Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Titolo: Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia ed a missioni internazionali per l'anno 2008
Riferimenti:
DL N. 147 DEL 22-SET-08   AC N. 1802/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 65    Progressivo: 1
Data: 21/10/2008
Descrittori:
GEORGIA   MISSIONI INTERNAZIONALI DI PACE
RATIFICA DEI TRATTATI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
IV-Difesa
Altri riferimenti:
AS N. 1038/XVI     


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

SERVIZIO STUDI

Progetti di legge

 

 

 

 

Partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia ed a missioni internazionali
per l’anno 2008

 

D.L. 147/2008 – A.C. 1802

Riferimenti normativi

Iter al Senato

 

 

 

n. 65/1

 

21 ottobre 2008


 

 

 

 

 

 

 

 

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Dipartimento affari esteri

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Dipartimento difesa

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File:  D08147a


INDICE

RIFERIMENTI NORMATIVI

Normativa nazionale

§      R.D. 3 giugno 1926, n. 941 Indennità al personale dell'amministrazione dello Stato incaricato di missione all'estero  5

§      L. 10 aprile 1954, n. 113 Stato degli ufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica (art. 64)10

§      L. 8 luglio 1961, n. 642 Trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali11

§      D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato (art. 19)15

§      L. 5 agosto 1978, n. 468 Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (art. 7, 11 e 11-ter)16

§      L. 23 marzo 1983, n. 78 Aggiornamento della L. 5 maggio 1976, n. 187 , relativa alle indennità operative del personale militare (art. 2)21

§      D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (art. 51)22

§      L. 6 marzo 1992, n. 216 Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 7 gennaio 1992, n. 5 , recante autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell'Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle altre Forze di polizia. Delega al Governo per disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate nonché per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici27

§      D.Lgs. 8 maggio 2001, n. 215 Disposizioni per disciplinare la trasformazione progressiva dello strumento militare in professionale, a norma dell'articolo 3, comma 1, della L. 14 novembre 2000, n. 331 (artt. 21 e 25)31

§      D.L. 1 dicembre 2001, n. 421 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 31 gennaio 2002, n. 6 Disposizioni urgenti per la partecipazione di personale militare all'operazione multinazionale denominata «Enduring Freedom» (art. 9)33

§      D.L. 28 dicembre 2001, n. 451 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 febbraio 2002, n. 15 Disposizioni urgenti per la proroga della partecipazione italiana ad operazioni militari internazionali35

§      L. 23 agosto 2004, n. 226 Sospensione anticipata del servizio obbligatorio di leva e disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, nonché delega al Governo per il conseguente coordinamento con la normativa di settore (art. 23)42

§      D.L. 29 novembre 2004, n. 282, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 dicembre 2004, n. 307, Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica (art. 10)44

§      D.L. 4 luglio 2006, n. 223, Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 4 agosto 2006, n. 248 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (art. 28)45

§      L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (art. 1. co. 1240)46

§      D.L. 31 gennaio 2008, n. 8 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 13 marzo 2008, n. 45Disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali47

§      D.L. 27 maggio 2008, n. 93, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 24 luglio 2008, n. 126 Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie (art. 5)58

§      D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (art. 63)64

Normativa comunitaria

§      Az.com. 11 marzo 2002, n. 2002/210/PESC Azione comune del Consiglio relativa alla missione di polizia dell'Unione europea  69

§      Az.com. 12 luglio 2004, n. 2004/570/PESC Azione comune del Consiglio relativa all'operazione militare dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina  79

§      Az.com. 7 marzo 2005, n. 2005/190/PESC Azione comune del Consiglio relativa alla missione integrata dell'Unione europea sullo stato di diritto per l'Iraq, EUJUST LEX  87

§      Az.com. 2 maggio 2005, n. 2005/355/PESC Azione comune del Consiglio relativa alla missione di consulenza e di assistenza dell'Unione europea per la riforma del settore della sicurezza nella Repubblica democratica del Congo (RDC)98

§      Az.com. 7 novembre 2005, n. 2005/776/PESC Azione comune del Consiglio che modifica il mandato del rappresentante speciale dell'Unione europea per la Moldova  108

§      Az.com. 14 novembre 2005, n. 2005/797/PESC Azione comune del Consiglio sulla missione di polizia dell'Unione europea per i territori palestinesi111

§      Az.com. 25 novembre 2005, n. 2005/889/PESC Azione comune del Consiglio che istituisce una missione dell'Unione europea di assistenza alle frontiere per il valico di Rafah (EU BAM Rafah) (2)121

§      Az.com. 20 febbraio 2006, n. 2006/121/PESC Azione comune del Consiglio che nomina il rappresentante speciale dell'Unione europea per il Caucaso meridionale  132

§      Az.com. 10 aprile 2006, n. 2006/304/PESC Azione comune del Consiglio relativa all'istituzione di un gruppo di pianificazione dell'UE (EUPT Kosovo) per quanto riguarda una possibile operazione dell'UE di gestione delle crisi nel settore dello Stato di diritto ed eventuali altri settori in Kosovo  137

§      Az.com. 30 maggio 2007, n. 2007/369/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO relativa all'istituzione della missione di polizia dell'Unione europea in Afghanistan (EUPOL AFGHANISTAN)149

§      Dec. 14 maggio 2007, n. 2007/384/PESC DECISIONE DEL CONSIGLIO relativa all'istituzione di un meccanismo per amministrare il finanziamento dei costi comuni delle operazioni dell'Unione europea che hanno implicazioni nel settore militare o della difesa (Athena) (versione codificata)161

§      Az.com. 12 giugno 2007, n. 2007/405/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO relativa alla missione di polizia dell’Unione europea nell’ambito della riforma del settore della sicurezza (SSR) e della sua interfaccia con la giustizia nella Repubblica democratica del Congo (EUPOL RD Congo)197

§      Az.com. 15 ottobre 2007, n. 2007/677/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO relativa all’operazione militare dell’Unione europea nella Repubblica del Ciad e nella Repubblica centrafricana  209

§      Az.com. 19 novembre 2007, n. 2007/749/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO relativa alla missione di polizia dell'Unione europea (EUPM) in Bosnia-Erzegovina  216

§      Dec. 28 gennaio 2008, n. 2008/101/PESC DECISIONE DEL CONSIGLIO relativa all’avvio dell’operazione militare dell’Unione europea nella Repubblica del Ciad e nella Repubblica centrafricana (EUFOR Tchad/RCA)224

§      Az.com. 4 febbraio 2008, n. 2008/124/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO relativa alla missione dell'Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX KOSOVO)226

§      Az.com. 15 settembre 2008, n. 2008/736/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO sulla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, EUMM Georgia  238

§      Az.com. 19 settembre 2008, n. 2008/749/PESC AZIONE COMUNE DEL CONSIGLIO relativa all’azione di coordinamento militare dell’Unione europea a sostegno della risoluzione 1816 (2008) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (EU NAVCO)249

Iter al Senato

Esame in sede referente - Commissioni riunite 3ª (Affari esteri) e 4ª (Difesa)

Seduta (antimeridiana) del 1° ottobre 2008  259

Seduta (pomeridiana) del 1° ottobre 2008  266

Seduta del 7 ottobre 2008  275

Seduta dell’8 ottobre 2008  280

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alle Commissioni 3a (Affari esteri) e 4a (Difesa)

-       1ª Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 25 settembre 2008  295

Seduta del 30 settembre 2008  296

Seduta del 1° ottobre 2008  297

Seduta dell’8 ottobre 2008  299

-       2ª Commissione (Giustizia)

Seduta del 30 settembre 2008  300

-       5ª Commissione (Bilancio)

Seduta del 7 ottobre 2008  301

Seduta (antimeridiana) dell’8 ottobre 2008  302

Seduta (pomeridiana) dell’8 ottobre 2008  303

Seduta del 14 ottobre 2008  305

-       6ª Commissione (Finanze e Tesoro)

Seduta dell’8 ottobre 2008  307

-       9ª Commissione (Agricoltura e produzione agroalimentare)

Seduta dell’8 ottobre 2008  308

-       12ª Commissione (Igiene e Sanità)

Seduta del 7 ottobre 2008  311

-       14ª  Commissione (Politiche dell’Unione europea)

Seduta del 1° ottobre 2008  312

Discussione in Assemblea

Seduta del 14 ottobre 2008  315

Seduta del 15 ottobre 2008  348

 

 


SIWEB

Iter al Senato

 


Esame in sede referente -
Commissioni riunite 3
ª (Affari esteri) e 4ª (Difesa)

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MERCOLEDÌ 1 OTTOBRE 2008

1ª Seduta (antimeridiana)

 

 

Presidenza del Presidente della 3ª Commissione

DINI

 

Intervengono il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti e il sottosegretario di Stato per la difesa Cossiga.

 

 

 

La seduta inizia alle ore 8,50

 

 

IN SEDE REFERENTE

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Esame e rinvio)

 

      Il senatore BETTAMIO (PdL), relatore per la 3a Commissione, riferisce sul disegno di legge per i profili di competenza.

 

Preliminarmente osserva che nella vicenda georgiana la posizione italiana è sempre stata improntata al massimo equilibrio; si sofferma quindi brevemente sullo sviluppo degli eventi sul campo.

 

Il Governo italiano, sin dall’inizio del conflitto, ha sostenuto la linea della piena coesione con i partner europei nell’individuazione di una soluzione diplomatica. Tale soluzione si è tradotta nell’accordo elaborato il 12 agosto a livello di presidenza dell’UE e dell’OCSE, sottoposto e approvato da Russia e Georgia, composto da 6 punti, che ha posto le basi per la cessazione delle ostilità, per il ritiro delle truppe russe e per il ripristino dello status quo ante nei territori occupati, oltre a delineare un percorso di stabilizzazione politica, mediante l’avvio di trattative e l’istituzione di un monitoraggio internazionale dell’evoluzione della situazione. L’Italia ha poi sempre sottolineato la necessità di tenere aperto il confronto con la Russia; un atteggiamento che ha consentito di non esacerbare i rapporti in una delicata congiuntura.

Ciò non toglie che l’Italia – prosegue il relatore - anche quale membro dell’UE, abbia fermamente condannato il riconoscimento da parte russa dell’indipendenza del Sud Ossezia e dell’Abkazia del 26 agosto e ribadito il principio del pieno rispetto dell’integrità territoriale georgiana, all’atto della partecipazione al Consiglio europeo straordinario del 1° settembre. Nel successivo Consiglio Affari generali del 15 settembre, l’Italia ha aderito alla proposta di dispiegamento di osservatori dell’Unione Europea in Georgia, mediante l’invio di personale sia civile, sia militare, da parte di ciascun Paese membro. A livello diplomatico, sono state in detta sede definite le coerenti iniziative di nomina di un Rappresentante speciale dell’UE per la crisi georgiana e di convocare una Conferenza per la ricostruzione.

 

Ricorda ulteriormente come il Ministro degli Esteri, nel corso delle sue comunicazioni nella seduta del Senato dello scorso 17 settembre sui più recenti sviluppi della situazione politica internazionale, abbia sintetizzato i punti cardine della politica estera italiana in relazione, tra l’altro, anche alla problematica russo-georgiana.

 

Ritiene che un importante passaggio sarà costituito dall’organizzazione di una Conferenza internazionale proprio a Roma il prossimo 13 novembre, per contribuire all’individuazione di soluzioni politiche durature nella regione caucasica, scenario negli ultimi decenni di tensioni etniche e territoriali.

 

Conclude sottolineando il proprio convincimento che l’Italia, nell’ambito delle iniziative individuate a livello comunitario, debba contribuire anche sul piano economico in termini di sostegno alla ricostruzione e agli aiuti alla popolazione.

 

Passa quindi all’analisi del provvedimento, finalizzato a fornire il fondamento normativo alla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione Europea in Georgia denominata "EUMM Georgia". Ricorda che il 15 settembre 2008 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato un’azione comune mediante la quale è stato accolto l’invito rivolto dal Governo della Georgia affinché l’Europa intervenisse sullo scenario della crisi russo-georgiana mediante una specifica missione civile.             Evidenzia che l’azione comune prevede che ad essa partecipi essenzialmente personale distaccato dagli Stati membri o dalle istituzioni comunitarie e che ciascuno Stato membro debba sostenere i costi connessi con il personale destinato, incluse le spese di viaggio relative al luogo di schieramento, gli stipendi, la copertura sanitaria e tutte le indennità.

 

Richiama, in tale contesto, l’intenzione del Governo italiano di prendere parte alla missione europea mediante l’invio di 40 osservatori – 36 militari e 4 civili – oltre all’impiego di veicoli e apparati di telecomunicazione. Il decreto-legge prevede, pertanto, all’articolo 1 l’autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione del personale, dei mezzi e dei materiali delle Forze armate alla missione, a decorrere dal 21 settembre 2008 fino al 31 dicembre 2008.

 

Si sofferma quindi sul comma 2 dell’articolo 1 il quale rinvia, per la disciplina del personale, a talune disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, riguardanti l’indennità di missione, l’indennità di impiego operativo la valutazione del servizio prestato nelle missioni internazionali ai fini dell’avanzamento degli ufficiali al grado superiore, le disposizioni in materia penale, le disposizioni in materia contabile, nonché la normativa sancita quale disciplina uniforme per tutte le missioni internazionali.

Per quanto concerne l’articolo 2 del decreto-legge evidenzia che esso reca l’autorizzazione di spesa per l’anno 2008 per la partecipazione del personale civile alla missione di vigilanza dell’Unione europea. Al comma 2 dell’articolo 2 viene altresì autorizzata la spesa per l’acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione destinati al personale civile impiegato nella missione. Il terzo comma dispone l’autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l’Ufficio del Rappresentante speciale dell’Unione europea in Georgia. Infine, il comma 4 dell’articolo 2 autorizza la spesa connessa alla partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell’ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

A tale ultimo proposito, fa notare come le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell’articolo 2 rivestano specifico interesse in relazione alle materie di competenza della Commissione Affari esteri. Infatti, la presenza di un diplomatico italiano presso la Rappresentanza speciale dell’Unione europea in Georgia costituisce un fattore di raccordo fondamentale nell’ambito della politica estera del Paese rispetto all’evoluzione del negoziato internazionale sulla stabilizzazione della Georgia.

 

Ricorda inoltre che in relazione al conflitto insorto tra Georgia e Federazione russa è in programmazione una Conferenza dei donatori. Tale Conferenza affronterà la tematica dell’assistenza umanitaria e della ricostruzione nelle aree geografiche interessate dalla crisi mediante contributi e finanziamenti dei Paesi partecipanti. Anche l’Unione europea delibererà uno stanziamento e ha invitato singoli Stati membri a partecipare all’impegno comune. L’Italia ha già posto in essere un intervento di emergenza, con due contributi per l’assistenza alla popolazione sfollata per un totale di circa 500 mila euro. L’ulteriore autorizzazione di spesa, per l’anno 2008, è pari a euro 1 milione e 600 mila. Tale somma dovrebbe essere destinata ad interventi che si concentrino sulla fase post conflittuale e sul sostegno al rilancio dello sviluppo economico e della tutela della stabilità interna in Georgia.

 

Propone pertanto che le Commissioni riunite conferiscano un mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sul provvedimento, riservandosi di valutare attentamente le considerazioni che emergeranno nel corso del dibattito e le eventuali proposte emendative ai contenuti del decreto-legge.

 

Il presidente DINI sottolinea come lo stanziamento previsto dall’articolo 2 del decreto-legge per la partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell’ambito della Conferenza internazionale dei donatori sia pari ad euro 1.600.000 per l’anno 2008, mentre la spesa per la partecipazione di personale, mezzi e materiali delle Forze armate alla missione di vigilanza, di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto, corrisponda ad euro 2.058.424.

 

            Prende quindi la parola il senatore RAMPONI (PdL), relatore per la 4a Commissione, che, nell'illustrare il provvedimento in titolo, ricorda preliminarmente come la decisione relativa all'invio in Georgia di un contingente sia stata adottata all'esito di una prolungata fase nella quale a livello internazionale si è assistito a una serie di iniziative avventate, dall'innesco del conflitto armato da parte della Georgia, alla reazione della Russia, alle prime risposte da parte dell'Unione europea e della NATO, che sono sembrate ispirate a una logica di unilateralismo velleitario.

 

            Ciò vale, in particolare, per la minaccia di sanzioni verso la Federazione russa da parte europea, come pure per le dichiarazioni rilasciate dal Segretario generale della NATO con le quali questi ha ritenuto di prospettare alla Russia la possibilità di ritorsioni in caso di sostegno alle Repubbliche separatiste dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia e ha criticato quell'accordo russo-europeo che è all'origine della missione oggetto del provvedimento in conversione.

 

            Il provvedimento in esame risponde alla necessità di assicurare le condizioni per la partecipazione dell'Italia alla missione denominata EUMM Georgia. Si tratta di un'operazione PESD di crisis management; al riguardo, costituisce motivo di soddisfazione che l'iniziativa sia stata finalmente assunta in modo coerente con le cornice istituzionale e politica della PESC e della PESD.

 

            La missione tende a garantire, attraverso il dispiegamento di almeno 200 osservatori, il monitoraggio del ritiro delle forze russe sulle posizioni anteriori all'inizio delle ostilità e si propone, operando in stretto coordinamento con le Nazioni Unite e l'OSCE, di contribuire alla stabilizzazione e normalizzazione della situazione in Georgia, nonché, nel lungo periodo, all'individuazione di una soluzione politica duratura.

 

            Il dispiegamento avverrà inizialmente nelle zone adiacenti all'Ossezia del Sud e all'Abkhazia, alla luce dell'indisponibilità allo stato dichiarata da parte russa rispetto ad un accesso degli osservatori nel territorio delle due regioni. In proposito, ritiene opportuno che da parte del Governo sia fornito qualche ragguaglio sulla situazione risultante da tale diniego e sulle prospettive di evoluzione per il futuro.

 

Nel complesso, la missione rappresenta un successo politico per l'Unione europea, che ha saputo svolgere un ruolo di equilibrio in una vicenda contrassegnata da troppe intemperanze. Tuttavia, se il limite operativo testè richiamato dovesse permanere, la missione rischia di esaurire i suoi effetti soltanto nei confronti della parte georgiana, lasciando campo libero ai movimenti delle unità della Federazione russa.

 

            Per quanto attiene alla catena di comando, l'azione comune affida al Comitato politico e di sicurezza (COPS), sotto la responsabilità del Consiglio, il controllo politico e la direzione strategica della missione. Il comandante civile, in qualità di comandante dell'EUMM a livello strategico, impartisce istruzioni al Capo missione, il quale a sua volta esercita il comando della missione a livello tattico. In proposito, rileva come, trattandosi di un contingente di consistenza numerica abbastanza limitata, sarebbe stata probabilmente preferibile una catena di comando articolata su due soli livelli, anziché i tre previsti dall'azione comune.

 

            Gli osservatori non saranno armati e non disporranno di attrezzature militari, salvo i veicoli blindati. L'Italia contribuirà alla missione con un contingente di 40 osservatori, di cui 36 militari (3 tenenti colonnello, 13 marescialli ordinari, altrettanti marescialli e 10 sergenti maggiori) e 4 civili.

 

            Sulla base degli elementi di fatto e di valutazione testè riferiti, ritiene che le Commissioni riunite possano orientarsi in senso favorevole alla conversione in legge del decreto-legge in titolo.

            Si apre quindi la discussione generale.

 

Il senatore DE GREGORIO (PdL), dopo aver espresso apprezzamento per il contributo di informazione e riflessione assicurato alle Commissioni riunite dai Relatori, rileva come la posizione assunta dal Governo italiano rispetto alle crisi oggetto del provvedimento in conversione sia stata ispirata ad un'apprezzabile logica di equilibrio, in linea di continuità con gli indirizzi tradizionali della politica estera del Paese. Ciò ha formato oggetto di rimostranze in vari consessi internazionali, e in particolare in seno all'Assemblea parlamentare della NATO, ove da parte dei fautori di una linea di accentuata reattività rispetto alle iniziative militari della Russia e alla sua successiva condotta internazionale si è rimproverata all'Italia un'asserita mancanza di fermezza.

 

            L'accordo raggiunto fra la delegazione dell'Unione europea e il presidente russo Medvedev ha in tale contesto consentito di avviare la stabilizzazione della situazione, evitando di compromettere il quadro della cooperazione euro-russa e la stessa partnership con la NATO avviata con il Vertice di Pratica di Mare, ciò che avrebbe conseguenze particolarmente pesanti, ad esempio, in termini di operatività della missione in Afghanistan.

 

            Nondimeno, continua a prevalere sia in ambito europeo che nella NATO un indirizzo tendente a riconsiderare l'insieme delle relazioni con la Russia; in particolare, l'Assemblea parlamentare della NATO ha deciso di rinviare tutti i forum di dialogo e cooperazione in essere con la Russia, arrivando in alcuni casi alla relativa cancellazione. In tali condizioni, da parte dell'Italia occorre decidere se uniformarsi a tale indirizzo, ovvero mantenere alcune iniziative bilaterali già programmate a livello parlamentare, anche per tenere aperto un canale di comunicazione.

