Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Titolo: Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali - D.L. 152/2009 ' A.C. 3016 - Schede di lettura - Edizione aggiornata
Riferimenti:
DL N. 152 DEL 04-NOV-09   AC N. 3016/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 254
Data: 09/12/2009
Descrittori:
MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE   PROROGA DI TERMINI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali

D.L. 152/2009 – A.C. 3016

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 254

Edizione aggiornata

 

 

9 dicembre 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4172 / 066760-4939 – * st_difesa@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier:

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( 066760-4939 – * st_affari_esteri@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 / 066760-9148 – * st_giustizia@camera.it

Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

Il presente dossier è composto dai seguenti volumi:

 

Ø      Elementi per l’istruttoria legislativa (n. 254/0)

Ø      Schede di lettura (n. 254)

Ø      Riferimenti normativi (n. 254/1)

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D09152.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Art. 1  (Interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione)3

§      Art. 2  (Missioni internazionali delle Forze armate e di polizia)15

-       Recenti sviluppi del quadro politico afgano (a cura del Dipartimento Affari esteri)

-       Recenti sviluppi del quadro politico libanese (a cura del Dipartimento Affari esteri)

-       Recenti sviluppi nella situazione dei Balcani occidentali (a cura del Dipartimento Affari esteri)

-       Documentazione all’esame delle istituzioni europee (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

§      Art. 3  (Disposizioni in materia di personale)64

§      Art. 4 (Disposizioni in materia penale)80

§      Art. 5  (Disposizioni in materia contabile)85

§      Art. 6  (Copertura finanziaria)87

 

 


Schede di lettura

 


Art. 1
(Interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei
processi di pace e di stabilizzazione)

 

I commi da 1 a 9 del presente articolo prorogano dal 1° novembre al 31 dicembre 2009 di termini previsti da alcune disposizioni della legge 3 agosto 2009, n. 108[1]. Tali disposizioni riguardano interventi di cooperazione allo sviluppo e sostegno ai processi di pace e stabilizzazione.

 

In particolare, il comma 1 proroga al 31 dicembre di quest’anno il termine previsto dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 108 del 2009.

 

L’art. 1, comma 1 della legge n. 108 del 2009 stabilisce in primo luogo l’integrazione nella misura di 28 milioni di euro, per il periodo dal 1° luglio al 31 ottobre 2009 (portato al 31 dicembre dalla disposizione del decreto-legge in commento), delle risorse finanziarie per la cooperazione allo sviluppo a dono gestita dal Ministero degli Affari esteri, quali previste dall’apposita voce in Tabella C della legge finanziaria 2009. Il finanziamento è operato per consentire interventi di cooperazione in Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Sudan, Somalia. Il medesimo comma autorizza altresì una spesa di un milione di euro, limitatamente allo stesso periodo, per lo svolgimento degli interventi previsti dalla legge 7 marzo 2001, n. 58, istitutiva del Fondo per lo sminamento umanitario. Infine un ulteriore norma introdotta dal comma 1 riconosce al Ministero degli Affari esteri la facoltà, con proprio decreto, di destinare risorse per urgenti iniziative di cooperazione in altre aree di crisi sopravvenienti, nei limiti temporali prima richiamati, a valere su un massimo del 15 per cento dello stanziamento di cui in precedenza.

 

Il comma 1 dell’art. 1 del provvedimento in esame prevede l'ulteriore integrazione di 6,8 milioni di euro dello stanziamento recato dalla tabella C della legge finanziaria e la spesa ulteriore di 500.000 euro per gli interventi di sminamento umanitario, fino alla stessa data del 31 dicembre 2009.

 

Si ricorda che le iniziative di cooperazione allo sviluppo hanno come quadro di riferimento consolidato la legge 26 febbraio 1987, n. 49[2], ai sensi della quale viene appostato annualmente in Tabella C della legge finanziaria apposito stanziamento, che riguarda in particolare le iniziative a dono.

La legge finanziaria per il 2009 (legge n. 203 del 2008), qui richiamata, assegna alla voce di Tabella C relativa ai capitoli della cooperazione a dono – inclusi nello stato di previsione del Ministero degli Affari esteri – gli importi di 321,8 milioni di euro per il 2009, nonché 331,3 milioni per il 2010 e 215,7 milioni per il 2011. 

La stessa voce della Tabella C del disegno di legge finanziaria per il 2010 (A.C. 2936, attualmente all’esame di questo ramo del Parlamento) reca stanziamenti pari a circa 327 milioni per il 2010 e 210,9 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012.

 

Il comma 2 dispone la proroga del termine previsto dall'articolo 1, comma 11, della legge n. 108 del 2009, autorizzando, fino alla stessa data del 31 dicembre 2009, l'ulteriore spesa di 300.000 euro.

 

Il comma 11 qui richiamato autorizza dal 1° luglio al 31 ottobre 2009 la spesa di 500.000 euro, per l’erogazione del contributo italiano al Tribunale Speciale delle Nazioni Unite per il Libano.

Si ricorda che il Tribunale è stato costituito, a seguito di una richiesta del Governo libanese, per processare i presunti responsabili dell’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri e di altre 22 persone morte nello stesso attentato. A seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’ONU 1664(2006) le Nazioni Unite e la Repubblica libanese hanno negoziato un accordo sull’istituzione del Tribunale speciale; lo Statuto del Tribunale è entrato in vigore il 10 giugno 2007 sulla base di un’ulteriore risoluzione del Consiglio di Sicurezza, la n. 1757(2007) del 30 maggio 2007.

 

Il comma 3 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di un milione di euro per partecipazione italiana ai Fondi fiduciari (Trust funds) della NATO, con particolare riferimento a quelli destinati al sostegno dell’Esercito nazionale afghano (un milione di euro).

   

Il comma successivo autorizza la spesa di 160.000 euro, fino al 31 dicembre 2009, per assicurare la partecipazione dell’Italia, attraverso esperti nazionali, alle attività civili di peace keeping e di diplomazia preventiva e ai progetti di cooperazione promossi dall’OSCE: il termine originario (31 ottobre di quest’anno) era stato fissato dall’articolo 1, comma 13, della legge n. 108 del 2009. 

 

Si ricorda che nella relazione di accompagnamento al decreto del Ministro della Difesa del 3 luglio 2009 è stato specificato che tale importo è destinato prevalentemente a finanziare la presenza stabile di circa 64 esperti italiani nelle missioni sul terreno dell’OSCE e in minor misura presso le relative Istituzioni, mentre una quota pari a 101.520 euro riguarda la partecipazione di 36 esperti nelle missioni di osservazione elettorale dell’OSCE medesima. Il decreto 3 luglio 2009 provvedeva alla ripartizione delle risorse previste dall'articolo 24, commi 1-72 e 76 del decreto legge n. 78 del 2009 (“decreto legge anti-crisi” A.C. 2561), il cui contenuto è stato successivamente ripreso dalla legge 3 agosto 2009, n. 108, la quale provvede direttamente a definire la ripartizione delle risorse necessarie agli interventi ivi previsti.

 

Il comma 5 dispone la proroga al 31 dicembre di quest’anno del termine previsto dall'articolo 1, comma 14, della legge n. 108 del 2009, autorizzando una spesa ulteriore di 2.927.905 euro.

 

La disposizione recata dall’art. 1, comma 14, della legge n. 108 del 2009 autorizzava la spesa di 5.148.311 euro per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione, nonché per quelli operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani nei territori bellici e ad alto rischio. Lo stesso comma 14 stabiliva anche che, al personale inviato in Iraq a tale fine, viene corrisposta l’indennità di missione di cui al Regio decreto n. 941 del 1926 nella misura intera incrementata del 30 per cento, calcolata sulla diaria prevista con riferimento ad Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman.

 

Il comma 6 autorizza la spesa di 47.200 euro, fino al 31 dicembre 2009, per la partecipazione di funzionari della carriera diplomatica alle operazioni di gestione delle crisi internazionali, tra le quali le missioni PESD, nonché per il funzionamento degli uffici dei Rappresentanti speciali dell’Unione europea per le varie aree di crisi.

 

Tale autorizzazione era già stata introdotta, fino al 31 ottobre c.a., dall’articolo 1, comma 16, della legge n. 108 del 2009. La norma precisava, inoltre, che l’indennità da corrispondere ai funzionari diplomatici in oggetto venga calcolata - detraendo l’indennità eventualmente corrisposta dall’Organizzazione internazionale presso cui il funzionario opera, e comunque non computando l’assegno di rappresentanza – nella misura dell’80% di quella determinata in base all’art. 171 del DPR n. 18/1967. Per i funzionari diplomatici che prestino servizio presso contingenti italiani impegnati in missioni internazionali, l’indennità non può in alcun caso eccedere il trattamento economico di spettanza dell’organo di vertice del contingente stesso.

 

Si ricorda che l’art. 171 del DPR n. 18/1967 distingue nell’indennità di servizio all’estero (ISE) due componenti: una indennità di base, quale determinata nella tabella allegata al DPR, e maggiorazioni relative ai singoli uffici determinate secondo coefficienti di sede. Viene altresì stabilito che l’ISE “non ha natura retributiva essendo destinata a sopperire agli oneri derivanti dal servizio all'estero ed è ad essi commisurata. Essa tiene conto della peculiarità della prestazione lavorativa all'estero, in relazione alle specifiche esigenze del servizio diplomatico-consolare”. E’ prevista la possibilità di ulteriori maggiorazioni dell’ISE in caso di sedi di servizio che comportino, per diverse cause, alti rischi o elevati disagi.

 

Il comma 7 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, l'ulteriore spesa di 1,3 milioni di euro per la realizzazione degli interventi e delle iniziative a sostegno dei processi di pace e di rafforzamento della sicurezza nell’Africa sub-sahariana

 

L’art. 1, comma 18 della legge n. 108 del 2009 autorizzava, per il periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2009, una spesa di 2,2 milioni di euro per la Somalia, per il Sudan e per la Repubblica Democratica del Congo, ad integrazione degli stanziamenti già assegnati per l’anno 2009 per l’attuazione della legge 6 febbraio 1992 n. 180[3].

 

Il comma 8 dispone la proroga del termine previsto dall'articolo 1, comma 20, della legge n. 108 del 2009, riguardante la partecipazione italiana a una missione di stabilizzazione economica, sociale e umanitaria in Pakistan e Afghanistan al fine di sostenere i Governi di due Paesi nello svolgimento delle attività prioritarie per lo sviluppo e il consolidamento delle istituzioni locali e nell’assistenza alla popolazione. Alle suddette attività si applicano i commi da 21 a 27 dell'articolo 1 della citata legge n. 108.

 

La missione, secondo quanto specificato al comma 21 dell'articolo 1 della legge n. 108 del 2009, è finalizzata alla realizzazione di iniziative concordate con il governo di Islamabad, riguardanti tra l’altro il sostegno ai seguenti settori: sanitario, istituzionale e tecnico, della piccola e media impresa nonché quello dei mezzi di comunicazione locali. Il successivo comma 22 prevede che per l’organizzazione della missione si provvede a valere sull’autorizzazione di spesa di 28 milioni per le iniziative di cooperazione, quale prevista dal comma 1 (vedi sopra), laddove per il finanziamento degli interventi verranno utilizzati gli ordinari stanziamenti di bilancio nonché quelli previsti dalle disposizioni dello stesso articolo 1 della legge n. 108 per le missioni a carattere umanitario.

L’assetto delle attività di coordinamento degli interventi – secondo quanto previsto dal comma 23 – verrà definito attraverso uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministero degli Affari esteri. Lo stesso provvedimento fisserà le modalità di organizzazione e di raccordo con le autorità e le strutture amministrative locali, di istituzione di un’apposita Task Force, con il compito di individuare, gestire e coordinare gli interventi, unitamente a un comitato di controllo degli interventi.

Il comma 24 estende agli interventi programmati nell’ambito della missione internazionale in Pakistan ed Afghanistan il regime definito dai commi 2, 3, 4, 6 e 7 dell’articolo 1 della legge n. 108 (vedi oltre) ed, in quanto compatibili, dalle disposizioni in materia di cooperazione allo sviluppo - segnatamente dalla legge n. 49/1987 e dal decreto-legge n. 347/1996, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 426/1996, nonché dalla legge n. 180 del 1992.

Il Ministero degli Affari esteri può inoltre, secondo quanto disposto dal comma 25, procedere senza pubblicazione del bando di gara, ex art. 57 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, per gli interventi di ripristino, riabilitazione e risanamento di opere distrutte o danneggiate, di importo inferiore a 5 milioni di euro. Lo stesso comma prevede inoltre che per l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi trovino applicazione le disposizioni di cui alla Parte seconda del decreto legislativo citato, disciplinante i contratti pubblici riguardanti lavori, servizi e forniture nei settori ordinari.

Ai sensi del comma 26 le disposizioni introdotte dai due commi precedenti si applicano in deroga a quanto previsto in materia di spese in economia. Il comma 27 prevede che il Ministero degli Affari esteri identifichi le misure più idonee volte ad agevolare la partecipazione di organizzazioni non governative che intendano operare in Pakistan ed Afghanistan per scopi umanitari.

 

Il comma 9 dispone la proroga al 31 dicembre 2009 dei termini previsti dai commi 15 e 19 dell'articolo 1 della legge n. 108 del 2009.

 

In base al comma 15 citato si autorizzava, dal 1° luglio al 31 ottobre 2009 (quindi al 31 dicembre con la modifica recata dal presente decreto-legge), la spesa di 125.885 euro allo scopo di coprire le spese di missione di personale non diplomatico presso le Ambasciate italiane in Iraq ed in Afghanistan. Il trattamento economico di tale personale è determinato secondo quanto previsto dall’art. 204 del DPR 5 gennaio 1967, n. 18, che tuttora regola in buona parte l’ordinamento dell’Amministrazione degli Affari esteri. Quest’ultimo articolo, con una complessa serie di rinvii interni al Decreto del presidente della Repubblica n. 18 del 1967, prevede l’attribuzione di un’indennità adeguata, e di un assegno per oneri di rappresentanza, ai componenti delle delegazioni diplomatiche speciali . L’attribuzione è operata con Decreto del Ministro degli Affari esteri, di concerto con il Ministro del bilancio (oggi dell’economia e delle finanze), in maniera tuttavia da non eccedere il trattamento economico complessivo del personale di analogo livello nella medesima sede di lavoro. Ai componenti delle delegazioni diplomatiche speciali si applicano altresì le disposizioni relative alle indennità per viaggi di servizio. 

 

Il comma 19 citato autorizzava invece, dal 1° luglio al 31 ottobre 2009, la spesa di 99.320 euro per l’invio in missione di un funzionario diplomatico con l’incarico di assistere la presenza italiana in Kurdistan. Al funzionario è corrisposta un’indennità pari all’80 per cento di quella determinata ai sensi del sopra illustrato articolo 171 del DPR n. 18 del 1967 e successive modificazioni, e il rimborso forfettario degli oneri derivanti dalle attività in Kurdistan, commisurato alla diaria per i viaggi di servizio all’interno dell’Iraq. Al funzionario è riconosciuta la facoltà di avvalersi, per l’espletamento delle proprie attività, del supporto di due unità da reperire in loco, con contratto a tempo determinato, di durata comunque non superiore al periodo di applicazione della presente legge.

 

Il comma 10 stabilisce che, per quanto non diversamente previsto, alle attività, iniziative e programma previsti al presente articolo si applichino le disposizioni contenute nell'articolo 1, commi da 1 a 10, della legge n. 108 del 2009. In sede di conversione del decreto-legge presso l’altro ramo del Parlamento è stato soppresso il periodo che, in relazione alle iniziative ed alle attività di cui al comma 8, rinviava alle disposizioni di cui ai commi da 21 a 27 dello stesso articolo 1 della legge n. 108.

 

Si illustrano brevemente qui di seguito le disposizioni recate dai commi 1-10 dell'articolo 1 della legge n. 108 del 2009.

Per quanto riguarda il comma 1 dell'articolo 1 della legge n. 108, si veda sopra il commento al comma 1 del presente provvedimento. 

Il comma 2 autorizza il Ministero degli affari esteri a ricorrere ad acquisti e lavori in economia, anche in deroga alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, nei casi di necessità ed urgenza, per le finalità e nei limiti temporali riconducibili alle disposizioni qui in commento.

Il comma 3 disciplina l’indennità di missione da attribuire al personale – quale individuato all’art. 16 della legge n. 49 del 1987 - inviato in breve missione per le attività di cui al presente articolo. L’indennità è calcolata incrementando del 30% la misura intera della diaria prevista dal R.D. n. 941/1926 in riferimento all’Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Oman.

Il comma 4 per le iniziative previste dall’articolo 1 in commento rinvia, qualora non diversamente disposto, all’applicazione di norme contenute in due provvedimenti: si tratta del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 1633 (art. 57, commi 6 e 7) e del decreto-legge 10 luglio 2003, n. 1654 (art. 3, commi 1 e 5 e art. 4, comma 2). 

L’art. 57 del D.Lgs. 163/2006 riguarda negli appalti pubblici la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara: il comma 6, in particolare, prevede che ove possibile, la stazione appaltante individua gli operatori economici da consultare sulla base di informazioni desunte dal mercato, nel rispetto dei principi di trasparenza, concorrenza, rotazione, e seleziona almeno tre operatori economici, che vengono nel contempo invitati a presentare le offerte. La scelta della stazione appaltante avviene nei confronti di chi ha presentato le più vantaggiose condizioni, previa verifica del possesso dei requisiti di qualificazione. Il comma 7 dell’art. 57, poi, vieta in tutti i casi il rinnovo tacito dei contratti aventi ad oggetto forniture, servizi, lavori, e dispone la nullità di quelli eventualmente in tal modo sottoscritti.

Più complesso appare il rinvio al D.L. 165/2003, poiché tale provvedimento, nelle parti richiamate, rinvia a sua volta ad altri atti normativi. Comunque, il comma 1 dell’art. 3 del D.L. 165/2003 riguarda il regime degli interventi, per il quale si rinvia tra l'altro alle norme contenute nella già richiamata legge 26 febbraio 1987, n. 49 e al D.L. 1° luglio 1996, n. 347, recante "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative concernenti il Ministero degli affari esteri e norme relative ad impegni internazionali nella cooperazione allo sviluppo (convertito con modificazioni dalla legge 426/1996).

La legge 26 febbraio 1987, n. 49, reca la più recente regolamentazione organica della materia e pone infatti come fine della cooperazione allo sviluppo sia gli interventi di medio-lungo periodo sia gli interventi straordinari. Essa introduce inoltre una notevole innovazione definendo la cooperazione come "parte integrante della politica estera dell'Italia". A questo principio si affianca quello in base a cui la politica di cooperazione dell'Italia deve ispirarsi ai criteri sanciti dalle Nazioni Unite e dalla Comunità europea, riconoscendo così l'importanza della interrelazione tra i diversi strumenti di aiuto internazionale.

La legge disegna un complesso sistema di organi, procedure e strumenti caratterizzati da una forte autonomia e specialità rispetto alle norme generali. Essa traccia le linee portanti dell'intervento di cooperazione, rinviando la disciplina di dettaglio non solo ad atti normativi secondari del Governo (regolamento di esecuzione, adottato con DPR 12 aprile 1988, n. 177, e decreti ministeriali) ma anche alle delibere degli organi istituiti dalla legge stessa.

I principali strumenti d'intervento per realizzare le iniziative di cooperazione bilaterale sono il dono e il credito d'aiuto. La scelta dello strumento da utilizzare nei singoli casi dipende essenzialmente dalle condizioni economiche del paese beneficiario e dal tipo e dimensione dell'intervento.

Ai sensi della legge n. 49 del 1987, l'attività di cooperazione si svolge attraverso due canali: quello degli accordi bilaterali tra l'Italia e i singoli paesi in via di sviluppo, di cui si è detto, e quello degli accordi multilaterali.

In particolare, tra le attività di cooperazione allo sviluppo l'art. 1, comma 4, della legge 49/1987 ricomprende gli “interventi straordinari destinati a fronteggiare crisi di calamità e situazioni di denutrizione e di carenze igienico-sanitarie che minacciano la sopravvivenza di popolazioni”. Una più articolata descrizione di tali tipologie di interventi è contenuta nell'articolo 11, ai sensi del quale essi includono "l'invio di missioni di soccorso, la cessione di beni, attrezzature e derrate alimentari, la concessione di finanziamenti in via bilaterale"; l'inizio di interventi meno contingenti volti soprattutto alla dotazione infrastrutturale in campo sanitario e agricolo; la messa in opera di un ciclo di raccolta, immagazzinamento e distribuzione di attrezzature e derrate.

Per tali attività la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo (Ufficio VI) si avvale dei mezzi e del personale facenti capo ai diversi Ministeri ed enti pubblici o locali interessati, e può altresì avvalersi di ONG riconosciute idonee, affidando loro progetti o finanziando quelli da esse messi in campo. L’art. 1, comma 15-sexies, del D.L. 14 marzo 2005, n. 356 ha attribuito tra l’altro - limitatamente alla realizzazione degli interventi di emergenza in commento mediante fondi accreditati alle rappresentanze diplomatiche - al capo della missione diplomatica italiana in loco la facoltà di stipulare convenzioni con le ONG impegnate nell’esecuzioni di progetti nel territorio di competenza.

La DGCS può inoltre effettuare gli interventi d'intesa con la protezione civile, che mette in tal caso a disposizione mezzi e personale specializzato (i cui oneri rimangono tuttavia a carico della DGCS). Si ricorda al proposito che l’art. 4, comma 2, del D.L. 31 maggio 2005, n. 90, dopo aver fatte espressamente salve le competenze del Ministro degli affari esteri in tema di cooperazione, stabilisce che l’articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225 (che prevede le modalità della dichiarazione dello stato di emergenza e i conseguenti poteri speciali di ordinanza del Presidente del Consiglio), e l’articolo 5-bis, comma 5, del DL 7 settembre 2001, n. 343 (che rende applicabile la disciplina relativa allo stato di emergenza anche ai “grandi eventi”) si applicano anche agli interventi all’estero del Dipartimento della protezione civile, per quanto di sua competenza e in coordinamento con il Ministero degli affari esteri. Inoltre, per gli interventi previsti dall’articolo 11, comma 2, della legge 26 febbraio 1987, n. 49, possono essere adottate le ordinanze di protezione civile8 disciplinate dall’articolo 5, comma 3, della legge 24 febbraio 1992, n. 2259, ma ciò su richiesta della DGCS.

Si ricorda infine il DL 1° luglio 1996, n. 347, che in particolare all'articolo 11 stabilisce norme finalizzate a completare la disciplina degli aiuti di emergenza, regolamentata dagli artt. 1, comma 4, e 11 della legge n. 49 del 1987.

Lo stesso comma 1 dell’articolo 3 del D.L. 165/2003 dispone, inoltre, che si applichino le disposizioni contenute nella legge 6 febbraio 1992, n. 180, anche relativamente all’invio di personale, all’affidamento degli incarichi e alla stipula dei contratti e dell’utilizzo delle necessarie dotazioni strumentali previsti dal successivo articolo 4 del D.L. 165/2003.

Al riguardo si rammenta che la richiamata legge 6 febbraio 1992, n. 180 autorizza interventi da realizzarsi sia attraverso la fornitura diretta di beni e servizi, sia attraverso l'erogazione di contributi ad organizzazioni internazionali, a Stati esteri e ad enti pubblici e privati italiani e stranieri. Tali organizzazioni ed enti di rilievo internazionale sono indicati in un apposito elenco approvato con decreto del Ministro degli affari esteri previo parere favorevole delle competenti Commissioni parlamentari, aggiornato annualmente.

In circostanze particolari, tuttavia, il Ministro può autorizzare contributi ad organizzazioni ed enti non compresi nel detto elenco. La legge prevede inoltre che il Ministro degli affari esteri invii annualmente al Parlamento una relazione sulle iniziative effettuate in attuazione della legge medesima e, alla loro conclusione presenti un rendiconto. È inoltre stabilito che le somme per le attività di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale indicate, non impegnate in ciascun anno, possano esserlo nell'anno successivo. 

Il comma 5 dell’art. 3 del D.L. 165/2003 estende la deroga prevista dall’articolo 5,comma 1-bis, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79 ("Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica, convertito con modificazioni dalla legge n. 140/1997, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140"), agli enti esecutori degli interventi previsti dal decreto-legge medesimo, precisando che, qualora questi ultimi fossero soggetti privati, è necessaria una garanzia fidejussoria bancaria.

L’articolo 5, comma 1-bis, del citato D.L. n. 79/1997 prevede una deroga al divieto (stabilito al comma 1 del medesimo articolo 5) posto alle amministrazioni pubbliche e agli enti pubblici economici di concedere anticipazioni del prezzo in materia di contratti di appalto di lavori, di forniture e di servizi, con esclusione di quelli riguardanti attività oggetto di cofinanziamento da parte dell'Unione europea. Il comma 1-bis, infatti, prevede che tale divieto non si applichi ai finanziamenti erogati dal Ministero degli affari esteri per la realizzazione di iniziative, interventi, programmi ed attività nel settore della cooperazione allo sviluppo, in favore di università e di organizzazioni non governative riconosciute idonee ai sensi dell'articolo 28 della legge 26 febbraio 1987, n. 49.

Il comma 2 dell’art. 4 del D.L. 165/2003 autorizza il Ministero degli affari esteri ad avvalersi di personale proveniente dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. 165 del 2001 ("Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), posto in posizione di comando oppure reclutato a seguito delle procedure di mobilità di cui all’articolo 30, comma 1, del richiamato D.Lgs. 165 – si ricorda che l’art. 30 riguarda il passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse, e si segnala che il comma 1, rispetto al riferimento operato nel 2003, dal D.L. 165, ha subito poi una modifica ad opera della legge di semplificazione 2005 (legge n. 246/2005), con l’introduzione dell’istituto della cessione del contratto di lavoro.

Il comma 5 autorizza, per le finalità e nei limiti temporali di programmi ed iniziative regolate da disposizioni dello stesso articolo 1 della legge n. 208, il Ministero degli affari esteri all’affidamento di incarichi di consulenza a tempo determinato, anche eventualmente a enti e organizzazioni specializzati; l’autorizzazione si estende altresì alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa con personale estraneo alla P.A. e in possesso di appropriate professionalità. 

Le disposizioni dell'articolo 1 della legge n. 108 richiamate sono le seguenti: commi 1, 13 e 14, per i quali è disposta una proroga ai sensi dei commi 1, 4 e 5 dell'articolo qui in commento; comma 17, riguardante la partecipazione italiana alle iniziative PESD, rispetto al quale nulla dispone il presente provvedimento. 

Il comma 6 convalida gli atti adottati, le attività svolte e le prestazioni effettuate dal 1° gennaio 2009 fino alla data di entrata in vigore della presente legge, conformi alla disciplina contenuta nello stesso articolo 1 della legge n. 108.

Il comma convalida altresì gli incarichi e i contratti temporanei affidati ad enti e organismi specializzati, nonché a personale estraneo alla pubblica amministrazione, in possesso di specifiche professionalità ai fini delle seguenti disposizioni:

·          realizzazione di interventi di cooperazione in Afghanistan, Iraq, Libano, Sudan e Somalia; e per la prosecuzione degli interventi di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq e Afghanistan previsti, rispettivamente, all'articolo 1, comma 3, e all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008. L’articolo 1, comma 3, prevede che, ai fini dei suddetti interventi di cooperazione, il Ministero degli affari esteri possa affidare incarichi temporanei di consulenza anche ad enti e organismi specializzati nonché stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa con personale estraneo alla pubblica amministrazione, in possesso di specifiche professionalità;

·          realizzazione delle attività e delle iniziative di cooperazione in Afghanistan, Iraq, Libano, Sudan e Somalia, in base a quanto previsto all'articolo 01, comma 3, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209. Per la realizzazione di tali iniziative, il comma 3 prevede che entro il 30 giugno 2009 il Ministero degli affari esteri, per esigenze per le non sia possibile provvedere con il personale in servizio, possa conferire incarichi temporanei ad enti e organismi specializzati nonché a personale estraneo alla pubblica amministrazione in possesso di specifiche professionalità.

 

Il comma 7, a tal fine, reca un’interpretazione autentica:

- dell’articolo 1, comma 1, e articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 8/2008, specificando che essi si interpretano nel senso che le somme ivi previste, non impegnate entro il 31 dicembre 2008, possono essere impegnate nel corso dell'intero esercizio 2009;

- dell’articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 209/2008, specificando che esso si interpreta nel senso che le somme ivi previste, non impegnate entro il 30 giugno 2009, possono essere impegnate nel corso dell'intero esercizio finanziario 2009 e di quello successivo.

Il comma 8 prevede l’applicazione delle disposizioni di cui ai commi 6 e 7 dell’articolo 1 in esame anche ai residui non impegnati dei medesimi stanziamenti già indicati (di cui all’articolo 1, comma 1 e all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 8/2008, e all’articolo 01, comma 1, del decreto-legge n. 209/2008).

Il comma 9 stabilisce che le somme di cui al presente articolo. non impegnate nell’esercizio di competenza, possono essere impegnate nell’esercizio successivo. 

Il comma 10 esclude tutte le spese connesse all’applicazione dell’articolo 1 della proposta di legge in esame dal regime restrittivo di cui all’art. 60, comma 15, del decreto-legge 112 del 2008.

Si ricorda che l’art. 60, comma 1 del D.L. 112/2008 ha previsto per il triennio 2009-2011 riduzioni delle autorizzazioni di spesa a legislazione vigente per ciascun Ministero, secondo gli importi in elenco 1 allegato al D.L. 112/2008. L’art. 60, comma 15 ha stabilito che per agevolare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica le amministrazioni dello Stato, salvo i comparti della sicurezza e del soccorso, non possano assumere mensilmente impegni superiori ad un dodicesimo della spesa prevista da ciascuna unità previsionale di base. A tale norma non sono però soggette le spese per stipendi, retribuzioni, pensioni e altre spese fisse o aventi natura obbligatoria ovvero non frazionabili in dodicesimi, nonché quelle per interessi, poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili, per accordi internazionali, per obblighi derivanti dalla normativa comunitaria, per annualità relative ai limiti di impegno e per rate di ammortamento mutui.

