'imposta sul valore aggiunto, evitando scadenze a ridosso di Ferragosto.

 

Il D.Lgs. n. 241 del 1997 reca norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

L’articolo 17 fa riferimento al versamento unitario e alla compensazione. In particolare, si dispone che i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all'anno dell'imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 euro annui, può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui il credito emerge.

L’articolo 20 disciplina i pagamenti rateali delle imposte e dei contributi dovuti dai soggetti titolari di posizione assicurativa in una delle gestioni amministrate dall'INPS, i quali possono essere versati, previa opzione esercitata dal contribuente in sede di dichiarazione periodica, in rate mensili di uguale importo. I versamenti rateali sono effettuati entro il giorno sedici di ciascun mese per i soggetti titolari di partita IVA ed entro la fine di ciascun mese per gli altri contribuenti.


 

Articolo 4, comma 1
(Delibere di variazione dell’addizionale comunale IRPEF)

 

1. All'articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, al primo periodo, le parole: «31 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «20 dicembre».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 1 anticipa dal 31 dicembre al 20 dicembre il termine entro cui le delibere di variazione dell'addizionale comunale all'IRPEF devono essere pubblicate sul sito del Ministero dell'economia.

Analisi normativa

 

Il comma 1, modificando l'articolo 14, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011 (c.d. federalismo municipale), anticipa dal 31 dicembre al 20 dicembre - dell'anno di riferimento - il termine entro cui le delibere di variazione dell'addizionale comunale all'IRPEF devono essere pubblicate sul sito del Ministero dell'economia (articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 360 del 1998[31]) per avere effetto dal 1° gennaio dell'anno di pubblicazione.

In tal modo viene disposto l’allineamento con il termine del 20 dicembre già previsto per la pubblicazione della delibera relativa alla variazione dell'acconto dell’addizionale medesima ai sensi dell'articolo 1, comma 4, del citato D.Lgs. n. 360 del 1998.

La relazione al disegno di legge di conversione (A.S. 3184) evidenzia gli effetti di semplificazione e di più agevole monitoraggio che ne deriverebbero ai comuni, ai sostituti di imposta e ai contribuenti.


 

Articolo 4, comma 2
(V
ariazione dell'aliquota dell'imposta provinciale RCA nelle regioni a statuto speciale)

 

2. Le disposizioni concernenti l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, si applicano, in deroga all'articolo 16 del citato decreto legislativo n. 68 del 2011, su tutto il territorio nazionale. Sono fatte salve le deliberazioni emanate prima dell'approvazione del presente decreto.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 2 estende alle province ubicate nelle regioni a statuto speciale la possibilità di variare l'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni RCA, consentita alle province appartenenti alle regioni a statuto ordinario dal decreto legislativo n. 68/2011, cosiddetto «federalismo regionale e provinciale».

Analisi normativa

 

Il comma 2 interviene per estendere alle province ubicate nelle regioni a statuto speciale la possibilità di variare l'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, consentita alle province appartenenti alle regioni a statuto ordinario dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 68 del 2011 recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province in attuazione della delega per il federalismo fiscale contenuta nella legge n. 42/2009.

Nella normativa vigente, queste disposizioni concernenti l'imposta RCA, si applicano alle sole regioni a statuto ordinario, in quanto tutte le disposizioni contenute nel Capo II del citato decreto legislativo, concernenti l'autonomia di entrata delle province, si intendono riferite alle sole province ubicate nelle regioni a statuto ordinario. Stante il diverso sistema di finanziamento delle regioni a statuto ordinario e delle regioni a statuto speciale, infatti, le disposizioni recate dai decreti legislativi attuativi della delega sul federalismo fiscale (legge 42/2009) si applicano, in genere, a queste ultime, con la decorrenza e le modalità concordate tra singola regione e Stato (così dispone, in generale l'articolo 27 della legge n. 42/2009).

 

L'art. 17 del D.Lgs. n. 68/2011 dispone, al comma 1, che a decorrere dal 2012 l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile è 'tributo proprio derivato' delle province. Esse, a decorrere dal 2011 possono variare l'aliquota - fissata dallo Stato al 12,5 % - in misura non superiore a 3,5 punti percentuali (comma 2).

Il comma 5, ora abrogato dall'art. 28, comma 11-bis del D.L. n. 201/2011[32], richiamava la necessità di attuare le disposizioni dell’art. 17, relativamente all’imposta RCA ed all’imposta provinciale di trascrizione (IPT), sulla base dei "tavoli" di concertazione tra Stato e singola autonomia speciale di cui all’art. 27 della legge n. 42 del 2009. L’eliminazione del citato comma 5 (come anche illustrato nella relazione governativa - A.S. 3184) non avrebbe risolto la questione dell’applicabilità delle disposizioni dell’art. 17, poiché l’ambito operativo del Capo II del D.Lgs. n. 68 del 2011, è limitato alle province delle regioni a statuto ordinario.

 

Va però considerato che il gettito dell'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, è attribuito, dall'articolo articolo 60, comma 1, del D.Lgs. 446/1997, alle province dove hanno sede i pubblici registri automobilistici nei quali i veicoli sono iscritti. Sulla base del comma 4 dello stesso articolo le autonomie speciali hanno recepito la norma citata e dunque il gettito dell'imposta è attribuito anche alle province delle regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna e Sicilia, alla regione Valle d'Aosta ed alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

La norma in esame estende a questi enti la possibilità di variare l'aliquota fissata dalla legge dello Stato. La mancanza di questa esplicita estensione, potrebbe determinare problemi applicativi, in quanto la deliberazione di variazione dell'aliquota da parte di una provincia di autonomia speciale sarebbe priva di copertura normativa e quindi soggetta ad impugnativa.

 

La relazione governativa (A.S. 3184) precisa che l’adozione delle deliberazioni di variazione dell'aliquota da parte delle province delle autonomie speciali pone dei "gravi problemi”, poiché il Ministero dell’economia e delle finanze deve pubblicare sul sito le deliberazioni in questione e proporre l’impugnativa nel caso in cui la provincia non intenda annullare l’atto (dal momento che sarebbero prive di copertura normativa).

Le variazioni di aliquota hanno effetto, a norma dell’art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 68 del 2011, a decorrere dal 1° giorno del secondo mese successivo a quello di pubblicazione della deliberazione sul sito. Gli assicuratori, di conseguenza sono tenuti ad applicare le nuove aliquote che, nel caso in cui fossero riconosciute illegittime dal TAR a seguito dell’impugnativa del Ministero dell’economia e delle finanze, comporterebbero problematiche di rimborso nei confronti dei contribuenti.

 

La norma in esame, infine, fa salve le deliberazioni emanate prima dell’approvazione del decreto-legge.


 

Articolo 4, comma 3
(Finanziamento dell’IFEL)

 

3. Il comma 1 dell'articolo 3 del decreto del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell'economia e delle finanze 22 novembre 2005, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 13 del 17 gennaio 2006, come modificato dall'articolo 1, comma 251 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e dall'articolo 1, comma 23, lettera b), della legge 13 dicembre 2010, n. 220, è sostituito dal seguente: «1. A decorrere dal 1o gennaio 2013 il contributo dell'1 per mille della quota di gettito dell'imposta municipale propria relativa agli immobili diversi da quelli destinati ad abitazione principale e relative pertinenze, spettante al comune ai sensi dell'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è versato dal comune entro il 30 aprile di ogni anno, al soggetto di cui all'articolo 1, comma 1.».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 3 modifica le disposizioni in materia di finanziamento dell’IFEL. Per effetto delle norme in esame, esso sarà alimentato dal versamento all’Istituto di un contributo annuale pari all’1 per mille del gettito dell’IMU, a carico dei Comuni. Per effetto delle modifiche operate durante l’esame al Senato, il contributo graverà sulla quota di gettito relativa agli immobili diversi da quelli destinati ad abitazione principale e relative pertinenze.

Analisi normativa

 

Il comma 3 modifica le disposizioni in materia di finanziamento dell’IFEL, disponendo che esso sia alimentato mediante versamento all’istituto di un contributo annuale dell’1 per mille del gettito dell’imposta municipale sugli immobili - IMU (in precedenza ICI) a carico dei Comuni.

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame del provvedimento al Senato, si è specificato che tale contributo è a carico della quota di gettito relativa agli immobili diversi da quelli destinati ad abitazione principale e relative pertinenze.

Il comma, in particolare, innova nel far riferimento all’IMU in luogo dell’ICI, (sostituita dall’imposta municipale propria dal 1° gennaio 2012, ai sensi dell’articolo 13, comma 1 del D.L. n. 201 del 2011) e nel porre il versamento - a decorrere dal 1° gennaio 2013 - a carico dei comuni e non più dei concessionari della riscossione.

 

Le disposizioni in esame modificano, in particolare, il decreto del Capo del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze del 22 novembre 2005, che detta le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2-bis e 2-ter dell'articolo 7 del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7, convertito dalla L. 31 marzo 2005, n. 43.

Conformemente a quanto previsto dal richiamato comma 2-ter, che ha attribuito all’ANCI l’obbligo di proseguire i servizi finalizzati a fornire adeguati strumenti conoscitivi per una efficace azione accertativa dei Comuni, nonché per agevolare i processi telematici di integrazione nella pubblica amministrazione ed assicurare il miglioramento dell’attività di informazione ai contribuenti, è stata costituita in data 16 marzo 2006 la Fondazione IFEL - Istituto per la finanza e l’economia locale. L’IFEL è subentrato in tutti i rapporti attivi e passivi del Consorzio ANCI-CNC per la fiscalità locale, costituito in data 22 febbraio 1994 sulla base del decreto legislativo n. 504 del 1992 (istituivo dell'imposta comunale sugli immobili (ICI).

L’ammontare del predetto contributo, originariamente pari allo 0,6 per mille del gettito ICI e posto a carico concessionari del servizio nazionale della riscossione, è stato elevato allo 0,8 per mille del gettito ICI dall’articolo 1, comma 251, della legge n. 244/2007 (legge finanziaria per il 2008) e, da ultimo, all’1 per mille per effetto dell’articolo 23, comma 1, lettera b),della legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220 del 2010), per effetto delle funzioni affidate dal medesimo comma 23 all’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI), attraverso l’Istituto per la finanza e l’economia locale (IFEL) relative all’analisi dei bilanci e della spesa locale al fine di individuare i fabbisogni standard dei comuni[33].


 

Articolo 4, comma 4
(Sblocco variazioni aliquote di tributi e addizionali
di regioni ed enti locali)

 

4. L'articolo 77-bis, comma 30, e l'articolo 77-ter, comma 19, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e l'articolo 1, comma 123, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, sono abrogati. Sono fatti salvi i provvedimenti normativi delle regioni e le deliberazioni delle province e dei comuni, relativi all'anno d'imposta 2012, emanati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 4 ripristina il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote e le tariffe dei tributi locali e regionali, a decorrere dall'anno di imposta 2012; questo potere era stato sospeso, fino all'attuazione del federalismo fiscale.

Analisi normativa

 

La norma in esame, abroga, a decorrere dall’anno di imposta 2012, le disposizioni che, da ultimo, avevano sospeso il potere di aumento delle aliquote e delle tariffe dei tributi locali e regionali.

In particolare, sono abrogate

§      le disposizioni contenute nella disciplina del patto di stabilità per il triennio 2009-2011 recate dal D.L. n. 112/2008 che confermavano per gli enti locali (art. 77-bis, comma 30) e per le regioni (articolo 77-ter, comma 19) la sospensione del potere di variazione delle aliquote per tutto il triennio 2009-2011;

§      l'articolo 123 della legge n. 220 del 2010 che, da ultimo, confermava la sospensione del potere delle regioni e degli enti locali di deliberare aumenti sino all'attuazione del federalismo fiscale.

 

Si ricorda che il potere di regioni ed enti locali di variare le aliquote dei tributi istituiti con legge dello Stato, potere conferito dalle stesse norme di legge, è stato sospeso a partire dall'esercizio 2003, con una interruzione negli esercizi 2007-2008.

In particolare la legge finanziaria per il 2003 (L. n. 289/2002, articolo 3, comma 1, lettera a)) aveva disposto la sospensione della possibilità per le regioni (e i comuni) di disporre maggiorazioni dei due tributi principali: l’addizionale regionale (e comunale) all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e l’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Quella norma ‘sospendeva’ gli aumenti eventualmente deliberati successivamente al 29 settembre 2002, fino a quando non fosse raggiunto un raccordo tra Stato, regioni ed enti locali sull’attuazione del federalismo fiscale. Dopo successive proroghe disposte dalle leggi finanziarie che si sono succedute, il termine era stato fissato al 31 dicembre 2006. Dall’esercizio 2007, regioni e comuni hanno avuto di nuovo la possibilità di aumentare l’addizionale IRPEF e l’aliquota dell’IRAP (le sole regioni). Con il D.L. n. 98/2008 (art. 1, comma 7) è stata nuovamente disposta, a decorrere dall'esercizio 2009, la sospensione del potere di regioni ed enti locali di deliberare aumenti delle aliquote di tributi, ma a differenza di quanto già avvenuto con la legge finanziaria per il 2003, la sospensione degli aumenti è estesa alla generalità “dei tributi, delle addizionali, delle aliquote” attribuiti con legge dello Stato alle regioni e al complesso degli enti locali ovvero, in sostanza, a tutte le entrate tributarie degli enti territoriali. La norma disponeva la sospensione fino alla “definizione dei contenuti del nuovo patto di stabilità, in funzione della attuazione del federalismo fiscale”.

 

La disposizione in esame fa, comunque, salvi i provvedimenti normativi delle regioni e le deliberazioni delle province e dei comuni, relativi all’anno d’imposta 2012, emanate prima dell’approvazione del decreto in esame.


 

Articolo 4, comma 1-bis e da 5 a 5-quater e da 5-sexies a 5-octies
(Modifiche all’imposta municipale propria – IMU e regime fiscale degli immobili di interesse storico artistico)

 


1-bis. All'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 8 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono altresì esenti i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n.557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n.133, ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT)»;

b) al comma 9 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Sono comunque assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali gli immobili esenti dall'imposta municipale propria».

(omissis)

5. All’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, primo periodo, le parole: «di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504» sono soppresse e dopo le parole: «della stessa» sono aggiunte le seguenti: «; restano ferme le definizioni di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504»;

b) al comma 3 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «La base imponibile è ridotta del 50 per cento, salvo che per gli immobili classificati “F2” che continuano ad avere rendita zero:

a) per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell'applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione»;

c) al comma 5, le parole: «pari a 130» sono sostituite dalle seguenti: «pari a 135»;

d) al comma 8 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per l'anno 2012, la prima rata è versata nella misura del 30 per cento dell'imposta dovuta applicando l'aliquota di base e la seconda rata è versata a saldo dell'imposta complessivamente dovuta per l'intero anno con conguaglio sulla prima rata. Per l'anno 2012, il versamento dell'imposta complessivamente dovuta per i fabbricati rurali di cui al comma 14-ter è effettuato in un'unica soluzione entro il 16 dicembre. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare entro il 10 dicembre 2012, si provvede, sulla base dell'andamento del gettito derivante dal pagamento della prima rata dell'imposta di cui al presente comma, alla modifica dell'aliquota da applicare ai medesimi fabbricati e ai terreni in modo da garantire che il gettito complessivo non superi per l'anno 2012 gli ammontari previsti dal Ministero dell'economia e


delle finanze rispettivamente per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni»;

e) dopo il comma 8, è inserito il seguente:

«8-bis. I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all'imposta limitatamente alla parte di valore eccedente euro 6.000 e con le seguenti riduzioni:

a) del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti euro 6.000 e fino a euro 15.500;

b) del 50 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente euro 15.500 e fino a euro 25.500;

c) del 25 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente euro 25.500 e fino a euro 32.000»;

f) al comma 10, penultimo periodo, dopo le parole: «30 dicembre 1992, n. 504» sono aggiunte le seguenti: «; per tali fattispecie non si applicano la riserva della quota di imposta prevista dal comma 11 a favore dello Stato e il comma 17»;

g) al comma 11, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Non è dovuta la quota di imposta riservata allo Stato per gli immobili posseduti dai comuni nel loro territorio e non si applica il comma 17»;

h) dopo il comma 12 sono inseriti i seguenti:

«12-bis. Per l'anno 2012, il pagamento della prima rata dell'imposta municipale propria è effettuato, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in misura pari al 50 per cento dell'importo ottenuto applicando le aliquote di base e la detrazione previste dal presente articolo; la seconda rata è versata a saldo dell'imposta complessivamente dovuta per l'intero anno con conguaglio sulla prima rata. Per il medesimo anno, i comuni iscrivono nel bilancio di previsione l'entrata da imposta municipale propria in base agli importi stimati dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze per ciascun comune, di cui alla tabella pubblicata sul sito internet www.finanze.gov.it. L'accertamento convenzionale non dà diritto al riconoscimento da parte dello Stato dell'eventuale differenza tra gettito accertato convenzionalmente e gettito reale ed è rivisto, unitamente agli accertamenti relativi al fondo sperimentale di riequilibrio e ai trasferimenti erariali, in esito a dati aggiornati da parte del medesimo Dipartimento delle finanze, ai sensi dell'accordo sancito dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali del 1o marzo 2012. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro il 10 dicembre 2012, si provvede, sulla base del gettito della prima rata dell'imposta municipale propria nonché dei risultati dell'accatastamento dei fabbricati rurali, alla modifica delle aliquote, delle relative variazioni e della detrazione stabilite dal presente articolo per assicurare l'ammontare del gettito complessivo previsto per l'anno 2012. Entro il 30 settembre 2012, sulla base dei dati aggiornati, ed in deroga all'articolo 172, comma 1, lettera e), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all'articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo.

12-ter. I soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro novanta giorni dalla data in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, utilizzando il modello approvato con il decreto di cui all'articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta. Con il citato decreto, sono altresì disciplinati i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 37, comma 55, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e dell'articolo 1, comma 104, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e le dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, in quanto compatibili. Per gli immobili posseduti al 1o gennaio 2012, la dichiarazione deve essere presentata entro il 30 luglio 2012»;

i) al comma 14, lettera a), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ad eccezione del comma 4 che continua ad applicarsi per i soli comuni ricadenti nei territori delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano».

5-bis. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, possono essere individuati comuni nei quali si applica l'esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sulla base della altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), nonché, eventualmente, anche sulla base della redditività dei terreni.

5-ter. Il comma 5 dell'articolo 2 del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, è abrogato.

5-quater. Il comma 2 dell'articolo 11 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, è abrogato.

(omissis)

5-sexies. La riduzione e il recupero previsti dall'articolo 13, comma 17, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono incrementati di euro 251.100.000 per l'anno 2012 e di euro 180.000.000 a decorrere dall'anno 2013, in proporzione alla distribuzione territoriale dell'imposta municipale propria.

5-septies. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 37, comma 4-bis, ultimo periodo, dopo le parole: «di Burano» sono inserite le seguenti: «e per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42»;

b) all'articolo 90, comma 1:

1) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il reddito medio ordinario di cui all'articolo 37, comma 1, è ridotto del 50 per cento e non si applica comunque l'articolo 41»;

2) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per gli immobili locati riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, qualora il canone risultante dal contratto di locazione ridotto del 25 per cento risulti superiore al reddito medio ordinario dell'unità immobiliare, il reddito è determinato in misura pari a quella del canone di locazione al netto di tale riduzione»;

c) all'articolo 144, comma 1:

1) dopo il secondo periodo è inserito il seguente: «Per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico, ai sensi dell'articolo 10 del codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il reddito medio ordinario di cui all'articolo 37, comma 1, è ridotto del 50 per cento e non si applica comunque l'articolo 41»;

2) nell'ultimo periodo, le parole: «ultimo periodo» sono sostituite dalle seguenti: «quarto e quinto periodo».

5-octies. Le disposizioni di cui al comma 5-septies si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011.



Sintesi ed effetti

 

Durante l’esame del provvedimento al Senato, sono state introdotte all’articolo 4 numerose modifiche e integrazioni alla disciplina dell’IMU – imposta municipale propria, la cui applicazione sperimentale è stata prevista, per gli anni 2012-2014, dall’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

 

Il comma 1-bis, lettera a) esenta dall’imposta municipale propria i fabbricati rurali a uso strumentale, a condizione che siano ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani. Il comma 5, lettera d) prevede che l’acconto IMU 2012 sui fabbricati rurali strumentali sia versatonella misura del 30 per cento dell'imposta dovuta, con saldo alla seconda rata. Per i fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni, da dichiarare al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, nel 2012 il versamento dell’imposta è effettuato in un’unica soluzione entro il 16 dicembre.

La lettera b)del comma 1-bisprecisa chegli immobili esenti dall'imposta municipale propria sono assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali.

Il comma 5, lettera b)dispone:

§      l’esenzione da imposta per gli immobili classificati in catasto come F2, ovvero le unità immobiliari collabenti;

§       la riduzione al 50 per cento della base imponibile IMU per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati e per i fabbricati di interesse storico o artistico.

La lettera c) del comma 5 innalza da 130 a 135 la misura del moltiplicatore da applicare per il calcolo della base imponibile IMU per i terreni agricoli.

La lettera e) del comma 5, reca alcune limitazioni all’applicazione dell’IMU ai terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali, commisurate al valore del terreno. Il comma 5-bis affida a un decreto ministeriale l’individuazione dei comuni nei quali si applica l’esenzione IMU per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina.


Le lettere f) e g)del comma 5 escludono dal gettito IMU spettante allo Stato la quota di imposta dovuta sugli immobili delle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibiti ad abitazione principale dei soci assegnatari, sugli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e sugli immobili posseduti dai comuni, siti sul proprio territorio, colpiti da imposta.

La lettera h) del comma 5 recaintegrazioni alla disciplina dell’IMU relative, tra l’altro, agli adempimenti a carico dei comuni, alle dichiarazioni e ai versamenti. In particolare, per l’anno 2012, in sede di pagamento della prima rata dovrà versarsi il 50 per cento dell’importo ottenuto applicando le aliquote di base e la detrazione prevista per l’abitazione principale, senza sanzioni e interessi. La seconda rata sarà versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta, salvo conguaglio. Si consente inoltre di modificare l’importo delle aliquote di base e della suddetta detrazione con uno o più DPCM.

La lettera i) riguarda il rimborso che lo Stato è tenuto a versare per il minore gettito derivante dall'esenzione dall'ICI dell'abitazione principale ai comuni delle regioni a statuto speciale.

I commi 5-ter e 5-quater abrogano alcune disposizioni vigenti in materia di determinazione della base imponibile (a fini ICI e delle imposte sui redditi) per gli immobili di interesse storico e artistico.

Il comma 5-sexies dispone una riduzione compensativa di 251,1 milioni per il 2012 e di 180 milioni a decorrere dal 2013 della dotazione del Fondo sperimentale di riequilibrio in proporzione alla distribuzione territoriale dell’imposta municipale propria.

I successivi commi 5-septies e 5-octies introducono modalità agevolate di determinazione, ai fini delle imposte sui redditi, dei redditi da locazione di immobili di interesse storico o artistico.

Analisi normativa

Premessa

Durante l’esame delprovvedimento al Senato, sono state introdotte all’articolo 4 del provvedimento in commento numerose modifiche e integrazioni alla disciplina dell’IMU – imposta municipale propria, la cui applicazione sperimentale è stata prevista, per gli anni 2012-2014, dall’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che l’articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 ha anticipato al 2012 l’applicazione dell’IMU, istituita e disciplinata dal D.Lgs. sul federalismo municipale (D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23).

E’ previsto un periodo di applicazione sperimentale dell’imposta (articolo 13, comma 1 del D.L. n. 201 del 2011) a decorrere dal 2012 e fino al 2014, con applicazione dell’IMU in tutti i comuni del territorio nazionale (secondo la disciplina generale dell’imposta recata dagli articoli 8 e 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011, in quanto compatibili, nonché secondo le disposizioni contenute nello stesso articolo 13). L’applicazione a regime dell'IMU è invece fissata al 2015. Il presupposto d’imposta consiste nel possesso di immobili (ovvero fabbricati, aree fabbricabili e terreni agricoli, secondo l'articolo 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992, provvedimento che disciplinava l’imposta comunale sugli immobili - ICI), compresa l'abitazione principale e le pertinenze della stessa (comma 2). La base imponibile dell'IMU (comma 3) è costituita dal valore dell'immobile ai sensi dell’articolo 5, comma 1 del D.Lgs. n. 504 del 1992; il valore dei fabbricati e dei terreni agricoli si determina invece secondo specifiche regole (commi 4 e 5 dell’articolo 13).

Il comma 6 fissa l'aliquota dell'imposta in una misura di base pari allo 0,76 per cento. È data facoltà ai comuni, con deliberazione del consiglio adottata entro il termine di approvazione del bilancio di previsione, di modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.

Le norme prevedono ipotesi di aliquota ridotta ex lege: in particolare, l’aliquota è ridotta (comma 7) allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze (tale misura di aliquota ridotta può essere modificata dai comuni, in aumento o in diminuzione, sino a 0,2 punti percentuali); è altresì ridotta (comma 8) allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale, con facoltà dei comuni di ulteriormente ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento.

Ai sensi del comma 9 del richiamato articolo 13, i comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nei seguenti casi:

-        immobili non produttivi di reddito fondiario;

-        immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società;

-        immobili locati;

Il comune può ridurre l’aliquota di base sino allo 0,38 per cento con riferimento agli immobili costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e gli immobili non siano in ogni caso locati, per un periodo non superiore a tre anni dalla data di ultimazione dei lavori (articolo 56, comma 1 del decreto-legge n. 1 del 2012).

Fabbricati rurali

Il comma 1-bis, lettera a) -inserito durante l’esame del provvedimento al Senato - aggiunge un periodo all’articolo 9, comma 8 del D.Lgs. n. 23 del 2011, per effetto del quale sono esentati dall’imposta municipale propria i fabbricati rurali a uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557[34], a condizione che siano ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani, di cui all'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

 

Per effetto della disciplina sull’applicazione sperimentale dell’IMU (articolo 13, comma 8 del richiamato D.L. 201 del 2011) i fabbricati rurali strumentali sono soggetti a IMU con aliquota ridotta allo 0,2 per cento: è data facoltà ai comuni di ridurla ulteriormente fino allo 0,1 per cento.

Ai fini fiscali (richiamato articolo 9, comma 3-bis, del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557) è riconosciuto carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola e aventi particolari destinazioni destinate (protezione delle piante, conservazione dei prodotti agricoli, etc).

In questa sede si rammenta altresì che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, l’articolo 7, commi da 2-bis a 2-quater del D.L. n. 70 del 2011 aveva introdotto una specifica procedura per la modifica della categoria catastale, dietro presentazione di apposita domanda - entro il termine originariamente fissato al 30 settembre 2011 - all'Agenzia del territorio, con autocertificazione attestante che l’immobile avesse posseduto continuativamente per cinque anni i requisiti richiesti dalla legislazione vigente per il riconoscimento del carattere rurale.

Successivamente l’articolo 13 del D.L. 201 del 2011 ha abrogato dal 1° gennaio 2012 i richiamati commi da 2-bis a 2-quater dell’ articolo 7 del D.L. 70 del 2011 (comma 14, lettera d-bis), riconoscendo effetti (comma 14-bis) alle domande presentate anche dopo il 30 settembre 2011 e fino alla data del 28 dicembre 2011, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo. Da ultimo, il termine di efficacia delle domande divariazione è stato prorogato (articolo 29, comma 8 del D.L. n. 216 del 2011) al 30 giugno 2012.

Per quanto invece riguarda i fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni – salvo quelli che non costituiscono oggetto di inventariazione – è previsto (articolo 13, comma 14-ter del citato D. L. n. 201 del 2011) che essi vengano dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012.

 

Il richiamato articolo 9, comma 8 del D.Lgs. n. 23 del 2011 disciplina le ipotesi di esenzione dall’imposta municipale propria.

Sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali.

Vengono inoltre richiamate le esenzioni già vigenti in materia di ICI (ai sensi dell'articolo 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992), ad eccezione dei fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e recuperati per essere destinati ad attività assistenziali, limitatamente al periodo in cui sono adibiti direttamente allo svolgimento delle attività medesime (articolo 7, comma 1, lettera g) del D.Lgs. n. 504/1992), i quali rimangono soggetti a imposta. Si veda tuttavia la scheda di lettura relativa alla lettera b) del comma 5 per le agevolazioni introdotte dal provvedimento in esame in materia di fabbricati inagibili.

Si ricorda altresì che l’articolo 91-bis del D.L. n. 1 del 2012 prevede che, dal 2013, l’esenzione da IMU (ex ICI) per gli immobili di enti non commerciali adibiti a specifiche attività sia applicabile solo nel caso in cui le predette vengano svolte con modalità non commerciali.

 

Si rammenta altresì che la lettera d) del comma 5 dell’articolo 4 in commento, per effetto delle modifiche apportate durante l’esame al Senato, introduce alcune deroghe alle ordinarie modalità di versamento dell’IMU per quanto riguarda l’imposta dovuta nel 2012 sui fabbricati rurali ad uso strumentale.

 

Le norme generali (articolo 9, comma 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011) prevedono che il versamento dell'imposta avvenga in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

L’articolo 13, comma 12 del D. L. n. 201 del 2011 dispone che il versamento dell’imposta sia effettuato – in deroga alle disposizioni del D.Lgs. n. 446/1997, ai sensi del quale il comune delibera i propri regolamenti in materia tributaria – secondo le modalità regolate dalla legge statale (articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241 recante le modalità di versamento unitario delle imposte), con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. L’uso del modello F24 è reso necessario dalla riserva di una quota di gettito in favore dello Stato.

 

Per effetto delle norme in commento – che integrano l’articolo 13, comma 8 del D.L. n. 201 del 2011 - , l’acconto IMU 2012 (da corrispondere entro il 16 giugno) sui fabbricati rurali strumentaliè versatonella misura del 30 per cento dell'imposta dovuta, applicando l’aliquota di base. La seconda rata è versata a titolo di saldo del quantum dovuto per l’intero anno, con conguaglio sulla prima rata.

 

Per i fabbricati rurali ancora iscritti nel catasto dei terreni, per cui vi è l’obbligo di dichiarazione al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012(richiamato articolo 13, comma 14-ter del D.L. n. 201 del 2011), nel 2012 il versamento dell’imposta è effettuato in un’unica soluzione, entro il 16 dicembre.

 

Si rammenta, tuttavia, che l’articolo 13, comma 14-quater del D.L. n. 201 del 2011 prevede una specifica modalità di pagamento dell’IMU per tali immobili, ai sensi della quale - nelle more della presentazione della dichiarazione di aggiornamento catastale - l’imposta deve essere corrisposta, a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto. Il conguaglio dell’imposta è determinato dai comuni a seguito dell’attribuzione della rendita catastale, con la previsione di apposite conseguenze (anche sanzionatorie) nel caso di inottemperanza all’obbligo di dichiarazione.

In assenza di ulteriori precisazioni da parte della norma in esame, dal tenore letterale della disposizione sembrerebbe evincersi il superamento delle modalità di corresponsione dell’IMU in origine fissate dal D.L. 201/2011 per i fabbricati rurali per cui è necessario l’aggiornamento catastale.

 

Si affida ad un D.P.C.M, da emanarsi entro il 10 dicembre 2012 - vale a dire sei giorni prima della scadenza per il pagamento del saldo IMU 2012 - sulla base dell'andamento del gettito derivante dal pagamento della prima rata dell'imposta sui fabbricati rurali strumentali, la modifica dell'aliquota da applicare ai medesimi fabbricati rurali e ai terreni, in modo da garantire che il gettito complessivo non superi, per l'anno 2012, gli ammontari previsti dal Ministero dell'economia e delle finanze, rispettivamente, per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni.

 

Si osserva che le norme vigenti non prevedono un’apposita aliquota IMU applicabile ai terreni; essi, salve le specificità relative al calcolo della base imponibile e le ulteriori agevolazioni introdotte dal provvedimento in esame per i terreni agricoli, sono sottoposti ad imposta secondo le aliquote ordinarie.

Dal tenore letterale della norma in commento, sembra evincersi che verrà affidata ad un provvedimento di rango subprimario la possibilità di determinare un’aliquota differenziata per i terreni (oltre alla modifica di quelle attualmente previste a regime per i fabbricati rurali).

Tale modifica, peraltro, deve garantire un gettito complessivo che non superi, per l'anno 2012, “gli ammontari previsti dal Ministero dell'economia e delle finanze per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni”, con formulazione di tenore analogo a quella introdotta dalla successiva lettera h) del comma 5.

La disposizione in commento andrebbe dunque valutata con riferimento all’articolo 23 della Costituzione, che prevede una riserva di legge ai fini dell’imposizione di una prestazione personale o patrimoniale. Si osserva al riguardo, peraltro, che il decreto-legge n. 201 del 2011 non aveva esplicitamente quantificato il gettito atteso dalla norma in commento, che trova la propria quantificazione nella sola relazione tecnica allegata al provvedimento.

 

Si rinvia al relativo paragrafo (cfr. infra) per una disamina delle novità introdotte dal presente provvedimento in materia di IMU sui terreni agricoli.

Applicazione dell’imposta sui redditi agli immobili esenti IMU

La lettera b)del comma 1-bisaggiunge un periodo all’articolo 9, comma 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011, precisando chegli immobili esenti dall'imposta municipale propria sono assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali.

 

Si ricorda che l’IMU (articolo 8, comma 1 del D.Lgs. n. 23 del 2011) è volta a sostituire, per la componente immobiliare, le seguenti forme di prelievo:

-        l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) e le relative addizionali dovute sui redditi fondiari, con riferimento ai beni non locati[35].

-        l’imposta comunale sugli immobili (ICI).

Definizioni

La lettera a) del comma 5 – che incide sul comma 2 del richiamato articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011 – precisa che, per l’individuazione degli immobili colpiti da imposta municipale propria, restano ferme le definizioni contenute nell’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504.

La Relazione tecnica motiva tale precisazione con l’esigenza di razionalizzare il presupposto impositivo dell’IMU, al fine di includervi il possesso di qualunque immobile, ivi compresi i terreni incolti.

 

Ai sensi dell’articolo 2 del citato D.Lgs. n. 504/1992, per “fabbricato” si intende l'unità immobiliare iscritta o da iscrivere nel catasto edilizio urbano. Si considera parte integrante del fabbricato l'area occupata dalla costruzione e quella che ne costituisce pertinenza; il fabbricato di nuova costruzione è soggetto all'imposta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione ovvero, se antecedente, dalla data in cui è comunque utilizzato.

Per “area fabbricabile” si intende l'area utilizzabile a scopo edificatorio in base agli strumenti urbanistici (generali o attuativi) ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione, determinate secondo i criteri previsti agli effetti dell'indennità di espropriazione per pubblica utilità. Sono considerati, tuttavia, non fabbricabili i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli a titolo principale, sui quali persiste l'utilizzazione agro-silvo-pastorale mediante l'esercizio di attività dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, alla funghicoltura ed all'allevamento di animali. Il comune, su richiesta del contribuente, attesta se un'area sita nel proprio territorio è fabbricabile in base a tali criteri.

Per “terreno agricolo” si intende il terreno adibito all'esercizio delle attività agricole (coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali) e le attività ad esse connesse, ai sensi dell'articolo 2135 del codice civile.

Regine fiscale dei fabbricati di interesse storico o artistico e dei fabbricati inagibili

La lettera b)del novellato comma 5 introduce agevolazioni relative ad alcune categorie di immobili, a tal fine integrando il comma 3 dell’articolo 13, norma che individua la base imponibile IMU nel valore del cespite.

 

In primo luogo, si dispone l’esenzione da imposta per gli immobili classificati in catasto come F2, ovvero le unità immobiliari collabenti (non più idonee a produrre reddito perché non più abitabili o servibili all’uso cui sono destinate), specificando che agli stessi continua ad essere attribuita rendita catastale pari a zero.

Sono indicate come categorie fittizie (F1 = area urbana, F2 = unità collabenti, F3 = unità in corso di costruzione, F4 = unità in corso di definizione ed F5 = lastrico solare) quelle che, pur non previste nel quadro generale delle categorie (in quanto ad esse non è associabile una rendita catastale), sono state necessariamente introdotte per poter permettere la presentazione in Catasto di unità particolari con la procedura informatica di aggiornamento.

 

Viene poi disposta la riduzione al 50 per cento della base imponibile per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni.

L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva (ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445).

Agli effetti dell'applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.

Si ricorda che a fini ICI, l’articolo 8, comma 1 del D.Lgs. n. 504 del 1992 prevedeva la riduzione del 50 per cento dell’imposta dovuta per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati.

 

La predetta riduzione al 50 per cento si applica anche ai fabbricati di interesse storico o artistico di cui all'articolo 10 del Codice dei beni culturali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

Il predetto articolo 10 reca la definizione di “beni culturali”, nella quale rientrano anche gli immobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.

Tra gli altri, sono beni culturali[36], ove sia intervenuta apposita dichiarazione dell’interesse culturale:

-    gli immobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati supra;

-    gli immobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose;

 

Vi rientrano altresì:

-    le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà;

-    le ville, i parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico;

-    le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico;

-    i siti minerari di interesse storico od etnoantropologico;

-    le architetture rurali aventi interesse storico od etnoantropologico quali testimonianze dell'economia rurale tradizionale.

 

 

Su un piano più generale, per effetto delle modifiche apportate durante l’esame al Senato, il presente provvedimento innova il regime fiscale degli immobili (dunque, non solo dei i fabbricati)di interesse storico e artistico.

 

In particolare, i commi 5-ter e 5-quater rispettivamente abrogano:

§       l’articolo 2, comma 5, del D.L. n. 16 del 1993, che recava modalità agevolate di calcolo della base imponibile ICI per i suddetti cespiti.

Per effetto delle disposizioni richiamate, essa consisteva nel valore risultante dall’applicazione dei moltiplicatori previsti ex lege (articolo 5, comma 2, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504) alla rendita catastale, calcolata mediante l'applicazione della tariffa d'estimo di minore ammontare tra quelle previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale fosse sito il fabbricato;

§      l’articolo 11, comma 2 della legge n. 413 del 1991, che prevedeva un trattamento agevolato anche ai fini delle imposte sui redditi per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico.

Con formulazione analoga alle norme in materia di base imponibile ICI, tale reddito era determinato applicando la minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.

 

Il successivo comma 5-septies dell’articolo 4, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, modifica le regole di determinazione, ai fini delle imposte dirette, dei redditi da locazione di immobili di interesse storico o artistico di cui al predetto articolo 10 del D.Lgs. n. 42 del 2004.

 

Si ricorda che, per quanto concerne l’IRPEF, l’articolo 37, comma 4-bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi – TUIR (D.P.R. n. 917 del 1986) dispone che il reddito dei fabbricati dati in locazione libera sia determinato in misura pari al maggiore tra il valore del canone risultante dal contratto di locazione, ridotto del 15 per cento a titolo di deduzione forfettaria delle spese, ed il reddito catastale. La predetta riduzione è elevata al 25 per cento per i fabbricati siti nella città di Venezia centro e nelle isole della Giudecca, di Murano e di Burano.

Per effetto delle norme in esame (lettera a)del comma 5-septies), modificando l’articolo 37, comma 4-bis del TUIR,la riduzione forfettaria al 25 per cento è estesa anche ai canoni di locazione degli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico.

In sostanza, a fini IRPEF, qualora il reddito imponibile derivante dalla locazione di immobili aventi interesse storico o artistico sia determinato in rapporto al valore del canone, la riduzione cui ha diritto il contribuente è innalzata dal 15 al 25 per cento del predetto valore del canone di locazione.

 

Per quanto riguarda l’IRES, si ricorda che il vigente articolo 90, comma 1 del TUIR dispone che i proventi derivanti dalla locazione dei cd. “immobili patrimonio” (alla cui produzione o al cui scambio non è diretta l’attività di impresa) vengano calcolati sulla base del canone di locazione, ridotto delle spese documentate sostenute dal locatore per la realizzazione di interventi di manutenzione ordinaria, fino ad un massimo del 15 per cento del canone medesimo, qualora risulti superiore al reddito medio ordinario dell'unità immobiliare.

 

Per effetto delle norme in esame (lettera b)del comma 5-septies, n. 1)) si prevede in primo luogo che per gli immobili riconosciuti di interesse storico o artistico il reddito medio ordinario (individuato applicando le ordinarie tariffe catastali, ai sensi del richiamato articolo 37, comma 1 del TUIR) sia ridotto del 50 per cento.

Inoltre per i predetti immobili non trova applicazione la norma che dispone (articolo 41 del TUIR) l’aumento di un terzo del reddito delle unità immobiliari ad uso di abitazione, possedute in aggiunta a quelle adibite ad abitazione principale del possessore o dei suoi familiari o all'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali da parte degli stessi, utilizzate direttamente, anche come residenze secondarie, dal possessore o dai suoi familiari o tenute a disposizione.

 

Viene poi introdotto uno specifico criterio di determinazione del reddito da locazione degli immobili di interesse storico o artistico, sulla falsariga di quello introdotto, per effetto delle novelle all’articolo 37 TUIR, a fini IRPEF.

Dunque (lettera b)del comma 5-septies, n. 2) a fini IRES il reddito derivante dagli immobili “patrimonio” riconosciuti di interesse storico o artistico è determinato in misura pari al maggiore tra il valore del canone risultante dal contratto di locazione, ridotto del 25 per cento, ed il reddito medio ordinario dell’immobile (anch’esso ridotto al 50 per cento, per effetto del n. 1 della lettera b)).

 

La lettera c)del comma 5-septiesestende le suddette agevolazioni per la determinazione del reddito da locazione degli immobili di interesse storico o artistico anche agli enti non commerciali, novellando a tal fine l’articolo 144 del TUIR.

Le predette misure, ai sensi del successivo comma 5-octies, si applicano a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2011.

Terreni agricoli

La lettera c) del comma 5, modificando il comma 5 del richiamato articolo 13 del D. L. n. 201 del 2011, innalza da 130 a 135 la misura del moltiplicatore da applicare ai fini del calcolo della base imponibile IMU per i terreni agricoli.

Come ricordato in precedenza, la base imponibile IMU è costituita dal valore dell’immobile, calcolato con modalità diverse secondo il tipo di cespite colpito da imposta.

Per i terreni agricoli, il valore è ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione e rivalutato del 25 per cento, un valore (detto moltiplicatore) fissato ex lege; come si è detto, per effetto delle modifiche in commento esso viene elevato da 130 a 135.

Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola, il moltiplicatore è pari a 110.

 

La lettera e) del comma 5, aggiungendo un comma 8-bis all’articolo 13, reca alcune limitazioni all’applicazione dell’IMU ai terreni agricoli posseduti e condotti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali, commisurate al valore del terreno.

In particolare, si stabilisce che i terreni agricoli posseduti e condotti dacoltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali (di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99) siano assoggettati ad IMU solo per la parte di valore eccedente 6.000 euro, con le seguenti riduzioni, di importo decrescente all’aumentare del valore dell’immobile:

a)  del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti 6.000 euro e fino a euro 15.500;

b)  del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 15.500 euro e fino a 25.500 euro ;

c)  del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente 25.500 euro e fino a 32.000 euro;

 

In sostanza, per effetto della disposizione in commento, sarà esente da imposta il terreno agricolo di valore pari o inferiore a 6000 euro in presenza delle altre condizioni di legge (possesso e conduzione da parte di coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali).

Saranno in ogni caso assoggettati a IMU (senza alcuna riduzione) i terreni agricoli il cui valore, calcolato ai sensi del novellato comma 5 dell’articolo 13, superi i 32.000 euro.

Tale agevolazione è di tenore simile a quella in precedenza prevista per i terreni agricoli a fini ICI (articolo 9 del D.Lgs. n. 504 del 1992).

 

Il comma 5-bis dell’articolo 4, anch’esso introdotto durante l’esame del provvedimento al Senato, affida a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, l’individuazione dei comuni nei quali si applica l’esenzione da imposta per i terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina (articolo 7, comma 1, lettera h) del D.Lgs. n. 502 del 1992, espressamente richiamato dall’articolo 9, comma 8 del D.Lgs. n. 23 del 2011), sulla base dell’altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiani predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) nonché eventualmente anche sulla base della redditività dei terreni.

Riparto del gettito

La lettera f) integra il comma 10, penultimo periodo, dell’articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011, al fine di disporre che la riserva di parte del gettito in favore dello Stato non trova applicazione per l’IMU dovuta sulle unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché sugli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari.

In relazione tale ipotesi non trova altresì applicazione la riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio e del Fondo perequativo (di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n.23 del 2011) nonché dei trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna, in misura corrispondente al maggior gettito derivante dalla nuova disciplina IMU (disciplinata dal comma 17 del richiamato articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011).

 

Per quanto concerne il riparto del gettito dell’IMU tra i diversi livelli di governo (Stato e comuni) per il periodo di applicazione sperimentale dell’imposta, il comma 11 del richiamato articolo 13 prevede che dal 2012 sia riservata allo Stato una quota di gettito, pari alla metà dell’importo ottenuto applicando l’aliquota di base dello 0,76 per cento alla base imponibile di tutti gli immobili, tranne l’abitazione principale e relative pertinenze e i fabbricati rurali strumentali. La quota di imposta risultante è versata allo Stato contestualmente all’imposta municipale propria. Alla quota statale non si applicano le misure agevolative previste dalle norme in esame, ovvero le detrazioni fissate ex lege e le riduzioni o detrazioni deliberate dai comuni (computate, quindi a carico della quota spettante a tali enti).

 

Con norma di analogo tenore, la lettera g)integra il richiamato comma 11 dell’articolo 13, escludendo dalla quota di gettito spettante allo Stato la quota di imposta relativa agli immobili posseduti dai comuni siti sul proprio territorio.'

La Relazione tecnica motiva tale esclusione in relazione alla circostanza che l’attuale esenzione da imposta (disposta dall’articolo 9, comma 8 del D.Lgs. n. 23 del 2011) è riferita ai soli immobili dei comuni posseduti nel proprio territorio destinati esclusivamente ai compiti istituzionali; ciò implica l’assoggettamento a IMU degli immobili comunali destinati a compiti non esclusivamente istituzionali, con aggravio di oneri per i Comuni relativamente alla quota di gettito di spettanza erariale.

Anche in relazione a tale ipotesi non trova applicazione la citata riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio e del Fondo perequativo (di cui, rispettivamente, agli articoli 2 e 13 del decreto legislativo n.23 del 2011) nonché dei trasferimenti erariali dovuti alle regioni Sicilia e Sardegna.

Adempimenti, versamenti, aliquote ed ulteriori disposizioni

La lettera h) del comma 5 integrala disciplina dell’IMU con una serie di prescrizioni relative alle dichiarazioni d’imposta, ai pagamenti da effettuarsi nel 2012, all’eventuale modificabilità delle aliquote e della detrazione fissate dalla legge, nonché agli adempimenti dei Comuni in relazione all’imposta municipale.

 

In primo luogo (aggiungendo un comma 12-bis all’articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011) si dispone che nel 2012 il pagamento della prima rata dell’IMU sia effettuato versando il 50 per cento dell’importo ottenuto applicando alla base imponibile le aliquote di base e l’eventuale detrazione prevista per l’abitazione principale, senza applicazione di sanzioni e interessi.

La seconda rata è versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta, salvo conguaglio.

 

Si ricorda che le norme generali (articolo 9, comma 3 del D.Lgs. n. 23 del 2011, richiamato dall’articolo 13 del D.L. 201 del 2011) dispongono che il pagamento dell'imposta avvenga in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

L’articolo 13, comma 12 del D.L. n. 201 del 2011 dispone che il versamento dell’imposta sia effettuato – in deroga alle disposizioni del D.Lgs. n. 446/1997, ai sensi del quale il comune delibera i propri regolamenti in materia tributaria – secondo le modalità regolate dalla legge statale (articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997 n. 241 recante le modalità di versamento unitario delle imposte), con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate. L’uso del modello F24 è reso necessario dalla riserva di una quota di gettito in favore dello Stato.

 

L'aliquota di base dell'imposta è pari allo 0,76 per cento, con facoltà dei comuni modificarla, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.

Per l'abitazione principale e per le relative pertinenze l'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento. Anche in tal caso i comuni possono modificarla in aumento o in diminuzione sino a 0,2 punti percentuali.

Per i fabbricati rurali ad uso strumentale l'aliquota è pari allo 0,2 per cento (modificabile dai comuni fino allo 0,1 per cento).

 

I comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento anche per gli immobili non produttivi di reddito fondiario; per gli immobili posseduti dai soggetti passivi IRES; per gli immobili locati. Inoltre i comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,38 per cento per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori.

 

Per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze è disposta una detrazione, applicabile all’imposta fino a concorrenza del suo ammontare, pari a 200 euro (rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione). Per gli anni 2012 e 2013, la detrazione prevista dal primo periodo è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L’importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo massimo di euro 400. I comuni possono disporre l’elevazione dell’importo della detrazione, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

La suddetta detrazione si applica alle unità immobiliari di proprietà delle cooperative edilizie, ove adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, nonché agli alloggi regolarmente assegnati dagli Istituti autonomi per le case popolari e dagli enti di edilizia residenziale pubblica con la medesima destinazione (di cui all’articolo 8, comma 4 del D.Lgs. n. 504 del 1992).

L’aliquota ridotta per l’abitazione principale e la detrazione si applicano anche alla casa coniugale del soggetto passivo che, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, non ne risulti tuttavia assegnatario.

I comuni possono poi disporre che l’aliquota ridotta e la detrazione si applichino anche agli immobili posseduti, a titolo di proprietà o di usufrutto, da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che l’immobile non risulti locato (articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662).

 

Si dispone inoltre che per l'anno 2012 i Comuni iscrivano nel bilancio di previsione l'entrata da imposta municipale propria in base ad importi predeterminati, come stimati dal Dipartimento delle finanze del MEF per ciascun Comune e pubblicati su apposita tabella, da rendere disponibile sul sito internet www.finanze.gov.it.

 

Tale ”accertamento convenzionale” del gettito non consente il riconoscimento da parte dello Stato, ai fini dei rapporti finanziari tra questo e i Comuni, dell'eventuale differenza tra gettito accertato convenzionalmente e gettito reale ed è rivisto, unitamente agli accertamenti relativi al fondo sperimentale di riequilibrio e ai trasferimenti erariali, in esito a dati aggiornati da parte del medesimo Dipartimento delle finanze, ai sensi dell'accordo sancito dalla conferenza Stato-città e autonomie locali del 1° marzo 2012.

 

Le norme in esame consentono poi, per mezzo di un o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri - su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze - da emanarsi entro il 10 dicembre 2012:

§      la modifica delle aliquote e delle relative variazioni;

§      la modifica della detrazione per l’abitazione principale.

 

La revisione è finalizzata ad assicurare l’ammontare del gettito complessivo previsto per l’anno 2012; i suddetti decreti sono adottati sulla base del gettito della prima rata dell’IMU e sui risultati dell’accatastamento dei fabbricati rurali (cfr. il relativo paragrafo, supra)

 

La disposizione in commento – di tenore analogo a quanto previsto dalla lettera d) del comma 5, alla quale si rinvia - andrebbe valutata con riferimento all’articolo 23 della Costituzione, che prevede una riserva di legge ai fini dell’imposizione di una prestazione personale o patrimoniale. Si osserva al riguardo, peraltro, che il decreto-legge n. 201 del 2011 non aveva esplicitamente quantificato il gettito atteso dalla norma in commento, che trova la propria quantificazione nella sola relazione tecnica allegata al provvedimento.

 

Le norme poi fissano al 30 settembre 2012 il termine entro il quale i comuni possono approvare o modificare la delibera e il regolamento relativi alle aliquote IMU e alla detrazione per l’abitazione principale, sulla base dei dati aggiornati.

 

Tale norma è esplicitamente in deroga alle previsioni (articolo 172, comma 1, lettera e) del D.Lgs. n. 267 del 2000, Testo unico degli enti locali – TUEL) che impongono ai comuni di allegare al bilancio di previsione - tra l’altro - le deliberazioni con le quali sono determinate le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori detrazioni, nonché alle prescrizioni della legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 169, della n. 296 del 2006) secondo le quali gli enti locali devono deliberare le aliquote relative ai tributi di loro competenza entro la data fissata da norme statali per la deliberazione del bilancio di previsione.

Si ricorda in proposito che l’articolo 29, comma 16-quater del D.L. n. 216 del 2011 (c.d. “milleproroghe”) ha fissato al 30 giugno 2012 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione per l'anno 2012 da parte degli enti locali.

 

Per effetto delle modifiche apportate al Senato, è inserito un nuovo comma 12-ter all’articolo 13 del D.L. n. 201 del 2011 che dispone in ordine alle dichiarazioni IMU.

In particolare, i soggetti passivi dovranno presentare la dichiarazione entro 90 giorni dalla data in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta, utilizzando il modello di dichiarazione approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione Nazionale Comuni Italiani (ai sensi dell'articolo 9, comma 6, del D.Lgs. n. 23 del 2011). Il predetto decreto ministeriale disciplina i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione.