 

            Per quanto riguarda più specificamente l'oggetto della missione EUMM Georgia, rileva come nell'accordo intercorso fra la delegazione europea e il presidente russo Medvedev non vi sia alcun riferimento ad un impegno russo al ritiro dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia, ma solo dal territorio georgiano. In tali condizioni, occorre valutare se, nel prevedibile protrarsi della presenza di unità russe in Ossezia del Sud e in Abkhazia, dovrà insistersi per il loro ritiro e, in caso di diniego della Russia, dovranno essere prospettate delle sanzioni, o se non sia preferibile prendere atto dell'irreversibilità della situazione prodottasi sul terreno.

 

            Al riguardo, auspica che, nel riaffermare la condanna rispetto alle logiche unilaterali e all'uso della forza per dirimere le controversie, l'Unione europea e la NATO sappiano preservare le condizioni del dialogo e della cooperazione con la Russia. Le iniziative assunte dal Governo italiano nel contesto della presente crisi appaiono in tale prospettiva ancora più appropriate.

 

            In conclusione, auspica che l'esame del provvedimento costituisca l'occasione di un'ampia convergenza fra le forze presenti in Parlamento in favore di un indirizzo che, nel rispondere con fermezza alle iniziative unilaterali, sappia al contempo contribuire alla ripresa di un clima di dialogo a livello internazionale.

 

             Il presidente DINI fa notare come Abkazia ed Ossezia del Sud abbiano dichiarato la propria indipendenza, analogamente a quanto avvenne, nell’ambito dello scenario balcanico, per il Kosovo. Ritiene che quello del Kosovo sia un precedente importante cui riferirsi, e richiama l’intenso dibattito che si era innescato in Italia, anche in Parlamento, circa l’opportunità da parte del Governo di procedere o meno al riconoscimento del Kosovo come Stato indipendente.

 

            Il senatore COMPAGNA (PdL) interviene in discussione generale ripercorrendo l’andamento dell’ultimo vertice dell’Assemblea parlamentare dell’OSCE che si è tenuto questo mese a Toronto e che ha visto un duro confronto tra le delegazioni russa e georgiana, in assenza di interventi da parte degli Stati Uniti.

 

            Fa presente come la crisi in corso nel Caucaso tragga origine dal contesto politico che si è andato determinando negli ultimi due decenni, con specifico riferimento al ruolo che si è consentito che la Russia svolgesse nella regione, quale paese da un lato deputato alla garanzia della stabilità nell’area ma, dall’altro, esercente una sorta di sovranità su ambiti territoriali da essa distinti e indipendenti. Evidenzia come tale situazione si sia creata anche grazie all’atteggiamento permissivo dell’Unione europea e delle organizzazioni internazionali, la cui attenzione era rivolta essenzialmente al fronte balcanico.

 

            Sottolinea peraltro la necessità, nella attuale congiuntura, di prese di posizione da parte della comunità internazionale nel suo complesso in relazione alla politica seguita dalla Russia, la quale determina un momento di grave tensione delle relazioni transatlantiche, oltre che con l’Unione europea.

 

            Al di là dello stato delle relazioni bilaterali italo-russe, rileva l’opportunità di un’attenta riflessione sulla tendenza russa al ritorno ad un’impostazione politica rispetto ai paesi dell’area caucasica che si pone in discontinuità con il riconoscimento dell’indipendenza acquisita dalle repubbliche ex-sovietiche e con la tendenza alla stabilizzazione dei rapporti internazionali che aveva, invece, caratterizzato la politica estera russa negli ultimi decenni.

 

            In tale contesto, ritiene che un ruolo di primo piano spetti naturalmente all’OSCE. In particolare, sottolinea l’esigenza che a tale Organizzazione debba essere restituita l’essenziale funzione di referente politico, senza limitarsi ai compiti tecnici di monitoraggio elettorale e di tutela dei diritti umani. Fa altresì notare come in termini di intermediazione l’OSCE possa intervenire efficacemente in un’ottica di superamento dello stallo dei rapporti tra Russia, da un lato, e Organizzazione delle Nazioni Unite e Stati Uniti dall’altro.

 

            Il presidente DINI sottolinea a propria volta come, da parte russa, l’OSCE sia da sempre stata considerata come precipua sede di mediazione e confronto a livello di rapporti internazionali; un ruolo che la NATO non ha mai voluto riconoscere né accettare.

 

            Interviene quindi la senatrice MARINARO (PD) la quale rileva in premessa il positivo ruolo svolto dall’Unione europea nell’individuazione di una soluzione diplomatica e nell’intervento nell’area caucasica, da considerarsi strategica sotto numerosi profili. Rileva peraltro come detto ruolo sia stato favorito dalla coincidenza temporale con la presidenza francese.

 

            Ritiene che l’Unione europea debba riaffermare la propria funzione di attore primario sullo scenario internazionale, anche alla luce delle nuove esigenze che si vanno determinando in termini di sicurezza in numerosi contesti territoriali. Sottolinea, a tale proposito, l’opportunità di un sempre maggiore impegno per una politica estera e di sicurezza comune.            In relazione all’ambito geopolitico dell’Europa dell’Est e agli interessi economici sottostanti, auspica, peraltro, che possa essere definita a livello comunitario una politica energetica comune che esplichi positivi effetti anche rispetto ai paesi europei di minori dimensioni.

 

            Nelle sedi di confronto internazionali, sostiene la necessità della prosecuzione del dialogo e di una politica di partenariato tra Unione europea e Russia.

 

            Conclude sottolineando, tuttavia, con fermezza, l’esigenza che in qualsiasi ambito di trattativa non possa essere ammessa alcuna decisione che incida sulla piena tutela dei diritti umani delle popolazioni e, in particolare, delle minoranze etniche.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 

 

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MERCOLEDÌ 1° OTTOBRE 2008

2ª Seduta (pomeridiana)

 

Presidenza del Presidente della 3ª Commissione

 

DINI

 

Intervengono il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti e il sottosegretario di Stato per la difesa Cossiga.

 

 

 

La seduta inizia alle ore 15,34.

 

 

IN SEDE REFERENTE 

 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Esame del disegno di legge n. 1061, congiunzione con il seguito dell’esame del disegno di legge n. 1038 e rinvio. Seguito dell’esame del disegno di legge n. 1038, congiunzione con l’esame del disegno di legge n. 1061 e rinvio)

 

            Riprende l’esame sospeso nella seduta antimeridiana odierna.

 

      Interviene il senatore RAMPONI (PdL), relatore per la 4a Commissione, il quale introducendo l'esame del disegno di legge n. 1061, rileva in primo luogo come il decreto-legge che esso tende a convertire, il n. 150 del 29 settembre 2008, composto di 3 articoli, miri ad assicurare la proroga, dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008, della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, Althea, EUFOR/Tchad/RCA, Minustah e alla missione della Guardia di finanza in Libia, missioni per le quali tutte il decreto-legge n. 8 del 2008 aveva previsto la scadenza al 30 settembre 2008. Lo stesso provvedimento in conversione autorizza inoltre la partecipazione alla missione dell’OSCE in Georgia e le ulteriori spese sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq già finanziate per il 2008 dal medesimo decreto-legge.

 

In particolare, l’articolo 1 del decreto-legge n. 150 in conversione, al comma 1autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 112.542.774 euro per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione UNIFIL condotta dall’ONU in Libano, da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 1 del decreto-legge n. 8 del 2008. La missione in questione era infatti autorizzata fino al 30 settembre 2008 in coerenza con il mandato dell’ ONU disposto dalla risoluzione 1773 (2007), e viene ora prorogata essendo nel frattempo intervenuta la proroga di tale mandato ai sensi della risoluzione 1832 (2008).

 

L’Italia contribuisce  in particolare alla componente navale di UNIFIL, per il controllo delle acque prospicienti il territorio libanese, richiesto dal Department of Peacekeeping Operations delle Nazioni Unite. Tale contributo viene realizzato mediante l’impiego di unità navali nell’ambito del gruppo navale EUROMARFOR, costituito da Francia, Spagna, Portogallo e Italia per l’impiego in operazioni PESD dell’Unione europea.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2.

 

Il comma 2 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 9.668.523 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall’UE in Bosnia-Erzegovina denominata Althea ed alla missione IPU (Integrated Police Unit) che opera nell’ambito della stessa, da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 5 del decreto-legge n. 8 del 2008. Anche in questo caso, la missione era autorizzata fino al 30 settembre 2008.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, già richiamate.

 

Il comma 3 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 8.310.451 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione PESD condotta dall’UE in Ciad e nella Repubblica Centrafricana denominata EUFOR TCHAD/RCA da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 9 del decreto-legge n. 8 del 2008. Anche in questo caso la scadenza era fissata al 30 settembre 2008.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, già richiamate, nonché quelle di cui al comma 1, lettera d) dello stesso articolo, che stabilisce che il personale in questionepercepisca l’indennità di missione nella misura intera, eventualmente incrementata del 30 per cento, se non usufruisce, a qualsiasi titolo, di vitto ed alloggio gratuiti; la diaria è calcolata con riferimento a quella prevista per il Congo.

Il comma 4 autorizza dal 1° settembre al 31 dicembre 2008 la spesa di 99.999 euro per la proroga della partecipazione del personale militare italiano alla missione di osservatori militari condotta dall’OSCE in Georgia, in relazione alla decisione n. 861 del 19 agosto 2008 con cui il Consiglio permanente dell’OSCE ha disposto per almeno sei mesi l’aumento fino a 100 unità degli osservatori militari di cui 20 da mobilitare immediatamente nelle aree contigue all’Ossezia del Sud. L’Italia contribuisce con l’invio di 5 osservatori.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a) e 2, già richiamate.

 

Il comma 5autorizza per l’anno 2008 l’ulteriore spesa di 417.102 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle attività di consulenza, formazione, addestramento del personale delle Forze armate e di polizia irachene da ultimo rifinanziata dall’articolo 2, comma 10 del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto il 2008 per una spesa di 8.157.821 euro. Si tratta delle attività svolte nell’ambito della missione NATO training Mission – Iraq.

 

Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 16 Carabinieri per le attività di addestramento della Iraqi National Police.

 

Il comma 6 autorizza per l’anno 2008 l’ulteriore spesa di 12.373.484 euro per la partecipazione del personale militare italiano alle missioni in Afghanistan denominate ISAF, a conduzione NATO, e della missione di polizia condotta dall’UE denominata EUPOL Afghanistan, da ultimo rifinanziata dall’articolo 3, comma 2 del decreto-legge n. 8 del 2008 a tutto l'anno in corso.

 

Il rifinanziamento è inteso ad assicurare la partecipazione di 40 Carabinieri                                                                                                     in attività di addestramento in favore della polizia afghana e a rafforzare la componente aerea di ISAF mediante lo schieramento di 4 Tornado con relativo supporto logistico e di personale.

 

Il comma 7 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 1.384.878 euro per la partecipazione italiana alle missioni internazionali nei Balcani: Multinational Specialized Unit (MSU), in Kosovo; Joint Enterprise, nell’area balcanica; Albania 2, in Albania; Criminal Intelligence Unit (CIU), in Kosovo; Union Police Team (EUPT), in Kosovo; missione PESD dell’Unione europea in Kosovo.

 

Anche la partecipazione a tali missioni era stata da ultimo rifinanziata dal decreto-legge n. 8 del 2008 (articolo 3, comma 4). Il rifinanziamento attuale è connesso in particolare all’assunzione del comando da  parte dell’Italia della missione NATO in Kosovo, con relativo supporto logistico-operativo e l’invio di 2 elicotteri aggiuntivi AB 205 e di quattro mezzi militari terrestri.

 

Il comma 8 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia in esecuzione dell’accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico siglato, in data 29 dicembre 2007, per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani.

 

L’accordo intergovernativo prevede, in particolare, lo svolgimento di attività di pattugliamento marittimo per l’effettuazione di operazioni di controllo, ricerca e salvataggio delle imbarcazioni dedite al trasporto di immigrati clandestini, mediante l’impiego di sei unità navali della Guardia di finanza, che imbarcheranno equipaggi misti, composti da personale libico e personale di tale Corpo, per scopi di addestramento, formazione nonché assistenza tecnica all’impiego ed alla manutenzione dei mezzi. Nell’ambito della missione il personale della Guardia di finanza è inserito nel comando operativo interforze ed assume compiti di direzione e coordinamento delle attività navali.

 

Anche la partecipazione del Corpo della Guardia di finanza alla missione in Libia era infatti autorizzata fino al 30 settembre 2008 dall’articolo 3, comma 20 del decreto-legge n. 8 del 2008.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2.

 

Il comma 9 autorizza dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008 la spesa di 1.516.046 euro per la proroga della Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui alla risoluzione 1780 (2007), adottata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 15 ottobre 2007 delle Nazioni Unite in Haiti, da ultimo rifinanziata ai sensi dell’articolo 3, comma 24 del decreto-legge n. 8 del 2008. La missione ha il compito di assistere il Governo haitiano nelle attività di riforma della polizia.

 

Lo stesso comma stabilisce che al personale impiegato nella missione in questione si applicano le stesse disposizioni in materia di trattamento economico contenute nel decreto-legge n. 8 del 2008 di cui all’articolo 4, commi 1, lettera a), e 2.

 

Il comma 10 autorizza per l’anno 2008 la spesa di 1.300.000 euro per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l’Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya. Si tratta di assicurare un servizio di sicurezza e di scorta al contingente di esperti italiani riuniti in PRT all’interno della base USA di Tallil. Giacché gli accordi con i responsabili della base non prevedevano tale aspetto, si è reso necessario provvedere alla stipula di un contratto che si avvia a scadenza al 31 dicembre 2008 e che ora si intende rinnovare prima della scadenza affinché il servizio di sicurezza si svolga senza soluzione di continuità.

Il comma 11 dell'articolo 1 prevede che alle missioni di cui ai precedenti commi si applichino una serie di disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, e precisamente l'articolo 4, commi 4-8 (in materia di corresponsione di indennità, valutazione del servizio prestato nel quadro delle missioni internazionali ai fini di avanzamento, facoltà di proroga del periodo di ferma dei volontari in ferma prefissata) e comma 10 (rinvio a specifiche disposizioni, di carattere molto eterogeneo, del decreto-legge n. 451 del 2001), e gli articoli 5 (in materia di giurisdizione e condizioni di procedibilità per i reati commessi dallo straniero nei territori nei quali si svolgono le missioni) e 6, relativo al regime di contabilità.

 

Il comma 12 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 150 in conversione  estende la previsione dell'attribuzione della promozione al grado superiore con decorrenza dal giorno precedente la cessazione dal servizio, anche agli effetti economici, ai militari della Guardia di finanza deceduti o divenuti permanentemente inidonei al servizio per ferite, lesioni o malattie riportate in servizio durante l'impiego in attività operative o addestrative. Tale beneficio è riconosciuto subordinatamente al parere favorevole della competente commissione d'avanzamento, che tiene conto delle circostanze nelle quali si è determinato l'evento.

 

L'articolo 2 del decreto-legge in conversione reca disposizioni circa la copertura finanziaria per far fronte agli oneri previsti dal provvedimento, mentre l'articolo 3 reca le disposizioni relative all'entrata in vigore e l'ordine di esecuzione.

 

Alla stregua di quanto precede, ritiene che le Commissioni riunite possano orientarsi ad esprimere un mandato favorevole alla conversione in legge del decreto-legge n. 150 del 2008.

 

            Interviene il senatore BETTAMIO (PdL), relatore per la 3a Commissione, che ad integrazione delle considerazioni svolte dal relatore Ramponi evidenzia innanzitutto che il decreto-legge in esame di proroga dell’autorizzazione alla partecipazione italiana alle missioni internazionali per l’anno 2008 si inquadra in uno scenario di presenza italiana in missioni di pace, congiuntamente agli altri Paesi europei ovvero nell’ambito di iniziative sorte in seno alle Nazioni Unite.

 

Relativamente alla missione delle Nazioni Unite in Libano, sottolinea il sostegno del Governo italiano al processo di riconciliazione in atto nella regione. Per quanto concerne i rapporti tra Italia e Libia, richiama l’impegno del Governo che ha consentito la conclusione del negoziato per giungere ad un accordo di amicizia e di collaborazione, che consente di porre fine ai numerosi contenziosi ancora in sospeso tra i due Paesi anche in un’ottica di tutela degli investimenti italiani. Riguardo all’intervento in Afghanistan, reputa opportuno proseguire nell’impegno di stabilizzazione nella regione anche tramite il coordinamento tra contingenti nazionali nei vari compiti, tra cui la formazione delle forze di sicurezza afgane. In Iraq, prosegue l’esigenza di contribuire alla stabilizzazione dell’area e l’Italia svolge un ruolo essenziale nella missione NATO di formazione e addestramento della polizia locale. Sempre nella medesima area, occorre far fronte all’esigenza di garantire la sicurezza del personale italiano operante presso l’Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassirya. L’intervento in Bosnia Erzegovina si inquadra in ambito europeo e mira al sostegno al mantenimento delle condizioni di sicurezza nell’area, mentre l’intervento nei Balcani è essenzialmente legato all’assunzione da parte dell’Italia del comando della missione NATO in Kosovo.

Riguardo all’intervento nel Chad e nella Repubblica centrafricana, richiama l’esigenza di proseguire la presenza italiana in un contesto di grave crisi umanitaria nella zona del Darfur e nelle regioni limitrofe. Con riferimento alla partecipazione alla missione ONU ad Haiti, condivide la prosecuzione del contributo italiano alla formazione e addestramento delle forze di sicurezza locali.

 

Quanto ai contenuti tecnici del provvedimento, sottolinea che le autorizzazioni di spesa ivi previste afferiscono, in particolare, alle missioni che erano state autorizzate sino al 30 settembre 2008, dal decreto-legge n. 8 del 2008. Inoltre, relativamente all’anno 2008 il decreto-legge dispone la partecipazione di personale militare italiano alla missione di osservatori OSCE in Georgia, nonché l’autorizzazione di spese sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Balcani, Kosovo e in Iraq.

 

Quanto alla partecipazione dei militari italiani ala missione OSCE in Georgia, fa presente che tale necessità si ricollega all’aumento della partecipazione deliberato dal Consiglio di quella organizzazione per la collocazione di osservatori militari in Ossezia del Sud. I due interventi – in sede europea e in ambito OSCE – sono facce della stessa medaglia e segnalano l’attenzione della comunità internazionale rispetto allo scenario caucasico.

 

Propone pertanto il conferimento del mandato a riferire favorevolmente in Assemblea.

 

            Il presidente DINI rileva come l’impegno italiano nelle missioni internazionali, risultante dai decreti in esame, si articoli su più fronti e comporti un notevole sforzo finanziario.

 

            Il senatore SCANU (PD) prospetta l'opportunità di mantenere aperta la discussione generale fino alla settimana prossima, così da garantire ai componenti delle Commissioni riunite la possibilità di approfondire adeguatamente gli aspetti più rilevanti sottesi ai due provvedimenti d'urgenza all'ordine del giorno.

 

            Il senatore PEDICA (IdV) condivide l’esigenza segnalata dal senatore Scanu in ordine alla necessità di disporre di tempi adeguati per l’analisi del provvedimento sulle missioni internazionali.

 

            Con riferimento al disegno di legge n. 1061 ritiene infatti necessario un approfondimento su taluni profili sui quali chiede al Governo di fornire elementi di chiarimento. In particolare, segnala come il rifinanziamento della missione in Iraq di cui all’articolo 1, comma 5, del decreto-legge n. 150 non costituisca una mera proroga della durata dell’intervento. Inoltre, evidenzia come il disposto del comma 6 dell’articolo 1 del decreto, sulla partecipazione del personale militare alle missioni in Afghanistan, non specifichi l’entità del personale impiegato nel rafforzamento della componente aerea. Infine, fa notare come il comma 7 dell’articolo 1 del decreto, nell’autorizzare l’ulteriore spesa per la partecipazione alla missione nei Balcani, non consenta di desumere la quantità di ulteriore personale di cui si prevede l’invio.

 

            In conclusione, ribadisce l’esigenza di un prolungamento dei tempi a disposizione per la discussione generale.

            Il presidente DINI fa presente che il decreto-legge n. 150 è stato pubblicato e assegnato alle Commissioni in data di ieri e che i disegni di legge nn. 1038 e 1061 sono già stati calendarizzati per l’esame da parte dell’Assemblea a partire dalla seduta di martedì 14 ottobre.

 

Ciò premesso, nel condividere le istanze rappresentate dai senatori in ordine ai tempi di discussione dei provvedimenti, e alla luce dei loro contenuti, propone che la discussione generale si svolga congiuntamente e prosegua la prossima settimana.

 

            Il senatore CANTONI (PdL), presidente della 4a Commissione, concorda con la proposta testè formulata dal presidente Dini in ordine al termine per la discussione generale.

 

            Convengono le Commissioni riunite.

