Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Titolo: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia ed a missioni internazionali per l'anno 2008 Lavori preparatori della Legge n. 183/2008 Iter parlamentare
Riferimenti:
AC N. 1802/XVI   DL N. 147 DEL 22-SET-08
Serie: Progetti di legge    Numero: 65    Progressivo: 2
Data: 26/05/2009
Descrittori:
GEORGIA   MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE
Altri riferimenti:
AS N. 1038/XVI     
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Progetti di legge

Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia ed a missioni internazionali

per l’anno 2008

 

Lavori preparatori della Legge n. 183/2008

Iter parlamentare

 

n. 65/2

 

26 maggio 2009

 


 

Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4172/ 066760-4404 – * st_Difesa@camera.it

 

 

 

Il presente dossier è composto dai seguenti volumi:

 

Ø      Elementi per l’istruttoria legislativa (n. 65/0)

Ø      Schede di lettura (n. 65)

Ø      Riferimenti normativi e Iter al Senato(n. 65/1)

Ø      Lavori preparatori (n. 65/2)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: D08147aa.doc


INDICE

Legge 20 novembre 2008, n. 183

§      L. 20 novembre 2008, n. 183 Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  3

Iter al Senato

Progetto di legge

§      A.S. 1038, (Governo), Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  11

Esame in sede referente

-       Commissioni riunite 3ª (Affari esteri) e 4ª (Difesa)

Seduta (antimeridiana) del 1° ottobre 2008  51

Seduta (pomeridiana) del 1° ottobre 2008  58

Seduta del 7 ottobre 2008  67

Seduta dell’8 ottobre 2008  72

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alle Commissioni 3a (Affari esteri) e 4a (Difesa)

-       1ª Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 25 settembre 2008  87

Seduta del 30 settembre 2008  88

Seduta del 1° ottobre 2008  89

Seduta dell’8 ottobre 2008  91

-       2ª Commissione (Giustizia)

Seduta del 30 settembre 2008  92

-       5ª Commissione (Bilancio)

Seduta del 7 ottobre 2008  93

Seduta (antimeridiana) dell’8 ottobre 2008  94

Seduta (pomeridiana) dell’8 ottobre 2008  95

Seduta del 14 ottobre 2008  97

-       6ª Commissione (Finanze e Tesoro)

Seduta dell’8 ottobre 2008  99

-       9ª Commissione (Agricoltura e produzione agroalimentare)

Seduta dell’8 ottobre 2008  100

-       12ª Commissione (Igiene e Sanità)

Seduta del 7 ottobre 2008  103

-       14ª  Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Seduta del 1° ottobre 2008  104

Discussione in Assemblea

Seduta del 14 ottobre 2008  107

Seduta del 15 ottobre 2008  140

Iter alla Camera

Progetto di legge

§      A.C. 1802, (Governo), Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  195

Esame in sede referente

-       Commissioni riunite III(Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa)

Seduta del 23 ottobre 2008  217

Seduta del 28 ottobre 2008  234

Seduta del 29 ottobre 2008  247

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alle Commissioni riunite III (Affari esteri e comunitari) e IV (Difesa)

-       Comitato per la legislazione

Seduta del 29 ottobre 2008  255

-       I Commissione (Affari costituzionali e della Presidenza del Consiglio e interni)

Seduta del 28 ottobre 2008  257

Seduta del 18 novembre 2008  259

-       V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)

Seduta del 29 ottobre 2008  260

Seduta dell’11 novembre 2008  264

Seduta del 18 novembre 2008  265

-       VI Commissione (Finanze)

Seduta del 28 ottobre 2008  267

-       XI Commissione (Lavoro pubblico e privato)

Seduta del 28 ottobre 2008  274

Seduta del 29 ottobre 2008  278

-       XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea))

Seduta del 23 ottobre 2008  281

Seduta del 28 ottobre 2008  283

Seduta del 29 ottobre 2008  284

Esame in Assemblea

Seduta dell’11 novembre 2008  287

Seduta del 18 novembre 2008  306

Seduta del 19 novembre 2008  319

 

 

 

 


SIWEB

Esame in sede referente

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MERCOLEDÌ 1 OTTOBRE 2008

1ª Seduta (antimeridiana)

 

 

Presidenza del Presidente della 3ª Commissione

DINI

 

Intervengono il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti e il sottosegretario di Stato per la difesa Cossiga.

 

 

 

La seduta inizia alle ore 8,50

 

 

IN SEDE REFERENTE

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Esame e rinvio)

 

      Il senatore BETTAMIO (PdL), relatore per la 3a Commissione, riferisce sul disegno di legge per i profili di competenza.

 

Preliminarmente osserva che nella vicenda georgiana la posizione italiana è sempre stata improntata al massimo equilibrio; si sofferma quindi brevemente sullo sviluppo degli eventi sul campo.

 

Il Governo italiano, sin dall’inizio del conflitto, ha sostenuto la linea della piena coesione con i partner europei nell’individuazione di una soluzione diplomatica. Tale soluzione si è tradotta nell’accordo elaborato il 12 agosto a livello di presidenza dell’UE e dell’OCSE, sottoposto e approvato da Russia e Georgia, composto da 6 punti, che ha posto le basi per la cessazione delle ostilità, per il ritiro delle truppe russe e per il ripristino dello status quo ante nei territori occupati, oltre a delineare un percorso di stabilizzazione politica, mediante l’avvio di trattative e l’istituzione di un monitoraggio internazionale dell’evoluzione della situazione. L’Italia ha poi sempre sottolineato la necessità di tenere aperto il confronto con la Russia; un atteggiamento che ha consentito di non esacerbare i rapporti in una delicata congiuntura.

Ciò non toglie che l’Italia – prosegue il relatore - anche quale membro dell’UE, abbia fermamente condannato il riconoscimento da parte russa dell’indipendenza del Sud Ossezia e dell’Abkazia del 26 agosto e ribadito il principio del pieno rispetto dell’integrità territoriale georgiana, all’atto della partecipazione al Consiglio europeo straordinario del 1° settembre. Nel successivo Consiglio Affari generali del 15 settembre, l’Italia ha aderito alla proposta di dispiegamento di osservatori dell’Unione Europea in Georgia, mediante l’invio di personale sia civile, sia militare, da parte di ciascun Paese membro. A livello diplomatico, sono state in detta sede definite le coerenti iniziative di nomina di un Rappresentante speciale dell’UE per la crisi georgiana e di convocare una Conferenza per la ricostruzione.

 

Ricorda ulteriormente come il Ministro degli Esteri, nel corso delle sue comunicazioni nella seduta del Senato dello scorso 17 settembre sui più recenti sviluppi della situazione politica internazionale, abbia sintetizzato i punti cardine della politica estera italiana in relazione, tra l’altro, anche alla problematica russo-georgiana.

 

Ritiene che un importante passaggio sarà costituito dall’organizzazione di una Conferenza internazionale proprio a Roma il prossimo 13 novembre, per contribuire all’individuazione di soluzioni politiche durature nella regione caucasica, scenario negli ultimi decenni di tensioni etniche e territoriali.

 

Conclude sottolineando il proprio convincimento che l’Italia, nell’ambito delle iniziative individuate a livello comunitario, debba contribuire anche sul piano economico in termini di sostegno alla ricostruzione e agli aiuti alla popolazione.

 

Passa quindi all’analisi del provvedimento, finalizzato a fornire il fondamento normativo alla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione Europea in Georgia denominata "EUMM Georgia". Ricorda che il 15 settembre 2008 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato un’azione comune mediante la quale è stato accolto l’invito rivolto dal Governo della Georgia affinché l’Europa intervenisse sullo scenario della crisi russo-georgiana mediante una specifica missione civile.             Evidenzia che l’azione comune prevede che ad essa partecipi essenzialmente personale distaccato dagli Stati membri o dalle istituzioni comunitarie e che ciascuno Stato membro debba sostenere i costi connessi con il personale destinato, incluse le spese di viaggio relative al luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e tutte le indennità.

 

Richiama, in tale contesto, l’intenzione del Governo italiano di prendere parte alla missione europea mediante l’invio di 40 osservatori – 36 militari e 4 civili – oltre all’impiego di veicoli e apparati di telecomunicazione. Il decreto-legge prevede, pertanto, all’articolo 1 l’autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione del personale, dei mezzi e dei materiali delle Forze armate alla missione, a decorrere dal 21 settembre 2008 fino al 31 dicembre 2008.

 

Si sofferma quindi sul comma 2 dell’articolo 1 il quale rinvia, per la disciplina del personale, a talune disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, riguardanti l’indennità di missione, l’indennità di impiego operativo la valutazione del servizio prestato nelle missioni internazionali ai fini dell’avanzamento degli ufficiali al grado superiore, le disposizioni in materia penale, le disposizioni in materia contabile, nonché la normativa sancita quale disciplina uniforme per tutte le missioni internazionali.

Per quanto concerne l’articolo 2 del decreto-legge evidenzia che esso reca l’autorizzazione di spesa per l’anno 2008 per la partecipazione del personale civile alla missione di vigilanza dell’Unione europea. Al comma 2 dell’articolo 2 viene altresì autorizzata la spesa per l’acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione destinati al personale civile impiegato nella missione. Il terzo comma dispone l’autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l’Ufficio del Rappresentante speciale dell’Unione europea in Georgia. Infine, il comma 4 dell’articolo 2 autorizza la spesa connessa alla partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell’ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

A tale ultimo proposito, fa notare come le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 2 rivestano specifico interesse in relazione alle materie di competenza della Commissione Affari esteri. Infatti, la presenza di un diplomatico italiano presso la Rappresentanza speciale dell’Unione europea in Georgia costituisce un fattore di raccordo fondamentale nell’ambito della politica estera del Paese rispetto all’evoluzione del negoziato internazionale sulla stabilizzazione della Georgia.

 

Ricorda inoltre che in relazione al conflitto insorto tra Georgia e Federazione russa è in programmazione una Conferenza dei donatori. Tale Conferenza affronterà la tematica dell’assistenza umanitaria e della ricostruzione nelle aree geografiche interessate dalla crisi mediante contributi e finanziamenti dei Paesi partecipanti. Anche l’Unione europea delibererà uno stanziamento e ha invitato singoli Stati membri a partecipare all’impegno comune. L’Italia ha già posto in essere un intervento di emergenza, con due contributi per l’assistenza alla popolazione sfollata per un totale di circa 500 mila euro. L’ulteriore autorizzazione di spesa, per l’anno 2008, è pari a euro 1 milione e 600 mila. Tale somma dovrebbe essere destinata ad interventi che si concentrino sulla fase post conflittuale e sul sostegno al rilancio dello sviluppo economico e della tutela della stabilità interna in Georgia.

 

Propone pertanto che le Commissioni riunite conferiscano un mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sul provvedimento, riservandosi di valutare attentamente le considerazioni che emergeranno nel corso del dibattito e le eventuali proposte emendative ai contenuti del decreto-legge.

 

Il presidente DINI sottolinea come lo stanziamento previsto dall’articolo 2 del decreto-legge per la partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell’ambito della Conferenza internazionale dei donatori sia pari ad euro 1.600.000 per l’anno 2008, mentre la spesa per la partecipazione di personale, mezzi e materiali delle Forze armate alla missione di vigilanza, di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto, corrisponda ad euro 2.058.424.

 

            Prende quindi la parola il senatore RAMPONI (PdL), relatore per la 4a Commissione, che, nell'illustrare il provvedimento in titolo, ricorda preliminarmente come la decisione relativa all'invio in Georgia di un contingente sia stata adottata all'esito di una prolungata fase nella quale a livello internazionale si è assistito a una serie di iniziative avventate, dall'innesco del conflitto armato da parte della Georgia, alla reazione della Russia, alle prime risposte da parte dell'Unione europea e della NATO, che sono sembrate ispirate a una logica di unilateralismo velleitario.

 

            Ciò vale, in particolare, per la minaccia di sanzioni verso la Federazione russa da parte europea, come pure per le dichiarazioni rilasciate dal Segretario generale della NATO con le quali questi ha ritenuto di prospettare alla Russia la possibilità di ritorsioni in caso di sostegno alle Repubbliche separatiste dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia e ha criticato quell'accordo russo-europeo che è all'origine della missione oggetto del provvedimento in conversione.

 

            Il provvedimento in esame risponde alla necessità di assicurare le condizioni per la partecipazione dell'Italia alla missione denominata EUMM Georgia. Si tratta di un'operazione PESD di crisis management; al riguardo, costituisce motivo di soddisfazione che l'iniziativa sia stata finalmente assunta in modo coerente con le cornice istituzionale e politica della PESC e della PESD.

 

            La missione tende a garantire, attraverso il dispiegamento di almeno 200 osservatori, il monitoraggio del ritiro delle forze russe sulle posizioni anteriori all'inizio delle ostilità e si propone, operando in stretto coordinamento con le Nazioni Unite e l'OSCE, di contribuire alla stabilizzazione e normalizzazione della situazione in Georgia, nonché, nel lungo periodo, all'individuazione di una soluzione politica duratura.

 

            Il dispiegamento avverrà inizialmente nelle zone adiacenti all'Ossezia del Sud e all'Abkhazia, alla luce dell'indisponibilità allo stato dichiarata da parte russa rispetto ad un accesso degli osservatori nel territorio delle due regioni. In proposito, ritiene opportuno che da parte del Governo sia fornito qualche ragguaglio sulla situazione risultante da tale diniego e sulle prospettive di evoluzione per il futuro.

 

Nel complesso, la missione rappresenta un successo politico per l'Unione europea, che ha saputo svolgere un ruolo di equilibrio in una vicenda contrassegnata da troppe intemperanze. Tuttavia, se il limite operativo testè richiamato dovesse permanere, la missione rischia di esaurire i suoi effetti soltanto nei confronti della parte georgiana, lasciando campo libero ai movimenti delle unità della Federazione russa.

 

            Per quanto attiene alla catena di comando, l'azione comune affida al Comitato politico e di sicurezza (COPS), sotto la responsabilità del Consiglio, il controllo politico e la direzione strategica della missione. Il comandante civile, in qualità di comandante dell'EUMM a livello strategico, impartisce istruzioni al Capo missione, il quale a sua volta esercita il comando della missione a livello tattico. In proposito, rileva come, trattandosi di un contingente di consistenza numerica abbastanza limitata, sarebbe stata probabilmente preferibile una catena di comando articolata su due soli livelli, anziché i tre previsti dall'azione comune.

 

            Gli osservatori non saranno armati e non disporranno di attrezzature militari, salvo i veicoli blindati. L'Italia contribuirà alla missione con un contingente di 40 osservatori, di cui 36 militari (3 tenenti colonnello, 13 marescialli ordinari, altrettanti marescialli e 10 sergenti maggiori) e 4 civili.

 

            Sulla base degli elementi di fatto e di valutazione testè riferiti, ritiene che le Commissioni riunite possano orientarsi in senso favorevole alla conversione in legge del decreto-legge in titolo.

            Si apre quindi la discussione generale.

 

Il senatore DE GREGORIO (PdL), dopo aver espresso apprezzamento per il contributo di informazione e riflessione assicurato alle Commissioni riunite dai Relatori, rileva come la posizione assunta dal Governo italiano rispetto alle crisi oggetto del provvedimento in conversione sia stata ispirata ad un'apprezzabile logica di equilibrio, in linea di continuità con gli indirizzi tradizionali della politica estera del Paese. Ciò ha formato oggetto di rimostranze in vari consessi internazionali, e in particolare in seno all'Assemblea parlamentare della NATO, ove da parte dei fautori di una linea di accentuata reattività rispetto alle iniziative militari della Russia e alla sua successiva condotta internazionale si è rimproverata all'Italia un'asserita mancanza di fermezza.

 

            L'accordo raggiunto fra la delegazione dell'Unione europea e il presidente russo Medvedev ha in tale contesto consentito di avviare la stabilizzazione della situazione, evitando di compromettere il quadro della cooperazione euro-russa e la stessa partnership con la NATO avviata con il Vertice di Pratica di Mare, ciò che avrebbe conseguenze particolarmente pesanti, ad esempio, in termini di operatività della missione in Afghanistan.

 

            Nondimeno, continua a prevalere sia in ambito europeo che nella NATO un indirizzo tendente a riconsiderare l'insieme delle relazioni con la Russia; in particolare, l'Assemblea parlamentare della NATO ha deciso di rinviare tutti i forum di dialogo e cooperazione in essere con la Russia, arrivando in alcuni casi alla relativa cancellazione. In tali condizioni, da parte dell'Italia occorre decidere se uniformarsi a tale indirizzo, ovvero mantenere alcune iniziative bilaterali già programmate a livello parlamentare, anche per tenere aperto un canale di comunicazione.

 

            Per quanto riguarda più specificamente l'oggetto della missione EUMM Georgia, rileva come nell'accordo intercorso fra la delegazione europea e il presidente russo Medvedev non vi sia alcun riferimento ad un impegno russo al ritiro dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia, ma solo dal territorio georgiano. In tali condizioni, occorre valutare se, nel prevedibile protrarsi della presenza di unità russe in Ossezia del Sud e in Abkhazia, dovrà insistersi per il loro ritiro e, in caso di diniego della Russia, dovranno essere prospettate delle sanzioni, o se non sia preferibile prendere atto dell'irreversibilità della situazione prodottasi sul terreno.

 

            Al riguardo, auspica che, nel riaffermare la condanna rispetto alle logiche unilaterali e all'uso della forza per dirimere le controversie, l'Unione europea e la NATO sappiano preservare le condizioni del dialogo e della cooperazione con la Russia. Le iniziative assunte dal Governo italiano nel contesto della presente crisi appaiono in tale prospettiva ancora più appropriate.

 

            In conclusione, auspica che l'esame del provvedimento costituisca l'occasione di un'ampia convergenza fra le forze presenti in Parlamento in favore di un indirizzo che, nel rispondere con fermezza alle iniziative unilaterali, sappia al contempo contribuire alla ripresa di un clima di dialogo a livello internazionale.

 

             Il presidente DINI fa notare come Abkazia ed Ossezia del Sud abbiano dichiarato la propria indipendenza, analogamente a quanto avvenne, nell’ambito dello scenario balcanico, per il Kosovo. Ritiene che quello del Kosovo sia un precedente importante cui riferirsi, e richiama l’intenso dibattito che si era innescato in Italia, anche in Parlamento, circa l’opportunità da parte del Governo di procedere o meno al riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente.

 

            Il senatore COMPAGNA (PdL) interviene in discussione generale ripercorrendo l’andamento dell’ultimo vertice dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE che si è tenuto questo mese a Toronto e che ha visto un duro confronto tra le delegazioni russa e georgiana, in assenza di interventi da parte degli Stati Uniti.

 

            Fa presente come la crisi in corso nel Caucaso tragga origine dal contesto politico che si è andato determinando negli ultimi due decenni, con specifico riferimento al ruolo che si è consentito che la Russia svolgesse nella regione, quale paese da un lato deputato alla garanzia della stabilità nell’area ma, dall’altro, esercente una sorta di sovranità su ambiti territoriali da essa distinti e indipendenti. Evidenzia come tale situazione si sia creata anche grazie all’atteggiamento permissivo dell’Unione europea e delle organizzazioni internazionali, la cui attenzione era rivolta essenzialmente al fronte balcanico.

 

            Sottolinea peraltro la necessità, nella attuale congiuntura, di prese di posizione da parte della comunità internazionale nel suo complesso in relazione alla politica seguita dalla Russia, la quale determina un momento di grave tensione delle relazioni transatlantiche, oltre che con l’Unione europea.

 

            Al di là dello stato delle relazioni bilaterali italo-russe, rileva l’opportunità di un’attenta riflessione sulla tendenza russa al ritorno ad un’impostazione politica rispetto ai paesi dell’area caucasica che si pone in discontinuità con il riconoscimento dell’indipendenza acquisita dalle repubbliche ex-sovietiche e con la tendenza alla stabilizzazione dei rapporti internazionali che aveva, invece, caratterizzato la politica estera russa negli ultimi decenni.

 

            In tale contesto, ritiene che un ruolo di primo piano spetti naturalmente all’OSCE. In particolare, sottolinea l’esigenza che a tale Organizzazione debba essere restituita l’essenziale funzione di referente politico, senza limitarsi ai compiti tecnici di monitoraggio elettorale e di tutela dei diritti umani. Fa altresì notare come in termini di intermediazione l’OSCE possa intervenire efficacemente in un’ottica di superamento dello stallo dei rapporti tra Russia, da un lato, e Organizzazione delle Nazioni Unite e Stati Uniti dall’altro.

 

            Il presidente DINI sottolinea a propria volta come, da parte russa, l’OSCE sia da sempre stata considerata come precipua sede di mediazione e confronto a livello di rapporti internazionali; un ruolo che la NATO non ha mai voluto riconoscere né accettare.

 

            Interviene quindi la senatrice MARINARO (PD) la quale rileva in premessa il positivo ruolo svolto dall’Unione europea nell’individuazione di una soluzione diplomatica e nell’intervento nell’area caucasica, da considerarsi strategica sotto numerosi profili. Rileva peraltro come detto ruolo sia stato favorito dalla coincidenza temporale con la presidenza francese.

 

            Ritiene che l’Unione europea debba riaffermare la propria funzione di attore primario sullo scenario internazionale, anche alla luce delle nuove esigenze che si vanno determinando in termini di sicurezza in numerosi contesti territoriali. Sottolinea, a tale proposito, l’opportunità di un sempre maggiore impegno per una politica estera e di sicurezza comune.            In relazione all’ambito geopolitico dell’Europa dell’Est e agli interessi economici sottostanti, auspica, peraltro, che possa essere definita a livello comunitario una politica energetica comune che esplichi positivi effetti anche rispetto ai paesi europei di minori dimensioni.

 

            Nelle sedi di confronto internazionali, sostiene la necessità della prosecuzione del dialogo e di una politica di partenariato tra Unione europea e Russia.

 

            Conclude sottolineando, tuttavia, con fermezza, l’esigenza che in qualsiasi ambito di trattativa non possa essere ammessa alcuna decisione che incida sulla piena tutela dei diritti umani delle popolazioni e, in particolare, delle minoranze etniche.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 

 

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MERCOLEDÌ 1° OTTOBRE 2008

2ª Seduta (pomeridiana)

 

Presidenza del Presidente della 3ª Commissione

 

DINI

 

Intervengono il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti e il sottosegretario di Stato per la difesa Cossiga.

 

 

La seduta inizia alle ore 15,34.

 

 

IN SEDE REFERENTE 

 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Esame del disegno di legge n. 1061, congiunzione con il seguito dell’esame del disegno di legge n. 1038 e rinvio. Seguito dell’esame del disegno di legge n. 1038, congiunzione con l’esame del disegno di legge n. 1061 e rinvio)

 

            Riprende l’esame sospeso nella seduta antimeridiana odierna.

 

      Interviene il senatore RAMPONI (PdL), relatore per la 4a Commissione, il quale introducendo l'esame del disegno di legge n. 1061, rileva in primo luogo come il decreto-legge che esso tende a convertire, il n. 150 del 29 settembre 2008, composto di 3 articoli, miri ad assicurare la proroga, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, Althea, EUFOR/Tchad/RCA, Minustah e alla missione della Guardia di finanza in Libia, missioni per le quali tutte il decreto-legge n. 8 del 2008 aveva previsto la scadenza al 30 settembre 2008. Lo stesso provvedimento in conversione autorizza inoltre la partecipazione alla missione dell’OSCE in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal medesimo decreto-legge.

 

In particolare, l’articolo 1 del decreto-legge n. 150 in conversione, al comma 1autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 112.542.774 euro per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione UNIFIL condotta dall’ONU in Libano, da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 8 del 2008. La missione in questione era infatti autorizzata fino al 30 settembre 2008 in coerenza con il mandato dell’ ONU disposto dalla risoluzione 1773 (2007), e viene ora prorogata essendo nel frattempo intervenuta la proroga di tale mandato ai sensi della risoluzione 1832 (2008).

 

L’Italia contribuisce  in particolare alla componente navale di UNIFIL, per il controllo delle acque prospicienti il territorio libanese, richiesto dal Department of Peacekeeping Operations delle Nazioni Unite. Tale contributo viene realizzato mediante l’impiego di unità navali nell’ambito del gruppo navale EUROMARFOR, costituito da Francia, Spagna, Portogallo e Italia per l’impiego in operazioni PESD dell’Unione europea.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2.

 

Il comma 2 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 9.668.523 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall’UE in Bosnia-Erzegovina denominata Althea ed alla missione IPU (Integrated Police Unit) che opera nell’ambito della stessa, da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del decreto-legge n. 8 del 2008. Anche in questo caso, la missione era autorizzata fino al 30 settembre 2008.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, già richiamate.

 

Il comma 3 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 8.310.451 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall’UE in Ciad e nella Repubblica Centrafricana denominata EUFOR TCHAD/RCA da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 9 del decreto-legge n. 8 del 2008. Anche in questo caso la scadenza era fissata al 30 settembre 2008.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, già richiamate, nonché quelle di cui al comma 1, lettera d) dello stesso articolo, che stabilisce che il personale in questionepercepisca l’indennità di missione nella misura intera, eventualmente incrementata del 30 per cento, se non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto ed alloggio gratuiti; la diaria è calcolata con riferimento a quella prevista per il Congo.

Il comma 4 autorizza dal 1° settembre al 31 dicembre 2008 la spesa di 99.999 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione di osservatori militari condotta dall’OSCE in Georgia, in relazione alla decisione n. 861 del 19 agosto 2008 con cui il Consiglio permanente dell’OSCE ha disposto per almeno sei mesi l’aumento fino a 100 unità degli osservatori militari di cui 20 da mobilitare immediatamente nelle aree contigue all’Ossezia del Sud. L’Italia contribuisce con l’invio di 5 osservatori.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a) e 2, già richiamate.

 

Il comma 5autorizza per l’anno 2008 l’ulteriore spesa di 417.102 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle attività di consulenza, formazione, addestramento del personale delle Forze armate e di polizia irachene da ultimo rifinanziata dall’articolo 2, comma 10 del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto il 2008 per una spesa di 8.157.821 euro. Si tratta delle attività svolte nell’ambito della missione NATO training Mission – Iraq.

 

Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 16 Carabinieri per le attività di addestramento della Iraqi National Police.

 

Il comma 6 autorizza per l’anno 2008 l’ulteriore spesa di 12.373.484 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni in Afghanistan denominate ISAF, a conduzione NATO, e della missione di polizia condotta dall’UE denominata EUPOL Afghanistan, da ultimo rifinanziata dall’articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto l'anno in corso.

 

Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 40 Carabinieri                                                                                                     in attività di addestramento in favore della polizia afghana e a rafforzare la componente aerea di ISAF mediante lo schieramento di 4 Tornado con relativo supporto logistico e di personale.

 

Il comma 7 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 1.384.878 euro per la partecipazione italiana alle missioni internazionali nei Balcani: Multinational Specialized Unit (MSU), in Kosovo; Joint Enterprise, nell’area balcanica; Albania 2, in Albania; Criminal Intelligence Unit (CIU), in Kosovo; Union Police Team (EUPT), in Kosovo; missione PESD dell’Unione europea in Kosovo.

 

Anche la partecipazione a tali missioni era stata da ultimo rifinanziata dal decreto-legge n. 8 del 2008 (articolo 3, comma 4). Il rifinanziamento attuale è connesso in particolare all’assunzione del comando da  parte dell’Italia della missione NATO in Kosovo, con relativo supporto logistico-operativo e l’invio di 2 elicotteri aggiuntivi AB 205 e di quattro mezzi militari terrestri.

 

Il comma 8 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia in esecuzione dell’accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico siglato, in data 29 dicembre 2007, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

 

L’accordo intergovernativo prevede, in particolare, lo svolgimento di attività di pattugliamento marittimo per l’effettuazione di operazioni di controllo, ricerca e salvataggio delle imbarcazioni dedite al trasporto di immigrati clandestini, mediante l’impiego di sei unità navali della Guardia di finanza, che imbarcheranno equipaggi misti, composti da personale libico e personale di tale Corpo, per scopi di addestramento, formazione nonché assistenza tecnica all’impiego ed alla manutenzione dei mezzi. Nell’ambito della missione il personale della Guardia di finanza è inserito nel comando operativo interforze ed assume compiti di direzione e coordinamento delle attività navali.

 

Anche la partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia era infatti autorizzata fino al 30 settembre 2008 dall’articolo 3, comma 20 del decreto-legge n. 8 del 2008.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2.

 

Il comma 9 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui alla risoluzione 1780 (2007), adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 15 ottobre 2007 delle Nazioni Unite in Haiti, da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 24 del decreto-legge n. 8 del 2008. La missione ha il compito di assistere il Governo haitiano nelle attività di riforma della polizia.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2.

 

Il comma 10 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 1.300.000 euro per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l’Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya. Si tratta di assicurare un servizio di sicurezza e di scorta al contingente di esperti italiani riuniti in PRT all’interno della base USA di Tallil. Giacché gli accordi con i responsabili della base non prevedevano tale aspetto, si è reso necessario provvedere alla stipula di un contratto che si avvia a scadenza al 31 dicembre 2008 e che ora si intende rinnovare prima della scadenza affinché il servizio di sicurezza si svolga senza soluzione di continuità.

Il comma 11 dell'articolo 1 prevede che alle missioni di cui ai precedenti commi si applichino una serie di disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, e precisamente l'articolo 4, commi 4-8 (in materia di corresponsione di indennità, valutazione del servizio prestato nel quadro delle missioni internazionali ai fini di avanzamento, facoltà di proroga del periodo di ferma dei volontari in ferma prefissata) e comma 10 (rinvio a specifiche disposizioni, di carattere molto eterogeneo, del decreto-legge n. 451 del 2001), e gli articoli 5 (in materia di giurisdizione e condizioni di procedibilità per i reati commessi dallo straniero nei territori nei quali si svolgono le missioni) e 6, relativo al regime di contabilità.

 

Il comma 12 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 150 in conversione  estende la previsione dell'attribuzione della promozione al grado superiore con decorrenza dal giorno precedente la cessazione dal servizio, anche agli effetti economici, ai militari della Guardia di finanza deceduti o divenuti permanentemente inidonei al servizio per ferite, lesioni o malattie riportate in servizio durante l'impiego in attività operative o addestrative. Tale beneficio è riconosciuto subordinatamente al parere favorevole della competente commissione d'avanzamento, che tiene conto delle circostanze nelle quali si è determinato l'evento.

 

L'articolo 2 del decreto-legge in conversione reca disposizioni circa la copertura finanziaria per far fronte agli oneri previsti dal provvedimento, mentre l'articolo 3 reca le disposizioni relative all'entrata in vigore e l'ordine di esecuzione.

 

Alla stregua di quanto precede, ritiene che le Commissioni riunite possano orientarsi ad esprimere un mandato favorevole alla conversione in legge del decreto-legge n. 150 del 2008.

 

            Interviene il senatore BETTAMIO (PdL), relatore per la 3a Commissione, che ad integrazione delle considerazioni svolte dal relatore Ramponi evidenzia innanzitutto che il decreto-legge in esame di proroga dell’autorizzazione alla partecipazione italiana alle missioni internazionali per l’anno 2008 si inquadra in uno scenario di presenza italiana in missioni di pace, congiuntamente agli altri Paesi europei ovvero nell’ambito di iniziative sorte in seno alle Nazioni Unite.

 

Relativamente alla missione delle Nazioni Unite in Libano, sottolinea il sostegno del Governo italiano al processo di riconciliazione in atto nella regione. Per quanto concerne i rapporti tra Italia e Libia, richiama l’impegno del Governo che ha consentito la conclusione del negoziato per giungere ad un accordo di amicizia e di collaborazione, che consente di porre fine ai numerosi contenziosi ancora in sospeso tra i due Paesi anche in un’ottica di tutela degli investimenti italiani. Riguardo all’intervento in Afghanistan, reputa opportuno proseguire nell’impegno di stabilizzazione nella regione anche tramite il coordinamento tra contingenti nazionali nei vari compiti, tra cui la formazione delle forze di sicurezza afgane. In Iraq, prosegue l’esigenza di contribuire alla stabilizzazione dell’area e l’Italia svolge un ruolo essenziale nella missione NATO di formazione e addestramento della polizia locale. Sempre nella medesima area, occorre far fronte all’esigenza di garantire la sicurezza del personale italiano operante presso l’Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassirya. L’intervento in Bosnia Erzegovina si inquadra in ambito europeo e mira al sostegno al mantenimento delle condizioni di sicurezza nell’area, mentre l’intervento nei Balcani è essenzialmente legato all’assunzione da parte dell’Italia del comando della missione NATO in Kosovo.

Riguardo all’intervento nel Chad e nella Repubblica centrafricana, richiama l’esigenza di proseguire la presenza italiana in un contesto di grave crisi umanitaria nella zona del Darfur e nelle regioni limitrofe. Con riferimento alla partecipazione alla missione ONU ad Haiti, condivide la prosecuzione del contributo italiano alla formazione e addestramento delle forze di sicurezza locali.

 

Quanto ai contenuti tecnici del provvedimento, sottolinea che le autorizzazioni di spesa ivi previste afferiscono, in particolare, alle missioni che erano state autorizzate sino al 30 settembre 2008, dal decreto-legge n. 8 del 2008. Inoltre, relativamente all’anno 2008 il decreto-legge dispone la partecipazione di personale militare italiano alla missione di osservatori OSCE in Georgia, nonché l’autorizzazione di spese sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Balcani, Kosovo e in Iraq.

 

Quanto alla partecipazione dei militari italiani ala missione OSCE in Georgia, fa presente che tale necessità si ricollega all’aumento della partecipazione deliberato dal Consiglio di quella organizzazione per la collocazione di osservatori militari in Ossezia del Sud. I due interventi – in sede europea e in ambito OSCE – sono facce della stessa medaglia e segnalano l’attenzione della comunità internazionale rispetto allo scenario caucasico.

 

Propone pertanto il conferimento del mandato a riferire favorevolmente in Assemblea.

 

            Il presidente DINI rileva come l’impegno italiano nelle missioni internazionali, risultante dai decreti in esame, si articoli su più fronti e comporti un notevole sforzo finanziario.

 

            Il senatore SCANU (PD) prospetta l'opportunità di mantenere aperta la discussione generale fino alla settimana prossima, così da garantire ai componenti delle Commissioni riunite la possibilità di approfondire adeguatamente gli aspetti più rilevanti sottesi ai due provvedimenti d'urgenza all'ordine del giorno.

 

            Il senatore PEDICA (IdV) condivide l’esigenza segnalata dal senatore Scanu in ordine alla necessità di disporre di tempi adeguati per l’analisi del provvedimento sulle missioni internazionali.

 

            Con riferimento al disegno di legge n. 1061 ritiene infatti necessario un approfondimento su taluni profili sui quali chiede al Governo di fornire elementi di chiarimento. In particolare, segnala come il rifinanziamento della missione in Iraq di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 150 non costituisca una mera proroga della durata dell’intervento. Inoltre, evidenzia come il disposto del comma 6 dell’articolo 1 del decreto, sulla partecipazione del personale militare alle missioni in Afghanistan, non specifichi l’entità del personale impiegato nel rafforzamento della componente aerea. Infine, fa notare come il comma 7 dell’articolo 1 del decreto, nell’autorizzare l’ulteriore spesa per la partecipazione alla missione nei Balcani, non consenta di desumere la quantità di ulteriore personale di cui si prevede l’invio.

 

            In conclusione, ribadisce l’esigenza di un prolungamento dei tempi a disposizione per la discussione generale.

            Il presidente DINI fa presente che il decreto-legge n. 150 è stato pubblicato e assegnato alle Commissioni in data di ieri e che i disegni di legge nn. 1038 e 1061 sono già stati calendarizzati per l’esame da parte dell’Assemblea a partire dalla seduta di martedì 14 ottobre.

 

Ciò premesso, nel condividere le istanze rappresentate dai senatori in ordine ai tempi di discussione dei provvedimenti, e alla luce dei loro contenuti, propone che la discussione generale si svolga congiuntamente e prosegua la prossima settimana.

 

            Il senatore CANTONI (PdL), presidente della 4a Commissione, concorda con la proposta testè formulata dal presidente Dini in ordine al termine per la discussione generale.

 

            Convengono le Commissioni riunite.

 

            La senatrice NEGRI (PD) rileva come le scelte dal Governo per far fronte alla crisi russo-georgiana siano state nel complesso improntate ad equilibrio ed appropriate. Ricorda poi come, alla stregua dell'articolo 17 dell'azione comune del Consiglio dell'Unione europea del 15 settembre 2008 che l'ha istituita, la missione EUMM Georgia è soggetta dopo un semestre dal suo avvio operativo ad una valutazione da parte del Comitato politico e di sicurezza (COPS), sulla base di una relazione redatta dal Capo missione e dal Segretario generale del Consiglio. In tale occasione, il Parlamento sarà chiamato a valutare le prospettive di evoluzione di una situazione estremamente complessa, che ripropone in territorio europeo un nuovo grave focolaio di crisi, dopo la tragica pagina dei conflitti nei Balcani. È augurabile che tale passaggio sia affrontato dalle forze politiche della maggioranza e dell'opposizione al di fuori delle logiche di schieramento.

 

            Il senatore DEL VECCHIO (PD) sottolinea in primo luogo l'importanza del varo di una missione ad opera dell'Unione europea in una cornice coerente con le scelte della PESC, quale è la EUMM Georgia. Rileva poi come la vicenda del conflitto russo-georgiano sia stata affrontata dall'Italia con apprezzabile realismo ed equilibrio, sebbene - come ricordato stamattina dal senatore De Gregorio - tale orientamento non sia stato affatto apprezzato da tutti in ambito NATO. L'Unione europea ha saputo esercitare un ruolo importante nel riportare la crisi sotto controllo, anche se essa deve interrogarsi sulle ragioni per le quali non si è saputo prevenire quelle iniziative avventate della Georgia che hanno innescato il conflitto.

 

Per quanto riguarda le prospettive future, un ritorno allo status quo ante appare purtroppo difficile da ipotizzare, anche in considerazione del precedente del riconoscimento del Kosovo. Si tratta in ogni caso di una controversia molto complessa, che va affrontata con cautela ed equilibrio, ed è a questi criteri che occorre dare atto all'Unione europea di essersi ispirata.

 

            Il presidente DINI fa presente come sia in sede Onu, sia nell’ambito dell’Unione europea, si convenga sull’opportunità di avviare procedure di indagine in ordine alle responsabilità della genesi del conflitto russo-georgiano.

 

             Il senatore SIRCANA (PD) sottolinea in primo luogo l'opportunità di evitare, nel valutare la crisi russo-georgiana, facili schemi interpretativi che tendono ad addossare tutte le responsabilità di quanto accaduto alla Russia. Occorre inoltre ricordare che alle origini del conflitto, con gli aspetti etnici concorrano importanti fattori di ordine economico, oltrechè geo-strategico. In proposito, l'Italia deve a suo avviso porre in essere un'incisiva azione volta a riaffermare le ragioni del dialogo e della cooperazione, evitando di rassegnarsi a che la Georgia divenga, insieme all'Ucraina, ostaggio di una nuova confrontation fra gli Stati Uniti e la Federazione russa.

 

            Il relatore RAMPONI (PdL) rileva come la richiesta, precedentemente richiamata nel corso della discussione, di promuovere un'inchiesta internazionale sulle responsabilità del conflitto russo-georgiano appaia orientata ad attribuire tale responsabilità alla Russia, a dispetto dei rilevanti elementi che dovrebbero per contro portare ad imputarla alla leadership georgiana.

 

            Il sottosegretario SCOTTI interviene per svolgere talune considerazioni in ordine al disegno di legge n. 1038.

 

            Nel riaffermare la chiarezza e coerenza della linea seguita dal Governo nel contesto della crisi russo-georgiana, fa presente come sin dalla sottoscrizione dell’accordo in sei punti del 12 agosto 2008 sotto lo stimolo della presidenza francese dell’Unione europea vi fosse, da parte di tutti gli attori, la piena consapevolezza di come vi fossero taluni punti di difficile attuazione.

 

            In particolare si sofferma sul punto cinque dell’accordo, concernente la necessità dell’arretramento delle forze armate russe alle posizioni antecedenti all’inizio del conflitto, in attesa dell’intervento di una forza di pace internazionale. Detta parte dell’accordo fonda la decisione dell’Unione europea di inviare una missione di osservatori civili e militari. Fa notare come l’Italia abbia svolto un impegnativo lavoro diplomatico, insieme a Francia e Germania, finalizzato alla sottoscrizione dell’accordo e come il Paese debba coerentemente essere presente nell’ambito delle missioni europea, Onu e Osce. Evidenzia peraltro come l’intervento stabilito dall’Osce presenti profili di particolare delicatezza facendo parte di tale organizzazione anche Russia e Georgia.

 

            Passa quindi al punto sei dell’accordo, concernente l’avvio di trattative diplomatiche per l’individuazione di una soluzione condivisa sulla stabilizzazione dell’area caucasica. A tale proposito, ricorda che il prossimo 22 ottobre si svolgerà la Conferenza internazionale dei donatori mentre il 15 ottobre a Ginevra si apriranno i lavori della Conferenza internazionale per l’attauzione del punto sei dell’accordo. In un momento successivo si svolgerà la Conferenza internazionale di pace sul Caucaso prevista per i primi di novembre, prima però dello scoppio del conflitto.

 

            Sottolinea come il conflitto russo-georgiano risulti di difficile soluzione poiché implica una ridefinizione dei rapporti tra Russia, Unione europea e Stati Uniti; e ciò al di là delle ragioni anche di tipo etnico, che lo hanno generato.

 

            Ritiene che la posizione del Governo italiano debba essere improntata alla massima responsabilità e al mantenimento dei canali diplomatici con la Russia: infatti, la Russia non solo dispone del potere di veto in sede Onu, ma riveste un ruolo chiave sullo scenario internazionale.

 

            Evidenzia peraltro, con riferimento alla problematica dell’individuazione delle responsabilità dell’avvio delle ostilità belliche in Abkazia e Ossezia del Sud, come sia stato innanzitutto necessario giungere ad una cessazione degli scontri, rinviando l’accertamento preciso dei fatti e delle responsabilità ad un momento successivo.

 

Conclude ribadendo l’impegno del Governo italiano per la ricerca di soluzioni condivise nelle sedi deputate allo svolgimento delle Conferenze di pace.

 

            Il senatore PEDICA (IdV) auspica che il Rappresentante del Governo fornisca, nel prosieguo dei lavori, puntuali risposte alle questioni poste in relazione al disegno di legge n. 1061.

 

            Il presidente DINI propone quindi di fissare per le ore 16,30 di martedì 7 ottobre il termine per la presentazione di eventuali emendamenti ai disegni di legge in titolo.

 

            Le Commissioni riunite convengono.

 

            Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.

 

 

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2008

3ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 4ª Commissione

 

CANTONI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti.

 

La seduta inizia alle ore 15,20.

 

 

IN SEDE REFERENTE 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

             Riprende l’esame congiunto, sospeso nella seduta pomeridiana del 1° ottobre scorso.

 

Il presidente CANTONI ricorda che le Commissioni riunite hanno convenuto di fissare il termine per la presentazione degli eventuali emendamenti ai due disegni di legge in esame in oggi, martedì 7 ottobre, alle 16,30. Ciò, anche alla luce del fatto che la Conferenza dei Capigruppo ha fissato il termine per la presentazione degli emendamenti per l'Assemblea alle 19 di giovedì 9 ottobre.

 

Il senatore MARCENARO (PD), nel condividere le considerazioni già svolte in discussione generale dalla senatrice Marinaro e dal senatore Scanu, fa presente come i provvedimenti in esame si riferiscano ad iniziative di partecipazione stabilite in ambito comunitario e rechino un mero prolungamento dell’autorizzazione di missioni internazionali già deliberate in leggi precedenti.

 

Dopo aver richiamato le similitudini tra la crisi russo-georgiana e la vicenda balcanica e in particolare del Kosovo, facendo riferimento al decisivo ruolo svolto dal Governo serbo nella definizione dell’assetto territoriale dell’area, si sofferma a commentare la disposizione di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 150 del 2008, in materia di sostegno alla missione in Afghanistan. A tale ultimo proposito, fa osservare che la disposizione prevede l’utilizzo di ulteriori mezzi militari e rileva come, a proprio avviso, sarebbe stato opportuno che la decisione di un maggiore impegno di uomini e mezzi fosse preceduta da un’adeguata analisi del contesto politico in Afghanistan. Infatti, richiama lo scenario estremamente problematico di quella zona e come la propria parte politica abbia da sempre sostenuto, accanto all’opportunità di intervento da parte dell’Italia, anche la necessità che la presenza militare si accompagni ad iniziative di tipo prettamente politico che inquadrino tale presenza in un contesto adeguato.

 

Conclude auspicando che alle Commissioni possano essere forniti elementi conoscitivi sulla situazione in Afghanistan, mediante audizioni.

 

Il presidente CANTONI ricorda che il ministro La Russa gli ha manifestato, al termine della riunione del Consiglio dei ministri dello scorso 23 settembre, la sua disponibilità a riferire sulla decisione, che era stata appena assunta, di inviare in Afghanistan 4 aerei Tornado con compiti di ricognizione.

 

Di tale disponibilità egli ha informato l'Ufficio di Presidenza della Commissione difesa, allargato ai Capigruppo, nella riunione del giorno successivo.

 

Le Commissioni esteri e difesa potranno pertanto valutare se sia opportuno dar luogo ad un confronto con il ministro La Russa sul tema in questione; più in generale, potrà verificarsi la possibilità di procedere ad audizioni ad opera delle Commissioni 3a e 4a, congiuntamente o in via autonoma.

 

La senatrice PINOTTI (PD) ricorda che già in occasione della seduta delle Commissioni riunite 3a e 4a del Senato e III e IV della Camera dello scorso 11 giugno il ministro La Russa assicurò che, nel caso in cui in prosieguo di tempo fosse emersa la necessità di dar corso alla richiesta formulata da Paesi alleati, e segnatamente dalla Germania, in ordine al dispiegamento di alcuni aerei Tornado nel teatro afgano, egli ne avrebbe riferito al Parlamento.

 

Alla luce degli sviluppi della situazione in Afghanistan, e tenuto conto delle recenti dichiarazioni del comandante in capo delle truppe britanniche in Afghanistan, generale Carleton-Smith, appare quindi opportuno che le Commissioni 3a e 4a affrontino congiuntamente una riflessione generale sul tema.

 

Il presidente CANTONI assicura che si farà interprete, insieme al presidente Dini, della richiesta testé formulata dalla senatrice Pinotti in vista di un confronto con i ministri La Russa e Frattini.

 

 Il senatore TONINI (PD) rileva in senso critico l’impostazione recentemente assunta dal Governo nel senso di una attribuzione delle maggiori responsabilità della genesi della crisi russo-georgiana alla sola Georgia.

A tale proposito, fa presente come non possa essere condiviso il comportamento del Governo laddove, nell’accingersi a deliberare la partecipazione ad una missione di vigilanza in Georgia, non sembri aver mantenuto un atteggiamento sufficientemente neutrale tra le parti in conflitto.

 

Rileva inoltre come la propria parte politica sostenga la necessità che gli indirizzi fondamentali della politica estera del Paese debbano essere discussi e deliberati nell’ambito di un approfondito confronto parlamentare. Peraltro, ritiene preoccupante la differente impostazione che l’attuale Governo sembra seguire rispetto all’Esecutivo di centro-destra della XIV legislatura, laddove al mantenimento di rapporti privilegiati con l’Amministrazione americana pare sostituirsi una contiguità con la Russia.

 

Pur nella consapevolezza della necessità di un confronto con la Russia quale soggetto politico e partner economico, fa presente come sia opportuno che l’Europa si esprima rispetto a tale controparte secondo una strategia unitaria; in tale contesto ritiene che la posizione che l’Italia assume non possa che essere frutto di una scelta condivisa da maggioranza e opposizione.

 

Il presidente CANTONI rileva come le dichiarazioni rese lo scorso 5 ottobre dal Presidente del Consiglio circa le responsabilità del conflitto russo-georgiano si inseriscano in un discorso più ampio, diretto a sottolineare come la posizione dell'Italia, in sintonia con quella assunta dalla Francia nell'esercizio della Presidenza di turno dell'Unione europea, sia stata decisiva per far prevalere un approccio equilibrato alla crisi, in un contesto nel quale da molte parti si arrivava a prospettare la possibilità di sanzioni nei confronti della Russia. Dell'esistenza di tale clima, che può definirsi concitato, ha personalmente avuto modo di accorgersi in occasione della sua partecipazione, in qualità di Presidente della 4a Commissione del Senato, alla riunione della Commissione affari esteri del Parlamento europeo convocata, in via straordinaria, per discutere della crisi in Georgia, svoltasi il 20 agosto a Bruxelles.

 

La gravissima crisi in atto nei mercati finanziari mondiali, innescata da prassi operative di grandi gruppi statunitensi che da troppo tempo erano fortemente inquinati da logiche malavitose non fa che confermare l'opportunità di una riflessione sulle prospettive future per la sicurezza e lo sviluppo del Paese, che dovrà certamente continuare a fare riferimento in via prioritaria sugli Stati Uniti, ma che non può ignorare come la presente crisi metta in causa le modalità con le quali si è finora esercitata la leadership mondiale dell'alleato nordamericano in campo economico. In tale contesto, le relazioni con la Russia non possono non essere considerate con speciale attenzione, anche alla luce di fattori come la comune appartenenza continentale e la dipendenza energetica dell'Italia, in un panorama internazionale destinato comunque a vedere - per fattori economici, demografici e culturali evidenti - la crescente influenza di Paesi come la Cina, l'India e, appunto, la Russia.

 

Il relatore RAMPONI (PdL) prospetta l'opportunità di far sì che la presente discussione resti ancorata al suo oggetto.

 

Il presidente CANTONI rileva come una riflessione più generale sul contesto finanziario e geo-strategico mondiale in cui si collocano i provvedimenti in conversione debba considerarsi assolutamente attinente all'ordine del giorno.

Il senatore PERDUCA (PD) condivide i rilievi svolti dal senatore Tonini, ove si sottolineava l’opportunità per il Governo italiano di proseguire in un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, indipendentemente dalla presidenza statunitense, anziché sostenere la posizione russa nell’ambito della crisi nel Caucaso.

 

Relativamente alla missione di vigilanza in Georgia, fa presente come il contesto georgiano risulti per molti versi simile a quello balcanico del decennio scorso, paventando che la predisposizione di una missione civile in uno scenario di recente conflitto armato possa porre in pericolo l’incolumità degli osservatori in caso di recrudescenza degli scontri.

 

Per quanto concerne la prospettata opportunità di un’audizione parlamentare del Governo, fa presente che sarebbe preferibile procedere ad un incontro separato dei Dicasteri della difesa e degli affari esteri onde consentire un migliore dibattito.

 

Con riferimento, invece, alla prevista Conferenza dei donatori, e alle Conferenze internazionali in programmazione per definire diplomaticamente l’assetto della Georgia, sottolinea l’esigenza che non vengano escluse dai tavoli di trattativa anche le rappresentanze di Abkazia e Ossezia del Sud, nell’interesse delle relative popolazioni.

 

Passando quindi alle disposizioni relative alla missione italiana in Afghanistan, fa presente che il decreto-legge n. 150 non si limita a prevedere un prolungamento temporale della stessa ma anche l’impiego di ulteriori mezzi militari. A tale proposito, sottolinea come un rafforzamento della presenza militare incrementi le possibilità di conflitto e, pertanto, di mancato rispetto del mandato di pace della missione. Reputa opportuno che nello scenario afgano il confronto a livello politico avvenga individuando gli interlocutori più affidabili e, soprattutto, trattando dell’importante problematica legata al traffico dell’oppio prodotto nella zona. Ricorda, in proposito, come la posizione del Governo italiano non emerga con chiarezza e come, a proprio avviso, sarebbe necessario raggiungere un’intesa a livello internazionale sul punto.

 

Con riferimento, infine, all’intervento in Libano, fa osservare come la situazione nell’area appaia preoccupante anche dal punto di vista della sicurezza e come la presenza italiana non debba essere confermata senza essere preceduta da un’accurata valutazione del contesto politico di riferimento.

 

Il relatore BETTAMIO (PdL), per le parti di competenza della 3a Commissione, svolge l’intervento di replica.

 

Sottolinea positivamente, richiamando anche la conforme opinione espressa dalla senatrice Marinaro nel corso della discussione, come gli interventi italiani nelle missioni internazionali si inquadrino essenzialmente in un contesto europeo.

 

Reputa infatti di estremo rilievo il fatto che l’Unione europea assuma un ruolo significativo nello scenario internazionale, evitando in tal modo che i singoli Stati membri pongano in essere iniziative disomogenee e non coordinate tra loro.

 

Conclude auspicando il conferimento di un mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sui provvedimenti in esame.

Intervenendo in sede di replica, il relatore RAMPONI (PdL) dichiara preliminarmente di concordare con il senatore Marcenaro sull'opportunità di rinviare una riflessione più generale sul contesto politico nel quale si inscrivono le missioni internazionali ad un futuro confronto con i Ministri della difesa e degli affari esteri.

 

Resta ovviamente legittimo subordinare il proseguimento di singole missioni ad una specifica discussione parlamentare, laddove emergano fatti nuovi. Non sembra tuttavia che per la missione in Afghanistan ricorrano condizioni suscettibili di richiedere una verifica, tali non potendo a suo avviso essere considerate le recenti dichiarazioni del comandante in capo delle truppe britanniche in Afghanistan, generale Carleton-Smith.

 

In conclusione, propone che le Commissioni riunite si esprimano favorevolmente sulla conversione in legge dei due decreti-legge all'ordine del giorno.

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

4ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 3ª Commissione

DINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Crosetto.

 

La seduta inizia alle ore 14,50.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Seguito dell'esame congiunto, disgiunzione e conclusione)

 

             Riprende l’esame congiunto sospeso nella seduta del 7 ottobre scorso.

 

       Il presidente DINI ricorda che nel corso della precedente seduta si è conclusa la discussione generale e si sono svolte le repliche dei relatori.

 

Alla luce della calendarizzazione per l’esame da parte dell’Assemblea dei provvedimenti in esame per martedì prossimo 14 ottobre, rappresenta l’opportunità che le Commissioni riunite concludano l’esame nella seduta odierna.

 

 Il sottosegretario CROSETTO svolge l’intervento di replica sui disegni di legge in titolo, dopo aver premesso come il suo intervento rappresenti la sintesi delle valutazioni dei Ministeri della difesa e degli affari esteri in merito alle missioni internazionali, richiama preliminarmente il complesso quadro di politica estera nel quale si inseriscono le missioni alle quali le Forze armate italiane partecipano attivamente. In proposito, per fare solo un riferimento alla crisi più recente, rileva come l’aggravamento della situazione nell’area caucasica, e specificatamente in Georgia, ricordi quanto lo scenario internazionale continui ad essere caratterizzato da elevati fattori di rischio per la stabilità e la sicurezza, potenzialmente capaci di svilupparsi rapidamente ed imprevedibilmente in crisi regionali.

 

La situazione internazionale richiede, quindi, una continua attenzione da parte dell'Italia, ed una continuità nelle azioni, ed è in tale ottica che il Governo chiede al Parlamento l’approvazione dei provvedimenti in discussione.

 

Passa quindi ad indicare alcuni aspetti dell'impegno italiano nell’area caucasica, ricordando che di tale teatro ha parlato diffusamente il Ministro degli esteri durante i suoi interventi in Parlamento, e lo stesso sottosegretario Scotti davanti alle Commissioni riunite 3a e 4a del Senato il 1° ottobre scorso. Dopo aver sottolineato come, nella gestione della crisi della Georgia, l’Unione europea abbia assunto un profilo di preminente rilevanza, elaborando, grazie anche all’impulso dato da parte italiana, le grandi linee di una strategia di stabilizzazione che è stata formalmente sancita nel Consiglio europeo straordinario del 1° settembre scorso, ricorda che l’invio della missione PESD in Georgia denominata EUMM – contemplato dal predetto Consiglio e formalizzato dal Consiglio Affari Generali del 15 settembre – è una diretta conseguenza degli accordi raggiunti a Mosca l’8 settembre tra il presidente Medvedev ed il presidente di turno dell’UE, Sarkozy, in occasione di una missione congiunta ivi compiuta dallo stesso presidente Sarkozy, dall’alto rappresentante Solana e dal presidente della Commissione europea Barroso.

 

Con il decreto-legge n. 147 del 2008, quindi, il Governo italiano ha inteso dare una risposta immediata alla decisione presa il 15 settembre 2008 dall’Unione europea, che si è impegnata in una missione per garantire la pace e la stabilità in Georgia, inviando tempestivamente degli osservatori nella "zona cuscinetto" (buffer zone) attorno alle regioni della Abkazia e dell'Ossezia del Sud.

 

La missione dovrà assolvere, in sintesi, ai seguenti compiti: stabilizzazione (ciò che comporta vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di stabilizzazione incentrato sull’aderenza ai sei punti dell’accordo firmato fra le parti);  normalizzazione (ciò che comporta vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di ritorno alla normalità, ponendo particolare attenzione ai sistemi di trasporto, alle infrastrutture e ai servizi energetici, cosi come agli aspetti politici e di sicurezza relativi al rientro dei rifugiati); Confidence building (e quindi, contribuire alla riduzione delle tensioni tramite la facilitazione dei contatti tra le parti e ad altre misure analoghe); infine, si tratta di contribuire ad alimentare l’azione politica dell’Unione europea e le altre forme di impegno dell’Unione in quest’area.

 

A tale missione, che si inserisce pienamente nel tradizionale solco della politica estera e di difesa del Paese, e di partecipazione alle missioni multinazionali in ambito ONU, NATO ed appunto Unione europea, l'Italia partecipa con convinzione e – si auspica - con la più ampia condivisione parlamentare.

 

Dei circa 200 osservatori europei, ben 40 - più un ufficiale dislocato presso il quartier generale a Tbilisi - sono italiani. Quello italiano è il secondo contingente dopo quello della Francia, che ha la Presidenza di turno dell'Unione europea. Delle 41 persone inviate dall’Italia, 37 sono militari appartenenti alle varie Forze armate e 4 sono funzionari civili del Ministero degli esteri.

 

Il ruolo dei militari e dei funzionari civili schierati dall'Italia - ribadisce- è quello di osservatori. Essi dovranno verificare, quindi, l’adempimento di quanto previsto dall’accordo stipulato tra Unione europea, Federazione russa e Georgia. Proprio per la loro peculiarità di osservatori, tutti i partecipanti saranno disarmati, e la loro protezione sarà garantita dalle forze di polizia della Georgia.

 

In riferimento allo spazio territoriale nel quale è stata schierata la missione - per dare contezza ad una richiesta in merito da parte del senatore Ramponi - l’azione comune che istituisce la stessa missione indica il territorio della Georgia (inteso pertanto come spazio all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti).     Il quinto punto dell’accordo, negoziato il 12 agosto dall’Unione europea, indica esplicitamente il ritiro delle forze armate russe sulle posizioni precedenti l’inizio del conflitto. Le possibilità da parte delle squadre di osservatori dell’Unione europea di entrare nel territorio di Abkazia e Ossezia del Sud per verificare il rispetto di tale impegno sono tuttavia condizionate dalla posizione contraria del Governo di Mosca, che continua a mantenere nelle due regioni separatiste un contingente militare di peace-keeper superiore a quello presente al momento dello scoppio delle ostilità del 7 agosto scorso; a tale proposito, ricorda che la Russia ha ufficialmente riconosciuto il 26 agosto l’indipendenza di Abkazia e Ossezia del Sud.

 

Nei documenti istitutivi della missione EUMM Georgia si fa riferimento alla possibilità di operare anche nei territori delle due regioni separatiste, qualora ciò dovesse risultare percorribile. Alla luce della situazione sul terreno non sembra che tale opzione sia plausibile almeno per il prossimo futuro.

 

La partecipazione alla missione "EUMM Georgia" ha confermato ancora una volta il ruolo cruciale svolto dall’Italia nel quadro della Politica europea di sicurezza e difesa. L’Italia ha infatti accolto la richiesta proveniente dall’Unione europea ed indirizzata prevalentemente ai maggiori Paesi, di assicurare l’avvio immediato della missione per i primi quattro mesi di attività.

 

Oltre a partecipare alle attività operative – prosegue il sottosegretario - l’Italia ha ritenuto necessario seguire da vicino il negoziato politico che per conto dell’Unione europea verrà portato avanti dal rappresentante speciale dell’Unione europea per la crisi georgiana, ambasciatore Morel, affiancando a questi un funzionario italiano in qualità di consigliere politico, che sarà un  giovane funzionario diplomatico italiano in servizio alla Farnesina.

 

Passa quindi ad illustrare il contenuto del decreto-legge n. 150 del 2008, che è inteso ad assicurare, per il periodo dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL in Libano - compresa la componente navale EUROMARFOR - ALTHEA nel teatro balcanico, EUFOR TCHAD/Repubblica Centro Africana e altre. Esso è finalizzato, altresì, a consentire la partecipazione di personale militare alla missione degli osservatori militari, questa volta dell’OSCE, in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere ad esigenze sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo, Kosovo e delle attività in Iraq, già finanziate per l’anno in corso dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8.

 

Su gran parte delle missioni testè citate, e che sono oggetto del provvedimento, intende fornire solo alcuni aggiornamenti, rimandando alla rassegna effettuata in proposito dal Ministro della difesa nel suo intervento dell’11 luglio davanti alle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato in seduta congiunta.

 

Già in quella sede, il ministro La Russa aveva indicato la necessità di rifinanziare la partecipazione alla missione UNIFIL in Libano, in coerenza con il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha recentemente prorogato, con la risoluzione n. 1832 adottata il 27 agosto 2008, la durata della missione. In questo senso è oggi richiesto, quindi, il finanziamento della missione per gli ultimi tre mesi dell’anno.

 

Il ritorno alla violenza in Libano, con l’uccisione, lo scorso 10 settembre, di Saleh Aridi, membro del Partito Democratico Libanese, e il grave attentato terroristico del 29 settembre a Tripoli contro le Forze armate, appaiono in controtendenza rispetto all’incoraggiante dinamica di riconciliazione nazionale che sembrava avviata. È importante che questi atti di violenza non cancellino la volontà di continuare il dialogo e che possa proseguire la ricerca di una soluzione che porti pace e sicurezza al Libano. Per questo, fa presente che il Governo ha salutato con soddisfazione l’apertura di un dialogo tra Hezbollah e la "Corrente del Futuro" di Saad Hariri, e ritene che esso sia necessario per preservare il Paese da rischi di sbandamento come quelli che hanno portato le due formazioni ad affrontarsi militarmente lo scorso mese di maggio. Si tratta di una dinamica incoraggiante che potrebbe produrre effetti trainanti anche sui tentativi di conciliazione in corso all’interno della comunità cristiana. In tale contesto, il Governo ritiene che la missione UNIFIL, che attualmente impegna circa 2400 militari italiani, continui a svolgere un ruolo determinante per la stabilità del Libano e dell’intera regione. Per la prima volta in trent’anni infatti le autorità libanesi hanno esteso il loro controllo alla parte meridionale del Paese e, salvo alcuni incidenti minori, non si sono verificati attacchi contro Israele nei due anni dal dispiegamento della missione.

 

Dal punto di vista prettamente militare, il 1° settembre 2008 l’Italia ha ceduto alla Francia il comando della componente marittima della missione, EUROMARFOR, pur mantenendo una unità navale tra le forze marittime schierate. Dal marzo di quest’anno è in atto - pilotato dal Dipartimento per le Operazioni di peace-keeping delle Nazioni Unite (DPKO) - un processo di maggiore multinazionalizzazione del contingente UNIFIL al livello dei Comandi sul terreno, allo scopo di ottenere una migliore integrazione tra truppe di Paesi diversi e una maggiore legittimazione della missione stessa.

 

            Anche dell’operazione "ALTHEA", con il decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, era stato previsto il finanziamento fino al 30 settembre 2008, in coerenza con le decisioni assunte a quella data al riguardo nell’ambito dell’Unione europea. Con la conclusione adottata il 16 giugno 2008, il Consiglio dell’Unione europea ha sottolineato che è necessario rimanere attivamente coinvolti in Bosnia e che la presenza militare a guida europea rimarrà nell’area fino a quando sarà necessario. Lo stesso Consiglio ha valutato positivamente i recenti sviluppi politici nell’area, sottolineando che tali progressi influiranno necessariamente sul complessivo piano di intervento dell’Unione. Il Consiglio ha inoltre notato che la situazione di sicurezza rimane stabile anche grazie al positivo contributo militare europeo e ha aggiunto che la forza europea (EUFOR) continua a offrire sicurezza, rimanendo pronta a rispondere alle possibili minacce che si dovessero presentare nella regione. Permangono, infatti, in Bosnia, latenti problematiche di base e si registrano azioni volte a indebolire progressivamente le legittime istituzioni a livello centrale. Per questo, al momento, il Comando EUFOR conferma l’intendimento dell’Unione europea di non procedere a riduzioni dei contingenti militari, ritenendo la presenza di EUFOR ancora necessaria. Al riguardo, tenuto conto della revisione in senso riduttivo del volume complessivo delle Forze italiane impiegate in Bosnia, operata nel corso del 2007, non si intravedono ulteriori e significative riduzioni per il contingente nazionale, che si attesta a circa 240 unità.

 

In particolare, l’Italia, dal dicembre 2008 e per un anno, nell’ambito della missione dell’Unione europea "EUFOR", esprimerà il Comandante della missione. Quest’onere comporterà l’incremento di 18 posizioni organiche, ovvero un ufficiale generale, un "close protection team" e personale di staff del Comando EUFOR. Inoltre, a partire dal mese di gennaio 2009 e per la durata di un anno, l’Italia assumerà nel teatro bosniaco la carica di senior military representative del NATO Headquarters Sarajevo, con un incremento organico di 15 posizioni, di cui una di Generale di Brigata ed il resto di personale di staff del Comando NATO. Per quanto sopra, è stato quindi necessario provvedere al finanziamento della missione sino al 31 dicembre 2008.

 

Rimanendo nel teatro balcanico, sottolinea come l’Italia attui nella regione una politica organica e di ampio respiro, incentrata sulla valutazione per la quale i problemi storici dell'area vadano affrontati all’interno di un disegno di coinvolgimento generale di tutti i suoi Paesi nell’Unione europea e nella NATO.

 

Nel condurre tale azione, l’Italia si è impegnata in prima linea sia nel sostenere i processi di stabilizzazione democratica interni ai singoli Paesi, sia - non senza difficoltà - nel fronteggiare le resistenze presenti nella comunità internazionale rispetto a tali scenari di allargamento dell'Unione europea e della NATO.

 

Negli scorsi mesi è continuato il forte impegno dell'Italia in Kosovo, Paese che si conferma al centro dell’attenzione internazionale dopo la dichiarazione di indipendenza del mese di febbraio. In tale contesto, l'Italia promuove l’assunzione di crescenti responsabilità dell’Unione europea in Kossovo quale dimostrazione del fatto che l’annosa questione costituisce un problema eminentemente europeo. In tale ottica, il decreto-legge n. 150 in conversione prevede lo stanziamento di fondi anche per corrispondere alle esigenze connesse con l’assunzione da parte dell’Italia del Comando della missione NATO in KOSOVO (KFOR), dove il 30 agosto 2008 il generale italiano Giuseppe Emilio Gay ha sostituito il collega francese Xavier de Marnahac e ricoprirà l’incarico per un anno.

 

In proposito, precisa - anche in risposta ad una richiesta di chiarimento del senatore Pedica -  che l’impegno aggiuntivo risulta di 18 militari, in termini di personale, e di quattro veicoli terrestri e due elicotteri AB 205, per quanto attiene ai mezzi. Al momento, il contributo italiano si attesta su circa 2200 militari. È da sottolineare che, nell’ambito dello sviluppo del progetto relativo al Kosovo Security Force Training Plan, volto a reclutare, addestrare e costituire le forze di sicurezza kosovare, l’Italia ha assunto una posizione di primo piano con l’invio per un anno, dal 5 agosto 2008, del generale di brigata Gianfranco Di Luzio con l’incarico di Deputy Chief of Staff Military Civil Adivisory – Division (DCOS MCA) del Comando di KFOR.

 

Nel corso del 2008, gli sforzi del contingente italiano nell’area occidentale del Kosovo sono stati notevoli, in particolare nelle zone di confine con il settore Nord francese, dove sono stati conseguiti netti e significativi progressi nel campo della sicurezza e dell’ordine pubblico. Anche la Multinational Specialised Unit (MSU), di cui fanno parte i Carabinieri, ha contribuito alla stabilizzazione del Paese in modo determinante, in particolare nella gestione dei problemi di ordine e sicurezza pubblica a seguito della dichiarazione d'indipendenza de1 17 febbraio 2008.

 

In conclusione, il Governo ritiene che si debba valorizzare il ruolo tuttora svolto dalle Nazioni Unite quale elemento di stabilizzazione del quadro generale. La nomina del diplomatico italiano Lamberto Zannier quale Rappresentante Speciale del Segretario Generale per il Kossovo si colloca in tale contesto. Egli ha avviato un delicato dialogo con Belgrado al fine di elaborare formule di compromesso relative ad aspetti specifici della gestione delle zone a maggioranza serba del Kossovo.

 

Passa quindi a considerare le problematiche attinenti alla missione EUFOR Tchad/Repubblica Centro Africana. Anche per tale missione si richiede il finanziamento per gli ultimi tre mesi dell’anno, in conformità con il mandato fissato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 1834 adottata il 24 settembre 2008.

 

Tale missione ha lo scopo di garantire la sicurezza nella zona est del Ciad e nell’area nord est della Repubblica Centrafricana, proteggendo la popolazione civile, facilitando la consegna degli aiuti umanitari ed il libero movimento del personale internazionale. In tale teatro, l’assetto sanitario italiano messo a disposizione del contingente e della popolazione locale è pienamente operativo, anche se la limitata attività operativa del contingente multinazionale europeo, a guida francese, non ha, di fatto, impegnato in modo massivo l’ospedale a connotazione prevalentemente chirurgica, cioè con capacità salva vita o salva arti "life and limb saving"(sono stati effettuati essenzialmente degli interventi medici ambulatoriali verso i contingenti delle altre nazioni partecipanti alla missione). Attualmente, in tale missione sono impiegati circa 100 militari. Relativamente ai possibili sviluppi nel medio termine, occorre sottolineare che il Comitato Militare dell’Unione europea ha comunicato al Comitato Politico Strategico della stessa la necessità di giungere ad una decisione circa il futuro della missione, ed ha raccomandato all’ONU di finalizzare la pianificazione volta ad assicurare il passaggio di autorità tra la EUSFOR e una Follow on Force a guida ONU/Unione africana. L’ONU ha recepito tali indicazioni con la stessa risoluzione del 24 settembre 2008.

 

Allo stato attuale, diverse soluzioni sono al vaglio: nel quadro di incertezza delineato è ipotizzabile che pervengano forti sollecitazioni a livello internazionale affinchè l’Italia protragga la presenza dell’assetto sanitario attualmente presente in Ciad almeno fino al mese di giugno 2009, in modo da rendere possibile un avvicendamento non traumatico con assetti provenienti da altri paesi.

 

Con riferimento poi alla missione NATO Training Mission in IRAQ (NTM-I), fa presente che il personale ivi dislocato continua a lavorare con le istituzioni irachene per costruire e potenziare il sistema di formazione della leadership di sicurezza del paese. Il contributo italiano è attualmente incentrato su circa 84 militari, in gran parte istruttori, incaricati dei corsi di formazione degli Ufficiali delle Forze armate irachene, oltre che dell'addestramento della Iraqi National Police (INP). Quest’ultimo compito è svolto da un team di Carabinieri denominato "Gendarmerie Training Department". L’addestramento dei reparti dell’INP è nettamente migliorato rispetto al precedente sistema addestrativo nel quale il personale veniva istruito da "contractors", ovvero agenzie di sicurezza private (ex poliziotti). L’addestramento impartito è volto a far acquisire le capacità di polizia supportate dalle capacità militari ed a contribuire alla creazione di una forza di Polizia nazionale democratica, quale contributo tangibile alla sicurezza irachena.

 

Sulla scorta dei risultati lusinghieri conseguiti, il Primo ministro iracheno ha recentemente chiesto alla NATO di incrementare il numero degli istruttori per fornire l’addestramento ad un numero maggiore di operatori della INP (fino a 900 unità rispetto alle iniziali 450). Il finanziamento aggiuntivo a questa missione, disposto con il decreto legge n. 150 in conversione, è inteso proprio ad assicurare l’invio di ulteriori 16 carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della Iraqi National Police.

 

Passa infine a considerare il teatro dell'Afghanistan, rilevando in primo luogo come l’adozione di una Costituzione afgana e il graduale ristabilimento di un sistema di giustizia segnino il rafforzamento delle istituzioni nazionali e marchino i progressi conseguiti negli ultimi sei anni. L’Afghanistan continua, però, a dover far fronte all’azione di gruppi collegati al terrorismo, spesso finanziati dal traffico della droga. Tali gruppi prendono di mira  non solo   la presenza straniera, ma soprattutto le istituzioni afgane e la stessa popolazione civile afgana.     L’obiettivo dei terroristi è di rendere più difficile il processo di riconciliazione nazionale.

 

La comunità internazionale deve quindi intensificare gli sforzi a sostegno della ricostruzione dell'Afghanistan, tenendo saldo il principio della ownership, cioè dell'obiettivo dell’«afganizzazione del Paese». 

 

L'Italia vuole svolgere un ruolo di primo piano in tale teatro, anche sulla scorta del generale riconoscimento, sia in termini di quantità che di qualità, raccolto per il suo contributo. Un prestigio e una credibilità che vanno mantenuti e incrementati grazie ad una significativa presenza nazionale in Afghanistan. Non a caso, diplomatici italiani ricoprono ruoli preminenti: il consigliere Gentilini è stato nominato rappresentante civile della NATO in Afghanistan, e il ministro Sequi è titolare dell'incarico di Rappresentante Speciale dell’Unione europea.

 

La politica e l'institution building sono fondamentali, ma è evidente che il contributo dell'Italia porta anche a consolidare la presenza in Afghanistan sotto il profilo della sua dimensione militare.

 

Come è noto, l’Italia, con circa 2110 militari, è uno dei paesi dell’Alleanza che, in seno alla missione ISAF, maggiormente contribuisce alle attività di supporto al Governo afgano. Dopo la cessione di responsabilità della regione di Kabul al contingente francese, avvenuta nel mese di agosto ultimo scorso, i militari italiani detengono la leadership esclusivamente nella regione ovest (Regional Command West – RCW) mantenendo comunque una componente di manovra nella regione della capitale Kabul (Regional Command Capital). Questo ha permesso di ridefinire, come già dichiarato dal Ministro della difesa nell’audizione dello scorso mese di luglio, il contributo nazionale nel teatro afgano secondo un indirizzo politico strategico che, nel consolidare i risultati ottenuti, ottimizzi le risorse a disposizione.

 

Per quanto attiene alla regione ovest di responsabilità italiana, nel quadro del maggior impegno operativo della NATO in tutto il territorio afgano, ribadito nell’ultimo vertice dei Capi di Stato e di Governo a Bucarest, il Governo ritiene opportuno concentrare capacità e risorse operative, finalizzandole a fronteggiare i rischi e le minacce provenienti dall’insorgenza e facilitare, nel contempo, il conseguimento del processo di "afganizzazione" delle istituzioni locali.

 

In tale ottica va vista la disposizione inclusa nel decreto-legge n. 150 in conversione che prevede l’invio di 4 aerei Tornado (PA 200) e del relativo supporto tecnico e di personale, per complessivi 120 militari. I veivoli saranno presumibilmente rischierati nei primi giorni di novembre. Tale esigenza trae origine, in primo luogo, dalla necessità di dotarsi di una più adeguata capacità di protezione del contingente ivi schierato, ma anche dalle richieste di collaborazione pervenute sia dalla Germania che dal Regno Unito affinchè fosse fornita risposta alle più volte reiterate richieste di assetti da ricognizione da parte del Comando NATO.

 

Per dirimere alcuni dubbi emersi in sede di discussione e chiarire il senso di talune indicazioni apparse su organi di stampa, ritiene opportuno precisare alcuni aspetti che riguardano tali assetti. In primo luogo, gli aerei verranno offerti alla NATO in relazione esclusivamente a compiti di intelligence, ricognizione e sorveglianza. L’autorità NATO non avrà inoltre facoltà di attribuire ai velivoli compiti diversi da quelli per i quali essi sono stati assegnati, tenuto conto del fatto che la potestà di cambiare la missione agli assetti nazionali risiede esclusivamente e permanentemente nelle autorità italiane e, specificatamente, nella figura del Capo di Stato Maggiore della Difesa, in analogia peraltro a quanto avviene negli altri paesi della NATO. La catena di comando per i velivoli Tornado sarà poi la medesima di quella in uso per gli assetti aerei già partecipanti alla missione ISAF.

 

Per aumentare le capacità di sicurezza e tecniche del contingente, il decreto in parola prevede inoltre l’invio di 25 mezzi tra "Buffalo" e VTLM (Lince), la cui immissione è prevista per la fine di ottobre.

 

Per ciò che attiene alle attività formative ed addestrative, si è ritenuto opportuno dare una risposta adeguata alle ripetute richieste avanzate dagli alleati per la partecipazione di personale dell’Arma dei Carabinieri all’addestramento delle Forze di polizia afgane, cosi come preannunciato, peraltro, dal Ministro della difesa nella già citata seduta del luglio scorso. Al riguardo, il decreto-legge n. 150 autorizza la spesa relativa all’impiego di 40 militari dell’Arma stessa.

 

Occorre ribadire comunque in proposito che non vi sono state variazioni di strategia nazionale o della NATO per la missione ISAF, e che il nuovo contributo risponde all’impegno collegialmente preso, al vertice di Bucarest, dai leader dei Paesi dell’Alleanza, per un maggiore sforzo nel quadro della missione ISAF.

 

L’impegno che il Governo ha inteso assumere con la partecipazione alle missioni previste dai decreti-legge nn. 147 e 150 del 2008 in conversione, cosi come alle altre in corso non interessate da tali provvedimenti testimonia ancora una volta il crescente impegno internazionale dell'Italia, premiato, peraltro, dagli ottimi risultati - da tutti riconosciuti - raggiunti dalle Forze armate del Paese impegnate nei vari teatri operativi.

 

In conclusione, nel richiamare il contributo degli uomini e delle donne, in divisa e non, che continuano a servire il Paese nelle operazioni internazionali, auspica la più ampia convergenza nell’approvazione dei decreti-legge in esame.

 

Si procede quindi alle votazioni relative al disegno di legge n. 1061.

 

Il presidente DINI informa che è stato presentato l’emendamento 1.0.1. Tuttavia non essendo stato ancora espresso il parere della 5a Commissione sullo stesso e onde consentire la conclusione dell’esame del provvedimento nella presente seduta, auspica il ritiro della proposta emendativa in vista della eventuale riproposizione per l’esame da parte dell’Assemblea.

 

Il senatore RAMPONI (PdL), relatore per la 4a Commissione, e il senatore CARRARA (PdL) dichiarano di ritirare l’emendamento 1.0.1.

 

Prende quindi la parola il senatore TORRI (LNP) che chiede informazioni circa il parere che la Commissione bilancio deve rendere sul disegno di legge n. 1038. Al riguardo esprime sorpresa per il fatto che sia stato disposto il dispiegamento di un contingente nel quadro della missione EUMM Georgia senza che - a quanto sembra emergere - vi fosse una affidabile copertura finanziaria dei relativi oneri.

 

Il sottosegretario CROSETTO con riferimento ai rilievi testè formulati dal senatore Torri, precisa che oggetto di valutazione da parte della 5a Commissione non è la copertura finanziaria della missione EUMM Georgia, ma la quantificazione dei relativi oneri. Al riguardo, ricorda che per prassi costante il Ministero della difesa ha adottato criteri restrittivi in sede di quantificaziuone degli oneri derivanti dalla partecipazione alle missioni internazionali, con la conseguenza di dover poi provvedere alla copertura integrativa degli oneri attraverso l'utilizzo di stanziamenti previsti per i propri consumi intermedi. Alla luce delle recenti misure di riduzione complessiva delle risorse per il comparto, si è reso necessario riconsiderare tale prassi, e le problematiche emerse in sede di valutazione del provvedimento da parte della 5a Commissione derivano da tale mutato contesto.

 

Riprendendo le dichiarazioni di voto relative al disegno di legge n. 1061 prende la parola la senatrice CONTINI (PdL) la quale sottolinea l'opportunità di far sì che il contributo italiano alle varie missioni internazionali sia maggiormente valorizzato da parte delle competenti istanze politiche e amministrative nei confronti della comunità internazionale e dei singoli Paesi volta per volta destinatari dell'intervento. Occorre al riguardo che l'Italia, al pari dei principali partner internazionali, metta a frutto il suo impegno sul versante delle missioni, il che postula la capacità di gestire le singole iniziative secondo indirizzi e in funzione di obiettivi proiettati in avanti nel tempo.

 

In conclusione, dichiara il voto favorevole della propria parte politica.

 

Il senatore TONINI (PD) preannuncia il voto favorevole della propria parte politica sui disegni di legge nn. 1038 e 1061.

 

Precisa che tale scelta è motivata dall’esigenza di sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, anche mediante un’ampia convergenza a livello parlamentare, sottolineando il positivo impegno delle Forze armate negli scenari di impiego.

 

Fa osservare come l’intervento militare nella missione in Afghanistan, di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 150, nell’ambito del quale è previsto un ulteriore impiego di mezzi aerei, si inquadri in un contesto politico territoriale di grande delicatezza. Sottolinea l’esigenza, in proposito, di un approfondimento dell’analisi della situazione afgana mediante un ampio dibattito parlamentare che rimediti le linee strategiche della politica estera italiana nell’area, anche in vista del prossimo confronto con la nuova presidenza statunitense.

 

Il senatore PEDICA (IdV) rileva in premessa come l’intervento di replica del Rappresentante del Governo abbia omesso di considerare l’alto tasso di rischio e la delicatezza dello scenario georgiano in cui militari e civili italiani sono già operativi.

 

Dichiara quindi voto favorevole sul disegno di legge n. 1061 in base alla necessità di sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace stabilite in ambito comunitario, in sede Nato e Osce. Ritiene infatti sia compito di un’opposizione parlamentare responsabile riconoscere l’esigenza che il Paese contribuisca agli interventi multilaterali umanitari e di ricostruzione in numerose aree del mondo.

 

Fa peraltro presente come sarebbe stata auspicabile da parte del Governo una maggiore disponibilità in termini di contributo al dibattito parlamentare sulla conversione dei provvedimenti d’urgenza in esame.

 

Osserva come il ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza risulti criticabile, non ricorrendone i presupposti di necessità e urgenza, mentre sarebbe stato maggiormente opportuno presentare un ordinario disegno di legge, da esaminare con tempi adeguati. Inoltre, sotto il profilo della copertura finanziaria, ritiene necessari chiarimenti da parte del Governo in merito al previsto utilizzo di stanziamenti già assegnati ad altri fondi, con diverse finalità parimenti meritevoli di attuazione, e non attinenti a tematiche di politica estera.

 

Osserva poi come il Rappresentante del Governo, pur avendo informato nel dettaglio sulle missioni internazionali cui l’Italia partecipa, abbia omesso di fornire ragguagli sul concreto impiego delle ulteriori Forze militari inviate negli scenari di guerra e sul contesto politico attuale in Afghanistan, nei Balcani e in Iraq.

 

Conclude ribadendo come il voto favorevole del proprio Gruppo parlamentare sui provvedimenti in esame sia motivato dall’intenzione di salvaguardare il prestigio dell’Italia a livello internazionale e non da una condivisione della politica estera del Governo, facendo altresì presente come, in mancanza di rassicurazioni da parte dell’Esecutivo sugli aspetti testé sottolineati, tale orientamento potrebbe non essere confermato in sede di esame da parte dell’Assemblea.

 

Il presidente DINI fa presente come il Rappresentante del Governo abbia fornito nel corso della replica precisi chiarimenti sulla operatività e sul finanziamento delle missioni internazionali cui l’Italia partecipa. Osserva, inoltre, come l’utilizzo di fondi assegnati ad altri capitoli di bilancio ai fini di copertura finanziaria di provvedimenti sia un’operazione usuale e corretta dal punto di vista della contabilità pubblica.

 

Il senatore MARCENARO (PD) si associa alla dichiarazione di voto favorevole del senatore Tonini, riservandosi tuttavia di commentare i profili di copertura finanziaria dei disegni di legge nn. 1038 e 1061 in sede di esame da parte dell’Assemblea e alla luce del parere della 5a Commissione.

 

Il senatore CAFORIO (IdV) ad integrazione delle considerazioni svolte dal senatore Pedica sottolinea l’opportunità di un sollecito chiarimento da parte del Governo sulle modalità di utilizzo degli aerei Tornado nel teatro afgano.

 

Al riguardo, il proprio Gruppo non è pregiudizialmente contrario al dislocamento di tali velivoli, ma ritiene essenziale che vi sia un approfondimento sulla questione.

 

Dopo che il presidente DINI ha accertato la presenza del prescritto numero di senatori, le Commissioni riunite conferiscono mandato ai relatori a riferire favorevolmente all’Assemblea sul disegno di legge n. 1061, autorizzandoli a svolgere la relazione oralmente.

 

Si procede quindi alle votazioni relative al disegno di legge n. 1038.

 

Il senatore TONINI (PD) ribadisce i rilievi svolti in sede di discussione generale circa la necessità che l’Italia mantenga una posizione di assoluta equidistanza tra le parti coinvolte nel conflitto russo-georgiano, mentre invece dal Governo viene prospettata, in dichiarazioni pubbliche, una posizione che turba questo equilibrio a favore delle istanze russe. Più in generale, ritiene che l’orientamento dell’Esecutivo rispetto ai rapporti con la Russia sia un tema di grande delicatezza, meritevole di una approfondita discussione in Parlamento. Rileva infine come la pur ampia e dettagliata replica del Rappresentante del Governo abbia omesso di fornire chiarimenti sulla politica estera nei confronti di Russia e Georgia.

 

Il presidente DINI (PdL) fa presente come la circostanza stessa della deliberazione da parte del Governo della partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia, costituisca chiaro sintomo della posizione di equidistanza dello stesso rispetto alle istanze di Russia e Georgia. Infatti, rileva come l’intervento sia finalizzato alla tutela di tutte le parti in conflitto.

 

Il senatore CANTONI (PdL), Presidente della 4a Commissione, ritiene opportuno - trattandosi di questione politica rilevante ai fini della presente discussione - fornire una precisazione in ordine ad un'interpretazione, totalmente non corretta, che il senatore Tonini ha inteso dare di un intervento, da lui effettuato nella seduta di ieri delle Commissioni riunite 3a e 4a,relativo al contesto finanziario e geo-strategico mondiale in cui si collocano i provvedimenti in conversione.

 

In proposito, il senatore Tonini, alla stregua di quanto riportato dalle Agenzie di stampa, ricorda di aver espresso stupore nel corso della seduta di ieri delle Commissioni riunite per dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio sulle responsabilità della crisi georgiana nel contesto di una manifestazione politica del Popolo della Libertà. Si tratta evidentemente di considerazioni del tutto  legittime; egli ha però poi aggiunto: ''La mia sorpresa  è ulteriormente aumentata quando il presidente Cantoni, con l'onestà intellettuale che gli è universalmente riconosciuta, non solo non ha contraddetto la mia lettura delle dichiarazioni dell'onorevole Berlusconi, ma ha confermato un riorientamento della politica estera italiana, a seguito di quella che egli ha definito la crisi della leadership americana sull'Occidente. Per la prima volta nella storia italiana abbiamo il centrodestra che guarda a Mosca e il centrosinistra che guarda a Washington".

 

Come può evincersi anche dalla lettura del resoconto sommario del suo intervento di ieri, prosegue il presidente Cantoni, egli non ha in alcun modo evocato la necessità di un riorientamento della politica estera italiana, ma ha anzi ribadito la priorità del legame transatlantico, limitandosi a osservare come la crisi sui mercati finanziari metta in causa le modalità con le quali si è finora esercitata la leadership mondiale dell'alleato nordamericano in campo economico.

 

Il senatore PEDICA (IdV) preannuncia il voto favorevole della propria parte politica sul disegno di legge n. 1038, motivato dall’esigenza di garantire la sicurezza degli osservatori italiani nel Caucaso. Lamenta tuttavia che il Rappresentante del Governo abbia omesso di fornire ragguagli sull’impiego degli osservatori civili e, soprattutto, in relazione all’orientamento seguito nei rapporti con la Russia, non caratterizzato a proprio avviso, da sufficiente fermezza.

 

Il senatore TORRI (LNP), intervenendo per dichiarazione di voto sul disegno di legge n. 1038, ribadisce il pieno sostegno della propria parte politica alla partecipazione italiana alla missione EUMM Georgia, sia perché espressione di un profilo internazionale dell'Europa finalmente autonomo che per le connotazioni dell'iniziativa, che appare rispondere ad apprezzabile spirito di equilibrio fra le parti in conflitto.

 

Il presidente DINI informa che la 5a Commissione ha testé espresso parere favorevole sul testo del disegno di legge n. 1038 con una condizione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, e che i relatori hanno presentato l’emendamento 3.1 che recepisce detta condizione.

 

Verificata la presenza del numero legale per deliberare, il presidente DINI pone quindi in votazione l’emendamento 3.1 che viene approvato dalle Commissioni riunite.

 

Con successiva votazione, viene poi conferito mandato ai relatori a riferire favorevolmente all’Assemblea sul disegno di legge n. 1038, autorizzandoli a svolgere la relazione oralmente.

Allegato

 

 

EMENDAMENT0 AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE) 

N° 1061

 

Art.  1

 

1.0.1

 

SALTAMARTINI, CARRARA, PISCITELLI, DE ANGELIS, FLERES, CONTINI, RAMPONI

 

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

 

«Art. 1-bis.

 

        1. L'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n.  248, si interpreta, sin dalla sua approvazione, nel senso che la riduzione del 20 per cento si applica esclusivamente al personale inviato in missione non superiore ai 180 giorni ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n.  941.

 

        2. Al personale di cui alla legge 8 luglio 1961, n.  642, concernente ''Personale militare presso delegazioni o rappresentanze militari nazionali, enti, comandi o organismi internazionali'' cui siano stati riconosciuti adeguamenti della indennità speciale dopo il 4 luglio 2006 non spetta il completo ristoro delle somme già decurtate ma soltanto la parte che risulti non eccedente il totale della retribuzione mensile netta percepita alla data del 4 luglio 2006».

 

EMENDAMENT0 AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE) 

 

N° 1038

 

Art.  3

 

3.1

 

I Relatori

 

Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «come rifinanziato dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112».

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

GIOVEDÌ 25 SETTEMBRE 2008

38a Seduta

 

Presidenza del Presidente

 

VIZZINI

 

La seduta inizia alle ore 14,20.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame e rinvio)

 

 

      Il relatore BODEGA (LNP) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 147, volto ad assicurare l’immediata partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia a seguito della crisi nell’Ossezia del Sud.

            Sottolinea l’improrogabilità della missione, da cui scaturisce la straordinaria necessità e urgenza del provvedimento, che inoltre è conforme al riparto costituzionale della potestà legislativa di cui all’articolo 117 della Costituzione.

 

            Conclude, proponendo di esprimere un parere favorevole.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDÌ 30 SETTEMBRE 2008

39a Seduta

 

Presidenza del Presidente

 

VIZZINI

 

Intervengono i sottosegretari di Stato per la difesa Crosetto e per lo sviluppo economico Martinat.

 

 

 

La seduta inizia alle ore 15,05.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole)

 

            Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 25 settembre.

 

      Il relatore BODEGA (LNP) conferma la proposta di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

            Il senatore BIANCO (PD) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, sottolineando la rispondenza della missione di vigilanza in Georgia agli indirizzi dell’Unione europea.

 

Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole proposto dal relatore.

 

            La seduta termina alle ore 15,20.


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLEDÌ 1° OTTOBRE 2008

40a Seduta

Presidenza del Presidente

 

VIZZINI

40ª Seduta

 

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per la difesa Cossiga e per l'interno Mantovano.

 

 La seduta inizia alle ore 15,30.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1061)Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

(Parere alle Commissioni 3ª e 4ª riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame. Parere favorevole)

 

 Il relatore BODEGA (LNP) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 150, recante disposizioni per assicurare la proroga della partecipazione del personale delle forze armate e di polizia ad alcune missioni internazionali e alla missione in Libia, nonché a consentire la partecipazione di personale militare alla missione dell’OSCE in Georgia e per corrispondere a esigenze sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq. Rileva la conformità del provvedimento al riparto delle competenze legislative di cui all’articolo 117 della Costituzione e propone di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

 Il senatore BIANCO (PD) preannuncia il favore del suo Gruppo e auspica che in futuro ulteriori proroghe prevedano termini più ampi, in modo da evitare un ripetuto esame parlamentare a breve scadenza. Conferma l’orientamento della sua parte politica a sostenere le missioni intraprese per iniziativa delle organizzazioni multinazionali.

 

 Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole proposto dal relatore sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

 

 La seduta termina alle ore 15,55.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

Sottocommissione per i pareri

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

16a Seduta

Presidenza del Presidente della Commissione

 

VIZZINI

 

 

La seduta inizia alle ore 13,15.

(omissis)

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3ª e 4ª riunite. Esame. Parere non ostativo)

 

      Il relatore BODEGA (LNP), dopo aver illustrato il disegno di legge in titolo, propone di esprimere un parere non ostativo.

 

            La Sottocommissione concorda.

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Parere alle Commissioni 3ª e 4ª riunite su testo ed emendamento. Esame. Parere non ostativo sul testo. Parere non ostativo con osservazioni sull'emendamento)

 

      Il relatore BODEGA (LNP) illustra il provvedimento in titolo e propone di esprimere un parere non ostativo. Inoltre, propone di esprimere un parere non ostativo sull'emendamento 1.0.1, segnalando l'opportunità di far decorrere il termine di cui al comma 1 dall'entrata in vigore, anziché dall'approvazione, del decreto-legge citato, ovvero della legge di conversione.

 

            La Sottocommissione concorda. 


GIUSTIZIA (2a)

MARTEDÌ 30 SETTEMBRE 2008

7a Seduta

Presidenza del Presidente

MAZZATORTA

 

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia   : parere favorevole.

 

 

 

 

 


BILANCIO (5a)

MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2008

49a Seduta

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vegas.

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Esame e rinvio)

 

Il relatore TANCREDI (PdL) illustra il disegno di legge di conversione del decreto-legge in titolo segnalando, per quanto di competenza, che occorre acquisire chiarimenti sulla copertura a valere sulle risorse per interventi di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq e in Afghanistan (comma 3 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 8 del 2008). Fa presente che l’impiego di quelle somme per altre finalità, quali quelle del decreto-legge in esame, dovrebbe, infatti, essere configurata come una riduzione di autorizzazione di spesa. Infine, sempre sui profili di copertura, segnala che la verifica sulle disponibilità del capitolo del Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace ha mostrato che non vi sono disponibilità finanziarie, sebbene l’articolo 63 del decreto-legge n. 112 del 2008 abbia rifinanziato il Fondo per 90 milioni di euro. Rileva altresì che occorre acquisire un chiarimento del Governo al riguardo.

 

Il sottosegretario VEGAS si riserva di fornire i chiarimenti richiesti.

 

Il presidente AZZOLLINI (PdL) propone quindi di rinviare il seguito dell’esame.

 

 Conviene la Commissione e il seguito dell’esame viene pertanto rinviato.

 


BILANCIO (5a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

50a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casero.

 

La seduta inizia alle ore 9,10.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Seguito dell’esame e rinvio).

 

Riprende l’esame sospeso nella seduta pomeridiana di ieri.

 

Il sottosegretario CASERO consegna agli atti della Commissione una nota della Ragioneria generale dello Stato contenente i chiarimenti richiesti nella scorsa seduta.

 

Il presidente AZZOLLINI propone di rinviare il seguito dell’esame ad altra seduta al fine di approfondire gli elementi informativi contenuti nella nota stessa.

 

Conviene la Commissione e il seguito dell’esame viene quindi rinviato.

 

 


 

BILANCIO (5a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

51a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casero.

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Seguito e conclusione dell’esame. Parere non ostativo condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, e con rilievi)

 

Riprende l’esame sospeso nella odierna seduta antimeridiana.

 

Il relatore TANCREDI (PdL) illustra una proposta di parere che recepisce i chiarimenti forniti questa mattina dal Governo, del seguente tenore: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo a condizione che, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, al comma 1 lettera b) dell’articolo 3 vengano aggiunte, infine, le seguenti parole: "come rifinanziato dall’articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112".

 

Il parere non ostativo è altresì reso nel presupposto che gli interventi di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq ed in Afghanistan facciano parte, unitamente  a quelli del decreto-legge in titolo, alla medesima finalità nell’ambito della politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD).".

 

Verificata la presenza del prescritto numero legale, il PRESIDENTE pone quindi ai voti la proposta di parere del relatore.

La Commissione approva.

 

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite su testo ed emendamenti. Esame e rinvio)

 

      Il relatore TANCREDI (PdL) illustra il disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che occorre acquisire elementi di chiarimento in ordine alla quantificazione degli oneri relativi alle missioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 1, in relazione alla voce "spese di funzionamento", atteso che i costi stimati appaiono consistentemente aumentati rispetto alle stime di cui ai provvedimenti legislativi precedenti, a fronte di una sostanziale invarianza delle altre voci di costo. In relazione all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), c) e d), occorre acquisire conferma della disponibilità delle risorse utilizzate a copertura finanziaria.

 

            Illustra poi l’emendamento 1.0.1, segnalando che la proposta appare determinare maggiori oneri, in quanto volta a limitare l’ambito di applicazione della norma disciplinante la riduzione del 20 per cento delle diarie per missioni all’estero (articolo 28, comma 1, decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, con legge n. 248 del 2006).

 

            Il sottosegretario CASERO si riserva di fornire i chiarimenti richiesti.

 

            Il PRESIDENTE propone quindi di rinviare il seguito dell’esame del provvedimento.

 

            La Commissione conviene.

 


BILANCIO (5a)

MARTEDÌ 14 OTTOBRE 2008

53a Seduta

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giorgetti.

 

La seduta inizia alle ore 15,05.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Parere all’Assemblea su testo ed emendamenti. Esame. Parere non ostativo sul testo. Parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti)

 

      Il relatore TANCREDI (PdL), dopo aver richiamato l’illustrazione del testo svolta nella seduta pomeridiana dell’8 ottobre scorso, in sede di esame del provvedimento per il parere alle Commissioni di merito, illustra l’emendamento 1.0.100, presentato all’Assemblea, segnalando, per quanto di competenza, che la proposta appare determinare maggiori oneri, in quanto volta a limitare l’ambito di applicazione della norma disciplinante la riduzione del 20 per cento delle diarie per missioni all’estero (articolo 28, comma 1, decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, con legge n. 248 del 2006).

 

            Il sottosegretario GIORGETTI deposita agli atti una nota del Ministero dell’economia e delle finanze, confermando la disponibilità delle risorse previste a copertura finanziaria del provvedimento. In ordine all’emendamento 1.0.100, esprime il parere contrario dell’Esecutivo in quanto la proposta reca oneri non quantificati né coperti.

 

            Il PRESIDENTE, acquisiti gli elementi forniti dal Governo, propone dunque l’espressione di un parere non ostativo sul testo. Propone, inoltre, l’espressione di un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sull’emendamento 1.0.100.

 

            Verificata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva la proposta di parere del Presidente.

 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere all'Assemblea su emendamenti. Esame. Parere non ostativo) 

 

 Il relatore TANCREDI (PdL) illustra gli emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che non vi sono osservazioni da formulare. Propone, quindi, l’espressione di un parere del seguente tenore: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi dall’Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta sull’emendamento 3.1, in quanto recepisce la condizione posta ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione dal parere recato sul testo.".

 

Verificata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva la proposta di parere del Presidente.

 


FINANZE E TESORO (6a)

Sottocommissione per i pareri

MERCOLEDI’ 8 OTTOBRE 2008

8a Seduta

Presidenza del Presidente

FERRARA

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giorgetti.

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

 

alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

(1061)Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008: parere favorevole

 

 


AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE (9a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

16a Seduta

Presidenza del Presidente

 

SCARPA BONAZZA BUORA

 

 

 

 La seduta inizia alle ore 15

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Esame. Parere favorevole)

 

Il relatore PICCIONI (PdL) rileva preliminarmente che il provvedimento in titolo è finalizzato ad assicurare, per il periodo dal 1º ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano – missione denominata UNIFIL – alla missione dell’Unione Europea in Bosnia-Erzegovina – denominata ALTHEA – ed infine alla missione della stessa Unione nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, di cui all’articolo 3 comma 9 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 45 del 2008. Il decreto- legge in esame è inteso, altresì, a consentire la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere ad esigenze sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, nei Balcani, in Libia – in esecuzione dell’accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani – ad Haiti (missione denominata MINUSTAH) ed infine per le attività in Iraq.

Per quel che concerne le parti rientranti nella specifica competenza della 9a Commissione – prosegue il relatore - si evidenzia che l’articolo 2, recante la clausola di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione del decreto, prevede una riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008 -2010, nell’ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" relativo alla missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, utilizzando a tal fine l’accantonamento di 130.000 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Tale importo risulta inferiore rispetto a tutti gli altri accantonamenti relativi agli altri Dicasteri, tra i quali vanno citati l’accantonamento di euro 1.155.000 relativo al Ministero dell’economia e delle finanze; di euro 706.000 relativo al Ministero della giustizia; di euro 11.478.000 relativo al Ministero degli affari esteri, di euro 2.457.000 relativo al Ministero della pubblica istruzione, di euro 815.000 relativo al Ministero dell’interno; di euro 1.618.000 relativo al Ministero per i beni e le attività culturali; di euro 449.000 relativo al Ministero della salute; di euro 841.000 relativo al Ministero dei trasporti; di euro 985.000 relativo al Ministero dell’università e della ricerca.

Un’altra parte della copertura finanziaria – prosegue il relatore - pari ad euro 5.176.102 viene ottenuta mediante una riduzione dell’autorizzazione di spesa – relativa per lo più allo stato di previsione del Ministero della difesa - di cui all’articolo 3, comma 8 del decreto legge n. 8 del 2008, destinata a finanziare la partecipazione dell’Italia alla missione internazionale nel Darfur, in Sudan, che tuttavia non potrà essere avviata nell’anno 2008 per motivi tecnici legati alla concessione dei visti di ingresso per l’invio di personale in zona.

 

Si apre il dibattito.

 

Il presidente SCARPA BONAZZA BUORA (PdL), dopo aver espresso una valutazione positiva in ordine all’atto in esame, evidenzia che il sacrificio posto a carico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – al fine di finanziare una parte degli oneri economici conseguenti alla proroga delle missioni militari internazionali contenuta nel decreto in titolo – pur essendo significativo, risulta tuttavia inferiore rispetto ai sacrifici richiesti nel caso di specie ad altri Dicasteri.

 

Dopo che il senatore DI NARDO (IdV) ha espresso una valutazione negativa in ordine al decreto-legge in esame, il senatore SANTINI (PdL) sottolinea l’importanza delle missioni internazionali oggetto del provvedimento in titolo, evidenziando la necessità di reperire i fondi anche attraverso l’utilizzo di accantonamenti dei vari Dicasteri. Va peraltro evidenziato, in riferimento alla missione in Afghanistan di cui all’articolo 1 comma 6 del decreto-legge, che la stessa è volta anche ad osteggiare talune pratiche agricole illegali diffuse nel Paese, finalizzate alla produzione dell’oppio.

 

Il senatore VALLARDI (LNP), pur auspicando un futuro ridimensionamento dell’intervento militare in aree territoriali straniere, rileva tuttavia che le proroghe contenute nel decreto-legge in titolo vanno necessariamente finanziate, anche attraverso l’utilizzazione di accantonamenti relativi ai vari Dicasteri. Esprime quindi una valutazione favorevole in ordine al decreto-legge in esame.