La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi, purché non intervengano modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell'imposta dovuta.

Restano fermi:

§      la possibilità di liquidare l’imposta in sede di dichiarazione dei redditi (ai sensi dell'articolo 37, comma 55, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223), con possibilità di versare l'imposta anche utilizzando i crediti ammessi in compensazione;

§      l’obbligo di indicare nelle dichiarazioni dei redditi, per ogni immobile, l'importo dell'imposta comunale sugli immobili dovuta per l'anno precedente (articolo 1, comma 104 della legge finanziaria 2007, legge n. 296 del 2006);

§      le dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta comunale sugli immobili, in quanto compatibili.

 

Si prevede infine che, per gli immobili posseduti al 1° gennaio 2012, la dichiarazione deve essere presentata entro il 30 luglio 2012.

Rimborso ai comuni delle autonomie speciali per il minor gettito ICI

La lettera i) del comma 5 interviene sul testo della lettera a) del comma 14 dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011, che anticipa l'applicazione dell'imposta municipale sugli immobili al 2012.

 

La richiamata lettera a) abroga le disposizioni contenute nel decreto 93 del 2008 che prevedevano il rimborso ai comuni del minor gettito derivante dall'esenzione dall'ICI dell'abitazione principale.

Il decreto legge n. 93 del 2008 prevedeva l’esclusione dall'ICI dell'abitazione principale del soggetto passivo e disponeva, all'articolo 1, comma 4, il rimborso ai comuni della conseguente minore imposta, precisando specifiche modalità applicative per i comuni delle autonomie speciali.

 

Si ricorda che il comma 4, abrogato, e che ora in base alla disposizione in commento continua ad applicarsi ai comuni delle regioni a statuto speciale disponeva che la minore imposta, pari a 1.700 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008, è rimborsata ai singoli comuni. In particolare per le regioni a statuto speciale, ad eccezione delle regioni Sardegna e Sicilia, e le province autonome di Trento e di Bolzano, i rimborsi sono in ogni caso disposti a favore dei citati enti (vale a dire delle regioni Valle d'Aosta, Friuli Venezia Giulia e Province autonome), che provvedono all'attribuzione delle quote dovute ai comuni compresi nei loro territori nel rispetto degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione. Nelle regioni Sicilia e Sardegna il rimborso è attribuito direttamente ai comuni, in quanto in quelle regioni, benché anch'esse titolari della competenza primaria in materia di finanza degli enti locali, questi continuano a ricevere trasferimenti dallo Stato.

 

Tale disposizione è stata abrogata dal decreto legge n. 201 del 2011 in relazione all’avvenuta anticipazione sperimentale dell’IMU, che dal 2012 si applica anche all'abitazione principale «in tutti i comuni del territorio nazionale»[37]. Ciò ha fatto venir meno anche per i comuni ricadenti nelle regioni a statuto speciale la possibilità di attribuzione del rimborso della minore imposta.

La norma in esame esclude dall'abrogazione il comma 4 dell'articolo 1 con riferimento ai comuni delle regioni a statuto speciale; ciò comporta – per quegli enti – il ripristino del rimborso della minore imposta.

 

In ordine alle ragioni della modifica normativa in esame, la Relazione illustrativa del Governo si limita a precisare che i comuni ricadenti nelle regioni a statuto speciale poiché «non interessati dall'attuazione del federalismo fiscale municipale (…) conservano il diritto a tale restituzione»

 

Al riguardo non appaiono chiare le ragioni in base alle quali in presenza della nuova disciplina dell'IMU recata dall'articolo 13 del D.L. 201/2011 – che come detto sopra stabilisce l'applicazione dell'IMU su tutto il territorio nazionale - la norma in esame conferma la spettanza ai comuni delle autonomie speciali del rimborso in questione.

Tale circostanza potrebbe essere riconducibile al fatto che il rimborso per il mancato gettito spettante ai comuni delle regioni a statuto ordinario continua ad essere attribuito agli stessi, sotto forma però di entrate fiscali diverse. Esso in sostanza è stato 'fiscalizzato', insieme a tutti gli altri trasferimenti, in attuazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 23/2011. Ciò non è stato fatto per le autonomie speciali, in quanto ad esse non si applicano le disposizioni concernenti il federalismo fiscale municipale[38] e dunque ad esse viene attribuito ancora sotto forma di rimborso[39].

Su tale ipotesi appare necessaria una conferma da parte del Governo, anche all’eventuale fine – qualora venisse ritenuto opportuno – di una più circostanziata formulazione della disposizione in esame.

Riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio

A copertura delle modifiche disposte dal Senato che determinano minori entrate erariali[40], il comma 5-sexies dispone una riduzione compensativa di 251,1 milioni per il 2012 e di 180 milioni a decorrere dal 2013 della dotazione del Fondo sperimentale di riequilibrio in proporzione alla distribuzione territoriale dell’imposta municipale propria.

In sostanza avendo lo Stato minori entrate erariali, riduce l’ammontare dei trasferimenti verso gli enti locali a valere sulla quota del Fondo sperimentale di riequilibrio.

 

Il Fondo sperimentale di riequilibrio è stato previsto dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 23/2011 allo scopo di realizzare in forma graduale la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare prevista dal medesimo articolo 2. La durata del Fondo è prevista per tre anni, e comunque fino all’attivazione del Fondo perequativo di cui all’articolo 13 dello stesso decreto legislativo: tale secondo Fondo ha la funzione di assicurare il finanziamento delle spese degli enti locali dopo aver determinato i fabbisogni standard relativi alle spese per le funzioni fondamentali di comuni e province.

L’articolo 13, del D.L. n. 201 del 2011, al comma 17, stabilisce che le dotazioni del fondo sperimentale di riequilibrio, del Fondo perequativo e dei trasferimenti erariali dovuti ai comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna variano in ragione delle differenze del gettito stimato ad aliquota di base derivanti dalle disposizioni in tema di IMU contenute al medesimo articolo 13. In caso di incapienza ciascun comune versa all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. La norma prevede, altresì, procedure particolari per le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano[41].

L’importo complessivo della riduzione del recupero viene indicata al comma 17 in 1.627 milioni per il 2012, in 1.762,4 milioni per il 2013 e in 2.162 milioni per il 2014.

 

Si ricorda, peraltro, che sul Fondo sperimentale di riequilibrio comunale intervengono anche ulteriori articoli del decreto-legge n. 201 del 2011. In particolare, l’articolo 14 ne prevede, al comma 13-bis, una riduzione in misura pari ai maggiori introiti derivanti ai comuni dalla maggiorazione della tariffa relativa al tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (che la relazione tecnica quantifica in circa 1 miliardo di euro a decorrere dal 2013) e l’articolo 28, che ne dispone, al comma 7, una riduzione per complessivi 1.415 milioni a decorrere dall’anno 2012.

 

Nelle tavole che seguono sono posti a raffronto i testi dell’articolo 9 del decreto legislativo n. 23 del 2011 e dell’articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 nella versione precedente all’emanazione del decreto-legge n. 16 in esame con quello risultante dalle novelle apportate dal decreto-legge stesso, come modificato dal Senato.

 

 

D.Lgs. n. 23/2011

Testo previgente al D.L. n. 16

Testo come modificato dal Senato

 

 

Art. 9 Applicazione dell'imposta municipale propria

Art. 9 Applicazione dell'imposta municipale propria

1. Soggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

1. Soggetti passivi dell'imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l'attività dell'impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.

2. L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria.

2. L'imposta è dovuta per anni solari proporzionalmente alla quota ed ai mesi dell'anno nei quali si è protratto il possesso; a tal fine il mese durante il quale il possesso si è protratto per almeno quindici giorni è computato per intero. A ciascuno degli anni solari corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria.

3. I soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

3. I soggetti passivi effettuano il versamento dell'imposta dovuta al comune per l'anno in corso in due rate di pari importo, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre. Resta in ogni caso nella facoltà del contribuente provvedere al versamento dell'imposta complessivamente dovuta in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

4. Soppresso

4. Soppresso

5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, i comuni possono introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, prevedendo anche che il pagamento delle somme dovute possa essere effettuato in forma rateale, senza maggiorazione di interessi.

5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 52 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, i comuni possono introdurre l'istituto dell'accertamento con adesione del contribuente, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, e gli altri strumenti di deflazione del contenzioso, sulla base dei criteri stabiliti dal citato decreto legislativo n. 218 del 1997, prevedendo anche che il pagamento delle somme dovute possa essere effettuato in forma rateale, senza maggiorazione di interessi.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione Nazionale Comuni Italiani sono approvati i modelli della dichiarazione, i modelli per il versamento, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

6. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita l'Associazione Nazionale Comuni Italiani sono approvati i modelli della dichiarazione, i modelli per il versamento, nonché di trasmissione dei dati di riscossione, distintamente per ogni contribuente, ai comuni e al sistema informativo della fiscalità.

7. Per l'accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l'articolo 1, commi da 161 a 170, della citata legge n. 296 del 2006.

7. Per l'accertamento, la riscossione coattiva, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano gli articoli 10, comma 6, 11, commi 3, 4 e 5, 12, 14 e 15 del citato decreto legislativo n. 504 del 1992 e l'articolo 1, commi da 161 a 170, della citata legge n. 296 del 2006.

8. Sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i) del citato decreto legislativo n. 504 del 1992.

8. Sono esenti dall'imposta municipale propria gli immobili posseduti dallo Stato, nonché gli immobili posseduti, nel proprio territorio, dalle regioni, dalle province, dai comuni, dalle comunità montane, dai consorzi fra detti enti, ove non soppressi, dagli enti del servizio sanitario nazionale, destinati esclusivamente ai compiti istituzionali. Si applicano, inoltre, le esenzioni previste dall'articolo 7, comma 1, lettere b), c), d), e), f), h), ed i) del citato decreto legislativo n. 504 del 1992. Sono, altresì, esenti i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all’articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT).

9. Il reddito agrario di cui all'articolo 32 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la cedolare secca di cui all'articolo 3, i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi.

9. Il reddito agrario di cui all'articolo 32 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, i redditi fondiari diversi da quelli cui si applica la cedolare secca di cui all'articolo 3, i redditi derivanti dagli immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e dagli immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, continuano ad essere assoggettati alle ordinarie imposte erariali sui redditi. Sono comunque assoggettati alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali gli immobili esenti dall’imposta municipale propria.

 

 

 

 


 

D.L. 201/2011

Testo previgente al D.L. n. 16

Testo come modificato dal Senato

 

 

Art. 13 Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria

Art. 13 Anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria

1. L'istituzione dell'imposta municipale propria è anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed è applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono. Conseguentemente l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria è fissata al 2015.

1. L'istituzione dell'imposta municipale propria è anticipata, in via sperimentale, a decorrere dall'anno 2012, ed è applicata in tutti i comuni del territorio nazionale fino al 2014 in base agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in quanto compatibili, ed alle disposizioni che seguono. Conseguentemente l'applicazione a regime dell'imposta municipale propria è fissata al 2015.

2. L'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ivi comprese l'abitazione principale e le pertinenze della stessa. Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo.

2. L'imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili, ivi comprese l'abitazione principale e le pertinenze della stessa; restano ferme le definizioni di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. Per abitazione principale si intende l'immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell'abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un'unità pertinenziale per ciascuna delle categorie catastali indicate, anche se iscritte in catasto unitamente all'unità ad uso abitativo.

3. La base imponibile dell'imposta municipale propria è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo.

3. La base imponibile dell'imposta municipale propria è costituita dal valore dell'immobile determinato ai sensi dell'articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo. La base imponibile è ridotta del 50 per cento salvo che per gli immobili classificati “F2” che continuano ad avere rendita zero:

 

a) per i fabbricati di interesse storico o artistico di cui all'articolo 10 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42;

 

b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni. L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell'applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione.

4. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:

4. Per i fabbricati iscritti in catasto, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare delle rendite risultanti in catasto, vigenti al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutate del 5 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 48, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, i seguenti moltiplicatori:

a. 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

a. 160 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale A e nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, con esclusione della categoria catastale A/10;

b. 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

b. 140 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale B e nelle categorie catastali C/3, C/4 e C/5;

b-bis. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;

b-bis. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale D/5;

c. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

c. 80 per i fabbricati classificati nella categoria catastale A/10;

d. 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5; tale moltiplicatore è elevato a 65 a decorrere dal 1° gennaio 2013;

d. 60 per i fabbricati classificati nel gruppo catastale D, ad eccezione dei fabbricati classificati nella categoria catastale D/5; tale moltiplicatore è elevato a 65 a decorrere dal 1° gennaio 2013;

e. 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

e. 55 per i fabbricati classificati nella categoria catastale C/1.

5. Per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 130. Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il moltiplicatore è pari a 110.

5. Per i terreni agricoli, il valore è costituito da quello ottenuto applicando all'ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell'anno di imposizione, rivalutato del 25 per cento ai sensi dell'articolo 3, comma 51, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, un moltiplicatore pari a 135. Per i coltivatori diretti e gli imprenditori agricoli professionali iscritti nella previdenza agricola il moltiplicatore è pari a 110.

6. L'aliquota di base dell'imposta è pari allo 0,76 per cento. I comuni con deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.

6. L'aliquota di base dell'imposta è pari allo 0,76 per cento. I comuni con deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono modificare, in aumento o in diminuzione, l'aliquota di base sino a 0,3 punti percentuali.

7. L'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali.

7. L'aliquota è ridotta allo 0,4 per cento per l'abitazione principale e per le relative pertinenze. I comuni possono modificare, in aumento o in diminuzione, la suddetta aliquota sino a 0,2 punti percentuali.

8. L'aliquota è ridotta allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. I comuni possono ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento.

8. L'aliquota è ridotta allo 0,2 per cento per i fabbricati rurali ad uso strumentale di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. I comuni possono ridurre la suddetta aliquota fino allo 0,1 per cento. Per l’anno 2012, la prima rata è versata nella misura del 30 per cento dell’imposta dovuta applicando l’aliquota di base e la seconda rata è versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta per l’intero anno con conguaglio sulla prima rata. Per l’anno 2012, il versamento dell’imposta comples-sivamente dovuta per i fabbricati rurali di cui al comma 14-ter è effettuato in un’unica soluzione entro il 16 dicembre. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanarsi entro il 10 dicembre 2012, si provvede, sulla base dell’andamento del gettito derivante dal pagamento della prima rata dell’imposta di cui al presente comma, alla modifica dell’aliquota da applicare ai medesimi fabbricati e ai terreni in modo da garantire che il gettito complessivo non superi per l’anno 2012 gli ammontari previsti dal Ministero dell’economia e delle finanze rispettivamente per i fabbricati rurali ad uso strumentale e per i terreni.

 

8-bis. I terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti o da imprenditori agricoli professionali di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, purché dai medesimi condotti, sono soggetti all’imposta limitata-mente alla parte di valore eccedente euro 6.000 e con le seguenti riduzioni:

 

a) del 70 per cento dell'imposta gravante sulla parte di valore eccedente i predetti euro 6.000 e fino a euro 15.500;

 

b) del 50 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente euro 15.500 e fino a euro 25.500;

 

c) del 25 per cento di quella gravante sulla parte di valore eccedente euro 25.500 e fino a euro 32.000.

9. I comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati.

9. I comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,4 per cento nel caso di immobili non produttivi di reddito fondiario ai sensi dell'articolo 43 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ovvero nel caso di immobili posseduti dai soggetti passivi dell'imposta sul reddito delle società, ovvero nel caso di immobili locati.

9-bis. I comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,38 per cento per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori.

9-bis. I comuni possono ridurre l'aliquota di base fino allo 0,38 per cento per i fabbricati costruiti e destinati dall'impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, e comunque per un periodo non superiore a tre anni dall'ultimazione dei lavori.

10. Dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per gli anni 2012 e 2013, la detrazione prevista dal primo periodo è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L’importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo massimo di euro 400. I comuni possono disporre l’elevazione dell’importo della detrazione, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. In tal caso il comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione. La suddetta detrazione si applica alle unità immobiliari di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504. L'aliquota ridotta per l'abitazione principale e per le relative pertinenze e la detrazione si applicano anche alle fattispecie di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e i comuni possono prevedere che queste si applichino anche ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

10. Dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze, si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi, la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per gli anni 2012 e 2013, la detrazione prevista dal primo periodo è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L’importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo massimo di euro 400. I comuni possono disporre l’elevazione dell’importo della detrazione, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio. In tal caso il comune che ha adottato detta deliberazione non può stabilire un'aliquota superiore a quella ordinaria per le unità immobiliari tenute a disposizione. La suddetta detrazione si applica alle unità immobiliari di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504; per tali fattispecie non si applica la riserva della quota di imposta prevista dal comma 11 a favore dello Stato e il comma 17.. L'aliquota ridotta per l'abitazione principale e per le relative pertinenze e la detrazione si applicano anche alle fattispecie di cui all'articolo 6, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e i comuni possono prevedere che queste si applichino anche ai soggetti di cui all'articolo 3, comma 56, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

11. È riservata allo Stato la quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze di cui al comma 7, nonché dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8, l'aliquota di base di cui al comma 6, primo periodo. La quota di imposta risultante è versata allo Stato contestualmente all'imposta municipale propria. Le detrazioni previste dal presente articolo, nonché le detrazioni e le riduzioni di aliquota deliberate dai comuni non si applicano alla quota di imposta riservata allo Stato di cui al periodo precedente. Per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione dell'imposta erariale sono svolte dal comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

11. È riservata allo Stato la quota di imposta pari alla metà dell'importo calcolato applicando alla base imponibile di tutti gli immobili, ad eccezione dell'abitazione principale e delle relative pertinenze di cui al comma 7, nonché dei fabbricati rurali ad uso strumentale di cui al comma 8, l'aliquota di base di cui al comma 6, primo periodo. Non è dovuta la quota di imposta riservata allo Stato per gli immobili posseduti dai comuni nel loro territorio e non si applica il comma 17. La quota di imposta risultante è versata allo Stato contestualmente all'imposta municipale propria. Le detrazioni previste dal presente articolo, nonché le detrazioni e le riduzioni di aliquota deliberate dai comuni non si applicano alla quota di imposta riservata allo Stato di cui al periodo precedente. Per l'accertamento, la riscossione, i rimborsi, le sanzioni, gli interessi ed il contenzioso si applicano le disposizioni vigenti in materia di imposta municipale propria. Le attività di accertamento e riscossione dell'imposta erariale sono svolte dal comune al quale spettano le maggiori somme derivanti dallo svolgimento delle suddette attività a titolo di imposta, interessi e sanzioni.

12. Il versamento dell'imposta, in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è effettuato secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

12. Il versamento dell'imposta, in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, è effettuato secondo le disposizioni di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con le modalità stabilite con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.

 

12-bis. Per l’anno 2012, il pagamento della prima rata dell’imposta municipale propria è effettuato, senza applicazione di sanzioni ed interessi, in misura pari al 50 per cento dell’importo ottenuto applicando le aliquote di base e la detrazione previste dal presente articolo; la seconda rata é versata a saldo dell’imposta complessivamente dovuta per l’intero anno con conguaglio sulla prima rata. Per il medesimo anno, i Comuni iscrivono nel bilancio di previsione l’entrata da imposta municipale propria in base agli importi stimati dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze per ciascun Comune, di cui alla tabella pubblicata sul sito internet www.finanze.gov.it. L’accertamento convenzionale non dà diritto al riconoscimento da parte dello Stato dell’eventuale differenza tra gettito accertato convenzionalmente e gettito reale ed è rivisto, unitamente agli accertamenti relativi al fondo sperimentale di riequilibrio e ai trasferimenti erariali, in esito a dati aggiornati da parte del medesimo Dipartimento delle finanze, ai sensi dell’accordo sancito dalla conferenza Stato-città e autonomie locali del 1° marzo 2012. Con uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro il 10 dicembre 2012, si provvede, sulla base del gettito della prima rata dell’imposta municipale propria, nonché sui risultati dell’accatastamento dei fabbricati rurali, alla modifica delle aliquote, delle relative variazioni e della detrazione stabilite dal presente articolo per assicurare l’ammontare del gettito complessivo previsto per l’anno 2012. Entro il 30 settembre 2012, sulla base dei dati aggiornati, ed in deroga all’articolo 172, comma 1, lettera e) del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e all’articolo 1, comma 169, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, i comuni possono approvare o modificare il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alla detrazione del tributo.

 

12-ter. I soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro 90 giorni dalla data in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta, utilizzando il modello approvato con il decreto di cui all’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. La dichiarazione ha effetto anche per gli anni successivi sempre che non si verifichino modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta. Con il citato decreto, sono, altresì, disciplinati i casi in cui deve essere presentata la dichiarazione. Restano ferme le disposizioni dell’articolo 37, comma 55, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e dell’articolo 1, comma 104 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e le dichiarazioni presentate ai fini dell’imposta comunale sugli immobili, in quanto compatibili. Per gli immobili posseduti al 1° gennaio 2012, la dichiarazione deve essere presentata entro il 30 luglio 2012.

13. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 9 e dell'articolo 14, commi 1 e 6 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. All'articolo 14, comma 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le parole: "dal 1° gennaio 2014", sono sostituite dalle seguenti: "dal 1° gennaio 2012". Al comma 4 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai commi 3 degli articoli 23, 53 e 76 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e al comma 31 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le parole "ad un quarto" sono sostituite dalle seguenti "alla misura stabilita dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472". Ai fini del quarto comma dell'articolo 2752 del codice civile il riferimento alla "legge per la finanza locale" si intende effettuato a tutte le disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali. La riduzione dei trasferimenti erariali di cui ai commi 39 e 46 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni, è consolidata, a decorrere dall'anno 2011, all'importo risultante dalle certificazioni di cui al decreto 7 aprile 2010 del Ministero dell'economia e delle finanze emanato, di concerto con il Ministero dell'interno, in attuazione dell'articolo 2, comma 24, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

13. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 9 e dell'articolo 14, commi 1 e 6 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. All'articolo 14, comma 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le parole: "dal 1° gennaio 2014", sono sostituite dalle seguenti: "dal 1° gennaio 2012". Al comma 4 dell'articolo 14 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ai commi 3 degli articoli 23, 53 e 76 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507 e al comma 31 dell'articolo 3 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, le parole "ad un quarto" sono sostituite dalle seguenti "alla misura stabilita dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472". Ai fini del quarto comma dell'articolo 2752 del codice civile il riferimento alla "legge per la finanza locale" si intende effettuato a tutte le disposizioni che disciplinano i singoli tributi comunali e provinciali. La riduzione dei trasferimenti erariali di cui ai commi 39 e 46 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni, è consolidata, a decorrere dall'anno 2011, all'importo risultante dalle certificazioni di cui al decreto 7 aprile 2010 del Ministero dell'economia e delle finanze emanato, di concerto con il Ministero dell'interno, in attuazione dell'articolo 2, comma 24, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

14. Sono abrogate, a decorrere dal 1° gennaio 2012, le seguenti disposizioni:

14. Sono abrogate, a decorrere dal 1° gennaio 2012, le seguenti disposizioni:

a. l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126;

a. l'articolo 1 del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, ad eccezione del comma 4 che continua ad applicarsi per i soli comuni ricadenti nei territori delle regioni a Statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

b. il comma 3, dell'articolo 58 e le lettere d), e) ed h) del comma 1, dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

b. il comma 3, dell'articolo 58 e le lettere d), e) ed h) del comma 1, dell'articolo 59 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;

c. l'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 8 e il comma 4 dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;

c. l'ultimo periodo del comma 5 dell'articolo 8 e il comma 4 dell'articolo 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23;

d. il comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14;

d. il comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14;

d-bis. i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell’ articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

d-bis. i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell’ articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106.

14-bis. Le domande di variazione della categoria catastale presentate, ai sensi del comma 2-bis dell’ articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, anche dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.

14-bis. Le domande di variazione della categoria catastale presentate, ai sensi del comma 2-bis dell’ articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, anche dopo la scadenza dei termini originariamente posti e fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, producono gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabilite le modalità per l’inserimento negli atti catastali della sussistenza del requisito di ruralità, fermo restando il classamento originario degli immobili rurali ad uso abitativo.

14-ter. I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni, con esclusione di quelli che non costituiscono oggetto di inventariazione ai sensi dell’ articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.

14-ter. I fabbricati rurali iscritti nel catasto dei terreni, con esclusione di quelli che non costituiscono oggetto di inventariazione ai sensi dell’ articolo 3, comma 3, del decreto del Ministro delle finanze 2 gennaio 1998, n. 28, devono essere dichiarati al catasto edilizio urbano entro il 30 novembre 2012, con le modalità stabilite dal decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701.

14-quater. Nelle more della presentazione della dichiarazione di aggiornamento catastale di cui al comma 14-ter, l’imposta municipale propria è corrisposta, a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto. Il conguaglio dell’imposta è determinato dai comuni a seguito dell’attribuzione della rendita catastale con le modalità di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. In caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, salva l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli articoli 20 e 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

14-quater. Nelle more della presentazione della dichiarazione di aggiornamento catastale di cui al comma 14-ter, l’imposta municipale propria è corrisposta, a titolo di acconto e salvo conguaglio, sulla base della rendita delle unità similari già iscritte in catasto. Il conguaglio dell’imposta è determinato dai comuni a seguito dell’attribuzione della rendita catastale con le modalità di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701. In caso di inottemperanza da parte del soggetto obbligato, si applicano le disposizioni di cui all’ articolo 1, comma 336, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, salva l’applicazione delle sanzioni previste per la violazione degli articoli 20 e 28 del regio decreto-legge 13 aprile 1939, n. 652, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 1939, n. 1249, e successive modificazioni.

15 e ss. omissis

15 e ss. omissis

 


 

Articolo 4, comma 5-quinquies
(Utili a riserva obbligatoria delle banche di credito cooperativo)

 

5-quinquies. Per le cooperative di cui alla sezione II del capo V del titolo II del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, le disposizioni di cui ai commi 36-bis e 36-ter dell'articolo 2 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, si applicano a decorrere dal secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della citata legge n. 148 del 2011.

 

 

Sintesi ed effetti

 

La disposizione in esame esclude le banche di credito cooperativo dalla tassazione (intesa come esclusione dalla esenzione) del 10 per cento dell'utile netto annuale destinato a riserva minima obbligatoria per il 2012 introdotta dai commi 36-bis e 36-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011.

Analisi normativa

 

Il comma 5-quinquies dell’articolo 4 prevede che per le banche di credito cooperativo (di cui alla Sezione II del Capo V del Titolo II del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia – TUB) le disposizioni di cui ai commi 36-bis e 36-ter dell'articolo 2 del decreto-legge n. 138 del 2011 si applicano a decorrere dal secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della norma.

 

Si ricorda che il comma 36-bis del citato articolo 2(modificando le lettere b) e b-bis) del comma 460 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311) ha disposto, per le società cooperative (e loro consorzi) diverse da quelle agricole e da quelle della piccola pesca, l’aumento dal 30 al 40 per cento degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria che sono sottratti al regime di esenzione previsto dal citato articolo 12 della legge n. 904/1977. Per le società cooperative di consumo e per i loro consorzi la quota di utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria passa dal 55 al 65 per cento.

Il successivo comma 36-ter ha poi modificato l’articolo 6, comma 1, del decreto legge n. 63 del 2002 per ridurre del 10 per cento la totale esclusione dalla formazione del reddito imponibile dell’ammontare degli utili netti annuali destinati alla riserva minima obbligatoria per le società cooperative e per i loro consorzi.

Il comma 36-quater aveva disposto l’applicazione a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle norme citate.

 

Con la modifica in esame le banche di credito cooperativo sono quindi escluse dalla tassazione (intesa come esclusione dalla esenzione) del 10 per cento dell'utile netto annuale destinato a riserva minima obbligatoria per il 2012.

 

In tal modo, per i soggetti interessati vengono neutralizzate per la suddetta annualità, di fatto, le disposizioni restrittive del decreto-legge n. 138 del 2011 che ne prevedeva l'applicazione a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione dello stesso decreto (ossia dal 2012).


 

Articolo 4, commi 6-9
(Norme di rilievo finanziario per gli enti locali)

 


6. Per l'anno 2012 i trasferimenti erariali non oggetto di fiscalizzazione corrisposti dal Ministero dell'interno in favore degli enti locali sono determinati in base alle disposizioni recate dall'articolo 2, comma 45, terzo periodo, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, ed alle modifiche delle dotazioni dei fondi successivamente intervenute.

7. Il Ministero dell'interno, entro il mese di marzo 2012, corrisponde, a titolo di acconto, in favore dei comuni, un importo pari al 70 per cento di quanto corrisposto nel mese di marzo 2011 in applicazione della disposizione di cui all'articolo 2, comma 45, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10. Per i soli comuni appartenenti alle regioni Sicilia e Sardegna, detto acconto è commisurato ai trasferimenti erariali corrisposti nel primo trimestre 2011, ai sensi del decreto del Ministro dell'interno 21 febbraio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2002. Le somme erogate in acconto sono portate in detrazione da quanto spettante per l'anno 2012 ai singoli comuni a titolo di trasferimenti erariali o di risorse da federalismo fiscale.

8. Nei confronti dei comuni per i quali i trasferimenti erariali o le risorse da federalismo fiscale da corrispondere nell'anno 2012 risultino insufficienti a recuperare l'anticipazione corrisposta ai sensi del comma 7, il recupero è effettuato, da parte dell'Agenzia delle entrate, sulla base dei dati relativi a ciascun comune, come comunicati dal Ministero dell'interno, all'atto del riversamento agli stessi comuni dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. Entro 30 giorni dal versamento delle somme, con decreti del Ministero dell'economia e delle finanze, gli importi recuperati sono assegnati ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell'interno.

9. Il comma 5 dell'articolo 243 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, è sostituito dai seguenti:

«5. Alle province ed ai comuni in condizioni strutturalmente deficitarie che, pur essendo a ciò tenuti, non rispettano i livelli minimi di copertura dei costi di gestione di cui al comma 2 o che non danno dimostrazione di tale rispetto trasmettendo la prevista certificazione, è applicata una sanzione pari all'1 per cento delle entrate correnti risultanti dal certificato di bilancio di cui all'articolo 161 del penultimo esercizio finanziario precedente a quello in cui viene rilevato il mancato rispetto dei predetti limiti minimi di copertura. Ove non risulti presentato il certificato di bilancio del penultimo anno precedente, si fa riferimento all'ultimo certificato disponibile. La sanzione si applica sulle risorse attribuite dal Ministero dell'interno a titolo di trasferimenti erariali e di federalismo fiscale; in caso di incapienza l'ente locale è tenuto a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue.

5-bis. Le disposizioni di cui al comma 5 si applicano a decorrere dalle sanzioni da applicare per il mancato rispetto dei limiti di copertura dei costi di gestione dell'esercizio 2011.».



Sintesi ed effetti

 

I commi da 6 a 9contengono diverse disposizioni finanziarie di interesse per gli enti locali.

In particolare, il comma 6 reca disposizioni per la determinazioni dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali non oggetto di fiscalizzazione per l’anno 2012, dovuti dal Ministero dell’interno.

I commi 7-8 introducono modifiche alla disciplina dell'erogazione dell’acconto sulle risorse dovute ai comuni per l’anno 2012 (a titolo di trasferimenti erariali o di risorse da federalismo fiscale) da parte del Ministero dell’interno.

Il comma 9 rende più stringente la disciplina sanzionatoria per le province e i comuni che - in condizioni strutturalmente deficitarie - non rispettano la vigente normativa sugli obblighi di copertura dei costi di gestione di alcuni servizi.

Analisi normativa

 

Comma 6 - Determinazione per l’anno 2012 dei trasferimenti erariali non fiscalizzati spettanti agli enti locali

 

Il comma 6 reca disposizioni per la determinazione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali per l’anno 2012, non oggetto di fiscalizzazione ai sensi della legge n. 42/2009, ancora dovuti dal Ministero dell’interno.

A tal fine la norma richiama le disposizioni già recate lo scorso anno, ai sensi dell'articolo 2, comma 45, del D.L. n. 225/2010, per la determinazione dei trasferimenti per l’anno 2011[42], facendo salve le modifiche alle dotazioni finanziarie dei fondi che siano state disposte con norme approvate successivamente al D.L. n. 225/2010.

 

Si ricorda che la norma citata faceva a sua volta riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 4, comma 2, del D.L. n. 2/2010, che, di fatto, richiamandosi a quanto disposto dalle precedenti leggi finanziarie, consolidavano anche per l’anno 2011 i contributi erariali negli importi attribuiti agli enti locali fino all’anno 2002. I criteri per la determinazione dei trasferimenti per l’anno 2012 sono pertanto da ricondurre, in sostanza, ai valori iniziali di “spesa storica” per i trasferimenti in questione per l’anno 2002.

 

Come riportato nella relazione illustrativa (A.S. 3184), si tratta dei trasferimenti erariali che non rientrano tra quelli oggetto di fiscalizzazione ai sensi dei provvedimenti attuativi della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale. In particolare, la norma si riferisce ai trasferimenti erariali residuali di cui sono ancora beneficiari gli enti locali (comuni e province) delle regioni a Statuto ordinario, ora assoggettati al nuovo sistema di federalismo fiscale disciplinato dai provvedimenti di attuazione della legge n. 42/2009, nonché ai trasferimenti erariali ancora spettanti agli enti locali delle regioni a Statuto speciale, che non rientrano ancora nel sistema del federalismo fiscale.

Per quanto concerne l’individuazione dei trasferimenti erariali interessati dalla norma in esame, si tratta, per quel che concerne gli enti locali delle regioni a statuto ordinario, di quei trasferimenti che, in linea di massima, non presentano il carattere della generalità e della permanenza e che, pertanto, non sono stati soppressi dai provvedimenti attuativi del federalismo fiscale.

Si ricorda che i provvedimenti attuativi della legge delega n. 42/2009 hanno disposto la soppressione dei trasferimenti erariali spettanti agli enti locali (comuni, province, Città metropolitane) e la loro sostituzione con risorse fiscali autonome (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e addizionali a tributi erariali e regionali), cui si affianca l’apposito Fondo sperimentale di riequilibrio (destinato ad essere sostituito dal Fondo perequativo vero e proprio nell’arco di tre anni), istituito per realizzare, in forma progressiva e territorialmente equilibrata, la devoluzione agli enti locali della fiscalità loro assegnata[43].

Secondo quanto indicato nella prima Relazioneapprovata dalla Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (COPAFF) (8 giugno 20120) - relativa all’analisi dei trasferimenti spettanti ai diversi comparti di enti territoriali e all’individuazione della quota di tali trasferimenti potenzialmente oggetto di fiscalizzazione (e, dunque, di soppressione) ai fini dell’attuazione della legge n. 42/2009 - i trasferimenti erariali spettanti agli enti locali sono stati classificati in tre categorie: trasferimenti di tipo A, che presentano il carattere della generalità (ossia della destinazione all’intera platea degli enti di un determinato comparto) e della permanenza (ossia della continuità nel tempo del trasferimento), che sono stati interamente fiscalizzati (e, dunque, soppressi); trasferimenti di tipo B, caratterizzati dalla permanenza ma non destinati alla totalità degli enti, dei quali solo quota parte è stata fiscalizzata; trasferimenti di tipo C, inequivocabilmente riconducibili alla nozione di “contributo speciale” prevista dalla Costituzione e ripresa dalla legge n. 42/2009, che, pertanto, non sono stati oggetto di fiscalizzazione. L'esito ultimo dei lavori della Commissione è costituito dalle tabelle, condivise nella riunione Copaff del 19 maggio 2011, che riportano l'elenco dei trasferimenti da fiscalizzare e di quelli da non fiscalizzare a decorrere dall'anno 2011.

 

Commi 7-8 – Acconto in favore dei comuni delle spettanze 2012

 

Il comma 7 prevede l’attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario, entro il mese di marzo 2012 da parte del Ministero dell’interno, di una somma a titolo di acconto sulle spettanze 2012, nella misura pari al 70 per cento di quanto corrisposto lo scorso mese di marzo 2011, in applicazione della disposizione di cui all’articolo 2, comma 45, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225[44].

 

Si ricorda che il citato comma 45aveva disposto, con riferimento alle spettanze 2011, l’attribuzione ai comuni delle regioni a statuto ordinario di una somma calcolata in misura pari ai pagamenti effettuati da tali enti nel primo trimestre dello scorso anno, da corrispondere da parte del Ministero dell’interno entro il mese di marzo 2011.

Quanto corrisposto lo scorso anno nel mese di marzo 2011 costituisce, dunque, il parametro di riferimento per il calcolo dell’acconto per il 2012, nella misura del 70 per cento.

 

Per i soli comuni appartenenti alle regioni Sicilia e Sardegna, detto acconto è commisurato ai trasferimenti erariali corrisposti nel primo trimestre 2011, ai sensi del decreto del Ministro dell’interno 21 febbraio 2002.

 

Il decreto, che disciplina le modalità di erogazione dei trasferimenti erariali a favore degli enti locali, prevede che i contributi relativi al fondo ordinario, al fondo consolidato ed al fondo perequativo degli squilibri di fiscalità locale, nonché i contributi a valere sui fondi per il federalismo amministrativo, siano erogati in tre rate, entro i mesi di febbraio, maggio ed ottobre.

 

Il comma 7 prevede, inoltre, che le somme erogate a titolo di acconto siano portate in detrazione da quanto spettante per l’anno 2012 ai singoli comuni a titolo di trasferimenti erariali o di risorse da federalismo fiscale.

 

Come indicato nella relazione tecnica, la corresponsione di tale somma è da mettere in relazione alla mancata individuazione delle spettanze che dovranno essere riconosciute ai comuni nell’anno 2012 e che il Ministero dell’interno non è ancora legittimato ad erogare in considerazione dei tempi necessari per la conclusione dell’iter di perfezionamento dei decreti relativi al federalismo municipale.

L’erogazione dell’acconto è volto, dunque, ad evitare il ricorso, da parte dei Comuni ad onerose anticipazioni di tesoreria che potrebbero rendersi necessarie a seguito di carenze di liquidità, considerati i tempi necessari per la compiuta attuazione delle norme in materia di federalismo municipale per l’anno 2012[45].

 

Il comma 8 concerne il recupero - da parte dello Stato – delle somme anticipate ai sensi del comma 7 a valere sulle entrate derivanti dall’imposta municipale propria (IMU) qualorai trasferimenti erariali o le risorse da federalismo fiscale da corrispondere nell’anno 2012 risultino insufficienti a recuperare l’anticipazione stessa.

In tal caso, la norma prevede che il recupero sia effettuato, da parte dell’Agenzia delle entrate, sulla base dei dati relativi a ciascun comune, come comunicati dal Ministero dell’interno, all’atto del riversamento agli stessi comuni dell’imposta municipale propria, come disciplinata dall’articolo 13 del D.L. n. 201/2011.

 

L'ultimo periodo affida a decreti del Ministero dell’economia e delle finanze, il compito di assegnare ai pertinenti capitoli di spesa del Ministero dell’interno gli importi così recuperati, entro 30 giorni dal versamento delle somme.

 

Comma 9 – Sanzioni a carico degli enti locali strutturalmente deficitari

 

Il comma 9 sostituisce il comma 5 dell’articolo 243 del decreto legislativo 267 del 2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali) con due commi, al fine dirafforzare la sanzione a carico degli enti locali strutturalmente deficitari che non rispettano le prescrizioni ivi previste a loro carico in tema di livelli minimi di copertura dei costi di gestione di alcuni servizi.

 

In particolare, il nuovo testo del comma 5 riformula la sanzione finanziaria inflitta alle province ed ai comuni - in condizioni strutturalmente deficitarie - che non rispettano la normativa in tema di copertura dei costi di gestione di alcuni servizi, precisando che le condizioni che danno luogo a sanzione coprono - nel nuovo testo - non solo l'inadempimento sostanziale (come è attualmente), ma anche quello “formale”.

La sanzione infatti opera in due casi:

§      mancata copertura dei livelli minimi di copertura dei costi di gestione di alcuni servizi (comma 2 del citato art. 243)

§      mancata dimostrazione di tale rispetto attraverso la trasmissione la prevista certificazione.

 

La sanzione, come riformulata, consiste ora nella mancata corresponsione delle somme spettanti (a titolo di trasferimento o di somme in attuazione del sistema di federalismo fiscale) per un importo pari all’1 per cento delle entrate correnti, quali risultanti dal certificato di bilancio del penultimo esercizio finanziario (rispetto a quello in cui viene rilevato l'inadempimento) o dell'ultimo bilancio disponibile.

La sanzione si applica sulle risorse attribuite dal Ministero dell’interno a titolo di trasferimenti erariali e di federalismo fiscale. in caso di incapienza l’ente locale è tenuto a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue.

 

Queste disposizioni si applicano a decorrere dalle sanzioni da applicare per il mancato rispetto dei limiti di copertura dei costi di gestione dell’esercizio 2011, come precisato nel nuovo comma 5-bis dell’articolo 243 del TUEL.


 

Articolo 4, commi 10 e 11
(Soppressione delle imposte sul consumo di energia elettrica nelle regioni a statuto speciale)

 


10. A decorrere dal 1o aprile 2012, al fine di coordinare le disposizioni tributarie nazionali applicate al consumo di energia elettrica con quanto disposto dall'articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE, l'articolo 6 del decreto-legge 28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20, è abrogato. Il minor gettito per gli enti locali derivante dall'attuazione del presente comma, pari a complessivi 180 milioni di euro per l'anno 2012 e 239 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2013, è reintegrato agli enti medesimi dalle rispettive regioni a statuto speciale e province autonome di Trento e di Bolzano con le risorse recuperate per effetto del minor concorso delle stesse alla finanza pubblica disposto dal comma 11.

11. Il concorso alla finanza pubblica delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano previsto dall'articolo 28, comma 3, primo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è ridotto di 180 milioni di euro per l'anno 2012 e 239 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2013.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 10 sopprime l'imposta sul consumo dell'energia elettrica nei comuni e nelle province dei territori delle regioni a statuto speciale ed impone alle stesse di reintegrare agli enti locali il mancato gettito. Conseguentemente il comma 11 riduce il contributo agli obiettivi di finanza pubblica dovuto dalle regioni a statuto speciale ai sensi del D.L. 201/2011, dell'importo corrispondete al mancato gettito.

Analisi normativa

 

La norma in esame abroga, a decorrere dal 1º aprile 2012, la norma istitutiva dell'addizionale all'accisa sull'energia elettrica (art. 6 del D.L. 511/1988) dovuta ai


comuni per le utenze ad uso domestico ed alle province per le utenze ad uso non abitativo.

Questa imposta è stata già soppressa per i comuni e le province delle regioni a statuto ordinario.Il D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23 recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale, ha infatti disposto (con l'art. 2, comma 6) che a decorrere dall'anno 2012 l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del D.L. 511/1988, cessa di essere applicata nelle regioni a statuto ordinario ed è corrispondentemente aumentata, nei predetti territori, l'accisa erariale in modo tale da assicurare la neutralità finanziaria del presente provvedimento ai fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica".

Con la norma in esame, l'imposta sulle utenze di energia elettrica viene soppressa anche nei territori delle autonomie speciali.

 

Finalità dichiarata è quella di coordinare le disposizioni tributarie nazionali applicate al consumo di energia elettrica con quanto disposto dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008 (relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE).

 

Nel corso della discussione presso la Commissione Finanze della Camera dell’interrogazione n. 5-06288 (Causi e altri) era emerso come leregioni a statuto speciale e le province autonome fossero particolarmente penalizzate dalla disposizione in esame, in quanto in tali regioni non soltanto sono vigenti le addizionali comunale e provinciale, ma è anche aumentata l'accisa. Ciò ha determinato, in generale, un aumento degli importi delle bollette per la fornitura di energia elettrica pari al 60 per cento circa, mentre per le imprese della Sardegna l'effetto è stato ancora più catastrofico, in ragione del fatto che, non essendo ancora presente sull'isola una rete di distribuzione del gas metano, il costo dell'energia elettrica è già superiore del 30 per cento a quello delle altre aree del Paese raggiunte da tale servizio. In tale circostanza il governo aveva assunto l’impegno a risolvere la questione in occasione dell’esame del decreto-legge fiscale in esame.

 

L'abrogazione comporta un minor gettito per gli enti locali stimato in 180 milioni di euro per l’anno 2012 e 239 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2013.

La reintegrazione dei relativi importi viene posta a carico delle stesse Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e, conseguentemente, viene ridotto (comma 11) il concorso agli obiettivi di finanza pubblica stabilito dall'articolo 28 del D.L. 201/2011 e quantificato in 860 milioni annui (articolo 28, comma 3, primo periodo) per il complesso delle autonomie.

A questa cifra di 860 milioni andrà dunque sottratto il minor gettito per comuni e province, compensato con entrate regionali, pari a 180 milioni di euro per il 2012 e pari 239 milioni annui dal 2013.


 

Articolo 4, comma 12
(Attuazione rimborsi IRAP)

 


12. Nell'articolo 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dopo il comma 1-ter è inserito il seguente: «1-quater. In relazione a quanto disposto dal comma 1 e tenuto conto di quanto previsto dai commi da 2 a 4 dell'articolo 6 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate sono stabilite le modalità di presentazione delle istanze di rimborso relative ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia ancora pendente il termine di cui all'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nonché ogni altra disposizione di attuazione del presente articolo.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 12 affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di presentazione delle istanze di rimborso della quota di IRAP deducibile dalle imposte sul reddito. Si prevede inoltre che saranno ammesse al recupero le imprese per le quali, alla data del 6 dicembre 2011, erano ancora aperti i termini per il rimborso dei versamenti effettuati nei periodi d'imposta anteriori al 31 dicembre 2012.

Analisi normativa

 

Il comma 12, novellando l’articolo 2 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, affida a un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate la definizione delle modalità di presentazione delle istanze di rimborso della quota di IRAP deducibile dalle imposte sul reddito, ai sensi dell’articolo 2 del D.L. n. 201 del 2011 e tenuto conto di quanto già disposto dall’articolo 6 del decreto-legge 185 del 2008 in materia di rimborsi dalla previgente disciplina in materia di parziale deducibilità dell’IRAP riferita a costo del lavoro, oneri e interessi passivi.


Sono ammesse al recupero le imprese per le quali, alla data del 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore del richiamato D.L. n. 201) erano ancora aperti i termini di 48 mesi previsti per il rimborso dei versamenti effettuati nei periodi d'imposta anteriori al 31 dicembre 2012.

 

Si ricorda che il richiamato articolo 2 del D.L. n. 201 del 2011 ha reso integralmente deducibile ai fini delle imposte dirette (IRES e IRPEF), a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, la quota di IRAP dovuta relativa al costo del lavoro.

In particolare, è stata resa deducibile la quota di IRAP imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto delle deduzioni già spettanti per legge, introducendo una deroga al principio generale di indeducibilità dell’IRAP dalle imposte statali.

Nel dettaglio (comma 1 dell’articolo 2) la quota di deducibilità è applicata all’imposta dovuta dai soggetti passivi che vienecalcolatasul valore delle produzione netta di cui al D.Lgs. n. 446 del 1997 (c.d. decreto IRAP) da:

-        società di capitali ed enti commerciali (articolo 5);

-        società di persone e imprese individuali (articolo 5-bis);

-        banche e altri enti e società finanziari (articolo 6);

-        imprese di assicurazione (art. 7);

-        imprese esercenti arti e professioni (art. 8).

La deducibilità è ammessa in base al criterio di cassa, secondo quanto previsto dall’articolo 99, comma 1, del Testo Unico sulle imposte sui redditi (TUIR, D.P.R. n. 917 del 1986).

La quota deducibile determinata in via forfetaria è relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato, al netto delle deduzioni spettanti ai sensi dell'articolo 11, commi 1, lettera a), 1-bis, 4-bis, 4-bis.1 del citato D.Lgs. n. 446 del 1997.

Le norme prescrivono inoltre che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2012, potrà comunque essere dedotta (ai sensi dell’articolo 6 del D.L. 185 del 2008) dalle imposte sui redditi una quota pari al 10 per cento dell’IRAP dovuta su interessi passivi e oneri assimilati (commi 1-bis e 1-ter dell’articolo 2). L’articolo 6, commi da 1 a 4, del D.L. n. 185/2008 aveva infatti reso deducibile ai fini IRES e IRPEF una quota forfettaria, pari al 10 per cento, dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP) pagata a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008, riferibile:

-        alla quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati, al netto degli interessi attivi e proventi assimilati

-        alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato.

Il comma 2 dell’articolo 6 in particolare riconosce un rimborso forfetario, fissato in misura non superiore al 10% dell’IRAP pagata, ai soggetti che hanno già presentato istanza per il rimborso dell’imposta riferita agli interessi passivi e al costo del lavoro dipendente relativa ai periodi d’imposta anteriori a quello in corso al 31 dicembre 2008. Ai fini della individuazione delle annualità interessate si considera il termine di decadenza di 48 mesi dalla data di versamento stabilito dall’articolo 38 del D.P.R. n. 602/1973 in materia di riscossione.

Per i contribuenti che al 29 novembre 2008 (data di entrata in vigore del presente decreto) non avevano presentato alcuna istanza di rimborso, il comma 3 riconosceva ugualmente il diritto al rimborso mediante presentazione tardiva all’Agenzia delle entrate della predetta istanza, esclusivamente per via telematica, purché sia ancora pendente il predetto termine di decadenza di 48 mesi. Con provvedimento del 4 giugno 2009 l’Agenzia delle Entrate ha approvato il modello per l’istanza di rimborso e disposto le modalità e i termini per la presentazione dell’istanza di rimborso.

Il comma 4, infine, prevedeva un limite di spesa pari a 100 milioni di euro per il 2009, 500 milioni di euro per il 2010 e 400 milioni di euro per il 2011 per il rimborso delle istanze suddette, in base all’ordine cronologico di presentazione delle stesse.

 

Nel dettaglio, per effetto delle norme in commento viene inserito il comma 1-quater al richiamato articolo 2.

La disposizione così introdotta, in relazione alla integrale deducibilità dell’IRAP sul costo del lavoro e tenendo conto della deducibilità del 10 per cento dell’IRAP relativa a interessi passivi e oneri assimilati (di cui all’articolo 6 del decreto-legge 185 del 2008), affida a un provvedimento dell’Agenzia delle entrate le modalità di presentazione delle istanze di rimborso relative ai periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2012, nonché le ulteriori disposizioni attuative del già richiamato articolo 2.

Si specifica che l’emanazione del provvedimento deve tenere conto di quanto già disposto dall’articolo 6 del decreto-legge 185 del 2008 in materia di rimborsi dalla previgente disciplina in materia di parziale deducibilità dell’IRAP riferita a costo del lavoro, oneri e interessi passivi.

Condizione per la richiesta di rimborso è che al 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore del predetto D.L. n. 201) fossero ancorano pendenti i termini per il rimborso dei versamenti diretti, come disciplinato dall'articolo 38 del D.P.R. n. 602/1973; in sostanza, a quella data non dovevano essere ancora trascorsi 48 mesi da ciascun versamento diretto effettuato nei periodi d'imposta anteriori al 31 dicembre 2012.


 

Articolo 4, commi 12-bis e 12-ter
(Disposizioni in materia di Patto di stabilità interno)

 

12-bis. All'articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149, nel primo periodo, le parole: «e comunque per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo» sono soppresse e, dopo il secondo periodo, è inserito il seguente: «La riduzione è ripartita nella misura di un terzo in ciascuno dei tre esercizi successivi all'inadempienza».

12-ter. All'articolo 1, comma 142, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, le parole: «30 giugno» sono sostituite dalle seguenti: «31 ottobre».

 

 

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 4, comma 12-bis, modifica l’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2011, recante le misure di carattere sanzionatorio applicabili, a regime, agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno. La modifica riguarda la sanzione consistente nella riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato, nel senso di eliminare la previsione di un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo, fissato dalla normativa vigente in un importo comunque non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo.

Il comma 12-ter reca una modificaall'articolo 1, comma 142, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), relativamente ai termini per la verifica degli equilibri di bilancio nelle ipotesi di cosiddetta “regionalizzazione” del patto di stabilità nell’anno 2012.

Analisi normativa

 

L’articolo 4, comma 12-bis, reca una novella all’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2011[46], in tema di misure di carattere sanzionatorio applicabili, a regime, agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità.

 

In particolare, la novella riguarda la sanzione prevista alla lettera a) del citato comma 2, consistente nella riduzionedel fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo[47] in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato, ed è finalizzata ad eliminare la previsione di un limite massimo alla riduzione delle risorse del Fondo, fissato dalla normativa vigente in un importo comunque non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo.

In caso di mancato raggiungimento degli obiettivi del patto, dunque, la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio (o del fondo perequativo) sarà interamente commisurata alla misura effettiva della differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato.

Inoltre, la norma in esame inserisce una disposizione nel citato comma 2, in merito alle modalità di applicazione di tale sanzione, secondo la quale la prevista riduzione delle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio (o del Fondo perequativo) viene ripartita su tre anni, nella misura di un terzo in ciascuno dei tre esercizi successivi all'inadempienza.