 

            La senatrice NEGRI (PD) rileva come le scelte dal Governo per far fronte alla crisi russo-georgiana siano state nel complesso improntate ad equilibrio ed appropriate. Ricorda poi come, alla stregua dell'articolo 17 dell'azione comune del Consiglio dell'Unione europea del 15 settembre 2008 che l'ha istituita, la missione EUMM Georgia è soggetta dopo un semestre dal suo avvio operativo ad una valutazione da parte del Comitato politico e di sicurezza (COPS), sulla base di una relazione redatta dal Capo missione e dal Segretario generale del Consiglio. In tale occasione, il Parlamento sarà chiamato a valutare le prospettive di evoluzione di una situazione estremamente complessa, che ripropone in territorio europeo un nuovo grave focolaio di crisi, dopo la tragica pagina dei conflitti nei Balcani. È augurabile che tale passaggio sia affrontato dalle forze politiche della maggioranza e dell'opposizione al di fuori delle logiche di schieramento.

 

            Il senatore DEL VECCHIO (PD) sottolinea in primo luogo l'importanza del varo di una missione ad opera dell'Unione europea in una cornice coerente con le scelte della PESC, quale è la EUMM Georgia. Rileva poi come la vicenda del conflitto russo-georgiano sia stata affrontata dall'Italia con apprezzabile realismo ed equilibrio, sebbene - come ricordato stamattina dal senatore De Gregorio - tale orientamento non sia stato affatto apprezzato da tutti in ambito NATO. L'Unione europea ha saputo esercitare un ruolo importante nel riportare la crisi sotto controllo, anche se essa deve interrogarsi sulle ragioni per le quali non si è saputo prevenire quelle iniziative avventate della Georgia che hanno innescato il conflitto.

 

Per quanto riguarda le prospettive future, un ritorno allo status quo ante appare purtroppo difficile da ipotizzare, anche in considerazione del precedente del riconoscimento del Kosovo. Si tratta in ogni caso di una controversia molto complessa, che va affrontata con cautela ed equilibrio, ed è a questi criteri che occorre dare atto all'Unione europea di essersi ispirata.

 

            Il presidente DINI fa presente come sia in sede Onu, sia nell’ambito dell’Unione europea, si convenga sull’opportunità di avviare procedure di indagine in ordine alle responsabilità della genesi del conflitto russo-georgiano.

 

             Il senatore SIRCANA (PD) sottolinea in primo luogo l'opportunità di evitare, nel valutare la crisi russo-georgiana, facili schemi interpretativi che tendono ad addossare tutte le responsabilità di quanto accaduto alla Russia. Occorre inoltre ricordare che alle origini del conflitto, con gli aspetti etnici concorrano importanti fattori di ordine economico, oltrechè geo-strategico. In proposito, l'Italia deve a suo avviso porre in essere un'incisiva azione volta a riaffermare le ragioni del dialogo e della cooperazione, evitando di rassegnarsi a che la Georgia divenga, insieme all'Ucraina, ostaggio di una nuova confrontation fra gli Stati Uniti e la Federazione russa.

 

            Il relatore RAMPONI (PdL) rileva come la richiesta, precedentemente richiamata nel corso della discussione, di promuovere un'inchiesta internazionale sulle responsabilità del conflitto russo-georgiano appaia orientata ad attribuire tale responsabilità alla Russia, a dispetto dei rilevanti elementi che dovrebbero per contro portare ad imputarla alla leadership georgiana.

 

            Il sottosegretario SCOTTI interviene per svolgere talune considerazioni in ordine al disegno di legge n. 1038.

 

            Nel riaffermare la chiarezza e coerenza della linea seguita dal Governo nel contesto della crisi russo-georgiana, fa presente come sin dalla sottoscrizione dell’accordo in sei punti del 12 agosto 2008 sotto lo stimolo della presidenza francese dell’Unione europea vi fosse, da parte di tutti gli attori, la piena consapevolezza di come vi fossero taluni punti di difficile attuazione.

 

            In particolare si sofferma sul punto cinque dell’accordo, concernente la necessità dell’arretramento delle forze armate russe alle posizioni antecedenti all’inizio del conflitto, in attesa dell’intervento di una forza di pace internazionale. Detta parte dell’accordo fonda la decisione dell’Unione europea di inviare una missione di osservatori civili e militari. Fa notare come l’Italia abbia svolto un impegnativo lavoro diplomatico, insieme a Francia e Germania, finalizzato alla sottoscrizione dell’accordo e come il Paese debba coerentemente essere presente nell’ambito delle missioni europea, Onu e Osce. Evidenzia peraltro come l’intervento stabilito dall’Osce presenti profili di particolare delicatezza facendo parte di tale organizzazione anche Russia e Georgia.

 

            Passa quindi al punto sei dell’accordo, concernente l’avvio di trattative diplomatiche per l’individuazione di una soluzione condivisa sulla stabilizzazione dell’area caucasica. A tale proposito, ricorda che il prossimo 22 ottobre si svolgerà la Conferenza internazionale dei donatori mentre il 15 ottobre a Ginevra si apriranno i lavori della Conferenza internazionale per l’attauzione del punto sei dell’accordo. In un momento successivo si svolgerà la Conferenza internazionale di pace sul Caucaso prevista per i primi di novembre, prima però dello scoppio del conflitto.

 

            Sottolinea come il conflitto russo-georgiano risulti di difficile soluzione poiché implica una ridefinizione dei rapporti tra Russia, Unione europea e Stati Uniti; e ciò al di là delle ragioni anche di tipo etnico, che lo hanno generato.

 

            Ritiene che la posizione del Governo italiano debba essere improntata alla massima responsabilità e al mantenimento dei canali diplomatici con la Russia: infatti, la Russia non solo dispone del potere di veto in sede Onu, ma riveste un ruolo chiave sullo scenario internazionale.

 

            Evidenzia peraltro, con riferimento alla problematica dell’individuazione delle responsabilità dell’avvio delle ostilità belliche in Abkazia e Ossezia del Sud, come sia stato innanzitutto necessario giungere ad una cessazione degli scontri, rinviando l’accertamento preciso dei fatti e delle responsabilità ad un momento successivo.

 

Conclude ribadendo l’impegno del Governo italiano per la ricerca di soluzioni condivise nelle sedi deputate allo svolgimento delle Conferenze di pace.

 

            Il senatore PEDICA (IdV) auspica che il Rappresentante del Governo fornisca, nel prosieguo dei lavori, puntuali risposte alle questioni poste in relazione al disegno di legge n. 1061.

 

            Il presidente DINI propone quindi di fissare per le ore 16,30 di martedì 7 ottobre il termine per la presentazione di eventuali emendamenti ai disegni di legge in titolo.

 

            Le Commissioni riunite convengono.

 

            Il seguito dell’esame congiunto è quindi rinviato.

 

 

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2008

3ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 4ª Commissione

 

CANTONI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri Scotti.

 

La seduta inizia alle ore 15,20.

 

 

IN SEDE REFERENTE 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia  

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Seguito dell'esame congiunto e rinvio)

 

             Riprende l’esame congiunto, sospeso nella seduta pomeridiana del 1° ottobre scorso.

 

Il presidente CANTONI ricorda che le Commissioni riunite hanno convenuto di fissare il termine per la presentazione degli eventuali emendamenti ai due disegni di legge in esame in oggi, martedì 7 ottobre, alle 16,30. Ciò, anche alla luce del fatto che la Conferenza dei Capigruppo ha fissato il termine per la presentazione degli emendamenti per l'Assemblea alle 19 di giovedì 9 ottobre.

 

Il senatore MARCENARO (PD), nel condividere le considerazioni già svolte in discussione generale dalla senatrice Marinaro e dal senatore Scanu, fa presente come i provvedimenti in esame si riferiscano ad iniziative di partecipazione stabilite in ambito comunitario e rechino un mero prolungamento dell’autorizzazione di missioni internazionali già deliberate in leggi precedenti.

 

Dopo aver richiamato le similitudini tra la crisi russo-georgiana e la vicenda balcanica e in particolare del Kosovo, facendo riferimento al decisivo ruolo svolto dal Governo serbo nella definizione dell’assetto territoriale dell’area, si sofferma a commentare la disposizione di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 150 del 2008, in materia di sostegno alla missione in Afghanistan. A tale ultimo proposito, fa osservare che la disposizione prevede l’utilizzo di ulteriori mezzi militari e rileva come, a proprio avviso, sarebbe stato opportuno che la decisione di un maggiore impegno di uomini e mezzi fosse preceduta da un’adeguata analisi del contesto politico in Afghanistan. Infatti, richiama lo scenario estremamente problematico di quella zona e come la propria parte politica abbia da sempre sostenuto, accanto all’opportunità di intervento da parte dell’Italia, anche la necessità che la presenza militare si accompagni ad iniziative di tipo prettamente politico che inquadrino tale presenza in un contesto adeguato.

 

Conclude auspicando che alle Commissioni possano essere forniti elementi conoscitivi sulla situazione in Afghanistan, mediante audizioni.

 

Il presidente CANTONI ricorda che il ministro La Russa gli ha manifestato, al termine della riunione del Consiglio dei ministri dello scorso 23 settembre, la sua disponibilità a riferire sulla decisione, che era stata appena assunta, di inviare in Afghanistan 4 aerei Tornado con compiti di ricognizione.

 

Di tale disponibilità egli ha informato l'Ufficio di Presidenza della Commissione difesa, allargato ai Capigruppo, nella riunione del giorno successivo.

 

Le Commissioni esteri e difesa potranno pertanto valutare se sia opportuno dar luogo ad un confronto con il ministro La Russa sul tema in questione; più in generale, potrà verificarsi la possibilità di procedere ad audizioni ad opera delle Commissioni 3a e 4a, congiuntamente o in via autonoma.

 

La senatrice PINOTTI (PD) ricorda che già in occasione della seduta delle Commissioni riunite 3a e 4a del Senato e III e IV della Camera dello scorso 11 giugno il ministro La Russa assicurò che, nel caso in cui in prosieguo di tempo fosse emersa la necessità di dar corso alla richiesta formulata da Paesi alleati, e segnatamente dalla Germania, in ordine al dispiegamento di alcuni aerei Tornado nel teatro afgano, egli ne avrebbe riferito al Parlamento.

 

Alla luce degli sviluppi della situazione in Afghanistan, e tenuto conto delle recenti dichiarazioni del comandante in capo delle truppe britanniche in Afghanistan, generale Carleton-Smith, appare quindi opportuno che le Commissioni 3a e 4a affrontino congiuntamente una riflessione generale sul tema.

 

Il presidente CANTONI assicura che si farà interprete, insieme al presidente Dini, della richiesta testé formulata dalla senatrice Pinotti in vista di un confronto con i ministri La Russa e Frattini.

 

 Il senatore TONINI (PD) rileva in senso critico l’impostazione recentemente assunta dal Governo nel senso di una attribuzione delle maggiori responsabilità della genesi della crisi russo-georgiana alla sola Georgia.

A tale proposito, fa presente come non possa essere condiviso il comportamento del Governo laddove, nell’accingersi a deliberare la partecipazione ad una missione di vigilanza in Georgia, non sembri aver mantenuto un atteggiamento sufficientemente neutrale tra le parti in conflitto.

 

Rileva inoltre come la propria parte politica sostenga la necessità che gli indirizzi fondamentali della politica estera del Paese debbano essere discussi e deliberati nell’ambito di un approfondito confronto parlamentare. Peraltro, ritiene preoccupante la differente impostazione che l’attuale Governo sembra seguire rispetto all’Esecutivo di centro-destra della XIV legislatura, laddove al mantenimento di rapporti privilegiati con l’Amministrazione americana pare sostituirsi una contiguità con la Russia.

 

Pur nella consapevolezza della necessità di un confronto con la Russia quale soggetto politico e partner economico, fa presente come sia opportuno che l’Europa si esprima rispetto a tale controparte secondo una strategia unitaria; in tale contesto ritiene che la posizione che l’Italia assume non possa che essere frutto di una scelta condivisa da maggioranza e opposizione.

 

Il presidente CANTONI rileva come le dichiarazioni rese lo scorso 5 ottobre dal Presidente del Consiglio circa le responsabilità del conflitto russo-georgiano si inseriscano in un discorso più ampio, diretto a sottolineare come la posizione dell'Italia, in sintonia con quella assunta dalla Francia nell'esercizio della Presidenza di turno dell'Unione europea, sia stata decisiva per far prevalere un approccio equilibrato alla crisi, in un contesto nel quale da molte parti si arrivava a prospettare la possibilità di sanzioni nei confronti della Russia. Dell'esistenza di tale clima, che può definirsi concitato, ha personalmente avuto modo di accorgersi in occasione della sua partecipazione, in qualità di Presidente della 4a Commissione del Senato, alla riunione della Commissione affari esteri del Parlamento europeo convocata, in via straordinaria, per discutere della crisi in Georgia, svoltasi il 20 agosto a Bruxelles.

 

La gravissima crisi in atto nei mercati finanziari mondiali, innescata da prassi operative di grandi gruppi statunitensi che da troppo tempo erano fortemente inquinati da logiche malavitose non fa che confermare l'opportunità di una riflessione sulle prospettive future per la sicurezza e lo sviluppo del Paese, che dovrà certamente continuare a fare riferimento in via prioritaria sugli Stati Uniti, ma che non può ignorare come la presente crisi metta in causa le modalità con le quali si è finora esercitata la leadership mondiale dell'alleato nordamericano in campo economico. In tale contesto, le relazioni con la Russia non possono non essere considerate con speciale attenzione, anche alla luce di fattori come la comune appartenenza continentale e la dipendenza energetica dell'Italia, in un panorama internazionale destinato comunque a vedere - per fattori economici, demografici e culturali evidenti - la crescente influenza di Paesi come la Cina, l'India e, appunto, la Russia.

 

Il relatore RAMPONI (PdL) prospetta l'opportunità di far sì che la presente discussione resti ancorata al suo oggetto.

 

Il presidente CANTONI rileva come una riflessione più generale sul contesto finanziario e geo-strategico mondiale in cui si collocano i provvedimenti in conversione debba considerarsi assolutamente attinente all'ordine del giorno.

Il senatore PERDUCA (PD) condivide i rilievi svolti dal senatore Tonini, ove si sottolineava l’opportunità per il Governo italiano di proseguire in un rapporto privilegiato con gli Stati Uniti, indipendentemente dalla presidenza statunitense, anziché sostenere la posizione russa nell’ambito della crisi nel Caucaso.

 

Relativamente alla missione di vigilanza in Georgia, fa presente come il contesto georgiano risulti per molti versi simile a quello balcanico del decennio scorso, paventando che la predisposizione di una missione civile in uno scenario di recente conflitto armato possa porre in pericolo l’incolumità degli osservatori in caso di recrudescenza degli scontri.

 

Per quanto concerne la prospettata opportunità di un’audizione parlamentare del Governo, fa presente che sarebbe preferibile procedere ad un incontro separato dei Dicasteri della difesa e degli affari esteri onde consentire un migliore dibattito.

 

Con riferimento, invece, alla prevista Conferenza dei donatori, e alle Conferenze internazionali in programmazione per definire diplomaticamente l’assetto della Georgia, sottolinea l’esigenza che non vengano escluse dai tavoli di trattativa anche le rappresentanze di Abkazia e Ossezia del Sud, nell’interesse delle relative popolazioni.

 

Passando quindi alle disposizioni relative alla missione italiana in Afghanistan, fa presente che il decreto-legge n. 150 non si limita a prevedere un prolungamento temporale della stessa ma anche l’impiego di ulteriori mezzi militari. A tale proposito, sottolinea come un rafforzamento della presenza militare incrementi le possibilità di conflitto e, pertanto, di mancato rispetto del mandato di pace della missione. Reputa opportuno che nello scenario afgano il confronto a livello politico avvenga individuando gli interlocutori più affidabili e, soprattutto, trattando dell’importante problematica legata al traffico dell’oppio prodotto nella zona. Ricorda, in proposito, come la posizione del Governo italiano non emerga con chiarezza e come, a proprio avviso, sarebbe necessario raggiungere un’intesa a livello internazionale sul punto.

 

Con riferimento, infine, all’intervento in Libano, fa osservare come la situazione nell’area appaia preoccupante anche dal punto di vista della sicurezza e come la presenza italiana non debba essere confermata senza essere preceduta da un’accurata valutazione del contesto politico di riferimento.

 

Il relatore BETTAMIO (PdL), per le parti di competenza della 3a Commissione, svolge l’intervento di replica.

 

Sottolinea positivamente, richiamando anche la conforme opinione espressa dalla senatrice Marinaro nel corso della discussione, come gli interventi italiani nelle missioni internazionali si inquadrino essenzialmente in un contesto europeo.

 

Reputa infatti di estremo rilievo il fatto che l’Unione europea assuma un ruolo significativo nello scenario internazionale, evitando in tal modo che i singoli Stati membri pongano in essere iniziative disomogenee e non coordinate tra loro.

 

Conclude auspicando il conferimento di un mandato a riferire favorevolmente in Assemblea sui provvedimenti in esame.

Intervenendo in sede di replica, il relatore RAMPONI (PdL) dichiara preliminarmente di concordare con il senatore Marcenaro sull'opportunità di rinviare una riflessione più generale sul contesto politico nel quale si inscrivono le missioni internazionali ad un futuro confronto con i Ministri della difesa e degli affari esteri.

 

Resta ovviamente legittimo subordinare il proseguimento di singole missioni ad una specifica discussione parlamentare, laddove emergano fatti nuovi. Non sembra tuttavia che per la missione in Afghanistan ricorrano condizioni suscettibili di richiedere una verifica, tali non potendo a suo avviso essere considerate le recenti dichiarazioni del comandante in capo delle truppe britanniche in Afghanistan, generale Carleton-Smith.

 

In conclusione, propone che le Commissioni riunite si esprimano favorevolmente sulla conversione in legge dei due decreti-legge all'ordine del giorno.

 


AFFARI ESTERI (3a) / DIFESA (4a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

4ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 3ª Commissione

DINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per la difesa Crosetto.

 

La seduta inizia alle ore 14,50.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Seguito dell'esame congiunto, disgiunzione e conclusione)

 

             Riprende l’esame congiunto sospeso nella seduta del 7 ottobre scorso.

 

       Il presidente DINI ricorda che nel corso della precedente seduta si è conclusa la discussione generale e si sono svolte le repliche dei relatori.

 

Alla luce della calendarizzazione per l’esame da parte dell’Assemblea dei provvedimenti in esame per martedì prossimo 14 ottobre, rappresenta l’opportunità che le Commissioni riunite concludano l’esame nella seduta odierna.

 

 Il sottosegretario CROSETTO svolge l’intervento di replica sui disegni di legge in titolo, dopo aver premesso come il suo intervento rappresenti la sintesi delle valutazioni dei Ministeri della difesa e degli affari esteri in merito alle missioni internazionali, richiama preliminarmente il complesso quadro di politica estera nel quale si inseriscono le missioni alle quali le Forze armate italiane partecipano attivamente. In proposito, per fare solo un riferimento alla crisi più recente, rileva come l’aggravamento della situazione nell’area caucasica, e specificatamente in Georgia, ricordi quanto lo scenario internazionale continui ad essere caratterizzato da elevati fattori di rischio per la stabilità e la sicurezza, potenzialmente capaci di svilupparsi rapidamente ed imprevedibilmente in crisi regionali.

 

La situazione internazionale richiede, quindi, una continua attenzione da parte dell'Italia, ed una continuità nelle azioni, ed è in tale ottica che il Governo chiede al Parlamento l’approvazione dei provvedimenti in discussione.

 

Passa quindi ad indicare alcuni aspetti dell'impegno italiano nell’area caucasica, ricordando che di tale teatro ha parlato diffusamente il Ministro degli esteri durante i suoi interventi in Parlamento, e lo stesso sottosegretario Scotti davanti alle Commissioni riunite 3a e 4a del Senato il 1° ottobre scorso. Dopo aver sottolineato come, nella gestione della crisi della Georgia, l’Unione europea abbia assunto un profilo di preminente rilevanza, elaborando, grazie anche all’impulso dato da parte italiana, le grandi linee di una strategia di stabilizzazione che è stata formalmente sancita nel Consiglio europeo straordinario del 1° settembre scorso, ricorda che l’invio della missione PESD in Georgia denominata EUMM – contemplato dal predetto Consiglio e formalizzato dal Consiglio Affari Generali del 15 settembre – è una diretta conseguenza degli accordi raggiunti a Mosca l’8 settembre tra il presidente Medvedev ed il presidente di turno dell’UE, Sarkozy, in occasione di una missione congiunta ivi compiuta dallo stesso presidente Sarkozy, dall’alto rappresentante Solana e dal presidente della Commissione europea Barroso.

 

Con il decreto-legge n. 147 del 2008, quindi, il Governo italiano ha inteso dare una risposta immediata alla decisione presa il 15 settembre 2008 dall’Unione europea, che si è impegnata in una missione per garantire la pace e la stabilità in Georgia, inviando tempestivamente degli osservatori nella "zona cuscinetto" (buffer zone) attorno alle regioni della Abkazia e dell'Ossezia del Sud.