 

Il senatore PICCONE(PdL), sottolinea l’importanza dell’impegno internazionale dell’Italia, soffermandosi anche sui benefici indiretti che potranno derivare da tali missioni per il settore agricolo.

 

Il PRESIDENTE non essendovi ulteriori richieste di intervento, nemmeno in sede di replica, dichiara chiuso il dibattito ed invita il relatore a formulare una proposta di parere.

 

Il relatore PICCIONI (PdL) illustra una proposta di parere favorevole sull’atto in esame.

 

Il senatore DE CASTRO (PD) preannuncia, anche a nome del Gruppo parlamentare di appartenenza, un voto di astensione sullo schema di parere illustrato dal relatore, esprimendo talune preoccupazioni per l’utilizzo di risorse originariamente destinate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Il PRESIDENTE previa verifica del numero legale, pone ai voti lo schema di parere favorevole illustrato dal relatore Piccioni.

 

La Commissione approva.

 

 

 


IGIENE E SANITA’ (12a)

MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2008

Sottocommissione per i pareri

8ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

RIZZI

 

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

 alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 : parere non ostativo.

 

 

 

 


POLITICHE DELL’UNIONE EUROPEA (14a)

Sottocommissione per i pareri (fase discendente)

MERCOLEDÌ 1 OTTOBRE 2008

2a Seduta

Presidenza della Presidente

LICASTRO SCARDINO

 

La Sottocommissione ha adottato la seguente deliberazione per il provvedimento deferito:

 

alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia   : parere favorevole.

 

 

 

 

 

 


Discussione in Assemblea

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

72a seduta pubblica:

 

 

Martedì14° ottobre 2008

 

Presidenza del vice presidente NANIA

 


RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente NANIA

(omissis)

Discussione dei disegni di legge:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Relazione orale)

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (Relazione orale) (ore 16,32)

 

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1038 e 1061.

 

Come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo riunitasi oggi, nel corso della seduta odierna avrà luogo la sola discussione generale congiunta dei disegni di legge in titolo.

 

I relatori, senatori Bettamio e Ramponi, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

 

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Bettamio.

 

 

BETTAMIO, relatore. Signor Presidente, le Commissioni riunite affari esteri e difesa hanno svolto un approfondito dibattito sui disegni di legge in esame relativi alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali di pace. Sui provvedimenti si è registrato un ampio consenso da parte delle Commissioni riunite in quanto espressione del rinnovato impegno del Paese negli scenari di guerra e nelle aree di crisi, sempre, tuttavia, nell'ambito di scelte e iniziative maturate nelle sedi internazionali. Le missioni, infatti, sono state decise in ambito comunitario, NATO-OSCE e l'Italia è stata chiamata a fornire il proprio apporto, in un'ottica di aiuto umanitario alle popolazioni e di ristabilimento delle condizioni di sicurezza nelle aree interessate.

 

Vorrei poi sottolineare come il decreto-legge sulla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia costituisca l'ultimo atto della politica nel complesso attuata dal Governo italiano relativamente alla problematica russo-georgiana. La posizione italiana è sempre stata improntata al massimo equilibrio, sin dai primi momenti di tensione tra Georgia e Russia, con l'inizio dell'occupazione del 7 agosto scorso da parte georgiana delle zone dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia a fronte del riacutizzarsi delle spinte separatiste nelle regioni a maggioranza di popolazione russa, che ha innescato la reazione militare russa con il dispiegamento di forze armate nel territorio georgiano.

 

Da un lato, infatti, il Governo italiano ha sostenuto la linea della piena coesione con i partner europei nell'individuazione di una soluzione diplomatica. Tale soluzione si è tradotta nell'accordo elaborato il 12 agosto a livello di presidenza dell'UE e dell'OSCE e sottoposto e approvato da Russia e Georgia, composto da 6 punti, che ha posto le basi per la cessazione delle ostilità, per il ritiro delle truppe russe e per il ripristino dello status quo ante nei tenitori occupati, oltre a delineare un percorso di stabilizzazione politica, mediante l'avvio di trattative e l'istituzione di un monitoraggio internazionale dell'evoluzione della situazione.

 

Dall'altro, l'Italia ha contestualmente evidenziato la necessità del permanere dell'apertura dei canali diplomatici con la Russia e di non adozione di misure sanzionatorie nelle sedi comunitarie, il che ha consentito di non esacerbare i rapporti in una delicata congiuntura. Ciò non toglie che l'Italia, anche quale membro dell'Unione europea, abbia fermamente condannato il riconoscimento da parte russa dell'indipendenza del Sud Ossezia e dell'Abkhazia del 26 agosto e ribadito il principio del pieno rispetto dell'integrità territoriale georgiana, all'atto della partecipazione al Consiglio europeo straordinario del primo settembre scorso.

 

In sede, poi, della riunione informale dei Ministri degli esteri europei di Avignone del 5 e 6 settembre, l'Italia ha aderito alla proposta di dispiegamento di osservatori dell'Unione europea in Georgia, mediante l'invio di personale sia civile, sia militare, da parte di ciascun Paese membro. A livello diplomatico, sono state in detta sede prefigurate le coerenti iniziative di nomina di un Rappresentante speciale dell'Unione europea per la crisi georgiana e di convocare una Conferenza per la ricostruzione. I contenuti specifici della missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia sono stati poi definiti nel dettaglio dal Consiglio dell'Unione europea del 15 settembre, su cui tornerò successivamente.

 

Vorrei ulteriormente ricordare come il Ministro degli affari esteri, nel corso dell'audizione in Senato dello scorso 17 settembre sui più recenti sviluppi della situazione politica internazionale, abbia sintetizzato i punti cardine della politica estera italiana in relazione, tra l'altro, anche alla problematica russo-georgiana. Si è ribadita, in detta sede, l'impostazione caratterizzata dalla fermezza nel sancire il rispetto delle regole del diritto internazionale nell'affrontare le dispute territoriali ed economiche, pur mantenendo l'apertura del dialogo con tutte le parti coinvolte, rifiutando aprioristiche chiusure. Ulteriori spunti sono stati forniti dalla prefigurazione di una politica di sostegno all'avvicinamento della Georgia all'Unione europea e dal delineare le tappe del processo di stabilizzazione politica dell'area mediante la Conferenza internazionale di pace che si terrà a Ginevra.

 

Un ulteriore passaggio sarà costituito dall'organizzazione di una successiva Conferenza internazionale a Roma, per contribuire all'individuazione di soluzioni politiche durature nell'area georgiana, già scenario negli ultimi decenni di tensioni etniche e territoriali. Già durante il dibattito sull'intervento del Ministro avevo fatto presente come l'impostazione della politica estera italiana in relazione alla crisi russo-georgiana fosse da appoggiare, in quanto improntata alla valorizzazione di una linea comune a livello europeo, ma anche alla ricerca di una relazione equilibrata con le parti coinvolte e rispetto ai contrapposti interessi. Inoltre, avevo espresso il convincimento che l'Italia, nell'ambito delle iniziative individuate a livello comunitario, dovesse contribuire anche sul piano economico in termini di sostegno alla ricostruzione e agli aiuti alla popolazione.

 

Rispetto ai contenuti del decreto-legge n. 147 del 2008, ricordo che esso è finalizzato a fornire il sostrato normativo alla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia denominata "EUMM Georgia". La missione istituita dall'Unione europea prevede una prima fase di spiegamento delle forze ed una successiva fase operativa destinata ad iniziare entro l'ottobre 2008. Il mandato della missione consiste nella vigilanza civile sulle azioni delle parti per la verifica del rispetto degli accordi raggiunti in tema di integrità territoriale della Georgia e di ritiro delle truppe, operando in armonia con le Nazioni Unite e l'OSCE, in vista del sostegno ad una soluzione politica duratura per la Georgia.

 

L'azione comune prevede altresì che ad essa partecipi essenzialmente personale distaccato dagli Stati membri o dalle istituzioni comunitarie e che ciascuno Stato membro debba sostenere i costi connessi con il personale destinato, incluse le spese di viaggio relative al luogo di schieramento, agli stipendi, alla copertura sanitaria e tutte le indennità. Il collega Ramponi, a breve, sarà più esaustivo su questo punto e, quindi, io mi limito solo a questi accenni.

 

Pertanto, nelle aree dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia saranno schierati almeno 200 osservatori dell'Unione europea che, salvo i veicoli blindati, non saranno né armati né dotati di attrezzature militari. In tale contesto l'intenzione del Governo italiano è di prendere parte alla missione europea mediante l'invio di 40 osservatori - 36 militari e 4 civili - oltre all'impiego di veicoli e apparati di telecomunicazione.

 

Il decreto-legge prevede quindi all'articolo 1 l'autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione del personale, dei mezzi e dei materiali delle Forze armate alla missione, a decorrere dal 21 settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008. Il comma 2 dell'articolo 1 rinvia, per la disciplina del personale, a talune disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, recante disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali. In particolare, le norme cui il rinvio è effettuato riguardano l'indennità di missione, l'indennità di impiego operativo, la valutazione del servizio prestato nelle missioni internazionali ai fini dell'avanzamento degli ufficiali al grado superiore, le disposizioni in materia penale, le disposizioni in materia contabile, nonché la normativa sancita quale disciplina uniforme per tutte le missioni internazionali.

 

L'articolo 2 del decreto-legge reca, poi, l'autorizzazione di spesa per l'anno 2008 per la partecipazione del personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea. Al comma 2 dell'articolo 2 viene altresì autorizzata la spesa per l'acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione destinati al personale civile impiegato nella missione. Il comma 3 dispone l'autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia. Infine, il comma 4 dell'articolo 2 autorizza la spesa connessa alla partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell'ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

Le ultime disposizioni citate, vale a dire i commi 3 e 4 dell'articolo 2, rivestono particolare interesse in termini di politica estera italiana. Osservo, in proposito, come la partecipazione di un esponente della diplomazia italiana presso la rappresentanza speciale dell'Unione europea in Georgia costituisca un fattore di raccordo fondamentale nell'ambito della politica estera del Paese rispetto all'evoluzione del negoziato internazionale sulla stabilizzazione della Georgia. Il Consiglio europeo, infatti, ha deciso di nominare un rappresentante speciale dell'Unione europea per la crisi georgiana, il cui operato potrà in tal modo essere monitorato e supportato anche a livello nazionale.

 

La Conferenza dei donatori affronterà la tematica dell'assistenza umanitaria e della ricostruzione nelle aree geografiche interessate dalla crisi mediante i contributi e finanziamenti dei Paesi partecipanti. L'Italia ha già posto in essere un intervento di emergenza, con due contributi per l'assistenza alla popolazione sfollata, per un totale di circa 500.000 euro. L'ulteriore autorizzazione di spesa per l'anno 2008, pari a 1,6 milioni di euro, dovrebbe essere destinata ad interventi che si appuntino sulla fase post-conflittuale e sul sostegno al rilancio dello sviluppo economico e della tutela della stabilità interna della Georgia.

 

Venendo ora all'esame del disegno di legge n. 1061, di conversione del decreto-legge di proroga dell'autorizzazione alla partecipazione italiana alle missioni internazionali per l'anno 2008, ricordo che esso si inquadra in uno scenario in cui la presenza italiana in missioni internazionali, congiuntamente agli altri Paesi europei, ovvero nell'ambito di iniziative sorte in seno alle Nazioni Unite, risulta quanto mai indispensabile.

 

In conclusione, ribadisco come in seno alle Commissioni riunite affari esteri e difesa si sia registrato su entrambi i provvedimenti un consenso unanime di tutti i Gruppi parlamentari, di maggioranza ed opposizione, determinato dall'esigenza di mantenere il ruolo primario dell'Italia nella partecipazione alle missioni internazionali di pace. Auspico, pertanto, che anche l'Assemblea approvi i disegni di legge in esame.

 

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Ramponi.

 

 

RAMPONI, relatore. Signor Presidente, ho avuto mandato dalle Commissioni riunite 3a e 4a di riferire favorevolmente sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

 

II presente decreto, composto di tre articoli, è inteso ad assicurare, per il periodo dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, compresa la componente navale EUROMARFOR, ALTHEA, EUFOR Tchad/RCA, MINUSTAH, nonché alla missione in Libia, per le quali il decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, ha previsto la scadenza al 30 settembre 2008. In sostanza, il provvedimento in esame è volto a coprire le spese per tali missioni dal 30 settembre sino alla fine dell'anno.

 

Inoltre, lo stesso decreto è inteso a consentire la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere alle esigenze sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq, già finanziate per l'anno 2008 dal citato provvedimento legislativo.

 

In particolare, l'articolo 1 prevede la proroga di spesa, per un totale di 112.524.772 euro, per la partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale EUROMARFOR. Ricordo che il compito di tale missione è quello di agevolare il dispiegamento delle Forze armate libanesi nel Sud del Libano fino al confine con lo Stato di Israele, contribuire alla creazione di condizioni di pace e sicurezza, assicurare la libertà di movimento del personale delle Nazioni Unite e dei convogli umanitari ed assistere il Governo libanese nel controllo delle aree di confine per prevenire il traffico illegale di armi. Il contributo italiano è pari a 2.460 operatori militari, ai quali si aggiungono 1.001 mezzi terrestri, un mezzo navale e sette mezzi aerei.

 

Il comma 2 proroga la partecipazione alla missione in Bosnia-Erzegovina denominata ALTHEA, che ha l'obiettivo di contribuire al mantenimento delle condizioni di sicurezza per l'attuazione dell'Accordo di pace di Dayton, aprendo la strada all'integrazione nell'Unione europea. Nel suo ambito opera anche la missione Integrated Police Unit (IPU), costituita da uomini della Forza armata Carabinieri. In totale, abbiamo 264 soldati, 150 carabinieri, 138 automezzi e le spese di copertura sono pari a 9.668.523 euro.

 

Il comma 3 prevede la proroga della partecipazione alla missione denominata EUFOR nella Repubblica del Chad; essa prevede una spesa di 8.310.451 euro; la missione nel Chad è svolta per conto dell'Unione europea.

 

II comma 4 autorizza la spesa per la partecipazione di cinque osservatori militari, originata da una decisione dell'OSCE che prevede l'invio sempre in Georgia di 100 uomini, che svolgono sostanzialmente lo stesso compito di coloro per i quali ha già parlato il collega Bettamio.

 

In sostanza, noi inviamo quaranta uomini nella missione dell'Unione europea e cinque uomini nella missione OSCE (la prima ha natura civile, la seconda è di tipo militare). L'impegno finanziario per entrambe è modesto: 99.999 euro; tali uomini debbono controllare il ritiro delle unità russe dalla Georgia.

 

Il comma 5 autorizza una spesa nuova per la NATO Training Mission Iraq. Il rifinanziamento deve assicurare l'invio di sedici carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della Iraqi national police. Si tratta di sedici uomini e dodici mezzi per una spesa di 417.102 euro.

 

Il comma 6 parla di un'altra spesa riferita alla International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan, dove assistiamo e addestriamo la polizia afgana: si tratta di altri quaranta carabinieri. Questo per il settore addestramento delle forze di polizia, mentre per il settore operativo è previsto l'invio di 4 Tornado e di 25 mezzi, per integrare la nostra presenza nell'ambito dell'ISAF.

 

Il comma 7 autorizza l'ulteriore spesa di 1.384.978 euro in Kosovo dal momento che l'Italia assume il comando della missione in tale area. Acquisendo il comando, l'Italia assume anche responsabilità di coordinamento e logistiche che comportano normalmente un rinforzo alle forze già esistenti. Tale rinforzo è costituito da diciotto uomini, quattro mezzi e due aeromobili.

 

Il comma 8 autorizza la proroga dell'impegno costituito dalla presenza di sedici uomini della Guardia di finanza in Libia per garantire il controllo delle partenze irregolari di immigrati. La stessa Guardia di finanza trova la copertura, nel comma 9, per una missione di cinque uomini inviati ad Haiti per assistere il governo haitiano nelle attività di ristrutturazione e riforma della Haitian National Police, secondo standard democratici.

 

Il comma 10 autorizza la spesa per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'unità di sostegno alla ricostruzione di Nasiriya. Si tratta della copertura di spese per un ente: più precisamente, vi sono delle organizzazioni che in loco garantiscono la sicurezza del personale che abbiamo distaccato in tale città per portare avanti alcuni progetti di cooperazione. Fino a quando siamo stati presenti in Iraq con le nostre Forze armate non c'è stato bisogno di tale misura; dal momento che si decise di ritirare tutto il personale militare, la sicurezza delle nostre iniziative civili in Iraq è coperta da organizzazioni di difesa e protezione. A tal proposito, vengono stanziati 1,3 milioni di euro, che servono per la copertura dei primi quattro mesi, a partire da adesso, del servizio di sicurezza e di difesa garantito da tale ente.

 

Il comma 11 stabilisce lo status giuridico e il trattamento al quale fa riferimento tutto il personale di queste missioni. Il comma 12 determina un'equiparazione, perché fino ad oggi esisteva un'ingiustificata disparità di trattamento economico per il personale della Guardia di finanza rispetto a quello di tutti gli altri enti. Quanto previsto al comma 12 elimina tale diseguaglianza.

 

Infine, l'articolo 2 prevede la copertura finanziaria nei termini corretti che sono stati accettati e sui quali si è espressa favorevolmente la 5ª Commissione, a meno di una precisazione che comparirà in un emendamento - che probabilmente esamineremo domani - che come relatore io stesso presenterò.

 

In conclusione, ripeto che mi è stato affidato il mandato di riferire positivamente sul provvedimento di conversione in legge del decreto-legge che vi ho appena illustrato.

 

 

 

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale congiunta.

 

È iscritto a parlare il senatore Del Vecchio. Ne ha facoltà.

 

 

DEL VECCHIO (PD). Signor Presidente, signori senatori, pur se i decreti oggi al nostro esame si riferiscono solo alla proroga di alcune missioni o all'invio di una contenuta componente nazionale in Georgia, le attività previste costituiscono una parte significativa dell'impegno complessivo che l'Italia ha da tempo assunto nelle missioni di pace e di stabilizzazione.

 

Nelle operazioni svolte direttamente sotto l'egida dell'ONU, o nell'ambito della NATO o nel contesto dell'Unione europea, l'Italia rappresenta il quarto Paese fornitore di forze. I contingenti nazionali, talvolta di consistente entità numerica, talaltra limitati a poche unità, operano in quattro continenti diversi in missioni differenziate: attività umanitarie, operazioni di peacekeeping, interventi di stabilizzazione e formazione delle forze di sicurezza di Paesi in difficoltà. La professionalità personale riscuote generale apprezzamento da parte delle autorità internazionali e delle popolazioni locali. Devono inoltre essere ricordati i disagi ed i rischi che i nostri connazionali operanti nelle missioni affrontano nel loro impegno e che hanno comportato talvolta anche il sacrificio della vita.

 

Tornando al merito dei due decreti, va sottolineato come tutte le missioni in esame abbiano un solida base giuridica. I nostri contingenti militari fanno parte di attività controllate direttamente dall'ONU, agiscono nell'ambito dell'Alleanza Atlantica o infine concorrono ad azioni decise dal Consiglio dell'Unione europea. In sostanza, il coinvolgimento nazionale risponde al principio del multilateralismo e della legittimazione giuridica, che da sempre sono considerati imprescindibili per la partecipazione alle attività all'estero.

 

Queste le caratteristiche di base delle missioni di cui l'Assemblea terrà conto per concedere l'autorizzazione, insieme naturalmente alla verifica dell'efficacia delle missioni e della loro utilità. Al riguardo, tra quelle che stanno iniziando, la più importante appare la missione degli osservatori dell'Unione europea in Georgia. È una missione di entità contenuta, ma di grande responsabilità, considerato che ha lo scopo di verificare il rispetto degli accordi raggiunti al termine della delicata e pericolosa crisi caucasica tra la Russia e la Georgia.

 

La missione è il risultato dell'efficace azione svolta dall'Unione europea e perciò anche espressione della politica di sicurezza e di difesa dell'Unione che bene è stata evidenziata anche nel Trattato di Lisbona, che recentemente il Parlamento nazionale ha ratificato all'unanimità. Mi sembra quindi naturale che l'Italia concorra alla missione nei termini indicati nel decreto. Ma la missione è anche il segnale di una situazione di crisi sopita ma non risolta, dei potenziali rischi per la pace in una regione nella quale - ci piaccia o no - dobbiamo registrare la perdurante idea dell'esistenza di aree di interesse e confrontarci con accese sensibilità nazionalistiche.

 

Al di là dell'impegno degli osservatori europei occorre quindi che l'Unione europea svolga un'incisiva azione politico-diplomatica affinché i contrasti nell'area non riesplodano in forme di conflitto ideologico, pericolose per la cooperazione nel continente e nel mondo.

 

Tra le missioni già in atto, di cui è prevista la proroga, è di particolare rilievo l'operazione l'UNIFIL in Libano. Anche qui l'Italia non può abdicare al ruolo primario e promotore che nell'estate del 2006 e negli anni successivi ha svolto in quel teatro operativo. La missione è espressione diretta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che ha attribuito, in due occasioni e per complessivi tre anni, la leadership dell'operazione al comando italiano, riconoscendo così l'impegno politico e diplomatico svolto dall'Italia nel momento più delicato della crisi, nonché la professionalità e l'imparzialità del nostro personale militare.

 

Ma la missione assolve, anche in questo caso, un mandato preciso in una zona limitata. In realtà, la situazione della regione subisce le influenze internazionali sul Paese ed è gravata dai contrasti politici e sociali all'interno della popolazione libanese. Emerge, quindi, anche in questo caso, l'esigenza di una continua attenzione da parte del Governoitaliano verso gli instabili equilibri dell'area.

 

Alcune considerazioni merita, infine, la missione in Afghanistan che, pur non essendo oggetto, nella sua completezza, dei decreti in esame è interessata ad incrementi di forze legati all'immissione di un'aliquota di personale dell'Arma dei carabinieri e al rafforzamento della componente aerea. Il personale dell'Arma opererà per la formazione della polizia afgana, per creare cioè le condizioni affinché il Governo di quel Paese possa autonomamente controllare il territorio. L'invio dei quattro velivoli Tornado risponde, invece, secondo le indicazioni del decreto, ad esigenze di maggiore sicurezza e protezione del contingente nazionale.

 

Sulla base di queste motivazioni, appare appropriato integrare il dispositivo nazionale con questi nuovi assetti, tenuto anche conto, per gli aspetti relativi alla sicurezza del personale nazionale, dell'incremento degli incidenti e della conflittualità che si è verificato in Afghanistan nell'ultimo biennio. Ed è proprio questa constatazione che induce a formulare valutazioni in merito alla missione nei suoi aspetti generali.

 

Innanzitutto, vanno ricordati i successi che questa missione ha ottenuto. Per la prima volta dopo trent'anni, nel 2005, si sono svolte le elezioni parlamentari e per la prima volta è stato costituito un Parlamento liberamente eletto e in grado di avviare il processo di democratizzazione. Non sono piccoli risultati per un Paese che ha vissuto in guerra per oltre due decenni. Ciò non toglie che l'insorgenza e la criminalità, ritenute sconfitte all'inizio del 2002, siano ancora fortemente condizionanti per la vita del Paese. Devono quindi essere ora riesaminati la strategia e i modi per raggiungere il successo. È necessario un nuovo e più forte impegno della comunità internazionale per aumentare gli interventi a favore della popolazione, considerato che solo così si potrà elevare il consenso degli afgani verso le forze internazionali e ridurre contemporaneamente quello nei confronti dell'insorgenza e della criminalità.

 

Inoltre, da più parti, si comincia a ritenere che l'azione militare - nonostante tutti gli sforzi compiuti compatibili con un'operazione di stabilizzazione - possa non essere risolutiva. Al riguardo, la presidenza afgana ed il massimo livello politico della NATO, proprio recentemente, hanno ipotizzato una nuova iniziativa per la riconciliazione nazionale tra le varie anime dell'Afghanistan, diretta alle componenti più aperte e non collegate con il terrorismo. Una riproposizione del tentativo già posto in atto nel 2004 dal presidente Karzai.

 

A mio avviso l'Italia dovrà e potrà contribuire alla ricerca di soluzioni appropriate in questi campi, svolgendo il ruolo politico e diplomatico già ricoperto nel passato, naturalmente in accordo con i partner più importanti della missione. Dovrà essere sollecitato in una qualche forma, magari riproponendo quella Conferenza regionale di cui l'Italia è stata in passato forte promotrice, il coinvolgimento delle Nazioni confinanti con l'Afghanistan, che da sempre influenzano la vita e le vicende del Paese.

 

Sidovrà cercare di dare soluzione, ancora, al problema dell'oppio, ricordando che le proposte al riguardo sono state formulate anche da personalità italiane, con la consapevolezza che quella produzione ed i proventi derivanti costituiscono un problema mondiale e rendono più ardua la sconfitta della criminalità locale e dell'insorgenza talebana.

 

Al di là di queste osservazioni su alcuni aspetti delle operazioni in atto o in avvio, ritengo che le missioni internazionali previste dai decreti-legge in esame siano l'espressione della partecipazione attiva della nostra Nazione alla salvaguardia della democrazia e della pace nel mondo. Sono altresì quelle missioni uno strumento attraverso il quale si concretizza la politica estera del Paese, contribuendo significativamente ad elevare l'immagine ed il ruolo dell'Italia nell'ambito internazionale.

 

Ma non posso non evidenziare che questo impegno è stato possibile perché le nostre Forze armate sono cresciute ed hanno fatto buona utilizzazione delle risorse che le sono state assegnate nel tempo. Mi auguro che il Paese ed in particolare il Parlamento voglia continuare a sostenere questo impegno, modificando in particolare nella maniera maggiore possibile le forti misure restrittive che sono state apportate al comparto della Difesa. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

 

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Allegrini. Ne ha facoltà.

 

 

ALLEGRINI (PdL). Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, colleghe e colleghi, intervengo sul rifinanziamento della missione italiana in Georgia, in qualità di membro dell'OSCE (Organization for Security and Cooperation in Europe), ma soprattutto come osservatore delle elezioni presidenziali del 5 gennaio scorso, che hanno portato alla riconferma del presidente Saakashvili.

 

La questione georgiana è stata spesso oggetto di discussione nell'Assemblea dell'OSCE, ma è nel momento acuto della crisi dell'agosto scorso che l'OSCE ha potuto dispiegare il suo incisivo intervento in relazione alla propria specificità, attraverso il neo-presidente João Soares, secondo quanto deliberato dalla Commissione affari generali e relazioni esterne del Consiglio dell'Unione europea del 13 agosto scorso.

 

I conflitti congelati dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud hanno radici antiche, ma la recente crisi politica georgiana, che ha portato alle elezioni presidenziali anticipate, potrebbe aver accelerato l'acuirsi dei contrasti ed in particolare il referendum di adesione alla NATO potrebbe aver riacceso le mire indipendentiste di quei territori.

 

La Georgia che ho visto, sotto la neve, è un Paese in cui è molto forte la sperequazione tra ricchi e poveri, un Paese in cui le pensioni sociali sono state elevate da Saakashvili da 25 a 35 euro durante la campagna elettorale. La Georgia che ho visto è un Paese con una Costituzione giovane (1995) che ostenta una democrazia che spesso non esiste e uno sviluppo sociale ed economico che è ben lontano da venire. Un Paese che vive di rimesse straniere e in cui, nessuno si scandalizzi, la corruzione imperante legata ad una certo apparato burocratico non è ancora stata debellata. Un Paese in cui la situazione dei profughi già grave prima dell'ultima crisi può aver assunto ora aspetti ancor più preoccupanti e in cui la gran parte della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ho visto un Paese che ha tentato di recidere il cordone ombelicale con il vecchio regime sovietico, peraltro mai venuto meno in Abkhazia ed in Ossezia, ma che non riesce ancora a trovare un approdo convincente per il futuro.

 

Del resto, per comprendere i rapporti di forza interni al Paese, basterà ricordare che i principali investitori esteri risultano essere USA, Russia e Gran Bretagna, essendo però quest'ultima, in realtà, la sede di molte società facenti capo al Cremlino. Ma cosa ha portato Saakashvili ad indire elezioni anticipate nel gennaio di quest'anno, alla vigilia del Natale ortodosso, dopo che nelle presidenziali del 2004 aveva sbaragliato gli epigoni del regime sovietico conseguendo un consenso quasi unanime con ben il 96 per cento dei voti? Una crisi del partito - che per semplificare chiamerò antisovietico ma che sarebbe più corretto definire dell'occidentalizzazione della Georgia - la si poteva avvertire già alla fine del 2006, nelle amministrative che confermarono il successo del partito di Governo ma con una percentuale di votanti inferiore al 30 per cento. Tale circostanza determinò giudizi positivi da parte degli osservatori OSCE-ODIHR in ordine alla fairness elettorale, ma venne interpretata da altri commentatori come un segnale di disaffezione nei confronti degli ex rivoluzionari delle rose, il cui presidente Saakashvili, appena due anni prima, era stato eletto con il 96 per cento dei voti, ma soprattutto con un flusso ben diverso di partecipanti alle elezioni.

 

Anche le elezioni presidenziali del gennaio di quest'anno, maturate in un clima di generale tensione, ci rappresentano la disillusione da parte di coloro che postulano l'equazione: Occidente uguale progresso sociale ed economico. Fuori del Parlamento georgiano, accanto alla bandiera nazionale, sventola la bandiera dell'Unione europea, di cui la Georgia non fa parte ma evidentemente per il presidente Saakashvili questa aspirazione non si realizza solamente attraverso l'accordo di partenariato e cooperazione tra Unione europea e Georgia del 1999, attraverso la PEV, la politica europea di vicinato che l'Unione sta praticando, ed il piano d'azione del 2006, ma si sostanzia soprattutto attraverso l'adesione alla NATO.

 

Ecco perché unitamente alle presidenziali, Saakashvili ha indetto per gennaio un referendum di adesione alla NATO, fatto questo che certamente deve aver accelerato la crisi, soprattutto in ordine alle mire indipendentiste di Abkhazia ed Ossezia del Sud.

 

D'altro canto, e forse giustamente, la Georgia ha sempre contestato che la principale forza di peacekeeping in Abkhazia e in Ossezia del Sud fosse proprio la Russia. Le presidenziali sono maturate in un clima che ha visto l'arresto di uno dei principali leader dell'opposizione, violenze sui manifestanti con almeno 500 feriti, l'oscuramento del canale televisivo di opposizione IMEDI e, infine, la dichiarazione dello stato di emergenza, con il conseguente divieto di diffusione di informazioni tramite canali televisivi e radio che non fossero quelli di Stato, ed il divieto di sciopero e manifestazioni pubbliche.

 

Negli incontri con i candidati di opposizione e la stampa che hanno preceduto il monitoraggio delle elezioni abbiamo raccolto pesanti denunce contro Saakashvili, che avrebbe usato l'intera macchina statale a scopi elettorali. Io stessa ho visto trasmettere dalla televisione di Stato il comizio di chiusura di Saakashvili durante il silenzio elettorale.

 

In un clima di generale regolarità ai seggi ma di celata tensione, abbiamo rilevato l'anomalia dell'istallazione di una telecamera in ciascun seggio (ci è stato detto per motivi di sicurezza) e la presenza di pulmini con otto-dieci persone fuori di ogni seggio, che ha richiamato il probabile utilizzo del sistema del carousel, che tutti conosciamo (un capogruppo consegna una scheda prevotata ad un componente del gruppo che vota all'interno del seggio e ne esce con una scheda bianca; il capogruppo la vota, la consegna al secondo e così via). Alla fine Saakashvili ha vinto con il 53,47 per cento dei voti ed il referendum di adesione alla NATO ha avuto invece il 77 per cento dei consensi.

 

Una vittoria completa? Leggo così questi risultati. I georgiani non hanno ripensamenti sulla loro indipendenza e guardano più che mai ad Occidente, ma forse il partito di Saakashvili non è riuscito a compiere il miracolo della rinascita economica e dello sviluppo sociale che aveva mosso la rivoluzione delle rose contro Shevardnadze.

 

Le elezioni politiche di maggio sono state poi la logica conseguenza delle presidenziali con una netta affermazione del partito del Presidente, che ha determinato poi un regolamento di conti interno al suo entourage, di cui ha fatto principalmente le spese Nino Burjanadze, figlia del protagonista, insieme a Saakashvili, della rivoluzione delle rose anti-Shevardnadze, fino a qualche mese fa capo delegazione OSCE, ma soprattutto capo del Parlamento georgiano.

 

Intanto Saakashvili, laureato negli States, non ha mai fatto mistero di voler perseguire la strada del rapporto privilegiato con gli Stati Uniti d'America. Va detto che non è senza significato la circostanza che il coordinamento della missione di osservazione delle presidenziali georgiane sia stato affidato proprio ad un americano, l'onorevole Hastings.

 

Bisogna altresì ricordare che, a suo tempo, la Georgia aveva inviato 2.000 uomini in Iraq, guadagnandosi quindi il ruolo di principale sostenitore di quell'intervento e della politica USA verso quei Paesi.

 

In agosto la crisi esplode in tutta la sua violenza ed il Governo italiano si fa apprezzare per la tempestività e l'incisività dell'azione diplomatica, che si è mossa sempre nel segno dell'equidistanza. Quella stessa equidistanza che, mi duole rilevare, è stata scalfita con il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, fatto questo che ha costituito il precedente attraverso il quale la Russia ha potuto piazzare ora basi in Abkhazia. Equidistanza che è stata ora recuperata con un voto di astensione in occasione della discussione presso l'ONU della mozione della Serbia proprio sull'indipendenza del Kosovo.

 

Dei 200 osservatori inviati dall'Unione europea 40 sono italiani (36 carabinieri e 4 civili). L'OSCE, dal canto suo, ha deliberato l'invio di 100 unità, ma ne sono partite solo 20, tra cui un solo italiano, che si aggiunge agli 8 già presenti.

 

Nella sessione autunnale dell'OSCE dello scorso 18-21 settembre la questione georgiana è stata al centro della discussione ed ha assunto toni drammatici e di contrasto, soprattutto allorquando la giovane Ministro degli esteri georgiana ha fotografato la drammaticità della situazione dei profughi.

 

La delegazione italiana ha avuto incontri bilaterali con la delegazione russa e con quella georgiana e ha potuto mettere a confronto due tesi opposte. I russi sostengono che durante il mese di agosto gli Stati Uniti avevano armato consistentemente la Georgia ed i georgiani affermano invece che i russi avrebbero cominciato a praticare a freddo la pulizia etnica in alcuni territori. Una commissione di inchiesta dell'ONU accerterà cosa è realmente successo in quei giorni, ma la Georgia contesta che nella commissione possa essere parte attiva la Russia, che vi parteciperebbe di diritto in quanto membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

 

La delegazione italiana ha voluto esprimersi anch'essa a Toronto nel segno dell'equidistanza con una unica relazione concordata tra maggioranza e opposizione per testimoniare la delicatezza e la gravità del momento, per dare forza ed unità alla delegazione, per avvalorare la sostanziale continuità della politica estera italiana degli ultimi anni, affidandone la comunicazione all'onorevole Mantini, notoriamente membro dell'opposizione nel Parlamento italiano.

 

Questa la relazione: «La delegazione italiana non accetta» - abbiamo detto a Toronto...

 

 

PRESIDENTE. Senatrice Allegrini, ha già avuto qualche minuto in più, la prego di concludere.

 

 

ALLEGRINI (PdL). Chiedo allora di poter allegare agli atti la restante parte del mio intervento, contenente la relazione dalla delegazione italiana presso l'OSCE a Toronto, nella quale si condanna ogni tipo di guerra, compresa quella fredda, e si invitano le forze di peacekeeping e gli osservatori ad osservare i sei punti previsti dall'accordo.

 

Arrivo dunque alle conclusioni.

 

Da venerdì 10 ottobre i russi si sono ritirati da Gori, ma da Tbilisi fanno sapere che le truppe del Cremlino devono lasciare anche la valle di Kodori e la zona di Akhalgori, ossia quelle porzioni di Ossezia ed Abkhazia che fino ad agosto scorso erano proprio sotto il controllo della Georgia. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite ha costruito proprio a Gori, città natale di Stalin, uno dei campi più importanti, ma in quella regione ce ne sono altri 32. Comincia ora l'esodo massiccio dei profughi: alcuni troveranno la loro casa, altri non più. Al ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, per la Presidenza di turno dell'Unione, il difficile compito di valutare gli sviluppi del ritiro russo e le sue implicazioni sulla diplomazia e gli sfollati.

 

Il prestigio internazionale, il rispetto degli accordi, l'adesione ai trattati, sono argomenti decisivi per una valutazione positiva della missione italiana in Georgia. Le relazioni commerciali ed industriali, la valenza strategica di quei tenitori, corridoio di approvvigionamento di energia e materie prime delle quali l'Italia ha assoluto bisogno, sono argomenti altrettanto convincenti. Non credo si possa omettere poi di considerare come la Georgia sia ormai lo scenario nel quale Russia e Stati Uniti si scontrano frontalmente o ignorare che questo confronto non è poi così lontano dai nostri confini.

 

Ma l'argomento che mi convince di più ad un appassionato sì è ciò che ho visto: è quel senso di ingiustizia che ho provato, quel deficit nemmeno troppo palese di democrazia e libertà, intese in senso pieno, che affligge popolazioni che più che mai hanno bisogno di aiuti concreti e interventi costruttivi di pace; è quel senso di umana solidarietà che impone a tutti noi di rendere loro quel sogno di progresso sociale ed economico nel quale sembrano nemmeno credere più e che prima e ancor oggi è stato loro negato. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

 

PRESIDENTE. Senatrice Allegrini, la Presidenza l'autorizza ad allegare la parte finale del suo intervento.

 

È iscritto a parlare il senatore Serra. Ne ha facoltà.

 

 

 SERRA (PD). Signor Presidente, ritengo oggi doveroso esprimere voto favorevole alla proroga delle missioni internazionali di pace, sia per coerenza - ricordo che si tratta di scelte approvate e rifinanziate da maggioranze diverse -, sia perché il nostro contributo alla risoluzione dei conflitti in numerose zone del pianeta è ancora di primaria importanza, sia per quel senso di umana solidarietà sottolineato anche dalla collega che mi ha preceduto. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, inoltre, decidendo di recente la proroga della missione UNIFIL in Libano, ha reso necessaria l'adozione del provvedimento, anche se il breve tempo a disposizione non mi consente di soffermarmi sulle motivazioni in modo più approfondito. Credo, poi, che sia da condividere, in questo caso, anche la scelta di ricorrere al decreto-legge.

 

Ebbene, queste premesse sgombrano il campo da ogni ipotesi di opposizione preconcetta o pregiudizi, ma non ci esimono dall'esprimere grande preoccupazione per l'abuso della decretazione d'urgenza che il Governo sta operando in ambiti diversi. Desidero unirmi anch'io al coro delle voci che in queste ultime settimane ha sottolineato come l'eccessivo ricorso a tale strumento contribuisca a svilire il ruolo del Parlamento. Il Parlamento - è bene ribadirlo - non si riunisce solo per ratificare provvedimenti e non può essere assimilato a succursale di ufficio notarile, ma gode di un'autonomia e di un'autorevolezza che prescindono dalle distinzioni tra maggioranza e opposizione. Tale principio è stato richiamato recentemente con forza anche dal Presidente della Camera dei deputati, che ha inteso così confutare l'esplicita intenzione del Governo di scavalcare "i tempi lunghi" della discussione parlamentare.

 

È inaccettabile, onorevoli colleghi, che riforme fondamentali per il Paese, a cominciare da quella della scuola, non vengano sottoposte ad un'analisi ampia ed accurata e non si giovino del prezioso confronto tra opinioni e rappresentanze diverse. A dispetto della forte maggioranza di cui gode in questa sede, come a Montecitorio, chi governa sembra considerare il Parlamento un mero ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi e si mostra ogni giorno più insofferente alle obiezioni avanzate dall'organo istituzionale deputato all'esercizio del potere legislativo. L'odierna scelta di votare a favore del decreto-legge sul rifinanziamento delle missioni non deve lasciare dubbi sulla profonda contrarietà rispetto all'abuso di questo strumento.

 

L'impegno internazionale dei nostri soldati per il ripristino della convivenza civile ed il costante sacrificio che esso richiede sono divenuti ormai patrimonio comune. Voglio qui, tuttavia, richiamare il dovere di monitorare sempre con la massima attenzione gli scenari in cui i militari operano. Si tratta, infatti, in molti casi di zone, non solo ad alto rischio, ma in continuo mutamento, zone dove è necessario un ricorrente aggiornamento delle linee di intervento. Basti pensare, a tal proposito, all'Afghanistan, definito solo pochi giorni fa dall'intelligence statunitense «un Paese in caduta libera», a causa dell'aumento sia dell'influenza talebana, sia della corruzione all'interno delle istituzioni.

 

La severa analisi del National Intelligence Estimation, il documento redatto da 16 agenzie di spionaggio americane, investe anche la situazione irachena e paventa il pericolo di una nuova esplosione di violenze etniche. Scenari instabili, che risentono anche dell'ormai prossimo avvicendamento ai vertici della Casa Bianca e che non possono essere in alcun modo sottovalutati. Il Governo non manchi, dunque, di affidare nel futuro ad un approfondito dibattito parlamentare il compito di vagliare le scelte migliori su questi fronti, come su tutti i capitoli più delicati della politica estera e di difesa italiane.

 

Una pianificazione seria e a lungo termine permetterà, inoltre, di evitare il ripetersi di alcune grossolane contraddizioni. Mi riferisco alla finanziaria e agli indecorosi tagli che, colpendo il comparto Difesa, hanno messo a rischio le missioni all'estero e l'intero funzionamento della macchina militare. Non sono io a dirlo, ma il capo di Stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini, nell'allarme lanciato durante la sua audizione in Commissione lo scorso luglio. "Riguardo al personale" - ha fatto presente Camporini - "si prevede la riduzione delle risorse finalizzate al processo di professionalizzazione del 7 per cento nel 2009 e del 40 per cento dal 2010, mentre i reclutamenti sarebbero destinati a diventare pressoché nulli dal 2010". E, ha poi aggiunto Camporini, in base alle norme del decreto n. 112, di fatto "verrebbe pregiudicata l'efficacia operativa dello strumento militare". Queste le inevitabili conseguenze di una finanziaria approvata in pochi minuti. Una maggiore attenzione, o solo un po' di buon senso in più, le avrebbero forse evitate.

 

Il senso di responsabilità e la coerenza della nostra azione politica, oltre al profondo rispetto e alla assoluta stima che nutriamo nei confronti delle Forze armate, ci impongono oggi, tuttavia, di votare a favore, per sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Livi Bacci. Ne ha facoltà.

 

 

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, come già ben detto dai senatori del mio Gruppo che mi hanno preceduto, il senatore Del Vecchio e il senatore Serra, il nostro voto sarà favorevole ai provvedimenti oggi in discussione. Credo che si debba sostenere appieno l'iniziativa europea che finora ha sortito effetti positivi e ha garantito il ritiro delle truppe russe dal territorio georgiano, escluse naturalmente l'Abkhazia e l'Ossezia, con una posizione equilibrata e responsabile che è riuscita a mediare elementi di giudizio anche molto contrastanti in merito alle responsabilità del conflitto.

 

Ci sono state reazioni iniziali assai difformi tra i vari Paesi. La nostra, quella dell'Italia, deve essere una posizione saggia che deve percorrere un sentiero delicato: è una neutralità politica, non necessariamente un'equidistanza, che però deve assolutamente ribadire il principio dell'integrità e della sovranità nazionale del territorio georgiano. Il paragone con il Kosovo, quando si parla dell'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia, è improponibile anche perché il Kosovo è stato riconosciuto da un notevole numero di Paesi.

 

Vi è poi la necessità di conoscere in modo veritiero, con una autorevole e indipendente Commissione d'inchiesta, gli antecedenti e le circostanze dettagliate della guerra della Georgia, in modo che le reciproche responsabilità e i danni umani e materiali subiti dalle popolazioni vengano chiariti ed esplicitati, anche perché, per quanto riguarda la Georgia, è bene che il percorso di ammissione alla NATO non prescinda dal consolidamento delle garanzie sull'effettiva democraticità, in quella Nazione, dei processi decisionali che sono particolarmente rilevanti per la comunità internazionale quando attengono agli affari esteri.

 

L'Italia deve pretendere poi il rispetto dei sei punti concordati dall'Unione europea con la Federazione russa che non sono privi di alcuni equivoci, il maggiore dei quali riguarda i limiti territoriali della missione dell'Unione europea denominata EUMM Georgia alla quale, di fatto, è impedito l'accesso ai territori dei due Stati e delle due Province separatiste. Quindi sarà bene che la nostra attenzione si concentri per controllare gli sviluppi di questa missione ed eventualmente correggerne le procedure.

 

Mi auguro anche che il Governo voglia mantenere una posizione equilibrata nei confronti della Russia, riconoscendo l'enorme rilevanza del mantenimento e del rafforzamento dei buoni rapporti con una grande potenza essenziale anche per la risoluzione di problemi internazionali di primaria importanza come quello dell'Iran. Ritengo, comunque, che questa posizione non debba essere ostaggio del ruolo primario che la Federazione russa ha in quanto fornitrice di fonti energetiche o anche portatrice di forti interessi economici.

 

Vorrei qui ricordare l'esistenza di difformità tra le prudenti posizioni espresse più volte dal ministro Frattini, anche in quest'Aula, e le prese di posizione estemporanee del Capo del Governo, posizioni fermamente ed esplicitamente filo-russe. L'impressione è che il nostro Primo Ministro si sia allontanato dall'allineamento o dallo schiacciamento sulle posizioni spesso sciagurate dell'amministrazione Bush. È un allontanamento in articulo mortis dall'amministrazione Bush e vorrei anche ricordare che ci sono stati vivaci dissensi nell'ambito della Commissione esteri e nell'ambito della stessa maggioranza, un po' divisa tra posizioni fortemente filo-russe e posizioni vivacemente pro-americane.

 

Infine, vorrei ricordare che una politica europea, per quanto possa essere fatta congiuntamente dall'Unione europea, e politiche nazionali di forti investimenti diretti all'efficienza energetica, alla differenziazione geografica delle fonti energetiche, allo sviluppo di energie rinnovabili alternative sono anche il modo più efficiente per sottrarsi all'ipoteca energetica del fornitore predominante russo. Tali sforzi, tra l'altro, si armonizzerebbero molto bene con la Presidenza italiana del G8, che l'anno prossimo sarà dedicato primariamente ai temi energetici e ambientali. Quindi, rafforzare una linea che assicuri nel lungo periodo una maggiore indipendenza del nostro Paese significa anche avere maggiore libertà nelle nostre decisioni di politica estera.

 

Forse, stiamo sopravvalutando la forza di ricatto, o di pressione, della Federazione russa. Ricordiamo che il prezzo del petrolio è dimezzato in poco più di una settimana e quindi, in prospettiva, potrebbero dimezzarsi anche le entrate e le favolose ricchezze del Paese; che i valori finanziari sono crollati sul mercato di Mosca. Ricordiamo la debolezza dell'apparato manifatturiero russo; il ritardo tecnologico, che è fortissimo; la debolezza sociale e demografica di quel Paese. Questi sono tutti fattori che dovrebbero farci considerare la Russia in una prospettiva più realistica.

 

Tra i problemi futuri che la Russia potrebbe contare vi è anche il riconoscimento unilaterale di Abkhazia e Ossezia, riconoscimenti che possono determinare una tensione nell'ambito di un Paese colossale, composto da una miriade di minoranze etniche e linguistiche, non solo nel Caucaso ma anche nel resto della Federazione. Di conseguenza, anche la Russia deve muoversi con prudenza.

 

Sono queste considerazioni, comunque, a farmi confermare il voto favorevole ai provvedimenti oggi in questione. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pedica. Ne ha facoltà.

 

 

PEDICA (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'illustrazione dei relatori, pur precisa, continua a non essermi chiara. Mi riferisco ai disegni di legge di conversione nn. 1038, avente come oggetto la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, e 1061, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali. Affronterò quindi congiuntamente, colleghi, l'analisi dei due decreti-legge nn. 147 e 150 in quanto hanno seguito, nel loro iter dibattimentale nelle Commissioni, un percorso parallelo, essendo strettamente associabili tra loro sia per la natura dell'oggetto sia per la struttura compositiva del provvedimento. Questi due provvedimenti, infine, per il portato dei valori che detengono (almeno per quanto mi riguarda e per quanto riguarda l'Italia dei Valori), vanno approfonditi anche per farne oggetto di una generale riflessione.

 

Come illustrato dai relatori, i due disegni di legge afferiscono all'impegno italiano nelle missioni internazionali relative ad un ampio scenario di teatri di guerra e di post conflitto, regolando la partecipazione dei nostri militari ad azioni di monitoraggio sullo scenario georgiano (per ciò che attiene al decreto-legge n. 147) e di interposizione e peacekeeping nel contesto di Libano, Bosnia, Ciad, Iraq, Afghanistan, Kosovo, Libia ed Haiti (per ciò che attiene al decreto-legge n. 150).

 

Ciò che il relatore, anzi, i relatori - in generale, parlando appunto dei due disegni di legge - non hanno spiegato, nell'illustrare i provvedimenti, è che il decreto-legge concernente le missioni all'estero afferisce anche ad altre tematiche, lontane e assai diverse rispetto alle operazioni del nostro esercito. Si tratta, cioè - come già ho detto in Commissione, per cui il Presidente lo ricorderà sicuramente - dell'abolizione dell'ICI, della rinegoziazione dei mutui e delle misure di incentivazione della produttività.

 

Sembra strano, signor Presidente, ma è proprio così: il decreto-legge, se letto approfonditamente, senza limitarsi alla descrizione delle finalità (le quali risultano nobili e imprescindibili al fine della pacificazione di numerosi scenari straziati dal conflitto e dalla fame), contiene un aut aut sulla determinazione dei valori meritevoli di tutela che il Governo vorrebbe sottacere. Ciò che il provvedimento propone è, signor Presidente, colleghi, una duplice scelta. Da un lato, vi è la scelta della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali stabilite in ambito di cooperazione internazionale (con l'appoggio del Consiglio europeo, della NATO e delle Nazioni Unite), che hanno destato aspettative e fiducia nei partner europei e internazionali, nonché nelle popolazioni che si attendono un intervento nei nostri contingenti per ricominciare a vivere dopo le tragedie della guerra. Dall'altro, vi è la scelta di investire le risorse pubbliche per mettere in pratica quelle iniziative tanto propagandate da questa maggioranza di Governo, sia in campagna elettorale, sia nell'immediato aprirsi della legislatura, relative - si diceva - all'abolizione dell'ICI, alla rinegoziazione dei mutui ed alle misure per l'incentivazione della produttività. Queste misure hanno ugualmente destato nei cittadini l'aspettativa verso provvedimenti che potessero aiutarli ad arrivare a fine mese, a guadagnare un po' di più e a spendere un po' meno.

 

Non voglio accusare una predeterminata intenzione nella maggioranza, si badi bene, ma solo sottolineare la reale estensione di questi provvedimenti. E inviterei i colleghi, almeno quelli del centrosinistra, ad ascoltare attentamente, perché, secondo me, la risposta del Governo in Commissione deve farci riflettere, per rispondere, sicuramente. Pertanto, voglio qui invitare i colleghi a leggere il testo del provvedimento nella parte relativa alla copertura finanziaria delle missioni internazionali, che si trova all'articolo 2 del decreto-legge n. 150, quando, al comma 1, si afferma: «Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto» ... «pari complessivamente a euro 147.734.744 per l'anno 2008, si provvede:» ... «c) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307; d) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».

 

Per chi non focalizzasse - e qui è il ragionamento cui dobbiamo arrivare - a cosa attengono gli oscuri rimandi normativi contenuti nei due stralci di provvedimento che vi ho letto, mi spiego meglio. Il citato decreto-legge n. 282, le cui risorse - come abbiamo visto - vengono parzialmente utilizzate per finanziare le missioni all'estero, aveva istituito nel 2004, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, un apposito Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

Serviva insomma per abbassare le tasse, mentre il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 - e come scordarlo, visto che la promessa che contiene ha fatto vincere le elezioni al centrodestra e ce lo siamo sentiti ripetere per tutta la campagna elettorale e poi ad ogni pubblica dichiarazione, con riferimento alle "splendide" manovre varate dal Governo per aiutare i cittadini! - si riferiva alle disposizioni per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, esentando dal pagamento dell'ICI sulla prima casa, detassando gli straordinari, migliorando le condizioni finanziarie in base alle quali le banche concedono i mutui.

 

Cari colleghi, l'Italia dei Valori si domanda che cosa faccia allora questa maggioranza. In sostanza, con un'operazione di finanza creativa - un termine che oggi va di moda - che tanto si avvicina a quelle messe in atto dalle banche e dagli istituti finanziari che hanno fatto crollare le borse in questi giorni, questa maggioranza prende le sue vecchie leggi (e neanche tanto vecchie visto che una risale al maggio scorso), che stabilivano interventi per conseguire finalità che apparivano meritevoli di essere perseguite, e toglie i soldi che aveva stanziato per conseguire quegli stessi obiettivi trasferendoli su un altro capitolo di spesa.

 

Poi, sempre la stessa maggioranza, alloca i suddetti stanziamenti all'interno delle disposizioni finanziarie previste per altre leggi per coprire le altre finalità che oggi ha deciso si debbano conseguire, ossia il contributo italiano alle missioni internazionali, ma che in un domani potrebbero subire la stessa sorte dell'ICI. È in sostanza un capitolo che gira: si tolgono e si rimettono stanziamenti, con il risultato finale che alla fine vengono varati provvedimenti che non hanno la copertura necessaria. Non ce lo dicono, ma il buco finanziario c'è!

 

Questa maggioranza, invece di cercare «risorse fresche» per far sì che davvero possano divenire realtà le promesse fatte un tempo ai cittadini italiani - come nel caso del «vi toglieremo l'ICI» - e le promesse fatte giusto ieri ai cittadini georgiani, libanesi, iracheni e kosovari, quali «vi aiuteremo a rialzarvi dopo anni di guerra», e di rispondere agli obblighi che la legano, sposta i soldi da un capitolo di spesa all'altro e ne lascia alla fine, per forza di cose, uno scoperto, privo di risorse.

 

Certo, quando ho sollevato il problema, a nome del Gruppo Italia dei Valori, in Commissione affari esteri e difesa, mi è stato risposto che è una prassi, è legale spostare soldi da una parte all'altra, ma mi chiedo e vi chiedo se ciò sia morale. Non può esserlo. È corretto nei confronti dei Comuni che si aspettano di vedersi restituiti i soldi che mancheranno nelle loro casse a seguito dell'abolizione dell'ICI? O forse sono io a non aver capito cosa significa spostare i soldi in un capitolo di spesa a parte; certo è una facoltà di cui dispone per legge il Governo, ma cosa diciamo ai sindaci?

 

È trasparente quello che viene fatto nei confronti di un'opinione pubblica che si aspetta di vedere trasformate in legge le promesse elettorali? È democratico? Noi dell'Italia dei Valori non pensiamo che tutto ciò che le leggi in teoria consentono divenga automaticamente lecito e giusto, soprattutto quando si tratta della gestione dei soldi che appartengono a tutti i contribuenti o quando questa creativa gestione delle finanze - e dicendo creativa intendo piuttosto spericolata, per non usare un termine forte - viene messa in opera tramite rimandi normativi poco chiari, che cercano di evitare il dibattito parlamentare e pubblico.

 

Ritengo, infatti, che la logica che sospinge la maggioranza di governo nei suoi traffici con le finanze pubbliche sia la medesima attuata dalle banche con le finanze private, quelle banche che hanno speculato, che hanno intrecciato subprime e operazioni azzardate in borsa, che hanno costruito delle bolle economiche, con il tragico finale al quale stiamo tutti assistendo e del quale tutti pagano le spese!

 

Adesso il Governo vuole costruire delle bolle legislative, rischiando di far crollare tutti i castelli di carta, vale a dire che o i nostri soldati rimangono senza le risorse necessarie a garantire la loro sicurezza - e non solo i soldati considerato che, nella missione in Georgia, vi sono anche 4 civili fra i 40 osservatori inviati - o che i Comuni rimangono senza soldi per fornire i servizi essenziali o ancora che i cittadini vengono alla fine ritassati senza neppure saperlo.

 

Così, da una parte, si osserva la faccia pubblica del Governo, con il Presidente del Consiglio che si mostra preoccupato per la crisi finanziaria e vola a Bruxelles per varare piani di salvataggio dell'economia privata, stipula accordi in sei punti con gli altri Governi europei, istituisce fondi speciali a garanzia degli investitori e stabilisce maggiori controlli su banche e manager spericolati; dall'altra, contemporaneamente, si osserva la faccia più oscura ed inquietante, quella con cui nel silenzio delle stanze governative poi si riallocano i fondi ogni volta su provvedimenti diversi - lo ripeto - per non mostrare che i veri buchi stanno proprio nell'economia pubblica!

 

Onorevoli colleghi, alla luce di quanto sin qui detto si legge con più chiarezza la generale linea che questa maggioranza sta tenendo nella sua gestione della politica estera e della politica in generale. Si tratta di una linea che potremmo definire "la privatizzazione del pubblico"!

 

Noi dell'Italia dei Valori lo abbiamo denunciato a proposito dell'accordo firmato dal presidente del Consiglio Berlusconi con il leader libico Gheddafi, quando nel question time in Aula al ministro Frattini abbiamo chiesto di riferire e di chiarire su un patto, su di un placet, il cui contenuto rimane tuttora segreto, ossia privato!

 

Lo abbiamo ricordato - in particolare lo ha fatto il nostro Capogruppo - anche nella discussione nelle Commissioni riunite relativa al decreto-legge n. 150 del 2008, quando abbiamo rilevato che, nonostante il provvedimento rechi proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali, in realtà, non di mera proroga si tratta, ma di una disposizione che, relativamente alle missioni in Afghanistan e in Kosovo, non prevede una semplice proroga delle stesse fino al 31 dicembre, ma un aumento di stanziamenti finalizzato ad accrescere il personale previsto e gli scopi preposti.

 

Voglio ricordare anche oggi, in Aula, che in particolare è previsto, nel decreto-legge n. 150 del 2008, l'invio di 16 carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della polizia nazionale irachena, l'impiego di 40 carabinieri per l'addestramento della forza di polizia afgana, e, in modo poco chiaro, l'invio di 18 unità in Kosovo.

 

Chiediamo, allora, ancora una volta di riferire con maggiore dovizia i particolari sulla tipologia delle missioni (dovevate farlo, anche in Commissione!), nonché sul contesto politico e sulle relazioni fra l'Italia, l'Europa ed i Governi di Afghanistan, Kosovo e Iraq, in quanto un aumento di personale e una diversificazione degli obiettivi dei contingenti impegnati (sia questo in relazione alle esigenze sopravvenute o sia in relazione all'assunzione da parte dell'Italia del comando della missione NATO in Kosovo, come si legge nel testo del provvedimento) dovevano essere oggetto di approfondito dibattito in Parlamento per valutare la necessità e le modalità di attuazione.

 

Signor Presidente, questo Governo sembra ignorare la basilare separazione dei poteri e continua a gestire, anche la politica estera, a forza di decreti-legge e di accordi segreti, come quello con Gheddafi. Questo Governo lavora così: insinua emergenze; crea panico nei cittadini e poi si arroga poteri straordinari, mancanti dei requisiti fissati dall'articolo 77 della Costituzione che regola la produzione legislativa in via straordinaria; modifica le emergenze inserendo, ad esempio, la concessione di profitto agli imprenditori Alitalia a spese dei contribuenti o la concessione di immunità al Presidente del Consiglio per il quale uno dei processi che lo vede imputato, il cosiddetto Mediaset-Mills, sta volgendo al termine. Come abbiamo denunciato all'inizio, sposta i soldi da un'emergenza all'altra, lasciando alla fine un buco che prima o poi investirà lo Stato italiano!

 

Allora, onorevoli colleghi, come fate a criticarci quando parliamo di piazza Navona: ben venga la manifestazione di piazza Navona che per noi è indice di trasparenza e di legalità. Dobbiamo dire ai cittadini che cosa si è sottolineato a piazza Navona, anche a proposito dell'ICI: non sono fesserie perché resterà un buco e bisogna denunciarlo!

 

Alla luce di quanto sin qui detto ed anche delle considerazioni più generali di gestione degli affari internazionali, che il Presidente del Consiglio tratta tramite le sue amicizie private invece che attraverso i canali regolari della diplomazia ufficiale fra Capi di Governo (escludendo tutti, Ministri e Sottosegretari), sottolineo che noi dell'Italia dei Valori esprimeremo un voto favorevole perché il nostro è un partito responsabile, che vuole arrivare fino in fondo; nello stesso tempo, però, vogliamo denunciare i fatti e non nasconderli.

 

Consci che sulla sicurezza dei soldati non possono esistere divisioni partitiche, anticipo che ci esprimeremo con un voto favorevole per garantire il finanziamento della missione in Georgia ed il rifinanziamento delle missioni internazionali, in quanto lasciare le stesse missioni senza la copertura necessaria a garantire che vengano prese tutte le misure cautelative del caso costituirebbe un atto non degno di un'opposizione responsabile. Quella del Gruppo Italia dei Valori è responsabile e sa quando opporsi con fermezza; sa quando bisogna scendere in piazza e quando collaborare con spirito bipartisan per il raggiungimento di obiettivi di interesse generale.

 

Ma lo ripeto, noi voteremo positivamente e convintamente alla conversione dei decreti-legge nn. 147 e 150 solo per l'incolumità dei nostri soldati. La responsabilità deve manifestarsi però anche da parte del Governo che deve esplicitare perché questi soldi vengono spostati, nell'arco di breve tempo, da un intervento all'altro solo per propaganda. Alla fine uno resterà fregato, vediamo a chi toccherà. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Giovan Paolo. Ne ha facoltà.

 

 

 DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, il mio intervento sarà diviso in due parti molto brevi. La prima riguarda l'Europa e l'importanza che ha soprattutto la missione in Georgia. Mi soffermerò su tale tema.

 

Veniamo da una storia abbastanza complessa dell'impegno, soprattutto nel campo della difesa e della sicurezza. Tengo a sottolineare tale aspetto perché l'Unione europea ha sempre parlato di difesa e sicurezza, tenendo assieme i due concetti in tempi in cui della sicurezza non si parlava, né nell'Unione europea né nel nostro Paese. Credo che sarebbe importante tenere conto del fatto che la missione in Georgia è la conclusione di una scelta politica concorde che giunge dopo alcune decisioni che così non sono state. Penso alla prima e alla seconda missione in Iraq e alle divisioni tra la vecchia e la nuova Europa, che sono state fatte quando qualcuno si domandava quale fosse il numero di telefono e il prefisso della Comunità europea; penso alle difficoltà sul Kosovo.

 

Ritengo inoltre che dovremmo ragionare sull'ingerenza umanitaria, che è stata introdotta con un pensiero alto da Giovanni Paolo II e che spesso si è nutrita solamente dello strumento militare, che è l'estrema ratio di una scelta del genere. Penso alle difficoltà dell'intervento in Macedonia e all'impegno che l'Unione europea ha avuto in quei Paesi, con una scelta di confronto con gli Stati Uniti e con una presidenza Clinton che, non a caso, si è posta come riferimento rispetto al confronto con cui l'Unione europea è cresciuta.

 

Da questo punto di vista quella sulla Georgia è certamente e finalmente una scelta condivisa, nella quale spero che l'Europa si ritrovi, così come mi auguro che si ritrovi su altre posizioni che dovrà assumere. Il problema non è infatti solamente il rapporto con Putin e con la Russia, che è uno dei problemi. L'Europa è complessa e forse, sì, anche un pochino vecchia: old fashioned avrebbero detto al dipartimento di Stato americano. È necessario capire che questa complessità è parte del ragionamento sulla sicurezza in Europa.

 

Caro Sottosegretario, vorrei porle una seconda questione, e so che lei ha anche la cultura politica per poterla comprendere. È giusto che un Paese come il nostro, una media potenza, abbia una presenza all'estero assieme al resto dell'Unione europea. Tale presenza è complessa, fatta dei nostri militari, della nostra intelligence, che sul campo prepara la presenza dei militari; è fatta di cooperanti, di persone che fanno attività di relazioni economiche, degli istituti di cultura all'estero e di insegnanti che insegnano la nostra lingua.

 

Mi permetto di sottolineare che l'aspetto grave è che tutti questi tipi di presenza, che illustrano il nostro Paese, debbono purtroppo mettere mano nella stessa tasca che, alla fine, rischia quasi sempre di essere la tasca della legge n. 49 del 1987 sulla cooperazione internazionale. Lo faccio presente a lei, signor Sottosegretario, perché lei conosce bene questa situazione e le scelte che sono state positive per noi e per l'Unione europea, perché su questo è cresciuta anche una coscienza della cooperazione

 

Tutti i nostri militari impegnati nei teatri di guerra sanno benissimo che la presenza della cooperazione in quei terreni permette loro di svolgere una funzione che viene apprezzata maggiormente rispetto ad altre truppe presenti negli stessi teatri di guerra.

 

Allora, mi chiedo se tutti insieme i membri dei due rami del Parlamento - mi rivolgo quindi ai senatori presenti in quest'Aula, maggioranza e opposizione - non possano porsi per il futuro la questione di dedicare un capitolo specifico per le numerose missioni italiane (siamo tra i primi in Europa e nel mondo) e un altro capitolo specifico da preservare per la cooperazione allo sviluppo, settore in cui si sono registrati quest'anno tagli del 56 per cento: i fondi destinati a interventi di cooperazione internazionale registrano nella manovra economica di quest'anno, già approvati dalla Camera, 411 milioni di euro di tagli rispetto a quanto era stato previsto nella finanziaria per il 2008. Ciò che residua dai tagli sono 9 milioni di euro per tutto l'anno: non è questo il modo per affrontare un'attività nella quale tutti si trovano nello stesso campo.

 

Su questo punto chiedo che sia avviata una riflessione seria, senza che sia messo in dubbio il nostro impegno europeo o il modo in cui siamo presenti, caro Presidente, ma non si deve nemmeno dubitare di come anche altre modalità di intervento, legate alla nostra presenza di italiani ed europei nel mondo, cooperino per la difesa e per la sicurezza. (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Giai. Congratulazioni).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cabras. Ne ha facoltà.

 

 

CABRAS (PD). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, la posizione politica di favore che il nostro Gruppo ha assunto fin dall'esame in Commissione dei due provvedimenti al nostro esame ci consente, in fase di discussione in Aula, di non limitarci a sottolineare il merito dei provvedimenti in sé che - com'è stato ricordato dai colleghi del mio Gruppo, ma anche dai colleghi della maggioranza, in maniera molto efficace - dispongono la proroga delle missioni italiane (sette più una) fino al 31 dicembre di quest'anno con alcune variazioni di minore portata rispetto alla situazione precedente e la partecipazione alla missione in Georgia.

 

Proprio perché i provvedimenti si trovano ad essere esaminati in un contesto politico di sostanziale convergenza, penso che dobbiamo cogliere questa opportunità per mettere in evidenza alcuni punti sui quali stiamo discutendo nelle ultime settimane e che riguardano i cambiamenti sostanziali intervenuti nei tre scenari interessati dalla proroga delle missioni.

 

Il primo è la crisi del Caucaso che, per la verità, ha colto di sorpresa molti, in quanto in pochi avevano previsto sin dalle prime dichiarazioni del presidente Putin - rese in occasione di alcuni vertici nel corso del 2007 e poi reiterate nel 2008 - il cambiamento profondo e radicale della linea della Federazione russa in materia di politica estera.

 

Il secondo elemento di novità che considero anch'esso di grande rilievo è la presa d'atto anche da parte degli americani - come attesta l'ultimo rapporto della CIA - che in Afghanistan, procedendo nel modo in cui si è fatto finora, non si concluderà niente.

 

Il terzo cambiamento abbastanza rilevante riguarda il superamento della crisi politica in Libano con la formazione del nuovo Governo che presenta una differenza di grande rilievo rispetto al precedente, elemento che, secondo la mia opinione, non è stato ancora sufficientemente messo a fuoco: il cosiddetto diritto di minoranza di blocco che è stato assegnato agli Hezbollah, in base al quale - come sappiamo - possono con il ritiro dei loro Ministri far cadere il Governo, e che fa parte sostanziale dell'accordo che è stato stipulato.

 

Perché considero questi elementi di cambiamento così importanti? Il primo, che concerne il grande cambiamento che la linea di politica estera della Federazione russa sta introducendo nello scenario internazionale, non deve essere affrontato solamente con la preoccupazione se i rapporti di amicizia intrattenuti dal nostro Capo di Governo possono contribuire o meno a risolvere il problema. Penso che l'approccio corretto sia quello di appellarsi agli storici e tradizionali rapporti di forte dialogo tra l'Italia e l'Unione Sovietica ieri e la Federazione russa oggi, perché in questo dialogo siano affrontati i temi che sono stati proposti, anche drammaticamente, dalla crisi del Caucaso. Soprattutto è importante che ci si confronti con i russi alla luce dei timori che in quel Paese si stanno determinando e che sono pari evidentemente alle preoccupazioni diffuse negli altri Paesi di confine, in particolare la Georgia e l'Ucraina, rispetto alla quale si è aperta una crisi politica strettamente collegata a questo aspetto.

 

Per quanto riguarda l'Afghanistan, il tema è ormai assolutamente all'ordine del giorno. Ritengo che la proroga fino al 31 dicembre 2008 debba essere un'occasione perché, rifinanziando un'eventuale presenza - della quale dovremmo essere tutti d'accordo discutendone magari i dettagli, il merito e i contenuti - si apra una fase profondamente diversa, anche alla luce della presa d'atto intervenuta da parte di tutti gli alleati impegnati in quel contesto che continuando così non si arriva da nessuna parte.

 

Occorre mettere in campo un'iniziativa sul piano politico e soprattutto negoziale, chiamando al tavolo del negoziato le parti oggi belligeranti. Fu Fassino, qualche tempo fa, a dire, seguendo l'idea di Karzai, che occorreva aprire un dialogo con i talebani, suscitando grandissimo sconcerto nel dibattito politico italiano. Oggi anche gli americani dicono che bisogna sedersi al tavolo con i talebani; meglio tardi che mai! Tuttavia ritengo che, alla luce dei cambiamenti che si sono determinati, dovremo essere un po' più lungimiranti perché il clima tra maggioranza e opposizione è più vicino rispetto al passato nell'impostazione della politica multilaterale. C'è anche una maggiore attenzione al ruolo importante che l'Europa può svolgere, e la soluzione adottata in materia di mercati finanziari ne è la testimonianza.

 

Oggi dicono che finalmente l'Europa si è impegnata e infatti, nella fotografia dei quattro Paesi più importanti che hanno dato avvio alla soluzione della crisi con alcuni provvedimenti che hanno provocato le prime risposte positive nei mercati finanziari, c'era anche il Capo del nostro Governo. Quindi, l'Europa diventa non soltanto la realtà minima indispensabile, ma forse, anche per la maggioranza, la massima possibile o quella che dobbiamo impegnare più di quanto non abbiamo fatto finora.

 

Vorrei concludere sottolineando gli aspetti di novità presenti nello scenario sottoposto alla nostra attenzione. Dobbiamo considerare l'occasione del voto favorevole da parte di noi tutti alla proroga delle missioni militari e alla conferma della presenza degli osservatori nella crisi della Georgia un contesto utile e favorevole ad aprire una discussione più approfondita rispetto al modo in cui l'Italia, da ora in avanti, svolgerà il suo ruolo e la sua funzione nelle sedi multilaterali, dall'ONU alla NATO e nella stessa Europa, affinché queste novità e questi cambiamenti possano consolidare il ruolo importante svolto dal nostro Paese.

 

È stato ricordato che in Georgia siamo il secondo contribuente, dopo la Francia, per gli interventi di presenza, stabilizzazione e interposizione. Ciò vale non solo per la Georgia; se guardiamo il contributo dell'Italia alle Nazioni Unite e alle altre missioni militari, constatiamo che il nostro Paese fornisce un contributo importantissimo per quanto concerne la stabilizzazione delle aree di crisi nel mondo. A ciò deve corrispondere un'iniziativa politica assolutamente adeguata e forte. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. Colleghi, volevo informarvi che intorno alle ore 18,25 la seduta verrà sospesa; vi comunicherò successivamente se riprenderà o se invece sarà tolta e rinviata a domani.

 

È iscritto a parlare il senatore Marcenaro. Ne ha facoltà.

 

 

MARCENARO (PD). Signor Presidente, per fortuna ci penserà il nostro sistema dell'informazione ad impedire che i soldati italiani impegnati nelle missioni internazionali vengono a conoscenza che questa discussione si svolge in assenza del Ministro della difesa o di rappresentanti di quel Ministero e con una presenza della maggioranza oscillante, fino ad ora, fra i sette e i dieci senatori. (Applausi dal Gruppo PD). Lo dico perché fa parte della politica anche l'impegno che si manifesta su questioni di tale rilievo.

 

I colleghi del mio Gruppo, per primo il senatore Del Vecchio e poi altri dopo di lui, sono già intervenuti ampiamente. Per quanto mi riguarda mi limiterò solo a tre punti: il primo - ne ha parlato adesso il senatore Cabras - è che la discussione avviene in un quadro totalmente nuovo rispetto a quello nel quale abbiamo discusso solo poco tempo fa.

 

La crisi internazionale, per come si delinea, mette ogni giorno di più in evidenza che il bisogno di fare dei passi significativi in avanti nella costruzione di una governance internazionale che consenta di addivenire a decisioni che corrispondano al livello globale dei problemi e, al tempo stesso, abbiano un fondamento di legittimità democratica, è un problema sempre più urgente.

 

Io penso che sia una responsabilità del Governo ed una nostra responsabilità in quanto Parlamento fare di questo un grande tema di discussione. Da questo punto di vista, il fatto che la Commissione esteri del Senato abbia deciso nei giorni scorsi l'avvio di un'indagine conoscitiva sulla governance mondiale, anche in previsione ed in vista della Presidenza italiana del G8, costituisce un fatto significativo.

 

Una cosa poi voglio dire sulla questione della Georgia, rispetto alla quale si sono affrontati molti aspetti. Tra non molto tempo, noi saremo protagonisti, come molti colleghi hanno ricordato, della Conferenza dei donatori. Io voglio qui ricordare che vi è una necessità, ovvero che l'Italia, nell'ambito europeo, alla Conferenza dei donatori dica e spenda una parola sulla questione dei profughi.

 

L'ho già detto intervenendo nel dibattito generale sulla politica estera italiana. La questione dei profughi non è solo una grande questione umanitaria - come sapete, ai profughi recenti si aggiungono quelli che si sono registrati dopo il conflitto del '91-'92 - ma è una questione che riguarda il futuro. Il ritorno dei profughi vuol dire riaprire una prospettiva di Stati che non abbiano una base puramente di omogeneità etnica. Questo è il disastro che si prepara in quell'area.

 

Se noi vogliamo dare al Caucaso e a quel mondo una prospettiva in cui la parola democrazia abbia un senso, abbiamo bisogno di ricostruire le condizioni di Stati basati sulla cittadinanza e non sull'omogeneità etnica e il ritorno dei profughi è, da questo punto di vista, una questione essenziale. Lo ha detto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa al ritorno dalla Georgia. È bene che noi sosteniamo questo punto.

 

Infine, l'ultimo punto che voglio affrontare, di cui ha parlato in modo convincente ed approfondito il collega Del Vecchio e forse non dovrei aggiungere null'altro, è a proposito dell'Afghanistan e del bisogno che la politica ritorni al primo posto in tutti i suoi aspetti.

 

Voglio solo ricordare una questione: guardate che siamo di fronte ad un pericolo come non avevamo mai avuto in passato. Noi siamo di fronte al fatto che è cominciata la guerra civile in Pakistan. In nessun altro modo si possono leggere gli avvenimenti e gli attentati di questi giorni. Ciascuno di noi può valutare cosa significhi la guerra civile in un Paese che ha l'arma atomica; un Paese che ha l'arma nucleare. Siamo cioè di fronte ad una questione che solleva problemi di natura diversa rispetto a quelli che noi avevamo considerato fino ad oggi. Ed oggi stabilizzazione dell'Afghanistan e del Pakistan sono due facce dello stesso problema. Naturalmente la questione dell'Afghanistan ha tante altre dimensioni ricordate, ma c'è questo punto su cui si giocano molte decisioni importanti per il futuro. Naturalmente, il presidente Berlusconi può andare a Washington e dire che la presidenza Bush è stata una grande presidenza, purtroppo è una Presidenza che ci ha portato a questo punto e noi aspettiamo con impazienza e con fiducia che una svolta apra, anche sotto questo profilo, una frase nuova. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

 

PRESIDENTE. Interverrà ora il senatore Compagna, dopodiché la seduta sarà sospesa per riprendere probabilmente intorno alle ore 19,30, ma soltanto per alcune comunicazioni all'Assemblea. La discussione dei disegni di legge riprenderà domani con l'intervento del senatore Sircana.

 

È iscritto a parlare il senatore Compagna. Ne ha facoltà.

 

 

COMPAGNA (PdL). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, mi sembra che qualche minuto fa il collega Cabras, a proposito dello scenario del Libano e del Medio Oriente, evocasse come centrale un dato di novità rispetto alle condizioni nelle quali prese avvio la missione italiana: la costituzione di un diritto di minoranza di blocco riconosciuto agli Hezbollah. In qualche modo, sia pure in termini più sfumati, meno espliciti e decisivi di quelli adoperati dal collega Cabras, ne avevamo già parlato qui in Senato nel giugno scorso con il ministro Frattini.

 

Evidentemente, questo conferisce alla missione italiana un carattere che originariamente non aveva. Anzi, in un certo senso fu una sorta di processo alle intenzioni quello che portò in quest'Aula il presidente Pera a dissociarsi dall'orientamento bipartisan che nel 2006 portò al varo della missione. Allora da questo punto di vista, anche se non è presente il Ministro della difesa, io non posso perdere questa occasione per segnalare un dato gravissimo che non giova al prestigio del nostro Paese.

 

Alla metà del luglio scorso, alcuni soldati italiani, nel momento dello scambio di prigionieri fra Israele e Libano, furono immortalati in alcune immagini fotografiche tremende: si vedeva il contigente di pace delle Nazioni Unite rendere omaggio ad un ritratto di Imad Mughniyeh, leader di Hezbollah, il cui pedigree di delitti odiosi (famosa l'immagine con il cranio della bambina) venne diffuso dalla stampa. Il suddetto leader di Hezbollah viene solitamente rubricato fra i più atroci e feroci terroristi di tutti i tempi.

 

In quell'occasione, eravamo alla metà di luglio, l'ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite Dan Gillerman chiese l'immediato rimpatrio dei militari italiani e devo dare atto al Ministro della difesa di aver adeguatamente criticato, a mezzo stampa, le frasi infelici di quel portavoce militare di UNIFIL, il quale cercò di far risalire l'atteggiamento dei militari italiani ad una tradizione rispettosa di tutti i caduti in guerra e alla cosiddetta equidistanza; ecco il termine veramente obliquo ed ambiguo delle forze di pace in Libano.

 

Prima di quel voto dell'Aula del Senato nel 2006, vi fu poi (ed anche in quel caso fu usata la parola equidistanza) una scabrosissima passeggiata del predecessore del ministro Frattini per le strade di Beirut. Che cosa voglio dire? Quello che dicemmo insieme al ministro Frattini e che spero il senatore Cabras condivida: la genesi di partiti politici da organizzazioni non militari ma terroristiche, come Hamas sul fronte palestinese ed Hezbollah (Stato nello Stato rispetto al Libano, ma nel senso che lo Stato è o la Siria o l'Iran o tutte e due), è ragione che deve portare a presidiare attentamente il carattere della missione italiana. Non vi può essere e non è ammissibile l'equidistanza fra eserciti regolari e terroristi, e i caschi blu italiani in quella zona debbono rifiutare di accreditare tali immagini.

 

Da questo punto di vista mi rendo conto del vero vuoto nella situazione politica internazionale. Un commentatore penetrante come Sergio Romano parla del vuoto americano, ma c'è un vuoto nelle organizzazioni internazionali che dura da molti anni ed è quello delle Nazioni Unite: un riferimento inesistente, non fragile, ma proprio opaco, insussistente, anche nella vicenda della Georgia. Sulla vicenda della Georgia Sergio Romano domenica scorsa ha scritto - cito testualmente - che «Washington incoraggia i topi a ruggire (è il caso della Georgia), ma non è in grado di liberarli dalla trappola in cui si sono cacciati».

 

Invito a confrontare con questo lessico quello dell'onorevole Paolo Guzzanti o quello, molto crudo, del Presidente del Consiglio che, secondo alcune agenzie, avrebbe parlato di "saddamismo" del presidente Saakashvili. In ogni caso, ciò vuol dire che, al di là di quelle che sono le responsabilità diciamo così di primo colpo, che verranno accertate e ricostruite, quella tra Georgia e Russia è una crisi più che annunciata da almeno 16 anni, da quando si consentì che Mosca intervenisse nell'Ossezia del Sud, nell'Abkhazia, ma anche nella Transnistria, in veste di peacemaker.

 

Il compito di peacekeeper la Russia se lo attribuì da sola: le servi per accreditare la sua presenza come una spada di Damocle poggiata sul Caucaso, che continuava a considerare la propria riserva di caccia. La comunità internazionale e le sue fragili organizzazioni erano impegnate nei Balcani e quindi consentirono fin troppo, perché puntavano sulle garanzie e sulla soprintendenza di quella grande organizzazione regionale delle Nazioni Unite che è l'OSCE, considerando che essa è istituzione direttamente impegnata sul terreno del Caucaso, che ne fanno parte sia la Russia sia la Georgia e che gli Stati Uniti non hanno nei suoi confronti quella pregiudiziale che hanno nei confronti delle Nazioni Unite.

 

Da questo punto di vista, non credo che abbia ragione l'amico onorevole Guzzanti nell'evocare i fantasmi del ritorno alla sovranità limitata brezneviana. Ma ciò non significa che non abbia ragione il più felpato linguaggio diplomatico dell'ambasciatore Lenzi che sulla «Rivista di studi diplomatici» (Lenzi è stato a lungo capo della missione italiana all'OSCE di Vienna) ha parlato addirittura di un complesso di accerchiamento buono per tutte le stagioni, che serve a Putin per farsi forte addirittura dell'ombra della grande Caterina di Russia.

 

Da questo punto di vista, allora, con riguardo alla missione europea, un ruolo meno tecnico-monitorante e più politico dell'OSCE può essere la strada per arrivare ad una condizione del Caucaso nel quale nessuno possa atteggiarsi ad Iraq e nessuno possa sentirsi Kuwait. Questo è stato lo spirito dei sei punti di Sarkozy, dal quale ha preso le mosse il decreto al quale, mi auguro, non mancherà nella giornata di domani l'approvazione del Senato.

 

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché è in corso la riunione congiunta dei Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato e della Camera, sospendo la seduta.

 

 

 

 


Allegato B

 

 

Integrazione all'intervento della senatrice Allegrini nella discussione generale congiunta dei disegni di legge nn. 1038 e 1061

 

«La delegazione italiana non accetta» - abbiamo detto a Toronto - «non può accettare il ritorno all'uso della forza bellica in Europa come mezzo di risoluzione dei conflitti tra gli Stati. Siamo contro le guerre, anche contro le «guerre fredde».

 

Riteniamo plausibile la tesi che la crisi georgiana sia il frutto, la somma di tre escalation, tre azioni sproporzionate e illegittime nell'uso della forza.

 

Una Commissione indipendente di indagine accerterà meglio la dinamica dei fatti e le responsabilità relative e siamo convinti che questo lavoro debba essere sostenuto senza ambiguità dalle parti in conflitto, e debba avere il massimo sostegno dell'OSCE che può svolgere in tal senso un rilevante ruolo.

 

Noi siamo ben convinti che il muro di Berlino è effettivamente e finalmente caduto nel 1989 e che non vi sia alcuna ragione per rialzare «muri psicologici» contro la Federazione Russa, ripetendo l'espressione usata dal collega Kozlovskij nella Sessione OSCE del luglio scorso ad Astana. In tal senso non può sussistere alcuna sindrome di accerchiamento.

 

Riprendendo la visione di Adenauer, De Gasperi, Monnet, Schuman noi riteniamo che il processo di pace e di progresso vada sviluppato mediante una crescente integrazione tra i popoli e gli Stati, e che l'interesse generale imponga il rafforzamento della cooperazione tra UE e Russia.

 

Come la Comunità europea del carbone e dell'acciaio fu il motore dell'integrazione politica democratica dell'Europa, così oggi si può pensare a una nuova Comunità, tra UE e Russia, in materia di energia, tecnologia, capitali e cultura d'impresa.

 

L'Europa allargata deve inoltre sviluppare, in un positivo e cooperativo rapporto con la Federazione Russa, le proprie politiche di vicinato con un'area assai estesa di Paesi.

 

Riconosciamo dunque la possibilità e la necessità di nuove politiche in una governance multipolare e auspichiamo che si riprenda presto la collaborazione tra la NATO e la Russia.

 

Ugualmente riteniamo che questo processo debba svolgersi nella chiarezza, nel costante rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e dello sviluppo della democrazia.

 

Per questo non possiamo condividere l'uso sproporzionato della forza militare condotta dalla Russia e la sua profonda incursione nel territorio della Georgia e riaffermiamo il principio dell'inviolabilità e dell'integrità dei confini nazionali degli Stati. Analogamente riaffermiamo il principio dell'illegittimità, in via generale e in ogni caso, di ogni azione tesa a rovesciare con la forza il governo di un paese democratico.

 

E ribadiamo, inoltre, il principio secondo cui nessun paese terzo può opporsi alla decisione sovrana di un altro Stato di aderire liberamente a un'organizzazione o alleanza internazionale.

 

Sono principi irrinunciabili e spetta alla saggezza politica farli vivere e rendere compatibili con la storia.

 

Gli errori possono essere riconosciuti e le politiche possono essere corrette.

 

Un'occasione di riflessione, per tutti, verrà dalla prossima discussione presso l'ONU della mozione della Serbia sul Kosovo, dove il tema del riconoscimento unilaterale e parziale della sovranità degli Stati sarà oggetto di nuova valutazione.

 

In un mondo che è già attraversato da molte e difficili sfide, dal global warming alla lotta al terrorismo, dal governo delle crisi finanziarie a quello delle migrazioni e delle povertà, occorre guardare con fiducia alle sedi internazionali di risoluzione delle controversie e ai valori irrinunciabili della democrazia e della pace.

 

L'Italia ritiene che l'OSCE debba sostenere con forza l'intesa sui sei punti proposta dalla UE e sottoscritta dal Presidente Sarkozy, dal Presidente Saakashvili il 15 agosto e il 16 agosto dal Presidente Medvedev, e pretenderne il rispetto e l'attuazione per realizzare un processo di stabilizzazione e di ricostruzione in Georgia.

 

Il ritiro completo delle forze russe e georgiane nelle posizioni previste deve essere attuato pienamente, come stabilito nell'accordo integrativo raggiunto con il Presidente Medvedev, l'8 settembre, da parte della missione Sarkozy-Barroso-Solana.

 

I negoziati internazionali, previsti dal punto 6 dell'accordo, a partire dal 15 ottobre a Ginevra, devono essere adeguatamente preparati con l'obiettivo del successo della Conferenza del Caucaso e l'azione per incrementare i «fondi per la ricostruzione» in Georgia deve essere più intensa.

 

L'Italia ha fiducia in questo percorso.

 

Chiediamo a tutti di avere fiducia e per questo chiediamo con chiarezza che non siano posti ostacoli all'azione di garanzia degli osservatori indipendenti, che sia a loro consentito l'accesso anche nei territori dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia.

 

Il tempo della pace e del progresso si costruisce con la fiducia tra i popoli e nel rispetto convinto del diritto internazionale».

 

Questo l'intervento della delegazione italiana presso l'OSCE il 19 settembre scorso. Cosa dire ancora?

 

Da venerdì 10 ottobre i russi si sono ritirati da Gori ma da Tiblisi fanno sapere che le truppe del Cremlino devono lasciare anche la valle di Kodory e la zona di Akhalgori, ossia quelle porzioni di Ossezia ed Abkhazia che fino ad agosto scorso erano proprio sotto il controllo della Georgia. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite ha costruito proprio a Gori, città natale di Stalin, uno dei campi più importanti, ma in quella regione ce ne sono altri 32. Comincia ora l'esodo massiccio dei profughi: alcuni troveranno la loro casa, altri non più. Al ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, per la Presidenza di turno dell'Unione, il difficile compito di valutare gli sviluppi del ritiro russo e le sue implicazioni sulla diplomazia e gli sfollati.

 

Il prestigio internazionale, il rispetto degli accordi, l'adesione ai trattati, sono argomenti decisivi per una valutazione positiva della missione italiana in Georgia. Le relazioni commerciali ed industriali, la valenza strategica di quei territori, corridoio di approvvigionamento di energia e materie prime delle quali l'Italia ha assoluto bisogno, sono argomenti altrettanto convincenti. Non credo si possa omettere poi di considerare come la Georgia sia ormai lo scenario nel quale Russia e Stati Uniti si scontrano frontalmente, o ignorare che questo confronto non è poi così lontano dai nostri confini.

 

Ma l'argomento che mi convince di più ad un appassionato sì è ciò che ho visto: è quel senso di ingiustizia che ho provato, quel deficit nemmeno troppo palese di democrazia e libertà, intese in senso pieno, che affligge popolazioni che più che mai hanno bisogno di aiuti concreti e interventi costruttivi di pace, è quel senso di umana solidarietà che impone a tutti noi di rendere loro quel sogno di progresso sociale ed economico nel quale sembrano nemmeno credere più e che prima e ancor oggi è stato loro negato.

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

73a seduta pubblica:

 

 

Mercoledì15 ottobre 2008

Presidenza del vice presidente Mauro

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza della vice presidente MAURO

(omissis)

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Relazione orale)

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (Relazione orale) (ore 9,37)

 

 

Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 1038, con il seguente titolo: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

 

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1038 e 1061.

 

Ricordo che nella seduta di ieri i relatori hanno svolto la relazione orale ed ha avuto inizio la discussione generale congiunta.

 

È iscritto a parlare il senatore Sircana. Ne ha facoltà.

 

 

SIRCANA (PD). Signora Presidente, onorevoli Sottosegretari, onorevoli senatori, i miei colleghi nella giornata di ieri hanno parlato a lungo degli aspetti più tecnici e specifici di queste missioni. Mi permetto quindi di svolgere oggi qualche considerazione di natura generale.

 

Partiamo da un'osservazione veramente generale ma soprattutto di carattere etico e morale: le cronache ci hanno ormai abituato a convivere con le decine di guerre che, dall'Africa al Medio Oriente e fino ai Balcani, insanguinano i nostri giorni. Ci hanno vaccinato, o peggio, ci hanno narcotizzato, affievolendo la nostra capacità individuale di indignarci e di reagire: ci hanno reso quasi indifferenti. Che una gran parte dell'umanità sia ancora sottoposta agli orrori delle guerre è una realtà di cui prendiamo atto veramente soltanto quando gli organismi internazionali o i nostri Governi ci coinvolgono in una di esse per farci portatori di pace, o meglio, per chiamare le cose con il loro nome, per farci garanti di fragili tregue. Lo dico per ricordarmi, e ricordarci, che le missioni di cui si parla oggi riguardano solo una parte della cura complessiva - chiamiamola così - di cui il mondo oggi avrebbe bisogno.

 

Questo quadro, che vede i Paesi del blocco occidentale - e l'Italia tra questi - impegnati su diversi fronti e sotto diverse bandiere (della NATO, dell'ONU, dell'OSCE, dell'Unione europea) ma sempre, che piaccia o no, con una forte leadership da parte degli Stati Uniti, rischia però di mutare profondamente. La crisi dei mercati che stiamo vivendo in queste ore denuncia - lo dicono gran parte degli analisti - un forte ridimensionamento della leadership statunitense in campo economico ed è inutile ricordare che la perdita di tale posizione in economia porta invariabilmente alla perdita di altre forme di leadership.

 

La domanda che ne discende è ovvia: se non sarà più la Casa Bianca a dettare l'agenda in politica estera, o meglio, se la Casa Bianca avrà bisogno di alleati sempre più paritetici, sempre più autorevoli, lasciatemi dire sempre più forti, è l'Europa - e in Europa l'Italia - pronta ad assumersi questo ruolo? Il Trattato di Lisbona, che quest'Aula ha ratificato prima dell'estate, con l'istituzione dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza (Alto rappresentante che, tra l'altro, sarà anche Vice presidente della Commissione), costituisce una buona premessa perché l'Europa possa svolgere questo ruolo. Il problema sta solo nella volontà politica dei singoli Stati membri, che dovrebbero dimostrare capacità di visione e senso di responsabilità, rinunciando a futili pretese egemoniche e lavorando per costruire una posizione solida e coesa dell'Unione.

 

Francamente, il comportamento tenuto dai singoli Stati nell'affrontare la crisi dei mercati finanziari, se letto in maniera superficiale, potrebbe indurre al pessimismo. Di fronte ad un'emergenza di tale portata ci si è mossi inizialmente in ordine sparso, salvo poi riuscire a trovare - con una certa fatica - una linea comune, un minimo comun denominatore.

 

A ben vedere, o a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, qualche segnale positivo la gestione di questa crisi lo ha inviato: sembra maturare la consapevolezza che l'Europa non può più permettersi politiche di rimessa e attendiste. L'Europa non può più stare alla finestra. Il Governo e il Parlamento italiani devono farsi parte diligente nello spingere questo processo su un percorso virtuoso affinché l'Europa, e l'Italia con essa e in essa, siano portatrici di proposte forti.

 

La crisi georgiana, della quale oggi parliamo, è da questo punto di vista emblematica. L'Europa ha saputo, in questo caso, farsi carico di una missione delicata e difficile. Si tratta, infatti, di una missione che va ad incidere in una regione della quale l'Ossezia del Sud è solo minima parte. La verità è che in gran parte degli Stati dell'ex Unione Sovietica sta maturando una decisa revisione della politica delle alleanze. Probabilmente, proprio in ragione dell'indebolirsi della leadership statunitense, Paesi come l'Ucraina o l'Azerbaigian, che fino ad oggi hanno tenuto posizioni decisamente filoamericane, stanno mettendo in forte discussione la politica estera dei rispettivi Governi e stanno guardando con rinnovato interesse alla Russia e alla Cina. Solo pochi giorni fa, ad esempio, il Governo di Baku ha deciso di far passare parte del suo petrolio per la Russia e per l'Iran.

 

I conflitti, non solo le guerre guerreggiate ma anche i conflitti economici, nascono sempre da decisioni di questo genere. È per questo motivo che un'Europa forte, che sappia far sentire la sua voce - un'unica voce - e la sua ragione - un'unica ragione - è la sola risposta che possiamo e dobbiamo dare alla crisi internazionale in atto. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Negri. Ne ha facoltà.

 

 

NEGRI (PD). Signori Sottosegretari, già nell'audizione dell'11 giugno 2008 davanti alle Commissioni affari esteri e difesa riunite il ministro La Russa aveva anticipato la richiesta, che sarebbe venuta da Gran Bretagna e Germania, di un rafforzamento della componente aerea della nostra presenza in Afghanistan «per conferire un maggior livello di efficacia e protezione al contingente già schierato». Si sono ora materializzati (e noi naturalmente voteremo) i quattro Tornado, quando invece l'11 giugno il ministro La Russa aveva detto: «Non modificheremo assolutamente nulla della qualità di impiego dei nostri soldati». Ancora il ministro La Russa ha confermato, in un'intervista su «Il Sole 24 ORE», che nulla di più ci sarebbe stato chiesto.

 

Chiedo allora ai Sottosegretari presenti se dobbiamo considerare solo come una gratuita licenza giornalistica, se non letteraria, quanto si legge ieri sul «Corriere della Sera» nell'articolo di Massimo Franco, cioè che il presidente Bush avrebbe ottenuto dal presidente Berlusconi, seppur in linea di principio, di «modificare le restrizioni sui luoghi» (cioè i caveat) «dove possono operare le forze italiane in Afghanistan». Se così non è, si aspetta una smentita governativa (le rassegne stampa ancora non la riportano) sulla valutazione, considerando che, dopo il vertice di Bucarest dell'aprile scorso, è sostanzialmente cambiato e - giustamente - rafforzato l'intervento della coalizione in Afghanistan. Nel contempo, però, si sono determinate escalation in termini di violenza, di attacchi terroristici e di guerriglia che richiedono un'accurata gestione politica, anche attraverso un dibattito parlamentare, della crisi afgana.

 

Per quanto concerne invece l'Ossezia, naturalmente concordo con quanto affermato nel corso della seduta di ieri dal senatore Livi Bacci circa il fatto che la nostra delegazione, i nostri 40 uomini che fanno parte di un qualificato contingente civile di 200, dovranno avere cento, mille occhi per controllare, vedere, verificare ed adempiere all'importante compito di stabilizzare il conflitto e di garantire il rispetto dei confini e dell'accordo dei sei punti gestiti da Sarkozy e dall'Unione europea.

 

Si parla di «conflitto congelato» ma non lo è, come non lo è stato nei quindici anni scorsi. Ora per risolverlo politicamente l'Unione europea deve sostenere unita, con determinazione, il ripristino dell'integrità territoriale della Georgia e mantenere, nel contempo, un dialogo con la Russia rispettando i suoi interessi nel vicinato comune.

 

Non potrei dire meglio ciò che ha affermato Graham Watson, capogruppo dell'ALDE al Parlamento europeo, quando ha detto che Saakashvili - spero di tradurre bene dall'inglese - non poteva credere che l'intervento della Georgia anche ai confini non avrebbe provocato una risposta della Russia di questa profondità, di questa qualità; ma - ha aggiunto Watson - non riusciremo a dissuadere l'orso russo costringendo Medvedev in un cantone.

 

Qual è la questione, quindi? Per la prima volta, dopo la fine dell'URSS, Mosca ha condotto un'azione militare fuori dai propri confini e ha mostrato una recuperata capacità bellica. Il Cremlino, forse, in via militare ha intrapreso una modifica dei confini. Siamo di fronte ad un cambiamento della linea geopolitica che la Russia ha sempre sostenuto di fatto dopo la Seconda guerra mondiale, dopo la consunzione stessa dell'URSS. Possiamo dirlo?

 

Se è così, il processo con il quale si dovrà realizzare la conferenza transcaucasica che l'Unione europa ha detto di voler approntare deve essere accelerato. Noi naturalmente ci auguriamo non sia così. Ma il problema che il nostro Governo dovrà affrontare, che la Comunità europea e internazionale dovranno affrontare - forse continuando questo dibattito in un'altra sede, in una sede più allargata - è quello relativo alla governance globale della zona caucasica e non solo, dopo che la Federazione russa si è rafforzata, si è ricostituita come grande potenza strategica continentale ed è sopravvissuta alla crisi dell'URSS. Ecco perché noi pensiamo che debbano essere rafforzate le alleanze transatlantiche, all'interno però di una strategia di difesa nuova.

 

Parliamo di difesa, in questo caso di una missione civile, che naturalmente implica compiti di osservazione che avranno ricadute nella difesa.

 

Poc'anzi il senatore Sircana ha fatto riferimento alle decisioni assunte in occasione del dibattito relativo alla ratifica del Trattato di Lisbona, ma è fuor di dubbio che esiste anche una questione politica delicata relativa al modo in cui la piccola NATO si è estesa nei Paesi ex sovietici, nel silenzio delle cancellerie europee, come è fuor di dubbio che l'installazione dei missili in Polonia, nella Repubblica cecoslovacca, puntati sull'Iran (ma non troppo lontani da Mosca), hanno esasperato le condizioni geopolitiche di quest'area.

 

Dunque, è una complicatissima questione che attiene alle alleanze transatlantiche e al rapporto, al confronto, anche duro, con la Federazione russa, ma anche alla gestione della difesa europea e alle proposte che al riguardo verranno dal Governo italiano nei prossimi mesi e che i mille occhi di questa piccola delegazione, spero, ci consegneranno con attenzione e verità. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tonini. Ne ha facoltà.

 

 

TONINI (PD). Signora Presidente, signori Sottosegretari, colleghi senatori, nel corso della discussione che si è tenuta la scorsa settimana nelle Commissioni affari esteri e difesa ho invano chiesto al rappresentante del Governo di chiarire la posizione dell'Esecutivo in merito alla crisi georgiana; un teatro che è eufemistico definire turbolento e nel quale stiamo decidendo di inviare osservatori italiani nell'ambito di una missione dell'Unione europea. Mi vedo costretto a reiterare la richiesta, confidando nella personale cortesia del sottosegretario Scotti, convinto come sono che non si tratti di una questione di secondaria importanza.

 

Domenica 5 ottobre scorso, prendendo la parola nel corso della cena di chiusura della festa nazionale del PdL, il Presidente del Consiglio ha attribuito per intero la responsabilità della crisi georgiana al governo di Tbilisi, assolvendo da qualunque addebito la Russia di Vladimir Putin. «Tra donne sgozzate e violentate e gravissimi fatti di violenza» - ha detto l'onorevole Berlusconi - «Putin si era trovato in una situazione tremenda. Il Presidente georgiano, approfittando delle Olimpiadi, aveva preso l'assurda decisione di svolgere un attacco inusitato. La reazione di Putin è stata logica, andando a Tbilisi contro un Presidente che si è macchiato di questi gravissimi fatti di sangue. L'esercito russo si è fermato a 15 chilometri dalla capitale georgiana, evitando così di tornare a prima dellaguerra fredda». Affermazioni ancor più sbilanciate in senso filo-russo e anti-georgiano - secondo quanto riferito dall'onorevole Paolo Guzzanti - sono state ripetute dallo stesso presidente Berlusconi la scorsa settimana durante un'assemblea del Gruppo PdL alla Camera.

 

È evidente, signora Presidente, signori Sottosegretari, colleghi senatori, che le parole del Presidente del Consiglio sollevano due gravi interrogativi.

 

Il primo riguarda il ruolo dell'Italia nella crisi georgiana. Fino ad ora il Ministro degli esteri si era sforzato di presentarlo come un ruolo di mediazione equidistante tra le due parti in conflitto, anche se, fin dalla prima audizione in Parlamento, a fine agosto, avevano colpito molti di noi, molti esponenti sia dell'opposizione che della maggioranza, i toni più che concilianti usati nei riguardi di Mosca da parte del ministro Frattini. In ogni caso - come è evidente - la posizione assunta dal Presidente del Consiglio con il discorso alla festa del PdL cambia radicalmente la linea dell'Italia, che sembra schierarsi decisamente con una delle parti in causa. Questa impressione, come è stato riferito dagli organi di stampa, è stata del resto condivisa dal Governo georgiano, che l'8 ottobre ha trasmesso, per il tramite della sua ambasciata a Roma, una nota di protesta. Penso che il Senato della Repubblica, tanto più in un momento come questo in cui decide l'invio di una missione italiana in quel contesto, abbia il diritto e - lo sottolineo - il dovere di chiedere al Governo se e quali chiarimenti abbia fornito alle autorità georgiane e se ritenga, sulla base dei contatti con Tbilisi, che permangano le condizioni di terzietà dell'Italia, indispensabili alla credibilità e alla sostenibilità della nostra missione sotto l'egida dell'Unione europea.