 

Si ricorda che l’articolo 7, comma 2, del D.Lgs. n. 149/2011 elenca le sanzioni applicabili nei confronti degli enti locali in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti[48].

In particolare, per gli enti inadempienti è previsto, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a)       l’assoggettamento ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato, e comunque - secondo la normativa ancora vigente - per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo. In caso di incapienza dei predetti fondi, gli enti interessati dovranno versare le somme residue all’entrata del bilancio dello Stato[49]. A seguito della modifica apportata dall’art. 31, co. 27, della legge di stabilità 2012 (legge n. 183/2011) al citato art. 7, co. 2, del D.Lgs. 149/2011, anche i comuni delle regioni a statuto speciale Sicilia e Sardegna sono, nel caso di inadempienza delle regole del patto, assoggettati al taglio di risorse provenienti dal bilancio dello Stato.

La sanzione in questione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente.

b)      il divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio.

Ai fini dell’applicazione della suddetta sanzione, la Circolare del Ministero dell’economia e finanze 14 febbraio 2012, n. 5, esplicativa del Patto di stabilità interno per i comuni e le province per il triennio 2012-2014, ha precisato che i limiti agli impegni si applicano alle spese correnti identificate dal Titolo I della spesa, senza alcuna esclusione;

c)       il divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti. Per quanto concerne la contrazione di mutui e di prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, si precisa, in linea con la normativa vigente, che essi devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito[50].

d)       il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento a processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della sanzione. Si evidenzia che, per effetto dell’articolo 76, comma 7, del D.L. n. 112/2008 il divieto di assunzione sussiste per tutti gli enti in cui il rapporto tra spesa di personale e spesa corrente sia pari o superiore al 50%. Per effetto della norma recata dall’articolo 20, comma 9, del D.L. n. 98/2011, per il calcolo di tale rapporto debbono considerarsi anche le spese di personale delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo. In relazione a tale disposizione, la Circolare n. 5/2012 ha precisato che devono considerarsi riconducibili alla spesa di personale degli enti locali le spese sostenute da tutti gli organismi variamente denominati (istituzioni, aziende, fondazioni, ecc.) caratterizzati da minore autonomia rispetto ad un organismo societario e che non abbiano indicatori finanziari e strutturali tali da attestare una sostanziale posizione di effettiva autonomia rispetto all’amministrazione controllante;

e)       l’obbligo di procedere ad una rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, indicati nell'articolo 82 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), apportando una riduzione del 30 per centorispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010[51]. La Circolare n. 5/2012 segnala che la sanzione si applica ai soli amministratori in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione dei vincoli del patto di stabilità interno.

 

Con riferimento alla durata delle sanzioni, esse si applicano per il solo anno successivo a quello di accertamento del mancato rispetto del patto di stabilità interno.

 

Il comma 12-ter reca una modificaall'articolo 1, comma 142, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (legge di stabilità 2011), relativamente ai termini per la verifica degli equilibri di bilancio nelle ipotesi in cui una regione e gli enti locali del relativo territorio abbiano proceduto alla “regionalizzazione” del patto di stabilità nell’anno 2012.

 

La norma richiamata, infatti, concerne la cosiddetta regionalizzazione del patto di stabilità, in relazione all'esercizio 2012. In particolare viene spostato il termine, dal 30 giugno al 31 ottobre, entro cui le regioni devono comunicare al Ministero dell'economia e delle finanze gli elementi informativi per la verifica degli equilibri di bilancio.

 

La disciplina del patto di stabilità per gli esercizi 2011-2013 (dettata per le regioni dai commi da 125 a 150 dell'unico articolo della legge di stabilità 2011) prevede, al comma 141, che ciascuna regione possa – a decorrere dal 2011 – integrare e modificare le regole per gli enti locali compresi nel proprio territorio "in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti", fermo restando l’obiettivo determinato complessivamente dalle regole del Patto di stabilità per gli enti locali, definite dai commi 87-124 della medesima legge di stabilità 2011.

La procedura, disciplinata dal comma 142, prevede, come di consueto, la comunicazione al Ministero dell'economia e delle finanze da parte della regione, entro il 30 giugno (per il solo 2011, entro il 31 ottobre), per ciascun ente locale di tutti gli elementi informativi per la verifica del mantenimento dell'equilibrio dei saldi di finanza pubblica.

I criteri per l'applicazione di tali disposizioni, comprese le comunicazioni da inviare al Ministero, sono stati definiti - come prescritto dalla norma – con Decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 6 ottobre 2011[52].


 

Articolo 4-bis
(Modifiche al Testo unico di cui al D.P.R. n. 917 del 1986 in materia di deduzione dei canoni di leasing)

 


1. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2 dell'articolo 54:

1) al terzo periodo, le parole: «a condizione che la durata del contratto non sia» sono sostituite dalle seguenti: «per un periodo non»;

2) al quinto periodo, le parole: «a condizione che la durata del contratto non sia» sono sostituite dalle seguenti: «per un periodo non»;

b) il comma 7 dell'articolo 102 è sostituito dal seguente:

«7. Per i beni concessi in locazione finanziaria l'impresa concedente che imputa a conto economico i relativi canoni deduce quote di ammortamento determinate in ciascun esercizio nella misura risultante dal relativo piano di ammortamento finanziario. Per l'impresa utilizzatrice che imputa a conto economico i canoni di locazione finanziaria, a prescindere dalla durata contrattuale prevista, la deduzione è ammessa per un periodo non inferiore ai due terzi del periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2, in relazione all'attività esercitata dall'impresa stessa; in caso di beni immobili, qualora l'applicazione della regola di cui al periodo precedente determini un risultato inferiore a undici anni ovvero superiore a diciotto anni, la deduzione è ammessa per un periodo, rispettivamente, non inferiore a undici anni ovvero pari almeno a diciotto anni. Per i beni di cui all'articolo 164, comma 1, lettera b), la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria è ammessa per un periodo non inferiore al periodo di ammortamento corrispondente al coefficiente stabilito a norma del comma 2. La quota di interessi impliciti desunta dal contratto è soggetta alle regole dell'articolo 96».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano ai contratti stipulati a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.


 

 

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 4-bis,con riferimento alla disciplina fiscale del leasing, vincola la possibilità di dedurre i canoni di leasing, da parte dei lavoratori autonomi e dei soggetti IRES, non più ad una durata minima contrattuale, ma al periodo di ammortamento previsto ai fini fiscali.


Analisi normativa

 

Il comma 1 dell’articolo 4-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato,è volto a riformulare la disciplina fiscale del leasing contenuta negli articoli 54 e 102 del TUIR, rispettivamente, per gli esercenti arti e professioni e per i soggetti IRES, vincolando la possibilità di dedurre i canoni non più ad una durata minima contrattuale, ma al periodo di ammortamento previsto ai fini fiscali. In sostanza, indipendentemente dalla durata contrattuale:

§      per i soggetti IRES (articolo 102 del TUIR) la deduzione dei canoni di leasing è ammessa per un periodo non inferiore ai 2/3 del periodo di ammortamento stabilito ai fini fiscali, con la previsione, comunque, per gli immobili, di una durata minima di 11 anni e massima di 18 anni;

§       per i lavoratori autonomi (articolo 54 del TUIR) la deduzione dei canoni di leasing è ammessa per un periodo non inferiore alla metà del periodo di ammortamento stabilito ai fini fiscali, con la previsione, comunque, per gli immobili, di una durata minima di 8 anni e massima di 15 anni.

La relazione tecnica chiarisce che la modifica normativa non genera cambiamenti fiscali per l’utilizzatore. Il cambiamento riguarda piuttosto la possibilità di stipulare contratti di leasing con durate inferiori a quelle rapportate ai coefficienti di ammortamento.

 

L'attuale disciplina fiscale prevista dall'articolo 102, comma 7, del TUlR vincola la deduzione del canone di leasing in capo all'utilizzatore ad una durata del contratto che non deve essere inferiore ai 2/3 del periodo di ammortamento stabilito ai fini fiscali (in base ai coefficienti previsti dal D.M. 31 dicembre 1988) prevedendo, per gli immobili, una durata minima di 11 anni e una massima di 18 anni. Analogamente, l'articolo 54, comma 2, ammette la deducibilità dei canoni di locazione finanziaria, per i beni strumentali per l'esercizio dell'arte o della professione, a condizione che la durata del contratto non sia inferiore alla metà del periodo di ammortamento previsto ai fini fiscali e, comunque, con un minimo di 8 anni e un massimo di 15 anni se lo stesso ha per oggetto beni immobili.

 

Il comma 2 fa decorrere la nuova disciplina introdotta dal comma 1 dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Pertanto essa si applicherà ai contratti stipulati successivamente a tale data.


 

Articolo 5, comma 1
(Allungamento termine per integrazione indicatori di coerenza economica a fini di applicazione del nuovo regime premiale per i soggetti cui si applicano gli studi di settore)

 

1. All'articolo 10, comma 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Con riferimento all'annualità 2011, le integrazioni previste dall'articolo 1, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 31 maggio 1999, n. 195, devono essere pubblicate nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 aprile 2012.».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 1 dell'articolo 5 prevede che per l’annualità 2011 le integrazioni agli studi di settore siano pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 30 aprile 2012.

Analisi normativa

 

Il comma 1 dell'articolo 5 novella la disciplina premiale introdotta recentemente dall’articolo 10 (commi da 9 a 13) del decreto legge n. 201 del 2011, prevedendo che per l’annualità 2011 le integrazioni agli studi di settore siano pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 30 aprile 2012.

 

Si ricorda che la citata disciplina premiale limita l’attività di accertamento del fisco nei confronti dei soggetti “congrui” agli studi di settore, purché questi abbiano adempiuto a specifici obblighi di comunicazione e trasparenza nei confronti dell’amministrazione medesima.

In sintesi, sono previste limitazioni ai poteri di accertamento del fisco (comma 9 dell’articolo 10 citato) nei confronti dei soggetti che dichiarano, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori a quelli risultanti dell'applicazione degli studi di settore, purché adempiano ai seguenti, specifici doveri di comunicazione e di trasparenza (comma 10):

-        abbiano regolarmente assolto gli obblighi di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, indicando fedelmente tutti i dati previsti;

-        sulla base di tali dati, la posizione del contribuente risulti coerente con gli specifici indicatori previsti dai decreti di approvazione dello studio di settore o degli studi di settore applicabili.

-        Nei confronti dei predetti soggetti:

-        sono preclusi gli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;

-        è ridotto di un anno il termine di decadenza per l’attività di accertamento delle imposte dirette e dell’IVA;

-        la determinazione sintetica del reddito complessivo è ammessa solo a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un terzo quello dichiarato.

Per quanto concerne i termini di applicazione della nuova disciplina, il comma 13 prevede che i citati commi 9 e 10 si applichino con riferimento alle dichiarazioni relative all’annualità 2011 ed a quelle successive.

Per le attività di accertamento effettuate in relazione alle annualità antecedenti il 2011 viene mantenuta ferma la previgente disciplina, contenuta nel comma 4-bis dell’articolo 10 e nell’articolo 10-ter della legge 8 maggio 1998, n. 146, che viene abrogata per gli accertamenti futuri dal successivo comma 12 dell’articolo 10.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, sentite le associazioni di categoria, possono essere differenziati i termini di accesso alla nuova disciplina, tenuto conto del tipo di attività svolta dal contribuente. Con lo stesso provvedimento sono dettate le relative disposizioni di attuazione.

 

Le norme in commento modificano le disposizioni di applicazione della nuova disciplina, contenute nel già illustrato comma 13 dell’articolo 10.

In particolare, per effetto delle norme in esame viene disposto che per l’annualità 2011 le integrazioni agli studi di settore, indispensabili per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali, o per aggiornare o istituire gli indicatori di coerenza, devono essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale entro il 30 aprile 2012.

 

Si ricorda che gli indicatori di coerenza sono previsti dal comma 2 dell’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998; esso stabilisce che, per l’elaborazione e la revisione degli studi di settore, deve anche tenersi conto di valori di coerenza, risultanti da specifici indicatori definiti da ciascuno studio, rispetto a comportamenti considerati normali per il relativo settore economico.

Nell’applicazione degli studi di settore a fine di accertamento, l’analisi della coerenza - sulla base di indici (ad esempio: produttività per addetto, rotazione di magazzino) determinati in relazione alle singole aree economiche - costituisce una fase fondamentale per individuare anomalie nei dati comunicati dal contribuente, anche in presenza di ricavi dichiarati congrui rispetto agli importi presunti in base al pertinente studio di settore. Gli indici di coerenza fanno riferimento a comportamenti ritenuti “normali” nel settore economico considerato. Lo scostamento rispetto ad essi consente di riconoscere elementi critici, ad esempio in relazione all’impiego di personale irregolare, a situazioni anomale di magazzino o di area acquisti ovvero a irregolarità di natura contabile.


 

Articolo 5, commi 2 e 3
(Versamenti tributari)

 

2. All'articolo 15-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, le parole: «30 novembre» sono sostituite dalle seguenti: «16 aprile».

3. All'articolo 9, comma 1-bis, della legge 29 ottobre 1961, n. 1216, le parole: «Entro il 30 novembre» fino a: «per l'anno precedente,» sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 16 maggio di ogni anno, gli assicuratori versano, altresì, a titolo di acconto una somma pari al 12,5 per cento dell'imposta dovuta per l'anno precedente provvisoriamente determinata,».

 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 2 e 3 dell'articolo 5 anticipano dal 30 novembre al 16 aprile il termine dei versamenti in acconto dell’imposta di bollo virtuale e dal 30 novembre al 16 maggio quello per il versamento dell’imposta sulle assicurazioni.

Analisi normativa

 

Nel dettaglio, il comma 2 novella l’articolo 15-bis, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo), concernente il versamento dell'acconto sull'imposta di bollo assolta in modo virtuale.

Per effetto della modifica apportata, Poste italiane S.p.A., le banche e gli altri enti e società finanziari, entro il 16 aprile di ogni anno (anziché entro il 30 novembre) devono versare, a titolo di acconto, una somma pari al settanta per cento dell'imposta provvisoriamente liquidata.

 

Per esigenze di liquidità l'acconto può essere scomputato dai versamenti da effettuare a partire dal successivo mese di febbraio.

 

Il comma 3 novella invece l’articolo 9, comma 1-bis, della legge 29 ottobre 1961, n. 1216 in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi, che disciplina il versamento dell'acconto dell'imposta dovuta sui premi ed accessori incassati dagli assicuratori.

Per effetto della modifica apportata, si prevede che entro il 16 maggio di ogni anno (anziché entro il 30 novembre, come nel testo previgente), gli assicuratori debbano versare, a titolo di acconto, una somma pari al 12,5 per cento dell'imposta dovuta per l'anno precedente provvisoriamente determinata, al netto di quella relativa alle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore.

 

Anche in tal caso è previsto che, per esigenze di liquidità, l'acconto può essere scomputato, a partire dal successivo mese di febbraio, dai versamenti.


 

Articolo 5, commi 4-6
(Contratto quadro Sogei)

 


4. Al fine di garantire l'unitarietà del Sistema informativo della fiscalità e la continuità operativa e gestionale necessarie per il conseguimento degli obiettivi strategici relativi al contrasto all'evasione e all'elusione fiscale, gli istituti contrattuali che disciplinano il rapporto di servizio tra l'amministrazione finanziaria e la società di cui all'articolo 59 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono prorogati fino al completamento delle procedure in corso per la stipula del nuovo atto regolativo e sono immediatamente efficaci i piani di attività ad essi correlati.

5. Gli importi massimali previsti dagli istituti contrattuali di cui al comma 4 sono incrementati in ragione dell'effettiva durata del periodo di proroga, fermo restando che, ai fini di realizzare ogni possibile economia di spesa, i corrispettivi unitari sono rideterminati utilizzando i previsti strumenti contrattuali di revisione.

6. Dalle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi da 4 a 6 dell'articolo 5 intervengono nella disciplina del sistema informativo della fiscalità al fine di prorogare gli istituti contrattuali in essere fino al completamento dell’iter di stipula del nuovo Contratto quadro tra l’amministrazione finanziaria e Sogei.

Analisi normativa

 

Il comma 4 in particolare proroga gli istituti contrattuali che disciplinano il rapporto di servizio tra l’amministrazione finanziaria e Sogei Spa fino al completamento delle procedure in corso per la stipula del nuovo atto regolativo; i piani di attività ad essi correlati sono immediatamente efficaci.

Tale proroga è disposta al fine di garantire:

§      l’unitarietà del Sistema informativo della fiscalità;

§      la continuità operativa e gestionale necessarie per gli obiettivi di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.


Come evidenziato dalla Relazione illustrativa (A.S. 3184), il rapporto tra Sogei Spa e le strutture dell’Amministrazione Finanziaria si configura come “rapporto in-house” regolato da un Contratto quadro. Attualmente è in corso l’iter per la stipula del nuovo Contratto quadro 2012-2017, e le strutture dell’Amministrazione finanziaria stanno operando sulla base della proroga del contratto quadro 2006-2011 (scadenza 29 febbraio 2012).

Nell'impossibilità di stipulare il nuovo Contratto entro tale data, con la disposizione in esame si intende assicurare che siano resi all’Amministrazione i servizi informatici necessari con la dovuta continuità.

 

Si ricorda che Sogei è una SpA a totale partecipazione pubblica e le sue azioni appartengono al Ministero dell'economia e delle finanze.

L'articolo 4 dello statuto del 14 luglio 2011 prevede che la società, in quanto organismo di diritto pubblico/amministrazione aggiudicatrice e in quanto società partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ha per oggetto, prevalentemente, la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche attribuite a detto Ministero e alle Agenzie fiscali, segnatamente:

-        ogni attività, compresa quella industriale, finalizzata alla realizzazione, allo sviluppo, alla manutenzione e alla conduzione tecnica del sistema informativo della fiscalità per l'amministrazione fiscale;

-        ogni altra attività connessa, direttamente o indirettamente, con quella di cui alla lettera precedente, comprese il supporto, l'assistenza e la consulenza all'amministrazione fiscale per lo svolgimento delle funzioni statali ad essa spettanti;

-        ogni altra attività di carattere informatico in aree di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.

Sogei può, inoltre, svolgere, nel rispetto della normativa vigente, ogni altra attività di natura informatica per conto dell'amministrazione pubblica centrale o locale, di istituzioni, di enti pubblici territoriali locali, di società a partecipazione pubblica, anche indiretta, di organismi ed enti che svolgono attività di interesse pubblico o rilevanti nel settore pubblico, nonché di Istituzioni internazionali e sovranazionali e di amministrazioni pubbliche estere.

Sogei, in conformità al contratto di servizi quadro, deve garantire la manutenzione, lo sviluppo e la conduzione del sistema informativo della fiscalità.

Sogei rappresenta, in sostanza, il partner tecnologico dell’Amministrazione finanziaria, con capacità di gestione di progetti complessi nell’interazione tra normativa tributaria e contribuenti e nella traduzione di norme in sistemi di software; in quanto depositaria dell’Anagrafe tributaria, Sogei svolge un’azione di supporto sia alle valutazioni degli impatti delle manovre fiscali e della normativa, sia alla elaborazione delle politiche da perseguire in materia.

 

La Corte di conti, nella Relazione alle Camere sul risultato del controllo eseguito sulla gestione della Sogei S.p.A. relativa gli esercizi 2008 e 2009 (Determinazione n. 83/2010), ha evidenziato che il rapporto contrattuale tra la Sogei e il MEF è attualmente disciplinato dal contratto di servizi quadro (CSQ) 2006-2011 che, in base alle disposizioni legislative in materia (D.Lgs. 300/1999 e D.P.R. 107/2001) affida al Dipartimento delle finanze il “governo strategico del Sistema Informativo della fiscalità, assicurando funzioni di indirizzo e controllo per garantire l’unitarietà e l’interoperatività” ed attribuisce alle Strutture organizzative dell’Amministrazione finanziaria la “gestione delle aree del Sistema Informativo di loro competenza e le funzioni di individuazione degli obiettivi da raggiungere secondo specifici piani di automazione e di monitoraggio”.

Il CSQ aveva anche stabilito che, entro il termine di 60 giorni antecedenti la scadenza del primo triennio di durata del contratto, si procedesse, all’esito di previste attività di benchmarking, “a valutare la rispondenza di uno o più degli istituti (contrattuali) alle eventuali mutate esigenze del Sistema Informativo della fiscalità, provvedendo a rivedere le regole ivi previste, la tipologia dei servizi da erogare, i corrispettivi e la connessa disciplina di remunerazione”.

In ottemperanza a tale disposizione, in data 15 luglio 2009 (dopo un tormentato iter e con sensibile ritardo rispetto alla prevista data del 1° gennaio 2009) tra Dipartimento delle finanze e Sogei è stato stipulato, con i pareri favorevoli di DigitPA e Consiglio di Stato, l’Atto aggiuntivo al CSQ, relativo al triennio 2009/2011.

In proposito la Corte dei conti, nel prendere atto delle novità introdotte dall’Atto aggiuntivo al CSQ, dalle quali dovrebbero derivare maggiore efficienza operativa di Sogei e riduzione dei costi a carico delle Strutture committenti, ha osservato che “il procedimento finalizzato al perfezionamento degli atti contrattuali tra la Società e l’Amministrazione finanziaria continua a caratterizzarsi per una tempistica particolarmente dilatata e per la pluralità e complessità delle fasi procedurali; da ciò conseguono inevitabilmente consistenti ritardi nella stipula degli atti, prolungati periodi di vacanza contrattuale, necessità di ricorso a forme (sempre rischiose) di “anticipata esecuzione” per evitare l’interruzione di servizi pubblici essenziali. Si ravvisa, pertanto, l’esigenza che le trattative per il rinnovo degli atti contrattuali vengano avviate con congruo anticipo rispetto alla scadenza dei contratti in essere e che la sequenza procedimentale venga semplificata anche mediante una rigorosa scansione temporale dei suoi vari momenti”.

 

Il comma 5 provvede ad incrementare gli importi massimali previsti dagli istituti contrattuali che vengono prorogati dal precedente comma 4; tale incremento deve avvenire in relazione all’estensione del periodo di proroga.

Viene altresì disposto, al fine di garantire ogni possibile economia di spesa, che siano utilizzati gli strumenti di revisione già individuati nel contratto quadro al fine di rideterminare i corrispettivi unitari dei servizi.

 

Il comma 6 reca infine una clausola di salvaguardia finanziaria diretta ad escludere che dall'attuazione dei commi precedenti possano insorgere nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


 

Articolo 5, comma 7
(Definizione di Amministrazione pubblica)

 


7. Nell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, il comma 2 è sostituito dal seguente:

«2. Ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono, per l'anno 2011, gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall'anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell'elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 7, modificato nel corso dell’esame al Senato, riformula la definizione di amministrazioni pubbliche contenuta nel comma 2 dell’articolo 1 della legge di contabilità (legge n. 196/2009), precisando inoltre che tale definizione è fornita non più ai fini della medesima legge di contabilità, bensì ai fini dell’applicazione delle disposizioni di finanza pubblica.

In particolare, in virtù della modifiche apportate dal comma in esame, a decorrere dall’anno 2012 la definizione di amministrazioni pubbliche include gli enti ed organismi pubblici rientranti nel conto economico consolidato della P.A. - indicati dal Comunicato ISTAT del 30 settembre 2011 e successivi aggiornamenti annuali -, ope legis le Autorità indipendenti, nonché, comunque, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001.

Analisi normativa

 

Il comma 7riformula la definizione di amministrazioni pubbliche contenuta nell’articolo 1, comma 2 della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009), precisando inoltre che tale definizione è fornita non più ai fini della


medesima legge di contabilità, bensì ai fini dell’applicazione delle disposizioni di finanza pubblica.

La definizione, nel testo della norma vigente prima delle modifiche apportate dal comma 7 in esame, coincideva con quella degli enti e degli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche annualmente individuati dall'Istituto nazionale di statistica – ISTAT, sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari[53], con apposito provvedimento da pubblicarsi in Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre.

 

Si ricorda che la legge 31 dicembre 2009, n. 196 ("Legge di contabilità e finanza pubblica"), di riforma della contabilità generale, all’articolo 1, reca i principi di coordinamento e l’ambito di riferimento delle norme della finanza pubblica. Essa afferma, all’articolo 1, comma 1, in linea generale, il principio che tutte le amministrazioni pubbliche concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica sulla base dei principi dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica e ne condividono le responsabilità (comma 1).

Il medesimo articolo 1, al comma 2, nella formulazione vigente prima delle modifiche apportate dal decreto legge in esame prevedeva, in particolare, che ai fini della medesima legge, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e gli altri soggetti che costituiscono il settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche individuati dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti comunitari.

Il comma 3, non modificato dal decreto legge, dispone che la ricognizione delle amministrazioni pubbliche di cui al comma 2 è operata annualmente dall'ISTAT con proprio provvedimento e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale entro il 30 settembre.

 

Ai sensi del comma 7 in esame, la nuova definizione di amministrazioni pubbliche per l’anno 2011 corrisponde a quella di amministrazioni pubbliche rientranti nell’elenco degli enti appartenenti al settore istituzionale della P.A. come definito dall’ISTAT con apposito Comunicato del 24 luglio 2010[54].

 

A decorrere dall’anno 2012, invece, la definizione di amministrazioni pubbliche include:

§      gli enti ed i soggetti rientranti nel settore istituzionale della P.A. come individuati con Comunicato ISTAT del 30 settembre 2011[55], e successivi aggiornamenti annuali - precisazione quest’ultima introdotta al Senato;

§      ope legis” le Autorità indipendenti,

§      le amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001.

Si ricorda che le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[56] e successive modificazioni, sono:

-       tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative;

-       le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo;

-       le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni;

-       le istituzioni universitarie;

-       gli Istituti autonomi case popolari;

-       le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;

-       tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali;

-       le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale;

-       l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);

-       le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.

 

La nuova definizione sembrerebbe ampliare il perimetro degli enti inclusi nella definizione di pubblica amministrazione, rilevante ai fini della applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica.

 

Rispetto alla formulazione previgente, viene soppresso il riferimento agli "specifici regolamenti comunitari" sulla base dei quali l’Istat procede ad individuare il settore istituzionale della P.A.

 

Si ricorda, a riguardo, che l’elenco delle Amministrazioni pubbliche inserite nel Conto economico consolidato della P.A., è annualmente compilato dall’Istat – come indicato negli stessi comunicati dell’Istituto - sulla base di norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario (Regolamento UE n. 2223/96, SEC95 – Sistema europeo dei conti).


 

Articolo 5, comma 7-bis
(Modifica al D.Lgs. n. 91/2011 di armonizzazione dei sistemi contabili della pubblica amministrazione)

 

7-bis. All'articolo 4, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91, dopo le parole: «decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97,» sono inserite le seguenti: «prevedendo come ambito di applicazione le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), e».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 7-bis apporta modifiche alla lettera b) del comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 91/2011 di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche, al fine di specificare che la revisione del regolamento di contabilità degli enti pubblici (D.P.R. n. 97/2003) dovrà essere effettuata prevedendo come ambito soggettivo di applicazione, quello del D.Lgs. n. 91/2011, dunque le amministrazioni pubbliche diverse dagli enti territoriali, come definite ai sensi dell’articolo 1, comma 2 della legge di contabilità pubblica.

Analisi normativa

 

Il comma 7-bis apporta modifiche alla lettera b) del comma 3 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 91/2011 - recante norme di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle pubbliche amministrazioni diverse dagli enti territoriali - al fine di specificare che la revisione del regolamento di contabilità degli enti pubblici (D.P.R. n. 97/2003) dovrà essere effettuata prevedendo, come ambito soggettivo di applicazione, quello del D.Lgs. n. 91/2011, dunque le amministrazioni pubbliche diverse dagli enti territoriali, come definite ai sensi dell’articolo 1, comma 2 della legge di contabilità nazionale.

 

Si rammenta che il comma 7 dell’articolo 5 del decreto in esame riformula la definizione di amministrazioni pubbliche contenuta nell’articolo 1, comma 2 della legge di contabilità pubblica (legge n. 196/2009) (cfr. relativa scheda di lettura e infra).

 

Il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91 reca l'attuazione della delega sull'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche, contenuta nell’articolo 2, comma 1 della di legge di contabilità pubblica n. 196/2009.

Ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera a) del D.lgs. n. 91, per amministrazioni pubbliche si intendono le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, della legge di contabilità pubblica, ad esclusione delle regioni, degli enti locali, dei loro enti ed organismi strumentali e degli enti del Servizio sanitario nazionale[57].

A tal proposito, coma sopra detto, si ricorda che il comma 7 dell’articolo 5 del decreto legge in esame riformula, estendendola, la definizione di PP.AA. contenuta nell’articolo 1, comma della legge di contabilità pubblica, prevedendo che, a decorrere dall’anno 2012, essa includa gli enti ed organismi pubblici rientranti nel conto economico consolidato della P.A. - indicati dal Comunicato ISTAT del 30 settembre 2011 e successivi aggiornamenti annuali – e includa ope legis le Autorità indipendenti, nonché, comunque, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001.

 

Il decreto legislativo n. 91/2011 dispone l’obbligo, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, di conformare i propri ordinamenti finanziari e contabili ai principi generali descritti nell’allegato 1 del decreto e definiti come “regole fondamentali di carattere generale” e introduce, in particolare, all’articolo 4, quale novità ai fini del consolidamento e monitoraggio dei conti nelle fasi di previsione, gestione e rendicontazione, il Piano dei conti integrato, per gli enti che adottano un regime di contabilità finanziaria, costituito da conti che rilevano, contestualmente, entrate e spese, sia in termini di contabilità finanziaria, sia in termini di contabilità economico patrimoniale.

Il medesimo articolo 4 del decreto legislativo n. 91/2011 stabilisce al comma 3, che con uno o più decreti di natura regolamentare, da adottarsi entro il 31 dicembre 2012, su proposta del Ministero dell’economia e finanze, si opererà:

-        la definizione della struttura del Piano dei conti integrato e delle relative voci (lettera a));

-        la revisione delle disposizioni contenute nel Regolamento di contabilità degli enti pubblici - D.P.R. n. 97/2003, tenendo conto dei principi di classificazione delle entrate e delle spese indicati nel Titolo III del medesimo D.Lgs. n. 91/2011 (lettera b));

-        saranno definiti i principi contabili riguardanti i comuni criteri di contabilizzazione (lettera c)).


 

Articolo 5, comma 8
(Modalità di incasso dell'aggio spettante ad Equitalia Giustizia Spa)

 

8. All'articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, nel primo periodo, la parola: «segue» è sostituita dalle seguenti: «e l'incasso della remunerazione dovuta a tale società a titolo di aggio ai sensi del comma 6, primo periodo, seguono».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 8 dell'articolo 5 consente ad Equitalia Giustizia S.p.A. di incassare secondo il principio della prededuzione anche l’aggio ad essa spettante in relazione alla gestione del Fondo Unico Giustizia.

Analisi normativa

 

Il comma 8 dell'articolo 5 consente ad Equitalia Giustizia S.p.A. di incassare secondo il principio della prededuzione anche l’aggio ad essa spettante in relazione alla gestione del Fondo Unico Giustizia.

 

Nel dettaglio, la norma in esame novella l’articolo 2, comma 6-bis, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143 (Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario), con il quale viene disciplinato, tra l'altro, il recupero delle spese di gestione di Equitalia Giustizia S.p.A.

 

Il testo previgente stabiliva che, con decorrenza dai versamenti da eseguire dal 1° aprile 2011, il recupero delle spese di gestione di Equitalia Giustizia Spa, a fronte di attività rese dalla stessa società nell’ambito dei propri fini statutari, seguisse il principio della prededuzione, con le modalità, le condizioni e i termini stabiliti nelle convenzioni regolative dei rapporti con i competenti Ministeri.

 

Per effetto della modifica apportata, il principio della prededuzione viene applicato anche all'incasso dell’aggio dovuto ad Equitalia Giustizia (ovvero, ai sensi del precedente comma 6, primo periodo, la remunerazione dovuta per la gestione delle risorse intestate al “Fondo unico giustizia”), e non più solo al recupero delle spese di gestione per attività rese nell’ambito dei propri fini statutari.

 

Secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa (A.S. 3184), la disposizione colmerebbe una lacuna normativa, con finalità di razionalizzazione e semplificazione degli adempimenti amministrativi e contabili, limitandosi peraltro a disciplinare il meccanismo di percezione del predetto aggio (senza pertanto produrre effetti in termini di minori entrate o maggiori spese per il bilancio dello Stato).

 

Si ricorda che Equitalia Giustizia S.p.A. è una società del Gruppo Equitalia, interamente posseduta da Equitalia SpA, che, a sua volta, è partecipata al 51 per cento dall’Agenzia delle Entrate e al 49 per cento dall’INPS.

Ai sensi dell’articolo 2 del decreto-legge n. 143 del 2008, Equitalia Giustizia gestisce il Fondo Unico Giustizia, istituito dall’articolo 61, comma 23, del decreto-legge n. 112 del 2008ed alimentato principalmente con i proventi dei sequestri.

La società, inoltre, in attuazione dell’articolo 1, commi 367 e seguenti, della legge n. 244 del 2007, e dell’articolo 23, commi 35 e 36, del decreto-legge n. 98 del 2011, provvede, sulla base di una convenzione stipulata con il Ministero della Giustizia, alla gestione dei crediti relativi alle spese di giustizia conseguenti ai provvedimenti passati in giudicato o divenuti definitivi.


 

Articolo 6, comma 1
(Attività estimative svolte dall’Agenzia del territorio)

 


1. All'articolo 64 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 3, le parole: «ed i connessi servizi estimativi che può offrire direttamente sul mercato», sono soppresse;

b) dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. Ferme le attività di valutazione immobiliare per le amministrazioni dello Stato di competenza dell'Agenzia del demanio, l'Agenzia del territorio è competente a svolgere le attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimative richieste dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dagli enti ad esse strumentali. Le predette attività sono disciplinate mediante accordi, secondo quanto previsto dall'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Tali accordi prevedono il rimborso dei costi sostenuti dall'Agenzia, la cui determinazione è stabilita nella Convenzione di cui all'articolo 59.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 1 dell'articolo 6 interviene nella definizione delle competenze dell’Agenzia del territorio relative ad attività e certificazioni in materia catastale: in particolare viene soppressa la competenza dell’Agenzia in materia di offerta di servizi tecnico-estimativi direttamente sul mercato, sostituita con una attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimativa a favore delle amministrazioni pubbliche.

Analisi normativa

 

Il comma 1 dell'articolo 6 interviene nella definizione delle competenze dell’Agenzia del territorio relative ad attività e certificazioni in materia catastale: in particolare viene soppressa la competenza dell’Agenzia in materia di offerta di servizi tecnico-estimativi direttamente sul mercato, sostituita con una attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimativa a favore delle amministrazioni pubbliche.


Si ricorda, preliminarmente, che l'Agenzia del territorio, nata a seguito della riforma del Ministero dell'economia e delle finanze, è operativa dal 1° gennaio 2001 ed è un ente pubblico dotato di personalità giuridica e autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria. E' costituita da Direzioni centrali che hanno sede a Roma, da Direzioni regionali e da Uffici provinciali.

Le competenze dell’Agenzia sono definite dall’articolo 64 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, ai sensi del quale l'agenzia è competente a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi geotopocartografici e quelli relativi alle conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l'anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale sviluppando, anche ai fini della semplificazione dei rapporti con gli utenti, l'integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla funzione fiscale ed alle trascrizioni ed iscrizioni in materia di diritti sugli immobili. L'Agenzia, inoltre, gestisce l'Osservatorio del mercato immobiliare ed i connessi servizi estimativi che può offrire direttamente sul mercato (comma 3).

 

L’articolo 19 del decreto legge n. 78 del 2010 ha disposto l'attivazione - attraverso idonee forme di collaborazione con i comuni - dell'Anagrafe Immobiliare Integrata, con l’obiettivo di consentire, a fini fiscali, l'integrazione delle banche dati disponibili presso l'Agenzia, con l'individuazione dei soggetti titolari dei diritti reali, garantendo la correlazione tra le informazione catastali (dati censuari, cartografici e planimetrie delle unità immobiliari urbane) e le informazioni sui diritti reali recate negli atti trascritti nei pubblici registri immobiliari.

Restano ai comuni le funzioni relative alla conservazione, alla utilizzazione ed all'aggiornamento degli atti catastali, compresa la partecipazione al processo di determinazione degli estimi. Il decentramento delle funzioni catastali ai comuni era già previsto dalla legge finanziaria 2007 (articolo 1, commi da 195 a 200 della legge n. 296 del 2006), con la seguente ripartizione di competenze:

-        l’attribuzione allo Stato (per il tramite dell’Agenzia del territorio) delle metodologie catastali, di una parte della gestione operativa del catasto, comprensiva della gestione unitaria della banca dati del catasto nonché il controllo ed il coordinamento complessivo del sistema;

-        l’attribuzione ai comuni di parte della gestione operativa, che i comuni possono esercitare anche avvalendosi di una convenzione con l’Agenzia del Territorio.

Sostanzialmente i comuni sono responsabili della conservazione degli atti catastali, della loro utilizzazione e aggiornamento e ne è prevista la partecipazione al processo di determinazione degli estimi catastali ma è rimessa a loro la scelta del livello di complessità e completezza che intendono assumere nella gestione diretta delle funzioni catastali.

Con il DPCM 14 giugno 2007 (Decentramento delle funzioni catastali ai comuni, ai sensi dell'articolo 1, comma 197, della L. 27 dicembre 2006, n. 296) e con il Protocollo d’intesa tra ANCI e Agenzia del Territorio del 4 giugno 2007 sono state definite le modalità ed i termini per il graduale trasferimento di funzioni.

 

 

In dettaglio, il comma 1 dell’articolo 6 modifica anzitutto con la lettera a) il comma 3 del citato articolo 64 del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, eliminando la possibilità per l’agenzia di svolgere servizi estimativi da offrire direttamente sul mercato.

Al riguardo la relazione illustrativa (A.S. 3184) precisa che, di fatto, l’azione dell’Agenzia in questi anni si è comunque svolta nell’ambito del settore pubblico allargato.

 

La lettera b) aggiunge un nuovo comma 3-bis al predetto articolo 64, al fine di attribuire all’Agenzia del territorio il compito di svolgere le attività di valutazione immobiliare e tecnico-estimative richieste dalle amministrazioni pubbliche (come definite dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) e dagli enti ad esse strumentali.

Lo svolgimento di tali servizi per le amministrazioni richiedenti è inquadrato nelle forme degli accordi di cui all’articolo 15 della legge sul procedimento amministrativo (L. n. 241 del 1990) e deve prevedere il rimborso dei costi sostenuti dall’Agenzia, sulla base di quanto stabilito nella convenzione tra il Ministero dell’economia e delle finanze e l’Agenzia per l’erogazione dei servizi oggetto della convenzione medesima.

 

La relazione illustrativa (A.S. 3184) afferma che la scelta del rimborso dei costi sembra opportuna soprattutto al fine di garantire un filtro che disincentivi richieste di valutazione non correlate ad una matura volontà del richiedente.


 

Articolo 6, comma 2
(TARES)

 


2. Al comma 9 dell'articolo 14 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:

«In sede di prima applicazione, per le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, prive di planimetria catastale, nelle more della presentazione, l'Agenzia del territorio procede alla determinazione di una superficie convenzionale, sulla base degli elementi in proprio possesso. Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi corrispondente è corrisposto a titolo di acconto e salvo conguaglio. Le medesime disposizioni di cui al presente comma, si applicano alle unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta ai sensi dell'articolo 19, comma 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come integrato dall'articolo 2, comma 5-bis del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 2 dell'articolo 6 modifica la disciplina del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) prevedendo che, in sede di prima applicazione, l’Agenzia del territorio determini, per le unità immobiliari urbane prive di planimetria catastale, una superficie convenzionale, sulla base degli elementi in proprio possesso.

Analisi normativa

 

Il comma 2 dell'articolo 6 modifica la disciplina del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES) prevedendo che, in sede di prima applicazione, l’Agenzia del territorio determini, per le unità immobiliari urbane prive di planimetria catastale, una superficie convenzionale, sulla base degli elementi in proprio possesso.


Si ricorda che l'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 ha istituito, a decorrere dal 1° gennaio 2013, il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.

Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

Ai sensi del comma 9, la tariffa è commisurata all’anno solare, cui corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria, nonché alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte. La superficie assoggettabile al tributo è pari all'80 per cento della superficie catastale. E’ attribuita ai comuni la facoltà di modificare d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori alla predetta percentuale a seguito di incrocio dei dati comunali, con quelli dell'Agenzia del territorio, secondo modalità di interscambio stabilite con provvedimento del Direttore della predetta Agenzia, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Gli intestatari catastali provvedono, a richiesta del comune, a presentare all'ufficio provinciale dell'Agenzia del territorio la planimetria catastale del relativo immobile. Per le altre unità immobiliari la superficie assoggettabile al tributo è costituita da quella calpestabile.

La tariffa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio (comma 11), è composta da:

-        una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti;

-        una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione;

-        i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.

 

La definizione dei criteri per l'individuazione del costo del servizio di gestione dei rifiuti e per la determinazione della tariffa è demandata ad un regolamento da emanarsi entro il 31 ottobre 2012. Alla tariffa così determinata, si applica una maggiorazione pari a 0,30 euro per metro quadrato (comma 13), a copertura dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni, i quali possono, con deliberazione del consiglio comunale, modificare in aumento la misura della maggiorazione per un importo massimo di 0,40 euro, anche graduandola in ragione della tipologia dell'immobile e della zona ove è ubicato. Sono previste specifiche ipotesi di riduzioni tariffarie, salva la facoltà, per il consiglio comunale, di deliberare ulteriori riduzioni ed esenzioni. Il consiglio comunale determina, con apposito regolamento, la disciplina per l'applicazione del tributo e approva le tariffe.

 

In dettaglio, la norma è volta a derogare alla procedura prevista dal comma 9 del citato articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011 nella parte in cui si attribuisce ai comuni la facoltà di modificare d'ufficio, dandone comunicazione agli interessati, le superfici che risultano inferiori all’80 per cento della superficie catastale a seguito di incrocio dei dati comunali con quelli dell'Agenzia del territorio.

Conseguentemente, viene stabilito che, in sede di prima applicazione (vale a dire per l’anno 2013), per le unità immobiliari urbane a destinazione ordinaria, prive di planimetria catastale, l’Agenzia del Territorio procede - nelle more della presentazione - alla determinazione di una superficie convenzionale, sulla base degli elementi in proprio possesso.

Il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi è quindi corrisposto a titolo di acconto e salvo conguaglio.

 

Le disposizioni sopra descritte si applicano anche agli immobili non registrati in catasto (c.d. case fantasma) o che siano stati oggetto di interventi edilizi tali da determinare una variazione di consistenza ovvero di destinazione parimenti non dichiarata in catasto, cui sia stata attribuita una rendita presunta.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 19 del decreto legge n. 78 del 2010, come integrato dall’art. 2, comma 5-bis del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, ha obbligato i titolari di diritti reali sugli immobili non dichiarati al catasto, inseriti negli elenchi dell'Agenzia del territorio con riferimento alle pubblicazioni effettuate dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2009, a presentare, entro il 30 aprile 2011, la dichiarazione di aggiornamento catastale a fini fiscali. In caso di inottemperanza della dichiarazione catastale l'Agenzia del territorio è autorizzata a procedere all'attribuzione provvisoria di una rendita presunta - sulla base di elementi tecnici forniti dai comuni - nelle more dell'iscrizione in catasto attraverso le procedure di aggiornamento degli archivi catastali.

Le procedure previste per l'attribuzione della rendita presunta si applicano anche agli immobili non dichiarati in catasto, a far data dal 2 maggio 2011, individuati dall’Agenzia del territorio fra i fabbricati iscritti al catasto terreni per i quali siano venuti meno i requisiti per il riconoscimento della ruralità ai fini fiscali, nonché fra quelli che non risultano dichiarati al catasto.

 

Secondo quanto riportato nella relazione tecnica (A.S. 3184) sarebbero circa il sei per cento le unità immobiliari presenti nelle banche dati catastali alle quali non è associata una planimetria.


 

Articolo 6, commi 3 e 4
(Dichiarazioni relative all’uso del suolo)

 


3. Al fine di semplificare gli adempimenti a carico dei cittadini, le dichiarazioni relative all'uso del suolo di cui all'articolo 2, comma 33, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, utili al fine dell'aggiornamento del catasto, sono rese dai soggetti interessati con le modalità stabilite da provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio da adottare, sentita l'AGEA, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

4. Le sanzioni previste dall'articolo 2, comma 33, ultimo periodo, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni, operano a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento di cui al comma 3 e unicamente a valere sulle dichiarazioni rese ai sensi del medesimo comma.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 3 e 4 dell'articolo 6 sono diretti a semplificare gli adempimenti posti a carico dei cittadini per le dichiarazioni relative all’uso del suolo, utili al fine dell’aggiornamento del catasto.

Analisi normativa

 

In particolare, con il comma 3 viene stabilito che un provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio - da emanare sentita l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) - definisca le modalità di presentazione della dichiarazione relativa all’uso del suolo entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto in esame.

 

Si ricorda che l’aggiornamento del catasto dei terreni e delle banche dati catastali è stato avviato dall’articolo 2, commi 33 e 34 del decreto-legge n. 262 del 2006 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria), tramite la collaborazione con l’AGEA, l’organismo nazionale cui sono demandati la gestione e il controllo dell’attuazione della Politica Agricola Comune (PAC).


In base a detta norma, a decorrere dal 1° gennaio 2007 le dichiarazioni relative all’uso del suolo sulle singole particelle catastali rese dai soggetti interessati per l’erogazione dei contributi agricoli comunitari esonerano i soggetti stessi dall’adempimento di denunciare la variazione del reddito dominicale, cioè si considerano le dichiarazioni stesse come sostitutive della dichiarazione di variazione colturale. L’Agenzia del territorio provvede quindi ad inserire nei propri atti i nuovi redditi relativi agli immobili oggetto delle variazioni colturali. Tali redditi producono effetto fiscale a decorrere dal 1° gennaio dell’anno in cui viene presentata la dichiarazione.

Inoltre, utilizzando le dichiarazioni presentate dai contribuenti per la richiesta di contributi agricoli comunitari messe a disposizione dell'AGEA, viene realizzato l’aggiornamento dei dati della banca dati catastale.

Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 33 citato, qualora i soggetti interessati non forniscano le informazioni richieste nelle dichiarazioni relative all’uso del suolo ovvero le forniscano in modo incompleto o non veritiero, si applica la sanzione amministrativa da euro 1.000 ad euro 2.500; all’irrogazione delle sanzioni provvede l’Agenzia del territorio sulla base delle comunicazioni effettuate dall’AGEA.

 

Il comma 4 prevede che la decorrenza delle sanzioni per la mancata comunicazione delle informazioni sia posticipata a decorrere dalla data di pubblicazione del provvedimento direttoriale di cui al comma precedente.


 

Articolo 6, comma 5
(Certificati ipotecari e catastali)

 

5. In deroga a quanto stabilito dall'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, le disposizioni di cui ai commi 01 e 02 del predetto articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000 non si applicano ai certificati e alle attestazioni da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie, nonché ai certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del territorio.

 

 

Sintesi ed effetti

Il comma 5 dispone l’inapplicabilità delle disposizioni in materia di dichiarazione sostitutiva alla documentazione da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie, nonché ai certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del territorio.

Analisi normativa

 

Il comma 5 dell'articolo 6 dispone, in deroga all’articolo 40 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, l’inapplicabilità delle disposizioni in materia di dichiarazione sostitutiva alla documentazione da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie, nonché ai certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del territorio.

Pertanto con riferimento a tali certificati non potranno essere utilizzate le dichiarazioni sostitutive, in deroga a quanto stabilito dai commi 01 e 02 dell’articolo 40 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, introdotti dalla lettera a) del comma 1 dell’articolo 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012).

Tali disposizioni stabiliscono che le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati, mentre nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 (dichiarazioni sostitutive di certificazioni) e 47 (dichiarazioni sostitutive di atti di notorietà). Sulle certificazioni da produrre ai soggetti privati è apposta, a pena di nullità, la dicitura “Il presente certificato non può essere prodotto agli organi della pubblica amministrazione o ai privati gestori di pubblici servizi”.

Il comma 1 dell'articolo 40 citato stabilisce che le certificazioni da rilasciarsi da uno stesso ufficio in ordine a stati, qualità personali e fatti, concernenti la stessa persona, nell'àmbito del medesimo procedimento, sono contenute in un unico documento.

Il successivo articolo 43, comma 1, stabilisce che le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d'ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47 citati, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell'interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall'interessato.

 

Si ricorda inoltre che l’articolo 29, comma 9, del decreto legge n. 216 del 2011[58]ha disposto la proroga al 30 giugno 2012 dei termini previsti per l'applicazione delle disposizioni suddette riguardanti la documentazione da produrre al conservatore dei registri immobiliari per l'esecuzione di formalità ipotecarie, nonché i certificati ipotecari e catastali rilasciati dall'Agenzia del territorio[59].


 

Articolo 7
(Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato)

 

1. Il Ministro dell'economia e delle finanze, su richiesta dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato acquisisce obbligatoriamente il parere del Consiglio di Stato per i profili di legittimità relativi:

a) agli schemi degli atti di gara per il rilascio di concessioni in materia di giochi pubblici;

b) agli schemi di provvedimento di definizione dei criteri per la valutazione dei requisiti di solidità patrimoniale dei concessionari, con riferimento a specifiche tipologie di gioco e in relazione alle caratteristiche del concessionario.

 

 

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 7 è volto a prevedere che l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) richieda ed acquisisca il parere obbligatorio del Consiglio di Stato sugli schemi degli atti di gara per il rilascio di concessioni in materia di giochi pubblici nonché sugli schemi di provvedimento di definizione dei criteri per la valutazione dei requisiti di solidità patrimoniale dei concessionari, con riferimento a specifiche tipologie di gioco e in relazione alle caratteristiche del concessionario.

Analisi normativa

 

La norma è volta, a migliore garanzia della legittimità dell'azione amministrativa, a prevedere che l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) richieda ed acquisisca il parere obbligatorio del Consiglio di Stato sugli schemi degli atti di gara per il rilascio di concessioni in materia di giochi pubblici nonché sugli schemi di provvedimento di definizione dei criteri per la valutazione dei requisiti di solidità patrimoniale dei concessionari, con riferimento a specifiche tipologie di gioco e in relazione alle caratteristiche del concessionario.

 

L’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS) è stata istituita con il regio decreto-legge 2258 del 1927, con il compito di svolgere "servizi di monopolio di produzione, importazione e vendita dei sali e tabacchi e produzione e vendita del chinino di Stato". A partire dagli anni ‘90 l’AAMS ha progressivamente abbandonato il regime di monopolio sulla produzione e commercializzazione dei sali e dei tabacchi per dedicarsi al settore dei giochi, fino ad acquisire le funzioni statali in materia (art. 12, legge n. 383/2011, art. 4, D.L. n. 138/2002 e art. 8, D.L. n. 282/2002). L’organizzazione dell’AAMS è regolamentata dal D.P.R. n. 385 del 2003. La trasformazione dell’AAMS in Agenzia fiscale è stata disposta dall’articolo 40, commi da 2 a 6 del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159 (con decorrenza inizialmente stabilita al 1° ottobre 2008). Le citate norme hanno affidato ad appositi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze l’individuazione dei servizi da trasferire all'istituenda Agenzia; l’approvazione dello Statuto provvisorio e delle disposizioni necessarie al primo funzionamento dell'Agenzia; la data dalla quale le funzioni svolte dall'AAMS sono esercitate dall'Agenzia, con contestuale cessazione di tali funzioni da parte dell'AAMS, che viene soppressa. Sul relativo schema di decreto la Commissione Finanze della Camera dei deputati si è espressa in senso favorevole il 10 novembre 2011, mentre quella del Senato in data 14 febbraio 2012. Il decreto non è ancora stato pubblicato.

 

Si ricorda che la legge di stabilità per il 2011 (articolo 1, commi da 77 a 79 della legge n. 220 del 2010) prevede che, al fine di assicurare un corretto equilibrio degli interessi pubblici e privati nell’ambito della organizzazione e gestione dei giochi pubblici, anche concorrendo ad una migliore efficacia dell’azione di contrasto della diffusione del gioco irregolare o illegale, tutelando - nel contempo - i consumatori e i minori di età, l’AAMS avvii l’aggiornamento dello schema tipo di convenzione accessiva alle concessione per l’esercizio e la raccolta non a distanza, ovvero comunque attraverso rete fisica, dei giochi pubblici. La norma definisce in modo analitico i requisiti (6 tipologie) che debbono possedere i concessionari dei giochi che accettino di sottoscrivere le convenzioni e i relativi obblighi (26 tipologie) cui gli stessi sono tenuti ad adempiere. I soggetti già concessionari possano sottoscrivere l’atto di integrazione della convenzione accessiva per adeguarne i contenuti ai principi di cui al comma precedente.