 

Il comma 11 autorizza il Ministero degli affari esteri – purché con le finalità e nei limiti temporali di cui ai commi 1,5,6 e 8 – all’affidamento di incarichi di consulenza a tempo determinato, anche eventualmente a enti e organizzazioni specializzati; l’autorizzazione si estende altresì alla stipula di contratti di collaborazione coordinata e continuativa con personale estraneo alla P.A. e in possesso di appropriate professionalità. Tale autorizzazione è concessa al Ministero degli affari esteri in deroga:

 

·          alle norme di cui all’articolo 1, commi 9, 56 e 187 della legge finanziaria per il 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266), che ha previsto un limite massimo per le spese inerenti studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei alla P.A;

·          alle disposizioni di cui all'articolo 61, commi 2 e 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112[4],

·          ed alle disposizioni di cui agli articoli 7 e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.

 

Si ricorda che il comma 9 della legge finanziaria per il 2006 impone una disciplina restrittiva delle spese per studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei alla pubblica amministrazione, stabilendo che le stesse non possono essere superiori al 50% di quelle sostenute nel 2004. La disposizione si pone in linea di continuità con l’art. 1, comma 11, della legge finanziaria per il 2005 (legge 30 dicembre 2004, n. 311), che aveva previsto, per gli anni 2005, 2006 e 2007, un limite analogo ma meno rigoroso, pari al totale della spesa sostenuta nel 2004. Il comma 9 in oggetto prevede una limitazione di carattere permanente a decorrere dal 2006 e, come già la disposizione della legge finanziaria per il 2005, si applica alla generalità delle pubbliche amministrazioni, con esclusione delle università, degli enti di ricerca e degli organismi equiparati. Il comma 56 riduce “automaticamente” del 10% rispetto agli importi risultanti alla data del 30 settembre 2005 le indennità, compensi, retribuzioni o altre utilità corrisposte per incarichi di consulenza da parte delle pubbliche amministrazioni. Il successivo comma 57 impedisce, per un periodo di tre anni dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2006 e per ciascuna pubblica amministrazione, l’incremento dell’ammontare complessivo della spesa relativa a contratti di consulenza. Le Pubbliche amministrazioni destinatarie delle due disposizioni sono individuate mediante rinvio all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001. 

Il comma 187 detta disposizioni limitative dell’utilizzo di personale a tempo determinato da parte delle pubbliche amministrazioni. In particolare, si dispone che, a decorrere dall’anno 2006, le amministrazioni richiamate possano avvalersi di personale a tempo determinato, o con convenzioni o con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, solo entro il limite del 60 % della spesa sostenuta, per tali finalità, nell’anno 2003.

 

L'articolo 61, ai commi 2 e 3, del decreto-legge n. 112, limita al 30% della spesa sostenuta nel 2004 la spesa annua per studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all’amministrazione (attualmente il limite è fissato al 40%) (comma 2, lettera a)), chiarendo che è soggetta a tale limite anche la spesa annua per studi e incarichi di consulenza conferiti a pubblici dipendenti (comma 2, lettera b)). Tali disposizioni si applicano a decorrere dal 1 gennaio 2009 (comma 3).

 

Gli articoli 7 e 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 disciplinano l’utilizzo di contratti di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni.

Tale impianto normativo, nel ribadire che le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni avvengono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, seguendo le apposite procedure di reclutamento previste dall’articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001, prevede la possibilità, per le amministrazioni pubbliche, di avvalersi, in caso di esigenze temporanee ed eccezionali, di contratti flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Ai contratti collettivi nazionali si demanda, ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine all’individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalla legge, la disciplina in materia di contratti di lavoro a tempo determinato, di contratti di formazione e lavoro, di altri rapporti formativi e di somministrazione di lavoro (alla quale comunque non è possibile ricorrere per l’esercizio di funzioni direttive e dirigenziali), in applicazione di quanto previsto dai provvedimenti legislativi riguardanti tali materie, con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile.

Per quanto concerne la durata massima del rapporto di lavoro flessibile, al fine di evitare gli abusi si prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di ricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori ai tre anni nell’arco dell’ultimo quinquennio.

La violazione delle disposizioni relative all’utilizzo dei contratti flessibili comporta, inoltre, la responsabilità dei dirigenti. Di tali violazioni si tiene conto anche in sede di valutazione dell’operato del dirigente ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 286/1999. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.

 

L’ultimo periodo del comma 11 dispone che gli incarichi siano essere affidati nel rispetto del principio di pari opportunità tra uomo e donna a persone di nazionalità locale. Possono essere affidati a persone di nazionalità italiana o di altri Paesi, a condizione che il Ministero degli affari esteri abbia verificato la non presenza delle professionalità richieste a livello locale.

 

In sede di conversione del decreto-legge presso l’altro ramo del Parlamento, è stato introdotto un emendamento che recepisce una condizione, resa ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione dalla Commissione Bilancio, inteso a precisare che agli oneri derivanti dal presente comma, pari a euro 192.087, si provvede quanto a euro 134.943 a valere sull’autorizzazione di spesa di cui al comma 1 del presente articolo e quanto a euro 67.144 mediante parziale utilizzo dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 14 dell’articolo 1 della legge n. 108 del 2009.

 

Come accennato, la disposizione recata dall’art. 1, comma 14, della legge n. 108 del 2009 ha autorizzato la spesa di 5.148.311 euro per la prosecuzione degli interventi di ricostruzione, nonché per quelli operativi di emergenza e di sicurezza per la tutela dei cittadini e degli interessi italiani nei territori bellici e ad alto rischio

 

Il comma 12 dell’articolo in esame autorizza, a decorrere dal 1° novembre 2009 e fino al 31 dicembre dello stesso anno, la spesa di euro 1.244.991 per la proroga della partecipazione del personale militare in Iraq in attività di consulenza, formazione ed addestramento delle Forze armate e di polizia irachene. Come ricorda la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, nell’ambito della NATO Training Mission Iraq (NTM-I) è previsto lo svolgimento di attività di formazione e addestramento a favore degli equipaggi delle unità navali della Marina militare irachena, nonché per la formazione dei futuri istruttori iracheni. Il contributo italiano alla missione comprende personale delle Forze armate, che svolge le citate attività di consulenza, formazione e addestramento presso le Forze armate irachene, una percentuale di personale proveniente dall’Arma dei Carabinieri, che opera nel contesto del programma di addestramento e sviluppo della Iraqi National Police (INP), e un nucleo con funzioni logistiche (trasmissioni, alloggiamento e vettovagliamento) di supporto ai rimanenti militari italiani.

 

 


Art. 2
(Missioni internazionali delle Forze armate e di polizia)

 

L'articolo 2 del decreto legge in esame, reca le autorizzazioni di spesa necessarie alla proroga dal 31 ottobre al 31 dicembre 2009 del termine per la partecipazione italiana a diverse missioni internazionali delle Forze armate e delle forze di polizia.

 

Si forniscono, nella tabella sottostante[5] i dati relativi alla partecipazione italiana alle diverse missioni internazionali. In particolare vengono messi a confronto:

-             i dati contenuti nella relazione tecnica al decreto del Ministro della difesa emanato ai sensi del comma 76 dell’articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009. Tali dati fanno riferimento al quantitativo di personale da impiegare nelle diverse missioni autorizzato in coerenza con l’autorizzazione di spesa

 

Si ricorda infatti che, in difformità alla prassi fino ad allora seguita, l’articolo 24 del decreto-legge n. 78 del 2009 indicava lo stanziamento complessivo per le missioni internazionali, rinviando la ripartizione tra le singole missioni ad un decreto del Ministro della difesa. Tale decreto è stato appunto trasmesso al Parlamento in data 3 giugno 2009. Le disposizioni in materia di missioni internazionali contenute nell’articolo 24 del decreto-legge sono state peraltro soppresse nel corso dell’esame del provvedimento alla Camera ed inserite in un’apposita proposta di legge C. 2602. In tale proposta di legge, poi divenuta la legge n. 108 del 2009, si tornava ad indicare, per ogni singola missione autorizzata, la specifica autorizzazione di spesa, riprendendo quella indicata nel decreto del Ministro della difesa.

 

-             I dati contenuti nella relazione tecnica al provvedimento in esame (v. A.S. 1850). Tali dati fanno riferimento al quantitativo di personale da impiegare nelle diverse missioni autorizzato in coerenza con l’autorizzazione di spesa

 


Missione con autorizzazione legislativa

Unità autorizzate dalla L. 108/2009

Unità autorizzate dal D.L. 152/2009

Missione

Descrizione

Joint Enterprise

Missione NATO per il rispetto degli accordi stipulati al termine dell’azione NATO in difesa delle popolazioni kosovare nel 1999

1.949

1.920

NATO HQ Skopje

NATO Headquarters Skopje  per il coordinamento delle attività in Macedonia

NATO Headquarters Sarajevo

Missione NATO per l'assistenza alla Bosnia per conseguire i requisiti per la PfP, per la lotta al terrorismo e per il supporto al Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia

MAIL-T (ex HQ NATO Tirana)

Missione NATO in di supporto alle Forze armate albanesi dopo l’ingresso dell’Albania nell'Alleanza

EULEX Kosovo[6]

Missione dell'Unione europea di supporto alle autorità kosovare nei settori di polizia, giudiziario e doganale

Active Endeavour

Attività navale della NATO nel Mediterraneo nell'ambito del contrasto al terrorismo internazionale

685

225

Althea

Missione di pace dell'UE che ha rilevato la missione NATO SFOR per il rispetto degli Accordi di Dayton e per il consolidamento della pace in Bosnia

298

280

Bilaterale Interni

Missione finalizzata all'opera di addestramento delle Forze di polizia albanesi

59

59

DIE

Delegazione italiana di esperti  che collaborano con i militari albanesi per la riorganizzazione delle loro Forze armate

28

29

EUPM

Missione dell'Unione europea di assistenza e riorganizzazione delle Forze di Polizia della Bosnia-Erzegovina operante a Brcko

19

19

ISAF[7]

Missione NATO di assistenza al Governo afghano per l’estensione della sua autorità ed influenza nel Paese

3.360

3.283

EUPOL Afghanistan[8]

Missione dell'Unione europea per contribuire alla messa in opera di accordi di polizia civile da parte e sotto il controllo degli afghani

TIPH II

Missione di monitoraggio svolta in base all'Accordo israelo-palestinese del 15 gennaio 1997 (Hebron)

12

12

UNFICYP

Missione ONU per il mantenimento della pace e per il controllo del cessate il fuoco a Cipro

4

4

UNIFIL

Forza Temporanea delle Nazioni Unite in Libano

2.100

2.080

UNMIK

Forza di polizia civile internazionale dell'Onu delegata all'amministrazione civile del Kosovo

4

1

EUPOL RD Congo

Missione dell'Unione europea per l'assistenza alla Repubblica democratica del Congo nella riforma del settore della sicurezza

5

5

EUMM Georgia

Missione dell'Unione europea in Georgia per il monitoraggio di quanto previsto dagli accordi UE-Russia dell'agosto-settembre 2008

14

14

Atalanta

Missione dell'unione europea nelle acque della Somalia per la lotta alla pirateria marittima

497

2

Ocean Shield

Missione della NATO di contrasto alla pirateria nelle coste della Somalia

225

225

NTM-I

Missione NATO di assistenza e di addestramento delle Forze di sicurezza irachene

91

91

EU BAM Rafah[9]

Missione dell'Unione europea presso il valico di Rafah, al confine fra la striscia di Gaza e l'Egitto

11

11

EU BAM Moldova e Ucraina

Missione dell'Unione europea per l'assistenza nell'istituzione di un controllo doganale internazionale sul settore transdnestriano del confine tra Moldova e Ucraina

1

 

EUPOL COPPS

Missione di Polizia dell'Unione europea nei Territori Palestinesi

2

2

UNAMID

Missione dell’ONU e dell’Unione africana in Darfur

3

3

Missione in Libia contro la tratta degli esseri umani

Missione di cooperazione italo-libica per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina

23

23

Pattugliatori in Iraq

Invio di scorte e pattugliatori in Iraq

102

0

 

Totale con autorizzazione legislativa

9.492

8.288


 

-             Nella tabella sottostante sono indicati invece i dati contenuti nella nota aggiuntiva al bilancio di previsione del Ministero della difesa presentata al Parlamento il 30 settembre 2009. Tali dati fanno riferimento al quantitativo effettivo, a quella data, del personale militare impiegato nelle diverse missioni. La nota aggiuntiva non fa quindi riferimento al personale delle forze civili di polizia impiegato nelle diverse missioni internazionali.

 

Missione

Nota aggiuntiva 2010

Joint Enterprise

1.964

NATO HQ Skopje

1

NATO Headquarters Sarajevo

20

MAIL-T (ex HQ NATO Tirana)

2

Active Endeavour

220

Althea

270

DIE

25

EUPM

13

ISAF

3.191

EUPOL Afghanistan

23

TIPH II

12

UNFICYP

4

UNIFIL

2.098

EUPOL RD Congo

2

EUMM Georgia

13

Atalanta

202

Ocean Shield

220

NTM-I

90

EU BAM Rafah

2

UNAMID

1

 

8.373

 


 

Si segnala peraltro che nella nota aggiuntiva sono indicate anche le seguenti missioni per le quali non è intervenuta autorizzazione legislativa:

 

 

 

Missione

Descrizione

Nota aggiuntiva 2010

UNMOGIP

Missione costituita per supervisionare il cessate il fuoco tra India e Pakistan nello Stato di Jammu e Kashmir a seguito dell'accordo India-Pakistan del 1972

7

UNTSO

Assistenza del Mediatore e della Commissione per il Controllo della Tregua per il rispetto dell'armistizio in Palestina

8

MFO

Forza multinazionale di interposizione che pattuglia lo stretto di Tiran nel Sinai tra Egitto e Israele

78

MIATM

Missione italiana di assistenza tecnico militare a Malta

35

MINURSO

Missione delle Nazioni Unite per il referendum sull’autodeterminazione del popolo Saharawi (Sahara occidentale)

5

 

 

 


In linea generale si può quindi osservare che rispetto all’ultimo provvedimento di proroga delle missioni internazionali (legge n. 108 del 2009) si è registrato un decremento del personale complessivamente impiegato nelle stesse: si è infatti passati da un totale di 9942 unità ad un totale di 8288 unità. Inoltre, nel provvedimento non sono riproposte le seguenti missioni internazionali:

-             la missione relativa alla cooperazione militare con l’Iraq nel settore navale, da ultimo prorogata con il comma 29 dell’articolo 1 della legge n. 108 del 2009 (per la quale era autorizzato l’invio di 102 unità)

-             la missione EU BAM Moldova e Ucraina (Missione dell’Unione europea per l’assistenza nell’istituzione di un controllo doganale internazionale sul settore transdnestriano del confine tra Moldova e Ucraina), da ultimo prorogata con il comma 18 dell’articolo 2 della legge n. 108 del 2009, per la missione era autorizzato l’invio di una unità.

 

Il comma 1 dell'articolo in esame autorizza, dal 1° novembre 2009 al 31 dicembre 2009, la spesa di 84.481.907 di euro per la proroga della partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN. In base alla relazione tecnica, l’autorizzazione di spesa complessiva recata dal decreto-legge, tenendo conto anche delle specifiche autorizzazioni di spesa per l’impiego di personale nei comandi negli Emirati arabi uniti, in Bahrein e Tampa (comma 14) nonché di quelle per l’impiego nelle missioni e nei comandi sopra richiamati di personale della Guardia di Finanza (commi 21 e 24) (v. infra) si tradurrà nell’autorizzazione di un contingente complessivo per le due missioni di  3283 unità. Con l’ultima legge n. 108 del 2009 era stato autorizzato un contingente complessivo di 3.360 unità. In tal senso, il provvedimento in esame appare prefigurare un leggero decremento della presenza italiana in Afghanistan di 77 unità.

 

La missione ISAF (International Security Assistance Force) è stata costituita a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1386/2001 che, come previsto nell'Allegato 1 all'Accordo di Bonn, ha autorizzato la costituzione di una forza di intervento internazionale con il compito di garantire, nell'area di Kabul, un ambiente sicuro a tutela dell'allora Autorità provvisoria afghana, guidata da Hamid Karzai. La missione è stata da ultimo prorogata con la risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1890/2009 fino al 13 ottobre 2010. Dall’11 agosto 2003 la NATO ha assunto il comando, il coordinamento e la pianificazione di ISAF. La fase dell’espansione è stata realizzata attraverso la costituzione in ogni area di una FSB (Forward Support Base), ovvero una installazione militare aeroportuale che fornisce il fornire supporto operativo e logistico ai PRT (Provincial Reconstruction Team) presenti nella stessa regione. Il PRT è una struttura mista composta da unità militari e civili con il compito di assicurare il supporto alle attività di ricostruzione condotte dalle organizzazioni nazionali ed internazionali operanti nella regione. Ogni PRT é strutturato in base al rischio, alla posizione geografica ed alle condizioni socio economiche della regione in cui opera.

La risoluzione ONU 1510 del 13 ottobre 2003, oltre a prorogare il mandato per un periodo di dodici mesi, ha autorizzato l'espansione delle attività di ISAF anche al di fuori dell'area di Kabul. Il 16 aprile 2003 il Consiglio Nord Atlantico ha deciso l'assunzione, da parte della NATO, del comando, del coordinamento e della pianificazione dell’operazione ISAF, senza modificarne nome, bandiera e missione. La decisione è stata resa operativa l'11 agosto 2003, con l'assunzione della guida della prima missione militare extraeuropea dell'Alleanza Atlantica.

 

La missione italiana ha principalmente interessato le aree di Kabul e di Herat. Al riguardo si segnala che:

-             Nell’area di Kabul, il 30 ottobre 2009, la missione del contingente italiano a Kabul denominata “ITALFOR XX” è ufficialmente terminata, con il passaggio di consegne al contingente turco.

-             Nell’area di Herat, il contingente italiano ha la responsabilità del Regional Command West (RC-W), ampia regione dell'Afghanistan Occidentale (pari al Nord Italia) che si estende dal Capoluogo Herat fino a toccare la Provincia di Farah. L’ossatura principale di RC-W è costituita dal personale proveniente dalla Brigata meccanizzata "Sassari", anche se è presente un significativo contributo di uomini e mezzi della Marina Militare, dell’Aeronautica, dei Carabinieri e della guardia di Finanza[10].

 

Si segnala peraltro che, a seguito della revisione della strategia in Afghanistan annunciata dall’amministrazione USA il 1° dicembre 2009 (v. box sotto), nella riunione del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2009, il Presidente del Consiglio Berlusconi ed il Ministro della difesa La Russa hanno annunciato al Consiglio l’intenzione di aumentare di mille unità il contingente attualmente impegnato nella missione di pace in Afghanistan. L’aumento avverrà nel corso del 2010 con gradualità e con una maggiore incidenza nella seconda metà dell’anno. Il Consiglio ha condiviso l’iniziativa (cfr. comunicato stampa del Consiglio dei ministri del 3 dicembre 2009).

 

La missione EUPOL (European Police) Afghanistan è stata istituita con l’azione comune 2007/369/PESC del 30 maggio 2007, modificata dall'azione comune 2007/733/PESC del 13 novembre 2007, della durata di tre anni, mira a condurre una azione europea nel quadro del processo di riforma della polizia afgana, con il compito di favorire lo sviluppo di una struttura di sicurezza afgana sostenibile ed efficace, in conformità agli standard internazionali. Tale iniziativa è finalizzata allo svolgimento delle attività di monitoraggio, addestramento, guida e consulenza a favore del personale afgano destinato alle unità dell’Afghan National Police (ANP), e dell’Afghan Border Police (ABP).

La missione ha sede a Kabul (organismo di direzione) ed opera a livello sia regionale (presso i 5 Comandi regionali della Polizia nazionale afgana) sia provinciale (presso i PRT).

 

 

Recenti sviluppi del quadro politico afghano
(a cura del Dipartimento Affari esteri)

 

La situazione in Afghanistan è connotata dal 2008 da un ininterrotto peggioramento del quadro della sicurezza, che ha visto una sempre più aggressiva azione della guerriglia talebana, la moltiplicazione di attentati e scontri e l’aumento del numero delle vittime. La situazione si è ulteriormente deteriorata, nonostante la crescente presenza militare internazionale, tra gennaio e maggio del 2009, quando è stato rilevato un incremento del 60% rispetto all’anno precedente degli attacchi alle truppe straniere e governative, soprattutto nello Helmand, il cuore della produzione di oppio, ma anche a Kandahar, Kunar e Khost, confinanti con il Pakistan[11]. Il complesso delle forze antigovernative - un coacervo ben più ampio della sola rete dei talebani – non solo ha consolidato il proprio controllo nelle aree pashtun al sud e al sud-est ma ha anchedestabilizzato aree un tempo tranquille, a nord e a ovest del paese.

 

Nella comunità internazionale, nel corso degli ultimi anni, si è andata sempre più consolidando la convinzione che per fare fronte alle criticità del quadro afghano non è sufficiente il solo intervento militare, peraltro indispensabile per il mantenimento delle condizioni di sicurezza, ma risulta necessario un approccio globale al problema.

Sul versante statunitense, il comprehensive approach alla questione afghano-pakistana postula ladistruzione di al Qaeda in Afghanistan e in Pakistan e punta a stabilizzare l’area da un lato incrementando la presenza militare in Afghanistan e intensificando le azioni contro gli insorgenti e, dall’altro, fornendo un maggior sostegno organizzativo e finanziario alla crescita civile dei due paesi.

Quanto alla Nato, il concetto di comprehensive approach, già promosso dalla Nato nel 2008, è stato ribadito dall’Alleanza atlantica nel Vertice di Strasburgo-Kehl (3-4 aprile 2009),dove i paesi membri hanno deciso, tra l’altro, di sostenere il rafforzamento delle istituzioni afghane inviando ulteriore personale militare e civile all’interno di nuove missioni istituite nell’ambito della missione ISAF.

 


 

Le elezioni presidenziali

 

Il 20 agosto 2009 in Afghanistan, in un contesto contrassegnatoda un’escalation di azioni violente nelle settimane precedenti il voto, si sono svolte le elezioni presidenziali e quelle per  il rinnovo dei 34 consigli provinciali[12].

I sondaggi pre-elettorali indicavano come favorito il presidente in carica Hamid Karzai, il leader pashtun già a capo del governo interinale e poi di quello provvisorio, e confermato alla presidenza dal voto del 2004[13].

 

Il lunghissimo spoglio delle schede elettorali, nel corso del quale si era andata sempre più chiaramente profilando la riconferma di Karzai al primo turno (per la quale era necessario il 50% più uno dei voti) è terminato il 17 settembre, quando la Commissione elettorale indipendente afghana (IEC) ha reso pubblico l’esito dello scrutinio della totalità dei seggi: lo scrutinio assegnava al presidente uscente Hamid Karzai il 54,6% dei voti (3.093.256 in cifra assoluta), all’ex Ministro degli esteri Abdullah Abdullah il 27,8% dei suffragi (1.571.581) e a Ramazan Bashardost il 9,19% con 520.627 voti. Ha votato il 38,7% degli afghani per un totale di 5.662.758 voti validi.

La diffusione di risultati dai quali discendeva la riconferma di Karzai al primo turno non rappresentava, tuttavia, la proclamazione ufficiale del vincitore in quanto, nel frattempo, era stato avviato il riconteggio dei voti in molti seggi a seguito di denunce di brogli, episodi di intimidazione e irregolarità da parte dei principali contendenti. Tale situazione trovava conferma anche nelle dichiarazioni degli osservatori dell’Unione europea che, per voce della vice responsabile della missione, Dimitra Ioannou, avevano indicato in circa 1,5 milioni i voti potenzialmente fraudolenti, e dunque da ricontrollare, tre quarti dei quali sarebbero stati a favore di Karzai.Il presidente, per parte sua, nel corso di una conferenza stampa tenuta il 18 settembre e ripresa da fonti di agenzia aveva smentito l’esistenza di ''frodi massicce'' affermando che ''i brogli, se ci sono stati, devono essere accertati e accertati equamente, senza prevenzioni''.

Nel frattempo, l’8 settembre, la ECC (Electoral Complaints Commission), organismo afghano preposto all’esame dei ricorsi connessi al procedimento elettorale, riformata proprio in vista delle presidenziali del 2009 (è presieduta dal canadese Grant Kippen e tre dei suoi cinque membri sono stati nominati dalle Nazioni Unite)[14], aveva reso noto di aver trovato prove convincenti di brogli nelle elezioni presidenziali. La ECC aveva pertanto ordinato, il 16 settembre, il riconteggio del 10% dei voti, riguardante circa 2.500 seggi, individuati sulla base diprecisi criteri[15]. La schermaglia sulle delicatissime conseguenze dell’esito del riconteggio dei voti ha visto coinvolti attori interni ed internazionali e la stessa individuazione di una metodologia condivisa - un controllo a campione delle schede sospette - è stata frutto di negoziazione tra i due organismi preposti al controllo del processo elettorale in Afghanistan, ECC e IEC.

Come è noto, il risultato del nuovo conteggio aveva attribuito a Karzai una percentuale di preferenze inferiore alla maggioranza assoluta e ciò aveva reso necessario il turno elettorale di ballottaggio tra i due più forti contendenti, Hamid Karzai e Abdullah Abdullah; la data di svolgimento del secondo turno, frutto anch’essa di non semplici negoziati, era stata individuata nel 7 novembre 2009. Ma dopo la decisione di Abdullah di ritirarsi dalla competizione elettorale, il 2 novembre la Commissione elettorale indipendente afghana ha proclamato Hamid Karzai vincitore delle elezioni del 20 agosto.

La prima reazione del mondo talebano alla conclusione della vicenda elettorale è stata diffusa il 3 novembre con un comunicato in cui, chiedendo alla nazione afghana di restare ''unita contro i nemici e la cospirazione'' e di lottare per la realizzazione di un governo islamico, i talebani affermavano che tutto era stato deciso a Washington per essere poi solo riportato in Afghanistan. Proprio al mondo talebano si è rivolto Karzai nel suo primo appello dopo la rielezione, chiedendo che vengano deposte le armi e che si partecipi al processo di pace nel paese.

Il tema centrale per tutta la comunità internazionale della lotta alla corruzione ha fatto da sfondo a momenti di attrito tra le autorità di Kabul e le Nazioni Unite e si è ripresentato successivamente alla rielezione di Karzai[16]. Il 7 novembre il governo afghano aveva accusato il rappresentante Onu a Kabul, Kai Eide, di non aver agito ''come una autorità internazionale imparziale'' edi aver infranto “norme internazionalmente accettabili” avendo invitato Karzai a condurre “una vigorosa azione contro la corruzione”, pena la perdita del sostegno internazionale. Due giorni dopo l’Assemblea generale ha approvato all’unanimità una risoluzione non vincolante che, tra il resto, oltre a ribadire l’impegno del Palazzo di Vetro nella ricostruzione dell'Afghanistan e nella lotta ai talebani, chiede a Karzai di “stabilire un’amministrazione più efficace, onesta e trasparente, a livello locale, provinciale e nazionale, nella lotta contro la corruzione”. 

In quegli stessi giorni, a Kabul, il ministro dell'Interno afghano, Hanif Atmar, durante una conferenza in cui è apparso affiancato da alti ufficiali afghani, americani e britannici ha annunciato l’intenzione di costituire un’unità di polizia dedicata ad investigare sulla corruzione e a combattere un fenomeno diffuso tra i dirigenti di alto livello[17].

Il nuovo mandato di Hamid Karzai

Nel discorso pronunciato in occasione della cerimonia di insediamento, svoltasi il 19 novembre nel palazzo presidenziale di Kabul, Karzai ha mostrato di aver recepito, almeno nelle intenzioni, rilievi e critiche manifestati dalla comunità internazionale per il sostanziale fallimento della sua precedente gestione. Karzai ha presentato un programma di governo per il prossimo quinquennio fitto di impegni e basato sul principio che “è un fatto riconosciuto che la sicurezza e la pace in Afghanistan non possono essere ottenute con la violenza e i combattimenti'', da cui deriva che “una politica di riconciliazione nazionale” è tra le priorità del futuro esecutivo.

Il presidente ha rivolto un invito a cooperare per la riconciliazione del paese a tutti i candidati delle presidenziali, e in particolare “a mio fratello Abdullah Abdullah” (che peraltro ha respinto a stretto giro l’invito, sostenendo che la proclamazione della vittoria di Karzai è illegittima), e ha annunciato la convocazione di una Loya Jirga, l’assemblea dei capi tribali. Tra gli obiettivi del suo mandato il presidente ha indicato il miglioramento delle relazioni con gli Usa, dei quali ha riconosciuto “i grandi sacrifici in vite umane e risorse” e la progressiva assunzione di responsabilità da parte afghana per la sicurezza del paese che “permetterà nei prossimi 5 anni il progressivo disimpegno delle forze internazionali”. In tema di buon governo e lotta alla corruzione Karzai, riconosciuta la necessità di “una lotta senza quartiere a questo fenomeno” si è impegnato a scegliere con attenzione persone dal profilo adeguato per mettere fine “alla cultura dell'impunita' e della violazione delle leggi”. I segnali di buona volontà, particolarmente forti nell’ammissione che il fenomeno della corruzione in Afghanistan ha raggiunto livelli impressionanti, hanno provocato a caldo reazioni positive negli ambienti diplomatici internazionali.Gli analisti hanno sottolineato che il successo di Karzai nella transizione verso la piena sovranità dell'Afghanistan dipenderà dalla capacità del capo dello Stato di ampliare il proprio consenso politico, aprendo il governo a quei settori che Karzai ha definito “compatrioti insoddisfatti che non sono direttamente legati al terrorismo” e che al momento collaborano con i talebani. Ipotesi, questa, non più categoricamente respinta ma anzi accettata da vari paesi membri della coalizione internazionale. Altro elemento ritenuto suscettibile di accelerare la distensione e permettere un progressivo disimpegno occidentale è lo sviluppo di una cooperazione regionale, che Karzai vede innanzitutto con il Pakistan, ma anche con India, Iran e con vari paesi arabi e islamici.