 

La missione dovrà assolvere, in sintesi, ai seguenti compiti: stabilizzazione (ciò che comporta vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di stabilizzazione incentrato sull’aderenza ai sei punti dell’accordo firmato fra le parti);  normalizzazione (ciò che comporta vigilare, analizzare e riferire in merito al processo di ritorno alla normalità, ponendo particolare attenzione ai sistemi di trasporto, alle infrastrutture e ai servizi energetici, cosi come agli aspetti politici e di sicurezza relativi al rientro dei rifugiati); Confidence building (e quindi, contribuire alla riduzione delle tensioni tramite la facilitazione dei contatti tra le parti e ad altre misure analoghe); infine, si tratta di contribuire ad alimentare l’azione politica dell’Unione europea e le altre forme di impegno dell’Unione in quest’area.

 

A tale missione, che si inserisce pienamente nel tradizionale solco della politica estera e di difesa del Paese, e di partecipazione alle missioni multinazionali in ambito ONU, NATO ed appunto Unione europea, l'Italia partecipa con convinzione e – si auspica - con la più ampia condivisione parlamentare.

 

Dei circa 200 osservatori europei, ben 40 - più un ufficiale dislocato presso il quartier generale a Tbilisi - sono italiani. Quello italiano è il secondo contingente dopo quello della Francia, che ha la Presidenza di turno dell'Unione europea. Delle 41 persone inviate dall’Italia, 37 sono militari appartenenti alle varie Forze armate e 4 sono funzionari civili del Ministero degli esteri.

 

Il ruolo dei militari e dei funzionari civili schierati dall'Italia - ribadisce- è quello di osservatori. Essi dovranno verificare, quindi, l’adempimento di quanto previsto dall’accordo stipulato tra Unione europea, Federazione russa e Georgia. Proprio per la loro peculiarità di osservatori, tutti i partecipanti saranno disarmati, e la loro protezione sarà garantita dalle forze di polizia della Georgia.

 

In riferimento allo spazio territoriale nel quale è stata schierata la missione - per dare contezza ad una richiesta in merito da parte del senatore Ramponi - l’azione comune che istituisce la stessa missione indica il territorio della Georgia (inteso pertanto come spazio all’interno dei confini internazionalmente riconosciuti).     Il quinto punto dell’accordo, negoziato il 12 agosto dall’Unione europea, indica esplicitamente il ritiro delle forze armate russe sulle posizioni precedenti l’inizio del conflitto. Le possibilità da parte delle squadre di osservatori dell’Unione europea di entrare nel territorio di Abkazia e Ossezia del Sud per verificare il rispetto di tale impegno sono tuttavia condizionate dalla posizione contraria del Governo di Mosca, che continua a mantenere nelle due regioni separatiste un contingente militare di peace-keeper superiore a quello presente al momento dello scoppio delle ostilità del 7 agosto scorso; a tale proposito, ricorda che la Russia ha ufficialmente riconosciuto il 26 agosto l’indipendenza di Abkazia e Ossezia del Sud.

 

Nei documenti istitutivi della missione EUMM Georgia si fa riferimento alla possibilità di operare anche nei territori delle due regioni separatiste, qualora ciò dovesse risultare percorribile. Alla luce della situazione sul terreno non sembra che tale opzione sia plausibile almeno per il prossimo futuro.

 

La partecipazione alla missione "EUMM Georgia" ha confermato ancora una volta il ruolo cruciale svolto dall’Italia nel quadro della Politica europea di sicurezza e difesa. L’Italia ha infatti accolto la richiesta proveniente dall’Unione europea ed indirizzata prevalentemente ai maggiori Paesi, di assicurare l’avvio immediato della missione per i primi quattro mesi di attività.

 

Oltre a partecipare alle attività operative – prosegue il sottosegretario - l’Italia ha ritenuto necessario seguire da vicino il negoziato politico che per conto dell’Unione europea verrà portato avanti dal rappresentante speciale dell’Unione europea per la crisi georgiana, ambasciatore Morel, affiancando a questi un funzionario italiano in qualità di consigliere politico, che sarà un  giovane funzionario diplomatico italiano in servizio alla Farnesina.

 

Passa quindi ad illustrare il contenuto del decreto-legge n. 150 del 2008, che è inteso ad assicurare, per il periodo dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL in Libano - compresa la componente navale EUROMARFOR - ALTHEA nel teatro balcanico, EUFOR TCHAD/Repubblica Centro Africana e altre. Esso è finalizzato, altresì, a consentire la partecipazione di personale militare alla missione degli osservatori militari, questa volta dell’OSCE, in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere ad esigenze sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo, Kosovo e delle attività in Iraq, già finanziate per l’anno in corso dal decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8.

 

Su gran parte delle missioni testè citate, e che sono oggetto del provvedimento, intende fornire solo alcuni aggiornamenti, rimandando alla rassegna effettuata in proposito dal Ministro della difesa nel suo intervento dell’11 luglio davanti alle Commissioni esteri e difesa di Camera e Senato in seduta congiunta.

 

Già in quella sede, il ministro La Russa aveva indicato la necessità di rifinanziare la partecipazione alla missione UNIFIL in Libano, in coerenza con il mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha recentemente prorogato, con la risoluzione n. 1832 adottata il 27 agosto 2008, la durata della missione. In questo senso è oggi richiesto, quindi, il finanziamento della missione per gli ultimi tre mesi dell’anno.

 

Il ritorno alla violenza in Libano, con l’uccisione, lo scorso 10 settembre, di Saleh Aridi, membro del Partito Democratico Libanese, e il grave attentato terroristico del 29 settembre a Tripoli contro le Forze armate, appaiono in controtendenza rispetto all’incoraggiante dinamica di riconciliazione nazionale che sembrava avviata. È importante che questi atti di violenza non cancellino la volontà di continuare il dialogo e che possa proseguire la ricerca di una soluzione che porti pace e sicurezza al Libano. Per questo, fa presente che il Governo ha salutato con soddisfazione l’apertura di un dialogo tra Hezbollah e la "Corrente del Futuro" di Saad Hariri, e ritene che esso sia necessario per preservare il Paese da rischi di sbandamento come quelli che hanno portato le due formazioni ad affrontarsi militarmente lo scorso mese di maggio. Si tratta di una dinamica incoraggiante che potrebbe produrre effetti trainanti anche sui tentativi di conciliazione in corso all’interno della comunità cristiana. In tale contesto, il Governo ritiene che la missione UNIFIL, che attualmente impegna circa 2400 militari italiani, continui a svolgere un ruolo determinante per la stabilità del Libano e dell’intera regione. Per la prima volta in trent’anni infatti le autorità libanesi hanno esteso il loro controllo alla parte meridionale del Paese e, salvo alcuni incidenti minori, non si sono verificati attacchi contro Israele nei due anni dal dispiegamento della missione.

 

Dal punto di vista prettamente militare, il 1° settembre 2008 l’Italia ha ceduto alla Francia il comando della componente marittima della missione, EUROMARFOR, pur mantenendo una unità navale tra le forze marittime schierate. Dal marzo di quest’anno è in atto - pilotato dal Dipartimento per le Operazioni di peace-keeping delle Nazioni Unite (DPKO) - un processo di maggiore multinazionalizzazione del contingente UNIFIL al livello dei Comandi sul terreno, allo scopo di ottenere una migliore integrazione tra truppe di Paesi diversi e una maggiore legittimazione della missione stessa.

 

            Anche dell’operazione "ALTHEA", con il decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, era stato previsto il finanziamento fino al 30 settembre 2008, in coerenza con le decisioni assunte a quella data al riguardo nell’ambito dell’Unione europea. Con la conclusione adottata il 16 giugno 2008, il Consiglio dell’Unione europea ha sottolineato che è necessario rimanere attivamente coinvolti in Bosnia e che la presenza militare a guida europea rimarrà nell’area fino a quando sarà necessario. Lo stesso Consiglio ha valutato positivamente i recenti sviluppi politici nell’area, sottolineando che tali progressi influiranno necessariamente sul complessivo piano di intervento dell’Unione. Il Consiglio ha inoltre notato che la situazione di sicurezza rimane stabile anche grazie al positivo contributo militare europeo e ha aggiunto che la forza europea (EUFOR) continua a offrire sicurezza, rimanendo pronta a rispondere alle possibili minacce che si dovessero presentare nella regione. Permangono, infatti, in Bosnia, latenti problematiche di base e si registrano azioni volte a indebolire progressivamente le legittime istituzioni a livello centrale. Per questo, al momento, il Comando EUFOR conferma l’intendimento dell’Unione europea di non procedere a riduzioni dei contingenti militari, ritenendo la presenza di EUFOR ancora necessaria. Al riguardo, tenuto conto della revisione in senso riduttivo del volume complessivo delle Forze italiane impiegate in Bosnia, operata nel corso del 2007, non si intravedono ulteriori e significative riduzioni per il contingente nazionale, che si attesta a circa 240 unità.

 

In particolare, l’Italia, dal dicembre 2008 e per un anno, nell’ambito della missione dell’Unione europea "EUFOR", esprimerà il Comandante della missione. Quest’onere comporterà l’incremento di 18 posizioni organiche, ovvero un ufficiale generale, un "close protection team" e personale di staff del Comando EUFOR. Inoltre, a partire dal mese di gennaio 2009 e per la durata di un anno, l’Italia assumerà nel teatro bosniaco la carica di senior military representative del NATO Headquarters Sarajevo, con un incremento organico di 15 posizioni, di cui una di Generale di Brigata ed il resto di personale di staff del Comando NATO. Per quanto sopra, è stato quindi necessario provvedere al finanziamento della missione sino al 31 dicembre 2008.

 

Rimanendo nel teatro balcanico, sottolinea come l’Italia attui nella regione una politica organica e di ampio respiro, incentrata sulla valutazione per la quale i problemi storici dell'area vadano affrontati all’interno di un disegno di coinvolgimento generale di tutti i suoi Paesi nell’Unione europea e nella NATO.

 

Nel condurre tale azione, l’Italia si è impegnata in prima linea sia nel sostenere i processi di stabilizzazione democratica interni ai singoli Paesi, sia - non senza difficoltà - nel fronteggiare le resistenze presenti nella comunità internazionale rispetto a tali scenari di allargamento dell'Unione europea e della NATO.

 

Negli scorsi mesi è continuato il forte impegno dell'Italia in Kosovo, Paese che si conferma al centro dell’attenzione internazionale dopo la dichiarazione di indipendenza del mese di febbraio. In tale contesto, l'Italia promuove l’assunzione di crescenti responsabilità dell’Unione europea in Kossovo quale dimostrazione del fatto che l’annosa questione costituisce un problema eminentemente europeo. In tale ottica, il decreto-legge n. 150 in conversione prevede lo stanziamento di fondi anche per corrispondere alle esigenze connesse con l’assunzione da parte dell’Italia del Comando della missione NATO in KOSOVO (KFOR), dove il 30 agosto 2008 il generale italiano Giuseppe Emilio Gay ha sostituito il collega francese Xavier de Marnahac e ricoprirà l’incarico per un anno.

 

In proposito, precisa - anche in risposta ad una richiesta di chiarimento del senatore Pedica -  che l’impegno aggiuntivo risulta di 18 militari, in termini di personale, e di quattro veicoli terrestri e due elicotteri AB 205, per quanto attiene ai mezzi. Al momento, il contributo italiano si attesta su circa 2200 militari. È da sottolineare che, nell’ambito dello sviluppo del progetto relativo al Kosovo Security Force Training Plan, volto a reclutare, addestrare e costituire le forze di sicurezza kosovare, l’Italia ha assunto una posizione di primo piano con l’invio per un anno, dal 5 agosto 2008, del generale di brigata Gianfranco Di Luzio con l’incarico di Deputy Chief of Staff Military Civil Adivisory – Division (DCOS MCA) del Comando di KFOR.

 

Nel corso del 2008, gli sforzi del contingente italiano nell’area occidentale del Kosovo sono stati notevoli, in particolare nelle zone di confine con il settore Nord francese, dove sono stati conseguiti netti e significativi progressi nel campo della sicurezza e dell’ordine pubblico. Anche la Multinational Specialised Unit (MSU), di cui fanno parte i Carabinieri, ha contribuito alla stabilizzazione del Paese in modo determinante, in particolare nella gestione dei problemi di ordine e sicurezza pubblica a seguito della dichiarazione d'indipendenza de1 17 febbraio 2008.

 

In conclusione, il Governo ritiene che si debba valorizzare il ruolo tuttora svolto dalle Nazioni Unite quale elemento di stabilizzazione del quadro generale. La nomina del diplomatico italiano Lamberto Zannier quale Rappresentante Speciale del Segretario Generale per il Kossovo si colloca in tale contesto. Egli ha avviato un delicato dialogo con Belgrado al fine di elaborare formule di compromesso relative ad aspetti specifici della gestione delle zone a maggioranza serba del Kossovo.

 

Passa quindi a considerare le problematiche attinenti alla missione EUFOR Tchad/Repubblica Centro Africana. Anche per tale missione si richiede il finanziamento per gli ultimi tre mesi dell’anno, in conformità con il mandato fissato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la risoluzione n. 1834 adottata il 24 settembre 2008.

 

Tale missione ha lo scopo di garantire la sicurezza nella zona est del Ciad e nell’area nord est della Repubblica Centrafricana, proteggendo la popolazione civile, facilitando la consegna degli aiuti umanitari ed il libero movimento del personale internazionale. In tale teatro, l’assetto sanitario italiano messo a disposizione del contingente e della popolazione locale è pienamente operativo, anche se la limitata attività operativa del contingente multinazionale europeo, a guida francese, non ha, di fatto, impegnato in modo massivo l’ospedale a connotazione prevalentemente chirurgica, cioè con capacità salva vita o salva arti "life and limb saving"(sono stati effettuati essenzialmente degli interventi medici ambulatoriali verso i contingenti delle altre nazioni partecipanti alla missione). Attualmente, in tale missione sono impiegati circa 100 militari. Relativamente ai possibili sviluppi nel medio termine, occorre sottolineare che il Comitato Militare dell’Unione europea ha comunicato al Comitato Politico Strategico della stessa la necessità di giungere ad una decisione circa il futuro della missione, ed ha raccomandato all’ONU di finalizzare la pianificazione volta ad assicurare il passaggio di autorità tra la EUSFOR e una Follow on Force a guida ONU/Unione africana. L’ONU ha recepito tali indicazioni con la stessa risoluzione del 24 settembre 2008.

 

Allo stato attuale, diverse soluzioni sono al vaglio: nel quadro di incertezza delineato è ipotizzabile che pervengano forti sollecitazioni a livello internazionale affinchè l’Italia protragga la presenza dell’assetto sanitario attualmente presente in Ciad almeno fino al mese di giugno 2009, in modo da rendere possibile un avvicendamento non traumatico con assetti provenienti da altri paesi.

 

Con riferimento poi alla missione NATO Training Mission in IRAQ (NTM-I), fa presente che il personale ivi dislocato continua a lavorare con le istituzioni irachene per costruire e potenziare il sistema di formazione della leadership di sicurezza del paese. Il contributo italiano è attualmente incentrato su circa 84 militari, in gran parte istruttori, incaricati dei corsi di formazione degli Ufficiali delle Forze armate irachene, oltre che dell'addestramento della Iraqi National Police (INP). Quest’ultimo compito è svolto da un team di Carabinieri denominato "Gendarmerie Training Department". L’addestramento dei reparti dell’INP è nettamente migliorato rispetto al precedente sistema addestrativo nel quale il personale veniva istruito da "contractors", ovvero agenzie di sicurezza private (ex poliziotti). L’addestramento impartito è volto a far acquisire le capacità di polizia supportate dalle capacità militari ed a contribuire alla creazione di una forza di Polizia nazionale democratica, quale contributo tangibile alla sicurezza irachena.

 

Sulla scorta dei risultati lusinghieri conseguiti, il Primo ministro iracheno ha recentemente chiesto alla NATO di incrementare il numero degli istruttori per fornire l’addestramento ad un numero maggiore di operatori della INP (fino a 900 unità rispetto alle iniziali 450). Il finanziamento aggiuntivo a questa missione, disposto con il decreto legge n. 150 in conversione, è inteso proprio ad assicurare l’invio di ulteriori 16 carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della Iraqi National Police.

 

Passa infine a considerare il teatro dell'Afghanistan, rilevando in primo luogo come l’adozione di una Costituzione afgana e il graduale ristabilimento di un sistema di giustizia segnino il rafforzamento delle istituzioni nazionali e marchino i progressi conseguiti negli ultimi sei anni. L’Afghanistan continua, però, a dover far fronte all’azione di gruppi collegati al terrorismo, spesso finanziati dal traffico della droga. Tali gruppi prendono di mira  non solo   la presenza straniera, ma soprattutto le istituzioni afgane e la stessa popolazione civile afgana.     L’obiettivo dei terroristi è di rendere più difficile il processo di riconciliazione nazionale.

 

La comunità internazionale deve quindi intensificare gli sforzi a sostegno della ricostruzione dell'Afghanistan, tenendo saldo il principio della ownership, cioè dell'obiettivo dell’«afganizzazione del Paese». 

 

L'Italia vuole svolgere un ruolo di primo piano in tale teatro, anche sulla scorta del generale riconoscimento, sia in termini di quantità che di qualità, raccolto per il suo contributo. Un prestigio e una credibilità che vanno mantenuti e incrementati grazie ad una significativa presenza nazionale in Afghanistan. Non a caso, diplomatici italiani ricoprono ruoli preminenti: il consigliere Gentilini è stato nominato rappresentante civile della NATO in Afghanistan, e il ministro Sequi è titolare dell'incarico di Rappresentante Speciale dell’Unione europea.

 

La politica e l'institution building sono fondamentali, ma è evidente che il contributo dell'Italia porta anche a consolidare la presenza in Afghanistan sotto il profilo della sua dimensione militare.

 

Come è noto, l’Italia, con circa 2110 militari, è uno dei paesi dell’Alleanza che, in seno alla missione ISAF, maggiormente contribuisce alle attività di supporto al Governo afgano. Dopo la cessione di responsabilità della regione di Kabul al contingente francese, avvenuta nel mese di agosto ultimo scorso, i militari italiani detengono la leadership esclusivamente nella regione ovest (Regional Command West – RCW) mantenendo comunque una componente di manovra nella regione della capitale Kabul (Regional Command Capital). Questo ha permesso di ridefinire, come già dichiarato dal Ministro della difesa nell’audizione dello scorso mese di luglio, il contributo nazionale nel teatro afgano secondo un indirizzo politico strategico che, nel consolidare i risultati ottenuti, ottimizzi le risorse a disposizione.

 

Per quanto attiene alla regione ovest di responsabilità italiana, nel quadro del maggior impegno operativo della NATO in tutto il territorio afgano, ribadito nell’ultimo vertice dei Capi di Stato e di Governo a Bucarest, il Governo ritiene opportuno concentrare capacità e risorse operative, finalizzandole a fronteggiare i rischi e le minacce provenienti dall’insorgenza e facilitare, nel contempo, il conseguimento del processo di "afganizzazione" delle istituzioni locali.

 

In tale ottica va vista la disposizione inclusa nel decreto-legge n. 150 in conversione che prevede l’invio di 4 aerei Tornado (PA 200) e del relativo supporto tecnico e di personale, per complessivi 120 militari. I veivoli saranno presumibilmente rischierati nei primi giorni di novembre. Tale esigenza trae origine, in primo luogo, dalla necessità di dotarsi di una più adeguata capacità di protezione del contingente ivi schierato, ma anche dalle richieste di collaborazione pervenute sia dalla Germania che dal Regno Unito affinchè fosse fornita risposta alle più volte reiterate richieste di assetti da ricognizione da parte del Comando NATO.

 

Per dirimere alcuni dubbi emersi in sede di discussione e chiarire il senso di talune indicazioni apparse su organi di stampa, ritiene opportuno precisare alcuni aspetti che riguardano tali assetti. In primo luogo, gli aerei verranno offerti alla NATO in relazione esclusivamente a compiti di intelligence, ricognizione e sorveglianza. L’autorità NATO non avrà inoltre facoltà di attribuire ai velivoli compiti diversi da quelli per i quali essi sono stati assegnati, tenuto conto del fatto che la potestà di cambiare la missione agli assetti nazionali risiede esclusivamente e permanentemente nelle autorità italiane e, specificatamente, nella figura del Capo di Stato Maggiore della Difesa, in analogia peraltro a quanto avviene negli altri paesi della NATO. La catena di comando per i velivoli Tornado sarà poi la medesima di quella in uso per gli assetti aerei già partecipanti alla missione ISAF.

 

Per aumentare le capacità di sicurezza e tecniche del contingente, il decreto in parola prevede inoltre l’invio di 25 mezzi tra "Buffalo" e VTLM (Lince), la cui immissione è prevista per la fine di ottobre.