Con decreto direttorale del 28 giugno 2011 è stato definito - con riferimento alle società concessionarie del gioco pubblico esercitato e raccolto non a distanza ovvero attraverso rete fisica - il quadro informativo minimo dei dati economici, finanziari, tecnici e gestionali.

Con l'articolo 24 del D.L. n. 98 del 2011 sono state adottate numerose disposizioni in materia di giochi, sia sotto l’aspetto fiscale, quali la liquidazione automatica dell’imposta unica dovuta sulle scommesse e sui giochi a distanza (commi 1-7) o la determinazione forfetaria del prelievo erariale unico (commi 17 e 18), sia relativamente alle competenze di accertamento in materia di giochi pubblici (commi da 8-16) e ai requisiti per la partecipazione a gare e per il rilascio di concessioni in materia di giochi (commi 24-27), nonché alla conduzione di esercizi di gioco pubblico (comma 28) e all’iscrizione all’elenco degli operatori (comma 41). Sono altresì previste norme sul divieto di gioco per i minori (commi 19-23), sull'obbligo di segnalare da parte degli operatori bancari, finanziari e postali il trasferimento di somme verso operatori di gioco illegali (commi 29-31), nonché sulle procedure selettive di affidamento in concessione della rete telematica degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento (commi 35 e 36) e la messa a gara di ulteriori 7.000 punti vendita di giochi in luoghi pubblici (commi 37 e 38).

L’articolo 2, comma 3, del D.L. 138/2011 ha previsto l’obbligo di assicurare allo Stato, per il triennio 2012 -2014, maggiori entrate per un importo complessivo di 1,5 miliardi di euro l’anno, tra il settore dei giochi e quello dei tabacchi. In attuazione di questa norma è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 265 del 14 novembre 2011 il decreto 12 ottobre 2011 dell'A.A.M.S..

 

Si ricordano, infine, i casi in cui, ai sensi della L. 127/97, il parere del Consiglio di Stato è obbligatorio:

-        emanazione di atti normativi (regolamenti) del Governo o dei singoli ministeri;

-        emanazione dei testi unici;

-        decisione sui ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica;

-        approvazione degli schemi generali di contratti-tipo, accordi e convenzioni predisposti dai Ministeri.

La stessa legge 127/97 ha abrogato ogni diversa disposizione legislativa che preveda il parere del Consiglio di Stato in via obbligatoria, tenendo fermo il combinato disposto dell'articolo 2, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400, e dell'articolo 33 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054.


 

Articolo 8, commi 1-3
(Deducibilità di costi e spese direttamente utilizzati per il compimento di fatti, atti o attività qualificabili come delitto non colposo)

 


1. Il comma 4-bis dell'articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, è sostituito dal seguente:

«4-bis. Nella determinazione dei redditi di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell'articolo 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall'articolo 157 del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell'articolo 530 del codice di procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell'articolo 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi».

2. Ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell'ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi. In tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell'ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi. In nessun caso si applicano le disposizioni di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, e la sanzione è riducibile esclusivamente ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dal comma 4-bis dell'articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell'entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al citato comma 4-bis previgente non si siano resi definitivi. Resta ferma l'applicabilità delle previsioni di cui al periodo precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive.



Sintesi ed effetti

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 8, modificati durante l’esame del provvedimento al Senato, novellano la disciplina del trattamento fiscale dei “costi da reato” ovvero i proventi derivanti da attività illecite.In particolare, l’indeducibilità di detti proventi è limitata ai soli costi e alle spese sostenute per acquisto di beni o per prestazioni di servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività, escludendo dalle ordinarie modalità di accertamento le componenti reddituali positive riferibili a operazioni commerciali inesistenti. Le modifiche apportate durante l’esame al Senato sono state volte a precisare le modalità di applicazione delle norme introdotte ai possibili esiti del procedimento penale.

Analisi normativa

 

I commi da 1 a 3 dell’articolo 8, modificati durante l’esame del provvedimento al Senato,novellanola disciplina della deduzione dei cd. “costi da reato”, recata dall’articolo 14, comma 4-bis della legge 24 dicembre 1993, n. 537[60].

Con le modifiche apportate durante l’esame al Senato, si è inteso precisare l’applicazione delle norme così introdotte ai diversi, possibili esiti del procedimento penale.

 

In via preliminare si ricorda che il comma 4 dell’articolo 14 ha introdotto nell’ordinamento il principio di tassabilità dei proventi derivanti da attività illecite (nel dettaglio, da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo) purché l'attività produttiva di reddito, di per sé, consenta di classificare i relativi proventi in una delle categorie di reddito di cui all'articolo 6 del Testo Unico delle imposte sui redditi – TUIR, di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e se essi non siano già sottoposti a sequestro o confisca penale. Il carattere illecito di un arricchimento non osta, quindi, alla sua imponibilità, a patto che sussistano le altre condizioni di legge.

Successivamente l'articolo 36, comma 34-bis del D.L. 4 luglio 2006, n. 223[61] ha interpretato l'articolo 14, comma 4 nel senso che i proventi illeciti, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all'articolo 6, comma 1, del TUIR, sono, comunque considerati come “redditi diversi”. Pertanto, sono stati resi tassabili tutti i proventi illeciti, a condizione che non siano stati sottoposti a sequestro o confisca.

Rispetto a questa impostazione generale, il previgente comma 4-bis dell’articolo 14 prevedeva che dai redditi di cui all'articolo 6 del TUIR non fossero ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato. L'indeducibilità riguardava quindi solo i costi riconducibili ad un'attività che costituisse illecito penale, mentre quelli afferenti a illecito civile o amministrativo, non essendo contemplati dalla norma, restavano deducibili in base alle norme ordinarie.

Pertanto, ad una generale imponibilità dei proventi derivanti da attività illecite non corrispondeva una generale deducibilità dei relativi costi.

Per le attività che costituivano illecito civile o amministrativo, i costi erano deducibili secondo le regole ordinarie.

 

Le disposizioni in esame novellano il richiamato articolo 14, comma 4-bis, limitando l’indeducibilità ai soli costi e alle spese sostenute per acquisto di beni o per prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività (in luogo della generalità dei costi o delle spese sostenuti per il compimento dell’illecito) qualificabili come delitto non colposo (in luogo del compimento di un illecito penale in genere, delitto o contravvenzione, doloso o colposo) per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale.

Per effetto delle modifiche apportate durante l’esame del provvedimento al Senato, l’indeducibilità opera anche qualora il giudice abbia emesso:

§      un decreto che dispone il giudizio all’esito dell’udienza preliminare, ai sensi dell'articolo 424 del codice di procedura penale;

§      una sentenza di non luogo a procedere (ai sensi dell'articolo 425 c.p.c.), fondata sulla prescrizione del reato (ai sensi dell'articolo 157 c.p.).

 

Per effetto delle modifiche apportate dal Senato, si precisa che al contribuente spetta il rimborso delle maggiori imposte versate, in relazione alle somme non ammesse originariamente in deduzione, nonché dei relativi interessi, nel caso di sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell'articolo 530 del codice di procedura penale; il diritto al rimborso è esteso anche al caso di sentenza definitiva di non luogo a procedere (ai sensi del richiamato articolo 425 c.p.c.), purché non fondata sulla prescrizione del reato, nonché nell’ipotesi di sentenza definitiva di non doversi procedere, ai sensi dell'articolo 529 del codice di procedura penale.

 

Ai sensi dell’articolo 529 c.p.p., il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, indicandone la causa nel dispositivo, ovvero quando la prova dell'esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria.

La sentenza di assoluzione è pronunciata (articolo 530 c.p.p.) ove il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile. Se vi è la prova che il fatto sia stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità, ovvero vi è dubbio sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione.

 

La disciplina dei costi da reato è stata oggetto dell’interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-04750 (Leo) del 24 maggio 2011, cui è stata data risposta immediata dal Governo presso la VI Commissione (Finanze) della Camera.

Nell'interrogazione si fa presente che, in ordine alle cosiddette “frodi carosello” non risulterebbe applicabile il comma 4-bis; si sostiene, infatti, che l'applicazione di tale norma comporterebbe l'assoggettamento a tassazione dell'ammontare lordo dei ricavi e non del reddito. In essa si è chiesto, pertanto, di sapere quali iniziative si intendono intraprendere al fine di fornire un'interpretazione definitiva in ordine alla portata applicativa del citato comma 4-bis e, in particolare, per stabilire la non applicabilità della predetta disposizione nei casi di illeciti di natura penale-tributaria di cui al decreto legislativo n. 74 del 2000.

Si ricorda che le “operazioni carosello” consistono in scambi commerciali effettuati tra non meno di tre società, delle quali almeno una con sede, residenza o domicilio fuori dall’Unione europea. In sostanza, in luogo di una cessione diretta tra soggetti europei operanti in due diversi paesi membri viene effettuata una operazione triangolare attraverso l’introduzione di almeno un soggetto operante in territorio extra-europeo. In linea generale, nella semplice ipotesi di soli tre soggetti, l’operazione ha inizio con una cessione o prestazione effettuata da un soggetto comunitario nei confronti di un soggetto extra-comunitario e, pertanto, qualificata come operazione non imponibile ai fini IVA. L’acquirente (società cartiera) effettua successivamente la cessione di quanto acquistato senza provvedere al versamento dell’imposta dovuta in quanto iscrive nella propria contabilità un ricavo complessivo comprendente il valore IVA. Il terzo soggetto acquirente (normalmente appartenente ad un paese comunitario diverso da quello in cui l’operazione ha avuto inizio) effettua il pagamento dell’IVA al fornitore e la normale detrazione dell’imposta pagata in sede di liquidazione IVA.

Nella risposta del Governo si fa presente come negli ultimi anni la disposizione sia stata oggetto di diversi interventi giurisprudenziali. Inoltre, all'Agenzia delle entrate sono pervenute richieste di chiarimenti da parte degli uffici periferici a causa delle criticità interpretative correlate al significato da attribuire alla parola “riconducibili” contenuta nella formulazione originaria della disposizione. L'Agenzia ha rilevato la non uniformità di interpretazioni date alla norma e ha sollevato difficoltà applicative nel tentativo di discriminare i costi effettivamente meritevoli di essere ammessi in deduzione. Inoltre, è stato fatto presente che a seguito di numerose ordinanze di rimessione, la Corte Costituzionale si è espressa con un dispositivo di manifesta inammissibilità a causa dell'insufficiente motivazione dei quesiti sollevati dal giudice a quo (cfr. ordinanza n. 73 del 2 marzo 2011); essa non è entrata nel merito delle questioni sollevate ed, in particolare, per quanto rileva la questione di cui trattasi, non si è pronunciata sulla censura di violazione dell'articolo della Costituzione della norma che prevede l'indeducibilità dei costi da reato. Inoltre, si sono avvicendate diverse pronunce contrastanti di Commissioni Tributarie le quali, in alcuni casi, si sono orientate verso il riconoscimento della deducibilità di costi che l'Amministrazione aveva ritenuto correlati ad un illecito penale, mentre, in altri casi, hanno confermato l'indeducibilità degli stessi.

Il Governo ha infine rilevato che gli Uffici dell'Amministrazione finanziaria condividono il paventato rischio di applicazioni indiscriminate e iniquamente limitative del regime di deducibilità di cui alla norma in oggetto, ritenendo che l'indeterminatezza della formulazione letterale della disposizione in commento potrebbe, in effetti, rendere auspicabile un intervento normativo che chiarisca in modo univoco l'ambito applicativo della norma di cui al citato comma 4-bis, anche attraverso una norma di interpretazione autentica.

 

Al riguardo, la Relazione illustrativa (A.S. 3184) precisa che, in ragione delle modifiche così apportate, l’indeducibilità non trova applicazione per i delitti colposi; ciò in ragione della non intenzionalità della condotta e, quindi, del difetto di finalizzazione dei costi eventualmente sostenuti al compimento dei delitti. Dunque l’indeducibilità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, ferme restando le regole generali in materia di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e in tema di deduzione previste dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Pertanto, ove del caso, l’indeducibilità dei costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno effettivamente posto in essere l’operazione, sarà, comunque, rilevabile per effetto delle altre disposizioni normative eventualmente applicabili e connesse ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità dei componenti negativi.

 

Il successivo comma 2 reca conseguenti modifiche alla disciplina dell’accertamento, al fine precipuo di risolvere i problemi interpretativi che concernono quelle operazioni relative a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati.

In particolare si specifica che, ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi, non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi, qualora essi siano direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi per beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, nei i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione.

 

In sostanza, la disposizione in commento sembra escludere dalle ordinarie modalità di accertamento (che esitano nella rettifica delle dichiarazioni) le componenti reddituali positive riferibili a operazioni commerciali inesistenti. Tali componenti verranno, dunque, accertate separatamente e computate ai fini del calcolo delle relative sanzioni.

 

Le disposizioni prevedono poi che sia applicata una sanzione amministrativa dal 25 al 50 per cento dell’ammontare delle spese, ovvero degli altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, che siano stati indicati nella dichiarazione dei redditi.

Inoltre, in nessun caso si applicano le più favorevoli disposizioni sanzionatorie in materia di concorso di violazioni tributarie (disciplinato dall’articolo 12 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472); esse, si ricorda, consentono l’applicazione della sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio, nei confronti:

§      di chi, con una sola azione od omissione, viola diverse disposizioni anche relative a tributi diversi ovvero commette, anche con più azioni od omissioni, diverse violazioni formali della medesima disposizione;

§      di chi, anche in tempi diversi, commette più violazioni che, nella loro progressione, pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo.

La sanzione è resa riducibile esclusivamente nel caso in cui (ai sensi dell’art. 16, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997), entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, il trasgressore e gli obbligati in solido decidano di definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata, comunque non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.

 

La Relazione illustrativa (A.S. 3184) precisa che il comma 2 intende colpire con una specifica sanzione pecuniaria l’antigiuridicità dell’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (con la predetta sanzione amministrativa commisurata alle spese o agli altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati) e, nello stesso tempo, salvaguardare il principio costituzionale della capacità contributiva.

Si precisa comunque che in ogni caso resta applicabile la norma (articolo 21, comma 7 del DPR n. 633/1972) sull’emissione di fatture per operazioni inesistenti o di fatture con importi “gonfiati”, che dà luogo all’obbligo di pagamento per intero dell'imposta, nonché l’indetraibilità dell’imposta sul valore aggiunto relativa ai beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati.

 

Il comma 3 prevede l’applicazione retroattiva delle nuove norme in materia di deducibilità dei costi da reato, ove più favorevoli – in deroga all’articolo 14, comma 4-bis - anche a fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle norme stesse. Ai fini della valutazione del regime di maggior favore (e dunque delle norme applicabili nel tempo) si deve tener conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute.

L’applicazione retroattiva non opera in rapporto ai provvedimenti resi definitivi, emessi in base al previgente comma 4-bis.

L’ultimo periodo del comma 3 dispone che la disciplina introdotta si applica anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP, costituita dal valore della produzione netta.


 

Articolo 8, commi 4 e 5
(Modifiche in materia di condizioni per l'esperibilità dell'accertamento induttivo nei casi di omessa o infedele indicazione dei dati nei modelli per studi di settore, nonché per l'indicazione di insussistenti cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi)

 


4. La lettera d-ter) del secondo comma dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è sostituita dalla seguente: «d-ter) in caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore o di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti, nonché di infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15 per cento, o comunque ad euro 50.000, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.».

5. La disposizione di cui al comma 4 si applica con riferimento agli accertamenti notificati a partire dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Per gli accertamenti notificati in precedenza continua ad applicarsi quanto previsto dalla previgente lettera d-ter) del secondo comma dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 4 e 5 dell'articolo 8 modificano, rendendole più articolate, le condizioni alle quali l’ufficio competente dell’Amministrazione finanziaria può esperire l’accertamento induttivo dei redditi dei soggetti sottoposti agli studi di settore.

Analisi normativa

 

I commi 4 e 5 dell'articolo 8 modificano le condizioni alle quali l’ufficio competente dell’Amministrazione finanziaria può esperire l’accertamento induttivo dei redditi dei soggetti sottoposti agli studi di settore, a tal fine novellando l’articolo 39, comma secondo, lettera d-ter) del D.P.R. 29 settembre


1973, n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi).

 

Si ricorda al riguardo che, in via ordinaria, l’accertamento dei redditi avviene secondo il metodo analitico, ovvero mediante l’analisi della posizione fiscale complessiva dei contribuenti; si ridetermina il reddito ricalcolando specifici elementi che vengono individuati con riferimento alle singole categorie di redditi, nonché scomputando gli elementi (deduzioni e detrazioni) non spettanti. Nei confronti dei soggetti obbligati a tenere scritture contabili, ove esse siano attendibili nel loro complesso, le rettifiche sono effettuate sulla base delle relative risultanze. All’accertamento analitico sulle scritture contabili si procede in presenza delle specifiche condizioni elencate al primo comma del richiamato articolo 39.

In deroga alle predette modalità di accertamento, l’Amministrazione determina il reddito d'impresa per via induttiva, ovvero sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di avvalersi di presunzioni semplici, nelle ipotesi elencate dal secondo comma dell’articolo 39.

In particolare, si procede in via induttiva:

-        quando il reddito d'impresa non è stato indicato nella dichiarazione (lettera a))

-        quando dal verbale di ispezione risulta che il contribuente non ha tenuto o ha comunque sottratto all'ispezione una o più delle scritture contabili prescritte dalla legge, ovvero quando le scritture medesime non sono disponibili per causa di forza maggiore (lettera c));

-        quando le omissioni e le false o inesatte indicazioni accertate, ovvero le irregolarità formali delle scritture contabili risultanti dal verbale di ispezione sono così gravi, numerose e ripetute da rendere inattendibili nel loro complesso le scritture stesse per mancanza delle garanzie proprie di una contabilità sistematica (lettera d));

-        quando il contribuente non ha dato seguito agli inviti disposti dagli uffici (richiesta di esibire atti e documenti rilevanti ai fini dell'accertamento, invio di questionari relativi a dati e notizie di carattere specifico (lettera d-bis)).

 

L’articolo 23, comma 28, lettera c) del decreto-legge n. 98 del 2011[62] ha aggiunto la lettera d-ter) al secondo comma del richiamato articolo 39, consentendo al fisco di procedere ad accertamento induttivo anche quando viene rilevata l’omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l’indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.

La disposizione è applicabile a condizione che siano irrogabili le sanzioni di cui al comma 2-bis dell’articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997[63], ovvero a condizione che il maggior reddito d'impresa - ovvero di arte o professione - accertato a seguito della corretta applicazione degli studi di settore sia superiore al 10 per cento del reddito d'impresa o di lavoro autonomo dichiarato.

 

Per effetto del comma 4 che novella l’articolo 39, comma secondo, lettera d-ter) del D.P.R. n. 600 del 1973, l’accertamento induttivo nei confronti dei soggetti sottoposti a studi di settore sarà pertanto esperibile non più nelle sole ipotesi di omessa/infedele indicazione dei dati previsti dai modelli o di indicazione di cause di esclusione insussistenti, ma nelle più articolate, seguenti ipotesi:

§      di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti;

§      nel caso di omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore;

§      nel caso di infedele compilazione dei modelli, che comporti una differenza superiore al quindici per cento o comunque ad euro cinquantamila, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

 

Rispetto alla formulazione precedente, la soglia di “scostamento” tra reddito dichiarato e stimato è pertanto innalzata dal dieci al quindici per cento, ma solo per l’ipotesi di infedele compilazione (in precedenza riguardava tutte le altre ipotesi) e non per il caso di omessa presentazione dei modelli o nel caso di indicazioni delle cause di esclusione/inapplicabilità non corrette.

 

Il comma 5 dispone infine l’applicazione delle introdotte norme con riferimento agli accertamenti notificati a partire dalla data di entrata in vigore del decreto in commento, ossia dal 2 marzo 2012.

Per gli accertamenti notificati in precedenza, continua ad applicarsi quanto previsto dalla previgente lettera d-ter), illustrata supra.


 

Articolo 8, comma 6
(Disposizioni in materia di utilizzo da parte della Guardia di finanza dello strumento istruttorio delle indagini finanziarie)

 

6. Ai fini del rafforzamento delle garanzie dei crediti erariali, la Guardia di finanza può avvalersi del potere di cui agli articoli 32, primo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e 51, secondo comma, numero 7), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 anche ai fini dell'effettuazione di segnalazioni all'Agenzia delle entrate finalizzate alla richiesta al presidente della commissione tributaria provinciale, da parte di quest'ultima, delle misure cautelari ai sensi dell'articolo 22 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 6 dell'articolo 8 amplia l’utilizzabilità dello strumento delle indagini finanziarie, consentendo alla Guardia di finanza di avvalersene anche per effettuare segnalazioni all’Agenzia delle entrate, volte a sollecitare l’emanazione di misure cautelari.

Analisi normativa

 

Il comma 6 dell'articolo 8 amplia l’utilizzabilità dello strumento delle indagini finanziarie, consentendo alla Guardia di finanza di avvalersene anche per effettuare segnalazioni all’Agenzia delle entrate, volte a sollecitare l’emanazione di misure cautelari.

 

Si ricorda che i c.d. poteri di “indagine finanziaria” degli uffici delle entrate e della Guardia di finanza consistono nella possibilità di richiedere informazioni ad enti creditizi, finanziari ed assicurativi per acquisire elementi utili a ricostruire l’effettiva disponibilità reddituale (o l’effettivo volume di operazioni imponibili a fini IVA e degli acquisti effettuati dal contribuente).

Nell’esercizio del predetto potere, l’amministrazione - previa autorizzazione dei competenti organi e uffici delle entrate e della Guardia di finanza - può raccogliere dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, tra enti creditizi, finanziari ed assicurativi e i rispettivi clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi.

Ai sensi dell’articolo 32, primo comma, numero 7), del D.P.R. n. 600 del 1973[64] (e con formulazione analoga l’articolo 51, secondo comma, numero 7), del D.P.R. n. 633 del 1972[65]) l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza possono richiedere a una serie di soggetti operanti nel settore bancario e finanziario (banche, Poste italiane Spa per le attività finanziarie e creditizie, società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio e società fiduciarie) una serie di elementi: si tratta di dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata con i loro clienti, o a garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari stessi, nonché alle generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria.

Alle società fiduciarie può essere richiesto, tra l'altro, specificando i periodi temporali di interesse, di comunicare le generalità dei soggetti per conto dei quali esse hanno detenuto o amministrato o gestito beni, strumenti finanziari e partecipazioni in imprese, inequivocamente individuati.

 

Nel dettaglio, la disposizione in commento consente di avvalersi dei predetti poteri di indagine al fine di effettuare segnalazioni all’Agenzia delle entrate, volte a richiedere al Presidente della commissione tributaria provinciale l’emanazione di misure cautelari sotto forma di ipoteca e sequestro conservativo, ai sensi dell’articolo 22 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472[66].

 

Il comma 1 del richiamato articolo 22 prevede che, in base all'atto di contestazione, al provvedimento di irrogazione della sanzione o al processo verbale di constatazione e dopo la loro notifica, l'ufficio o l'ente, ove abbia fondato timore di perdere la garanzia del credito può chiedere al presidente della commissione tributaria provinciale (ovvero, nei casi in cui non sussiste giurisdizione delle commissioni tributarie, al tribunale territorialmente competente) l'iscrizione di ipoteca sui beni del trasgressore e dei soggetti obbligati in solido e l'autorizzazione a procedere, a mezzo di ufficiale giudiziario, al sequestro conservativo dei loro beni. A tal fine l’Agenzia delle entrate si avvale anche dei poteri di indagine finanziaria, di cui alle sopra illustrate norme.

 


 

Articolo 8, comma 7
(Invio delle comunicazioni relative alle infrazioni dei limiti all’uso del contante alla Guardia di finanza)

 

7. All'articolo 51, comma 1, del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, e successive modificazioni, le parole: «alla Agenzia delle entrate che attiva i conseguenti controlli di natura fiscale» sono sostituite dalle seguenti: «alla Guardia di finanza la quale, ove ravvisi l'utilizzabilità di elementi ai fini dell'attività di accertamento, ne dà tempestiva comunicazione all'Agenzia delle entrate».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 7 dell'articolo 8 prevede che le comunicazioni relative alle infrazioni dei limiti all’uso del contante - effettuate dai destinatari degli obblighi antiriciclaggio al Ministero dell’economia e delle finanze - siano trasmesse alla Guardia di finanza, in luogo del loro diretto invio all’Agenzia delle Entrate: spetterà pertanto alla Guardia di finanza, ove ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di accertamento, il compito di darne tempestiva comunicazione all’Agenzia delle entrate.

Analisi normativa

 

Il comma 7 dell'articolo 8 è diretto a prevedere che le comunicazioni relative alle infrazioni dei limiti all’uso del contante - effettuate dai destinatari degli obblighi antiriciclaggio al Ministero dell’economia e delle finanze - siano trasmesse alla Guardia di finanza, in luogo del loro diretto invio all’Agenzia delle entrate.

Per effetto delle norme in commento spetta pertanto alla Guardia di finanza, ove ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di accertamento, il compito di darne tempestiva comunicazione all’Agenzia delle entrate.

A tal fine, viene novellato l’articolo 51, comma 1, del decreto legislativo n. 231 del 2007[67].

 

Si ricorda che il richiamato articolo 51, comma 1, obbliga i destinatari delle disposizioni antiriciclaggio, che in relazione ai loro compiti di servizio e nei limiti delle loro attribuzioni e attività abbiano notizia di infrazioni alle disposizioni sui limiti all’uso del contante, di cui all'articolo 49, commi 1, 5, 6, 7, 12, 13 e 14 («Limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore»), e all'articolo 50 («Divieto di conti e libretti di risparmio anonimi o con intestazione fittizia») a riferirne entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze affinché siano contestate le sanzioni amministrative e notificati i relativi provvedimenti, e - nella formulazione previgente della norma - affinché l’infrazione sia comunicata anche alla Agenzia delle entrate che attiva i conseguenti controlli di natura fiscale.

 

Per effetto delle modifiche in commento, la comunicazione verrà effettuata alla Guardia di finanza alla quale spetterà, ove ravvisi l’utilizzabilità di elementi ai fini dell’attività di accertamento, il compito di darne tempestiva comunicazione all’Agenzia delle entrate.


 

Articolo 8, comma 8
(Segnalazioni di violazioni tributarie)

8. Le Agenzie fiscali e la Guardia di finanza, nell'ambito dell’attività di pianificazione degli accertamenti, tengono conto anche delle segnalazioni non anonime di violazioni tributarie, incluse quelle relative all’obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale ovvero del documento certificativo dei corrispettivi.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 8 dell'articolo 8, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, prevede che l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza, in sede di pianificazione degli accertamenti, tengano conto anche delle segnalazioni non anonime di violazioni tributarie, incluse quelle relative all’obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale.

Analisi normativa

 

Il comma 8 dell'articolo 8, modificato durante l’esame del provvedimento al Senato, prevede che l’Agenzia delle entrate e la Guardia di Finanza, in sede di pianificazione degli accertamenti fiscali da essi compiuti, tengano conto anche delle segnalazioni non anonime di violazioni tributarie, incluse quelle relative all’obbligo di emissione della ricevuta o dello scontrino fiscale

 

Nella formulazione originaria della norma, l’Agenzia era autorizzata ad elaborare, nell’ambito della propria attività di pianificazione degli accertamenti, liste selettive di contribuenti ripetutamente segnalati - in forma non anonima - all’Agenzia stessa o alla Guardia di finanza per violazioni dell’obbligo di emissione della ricevuta fiscale o dello scontrino fiscale, ovvero del documento certificativo dei corrispettivi.


 

Articolo 8, comma 9
(Partite IVA inattive)

 


9. Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 35 il comma 15-quinquies è sostituito dal seguente: «15-quinquies. L'Agenzia delle entrate, sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell'anagrafe tributaria, individua i soggetti titolari di partita IVA che, pur obbligati, non abbiano presentato la dichiarazione di cessazione di attività di cui al comma 3 e comunica agli stessi che provvederà alla cessazione d'ufficio della partita IVA. Il contribuente che rilevi eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente può fornire i chiarimenti necessari all'Agenzia delle entrate entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione. La somma dovuta a titolo di sanzione per l'omessa presentazione della dichiarazione di cessazione di attività è iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo. L'iscrizione a ruolo non è eseguita se il contribuente provvede a pagare la somma dovuta con le modalità indicate nell'articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. In tal caso l'ammontare della sanzione dovuta è ridotto ad un terzo del minimo.»;

b) dopo l'articolo 35-ter è inserito il seguente: «Art. 35-quater. (Pubblicità in materia di partita IVA). Al fine di contrastare le frodi in materia di imposta sul valore aggiunto, l'Agenzia delle entrate rende disponibile a chiunque, con servizio di libero accesso, la possibilità di verificare puntualmente, mediante i dati disponibili in anagrafe tributaria, la validità del numero di partita IVA attribuito ai sensi dell'articolo 35 o 35-ter. Il servizio fornisce le informazioni relative allo stato di attività della partita IVA inserita e alla denominazione del soggetto o, in assenza di questa, al cognome e nome della persona fisica titolare.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 9 dell'articolo 8 interviene sulle norme che regolano la cancellazione delle partite IVA inattive, al fine di introdurre una disciplina più articolata per l’individuazione e la cancellazione delle suddette, con specifiche forme di contraddittorio tra l’Agenzia delle entrate ed il contribuente. Si dispone inoltre che siano messi a disposizione del pubblico servizi diretti a fornire informazioni sullo stato di attività delle partite IVA e sulle generalità dei titolari.


Analisi normativa

 

Il comma 9 dell'articolo 8 interviene sulle norme che regolano la cancellazione delle partite IVA inattive, al fine di introdurre una disciplina più articolata per l’individuazione e la cancellazione delle suddette, con specifiche forme di contraddittorio tra l’Agenzia delle entrate ed il contribuente. Si dispone inoltre che siano messi a disposizione del pubblico servizi diretti a fornire informazioni sullo stato di attività delle partite IVA e sulle generalità dei titolari.

 

In particolare, la lettera a) del comma 9 novella il comma 15-quinquies dell’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972[68].

 

Si ricorda al riguardo che i commi 22 e 23 dell'articolo 23 del decreto legge n. 98 del 2011, perseguendo l’intento di ricondurre il numero delle partite IVA a quelle effettivamente in attività, anche al fine di incrementare le attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di frode in materia di IVA, hanno previsto la cancellazione d’ufficio delle partite IVA inattive da tre anni, contemplando altresì la possibilità di una sanatoria nell'ipotesi di mancata dichiarazione di cessazione dell'attività.

Più in dettaglio il comma 22, al fine di apportare chiarimenti in relazione a partite IVA inattive da tempo, ha inserito all’articolo 35 del D.P.R. n. 633 del 1972 il comma 15-quinquies, oggetto di modifica da parte delle disposizioni in commento.

Nella formulazione previgente, tale comma prevedeva che l’attribuzione del numero di partita IVA fosse revocata d’ufficio qualora, per tre annualità consecutive il titolare:

-        non avesse esercitato l’attività d’impresa o di arti e professioni;

-        ovvero, se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale in materia di IVA, non avesse adempiuto a tale obbligo.

Era altresì affermata l'impugnabilità del provvedimento di revoca davanti alle Commissioni tributarie.

Il comma 23 ha quindi introdotto una sanatoria per i titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non avessero tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività. In tal modo si intendeva agevolare l’adempimento spontaneo dei contribuenti. Per aderire alla sanatoria è previsto il versamento mediante F24 di una sanzione ridotta pari a 129 euro[69].

L’articolo 29, comma 6 del decreto legge n. 216 del 2011 ha da ultimo riaperto il termine (scaduto il 4 ottobre 2011) per l’adesione alla predetta sanatoria, prorogandolo al 31 marzo 2012. Non è tuttavia consentito accedere alla sanatoria se la violazione è già stata constatata con atto portato a conoscenza del contribuente.

 

Si ricorda altresì che l’Agenzia delle entrate, con la Risoluzione n. 93/E del 21 settembre 2011, ha fornito alcuni chiarimenti in merito alla chiusura delle partite IVA inattive. Tra l’altro ha precisato che, in presenza delle condizioni richieste per la fruizione dell’agevolazione, con il versamento della sanzione sono sanate anche le irregolarità derivanti dalla mancata presentazione delle dichiarazioni IVA, nonché delle dichiarazioni dei redditi limitatamente ai redditi di impresa e di lavoro autonomo, con importi pari a zero, in relazione ai periodi successivi all’anno di effettiva cessazione dell’attività risultante dal modello di pagamento.

 

La norma in commento, sostituendo integralmente il contenuto del richiamato comma 15-quinquies, prevede che l’Agenzia delle Entrate possa individuare i soggetti titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano presentato la dichiarazione di cessazione di attività sulla base dei dati e degli elementi in possesso dell’anagrafe tributaria.

 

Viene dunque eliminato il riferimento che ancorava la cancellazione al mancato svolgimento di arti o professioni o alla mancata presentazione di dichiarazione annuale per un determinato periodo di tempo (tre annualità); l’applicazione della cancellazione è limitata alla sola ipotesi di mancata presentazione della dichiarazione di cessazione attività.

 

Si prevede inoltre l’instaurazione di un contraddittorio con i contribuenti così individuati: l’Agenzia comunica ai medesimi che provvederà alla cessazione d’ufficio della partita IVA.

Al contribuente che rilevi eventuali elementi non considerati o valutati erroneamente è data facoltà di fornire all’Agenzia delle entrate i chiarimenti necessari entro i trenta giorni successivi al ricevimento della comunicazione.

La somma dovuta a titolo di sanzione per l’omessa presentazione della dichiarazione di cessazione di attività è iscritta direttamente nei ruoli a titolo definitivo, a meno che il contribuente paghi il dovuto con modello F24 (ossia con le modalità indicate nell’articolo 19 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[70]) entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. In tal caso l’ammontare della sanzione dovuta è ridotto ad un terzo del minimo.

 

La lettera b) del comma 9 introduce l’articolo 35-quater al D.P.R. n. 633 del 1972, con finalità di contrasto alle frodi in materia di IVA.

Si prevede a tale scopo che l’Agenzia delle entrate predisponga un servizio di libero accesso al pubblico che consenta di verificare puntualmente, mediante i dati disponibili in anagrafe tributaria:

§      la validità del numero di partita IVA;

§      le informazioni relative allo stato di attività della partita IVA inserita e alla denominazione del soggetto o, in assenza di questa, al cognome e nome della persona fisica titolare.


 

Articolo 8, comma 10
(Rideterminazione di taluni termini per il controllo dell’autoliquidazione dell’imposta di registro)

 

10. All'articolo 76 del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, dopo il comma 2 è inserito il seguente: «2-bis. Salvo quanto previsto nei commi 1 e 2, l'imposta relativa alle annualità successive alla prima, alle cessioni, risoluzioni e proroghe di cui all'articolo 17, nonché le connesse sanzioni e gli interessi dovuti, sono richiesti, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di scadenza del pagamento.».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 10 dell'articolo 8 ridetermina alcuni taluni termini fissati dalla legge per il controllo dell’autoliquidazione dell’imposta di registro dovuta in rapporto a contratti di locazione e affitto di immobili.

Analisi normativa

 

Il comma 10 dell'articolo 8 ridetermina alcuni taluni termini fissati dalla legge per il controllo dell’autoliquidazione dell’imposta di registro dovuta in rapporto a contratti di locazione e affitto di immobili.

A tal fine, viene inserito il comma 2-bis all’articolo 76 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Testo Unico delle disposizioni in materia di imposta di registro).

 

Si ricorda in sintesi che il richiamato articolo 76 disciplina il controllo dell’imposta di registro autoliquidata dai contribuenti.

In particolare l'imposta sugli atti soggetti a registrazione, ove essi non siano presentati per la registrazione, deve essere richiesta - a pena di decadenza dall’attività di controllo da parte del fisco - nel termine di cinque anni dal giorno in cui avrebbe dovuto essere richiesta la registrazione ovvero dal momento in cui si è verificato il fatto che legittima la registrazione d'ufficio. Nello stesso termine, decorrente dal giorno in cui avrebbero dovuto essere presentate, deve essere richiesta l'imposta dovuta in base alle denunce.

L'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta eventualmente accertata (ai sensi dell'articolo 52, comma 1, del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986) deve essere notificato entro il termine di decadenza di due anni dal pagamento dell'imposta proporzionale.

Fatti salvi i predetti termini valevoli nel caso di accertamento, il comma 2 dell’articolo 76 prevede che per gli atti presentati per la registrazione o registrati per via telematica l'imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni decorrenti:

-        dalla richiesta di registrazione, se si tratta di imposta principale;

-        dalla data in cui è stata presentata la denuncia soggetta a imposta di registro, se si tratta di imposta complementare; dalla data della notificazione della decisione delle commissioni tributarie ovvero dalla data in cui la stessa è divenuta definitiva nel caso in cui sia stato proposto ricorso avverso l'avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta. Nel caso di occultazione di corrispettivo, il termine decorre dalla data di registrazione dell'atto;

-        dalla data di registrazione dell'atto ovvero dalla data di presentazione della denuncia, se si tratta di imposta suppletiva.

 

Per effetto dell’introdotto comma 2-bis vengono pertanto modificati i termini per il controllo dell’autoliquidazione dell’imposta di registro dovuta per i contratti di locazione e affitto di beni immobili.

In particolare, fermi restando i termini per il controllo della liquidazione degli atti registrati o presentati in via telematica, le disposizioni introdotte dispongono che l’imposta dovuta in rapporto a locazioni e affitti di immobili, relativa alle annualità successive alla prima, alle cessioni, risoluzioni e proroghe dei predetti contratti, nonché le connesse sanzioni e gli interessi dovuti, siano richieste dal fisco, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di scadenza del pagamento.

 

Secondo quanto riportato dalla Relazione illustrativa (A.S. 3184), la norma in esame si sarebbe resa necessaria a seguito dell’introduzione della c.d. cedolare secca prevista dall’articolo 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, in materia di federalismo municipale, con cui è stato introdotto un regime sostitutivo dell’IRPEF e relative addizionali, dell’imposta di registro e di bollo, ordinariamente dovute ovvero a seguito di risoluzione o proroghe del contratto. Sarebbe pertanto divenuto necessario unificare i termini per le attività di controllo, considerato che l’opzione per l’applicazione della cedolare in taluni casi è esercitabile in sede di dichiarazione dei redditi e che l’arco temporale fra la scadenza del termine di pagamento dell’imposta di registro e la presentazione della dichiarazione dei redditi può essere superiore ad un anno senza aggravio degli adempimenti.


 

Articolo 8, comma 11
(Soppressione della norma che prevede la possibilità di sostituire la contabilità con gli estratti conto bancari)

 

11. All'articolo 14 della legge 12 novembre 2011, n. 183, il comma 10 è abrogato.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 11 dell'articolo 8 abroga la disposizione che autorizzava i soggetti in contabilità semplificata e i lavoratori autonomi, che effettuassero operazioni con incassi e pagamenti interamente tracciabili, a sostituire gli estratti conto bancari alla tenuta delle scritture contabili; essi non potranno più adempiere all’obbligo di tenuta delle scritture contabili mediante i predetti documenti bancari.

Analisi normativa

 

Il comma 11 dell'articolo 8 abroga la disposizione (contenuta nell’articolo 14, comma 10, della n. 183 del 12 novembre 2011 - legge di stabilità 2012) che autorizzava i soggetti in contabilità semplificata e i lavoratori autonomi, ove effettuassero operazioni con incassi e pagamenti interamente tracciabili, a sostituire gli estratti conto bancari alla tenuta delle scritture contabili.

Di conseguenza, tali soggetti non potranno più adempiere all’obbligo di tenuta delle scritture contabili mediante i predetti documenti bancari.

 

Secondo quanto riportato nella Relazione illustrativa, l'abrogazione si sarebbe resa necessaria a seguito dell'introduzione, a decorrere dal 2013, del regime premiale per favorire la trasparenza di cui all’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011, che prevede altre forme di semplificazione negli adempimenti contabili.

 

Si ricorda che i lavoratori autonomi in contabilità ordinaria sono obbligati alla tenuta dei seguenti libri contabili (articolo 3, comma 1, D.P.R. n. 695 del 1996, Regolamento recante norme per la semplificazione delle scritture contabili; articolo 19, primo e secondo comma, del D.P.R. n. 600 del 1973, Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi):

-        registri IVA (registro dei corrispettivi e registro degli acquisiti);

-        ai fini delle imposte sul reddito, un registro dal quale risultino le somme incassate, le spese fatte e il valore dei beni da ammortizzare;

Le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice e le società ad esse equiparate, nonché le persone fisiche esercenti imprese commerciali possono optare per la contabilità semplificata ove i loro ricavi non superino determinate soglie annuali[71]. Si tratta di un regime contabile che prevede per l’appunto semplificazioni rispetto al regime ordinario (quali, ad esempio, l’esonero dall’obbligo di redigere il bilancio di esercizio e della tenuta del libro giornale). Sono obbligatori il registro IVA (fatture emesse, corrispettivi e fatture di acquisto), il registro dei beni ammortizzabili e il libro unico del lavoro qualora il contribuente si avvalga, nell’attività d’impresa, di lavoratori dipendenti o assimilati. Ulteriori libri o registri possono essere richieste da leggi speciali con riferimento a specifiche attività svolte. Anche i lavoratori autonomi possono, avendone i requisiti, optare per la cd. “contabilità semplificata”.


 

Articolo 8, comma 12
(Avviso di accertamento esecutivo e avviso di addebito)

 


12. Al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 29, comma 1:

1) alla lettera b), in fine, è aggiunto il seguente periodo:

«. L'agente della riscossione, con raccomandata semplice spedita all'indirizzo presso il quale è stato notificato l'atto di cui alla lettera a), informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione»;

2) alla lettera c), in fine, sono aggiunte le seguenti parole: «e l'agente della riscossione non invia l'informativa di cui alla lettera b)»;

3) alla lettera e) le parole: «secondo anno» sono sostituite dalle seguenti: «terzo anno»;

b) all'articolo 30, comma 2, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Ai fini dell'espropriazione forzata, l'esibizione dell'estratto dell'avviso di cui al comma 1, come trasmesso all'agente della riscossione secondo le modalità indicate al comma 5, tiene luogo, a tutti gli effetti, dell'esibizione dell'atto stesso in tutti i casi in cui l'agente della riscossione ne attesti la provenienza.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 12 dell'articolo 8 integra la disciplina del c.d. “accertamento esecutivo”, prescrivendo che l’agente della riscossione debba informare il contribuente di aver preso in carico le somme per la riscossione - salva l’ipotesi in cui l’esecuzione forzata sia sospesa - ed allungando di un anno i termini per l’eventuale avvio dell’espropriazione forzata dei beni del contribuente. Ai fini della riscossione dei crediti INPS, si prevede che l’esibizione dell’estratto dell’avviso di addebito tenga luogo, alle condizioni di legge, dell’esibizione dell’atto stesso.

Analisi normativa

 

Il comma 12 dell'articolo 8 integra la disciplina del c.d. “accertamento esecutivo” - istituto introdotto dall’articolo 29, comma 1, del decreto legge n. 78 del 2010 (e modificato dall’articolo 7, comma 2, lettera n), del decreto legge n. 70


del 2011) - in particolare prescrivendo che l’agente della riscossione debba informare il contribuente di aver preso in carico le somme per la riscossione, salva l’ipotesi in cui l’esecuzione forzata sia sospesa, ed allungando di un anno i termini per l’eventuale avvio dell’espropriazione forzata dei beni del contribuente.

Vengono inoltre integrate le disposizioni in materia di avviso di addebito per la riscossione dei crediti INPS, prevedendo che, ai fini dell’espropriazione forzata, l’esibizione dell’estratto dell’avviso di addebito tiene luogo a tutti gli effetti dell’esibizione dell’atto stesso, in tutti i casi in cui l’agente della riscossione ne attesti la provenienza.

 

Si ricorda che il richiamato comma 1 dell’articolo 29 del decreto legge n. 78 del 2010 ha disposto che l’avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle Entrate ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP, nonché il relativo provvedimento di irrogazione delle sanzioni, emessi a partire dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi, debbono contenere l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati. Trascorsi sessanta giorni dalla notifica, l’accertamento diventa esecutivo.

Dal 61° giorno dalla notifica dell’atto le somme dovute saranno maggiorate dell’interessa di mora; il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, nonché l’aggio per l’agente della riscossione, saranno a carico del contribuente (articolo 29, comma 1, lettera f)).

Decorsi ulteriori trenta giorni (articolo 29, comma 1, lettera b)), ovvero decorsi novanta giorni dalla notifica, la riscossione delle somme richieste - in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo - è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata.

Ove il contribuente faccia istanza di sospensione giudiziale dell’esecuzione dell’atto impugnato (ai sensi dell’articolo 47 del D.Lgs. n. 546 del 1992[72]) l’esecuzione forzata è sospesa fino alla data di emanazione del provvedimento che decide sull’istanza e, in ogni caso, per un periodo non superiore a centoventi giorni dalla notifica dell’istanza stessa. La sospensione di cui al periodo precedente non si applica alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. La dilazione del pagamento (di cui all’articolo 19 del D.P.R. n. 602 del 1973[73]) può essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione.

L’esecuzione forzata è sospesa per un periodo di 180 giorni decorrenti dall’affidamento in carico del credito ad Equitalia. Tale sospensione non si applica con riferimento alle azioni cautelari e conservative, nonché ad ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore. La sospensione non opera neppure se l’agente della riscossione, successivamente alla “ricezione” del credito, è a conoscenza di elementi idonei a integrare il fondato pericolo per il pregiudizio della riscossione.

Trascorso il predetto termine di sospensione, l’agente della riscossione procede quindi ad espropriazione forzata senza la preventiva notifica della cartella di pagamento con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle (già esposte) disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.

In particolare, l’esibizione dell’estratto degli atti di “accertamento esecutivo”, ai fini dell’espropriazione forzata, come trasmesso all’agente della riscossione con le modalità determinate con provvedimento dell’Agenzia delle entrate tiene luogo, a tutti gli effetti, dell’esibizione dell’atto stesso in tutti i casi in cui l’agente della riscossione ne attesti la provenienza.

 

Più in dettaglio, il comma in esame, alla lettera a), n. 1) - aggiungendo un periodo alla fine del richiamato articolo 29, comma 1, lettera b), del decreto legge n. 78 del 2010 - prescrive che l’agente della riscossione debba informare il contribuente con raccomandata semplice spedita all’indirizzo presso il quale è stato notificato l’atto di accertamento, di aver preso in carico le somme per la riscossione.

 

Conseguentemente il n. 2) della lettera a) aggiunge un periodo alla fine del già illustrato articolo 29, comma 1, lettera c), esonerando l’agente della riscossione dall’invio della suddetta comunicazione nel caso in cui non operi la sospensione di 180 giorni dell’esecuzione forzata (e cioè con riferimento alle azioni cautelari e conservative e alle altre azioni prevista dalla legge a tutela del creditore; ovvero quando l’agente della riscossione, successivamente alla “ricezione” del credito, venga a conoscenza di elementi idonei a integrare il fondato pericolo per il pregiudizio della riscossione).

 

Il n. 3) della lettera a) novella la lettera e) del comma 1 dell'articolo 29 citato, allungando di un anno i termini per l’eventuale avvio dell’espropriazione forzata. Pertanto, per effetto delle norme in esame, essa dovrà essere avviata, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del terzo anno - in luogo del secondo - successivo a quello in cui l'accertamento è divenuto definitivo.

 

La lettera b) inserisce un periodo alla fine del comma 2 dell’articolo 30 del citato decreto legge n. 78 del 2010, articolo che ha introdotto una nuova disciplina sulla riscossione dei crediti da parte dell'INPS, decorrente dal 1° gennaio 2011, fondata sullo strumento dell'avviso di addebito, notificato al debitore e avente valore di titolo esecutivo.

 

Si ricorda che la disposizione riguarda il recupero di tutte le somme dovute all'INPS, ivi comprese quelle risultanti da accertamenti da parte degli uffici dell'Istituto (nonché quelle dovute a titolo di sanzioni, somme aggiuntive e interessi).

In particolare, il comma 2 dell’articolo 30 definisce le modalità di redazione dell’avviso di addebito (indicazione del codice fiscale del soggetto tenuto al versamento; periodo di riferimento e causale del credito; distinzione tra quota capitale, sanzioni e interessi; indicazione dell’agente della riscossione competente; sottoscrizione da parte del titolare dell’ufficio competente; intimazione ad adempiere entro 90 giorni, pena l’esecuzione forzata, per i crediti accertati dagli uffici).

 

Per effetto delle modifiche operate dalle norme in esame, si dispone che ai fini dell’espropriazione forzata, l’esibizione dell’estratto dell’avviso di addebito come trasmesso all’agente della riscossione (secondo le modalità indicate al successivo comma 5), tiene luogo, a tutti gli effetti, dell’esibizione dell’atto stesso in tutti i casi in cui l’agente della riscossione ne attesti la provenienza.

 

Per effetto delle modifiche operate durante l’esame del provvedimento al Senato, i commi da 3-bis a 3-sexies dell’articolo 9 recano disposizioni in materia di accelerazione delle procedure riscossione delle risorse proprie dell’Unione Europea. Si rinvia alla relativa scheda di lettura per approfondimenti.


 

Articolo 8, commi 13-17
(Disposizioni in materia di bollo, valori scudati e attività finanziarie all'estero)

 


13. Il comma 2-ter dell'articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, come modificato dal comma 1 dell'articolo 19 del decreto- legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è sostituito dal seguente: «2-ter. Comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati. L'imposta non è dovuta per le comunicazioni ricevute ed emesse dai fondi pensione e dai fondi sanitari. Per ogni esemplare, sul complessivo valore di mercato o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso.».

14. Nella nota 3-ter all'articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, le parole: «agli strumenti e» sono soppresse e, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Per i buoni postali fruttiferi emessi in forma cartacea prima del 1° gennaio 2009, l'imposta è calcolata sul valore nominale del singolo titolo ed è dovuta nella misura minima di euro 1.81, con esclusione della previsione di esenzione di cui al precedente periodo. L'imposta gravante sui buoni postali fruttiferi si rende comunque dovuta al momento del rimborso».

15. Le disposizioni dei commi 13 e 14 si applicano a decorrere dal 1o gennaio 2012.

16. All'articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 3 è inserito il seguente: «3-bis. Per le comunicazioni relative a quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio, per le quali sussista uno stabile rapporto con l'intermediario in assenza di un formale contratto di custodia o amministrazione, in essere alla data del 31 dicembre 2011, in caso di mancata provvista da parte del cliente per il pagamento dell'imposta di bollo di cui all'articolo 13, comma 2-ter della Tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, l'intermediario può effettuare i necessari disinvestimenti.»;

b) nel comma 7, le parole: «ai sensi del comma 2-ter» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dei commi 2-bis e 2-ter»;

c) nel comma 8, le parole: «16 febbraio» sono sostituite dalle seguenti: «16 maggio»;

d) nel comma 11, le parole: «di bollo» sono sostituite dalle seguenti: «sui redditi»;

e) il comma 15 è sostituito dal seguente: «15. L'imposta di cui al comma 13 è stabilita nella misura dello 0,76 per cento del valore degli immobili. L'imposta non è dovuta se l'importo, come determinato ai sensi del presente comma, non supera euro 200. Il valore è costituito dal costo risultante dall'atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l'immobile. Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello utilizzato nel Paese estero ai fini dell'assolvimento di imposte sul patrimonio o sui trasferimenti o, in mancanza, quello di cui al periodo precedente.»;

f) dopo il comma 15 è inserito il seguente: «15-bis. Per i soggetti che prestano lavoro all'estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all'estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l'Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli


ordinari criteri previsti dal Testo Unico delle imposte sui redditi, in base ad accordi internazionali ratificati, l'imposta di cui al comma 13 è stabilita nella misura ridotta dello 0,4 per cento per l'immobile adibito ad abitazione principale e per le relative pertinenze. L'aliquota ridotta si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l'attività lavorativa è svolta all'estero. Dall'imposta dovuta per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo e per le relative pertinenze si detraggono, fino a concorrenza del suo ammontare, euro 200 rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione; se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per gli anni 2012 e 2013 la detrazione prevista dal periodo precedente è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L'importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l'importo massimo di 400 euro»;

g) nel comma 16, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, dalla predetta imposta si deduce un credito d'imposta pari alle eventuali imposte di natura patrimoniale e reddituale gravanti sullo stesso immobile, non già detratte ai sensi dell'articolo 165 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.»;

h) nel comma 20, dopo il primo periodo, è inserito il seguente: «Per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in Paesi della Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico Europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni l'imposta è stabilita in misura fissa pari a quella prevista dall'articolo 13, comma 2-bis, lettera a), della tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.»;

i) dopo il comma 23 è inserito il seguente: «23-bis. Nell'applicazione dell'articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 409, alle attività finanziarie oggetto di emersione o di rimpatrio ai sensi dell'articolo 13-bis, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, e degli articoli 12 e 15 del citato decreto-legge n. 350 del 2001, non è comunque precluso l'accertamento dell'imposta sul valore aggiunto.».