Gli osservatori hanno sottolineato che l'ipotesi dell'apertura di un dialogo con la componente talebana che accetti una qualche misura di condivisione del potere in cambio dell'abbandono delle armi è il fatto politicamente nuovo del secondo mandato di Karzai. A tale scopo il presidente afghano, come riferito da un portavoce il 22 novembre, potrebbe concretizzare l’intenzione, preannunciata nel discorso di insediamento, di invitare alcuni leader talebani a partecipare a una "Loya Jirga", un gran consiglio di capi tribali, per arrivare a una riconciliazione con i ribelli. Il portavoce ha spiegato, inoltre, che il governo esamina sia l’opzione di  convocare una Loya Jirga senza i ribelli, ma con un'ampia rappresentanza di afghani che possa discutere su come riconciliarsi con loro, sia quella di invitare alcuni talebani a partecipare. A tali aperture del governo sul delicato tema della riconciliazione nazionale dell'Afghanistan, devastato da oltre otto anni di conflitto militare, i talebani che riconoscono l'autorità del mullah Omar hanno risposto con un no a un negoziato che mira a prolungare la presenza militare “degli invasori sulla nostra amata terra'' . Nel tentativo di agevolare un dialogo partito totalmente in salita Karzai ha auspicato la rimozione dei nomi di alcuni leader talebani dalla “lista nera” del Consiglio di sicurezza dell'Onu; lo ha riferito l’agenzia di stampa afghana Pajhwok il 25 novembre citando l'esempio del mullah Mohammad Omar (che ha esplicitamente rifiutato l’offerta di dialogo del presidente Hamid Karzai) e del capo del movimento Hezb-i-Islami Afghanistan (Hia), Gulbadin Hekmatyar.

Il 30 novembre l’agenzia afghana Pajhwok ha riportato che, a causa delle difficoltà nella definizione dell’organigramma del nuovo governo, Karzai ha chiesto una settimana di tempo alla Wolesi Jirga, la Camera bassa del parlamento afghano, che peraltro dovrebbe aver già iniziato la sua pausa invernale. Secondo Wadir Sapi, analista politico e professore all'Università di Kabul, la legge afghana prevede che il capo dello Stato presenti la lista dei ministri due settimane dopo l’insediamento ufficiale, avvenuto il 19 novembre scorso.

La nuova strategia americana per l’Afghanistan

Il 1° dicembre 2009, la nuova strategia per l’Afghanistan e il Pakistan è stata resa pubblica dal presidente degli Stati Uniti, Barak Obama in un discorso tenuto davanti ai cadetti dell’accademia militare di West Point. Il presidente ha annunciato l’invio di 30mila ulteriori soldati statunitensi, che saranno schierati sul fronte prima dell’estate 2010, e ha indicato il luglio 2011 come data di inizio di un graduale ritiro delle truppe Usa. Ai paesi alleati Obama ha chiesto di associarsi all’impegno americano. La nuova strategia statunitense si basa su due elementi, entrambi contrassegnati dal rilievo dato al fattore tempo: massiccio rafforzamento della presenza militare, come richiesto dai vertici militari, ma con tempi di dislocazione dei nuovi contingenti nel teatro di guerra più rapidi di quelli prefigurati dagli stessi militari, e con un’aspettativa di risultati (in definitiva, lo smantellamento di Al Qaeda) in tempi brevi; nuove pressioni sul governo dell’appena confermato presidente afghano Karzai, che è chiamato ad assolvere precisi compiti di sicurezza e stabilità – di cui Washington verificherà l’attuazione – a scadenze molto più ravvicinate rispetto ai cinque anni per il “progressivo disimpegno delle forze internazionali” indicato dal presidente afghano nel discorso, prima richiamato, di insediamento del 19 novembre 2009. Al  Pakistan, che con l’Afghanistan costituisce - sottolinea l’amministrazione americana – un’unica partita nella battaglia contro al Qaeda, Obama, in una lettera inviata al presidente Asif Ali Zardari, ha offerto una partnership strategica allargata, fondata su una più ampia cooperazione economica e militare e una più decisa mediazione per la soluzione dei contrasti con l’India, ma che esige, da parte di Islamabad, la rinuncia ad usare i gruppi estremisti per perseguire obiettivi politici.

   La strategia che Obama ha condiviso con i presidenti afghano Hamid Karzai (consultato in una lunga videoconferenza) e pakistano Ali Zardari mira a impedire il ritorno di al Qaeda in Afghanistan e a prevenire che i talebani rovescino il governo di Kabul. Come precisato dal Segretario alla difesa Robert Gates il nuovo approccio “non è un impegno senza fine a fare del paese un moderno Stato all’occidentale” ma, più modestamente punta a “sconfiggere Al Qaeda aumentando le capacità autonome degli afghani”.A Karzai, in particolare, Obama ha chiesto impegni precisi, tra cui l'istituzione di tribunali anti-corruzione. Le forze Usa saranno affiancate da unità specifiche dell'esercito afghano in un nuovo sforzo (i tentativi in questo senso sono sino ad ora falliti) di trasformare le forze locali in una entità combattente autonoma. Il piano prevede la prospettiva di una presenza ridotta di truppe Usa in Afghanistan per anni a venire, sul modello di quanto avvenuto in altri paesi come Germania, Giappone, Corea del Sud e Bosnia.

I costi militari diretti della nuova strategia in Afghanistan sono stati calcolati dalla Casa Bianca in 25-30 miliardi nell'anno fiscale 2010 che si chiude il prossimo ottobre.

La new strategy americana per l’Afghanistan[18] è il risultato di una riflessione interna all’Amministrazione e con gli alleati e di un dibattito negli Usa, dove l’opinione pubblica è nettamente divisa in due sulla possibilità di inviare nuove truppe, durati tre mesi. Come è noto, il rapporto del generale Stanley Mc Crystal che definiva “serious” la situazione in Afghanistan e invocava una nuova strategia, comprensiva di un forte incremento della consistenza del contingente militare (40.000 uomini) risale al 30 agosto; alternativa strategica al rapporto Mc Crystal  era il piano sostenuto dal vicepresidente Joseph Biden, incentrato sulla riduzione della presenza militare nel paese a fronte di  una concentrazione degli attacchi con droni e truppe speciali sulle bande islamiche che hanno base in territorio pachistano.

 

Quanto alla Nato, una nota di agenzia diramata da Bruxelles il 2 dicembre si legge che ''almeno 5.000 soldati in più in Afghanistan e, dopo questi, forse alcune altre migliaia extra'' saranno schierati dagli Alleati a fianco dei 30mila statunitensi, per imprimere un’accelerazione alla missione. Pur rammentando i diversi tempi di decisione dei singoli stati, il segretario generale Nato Anders Fogh Rasmussen si è detto fiducioso - prosegue la nota –di avere almeno 5.000 soldati in più e, dopo questi, anche qualche altro migliaio extra” precisando che “saranno contributi aggiuntivi rispetto a quelli che erano già attesi per il 2010''. Tale numero corrisponde alle attese dell'amministrazione Usa, quantificate dal segretario alla difesa Robert Gates tra i cinque e i settemila uomini. Rasmussen nel sottolineare che l’obiettivo fondamentale resta il passaggio della responsabilità  della sicurezza nelle mani degli afghani e che l’Alleanza non lascerà “nessuna provincia o distretto finché non saremo sicuri che le forze locali saranno in grado di farcela da sole'', ha affermato che è cruciale mantenere il carattere multilaterale della missione poiché “è in gioco l'equilibrio della Nato ed è importante che l'operazione in Afghanistan non sia percepita come una operazione solo americana''. La stessa nota di agenzia riporta le posizioni degli alleati riferendo cheLondra ha confermato l'invio di ulteriori 500 militari oltre il mantenimento dei 750 inviati per le elezioni presidenziali, la Polonia ha ipotizzato l’invio di altri 600 uomini, la Spagna 220, la Slovacchia 250; la Georgia passerà da uno a mille uomini, e la Corea del Sud, da uno a 500. La Germania ha fatto sapere di attendere la Conferenza internazionale sull'Afghanistan prevista per il prossimo 28 gennaio a Londra, prima di decidere, mentre la Francia si è detta indisponibile all’invio ulteriori militari ma favorevole a quello di gendarmi, tecnici e civili. Olanda e Canada, infine, saranno probabilmente oggetto di forti pressioni americane avendo annunciato di non voler rinnovare il mandato delle loro missioni.

Infine nella riunione dei ministri degli esteri dei paesi appartenenti ad ISAF, svoltasi in ambito NATO il 4 dicembre, i ministri partecipanti hanno espresso, come risulta dalla dichiarazione conclusiva, il loro appoggio alle decisioni statunitensi e hanno salutato con favore “l’intenzione di altri Stati appartenenti alla missione di incrementare la loro presenza militare o civile in Afghanistan”. Nel comunicato stampa emesso a conclusione della riunione (vedi www.nato.int) il contributo militare aggiuntivo a quello statunitense è stimato in circa 7000 unità per il 2010, con la possibilità di ulteriori incrementi.

 

Il comma 2 dispone l'autorizzazione della spesa di 40.529.448 di euro, a decorrere dal 1° novembre 2009 fino al 31 dicembre 2009, per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano, denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), ivi incluso l'impiego delle unità navali della UNIFIL Maritime Task Force all'articolo 2, comma 2, della citata legge n. 108 del 2009 (per i recenti sviluppi della situazione in Libano vedi box sotto). La missione UNIFIL è stata da ultimo prorogata al 31 agosto 2010 con la risoluzione 1884 (2009) Al riguardo, la relazione tecnica precisa che il contingente autorizzato è di 2.080 unità, lievemente inferiore a quello autorizzato con la legge n. 108 del 2009 (2100 unità).

 

In proposito, si ricorda che il comunicato conclusivo dell’ultimo Consiglio supremo di difesa dell’11 novembre 2009 ha precisato che il “Consiglio ha convenuto di mantenere fermo il contributo militare nazionale” sia alla missione ISAF sia a quella UNIFIL “con gli adeguamenti che il mutare delle situazione in loco e dei compiti assegnati renderanno necessari nei limiti delle risorse che potranno essere rese disponibili anche attraverso il processo di razionalizzazione delle strutture e dei programmi della Difesa”.

 

La missione UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon) è stata istituita dal Consiglio di sicurezza dell’ONU con la risoluzione 425/1978, su richiesta del governo libanese, con il compito, di verificare il ritiro delle truppe israeliane, oltre a quello di ristabilire la pace e la sicurezza internazionale e di assistere il Governo del Libano a ripristinare la sua effettiva autorità nella zona.

A seguito del ritiro delle truppe israeliane avvenuto nel giugno 2001 e del conseguente esaurimento di una parte del mandato, l’UNIFIL ha subito una graduale trasformazione, configurandosi ora come una missione di osservatori. In seguito alla crisi dell’estate 2006, la missione UNIFIL è stata riconfigurata dalla risoluzione n. 1701 dell’11 agosto 2006 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La nuova risoluzione ha disposto una azione "cuscinetto" delle forze UNIFIL, dispiegate tra l'Esercito libanese e quello israeliano, in tutto il territorio libanese a sud del fiume Litani.

A tale scopo il contingente UNIFIL è stato incrementato fino a un massimo di 15.000 effettivi ed ha come nuovi compiti principali quelli di monitorare l’effettiva cessazione delle ostilità; di “mettere in atto i provvedimenti che impongono il disarmo dei gruppi armati in Libano”, nonché di prestare la propria assistenza per contribuire ad assicurare l’accesso umanitario alle popolazioni civili e il volontario e sicuro ritorno delle persone sfollate. UNIFIL è inoltre autorizzata a resistere a tentativi volti ad impedire ad essa con la forza l’esecuzione dei suoi compiti, e a proteggere il personale, i locali, le installazioni e il materiale delle Nazioni Unite, nonché gli operatori umanitari e i civili “esposti a una minaccia imminente di violenza fisica”.

 

L'Italia partecipa alla missione internazionale con un contingente militare denominato in ambito nazionale Operazione "Leonte", allo scopo di contribuire all'incremento del pacchetto di forze a disposizione di UNIFIL per l'assolvimento dei compiti assegnati, in accordo alla Risoluzione n. 1701 (2006), e al conseguimento degli obiettivi e finalità stabiliti dalle Nazioni Unite per prevenire la ripresa delle ostilità e ristabilire una situazione di pace e sicurezza nel Libano meridionale.

Tale contributo viene realizzato mediante l’impiego di unità navali nell’ambito della forza navale europea EUROMARFOR, costituita da Francia, Spagna, Portogallo e Italia per l’impiego in operazioni PESD dell’Unione europea, ma schierabile accanto alla NATO, le Nazioni Unite o altre organizzazioni internazionali o coalizioni internazionali.


Recenti sviluppi del quadro politico libanese
(a cura del Dipartimento Affari esteri)

 

Con la formazione del nuovo governo di unità nazionale, guidato da Saad Hariri, sembra stia avendo fine il lungo periodo di crisi e instabilità che ha attraversato il Libano a partire dall’assassinio dell’ex premier e leader sunnita Rafik Hariri (padre dell’attuale primo ministro) nel febbraio 2005.

La lunga catena di omicidi politici che ne è seguita (tra cui quello del ministro dell'industria, Pierre Gemayel, cristiano antisiriano) e le forti divergenze sull’istituzione del Tribunale Speciale che avrebbe dovuto far luce sull’attentato ad Hariri, nel 2008 hanno quasi fatto precipitare il Paese in una nuova guerra civile. All’interno di questo quadro già molto complesso, inoltre, il Libano ha dovuto anche affrontare, nell’estate del 2006, il sanguinoso conflitto israelo-libanese al termine del quale il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha deciso il rafforzamento della missione UNIFIL nel sud del Libano. La situazione si è ulteriormente deteriorata in novembre del 2006, quando 6 ministri di Hezbollah rassegnarono le proprie dimissioni dal governo Siniora proprio per protestare contro l’istituzione del Tribunale Speciale. Il Parlamento fu impossibilitato a riunirsi per mesi e la tensione raggiunse il culmine alla fine del 2007 quando più di un milione e mezzo di persone scesero in piazza per chiedere le dimissioni di Siniora. Centinaia di dimostranti occuparono il centro di Beirut fino al maggio del 2008.

Nel novembre 2007, terminato il mandato del capo dello Stato, il filo siriano Emile Lahoud, il paese rimase privo della più alta carica per mesi, per il boicottaggio dei gruppi di opposizione filo siriana fino a quando, nel maggio 2008, i leader politici libanesi, riuniti a Doha su iniziativa della Lega Araba, raggiungono un accordo per procedere all'elezione di Michel Suleiman alla carica di presidente della Repubblica.  Il secondo punto dell'accordo di Doha prevedeva la formazione di un esecutivo di unità nazionale, nuovamente guidato da Fuad Siniora, ma con una significativa presenza dell'opposizione filosiriana che ha ottenuto il diritto di veto.

Le elezioni parlamentari del 7 giugno 2009 hanno portato alla vittoria della coalizione “14 marzo” guidata da Saad Hariri che ha conquistato 71 seggi, contro i 57 della coalizione filo-siriana e filo-iraniana rappresentata dalla Lista “8 marzo”. Nabih Berri, leader di Amal, è stato eletto presidente del parlamento.

Il nuovo governo si è insediato il 10 novembre (il voto di fiducia è atteso per la prima metà di dicembre) dopo la lunga crisi che ha fatto seguito alle elezioni politiche e ai numerosi tentativi da parte del premier incaricato Hariri di formare l’esecutivo.

Il nuovo gabinetto è formato da 30 ministri. La Costituzione prevede che 15 siano scelti tra i rappresentanti della maggioranza (che in questo caso è appoggiata da Arabia Saudita e Stati Uniti) 10 tra quelli dell’opposizione (sostenuta da Iran e Siria) e che 5 siano nominati dal presidente della Repubblica tra personalità super partes.  

Alla maggioranza (della quale fanno parte oltre al movimento sunnita di Hariri anche i drusi di Walid Jumblatt, il partito falangista cristiano di Amin Gemayel e altre formazioni minori) vanno ministeri importanti quali le finanze, la giustizia e l’economia; all’opposizione (formata da Hezbollah, dal gruppo sciita di Amal, dai cristiano-maroniti del generale Aoun, dal partito Baath e da altri piccoli gruppi) spettano tra l’altro il ministero della sanità, quello dell’energia e quello delle telecomunicazioni; i ministeri dell’interno e della giustizia sono invece affidati a due dei cinque membri scelti dal presidente Suleiman.

Tra i primi atti del governo si segnala l’approvazione, il 2 dicembre, del documento programmatico nel quale, tra l’altro, viene confermato il diritto del movimento sciita Hezbollah ad usare il suo arsenale contro Israele in nome della resistenza. Il documento, che sarà reso pubblico il 7 dicembre, è stato approvato con l’opposizione di un ministro cristiano e la riserva di altri tre ministri cristiani e ricalca nella sostanza il testo approvato nel 2008 dal governo Siniora.

 

Il comma 3 autorizza la spesa di 1.804.039 di euro per la proroga della partecipazione militare italiana, fino al 31 dicembre 2009, alla missione nel Mediterraneo denominata Active Endevour, di cui all’articolo 2, comma 3, della legge n. 108 del 2009. La relazione tecnica precisa che si autorizza l’invio di 225 unità, a fronte delle 685 autorizzate con la legge n. 108 del 2009.

 

La missione Active Endevour si concretizza nel dispiegamento nel Mediterraneo, a partire dal 9 ottobre 2001, della Forza Navale Permanente della NATO nel Mediterraneo (STANAVFORMED), che è stato effettuato a seguito della decisione del Consiglio del Nord Atlantico del 3 ottobre 2001, relativa all’applicazione dell’articolo 5 del Trattato di Washington, in conseguenza degli avvenimenti dell’11 settembre. Compito della missione è quello di monitorare il flusso del traffico delle merci via mare nella regione, stabilendo contatti con le navi mercantili che vi transitano (oltre 95.550 a luglio 2008). L’operazione è effettuata nel contesto della lotta al terrorismo internazionale e dei controlli antipirateria marittima. Dal 16 marzo 2004 la NATO ha esteso a tutto il Mediterraneo l'area di pattugliamento. Nel gennaio 2005, a seguito dell’integrazione nella NRF (NATO Response Force) la STANAVFORLANT e la STANAVFORMED sono state rispettivamente rinominate SNMG-1 (Standing NRF Maritime Group 1) e SNMG-2 (Standing NRF Maritime Group 2).

 

Il comma 4 autorizza la spesa di 26.833.717 di euro per la proroga della partecipazione militare alle missioni nei Balcani, (per i recenti sviluppi nell’area vedi box sotto) e specificatamente la Multinational Specialized Unit (MSU), la European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX KOSOVO), il Security Force Training Plan in Kosovo e la Joint Enterprise (missione KFOR). Al riguardo la relazione tecnica rileva che l’autorizzazione concernerà nel complesso, tenendo conto anche delle specifiche autorizzazioni di spesa relative alla Polizia di Stato di cui al comma 17 e al Corpo della Guardia di finanza di cui al comma 22, 1949 unità, mentre il dato autorizzato con la legge n. 108 del 2009 risulta pari a 1920 unità.

 

In particolare, si ricorda che la missione EULEX Kosovo, istituita con l’Azione comune 2008/124/PESC del Consiglio del 4 febbraio 2008, dispiegata dal 9 dicembre 2009, quando raggiungerà la piena capacità operativa, forte di 1.900 uomini, rappresenterà la più vasta missione civile approntata nell’ambito della politica europea di sicurezza e difesa (PESD).

 

EULEX opera nella cornice della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 (la stessa cha ha istituito la missione UNMIK), con la quale si è decisa la presenza in Kosovo di una amministrazione civile internazionale incaricata, in una fase finale, di supervisionare il trasferimento dell’autorità dalle istituzioni kosovare provvisorie a istituzioni create in base a un accordo politico, nonché il mantenimento dell’ordine pubblico con l’istituzione di forze di polizia locali ottenuto dispiegando, nel frattempo, personale internazionale di polizia.

La missione, pertanto, sostiene le istituzioni, le autorità giudiziarie e i servizi di contrasto kosovari nell’evoluzione verso la sostenibilità e la responsabilizzazione del Paese, supportando, in particolare, lo sviluppo e il rafforzamento dei sistemi giudiziario, di polizia e doganale e favorendo, altresì, l’adesione di tali sistemi alle norme riconosciute a livello internazionale.

EULEX è una missione tecnica concepita come uno sforzo congiunto con le autorità kosovare, in linea con il principio della titolarità locale. In particolare, EULEX Police Component assisterà la polizia kosovara nella costruzione di una polizia multietnica. 

EULEX Justice Component impegnerà unità di personale impegnate nel sistema carcerario ed opereranno in stretta collaborazione con gli omologhi locali. A capo della componente giudiziaria di EULEX è stato posto il magistrato italiano dott. Alberto Perduca.

Infine EULEX Customs Component, che coopera con i programmi doganali dell’Ue, effettua le attività di monitoraggio, tutoraggio e consulenza nel proprio settore di competenza avvalendosi di operatori internazionali e nazionali che supporteranno il custom service kosovaro in un’azione volta ad agevolare il commercio legittimo e a contrastare quello illegale.

La struttura di EULEX è articolata in un quartier generale con sede a Pristina e uffici regionali e locali in tutto il Kosovo.

L’operazione Joint Enterprise comprende le attività di KFOR, MSU, ed i NATO Head Quarters di Skopje, Tirana e Sarajevo. Essa è frutto della riorganizzazione della presenza NATO nei Balcani operata alla fine del 2004, che ha determinato l’unificazione di tutte le operazioni condotte nei Balcani in un unico contesto operativo (definito dalla Joint Operation Area). Si dà conto di seguito delle singole missioni che contribuiscono alla Joint Enterprise:

 

 KFOR (Kosovo Force) è una missione NATO per il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Macedonia, Serbia e Albania. L'obiettivo della missione è stato inizialmente quello di attuare e, se necessario, far rispettare gli accordi del cessate il fuoco o dell’Interim Agreement, allo scopo di fornire assistenza umanitaria e supporto per il ristabilimento delle istituzioni civili, agevolando il processo di pace e stabilità. Nello specifico, i militari della KFOR effettuano il controllo dei confini tra il Kosovo e la Serbia; svolgono compiti di ordine pubblico e controllo del territorio; collaborano con l’EULEX e realizzano attività di assistenza umanitaria.

 

Le attività di gestione dell'ordine pubblico sono affidate alla missione MSU (Multinational Specialized Unit), con sede a Pristina, posta alle dirette dipendenze del comandante di KFOR e composta prevalentemente dal personale dell'Arma dei Carabinieri. Nel maggio 2006, al fine di accrescere la flessibilità di impiego e la capacità di risposta a fronte di crisi improvvise, è stata decisa una ulteriore trasformazione della struttura di KFOR, completata nell’estate 2007, che, senza prevedere riduzioni numeriche dei contingenti, ha visto il passaggio dalla precedente articolazione su quattro Brigate multinazionali aventi ognuna la propria area di competenza, a cinque Task Forces, dotate di particolare flessibilità operativa, più una Forza di Reazione Rapida (Quick Reaction Force). Le 5 Task Force sono basate a Mitrovica (Nord), Pristina (Centro), Gnjlane (Est), Prizren (Sud) e Belo Polje - PEC (Ovest).

 

 La missione NATO Headquarters Skopje è stata costituita il 17 giugno 2002 ed ha la responsabilità delle attività NATO in Macedonia/Fyrom. L'impegno principale assunto dalla NATO in Macedonia è quello di rendere le strutture di quel paese pienamente integrate in quelle euroatlantiche. La missione ha il compito di condurre attività di sostegno e di consulenza per contribuire al conseguimento degli obiettivi della comunità internazionale finalizzati alla stabilità del Paese e, più in generale, dell'area balcanica.

 

 La missione NATO Headquarters Tirana ha avuto inizio il 17 giugno 2002 ed ha rilevato i compiti di COMMZ-W. Compito della missione è quello di facilitare il coordinamento tra il governo albanese, la comunità internazionale e la NATO, assistere le autorità albanesi nelle attività di controllo dei confini e contrasto ai traffici illeciti, garantire il monitoraggio delle linee di comunicazione.

 

 La missione NATO Headquarters Sarajevo è stata costituita il 2 dicembre 2004, dopo la conclusione della missione SFOR ed il passaggio delle sue competenze alla missione Althea dell’UE. La NATO ha voluto comunque mantenere una propria presenza in Bosnia-Herzegovina, attraverso questa missione che ha il compito di fornire assistenza alla riforma della difesa della Bosnia, e di favorirne l’adesione al programma PfP. La missione svolge inoltre limitate mansioni operative per il supporto alla lotta al terrorismo ed attività di supporto al Tribunale penale per l’ex Jugoslavia (ICTY), in particolare per la ricerca e la cattura dei criminali di guerra.

 

Il comma 5 autorizza la spesa di 5.156.192 di euro, fino al 31 dicembre 2009, per la proroga della partecipazione militare alla missione dell’Unione Europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, all’interno della quale opera la missione Integrated Police Unit (IPU). Al riguardo la relazione tecnica rileva che l’autorizzazione concernerà nel complesso 280 unità, a fronte delle 298 autorizzate con la legge n. 108 del 2009

 

L'Operazione Althea è stata avviata il 2 dicembre 2004 rilevando le attività condotte dalla missione SFOR della NATO in Bosnia-Erzegovina, conclusasi a seguito della decisione, assunta dai Capi di Stato e di Governo dell'Alleanza al vertice di Istanbul (28-29 giugno 2004) di accettare il dispiegamento delle forze dell'UE sulla base di un nuovo mandato delle Nazioni Unite (Ris. 1551 del 9 luglio 2004).

 

L'operazione si svolge avvalendosi di mezzi e capacità comuni della NATO; il compito della missione è quello di continuare a svolgere il ruolo specificato dall'accordo di pace di Dayton in Bosnia-Erzegovina e di contribuire a un ambiente sicuro, necessario per l'esecuzione dei compiti fondamentali previsti dal piano di attuazione della missione dell’Ufficio dell’Alto rappresentante e dal Processo di stabilizzazione e associazione).

Nell'ambito della missione Althea operano forze di polizia ad ordinamento militare, EUROGENDFOR, (European Gendarmerie Force), destinate al contrasto alle organizzazioni criminali ed alla sicurezza della Comunità internazionale. L’Arma dei carabinieri costituisce una componente di tali forze, denominata IPU (Integrated Police Unit), con sede a Sarajevo.


 

Recenti sviluppi nell’area dei Balcani occidentali

(a cura del Dipartimento Affari esteri)

Bosnia Erzegovina

Se si ricordano le matrici etniche e religiose che connotarono i tragici conflitti balcanici della prima metà degli Anni Novanta, con l’appendice del Kosovo alla fine del decennio, è agevole comprendere come sia la Bosnia-Erzegovina l'area che attualmente desta le maggiori preoccupazioni in termini di sicurezza e prospettive di stabilità. Qui infatti la popolazione si riparte in tre gruppi etnico-religiosi  ben distinti, ovvero i musulmano-bosniaci – quasi la metà della popolazione -, i serbo-bosniaci - pari a quasi un terzo della popolazione e i croato-bosniaci, il cui numero è pari a circa un sesto della popolazione.

In base agli accordi di Dayton del 1995, che posero fine al conflitto nell'area bosniaca, il paese è caratterizzato attualmente da una forma istituzionale che può definirsi con buona approssimazione confederale, basata da una parte sulla Repubblica serba di Bosnia, e dall'altra sulla Federazione croato-bosniaca: il carattere confederale dell'assetto del paese è legato alla notevole debolezza delle istituzioni centrali della Bosnia-Erzegovina. A tale debolezza ha fatto finora da supplente la figura dell'Alto Rappresentante, con prerogative tanto ampie da riuscire a vanificare ogni spinta eccessivamente autonomistica delle due entità di base, potendo egli annullare leggi, imporne di nuove e destituire anche titolari di cariche elettive. Cionondimeno l'assetto costituzionale vigente per la Bosnia-Erzegovina non è tale da poter evitare un'elevata frammentazione, poiché a suo tempo, prendendo atto dello status quo al momento della fine del conflitto bosniaco, gli accordi di Dayton dovettero prevedere la suddivisione delle cariche istituzionali in riferimento ai principali gruppi etnico-religiosi. In tale contesto non stupisce poi che all'interno di ciascuno di questi gruppi predominino gli elementi più nazionalisti, evidentemente ritenuti capaci, tra l’altro, di una più aggressiva negoziazione con le controparti.

Nello scenario descritto è soprattutto il gruppo dei serbo-bosniaci a presentarsi come maggiormente conservatore dell'assetto esistente: i musulmano-bosniaci, infatti, anche perché forti dell'ampia maggioranza relativa che rappresentano nella popolazione della Bosnia-Erzegovina, non sembrano contrari a un incremento dei poteri centrali, che da tempo sia gli Stati Uniti che l'Unione europea propugnano come condizione sine qua non per la futura integrazione euro-atlantica del paese. Più variegata è invece la posizione dell'elemento croato-bosniaco, aperto a diverse soluzioni, anche nel senso di accentuare ulteriormente la frammentazione etnica del corpo sociale e politico.

La resistenza dei serbo-bosniaci ad ogni fondamentale cambiamento dell'assetto costituzionale del paese è emersa con chiarezza quando il locale parlamento ha approvato nel maggio 2009 una risoluzione nella quale, nel tentativo di recuperare una serie di prerogative già trasferite per opera dell'Alto rappresentante ai poteri centrali, si spingeva addirittura a mettere in dubbio quello che ad opinione della maggior parte degli osservatori internazionali è stato il maggior risultato raggiunto dal paese sulla via dell'integrazione euro-atlantica, ossia l'unificazione delle forze armate e di polizia delle due entità - grazie alla quale la Bosnia ha potuto aderire nel 2006 al Partenariato per la pace in ambito NATO. L'intervento dell'Alto rappresentante, che ha annullato la risoluzione del parlamento di Banja Luka, ha indotto il premier serbo-bosniaco Dodik a minacciare il ritiro dei propri rappresentanti dalle istituzioni federali in caso di ulteriori interventi cogenti dell'Alto rappresentante.