 

Per ciò che attiene alle attività formative ed addestrative, si è ritenuto opportuno dare una risposta adeguata alle ripetute richieste avanzate dagli alleati per la partecipazione di personale dell’Arma dei Carabinieri all’addestramento delle Forze di polizia afgane, cosi come preannunciato, peraltro, dal Ministro della difesa nella già citata seduta del luglio scorso. Al riguardo, il decreto-legge n. 150 autorizza la spesa relativa all’impiego di 40 militari dell’Arma stessa.

 

Occorre ribadire comunque in proposito che non vi sono state variazioni di strategia nazionale o della NATO per la missione ISAF, e che il nuovo contributo risponde all’impegno collegialmente preso, al vertice di Bucarest, dai leader dei Paesi dell’Alleanza, per un maggiore sforzo nel quadro della missione ISAF.

 

L’impegno che il Governo ha inteso assumere con la partecipazione alle missioni previste dai decreti-legge nn. 147 e 150 del 2008 in conversione, cosi come alle altre in corso non interessate da tali provvedimenti testimonia ancora una volta il crescente impegno internazionale dell'Italia, premiato, peraltro, dagli ottimi risultati - da tutti riconosciuti - raggiunti dalle Forze armate del Paese impegnate nei vari teatri operativi.

 

In conclusione, nel richiamare il contributo degli uomini e delle donne, in divisa e non, che continuano a servire il Paese nelle operazioni internazionali, auspica la più ampia convergenza nell’approvazione dei decreti-legge in esame.

 

Si procede quindi alle votazioni relative al disegno di legge n. 1061.

 

Il presidente DINI informa che è stato presentato l’emendamento 1.0.1. Tuttavia non essendo stato ancora espresso il parere della 5a Commissione sullo stesso e onde consentire la conclusione dell’esame del provvedimento nella presente seduta, auspica il ritiro della proposta emendativa in vista della eventuale riproposizione per l’esame da parte dell’Assemblea.

 

Il senatore RAMPONI (PdL), relatore per la 4a Commissione, e il senatore CARRARA (PdL) dichiarano di ritirare l’emendamento 1.0.1.

 

Prende quindi la parola il senatore TORRI (LNP) che chiede informazioni circa il parere che la Commissione bilancio deve rendere sul disegno di legge n. 1038. Al riguardo esprime sorpresa per il fatto che sia stato disposto il dispiegamento di un contingente nel quadro della missione EUMM Georgia senza che - a quanto sembra emergere - vi fosse una affidabile copertura finanziaria dei relativi oneri.

 

Il sottosegretario CROSETTO con riferimento ai rilievi testè formulati dal senatore Torri, precisa che oggetto di valutazione da parte della 5a Commissione non è la copertura finanziaria della missione EUMM Georgia, ma la quantificazione dei relativi oneri. Al riguardo, ricorda che per prassi costante il Ministero della difesa ha adottato criteri restrittivi in sede di quantificaziuone degli oneri derivanti dalla partecipazione alle missioni internazionali, con la conseguenza di dover poi provvedere alla copertura integrativa degli oneri attraverso l'utilizzo di stanziamenti previsti per i propri consumi intermedi. Alla luce delle recenti misure di riduzione complessiva delle risorse per il comparto, si è reso necessario riconsiderare tale prassi, e le problematiche emerse in sede di valutazione del provvedimento da parte della 5a Commissione derivano da tale mutato contesto.

 

Riprendendo le dichiarazioni di voto relative al disegno di legge n. 1061 prende la parola la senatrice CONTINI (PdL) la quale sottolinea l'opportunità di far sì che il contributo italiano alle varie missioni internazionali sia maggiormente valorizzato da parte delle competenti istanze politiche e amministrative nei confronti della comunità internazionale e dei singoli Paesi volta per volta destinatari dell'intervento. Occorre al riguardo che l'Italia, al pari dei principali partner internazionali, metta a frutto il suo impegno sul versante delle missioni, il che postula la capacità di gestire le singole iniziative secondo indirizzi e in funzione di obiettivi proiettati in avanti nel tempo.

 

In conclusione, dichiara il voto favorevole della propria parte politica.

 

Il senatore TONINI (PD) preannuncia il voto favorevole della propria parte politica sui disegni di legge nn. 1038 e 1061.

 

Precisa che tale scelta è motivata dall’esigenza di sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace, anche mediante un’ampia convergenza a livello parlamentare, sottolineando il positivo impegno delle Forze armate negli scenari di impiego.

 

Fa osservare come l’intervento militare nella missione in Afghanistan, di cui all’articolo 1, comma 6, del decreto-legge n. 150, nell’ambito del quale è previsto un ulteriore impiego di mezzi aerei, si inquadri in un contesto politico territoriale di grande delicatezza. Sottolinea l’esigenza, in proposito, di un approfondimento dell’analisi della situazione afgana mediante un ampio dibattito parlamentare che rimediti le linee strategiche della politica estera italiana nell’area, anche in vista del prossimo confronto con la nuova presidenza statunitense.

 

Il senatore PEDICA (IdV) rileva in premessa come l’intervento di replica del Rappresentante del Governo abbia omesso di considerare l’alto tasso di rischio e la delicatezza dello scenario georgiano in cui militari e civili italiani sono già operativi.

 

Dichiara quindi voto favorevole sul disegno di legge n. 1061 in base alla necessità di sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace stabilite in ambito comunitario, in sede Nato e Osce. Ritiene infatti sia compito di un’opposizione parlamentare responsabile riconoscere l’esigenza che il Paese contribuisca agli interventi multilaterali umanitari e di ricostruzione in numerose aree del mondo.

 

Fa peraltro presente come sarebbe stata auspicabile da parte del Governo una maggiore disponibilità in termini di contributo al dibattito parlamentare sulla conversione dei provvedimenti d’urgenza in esame.

 

Osserva come il ricorso allo strumento della decretazione d’urgenza risulti criticabile, non ricorrendone i presupposti di necessità e urgenza, mentre sarebbe stato maggiormente opportuno presentare un ordinario disegno di legge, da esaminare con tempi adeguati. Inoltre, sotto il profilo della copertura finanziaria, ritiene necessari chiarimenti da parte del Governo in merito al previsto utilizzo di stanziamenti già assegnati ad altri fondi, con diverse finalità parimenti meritevoli di attuazione, e non attinenti a tematiche di politica estera.

 

Osserva poi come il Rappresentante del Governo, pur avendo informato nel dettaglio sulle missioni internazionali cui l’Italia partecipa, abbia omesso di fornire ragguagli sul concreto impiego delle ulteriori Forze militari inviate negli scenari di guerra e sul contesto politico attuale in Afghanistan, nei Balcani e in Iraq.

 

Conclude ribadendo come il voto favorevole del proprio Gruppo parlamentare sui provvedimenti in esame sia motivato dall’intenzione di salvaguardare il prestigio dell’Italia a livello internazionale e non da una condivisione della politica estera del Governo, facendo altresì presente come, in mancanza di rassicurazioni da parte dell’Esecutivo sugli aspetti testé sottolineati, tale orientamento potrebbe non essere confermato in sede di esame da parte dell’Assemblea.

 

Il presidente DINI fa presente come il Rappresentante del Governo abbia fornito nel corso della replica precisi chiarimenti sulla operatività e sul finanziamento delle missioni internazionali cui l’Italia partecipa. Osserva, inoltre, come l’utilizzo di fondi assegnati ad altri capitoli di bilancio ai fini di copertura finanziaria di provvedimenti sia un’operazione usuale e corretta dal punto di vista della contabilità pubblica.

 

Il senatore MARCENARO (PD) si associa alla dichiarazione di voto favorevole del senatore Tonini, riservandosi tuttavia di commentare i profili di copertura finanziaria dei disegni di legge nn. 1038 e 1061 in sede di esame da parte dell’Assemblea e alla luce del parere della 5a Commissione.

 

Il senatore CAFORIO (IdV) ad integrazione delle considerazioni svolte dal senatore Pedica sottolinea l’opportunità di un sollecito chiarimento da parte del Governo sulle modalità di utilizzo degli aerei Tornado nel teatro afgano.

 

Al riguardo, il proprio Gruppo non è pregiudizialmente contrario al dislocamento di tali velivoli, ma ritiene essenziale che vi sia un approfondimento sulla questione.

 

Dopo che il presidente DINI ha accertato la presenza del prescritto numero di senatori, le Commissioni riunite conferiscono mandato ai relatori a riferire favorevolmente all’Assemblea sul disegno di legge n. 1061, autorizzandoli a svolgere la relazione oralmente.

 

Si procede quindi alle votazioni relative al disegno di legge n. 1038.

 

Il senatore TONINI (PD) ribadisce i rilievi svolti in sede di discussione generale circa la necessità che l’Italia mantenga una posizione di assoluta equidistanza tra le parti coinvolte nel conflitto russo-georgiano, mentre invece dal Governo viene prospettata, in dichiarazioni pubbliche, una posizione che turba questo equilibrio a favore delle istanze russe. Più in generale, ritiene che l’orientamento dell’Esecutivo rispetto ai rapporti con la Russia sia un tema di grande delicatezza, meritevole di una approfondita discussione in Parlamento. Rileva infine come la pur ampia e dettagliata replica del Rappresentante del Governo abbia omesso di fornire chiarimenti sulla politica estera nei confronti di Russia e Georgia.

 

Il presidente DINI (PdL) fa presente come la circostanza stessa della deliberazione da parte del Governo della partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia, costituisca chiaro sintomo della posizione di equidistanza dello stesso rispetto alle istanze di Russia e Georgia. Infatti, rileva come l’intervento sia finalizzato alla tutela di tutte le parti in conflitto.

 

Il senatore CANTONI (PdL), Presidente della 4a Commissione, ritiene opportuno - trattandosi di questione politica rilevante ai fini della presente discussione - fornire una precisazione in ordine ad un'interpretazione, totalmente non corretta, che il senatore Tonini ha inteso dare di un intervento, da lui effettuato nella seduta di ieri delle Commissioni riunite 3a e 4a,relativo al contesto finanziario e geo-strategico mondiale in cui si collocano i provvedimenti in conversione.

 

In proposito, il senatore Tonini, alla stregua di quanto riportato dalle Agenzie di stampa, ricorda di aver espresso stupore nel corso della seduta di ieri delle Commissioni riunite per dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio sulle responsabilità della crisi georgiana nel contesto di una manifestazione politica del Popolo della Libertà. Si tratta evidentemente di considerazioni del tutto  legittime; egli ha però poi aggiunto: ''La mia sorpresa  è ulteriormente aumentata quando il presidente Cantoni, con l'onestà intellettuale che gli è universalmente riconosciuta, non solo non ha contraddetto la mia lettura delle dichiarazioni dell'onorevole Berlusconi, ma ha confermato un riorientamento della politica estera italiana, a seguito di quella che egli ha definito la crisi della leadership americana sull'Occidente. Per la prima volta nella storia italiana abbiamo il centrodestra che guarda a Mosca e il centrosinistra che guarda a Washington".

 

Come può evincersi anche dalla lettura del resoconto sommario del suo intervento di ieri, prosegue il presidente Cantoni, egli non ha in alcun modo evocato la necessità di un riorientamento della politica estera italiana, ma ha anzi ribadito la priorità del legame transatlantico, limitandosi a osservare come la crisi sui mercati finanziari metta in causa le modalità con le quali si è finora esercitata la leadership mondiale dell'alleato nordamericano in campo economico.

 

Il senatore PEDICA (IdV) preannuncia il voto favorevole della propria parte politica sul disegno di legge n. 1038, motivato dall’esigenza di garantire la sicurezza degli osservatori italiani nel Caucaso. Lamenta tuttavia che il Rappresentante del Governo abbia omesso di fornire ragguagli sull’impiego degli osservatori civili e, soprattutto, in relazione all’orientamento seguito nei rapporti con la Russia, non caratterizzato a proprio avviso, da sufficiente fermezza.

 

Il senatore TORRI (LNP), intervenendo per dichiarazione di voto sul disegno di legge n. 1038, ribadisce il pieno sostegno della propria parte politica alla partecipazione italiana alla missione EUMM Georgia, sia perché espressione di un profilo internazionale dell'Europa finalmente autonomo che per le connotazioni dell'iniziativa, che appare rispondere ad apprezzabile spirito di equilibrio fra le parti in conflitto.

 

Il presidente DINI informa che la 5a Commissione ha testé espresso parere favorevole sul testo del disegno di legge n. 1038 con una condizione ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, e che i relatori hanno presentato l’emendamento 3.1 che recepisce detta condizione.

 

Verificata la presenza del numero legale per deliberare, il presidente DINI pone quindi in votazione l’emendamento 3.1 che viene approvato dalle Commissioni riunite.

 

Con successiva votazione, viene poi conferito mandato ai relatori a riferire favorevolmente all’Assemblea sul disegno di legge n. 1038, autorizzandoli a svolgere la relazione oralmente.

Allegato

 

 

EMENDAMENT0 AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE) 

N° 1061

 

Art.  1

 

1.0.1

 

SALTAMARTINI, CARRARA, PISCITELLI, DE ANGELIS, FLERES, CONTINI, RAMPONI

 

Dopo l'articolo 1, aggiungere il seguente:

 

«Art. 1-bis.

 

        1. L'articolo 29, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n.  223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n.  248, si interpreta, sin dalla sua approvazione, nel senso che la riduzione del 20 per cento si applica esclusivamente al personale inviato in missione non superiore ai 180 giorni ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n.  941.

 

        2. Al personale di cui alla legge 8 luglio 1961, n.  642, concernente ''Personale militare presso delegazioni o rappresentanze militari nazionali, enti, comandi o organismi internazionali'' cui siano stati riconosciuti adeguamenti della indennità speciale dopo il 4 luglio 2006 non spetta il completo ristoro delle somme già decurtate ma soltanto la parte che risulti non eccedente il totale della retribuzione mensile netta percepita alla data del 4 luglio 2006».

 

EMENDAMENT0 AL DISEGNO DI LEGGE (AL TESTO DEL DECRETO-LEGGE) 

 

N° 1038

 

Art.  3

 

3.1

 

I Relatori

 

Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «come rifinanziato dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112».

 


Esame in sede consultiva

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

GIOVEDÌ 25 SETTEMBRE 2008

38a Seduta

 

Presidenza del Presidente

 

VIZZINI

 

La seduta inizia alle ore 14,20.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame e rinvio)

 

 

      Il relatore BODEGA (LNP) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 147, volto ad assicurare l’immediata partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell’Unione europea in Georgia a seguito della crisi nell’Ossezia del Sud.

            Sottolinea l’improrogabilità della missione, da cui scaturisce la straordinaria necessità e urgenza del provvedimento, che inoltre è conforme al riparto costituzionale della potestà legislativa di cui all’articolo 117 della Costituzione.

 

            Conclude, proponendo di esprimere un parere favorevole.

 

            Il seguito dell’esame è quindi rinviato.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MARTEDÌ 30 SETTEMBRE 2008

39a Seduta

 

Presidenza del Presidente

 

VIZZINI

 

Intervengono i sottosegretari di Stato per la difesa Crosetto e per lo sviluppo economico Martinat.

 

 

 

La seduta inizia alle ore 15,05.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Seguito e conclusione dell’esame. Parere favorevole)

 

            Prosegue l’esame, sospeso nella seduta del 25 settembre.

 

      Il relatore BODEGA (LNP) conferma la proposta di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

            Il senatore BIANCO (PD) preannuncia il voto favorevole del suo Gruppo, sottolineando la rispondenza della missione di vigilanza in Georgia agli indirizzi dell’Unione europea.

 

Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole proposto dal relatore.

 

            La seduta termina alle ore 15,20.


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

MERCOLEDÌ 1° OTTOBRE 2008

40a Seduta

Presidenza del Presidente

 

VIZZINI

40ª Seduta

 

 

            Intervengono i sottosegretari di Stato per la difesa Cossiga e per l'interno Mantovano.

 

            La seduta inizia alle ore 15,30.

(omissis)

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1061)Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

(Parere alle Commissioni 3ª e 4ª riunite, ai sensi dell'articolo 78, comma 3, del Regolamento. Esame. Parere favorevole)

 

      Il relatore BODEGA (LNP) illustra i motivi di necessità e urgenza del decreto-legge n. 150, recante disposizioni per assicurare la proroga della partecipazione del personale delle forze armate e di polizia ad alcune missioni internazionali e alla missione in Libia, nonché a consentire la partecipazione di personale militare alla missione dell’OSCE in Georgia e per corrispondere a esigenze sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq. Rileva la conformità del provvedimento al riparto delle competenze legislative di cui all’articolo 117 della Costituzione e propone di esprimere un parere favorevole sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

            Il senatore BIANCO (PD) preannuncia il favore del suo Gruppo e auspica che in futuro ulteriori proroghe prevedano termini più ampi, in modo da evitare un ripetuto esame parlamentare a breve scadenza. Conferma l’orientamento della sua parte politica a sostenere le missioni intraprese per iniziativa delle organizzazioni multinazionali.

 

            Accertata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva il parere favorevole proposto dal relatore sulla sussistenza dei presupposti costituzionali.

 

 

            La seduta termina alle ore 15,55.

 

 


AFFARI COSTITUZIONALI (1a)

Sottocommissione per i pareri

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

16a Seduta

Presidenza del Presidente della Commissione

 

VIZZINI

 

 

La seduta inizia alle ore 13,15.

(omissis)

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3ª e 4ª riunite. Esame. Parere non ostativo)

 

      Il relatore BODEGA (LNP), dopo aver illustrato il disegno di legge in titolo, propone di esprimere un parere non ostativo.

 

            La Sottocommissione concorda.

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Parere alle Commissioni 3ª e 4ª riunite su testo ed emendamento. Esame. Parere non ostativo sul testo. Parere non ostativo con osservazioni sull'emendamento)

 

      Il relatore BODEGA (LNP) illustra il provvedimento in titolo e propone di esprimere un parere non ostativo. Inoltre, propone di esprimere un parere non ostativo sull'emendamento 1.0.1, segnalando l'opportunità di far decorrere il termine di cui al comma 1 dall'entrata in vigore, anziché dall'approvazione, del decreto-legge citato, ovvero della legge di conversione.

 

            La Sottocommissione concorda. 


 

GIUSTIZIA (2a)

MARTEDÌ 30 SETTEMBRE 2008

7a Seduta

Presidenza del Presidente

MAZZATORTA

 

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia   : parere favorevole.

 

 

 

 

 


BILANCIO (5a)

MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2008

49a Seduta

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vegas.

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Esame e rinvio)

 

Il relatore TANCREDI (PdL) illustra il disegno di legge di conversione del decreto-legge in titolo segnalando, per quanto di competenza, che occorre acquisire chiarimenti sulla copertura a valere sulle risorse per interventi di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq e in Afghanistan (comma 3 dell’articolo 2 del decreto-legge n. 8 del 2008). Fa presente che l’impiego di quelle somme per altre finalità, quali quelle del decreto-legge in esame, dovrebbe, infatti, essere configurata come una riduzione di autorizzazione di spesa. Infine, sempre sui profili di copertura, segnala che la verifica sulle disponibilità del capitolo del Fondo per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace ha mostrato che non vi sono disponibilità finanziarie, sebbene l’articolo 63 del decreto-legge n. 112 del 2008 abbia rifinanziato il Fondo per 90 milioni di euro. Rileva altresì che occorre acquisire un chiarimento del Governo al riguardo.

 

Il sottosegretario VEGAS si riserva di fornire i chiarimenti richiesti.

 

Il presidente AZZOLLINI (PdL) propone quindi di rinviare il seguito dell’esame.

 

 Conviene la Commissione e il seguito dell’esame viene pertanto rinviato.

 


BILANCIO (5a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

50a Seduta (antimeridiana)

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casero.

 

La seduta inizia alle ore 9,10.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Seguito dell’esame e rinvio).

 

Riprende l’esame sospeso nella seduta pomeridiana di ieri.

 

Il sottosegretario CASERO consegna agli atti della Commissione una nota della Ragioneria generale dello Stato contenente i chiarimenti richiesti nella scorsa seduta.

 

Il presidente AZZOLLINI propone di rinviare il seguito dell’esame ad altra seduta al fine di approfondire gli elementi informativi contenuti nella nota stessa.

 

Conviene la Commissione e il seguito dell’esame viene quindi rinviato.

 

 


 

BILANCIO (5a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

51a Seduta (pomeridiana)

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Casero.

 

La seduta inizia alle ore 15,10.

 

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Seguito e conclusione dell’esame. Parere non ostativo condizionato, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, e con rilievi)

 

Riprende l’esame sospeso nella odierna seduta antimeridiana.

 

Il relatore TANCREDI (PdL) illustra una proposta di parere che recepisce i chiarimenti forniti questa mattina dal Governo, del seguente tenore: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo a condizione che, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, al comma 1 lettera b) dell’articolo 3 vengano aggiunte, infine, le seguenti parole: "come rifinanziato dall’articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112".

 

Il parere non ostativo è altresì reso nel presupposto che gli interventi di stabilizzazione e di ricostruzione in Iraq ed in Afghanistan facciano parte, unitamente  a quelli del decreto-legge in titolo, alla medesima finalità nell’ambito della politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD).".