17. In considerazione di quanto previsto dal comma 16, lettera c), per l'anno 2012 il versamento dell'imposta di cui al comma 8 ivi citato può essere effettuato entro il termine del 16 maggio e fino alla data di entrata in vigore del presente decreto non si configurano violazioni in materia di versamenti.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi da 13 a 17 dell'articolo 8 recano disposizioni in materia di bollo, valori scudati e attività finanziarie all’estero.


Analisi normativa

 

Il comma 13 novella il comma 2-ter dell’articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell'imposta di bollo), al fine di assoggettare all’imposta di bollo proporzionale le comunicazioni periodiche alla clientela relative a prodotti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ivi compresi i depositi bancari e postali, anche se rappresentati da certificati.

Viene inoltre specificato che l’imposta non è dovuta per le comunicazioni ricevute ed emesse dai fondi pensione e dai fondi sanitari per ogni esemplare, sul complessivo valore di mercato (o, in mancanza, sul valore nominale o di rimborso).

 

Si ricorda che gli atti suddetti sono soggetti ad imposta proporzionale dell'1 per mille annuo per il 2012 e dell'1,5 per mille a decorrere dal 2013.

 

La norma, introdotta dall'articolo 23, comma 7, lett. b), del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, è stata successivamente sostituita dall'articolo 19, comma 1, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, a decorrere dal 1° gennaio 2012.

 

Si ricorda altresì che il testo previgente assoggettava ad imposta le comunicazioni alla clientela relative ai prodotti e agli strumenti finanziari, anche non soggetti ad obbligo di deposito, ad esclusione dei fondi pensione e dei fondi sanitari.

 

Come evidenziato dalla Relazione, la disposizione è finalizzata a ricomprendere espressamente i c.d. conto deposito, bancari e postali, anche se rappresentati da certificati, tra i conti assoggettati all’imposta di bollo proporzionale, considerate le incertezze interpretative nel ricomprendere tali conti deposito fra i conti correnti assoggettati a misura fissa o fra i prodotti finanziari assoggettati a imposta proporzionale.

Viene altresì chiarito che per i fondi pensione e sanitari l'esenzione dall’imposta di bollo concerne sia le comunicazioni ricevute che quelle emesse.

 

Connessa a tale modifica è quella apportata dal comma 14 alla nota 3-ter del citato articolo 13 della Tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972, che sopprime il riferimento ivi contenuto agli "strumenti" a fini di coordinamento. Il Senato, ha inoltre introdotto una integrazione alla nota 3-ter, disponendo che per i buoni postali fruttiferi emessi in forma cartacea prima del 1° gennaio 2009, l’imposta è calcolata sul valore nominale del singolo titolo ed è dovuta nella misura minima di euro 1,81, con esclusione della previsione di esenzione per i buoni postali fruttiferi di valore di rimborso complessivamente non superiore a euro 5.000 prevista dal periodo precedente della nota stessa. L’imposta gravante sui buoni postali fruttiferi si rende comunque dovuta al momento del rimborso.

 

Il successivo comma 15 dispone l'applicazione delle disposizioni recate dai due precedenti commi a decorrere dal 1° gennaio 2012.

 

Il comma 16 reca una serie di modifiche all’articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che l'articolo 19 citato ha previsto:

 

a)   Tassazione sul bollo per gli strumenti finanziari

I commi 1-5 sono intervenuti sulla disciplina della tassazione sul bollo per gli strumenti finanziari, introducendo - a decorrere dal 1° gennaio 2012 - una imposizione su base proporzionale pari all’1 per mille per il 2012 e all’1,5 per mille a decorrere dal 2013 e, al contempo, ampliando la base imponibile su cui insiste l’imposta, al fine di includervi anche i prodotti finanziari non soggetti all’obbligo di deposito.

 

b)   Imposta sulle attività emerse a seguito della normativa dello scudo fiscale

I commi da 6 a 12 hanno previsto l’applicazione di un’imposta speciale annuale del 4 per mille sulle attività finanziarie oggetto di emersione a seguito delle disposizioni di cui agli articoli 12 e 15 del decreto legge n. 350 del 2001 e all’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009 (c.d. scudo fiscale). Per gli anni 2012 e 2013 l’aliquota, è stabilita, rispettivamente, nella misura del 10 e del 13,5 per mille.

 

c)   Imposta sugli immobili detenuti all’estero

I commi da 13 a 17 hanno istituito l’imposta sul valore degli immobili situati all’estero. L’imposta colpisce gli immobili siti all’estero, destinati a qualsiasi uso, e trova applicazione dal 2011.

 

d)   Imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero

I commi da 18 a 21 hanno disciplinato l’imposta sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero. L’imposta colpisce le persone fisiche, a decorrere dal 2011. Essa è dovuta proporzionalmente alla quota e al periodo di detenzione. L’imposta è dovuta nella misura dell'1 per mille annuo per il 2011 e il 2012 e dell'1,5 per mille annuo a decorrere dal 2013.

 

La lettera a) del comma 16 inserisce all'articolo 19 il comma 3-bis, al fine di prevedere che, per le comunicazioni relative a quote o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR), per le quali sussista uno stabile rapporto con l’intermediario in assenza di un formale contratto di custodia o amministrazione, in essere alla data del 31 dicembre 2011, in caso di mancata provvista da parte del cliente per il pagamento dell’imposta di bollo, l’intermediario può effettuare i necessari disinvestimenti.

 

Secondo quanto evidenziato dalla Relazione, la disposizione consentirebbe di superare le difficoltà di assolvimento dell’imposta nei casi di rapporti con la clientela che non prevedono l’accensione di un conto da cui prelevare la provvista.

 

La lettera b) modifica il comma 7 dell'articolo 19 al fine di includervi il riferimento al comma 2-bis dell’ articolo 13 della tariffa, parte prima, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972.

Per effetto di tale modifica - come evidenziato dalla Relazione - si consente lo scomputo dall’imposta di bollo di cui al comma 6 (ossia dall'imposta speciale dovuta sulle attività finanziarie rimpatriate) dell’imposta di bollo corrisposta con riferimento alle medesime attività nel 2011, nel caso in cui l’attività rimpatriata sia costituita da denaro.

 

Si ricorda che il testo previgente prevedeva il solo scomputo dell’imposta di bollo corrisposta per il deposito titoli.

 

La lettera c) modifica il comma 8 dell'articolo 19, al fine di prorogare al 16 maggio (rispetto al 16 febbraio previsto dal testo previgente) il termine di versamento annuale che gli intermediari finanziari devono effettuare con riferimento alle attività finanziarie oggetto di emersione e ancora segretate al 31 dicembre 2011.

 

A tale proroga è riconnessa la previsione contenuta al successivo comma 17 che consente, per il solo 2012, il versamento dell’imposta di cui al comma 8 citato entro il termine del 16 maggio, prevedendo altresì che fino alla data di entrata in vigore del decreto in esame non si configurano violazioni in materia di versamenti.

 

La lettera d) modifica il comma 11 dell'articolo 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, al fine di prevedere che per l’accertamento e la riscossione dell’imposta di bollo speciale dovuta sulle attività finanziarie rimpatriate - nonché per il relativo contenzioso - trovano applicazione le norme relative alle imposte sui redditi (anziché quelle in materia di imposta di bollo come stabilito dal testo previgente).

 

Come evidenziato dalla Relazione, la modifica si sarebbe resa necessaria per tenere conto delle modalità di applicazione dell’imposta.

 

La lettera e) modifica il comma 15 dell'articolo 19 concernente l'imposta sugli immobili detenuti all'estero.

Per effetto di tali modifiche si prevede anzitutto che l’imposta, stabilita nella misura dello 0,76 per cento del valore degli immobili, non è dovuta se l’importo non supera 200 euro. Al riguardo viene pertanto specificato che il valore è costituito dal costo risultante dall’atto di acquisto o dai contratti e, in mancanza, secondo il valore di mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.

In secondo luogo si prevede che, per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello utilizzato nel Paese estero per l’assolvimento di imposte sul patrimonio o sui trasferimenti o, in mancanza, quello come precedentemente individuato.

 

La lettera f) inserisce all'articolo 19 il nuovo comma 15-bis al fine di prevedere anzitutto una riduzione dell’imposta (dallo 0,76 per cento allo 0,4 per cento del valore degli immobili) per i soggetti che prestano lavoro all’estero per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale e le persone fisiche che lavorano all’estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l’Italia la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal Testo Unico delle imposte sui redditi, in base ad accordi internazionali ratificati.

La riduzione riguarda esclusivamente l’immobile adibito ad abitazione principale all’estero e le relative pertinenze e si applica limitatamente al periodo di tempo in cui l’attività lavorativa è svolta all’estero.

 

Viene in secondo luogo introdotta una detrazione forfetaria di 200 euro da scomputare dall’imposta dovuta per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e le relative pertinenze, che va rapportata:

§       al periodo dell’anno durante il quale si verifica il vincolo di destinazione;

§       alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica.

Per gli anni 2012 e 2013 la detrazione è aumentata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Tale detrazione, al netto della detrazione di base, non può superare l’importo di 400 euro.

 

La lettera g) modifica il comma 16 dell'articolo 19 al fine di prevedere, per gli immobili situati in Paesi appartenenti alla Unione europea o in Paesi aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, la possibilità di dedurre dall’imposta sugli immobili dovuta in Italia le eventuali imposte di natura patrimoniale e reddituale gravanti sullo stesso immobile (purché non si sia già fruito dell’articolo 165 del TUIR, ossia del credito d'imposta per i redditi prodotti all'estero).

 

La lettera h) modifica il comma 20 dell'articolo 19 al fine di prevedere che, per i conti correnti e i libretti di risparmio detenuti in Paesi dell'Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, l’imposta sul valore delle attività finanziarie (introdotta dal comma 18 dello stesso articolo 19) è stabilita in misura fissa, analogamente a quanto previsto dall’articolo 13, comma 2-bis, lettera a), della tariffa, parte I, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 642 del 1972.

 

Si ricorda che il comma 2-bis citato (relativo ad estratti conto, inviati dalle banche ai clienti ai sensi dell’ articolo 119 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nonché estratti di conto corrente postale e rendiconti dei libretti di risparmio anche postali, per ogni esemplare con periodicità annuale) prevede, alla lettera a), se il cliente è persona fisica, un'imposta fissa pari a euro 34,20.

 

La lettera i) infine inserisce all'articolo 19 il nuovo comma 23-bis, al fine di chiarire che - per le attività finanziarie oggetto di scudo fiscale ai sensi dell’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009, e degli articoli 12 e 15 del decreto legge n. 350 del 2001 - nell’applicazione dell’articolo 14, comma 1, lettera a), dello stesso decreto legge n. 350 del 2001 non è comunque precluso l’accertamento dell’imposta sul valore aggiunto.

 

Si ricorda che la lettera a) del comma 1 dell'articolo 14 citato prevede che il rimpatrio delle attività finanziarie preclude nei confronti del dichiarante e dei soggetti solidalmente obbligati, ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi d'imposta per i quali non è ancora decorso il termine per l'azione di accertamento alla data di entrata in vigore del presente decreto, limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o dalle altre attività costituite all'estero e oggetto di rimpatrio.

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

 

Il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva (COM(2011)594) volta ad introdurre un’imposta sulle transazioni finanziarie in tutti i 27 Stati membri dell’Unione europea. Tale imposta si applicherebbe a tutte le transazioni di strumenti finanziari tra enti per le quali almeno una controparte della transazione sia stabilita all’interno dell’UE. Lo scambio di azioni e obbligazioni sarebbe tassato con un’aliquota dello 0,1%, mentre per i derivati il tasso sarebbe dello 0,01%. Secondo i calcoli della Commissione, che propone l’entrata in vigore dell’imposta il 1o gennaio 2014, il gettito potrebbe aggirarsi intorno ai 57 miliardi di euro ogni anno.

Il gettito dell’imposta sarebbe condiviso tra UE e Stati membri. Parte dell’imposta sarebbe impiegata come risorsa propria dell’UE, riducendo così in parte i contributi nazionali. Gli Stati membri avrebbero la facoltà di incrementare i propri introiti applicando un’aliquota più elevata di quella proposta dalla Commissione.

La proposta sarà esaminata secondo la procedura legislativa speciale, che prevede un mero parere del Parlamento europeo (atteso per la sessione del 12 giugno 2012) e l’unanimità in seno al Consiglio dell’UE.


 

Articolo 8, commi 18-21
(Estensione delle misure di contrasto agli abusi nell'utilizzo dei crediti IVA in compensazione)

 


18. All'articolo 17, comma 1, terzo periodo, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, le parole: «10.000 euro annui» sono sostituite dalle seguenti: «5.000 euro annui».

19. All'articolo 37, comma 49-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, le parole: «10.000 euro annui» sono sostituite dalle seguenti: «5.000 euro annui».

20. Con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate possono essere stabiliti i termini e le ulteriori modalità attuative delle disposizioni di cui ai commi 18 e 19.

21. In relazione alle disposizioni di cui ai commi da 18 a 20, le dotazioni finanziarie della Missione di spesa «Politiche economico-finanziarie e di bilancio» sono ridotte di 249 milioni di euro per l'anno 2012 e di 299 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi da 18 a 21 dell'articolo 8 estendono l’ambito operativo di alcune misure volte a contrastare gli abusi nell'utilizzo dei crediti IVA in compensazione. In particolare viene ridotto a 5.000 euro (dall’originario ammontare di 10.000 euro) l’ammontare dei crediti IVA liberamente compensabili con altri tributi prima della presentazione delle relative prove documentali e si consente di compensare esclusivamente mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate i crediti superiori a 5.000 euro, anziché quelli superiori a 10.000 euro.

Analisi normativa

 

I commi da 18 a 21 dell'articolo 8 estendono l’ambito operativo di alcune misure, già vigenti nell’ordinamento, volte a contrastare gli abusi nell'utilizzo dei crediti IVA in compensazione. In particolare:

§      viene abbassato l’ammontare dei crediti IVA liberamente compensabili, ossia è ridotto a 5.000 euro (dall’originario ammontare di 10.000 euro) l’importo dei


§      crediti IVA compensabili con altri tributi prima della presentazione delle relative prove documentali;

§      si consente di compensare esclusivamente mediante i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate i crediti superiori a 5.000 euro (anziché quelli superiori a 10.000 euro).

 

Nel dettaglio, il comma 18 dell'articolo in esame modifica la disciplina dell’utilizzo in compensazione di crediti IVA, novellando l'articolo 17, comma 1, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241[74] (norma da ultimo modificata dall'articolo 10, comma 1, lettera a), n. 1, del decreto legge n. 78 del 2009[75]).

 

Il richiamato comma 1 dell’articolo 17 reca il principio generale secondo cui i contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all'INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente, entro la data di presentazione della dichiarazione successiva.

 

L’ultimo periodo del comma 1 reca specifiche prescrizioni per la compensazione dei crediti IVA. In particolare, nella formulazione previgente, si consentiva di compensare i crediti IVA annuali e infrannuali per importi superiori a 10.000 euro annui, a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell'istanza da cui emergesse il credito. In sostanza, al di sotto di tale soglia, si poteva utilizzare il credito in compensazione anche prima della presentazione di tali dichiarazioni (c.d. “compensazioni libere”).

 

Per effetto delle modifiche apportate con la norma in commento, l’ammontare dei crediti compensabili a prescindere dalla presentazione della dichiarazione o dell'istanza è pertanto ridotto da 10.000 a 5.000 euro.

 

Il comma 19 modifica il comma 49-bis dell’articolo 37 del decreto legge n. 223 del 2006[76], che consente l’utilizzo in compensazione dei crediti IVA (annuali o infrannuali) superiori a una certa soglia esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell’Agenzia delle entrate.

In particolare, per effetto della norma in esame si riduce la predetta soglia: saranno pertanto compensabili esclusivamente mediante servizi telematici i crediti superiori a 5.000 euro (in luogo dei crediti superiori a 10.000 euro indicati dalla previgente formulazione).

 

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 37, comma 49, del citato decreto legge n. 223 del 2006 i soggetti titolari di partita IVA sono tenuti ad utilizzare esclusivamente modalità telematiche per il pagamento delle imposte.

 

Il comma 20 affida a un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate la possibilità di stabilire termini e ulteriori modalità attuative delle disposizioni introdotte dai commi precedenti.

 

Il comma 21 infine, in relazione a quanto disposto dai tre precedenti commi (risparmio derivante dalle minori compensazioni), riduce le dotazioni finanziarie della Missione di spesa “Politiche economico-finanziarie e di bilancio” di un ammontare pari a:

§      249 milioni di euro per l’anno 2012;

§      299 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013.


 

Articolo 8, comma 21-bis
(Depositi IVA)

 

21-bis. All'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo le parole: «nel deposito IVA» sono aggiunte le seguenti: «senza tempi minimi di giacenza né obbligo di scarico dal mezzo di trasporto».

 

 

Sintesi ed effetti

 

La disposizione in commento è volta a precisare che le prestazioni di servizi di cui alla lettera h) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA - e non sono quindi assoggettabili al tributo - indipendentemente dai tempi di giacenza o dallo scarico del mezzo di trasporto.

Analisi normativa

 

In particolare, il comma 21-bis dell’articolo 8 in commento interviene sull’articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge 29 ottobre 2008, n. 185, il quale ha modificato la disciplina dei depositi fiscali ai fini IVA con una norma interpretativa della lettera h) del comma 4 dell’articolo 50-bis del decreto legge n. 331/1993.

 

L’articolo 50-bis del decreto legge n. 331/1993 disciplina il regime di deposito Iva il quale consente alle merci comunitarie introdotte in Italia di fruire della non imponibilità al tributo, rinviando l’imposizione al momento dell'estrazione dei beni, se ed in quanto destinati al consumo nel territorio dello Stato. La sospensione opera solo se i beni non sono destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi. Sono individuati, a tal fine, sia i soggetti che possono essere autorizzati dall’Amministrazione finanziaria a gestire i depositi IVA sia gli adempimenti a carico dei medesimi soggetti.

In particolare, ai sensi del comma 4, lettera h) del citato articolo 50-bis, sono effettuate senza pagamento dell'IVA le prestazioni di servizi, comprese le operazioni di perfezionamento e le manipolazioni usuali, relative a beni custoditi in un deposito IVA, anche se materialmente eseguite non nel deposito stesso ma nei locali limitrofi sempreché, in tal caso, le suddette operazioni siano di durata non superiore a sessanta giorni.

In considerazione del fatto che la prestazione di servizi su un bene del deposito non è fisicamente individuabile, l’articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge 29 ottobre 2008, n. 185, ha quindi stabilito che la richiamata lettera h) si interpreta nel senso che le prestazioni di servizio in essa indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA. Pertanto, il momento di “uscita” dal deposito fiscale del servizio offerto, ossia il momento in cui diviene imponibile ai fini IVA, è determinato in base all’immissione nel mercato del bene sul quale il servizio è stato operato.

 

La norma in commento chiarisce quindi che l’introduzione nel deposito IVA - e quindi la non imponibilità della prestazione di servizi al tributo - avviene indipendentemente dai tempi di giacenza o dallo scarico del mezzo di trasporto.

 

Al riguardo, si ricorda che l’Agenzia delle Dogane, con nota n. 7521/06 aveva già osservato che non è prescritto un tempo minimo di giacenza o che le merci siano necessariamente scaricate dai mezzi di trasporto.


 

Articolo 8, comma 22
(Estensione del potere di accesso nei confronti degli enti del “terzo settore”)

 

22. Al primo periodo, del primo comma dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo le parole: «artistiche o professionali» sono inserite le seguenti: «, nonché in quelli utilizzati dagli enti non commerciali e da quelli che godono dei benefìci di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460,».

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 22 dell'articolo 8 estende i poteri di accesso dell’amministrazione finanziaria anche ai locali utilizzati dagli enti non commerciali e dalle ONLUS, ovvero dai c.d. enti del “terzo settore”.

Analisi normativa

 

Il comma 22 dell'articolo 8 estende i poteri di accesso dell’amministrazione finanziaria anche ai locali utilizzati dagli enti non commerciali e dalle ONLUS, ovvero dai c.d. enti del “terzo settore”.

A tal fine le norme in esame modificano la disciplina sostanziale in materia degli accesso ai fini dell’accertamento dell’IVA, contenuta nell’articolo 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633[77], che è applicabile anche alle imposte sui redditi in virtù del richiamo operato dall’articolo 33 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600[78].

 

Si ricorda che il primo periodo del primo comma del richiamato articolo 52 prevede che uffici competenti possono disporre l'accesso d'impiegati dell'Amministrazione finanziaria nei locali destinati all'esercizio d'attività commerciali, agricole, artistiche o professionali per procedere ad ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l'accertamento dell'imposta e per la repressione dell'evasione e delle altre violazioni.

 

Per effetto delle modifiche apportate dalla norma in esame, il potere di accesso del fisco si estende pertanto anche ai locali utilizzati dagli enti non commerciali e da quegli enti che godono dei benefici di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460[79].

 

Si ricorda che l’accesso in locali diversi da quelli indicati nel richiamato comma 1 (tra cui l’abitazione privata dei contribuenti) può essere effettuato solo previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica (come ribadito dalla Corte di Cassazione, fra le altre, con sentenza n. 7368 del 27 luglio 1998 e n. 9568 del 23 aprile 2007) e in caso di gravi indizi di violazione delle norme fiscali, conformemente a quanto disciplinato dal comma 2 del richiamato articolo 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.

 

La dottrina[80] ha ritenuto che le associazioni, i circoli sportivi, i comitati e le sedi delle ONLUS non possano essere considerati luoghi di esercizio dell’attività, e, pertanto, secondo la disciplina previgente era sempre ritenuta necessaria l’autorizzazione dell’autorità giudiziaria ai fini dell’accesso per verifiche fiscali.

 

Si ricorda che il D.Lgs. 4 dicembre 1997, n. 460[81]ha regolamentato il settore del non profit secondo criteri di unitarietà e coordinamento in materia di normativa tributaria degli enti non commerciali, introducendo nell’ordinamento nazionale le organizzazione non lucrative di utilità sociale (ONLUS). Ad esse è riconosciuto un particolare trattamento fiscale di vantaggio, sia sotto il profilo delle imposte dirette che dell’l’IVA.

 

Secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa (A.S. 3184), la particolare veste giuridica degli enti non commerciali sarebbe spesso "indebitamente utilizzata da soggetti che mascherano vere e proprie imprese commerciali".


 

Articolo 8, comma 23
(Soppressione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale - ONLUS)

 


23. L'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS) di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 settembre 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 229 del 30 settembre 2000, è soppressa dalla data di entrata in vigore del presente decreto e i compiti e le funzioni esercitati sono trasferiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali che con appositi regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, provvede ad adeguare il proprio assetto organizzativo, senza nuovi o maggiori oneri. Per il finanziamento dei compiti e delle attribuzioni trasferite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di cui al primo periodo del presente comma, si fa fronte con le risorse a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 della legge 13 maggio 1999, n. 133, nonché le risorse giacenti in tesoreria sulla contabilità speciale intestata all'Agenzia, opportunamente versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate agli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono altresì trasferite tutte le risorse strumentali attualmente utilizzate dalla predetta Agenzia. Nelle more delle modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2011, n. 144, recante riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rese necessarie dall'attuazione del presente comma, le funzioni trasferite ai sensi del presente comma sono esercitate dalla Direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali del predetto Ministero. Dall'attuazione delle disposizioni del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 23 dell’articolo 8 dispone la soppressione dell’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), ora Agenzia per il terzo settore. I compiti e le funzioni dell’Agenzia sono trasferiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per effetto delle modifiche introdotte al Senato, nelle more delle necessarie modificazioni al D.P.R. 144/2011, Regolamento di riorganizzazione del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, le funzioni esercitate dalla soppressa Agenzia vengono trasferite alla Direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali dello stesso Ministero. Fino al


perfezionamento del processo di riorganizzazione, le attività dell’Agenzia sono esercitate presso gli uffici già a tal fine utilizzati.

Analisi normativa

 

Il comma 23 dell'articolo 8 dispone la soppressione, dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame, dell’Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), “allo scopo di migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa", secondo quanto riportato nella relazione al provvedimento (A.S. 3184).

L'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), istituita dal D.P.C.M. 26 settembre 2000[82], è disciplinata dal regolamento emanato con D.P.C.M. 21 marzo 2001, n. 329[83], come recentemente modificato dal D.P.C.M. 51/2011[84].

 

Si ricorda che proprio l’articolo 1, comma 2, del D.P.C.M. 51/2011 ha disposto che l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale assuma la denominazione di Agenzia per il terzo settore. Si valuti, pertanto, l'opportunità di utilizzare nel testo la nuova denominazione.

 

Secondo quanto disposto dal regolamento, l'Agenzia opera sotto la vigilanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, e per sua delega del Ministro per la solidarietà sociale e del Ministro delle finanze. Ogni anno l'Agenzia presenta al Parlamento una relazione sull'attività svolta[85]. L’Agenzia esercita attività di vigilanza, promozione, indirizzo e controllo sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, il terzo settore e gli enti non commerciali (ONLUS e organizzazioni di volontariato[86], associazioni di promozione sociale[87], imprese sociali[88]); formula osservazioni e proposte in ordine alla normativa delle organizzazioni, degli enti e del terzo settore; cura la raccolta, l'aggiornamento ed il monitoraggio dei dati e documenti delle organizzazioni, del terzo settore e degli enti in Italia mediante raccordi operativi con il Ministero degli affari esteri, il Ministero dell'interno, il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l'Agenzia delle entrate, il DigitPA, l'Istat e le istituzioni titolari della gestione dei registri afferenti organizzazioni, terzo settore ed enti; collabora con il Ministero dell'economia e delle finanze e con l'Agenzia delle entrate, ai fini dell'uniforme applicazione delle norme tributarie, inviando agli stessi e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali proposte su fattispecie concrete o astratte riguardanti il regime fiscale delle organizzazioni, terzo settore e enti; nei casi di scioglimento degli enti o organizzazioni, rende parere vincolante sulla devoluzione del loro patrimonio e, nei casi di cessazione dell'impresa sociale, si esprime, su richiesta del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nel corso della decade si sono succedute due consigliature (1° consigliatura 2001-2006, Presidente il Prof. Lorenzo Ornaghi; 2° consigliatura 2007-2011, Presidente il Prof. Stefano Zamagni). Nel corso del secondo mandato l’Agenzia ha realizzato un sito tematico dedicato a promuovere il progetto strategico “Il sostegno a distanza in chiaro” (www.ilsostegnoadistanza.it), ha istituito l’Osservatorio SaD, ha prodotto numerosi documenti cosiddetti di soft law finalizzati a fornire regole di trasparenza e indicazioni di condotta per innalzare gli standard operativi delle organizzazioni non profit e valorizzare ulteriormente il ruolo che esse svolgono nell’ambito della società civile (Linee guida per il bilancio di esercizio; Linee guida per il bilancio sociale; Linee guida per la raccolta dei fondi; Linee guida per la raccolta dei fondi nei casi di emergenza umanitaria; Linee guida per il sostegno a distanza di minori e giovani; Linee guida per la gestione dei registri del volontariato; Linee guida per la partecipazione del terzo settore alla determinazione delle politiche pubbliche locali)[89].

 

I compiti e le funzioni esercitati dall'Agenzia, sono trasferiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che per il loro esercizio potrà adeguare l'assetto organizzativo, senza maggiori oneri, attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione, emanati ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della Legge 400/1988[90] . A tale proposito, si ricorda che recentemente il D.P.R. 7 aprile 2011, n. 144, Regolamento recante la riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha disegnato l’organizzazione centrale e il modello organizzativo del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali (v. infra).

Lo svolgimento dei compiti attribuiti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali avviene mediante l'utilizzo delle risorse presenti sull’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 14 della legge 133/1999[91], fissate, a decorrere dal 1999, entro il tetto massimo di lire 5 miliardi annue. Nel corso dell’esame al Senato, è stato inoltre previsto che tali risorse siano integrate con i fondi giacenti in tesoreria sulla contabilità speciale intestata all'Agenzia, opportunamente versate all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate agli appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Il Ministro dell’economia e delle finanze, con propri decreti, è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Si ricorda che il bilancio preventivo dell'Agenzia (consolidato nel conto economico delle PP.AA.) per il 2012 prevede assegnazioni finanziarie pari a complessivi 733.000 euro. La RT sottolinea infine che le funzioni dell'Agenzia saranno svolte dal Ministero del lavoro utilizzando le risorse presenti sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 14 della L. 133/1999, iscritte nel capitolo 3526 dello stato di previsione del Ministero del lavoro.

 

Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono altresì trasferite tutte le risorse strumentali attualmente utilizzate dalla predetta Agenzia. Al fine di garantire la continuità delle attività di interesse pubblico già facenti capo all’Agenzia, fino al perfezionamento del processo di riorganizzazione indicato, le predette attività continuano ad essere esercitate presso le sedi e gli uffici già a tal fine utilizzati. Si ricorda che la sede degli uffici dell’Agenzia è a Milano.

In merito alle risorse umane attualmente operanti presso l’Agenzia, si ricorda che l’articolo 9 del DPCM 329/2001, così come modificato dal DPCM 51/2011, relativamente alle risorse umane prevede l’utilizzo di personale messo a disposizione dal Comune di Milano nonché di unità di personale assegnate in posizione di comando, fuori ruolo o altra equipollente, proveniente da altre amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda gli aspetti retributivi, lo stesso articolo ha previsto che il personale mantenga il trattamento economico fondamentale delle amministrazioni o degli enti di appartenenza, e che i relativi oneri rimangano a carico di tali amministrazioni o enti. Lo stesso articolo dispone altresì che agli oneri accessori provveda l'Agenzia con i propri fondi.

 

In relazione agli oneri accessori,andrebbe chiarito se il trasferimento delle risorse strumentali e di quelle iscritte in bilancio al Ministero del lavoro riguardi anche le risorse umane attualmente operanti presso l'Agenzia, sebbene in posizione di comando o fuori ruolo da altre amministrazioni pubbliche o “messe a disposizione” dal Comune di Milano. In caso positivo, andrebbe valutata l’opportunità di regolarne il relativo inquadramento al fine di escludere effetti di trascinamento e di garantire il rispetto della clausola di invarianza degli oneri.

 

Nel pubblico impiego l’istituto del comando è disciplinato dall’articolo 56 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3 (“TU delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”), il quale stabilisce che – per riconosciute esigenze di servizio, o quando sia richiesta una speciale competenza, purché per un periodo di tempo determinato ed in via eccezionale – l’impiegato di ruolo può essere comandato a prestare servizio presso altra amministrazione statale o presso altri enti pubblici. Il successivo articolo 57 del Testo Unico precisa che la spesa per il personale comandato presso altra amministrazione statale resta a carico dell’amministrazione di appartenenza, mentre alla spesa del personale comandato presso enti pubblici provvede direttamente ed a proprio carico l’ente presso cui detto personale presta servizio. Si ricorda che il collocamento fuori ruolo è uno degli istituti propri del pubblico impiego che comportano una modificazione oggettiva del rapporto di lavoro. In particolare, il collocamento fuori ruolo, a differenza del comando e del distacco, pone l’impiegato fuori dai quadri organici dell’amministrazione di appartenenza. Nel collocamento fuori ruolo si ha l’utilizzazione dell’impiegato presso altra amministrazione, con conseguente interruzione del preesistente rapporto d’impiego, così che il posto rimasto vacante può essere ricoperto da un altro titolare. La retribuzione è a carico dell’amministrazione presso la quale si presta il servizio. Nel nostro ordinamento l’istituto è regolamentato dagli articoli 58 e 59 della L. 3 del 1957, recante lo statuto degli impiegati civili dello Stato. Il collocamento fuori ruolo può essere disposto per il disimpegno di funzioni dello Stato o di altri enti pubblici attinenti agli interessi dell'amministrazione che lo dispone e che non rientrino nei compiti istituzionali dell'amministrazione stessa. In particolare, l’articolo 58 dispone che l'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene; nella qualifica iniziale del ruolo stesso è lasciato scoperto un posto per ogni impiegato collocato fuori ruolo.

 

L’ultimo periodo del comma 23, introdotto nel corso dell’esame al Senato, stabiliscecon norma transitoria che, nelle more delle modifiche al D.P.R. 144/2011 recante il regolamento di riorganizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le funzioni esercitate dalla soppressa Agenzia vengano trasferite alla Direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali[92].

 

Attualmente, il Ministero si articola in 10 Direzioni generali coordinate da un segretario generale; in uffici di diretta collaborazione; nell’organismo indipendente di valutazione e nella rete territoriale articolata a sua volta in direzioni regionali e territoriali del lavoro. L’articolo 11 del D.P.R. 144/2011 disciplina la Direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali stabilendone l’articolazione in tre uffici di livello dirigenziale non generale. La Direzione svolge funzioni di promozione e sostegno delle attività svolte dai soggetti del terzo settore, in particolare degli interventi relativi alle associazioni di promozione sociale e di volontariato, per favorire la crescita di un welfare della società attiva a supporto delle politiche di inclusione e integrazione sociale; mantiene rapporti con l'Agenzia nazionale delle ONLUS; cura la diffusione dell'informazione in materia di terzo settore, anche mediante la predisposizione di documentazione, fornisce consulenza tecnica per le organizzazioni di volontariato e associazionismo, coordinamento e monitoraggio delle attività svolte dai comitati di gestione per il volontariato e dai relativi centri di servizio per il volontariato. Presso la Direzione sono incardinati l’Osservatorio nazionale per l'associazionismo e l’Osservatorio nazionale per il volontariato. La Direzione svolge inoltre attività connesse all'attuazione della normativa relativa alla disciplina dell'impresa sociale; promuove politiche di sostegno alla diffusione della responsabilità sociale d'impresa (CSR), allo sviluppo e coordinamento delle iniziative in materia di CSR e mantiene rapporti con le organizzazioni internazionali e l'Unione europea in materia di progettazione e attuazione delle attività relative ai finanziamenti previsti dai fondi strutturali comunitari per la realizzazione di iniziative e progetti di integrazione tra le politiche sociali e le politiche del lavoro. Infine, presso la Direzione vengono svolte le attività riguardanti la corresponsione del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche destinato dai contribuenti alle organizzazioni del terzo settore previste dalle normative vigenti e intrattenuti i necessari rapporti con l'Agenzia delle entrate.

 

L’ultimo periodo del comma in esame, stabilisce con norma transitoria, che, nelle more delle modifiche al D.P.R. 144/2011, il trasferimento delle funzioni della soppressa Agenzia del Terzo settore siano esercitate dalla Direzione generale per il terzo settore e le formazioni sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Pertanto, la prevista adozione, al primo periodo, di ulteriori regolamenti di delegificazione, necessari ad adeguare l’assetto del Ministero alla soppressione dell’Agenzia e al conseguente trasferimento di funzioni, non appare necessaria, visto il puntuale rinvio al D.P.R. 144/2011 introdotto dall’emendato comma 5.

 

Dall’attuazione del presente comma non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

Articolo 8, comma 24
(Procedure concorsuali di alcune Agenzie fiscali)

 


24. Fermi i limiti assunzionali a legislazione vigente, in relazione all'esigenza urgente e inderogabile di assicurare la funzionalità operativa delle proprie strutture, volta a garantire una efficace attuazione delle misure di contrasto all'evasione di cui alle disposizioni del presente articolo, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio sono autorizzate ad espletare procedure concorsuali da completare entro il 31 dicembre 2013 per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, secondo le modalità di cui all'articolo 1, comma 530, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all’articolo 2, comma 2, secondo periodo, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248. Nelle more dell'espletamento di dette procedure l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio, salvi gli incarichi già affidati, potranno attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso. Gli incarichi sono attribuiti con apposita procedura selettiva applicando l'articolo 19, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Ai funzionari cui è conferito l'incarico compete lo stesso trattamento economico dei dirigenti. A seguito dell'assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali di cui al presente comma, l'Agenzia delle dogane, l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19 comma 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente comma si provvede con le risorse disponibili sul bilancio dell'Agenzia delle entrate, dell'Agenzia delle dogane e dell'Agenzia del territorio. Alla compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, pari a 10,3 milioni di euro a decorrere dall'anno 2013, per l'Agenzia delle dogane e per l'Agenzia del territorio si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 24 autorizza la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti dell'Agenzia delle entrate, dell’Agenzia delle dogane e dell’ Agenzia del territorio, attraverso l’espletamento di procedure concorsuali da completarsi entro il 31 dicembre 2013, salva la facoltà di affidamento a tempo determinato ai propri funzionari delle medesime posizioni.


Analisi normativa

 

Il comma 24, modificato nel corso dell’esame presso il Senato, al primo periodo autorizza l'Agenzia delle entrate, l’Agenzia delle dogane, l’Agenzia del territorio ad espletare procedure concorsuali per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti, da completarsi entro il 31 dicembre 2013 secondo le modalità di cui all'art. 1, comma 530, della L. n. 296/2006[93] e all'art. 2, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 203/2005[94].

 

Ai sensi delle richiamate disposizioni, una quota parte delle risorse previste per il finanziamento di specifici programmi di assunzione del personale dell'amministrazione economico-finanziaria, stabilita con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, viene destinata alle agenzie fiscali al fine di potenziarne l'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale oltreché l'attività di monitoraggio e contenimento della spesa. Le modalità di reclutamento del personale dell'amministrazione economico-finanziaria, incluso quindi quello delle agenzie fiscali, sono definite, anche in deroga ai limiti previsti dalle vigenti disposizioni, sentite le organizzazioni sindacali, ivi inclusa la possibilità di utilizzare graduatorie formate a seguito di procedure selettive già espletate, anche con l'utilizzo del lavoro flessibile ovvero con ricorso alla mobilità.

 

La disposizione, oltre a ribadire i limiti assunzionali previsti ex lege, subordina la predetta autorizzazione all'espletamento delle procedure concorsuali alla esigenza urgente di assicurare la funzionalità delle strutture e di garantire un'efficace contrasto all'evasione.

Al secondo periodo, si prevede, altresì, che nelle more dell'espletamento delle procedure concorsuali, salvi gli incarichi già affidati, le suddette Agenzie potranno attribuire ai propri funzionari incarichi dirigenziali a tempo determinato la cui durata è fissata in relazione al tempo di copertura del posto vacante mediante concorso.

Gli incarichi dirigenziali a tempo determinato, per i quali compete lo stesso trattamento economico dei dirigenti, sono attribuiti con la procedura selettiva di cui l’art. 19, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 165/2001[95] (terzo e quarto periodo).

 

A tal proposito, la relazione tecnica (A.S. 3184) ha cura di precisare che le posizioni dirigenziali vacanti nell'Agenzia delle Entrate sono coperte attualmente da funzionari incaricati, ai quali viene corrisposto lo stesso trattamento economico dei dirigenti. L'Agenzia pertanto già sostiene interamente il costo per la copertura delle posizioni dirigenziali.

Con riferimento alla modifica intervenuta nel corso dell’iter di approvazione, viene specificato come la ratio dell’estensione della norma alle altre agenzie fiscali, ad esclusione dell’Agenzia del demanio, appare giustificata dal fatto che queste presentano un ridottissimo tasso di copertura della dotazione organica dirigenziale.

Si ricorda, inoltre, che il citato comma 1-bis dell’art. 19, aggiunto dall’art. 40 del D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150 (cd. decreto Brunetta)[96], definisce una procedura in base alla quale l'amministrazione, ai fini del conferimento di incarichi di funzione dirigenziale, rende conoscibili, anche mediante pubblicazione di apposito avviso sul sito istituzionale, il numero e la tipologia dei posti di funzione che si rendono disponibili nella dotazione organica ed i criteri di scelta; acquisisce le disponibilità dei dirigenti interessati e le valuta.

 

La norma prevede poi che, a seguito dell'assunzione dei vincitori delle procedure concorsuali, le suddette agenzie non potranno attribuire nuovi incarichi dirigenziali a propri funzionari, facendo tuttavia salvo quanto previsto dall'art. 19, comma 6, D.Lgs. n. 165/2001, concernente la quota percentuale di incarichi dirigenziali attribuibili a soggetti esterni (quinto periodo).

 

Si ricorda che il citato articolo 19, comma 6, del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che gli incarichi dirigenziali possano essere conferiti, da ciascuna amministrazione, fornendone esplicita motivazione ed entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato a soggetti esterni alla pubblica amministrazione (persone di particolare qualificazione professionale che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni scientifiche e da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio, anche presso amministrazioni statali o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli avvocati e procuratori dello Stato). La durata di tali incarichi, comunque, non può eccedere, a seconda dei casi, il termine di tre anni o il termine di cinque anni.

 

L'ultimo periodo del comma, modificato in sede referente al Senato, stabilisce in prima battuta che agli oneri derivanti dall’attuazione della disposizione in esame per le agenzie fiscali si provveda con le risorse disponibili sui rispettivi bilanci.

Si prevede, inoltre, che alla compensazione degli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto pari a 10,3 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013, per l’Agenzia delle dogane e per l’Agenzia del territorio, si provvede mediante corrispondente utilizzo del Fondo di cui all’art. 6, comma 2, del D.L. n. 154/2008[97] (Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali).

 

In conclusione, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 35, comma 6, del D.L. n. 1 del 2012 (c.d. decreto liberalizzazioni) ha disposto per i dirigenti delle Agenzie fiscali e dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato una deroga al contributo di solidarietà previsto dall’articolo 9, comma 2, ultimo periodo, del decreto-legge 78/2010[98]; tale deroga è motivata dal fine di assicurare la massima flessibilità organizzativa.

Si tratta della riduzione, prevista dal primo periodo dello stesso comma, dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ai sensi del comma 3, dell’art. 1 della legge n. 196/2009[99] del 5 per cento se superiori a 90.000 euro lordi annui per la parte eccedente il tale importo fino a 150.000 euro, nonché del 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro.

La deroga è subordinata alla condizione di neutralità finanziaria, con effetto di compensazione, anche a carico del fondo per la retribuzione di posizione e di risultato o di altri fondi analoghi.


 

Articolo 8, comma 24-bis
(Assunzioni straordinarie di ispettori nella Guardia di finanza)

 


24-bis. Al fine di assicurare la massima flessibilità organizzativa e di potenziare l'attività di contrasto dell'evasione fiscale e delle frodi in danno del bilancio dello Stato e dell'Unione europea, anche in attuazione delle disposizioni del presente decreto, il Corpo della Guardia di finanza è autorizzato a effettuare, nel triennio 2013-2015, un piano straordinario di assunzioni nel ruolo «ispettori», nei limiti numerici e di spesa previsti dall'articolo 66, comma 9-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, allo scopo utilizzando il 50 per cento delle vacanze organiche esistenti nel ruolo «appuntati e finanzieri» del medesimo Corpo. Le unità da assumere ai sensi del presente comma sono stabilite annualmente, assicurando l'invarianza di spesa a regime, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, e sono considerate a tutti gli effetti in sovrannumero all'organico del ruolo «ispettori», da riassorbire per effetto dei passaggi degli ispettori in altri ruoli del Corpo della Guardia di finanza, secondo le disposizioni vigenti. Le assunzioni di cui al presente comma devono in ogni caso garantire l'incorporamento nella carriera iniziale del medesimo Corpo dei volontari delle Forze armate già vincitori dei concorsi banditi alla data di entrata in vigore del presente decreto.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 24-bisautorizza la Guardia di finanza ad effettuare nel triennio 2013-2015 un piano straordinario di assunzioni di ispettori, nei limiti di organico e di spesa attualmente stabiliti, potendo utilizzare il cinquanta per cento delle vacanze in organico nel ruolo di appuntati e finanzieri.

Analisi normativa

 

Il comma 24-bis, inserito nel corso dell’esame al Senato, autorizza la Guardia di finanza ad effettuare, nel triennio 2013-2015, un piano straordinario di assunzioni di ispettori, nei limiti di organico e di spesa attualmente stabiliti, potendo utilizzare il cinquanta per cento delle vacanze in organico nel ruolo di appuntati e finanzieri, al fine di assicurare la massima flessibilità organizzativa


per una più incisiva attività di contrasto dell'evasione fiscale e delle frodi in danno del bilancio dello Stato e dell'Unione Europea, anche in attuazione delle disposizioni del decreto in esame

 

Le assunzioni nella Guardia di finanza, a decorrere dal 2010, sono regolate dall'articolo 66, comma 9-bis[100], del decreto-Iegge 25 giugno 2008, n. 112, il quale consente, ogni anno, di reclutare personale a tempo indeterminato nel limite della spesa corrispondente alle cessazioni dal servizio verificatesi nell'anno precedente, non superando in ogni caso il numero dei militari cessati.

Con il comma in esame, nel rispetto del vincolo dell’invarianza della dotazione organica complessiva e della spesa, si autorizza la Guardia di finanza ad assumere ispettori in sovrannumero, utilizzando le vacanze organiche esistenti nel ruolo di appuntati e finanzieri del medesimo Corpo. La figura professionale degli ispettori è considerata più incisiva nell’attività di contrasto dell'evasione fiscale e delle frodi in danno del bilancio dello Stato e dell'Unione Europea.

Annualmente un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze dovrà stabilire le unità di ispettori da assumere, assicurando l’invarianza di spesa a regime. Le unità in soprannumero saranno riassorbite per effetto dei passaggi degli ispettori in altri ruoli della Guardia di finanza, secondo le disposizioni vigenti.

Tale piano straordinario di assunzioni di ispettori, in ogni caso, dovrà tener conto dell’esigenza di garantire l’arruolamento nella Guardia di finanza dei volontari delle Forze armate già vincitori dei concorsi banditi al 2 marzo 2012 (giorno di entrata in vigore del decreto legge in esame).

Al riguardo la relazione tecnica specifica che nel ruolo di “appuntati e finanzieri” sono da incorporare 266 unità nel 2015 e 350 nel 2016, attualmente in regime di ferma quadriennale presso le Forze armate.


 

Articolo 8, commi 25 e 25-bis
(Fondo per la tutela dell’ambiente e lo sviluppo del territorio)

 


25. All'articolo 13 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, dopo il comma 3-quater è aggiunto il seguente:

«3-quinquies. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno, sono disciplinate le modalità di certificazione dell'utilizzo dei contributi assegnati in attuazione del comma 3-quater. Le certificazioni relative ai contributi concessi in favore di enti pubblici e di soggetti privati sono trasmesse agli Uffici territoriali del Governo che ne danno comunicazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti competenti per territorio. Le relazioni conclusive e le certificazioni previste dai decreti ministeriali emanati in attuazione degli atti di indirizzo delle Commissioni parlamentari con cui si attribuiscono i contributi di cui al comma 3-quater, nonché il rendiconto annuale previsto per gli enti locali dall'articolo 158 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono sostituiti dalle certificazioni disciplinate dal presente comma.».

25-bis. La disposizione di cui all'articolo 13, comma 3-quater, terzo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si interpreta nel senso che i contributi statali concessi a valere sul Fondo per la tutela dell'ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, sono assegnati agli enti destinatari per interventi realizzati o da realizzare nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero ambientale e lo sviluppo economico dei territori stessi.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 25 interviene in materia di modalità di certificazione dell’utilizzo dei contributi assegnati a valere sulle risorse del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, di cui all’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008, demandando ad un apposito decreto ministeriale la fissazione di tali nuove modalità.

Il comma 25-bisreca una norma di interpretazione autentica del terzo periodo del comma 3-quater dell’articolo 13 del D.L. n. 112/2008, il quale indica le finalità del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, prevedendo che tale disposizione si interpreta nel senso che i contributi statali a valere sul Fondo sono concessi per interventi, realizzati o da realizzare da parte degli enti nei rispettivi territori.


Analisi normativa

 

L'articolo 8, comma 25 –introducendo il comma 3-quinquies nell’articolo 13 del decreto legge n. 112/2008 - demanda ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi d'intesa con il Ministro dell'interno, la disciplina delle modalità di certificazione dell’utilizzo dei contributi statali, a valere sul Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, di cui all’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008[101].

Le certificazioni relative ai contributi concessi in favore di enti pubblici e di soggetti privati sono trasmesse agli Uffici territoriali del Governo, i quali ne danno comunicazione alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.

 

Le certificazioni, definite secondo le modalità suddette, sostituiscono le relazioni conclusive e le certificazioni previste nei decreti ministeriali di attribuzione delle risorse, nonché il rendiconto annuale sui contributi straordinari assegnati agli enti locali, previsto dall’articolo 158 del T.U.E.L (D.Lgs. n. 267/2000).

 

Secondo la relazione illustrativa del decreto-legge in esame (A.S. 3184), la modifica introdotta è finalizzata ad "attribuire il riscontro della rendicontazione delle opere realizzate ad organi che, per la vicinanza territoriale ai soggetti beneficiari, possono assicurare la verifica del rispetto dei vincolo di destinazione cui soggiacciono i contributi". Si semplificano, inoltre, gli adempimenti a carico degli enti locali beneficiari, prevedendo un'unica certificazione in sostituzione del rendiconto annuale di cui all'articolo 158 del decreto legislativo n. 267 del 2000[102] e della relazione conclusiva prevista dai decreti ministeriali attuativi” di erogazione delle risorse.

 

Si rammenta che l’articolo 13, comma 3-quater, del decreto-legge n. 112 del 2008 ha istituito, presso il Ministero dell’economia e delle finanze, il Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, con una dotazione iniziale di 60 milioni di euro per il 2009, 30 milioni di euro per ciascun anno del biennio 2010-2011 e destinando le relative risorse alla concessione di contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori finalizzati al risanamento ed al recupero dell’ambiente e allo sviluppo economico dei territori stessi. Tale Fondo è stato successivamente rifinanziato, per gli anni considerati, da successivi interventi legislativi[103].

 

Da ultimo, si ricorda che l'articolo 33, comma 1, della legge n. 183 del 2011, tra l'altro, rifinanzia con 50 milioni di euro per l'anno 2013 il Fondo predetto e stabilisce che alla ripartizione della predetta quota e all'individuazione dei beneficiari si provvede con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, in coerenza con apposito atto di indirizzo delle Commissioni parlamentari competenti per i profili di carattere finanziario.

Si osserva che l’articolo 13, comma 3-quater riproduce, nella sostanza, le disposizioni recate dagli abrogati commi 28 e 29 dell’art. 1 della legge n. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005), le quali prevedevano contributi statali per il finanziamento di interventi diretti a tutelare l'ambiente e i beni culturali, da destinare ad enti da individuarsi con decreto ministeriale in coerenza con apposito atto di indirizzo parlamentare.

 

Quanto all'obbligo di rendicontazione da parte degli enti locali, si ricorda che l'articolo 158 del decreto legislativo n. 267 del 2000, prevede che il rendiconto dei contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali, - che documenta i risultati ottenuti anche in termini di efficienza ed efficacia dell'intervento – debba essere presentato all'amministrazione erogante entro il termine perentorio di sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del responsabile del servizio finanziario.

 

Il comma 25-bisreca una norma di interpretazione autentica del terzo periodo del comma 3-quater dell’articolo 13 del D.L. n. 112/2008, il quale indica le finalità del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, prevedendo che tale disposizione si interpreta nel senso che i contributi statali a valere sul Fondo sono concessi per interventi, realizzati o da realizzare da parte degli enti nei rispettivi territori.

 

Si rammenta che l’articolo 13, comma 3-quater, terzo periodo del decreto-legge n. 112 del 2008 prevede che a valere sulle risorse del Fondo sono concessi contributi statali per interventi realizzati dagli enti destinatari nei rispettivi territori per il risanamento e il recupero dell’ambiente e lo sviluppo economico dei territori stessi.


 

Articolo 9, commi 1-3
(Potenziamento dell'accertamento in materia doganale)

 


1. All'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«Le autorizzazioni per le richieste di cui ai numeri 6-bis) e 7) dell'articolo 51, secondo comma, del medesimo decreto sono rilasciate dal Direttore regionale o interregionale e, limitatamente alle province autonome di Trento e di Bolzano, dal Direttore provinciale.».

2. All'articolo 53 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, dopo il comma 8 è aggiunto il seguente:

«8-bis. I soggetti di cui al comma 1, lettera a), indicano tra gli elementi necessari per l'accertamento del debito d'imposta, richiesti per la compilazione della dichiarazione annuale, i consumi fatturati nell'anno con l'applicazione delle aliquote di accisa vigenti al momento della fornitura ai consumatori finali.».

3. Nel capo II del titolo III del libro VI del codice civile, dopo l'articolo 2783-bis è aggiunto il seguente:

«Art. 2783-ter (Crediti dello Stato attinenti alle risorse proprie tradizionali di pertinenza del bilancio generale dell'Unione europea). I crediti dello Stato attinenti alle risorse proprie tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione n. 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, di pertinenza del bilancio generale dell’Unione europea sono equiparati, ai fini dell'applicazione delle disposizioni del presente capo, ai crediti dello Stato per l'imposta sul valore aggiunto.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

L’articolo 9, ai commi da 1 a 3 reca disposizioni per il potenziamento dell’attività di accertamento doganale.

Analisi normativa

 

Le disposizioni recate all’articolo 9 intendono potenziare le procedure per l'accertamento in materia doganale.