In un contesto in cui ulteriori elementi di divisione affiorano per la diversa tenuta finanziaria delle due entità - più solida la Repubblica serbo-bosniaca, più debole la Federazione croato-musulmana - e per alcuni contrasti all'interno dell'entità croato-musulmana, ove la maggioranza di religione islamica lamenta una sottorappresentazione; la Comunità internazionale, ed in particolare l’Unione europea, risulta divisa in ordine al mantenimento o meno dell’Ufficio dell’Alto rappresentante (il  Regno Unito si mostra favorevole, mentre Francia, Spagna e Italia sembrano propense a un superamento dell'Ufficio). Una possibilità che sembra guadagnare terreno consisterebbe nel rimpiazzare la figura dell'Alto rappresentante con quella di un Rappresentante speciale dell'Unione europea con poteri particolarmente estesi, tali da favorire la progressiva integrazione del paese agli standard della UE – in tal senso si era espressa anche la diplomazia italiana nel Piano in otto punti per l’integrazione dei Balcani presentato in aprile al vertice UE-USA di Praga dal ministro Frattini.

Nel mese di ottobre si sono svolti a due riprese colloqui tra i rappresentanti dei gruppi politici bosniaci e vari esponenti della Comunità internazionale nei locali di una base della missione militare europea EUFOR situata nei pressi di Sarajevo, ma il risultato non è stato incoraggiante, con la sostanziale presa d’atto del perdurare dei dissensi e dell’opposizione serbo-bosniaca ad ogni cambiamento.

Alla fine di ottobre, poi, non ha certo contribuito alla distensione la liberazione in Svezia dell'ex presidentessa serbo-bosniaca  Bilijana Plavsic, dopo aver scontato poco più di sette anni di pena sugli undici comminati dal Tribunale speciale dell'ONU per i crimini nella ex Jugoslavia, per l’uccisione di civili croati e musulmani nel quadro delle pratiche di “pulizia etnica” durante la guerra in Bosnia. La figura della Plavsic è piuttosto controversa, poiché mentre nel vivo del conflitto bosniaco ha sostenuto posizioni e pratiche assai estremistiche, dopo gli accordi di Dayton ha incarnato come presidentessa dell’entità serbo-bosniaca una linea assai più moderata, che ha tra l'altro consentito proprio la sua consegna al tribunale dell'Aja.

Nonostante la difficile situazione sopra illustrata, va rilevato che il 2 ottobre 2009 il presidente bosniaco di turno, Zeljko Komsic, ha presentato alla NATO formale richiesta di concessione del MAP (Membership Action Plan), che costituisce lo strumento ufficiale per il cammino di adesione verso la piena appartenenza all’Alleanza Atlantica. Il 18 novembre Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha prorogato, con la risoluzione 1895, di dodici mesi il mandato di EUFOR, la missione europea di stabilizzazione per la Bosnia-Erzegovina, che dal 4 dicembre vedrà avvicendare la guida italiana con un comandante austriaco. Il giorno prima il Consiglio ONU per i diritti umani aveva rilevato un altro problema per il paese, ossia gli oltre centomila profughi  bosniaci che dai tempi del conflitto degli Anni Novanta non hanno ancora potuto fare ritorno.

 

 

 

Kosovo

Per quanto riguarda il Kosovo, la presenza di forze internazionali perdura dal 1999, e l’attuale situazione non è tale da farne ipotizzare a breve il ritiro. Infatti, dopo l’indipendenza dichiarata unilateralmente nel febbraio 2008 ma mai accettata dalla Serbia, lo status internazionale del territorio rimane controverso, con il riconoscimento solo da parte di un terzo circa degli Stati membri delle Nazioni Unite – tra questi gli USA e la maggior parte dei paesi europei, Italia inclusa; tuttora contrari all’indipendenza sono invece la Cina, la Russia, il Brasile, l’India e una gran parte dei paesi meno avanzati.

L’Unione europea, che ha dispiegato nel 2008 una propria missione civile di grandi proporzioni nel Kosovo (EULEX, per il potenziamento delle strutture amministrative, giudiziarie e di polizia) e che partecipa con alcuni Stati membri alla Forza della NATO per il Kosovo (KFOR); si trova nella (frequente) situazione di una divisione interna in merito al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo. Infatti cinque Stati membri – Spagna, Grecia, Romania, Repubblica slovacca e Cipro – particolrmente attenti per ragioni interne a non aprire spazi giuridici a movimenti separatisti, hanno finora rifiutato di riconoscere Pristina.

Inoltre la missione EULEX si trova al centro di una tensione tra i serbi – che ne temono la finalità di ulteriore sviluppo e riconoscimento dell’indipendenza kosovara – e gli albanesi, cui non piace lo status ufficiale di neutralità di EULEX in ordine alla questione dell’indipendenza. Significativamente, alla fine di ottobre il ministro degli Esteri di Tirana Ilir Meta ha invitato le autorità kosovare a una piena collaborazione con EULEX, non occultando il chiaro interesse dell’Albania a relazioni positive con la Serbia.

La Serbia ha sinora contenuto la propria opposizione all’indipendenza del Kosovo su un piano legalitario, ottenendo un primo successo quando l’Assemblea generale dell’ONU l’8 ottobre 2008 ha accolto la richiesta della Serbia, presentando, un’istanza alla Corte Internazionale di Giustizia al fine di ottenere un parere consultivo sulla legalità della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo. La Corte ha iniziato il 1° dicembre 2009 a esaminare la questione: le audizioni delle Parti e di altri 29 paesi si concluderanno l’11 dicembre, mentre l’emissione del parere potrebbe richiedere alcuni mesi. L’argomentazione centrale di Belgrado, che considera quanto avvenuto in Kosovo alla stregua di una secessione, consiste nel richiamo a rispettare in tutte le situazioni balcaniche il principio di invarianza delle frontiere, che viene invocato per impedire, ad esempio, l’indipendenza della entità serba di Bosnia. L’altro binario dell’azione serba di opposizione all’indipendenza kosovara è il sostegno attivo alla  minoranza serba in loco, al quale ha partecipato anche la Russia, il cui Presidente Medvedev, in visita a Belgrado, ha ribadito tutto il sostegno alla Serbia, nei cui confronti l’indipendenza del Kosovo, che Mosca non riconoscerà mai, si configura come una lesione del diritto all’integrità territoriale e alla sovranità.

I serbi kosovari (120.000 persone su circa due milioni di abitanti), con l’appoggio di Belgrado, registrano difficoltà nell’integrazione nella nuova realtà del Kosovo, e per la maggior parte si sono concentrati nei distretti settentrionali. Non a caso l’area di maggiore frizione in Kosovo tra la comunità albanese e quella serba è quella della città di Mitrovica e dintorni, la più settentrionale.

La permanente fragilità economica del paese, che come la Bosnia dipende ancora in buona parte dagli aiuti e dalle presenze internazionali, con un tasso di disoccupazione prossimo al 40 per cento, rende il Kosovo tuttora un facile terreno operativo per la criminalità organizzata locale e transnazionale, con traffici illeciti di tutti i tipi, e soprattutto con un controllo assai rilevante del mercato dell’eroina diretta in Europa e negli USA.

Infine, sul piano della politica interna del Kosovo, va ricordato che il 15 novembre 2009 si sono svolte le prime elezioni amministrative, con l'obiettivo del rinnovo di 36 amministrazioni locali, che hanno visto un certo incremento della partecipazione elettorale, pari al 45% degli aventi diritto. Nonostante alcune iniziali contestazioni, i numerosi osservatori locali e internazionali hanno asserito che il voto è stato sostanzialmente regolare. Il Partito democratico del Kosovo  del premier Thaci si è confermato il primo partito kosovaro. La maggioranza dei serbi kosovari, ottemperando alle richieste del governo di Belgrado e della Chiesa ortodossa, non ha partecipato al voto, anche se si è comunque registrata la partecipazione più alta di serbi kosovari al voto da quando, nel 2004, Belgrado inaugurò la politica del boicottaggio del voto[19]. La durezza della campagna elettorale, che ha visto contrapporsi aspramente proprio i due partiti che esprimono il governo del Kosovo, ovvero il Partito democratico e la Lega democratica del Presidente Sejdin, ha però condotto il paese sull'orlo di una crisi di governo, con prefigurazione di nuove e diverse alleanze sia per il Partito democratico che per la Lega democratica. In particolare la Lega democratica, nonostante un patto pre-elettorale con il Partito democratico, aveva dichiarato di voler affrontare il turno di ballottaggio, previsto in dicembre in molte municipalità, coalizzata con un partito di opposizione: solo dopo che la Lega democratica si è impegnata a non venir meno ad accordi elettorali già stabiliti, è stata scongiuratala la crisi di governo.

 

Macedonia

 

Apparentemente assai meno problematica, la situazione della Macedonia nasconde in realtà pericoli non trascurabili, come dimostrò la breve guerra civile del 2001 che vide contrapporsi elementi della guerriglia di etnia albanese alle forze dell'esercito regolare macedone. In effetti la Macedonia ricorda per molti profili la vicenda del Kosovo, in quanto nel paese, a fronte di una maggioranza di due terzi di macedoni slavi, vive una popolazione di lingua ed etnia albanese pari al 25 per cento del totale, che nelle zone nord-occidentali, essendo ivi concentrata, costituisce una netta maggioranza.

Alla stregua di quelli del Kosovo, gli albanesi macedoni hanno sempre rivendicato una forte autonomia, che in alcune frange non trascurabili prefigura una vera e propria secessione. Le fazioni albanesi più moderate, in alternativa, hanno richiesto e in parte ottenuto che la lingua albanese sia considerata in posizione di parità con quella macedone. Gli accordi di Ocrida, che misero fine al conflitto del 2001, non hanno però impedito che la maggioranza macedone slava resistesse alla completa parificazione della lingua albanese, anche per non aprire un varco a una minoranza che in realtà mostra forti tassi di incremento demografico, assolutamente non paragonabili a quelli degli slavi, che sono invece più o meno allineati alla media europea. In effetti dal 1953 al 2002 la percentuale di albanesi sulla popolazione macedone è esattamente raddoppiata, dal 12,5% al 25,2%. Si ricordi che analoga dinamica aveva portato progressivamente nel Kosovo i serbi a costituire una ristretta minoranza. Troviamo insomma anche in Macedonia linee di separazione etnica, seppure talvolta sotto traccia, tanto nella vita pubblica che in quella privata, nonché il fiorire di opposti nazionalismi nelle due comunità.

L'ultimo episodio di tensione interetnica in ordine di tempo è stata la pubblicazione della nuova Enciclopedia nazionale macedone, nella quale la minoranza ha ravvisato un modo inaccettabile di presentare gli albanesi, descritti alla stregua di nomadi e montanari, mentre si attribuisce ad elementi americani e inglesi l'addestramento dei guerriglieri che avevano dato vita al breve conflitto del 2001. Conseguentemente, all'inizio di novembre 2009, l'Accademia nazionale delle scienze e delle arti ha deciso di commissionare il rifacimento completo dell'Enciclopedia, al quale dovranno partecipare anche studiosi e scienziati delle minoranze macedoni.

Un altro elemento di tensione, certamente meno preoccupante ma del tutto specifico della Macedonia, è la questione della denominazione ufficiale del paese, che dal 1991 provoca un grave contrasto con la Grecia, per la quale il termine Macedonia deve designare solo e soltanto la propria regione settentrionale, mentre per la piccola Repubblica slavo-macedone sarebbe necessario specificare con una determinazione geografica la denominazione del paese. In questo caso, la tensione con la Grecia si risolve in un forte rallentamento dell'integrazione euro-atlantica della Macedonia, la quale ad esempio, a differenza di Croazia e Albania, pur avendo maturato tutti i requisiti non ha ancora potuto entrare a far parte della NATO, mentre la Grecia minaccia di esercitare analogo diritto di veto per quanto concerne il cammino di integrazione nell'Unione europea.

A quest'ultimo proposito, tuttavia, il 14 ottobre il Commissario europeo all'allargamento Olli Rehn ha dato via libera all'apertura dei negoziati di adesione della Macedonia all'Unione europea - senza che peraltro la minaccia del veto greco sia perciò minimamente diminuita.

Un altro fattore positivo è stato senz'altro il superamento dell'annosa disputa di confine tra Macedonia e Kosovo, che a metà ottobre 2009 hanno raggiunto un accordo, subito ratificato dai rispettivi Parlamenti, tale da aprire la strada allo stabilimento di piene relazioni diplomatiche tra i due paesi. Alle positive reazioni dei rappresentanti dell'Unione europea degli Stati Uniti nel Kosovo hanno fatto riscontro le vibrate proteste di Belgrado, che naturalmente, non riconoscendo minimamente l’indipendenza di Pristina, non accetta che i kosovari stipulino intese sui confini con nessuno degli Stati vicini. In particolare, il ministro degli Esteri serbo ha prospettato un nuovo grave peggioramento delle relazioni con la Macedonia, la quale aveva riconosciuto l'indipendenza del Kosovo nell'ottobre 2008, ma poi aveva dato vita ad un parziale riavvicinamento con Belgrado.

L'ultimo successo in ordine di tempo per la Macedonia si è registrato quando il ministro francese per l'immigrazione Besson ha diffuso la notizia che dal 19 dicembre 2009 i serbi, i montenegrini e i macedoni potranno entrare liberamente nell'area Schengen senza più bisogno del visto, un'esigenza molto sentita nei diversi Stati balcanici come concreto segno di avvicinamento all'integrazione europea.

 

 

Il comma 6 autorizza la spesa di 169.596 euro, fino al 31 dicembre 2009, per la proroga della partecipazione militare alla missione Temporary International Precense in Hebron (TIPH2), precedentemente rifinanziata dall’articolo 2, comma 6, della legge n. 108 del 2009. La relazione tecnica indica che l’autorizzazione riguarda 12 unità, come già previsto dalla legge n. 108 del 2009.

 

La missione TIPH 2 (Temporary International Presence in Hebron) è stata istituita con il protocollo del 15 gennaio 1997 sottoscritto da Israele e Autorità palestinese, concernente il ritiro di Israele dalla zona di Hebron. La forza multilaterale è costituita da contingenti di Italia, Danimarca, Norvegia, Svezia, Svizzera e Turchia, con il compito di contribuire alla sicurezza del territorio, mediante un'opera di monitoraggio e osservazione.

 

All’accordo ha fatto seguito un Memorandum siglato dai sei Paesi che partecipano alla missione, che hanno successivamente inviato una lettera congiunta ai governi israeliano e palestinese, perfezionando in tal modo la costituzione della forza multilaterale, chiamata ad operare a partire dal 1° febbraio 1997.

 

Il comma 7 autorizza la spesa di 131.382  euro, fino al 31 dicembre 2009, per la proroga alla partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione Europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah, denominata European Union Border Assistance Mission in Rafah (EUBAM Rafah), precedentemente rifinanziata dall'articolo 2, comma 7, della legge n. 180 del 2009. La relazione tecnica prevede l’invio, tenendo conto anche della specifica autorizzazione di spesa per la Guardia di finanza di cui al comma 23 (v. infra), di 11 unità, numero corrispondente a quelle previste dalla legge n. 108 del 2009, a fronte delle 2 unità effettivamente presenti indicate dalla nota aggiuntiva

 

La missione EU BAM Rafah (European Union Border Assistance Mission on the Gaza-Egypt Border-Crossing) è stata istituita con l’Azione comune del Consiglio del 25 novembre 2005. Tale impegno europeo scaturisce da un'intesa siglata il 15 novembre 2005 tra l'Autorità Palestinese ed Israele, che comprende due accordi denominati Agreement on Movement and Access e Agreed Principles for Rafah Crossing, al momento applicabile solo al confine Gaza-Egitto, ma suscettibile in futuro di applicazione a tutti gli accessi alla Striscia e da e per la Cisgiordania.

La missione è volta ad assistere le Autorità Palestinesi nella gestione del valico di Rafah (Rafah Crossing Point – RCP) con l’Egitto, riaperto il 25 novembre 2005, dopo essere stato chiuso all’atto del disimpegno israeliano dall’area. Il contingente, non armato, ha compiti di monitoraggio e assistenza presso il valico, nonché di istruzione della polizia locale destinata al controllo, al fine di garantire il rispetto degli accordi e lo sviluppo progressivo della Road Map.

 

Dal 14 marzo 2006, il Comandante della missione europea in Gaza attuava, per motivi di sicurezza e su disposizione delle autorità israeliane, la temporanea sospensione dell’attività di controllo del valico di Rafah, limitazioni (imposte da Israele) al movimento dei monitors ed il trasferimento del personale presso Ashkelon (Israele). Il valico veniva riaperto il 25 agosto 2006, mentre il 9 maggio 2007 veniva decisa la sospensione delle attività di monitoraggio del valico. Dal 13 giugno 2007 il valico è stato nuovamente chiuso.

Da quella data gli osservatori si trovano ad Ashqelon, in Israele, e mantengono una piena capacità operativa che consentirebbe la riattivazione della propria attività qualora si decidesse la riapertura del valico. La missione è stata da ultimo prorogata al 24 novembre 2009.

 

Il comma 8 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 36.522  euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana nel Darfur in Sudan, denominata United Nations/African Unione Mission in Darfur (UNAMID). La missione era stata precedentemente rifinanziata dall'articolo 2, comma 8, della legge n. 108 del 2009. La relazione tecnica prevede l’invio di 3 unità, numero corrispondente a quelle previste dalla legge n. 108 del 2009.

 

La missione UNAMID (United Nations-African Union Mission in Darfur) è stata istituita dal Consiglio di sicurezza dell’ONU con la risoluzione n. 1769 del 31 luglio 2007.

 

Il Consiglio di Sicurezza, quindi, secondo quanto disposto dal Capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, ha stabilito che UNAMID avesse il compito di intraprendere le azioni necessarie per sostenere una tempestiva applicazione dell’Accordo di pace nel Darfur sottoscritto nel 2004, impedire attacchi armati e proteggere i civili. I compiti iniziali di UNAMID consistono innanzitutto nel reinstaurare la sicurezza al fine di permettere la continuazione dell'assistenza umanitaria, nel proteggere i civili, nel monitorare l'andamento dell'accordo e nell’aiutare la sua della implementazione.

La risoluzione 1769 fissa inoltre degli obiettivi di lungo periodo, tra i quali: quello di fornire ONU un ambiente sicuro per la ricostruzione, lo sviluppo e il ritorno di profughi e dei rifugiati, quello di promuovere i diritti umani e le libertà basilari, nonché lo stato di diritto, quello di monitorare la sicurezza al confine con il Ciad e la Repubblica Centrafricana. La missione UNAMID ha iniziato formalmente a svolgere i compiti per cui era stata preposta il 31 dicembre 2007. 

Nel febbraio 2008 il governo del Sudan e il responsabile politico della missione UNAMID hanno firmato un accordo, noto come Sofa (Status of Forces Agreement), che riguarda gli aspetti concreti della presenza delle forze internazionali. La missione assorbe sostanzialmente il contingente ed i poteri della missione AMIS II dell’Unione africana, ma il suo dispiegamento della forza in Darfur sta incontrando notevoli difficoltà e procede a rilento.

 

Con la risoluzione del Consiglio di Sicurezza 1881 (2009), adottata il 30 luglio 2009, il mandato della missione UNAMID è stato prorogato fino al 31 luglio 2010, così come quello del Panel di Esperti, istituito con la risoluzione 1591 (2005), che è stato prorogato fino al 15 ottobre 2010 con la risoluzione 1891 (2009)

 

Il comma 9 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 84.068 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione Europea nella Repubblica democratica del Congo, denominata EUPOL RD CONGO. La relazione tecnica indica un impiego di 5 unità nella missione, in misura corrispondente alla legge n. 108 del 2009, a fronte di un numero di due unità effettiva registrate dalla nota aggiuntiva.

 

La missione EUPOL RD Congo è stata istituita dal Consiglio dell'Unione europea con l'Azione comune 2007/405/PESC del 12 giugno 2007.

 

La missione, condotta nell’ambito della PESD, ha rilevato la precedente missione EUPOL Kinshasa.

L'EUPOL RD CONGO sostiene la riforma del settore della sicurezza, nel campo della polizia e delle sue relazioni con la giustizia, con un’azione di controllo, di guida e di consulenza, senza poteri esecutivi; la missione contribuisce alla riforma ed alla ristrutturazione della polizia nazionale congolese, contribuisce a migliorare l’interazione tra la polizia ed il sistema giudiziario penale, ad assicurare la coerenza nell’insieme degli sforzi intrapresi in materia di sicurezza ed agisce in stretta collaborazione con EUSEC RD CONGO ed altri progetti nel settore della riforma della polizia e della giustizia penale.

 

Il comma 10 autorizza la spesa di 41.348 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni Unite a Cipro, denominata United Nations Peacekeeping Force in Cyprus (UNFICYP), fino al 31 dicembre 2009. La relazione tecnica, così come la legge n. 108 del 2009 e la nota aggiuntiva autorizzano un impiego di quattro unità nella missione.

 

La missione UNFICYP (United Nations Peacekeeping Force in Cyprus) è stata istituita dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU, con la risoluzione 186/1964, in seguito alla rottura dell’equilibrio stabilito a Cipro dalla Costituzione del 1960. L'indipendenza di Cipro fu concessa dall’Inghilterra nel 1960 sulla base di una Costituzione che garantiva gli interessi sia della comunità greca che di quella turco-cipriota. Questo equilibrio si ruppe nel dicembre 1963 e, a seguito dei disordini e delle tensioni fra le due comunità, il Consiglio di Sicurezza decise di costituire l’UNFICYP, una forza di mantenimento della pace con il compito di prevenire gli scontri e di contribuire al ristabilimento dell’ordine e della legalità nell’isola.

A seguito del colpo di stato del luglio 1974 e del successivo intervento militare della Turchia, le cui truppe hanno ottenuto il controllo della parte settentrionale dell’isola, il mandato di UNFICYP è stato ulteriormente rafforzato per consentire alla Forza di espletare nuovi compiti, tra i quali il controllo del cessate il fuoco in vigore “de facto” dall’agosto 1974. La mancanza di un accordo di pace ha reso ancora più difficile lo svolgimento di questo compito, dato che la missione è stata costretta a fronteggiare ogni anno centinaia di incidenti.

Attualmente UNFICYP: investiga e interviene sulle violazioni del cessate il fuoco e dello status quo, vigila sulla inviolabilità della zona cuscinetto; coopera con le polizie cipriota e turco-cipriota; si adopera per il ristabilimento della normalità nella zona cuscinetto; svolge attività umanitarie; assiste le due comunità su questioni quali la fornitura di elettricità e di acqua; fornisce assistenza medica di emergenza; consegna la posta e i messaggi della Croce Rossa attraverso le due linee. UNFICYP ha sede a Nicosia. Il mandato, esteso di sei mesi in sei mesi, è stato da ultimo prorogato fino al 15 dicembre 2009 dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza n. 1873 del 29 maggio 2009.

 

Il comma 11 autorizza la spesa di 84.304 euro per la prosecuzione, per il periodo ricompreso tra il 1° novembre 2009 e il 31 dicembre 2009, delle attività di assistenza alle Forze armate albanesi, da ultimo rifinanziata dall'articolo 2, comma 11, della legge n. 108 del 2009. La relazione tecnica indica un impiego di 29 unità, a fronte delle 28 autorizzate in forza della legge n. 108 del 2009.

 

Le attività di assistenza alle Forze armate albanesi sono svolte dalla DIE (Delegazione italiana di esperti), che ha il compito di sostenere le Forze Armate albanesi nel processo di trasformazione per adeguare le proprie strutture a modelli NATO-compatibili. La cooperazione è regolata dal Protocollo firmato a Roma, dai Ministri della Difesa italiano e albanese, il 28 agosto 1997, a distanza di pochi giorni dal ritiro delle forze di Alba e dall’insediamento del nuovo Governo albanese. L’accordo, che prevedeva la costituzione di un Gruppo Italiano di Esperti (Gie), dette l’avvio subito dopo alla Delegazione Italianadi Esperti (Die), costituita da un Comando e da un Gie.

La DIE, che dipende direttamente dallo Stato Maggiore della Difesa, ha sede nella città di Tirana. Gli interventi si svolgono nei settori più importanti, tra cui la riorganizzazione delle Forze armate, la difesa aerea, la comunicazione e i trasporti; la bonifica di mine e ordigni esplosivi.

 

Il comma 12 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 219.607 euro per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione europea in Georgia, la European Union Monitoring Mission in Georgia (EUMM Georgia). La relazione tecnica indica un impiego di 14 unità, in misura corrispondente a quelle autorizzate in forza della legge n. 108 del 2009.

 

La missione EUMM (European Union Monitoring Mission) Georgia è stata istituita dall'Unione Europea, in seguito all'Azione Comune del Consiglio UE n. 736 del 15 settembre 2008, che ha disposto il dispiegamento in Georgia, nelle zone adiacenti l'Ossezia del sud e l'Abkhazia, di una missione, con quartier generale a Tbilisi, finalizzata a garantire il monitoraggio di quanto previsto dagli accordi UE - Russia del 12 agosto e dell'8 settembre 2008.

 

L'EUMM opera in stretto coordinamento con le missioni già attivate nel Paese dall'OSCE e dall'ONU (United Nations Observer Mission in Georgia - UNOMG).

La missione ha il compito di monitorare l’Accordo dell’8 settembre 2008 prefiggendosi i seguenti obiettivi:

a) Stabilization: monitorare, analizzare e riportare in merito al processo di stabilizzazione basato sul citato accordo;

b) Normalization: monitorare, analizzare e riportare in merito al processo di normalizzazione, ponendo particolare attenzione ai sistemi di trasporto ed agli aspetti politici e di sicurezza relativi al rientro dei rifugiati e dei profughi;

c) Confidence building: contribuire alla riduzione delle tensioni tra le parti, attraverso l’attivazione di collegamenti fra le stesse;

d) Alimentazione dell’azione politica UE e di altre forme di impegno dell’Unione nell’area.

 

Il comma 13 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 33.324 euro per la proroga di partecipazione di personale militare alla all'operazione militare dell'Unione Europea denominata Atalanta e la spesa di 4.707.722 di euro per la partecipazione all'operazione della NATO di contrasto alla pirateria. La relazione tecnica indica un drastico ridimensionamento del personale impiegato nella missione Atalanta, che passa dai 497 autorizzati sulla base della legge n. 108 del 2009 a due sole unità. L’operazione della NATO Ocean Shield vede invece confermate le 225 unità autorizzate con la legge n. 108 del 2009.

 

La missione Atalanta è stata istituita con l'azione comune 2008/851/PESC del Consiglio dell'Unione europea del 10 novembre 2008, allo scopo di contribuire alla deterrenza e repressione degli atti di pirateria e rapina a mano armata commessi a largo delle coste della Somalia. L’operazione militare è condotta a sostegno delle risoluzioni 1814, 1816 e 1838 del 2008 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in modo conforme all'azione autorizzata in caso di pirateria dagli articoli 100 e seguenti della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare.

 

Il mandato prevede:

a) la protezione delle navi del Programma alimentare mondiale (PAM) che inoltrano aiuti umanitari alle popolazioni sfollate della Somalia e delle navi mercantili che navigano al largo del territorio somalo;

b) la sorveglianza delle zone al largo della Somalia, comprese le acque territoriali giudicate rischiose per le attività marittime;

c) l’uso della forza per la dissuasione, la prevenzione e la repressione degli atti di pirateria;

d) la possibilità di arresto, fermo e trasferimento delle persone che hanno commesso o che si sospetta abbiano commesso atti di pirateria o rapine a mano armata e la possibilità di sequestrare le navi di pirati o di rapinatori, le navi catturate a seguito di pirateria o rapina nonché di requisire i beni che si trovano a bordo di tali navi.

 

Le forze schierate opereranno fino a cinquecento miglia marine al largo della Somalia e dei paesi vicini.

L’operazione Atalanta, inizialmente posta in essere per la durata di dodici mesi, a decorrere dalla dichiarazione di capacità operativa iniziale, avvenuta il 13 dicembre 2008, si è vista prorogato il mandato fino al 14 dicembre 2010. 

 

Il 12 giugno 2009 i Ministri della difesa NATO hanno approvato l'avvio di una nuova missione ''a lungo termine'' contro la pirateria nel Golfo di Aden e al largo delle coste somale. La missione, denominata Ocean Shield (scudo oceanico), avrà la durata di un anno, a partire da luglio 2009, e sarà costituita dal gruppo navale Standing NATO Maritime Group 2 (SNMG2).

 

Il comma 14 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 4.310.077 euro per l'impiego di personale militare negli Emirati Arabi Uniti, in Bahrein e a Tampa per esigenze connesse con le missioni in Afghanistan e in Iraq, da ultimo rifinanziata dall'articolo 2, comma 14, della legge n. 108 del 2009.

(Sulla missione in corso in quei si veda il commento all'articolo 1, comma 12 e all'articolo 2, comma 1 del presente disegno di legge; sull'attività della Guardia di Finanza in Afghanistan e negli E.A.U. si veda il commento all'art. 2, comma 24)

 

Il comma 15 autorizza, per l'anno 2009, la spesa di 23.788 euro per la cessione e posa in opera, a titolo gratuito, a cura del Ministero della difesa, di materiali di addestramento a favore delle Forze armate della ex Repubblica jugoslava di Macedonia.

 

La relazione illustrativa del Governo al decreto-legge in esame pone in evidenza che le disposizioni del presente comma 15 concernono una parete artificiale da arrampicata similare a quelle in uso per l'addestramento del personale militare italiano. 

 

Il comma 16 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 1.250.963 euro per la prosecuzione dei programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei Paesi dell'area balcanica (c.d. “bilaterale interni”). In proposito, la relazione tecnica indica un contingente autorizzato di 59 unità, corrispondentemente a quanto indicato nella legge n. 108 del 2009.

 

I programmi di cooperazione sono svolti nell’ambito del protocollo d'intesa (cosiddetto Bilaterale Interni) firmato a Roma il 17 settembre 1997 dai Ministri degli interni italiano e albanese, che prevede l'impegno italiano ad affiancare i vertici delle amministrazioni albanesi con esperti delle Forze di polizia nazionali, per cooperare nella riorganizzazione delle strutture di polizia albanesi. Il compito è affidato ad una missione, composta da nuclei distinti: uno centrale, uno di frontiera marittima, e da nuclei territoriali.