 

Verificata la presenza del prescritto numero legale, il PRESIDENTE pone quindi ai voti la proposta di parere del relatore.

La Commissione approva.

 

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite su testo ed emendamenti. Esame e rinvio)

 

      Il relatore TANCREDI (PdL) illustra il disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che occorre acquisire elementi di chiarimento in ordine alla quantificazione degli oneri relativi alle missioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 1, in relazione alla voce "spese di funzionamento", atteso che i costi stimati appaiono consistentemente aumentati rispetto alle stime di cui ai provvedimenti legislativi precedenti, a fronte di una sostanziale invarianza delle altre voci di costo. In relazione all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), c) e d), occorre acquisire conferma della disponibilità delle risorse utilizzate a copertura finanziaria.

 

            Illustra poi l’emendamento 1.0.1, segnalando che la proposta appare determinare maggiori oneri, in quanto volta a limitare l’ambito di applicazione della norma disciplinante la riduzione del 20 per cento delle diarie per missioni all’estero (articolo 28, comma 1, decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, con legge n. 248 del 2006).

 

            Il sottosegretario CASERO si riserva di fornire i chiarimenti richiesti.

 

            Il PRESIDENTE propone quindi di rinviare il seguito dell’esame del provvedimento.

 

            La Commissione conviene.

 


BILANCIO (5a)

MARTEDÌ 14 OTTOBRE 2008

53a Seduta

Presidenza del Presidente

 

AZZOLLINI

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giorgetti.

 

La seduta inizia alle ore 15,05.

 

IN SEDE CONSULTIVA 

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

 

(Parere all’Assemblea su testo ed emendamenti. Esame. Parere non ostativo sul testo. Parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sugli emendamenti)

 

      Il relatore TANCREDI (PdL), dopo aver richiamato l’illustrazione del testo svolta nella seduta pomeridiana dell’8 ottobre scorso, in sede di esame del provvedimento per il parere alle Commissioni di merito, illustra l’emendamento 1.0.100, presentato all’Assemblea, segnalando, per quanto di competenza, che la proposta appare determinare maggiori oneri, in quanto volta a limitare l’ambito di applicazione della norma disciplinante la riduzione del 20 per cento delle diarie per missioni all’estero (articolo 28, comma 1, decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, con legge n. 248 del 2006).

 

            Il sottosegretario GIORGETTI deposita agli atti una nota del Ministero dell’economia e delle finanze, confermando la disponibilità delle risorse previste a copertura finanziaria del provvedimento. In ordine all’emendamento 1.0.100, esprime il parere contrario dell’Esecutivo in quanto la proposta reca oneri non quantificati né coperti.

 

            Il PRESIDENTE, acquisiti gli elementi forniti dal Governo, propone dunque l’espressione di un parere non ostativo sul testo. Propone, inoltre, l’espressione di un parere contrario, ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione, sull’emendamento 1.0.100.

 

            Verificata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva la proposta di parere del Presidente.

 

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

(Parere all'Assemblea su emendamenti. Esame. Parere non ostativo) 

 

 Il relatore TANCREDI (PdL) illustra gli emendamenti relativi al disegno di legge in titolo, segnalando, per quanto di competenza, che non vi sono osservazioni da formulare. Propone, quindi, l’espressione di un parere del seguente tenore: "La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi dall’Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta sull’emendamento 3.1, in quanto recepisce la condizione posta ai sensi dell’articolo 81 della Costituzione dal parere recato sul testo.".

 

Verificata la presenza del prescritto numero di senatori, la Commissione approva la proposta di parere del Presidente.

 


FINANZE E TESORO (6a)

Sottocommissione per i pareri

MERCOLEDI’ 8 OTTOBRE 2008

8a Seduta

Presidenza del Presidente

FERRARA

 

Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Giorgetti.

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

 

alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

(1061)Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008: parere favorevole

 

 


AGRICOLTURA E PRODUZIONE AGROALIMENTARE (9a)

MERCOLEDÌ 8 OTTOBRE 2008

16a Seduta

Presidenza del Presidente

 

SCARPA BONAZZA BUORA

 

 

 

            La seduta inizia alle ore 15

IN SEDE CONSULTIVA

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008

(Parere alle Commissioni 3a e 4a riunite. Esame. Parere favorevole)

 

Il relatore PICCIONI (PdL) rileva preliminarmente che il provvedimento in titolo  è finalizzato ad assicurare, per il periodo dal 1º ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano – missione denominata UNIFIL – alla missione dell’Unione Europea in Bosnia-Erzegovina – denominata ALTHEA – ed infine alla missione della stessa Unione nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, di cui all’articolo 3 comma 9 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 45 del 2008. Il decreto- legge in esame  è inteso, altresì, a consentire la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere ad esigenze sopravvenute nell’ambito delle missioni in Afghanistan, nei Balcani, in Libia – in esecuzione dell’accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell’immigrazione clandestina e della tratta di esseri umani – ad Haiti (missione denominata MINUSTAH) ed infine per le attività in Iraq.

Per quel che concerne le parti rientranti nella specifica competenza della 9a Commissione – prosegue il relatore - si evidenzia che l’articolo 2, recante la clausola di copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’attuazione del  decreto,  prevede una riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente  iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008 -2010, nell’ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" relativo alla missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, utilizzando a tal fine l’accantonamento di 130.000 del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Tale importo risulta inferiore rispetto a tutti gli altri accantonamenti relativi agli altri Dicasteri, tra i quali vanno citati l’accantonamento di euro  1.155.000 relativo al Ministero dell’economia e delle finanze; di euro 706.000 relativo al Ministero della giustizia; di euro 11.478.000 relativo al Ministero degli affari esteri, di euro 2.457.000 relativo al Ministero della pubblica istruzione, di euro 815.000 relativo al Ministero dell’interno; di euro 1.618.000 relativo al Ministero per i beni e le attività culturali; di euro 449.000 relativo al Ministero della salute; di euro 841.000 relativo al Ministero dei trasporti; di euro 985.000 relativo al Ministero dell’università e della ricerca.

Un’altra parte della copertura finanziaria – prosegue il relatore - pari ad euro 5.176.102 viene ottenuta mediante una riduzione dell’autorizzazione di spesa – relativa per lo più allo stato di previsione del Ministero della difesa - di cui all’articolo 3, comma 8 del decreto legge n. 8 del 2008, destinata a finanziare la partecipazione dell’Italia alla missione internazionale nel Darfur, in Sudan, che tuttavia non potrà essere avviata nell’anno 2008 per motivi tecnici legati alla concessione dei visti di ingresso per l’invio di personale in zona.

 

Si apre il dibattito.

 

Il presidente SCARPA BONAZZA BUORA (PdL), dopo aver espresso una valutazione positiva in ordine all’atto in esame, evidenzia che il sacrificio posto a carico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali – al fine di finanziare una parte degli oneri economici conseguenti alla proroga delle missioni militari internazionali contenuta nel decreto in titolo – pur essendo significativo, risulta tuttavia inferiore rispetto ai sacrifici richiesti nel caso di specie ad altri Dicasteri.

 

Dopo che il senatore DI NARDO (IdV) ha espresso una valutazione negativa in ordine al decreto-legge in esame, il senatore SANTINI (PdL) sottolinea l’importanza delle missioni internazionali oggetto del provvedimento in titolo, evidenziando la necessità di reperire i fondi anche attraverso l’utilizzo di accantonamenti dei vari Dicasteri. Va peraltro evidenziato, in riferimento alla missione in Afghanistan di cui all’articolo 1 comma 6 del decreto-legge, che la stessa è volta anche ad osteggiare talune pratiche agricole illegali diffuse nel Paese, finalizzate alla produzione dell’oppio.

 

Il senatore VALLARDI (LNP), pur auspicando un futuro ridimensionamento dell’intervento militare in aree territoriali straniere, rileva tuttavia che le proroghe contenute nel decreto-legge in titolo vanno necessariamente finanziate, anche attraverso l’utilizzazione di accantonamenti relativi ai vari Dicasteri. Esprime quindi una valutazione favorevole in ordine al decreto-legge in esame.

 

Il senatore PICCONE(PdL), sottolinea l’importanza dell’impegno internazionale dell’Italia, soffermandosi anche sui benefici indiretti che potranno derivare da tali missioni per il settore agricolo.

 

Il PRESIDENTE non essendovi ulteriori richieste di intervento, nemmeno in sede di replica, dichiara chiuso il dibattito ed invita il relatore a formulare una proposta di parere.

 

Il relatore PICCIONI (PdL) illustra una proposta di parere favorevole sull’atto in esame.

 

Il senatore DE CASTRO (PD) preannuncia, anche a nome del Gruppo parlamentare di appartenenza, un voto di astensione sullo schema di parere illustrato dal relatore, esprimendo talune preoccupazioni per l’utilizzo di risorse originariamente destinate al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

Il PRESIDENTE previa verifica del numero legale, pone ai voti lo schema di parere favorevole illustrato dal relatore Piccioni.

 

La Commissione approva.

 

 

 


IGIENE E SANITA’ (12a)

MARTEDÌ 7 OTTOBRE 2008

Sottocommissione per i pareri

8ª Seduta

 

Presidenza del Presidente

RIZZI

 

 

La Sottocommissione ha adottato le seguenti deliberazioni per i provvedimenti deferiti:

 

            alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 : parere non ostativo.

 

 

 

 


POLITICHE DELL’UNIONE EUROPEA (14a)

Sottocommissione per i pareri (fase discendente)

MERCOLEDÌ 1 OTTOBRE 2008

2a Seduta

Presidenza della Presidente

LICASTRO SCARDINO

 

La Sottocommissione ha adottato la seguente deliberazione per il provvedimento deferito:

 

alle Commissioni 3a e 4a riunite:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia   : parere favorevole.

 

 

 

 

 

 


Discussione in Assemblea

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

72a seduta pubblica:

 

 

Martedì14° ottobre 2008

 

Presidenza del vice presidente NANIA

 


RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del vice presidente NANIA

(omissis)

Discussione dei disegni di legge:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Relazione orale)

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (Relazione orale) (ore 16,32)

 

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 1038 e 1061.

 

Come stabilito dalla Conferenza dei Capigruppo riunitasi oggi, nel corso della seduta odierna avrà luogo la sola discussione generale congiunta dei disegni di legge in titolo.

 

I relatori, senatori Bettamio e Ramponi, hanno chiesto l'autorizzazione a svolgere la relazione orale. Non facendosi osservazioni, la richiesta si intende accolta.

 

Pertanto, ha facoltà di parlare il relatore, senatore Bettamio.

 

 

BETTAMIO, relatore. Signor Presidente, le Commissioni riunite affari esteri e difesa hanno svolto un approfondito dibattito sui disegni di legge in esame relativi alla partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali di pace. Sui provvedimenti si è registrato un ampio consenso da parte delle Commissioni riunite in quanto espressione del rinnovato impegno del Paese negli scenari di guerra e nelle aree di crisi, sempre, tuttavia, nell'ambito di scelte e iniziative maturate nelle sedi internazionali. Le missioni, infatti, sono state decise in ambito comunitario, NATO-OSCE e l'Italia è stata chiamata a fornire il proprio apporto, in un'ottica di aiuto umanitario alle popolazioni e di ristabilimento delle condizioni di sicurezza nelle aree interessate.

 

Vorrei poi sottolineare come il decreto-legge sulla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia costituisca l'ultimo atto della politica nel complesso attuata dal Governo italiano relativamente alla problematica russo-georgiana. La posizione italiana è sempre stata improntata al massimo equilibrio, sin dai primi momenti di tensione tra Georgia e Russia, con l'inizio dell'occupazione del 7 agosto scorso da parte georgiana delle zone dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia a fronte del riacutizzarsi delle spinte separatiste nelle regioni a maggioranza di popolazione russa, che ha innescato la reazione militare russa con il dispiegamento di forze armate nel territorio georgiano.

 

Da un lato, infatti, il Governo italiano ha sostenuto la linea della piena coesione con i partner europei nell'individuazione di una soluzione diplomatica. Tale soluzione si è tradotta nell'accordo elaborato il 12 agosto a livello di presidenza dell'UE e dell'OSCE e sottoposto e approvato da Russia e Georgia, composto da 6 punti, che ha posto le basi per la cessazione delle ostilità, per il ritiro delle truppe russe e per il ripristino dello status quo ante nei tenitori occupati, oltre a delineare un percorso di stabilizzazione politica, mediante l'avvio di trattative e l'istituzione di un monitoraggio internazionale dell'evoluzione della situazione.

 

Dall'altro, l'Italia ha contestualmente evidenziato la necessità del permanere dell'apertura dei canali diplomatici con la Russia e di non adozione di misure sanzionatorie nelle sedi comunitarie, il che ha consentito di non esacerbare i rapporti in una delicata congiuntura. Ciò non toglie che l'Italia, anche quale membro dell'Unione europea, abbia fermamente condannato il riconoscimento da parte russa dell'indipendenza del Sud Ossezia e dell'Abkhazia del 26 agosto e ribadito il principio del pieno rispetto dell'integrità territoriale georgiana, all'atto della partecipazione al Consiglio europeo straordinario del primo settembre scorso.

 

In sede, poi, della riunione informale dei Ministri degli esteri europei di Avignone del 5 e 6 settembre, l'Italia ha aderito alla proposta di dispiegamento di osservatori dell'Unione europea in Georgia, mediante l'invio di personale sia civile, sia militare, da parte di ciascun Paese membro. A livello diplomatico, sono state in detta sede prefigurate le coerenti iniziative di nomina di un Rappresentante speciale dell'Unione europea per la crisi georgiana e di convocare una Conferenza per la ricostruzione. I contenuti specifici della missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia sono stati poi definiti nel dettaglio dal Consiglio dell'Unione europea del 15 settembre, su cui tornerò successivamente.

 

Vorrei ulteriormente ricordare come il Ministro degli affari esteri, nel corso dell'audizione in Senato dello scorso 17 settembre sui più recenti sviluppi della situazione politica internazionale, abbia sintetizzato i punti cardine della politica estera italiana in relazione, tra l'altro, anche alla problematica russo-georgiana. Si è ribadita, in detta sede, l'impostazione caratterizzata dalla fermezza nel sancire il rispetto delle regole del diritto internazionale nell'affrontare le dispute territoriali ed economiche, pur mantenendo l'apertura del dialogo con tutte le parti coinvolte, rifiutando aprioristiche chiusure. Ulteriori spunti sono stati forniti dalla prefigurazione di una politica di sostegno all'avvicinamento della Georgia all'Unione europea e dal delineare le tappe del processo di stabilizzazione politica dell'area mediante la Conferenza internazionale di pace che si terrà a Ginevra.

 

Un ulteriore passaggio sarà costituito dall'organizzazione di una successiva Conferenza internazionale a Roma, per contribuire all'individuazione di soluzioni politiche durature nell'area georgiana, già scenario negli ultimi decenni di tensioni etniche e territoriali. Già durante il dibattito sull'intervento del Ministro avevo fatto presente come l'impostazione della politica estera italiana in relazione alla crisi russo-georgiana fosse da appoggiare, in quanto improntata alla valorizzazione di una linea comune a livello europeo, ma anche alla ricerca di una relazione equilibrata con le parti coinvolte e rispetto ai contrapposti interessi. Inoltre, avevo espresso il convincimento che l'Italia, nell'ambito delle iniziative individuate a livello comunitario, dovesse contribuire anche sul piano economico in termini di sostegno alla ricostruzione e agli aiuti alla popolazione.

 

Rispetto ai contenuti del decreto-legge n. 147 del 2008, ricordo che esso è finalizzato a fornire il sostrato normativo alla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia denominata "EUMM Georgia". La missione istituita dall'Unione europea prevede una prima fase di spiegamento delle forze ed una successiva fase operativa destinata ad iniziare entro l'ottobre 2008. Il mandato della missione consiste nella vigilanza civile sulle azioni delle parti per la verifica del rispetto degli accordi raggiunti in tema di integrità territoriale della Georgia e di ritiro delle truppe, operando in armonia con le Nazioni Unite e l'OSCE, in vista del sostegno ad una soluzione politica duratura per la Georgia.

 

L'azione comune prevede altresì che ad essa partecipi essenzialmente personale distaccato dagli Stati membri o dalle istituzioni comunitarie e che ciascuno Stato membro debba sostenere i costi connessi con il personale destinato, incluse le spese di viaggio relative al luogo di schieramento, agli stipendi, alla copertura sanitaria e tutte le indennità. Il collega Ramponi, a breve, sarà più esaustivo su questo punto e, quindi, io mi limito solo a questi accenni.

 

Pertanto, nelle aree dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia saranno schierati almeno 200 osservatori dell'Unione europea che, salvo i veicoli blindati, non saranno né armati né dotati di attrezzature militari. In tale contesto l'intenzione del Governo italiano è di prendere parte alla missione europea mediante l'invio di 40 osservatori - 36 militari e 4 civili - oltre all'impiego di veicoli e apparati di telecomunicazione.

 

Il decreto-legge prevede quindi all'articolo 1 l'autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione del personale, dei mezzi e dei materiali delle Forze armate alla missione, a decorrere dal 21 settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008. Il comma 2 dell'articolo 1 rinvia, per la disciplina del personale, a talune disposizioni del decreto-legge n. 8 del 2008, recante disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione, nonché relative alla partecipazione delle Forze armate e di polizia a missioni internazionali. In particolare, le norme cui il rinvio è effettuato riguardano l'indennità di missione, l'indennità di impiego operativo, la valutazione del servizio prestato nelle missioni internazionali ai fini dell'avanzamento degli ufficiali al grado superiore, le disposizioni in materia penale, le disposizioni in materia contabile, nonché la normativa sancita quale disciplina uniforme per tutte le missioni internazionali.

 

L'articolo 2 del decreto-legge reca, poi, l'autorizzazione di spesa per l'anno 2008 per la partecipazione del personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea. Al comma 2 dell'articolo 2 viene altresì autorizzata la spesa per l'acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione destinati al personale civile impiegato nella missione. Il comma 3 dispone l'autorizzazione di spesa necessaria per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia. Infine, il comma 4 dell'articolo 2 autorizza la spesa connessa alla partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell'ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

Le ultime disposizioni citate, vale a dire i commi 3 e 4 dell'articolo 2, rivestono particolare interesse in termini di politica estera italiana. Osservo, in proposito, come la partecipazione di un esponente della diplomazia italiana presso la rappresentanza speciale dell'Unione europea in Georgia costituisca un fattore di raccordo fondamentale nell'ambito della politica estera del Paese rispetto all'evoluzione del negoziato internazionale sulla stabilizzazione della Georgia. Il Consiglio europeo, infatti, ha deciso di nominare un rappresentante speciale dell'Unione europea per la crisi georgiana, il cui operato potrà in tal modo essere monitorato e supportato anche a livello nazionale.

 

La Conferenza dei donatori affronterà la tematica dell'assistenza umanitaria e della ricostruzione nelle aree geografiche interessate dalla crisi mediante i contributi e finanziamenti dei Paesi partecipanti. L'Italia ha già posto in essere un intervento di emergenza, con due contributi per l'assistenza alla popolazione sfollata, per un totale di circa 500.000 euro. L'ulteriore autorizzazione di spesa per l'anno 2008, pari a 1,6 milioni di euro, dovrebbe essere destinata ad interventi che si appuntino sulla fase post-conflittuale e sul sostegno al rilancio dello sviluppo economico e della tutela della stabilità interna della Georgia.

 

Venendo ora all'esame del disegno di legge n. 1061, di conversione del decreto-legge di proroga dell'autorizzazione alla partecipazione italiana alle missioni internazionali per l'anno 2008, ricordo che esso si inquadra in uno scenario in cui la presenza italiana in missioni internazionali, congiuntamente agli altri Paesi europei, ovvero nell'ambito di iniziative sorte in seno alle Nazioni Unite, risulta quanto mai indispensabile.

 

In conclusione, ribadisco come in seno alle Commissioni riunite affari esteri e difesa si sia registrato su entrambi i provvedimenti un consenso unanime di tutti i Gruppi parlamentari, di maggioranza ed opposizione, determinato dall'esigenza di mantenere il ruolo primario dell'Italia nella partecipazione alle missioni internazionali di pace. Auspico, pertanto, che anche l'Assemblea approvi i disegni di legge in esame.

 

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Ramponi.

 

 

RAMPONI, relatore. Signor Presidente, ho avuto mandato dalle Commissioni riunite 3a e 4a di riferire favorevolmente sul disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

 

II presente decreto, composto di tre articoli, è inteso ad assicurare, per il periodo dal 1° ottobre al 31 dicembre 2008, la proroga della partecipazione del personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali UNIFIL, compresa la componente navale EUROMARFOR, ALTHEA, EUFOR Tchad/RCA, MINUSTAH, nonché alla missione in Libia, per le quali il decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45, ha previsto la scadenza al 30 settembre 2008. In sostanza, il provvedimento in esame è volto a coprire le spese per tali missioni dal 30 settembre sino alla fine dell'anno.