 

Il secondo, ancora più grave, interrogativo riguarda più complessivamente la linea di politica estera dell'Italia. Sono tra quanti da sempre auspicano una condivisione bipartisan delle linee di fondo della nostra politica estera, che non possono dipendere dal mutare dei cicli elettorali dell'alternanza bipolare. Ma se la linea di politica estera del Governo Berlusconi dovesse essere quella tracciata dal Presidente del Consiglio alla festa di Milano e al Gruppo del PdL, saremmo in presenza di un evidente e preoccupante slittamento del tradizionale asse euro-atlantico, che dai tempi di De Gasperi connota la nostra politica estera, verso un inedito asse Roma-Mosca, magari propiziato dall'ormai imminente uscita di scena del presidente George W. Bush. Se così fosse, signor Presidente, signori Sottosegretari, colleghi senatori, sarà inevitabile che si apra un nuovo fronte polemico tra maggioranza e opposizione. Anche noi, infatti, guardiamo con favore ad una strategia di engagement nei riguardi della Russia, l'unica possibile e realistica. Ma pensiamo che l'engagement possa non trasformarsi in un appeasement ambiguo e subalterno solo se portato avanti non in solitudine dall'Italia, ma in modo sintonico dall'Unione europea nel suo complesso, quindi includendo in modo forte e chiaro i nuovi Paesi membri (quelli dell'Est) nel quadro dell'alleanza storica e strategica tra l'Europa e gli Stati Uniti d'America. Così come siamo convinti che l'abbandono definitivo da parte di Washington della via senza uscita dell'unilateralismo, che ha connotato in modo particolare il primo mandato dell'Amministrazione Bush, in favore di un nuovo multilateralismo efficace, potrà creare le condizioni per una nuova stagione di iniziativa americana ed europea per la pace e il progresso dei popoli.

 

Questa, signora Presidente, è la linea di politica estera che vorremmo fosse patrimonio di tutto il Paese e di tutto il Parlamento. Ci aspettiamo dal Governo di essere rassicurati in tal senso, nel momento in cui esprimiamo un voto che riguarda missioni doverose e rischiose per i nostri soldati e per il nostro Paese. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caforio. Ne ha facoltà.

 

 

CAFORIO (IdV). Signora Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, il Gruppo Italia dei Valori è intimamente convinto della necessità delle missioni internazionali in cui sono attualmente impegnati i nostri militari, dell'efficace svolgersi delle loro ruolo e della validità del risultato della loro missione. Riteniamo, inoltre, che la sicurezza dei nostri soldati non possa essere oggetto di divergenze politiche o partitiche. L'Italia dei Valori, infatti, lo ha sempre dimostrato, anche nelle scorse legislature.

 

Alla luce di questa riflessione esprimeremo un voto favorevole sul disegno di legge n. 1061. Mi sia però consentito manifestare alcune perplessità che lo stesso provvedimento non ha mancato di suscitare in noi.

 

Fino a prova contraria i compiti da assolvere nelle missioni internazionali di pace stabilite dall'Italia in ambito comunitario, in sede NATO e OSCE, sono le azioni di stabilizzazione, normalizzazione e confidence building. Perciò, se il nostro contributo deve essere solo quello di ridurre le tensioni, allora ci sono aspetti del decreto che non ci tornano.

 

Innanzitutto, vorrei commentare le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 5, 6 e 7, del decreto-legge n. 150, da cui si evince che l'aumento di stanziamenti per le missioni in Iraq, in Afghanistan e nei Balcani non è finalizzato alla semplice proroga fino al 31 dicembre 2008, bensì anche ad accrescerne il personale.

 

Nel caso particolare della missione italiana in Afghanistan è previsto anche l'impiego di ulteriori mezzi militari. L'Italia ha già inviato, infatti, quattro aerei Tornado e il relativo supporto tecnico e di personale per rispondere alle reiterate richieste provenienti dai partner NATO al fine di monitorare il territorio afgano. Il Governo ci ha spiegato, attraverso le dichiarazioni del ministro La Russa, che gli aerei verranno offerti alla NATO in relazione esclusivamente a compiti di ricognizione e sorveglianza. L'Italia dei Valori si chiede, a questo punto, quale sia il ruolo dei militari schierati dall'Italia: solo quello di osservatori e guardiani della pace o qualcosa in più, dato che si è scelto di inviare quattro mezzi Tornado della versione PA 200 IDS, velivoli con caratteristiche di cacciabombardieri? La versione IDS è pensata per attacchi al suolo, questo tipo di Tornado è stato progettato per attaccare a bassa quota e con grande precisione bersagli situati dietro il campo di battaglia: concentramenti di truppe ed equipaggiamenti, linee di rifornimento, depositi, aeroporti, centri di comando. Perché non inviare, invece, più semplici ma efficienti mezzi di ricognizione teleguidati come i Predator? Occorre considerare che un rafforzamento della presenza militare incrementa la possibilità di conflitto e di conseguenza il mancato rispetto del mandato di pace della missione.

 

Volendo comunque prendere per certe ed incontrovertibili le parole del ministro La Russa circa lo scopo esclusivamente ricognitore che avranno questi mezzi, dalla stampa emerge un ulteriore possibile pericolo: il loro raggio d'azione, infatti, non coinciderà col perimetro invalicabile delle zone in cui i contingenti italiani sono già impegnati, ma andranno a sorvolare l'intero territorio afgano. Ci tengo a precisare che non sono l'unico scettico al riguardo: lo stesso capo di stato maggiore della difesa, il generale Camporini, non ha esitato a manifestare le sue preoccupazioni circa gli aspetti operativi di questo implemento di mezzi e, primo fra tutti, la scelta dell'aeroporto in cui faranno base. Ritengo, insomma, che l'intervento militare nella missione in Afghanistan, inquadrandosi in un contesto politico-territoriale di grande delicatezza e in uno scenario estremamente problematico, necessitava di un approfondimento dell'analisi del contesto politico afgano, approfondimento che lo strumento del decreto-legge certamente non ci concede.

 

Credo poi sia superfluo sottolineare che questi Tornado e la manutenzione che comportano hanno un costo nettamente superiore rispetto all'eventuale impiego di altri mezzi, andando a pesare ulteriormente sull'onere economico da affrontare. Questo implemento di mezzi e personale, infatti, costerà ai contribuenti italiani, a occhio e croce, più di 60 milioni di euro l'anno. Abbiamo la netta sensazione che si stiano mettendo le mani su stanziamenti già assegnati ad altri fondi, con diverse finalità altrettanto meritevoli di attuazione, e non attinenti a tematiche di politica estera e difesa, in nome di vecchie alleanze del premier Berlusconi con l'ancora per poco presidente degli Stati Uniti, Bush. Sappiamo bene che lo scorso giugno, durante il suo soggiorno a Roma, il presidente Bush ha chiesto a Berlusconi l'aumento dei contributi italiani alla missione in Afghanistan, come già chiesto a Bucarest a tutti i membri NATO. Il Premier aveva dato la disponibilità dell'Italia a essere più presente nelle missioni all'estero. Quindi aveva detto sì all'invio di più uomini in Iraq per l'addestramento della polizia locale; sì alla revisione dei caveat, le regole di ingaggio, limiti e mansioni delle nostre truppe in Afghanistan, che sono divenute «più flessibili»; sì alla presenza delle truppe italiane dove è necessario, dal Libano al Kosovo. Ecco, quindi, colleghi, spiegato, secondo l'Italia dei Valori, il ricorso alla decretazione d'urgenza e l'impiego dei Tornado.

 

L'Italia dei Valori preferirebbe un atteggiamento leale, ma non prono, quale quello mostrato da questo Governo, nei confronti degli Stati Uniti. È quantomeno discutibile, come indicato nell'articolo 2 del decreto-legge n. 150, che si continuino a rastrellare gli accantonamenti dei diversi Ministeri, togliendo, ad esempio 3 milioni e mezzo di euro al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, proprio mentre tale Ministero sta subendo ulteriori tagli e sempre tramite la decretazione d'urgenza. Ancor peggio, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), dello stesso decreto, si vanno a tagliare perfino i fondi previsti per coprire provvedimenti d'urgenza precedenti di questo stesso Governo, quale il famoso decreto-legge n. 93 recante «disposizioni urgenti per salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie», il famigerato decreto ICI.

 

Questo Governo, insomma, continua a decretare e a promettere di risolvere ogni problema; peccato che di decreto in decreto i soldi comincino ad esaurirsi e che i vari decreti comincino a escludersi a vicenda mano a mano che il Governo prende altre iniziative d'urgenza.

 

Cosa ancora più grave è che si affronti questa spesa gravosa senza neppure aver concesso il tempo adeguato per un dibattito parlamentare attraverso cui rimeditare le linee di politica estera dell'Italia, anche in vista del prossimo confronto con la futura presidenza statunitense e alla luce del fatto che gli interventi italiani nelle missioni internazionali andrebbero inquadrati in un contesto europeo.

 

In base all'approvazione unanime che questo Parlamento ha riservato al Trattato di Lisbona, prossimo alla sua efficacia, e che si propone di incoraggiare la cooperazione rafforzata in materia di PESD, si dovrebbe procedere favorendo un ruolo significativo dell'Unione nello scenario internazionale, evitando, dunque, che i singoli Stati membri decidano per iniziative disomogenee e non coordinate fra loro. Questo è infatti, colleghi, il rischio in cui incorre il nostro Paese se continua a gestire la politica estera e di difesa a forza di decreti-legge, pur mancando il presupposto dell'urgenza e quindi privando il Parlamento dei tempi necessari per analizzare adeguatamente ciò che potrebbe benissimo essere presentato con un disegno di legge del Governo.

 

L'Italia dei Valori, quindi, comprendendo l'importanza di salvaguardare la sicurezza dei nostri soldati e il prestigio dell'Italia a livello internazionale, voterà favorevolmente, nonostante non condivida affatto le linee di politica estera e di difesa di questo Governo, da cui ci aspettiamo risposte chiare e rassicuranti. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mura. Ne ha facoltà.

 

 

MURA (LNP). Signora Presidente, onorevoli colleghi e gentili membri del Governo, oggi siamo chiamati ad esprimerci sulla conversione in legge di due decreti che hanno sicuramente un'importanza notevole dal punto di vista della nostra politica internazionale.

 

La missione deliberata dal Consiglio europeo il 15 settembre scorso e sulla quale ha riferito il ministro degli esteri Franco Frattini, intervenendo nei giorni scorsi in quest'Aula, è la conseguenza materiale del conflitto che è scoppiato in agosto tra la Georgia e la Federazione russa e dei successivi accordi raggiunti dal presidente di turno dell'Unione europea, Nicolas Sarkozy, con le massime autorità di Mosca. L'intervento europeo è stato concepito per verificare il rispetto da parte russa del ritiro delle forze militari inviate dal Cremlino nella cosiddetta fascia di sicurezza creata intorno alle frontiere politico amministrative dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. In buona sostanza, in base all'intesa raggiunta da Sarkozy e Medvedev, i soldati europei, e tra loro i nostri soldati italiani, non potranno avventurarsi all'interno delle province separatiste. Conformemente alla procedura delineata agli inizi del 2001 dalla cosiddetta risoluzione Ruffino, prima di emanare il decreto il Governo ha sondato il Parlamento riferendo i propri orientamenti sia nelle sedute delle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, che si sono svolte il 26 agosto scorso, sia durante le comunicazioni rese dal ministro Frattini a Palazzo Madama lo scorso 17 settembre.

 

La Lega Nord ha condiviso in entrambe le circostanze la linea prudente e sostanzialmente non antirussa adottata sia dalla Farnesina sia da Palazzo Chigi, così come tutte le iniziative diplomatiche messe in atto per facilitare la composizione della crisi. Ci riteniamo pertanto soddisfatti dei progressi che si stanno registrando sul piano del ritiro delle truppe russe e crediamo di dover precisare oggi in quest'Aula che la Lega non ritiene assolutamente, al contrario di come forse qualcuno vorrebbe far credere, che esista una deriva filorussa della politica italiana; crediamo invece che sia oggettivamente vero che la Russia rappresenta un partner fondamentale per gli equilibri europei. Questo mi pare sia innegabile: basti pensare ai rifornimenti di gas e di petrolio che garantiscono gli approvvigionamenti per tutta l'Europa.

 

Venendo al secondo decreto, quello che autorizza la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali per il 2008, tra gli interventi in questione la Lega Nord a suo tempo si espresse sfavorevolmente - lo ricordiamo - per quello in Libano, a causa del mandato incerto che era stato dato all'UNIFIL e del rifiuto di utilizzare apertamente la forza di pace per disarmare Hezbollah. Vorrei ricordare che già in passato, in una stagione politica che ormai possiamo considerare lontana, vennero sollevate dalla Lega Nord obiezioni anche nei confronti di alcuni interventi nei Balcani, in particolare di quello in Kosovo, dove però ora il senso della nostra presenza militare è profondamente cambiato, al punto che forse lo possiamo considerare una tutela per i serbi locali.

 

Naturalmente riteniamo estremamente importante la prosecuzione della missione della Guardia di finanza in Libia, che anzi vorremmo vedere ulteriormente potenziata in quanto la consideriamo parte integrante degli sforzi nazionali volti a contrastare i flussi migratori illegali.

 

La Lega è poi sempre stata favorevole a tutte le scelte fatte per rafforzare il contingente italiano in Afghanistan. A tal proposito ricordiamo che negli ultimi sette anni abbiamo sempre richiesto con coerenza che venissero adottate tutte le misure necessarie per poter migliorare la capacità dei nostri soldati di difendersi con la massima efficacia in quell'ambiente ostile. Proprio per quanto riguarda l'Afghanistan vorrei sottolineare un aspetto che riteniamo molto importante. In quel Paese, infatti, vengono prodotte enormi quantità di oppio, la cui vendita genera ingenti risorse economiche utilizzate per finanziare le attività terroristiche dei talebani. Non dimentichiamo, inoltre, che attraverso lo sbocco naturale della Turchia e dei Balcani la droga invade tutti i mercati europei, tra cui anche l'Italia. L'impegno del nostro Paese, grazie alla presenza dei nostri soldati e non solo - vedremo le possibili iniziative di tipo politico - deve tener conto della necessità di contrastare il terrorismo anche attraverso la lotta alla coltivazione dell'oppio, con azioni che possono portare ad una conversione verso altri tipi di coltivazione. Questo deve essere l'impegno comune di tutte le Nazioni che partecipano alla missione in Afghanistan.

 

In conclusione, spesso assistiamo in Parlamento allo scontro tra maggioranza e opposizione; ritengo che mai come oggi si debba dimostrare in modo tangibile in quest'Aula la nostra vicinanza ai tanti nostri soldati che rischiano costantemente la loro vita in terreni ostili come quelli in cui operano in questa fase. (Applausi dal Gruppo LNP e della senatrice De Feo).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Scanu. Ne ha facoltà.

 

 

SCANU (PD). Signora Presidente, signori Sottosegretari, onorevoli colleghi, sono molto d'accordo con la conclusione dell'intervento che ha appena svolto il collega Mura; l'ho ascoltato con attenzione e, per l'appunto, lo condivido, tant'è che mi soffermerò, in conclusione di queste mie considerazioni, a rendere note quelle che nella realtà, e non nelle dichiarazioni parlamentari, sono effettivamente le posizioni del Governo italiano.

 

Vorrei però preliminarmente richiamare l'attenzione dei presenti su quella che già altri colleghi del Partito Democratico hanno definito come una «significativa inversione di tendenza» negli atteggiamenti del Governo italiano rispetto alla politica estera e alla cosiddetta politica di difesa. È accaduto non più tardi della giornata di avantieri, nel corso di quella generosa corrispondenza di amorosi sensi, di baci e abbracci, di cui ci compiaciamo, tra il presidente Berlusconi e il presidente Bush, di sentire quest'ultimo affermare in maniera testuale: «Ti ringrazio, caro amico Silvio, per aver permesso la modifica dell'atteggiamento del Governo italiano rispetto all'Afghanistan». Questa citazione, che già altri colleghi hanno voluto proporre all'attenzione dell'Assemblea, merita l'attenzione anche dei due Sottosegretari, che forse farebbero bene ad ascoltare i rappresentanti dell'opposizione e merita di essere approfondita. Allora chiediamo esplicitamente al Governo di dare una risposta su questa materia: chiediamo di sapere, perché è un diritto-dovere del Parlamento, che cosa abbia significato quella affermazione. Se cioè, nel momento in cui Bush ha ringraziato Berlusconi per aver modificato l'atteggiamento del Governo italiano riguardo alla guerra in Afghanistan e alla presenza dell'Italia in quel Paese, abbia ritenuto di doverlo ringraziare per aver spostato i soldati italiani nel sud dell'Afghanistan, in una zona in cui abbiamo detto che non saremmo mai andati; oppure perché, conformemente a quanto qualche settimana fa ha sostenuto Dick Cheney, siamo in presenza di una omologazione tra l'ISAF e «Enduring Freedom». Su questo chiediamo chiarezza, chiediamo una parola esplicita da parte del Governo magari a partire dalla giornata odierna.

 

Nel momento in cui anche il nostro partito si accinge ad esprimere il voto favorevole alla conversione di questi due decreti-legge deve essere chiaro all'Assemblea, all'intero Paese e agli altri interlocutori politici che noi, a nostra volta, non intendiamo farci omologare da quello che appare quasi un ineluttabile slittamento verso una modificazione delle condizioni di azione delle Forze armate italiane nei teatri internazionali. Non ci rassegniamo a quella che viene presentata come un'inevitabile manifestazione di irrigidimento della nostra presenza, non smetteremo di sostenere con forza il bisogno e la necessità inevitabili che la partecipazione di peacekeeping rimanga tale dall'inizio fino alla fine.

 

E forse, in questo caso, andrebbero riprese le parole ricordate ieri dal senatore Cabras, citando anche l'onorevole Fassino, allorché destando l'irrisione anche di certi esponenti politici richiamava la necessità di trattare la questione afgana con un atteggiamento politico e diplomatico piuttosto che con una inutile esibizione muscolare. E noi ribadiamo oggi la necessità che l'opzione sia quella di aprire il dialogo, di ammettere alla discussione ed al negoziato tutti quegli attori che possano dare un significativo contributo per la ripresa di un confronto che non si sviluppi attraverso l'uso delle armi, senza mai rinunciare pervicacemente all'obbligo etico, direi di carattere costituzionale, che abbiamo di cercare la pace e di aborrire la guerra.

 

Lo stesso discorso si applica anche alla situazione caucasica. Già il collega Tonini poco fa ha ricordato quanto siano state improvvide, fuori luogo, sbagliate -starei quasi per dire manifestate a titolo personale, in quanto spurie rispetto alla volontà del Parlamento - le affermazioni del Premier il quale, da una parte ha sostenuto insieme agli altri attori internazionali la necessità di dover procedere per il tramite di una Commissione d'inchiesta internazionale all'individuazione delle responsabilità riguardo alla genesi dello scontro nel Caucaso, dall'altra sentenzia e pontifica dicendo che la colpa è assolutamente da attribuire alla Georgia; quindi, l'amico Putin può tranquillamente incassare un punto di consenso ed anche in questo caso si confermano le affinità elettive già espresse sul versante americano. Non ci prestiamo all'interpretazione day by day o alla logica dell'applicazione della regola delle pacche sulle spalle su una materia terribilmente delicata, qual è la politica estera.

 

Chiediamo quindi che in sede di conversione del decreto-legge riguardante la Georgia queste cose siano chiarite, come deve essere chiaro il riconoscimento tributato all'attività svolta dall'Unione europea, la quale finalmente è riuscita a ricollocare sul versante del multilateralismo un confronto che sembrava doversi appassire e mortificare nell'unilateralismo di George W. Bush, affinché la stessa Europa, di cui sono state decantate le lodi in questa specifica circostanza, non venga poi messa nel cassetto, mortificata, abbandonata e magari allontanata dallo scenario delle nostre azioni di politica quotidiana sulla spinta e sull'onda dello scetticismo. Crediamo che in questa circostanza l'Europa abbia confermato la sua insostituibilità e chiediamo concretamente al Governo di essere coerente rispetto a questa verità che ormai possiamo considerare rivelata.

 

Infine, sottosegretario Crosetto - se posso permettermi di chiamarla in prima persona - sarebbe il caso di parlare di "radio fante", operante in ambiente militare, che sostiene che lei non sarebbe stato molto contento riguardo alle conclusioni dei lavori del Consiglio supremo di difesa, allorché sono state decise o comunque affermate esigenze che stravolgerebbero completamente l'attuale assetto portando da 190.000 a 141.000 unità l'attuale modello di difesa. Visto che stiamo parlando di missioni internazionali, vorrei leggere all'Assemblea ciò che i deputati, ma che anche i senatori e per fortuna gli italiani, possono leggere nella Nota preliminare allo Stato di previsione di spesa per il 2009, quindi un documento ufficiale predisposto dal Governo. Ad un certo punto, si dice che gli effetti dei tagli sulle spese di esercizio sono andati molto al di là di un razionale e sostenibile contenimento, incidendo gravemente e pericolosamente sulla vera e propria prontezza operativa e quindi mettendo in gioco l'efficacia del modello.

 

Collega Mura, conosco la sua onestà intellettuale e so bene che quando lei parla della necessità di essere vicini alle donne ed agli uomini impiegati sul teatro internazionale dice ciò che pensa, ma delle due l'una: se si mandano persone all'estero bisogna garantire anche la loro sicurezza e non è possibile lasciar cadere nel nulla affermazioni così gravi, laddove è detto che anche ai fini dell'impegno dell'Italia riguardo all'assunzione di obblighi internazionali ci sono dubbi sull'efficacia. In un altro punto si afferma che la differenza tra input finanziario e output richiesto allo strumento militare rischia di compromettere irrimediabilmente le capacità produttive dell'organizzazione.

 

Ecco, signora Presidente, signori Sottosegretari e colleghi, accingiamoci allora ad esprimere il nostro voto favorevole riguardo a questi provvedimenti, ma non facciamolo a cuor leggero. Chiediamo e pretendiamo risposte e fra queste non può mancare quella relativa all'efficacia, alla tranquillità, alla tutela delle donne e degli uomini, che con grande onore, grande orgoglio e capacità portano per il mondo il nostro messaggio di pace. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Li Gotti e Giai).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galioto. Ne ha facoltà.

 

 

GALIOTO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, la conversione in legge del decreto sulla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia è diretta conseguenza dei recenti fatti accaduti in quei territori. La questione dei rapporti fra la Russia e la Georgia va inquadrata infatti sotto molteplici punti di vista, che partono molto da lontano e che sono anche insiti nella collocazione politica e geografica della Georgia. Bisogna infatti considerare e ricordare la sua posizione geografica: la Georgia ospita sul suo suolo il passaggio di gasdotti antagonisti a quelli della Russia.

 

Per quanto riguarda poi la posizione politica, con le elezioni dello scorso 21 maggio la popolazione ha assegnato il 59 per cento circa dei voti al partito del presidente Saakashvili, da molti riconosciuto come vicino alle idee europee ed americane piuttosto che a quelle russe. Occorre poi considerare l'indiscusso valore strategico-militare del territorio georgiano (basti pensare anche alla vicinanza geografica con la Polonia ed all'interesse americano al cosiddetto scudo missilistico) e la chiara intenzione separatista manifestata da tempo dall'Ossezia del Sud, dove è importante la presenza quantitativa di popolazioni russe.

 

Tornando quindi ai fatti che hanno determinato la scintilla che ha fatto scaturire le tensioni tra Russia e Georgia, voglio ribadire che non è importante assegnare ad ogni costo delle colpe, stabilire chi ha lanciato la prima pietra, anche perché probabilmente non ne verremmo a capo. Il nostro obiettivo deve essere quello di far cessare le azioni militari, ripristinare la pace, far sedere i protagonisti di tale vicenda attorno ad un tavolo ed aiutare la stabilizzazione di un'area così difficile e nello stesso tempo così importante dal punto di vista etnico, politico ed economico.

 

Questa stabilizzazione non può che conseguire ad un'azione comune dei Paesi dell'Unione Europea, considerando anche la nostra vicinanza e la nostra neutralità nei fatti accaduti. Ottima appare quindi a mio giudizio la mediazione del presidente francese Sarkozy, presidente di turno dell'Unione europea, che è riuscito a far sottoscrivere un piano di pace ad entrambi i Paesi in questione; però, come sappiamo, la non osservanza della Russia di questi sei punti del piano fa sì che nella zona continuino delle fibrillazioni.

 

Ormai tutta la comunità internazionale concorda in maniera più o meno unanime nello stabilire che le truppe resse debbano ritirarsi totalmente dai territori dell'Ossezia del Sud e della Abkhazia, cedendo magari le loro posizioni a contingenti internazionali. Concordo anche sulla necessità che la Russia debba rispettare tutti i sei punti dell'accordo firmato, affinché la situazione non rischi di degenerare ulteriormente.

 

Alla luce di quanto detto, è inevitabile allora che si presenti dinanzi alla decisione dell'Unione europea la necessità di impegnarsi non solo con la diplomazia, ma anche sul terreno georgiano, che di fatto è ancora occupato da milizie russe. La Comunità europea ha quindi deciso di incrementare la cooperazione anche con nuovi strumenti di partenariato con la Georgia (che da tempo invia segnali all'Europa di amicizia e collaborazione e mostra la chiara intenzione di voler entrare a far parte della NATO) ed ha predisposto contemporaneamente in quei territori l'invio di una missione PESD, una missione di vigilanza composta da 200 osservatori europei, con l'obiettivo di garantire il rispetto totale di questo accordo imprescindibile per qualunque altra mediazione. In questa ottica, l'intervento dell'Unione europea non solo è auspicabile, ma è necessario proprio perché l'Unione europea è l'unico organismo internazionale in grado di garantire imparzialità nella vicenda.

 

La presenza dei 40 osservatori italiani è perfettamente in linea con questo spirito, così come lo è stato per tutte le altre missioni umanitarie svolte dal nostro Paese, dove tradizionalmente la nostra partecipazione è sempre stata motivo d'orgoglio in quanto noi italiani ci distinguiamo ovunque per la nostra professionalità, l'integrazione con la popolazione e la capacità di mediazione ai problemi. Non va dimenticato, infatti, che non si tratta soltanto della contrapposizione tra Nazioni e potenze, ma si tratta di salvaguardare le popolazioni che sono, loro malgrado, coinvolte in questa vicenda. L'Italia riveste senz'altro un ruolo di grande equilibrio nelle varie posizioni. In un terreno geograficamente così vicino il nostro contributo alla stabilità, all'affermazione della democrazia dei Paesi e dei diritti fondamentali per le loro popolazioni è giusto, doveroso e molto importante per l'equilibrio di tutto il continente.

 

Nell'attuale difficile quadro di politica estera si inseriscono anche le altre missioni alle quali le nostre Forze armate partecipano attivamente. La situazione internazionale richiede una costante attenzione da parte dell'Italia e una continuità nelle azioni, così come ci viene chiesto non solo dall'Unione europea e dalle Nazioni Unite, ma anche e soprattutto dai Paesi interessati. Mi riferisco, ad esempio, all'Afghanistan, all'Iraq, alla Bosnia, al Libano e anche all'Africa, Paesi in cui atti di violenza tesi a interrompere il dialogo in corso con l'opposizione, con l'obiettivo di rendere più difficili i processi di riconciliazione, sono all'ordine del giorno e si contano sempre più vittime tra le popolazioni, ormai, purtroppo, assolutamente incapaci di mantenere la pace o di ristabilire un sistema di giustizia con le loro forze. L'Italia in questi territori si impegna in prima linea nel sostenere processi di stabilizzazione democratica interni ai singoli Paesi, perché ritiene importante che atti di violenza non debbano cancellare la volontà di continuare il dialogo tra le parti e che si prosegua nella ricerca di una soluzione che porti pace e sicurezza nel mondo. Il nostro Paese ha un ruolo importante a ogni livello nello svolgere il compito di primo piano che abbiamo in tale teatro internazionale, ruolo sia militare che politico con importanti comandi e importanti nomine, e che ci è da tutti riconosciuto per professionalità e impegno. Non possiamo, quindi, non aderire alla richiesta di proroga e alla partecipazione del nostro personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali.

 

Alla luce di queste considerazioni, signora Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che siano utili e necessari la partecipazione italiana alla missione di vigilanza e di pace in Georgia e anche la proroga e il rifinanziamento delle missioni internazionali.

 

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale congiunta.

 

Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Bettamio.

 

 

BETTAMIO, relatore. Signora Presidente, constato che con qualche distinguo, che sottolinea soprattutto l'attenzione a quello che avverrà dopo l'approvazione e la partenza di queste nostre missioni, il nostro Senato ha dato un parere favorevole. Anche il relatore è favorevole a questo e, quindi, sollecita la conversione dei due decreti. Questo permetterà di essere adempienti ai nostri obblighi internazionali e salverà anche le preoccupazioni dell'opposizione che invitano a porre la massima l'attenzione affinché queste missioni corrispondano effettivamente alle direttive che noi stiamo dando in questo momento.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Ramponi.

 

 

RAMPONI, relatore. Signora Presidente, non ho nulla da aggiungere.

 

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario per gli affari esteri, professor Scotti.

 

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signora Presidente, onorevoli senatori, credo di non dover aggiungere molto alle relazioni, puntuali e complete. Do soltanto alcune ulteriori informazioni al Senato. I due decreti-legge riguardano la copertura dei costi esclusivamente fino al 31 dicembre ed il Governo presenterà un provvedimento riguardante l'insieme di tutte le missioni per il prossimo anno. In quella sede il Governo intende anche apportare alcune correzioni e modificazioni sulla base del mutare degli scenari in cui le missioni sono impegnate. Quella sarà pertanto l'occasione per svolgere una riflessione articolata da parte del Senato.

 

Per quanto riguarda la Georgia, nella gestione di questa crisi l'Unione europea ha assunto un preminente profilo. È infatti intervenuta tempestivamente elaborando, grazie anche all'impulso dato dalla parte italiana, le grandi linee di una strategia di stabilizzazione che è stata formalmente sancita dal Consiglio europeo straordinario del 1° settembre. L'Italia resta ferma su quella linea e continua a svilupparla. Il decreto sulla missione riguarda l'attuazione del punto 5 dell'accordo tra Sarkozy e i due Presidenti russo e georgiano, nel quale si fa riferimento al ritiro delle forze russe alle posizioni precedenti il conflitto ed alla possibilità per le forze di interposizione russe di adottare misure supplementari di sicurezza in attesa del dispiegamento di un meccanismo internazionale. Il dispiegamento del meccanismo internazionale è quello che noi stiamo finanziando per la parte italiana.

 

Nel contempo, però, l'azione non si ferma al punto 5 suddetto, ma riguarda anche il punto 6, che promuove l'inizio di discussioni internazionali sulle modalità di sicurezza e stabilità in Abkhazia e Ossezia del Sud. Proprio oggi a Ginevra inizia la Conferenza sulla Georgia che rappresenta, pertanto, un passo in avanti. La data di svolgimento della Conferenza sul Caucaso è stata invece posposta in attesa dei risultati che scaturiranno dalla Conferenza di Ginevra.

 

Il Consiglio degli affari generali europeo si è riunito lunedì scorso per discutere della crisi georgiana e ha concentrato la sua attività sull'avvio a Ginevra del negoziato (oggi, ripeto) e, soprattutto, sulla possibile ripresa del negoziato con Mosca sul nuovo accordo di partenariato e cooperazione, il cui round negoziale di settembre era stato rinviato. Quanto alla ripresa del negoziato per il nuovo accordo, si è preso atto del sostanziale ritiro delle truppe russe nelle zone adiacenti il confine amministrativo di Abkhazia e Ossezia del Sud. Rimangono interpretazioni in parte diverse su due aree, la valle di Akhalgori e quella di Kodori, che pur rientrando amministrativamente nel territorio delle due regioni secessioniste, fino al 7 agosto erano sotto il controllo georgiano mentre ora vi sono le truppe russe.

 

In questo contesto il ministro Frattini ha ripetuto a Bruxelles, e di recente in quest'Aula, che l'Italia mantiene un atteggiamento volto a favorire il coinvolgimento della Russia in un processo costruttivo, ritenendo necessario riprendere il negoziato per il nuovo accordo quadro con l'Unione europea sapendo, soprattutto, che la Russia è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'ONU e che, quindi, ogni iniziativa che investe il Consiglio di sicurezza ha bisogno di essere negoziata con la Russia.

 

Per quanto riguarda le voci e le discussioni intorno alle origini della crisi georgiana, non c'è nessun atto formale del Governo georgiano nei nostri confronti. (Brusìo). C'è stato solo un comunicato stampa dell'ambasciata di Georgia a Roma...

 

 

PRESIDENTE. Mi scusi, professor Scotti: c'è un brusìo veramente incredibile. Pregherei i colleghi di consentire al Governo di intervenire in un rispettoso silenzio.

 

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. C'è stato solo un comunicato dell'ambasciata georgiana a Roma, nel quale si sottolinea la necessità di una Commissione internazionale per l'accertamento dei fatti.

 

Sulle conseguenze dei rapporti interatlantici tra l'Italia e gli Stati Uniti, niente è mutato, come conferma il risultato della visita del Presidente del Consiglio al Presidente degli Stati Uniti. Avere opinioni particolari su dati di fatto non significa avere diversità di posizioni politiche.

 

Per quanto riguarda il decreto-legge n. 150, relativo ad altre missioni internazionali, voglio sottolineare soltanto due aspetti. Per la missione in Afghanistan non c'è nessuna modificazione del mandato del nostro contingente, quindi rimane immutata la natura della missione. Desidero però sottolineare che l'adozione di una Costituzione afgana ed il graduale ristabilimento di un sistema di giustizia segnano il rafforzamento delle istituzioni nazionali e marcano i progressi conseguiti negli ultimi sei anni. L'Afghanistan continua però a fronteggiare l'azione di gruppi collegati al terrorismo, spesso finanziati dal traffico della droga. Tali gruppi prendono di mira non solo la presenza straniera ma, soprattutto, le istituzioni afgane e le stesse popolazioni civili. L'obiettivo dei terroristi è di rendere più difficile il processo di riconciliazione nazionale. La comunità internazionale deve quindi intensificare gli sforzi a sostegno della riconciliazione e ricostruzione dell'Afghanistan, tenendo saldo il principio dell'ownership, cioè della responsabilità afgana sul governo del Paese.

 

L'Italia vuole svolgere un ruolo di primo piano: tutti ci riconoscono la qualità, e non solo la quantità, del nostro contributo: un prestigio ed una credibilità che vanno mantenuti ed incrementati grazie ad una nostra significativa presenza in Afghanistan. Non a caso i diplomatici italiani ricoprono ruoli preminenti: il consigliere Gentilini è stato nominato rappresentante civile della NATO in Afghanistan e il ministro Sequi rappresentante speciale dell'Unione europea.

 

Quindi, le politiche dell'institution building sono fondamentali. Ma è evidente che il nostro contributo porta anche a consolidare la presenza in Afghanistan sotto il profilo della sua dimensione militare. L'Italia è, tra l'altro, il secondo contributore della missione europea EUPOL. La sfera politica, la collaborazione civile, l'impegno militare e la cooperazione regionale sono tutti aspetti indispensabili e interconnessi.

 

Per quanto riguarda il Libano, vi sono preoccupazioni crescenti per il ritorno della violenza, con l'uccisione, il 10 settembre, di Saleh Aridi e il grave attentato terroristico contro le forze armate, il 29 settembre, a Tripoli.

 

In tale contesto, riteniamo che la missione UNIFIL continui a svolgere un ruolo determinante per la stabilità del Libano e dell'intera regione. Per la prima volta in trent'anni, infatti, le autorità libanesi hanno esteso il loro controllo alla parte meridionale del Paese e, salvo alcuni incidenti minori, non si sono verificati attacchi contro Israele nei due anni dal dispiegamento della missione.

 

Signora Presidente, onorevoli senatori, queste sono alcune considerazioni integrative, ma come ho detto all'inizio la discussione generale sulle missioni potrà avvenire in occasione della presentazione del provvedimento di rifinanziamento di tutte le missioni all'inizio del prossimo anno. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario per la difesa, onorevole Crosetto.

 

 

CROSETTO, sottosegretario di Stato per la difesa. Signora Presidente, mi pare che il collega Scotti abbia riassunto tutte le risposte alle richieste emerse. Ne rimangono alcune, in riferimento agli aspetti più tecnici della presenza delle nostre missioni.

 

Alcuni colleghi hanno chiesto se la missione in Afghanistan avrebbe subito dei cambiamenti nei contenuti operativi. La risposta è negativa, non esistono cambi della nostra missione, come precisato più volte in questa settimana. Anche l'impegno dei Tornado non avrà alcun effetto e non cambierà nulla dei caveat secondo i quali i nostri soldati si muovono. Non vi sono problemi, come prima richiamato, da parte del Capo di Stato maggiore della Difesa sugli aeroporti, tanto più che la dislocazione degli aerei è competenza del Capo di Stato maggiore e sicuramente non del Ministro. Non so quindi a cosa si riferisse il collega.

 

Per quanto riguarda alcuni interventi di colleghi in relazione all'evoluzione del modello delle Forze armate e al Consiglio supremo di difesa, secondo quanto riportato da una "radio" che non conosco e richiamata dal collega, non penso che sia questa la sede adatta. Il Ministro si è impegnato a chiedere di realizzare una riforma partendo dalle Camere, quindi presentando alle Camere un disegno di legge con cui chiedere una delega per la riforma. Spetterà però a Camera e Senato fissare i paletti all'interno dei quali questa riforma dovrà procedere. Ricordo che il Consiglio supremo di difesa non ha alcun potere di indicare alcuna linea alle Camere. Esso è un organo nel quale il Ministro della difesa riferisce quali sono le prospettive e le linee e in un verbale si prende atto di quanto da egli riferito. Non è un organo ove si decida alcunché, non è deputato a decidere ma solo a informare il Capo supremo delle Forze armate e gli altri Ministri sull'andamento della difesa. Quindi non è una sede di decisione, perché la sede di decisione in questo Paese sono la Camera dei deputati e il Senato e, in fase applicativa, il Governo.

 

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 5a Commissione permanente.

 

 

MONGIELLO, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta sull'emendamento 3.1, in quanto recepisce la condizione, posta ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, dal parere recato sul testo».

 

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo sul testo.

 

Esaminato l'emendamento 1.0.100, trasmesso dall'Assemblea, relativo al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione».

 

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti 2.0.800 e x1.1, trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta».

 

 

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge n. 1038.

 

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

 

Procediamo all'esame dell'emendamento volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 1 del decreto-legge, che si dà per illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

 

 

BETTAMIO, relatore. Signora Presidente, poiché il parere della 5a Commissione sull'emendamento 1.0.100 è ostativo, invito i presentatori a ritirarlo. In caso contrario, esprimo parere negativo.

 

 

CROSETTO, sottosegretario di Stato per la difesa. Invito al ritiro dell'emendamento in esame, altrimenti esprimo parere contrario, visto il parere della 5a Commissione.

 

 

PRESIDENTE. Senatore Saltamartini, intende accogliere l'invito al ritiro?

 

 

SALTAMARTINI (PdL). Signora Presidente, prendo atto della posizione assunta dalla Commissione bilancio e dal Governo.

 

Faccio notare, comunque, che il problema esiste e dunque questa decurtazione, che appare assolutamente inopportuna e incongrua, determinerà un contenzioso con lo Stato a livello giurisdizionale che potrebbe comportare dei costi notevolmente maggiori.

 

Tuttavia, accetto l'invito e ritiro l'emendamento 1.0.100.

 

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

 

Poiché all'articolo 2 del decreto-legge non sono riferiti emendamenti, passiamo all'esame dell'emendamento volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 2 del decreto-legge, che si intende illustrato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.0.800, presentato dai relatori.

 

È approvato.

 

 

Risulta pertanto assorbito l'emendamento 3.1.

 

Passiamo all'esame dell'emendamento presentato all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che si intende illustrato.

 

Metto ai voti l'emendamento x1.1, presentato dai relatori.

 

È approvato.

 

Passiamo alla votazione finale.

 

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, preannuncio il voto favorevole del nostro Gruppo parlamentare ad entrambi i disegni di legge di conversione dei decreti-legge nn. 147 e 150, sia che si votino separatamente, sia che si votino - come ci sembra accadrà - congiuntamente. Lo faremo perché è interesse nazionale proseguire le missioni internazionali e perché condividiamo l'esigenza che l'Italia svolga un ruolo attivo nel contesto europeo, nella delicata vicenda georgiana.

 

Restano però ferme, signora Presidente, le perplessità da noi già manifestate nel corso dell'audizione e del confronto con il ministro Frattini in quest'Aula rispetto all'atteggiamento e al ruolo della Russia nella vicenda georgiana e all'interferenza politica (e non solo politica) nei rapporti con gli Stati che con la Russia confinano, rispetto alla quale il loro ruolo geopolitico è strategico, anche per ciò che riguarda il delicato equilibrio dei rapporti tra Unione europea e Russia.

 

Le questioni e le perplessità che abbiamo sollevato in quest'Aula qualche settimana fa, anche rispetto ad un atteggiamento eccessivamente morbido del nostro Governo al riguardo, restano tutte in piedi nonostante non si possa che cogliere con favore la circostanza che la Russia abbia ritirato le sue truppe dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia. Dal momento però che l'accordo di pace che dovrebbe portare a ristabilire rapporti normali tra i Paesi di quell'area si compone di sei punti e fino ad oggi di quei punti la Russia ne ha rispettati solo due, riteniamo che il nostro Paese debba proseguire su quella strada garantendo l'impegno a che la Russia rispetti tutti gli impegni internazionali assunti e lo faccia nel quadro di una ripresa del rapporto con l'Unione europea che oggi in questa circostanza fa bene a mantenere un atteggiamento molto prudente, a tratti critico.

 

Non vi possono essere tentennamenti e, soprattutto, non vi possono essere politiche internazionali dei due forni. Giustamente, a fronte della grave crisi dei mercati finanziari che si sta verificando, garantiamo sostegno e solidarietà agli Stati Uniti, ma non possiamo contemporaneamente mantenere un atteggiamento troppo tenero nei confronti di un Paese che critica aspramente gli Stati Uniti d'America e che, rispetto alle politiche di equilibrio create dopo la caduta del Muro di Berlino, tenta d'imporre nuove forme di neocolonialismo, come sta avvenendo in quell'area del mondo.

 

Queste sono le ragioni per le quali, da un lato, sosteniamo le proposte del Governo e quindi interventi come la missione in Georgia, dall'altro, però, chiediamo che questa situazione venga costantemente monitorata. Ciò al fine di verificare che vi siano le condizioni affinché la Russia rispetti gli impegni internazionali assunti ed il Governo italiano si faccia carico di garantire il mantenimento di tali impegni. Infatti, non si tratta di una normale operazione di peacekeeping. In quel teatro la nostra funzione e il nostro ruolo sono diversi rispetto alle missioni in Afghanistan o in Iraq. Andiamo lì come forza tesa sostanzialmente a far rispettare un accordo e a prevenire ulteriori conflitti. Dobbiamo fare tutto ciò con forza e determinazione e non con «pacche sulle spalle».

 

Dobbiamo, inoltre, porci il problema di come aggiornare, al di là della proroga delle missioni internazionali che stiamo per approvare, il calendario della nostra presenza sia in Afghanistan che in Iraq. Lo dobbiamo fare, tenuto conto che la situazione in quei territori è cambiata, che lo scenario della crisi si è aggravato e che i conflitti sociali ed etnici si sono acuiti. Vi è quindi la necessità assoluta che anche l'Italia, che si trova in quei luoghi a supporto di missioni di pace, dia maggiore sicurezza e serenità ai suoi militari e a coloro i quali sono impegnati in queste missioni; tutto ciò in maniera sinergica soprattutto con gli Stati Uniti.

 

Per queste ragioni, confermiamo il nostro voto favorevole e auspichiamo che il Governo torni in Parlamento per aggiornarci sullo sviluppo della crisi georgiana e su quanto di positivo ci auguriamo avverrà nelle prossime settimane. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut e PD. Congratulazioni).

 

 

PEDICA (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

PEDICA (IdV). Come anticipato nel mio intervento di ieri in discussione generale, il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore dei disegni di legge nn. 1038 e 1061. La ragione che induce me e il Gruppo dell'Italia dei Valori nel suo complesso a sostenere i due provvedimenti è legata, come affermato in quella sede, a motivazioni che si sottraggono alla stretta contingenza dei provvedimenti in esame. Questi, infatti, contengono numerosi punti manchevoli e sono sintomatici di una gestione della politica estera da parte di questa maggioranza che manca in trasparenza, in informazione e in progettualità.

 

I motivi del sì alla conversione dei due decreti-legge sono esclusivamente legati al senso di responsabilità che nutro e che l'Italia dei Valori nutre nei confronti dell'alta missione a cui i nostri militari sono chiamati, e cioè, per quanto attiene al decreto-legge n. 147, la risistemazione degli sfollati interni, la riabilitazione delle strutture sociali ed il recupero economico della Georgia, che sono gli obiettivi da conseguire nell'ambito della missione di vigilanza degli osservatori dell'Unione europea. Relativamente al decreto-legge n. 150, invece, gli scopi altissimi delle missioni internazionali alle quali partecipa il contingente italiano sono rappresentati dalla stabilizzazione, dalla normalizzazione e dall'instaurazione di un clima di fiducia a favore di una soluzione politica durevole in Libano, Bosnia, Ciad, Iraq, Afghanistan, Kosovo, Libia e Haiti.

 

Siamo consci che la sicurezza e l'incolumità dei soldati dipendono anche dalla disponibilità delle risorse necessarie a garantire le massime misure cautelative nei confronti degli stessi e che il successo delle operazioni che svolgono non può prescindere da mezzi operativi adeguati. Dunque, in nome del prestigio dell'Italia e del rispetto degli impegni che sono stati assunti nei confronti degli altri Governi europei, nonché nei confronti delle popolazioni civili dei Paesi sconvolti dai conflitti, con il fine di non fallare nell'approntare le massime garanzie per chi opera in contesti difficili, annuncio il voto favorevole - ripeto - dell'Italia dei Valori su entrambi i disegni di legge.

 

Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, rimango però dell'idea, già espressa, che la politica estera del Governo in carica sia poco chiara (si pensi al Trattato con la Libia il cui contenuto rimane ancora segreto), pochissimo di interesse nazionale (sembra piuttosto che sia l'interesse dei rapporti personali con i vari leader a guidare le scelte del Governo) e per niente democratica. In particolare, entrando nel merito del ruolo svolto dal Governo italiano nella gestione diplomatica del conflitto russo-georgiano, si deve sottolineare come, a più riprese, la conduzione delle trattative da parte del Presidente del Consiglio sia stata caratterizzata, invece che dal perseguimento degli interessi di sicurezza della regione caucasica e dello spazio europeo in generale, molto più verosimilmente dalla ricerca dei cosiddetti interessi economici.

 

Mentre la tendenza globale è di affidare la politica estera ai Governi e, ancor di più, alle organizzazioni internazionali, come il Consiglio europeo, la NATO, l'ONU, con l'intervento attivo (come si è osservato) di Sarkozy, in qualità di Presidente di turno del Consiglio europeo, purtroppo in Italia, con questo Governo, si assiste all'opposto: la politica estera viene privatizzata e portata avanti dal solo Presidente del Consiglio, attraverso metodi improvvisati.

 

Si spera in una felice conclusione delle trattative, che conduca al ritiro completo delle truppe russe dalle due Repubbliche indipendentiste. Doveva accadere oggi, ma si assiste ad un rallentamento. È di poco fa l'ultima agenzia di stampa che riporta la notizia di un tavolo tecnico: doveva esserci una riunione a Ginevra con i rappresentanti di Russia, Georgia ed Unione europea, ma quello che doveva essere un inizio di negoziato di pace è diventato invece un incontro tecnico; infatti, signor Sottosegretario, la Russia voleva che anche Abkhazia ed Ossezia partecipassero, ma la Georgia non ha voluto. Pertanto, restano gli attriti.

 

Allora, il ruolo italiano deve ritornare ad essere quello che l'Italia può e deve esercitare. Non possiamo accettare che, nei giorni intensi in cui il conflitto poteva sfociare in una guerra dalle ampie dimensioni, con un effetto domino sulle altre Repubbliche caucasiche i cui Governi sono caratterizzati da una estrema debolezza, il presidente Berlusconi si sia proposto all'opinione pubblica come solutore della crisi georgiana grazie ad unilaterali colloqui con «l'amico Putin» e «l'amico Cheney»; che affermi di avere scongiurato «la possibilità che si tornasse ai tempi della guerra fredda», in virtù dei suoi rapporti personali con il Premier russo e con il Vice Presidente USA.

 

Signora Presidente, onorevoli colleghi, se anche il Presidente del Consiglio fosse in grado - come non lo è stato - di risolvere un potenziale detonatore di tutta una crisi nell'area euroasiatica tramite una telefonata o l'offerta di una cena, anche in questo caso ci sarebbe qualcosa di profondamente sbagliato. Infatti, come ha ricordato il Presidente della Repubblica, le relazioni estere si tessono esclusivamente parlando da Capo di Governo a Capo di Governo, con l'ausilio dei tecnici competenti e della diplomazia; questi due rami, invece, sono stati totalmente esclusi. Si deve sottolineare il fatto che l'Italia, forse anche in relazione ai rapporti personali del Premier, non ha affermato con forza che l'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud non è espressione del principio di autodeterminazione dei popoli, come sancito dall'articolo 1, paragrafo 2, e dagli articoli 55 e 56 della Carta dell'ONU, ma è una eterodeterminazione, giocata fra le relazioni di forza entro Russia e Stati Uniti: è circoscritta soltanto lì!

 

Nel merito dei due provvedimenti in esame, poi, ricordo al Governo che, in sede di discussione in Commissione, sono state richieste dal sottoscritto e a nome dell'Italia dei Valori delucidazioni sulle misure di sicurezza che dovrebbero essere approntate dal Governo per tutelare i nostri quattro inviati civili in Georgia. Assicuro che anche in Commissione si avverte la seguente perplessità: i 30.000 euro a disposizione dei quattro civili non vengono utilizzati per l'acquisto di giubbetti antiproiettile, ma forse per telefonini o altro. Il Governo dovrebbe fornire una risposta anche a tale riguardo: io non ho ancora avuto risposta nel merito, ma molte persone che hanno lavorato come civili hanno assicurato che quei 30.000 euro non vengono utilizzati per l'acquisto di giubbetti antiproiettile o quant'altro, sia a livello di particolari attrezzature che di formazione e training, tramite programmi appositi che non sembrano essere previsti stabilmente a livello italiano. Ma tali domande legittime, in quanto accorte e preoccupate per l'incolumità dei civili, non hanno trovato, lo ripeto, da parte del Governo, esauriente risposta.

 

A riguardo del decreto n. 150, poi, si è già mostrato in sede di discussione generale come i finanziamenti indicati all'articolo 2 del testo che il Governo ha reperito per coprire finanziariamente il provvedimento provengano da settori delicati, concernenti misure economiche di aiuto ai cittadini - lo ripeto di nuovo anche ai colleghi del centrosinistra - sull'ICI, i mutui e gli straordinari, che rimarranno scoperti e quindi inattuati. A tale proposito il Governo non ha detto una parola sulla mia richiesta di ieri. Di questi capitoli che trasmigrano da un punto all'altro ne resterà sempre uno vuoto. Questa è la preoccupazione dell'Italia dei Valori, perché con il provvedimento sull'ICI si tolgono soldi ai sindaci e i sindaci ne dovranno rispondere quando sarà il momento. Noi dell'Italia dei Valori abbiamo sempre denunciato che misure propagandistiche e populiste come l'abolizione dell'ICI trovavano nel vincolo di bilancio il limite all'attuabilità, e questa ne è la riprova.

 

Insomma: il Governo non può eludere la prevenzione di possibili situazioni rischiose per i nostri soldati e per i nostri civili, non può lasciare i cittadini, soprattutto in questo momento di grande insicurezza finanziaria, senza il sostegno dei provvedimenti promessi, e non può aprire vertiginosi buchi nel debito pubblico già pesantemente gravato, sulla cui entità pesa il rispetto del Patto di stabilità europeo. Cosa si può fare allora? Forse, iniziare a parlare chiaramente ai cittadini, forse smettere di illudere con falsi specchietti la pubblica opinione. Noi vogliamo denunciare questo imbroglio, perché di imbroglio si tratta. Noi vogliamo tutelare i cittadini con i soldi veri. Ho paura che questi capitoli vengano poi trasferiti in un altro capitolo ancora, sempre, ripeto, per un'altra pubblicità. Per questo motivo, signora Presidente e onorevole rappresentante del Governo, denuncio l'atto grave di non avere risposto alla domanda sulla possibilità, come dicono loro, di trasferire i capitoli in modo legale, perché è illegale invece, come è illegale come è nato questo Governo.

 

Con questo auspicio e con senso di responsabilità verso i nostri soldati, il Gruppo dell'Italia dei Valori si appresta a votare favorevolmente alla conversione dei decreti-legge nn. 147 e 150, ma con questo senso di responsabilità ribadiamo la denuncia dei sindaci, credo anche a nome del centrosinistra, perché non bisogna solo chiedere ma anche denunciare questi fatti, amici e colleghi. Dov'è l'ICI? Dove l'avete trasferita e perché? Dovete dirlo, perché se la spostate da un capitolo all'altro domani la potete togliere anche ai nostri civili, e questo non lo permetteremo né al Senato, né alla Camera, né nelle piazze. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

 

TORRI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

TORRI (LNP). Signora Presidente, onorevoli membri del Governo, colleghi, il Senato è chiamato ad esprimersi in merito alla conversione in legge di due decreti di grande importanza politica emanati da questo Governo.

 

Con il primo provvedimento che stiamo esaminando, il Governo ha disposto la partecipazione italiana alla missione promossa dall'Unione europea in Georgia per verificare il rispetto degli accordi stretti tra il presidente francese Nicolas Sarkozy ed il capo dello Stato russo Medvedev, sul ripiegamento delle truppe del Cremlino dalle zone di territorio georgiano occupate ad agosto e situate al di fuori dei confini delle province separatiste di Abkhazia ed Ossezia del Sud. Siamo assolutamente favorevoli alla partecipazione italiana a questo intervento, sia perché espressione di una volontà dell'Europa di prendere nelle proprie mani il suo destino, sia perché si configura come un'operazione assolutamente imparziale, e siamo lieti dei progressi che si stanno registrando sul piano dell'attuazione del ritiro delle forze russe. Respingiamo invece alcune letture tendenziose che sono state fatte dell'impegno diplomatico italiano in questo frangente. Come è stato precisato dal ministro degli esteri Frattini in tutte le sue più recenti dichiarazioni a questo riguardo, non esiste infatti alcuna deriva della politica italiana in senso filorusso: non almeno una linea politica che si differenzi sostanzialmente da quella perseguita negli ultimi dieci anni da tutti i Governi della Repubblica italiana, di qualsiasi colore essi fossero.

 

Da più settori è stato polemicamente affermato, invece, che ormai destra e sinistra nel nostro Paese hanno identificato rispettivamente nella Russia e negli Stati Uniti i propri riferimenti internazionali. Sono le stesse voci che hanno criticato appena pochi mesi fa le modalità con le quali il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva ricevuto a Roma il presidente Bush e che oggi fingono di ignorare l'accoglienza riservata dal presidente Bush al nostro Premier. Qualcosa evidentemente non collima, colleghi. Così come non collima con le aperture fatte da Romano Prodi verso la Federazione russa quando si trovava a Palazzo Chigi: aperture che poggiavano sulla salda convinzione dell'ex Presidente che fosse opportuno scommettere su una trasformazione in senso multipolare del mondo, favorendo il ridimensionamento dell'influenza americana sul pianeta a tutto vantaggio della Russia, ma anche della Cina e dell'India. È storia recente, colleghi senatori, non parliamo di un passato molto lontano. Rispediamo quindi al mittente le accuse fatte. È vero invece che l'Italia riconosce nella Federazione russa un partner essenziale nella gestione degli equilibri europei. Chi può negare che lo sia, stante l'entità dei rifornimenti di gas e petrolio che assicura all'Europa continentale? In Georgia siamo andati comunque con l'idea di garantire l'equilibrio della missione di monitoraggio europeo, senza in alcun modo dar segno di voler pregiudicare gli interessi di Tbilisi e del suo Governo, nell'intento puro e semplice di contribuire, per quanto possibile, a stabilizzare il Caucaso, che è un'area di rilevanza strategica, non fosse altro che per i gasdotti e gli oleodotti che vi transitano.

 

Diciamo sì anche al più complesso decreto che concerne la proroga degli interventi in corso in Libano, per quanto le caratteristiche, come ha già accennato il mio collega Mura, non ci abbiano mai entusiasmato, nonché di quelli in atto nei Balcani ed in Africa.

 

Appoggiamo ovviamente con convinzione anche la prosecuzione della missione della Guardia di finanza in Libia, che anzi vorremmo vedere più solida ed incisiva, in quanto volta al contrasto dei flussi migratori illegali, che a noi hanno dato sempre molto fastidio.

 

Sosteniamo altresì la decisione, contenuta nel provvedimento che ne dispone la conversione in legge, di rafforzare il nostro contingente in Afghanistan, anche per coerenza rispetto a quanto abbiamo detto durante i trascorsi sette anni. La Lega è stata sempre in prima fila nel chiedere di adottare tutte le misure che potessero migliorare le capacità dei nostri soldati di difendere se stessi in quell'ambiente così ostile. Vogliamo approfittare della circostanza per ricordare anche che si tratta di una scelta che permette all'Italia di dimostrare ancora una volta con i fatti la propria solidarietà con gli alleati della NATO e gli Stati Uniti.

 

Dal nostro lato del sistema politico, con il Governo, ci sono coloro che hanno ridotto i cosiddetti caveat, cioè le limitazioni geografiche e caratteristiche imposte all'impiego dei nostri soldati in teatro, esattamente come ci chiedevano l'Alleanza Atlantica e Washington. Dall'altro, sui banchi dell'opposizione, cari colleghi, si trovano invece coloro che decisero di abbandonare gli Stati Uniti, ritirandosi precipitosamente dall'Iraq nel 2006 e continuando a criticare le decisioni dell'amministrazione quando era perfettamente inutile farlo, e lo sapete tutti.

 

Tra l'altro, proprio la scheda illustrativa allegata all'Atto Senato n. 1061 rivela un fatto cui in passato non era stata data davvero grande pubblicità: per proteggere l'Unità civile di sostegno alla ricostruzione (USR) inviata nei dintorni di Nasiriya, e lì rimasta anche dopo il rimpatrio di «Antica Babilonia» - ricordiamo anche questo - il precedente Governo Prodi stipulò un contratto con una società di sicurezza privata che, avvicinandosi alla sua naturale scadenza, vede noi oggi costretti a prorogarlo fino alla prossima primavera. Ritirando i nostri militari e servendosi di una società privata, Prodi, Parisi e la maggioranza di allora decisero di fare un'operazione secondo noi non proprio limpida, tanto più che si sono rivolti a queste bistrattate società di «mercenari». Bisognerebbe che non dimenticassimo quanto venne detto in occasione del caso Quattrocchi. A tal proposito è davvero singolare quanto affermato dall'onorevole Scanu riguardo al fatto che non bisogna omologarsi a certe cose. Ebbene, sicuramente Prodi e Parisi in quell'occasione non lo hanno fatto. Tengo a precisare, caro collega Scanu, che a "radio fante" - l'ascoltiamo anche noi - si dice che non è stato accettato molto volentieri quanto è accaduto a Nasiriya con questo avvicendamento. È davvero singolare che adesso tutto questo venga dimenticato, anche se forse dovremmo ammettere che il Partito Democratico ritiene che tutto sia possibile, perché, come si dice, il motto caro al presidente Veltroni è «Yes, we can». Tutto è possibile. Secondo noi questo non era molto possibile.

 

Naturalmente, nel votare a favore del decreto in esame, non possiamo non esprimere l'auspicio che le recenti aperture negoziali per giungere ad una soluzione politica soddisfacente del conflitto afgano, di cui si legge in questi giorni, trovino conferma nei mesi che verranno e sfocino infine in una pace giusta e durevole. Si è personalmente impegnato, pare, il monarca saudita. Sia tuttavia chiaro che, per quanto ci riguarda, nessuna pace in Afghanistan può essere una pace giusta e durevole, una buona pace cioè, se per raggiungerla verranno fatte concessioni al terrorismo internazionale e ai suoi fiancheggiatori. Speriamo, siamo anzi certi di questo, che tale sia anche la linea del Governo che sosteniamo.

 

Non dovremmo comunque mai dimenticare come all'avvio del negoziato in Arabia Saudita abbiano dato un contributo decisivo anche le truppe occidentali, dimostrando con i loro sacrifici e la loro determinazione anche ai leader dell'insurrezione neotalebana l'impossibilità di prevalere nella prova di forza che hanno ingaggiato con l'intero mondo libero. Alcuni di loro, proprio per questo motivo, chiedono oggi a Karzai di allontanare dall'Afghanistan la NATO.

 

L'invio dei nostri Tornado, cari colleghi, che il provvedimento oggi in esame autorizza, rientra proprio tra le misure volute per dimostrare la nostra compattezza e la volontà di giungere ad una soluzione diversa da quella che auspicano il mullah Omar ed i suoi sodali. Cogliamo quindi l'occasione per chiedere stanziamenti adeguati a permettere la prosecuzione di questi interventi, perché li giudichiamo necessari ed indispensabili alla nostra sicurezza.

 

Vi sarebbe un motto che a noi della Lega è tanto caro. Qualcuno ha detto: «Resistere! Resistere!». Io mi voglio permettere di dire ai nostri militari: «Grazie! Grazie! Grazie!». Infatti, loro si sono impegnati a gestire la pace in vari territori del mondo, lontani da casa, e lo hanno sempre fatto con un'altissima professionalità e questo non lo dobbiamo dimenticare, perché i militari sono un patrimonio comune di tutti.

 

Apprezziamo anche che per la prima volta, dal 2001 ad oggi, in questo Parlamento si è discusso in maniera concreta su un decreto-legge di rifinanziamento delle missioni di pace nel mondo, senza mettere in campo polemiche stupide e inutili e soprattutto senza scontri. Di questo do atto alla minoranza, così come bisogna dare atto che in tal senso noi iniziammo bene sulla mozione per la messa al bando delle bombe a grappolo, da tutti condivisa, per la quale è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno.

 

Per questi motivi, cari colleghi, la Lega Nord Padania voterà a favore della conversione in legge dei due decreti in titolo. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

 

 

PINOTTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

PINOTTI (PD). Signora Presidente, come è stato detto in molti interventi, sia in discussione generale che in dichiarazione di voto, i provvedimenti che stiamo per votare contengono alcuni elementi formali, relativamente ad alcune missioni collegate a decisioni ONU o dell'Unione europea, le quali si concludevano a settembre, ma poi se ne è decisa una proroga e quindi vengono prorogate; contengono altresì una significativa novità, di cui si è parlato, che è la missione in Georgia, ed anche, come abbiamo detto e sottolineato, la previsione di una maggiore spesa per la missione in Afghanistan, collegata all'invio di quattro Tornado.

 

Com'è emerso sia in Commissione che in Aula in discussione generale, abbiamo su questi provvedimenti una visione concorde. (Brusìo). È abbastanza difficile, signora Presidente, parlare con questo brusìo.

 

 

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi senatori, chi non è interessato alla discussione può abbassare la voce oppure tranquillamente accomodarsi fuori.

 

 

PINOTTI (PD). Questo ci permette di fare una discussione più approfondita - dato che gli emendamenti presentati sono di fatto tecnici - sulla direzione che sta prendendo l'Italia in termini di politica estera, di difesa e di sicurezza. È indubbio che le missioni internazionali - è riconosciuto da tutti e se ne è parlato anche nel Consiglio supremo di difesa - sono oggi lo strumento essenziale con cui gli Stati intervengono ed hanno un ruolo nella politica estera.

 

Riscontriamo tuttavia che il Governo sta portando avanti in politica estera in alcune occasioni - e lo hanno sottolineato alcuni interventi in discussione generale - una sorta di doppio registro. Da un lato, abbiamo gli interventi del ministro Frattini, lineari, di buonsenso, a volte forse un po' troppo tecnici, di cui non si percepiscono bene animo ed obiettivi; dall'altro, gli interventi del Presidente del Consiglio, adesso minimizzati rispetto alle reazioni internazionali, rispetto alla Georgia e recentemente all'Afghanistan. Abbiamo quindi una linea ufficiale, quella della diplomazia che l'Italia porta avanti. A tale proposito, mi permetto di leggere quanto contenuto nella relazione del sottosegretario Crosetto alle Commissioni riunite perché mi ha colpito: «Il Governo ha salutato con soddisfazione l'apertura di un dialogo tra Hezbollah e la "Corrente del futuro" di Saad Hariri». Questo mi colpisce, dato che, come ieri ha ricordato il senatore Cabras, qualche tempo fa l'onorevole Fassino aveva detto, a proposito della situazione afgana, di tenere conto che i talebani non sono tutti uguali, non sono tutti «qaedistici», ma ci sono diverse fasce e quindi si può pensare anche di dialogare con loro. Oggi questa iniziativa è di dominio pubblico: lo dice non soltanto Karzai, ma anche la CIA, oltre ai generali inglesi. Vorrei ricordare che quando l'allora ministro degli esteri D'Alema era intervenuto in Libano ed aveva ritenuto importante un dialogo con gli Hezbollah fu additato come il peggiore dei nemici. Lo voglio ricordare perché, rispetto alle contraddizioni, riteniamo importante aprire questo dialogo, lo sosteniamo e non lo contraddiciamo. Vogliamo solo sottolineare la differenza del comportamento politico tra quello che avveniva allora quando governavamo noi e quello che avviene oggi.

 

Fatte queste considerazioni un po' a latere, ritorno al ruolo dell'Italia: quasi 9.000 uomini sono impegnati in missioni internazionali; un impegno consistente - e su questo tornerò alla fine del mio intervento - che non so se potremo continuare a mantenere come tale, stante i tagli previsti. Oggi questo impegno c'è, e c'è ancora, ma mi chiedo quanto sta agendo la politica estera per farlo pesare. In Libano, ad esempio, dove siamo stati i primi a mettere in moto un meccanismo importante che ha fermato una guerra, dove è stato riconosciuto il nostro rilevante ruolo, al di là del contingente militare, c'è oggi una presenza significativa dell'Italia o è tornato tutto in mano ai francesi? Credo che sia importante ed utile che rimanga una presenza significativa dell'Italia. Lo domando perché, sottosegretario Scotti, lei diceva giustamente che questo è un provvedimento-ponte, che arriva fino a dicembre, ma che ridiscuteremo in Aula complessivamente della politica delle missioni; sarei interessata a capire, al di là delle informazioni sullo scenario, l'opera del nostro Governo.

 

Anche sulla Georgia, è positiva l'iniziativa illustrata dal ministro Frattini e la spinta che abbiamo dato all'Europa. È stato detto da molti colleghi e quindi non ci torno: vi sono dichiarazioni estemporanee fatte in un altro contesto; forse non hanno creato una crisi internazionale, però rendono, a mio giudizio, meno credibile la capacità dell'Italia di muoversi su questo terreno, dove anche il parlare senza uscire dalle linee ufficiali è un elemento importante.

 

Vorrei soffermarmi soprattutto sull'ultima visita di Berlusconi negli Stati Uniti e su quanto il sottosegretario Scotti ha assicurato - che non si è capito molto bene - e cioè che in realtà nulla cambia rispetto alle linee definite dai Ministri degli esteri e della difesa. È però emersa una sorta di disponibilità da parte del Presidente del Consiglio. In un colloquio con Bush, secondo indiscrezioni giornalistiche, sembra si sia detto che siamo disponibili a rimuovere limitazioni che possono rendere meno operativi i nostri soldati. Sapete che questa discussione l'abbiamo già fatta in occasione della revisione dei caveat. Ma, colleghi, il presidente Berlusconi ha salutato Bush come un grande che entrerà nella storia; sono convinta che Bush entrerà nella storia, ma non che ci entrerà come un grande. Sono convinta che la scelta di intervenire in Iraq, oggi criticata da tutti e due i candidati alla Casa Bianca, anche se con accenti diversi, sia uno degli elementi che ha portato oggi ad una situazione in Afghanistan che rischia di andare fuori controllo.

 

Si ricorda come un errore compiuto dal Governo Prodi quello di ritirarsi - non precipitosamente, caro collega Torri, ma con molta serietà - affidando ai governatori della provincia irachena un'area di fatto pacificata: è stata invece una decisione giusta. Quello infatti è stato un momento in cui la lotta al terrorismo internazionale, che vedeva un intervento internazionale unito e forte, ha spaccato l'Europa e anche obiettivi che dovevano rimanere centrali.

 

Oggi la situazione non solo dell'Afghanistan preoccupa moltissimo, ma, come ricordava il collega Marcenaro, anche il Pakistan è sull'orlo di un guerra civile. Rispetto a tale situazione, oggi l'Italia, che mantiene in Afghanistan un contingente molto numeroso, con i suoi militari in una situazione di rischio e pericolo, cosa deve dire a Bush? Il problema è oggi la strategia militare e ridurre ancora i caveat? È questo che l'Italia deve dire oggi sull'Afghanistan? O non deve piuttosto evidenziare, proprio perché fedele alleata, ma non amica da pacca sulle spalle, un problema riscontrabile? La strategia militare da sola non basta, ormai lo dicono tutti. In Afghanistan, da un lato, vi è la missione ISAF, che vuole stabilizzare il territorio e rendere amica la popolazione, dall'altro la missione «Enduring freedom», che lotta contro il terrorismo e però bombarda e uccide dei civili; sono due linee che se non trovano una sintesi danno messaggi contraddittori e sono un elemento che non aiuta.

 

Vorrei allora che l'Italia, impegnata così tanto, per il bene che vuole ai propri soldati impegnati in quelle terre pericolose, agisse con la propria capacità. A Herat, la provincia di cui siamo responsabili, la coltivazione dell'oppio è diminuita in modo esponenziale e al nostro contingente è stata conferita la cittadinanza onoraria; non è accaduto a nessun altro. Quando si va in Afghanistan e si parla con i contingenti questo problema di discrepanza fra come si combatte nella missione «Enduring freedom» e come si combatte nella missione ISAF emerge; i militari lo raccontano e dicono che difficilmente riescono a conquistare i cuori costruendo ponti e allacciando rapporti con la popolazione ed i capi tribù se poi, qualche decina di chilometri più in là, qualcuno bombarda perché forse ci sono dei talebani ma ci sono anche tanti bambini.

 

Rispetto a tale situazione credo allora che, proprio per l'impegno che ancora abbiamo, sia nostro dovere far sentire una voce più forte. Sarebbe svilente per il Parlamento mettersi a discutere sulla questione tecnica se ci vogliano i Tornado o no; non facciamolo, spetta a responsabili militari dirlo e se questi ci diranno che servono e sono richiesti dagli alleati per noi andrà bene. Non è questa la discussione che deve compiere il livello politico: rispetto a questo nostro impegno, il livello politico deve invece valutare come incidere per evitare una situazione che rischia di chiudersi negativamente.

 

Concludo, signora Presidente, citando un dato che ho accennato nella parte iniziale del mio intervento e che anche il senatore Scanu ha richiamato. Io vorrei un'altra cosa: con gli impegni di spesa che si stanno assumendo in tema di difesa non siamo in grado di mantenere questo livello di ambizione e di impegno dell'Italia. Questo lo dobbiamo sapere, non possiamo fingere. Quando parliamo di nuovo modello di difesa, se questa proposta arriverà, dobbiamo sapere che negli ultimi mesi abbiamo assistito a un balletto di cifre con il Ministro della difesa, che prima ha detto che voleva portare il bilancio ben sopra l'1 per cento e poi ha negato che i tagli avrebbero inciso perché la dismissione degli immobili poteva colmarli. Oggi siamo al rendez-vous: di fatto questi tagli, già oggi problematici perché, riducendo le esercitazioni, mettono in condizioni di minore sicurezza i nostri uomini che operano all'estero, non ci consentono di reggere gli obiettivi che abbiamo dato alle nostre Forze armate. Quindi, al di fuori della tanta retorica che spesso qui sentiamo (tutte le volte diciamo che siamo vicini ai militari italiani, e ci mancherebbe!), il modo serio in cui chi fa politica e in cui chi siede in queste Aule può stare vicino ai militari non è ricordandoli con parole alate, ma dando loro gli strumenti per poter operare in modo coordinato e coerente con gli obiettivi fissati. I tagli apportati non consentono di mantenere l'impegno che finora l'Italia ha assunto.

 

Noi siamo disponibili a discutere con serietà se, per favore, però, ci dite qual è il disegno che state attuando e se non vi saranno nuovi cambiamenti e tentennamenti di cui non si capisce la ratio. Il Ministro della difesa dice: forse dobbiamo ritirarci dalla Bosnia. In realtà noi riproponiamo ALTHEA, che è una missione internazionale. Non possiamo assumere unilateralmente simili decisioni. A fronte, però, del fatto che probabilmente - perchè questo ci dicono le cifre - dovremo ridurre i nostri obiettivi, credo che sarebbe serio scoprire le carte e fare una discussione davvero all'altezza del tema per capire dove vuole andare il nostro Paese relativamente al sistema di sicurezza, di difesa e alla politica estera. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).

 

 

CANTONI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

CANTONI (PdL). Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi senatori, gli eventi dello scorso agosto in Georgia ripropongono nel cuore dell'Europa uno scenario di conflitto armato tra gli Stati e fra entità separatiste su base etnica che si sperava fosse nel nostro continente una pagina archiviata dopo le tragiche vicende dei conflitti in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo negli anni Novanta.

 

La reazione della comunità internazionale, e segnatamente dell'Unione europea, per una volta efficace e tempestiva, sembra aver riportato la crisi sotto controllo, anche se - dobbiamo ricordarlo - la situazione è piena di incognite. Vi sono ovviamente motivi di grande inquietudine. Intanto, inquietudine e dolore per le tragiche conseguenze che il conflitto ha già prodotto sulla vita di decine di migliaia di persone, che hanno perso, quando non la vita stessa dei loro congiunti, tutti i loro averi o sono state costrette ad abbandonare, per non si sa quanto tempo ancora, le loro case. Ma vi è apprensione ovviamente anche per le prospettive di mantenimento del dialogo e della cooperazione con la Federazione russa, dimensione essenziale per far fronte con efficacia alle molteplici minacce alla pace e alla sicurezza internazionale: basti pensare al contrasto del terrorismo internazionale e alla stessa conduzione delle operazioni militari in Afghanistan, senza dimenticare ovviamente la gestione di dossier come quelli del nucleare iraniano e della pace in Medio Oriente, le cui prospettive di positiva evoluzione sarebbero largamente compromesse dal venire meno del clima di fiducia con la Russia.

 

In tale contesto è motivo di sollievo, intanto, apprendere, come riportato nel comunicato stampa del Consiglio affari generali del 13 ottobre, che qui leggo, che «a seguito del dispiegamento degli osservatori della missione UEMM dell'Unione Europea, le truppe russe si sono ritirate fuori dalle zone adiacenti all'Ossezia del Sud e all'Abkhazia». Si tratta di un primo, importante passo nell'attuazione degli accordi del 12 agosto e dell'8 settembre. L'avvio previsto per oggi, 15 ottobre, a Ginevra dei colloqui diretti fra le parti è destinato ad essere dominato dalle schermaglie procedurali, ma intanto è già importante che ci sia una ripresa di contatto. Un contributo rilevante all'instaurazione di un clima positivo potrà poi giungere dalla Conferenza dei donatori, che - ricordo - si aprirà il prossimo 22 ottobre a Bruxelles.

 

Come già indicato in ambito di Consiglio europeo dal ministro Frattini, da parte nostra si ritiene necessario riprendere il negoziato con la Russia per il nuovo accordo di partenariato con l'Unione europea. Il ministro Frattini ha infatti affermato che con la Russia abbiamo un interesse condiviso che si incentra sulla sicurezza del continente e che si deve pertanto porre l'accento sui fattori di collaborazione e di interdipendenza.

 

Registriamo quindi con soddisfazione - non disgiunta, ovviamente, dall'apprensione per gli esiti finali - i primi risultati dell'azione dell'Unione europea, un'azione rispondente al ruolo di equilibrio che l'Unione ha scelto di adottare fra le parti. Scelta, questa, che è prevalsa per merito - ricordo - della Presidenza di turno francese, ma con il supporto decisivo - desidero sottolinearlo - del Governo italiano e, segnatamente, del ministro Frattini su altre opzioni che pure erano già state avanzate nel mese di agosto, sia a livello europeo che a livello NATO.

 

Vi è stato in una prima fase in quei consessi internazionali un clima che potremmo definire concitato, caratterizzato da un'eccessiva facilità nel prospettare sanzioni nei confronti di Mosca. Di questo clima sono stato in qualche misura personalmente testimone, avendo partecipato il 20 agosto alla riunione a Bruxelles della Commissione affari esteri del Parlamento europeo, convocata in via straordinaria per discutere della crisi in Georgia, alla quale erano stati invitati i Presidenti delle Commissioni difesa e affari esteri dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea. Fortunatamente è prevalsa, come sappiamo, una linea di maggiore prudenza che sta dando i primi frutti e che, alla fine, potrebbe risultare molto più produttiva anche in funzione della salvaguardia dei diritti della Georgia in ordine alla propria integrità territoriale.

 

Vi è stato, purtroppo, il riconoscimento da parte della Russia dell'indipendenza dichiarata unilateralmente dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia, il che di certo non agevola il compito dei negoziatori che, alla stregua dell'accordo in sei punti tra il presidente russo Medvedev, il premierPutin e il presidente francese Sarkozy, presidente di turno dell'Unione europea, dovranno definire il futuro status di tale aree.

 

 

Presidenza del vice presidente CHITI (ore 11,33)

 

 

(Segue CANTONI). Sul punto la posizione dell'Europa è stata di netta riaffermazione del diritto all'integrità territoriale della Georgia, principio ribadito a chiare lettere dal ministro Frattini pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto davanti alle Commissioni esteri di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta il 26 agosto.

 

L'esperienza del conflitto nei Balcani dimostra comunque che per dirimere i nodi della sovranità territoriale è estremamente importante poter assicurare alle parti una prospettiva di crescente inserimento nel contesto dell'Unione europea. In tale prospettiva potranno evidentemente essere attivate molteplici forme di cooperazione nel quadro dell'Accordo di partenariato tra l'Unione europea e la Georgia, secondo le priorità e i tempi definiti dal Piano di azione UE-Georgia, approvato dal Consiglio di cooperazione UE-Georgia il 14 novembre 2006.

 

Il Governo italiano, come è noto, si è offerto di ospitare a Roma nel mese di novembre - ma probabilmente si dovrà attendere di più - una Conferenza internazionale di dialogo e di riconciliazione per la regione del Caucaso. Anche da questo ricaviamo il senso di un grande dinamismo e di una grande capacità di tessitura del nostro Governo, che ha ricevuto parole di apprezzamento sia da parte del Governo di Mosca che da parte del ministro degli esteri della Georgia, la signora Eka Tkeshelashvili.

 

Quanto alla questione dell'adesione della Georgia alla NATO, si tratta di una prospettiva certamente da preservare, sulla scorta delle indicazioni del Vertice NATO di Bucarest dell'aprile scorso, e bene ha fatto il Consiglio del Nord Atlantico a dare un segnale a Tbilisi, con la creazione della Commissione NATOGeorgia, della volontà di tenere aperto un canale di dialogo permanente. Il vertice di dicembre della NATO costituirà l'occasione per valutare la questione dei tempi per l'accesso della Georgia al Membership Action Plan, ma non si può dare torto, credo, ai molti osservatori che si domandano cosa sarebbe accaduto - soprattutto, direi, in termini di credibilità della NATO per il futuro - se le forti pressioni perché fosse accordato sin dal Vertice NATO dello scorso aprile tale status alla Georgia avessero avuto successo.

 

Il contributo nazionale della missione EUMM - il secondo in termini numerici, insieme a quello della Germania, dopo quello della Francia, che detiene la Presidenza di turno dell'Unione europea ed è gravata perciò da speciali e serie responsabilità - è di 40 unità, con 36 osservatori militari e 4 funzionari del Ministero degli affari esteri.Ancora una volta l'Italia si assume responsabilità primarie in sede alla comunità internazionale per contribuire all'affermazione di una prospettiva di pace e di sicurezza nel mondo, confermandosi, con oltre 8.300 militari ripartiti in 30 missioni (sono dati aggiornati allo scorso 1° luglio), fra i Paesi maggiormente impegnati all'estero. Si tratta di un indirizzo ormai consolidato della nostra politica estera, che riflette la consapevolezza di quanto sia essenziale oggi, per una presenza significativa del Paese nel contesto internazionale, la disponibilità all'impiego di contingenti militari sui teatri di crisi nel quadro delle missioni di pace.

 

Di qui il nostro convinto appoggio e voto favorevole anche al decreto-legge che autorizza la prosecuzione delle altre missioni.

 

Su questo provvedimento faccio solo un breve accenno alla scelta di schierare i quattro aerei Tornado con compiti di ricognizione, scelta che ci consente di venire incontro alle richieste da tempo formulate dagli alleati che operano nel quadro della missione ISAF.

 

Gli impegni contemplati dai due decretilegge sono con ogni evidenza molto gravosi per le nostre Forze armate e gli uomini che vi operano, che vi fanno fronte con grandissima professionalità - oggetto di generale riconoscimento a livello internazionale - e grande dedizione al dovere.

 

Le Forze armate hanno assicurato nel corso degli anni la possibilità di garantire la continuità delle missioni, malgrado i ricorrenti tagli al bilancio della Difesa, con grande spirito di adattamento, nell'intento di preservare comunque l'operatività delle missioni, e dunque sacrificando fino al limite del possibile, e anche oltre, le risorse per l'esercizio, dall'addestramento al carburante, alle scorte. È accaduto, come sappiamo, quasi tutti gli anni, con Governi sia di centrodestra che di centrosinistra, perché la situazione dei nostri conti pubblici è quella che è.

 

Ora la situazione di bilancio si è fatta critica, in termini di continuità operativa, per le nostre Forze armate. Lo sapevamo già dalle audizioni svolte in Commissione difesa e dai contatti informali con i vertici delle Forze armate, ma lo ufficializza il Ministro della difesa nella "Nota preliminare allo stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'esercizio finanziario 2009". In tale documento, al paragrafo 5 («Gli output generabili ed i rischi di insolvenza organizzativa»), si evidenzia con gravità che «il differenziale tra input finanziario ed output richiesti allo strumento (espresso in termini di compiti/impegni stabiliti nell'ambito del quadro politico istituzionale vigente), se non opportunamente bilanciato e stabilizzato nel tempo, rischia di compromettere irrimediabilmente le capacità produttive dell'organizzazione». In particolare, con riferimento al settore delle spese di esercizio, cui prima accennavo, nella Nota preliminare si afferma (pagine 11 e 12) che «le proiezioni su base triennale 2009-2011 evidenziano il rischio di un progressivo decadimento operativo dello strumento militare». Mi sembra che queste affermazioni debbano indurre a riconsiderare il volume delle risorse disponibili per il settore della difesa.

 

Mi rendo conto di quanto sia difficile, dato lo stato dei conti pubblici e considerando anche lo tsunami che sta investendo i mercati finanziari, reperire altre disponibilità finanziarie in un momento di stagnazione, se non di recessione, della nostra economia. Uno sforzo aggiuntivo, però, va fatto.

 

È con queste considerazioni - di apprezzamento per l'opera svolta dal Governo italiano nel contesto della crisi in Georgia e per il lavoro delle nostre Forze armate in quello e negli altri teatri di missione, oltre che di preoccupazione per gli aspetti di bilancio appena richiamati - che esprimo il voto favorevole a nome del mio Gruppo alla conversione in legge dei decreti-legge n. 147 sulla missione in Georgia e n. 150 sulla proroga delle altre missioni. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

 

 DI GIOVAN PAOLO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, ringrazio lei e anche la Presidenza del mio Gruppo, che mi permette di manifestare liberamente un pensiero leggermente differente. Il mio non è un voto in dissenso. Non parteciperò, infatti, al voto sulla missione in Georgia: ma non per motivi ideologici quanto pratici e politici.

 

Certo, lo ammetto, io sono stato un obiettore di coscienza (quindi, un affermatore di coscienza oggi), ma di quelli contenti di fare otto mesi in più per testimoniare la veridicità della propria scelta e anche il rispetto per la patria, così come statuiva la sentenza n. 196 del 1987 della Corte costituzionale.

 

Pertanto, per me i nostri ragazzi, quando sono in missione di pace all'estero, sono i nostri ragazzi; anche quelli in armi: non vi è differenza. Sono, però, i nostri ragazzi, cari colleghi, anche i cooperanti, anche coloro che insegnano la lingua italiana negli istituti «Dante Alighieri» all'estero, anche coloro che operano negli istituti di cultura.

 

Per questo motivo, e do atto al Sottosegretario Scotti di averlo detto nel suo intervento, abbiamo bisogno per il futuro - è solo un piccolo segnale - di avere un capitolo di bilancio specifico per le nostre missioni all'estero, che permetta ai nostri militari di non dovere fare i conti con altri capitoli di bilancio. Allo steso modo, la nostra cooperazione non può essere utilizzata, nella legge n. 49 del 1987, per utilizzi diversi da quelli della cooperazione.

 

Ci prepariamo ad un taglio del 56 per cento; ci prepariamo all'assenza di una legge sulla cooperazione e, signor Sottosegretario, è un peccato non avere un Vice Ministro delegato alla cooperazione. Lo dico qui perché non è presente ma, ad esempio, il senatore Mantica è personalità rispettata da tutto l'arco costituzionale e dal mondo della cooperazione. Noi avremmo preferito che fosse così. (Brusìo).

 

Pertanto, non parteciperò al voto ma lo faccio non come testimonianza, ma come atto politico foriero di scelte future poiché, come molti di voi sanno, provengo da una cultura politica che, non a caso, ha scelto l'obiezione di coscienza sulla base di quanto fece un senatore illustre come il senatore Marcora, prima militare devoto alla patria e partigiano poi, non a caso, primo firmatario della legge sull'obiezione di coscienza. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. Senatore Cutrufo, per rispetto minimo alla Presidenza, le dispiacerebbe cercare di guardarci? Esistono regole che prescindono dalla politica e vengono prima. A volte in questo Senato non si praticano, ma cerchiamo tutti insieme di fare uno sforzo per praticarle.

 

Procediamo alla votazione.

 

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

 

(La richiesta risulta appoggiata).

 

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

 

PRESIDENTE. Indíco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge n. 1038, composto del solo articolo 1, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia», con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari.

 

Dichiaro aperta la votazione.

 

(Segue la votazione).

 

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

 262

 

Senatori votanti

 261

 

Maggioranza

 131

 

Favorevoli

 261

 

Contrari

 0

 

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).

 

 

Ha chiesto di parlare il sottosegretario Scotti. Ne ha facoltà.

 

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.0.800 e della conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, il Governo ritiene di non dover insistere per l'approvazione del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150.

 

 

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

 

 

 

 

 


 

Allegato A

 

Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (1038)

 

(V. nuovo titolo)

 

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (1038)

 

(Nuovo titolo)

 

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE ( )

 

Art. 1.

 

    1. È convertito in legge il decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

 

    2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 ( ) Approvato con un emendamento, e con modificazioni al testo del decreto-legge, il disegno di legge composto del solo articolo 1.

 

A seguito dell'approvazione del disegno di legge n. 1038 il Governo non insiste per l'approvazione del disegno di legge n. 1061, di conversione in legge del decreto-legge n. 150 del 2008, di contenuto identico all'em. 2.0.800 riferito al disegno di legge n. 1038.

 

 

 

 

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 1.

 

(Partecipazione di personale delle Forze armate)

 

        1. È autorizzata, a decorrere dal 21 settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 2.058.424 per la partecipazione di personale, mezzi e materiali delle Forze armate alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/ PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008.

 

        2. Alla missione di cui al comma 1 si applicano l'articolo 4, commi 1, lettera a), 2, 4, 6 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n.  45.

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1

 

1.0.100

 

SALTAMARTINI, CARRARA, LICASTRO SCARDINO, CONTINI, FLERES, DE ANGELIS, PISCITELLI, DEL VECCHIO

 

Ritirato

 

Dopo l'articolo 1,aggiungere il seguente:

 

«Art. 1-bis.

 

(Norma di interpretazione autentica in materia di trattamento economico del personale militare in missione)

 

        1. L'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si interpreta, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tale decreto, nel senso che la riduzione del 20 per cento si applica esclusivamente al personale inviato in missione per un periodo non superiore a 180 giorni ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941.

 

        2. Al personale di cui alla legge 8 luglio 1961, n. 642, concernente «Trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali», al quale siano stati riconosciuti adeguamenti della indennità speciale dopo il 4 luglio 2006 non spetta il completo ristoro delle somme già decurtate ma soltanto la parte che risulti non eccedente il totale della retribuzione mensile netta percepita alla medesima data del 4 luglio 2006».

 

 

ARTICOLO 2 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 2.

 

(Partecipazione di personale civile)

 

        1. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 86.955 per la partecipazione di personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008.

 

        2. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 30.000 per l'acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione per il personale civile che partecipa alla missione di cui al comma 1.

 

        3. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 28.325 per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia, il cui trattamento economico è stabilito sulla base dei criteri di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

 

        4. È autorizzata la spesa di euro 1.600.000, per l'anno 2008, per la partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell'ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 2

 

2.0.800

 

I RELATORI

 

Approvato

 

Dopo l'articolo 2, inserire il seguente:

 

«Art. 2-bis.

 

(Partecipazione italiana a missioni internazionali)

 

        1. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 112.542.774 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano denominata United Nations lnterim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale European Maritime Force (EUROMARFOR), di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        2. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 9.668.523 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata lntegrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        3. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 8.310.451 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR Tchad/RCA, di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettere a) e d), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008 e la diaria è calcolata, per l'intero anno 2008, con riferimento a quella prevista per la Repubblica democratica del Congo.

 

        4. È autorizzata, a decorrere dalla settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 99.999 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        5. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 417.102 per la partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        6. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 12.373.484 per la partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate lnternational Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        7. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 1.384.978 per la partecipazione italiana alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        8. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.516.046 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, siglato in data 29 dicembre 2007, di cui all'articolo 3, comma 20, del decreto-legge n.  8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        9. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 121.387 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui all'articolo 3, comma 24, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        10. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 1.300.000 per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

 

        11. Si applicano l'articolò 4, commi da 4 a 8 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        12. All'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, dopo le parole «Arma dei carabinieri» sono inserite le seguenti: «e del Corpo della guardia di finanza».

 

        Conseguentemente all'articolo 3:

 

            a) al comma 1:

 

                1) all'alinea, sostituire le parole «pari complessivamente a euro 3.803.704» con le seguenti: «escluso l'articolo 2-bis, comma 12, pari complessivamente a euro 151.538.448»;

 

                2) sostituire la lettera b) con la seguente:

 

            «b) quanto a euro 89.984.391, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;»;

 

                3) dopo la lettera c), inserire le seguenti:

 

            «c-bis) quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

            c-ter) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

            c-quater) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

            c-quinquies) quanto a euro 20.634.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

 

        Ministero dell'economia e delle finanze   1.155.000;

 

        Ministero della giustizia  706.000;

 

        Ministero degli affari esteri  11.478.000;

 

        Ministero della pubblica istruzione  2.457.000;

 

        Ministero dell'interno  815.000;

 

        Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali  130.000

 

        Ministero per i beni e le attività culturali  1.618.000;

 

        Ministero della salute  449.000;

 

        Ministero dei trasporti  841.000;

 

        Ministero dell'università e della ricerca  985.000.

 

            b) dopo il comma 1, inserire i seguenti:

 

        «1-bis. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2-bis, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

        1-ter. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1-bis, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti corretti vi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative».

 

        Conseguentemente al titolo, dopo la parola: «Georgia» aggiungere le seguenti: «, nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008».

 

 

ARTICOLO 3 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 3.

 

(Copertura finanziaria)

 

        1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, pari complessivamente a euro 3.803.704 per l'anno 2008, si provvede:

 

            a) quanto a euro 86.955, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

            b) quanto a euro 2.116.749, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

 

            c) quanto a euro 1.600.000, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

 

        2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

EMENDAMENTO

 

3.1

 

LE COMMISSIONI RIUNITE

 

Assorbito

 

Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.».

 

 

ARTICOLO 4 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 4.

 

(Entrata in vigore)

 

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

EMENDAMENTO ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

 

x1.1

 

I RELATORI

 

Approvato

 

All'articolo 1, dopo il comma 1, inserire il seguente:

 

        «1-bis. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150.».

 

 

TESTO DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1061, SULLA CUI APPROVAZIONE IL GOVERNO NON INSISTE A SEGUITO DELL'APPROVAZIONE DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1038, ED EMENDAMENTO

 

Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (1061)

 

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

 

Art. 1.

 

    1. È convertito in legge il decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

 

    2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 1.

 

(Partecipazione italiana a missioni internazionali)

 

        1. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 112.542.774 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale European Maritime Force (EUROMARFOR), di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        2. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 9.668.523 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        3. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 8.310.451 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR Tchad/RCA, di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettere a) e d), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008 e la diaria è calcolata, per l'intero anno 2008, con riferimento a quella prevista per la Repubblica democratica del Congo.

 

        4. È autorizzata, a decorrere dal 1º settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 99.999 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        5. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 417.102 per la partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        6. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 12.373.484 per la partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominateInternational Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        7. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 1.384.978 per la partecipazione italiana alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        8. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.516.046 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, siglato in data 29 dicembre 2007, di cui all'articolo 3, comma 20, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        9. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 121.387 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui all'articolo 3, comma 24, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        10. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 1.300.000 per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

 

        11. Si applicano l'articolo 4, commi da 4 a 8 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        12. All'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, dopo le parole «Arma dei carabinieri» sono inserite le seguenti: «e del Corpo della guardia di finanza».

 

Articolo 2.

 

(Copertura finanziaria)

 

        1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto, escluso l'articolo 1, comma 12, pari complessivamente a euro 147.734.744 per l'anno 2008, si provvede:

 

            a) quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

            b) quanto a euro 87.867.642, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

            c) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

            d) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

            e) quanto a euro 20.634.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

 

Ministero dell'economia e delle finanze

 1.155.000;

 

Ministero della giustizia

 706.000;

 

Ministero degli affari esteri

 11.478.000;

 

Ministero della pubblica istruzione

 2.457.000;

 

Ministero dell'interno

 815.000;

 

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

 130.000;

 

Ministero per i beni e le attività culturali

 1.618.000;

 

Ministero della salute

 449.000;

 

Ministero dei trasporti

 841.000;

 

Ministero dell'università e della ricerca

 985.000.

 

 

        2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

        3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 2, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

 

        4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Articolo 3.

 

(Entrata in vigore)

 

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1

 

1.0.100

 

SALTAMARTINI, CARRARA, LICASTRO SCARDINO, CONTINI, FLERES, DE ANGELIS, PISCITELLI, DEL VECCHIO

 

Dopo l'articolo 1,aggiungere il seguente:

 

«Art. 1-bis.

 

(Norma di interpretazione autentica in materia di trattamento economico del personale militare in missione)

 

        1. L'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si interpreta, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tale decreto, nel senso che la riduzione del 20 per cento si applica esclusivamente al personale inviato in missione per un periodo non superiore a 180 giorni ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941.

 

        2. Al personale di cui alla legge 8 luglio 1961, n. 642, concernente «Trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali», al quale siano stati riconosciuti adeguamenti della indennità speciale dopo il 4 luglio 2006 non spetta il completo ristoro delle somme già decurtate ma soltanto la parte che risulti non eccedente il totale della retribuzione mensile netta percepita alla medesima data del 4 luglio 2006»

 


Iter alla Camera

 


Progetto di legge

 


N. 1802

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 15 ottobre 2008 (v. stampato Senato n. 1038)

presentato dal presidente del consiglio dei ministri

(BERLUSCONI)

dal ministro degli affari esteri

(FRATTINI)

e dal ministro della difesa

(LA RUSSA)

di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze

(TREMONTI)

¾

 

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica

il 16 ottobre 2008

¾¾¾¾¾¾¾¾


 

disegno di legge

¾¾¾

 

 

Art. 1.

1. Il decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, è convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.

2. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150.

3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


 

Allegato

MODIFICAZIONI APPORTATE IN SEDE DI CONVERSIONE AL DECRETO-LEGGE 22 SETTEMBRE 2008, N. 147

Dopo l'articolo 2 è inserito il seguente:

«Art. 2-bis. - (Partecipazione italiana a missioni internazionali). - 1. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 112.542.774 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale European Maritime Force (EUROMARFOR), di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

2. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 9.668.523 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

3. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 8.310.451 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR Tchad/RCA, di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettere a) e d), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008 e la diaria è calcolata, per l'intero anno 2008, con riferimento a quella prevista per la Repubblica democratica del Congo.

4. È autorizzata, a decorrere dal 1o settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 99.999 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

5. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 417.102 per la partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

6. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 12.373.484 per la partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

7. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 1.384.978 per la partecipazione italiana alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

8. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.516.046 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, siglato in data 29 dicembre 2007, di cui all'articolo 3, comma 20, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

9. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 121.387 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui all'articolo 3, comma 24, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

10. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 1.300.000 per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

11. Si applicano l'articolo 4, commi da 4 a 8 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

12. All'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, dopo le parole: "Arma dei carabinieri" sono inserite le seguenti: "e del Corpo della guardia di finanza"».

All'articolo 3:

al comma 1:

nell'alinea, le parole: «pari complessivamente a euro 3.803.704» sono sostituite dalle seguenti: «escluso l'articolo 2-bis, comma 12, pari complessivamente a euro 151.538.448»;

la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) quanto a euro 89.984.391, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133»;

dopo la lettera c) sono aggiunte le seguenti:

«c-bis) quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

c-ter) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

c-quater) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrata dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

c-quinquies) quanto a euro 20.634.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

Ministero dell'economia e delle finanze1.155.000;

Ministero della giustizia706.000;

Ministero degli affari esteri11.478.000;

Ministero della pubblica istruzione2.457.000;

Ministero dell'interno815.000;

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali130.000;

Ministero per i beni e le attività culturali1.618.000;

Ministero della salute449.000;

Ministero dei trasporti841.000;

Ministero dell'università e della ricerca985.000»;

dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2-bis, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

1-ter. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1-bis, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative».

Nel titolo sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008».



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DECRETO-LEGGE 22 SETTEMBRE 2008, N. 147


 

 

Decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 223 del 23 settembre 2008.

 

 

Testo del decreto-legge

Testo del decreto-legge comprendente le modificazioni apportate dal Senato della Repubblica

Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;

 

Ritenuta la straordinaria necessità e urgenza di emanare disposizioni volte ad assicurare l'immediata partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008;

 

Viste le conclusioni adottate dal Consiglio degli affari generali e relazioni esterne dell'Unione europea nella seduta del 15 settembre 2008 in ordine alla nomina del Rappresentante speciale dell'Unione europea per la crisi in Georgia;

 

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 19 settembre 2008;

 

Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri degli affari esteri e della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;

 

emana

 

il seguente decreto-legge:

 

Articolo 1.

(Partecipazione di personale delle Forze armate).

Articolo 1.

(Partecipazione di personale delle Forze armate).

1. È autorizzata, a decorrere dal 21 settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 2.058.424 per la partecipazione di personale, mezzi e materiali delle Forze armate alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/ PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008.

Identico.

2. Alla missione di cui al comma 1 si applicano l'articolo 4, commi 1, lettera a), 2, 4, 6 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

 

Articolo 2.

(Partecipazione di personale civile).

Articolo 2.

(Partecipazione di personale civile).

1. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 86.955 per la partecipazione di personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008.

Identico.

2. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 30.000 per l'acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione per il personale civile che partecipa alla missione di cui al comma 1.

 

3. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 28.325 per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia, il cui trattamento economico è stabilito sulla base dei criteri di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

 

4. È autorizzata la spesa di euro 1.600.000, per l'anno 2008, per la partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell'ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

 

Articolo 2-bis.

(Partecipazione italiana a missioni internazionali).

 

1. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 112.542.774 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale European Maritime Force (EUROMARFOR), di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

2. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 9.668.523 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni,

 

dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

3. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 8.310.451 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR Tchad/RCA, di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettere a) e d), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008 e la diaria è calcolata, per l'intero anno 2008, con riferimento a quella prevista per la Repubblica democratica del Congo.

 

4. È autorizzata, a decorrere dal 1o settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 99.999 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

5. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 417.102 per la partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

6. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 12.373.484 per la partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate International Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

7. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 1.384.978 per la partecipazione italiana alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

8. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.516.046 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, siglato in data 29 dicembre 2007, di cui all'articolo 3, comma 20, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

9. È autorizzata, a decorrere dal 1o ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 121.387 per la proroga della

 

partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui all'articolo 3, comma 24, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

10. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 1.300.000 per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

 

11. Si applicano l'articolo 4, commi da 4 a 8 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

12. All'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, dopo le parole: «Arma dei carabinieri» sono inserite le seguenti: «e del Corpo della guardia di finanza».

Articolo 3.

(Copertura finanziaria).

Articolo 3.

(Copertura finanziaria).

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, pari complessivamente a euro 3.803.704 per l'anno 2008, si provvede:

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, escluso l'articolo 2-bis, comma 12, pari complessivamente a euro 151.538.448 per l'anno 2008, si provvede:

a) quanto a euro 86.955, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

a) identica;

b) quanto a euro 2.116.749, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

b) quanto a euro 89.984.391, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

c) quanto a euro 1.600.000, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

c) identica;

 

c-bis) quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

c-ter) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

c-quater) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrata dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

c-quinquies) quanto a euro 20.634.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

 

Ministero dell'economia e delle finanze1.155.000;

 

Ministero della giustizia706.000;

 

Ministero degli affari esteri11.478.000;

 

Ministero della pubblica istruzione2.457.000;

 

Ministero dell'interno815.000;

 

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali130.000;

 

Ministero per i beni e le attività culturali1.618.000;

 

Ministero della salute449.000;

 

Ministero dei trasporti841.000;

 

Ministero dell'università e della ricerca985.000.

 

1-bis. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2-bis, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

1-ter. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1-bis, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni,

 

ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

2. Identico.

Articolo 4.

(Entrata in vigore).

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a Roma, addì 22 settembre 2008.

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri.

Frattini, Ministro degli affari esteri.

La Russa, Ministro della difesa.

Tremonti, Ministro dell'economia e delle finanze.

Visto, il Guardasigilli: Alfano.

 


Esame in sede referente

 


COMMISSIONI RIUNITE

III  (Affari esteri e comunitari)

e IV (Difesa)

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Presidenza del presidente della III Commissione, Stefano STEFANI, indi del vicepresidente della IV Commissione, Francesco Saverio GAROFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vincenzo Scotti.

 

SEDE REFERENTE

 

DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

 

Le Commissioni riunite iniziano l'esame del provvedimento in titolo.

 

Stefano STEFANI, presidente e relatore per la III Commissione, ricorda che l'altro ramo del Parlamento ha inserito nel provvedimento in esame, inizialmente relativo alla partecipazione italiana alla sola missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, anche le disposizioni contenute nel decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, relative ad altre missioni internazionali. Ricorda altresì che, come convenuto in sede di Ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni riunite, essendo intervenuto uno slittamento dei tempi a causa della posizione della questione di fiducia sul decreto-legge cosiddetto «Alitalia», l'esame preliminare potrà proseguire nella giornata di martedì 28 ottobre. Avverte che il termine per la presentazione degli emendamenti si intende, pertanto, fissato alle ore 16 dello stesso 28 ottobre. Gli emendamenti eventualmente presentati saranno esaminati e votati nella giornata di mercoledì e si potrà quindi conferire il mandato ai relatori non appena saranno pervenuti i pareri delle Commissioni competenti in sede consultiva, oltre che del Comitato per la legislazione.