In particolare, il comma 1 aggiunge un periodo al comma 4 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990, recante il riordino degli istituti doganali e la revisione delle procedure di accertamento e controllo, in attuazione delle direttive CEE sulle procedure di immissione in libera pratica delle merci nonché di esportazione delle merci comunitarie.

 

Il richiamato articolo 11, relativo alla revisione dell'accertamento e alle attribuzioni e poteri degli uffici doganali, al comma 4, nel testo previgente disponeva l’applicabilità all’amministrazione doganale delle disposizioni previste dall'art. 52, commi dal 4 al 10, del D.P.R. n. 633 del 1972, relativi alle modalità delle ispezioni e verifiche effettuate dall’Agenzia delle entrate (uffici IVA).

 

Il comma 1 novella il citato comma 4 con l’introduzione di un ulteriore periodo, attribuendo al direttore regionale o interregionale e, limitatamente alle province autonome di Trento e Bolzano, al direttore provinciale dell’Agenzia delle dogane, la facoltà di rilasciare le autorizzazioni per le richieste gli informazioni sul flusso dei rapporti finanziari e sui flussi di merci che sono disciplinate dall’articolo 51 delle disposizioni sull'IVA (D.P.R. n. 633 del 1972).

 

In particolare, l'articolo 51 definisce le attribuzioni e i poteri degli uffici IVA, mentre l'articolo 52 disciplina le modalità degli accessi, ispezioni e verifiche[104]. Secondo i numeri 6-bis e 7 del comma 2 dell'articolo 51, l'autorizzazione per procedere all'attività ispettiva sul flusso dei rapporti finanziari e sui flussi di merci, al fine di acquisire i necessari elementi di conoscenza dai soggetti che svolgono attività di intermediazione finanziaria o creditizia (banche, Poste italiane S.p.A., intermediari finanziari, imprese di investimento, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio e società fiduciarie, nazionali o stranieri), è rilasciata dal direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o dal Direttore regionale della stessa.

 

In sostanza, poiché precedentemente l’Agenzia delle dogane poteva chiedere informazioni agli intermediari finanziari soltanto nell’ambito dei controlli sugli elenchi riepilogativi INTRA (elenchi riepilogativi delle cessioni e degli acquisti intracomunitari), con la disposizione in esame anche con i controlli a posteriori l’Agenzia delle dogane può chiedere informazioni agli istituti di credito, Poste italiane e intermediari finanziari sul flusso dei rapporti finanziari e sui flussi di merci al fine di ricostruirne la provenienza e la destinazione.

 

Il comma 2 novella il decreto legislativo 504 del 1995 (testo unico sulle accise), inserendo all'articolo 53 il comma 8-bis, che individua i soggetti obbligati al pagamento dell'accisa sull'energia elettrica e stabilisce i relativi adempimenti.

 

Ad eccezione dei soggetti che versano anticipatamente l'imposta dovuta mediante canone di abbonamento annuale, gli altri soggetti, come individuati dai commi 1 e 2 dello stesso articolo 53, presentano una dichiarazione di consumo annuale contenente le indicazioni relative:

-        alla denominazione, alla sede legale, al codice fiscale, al numero di partita IVA, all'ubicazione dell'eventuale officina;

-        e a tutti gli elementi necessari per l'accertamento del debito d'imposta relativo ad ogni mese solare, nonché l'energia elettrica prodotta, prelevata o immessa nella rete di distribuzione (comma 8).

 

Con il nuovo comma 8-bis i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali (quindi i "venditori") dovranno indicare - fra gli elementi necessari all'accertamento del debito di imposta, ai fini della compilazione della dichiarazione annuale - i consumi fatturati nell'anno con applicazione delle aliquote di accisa vigenti al momento della fornitura ai consumatori finali.

 

La ratio della novella - si evince dalla relazione al disegno di legge di conversione (A.S. 3184) - è di dirimere i dubbi interpretativi sorti a seguito della liberalizzazione del mercato elettrico che ha comportato la separazione fra attività di vendita e attività di distribuzione.

 

Il comma 3 inserisce nel codice civile l'articolo 2783-ter, il quale equipara - ai fini dell'applicazione delle disposizioni sull'ordine dei privilegi - i crediti dello Stato attinenti alle risorse proprie tradizionali iscritte nelbilancio generale dell'Unione europea ed elencati nell'articolo 2, comma 1, lettera a), della Decisione n. 2007/436/CE/Euratom, ai crediti dello Stato per l'IVA.

 

Più precisamente di tratta dei:

-        prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi,

-        dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni delle Comunità sugli scambi con paesi terzi,

-        dazi doganali sui prodotti che rientrano nell'ambito di applicazione del trattato, ormai scaduto, che istituisce la Comunità europea del carbone e dell'acciaio,

-        nonché contributi e altri dazi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero.

La novella recepisce - secondo quanto illustrato nella relazione governativa - una sollecitazione più volte ribadita dalle istituzioni comunitarie.

 

Si ricorda che l'articolo 2783-bis del codice civile equipara i crediti derivanti dall'applicazione dei prelievi previsti dagli articoli 49 e 50 del Trattato istitutivo della Comunità europea del carbone e dell'acciaio, nonché dalle relative maggiorazioni di mora ai crediti dello Stato per l'IVA.


 

Articolo 9, commi da 3-bis a 3-sexies
(Riscossione delle risorse proprie tradizionali UE)

 


3-bis. Gli atti di accertamento emessi dall'Agenzia delle dogane ai fini della riscossione delle risorse proprie tradizionali di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettera a), della decisione 2007/436/CE/Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, immediatamente applicabili ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, e della connessa IVA all'importazione, diventano esecutivi decorsi dieci giorni dalla notifica e, oltre a contenere l'intimazione ad adempiere entro il termine di dieci giorni dalla ricezione dell'atto, devono anche espressamente recare l'avvertimento che, decorso il termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell'esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato. L'agente della riscossione, con raccomandata semplice spedita all'indirizzo presso il quale è stato notificato l'atto di accertamento, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione.

3-ter. L'agente della riscossione, sulla base del titolo esecutivo di cui al comma 3-bis, e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede all'espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo. Ai fini dell'espropriazione forzata l'esibizione dell'estratto dell'atto di cui al comma 3-bis, come trasmesso all'agente della riscossione con le modalità determinate con il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle dogane, di concerto con il Ragioniere generale dello Stato, previsto al comma 3-bis, tiene luogo a tutti gli effetti dell'esibizione dell'atto stesso in tutti i casi in cui l'agente della riscossione ne attesti la provenienza. Decorso un anno dalla notifica degli atti di cui al comma 3-bis, l'espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell'avviso di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602.

3-quater. A partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per il pagamento, le somme richieste con gli atti di cui al comma 3-bis sono maggiorate degli interessi di mora nella misura indicata dall'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. All'agente della riscossione spettano l'aggio, interamente a carico del debitore, ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, previsti dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

3-quinquies. Ai fini della procedura di riscossione contemplata dai commi da 3-bis a 3-sexies, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti indicati al comma 3-bis ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione secondo le disposizioni di cui ai commi da 3-bis a 3-sexies.

3-sexies. La dilazione del pagamento prevista dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, può essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione.



Sintesi ed effetti

 

I commi da 3-bis a 3-sexies, introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato, recano disposizioni volte ad accelerare la riscossione delle risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea. In particolare, gli atti di accertamento doganale emanati a tale scopo diventano esecutivi decorsi dieci giorni dalla loro notifica; le procedure di espropriazione forzata sono affidate agli agenti della riscossione. Si consente altresì l’accesso al beneficio della rateizzazione del quantum dovuto.

Analisi normativa

 

I commi da 3-bis a 3-sexies, introdotti durante l’esame del provvedimento al Senato, recano disposizioni volte all’accelerazione delle procedure di riscossione delle risorse proprie tradizionali dell’Unione Europea (indicate all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione del Consiglio n. 2007/436/CE/Euratom del 7 giugno 2007) e della relativa IVA all’importazione.

 

In estrema sintesi, si ricorda che il bilancio dell'UE è interamente finanziato da risorse proprie, distinte in tre grandi categorie: le “risorse proprie tradizionali”, la risorsa propria basata sull'imposta sul valore aggiunto (TVA) e quella basata sul reddito nazionale lordo (RNL)[105]. Altre entrate derivano, tra l'altro, dalle imposte pagate dai funzionari, dalle ammende imposte dalla Comunità alle imprese e dagli interessi di mora.

Le risorse proprie tradizionali consistono nei dazi della tariffa doganale comune e nei contributi previsti nell'ambito dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (i “contributi zucchero”).

Più dettagliatamente, si tratta delle risorse indicate dal richiamato articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della decisione del Consiglio n. 2007/436/CE/Euratom del 7 giugno 2007: prelievi, premi, importi supplementari o compensativi, importi o elementi aggiuntivi, dazi della tariffa doganale comune e altri dazi fissati o da fissare da parte delle istituzioni delle Comunità sugli scambi con paesi terzi, dazi doganali sui prodotti che rientrano nell’ambito di applicazione del trattato CECA (ormai scaduto), nonché contributi e altri dazi previsti nell’ambito dell’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero (par. 1, lettera a)).

Sul prelievo di tali risorse gli Stati membri trattengono, a titolo di spese di riscossione, il 25 per cento degli importi.

 

Ai sensi dell’articolo 8, comma 1 della decisione 436/2007, le risorse proprie tradizionali (di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera a)) sono riscosse dagli Stati membri ai sensi delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative nazionali, eventualmente adattate alle esigenze della normativa comunitaria.

 

Il comma 3-bisattribuisce anzitutto valore di titolo esecutivo agli atti di accertamento emessi dall’Agenzia delle Dogane, immediatamente applicabili ai sensi dell’articolo 16 del nuovo Codice Doganale Comunitario, e finalizzati alla riscossione delle risorse proprie tradizionali UE e della relativa IVA all’importazione, decorsi dieci giorni dalla notifica.

 

Ai sensi dell’articolo 16 del Regolamento n. 450/2008 (Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008, n. 450/2008, che istituisce il codice doganale comunitario - Codice doganale aggiornato), salvo quanto altrimenti disposto dalla normativa doganale, una decisione dell’autorità doganale riguardante l'applicazione della normativa deve essere adottata e notificata al richiedente al più presto e, comunque, entro quattro mesi dalla data in cui le autorità doganali hanno ricevuto tutte le informazioni richieste per poter decidere. Salvo quanto altrimenti specificato dalla decisione o dalla normativa doganale, la decisione ha efficacia a decorrere dalla data in cui il richiedente la riceve o si ritiene l'abbia ricevuta. Prima di prendere una decisione che abbia conseguenze sfavorevoli per la persona o le persone a cui è destinata, le autorità doganali comunicano le motivazioni su cui intendono basare la decisione alla persona o persone interessate, cui è data la possibilità di esprimere il proprio punto di vista, entro un dato termine a decorrere dalla data della comunicazione: dopo la scadenza di detto termine, la decisione, motivata, è notificata nella debita forma alla persona interessata.

 

L’atto di accertamento deve contenere:

§      l'intimazione ad adempiere entro il termine di dieci giorni dalla ricezione dell'atto;

§      l'avvertimento che, decorso il termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione, anche ai fini dell'esecuzione forzata, con le modalità determinate con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Dogane, di concerto con il Ragioniere Generale dello Stato. Il medesimo provvedimento stabilisce (successivo comma 3-ter)anche le modalità di trasmissione dell’atto di accertamento all’agente della riscossione.

 

L'agente della riscossione, con raccomandata semplice spedita all'indirizzo presso il quale è stato notificato l'atto di accertamento, informa il debitore di aver preso in carico le somme per la riscossione.

 

Il comma 3-terprevede che l'agente della riscossione, sulla base del summenzionato titolo esecutivo, e senza la preventiva notifica della cartella di pagamento, procede all'espropriazione forzata con i poteri, le facoltà e le modalità previste dalle disposizioni che disciplinano la riscossione a mezzo ruolo.

 

La disciplina della riscossione a mezzo ruolo è contenuta negli articoli 45 e ss.gg. del D.P.R. n. 602 del 1973. In linea di principio, l’iscrizione a ruolo delle somme dovute dal contribuente (a titolo di imposta ed eventualmente di interessi e sanzioni) per legge ha valore di titolo esecutivo (articolo 49, comma 1 del DPR n. 602 del 1973).

Per quanto riguarda l’accelerazione della riscossione delle entrate tributarie erariali, si ricorda tuttavia che l’articolo 29, comma 1 del D.L. 78/2010 (come successivamente modificato nel tempo) ha introdotto nell’ordinamento l’istituto dell’accertamento esecutivo, volto a concentrare le fasi dell’accertamento e della riscossione. La relativa disciplina concerne gli avvisi di accertamento emessi, ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP, a partire dal 1° ottobre 2011 e relativi ai periodi d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2007 e successivi.

Tali avvisi devono contenere l'intimazione ad adempiere all'obbligo di pagamento degli importi negli stessi indicati e diventano esecutivi decorsi sessanta giorni dalla notifica e devono espressamente recare l'avvertimento che, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, la riscossione delle somme richieste, in deroga alle disposizioni in materia di iscrizione a ruolo, è affidata in carico agli agenti della riscossione anche ai fini dell'esecuzione forzata

 

Ai fini dell'espropriazione forzata, l'esibizione dell'estratto dell'atto di accertamento, come trasmesso all'agente della riscossione, tiene luogo a tutti gli effetti dell'esibizione dell'atto stesso, in tutti i casi in cui l'agente della riscossione ne attesti la provenienza.

Decorso un anno dalla notifica degli atti di accertamento emanati secondo le norme introdotte, l'espropriazione forzata è preceduta dalla notifica dell'avviso “di cui all'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602”.

In assenza di ulteriori precisazioni da parte della disposizione e stante l’esecutività degli atti di accertamento disciplinata dal precedente comma 3-bis, la norma sembra riferirsi all’ipotesi (articolo 50, comma secondo del DPR n. 602 del 1973) in cui l'espropriazione non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, nel qual caso l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo entro cinque giorni.

 

Il comma 3-quaterdispone che, a partire dal primo giorno successivo al termine ultimo per il pagamento, le somme richieste con gli atti di accertamento siano maggiorate degli interessi di mora nella misura fissata, ai sensi dell’articolo 30 del citato D.P.R. n. 6072 del 1973, con provvedimento di rango secondario.

 

L’Agenzia delle Entrate, con il provvedimento del 22 giugno 2011, ha fissato la misura degli interessi di mora per ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo nella misura del 5,0243 per cento annuo.

 

All'agente della riscossione spettano l'aggio, interamente a carico del debitore, ed il rimborso delle spese relative alle procedure esecutive, previsti dall'articolo 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112.

 

Al riguardo si rammenta che l’articolo 10, commi da 13-quater a 13-septies del D. L. n. 201 del 2011 ha operato un complessivo riassetto del sistema della remunerazione degli agenti della riscossione, che sostituisce il vigente sistema di remunerazione mediante aggio con l’attribuzione agli agenti della riscossione di un rimborso dei costi fissi risultanti dal bilancio certificato. Il nuovo sistema si applicherà dal momento di entrata in vigore delle relative norme di attuazione.

 

Il comma 3-quinquies precisa che, ai fini della procedura di riscossione accelerata introdotta dalle norme supra commentate, i riferimenti contenuti in norme vigenti al ruolo ed alla cartella di pagamento si intendono effettuati agli atti di accertamento doganale indicati al comma 3-bis ed i riferimenti alle somme iscritte a ruolo si intendono effettuati alle somme affidate agli agenti della riscossione, secondo le disposizioni di cui ai commi 3-bis a 3-sexies.

 

Infine, il comma 3-sexiesconsente di avvalersi del beneficio della rateizzazione delle somme dovute (prevista dall'articolo 19 del citato DPR n. 602 del 1973, come modificato dall’articolo 1 del provvedimento in esame, alla cui scheda di lettura si rinvia per approfondimenti) può essere concessa solo dopo l'affidamento del carico all'agente della riscossione.

 

Il richiamato articolo 19 del DPR n. 602 del 1973 prevede che, previa richiesta del contribuente, l’agente della riscossione possa concedere, nelle ipotesi di temporanea situazione di obiettiva difficoltà del debitore, la dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo in un numero massimo di settantadue rate mensili. L’articolo 1 del provvedimento in esame rende possibile per il contribuente chiedere una rateazione “flessibile” delle somme iscritte a ruolo - ovvero secondo rate variabili, di importo crescente per ciascun anno - sia nel caso di primo accesso al beneficio, sia nel caso di proroga di una dilazione già concessa.


 

Articolo 10, comma 1
(Operazioni di gioco a fini di controllo)

 


1. L'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è autorizzata a costituire, avvalendosi di risorse proprie, un fondo destinato alle operazioni di gioco a fini di controllo, di importo non superiore a 100.000 euro annui. Con decreto del Direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è costituito il fondo e disciplinato il relativo utilizzo. Gli appartenenti all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato sono autorizzati ad effettuare operazioni di gioco presso locali in cui si effettuano scommesse o sono installati apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a) o b), del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori. Per effettuare le medesime operazioni di gioco, la disposizione del precedente periodo si applica altresì al personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza, il quale, ai fini dell'utilizzo del fondo previsto dal presente comma, agisce previo concerto con le competenti strutture dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, dal Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno, della giustizia e della difesa, sono disciplinate, nel rispetto di quanto disposto dagli articoli 51 del codice penale e 9 della legge 16 marzo 2006 n. 146, in quanto compatibili, le modalità dispositive sulla base delle quali il predetto personale impegnato nelle attività di cui al presente comma può effettuare le operazioni di gioco. Eventuali vincite conseguite dal predetto personale nell'esercizio delle attività di cui al presente comma sono riversate al fondo di cui al primo periodo.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 1 autorizza il personale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) e delle forze di polizia, utilizzando denaro attinto da un apposito fondo, ad effettuare operazioni di gioco presso locali in cui si effettuano scommesse o sono installati apparecchi da intrattenimento.


Analisi normativa

 

Il comma 1 autorizzal'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) a costituire, avvalendosi di risorse proprie, un fondo – con una dotazione non superiore a 100.000 euro annui - destinato ad effettuare da parte del personale AAMS operazioni di gioco presso locali in cui si effettuano scommesse o sono installati apparecchi da gioco con vincita in denaro (c.d. newslot e VLT – videolottery, indicati all’articolo 110, comma 6, lett. a) e b), del R.D. n. 773/1931) al solo fine di verificare eventuali violazioni in materia di gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori[106].

 

Le risorse del fondo possono essere utilizzate per le medesime finalità - previo concerto con le competenti strutture dell’AAMS – anche dal personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri, del Corpo della Guardia di finanza.

 

Con decreto del Direttore generale dell'AAMS è costituito il fondo e disciplinato il relativo utilizzo.

 

Con ulteriore decreto ministeriale (regolamento art. 17, co. 3, legge n. 400/1988), su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno, della giustizia e della difesa, sono disciplinate, nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 51 del codice penale e dall’articolo 9 della legge 16 marzo 2006, n. 146, in quanto compatibili, le modalità dispositive sulla base delle quali il predetto personale può effettuare le operazioni di gioco. Le eventuali vincite così conseguite sono riversate sul citato fondo.

 

Trattandosi di attività espletate al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine alle eventuali violazioni in materia di gioco pubblico, ivi comprese quelle relative al divieto di gioco dei minori, la relativa disciplina - che sarà emanata con regolamento, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno, della giustizia e della difesa - non potrà discostarsi da quanto previsto, in ordine alle cause di giustificazione esistenti per gli "agenti sotto copertura", dagli articoli 51 del codice penale[107] e 9 della legge n. 146 del 2006[108].

Si rammenta che le attività sotto copertura hanno ricevuto una recente disciplina unitaria, ai sensi dell'articolo 8 della legge 13 agosto 2010, n. 136, e che la giurisprudenza sostiene che, col "prevedere attività di agente provocatore svolte sotto copertura per combattere gravissimi delitti, tassativamente indicati", si opera mediante "norme eccezionali, che vanno interpretate restrittivamente, e che non possono estendersi oltre i casi espressamente indicati"[109].


 

Articolo 10, comma 2
(Potenziamento dell’accertamento in materia di giochi)

 


2. In considerazione dei particolari interessi coinvolti nel settore dei giochi pubblici e per contrastare efficacemente il pericolo di infiltrazioni criminali nel medesimo settore, sono introdotte le seguenti modificazioni:

a) nel comma 3-bis dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La documentazione di cui al periodo precedente deve riferirsi anche al coniuge non separato »;

a-bis) all'articolo 24 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Al fine di garantire obiettivi di massima trasparenza, e per una più efficace e tempestiva verifica degli adempimenti cui ciascun soggetto è tenuto, è fatto obbligo a tutte le figure a vario titolo operanti nella filiera del sistema gioco di effettuare ogni tipo di versamento senza utilizzo di moneta contante e con modalità che assicurino la tracciabilità di ogni pagamento»;

b) all'articolo 24, comma 25, primo periodo, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo la parola: «rinnovo» sono inserite le seguenti: «o il mantenimento» e dopo le parole «dagli articoli» sono inserite le seguenti: «2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e dagli articoli 314, 316, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 323, » e dopo le parole: «416-bis, » è inserita la seguente: «644,»; nello stesso comma 25 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il divieto di partecipazione a gare o di rilascio o rinnovo o mantenimento delle concessioni di cui ai periodi precedenti opera anche nel caso in cui la condanna, ovvero l'imputazione o la condizione di indagato sia riferita al coniuge non separato ».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 2 reca disposizioni volte ad estendere l’ambito di applicazione soggettiva delle disposizioni in tema di certificazione antimafia e di divieto di partecipazione a gare e di rilascio o mantenimento di concessioni in materia di giochi pubblici. Sono inserite ulteriori fattispecie delittuose tra quelle che inibiscono la partecipazione, rilascio o mantenimento di concessioni di giochi pubblici. Inoltre viene fatto obbligo a tutte le figure a vario titolo operanti nella “filiera” del sistema gioco di effettuare ogni tipo di versamento senza utilizzo di moneta contante e con modalità che assicurino la tracciabilità di ogni pagamento.


Analisi normativa

 

Comma 2, lettera a) - Documentazione antimafia per il settore dei giochi

 

Novellando il comma 3-bis dell'articolo 2 del D.P.R. n. 252 del 1998 – introdotto dall’articolo 24, comma 24, del D.L. n. 98 del 2011 – la lettera a) del comma 2 estende l’applicazione della “documentazione antimafia” anche al coniuge non separato[110] del legale rappresentante e degli eventuali componenti dell'organo di amministrazione della società-socia, delle persone fisiche che, direttamente o indirettamente, controllano tale società, nonché dei direttori generali e dei soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, nel caso di detenzione in misura superiore al 2 % della partecipazione al capitale o al patrimonio di società di capitali concessionarie nel settore dei giochi pubblici attraverso altre società di capitali.

 

L'articolo 2 del D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia) concerne l’ambito dei soggetti nei cui confronti devono essere effettuati gli accertamenti antimafia anche con riferimento alla materia dei giochi pubblici. In particolare, il comma 3-bis prevede che, nel caso di società di capitali concessionarie nel settore dei giochi pubblici, la documentazione concernente i “requisiti antimafia” prevista dal regolamento stesso, debba essere riferita anche ai soci persone fisiche che detengono, anche indirettamente, una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 2%, nonché ai direttori generali e ai soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

L’ultimo periodo del comma 3-bis specifica che nell'ipotesi in cui i soci persone fisiche detengano la partecipazione superiore alla predetta soglia mediante altre società di capitali, la documentazione deve riferirsi anche al legale rappresentante e agli eventuali componenti dell'organo di amministrazione della società socia, alle persone fisiche che, direttamente o indirettamente, controllano tale società, nonché ai direttori generali e ai soggetti responsabili delle sedi secondarie o delle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

 

In sostanza il legislatore prosegue quell'evoluzione legislativa che - a fronte delle critiche espresse sulla formulazione dell'articolo 1 commi 77-79, della legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010), - appariva limitarsi a richiedere una verifica della solidità patrimoniale delle concessionarie[111] - aveva, con visto il comma 24 dell’articolo 24 del D.L. n. 98 del 2011, introdotto un ulteriore requisito certificatorio antimafia per determinati soggetti delle società di capitali concessionarie nel settore dei giochi pubblici e che, con la disposizione in esame, tale documentazione precedente deve riferirsi anche al coniuge dei soggetti ivi indicati.

 

 

Comma 2, lettera a-bis) – Divieto di versamenti in contante

 

Il Senato ha introdotto la lettera a)-bis, in virtù della quale, mediante l’inserimento di un comma 1-bis all’articolo 24 del decreto-legge n. 98 del 2011, viene fatto obbligo a tutte le figure a vario titolo operanti nella “filiera” del sistema gioco di effettuare ogni tipo di versamento senza utilizzo di moneta contante e con modalità che assicurino la tracciabilità di ogni pagamento.

 

Si ricorda che il comma 1 dell’articolo 24 del decreto-legge n. 98 del 2011 prevede che l’AAMS, avvalendosi di procedure automatizzate, proceda alla liquidazione dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse (D.Lgs. n. 504/1998) ed al controllo della tempestività e della rispondenza rispetto ai versamenti effettuati dai concessionari abilitati alla raccolta dei giochi sulla base delle informazioni residenti nella banca dati del Ministero dell'economia e delle finanze prevista dall'articolo 2 del D.P.R. n. 66 del 2002.

 

 

Comma 2, lettera b) - Divieto di partecipazione a gare e di rilascio o mantenimento di concessioni in materia di giochi pubblici

 

La disposizione in esame novella il comma 25 dell’articolo 24 del D.L. n. 98 del 2011 in tema di divieti di partecipazione a gare e di rilascio di concessioni in materia di giochi pubblici.

 

Il richiamato comma 25 non consente la partecipazione a gare né il rilascio o rinnovo di concessioni in materia di giochi pubblici al soggetto il cui titolare o il rappresentante legale risulti condannato anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato o indagato per reati di associazione a delinquere (art. 416 c.p.), mafia (art. 416-bis c.p.), ricettazione (art. 648 c.p.), riciclaggio (art. 648-bis c.p.) o impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter c.p.) ovvero, se commesso all’estero, per un delitto di criminalità organizzata o di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche condannate, imputate o indagate, per uno dei predetti delitti.

 

Il comma in esame, in primis, novella il testo prevedendo anche la perdita (testualmente “ottenere il mantenimento”) della concessioni in materia di giochi pubbliciove il titolare o il rappresentante legale del concessionario risulti condannato anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato o indagato per determinati reati.

 

Per quanto riguarda le fattispecie delittuose considerate ai fini della esclusione dal partecipare a gare o a procedure ad evidenza pubblica e dall’ottenere il rilascio o rinnovo o il mantenimentodi concessioni in materia di giochi pubblici, oltre ai reati già previsti riferiti agli articoli 416, 416-bis, 648, 648-bis e 648-ter del codice penale, il comma in esame aggiunge quelli di peculato (art. 314), peculato mediante profitto dell'errore altrui (art. 316), concussione (art. 317), corruzione per atti d’ufficio (art. 318), corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319), corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter), corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio (art. 320), pene per il corruttore (art. 321), istigazione alla corruzione (art. 322), abuso d’ufficio (art. 323) e usura (art. 644), nonché di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (rispettivamente, articolo 2 e articolo 3 del decreto legislativo n. 74 del 2000, recante “Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”).

 

Inoltre la disposizione estende il divieto di partecipazione a gare o di rilascio o rinnovo o il mantenimento delle concessionianche nel caso in cui la condanna, ovvero l’imputazione o la condizione di indagato sia riferita al coniuge non separato[112].

 


 

Articolo 24, comma 25, D.L. n. 98 del 2011

Testo previgente

Testo modificato dal D.L. n. 16

25. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, non può partecipare a gare o a procedure ad evidenza pubblica né ottenere il rilascio o rinnovo di concessioni in materia di giochi pubblici il soggetto il cui titolare o il rappresentante legale o negoziale ovvero il direttore generale o il soggetto responsabile di sede secondaria o di stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato o indagato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 416, 416-bis, 648, 648-bis e 648-ter del codice penale ovvero, se commesso all'estero, per un delitto di criminalità organizzata o di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato, anche indirettamente, in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche che risultino condannate, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputate o indagate, per uno dei predetti delitti.

25. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e dall'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252, non può partecipare a gare o a procedure ad evidenza pubblica né ottenere il rilascio o rinnovo o il mantenimento di concessioni in materia di giochi pubblici il soggetto il cui titolare o il rappresentante legale o negoziale ovvero il direttore generale o il soggetto responsabile di sede secondaria o di stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti, risulti condannato, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato o indagato, per uno dei delitti previsti dagli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 e dagli articoli 314, 316, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 323 416, 416-bis, 644, 648, 648-bis e 648-ter del codice penale ovvero, se commesso all'estero, per un delitto di criminalità organizzata o di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite. Il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato, anche indirettamente, in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche che risultino condannate, anche con sentenza non definitiva, ovvero imputate o indagate, per uno dei predetti delitti. Il divieto di partecipazione a gare o di rilascio o rinnovo o il mantenimento delle concessioni di cui ai periodi precedenti opera anche nel caso in cui la condanna, ovvero l’imputazione o la condizione di indagato sia riferita al coniuge.

 


 

Articolo 10, commi 3-7
(Misure per la razionalizzazione e l’efficientamento delle scommesse ippiche e per il rilancio del settore ippico)

 


3. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede ad apportare le occorrenti modificazioni e integrazioni al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169, al fine di:

a) razionalizzare e rilanciare il settore dell'ippica;

b) assicurare la trasparenza e la regolarità dello svolgimento delle competizioni ippiche;

c) improntare l'organizzazione e la gestione dei giochi a criteri di efficienza ed economicità, nonché la scelta dei concessionari secondo criteri di trasparenza ed in conformità alle disposizioni, anche comunitarie;

d) assicurare il coordinamento tra il Ministero dell'economia e delle finanze ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

e) operare una ripartizione dei proventi al netto delle imposte tale da garantire l'espletamento dei compiti istituzionali dell'ASSI;

f) realizzare un sistema organico di misure volte alla promozione della salute e del benessere del cavallo.

4. A decorrere dal 1o febbraio 2012, la posta unitaria minima di gioco per le scommesse sulle corse dei cavalli è stabilita tra 5 centesimi e un euro e l'importo minimo per ogni biglietto giocato non può essere inferiore a due euro. Il predetto importo può essere modificato, in funzione dell'andamento della raccolta delle formule di scommesse ippiche, con provvedimento del Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

5. Al fine di perseguire maggiore efficienza ed economicità dell'azione nei settori di competenza, il Ministero dell'economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e l'Agenzia per lo sviluppo del settore ippico – ASSI, procedono alla definizione, anche in via transattiva, sentiti i competenti organi, con abbandono di ogni controversia pendente, di tutti i rapporti controversi nelle correlate materie e secondo i criteri di seguito indicati:

a) relativamente alle spese per il totalizzatore nazionale per la gestione delle scommesse ippiche annualmente documentate da Sogei S.p.a., a decorrere dal 1o gennaio 2012, la ripartizione al 50 per cento ad AAMS e al 50 per cento ad ASSI. Le medesime spese, sostenute fino al 31 dicembre 2011, restano in capo ad AAMS. Per l'effetto, l'ASSI è autorizzata a destinare le somme accantonate in bilancio al 31 dicembre 2011 per le finalità di finanziamento del monte premi delle corse, di cui all'articolo 1, comma 281, della legge 30 dicembre 2004, n. 311;

b) relativamente alle quote di prelievo di cui all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169 ed alle relative integrazioni, definizione, in via equitativa, di una riduzione non superiore al 5 per cento delle somme ancora dovute dai concessionari di cui al citato decreto del Presidente della Repubblica n. 169 del 1998 con individuazione delle modalità di versamento delle relative somme e adeguamento delle garanzie fideiussorie. Conseguentemente, all'articolo 38, comma 4, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, la lettera l) è soppressa.

6. Nell'ambito delle disponibilità del Ministero delle politiche agricole, alimentari


e forestali ai sensi dell'articolo 30, comma 8-quater, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il predetto Ministero destina, per l'anno 2012, la somma di 3 milioni di euro per un programma di comunicazione per il rilancio dell'ippica.

7. Nel rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, l'Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A. può intervenire finanziariamente, nell'ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati, secondo le modalità definite con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 3 affida ad un regolamento la revisione del D.P.R. 169/1998, di disciplina dei giochi e delle scommesse relative alle corse ai cavalli, individuando le finalità alle quali attenersi nell’opera di riordino.

Il comma 4 indica l’importo della posta unitaria minima di gioco per le scommesse sulle corse dei cavalli in 5 centesimi.

Il comma 5 prevede che vengano definiti in via transattiva tutti i rapporti controversi tra Ministero dell’economia e finanze, Ministero delle politiche agricole e Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, nelle materie riguardanti la gestione dei proventi e delle spese legate al settore ippico, definendo appositi criteri relativi alle spese e alle quote di prelievo dovute dai concessionari.

Il comma 6 prevede che siano destinati, per l’anno 2012 e nell’ambito delle disponibilità finanziarie del Ministero delle politiche agricole, 3 milioni di euro per un programma di comunicazione per il rilancio dell’ippica.

Il comma 7 consente all’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A., di intervenire finanziariamente in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati.

Analisi normativa

 

Il comma 3 prevede che con regolamento venga modificato il D.P.R. 169/1998, recante la disciplina organizzativa, funzionale e fiscale dei giochi e delle scommesse relativi alle corse dei cavalli, nonché il relativo riparto dei proventi, al fine di:


§      rilanciare il settore dell’ippica, che da ultimo registra una diminuzione del numero delle scommesse;

§      organizzare la gestione dei giochi secondo efficienza ed economicità;

§      prevedere criteri trasparenti e conformi al diritto europeo per la scelta dei concessionari;

§      assicurare il coordinamento tra il Ministero dell’economia e delle finanze ed il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;

§      garantire una ripartizione delle risorse che consenta all’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico lo svolgimento dei propri compiti;

§      prevedere misure organiche per la promozione della salute e del benessere del cavallo.

 

Ai sensi del D.P.R. 8 aprile 1998, n. 169, l'UNIRE[113], oggi soppresso e trasformato in Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI) dall'articolo 14, comma 28 del decreto-legge n. 98/2011, destina annualmente quote adeguate dei proventi derivati dalle scommesse, al perseguimento delle proprie finalità con particolare riferimento a:

-        sostegno dell'allevamento e dell'impiego del cavallo italiano da sella e da corsa e della selezione degli stessi;

-        incentivazione di piani occupazionali, volti a favorire l'avviamento al lavoro e la formazione professionale, con particolare riguardo alla verifica dell'applicazione dei contratti collettivi nazionali del settore ed all'introduzione di meccanismi di disincentivazione dei ricorso al lavoro irregolare ed all'evasione contributiva;

-        iniziative previdenziali ed assistenziali in favore dei fantini, dei guidatori, degli allenatori e degli artieri;

-        finanziamento degli ippodromi per la gestione e il miglioramento degli impianti, per i servizi relativi alla organizzazione delle corse e remunerazione per l'utilizzo delle immagini delle corse ai fini della raccolta esterna delle scommesse;

-        costituzione e miglioramento di centri di allenamento ippico polifunzionale e di allevamento;

-        realizzazione di strutture veterinarie interne ed esterne agli ippodromi;

-        ricerca scientifica nel settore del l'allevamento, dell'allenamento e dell'antidoping;

-        controllo della regolarità di tutte le attività relative alle corse;

-        promozione dell'attività ippica;

-        formazione e qualificazione professionale degli addetti al settore.

 

Il comma 4 indica l’importo della posta unitaria minima di gioco per le scommesse sulle corse dei cavalli in 5 centesimi, fermo restando che l’importo minimo per ogni biglietto giocato non possa essere inferiore a due euro.

Si osserva che nella formulazione del testo il valore è stabilito “tra 5 centesimi e un euro”, cioè vengono indicati un valore minimo e uno massimo, quando si fa riferimento ad una posta unitaria “minima”.

 

Si prevede che tale disposizione abbia efficacia dal 1° febbraio 2012, cioè un mese prima dell’emanazione del decreto-legge stesso (2 marzo 2012).

Al riguardo sembrerebbe tale termine frutto di un refuso proveniente da una precedente formulazione del testo.

 

Nel sistema delle scommesse, e in particolar modo per quelle ippiche, il valore della posta unitaria non è uniforme. Ad esempio, il comma 1, lettera g), dell’articolo 12 del D.L. n. 39 del 2009 ne fissa l’importo in 50 centesimi, mentre il decreto direttoriale AAMS 28 dicembre 2009 lo indica in 25 centesimi solo per le scommesse a quota fissa sistemistiche. Il valore della posta unitaria ha un impatto diretto sulla tipologia di scommessa: ad esempio, nelle scommesse a sistema - trattandosi non di una singola posta, ma di una combinazione - il costo per il giocatore finirebbe con il rivelarsi oneroso e pertanto un valore della posta basso favorirebbe questa tipologia di scommessa.

 

Come riportato nella relazione al disegno di legge di conversione (A.S. 3184) l’intervento “è finalizzato a rendere più accattivante il prodotto scommessa ippica, offrendo al giocatore la possibilità di variare maggiormente la sua posta di gioco”.

 

Il secondo periodo del comma 4 stabilisce cheilpredetto importo” possa essere modificato, in funzione dell’andamento della raccolta delle formule di scommesse ippiche, con provvedimento del Ministero dell’economia e delle finanze – A.A.M.S., di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

In base ad una lettura testuale sembrerebbe che il “predetto importo” debba essere riferito all’importo di due euro. Tuttavia potrebbe essere anche riferito alla posta unitaria minima, in quanto la norma non indica con quale atto viene definito il valore “base” della posta.

 

Il comma 5 prevede che vengano definiti in via transattiva tutti i rapporti controversi tra Ministero dell’economia e finanze, Ministero delle politiche agricole e Agenzia per lo sviluppo del settore ippico (ASSI), nelle materie riguardanti la gestione dei proventi e delle spese legate al settore ippico.

I criteri che dovranno essere seguiti prevedono che:

§      a decorrere dal 1° gennaio 2010 le spese per il totalizzatore nazionale per la gestione delle scommesse ippiche sono ripartite al 50% tra l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e l’Agenzia per lo sviluppo del settore ippico, mentre fino al 31 dicembre 2011 sono poste interamente a carico della prima amministrazione. Le somme accantonate dall’ASSI in bilancio al 31 dicembre 2011 per tale finalità potranno essere utilizzate per il finanziamento del monte premi delle corse;

§      relativamente alle quote di prelievo sull’introito lordo delle scommesse, dovrà essere definita una riduzione non superiore al 5 % delle somme ancora dovute dai concessionari, individuando le modalità di versamento delle relative somme e l’adeguamento delle garanzie fideiussorie. Conseguentemente viene abrogata la lettera l) del comma 4 del D.L. n. 223/2006 che prevedeva come criterio per la definizione dei provvedimenti di contrasto al gioco irregolare la “definizione delle modalità di salvaguardia dei concessionari della raccolta di scommesse ippiche disciplinate dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 aprile 1998, n. 169”.

La relazione tecnica (A.S. 3184) precisa che la norma si propone di porre fine alle questioni relative alle vicende del c.d. “minimi garantiti” per le quali esistono diverse pronunce di lodo arbitrale, sfavorevoli all’amministrazione pubblica e per le quali è stato proposto appello.

 

Il comma 6 prevede che siano destinati, per l’anno 2012 e nell’ambito delle disponibilità finanziarie del Ministero delle politiche agricole, 3 milioni di euro per un programma di comunicazione per il rilancio dell’ippica. Tale somma viene prelevata dalla somma aggiuntiva di 14,8 milioni di euro che era nelle disponibilità del Ministero delle politiche agricole e forestali per le attività di sua competenza.

Il comma 7 consente all’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) S.p.A., nel rispetto delle norme comunitarie in materia di aiuti di Stato, di intervenire finanziariamente, nell’ambito del capitale disponibile, in programmi di sviluppo del settore ippico presentati da soggetti privati, secondo le modalità che saranno definite con decreto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

 

L’Istituto per lo sviluppo agroalimentare (ISA) opera come finanziaria per il settore agricolo, agro-industriale e agroalimentare, ed è stata istituita nell’ottobre 2004 allo scopo di subentrare nelle attività allora svolte nel settore da Sviluppo Italia. Interamente partecipata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ISA promuove progetti di sviluppo agroindustriale, può assumere partecipazioni in società operanti in agricoltura e nell’agro-alimentare, e può prestare assistenza e consulenza nel settore finanziario ad aziende e enti pubblici e privati. La legge di stabilità 2012 ha previsto che l’Istituto versi all’entrata del bilancio dello Stato, 32,4 milioni di euro entro il 31 gennaio 2012, 9,2 milioni di euro entro il 31 gennaio 2013 e 9,2 milioni di euro entro il 31 gennaio 2014.

Si ricorda, infine, che il decreto-legge n.1/2012 ha previsto all’ articolo 63 che ISA possa erogare prestiti agevolati utilizzando, nel limite di 5 milioni di euro annui per il triennio, le risorse finanziarie rientranti dei prestiti agevolati erogati per conto del MIPAAF. La norma consentirà l’attivazione di un volume di investimenti nel settore agroalimentare quantificabile in 250-300 milioni di euro.


 

Articolo 10, comma 8
(Giochi di sorte legati al consumo)

 

8. All'articolo 12, comma 1, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 giugno 2009, n. 77, la lettera p) è soppressa.

 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 8 sopprime la facoltà per l’AAMS di attivare nuovi giochi di sorte legati al consumo.

Analisi normativa

 

Il comma 8 sopprime la lettera p) del comma 1, dell’articolo 12 del D.L. n. 39 del 2009 (c.d. decreto-legge terremoto Abruzzo).

 

L’articolo 12 richiamato, al fine di assicurare maggiori entrate non inferiori a 500 milioni di euro annui a decorrere dal 2009, prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS) possa con propri decreti dirigenziali effettuare una serie di attività in materia di giochi. In particolare, la richiamata lettera p) considera l'attivazione di nuovi giochi di sorte legati al consumo.

 

Si segnala, peraltro, che l’articolo 4 decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 12 ottobre 2011 (Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 14 novembre 2011, n. 265) – attuativo dell’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 138 del 2011, prevede che entro il 31 marzo 2012 sia avviata la gara per l'affidamento della concessione relativa ai giochi di sorte legati al consumo di cui all'articolo 12, comma 1, lettera p) del D.L. n. 39 del 2009.

La relazione tecnica al disegno di legge di conversione del D.L. n. 39 del 2009 (A.S. 1534) sottolineava che “tali giochi, che si effettueranno presso le casse degli esercizi commerciali all'atto di un qualunque acquisto, potrebbero essere offerti ad esempio attraverso una sorta di «lotteria da supermercato», consistente nella possibilità per il giocatore di utilizzare il resto corrisposto alla cassa per sfidare la sorte. Tali giochi - prosegue la relazione - avrebbero il duplice vantaggio di richiedere al consumatore un limitato impegno di spesa (con conseguente potenziale aumento delle giocate) e di "favorire la diffusione del messaggio di gioco legale, sicuro e responsabile, con un ulteriore strumento volto a contrastare la ghettizzazione dei giocatori".

 

Si ricorda che in materia di giochi di sorte legati al consumo è stato emanato il D.M. 20 settembre 2005, n. 249, recante " Regolamento concernente la disciplina dei giochi di sorte legati al consumo".

In estrema sintesi, il gioco di sorte legato al consumo è raccolto esclusivamente presso i punti vendita individuati da idonei contrassegni esterni definiti con provvedimenti di AAMS, i cui titolari abbiano sottoscritto apposito accordo con un concessionario e dotati di terminali di gioco.

Si tratta di giochi in cui l'individuazione del biglietto virtuale vincente avviene attraverso meccanismi di estrazione casuale; le estrazioni casuali possono essere, alternativamente, effettuate antecedentemente all'acquisto del biglietto da parte del giocatore (gioco di sorte con vincite predeterminate), ovvero successivamente all'acquisto del biglietto (gioco di sorte con vincita determinata successivamente alla giocata accettata).

Il prezzo del biglietto virtuale è stabilito con il provvedimento di AAMS. L'importo del singolo biglietto virtuale non può, in ogni caso, essere inferiore ad un centesimo di euro e non può essere superiore a 5 euro.

L'importo di ciascun biglietto virtuale è ripartito secondo le seguenti percentuali:

a)    aggio riconosciuto al titolare, 8 per cento;

b)    contributo alle spese di gestione di AAMS, 2,5 per cento;

c)    compenso al concessionario, 4,5 per cento;

d)    prelievo erariale unico, 30 per cento;

e)    disponibile a vincite, 55 per cento.


 

Articolo 10, commi da 9 a 9-quater
(Norme in materia di giochi)

 


9. Le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare le maggiori entrate di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono quelle di cui al decreto del direttore generale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 12 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 265 del 14 novembre 2011. Conseguentemente, nel predetto decreto direttoriale:

a) all'articolo 2, commi 1, 2 e 3, le parole: «31 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «1o settembre»;

b) all'articolo 3, commi 1 e 2, le parole: «31 dicembre» sono sostituite dalle seguenti: «1o luglio»;

c) all'articolo 5, comma 3, dopo le parole: «I prelievi sulle vincite di cui al comma 1» sono inserite le seguenti: «, a decorrere dal 1o settembre 2012,».

9-bis. Al fine di rendere la legislazione nazionale pienamente coerente con quella degli altri Paesi che concorrono in ambito europeo alla realizzazione della nuova formula di gioco, all'articolo 24, comma 40, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) un nuovo concorso numerico da svolgersi, tramite il relativo concessionario, in ambito europeo, con giocata minima fissata a 2 euro, con destinazione del 38 per cento della raccolta nazionale ad imposta e con destinazione a montepremi del 50 per cento della raccolta nonché delle vincite, pari o superiori a 10 milioni di euro, non riscosse nei termini di decadenza previsti dal regolamento di gioco».

9-ter. Nell'articolo 135, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, è aggiunta la seguente lettera:

«q-quater) le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro e quelli emessi dall'Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

9-quater. La disposizione di cui all'articolo 2, comma 2, primo periodo, del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, si interpreta nel senso che la stessa trova applicazione nei riguardi delle concessioni pubbliche statali i cui bandi di gara siano stati pubblicati successivamente alla data di entrata in vigore della predetta legge n. 73 del 2010.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 9 reca una disposizione volta a consolidare gli effetti delle entrate da giochi previste dal decreto-legge n. 138 del 2011.


Il comma 9-bisallinea la normativa italiana con quella degli altri paesi che concorrono in ambito europeo alla realizzazione della nuova formula di gioco.

Il comma 9-ter ricomprende le controversie in materie di giochi tra quelle di competenza del TAR Lazio.

Il comma 9-quater reca una disposizione interpretativa circa l’applicazione della normativa sui bandi di gara relativi ai giochi.

Analisi normativa

 

Il comma 9 consente il consolidamento delle entrate da giochi, confermando con norma di rango primario il decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato 12 ottobre 2011, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana 14 novembre 2011, n. 265, che era stato impugnato e sospeso[114], in sede giurisdizionale, da una pluralità di concessionari. Il decreto, introducendo una serie di interventi incrementativi del prelievo in materia di giochi, nonché nuove formule di gioco, concorreva in modo preponderante ad assicurare, per il triennio 2012-2014, la previsione di maggiori entrate complessive per 1,5 miliardi di euro annui a decorrere dall’anno 2012[115].

 

L’articolo 2, comma 3, del D.L. n. 138 del 2011 aveva attribuito all'AAMS il compito di emanare con propri decreti, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto-legge stesso, disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate.

Con il decreto direttoriale AAMS 12 ottobre 2011 (G.U. n. 265 del 14 novembre 2011) sono stati individuati gli interventi in materia di giochi pubblici utili per assicurare le maggiori entrate previste dal citato articolo 2, comma 3, rinviando a successivi provvedimenti da adottare entro il 31 dicembre 2012 le disposizioni di dettaglio per la concreta applicazione delle disposizioni contenute nel decreto direttoriale stesso relativamente algioco del Lotto (art. 2), a nuove modalità dei giochi numerici a totalizzatore nazionale (art. 3).

In particolare l’articolo 5 del decreto direttoriale dispone la variazione della misura del prelievo erariale unico (PREU). In particolare la misura del prelievo sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del R.D. n. 773 del 1931 (c.d. videolotteryVLT), è variata, ai sensi del comma 1, come segue:

a)    a decorrere dal 1° gennaio 2012 si applica un prelievo del 4% sull'ammontare delle somme giocate e una addizionale pari al 6% sulla parte della vincita eccedente i 500 euro;

b)    a decorrere dal 1° gennaio 2013, ferma l'addizionale sulle vincite eccedenti l'importo di 500 euro, il prelievo sull'ammontare delle somme giocate è del 4,5%.

 

La misura del PREU sugli apparecchi di cui all'articolo 110, comma 6, lettera a), del R.D. n. 773 del 1931 (c.d. newslot), è variata, ai sensi del comma 2, come segue:

a)       a decorrere dal 1° gennaio 2012 e fino al 31 dicembre 2012, al fine di consentire i necessari adeguamenti tecnologici dei suddetti apparecchi, necessari per dare attuazione alla variazione della quota destinata alle vincite di cui alla successiva lettera b), si applica un prelievo dell'11,80% sull'ammontare delle somme giocate;

b)       a decorrere dal 1° gennaio 2013 la percentuale destinata alle vincite (pay-out) è fissata in misura non inferiore al 74% e, per gli anni 2013 e 2014, si applica un prelievo del 12,70% sull'ammontare delle somme giocate;

c)       a decorrere dal 1° gennaio 2015, il prelievo sulla raccolta di gioco è fissato nella misura del 13% delle somme giocate.

 

In data 16 dicembre 2011 sono stati emanati tre decreti AAMS (G.U. n. 304 del 31 dicembre 2011), con cui vengono definite le modalità di applicazione, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, del diritto del 6% sulla parte di vincita eccedente l’importo di 500 euro ai premi delle lotterie nazionali ad estrazione istantanea, alle vincite sugli apparecchi c.d videolottery e ai premi dei giochi Enalotto, Superstar, SiVince Tutto Super Enalotto, precisando che i premi eccedenti tale importo sono corrisposti al netto della ritenuta del 6%, che viene applicata al momento del pagamento al vincitore.

 

 

Il Senato ha novellato il comma 9 disponendo modifiche al decreto direttoriale AAMS 12 ottobre 2011 relativamente al termine per l’emanazionedegli ulteriori decreti direttoriali sul gioco del lotto (art. 2), che viene anticipato dal 31 dicembre 2012 al 1° settembre 2012, mentre quelli concernenti i giochi numerici a totalizzatore nazionale sono anticipati dal 31 dicembre 2012 al 1° luglio 2012.

Viene inoltre modificato il comma 5, differendo, limitatamente alle vincite alle videolotteryVLT, al 1° settembre 2012 il diritto di prelievo addizionale del 6% per le vincite di importo superiore ai 500 euro.

Tali prelievi sono trattenuti all'atto del pagamento delle stesse e sono versati dal concessionario unitamente al primo versamento utile della quota della raccolta del gioco dovuta all'erario.

 

Il Senato ha altresì introdotto i commi da 9-bis a 9-quater:

 

Con il comma 9-bis viene sostituita la lettera a) dell’articolo 24, comma, 40, del D.L. n. 98 del 2011.

La disposizione originaria prevede l’istituzione di un nuovo concorso numerico da svolgersi, tramite il relativo concessionario, in ambito europeo, con giocata minima fissata a 2 euro, con destinazione del 50% della raccolta a montepremi, e con destinazione del 38% della raccolta nazionale ad imposta.

La nuova formulazione del testo, confermando la giocata minima di 2 euro, la destinazione del 38% della raccolta nazionale ad imposta e del 50% a montepremi, prevede che confluiscano altresì a montepremi le vincite, pari o superiori a 10 milioni di euro, non riscosse nei termini di decadenza previsti dal regolamento di gioco.

 

Come illustrato dalla relazione tecnica al maxi-emendamento 3.0.1000 (testo 2), poiché la disciplina generale comunitaria su tali tipologie di gioco prevede che al Jackpot affluiscano anche i premi di elevata entità non riscossi nei termini indicati dal regolamento del gioco, la modifica ha lo scopo di allineare la normativa italiana con quella degli altri paesi che concorrono in ambito europeo alla realizzazione della nuova formula di gioco.

 

Il comma 9-ter, aggiungendo la lettera q-bis) all’articolo 135, comma 1, del decreto legislativo n. 104 del 2010, ricomprende anche le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro e quelli emessi dall'Autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro tra le competenze inderogabili del Tribunale amministrativo regionale (TAR) del Lazio, sede di Roma, salvo il caso di ulteriori previsioni di legge.

 

Il comma 9-quater reca una disposizione interpretativa di quanto previsto dall'articolo 2, comma 2, primo periodo, del decreto-legge n. 40 del 2010.