 

Alla missione partecipano unità della Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza.

 

Il comma 17 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 427.060 euro per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX Kosovo) e di 16.170 mila euro per la proroga di partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione United Nations Mission in Kosovo (UNMIK).

 (per ciò che attiene la missione EULEX Kosovo, si veda il commento al comma 4 del presente articolo)

 

UNMIK (United Nations Mission In Kosovo) è stata istituita dalla risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 che ha autorizzato la costituzione di una amministrazione civile provvisoria, guidata dalle Nazioni unite, per favorire un progressivo recupero di autonomia nella provincia del Kosovo, devastata dalla guerra. La missione, che lavora a stretto contatto con i leader politici locali e con la popolazione, svolge un ruolo molto ampio, coprendo settori che vanno dalla sanità all’istruzione, dalle banche e finanza alle poste e telecomunicazioni.

Si ricorda che il Segretario generale dell’ONU ha deciso, il 12 giugno 2008, una riconfigurazione di UNMIK, principalmente nel settore del rule of law in vista di un passaggio di consegne alla missione EULEX, finalizzato ad un alleggerimento della stessa UNMIK.

L'Italia partecipa alla missione con un contingente composto da unità dei Carabinieri, della Polizia di Stato e della Guardia di Finanza di stanza a Pristina. In seno alla missione è costituita un'unità di intelligence contro la criminalità (Criminal Intelligence Unit - C.I.U.), a guida inglese, di supporto alla Amministrazione Provvisoria, anche per quanto riguarda i conflitti interetnici. La CIU ha, tra l'altro, il compito di mantenere un collegamento diretto con l’Ufficio italiano Interpol, in modo da snellire le procedure di trasmissione delle informazioni relative ai traffici criminali tra l’Italia e il Kosovo.

 

Il comma 18 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 35.020 euro per la proroga della partecipazione di personale della Polizia di Stato alla missione in Palestina European Union Police Mission for the Palestinian Territories (EUPOL COPPS), da ultimo rifinanziata dall'articolo 2, comma 19, della legge n. 108 del 2009. La relazione tecnica indica un impiego autorizzato di 2 unità, in misura corrispondente alla legge n. 108 del 2009.

 

La missione EUPOL COPPS (European Union Police Mission for the Palestinian Territories), è stata istituita dal Consiglio europeo con l’azione comune 2005/797/PESC del 14 novembre 2005. 

Lo scopo della missione è quello di contribuire all’istituzione di una struttura di polizia sotto la direzione palestinese. A tal fine EUPOL COPPS assiste la polizia civile palestinese nell’attuazione del programma di sviluppo e fornisce ad essa assistenza e sostegno; coordina e agevola l’assistenza dell’UE e degli Stati membri; fornisce consulenza su elementi di giustizia penale collegati alla polizia.

 

Il comma 19 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 283.410 euro per la proroga della partecipazione di personale dell'Arma dei carabinieri e della Polizia di Stato alla missione in Bosnia-Erzegovina European Union Police Mission (EUPM). La relazione tecnica indica un contingente autorizzato di 19 unità, in misura corrispondente a quello autorizzato nella legge n. 108 del 2009.

 

La missione EUPM (European Union Police Mission), iniziata il 1° gennaio 2003, prosegue le attività condotte dalla missione IPTF, operante nell'ambito della missione ONU UNMIBH, in Bosnia-Erzegovina, con il compito di fornire sostegno alla Polizia locale tramite attività addestrativa e cooperazione investigativa ed informativa.

L'EUPM è stata istituita con una decisione del Consiglio dell'11 marzo 2002. La missione è stata approvata sia dal Comitato direttivo del Consiglio per l'attuazione della pace (PIC) che dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU (Risoluzione 1396/2002).

 

La missione è stata da ultimo prorogata fino al 31 dicembre 2009 dall’Azione comune 2007/749/PESC del Consiglio del 19 novembre 2007.

 

Il comma 20 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 1.246.246 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, e per garantire la manutenzione ordinaria e l'efficienza delle unità navali cedute dal Governo italiano al Governo libico, in ottemperanza agli accordi di cooperazione sottoscritti tra i due Paesi per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani. La relazione tecnica indica un’autorizzazione di 23 unità, a fronte delle 23 autorizzate con la legge n. 108 del 2009.

 

La missione ha il compito di rendere esecutivo l'Accordo sottoscritto a Tripoli il 29 dicembre 2007, dal ministro dell'Interno italiano e dal ministro degli Esteri libico. Il Protocollo è finalizzato a realizzare una cooperazione tra l'Italia e la Libia per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina.

 

Le due parti si impegnano ad intensificare la collaborazione nella lotta contro le organizzazioni criminali dedite al traffico degli esseri umani e allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina.

L'accordo prevede, in particolare, l'organizzazione di pattugliamenti marittimi congiunti davanti alle coste libiche. Il Governo italiano si impegna, inoltre, a sostenere con l'Unione europea i programmi di cooperazione con la Libia, con particolare riferimento ai controlli sull'immigrazione clandestina.

L'accordo firmato a Tripoli prevede che l'Italia e la Libia organizzeranno pattugliamenti marittimi con 6 unità navali - tre guardacoste e tre vedette della Guardia di Finanza - cedute temporaneamente dall'Italia. I mezzi imbarcheranno equipaggi misti con personale libico e con personale di polizia italiano per l'attività di addestramento, di formazione, di assistenza e manutenzione dei mezzi. Le operazioni di controllo, di ricerca e salvataggio sono svolte nei luoghi di partenza e di transito delle imbarcazioni dedite al trasporto di immigrati clandestini, sia in acque territoriali libiche che internazionali.

L'Italia - secondo l'accordo - si impegna a cooperare con l'Ue per la fornitura (con finanziamento a carico del bilancio comunitario) di un sistema di controllo per le frontiere terrestri e marittime libiche, al fine di fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, da realizzare secondo le esigenze rappresentate dalla parte libica alla delegazione della missione Frontex.

Per garantire, poi, una efficace direzione e il coordinamento delle attività addestrative ed operative di pattugliamento marittimo, Italia e Libia convengono di istituire, presso una idonea struttura, per l'intera durata del Protocollo di Cooperazione, un Comando operativo interforze, con il compito di:

a) disporre l'attuazione quotidiana delle crociere addestrative e di pattugliamento;

b) individuare, nell'area di pattugliamento, zone di specifico approfondimento, sulla base degli elementi informativi nel frattempo acquisiti;

c) raccogliere le informazioni operative acquisite dalle unità operative;

d) impartire le direttive di servizio necessarie in caso di avvistamento e/o fermo di natanti con clandestini a bordo;

e) svolgere compiti di punto di contatto con le omologhe strutture italiane''. 

In questo senso, il Comando interforze ha la facoltà di richiedere l'intervento e/o l'ausilio delle unità navali italiane ordinariamente rischierate presso l'isola di Lampedusa per le attività anti-immigrazione''.

 

Il comma 21 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 422.455 euro e di 158.856 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alle missioni in Afghanistan, International Security Assistance in Afghanistan (ISAF) ed EUPOL Afghanistan, precedentemente rifinanziate dall'articolo 2, comma 22, della legge n. 108 del 2009.

(si veda il commento al comma 1 del presente articolo)

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa del Governo, il personale del Corpo della guardia di finanza tramite la Task force Grifo svolge nel quadro della missione ISAF compiti di formazione ed addestramento della Afghan Border Police, attraverso corsi tenuti ad Herat, con un focus particolare sulle attività di contrasto e repressione delle violazioni doganali. Nel quadro della missione EUPOL AFGHANISTAN, il personale del Corpo della guardia di finanza partecipa alle attività per l'istituzione di una struttura di polizia afgana, in conformità con gli standard internazionali, nonché alle attività di supporto al Ministero dell'interno nella direzione della Afghan National Police (ANP) e di assistenza nello sviluppo di una strategia nazionale in materia di indagini criminali, addestramento ed efficace gestione delle frontiere.

 

Il comma 22 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 195.382 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione la European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX KOSOVO).

(si veda il commento al comma 4 del presente articolo)

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa del Governo, il personale del Corpo della guardia di finanza fornisce assistenza e supporto alle autorità kosovare nell'area dello stato di diritto con specifico riferimento ai settori di polizia, giudiziario e doganale.

 

Il comma 23 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 42.597 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione dell'Unione Europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah, European Union Border Assistance Mission in Rafah (EUBAM Rafah), da ultima rifinanziata dall'articolo 2, comma 24, della legge n. 108 del 2009.

(si veda il commento al comma 7 del presente articolo)

 

Il comma 24 dispone, a decorrere dal 1° novembre 2009 al 31 dicembre 2009, l'autorizzazione alla spesa di 70.301 euro per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alle unità di coordinamento interforze, denominate Joint Multimodal Operational Units (JMOUs), costituite in Afghanistan e negli Emirati Arabi Uniti.

 

Come evidenziato dalla relazione illustrativa del Governo, le Joint Multimodal Operational Units (JMOUs), costituite in Afghansitan e negli Emirati Arabi Uniti costituiscono articolazioni del Joint Movement Coordination Centre (JMCC), ovvero quella struttura del Comando operativo di vertice interforze (COI) preposta per il coordinamento di tutti i trasporti strategici delle Forze armate. In tale quadro, è previsto l'impiego di unità appartenenti al Corpo della guardia di finanza con funzioni di consulenza, supporto e coordinamento in materia doganale.

 

Il comma 25 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 99.339 euro per la proroga della partecipazione di sei magistrati collocati fuori ruolo, personale del Corpo della polizia penitenziaria e personale amministrativo del Ministero della giustizia alla missione European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX KOSOVO), da ultimo rifinanziata dall'articolo 2, comma 26, della legge n. 108 del 2009.

(si veda il commento al comma 4 del presente articolo)

 

Il comma 26 autorizza, fino al 31 dicembre 2009, la spesa di 122.522 euro per la proroga della partecipazione di personale appartenente alla Croce Rossa Italiana ausiliario delle Forze armate alla missione ISAF in Afghanistan e la spesa di 10.025 mila euro per la proroga della partecipazione di personale appartenente al corpo militare dell'Associazione dei cavalieri italiani del Sovrano Militare Ordine di Malta alla missione Joint Enterprise nei Balcani, da ultimo rifinanziate dall'articolo 2, comma 28, della legge n. 108 del 2009.

(si veda il commento al comma 1 e al comma 4 del presente articolo)

 


 

La strategia europea in materia di sicurezza
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Il Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 2003 ha adottato la strategia europea in materia di sicurezza che prende le mosse dai mutamenti intervenuti con la fine della guerra fredda negli scenari internazionali. In particolare, viene evidenziato - in relazione alla posizione dominante, dal punto di vista militare, conseguentemente acquisita dagli Stati Uniti - che nessun paese è in grado di affrontare da solo i complessi problemi che si pongono a livello internazionale. Con la strategia viene, quindi, rivendicato un ruolo più incisivo dell’Unione europea nel contesto internazionale. In particolare, si sottolinea la necessità, da parte dell’Unione, di assumersi le sue responsabilità di fronte ad alcune minacce globali (terrorismo, criminalità organizzata, proliferazione delle armi di distruzione di massa, conflitti regionali).

Il maggiore rilievo attribuito alla materia della sicurezza comune (il  c.d. secondo pilastro), ha trovato riscontro nelle disposizioni del Trattato di Lisbona che in proposito ha provveduto:

 

·       ad individuare la nuova figura dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, cui si riconnette l’istituzione di un servizio europeo per l’azione esterna chiamato ad assistere, in collaborazione con le strutture diplomatiche degli Stati membri, l’Alto commissario;

·       a consolidare e definire le linee generali dell’azione dell’Unione con riferimento alla  PESC e alla PESD, fondate sulla reciproca solidarietà degli Stati membri e sul perseguimento di una sempre più stretta convergenza delle azioni poste in essere dai medesimi Stati. In questa prospettiva si ipotizza di pervenire ad un modello di difesa comune. Tale prospettiva ha comportato l’istituzione, nel 2004, dell’Agenzia europea per la difesa (EDA)chiamata, tra le altre cose, a promuovere la cooperazione europea in materia di armamenti.

 

La strategia europea è stata migliorata ed integrata nel corso del Consiglio europeo dell’11 e 12 dicembre 2008, sulla base di un’analisi condotta dal Segretario generale/Alto rappresentante, in piena associazione con la Commissione e in stretta collaborazione con gli Stati membri.

Nella relazione predisposta da Javier Solana si sottolinea che le minacce identificate nel 2003 restano valide e che sono diventate ancora più complesse; si ritiene tuttavia che l'UE dovrebbe attribuire più attenzione al nesso tra sicurezza e sviluppo, alla sicurezza in materia di energia, alla difesa contro gli attacchi informatici e alle conseguenze del cambiamento climatico per la sicurezza.

Per far fronte a tali sfide, il Consiglio europeo rileva la necessità di rafforzare la coerenza interna attraverso un migliore coordinamento istituzionale e un processo decisionale più strategico, facendo peraltro riferimento al quadro fornito dalle disposizioni del trattato di Lisbona.

Il Consiglio europeo ha inteso inoltre ovviare all’insufficienza dei mezzi disponibili in Europa, migliorando progressivamente le capacità civili e militari. In particolare il Consiglio europeo ha sottoscritto la dichiarazione sulle capacità adottata dal Consiglio dell’8 dicembre 2008, in cui si fissano obiettivi quantificati e precisi affinché l’UE nei prossimi anni sia in grado di portare a buon fine simultaneamente al di fuori del suo territorio una serie di missioni civili e di operazioni militari di varia portata corrispondenti agli scenari più probabili.

Nello specifico, l'Europa dovrebbe essere effettivamente in grado nei prossimi anni, nell'ambito del livello di ambizione stabilito, ossia il dispiegamento di 60.000 uomini in 60 giorni per un'operazione importante, nella gamma di operazioni previste dagli obiettivi primari 2010[20], di pianificare e condurre simultaneamente:

 

-     due importanti operazioni di stabilizzazione e ricostruzione, con un'adeguata componente civile sostenuta da un massimo di 10.000 uomini per almeno due anni;

-     due operazioni di reazione rapida di durata limitata utilizzando segnatamente i gruppi tattici dell'UE;

-    un'operazione di evacuazione d'emergenza di cittadini europei (in meno di 10 giorni), tenendo conto del ruolo primario di ciascuno Stato membro nei confronti dei suoi cittadini e ricorrendo al concetto di Stato guida consolare;

-    una missione di sorveglianza/interdizione marittima o aerea;

-    un'operazione civile-militare di assistenza umanitaria della durata massima di 90 giorni;

-    una dozzina di missioni civili PESD (segnatamente, missioni di polizia, di Stato di diritto, di amministrazione civile, di protezione civile, di riforma del settore della sicurezza o di vigilanza) in forme diverse, incluso in situazione di reazione rapida, tra cui una missione importante (eventualmente fino a 3000 esperti) che potrebbe durare vari anni.

 

Secondo il Consiglio europeo, per le sue operazioni e missioni l'Unione europea fa ricorso, opportunamente e secondo le sue procedure, ai mezzi e alle capacità degli Stati membri e dell'Unione europea nonché, se necessario per le operazioni militari, della NATO.

Inoltre nelle sue conclusioni il Consiglio europeo:

 

-    ritiene si debbano sviluppare capacità solide, flessibili e interoperabili, utilizzando su base volontaria formule innovative di specializzazione, messa in comune e condivisione di grandi progetti sui materiali, a titolo prioritario in materia di pianificazione, gestione delle crisi, spazio e sicurezza marittima;

-    incoraggia gli sforzi dell’Alto Rappresentante per creare una nuova struttura civile-militare unica di pianificazione a livello strategico per le operazioni e missioni PESD;

-    approva la dichiarazione sulla sicurezza internazionale adottata dal Consiglio, che decide azioni concrete intese a permettere all'UE di svolgere un ruolo più attivo nella lotta contro il terrorismo, la proliferazione delle armi di distruzione di massa, la criminalità organizzata e gli attacchi informatici;

-    sottolinea la determinazione dell'UE a continuare a sostenere le Nazioni Unite nonché gli sforzi delle organizzazioni regionali per promuovere la pace e la sicurezza internazionali. Riafferma inoltre l'obiettivo di rafforzare il partenariato strategico tra l'UE e la NATO per far fronte alle esigenze attuali, in uno spirito di rafforzamento reciproco e di rispetto dell'autonomia decisionale rispettiva.

 

Sulla strategia europea in materia di sicurezza e, più in generale sulla PESD, si è espresso di recente il Parlamento europeo che il 19 febbraio 2009 ha approvato una risoluzione in cui esprime la convinzione che l'Unione europea debba definire più chiaramente le proprie ambizioni circa il ruolo che intende svolgere nel mondo. Secondo il PE l'Unione europea non deve cercare di divenire una superpotenza come gli Stati Uniti, ma deve garantire la propria sicurezza e operare per la stabilità delle zone limitrofe, nonché contribuire a un sistema di sicurezza globale multilaterale all'interno del quadro delle Nazioni Unite, assicurando il rispetto del diritto internazionale e la prevenzione efficace delle crisi e dei conflitti, così come una gestione e composizione delle situazioni successive a un conflitto.


Inoltre, il Parlamento europeo:

 

-    rileva l'importanza – ai fini di acquisire il pubblico consenso sulla difesa europea - di un efficace controllo parlamentare sulla PESD sotto forma di stretta cooperazione fra il Parlamento europeo e i parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea; ritiene inaccettabile che vi sia stato solo un limitato dibattito parlamentare e nessun dibattito pubblico prima dell'adozione della relazione sulla revisione della Strategia di sicurezza europea;

-    nel rammaricarsi per la relativa assenza di progressi dopo il 2003 verso il rafforzamento della cooperazione dell'Unione europea in materia di difesa, rinnova la propria richiesta di redigere un Libro bianco sulla sicurezza e la difesa europea, quale strumento per avviare un vasto dibattito pubblico e assicurare l'attuazione efficace della Strategia di sicurezza europea;

-    sottolinea l'importanza della componente civile della PESD, accogliendo favorevolmente, in tale ambito, l'istituzione di una capacità civile di pianificazione condotta nell'ambito del Consiglio dell'Unione europea e invitando gli Stati membri a moltiplicare i propri sforzi per mettere a disposizione personale qualificato per le missioni civili PESD; sottolinea inoltre che, essendo l'accento posto soprattutto sulla dimensione militare della PESD, i progressi nel campo delle capacità civili e della prevenzione dei conflitti accusano un'eccessiva lentezza e che in questo settore è urgente che siano attivate nuove dinamiche da parte del Consiglio e della Commissione; ritiene che l'Unione europea debba puntare alla disponibilità permanente di un congruo numero di agenti di polizia, giudici e pubblici ministeri;

-    sottolinea che gli Stati membri dell'Unione europea spendono complessivamente oltre 200.000.000.000 di euro l'anno per la difesa, cifra che rappresenta oltre la metà della spesa militare degli Stati Uniti; resta vivamente preoccupato per l'inefficienza e la mancanza di coordinamento con cui tali risorse vengono spese; sollecita pertanto un'intensificazione degli sforzi volti ad eliminare inutili duplicazioni fra gli Stati membri, in particolare ricorrendo alla specializzazione, alla messa in comune, alla condivisione delle capacità esistenti e allo sviluppo in comune di nuove; plaude l'Agenzia europea per la difesa per l'eccellente opera svolta finora ed invita gli Stati membri dell'Unione europea a sfruttare appieno il potenziale dell'Agenzia;

-    raccomanda l'ulteriore sviluppo dinamico della cooperazione fra gli eserciti nazionali ai fini di un maggiore sincronismo operativo; propone di dare a tale processo e alle forze armate coinvolte il nome SAFE (Synchronized Armed Forces Europe); in tale quadro, raccomanda uno statuto europeo del soldato, che disciplini gli standard di addestramento, la dottrina operativa e la libertà di azione sul campo, i diritti e i doveri come pure il livello qualitativo dell'equipaggiamento, le cure sanitarie e le assicurazioni in caso di decesso, ferimento o incapacità;

-    è favorevole all'idea di creare un Consiglio dei ministri della difesa per conferire maggiore coerenza alle varie politiche di difesa nazionali e, conseguentemente, per rafforzare i rispettivi contributi nazionali alla PESD;

-    sollecita ulteriori iniziative in tema di addestramento comune e di standard comuni per il personale da dislocare e assegnare alle stesse operazioni civili e militari, di intensificazione dei rapporti fra le forze armate e il personale civile degli Stati membri, di coordinamento delle attività di addestramento legate alle crisi, di programmi di scambio fra le forze armate europee e di accoglimento di cittadini di altri Stati membri dell'Unione europea negli eserciti nazionali.

 

Il Consiglio del 17 novembre 2009

Il Consiglio del 17 novembre 2009, nel commemorare il decimo anniversario della politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD), ha lodato il successo di questa politica, che ha dispiegato personale pari a circa 70.000 persone in 22 missioni e operazioni, di cui 12 attualmente in corso, a sostegno della pace e della sicurezza internazionali. Secondo il Consiglio, la PESD si è dimostrata uno strumento efficace per l'insieme dell'azione esterna dell'UE. Nel corso della riunione il Consiglio ha effettuato la consueta verifica semestrale degli sviluppi in ambito PESD. In particolare, il Consiglio:

 

-    ha sottolineato il contributo fornito dalla missione EUNAVFOR-Atalanta alla sicurezza marittima al largo delle coste somale e ha concordato di estenderne la durata di un anno, fino al dicembre 2010. Il Consiglio ha inoltre approvato il concetto di gestione della crisi di una possibile missione PESD per contribuire alla formazione delle forze di sicurezza del Governo federale transitorio della Repubblica di Somalia;

-    ha accolto con favore gli sforzi compiuti dall'EUPM Bosnia-Erzegovina per assolvere il mandato. La missione contribuirà al rafforzamento dell'impegno globale dell'UE in Bosnia-Erzegovina, e ne preparerà la riorganizzazione conformemente al mandato per il periodo dopo il 2009, incentrato sul sostegno alla lotta contro la criminalità organizzata e la corruzione;

-    ha accolto con favore l'avanzamento dei lavori preparatori per l'eventuale futura evoluzione di ALTHEA (Bosnia Erzegovina) verso un'operazione non esecutiva sullo sviluppo di capacità e la formazione delle forze armate. Il Consiglio ha ribadito che la decisione sull'eventuale evoluzione dell'operazione ALTHEA dovrebbe tener conto degli sviluppi politici, compreso il ruolo futuro del Rappresentante speciale dell'UE. Si prevede che il Consiglio torni sulla questione nella prossima sessione in dicembre;

-    ha accolto con favore il contributo della missione EUMM alla stabilità, al ritorno alla normalità e alla creazione di un clima di fiducia in Georgia e ha confermato il sostegno alla piena attuazione del mandato dell'EUMM nell'intero paese, compreso l'accesso alle due entità de facto. Il mandato della missione è stato prorogato dal Consiglio per un altro anno fino al 14 settembre 2010;

-    ha espresso soddisfazione per il consolidamento delle priorità strategiche di EUPOL AFGHANISTAN attorno a sei obiettivi, ossia: attività di polizia fondate sull'intelligence; catena di comando, controllo e comunicazione nel settore della polizia; indagini penali; lotta alla corruzione; collegamenti tra polizia e procuratori; diritti umani e integrazione di genere all'interno della polizia afghana;

-    ha accolto con favore il lavoro svolto dalla missione EUPOL COPPS nel settore della polizia e della giustizia penale dell’Autorità palestinese. Il Consiglio ha convenuto di far avanzare i lavori relativi ad ulteriori azioni nell'ambito più vasto dello stato di diritto nei territori palestinesi;

-    nel rallegrarsi per la proroga di altri sei mesi del mandato dell'EUBAM Rafah, il Consiglio ha ribadito la disponibilità dell'UE a schierarsi nuovamente al valico di Rafah (fra la striscia di Gaza e l’Egitto) se le circostanze lo consentiranno. Malgrado la chiusura del valico, la missione mantiene la sua capacità operativa;

-    ha espresso soddisfazione per il lavoro compiuto da EUPOL RD Congo a sostegno della riforma della polizia nazionale congolese e della sua interazione con il settore della giustizia. Malgrado la situazione della sicurezza nel paese resti precaria, secondo il Consiglio la riforma sta cominciando a produrre effetti positivi.

Nella stessa occasione, il Consiglio ha approvato una dichiarazione per i dieci anni dall’istituzione della PESD, in cui assume impegni per progredire in una serie di settori cruciali:

·       operare per assicurare al titolare della carica di Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza un ruolo dotato di forza, efficacia e visibilità, adottando, se necessario, misure per applicare le disposizioni della PESD previste dal Trattato di Lisbona;

·       perfezionare la coerenza delle attività esterne rafforzando la capacità di allarme rapido e la capacità di programmare e svolgere politiche coerenti, globali e mirate di intervento rapido, di gestione delle crisi e di sviluppo postbellico in regioni dilaniate da conflitti. Anche l'istituzione del servizio europeo di azione esterna, secondo i ministri, rafforzerà l'efficienza delle strutture di pianificazione e di gestione delle crisi;

·       continuare a migliorare la capacità di intraprendere missioni e operazioni efficacinell'intera gamma di compiti attinenti alla prevenzione dei conflitti e alla gestione delle crisi per consentire all’UE di svolgere missioni e operazioni più flessibili, complesse e consistenti, come pure di compiere numerose missioni e operazioni simultaneamente;

·       estendere il margine di impiego e di flessibilità dei gruppi tattici dell'UE per fare pieno uso delle loro potenzialità;

·       migliorare lo spiegamento delle équipe di risposta civile e il sostegno logistico;

·       garantire maggiore disponibilità di personale civile e militare e di attrezzature, sondando ulteriori possibilità di mutualizzazione e condivisione delle risorse, specializzazione e magazzinaggio.

Il Consiglio afferma inoltre che gli Stati membri intensificheranno il coordinamento civile-militare. Come precisa la dichiarazione, questo deve consistere in un potenziamento degli aspetti civili-militari della pianificazione delle operazioni PESD, nella promozione delle sinergie tra i civili e i militari e i mezzi a doppio uso. In materia di mezzi, la dichiarazione riconosce l'importanza di un mercato delle attrezzature di difesa funzionale e fondato sulla concorrenza, l'uguaglianza delle condizioni e la sicurezza di approvvigionamento.

La dichiarazione raccomanda anche di sondare le possibilità di utilizzo della cooperazione strutturata permanente iscritta nel trattato di Lisbona, che autorizza lo sviluppo della cooperazione in materia di difesa e di sicurezza tra gruppi ristretti di Stati membri (vedi infra). La dichiarazione perora anche lo sviluppo di legami più stretti tra la PESD e la politica in materia di libertà, sicurezza e giustizia; la promozione del ruolo dell’UE a sostegno dei processi di mediazione e di dialogoin situazioni di instabilità e di conflitto; il rafforzamento dell'ottica dei diritti umani in ambito PESD, ponendo l'accento sia su tematiche quali donne, pace e sicurezza, sia sul ruolo delle donne quali attrici nell'agenda in materia di sicurezza internazionale; l'intensificazione della cooperazione con i partner principali (Nazioni Unite, NATO, Unione africana e altri consessi regionali) e il rafforzamento dei contatti con i soggetti non governativi. Nella stessa dichiarazione, i ministri riconoscono anche che il bilancio della politica estera e di sicurezza dovrebbe essere adeguato per rispondere ai problemi attuali e futuri.

La PESD nel Trattato di Lisbona

La politica estera e di sicurezza comune resta fondamentalmente un settore d'azione intergovernativo nel quale il ruolo del Consiglio europeo è preponderante; l'unanimità continua ad essere la regola e la maggioranza qualificata viene applicata soltanto per l'esecuzione delle decisioni prese dal Consiglio europeo (oppure per le proposte presentate dall'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza su richiesta del Consiglio europeo), o dal Consiglio.

Importanti progressi sono stati compiuti nel settore specifico della politica della sicurezza comune. La prospettiva di una difesa comune, o comunque la definizione di una politica di difesa comune, i cui principi erano già stati stabiliti nel trattato di Maastricht, diventa più realistica[21]. Tale politica comune di difesa conferisce all'Unione una capacità operativa basata su strumenti civili e militari. Tra le principali innovazioni si ricorda la possibilità di creare, con decisione del Consiglio che delibera a maggioranza qualificata, una cooperazione strutturata permanente in materia di difesa tra gli Stati membri che hanno le capacità militari necessarie e la volontà politica di aderirvi.

Sotto il profilo del controllo parlamentare in tale ambito, il Parlamento europeo acquisisce in linea generale il diritto di essere informato (o consultato), il diritto di controllo (interrogazioni, dibattiti) e di voto del bilancio PESC

.


Nessun tipo di associazione a tale controllo è previsto a favore dei Parlamenti nazionali. Il nuovo Protocollo sul ruolo dei Parlamenti nazionali, allegato al Trattato di Lisbona, prevede però che la Conferenza degli organi parlamentari specializzati per gli affari dell’Unione europea (COSAC) possa organizzare conferenze interparlamentari per discutere su temi specifici ed in particolare su argomenti che rientrano nella politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e difesa comune.

 

La competenza della Corte di giustizia è invece limitata alla delimitazione fra la PESC e gli altri settori di intervento dell'UE nonché al controllo della legalità delle decisioni europee che comportano misure restrittive nei confronti dei privati.

 

Le disposizioni in materia di PESD

 

Il Trattato di Lisbona non modificala collocazione della PESD nell’ambito della PESC. Infatti, l’articolo 21 del nuovo Trattato sull’Unione europea, (che riprende peraltro l’art. I-16, par. 1, del Trattato costituzionale) attribuisce all’Unione la competenza in materia di politica estera e di sicurezza comune in tutti i settori della politica estera ed in tutte le questioni relative alla sicurezza dell'Unione, compresa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune[22].

Innovando rispetto al precedente trattato, il Trattato di Lisbona prevede tuttavia l’inserimento, nel Titolo V TUE, di una specifica sezione relativa alle “Disposizioni concernenti la politica di sicurezza e difesa comune”[23], strutturata in 5 articoli (artt. 42-46).