Passando ad illustrare il provvedimento in titolo, segnala che esso, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, riunisce le disposizioni relative alla partecipazione civile e militare alla Missione europea in Georgia e quelle, originariamente introdotte in altro decreto-legge, volte ad assicurare la proroga, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali in Libano, Bosnia, Ciad e Repubblica centroafricana,

Haiti e Libia. Autorizza altresì la partecipazione alla missione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (OSCE) sempre in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal precedente decreto-legge n. 8 del 2008. Per quanto attiene ai profili di competenza della III Commissione, il provvedimento assume un valore peculiare perché incide significativamente sulla nostra capacità di concorrere alla determinazione della politica estera e di difesa dell'Unione europea. Il «conflitto dei cinque giorni» tra Mosca e Tblisi ha evidenziato, infatti, la persistente inadeguatezza dell'Unione europea nella prevenzione dei conflitti in un'area cruciale per la nostra sicurezza: l'Unione europea ha infatti bisogno di definire con urgenza una nuova politica di vicinato verso il Caucaso meridionale, ben più strutturata e coerente di quella finora realizzata. Ne ho avuto la riprova nella missione appena svolta a Baku, per conto della III Commissione. Le autorità azere hanno chiesto un maggiore coinvolgimento dell'Unione europea nella soluzione dei cosiddetti «conflitti congelati». Dopo essere mancata nella fase preventiva del conflitto, l'Unione europea ha però dimostrato una notevole coesione interna nella gestione post-bellica, operando attivamente per la stabilizzazione dell'area: confido che la sua azione in Georgia non si limiti al solo monitoraggio ma possa presto qualificarsi - attraverso un preciso mandato delle Nazioni Unite - come una vera e propria missione di peacekeeping.

L'Italia - come è stato possibile puntualmente verificare nelle audizioni parlamentari del Ministro Frattini del 26 agosto e del 14 ottobre scorsi - ha contribuito attivamente non soltanto alla definizione di una chiara e coerente posizione europea sulla crisi georgiana, ma anche in termini di aiuto concreto alle popolazione georgiane rifugiate e in difficoltà.

Al riguardo, informa di aver ricevuto ieri una delegazione georgiana, composta di ministri e parlamentari, che ha espresso un vivo apprezzamento per il supporto che l'Italia sta dando alla soluzione della crisi e ha auspicato che la missione europea, al momento circoscritta ad una zona «cuscinetto», possa presto estendere il suo ambito d'intervento a tutto il teatro di crisi e cioè alle regioni dell'Abhkazia e dell'Ossezia meridionale.

Precisa che la missione europea in Georgia consta di 352 persone, di cui 200 osservatori. Vi contribuiscono 22 Stati membri dell'Unione europea su 27. Il nostro Paese partecipa con 40 osservatori ed è - dopo la Francia - lo Stato membro che fornisce il maggior contributo. ll quartier generale è posto a Tbilisi, con uffici regionali. La durata prevista della missione è di 12 mesi, con un budget di 35 milioni di euro dal bilancio comunitario. Il capo della missione è il tedesco Hansjörg Haber nominato il 17 settembre 2008. Attualmente, come previsto dall'accordo di pace e come testimoniato dagli osservatori della missione stessa, nei dieci giorni successivi al dispiegamento della missione - effettuato il 1o ottobre scorso - è stato completato il ritiro russo dalle zone adiacenti all'Ossezia del Sud e all'Abkhazia. Il recente Consiglio europeo del 16 ottobre scorso ha espresso la propria soddisfazione per il ritiro e ha valutato positivamente l'avvio, a Ginevra, delle disussioni internazionali che - sotto gli auspici dell'UE, delle Nazioni unite e dell'OSCE - si occuperanno delle disposizioni relative alla sicurezza e alla stabilità della regione.

Osserva, quindi, che il provvedimento in esame costituisce uno strumento necessario per garantire, attraverso le opportune risorse finanziarie, la partecipazione italiana a questa importante iniziativa nel quadro della Politica estera e di sicurezza comune.

Osserva, altresì, che le disposizioni relative alla partecipazione del nostro Paese alle altre missioni internazionali, pur avendo carattere meramente integrativo, offrono l'occasione per una riflessione sul rilevante impegno italiano nel mondo: l'Italia è attualmente presente all'estero con più di 8 mila militari, stanziando oltre un miliardo di euro per finanziare tali missioni, dislocate in venti Stati. In ogni teatro di crisi, pur in presenza di elementi di tensione, i militari italiani svolgono una funzione essenziale per il mantenimento della pace e della sicurezza. La nostra presenza si qualifica anche per le forti iniziative collaterali nei settori del capacity-building, dell'assistenza civile, della promozione dello sviluppo e dell'aiuto umanitario. In relazione all'Afghanistan, il provvedimento autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni denominate International Security Assistance Force (ISAF), a conduzione NATO ed European Police Afghanistan (EUPOL), missione di polizia condotta dall'Unione europea, da ultimo rifinanziate dal decreto-legge n. 8 del 2008. Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 40 Carabinieri nell'ambito in attività di addestramento in favore della polizia afghana e a rafforzare la componente aerea di ISAF mediante lo schieramento di quattro aerei Tornado con relativo supporto logistico e di personale, per complessivi 120 militari. Non si possono dimenticare, nel contesto afghano, i gravi problemi connessi all'insorgenza territoriale di gruppi che sono collegati al terrorismo e che si avvalgono dei proventi dei traffici della droga e della sua coltivazione. La recente notizia di colloqui fra membri del governo di Kabul ed esponenti talebani giunge in un momento particolarmente difficile del processo di stabilizzazione post-bellico: la strada intrapresa rappresenta una difficile sfida per l'Afghanistan post-talebano, poiché porta con sé il rischio di una grave crisi delle istituzioni democratiche.

Sottolinea che, in questo quadro, l'Italia sta svolgendo un ruolo centrale che sarà ulteriormente rafforzato durante la nostra presidenza del G8 nel 2009, attraverso lo svolgimento di una conferenza di stabilizzazione per l'Afghanistan ed il Pakistan, come recentemente annunciato dal Ministro degli affari esteri. Se oggi è possibile avanzare questa proposta, lo si deve all'autorevolezza acquistata dal contingente italiano nella missione International Security Assistance Force (ISAF), che deve essere ulteriormente consolidata - come cerca di fare questo provvedimento - con un incremento dei mezzi posti a disposizione delle forze italiane.

Per quanto riguarda la situazione in Libano, segnala come il contingente italiano garantisca una zona-cuscinetto libera dalle armi, anche attraverso un'interpretazione più coerente delle regole di ingaggio esistenti. La firma degli accordi di Doha del maggio scorso ha aperto alcuni spiragli di speranza, in primo luogo per una pacificazione interna del Libano ed in secondo luogo affinché tale conciliazione avesse un'eco anche al di fuori dei confini del paese dei cedri, portando una calma quantomeno temporanea e parziale nella polveriera mediorientale. Larga parte delle risorse finanziarie poste a disposizione da questo decreto-legge è concentrata sulla partecipazione del contingente italiano missione delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL): si tratta di 112.542.774 euro finalizzati a prorogare la presenza dei militari italiani in coerenza con con quanto disposto dalla risoluzione n.1832/2008 delle Nazioni Unite.

Ricorda, inoltre, passando alle missioni che riguardano i Balcani, che il rifinanziamento introdotto da questo decreto-legge è connesso, in particolare, all'assunzione del comando da parte dell'Italia della missione NATO in Kosovo (KFOR), con relativo supporto logistico-operativo. Ricordo a questo proposito che l'Italia ha già retto il Comando di KFOR dal 1o settembre 2005 al 1o settembre 2006. Il provvedimento rifinanzia inoltre la nostra partecipazione alla missione europea European Union Rule of Law Mission in Kosovo (EULEX), nella consapevolezza che la credibilità della Politica europea di sicurezza e difesa si misuri attraverso gli ambiziosi obiettivi che questa missione saprà conseguire. Al completo, EULEX dovrebbe disporre di 1.900 funzionari internazionali e 1.000 locali, ma al momento sul terreno ci sono solo 500 internazionali e 200 locali. Il dispiegamento della missione europea è infatti in ritardo rispetto ai piani: dovrebbe entrare in funzione e sostituire in toto la missione delle Nazioni Unite (UNMIK) entro i primi mesi del 2009. Si dice quindi convinto che la stabilizzazione dei Balcani occidentali passi attraverso una piena integrazione europea della Serbia, un paese che è chiamato storicamente a svolgere un ruolo decisivo nell'area. Occorre pertanto guardare con particolare attenzione al fatto che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha recentemente approvato una risoluzione serba che chiede di far valutare la legittimità della dichiarazione unilaterale d'indipendenza del Kosovo alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja. È un risultato che valorizza la posizione di equilibrio e di fermezza assunta da Belgrado, che ha scelto di difendere la propria integrità territoriale facendo ricorso alle armi della diplomazia e del diritto internazionale.

Sottolinea infine l'opportunità della disposizione che proroga la partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia prevista in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico siglato, in data 29 dicembre 2007, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

Prima di concludere, non può non rilevare, anche alla luce del dibattito svoltosi presso il Senato, una non chiarissima quantificazione degli oneri di spesa ammontanti a circa 151,5 milioni di euro, su cui invito il Governo ad offrire ogni opportuna precisazione. Mi riferisco in particolare alla capienza residua del fondo di cui alla legge finanziaria 2006, recentemente rifinanziato dal decreto-legge n. 112.

Conclusivamente, evidenzia che l'impegno dell'Italia nelle missioni internazionali di stabilizzazione costituisce un elemento essenziale ed in continua crescita della politica estera italiana poiché da esso dipende sempre più la proiezione internazionale del nostro Paese, la sicurezza dei cittadini e la possibilità dello sviluppo economico e sociale globale.

Auspica che, così come è accaduto presso l'altro del Parlamento, possa realizzarsi un'unanimità di consensi su questo provvedimento, a testimonianza del prevalere di un'attitudine condivisa, al di là degli schieramenti partitici, di fronte alle grandi sfide poste dalle politica internazionale. La riflessione sul ruolo e sulle prospettive della partecipazione italiana alle missioni internazionali sarà comunque sempre all'attenzione di queste Commissioni, che del resto saranno chiamate all'inizio del nuovo anno ad esaminare come di consueto il decreto-legge di rifinanziamento complessivo delle missioni stesse.

 

Salvatore CICU (PdL), relatore per la IV Commissione, nel condividere preliminarmente le considerazioni svolte dal relatore per la Commissione Affari esteri, sugli aspetti più strettamente attinenti alla politica estera del nostro paese, si sofferma, in particolare, sui profili di competenza della Commissione Difesa.

Per quanto concerne, in particolare, le disposizioni riguardanti la missione internazionale in Georgia, ricorda che esse sono finalizzate a consentire, per l'anno 2008, la partecipazione di personale delle Forze armate e di personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata, EUMM Georgia, nonché a prevedere il contributo italiano alle iniziative umanitarie a favore della Georgia nell'ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

Per quanto attiene alla catena di comando, ricorda, che l'azione comune 2008/736/PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008 affida al Comitato politico e di sicurezza (COPS), sotto la responsabilità del Consiglio, il controllo politico e la direzione strategica della missione. Il comandante civile, in qualità di comandante dell'EUMM a livello strategico, impartisce istruzioni al Capo missione, il quale a sua volta esercita il comando della missione a livello di teatro operativo e risponde direttamente al comandante civile della missione. L'Italia contribuirà alla missione con un contingente di 40 osservatori, di cui 36 militari e quattro civili.

Al riguardo, l'articolo 1, comma 1, autorizza la spesa di euro 2.058.424, per la partecipazione di personale, mezzi e materiali delle Forze armate alla citata missione di vigilanza dell'Unione europea, per il periodo che va dal 21 settembre, data di partenza del primo nucleo di personale, al 31 dicembre 2008. L'autorizzazione di spesa comprende gli oneri riferiti al trattamento di missione e assicurativo del personale e quelli concernenti l'approntamento, il dispiegamento e il funzionamento di nove veicoli militari terrestri e degli strumenti di telecomunicazione necessari.

Per la disciplina della partecipazione del personale delle Forze armate alla predetta missione, il presente provvedimento rinvia alle disposizioni del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, recante le disposizioni relative alla proroga, per l'anno 2008, delle missioni internazionali. In particolare, sono richiamate le disposizioni riguardanti l'indennità di missione (articolo 4, commi 1 e 2), l'indennità di impiego operativo (articolo 4, comma 4), la valutazione del servizio prestato nelle missioni internazionali ai fini dell'avanzamento degli ufficiali al grado superiore (articolo 4, comma 6), le disposizioni in materia penale (articolo 5), le disposizioni in materia contabile (articolo 6). Sempre con riferimento alla missione di vigilanza in Georgia, ricorda, infine, che l'articolo 2 disciplina la partecipazione di personale civile alla missione di vigilanza.

Per quanto riguarda le disposizioni dell'articolo 2-bis relative ad altre missioni internazionali, esse prorogano fino al 31 dicembre 2008 le missioni per le quali il decreto-legge n. 8 del 2008 aveva autorizzato la spesa per la partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia fino al 30 settembre 2008. Si tratta, in particolare, delle missioni internazionali UNIFIL, ALTHEA, EUFOR/TCHAD/RCA, MINUSTAH e alla missione della Guardia di Finanza in Libia, di cui si dirà in seguito.

Lo stesso provvedimento in conversione, inoltre, ha autorizzato la partecipazione alla missione dell'OSCE in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal medesimo decreto-legge. In generale, tale intervento legislativo è volto ad assicurare la copertura finanziaria dei nuovi e maggiori oneri derivanti dalle missioni sopra menzionate, nonché ad adattare, alle particolari esigenze operative connesse con tali missioni, la disciplina riguardante il personale e le procedure per l'acquisizione di beni e servizi.

In particolare, il comma 1, autorizza la spesa di 112.542.774 euro per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione UNIFIL condotta dall'ONU in Libano, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del citato decreto-legge n. 8 del 2008 in coerenza con il mandato dell' ONU disposto dalla risoluzione 1773 (2007), anch'esso prorogato ai sensi della risoluzione 1832 del Consiglio di sicurezza dell'ONU il 27 agosto 2008.

Il comma 2 autorizza la spesa di 9.668.523 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall'UE in Bosnia-Erzegovina, denominata Althea, ed alla missione IPU (Integrated Police Unit) che opera nell'ambito della stessa, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 5 del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il comma 3 autorizza la spesa di 8.310.451 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall'UE in Ciad e nella Repubblica Centrafricana denominata EUFOR TCHAD/RCA da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 9 del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il comma 4 autorizza dal 1o settembre al 31 dicembre 2008 la spesa di 99.999 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione di osservatori militari condotta dall'OSCE in Georgia, in relazione alla decisione n. 861 del 19 agosto 2008 con cui il Consiglio permanente dell'OSCE ha disposto per almeno sei mesi l'aumento fino a 100 unità degli osservatori militari di cui 20 da mobilitare immediatamente nelle aree contigue all'Ossezia del Sud. L'Italia contribuisce con l'invio di 5 osservatori.

Il comma 5 autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa di 417.102 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle attività di consulenza, formazione, addestramento del personale delle Forze armate e di polizia irachene da ultimo rifinanziata per l'anno 2008 dall'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008 per una spesa di 8.157.821 euro. Si tratta delle attività svolte nell'ambito della missione NATO Training Mission Iraq. Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 16 Carabinieri per le attività di addestramento della Iraqi National Police.

Il comma 6 autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa di 12.373.484 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni in Afghanistan denominate ISAF, a conduzione NATO, e della missione di polizia condotta dall'UE denominata EUPOL Afghanistan, da ultimo rifinanziata per l'anno 2008 dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008. Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 40 Carabinieri in attività di addestramento in favore della polizia afgana e a rafforzare la componente aerea di ISAF, mediante lo schieramento di 4 velivoli Tornado con relativo supporto logistico e di personale.

Il comma 7 autorizza per l'anno 2008 la spesa di 1.384.878 euro per la partecipazione italiana alle missioni internazionali nei Balcani: Multinational Specialized Unit (MSU), in Kosovo; Joint Enterprise, nell'area balcanica; Albania 2, in Albania; Criminal Intelligence Unit (CIU), in Kosovo; Union Police Team (EUPT), in Kosovo; missione PESD dell'Unione europea in Kosovo. Il rifinanziamento attuale è connesso in particolare all'assunzione del comando da parte dell'Italia della missione NATO in Kosovo, con relativo supporto logistico-operativo e l'invio di 2 elicotteri aggiuntivi AB 205 e di quattro mezzi militari terrestri.

Il comma 8 autorizza la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico siglato, in data 29 dicembre 2007, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani. Anche la partecipazione del Corpo della Guardia di Finanza alla missione in Libia era infatti autorizzata fino al 30 settembre 2008 dall'articolo 3, comma 20 del decreto-legge n. 8 del 2008. Al personale impiegato nella missione viene corrisposto il trattamento economico di cui alla legge 8 luglio 1961, n. 642, calcolando l'indennità speciale nella misura del 50 per cento dell'assegno di lungo servizio all'estero e non applicando la riduzione del 20 per cento, di cui al citato articolo 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2006, come già previsto per la medesima missione nel periodo 1o gennaio-30 settembre 2008.

Il comma 9 autorizza la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui alla risoluzione 1780 (2007), adottata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 15 ottobre 2007 delle Nazioni Unite in Haiti, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 24 del decreto-legge n. 8 del 2008. La missione ha il compito di assistere il Governo haitiano nelle attività di ristrutturazione e riforma della polizia haitiana secondo standard democratici.

Il comma 10 autorizza per l'anno 2008 la spesa di 1.300.000 euro per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya. Si tratta di assicurare un servizio di sicurezza e di scorta al contingente di esperti italiani riuniti in PRT (Provincial Reconstruction Team) all'interno della base USA di Tallil. Giacché gli accordi con i responsabili della base non prevedevano tale aspetto, si è reso necessario provvedere alla stipula del contratto che si avvia a scadenza al 31 dicembre 2008 e che ora si intende rinnovare prima della scadenza affinché il servizio di sicurezza destinato al personale italiano si svolga senza soluzione di continuità.

Il comma 11 prevede che alle missioni di cui ai precedenti commi si applichino una serie di disposizioni del citato decreto-legge n. 8 del 2008, e precisamente l'articolo 4, commi 4-8 (in materia di corresponsione di indennità, valutazione del servizio prestato nel quadro delle missioni internazionali ai fini di avanzamento, facoltà di proroga del periodo di ferma dei volontari in ferma prefissata), e comma 10 (rinvio a specifiche disposizioni, di carattere molto eterogeneo, del decreto-legge n. 451 del 2001), e gli articoli 5 (in materia di giurisdizione e condizioni di procedibilità per i reati commessi dallo straniero nei territori nei quali si svolgono le missioni) e 6, relativo al regime di contabilità.

Segnala, altresì, che il comma 12 estende la previsione dell'attribuzione della promozione al grado superiore con decorrenza dal giorno precedente la cessazione dal servizio, anche agli effetti economici, ai militari della Guardia di Finanza deceduti o divenuti permanentemente inidonei al servizio per ferite, lesioni o malattie riportate in servizio durante l'impiego in attività operative o addestrative. Tale beneficio è riconosciuto subordinatamente al parere favorevole della competente commissione d'avanzamento, che tiene conto delle circostanze nelle quali si è determinato l'evento.

L'articolo 3, infine, reca la clausola di copertura finanziaria degli oneri derivanti dalle missioni internazionali di cui al presente provvedimento - ad esclusione delle misure previste dal comma 12 dell'articolo 2-bis in precedenza esaminato - pari a circa 151 milioni e 538 mila euro.

In conclusione, formula alcune osservazioni sui profili finanziari e di politica legislativa in merito alle disposizioni del presente provvedimento nonché alcune riflessioni sulla situazione del contingente italiano in Afghanistan.

In particolare, per quanto riguarda i profili finanziari, segnala che, in base ai dati forniti dalla relazione tecnica allegata al provvedimento in esame, nella quantificazione degli oneri derivanti dalle disposizioni, come di prassi, non appaiono computate le spese derivanti dall'usura dei mezzi e le conseguenti spese di manutenzione. A tale proposito, ricorda le osservazioni recentemente svolte in Commissione Difesa dal Ministro La Russa in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria per il 2009. In tale circostanza, il Ministro della Difesa ha avuto modo di sottolineare come occorra riflettere sulla possibilità di un incremento della dotazione del Fondo per la partecipazione alle missioni internazionali, che attualmente consente di coprire soltanto le spese di personale e di funzionamento, ma non la super usura dei mezzi, che necessitano quindi di un maggior numero di revisioni e di un maggior livello manutentivo. Fino ad ora le risorse mancanti sono state attinte dagli ordinari stanziamenti di bilancio, ma considerata la riduzione degli stanziamenti di bilancio del Ministero della Difesa determinata dalle misure di contenimento della spesa adottate dal Governo, ritiene indispensabile, quale prima misura correttiva, introdurre il concetto di costo volto a coprire tutti gli interventi correlati dall'approntamento pre missione e al ricondizionamento post missione, dovendosi in alternativa procedere ad un eventuale ripensamento degli impegni delle nostre Forze armate nelle missioni attualmente in corso. Con riferimento a tale aspetto, ricordo che la Commissione Difesa, nell'esprimere il proprio parere sul richiamato disegno di legge per la finanziaria 2009 ha previsto una specifica condizione volta ad incrementare la dotazione del Fondo missioni internazionali, in modo da assicurare la copertura integrale del costo derivante dagli impegni internazionali delle Forze armate.

Per quanto concerne le riflessioni di politica legislativa, sottolinea che nel nostro ordinamento non è stato ancora introdotto un complesso organico di disposizioni sul trattamento economico e normativo del personale impegnato in missioni internazionali né sui molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse, aspetti che vengono disciplinati, di volta in volta, nell'ambito dei singoli provvedimenti legislativi con cui si dispone periodicamente il finanziamento delle missioni internazionali. Si tratta di disposizioni che per loro natura hanno un'efficacia limitata nel tempo e necessitano pertanto di essere continuamente reiterate. Ciò comporta, da un lato, un'ipertrofia dei testi dei citati provvedimenti e, dall'altro, il rischio di difetti di coordinamento normativo e di incertezza circa le disposizioni applicabili nei diversi teatri operativi. Auspica, pertanto, che venga calendarizzata al più presto la proposta di legge n. 1213 del presidente Cirielli che affronta questi profili.

Infine, per quanto riguarda la situazione del contingente italiano in Afghanistan, pone l'attenzione sui recenti attentati di cui è stato oggetto il nostro contingente. Secondo le dichiarazioni di esperti militari, le cause di tali attentati sono da ricercarsi nel fatto che il nostro esercito sta costruendo a Farah una base piuttosto ampia dove arriveranno da Kabul 5-600 soldati, incaricati di controllare il territorio da sempre zona privilegiata dai talebani, dall'allentamento dei controlli nella zona di frontiera con il Pakistan, dove i talebani possono preparare i loro colpi con molta più tranquillità, e, infine, dall'avvicinarsi dell'inverno che spinge i talebani ad aumentare la portata e l'intensità degli attacchi prima di ritirarsi nei villaggi amici. Evidenzia quindi l'importanza del controllo del territorio dal punto di vista strategico, per garantire il quale appare necessario non tanto cambiare le attuali regole d'ingaggio, considerate sufficienti a garantire la sicurezza dei nostri militari, quanto piuttosto aumentare le forze militari sul campo. Su tali valutazioni, a suo avviso, è necessario avviare una riflessione approfondita, anche in vista del prossimo decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali, che il Governo presenterà, come di consueto, alla fine dell'anno. Occorre, in ogni caso, adottare un approccio che tenga conto sia delle esigenze militari sia di quelle della popolazione civile in modo da innescare un circolo virtuoso di sviluppo e sicurezza, che rappresenta la vera sfida per la comunità internazionale in Afghanistan.

A suo avviso, appare quindi prioritario migliorare i programmi per la lotta alla povertà - i cui risultati purtroppo sono ancora esigui - dedicando particolare attenzione a quelli connessi allo sviluppo dell'agricoltura, che assumono notevole rilevanza alla luce dell'attuale crisi alimentare mondiale. Tale crisi, infatti, poiché ha avuto l'effetto indiretto di incentivare la conversione delle colture di papavero in grano, può costituire l'occasione per indirizzare il Paese verso l'autosufficienza alimentare e per assestare un duro colpo ai trafficanti di droga.

In conclusione, sulla base di queste considerazioni, auspica quindi che si possa giungere al più presto all'approvazione del provvedimento in esame.

 

Edmondo CIRIELLI, presidente della IV Commissione, nel concordare pienamente con le preoccupazioni espresse dal relatore per la IV Commissione in merito ai profili finanziari delle missioni internazionali, osserva come tali aspetti siano stati frequentemente sottolineati in Commissione Difesa, nell'ambito dell'esame, in sede consultiva, dei recenti provvedimenti in materia di finanza pubblica. In proposito, ricorda che il Ministro della Difesa si è fatto portavoce delle stesse preoccupazioni del relatore Cicu, nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria, giungendo addirittura a prospettare - in mancanza di un adeguato incremento degli stanziamenti destinati alle missioni internazionali - una riduzione del numero di missioni a cui partecipa il nostro Paese. Il fatto è che una riduzione delle risorse finanziarie destinate allo strumento militare rischia di mettere a repentaglio la stessa sicurezza del personale impegnato nei teatri operativi, come peraltro la Commissione Difesa ha avuto modo di rilevare in occasione dell'esame delle misure di contenimento della spesa recate dal decreto-legge n. 112 del 2008.

Riguardo alle missioni internazionali, ricorda come lo Stato Maggiore della Difesa abbia stimato in circa 350 milioni di euro i fondi che vengono prelevati dagli ordinari stanziamenti di bilancio del Ministero della Difesa, per far fronte al carente finanziamento degli impegni internazionali.

Invita pertanto il sottosegretario Scotti a farsi latore di tali preoccupazioni anche presso il Ministro degli affari esteri, affinché siano resi disponibili, a partire dall'anno 2009, adeguati mezzi finanziari a supporto delle missioni internazionali, per continuare a garantire adeguate misure di protezione a tutto il personale impegnato nei teatri operativi all'estero.

 

Il sottosegretario Vincenzo SCOTTI sottolinea che l'Unione europea ha giocato un ruolo fondamentale per la soluzione della crisi georgiana e che la missione civile dispiegata in Georgia è la diretta conseguenze delle intese raggiunte tra la Russia e la presidenza dell'Unione europea. A tal proposito, ricorda che la missione dell'Unione europea attua il quinto punto della citata intesa che attiene l'obiettivo del mantenimento dell'impegno per il cessate il fuoco. Al riguardo sottolinea che la missione dell'Unione europea e il sostanziale ritiro della Russia rappresentano passi cruciali per la stabilizzazione dell'area. Per quanto concerne il cessate il fuoco, richiama l'importanza della decisione assunta dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite lo scorso 9 ottobre, relativa alla proroga della missione dell'OSCE. Considerato che il problema di fondo consiste nella stabilizzazione della pace, richiama il negoziato in corso a livello internazionale e avviato con la prima Conferenza di Ginevra, che ha affrontato tuttavia questioni di carattere procedurale rinviando al prossimo appuntamento dell'11 novembre la discussione di aspetti di merito. Ricorda altresì che l'impegno che dovranno assumere i partecipanti alla Conferenza dei donatori è stimato in 3,4 miliardi di euro.

Sottolinea che la missione europea in Georgia conferma il ruolo significativo svolto dall'Italia nella politica estera dell'Unione europea in qualità di secondo contributore dopo la Francia e insieme alla Germania. Quanto agli interrogativi posti dall'onorevole Cicu sugli aspetti di copertura finanziaria del provvedimento, ricorda che il decreto-legge in titolo riguarda il finanziamento delle missioni fino alla fine dell'anno e che le valutazioni complessive sull'impegno militare italiano all'estero potranno essere affrontate in modo più analitico nel provvedimento che sarà definito per il 2009. Per quanto riguarda la preannunciata Conferenza di Roma sul Caucaso, segnala che il progetto è soltanto rinviato, come confermato in sede europea, ad un momento successivo alla conclusione della Conferenza di Ginevra e dopo la formalizzazione delle proposte da parte della Commissione europea alla fine dell'anno in corso, anche al fine di dare organicità alla strategia messa in campo dall'Unione europea. Per quanto concerne l'impegno in Iraq, l'incremento è legato alle richieste formulate in tal senso dal governo iracheno e a seguito delle intese raggiunte nel mese di settembre tra la Nato e l'Iraq.

In riferimento alla situazione in Afghanistan, segnala la delicatezza dei prossimi appuntamenti elettorali, programmati per il 2009 e il 2010, e prospetta la necessità di un rinnovato impegno della comunità internazionale focalizzato sulla ricostruzione civile del Paese e finalizzato alla creazione di una ownership locale dei processi di governance. L'obiettivo comune deve essere quello di garantire il successo delle elezioni contro i fenomeni di insorgenza che delegittimano le istituzioni democraticamente elette in quel Paese. L'Italia in questo quadro svolge un ruolo di primo piano e la qualità del nostro contributo è riconosciuta con l'assegnazione a nostri connazionali di prestigiosi incarichi. In particolare il contingente italiano si caratterizza per questo profilo elevato e riconosciuto a livello locale. Segnala che gli ultimi eventi accaduti nella regione di Herat dimostrano la capacità di infiltrazione da parte di forze estremistiche presenti in quel territorio: si tratta di un'involuzione da affrontare con una strategia di tipo politico-istituzionale, piuttosto che militare. Nel richiamare la recente missione del Ministro degli affari esteri in Pakistan, segnala la preoccupazione del Governo per le possibili nuove violenze in Libano che vanno scongiurate in un quadro di costante collaborazione con le autorità locali.

In conclusione, sottolinea la rilevanza per il Governo del dibattito parlamentare in corso dal quale potranno emergere importanti spunti di riflessioni, anche in vista di provvedimenti futuri.

 

Fabio EVANGELISTI (IdV) rileva un'analogia tra gli interventi dei relatori per la III e la IV Commissione con le ragioni dei gruppi di opposizione: il provvedimento in titolo solleva dei dubbi e perplessità condivise sulla sua efficacia soprattutto in termini politici. Sottolinea l'incongruità, anche sul piano deontologico, delle scelta, operata al Senato di fondere in un unico provvedimento due testi disomogenei, in difformità da quanto auspicato dal Comitato per la legislazione circa la necessità di evitare sovrapposizioni normative foriere di incertezze interpretative. Richiamando i rilievi critici mossi al Senato dal gruppo dell'Italia dei Valori, rileva l'approccio superficiale e sbrigativo che caratterizza il provvedimento, comune peraltro ad altre importante iniziative legislative assunte dall'attuale Governo, con conseguenze negative sulla qualità della legislazione e, soprattutto, sulla sicurezza per i militari italiani all'estero.

Ricorda che il suo gruppo non ha mancato fin dall'inizio della legislatura di porre la questione dei tagli, stigmatizzata dallo stesso Ministro della difesa, e delle ripercussioni sul ruolo internazionale dell'Italia con particolare riferimento alla situazione in Afghanistan. Al riguardo esprime dubbi sulla capacità decisionale e valutativa dell'attuale Governo, al cui centro si colloca l'azione prevalente del Ministro dell'economia e delle finanze, che taglia drasticamente le spese di tutti i dicasteri per non ricorrere al prelievo fiscale, con ciò costringendo comunque i cittadini a sostenere i costi dei servizi mancanti.

Esprime viva preoccupazione per la previsione dell'impiego di quattro Tornado in Afghanistan, in luogo di aerei senza pilota, che prospetta una violazione dei principi costituzionali nonché un pericoloso precedente per le future decisioni in materia bellica, trattandosi di strumenti militari utilizzabili al di là del mandato conferito al contingente italiano. Anche in considerazione del peggioramento della situazione in quel Paese, da porre in relazione al processo elettorale in corso negli Stati Uniti, ritiene sorprendente che il Governo vada ad assumere nuovi rischi invece di garantire maggiori condizioni di sicurezza per i nostri soldati. Per quanto concerne la situazione in Afghanistan ricorda che l'impegno della presenza internazionale è rivolto soprattutto al consolidamento di istituzioni democratiche e alla lotta al narcotraffico, obiettivo quest'ultimo che appare ormai tramontato, come ha rilevato lo stesso ministro La Russa.

Ricorda poi la posizione di ambiguità tenuta dal Governo italiano all'insorgere della crisi tra Russia e Georgia, a conferma di un tentato equilibrismo che difficilmente porta a dei successi.

In considerazione delle perplessità fin qui espresse, preannuncia un ordine del giorno in occasione dell'esame presso l'Assemblea, riservandosi di svolgere ulteriori valutazioni di merito nel prosieguo del dibattito e quindi formulare la posizione finale del suo gruppo.

 

Gianni VERNETTI (PD) ritiene che la crisi in Afghanistan costituisca il reale terreno di sfida per la comunità internazionale e per il nostro Paese, a differenza di altre aree di crisi anche più risalenti ma nelle quali la presenza militare è integrata in un processo politico avviato verso una soluzione, come nel caso dei Balcani. A suo avviso, la prossima Amministrazione degli Stati Uniti potrebbe riconsiderare il proprio impegno in Iraq a favore di quello in Afghanistan, come peraltro sollecitato alla stessa Unione europea. In generale, c'è la prospettiva di una maggiore partnership tra Stati Uniti ed Europa in ragione della complessità della situazione sul piano geopolitico. Strettamente connesso a quello scenario è il dossier pakistano che risente del vuoto politico dell'ultimo anno con la conseguente ridotta capacità di controllare la situazione del Paese soprattutto nelle zone in cui è in atto la riorganizzazione dei talebani. Per quanto concerne il tema della lotta al narcotraffico, rileva che in Afghanistan la situazione è a macchia di leopardo e comunque deve essere affrontata in un quadro di contesto regionale. In generale, nel preannunciare il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico sul decreto-legge in esame, segnala l'opportunità che i temi sottesi alle missioni militari all'estero siano affrontati con una maggiore azione politica nel contesto internazionale. A tal proposito l'imminente presidenza italiana del G8 rappresenta un'occasione da utilizzare appieno. Nel richiamare la conferenza di Roma sulla giustizia e sullo stato di diritto in Afghanistan, ritiene che il Governo dovrebbe impegnarsi per obiettivi più ampi in un'ottica regionale, coinvolgendo le repubbliche centro-asiatiche e il Pakistan. Quanto al tema delle risorse finanziarie, sottolinea che l'Italia ha compiuto sforzi considerevoli per la realizzazione di infrastrutture in Afghanistan e che è necessario in questa fase coinvolgere i Paesi del Golfo e i Paesi Arabi moderati, considerato il necessario maggior impegno che l'Unione europea ha profuso in aree più prossime, quali i Balcani occidentali.

Esprime pieno sostegno all'azione che i militari italiani svolgono in Libano, dove è stato possibile realizzare il cinquanta per cento degli obiettivi fissati con la risoluzione n. 1701 delle Nazioni Unite, ad eccezione del disarmo di Hezbollah. A tal proposito, segnala l'opportunità che nei prossimi mesi il Governo italiano intensifichi l'azione di monitoraggio rispetto a quello scenario.

Infine, chiede chiarimenti al Governo in ordine alle informazioni riferite alle Commissioni sulla situazione in Iraq.

 

Francesco BOSI (UdC) chiede alla presidenza di contingentare il tempo degli interventi, al fine di assicurare uno svolgimento più celere dei lavori.

 

Stefano STEFANI, presidente e relatore della III Commissione, pur comprendendo le osservazioni del collega Bosi, non ritiene opportuno contingentare i tempi per l'esame preliminare del provvedimento in titolo, consideratane la portata e la complessità, per cui resta affidato allo spirito di collaborazione di tutti i commissari di contenere i propri interventi, in modo da consentire il più ampio confronto possibile.

 

Margherita BONIVER (PdL) intende soffermarsi su alcune questioni critiche relativamente agli scenari di crisi in cui si inserisce la partecipazione italiana alle missioni internazionali. Con riferimento alla Georgia, denuncia il rischio che la politica del fatto compiuto induca a considerare stabile l'attuale condizione di menomazione dell'integrità territoriale dello Stato caucasico, finendo per riconoscere nella pratica l'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia meridionale. Esprime, perciò, la propria solidarietà alla delegazione georgiana che è in visita a Roma questa settimana. Lamenta altresì il fallimento della politica di vicinato dell'UE nel Caucaso meridionale. Quanto al Libano, ritiene necessario un approfondimento dei termini del mandato della missione UNIFIL, essendo ormai accertato l'avvenuto riarmo da parte di Hezbollah. Concorda poi con il collega Vernetti sulla valutazione della situazione in Afghanistan, ricordando come si sia giunti all'ottavo anno dall'intervento militare. Osserva, comunque, che le condizioni di quel Paese sarebbero senz'altro peggiori senza la presenza italiana, pur dovendo rilevare la progressiva degenerazione dimostrata dal recente assassinio di una cooperante britannica perché di religione cristiana. Segnalando altresì l'importanza della scadenza delle elezioni presidenziali per la tenuta democratica dell'Afghanistan, manifesta viva preoccupazione per il persistente squilibrio delle risorse militari impiegate rispetto all'Iraq, mentre i talebani utilizzano il vuoto politico determinatosi per le elezioni americane. Ulteriori preoccupazioni vengono dalla coltivazione dell'oppio che è divenuta fuori controllo. Apprezza pertanto l'impegno dell'Italia nella presidenza del G8 sia per l'Afghanistan che per il Pakistan, nella convinzione che non occorrono soltanto più mezzi ed uomini, ma anche un approccio innovativo volto al rafforzamento delle istituzioni democratiche al fine di delineare per il Paese una prospettiva di svolta. Auspica infine che i ministri degli esteri e della difesa possano al più presto riferire alle Commissioni al riguardo.

 

Stefano STEFANI, presidente e relatore della III Commissione, condivide la proposta testé avanzata dalla collega Boniver circa la opportunità che le Commissioni riunite procedano al più presto all'audizione del Ministro degli affari esteri e del Ministro della difesa, ferma restando l'esigenza di concludere nella prossima settimana l'esame in sede referente del provvedimento in titolo.

 

Americo PORFIDIA (IdV), nel complimentarsi preliminarmente con i relatori per l'onestà intellettuale con la quale hanno evidenziato i problemi finanziari della Difesa, ricorda come l'Italia dei Valori abbia sempre sostenuto l'esigenza che le missioni internazionali rappresentino un veicolo di pace, ferma restando l'esigenza di garantire la sicurezza delle truppe.

Ciò premesso, ritiene opportuno evidenziare alcuni profili di criticità del provvedimento in esame che riguardano, in primo luogo, la crisi in Georgia, rispetto alla quale l'Italia non ha svolto quella funzione preminente in ambito internazionale, che aveva invece svolto nel recente passato, e, in secondo luogo, la missione in Afghanistan, nella quale l'incremento degli stanziamenti previsti, è dovuto, non solo ad un maggiore impiego di personale, ma soprattutto ad un maggiore impiego di mezzi, che potrebbe celare un cambiamento di strategia del Governo nel teatro operativo, come dimostra l'impiego di quattro velivoli Tornado, cioè di quattro cacciabombardieri, anziché di velivoli da ricognizione. Ritiene che questo mutamento di strategia possa essere anche ascritto a qualche impegno personale assunto dal Presidente del Consiglio nei confronti degli alleati, di cui peraltro non è stato informato il Parlamento.

In conclusione, nel ribadire il pieno sostegno alle osservazioni del relatore in merito alla necessità di ridotare gli stanziamenti a favore della Difesa e nel segnalare come i recenti tagli che hanno colpito le Forze armate, sono stati previsti nel quadro di provvedimenti che, al di là delle dichiarazioni di principio, hanno finito per colpire i singoli cittadini, come ad esempio nel caso dei tagli alla scuola, dichiara che il suo gruppo assumerà, nei prossimi giorni, una posizione definitiva sul provvedimento in oggetto, al termine di una approfondita riflessione al riguardo.

 

Antonio LA FORGIA (PD), preliminarmente, considera del tutto ragionevole e condivisibile l'appello rivolto da componenti della maggioranza di giungere ad un voto favorevole ed unanime sul provvedimento in oggetto. Per quanto concerne la missione in Georgia, segnala come tale iniziativa consolidi l'impegno assunto dal nostro Paese per la stabilizzazione di alcune aree di crisi, come già avvenuto, ad esempio, nel caso del Libano. In territorio libanese si trattava peraltro di impedire l'escalation di una situazione cronicizzata, in Georgia si tratta, invece, di porre rimedio ad una situazione di crisi, che coinvolge direttamente la Russia, facendo valere il peso politico dell'Unione europea. Per quanto riguarda l'Afghanistan, ritiene che rispetto al passato il problema politico non sia quello di confermare o meno decisioni già assunte, ma sia invece quello di stabilire con esattezza gli obiettivi che s'intendono perseguire e di rendere coerenti i mezzi con i fini stabiliti. In merito a tale profilo, si dichiara d'accordo sull'impiego dei Tornado a condizione che il loro utilizzo sia previsto con l'obiettivo di migliorare la sicurezza degli uomini attraverso il miglioramento delle capacità di ricognizione del territorio e dell'interoperabilità con le Forze armate dei paesi alleati. Evidenzia con preoccupazione la recente involuzione della situazione in Afghanistan, testimoniata dal sensibile incremento che si è avuto nel biennio 2007-2008, sia degli scontri armati sia del numero dei caduti. In definitiva, ritiene che la crisi in Afghanistan non possa essere risolta soltanto attraverso l'accoppiamento della missione Enduring Freedom e la missione ISAF, ossia esclusivamente mediante l'intervento militare, ma richieda anche un forte impegno politico. Per quanto concerne la questione delle risorse da destinare alle missioni internazionali, ritiene altresì che sia fuorviante immaginare all'interno del sistema difesa un sottosistema distinto riguardante l'impiego dei militari all'estero. È evidente, infatti, che, poiché le operazioni militari, ovunque si svolgano, richiedono il coinvolgimento dell'intero strumento militare, i tagli alla funzione Difesa producono inevitabilmente effetti negativi sulle diverse componenti dello strumento stesso.

 

Francesco BOSI (UdC), nel concordare pienamente con le preoccupazioni espresse dal relatore per la IV Commissione in merito agli aspetti finanziari legati alle missioni internazionali, ricorda di avere avuto modo di constatare personalmente nel periodo in cui svolse le funzioni di sottosegretario per la difesa, le implicazioni negative derivanti dalla riduzione delle risorse destinate alla funzione Difesa. In merito a questo profilo, ricorda che il rapporto tra funzione Difesa e prodotto interno lordo, in progressiva diminuzione negli ultimi anni, è previsto per il 2009 intorno allo 0,85, per cento a fronte di uno standard consigliato in sede NATO pari all'1,5 per cento. È evidente come questo divario rischi di creare seri problemi nello svolgimento delle nuove funzioni che le Forze armate sono chiamate ad assolvere, sia fuori dai confini nazionali, per la partecipazione alle missioni internazionali, sia sul territorio nazionale, per la tutela della sicurezza interna. Il problema prioritario che si pone è quindi quello di salvaguardare lo strumento militare ormai pesantemente intaccato dai tagli che incidono sul reclutamento e sull'addestramento, con evidenti rischi che riguardano la stessa sicurezza del personale militare.

Per quanto riguarda le singole missioni, ritiene che quella in Afghanistan sia caratterizzata dai maggiori elementi di criticità, sia per quanto riguarda la questione dei caveat, con la riduzione dei tempi di risposta alle richieste di intervento dei paesi alleati da 72 a 6 ore, sia per quanto concerne la capacità di proiezione che rischia di essere seriamente compromessa dalla riduzione delle risorse a disposizione. Peraltro sottolinea come l'esigenza di disporre di maggiori mezzi sia avvertita anche nell'ambito degli interventi a favore della popolazione civile che risultano indispensabili per creare un clima di collaborazione tra la popolazione stessa e le Forze armate. Concorda pertanto con la richiesta della deputata Boniver circa la necessità che le Commissioni riunite Esteri e Difesa svolgano al più presto un'audizione dei ministri degli Esteri e della Difesa su queste specifiche questioni.

Inoltre, nel lamentare un difetto di coordinamento tra le decisioni assunte in ambito NATO e le decisioni assunte in ambito nazionale auspica che per il futuro ciò non si verifichi, in modo da evitare che determinazioni tanto delicate, come quelle concernenti la difesa nazionale, possano essere assunte con maggiore consapevolezza e tempestività.

Infine, si sofferma sulla missione della Guardia di Finanza in Libia che non sembra ancora produrre i risultati sperati sul fronte dell'immigrazione clandestina, nonostante l'incremento delle unità coinvolte e la recente visita del Presidente del Consiglio dei Ministri nel territorio libico. Sugli esiti di tale missione, ritiene pertanto necessari chiarimenti da parte del Governo.

In conclusione, pur pronunciandosi a favore del provvedimento in oggetto, auspica che nel corso del dibattito in Assemblea sia presentato, anche su iniziativa dei relatori un ordine del giorno che impegni il Governo ad assumere iniziative per superare gli elementi di criticità che sono stati da più parti evidenziati nel corso dell'odierna seduta.

 

Furio COLOMBO (PD), richiamando le considerazioni del collega La Forgia, in riferimento ai brevi cenni contenuti nelle relazioni illustrative sulla situazione in Libia, sottolinea la scarsità di informazioni e la poca chiarezza sull'accordo siglato dal Presidente del Consiglio dei ministri con il premier Gheddafi in occasione della sua ultima visita in quel Paese. Segnala che è stata diffusa di recente la notizia di una visita da parte del Ministro degli interni italiano sulle coste della Libia, successivamente annullata per iniziativa libica. Al di là dei fatti, si tratta di segnali che non indicano un'atmosfera positiva e che inducono a porre interrogativi sugli impegni assunti dall'Italia, sull'oggetto del negoziato che per l'Italia comporta l'esborso di un'ingente somma, nonché sugli effetti della crisi finanziaria internazionale su tale vicenda.

Per quanto concerne la situazione in Afghanistan ritiene inappropriati i toni della relazione illustrativa che, come un radiogiornale di altri tempi, inneggiano ad un «ruolo centrale dell'Italia» sulla scena internazionale di cui non vi è traccia su alcun organo di informazione straniero. Sottolinea che il meritevole e valido impegno dei militari italiani all'estero non ha nulla a che vedere con la supposta centralità e autorevolezza del Governo italiano. Nel ribadire l'inadeguatezza sul piano lessicale di tali espressioni, peraltro di difficile traduzione, cui fa riscontro l'inadeguatezza dei Ministri degli affari esteri e della difesa, sottolinea che neanche la presidenza del G8 potrà svolgere un ruolo specifico su tali questioni. Al riguardo, ricorda che nessun altro Paese, chiamato ad assumere analoghe responsabilità, come ad esempio la Francia, è ricorso a simili valutazioni che, nel caso dell'Italia, rischiano peraltro di essere poco rispettose nei confronti degli altri componenti del G8.

Per quanto attiene gli aerei Tornado, rileva che non vi è dubbio che si tratta di strumento da combattimento, in quanto sono troppo veloci per svolgere un'azione di monitoraggio del territorio. Nel ricordare che la missione internazionale in Afghanistan è una missione di pace, segnala l'assenza nelle relazioni illustrative del decreto-legge di ogni riferimento ad impegni di tipo civile come la costruzione di ospedali o scuole. Stigmatizza, altresì, il recente caso del giovane studente di giornalismo afghano condannato dapprima a morte quindi a vent'anni di reclusione dalla Corte suprema del suo paese per avere pubblicato un articolo che sollecitava il dibattito sul tema dei diritti delle donne. A tal proposito, ritiene sorprendente che l'Italia, che detiene tuttora il lead per la ricostruzione del sistema giudiziario in Afghanistan, non abbia preso posizione sulla vicenda nei confronti delle autorità afghane in soprattutto in occasione della decisione sul rifinanziamento della missione.

 

Marco BELTRANDI (PD) pone l'accento su due questioni. La prima riguarda il fatto che non basta lamentare l'insufficienza dello strumento militare per la soluzione delle crisi internazionali, come hanno fatto i relatori e il Governo, ma è necessario indicare anche quali azioni politiche concrete debbano essere svolte ad integrazione dello strumento stesso. Emblematico a questo riguardo è il problema cruciale, ai fini della stabilizzazione dell'Afghanistan, della strategia concernente l'eradicazione dell'oppio, che è stata tenacemente perseguita dai paesi occidentali, con l'impiego di ingenti risorse, senza che vi siano stati risultati apprezzabili, tanto che i traffici illeciti sono proliferati e hanno consentito il finanziamento di azioni contro le Forze armate occidentali. In merito a questo problema, ricorda come i radicali abbiano proposto in più occasioni una strategia concreta consistente nell'uso dell'oppio per finalità farmaceutiche. A sostegno di tale strategia ritiene quindi necessario che il Governo assuma forte iniziativa a livello internazionale.

La seconda questione riguarda la situazione nei Balcani e nelle Repubbliche dell'ex Unione Sovietica che è stata richiamata nell'intervento del relatore per la III Commissione. Anche in tal caso, ritiene che non sia sufficiente, esprimere riserve sul riconoscimento del Kosovo, dal momento che ad est dell'Italia stanno comunque nascendo tensioni nazionalistiche fondate sull'etnia che, come dimostra la storia recente, sono state sempre causa di immani tragedie. Infine, ritiene che il ruolo negativo giocato dalla Russia in occasione della crisi georgiana, sia stato incentivato, da un lato, dalla debolezza dimostrata dall'Unione europea in occasione della precedente crisi cecena, dall'altro, dal sostegno personale incondizionato di Berlusconi a Putin.

Tutte queste questioni, a suo avviso, pur non inficiando il provvedimento in oggetto, richiederebbero comunque una forte iniziativa da parte del nostro Governo per cercare soluzioni pragmatiche alle questioni internazionali più spinose.

 

Matteo MECACCI (PD) rileva che nella materia oggetto di disciplina da parte del provvedimento sussiste un grave deficit di informazioni e di dibattito, necessari alla decisione, per responsabilità condivise dai gruppi di maggioranza e di opposizione: per una prassi invalsa già dalla scorsa legislatura i decreti-leggi per il finanziamento delle missioni contengono norme relative a missioni tra loro assai disomogenee. Per quanto concerne la situazione georgiana, sottolinea che i componenti della missione dell'Unione europea e gli osservatori dell'OSCE non possono recarsi nella regione relativa al loro mandato, senza poter fare nient'altro che prendere atto di una situazione di fatto di fronte alla comunità internazionale. Ribadisce la rilevanza della questione, considerati i rischi per il permanere di migliaia di soldati russi e per la progettazione di basi militari russe sul territorio georgiano, tutto ciò malgrado gli impegni assunti dalla Russia nei confronti dell'Unione europea. Insiste sulla necessità di non restare indifferenti rispetto a tale situazione.

Nel concordare con le osservazioni svolte dal collega Colombo, sottolinea che a quasi tre mesi di distanza dall'accordo siglato con il Governo libico la Commissione non dispone di alcuna informazione. Rileva che il provvedimento in titolo attua con ogni probabilità parti di quell'accordo prima che il disegno di legge di ratifica sia trasmesso al Parlamento. A suo avviso, i Ministri degli affari esteri e della difesa dovrebbero riferire in particolare su tale vicenda.

Per quanto riguarda l'Afghanistan, condivide le considerazioni svolte dai colleghi di opposizione circa la presenza del nostro Paese ed invita a mettere al bando ogni retorica da interventismo militare, da considerare fuor di luogo a otto anni dall'inizio di tale missione. Segnala che proprio nel 2008 si è registrato il più alto numero di vittime civili, pari a circa 900 persone, e che dal 2006 al 2007, come pure nell'anno successivo, il numero delle vittime è più che triplicato. A questo punto, è doveroso porre dei limiti e svolgere delle indagini, pur nella consapevolezza che tali dati sono strumentalizzati dalla propaganda locale, contraria alla presenza internazionale. Ricorda che il Ministro della difesa del precedente Governo ha più volte sottolineato che tale aspetto è di estrema gravità e sarebbe auspicabile che anche l'attuale ministro assumesse analoga posizione, preannunciando fin da ora la presentazione di un ordine del giorno sull'argomento nell'esame in Assemblea.

 

Gianfranco PAGLIA (PdL), nel formulare alcune precisazioni sulla missione in Afghanistan, evidenzia come non vi sia stato in realtà un incremento delle truppe impiegate in teatro, in quanto ad una riduzione del numero delle unità impiegate a Kabul, conseguente alla conclusione del periodo di comando italiano, ha fatto riscontro un equivalente incremento dei militari italiani impiegati ad Herat. Per quanto riguarda l'impiego dei Tornado, sottolinea come il citato velivolo, pur essendo un cacciabombardiere, svolga egregiamente funzioni di ricognizione, potendo effettuare a tal fine operazioni di sorvolo, anche a cinquanta metri dal terreno, aumentando la sicurezza per la stessa popolazione civile. Con riferimento alla lotta ai traffici di droga, ritiene che tale attività di contrasto non sia stata priva di effetti, tanto che tuttora operano numerosi check-point proprio con questa finalità. Per quanto riguarda, invece, la cooperazione nel settore civile, ritiene necessario aumentare il numero dei tecnici nei PRT per offrire maggiore sostegno al territorio.

In conclusione, nell'esprimere un giudizio favorevole sul provvedimento in oggetto, auspica un voto favorevole unanime delle Commissioni, anche in considerazione del fatto che il disegno di legge in esame si pone sulla stessa linea dei provvedimenti approvati dal Parlamento nella scorsa legislatura.

 

Paolo CORSINI (PD), nel ringraziare il collega Paglia per le utili informazioni riferite alle Commissioni, ritiene che il Governo non debba sottovalutare il caso del giovane giornalista che il collega Colombo, anche nella sua veste di presidente del Comitato permanente sui diritti umani, ha opportunamente richiamato. Condivide altresì gli interventi dei colleghi La Forgia, Vernetti e Boniver circa la situazione in Georgia; al riguardo ribadisce il pieno sostegno del suo gruppo alla missione dell'Unione europea in quel Paese. Segnala, tuttavia, che su tale tema non sono chiariti gli obiettivi soprattutto per quanto riguarda le garanzie sul piano umanitario. A suo avviso, l'ambiguità che grava sul dossier georgiano è da imputare in larga misura al carattere impresso dal Presidente del Consiglio alla politica diplomatica del nostro Paese, che tende a familiarizzare i rapporti internazionali con il rischio di avvalorare, come nel caso russo, un principio potenzialmente deleterio: nell'ansia di riportare la Russia al ruolo di grande potenza, la politica imperiale di Putin rischia di subordinare l'unità nazionale alla «etnicizzazione» delle condizioni di convivenza. Il rischio è quello di far saltare una delle fondamentali condizioni di stabilità e di integrità nazionali. Nel caso georgiano, il quesito di fondo è comprendere se il Governo intenda ripristinare lo status quo ante o accettare la situazione determinatasi in via di fatto.

 

Il sottosegretario Vincenzo SCOTTI, in riferimento a quanto osservato dall'onorevole Corsini, precisa che la missione dell'Unione europea in Georgia è strumentale all'attuazione del quinto punto dell'intesa tra Russia e Unione europea, relativo al mantenimento del «cessate il fuoco», mentre le questioni relative al futuro assetto della regione costituiscono oggetto della Conferenza che si è aperta lo scorso 15 ottobre a Ginevra.

 

Stefano STEFANI, presidente della III Commissione, nessuna altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

 

La seduta termina alle 11.35.


 

 

 

 


 

COMMISSIONI RIUNITE

III  (Affari esteri e comunitari)

e IV (Difesa)

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Presidenza del vicepresidente della IV Commissione, Ettore PIROVANO. - Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Guido Crosetto.

 

SEDE REFERENTE

DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 ottobre 2008.

Ettore PIROVANO, presidente della IV Commissione, ricorda che oggi si concluderà l'esame preliminare del disegno di legge all'ordine del giorno e che il termine per la presentazione degli emendamenti relativi al citato disegno di legge, è fissato per oggi, alle ore 16.

Riccardo MAZZONI (PdL) ricorda che oggi è morto, a 110 anni da poco compiuti, Delfino Borroni, l'ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto. Borroni, nato il 23 agosto 1898 a Turago Bordone, piccolo paese nelle vicinanze della Certosa di Pavia, prestò servizio nel Corpo dei Bersaglieri come soldato semplice e venne mandato al fronte sull'Altipiano di Asiago. Borroni, che aveva combattuto a Caporetto, rimarrà un fulgido esempio di profondo attaccamento ai valori della Patria, ultimo Cavaliere di Vittorio Veneto. Rammenta infine con rammarico come il Borroni, nonostante i suoi meriti ricevesse una pensione di guerra di soli 46 euro mensili.

Paolo CORSINI (PD) si associa alle riflessioni del collega Mazzoni e al cordoglio per la morte di Delfino Borroni, alla cui famiglia esprime la propria personale vicinanza, anche in considerazione dei suoi legami di parentela con due degli eroici «ragazzi del 99».

Rosa Maria VILLECCO CALIPARI (PD), nel condividere le espressioni di cordoglio formulate dal deputato Mazzoni per la scomparsa di Delfino Borroni e nell'esprimere il proprio dolore per i militari italiani che hanno recentemente perso la vita in un tragico incidente sul lavoro in Francia, desidera sottoporre all'attenzione delle Commissioni riunite alcune considerazioni in merito all'evoluzione della situazione in Afghanistan che desta forti preoccupazioni. In base ai dati forniti dalla NATO, risulta infatti che le perdite del 2007 sono state pari a 232 caduti e il numero dei caduti nel 2008 potrà addirittura superare tali cifre se si considera che al 29 settembre 2008 le perdite NATO sono già state 218. Segnala, infatti, che il rappresentante speciale dell'ONU in Afghanistan, Kai Eide, nel corso di un'audizione al Consiglio di sicurezza dell'ONU, ha recentemente confermato la gravità della situazione evidenziando un incremento degli scontri armati e degli attentati pari al 40 per cento rispetto allo stesso periodo del 2007. A seguito dell'intensificarsi degli attacchi nella parte Sud-Ovest del paese sia la NATO che il Pentagono, guidato dal segretario Gates, hanno chiesto un maggiore coinvolgimento degli alleati NATO. Risulta infatti potenziato anche il contingente di uomini in forza all'ISAF che è passato da 33 mila a 53 mila uomini, incremento che è funzionale alla strategia di controllo militare del territorio che ha portato inevitabilmente ad alte perdite anche fra la popolazione civile. Risulta, infatti, che la NATO ha dovuto aprire numerose inchieste sugli ultimi raid di ottobre che hanno provocato numerose vittime civili.

Sottolinea, inoltre, come nonostante l'acuirsi delle tensioni nel territorio afgano si siano verificate numerose prese di distanza da questo tipo di azioni militari e di strategia da parte di esponenti politici e militari di vari paesi europei.

Ricorda, altresì, come un altro aspetto cruciale della questione afgana attiene alla lotta alla coltivazione dell'oppio e al narcotraffico, come evidenziato anche dal relatore. A tale proposito risulta che il Comandante supremo della NATO, il generale John Craddock, ha chiesto di assumere tali compiti fra le funzioni della NATO, ma tale proposta non ha trovato sufficienti consensi.

Dichiara, infine, che data la descritta escalation militare in Afghanistan appaiono ancora più preoccupanti le contrastanti dichiarazioni rese dal Comitato Analisi strategica antiterrorismo (CASA), che ha parlato di rischi crescenti, che risultano in contrasto con quelle rese dal Ministro della difesa, La Russa, secondo il quale «non è aumentato il pericolo per gli italiani».

Nell'esprimere, in conclusione, un orientamento favorevole da parte del suo gruppo sul provvedimento e sulla opportunità di proseguire le missioni militari in corso, auspica peraltro che il Ministro della difesa riferisca al più presto sugli sviluppi della situazione in Afghanistan, auspicando che il Governo si faccia promotore di iniziative volte a rafforzare l'azione diplomatica anche verso le comunità locali che potrebbero essere determinanti per favorire una progressiva stabilizzazione, anche in vista delle prossime elezioni presidenziali.

Paolo GUZZANTI (PdL), nel ringraziare la collega Villecco Calipari per l'utile quadro informativo sulla situazione in Afghanistan, ritiene che non si possono avere dubbi sugli obiettivi reali della missione militare in tale Paese che, notoriamente, non è finalizzata alla mera pacificazione dell'area ma all'annientamento del terrorismo di matrice islamico-fondamentalista, presente sia sul territorio afghano che su quello pakistano. Nel ricordare le imminenti elezioni del futuro nuovo presidente degli Stati Uniti, rileva di avere accolto con grande sorpresa le dichiarazioni del candidato Barack Obama relative al fatto che, in caso di vittoria democratica, le priorità della nuova Amministrazione saranno accordate all'Afghanistan, con conseguente smobilitazione del contingente presente in Iraq. Sottolinea che la guerra in Afghanistan si caratterizza per la contiguità tra il nemico terrorista e la popolazione civile, per cui i frequenti casi di morti fra civili afghani rischiano di alimentare il consenso verso Al Qaeda. Per tali ragioni è necessario sostenere con tutti i mezzi possibili i militari italiani e quindi preannuncia fin da ora il proprio voto favorevole sul provvedimento in esame, anche in previsione del maggior coinvolgimento della comunità internazionale a seguito della probabile vittoria democratica negli Stati Uniti.

Per quanto concerne la situazione in Georgia, richiama i propri rilievi critici e allarmati sulla condotta della Russia, che è giunta a minacciare la Polonia di ricorso allo strumento nucleare per le sue posizioni sulla Nato. Sottolinea che il metodo dell'invasione, adottato nei confronti della Georgia, richiama direttamente l'invasione della Polonia all'inizio del secondo conflitto mondiale. Segnala peraltro che pochi giorni or sono una delegazione georgiana, in visita in Italia, ha fornito evidenze documentali che attestano la presenza russa in terra georgiana con più di duemila unità, a conferma del mancato rispetto da parte della Russia degli impegni assunti e più volte sbandierati con l'Unione europea sul ritiro delle truppe. Per tale motivo ritiene indispensabile e moralmente doveroso finanziare la missione dell'Unione europea, laddove tale valutazione non può essere estesa alla missione in Libano, che di fatto non persegue l'obiettivo del disarmo di Hezbollah.

Fiamma NIRENSTEIN (PdL) ritiene che il provvedimento in titolo debba essere esaminato non solo alla luce degli aspetti tecnici e finanziari o del numero di vittime, che è comunque sempre troppo elevato, ma anche sul piano dei principi e dei valori: è questa l'occasione, infatti, di descrivere la posizione dell'Italia rispetto ad una guerra al terrorismo che continua e che ha indubbiamente conseguito degli obiettivi di contenimento della minaccia, anche se non è stato possibile ottenere la definitiva disfatta di Al Qaeda. Nel ricordare che i gravi attentati di Londra e Madrid sono stati portati a segno anche grazie alla collaborazione con formazioni terroristiche contigue ad Al Qaeda, sottolinea che tale organizzazione è oggi indubbiamente più debole, anche a seguito del recente intervento americano in Siria in cui ha perso la vita il principale riferimento dell'organizzazione in tale Paese. In generale, osserva che la guerra in corso non è di tipo classico ed ha una valenza morale e civile, essendo condotta dal nostro Paese insieme ad altre democrazie che si impegnano nella comunità internazionale contro l'integralismo e il terrorismo.

Passando ad analizzare la missione UNIFIL, sottolinea che lo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite ha apertamente riconosciuto che Hezbollah non solo non è stato disarmato, ma anzi è fortemente radicato in Siria e ha nell'Iran il suo finanziatore. Per tale motivo osserva che i 112 milioni di euro dovrebbero essere impiegati al fine di conseguire obiettivi diversi e superiori a quelli finora perseguiti, considerato che ad oggi Hezbollah è titolare di un autentico diritto di veto sulla politica libanese e dispone di un esercito completo.

Per quanto riguarda infine la situazione in Georgia, esprime il proprio consenso rispetto alle finalità di una missione che appare alquanto contenuta quanto ad impegno economico ma di forte carica morale e simbolica. Si tratta di un risultato importante, considerate le dimensioni della crisi georgiana di fronte alla quale non vi è altro rimedio se non la politica con i suoi strumenti, di cui la missione in oggetto rappresenta un modello per eccellenza.

Stefano STEFANI, presidente e relatore per la III Commissione, ringrazia i colleghi della III e della IV Commissione intervenuti nella discussione ampia ed esaustiva. Esprime compiacimento per la convergenza di tutti i gruppi parlamentari sulla sostanziale condivisione di un provvedimento che ribadisce le responsabilità internazionali del nostro Paese nelle principali aeree di crisi: è comune non solo la consapevolezza della necessità che l'Italia si faccia carico di contribuire alla sicurezza internazionale, ma anche la consapevolezza della criticità di alcune situazioni regionali che restano particolarmente rischiose. Non a caso la discussione si è incentrata soprattutto sull'Afghanistan, Paese in cui, nonostante gli sforzi compiuti dalla comunità internazionale in otto anni di intervento internazionale, la stabilità non è ancora stata raggiunta, né appare vicino il traguardo finale. A questo proposito rileva unità d'intenti tra maggioranza ed opposizione, dal momento che il Governo ha preannunciato che s'impegnerà nella presidenza del G8 proprio per promuovere una conferenza regionale che favorisca una soluzione politica di quella crisi, con l'auspicabile definitivo isolamento dei talebani.

Rassicura quindi il collega Colombo che non vi è né da parte sua né da parte della maggioranza di Governo alcuna manifestazione di trionfalismo, ma soltanto la serena coscienza di riconoscere i meriti delle nostre forze armate che sono peraltro oggetto di generale apprezzamento sia da parte delle popolazioni locali che delle organizzazioni internazionali.

Sottolinea che senz'altro molto ancora resta da fare in Afghanistan. Pur temendo di cedere all'ottimismo, ritiene che l'Italia stia contribuendo in modo decisivo alla ricostruzione democratica e civile del Paese, anche grazie agli incarichi che sono stati attribuiti a due diplomatici italiani che potranno essere auspicabilmente presto auditi in Commissione, ovvero il ministro Sequi per l'Unione europea e il consigliere Gentilini per la NATO. Sottolinea che la lotta al narcotraffico resta comunque una priorità su cui accrescere l'impegno internazionale.

Con riferimento alla più recente crisi della Georgia, appare sussistere un orientamento unanime al sostegno della missione europea che deve poter espletare appieno il suo mandato. Al riguardo, ritiene che la Federazione russa non possa non rendersi conto delle conseguenze che un suo atteggiamento negativo necessariamente comporterebbe sul piano delle sue relazioni complessive con l'Unione europea, nell'ambito delle quali - come è noto - è all'esame il rinnovo dell'accordo di partenariato strategico. Rassicura quindi la collega Nirenstein per quanto concerne l'impegno dell'Italia che risulta tra i maggiori contributori alla missione non solo per il numero di unità, pari a 40, ma anche per risorse finanziarie.

Sottolinea che la crisi georgiana, del resto, è strettamente connessa con la questione del Kosovo, che è stata, per il momento risolta venendo per la prima volta meno al principio dell'integrità territoriale. Ribadisce che, ferma restando la prospettiva dell'integrazione europea di tutta la regione balcanica, non si potrà non tenere conto della risposta che la Corte internazionale di giustizia è stata chiamata a dare sulla legittimità internazionale dell'indipendenza del Kosovo: non si tratta di nutrire postume simpatie filo-serbe, come segnalato dal collega Corsini, ma di prendere atto del fatto che la stabilizzazione regionale passa per il riconoscimento della pari dignità di tutti i popoli.

Resta preoccupante la lentezza che sta caratterizzando l'insediamento della missione dell'Unione europea in Kosovo, che avrebbe dovuto sostituire la missione ONU, ma che in realtà le si sta affiancando. La missione europea, comunque, accoglierà per la prima volta anche una componente statunitense.

A suo avviso, massima attenzione e cautela deve senz'altro essere esercitata nei confronti della missione UNIFIL in Libano. I segnali positivi provenienti dall'elezione del nuovo Presidente della Repubblica libanese, generale Suleiman, e dal miglioramento delle relazioni con la Siria sono controbilanciati non solo dal riarmo Hezbollah, ma anche dallo stallo persistente del processo di pace in Medio oriente. Rileva che il recente intervento degli Stati Uniti in Siria è di dubbia valenza per gli effetti che potrà produrre sulla pacificazione dell'are, anche alla luce del mancato disarmo di Hezbollah.

Tra le missioni minori soltanto per l'entità della partecipazione italiana, e non certo per la gravità della situazione, richiama quella in Ciad-Repubblica centroafricana, per il suo diretto collegamento con la crisi del Darfur, in cui la missione cosiddetta «ibrida» dell'ONU e dell'Unione africana stenta ancora a dispiegarsi completamente.

Conferma infine l'impegno ad audire al più presto i ministri degli affari esteri e della difesa per approfondire gli scenari di crisi delle missioni internazionali, che saranno costantemente monitorate dalle Commissioni riunite.

Furio COLOMBO (PD) in relazione alle parole del presidente Stefani, ribadisce l'intervento già svolto nella precedente seduta con il quale ha inteso esprimere pieno appoggio e riconoscimento al pregevole lavoro svolto dai militari italiani, ma criticare le parole di autoencomio che il Governo ha usato verso se stesso, facendo riferimento ad un ruolo centrale dell'Italia ed ad un'autorevolezza del nostro Paese di cui non vi è traccia negli organi di informazione internazionali e che rasenta la mancanza di rispetto nei confronti di altri Paesi altrettanto impegnati nelle missioni internazionali. Sottolinea che il Parlamento è libero di apprezzare o meno l'operato del Governo e che il Governo non ha altra possibilità se non eventualmente sollecitare un giudizio sulla propria azione, restando oggettivo e impregiudicato il ruolo e l'alto valore dei soldati italiani impegnati all'estero.

Salvatore CICU (PdL), ricorda i notevoli sforzi compiuti negli ultimi anni dall'Italia e dagli altri paesi della NATO per favorire lo sviluppo economico e sociale dell'Afghanistan. Tali sforzi stanno continuando, nonostante le grandi difficoltà dovute soprattutto alla attività dei talebani che intendono così ostacolare il processo di stabilizzazione nel paese. Sottolinea e rivendica, a questo proposito, la centralità del ruolo del contingente militare italiano e la capacità straordinaria, fin qui dimostrata da quest'ultimo, di essere parte attiva nel processo di costruzione della pace in attuazione delle determinazioni politiche assunte dal Parlamento.

Con riferimento alla lotta contro la coltivazione dell'oppio sottolinea che anche rispetto a questo specifico aspetto, la stabilizzazione di un paese passa attraverso il rafforzamento delle istituzioni.

Nell'associarsi infine, alle richieste della deputata Calipari e alle parole di cordoglio da lei espresse, auspica che al più presto le Commissioni riunite Esteri e Difesa possano svolgere un'audizione dei Ministri degli affari esteri e della difesa, non già per discutere sulla necessità del rifinanziamento delle missioni in oggetto, in ordine alla quale vi è la massima condivisione, quanto piuttosto per fare il punto sulla migliore strategia da adottare per sviluppare ulteriormente l'integrazione fra la dimensione civile e la dimensione militare delle missioni internazionali.

Il sottosegretario Guido CROSETTO, nel formulare preliminarmente i migliori auspici di pronta guarigione ai militari che sono stati vittime dei recenti attentati terroristici in Afghanistan e i sensi del profondo cordoglio per le otto vittime del più recente incidente aereo che giovedì 23 ha coinvolto un elicottero dell'Aeronautica militare in Francia e nell'associarsi al cordoglio per la scomparsa del Cavaliere di Vittorio Veneto, Delfino Borroni, ringrazia i relatori per gli interventi svolti nella precedente seduta e si sofferma su alcuni aspetti in ordine ai quali sono emerse perplessità nel corso del dibattito. Sottolinea il complesso quadro di politica estera nel quale si inseriscono le missioni alle quali le Forze armate italiane partecipano attivamente, citando in particolare il recente aggravamento della situazione nell'area caucasica e specificatamente in Georgia, che testimonia quanto lo scenario internazionale continui ad essere caratterizzato da elevati fattori di rischio per la stabilità e la sicurezza, potenzialmente capaci di svilupparsi rapidamente ed imprevedibilmente in crisi regionali. La situazione internazionale richiede, quindi, una continua attenzione ed una continuità nelle azioni. Proprio in questa ottica, il Governo chiede oggi al Parlamento l'approvazione dei provvedimenti in discussione.

Furio COLOMBO (PD) ribadisce che la maggioranza e l'opposizione condividono il medesimo giudizio sui meriti delle Forze armate italiane impegnate nelle missioni militari internazionali, mentre diversa è la valutazione che i due schieramenti danno sull'operato del Governo.

Il sottosegretario Guido CROSETTO, nell'esprimere soddisfazione sul fatto che, almeno su questo punto decisivo, vi sia unanimità di vedute tra maggioranza e opposizione, riprendendo l'esame del provvedimento a partire dall'area caucasica, evidenzia soltanto alcuni aspetti dell'impegno italiano nell'area, tenuto conto di quanto già riferito diffusamente dal Ministro degli affari esteri durante i suoi recenti interventi in Parlamento e dallo stesso Sottosegretario Scotti nella precedente seduta. Sottolinea quindi come, nella gestione della crisi della Georgia, l'Unione europea abbia assunto un preminente profilo. L'Unione europea è infatti intervenuta tempestivamente elaborando, anche grazie all'impulso dall'Italia, le grandi linee di una strategia di stabilizzazione che è stata formalmente sancita nel Consiglio europeo straordinario del 1o settembre scorso.

L'invio della missione PESD in Georgia denominata EUMM - contemplato dal predetto Consiglio e formalizzato dal Consiglio Affari Generali del 15 settembre - è una diretta conseguenza degli accordi raggiunti a Mosca l'8 settembre tra il Presidente Medvedev ed il Presidente di turno dell'UE, Sarkozy, in occasione di una missione congiunta compiuta dallo stesso Sarkozy, dall'Alto Rappresentante, Solana, e dal Presidente della Commissione Europea, Barroso.

Con l'invio dei militari italiani, quindi, il Governo ha inteso dare una risposta immediata alla decisione presa il 15 settembre 2008 dall'Unione europea, che si è impegnata in una missione per garantire la pace e la stabilità in Georgia, inviando tempestivamente degli osservatori nella «zona cuscinetto» (buffer zone) attorno alle regioni della Abkhazia e dell'Ossezia del Sud.

La missione dovrà assolvere, in sintesi, ai seguenti compiti:

stabilizzazione ovverosia vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di stabilizzazione incentrato sull'aderenza ai sei punti dell'accordo firmato fra le parti;

normalizzazione cioè vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di ritorno alla normalità, ponendo particolare attenzione ai sistemi di trasporto, alle infrastrutture e ai servizi energetici, cosi come agli aspetti politici e di sicurezza relativi al rientro dei rifugiati;

Confidence building ovverosia contribuire alla riduzione delle tensioni tramite la facilitazione dei contatti tra le parti e ad altre misure analoghe;

contribuire ad alimentare l'azione politica dell'Unione europea e le altre forme di impegno dell'Unione stessa in quest'area.

Considerato che la citata missione si inserisce pienamente nel tradizionale solco della politica estera e di difesa nazionale, caratterizzata dalla partecipazione alle missioni multinazionali in ambito ONU, NATO ed UE, auspica pertanto che vi sia la più ampia condivisione in sede parlamentare sulle finalità della missione stessa. Ciò posto, ricorda che dei circa 200 osservatori europei, circa 40 sono italiani, di cui 4 funzionari civili del Ministero degli esteri; quello italiano risulta quindi il secondo contingente dopo quello della Francia, che peraltro ha la Presidenza di turno dell'Unione europea.

Sottolinea come il ruolo dei militari e dei funzionari civili italiani sia quello di osservatori che dovranno verificare l'adempimento di quanto previsto dall'accordo stipulato tra Unione europea, Federazione Russa e Georgia. Proprio per la loro peculiarità di osservatori, tutti i partecipanti saranno disarmati e la loro protezione sarà garantita dalle forze di polizia della Georgia.

Ricorda che il decreto in discussione è inteso ad assicurare, tra l'altro, per il periodo dal 1o di ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL in Libano - compresa la componente navale EUROMARFOR -, ALTHEA nel teatro Balcanico, EUFOR TCHAD/Repubblica Centro Africana e altre. Esso è finalizzato, altresi, a consentire la partecipazione di personale militare alla missione degli osservatori militari, questa volta dell'OSCE, in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere ad esigenze sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo, Kosovo e delle attività in Iraq, già finanziate per l'anno in corso dal decreto legge 31 gennaio 2008 n 8.

Su gran parte delle missioni citate, e che sono oggetto del provvedimento, intende proporre solo dei brevi aggiornamenti, rimandando a quanto comunicato dal Ministro della difesa nel suo intervento dell'11 luglio scorso dinnanzi alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato.

Già in quella sede il Ministro La Russa aveva indicato la necessità di rifinanziare la partecipazione alla missione UNIFIL in Libano, in coerenza con il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha recentemente prorogato, con la risoluzione 1832 adottata il 27 agosto 2008, la durata della missione. In questo senso è oggi richiesto, quindi, il finanziamento della missione per gli ultimi tre mesi dell'anno. Nel Paese, il ritorno della violenza degli ultimi mesi appaiono in controtendenza rispetto all'incoraggiante dinamica di riconciliazione nazionale che sembrava avviata. È importante che questi atti di violenza non cancellino la volontà di continuare il dialogo e che possa proseguire la ricerca di una soluzione che porti pace e sicurezza al Libano.

In questo contesto la missione UNIFIL, che attualmente impegna circa 2400 militari italiani, continua a svolgere un ruolo determinante per la stabilità del Libano e dell'intera regione. Per la prima volta in trent'anni infatti le autorità libanesi hanno esteso il loro controllo alla parte meridionale del Paese e, salvo alcuni incidenti minori, non si sono verificati attacchi contro Israele nei due anni dal dispiegamento della missione.

Dal punto di vista prettamente militare, il primo settembre 2008 l'Italia ha ceduto alla Francia il comando della componente marittima della missione, condotta dall'EUROMARFOR, pur mantenendo una unità navale tra le forze marittime schierate. Dal marzo di quest'anno è in atto - guidato dal Dipartimento per le Operazione di Peacekeeping delle Nazioni Unite (DPKO) - un processo di maggiore multinazionalizzazione del contingente UNIFIL al livello dei Comandi sul terreno, allo scopo di ottenere una migliore integrazione tra truppe di Paesi diversi e una maggiore legittimazione della missione stessa.

Anche per l'operazione «ALTHEA», con il già citato decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, era stato previsto il finanziamento fino al 30 settembre 2008, a seguito delle decisioni assunte a riguardo nell'ambito dell'Unione europea. Con la conclusione adottata il 16 giugno 2008, il Consiglio dell'Unione europea ha sottolineato che è necessario rimanere attivamente coinvolti in Bosnia e che la presenza militare a guida europea rimarrà nell'area fino a quando sarà necessario. Lo stesso Consiglio ha valutato positivamente i recenti sviluppi politici nell'area, sottolineando che tali progressi influiranno necessariamente sul complessivo piano di intervento dell'Unione. Il Consiglio ha, inoltre, evidenziato che la situazione di sicurezza rimane stabile anche grazie al positivo contributo militare europeo e ha aggiunto che la forza europea (EUFOR) continua a offrire sicurezza, rimanendo pronta a rispondere alle possibili minacce che si dovessero presentare nella regione. Permangono, infatti, in Bosnia, latenti problematiche di base e si registrano azioni volte a indebolire progressivamente le legittime istituzioni a livello centrale. Per questo, al momento, il Comando EUFOR conferma l'intendimento dell'UE di non procedere a riduzioni dei Contingenti militari, ritenendo la presenza di EUFOR ancora necessaria. Al riguardo, tenuto conto della diminuzione del volume complessivo delle Forze italiane impiegate in Bosnia, operata nel corso del 2007, non si intravedono ulteriori e significative riduzioni per il contingente nazionale che si attesta intorno a circa 240 unità.

Precisa inoltre che, il Comandante della citata missione, a partire dal dicembre 2008, per un anno, sarà italiano. Quest'onere comporterà l'incremento di 18 posizioni organiche, ovvero un ufficiale generale, un close protection team e personale di staff del Comando EUFOR. Inoltre, a partire dal mese di gennaio 2009 e per la durata di un anno, l'Italia assumerà nel teatro bosniaco la carica di Senior Military Rappresentative del NATO Headquater Sarajevo, con un incremento organico di 15 posizioni, di cui una di Generale di Brigata ed il resto di personale di staff del Comando NATO.

Per quanto sopra evidenziato è stato quindi necessario provvedere al finanziamento delle missioni in Bosnia sino al 31 dicembre 2008.

Rimanendo nel teatro Balcanico, sottolinea come l'Italia attui una politica organica e di ampio respiro nei confronti dei Balcani. L'impostazione della posizione italiana muove dall'assunto che gli atavici problemi della Regione possano trovare una loro composizione esclusivamente all'interno di un disegno di coinvolgimento generale di tutti i suoi Paesi nell'Unione Europea e nella NATO.

Nel condurre tale azione, l'Italia si è impegnata in prima linea sia nel sostenere i processi di stabilizzazione democratica interni ai singoli Paesi, sia, non senza difficoltà, nel vincere le resistenze presenti nella Comunità Internazionale rispetto a tali scenari di allargamento UE e NATO.

Negli scorsi mesi è continuato il forte impegno italiano in Kosovo, che si conferma al centro dell'attenzione internazionale dopo la dichiarazione di indipendenza in febbraio. In tale contesto l'Italia promuove l'assunzione di crescenti responsabilità dell'UE in Kosovo, nella convinzione che l'annosa questione costituisca un problema eminentemente europeo. In questa ottica, il decreto-legge in discussione prevede lo stanziamento di fondi anche per corrispondere alle esigenze connesse con l'assunzione da parte dell'Italia, per un periodo di dodici mesi, del Comando della missione NATO in KOSOVO (KFOR), dove il 30 agosto 2008 il Generale italiano Giuseppe Emilio Gay ha sostituito il collega francese Xavier de Marnahac.

Al momento il contributo italiano si attesta su circa 2.200 militari. È da sottolineare che, nell'ambito dello sviluppo del progetto relativo al Kosovo Security Force Training Plan volto a reclutare, addestrare e costituire le forze di sicurezza kosovare, l'Italia ha assunto una posizione di primo piano con l'invio per un anno, dal 5 agosto 2008, del Generale di Brigata Gianfranco Di Luzio con l'incarico di Deputy Chief of Staff Military Civil Adivisory - Division (DCOS MCA) del Comando di KFOR.

Nel corso del 2008 gli sforzi del Contingente italiano nell'area occidentale del Kosovo sono stati notevoli, in particolare nelle zone di confine con il settore nord francese, dove sono stati conseguiti significativi progressi nel campo della sicurezza e dell'ordine pubblico. Parimenti anche la Multinational Specialised Unit (MSU), di cui fanno parte i nostri Carabinieri, ha contribuito alla stabilizzazione del Paese in modo determinante, in particolare nella gestione dei problemi di ordine e sicurezza pubblica a seguito della dichiarazione d'indipendenza de1 17 febbraio 2008.

Illustrando la missione EUFOR Tchad/Repubblica Centro Africana, sottolinea che il finanziamento per gli ultimi tre mesi dell'anno viene chiesto in conformità con il mandato fissato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 1834 adottata il 24 settembre 2008. Ricorda che la missione ha lo scopo di garantire la sicurezza nella zona est del Ciad e nell'area nord est della Repubblica Centrafricana proteggendo la popolazione civile, facilitando la consegna degli aiuti umanitari ed il libero movimento del personale internazionale.

In questo teatro, l'assetto sanitario italiano messo a disposizione del contingente e della popolazione locale è pienamente operativo, anche se la limitata attività operativa del contingente multinazionale europeo, a guida francese, non ha, di fatto, impegnato in modo massivo l'ospedale a connotazione prevalentemente chirurgica cioè con capacità salva vita o salva arti - «life and limb saving» -. Sono stati effettuati essenzialmente degli interventi medici ambulatoriali verso i contingenti delle altre nazioni partecipanti alla missione. Attualmente in questa missione sono impiegati circa 100 militari.

Relativamente ai possibili sviluppi nel medio termine, occorre sottolineare che il Comitato Militare dell'Unione Europea ha comunicato al Comitato Politico Strategico della stessa la necessità di giungere ad una decisione circa il futuro della missione, ed ha raccomandato l'ONU di finalizzare la pianificazione volta ad assicurare il passaggio di autorità tra la EUFOR e una Follow on Force a guida ONU/Unione africana. L'ONU ha recepito tali indicazioni con la stessa risoluzione del 24 settembre 2008. Allo stato attuale diverse soluzioni sono al vaglio. Nel quadro di incertezza delineato è ipotizzabile che pervengano forti sollecitazioni a livello internazionale affinché l'Italia protragga la presenza dell'assetto sanitario attualmente presente in Ciad almeno fino al mese di giugno 2009, in modo da rendere possibile un avvicendamento non traumatico con assetti provenienti da altri paesi.

Per quanto riguarda la missione Nato Training Mission in IRAQ (NTM-I), sottolinea come il personale continua a lavorare con le istituzioni irachene per costruire e potenziare il sistema di formazione della leadership di sicurezza del paese. Il contributo italiano è attualmente incentrato su circa 84 militari, in gran parte istruttori, incaricati dei corsi di formazione degli Ufficiali delle Forze armate irachene oltre che dell'addestramento della Iraqi National Police (INP). Quest'ultimo compito è svolto da un Team di Carabinieri denominato «Gendarmerie Training Department». L'addestramento dei reparti dell'INP è nettamente migliorato rispetto al precedente sistema addestrativo nel quale il personale veniva istruito da «contractors», ovvero agenzie di sicurezza private (ex poliziotti). L'addestramento impartito è volto a far acquisire le capacità di polizia supportate dalle capacità militari ed a contribuire alla creazione di una forza di Polizia Nazionale democratica, quale contributo tangibile alla sicurezza irachena. Sulla scorta dei risultati lusinghieri conseguiti, il Primo ministro iracheno ha recentemente chiesto alla NATO di incrementare il numero degli istruttori per fornire l'addestramento ad un numero maggiore di operatori della INP (fino a 900 unità rispetto alle iniziali 450). Il finanziamento aggiuntivo a questa missione è inteso proprio ad assicurare l'invio di ulteriori sedici Carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della Iraqi National Police.

Passando infine al teatro afgano, sottolinea come la situazione nel paese è sicuramente difficile. L'offensiva della guerriglia si è intensificata, è qualitativamente più complessa ma non è possibile parlare di strategia mirata contro le forze italiane. Alcuni esperti leggono in questa recrudescenza un tentativo di presentarsi in posizione di vantaggio rispetto alla nuova leadership degli Stati Uniti. L'obiettivo conclamato dei terroristi, comunque, rimane quello di rendere più difficile il processo di riconciliazione nazionale.

In questo contesto, è inutile nascondere che i militari italiani si confrontano con un accresciuto livello di rischio. Il dicastero della difesa continua a mettere in campo tutto quello che è disponibile per garantire maggiore sicurezza ai nostri uomini, i quali continuano ad operare con professionalità e efficacia. A parte qualche critica sterile ed infondata, dettata soprattutto dalla limitata conoscenza di quello che di buono stanno facendo i nostri militari in quel teatro, tutti ci riconoscono la qualità, non solo la quantità, del contributo italiano.

L'Italia svolge un ruolo di primo piano anche da un punto di vista diplomatico dove la politica dell'»institution building» risulta fondamentale. Allo stesso tempo anche la comunità internazionale deve intensificare gli sforzi a sostegno della ricostruzione dell'Afghanistan.

Come noto l'Italia, con circa 2.110 militari, è uno dei paesi dell'Alleanza che, in seno alla missione ISAF, maggiormente contribuisce alle attività di supporto al Governo afgano. Dopo la cessione di responsabilità della regione di Kabul al contingente francese, avvenuta nel mese di agosto ultimo scorso, i militari italiani detengono la responsabilità di comando esclusivamente nella regione ovest (Regional Command West - RCW) mantenendo comunque una componente di manovra nella regione della capitale Kabul (Regional Command Capital). Ciò ha permesso di ridefinire, come peraltro annunciato dal Ministro della Difesa nell'audizione dello scorso mese di luglio, il contributo nazionale nel teatro afgano, ottimizzando le risorse a disposizione.

Per quanto attiene alla regione ovest di responsabilità italiana, nel solco del maggior impegno operativo della NATO in tutto il territorio afgano, ribadito nell'ultimo vertice dei Capi di Stato e di Governo a Bucarest, il Governo ritiene opportuno concentrare capacità e risorse operative, finalizzandole a fronteggiare i rischi e le minacce provenienti dall'insorgenza e facilitare, nel contempo, il conseguimento del processo di «afghanizzazione» delle responsabilità in merito alla sicurezza.

In quest'ottica deve essere considerato il provvedimento incluso nel decreto-legge in parola che prevede l'invio di 4 aerei Tornado (PA 200) e del relativo supporto tecnico e di personale, per complessivi 120 militari. Tale esigenza trae origine dalla necessità di dotarsi di una più adeguata capacità di protezione del contingente ivi schierato, nonché per le richieste di collaborazione pervenute sia dalla Germania che dal Regno Unito, volte a fornire un adeguato numero di assetti da ricognizione.

A tale proposito, per dirimere alcuni dubbi sorti in sede di discussione, è importante sottolineare i seguenti aspetti:

gli aerei verranno «offerti» alla NATO in relazione esclusivamente a compiti di intelligence, ricognizione e sorveglianza e si aggiungono senza sostituirsi agli assetti già presenti in teatro per migliorare la sicurezza dei nostri militari e degli altri contingenti presenti;

l'autorità NATO non avrà facoltà di attribuire ai velivoli compiti diversi da quelli per cui essi sono stati assegnati; infatti, la potestà di cambiare la missione agli assetti nazionali risiede esclusivamente e permanentemente nelle autorità italiane e, specificatamente, nella figura del Capo di Stato Maggiore della Difesa - in analogia peraltro a quanto avviene negli altri paesi della NATO;

la catena di comando per i velivoli Tornado sarà la medesima di quella in uso per gli assetti aerei già partecipanti alla missione ISAF.

Contestualmente, per aumentare le capacità di sicurezza e tecniche del contingente, il decreto in parola prevede l'invio di 25 mezzi tra «Buffalo» e VTLM (Lince), la cui immissione è prevista a breve scadenza.

Allo stesso tempo, nel campo delle attività formative ed addestrative, si è ritenuto opportuno dare una risposta adeguata alle ripetute richieste avanzate dagli alleati per la partecipazione di personale dell'Arma dei Carabinieri all'addestramento delle Forze di polizia afgane, cosi come preannunciato, peraltro, dal Ministro della difesa nella già citata audizione del luglio ultimo scorso. Al riguardo il decreto-legge in discussione prevede le risorse per l'impiego di 40 militari dell'Arma.

Occorre peraltro ribadire che non vi sono state variazioni di strategia nazionale o della NATO per la missione ISAF; il nuovo contributo risponde all'impegno collegialmente preso, al vertice di Bucarest, dai leader dei paesi dell'Alleanza, per profondere un maggior sforzo in sostegno alla missione ISAF.

Con riferimento ad una questione posta dal relatore per la III Commissione, sottolinea, infine, come gli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, come riportato dall'articolo 3 dello stesso, vengono ricavati in modo eterogeneo da economie effettuate sul decreto legge di finanziamento delle missioni del 31 gennaio 2008, n. 8, convertito con modificazioni, dalle legge 13 marzo 2008, n. 45, da riduzioni delle autorizzazioni della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2006, n. 133 e mediante l'utilizzo parziale degli accantonamenti di alcuni dicasteri.

In conclusione, quindi, sottolinea come l'impegno che il Governo ha inteso ribadire con la partecipazione alle missioni previste dal decreto in oggetto, cosi come alle altre non interessate da questi decreti, testimonia ancora una volta il crescente impegno internazionale dell'Italia, premiato, peraltro, dagli ottimi risultati - da tutti riconosciuti - raggiunti dalle nostre Forze armate impegnate nei vari teatri operativi.

L'approvazione del presente decreto è importante sia perché gli impegni contemplati riflettono, per la stragrande maggioranza, scelte fatte nel corso di legislature diverse, sia perché il contributo italiano alla risoluzione dei conflitti in diverse aree del mondo rimane ancora fondamentale.

Sottolinea che, in futuro occorrerà riflettere su tali impegni. Una riflessione che il dicastero della difesa chiede di fare a tutto il Parlamento e che troverà il suo culmine nella discussione in occasione del rifinanziamento di tutte le missioni a gennaio del prossimo anno. Una riflessione che riguarda la necessità di chiarire quale sarà il futuro del nostro impegno militare fuori del territorio nazionale. Evidenzia, infatti, che a giudizio del Governo tutte le missioni sono vitali e auspica che gli impegni presi vengano mantenuti, ma la situazione finanziaria attuale impone delle riflessioni. In passato circa il 30 per cento delle spese per le missioni internazionali sono state finanziate con il bilancio ordinario della Difesa. La situazione attuale del bilancio della Difesa non consente più di procedere in tale direzione. Per cui ci si troverà a breve davanti al dilemma di ridimensionare la nostra presenza militare all'estero o di trovare il modo di finanziare «ad hoc», e per il loro costo complessivo reale, tutte le missioni senza attingere dalle ormai esauste casse della Difesa.

Nell'esprimere quindi tali preoccupazioni, e con il pensiero rivolto a chi, uomo o donna, in divisa e non, continua a servire il Paese nelle operazioni internazionali, per difendere la possibilità per chiunque di essere libero e di vivere in pace, auspica la più ampia convergenza per l'approvazione del decreto in discussione.

Ettore PIROVANO, presidente della IV Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta di domani.

La seduta termina alle 15.20.


 

 


COMMISSIONI RIUNITE

III  (Affari esteri e comunitari)

e IV (Difesa)

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Presidenza del presidente della III Commissione, Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa, Guido Crosetto.

SEDE REFERENTE

DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

Le Commissioni riunite proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 28 ottobre 2008.

Stefano STEFANI, presidente e relatore della III Commissione, avverte che si è concluso ieri l'esame preliminare del provvedimento. Avverte inoltre che è stato presentato l'emendamento 3.1 La Forgia (vedi allegato), su cui, anche a nome del collega Cicu, relatore per la IV Commissione, esprime parere contrario, in quanto modifica la copertura finanziaria del provvedimento imputandone quota parte degli oneri, per un ammontare pari a 3 milioni di euro, al Fondo per le esigenze prioritarie del Ministero della difesa. Tale fondo è già destinato a far fronte agli oneri derivanti dallo svolgimento delle attività programmate dal Ministero della difesa per le celebrazioni del 4 novembre, in occasione del 90o anniversario della fine del primo conflitto mondiale, ai sensi dell'ordine del giorno n. 9/1386/142, di cui l'onorevole Paglia è stato primo firmatario e accolto dal Governo, nel corso dell'esame del decreto-legge n. 112 del 2008.

Ricorda che tale finanziamento si rese necessario in conseguenza dei sensibili tagli agli ordinari stanziamenti di bilancio della difesa, disposti dal citato decreto-legge n. 112, stanziamenti che, come più volte ribadito nelle scorse sedute, risultano già utilizzati per integrare le risorse, di fatto carenti, del Fondo missioni internazionali. Fa, infine, presente che gli accantonamenti del Fondo speciale di parte corrente, relativi ai Ministeri della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca, utilizzati dal presente provvedimento per la copertura di quota parte degli oneri - che risulterebbero invece fatti salvi, almeno in parte, dall'emendamento 3.1 La Forgia - si riferiscono ad interventi vari non ancora concretizzatisi in iniziative legislative, che, pertanto, molto probabilmente finirebbero in economia, cioè rimarrebbero non utilizzati alla fine dell'esercizio.

Il sottosegretario Guido CROSETTO esprime parere contrario sull'emendamento 3.1 La Forgia, in quanto l'eventuale accoglimento della proposta emendativa, comportando la necessità di una terza lettura del provvedimento al Senato, comporterebbe il rischio di non assicurare la conversione del decreto-legge in tempo utile.

Antonio LA FORGIA (PD), nell'illustrare il proprio emendamento 3.1 e nel dichiararsi sensibile alle argomentazioni addotte dal sottosegretario Crosetto, evidenzia come la finalità perseguita dalla sua proposta emendativa sia quella di azzerare il prelevamento di risorse dal Ministero della pubblica istruzione e di dimezzare il prelievo dal dicastero dell'università e della ricerca. Ritiene che la copertura degli oneri derivanti dalle missioni rifinanziate dal provvedimento in esame a valere sulle citate risorse rappresenti un errore politico e comporti un danno all'immagine del Ministero della difesa. Sottolinea come il prelevamento di risorse a valere sul fondo per le esigenze prioritarie della difesa proposto dal suo emendamento non celi alcun intento ostruzionistico nei confronti delle celebrazioni per il 4 novembre, ma sia volto unicamente ad evitare una copertura finanziaria che, come detto, rischia di danneggiare l'immagine della Difesa. Chiede pertanto al Governo di fornire assicurazioni quanto meno sul fatto che a tale copertura non si ricorrerà in futuro.

Il sottosegretario Guido CROSETTO, nel ricordare come negli ultimi anni gli stanziamenti del Ministero della difesa siano stati oggetto di numerose misure di contenimento della spesa, anche per far fronte alle esigenze di altri dicasteri, ritiene che non siano ulteriormente sopportabili altre operazioni di definanziamento come quella proposta dall'emendamento in esame. Per quanto riguarda le celebrazioni del 4 novembre fa presente che il fondo verrà utilizzato per circa 1 milione e 200 mila euro per le spese effettive derivanti dalle citate celebrazioni e per una parte, per gli oneri connessi all'impiego supplementare del personale, come ad esempio le spese derivanti dalla corresponsione degli straordinari. Ritiene, comunque, che l'iniziativa assunta dal Ministero della difesa per le celebrazioni del 4 novembre, si stia rivelando di estrema utilità per la divulgazione della preziosa funzione svolta dalle Forze armate per il Paese, anche se egli stesso, nella fase preparatoria di questa iniziativa aveva manifestato delle perplessità. In ogni caso, ribadisce che la contrarietà del Governo sull'emendamento 3.1 La Forgia non ha lo scopo di ostacolare una proposta dell'opposizione, ma risponde alla preoccupazione di assicurare la conversione del decreto-legge in tempo utile.

Francesco BOSI (UdC) ritiene che le Commissioni riunite Esteri e Difesa non siano in grado di valutare se il prelevamento di fondi da un Ministero piuttosto che da un altro risulti più o meno congruo. Resta il fatto comunque che, a suo avviso, il bilancio della difesa non può più sopportare il taglio di un solo euro; quindi tagliare ulteriori risorse per la copertura del provvedimento in oggetto sarebbe un controsenso. Per quanto concerne le celebrazioni del 4 novembre, sottolinea come le iniziative che si svolgono in questo ambito siano molto gradite alle comunità locali, tanto che spesse volte vi contribuiscono con proprie risorse. Sulla base di queste considerazioni, quindi, preannuncia la propria astensione sull'emendamento 3.1 La Forgia.

Rosa Maria VILLECCO CALIPARI (PD) sottolinea come l'emendamento 3.1 La Forgia sia stato presentato a sostegno dell'immagine del Ministero della difesa, con l'intento di evitare di contrapporre, come invece risulta dalla copertura finanziaria del provvedimento in esame, la funzione Difesa ai tagli operati nei confronti dei Ministeri della pubblica istruzione e dell'università e della ricerca, per contestare i quali, ricorda, proprio in questi giorni, si stanno svolgendo manifestazioni di piazza.

Roberto SPECIALE (PdL) ritiene prive di fondamento le argomentazioni portate dall'opposizione a sostegno dell'approvazione dell'emendamento 3.1 La Forgia, dal momento che negli ultimi anni gli stanziamenti del Ministero della difesa sono stati frequentemente utilizzati per la copertura delle spese di altri dicasteri e mai, invece, come avviene con il presente provvedimento, per effettuare l'operazione opposta.

Stefano STEFANI, presidente e relatore della III Commissione, dopo avere dato conto delle sostituzioni comunicate dai gruppi, pone in votazione l'emendamento 3.1 La Forgia.

Le Commissioni riunite respingono l'emendamento 3.1 La Forgia.

Stefano STEFANI, presidente e relatore della III Commissione, comunica che sono pervenuti i pareri favorevoli delle Commissioni I, V, VI, XI e XIV, nonché del Comitato per la legislazione.

Alessandro MARAN (PD), alla luce del dibattito che si è svolto, preannuncia il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico sulla deliberazione delle Commissioni riunite per il conferimento del mandato ai relatori a riferire in senso favorevole presso l'Assemblea. Sottolinea che l'Afghanistan rappresenta un terreno cruciale per la sfida democratica e per l'intera comunità internazionale. Il fallimento della missione in tale Paese produrrebbe, a suo avviso, gravissime conseguenze sia sulla popolazione locale che sugli equilibri globali. Segnala che a livello internazionale emergo a questo punto della crisi una forte domanda a favore di una soluzione politica alla quale affidare, al di là dello strumento militare, la stabilizzazione dell'area. Sottolinea che l'Italia in diverse sedi ha sostenuto questo approccio e che numerose dichiarazioni di autorevoli esponenti istituzionali e militari degli stessi Stati Uniti e del Regno Unito hanno affermato la natura ineludibile di una soluzione di tipo politico. Da tali spunti pone all'attenzione dei colleghi commissari e del rappresentante del Governo il quesito circa la opportunità di riconsiderare la missione dei militari italiani a favore del rafforzamento del dialogo politico nel quadro di un processo di riconciliazione nazionale. Sottolinea che il provvedimento offre al Parlamento l'occasione per sollecitare dal Governo una nuova presa di posizione anche nella prospettiva di una Conferenza di pace. Su tali temi ritiene che sarebbe auspicabile avviare una riflessione profonda ed accurata insieme al Ministero degli affari esteri, alla quale i gruppi di opposizione assicurerebbero la massima collaborazione.

Franco GIDONI (LNP), nel preannunciare il voto favorevole al presente provvedimento del gruppo Lega Nord Padania, fa proprie le preoccupazioni espresse dal sottosegretario Crosetto a conclusione dell'esame preliminare, che, a suo avviso, potrebbero essere riassunte con la frase: «non si fanno le nozze con i fichi secchi». Condivide dunque la necessità di riconsiderare a gennaio la partecipazione italiana alle missioni all'estero in funzione dei budget assegnati ovvero di integrare gli appositi stanziamenti destinati alle attuali missioni, fermo restando comunque l'impegno dello ministero stesso a razionalizzare la spesa eliminando sprechi ed inefficienze.

Tornando al provvedimento in esame, ricorda che la Lega Nord ha condiviso la linea prudente e sostanzialmente non in chiave antirussa adottata dal Governo, così come le iniziative diplomatiche adottate da quest'ultimo per facilitare la composizione della crisi compresa, ovviamente, la partecipazione italiana alla European Union Monitoring Mission in Georgia. Per quanto riguarda le altre missioni di cui è stata autorizzata la proroga, l'unica missione problematica è, a suo avviso, quella in corso in Libano, rispetto alla quale, già a suo tempo, la Lega Nord si espresse in senso contrario, a causa del mandato incerto della missione Unifil e del rifiuto di utilizzare apertamente tale missione per disarmare gli Hezbollah, come già evidenziato da altri commissari nel corso dell'esame preliminare.

Ricorda altresì come in passato, in una stagione politica ormai lontana, la Lega Nord sollevò obiezioni riguardo ad alcune missioni nei Balcani, in particolare per quella in atto in Kosovo, dove però il senso della presenza militare italiana è profondamente mutato negli anni, al punto da potersi considerare tale missione necessaria alla tutela della comunità serba locale. Nel ritenere comunque il dispiegamento di forze in Kosovo sovradimensionato rispetto ai compiti assegnati, fa presente come si ponga il problema di valutare al più presto l'opportunità di riconsiderare gli impegni presi.

La Lega Nord, invece, è sempre stata favorevole negli ultimi anni a tutte le scelte fatte per rafforzare il contingente italiano in Afghanistan, nell'intento di irrobustirne la protezione.

Nel sottolineare, inoltre, l'importanza per la Lega Nord dell'intervento della Guardia di Finanza in Libia, in quanto parte fondamentale degli sforzi nazionali per il contrasto al fenomeno dell'immigrazione clandestina, ne auspica l'ulteriore potenziamento.