 

La norma richiamata afferma che, al fine di garantire il pieno rispetto dei principi comunitari sulla concorrenza in materia di concessioni pubbliche statali generatrici di entrate erariali, si considera lesivi di tali principi, e conseguentemente vietato, ogni pratica ovvero rapporto negoziale di natura commerciale con soggetti terzi non precedentemente previsto in forma espressa e regolato negli atti di gara; ogni diverso provvedimento di assenso amministrativo di tali pratiche e rapporti, anche se già adottato, è nullo e le somme percepite dai concessionari sono versate all'amministrazione statale concedente.

 

Il comma 9-quater specifica che tale disposizione trova applicazione nei riguardi delle concessioni pubbliche statali i cui bandi di gara siano stati pubblicati successivamente alla data del 26 maggio 2010, data di entrata in vigore della legge n. 73 del 2010 di conversione del decreto-legge n. 40.


 

Articolo 11, commi 1-3
(Omessa comunicazione delle minusvalenze derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie)

 


1. All'articolo 11 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. L'omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro di cui all'articolo 5-quinquies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, nonché delle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a cinque milioni di euro, derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie di cui all'articolo 1 del decreto-legge 24 settembre 2002 n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, è punita con la sanzione amministrativa del 10 per cento delle minusvalenze la cui comunicazione è omessa, incompleta o infedele, con un minimo di 500 euro ed un massimo di 50000 euro.».

2. All'articolo 5-quinquies, comma 3, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, il terzo periodo è soppresso.

3. All'articolo 1, comma 4, del decreto-legge 24 settembre 2002 n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 265, il terzo periodo è soppresso.


 

 

Sintesi ed effetti

 

In luogo della indeducibilità fiscale, le norme in commento stabiliscono una sanzione amministrativa del 10 per cento, con un minimo di 500 euro ed un massimo di 50.000 euro, per l’omessa comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro e per l’omessa comunicazione delle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a cinque milioni di euro derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie.

Analisi normativa

 

Il comma 1 dell'articolo in commento interviene sull'articolo 11 del decreto legislativo n. 471 del 1997 inserendo, dopo il comma 4, un nuovo comma 4-bis


volto a prevedere che l'omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze e delle differenze negative di ammontare superiore a 50.000 euro di cui all’articolo 5-quinquies del decreto-legge n. 203 del 2005, nonché delle minusvalenze di ammontare complessivo superiore a cinque milioni di euro, derivanti da cessioni di partecipazioni che costituiscono immobilizzazioni finanziarie di cui all’articolo 1 del decreto-legge n. 209 del 2002, è punita con la sanzione amministrativa del 10 per cento delle minusvalenze la cui comunicazione è omessa, incompleta o infedele, con un minimo di 500 euro ed un massimo di 50000 euro.

 

L’articolo 5-quinquies, comma 3, del D.L. n. 203 del 2005in materia di contrasto all'evasione fiscale subordina la rilevanza fiscale di minusvalenze oppure altre differenze negative di importo superiore ad euro 50.000 ad un’apposita comunicazione all’Amministrazione finanziaria, entro 45 giorni dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione annuale. In particolare, il soggetto obbligato è tenuto a comunicate all’Agenzia delle Entrate i propri dati anagrafici (sede dell’amministrazione, domicilio e codice fiscale) e del legale rappresentante, nonché ogni notizia riguardante l’atto realizzativo da cui è derivato il conseguimento dei predetti minusvalori.

L’obiettivo della norma è, quindi, quello di consentire all’Amministrazione finanziaria di accertare la conformità delle fattispecie minusvalenti alle disposizioni antielusive di cui all’art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973: sul punto, si rammenta che tale norma attribuisce agli organi di controllo la facoltà di disconoscere i vantaggi tributari conseguiti dal contribuente, mediante atti, fatti e negozi – anche collegati tra loro – privi di valide ragioni economiche, diretti ad aggirare obblighi o divieti previsti dall’ordinamento tributario, ed ottenere riduzioni di imposte o rimborsi altrimenti indebiti.

 

L’eventuale inosservanza dell’adempimento comportava l’indeducibilità della relativa componente reddituale negativa. Tale sanzione è stata eliminata dal comma 2 dell’articolo in esame che ha soppresso il terzo periodo del comma 3 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge n. 203 del 2005.

 

Analogamenteil comma 3 ha soppressol'articolo 1, comma 4, del decreto legge n. 209 del 2002, il quale prevedeva per le minusvalenze realizzate relative a partecipazioni immobilizzate di ammontare superiore a 5 milioni di euro la sanzione impropria dell'indeducibilità del componente negativo di reddito nel caso in cui il contribuente non effettui l'apposita comunicazione all'Agenzia delle Entrate.

Come evidenziato nella relazione di accompagnamento (A.S. 3184), le previsioni dei commi 2 e 3 rappresentano interventi di coordinamento conseguenti all'introduzione della previsione di cui al predetto comma 4-bis dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 471 del 1997. In sostanza, in conseguenza dell'introduzione della nuova ipotesi sanzionatoria, viene soppressa la previsione relativa all'indeducibilità delle minusvalenze non comunicate.


 

Articolo 11, comma 4
(Sanzione amministrativa relativa alle dichiarazioni doganali)

 


4. L'articolo 303 del testo unico delle leggi doganali, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, è sostituito dal seguente:

«Art. 303. – (Differenze rispetto alla dichiarazione di merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana.). – 1. Qualora le dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana con bolletta di cauzione, non corrispondano all'accertamento, il dichiarante è punito con la sanzione amministrativa da euro 103 a euro 516 a meno che l'inesatta indicazione del valore non abbia comportato la rideterminazione dei diritti di confine nel qual caso si applicano le sanzioni indicate al seguente comma 3.

2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica:

a) quando nei casi previsti dall'articolo 4, comma 2, lettera e), del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374, pur essendo errata la denominazione della tariffa, è stata indicata con precisione la denominazione commerciale della merce, in modo da rendere possibile l'applicazione dei diritti;

b) quando le merci dichiarate e quelle riconosciute in sede di accertamento sono considerate nella tariffa in differenti sottovoci di una medesima voce, e l'ammontare dei diritti di confine, che sarebbero dovuti secondo la dichiarazione, è uguale a quello dei diritti liquidati o lo supera di meno di un terzo;

c) quando le differenze in più o in meno nella quantità o nel valore non superano il cinque per cento per ciascuna qualità delle merci dichiarate.

3. Se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l'accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza dei diritti supera il cinque per cento, la sanzione amministrativa, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è applicata come segue:

a) per i diritti fino a 500 euro si applica la sanzione amministrativa da 103 a 500 euro;

b) per i diritti da 500,1 a 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro;

c) per i diritti da 1000,1 a 2.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro;

d) per i diritti da 2.000,1 a 3.999,99 euro, si applica la sanzione amministrativa da 15.000 a 30.000 euro;

e) per i diritti pari o superiori a 4.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 30.000 euro a dieci volte l'importo dei diritti.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

La norma eleva la sanzione amministrativa prevista all’articolo 303 del testo unico in materia doganale per la violazione delle norme poste a presidio della correttezza e della completezza delle dichiarazioni doganali.


Analisi normativa

 

Il comma 4 sostituisce l'articolo 303 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, per rafforzarne il dispositivo sanzionatorio graduandolo in ragione del valore dell’infrazione. In particolare si è provveduto a stabilire che, se i diritti di confine accertati sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza degli stessi supera il cinque per cento, la sanzione amministrativa è calcolata come segue:

§      per diritti fino a 500 euro si applica la sanzione amministrativa da 103 a 500 euro;

§      per i diritti da 500,1 al 1.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 1.000 a 5.000 euro;

§      per i diritti da 1000,1 a 2.000 euro, si applica la sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 euro;

§      per i diritti da 2.000,1 a 3.999,99 euro, si applica la sanzione amministrativa da 15.000 a 30.000 euro;

§      per i diritti oltre i 4.000, si applica la sanzione amministrativa da 30.000 euro a 10 volte l'importo dei diritti[116].

 

È soppressa, inoltre, la disposizione che diminuiva l’entità della sanzione nei casi di buona fede nella compilazione della dichiarazione ovvero di collaborazione del dichiarante nel fornire gli elementi necessari per l’accertamento del valore.


 

Articolo 11, commi 5 e 6
(Incremento delle sanzioni amministrative previste per le infrazioni alla disciplina delle accise)

 


5. Al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 50, comma 1, le parole: «da 258 euro a 1.549 euro.» sono sostituite dalle seguenti: «da 3.000 euro a 30.000 euro.»

b) all'articolo 59, comma 5, le parole: «da 258 euro a 1.549 euro.» sono sostituite dalle seguenti: «da 3.000 euro a 30.000 euro.».

6. All'articolo 1 del decreto-legge 3 ottobre 2006 n. 262, convertito con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Indipendentemente dall'applicazione delle pene previste per le violazioni che costituiscono reato, la omessa, incompleta o tardiva presentazione dei dati, dei documenti e delle dichiarazioni di cui al comma 1, ovvero la dichiarazione di valori difformi da quelli accertati, è punita con la sanzione amministrativa di cui all'articolo 50, comma 1, del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504.».


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 5 e 6 inaspriscono le sanzioni amministrative previste dal testo unico in materia di accise per le infrazioni in sede di dichiarazioni nei settori dei prodotti energetici, dell'alcool e delle bevande alcoliche e dell'energia elettrica, elevando l’importo minimo da 258 a 3.000 euro e l’importo massimo da 1.549 a 30.000 euro.

Analisi normativa

 

I commi 5 e 6 sono volti a rafforzare la deterrenza delle norme poste a presidio della correttezza e della completezza delle dichiarazioni in materia di accise nei settori dei prodotti energetici, dell'alcool e delle bevande alcoliche e dell'energia elettrica. Vengono in particolare modificati gli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dal comma 1 dell'articolo 50 e dal comma 5 dell'articolo 59 del decreto legislativo n. 504 del 1995 e viene inserito un comma


aggiuntivo all'articolo 1 del decreto legge n. 262 del 2006, che richiama l'applicazione della previsione sanzionatoria di cui al predetto articolo 50.

 

Gli articoli 50 e 59 del testo unico sulle accise puniscono le omissioni, i ritardi e le irregolarità nella presentazione delle dichiarazioni a cui sono obbligati i soggetti titolari delle autorizzazioni relative ai prodotti in questione, al di fuori dei casi nei quali sia rilevata una condotta penalmente rilevante.

La relazione illustrativa (A.S. 3184) sottolinea come la tempestiva e corretta dichiarazione da parte dei soggetti obbligati sia fondamentale per la possibilità di effettuare analisi sui dati al fine di far emergere incongruenze e possibili frodi, particolarmente onerose per le casse dello Stato, delle Regioni e degli Enti Locali in considerazione degli elevati importi delle imposte e delle addizionali previste per i prodotti in questione, mentre la recente comparsa di ulteriori tipologie di soggetti obbligati che si pongono in posizione intermedia nella filiera della distribuzione aumenterebbe la necessità di poter disporre di dati corretti per confrontare quanto dichiarato dagli operatori in occasione di ciascun trasferimento ed effettuare verifiche. Finora gli importi di questo tipo di sanzione, specialmente per i grandi operatori, non avrebbero costituito un valido deterrente alla compilazione approssimativa, incompleta o errata delle dichiarazioni e occorrerebbe, pertanto, rafforzare il dispositivo sanzionatorio in oggetto, rendendolo più adeguato.


 

Articolo 11, comma 7
(Modifiche in materia di sanzioni amministrative)

 


7. Per le unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta ai sensi del comma 10 dell'articolo 19 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, come integrato dall'articolo 2 comma 5-bis del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, i soggetti obbligati devono provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro 120 giorni dalla data di pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale, del comunicato di cui all'articolo 2 comma 5-bis del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10. In caso di mancata presentazione entro tale termine si applicano le sanzioni amministrative di cui all'articolo 2 comma 12 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 7 fissa il termine per la presentazione degli atti di aggiornamento catastale delle unità immobiliari cui è stata attribuita una rendita presunta (ai sensi del comma 10 dell’articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010), stabilendo in particolare che tale presentazione debba essere effettuata entro 120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del comunicato con il quale si dà notizia dell’avvenuta notifica - mediante affissione in albo pretorio - degli atti di attribuzione della rendita presunta da parte dell’Agenzia del territorio.

Analisi normativa

 

Il comma 7 fissa il termine per la presentazione degli atti di aggiornamento catastale delle unità immobiliari cui è stata attribuita una rendita presunta, ai sensi del comma 10 dell’articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010, disponendo che i soggetti obbligati ad inviare gli atti in questione devono provvedervi entro 120 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta ufficiale del comunicato con il quale è data notizia della notifica – effettuata mediante affissione all’albo pretorio


comunale – degli atti di attribuzione della rendita presunta (ai sensi dell'articolo 2, comma 5-bis[117], del decreto-legge n. 225 del 2010, per cui vedi infra).

In caso di mancato adempimento di tale obbligo si applica l'articolo 2, comma 12, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23[118]. Quest'ultimo stabilisce la quadruplicazione, a decorrere dal 1° luglio 2011[119], degli importi delle sanzioni amministrative previste per l’inadempimento degli obblighi di dichiarazione degli immobili agli uffici dell’Agenzia del territorio, prevedendo altresì che il 75% dell’importo delle sanzioni irrogate sia devoluto al Comune ove è ubicato l’immobile.

 

L'articolo 19 del decreto-legge 31 maggio 2010 n. 78, commi 7-13, disciplina l'aggiornamento del catasto e il recupero di unità immobiliari non censite. Il comma 7 fissa all'Agenzia del territorio il termine del 30 settembre 2010 per adempiere a quanto già previsto dall'articolo 2, comma 36, secondo periodo del decreto-legge n. 262 del 2006, in base alla quale l'Agenzia del territorio deve trasmettere a ciascun comune l'elenco dei fabbricati iscritti al catasto terreni senza i requisiti della ruralità ai fini fiscali, nonché quelli che non risultano dichiarati al catasto immobili.

L'elenco, corredato della data cui riferire la mancata presentazione della dichiarazione al catasto e pubblicizzato, per i sessanta giorni successivi alla pubblicazione del comunicato, presso i comuni interessati, gli uffici provinciali e sul sito internet dell'Agenzia del Territorio, ha valore di richiesta, per i titolari dei diritti reali, di presentazione degli atti di aggiornamento catastale. I commi 8 e 9 prevedono poi che, entro il 31 dicembre 2010, i titolari di diritti reali sugli immobili che sono stati inseriti negli elenchi comunicati ai comuni da parte dell'Agenzia del territorio, devono presentare la dichiarazione di aggiornamento catastale a fini fiscali. Ai sensi del comma 10, in caso di inottemperanza dell'obbligo di presentare la dichiarazione di aggiornamento catastale, l'Agenzia del territorio procede all'attribuzione provvisoria di una rendita presunta - sulla base di elementi tecnici forniti dai comuni - nelle more dell'iscrizione in catasto attraverso le procedure di aggiornamento degli archivi catastali, previste dal decreto del Ministro delle finanze (nel testo, "decreto ministeriale") del 19 aprile 1994 n. 70125. Gli oneri relativi all’attribuzione provvisoria sono a carico dell’interessato e sono determinati con apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia del Territorio, da emanare entro il 31 dicembre 2010.

 

Successivamente, l'articolo 2, comma 5-bis, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, ha differito al 30 aprile 2011 il termine del 31 dicembre 2010 di cui ai citati commi 8, 9 e 10 dell'articolo 19 del decreto legge n. 78 del 2010. Inoltre, lo stesso comma 5-bis ha disciplinato la procedura di notifica dell’attribuzione della rendita presunta disponendo che, in considerazione della massa delle operazioni di attribuzione della rendita presunta, essa avvenga mediante affissione all'albo pretorio dei comuni dove sono ubicati gli immobili.

E' stata inoltre disposta una deroga alla normativa vigente, prevedendo che la rendita catastale presunta, e quella successivamente dichiarata come rendita proposta o attribuita come rendita catastale definitiva, producono effetti fiscali fin dalla loro iscrizione in catasto, con decorrenza dal 1° gennaio dell'anno 2007, salva la prova contraria volta a dimostrare, in sede di autotutela, una diversa decorrenza. I tributi, erariali e locali, commisurati alla base imponibile determinata con riferimento alla rendita catastale presunta, sono corrisposti a titolo di acconto e salvo conguaglio. Si è altresì chiarito che le procedure previste per l'attribuzione della rendita presunta si applicano anche agli immobili non dichiarati in catasto, individuati ai sensi del già citato comma 7 dell'articolo 19 del decreto-legge n. 78 del 2010, a far data dal 2 maggio 2011.

 

Articolo 11, comma 8
(Controlli sul denaro contante alla frontiera: oblazione e sanzioni)

 


8. Al decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 195, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 6, il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. Il sequestro è eseguito nel limite:

a) del 30 per cento dell'importo eccedente quello di cui al comma 1 qualora l'eccedenza non sia superiore a 10.000 euro;

b) del 50 per cento dell'importo eccedente, in tutti gli altri casi.

2-bis. Il denaro contante sequestrato garantisce con preferenza su ogni altro credito il pagamento delle sanzioni amministrative pecuniarie.»;

b) all'articolo 7:

1) il comma 1 è sostituito dai seguenti:

«1. Il soggetto cui è stata contestata una violazione può chiederne l'estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta:

a) pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3 se l'eccedenza non dichiarata non è superiore a 10.000 euro;

b) pari al 15 per cento se l'eccedenza non supera i 40.000 euro.

1-bis. La somma pagata non può essere, comunque, inferiore a 200 euro.

1-ter. Il pagamento può essere effettuato all'Agenzia delle dogane o alla Guardia di finanza al momento della contestazione, o al Ministero dell'economia e delle finanze con le modalità di cui al comma 4, entro dieci giorni dalla stessa. Le richieste di pagamento in misura ridotta ricevute dalla Guardia di finanza, con eventuale prova dell'avvenuto pagamento, sono trasmesse all'Agenzia delle dogane.»;

2) al comma 5, lettera a), le parole: «250.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «40.000 euro»;

3) al comma 5, lettera b), le parole: «trecentosessantacinque giorni» sono sostituite dalle seguenti: «cinque anni»;

c) all'articolo 8, al comma 3 le parole: «scadenza del termine di cui al comma 1.» sono sostituite dalle seguenti: «data in cui riceve i verbali di contestazione.»;

d) all'articolo 9:

1) il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. La violazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria, con un minimo di 300 euro:

a) dal 10 al 30 per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia di cui all'articolo 3, se tale valore non è superiore a 10.000 euro;

b) dal 30 per cento al 50 per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia di cui all'articolo 3 se tale valore è superiore a 10.000 euro.»;

2) al comma 2, le parole: «in quanto compatibili» sono soppresse.


 


Sintesi ed effetti

 

La norma in esame interviene sul D.Lgs. n. 195/2008 in materia valutaria, inasprendone la disciplina sanzionatoria ivi prevista e restringendo il campo di utilizzabilità dell’oblazione, modificando altresì la disciplina in tema di preclusione all’oblazione.

Analisi normativa

 

Il comma 8 dell'articolo in commento reca modifiche al decreto legislativo 19 novembre 2008 n. 195 in materia valutaria, elevando la misura delle sanzioni e dell’oblazione previste in caso di violazione degli obblighi di dichiarazione nel trasporto di denaro contante.

 

La disciplina previgente su cui interviene la norma in esame è dettata negli articoli da 6 a 9 del decreto legislativo n. 195 del 2008. In particolare l’articolo 6 prevede il sequestro, nel limite del 40 per cento, dell’importo in eccedenza rispetto al limite dei 10.000 euro. L’articolo 7 disciplina quindi l’oblazione, consentendo al soggetto cui è stata contestata la violazione suddetta di chiederne l'estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta (comunque non inferiore a 200 euro) pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di 10.000 euro. L’articolo 8 disciplina il procedimento per l’irrogazione della sanzione per coloro i quali scelgono di non avvalersi della facoltà di oblazione, disponendo al comma 3 che il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze con cui si determina la somma dovuta e se ne ingiunge il pagamento doveva essere adottato entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla scadenza del termine di trenta giorni dalla ricezione dell'atto di contestazione della violazione, previsto dal comma 1 del medesimo articolo 8. L’articolo 9 stabilisce la sanzione per la violazione dell'articolo 3 (l’obbligo di dichiarazione del trasporto di denaro contante): la sanzione amministrativa pecuniaria è fino al quaranta per cento dell'importo trasferito o che si tenta di trasferire, eccedente la soglia di 10.000 euro, con un minimo di 300 euro.

In particolare, con riferimento al sequestro, la norma in esame riduce nel limite del 30 per cento la misura del sequestro, qualora il denaro che si tenta di trasferire non superi di 10.000 euro la soglia prevista dall’articolo 3 (10.000 euro); quando, invece, l’eccedenza sia superiore a 10.000 euro il sequestro è eseguito nel limite del 50 per cento.

Con riferimento all’oblazione, la norma in esame eleva gli importi e restringe i requisiti per l’utilizzo della stessa. Infatti, il soggetto cui è stata contestata la violazione può chiederne l'estinzione effettuando un pagamento in misura ridotta:

a)   pari al 5 per cento del denaro contante eccedente la soglia di cui all'articolo 3 se l’eccedenza non dichiarata non è superiore a 10.000 euro;

b)   pari al 15 per cento se l’eccedenza non supera i 40.000 euro.

Rimane fermo, in ogni caso, che la somma pagata non può essere, comunque, inferiore a 200 euro. Vengono inoltre dettate nuove disposizioni sulle modalità di pagamento, che può essere effettuato all'Agenzia delle dogane o alla Guardia di finanza al momento della contestazione, o al Ministero dell'economia e delle finanze entro dieci giorni dalla stessa. Le richieste di pagamento in misura ridotta, con eventuale prove dell'avvenuto pagamento, sono trasmesse all'Agenzia delle dogane dalla Guardia di finanza che le ha ricevute.

Il pagamento in misura ridotta non è consentito quando:

a)      l'importo del denaro contante eccedente la soglia dei 10.000 euro superi 40.000 euro (in luogo dei precedenti 250.000);

b)      il soggetto cui è stata contestata la violazione si sia già avvalso della stessa facoltà oblatoria nei cinque anni (in luogo dei precedenti 365 giorni) antecedenti la ricezione dell'atto di contestazione concernente l'illecito per cui si procede.

Con riferimento al procedimento per l’irrogazione della sanzione, la norma in esame estende il termine entro il quale il Ministero dell’economia e delle finanze deve adottare il decreto motivato che determina la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento. Il termine perentorio di centottanta giorni decorre, infatti, dalla data in cui riceve i verbali di contestazione (non più dalla scadenza del termine per la ricezione dell’atto di contestazione).

Con riferimento alla sanzione, rispetto alla disciplina previgente, questa è diminuita per le violazioni più lievi ed è aumentata rispetto a quelle più gravi.

Infatti la violazione delle disposizioni di cui all'articolo 3 del decreto legislativo n. 195 del 2008 (concernente l’obbligo di dichiarazione del trasporto di denaro contante per importi superiori a 10.000 euro) è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria, con un minimo di 300 euro:

a)      dal 10 al 30 per cento dell’importo trasferito o che si tenta di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia di cui all’articolo 3, se tale valore non è superiore a 10.000 euro;

b)      dal 30 al 50 per cento dell’importo trasferito o che si tenta di trasferire in eccedenza rispetto alla soglia di cui all’articolo 3 se tale valore è superiore a 10.000 euro.

E' prevista inoltre l'applicazione, modificando il comma 2 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 195/2008, degli articoli 23, commi 1 e 3, 23-bis e 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 148 del 1988 (Testo unico delle norme in materia valutaria), in tema di criteri di determinazione delle sanzioni, principio di legalità e prescrizione delle sanzioni.

 

Il comma 2 dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 195/2008 prevede che i suddetti articoli del T.U. in materia valutaria siano applicabili “in quanto compatibili”. Tale inciso viene soppresso dal comma 8 in commento.


 

Articolo 12, commi 1-3, 4 e 5
(Contenzioso in materia tributaria e riscossione)

 


1. All'articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il secondo periodo del comma 6 è soppresso;

b) il comma 7 è abrogato.

2. Sono fatti salvi i procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie di cui agli articoli 66, e seguenti, del testo unico delle disposizioni in materia doganale approvate con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, instaurati, alla data di entrata in vigore del presente decreto, ai sensi del comma 7 dell'articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374.

3. Al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, recante disposizioni sul processo tributario, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 19, comma 1, lettera f), le parole: «comma 3» sono sostituite dalle seguenti: «comma 2».

b) dopo l'articolo 69 è inserito il seguente: «Art. 69-bis. (Aggiornamento degli atti catastali) – 1. Se la commissione tributaria accoglie totalmente o parzialmente il ricorso proposto avverso gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell'articolo 2, comma 2, e la relativa sentenza è passata in giudicato, la segreteria ne rilascia copia munita dell'attestazione di passaggio in giudicato, sulla base della quale l'ufficio dell'Agenzia del territorio provvede all'aggiornamento degli atti catastali.».

4. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 69-bis del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, le sentenze, emanate nei giudizi ivi indicati, non costituenti titolo esecutivo sono comunque annotate negli atti catastali con le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

5. Le disposizioni di cui all'articolo 158 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, si applicano alle Agenzie fiscali delle entrate, delle dogane, del territorio e del demanio.


 

 

Sintesi ed effetti

 

Con i commi 1 e 2 dell'articolo 12 viene modificata la disciplina della revisione dell'accertamento definitivo in materia doganale.

I commi 3 e 4 recano modifiche al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, relativamente all'esecuzione delle sentenze del giudice tributario.

Il comma 5 interviene sulla disciplina delle spese di giustizia nel processo in cui è parte un'Amministrazione pubblica.


Analisi normativa

 

Con i commi 1 2 dell'articolo 12 viene modificata la disciplina della revisione dell'accertamento definitivo in materia doganale.

 

La lettera a) sopprime il secondo periodo del comma 6 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990

Al riguardo, il comma 6 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990 prevedeva, prima dell'entrata in vigore del decreto legge in esame, che gli operatori potevano presentare istanza di revisione all'accertamento doganale e che "avverso il rigetto tacito o espresso dell'istanza è ammesso ricorso entro 30 giorni al Direttore compartimentale [ora Direttore regionale], che provvede in via definitiva".

L'intervento si rende necessario - secondo quanto evidenziato nella relazione al disegno di legge di conversione (A.S. 3184) - per ragioni di chiarezza e certezza potendosi ritenere che la disposizione, che consente il ricorso al Direttore regionale avverso il rigetto, tacito o espresso, dell'istanza di revisione dell'accertamento doganale, già risulti implicitamente caducata, a decorrere dal 1° gennaio 2002, a seguito della devoluzione alle Commissioni tributarie della giurisdizione sui tributi di ogni genere e specie.

 

La successiva lettera b) del medesimo comma 1 dispone l'abrogazione del successivo comma 7.

 

Il richiamato comma 7 prevede che "la rettifica può essere contestata dall'operatore entro trenta giorni dalla data di notifica dell'avviso. Al momento della contestazione è redatto il relativo verbale, ai fini della eventuale instaurazione dei procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie previsti dagli articoli 66 e seguenti del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, approvato con D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43".

 

Si tratta in sostanza della possibilità di esperire la cd. "controversia doganale", a seguito dell'emissione da parte dell'ufficio dell'avviso di accertamento suppletivo e di rettifica.

Tale abrogazione - secondo la relazione illustrativa (A.S. 3184) - si rende necessaria alla luce del quadro normativo comunitario che la considera un "rimedio di difesa amministrativa" e non conciliabile con i ristretti tempi di contabilizzazione dei dazi.

 

Vengono comunque fatti salvi, ai sensi del comma 2 dell'articolo in esame, i procedimenti amministrativi per la risoluzione delle controversie già instaurati, in sede di revisione di accertamento, alla data di entrata in vigore del presente provvedimento (2 marzo 2012).

 

Si osserva che l'intervento effettuato dal comma 1 dell'articolo in commento sul comma 6 dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 374 del 1990 parrebbe rendere necessario un corrispondente intervento di coordinamento sull'articolo 22 del decreto medesimo che contiene un articolato rinvio al citato comma 6.

 

I commi 3 e 4 dell'articolo 12 recano modifiche al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, relativamente all'esecuzione delle sentenze del giudice tributario.

Al riguardo si rammenta che l'articolo 68 del predetto decreto legislativo disciplina il pagamento del tributo in pendenza di processo, l'articolo 69 detta disposizioni in tema di esecutività delle sentenze di condanna dell'ufficio al rimborso e l'articolo 70 regola il giudizio di ottemperanza agli obblighi derivanti dalla sentenza tributaria passata in cosa giudicata.

 

La previsione di cui al nuovo articolo 69-bis del decreto legislativo n. 546 del 1992 - introdotta con la lettera b) del comma 3 - è volta ad integrare la suddetta disciplina con una disposizione espressa in ordine alle sentenze concernenti le operazioni catastali di cui all'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo n. 546 del 1992, prevedendo l'aggiornamento degli atti catastali al passaggio in giudicato della sentenza che accoglie totalmente o parzialmente il ricorso del contribuente. Nel contempo, al fine di assicurare la conoscibilità dell'iter giurisdizionale concernente i ricorsi in materia di operazioni catastali, si prevede comunque, con il successivo comma 4 dell'articolo in commento, l'annotazione delle sentenze, non ancora passate in giudicato, nei suddetti atti catastali, secondo modalità da stabilire con provvedimento del Direttore dell'Agenzia del territorio.

Con l'occasione, per ragioni di coordinamento normativo, si modifica, con la lettera a) del comma 3, l'articolo 19, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, laddove viene fatto riferimento, per quanto concerne gli atti relativi alle operazioni catastali, al comma 3 dell'articolo 2, trattandosi di operazioni la cui previsione è invece attualmente contenuta nel comma 2 del medesimo articolo 2.

 

Il comma 5, a cui il maxiemendamento approvato nel corso dell’esame al Senato ha apportato una modifica di carattere del tutto formale, interviene sulla disciplina delle spese di giustizia nel processo in cui è parte un'Amministrazione pubblica.

Attualmente le spese di giustizia a carico dell'Amministrazione pubblica - ai sensi dell’art. 158 del TU spese di giustizia (DPR N. 115/2002) - sono ammesse alla prenotazione a debito e, pertanto, vengono versate solo se l'Amministrazione risulta soccombente nel contenzioso.

A seguito dei dubbi di applicabilità della norma di favore anche alle Agenzie del demanio da parte delle cancellerie di alcuni uffici giudiziari, il comma 5 in esame scioglie positivamente qualsiasi dubbio al riguardo.


 

Articolo 12, commi 3-bis e 3-ter
(Finanziamento della giustizia tributaria)

 


3-bis. All'articolo 37, comma 10, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo le parole: «e 9,» sono inserite le seguenti: «ad eccezione del maggior gettito derivante dal contributo unificato nel processo tributario,»;

b) le parole: «, amministrative e tributaria» sono sostituite dalle seguenti: «e amministrativa».

3-ter. Le somme corrispondenti alle maggiori entrate di cui al comma 3-bis, al netto della quota parte utilizzata ai sensi dell'articolo 2, comma 5, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, sono iscritte in bilancio per essere destinate per metà alle finalità di cui al comma 13 del citato articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011 e per la restante metà, con le modalità previste dall'articolo 13 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545, in materia di ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria, all'incremento della quota variabile del compenso dei giudici tributari.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 3-bis e 3-terescludono dal Fondo per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile e amministrativa le spese per la giustizia tributaria e ne definiscono le finalità di ripartizione.

Analisi normativa

 

Il comma 3-bis, introdotto dal Senato, novellando il comma 10 dell’articolo 37 del decreto-legge n. 98 del 2011, esclude il maggior gettito derivante dal contributo unificato nel processo tributario dall’affluire - previo versamento all’Entrata del bilancio - al fondo per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile e amministrativa presso lo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, alimentato dal maggior gettito derivante dalle disposizioni di modifica della disciplina del contributo unificato recate dai precedenti commi da 6 a 9 del citato articolo 37. Conseguentemente anche gli


interventi in materia di giustizia tributaria non sono più ricompresi tra le finalità del fondo.

 

Il successivo comma 3-ter stabilisce che le somme corrispondenti alle maggiori entrate di cui al comma 3-bis - al netto della quota parte destinata alle assunzioni di personale di magistratura nonché di avvocati e procuratori dello Stato (ai sensi dell’articolo 2, comma 5, decreto-legge n. 1 del 2012) - sono iscritte in bilancio per essere destinate, per metà, in favore degli uffici giudiziari che hanno raggiunto gli obiettivi di efficienza (comma 13 del citato articolo 37, del decreto legge n. 98 del 2011) e per la restante metà, con le modalità previste dall’articolo 13, del decreto legislativo n. 545 del 1992 (Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria) all’incremento della quota variabile del compenso dei giudici tributari.


 

Articolo 12, comma 4-bis
(Ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie)

 


4-bis. All'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo il comma 39 è inserito il seguente:

«39-bis. È istituito il ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie, tenuto dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Nel ruolo unico sono inseriti, ancorché temporaneamente fuori ruolo, i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale, in servizio alla data di entrata in vigore del presente comma. I componenti delle commissioni tributarie sono inseriti nel ruolo unico secondo la rispettiva anzianità di servizio nella qualifica. I componenti delle commissioni tributarie nominati a partire dal concorso bandito il 3 agosto 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 65 del 16 agosto 2011, sono inseriti nel ruolo unico secondo l'ordine dagli stessi conseguito in funzione del punteggio complessivo per i titoli valutati nelle relative procedure selettive. A tale ultimo fine, relativamente al concorso bandito il 3 agosto 2011 si prescinde dalla scelta effettuata dai candidati in funzione delle sedi di commissione tributaria bandite; ai fini della immissione in servizio di tali candidati resta in ogni caso fermo quanto disposto dal comma 39. In caso di pari anzianità di servizio nella qualifica ovvero di pari punteggio, i componenti delle commissioni tributarie sono inseriti nel ruolo unico secondo l'anzianità anagrafica. A decorrere dall'anno 2013, il ruolo unico è reso pubblico annualmente, entro il mese di gennaio, attraverso il sito istituzionale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria».


 

 

Sintesi ed effetti

 

Il comma 4-bis dell’articolo 12 istituisce il ruolo unico nazionale dei componenti delle Commissioni tributarie presso il Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, nel quale sono inseriti i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale.


Analisi normativa

 

In particolare, il comma 4-bis dell’articolo 12 introduce un nuovo comma 39-bis all'articolo 4 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (legge di stabilità 2012).

 

Si ricorda che i commi 39 e 40 dell’articolo 4 della legge n. 183 del 2011 recano disposizioni di dettaglio riguardanti il concorso bandito ai sensi dell'articolo 39, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, per la copertura di 960 posti vacanti presso le commissioni tributarie, prevedendo, in primo luogo, la nomina e l’immissione in servizio dei candidati risultati idonei, anche in sovrannumero; sono inoltre prevista procedure di interpello per i trasferimenti dei componenti delle commissioni tributarie per la copertura di posti resisi vacanti a livello nazionale nelle commissioni provinciali o regionali.

Ai fini del trasferimento le domande dei componenti delle commissioni tributarie sono valutate secondo la rispettiva anzianità di servizio nelle qualifiche - secondo la Tabella 1 allegata all’articolo - ovvero, in caso di parità, secondo l’anzianità anagrafica, computate fino alla scadenza del termine di presentazione delle domande.

 

Il comma 39-bis istituisce quindi un ruolo unico nazionale dei componenti delle commissioni tributarie, tenuto dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.

Nel ruolo unico sono inseriti, anche se temporaneamente fuori ruolo, i componenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, nonché i componenti della commissione tributaria centrale in servizio secondo la rispettiva anzianità di servizio nella qualifica.

 

Sono quindi dettate specifiche modalità di inserimento in ruolo per i componenti delle commissioni tributarie nominati a partire dal concorso bandito il 3 agosto 2011 ai sensi del citato decreto-legge n. 98 del 2011. In tal caso, si prevede infatti che i candidati risultati idonei siano inseriti nel ruolo secondo l'ordine conseguito in funzione del punteggio per i titoli valutati, prescindendo dalla scelta effettuata in relazione alle sedi. In caso di pari anzianità di servizio nella qualifica ovvero di pari punteggio prevale l'anzianità anagrafica.

 

A decorrere dall'anno 2013, il ruolo unico è reso pubblico annualmente, entro il mese di gennaio, attraverso il sito istituzionale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.


 

Articolo 12, commi 6 e 7
(Disciplina dei crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorie)


6. I crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nell'interesse dello Stato, diversi da quelli estinti ai sensi dell'articolo 8, comma 1, della legge 28 ottobre 1999, n. 410, come modificato dall'articolo 130 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell'agricoltura e delle foreste e registrati dalla Corte dei conti, che saranno estinti nei riguardi di coloro che risulteranno averne diritto, nonché le spese e gli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità, indicata nei decreti medesimi, producono interessi calcolati: fino al 31 dicembre 1995 sulla base del tasso ufficiale di sconto maggiorato di 4,40 punti, con capitalizzazione annuale; per il periodo successivo sulla base dei soli interessi legali.

7. Sono fatti salvi, in riferimento ai crediti di cui al comma 6, gli effetti derivanti dall'applicazione di sentenze passate in giudicato di cui all'articolo 324 del codice di procedura civile.


 

 

Sintesi ed effetti

 

I commi 6 e 7 prevedono che per i crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorie, ceduti a terzi prima dell’entrata in vigore della legge n.410 del 1999, si applichi lo stesso tasso di interesse che ha interessato i crediti di cui i Consorzi erano titolari al momento dell’entrata in vigore della stessa legge n.410. Il tasso di riferimento è pari al tasso ufficiale di sconto maggiorato del 4,40% con capitalizzazione annuale fino al 31 dicembre 1995 ed interessi legali per gli anni successivi. Sono fatti comunque salvi gli effetti derivanti dall’applicazione di sentenze passate in giudicato.

Analisi normativa

 

Il comma 6 prevede che per i crediti derivanti dalle gestioni di ammasso obbligatorie, ceduti a terzi prima dell’entrata in vigore della legge n.410 del 1999, si applichi lo stesso tasso di interesse che ha interessato i crediti di cui i Consorzi erano titolari al momento dell’entrata in vigore della stessa legge n.410. Il tasso


di riferimento è pari al tasso ufficiale di sconto maggiorato del 4,40% con capitalizzazione annuale fino al 31 dicembre 1995 ed interessi legali per gli anni successivi. La relazione tecnica (A.S. 3184) specifica che la norma è volta altresì ad evitare che analoghi crediti possano discostarsi da tali tassi, con il rischio di violare i principi stabiliti in sede europea in merito al divieto, salvo eccezioni, di concedere aiuti di Stato.

I consorzi agrari in Italia furono progressivamente sottoposti a regolamentazione di diritto pubblico, nel corso del ventennio tra le due guerre mondiali, proprio allo scopo di trasformarli in “organi di esecuzione” delle operazioni di ammasso obbligatorio e volontario dei prodotti.

La disciplina fu recepita nel decreto legislativo n. 1235/1948, che ha costituito l’impianto normativo generale sulla base del quale i consorzi hanno svolto la loro attività fino all’approvazione della legge n. 410/1999 (a sua volta in gran parte abrogata con il D.L. n. 181/2006): in ragione di tali norme, la natura giuridica dei consorzi è stata modificata riconducendola alle cooperative a responsabilità limitata, disciplinate a tutti gli effetti dagli articoli 2511 e seguenti del codice civile. I consorzi sono anche stati espressamente abilitati all’esercizio del credito agrario in natura ed è stata altresì confermata l’abilitazione dei consorzi alla concessione di tale forma di credito a fronte del conferimento di prodotti agricoli all’ammasso volontario. Poiché peraltro per la copertura del credito derivante da tali anticipazioni si provvede con il rilascio di cambiali agrarie, soggette a più ridotta imposizione fiscale, sono state sollevate rispetto a tale normativa riserve in relazione alla distorsione della concorrenza tra i consorzi e le altre cooperative.

Con la citata legge del ’99 si era ritenuto anche di intervenire per regolare il pregresso creditizio derivante dalle gestioni di ammasso obbligatorio e di commercializzazione dei prodotti agricoli nazionali, svolte dai consorzi agrari per conto e nell'interesse dello Stato e di cui gli stessi consorzi agrari erano titolari alla data di entrata in vigore della legge. Pertanto con l’articolo 8 si dichiarò l’estinzione: dei crediti quali risultanti dai rendiconti approvati con decreti definitivi ed esecutivi del Ministro dell'agricoltura e delle foreste e registrati dalla Corte dei conti, nonché delle spese e degli interessi maturati a decorrere dalla data di chiusura delle relative contabilità, indicata nei decreti medesimi, fino alla data del 31 dicembre 1997.

I crediti erano quelli vantati dai consorzi per le campagne ammassi dei cereali, svolte negli anni tra la fine della seconda guerra mondiale e gli anni sessanta, crediti che nel tempo avevano raggiunto la cifra di circa 1.110 miliardi di lire. La legge 410/1999 aveva previsto che il rimborso avvenisse con la emissione da parte del Tesoro di titoli di Stato in tre tranches: 470 miliardi nel 1999, altri 440 nel 2000 e l’ultima quota da 200 miliardi nel 2001. Nel rimborso erano inclusi anche gli interessi maturati, quali risultavano dai decreti di approvazione dei rendiconti dei consorzi, registrati dalla Corte dei conti. A definitiva chiusura del pregresso veniva anche stabilito che i giudizi pendenti aventi ad oggetto tali crediti fossero estinti d'ufficio, all'atto dell'assegnazione dei suddetti titoli di stato, con perdita di efficacia di quelli non ancora passati in giudicato.

Trattandosi poi di crediti oramai estinti, la relativa disciplina fu ritenuta superflua ed il D.L. 18 maggio 2006, n. 181 (convertito con modificazioni dalla legge n. 233/06) dispose l’abrogazione dell'articolo 8 della legge n. 410.

 

Il successivo comma 7 fa salvi gli effetti derivanti dall’applicazione di sentenze passate in giudicato, ai sensi dell’articolo 324 del codice di procedura civile.


 

Articolo 12, commi da 8 a 11-ter
(Acquisto del termovalorizzatore di Acerra)

 


8. La regione Campania è autorizzata ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra ai sensi dell'articolo 7 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26. Le risorse necessarie, pari a 355.550.240,84, vengono trasferite alla stessa Regione.

9. In considerazione dell'acquisto di cui al comma 8, le risorse già finalizzate, ai sensi dell'articolo 18 del citato decreto-legge n. 195 del 2009, al pagamento del canone di affitto di cui all'articolo 7, comma 6, dello stesso decreto-legge, sono destinate alla medesima Regione quale contributo dello Stato.

10. Ai fini fiscali, il pagamento da parte della regione Campania della somma di cui al comma 8, in quanto effettuato a definizione di ogni pretesa del soggetto proprietario dell'impianto, di cui all'articolo 6 del predetto decreto-legge n. 195 del 2009, vale come liquidazione risarcitoria transattiva tra le parti private e quelle pubbliche interessate. Ogni atto perfezionato in attuazione della disposizione di cui al precedente periodo è esente da imposizione.

11. All'articolo 32, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, dopo la lettera n-bis) è aggiunta la seguente:

«n-ter) delle spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra e per l'attuazione del ciclo integrato dei rifiuti e della depurazione delle acque, nei limiti dell'ammontare delle entrate riscosse dalla Regione entro il 30 novembre di ciascun anno, rivenienti dalla quota spettante alla stessa Regione dei ricavi derivanti dalla vendita di energia, nel limite di 60 milioni di euro annui, e delle risorse già finalizzate, ai sensi dell'articolo 18 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, al pagamento del canone di affitto di cui all'articolo 7, comma 6, dello stesso decreto-legge, destinate alla medesima Regione quale contributo dello Stato.».

11-bis. Non sono soggette a esecuzione forzata le somme finalizzate all'acquisto di cui al comma 8, al contributo di cui al comma 9, nonché, previa adozione da parte della regione Campania della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle relative finalità, alle spese di cui all'articolo 32, comma 4, lettera n-ter), della legge 12 novembre 2011, n. 183, introdotta dal comma 11 del presente articolo, in quanto riconducibili alla connotazione di entrate a destinazione vincolata.

11-ter. Al fine di evitare interruzioni o turbamenti alla regolarità della gestione del termovalorizzatore di Acerra può essere mantenuto, su richiesta della regione Campania, per la durata di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il presidio militare di cui all'articolo 5 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, con oneri quantificati in euro 1.007.527 a carico della quota spettante alla regione Campania dei ricavi derivanti dalla vendita dell'energia.



Sintesi ed effetti

 

L'articolo 12, ai commi da 8 a 11-ter, reca disposizioni riguardanti l'acquisto da parte della regione Campania del termovalorizzatore di Acerra provvedendo, tra l’altro, a quantificare le risorse da trasferire alla Regione, ad autorizzarne l’utilizzo e a disciplinarne ulteriori aspetti (trattamento a fini fiscali, assoggettamento ad esecuzione forzata, esclusione dal patto di stabilità), nonché a consentire il mantenimento del presidio militare dell’impianto.

Analisi normativa

 

L'articolo 12,ai commi da 8 a 11-ter, reca disposizioni riguardanti l'acquisto da parte della regione Campania del termovalorizzatore di Acerra.

 

Il comma 8, riproducendo quanto originariamente previsto dal comma 4 dell’art. 1 del D.L. 2/2012 (soppresso dalla legge di conversione n. 28/2012), autorizza la regione Campania ad utilizzare le risorse del Fondo per lo sviluppo e coesione (FSC) 2007-2013 relative al Programma attuativo regionale, per l'acquisto del termovalorizzatore di Acerra, ai sensi di quanto disposto dall'art. 7 del D.L. 195/2009 [120].

Si ricorda che tale art. 7 stabilisce il trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra entro il 30 giugno 2012 (sulla base del termine fissato da ultimo dall’art. 1-bis, comma 4, del D.L. 2/2012) con una delle modalità seguenti, in alternativa: alla Regione Campania, previa intesa della regione stessa, al Dipartimento della protezione civile, ad un soggetto privato o ad altro ente pubblico anche non territoriale.

Lo stesso comma dispone il trasferimento alla stessa Regione delle risorse necessarie, quantificate in 355.550.240,84 euro.

Si ricorda che l'articolo 6 del menzionato decreto-legge n. 195 del 2009 provvede a determinare il valore (alla data del 28 febbraio 2010[121]) del termovalorizzatore di Acerra da riconoscersi al soggetto già concessionario del servizio di smaltimento dei rifiuti e proprietario dell’impianto, in 355 milioni di euro, prevedendo altresì che tale valore venga determinato sulla base di criteri elaborati dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile).

Si ricorda, inoltre che l'art. 14 del decreto-legge n. 78 del 2010, al comma 22 ha previsto la predisposizione, da parte del Presidente della Regione Campania, in qualità di commissario ad acta, di un piano di stabilizzazione finanziaria (sottoposto all'approvazione del Ministero dell'economia e delle finanze, che, d'intesa con la regione, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel piano) che può includere, tra gli interventi da attuare, l’eventuale acquisto del termovalorizzatore di Acerra anche mediante l’utilizzo, previa delibera del CIPE, della quota regionale del FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate).

 

Relativamente alle vicende costruttive e gestionali del termovalorizzatore di Acerra si ricorda brevemente che esso è stato costruito da un consorzio di imprese appartenenti al gruppo Impregilo e facenti capo alla Fibe S.p.A. Nella Relazione sullo stato di attuazione delle disposizioni relative alle misure straordinarie promosse per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania aggiornata al mese di ottobre 2009 (Doc. CCXIV, n. 2) si rammenta che “le attività di gestione dell’impianto sono state affidate alla Società A2A all’esito di apposita procedura di gara, esperita ai sensi degli artt. 25 e 27 del d.lgs. 163/2006, tra le aziende leader nel settore della gestione di impianti di termovalorizzazione e centrali elettriche da fonti rinnovabili. Il 13 novembre 2008 si è proceduto a stipulare un atto negoziale tra la Struttura del Sottosegretario e la Società A2A, con cui sono stati disciplinati i termini e le condizioni di gestione dell’impianto per il periodo 2009-2024”.

Secondo quanto indicato nel sito web dell’Osservatorio ambientale del termovalorizzatore di Acerra (istituito dall’O.P.C.M. 3730/2009) “dal 15 gennaio 2010 - sulla base del decreto legge n. 195 del 30 dicembre 2009 convertito nella legge n. 26 del 26 febbraio 2010 - Partenope Ambiente - società costituita da A2A per la gestione del termovalorizzatore - ha assunto la gestione provvisoria ed esclusiva del termovalorizzatore, affiancata da un presidio tecnico di Fibe, la società che ha costruito il termovalorizzatore. Il collaudo funzionale dell’impianto è terminato il 28 febbraio 2010. All’esito positivo del collaudo è terminata la gestione provvisoria e Partenope Ambiente ha assunto la gestione definitiva del termovalorizzatore. Nell'attesa del passaggio di proprietà, il Dipartimento della Protezione Civile può disporre, utilizzare e godere dell’impianto per il quale è autorizzato a stipulare un contratto di affitto”.

Sempre secondo quanto riportato nel citato sito web “Dall’inizio della sua attività a febbraio 2012 l’impianto di Acerra ha trattato oltre 1.341.000 tonnellate di rifiuti, producendo più di 1.307.000 megawatt di elettricità”[122].

 

Il comma 9 prevede che le risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto di cui al decreto legge n. 195 del 2009 siano destinate alla medesima Regione quale contributo dello Stato, "tenuto conto dello sforzo della Regione Campania e delle difficoltà sul patto", come affermato nella relazione illustrativa (A.S. 3184).

Si ricorda che, ai sensi dell’art. 7, comma 6, del D.L. 195/2009, il canone di affitto è stato stabilito in euro 2.500.000 mensili; il contratto - "contratto invero mai concluso", rileva la relazione - si risolve automaticamente per effetto del trasferimento della proprietà e l'onere complessivo per l'affitto è stato quantificato in 30 milioni di euro annui per quindici anni a decorrere dall’anno 2010. La copertura di tale onere è disciplinata dall’art. 18 del medesimo decreto-legge.

 

Il comma 10 dispone che ai fini fiscali, il pagamento da parte della regione Campania della suddetta somma di 355.550.240,84, in quanto effettuato a definizione di ogni pretesa del soggetto proprietario dell’impianto di termovalorizzazione, vale come liquidazione risarcitoria transattiva tra le parti private e quelle pubbliche interessate. Esenta inoltre "ogni atto perfezionato in attuazione della disposizione" da imposizione fiscale. La relazione ricorda che "sulla questione pendono alcuni giudizi tra il Dipartimento della Protezione civile ed il soggetto concessionario, in relazione ai quali quest'ultimo ha prestato rinuncia condizionata all'effettivo pagamento della somma netta di cui all'articolo 6 del decreto-legge n. 195/2009".

 

Sul contenuto dell’art. 6 del D.L. 195/2009 si è detto in precedenza. Relativamente al contenzioso, invece, si ricorda che in seguito al ricorso della FIBE S.p.A. avverso la sentenza del TAR Lazio, sezione I, n. 39180 del 30 dicembre 2010, il Consiglio di Stato, con l’ordinanza collegiale n. 5117 del 13 settembre 2011, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 7,commi 4, 5 e 6, del D.L. 195/2009. L’udienza dovrebbe svolgersi in data 18 aprile 2012[123].

 

La transazione è definita, come noto, dall'articolo 1965 del codice civile come il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.

 

In merito alla valenza fiscale di tali somme, occorrerebbe chiarire il regime fiscale applicabile ovvero se esse rientrino nel trattamento fiscale delle indennità di risarcimento.

 

Il comma 11, modificato nel corso dell’esame al Senato, inserisce la lettera n-ter) all’art. 32, comma 4, della legge n. 183 del 2011, che esclude dalla disciplina del patto di stabilità interno delle regioni a statuto ordinario (dettata dal medesimo comma 4)[124] le spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra. Nel corso dell’esame al Senato è stata soppressa la parte della disposizione che faceva riferimento nell’esclusione alle spese diverse da quelle necessarie per l'acquisto del termovalorizzatore, mentre alle spese indicate (e quindi escluse dal patto di stabilità) sono state aggiunte anche le spese per l'attuazione del ciclo integrato dei rifiuti e della depurazione delle acque.

La norma in esame prevede che l’esclusione dal patto di stabilità per le spese indicate operi nei limiti dell’ammontare delle entrate riscosse dalla regione Campania entro il 30 novembre di ciascun anno, rivenienti dalla quota spettante alla stessa regione dei ricavi derivanti dalla vendita di energia, per un ammontare massimo elevato, nel corso dell’esame al Senato, da 50 a 60 milioni di euro annui, e delle risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto del termovalorizzatore ora destinate, come disposto dal precedente comma 8 dell'articolo in esame, alla Regione Campania quale contributo dello Stato.

Relativamente alla modifica inerente l’individuazione delle spese escluse dal patto di stabilità, la relazione illustrativa sottolinea che “ciò risponde all'esigenza di individuare meglio le spese escluse dai vincoli del patto, nel limite degli importi indicati dallo stesso comma, che coerentemente attengono all'ambito della gestione dei rifiuti e della depurazione delle acque”.