L’articolo 42 modifica l’originario articolo 17 TUE, richiamandosi al dettato dell’art. I-41 del Trattato costituzionale.

In particolare, introducendo un nuovo comma iniziale all’originario art. 17 TUE, l’art.42, par. 1, ribadisce che la politica di sicurezza e difesa comune è parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Il paragrafo stabilisce inoltre che “La politica di sicurezza e difesa comune assicura all’Unione una capacità operativa basata su mezzi civili e militari. L’Unione può avvalersene nelle missioni all’esterno del territorio dell’UE al fine del mantenimento della pace, della prevenzione dei conflitti e del rafforzamento della sicurezza internazionale conformemente ai principi della carta delle Nazioni Unite. L’esecuzione di tali compiti si basa sulle capacità fornite dagli Stati membri.”

L’art 42, par. 2,c. 1, riprendendo l’originario art.17, par.1, c. 1, TUE, dispone che la politica di sicurezza e di difesa comune “comprende la graduale definizione di una politica di difesa comune dell’Unione. Questo condurrà ad una difesa comune quando il Consiglio europeo, deliberando all’unanimità, avrà così deciso. In questo caso, il Consiglio europeo raccomanda agli Stati membri di adottare una decisione in tal senso, conformemente alle rispettive norme costituzionali”.

L’art. 42, par. 2, c. 2, ribadisce che il perseguimento della politica di sicurezza e di difesa comune non pregiudica il carattere specifico della politica di sicurezza e di difesa di taluni Stati membri, rispetta gli obblighi derivanti dal Trattato del Nord-Atlantico, per gli Stati membri che ritengono che la loro difesa comune si realizzi tramite la NATO, ed è compatibile con la politica di sicurezza e di difesa comune adottata in tale contesto.

L’art. 42, par. 3, c. 1, con una disposizione innovativa, peraltro già contemplata dall’art.I-41, par.3, c.1 del Trattato costituzionale, precisa che per l'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune, gli Stati membri devono mettere a disposizione dell'Unione capacità civili e militari in modo da contribuire al conseguimento degli obiettivi definiti dal Consiglio. Inoltre, gli Stati membri che costituiscono tra loro forze multinazionali possono mettere anche tali forze a disposizione della politica di sicurezza e di difesa comune. Il c. 2 del par. 3 dell’articolo 42 in esame, prevede l’impegno degli Stati membri a migliorare progressivamente le loro capacità militari e stabilisce che l'Agenzia europea per la difesa sia incaricata di: individuare le esigenze operative; contribuire a individuare e, se del caso, mettere in atto qualsiasi misura utile a rafforzare la base industriale e tecnologica del settore della difesa; partecipare alla definizione di una politica europea delle capacità e degli armamenti; assistere il Consiglio nella valutazione del miglioramento delle capacità militari.

L’art. 42, par. 4, dispone che le decisioni europee relative all'attuazione della politica di sicurezza e di difesa comune siano adottate dal Consiglio all'unanimità su proposta dell’Alto rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza  o di uno Stato membro. Il rappresentante può proporre il ricorso sia agli strumenti nazionali, che a quelli dell’Unione, in quest’ultimo caso agendo congiuntamente alla Commissione.

L’art. 42, par. 5, innovando rispetto al sistema precedente, introduce una forma più flessibile di cooperazione nell’ambito della difesa, prevedendo che il Consiglio possa affidare la realizzazione delle missioni citate ad un gruppo di Stati membri, allo scopo di preservare i valori dell'Unione e di servirne gli interessi.

L’art. 42, par. 6, dispone chegli Stati membri che rispondano ai criteri più elevati di capacità militari e che hanno sottoscritto degli impegni più vincolanti in materia in vista di missioni più impegnative stabiliscano una cooperazione strutturata permanente nell’ambito dell’Unione. La procedura da seguire in questo caso è indicata nel nuovo articolo 46 TUE.

L’art.42, par.7 introduce una clausola di mutua assistenza: in caso di aggressione armata subita da uno Stato membro nel suo territorio: gli altri Stati membri devono prestare - in conformità delle disposizioni dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite[24] e senza che ciò pregiudichi il carattere specifico della loro politica di sicurezza e difesa - aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso. Gli impegni e la cooperazione in tale settore rimangono conformi agli impegni assunti nell’ambito della NATO.

L’art. 43 specifica quali sono le missioni nelle quali l'Unione può ricorrere a mezzi civili e militari. L’articolo, di cui si segnala la portata innovativa, estende, i contenuti delle missioni di Petersberg[25], integrandole con ulteriori compiti relativi alle missioni di disarmo, di consulenza ed assistenza in materia militare, di stabilizzazione al termine dei conflitti. L’articolo specifica inoltre che tutte queste missioni possono contribuire alla lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul loro territorio. Il Consiglio adotta decisioni relative alle missioni stabilendone l'obiettivo, la portata e le modalità generali di realizzazione. L’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, sotto l'autorità del Consiglio e in stretto e costante contatto con il comitato politico e di sicurezza, provvede a coordinare gli aspetti civili e militari di tali missioni.

L’art. 44 stabilisce che il Consiglio può affidare la realizzazione di una missione a un gruppo di Stati membri che lo desiderano e dispongono delle capacità necessarie per tale missione. Tali Stati membri, in associazione con l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza, si accordano sulla gestione della missione. Gli Stati membri che partecipano alla realizzazione della missione informano periodicamente il Consiglio dell'andamento della missione, di propria iniziativa o a richiesta di un altro Stato membro. Gli Stati membri partecipanti investono immediatamente il Consiglio della questione se la realizzazione di tale missione genera conseguenze di ampia portata o se impone una modifica dell'obiettivo, della portata o delle modalità della missione stabiliti nelle decisioni. In tal caso, il Consiglio adotta le decisioni necessarie.

L’art. 45stabilisce che l’Agenzia europea di difesa, posta sotto l’autorità del Consiglio, ha il compito di:

a) contribuire a individuare gli obiettivi di capacità militari degli Stati membri e a valutare il rispetto degli impegni in materia di capacità assunti dagli Stati membri;

b) promuovere l'armonizzazione delle esigenze operative e l'adozione di metodi di acquisizione efficienti e compatibili;

c) proporre progetti multilaterali per il conseguimento degli obiettivi in termini di capacità militari e assicurare il coordinamento dei programmi attuati dagli Stati membri e la gestione di programmi di cooperazione specifici;

d) sostenere la ricerca nel settore della tecnologia della difesa, coordinare e pianificare attività di ricerca congiunte e studi per delineare le soluzioni tecniche che rispondono alle esigenze operative future;

e) contribuire a individuare e, se del caso, attuare qualsiasi misura utile per potenziare la base industriale e tecnologica del settore della difesa e per migliorare l'efficacia delle spese militari.

Il par. 2 prevede che l'Agenzia europea per la difesa sia aperta a tutti gli Stati membri che desiderano parteciparvi. Lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento sono decisi dal Consiglio, a maggioranza qualificata. Nell'ambito dell'Agenzia sono costituiti gruppi specifici che riuniscono gli Stati membri impegnati in progetti congiunti. L'Agenzia svolge le sue missioni in collegamento con la Commissione.

L’art. 46 stabilisce che gli Stati membri intenzionati a partecipare alla cooperazione strutturata, che rispondono a criteri più elevati in termini di capacità militari e che hanno sottoscritto gli impegni sulle capacità militari previsti dal protocollo sulla cooperazione strutturata permanente[26], notificano la loro intenzione al Consiglio e all’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Entro tre mesi dalla notificazione il Consiglio adotta una decisione che istituisce la cooperazione strutturata permanente e fissa l'elenco degli Stati membri partecipanti. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata previa consultazione dell’Alto rappresentante.

Ogni Stato membro che, in una fase successiva, desideri partecipare alla cooperazione strutturata permanente notifica la sua intenzione al Consiglio e all’Alto rappresentante. Il Consiglio adotta una decisione che conferma la partecipazione dello Stato membro interessato che risponde ai criteri e sottoscrive gli impegni di cui agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla cooperazione strutturata permanente. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata (definita a norma dell’art.238, par.3, punto a[27]del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea - TFUE), previa consultazione dell’Alto rappresentante. Solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri partecipanti prendono parte al voto.

Se uno Stato membro partecipante non soddisfa più i criteri o non può più assolvere gli impegni di cui agli articoli 1 e 2 del protocollo sulla cooperazione strutturata permanente, il Consiglio può adottare una decisione che sospende la partecipazione di questo Stato. Il Consiglio delibera a maggioranza qualificata. Partecipano alla votazione solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri partecipanti, ad eccezione dello Stato membro in questione. Se uno Stato membro partecipante desidera ritirarsi dalla cooperazione strutturata permanente notifica la sua decisione al Consiglio, che prende atto del fatto che la partecipazione dello Stato membro in questione termina. Le decisioni e le raccomandazioni del Consiglio prese nel quadro della cooperazione strutturata permanente, diverse da quelle suddette, sono adottate all'unanimità. Ai fini della disposizione in questione, l'unanimità è costituita dai voti dei soli rappresentanti degli Stati membri partecipanti.

Il Protocollo n. 10 in materia di cooperazione strutturata permanente prevede, agli artt. 1 e 2, che essa sia aperta ad ogni Stato membro che si impegni, in particolare, a:

 

·   procedere più intensamente allo sviluppo delle sue capacità di difesa;

·   fornire entro il 2010, sia a titolo nazionale, sia come componente di gruppi multinazionali di forze, unità di combattimento capaci di intraprendere le missioni  previste entro un termine da 5 a 30 giorni, in particolare per rispondere alle richieste dell’ONU e sostenerle per un periodo iniziale di 30 giorni, prorogabile di 120 giorni;

·   riesaminare regolarmente gli obiettivi relativi al livello delle spese di investimento in materia di equipaggiamenti di difesa, alla luce della situazione internazionale e delle responsabilità dell’Unione;

·   ravvicinare, nella misura del possibile, gli strumenti di difesa e prendere misure concrete per rafforzare la disponibilità, interoperabilità, flessibilità e capacità di dispiegamento delle forze;

·   cooperare per assicurare l’adozione delle misure necessarie per colmare le lacune che siano state constatate nel quadro del meccanismo di sviluppo delle capacità;

·   partecipare, se del caso, allo sviluppo di programmi comuni o europei nel quadro delle attività promosse dall’Agenzia europea per la difesa.

L’art. 3 stabilisce che l’Agenzia europea per la difesa contribuisca alla valutazione regolare dei contributi degli Stati membri partecipanti in materia di capacità.

Si ricorda inoltre che, in base al nuovo articolo 36 TUE, il Parlamento europeo è consultato regolarmente dall’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza comune, sui principali aspetti e sulle scelte fondamentali della politica di sicurezza e di difesa comune edè tenuto al corrente della sua evoluzione. L’Alto rappresentante provvede affinché le opinioni del Parlamento europeo siano debitamente prese in considerazione. I rappresentanti speciali possono essere associati all’informazione del Parlamento europeo. Il Parlamento europeo può rivolgere interrogazioni o formulare raccomandazioni al Consiglio (come già previsto dal vigente TUE) e all’Alto rappresentante. L’articolo 36 prevede inoltre che il Parlamento europeo svolga due volte l’anno il dibattito sui progressi compiuti nell’attuazione della politica estera e di sicurezza comune, compresa la politica di sicurezza e difesa comune.

Come disposto dal nuovo articolo 24 TUE, la Corte di giustizia non è competente riguardo alle disposizioni relative alla politica di sicurezza e di difesa comune e su gli atti adottati in base a tale disposizioni.

La Corte di giustizia può solo esercitare un controllo per così dire “di competenza” sul fatto che l’attuazione della politica estera e di sicurezza comune lasci impregiudicate l’applicazione delle procedure e le attribuzioni delle istituzioni previste per l’esercizio delle competenze dell’Unione nei vari settori fissate dal TFUE, e viceversa che l’attuazione delle politiche dell’Unione lascino impregiudicate le attribuzioni e le procedure previste nel settore della politica estera e di sicurezza comune. La Corte di giustizia è inoltre competente a pronunciarsi sulla legittimità delle decisioni del Consiglio, nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune, che prevedano misure restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche.

  

 


Art. 3
(Disposizioni in materia di personale)

 

Il comma 1 dell'articolo 3, che detta norme in materia di personale impiegato nelle missioni internazionali disciplinate dal provvedimento in esame, rinvia alle disposizioni di cui all'articolo 3, commi da 1 a 9, della legge 3 agosto 2009, n. 108, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali.

 

Si illustra, a seguire, il contenuto dei commi 1-9 dell'articolo 3 della citata legge n. 108 del 2009.

 

Il comma 1 attribuisce al personale impegnato nelle missioni internazionali l’indennità di missione di cui al Regio Decreto 3 giugno 1926, n. 941, in misure diversificate a seconda delle missioni stesse. Tale indennità viene riconosciuta a decorrere dalla data di entrata nel territorio, nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei Paesi interessati e fino alla data di uscita dagli stessi per rientrare nel territorio nazionale, ed è attribuita per tutto il periodo della missione in aggiunta allo stipendio o alla paga e agli altri assegni a carattere fisso e continuativo. A tale indennità devono essere detratti, tuttavia, le indennità e i contributi eventualmente corrisposti agli interessati direttamente dagli organismi internazionali.

In particolare:

Ø    la lettera a) prevede che la suddetta indennità sia corrisposta, nella misura del 98 per cento, al personale militare che partecipa alle missioni MSU, EULEX Kosovo, Security Force, Training Plane, Joint Enterprise, ALTHEA, UNMIK, TIPH 2, EUBAM Rafah;

Ø    la lettera b) quantifica, per il personale militare che partecipa alle missioni ISAF ed EUPOL AFGHANISTAN ed UNIFIL, nonché per il personale militare impiegato negli Emirati Arabi Uniti, in Iraq, nell’unità di coordinamento JMOUs ed al personale dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la sede diplomatica di Kabul e quella di Herat, l’indennità di missione nella misura del 98 per cento, calcolata sulla diaria attribuita al personale in missione in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Oman;

Ø    la lettera c) prevede che la suddetta indennità sia corrisposta nella misura intera per il personale che partecipa alla missione EUPOL COPPS nei territori palestinesi, ed alla missione europea in Moldova e Ucraina;

Ø    la lettera d) dispone che al personale che partecipa alle missioni CIU, UNAMID, EUPOL RD CONGO, UNFICYP, Atalanta, EUPM, nonché al personale impiegato presso il Military Liason Office della missione Joint Enterprise, la NATO HQ Tirana, venga riconosciuta l’indennità di missione nella misura intera incrementata del 30 per cento, se detto personale non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto ed alloggio gratuiti;

Ø    la lettera e) prevede che, per il personale militare impiegato in Iraq, in Bahrain e a Tampa, l’indennità di missione sia corrisposta nella misura intera incrementata del trenta per cento, calcolata sulla diaria attribuita al personale in missione in Arabia Saudita, Emirati Arabi e Oman, sempre che il citato personale non usufruisca, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti.

Ø    le lettera f) prevedono, rispettivamente, che al personale che partecipa alla missione EUMM Georgia, l’indennità di missione sia corrisposta nella misura del novantotto per cento, ovvero nella misura intera incrementata del 30 per cento, con riferimento alla Turchia,sempre che tale personale non usufruisca, a qualsiasi titolo, di vitto e alloggio gratuiti.

 

Il R.D. n. 941/1926 reca la disciplina generale del trattamento di missione all’estero del personale statale. Le indennità per l'estero sono dovute dal giorno in cui si passa il confine o si sbarca all'estero, fino al giorno in cui si ripassa il confine o si prenda imbarco per il ritorno o si sbarca in Italia, sino al giorno del ritorno in residenza. Viene disciplinata, inoltre, l’indennità spettante: ai componenti delle delegazioni italiane presso commissioni, enti o comitati internazionali, che si rechino all'estero per partecipare alle relative riunioni; al personale di tutte le amministrazioni, sia civili che militari, che si rechi all'estero in commissione, per rappresentanza del regio governo, oppure anche isolatamente per partecipare a commissioni di carattere internazionale; ai funzionari del gruppo A del ministero degli affari esteri che si rechino in missione isolata all'estero. Si prevedono, poi, alcuni casi particolari e i rimborsi per le spese di viaggio.

Successivamente, l’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 31 marzo 1971, n. 286, ha sostituito gli articoli 2 e 3 del decreto luogotenenziale. 21 agosto 1945, n. 540, relativo alle indennità del personale dell'Amministrazione dello Stato incaricato di missione all'estero, prevedendo indennità giornaliere di missione sostitutive di quelle previste dall’articolo 1 del citato R.D. n. 941/1926. Tali indennità sono determinate con decreto del Ministro del tesoro paese per paese direttamente in valuta locale o in altra valuta, al netto delle ritenute erariali, e, se necessario, modificate in rapporto alle variazioni delle condizioni valutarie e del costo della vita di ciascun paese. In applicazione di questa disposizione si è provveduto periodicamente ad adeguare le diarie di missione, da ultimo con D.M. 27 agosto 1998. E’ poi intervenuto il D.M. 2 aprile 1999 che ha determinato la misura in euro delle diarie nette per le missioni effettuate dal personale civile e militare nei Paesi che hanno adottato tale moneta. Al fine di eliminare la disparità di trattamento esistente per il personale che opera nei paesi dell’area balcanica, l’articolo 4 del D.L. 17 giugno 1999, n. 180, convertito dalla legge 2 agosto 1999, n. 269, ha autorizzato il Ministero del Tesoro ad aggiornare le diarie di missione stabilite dal citato D.M. 27 agosto 1998 per il personale militare italiano impiegato nelle missioni umanitarie e di pace nei territori della ex Jugoslavia e dell’Albania, equiparandole a quelle fissate per la Bosnia e per la Repubblica federale jugoslava. In conformità a quanto disposto dall’articolo 4 appena citato, è stato quindi emanato il D.M. 30 agosto 1999. E’ stato quindi emanato il D.M. 13 gennaio 2003 che ha determinato il valore in euro delle diarie da corrispondere al personale in missione all’estero anche nei Paesi che non abbiano adottato l’euro come moneta unica di pagamento, successivamente modificato dal D.M. 6 giugno 2003.

Si ricorda che il D.M. 27 agosto 1998 suddivide il personale statale, civile e militare, in sei gruppi, indicati in una specifica tabella allegata al decreto medesimo e modificata, da ultimo, dai citati D.M. 13 gennaio e 6 giugno 2003, determinando le diarie nette per le missioni in proporzione al gruppo di appartenenza e in relazione al Paese presso il quale si svolge la missione stessa.

 

Il successivo comma 2 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009,analogamente a quanto previsto nei precedenti decreti di proroga, dispone che all’indennità di cui al comma precedente, nonché al trattamento economico corrisposto al personale che partecipa alle attività di assistenza alle Forze armate albanesi di cui all’articolo 2, comma 11, continui a non applicarsi la riduzione del 20 per cento prevista dall’articolo 28, comma 1, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

 

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006 prevede la riduzione del 20 per cento delle diarie corrisposte per le missioni all’estero. Il comma 3 dello stesso articolo 28 precisa tuttavia che tale decurtazione non si applica alle missioni di pace finanziate nell’anno 2006 attraverso l’apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

 

Il comma 3 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009,prevede, poi, che al personale che partecipa ai programmi di cooperazione delle Forze di polizia italiane in Albania e nei paesi dell’area balcanica e alla missione in Libia si applicano il trattamento economico previsto dalla legge 8 luglio 1961, n. 642 e l’indennità speciale di cui all’articolo 3 della stessa legge, nella misura del 50 per cento dell’assegno di lungo servizio all’estero. Anche in questo caso non trova applicazione la riduzione della diaria prevista dal citato decreto-legge n. 223 del 2006.

 

La legge n. 642/1961 disciplina il trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali. L’articolo 1 della legge prevede che il personale destinato presso gli organi citati per un periodo superiore a 6 mesi, percepisce: lo stipendio o la paga e gli altri assegni a carattere fisso e continuativo previsti per l'interno; un assegno di lungo servizio all'estero in misura mensile ragguagliata a 30 diarie intere come stabilito dalle norme in vigore per il Paese di destinazione; le ulteriori indennità che possono spettare ai sensi delle disposizioni contenute negli articoli della legge. L’articolo 3 della medesima legge prevede che al citato personale militare può essere attribuita, qualora l'assegno di lungo servizio all'estero non sia ritenuto sufficiente in relazione a particolari condizioni di servizio, una indennità speciale da stabilirsi nella stessa valuta dell'assegno di lungo servizio all'estero.

 

Per quanto riguarda, poi, i militari inquadrati nei contingenti impiegati nelle missioni internazionali di pace come disciplinate dal decreto-legge in oggetto, il comma 4 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prescrive che per il periodo dal 1° luglio 2009 al 31 ottobre 2009, in sostituzione dell'indennità operativa, ovvero dell'indennità pensionabile percepita, è corrisposta, se più favorevole, l'indennità di impiego operativo nella misura uniforme pari al 185 per cento dell'indennità operativa di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 marzo 1983, n. 78 e successive modificazioni, se militari in servizio permanente e a euro 70, se volontari di truppa in ferma breve o prefissata.

 

La legge n. 78/1983 ha disciplinato le indennità di impiego operativo quale compenso per il rischio, per i disagi e per le responsabilità connessi alle diverse situazioni di impiego del personale militare derivanti dal servizio. L’articolo 2 della legge prevede che al personale militare dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, salvo i casi previsti dai successivi articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7, spetta l'indennità mensile di impiego operativo di base nelle misure stabilite dalla tabella I, annessa al provvedimento, per gli ufficiali e i sottufficiali e nella misura di lire 50.000 per gli allievi delle accademie militari e per i graduati e i militari di truppa volontari, a ferma speciale o raffermati. Nei successivi articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7, sono disciplinate le indennità di impiego operativo previste per alcuni casi particolari: ufficiali e sottufficiali della Marina, dell'Esercito e dell'Aeronautica in servizio presso i comandi, gli enti, i reparti e le unità di campagna espressamente indicati; ufficiali e sottufficiali imbarcati su navi di superficie in armamento o in riserva iscritte nel quadro del naviglio militare, personale aeronavigante o facente parte di equipaggi fissi di volo.

 

Il comma 5dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prevede che il personale militare impiegato dall'ONU nelle missioni internazionali con contratto individuale conservi il trattamento economico fisso e continuativo e che percepisca l'indennità di missione con spese di vitto e alloggio a carico dell'Amministrazione, aggiungendo altresì  che eventuali retribuzioni (od altri compensi) corrisposti direttamente dall'ONU allo stesso titolo (con esclusione di indennità e rimborsi per servizi fuori sede) sono devoluti all'Amministrazione al netto delle ritenute, fino a concorrenza dell'importo corrispondente alla somma del trattamento economico fisso e continuativo e dell'indennità di missione percepiti (sempre al netto delle ritenute e delle spese di vitto e alloggio).

 

Il comma 6dell’articolo 3 della medesima legge n. 108/2009, reca disposizioni concernenti la valutazione dei periodi di comando, le attribuzioni specifiche, il servizio e l’imbarco svolti dagli ufficiali delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, presso comandi, unità, reparti ed enti costituiti per lo svolgimento delle missioni internazionali, ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti per l'avanzamento al grado superiore. Ai sensi del citato comma 64 tali periodi sono validi ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 allegate ai decreti legislativi 30 dicembre 1997, n. 490, recante “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali, a norma dell'articolo 1, comma 97, della L. 23 dicembre 1996, n. 662”, e 5 ottobre 2000, n. 298, relativo al “Riordino del reclutamento, dello stato giuridico e dell'avanzamento degli ufficiali dell'Arma dei carabinieri, a norma dell'articolo 1 della L. 31 marzo 2000, n. 78”, e successive modificazioni.

 

Il comma 7dell’articolo 3 della sopracitata legge n. 108/2009, stabilisce che per esigenze connesse con le missioni internazionali, in deroga all'articolo 64 della legge 10 aprile 1954, n. 113, possono essere richiamati in servizio (secondo le modalità di cui all'art. 25 del Dlgs n. 215 del 2001 e successive modificazioni) gli ufficiali della riserva di complemento, ciò nei limiti del contingente annuale previsto dalla legge di bilancio per gli ufficiali di completamento. La disposizione consente, quindi, in via temporanea e solo per le esigenze connesse con le missioni internazionali, di ampliare il bacino degli ufficiali richiamabili nelle forze di completamento, potendo attingere a personale appartenente a fasce di età superiore, comprese tra i quarantacinque e i sessantacinque anni, al fine di consentire alle Forze armate di avvalersi di professionalità esperte presenti in tali ambiti.

 

Il comma 8 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, prevede che per le esigenze operative connesse con le missioni internazionali, il periodo di ferma dei volontari in ferma prefissata di un anno possa essere prolungato, previo consenso degli interessati, per un massimo di ulteriori sei mesi; ciò nei limiti delle risorse finanziarie disponibili e nel rispetto delle consistenze annuali previste dalle disposizioni vigenti.

 

Il comma 9 dell’articolo 3 della citata legge n. 108/2009, rinvia, per quanto non diversamente previsto, a specifiche disposizioni del decreto legge n. 451 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 15 del 2002, per la disciplina delle missioni internazionali. Tali disposizioni, già richiamate nei precedenti decreti di proroga riguardano, in particolare, l’indennità di missione (articolo 2 del D.L. 451/2001), il trattamento assicurativo e pensionistico (articolo 3 del D.L. 451/2001), il personale in stato di prigionia o disperso (articolo 4 del D.L. 451/2001), disposizioni varie, quali il rilascio del passaporto di servizio, l’orario di lavoro e l’utilizzo a titolo gratuito delle utenze telefoniche di servizio (articolo 5 del D.L. 451/2001), il personale civile (articolo 7 del D.L. 451/2001) e talune norme di salvaguardia del personale (articolo 13 del D.L. 451/2001).

 

Il comma 2 dell’articolo 2 del D.L. n. 451/2001 (Indennità di missione) prevede che al personale militare e della Polizia di Stato impegnato nelle missioni internazionali nei periodi di riposo e recupero previsti dalle normative di settore per l’impiego all’estero, goduti al di fuori del teatro di operazioni durante lo svolgimento della missione, viene anche attribuita un’indennità giornaliera pari alla diaria di missione estera percepita. Tale disposizione, che è stata introdotta per la prima volta dalla citata legge n. 339/2001, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge n. 294/2001, è volta a favorire l’effettiva fruizione dei necessari periodi di riposo e di rientro in famiglia, che veniva scoraggiata dalla prospettiva di perdite retributive. Il successivo comma 3 dell’articolo 2, dispone che, ai fini della corresponsione dell’indennità di missione i volontari in ferma annuale, breve e prefissata delle Forze armate siano equiparati ai volontari di truppa in servizio permanente, sanando in tal modo la disparità di trattamento esistente tra queste categorie di personale militare anche se in possesso di analogo stato giuridico ed impiegato negli stessi compiti. Norma analoga era già contenuta nell’articolo 1, comma 3, del citato D.L. n. 421/2001.

Il comma 1 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 (Trattamento assicurativo e pensionistico) prescrive che al personale militare e della Polizia di Stato impegnato nelle missioni sia attribuito il trattamento assicurativo previsto dalla legge 18 maggio 1982, n. 301, con l’applicazione del coefficiente previsto dall’articolo 10 della legge 26 luglio 1978, n. 417. Il comma in esame fissa un massimale minimo ragguagliato al trattamento economico del personale con il grado di sergente maggiore o grado corrispondente, favorendo in tal modo il personale appartenente ai gradi inferiori.

La legge n. 301/1982, "Norme a tutela del personale militare in servizio per conto dell'ONU in zone di intervento" – disponendo, all'articolo 1, l'applicazione dell'articolo 13 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 e dell'articolo 10 della legge 26 luglio 1978, n. 417 - prevede che al personale militare in oggetto sia dovuto - per il periodo di effettiva presenza nella zona di intervento - anche il rimborso della spesa di un'assicurazione sulla vita, nei limiti di un massimale ragguagliato allo stipendio annuo lordo e indennità di funzione, o assegno perequativo pensionabile o altro analogo assegno annuo pensionabile, moltiplicati per il coefficiente 10 per i casi di morte o di invalidità permanente, indipendentemente dall'uso di mezzi di trasporto e per tutti i rischi derivanti da attività direttamente o indirettamente riconducibili alla missione.

Il comma 2 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 prevede il trattamento in caso di decesso ed invalidità del citato personale impegnato nelle operazioni.

Più precisamente, il primo periodo del comma 2 prevede l'applicazione dell'articolo 3 della legge 3 giugno 1981, n. 308, in caso di decesso per causa di servizio, mentre, in caso di invalidità per la medesima causa, dispone l’applicazione delle norme in materia di pensione privilegiata ordinaria di cui al testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092. A sua volta, la legge 308/1981, recante "Norme in favore dei militari di leva e di carriera appartenenti alle Forze armate, ai Corpi armati ed ai Corpi militarmente ordinati, infortunati o caduti in servizio e dei loro superstiti", all'articolo 3 dispone che alle vedove e agli orfani degli ufficiali e sottufficiali delle Forze armate o dei Corpi di polizia caduti vittime del dovere in servizio di ordine pubblico o di vigilanza ad infrastrutture militari e civili, ovvero in operazioni di soccorso, sia attribuito un trattamento pensionistico pari al trattamento complessivo di attività percepito dal congiunto all'epoca del decesso o, qualora più favorevole, al trattamento complessivo di attività del grado immediatamente superiore a quello del congiunto, ivi compresi gli emolumenti pensionabili, con esclusione delle quote di aggiunta di famiglia e dell'indennità integrativa speciale che sono corrisposte nella misura stabilita per i pensionati. Per le vedove e gli orfani dei militari di truppa delle Forze armate e delle Forze di polizia vittime del dovere, la pensione privilegiata ordinaria, spettante secondo le disposizioni vigenti, è liquidata sulla base della misura delle pensioni privilegiate di cui alla tabella B annessa alla legge 29 aprile 1976, n. 177, e successive modificazioni. In mancanza della vedova o degli orfani, la pensione spettante ai genitori e ai collaterali dei predetti militari è liquidata applicando le percentuali previste dalle norme in vigore sul predetto trattamento complessivo.