Ricorda, infine, come abbia suscitato un certo clamore l'incremento della presenza militare italiana in Iraq. In particolare, il comma 10 dell'articolo 2-bis, stanzia 1,3 milioni di euro per permettere il rafforzamento del dispositivo di sicurezza intorno alla missione dell'Unità di Sostegno alla Ricostruzione italiana. Si tratta di un elemento importante, anche perché, nella relazione di accompagnamento al presente provvedimento presentata al Senato, il Governo ammette per la prima volta che la protezione dell'Unità è affidata ad una società privata, con la quale si intende rinnovare il contratto in scadenza al 31 dicembre sino al prossimo 30 aprile. Nel ricordare come già al Senato il Gruppo Lega Nord Padania abbia stigmatizzato la scelta compiuta dal Governo Prodi di assicurare la protezione dell'Unità di sostegno alla ricostruzione ricorrendo ai servizi di una società di sicurezza privata e nel prendere atto del fatto che l'attuale esecutivo ne dispone la proroga sino al prossimo aprile, ritiene che tale scelta sia legittima, anche se andrebbe riconsiderata qualora l'impegno dovesse andare oltre tale termine.

In conclusione, nel ringraziare il Governo e le Commissioni riunite Esteri e Difesa, ribadisce il voto favorevole del gruppo della Lega Nord Padania sul provvedimento in oggetto.

Marco ZACCHERA (PdL) preannuncia il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà in vista della deliberazione per il conferimento del mandato ai relatori. Per quanto concerne la crisi georgiana, sottolinea che la presenza dell'Unione europea è doverosa in relazione all'intera regione caucasica. Rispetto alla missione in Libano ritiene necessario procedere ad una revisione della missione dei militari italiani, alla luce del nuovo scenario internazionale. Concorda con il collega Maran quanto al quadro sulla situazione afghana e sull'opportunità di indire una conferenza di pace. A tal proposito esprime rammarico per la debole reazione da parte delle autorità afghane rispetto all'assassinio della cooperante di nazionalità britannica, uccisa in quanto di fede cristiana, e preannuncia la presentazione di un ordine del giorno per sollecitare il Governo italiano ad una presa di posizione nei confronti del presidente Karzai affinché in Afghanistan vi sia un impegno per la tutela dei diritti e delle libertà di tutti, senza distinzioni religiose.

Rispetto alla situazione in Kosovo, rileva l'opportunità di ridurre l'impegno militare italiano, analogamente al Libano, anche al fine di consentire la normalizzazione e la piena ripresa dell'attività istituzionale a livello locale. Infine, richiama l'attenzione delle Commissioni riunite le missioni considerate minori in quanto lontane da un interesse mediatico, ma che vedono i nostri militari impegnati in aree di crisi in tutto il mondo.


Roberto SPECIALE (PdL), intervenendo a titolo personale, esprime parole di apprezzamento per il voto favorevole dato dall'opposizione al provvedimento in esame. Da vecchio militare ricorda che non c'è medicina migliore per i militari che operano nei teatri operativi all'estero che quella di vedersi sostenuti nella propria attività dal consenso unanime del Parlamento.

Francesco BOSI (UdC), nell'esprimere il voto favorevole del gruppo Unione di Centro sul provvedimento in esame, sottolinea come tutte le missioni rifinanziate siano utili e fondamentali. Ciò premesso, formula l'auspicio che si possa avviare una riflessione per un ridimensionamento della missione in Kosovo, pur riconoscendone l'utilità. In merito alla missione in Afghanistan, ritiene che vi sia l'esigenza di un maggiore intervento nel settore civile, nel quale si potrebbe operare più incisivamente per la diffusione della cultura del rispetto della persona umana, anche al fine di favorire il rispetto di tutte le religioni.

Stefano STEFANI, presidente e relatore della III Commissione, dopo avere dato conto delle sostituzioni comunicate dai gruppi, pone in votazione la deliberazione per il conferimento del mandato ai relatori.

Le Commissioni riunite deliberano all'unanimità di conferire il mandato ai relatori, onorevoli Stefani e Cicu, di riferire in senso favorevole all'Assemblea sul provvedimento in esame. Deliberano altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Stefano STEFANI presidente e relatore della III Commissione, si riserva, anche a nome del presidente della IV Commissione, di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

La seduta termina alle 15.40.



ALLEGATO


 

DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008. (C. 1802 Governo, approvato dal Senato).

EMENDAMENTO

All'articolo 3, comma 1, lettera c-quinquies sostituire le parole: quanto a euro 20.634.000 con le seguenti: quanto a euro 17.634.000;

conseguentemente, alla medesima lettera, dello stesso articolo 3, comma 1, sopprimere le parole: Ministero della pubblica istruzione 2.457.000;

conseguentemente, alla medesima lettera, dello stesso articolo 3, comma 1, sostituire le parole: Ministero dell'università e della ricerca 985.000, con le seguenti: Ministero dell'università e della ricerca 442.000;

conseguentemente, al medesimo articolo 3, comma 1, dopo la lettera c-quinquies, aggiungere la seguente: c-sexies: quanto a euro 3 milioni, mediante corrispondente riduzione delle risorse iscritte nel fondo di cui all'articolo 60, comma 8-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

La Forgia, Villecco Calipari, Garofani, Sereni, Beltrandi, Gaglione, Giacomelli, Fioroni, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini, Recchia, Rosato, Rugghia, Tocci, Vico.


 

 


Esame in sede consultiva

 


COMITATO PER LA LEGISLAZIONE

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Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

Esame C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni III e IV).

(Esame e conclusione - Parere senza condizioni né osservazioni).

Arturo IANNACCONE, relatore, segnala come il provvedimento in esame si innesti nel solco di una prassi ormai consolidata, secondo cui la materia delle missioni internazionali è regolata da decreti-legge che, di volta in volta, autorizzano la partecipazione italiana a nuove missioni militari  internazionali ovvero prorogano i termini per ciascuna delle missioni internazionali in corso, generalmente per un periodo semestrale. Il decreto-legge in esame, nel testo modificato dal Senato, oltre ad autorizzare la nuova missione in Georgia, reca la proroga della partecipazione dell'Italia ad altre missioni internazionali già in corso fino al 31 dicembre 2008.

Nella premessa del parere da lui redatto ha ritenuto comunque di sottolineare come nel provvedimento, originariamente relativo alla sola missione in Georgia, siano stati poi assorbiti, durante l'iter al Senato, anche i contenuti del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008. Per tale ultimo decreto, evidentemente destinato a decadere, sono pertanto fatti salvi gli effetti, come dispone il comma 2 del disegno di legge di conversione.

Illustra, dunque, la seguente proposta di parere.

«Il Comitato per la legislazione,

esaminato il disegno di legge n. 1802 e rilevato che esso:

reca un contenuto omogeneo che, mentre nella versione originaria faceva riferimento alla sola missione in Georgia, a seguito delle modifiche apportate al Senato è adesso volto a disciplinare i profili normativi connessi alla partecipazione di personale italiano alle diverse missioni internazionali che vedono impegnato il nostro Paese, fino al 31 dicembre 2008, introducendo una normativa strumentale al loro svolgimento o rinviando a quella esistente;

effettua ampi rinvii alla normativa esistente, secondo un procedimento consueto nei decreti che regolano la partecipazione italiana alle missioni internazionali, in carenza - come rilevato dal Comitato anche in occasione dell'esame di analoghi decreti-legge - di una normativa unitaria che regolamenti stabilmente i profili giuridico-economici delle missioni stesse;

il provvedimento in esame riproduce integralmente, all'articolo 2-bis, i contenuti del decreto-legge n. 150 del 2008, presentato al Senato, in ragione della sostanziale identità di materia tra il provvedimento in esame ed il secondo decreto (evidenziata anche nel titolo di quest'ultimo: «Proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008»); come già evidenziato dal Comitato per la legislazione in circostanze analoghe, tale confluenza in un unico testo di più articolati attualmente vigenti - che originano da distinte delibere del Consiglio dei Ministri e distinti decreti del Presidente della Repubblica - appare comunque suscettibile di ingenerare un'alterazione del lineare svolgimento della procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di conversione dei decreti-legge, come definita a livello costituzionale e specificata negli stessi regolamenti parlamentari, sia pure attenuata dall'espressa clausola di salvezza degli effetti prodotti dal decreto-legge confluito nel provvedimento in esame e dunque destinato a decadere;

è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN);

è corredato della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR);

ritiene che, fermo restando quanto rilevato in premessa sull'avvenuta confluenza di due decreti-legge in un unico provvedimento, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, non vi sia nulla da osservare.».

Roberto ZACCARIA, nel concordare con la proposta di parere illustrata, desidera tuttavia rimarcare la frequenza con cui si ripete, in questa legislatura, l'abitudine di far confluire il testo di un decreto- legge in altro provvedimento di urgenza. Un calcolo approssimativo condurrebbe ad individuare quattro precedenti nell'arco di pochi mesi. Si riferisce, in particolare, ai decreti-legge adottati in materia di emergenza  rifiuti in Campania, ai decreti legge riguardanti la crisi di Alitalia, ai due provvedimenti di urgenza esaminati nell'odierna seduta del Comitato sulla crisi dei mercati finanziari ed, infine, al decreto-legge in esame, in cui il Senato ha inserito le disposizioni di altro decreto- legge.

Invita dunque i membri del Comitato per la legislazione a monitorare tali situazioni, anche al fine di verificare se vi siano i presupposti per investire della questione il Presidente della Camera, nel caso essa abbia a ripetersi in modo ricorrente.

Infine, riprendendo quanto detto dal relatore circa l'esistenza di numerosi precedenti decreti legge in materia di missioni militari, segnala che dovrebbe riflettersi sull'uso in via ordinaria dello strumento della decretazione di urgenza per la proroga di termini che ben potrebbero invece essere prolungati con leggi ordinarie.

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 9.25.


 

 

 


I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite III e IV).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, rilevato che il provvedimento in esame non presenta profili problematici per quanto attiene alle competenze della Commissione, formula su di esso una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.



ALLEGATO 2

 


DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (C. 1802 Governo, approvato dal Senato).

PARERE APPROVATO

Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,

esaminato il testo del disegno di legge C. 1802 Governo, già approvato dal Senato, recante «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia»;

considerato che il provvedimento incide sulle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato», «difesa e Forze armate», «giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», che le lettere a), d) ed l) del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione attribuiscono rispettivamente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato;

rilevato che non sussistono motivi di rilievo sugli aspetti di legittimità costituzionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE.



I COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

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COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Martedì 18 novembre 2008. - Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

La seduta comincia alle 14.

DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

Emendamenti C. 1802-A Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).

(Esame e conclusione - Parere)

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), relatore, rileva che gli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 non presentano profili critici per quanto attiene al rispetto del riparto di competenze legislative di cui all'articolo 117 della Costituzione e propone pertanto di esprimere su di essi il parere di nulla osta.

Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.


 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni III e IV).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Gioacchino ALFANO (PdL) illustra il contenuto del provvedimento, approvato dal Senato, che dispone la conversione in legge del decreto-legge n. 147 del 2008 recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008. Con riferimento ai profili di interesse della Commissione, per quel che concerne l'estensione della disciplina dell'avanzamento a grado superiore, in caso di morte o inidoneità al servizio, al personale sub-direttivo della Guardia di Finanza di cui all'articolo 2-bis, comma 12, ritiene opportuno, tenuto conto che la formulazione normativa originaria non esclude espressamente l'applicazione al personale deceduto o divenuto inabile in patria, acquisire un chiarimento da parte del Governo circa i dati posti alla base della quantificazione riportata nella relazione tecnica, con specifico riferimento all'ambito territoriale assunto per la definizione della platea dei potenziali destinatari della disposizione.

Ricorda poi che l'articolo 3, comma 1, dispone che agli oneri derivanti dall'attuazione del decreto, escluso l'articolo 2-bis, comma 12, pari complessivamente a euro 151.538.448 per l'anno 2008, si provvede quanto a euro 86.955, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, che autorizza, fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.430.938 per assicurare la partecipazione italiana alle iniziative di Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD); quanto a euro 89.984.291, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge n. 296 del 2006, come rifinanziata, per 90 milioni di euro, dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008; quanto a euro 1.600.000, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, che autorizza, fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 14.503.478 per la prosecuzione degli interventi di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq e Afghanistan; quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, che ha autorizzato, fra l'altro, la spesa di euro 5.176.102 per la partecipazione di personale militare alla missione delle Nazioni unite e dell'Unione Africana nel Darfur in Sudan, denominata United Nations/African Union Mission in Darfur (UNAMID); quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004; quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 93 del 2008; che ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, di un fondo con una dotazione pari a 115 milioni di euro per l'anno 2008, 120 milioni di euro per l'anno 2009 e 55,5 milioni di euro per l'anno 2010, da utilizzare a reintegro delle dotazioni finanziarie dei programmi di spesa del bilancio dello Stato. Infine, quanto a euro 20.634.000, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente relativo al triennio 2008-2010, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti del Ministero dell'economia per euro 1.155.000; del Ministero della giustizia, per euro 706.000; del Ministero degli affari esteri, per euro 11.478.000; del Ministero della pubblica istruzione, per euro 2.457.000; del Ministero dell'interno, per euro 815.000; del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, per euro 130.000; del Ministero per i beni e le attività culturali, per euro 1.618.000; del Ministero della salute, per euro 449.000; del Ministero dei trasporti, per euro 841.000; per Ministero dell'università e della ricerca, per euro 985.000. In proposito, con riferimento all'utilizzo  delle risorse di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge n. 296 del 2006, ricorda che il citato comma ha autorizzato, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, la spesa di euro 1 miliardo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. A tal fine è stato istituito un apposito fondo nell'ambito dello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze. La dotazione del Fondo è stata integrata di 90 milioni di euro per l'anno 2008, dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008. Le relative risorse sono iscritte nel capitolo 3004 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. Osserva che da una interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato risulta che la dotazione iniziale di 1 miliardo di euro per il 2008 risulta esaurita e che il predetto capitolo non risulta ancora integrato dell'importo di 90 milioni autorizzati dal citato articolo 63 del decreto-legge n. 112 del 2008. A tale proposito, ricorda che nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, il rappresentante del Governo ha depositato presso la Commissione bilancio una documentazione dalla quale si evince che il Fondo reca le necessarie disponibilità a seguito del rifinanziamento operato dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008 e che è in corso il decreto di attuazione del Ministero dell'economia e della finanze. Al riguardo, chiede di acquisire una conferma in tal senso da parte del Governo. In relazione all'utilizzo delle risorse autorizzate dagli articoli 2, commi 3 e 8, e 3, comma 8, del decreto legge n. 8 del 2008, ritiene opportuno che il rappresentante del Governo confermi l'effettiva disponibilità delle stesse. In relazione all'utilizzo delle risorse di cui alle autorizzazioni di spesa di cui al Fondo per interventi di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 307 del 2004, e al c.d «Fondo per la flessibilità», di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 93 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 126 del 2008, osserva che, da una interrogazione effettuata alla banca dati della Ragioneria generale dello Stato, i relativi capitoli di bilancio (rispettivamente 3075 e 3076 dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze) recano la necessaria disponibilità. Al riguardo chiede di acquisire una conferma in tal senso da parte del Governo. Infine con riferimento all'utilizzo degli accantonamenti del Fondo speciale di parte corrente per l'anno 2008, rileva che i medesimi recano le necessarie disponibilità.

Ricorda poi che l'articolo 3, dispone, al comma 1-bis, che all'onere derivante dall'articolo 2-bis, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge n. 296 del 2006, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2008. Il comma 1-ter, reca una clausola di salvaguardia per il monitoraggio degli oneri di cui al comma 1-bis. Osserva che la somma totale degli oneri posti a carico della predetta autorizzazione di spesa dal comma 1 e dal comma in esame è pari complessivamente a euro 89.999.749 per l'anno 2008. Ricorda che l'autorizzazione di spesa di cui al citato comma 1240 è stata rifinanziata per un importo di 90 milioni di euro per l'anno 2008 dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008. Per quanto concerne l'utilizzo delle risorse del Fondo per interventi strutturali di politica economica a decorrere dall'anno 2009 ritiene opportuno acquisire un chiarimento da parte del Governo in merito alla effettiva disponibilità delle relative risorse. Dal punto di vista formale, rileva la necessità di acquisire un chiarimento in merito alla portata  dell'espressione «riduzione della dotazione organica» con riferimento al Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS, con riferimento all'avanzamento di grado in caso di morte o invalidità, rileva che si fa riferimento esclusivamente ad eventi accaduti all'estero e, conseguentemente, la copertura deve ritenersi congrua. Assicura inoltre che si provvederà all'emanazione del decreto del Ministero dell'economia e finanze, con cui si darà attuazione all'integrazione del Fondo per le missioni internazionali disposta dal decreto legge n. 112 del 2008. Più in generale, rileva che le risorse utilizzate a copertura risultano disponibili.

Gioacchino ALFANO (PdL) formula quindi la seguente proposta di parere:

«La V Commissione,

esaminato il disegno di legge di conversione del decreto legge n 147 del 2008, recante partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008;

preso atto dei chiarimenti forniti dal Governo;

esprime

PARERE FAVOREVOLE».

Maino MARCHI (PD) chiede chiarimenti sull'utilizzo a fini di copertura di diversi accantonamenti dei fondi speciali, che risulta suscettibile di determinare conseguenze negative per il finanziamento di importanti politiche nei settori interessati. Segnala in particolare che, ancora una volta, si riducono le risorse di competenza del Ministero dell'Istruzione.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS rileva che la copertura del provvedimento è stata effettuata prevalentemente a valere sugli accantonamenti del fondo speciale di parte corrente di cui alla tabella A della legge finanziaria, che sono destinati alla copertura dei provvedimenti approvati dal Parlamento nel corso dell'anno e pertanto non si verificheranno riduzioni di servizi finanziati con tali risorse. Inoltre si tratta di riduzioni limitate nell'ammontare. Osserva poi che comunque si tratta di riduzioni ripartite su diversi accantonamenti e pertanto ciascuno di essi subisce decurtazioni di lieve entità.

La Commissione approva la proposta di parere.

 


 

 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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DL 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802-A Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).

(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Giancarlo GIORGETTI, presidente, in sostituzione del relatore, segnala che il provvedimento, approvato in prima lettura dal Senato, dispone la conversione in legge del decreto legge recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008, e che lo stesso è stato esaminato dalla Commissione  bilancio nella seduta del 29 ottobre 2008. Ricorda che in quella occasione la Commissione bilancio ha espresso parere favorevole sul testo e avverte che nella medesima giornata le Commissioni riunite III e IV hanno concluso l'esame in sede referente senza apportare modifiche. Rileva che, conseguentemente, il testo all'esame dell'Assemblea non sembra, quindi, presentare profili problematici dal punto di vista finanziario. Segnala infine che non sono stati presentati emendamenti riferiti al testo del provvedimento. Propone pertanto di esprimere parere favorevole sul disegno di legge C 1802-A.

Il sottosegretario Giuseppe VEGAS concorda con la proposta di parere.

La Commissione approva la proposta di parere.


 

 

 

 


V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

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DL 147/08: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802-A Governo, approvato dal Senato.

(Parere all'Assemblea).

(Parere su emendamenti).

La Commissione inizia l'esame delle proposte emendative in oggetto.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, fa presente che in data 17 novembre 2008 l'Assemblea ha trasmesso il fascicolo n. 1 degli emendamenti all'A.C. 1802-A, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n. 147 del 2008, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008. Con riferimento alle due proposte emendative contenute nel fascicolo, segnala in primo luogo l'emendamento 2-bis.1, che stanzia la somma di 300 mila euro per iniziative di sensibilizzazione e formazione della popolazione libanese in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso e in particolare dal sub-munizionamento antipersona disperso da bombe a grappolo. All'onere  della proposta si provvede mediante corrispondente riduzione delle risorse iscritte nel Fondo per le esigenze prioritarie del Ministero della difesa, di cui all'articolo 60, comma 8-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, la cui dotazione è stabilita in 3 milioni di euro per l'anno 2008. Al riguardo, segnala che, come da informazioni pervenute dai competenti uffici della Ragioneria generale dello Stato, le risorse del predetto Fondo sono iscritte in via provvisoria nel capitolo 1184 di nuova istituzione dello stato di previsione del Ministero della difesa in quanto il decreto di variazione al bilancio è ancora all'esame della Corte dei conti per il visto. Le risorse del Fondo, pari, come sopra ricordato, a 3 milioni di euro per il 2008, risultano allo stato interamente disponibili, ma il loro utilizzo è subordinato all'apposizione del visto da parte della Corte dei conti al citato decreto di variazione. Pertanto la verifica dell'idoneità della copertura finanziaria della proposta emendativa appare condizionata alla effettiva iscrizione delle risorse del Fondo nel bilancio dello Stato. Ritiene pertanto necessario acquisire al riguardo l'avviso del Governo. Con riferimento all'emendamento 2-bis.2, che stanzia la somma di 150 mila euro per predisporre i necessari adempimenti e le attività di studio e preparazione diplomatica utili a proporre l'Italia come sede di una conferenza di pace regionale che coinvolga tutti i paesi dell'Asia meridionale prevedendo che al relativo onere si provveda per l'anno 2008 mediante corrispondente riduzione dell'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze, rileva che l'accantonamento del Fondo speciale di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze non reca le necessarie disponibilità.

Il sottosegretario Luigi CASERO rileva che l'emendamento 2-bis.1 non presenta profili problematici per la finanza pubblica ed esprime l'avviso contrario del Governo sull'emendamento 2-bis.2.

Gioacchino ALFANO (PdL), relatore, alla luce dei chiarimenti forniti dal rappresentante del Governo, formula la seguente proposta di parere:

«La V Commissione,

esaminate le proposte emendative in oggetto;

esprime

PARERE CONTRARIO

sull'emendamento 2-bis.2, in quanto suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sull'emendamento 2-bis.1.».

La Commissione approva la proposta di parere.


 

 

 


VI COMMISSIONE PERMANENTE

(Finanze)

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DL 147/08: Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni III e IV).

(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Elvira SAVINO (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alle Commissioni riunite III Affari esteri e IV Difesa, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, sul disegno di legge C. 1802 Governo, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge  n. 147 del 2008, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

L'articolo 1, comma 1, autorizza, per il periodo dal 21 settembre al 31 dicembre 2008, la spesa di 2.058.424 euro per la partecipazione di personale delle Forze armate alla missione dell'Unione europea in Georgia EUMM (European Union Monitoring Mission).

Il comma 2 stabilisce che al personale impegnato nella missione si applichino l'articolo 4, commi 1, lettera a), 2, 4, commi 6 e 10, l'articolo 5 e l'articolo 6 del decreto-legge n. 8 del 2008.

A tale riguardo si ricorda che l'articolo 4, comma 1, del citato decreto-legge n. 8 attribuisce al personale impegnato nelle missioni internazionali disciplinate dal provvedimento l'indennità di missione di cui al regio decreto n. 941 del 1926, in misure diversificate a seconda delle missioni stesse. In particolare, la lettera a) dello stesso comma 1 prevede che la suddetta indennità sia corrisposta, nella misura del 98 per cento, al personale militare che partecipa alle missioni UNIFIL, CIU, MSU, Joint Enterprise, Albania 2, EUPT, missione PESD (Politica europea di sicurezza e difesa) in Kosovo e ALTHEA, nei Balcani, UNMIK, TIPH 2 ed EUBAM Rafah, in Medio Oriente, UNAMID e EUFOR Tchad/RCA, in Africa, e MINUSTAH ad Haiti.

Tale indennità viene riconosciuta a decorrere dalla data di entrata nel territorio, nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei Paesi interessati e fino alla data di uscita dagli stessi per rientrare nel territorio nazionale, ed è attribuita per tutto il periodo della missione in aggiunta allo stipendio o alla paga e agli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Da tale indennità devono essere detratti, tuttavia, gli importi riguardanti le indennità e i contributi eventualmente corrisposti agli interessati direttamente dagli organismi internazionali.

L'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 8 dispone, analogamente a quanto previsto nel 2007, che alla predetta indennità, nonché al trattamento economico corrisposto al personale che partecipa alle attività di assistenza alle Forze armate albanesi, continui a non applicarsi la riduzione del 20 per cento delle diarie corrisposte per le missioni all'estero prevista dall'articolo 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006.

L'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 8 prescrive che anche per l'anno 2008, ai militari inquadrati nei contingenti impiegati nelle missioni internazionali di pace come disciplinate dal medesimo decreto-legge, in sostituzione dell'indennità operativa ovvero dell'indennità pensionabile percepita, sia corrisposta, se più favorevole, l'indennità di impiego operativo nella misura uniforme pari al 185 per cento dell'indennità operativa di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 78 del 1983, se militari in servizio permanente, ed a euro 70, se volontari di truppa in ferma breve o prefissata.

Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala il rinvio, contenuto nel medesimo comma 4, all'articolo 51, comma 6, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica, n. 917 del 1986, ai sensi del quale le predette indennità di missione concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare.

L'articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 8 consente di valutare i periodi di comando, di attribuzioni specifiche, di servizio e di imbarco svolti dagli ufficiali delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri presso i comandi, le unità, i reparti e gli enti costituiti per lo svolgimento delle missioni internazionali disciplinate dal decreto, ai fini del loro avanzamento.

L'articolo 4, comma 10, del decreto-legge n. 8 rinvia, per quanto non diversamente previsto, a specifiche disposizioni del decreto-legge n. 451 del 2001, per la disciplina delle missioni internazionali, relative alla misura dell'indennità di missione corrisposta, al trattamento pensionistico in caso di decesso o invalidità per causa di servizio e ad altri aspetti del trattamento giuridico.

In tale contesto segnala altresì, in quanto rientrante negli ambiti di interesse della Commissione Finanze, il richiamo all'articolo 3 del predetto decreto-legge n. 451, in base al quale al personale militare e della Polizia di Stato in missione è riconosciuto il trattamento assicurativo di cui alla legge n. 301 del 1982, per tutti i rischi connessi all'impiego in dette zone o comunque derivanti da attività direttamente o indirettamente riconducibili alla missione, con l'applicazione del massimale di copertura assicurativa ragguagliato allo stipendio annuo lordo, moltiplicato per il coefficiente 10 per i casi di morte o di invalidità permanente.

L'articolo 5, comma 1, del decreto-legge n. 8 dispone che al personale militare che partecipa alle missioni disciplinate dal decreto-legge si applichino il Codice penale militare di pace e le disposizioni processuali di cui all'articolo 9, commi 3, 4, lettere a), b), e) e d), 5 e 6, del decreto-legge n. 421 del 2001.

Il comma 2 del medesimo articolo 5 dispone che i reati commessi dallo straniero nei territori in cui si svolgono gli interventi e le missioni internazionali di cui al decreto, a danno dello Stato o di cittadini italiani partecipanti agli interventi e alle missioni stessi, sono puniti sempre a richiesta del Ministro della giustizia e sentito il Ministro della difesa per i reati commessi a danno di appartenenti alle Forze armate, mentre il comma 3 attribuisce al tribunale di Roma la competenza giurisdizionale per i reati di cui al comma 2 e per i reati commessi, nel territorio e per il periodo in cui si svolgono gli interventi e le missioni internazionali, da cittadini che partecipano agli interventi e alle missioni medesimi.

L'articolo 6, comma 1, del decreto-legge n. 8 stabilisce che alle missioni internazionali di cui al provvedimento si applicano le disposizioni in materia contabile previste dall'articolo 8, commi 1 e 2, del decreto-legge n. 451 del 2001, le quali prevedono che gli Stati maggiori delle Forze armate, e per essi i competenti Ispettorati di Forza armata, accertata l'impossibilità di provvedere attraverso contratti accentrati già operanti, possono disporre l'attivazione delle procedure d'urgenza previste dalla vigente normativa per l'acquisizione di beni e servizi, e che il Ministero della difesa, in caso di necessità ed urgenza, può ricorrere, in taluni casi legati ad esigenze operative, ad acquisti e lavori da eseguire in economia, anche in deroga alle disposizioni vigenti in materia di contabilità generale dello Stato.

Il comma 2 del medesimo articolo 6 del decreto-legge n. 8 precisa che la deroga alle norme di contabilità generale prevista dal citato articolo 8, comma 2, del decreto-legge n. 451 del 2001 si applica, entro il limite complessivo di 50.000.000 euro, anche alle acquisizioni di materiali d'armamento, di equipaggiamenti individuali, nonché di materiali informatici.

Il comma 3 del citato articolo 6 autorizza il Ministero dell'economia e delle finanze a corrispondere, ai dicasteri che ne facciano richiesta, anticipazioni pari al previsto importo dei contratti di assicurazione e trasporto di durata annuale relativi alle missioni disciplinate dal provvedimento in esame, al fine di agevolare la stipulazione dei contratti medesimi.

L'articolo 2, comma 1, autorizza, per il 2008, la spesa di 86.955 euro per la partecipazione di personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (EUMM Georgia)

Il comma 2 autorizza, per il 2008, la spesa di 30.000 euro per le dotazioni destinate al personale civile summenzionato: giubbotti antiproiettile, elmetti antischeggia, maschere antigas, kit di primo soccorso, computer portatili, radiotelefoni e telefoni satellitari, medicinali di primo intervento, moduli depurazione acque.

Il comma 3 autorizza, per il 2008, la spesa di 28.352 per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia, al quale è corrisposta un'indennità, detratta quella eventualmente concessa dall'organizzazione internazionale di riferimento e senza assegno di rappresentanza, pari all'80 per  cento dell'indennità di servizio all'estero per il personale del Ministero degli Affari esteri.

Il comma 4 autorizza, per il 2008, la spesa di 1,6 milioni per la partecipazione dell'Italia alle iniziative umanitarie nell'ambito della Conferenza internazionale di aiuto alla ricostruzione della Georgia.

L'articolo 2-bis è volto ad assicurare la proroga, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, Althea, EUFOR TCHAD/RCA, MINUSTAH e alla missione in Libia, per le quali il citato decreto - legge n. 8 del 2008 aveva previsto la scadenza al 30 settembre 2008. La disposizione autorizza, inoltre, la partecipazione alla missione dell'OSCE in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal medesimo decreto-legge.

In particolare, il comma 1 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 112.542.774 euro per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione UNIFIL condotta dall'ONU in Libano, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il medesimo comma 1, precisa, inoltre, che al personale impiegato nella missione si applicano le disposizioni in materia di trattamento economico contenute nell'articolo 4 commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il comma 2 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 9.668.523 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall'UE in Bosnia-Erzegovina denominata EUFOR Altheaed alla missione IPU (Integrated Police Unit) che opera nell'ambito della stessa, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 5 del decreto-legge n. 8. Anche in questo caso la missione era autorizzata fino al 30 settembre 2008.

Lo stesso comma stabilisce, inoltre, che al personale impiegato nella missione si applicano le già richiamate disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto legge n. 8 del 2008 (articolo 4, commi 1, lettera a), e 2).

Il comma 3 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 8.310.451 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall'UE in Ciad e nella Repubblica Centrafricana denominata EUFOR TCHAD/RCA, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8. Anche in questo caso la scadenza era fissata al 30 settembre 2008.

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le già richiamate disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 e, in particolare, l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, nonché quelle di cui al comma 1, lettera d), dello stesso articolo, la quale stabilisce che il personale in questione percepisca l'indennità di missione nella misura intera, eventualmente incrementata del 30 per cento, se detto personale non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto ed alloggio gratuiti; la norma specifica inoltre che la diaria è calcolata con riferimento a quella prevista per il Congo.

Il comma 4 autorizza dal 1o settembre al 31 dicembre 2008 la spesa di 99.999 euro per la partecipazione del personale militare italiano alla missione di osservatori militari condotta dall'OSCE in Georgia.

Anche in questo caso il comma 4 stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 4 commi 1, lettera a), e 2 del decreto legge n. 8 del 2008.

Il comma 5 autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa di 417.102 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle attività di consulenza, formazione, addestramento del personale delle Forze armate e di polizia irachene da ultimo rifinanziata dall'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto il 2008.

Il comma 6 autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa di 12.373.484 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni in Afghanistan denominate ISAF, a conduzione NATO, e EUPOL Afghanistan, missione di polizia condotta dall'UE, da ultimo rifinanziate dall'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto il 2008. Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione 40 Carabinieri nell'ambito in attività di addestramento in favore della polizia afghana e a rafforzare la componente aerea di ISAF mediante lo schieramento di quattro Tornado con relativo supporto logistico e di personale, per complessivi 120 militari.

Il comma 7 autorizza per l'anno 2008 la spesa di 1.384.878 euro per la partecipazione italiana alle missioni internazionali nei Balcani, da ultimo rifinanziata dal decreto-legge n. 8 del 2008 (articolo 3, comma 4).

Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, segnala i commi 8 e 9.

Il comma 8 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico siglato, in data 29 dicembre 2007, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

Lo stesso comma 8 stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto legge n. 8 del 2008.

Il comma 9 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della Missione in Haiti (MINUSTAH), di cui alla risoluzione 1780 (2007), adottata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 15 ottobre 2007 delle Nazioni Unite in Haiti, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 24, del decreto legge n. 8 del 2008, alla quale l'Italia partecipa con 5 unità della Guardia di Finanza, che collaborano alla riforma del Dipartimento marittimo, aereo, frontaliero e migratorio della Polizia locale.

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute di cui all'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il comma 10 autorizza per l'anno 2008 la spesa di 1.300.000 euro per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

Tale spesa è finalizzata - come risulta dalla relazione illustrativa - a provvedere ad un servizio di sicurezza e di scorta al contingente di esperti italiani riuniti in PRT all'interno della base USA di Tallil. Giacché gli accordi con i responsabili della base non prevedevano tale aspetto, si è reso necessario provvedere alla stipula di un contratto che si avvia a scadenza al 31 dicembre 2008 e che ora si intende rinnovare prima della scadenza affinché il servizio di sicurezza si svolga senza soluzione di continuità.

In tale ambito segnala, in quanto afferente agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, il comma 11, il quale prevede che alle missioni di cui ai precedenti commi si applichino una serie di disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, e precisamente l'articolo 4, commi da 4 a 8 e comma 10, e gli articoli 5 e 6. In forza del rinvio al comma 4 dell'articolo 4 del citato decreto-legge n. 8 le indennità di missione corrisposte al personale militare impiegato nelle predette missioni concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare.

Sempre con riferimento agli ambiti di competenza della Commissione, il comma 12 estende la previsione dell'attribuzione della promozione al grado superiore con decorrenza dal giorno precedente la cessazione dal servizio, anche agli effetti economici, ai militari della Guardia di finanza deceduti o divenuti permanentemente inidonei al servizio per ferite, lesioni o malattie riportate in servizio durante l'impiego in attività operative o addestrative.

Tale beneficio è riconosciuto subordinatamente al parere favorevole della competente commissione d'avanzamento, che tiene conto delle circostanze nelle quali si è determinato l'evento.

L'articolo 3 dispone, al comma 1, che agli oneri derivanti dall'attuazione del decreto, fatta eccezione per quelli derivanti dall'articolo 2-bis, comma 12, i quali ammontano complessivamente, per il 2008, a 151.538.448 euro, si provveda:

per la somma di 86.955 euro mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto-legge n. 8 del 2008, il quale autorizza, fino al 31 dicembre 2008, la spesa di 1.430.938 euro per consentire la partecipazione italiana alle iniziative in ambito PESD;

per la somma di 89.984.391 euro mediante corrispondente riduzione del Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, istituito dall'articolo 1, comma 1240, della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), e rifinanziato dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge n. 112 del 2008;

per la somma di 1.600.000 euro, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 3, del citato decreto-legge n. 8, il quale autorizza fino al 31 dicembre 2008 la spesa di 14.675.688 euro per la prosecuzione degli interventi di stabilizzazione e ricostruzione in Iraq e Afghanistan, con la facoltà di impegnare nell'esercizio finanziario successivo le somme eventualmente non impegnate entro il 2008;

per la somma di 5.176.102 euro, mediante la corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del medesimo decreto-legge n. 8 del 2008, che autorizza la spesa di 674.428 euro, per l'anno 2008, per la prosecuzione dell'attività del personale militare impegnato nella missione dell'Unione europea, di sostegno alla missione svolta dall'Unione africana nella regione del Darfur in Sudan, denominata AMIS II, e stanzia 5.176.102 euro per la partecipazione di personale militare alla nuova missione UNAMID delle Nazioni Unite e dell'Unione Africana nel Darfur in Sudan;

per l'importo di 13.257.000 euro, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2008;

per l'importo di 20.800.000 euro, mediante corrispondente riduzione del Fondo da utilizzare a reintegro delle dotazioni finanziarie dei programmi di spesa, istituito dall'articolo 5, comma 4, del decreto-legge n. 93 del 2008.

Per quanto riguarda ulteriori 20.634.000 euro, ad essi si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo speciale di parte corrente, utilizzando parzialmente gli accantonamenti del Ministero dell'economia e delle finanze (per 1,1 milioni), del Ministero della giustizia (per 706.00 euro), del Ministero degli affari esteri (per 11,4 milioni), del Ministero della pubblica istruzione (per 2,4 milioni), del Ministero dell'interno (per 815.000 euro), del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (per 130.000 euro), del Ministero per i beni e le attività culturali (per 1,6 milioni), del Ministero della salute (per 449.000 euro), del Ministero dei trasporti (per 841.000 euro) e del Ministero dell'università e della ricerca (per 985.000 euro).

Il comma 1-bis reca la copertura degli oneri recati dal comma 12 dell'articolo 1, quantificati in 15.358 euro per il 2008, 15.014 euro per il 2009 e 37.508 a partire dal 2010, ai quali si provvede, per l'esercizio finanziario 2008, mediante riduzione del Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, di cui alla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007). Per gli anni successivi la spesa viene fatta valere sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 282 del 2008.

Il comma 1-ter prevede che gli oneri di cui al comma 2 siano soggetti al monitoraggio del Ministro dell'economia e delle finanze, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468 del 1978, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge.

Il comma 2 autorizza il Ministro dell'economia ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio con propri decreti.

L'articolo 4 dispone in merito all'entrata in vigore del decreto-legge.

Propone quindi di esprimere parere favorevole sul provvedimento in esame.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.15.

 


 

 

 


XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro pubblico e privato)

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DL 147/08: Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

C. 1802 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite III e IV).

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Massimiliano FEDRIGA (LNP), relatore, illustra il provvedimento in esame. In proposito, fa presente che si soffermerà più diffusamente sulle disposizioni attinenti alle competenze della XI Commissione. L'articolo 1, al comma 1, autorizza, dal 21 settembre al 31 dicembre 2008, la spesa di 2.058.424 euro per la partecipazione  di personale delle Forze armate alla missione EUMM Georgia di cui all'azione comune 2008/736/ PESC del Consiglio. Ai sensi del successivo comma 2, al personale impegnato nella missione si applicano disposizioni contenute nel precedente decreto-legge n. 8 del 2008, recante Disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze annate e di polizia a missioni internazionali e, in particolare: l'articolo 4, commi 1, lettera a), 2 e 4, che recano disposizioni sul trattamento economico del personale impiegato nelle missioni; l'articolo 4, comma 6, che reca disposizioni relative alla valutazione del servizio prestato in missioni internazionali; l'articolo 4, comma 10, che effettua ulteriori rinvii normativi; l'articolo 5, che reca disposizioni in materia penale; l'articolo 6, che reca disposizioni in materia contabile.

Ricorda al riguardo, più dettagliatamente, per quanto concerne le menzionate disposizioni relative al trattamento economico e giuridico del personale impiegato nelle missioni, che l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 8 del 2008 attribuisce al personale impegnato nelle missioni internazionali disciplinate dal medesimo provvedimento l'indennità di missione di cui al regio decreto n. 941 del 1926, in misure diversificate a seconda delle missioni stesse. In particolare, la lettera a) dello stesso comma 1 prevede che la suddetta indennità sia corrisposta, nella misura del 98 per cento, al personale militare che partecipa alle missioni UNIFIL (comprese le unità assegnate alla struttura attivata presso la sede delle Nazioni Unite), CIU, MSU, Joint Enterprise, Albania 2, EUPT, missione PESD in Kosovo e ALTHEA, nei Balcani, UNMIK, TIPH 2 ed EUBAM Rafah, in Medio Oriente, UNAMID e EUFOR Tchad/RCA, in Africa, e MINUSTAH ad Haiti. Tale indennità viene riconosciuta a decorrere dalla data di entrata nel territorio, nelle acque territoriali e nello spazio aereo dei Paesi interessati e fino alla data di uscita dagli stessi per rientrare nel territorio nazionale, ed è attribuita per tutto il periodo della missione in aggiunta allo stipendio o alla paga e agli altri assegni a carattere fisso e continuativo. Da tale indennità devono essere detratti, tuttavia, gli importi riguardanti le indennità e i contributi eventualmente corrisposti agli interessati direttamente dagli organismi internazionali. L'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008 dispone, analogamente a quanto previsto nel 2007, che all'indennità di cui al comma 1, nonché al trattamento economico corrisposto al personale che partecipa alle attività di assistenza alle Forze armate albanesi di cui all'articolo 3, comma 12, continui a non applicarsi la riduzione del 20 per cento prevista dall'articolo 28, comma 1, del decreto-legge n. 223 del 2006. L'articolo 4, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008 prescrive che anche per l'anno 2008, ai militari inquadrati nei contingenti impiegati nelle missioni internazionali di pace come disciplinate dal decreto-legge in oggetto, in sostituzione dell'indennità operativa ovvero dell'indennità pensionabile percepita, sia corrisposta, se più favorevole, l'indennità di impiego operativo nella misura uniforme pari al 185 per cento dell'indennità operativa di base di cui all'articolo 2, comma 1, della legge n. 78 del 1983 e successive modificazioni, se militari in servizio permanente, ed a euro 70, se volontari di truppa in ferma breve o prefissata. L'articolo 4, comma 6, del decreto-legge n. 8 del 2008 consente di valutare i periodi di comando, di attribuzioni specifiche, di servizio e di imbarco svolti dagli ufficiali delle Forze armate e dell'Arma dei carabinieri presso i comandi, le unità, i reparti e gli enti costituiti per lo svolgimento delle missioni internazionali disciplinate dal decreto in esame, ai fini del loro avanzamento. Tali periodi sono, quindi, validi ai fini dell'assolvimento degli obblighi previsti dalle tabelle 1, 2 e 3 allegate ai decreti legislativi n. 490 del 1997 e n. 298 del 2000 e successive modificazioni. L'articolo 4, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008 rinvia, per quanto non diversamente previsto, a specifiche disposizioni del decreto-legge  n. 451 del 2001, recante disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale denominata 'Enduring Freedom', per la disciplina delle missioni internazionali.

L'articolo 2 reca l'autorizzazione di spesa in relazione alla partecipazione del personale civile alla citata missione EUMM Georgia.

In particolare, il comma 1 autorizza, per il 2008, la spesa di 86.955 euro per la partecipazione di personale civile. Come specificato dalla scheda tecnica allegata alla relazione illustrativa del disegno di legge di conversione, si tratta di quattro unità di personale civile cui va corrisposta un'indennità pari all'80 per cento dell'indennità di servizio all'estero, senza assegno di rappresentanza né aggiunta di famiglia, prevista per il posto-funzione di Primo Segretario presso la rappresentanza diplomatica italiana competente nel luogo di svolgimento dell'attività.

Il comma 3 autorizza, per il 2008, la spesa di 28.352 per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia, il cui trattamento economico è stabilito sulla base dei criteri di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 8 del 2008, ai sensi del quale l'indennità da corrispondere ai funzionari diplomatici interessati dalla medesima norma viene calcolata - detraendo l'indennità eventualmente corrisposta dall'organizzazione internazionale presso cui il funzionario opera, e comunque non computando l'assegno di rappresentanza - nella misura dell'80 per cento di quella determinata in base all'articolo 171 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967.

Il successivo articolo 2-bis è volto ad assicurare la proroga, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, Althea, EUFOR TCHAD/RCA, MINUSTAH e alla missione in Libia per le quali il precedente decreto legge n. 8 del 2008 aveva previsto la scadenza al 30 settembre 2008. Esso autorizza, inoltre, la partecipazione alla missione dell'OSCE in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal medesimo decreto-legge.

In particolare, il comma 1 dell'articolo 2-bis autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 112.542.774 euro per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione UNIFIL condotta dall'ONU in Libano, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 1 del richiamato decreto legge n. 8 del 2008. Il medesimo comma 1 precisa, inoltre, che al personale impiegato nella missione si applicano le disposizioni in materia di trattamento economico contenute nell'articolo 4 commi 1, lettera a) e 2 del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il successivo comma 2 dell'articolo 2-bis autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 9.668.523 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall'UE in Bosnia-Erzegovina denominata EUFOR Althea ed alla missione IPU (Integrated Police Unit) che opera nell'ambito della stessa, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 5 del decreto legge n. 8 del 2008. Lo stesso comma stabilisce, inoltre, che al personale impiegato nella missione si applicano le già richiamate disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008, all'articolo 4, commi 1, lettera a) e 2.

Il successivo comma 3 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 8.310.451 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall'UE in Ciad e nella Repubblica Centrafricana denominata EUFOR TCHAD/RCA, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 9 del decreto legge n. 8 del 2008. Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le già richiamate disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 e, in particolare, l'articolo 4, commi 1, lettera a) e 2, nonché  quelle di cui al comma 1 lettera d) dello stesso articolo, che stabilisce che il personale in questione percepisca l'indennità di missione nella misura intera, eventualmente incrementata del 30 per cento, se detto personale non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto ed alloggio gratuiti. Specifica inoltre che la diaria è calcolata con riferimento a quella prevista per il Congo.

Il comma 4 autorizza dal 1o settembre al 31 dicembre 2008 la spesa di 99.999 euro per la partecipazione del personale militare italiano alla missione di osservatori militari condotta dall'OSCE in Georgia. Anche in questo caso il comma 4 stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 4 commi 1, lettera a) e 2 del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il comma 5 autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa di 417.102 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle attività di consulenza, formazione, addestramento del personale delle Forze armate e di polizia irachene da ultimo rifinanziata dall'articolo 2, comma 10 del decreto legge n. 8 del 2008 a tutto il 2008 per una spesa di 8.157.821 euro. Si tratta delle attività svolte nell'ambito della missione NATO Training Mission - Iraq.

Il comma 6 autorizza per l'anno 2008 l'ulteriore spesa di 12.373.484 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni in Afghanistan denominate ISAF, a conduzione NATO, e EUPOL Afghanistan, missione di polizia condotta dall'UE, da ultimo rifinanziate dall'articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto il 2008.

Il comma 7 autorizza per l'anno 2008 la spesa di 1.384.878 euro per la partecipazione italiana alle varie missioni internazionali nei Balcani. Anche la partecipazione a tali missioni era stata da ultimo rifinanziata dal decreto-legge n. 8 del 2008 (articolo 3, comma 4).

Il comma 8 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico siglato, in data 29 dicembre 2007, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani. Lo stesso comma 8 stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le disposizioni in materia di trattamento economico contenute nell'articolo 4, commi 1, lettera a) e 2 del decreto-legge n. 8 del 2008.

Il comma 9 autorizza dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della Missione in Haiti (MINUSTAH), di cui alla risoluzione 1780 (2007), adottata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 15 ottobre 2007 delle Nazioni Unite in Haiti, da ultimo rifinanziata ai sensi dell'articolo 3, comma 24 del decreto legge n. 8 del 2008. Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le più volte richiamate disposizioni in materia di trattamento economico contenute nell'articolo 4, commi 1, lettera a) e 2 del decreto legge n. 8 del 2008.

Il comma 10 autorizza per l'anno 2008 la spesa di 1.300.000 euro per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

Il comma 11 prevede che alle missioni di cui ai precedenti commi si applichino una serie di disposizioni del decreto legge n. 8 del 2008, e precisamente l'articolo 4, commi 4-8 e comma 10, e gli articoli 5 e 6.

Il comma 12 estende la previsione dell'attribuzione della promozione al grado superiore con decorrenza dal giorno precedente la cessazione dal servizio, anche agli effetti economici, ai militari della Guardia di finanza deceduti o divenuti permanentemente inidonei al servizio per ferite, lesioni o malattie riportate in servizio durante l'impiego in attività operative o addestrative. Tale beneficio è riconosciuto subordinatamente al parere favorevole della competente commissione d'avanzamento, che tiene conto delle circostanze nelle quali si è determinato l'evento.

Infine, l'articolo 3 reca la copertura finanziaria del provvedimento, mentre il successivo articolo 4 concerne l'entrata in vigore del decreto-legge.

Stefano SAGLIA, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata per domani, mercoledì 29 ottobre 2008.


 

 


XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro pubblico e privato)

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DL 147/08: Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

C. 1802 Governo.

(Parere alle Commissioni riunite III e IV).

(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, iniziato nella seduta di ieri, martedì 28 ottobre 2008.

Massimiliano FEDRIGA (LNP), relatore, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1) sul provvedimento in oggetto.

Elisabetta RAMPI (PD) ritiene di dover sottolineare, in prossimità della festa dell'Unità nazionale, i meriti delle forze armate italiane impegnate nelle missioni internazionali a difesa delle istituzioni democratiche, della sicurezza e della pace. Ricorda l'alto valore professionale ed umano 

del nostro personale militare impegnato nelle missioni all'estero, che ritiene sia riconosciuto dalle popolazioni locali e dagli organismi internazionali, e sottolinea come grazie al contributo delle nostre forze armate sia stato possibile avviare quei processi di pacificazione e stabilizzazione tanto importanti nel quadro della cooperazione internazionale. Fa notare che le finalità della missione in Georgia riaffermano l'importanza dell'azione diplomatica e il primato della politica nel concorrere positivamente alla soluzione delle crisi. Sottolinea infatti come la missione dell'Unione europea in tale territorio sia strumentale al mantenimento del «cessate il fuoco» in attuazione dell'intesa tra Russia e Unione Europea e alla sorveglianza delle relazioni bilaterali tra i due Stati, consolidando il ruolo dell'Europa come attore politico negli scenari internazionali globali e la sua capacità di incidere sugli equilibri nel rapporto tra i popoli. Pur esprimendo grandi perplessità in generale sulla politica economica portata avanti dall'attuale Governo e dichiarando il suo profondo rammarico per i rilevanti tagli alla spesa pubblica che lo stesso Esecutivo ha inteso operare nel settore della pubblica amministrazione, in particolar modo in materia di istruzione e ricerca, preannuncia il voto favorevole sulla proposta di parere formulata dal relatore, a fronte dell'importante necessità di rifinanziare le delicate missioni internazionali contenute nel provvedimento all'esame della Commissione.

Alessia Maria MOSCA (PD), nel preannunciare il voto favorevole sulla proposta di parere formulata dal relatore, sottolinea come l'opposizione, con atteggiamento responsabile, non intenda contrastare pregiudizialmente un provvedimento che si pone in linea con gli impegni assunti dal nostro Paese in sede internazionale. Dopo aver ricordato il rilevante contributo offerto dall'Italia in termini di partecipazione alle missioni internazionali, che testimonia il grande valore professionale e umano del nostro personale civile e militare, sottolinea la necessità di non abbassare il livello di attenzione sulla questione delle dotazioni per la sicurezza da assicurare a tale personale impegnato all'estero, a fronte degli elevati rischi che questi lavoratori corrono in scenari caratterizzati da forte instabilità internazionale. Precisa che il giudizio complessivamente favorevole sul provvedimento in questione non esime però l'opposizione dall'esprimere perplessità sulle linee di politica estera seguite in generale dal Governo attuale, in particolare in relazione alla crisi in Georgia e in materia di rispetto dei vincoli ambientali imposti dal protocollo di Kyoto. Rileva infine una contraddizione nel comportamento dell'attuale Esecutivo, che, da un lato, spinto dalla necessità di dare attuazione a precisi impegni assunti dal nostro Paese in sede internazionale, agisce con misure emergenziali, dall'altro dimostra una completa mancanza di programmazione nell'allocazione delle risorse destinate alla cooperazione internazionale e al comparto difesa e sicurezza, settori rispetto ai quali registra tagli considerevoli.

Teresio DELFINO (UDC), pur condividendo nel complesso la ratio del provvedimento all'esame della Commissione, volto ad assolvere a impegni assunti per assicurare la partecipazione italiana a missioni internazionali molto delicate, invita ad una riflessione sulla necessità di definire più puntualmente le finalità e le regole di ingaggio del nostro personale militare impiegato in Afghanistan, al fine di porlo al riparo da inutili rischi che potrebbe correre in un contesto internazionale particolarmente complesso e difficile. Si sofferma poi sulla copertura finanziaria del provvedimento in questione, rilevando la necessità che il Governo provveda, nell'ambito della manovra di bilancio, ad una chiara identificazione delle somme destinate al finanziamento delle missioni internazionali, evitando così di dover ogni volta sottrarre risorse ad altri Ministeri e ad importanti settori dell'amministrazione pubblica. Infine, nel preannunciare il parere favorevole del suo gruppo alla proposta di parere formulata dal relatore, sottolinea la necessità  di un rafforzamento del coordinamento della politica estera europea.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole del relatore.


 

 

 



ALLEGATO 1


DL 147/08: Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia. C. 1802 Governo.

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La XI Commissione,

esaminato, per le parti di propria competenza, il disegno di legge C. 1802, di conversione in legge del decreto-legge 147 del 2008, recante «Disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia»,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

 



XIV COMMISSIONE PERMANENTE

(Politiche dell'Unione europea)

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Decreto-legge 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni III e IV).

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Luca BELLOTTI (PdL), relatore, ricorda che il disegno di legge C. 1802, di conversione del decreto-legge n. 147 del 2008, è stato approvato in prima lettura dal Senato nella seduta del 15 ottobre 2008.

L'articolo 1, al comma 1, autorizza, dal 21 settembre al 31 dicembre 2008, la spesa di 2.058.424 euro per la partecipazione di personale delle Forze armate alla missione EUMM Georgia (European Union Monitoring Mission). La missione civile di vigilanza - istituita dal Consiglio del 15 settembre 2008 con l'azione comune 2008/736/PESC - è stata dispiegata il 1o ottobre 2008, in relazione al conflitto tra Georgia e Federazione russa. Ai sensi del successivo comma 2, al personale impegnato nella missione si applicano le disposizioni contenute nel precedente decreto-legge n. 8 del 2008, con particolare riferimento a quelle concernenti il trattamento economico e giuridico del personale impiegato nelle missioni. Fa presente che i rapporti tra l'UE e la Georgia sono fondati sull'Accordo di cooperazione e partenariato, entrato in vigore il 1o luglio 1999. Il 14 giugno 2004, il Consiglio ha deciso di inserire la Georgia e gli altri paesi del Caucaso meridionale (Armenia e Azerbaigian) nella Politica europea di vicinato (PEV). Il 25 settembre 2008 la Commissione ha raccomandato al Consiglio di avviare i negoziati con la Georgia in vista di accordi sulla facilitazione delle procedure di rilascio dei visti per soggiorni di breve durata e di riammissione. Entro la fine del 2008 la Commissione europea realizzerà partenariati per la mobilità con la Georgia.

L'articolo 2 reca l'autorizzazione di spesa in relazione alla partecipazione del personale civile alla citata missione EUMM Georgia. Il successivo articolo 2-bis è volto ad assicurare la proroga, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, Althea, EUFOR TCHAD/RCA, MINUSTAH e alla missione in Libia per le quali il  precedente decreto-legge n. 8 del 2008 aveva previsto la scadenza al 30 settembre 2008. Autorizza, inoltre, la partecipazione alla missione dell'OSCE in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal medesimo decreto legge. In relazione al citato articolo segnala che esso consegue all'approvazione, al Senato, di un emendamento proposto dai relatori, il cui contenuto riproduce il testo del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150 concernente, tra l'altro, la proroga, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008, delle citate missioni internazionali.

L'articolo 3 reca la copertura finanziaria del provvedimento, mentre il successivo articolo 4 concerne l'entrata in vigore del decreto-legge.

Ricorda infine che sono attualmente attive missioni dell'UE nei Balcani occidentali (Bosnia-Erzegovina, Kosovo), Medio Oriente, Africa (Repubblica democratica del Congo, Ciad e Repubblica Centrafricana, Somalia), Afghanistan, Caucaso.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.20.


 

 

 


XIV COMMISSIONE PERMANENTE

(Politiche dell'Unione europea)

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Decreto-legge 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite III e IV).

(Rinvio del seguito dell'esame).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Enrico FARINONE (PD), tenuto conto della necessità di un ulteriore approfondimento del provvedimento, riterrebbe preferibile che la Commissione si esprima  nella seduta già convocata per il pomeriggio di domani.

Luca BELLOTTI (PdL), relatore, alla luce della richiesta avanzata dal collega Farinone, si riserva di formulare nella seduta di domani la propria proposta di parere.

Mario PESCANTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.15.


 

 


XIV COMMISSIONE PERMANENTE

(Politiche dell'Unione europea)

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Decreto-legge 147/2008: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, nonché proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

C. 1802 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite III e IV).

(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 28 ottobre 2008.

Luca BELLOTTI (PdL), relatore, formula una proposta di parere favorevole.

Sandro GOZI (PD) ritiene che il provvedimento in esame debba essere valutato positivamente nel suo complesso, sia con riferimento all'autorizzazione di spesa relativa alla partecipazione alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, che riguardo al finanziamento di missioni dell'Unione europea in aree particolarmente delicate, quali ad esempio la Bosnia-Erzegovina o il Ciad.

Intende tuttavia segnalare all'attenzione dei colleghi un profilo critico, che - sebbene non rientri nelle competenze della XIV Commissione - deve essere messo in evidenza. Si tratta dell'utilizzo, per fare fronte agli oneri derivanti dal provvedimento, dell'accantonamento di 985 mila euro del Ministero dell'università e della ricerca; osserva che sarebbe stato opportuno reperire risorse da altra fonte.

Preannuncia, in ogni caso, il voto favorevole del gruppo del PD sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Gianluca PINI (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore. Auspica, con riferimento a quanto segnalato dal collega Gozi, che la sottrazione di  fondi al Ministero dell'Università possa colpire le situazioni di spreco, quali, ad esempio, la creazione di corsi di laurea con solamente uno o addirittura nessun iscritto.

Mario PESCANTE, presidente, richiama i colleghi alle competenze della XIV Commissione. Rileva come il parere condiviso sul provvedimento, che emerge dal dibattito, costituisca il riconoscimento e l'apprezzamento per l'opera di pace, di democrazia e libertà svolta dalle forze armate italiane nel mondo; richiama, in particolare, la delicatezza della situazione in paesi come il Congo o la Somalia.

Antonio RAZZI (IdV) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere formulata dal relatore.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.25.


 


Esame in Assemblea

 


 

RESOCONTO

STENOGRAFICO

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83.

 

Seduta di martedì 11 novembre 2008

presidenza del presidente  GIANFRANCO FINI

 


Discussione del disegno di legge: S 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Approvato dal Senato) (A.C. 1802).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Italia dei Valori ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Il relatore, presidente della Commissione affari esteri, onorevole Stefani, ha facoltà di svolgere la relazione.

STEFANO STEFANI, Relatore per la III Commissione. Signor Presidente, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato il provvedimento riunisce le disposizioni relative alla partecipazione civile e militare alla Missione europea in Georgia e quelle, originariamente introdotte in altro decreto-legge, volte ad assicurare la proroga, dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali in Libano, Bosnia, Ciad e Repubblica Centrafricana, Haiti e Libia. Autorizza altresì la partecipazione alla missione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea (OSCE) sempre in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal precedente decreto-legge n. 8 del 2008. Il provvedimento assume un valore peculiare perché incide significativamente sulla nostra capacità di concorrere alla determinazione della politica estera e della politica di difesa dell'Unione europea.

Per quanto attiene alla Georgia, il «conflitto dei cinque giorni» tra Mosca e Tbilisi ha evidenziato, infatti, la persistente inadeguatezza dell'Unione europea nella prevenzione dei conflitti in un'area cruciale per la sicurezza del Paese. Dopo essere mancata nella fase preventiva del conflitto, l'Unione europea ha però dimostrato una notevole coesione interna nell'intera gestione post-bellica, operando attivamente per la stabilizzazione dell'area: confido inoltre che la situazione in Georgia non si limiti al solo monitoraggio ma possa presto qualificarsi - attraverso un preciso mandato delle Nazioni Unite - come una vera e propria missione di peacekeeping.

Il rischio è che si affermi come fatto compiuto, e mi pare che siamo su questa strada, l'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia. L'Italia - come è stato possibile puntualmente verificare nelle audizioni parlamentari del Ministro Frattini del 26 agosto e del 14 ottobre scorsi - ha contribuito attivamente non soltanto alla definizione di una chiara e coerente posizionePag. 111europea sulla crisi georgiana, ma anche in termini di aiuto concreto alle popolazioni georgiane. Infatti, l'Italia è stata uno dei primi Paesi a concorrere con aiuti abbastanza sostanziosi alla Georgia.

La missione europea in Georgia consta di 352 persone, di cui 200 osservatori. Vi contribuiscono 22 Stati membri dell'Unione europea su 27. Il nostro Paese partecipa con 40 osservatori ed è - dopo la Francia - il secondo Paese per uomini e mezzi impiegati. Il quartier generale è posto a Tbilisi, con uffici regionali. La durata prevista della missione è di 12 mesi, con un budget di 35 milioni di euro dal bilancio comunitario. Il capo della missione è il tedesco Hansjörg Haber nominato il 17 settembre 2008.

Il recente Consiglio europeo del 16 ottobre scorso ha espresso la propria soddisfazione per il ritiro russo ed ha valutato positivamente l'avvio, a Ginevra, delle discussioni internazionali che - sotto gli auspici dell'UE, delle Nazioni unite e dell'OSCE - si occuperanno delle disposizioni relative alla sicurezza e alla stabilità della regione.

Al riguardo, ritengo che la Federazione Russa non possa non rendersi conto delle conseguenze che un suo atteggiamento negativo necessariamente comporterebbe sul piano delle sue relazioni complessive con l'Unione europea nell'ambito delle quali, come è noto, è all'esame il rinvio dell'accordo di partenariato strategico per l'imminente Vertice di Nizza. Proprio oggi ho avuto un incontro conviviale con l'ambasciatore russo che ha sottolineato e ribadito che la Russia intende assolutamente presentarsi al Vertice di Nizza con disponibilità massima ad ascoltare gli eventuali suggerimenti dell'Unione europea.

Il provvedimento al nostro esame costituisce, pertanto, uno strumento necessario per garantire, attraverso le opportune risorse finanziarie, la partecipazione italiana a questa importante iniziativa nel quadro della politica estera e di sicurezza comune.

Per quel che riguarda invece le altre missioni, le disposizioni relative alla partecipazione del nostro Paese alle altre missioni internazionali, pur avendo carattere meramente integrativo, offrono l'occasione per una riflessione sul rilevante impegno italiano nel mondo: l'Italia - va ricordato - è attualmente presente all'estero con più di 8 mila unità militari e ha stanziando oltre un miliardo di euro per finanziare tali missioni, dislocate in venti Stati. In ogni teatro di crisi, pur in presenza di elementi di tensione, i militari italiani svolgono una funzione essenziale - voglio sottolineare «essenziale» - per il mantenimento della pace e della sicurezza. La nostra presenza si qualifica anche per le forti iniziative collaterali come l'assistenza civile, la promozione dello sviluppo e l'aiuto umanitario.

Vengo ora alle specifiche missioni. Per l'Afghanistan il provvedimento autorizza per l'anno 2008 un'ulteriore spesa per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni denominate International Security Assistance Force (ISAF), a conduzione NATO, ed European Police Afghanistan (EUPOL), missione di polizia condotta dall'Unione europea, da ultimo rifinanziate dal decreto-legge n. 8 del 2008. Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di quaranta carabinieri nell'ambito di attività di addestramento in favore della polizia afghana e a rafforzare la componente aerea ISAF mediante lo schieramento di quattro aerei Tornado con relativo supporto logistico e di personale, per complessivi 120 unità. Non si possono dimenticare, nel contesto afghano, i gravi problemi connessi all'insorgenza territoriale di gruppi che sono collegati al terrorismo e che si avvalgono dei proventi dei traffici della droga e della sua coltivazione. La situazione è complicata dalla crisi alimentare, dall'aumento della criminalità, dal venir meno degli assetti tradizionali della società e dall'alto numero di vittime civili, come ha già evidenziato il relatore per la IV Commissione, onorevole Cicu, con numeri e cifre esatte. Le elezioni presidenziali del prossimo anno restano perciò un'incognita, ma anche un essenziale banco di prova.Pag. 112

In questo quadro le responsabilità italiane saranno ulteriormente accresciute durante la nostra presidenza del G8 nel 2009, attraverso lo svolgimento di una conferenza di stabilizzazione per l'Afghanistan e il Pakistan, come recentemente annunciato dal Ministro degli affari esteri Frattini. Se oggi è possibile avanzare questa proposta, lo si deve all'autorevolezza acquistata dal contingente italiano nella missione International Security Assistance Force (ISAF).

Per quanto riguarda la situazione in Libano, larga parte delle risorse finanziarie poste a disposizione da questo decreto-legge è concentrata sulla partecipazione del contingente italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL): si tratta di 112.542.774 euro finalizzati a prorogare la presenza dei nostri militari in coerenza con quanto disposto dalla risoluzione n. 1832 del 2008 delle Nazioni Unite.

La firma degli accordi di Doha del maggio scorso ha aperto alcuni spiragli di speranza, in primo luogo per una pacificazione interna del Libano e in secondo luogo affinché tale conciliazione avesse un eco anche al di fuori dei confini del Paese dei cedri, portando un clima quantomeno di temporanea e parziale calma.

In ordine ai Balcani va ricordato che il rifinanziamento introdotto dal decreto-legge in esame è connesso in particolare all'assunzione del comando da parte dell'Italia della missione in Kosovo, con relativo supporto logistico ed operativo. Noi già dal 1o settembre del 2005 al 1o settembre del 2006 abbiamo esercitato questo comando. Il provvedimento rifinanzia, inoltre, la nostra partecipazione alla missione europea EULEX (European union rule of law mission in Kosovo), nella consapevolezza che la credibilità della politica europea di sicurezza e di difesa si misuri attraverso gli ambiziosi obiettivi che questa missione saprà conseguire. Ma il dispiegamento della missione europea è purtroppo in ritardo rispetto ai piani. Dovrebbe entrare in funzione e sostituire in toto la missione delle Nazioni Unite entro i primi mesi del prossimo anno.

Sono convinto che la stabilizzazione dei Balcani occidentali passi attraverso una piena integrazione europea della Serbia, un Paese che è chiamato storicamente ha svolgere un ruolo decisivo nell'area. Dobbiamo, quindi, guardare con particolare attenzione al fatto che l'Assemblea generale delle Nazioni Unite abbia recentemente approvato una risoluzione serba che chiede di far valutare la legittimità della dichiarazione unilaterale di indipendenza del Kosovo alla Corte internazionale di giustizia de L'Aja. Credo che tutti abbiano capito l'importanza di questo risultato che valorizza la posizione di equilibrio e di fermezza assunta da Belgrado che ha scelto di difendere la propria integrità territoriale facendo ricorso alle armi della diplomazia e del diritto internazionale.

In ordine alla Bosnia, l'Unione europea sta lavorando per assumersi il prossimo anno anche le responsabilità ora gestite dall'ONU, si tratta però di fare i conti con il rilancio dei rispettivi movimenti nazionalistici molto forti nell'area.

In ordine all'Africa, le tre missioni minori soltanto per l'entità della partecipazione italiana e non certo comunque per la gravità della situazione, mi limito a richiamarle: Ciad e Repubblica Centrafricana, la crisi del Darfur, la cui missione, cosiddetta ibrida, dell'ONU e dell'Unione africana stenta ancora a dispiegarsi completamente. L'impegno europeo in Africa è destinato ad accrescersi come dimostra la nuova missione antipirateria prevista in Somalia in affiancamento a quella della NATO e che ha avuto il via dalle autorità locali proprio in questi giorni. Da più parti è ipotizzata una missione nella Repubblica Democratica del Congo con l'affiancamento a quella dell'ONU anche se per il momento non è stata formalizzata nessuna decisione. Inoltre va ricordato che le risorse che abbiamo stanziato sono già di gran lunga superiori a quelle di altri Paesi.

Sottolineo, infine, l'opportunità della disposizione che proroga la partecipazione del Corpo della guardia di finanza nellaPag. 113missione in Libia prevista in esecuzione dell'accordo di cooperazione siglato tra il Governo italiano e quello libico.

In conclusione, l'impegno dell'Italia nelle missioni internazionali di stabilizzazione costituisce un elemento essenziale e in continua crescita della politica estera italiana, poiché da esso dipendono, sempre di più, la proiezione internazionale del nostro Paese, la sicurezza dei cittadini e la possibilità dello sviluppo economico e sociale globale.

Così com'è accaduto, peraltro, nell'altro ramo del Parlamento, nelle Commissioni riunite affari esteri e difesa della Camera si è registrata l'unanimità dei consensi su questo provvedimento, a testimonianza del prevalere di un'attitudine condivisa, al di là degli schieramenti partitici, di fronte alle grandi sfide di politica internazionale che deve affrontare e che affronta il nostro Paese.

PRESIDENTE. Il relatore per la IV Commissione, onorevole Cicu, ha facoltà di svolgere la relazione.

SALVATORE CICU, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, per quanto riguarda l'esposizione dell'articolato e per quanto concerne l'analisi dettagliata delle diverse missioni, preannunzio l'intenzione di lasciare agli atti il testo scritto e naturalmente condivido in pieno le valutazioni fatte dal relatore della Commissione affari esteri, il presidente Stefani.

Invece, vorrei soffermarmi e sottoporre all'attenzione dei colleghi tre aspetti, fondamentalmente. Essi riguardano i profili finanziari delle disposizioni recate dal presente provvedimento, la situazione del nostro contingente italiano in Afghanistan e alcune riflessioni di politica legislativa.

Per quanto riguarda i profili finanziari, voglio segnalare che, in base ai dati forniti dalla relazione tecnica allegata, nella quantificazione degli oneri derivanti dalle disposizioni in esame, come di prassi, non appaiono computate le spese derivanti dall'usura dei mezzi e dalle conseguenti spese di manutenzione. A tale proposito, ritengo opportuno ricordare le osservazioni recentemente svolte in Commissione difesa dal Ministro La Russa in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria per il 2009.

In tale circostanza, il Ministro della difesa ha avuto modo di sottolineare come occorra riflettere sulla necessità e sull'opportunità di incrementare la dotazione del Fondo per la partecipazione alle missioni internazionali, che attualmente consente di coprire soltanto le spese del personale e di funzionamento, ma non la super-usura dei mezzi e la revisione dell'alternanza, di cui abbiamo bisogno continuamente.

Occorre, quindi, un maggior livello manutentivo e sicuramente un maggior numero di revisioni. Fino ad ora le risorse mancanti sono state attinte, come sappiamo, dagli ordinari stanziamenti di bilancio, ma, data la riduzione degli stanziamenti di bilancio del Ministero della difesa, dovuta alle misure di contenimento delle spese adottate dal Governo, è assolutamente prioritario ed indispensabile, quale misura correttiva, introdurre il concetto di costo volto a coprire tutti gli interventi correlati all'approntamento pre-missione e al ricondizionamento post-missione, dovendosi, in alternativa, procedere ad un eventuale ripensamento degli impegni delle nostre Forze armate nelle missioni all'estero.

Questo lo dico anche perché la Commissione difesa, nell'esprimere il proprio parere sul richiamato disegno di legge finanziaria per il 2009, ha previsto una specifica condizione, volta ad incrementare la dotazione del Fondo per la partecipazione alle missioni internazionali in modo da assicurare la copertura integrale del costo derivante dagli impegni internazionali delle Forze armate.

Per quanto concerne, invece, le riflessioni che attengono alla politica legislativa, desidero sottolineare che nel nostro ordinamento non è stato ancora introdotto un complesso organico di disposizioni sul trattamento economico del personale impegnato in missioni internazionali né sui molteplici e peculiari profili amministrativi che caratterizzano le missioni stesse; siPag. 114tratta di aspetti che vengono disciplinati di volta in volta nell'ambito dei singoli provvedimenti legislativi con cui si dispone periodicamente il finanziamento per le nostre missioni.

Si tratta di disposizioni che per loro natura hanno un'efficacia limitata nel tempo, e vengono reiterate rispetto alle situazioni di cui ci occupiamo anche stasera; ma ciò comporta sicuramente un rallentamento, e soprattutto una confusione rispetto ai testi citati e un'incertezza circa la possibilità della loro applicazione, che riguarda una disposizione che dovrebbe invece dare garanzie e tutela al fatto che le nostre missioni abbiano dei fondi di copertura che devono essere efficaci, devono essere idonei e devono essere adeguati a quello che i nostri militari svolgono nei teatri di guerra e di pace.

E infine, per quanto riguarda la situazione del contingente italiano in Afghanistan, il presidente Stefani ha approfondito tale aspetto e l'ha fatto in maniera importante. Credo però che non dobbiamo sottacerci il fatto che - non a detta solo del sottoscritto, ma in base alla competenza di chi ha vissuto per decenni l'esperienza nei teatri operativi all'estero - ci sia forse in Afghanistan la necessità di incrementare il numero di nostri soldati. Può suonare strano, può apparire strano questo tipo di ragionamento, questa richiesta, ma se vogliamo effettivamente realizzare una condizione idonea a fronteggiare quanto sta avvenendo in Afghanistan non possiamo sottrarci a questo tipo di confronto.

La necessità nasce da alcuni banali ed elementari rilievi. Abbiamo purtroppo assistito a quegli attentati, che drammaticamente poi sono stati «trasferiti» nel nostro Paese con la morte di alcuni nostri soldati, e sappiamo che le cause di tali attentati sono soprattutto da ricercarsi nel fatto che il nostro esercito sta costruendo a Farah una base piuttosto ampia, in cui arriveranno da Kabul 500-600 soldati incaricati di controllare il territorio, da sempre zona privilegiata dei talebani; nell'allentamento dei controlli nella zona di frontiera con il Pakistan, dove i talebani possono preparare i loro colpi con molta più tranquillità; e infine nell'avvicinarsi dell'inverno, che già è in essere, che spinge i talebani ad aumentare la portata e l'intensità degli attacchi prima di ritirarsi nei villaggi amici. Credo che ci sia quindi, come richiesta centrale, l'importanza del controllo del territorio dal punto di vista strategico, per garantire il quale appare necessario non tanto cambiare le attuali regole di ingaggio che sono sufficienti, bensì rafforzare in maniera strategica la nostra presenza. Naturalmente questo non basta, naturalmente non basta parlare di presenza militare, ma occorre anche e soprattutto adottare un approccio onnicomprensivo, che tenga conto delle esigenze anche della popolazione civile, soprattutto della popolazione civile, che è capace di innescare un circolo virtuoso di sviluppo e sicurezza che rappresenta la vera sfida per la comunità internazionale.

Prioritari devono essere i programmi per la lotta alla povertà e alla corruzione, in cui i progressi sappiamo che sono stati debolissimi e sono esigui. Appare prioritario anche l'impegno internazionale a favore dello sviluppo agricolo, specie alla luce della crisi alimentare mondiale e dell'effetto positivo che questa ha avuto sulla conversione della coltivazione di papavero in grano. Sfruttando la congiuntura, infatti, è possibile dare al Paese l'autosufficienza alimentare, cercando contemporaneamente di neutralizzare o perlomeno marginalizzare l'influenza del traffico di droga che mi sembra sia invece dilagante: parlando di cifre che attengono alla coltivazione e al contrabbando dell'oppio, essa rappresenta circa il 60 per cento dell'economia nazionale e il 90 per cento della produzione totale del mondo.

È quindi evidente che queste occasioni devono anche e soprattutto servire per un approfondimento, per una valutazione relativi alla necessità di far viaggiare la politica militare con la politica di una strategia di cooperazione internazionale e di un'attenzione che non può essere più superficiale. E non possiamo più semplicemente trasferire solo un «numero» di soldati, senza poi sostenerli con tutto ciòPag. 115di cui hanno bisogno. Credo pertanto che, trattandosi di un rifinanziamento, vada immediatamente approvato, perché sappiamo che siamo già in ritardo e che i nostri militari hanno bisogno di questi fondi, ma soprattutto di una garanzia e di una tutela giuridica da realizzarsi attraverso queste norme.

Quello tuttavia cui dobbiamo puntare di più e meglio è una valutazione globale per ripensare al nostro sistema del modello delle Forze armate, sicuramente cercando di capire quale può essere il più idoneo ed il più efficace rispetto alla situazione che viviamo.

Vi ringrazio e concludo naturalmente ricordando che domani ci sarà la commemorazione dei morti di Nassiriya. Credo che quel momento abbia, seppur in maniera drammatica, unito tutto il nostro Paese e quel popolo silente che lì si era recato.

Io l'ho vissuto anche andando sul luogo in quel momento, alcuni giorni dopo, e lo ricordo come se fosse ora: non posso dimenticare quella tragedia, ma non posso neanche dimenticare il sentimento di un popolo che ha accompagnato quel tipo di percorso, un percorso a cui non eravamo abituati e a cui non vogliamo essere abituati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Cicu, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

È iscritto a parlare l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anzitutto condivido pienamente sia le valutazioni tecniche e politiche del collega presidente della Commissione esteri, onorevole Stefani, sia soprattutto le valutazioni di carattere politico espresse dal relatore per la Commissione difesa.

Voglio ovviamente approfittare di questa occasione per calcare la mano, se mi è consentito il termine, ma anche della riflessione del Governo, proprio prendendo spunto da ciò che ha detto il collega, onorevole Cicu.

Onorevole Cossiga, autorevole componente del Governo, onestamente, dopo una serie di valutazioni espresse innanzitutto dal Ministro della difesa nell'audizione in Commissione in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria (quando di questo si è discusso nella IV Commissione) e dopo la seduta delle Commissione riunite III e IV che abbiamo tenuto qualche giorno fa e le valutazioni espresse dai nostri colleghi, in particolare dal collega Cicu, non si può tacere la situazione che si è venuta complessivamente a creare per le nostre Forze armate a seguito dei tagli che sono stati effettuati con il decreto n. 112 del 2008 (tagli che in linea strategica, rispetto agli obiettivi di economia e di finanza pubblica che si vogliono perseguire, si possono anche condividere, ma che rendono palese soprattutto la difficoltà che i nostri militari possono nel prosieguo affrontare proprio nell'ambito delle operazioni internazionali).

Il Ministro ha riferito in Commissione che gli attuali fondi non sono sufficienti a conservare tutte le missioni o, quanto meno, a garantirne l'efficienza. Chiaramente, anche dopo le parole dell'onorevole Cicu non posso, allo stesso tempo, non porre l'attenzione su un aspetto centrale che si collega all'aspetto finanziario, che è quello della sicurezza. Certamente l'efficienza di queste missioni rappresenta un impegno centrale del Governo: siamo impegnati a livello internazionale per garantire la pace, la sicurezza, la stabilità e credo profondamente nella valenza di queste missioni, ma abbiamo un obbligo morale rispetto alla sicurezza dei nostri militari impegnati.

Una sicurezza che dipende dall'efficienza dei mezzi, dall'addestramento e dalla capacità ovviamente di essere in grado di utilizzare mezzi che hanno un'alta tecnologia, dalla sicurezza e dalla tranquillità che la padronanza di ciò comporta,Pag. 116e soprattutto dalle situazioni di guerra insorgente che ormai i nostri militari sono chiamati ad affrontare in Afghanistan. Voglio dirlo senza polemiche, anche nei confronti dei colleghi dell'opposizione: questa missione negli ultimi anni ha subito, di converso, una situazione di carattere politico per l'Italia che ne ha mantenuto l'equivoco, ma oggi questo equivoco non può assolutamente essere più sottaciuto.

Sappiamo tutti che l'incremento di oltre il 30 per cento degli attentati e delle perdite delle forze della coalizione, per fortuna, per capacità, per esperienza e, certamente, anche per la tecnologia dei nostri mezzi, non riguarda l'Italia, ma è evidente che nel 2009, come tutti si aspettano, vi sarà un aumento vertiginoso dell'attività militare dei talebani.

Questo decreto-legge, come hanno saggiamente voluto i Ministri degli affari esteri e dalla difesa, riallinea e fa scadere tutte le missioni dal punto di vista finanziario al 31 dicembre: è l'occasione giusta per una forte riflessione e un'assunzione di responsabilità ben precisa da parte del Governo nella sua interezza e del Parlamento che chiaramente controlla, dà impulso ed autorizza questa attività specifica dell'Esecutivo. Si tratta di missioni che si muovono nell'ambito di accordi internazionali, secondo i dettami delle Nazioni Unite, con una piena copertura costituzionale e che, comunque, espongono i nostri militari a una situazione di guerra guerreggiata.

Abbiamo bisogno di un impegno finanziario adeguato per garantire i migliori mezzi tecnologici che la nostra industria della difesa è in grado di assicurare per il massimo della sicurezza per i nostri militari, e questa occasione vi sarà a gennaio o febbraio, dopo l'approvazione logica, rapida, e credo all'unanimità di questo decreto-legge, quando si dovranno rifinanziare queste missioni. Il miliardo di euro stanziato in precedenza non è, notoriamente, sufficiente, già in una situazione ordinaria, sicuramente non lo sarà in Afghanistan per quello che ci aspettiamo di affrontare. Gli osservatori tecnici affermano che, date le distanze, persino il nostro dispositivo in Libano è più combat di quello in Afghanistan; questo paradosso è insostenibile e sono certo il Governo, e soprattutto il Ministero della difesa, saprà affrontare la situazione con serietà e responsabilità nel prossimo decreto di finanziamento per l'anno 2009. Da questo punto di vista il Parlamento sarà vigile che il proprio dovere venga fatto dal Governo e dalle istituzioni fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, il mio intervento sarà brevissimo, perché mi trovo d'accordo con quanto espresso nelle pregevoli relazioni svolte dal presidente della Commissione esteri e da quello della Commissione difesa. Siamo tutti consapevoli che le missioni all'estero costituiscono uno strumento essenziale per misurare le ambizioni di politica estera del nostro Paese e vogliamo che queste missioni siano lo specchio dell'Italia migliore, dell'Italia che, anche a costo di sacrifici, sa intervenire sul proscenio delle grandi vicende internazionali per contrastare quei fenomeni degenerativi che hanno originato le crisi internazionali, che hanno richiesto l'intervento dei nostri militari.

Della questione delle risorse - mi rivolgo al rappresentante del Governo - hanno parlato i colleghi che mi hanno preceduto, in ultimo il presidente della Commissione difesa, onorevole Cirielli. Tale questione deve, una volta per tutte, trovare un punto di approdo perché non possiamo continuamente parlare di risorse che non esistono e nello stesso tempo non assumere iniziative che consentano la stabilizzazione del ruolo delle nostre Forze armate nelle missioni all'estero e, più in generale, del ruolo stesso delle nostre Forze armate. A questo punto occorre, è necessario e indispensabile che vengano individuate delle priorità.

Non credo vi siano altri Paesi importanti come l'Italia sotto il profilo dellaPag. 117tradizione della politica estera e della forza industriale, i quali per le Forze armate spendano (mi riferisco a quest'anno) abbondantemente sotto l'1 per cento del PIL. Non vi è alcun altro Paese in tale condizione. Noi abbiamo contratto liberamente impegni in sede internazionale in ambito UE, in ambito NATO ed in quello delle Nazioni unite. Dobbiamo onorare questi impegni e ciò deve avvenire anche per quanto riguarda gli accordi bilaterali con i molti Paesi ai quali l'Italia offre assistenza militare. Allora, colleghi, o questi impegni li vogliamo mantenere o non li vogliamo mantenere, ma una volta per tutte dobbiamo parlare un linguaggio chiaro e certo. Infatti, soprattutto le Forze armate, una struttura con una caratura organizzativa sicuramente incontrovertibile e incontestabile, hanno bisogno di certezze e di chiarezza. Questo è un appello che noi rivolgiamo mentre preannunciamo che voteremo a favore su questo «pacchetto» e sulle missioni all'estero che autorizza. Sono anche d'accordo su quella sottolineatura che hanno fatto tanto il presidente della Commissione affari esteri quanto il relatore per la IV Commissione, onorevole Cicu, sulla questione afghana, e, avviandomi alla conclusione del mio intervento, osservo che lì è stata lanciata ed è in essere una sfida alla credibilità del mondo occidentale, della Nato e di quanti fanno parte di questi organismi internazionali. Noi non possiamo perdere questa sfida, altrimenti la credibilità della Nato e dei Paesi che danno il loro apporto a questa organizzazione (organizzazione di difesa, di politica estera, ma anche di carattere militare) verrebbe meno.

Quindi non possiamo scherzare e io credo che l'Italia - non importa, onorevole Cicu, la questione dell'incremento degli organici - debba essere presente con gli stessi doveri degli altri Paesi. La questione dei caveat è ancora un elemento di ambiguità. Tutte le volte che sono intervenuto in questa Aula sono sempre stato contro la questione dei caveat perché noi dobbiamo intervenire in quei teatri così difficili e rischiosi allo stesso modo in cui lo fanno gli altri Paesi che insieme a noi si trovano nell'ambito delle Nazioni unite. Ci sono deliberati e subdeliberati: io sono vicepresidente della Commissione difesa dell'Assemblea parlamentare NATO e tutte le volte che ci riuniamo c'è questo invito al superamento dei caveat, non ultima una dichiarazione del neoeletto Presidente degli Stati Uniti che è tornato su questo punto.

Quindi, non possiamo, noi, distinguerci, stare in forme diverse o più defilate. Non è una questione di organico, ma è una questione, principalmente, di regole di comportamento. È una questione di attrezzature perché davvero noi dobbiamo vincere questa sfida, ma la dobbiamo vincere senza mettere a repentaglio la sicurezza dei nostri uomini, ma assicurando loro il massimo delle garanzie in una missione che serve a soccorrere le popolazioni che oggi vivono una condizione difficile, nella quale la saldatura fra la suggestione dei talebani e le sofferenze della popolazione stessa può diventare un fatto dirompente. Non è solo dunque una questione militare ma è anche una questione di solidarietà che deve essere prestata anche da parte del nostro Paese nei confronti di quelle popolazioni.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, il Partito Democratico naturalmente esprimerà il proprio voto favorevole al rifinanziamento di queste missioni, accompagnando la dichiarazione con una sollecitazione molto forte al Governo, affinché intorno al contenuto di queste missioni si possa al più presto avviare una riflessione che sia al contempo di carattere generale e della quale ho ascoltato questa sera alcuni echi sul versante delle politiche della difesa e, inoltre, sul versante dei singoli teatri nei quali sono impegnate le nostre Forze armate.

Vengo alla prima riflessione: per ciò che riguarda il versante della difesa ho ascoltato tutte considerazioni interessanti che non posso non condividere. Non posso non condividere le affermazioni che fannoPag. 118riferimento al tema della sicurezza che deve essere garantita ai nostri militari impegnati.

Ho ascoltato considerazioni che riguardano la necessità di una sollecita definizione di ciò che fa parte di un nuovo aggiornato modello nazionale di difesa, per quanto riguarda il ruolo che hanno ormai le missioni militari nel contesto del modello militare di difesa.

Dunque, sussistono tutta una serie di questioni sulle quali, credo non solo in questa sede, sollecitiamo il Governo affinché metta in atto questa riflessione, suo compito e suo primario dovere, nei confronti del Parlamento. Naturalmente, come già stiamo facendo e continueremo a fare, forniremo il nostro contributo di idee e di proposte politiche.

Chiediamo anche che il Governo ben cominci a formulare una riflessione di carattere generale, coinvolgendo il Parlamento, rispetto all'altra questione sul versante della politica internazionale del nostro Paese. Le missioni sono parte importante della nostra politica estera. Sono collocate nel cuore delle grandi crisi internazionali e, in questo contesto, dobbiamo anzitutto guardare il mondo per ciò che va evolvendo.

Dobbiamo, cioè, sapere che quanto più la delicatezza delle nostre missioni è tale tanto più tale delicatezza corrisponde con scenari geopolitici di politica internazionale in rapido movimento. Tra questi naturalmente non si può non considerare per primo l'Afghanistan, ma anche tutta la vicenda dei Balcani: l'estate alle nostre spalle ci ha insegnato di quali accelerazioni pericolose la politica internazionale ai nostri confini di casa può abituarci e renderci partecipi.

Da questo punto di vista partiamo da novità anche positive in questo contesto: sono convinto che tra le novità con le quali la riflessione si dovrà misurare vi sia certamente l'elezione di un nuovo Presidente americano, il quale nei suoi speech programmatici e nelle sue impostazioni di carattere generale ci ha indicato un segnale chiaro, vale a dire quello di una più forte attenzione, di una più forte considerazione della positività del dialogo e del confronto internazionale in un mondo nel quale, come ben sappiamo, nel corso degli anni, queste capacità e queste riserve di dialogo e di confronto si erano pericolosamente ridotte e assottigliate.

Non voglio dire di più, perché naturalmente questo è il tema di altre riflessioni da svolgere in altre occasioni, ma certo queste novità anche positive le mettiamo nel conto. Le mettiamo anzitutto nel conto della riflessione che dobbiamo svolgere anzitutto rispetto alla questione afghana. Ho sentito l'onorevole Cicu porre il tema di una maggiore presenza militare, motivando tale richiesta dal punto di vista di precise esigenze di carattere organizzativo, per così dire, interne cioè allo sviluppo della missione.

Anche in questo caso si tratta di una discussione che potremmo fare più agevolmente in altre sedi, in sede di Commissione, ma non vi è alcuna pregiudiziale.

Vi è però una pregiudiziale politica di carattere più generale: oggi la questione afghana ha bisogno di una riflessione di portata più generale, con la quale il Parlamento si deve misurare. Lo dico perché la questione afghana ha fatto emergere, nel corso di questi ultimi mesi, pressanti e pericolose questioni di sicurezza. Le esigenze di sicurezza sono aumentate ed a queste esigenze di sicurezza del teatro afghano non si risponde puramente e semplicemente con il rafforzamento - ed io dico anche con un miglioramento qualitativo - del meccanismo militare, ma si risponde affrontando i nodi politici, che sono sostanzialmente tre, per essere molto sintetici.

Il primo - e probabilmente il più importante - è quello che riguarda un'iniziativa che va sviluppata, presa e fortemente gestita dalla comunità internazionale e che riguarda il teatro regionale nel quale questa guerra si sta combattendo. Appare sempre più evidente che il teatro regionale e i confini regionali dell'Afghanistan costituiscono sempre di più un punto sul quale si devono esercitare le diplomazie: come sanno gli addetti ai lavori, ma come sa anche l'opinione pubblicaPag. 119più accorta, il cambio di regime e del Presidente nel Pakistan è emblematico delle potenzialità che possono determinarsi da un cambiamento delle condizioni ai confini. Naturalmente, l'instabilità dell'Afghanistan può trasformarsi in una superiore instabilità del Pakistan.

È una materia rovente, ma che dobbiamo tenere presente, come dobbiamo tener presente in questo contesto la questione iraniana, che gioca una partita doppia, per un verso di sostegno e di alimentazione di alcune frange del terrorismo e naturalmente, per altro verso, una partita che tiene sempre presente che uno degli obiettivi principali dell'Iran in quel contesto è evitare il contagio afghano. Tutto ciò, all'interno di una grande voglia di protagonismo dell'Iran.

Ma la questione del teatro regionale è molto importante, come è importante, in questo momento, allargare quello slogan secondo il quale bisogna colpire menti e cuori. Credo che oggi, nella situazione afghana - ce lo ricordava bene il nostro rappresentante dell'Unione europea in Afghanistan, pochi giorni fa, nella sua audizione alla Commissione esteri della Camera - a quel binomio «menti e cuori» dobbiamo aggiungere il termine «pancia», perché oggi la situazione dell'Afghanistan è una situazione di estrema povertà, di carestie e quindi dobbiamo sapere che quella guerra si vince, come sappiamo, utilizzando gli strumenti della convinzione, del convincimento politico e del convincimento umano. È una grande battaglia di comunicazione vera, ma si deve oggi anche misurare con le questioni dell'emergenza.

La terza grande questione che abbiamo in Afghanistan è che siamo alla vigilia delle elezioni, di fronte quindi ad un passaggio delicatissimo, perché quel passaggio può condizionare molto l'assetto dell'Afghanistan, può condizionare molto quella che può essere la possibile questione sullo sfondo, la cosiddetta soluzione politica, per la quale credo che il Governo italiano, come tutti i Governi dell'Unione europea, si stia attivando, con la necessaria ragionevolezza e con la necessaria prudenza, considerandolo parte di un ragionamento che riguarda la stabilizzazione dell'Afghanistan.

Penso che su tutto ciò il Governo abbia oggi il dovere di una riflessione che renda partecipe il Parlamento e nella quale il Parlamento possa essere protagonista. Infatti, le questioni che riguardano la missione in Afghanistan ormai hanno bisogno di questo: di una riflessione di tipo nuovo, che deve essere messa in campo al più presto dal Governo italiano e la nostra sarà una sollecitazione ferma per procedere in questa direzione.

Voglio rapidamente parlare dell'altro aspetto: voglio dedicare pochi secondi alla questione dei Balcani.

Anche in questo caso, ci auguriamo che la nuova Presidenza degli Stati Uniti ci dia una chiave per rimontare rispetto ad una situazione di grande difficoltà, che si è determinata nel corso degli ultimi mesi e degli ultimi anni. Ho letto con molta attenzione e con qualche soddisfazione le parole prudenti con cui, in una telefonata con il Presidente polacco, il neopresidente americano ha trattato la questione dei missili da installare in Polonia da parte degli Stati Uniti. È un segnale piccolo, ma importante.

Penso che l'Europa, si sia mossa nel modo giusto, tanto ieri nei Balcani, quanto oggi in Georgia. Penso che se voglia continuare una politica non di equilibrismo, ma una politica che parta da un forte sentimento e da un forte senso di alleanza con gli Stati Uniti e che se, al tempo stesso, voglia giocare la sua partita in Europa nei confronti, anzitutto, della Russia, ebbene l'Europa possa giocare questa partita, naturalmente a condizione che da parte degli Stati Uniti vi sia una vera partnership che riscopra il valore del confronto e del dialogo nei confronti della Russia. I segnali non sono negativi, li abbiamo colti in questi giorni (ed anche in queste ore), a proposito della ripresa del rapporto delle discussioni sulla questione del partenariato con la Russia; li cogliamo - lo ripeto - nell'atteggiamento nuovoPag. 120della Presidenza Obama e li dobbiamo implementare con l'azione dell'Unione europea in Georgia e nel Kosovo.

Da questo punto di vista, sono d'accordo con il presidente Stefani a proposito della necessità che per il Kosovo si lavori per una sempre più forte integrazione della Serbia in un processo, che non può essere condotto e che non può produrre strappi. Nello stesso senso, e con lo stesso senso di responsabilità, dobbiamo fare in modo che le questioni relative all'Abkhazia e alle enclave delle minoranze in Georgia vengano sottratte alla politica degli ukaze e alla politica degli imperativi, per tornare - ci auguriamo - a Ginevra, al centro del dibattito e del confronto.

Questo è un atto di responsabilità, che noi chiediamo alla Russia e al Governo Medvedev. È un atto che dobbiamo saper accompagnare con un ruolo forte ed una forte capacità dell'Unione europea di stare nel teatro del Balcani con un protagonismo reale e, naturalmente, in collegamento con la nuova Presidenza degli Stati Uniti. Ci auguriamo che quest'ultima possa dare segnali nel senso di non voler riaprire uno scenario di guerra fredda, ma di voler affrontare quel contesto molto complesso che sono i Balcani, con uno spirito nuovo di cui quel territorio ha certamente bisogno.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, cercherò di essere breve. Per quanto riguarda il provvedimento in discussione, concentrerò l'attenzione soprattutto su due riflessioni. In premessa vorrei dire - e ci tengo a ribadirlo - che l'Italia dei Valori ha sempre esplicitato il suo pensiero: le missioni internazionali sono degli elementi importanti per la nostra nazione, soprattutto quando diventano missioni di pace e di cooperazione con gli altri popoli, ferma restando, però, la sicurezza dei nostri militari. In relazione a questo aspetto, penso che tutte le forze politiche siano concordi.

La prima riflessione che vorrei svolgere è la seguente. Per quanto riguarda alcune missioni, le disposizioni del provvedimento in oggetto rappresentano solamente un prolungamento delle missioni stesse. Vi è un'adesione da parte di tutte le forze politiche, affinché la missione UNIFIL, la missione «Altea» in Bosnia, la missione europea nella Repubblica del Ciad, quella nella Repubblica centro-africana e quelle della guardia di finanza ad Haiti e in Libia continuino nelle modalità previste dal Governo.

Vorremmo, però, svolgere una riflessione - così come già abbiamo fatto più volte in altre occasioni durante i lavori della Commissione difesa - sulla missione in Afghanistan. A tal proposito, abbiamo fatto notare (per la verità questo è stato anche l'oggetto di una mia interrogazione della quale, devo dire, non sono rimasto molto soddisfatto) che l'invio di mezzi, quali i Tornado, certamente rappresenta per il Governo un cambio di strategia, che però il Governo non vuole esplicitare. È vero che il Governo è dubbioso su questo punto, ma se veramente i Tornado servono solamente per un'azione di perlustrazione e di ricognizione, perché non utilizzare altri mezzi che abbiano queste particolari caratteristiche e che siano economicamente più utili e più economici? Nella risposta si è ribadito che i Tornado devono essere utilizzati solo per le ricognizioni. Dall'altra parte, però, questa sera ho ascoltato con molta attenzione il collega Cicu, che sostiene (ed è forse la prima volta che lo sento dire) che addirittura vi è la necessità di aumentare il numero degli uomini in Afghanistan. Il Governo mi permetta, allora, di dire che qualcosa non quadra se, da una parte, ci viene detto che devono essere inviati i Tornado e, dall'altra, ci viene detto che è necessario un aumento di uomini. È vero che quelle popolazioni hanno maggiormente bisogno di un aiuto da questo punto di vista, ma l'aumento di uomini deve essere sempre accompagnato da mezzi che vadano nella direzione della missione che l'Italia si è prefissata.

Tra l'altro, qualcuno ha fatto riferimento all'orientamento del nuovo Presidente degli Stati Uniti: non mi sembra chePag. 121sia un orientamento che non vada in questa direzione, anzi, Obama ha fatto chiaramente capire che proseguirà l'impegno degli Stati Uniti in Afghanistan, ma mi sembra di aver capito che sarà un orientamento diverso rispetto a quello seguito fino ad ora dal Presidente Bush.

L'altra mia riflessione riguarda, invece, l'impegno finanziario. Vedo un controsenso in tutto quello che sta accadendo: stiamo discutendo il disegno di legge finanziaria e se, da una parte, vi è la necessità di mandare più uomini in missione in Afghanistan, dall'altra, vedo che il Governo, attraverso il disegno di legge finanziaria, sta limitando notevolmente le risorse finanziarie destinate alla difesa e tutto ciò avrà un netto riflesso anche sulle missioni internazionali.

Voglio citare soltanto alcuni numeri: è prevista una riduzione del quattro per cento per quanto riguarda l'intero comparto della difesa, pari a 838 milioni per il 2009. Vogliamo parlare della funzione della difesa? Per l'anno 2009 è previsto un decremento di 1.068 milioni di euro, pari al sette per cento in meno rispetto alle 2008, con grave penalizzazione soprattutto per la professionalizzazione del personale della difesa. Si prevede che nel 2012, rispetto alle 182 mila unità del 2008, si arriverà a 141 mila unità. Voglio allora chiedere al Governo e al collega Cicu: come facciamo ad inviare un maggior numero di militari in Afghanistan, quando ne sono previsti quarantamila in meno rispetto alle decisioni iniziali assunte dall'Italia per quanto riguarda la difesa? Nel settore dell'esercizio è prevista una riduzione del 29,1 per cento, senza parlare degli investimenti. Vi è un chiaro controsenso in tutto quello che il Governo sta facendo, a trecento sessanta gradi, e se (come ha affermato il presidente Cirielli) vi è una copertura della nostra Costituzione, devo dire però che certamente non vi è una copertura finanziaria rispetto a quello che il Governo sta realizzando. Se il Governo italiano ha assunto un impegno ben chiaro, probabilmente con gli Stati Uniti, come fatto personale tra il nostro Presidente e l'ex Presidente degli Stati Uniti, non è giusto che si adotti un cambio di rotta su una strategia di politica estera così importante senza aprire un dialogo ed una riflessione in Parlamento.

L'Italia dei Valori voterà, quindi, a favore sulla conversione di questo decreto-legge per la salvaguardia della pace nei Paesi interessati, fermo restando, però, il nostro invito, rivolto al Governo, a salvaguardare la sicurezza dei nostri militari. È vero che gli impegni che abbiamo assunto sono sacri e dobbiamo mantenerli, ma d'altra parte vale molto di più la vita del nostro contingente militare.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Picchi. Ne ha facoltà.

GUGLIELMO PICCHI. Signor Presidente, cercherò di essere breve. Nel ribadire il pieno appoggio al disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 147 del 2008 e quindi il pieno supporto alle missioni internazionali cui l'Italia sta partecipando, vorrei «toccare» due punti contenuti nel provvedimento. Da una parte desidero sottolineare l'importanza che la situazione in Georgia riveste per l'OSCE: si tratta di un'organizzazione che ha la fortuna di avere, all'interno della sua Assemblea parlamentare, rappresentanti degli Stati Uniti, della Russia e anche dello Stato del Vaticano. Pertanto si è creata l'occasione per dare nuova vita alla missione OSCE in Georgia che, già in corso lì da molto tempo, era tuttavia trascurata. Desidero sottolineare l'importanza che ha l'Assemblea parlamentare dell'OSCE - della quale peraltro faccio parte - non solo per l'attività di monitoraggio dei procedimenti elettorali nei vari Paesi ma anche per il ruolo che, più in generale, può svolgere in vari teatri di crisi.

Il secondo punto che vorrei «toccare» è la missione UNIFIL, nata nell'agosto del 2006 per iniziativa del precedente Governo. Si tratta di una missione che assorbe una quantità di risorse molto ingenti se si considera che l'autorizzazione alla proroga di tre mesi costerà 112 milioni di euro, per un importo annuo pari a 450 milioni di euro. Tale missione schiera ePag. 122impegna le nostre Forze armate in maniera consistente sia per la quantità di uomini che vengono coinvolti sia dal punto di vista dei mezzi. Credo che sia opportuno dare uno spunto al Governo per cominciare a ripensare non tanto la missione in quanto tale, ma la partecipazione italiana alla medesima. Chiedo se si possa cominciare a redigere una road map per mantenere, sì, una presenza italiana in Libano, ma inferiore dal punto di vista dell'impegno economico. Infatti, le perplessità che già avevamo evidenziato a suo tempo e che avevamo esternato in quest'Aula, rimangono valide. Le truppe italiane nell'ambito della missione UNIFIL svolgono una funzione di interposizione tra Israele e le milizie di Hezbollah che sono sempre presenti nel sud del Paese e che hanno avuto l'occasione di riarmarsi in questo periodo. Pertanto è necessaria la presenza italiana come forza di interposizione tra gli Hezbollah e Israele; tuttavia, crediamo che un numero inferiore di militari possa essere sufficiente a raggiungere l'obiettivo di rappresentare un deterrente per ogni tipo di azione militare in quel territorio.

Concludo pertanto ribadendo che il decreto-legge in esame ha tutto il nostro sostegno. Riteniamo però che il Governo possa farsi carico di rivitalizzare il ruolo dell'OSCE in tanti teatri internazionali, perché essa può essere uno strumento più agile e snello delle Nazioni Unite; d'altro canto, intendiamo offrire uno spunto di riflessione sulla presenza quantitativa, e non tanto sul merito della presenza stessa, dell'Italia nel teatro libanese.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole La Forgia. Ne ha facoltà.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi l'onorevole Tempestini ha già dichiarato l'intenzione di voto del gruppo del Partito Democratico e prendo anch'io le mosse da questa premessa per dire che proprio questa premessa, cioè il voto favorevole sul disegno di legge di conversione che stiamo esaminando, consente di svolgere una discussione più franca. È chiaro che la discussione non riguarda il se delle missioni, ma il come, il modo, la loro efficacia, la loro intenzione, la strategia entro cui devono essere considerate, o noi riteniamo debbano essere considerate, e le modalità con le quali riteniamo debbano essere indirizzate.