 

Si ricorda che il citato articolo 32 della legge n. 183 del 2011 detta le regole del patto di stabilità interno per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano per il triennio 2012-2014 e definisce, per ciascuna regione e provincia autonoma, la misura del risparmio da conseguire in conformità a quanto stabilito dai decreti legge n.98 e n.138 del 2011. La disciplina, che non si discosta in modo sostanziale da quella dettata dalla legge di stabilità 2011, è dettata separatamente per le regioni a statuto ordinario e per le regioni a statuto speciale e le due province autonome quanto alla quantificazione del contributo, alla tipologie di spese considerate e alle modalità di computo delle stesse. Le tipologie di spese escluse dal computo ai fini dell'applicazione delle regole del patto sono elencate al comma 4 e, tranne poche eccezioni, sono le medesime tipologie già escluse dalle regole del patto dettate dalla disciplina previgente.

 

Ai sensi del comma 11-bis, introdotto durante l’esame al Senato, non sono soggette a esecuzione forzata, in quanto riconducibili alla connotazione di entrate a destinazione vincolata:

§      le somme finalizzate all'acquisto del termovalorizzatore previste dal comma 8;

§      le risorse già finalizzate al pagamento del canone di affitto e destinate dal comma 9 alla Regione quale contributo dello Stato;

§      nonché, previa adozione da parte della Regione della deliberazione semestrale di preventiva quantificazione degli importi delle somme destinate alle relative finalità, le spese di cui alla lettera n-ter) del comma 4 dell'art. 32 della L. 183/2011, vale a dire le spese sostenute dalla regione Campania per il termovalorizzatore di Acerra e per l'attuazione del ciclo integrato dei rifiuti e della depurazione delle acque.

 

Il comma 11-ter, introdotto durante l’esame al Senato, al fine di evitare interruzioni o turbamenti alla regolarità della gestione del termovalorizzatore di Acerra, prevede la possibilità di mantenere, su richiesta della Regione Campania, per la durata di 12 mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il presidio militare di cui all'art. 5 del D.L. 195/2009, con oneri quantificati in euro 1.007.527,00 a carico della quota spettante alla regione Campania dai ricavi derivanti dalla vendita dell'energia.

Relativamente al presidio militare citato, si ricorda che il comma 1 dell’art. 5 del D.L. 195/2009 ha autorizzato la salvaguardia e la tutela delle aree e dei siti di interesse strategico nazionale mediante l'impiego delle Forze armate nel limite di duecentocinquanta unità, disciplinandone i poteri, le modalità di impiego e la copertura degli oneri conseguenti. In precedenza l’art. 2, comma 4, del D.L. 90/2008 aveva disposto che i siti, le aree, le sedi degli uffici e gli impianti comunque connessi all'attività di gestione dei rifiuti costituiscono aree di interesse strategico nazionale, per le quali il Sottosegretario di Stato provvede ad individuare le occorrenti misure, anche di carattere straordinario, di salvaguardia e di tutela per assicurare l'assoluta protezione e l'efficace gestione. Le successive disposizioni per l’attivazione del presidio militare sono state dettate dall’O.P.C.M. 3920 /2011, così come integrata dall’O.P.C.M. 3932/2011.

Relativamente ai ricavi della vendita dell'energia prodotta dal termovalorizzatore, il fatturato del 2011 ammonta a 139.244.791, 48 euro (iva inclusa)[125]. Tale somma, in base al contratto stipulato dal Sottosegretario di Stato ai sensi dell’art. 1 del D.L. 90/2008[126], è attribuita al Dipartimento della Protezione Civile nella misura del 50,1% (quota che, una volta trasferita la proprietà alla Regione Campania, diverrà di competenza della stessa Regione) e all’affidatario della gestione (Partenope Ambiente) nella misura del 49,9%.

Attività delle istituzioni dell’Unione europea

 

Nella comunicazione relativa a una tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse (COM(2011)571) presentata il 20 settembre 2011 la Commissione propone un piano strategico inteso a trasformare i rifiuti in una risorsa da reintrodurre nell’economia come materia prima da riutilizzare, incrementando la percentuale di rifiuti solidi riutilizzata o riciclata, attualmente pari al 40% (l’altro 60% finisce in discarica o è destinato all’incenerimento che nelle stime della Commissione include anche l’impiego in processi di recupero ai fini della produzione di energia).

I dati resi noti da Eurostat lo scorso 27 marzo relativi alla produzione di rifiuti urbani evidenziano che nell’UE nel 2010 la quota di rifiuti incenerita è pari al 22% (il 38% in discarica) mentre in Italia tale percentuale è risultata pari al 15% (in discarica il 51% del totale)[127].

Procedure di contenzioso

 

Con una lettera di messa in mora del 29 settembre 2011 (procedura d’infrazione n. 2007_2195) la Commissione europea invita l’Italia a conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia dell’UE del marzo 2010 (causa C-297/08) che la riconosce responsabile di non aver stabilito una rete adeguata e integrata di impianti per lo smaltimento dei rifiuti in Campania.

Il 1° febbraio 2012 il Ministro per l’ambiente, Corrado Clini ha riferito in audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti sui passi in avanti che l’Italia sta compiendo per corrispondere alle richieste della Commissione europea. Secondo il Ministro, l’Italia ha tempo fino a giugno 2012 per evitare una sanzione stimata in 500 mila euro al giorno, che scaturirebbe daun ulteriore avanzamento della procedura.

 

Nel quadro del ripristino della normalità, il Ministro ha sottolineato l’importanza del Piano Regionale per la Gestione dei Rifiuti Urbani (PRGRU), approvato il 23 gennaio 2012 dalla Giunta della regione Campania a cui dovrebbe seguire l'approvazione del piano regionale dei rifiuti speciali. Il Ministro ha inoltre riferito una disponibilità del Commissario europeo a sbloccare i fondi di coesione già stanziati a favore della Campania, che potrebbero essere destinati a potenziare la raccolta differenziata e gli inceneritori che recuperano energia, ma non le discariche.

Si ricorda che in seguito alla procedura di infrazione avviata a carico dell’Italia nel 2007 la Commissione europea ha deciso di sospendere il pagamento di 135 milioni di contributi Ue che dal 2007 al 2013 avrebbero dovuto finanziare i progetti relativi ai rifiuti, e di altri 10,5 milioni del periodo 2000-2006 che sono stati aboliti.

In una risoluzione votata nella seduta del 3 febbraio 2011, il Parlamento europeo ha concordato con l'intenzione della Commissione di subordinare l'erogazione dei cofinanziamenti del FESR all'effettiva attuazione di un nuovo piano rifiuti compatibile col diritto UE in materia.


 

Articolo 12, commi 11-quater e 11-quinquies
(Certificazione dei crediti)

 


11-quater. All'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, dopo le parole: «cessione pro soluto» sono inserite le seguenti: «o pro solvendo». La forma della cessione e la modalità della sua notificazione sono disciplinate, con l'adozione di forme semplificate, inclusa la via telematica, dal decreto previsto dall'articolo 13, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183.

11-quinquies. La disposizione di cui al comma 11-quater e le disposizioni ivi richiamate si applicano anche alle amministrazioni statali ed agli enti pubblici nazionali. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma.


 

 

Sintesi ed effetti

 

L'articolo 12, ai commi 11-quater e 11-quinquies, intervienein materia di certificazione dei crediti dovuti per somministrazioni, forniture e appalti delle regioni e degli enti locali, stabilendo che la certificazione possa essere finalizzata a consentire al creditore, oltre che la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari - che esonera il cedente dal rispondere dell'eventuale solvibilità del debitore - anche la cessione pro solvendo, che implica invece per il cedente l’obbligo di rispondere dell'eventuale inadempienza del debitore (comma 11-quater). Il comma 11-quinquies è volto ad estendere l’istituto della certificazione ai fini della cessione pro soluto e pro solvendo anche ai crediti vantati nei confronti di amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali.

Analisi normativa

 

In particolare, il comma 11-quater, novella l’articolo 9, comma 3-bis, del decreto legge 29 novembre, 2008, n. 185[128] al fine di stabilire che la


certificazione di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti da parte di regioni ed enti locali - che può essere ottenuta dal creditorie per crediti certi, liquidi ed esigibili - possa essere fatta valere anche al fine di consentire al creditore medesimo, oltre che la cessione “pro soluto”, anche la cessione “pro solvendo” a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.

 

Si ricorda che ai sensi del citato articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge n.185/2008 – come da ultimo modificato dall’articolo 13, commi 1-4, della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012 - su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni e gli enti locali certificano, nel rispetto delle disposizioni normative vigenti in materia di patto di stabilità interno, entro il termine di sessanta giorni dalla data di ricezione dell'istanza, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. Scaduto il predetto termine, su nuova istanza del creditore, provvede la Ragioneria territoriale dello Stato competente per territorio, che, ove necessario, nomina un commissario ad acta con oneri a carico dell'ente territoriale.. Il successivo comma 3-ter dispone che la suddetta certificazione non possa essere rilasciata, a pena di nullità: a) dagli enti locali commissariati (cessato il commissariamento, la certificazione non può comunque essere rilasciata in relazione a crediti sorti prima del commissariamento stesso., mentre nel caso di gestione commissariale, la certificazione non può comunque essere rilasciata in relazione a crediti rientranti nella gestione commissariale); b) dalle regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari[129].

Le modalità di attuazione delle disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 9 del D.L. n. 185/2008 sono rinviate ad un decreto del Ministro dell’economia e finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2012 (articolo 13, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183).

In linea generale, si ricorda che la cessione del credito è un negozio giuridico bilaterale con cui si trasmette un diritto ad un altro soggetto che subentra nel rapporto obbligatorio. La cessione può essere “pro soluto”, quando il cedente non deve rispondere dell'eventuale inadempienza (solvibilità) del debitore e garantisce solamente dell'esistenza del credito, ovvero “pro solvendo”, quando invece il cedente risponde dell'eventuale inadempienza del debitore.

Ai sensi dell’art. 1260 del Codice civile il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione. Ai sensi dell’art.1263 del C.C, per effetto della cessione, il credito è trasferito al cessionario con i privilegi, con le garanzie personali e reali e con gli altri accessori.

 

La norma dispone, inoltre, che la forma della cessione e la modalità della sua notificazione sono disciplinate, con l’adozione di forme semplificate, inclusa la via telematica, dal decreto previsto dall’articolo 13, comma 2, della legge 12 novembre 2011, n. 183.

 

Il citato decreto – con il quale sono dettate le modalità di attuazione delle disposizioni recate dai suddetti commi 3-bis e 3-ter dell'articolo 9 del D.L. n. 185/08 – è adottato dal Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea.

Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’art. 1264 del Codice civile la cessione ha effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l'ha accettata o quando gli è stata notificata. Tuttavia, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell'avvenuta cessione.

 

Il successivo comma 11-quinquies prevede che il complesso delle disposizioni sopra richiamate in materia di certificazione dei crediti per somministrazioni, forniture e appalti di regioni ed enti locali trovi applicazione anche nei confronti delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali. La definizione delle modalità di attuazione del comma sono demandate a un decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze.

 

Si osserva che la norma non prevede alcun termine per l’emanazione del suddetto decreto di natura non regolamentare.

Si segnala, inoltre, in ordine alla formulazione della norma, che, ai fini dell’estensione dell’applicazione della normativa richiamata alle amministrazioni statali ed enti pubblici sarebbe opportuno riformulare il comma 11-quinquies prevedendo il rinvio non alla “disposizione di cui al comma 11-quater” ma alle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 3-bis, del D.L. n. 185/2008, come modificate dal comma 11-quater.

 

Con riguardo al comma 11-quinquies, la relazione tecnica osserva che l'istituto della certificazione non è suscettibile di generare crediti ulteriori rispetto a quelli già esistenti, che trovano la loro ragion d'essere in autonomi alti di impegno o in altri atti consentiti dalla legge. L'allargamento della certificazione anche rispetto ai crediti verso le amministrazioni statali non determina comunque, alla luce del manuale del SEC 95 e delle diverse fonti che si sono succedute nel tempo, la trasformazione dei debiti commerciali in debiti finanziari. Dalla certificazione non deriva, di per sé, alcuna ristrutturazione delle posizioni debitorie oltre il termine temporale di 12 mesi, né delegazione di pagamento, e non si determinano pertanto effetti finanziari.


 

Articolo 12, comma 11-sexies
(Pagamento dei debiti commerciali)

 

11-sexies. All'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, alla lettera a), le parole: «Le assegnazioni disposte con utilizzo» sono sostituite dalle seguenti: «Una quota delle risorse del suddetto fondo speciale per la reiscrizione dei residui passivi di parte corrente, pari a 1.000 milioni di euro, è assegnata agli enti locali per il pagamento dei crediti di cui al presente comma. L'utilizzo» e le parole: «al periodo precedente» sono sostituite dalle seguenti: «ai periodi precedenti».

 

 

Sintesi ed effetti

 

L'articolo 12, comma 11-sexies, modifica la recente normativavolta ad accelerare il pagamento dei crediti commerciali dei Ministeri connessi a transazioni per l’acquisizione di servizi e forniture, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato, prevedendo che una quota delle risorse a tal fine destinate - pari a 1.000 milioni di euro – sia assegnata agli enti locali per il pagamento dei relativi crediti.

Analisi normativa

 

L'articolo 12,comma 11-sexies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, novella l’articolo 35, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1[130], che al fine di accelerare il pagamento dei crediti commerciali, esistenti alla data di entrata in vigore del decreto legge e connessi a transazioni commerciali per l’acquisizione di servizi e forniture, certi, liquidi ed esigibili, corrispondenti a residui passivi del bilancio dello Stato, ha previsto, tra le altre misure, l’incremento dei fondi speciali per la reiscrizione dei residui passivi perenti di parte corrente e di conto capitale[131], rispettivamente, negli importi di 2 miliardi di euro e di 700 milioni di euro per l’anno 2012 (lett. a)).

 

L’incremento per l’anno considerato avviene mediante riassegnazione, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato, di una corrispondente quota delle risorse complessivamente disponibili relative a rimborsi e compensazioni di crediti di imposta, esistenti presso la contabilità speciale 1778 “Agenzia delle entrate – Fondi di bilancio”.

Le assegnazioni disposte con utilizzo delle somme di cui sopra non devono comportare, in termini contabili, un peggioramento dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.

 

Ai sensi della novella in esame, una quota delle risorse del suddetto fondo speciale per la reiscrizione dei residui passivi di parte corrente, pari a 1 miliardo di euro, è assegnata agli enti locali per il pagamento dei crediti di cui sopra.

Resta fermo che l’utilizzo delle suddette somme non deve comportare, secondo i criteri di contabilità nazionale, peggioramento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni.

 

A tale ultimo riguardo, la relazione tecnica precisa che le disposizioni in esame non determinano effetti finanziari negativi sui saldi di finanza pubblica, in quanto le risorse che vengono finalizzate in favore degli enti locali rimangono destinate al pagamento delle medesime passività già previste per le amministrazioni statali originariamente interessate (ossia l’estinzione dei debiti commerciali pregressi concernenti acquisto di beni e servizi). Trattandosi di partite passive pregresse, le norme non alterano i saldi determinati dal patto di stabilità interno, atteso che i vincoli per le spese correnti sono espressi in termini di competenza finanziaria e tenuto conto che persiste l'obbligo, per gli enti beneficiari, di destinare tali risorse all'estinzione dei crediti per spese relative a consumi intermedi, maturati nei propri confronti, al fine di evitare impatti negativi sull'indebitamento netto.


 

Articolo 13
(Norma di copertura)

 

1. Agli oneri derivanti dall'articolo 3, comma 10, dall'articolo 4, comma 11, dall'articolo 8, commi 16, lettere e) e h), e 24, pari complessivamente a 184,6 milioni di euro per l'anno 2012, a 245,6 milioni di euro per l'anno 2013, a 246,4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, che aumentano ai fini della compensazione in termini di indebitamento netto e fabbisogno a 252 milioni di euro per l'anno 2013 e a 252,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014, si provvede mediante utilizzo delle minori spese di cui all'articolo 8, comma 21, del presente decreto.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

Sintesi ed effetti

 

L'articolo 13 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento in esame.

Analisi normativa

 

L'articolo 13, al comma 1,detta la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal decreto in esame, i quali sono pari, complessivamente, in termini di saldo netto da finanziarie, a 184,6 milioni di euro per l'anno 2012, a 245,6 milioni di euro per l'anno 2013, a 246,4 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014.

Ai fini della compensazione finanziaria in termini di indebitamento netto e fabbisogno, il comma 1 prevede che tali oneriaumentino a 252 milioni di euro per l’anno 2013 e a 252,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2014.

Secondo quanto riportato nella Relazione tecnica, nell’anno 2012 gli oneri in termini di fabbisogno e indebitamento netto sarebbero, invece, inferiori a quelli indicati in termini di saldo netto da finanziare, pari a 183,8 milioni di euro.

 

Gli oneri sono quelli recati dalle seguenti disposizioni:

§      articolo 3, comma 10, relativo al divieto di procedere, a decorrere dal 1 luglio 2012, alla riscossione dei crediti tributari di modesta entità (tributi non superiori a 30 euro),

§      articolo 4, comma 11, relativo alla riduzione della quota di concorso alla manovra di finanza pubblica delle Autonomie speciali, in ragione della soppressione negli stessi territori dell’addizionale all’accisa sull’energia elettrica, disposta dal comma 10 del medesimo articolo 4;

§      articolo 8, comma 16, lettera e), recante modifiche alla disciplina dell’imposta sugli immobili detenuti all'estero;

§      articolo 8, comma 16, lettera h), relativo all’imposta fissa sui conti correnti e libretti di risparmio detenuti in Paesi UE o aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un adeguato scambio di informazioni;

§      articolo 8, articolo 24, relativo all’apertura di procedure concorsuali presso l’Agenzia delle entrate per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti presso la medesima Agenzia.

 

Il commain esame dispone che agli oneri suddetti si provveda mediante utilizzo delle minori spese derivanti dall’articolo 8, comma 21, del decreto legge in esame.

Tale comma – in ragione dell’estensione delle misure di contrasto agli abusi nell'utilizzo dei crediti IVA in compensazione disposta dai commi 18-20 – reca una riduzione della dotazione di spesa della Missione politiche economiche finanziarie e di bilancio, rispetto alla previsione di bilancio, di 249 milioni di euro per l’anno 2012 e di 299 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013.


 

Articolo 14
(Entrata in vigore)

 

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

Sintesi ed effetti

 

L'articolo 14 dispone l'entrata in vigore del decreto-legge dal 2 marzo 2012 (giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale).

Analisi normativa

 

L'articolo 14 dispone l'entrata in vigore del decreto in esame nel giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana (ossia il 2 marzo 2012).

 

Si osserva che la disposizione - peraltro riproduttiva di innumerevoli precedenti - conferisce effetto sostanzialmente retroattivo al decreto-legge, quantomeno relativamente alla giornata (quella della pubblicazione) in cui - ha segnalato una autorevole dottrina - non c'è, per la maggior parte delle 24 ore, conoscibilità del testo né in formato cartaceo né nel sito della Gazzetta Ufficiale. A titolo di esempio, si voglia considerare l’abrogazione – disposta dal comma 15 dell’articolo 3 - dell’imposta di bollo su taluni trasferimenti di denaro all’estero attraverso istituti bancari, altri agenti di attività finanziarie e agenzie di "money transfer": le operazioni effettuate nella giornata di venerdì 2 marzo (non essendo ancora disponibile il testo) sono state assoggettate all’imposto di bollo.

 

Si segnala, infine, che l’articolo 10, comma 4, dispone dal 1° febbraio 2012 la decorrenza della posta unitaria minima di gioco per le scommesse sulle corse dei cavalli.


 



[1]     Recante unificazione ai fini fiscali e contributivi delle procedure di liquidazione, riscossione e accertamento, a norma dell'articolo 3, comma 134, lettera b), della L. 23 dicembre 1996, n. 662.

[2]     Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[3]     Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.

[4]     Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[5]     Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[6]     Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[7]     Finalità e soggetti ai quali può essere destinato il 5 per mille per l'anno finanziario 2010. Si ricorda che l'articolo 33, comma 11, della legge n. 138 del 2011 ha previsto l'applicabilità del predetto D.P.C.M. anche all'esercizio finanziario 2012, aggiornando i termini ivi stabiliti per gli anni: da 2009 a 2011, da 2010 a 2012 e da 2011 a 2013.

[8]     Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente.

[9]     Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle opzioni in materia di imposta sul valore aggiunto e di imposte dirette.

[10]    Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[11]    Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[12]    Disposizioni urgenti in materia di imposta sul valore aggiunto.

[13]    Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005).

[14]    Si tratta delle seguenti ipotesi:

-        decorso del termine;

-        conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilità di conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;

-        impossibilità di funzionamento o per la continuata inattività dell'assemblea;

-        riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto è disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter;

-        ipotesi previste dagli articoli 2437-quater e 2473.

[15]    Si tratta dell'ipotesi di scioglimento della società per deliberazione dell'assemblea.

[16]    Si tratta dell'ipotesi in cui gli amministratori, al verificarsi di una causa di scioglimento, hanno omesso di accertare e procedere agli adempimenti previsti.

[17]    Il provvedimento di attuazione è stato adottato il 29 dicembre 2011.

[18]    Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[19]    Determinazione 26 settembre 2007 per i settori dei prodotti energetici, degli oli lubrificanti e dei bitumi di petrolio; Determinazioni 26 settembre 2007 e 26 settembre 2008, n. 25499/UD per i settori dell'alcole e delle bevande alcoliche.

[20]    Regolamento recante disposizioni per il controllo della fabbricazione, trasformazione, circolazione e deposito dell'alcole etilico e delle bevande alcoliche, sottoposti al regime delle accise, nonché per l'effettuazione della vigilanza fiscale sugli alcoli metilico, propilico ed isopropilico e sulle materie prime alcoligene.

[21]    “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”.

[22]    Si ricorda, inoltre, che l’articolo 4-bis, comma 2, del D.Lgs. L. 21 aprile 2000, n. 181, recante disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, ha disposto l’obbligo, per i datori di lavoro pubblici e privati, all'atto della assunzione, prima dell'inizio della attività di lavoro, di consegnare ai lavoratori una copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui al richiamato articolo 9-bis, comma 2, del D.L. 510/1996. Tale adempimento è valido altresì per la contestuale osservanza dell’obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, di cui al D.Lgs. 26 maggio 1997, n. 152, recante l’attuazione della direttiva 91/533/CEE concernente l'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore delle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro. L'obbligo si intende assolto nel caso in cui il datore di lavoro consegni al lavoratore, prima dell'inizio della attività lavorativa, copia del contratto individuale di lavoro che contenga anche tutte le informazioni previste dal richiamato D.Lgs. 152. Tale disposizione non si applica per il personale della P.A. in regime di diritto pubblico, di cui all’articolo 3 del D.Lgs. 165/2001.

Il successivo comma 5 dello stesso articolo 4-bis ha inoltre previsto l’obbligo di comunicazione, per i datori di lavoro privati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni, per quanto di competenza, anche in caso di trasformazione da rapporto di tirocinio e di altra esperienza professionale a rapporto di lavoro subordinato, di determinate variazioni del rapporto di lavoro entro cinque giorni dal loro verificarsi, al servizio competente nel cui ambito territoriale è ubicata la sede di lavoro (le variazioni sono le seguenti: proroga del termine inizialmente fissato; trasformazione da tempo determinato a tempo indeterminato; trasformazione da tempo parziale a tempo pieno; trasformazione da contratto di apprendistato a contratto a tempo indeterminato; trasformazione da contratto di formazione e lavoro a contratto a tempo indeterminato; trasferimento del lavoratore; distacco del lavoratore; modifica della ragione sociale del datore di lavoro; trasferimento d'azienda o di ramo di essa).

[23]    “Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale”.

[24]    L'articolo 12 ha portato la soglia che limita il trasferimento di denaro contante e di titoli al portatore, prevista dall’articolo 49 del D.Lgs. n. 231 del 2007, a 1.000 euro.

[25]    Fanno parte dello Spazio economico europeo Austria, Finlandia, Islanda, Liechtenstein, Norvegia, Svezia e Svizzera.

[26]    L’articolo 22 del D.P.R. n. 633 del 1972 disciplina il commercio al minuto e le attività assimilate, prevedendo i casi in cui l'emissione della fattura non è obbligatoria. L’articolo 74-ter dello stesso provvedimento reca disposizioni per le agenzie di viaggio e turismo.

[27]    L’articolo 47 della legge 28 dicembre 2000, n. 445 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa) prevede che l'atto di notorietà concernente stati, qualità personali o fatti che siano a diretta conoscenza dell'interessato è sostituito da dichiarazione resa e sottoscritta dal medesimo con le modalità prescritte dalla stessa legge.

[28]    Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l'economia, convertito, con modificazioni, dalla L. 12 luglio 2011, n. 106.

[29]    Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo.

[30]    Fondazione studi consulenti del lavoro – Parere n. 13 del 12 luglio 2011- “Borse di studio tassate ed esenti”.

[31]    Istituzione di una addizionale comunale all'IRPEF, a norma dell'articolo 48, comma 10, della L. 27 dicembre 1997, n. 449, come modificato dall'articolo 1, comma 10, della L. 16 giugno 1998, n. 191.

[32]    Decreto-legge 'Salva Italia', convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214.

[33]    Le nuove funzioni previste nel comma in esame sono da mettere in relazione, principalmente, ai compiti di natura tecnica affidati alla SOSE ed all’IFEL ai fini della determinazione dei fabbisogni nel decreto legislativo 26 novembre 2010, n. 216, in tema di fabbisogni standard degli enti locali (G.U. n. 294 del 17 dicembre 2010).

[34]    Recante ulteriori interventi correttivi di finanza pubblica per l'anno 1994 e convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133.

[35]    Per quanto concerne i redditi da locazione di immobili, si ricorda che l’articolo 3 del D.Lgs. 23/2011 introduce la facoltà di applicare, in luogo della tassazione ordinaria, l’imposta sostitutiva sui redditi di locazione (cd. “cedolare secca”). Nell’applicazione dell’IMU sperimentale, l’imposta grava sugli immobili locati con aliquota piena, salva la facoltà dei comuni di ridurla allo 0,4 per cento (articolo 13, comma 9 del D.L. 201/2011). In altre parole, per i beni immobili non locati il proprietario dovrà corrispondere l’imposta municipale propria; in caso di locazione, dovrà corrispondere sia l’imposta municipale, sia l’IRPEF e le relative addizionali (ovvero, in alternativa a quest’ultima la “cedolare secca” sugli affitti).

[36]    Si ricorda che, con riferimento ai beni culturali, il Codice (D.Lgs. n. 42/2004) prevede specifiche disposizioni di tutela, tre le quali si segnalano, in particolare: l’art. 20, che vieta, tra l’altro, il danneggiamento e l’uso non compatibile con il carattere storico-artistico dei beni culturali; l’art. 29, che dispone in materia di conservazione del patrimonio culturale; l’art. 45, in base al quale il Ministero per i beni e le attività culturali ha facoltà di prescrivere distanze, misure e altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro; l’art. 49, che vieta la collocazione di cartelli o manifesti pubblicitari sugli edifici e nelle aree tutelati come beni culturali, salve particolari ipotesi, comunque subordinate ad autorizzazione del soprintendente.

[37]    D.L. 6-12-2011 n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.; articolo 13, comma1.

[38]    Si ricorda che il regime finanziario dei comuni delle regioni a statuto speciale è sottoposto ad una disciplina specifica dettata dagli statuti speciali, le norme di attuazione e le norme che adotta ciascuna regione e provincia autonoma. Ad essi non si applicano – o meglio si applicano in maniera concordata con ciascuna regione secondo le disposizioni dei rispettivi statuti, le disposizioni concernenti il federalismo fiscale municipale (D.Lgs. 23/2011) così come tutti gli altri decreti legislativi emanati in attuazione della delega contenuta nella legge 42 del 2009

[39]    Per il quale le corrispondenti risorse sono già iscritte nel pertinente capitolo di bilancio dello stato di previsione del Ministero dell'Interno, ci informa la Relazione tecnica.

[40]    Sono indicate, sostanzialmente, minori entrate statali per 367 milioni a valere sull’IMU per gli immobili di proprietà dei comuni, per 19,5 milioni sull’IMU degli edifici storici e per 20 milioni sugli utili a riserva obbligatoria delle banche di credito cooperativo a fronte di maggiori entrate ascrivibili alla modifica alla deducibilità dei costi da reato (150 milioni).

[41]    Con le procedure previste dall'articolo 27 della n. 42 del 2009 (c.d. tavoli), le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta, nonché le Province autonome di Trento e di Bolzano, assicurano il recupero al bilancio statale del predetto maggior gettito stimato dei comuni ricadenti nel proprio territorio. Fino all'emanazione delle norme di attuazione di cui allo stesso articolo 27, a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, è accantonato un importo pari al maggior gettito stimato di cui al precedente periodo.

[42]    Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.

[43]   In particolare, per quanto riguarda la finanza locale, l’art. 11, comma 1, della legge n. 42 dispone la soppressione e la loro sostituzione con risorse fiscali, dei trasferimenti statali e regionali diretti al finanziamento delle spese degli enti locali (comuni, province, città metropolitane), ad eccezione di quelli:

-         aventi la natura di “contributi speciali”, ossia diretti a finanziare, congiuntamente ai finanziamenti dell’Unione europea e ai cofinanziamenti nazionali, gli interventi finalizzati agli obiettivi di cui all’art. 119, comma 5, della Costituzione;

-         destinati ai fondi perequativi e ai contributi erariali e regionali sulle rate di ammortamento dei mutui.

In particolare, i trasferimenti erariali in favore dei comuni sono stati soppressi a decorrere dal 2011, ai sensi dell’articolo 2, comma 8, del D.Lgs. n. 23/2001 (in attuazione, si veda il D.M. Interno 21 giugno 2011 che ha ridotto, per l’anno 2011, i trasferimenti erariali ai comuni di circa 11.265 milioni di euro, in corrispondenza del totale delle entrate da federalismo fiscale municipale, per compartecipazione IVA, pari a 2.889 milioni, e per fondo sperimentale di riequilibrio, pari a 8.376 milioni); i trasferimenti erariali in favore delleprovince sono soppressi a decorrere dal 2012, ai sensi dell’articolo 18 del D.Lgs. n. 68/2011.

[44]    Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.

[45]    Le disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale sono recate dal decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. Si ricorda, al riguardo, che il provvedimento, attuativo della legge delega n. 42/2009, ha determinato la soppressione dei trasferimenti erariali (dall’articolo 1, comma 8, del D.Lgs. n. 23) e la loro sostituzione con entrate proprie (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e addizionali a tributi erariali e regionali), cui si affianca l’apposito Fondo sperimentale di riequilibrio (destinato ad essere sostituito dal Fondo perequativo vero e proprio nell’arco di tre anni), istituito per realizzare, in forma progressiva e territorialmente equilibrata, la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare loro devoluta.

[46]    D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149, recante “Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni, a norma degli articoli 2, 17 e 26 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.

[47]    Tali due fondi sono stati istituiti rispettivamente dall’articolo 2, comma 3 e dall’articolo 13 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Il primo fondo, di durata triennale, è finalizzato a realizzare “in forma progressiva e territorialmente equilibrata” la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare (disciplinata dal medesimo articolo 2). Il secondo fondo è destinato al finanziamento delle spese dei comuni e delle province successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard.

[48]    Si ricorda che il comma 1 del medesimo articolo 7 del D.Lgs. n. 149/2011 riguarda le sanzioni applicabili dei confronti delle regioni.

[49]    La sanzione corrisponde a quella già introdotta per gli anni precedenti (si veda l’articolo 14, comma 3, del D.L. n. 78/2010 e poi l’art. 1, comma 119, alinea, della legge di stabilità per il 2011), consistente nella riduzione dei trasferimenti erariali in misura pari allo scostamento da essi registrato rispetto all’obiettivo. La nuova sanzione è ora riferita ai due fondi istituiti dal D.Lgs. n. 23/2011, in conseguenza del fatto che i provvedimenti attuativi della legge delega n. 42/2009 in materia di federalismo fiscale hanno determinato la soppressione dei trasferimenti erariali e la loro sostituzione con entrate proprie (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e addizionali a tributi erariali e regionali) cui si affianca l’apposito Fondo sperimentale di riequilibrio (destinato ad essere sostituito dal Fondo perequativo vero e proprio nell’arco di tre anni), istituito per realizzare, in forma progressiva e territorialmente equilibrata, la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare.

[50]    La Circolare n. 5/2012 ha precisato in merito che, ai fini dell’applicazione della sanzione, il divieto non opera nei riguardi delle devoluzioni di mutui già in carico all’ente locale contratti in anni precedenti. Non rientrano, inoltre, nel divieto le operazioni che non configurano un nuovo debito, quali i mutui e le emissioni obbligazionari, il cui ricavato è destinato all’estinzione anticipata di precedenti operazioni di indebitamento, che consentono una riduzione del valore finanziario delle passività, né le sottoscrizioni di mutui la cui rata di ammortamento è a carico di un’altra amministrazione pubblica.

[51]    Si ricorda che tale misura sanzionatoria è stata introdotta per la prima volta dalla legge di stabilità 2011 (articolo 1, comma 120, legge n. 220/2010) stabilendo una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008.

[52]    Ministero dell'economia e delle finanze, Decreto 6-10-2011 «Regionalizzazione orizzontale» del patto di stabilità interno 2011 di cui all'articolo 1, commi 141 e 142, della legge 13 dicembre 2010, n. 220. Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 ottobre 2011, n. 243.

[53]    Sulla base del SEC95, il Sistema Europeo dei Conti, l’Istat predispone l’elenco delle unità istituzionali che fanno parte del Settore “Amministrazioni Pubbliche” (Settore S13), i cui conti concorrono alla costruzione del Conto economico consolidato delle Amministrazioni pubbliche. La compilazione di tale lista risponde a norme classificatorie e definitorie proprie del sistema statistico nazionale e comunitario.

Seguendo tali criteri le unità classificate nel Settore delle Amministrazioni Pubbliche sono:

a)   gli organismi pubblici che gestiscono e finanziano un insieme di attività, principalmente consistenti nel fornire alla collettività beni e servizi non destinabili alla vendita;

b)  le istituzioni senza scopo di lucro che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, che sono controllate e finanziate in prevalenza da amministrazioni pubbliche;

c)   gli enti di previdenza.

[54]    Per il testo del comunicato si veda la gazzetta Ufficiale n. 171 del 24 luglio 2010.

[55]    Per questo comunicato si veda la Gazzetta Ufficiale n. 228 del 30 settembre 2011.

[56]    "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche".

[57]    Per gli enti territoriali l’armonizzazione contabile è analogamente disciplinata dal decreto legislativo n. 118 del 23 giugno 2011 adottato in attuazione della delega contenuta nella legge n. 42/2009.

[58]    Proroga di termini previsti da disposizioni legislative.

[59]    Tale proroga si sarebbe resa necessaria in seguito all’entrata in vigore dell’articolo 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183 (Legge di stabilità 2012), che ha, fra l’altro, apportato modifiche di rilievo al citato testo unico in materia di documentazione amministrativa incidenti in modo significativo sulle disposizioni in materia di certificazioni rilasciate dalle pubbliche amministrazioni e di dichiarazioni sostitutive.

[60]    Recante interventi correttivi di finanza pubblica.

[61]    Recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale e convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 4 agosto 2006, n. 248.

[62]    Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.

[63]    Riforma delle sanzioni tributarie non penali in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di riscossione dei tributi, a norma dell'articolo 3, comma 133, lettera q), della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[64]    Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[65]    Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[66]    Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, a norma dell'articolo 3, comma 133, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

[67]    Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione.

[68]    Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto

[69]    Tale importo corrisponde alla sanzione minima indicata dall'articolo 5, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo n. 471 del 1997, ridotta ad un quarto.

[70]    Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[71]    400.000 euro per le imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi, ovvero 700.000 euro per le imprese aventi per oggetto altre attività.

[72]    Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

[73]    Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito.

[74]    Norme di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti in sede di dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di modernizzazione del sistema di gestione delle dichiarazioni.

[75]    Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini.

[76]    Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.

[77]    Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.

[78]    Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi.

[79]    Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

[80]    Cfr. tra gli altri: G. Antico, “Accessi, ispezioni e verifiche negli studi professionali: l’opposizione del segreto professionale” (in “il fisco” n. 13 del 31 marzo 2008, pagg. 1-2333);

[81]    Riordino della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale

[82]    D.P.C.M. 26 settembre 2000, Istituzione dell'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).

[83]    D.P.C.M. 21 marzo 2001 n. 329, Regolamento recante norme per l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

[84]    Articolo 1, comma 2, del D.P.C.M. 26 gennaio 2011, n. 51, Modifiche al regolamento recante norme per l'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 marzo 2001, n. 329.

[85]    L'Agenzia ha presentato nella XVI legislatura tre Relazioni al Parlamento, relative agli anni 2008, 2009 e 2010. Si tratta dei Doc. CXCII n. 1 (relativo al 2008, presentata il 13 marzo 2009), n. 2 (relativo al 2009, presentata il 4 marzo 2010) e n. 3 (relativo al 2010, presentata il 22 marzo 2011). Tali relazioni sono state assegnate alle Commissioni Affari costituzionali delle due Camere.

[86]    Il D.Lgs. 460/1997 regolamenta il settore del non profit secondo criteri di unitarietà e coordinamento in materia di normativa tributaria degli enti non commerciali, introducendo nell’ordinamento nazionale le organizzazione non lucrative di utilità sociale (ONLUS). Sono ONLUS: le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, i cui statuti o atti costitutivi prevedono espressamente lo svolgimento di attività in uno o più dei settori riferibili all’assistenza sociale e socio-sanitaria; all’assistenza sanitaria; alla beneficenza; all’istruzione; alla formazione; allo sport dilettantistico; alla tutela, promozione e valorizzazione delle cose d'interesse artistico e storico, della natura e dell'ambiente; alla promozione della cultura e dell'arte; alla tutela dei diritti civili; alla ricerca scientifica di particolare interesse sociale; all'esclusivo perseguimento di finalità di solidarietà sociale. Sono in ogni caso considerati ONLUS gli organismi di volontariato, le organizzazioni non governative e le cooperative sociali. Le associazioni, i comitati, le fondazioni, le società cooperative e gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica, se in possesso di determinati requisiti, possono usufruire di rilevanti agevolazioni fiscali e di un regime tributario agevolato per quanto riguarda le imposte sui redditi, l’IVA e le altre imposte indirette. Per beneficiare delle agevolazioni i soggetti interessati devono chiedere l’iscrizione all’anagrafe unica delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), presentando una comunicazione all’Agenzia delle Entrate. Tale adempimento non è richiesto alle cosiddette Onlus di diritto, ovvero alle organizzazioni di volontariato, alle Organizzazioni non governative (Ong) alle cooperative sociali ed ai i consorzi costituiti interamente da cooperative sociali.

[87]    Sono considerate associazioni di promozione sociale le associazioni riconosciute e non riconosciute, i movimenti, i gruppi e i loro coordinamenti o federazioni costituiti al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati o di terzi, senza finalità di lucro. La L. 383/2000 che ne reca la definizione, esclude da questa tipologia associativa, i partiti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni dei datori di lavoro, le associazioni professionali e di categoria e tutte le associazioni che hanno come finalità la tutela esclusiva di interessi economici degli associati.

[88]    L’impresa sociale è un soggetto privato non a scopo di lucro, così come indicato dalla L. 118/2005 e dal D.Lgs. 155/2006 . La legge stabilisce che l’impresa sociale non può essere diretta o controllata da imprese private con finalità lucrative e da amministrazioni pubbliche, ha l’obbligo di reinvestire gli utili o gli avanzi di gestione nello svolgimento dell’attività istituzionale oppure per incrementare il patrimonio e ha il divieto di ridistribuire, anche in modo indiretto, utili e avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitali, ad amministratori e a soci, partecipanti (persone fisiche o giuridiche), collaboratori o dipendenti, al fine di garantire in ogni caso il carattere non speculativo della partecipazione all’attività dell’impresa. L’oggetto sociale può riguardare ambiti quali l’assistenza sociale e quella sanitaria, l’educazione, la tutela dell’ambiente e la valorizzazione del patrimonio culturale.

[89]    Informazioni tratte dal sito dell’Agenzia:

http://www.agenziaperleonlus.it/

[90]    L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri. L’art. 17, co. 4-bis stabilisce che l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate con regolamenti di delegificazione, su proposta del Ministro competente d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro. I regolamenti recano disposizioni in materia di           riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato; individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali; previsione di strumenti di verifica periodica dell'organizzazione e dei risultati; indicazione e revisione periodica della consistenza delle piante organiche; previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell'ambito degli uffici dirigenziali generali.

[91]    L. 13 maggio 1999, n. 133, Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale.

[92]    Sul punto la risposta del Governo all’interpellanza urgente Problematiche concernenti l'annunciata chiusura dell'Agenzia per il terzo settore - n. 2-01394, Camera, seduta n. 601 di venerdì 9 marzo 2012.

[93]    L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[94]    D.L. 30 settembre 2005, n. 203, Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.

[95]    D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[96]    D.Lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

[97]    D.L. 7 ottobre 2008 n. 154, Disposizioni urgenti per il contenimento della spesa sanitaria e in materia di regolazioni contabili con le autonomie locali.

[98]    Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica”.

[99]    L. 31 dicembre 2009, n. 196, Legge di contabilità e finanza pubblica.

[100]  Il comma 9-bis dell’articolo 66 è stato aggiunto dall'articolo 2, comma 208, della legge n. 191 del 2009 e successivamente modificato dall'articolo 9, comma 6, del decreto-legge n. 78 del 2010.

[101]  D.L. 25-6-2008 n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133.

[102]  D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267,Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[103]  Con i seguenti decreti ministeriali sono stati individuati i soggetti beneficiari e gli interventi da realizzare nonché è stata ripartita tra gli stessi quota parte dei contributi suddetti: D.M. 25 febbraio 2010,il D.M. 9 giugno 2010,il D.M. 28 ottobre 2010,il D.M. 10 febbraio 2011. e il D.M. 16 maggio 2011. In particolare, questi ultimi due decreti hanno provveduto alla riassegnazione dei contributi statali, erogati a valere sulle risorse del Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio, risultati revocati nel corso dell’anno 2010. Individuazione degli enti beneficiari e delle relative modalità di erogazione.

[104]  Il richiamo agli accessi, ispezioni e verifiche ai sensi dell’articolo 52 è menzionato al numero 1, del comma 2, dell’articolo 51.

[105]  La risorsa propria basata sull'imposta sul valore aggiunto (IVA) è riscossa in base agli imponibili IVA degli Stati membri, che sono armonizzati a questo scopo. Tenendo conto delle entrate generate da altre risorse proprie, la risorsa RNL (reddito nazionale lordo) è basata sull'applicazione di un'aliquota uniforme alla somma degli RNL di tutti gli Stati membri.

[106]  Si ricorda che nella Relazione sul fenomeno delle infiltrazioni mafiose nel gioco lecito e illecito del 20 luglio 2011 (Doc. XXIII n. 8 della XVI legislatura), la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, afferma: "Con riferimento alla problematica della compatibilità della nostra legislazione in materia di giochi on line e con slot machine rispetto al resto dell’Europa, anche i rappresentanti dell’AAMS hanno espresso l’auspicio che il nostro Paese si muova in una direzione maggiormente restrittiva. La legge 7 luglio 2009, n. 88, ha comunque obbligato alla tracciatura centralizzata dei dati anagrafici dei giocatori, compreso il loro codice fiscale. L’AAMS sta costantemente implementando il nuovo sistema di controllo ed inoltre riferisce che i concessionari hanno informalmente comunicato che, attraverso detta innovazione, i tentativi di frode attraverso il gioco on line si sarebbero abbattuti dell’80-90 per cento. Da ultimo, è stato ricordato come la cosiddetta legge di stabilità 2011 abbia introdotto nuove e più rigorose regole di accesso al mercato del gioco, consentendo alla stessa AAMS una maggiore possibilità di controllo attraverso la concessione delle autorizzazioni. Nel corso del 2010 si è insediato presso l’AAMS il «Comitato di alta vigilanza», del quale fanno parte il direttore generale e gli esponenti delle tre Forze di polizia. L’operatività di questo organismo è iniziata nel 2011,con lo scopo di pianificare e coordinare interventi sempre più strutturati e sistematici sul territorio" (p. 23).

[107]  Si tratta della norma che regola, come scriminante, l'esercizio di un diritto o adempimento di un dovere: a quest'ultima fattispecie si faceva tradizionalmente risalire l'attività dell'agente provocatore (Cass. Pen., sez, prima, sentenza n. 6302 del 19/05/99), prima dell'esplicita tipizzazione dell'agente sotto copertura nella legislazione dell'ultimo decennio. L'articolo 51 cit. è oggetto di clausola di salvaguardia anche al comma 1 dell'articolo 17 della legge 3 agosto 2007, n. 124, recante una speciale causa di giustificazione per il personale dei servizi di informazione per la sicurezza che ponga in essere condotte previste dalla legge come reato, legittimamente autorizzate, laddove non integrino delitti diretti a mettere in pericolo o a ledere la vita, l’integrità fisica, la personalità individuale, la libertà personale, la libertà morale, la salute o l’incolumità di una o più persone.

[108]  "Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001": qui la causa di giustificazione copre l'acquisizione, da parte dell'ufficiale di polizia giudiziaria, di elementi di prova in ordine: ai delitti previsti dagli articoli 473, 474, 629, 630, 644, 648-bis e 648-ter, nonché nel libro II, titolo XII, capo III, sezione I, del codice penale; ai delitti concernenti armi, munizioni, esplosivi, ai delitti previsti dall'articolo 12, commi 1, 3, 3-bis e 3-ter, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286; ai delitti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; ai delitti previsti dall'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; ai delitti previsti dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75; ai delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione.

[109]  Cassazione – Sezione terza penale– sentenza 5 maggio-22 settembre 2004 – n. 37074.

[110]  Il testo approvato dal Senato ha limitato l’estensione dell’applicazione della documentazione antimafia al solo coniuge non separato, mentre il testo originario della norma faceva riferimento al coniuge nonché ai parenti e agli affini entro il terzo grado dei soggetti ivi indicati.

[111]  Sull'assetto societario delle concessionarie si era soffermato il rapporto CNEL novembre 2011 "La filiera del gioco in Italia: prospettive di tutela e promozione della legalità", p. 12.

[112]  Anche per questa fattispecie il testo approvato dal Senato ha limitato l’estensione dell’applicazione della documentazione antimafia al solo coniuge non separato, mentre il testo originario della norma faceva riferimento al coniuge nonché ai parenti e agli affini entro il terzo grado dei soggetti ivi indicati.

[113]  L'Unione Nazionale Incremento Razze Equine (UNIRE) era l'ente di diritto pubblico che sovrintendeva all'attività ippica e ai settori ad essa connessi, dalle corse e dall'allevamento di cavalli, all'amministrazione dei fondi destinati ad essi.

[114]  TAR Lazio (Sezione Seconda), decreto n. 00166/2012 del 13 gennaio 2012, confermato dall'ordinanza collegiale n. 00300/2012, su ricorso della Soc. Hbg Connex Spa n. 00188/2012 REG.RIC.: nel ritenere che sussistono i presupposti per accogliere l’istanza cautelare siccome proposta, disponendosi nel contempo la fissazione dell’udienza di merito alla data del 4 aprile 2012, l'ordinanza citata rilevava "che, allo stato degli atti ed all’esito di una valutazione sommaria della documentazione prodotta, emergono profili di fondatezza delle censure dedotte dalla parte ricorrente, in particolar modo in ordine alla contestata legittimità della previsione, contenuta nelle espressioni amministrative provvedimentali dell’Amministrazione resistente, piuttosto che in necessarie disposizioni di fonte primaria, circa l’obbligo “imposto al concessionario di effettuare un prelievo erariale del 6 per cento sulle vincite” (per come testualmente indicato nel decreto presidenziale reso nel presente giudizio che in questa sede il Collegio ritiene di dover confermare) nonché con riferimento alle constatate difficoltà tecniche che rendono, allo stato, impossibile l’adempimento imposto ai concessionari dagli atti impugnati, con evidenti conseguenze pregiudizievoli in danno di essi".

[115]  Alle maggiori entrate per 1,5 miliardi può contribuire, secondo periodo del comma 3, anche l'aumento dell'aliquota di base dell'accisa sui tabacchi lavorati, da disporre entro il 30 giugno 2012 con provvedimenti MEF-AAMS.

[116]  Si riporta qui di seguito per completezza il testo del richiamato articolo 303 nella formulazione vigente anteriormente all'entrata in vigore del decreto legge in conversione: "Art. 303. - (Differenze rispetto alla dichiarazione di merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra dogana). – Qualora le dichiarazioni relative alla qualità, alla quantità ed al valore delle merci destinate alla importazione definitiva, al deposito o alla spedizione ad altra Dogana con bolletta di cauzione, non corrispondano all’accertamento, il dichiarante è punito con la sanzione amministrativa da euro 103 a euro 516. La precedente disposizione non si applica: a) quando nei casi previsti dall’articolo 57, lettera d), pur essendo errata la denominazione della tariffa, è stata indicata con precisione la denominazione commerciale della merce, in modo da rendere possibile l’applicazione dei diritti; b) quando le merci dichiarate e quelle riconosciute in sede di accertamento sono considerate nella tariffa in differenti sottovoci di una medesima voce, e l’ammontare dei diritti di confine, che sarebbero dovuti secondo la dichiarazione, è uguale a quello dei diritti liquidati o lo supera di meno di un terzo; c) quando le differenze in più o in meno nella quantità o nel valore non superano il cinque per cento per ciascuna qualità delle merci dichiarate. Se i diritti di confine complessivamente dovuti secondo l’accertamento sono maggiori di quelli calcolati in base alla dichiarazione e la differenza supera il cinque per cento, la sanzione amministrativa, qualora il fatto non costituisca più grave reato, è applicata in misura non minore dell’intero ammontare della differenza stessa e non maggiore del decuplo di essa. Tuttavia, se tale differenza dipende da errori di calcolo, di conversione della valuta estera o di trascrizione commessi in buona fede nella compilazione della dichiarazione ovvero è dovuta ad inesatta indicazione del valore sempre che il dichiarante abbia fornito tutti gli elementi necessari per l’accertamento del valore stesso, si applica, la sanzione amministrativa non minore del decimo e non maggiore dell’intero ammontare della differenza stessa.".

[117]  Il richiamato comma 5-bis prevede che, oltre alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il predetto comunicato deve essere pubblicato nel sito internet dell’Agenzia del territorio, nonché presso gli uffici provinciali ed i comuni interessati.

[118]  Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

[119]  Tale termine, originariamente fissato al 1° maggio 2011, è stato prorogato dal decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, concernente Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia.

[120]  D.L. 30 dicembre 2009, n. 195, Disposizioni urgenti per la cessazione dello stato di emergenza in materia di rifiuti nella regione Campania, per l'avvio della fase post emergenziale nel territorio della regione Abruzzo ed altre disposizioni urgenti relative alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed alla protezione civile, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 26 febbraio 2010, n. 26.

[121]  Data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 195/2009.

[122]  www.osservatorioacerra.it/erc/Acerra/AC_HomePage/AC_Impianto/AC_Attvita/ERC-ERC_Layout_locale-1199880667264_1199898113858.htm

[123]  Una dettagliata ricostruzione del contenzioso in atto, oltre che nel testo della citata ordinanza, è stata fornita nel corso dell’audizione dei rappresentanti della Impregilo S.p.A., tenutasi nella seduta del 30 novembre 2011 della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti (www.camera.it/470?stenog=/_dati/leg16/lavori/stenbic/39/2011/1130&pagina=s030).

[124]  L. 12 novembre 2011, n. 183, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. (Legge di stabilità 2012).

[125]  Fonte: Dipartimento della Protezione civile.

[126]  Rep. 9 del 13 novembre 2008.

[127]    La produzione media in Italia è stimata in 531 kg a persona contro una media UE di 502kg/persona

[128]  Convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

[129]  Il comma 2-bis all’articolo 210 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), relativo all’affidamento del servizio di Tesoreria, stabilisce che la convenzione che disciplina l’affidamento di tale servizio (per le sole convenzioni stipulate successivamente al 1° gennaio 2012) possa prevedere l’obbligo del tesoriere di accettare, su apposita istanza del creditore, crediti pro-soluto certificati dall’ente ai sensi della disciplina del nuovo comma 3-bis dell’articolo 9 del decreto legge n. 185/2008, sopra illustrata.

[130]  Recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27.

[131]  L’articolo 27 della legge di contabilità nazionale (legge n. 196/2009) prevede che nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, siano istituiti, nella parte corrente e nella parte in conto capitale, rispettivamente, un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa di parte corrente eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa» e un «fondo speciale per la riassegnazione dei residui passivi della spesa in conto capitale eliminati negli esercizi precedenti per perenzione amministrativa», le cui dotazioni sono determinate, con apposito articolo, dalla legge del bilancio.