Il secondo periodo del comma 2 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 prevede che il trattamento previsto per i casi di decesso e di invalidità, che si è appena esposto, si cumula con quello assicurativo di cui al precedente comma 1, nonché con la speciale elargizione e con l’indennizzo privilegiato aeronautico previsti, rispettivamente, dalla legge 3 giugno 1981, n. 308, e dal regio decreto-legge 15 luglio 1926, n. 1345, convertito dalla legge 5 agosto 1927, n. 1835, e successive modificazioni, nei limiti stabiliti dall’ordinamento vigente.

La citata legge n. 308/1981 contiene due differenti tipologie di “speciale elargizione”. La prima è disciplinata dall’articolo 5 che attribuisce una speciale elargizione, pari a quella prevista dalla legge 28 novembre 1975 n. 624 a favore dei superstiti delle vittime del dovere, ai superstiti dei militari individuati dalla norma stessa.[28] La seconda, prevista dall’articolo 6, è corrisposta, in misura pari al 50 per cento di quella prevista dalla legge citata, in favore dei familiari dei soggetti elencati nell’art. 1 della stessa l. 308/1981 e dei militari in servizio permanente e di complemento, delle Forze di polizia, compresi i funzionari di pubblica sicurezza e del personale della polizia femminile deceduti in attività di servizio per diretto effetto di ferite o lesioni causate da eventi violenti riportate nell’adempimento del servizio.

Ai sensi del regio decreto n. 1345/1926, ai militari che prestano servizio di volo nella Aeronautica, anche come allievo presso le scuole di pilotaggio, i quali in seguito ad incidente di volo subito in servizio comandato, siano dichiarati permanentemente inabili al servizio, è concesso, una tantum, in aggiunta alla pensione dovuta a termini delle vigenti disposizioni, un indennizzo privilegiato aeronautico nella misura di cui alla tabella allegata al decreto, aumentata di tanti dodicesimi quanti sono gli anni di servizio militare effettivamente prestati in servizio di volo.

Infine, il terzo periodo del comma 2 dell’articolo 3 del D.L. n. 451/2001 prevede che nei casi di infermità contratta in servizio si applichi l’articolo 4-ter del decreto-legge 29 dicembre 2000, n. 393, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2001, n. 27, come modificato dall’articolo 3-bis del decreto-legge 19 luglio 2001, n. 294, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 agosto 2001, n. 339.

Il D.L n. 393/2000 reca “Proroga della partecipazione militare italiana a missioni internazionali di pace, nonché dei programmi delle Forze di polizia italiane in Albania”. L’articolo 4-ter, come modificato dal decreto legge sopra citato, contiene disposizioni per il personale militare e della Polizia di Stato che abbia contratto infermità in servizio.

In particolare, l’articolo appena citato prevede che il personale militare in ferma volontaria che abbia prestato servizio in missioni internazionali di pace e contragga infermità idonee a divenire, anche in un momento successivo, causa di inabilità possa, a domanda, essere trattenuto alle armi con ulteriori rafferme annuali, da trascorrere interamente in licenza straordinaria di convalescenza o in ricovero in luogo di cura, anche per periodi superiori a quelli previsti dal decreto legislativo 30 dicembre 1997 n. 505 , fino alla definizione della pratica medico-legale riguardante il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio. Il periodo di ricovero in luogo di cura o di assenza dal servizio di tale personale, fino a completa guarigione delle stesse infermità, non è computato nel periodo massimo di aspettativa, a meno che dette infermità comportino inidoneità permanente al servizio. Fino alla definizione dei procedimenti medico-legali riguardanti il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio, al personale in parola è corrisposto il trattamento economico continuativo, ovvero la paga, nella misura intera. Infine l’articolo 4-ter in commento prevede l’applicazione dei benefìci di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998, n. 407, come modificato dall'articolo 2 della legge 17 agosto 1999, n. 288, a favore del coniuge e dei figli superstiti, ovvero, qualora unici superstiti, dei fratelli germani conviventi ed a carico, dei militari delle Forze armate e degli appartenenti alle Forze di polizia, deceduti o divenuti permanentemente inabili al servizio militare incondizionato, ovvero giudicati assolutamente inidonei ai servizi di istituto per lesioni traumatiche o per infermità, riconosciute dipendenti da causa di servizio.

I benefici previsti dall’articolo 1, comma 2, della L. n. 407/1998 a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata e dei loro parenti, riguardano la precedenza rispetto ad ogni altra categoria e, con preferenza a parità di titoli, nel diritto al collocamento obbligatorio di cui alle vigenti disposizioni legislative e la chiamata diretta, anche per coloro che già svolgono un’attività lavorativa, per i profili professionali del personale contrattualizzato del comparto Ministeri fino all'ottavo livello retributivo. Per i livelli retributivi dal sesto all'ottavo, e ferme restando le percentuali di assunzioni previste dalle vigenti disposizioni, sono previste assunzioni, da effettuarsi previo espletamento della prova di idoneità - prevista per i soggetti aventi diritto all’assunzione obbligatoria - di cui all'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, come sostituito dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 18 giugno 1997, n. 246, che non potranno superare l'aliquota del 10 per cento del numero di vacanze nell'organico.

L’articolo 4 del D.L. n. 451/2001 (Personale in stato di prigionia o disperso) prevede che le disposizioni di cui agli articoli 2, comma 1, e 3, comma 1, del decreto medesimo, in materia di indennità di missione e di trattamento assicurativo, si applicano anche al personale militare e della Polizia di Stato in stato di prigionia o disperso, e che il tempo trascorso in stato di prigionia o quale disperso è computato per intero ai fini del trattamento di pensione.

L’articolo 5 del D.L. n. 451/2001 (Disposizioni varie) prevede alcune deroghe alla legislazione vigente a favore del personale impegnato nelle operazioni internazionali indicate dall’articolo 1 del decreto. In particolare, a tale personale non si applica la disposizione dell’articolo 3, lettera b) della legge 21 novembre 1967, n. 1185, in base alla quale i genitori di figli minorenni non possono ottenere il passaporto di servizio, se non vi sia l'autorizzazione del giudice tutelare, o quella dell'altro genitore[29] e le disposizioni in materia di orario di lavoro. Al personale in parola è invece consentito l’utilizzo a titolo gratuito delle utenze telefoniche di servizio, se non risultano disponibili sul posto adeguate utenze telefoniche per uso privato, fatte salve le priorità correlate alle esigenze operative.

L’articolo 7 del D.L. n. 451/2001 (Personale civile) estende al personale civile eventualmente impiegato nelle operazioni militari le disposizioni contenute nel decreto-legge, in quanto compatibili, ad eccezione di quelle in materia penale di cui all’articolo 6.

Infine, il comma 1 dell’articolo 13 (Norme di salvaguardia del personale), a salvaguardia delle aspettative del personale militare che partecipa alle missioni “Enduring Freedom” e ISAF, prevede che tale personale che abbia presentato domanda di partecipazione ai concorsi interni banditi dal Ministero della difesa per il personale in servizio e non possa partecipare alle varie fasi concorsuali in quanto impiegato nell’operazione o impegnato fuori dal territorio nazionale per attività connesse, sia rinviato al primo concorso utile successivo, fermo restando il possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal bando di concorso per il quale ha presentato domanda. Il comma 2 dispone che al personale di cui al comma precedente, qualora vincitore del concorso e previo superamento del relativo corso ove previsto, siano attribuite, ai soli fini giuridici[30], la stessa anzianità assoluta dei vincitori del concorso per il quale ha presentato domanda e l’anzianità relativa determinata dal posto che avrebbe occupato nella relativa graduatoria.

 

Nell'ottica di agevolare le prime operazioni di soccorso medico nell'ambito delle missioni internazionali o in situazioni di esposizione a pericolo, il comma 2 dell'articolo 3 del provvedimento in esame consente di inserire nella tessera magnetica di riconoscimento del personale militare i relativi dati sanitari di emergenza (stato vaccinale, terapie in atto, allergie, intolleranze, impianti, trasfusioni, eventuale consenso del militare alla donazione degli organi). La registrazione di tali informazioni sensibili all'interno della citata tessera è condizionata alla prestazione del consenso da parte dell'interessato al trattamento dei dati personali. La previsione, inizialmente inserita nel testo del decreto legge che a tal fine venisse sentito il Garante per la protezione dei dati personali è stata soppressa al Senato; sempre il Senato ha comunque previsto che il Garante venga sentito ai fini dell’adozione del decreto del Ministero della Difesa di cui al secondo periodo del comma introdotto presso quel ramo del Parlamento (vedi infra). La norma in commento appare finalizzata all'innalzamento della soglia di salvaguardia della salute del personale impiegato nelle missioni oggetto del presente decreto.

Il secondo periodo dello stesso comma, introdotto durante l’esame del Senato, prevede che, con decreto del Ministero della difesa, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, siano individuate le modalità di accesso selettivo ai dati, nonché le specifiche misure finalizzate a garantirne la sicurezza.

 

Le tessere di riconoscimento del personale militare sono rilasciate in formato elettronico ai sensi del D.Lgs. n. 82 del 7 marzo 2005, recante il codice dell'amministrazione digitale. In particolare, l'articolo 66 (Carta d'identità elettronica e carta nazionale dei servizi) prevede, al comma 8, che le tessere di riconoscimento rilasciate dalle amministrazioni dello Stato ai sensi del D.P.R. 28 luglio 1967, n. 851, recante 'Norme in materia di tessere di riconoscimento rilasciate dalle Amministrazioni dello Stato', possano essere realizzate anche con modalità elettroniche e contenere le funzionalità della carta nazionale dei servizi per consentire l'accesso per via telematica ai servizi erogati in rete dalle pubbliche amministrazioni.

 

Il successivo comma 3 novella l'articolo 2, comma 78, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008). La norma citata introduce un'autorizzazione di spesa per il riconoscimento della causa di servizio al personale militare e civile che abbia contratto infermità permanenti o patologie tumorali connesse all'esposizione all'uranio impoverito e ad altri materiali bellici, prevedendo che i beneficiari dei relativi indennizzi in caso di decesso dei soggetti colpiti, siano il coniuge, il convivente, i figli superstiti, nonché i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti. La modifica recata dal decreto in esame estende la platea dei beneficiari degli indennizzi, ricomprendendo tra gli aventi titolo anche i genitori delle vittime.

 

L'articolo 2, comma 78, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 così recita: '”l fine di pervenire al riconoscimento della causa di servizio e di adeguati indennizzi al personale italiano impiegato nelle missioni militari all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonché al personale civile italiano nei teatri di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale, che abbiano contratto infermità o patologie tumorali connesse all’esposizione e all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e alla dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico, ovvero al coniuge, al convivente, ai figli superstiti nonché ai fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti in caso di decesso a seguito di tali patologie, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2008-2010”'.

In attuazione di quanto disposto da tale comma è stato emanato il D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37, recante regolamento per la disciplina dei termini e delle modalità di riconoscimento di particolari infermità da cause di servizio per il personale impiegato nelle missioni militari all'estero, nei conflitti e nelle basi militari nazionali, a norma dell'articolo 2, commi 78 e 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 244. L'articolo 2 del Regolamento, nello stabilire i principi generali e l'ambito di applicazione del provvedimento, dispone che ai soggetti che abbiano contratto menomazioni all'integrità psicofisica permanentemente invalidanti o a cui è conseguito il decesso, delle quali l'esposizione e l'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e la dispersione nell'ambiente di nano-particelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico abbiano costituito la causa ovvero la concausa efficiente e determinante, è corrisposta l'elargizione di cui all'articolo 5, commi 1 e 5 della legge 3 agosto 2004, n. 206, recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. Tale elargizione è corrisposta nella misura massima di 200.000 euro in proporzione alla percentuale di invalidità riportata, in ragione di 2.000 euro per ogni punto percentuale.

Il medesimo articolo 2 del citato Regolamento specifica i soggetti beneficiari dell'elargizione, che sono i seguenti:

a) il personale militare e civile italiano impiegato nelle missioni militari all'estero;

b) il personale militare e civile italiano impiegato nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti;

c) il personale militare e civile italiano impiegato nei teatri di conflitto e nelle aree di cui alle lettere a) e b);

d) i cittadini italiani operanti nei settori della cooperazione ovvero impiegati da organizzazioni non governative nell'ambito di programmi aventi luogo nei teatri di conflitto e nelle aree di cui alle lettere a) e b);

e) i cittadini italiani residenti nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e nelle aree di cui alla lettera b). Per zone adiacenti si intendono quelle rientranti nella fascia di territorio della larghezza di 1,5 km, circostante al perimetro delle basi militari o delle aree di cui alla lettera b);

f) il coniuge, il convivente e i figli superstiti dei soggetti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti, in caso di decesso a seguito delle patologie di cui all'articolo 2, comma 78, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

 

Il comma 3-bis dell’articolo 3, introdotto dal Senato, prevede che sia attribuito il diritto, a domanda, di permanere o essere richiamato in servizio, fino ai limiti di età previsti per i gradi e i ruoli del servizio permanente, al personale militare iscritto nel ruolo d'onore, non solo se decorato al valor militare o al valor civile o con la croce d'onore di cui alla legge 10 ottobre 2005, n. 207, come già previsto in base alla legge n. 79 del 1989, ma anche se comunque iscritto in seguito ad eventi traumatici verificatisi in servizio e per causa di servizio, anche in Patria, che ne hanno determinato l'invalidità permanente pari o superiore all'ottanta per cento della capacità lavorativa. Il medesimo comma specifica che dalla sua applicazione non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

La legge 10 ottobre 2005, n. 207, ha istituito la Croce d'onore per il personale militare e civile delle amministrazioni dello Stato, e per il personale funzionalmente dipendente dal Ministero della difesa, compreso il personale della Croce Rossa italiana, che sia deceduto o abbia subìto una invalidità permanente, pari o superiore all'80 per cento della capacità lavorativa, per effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza di atti di terrorismo o di atti comunque ostili commessi in suo danno all'estero, durante lo svolgimento di operazioni militari e civili autorizzate dal Parlamento, tranne che nell'ipotesi di stato di guerra.

 

 

Il comma 4 dell’articolo in esame intende assicurare che le risorse finanziarie destinate agli indennizzi di cui al precedente comma non impegnate entro il 31 dicembre 2009, siano mantenute in bilancio nel conto dei residui al fine di consentirne l'utilizzo nell'esercizio finanziario 2010.

 

La disposizione in commento si rende necessaria per evitare la perdita dei fondi stanziati per la corresponsione degli indennizzi. La tempistica stabilita dal regolamento di attuazione della legge che introduce la relativa autorizzazione di spesa (il sopra citato D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37), infatti, prevede che le domande degli aspiranti beneficiari possano essere inoltrate sino al mese di novembre 2009, con la conseguenza che le istruttorie per la definizione delle singole posizioni dei richiedenti potranno essere concluse solo nel corso del 2010, ovvero dopo la scadenza del termine utile ad impegnare le somme all'uopo iscritte in bilancio entro il corrente esercizio finanziario.

 

Il comma 5 dell’articolo 3 del decreto-legge in commento, esplicita l'interpretazione da attribuire all'articolo 1, comma 2, della legge 3 agosto 2004, n. 206, recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice.

 

L'articolo 1, comma 1, della legge 3 agosto 2004, n. 206 specifica che le disposizioni ivi contenute si applicano a tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti. Ai fini della legge, sono ricomprese fra gli atti di terrorismo le azioni criminose compiute sul territorio nazionale in via ripetitiva, rivolte a soggetti indeterminati e poste in essere in luoghi pubblici o aperti al pubblico. Il successivo comma 2 prevede che, per quanto non espressamente previsto dalla legge, si applichino le disposizioni contenute nella L. 20 ottobre 1990, n. 302 ('Norme a favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata'), nella L. 23 novembre 1998, n. 407, e successive modificazioni ('Nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata'), nonché l'articolo 82 della legge 23 dicembre 200, n. 388 ('Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2001'), ad eccezione del comma 6.

 

In particolare, il comma in esame intende chiarire che la concessione delle pensioni di reversibilità o indirette ai genitori superstiti delle vittime del terrorismo, come per gli altri familiari delle vittime, dipende in modo esclusivo dalla sussistenza del rapporto di parentela o coniugio con le vittime.

Per l'individuazione dei familiari superstiti destinatari dei benefici di cui alla legge n. 206 del 2004, l'articolo 1, comma 1, della medesima legge rinvia all'articolo 82 della legge 23 dicembre 200, n. 388, 'Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2001'. Il citato articolo 82 ('Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata'), al comma 4 prevede che i benefici ivi considerati e definiti quale 'speciale elargizione' spettino nell'ordine, ai seguenti familiari delle vittime in quanto unici superstiti: orfani, fratelli o sorelle o infine ascendenti in linea retta, anche se non conviventi e non a carico. Ancorché tale norma abbia ad oggetto l'ordine in base al quale si provvede all'erogazione della speciale elargizione prevista dalla legge 13 agosto 1980, n. 466 ('Speciali elargizioni a favore di categorie di dipendenti pubblici e di cittadini vittime del dovere o di azioni terroristiche'), la stessa è apparsa idonea ad identificare i soggetti ritenuti meritevoli dell'intervento di sostegno e di assistenza da parte dello Stato, come chiarito dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 luglio 2007[31]. Ciò, peraltro, solo laddove le norme della L. n. 206 del 2004 non dispongano diversamente, individuando puntualmente gli aventi diritto, in concorso con la vittima, ovvero nella qualità di superstiti.

 

Il comma 6 dell’articolo in esame, estende al personale del Corpo della guardia di finanza impiegato nelle missioni internazionali delle forze armate e di polizia, l'applicabilità delle disposizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge 28 dicembre 2001, n. 451[32], concernenti la partecipazione del personale delle forze armate impiegato nelle missioni internazionali ai concorsi interni banditi dal Ministero della difesa.

 

Il richiamato articolo 13 (Norme di salvaguardia del personale) del sopracitato D.L. n. 451 del 2001 prevede che il personale militare che abbia presentato domanda di partecipazione ai concorsi interni banditi dal Ministero della difesa ma che sia impossibilitato a partecipare alle varie fasi concorsuali in quanto impiegato nell'operazione multinazionale Enduring Freedom e al connesso intervento internazionale ISAF (International Security Assistance Force), ovvero sia impegnato fuori dal territorio nazionale per attività connesse alla predetta operazione, è rinviato d'ufficio al primo concorso utile successivo, fermo restando il possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal bando di concorso per il quale ha presentato domanda. La norma prevede, altresì, che al suddetto personale, qualora vincitore del concorso e previo superamento del relativo corso ove previsto, sono attribuite, ai soli fini giuridici, la stessa anzianità assoluta dei vincitori del concorso per il quale ha presentato domanda e l'anzianità relativa determinata dal posto che avrebbe occupato nella relativa graduatoria.

 

Il comma 7 proroga sino al 30 luglio 2011 il mandato dei membri in carica del Consiglio centrale interforze della rappresentanza militare, dei consigli centrali, intermedi e di base della rappresentanza militare dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, eletti nelle categorie del personale militare in servizio permanente e volontario.

 

La proroga dell'attuale mandato, che scadrà nel corso del 2010, intende assicurare, in base alla relazione illustrativa, continuità nella collaborazione tra gli organi di rappresentanza del personale militare e le Amministrazioni nella fase, in atto, di riassetto dello strumento militare e dei ruoli del personale.

In particolare, nella relazione illustrativa al provvedimento in esame, si legge che l'urgenza dell'intervento normativo è motivata dalla circostanza che il procedimento elettorale per il rinnovo dei suddetti organi deve essere avviato con mesi di anticipo rispetto alla data di scadenza del mandato in corso, che l'elezione riguarda tre distinti livelli di rappresentanza (consigli di base, intermedi e centrali) eletti attraverso gradi successivi di votazione e che è necessario consentire ai militari eleggibili di svolgere la relativa attività di propaganda elettorale.

 

Le norme in materia di rappresentanza militare sono dettate dal D.P.R. 4 novembre 1979, n. 691, recante il Regolamento per l'attuazione degli articoli 18 e 19 della legge 11 luglio 1978, n. 382 ('Norme di principio sulla disciplina militare'). Scopo di tale sistema di rappresentanza è, ai sensi dell'articolo 1 del Regolamento, quello di favorire, nell'ambito interforze e all'interno di ciascuna forza armata e corpo armato, lo spirito di partecipazione e collaborazione, nonché di contribuire a mantenere elevate le condizioni morali e materiali del personale militare nel superiore interesse dell'Istituzione. Esso è un istituto dell'ordinamento militare ed è articolato in organi collegiali a carattere elettivo, collocati presso appropriati comandi. Il sistema di rappresentanza per il personale militare dell'Esercito, della Marina, dell'Aeronautica, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza si articola nei seguenti organi: il «consiglio centrale di rappresentanza» (Cocer); i «consigli intermedi di rappresentanza» (Coir) e i «consigli di base di rappresentanza» (Cobar).

 

Il comma 7-bis, introdotto dal Senato, modifica l'articolo 9, comma 8, della legge 3 agosto 2007, n. 124[33] in materia di rilascio del nulla osta di sicurezza (NOS)

 

L’articolo 9 della legge n. 124/2007 reca disposizioni in materia di tutela amministrativa del segreto e di nulla osta di sicurezza.

Il nulla osta di sicurezza consiste in una speciale abilitazione che autorizza il ministero, l’ente o l’impresa richiedente ad avvalersi di una persona in attività che comportano la trattazione di informazioni classificate. Competente al rilascio del NOS è l’Ufficio centrale per la segretezza (UCSe) istituito nell’ambito del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza. L’UCSe procede all’accertamento dell’idoneità di ciascun soggetto all’attribuzione del NOS.

Il comma 8 del citato articolo 9 prevede che i soggetti muniti di nulla osta di sicurezza (NOS) debbano essere informati della necessità dell’accertamento nei loro confronti e possano rifiutarlo, rinunciando al NOS e all’esercizio delle funzioni per le quali esso è richiesto.

 

L’accertamento è diretto ad escludere dalla conoscibilità di notizie, documenti, atti o cose classificate ogni soggetto che non dia sicuro affidamento di scrupolosa fedeltà alle istituzioni della Repubblica, alla Costituzione e ai suoi valori, nonché di rigoroso rispetto del segreto.

 

La modifica introdotta dal comma in esame esclude la possibilità di rifiuto del NOS per il personale per il quale il rilascio costituisce condizione necessaria per l'espletamento del servizio istituzionale nel territorio nazionale e all'estero.

 

Il comma 7-ter, introdotto dal Senato, dispone la ripartizione agli stati di previsione della spesa dei Ministeri interessati delle risorse di cui agli articoli 1, comma 562, della leggen. 266/2005 e 34, comma 1, del D.L. n. 159/2007, con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze di concerto con i Ministri della difesa, dell'interno e della giustizia e destinate.

 

I commi 562-565 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) disciplinano l’estensione dei benefici già previsti in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo, anche alle vittime del dovere, comprendendo in questa definizione tutti i dipendenti pubblici. A tal fine, il comma 562 reca l’autorizzazione alla spesa annua della cifra massima di 10 milioni di euro, a partire dal 2006, al fine appunto della “progressiva” estensione dei benefici di cui sopra a tutte le vittime del dovere, secondo alcune condizioni indicate nei commi seguenti.

 

Il comma 1 dell’articolo 34 del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, legge 29 novembre 2007, n. 222  ha esteso alle vittime del dovere ed ai familiari superstiti, nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai familiari superstiti, le elargizioni che l’art. 5, co. 1 e 5, della L. 206/2004[34] prevede a favore delle vittime del terrorismo.

 

Il comma 7-quater dell’articolo in esame, introdotto dal Senato, modifica il comma 11 dell'articolo 4, del D.L. n. 209/2008, rendendo permanente la deroga rispetto alla disciplina introdotta con l’articolo 1, comma 213, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), inizialmente prevista per il solo anno 2009, deroga che consente la corresponsione dell’indennità di trasferta, altrimenti in via generale soppressa, per il personale civile del Ministero della difesa comandato in missione fuori dell'ordinaria sede di servizio per esigenze di servizio di massima connesse con l'impiego delle Forze armate nelle missioni internazionali.

 

Si segnala che sarebbe stato forse opportuno, al fine di fugare dubbi interpretativi, formulare la disposizione facendo ricorso all’espressione “a decorrere dall’anno 2009” anziché “a decorrere dall’anno 2010”.

 

Lo stesso comma reca la copertura finanziaria dell’onere, pari a 100.000 euro, a cui si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell'ambito del programma “Fondi di riserva e speciali” della missione “Fondi da ripartire” nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2010, utilizzando parzialmente, per il 2010 e per il 2011, l'accantonamento relativo al Ministero dello sviluppo economico e, per il 2012, l'accantonamento relativo al Ministero dell'interno.

 

Il comma 11 dell’articolo 4 del D.L. n. 209/2008[35], reca infatti una deroga all'articolo 1, comma 213, della citata legge n. 266/2005, che prevede la soppressione dell'indennità di trasferta per i dipendenti pubblici. Nello specifico il comma 11 dispone che per l'anno 2009, al personale civile del Ministero della difesa comandato in missione fuori dell'ordinaria sede di servizio non si applichi l'articolo 1, comma 213, della legge n. 266, e, conseguentemente, ad esso venga corrisposta l'indennità di trasferta. Questo al fine di evitare disparità di trattamento per il personale civile che viene inviato in missione sul territorio nazionale per esigenze di servizio di massima connesse con l'impiego delle Forze armate nelle missioni internazionali unitamente al personale militare, al quale tale indennità viene invece corrisposta in virtù della previsione del comma 213-bis del medesimo articolo 1 della legge 266.

 


Art. 4
(Disposizioni in materia penale)
[36]

 

Il comma 1 dell’articolo 4 stabilisce che alle missioni internazionali di cui al decreto-legge in esame si applichino le disposizioni di cui all'articolo 5 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 209, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12.

 

L’articolo 5 del citato decreto-legge prevede l’applicabilità al personale militare impegnato nelle missioni internazionali, sia della disciplina del codice penale militare di pace che di quella di cui all’articolo 9, commi 3, 4 (lettere a, b, c, d), 5 e 6) del D.L. n. 451 del 2001, Disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale denominata «Enduring Freedom»., convertito, con modificazioni, dalla legge n. 6 del  2002 (comma 1 ).

 

 

L’articolo 5, comma 2, stabilisce che i reati commessi dallo straniero nei territori in cui si svolgono le missioni e gli interventi militari, in danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti alle stesse missioni, siano puniti sempre a richiesta del Ministro della giustizia, sentito il Ministro della difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze armate. Per i reati commessi dagli stranieri – come per quelli comuni commessi dai cittadini italiani durante le missioni - il comma 3 stabilisce la competenza territoriale del Tribunale di Roma, al fine di evitare conflitti di competenza e consentire unitarietà di indirizzo nella qualificazione delle fattispecie, nonché un più diretto e efficace collegamento tra l'autorità giudiziaria ordinaria e quella militare.

Il comma 4 dell’art. 5attribuisce al Tribunale(ordinario) di Roma anche la competenza territoriale sui reati di pirateria previsti dagli articoli 1135 e 1136 del Codice della navigazione e per quelli ad essi connessi (ai sensi dell’art. 12 c.p.p.) ove siano commessi in alto mare o in acque territoriali straniere, accertati nelle aree in cui si svolge l'operazione militare in Somalia denominata “Atalanta”. Si tratta della missione dell'Unione europea finalizzata alla prevenzione e alla repressione degli atti di pirateria e delle rapine a mano armata al largo della Somalia, di cui all'azione comune 2008/851/PESC del Consiglio dell'Unione europea.

L’art. 5, comma 5, prevede che nei casi di arresto in flagranza o fermo, ovvero di interrogatorio di persona sottoposta alla misura coercitiva della custodia cautelare in carcere per i reati i citati reati di pirateria, qualora esigenze operative non consentano di porre tempestivamente l'arrestato o il fermato a disposizione dell'autorità giudiziaria, si applica l’articolo 9, comma 5, del D.L. 421/2001.

L’art. 5, comma 6, consente infine all’autorità giudiziaria italiana, a seguito del sequestro, di disporre l’affidamento in custodia all’armatore, all’esercente o al proprietario della nave o dell’aeromobile catturati con atti di pirateria.

Infine, il recente D.L. 15 giugno 2009, n. 61, recante disposizioni urgenti in materia di contrasto alla pirateria, convertito dalla legge 22 luglio 2009, n. 100, ha introdotto i commi 6-bis e 6-ter.

Il nuovo comma 6-bis prevede che:

Ø     fuori dell’ipotesi di giurisdizione italiana di cui al nuovo comma 4, ai fini della individuazione della giurisdizione, siano applicate le norme contenute negli accordi internazionali di cui è parte l’Italia; così come formulata, la disposizione sembra avere portata generale, non limitata quindi alla missione Atalanta;

Ø     siano autorizzati l’arresto, il fermo, il trasferimento dei “pirati” (o dei sospettati di pirateria), il sequestro delle loro navi o delle navi catturate, il sequestro dei beni rinvenuti a bordo (misure previste dall’articolo 2, lett. e) dell’azione comune 2008/851/PESC) nonché la detenzione a bordo della nave militare di tali persone “per il tempo strettamente necessario al trasferimento” nel Paese titolare della giurisdizione. La disposizione precisa che le stesse misure sono adottabili in quanto previste da accordi internazionali sulla pirateria di cui è parte il nostro Paese.

Il comma 6-ter reca, infine, una disposizione transitoria secondo cui:

Ø     le nuove norme sono applicabili immediatamente agli eventuali procedimenti pendenti;

Ø     per le comunicazioni relative ai procedimenti in corso relativi ad operazioni antipirateria possono essere utilizzati strumenti telematici.

 

 

Nel corso dell’esame del provvedimento il Senato ha aggiunto sette ulteriori commi all’articolo 4.