Naturalmente il provvedimento che stiamo esaminando ha un respiro temporale molto limitato: vi saranno altre e anche forse più opportune occasioni per svolgere considerazioni di carattere più approfondito e insieme più complessivo attorno a questi temi, ma vorrei toccare anch'io molto rapidamente due o tre questioni.

La prima riguarda il tema sollevato che mi viene suggerito precisamente dall'ultimo intervento. La mia adesione all'iniziativa italiana e dell'Unione europea in Georgia è particolarmente rafforzata da considerazioni potrei dire opposte, ma dirò complementari rispetto a quelle svolte nell'intervento che mi ha preceduto.

Sono portato a leggere il senso e l'intenzione della missione in Georgia sulla scorta del senso e dell'intenzione precisamente della missione UNIFIL.

Le situazioni sono naturalmente molto diverse, ma, per quanto riguarda la Georgia, si tratta di un punto delicatissimo, siamo forse nella condizione di intervenire, non tanto tempestivamente quanto sarebbe stato necessario ed opportuno, ma con una certa tempestività; nella situazione libanese, invece, siamo intervenuti nel contesto di un confronto, di un contrasto, di un combattimento endemico, ma l'intervento che abbiamo promosso e di cui siamo stati protagonisti ha consentito di evitare che si salisse un gradino ulteriore nella escalation di quel conflitto.

Quindi, leggo entrambe le iniziative, quella che riguarda la Georgia e quella che riguardò, due anni e qualche mese fa, la nostra partecipazione, la nostra promozione dell'intervento in Libano, molto positivamente, unite sotto il segno di una assunzione di responsabilità dell'Unione europea che è indispensabile nel contestoPag. 123delle relazioni internazionali, dei conflitti internazionali nei quali siamo costretti a vivere e a muoverci.

Intendo dire, per non portarla alle lunghe ed utilizzando anche le considerazioni svolte un attimo fa dall'onorevole Tempestini, che si tratta di insistere nel promuovere un approccio multilaterale all'intervento nelle diverse aree del mondo protagoniste di tensioni e di conflitti, ma al tempo stesso, proprio in quanto si vuole e si lavora nella prospettiva di un intervento multilaterale, occorre corrispondentemente assumersi tutte le responsabilità che una simile intenzione comporta.

La seconda osservazione che vorrei fare riguarda il contesto afghano che, indubbiamente, è quello che forse è maggiormente delicato, almeno in questo momento. Lo «tocco» con una certa franchezza, anche perché vi sono stati aspetti dell'intervento dell'onorevole relatore per la Commissione difesa, onorevole Cicu e, ancor più, nell'intervento del presidente della Commissione difesa, che non mi hanno convinto del tutto.

La situazione in Afghanistan manifesta e produce molti segnali di preoccupazione e ciò costituisce il punto di partenza comune delle considerazioni che voglio svolgere sugli argomenti portati dagli onorevoli Cicu e Cirielli. Le perdite NATO hanno raggiunto un livello drammaticamente significativo: 232 militari nel corso del 2007 e purtroppo i caduti nel corso del 2008 minacciano di non essere significativamente inferiori a quella cifra.

Il rappresentante speciale dell'ONU in Afghanistan ha segnalato, in un'audizione presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, un incrudimento degli scontri armati e degli attentati, quantificandolo addirittura nella misura del 40 per cento tra periodi omologhi del 2008 e del 2007. Per farla breve, si ha la sensazione - questo almeno è il mio convincimento - di un doppio movimento in atto nel teatro afgano.

Da una parte, anche ISAF, e ISAF nei rapporti con Enduring Freedom, sposta l'iniziativa sull'obiettivo del controllo militare sul territorio; dall'altra, nel contempo, da più parti, anche all'interno, e autorevolmente, dei Paesi che hanno dato vita a Enduring Freedom, vengono segnali espliciti di dubbio sulla possibilità che la soluzione alla questione afghana possa essere segnatamente di tipo militare: viceversa, vi è la segnalazione del fatto che occorre irrobustire e rendere più efficace la capacità di iniziativa sul terreno politico, diplomatico, economico e sociale per tentare di avviare a soluzione, uscendo da una situazione di stallo, la crisi afghana e recuperare il senso dell'intervento (in particolare quello NATO, del quale noi siamo parte integrante in quel territorio e presso quella nazione).

Pertanto, come già detto dall'onorevole Tempestini (quindi, lo posso ribadire molto rapidamente), è per me assolutamente inscindibile il consenso pieno all'approvazione del provvedimento che stiamo esaminando con la sottolineatura della necessità di un impegno forte del Governo e del nostro Paese nel quadro dell'Alleanza e dell'Unione, nella ricerca della promozione e della produzione di un approccio e di una strategia più efficaci per affrontare e risolvere il contesto afgano, tanto più di fronte a quelle difficoltà che indiscutibilmente, come tutti gli osservatori hanno segnalato, stanno crescendo anche in relazione all'appuntamento elettorale che si viene avvicinando.

Detto questo vorrei svolgere un'ultima osservazione su un altro tema trattato dal relatore Cicu. L'onorevole Cicu ha svolto una considerazione assolutamente ragionevole: assumendo come presupposti impliciti delle sue valutazioni i tagli consistenti alle disponibilità dell'amministrazione della difesa, ha ipotizzato l'opzione di un collegamento stretto tra i costi e il finanziamento della missione in quanto tale con i costi delle misure di approntamento, che precedono le missioni, e quindi i costi e il finanziamento delle misure di ricondizionamento che seguono le missioni. Se queste considerazioni le dobbiamo intendere come volte a maneggiare un momento particolarmente difficile dal punto di vista delle risorse disponibili, possono anche essere condivise come considerazionePag. 124efficaci, anche se forse eccessivamente pragmatiche. Non possono essere però una linea, un ipotesi di lungo periodo. Detto in maniera schematica, non sono affatto convinto, anzi sono convinto del contrario, che questa triade: approntamento per missione, missione e ricondizionamento post-missione, possa risolvere il problema quasi disegnando un sottoinsieme dell'apparato di difesa del nostro Paese, quello impegnato nelle missioni all'estero; seppure allargandone i confini fino a comprenderne l'approntamento e il ricondizionamento, come ha detto l'onorevole Cicu, rendendo le risorse e i dispositivi di intervento internazionale in qualche modo separati o separabili dall'impianto complessivo del nostro apparato di difesa.

Sul piano del lungo periodo non credo che questa sia una strada praticabile. Credo che questo sottoinsieme non sia definibile efficacemente; purtroppo nessuno di noi può illudersi di vedere nell'orizzonte temporale breve una fuoriuscita generale sul pianeta dalle condizioni di conflitto e di tensione che richiedono, al fine del perseguimento della pace, anche l'utilizzazione di dispositivi di forza. E non possiamo pensare che questo possa essere perseguito senza mettere in condizione l'intero sistema della difesa di fronteggiare e perseguire i propri compiti.

Sempre tenendo a mente, e finiscono davvero, che di tutti i comparti dello Stato gli apparati di difesa sono quelli totalmente esposti, fatemelo dire in termini un po' impropri e forzosi, alla competizione internazionale; sono inseriti in dispositivi internazionali, devono soddisfare standard internazionali e, a differenza di altri apparati dello Stato che hanno potuto lucrare qualche vantaggio e qualche pigrizia dall'essere sottratti alla competizione e al confronto internazionale, gli apparati di difesa a questo confronto e a questa competizione sono integralmente esposti.

Noi abbiamo a tal punto a cuore le esigenze e le necessità di alimentazione di un efficace apparato di difesa per il nostro Paese che ci siamo permessi - questa veramente è l'ultima considerazione che voglio fare - di segnalare al Governo, con un emendamento, concernente precisamente questo disegno di legge di conversione, che sarebbe stato assai più opportuno non reperire i fondi necessari all'alimentazione e al supporto delle decisioni adottate nei due decreti, che stiamo simultaneamente convertendo, dai già martoriati bilanci dell'istruzione e dell'università.

La nostra intenzione - tant'è vero che la questione la cito soltanto, ma non la ripropongo in Aula - era precisamente quella di avere la sensibilità politica di proteggere le risorse da destinare agli apparati di difesa della nostra nazione, per mantenerli al riparo da facili polemiche o da cattive comprensioni delle intenzioni reali e del senso reale della funzione che questi apparati devono soddisfare e a cui sono finalizzati.

Concludo, ripetendo ciò che ho detto, sia pure molto rapidamente, un attimo fa: questo disegno di legge di conversione ha una sua determinazione limitata; ribadisco la considerazione, che implicitamente è anche una richiesta, svolta dall'onorevole Tempestini di avere rapidamente l'occasione e il modo di svolgere una riflessione più complessiva e generale e, soprattutto, più approfondita sulle modalità e sul senso delle nostre missioni, non sul se perché - lo ripeto - su quello il nostro consenso è pieno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, mi limito a svolgere solo alcune considerazioni, perché chiederò l'autorizzazione alla pubblicazione del testo del mio intervento.

Per quanto riguarda la Georgia, il Governo italiano ha svolto un'intelligente e fattiva operazione, soprattutto se ricordiamo il momento così delicato dell'agosto scorso: mantenere i rapporti con la Federazione russa è, infatti, importante e strategico per tutti gli elementi e gli scenari internazionali. Quindi, ciò rappresenta inPag. 125qualche misura la continuazione dello spirito che aleggiava e che si è messo in atto in occasione dell'iniziativa di Pratica di Mare.

Per quanto riguarda l'Afghanistan, che è la situazione più problematica e difficile, un insuccesso dell'azione internazionale in quella zona, al di là delle implicazioni regionali con il Pakistan, rappresenterebbe il sorgere di un'area di grande perturbazione internazionale e anche, come è stato detto, un colpo mortale per l'Alleanza atlantica. Forse l'impegno internazionale è stato insufficiente e, allora, dobbiamo impostare e rinnovare gli impegni logistici, operativi, umanitari e di formazione in quel martoriato Paese (penso anche alla questione dell'oppio).

Infine, riguardo al Libano, l'intervento internazionale è stato importante per salvaguardare la sicurezza di Israele ma, al tempo stesso, non è riuscita, per le modalità operative, a bloccare la potenzialità offensiva degli Hezbollah. Per la salvaguardia della nostra credibilità e dei nostri impegni internazionali, credo che sia necessario valutare l'opportunità di una graduale rimodulazione del nostro impegno perché soltanto così saremo in grado di salvaguardare l'attività del nostro personale militare e civile, che fa tanto onore, che svolge con dedizione, professionalità e anche sacrificio. Come è stato detto anche dal Governo, qui mi corre l'obbligo di ricordare e di onorare i nostri caduti di Nassiriya (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Signor Presidente, come preannunziato, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

È iscritto a parlare l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, intervengo rapidamente, pertanto non sto qui a riprendere i concetti già espressi dai colleghi e dal presidente Stefani nella sua relazione. Senz'altro mi associo ai complimenti che sono d'obbligo al Governo per la posizione diplomatica assunta riguardo ai fatti della Georgia, che ha dimostrato, al di là delle facili polemiche giornalistiche, una grande capacità di mediazione e di lungimiranza da parte del Presidente del Consiglio e del nostro Ministro degli esteri.

Mi associo anche alla relazione del presidente Stefani circa i numeri e l'importanza del nostro impegno in chiave internazionale e sicuramente anche per i passaggi che evidenziavano l'importanza dell'attenzione alla quantificazione degli uomini, dei mezzi e delle sostanze, ma anche dei mezzi fisici. Vorrei ricordare che si tratta di mezzi che la nostra industria fornisce in maniera importante e che costituiscono la punta d'orgoglio. Mi dispiace che non sia presente l'onorevole Colombo, il quale è sempre molto attento a sottolineare le politiche estere: ricordo che il Presidente Obama viaggerà con un elicottero prodotto a Samarate, a Cascina Costa, da una azienda varesina e del nostro Paese. Abbiamo a pochi chilometri da lì un'altra azienda che produce i più evoluti sistemi di addestramento e la più evoluta macchina in termini di addestratori che è l'Aermacchi. Questo per citare due esempi circa l'importanza dei mezzi che mettiamo a disposizione, oltre che delle risorse finanziarie e degli uomini.

Si tratta di uno sforzo importante che la Lega sostiene, appoggia e sempre appoggerà, in quanto è uno sforzo teso a portare dei valori e dei principi nel mondo, principi di cooperazione e di amicizia. Insegnare (se è possibile) o comunque manifestare e testimoniare una presenza per la democrazia, per l'uguaglianza nei confronti della legge e per la libertà, e chi, come noi, che ci crede, anche di sussidiarietà e di federalismo. Si tratta certo anche di un impegno importante dal punto di vista religioso.

Concludo il mio intervento e non me ne vorranno i colleghi se faccio una piccola chiosa con un intervento che potrebbe essere svolto a fine seduta. In termini diPag. 126importanza dell'impegno che svolgiamo come Paese volevo ricordare anche quello che svolgiamo attraverso il personale civile e non solo militare in termini di volontariato, di cooperazione allo sviluppo e di organizzazioni non governative. In questo mi associo all'appello della Farnesina lanciato poche ore fa per il silenzio stampa sul rapimento delle due suore avvenuto proprio ieri da parte di estremisti islamici in Somalia.

Non chiederò al Governo di darci novità, proprio perché rispetto la volontà del silenzio stampa. Tuttavia Maria Teresa Oliviero e Caterina Giraudo sappiano - e credo di poter parlare a nome di tutti i colleghi - che il Parlamento è vicino a loro e tutti siamo vicini alle loro famiglie. Il Governo sta facendo e farà tutto quanto il possibile. Sottosegretario, in tal senso avrà l'appoggio assolutamente importante del nostro gruppo. Fate davvero tutto ciò che è possibile fare. Lo faremo, lo sappiano le famiglie di suor Maria Teresa e di suor Rinuccia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori rinunciano alla replica.

Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, il Governo innanzitutto ringrazia i relatori per i loro interventi che il Governo condivide in toto e in cui si riconosce. In particolare, a nome del Ministro della difesa devo ringraziare l'onorevole Cicu che ha voluto illustrare e sollevare alcuni aspetti di particolare importanza. Come è noto le missioni internazionali sono ormai da molti anni strumento centrale della politica estera del nostro Paese e all'interno di questa politica estera al Ministero della difesa è demandato a fornire e a impiegare lo strumento centrale, ovvero le Forze armate.

Come è noto i provvedimenti cosiddetti di rifinanziamento (e non di autorizzazione) delle missioni servono a coprire gli oneri specifici relativi alle missioni. Esistono, tuttavia, problemi di copertura, ad esempio, degli oneri aggiuntivi legati al maggiore impiego dei mezzi e non programmati in sede di programmazione generale della difesa, ed altre tematiche affrontate direttamente dal bilancio della difesa in relazione alle due priorità centrali dell'azione del Ministero. Queste priorità sono naturalmente la sicurezza dei contingenti all'estero e l'efficacia dello strumento operativo: due pilastri che non possono essere visti in maniera distinta.

È quindi evidente che, come è accaduto peraltro negli anni passati, un'eventuale non completa copertura di tutti gli oneri con i provvedimenti di finanziamento induce ulteriori stress sul bilancio del Ministero della difesa e obbliga a provvedervi a scapito di altre esigenze.

Poiché il Governo auspica un'approvazione rapida e condivisa di questo provvedimento, devo anche dichiarare il nostro apprezzamento per gli interventi che hanno svolto gli esponenti dell'opposizione, di cui apprezziamo la pacatezza e la significatività anche come contributo, anche quando, magari, in alcuni casi, si arrampicano su valutazioni di carattere operativo sulle quali il Governo ritiene di avere già fornito tutte le informazioni e le indicazioni utili in sede di Commissione e sulle quali preferisco non aggiungere altro.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.


 

 

 


 

RESOCONTO

STENOGRAFICO

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88.

 

Seduta di MARTEDì, 18 NOVEMBRE 2008

 

presidenza del vicepresidente MAURIZIO LUPI

 


Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Approvato dal Senato) (A.C. 1802) (ore 14,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

Ricordo che nella seduta dell'11 novembre 2008 si è conclusa la discussione sulle linee generali ed ha avuto luogo la replica del Governo.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1802), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).

Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).

Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri, che sono distribuiti in fotocopia (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).

Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 7, del Regolamento, l'emendamento Maran 2-bis.2, volto a finanziare attività di preparazione diplomatica di una conferenza di pace regionale che coinvolga tutti paesi dell'Asia meridionale, in quanto non strettamente attinente alla materia oggetto del decreto-legge e non previamente presentato nel corso dell'esame in sede referente.

Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Soro. Ne ha facoltà.

ANTONELLO SORO. Signor Presidente, il Governo ci consentirà ... è presente il Governo?

PRESIDENTE. È presente il sottosegretario Cossiga.

ANTONELLO SORO. Grazie, signor Presidente. Ringrazio il sottosegretario per il suo interesse alle attività del Parlamento, in quanto di questi tempi è un interesse desueto da parte del Governo. Ci consentiranno, però, il Governo, l'onorevole Cossiga e la maggioranza se in questa circostanza apriremo una discussione e se non tratteremmo questo decreto-legge come una banale pratica da sbrigare e archiviare. Ci permettiamo di sollecitare la maggioranza a non sprecare sempre tutte le opportunità di confronto in quest'Aula. L'abitudine a rinunciare al confronto e allo svolgimento della propria funzione parlamentare rischia nel tempo di portare ad un risultato di demotivazione che non potrebbe essere alla lunga governato, neanche con le sanzioni da parte dei dirigenti dei gruppi.

Dirò subito che il gruppo del Partito Democratico voterà a favore del decreto-legge sulle missioni, e proprio per questo motivo vorremmo che la discussione fosse più franca e più libera. Non è, infatti, il se delle missioni, ma il come che vogliamo discutere. È una domanda che sale dal Paese, da molti suoi ambienti e dall'opinione pubblica, che si interroga con serietà circa i nuovi scenari e le nuove incognite della politica internazionale.

Sappiamo che il ruolo dell'Italia e dell'Europa deve essere collocato in uno scenario internazionale molto mutato negli ultimi anni e che le recenti vicende, da quelle della crisi del Caucaso fino alla nuova Presidenza americana, concorrono a rendere ancora più inedito ed incerto questo scenario. Siamo lontanissimi dalle sicurezze degli anni Novanta, quando la ricerca del nuovo ordine mondiale, come ebbe a definirla il Presidente Bush senior, accompagnata dallo sgretolamento dell'equilibrio del terrore e del mondo bipolare, era contraddistinta dalla cosiddetta iperpotenza americana e dalla convinzione che la democrazia, liberata dalla gabbia in cui la storia l'aveva costretta negli anni della guerra fredda, potesse progressivamente ed inarrestabilmente difendersi in ogni dove.

Siamo, però, lontani anche dalla guerra globale al terrorismo e dalla guerra preventiva del Presidente Bush figlio, conseguente all'attacco dell'11 settembre 2001.

L'America è oggi costretta ad affrontare problemi di crescita interni, le gravi conseguenze della crisi finanziaria, il peso di un debito pubblico detenuto in gran parte da Paesi esteri, in primo luogo dalla Cina e dal Giappone, un impegno sul terreno, dall'Afghanistan all'Iraq, sempre più pesante. Quelle che erano negli anni Novanta nazioni emergenti, si affermano, ormai, come nuovi protagonisti regionali e globali; un nuovo multipolarismo, che ancora stenta a trovare gli equilibri e le forme più efficaci di governance, specie a fronte di una preoccupante riduzione del ruolo e dell'autorevolezza delle Nazioni Unite.

Il clima della distensione, i grandi trattati sulla non proliferazione e sullo smantellamento degli arsenali nucleari, così come i grandi accordi sul disarmo, vengono improvvisamente rimessi in discussione, e al pericolo della diffusione delle armi nucleari nelle mani del terrorismo o di nuove testate installate in zone calde del globo si aggiunge oggi un nuovo ritorno alle minacce, persino in Europa, che ricordano il confronto della guerra fredda.

Proprio per questi motivi è venuto il momento di riflettere, innanzitutto in Parlamento, sui grandi scenari della politica estera, sul ruolo che l'Italia e l'Europa intendono e possono giocare in uno scenario sempre più ricco di sfide innovative per tutti. È venuto il momento di discutere seriamente, approfondendo le questioni e non lasciandole ad una diplomazia estemporanea, fatta di pacche sulle spalle e battute di dubbia sagacia, che non portano né lustro al Paese né aiutano ad affrontare temi delicati con la giusta preparazione e dopo un'adeguata riflessione.

In questa occasione, che si ripeterà a gennaio con il rifinanziamento annualePag. 3complessivo delle nostre missioni internazionali, vogliamo chiedere al Governo e alla Camera un supplemento di discussione e di dibattito, ribadendo la convinzione del Partito Democratico che questo tema resta centrale per il nostro futuro e per il ruolo che l'Italia intende giocare.

Abbiamo avuto modo di esprimere apprezzamento per l'aumento delle missioni condotte dall'Europa, in ambito di politiche europee di difesa e di sicurezza, attualmente presenti in tutti i teatri principali, dal Caucaso alla Bosnia, dal Congo al Medio Oriente. L'esigenza di una politica di difesa comune europea appare sempre più necessaria ed auspichiamo un impegno del Governo a sollecitare un maggior coordinamento anche a livello operativo, per conseguire il risultato di una vera politica estera e di difesa europea. Quando l'Unione riesce ad agire con una sola voce, si pone inevitabilmente al centro della scena internazionale e assurge al ruolo insieme di mediazione e di promozione dei valori democratici che le è riconosciuto come proprio.

In questo scenario così delicato, dagli equilibri così instabili, in una fase di transizione tra due Presidenze americane così differenti quanto a visioni strategiche, nel mezzo di questioni di portata storica, quali quelle che coinvolgono l'impegno della NATO in Afghanistan, l'allargamento eventuale dell'Alleanza atlantica e il rapporto con la Russia, non può che preoccupare l'atteggiamento del nostro Presidente del Consiglio, che sembra voler costruire una nuova ondivaga linea di politica estera nel segno delle battute, delle dichiarazioni stampa poi smentite, di impegni internazionali contraddittori.

Abbiamo avuto notizia, stamattina, dell'ultima performance del nostro Presidente del Consiglio, a Trieste. Non credo che gli italiani seri e responsabili abbiano trovato nella manifestazione odierna di capacità spettacolare e di commedia del nostro Presidente del Consiglio l'orgoglio che, di norma, si deve pretendere dagli italiani che hanno davanti un Presidente del Consiglio responsabile.

Non possiamo non richiamare alcuni episodi di questi mesi, che sembrano delineare un approccio nuovo dell'Italia alle questioni di politica internazionale; un atteggiamento che via via si è accentuato dopo l'elezione di Barack Obama a Presidente degli Stati Uniti e con l'allontanamento della linea neoconservatrice di Bush dalla Casa Bianca.

Alcune prese di posizione del Presidente Berlusconi rischiano di tradire un atteggiamento superficiale e incerto sul corretto posizionamento del nostro Paese nella nuova dialettica fra Washington e Mosca: un atteggiamento che si autodefinisce di utile mediazione, ma potrebbe apparire alle cancellerie internazionali sbilanciato e inaffidabile, specialmente se avesse l'ambizione di una sua autonomia e non cercasse invece l'indispensabile stretto coordinamento con l'azione europea, già sede di mediazione proficua fra istanze, preoccupazioni e percezioni differenti.

Dopo la crisi georgiana due preoccupazioni si sono fronteggiate in Europa: da una parte le valide preoccupazioni circa la necessità di dialogo costante e di una cooperazione coinvolgente nei confronti di Mosca, che sono proprie di molti Paesi europei. Non si potrebbe pensare del resto a promuovere aree di stabilità nel Caucaso, ai confini orientali dell'Europa e persino in Afghanistan o in Iran senza un rapporto positivo con la Russia. Tuttavia, non possono passare in secondo ordine, dall'altra parte, le richieste di sicurezza, di garanzia dell'integrità territoriale, di rispetto dei principi del diritto internazionale che altri Stati avanzano per mantenere un rapporto non subalterno nei confronti di Mosca.

Sono di fronte a noi appuntamenti internazionali di grande rilevanza: la ripresa delle discussioni circa la partnership strategica con la Russia, occasione per ridefinire la piattaforma di valori di riferimento per la relazione euro-russa; la questione energetica e quella della democrazia; la discussione, insieme alla NATO, sull'allargamento eventuale a Ucraina e Georgia, mentre proseguiranno i colloqui di Ginevra sulla situazione in Caucaso. PerPag. 4questo motivo ci appaiono assolutamente fuori luogo dichiarazioni come quelle fatte dal Presidente del Consiglio in sede di conferenza stampa a Mosca, in cui si parla di provocazioni da parte dell'Occidente. Si discute di scudo spaziale, mentre la Casa Bianca è intenta a riconsiderare la situazione; oppure di Kosovo, mentre faticosamente il Governo democratico e filoeuropeo di Tadic cerca di uscire dalla trappola del nazionalismo e l'Europa invia, con il consenso dell'Italia, la propria missione civile.

Noi Democratici siamo strutturalmente favorevoli al dialogo, ma non ci rassegniamo ai balletti diplomatici: con i giri di valzer non si ricostruisce credibilità, la si sperpera, e nessun ammiccamento, nessuna complicità esclusiva ed escludente noi vogliamo riconoscere. Non ci sono centinaia di pacche sulle spalle al Presidente americano uscente che possono valere la pugnalata alle spalle inflittagli dal nostro capo del Governo nel momento in cui ha definito il riconoscimento del Kosovo come una provocazione verso la Russia. Vogliamo ricordare al Presidente del Consiglio che così non è solo la sua personale credibilità verso gli Stati Uniti che viene meno, ma è la credibilità del nostro Paese che viene meno di fronte a tutta la comunità internazionale. E a questo punto, lo dico per inciso, attendiamo con qualche ansia perfino di esaminare il testo del Trattato di amicizia con la Libia, di cui il Consiglio dei ministri continua a rinviare la formale approvazione e quindi l'invio alle Camere, e che ha già causato qualche problema diplomatico rispetto all'interpretazione di alcuni articoli che sembrerebbero in contrasto con il Trattato NATO.

Signor Presidente, nel momento stesso in cui noi votiamo convinti per il sostegno alle nostre missioni internazionali e chiediamo al Parlamento di discuterne con serietà e con responsabilità, vogliamo ancora una volta rinnovare la nostra gratitudine per l'impegno e la dedizione di tanti uomini e di tante donne che sono impegnati lontano da casa, in missioni spesso complesse e pericolose (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vietti. Ne ha facoltà.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, noi siamo fedeli ad una tradizione di politica estera europeista e multilateralista, che scommette sulla capacità della comunità internazionale di intervenire per assicurare la pace e la cooperazione tra i popoli e che a questo fine ha istituito organismi e organizzazioni internazionali. Non abbiamo perciò obiezioni sulla partecipazione italiana alla missione deliberata dall'Unione europea, che si affianca a quella dell'OSCE, finalizzata a garantire il rispetto integrale dell'accordo firmato dalla Russia e dalla Georgia a metà agosto, grazie anche alla mediazione del Presidente francese, Presidente di turno dell'Unione europea, Nicolas Sarkozy.

Anzi, come è nella nostra tradizione, questa missione, così come le altre missioni internazionali, la sosteniamo con forza, con convinzione e con il massimo di solidarietà e di vicinanza nei confronti dei nostri militari impegnati su tutti questi fronti internazionali.

Nella crisi georgiana l'Unione europea ha svolto un ruolo attivo e importante perché fosse subito ristabilita una condizione di non belligeranza e si evitassero i rischi di una catastrofe umanitaria. La mediazione europea rimane alla base della possibile composizione del conflitto che, come ben sappiamo, è ancora latente in quella regione.

Ciò detto, non possiamo non biasimare - come peraltro hanno fatto l'Alleanza atlantica, la stessa Unione europea, per bocca del suo Alto rappresentante, Javier Solana, e lo stesso Consiglio europeo riunito d'urgenza il 1o settembre - il comportamento della Federazione russa durante tutto il corso di questa crisi. I legami di amicizia e di cooperazione che, all'indomani della fine del comunismo sovietico, sono stati ripresi ed intensificati con quel grande Paese e con il suo popolo nonPag. 5possono oscurare il nostro giudizio su questa particolare e specifica vicenda di politica internazionale, anche perché siamo convinti che l'amicizia sia anzitutto lealtà e sincerità reciproca.

Non possiamo allora tacere che sin dal 16...signor Presidente, le chiederei solo un minimo di aiuto...

PRESIDENTE. Colleghi per cortesia, permettete all'onorevole Vietti di proseguire nel suo intervento. Prego, onorevole Vietti.

MICHELE GIUSEPPE VIETTI. Sin dal 16 aprile scorso il Presidente Putin (che allora era ancora Presidente della Federazione) ha soffiato sul fuoco dando istruzioni al suo Governo di stabilire relazioni ufficiali con le organizzazioni secessioniste delle repubbliche georgiane dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud; dai giorni immediatamente successivi truppe e aerei russi hanno cominciato a sorvolare e ad operare in territorio o nello spazio aereo georgiano fino al precipitare della crisi, nel mese di agosto; un piano che riguardava gli aeroporti, le ferrovie e un grande tunnel risultava pronto fin dal mese di aprile; la flotta del Mar Nero era pronta ad una missione di combattimento; le esercitazioni cosiddette Kavkaz-2008, terminate il 2 agosto, hanno visto dispiegare l'aviazione, la marina e l'esercito russi vicino alla frontiera georgiana.

Dopodiché, la propaganda russa ha giustificato l'invasione (la prima, a livello europeo, dopo quella della Polonia del 1939) con inesistenti massacri di cittadini russi, quando sappiamo che in realtà la reazione della Georgia è da addebitarsi ai bombardamenti con mortai da 120, peraltro vietati dagli accordi internazionali.

Che dire poi delle continue sconfessioni da parte della Federazione russa dello stesso piano di pace sottoscritto a metà di agosto, prima non eseguito nei termini concordati e poi bloccato alle Nazioni Unite?

Ma, credo, la più censurabile delle azioni è stata il riconoscimento unilaterale della Abkhazia e dell'Ossezia del Sud, che ha mutato lo stesso quadro internazionale su cui era basata la delicata mediazione dell'Unione europea e degli organismi internazionali, precostituendo una soluzione di parte ad un problema che doveva essere oggetto di un concerto internazionale. I nostri principali alleati, dagli Stati Uniti alla Germania, hanno tratto da questa vicenda la convinzione che fosse necessario tutelare e sostenere con maggiore determinazione l'indipendenza e l'integrità territoriale della Georgia, perché la Federazione russa deve sapere che l'Unione europea e l'Alleanza atlantica non le sono ostili, intendono mantenere e sviluppare rapporti di collaborazione e cooperazione, ma tutto questo non può fondarsi su una anacronistica riedizione delle sfere di influenza e dell'arbitrio che hanno retto l'equilibrio internazionale fino alla caduta del Muro di Berlino.

Di fronte a problemi di questa rilevanza e drammaticità, che cosa ha fatto il Governo italiano? Spiace dirlo, perché ovviamente stiamo parlando di argomenti su cui la coesione nazionale è importante, ma dobbiamo ricordarlo, perché è più importante lo spirito di verità tra di noi e di fronte al paese: il Governo italiano è apparso, prima distratto e assente, mentre la crisi precipitava, e poi, per bocca del Presidente del Consiglio, ha ripetutamente tentato di offrire ciambelle di salvataggio alle autorità russe fino alla vera e propria condivisione di quel giustificazionismo secondo cui sarebbe stata la minaccia dello scudo missilistico statunitense a legittimare la politica dei fatti compiuti in Georgia, con la famosa dichiarazione del Presidente del Consiglio: Mosca è stata provocata. Una dichiarazione che, secondo la prassi, è stata smentita, ma che rimane come un macigno nella politica internazionale di questo Paese. Crediamo, allora, che non si debba confondere l'amicizia tra i popoli con l'amicizia personale. Sappiamo che il Presidente Berlusconi è molto amico del Presidente Putin, così come lo era del Presidente Bush - a cui sta per scadere il mandato, perché negli Stati Uniti, come si sa, si svolgono le elezioni e quindi è possibile cambiare la leadership-,Pag. 6ma questa personale amicizia del Presidente del Consiglio con Putin non può mettere in discussione la politica internazionale italiana, la sua tradizione, le sue alleanze. Se ci possiamo permettere, al Presidente Berlusconi vogliamo dire che anche nelle amicizie personali, fermo restando che queste non possono e non debbono interferire nella politica internazionale, conta la lealtà e la sincerità. Se Berlusconi, allora, è amico di Putin, forse è bene che lo porti a più ragionevoli giudizi, lo spinga sulla via della cooperazione della pace internazionale, e a quel rispetto della democrazia e dei diritti dell'uomo che, come ha denunciato in modo forte un parlamentare del Popolo della Libertà, l'onorevole Guzzanti, forse nella Federazione russa non sempre è rispettata se è vero, come lo stesso Guzzanti ha ricordato, che la scrittrice Anna Politkovskaja due anni dopo aver scritto: «viviamo in uno Stato di polizia» è stata uccisa in circostanze ancora oscure.

Noi diciamo tutto questo perché siamo convinti che nell'ambiguità delle posizioni anche la nostra partecipazione al contingente internazionale rischia di assumere contorni e motivazioni confusi. I nostri uomini in Georgia che cosa dovranno fare? Tenere fede alla mission europea che è stata assegnata dall'Unione europea, o saranno lì sulla base di un'altra mission, di un altro indirizzo di politica internazionale, comprensivo fino alla giustificazione della politica russa? Questi interrogativi non si possono tacere nel momento in cui il Parlamento si esprime formalmente sul coinvolgimento italiano nella crisi georgiana. Al Governo spetta la responsabilità delle risposte chiare a questi interrogativi altrettanto chiari che abbiamo posto e che il frangente richiede (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Tempestini. Ne ha facoltà.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, l'occasione della discussione sul rinnovo del finanziamento delle nostre missioni militari è, per nostra esplicita affermazione - lo ha detto poco fa il presidente del gruppo parlamentare del mio partito, l'onorevole Soro - l'occasione per una riflessione di natura più ampia. Qui non si tratta di una discussione che sollecitiamo e nella quale ci stiamo impegnando per ragioni di carattere accademico. Infatti, considerato che le missioni rappresentano parte importante, anzi sono il cuore della nostra politica internazionale, riteniamo che in questo dibattito non debba mancare l'attenzione e soprattutto la considerazione del contesto generale nel quale esso si può svolgere con gli obiettivi più produttivi. Noi abbiamo presentato degli emendamenti, questi emendamenti avevano ed hanno lo scopo di fornire alla nostra discussione, anche per alcune parti, un contributo per quanto riguarda quella che deve essere l'immagine più politica: mi riferisco all'idea di un finanziamento di maggiore peso per quanto concerne le attività di sminamento in Libano, ma mi riferisco anche alla proposta (che ci è stata cassata) di un primo finanziamento per l'organizzazione di una conferenza di pace in Afghanistan.

Ebbene, questi emendamenti volevano e vogliono segnare appunto l'attenzione nei confronti di questa discussione, che non si deve e non si può limitare ad un puro e semplice «sì», che noi daremo naturalmente in modo franco e netto. Naturalmente, sullo sfondo di questo adempimento, di questo voto, come ha osservato l'onorevole Soro, vi è qualcosa che vogliamo sottolineare. Queste missioni si stanno portando avanti in un contesto internazionale che va, giorno dopo giorno, mutando. La domanda che noi poniamo in questa occasione - e lo faremo naturalmente anche in altre occasioni laddove noi potremo approfondire le tematiche della politica internazionale del nostro Paese - è se a queste modificazioni e a questi sviluppi il Governo del Paese sta rispondendo nel modo giusto, con la tempestività e con la serietà che la situazione comporta. Ritengo che questi grandi cambiamenti noi li abbiamo sotto gli occhi. Da un lato abbiamo la modifica radicale delquadro geostrategico che si determinerà con l'entrata effettiva di Barack Obama alla Casa bianca.

D'altra parte, abbiamo le recenti decisioni e i recenti accadimenti del G20 che hanno segnato l'avvio di una fase nuova nel Governo del mondo, alla quale dobbiamo guardare con grande interesse perché vede per la prima volta il coinvolgimento di coloro che dovevano e debbono essere coinvolti nella trattazione delle grandi questioni internazionali. Quindi, assistiamo all'apertura di una nuova fase del multilateralismo, che può essere carica di aspettative e di novità.

Abbiamo naturalmente lo scenario europeo, di grandissima rilevanza non solo per il ruolo che in questo contesto generale può giocare l'Europa e una maggiore capacità dell'Europa di stare insieme ma per le sfide con le quali l'Europa è chiamata a confrontarsi nelle aree di suo vicinato.

Anch'io voglio svolgere qualche osservazione a tale proposito. Questa fase che si apre richiede un'Europa capace di valorizzare la sua unità e capace di stare con senso dell'iniziativa politica e dell'innovazione politica sullo scenario internazionale. L'Europa può cogliere le novità che verranno oltre Atlantico per riconfermare, da un lato, il sentimento di alleanza profonda con gli Stati Uniti e, dall'altro, per accompagnare gli Stati Uniti in una necessaria opera di revisione dell'approccio con il quale gli Stati Uniti nell'era Bush si sono misurati e si sono confrontati con l'Est europeo e, quindi, nei rapporti con la stessa Unione Sovietica. Gli americani hanno forse commesso l'errore di considerare in qualche modo sottodimensionata e sottotono la presenza della Russia nel nuovo scenario internazionale. Ciò naturalmente può aver comportato e ha comportato la ricerca da parte della Russia di uno spazio, una rivendicazione di maggiore protagonismo.

Naturalmente tale questione, che si lega fortemente ai destini di quel vicinato che l'Europa condivide con la Russia e che costituisce gran parte del tema della sicurezza europea, come la si deve affrontare? Ritengo - l'ha detto Soro e lo voglio ripetere - che la si affronti valorizzando la forza e l'impegno della nostra diplomazia e le sedi nelle quali l'Italia può costruire una politica estera grazie al contributo di un corpo sperimentato, del Parlamento, dell'intero mondo che opera per dare senso e sostegno ad una politica estera degna di questo nome. La soluzione di tale questione deve essere accompagnata da politiche generali.

Non ritengo che questo tipo di approccio abbia a che fare con l'estemporaneità, con un modo di agire con il quale si riduce la politica internazionale a battuta o ad espediente e occasione da consumare in un giorno, come per alcuni versi e in alcuni casi ci ha dato prova il Presidente del Consiglio.

Ma lo affermiamo al di là dello stile e al di là del tono, perché siamo convinti che stiamo affrontando una fase molto impegnativa e seria dei cambiamenti che la politica internazionale del nostro Paese ha di fronte. Essi meritano di essere affrontati nel modo più collegiale, nel modo più professionale - oserei dire - possibile.

Dietro tale questione sussiste un problema di sostanza perché l'onorevole Berlusconi si deve convincere che la politica estera di un Paese e colui che la rappresenta debbono essere in grado di essere davvero rappresentativi di tutti e, quindi, di essere con un tono e con uno stile capace di rispondere a questa esigenza. Tuttavia, a tale questione se ne accompagna un'altra, per rimanere sul versante delle politiche di vicinato europee. Come molti di voi, abbiamo letto un recente intervento del Ministro degli affari esteri italiano, onorevole Frattini, su Il Sole 24 Ore di pochi giorni or sono.

Ebbene, in quella sede il Ministro degli affari esteri italiano si è soffermato su punti sui quali non può non esservi che condivisione: il fatto cioè che i prossimi due anni saranno anni molto importanti, perché saranno anni in cui tornerà in campo il disarmo e saranno gli anni nei quali si giungerà ad una revisione del Trattato di non proliferazione; inoltre, abbiamo tutto il complesso del rapporto,appunto di vicinato, tra Russia ed Europa ed abbiamo il tema di come affrontare i nuovi processi di globalizzazione ed i mutamenti che questa grande crisi comporterà nei processi di globalizzazione: abbiamo, insomma, grandi tematiche sulle quali naturalmente vi è consenso.

Vi è consenso anche quando, da parte del Ministro degli affari esteri, si sostiene che la Russia deve essere aiutata a stare nel partenariato e che la Russia deve essere disponibile ad aprirsi al confronto senza chiusure. Tutto bene, ma vi è un punto - ed è il punto sul quale penso occorra una riflessione più ampia - sul quale vorremmo essere più chiari e comunque diciamo la nostra opinione senza infingimenti: l'Occidente deve fare la sua parte sino in fondo. Deve fare questa parte avendo anche la capacità di guardare criticamente anche alcune iniziative - l'ho accennato all'inizio - della presidenza Bush. Penso che tutte le iniziative che hanno come obiettivo una riduzione del rischio terroristico debbano essere ben accette, ma naturalmente sono ben accette nella misura in cui stanno dentro una dimensione rigorosa e non rischiano di avere effetti di altro tipo (faccio riferimento, ovviamente, alla questione dello scudo missilistico).

Penso anche che le questioni che riguardano l'ingresso nella NATO di Ucraina e di Georgia abbiano necessità di un contesto più ampio, nel quale si possa discutere ed affrontare questo tema. Tuttavia, resta il fatto che questi passi avanti e questo affinamento della proposta politica, con il quale l'Occidente - perché di questo ancora dobbiamo parlare - si misura, deve avere poi la capacità di tenere alta la guardia rispetto non solo alle defaillance di un processo di democratizzazione della Russia, che è sotto gli occhi di tutti. Questo tema - se ci fosse qui il Ministro Frattini glielo direi apertamente - non possiamo metterlo tra parentesi. Non possiamo mettere tra parentesi l'idea che si faccia dell'arma energetica uno strumento per liquidare alcune partite geopolitiche che riguardano anzitutto il nostro continente. Insomma, una serie di atteggiamenti debbono trovare da parte del Governo italiano un altro cenno, un'altra sensibilità, non essere messi tra parentesi come ha fatto il Presidente Berlusconi - ma come ha fatto anche, in un testo più ragionato, il Ministro degli affari esteri - quasi come fossero questioni di contorno: non è così.

Noi pensiamo di dover tenere alta la sfida democratica in Europa e pensiamo che questa sfida alta debba essere nell'interesse di tutti: lavoreremo affinché l'Europa nel suo complesso regga questa sfida e ci auguriamo che il Governo italiano, da questo punto di vista, legga queste indicazioni e questi inviti nel loro senso migliore.

D'altronde, quello delle novità del quadro internazionale è un tema che attiene anche all'altra faccia delle missioni, quella dell'Afghanistan. Torneremo su tale tema, nel corso della discussione, perché avremo modo di discutere e di parlare delle tematiche che i nostri ordini del giorno sul tema Afghanistan proporranno, ma è certo che anche in questa sede va ribadito che il nostro approccio ed il nostro atteggiamento nei confronti dell'Afghanistan e delle possibili evoluzioni - mi avvio alla conclusione - in senso democratico del Paese richiedono oggi uno stupefacente sforzo di iniziativa politica.

Questo è quanto possiamo ricavare guardando in termini molto generali la questione. Anche da questo punto di vista, quindi, si pone il tema di un'iniziativa coerente del Governo, la quale, senza sbavature, eccessi o inutili protagonismi di politica estera che non hanno spazio, non costruiscono e non rafforzano la nostra credibilità, debba essere tale da cogliere tutte le occasioni, affinché - ripeto - questo passaggio difficilissimo alla ricerca di una soluzione politica nell'Afghanistan possa essere trovato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, intervengo sugli emendamenti che abbiamo presentato e che dovremmo votare in quest'Aula: essi si prefiggono di introdurre, nelle norme con cui proroghiamo alcune importanti missioni militari all'estero, disposizioni atte a facilitare il raggiungimento di obiettivi che sono all'origine delle ragioni per cui queste stesse missioni vengono autorizzate.

Si tratta di due specifici emendamenti, riguardanti, rispettivamente, la situazione in Afghanistan e quella in Libano. Vorrei iniziare analizzando l'emendamento relativo all'Afghanistan. Più autorevoli osservatori condividono due giudizi sulla situazione afghana: il primo riguarda le difficoltà crescenti che il piano di stabilizzazione, programmato dalla NATO, incontra in aspetti fondamentali della sua attuazione. Si tratta di resistenze e ostacoli che non sono facilmente superabili e che, quindi, delineano un quadro di notevole complessità. Il secondo giudizio riguarda la necessità di restituire vigore all'iniziativa politica, coinvolgendo nella ricerca di una possibile soluzione della questione afghana tutte le etnie e i Paesi confinanti in quell'area.

Quando, riferendomi all'Afghanistan e a quel contesto complesso e articolato cui facevo prima cenno, parliamo di resistenze crescenti al raggiungimento dei piani della coalizione, mi riferisco innanzitutto all'obiettivo di estendere il controllo del Governo centrale sulle province del sud-ovest. Molti dati oggettivi confermano queste difficoltà: i dati sulla produzione dell'oppio, se da un lato segnalano un leggero calo della produzione, indicano anche che non viene scalfita la quota parte di profitti che, da questo commercio, traggono quanti riescono a finanziare le proprie attività con queste risorse finanziarie.

Un altro punto critico concerne l'accresciuto numero di attentati contro le forze alleate e le operazioni militari, che sono anch'esse aumentate e che sono condotte soprattutto dalla missione Enduring Freedom. Di conseguenza, è aumentato sia il numero dei caduti tra le forze alleate, sia quello delle vittime civili. Per quanto attiene a quest'ultimo aspetto - ossia, quello relativo alle vittime civili - è sempre più forte l'attrito tra lo stesso Governo Karzai e i rappresentanti della coalizione. Proprio in tal senso la NATO ha dovuto autorizzare due inchieste su episodi nei quali le vittime civili sono apparse, agli occhi della popolazione afghana e anche agli osservatori stranieri, assolutamente ingiustificate. Inoltre, le operazioni militari condotte da agosto in poi da Enduring Freedom si sono svolte anche all'interno del territorio pakistano, proprio al confine con l'Afghanistan, creando anche lì non poche difficoltà per quanto riguarda le diplomazie relative alle relazioni tra quei due Paesi.

Da ultimo, vorrei richiamare la gravità di un fatto che le cronache dei giorni scorsi ci hanno segnalato: quindici giovani studentesse sono state assalite all'esterno di una scuola di Kandahar, nel sud dell'Afghanistan, da ignoti aggressori che hanno sparato dell'acido. Una ragazza è rimasta gravemente sfregiata.

Questo episodio la dice lunga sul persistere di una violenza inaccettabile di matrice fondamentalista e altresì sul persistere e sulla penetrazione del fanatismo religioso.

Questo quadro di difficoltà fa da cornice alle scadenze elettorali che, a settembre 2009, avranno luogo in occasione delle elezioni presidenziali in Afghanistan. A queste elezioni, al loro svolgimento in una cornice anche di sicurezza e al riconoscimento del risultato elettorale da parte dello stesso popolo afghano, è legato un punto fondamentale, non solo della missione ISAF delle forze alleate in quel Paese, ma della stessa strategia di democratizzazione dell'Afghanistan. Ecco perché presentiamo questi emendamenti, in particolare quello che vede l'Italia come Paese candidabile a svolgere un'attività diplomatica utile a proporci come sede di una conferenza di pace regionale che coinvolga tutti i Paesi dell'Asia meridionale.

L'emendamento che invece proponiamo per la missione UNIFIL, in Libano, intende stanziare 300 mila euro per iniziative di sensibilizzazione e formazione della popolazione libanese, in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento, inesploso,Pag. 10con particolare riferimento al sub-munizionamento anti-persona, disperso da bombe a grappolo, meglio note a tutti come cluster bomb. Proprio della missione in Libano, della quale abbiamo discusso alla fine di luglio, in sede di Commissione difesa, abbiamo potuto apprezzare le norme e il lavoro, faticosissimo a quelle temperature, che i nostri militari, con altissimo rischio, svolgono.

In Libano, vorrei ricordarlo, abbiamo 2460 militari, compresa la componente navale Euromarfor e numerosi mezzi. Sono cifre già molto significative ma che non bastano a dare l'idea di quanta attenzione, sacrifici, professionalità e quanto senso di responsabilità siano necessari, giorno per giorno, per mantenere sotto controllo una situazione estremamente complessa che potrebbe, pur essendo considerata, in questo momento, come una missione con minori rischi, comportare nuovamente una possibile esplosione di situazioni pericolose anche per i nostri soldati.

Tali cifre, inoltre, non rendono conto di quella che è l'ansia con la quale ogni giorno si attende la fine di quel pattugliamento, del controllo e del rientro di quegli uomini che si apprestano a verificare, a controllare e a porsi, come si sono posti in tutto questo periodo, come vera e propria forza di interposizione. C'è un'attività che può considerarsi una missione nella missione: mi riferisco all'operazione di sminamento e di modifica del terreno dalle cluster bomb.

La situazione libanese, lo ricordiamo, è esplosa nel conflitto che si è aperto il 12 luglio con combattimenti lungo il confine israelo-libanese e che è durato moltissimi giorni. Abbiamo subito avviato, come Governo di centrosinistra, un'iniziativa diplomatica e abbiamo svolto la conferenza di Roma. È stato un primo, significativo impegno diplomatico, per tentare di fermare una guerra che intanto proseguiva con massicci bombardamenti e migliaia di vittime.

L'11 agosto, vorrei ricordarlo a tutti, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha approvato all'unanimità la risoluzione 1701 che prevedeva il dispiegamento di una forza multinazionale. Il nostro Paese è stato, ed è, in prima fila nell'organizzazione di un dispositivo militare che, dopo la cessazione delle ostilità avvenuta il 14 agosto, è stato schierato in una fascia di sicurezza tra la linea blu e il fiume Litani. La presenza della forza multinazionale (il comando è stato prima francese e ora è italiano), è stata risolutiva per far cessare i combattimenti e tuttavia, in quei pochi giorni di guerra, secondo le organizzazioni internazionali, sono morti più di 1100 libanesi, un terzo dei quali erano bambini con meno di 12 anni.

Sappiamo che vi sono state perdite anche dall'altra parte, ossia quella israeliana, ma il frutto più avvelenato di quella guerra sono le migliaia di cluster bomb rimaste inesplose in Libano e vittime privilegiate di questi ordigni sono i bambini.

L'attività che con il nostro emendamento intendiamo sostenere sono proprio rivolte a istruire i bambini per aiutarli a distinguere un oggetto che può sembrare un giocattolo e che comunque è in grado di suscitare la loro curiosità, insegnando loro l'assoluta necessità di tenersene lontani, di avvertire gli adulti e di non toccarli in alcun modo. Questa attività si svolge nei villaggi con cartelloni studiati per i bambini ed ha un'efficacia straordinaria e chiediamo appunto di finanziarla affinché possa continuare. È una questione di contenuti etici che dovrebbe - e spero ciò avvenga - travalicare qualunque difficoltà di natura tecnico-parlamentare che possa condizionare, da parte della maggioranza, un voto negativo.

Per questo motivo, dopo avere espresso quali sono i nostri obiettivi, mi auguro che la maggioranza possa votare insieme a noi in quest'aula l'emendamento, dichiarato ammissibile, Maran 2-bis.1 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).


 

 

 



TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GIANNI FARINA SUL COMPLESSO DEGLI EMENDAMENTI RIFERITI AL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 1802

GIANNI FARINA. Signor Presidente, la posizione del gruppo Partito Democratico in riferimento al decreto sulle missioni, favorevole senza tentennamenti, mi porta a fare alcune considerazioni di carattere generale.

Devo innanzitutto prendere atto di un contesto più favorevole rispetto al recente passato.

Sia la passata crisi georgiana che la recente elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti ci permettono di sperare che il clima politico possa cambiare.

Che il ruolo dell'Europa possa, diversamente dal passato, essere quello che compete ad una grande Unione democratica , protagonista nel contesto globale, sia per quanto riguarda la politica economica ed energetica, sia per l'azione globale a difesa della pace.

Nel conflitto russo-georgiano, l'Europa, forse per la prima volta, ha saputo svolgere un ruolo fondamentale.

Ha dialogato con Russia e Georgia, ascoltando e valutando attentamente le ragioni di ognuno, esprimendo una propria unitaria opinione, riaffermando il rispetto della integrità territoriale della Georgia nel contesto del rafforzamento della collaborazione solidale tra popoli e nazioni.

L'Europa ha parlato alla Russia e alla Georgia lo stesso linguaggio.

Ha presentato il suo volto migliore.

Non sempre avvenuto nel passato come ci ricordano le tragiche vicende della ex Iugoslavia e per ultimo il Kossovo.

Ha portato il messaggio della pace unendolo alla sua grande tradizione democratica occidentale.

L'unica strada possibile che parte dalla consapevolezza della complessità della modernità globale e richiede l'entrata in campo di nuovi grandi attori internazionali.

Ha riaffermato l'indispensabilità di uno stretto rapporto tra l'Europa e gli Stati Uniti, fattore decisivo per governare positivamente i cambiamenti indispensabili in ogni campo.

Non si fa una seria politica estera, vale per gli Stati Uniti ma vale anche e soprattutto per l'Italia, in solitudine andandoPag. 74a Mosca nel pieno della crisi georgiana, dando più di una impressione di aver fatto una scelta.

Si illude la Russia sul fatto che sia possibile costruire attorno ai suoi confini una serie di staterelli a sovranità limitata sia per quanto riguarda la Georgia che per l'Ucraina o l'Armenia, domani.

Il fanatismo, il terrorismo lo si sconfigge con l'unità europea e con una nuova unità atlantica.

E lo si sconfigge non solo sul piano militare, anche se ciò è indispensabile, lo si sconfigge prosciugando il mare in cui sguazza il virus malsano.

Lo si sconfigge con il protagonismo della società civile.

Convincendola, con azioni concrete, che la pace e la convivenza sono possibili, la collaborazione tra gli Stati, utile e necessaria.

Affermiamo l'orgoglio per il ruolo dell'Italia.

Il rispetto di cui godono le Forze armate, nei Balcani come in Iraq, in Afganistan come in Libano.

Un investimento ben speso tutto dentro la tradizione politica, civile e democratica di una grande nazione.

Ripeto: in politica estera non ci si può dividere.

Quello che divide una piccola da una grande nazione è proprio questo. Unità nella politica estera. Condivisione delle grandi scelte.

Scelte da cui dipendono i destini nostri della repubblica, dell'Europa e del mondo.

Non stantie e superate politiche personali come usa fare spesso il nostro Presidente del Consiglio. Al contrario, una stretta unità nel contesto europeo.

Coordinamento e unità della politica estera europea: può essere la svolta per poter assumerci nuove e più importanti responsabilità a livello mondiale.

Occorre dare ai popoli del Medio Oriente la certezza, il messaggio che l'Italia e l'Europa sono presenti con il volto migliore.

In Georgia come in Afganistan, in Libano come nelle martoriate regioni africane e ovunque.

Con lo strumento militare, ma anche e soprattutto con le azioni civili per dare a quei popoli la speranza che un'altra strada è possibile. Che promozione e sviluppo , difesa e promozione dei diritti umani meritano l'impegno universale.

L'elezione di un nuovo Presidente degli Stati Uniti aperto ad una innovativa concezione della governance globale, una consolidata Unione europea sulle scelte fondamentali, possono rappresentare la svolta positiva.

L'Italia dell'antifascismo e della costituzione repubblicana può e deve fare la sua parte.



 

RESOCONTO

STENOGRAFICO

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89.

 

Seduta di MERCOLEDì, 19 NOVEMBRE 2008

 

presidenza del PRESIDENTE gIANFRANCO FINI

 E DEL vicepresidente MAURIZIO LUPI

 


Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Approvato dal Senato) (A.C. 1802) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

Ricordo che nella seduta di ieri si sono svolti gli interventi sul complesso degli emendamenti ed il relatore ed il Governo hanno espresso il parere sull'unico emendamento ammissibile presentato.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 1802), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).

Avverto che la proposta emendativa presentata è riferita agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).

Passiamo all'esame dell'emendamento Maran 2-bis.1, con riferimento al quale il relatore a nome delle Commissioni ed il rappresentante del Governo hanno formulato un invito al ritiro.

Chiedo, quindi, ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Maran 2-bis.1.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, l'unico emendamento tra i due presentati dichiarato ammissibile chiede di inserire dopo il comma 1 dell'articolo 2-bis del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, lo stanziamento di una somma di euro 300 mila aggiuntiva a quanto già previsto e conseguentemente di correggere all'articolo 3 l'ammontare definitivo dello stanziamento. Le ragioni di questo emendamento sono semplici, ci troviamo in uno scenario, quello del Libano...

PRESIDENTE. Scusi, onorevole Narducci, essendo lei già intervenuto sul complesso degli emendamenti, non può adesso svolgere un intervento sull'emendamento, ma deve semplicemente dire se l'emendamento viene ritirato o mantenuto. Posso darle qualche secondo per spiegarne le ragioni, ma non può svolgere un intero intervento.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, non accediamo all'invito al ritiro dell'emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene.

(omissis)

Si riprende la discussione.

(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, l'emendamento Maran 2-bis.1 chiede di poter mettere a disposizione ulteriori fondi per formare la popolazione libanese in relazione al pericolo che è rappresentato dal munizionamento inesploso derivante essenzialmente dalle cluster bomb.

L'Italia, per quanto riguarda le mine antipersona e, conseguentemente, anche le cluster bomb, è stata sempre particolarmente sensibile e ha dato prova di grande attenzione, anche perché queste mine antipersone sono estremamente odiose e subdole poiché colpiscono in modo particolare i più inermi, cioè i bambini. L'Italia è sempre stata particolarmente attenta, anzi, addirittura è stata protagonista nel sottoscrivere la Convenzione di Ottawa. Non solo: il nostro Paese, proprio in ragione del fatto che queste munizioni sono odiose e subdole, non produce più tali ordigni i quali, tra l'altro, sono immaginati e progettati anche in forme accattivanti che attirano l'attenzione dei bambini e, conseguentemente, producono effetti disastrosi soprattutto sugli altri. Ciò vale anche per le cluster bomb, soprattutto nei Paesi dove il teatro della guerra è dominante (penso all'Afghanistan, al Libano e ad alcune zone in Africa).

Da questo punto di vista, voglio sottolineare l'importanza del ruolo dell'Italia e l'attenzione che la stessa pone a tale problema anche attraverso i propri operatori volontari, che si prodigano mettendo in atto una serie di attività, quanto mai meritorie, per fare in modo che l'effetto disastroso sulle giovani vite possa in qualche modo essere alleviato, al fine di consentire ai bambini di ritornare a vivere in condizioni normali nell'ambito della propria società.

Detto questo, voglio ribadire ancora una volta che si tratta di ordigni orrendi, disumani e subdoli che ripugnano alla coscienza di tutti noi.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 10,45)

ENRICO PIANETTA. Quindi, in base alle considerazioni che ho voluto succintamente esprimere, in via di principio nessuno di noi è contrario alle azioni, cui l'emendamento si riferisce, di contrasto a questi mezzi orrendi e subdoli. Tuttavia, credo che in generale, non abbia senso, in questo particolare momento, inserire nel provvedimento in esame questo emendamento.

Lo ha già detto bene il Governo e credo che sia giusto evitare di inserire in questo frangente l'emendamento in esame per alcuni motivi. Innanzitutto questo è un provvedimento che ci accingiamo ad approvare - come ha già fatto l'altro ramo del Parlamento - mi auguro all'unanimità, per dare un grande senso, un grande significato e un grande segnale a tutti i nostri contingenti che operano negli scenari internazionali e nei teatri più difficiliPag. 5e un rapido consenso del Parlamento potrà offrire grande forza e un grande convincimento a tutti i nostri operatori militari e civili, uomini e donne, che lavorano ed operano proficuamente nei teatri più difficili del nostro mondo. Quindi, questo deve essere un segnale forte e chiaro che ci accingiamo a dare in modo preciso ed univoco.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ENRICO PIANETTA. Inoltre vi è un altro aspetto, signor Presidente, ovvero l'esistenza di fondi derivati da un precedente provvedimento che possono ancora essere utilizzati per realizzare queste iniziative. Concludo invitando i presentatori a proporre eventualmente, come del resto ha già sottolineato il Governo, un ordine del giorno per fare in modo che...

PRESIDENTE. Deve concludere.

ENRICO PIANETTA. ...questo principio, così importante e così attento, possa essere valutato in un prossimo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'emendamento in esame che prevede uno stanziamento di 300 mila euro in più di quello previsto globalmente in ordine allo sminamento e alla sensibilizzazione soprattutto sulle mine a grappolo.

Siamo d'accordo con una misura che tenda a ridurre gli effetti di questi ordigni. Infatti, gli ordigni inesplosi costituiscono un pericolo per la popolazione civile, in quanto colpiscono e sfigurano soprattutto i bambini. La forma e il colore delle submunizioni contenute nelle bombe a grappolo rappresentano un motivo di attrazione per loro, tanto che il 98 per cento delle persone rimaste uccise, o ferite, o mutilate a causa delle bombe a grappolo è rappresentato da civili e un quarto di questi è costituito da bambini.

Inoltre, è anche notizia di oggi, i militari impegnati nella bonifica in Libano sono i militari italiani che devono bonificare circa un milione e mezzo di ordigni inesplosi. Questi numeri sono già sufficienti per renderci conto che ogni possibile sforzo è necessario per dare veramente una risposta concreta ad un problema gravissimo che, come ho detto prima, va a mutilare soprattutto tutti quei civili che non c'entrano assolutamente niente con la situazione di crisi e di guerra.

Mi rendo conto, ne abbiamo parlato ieri, delle difficoltà di tipo economico nel reperire i fondi, ma svolgo il ragionamento fatto più volte anche in ordine ad altri settori. Ci sono situazioni tali per cui lo sforzo va veramente fatto. Torniamo a parlare di priorità e di necessità pur consapevoli delle difficoltà in generale.

Quindi, aggiungendo la mia firma all'emendamento Maran 2-bis.1 spero che il Parlamento si renda conto della necessità di fare uno sforzo, anche se inizialmente - e mi rivolgo soprattutto alla maggioranza - si pensava di non accettarlo. Credo che ciò rappresenti veramente una buona causa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Amico. Ne ha facoltà.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, vorrei ricordare, perché mi sembra importante in questa sede, quanto è avvenuto nel corso della sessione autunnale dell'OSCE, che si è svolta a Toronto a settembre. In quell'occasione, la delegazione italiana sul dibattito sulla Georgia ha tenuto una posizione condivisa: ha, infatti, letto in assemblea un documento approvato sia dalla maggioranza che dall'opposizione. Quell'occasione fu probabilmente il primo momento dopo la guerra, nel quale sedevano in una stessa assemblea parlamentari sia georgiani che russi.

Ricordo che il dibattito fu molto acceso. Intervenne anche il ministro degliPag. 6esteri della Georgia e l'ambasciatore della Russia presso l'ONU. Al termine del dibattito, ogni delegazione presente in ambito di assemblea parlamentare dell'OSCE prese la parola. Per la nostra delegazione, delegammo a prendere la parola, dopo un dibattito tra di noi, addirittura un deputato dell'opposizione, per portare avanti una linea condivisa.

In quell'occasione - non leggo tutto il discorso che venne svolto - la posizione fu univoca. Essa univa sia maggioranza che opposizione nel ricordare che è importante non creare nuovi muri di Berlino, non tornare a situazioni di guerra fredda e che la Russia, essendo un nostro vicino e per buona parte in Europa, rimanga vicina all'Unione europea.

Pertanto, quella dichiarazione toccò questo aspetto come primo punto fondamentale. Ovviamente, si entrò anche nel merito di quella guerra e venne sottolineato che l'uso della forza da parte della Russia fu sproporzionato rispetto all'offesa compiuta dalla Georgia.

In quel caso, chiedemmo anche che la missione, che stiamo per finanziare, potesse accedere a tutti i territori. Quindi, la nostra richiesta fu forte nella direzione di attribuire un mandato ampio agli uomini che si recheranno in Georgia.

Dunque, occorre non limitare la missione al territorio georgiano, ma anche estenderla al territorio dell'Ossezia del sud ed eventualmente dell'Abkhazia. Questo documento ha avuto un'importanza molto forte, anche perché, quando maggioranza ed opposizione trovano una linea comune, ritengo che sia un momento importante, che sta a significare che, su certi temi, forse è meglio evitare le sterili polemiche e andare avanti, e che questo Paese in politica estera è forte e va in una direzione univoca.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gianni Farina. Ne ha facoltà.

GIANNI FARINA. Signor Presidente, il problema è drammatico e l'emendamento sacrosanto. Chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento Maran 2-bis.1.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Maran 2-bis.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 475

Votanti 474

Astenuti 1

Maggioranza 238

Hanno votato222

Hanno votato no 252).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Toccafondi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

Prendo atto che i deputati Vassallo, Lo Moro e De Pasquale hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole.

Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente al voto finale.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 1802).

L'onorevole Zacchera ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/1.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, dato il clima, sarò breve. Onorevoli colleghi, mi auguro che il Governo accetti quest'ordine del giorno, che ripropone una questione importante. Credo che le nostre Forze armate vadano all'estero per portare la libertà in tutti i sensi. Questa presenzaPag. 7deve essere sempre impostata ad un criterio di rispetto per le tradizioni locali, quali esse siano.

Nel concetto di libertà, secondo me, si inserisce anche la questione religiosa. Ognuno deve essere libero, secondo la nostra Costituzione, di professare la religione che crede e portare la libertà tra i popoli non significa, se siamo in nazioni musulmane, portare la pubblicità del cristianesimo, ma pretendere dalle autorità locali il rispetto per tutte le religioni, e quindi anche del cristianesimo.

Poiché nel decreto-legge che stiamo convertendo non si parla solo della Georgia, ma anche degli altri Paesi, sottolineo che in Afghanistan, dove stiamo offrendo un contributo importante alla presenza delle forze alleate, questa libertà di religione è molto precaria.

Sottolineo due esempi: si è dovuto far evacuare in Italia, in modo fortunoso, il cittadino afghano che si era liberamente convertito al cristianesimo e che era stato condannato a morte, perché, altrimenti, sarebbe stato oggetto, addirittura, di condanna a morte; inoltre, a Herat, nella nostra base, è stata impedita la costruzione di una piccola cappella dedicata alla Madonna, che all'interno della base gli alpini avevano costruito con l'aiuto di realtà locali.

Questi sono esempi che ci impongono di prendere in considerazione la necessità di tutelare il rispetto religioso di tutti. Nel mio ordine del giorno, quindi, chiedo sostanzialmente tre cose: innanzitutto, pressioni politiche sul Governo afghano.

Il Governo afghano, se ritiene di aver bisogno, come ha bisogno, della presenza di forze straniere per aiutarlo a mantenere l'ordine e liberare il Paese, deve impegnarsi a mantenere all'interno del proprio Paese un minimo di libertà religiosa, con il massimo rispetto per la religione tradizionale e per le realtà locali, assolutamente.

Non può, però, far finta di niente, quando avvengono fatti che sono assolutamente drammatici (pensate a quella cooperante inglese che il mese scorso è stata uccisa a Kabul soltanto perché cristiana) e davanti alle pressioni in Afghanistan che vanno crescendo in questo senso.

Ovviamente, non dobbiamo perdere i contatti con nessuno, ma non dobbiamo pensare di andare in Afghanistan solo per fare la guerra o mantenere la pace e non anche per esportare la libertà e il pluralismo, anche la libertà religiosa.

Infine, credo che dobbiamo chiedere al Governo afghano di essere molto attento verso tutti gli atti di intolleranza che si possono verificare in futuro nei confronti di non musulmani, ribadisco e ripeto, nel massimo rispetto per la religione musulmana, che è larghissimamente presente e ovviamente di maggioranza in questo Paese.

Chiedo che venga concesso quanto detto e, infine, che venga concessa ai nostri soldati, se lo richiedono, un'adeguata assistenza religiosa, perché si è posto il problema di come assistere religiosamente i nostri connazionali che sono in Afghanistan da parte di cappellani militari, che, ovviamente, sono visti con estrema difficoltà da parte delle autorità politiche locali. Mi auguro che il Governo voglia accettare questo mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/12.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, il regime libico, che in quarant'anni di potere assoluto ha perseguitato ogni forma di dissenso politico, è divenuto, per volontà dell'attuale Governo, il 30 agosto 2008, parte del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione, che prevede, all'articolo 2, il diritto di ciascun Paese di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, sociale, economico e culturale.

Questa disposizione apre un problema politico enorme, perché si tratta di comprendere che l'Italia si è impegnata a rispettare l'esercizio del diritto di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico di un Paese totalitario e illiberale,Pag. 8che viola sistematicamente i diritti umani, come la Libia.

Ci accingiamo ad approvare il rifinanziamento delle missioni internazionali, in un provvedimento che prevede la continuazione della collaborazione della guardia di finanzia con le autorità di Tripoli nel monitoraggio e controllo dell'immigrazione proveniente dalla Libia; e dico che nel votare tale provvedimento dobbiamo anche essere consapevoli che, con l'accordo di cui parlavo prima, ci siamo impegnati a stanziare 5 miliardi di dollari, a costruire strade, ponti, a concedere borse di studio, a costruire 200 case, a fornire cooperazione in campo scientifico, agrario, nel campo della pesca e in campo militare ad un regime, ripeto, illiberale, chiedendo in cambio al colonnello Gheddafi di rispettare gli accordi in materia di immigrazione che abbiamo stipulato nel dicembre del 2000 e nel dicembre del 2007. In altre parole, li stiamo pagando profumatamente per fare quello che avrebbero già dovuto fare a suo tempo. Un domani, quando avremo costruito loro i ponti, le strade, che garanzie abbiamo che il ricatto non continui? Perché è facile prevedere che l'uso cinico e destabilizzante per il nostro Paese del dramma dei clandestini che partono dalle coste libiche continuerà come in passato, come pure continuerà la solita prassi del creare emergenze per poi chiedere i soldi per risolverle.

La Libia ha già ottenuto negli anni scorsi, grazie alla legge del 2004, aiuti per realizzare almeno tre centri di detenzione per migranti, e i risultati di questo aiuto si sono visti sulle coste italiane. Il problema è che l'Italia non ha condizionato gli aiuti al rispetto dei diritti umani fondamentali e delle regole minime internazionali per la detenzione nelle strutture di trattenimento, dove le violazioni dei diritti umani sono sistematiche, come i fatti recentemente accaduti nella città di Kufra hanno dimostrato. Nell'approvare quindi il provvedimento in esame, credo che il minimo che il Governo possa fare è impegnarsi a subordinare, come chiediamo con l'ordine del giorno presentato dalla delegazione radicale, la continuazione della collaborazione in materia di immigrazione con le autorità libiche quanto meno all'instaurazione di un monitoraggio indipendente da parte delle Nazioni Unite e di organizzazioni non governative internazionali sul rispetto dei diritti umani fondamentali dei migranti, per ottenere la possibilità di riconoscere a questi da parte del Governo libico lo status di rifugiato politico. Davvero mi auguro che il Governo accolga il nostro ordine del giorno (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Porfidia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/16.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, con l'ordine del giorno in esame vogliamo cercare di sensibilizzare il Governo ad un nuovo modo di portare avanti le missioni internazionali all'estero che noi riteniamo (e lo ribadiamo sempre in tutte le sedi, così come abbiamo fatto già in vari interventi in Commissione e in Aula) uno strumento necessario per la nostra Nazione, per supportare quei popoli e quelle nazioni dove ancora la democrazia non è presente.

Riteniamo però che, nell'ambito del processo di globalizzazione, che negli ultimi anni sta portando a profondi mutamenti (l'ultimo in ordine di tempo è quello che si è registrato negli Stati Uniti, con il cambiamento della Presidenza), sia necessario che l'Europa assuma un ruolo fondamentale, e che all'interno dell'Europa ogni nazione assuma comportamenti di grande responsabilità, e tra esse chiaramente anche l'Italia.

Da anni si sta discutendo, anche in questo consesso, dell'importanza di portare all'esterno, nel modo più forte possibile, il modello europeo di democrazia. Riteniamo che questo modello debba essere portato in modo forte in quei Paesi in cui vi è tale necessità, e che esso non deve essere inteso né come un modello unico, né come un vero e proprio nuovo neocolonialismo. Riteniamo che esista il doverePag. 9di una grande responsabilità da parte dell'Europa, e di ogni nazione quindi, per far sì che il modello della democrazia occidentale venga esportato sempre di più. Riteniamo che all'interno di questo modello uno strumento necessario sia quello del dialogo: il dialogo è l'elemento nuovo che deve essere portato in questi Paesi.

Riteniamo che la sola presenza militare non sia più necessaria e sufficiente; la presenza militare viene anzi percepita da quei popoli, a nostro avviso, come una forza ostile e estranea.

È quindi necessario che questo dialogo produca, anche tramite i nostri rappresentanti in quelle sedi, un'azione maggiore anche attraverso la stessa società civile per fornire un contributo in altre forme, realizzando, come sostenevo pure nel mio precedente intervento, infrastrutture e strade, perché in questo modo si può combattere ancora di più il terrorismo.

L'impegno che chiediamo al Governo è di adottare quelle iniziative per aumentare l'impegno del nostro Paese per lo sviluppo dei programmi di cooperazione internazionale, nonché per assistere con un maggiore impegno economico quelle organizzazioni non governative che si occupano di progetti internazionali.

In tal senso, vorremmo ad esempio che si sostenessero economicamente ed in maniera adeguata quelle organizzazioni che si occupano di fornire supporto a quei coltivatori che in Afghanistan sono dediti alla coltivazione degli oppiacei per far sì che dette coltivazioni vengano sostituite con prodotti alimentari. Questo è l'intervento ed il sostegno che, con questo ordine del giorno, richiediamo al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Mecacci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/15.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno la delegazione radicale del gruppo del Partito Democratico cerca di aprire una riflessione ed un confronto su un tema che è oggetto di questo decreto-legge e che riguarda in particolare la situazione in Afghanistan, ma di cui, purtroppo, poco si discute in questo Parlamento, quello cioè degli effetti che sono derivati dall'intervento militare delle forze NATO (in particolare, poi, dall'operazione Enduring Freedom) nel sud del Paese.

In particolare si tratta del tema delle vittime civili di questo conflitto. Questa operazione nasce nel 2001 come un'operazione militare che ha avuto l'obiettivo, su mandato del Consiglio di sicurezza, di deporre il regime dei talebani e di cercare di instaurare un regime democratico fondato sul rispetto di alcuni valori fondamentali e in cui, soprattutto, la sicurezza delle persone e dei cittadini afgani sia garantita.

Da allora, come sappiamo, sicuramente molte cose buone sono accadute in quel Paese, ma continuano ad esserci gravi problemi.

La situazione militare sta peggiorando: il 2008 è l'anno in cui sono stati registrati i maggiori attacchi da parte delle forze che si oppongono al Governo Karzai contro l'esercito afgano e le forze multinazionali e, corrispondentemente, si è registrato un aumento esponenziale delle vittime civili.

Queste ultime sono in maggioranza il risultato, purtroppo, di attacchi contro il Governo Karzai, le istituzioni di quel Paese, gli operatori umanitari e tutti coloro che cercano di far progredire l'Afghanistan verso un futuro migliore; ma le vittime civili sono aumentate in una percentuale grandissima anche per effetto delle operazioni militari del nostro Paese e delle forze NATO alle quali esse sono associate.

Questa evoluzione è stata denunciata anche da alcuni esponenti politici, in particolare ricordo il Ministro della difesa Parisi nella scorsa legislatura, perché non è accettabile considerare come un semplice danno collaterale il fatto che dalle operazioni militari delle nostre Forze armate conseguano, ormai purtroppo in modo molto frequente, decine e decine di vittime civili.

Secondo la stima dell'Alto Commissario ONU, dai primi mesi del 2008 fino ad oggi già si registrano 1.445 vittime civili, gran parte delle quali purtroppo è l'effetto degli attacchi aerei che le forze della coalizione sono state costrette a mettere in campo per cercare di sconfiggere la guerriglia e gli attacchi organizzati dai talebani, dai signori della guerra e dai trafficanti di oppio di quel Paese; ma ciò non è più tollerabile, ed in particolare non è più tollerabile che i responsabili militari di questa operazione (sia della NATO, sia di Enduring Freedom) cerchino di nascondere la testa sotto la sabbia.

Vi sono state ormai numerose occasioni in cui il Governo democraticamente eletto, guidato dal Presidente Karzai, ha chiesto conto alla NATO delle vittime civili, ha cercato di aprire delle inchieste, ha rimosso - per quanto era di sua competenza - anche i responsabili dell'esercito afghano che sono stati sospettati e poi trovati responsabili di queste uccisioni per negligenza e per non aver attentamente valutato le operazioni che si sono svolte. Purtroppo, finora la risposta della NATO è stata quella di negare (in molti casi) l'evidenza e di far finta che tali vittime civili non esistessero; è solo dopo le indagini svolte dalle organizzazioni non governative come Human Rights Watch e dalle Nazioni Unite che si sono ammesse le responsabilità.

In questo Parlamento ci apprestiamo ora ad approvare - probabilmente all'unanimità - un provvedimento che sostiene le nostre Forze armate. Il sostegno al lavoro delle Forze armate, però, non è un assegno in bianco che si firma a dei militari e a dei generali impegnati in un teatro di guerra: ci sono delle regole da rispettare. Nel nostro Paese se dei militari o degli esponenti delle forze dell'ordine si trovano, nel corso di un conflitto o di una sparatoria, a produrre delle vittime civili si aprono immediatamente delle inchieste, si sospendono i responsabili di queste operazioni e si procede a un'indagine che deve essere approfondita.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Mecacci.

MATTEO MECACCI. Mi avvio alla conclusione, Signor Presidente. Se vogliamo conquistare la fiducia della popolazione afghana occorre trasmettere il segnale che ci si assume la responsabilità degli errori che si compiono, si sospendono i responsabili di tali operazioni e si avviano delle indagini indipendenti, perché questa è l'unica chance perché il Governo Karzai...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Mecacci. L'onorevole Cirielli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/8.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signor sottosegretario, intervengo per richiedere fortemente il sostegno del Governo al presente ordine del giorno. Tutte le stime tecniche, così come anche il Ministro presso la Commissione difesa, hanno sottolineato come le dotazioni del Fondo per le missioni internazionali già previste non siano attualmente sufficienti, anche alla luce del fatto che, per effetto dei provvedimenti di contenimento della spesa pubblica emanati dal Governo, non si potrà più attingere al Fondo ordinario del Ministero della difesa. Ovviamente, l'efficienza e, soprattutto, la cornice di sicurezza per i nostri militari impiegati in queste missioni passa anche per una adeguata spesa pubblica.

Il solo fatto che volevo ulteriormente sottolineare all'onorevole sottosegretario e all'Assemblea tutta è che in Afghanistan la situazione si stia deteriorando: bene fa il Governo a inviare ulteriori mezzi come i quattro Tornado, ma è necessario monitorare tutti gli aumenti di impegno, quantitativo e qualitativo, non soltanto dello strumento militare, ma anche civile per la ricostruzione dell'Afghanistan, soprattutto nel 2009 che si prevede un anno importante per la riscossa politico-militare dell'azione dell'alleanza. Credo che le spese vadano effettuate senza riserve e, soprattutto, il Governo deve impegnarsi su queste missioni per garantire la massima sicurezza per i nostri militari che vi sono impegnati.

PRESIDENTE. L'onorevole Porta ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, di cui è cofirmatario.

FABIO PORTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nella seduta di ieri in quest'Aula si è svolto un lungo dibattito sulla politica internazionale del nostro Paese, non soltanto sulla partecipazione italiana alla missione dell'Unione europea in Georgia.

Il presente ordine del giorno, il cui primo firmatario è l'onorevole Fassino e che riguarda la costruzione della democrazia in Afghanistan, si inserisce in questa discussione di carattere generale relativa alla nostra presenza nel mondo, in particolare in alcune aree di crisi. Noi sosteniamo la necessità di una forte iniziativa italiana di democratic institutional building; una iniziativa in grado di favorire la ricostruzione economica, la cooperazione allo sviluppo e l'azione politica, tutti elementi volti a liberare il popolo afgano dal regime integralista dei talebani, considerando che nei primi mesi di quest'anno vi è stata, purtroppo, una fortissima recrudescenza degli attacchi talebani rivolti non soltanto contro i militari, ma anche contro i civili, un aumento di oltre il quaranta per cento.

Per tutte queste ragioni, il nostro ordine del giorno impegna il Governo, in primo luogo, ad attivarsi in tutte le sedi internazionali per un maggiore ruolo delle Nazioni Unite, attraverso azioni di cooperazione, di ricostruzione e di riconciliazione nazionale. Si tratta di azioni che si devono, poi, tradurre in specifici programmi ed interventi mirati. Ne individuiamo alcuni: il settore della giustizia, con il rafforzamento, attraverso specifici interventi, dell'amministrazione della giustizia, che come potete ben comprendere, è un settore nevralgico per la ricostruzione del processo democratico; programmi a favore delle donne, che sostengano con azioni concrete i diritti delle donne in quell'area; e, in particolare, considerando che il prossimo anno si terranno le elezioni, progetti specifici che possano garantire dei meccanismi di trasparenza piena al processo elettorale.

Rispetto a questi problemi e con questo tipo di approccio, crediamo che sia possibile e necessario intervenire, alla luce di un nuovo concetto di sicurezza umana che tenga presente, in particolare, le ragioni dei civili che, in tutta questa vicenda, rappresentano l'anello più debole del conflitto. Tutto ciò attraverso un approccio regionale, che comprenda e coinvolga gli altri Paesi dell'Asia meridionale; un approccio in grado, soprattutto, di riportare l'Italia all'interno di un'azione coordinata con gli altri Paesi dell'Unione europea e che abbia nelle Nazioni Unite, ed anche nella NATO, un attore determinante. Un'azione politica che riporti il nostro Paese a testa alta nello scenario politico internazionale e non soltanto sulle pagine dei giornali per le gaffe del nostro Primo Ministro.

PRESIDENTE. L'onorevole Vernetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/10.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, il senso del mio ordine giorno è di richiamare il Parlamento, anzi, di sottolineare ed enfatizzare positivamente, la nostra opinione su una missione importante, forse la più importante, che ci vede impegnati in un teatro di crisi internazionale: la missione in Afghanistan.

Come abbiamo già avuto modo ieri di ricordare e come già ha già ricordato chi ha illustrato provvedimento in esame, accanto ad un incremento dell'impegno militare, accanto alla necessità di mettere i nostri soldati nelle condizioni di essere in piena sicurezza (e, quindi, anche di irrobustire il dispositivo di sicurezza), accanto alle nuove dotazioni militari, come i Tornado, che, giustamente, potranno svolgere un'importante funzione di intelligence, di controllo e di perlustrazione del territorio, crediamo che vi debba essere una grande ripresa di iniziativa politica. Se osserviamo,infatti, quanto è accaduto in Pakistan in quest'ultimo anno, durante questa lunga ed interminabile transizione, vediamo come ampie porzioni di quel territorio siano totalmente fuori controllo e come, purtroppo, alcune province del sud dell'Afghanistan siano ancora pericolosamente in mano all'insorgenza talebana. Siamo assolutamente consapevoli che la nuova amministrazione americana farà dell'Afghanistan una propria priorità e che offrirà a noi europei più cooperazione strategica, ma anche un'assunzione di maggiore responsabilità comune.

Per questo motivo, il senso dell'ordine del giorno a mia firma è quello di accompagnare tutto ciò e l'Italia può avere un ruolo importantissimo. Cari colleghi, l'Italia si è conquistata grande stima in Afghanistan per il lavoro svolto dai nostri soldati e per il lavoro svolto nella ricostruzione della giustizia e per affermare lo Stato di diritto (la Conferenza di Roma dello scorso anno è stato un avvenimento importante), ma, accanto a ciò, dobbiamo nuovamente intensificare l'azione politica.

La proposta è, quindi, di un coinvolgimento dell'intera regione, perché non potremo combattere il narcotraffico senza coinvolgere i Paesi dell'Asia centrale, non potremo combattere il terrorismo senza un nuovo patto politico con il Pakistan e sappiamo quanto l'Italia, per i suoi ventennali rapporti d'amicizia con quel Paese, possa svolgere un ruolo positivo. Pertanto, vi è un grande impegno della NATO, la nostra alleanza politico-militare che in Afghanistan ha di fronte a sé la sfida più dura e più difficile. Sappiamo quanto i caduti siano aumentati negli ultimi mesi e sappiamo anche che si deve fare in ogni modo per ridurre le vittime civili, le quali rischiano, ogni volta che vengono coinvolte nel conflitto, di ridurre il consenso politico di cui questa missione militare ha un enorme bisogno.

In conclusione, con riferimento alle risorse: se pensiamo alla quantità di risorse investite dalla comunità nazionale in Bosnia o in Kosovo, e le confrontiamo con i chilometri quadrati del territorio e con la quantità di popolazione, vediamo che esse sono poche. Serve oggi una grande nuova Conferenza internazionale di donatori, che permetta a nuove risorse di affluire per affermare la democrazia, la ricostruzione e lo sviluppo della Afghanistan. Questo è un altro terreno sul quale vorremmo vedere maggiormente impegnato il nostro Paese.

Il voto del Partito Democratico su questo ordine del giorno ovviamente sarà favorevole, così come lo sarà su tutto il provvedimento. Crediamo che serva un Paese unito e che su queste missioni le nostre Forze armate, i nostri soldati debbano avere la tranquillità e la sicurezza di avere un intero Paese che li sostiene con un progetto politico di ampio respiro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Libè ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1802/17.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, abbiamo presentato un ordine del giorno sulla situazione della Georgia in quanto, come ci appare chiaro da quello che abbiamo seguito in questi mesi, non vi è solo un problema umanitario (del quale parlerò in conclusione), ma vi è anche un problema vero politico.

Siamo convinti della necessità di intervenire con questa missione, la quale rientra in un quadro serio di politica estera e di sicurezza comune. Prendiamo atto che l'Europa, dopo un avvio un po' lento, specialmente nella fase preventiva della situazione, è intervenuta con coesione e con determinazione e, aggiungiamo anche, con equilibrio. Siamo convinti - il nostro Paese ha già fatto qualche passo in questo campo - della necessità assoluta di dare un contributo fattivo per evitare la situazione drammatica nella quale vivono le popolazioni di quel Paese. Non so se qualcuno di voi ha visto i documentari e le testimonianze dei giornalisti italiani che sono andati in Georgia e in Ossezia: costoro hanno visto la situazione vera in cui vivono e versano quelle popolazioni.

Il Presidente del Consiglio dei ministri ha fornito versioni - permettetemi la valutazione personale - a mio avviso molto di parte su questa vicenda, forse anche al di fuori delle regole diplomatiche, assumendo una posizione ferma e chiara sulle pagine dei giornali, con dichiarazioni anche rese in viva voce, a difesa del Presidente Putin, come se quest'ultimo fosse un Presidente di uno Stato democratico che rispetta non solo formalmente, ma anche realmente le regole; quelle regole di un grande Paese che ha necessità e bisogno di entrare nelle regole dei giochi democratici mondiali. Nella sostanza, queste regole non sono rispettate e lo dimostra questo fatto. Ebbene, il nostro Presidente del Consiglio dei ministri ha assunto delle posizioni molto di parte, totalmente e acriticamente, a favore del Presidente Putin, dimenticando tutto quello che è successo nei mesi e negli anni passati (questa, infatti, è una vicenda che dura ormai da quasi due decenni). Come dicevo, in tutto questo, non vorrei che la politica italiana fosse un poco molto piegata alle questioni energetiche.

Non è un caso se parlo anche di questioni energetiche, perché l'energia libera, disponibile, è un fatto di democrazia. Sappiamo benissimo - lo verifichiamo giorno per giorno e lo abbiamo verificato anche sulla nostra pelle due anni fa - che la Russia usa questo sistema energetico per tirare la coperta dalla sua parte. Non apro il capitolo relativo alla situazione italiana in questo campo ma riteniamo che debba essere messa mano seriamente al tema relativo alla democrazia in un Paese che chiede e vuole democrazia. Non sto parlando della Russia, parlo della Georgia, dove i governanti e il popolo, più volte, hanno ripetuto di sentirsi pienamente europei e hanno chiesto di partecipare al tavolo della NATO. Con questo ordine del giorno - che lo ammetto, è un po' provocatorio -, ma è la risposta necessaria e conseguente alle dichiarazioni di cui dicevo prima, chiediamo al Governo di impegnarsi per aiutare la Georgia in un percorso non solo umanitario, sul quale dobbiamo fare di più, ma anche politico, che porti la Georgia ad essere valutata anche per le sue richieste di adesione alla UE e per le sue importanti richieste di adesione alla NATO.

PRESIDENTE. L'onorevole Rugghia ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/18.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, nella discussione che si è svolta sugli emendamenti al provvedimento in esame, abbiamo affermato la necessità e l'esigenza che il Parlamento e in particolare la Camera dei deputati affrontino una discussione complessiva sulle missioni internazionali.

Sappiamo che si tratta di un provvedimento parziale che riguarda il finanziamento della missione in Georgia ed il rifinanziamento di alcune missioni internazionali fino al 31 dicembre. Ci auguriamo che si possa sviluppare una discussione complessiva del Parlamento sullo stato del nostro impegno nei diversi Paesi in cui l'Italia sta svolgendo missioni internazionali prima del mese di gennaio, quando ci sarà bisogno di rifinanziare le missioni.

Abbiamo bisogno di avere una relazione sul raggiungimento degli obiettivi prefissati con le missioni internazionali, abbiamo bisogno di elementi conoscitivi che ci consentano di comprendere le dotazioni, le attività ed i mezzi che mettiamo in campo con l'attività svolta dai nostri militari e abbiamo anche bisogno di una relazione che ci spieghi quali sono le condizioni di impiego del personale militare impegnato nelle missioni che il nostro Paese sta svolgendo in diverse parti del mondo.

In particolare, con questo ordine del giorno, poniamo la questione relativa alla missione in Libano che è, per noi, particolarmente importante. Ricordiamo intanto che è stata assunta su iniziativa della Comunità europea e che questa iniziativa è stata attivata da un impegno del nostro Paese, già nel luglio del 2006. Sia l'iniziativa italiana sia l'impegno attraverso la missione UNIFIL soprattutto dei Paesi della Comunità europea hanno permesso di far cessare un conflitto che minacciava di allargarsi a macchia d'olio in un'area del mondo, quella dello scacchiere mediorientale, che è particolarmente esposta e che rappresenta un pericolo per il processo di pace su scala mondiale.

Il fatto che il ruolo dell'Italia in Libano sia particolarmente importante e significativo è dimostrato anche dal fatto che al nostro Paese è stato assegnato il comando della missione e che questo comando viene esercitato con grande autorevolezza e prestigio unanimemente riconosciuti al nostro Paese da tutte le nazioni coinvolte nella missione UNIFIL.

Con questo ordine del giorno vogliamo esprimere le preoccupazioni relative a questa missione e complessivamente alle missioni che vedono impegnato il nostro Paese ed i nostri militari, conseguenti ai tagli che sono stati operati con la recente manovra finanziaria; tagli che avranno naturalmente delle incidenze negative sull'operatività delle azioni che si svolgono attraverso le missioni internazionali.

Intanto, questi tagli avranno una conseguenza immediata: costringere a prolungare il periodo di permanenza in teatro, senza sostituzione, dei nostri militari per rispettare gli obiettivi prefissati e costringere altresì i nostri militari a svolgere, con maggiore frequenza e impegno, compiti che determineranno uno stress psicologico ancora maggiore, stress tipico delle situazioni di peace keeping.

Vorrei soltanto rappresentare la mia esperienza in quest'Aula: come membri della Commissione difesa abbiamo avuto la possibilità di fare visita ai nostri militari impegnati in Libano e abbiamo potuto verificare in quali campi si svolga la nostra iniziativa e il nostro sostegno. Ce n'è una importante: in questa sede, anche prima del mio intervento, si è parlato delle cluster bomb: i nostri militari sono impegnati anche in una delicata opera di sminamento delle cluster bomb disseminate in prossimità di villaggi e nei fondi agricoli produttivi e lo stanno facendo naturalmente per garantire la sicurezza delle persone e per impedire che queste cluster bomb possano esplodere nelle mani dei bambini oppure possano impedire la produzione agricola necessaria per la ripresa economica del Paese (parliamo naturalmente dell'intervento che si sta svolgendo in maniera specifica in Libano).

I turni a cui sono assoggettati - non può essere altrimenti - sono turni che non possono superare i quaranta minuti di attività perché devono indossare una tuta pesante.

PRESIDENTE. Concluda onorevole.

ANTONIO RUGGHIA. Concludo, signor Presidente.

È chiaro che con questi tagli avremo meno uomini da impegnare nelle missioni internazionali, con maggiori rischi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Bernardini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/11.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, questo ordine del giorno riguarda il Libano e sappiamo tutti che quello in Libano è il più grande contingente italiano impegnato nelle missioni all'estero.

Sappiamo anche che, dopo l'accordo sottoscritto a Doha, capitale del Qatar, la situazione non ha visto cessare le ostilità armate in quella regione soprattutto nella parte nord del Paese. Abbiamo visto come la fazione parlamentare degli Hezbollah abbia un potere di veto anche nei confronti del Parlamento in vista delle prossime elezioni politiche.

Ciò che chiediamo con questo ordine del giorno, quello che chiede la delegazione radicale all'interno del gruppo Partito Democratico, è che si rafforzi il tribunale speciale istituito dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione 1757 affinché assicuri alla giustizia i responsabili dell'omicidio dell'ex premier libanese Rafik Hariri.

Chiediamo un impegno del Governo per sostenere anche politicamente questo tribunale, chiediamo al Governo italiano anche che la nostra presenza in Libano,Pag. 15che è una presenza fondamentale, anche di comando, evolva da una presenza di tipo militare tutt'al più impegnata anche nella ricostruzione delle infrastrutture ad un'esplicita attività (anche del nostro Governo) di sostegno alle riforme democratiche necessarie per rendere finalmente il Libano una democrazia costituzionale basata sul diritto di cittadinanza e non sulla appartenenza etnica o religiosa.

Credo che anche il Governo italiano - ed è questo l'impegno dei radicali - debba impegnarsi laddove è possibile e debba orientarsi laddove è possibile per promuovere democrazia e libertà. Questo è fondamentale per evitare guerre e stragi di vite umane (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Fava ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/7.

GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, il nostro gruppo ha scelto di ritirare gli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 che trattavano e affrontavano, in modo specifico, la tematica che, in modo più generico, viene affrontata nell'ordine del giorno in esame e che attiene al costo complessivo delle missioni internazionali e al fatto che, con troppa facilità in questo Parlamento, si abbia la tendenza a voler sistematicamente incrementare i fondi a favore delle missioni internazionali a prescindere dall'effettivo livello di utilità che tali missioni hanno ancora residualmente a livello internazionale.

Come ricordava l'onorevole Rugghia poco fa, abbiamo avuto modo di far visita a diverse missioni con la Commissione difesa nell'ambito delle quali ci siamo resi conto di quale sia il reale stato di avanzamento delle missioni stesse e di quanto si renda urgente e necessario un ripensamento generale in questo senso e un eventuale ridimensionamento di alcune di queste.

Vi sono situazioni come quella in Kosovo in modo particolare - ma per certi versi anche quella libanese - nell'ambito delle quali la nostra presenza è, allo stato attuale, assolutamente sproporzionata rispetto alle esigenze effettive. In Kosovo stiamo svolgendo attività di polizia militare e siamo una sorta di vigili urbani perché, di fatto, non svolgiamo attività vere e proprie di peacekeeping in quanto la fase conflittuale è terminata. Tuttavia, occorre escludere il doveroso e necessario mantenimento dei presidi a tutela di quelle che sono rimaste le enclave serbe e in particolare quelle serbo-ortodosse e greco-ortodosse nell'ambito delle quali vi è un timore effettivo che possano esistere e sussistere ancora rischi di rappresaglie.

Quindi, invitiamo il Governo a valutare l'entità del costo a carico del nostro Stato delle missioni internazionali (che hanno abbondantemente superato il tetto del miliardo di euro) e nell'ambito delle risorse che debbono essere necessariamente mantenute nel bilancio si provi ad ipotizzare un ripensamento e una riallocazione più funzionale e aggiornata in base alle necessità attuali delle missioni stesse.

Crediamo che sia importante - lo abbiamo sostenuto - l'impegno in Georgia, ma non solo. Con una serie di iniziative abbiamo sollecitato l'attenzione anche nei confronti di altri conflitti attualmente in essere. Non dimentichiamoci la situazione pesante del Congo. È un campo di battaglia nell'ambito del quale, con ogni probabilità, presto saremo chiamati a dare una nostra eventuale disponibilità, in termini di risposte e di uomini e, di conseguenza, di risorse. Per questo motivo continuiamo a pensare che alcune missioni che si sono di fatto esaurite o che sono considerate minori debbano essere definitivamente accantonate. Vi sono una serie di sprechi e crediamo che, pur mantenendo inalterata l'entità della disponibilità nel bilancio dello Stato in questo senso, questi sprechi debbano essere, in un certo qual modo, ridimensionati a favore di altre attività. Pertanto, non vogliamo stornare fondi dalla Difesa né tanto meno sottrarli alle missioni internazionali. Sosteniamo, invece, che sia necessario spendere meglio e soprattutto prevedere il necessario reperimento, prossimamente, di ulteriori risorse per nuove missioni.

Per tale motivo mi auguro che il Governo voglia accettare l'ordine del giorno in esame prendendo, peraltro, in considerazione la nostra dichiarazione e la nostra dimostrazione di buona volontà con il ritiro degli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 che, per certi versi, hanno un po' suscitato alcune reazioni che non abbiamo ben compreso. Restano, comunque, intatte le premesse che in quegli ordini del giorno erano contenute e cerchiamo di fare in modo che almeno l'ordine del giorno in esame venga accettato, perché credo che esso rappresenti un segnale di razionalizzazione della spesa che, anche all'esterno, darebbe un senso più istituzionale all'attività che stiamo svolgendo. Istituzionale, intendo dire, e non corporativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Beltrandi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/13.

MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, l'ordine del giorno in esame si occupa del conflitto tra Georgia e Russia.

Occorre subito dire che nelle premesse si fa un chiaro riferimento alle responsabilità russe in questa vicenda, sia per quanto riguarda l'intervento militare, sia per quanto riguarda il riconoscimento unilaterale dell'indipendenza dell'Ossezia e dell'Abkhazia da parte della Russia, sia anche per quanto riguarda i limiti della missione di monitoraggio dell'Unione europea, che non consente agli osservatori di recarsi, per esempio, nelle due province dell'Ossezia e dell'Abkhazia per verificare che i russi abbiano effettivamente rispettato gli accordi internazionali (sembra, infatti, che non l'abbiano fatto).

Ebbene, a questa missione partecipano anche gli italiani, con uno sforzo considerevole, ed è necessario che questa missione di monitoraggio, affinché abbia una qualche utilità, si possa svolgere anche in Ossezia e in Abkhazia.

Nella parte dispositiva, questo ordine del giorno si limita a chiedere che il Governo italiano chieda alla Federazione russa che il monitoraggio si possa svolgere nelle due province e che si nomini una Commissione internazionale per stabilire le cause del conflitto della scorsa estate su cui sappiamo esistono visioni e versioni piuttosto differenti e contrastanti.

Concludo dicendo che per il Governo, qualora venisse accettato l'ordine del giorno, si tratterebbe di correggere una linea che è sembrata a tratti filorussa e che soprattutto avrebbe come conseguenza quella di chiudere ancora una volta gli occhi sul rispetto dei diritti umani e sulla sicurezza in regioni che sono confinanti con l'Europa.

Dico: «ancora una volta», perché è già successo con riferimento alla Cecenia e l'Occidente e l'Europa (Italia compresa), anzi gli europei, come i cittadini di tutto il resto del mondo, stanno ancora pagando i costi dell'aver chiuso gli occhi sulla Cecenia. Quindi, mi auguro che il Governo voglia cogliere questa occasione per ristabilire l'importanza del rispetto dei diritti umani anche in queste aree che sono molto spesso dimenticate (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Maurizio Turco ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/14.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, l'ordine del giorno n. 9/1802/14 ha a che fare con le condizioni di stabilizzazione dell'Afghanistan per il raggiungimento di adeguati livelli di sicurezza per la popolazione attraverso il controllo del territorio e un livello di sufficiente sviluppo economico e di promozione sociale.

Sappiamo che per ottenere questi risultati, come peraltro è previsto nelle risoluzioni delle Nazioni Unite in materia, è importante la definizione di un'efficace strategia di riconversione delle coltivazioni illegali di oppio. Il ruolo del nostro Paese può essere importante; infatti, non per grandi meriti, ma solo perché siamo i più importanti contribuenti, abbiamo diritto ad occupare il posto di direttore dell'agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga.

Purtroppo, nel passato, direttore è stato l'ex senatore Giuseppe Arlacchi, colui che era convinto che in dieci anni era possibile cancellare le coltivazioni illegali di droga dal pianeta, arrivò al punto di finanziare i talebani per un progetto di questo tipo, finanziò anche gli iraniani, ma né in Iran, né in Afghanistan e in nessuna parte del mondo, una qualsiasi strategia di eradicazione o di riconversione delle coltivazioni illegali di oppio ha avuto fortuna.

Ce lo ricorda peraltro l'attuale direttore dell'Agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga, il dottor Antonio Costa, il quale ha sostenuto che l'eradicazione è stata inefficiente in termini di risultati, ma molto costosa in termini di vite umane. Vi è un conflitto all'interno del conflitto afgano che è relativo alla lotta alla droga.

Qui non si propone la legalizzazione del mercato illegale della droga, il cui monopolio è attualmente nelle mani della criminalità. Chiediamo al Governo di impegnarsi a sostenere nelle sedi internazionali competenti ogni iniziativa volta ad individuare un'efficace strategia di contrasto alla coltivazione e al commercio illegali di oppio. Questo sarebbe possibile, così come lo è stato in passato, per esempio, in Turchia, dove esistono vaste estensioni di coltivazioni legali di oppio destinate per esempio alla terapia contro il dolore.

Il Governo italiano, anche attraverso il dottor Antonio Costa, attuale direttore dell'Agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga, avrebbe la forza di sostenere questa iniziativa per introdurre all'interno del conflitto afgano un momento in cui, attraverso questi programmi, si possa togliere almeno la forza economica che deriva dal controllo del territorio a coloro che dalla coltivazione illegale dell'oppio ricavano potere e ricchezza.

Mi auguro che il Governo possa sostenere e sostenga questo nostro ordine del giorno.

PRESIDENTE. L'onorevole Rosato ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/19.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, con questo ordine del giorno cerchiamo di portare all'attenzione dell'Assemblea un tema particolarmente sensibile che ci sta a cuore e che sono convinto stia a cuore anche a tanti altri colleghi di maggioranza e opposizione. Si tratta della questione del Congo. Tra le missioni cui partecipano le nostre Forze armate, questo è un ambito sul quale non interveniamo, ma è un tema all'attenzione di questo Paese e dell'opinione pubblica per la drammatica situazione che si è venuta a creare. Le stime dei profughi sono altissime, le ultime notizie che arrivano anche da Amnesty International parlano di una catastrofe che coinvolge un milione di persone, ci sono migliaia e migliaia di bambini che ormai sono senza alcuna difesa. Le missioni internazionali attivate dalle Nazioni unite sono quasi impotenti di fronte all'immane tragedia che si sta consumando in quel Paese.

Rispetto a tutto ciò, con il nostro ordine del giorno, intendiamo impegnare il Governo in maniera molto più efficace di quanto è stato fatto fino adesso. Capisco la preoccupazione e la perplessità che il Ministro Frattini ha espresso giudicando assolutamente prematura l'ipotesi che i 27 Paesi dell'Unione europea attivino una missione per rafforzare quella dell'ONU, ma credo che in una situazione di carattere umanitario così grave non si possa restare indifferenti.

In questo senso, c'è bisogno di risorse economiche e quelle fino ad ora stanziate dal Governo italiano sono assolutamente insufficienti, così come c'è bisogno anche di una politica e di un'attenzione internazionale assolutamente diversa su questo punto. Il Congo è un Paese senza petrolio in cui le materie prime non fanno ancora gola ai Paesi industrializzati, ma questo non toglie nulla alla drammaticità di quella situazione umana che si sta vivendo in quella parte dimenticata dell'Africa.