 

Inoltre, lo stesso decreto è inteso a consentire la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia, nonché ad autorizzare ulteriori spese per corrispondere alle esigenze sopravvenute nell'ambito delle missioni in Afghanistan, Mediterraneo e Kosovo e delle attività in Iraq, già finanziate per l'anno 2008 dal citato provvedimento legislativo.

 

In particolare, l'articolo 1 prevede la proroga di spesa, per un totale di 112.524.772 euro, per la partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale EUROMARFOR. Ricordo che il compito di tale missione è quello di agevolare il dispiegamento delle Forze armate libanesi nel Sud del Libano fino al confine con lo Stato di Israele, contribuire alla creazione di condizioni di pace e sicurezza, assicurare la libertà di movimento del personale delle Nazioni Unite e dei convogli umanitari ed assistere il Governo libanese nel controllo delle aree di confine per prevenire il traffico illegale di armi. Il contributo italiano è pari a 2.460 operatori militari, ai quali si aggiungono 1.001 mezzi terrestri, un mezzo navale e sette mezzi aerei.

 

Il comma 2 proroga la partecipazione alla missione in Bosnia-Erzegovina denominata ALTHEA, che ha l'obiettivo di contribuire al mantenimento delle condizioni di sicurezza per l'attuazione dell'Accordo di pace di Dayton, aprendo la strada all'integrazione nell'Unione europea. Nel suo ambito opera anche la missione Integrated Police Unit (IPU), costituita da uomini della Forza armata Carabinieri. In totale, abbiamo 264 soldati, 150 carabinieri, 138 automezzi e le spese di copertura sono pari a 9.668.523 euro.

 

Il comma 3 prevede la proroga della partecipazione alla missione denominata EUFOR nella Repubblica del Chad; essa prevede una spesa di 8.310.451 euro; la missione nel Chad è svolta per conto dell'Unione europea.

 

II comma 4 autorizza la spesa per la partecipazione di cinque osservatori militari, originata da una decisione dell'OSCE che prevede l'invio sempre in Georgia di 100 uomini, che svolgono sostanzialmente lo stesso compito di coloro per i quali ha già parlato il collega Bettamio.

 

In sostanza, noi inviamo quaranta uomini nella missione dell'Unione europea e cinque uomini nella missione OSCE (la prima ha natura civile, la seconda è di tipo militare). L'impegno finanziario per entrambe è modesto: 99.999 euro; tali uomini debbono controllare il ritiro delle unità russe dalla Georgia.

 

Il comma 5 autorizza una spesa nuova per la NATO Training Mission Iraq. Il rifinanziamento deve assicurare l'invio di sedici carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della Iraqi national police. Si tratta di sedici uomini e dodici mezzi per una spesa di 417.102 euro.

 

Il comma 6 parla di un'altra spesa riferita alla International Security Assistance Force (ISAF) in Afghanistan, dove assistiamo e addestriamo la polizia afgana: si tratta di altri quaranta carabinieri. Questo per il settore addestramento delle forze di polizia, mentre per il settore operativo è previsto l'invio di 4 Tornado e di 25 mezzi, per integrare la nostra presenza nell'ambito dell'ISAF.

 

Il comma 7 autorizza l'ulteriore spesa di 1.384.978 euro in Kosovo dal momento che l'Italia assume il comando della missione in tale area. Acquisendo il comando, l'Italia assume anche responsabilità di coordinamento e logistiche che comportano normalmente un rinforzo alle forze già esistenti. Tale rinforzo è costituito da diciotto uomini, quattro mezzi e due aeromobili.

 

Il comma 8 autorizza la proroga dell'impegno costituito dalla presenza di sedici uomini della Guardia di finanza in Libia per garantire il controllo delle partenze irregolari di immigrati. La stessa Guardia di finanza trova la copertura, nel comma 9, per una missione di cinque uomini inviati ad Haiti per assistere il governo haitiano nelle attività di ristrutturazione e riforma della Haitian National Police, secondo standard democratici.

 

Il comma 10 autorizza la spesa per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'unità di sostegno alla ricostruzione di Nasiriya. Si tratta della copertura di spese per un ente: più precisamente, vi sono delle organizzazioni che in loco garantiscono la sicurezza del personale che abbiamo distaccato in tale città per portare avanti alcuni progetti di cooperazione. Fino a quando siamo stati presenti in Iraq con le nostre Forze armate non c'è stato bisogno di tale misura; dal momento che si decise di ritirare tutto il personale militare, la sicurezza delle nostre iniziative civili in Iraq è coperta da organizzazioni di difesa e protezione. A tal proposito, vengono stanziati 1,3 milioni di euro, che servono per la copertura dei primi quattro mesi, a partire da adesso, del servizio di sicurezza e di difesa garantito da tale ente.

 

Il comma 11 stabilisce lo status giuridico e il trattamento al quale fa riferimento tutto il personale di queste missioni. Il comma 12 determina un'equiparazione, perché fino ad oggi esisteva un'ingiustificata disparità di trattamento economico per il personale della Guardia di finanza rispetto a quello di tutti gli altri enti. Quanto previsto al comma 12 elimina tale diseguaglianza.

 

Infine, l'articolo 2 prevede la copertura finanziaria nei termini corretti che sono stati accettati e sui quali si è espressa favorevolmente la 5ª Commissione, a meno di una precisazione che comparirà in un emendamento - che probabilmente esamineremo domani - che come relatore io stesso presenterò.

 

In conclusione, ripeto che mi è stato affidato il mandato di riferire positivamente sul provvedimento di conversione in legge del decreto-legge che vi ho appena illustrato.

 

 

 

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale congiunta.

 

È iscritto a parlare il senatore Del Vecchio. Ne ha facoltà.

 

 

DEL VECCHIO (PD). Signor Presidente, signori senatori, pur se i decreti oggi al nostro esame si riferiscono solo alla proroga di alcune missioni o all'invio di una contenuta componente nazionale in Georgia, le attività previste costituiscono una parte significativa dell'impegno complessivo che l'Italia ha da tempo assunto nelle missioni di pace e di stabilizzazione.

 

Nelle operazioni svolte direttamente sotto l'egida dell'ONU, o nell'ambito della NATO o nel contesto dell'Unione europea, l'Italia rappresenta il quarto Paese fornitore di forze. I contingenti nazionali, talvolta di consistente entità numerica, talaltra limitati a poche unità, operano in quattro continenti diversi in missioni differenziate: attività umanitarie, operazioni di peacekeeping, interventi di stabilizzazione e formazione delle forze di sicurezza di Paesi in difficoltà. La professionalità personale riscuote generale apprezzamento da parte delle autorità internazionali e delle popolazioni locali. Devono inoltre essere ricordati i disagi ed i rischi che i nostri connazionali operanti nelle missioni affrontano nel loro impegno e che hanno comportato talvolta anche il sacrificio della vita.

 

Tornando al merito dei due decreti, va sottolineato come tutte le missioni in esame abbiano un solida base giuridica. I nostri contingenti militari fanno parte di attività controllate direttamente dall'ONU, agiscono nell'ambito dell'Alleanza Atlantica o infine concorrono ad azioni decise dal Consiglio dell'Unione europea. In sostanza, il coinvolgimento nazionale risponde al principio del multilateralismo e della legittimazione giuridica, che da sempre sono considerati imprescindibili per la partecipazione alle attività all'estero.

 

Queste le caratteristiche di base delle missioni di cui l'Assemblea terrà conto per concedere l'autorizzazione, insieme naturalmente alla verifica dell'efficacia delle missioni e della loro utilità. Al riguardo, tra quelle che stanno iniziando, la più importante appare la missione degli osservatori dell'Unione europea in Georgia. È una missione di entità contenuta, ma di grande responsabilità, considerato che ha lo scopo di verificare il rispetto degli accordi raggiunti al termine della delicata e pericolosa crisi caucasica tra la Russia e la Georgia.

 

La missione è il risultato dell'efficace azione svolta dall'Unione europea e perciò anche espressione della politica di sicurezza e di difesa dell'Unione che bene è stata evidenziata anche nel Trattato di Lisbona, che recentemente il Parlamento nazionale ha ratificato all'unanimità. Mi sembra quindi naturale che l'Italia concorra alla missione nei termini indicati nel decreto. Ma la missione è anche il segnale di una situazione di crisi sopita ma non risolta, dei potenziali rischi per la pace in una regione nella quale - ci piaccia o no - dobbiamo registrare la perdurante idea dell'esistenza di aree di interesse e confrontarci con accese sensibilità nazionalistiche.

 

Al di là dell'impegno degli osservatori europei occorre quindi che l'Unione europea svolga un'incisiva azione politico-diplomatica affinché i contrasti nell'area non riesplodano in forme di conflitto ideologico, pericolose per la cooperazione nel continente e nel mondo.

 

Tra le missioni già in atto, di cui è prevista la proroga, è di particolare rilievo l'operazione l'UNIFIL in Libano. Anche qui l'Italia non può abdicare al ruolo primario e promotore che nell'estate del 2006 e negli anni successivi ha svolto in quel teatro operativo. La missione è espressione diretta dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, che ha attribuito, in due occasioni e per complessivi tre anni, la leadership dell'operazione al comando italiano, riconoscendo così l'impegno politico e diplomatico svolto dall'Italia nel momento più delicato della crisi, nonché la professionalità e l'imparzialità del nostro personale militare.

 

Ma la missione assolve, anche in questo caso, un mandato preciso in una zona limitata. In realtà, la situazione della regione subisce le influenze internazionali sul Paese ed è gravata dai contrasti politici e sociali all'interno della popolazione libanese. Emerge, quindi, anche in questo caso, l'esigenza di una continua attenzione da parte del Governoitaliano verso gli instabili equilibri dell'area.

 

Alcune considerazioni merita, infine, la missione in Afghanistan che, pur non essendo oggetto, nella sua completezza, dei decreti in esame è interessata ad incrementi di forze legati all'immissione di un'aliquota di personale dell'Arma dei carabinieri e al rafforzamento della componente aerea. Il personale dell'Arma opererà per la formazione della polizia afgana, per creare cioè le condizioni affinché il Governo di quel Paese possa autonomamente controllare il territorio. L'invio dei quattro velivoli Tornado risponde, invece, secondo le indicazioni del decreto, ad esigenze di maggiore sicurezza e protezione del contingente nazionale.

 

Sulla base di queste motivazioni, appare appropriato integrare il dispositivo nazionale con questi nuovi assetti, tenuto anche conto, per gli aspetti relativi alla sicurezza del personale nazionale, dell'incremento degli incidenti e della conflittualità che si è verificato in Afghanistan nell'ultimo biennio. Ed è proprio questa constatazione che induce a formulare valutazioni in merito alla missione nei suoi aspetti generali.

 

Innanzitutto, vanno ricordati i successi che questa missione ha ottenuto. Per la prima volta dopo trent'anni, nel 2005, si sono svolte le elezioni parlamentari e per la prima volta è stato costituito un Parlamento liberamente eletto e in grado di avviare il processo di democratizzazione. Non sono piccoli risultati per un Paese che ha vissuto in guerra per oltre due decenni. Ciò non toglie che l'insorgenza e la criminalità, ritenute sconfitte all'inizio del 2002, siano ancora fortemente condizionanti per la vita del Paese. Devono quindi essere ora riesaminati la strategia e i modi per raggiungere il successo. È necessario un nuovo e più forte impegno della comunità internazionale per aumentare gli interventi a favore della popolazione, considerato che solo così si potrà elevare il consenso degli afgani verso le forze internazionali e ridurre contemporaneamente quello nei confronti dell'insorgenza e della criminalità.

 

Inoltre, da più parti, si comincia a ritenere che l'azione militare - nonostante tutti gli sforzi compiuti compatibili con un'operazione di stabilizzazione - possa non essere risolutiva. Al riguardo, la presidenza afgana ed il massimo livello politico della NATO, proprio recentemente, hanno ipotizzato una nuova iniziativa per la riconciliazione nazionale tra le varie anime dell'Afghanistan, diretta alle componenti più aperte e non collegate con il terrorismo. Una riproposizione del tentativo già posto in atto nel 2004 dal presidente Karzai.

 

A mio avviso l'Italia dovrà e potrà contribuire alla ricerca di soluzioni appropriate in questi campi, svolgendo il ruolo politico e diplomatico già ricoperto nel passato, naturalmente in accordo con i partner più importanti della missione. Dovrà essere sollecitato in una qualche forma, magari riproponendo quella Conferenza regionale di cui l'Italia è stata in passato forte promotrice, il coinvolgimento delle Nazioni confinanti con l'Afghanistan, che da sempre influenzano la vita e le vicende del Paese.

 

Sidovrà cercare di dare soluzione, ancora, al problema dell'oppio, ricordando che le proposte al riguardo sono state formulate anche da personalità italiane, con la consapevolezza che quella produzione ed i proventi derivanti costituiscono un problema mondiale e rendono più ardua la sconfitta della criminalità locale e dell'insorgenza talebana.

 

Al di là di queste osservazioni su alcuni aspetti delle operazioni in atto o in avvio, ritengo che le missioni internazionali previste dai decreti-legge in esame siano l'espressione della partecipazione attiva della nostra Nazione alla salvaguardia della democrazia e della pace nel mondo. Sono altresì quelle missioni uno strumento attraverso il quale si concretizza la politica estera del Paese, contribuendo significativamente ad elevare l'immagine ed il ruolo dell'Italia nell'ambito internazionale.

 

Ma non posso non evidenziare che questo impegno è stato possibile perché le nostre Forze armate sono cresciute ed hanno fatto buona utilizzazione delle risorse che le sono state assegnate nel tempo. Mi auguro che il Paese ed in particolare il Parlamento voglia continuare a sostenere questo impegno, modificando in particolare nella maniera maggiore possibile le forti misure restrittive che sono state apportate al comparto della Difesa. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

 

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Allegrini. Ne ha facoltà.

 

 

ALLEGRINI (PdL). Signor Presidente, onorevoli membri del Governo, colleghe e colleghi, intervengo sul rifinanziamento della missione italiana in Georgia, in qualità di membro dell'OSCE (Organization for Security and Cooperation in Europe), ma soprattutto come osservatore delle elezioni presidenziali del 5 gennaio scorso, che hanno portato alla riconferma del presidente Saakashvili.

 

La questione georgiana è stata spesso oggetto di discussione nell'Assemblea dell'OSCE, ma è nel momento acuto della crisi dell'agosto scorso che l'OSCE ha potuto dispiegare il suo incisivo intervento in relazione alla propria specificità, attraverso il neo-presidente João Soares, secondo quanto deliberato dalla Commissione affari generali e relazioni esterne del Consiglio dell'Unione europea del 13 agosto scorso.

 

I conflitti congelati dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud hanno radici antiche, ma la recente crisi politica georgiana, che ha portato alle elezioni presidenziali anticipate, potrebbe aver accelerato l'acuirsi dei contrasti ed in particolare il referendum di adesione alla NATO potrebbe aver riacceso le mire indipendentiste di quei territori.

 

La Georgia che ho visto, sotto la neve, è un Paese in cui è molto forte la sperequazione tra ricchi e poveri, un Paese in cui le pensioni sociali sono state elevate da Saakashvili da 25 a 35 euro durante la campagna elettorale. La Georgia che ho visto è un Paese con una Costituzione giovane (1995) che ostenta una democrazia che spesso non esiste e uno sviluppo sociale ed economico che è ben lontano da venire. Un Paese che vive di rimesse straniere e in cui, nessuno si scandalizzi, la corruzione imperante legata ad una certo apparato burocratico non è ancora stata debellata. Un Paese in cui la situazione dei profughi già grave prima dell'ultima crisi può aver assunto ora aspetti ancor più preoccupanti e in cui la gran parte della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Ho visto un Paese che ha tentato di recidere il cordone ombelicale con il vecchio regime sovietico, peraltro mai venuto meno in Abkhazia ed in Ossezia, ma che non riesce ancora a trovare un approdo convincente per il futuro.

 

Del resto, per comprendere i rapporti di forza interni al Paese, basterà ricordare che i principali investitori esteri risultano essere USA, Russia e Gran Bretagna, essendo però quest'ultima, in realtà, la sede di molte società facenti capo al Cremlino. Ma cosa ha portato Saakashvili ad indire elezioni anticipate nel gennaio di quest'anno, alla vigilia del Natale ortodosso, dopo che nelle presidenziali del 2004 aveva sbaragliato gli epigoni del regime sovietico conseguendo un consenso quasi unanime con ben il 96 per cento dei voti? Una crisi del partito - che per semplificare chiamerò antisovietico ma che sarebbe più corretto definire dell'occidentalizzazione della Georgia - la si poteva avvertire già alla fine del 2006, nelle amministrative che confermarono il successo del partito di Governo ma con una percentuale di votanti inferiore al 30 per cento. Tale circostanza determinò giudizi positivi da parte degli osservatori OSCE-ODIHR in ordine alla fairness elettorale, ma venne interpretata da altri commentatori come un segnale di disaffezione nei confronti degli ex rivoluzionari delle rose, il cui presidente Saakashvili, appena due anni prima, era stato eletto con il 96 per cento dei voti, ma soprattutto con un flusso ben diverso di partecipanti alle elezioni.

 

Anche le elezioni presidenziali del gennaio di quest'anno, maturate in un clima di generale tensione, ci rappresentano la disillusione da parte di coloro che postulano l'equazione: Occidente uguale progresso sociale ed economico. Fuori del Parlamento georgiano, accanto alla bandiera nazionale, sventola la bandiera dell'Unione europea, di cui la Georgia non fa parte ma evidentemente per il presidente Saakashvili questa aspirazione non si realizza solamente attraverso l'accordo di partenariato e cooperazione tra Unione europea e Georgia del 1999, attraverso la PEV, la politica europea di vicinato che l'Unione sta praticando, ed il piano d'azione del 2006, ma si sostanzia soprattutto attraverso l'adesione alla NATO.

 

Ecco perché unitamente alle presidenziali, Saakashvili ha indetto per gennaio un referendum di adesione alla NATO, fatto questo che certamente deve aver accelerato la crisi, soprattutto in ordine alle mire indipendentiste di Abkhazia ed Ossezia del Sud.

 

D'altro canto, e forse giustamente, la Georgia ha sempre contestato che la principale forza di peacekeeping in Abkhazia e in Ossezia del Sud fosse proprio la Russia. Le presidenziali sono maturate in un clima che ha visto l'arresto di uno dei principali leader dell'opposizione, violenze sui manifestanti con almeno 500 feriti, l'oscuramento del canale televisivo di opposizione IMEDI e, infine, la dichiarazione dello stato di emergenza, con il conseguente divieto di diffusione di informazioni tramite canali televisivi e radio che non fossero quelli di Stato, ed il divieto di sciopero e manifestazioni pubbliche.

 

Negli incontri con i candidati di opposizione e la stampa che hanno preceduto il monitoraggio delle elezioni abbiamo raccolto pesanti denunce contro Saakashvili, che avrebbe usato l'intera macchina statale a scopi elettorali. Io stessa ho visto trasmettere dalla televisione di Stato il comizio di chiusura di Saakashvili durante il silenzio elettorale.

 

In un clima di generale regolarità ai seggi ma di celata tensione, abbiamo rilevato l'anomalia dell'istallazione di una telecamera in ciascun seggio (ci è stato detto per motivi di sicurezza) e la presenza di pulmini con otto-dieci persone fuori di ogni seggio, che ha richiamato il probabile utilizzo del sistema del carousel, che tutti conosciamo (un capogruppo consegna una scheda prevotata ad un componente del gruppo che vota all'interno del seggio e ne esce con una scheda bianca; il capogruppo la vota, la consegna al secondo e così via). Alla fine Saakashvili ha vinto con il 53,47 per cento dei voti ed il referendum di adesione alla NATO ha avuto invece il 77 per cento dei consensi.

 

Una vittoria completa? Leggo così questi risultati. I georgiani non hanno ripensamenti sulla loro indipendenza e guardano più che mai ad Occidente, ma forse il partito di Saakashvili non è riuscito a compiere il miracolo della rinascita economica e dello sviluppo sociale che aveva mosso la rivoluzione delle rose contro Shevardnadze.

 

Le elezioni politiche di maggio sono state poi la logica conseguenza delle presidenziali con una netta affermazione del partito del Presidente, che ha determinato poi un regolamento di conti interno al suo entourage, di cui ha fatto principalmente le spese Nino Burjanadze, figlia del protagonista, insieme a Saakashvili, della rivoluzione delle rose anti-Shevardnadze, fino a qualche mese fa capo delegazione OSCE, ma soprattutto capo del Parlamento georgiano.

 

Intanto Saakashvili, laureato negli States, non ha mai fatto mistero di voler perseguire la strada del rapporto privilegiato con gli Stati Uniti d'America. Va detto che non è senza significato la circostanza che il coordinamento della missione di osservazione delle presidenziali georgiane sia stato affidato proprio ad un americano, l'onorevole Hastings.

 

Bisogna altresì ricordare che, a suo tempo, la Georgia aveva inviato 2.000 uomini in Iraq, guadagnandosi quindi il ruolo di principale sostenitore di quell'intervento e della politica USA verso quei Paesi.