 

I commi da 1-bis a 1-quinquies disciplinano l’ipotesi in cui il pubblico ministero debba far svolgere accertamenti tecnici su mezzi militari impiegati nelle missioni all’estero. In particolare:

§         il comma 1-bis prevede che in tal caso gli accertamenti siano qualificati come urgenti e il sequestro del mezzo non possa durare più di 10 giorni, prorogabili di ulteriori 10 con decreto motivato del PM;

§         il comma 1-ter precisa che laddove i suddetti accertamenti debbano essere svolti con l’ausilio di un consulente (cfr. art. 359 c.p.p.), il PM debba richiedere al consulente lo svolgimento delle attività che richiedono il sequestro del mezzo entro 15 giorni – prorogabili di ulteriori 15 con decreto motivato del PM. Al termine delle operazioni il PM disporrà il dissequestro del mezzo militare;

§         il comma 1-quater disciplina l’ipotesi in cui la persona sottoposta alle indagini ha richiesto che all’accertamento – che riguarda cose il cui stato è soggetto a modificazione (c.d. accertamento tecnico non ripetibile) – si proceda in sede di incidente probatorio.

 

Si ricorda che l’incidente probatorio consiste in un’attività di formazione della prova nel processo penale antecedente la fase del dibattimento (art. 392 c.p.p.). Se, infatti, la regola generale vuole che nel processo la prova debba essere formata durante il dibattimento davanti al giudice che ha il compito di decidere la causa, talvolta può accadere che le parti (pubblico ministero e imputato) temano che alcune prove possano essere pregiudicate dal decorso del tempo. In questo caso è possibile sollevare un incidente probatorio e far esaminare la prova al giudice. Una delle ipotesi per le quali il legislatore consente l’utilizzo dell’incidente probatorio è appunto per svolgere perizie su cose, luoghi o persone che sono soggetti a modificazione inevitabile.

 

In tal caso, il provvedimento dispone che nella formazione dei ruoli d’udienza, all’udienza di assunzione della prova debba essere accordata priorità assoluta, ai sensi dell’art. 132-bis delle norme di attuazione del codice di procedura penale.

 

Si sottolinea come, in realtà, l’art. 132-bis, comma 1, delle disposizioni di attuazione riconosca priorità assoluta non alle singole udienze bensì alla trattazione di alcuni procedimenti penali; tali procedimenti sono individuati in relazione al tipo di delitto per cui si procede (lettere a) e b)) o al fatto che vi sono imputati detenuti, in stato di custodia cautelare o sottoposti ad arresto o fermo (lett. c) e d)), oltre che nei processi nei quali è contestata la recidiva (lett. e) e nei processi da celebrare con giudizio direttissimo e con giudizio immediato (lett. f). In base al comma 2 della medesima disposizione, i dirigenti degli uffici giudicanti adottano i provvedimenti organizzativi necessari per assicurare la rapida definizione dei processi per i quali è prevista la trattazione prioritaria.

 

§         Infine, il comma 1-quinquies dispone che gli atti relativi al sequestro dei mezzi militari sottoposti ad accertamenti tecnici siano trasmessi con modalità telematica.

 

 

I commi 1-sexies e 1-septies disciplinano le conseguenze penali della condotta del militare in missione all’estero, in relazione alle ipotesi di uso delle armi, della forza o di altro mezzo di coazione fisica.

In particolare, il comma 1-sexies prevede che non sia punibile il militare che - per necessità delle operazioni militari - fa uso della forza o ordina di far uso della forza, purché ciò avvenga in conformità:

-          alle direttive;

-          alle regole di ingaggio;

-          agli ordini legittimamente impartiti.

In tali casi, la disposizione prevede una scriminante, ovvero una circostanza che esclude l'esistenza del reato e quindi la punibilità.

 

Le cause di giustificazione sono valutate a favore dell'agente anche se questi non le conosce (art. 59, comma 1, c.p.): perciò colui che credendo di commettere un reato, in realtà obbedisce senza saperlo a un ordine legalmente dato dall'autorità, andrà esente da pena.

Si ricorda peraltro che l’uso legittimo delle armi è una condizione di non punibilità anche per il codice penale militare di pace che, all’articolo 41, stabilisce che «Non è punibile il militare, che, a fine di adempiere un suo dovere di servizio, fa uso, ovvero ordina di far uso delle armi o di altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza. La legge determina gli altri casi, nei quali il militare è autorizzato a usare le armi o altro mezzo di coazione fisica».

 

Il comma 1-septies disciplina invece l’ipotesi in cui il militare fa uso della forza o ordina di far uso della forza eccedendo colposamente i limiti stabiliti:

-          dalla legge;

-          dalle direttive;

-          dalle regole di ingaggio;

-          dagli ordini legittimamente impartiti.

 

In tal caso, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi se il fatto è previsto dalla legge come delitto colposo.

 

La disposizione richiama sostanzialmente l’art. 45 del codice penale militare di pace (rubricato Eccesso colposo), che già stabilisce che «quando, nel commettere i fatti previsti dagli articoli 41 (uso legittimo delle armi), 42 (difesa legittima) e 44 (casi particolari di necessità militare) si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine del superiore o di altra autorità, ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i reati colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come reato colposo»[37].

 

Si ricorda, inoltre, che in base all’art. 42 del codice penale nessuno può essere punito per un fatto previsto dalla legge come delitto, se non l’ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente previsti dalla legge. L’art. 43 del codice penale qualifica il delitto come colposo - o contro l’intenzione – quando «l’evento, anche se preveduto, non è voluto dall’agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline».

 

 

Infine, il comma 1-octies interviene sull’articolo 260 del codice penale militare di pace, in tema di procedimento per l’incriminazione dei militari.

 

L’articolo 260 c.p.m.p. disciplina l’avvio del procedimento penale a carico del militare, prevedendo per alcune fattispecie elencate che lo stesso non abbia inizio in assenza della richiesta del ministro da cui dipende il militare (comma 1); per i reati militari puniti con la reclusione nel massimo non superiore a 6 mesi, la valutazione circa l’apertura del procedimento è rimessa invece al comandante del corpo (comma 2). In tutte le diverse ipotesi, sarà il procuratore militare ad avviare il procedimento.

 

Il disegno di legge aggiunge al catalogo dei reati militari per i quali è necessaria la richiesta del Ministro le seguenti ulteriori fattispecie:

-          Movimento arbitrario di forze militari (art. 115). Ricorre quando il comandante, senza speciale incarico o autorizzazione, ovvero senza necessità, ordina un movimento di forze militari; è punita con la reclusione militare da 1 a 7 anni;

-          Colposa intempestiva od omessa apertura di piego chiuso (art. 116, secondo comma). Ricorre quando il comandante di una spedizione militare, avendo un piego da aprirsi in tempo o luogo determinato, colposamente lo apre in tempo o in luogo diverso, ovvero non lo apre; è punita, se dal fatto è derivato pregiudizio al buon esito della spedizione, con la reclusione militare fino a tre anni;

-          Omessa esecuzione di un incarico, dovuta a negligenza (art. 117, terzo comma). Ricorre quando il comandante di una forza militare, senza giustificato motivo e per negligenza, non esegue l’incarico affidatogli; è punita con la reclusione militare fino ad un anno;

-          Colposa distruzione o sabotaggio di opere militari (art. 167, terzo comma). Ricorre quando il militare colposamente distrugge o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite al servizio delle forze armate dello Stato; è punita con la reclusione militare fino a 5 anni.

 

 

 


Art. 5
(Disposizioni in materia contabile)

 

Il comma 1 autorizza gli Stati maggiori di Forza armata e i Comandi dei carabinieri e della Guardia di finanza, nonché il Segretariato generale della difesa e per esso le Direzioni generali competenti, in presenza di situazioni di necessità e urgenza connesse con le missioni internazionali, a derogare alle disposizioni di contabilità generale dello Stato, per l'attivazione delle procedure d'urgenza per l'acquisizione di forniture e servizi, in caso di impossibilità di provvedere attraverso contratti accentrati già eseguibili; i medesimi soggetti sono, altresì, autorizzati ad acquisire in economia lavori, servizi e forniture, relative ai mezzi da combattimento e da trasporto, all'esecuzione di opere infrastrutturali o all’acquisizione di specifici apparati (di comunicazione, per la difesa nucleare, biologica e chimica, ecc.), entro il limite complessivo di 50 milioni di euro annui, a valere sulle risorse finanziarie stanziate per le missioni internazionali.

 

Il comma 2 dispone la deroga a quanto disposto dall’articolo 3, comma 82, della legge n. 244/2007, per i compensi per lavoro straordinario reso nell'ambito di attività propedeutiche all'impiego del personale nelle missioni internazionali.

 

L'articolo 3, comma 82, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008) prevede che, a decorrere dal 2008, le amministrazioni statali (comprese quelle ad ordinamento autonomo e la Presidenza del Consiglio), debbano contenere la spesa per prestazioni di lavoro straordinario entro il limite del 90% delle risorse finanziarie a tal fine assegnate per l’anno finanziario 2007.

 

Il comma 3, come modificato dal Senato, stabilisce che le somme iscritte in bilancio in applicazione del presente decreto, nell'ambito del programma "Missioni militari di pace", missione "Difesa e sicurezza del territorio", nonché quelle di cui al successivo articolo 6, comma 1, che non siano state impegnate al 31 dicembre 2009, possano esserlo nell'anno finanziario 2010.

 

Il comma 4 stabilisce che i mezzi e i materiali usati nell'ambito di missioni dal Corpo della guardia di finanza, possano essere ceduti, a titolo gratuito, a Forze armate o di polizia estere, ad autorità locali, a organizzazioni internazionali non governative o a organismi di volontariato o di protezione civile, prioritariamente italini, qualora i costi per il trasporto ne sconsiglino il rimpatrio. La cessione è decisa con disposizione del Comando generale della guardia di finanza. Sono esclusi dalla presente norma gli armamenti di cui alla legge 9 luglio 1990, n. 185, recante "Nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento".

 

L'articolo 2 della legge n. 185 del 1990 definisce materiali di armamento quei materiali che, per requisiti o caratteristiche, tecnico-costruttive e di progettazione, sono tali da considerarsi costruiti per un prevalente uso militare o di corpi armati o di polizia. Essi sono classificati nelle seguenti categorie:

a) armi nucleari, biologiche e chimiche;

b) armi da fuoco automatiche e relativo munizionamento;

c) armi ed armamento di medio e grosso calibro e relativo munizionamento come specificato nell'elenco di cui al comma 3;

d) bombe, torpedini, mine, razzi, missili e siluri;

e) carri e veicoli appositamente costruiti per uso militare;

f) navi e relativi equipaggiamenti appositamente costruiti per uso militare;

g) aeromobili ed elicotteri e relativi equipaggiamenti appositamente costruiti per uso militare; 

h) polveri, esplosivi, propellenti, ad eccezione di quelli destinati alle armi di cui al comma 11 dell'articolo 1; 

i) sistemi o apparati elettronici, elettro-ottici e fotografici appositamente costruiti per uso militare; 

l) materiali speciali blindati appositamente costruiti per uso militare; 

m) materiali specifici per l'addestramento militare;

n) macchine, apparecchiature ed attrezzature costruite per la fabbricazione, il collaudo ed il controllo delle armi e delle munizioni; 

o) equipaggiamenti speciali appositamente costruiti per uso militare.

 

Con D.M. 23 settembre 1991 (G.U. 9 ottobre 1991, n. 237) è stato approvato l'elenco dei materiali d'armamento da comprendere nelle categorie previste dal suddetto art. 2. Nuovi elenchi sono stati approvati successivamente con D.M. 28 ottobre 1993 (G.U. 24 novembre 1993, n. 276, S.O.), con D.M. 1° settembre 1995 (G.U. 21 settembre 1995, n. 221, S.O.) e con D.M. 13 giugno 2003 (G.U. 25 luglio 2003, n. 171, S.O.).

 


Art. 6
(Copertura finanziaria)

 

L'articolo 6 al comma 1 reca la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione del decreto legge in esame, pari complessivamente a 187.307.483 euro per l’anno 2009 (ultimo bimestre).

 

Alla copertura dei suddetti oneri si provvede: quanto a 181.864.478 euro mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al fondo missioni recata dall’articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007); quanto a 5.443.005 euro mediante corrispondente riduzione delle autorizzazioni di spesa relative alla partecipazione di personale militare alla missione UNAMID in Darfur di cui all'art. 3, comma 8 del DL di proroga missioni n. 209/2008, convertito con modificazioni dalla L. n. 12/2009, e all'art. 2, comma 8 della legge n. 108 del 2009 di proroga delle missioni internazionali.

 

Quanto all'autorizzazione di spesa per la partecipazione alla missione UNAMID, dalla relazione illustrativa al decreto legge in esame si apprende che la riduzione è resa possibile dal fatto che il trasporto aereo di personale ed equipaggiamenti per il rischiaramento dei contingenti militari stranieri non potrà essere effettuato entro l'anno 2009 per motivi tecnici legati alla concessione dei visti di ingresso necessari per l'invio del personale in zona operazioni. 

In particolare la somma pari ad euro 5.443.005 verrebbe coperta a valere su alcuni capitoli di spesa del Ministero della Difesa, e segnatamente:

• cap. 1282 (spese manutenzione e approvvigionamenti) € 118.000;

• cap. 4461 (stipendi, paghe ed altri assegni fissi al personale militare al metto IRAP e oneri sociali a carico dell'amministratore) art. 1: € 353.945; art.2: € 96.268; art. 3: € 47.040;

• cap. 4472 (oneri sociali a carico dell'Amministrazione sulle retribuzioni corrisposte ai dipendenti): € 158.764;

• cap. 4536 (manutenzione, acquisto e conservazione mezzi): art.1: € 810.988; art.4: € 3.658.000;

• cap. 4537, art. 1: € 200.000 (acquisto ed approvvigionamento viveri per esigenze di vita e di addestramento di enti, reparti, unità e del corpo infermiere volontarie ausiliarie delle tre Forze armate; spese per assegni vitto e per buoni pasto; spese per la preparazione del vitto): € 200.000.

 

Quanto, invece all'autorizzazione relativa al fondo missioni internazionali, si rammenta che l’articolo 1, comma 1240, della legge finanziaria per il 2007 ha autorizzato, per gli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa annua di un miliardo di euro per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace e ha istituito, a tale scopo, un apposito fondo nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze. 

 

Tuttavia, è stato rilevato dal Direttore del Servizio studi della Ragioneria centrale dello Stato intervenuto in data 13 ottobre 2009 innanzi alle Commissioni riunite III e IV della Camera, nell'ambito dell'indagine conoscitiva relativa all'esame, in sede referente, delle proposte di legge A.C. 1213 (Cirielli), A.C. 1820 (Garofani) e A.C. 2605 (Di Stanislao), recanti "Disposizioni per la partecipazione italiana a missioni internazionali", che "per il momento il fondo delle missioni di pace presenta stanziamenti fino a tutto l'anno in corso, mentre per il prossimo anno al momento non è previsto alcun importo".

 

Infatti nel disegno di legge finanziaria per il 2010 (C. 2936), che prevede risorse per il triennio, tale fondo non è stato rifinanziato. Tuttavia a seguito dell’approvazione dell’emendamento 2.1877 del relatore, il disegno di legge finanziaria per il 2010 licenziato dalla Commissione bilancio della Camera e ora all’esame dell’Assemblea (C. 2936-A) ha incrementato l’accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero della difesa di 750 milioni di euro per l’anno 2010, finalizzati al finanziamento della prosecuzione delle missioni di pace all’estero.

 

Al riguardo, si ricorda che il finanziamento delle missioni militari internazionali di pace veniva operato, fino al 2003, facendo ricorso al Fondo di riserva per le spese impreviste.

L’articolo 3, comma 8, della legge n. 350/2003 (finanziaria per il 2004) ha innovato tale procedura, istituendo, per il 2004 un Fondo di riserva di 1.200 milioni di euro, da destinare alla prosecuzione di missioni internazionali di pace. Il comma 9 dello stesso articolo ha previsto che il Ministro dell’economia e delle finanze trasmetta al Parlamento copia delle deliberazioni relative all’utilizzo del Fondo e che di tali deliberazioni sia data comunicazione formale alle Commissioni parlamentari competenti.

L’anno successivo, l’articolo 1, comma 233, della legge n. 311/2004 (finanziaria per il 2005) ha confermato il finanziamento del Fondo per le missioni internazionali di pace, per 1.200 milioni di euro per l'anno 2005 successivamente stanziando 1.000 milioni di euro per il finanziamento del suddetto fondo per il 2006.

Nel corso del 2006 sono stati adottati i seguenti provvedimenti legislativi sulle missioni militari internazionali:

la legge 23 febbraio 2006, n. 51, che converte, con modificazioni, il D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, recante definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti. Proroga di termini relativi all'esercizio di deleghe legislative. (Gli articoli 39-vicies semel e 39-vicies bis hanno prorogato la partecipazione italiana a missioni militari internazionali e alla missione umanitaria, di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq, fino al 30 giugno 2006)[38].

la legge 4 agosto 2006, n. 247, recante disposizioni per la partecipazione italiana alle missioni internazionali.

il D.L. 28 agosto 2006, n. 253 convertito, con modificazioni, dalla legge 20 ottobre 2006, n. 270, recante disposizioni concernenti l'intervento di cooperazione allo sviluppo in Libano e il rafforzamento del contingente militare italiano nella missione UNIFIL, ridefinita dalla citata risoluzione 1701 (2006) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Il comma 1240 dell’articolo 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria per il 2007) ha infine stanziato, per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009, 1.000 milioni di euro per il finanziamento del suddetto fondo.

Nel corso del 2007 sono stati adottati i seguenti provvedimenti legislativi sulle missioni militari internazionali:

il D.L. n. 4 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 38 del 2007, che proroga fino al 31 dicembre 2007 la partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali;

il D.L. 2 luglio 2007, n. 81, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2007, n. 127, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria.

 

Nel corso del 2008 è intervenuto altresì l’articolo 63, comma 1, del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che ha incrementato di 90 milioni di euro, per l’anno 2008, la consistenza del Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, di cui all’articolo 1, comma 1240, della legge n. 296/ 2006.

 

La proroga della partecipazione italiana alle missioni militari e l’autorizzazione alla partecipazione a nuove missioni, per il 2008, è stata operata con:

il D.L. 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, recante disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali. Il D.L. recava complessivamente, per il 2008, oneri pari a 1.020 milioni di euro;

il D.L. 22 settembre 2008, n. 147, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2008, n. 183, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia. Il D.L. recava complessivamente, per il 2008, oneri pari a 151,5 milioni di euro[39].

 

La proroga della partecipazione italiana alle missioni militari e l’autorizzazione alla partecipazione a nuove missioni, per il 2009, è stata operata con:

il D.L. 30 dicembre 2008 n. 209, convertito con modificazioni dalla legge 24 febbraio 2009 n. 12, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali. Il DL recava complessivamente oneri per euro 808.385.522 per il primo semestre dell'anno 2009 (a valere sul fondo missioni internazionali) e euro 250.000 a decorrere dal 2010 (a valere sul fondo speciale di parte corrente del MAE);

il decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 ha autorizzato, al comma 76 dell’articolo 24, la spesa di 510 milioni di euro, a decorrere al 1° luglio 2009 e fino al 31 ottobre 2009; tuttavia l’articolo 16 comma 1 del medesimo provvedimento utilizzava a fini di copertura di altre disposizioni, 10 milioni di euro del fondo per il finanziamento delle missioni internazionali di pace. Il finanziamento netto delle missini risultava quindi pari a 500 milioni di euro;

la legge 3 agosto 2009 n. 108 recante proroga del finanziamento per la partecipazione italiana a missioni internazionali, fino al 31 ottobre 2009, a valere sulle risorse stanziate dal decreto legge n. 78 del 2009 (per la genesi di tale legge cfr. supra. Scheda relativa all’articolo 2.

 

 

 



[1] “   Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali”.

[2] "   Nuova disciplina della cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo”.

[3] “      Partecipazione dell'Italia alle iniziative di pace ed umanitarie in sede internazionale". 

[4] “   Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria”, convertito con modificazioni dalla legge agosto 2008, n. 133.

 

[5]    Nella tabella si dà conto anche della missione NTM-I della NATO in Iraq di assistenza e di addestramento delle Forze di sicurezza irachene autorizzata ai sensi dell’articolo 1 comma 12 del provvedimento in esame (cfr. scheda di lettura sull’articolo 1).

[6]    Si tiene conto anche delle specifiche autorizzazioni di spesa relative alla Polizia di Stato e al Corpo della Guardia di finanza

[7]    Si tiene conto anche delle specifiche autorizzazioni di spesa per l’impiego di personale nei comandi negli Emirati arabi uniti, in Bahrein e Tampa nonché di quelle per l’impiego nelle missioni e nei comandi sopra richiamati di personale della Guardia di Finanza.

[8]    Si tiene conto anche delle specifiche autorizzazioni di spesa per l’impiego di personale nei comandi negli Emirati arabi uniti, in Bahrein e Tampa, nonché di quelle per l’impiego nelle missioni e nei comandi sopra richiamati di personale della Guardia di Finanza

 

[9]    Si tiene conto anche della specifica autorizzazione di spesa per la Guardia di finanza

[10]   Fonte: Scheda notizie sulla partecipazione italiana alla missione NATO ISAF (aggiornata al 26 novembre 2009) in www.difesa.it

[11]         EIU, Pakistan Country Report, July 2009, p. 14.

[12]   Le elezioni per la Camera bassa (Wolesi Jirga) ed i consigli distrettuali sono previste per l’estate del 2010.

[13]   Il Presidente ed i due vice-presidenti della Repubblica islamica dell’Afghanistan sono eletti a suffragio universale con mandato quinquennale, rinnovabile. Per l’elezione al primo turno è necessario il 50% dei voti. Hamid Karzai, primo presidente democraticamente eletto in Afghanistan, ha vinto le elezioni del 9 ottobre 2004 con il 55,4% dei voti ed è in carica dal 7 dicembre di quell’anno. Primo vicepresidente è Ahmad Zia Masood e secondo vicepresidente Abdul Karim Khalili.

[14]   L’ ECC è composta da due membri afghani - nominati uno dall’Afghanistan Independent Human Rights Commission e uno dalla Corte Suprema - e tre internazionali, di nomina Onu. Nella sua attuale composizione (2009) i membri afghani sono Ahmad Fahim Hakim e Mawlawi Mohammad Mustafa Barakzai e gli internazionali Grant Kippen, Maarten Halff e Scott Worden. Il presidente Grant Kippen è un esperto canadese che da quasi 30 anni si occupa di supervisione dei risultati elettorali nei cinque continenti.  

[15]   Si tratta dei seggi dove avevano votato oltre 600 elettori (ritenuto il livello massimo di potenziali votanti secondo le stime pre-elettorali della Commissione elettorale indipendente afghana, IEC) e dei seggi in cui un singolo candidato aveva ottenuto il 95% o più dei consensi.

[16]   Si rammenta che a causa dell’elevato grado di rischio per la sicurezza le Nazioni Unite hanno deciso, all’inizio di novembre 2009, di evacuare circa 600 operatori stranieri presenti nell’ambito della missione UNAMA in Afghanistan, dopo che l’attacco sferrato dai talebani contro la foresteria ONU a Kabul, il 28 ottobre, aveva causato la morte di sei dipendenti delle Nazioni Unite ed il ferimento di altre nove persone.

[17]   L’inchiesta aperta dalla magistratura afghana su presunti casi di corruzione di ministri del presidente Hamid Karzai, secondo dichiarazioni rilasciate all’ansa dal vice procuratore della repubblica Fazel Ahmad Faqiryar il 24 novembre, riguarda 15 soggetti fra ministri, ex ministri e funzionari che hanno operato nell'area dei governi Karzai dal 2001.

 

[18]   Gli osservatori hanno rilevato che la nuova strategia accelerata si ispira alle lezioni apprese dopo i rinforzi ordinati dal presidente George W. Bush nel 2007 per combattere la contro insurrezione in Iraq e ne prende a prestito la definizione di ''surge''. 

 

[19]    Fonte: International Crisis Group, Crisis Watch December 2009

[20]   L’Obiettivo primario civile 2010 - adottato dal Consiglio del 19 novembre 2007 - dovrà contribuire a garantire :una quantità sufficiente di personale qualificato per le aree prioritarie civili della PESD e per le missioni di supporto; lo sviluppo e il rafforzamento delle capacità di pianificazione, degli equipaggiamenti, delle procedure, delle attività di training e dei concetti; un aumento di visibilità per la politica di sviluppo delle capacità civili sia a livello UE che a livello degli Stati membri; il rafforzamento della cooperazione e coordinazione con gli attori esterni, nel pieno rispetto dell’autonomia decisionale dell’Unione europea. L’Obiettivo primario 2010 per lo sviluppo delle capacità militari, adottato dal Consiglio europeo del 4 maggio 2004, definisce un elenco di azioni e misure finalizzate al rafforzamento delle capacità operative militari dell’UE entro il 2010, sulla base di un “catalogo delle forze” rese disponibili dagli Stati membri e di una “tabella di marcia” (capabilities improvement chart) aggiornata semestralmente, che indica i progressi compiuti e le carenze che rimangono da colmare. L’Obiettivo primario 2010 colloca al centro degli sforzi europei tre elementi: interoperabilità, schierabilità e sostenibilità.

[21]   La decisione di creare, quando verrà il momento, una difesa comune è adottata dal Consiglio europeo che delibera all'unanimità; essa esige anche l'approvazione di tutti gli Stati membri secondo le proprie procedure costituzionali.

[22]   La disposizione è ribadita all’articolo 2 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Categorie e settori di competenza dell’Unione).

[23]   Si tratta della Sezione 2 del Capo 2 ( disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune) del Titolo V TUE ( Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune.

[24]   L’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite stabilisce che: “Nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale. Le misure prese da Membri nell’esercizio di questo diritto di autotutela sono immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Sicurezza e non pregiudicano in alcun modo il potere e il compito spettanti, secondo il presente Statuto, al Consiglio di Sicurezza, di intraprendere in qualsiasi momento quell’azione che esso ritenga necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale”.

[25]   l compiti di Petersberg (missioni umanitarie e di soccorso; missioni di mantenimento della pace (peace-keeping); missioni di unità di combattimento nella gestione di crisi, comprese le missioni tese al ristabilimento della pace (peace making)) devono il loro nome al luogo in cui il 19 giugno 1992 si è svolta la riunione del Consiglio dei ministri dell’Unione dell’Europa Occidentale che li ha definiti. I compiti di Petersberg sono stati trasferiti alla competenza dell’Unione Europea con il Trattato di Amsterdam nel 1997.

[26]   Protocollo n. 10 del Trattato Lisbona.

[27]   In base all’art. 238, par.3, a TFUE, per maggioranza qualificata si intende almeno il 55 % dei membri del Consiglio rappresentanti gli Stati membri partecipanti, che totalizzino almeno il 65 % della popolazione di tali Stati.

La minoranza di blocco deve comprendere almeno il numero minimo di membri del Consiglio che rappresentano oltre il 35 % della popolazione degli Stati membri partecipanti, più un altro membro; in caso contrario la maggioranza qualificata si considera raggiunta.

 

[28]    Tale elargizione è stata elevata ad euro 200.000 dall'articolo 2 del decreto legge 28 novembre 2003, n. 337, recante “Disposizioni urgenti in favore delle vittime militari e civili di attentati terroristici all'estero” e convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 24 dicembre 2003, n. 369.

[29]   L’articolo 24 della legge 16 gennaio 2003 n. 3, recante “Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione” ha modificato la disposizione contenuta nella lettera b) dell’articolo 3 della legge n. 1185/1967, che ora dispone che “Non possono ottenere il passaporto: b) i genitori che, avendo prole minore, non ottengano l'autorizzazione del giudice tutelare; l'autorizzazione non è necessaria quando il richiedente abbia l'assenso dell'altro genitore, o quando sia titolare esclusivo della potestà sul figlio.

[30]    Questo inciso non è contenuto nell’articolo 5 del D.L. n. 421/2001.

[31]   Dir.P.C.M. 27 luglio 2007, recante Disposizioni in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi, a norma della L. 3 agosto 2004, n. 206. Pubblicata nella G.U. 178 del 2 agosto 2007.

[32]   D.L. 28 dicembre 2001, n. 451, recante Disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 15.

[33]   Legge 3 agosto 2007, n. 124, recante sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.

[34]    La legge 3 agosto 2004, n. 206, recante nuove norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tali matrici, ha introdotto alcuni benefici a vantaggio delle vittime del terrorismo (ossia, ai sensi dell’art. 1, co. 1, tutte le vittime degli atti di terrorismo e delle stragi di tale matrice, compiuti sul territorio nazionale o extranazionale, se coinvolgenti cittadini italiani, nonché ai loro familiari superstiti) e non anche delle vittime del dovere e di quelle della criminalità organizzata.

[35]   Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 209, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2009, n. 12 reca proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali

[36]   Il commento ai commi da 1-bis a 1-octies è stato curato dal Dipartimento Giustizia.

[37]   Analoga previsione è contenuta nel codice penale, art. 55, in base al quale se, trovandosi in una situazione coperta da una causa di giustificazione, l'agente ne ecceda colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’autorità ovvero imposti dalla necessità, egli è punito a titolo di colpa qualora il fatto sia previsto dalla legge come delitto colposo.

[38]   Gli articoli sono stati inseriti durante l’esame parlamentare ed hanno assorbito le disposizioni contenute nel D.L. n. 9/2006 recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana alla missione internazionale in Iraq e nel D.L. n. 10/2006 recante disposizioni urgenti per la partecipazione italiana a missioni internazionali, che sono stati lasciati decadere.

[39]   L’intero importo iniziale di un miliardo di euro era già stato utilizzato, per il 2008, per la copertura finanziaria del D.L. n. 8/2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45/2008. Il D.L. n. 8/2008 si avvaleva inoltre, per ulteriori 20 milioni di euro, relativi all’anno 2008, sull’autorizzazione di spesa di cui alla legge n. 49/1987 (cooperazione allo sviluppo), come determinata nella tabella C – Ministero degli affari esteri – della legge finanziaria 200; il D.L. 147/2008 ha utilizzato l’integrazione di 90 milioni di euro operata dal D.L. 112/2008, nonché altri Fondi presenti anche in stati di previsione diversi da quello della difesa.