C'è bisogno che i nostri Paesi facciano uno sforzo comune e, se l'Unione europea e il nostro Paese vogliono avere un ruolo internazionale forte, lo devono esercitare anche quando iniziative così drammatiche avvengono in scenari a noi più lontani.Pag. 18

In questo senso noi chiediamo un impegno forte al Governo, un impegno che ha un senso molto politico, con la «p» maiuscola, che significa avere la capacità di rilanciare iniziative diplomatiche coinvolgendo anche tutti gli attori regionali. Rammento, lo dico senza volontà di parte, il grande sforzo che è stato fatto dal Governo Prodi per ricostruire un rapporto forte con quel continente. Credo che quella strada debba essere ripresa, cercando di consolidare partnership e un ruolo in un'area così abbandonata.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 11,50)

ETTORE ROSATO. Credo che dobbiamo dare una risposta anche a quelle immagini televisive che ogni tanto passano sui nostri telegiornali che impressionano i nostri concittadini e che interrogano anche le coscienze di tutti noi, rappresentando un'azione diplomatica e una volontà del Governo di agire.

Chiudo ricordando come, se è pur vero che i militari italiani sono impegnati in molti scenari all'estero, una valutazione in sede europea vada fatta. Oggi il Segretario generale della Nazioni Unite ha chiesto al Consiglio di sicurezza di inviare altri tremila soldati nell'est del Congo. Credo che all'Assemblea delle Nazioni Unite che si terrà il 26 novembre il Governo italiano debba andare con una disponibilità a coinvolgere l'Unione europea in maniera più forte su questo scenario e con la consapevolezza che le situazioni di crisi che insorgono in quel continente, se non vengono regolate e se non trovano una composizione in quell'area, porteranno a delle ripercussioni negative anche nel nostro Paese, oltre a essere un dato che dal punto di vista umanitario non è più sostenibile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Villecco Calipari ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/20.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, con questo ordine del giorno abbiamo posto l'attenzione, e chiediamo l'attenzione del rappresentante del Governo, sulla copertura finanziaria delle missioni internazionali. In effetti si è dimostrato, proprio con un incremento di 90 milioni di euro per quanto riguarda il decreto-legge, che il Fondo previsto per le missioni internazionali di un miliardo non è più sufficiente a coprire le esigenze relative al nostro intervento in aree di conflitto.

Per quanto attiene a quella che noi riteniamo essere una esigenza imprescindibile, non possiamo quindi non sottolineare che la rilevanza della copertura finanziaria sta nel fatto che gli stanziamenti vadano a pesare sul bilancio della difesa. Senza ombra di polemica, perché le nostre battaglie politiche in quest'Aula le abbiamo già fatte durante la discussione sulla manovra economica triennale e sulla finanziaria la scorsa settimana, non possiamo sottacere i tagli che lo stesso Ministro La Russa, pur avendoli negati in sede di manovra triennale, ha poi dovuto riconoscere.

In effetti i tagli fatti alla difesa sono stati già operati - c'è una storicità nel comparto - negli anni 2005-2006; sono stati poi fronteggiati con un'attenta opera di gestione e anche con l'assunzione del risk management privilegiando solo la prima linea, ovvero i reparti impegnati fuori area; ciò è avvenuto però a detrimento del livello addestrativo complessivo, della formazione del personale e soprattutto delle scorte e delle manutenzioni obbligatorie che, come tutti capiscono, incidono poi sull'operatività e l'efficacia delle nostre Forze armate.

Tale situazione, in effetti, non era sostenibile, tanto che in qualche modo, proprio durante il Governo Prodi, si è cercato di attenuarla, con riferimento agli anni 2007-2008, con un'inversione degli stanziamenti a bilancio. Ciò ha consentito, quindi, alle Forze armate di onorare gli impegni assunti in campo internazionale, di cui oggi discutiamo, che fanno il grandePag. 19prestigio internazionale del nostro Paese che poi viene ascoltato nelle sedi e negli organismi internazionali.

Pur avendo avuto un recupero minimale negli anni 2007-2008, rimane effettivamente un gap notevole che occorre colmare. Come dicevo prima, la manovra finanziaria e la manovra economica triennale di luglio, complessivamente, hanno determinato un decremento che non è di scarso rilievo perché va ad incidere proprio sul nostro strumento militare e, soprattutto, sulla nostra capacità di agire nei teatri esteri. È un decremento che ha comportato un taglio da circa 20,3 miliardi di euro per il 2009 a 18,9 miliardi di euro per il 2011. Si tratta di una differenza tra input finanziario e output richiesto all'apparato militare che rischia irrimediabilmente di compromettere le capacità produttive dell'organizzazione (è il cosiddetto rischio di insolvenza organizzativa).

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Pertanto, questa è la motivazione per cui l'ordine del giorno a mia prima firma intende sottolineare la necessità di una copertura e, quindi, dell'adozione da parte del Governo di provvedimenti necessari affinché il Fondo per le missioni sia dotato di risorse sufficienti, perché non si concretizzi il rischio di compromettere l'operatività delle nostre Forze armate.

Ieri ho letto una dichiarazione del Ministro La Russa, fatta a margine dell'audizione in Commissione difesa qui alla Camera, nella quale il Ministro ha affermato: «Questi sono tempi di vacche magre; tuttavia, logiche di spesa non incideranno su protezioni militari».

PRESIDENTE. Deve concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Il vero problema per cui è stato presentato questo ordine del giorno, che mi auguro venga accettato dal Governo, è quello di tutelare la sicurezza dei nostri soldati e, soprattutto, la loro efficacia operativa (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole La Forgia ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21, di cui è cofirmatario.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, illustro rapidamente l'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21 di cui non sono il primo firmatario, ma che pure ho sottoscritto, per informare l'Assemblea del fatto che con esso ci proponiamo di attirare l'attenzione sulla missione in Kosovo.

Siamo stati spinti a presentare questo ordine del giorno anche in relazione alla contestuale presentazione di un altro ordine del giorno, sottoscritto dai colleghi della Lega, nel quale si chiede di ridurre l'impegno del contingente italiano in quel Paese. Noi riteniamo eccessivamente ottimistica la valutazione lì espressa sulla situazione dell'area e non crediamo che sia possibile procedere ad una smobilitazione del contingente, che i colleghi della Lega ritengono superiore alle effettive necessità, perché, al contrario, lo riteniamo assolutamente indispensabile. A nostro avviso la situazione del Paese non si è stabilizzata; il processo di avanzamento, che pure si è registrato, è ancora fragile e si è mantenuto in condizioni, diciamo accettabili, proprio grazie alla presenza militare della NATO.

Il Kosovo rappresenta un'area cruciale insieme ai Balcani, di importanza strategica per l'Europa, quindi richiede il massimo della nostra attenzione.

Le condizioni di una stabilizzazione definitiva non consentono di abbassare la guardia e, in particolare, va sottolineato che nell'ambito della comunità internazionale noi siamo tra i più interessati alla stabilizzazione dell'area per l'evidente ragione della straordinaria prossimità al nostro territorio. Una riduzione dei soldati del contingente italiano sarebbe possibile unicamente qualora si decidesse in sede NATO una diminuzione complessiva dell'impegno in Kosovo, coinvolgendo tutti i Paesi partecipanti alla missione.

Tuttavia, proprio in relazione a ciò siamo convinti che non sia possibile abbassare la guardia anche in relazione aiPag. 20recenti episodi terroristici, quali l'esplosione della settimana scorsa presso la sede dell'International civilian office di Pristina, e all'impossibilità di far partire la missione approvata dall'Unione europea (denominata Eulex) a causa del permanere di disaccordi tra le parti coinvolte.

La presenza militare italiana all'estero, come abbiamo più volte detto, corrisponde alla nostra volontà di partecipare all'azione di sostegno alla pace e alla stabilità mondiale, concentrando le risorse più importanti nelle aree di crisi che possono influire direttamente sulla nostra sicurezza e continuando, contemporaneamente, a destinare significative risorse alla stabilizzazione di contesti che, apparentemente remoti, sono a noi legati dall'interdipendenza globale dei fenomeni di crisi.

Per questo motivo chiediamo al Governo di impegnarsi a mantenere inalterato il contributo italiano alla missione Kfor, mettendo inoltre in campo ogni iniziativa utile finalizzata alla costruzione di una convivenza possibile tra la parte serba e quella kosovara nel segno del rispetto reciproco della pace.

PRESIDENTE. L'onorevole Tempestini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/22.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signor Presidente, colleghi, il mio ordine del giorno è centrato sulla questione dei diritti umani nei territori del Caucaso e, più in generale, nei territori dell'ex impero sovietico. Con questo ordine del giorno vogliamo dare un contributo ad una rimeditazione e ad una riflessione sul tema che è molto delicato e molto importante.

Abbiamo alle spalle un decennio, quello che ha visto la Presidenza americana di Bush e la corrente di pensiero dei neocon, dettare le regole del gioco anche in questo campo e che ha segnato di sé una stagione della politica per i diritti umani che oggi dobbiamo avere il coraggio di riconoscere come una stagione ricca più di ombre che di luci. Naturalmente, una politica dei diritti umani che si basi sulla forza e che in qualche modo si fondi sull'idea unilaterale, legata a quella di una superpotenza priva di vincoli, è un'idea dei diritti umani che, come la storia di questi anni ci insegna, si è scontrata con le dure repliche della storia stessa.

Per qualche verso l'approccio neocon è stato anche caratteristico del modo con il quale gli Stati Uniti hanno affrontato i problemi derivanti dalla crisi e poi dalla riorganizzazione dei Paesi usciti dal cono d'ombra dell'Unione sovietica, fino alle più recenti questioni relative al cosiddetto scudo satellitare antiterrorismo e alla questione (che ha qualche implicazione con l'idea dell'ampliamento della democrazia e la difesa dei diritti umani) del modo con il quale si debba procedere all'allargamento della NATO.

Insomma, si tratta di una serie di questioni dalle quali ricaviamo l'opinione, che mi pare sia suffragata ormai dai fatti, che occorra cambiare pagina. Naturalmente ci auguriamo - alcuni segnali vanno in questa direzione - che il primo a voler cambiare pagina sia il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, i cui primi segnali vanno appunto nella direzione di affrontare in termini multilaterali e, comunque, con maggiore attenzione verso gli interlocutori le questioni sul tappeto nell'area dell'ex Unione sovietica, che possiamo definire, per intenderci, area di vicinato tra Russia ed Europa.

Il mio ordine del giorno segnala questi aspetti e pone la questione che, per rafforzare la politica dei diritti umani, di cui l'Europa può e deve farsi paladina ed artefice, occorre inserirla in una politica di più ampio respiro, che deve vedere una stabilizzazione dei rapporti con Mosca (una stabilizzazione ed un miglioramento dei rapporti commerciali ed economici con la Russia), ma che deve saper accompagnare questo con una sua capacità di essere momento attivo di una politica che costruisce momenti di confronto e di dialogo.

Guardiamo tutti a Ginevra con grande attenzione, come ad un'occasione per far fare un passo avanti al rapporto tra i Paesi europei e la Russia per quanto riguarda laPag. 21Georgia e le sue minoranze, che hanno deciso una sorta di autoproclamazione della propria sovranità, che per l'Europa è inaccettabile.

PRESIDENTE. Onorevole Tempestini, deve concludere.

FRANCESCO TEMPESTINI. Sotto altro profilo, dobbiamo saper accompagnare ciò con una forte iniziativa ed una fermezza vera sulla questione dei diritti umani, a cominciare da quanto accade nella Russia di Medvedev e Putin (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Gozi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/24.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, l'ordine del giorno che mi accingo a illustrare riguarda lo sviluppo della politica europea di sicurezza e di difesa. Già l'Italia, in ambito europeo, è impegnata in settori importanti, di crisi. Pensiamo alla Bosnia, all'Afghanistan e alla Georgia. Stiamo registrando progressivamente dei passi in avanti, ad esempio, in materia di interoperatività dei reparti. Si stanno affinando anche le culture militari dei diversi Stati membri, ma certamente molto resta ancora da fare, come è emerso chiaramente nel caso del Caucaso, una storia positiva, ma eccezionalmente positiva. Infatti, il coordinamento europeo in materia di difesa non è sufficiente. Bisogna certamente rafforzare le azioni di coordinamento e di cooperazione tra Paesi membri nell'ambito della cosiddetta Pesd.

Ciò si può fare guardando agli altri grandi risultati dell'integrazione europea (pensiamo all'euro, a Schengen) attraverso maggiore flessibilità, favorendo - l'Italia, a nostro parere, deve essere in prima linea - le azioni di gruppi di Paesi, introducendo più flessibilità anche in materia di sicurezza e di difesa ed è urgente più flessibilità in materia economica, come tutti sappiamo, intorno all'eurogruppo.

È sempre più necessaria la flessibilità anche nel settore della difesa e della sicurezza, un settore in cui, tra l'altro, non basta la volontà politica di essere nel gruppo di avanguardia, ma occorrono anche le capacità militari. Quindi, occorre avere un chiaro programma di integrazione europea dal punto di vista delle capacità militari, dell'interoperatività e anche della formazione delle unità militari.

Per questo riteniamo che il Governo - senza attendere il Trattato di Lisbona, perché è già possibile adesso, all'interno dei Trattati o a margine di essi - debba adoperarsi per promuovere nelle sedi comunitarie il rafforzamento delle missioni internazionali nell'ambito della Pesd, una maggiore rotazione in termini di uomini e di mezzi e, soprattutto, cominciare a ricostituire le cooperazioni rafforzate.

Avevamo ravvisato l'inizio di tutto ciò, con molto speranza, nel vertice tra Francia e Regno Unito a Saint-Malo, ma quel percorso non ha avuto gli esiti che speravamo. Occorre riavviarlo oggi, anche alla luce della recente esperienza del Caucaso. Questo è il senso del nostro ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/25.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, voglio ricordare che è anche merito del Parlamento italiano se si è giunti, il 3 dicembre 1997, alla firma della Convenzione di Ottawa per la messa al bando delle mine antipersona.

Nel frattempo, il cammino dei costruttori di pace ha portato alla distruzione di 42 milioni di mine antipersona, di cui oltre 7 milioni da parte italiana; di conseguenza, è stato dimezzato il numero delle vittime nell'ultimo quinquennio. Ma nel mondo ci sono ancora 160 milioni di ordigni di questo genere, detenuti da Paesi che non hanno aderito alla Convenzione di Ottawa.

Signor Presidente, nel sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, non possiamo essere sordi agli appelli che ci spronano a fare di più per mettere fine a questo terribile dramma.

Vorrei ricordare l'appello del Segretario generale dell'ONU, Ban Ki-Moon, e di Papa Benedetto XVI per la messa al bando di queste armi di morte. Vorrei ricordare anche che il Parlamento italiano è stato il primo, approvando la risoluzione per lo sminamento del Kurdistan nel 1992, ad adottare uno strumento che ha costituito un modello per molti Paesi in Europa.

La nostra tradizionale solidarietà, però, è stata colpita dai provvedimenti contenuti nella manovra economica predisposta dal Governo, soprattutto per la drastica riduzione dello stanziamento destinato al Ministero degli affari esteri.

Non comprendiamo l'azzeramento delle risorse destinate allo sminamento degli strumenti di morte come le bombe a grappolo. Vi sono aree fortemente contaminate, come il Libano e l'Afghanistan, in cui si registra un elevato numero di vittime tra bambini, donne e popolazione civile.

Sono queste, signor Presidente, signor sottosegretario, le ragioni per cui chiediamo al Governo di accettare questo ordine del giorno, di adottare le iniziative più opportune per ripristinare gli stanziamenti occorrenti per rifinanziare la legge 7 marzo 2001, n. 58, relativa al Fondo per lo sminamento umanitario, e di promuovere iniziative di sensibilizzazione e formazione della popolazione afghana, in particolare dei bambini di quel martoriato Paese.

PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/2.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per illustrare il mio ordine del giorno n. 9/1802/2. È un ordine del giorno che, come gruppo dell'Italia dei Valori, abbiamo presentato perché, dopo gli interventi che si sono susseguiti ieri, soprattutto con attenzione alla situazione determinatasi dopo la crisi fra la Russia e la Georgia, abbiamo voluto richiamare l'attenzione del Governo e chiedergli, soprattutto, di chiarire quell'elemento di ambiguità che traspare dall'ultimo rifinanziamento non delle missioni, ma in particolare della missione in Afghanistan.

Vogliamo che questa missione, al pari delle altre, possa continuare ad essere una missione di pace, di costruzione e di sostegno alla popolazione. Quello che ci ha preoccupato è l'introduzione, in questo decreto-legge di rifinanziamento, dell'autorizzazione all'impiego di quattro Tornado in Afghanistan come aerei da ricognizione; questo stride con la logica.

Non sono un esperto di tecniche militari, ma la ricognizione si fa con aerei senza pilota, non con i Tornado, che sono veri e propri strumenti da combattimento. Questo anche in considerazione del peggioramento della situazione di quel Paese; anche perché ricordiamo che, all'indomani dell'insediamento del Governo, il Ministro La Russa si dichiarò disponibile a rivedere le limitazioni dei caveat per l'impiego dei nostri militari, il che comporterebbe la necessità di rispondere ad eventuali richieste dell'ISAF in un tempo che scende, in questo modo, da 72 a 6 ore.

La situazione si presenta particolarmente delicata (abbiamo visto le recrudescenze degli ultimi tempi), anche in virtù dei propositi manifestati dal nuovo Presidente degli Stati Uniti; il Presidente eletto entrerà alla Casa Bianca il 20 gennaio e ha già affermato di concordare con Bush il ritiro dei contingenti militari americani in Iraq per concentrarli tutti in Afghanistan. In Afghanistan tra l'altro vi è la situazione, anche lì non ben chiarita, per cui, da una parte, esistono le azioni militari, vere e proprie azioni militari di guerra da parte degli americani con l'operazione Enduring Freedom, e, dall'altra, invece c'è il programma di peace-enforcing, di peacekeeping, che ricade sotto la responsabilità della NATO e con la presenza dell'ISAF.

Noi, con l'ordine del giorno in esame, impegniamo quindi il Governo ad attivarsi nelle sedi opportune affinché la missione in Afghanistan, nel pieno rispetto dell'articolo 11 della Costituzione, resti una missione di pace, di costruzione, di sostegno alla popolazione, e la maggiore flessibilità dell'impiego del contingente italiano sia comunque inserita in un contesto limitato nello spazio e nel tempo. Ed infine, ad operare pertanto una seria riflessione sull'opportunità di rivedere i caveat, anche in linea con quanto emerso in sede di esame parlamentare del provvedimento in oggetto. Credo di poter già anticipare il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori sul provvedimento, però mi riservo di valutare il mio personale atteggiamento sulla base della risposta che il Governo vorrà dare all'ordine del giorno da me presentato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. L'onorevole Barbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/26.

MARIO BARBI. Signor Presidente, colleghi, l'ordine del giorno che illustro, come quello dell'onorevole Narducci che mi ha preceduto, riguarda l'impegno italiano, o forse dovrei dire il disimpegno italiano, per lo sminamento umanitario.

Tra pochi mesi, il 1 marzo 2009, ricorrerà il decimo anniversario dell'entrata in vigore del Trattato per la messa al bando delle mine antipersona. L'Italia celebrerà quell'anniversario con l'azzeramento delle risorse destinate ai fondi per lo sminamento umanitario, fondi che ammontavano a 2 milioni di euro nel 2008: una somma non enorme, ma importante. Nel 2009 non ci sarà un euro. La cifra di 2 milioni riveste un'importanza simbolica e un'importanza pratica.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI (ore 12,20)

MARIO BARBI. Secondo l'ultima relazione del Ministero degli esteri sull'attività svolta in questo ambito, riferita alla seconda metà del 2007, l'Italia, nel corso di quell'anno, aveva destinato allo sminamento 3 milioni di euro, di cui beneficiarono, tramite canali bilaterali o multilaterali, tra gli altri i seguenti Paesi: Libano, Bosnia, Angola, Mozambico, Sudan, Yemen e vari Paesi dell'America centrale e meridionale. Grazie al nostro contributo, in quei Paesi si sono potute bonificare aree minate lasciate in eredità da conflitti in corso o trascorsi, e che continuano a provocare vittime. Grazie a quel contributo, si sono salvate tante vite umane. Nel 2009, per quello che riguarda l'Italia, non sarà più così.

Non voglio polemizzare in questa sede sui tagli alle risorse dedicate alla nostra politica estera (il 20 per cento, complessivamente) e con il dimezzamento di quelle dedicate alla cooperazione; osservo, però, che una politica estera che rinuncia ad investire sulle iniziative umanitarie è una politica povera e miope che penalizza il nostro Paese, la sua immagine e la sua reputazione nel mondo. Rimediamo almeno in parte: ecco il senso di questo ordine del giorno che chiede al Governo di provvedere a rifinanziare intanto i Fondi per lo sminamento.

Credo che si tratti di un impegno che il nostro Paese deve confermare dal punto di vista morale e politico: è un impegno al quale il Governo non dovrebbe sottrarsi.

La decisione di mettere al bando le mine antipersona, lo ricordo, fu il risultato di una lunga campagna internazionale portata avanti da un'organizzazione dedicata a quello specifico scopo, e alla portavoce di quell'organizzazione venne conferito, nel 1997, il premio Nobel per la pace.

Il 1997 è l'anno in cui fu stipulata la Convenzione di Ottawa e il Trattato per la messa al bando delle mine antiuomo; quel Trattato, entrato in vigore, come ricordavo, due anni dopo, è stato firmato nel frattempo da 156 Paesi ed ha condotto a risultati importanti: 42 milioni le mine distrutte (7 milioni dall'Italia) e, inoltre, sono state ridotte della metà negli ultimi cinque anni le vittime di queste armi nascoste e micidiali.

Se questi sono risultati positivi, non voglio dimenticare che vi sono comunque una quarantina di Stati importanti che non hanno aderito al Trattato (tra questila Cina, l'India, la Russia, gli Stati Uniti, Israele, il Pakistan), e basta questo per capire che la campagna per rendere davvero universale il divieto delle mine antipersona è ancora lunga, mentre progredisce e va avanti la campagna internazionale per la messa al bando anche delle cluster bomb, le bombe a grappolo. Seppure il successo del Trattato di Ottawa abbia portato a ridurre l'uso delle mine, a metterle al bando e ad una sorta di divieto del commercio mondiale delle mine antiuomo, bisogna sapere che vi sono tuttora 160 milioni di mine in possesso di Paesi che non sono parte della Convenzione, che è ancora da completare la distruzione degli arsenali e che restano tante ed estese le aree contaminate da bonificare.

Tra di queste vi è la Bosnia-Erzegovina, su cui vorrei attirare una particolare attenzione: le vittime civili sono ancora molte e la contaminazione resta un ostacolo importante allo sviluppo di un Paese che fatica a raggiungere un equilibrio sociale e una stabilità politica (un Paese in cui sono insufficienti le attività di formazione e di sensibilizzazione della popolazione locale, e specialmente dei bambini, sul pericolo rappresentato dalle mine).

Ecco quindi, ripeto, il senso di questo ordine del giorno che mi auguro venga accolto, e che impegna il Governo ad adottare le iniziative utili a ripristinare il contributo italiano al Fondo per lo sminamento umanitario e a promuovere iniziative di sensibilizzazione e di formazione di tutte le popolazioni locali e programmi specifici destinati ai bambini sul pericolo rappresentato dalle mine e dalle bombe a grappolo inesplose.

Questi ordigni colpiscono principalmente i civili: la loro messa al bando, accompagnata dallo sminamento delle aree contaminate, è un contributo a limitare gli effetti dei conflitti armati sui civili ed è un contributo al progresso dell'umanità. L'Italia non diserti questa battaglia di civiltà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. L'onorevole Garofani ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/1802/27.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, idealmente proseguo l'accorato, nobile e importante appello di molti colleghi, ultimo dei quali l'onorevole Barbi, su questo tema che ha già impegnato questa mattina l'Aula in sede di esame dell'emendamento.

Insistiamo non soltanto perché si tratta di sottolineare una parte nobile, umanitaria dell'impegno internazionale delle nostre Forze armate; in particolare, l'ordine del giorno a mia prima firma che mi accingo ad illustrare chiede di ripristinare il contributo italiano al Fondo per lo sminamento umanitario, promuovendo altre iniziative di sensibilizzazione e formazione, in particolare della popolazione libanese, e programmi specifici destinati ai bambini in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso, con particolare riferimento al sub-munizionamento antipersona disperso da bombe a grappolo.

Altri colleghi, da ultimo l'onorevole Barbi, hanno insistito nel sottolineare come su questo impegno, dal carattere bipartisan, si sono mobilitate le sensibilità di diversi schieramenti. Ciò è riconosciuto anche nelle relazioni che i Ministeri degli affari esteri, della difesa e dello sviluppo economico hanno messo a punto, proprio per sottolineare come la Convenzione di Ottawa, che è stata firmata da 156 Paesi, abbia dato un risultato importante e abbia consentito di disattivare quarantadue milioni di mine, di cui sette milioni da parte italiana.

Tuttavia, questo è un impegno che dobbiamo considerare anche dal punto di vista strategico, perché si tratta di un aspetto non secondario delle missioni internazionali delle nostre Forze armate. Non rileva soltanto l'aspetto umanitario (pur importante), ma anche quello strategico che contribuisce in maniera decisiva a rafforzare e a legittimare la presenzaPag. 25delle nostre Forze armate in teatri molto difficili quali i Balcani, l'Afghanistan e, in particolare, il Libano.

Del resto (forse ne abbiamo parlato poco, concentrandoci più sull'Afghanistan) in Libano lo scenario continua ad essere difficile. La risoluzione n. 1701, messa a punto dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell'agosto del 2006, ridefiniva i compiti di Unifil, prevedendo la costruzione di una fascia di sicurezza a sud del fiume Litani dove, lo ricordo, la presenza italiane è particolarmente importante (oltre 2.700 uomini). Quella missione, insieme all'esercito libanese, esercita un'azione cuscinetto per prevenire la ripresa delle ostilità. La risoluzione impegna il Governo libanese a sorvegliare i propri confini, in modo da impedire l'ingresso illegale in Libano di armamenti e materiali connessi e impegna, altresì, tutti gli Stati ad adoperarsi affinché armamenti, materiali bellici e assistenza tecnico-militare siano forniti solo su autorizzazione del Governo libanese o dell'Unifil.

Tra i nuovi compiti dell'Unifil, come definiti dalla risoluzione dell'agosto 2006, vi erano anche quelli di monitorare l'effettiva cessazione delle ostilità e di mettere in atto provvedimenti che impongano il disarmo di gruppi armati in Libano, nonché di prestare la propria assistenza per contribuire ad assicurare l'accesso umanitario alle popolazioni civili e il volontario e sicuro ritorno delle persone sfollate. Ricordo uno scenario drammatico: in quella guerra sono morte oltre 1.100 persone e oltre un milione sono state costrette a lasciare le loro case; sono stati danneggiati centocinquanta ponti e sessantamila abitazioni, di cui almeno quindicimila sono state rase completamente al suolo. In quello scenario, l'azione e l'intervento delle nostre Forze armate per operare sul terreno dello sminamento e per disinnescare questi ordigni - che colpiscono soprattutto la popolazione civile, in primo luogo i bambini che li considerano quasi dei giocattoli e spesso, inconsapevolmente, si avvicinano e ne rimangono vittime - è un impegno prezioso che contribuisce a rafforzare la credibilità e a legittimare ulteriormente un'azione importante, una presenza importante delle nostre forze militari sul territorio.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Garofani.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Concludo, signor Presidente. Per questi motivi, che non sono soltanto umanitari, ma strategici anche dal punto di vista politico della nostra presenza in questi teatri, io credo che un impegno esplicito del Governo, più volte sollecitato dal gruppo del Partito Democratico, sia dovuto e spero in un positivo accoglimento della nostra richiesta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. L'onorevole Sarubbi ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno 9/1802/28.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, anch'io torno su questo tema, poiché è piuttosto importante. Anche il presente ordine del giorno, come i precedenti, affronta l'argomento delle mine antipersona, che non è tema di destra, né di sinistra: è piuttosto un tema caro alle persone di buona volontà che (ne sono sicuro) in quest'Aula non mancano.

Appena arrivato in Parlamento, insieme alla collega Isabella Bertolini del Popolo delle Libertà, ho presentato un progetto di legge per l'abolizione delle cluster bomb, le bombe a grappolo. La proposta è stata assegnata alla Commissione esteri e spero venga calendarizzata presto; essa ha comunque trovato molti firmatari sia nella maggioranza, sia nell'opposizione.

Il 3 dicembre, l'Italia firmerà ad Oslo la Convenzione che mette al bando queste munizioni cluster, armi indiscriminate che disseminano i territori colpiti di pericolosissimi ordigni inesplosi, ma innescati. Questa, in realtà, è una buona notizia, però da sola non basta. Non bisogna dimenticare, infatti, la sofferenza delle popolazioni già colpite da mine e da residuati bellici esplosivi, che vivono accantoPag. 26a territori contaminati e che, in molti casi, purtroppo, ne hanno già patito le conseguenze sulla propria pelle.

Un attimo fa ho fatto riferimento alla Convenzione di Oslo sulle cluster bombs. Vorrei ricordare che questa Convenzione è stata sostenuta da un ordine del giorno votato all'unanimità dal Senato il 28 maggio scorso. Per le mine antipersona esiste, invece, la Convenzione di Ottawa, che è stata firmata - lo abbiamo già ascoltato - da 156 Paesi, tra cui l'Italia. È vero che grazie a questa firma si è già provveduto alla distruzione di 42 milioni di mine, di cui oltre 7 milioni da parte italiana e che negli ultimi cinque anni sono state dimezzate le vittime causate delle mine antipersona. Tuttavia, è altrettanto vero che i 42 milioni di mine distrutti, che sembra una cifra impressionante, rappresentano soltanto un quinto di tutte le mine in circolazione: ne restano, infatti, ancora più di 160 milioni, tuttora in possesso di Paesi che non hanno firmato la Convenzione di Ottawa oppure di attori non statuali. Proprio il Ministero degli affari esteri, quello della difesa e quello dello sviluppo economico hanno messo in evidenza, nell'ultima relazione sull'attuazione della legge per la messa al bando delle mine antipersona, la necessità di distruggere gli arsenali esistenti e di sminare quanto prima le aree contaminate. Stiamo parlando di vite a rischio e di probabili emergenze umanitarie future che è possibile evitare.

Se siamo tutti d'accordo, allora, qual è il problema? Quello solito, purtroppo: la spesa. I tagli dell'ultima manovra economica hanno azzerato il Fondo per lo sminamento umanitario, creato nel 2001 con il sostegno di tutti gli schieramenti. A cosa serve questo Fondo? A campagne di educazione sulla presenza delle mine e sulla riduzione del rischio; al censimento, alla mappatura, alla demarcazione e alla bonifica di campi minati; all'assistenza alle vittime; alla ricostruzione e allo sviluppo delle comunità che convivono con la presenza di mine; al sostegno all'acquisizione e al trasferimento di tecnologie per lo sminamento e così via. Il Fondo per lo sminamento, come dicevo, è stato azzerato e questo è un disimpegno che stride con gli impegni internazionali. A Dublino, infatti, abbiamo firmato, insieme ad altri 100 Paesi, un accordo internazionale per la messa al bando delle mine antipersona. Quando il Papa, in un Angelus di maggio, lanciò un appello internazionale per bandire le armi più crudeli, tutti gli schieramenti politici si dissero d'accordo.

Ogni anno si registrano migliaia di nuove vittime di mine e ordigni inesplosi, l'85 per cento delle quali sono civili e il 20 per cento sono bambini. Il numero di vittime civili resta rilevante anche in luoghi dove la guerra è finita da tempo, come il Kosovo: l'esercito jugoslavo in Kosovo usò delle mine, l'UCK usò mine, la NATO lanciò bombe a grappolo, che oggi hanno lasciato sul territorio diverse migliaia di ordigni inesplosi (le stime vanno da 14 mila a 56 mila, ma è comunque un numero rilevante). Chiaramente, la presenza di mine costituisce un ostacolo serio allo sviluppo di un Paese ancora politicamente e socialmente instabile. Sono ancora insufficienti anche le iniziative di informazione e sensibilizzazione della popolazione locale, con particolare riferimento ai bambini che - attratti da quelle sub-munizioni deposte sul terreno, che sembrano giocattoli - sono tra i soggetti particolarmente esposti.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA SARUBBI. Vorrei concludere ricordando l'impegno dell'ordine del giorno a mia prima firma, che è quello di adottare iniziative utili a ripristinare il Fondo per lo sminamento umanitario, promuovendo iniziative di sensibilizzazione e formazione della popolazione locale, tanto serba quanto kosovara, programmi di mine risk education destinati ai bambini.

A me sembra un segnale importante in vista della Conferenza di Oslo, perché l'Italia non può presentarsi ad Oslo a mani vuote: è una occasione, insomma, per dimostrare la nostra credibilità internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È così esaurita la fase dell'illustrazione degli ordini del giorno.

Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Zacchera n. 9/1802/1.

Sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1802/2, il Governo non può esprimere parere favorevole. Onorevole Evangelisti, il Governo non si può riconoscere nella visione che lei dà, in particolare nelle premesse.

La missione in Afghanistan è una missione di pace, lo è sempre stata; è proprio per perseguire questi obiettivi di pace, all'interno della complessa situazione afghana, che il Governo intende rafforzare il nostro ruolo, per quanto riguarda la costruzione del Paese, con l'invio di quaranta carabinieri in più per la formazione della polizia afghana. Il Governo ritiene, altresì, che sia strumentale al raggiungimento di questi obiettivi di pace, l'invio anche dei velivoli Tornado, in quanto, proprio per le loro caratteristiche, permetteranno una maggiore vigilanza del territorio, una riduzione del rischio di coinvolgimento dei civili e una maggiore sicurezza per quanto riguarda i nostri soldati. È per questa ragione che mandiamo i Tornado: sono i velivoli adatti a questo impiego.

Per la stessa ragione, la modifica dei caveat va vista come efficientamento dell'impiego del nostro contingente a tutela non solo dei nostri soldati, ma anche di quelli della coalizione. Non vi è alcun intento offensivo, non sta cambiando la natura della missione, ci riconosciamo negli obiettivi della missione, che sono quelli presi a livello NATO, non è cambiato nulla ed è per questa ragione che non mi sento di accogliere il suo ordine del giorno.

Il Governo, pertanto, invita al ritiro dell'ordine giorno Evangelisti n. 9/1802/2, a conferma che non è cambiato nulla e che la missione in Afghanistan è, ancora una volta, una missione di pace e per la pace, ancorché in un contesto complesso in cui, purtroppo, ancora oggi, non possiamo fare a meno di una presenza militare.

Il Governo, inoltre, non può accogliere l'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1802/3.

PRESIDENTE. Quindi, il parere è contrario.

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Sì, signor Presidente, il parere è contrario sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1802/3. Il Governo esprime, invece, parere favorevole sull'ordine del giorno De Angelis n. 9/1802/4, mentre gli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 sono stati ritirati.

Il Governo accetta, altresì, l'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7, a condizione che venga riformulato nel modo seguente: al secondo capoverso della premessa, il Governo non giudica «impraticabile» ma sicuramente «di difficile praticabilità» l'aumento delle dotazioni del Fondo. Per quanto riguarda il dispositivo, dopo le parole «a razionalizzare» andrebbero espunte le seguenti parole: «senza variazioni di spesa». Il Governo, infatti, si riserva di valutare quali effetti la razionalizzazione possa avere sulle spese. Pertanto, il parere del Governo sull'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7 è favorevole a condizione che queste due piccole riformulazioni vengano accettate.

Il Governo accetta, quindi, l'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8. Per quanto riguarda l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, il Governo esprime una particolare soddisfazione nell'apprezzare questo ordine del giorno, in relazione alle sue premesse, che sono fattuali, concrete e ben articolate, e in relazione anche al dispositivo, in quanto gli impegni proposti al Governo in effetti descrivono in maniera efficace le linee guida della politica di questo Governo, e non solo oggi, in particolare con riferimento alla missione in Afghanistan. Questo Governo e le forze che fanno parte della sua maggioranzaPag. 28oggi (ma anche nel passato: ricordiamo che la missione in Afghanistan è iniziata nel 2001 in un diverso contesto anche operativo e con una diversa articolazione di maggioranza) ritengono che questi siano punti che hanno sempre fatto da fondamento alla nostra azione politica. Fa particolarmente piacere, quindi, esprimere parere favorevole sull'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, a testimonianza che dopo momenti difficili vissuti nella scorsa legislatura (difficili sia in relazione al peculiare rapporto tra il Governo di allora e la sua maggioranza, sia anche tra le forze dell'opposizione di allora e della maggioranza), esistono ancora margini per una posizione fortemente condivisa su tematiche centrali della politica estera del nostro Paese, a testimonianza della raggiunta maturità della nostra democrazia e del condiviso ruolo che il nostro Paese vuole giocare. Pertanto, ripeto, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9.

Per quanto riguarda l'ordine del giorno Vernetti n. 9/1802/10, il Governo ha grande attenzione per questa tematica. Come lei ha espresso nel suo ordine del giorno, gli eventuali interventi potranno essere considerati a partire dal prossimo anno, pertanto il Governo accetta l'ordine del giorno Vernetti n. 9/1802/10, a condizione che il secondo capoverso del dispositivo venga riformulato nel modo seguente: «a valutare la possibilità di reperire le risorse necessarie per consentire l'invio da parte dell'Italia, a partire dal prossimo decreto di rifinanziamento delle missioni internazionali che verrà presentato presumibilmente nel mese di gennaio, di alcuni mezzi dotati delle caratteristiche necessarie per la perlustrazione dell'area in conflitto, quale possibile contributo italiano alla missione UNAMID».

Infatti l'intervento potrà esplicitarsi solo nel corso del prossimo provvedimento. Il Governo ritiene opportuno concedersi maggiore elasticità nell'individuazione dei mezzi più adatti nonché operare una valutazione più complessa sulla possibilità di partecipazione a tale missione. Pertanto, esprime parere favorevole se le riformulazioni proposte sono accettate. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Bernardini n. 9/1802/11, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1802/12. Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13, mentre esprime parere contrario sull'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1802/14.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Mecacci n. 9/1802/15 a condizione che venga riformulato espungendo dal dispositivo le parole da: «e provvedano» fino alla fine del periodo. Il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Libè n. 9/1802/17 a condizione che sia riformulato nel senso di espungere il primo e il secondo capoverso del dispositivo; dunque, l'ordine del giorno in esame è accettato limitatamente al terzo capoverso del dispositivo.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Rugghia n. 9/1802/18 a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: «a riferire in Parlamento nell'ambito della relazione semestrale prevista dall'articolo 14 della legge 11 agosto 2003, n. 231, sull'andamento della missione UNIFIL in Libano, fornendo elementi conoscitivi sulle dotazioni, le attività, i mezzi impiegati e sulle condizioni di impiego del personale impegnato nella missione». Quindi il Governo intende impegnarsi a riferire in Parlamento, come è peraltro previsto in altro dispositivo, e non a presentare una relazione scritta.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Rosato n. 9/1802/19 a condizione che il dispositivo sia riformulato come segue: « a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a stanziare, quanto prima, risorse adeguate a fronteggiare la crisi umanitaria in atto nella regione e ad adottare ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi internazionali, atta a rilanciare un'iniziativa diplomatica che, coinvolgendo tutti gli attori regionali, possa portare quanto prima ad una soluzione politica dei conflitti in atto».

Il Governo accetta l'ordine del giorno Villecco Calipari n. 9/1802/20 purché il dispositivo sia riformulato nel senso di sostituire le parole: «i provvedimenti» con le seguenti: «le iniziative», in modo da ottenere una formulazione analoga a quella dell'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8, che è stato accettato dal Governo.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21 a condizione che la prima parte del dispositivo sia riformulata come segue: «Impegna il Governo a mantenere inalterato il supporto e a valutare la possibilità di confermare l'attuale contributo italiano alla missione Kfor adottando ogni iniziativa», il resto rimane uguale. Quindi, si chiede una diversa articolazione della prima parte del dispositivo. Il Governo accetta l'ordine del giorno Tempestini n. 9/1802/22.

Il Governo accetta l'ordine del giorno La Forgia n. 9/1802/23, purché riformulato, analogamente all'ordine del giorno Recchia n. 9/1802/21, come segue: «Impegna il Governo a mantenere inalterato il supporto e a valutare l'opportunità di confermare il contributo italiano alla missione UNIFIL 2...».

Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Gozi n. 9/1802/24.

Con riferimento agli ordini del giorno Narducci n. 9/1802/25, Barbi n. 9/1802/26, Garofani n. 9/1802/27 e Sarubbi n. 9/1802/28, dal momento che la loro tematica è quella di iniziative in relazione al Fondo italiano per lo sminamento umanitario, il Governo lascia a verbale (ma non chiede una riformulazione) che esistono alcune differenze per le zone indicate che sono l'Afghanistan, il Libano, il Kossovo e anche la Bosnia Erzegovina su cui il tema è più attinente alle mine antiuomo tradizionali che a quelle a grappolo.

Pertanto si chiede ai proponenti di questi ordini del giorno se possano concordare di sostituire il dispositivo dei loro ordini del giorno con quello dell'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1802/28. Do lettura del dispositivo: «ad adottare le iniziative utili a ripristinare il contributo italiano al fondo per lo sminamento umanitario, promuovendo altresì iniziative di sensibilizzazione e formazione di tutta la popolazione locale, nonché programmi di mine risk education destinati ai bambini, in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso, con particolare riferimento al sub-munizionamento antipersona disperso da bombe a grappolo». Se i presentatori riterranno possibile riformulare uniformando i dispositivi dei loro ordini del giorno nel modo indicato, il Governo li accetterà tutti.

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno.

ANDREA SARUBBI. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, non mi è chiaro il discorso del sottosegretario quando dice che gli ultimi quattro ordini del giorno...

PRESIDENTE. Ci arriveremo al momento del voto!

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente onestamente non ho capito qual è il parere del Governo sugli ultimi quattro ordini del giorno!

PRESIDENTE. Il Governo ha espresso parere favorevole a condizione che vengano riformulati.

ANDREA SARUBBI. Quindi, vuol dire che il parere sul mio ordine del giorno n. 9/1802/28 è favorevole?

PRESIDENTE. Sì, onorevole Sarubbi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Binetti. Ne ha facoltà.

PAOLA BINETTI. Signor Presidente, mi sembra che quando si parla del Darfur non si può dimenticare che lì è in atto un genocidio e per questo è necessario dedicare molta attenzione a questa tragediaPag. 30che, purtroppo, temo stia volgendo al termine. Sono convinta che ci troviamo di fronte ad un'epocale catastrofe umana: ciò che sta avvenendo nel Sudan e soprattutto nel Darfur è un genocidio vero e proprio, non esistono altri termini per definire ciò che sta subendo la popolazione civile da quasi cinque anni. I morti sono incalcolabili, le donne violentate, gli sfollati raggiungono ormai i quasi due milioni di persone, le loro terre sono state bombardate, devastate e persino bruciate, i raccolti distrutti e le abitazioni rase al suolo.

Si tratta di un genocidio davanti al quale l'ONU sembra deludere le aspettative di ogni uomo di buona volontà e più passa il tempo più sembra che l'ONU non sia in grado di difendere queste minoranze e le popolazioni restano inermi di fronte all'aggressione che li tocca, coinvolgendo anche le generazioni più giovani.

Le stime del conflitto variano a seconda delle fonti: si va dalle 50 mila vittime denunciate dall'Organizzazione mondiale della sanità fino alle 450 mila vittime denunciate da altre organizzazioni. Anche la comunicazione sul Darfur è difficile da ottenere con chiarezza e con concretezza e quindi è anche difficile mettere in luce i fabbisogni concreti sotto il profilo umanitario.

L'Italia è attualmente impegnata in Darfur con cinque ONG distribuite nel nord, nel sud ed a ovest, tutte quante impegnate in progetti di carattere sanitario ed etico. Nel Darfur ci sono le suore della carità, i padri comboniani, la Caritas; il Governo italiano è presente con la cooperazione italiana allo sviluppo.

A noi sembra che facilitare l'azione e l'intervento dell'ONU in maniera adeguata, anche attraverso un contributo specifico che possa venire dall'Italia, significa mettere uno stop a quella che possiamo considerare una guerra che da troppo tempo falcidia un Paese minandone anche le possibilità di ricostruzione e le possibilità di rilancio di una identità nazionale e di un'opportunità di benessere che coinvolga davvero. Ci sono malattie di cui si muore nel Darfur e di cui, invece, oggi si può essere ampiamente curati in altri Paesi.

Ci auguriamo davvero che lo Stato italiano, oltre a prendere in considerazione queste iniziative a carattere militare, possa affiancare ad esse anche il sostegno a tutte le iniziative di tipo umanitario.

Vorremmo veramente che non ci fosse questa tragedia, come quella dei bambini soldato in Darfur, per cui addirittura vengono avviati alla guerra bambini di undici, dodici o tredici anni semplicemente perché le generazioni precedenti sono scomparse.

Auspichiamo che si possa fare tutto il possibile per ricondurre e restituire questa regione, che peraltro è economicamente ricca, ricca di materie prime, di risorse energetiche e di petrolio, ad un benessere potenziale reale. Ciò contribuirà infatti a dare una dimensione di pace molto forte nella prospettiva non solo del continente africano ma anche di quella solidarietà internazionale di cui sentiamo tutti particolarmente bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, i pareri che il sottosegretario Cossiga, a nome del Governo, ha espresso sui vari ordini del giorno, come avrà potuto registrare lei, Signor Presidente, e come avranno potuto fare anche tutti i colleghi, sono largamente favorevoli e addirittura sono state avanzate molte proposte di riformulazione degli stessi. Ho contato pochi pareri contrari. In particolare, però, i pareri contrari si sono concentrati su due dei tre ordini del giorno proposti dal gruppo dell'Italia dei Valori e per uno, in particolare, di cui sono il primo firmatario - il n. 9/1802/2 - è stato formulato un invito al ritiro.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 12,50).

FABIO EVANGELISTI. Segnalo questo perché mi sembra di cogliere, anche daPag. 31questo tipo di discussione e di valutazione, una certa difficoltà, un certo imbarazzo e una certa ambiguità che permane soprattutto sui punti che mi ero permesso di evidenziare (in particolare sull'utilizzo dei quattro aerei Tornado in Afghanistan). Il sottosegretario mi ha risposto facendo riferimento ai quaranta carabinieri con compiti di organizzazione e formazione delle forze dell'ordine afgane.

In questo invito al ritiro colgo un certo imbarazzo. Personalmente ho anche provato a immaginare la possibilità di accogliere questo invito, ma francamente se lo accettassi non saprei, poi, come valutare non il complesso delle missioni, cui tutti siamo senz'altro favorevoli, ma la preoccupazione che ho manifestato in ordine all'Afghanistan.

Pertanto, a mia volta, mi permetto di chiedere al rappresentante del Governo se non possa, invece, il Governo stesso modificare il proprio parere, magari proponendo una riformulazione (possiamo discuterne) o accogliendolo come raccomandazione. Insomma, credo che abbiamo ancora qualche minuto per valutare meglio l'ordine del giorno n. 9/1802/2, di cui sono primo firmatario.

Per quanto riguarda, invece, il complesso degli ordini del giorno credo che davvero abbiamo evidenziato lo spirito bipartisan per il modo con cui abbiamo approcciato tale questione e per il senso di responsabilità con cui tutti noi sosteniamo lo sforzo e il ruolo dei nostri militari all'estero, senza distinzione alcuna. Sappiamo che alcuni sono impegnati in territori e in teatri particolarmente delicati mentre in altri luoghi, in realtà, per fortuna sono in via di superamento le contraddizioni che sono sorte in passato. Pertanto, mi piacerebbe davvero che anche questo nostro modesto contributo fosse accolto con spirito adeguato da parte del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

GIOVANNI FAVA. Presidente, vorremmo votare! Gli ordini del giorno sono stati già illustrati!

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, le nostre Forze armate sono presenti, come tutti sappiamo bene, in molte parti del mondo per svolgere con coerenza e attenzione un servizio alla pace.

Va anche sottolineato che questa presenza si è sempre caratterizzata per una grande sensibilità umana, ma anche per il rispetto delle tradizioni culturali e religiose delle realtà in cui sono chiamate ad operare, una modalità di presenza che arricchisce e spiega il senso e il significato delle nostre missioni di pace e rafforza l'impegno a creare quelle condizioni favorevoli in tanti Paesi per il ripristino e il consolidamento della democrazia e delle libertà fondamentali.

Questo comportamento corrisponde al dettato costituzionale che obbliga tutti noi e il nostro Paese al rispetto del pluralismo e delle libertà, ma non si può parlare compiutamente di libertà se non si pone l'accento sulla libertà religiosa. Questo non è un dato consolidato in tutte le parti del mondo: ci sono paesi in cui le discriminazioni, e segnatamente in Afghanistan, e gli atti di violenza hanno colpito i non islamici e, in particolare, le persone di fede cristiana.

Credo che il Governo debba intervenire segnalando che in quel Paese le nostre Forze armate operano anche a sostegno del Governo legittimo e che, pertanto, in quel Paese vanno messe in atto tutte quelle iniziative per garantire la libertà religiosa, il diritto al culto, il diritto a professare ciò in cui si crede e, soprattutto, questo vale per coloro che non sono appartenenti alla religione maggioritaria dell'Afghanistan. Bisogna che il diritto di espressione della propria religione sia garantito anche nei confronti dei componenti delle nostre Forze armate con la dovuta assistenza.

Per quanto riguarda il Darfur credo che non possiamo (penso al Darfur perché fa parte della discussione di questa mattina, ma penso anche a quanto sta avvenendo in Congo e in molte parti dell'Africa)Pag. 32il nostro Paese non può stare solo a guardare.

C'è la necessità di mettere in campo un'azione più decisa, più incisiva e soprattutto nel Darfur per fare in modo che le risoluzioni delle Nazioni Unite siano applicate e che, pertanto, cessi questa guerra che sta mietendo molte vittime e che soprattutto pesa sulle donne, sui bambini e sulle popolazioni più inermi. È un problema che dobbiamo affrontare con grande attenzione, perché molte delle persone (e penso ai rifugiati) che stanno arrivando oggi sulle nostre coste, arrivano da quell'area perché sfuggono alla guerra e alla miseria.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SAVINO PEZZOTTA. Pertanto, credo che sia un dovere del nostro Paese intervenire in questa direzione.

Per quanto riguarda la Georgia mi limito ad affermare che credo che l'Italia debba fare ogni sforzo per garantire l'autonomia e l'indipendenza di quel Paese. Dobbiamo fare in modo che le pressioni e la voglia di egemonia della Russia siano fermate e che non si acceda alle risoluzioni e alle modalità con cui Putin vorrebbe stabilizzare quell'area.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vernetti. Ne ha facoltà.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, aggiungerò due parole sull'ordine del giorno sul Darfur che ritengo sia veramente, come altri colleghi hanno ricordato, la missione che non c'è. Nel caso del Darfur abbiamo un insieme, purtroppo, di tragiche ipocrisie. È stata approvata un'importante risoluzione all'unanimità nel Consiglio di sicurezza (la n. 1769 del 2007) con la quale si disponeva il dispiegamento di una forza di peacekeeping (Nazioni Unite e Unione africana) di 26 mila caschi blu.

Da allora, da quando è stata approvata questa importante risoluzione delle Nazioni Unite, alla quale l'Italia, come membro non permanente, ha dato un importantissimo contributo, sono continuati i massacri.

È continuato un gravissimo genocidio. Sappiamo quali siano le complicità del Governo di Khartoum, del regime sudanese nel genocidio e nei massacri. Sappiamo la ferocia delle milizie Janjaweed che seminano terrore e morte e che distruggono interi villaggi. Oggi si stima che le vittime civili del conflitto del Darfur siano tra le 300 e le 400 mila e i rifugiati siano oltre 2 milioni.

La risoluzione n. 1769 chiedeva agli Stati membri, accanto alla fornitura e al contributo di uomini, di 26 mila peacekeeper, anche la dotazione di alcuni sistemi militari, in particolare un contingente di diciotto elicotteri. Occorre tenere presente che il Darfur è una zona grandissima, si tratta di un territorio che è il triplo dell'Italia e per poter dispiegare questa forza di peacekeeping e di protezione dei villaggi e della popolazione civile sono necessari questi mezzi.

Ad oggi, nessun Paese della comunità internazionale ha ancora fornito diciotto elicotteri. Stiamo parlando di elicotteri per il trasporto truppe e di un piccolo contributo tecnico che però potrebbe salvare la vita a migliaia di donne, bambini e anziani di quella popolazione. Allora, chiediamo - accetterò, naturalmente, la riformulazione proposta dal Governo - che l'Italia faccia la sua parte. Si tratta di un grande contributo umanitario sotto forma di un incremento della dotazione tecnica del contingente di peacekeeper. Abbiamo tempo da qui a gennaio, lo potremo fare con il prossimo provvedimento, ma credo che forniremmo un grande contributo umanitario e politico per risolvere, porre fine, rallentare quello che oggi è un clamoroso genocidio in atto.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Buttiglione, che aveva chiesto di parlare: s'intende che vi abbia rinunziato...

MARIO TASSONE. Non è detto che vi abbia rinunziato!

PRESIDENTE. Interpretiamo, al momento, la volontà dell'onorevole Presidente Buttiglione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, intervengo soltanto per invitare il Governo a rivedere il parere espresso su questo ordine del giorno con il quale non chiediamo nulla di strano e particolare. Ammettiamo che l'intervento militare è necessario, ma aggiungiamo che non è sufficiente e tra l'altro chiediamo soltanto al Governo di impegnarsi su un versante che non ha nulla di particolare, vale a dire aiutare quelle organizzazioni umanitarie che vogliono svolgere programmi di cooperazione internazionale e, quindi, dare ad esse maggiore sostegno da un punto di vista economico.

Riteniamo inoltre che da questo Parlamento debba arrivare un messaggio per una maggiore compenetrazione nel tessuto proprio della società civile di quei Paesi che dobbiamo aiutare. Chiediamo di non farlo soltanto attraverso l'impegno militare, ma anche - ritengo che da questo punto di vista possano essere tutti d'accordo - attraverso l'impegno umanitario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per annunciare che, apprezzato l'accoglimento come raccomandazione dell'ordine del giorno, a mia prima firma, n. 9/1802/11, non insisterò per la votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mannino. Ne ha facoltà.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, la valutazione che l'Unione di Centro compie del provvedimento in esame è positiva. L'Unione di Centro condivide la partecipazione degli osservatori italiani alla missione in Georgia, apprezza la missione europea di vigilanza, così come è stata istituita il 15 settembre e, con riferimento all'ordine del giorno presentato dai deputati del gruppo Italia dei Valori, potrei subito dire che l'Unione di Centro lo condividerebbe tutto se ne potesse condividere la parte finale relativa agli impegni.

Infatti, impegnare il Governo ad escludere che la Georgia possa entrare nella NATO rappresenta il punto di debolezza di questo ordine del giorno.

Credo che sia da tener presente il processo storico svoltosi dal momento della caduta del muro di Berlino che ha portato non pochi Paesi, nazioni e Stati della cortina ad integrarsi sempre di più in Europa. Si è venuta a creare una situazione potenzialmente di disagio tra la Russia e questi Paesi ex satelliti. Noi sappiamo dalla storia che tutte le volte che la Russia si è ritenuta isolata ai margini dall'Europa in altri scenari dell'Ottocento e del Novecento, la reazione della Russia stessa è stata di tipo nazionalistico. Però alla Russia è stata data un'opportunità, quella di integrarsi all'interno della NATO e di assumere quindi delle responsabilità da condividere con gli altri Paesi dell'Occidente; caduto il muro di Berlino, caduta la cortina di ferro non vi era più alcuna ragione perché il mondo fosse diviso in due, e sopratutto fosse divisa l'Europa: era infatti più ragionevole politicamente che si aprisse un cammino in comune.

Ciò non è avvenuto, tuttavia non bisogna perdere l'occasione per tenere sempre il colloquio, il dialogo e la collaborazione con la Russia su un piano di parità, ma non bisogna neppure ignorare che i Paesi affrancati dal condizionamento della cortina hanno la necessità di vedere garantita la loro dignità di Stati nazionali. È una scelta che ha fatto la Polonia, e anzi ne vediamo taluni atti a volte anche alquanto radicali. La posizione della Georgia non può essere diversa, perciò la sua integrazione all'interno della NATO deve essere un obiettivo agevolato dal Governo e dal Parlamento italiano. Si tratta di un'integrazione non antagonista e polemica con la Russia, ma un'integrazione che concorre a determinare un equilibrio in questaPag. 34fascia centrale dell'Europa sino a quando la Russia non troverà un modo per riaprire con la NATO un dialogo più proficuo che ci porti anche a superare la situazione di disagio.

Ritengo inoltre che sarebbe molto prudente che il Governo italiano si risparmiasse alcuni gesti che all'esterno potrebbero essere valutati in un modo molto critico. La solidarietà che si deve alla Georgia mi sembra una solidarietà irreversibile ed univoca.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, trovo davvero grave il mancato accoglimento dell'ordine giorno a mia prima firma da parte di un Governo che si dichiara impegnato nella politica di immigrazione, essendo questo ordine del giorno relativo alla collaborazione dell'Italia con la Libia proprio in materia di monitoraggio e controllo dei flussi migratori; in esso ci si richiama inoltre al rispetto dei diritti umani dei migranti per quanto riguarda la loro permanenza in Libia.

Segnalo che gli accordi senza condizioni che questo Governo ha assunto nei confronti di un regime come quello del colonnello Gheddafi che non rispetta al proprio interno le regole minime di diritto internazionale, e che quindi non può essere di minima garanzia al rispetto di accordi in sede bilaterale, sono davvero irresponsabili (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

È irresponsabile dare denaro a chi (lo sappiamo benissimo perché i fatti lo hanno dimostrato) crea e usa le emergenze per poi battere cassa dicendo che vuole far fronte alle stesse emergenze. Chiedo pertanto al sottosegretario di rivedere il suo parere o perlomeno di rimettersi al voto dell'Aula.

Noi, componenti della delegazione radicale nel Partito Democratico, con questo ordine del giorno chiediamo di monitorare, attraverso le Nazioni Unite e le organizzazioni non governative, quanto accade in territorio libico per quanto riguarda i rifugiati o coloro che richiedono lo status di rifugiato politico. Lo dico anche informando il Governo di una visita che ho effettuato con la mia collega Rita Bernardini in Calabria, sabato scorso, nei centri di accoglienza dei richiedenti asilo: se a gennaio gli ingressi, ad esempio nel centro di Crotone, erano 232, ad ottobre sono stati 846, con un'escalation iniziata da agosto, cioè da quando è stato siglato l'Accordo con la Libia (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico). Allora, mi chiedo se assicurare anche ai migranti che passano per la Libia i loro diritti umani in quel Paese, sarebbe un modo per arginare i flussi migratori nel nostro Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone (Commenti). Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Dopo la mia ci sono anche altre richieste di intervento. Vorrei dare il mio contributo, perciò in pochi minuti tenterò di esprimere una mia valutazione su questi ordini del giorno.

Signor Presidente, innanzitutto esprimo una valutazione di carattere generale che mi trovo a svolgere in ogni circostanza, e la reitero anche in questa occasione, sull'importanza e sul significato di questi atti di indirizzo parlamentare. È una materia che il Regolamento della Camera dovrebbe normare in termini più puntuali per dare senso e significato al lavoro che svolgiamo alla fine dell'esame dei provvedimenti, quando ci troviamo a valutare e, quindi, ad approvare o a respingere gli ordini del giorno.

Gli ordini del giorno presentati raccolgono un po' il senso del dibattito che abbiamo svolto ieri sulla missione in Georgia ma, soprattutto, recuperano l'esigenza di un confronto serio sulla politica internazionale che, come dicevamo noi anche intervenendo ieri sera, è mancato in questo Parlamento, ma che dovrebbe, invece, trovare maggiore cittadinanza, spazio ePag. 35confronto. Tant'è vero che gli ordini del giorno trattano dell'Afghanistan, di strategia, di equilibri mondiali, di rapporti tra est e ovest, della caduta del muro di Berlino.

In taluno di essi, che ho trovato interessante, si propone di creare una commissione di inchiesta a livello internazionale per capire quali siano le responsabilità. Da una certa parte politica ho sentito addebitare le responsabilità della situazione alla Federazione Russa, che sicuramente le ha e non può essere nascosto né ovattato, ma bisogna capire fino a che punto ci siano responsabilità soltanto da una parte, poiché quando si verificano queste situazioni di conflitto ci può essere anche, anzi, in questo caso c'è stata, qualche responsabilità dall'altra parte. Evitiamo di fare polemiche fini a se stesse, che non valgono, perché non avremmo così adempiuto al nostro diritto-dovere di avere il quadro chiaro sulla politica internazionale.

Concludendo, l'ultimo aspetti cui voglio riferirmi, signor Presidente, attiene al Fondo e allo status del militare, che è richiamato in qualche altro ordine del giorno: questa è una materia da definire in modo che non sia un fatto provvisorio, eventuale e precario, tra virgolette, quando ci troviamo a discutere di provvedimenti analoghi.

Credo che questa sia un'esigenza avvertita, che trasmetto per dare senso, significato e contenuto al nostro dibattito che mi auguro possa avere un seguito forte, non sia un caso isolato e non si chiuda semplicemente con questo disegno di legge di conversione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciocchetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, come abbiamo già detto in molti interventi del mio gruppo, riteniamo che sia una partecipazione strategica, pur con le considerazioni di politica estera che riguardano il rapporto con la Russia e con gli altri Paesi che in qualche modo vivono un periodo di grande sofferenza nei rapporti e nel tentativo di dominare un'area geografica importante per la pace e per la stabilità dell'Europa e non solo.

Nell'esaminare gli ordini del giorno presentati in merito al disegno di legge di conversione del decreto-legge recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, riteniamo che sia giusto anche gettare uno sguardo, visto che gli ordini del giorno lo fanno, su altri aspetti. Tali aspetti riguardano complessivamente il tema delle missioni italiane all'estero e la presenza delle nostre Forze armate in molti luoghi strategici del mondo in una situazione di grande difficoltà, la quale può mettere a rischio l'obiettivo generale di portare la pace, lo sviluppo e il necessario lavoro per dare risposte alle popolazioni e l'esigenza di assicurare un ordinamento ed un'opportunità di sviluppo anche di parti geografiche del mondo che vivono in condizioni di grande difficoltà.

Riteniamo, inoltre, che mettere in dubbio - come fa ad esempio l'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7 - la partecipazione italiana nel Kosovo e in Libano sia un errore. Già oggi anche i giornali parlano del lavoro importante che l'esercito italiano sta svolgendo e sta portando avanti in Libano, non soltanto per dare pace e serenità e per aiutare le popolazioni, ma anche per intervenire e svolgere attività di sminamento e attività che possono in qualche modo consentire gradualmente di portare la serenità di vita in quel territorio e in quella parte del mondo. Questi territori, infatti, hanno bisogno ancora di una presenza politicamente forte e significativa che sia in grado di offrire serenità e opportunità.

Quindi sull'ordine del giorno Fava n. 9/1802/7 esprimeremo un voto contrario, ritenendo che sia sbagliato, pur nell'ambito della necessità di rivedere la distribuzione dei contingenti italiani in tutte le missioni, ma senza toccare gli interventiPag. 36che l'Italia svolge in Kosovo e in Libano (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'istituto comprensivo Dante Alighieri del comune di Marta in provincia di Viterbo, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, credo che alcuni pareri espressi dal Governo sugli ordini del giorno presentati segnalino una certa ambiguità da parte di questo Esecutivo sulla politica estera che credo debba essere approfondita, anche in vista del rinnovo complessivo delle missioni che vi sarà nel prossimo gennaio. Da un lato, infatti, si assiste ad una proclamazione di fedeltà ad alcune alleanze storiche del nostro Paese, in particolare all'interno dell'Unione europea e con la NATO, ma poi, nei fatti, vi sono dei comportamenti che segnalano interessi ormai divergenti rispetto a quelli storici per il nostro Paese.

Credo se che su tale aspetto occorrerà un dibattito più approfondito. Non ritengo, infatti, che vi siano - come diceva il sottosegretario in precedenza - le condizioni per un impegno davvero bipartisan e significativo sulla politica estera di questo Parlamento.

In particolare, voglio riferirmi all'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13 sulla Georgia, con il quale nel dispositivo chiedevamo due cose molto semplici che sono in linea con alcuni impegni che dovrebbero essere di tutta l'Unione europea e anche del nostro Governo. Questi impegni sono volti a far sì che ai monitors - ovvero le persone che stiamo inviando con questo decreto-legge che si occupa proprio dell'invio di una missione per monitorare quanto avvenuto in Georgia - che hanno il compito di monitorare, ovvero di verificare cosa accade in quel luogo, sia data la possibilità di avere accesso alle zone dove vi è stato il conflitto, in particolare nell'Ossezia del sud e in Abkhazia.

La Federazione russa ha deciso, per via unilaterale, di impedire l'accesso agli inviati dell'Unione europea, che hanno il compito di monitorare in Abkhazia e in Ossezia del sud.

Mi volete spiegare che tipo di monitoraggio è mai questo? Noi siamo presenti nel territorio della Repubblica georgiana (che l'Unione europea e il nostro Paese considerano ancora unita dal punto di vista territoriale, perché non sono state riconosciute, ma anzi condannate nettamente dal Consiglio europeo, le azioni unilaterali di riconoscimento da parte della Federazione russa dell'Abkhazia e dell'Ossezia del sud) e mandiamo a monitorare degli inviati che non possono entrare in quei luoghi.

Allora, accogliere quest'ordine del giorno come raccomandazione è, purtroppo, una presa in giro. È un impegno politico che il nostro Governo deve assumere rispetto a questa situazione. L'Aula su questo dovrà esprimersi con un voto (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, sarò telegrafico. Ringrazio il Governo per aver accettato il mio ordine del giorno e, anche dopo aver ascoltato le precisazioni del Governo, desidero sottoscrivere l'ordine del giorno n. 9/1802/10 del collega Vernetti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, ci sono una serie di ordini del giorno, Cirielli n. 9/1802/8 e Villecco Calipari n. 9/1802/20, che tendono a rifinanziare le missioni all'estero, prendendo atto che le risorse stanziate oggi nel bilancio dello Stato sono insufficienti.

Faccio un breve riepilogo: la legge finanziaria per il 2007 ha finanziato laPag. 37partecipazione italiana alle missioni internazionali con un miliardo di euro, per ciascuno dei tre anni 2007, 2008 e 2009. Con il famigerato decreto-legge n. 112 del 2008, sono stati stanziati altri 90 milioni di euro per il 2008. Le spese effettive per la partecipazione italiana alle missioni internazionali aumenteranno complessivamente, per l'anno 2008, a circa 1 miliardo 165 milioni di euro. Pertanto, a tutt'oggi, le risorse stanziate nel bilancio non sono sufficienti a coprire le spese, considerando, fra l'altro, che, nella quantificazione di 1 miliardo 165 milioni di euro, sono comprese le spese di personale e di funzionamento, ma escluse quelle spese correlate alla maggiore usura dei mezzi e ai necessari interventi per il ripristino.

A seguito, poi, dei tagli lineari, apportati sempre dal decreto-legge n. 112 del 2008, sono stati ridotti, come sappiamo, gli stanziamenti del Ministero della difesa, facendo in modo che non sia più possibile attingere da questi per integrare il finanziamento delle missioni all'estero. Dalle schede tecniche ai vari atti che abbiamo approvato finora, emerge insomma che alla fine le risorse che mancano sono stimate oggi in circa 350 milioni di euro.

Noi siamo contenti che oggi il Governo abbia deciso di esprimere parere favorevole su quegli ordini del giorno che impegnano il Governo a ripristinare le risorse necessarie per le nostre missioni all'estero. Tuttavia, devo denunciare un fatto: trovo questa posizione un po' sclerotica. Infatti, non più tardi di una settimana fa, quando abbiamo affrontato la finanziaria per il 2009, sono stati respinti, da parte dello stesso Governo, tutti quegli emendamenti al bilancio che andavano nel senso di dare più fondi al Ministero della difesa per finanziare le missioni all'estero. Capisco che sia più facile cavarsela con un ordine del giorno, perché ha una forza molto limitata, però, signor Ministro, signor sottosegretario, noi staremo attenti e vigileremo affinché questi ordini del giorno trovino la necessaria corrispondenza nel bilancio dello Stato (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, sono rimasto davvero sorpreso dal parere contrario del Governo su un ordine del giorno che chiede di sostenere, nelle sedi internazionali, competenti iniziative volte ad individuare strategie efficaci di contrasto alla coltivazione e al commercio illegali di oppio.

Chi è che in Afghanistan si occupa della coltivazione e del commercio illegale di oppio? In Afghanistan si occupano della commercializzazione e della coltivazione dell'oppio i talebani.

Peraltro, il direttore dell'agenzia dell'ONU contro il crimine e la droga, nominato nel 2004 dal Governo Berlusconi, il dottor Antonio Costa, sostiene che l'eradicazione, l'unica politica alternativa alla coltivazione legale, è stata inefficiente in termini di risultati, ma molto costosa in termini di vite umane.

Parrebbe, anzi, è così, che il Governo voglia lasciare il monopolio della coltivazione, della commercializzazione e del traffico alla criminalità politica e comune, che in Afghanistan è rappresentata dai talebani, da coloro, cioè, che sparano su nostri soldati.

Trovo che ciò evidenzi una grande contraddizione, una miopia politica assoluta in termini di una proposta di buonsenso, in un campo come quello della politica estera e su un territorio come quello afghano, dove sappiamo benissimo, ma da decenni, non da adesso, che il problema dei problemi è la coltivazione e il commercio illegale di oppio, perché da quel territorio proviene il 90 per cento dell'eroina consumata nei Paesi occidentali.

È molto chiedere al Governo di impegnarsi a sostenere ogni iniziativa volta al contrasto della coltivazione e del commercio illegale di oppio? Noi crediamo di no!

Spero, signor sottosegretario, che lei riveda la posizione contraria che ha espresso (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, credo che il complesso degli ordini del giorno dia conto di un impegno largamente convergente del Parlamento sulle missioni italiane all'estero, sia in Afghanistan (ho visto che l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9 ha trovato, addirittura, l'encomio del Governo e mi pare un elemento di convergenza ragguardevole) sia sul ruolo dell'Europa in Georgia. È un fatto di grande rilievo, che riporta la politica estera nei suoi ambiti istituzionali perché dobbiamo renderci conto che non può bastare la simpatia personale del Premier né si può ridurre il nostro ruolo nel mondo ristretto degli interessi nazionali, che prescindono da una missione di pace e di sviluppo nel mondo.

A proposito della simpatia del Premier, penso che converrebbe riflettere sul fatto che Alcide De Gasperi, presentandosi alla Conferenza di pace di Parigi, non credo che brillasse per una particolare simpatia, eppure ebbe la forza e la schiena dritta per rappresentare gli interessi del nostro Paese, che era uscito sconfitto dalla guerra e che aveva problemi di recupero sia civile che sociale che morale.

Non è, quindi, un fatto di simpatia personale o di «pacche sulle spalle». Credo che la politica estera debba essere restituita a quell'esigenza di dignità, di dirittura, di rigore e di moralità che è fondamentale. Onorevoli colleghi, la crisi finanziaria e l'elemento di difficoltà della cosiddetta economia reale poggiano sui grandi squilibri mondiali che hanno caratterizzato le vicende di questi ultimi decenni. L'Occidente vive da tempo al di sopra delle sue possibilità e si indebita, mentre il mondo meno sviluppato cresce di più sia in termini di economia reale sia in termini di propensione al risparmio.

Diciamo che la finanza è impazzita proprio nel tentativo di cercare di mettere insieme l'Occidente, che non cresceva più, o gli Stati Uniti d'America, che pretendevano di crescere e di mantenere un certo ritmo di sviluppo drogato, con i Paesi emergenti, come la Cina e l'India, che, invece, dovevano lavorare in termini di economia reale, risparmiando anche per l'Occidente.

Questo richiede secondo me delle iniziative di politica internazionale molto adeguate, il rafforzamento del ruolo delle Nazioni Unite e l'esigenza in fondo di un Governo mondiale. Il fatto che il G20 abbia - ed ho finito - messo in soffitta proprio l'altro giorno il G8 dimostra che è scattata la legge del contrappasso dantesco per quelli che, criticando la globalizzazione, sono oggi costretti ad invocare una sorta di Governo mondiale per rispondere ai rischi e alle difficoltà della globalizzazione stessa; e c'è qualcuno, qualche ministro importante, che ha scritto anche dei libri su queste cose, raccordandosi alle tematiche che erano proprie della cosiddetta sinistra antagonista, che oggi deve invece riscoprire che solo un Governo mondiale, solo un G20 diversamente attrezzato può rispondere alle esigenze di fornire una risposta adeguata ad una crisi finanziaria che ha una portata gigantesca.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

BRUNO TABACCI. Questo vorrei dire, ossia che la politica estera - e ho davvero finito - va recuperata nel senso di capacità di lettura politica adeguata, con una stabilità di fondo che non può rappresentare che gli interessi mondiali nel loro complesso (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rugghia. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, noi abbiamo presentato un ordine del giorno sulla partecipazione italiana alla missione in Libano, e abbiamo cercato di spiegare i motivi per i quali per noi è importante mantenere questa presenza, nonché il livello di efficienza e di capacità operativa che il contingente italiano sta esprimendo nella regione. Abbiamo presentatoPag. 39tale ordine del giorno nel quadro dei riferimenti finanziari, delle disponibilità finanziarie che il Governo e il Parlamento, con la recente manovra, hanno assegnato al Ministero della difesa.

Cercavo di esprimere alcune perplessità (poi non ne ho avuto la possibilità, perché è finito il tempo a mia disposizione, di concludere il mio intervento) relativamente agli effetti che questi tagli avranno sull'operatività del nostro contingente. Facevo riferimento in Libano all'opera tra le più importanti che i nostri militari stanno svolgendo, che è quella dello sminamento dalle cluster bomb dei terreni che sono in prossimità dei villaggi e dei campi coltivati, che devono servire per la ripresa anche economica delle comunità del Paese; ciò rappresenta una condizione importante per ristabilire quel clima necessario a determinare l'autonomia del Libano, e il superamento delle condizioni che hanno imposto l'intervento internazionale attraverso la missione UNIFIL.

Credo che questi tagli comporteranno un maggiore stress per i nostri soldati; questi tagli obbligheranno i nostri soldati ad aumentare la loro attività, i loro ritmi di lavoro, e allo stesso tempo impediranno anche numericamente al contingente di avere il sostegno di un'adeguata rappresentanza.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO RUGGHIA. Ad esempio, per quello che riguarda le cluster bomb - e concludo - non possiamo pensare che i turni di 40 minuti, necessari agli operatori per operare in sicurezza con i mezzi di sicurezza, a 40 gradi all'ombra con tute pesantissime possano essere ampliati ulteriormente; quindi, se non rivediamo queste scelte in alcuni settori strategici fondamentali, fornendo garanzia e sicurezza alle popolazioni che è fondamentale, probabilmente non potremo avere la possibilità di svolgere al meglio la missione, per le funzioni che abbiamo specificato e che abbiamo assegnato ai nostri militari (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nunzio Francesco Testa. Ne ha facoltà.

NUNZIO FRANCESCO TESTA. Signor Presidente, desidero accendere un po' i riflettori sulle risorse economiche e le missioni internazionali. Capisco bene che, considerate le condizioni economiche, si debba tentare di ridurre le spese sempre e su tutto.

Il tentativo tuttavia di farlo sulle missioni mi sembra improponibile, perché la riduzione delle stesse va necessariamente ad incidere sull'efficienza e sulla sicurezza.

Noi tutti sappiamo come sono composte le nostre Forze armate: esse sono composte da militari competenti e professionisti, ma anche da giovanissimi appena ventenni che assomigliano un po' ai nostri figli (anzi, sono come i nostri figli).

Abbiamo il dovere di stare vicino a loro e di non sottrarre quegli elementi di certezza, e quindi di massima sicurezza, di cui hanno bisogno. Faccio un esempio: volete che questi ragazzi non sappiano quanto un mezzo sia efficiente o meno, quanto siano sicure le loro misure di difesa nei confronti di eventuali attacchi?

Vengo al dunque: i fondi per il finanziamento delle missioni internazionali si aggirano intorno a 1 miliardo di euro per anno, ma in questa cifra non è prevista la quota relativa all'usura e al riammodernamento dei mezzi.

Le fonti di approvvigionamento di questa quota risiedono invece nel bilancio del Ministero della difesa, al quale è stata apportata una notevole riduzione.

L'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8 - mi riferisco soprattutto a questo, che so che è stato accettato dal Governo - esprime il dovere di ritrovare le risorse necessarie affinché per il 2009 sia coperta l'intera cifra (sia quella che riguarda le spese di gestione e di funzionamento, sia quella che riguarda invece la revisione e il riammodernamento dei mezzi), al fine di garantire che, in ogni momento, specie in quelli di emergenza (e sappiamo che l'emergenza in queste missioni è dietro l'angolo),Pag. 40siano assicurate la massima efficienza e la massima sicurezza. Signor Presidente, chiedo inoltre di poter apporre la mia firma all'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8 (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. La sua richiesta è accolta.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, mi rivolgo al rappresentante del Governo innanzitutto per ringraziarlo della sensibilità dimostrata rispetto all'ordine del giorno Rugghia n. 9/1802/18 (e agli altri due dei due colleghi, che sono sostanzialmente simili); vorrei però sottolineare che si è chiesto di riformularne il dispositivo: io sono un ottimista e voglio interpretare il tutto non come una riserva mentale che procrastini sine die l'attuazione di ciò che il dispositivo afferma (e questo anche alla luce del fatto che, come il sottosegretario sa, pochi giorni fa nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria, è già stato ricordato, sono stati respinti degli emendamenti, in particolare quello da me cofirmato che chiedeva semplicemente un milione di euro per il Fondo previsto dalla legge n. 58).

In questo senso, accolgo la riformulazione e prego il sottosegretario di concretizzare questa sensibilità; per asseverare quella che è la comune sensibilità dell'Aula, chiedo quindi che l'ordine del giorno Rugghia n. 9/1802/18 venga posto in votazione nella riformulazione proposta dal sottosegretario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, mi soffermo sull'ordine del giorno n. 9/1802/13 dei colleghi Zamparutti, Mecacci, Bernardini ed altri sottoposto al voto di questa Assemblea, che chiama in causa due questioni a nostro giudizio importanti, in merito alle quali si è sviluppato un intenso dibattito fino a questi giorni: la questione dei diritti umani, da una parte, e la questione del rapporto tra Italia e Libia, dall'altra.

Il 30 agosto scorso il Presidente del Consiglio dichiarava solennemente e incontestabilmente, come è abituato a fare, che l'annoso contenzioso tra Libia e Italia con la firma dello storico - e, aggiungiamo noi, generoso - Trattato di amicizia e partenariato tra i due Paesi si concludeva.

Per l'Italia (per noi, per le casse italiane) il costo complessivo era valutato in circa 5 miliardi di euro. L'Unione di Centro, da sempre e non da oggi, ritiene che uno degli strumenti più utili ed efficaci per il contrasto dell'immigrazione clandestina sia quello degli accordi bilaterali con tutti i Paesi dai quali origina il fenomeno (basti citare gli accordi complessi ed articolati con la Tunisia e l'Albania, che hanno avuto una genesi circondata da maggiore scetticismo mediatico e da grande prudenza iniziale rispetto all'accordo tra Berlusconi e Gheddafi, ma che hanno sicuramente prodotto effetti concreti e positivi).

Oggi invece, nonostante il Ministro Maroni questa mattina esprima grande soddisfazione rispetto all'accordo con la Libia, dobbiamo denunciare che forse è presto, forse siamo ancora ai primi passi, ma che mai come in questi mesi si è registrato un forte esodo verso l'Italia proveniente dalle coste libiche.

Non lo diciamo solo noi dell'Unione di Centro, non lo affermano solo le opposizioni, ma è lo stesso ministro Maroni che il 15 ottobre scorso, nel corso dell'audizione al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, ha affermato che a Lampedusa nell'ultimo anno sono arrivati 22.454 mila clandestini con 325 sbarchi, di cui 306 proprio dalla Libia. Certo, il disegno di legge di ratifica è stato approvato oggi in Consiglio dei ministri, ma non mi sembra che negli ultimi mesi, cioè dopo la firma del Trattato tra Berlusconi e Gheddafi, il fenomeno abbia subito un rallentamento. Speriamo, quindi, che in questo caso il buongiorno non si veda dal mattino. NoiPag. 41riteniamo che il Ministro abbia perfettamente ragione circa la necessità di sicurezza, ma lo stesso Ministro Maroni recentemente ha espresso il commento che la Libia non deve occuparsi soltanto di Unicredit, ma deve anche rispettare gli accordi sugli immigrati.

Alcune delle clausole di questo accordo prevedono la costruzione di grandi infrastrutture, grandi autostrade e collaborazioni di tipo militare che hanno suscitato anche le ormai note polemiche sull'utilizzo delle basi militari italiane.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Rao.

ROBERTO RAO. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Il riconoscimento annunciato per gli esuli italiani cacciati dalla Libia dopo la rivoluzione del colonnello Gheddafi va anche bene, ma i diritti umani non possono essere dimenticati in un Paese che non solo confina via mare con l'Italia, ma che con il nostro Paese stringe accordi sempre più ampi di carattere economico, diplomatico e anche militare.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.

ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, l'Unione di Centro, come ho già avuto modo di dichiarare nella seduta di ieri, è sicuramente favorevole all'impegno dell'Italia in Georgia insieme all'Unione europea. Discutendo di questi ordini del giorno, però, dobbiamo esporre numerose preoccupazioni che riguardano il nostro ruolo in Georgia: non le ripeterò, ma è importante che l'Italia sia fermamente dalla parte dell'Europa. Non possiamo giocare il ruolo del migliore amico di Putin, oggi come ieri del migliore amico di Bush o, magari, del migliore amico di Obama. Dobbiamo avere una politica saldamente ancorata all'Europa, dialogando da amici con gli Stati Uniti e con la Russia, ma mantenendo un forte radicamento europeo. È per questo che ogni iniziativa che faccia venir meno l'impressione di un'Europa compatta nel dare un altolà all'imperialismo russo è un'iniziativa che non è sicuramente condivisibile.

In questa sede, però, vorrei soffermarmi su altre questioni. La prima di esse riguarda l'equipaggiamento, l'addestramento e le condizioni di sicurezza dei nostri soldati impegnati all'estero. Abbiamo un nuovo modello militare che vede un grande impegno di risorse e di uomini nella tutela della libertà, della democrazia e della pace nelle parti più diverse del mondo. Non è il modello di un esercito di leva chiamato a difendere i sacri confini della Patria; è il modello di un esercito di professione animato da uno spirito cavalleresco e di impegno per la tutela dei diritti di uomini che non sono cittadini italiani. Quando noi, però, chiediamo a qualcuno di fare il mestiere del soldato in queste condizioni abbiamo - molto più che nel modello precedente - il dovere di garantirgli un addestramento, un equipaggiamento ed un sostegno logistico che gli consentano di svolgere il suo mestiere - che non è solo un mestiere, ma è anche una missione - con il minimo dei rischi. Io sono fortemente preoccupato all'idea che ai nostri soldati all'estero impegnati in missioni che sono di peacekeeping, ma anche di peace-enforcing (vale a dire che sono anche missioni nelle quali è in gioco la possibilità di scontri effettivi e di operazioni belliche) sia chiesto di operare in condizioni che rendono inevitabili perdite dolorose. Già in passato abbiamo avuto modo di verificare che alcuni dei caduti che abbiamo avuto potevano essere evitati se la dotazione di mezzi e di addestramento fosse stata migliore e più adeguata. Su questo credo che bisogna attirare l'attenzione del Governo ed è quanto si propongono alcuni di questi ordini del giorno.

Quando ebbi occasione di essere proposto come vicepresidente della Commissione europea, con la responsabilità, fra l'altro, per le questioni concernenti l'immigrazione, dissi che vi era bisogno di una grande conferenza mediterranea con il sostegno di tutti i Paesi rivieraschi, al fine di porre veramente termine al fenomenoPag. 42dei poveri disperati che attraversano il Mediterraneo, con un tasso di morti veramente inaccettabile per la nostra coscienza civile e cristiana. Vorrei invitare il Governo a riprendere quell'idea, perché solo l'accordo fra i Paesi rivieraschi può fornire gli strumenti adeguati, non l'uso delle cannoniere per affondare le barche dei disperati, che non riusciremo, comunque, mai a realizzare.

Queste sono alcune delle preoccupazioni che, nei limiti del tempo accordatomi, sono riuscito ad esprimere.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rosato. Ne ha facoltà.

ETTORE ROSATO. Signor Presidente, vorrei intervenire per cercare di interloquire con il Governo e per chiedere, signor sottosegretario, di prestare un momento di attenzione all'ordine del giorno a mia prima firma n. 9/1802/19. Si parla del Congo, una situazione che lei conosce, una situazione difficile su cui mi sembra che vi sia un impegno serio - o, meglio, un'attenzione seria - da parte del nostro Paese. Mi auguro che questo si possa tradurre in un impegno da parte del nostro Governo. In relazione al citato ordine del giorno, che già di per sé rappresenta un atto politico, il Governo si impegna a valutare l'opportunità di adottare iniziative per intervenire a proposito di questa situazione nelle sedi internazionali. Da parte del Governo mi attenderei che si impegnasse ad assumere iniziative e non che valutasse se adottarle. Altrimenti, si rischia di attribuire a questo ordine del giorno un valore minore rispetto a quello che avrebbe un normalissimo ordine del giorno, che già di per sé, come sappiamo per esperienza parlamentare, è un po' poco.

Pertanto, poiché ci secca mettere in votazione questioni di tale genere, chiedo al Governo di tornare alla normale dizione.

PRESIDENTE. Onorevole Rosato, quando arriveremo alla votazione dell'ordine del giorno a sua prima firma n. 9/1802/19, il Governo potrà dichiarare se accetta o meno la riformulazione da lei suggerita.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Libè. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, prima di tutto, vorrei svolgere una considerazione generale, perché tra gli ordini del giorno in esame, ve ne sono tantissimi di buon senso, che se fossero ascoltati ed accolti dal Governo, servirebbero a costruire una politica internazionale del Paese forse ancora un po' più realistica.

Siamo intervenuti sulla questione della Georgia e su altre questioni. Vorrei ricordare un tema importante, perché in questa sede ogni tanto si ripete. Il Governo ha accolto, giustamente, una serie di ordini del giorno che vanno a favore di un riconoscimento vero dell'operato del nostro esercito, della nostra forza d'intervento, che serve per cercare di riportare la pace in Paesi martoriati dai conflitti. In questo provvedimento, come dicevo, il Governo ha espresso parere favorevole al rafforzamento dell'azione, dando un riconoscimento economico ai militari che operano in quelle situazioni e prendendo un impegno per rafforzare anche l'aspetto logistico e del supporto tecnico.

La domanda che mi sorge spontanea è la seguente: come mai ciò non è stato fatto anche quando abbiamo discusso sulla legge finanziaria e chiedevamo di non tagliare una serie di risorse, anzi, chiedevamo di rafforzarle? Siamo convinti che sulla politica estera un Paese non possa dividersi, anzi che debba essere unito, anche perché la nostra è sempre stata una politica estera importante. Il ruolo dell'Italia è stato sempre veramente importante, ma ad una condizione: che sia un ruolo equilibrato. Ultimamente, specialmente sulle questioni che riguardano il rapporto tra Russia e Georgia, questo equilibrio - permettetemi - è venuto un po' meno. Siamo convinti che si debba intervenire con decisione, ma il Governo, insieme al Parlamento, cerchi di ascoltare un po' di più e di lavorare insieme,Pag. 43affinché l'Italia faccia sempre una figura bella e importante - la figura che merita - nel contesto internazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, desidero intervenire sul complesso degli ordini del giorno dicendo che, come annunciato dal presidente del nostro gruppo, non è stato sicuramente inutile discutere, in questi due giorni, questo provvedimento. Da parte nostra sarebbe stato irresponsabile non approfondire quello che è uno dei punti più importanti della politica estera, ossia il nostro impegno nelle missioni internazionali. Dalla discussione avvenuta ieri, nella quale vi sono stati moltissimi interventi onestamente di grande spessore sul piano qualitativo e del contributo che tra l'altro hanno dato al Governo su questo tema, credo che oggi, ancora, si siano delineate alcune posizioni che a volte possono essere non condivise dalla maggioranza, ma che, comunque, hanno sottolineato e definito aspetti rilevanti.

Per quanto riguarda il nostro impegno maggiore nell'esprimere il nostro pensiero e la nostra linea in termini di politica estera e di impegno sul piano internazionale, sicuramente l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9 è stato quello che ha meglio espresso, in termini di articolazione della nostra posizione in merito alla situazione afghana, la nostra idea di quello che dev'essere un impegno multilaterale, di cooperazione e di ricostruzione, ossia un impegno che non preveda soltanto l'uso dello strumento militare come unica risoluzione nelle aree di conflitto.

Ci ha fatto piacere sentire il rappresentante del Governo dire che questa è sempre stata la politica, anche in anni precedenti. Onestamente, riteniamo che non sia stato sempre così: ricordiamo altri conflitti, altre scelte ed altre posizioni che hanno provocato anche situazioni di frattura all'interno della stessa Europa. Tuttavia, oggi, con riferimento al decreto-legge al nostro esame, accogliamo con piacere questa condivisione della nostra impostazione per quanto riguarda, in particolare, l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9 e la missione in Afghanistan.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, il provvedimento che stiamo esaminando è certamente uno di quelli fondamentali, che confermano e connotano la tradizionale politica estera italiana. Su questo tema della presenza dell'Italia nelle missioni umanitarie e di pace, vi sono una crescita forte ed un impegno saldamente ancorato e coordinato con l'Unione europea, con la NATO e con l'ONU.

Negli ordini del giorno al nostro esame vengono sottolineate necessità specifiche di grande rilievo che «toccano» le modalità di ingaggio dei nostri militari, la garanzia delle risorse, il migliore utilizzo delle nostre Forze armate presenti nelle diverse missioni ed il sostegno alla qualificazione delle istituzioni dei Paesi interessati, nonché al loro sviluppo economico e sociale.

Proprio a questo riguardo, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, vorrei brevemente dedicare una riflessione ad un ordine del giorno che mi ha colpito in particolare, ossia l'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1802/14, sul quale il Governo ha espresso parere contrario. Devo dire che sono abbastanza sorpreso, in quanto è riconosciuto da tutti che l'eradicazione e la battaglia alla radicazione della coltivazione dell'oppio è fallita - come dice il responsabile dell'ONU, l'italiano dottor Antonio Costa - ed è costata, oltre che risorse, anche molte vite umane. Pertanto, a mio parere, questo ordine del giorno tratta una materia complessa, in quanto trasformare coltivazioni di oppio...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, vorrei finire questo concetto. Come dicevo,Pag. 44trasformare coltivazioni di oppio da illegali in legali certamente è una questione delicata.

Invitiamo, pertanto, il Governo ad offrire almeno una speranza - mi riferisco ad un accoglimento come raccomandazione del medesimo ordine del giorno, sul quale ci asterremo - per testimoniare che quel tema esiste, è stato affrontato, come già ha detto il presentatore, in altri Stati asiatici e mediorientali. Auspichiamo, pertanto, un'attenzione in tale direzione e di questa attenzione ringraziamo il rappresentante del Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Forgia. Ne ha facoltà.

ANTONIO LA FORGIA. Signor Presidente, l'accuratezza, l'approfondimento analitico e la ricchezza delle argomentazioni con le quali l'onorevole Cossiga ha esaminato gli ordini del giorno prima di formulare il parere del Governo, sul piano della cortesia richiederebbe di accogliere le scelte che egli ha indicato silenziosamente. Purtroppo stiamo discutendo di una materia estremamente delicata che comporta per ciascuno di noi - credo dobbiamo esserne consapevoli - un massimo di responsabilità. Discutiamo, infatti, di cose in rapporto alle quali ogni decisione produce in qualche modo una conseguenza. Mi permetterei pertanto di insistere, accogliendo le riformulazioni che il Governo ha proposto in relazione ai due ordini del giorno, il mio n. 9/1802/23 e l'altro presentato di cui sono cofirmatario, comprensibilmente finalizzate ad allargare le maglie entro le quali il Governo può muoversi, nell'accettare un'intenzione che tali ordini del giorno esprimono. Intendo tuttavia ribadire e lasciare agli atti che la misura sulla quale stiamo convenendo - l'idea cioè di allargare il campo di intervento del finanziamento delle missioni, in modo da poter comprendere, all'interno del finanziamento delle missioni dilatato a tal fine, anche misure necessarie e indispensabili di predisposizione di strumenti e di ricondizionamento di strumenti, macchine, mezzi, apparati utilizzati nelle missioni - deve essere da noi, questa è la mia convenzione, considerata quale una misura temporanea di riduzione del danno, se così si può dire.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO LA FORGIA. Il fatto che in linea di massima continueremo ad argomentare questa tesi, è necessario alla luce delle connessioni inestricabili che il finanziamento delle missioni sia in qualche modo maneggiato globalmente, nell'ambito delle risorse disponibili per l'amministrazione della difesa, perché l'intero modello di difesa, opportunamente mantenuto ed implementato, può veramente garantire il massimo di efficacia e di sicurezza degli interventi all'estero.

PRESIDENTE. Informo l'Aula, visto che numerosi colleghi vengono a chiedere informazioni alla Presidenza, che la seduta antimeridiana si concluderà con la votazione degli ordini del giorno. L'Assemblea è convocata, come da programma, alle ore 15, per il question time.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.

DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, colgo l'occasione per portare all'attenzione dell'Aula una questione che avevamo già sollevato in fase di discussione del complesso degli emendamenti. Vogliamo cioè cogliere l'occasione per svolgere una riflessione sul rilevante impegno italiano nel mondo. L'Italia è attualmente presente all'estero con più di 8 mila militari e stanzia oltre un miliardo di euro per finanziare tali missioni, dislocate in venti Stati. Tuttavia, nel nostro ordinamento, non esiste un quadro normativo completo riguardante il trattamento economico e normativo del personale impegnato in missioni internazionali né sui molteplici e peculiari profili amministrativi e logistici che caratterizzano le missioni stesse. Si preferisce infatti disciplinare, di volta in volta, gli aspetti e le problematiche che emergono nell'ambito dei singoli provvedimentiPag. 45legislativi, con i quali si dispone periodicamente del finanziamento delle missioni internazionali.

Dobbiamo chiarirci su quale sia il futuro del nostro impegno militare fuori del territorio nazionale. Fino ad oggi circa il 30 per cento delle spese per le missioni internazionali è stato finanziato con il bilancio ordinario del Ministero della difesa, ora la situazione finanziaria ed i tagli che hanno interessato il bilancio del Ministero della difesa non consentono più di procedere in tale direzione per cui si dovrà decidere se ridimensionare la nostra presenza militare all'estero o se trovare il modo di finanziare ad hoc tutte le missioni senza attingere dalle ormai esauste casse del Ministero della difesa.

Infatti, mentre lo standard consigliato in sede NATO per il rapporto tra il bilancio del Ministero della difesa e prodotto interno lordo è, per il 2009, pari al 1,5 per cento, il nostro rapporto è invece pari allo 0,85 per cento.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DOMENICO ZINZI. Una riduzione delle risorse finanziarie destinate allo strumento militare rischia di mettere a repentaglio la stessa sicurezza del personale impegnato nei teatri operativi, come peraltro la Commissione difesa ha avuto modo di rilevare in occasione dell'esame delle misure di contenimento della spesa recata dal decreto-legge n. 112 del 2008.

È necessario, quindi, assicurare il massimo dell'efficienza ai mezzi schierati nelle missioni internazionali e la massima sicurezza agli uomini impiegati perché, oltre al considerevole logorio dei mezzi e dei materiali, dobbiamo considerare soprattutto che il maggior logorio interessa il sistema più importante delle Forze armate...

PRESIDENTE. Deve concludere.

DOMENICO ZINZI. ...mi riferisco all'uomo, che costituisce la risorsa principale ed insostituibile.

PRESIDENTE. È da intendersi che, essendo in corso la seduta antimeridiana, che terminerà con votazioni, le Commissioni non possono riunirsi fino al termine della stessa seduta antimeridiana.

Constato l'assenza dell'onorevole Tempestini, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capitanio Santolini, che è qui e non in Commissione. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, era un chiarimento utile perché le voci si rincorrono.

A proposito di questo ordine del giorno, volevo porre l'accento sul fatto che in tutti gli ordini del giorno che tutti abbiamo attentamente letto c'è una visione diversa della nostra missione all'estero e del ruolo che il nostro Paese deve svolgere a livello internazionale. Se ne parla spesso in termini negativi, in termini molto critici e si chiede molto spesso di ridimensionare, in qualche modo, la presenza italiana all'estero perché prospetterebbe delle situazioni problematiche e comunque giudicate in maniera negativa.

Vorrei, invece, sottolineare gli aspetti anche positivi di queste missioni, soprattutto per quanto riguarda la nostra presenza all'estero come organizzazioni non governative, una presenza particolarmente delicata e importante, che va letta, invece, proprio con i toni positivi che merita e che in questi ordini del giorno non ho riscontrato.

L'unico che ne parla in termini positivi (e ritengo che questo approccio alle organizzazioni internazionali non governative sia corretto) è proprio l'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16. Mi stupisce che il Governo non l'abbia accettato, perché si parla della presenza, del dovere, della responsabilità e dell'impegno di questo Paese e dei Paesi occidentali ad esportare dei modelli di democrazia ed a sostenere lo sforzo della cooperazione internazionale. Non vorrei che questo Governo ne uscisse con l'impressione che di queste cose non ci si occupa e non ci se ne preoccupa.

Il sostegno alle organizzazioni non governative è stato oggetto di polemica anche in sede di finanziaria perché erano stati tagliati dei fondi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. È vero che sono stati tagliati dappertutto, però mi sembra che sia fondamentale investire nello sviluppo alla cooperazione. Proprio per i motivi indicati nell'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16 non capisco il parere contrario espresso dal Governo e mi auguro davvero che il sottosegretario possa rivedere il proprio parere perché sarebbe un segnale positivo verso tutte le organizzazioni no profit che operano a livello internazionale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

Onorevole Gozi, forse non si aspettava di intervenire?

SANDRO GOZI. Signor Presidente, vista la rapidità di chi mi ha preceduto sarò anche io abbastanza rapido.

PRESIDENTE. Sono stati tutti molto sintetici. Anche lei certamente lo sarà.

SANDRO GOZI. Certamente, Presidente. Signor Presidente, non capisco perché si debba accogliere l'ordine del giorno n. 9/1802/24, di cui sono primo firmatario, solo come raccomandazione. Infatti, con l'ordine del giorno in esame si impegna il Governo a promuovere, nelle sedi comunitarie, il rafforzamento delle missioni internazionali, la loro maggiore dotazione in termini di uomini e di mezzi e, più in generale, ad esplorare la possibilità di costruire cooperazioni rafforzate in questo campo. Tale impegno corrisponde esattamente ad una delle priorità dell'Italia, confermate da questo Governo.

È evidente a tutti - il «no» irlandese lo conferma - che in certi settori (in particolare la difesa e la sicurezza) si può andare avanti solo per gruppi di Paesi, con più flessibilità e occorre creare delle avanguardie. In materia di difesa le avanguardie non si improvvisano perché vi sono dei problemi di interoperatività, di formazione delle truppe, di preparazione congiunta delle missioni e quindi è chiaro che se vogliamo procedere, come il Governo ha affermato di fare, a gruppi di Paesi, in materia di difesa e sicurezza, occorre già da oggi preparare il terreno.

Inoltre, vi è la necessità di intervenire ancora con più efficacia in alcune zone del mondo. Prendendo ad esempio le nuove crisi africane è evidente la necessità, per l'Unione europea, di dare ad un gruppo di Paesi questi compiti. Pertanto, mi chiedo perché accogliere l'ordine del giorno n. 9/1802/24, di cui sono primo firmatario, solo come raccomandazione e mi chiedo, altresì, perché il Governo, su questi fatti, che appaiono anche di ovvio buonsenso, non possa impegnarsi pienamente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, lei ha detto che sono tutti sintetici ma aggiungo con il contributo dell'ottimo Presidente Lupi che, effettivamente, in questo si sta comportando molto bene...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Compagnon.

ANGELO COMPAGNON. ...non per i tempi previsti dal Regolamento.

Signor Presidente, comunque, mi chiedo (ma se lo chiedono anche gli altri colleghi) quanto possano impegnare o addirittura se possano impegnare gli ordini del giorno. Certamente essi impegnano meno degli emendamenti e dell'articolato.

Gli ordini del giorno in esame hanno tentato, in qualche modo, di contribuire a fare in modo che il decreto-legge n. 147 del 2008, che riguarda un rifinanziamento onnicomprensivo di varie missioni in tutto il mondo, possa essere effettivamente incisivo più da un punto di vista umanitario che militare. Mi riferisco anche al rammarico per il fatto che non sia stato approvato l'emendamento che riguardava le bombe a grappolo perché, come ricordavo stamattina in un mio intervento, effettivamente queste bombe provocano, per il 98 per cento (o meglio hanno provocato per il 98 per cento) morti, invalidi e mutilati civili e addirittura un terzo o un quarto di questi civili sono bambini.

È ovvio che in questa situazione pilotare gli stanziamenti presenti verso una prevenzione ancora più efficace è auspicabile da parte di tutti. Gli ordini del giorno, alcuni peraltro raggruppati in conclusione, sono andati proprio in questo senso, e in parte sono stati accettati, e in parte sono stati accolti come raccomandazione. Però, il secondo problema (quello, a mio avviso, di natura politica) è che a fronte di 8 mila militari italiani in tutto il mondo e di un miliardo di euro di finanziamenti vi è un impegno italiano, con militari, per interventi umanitari, prima di tutto. Ma si deve far presente che tali sforzi non sono più sostenibili a causa della difficile situazione economica che il nostro Paese sta attraversando.

Pertanto, si deve avere il coraggio di dire agli alleati, al mondo intero e all'ONU che questo nostro Paese o non è più in grado di sostenere questa presenza così importante e fondamentale nel mondo o avere il coraggio di ricercare, al nostro interno, fonti di finanziamento che siano al di fuori di quelle previste per la difesa, come capitolo di bilancio.

Signor Presidente, la esento dallo scampanellare per avvertirmi che il mio tempo è terminato, perché mi avvio a concludere. Voglio sottolineare l'impegno assoluto, richiamato anche da questi ordini del giorno, rispetto al problema della coltivazione dell'oppio dove sicuramente, fino ad ora e soprattutto in Afghanistan, l'Alleanza internazionale ha fallito.

Infatti, purtroppo l'utile delle coltivazioni continua ad essere impegnato non solo per la rovina dei giovani e di vite umane e, inoltre, quanto viene prodotto in termini di risorse continua ad essere impegnato per finanziare tutte quelle azioni contro la presenza dei militari internazionali.

Pertanto, mi auguro che alla fine questi ordini del giorno, come dicevo, impegnino veramente il Governo e siano finalizzati a tutelare l'interesse delle popolazioni a favore delle quali siamo impegnati con i nostri militari.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Narducci che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto. Si intende che vi abbia rinunciato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ciccanti. Ne ha facoltà.

AMEDEO CICCANTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, all'Assemblea NATO di questi giorni abbiamo assistito a diversi paradossi: parte del Partito Democratico sedeva con la Lega sui banchi dei democratici liberali, parte del Partito Democratico sui quelli del Partito Socialista Europeo e l'UdC sui banchi del PPE (ma quest'ultima era l'unica coerenza).

Dopo che il quotidiano Izvestia ha salutato l'arrivo di Berlusconi al G20 dichiarando che, ancora una volta, è l'avvocato difensore della Russia e dopo l'elezione di Obama alla Presidenza degli Stati Uniti, fortemente sostenuta dall'onorevole Veltroni, c'è il rischio di un altro paradosso: un Popolo della Libertà filorusso e un Partito Democratico filoamericano. È un paradosso, ma non tanto. Frattini e La Russa hanno manifestato perplessità sul potenziamento del contingente italiano in Afghanistan, mentre il senatore Tonini del Partito Democratico ha addirittura paventato la possibilità di spostare truppe italiane dal Libano all'Afghanistan se necessario.

Sta di fatto che queste posizioni lasciano dubbi sul posizionamento dei due più grandi partiti e richiedono un dibattito parlamentare più approfondito. Non credo che la posizione dei Ministri La Russa e Frattini sia dettata dal taglio delle risorse decise con il decreto-legge n. 112 del 2008, la cosiddetta manovra estiva.

Qualche settimana fa, in sede di audizione presso la Commissione difesa del Senato, il Capo di Stato maggiore dell'esercito, generale di corpo d'armata Fabrizio Castagnetti, ha chiaramente detto che con le attuali risorse si potrà garantire per il 2009 il mantenimento delle missioni di pace in Libano, Kosovo e Afghanistan. Il Fondo per le missioni internazionali, previsto dal Ministero dell'economia e delle finanze, è di un miliardo.

Dal 2007 le autorizzazioni di spesa sono diventate annuali e quindi l'integrazione di spesa per le missioni di pace previste in questo disegno di legge dimostra l'insufficienza delle previsioni. Con l'attuale budget non solo salta la missione in Bosnia, ma salta anche l'impiego dei militari nelle operazioni «strade sicure», pattugliamento degli obiettivi sensibili e «strade pulite», riguardante l'emergenza dei rifiuti in Campania.

C'è il rischio che l'Italia non possa garantire le risorse necessarie per le missioni minori, compresa quella nel Darfur, dove partecipiamo in un contingente dell'Unione europea e dell'Unione Centroafricana. Non potremo però nemmeno finanziare la missione dell'Unione europea che si sta approntando per un intervento umanitario di pace nel Congo. L'Italia avrà la prossima Presidenza del G8, signor Presidente, e svolgerà un ruolo strategico fondamentale. L'Italia è anche membro provvisorio del Consiglio di sicurezza.

Come ho già sostenuto in fase di discussione sulle linee generali l'Italia dovrà essere portavoce di una posizione condivisa dell'Europa. Molti degli ordini del giorno hanno quindi una funzione di stimolo e di orientamento che l'Unione di Centro condivide. Se avessimo potuto discutere in un modo più articolato avremmo espresso anche una posizione politica più organica.

In questa occasione, non ci resta che esprimere, in via generale, l'auspicio che l'Italia orienti l'Europa su una posizione di equilibrio e di prudenza nei rapporti tra Stati Uniti e Russia. Lo scudo spaziale e l'allargamento della NATO sono un potenziamento difensivo e non devono rappresentare una minaccia per nessuno, a maggior ragione per la Russia, che aprirebbe una fase di riarmo pericolosa e inutile per queste e le generazioni che verranno.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garofani. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, possiamo dire che anche la discussione, in parte disorganica e in parte disarticolata, ma comunque costruttiva, avvenuta su questi ordini del giorno, rappresenta l'inizio di una discussione e di una riflessione più generale che proseguirà a gennaio quando, in maniera più organica, torneremo a fare il punto sull'insieme del nostro impegno internazionale.

Credo, tuttavia, che questa occasione di dibattito su alcuni aspetti importanti e significativi della nostra politica estera, segnalati in molti ordini del giorno (in particolare quelli relativi alla sicurezza delle nostre Forze armate negli scenari più difficili come quelli dell'Afghanistan o sul tema delle mine), incroci in qualche modo l'apertura di una fase nuova della politica internazionale. In questi giorni, in Aula, è stato ricordato in più interventi come in passato, discutendo di questi temi, ci siamo anche noi divisi in due schieramenti politici sugli elementi di continuità e discontinuità della politica estera, cercando di misurare questa continuità o discontinuità proprio sul terreno della nostra presenza militare nei diversi scenari; non voglio riprendere il dibattito articolato sull'Iraq che negli anni scorsi ci ha diviso.

Oggi, siamo sulla soglia di una nuova fase: la fine dell'unilateralismo di Bush, il ritorno a una politica multilaterale, a un Governo democratico della globalizzazione. Tuttavia, non possiamo dare per scontate le risposte che questa nuova fase della politica internazionale ci pone. Le domande sono complesse e diverse. La scelta della guerra preventiva, della dimensione unilaterale è tramontata; tuttavia questo non ci dà automaticamente certezze. La nuova leadership americanaPag. 49ha già illustrato le linee portanti del nuovo corso; credo che sarà proprio sulla politica estera e sulle relazioni internazionali che la Presidenza di Obama detterà le novità più significative.

Che cosa significherà concretamente, anche per noi, questo cambiamento, questo ritorno al multilateralismo? Quali saranno, nel concreto, gli strumenti per un Governo democratico della globalizzazione? È davvero così scontato che a una stagione segnata dall'egemonia politica di una sola potenza, quella degli Stati Uniti, seguirà automaticamente un ritorno alle sedi istituzionali sopranazionali? Infine, quali saranno le conseguenze, le ricadute, anche concrete, nei nostri sistemi Paese delle pesanti crisi economiche e finanziarie che stanno investendo i nostri mercati? Ritengo che queste siano domande importanti e che non siano scontate le risposte.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Se vogliamo definire insieme, in maniera puntuale e costruttiva, le linee portanti del nostro impegno di politica internazionale, non possiamo sfuggire a queste domande. Dobbiamo cambiare e invertire la rotta anche nelle scelte che riguardano il nostro modo di costruire la sicurezza e la difesa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Anna Teresa Formisano. Ne ha facoltà.

ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, volevo svolgere alcune considerazioni sul complesso degli ordini del giorno, in particolare su quelli dell'ultima parte del fascicolo, che riguardano lo sminamento delle mine antiuomo.

Come lei ben sa, signor Presidente, la legge n. 374 del 1997, dando seguito alla Convenzione di Ottawa, dava riscontro al voler partecipare alle operazioni di sminamento delle mine antipersona. Ebbene, abbiamo ottenuto un risultato importante: 42 milioni di mine sono state distrutte e si sono avute negli ultimi cinque anni la metà delle vittime. Questo per noi, come sistema Paese, credo rappresenti un grande merito e un grande vanto: l'Italia è stato uno di quei Paesi che, per primo, ha partecipato a questo tipo di operazione.

Quindi dobbiamo un grande ringraziamento ai militari che hanno partecipato a queste nostre operazioni, e gli dobbiamo anche grande rispetto e stima. Nell'ultima manovra finanziaria però, ahinoi, sono stati previsti tagli indiscriminati per questo tipo di attività. Stiamo parlando di poco più di due miliardi di euro che non coprono nemmeno l'attività ordinaria svolta dal Ministero della Farnesina. Allora siamo tutti orgogliosi e bravi a dire nelle giornate importanti quale sia il grande lavoro che svolgono i nostri militari in missione di pace all'estero, salvo poi dimenticarcelo nel momento in cui dobbiamo prevedere i fondi perché queste missioni di pace continuino.

Abbiamo visto per altro - questo è il mio grande rammarico - un totale azzeramento delle risorse previste per i fondi per lo sminamento umanitario. Allora io vorrei capire tutto ciò, visto che cento Paesi a Dublino hanno firmato un accordo internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo. A tal proposito vorrei fare un esempio che non è lontano da noi. Pensiamo alla Bosnia Erzegovina e a quanti uomini, quante donne e quanti bambini abbiamo salvato. Soprattutto ai bambini voglio riferirmi. Vede Presidente, io sono particolarmente sensibile a questo tipo di considerazioni perché io vengo da una città che, non in queste guerre recenti, ma durante la seconda guerra mondiale è stata completamente distrutta e rasa al suolo (si tratta della città di Cassino). Ebbene, ancora oggi, a distanza di sessant'anni ogni tanto viene fuori una bomba inesplosa, e io conosco personalmente tanti uomini, che allora erano bambini e che hanno perso la vista, gli arti, l'uso delle gambe per aver giocato con questi giocattoli che in realtà erano bombe.

Probabilmente questa mia sensibilità mi porta a dire che questo è un errore madornale, non politico ma di coscienza, un errore nei confronti del quale noiPag. 50chiediamo assolutamente di rimediare. Noi chiediamo di rifinanziare la legge 7 marzo 2001, n. 58 che prevede il contributo italiano per il fondo per lo sminamento umanitario.

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Poli, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Migliori. Ne ha facoltà.

RICCARDO MIGLIORI. Presidente, non funziona il microfono.

PRESIDENTE. Onorevole Migliori, ha addirittura due microfoni a disposizione. Non funzionano?

RICCARDO MIGLIORI. Presidente, è inutile avere due strumenti se poi non funzionano.

PRESIDENTE. L'abbiamo sempre pensato tutti, ne basta uno che funzioni.

RICCARDO MIGLIORI. Presidente è un sogno utopistico. Lei dà sempre lezioni sulla cultura cattolica del limite, ed io le accolgo volentieri perché la penso come lei.

PRESIDENTE. Grazie.

RICCARDO MIGLIORI. Signor Presidente, vorrei svolgere brevissime riflessioni soprattutto in qualità di presidente della delegazione italiana all'Assemblea parlamentare dell'OSCE sulla base anche degli ordini del giorno che sono alla nostra attenzione, per sottolineare - come a me pare doveroso - come i rappresentanti di questa Assemblea abbiano dato un importante e significativo contributo alla Conferenza di Astana svoltasi nello scorso luglio, in previsione di quella che sarebbe stata poi la crisi caucasica e di come anche a livello parlamentare, non solo a livello intergovernativo, il nostro Parlamento abbia saputo privilegiare le ragioni della sinergia e dell'unità rispetto a questioni di natura squisitamente polemica che in modo abbastanza strumentale sono apparse anche nel nostro confronto di oggi e di ieri.

Vorrei a tal riguardo esprimere alcune considerazioni che a me pare non siano state appannaggio del nostro confronto. La prima è la seguente: oggi a Ginevra è in atto il tentativo di recupero della conferenza di pace sulla Georgia. Il mese scorso è fallita per responsabilità riguardanti la mancata presenza del Governo della sedicente Repubblica indipendente dell'Abknazia e dell'Ossezia del sud: spero che oggi vi siano tutte le premesse per poter avere il primo vero tavolo di confronto per una pace giusta in quel quadrante.

Al riguardo vorrei anche dire - mi sembra che anche questo elemento sia mancato nelle alluvionali riflessioni che sono state espresse in proposito - che la nostra missione, seppure quantitativamente limitata in Georgia, non solo rappresenta percentualmente e in termini assoluti la seconda partecipazione di un Paese cosiddetto donatore ma vorrei sottolineare un aspetto che anche il sottosegretario Cossiga conosce e che a me pare sia rimasto estraneo al nostro confronto: la rischiosità di quella missione. In questi giorni per l'ennesima volta vi sono stati tre scontri a fuoco lungo la frontiera, sono caduti tre militari georgiani e vi è una situazione non pacificata ma di continuo ed emergente peacekeeping in quell'area.

Sotto questo profilo, inoltre, vorrei sottolineare il fatto straordinario che si registra nella nostra Aula, a differenza di altri Parlamenti: un voto unitario sul provvedimento al nostro esame che rappresenta l'insieme delle missioni per la pace e, quindi, la quintessenza della politica estera e per la sicurezza del nostro Paese. Trovo originale, signor Presidente, che anche da parte di molti colleghi dell'opposizione, in larga misura protagonisti di un voto di convergenza siffatto, vi sia stata la banalizzazione dello stesso attraverso una polemica a me parsa volutamente pretestuosa, per individuare elementi di differenziazione all'interno della politica italianaPag. 51su un tale argomento, nel quale, invece, il voto concorde di quest'Assemblea dimostra un'unità di fondo.

Quindi, signor Presidente, vorrei sottolineare con forza, non come uomo di parte, che il provvedimento in esame, che racchiude l'insieme della politica estera e di difesa del Governo, è appannaggio, positivamente, dell'intera Assemblea e testimonia tale unità, facendo giustizia di ogni elemento polemico o strumentale che tiene d'occhio in modo molto ombelicale soprattutto gli elementi della politica interna.

Ritengo che, dopo questo voto, il nostro Paese, la nostra politica estera, la nostra politica di difesa siano molto più significativi e protagonisti nel mondo e ritengo che anche le nostre Forze armate, che con quasi diecimila uomini presidiano la pace in varie scacchiere del mondo, siano più consapevoli di avere alle spalle un Paese largamente unito (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per dichiarazione di voto sul complesso degli ordini del giorno e ritengo in primo luogo di dover sottolineare come, in fase di espressione di parere, il sottosegretario Cossiga abbia avuto la facoltà di discernere e di entrare nel merito delle questioni poste dai singoli ordini del giorno.

In realtà il Governo, anche in questa fase, trattandosi peraltro di un provvedimento condiviso - non posso a tal proposito non ricordare che ieri, in apertura della discussione sul complesso degli emendamenti, proprio il capogruppo del Partito Democratico, l'onorevole Soro, ha esordito dicendo che il voto del suo gruppo sul provvedimento in esame sarebbe stato favorevole - ha avuto modo di dare attenzione, in particolare, ad alcuni ordini del giorno dell'opposizione. Sottolineerei, tra questi, l'ordine del giorno Fassino n. 9/1802/9, sottoscritto anche dal vicepresidente del gruppo del Partito Democratico Sereni, e dai colleghi Maran, Villecco Calipari, Vernetti, La Forgia ed altri ancora.

Ritengo che su temi come questi, a differenza della scorsa legislatura, il Parlamento riesca ad avere una visione il più possibile comune, unitaria e per alcuni aspetti molto responsabile. In qualche modo si allontanano i tempi in cui, parlando di missioni internazionali, anche in quest'Aula ci si divideva tra interventisti e non, tra amici dei militari e non amici dei militari, tra coloro che sostenevano che le missioni di pace erano effettivamente tali e quelli che invece sostenevano che le missioni di pace erano in realtà missioni di guerra, tra coloro che si sdraiavano tra i banchi dell'opposizione o del Governo o del Comitato dei nove con la bandiera della pace e coloro che invece, di fronte a questi fatti, commentavano con disapprovazione il comportamento dei colleghi.

In questa fase ritengo che vi sia la concretizzazione di una sintonia nuova, diversa e di un atteggiamento responsabile da parte di un'opposizione che conosce benissimo l'origine, la natura e la necessità delle nostre missioni all'estero. È stata sottolineata da diversi colleghi l'importanza del lavoro dei nostri militari, quanto l'allineamento di queste missioni abbia rilievo, e l'importanza della nuova dotazione di Tornado per la missione in Afghanistan che è inserita nel decreto-legge in esame. Abbiamo motivo, a tal proposito, di ritenere che l'impegno di spesa, l'impegno e l'attenzione del Governo in ordine a queste missioni dimostri sia l'attenzione rivolta ad onorare i nostri impegni internazionali, sia l'attenzione verso i nostri militari che - ricordiamocelo sempre - spesso hanno avuto anche il coraggio e la sventura, in qualche modo, di donare la vita in queste missioni.

Abbiamo ricordato di recente, proprio in questo mese ed in quest'Aula, i caduti di Nassiriya. Crediamo che questo ricordo abbia unito l'intera Assemblea e l'intero Paese. Li abbiamo ricordati con grande commozione tutti quanti e ritengo che, anche in memoria di ciò, le nostre missioni debbano continuare con il sostegno pieno ed unanime del Parlamento. Perciò, ritengo che il contributo che il Governo ha dato con i propri pareri sugli ordini del giorno contribuisca a rafforzare ancora di più il clima unitario di cui i nostri militari all'estero hanno bisogno e che il Parlamento, in questa occasione, saprà dare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul complesso degli ordini del giorno presentati.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Zacchera n. 9/1802/1, accettato dal Governo.

Prendo atto che l'onorevole Evangelisti non accede all'invito al ritiro e insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/2.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/1802/2, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 472

Votanti 303

Astenuti 169

Maggioranza 152

Hanno votato55

Hanno votato no 248).

Prendo atto che i deputati Argentin, Antonino Russo, Barbato, Zinzi, Zazzera e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Vassallo ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/1802/3, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 479

Votanti 477

Astenuti 2

Maggioranza 239

Hanno votato204

Hanno votato no 273).

Prendo atto che i deputati Argentin, Antonino Russo, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Vico ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Prendo atto che l'onorevole De Angelis non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/4, accettato dal Governo.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'ordine del giorno De Angelis n. 9/1802/4.

PRESIDENTE. Ricordo che gli ordini del giorno Gidoni n. 9/1802/5 e Chiappori n. 9/1802/6 sono stati ritirati.

Prendo atto che l'onorevole Fava accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/7, accettato dal Governo.

Chiedo all'onorevole Cirielli se insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/8, accettato dal Governo.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, data l'importanza del contenuto del mio ordine del giorno vorrei che si procedesse al voto.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cirielli n. 9/1802/8, accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 481

Votanti 463

Astenuti 18

Maggioranza 232

Hanno votato458

Hanno votato no 5).

Prendo atto che i deputati Argentin, Antonino Russo, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che l'onorevole Fassino non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/9, accettato dal Governo.

Chiedo all'onorevole Vernetti se accoglie la riformulazione proposta dal Governo per il suo ordine del giorno n. 9/1802/10.

GIANNI VERNETTI. Signor Presidente, accolgo la riformulazione proposta dal Governo, ma chiedo comunque di porre in votazione il mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Vernetti n. 9/1802/10, nel testo riformulato accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 491

Votanti 485

Astenuti 6

Maggioranza 243

Hanno votato467

Hanno votato no 18).

Prendo atto che i deputati Argentin, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che l'onorevole Bernardini non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/11, accolto dal Governo come raccomandazione.

Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1802/12, non accettato dal Governo, insistono per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Zamparutti n. 9/1802/12, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 490

Votanti 483

Astenuti 7

Maggioranza 242

Hanno votato214

Hanno votato no 269).

Prendo atto che i deputati Argentin, Zinzi, Zazzera e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che l'onorevole Beltrandi insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/13, accolto dal Governo come raccomandazione.

Qual è il parere del Governo?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, se il presentatore insiste per la votazione il Governo non accetta l'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Beltrandi n. 9/1802/13, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Pag. 54

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 492

Votanti 458

Astenuti 34

Maggioranza 230

Hanno votato203

Hanno votato no 255).

Prendo atto che i deputati Zinzi, Zazzera, Dima e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1082/14, non accettato dal Governo, insistono per la votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Maurizio Turco n. 9/1802/14, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 488

Votanti 439

Astenuti 49

Maggioranza 220

Hanno votato183

Hanno votato no 256).

Prendo atto che i deputati Zinzi, Zazzera, Dima e Argentin hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Mecacci n. 9/1802/15.

MATTEO MECACCI. No, signor Presidente, non accetto la riformulazione dal momento che il dispositivo chiede un intervento sui responsabili militari quando si verifichino delle vittime civili come accade nel nostro Paese e come deve accadere anche dove sono impegnate le nostre forze militari. Quindi, insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mecacci n. 9/1802/15, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 493

Votanti 436

Astenuti 57

Maggioranza 219

Hanno votato43

Hanno votato no 393).

Prendo atto che i deputati Argentin, Dima, Zinzi e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che il presentatore dell'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16, non accettato dal Governo, insiste per la votazione.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Porfidia n. 9/1802/16, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 488

Votanti 483

Astenuti 5

Maggioranza 242

Hanno votato221

Hanno votato no 262).

Prendo atto che i deputati Argentin, Zinzi, Dima e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che l'onorevole Libè non accetta la riformulazione e insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/17.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Libè n. 9/1802/17, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 493

Votanti 489

Astenuti 4

Maggioranza 245

Hanno votato232

Hanno votato no 257).

Prendo atto che i deputati De Poli, Naro, Argentin, Cesario, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che l'onorevole Rugghia accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/18, accettato dal Governo.

L'onorevole Rosato aveva suggerito una riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/19. Il Governo?

GIUSEPPE COSSIGA, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, la riformulazione è la seguente: la parola «normative» si intende sostituita con «utili».

PRESIDENTE. Sta bene.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, intendo aggiungere la mia firma a questo ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Rosato n. 9/1802/19, Villecco Calipari n. 9/1802/20 e Recchia n. 9/1802/21, accettati dal Governo.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Tempestini n. 9/1802/22, accettato dal Governo.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno La Forgia n. 9/1802/23, accettato dal Governo.

Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gozi n. 9/1802/24, che il Governo si era dichiarato disponibile ad accogliere come raccomandazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gozi n. 9/1802/24, non accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 490

Votanti 489

Astenuti 1

Maggioranza 245

Hanno votato229

Hanno votato no 260).

Prendo atto che i deputati De Poli, Naro, Argentin, Cesario, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che l'onorevole Narducci accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/1802/25, accettato dal Governo.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Barbi n. 9/1802/26.

MARIO BARBI. Signor Presidente, accetto la riformulazione ma chiedo che l'ordinePag. 56del giorno venga votato, per rafforzare l'impegno dell'Aula dato che riguarda lo sminamento umanitario.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Barbi n. 9/1802/26, sul testo riformulato accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 480

Votanti 476

Astenuti 4

Maggioranza 239

Hanno votato454

Hanno votato no 22).

Prendo atto che i deputati Evangelisti, Cirielli, De Poli, Nirenstein, Naro, Argentin, Cesario, Zazzera, Zinzi e Dima hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che i deputati Villecco Calipari, Tabacci e Cera hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Garofani n. 9/1802/27.

FRANCESCO SAVERIO GAROFANI. Signor Presidente, accetto la riformulazione ma chiedo anch'io il voto, come il collega Barbi, per rafforzare l'impegno unanime dell'Aula.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garofani n. 9/1802/27, nel testo riformulato accettato dal Governo.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 495

Votanti 486

Astenuti 9

Maggioranza 244

Hanno votato461

Hanno votato no 25).

Prendo atto che i deputati De Poli, Naro, Argentin, Dima, Zinzi e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto e che il deputato Cera ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Mazzuca ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Sarubbi n. 9/1802/28, accettato dal Governo.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Sospendiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà alle ore 16 con lo svolgimento delle dichiarazioni di voto e con il voto finale.


 

 

 

 



Si riprende la discussione del disegno di legge di conversione n. 1802.

PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del disegno di legge di conversione n. 1802.

Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è concluso l'esame degli ordini del giorno.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo dibattito parlamentare, particolarmente lungo per il filibustering dell'opposizione - che ci ha impegnato due giorni su un provvedimento particolarmente importante e che tra l'altro si concluderà, secondo le posizioni anticipate dai gruppi, con un voto favorevole di tutto il Parlamento, maggioranza e opposizione -, ci ha consentito una riflessione importante sulle questioni di politica estera e non solo su quelle legate alla presenza dei nostri militari all'estero, impegnati - lo voglio ricordare e sottolineare - in missioni di pace.

Questo dibattito ci ha consentito di sviluppare una riflessione importante: abbiamo tutti potuto sottolineare come la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda non hanno affatto determinato una situazione normale e senza conflitti sullo scenario internazionale. Nel libro «Il ritorno della storia e la fine dei sogni», scritto da Robert Kagan, editorialista del Washington Post, la nostra epoca viene definita come l'epoca delle divergenze: è con questa realtà che ci dobbiamo misurare.

Un grande Paese e un popolo che abbiano il senso della storia devono fare la loro parte a favore della pace. Le nostre missioni internazionali sono fondamentali per salvaguardare la pace e tutelare le popolazioni civili dovunque vi siano conflitti. È in questo contesto che, rispetto anche agli schemi tradizionali, il nostro Paese deve sviluppare una incisiva politica estera che, da un lato, si spenda a favore della pace e, dall'altro lato, consenta anche al nostro sistema economico di crescere.

Ho sentito accusare questo Governo di voler mettere in discussione le tradizionali alleanze per alcune valutazioni che sono state fatte, in modo particolare, sul conflitto georgiano e sul dispiegamento dello scudo spaziale.

Ritengo che l'Italia, pur non mettendo in discussione il suo collocamento, la sua posizione e le sue alleanze internazionali, e ribadendo l'assoluta fedeltà all'alleanza con gli Stati Uniti e con gli altri Paesi occidentali, debba saper giocare sullo scenario internazionale un ruolo nuovo, positivo e incisivo per poter essere interlocutore credibile e affidabile per tutte le parti che in questo momento sono attive sullo scenario internazionale. Ritenere che si possa affrontare un interlocutore avendo posizioni pregiudiziali o precostituite evidentemente indebolisce la posizione del nostro Paese.

Allora, anche le critiche che sono state rivolte al Presidente del Consiglio, l'onorevole Berlusconi, le classifico come espressione di quell'antiberlusconismo strisciante che c'è nel nostro Paese, che non si alimenta solo delle urla delle piazze, che non si alimenta solo degli insulti che vengono rivolti a questa maggioranza e a questo Presidente del Consiglio nelle trasmissioni televisive o nelle interviste ai giornali, che non si alimenta solo delle critiche molto spesso superficiali o al di sopra delle righe rivolte in quest'Aula e in altri livelli istituzionali, ma anche delle critiche pregiudiziali che non affrontano il merito.

Signor Presidente, concludo il mio intervento preannunciando il voto favorevole da parte del Movimento per l'Autonomia sul decreto che finanzia la missione italiana in Georgia, una missione necessaria se si tiene conto di ciò che sta accadendo, anche in questi giorni, in quello scenario. È fondamentale la nostra presenza per allentare la tensione che in quel territorio esiste fra la Georgia e la Russia e a tal proposito sottolineo un aspetto. Quando si parla di missioni italiane all'estero e di missioni internazionali, abbiamo un solo dovere in questo Parlamento: alzarci in piedi, mettere la mano sul cuore e ringraziare i nostri militari, uomini e donne, che compiono il loro alto dovere in situazioni molto difficili, e pregare il Signore perché li possa restituire sani e salvi ai loro affetti e alle loro famiglie (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.

AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è utile ricordare che questo decreto nasce dalla confluenza avvenuta al Senato di altri due decreti, dei quali uno ha come oggetto la partecipazione italiana alle missioni internazionali, l'altro la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

Tengo a ribadire che noi dell'Italia dei Valori riteniamo che queste missioni devono essere sempre più supportate dal nostro Paese, perché ne hanno bisogno soprattutto quei Paesi che, a differenza dell'Italia, non hanno ancora raggiunto la democrazia e, quindi, vi è pericolo per la libertà e la sicurezza. Abbiamo il dovere - lo ribadiamo a chiare lettere - di intervenire allorché ci accorgiamo che questa libertà e questa democrazia sono in pericolo.

Tuttavia, abbiamo l'esigenza di fare qualche riflessione, perché ci siamo resi conto, attraverso questo decreto, che ci ha fornito l'occasione per aprire una discussione nell'Aula parlamentare, che qualcosa invece sta cambiando per quanto riguarda la strategia nei confronti delle missioni internazionali da parte di questo Governo.

Lo abbiamo più volte ribadito e lo abbiamo più volte chiesto anche nellePag. 72Commissioni attraverso le interrogazioni e gli ordini del giorno da noi presentati: tuttavia, non abbiamo avuto risposte. Abbiamo chiesto la ragione dell'invio dei Tornado come mezzi che il Governo vuol fare passare per mezzi di perlustrazione in quei territori, quando invece il Governo italiano è dotato di mezzi che hanno prettamente questo compito. Quindi, significa che qualcosa sta cambiando.

Perché prevedere un aumento degli uomini, che vengono inviati soprattutto in Afghanistan? Sta cambiando qualcosa nella politica estera? Riteniamo che, forse, si trattasse di un impegno assunto in precedenza, quando ancora negli Stati Uniti era in carica il Governo Bush. Ma dobbiamo prendere atto che qualcosa è cambiato anche da questo punto di vista: Obama, non appena è stato eletto, ha ribadito che vuole continuare la politica estera e che è d'accordo con le missioni internazionali, ma certamente non è d'accordo sul modo in cui il Governo Bush le ha condotte sino ad ora. Anzi, se dovessimo verificare se fino ad ora le operazioni indotte a tutto il mondo da parte degli Stati Uniti hanno portato la libertà e la democrazia in quelle zone, dovremmo constatare, invece, che questi due valori sono ancora lontani da venire. Dunque, vuol dire che c'è qualcosa che non va, che qualcosa deve essere cambiato.

Riteniamo che gli ultimi eventi che stanno accadendo nel mondo, a partire dagli Stati Uniti, ma anche in tutti questi Paesi che si trovano in situazioni di sofferenza, hanno bisogno di una diversa strategia che sia indirizzata verso una maggiore presenza dell'Europa, all'interno della quale ogni Paese e prima di tutto l'Italia deve assumersi le proprie responsabilità.

Riteniamo che debba essere esportato il modello dell'Europa, che non deve essere inteso come modello di neocolonialismo e non deve essere ritenuto nemmeno il modello unico - anzi su di esso è necessario discutere -, ma deve essere certamente il modello che deve iniziare a portare la democrazia occidentale in questi Paesi che ne hanno bisogno. In che modo? Riteniamo che si debba attribuire maggiore importanza al dialogo, che deve divenire anche diplomazia, e il Governo ha il dovere di far interessare i nostri rappresentanti in quei territori, facendo avvertire ancora di più la nostra presenza alle popolazioni civili.

Ormai, soltanto la presenza militare non basta più, anzi dobbiamo prendere atto che spesso dalle popolazioni che ne hanno bisogno viene intesa come una forza ostile, come una forza estranea se non viene accompagnata dal dialogo e dalla diplomazia, che deve esercitarsi sul territorio, anche fornendo loro i servizi di cui necessitano e che non sono presenti in quelle zone come da noi. Questo, a nostro avviso, è il modo migliore per poter combattere il terrorismo.

Arriviamo ad un'altra necessaria riflessione riguardante le risorse con le quali vengono finanziate le missioni: è un dato su cui dobbiamo riflettere, perché non è possibile che vengano finanziate con fondi che questo Governo o il precedente aveva stanziato per altre finalità e che aveva fatto credere ai cittadini che dovessero servire per una serie di interventi pubblici, quali ridurre la pressione fiscale, salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie, l'abolizione dell'ICI (che adesso sta mettendo in gravi difficoltà i comuni) e la detassazione degli straordinari, per non parlare dei numerosi tagli che stiamo imponendo ai vari Ministeri: al Ministero dell'istruzione, università e ricerca, al Ministero dei beni e attività culturali e a Ministeri importanti come quello del lavoro, salute e politiche sociali e della giustizia.

Pertanto, non è possibile che, attraverso delle promesse, facciamo entrare i soldi nelle tasche dei cittadini dalla porta e, poi, li facciamo uscire dalla finestra. Non ci trovate d'accordo su questa politica, soprattutto quando, attraverso questa politica, volete cambiare una strategia di cui non avete discusso e sulla quale non avete aperto il dialogo in Parlamento prima di adottarla: mi riferisco alla strategia della forza e della maggiore pressione militare che volete portare in quelle zone.

Per tale motivo, nel ribadire che c'è necessità di un dialogo, di un confronto per quanto riguarda la strategia delle missioni internazionali e, in generale, la strategia di politica estera, annunciamo il voto favorevole alla conversione del decreto-legge in esame.

Tuttavia, lo facciamo solo per salvaguardare la pace in quei Paesi che veramente ne hanno bisogno, solo per mantenere gli impegni assunti a livello internazionale. Non condividiamo assolutamente la linea politica che state seguendo, soprattutto riferita anche alla sicurezza dei nostri militari: ricordiamoci che li stiamo mandando allo sbaraglio, anche attraverso una riduzione dei fondi che stiamo dando alle Forze armate. Teniamo presente che fra due anni il 40 per cento dei fondi delle Forze armate sarà ridotto, pertanto non ci sentiamo di appoggiare questa politica.

Quindi, pur nell'annunciare un voto favorevole sul provvedimento in esame, non ci troviamo d'accordo su questa politica; lo facciamo solo per mantenere la pace nel mondo e per mantenere gli impegni che abbiamo assunto a livello internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della facoltà di giurisprudenza dell'Università di Urbino (dove tanti anni fa ho iniziato la mia carriera accademica, come professore incaricato e poi come professore associato), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Inoltre, saluto gli studenti della scuola media Galileo Ferraris di Falconara, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Adornato. Ne ha facoltà.

FERDINANDO ADORNATO. Signor Presidente, come lei sa, il nostro gruppo voterà a favore del decreto-legge in esame, perché esso rappresenta una conferma della tradizionale politica di alleanze e di peacekeeping del nostro Paese.

Eppure, proprio sulla politica di alleanze più in generale, in questi giorni abbiamo posto e poniamo oggi, con questa dichiarazione di voto finale, alcuni interrogativi al Governo e a questa Assemblea. Vogliamo porre una questione che riteniamo di delicata rilevanza nazionale ed internazionale: ci domandiamo e chiediamo al Governo e a quest'Aula se, camuffato dietro un amabilissimo fuoco pirotecnico di battute, di pacche sulle spalle e di giochi al cucù, non sia in atto un mutamento sostanziale della nostra storica politica di alleanza nei confronti degli Stati Uniti, in favore di una liaison ancora poco chiara con lo zar del Cremlino Vladimir Putin. È per questo che vogliamo rivolgere una richiesta formale alla sua Presidenza, che è quella di prevedere un dibattito in Aula sulla politica estera del nostro Paese, alla presenza del Presidente del Consiglio.

Del resto, in questi giorni si è sentito che quest'Aula vuole parlare di politica estera ed ha un interesse ed un desiderio di capire quale sia la vera sostanza delle nostre relazioni con il resto del mondo. Nel porre tale questione ci riferiamo ovviamente alle due recenti dichiarazioni del Premier: la prima, quella in cui denunciava come provocatoria l'idea dello scudo spaziale americano nei confronti di Mosca e la seconda, nella quale a mo' di smentita diceva che gli americani hanno il diritto di difendersi.

Non vogliamo partecipare al gioco delle smentite e delle contro-smentite, quindi per onestà e lealtà prendiamo per buone entrambe le dichiarazioni, perché entrambe sono uscite dalla bocca del nostro Premier. A parte l'ovvia constatazione che in politica estera non si può giocare con le parole, le prendiamo in esame entrambe, perché riteniamo la prima sbagliata ed assai grave e la seconda quantomeno superficiale ed inesatta.

Esaminiamo la prima: sono noti da tempo i rapporti tra Putin e Berlusconi e nulla quaestio su ciò; ma la domanda è: tali rapporti possono creare silenzi edPag. 74ambiguità del nostro Paese sugli strappi all'ordine internazionale ed ai diritti umani, che vengono ancora perpetrati da Mosca (questo è il punto rilevante: non se Berlusconi sia amico o meno di Putin)? A noi sembra di sì e l'ambiguità più grossa l'abbiamo vista nel momento del conflitto in Georgia, quando il Governo italiano ha assunto una posizione poco chiara: non si capisce se fosse dalla parte della Georgia o dalla parte di Mosca. Con la dichiarazione che attribuiva agli Stati Uniti una provocazione verso Mosca siamo andati oltre, siamo andati ad uno schieramento aperto con Mosca: quella di Berlusconi sembrava più una dichiarazione di un leader di un Paese satellite di Mosca, piuttosto che quella del Berlusconi che aveva parlato con una standing ovation al Congresso americano, una specie di dichiarazione di sovranità limitata.

In effetti, perlomeno sul gas, la politica del Governo rischia la sovranità limitata nei confronti di Mosca e non vogliamo e non vorremmo credere che questo sia il vero motivo delle posizioni politiche assunte dall'onorevole Berlusconi.

Ci ha sorpreso anche la tempistica del suo intervento. L'amico George era ancora alla Casa Bianca e già otteneva dal suo caro amico Silvio il benservito.

Vorremmo porre questa domanda al Presidente del Consiglio: «Ma lei era amico di Bush o degli Stati Uniti?». Noi eravamo e siamo amici di Bush, come oggi siamo amici di Barack Obama al quale vogliamo inviare la solidarietà per l'ennesimo, incredibile e delirante attacco di Al Qaeda contro la sua Presidenza e gli Stati Uniti d'America (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Stracquadanio). Infatti, noi siamo amici degli Stati Uniti, non di questo o quell'altro Presidente.

Vi è anche un errore di analisi. Signor Presidente del Consiglio - glielo riferisca lei, onorevole Scotti - il rischio di una nuova guerra fredda non viene dagli Stati Uniti. Proprio l'incontro di Pratica di Mare per cui Berlusconi ha tanto lavorato ha offerto a Mosca un'altra via, un altro orizzonte storico, quello della partnership con l'Occidente. Ma Putin ha rifiutato questa strada ed è inutile richiamare oggi a favore di Putin l'incontro di Pratica di Mare. Putin ha rifiutato perché non sta lavorando ad una partnership con l'Occidente, ma a ricostruire le condizioni di un nuovo piccolo grande impero russo. Questo è il vero rischio di una nuova guerra fredda, questo è un vero rischio di destabilizzazione della pace.

Signori del Governo, per questo motivo una cosa è lavorare per riavvicinare NATO e Russia, Unione europea e Russia, Stati Uniti e Russia. Questo è giusto e non avrete mai un dissenso da noi dell'Unione di Centro intorno a questa politica. Un'altra cosa è ritenere che il rischio di una nuova guerra fredda arrivi da Washington. Questo significa cambiare la valutazione sullo stato del mondo e, dunque, anche la nostra storica politica di alleanze.

Ma veniamo anche alla seconda dichiarazione che voleva essere una smentita: «Sono stato frainteso, certamente gli Stati Uniti hanno il diritto di difendersi». In questo caso, siamo di fronte ad un errore di natura analitica, tecnica e, quindi, anche di strategia politica: lo scudo spaziale proposto dagli Stati Uniti non serve a difendere soltanto loro. A parte il fatto che dalla Seconda guerra mondiale in poi - l'ha detto Berlusconi a New York e a Washington - la difesa degli Stati Uniti ha coinciso per grandissima parte con la difesa dell'Europa e con la nostra difesa (per due volte nel Novecento sono intervenuti per difenderci).

Tuttavia, lo scudo spaziale - un Presidente del Consiglio dovrebbe saperlo - serve per difendersi dalla minaccia di missili lanciati da Stati canaglia, come li chiamano gli americani, soprattutto Iran, Siria e Corea del Nord, anche perché Teheran ha recentemente testato un nuovo missile balistico in grado di raggiungere Israele e il sud dell'Europa.

Quindi, lo scudo spaziale è strategico non solo per la difesa degli Stati Uniti, ma per la difesa della libertà del mondo. Del resto, gli Stati Uniti hanno proposto a Mosca una collaborazione per la realizzazione dello scudo. Al vertice G8, nel giugno 2007, hanno proposto a Mosca l'installazione di missili nella stazione radar di Gabala, in Azerbaigian. A questo Mosca dice di no.

Ora abbiamo visto che Medvedev ha aperto uno spiraglio di opportunità presso Obama e questa è una cosa molto importante. Speriamo che la giornata di domani - che sarà importante per Mosca, per Putin come per Medvedev - confermi questa finestra di opportunità. Ma si può ignorare tutto ciò? Si può dire che lo scudo spaziale serva a difendere solo gli Stati Uniti? È evidente che, per quanto concerne anche la seconda dichiarazione, quella che doveva essere una smentita, in realtà, come si dice, ha fatto peggio la riparazione del buco che prima si era prodotto.

Si tratta di una questione assai delicata, signor Presidente. Il ruolo dell'Italia non può che essere quello di lavorare perché non nasca un nuovo impero russo, piccolo o grande che sia, e lavorare perché la violazione dei diritti umani o dell'ordine internazionale possa esigere una risposta anche dell'Unione europea, non solo degli Stati Uniti.

Mi permetta, signor Presidente, di dire ciò proprio nei giorni in cui si apre a Mosca il processo per l'assassinio di Anna Politkovskaja (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro), avvenimento che questo Parlamento naturalmente non può dimenticare e soprattutto non lo può fare mentre si parla di Russia, di libertà e di Occidente. Un nuovo piccolo grande impero russo, con la minaccia rivolta all'Ucraina, con l'intervento operato in Georgia: è questa la minaccia di un possibile ritorno alla guerra fredda!

Ecco perché non si può non stare nell'idea di mediare, di riavvicinare. Non abbiano interesse ad isolare Mosca e sappiamo che nella storia quando Mosca si è sentita isolata ha sempre risposto in malo modo. Non dobbiamo e non possiamo isolare Mosca, ma per ottenere questo dobbiamo avere una stella polare chiara, la rotta dritta e non deviare da questa rotta: l'obiettivo di Putin è creare un nuovo impero e il nostro obiettivo è che non ci sia più un impero che possa minacciare l'Unione europea e tutta la libertà, compresi gli Stati Uniti.

Quindi la stella polare della nostra alleanza con Washington è quella che deve guidare la politica del Governo.

Signor Presidente, noi non siamo più sicuri che questa stella polare sia la stessa del nostro Governo; questa è la stella polare che, da De Gasperi ad oggi, ha permesso l'europeismo e l'atlantismo italiano come due facce della stessa medaglia; ha permesso che questo fosse un grande Paese. Noi non vogliamo correre il rischio che le pacche sulle spalle, le battute, le amicizie personali possano far deviare l'Italia da questa sua grande rotta storica (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gidoni. Ne ha facoltà.

FRANCO GIDONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Camera dei deputati, dopo due giorni di anomala discussione, è finalmente chiamata ad esprimersi sulla definitiva conversione in legge del decreto-legge che ha autorizzato la via dell'intervento militare di monitoraggio in Georgia, in cui sono successivamente confluite anche le disposizioni del decreto-legge che ha prorogato, sino alla fine dell'anno in corso, una serie di missioni che erano in scadenza alla fine del settembre scorso.

Per quanto concerne la partecipazione italiana alla missione EUMM promossa dall'Unione europea in Georgia per verificare il rispetto degli accordi sul ripiegamento delle truppe russe, occorre ribadire come la Lega Nord abbia già espresso il suo favore, sia in Consiglio dei ministri che al Senato. Confermiamo oggi questo orientamento sia perché la EUMM Georgia è espressione di una volontà dell'Europa di prendere nelle proprie mani il suo destino, sia perché si configura come un'operazione assolutamente imparziale. Siamo lieti, inoltre, dei progressi che si stannoPag. 76registrando sul piano dell'attuazione del ritiro delle forze inviate dal Cremlino.

Approfittiamo, altresì, della circostanza per respingere una volta di più alcune letture tendenziose che sono state fatte dell'impegno diplomatico italiano in occasione della recente crisi caucasica. Come è stato precisato dal Ministro degli affari esteri Frattini in tutte le sue più recenti dichiarazioni a questo riguardo, non esiste infatti alcuna deriva della politica italiana in senso filo-russo, non almeno una linea politica che si differenzi sostanzialmente da quella perseguita negli ultimi dieci anni da tutti i Governi della Repubblica italiana, di qualsiasi colore essi fossero.

In Georgia siamo andati con l'idea di tutelare le vittime civili di tutte le parti e di garantire l'equilibrio della missione di monitoraggio europeo, senza in alcun modo dar segno di voler pregiudicare né gli interessi di Tbilisi né quelli degli abitanti dell'Abkhazia o dell'Ossezia del sud, ma nell'intento puro e semplice di contribuire, per quanto possibile, a stabilizzare il Caucaso che è un'area di rilevanza strategica, non fosse altro che per i gasdotti e gli oleodotti che vi transitano.

La Lega oggi esprime il proprio favore anche in merito alla proroga degli interventi in scadenza, soprattutto per non pregiudicare la posizione dei nostri militari esposti nei vari teatri di operazione; si riserva, tuttavia, il diritto di proporre alla Camera alcuni spunti di riflessione.

In primo luogo, non siamo più certi che l'impegno militare in Libano meriti l'entità di risorse che gli sono state assegnate, oltre duemila uomini, e per più di un motivo: non solo perché, sin dagli inizi, la Lega ha ritenuto debole il mandato attribuito alla UNIFIL2, di fatto impotente a disarmare gli hezbollah, ma anche per il fatto che dall'estate del 2006 si sono prodotte in Libano delle trasformazioni politiche che hanno ulteriormente sminuito il ruolo dei caschi blu.

Alcuni mesi or sono il Libano è sprofondato in una crisi che è stata risolta solo riconoscendo agli hezbollah una forte compagine ministeriale nel nuovo Governo centrale di Beirut e con la rinuncia delle autorità nazionali libanesi a disarmare il Partito di Dio. In queste condizioni è nostra convinzione che abbia perso slancio l'idea di smilitarizzare le fazioni libanesi e realizzare finalmente in capo all'esercito nazionale quel monopolio legale della forza armata senza il quale non c'è alcun Stato degno di questo nome. E dunque, rimaniamo pure a sud del fiume Litani con i nostri soldati, ma senza farci illusioni e soprattutto evitando di disperdere nel Libano meridionale energie ormai francamente eccessive in rapporto agli scopi perseguibili e dichiarati della missione.

Siamo piuttosto scettici anche in merito alla dimensione degli interventi in atto nei Balcani. Non dobbiamo più difendere il Kosovo da una improbabile riconquista serba, ma solo proteggere alcune enclavi dove i serbi-kosovari vivono in precarie condizioni di sicurezza, anche a causa del precoce riconoscimento internazionale dell'indipendenza di Pristina: un compito per il quale potrebbe esser sufficiente un minor numero di militari.

Quanto alla missione Althea in Bosnia-Erzegovina, è la stessa Unione europea che si accinge a chiudere questa esperienza, rimanendo il Paese ormai ragionevolmente stabile.

Lamentiamo, inoltre, l'eccessiva frammentazione della presenza militare italiana all'estero: abbiamo troppi piccoli drappelli di uomini in una grande moltitudine di teatri, presenze simboliche che costano e non assicurano alcun concreto ritorno politico.

Chiediamo, allora, al Governo un riesame delle missioni in atto e già in fase conclusiva che permetta il recupero di risorse a favore di quelle nuove missioni che già si prospettano all'orizzonte.

Appoggiamo, invece, con grande convinzione la prosecuzione della missione della guardia di finanza in Libia, che anzi vorremmo che fosse più solida e incisiva, in quanto è volta al contrasto dei flussi migratori illegali e, quindi, è rispondente ad un obiettivo che consideriamo un nostro importante interesse.Pag. 77

Sosteniamo anche con forza la decisione, contenuta nel provvedimento, di rafforzare le misure di protezione del nostro contingente in Afghanistan, anche per coerenza rispetto a quanto abbiamo sostenuto durante i trascorsi sette anni, quando la Lega è sempre stata in prima fila nel chiedere di adottare tutte le misure che potessero migliorare le capacità dei nostri soldati di difendere se stessi in quell'ambiente così ostile.

Alcune nostre scelte sono state ricompensate. Da tempo, ad esempio, sono sul terreno i Lince, ossia i veicoli protetti ai quali devono certamente la vita molti nostri soldati che sono usciti da vari agguati soltanto con lievi ferite, grazie all'imponente protezione di cui dispongono quei mezzi, che oggi sono migliorabili, ad esempio adottando torrette telecomandate azionabili dall'interno che certamente sono costose; ma si può parlare di solo puro costo di fronte alla vita dei nostri soldati che con grande abnegazione e capacità operano nei vari teatri di operazione?

Approfittiamo di questa circostanza per ricordare a chi accusa la politica italiana di essere eccessivamente filorussa - i famosi filoamericani dell'undicesima ora - che si tratta di una scelta che permette all'Italia di dimostrare, ancora una volta, con i fatti, la propria solidarietà con gli alleati della NATO e con gli Stati Uniti. Dal nostro lato, quello del sistema politico e con il Governo, ci sono coloro che hanno ridotto i cosiddetti caveat, esattamente così come richiedevano l'Alleanza atlantica e Washington; dall'altro lato, sui banchi dell'opposizione, si trovano, invece, coloro che decisero di abbandonare gli Stati Uniti ritirandosi precipitosamente dall'Iraq nel 2006, continuando a criticare le decisioni dell'amministrazione, anche se siamo convinti che sia stato perfettamente inutile farlo.

A proposito di Iraq e di coerenza, c'è un fatto che vorremmo portare oggi alla vostra attenzione. La scheda illustrativa legata all'atto Senato n. 1061, che recava il provvedimento di conversione del decreto-legge poi confluito in quello sulla Georgia, ha rivelato un fatto di cui in passato non è stata data davvero grande pubblicità. Per proteggere l'unità civile di sostegno alla ricostruzione inviata nei dintorni di Nassiriya, e lì rimasta anche dopo il rimpatrio della missione Antica Babilonia, il precedente Governo Prodi stipulò un contratto con una società di sicurezza privata. Ebbene sì, signor Presidente, nel ritirare i nostri militari il Presidente Prodi, il Ministro Parisi, la maggioranza, decisero di rivolgersi proprio ai bistrattati mercenari delle società private di sicurezza, guardandosi bene, ovviamente, dal farlo sapere. Noi riteniamo che sia giusto il momento di squarciare questo velo di ipocrisia.

Naturalmente, nel votare a favore dell'atto Camera n. 1802, non possiamo non esprimere l'auspicio che le recenti aperture negoziali per giungere a una soluzione politica soddisfacente del conflitto afghano, di cui molto si è detto nel mese scorso, trovino conferma nei mesi che verranno e sfocino, infine, in una pace giusta e durevole. Sembra che a ciò si sia personalmente impegnato anche il Monarca saudita partecipando alla prima tornata di colloqui svoltisi a La Mecca.

Tuttavia, sia chiaro che, per quanto ci riguarda, nessuna pace in Afghanistan può essere giusta e durevole - dunque una buona pace - se per raggiungerla verranno fatte concessioni al terrorismo internazionale e ai suoi fiancheggiatori. Grazie ai sacrifici dei nostri ragazzi e dei soldati forniti dei Paesi alleati, oggi 5 milioni di bambini e bambine afghani vanno a scuola e accedono finalmente all'istruzione; diverse donne siedono nel Parlamento di Kabul e finalmente c'è un barlume di speranza. Non vogliamo che questa luce si spenga permettendo che tornino al potere gli sgherri che vietarono gli aquiloni, chiusero i cinema e distrussero i monumenti di Bamiyan soltanto perché ci fa comodo portare presto a casa i nostri soldati. Speriamo - siamo anzi certi di questo - che tale sia anche la linea del Governo che sosteniamo.

Non dovremmo comunque mai dimenticare come all'avvio del negoziato in Arabia Saudita abbiano dato un contributoPag. 78decisivo anche le truppe occidentali, dimostrando con i loro sacrifici e la loro determinazione - e concludo - anche ai leader dell'insurrezione neotalebana, l'impossibilità di prevalere nella prova di forza che hanno ingaggiato con l'intero mondo libero.

Se un'ultima critica può essere sollevata è a proposito delle coperture che si sono escogitate, e già al Senato si è sollevato il problema. È ovvio che va compiuta una scelta: se l'Italia e la sua diplomazia ritengono indispensabile la nostra presenza su più teatri di operazione, questa andrà supportata con le necessarie risorse economiche e, quindi, cogliamo l'occasione per chiedere stanziamenti adeguati a permettere la prosecuzione di questi interventi, perché li giudichiamo necessari e indispensabili alla nostra sicurezza. Concludo preannunciando il voto favorevole della Lega Nord (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villecco Calipari. Ne ha facoltà.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Signor Presidente, come già annunciato dal presidente Soro all'inizio dell'esame degli emendamenti a questo provvedimento, degli emendamenti il gruppo del PD voterà a favore della conversione del decreto-legge relativo alla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia. Il provvedimento contiene anche il rifinanziamento per il periodo compreso dal 1o ottobre al 31 dicembre 2008 di altre missioni militari, tra le quali le più importanti quelle che si svolgono in Libano, in Bosnia-Erzegovina ed in Afghanistan.

La periodicità con cui siamo chiamati a discutere degli impegni militari all'estero dovrebbe aiutarci a storicizzare questa discussione, mentre ogni volta si corre il rischio di esaminare le varie situazioni che i decreti di rifinanziamento ci ripropongono come segmenti separati di quello che invece è un unico percorso, attraverso il quale, ormai da oltre un decennio, si sostanzia la nostra politica estera.

Poiché la politica internazionale di un Paese non può non essere un momento anche di condivisione, visto che è in gioco il prestigio e il ruolo dell'Italia sulla scena globale, abbiamo voluto che il provvedimento in esame non fosse licenziato velocemente dalla Camera, bensì vi fosse la possibilità di svolgere una discussione ampia e approfondita, evidenziando, come abbiamo fatto, alcuni punti critici. Tra di essi voglio ricordare la necessità di incrementare la dotazione del fondo per le missioni internazionali e quella di finanziare le attività di sminamento e di promuovere iniziative di sensibilizzazione e di formazione delle popolazioni civili e, specificatamente, programmi destinati ai bambini, in relazione al pericolo rappresentato dal munizionamento inesploso.

Inoltre, va sottolineata l'esigenza di un rafforzamento di una politica comune di difesa. È proprio la crisi georgiana che ha reso evidente, con le posizioni assunte dalla diplomazia internazionale, come sia sempre più necessaria per l'Europa una politica comune per la sicurezza e come essa dipenda dallo sviluppo di una politica estera europea, che non può limitarsi ad essere il minimo comune denominatore della diplomazia delle capitali.

Paradossalmente, in un contesto di crisi di governance internazionale l'Unione europea, con tutte le debolezze e le difficoltà di azione che i commentatori politici le attribuiscono, si è dimostrata l'unico soggetto internazionale in grado di esercitare una mediazione che ha consentito di fermare l'escalation di atti militari che stavano trasformando il contenzioso georgiano in una grave crisi internazionale dagli esiti imprevedibili.

Già nel luglio 2006 nel corso della crisi israelo-libanese si era verificato qualcosa di simile. In quell'occasione, infatti, grazie alla tempestività ed all'efficacia dell'azione del Governo italiano, che non era neppure investito del ruolo della Presidenza di turno dell'Unione, assistemmo all'evolversi di un'incisiva diplomazia che consentì la cessazione di un cruento conflitto che appariva in grado di allargarsi in maniera catastrofica.Pag. 79

La missione UNIFIL rappresenta un contributo significativo al raffreddamento di quel conflitto ed un successo della nostra diplomazia in un'area geografica di diretto interesse dell'Italia. Mi permetto di aggiungere che la missione in Libano ha in sé tutte le caratteristiche di un intervento di peacekeeping, senza sbavature: si svolge sotto l'egida delle Nazione Unite, è accettato da tutte le parti in causa, concorre significativamente alla ricostruzione del Paese e unisce alla presenza militare il sostegno dell'iniziativa politica.

Ritornando alla missione in Georgia, ricordiamo che l'Italia contribuisce con una missione PESD di vigilanza e con 40 esperti, 36 militari e 4 civili dei 200 osservatori.

Ma ora quest'azione pacificatrice, per poter avere successo, deve sviluppare una forte iniziativa politico-diplomatica. Ed è quello che espressamente chiediamo al Governo, a partire dalla Conferenza internazionale dei donatori, che deve favorire, come ha sostenuto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Hammarberg, il diritto al ritorno dei rifugiati. È evidente che, oltre agli aiuti umanitari, le diplomazie dovranno adoperarsi - nel caso dell'Europa, anche grazie al contributo del rappresentante speciale dell'Unione europea per il Caucaso meridionale - a trovare soluzioni per promuovere il dialogo tra tutte le parti interessate e per cercare di ripristinare un certo grado di fiducia reciproca.

È fondamentale a questo fine la capacità di muoversi con prudenza ed equilibrio, riuscendo ad essere interlocutori credibili anche nella ricerca delle responsabilità su chi e su cosa ha aperto la crisi georgiana, evitando atteggiamenti sbilanciati, che mettano in seria difficoltà il contributo che dobbiamo dare nella stessa missione PESD.

Per quanto riguarda la missione in Afghanistan, il minimo che possiamo dire è che si tratta di una missione molto complicata. La duplice presenza in Afghanistan della missione Enduring freedom e della missione ISAF ha messo in evidenza aspetti contraddittori e creato non poche situazioni di notevole difficoltà. Il modo migliore di rispondere a richieste di un maggiore impegno mi sembra sia quello di ricordare come al momento l'Italia sia il Paese europeo che fornisce il maggior numero di uomini alle missioni militari multinazionali nel loro complesso. Posso anche essere d'accordo sull'ipotesi che in Afghanistan siano necessari più soldati, come evidenziato dal relatore, onorevole Cicu, ma penso anche che di più l'Italia non possa fare. La nostra diplomazia dovrebbe impegnarsi in Europa, perché questa divenga la posizione di tutta l'Unione europea. La strategia politica, diplomatica e di ricostruzione è stata finora troppo debole e su questo aspetto si dovrebbe concentrare molto di più l'attenzione della comunità internazionale.

Altri elementi di discussione, presenti anche in sede NATO, riguardano il tipo di strategia da adottare. Enduring freedom combatte contro la guerriglia talebana nel sud-est del Paese, ai confini con il Pakistan, e nelle ultime settimane anche all'interno del territorio pakistano, con non poche complicazioni diplomatiche. Se tale impegno deve essere considerato prevalente su quello di ISAF, che invece ha compiti di ricostruzione e stabilizzazione, si allontaneranno le possibilità di una stabilizzazione del Paese.

Il confronto sulle strategie è arrivato qualche volta anche a sottovalutare l'impegno dei nostri soldati, come se costituisse un impegno minore. Quanto invece tale impegno sia difficile, delicato, rischioso e utile, in una strategia di pacificazione, ce lo ricordano purtroppo gli stessi agguati terroristici, che colpiscono i nostri soldati proprio per spezzare il rapporto positivo che cercano di costruire, invece, con le popolazioni. L'impegno dei nostri soldati è di tutto rispetto e assolutamente coerente con le deliberazioni del Parlamento e con quanto concordato nelle sedi multinazionali.

Il cambio di strategia che ci sentiamo impegnati a sostenere non riguarda, quindi, il problema se restare in Afghanistan, ma come restarci. Riteniamo sia necessaria un'azione politica condivisa daPag. 80tutti i partner internazionali, a cominciare dagli Stati Uniti, al fine di assicurare un cambiamento omogeneo e coerente delle modalità con cui le truppe internazionali devono operare nel corso delle azioni militari e nel rapporto con la popolazione, così da ottenere una percezione più positiva da parte degli afghani, assicurando contestualmente il controllo del territorio e la sicurezza della popolazione civile, coinvolgendo progressivamente in tali compiti, con sempre maggiore responsabilità, gli stessi afghani.

Il bilancio dell'ultimo periodo non può essere sottaciuto e non è positivo. Le perdite NATO nel 2007 sono state pari a 232 caduti e sono le più alte dall'inizio del coinvolgimento dell'Alleanza nel Paese. Il numero dei caduti del 2008 potrebbe essere addirittura superiore a quello del 2007. Il 14 ottobre Kai Eide, rappresentante speciale dell'ONU in Afghanistan, nel corso di un'audizione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha confermato la gravità della situazione, sottolineando come negli ultimi mesi del 2008, rispetto allo stesso periodo del 2007, gli scontri armati e gli attentati sono aumentati del 40 per cento.

Ci sono, quindi, vittime in aumento tra le forze della coalizione e tra la stessa popolazione afghana. Le forze della coalizione hanno intensificatole azioni militari nel sud-ovest del Paese. Si tratta di attacchi condotti principalmente da Enduring freedom, che hanno però richiesto maggiore sforzo logistico e di supporto anche da parte di ISAF. Ecco perché la NATO, e soprattutto il Pentagono, hanno chiesto con insistenza nei mesi passati un maggior coinvolgimento degli alleati tedeschi, francesi, spagnoli e italiani e il superamento dei caveat stabiliti dai Governi nazionali.

Per quanto riguarda l'Italia, come sappiamo tutti, i caveat sono stati rivisti e parte del nostro contingente è rischierato a sud-ovest. Con l'attuale decreto è stata rafforzata la componente aerea dell'ISAF mediante lo schieramento di quattro Tornado, con il relativo supporto logistico e di personale, motivati dal Governo con la necessità di assicurare al contingente italiano un maggior livello di sicurezza, precisando che saranno esclusivamente impiegati in compiti di ricognizione e di intelligence.

Dall'insieme dei fatti che ho appena ricordato appare un quadro sempre più preoccupante. È evidente che è necessario porre il sud del Paese sotto un più stringente controllo militare e che questa strategia comporta prezzi in termini di vite umane sempre più alti, sia tra i militari della coalizione sia tra la popolazione civile.

Questa strategia, ammesso che riesca ad aumentare il controllo sul territorio, distrugge il consenso tra la popolazione e paradossalmente aumenta l'influenza degli insurgens. Il fatto nuovo - vorrei riportare una frase del comandante britannico Mark Carleton-Smith del 5 ottobre sul Sunday Times - è che questa non è una guerra che si può vincere solo con l'uso della forza militare.

Sullo sfondo, ci sono le prossime elezioni presidenziali, che, in un Paese diviso da un conflitto interno che divide anche e soprattutto l'etnia pashtun, potrebbero avere esiti non prevedibili.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROSA MARIA VILLECCO CALIPARI. Concludo, signor Presidente. Se c'è una parola che più di ogni altra può aiutare a capire la situazione in Afghanistan, è «frammentazione». Si tratta di un Paese diviso tra nord e sud, tra città e paesi, tra etnie e tribù, e queste divisioni attraversano sia i credi religiosi che le frontiere.

In questa situazione, il Paese si prepara ad affrontare una prova decisiva. È un passaggio cruciale, al quale la comunità internazionale deve prestare la massima attenzione coinvolgendo anche, come osservatori regionali, i Paesi dell'area. È a questo che invitiamo il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pianetta. Ne ha facoltà.

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ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la partecipazione italiana alle missioni internazionali con personale militare e civile contribuisce a ridurre tensioni e conflitti, e quindi a ripristinare o sviluppare condizioni di pace e sviluppo dei popoli; un'azione strategica e meritoria, quindi. Per questo, il ringraziamento va a tutto il nostro personale, uomini e donne, militari e civili, che, con impegno e professionalità, svolgono la partecipazione del nostro Paese. Ci viene riconosciuta umanità e capacità di comprensione con la popolazione civile. Chiunque di noi abbia potuto partecipare a missioni parlamentari nelle aree in cui sono operativi i nostri contingenti ha potuto constatare e apprezzare questo riconoscimento.

Il voto favorevole del Popolo della Libertà e l'auspicato voto unanime di questo ramo del Parlamento, come è già avvenuto al Senato, può dare e certamente darà tanta forza ai nostri contingenti per continuare a svolgere con impegno e responsabilità un'attività così importante e impegnativa in tutti i teatri, anche i più critici, dello scenario internazionale.

Anche in Georgia, la presenza di 36 militari e quattro civili nell'ambito della missione di vigilanza dell'Unione europea fa seguito ad un'intelligente e tempestiva azione politica svolta dal Governo italiano e dal Ministro Frattini, quando la crisi era veramente difficile e c'erano momenti di tensione e di pericolo per la stabilità internazionale. La missione, che consiste nella vigilanza civile sulle azioni delle parti per la verifica del rispetto degli accordi raggiunti in tema di integrità territoriale e per il ritiro delle truppe, è finalizzata al raggiungimento di una soluzione politica duratura e solida per la Georgia, in armonia con i principi stabiliti dalle Nazioni Unite e dall'OCSE.

Questa nostra presenza, dicevo, è un fatto importante e fa seguito ad un'azione del Governo italiano tempestiva e intelligente, improntata ad equilibrio e lungimiranza fin dai primi momenti. Il Governo italiano ha sostenuto la linea di coesione dell'Unione europea per il conseguimento di una soluzione diplomatica, che si è concretizzata successivamente con l'accordo dei sei punti e che ha posto le basi per la cessazione delle ostilità e il ritiro delle truppe russe.

L'Italia ha particolarmente evidenziato ed interpretato, anche in ambito europeo, la necessità di mantenere aperti i canali diplomatici con la Russia e di non adottare misure sanzionatorie in sede europea: tutto ciò ha permesso di non arrivare alle estreme conseguenze e non esacerbare i rapporti, in una situazione indubbiamente molto delicata e pericolosa.

Questo comportamento non ha impedito all'Italia, anche in seno all'Unione europea, di condannare il riconoscimento da parte russa dell'indipendenza dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia lo scorso 26 agosto, come pure di ribadire il principio del pieno rispetto dell'integrità territoriale della Georgia durante il Consiglio europeo straordinario dello scorso settembre. Del resto, il Ministro degli esteri Frattini ha più volte ribadito i punti cardine della politica italiana - anche in relazione alla situazione russo-georgiana - caratterizzata dalla fermezza nel sancire il rispetto delle regole del diritto internazionale nell'affrontare le dispute territoriali ed economiche, pur mantenendo un'apertura al dialogo con tutte le parti e, quindi, con il rifiuto di aprioristiche chiusure.

Durante il dibattito si è parlato molto di politica estera, e ci sono stati interventi in cui si è espressa o si è lasciata intendere l'esistenza di ambiguità, ad esempio anche sull'atlantismo. Credo - e non voglio fare polemica - che chi fa queste affermazioni forse è rimasto alla realtà ambigua del precedente Governo, un Governo costantemente attraversato dall'ambiguità. Questo nostro Governo, invece, ha una chiara scelta di atlantismo, con la capacità di dire come la pensa circa l'installazione di scudi, per non innescare tensioni. Filoatlantici, ma non in antitesi con l'Europa e senza vanificare lo storico anelito europeista, quello vero, fecondo e non burocratico. Quindi, una politica estera molto realistica e lungimirante, in perfetta assonanzaPag. 82occidentale e con gli alleati, a cominciare dagli Stati Uniti d'America, e in ambito europeo.

Ma ritornando alla situazione georgiana, un ulteriore momento atto al ristabilimento di una situazione normale sarà costituito dall'organizzazione della Conferenza internazionale di Roma, con il fine di contribuire ad individuare solide soluzioni politiche nell'area caucasica, che è stata negli ultimi tempi scenario di tensioni etniche e territoriali. È un'azione, quella del Governo italiano in ambito europeo, ampia e composita, per non lasciare che i rapporti con la Federazione russa si allentino e, addirittura, si divarichino fino alla contrapposizione. Questo, non solo per motivi di opportunità, ma direi soprattutto per motivi politici, negli scenari più delicati, siano essi i Balcani, ma pure il Medio Oriente ed anche lo scenario afghano. Il Governo italiano si è ispirato, anche in questa occasione, allo spirito e agli obiettivi di Pratica di Mare, che fu una grande e significativa azione immaginata e realizzata dal Governo Berlusconi che non deve essere vanificata e dispersa, ma anzi rafforzata, al fine di evitare che i contrasti nell'area non riesplodano in forme di conflitto ideologico, pericoloso per la cooperazione nel continente e nel mondo.

Ho citato il teatro afghano, certamente il più problematico e nel quale il nostro impegno, col provvedimento in esame, vede l'ulteriore presenza di 40 carabinieri con funzioni di addestramento. Le parole e il confermato e possibilmente incrementato impegno espresso dal Presidente eletto degli Stati Uniti d'America attestano la gravità della situazione afghana e la precarietà e la pericolosità di tutta l'area. Si tratta di situazione precaria, come ci ha ampiamente illustrato l'ambasciatore Sequi, che ha rappresentato con impegno e competenza l'Italia a Kabul e che abbiamo sentito in Commissione affari esteri la scorsa settimana nella sua nuova qualità di rappresentante dell'Unione europea in Afghanistan. È necessario instaurare un dialogo con gli insorti, ponendo però come limite ai negoziati la Costituzione: chi è disponibile al processo di stabilizzazione dovrà rispettare le leggi, e peraltro è necessario negoziare con gli insorti, o almeno con una parte di essi, da una posizione di forza.

È il metodo diplomatico dell'inclusione cui si devono aggiungere più aiuti, perché la stabilizzazione si consegue - diceva - con la testa, con il cuore, ma anche con lo stomaco. Questi aiuti non si sono realizzati in modo sufficiente e, nonostante i progressi (ricordo i 6 milioni di bambini in più nelle scuole, il miglioramento della sanità), vi è stata la sensazione di un'attenzione non sufficiente. Le grandi speranze successive all'elezione del Parlamento afghano di quattro anni fa si sono affievolite e l'azione degli insorgenti ha avuto la possibilità di espandersi.

In questo scenario, si deve prendere in considerazione tutta la realtà di quella regione, ed in particolare l'instabilità pakistana: un insuccesso dell'azione internazionale per portare l'Afghanistan verso condizioni di stabilità e sviluppo determinerebbe un'area di profonda perturbazione internazionale, nonché un colpo mortale per l'Alleanza atlantica. L'impegno della comunità internazionale forse è stato insufficiente, dicevo, se comparato, come qualcuno ha sottolineato, ad interventi effettuati in altri Paesi. Occorre quindi affrontare povertà e disoccupazione diffuse, fornire servizi sanitari e scolastici, ricostruire le infrastrutture, rimediare alla carenza di cibo e di acqua potabile, combattere la corruzione, organizzare una forza di polizia competente e legittima che dia sicurezza e protezione alla popolazione, investire in programmi sociali a lungo termine.

PRESIDENTE. Onorevole Pianetta, la invito a concludere.

ENRICO PIANETTA. Alla luce di tutto questo, anche per impedire che gli afghani si sentano nuovamente abbandonati dalla comunità internazionale come avvenne successivamente all'invasione sovietica - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente -, la comunità internazionale devePag. 83impostare quindi rinnovati impegni logistici, operativi, umanitari.

Penso anche alla coltivazione dell'oppio che, oltre ad essere un flagello dei giovani, anche dei nostri giovani, è strumento di finanziamento per l'azione degli insorgenti (e la produzione dell'oppio è aumentata). Ma non si può pensare ad una possibilità di successo se non c'è la collaborazione della Russia, ed anche per questo è meritoria la nostra posizione. L'impegno economico più consistente di questo provvedimento riguarda il Libano: la missione UNIFIL è stata ed è un intervento che ha salvaguardato la sicurezza dello Stato di Israele, ma non ha impedito e non poteva impedire, per le modalità operative, il ripristino delle potenzialità offensive degli hezbollah.

Credo che la comunità internazionale dovrà valutare - e termino - questa situazione: dobbiamo salvaguardare la nostra credibilità ed affidabilità internazionale, onorare gli impegni e contribuire a valutare tutte le opportunità per meglio conseguire gli obiettivi definiti nella risoluzione delle Nazioni Unite. Credo che sia saggio - e concludo - affrontare questo tema per rendere ancora più credibile ed efficace il nostro impegno internazionale, un impegno in missioni internazionali, il nostro, che non ci può vedere ovunque.

Penso, e qualcuno lo ha evidenziato, alle tragedie dei genocidi in Darfur e in Congo: il Governo valuterà queste situazioni, ma laddove i nostri contingenti operano essi danno un segno tangibile di capacità ed efficienza dell'Italia, e il voto positivo del Parlamento darà indubbiamente ancora più forza a queste nostre missioni. Il ringraziamento è dunque a tutti i nostri contingenti che lavorano all'estero (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, poiché nel dibattito l'onorevole Adornato ha già espresso con un ragionamento compiuto e molto serio le ragioni del nostro voto favorevole, vorrei rivolgermi ai colleghi capigruppo e al Presidente di turno, a lei onorevole Buttiglione, pregando che ella possa riferire questa mia richiesta al Presidente della Camera.

A parte che mi sembra un pochino inconsueto, onorevoli colleghi, che in presenza di un dibattito così significativo sulla politica estera in questo momento vi sia al banco del Governo un rappresentante di un altro Ministero e non ci sia nessun rappresentante del Ministero degli affari esteri (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori), il che significa già di per sé il grado di attenzione che c'è verso il Parlamento e verso questo dibattito, vorrei esprimere molto rapidamente per rispetto vostro, colleghi, la nostra preoccupazione in ordine ad affermazioni reiterate sul tema della politica estera.

Tutti noi siamo convinti dell'indispensabile rapporto che il nostro Paese deve avere con la Russia, ma tutti noi - spero, credo, almeno noi dell'Unione di Centro - come ha affermato Adornato, rifiutiamo e respingiamo al mittente l'idea di una equidistanza italiana fra gli Stati Uniti d'America e la Russia.

Vi è stato un conflitto georgiano: non voglio essere il difensore d'ufficio del Governo georgiano, che probabilmente avrà responsabilità, ma ritengo sproporzionata la reazione di una grande potenza come la Russia e ritengo che lo spirito con cui l'Unione europea manda una missione in Georgia non si concili con le affermazioni che il Presidente del Consiglio ha fatto in Russia in ordine...

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Tempo!

PIER FERDINANDO CASINI. Il tempo, scusate, ce l'ho, per cui se mi richiamate al tempo continuerò oltre misura.

PRESIDENTE. Chiedo scusa, stiamo discutendo un decreto-legge: a termine di Regolamento il presidente Casini ha diritto a dieci minuti di tempo.

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PIER FERDINANDO CASINI. Ma io non voglio prendere tempo perché ho rispetto per i colleghi; tra l'altro, c'è l'intesa di procedere al voto su questo decreto-legge e non sono solito non rispettare i patti che anche con il collega Soro e con altri abbiamo assunto. Desidero soltanto terminare il mio ragionamento e dire che noi non possiamo accettare una equidistanza tra la Russia e gli Stati Uniti; non possiamo accettare il giudizio che in ordine alla spropositata reazione russa c'è stato sul conflitto georgiano e riteniamo che la Russia abbia responsabilità enormi nell'aver svilito l'iniziativa e lo spirito di Pratica di Mare. Temiamo - e lo dico con chiarezza - una dittatura energetica russa; temiamo questo evento nella politica internazionale e riteniamo di avere assunto grandi impegni di generosità verso la Russia. Vorrei ricordare a tutti che anche per una ragion di Stato nessuno ha parlato più di tanto di quello che è accaduto in Cecenia (Applausi di deputati del Partito Democratico); vorrei ricordare che nessuno di noi ha parlato più di tanto della metodologia con cui si sono svolte le elezioni in Russia; nessuno di noi parla più di tanto delle interferenze russe verso l'Ucraina e verso quelli che sono gli avvenimenti interni dell'Ucraina (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

Allora, amici e colleghi, se così stanno le cose riteniamo doveroso che la Presidenza della Camera esprima al Governo una necessità che avvertiamo come impellente: che il Presidente del Consiglio, rispettando il Parlamento come noi rispettiamo il Governo del nostro Paese e il Presidente del Consiglio, venga in questa sede prima di Natale per tenere un dibattito che precisi i contorni della politica estera del nostro Paese.

Votare le missioni di pace per noi rappresenta un impegno verso i nostri militari che sono impegnati a difesa della pace e contro il terrorismo, però voglio dire con chiarezza che la politica estera è una cosa troppo seria per essere sminuita in battute che possono andare bene in sedi diverse da quelli che sono i consessi internazionali. Noi vogliamo capire, signor Presidente Buttiglione, qual è la politica estera del nostro Paese e vogliamo capire, soprattutto in presenza di una amministrazione americana, che parte abbiamo, se confermiamo i pilastri della nostra politica estera del dopoguerra o se è avvenuto un mutamento - forse surrettizio, ma che diventa sostanziale - sulle grandi scelte della politica atlantica ed europea nel rapporto con la Russia.

Mi dispiace se ho toccato un argomento scottante, verso cui vedo che esiste grande disinteresse anche da parte dei mass media, ma io credo che la sede del Parlamento per un dibattito di politica estera sia una sede che si impone per la nostra dignità nazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della facoltà di giurisprudenza dell'università di Bologna che sono in visita al Parlamento, Alma mater bononiensis, la più antica università del mondo: grazie della vostra visita.

Naturalmente mi farò parte diligente per richiedere al Presidente della Camera di intervenire sul Governo affinché venga a riferire sulla politica estera. Mi pare di ricordare che ieri io stesso ho rivolto un'analoga richiesta dai medesimi banchi.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sarubbi. Ne ha facoltà.

ANDREA SARUBBI. Signor Presidente, in dissenso dal gruppo del Partito Democratico e dalla quasi totalità del Parlamento (come posso immaginare), annuncio il mio voto di astensione che è la media, nel mio caso, tra un voto favorevole ed un voto contrario.

Il mio voto favorevole, da europeista convinto quale sono, sarebbe sulla natura della missione in sé, nonostante sia stato un obiettore di coscienza ai tempi in cui si pagava la scelta non militare con mesi in più di servizio. Comunque non posso che guardare con speranza ad una missione dell'Unione europea, che è una scelta finalmente condivisa e che forse, dopoPag. 85l'arrivo di Barack Obama alla Casa Bianca sarà la prima di tante altre.

Il mio voto contrario, che bilancia quello favorevole, riguarda la copertura finanziaria della missione che va a prendere un milione e seicentomila euro dalle poche briciole rimaste alla cooperazione internazionale.

Pensiamo a come è variegata la presenza dell'Italia all'estero: militari, intelligence, cooperanti, istituti di cultura, insegnanti di lingua negli istituti Dante Alighieri. Possibile che per finanziare queste presenze così diverse si attinga sempre dallo stesso salvadanaio, ossia quello dei Fondi per la cooperazione previsti dalla legge n. 49 del 1987?

Riprendo dunque l'appello lanciato dal senatore Roberto Di Giovan Paolo nell'altro ramo del Parlamento affinché in futuro ci si ponga il problema (pubblicamente condiviso anche dal sottosegretario agli esteri, Enzo Scotti, che era qui poco fa ed ora è andato via) di distinguere bene i due capitoli di spesa nel bilancio dello Stato: uno per le numerose missioni italiane all'estero e un altro capitolo specifico da preservare per la cooperazione allo sviluppo, settore in cui si sono registrati, quest'anno, tagli del 56 per cento e non certo per colpa del centrosinistra.

Per questi motivi, signor Presidente, ribadisco il mio voto di astensione (Applausi del deputato Realacci).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ho avuto il piacere e anche l'onore di intervenire nella sessione OSCE, tenutasi a Toronto poche settimane fa e dedicata al conflitto russo-georgiano, a nome dell'intera delegazione italiana che ha voluto esprimersi senza distinzioni con una sola posizione, anche sulla base degli incontri avuti in quei giorni, sia con le delegazioni della Federazione russa sia con quelle della Georgia.

È stata una scelta responsabile, con cui abbiamo voluto sottolineare la serietà e la gravità di quel conflitto e l'utilità di una posizione comune e di una maggiore coesione e continuità nella politica estera del nostro Paese. In quell'occasione abbiamo riaffermato i capisaldi del nostro impegno atlantico, del nostro impegno nella NATO e nel contempo, tenuto conto della necessità di proseguire lungo il disegno di integrazione europea promosso già da Adenauer, De Gasperi e Monnet, di farlo riprendendo il tema della necessità di una più forte cooperazione anche tra Unione europea e Federazione russa che tanto tempo fa vide, con la Comunità del carbone e dell'acciaio, il motore dell'integrazione europea e che oggi potrebbe vedere una nuova forma di cooperazione tra Unione europea e Federazione russa in materia di energia, tecnologia, capitali e cultura di impresa.

L'Europa allargata deve sviluppare in modo positivo e cooperativo il rapporto con la Federazione russa e le proprie politiche di vicinato, con un'area che ormai è assai estesa e va ben oltre il Caucaso.

Ma in quella sede abbiamo anche ribadito, con fermezza, la necessità di rispettare il diritto internazionale, le scelte autonome e le alleanze da parte dei Governi e, naturalmente, di rispettare i Governi democraticamente eletti e, invece, oggetto di aggressione da parte della Federazione russa. Per questo, nel momento in cui il Presidente Sarkozy rilancia l'importanza della sede OSCE per far riprendere il negoziato e i buoni rapporti di vicinato tra Federazione russa e NATO, devo constatare una certa delusione, perché vi è stato un emendamento presentato in sede di Commissioni riunite, in particolare quello a firma del collega Mecacci, che non è stato tenuto in considerazione.

Con tale proposta emendativa si chiedeva di far sì che gli osservatori italiani della missione che ci apprestiamo a mettere ai voti e che rappresenta esattamente il cuore del provvedimento che stiamo esaminando, potessero avere libero accesso in Ossezia del sud e in Abkhazia, circostanza che è attualmente negata. Abbiamo ottenuto questa posizione, comePag. 86delegazione italiana, all'unanimità in sede OSCE; invece, non siamo riusciti ad ottenere dal Governo e dalla maggioranza un assenso sul nucleo della missione - per l'esattezza - che ci apprestiamo a votare per i nostri osservatori.

Certamente, abbiamo bisogno di una politica condivisa e l'appello del presidente Casini è proprio da condividere. Avremo bisogno di un dibattito più ampio, più serio e più impegnativo anche per il Governo su molti punti, soprattutto dopo il voto presso l'ONU in ordine all'indipendenza del Kosovo, che ha visto la nostra astensione. La politica internazionale ed estera deve rimanere una politica coesa. Tuttavia, ciò va fatto con chiarezza e questo è l'impegno che portiamo nell'OSCE e che pretendiamo anche dai nostri Parlamenti (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, intervengo per preannunziare il voto favorevole da parte dei deputati della delegazione radicale al provvedimento in esame. Si tratta di un voto favorevole con la convinzione che molte della missioni militari, nelle quali il nostro Paese è impegnato, abbiano necessità di essere rafforzate, non tanto e non solo dal punto di vista economico e militare, ma anche da quello politico. Si tratta di missioni che, ormai, a livello internazionale rientrano in una convenzione, che è quella del principio e della responsabilità di proteggere popolazioni vittime dei regimi dittatoriali e di crisi umanitarie. Pertanto, questo tipo di missioni rientrano nel mandato della nostra Costituzione e meritano di essere sostenute.

Ciò che va cambiato, credo, soprattutto nella politica estera di questo Paese e di questo Governo, è - in ultimo - l'atteggiamento che si è tenuto rispetto al conflitto russo-georgiano. Si è trattato di un conflitto con cui il nostro Presidente del Consiglio ormai nasconde, dietro lo spauracchio del ritorno della guerra fredda, in realtà, una pericolosa operazione di legittimazione democratica di un autocrate quale Vladimir Putin, che è in corso da molti anni e che, però, sta raggiungendo dei livelli mai visti prima.

In particolare, il Presidente del Consiglio ci propone, come alternativa alla guerra fredda, il ritorno allo spirito di Monaco, all'appeasement, all'accondiscendenza rispetto ai dittatori che credo questa Assemblea non debba accettare per quello che è la storia federalista europea ed atlantica del nostro Paese ed anche perché questo tipo di politica, sia nei confronti di Putin, sia di Gheddafi, rischia di mettere a grave danno gli interessi del nostro Paese, in particolare nel settore energetico e in altri settori.

Per concludere, credo che la richiesta e l'appello rivolto dal presidente Casini di avere finalmente, dopo otto mesi dalla nomina di questo Governo, un dibattito di politica estera con la presenza del Presidente del Consiglio in Assemblea sia doveroso. A tale appello ci associamo ma ricordiamo che di Cecenia e di diritti umani qualcuno in quest'Aula - e anche fuori di essa - parla e continua a parlare da molto tempo e questo è il Partito radicale non violento, di cui sono membri anche molti parlamentari iscritti a tutti i gruppi politici (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Brigandì. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per prima cosa devo dire che intervengo in dissenso dal mio gruppo, anzi mi pare di capire di essere l'unica persona in Aula a pensarla in maniera diversa. Per cui, con rispetto per tutta la maggioranza e per i colleghi appartenenti al mio gruppo, mi sento in dovere di dire delle cose molto semplici ed elementari, che però la mia coscienza mi detta, perché non posso far svolgere questa votazione senza prima aver espresso un concetto.Pag. 87

Voglio premettere che stiamo parlando di una missione all'estero e non della politica estera, quindi, di due discorsi completamente differenti e ci tengo a sottolinearlo. Devo, innanzitutto, ringraziare l'onorevole Rosato, che ha espresso delle considerazioni che mi trovano in piena sintonia, tanto che ho chiesto e ottenuto di poter firmare il suo ordine del giorno.

Credo di essere il rappresentante di coloro che mi hanno votato e sono sicuro che una parte degli elettori la pensi come me: in sostanza, i nostri soldati in armi, in una situazione di belligeranza, non devono andare in missione in nazioni straniere. Ritengo che vi siano degli organismi internazionali deputati a fare ciò, così come esiste una logica di civiltà che impone sistemi diversi da quelli della violenza.

Per questi motivi, signor Presidente, onorevoli colleghi, devo seguire la mia coscienza e voterò «no»; chiedo scusa a tutti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nirenstein. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi associo alle considerazioni generali svolte dall'onorevole Pianetta e non ritorno, quindi, sulla questione. Però, è per me un obbligo morale svolgere due osservazioni generali e una specifica.

Prima di tutto, ritengo sia giusto che le nostre missioni siano tali in quanto rivolte alla ricerca della pace e della stabilità mondiale. Tuttavia, voglio riaffermare qui che è anche in corso, in parecchi dei teatri di guerra in cui ci troviamo ad agire, un'autentica guerra contro la Jihad islamica. Si tratta di un fatto che non dobbiamo dimenticare, perché altrimenti, se le nostre intenzioni non vedono chiaro, al di là di questa volontà complessiva - che approvo - dell'intera comunità europea, rischiamo di non avere chiaro l'obiettivo delle nostre missioni.

In secondo luogo, sempre come considerazione di carattere generale, è molto importante per tutti noi evitare il sacrificio dei civili; anche questo è un compito morale di prima grandezza. Bisogna, però, ricordare che il sacrificio dei civili deriva, per la gran parte, dal fatto che ci troviamo in teatri in cui la guerra simmetrica è di uso generale. Da parte di elementi della guerriglia e del terrorismo, l'uso dei civili come scudo umano (che è un crimine di guerra di prima grandezza, attribuito, secondo le Convenzioni di Ginevra, unicamente chi lo pratica) è la pratica comune. Dobbiamo studiare questo argomento anche a partire da questa considerazione, altrimenti non possiamo venirne a capo.

Vengo ora alla considerazione di carattere specifico. Se il nostro scopo è quello di portare la pace e di far progredire la democrazia laddove ci troviamo ad operare, mi infastidisce particolarmente, a livello teorico e strategico, il fatto che, ogni volta che si parla della nostra passata missione in Iraq, la si debba coprire di contumelie, salvo poi rimpiangere la perdita dei nostri soldati. Non è giusto in quanto anche in Iraq - e chiunque si occupi di politica estera lo sa - la democrazia è oggi in una fase in cui tutti gli osservatori internazionali, a qualsiasi parte politica appartengano, notano notevolissimi progressi e una notevole crescita di accordo tra le diverse parti etniche, politiche e religiose (ad esempio, tra sciiti e sunniti).

Vengo ad un altro punto specifico, in cui in mi è compagno anche il Presidente dell'ONU Ban Ki-moon. Vi sono tutte queste missioni che agiscono, per quanto possono, in situazioni di grandi difficoltà, compiendo sostanzialmente dei progressi. Ce n'è una soltanto che, nonostante la grande bravura dei nostri soldati e del generale Graziano, non può procedere, non per colpa sua, ma a causa delle regole che sono state assegnate quando è stata reistituita nel 2006, dopo una serie di anni anche quelli non di grandi successi, se era vero che gli hezbollah erano già riusciti ad armarsi completamente di missili Kassam e a lunga gittata, che potevano arrivare fino a Tel Aviv (ora pare, stando allePag. 88affermazioni del capo degli hezbollah, che possano arrivare fino a Dimona, dove c'è il reattore nucleare israeliano).

Ebbene, la missione UNIFIL si trova in una palude da cui non può trarsi da sola, perché le regole sono determinate dall'ONU, quindi se insistiamo a mantenere questa grossa missione, che ci costa assai di più di tutte quante le altre missioni messe insieme, dobbiamo studiare una strategia diplomatica e politica che la accompagni e che deve avere un carattere molto vasto. Perché vasto? Lo ha detto anche Shimon Peres ieri: finché ci sono gli iraniani sul nostro confine a nord, nessuno si sognerà mai di firmare trattati di pace né con la Siria né con il Libano; non sarà possibile, in quanto questa presenza iraniana sui confini di Israele lo impedirà.

Perché parlo di presenza iraniana? Perché nel corso di questi anni, dal 2006 ad oggi, è arrivata una grande quantità di missili (ora quantificati intorno ai quarantamila) agli hezbollah e questo riarmarsi è stato accompagnato da una continua serie di rivendicazioni e di accuse nei confronti di Israele, che violano ogni accordo internazionale. Per esempio, sappiamo benissimo che nel 2000, quando Israele si ritirò dal Libano, i confini vennero segnati dall'ONU, che disse che Israele non aveva più nulla a dare al Libano. Oggi, di nuovo, torniamo a parlare delle fattorie di Sheba, della cittadina di Tchuba e di un'altra piccola città, sempre nelle vicinanze, perché serve a legittimare il teorema della resistenza, così viene chiamato con parola usurpata da parte degli hezbollah, i quali rivendicano la possibilità di agire in base a questo loro diritto di resistenza, aprendo un altro teatro di guerra.

Tutto questo è terribilmente pericoloso, perché, al contrario di quello che amiamo seguitare a ripeterci, l'accordo di Doha del maggio scorso ha dato agli hezbollah sia il diritto di veto sia la possibilità di non essere disarmati. Il loro stesso esercito, che li dovrebbe controllare, di fatto non fa altro che avallare questa presenza di un grosso quantitativo di armi e la loro possibilità di agire liberamente sul territorio libanese.

Quindi, se il nostro contingente deve restare, dobbiamo pensare di accompagnare questa presenza con un'azione politica che intimi alla Siria di non continuare a passare le armi agli hezbollah e che si prenda cura di questa intenzione iraniana, eccessiva, di presenza su questo territorio. È necessario da parte nostra eventualmente pensare (considerato che sembra vi sia bisogno in Afghanistan di ulteriori truppe, e su questo mi pare vi sia un accordo abbastanza largo, ma non abbiamo i fondi per poter praticare questa strada) alla necessità di una redistribuzione e di un ripensamento. Mi pare che questo sia un pensiero utile sul quale dobbiamo concentrarci (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gasbarra. Ne ha facoltà.

ENRICO GASBARRA. Signor Presidente, parlo in dissenso dal mio gruppo non già per un distinguo politico, anzi mi riconosco a pieno con la dichiarazione di voto svolta dall'onorevole Calipari. Annuncio il mio voto di astensione sulla conversione del decreto-legge richiamandomi all'intervento dell'onorevole Sarubbi: in questo decreto-legge, infatti, vengono sottratti fondi alla cooperazione per sostenere le missioni e il tema è un po' questo. Mi auguro che, a gennaio, questa Assemblea possa svolgere con completezza un dibattito su una nuova «missione delle missioni»: le missioni e i nostri contingenti, a cui rivolgo il mio ringraziamento più sincero e il riconoscimento più profondo, svolgono un'operazione meravigliosa in scenari complessi, portando sostegno, pace e lavorando per davvero a favore delle cause umanitarie.

Senza un rafforzamento profondo del sistema della cooperazione che, invece, nel quadro dell'azione del Governo subisce ogni giorno sempre più tagli, le missioni rischiano di essere un'azione che - per carità, nelle speranze e nel sostegno ai nostri militari - trova tuttavia costantemente un rafforzamento di un'operazionePag. 89sempre più robusta e sempre più necessariamente forte.

In questo quadro - richiamo anche l'intervento dell'onorevole Brigandì - la mia coscienza non mi consente di poter esprimere un voto favorevole. Ripeto: non per un distinguo politico né per una contrarietà alle missioni. Non mi definisco infatti pacifista - sarebbe troppo complesso determinare i termini di questa definizione - sono semplicemente contro le armi. Le missioni, in particolare quella afghana, definita giustamente dall'onorevole Calipari una missione complicata, al fine di lavorare in quello scenario drammatico, che ha visto in sette anni migliaia e migliaia di vittime, più di diecimila tra la popolazione civile, necessitano anche di un rafforzamento militare del nostro contingente. Agli elicotteri Mangusta e agli aerei «preda con spia», da lunedì si aggiungeranno anche altri quattro Tornado. Ritengo che in questo decreto-legge, così ricco di buone disposizioni, siano compresi anche questi aspetti che la mia coscienza non mi consente di votare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guzzanti. Ne ha facoltà.

PAOLO GUZZANTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, è la prima volta da quando sono stato eletto alla Camera che prendo la parola e oggi lo faccio in occasione di questo dibattito che non è tale, perché stiamo discutendo dell'approvazione delle missioni all'estero, ma è un simulacro di un dibattito sulla politica estera.

Vorrei dire subito che sono pienamente d'accordo con quanto ha detto poco fa il Presidente Casini, molto opportunamente seguito da altri interventi, circa il fatto che questo Parlamento finora non ha potuto dibattere la politica estera. Ventiquattro ore fa, come oggi, sedevo in un'altra aula, a Valencia, dove si svolgeva la seduta annuale delle delegazioni parlamentari presso la Nato. Ventiquattr'ore fa, più o meno a quest'ora, il Presidente Saakashvili ha parlato per circa un'ora e ha raccontato per filo e per segno una storia che noi non conosciamo, che non è sui nostri giornali, se non a «spizzichi e bocconi», e che tuttavia è già contenuta in moltissimi libri tutti rigorosamente in lingua inglese e francese di cui neanche uno è diffuso in Italia.

La prima cosa che viene da lamentare qui da noi è la mancanza assoluta di informazione riguardo a quanto accade all'estero sia sul servizio pubblico televisivo sia, purtroppo, anche su gran parte della stampa nazionale (Applausi di deputati del gruppo Unione di Centro).

La politica estera che sta perseguendo il nostro Governo è apparsa ieri nel corso di questa discussione alla Nato e devo dire che abbiamo assistito ad un conflitto tra due linee molto chiare, che ora vorrei spiegare: infatti la questione riguardante la Georgia implica quella delle missioni all'estero ma è l'argomento centrale.

Dico per inciso che sottoscrivo parola per parola tutto quanto ha detto la collega Fiamma Nirenstein a proposito della missione UNIFIL: queste sono cose di cui già parlammo nella scorsa legislatura. Ma adesso voglio affrontare il tema della politica estera italiana con la Russia, perché mai come ieri, in questa grande assemblea, sono apparse chiare le due linee filosofiche di tendenza; una è quella di dire: «Va bene, la Russia avrà fatto certo qualcosa di non esattamente corretto, vi è stato un eccessivo uso della forza», come se invece vi fosse la possibilità di un ragionevole uso della forza.

L'ho già detto in Commissione affari esteri: questo veramente mi ricorda quanto succedeva nel 1939, quando si discuteva seriamente della provocazione polacca conto le truppe hitleriane; vi furono anche un paio di morti fra i soldati di frontiera tedeschi e, pertanto, si trovava del tutto ragionevole che Hitler attaccasse la Polonia: vi fu una parte dell'opinione pubblica che era favorevole (tra l'altro era un'opinione pubblica anche molto di sinistra, perché i comunisti a quell'epoca, seguendo le direttive staliniane, che eranoPag. 90a favore dell'invasione polacca, da ovest e da est, sostenevano che non bisognasse appoggiare i guerrafondai, cioè le democrazie parlamentari).

Devo dire che ieri la linea italiana è stata di totale sostegno all'aggressione russa in Georgia: infatti, è stata un'aggressione di un Paese europeo ad un altro Paese europeo, come non la si vedeva dal 1939. Lasciamo da parte la parentesi sovietica, l'Ungheria del 1956 e la Cecoslovacchia del 1968, che sono stati eventi dell'orto interno dell'Unione sovietica, gravissimi, ma appartenenti ad una logica e ad un mondo che è scomparso. Ma da quando abbiamo un'Europa ed un mondo in cui quella entità - cioè l'impero sovietico - non esiste più, è la prima volta che, in Europa, uno Stato europeo invade una nazione europea.

Parlo di invasione perché è inutile stare a baloccarsi su chi ha cominciato prima, sulle colpe di Saakashirli e se i georgiani hanno o meno, anche loro, le loro colpe: basta prendere una carta geografica ed è molto semplice rendersi conto che tutto quanto è avvenuto di sanguinoso, di massacrante e di militare è avvenuto non un millimetro al di fuori, ma tutto all'interno dei confini della Georgia; tale Paese è stato aggredito militarmente ed è tuttora, nel suo territorio nazionale, occupato da truppe che, illegalmente e contro tutti gli accordi, compresi i sei punti di Sarkozy, sono lì con posti di blocco ed occupano questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di centro e di deputati del Partito Democratico). Tra l'altro, hanno provocato una pulizia etnica (quando si dice pulizia etnica non vuol dire necessariamente ammazzare coloro che vengono buttati fuori): ci sono stati circa 500.000 georgiani, nel complesso, che sono stati cacciati sia dalla Abkhazia che dall'Ossezia del Nord.

Ieri, come vi dicevo - e poi concludo, perché non voglio sottrarre troppo tempo, anche se è importante che si sappia - vi erano due linee di tendenza: la prima, quella dei Paesi forti, che vogliono dire alla Russia: «Basta, abbiamo capito questo messaggio e adesso te ne inviamo un altro di ritorno grave, non bellicoso, nulla di terribile, nel senso che nessuno vuole una nuova guerra fredda, ma siete voi che avete portato una nuova guerra fredda e dovete sapere che ciò che avete fatto comporta delle conseguenze». Poi vi è una linea, che è quella del Governo italiano, del Governo spagnolo e del Governo greco, cioè di quella parte del sud dell'Europa che non brilla particolarmente per il senso dei valori, che è tutta per dire: «Ma sì, in fondo l'importante è mantenere aperto il dialogo».

Il dialogo va mantenuto aperto, certamente questo è molto importante, ma sapete a quale dialogo ho assistito ieri? Ieri mattina, prima che parlasse Saakashirli, nella sessione mattutina, avevo nel banco dietro di me la delegazione russa. I russi sono intervenuti ed ha parlato una signora di cui non conosco il nome (era una signora giovane, bionda, piuttosto in carne e florida), la quale ha svolto un intervento da anni Cinquanta, affermando che gli americani se ne devono andare dall'area che era sovietica, che gli americani sono colpevoli di invasione e vogliono esportare la democrazia perfino nei loro confini (intendendo così i confini della ex Unione sovietica) e che loro, i russi, sono tornati e non permetteranno né all'Europa occidentale e all'Unione europea né alla NATO di importare i loro valori in territori ex sovietici.

L'invasione georgiana è, tra l'altro, avvenuta in seguito ad un equivoco. Infatti, fu detto che si consentiva alla Georgia e all'Ucraina la MAP, ovvero la Membership Action Plan, che non vuol dire null'altro che: «Bene, siete ammessi, la vostra domanda sarà esaminata e un giorno farete anche parte della NATO» (anche se non vi è nulla di automatico). Questo è stato l'elemento che ha spinto la Russia di Putin ad organizzare nel mese di luglio delle enormi esercitazioni navali, marittime ed aeree che ad agosto sono diventate invasione dopo una serie di provocazioni. Si può anche dire che Saakashvili poteva non cascare con tutte le scarpe in una trappola che gli era stata tesa, ma questa può essere una considerazione tecnica, non morale.Pag. 91

Ieri, in questa Assemblea ha vinto l'altra linea, non quella del Governo italiano, ed ha vinto con una spaccatura in molte delegazioni tra cui anche quella italiana, dal momento che non me la sono sentita di votare sempre, riguardo a tutti gli emendamenti, a favore di una posizione che sostanzialmente dà mano libera alla Russia di fare quel che vuole, con l'intesa che, purché resti aperto il dialogo, può prendersi il diritto di minacciare un attacco nucleare alla Polonia.

A proposito, ho finalmente capito la storia dello scudo spaziale e della grande provocazione che rappresenta, dal momento che uno dei temi è che, così facendo, si altererebbe l'equilibrio strategico (se vengono installati dei missili in Polonia, sia pure a titolo difensivo, con una testata qui e una là, se poi scoppia una guerra, loro si sentono offesi).

Presso la Commissione tecnologica (tra l'altro, sono stato eletto vicepresidente della sottocommissione, insomma sono entrato nel meccanismo) è stato spiegato definitivamente che questi missili sono dieci (uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci e stop!). Sono missili ad impatto diretto che non portano cioè testate di sorta, non ci sono testate multiple, non ci sono armi nucleari, non vi sono neanche bombe. Si tratta di un pezzo di ferro, il quale viene spedito da un computer a incontrare l'eventuale missile che per le sue caratteristiche non può che essere un missile proveniente dall'Iran e dall'area mediorientale.

PRESIDENTE. Onorevole Guzzanti, la prego di concludere.

PAOLO GUZZANTI. Impattando e andandogli addosso, lo fracassa, lo rompe in pezzi e lo distrugge. Non esiste una questione di testate multiple, è falso e ciò è scritto sui documenti che qui non appaiono.

Concludo questo intervento, signor Presidente, ringraziando lei e tutti voi per avermi concesso un tempo extra in questa discussione per ricordare ancora una volta - l'ho già detto, ma lo voglio ripetere - quello che disse Churchill dopo Monaco. Quando il mondo tirava un sospiro di sollievo perché avevano evitato la guerra con la Germania concedendo tutto ciò che la Germania voleva, Churchill disse: «Hanno sacrificato l'onore per la pace ed avranno tutte e due le cose: il disonore e la guerra».

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Guzzanti...

PAOLO GUZZANTI. Signor Presidente, mi conceda solo un secondo per concludere. Oggi prospettive di guerra non ce ne sono, ma le prospettive che abbiamo di fronte sono quelle di un Paese che si considera impunito e autorizzato a fare quel che vuole perché una comunità internazionale - specialmente europea - glielo permette (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Dinnanzi al suo ringraziamento, debbo precisare che le ho regalato un solo minuto, perché a termini di Regolamento, non esiste il limite di un minuto per le dichiarazioni di voto finale. Come avrete notato non ho limitato i tempi neanche degli altri colleghi intervenuti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo solo per trenta secondi: come già ha dichiarato il nostro capogruppo in Commissione difesa, l'onorevole Porfidia, il gruppo dell'Italia dei Valori voterà convintamente a favore della conversione in legge del decreto-legge sulle missioni internazionali. Tale voto convinto è espressione della volontà unanime, ed anche la mia personale opinione, di sostenere missioni legittimamente deliberate dai competenti organismi internazionali. Tale voto favorevole è, inoltre, espressione della volontà di concorrere al ristabilimento della pace e al sostegno ai nostriPag. 92militari impegnati nei vari teatri, con grande dedizione e al prezzo, troppo spesso, della vita.

Come evidenziato dal dibattito, residuano però non poche preoccupazioni, soprattutto sul mutamento de facto della specifica missione in Afghanistan per cui l'utilizzo di quattro Tornado, quattro cacciabombardieri per la ricognizione aerea, non ci convince. Il tutto è aggravato dai tagli alla cooperazione allo sviluppo decretato la scorsa settimana in finanziaria.

Annuncio per questo il mio personale voto di astensione sul provvedimento in esame affinché tali preoccupazioni (che sono condivise dall'intero partito e che il gruppo dell'Italia dei Valori mi ha chiesto di rappresentare) restino agli atti della Camera. E ciò dopo l'immotivata bocciatura dell'ordine del giorno firmato dai deputati del gruppo dell'Italia dei Valori che proprio tali preoccupazioni ha voluto evidenziare in forma compiuta e dialettica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bossa. Ne ha facoltà.

LUISA BOSSA. Signor Presidente, a titolo personale vorrei precisare la mia posizione su questo provvedimento: mi astengo e lo faccio semplicemente e consapevolmente per obiezione di coscienza.

Si sconfiggono le guerre, io credo, preparando la pace, e la pace si prepara aumentando le spese per la cooperazione e diminuendo quelle per gli armamenti. La cooperazione è un modo giusto per affrontare gli squilibri mondiali e per aiutare i Paesi poveri ad uscire dalle loro prigioni che sono molte e costruite e mantenute in vita dai Paesi ricchi.

Non c'è profitto che tenga di fronte ai milioni di bambini che muoiono di fame anche e soprattutto grazie ai nostri modelli di vita, anche grazie ad uno sviluppo distorto che nessuno ha voglia di raddrizzare (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1802)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1802, di cui si è testé concluso l'esame.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

 

(S. 1038 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia) (Approvato dal Senato) (1802):

 

Presenti 510

Votanti 495

Astenuti 15

Maggioranza 248

Hanno votato494

Hanno votato no 1).

Prendo atto che i deputati Rondini, De Poli e Duilio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.