 

In agosto la crisi esplode in tutta la sua violenza ed il Governo italiano si fa apprezzare per la tempestività e l'incisività dell'azione diplomatica, che si è mossa sempre nel segno dell'equidistanza. Quella stessa equidistanza che, mi duole rilevare, è stata scalfita con il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, fatto questo che ha costituito il precedente attraverso il quale la Russia ha potuto piazzare ora basi in Abkhazia. Equidistanza che è stata ora recuperata con un voto di astensione in occasione della discussione presso l'ONU della mozione della Serbia proprio sull'indipendenza del Kosovo.

 

Dei 200 osservatori inviati dall'Unione europea 40 sono italiani (36 carabinieri e 4 civili). L'OSCE, dal canto suo, ha deliberato l'invio di 100 unità, ma ne sono partite solo 20, tra cui un solo italiano, che si aggiunge agli 8 già presenti.

 

Nella sessione autunnale dell'OSCE dello scorso 18-21 settembre la questione georgiana è stata al centro della discussione ed ha assunto toni drammatici e di contrasto, soprattutto allorquando la giovane Ministro degli esteri georgiana ha fotografato la drammaticità della situazione dei profughi.

 

La delegazione italiana ha avuto incontri bilaterali con la delegazione russa e con quella georgiana e ha potuto mettere a confronto due tesi opposte. I russi sostengono che durante il mese di agosto gli Stati Uniti avevano armato consistentemente la Georgia ed i georgiani affermano invece che i russi avrebbero cominciato a praticare a freddo la pulizia etnica in alcuni territori. Una commissione di inchiesta dell'ONU accerterà cosa è realmente successo in quei giorni, ma la Georgia contesta che nella commissione possa essere parte attiva la Russia, che vi parteciperebbe di diritto in quanto membro del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

 

La delegazione italiana ha voluto esprimersi anch'essa a Toronto nel segno dell'equidistanza con una unica relazione concordata tra maggioranza e opposizione per testimoniare la delicatezza e la gravità del momento, per dare forza ed unità alla delegazione, per avvalorare la sostanziale continuità della politica estera italiana degli ultimi anni, affidandone la comunicazione all'onorevole Mantini, notoriamente membro dell'opposizione nel Parlamento italiano.

 

Questa la relazione: «La delegazione italiana non accetta» - abbiamo detto a Toronto...

 

 

PRESIDENTE. Senatrice Allegrini, ha già avuto qualche minuto in più, la prego di concludere.

 

 

ALLEGRINI (PdL). Chiedo allora di poter allegare agli atti la restante parte del mio intervento, contenente la relazione dalla delegazione italiana presso l'OSCE a Toronto, nella quale si condanna ogni tipo di guerra, compresa quella fredda, e si invitano le forze di peacekeeping e gli osservatori ad osservare i sei punti previsti dall'accordo.

 

Arrivo dunque alle conclusioni.

 

Da venerdì 10 ottobre i russi si sono ritirati da Gori, ma da Tbilisi fanno sapere che le truppe del Cremlino devono lasciare anche la valle di Kodori e la zona di Akhalgori, ossia quelle porzioni di Ossezia ed Abkhazia che fino ad agosto scorso erano proprio sotto il controllo della Georgia. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite ha costruito proprio a Gori, città natale di Stalin, uno dei campi più importanti, ma in quella regione ce ne sono altri 32. Comincia ora l'esodo massiccio dei profughi: alcuni troveranno la loro casa, altri non più. Al ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, per la Presidenza di turno dell'Unione, il difficile compito di valutare gli sviluppi del ritiro russo e le sue implicazioni sulla diplomazia e gli sfollati.

 

Il prestigio internazionale, il rispetto degli accordi, l'adesione ai trattati, sono argomenti decisivi per una valutazione positiva della missione italiana in Georgia. Le relazioni commerciali ed industriali, la valenza strategica di quei tenitori, corridoio di approvvigionamento di energia e materie prime delle quali l'Italia ha assoluto bisogno, sono argomenti altrettanto convincenti. Non credo si possa omettere poi di considerare come la Georgia sia ormai lo scenario nel quale Russia e Stati Uniti si scontrano frontalmente o ignorare che questo confronto non è poi così lontano dai nostri confini.

 

Ma l'argomento che mi convince di più ad un appassionato sì è ciò che ho visto: è quel senso di ingiustizia che ho provato, quel deficit nemmeno troppo palese di democrazia e libertà, intese in senso pieno, che affligge popolazioni che più che mai hanno bisogno di aiuti concreti e interventi costruttivi di pace; è quel senso di umana solidarietà che impone a tutti noi di rendere loro quel sogno di progresso sociale ed economico nel quale sembrano nemmeno credere più e che prima e ancor oggi è stato loro negato. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

 

PRESIDENTE. Senatrice Allegrini, la Presidenza l'autorizza ad allegare la parte finale del suo intervento.

 

È iscritto a parlare il senatore Serra. Ne ha facoltà.

 

 

*SERRA (PD). Signor Presidente, ritengo oggi doveroso esprimere voto favorevole alla proroga delle missioni internazionali di pace, sia per coerenza - ricordo che si tratta di scelte approvate e rifinanziate da maggioranze diverse -, sia perché il nostro contributo alla risoluzione dei conflitti in numerose zone del pianeta è ancora di primaria importanza, sia per quel senso di umana solidarietà sottolineato anche dalla collega che mi ha preceduto. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, inoltre, decidendo di recente la proroga della missione UNIFIL in Libano, ha reso necessaria l'adozione del provvedimento, anche se il breve tempo a disposizione non mi consente di soffermarmi sulle motivazioni in modo più approfondito. Credo, poi, che sia da condividere, in questo caso, anche la scelta di ricorrere al decreto-legge.

 

Ebbene, queste premesse sgombrano il campo da ogni ipotesi di opposizione preconcetta o pregiudizi, ma non ci esimono dall'esprimere grande preoccupazione per l'abuso della decretazione d'urgenza che il Governo sta operando in ambiti diversi. Desidero unirmi anch'io al coro delle voci che in queste ultime settimane ha sottolineato come l'eccessivo ricorso a tale strumento contribuisca a svilire il ruolo del Parlamento. Il Parlamento - è bene ribadirlo - non si riunisce solo per ratificare provvedimenti e non può essere assimilato a succursale di ufficio notarile, ma gode di un'autonomia e di un'autorevolezza che prescindono dalle distinzioni tra maggioranza e opposizione. Tale principio è stato richiamato recentemente con forza anche dal Presidente della Camera dei deputati, che ha inteso così confutare l'esplicita intenzione del Governo di scavalcare "i tempi lunghi" della discussione parlamentare.

 

È inaccettabile, onorevoli colleghi, che riforme fondamentali per il Paese, a cominciare da quella della scuola, non vengano sottoposte ad un'analisi ampia ed accurata e non si giovino del prezioso confronto tra opinioni e rappresentanze diverse. A dispetto della forte maggioranza di cui gode in questa sede, come a Montecitorio, chi governa sembra considerare il Parlamento un mero ostacolo al raggiungimento dei propri obiettivi e si mostra ogni giorno più insofferente alle obiezioni avanzate dall'organo istituzionale deputato all'esercizio del potere legislativo. L'odierna scelta di votare a favore del decreto-legge sul rifinanziamento delle missioni non deve lasciare dubbi sulla profonda contrarietà rispetto all'abuso di questo strumento.

 

L'impegno internazionale dei nostri soldati per il ripristino della convivenza civile ed il costante sacrificio che esso richiede sono divenuti ormai patrimonio comune. Voglio qui, tuttavia, richiamare il dovere di monitorare sempre con la massima attenzione gli scenari in cui i militari operano. Si tratta, infatti, in molti casi di zone, non solo ad alto rischio, ma in continuo mutamento, zone dove è necessario un ricorrente aggiornamento delle linee di intervento. Basti pensare, a tal proposito, all'Afghanistan, definito solo pochi giorni fa dall'intelligence statunitense «un Paese in caduta libera», a causa dell'aumento sia dell'influenza talebana, sia della corruzione all'interno delle istituzioni.

 

La severa analisi del National Intelligence Estimation, il documento redatto da 16 agenzie di spionaggio americane, investe anche la situazione irachena e paventa il pericolo di una nuova esplosione di violenze etniche. Scenari instabili, che risentono anche dell'ormai prossimo avvicendamento ai vertici della Casa Bianca e che non possono essere in alcun modo sottovalutati. Il Governo non manchi, dunque, di affidare nel futuro ad un approfondito dibattito parlamentare il compito di vagliare le scelte migliori su questi fronti, come su tutti i capitoli più delicati della politica estera e di difesa italiane.

 

Una pianificazione seria e a lungo termine permetterà, inoltre, di evitare il ripetersi di alcune grossolane contraddizioni. Mi riferisco alla finanziaria e agli indecorosi tagli che, colpendo il comparto Difesa, hanno messo a rischio le missioni all'estero e l'intero funzionamento della macchina militare. Non sono io a dirlo, ma il capo di Stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini, nell'allarme lanciato durante la sua audizione in Commissione lo scorso luglio. "Riguardo al personale" - ha fatto presente Camporini - "si prevede la riduzione delle risorse finalizzate al processo di professionalizzazione del 7 per cento nel 2009 e del 40 per cento dal 2010, mentre i reclutamenti sarebbero destinati a diventare pressoché nulli dal 2010". E, ha poi aggiunto Camporini, in base alle norme del decreto n. 112, di fatto "verrebbe pregiudicata l'efficacia operativa dello strumento militare". Queste le inevitabili conseguenze di una finanziaria approvata in pochi minuti. Una maggiore attenzione, o solo un po' di buon senso in più, le avrebbero forse evitate.

 

Il senso di responsabilità e la coerenza della nostra azione politica, oltre al profondo rispetto e alla assoluta stima che nutriamo nei confronti delle Forze armate, ci impongono oggi, tuttavia, di votare a favore, per sostenere la partecipazione italiana alle missioni internazionali di pace. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Livi Bacci. Ne ha facoltà.

 

 

LIVI BACCI (PD). Signor Presidente, come già ben detto dai senatori del mio Gruppo che mi hanno preceduto, il senatore Del Vecchio e il senatore Serra, il nostro voto sarà favorevole ai provvedimenti oggi in discussione. Credo che si debba sostenere appieno l'iniziativa europea che finora ha sortito effetti positivi e ha garantito il ritiro delle truppe russe dal territorio georgiano, escluse naturalmente l'Abkhazia e l'Ossezia, con una posizione equilibrata e responsabile che è riuscita a mediare elementi di giudizio anche molto contrastanti in merito alle responsabilità del conflitto.

 

Ci sono state reazioni iniziali assai difformi tra i vari Paesi. La nostra, quella dell'Italia, deve essere una posizione saggia che deve percorrere un sentiero delicato: è una neutralità politica, non necessariamente un'equidistanza, che però deve assolutamente ribadire il principio dell'integrità e della sovranità nazionale del territorio georgiano. Il paragone con il Kosovo, quando si parla dell'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia, è improponibile anche perché il Kosovo è stato riconosciuto da un notevole numero di Paesi.

 

Vi è poi la necessità di conoscere in modo veritiero, con una autorevole e indipendente Commissione d'inchiesta, gli antecedenti e le circostanze dettagliate della guerra della Georgia, in modo che le reciproche responsabilità e i danni umani e materiali subiti dalle popolazioni vengano chiariti ed esplicitati, anche perché, per quanto riguarda la Georgia, è bene che il percorso di ammissione alla NATO non prescinda dal consolidamento delle garanzie sull'effettiva democraticità, in quella Nazione, dei processi decisionali che sono particolarmente rilevanti per la comunità internazionale quando attengono agli affari esteri.

 

L'Italia deve pretendere poi il rispetto dei sei punti concordati dall'Unione europea con la Federazione russa che non sono privi di alcuni equivoci, il maggiore dei quali riguarda i limiti territoriali della missione dell'Unione europea denominata EUMM Georgia alla quale, di fatto, è impedito l'accesso ai territori dei due Stati e delle due Province separatiste. Quindi sarà bene che la nostra attenzione si concentri per controllare gli sviluppi di questa missione ed eventualmente correggerne le procedure.

 

Mi auguro anche che il Governo voglia mantenere una posizione equilibrata nei confronti della Russia, riconoscendo l'enorme rilevanza del mantenimento e del rafforzamento dei buoni rapporti con una grande potenza essenziale anche per la risoluzione di problemi internazionali di primaria importanza come quello dell'Iran. Ritengo, comunque, che questa posizione non debba essere ostaggio del ruolo primario che la Federazione russa ha in quanto fornitrice di fonti energetiche o anche portatrice di forti interessi economici.

 

Vorrei qui ricordare l'esistenza di difformità tra le prudenti posizioni espresse più volte dal ministro Frattini, anche in quest'Aula, e le prese di posizione estemporanee del Capo del Governo, posizioni fermamente ed esplicitamente filo-russe. L'impressione è che il nostro Primo Ministro si sia allontanato dall'allineamento o dallo schiacciamento sulle posizioni spesso sciagurate dell'amministrazione Bush. È un allontanamento in articulo mortis dall'amministrazione Bush e vorrei anche ricordare che ci sono stati vivaci dissensi nell'ambito della Commissione esteri e nell'ambito della stessa maggioranza, un po' divisa tra posizioni fortemente filo-russe e posizioni vivacemente pro-americane.

 

Infine, vorrei ricordare che una politica europea, per quanto possa essere fatta congiuntamente dall'Unione europea, e politiche nazionali di forti investimenti diretti all'efficienza energetica, alla differenziazione geografica delle fonti energetiche, allo sviluppo di energie rinnovabili alternative sono anche il modo più efficiente per sottrarsi all'ipoteca energetica del fornitore predominante russo. Tali sforzi, tra l'altro, si armonizzerebbero molto bene con la Presidenza italiana del G8, che l'anno prossimo sarà dedicato primariamente ai temi energetici e ambientali. Quindi, rafforzare una linea che assicuri nel lungo periodo una maggiore indipendenza del nostro Paese significa anche avere maggiore libertà nelle nostre decisioni di politica estera.

 

Forse, stiamo sopravvalutando la forza di ricatto, o di pressione, della Federazione russa. Ricordiamo che il prezzo del petrolio è dimezzato in poco più di una settimana e quindi, in prospettiva, potrebbero dimezzarsi anche le entrate e le favolose ricchezze del Paese; che i valori finanziari sono crollati sul mercato di Mosca. Ricordiamo la debolezza dell'apparato manifatturiero russo; il ritardo tecnologico, che è fortissimo; la debolezza sociale e demografica di quel Paese. Questi sono tutti fattori che dovrebbero farci considerare la Russia in una prospettiva più realistica.

 

Tra i problemi futuri che la Russia potrebbe contare vi è anche il riconoscimento unilaterale di Abkhazia e Ossezia, riconoscimenti che possono determinare una tensione nell'ambito di un Paese colossale, composto da una miriade di minoranze etniche e linguistiche, non solo nel Caucaso ma anche nel resto della Federazione. Di conseguenza, anche la Russia deve muoversi con prudenza.

 

Sono queste considerazioni, comunque, a farmi confermare il voto favorevole ai provvedimenti oggi in questione. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Pedica. Ne ha facoltà.

 

 

PEDICA (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'illustrazione dei relatori, pur precisa, continua a non essermi chiara. Mi riferisco ai disegni di legge di conversione nn. 1038, avente come oggetto la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, e 1061, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali. Affronterò quindi congiuntamente, colleghi, l'analisi dei due decreti-legge nn. 147 e 150 in quanto hanno seguito, nel loro iter dibattimentale nelle Commissioni, un percorso parallelo, essendo strettamente associabili tra loro sia per la natura dell'oggetto sia per la struttura compositiva del provvedimento. Questi due provvedimenti, infine, per il portato dei valori che detengono (almeno per quanto mi riguarda e per quanto riguarda l'Italia dei Valori), vanno approfonditi anche per farne oggetto di una generale riflessione.

 

Come illustrato dai relatori, i due disegni di legge afferiscono all'impegno italiano nelle missioni internazionali relative ad un ampio scenario di teatri di guerra e di post conflitto, regolando la partecipazione dei nostri militari ad azioni di monitoraggio sullo scenario georgiano (per ciò che attiene al decreto-legge n. 147) e di interposizione e peacekeeping nel contesto di Libano, Bosnia, Ciad, Iraq, Afghanistan, Kosovo, Libia ed Haiti (per ciò che attiene al decreto-legge n. 150).

 

Ciò che il relatore, anzi, i relatori - in generale, parlando appunto dei due disegni di legge - non hanno spiegato, nell'illustrare i provvedimenti, è che il decreto-legge concernente le missioni all'estero afferisce anche ad altre tematiche, lontane e assai diverse rispetto alle operazioni del nostro esercito. Si tratta, cioè - come già ho detto in Commissione, per cui il Presidente lo ricorderà sicuramente - dell'abolizione dell'ICI, della rinegoziazione dei mutui e delle misure di incentivazione della produttività.

 

Sembra strano, signor Presidente, ma è proprio così: il decreto-legge, se letto approfonditamente, senza limitarsi alla descrizione delle finalità (le quali risultano nobili e imprescindibili al fine della pacificazione di numerosi scenari straziati dal conflitto e dalla fame), contiene un aut aut sulla determinazione dei valori meritevoli di tutela che il Governo vorrebbe sottacere. Ciò che il provvedimento propone è, signor Presidente, colleghi, una duplice scelta. Da un lato, vi è la scelta della partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali stabilite in ambito di cooperazione internazionale (con l'appoggio del Consiglio europeo, della NATO e delle Nazioni Unite), che hanno destato aspettative e fiducia nei partner europei e internazionali, nonché nelle popolazioni che si attendono un intervento nei nostri contingenti per ricominciare a vivere dopo le tragedie della guerra. Dall'altro, vi è la scelta di investire le risorse pubbliche per mettere in pratica quelle iniziative tanto propagandate da questa maggioranza di Governo, sia in campagna elettorale, sia nell'immediato aprirsi della legislatura, relative - si diceva - all'abolizione dell'ICI, alla rinegoziazione dei mutui ed alle misure per l'incentivazione della produttività. Queste misure hanno ugualmente destato nei cittadini l'aspettativa verso provvedimenti che potessero aiutarli ad arrivare a fine mese, a guadagnare un po' di più e a spendere un po' meno.

 

Non voglio accusare una predeterminata intenzione nella maggioranza, si badi bene, ma solo sottolineare la reale estensione di questi provvedimenti. E inviterei i colleghi, almeno quelli del centrosinistra, ad ascoltare attentamente, perché, secondo me, la risposta del Governo in Commissione deve farci riflettere, per rispondere, sicuramente. Pertanto, voglio qui invitare i colleghi a leggere il testo del provvedimento nella parte relativa alla copertura finanziaria delle missioni internazionali, che si trova all'articolo 2 del decreto-legge n. 150, quando, al comma 1, si afferma: «Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto» ... «pari complessivamente a euro 147.734.744 per l'anno 2008, si provvede:» ... «c) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307; d) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133».

 

Per chi non focalizzasse - e qui è il ragionamento cui dobbiamo arrivare - a cosa attengono gli oscuri rimandi normativi contenuti nei due stralci di provvedimento che vi ho letto, mi spiego meglio. Il citato decreto-legge n. 282, le cui risorse - come abbiamo visto - vengono parzialmente utilizzate per finanziare le missioni all'estero, aveva istituito nel 2004, al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale, un apposito Fondo per interventi strutturali di politica economica.

 

Serviva insomma per abbassare le tasse, mentre il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93 - e come scordarlo, visto che la promessa che contiene ha fatto vincere le elezioni al centrodestra e ce lo siamo sentiti ripetere per tutta la campagna elettorale e poi ad ogni pubblica dichiarazione, con riferimento alle "splendide" manovre varate dal Governo per aiutare i cittadini! - si riferiva alle disposizioni per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, esentando dal pagamento dell'ICI sulla prima casa, detassando gli straordinari, migliorando le condizioni finanziarie in base alle quali le banche concedono i mutui.

 

Cari colleghi, l'Italia dei Valori si domanda che cosa faccia allora questa maggioranza. In sostanza, con un'operazione di finanza creativa - un termine che oggi va di moda - che tanto si avvicina a quelle messe in atto dalle banche e dagli istituti finanziari che hanno fatto crollare le borse in questi giorni, questa maggioranza prende le sue vecchie leggi (e neanche tanto vecchie visto che una risale al maggio scorso), che stabilivano interventi per conseguire finalità che apparivano meritevoli di essere perseguite, e toglie i soldi che aveva stanziato per conseguire quegli stessi obiettivi trasferendoli su un altro capitolo di spesa.

 

Poi, sempre la stessa maggioranza, alloca i suddetti stanziamenti all'interno delle disposizioni finanziarie previste per altre leggi per coprire le altre finalità che oggi ha deciso si debbano conseguire, ossia il contributo italiano alle missioni internazionali, ma che in un domani potrebbero subire la stessa sorte dell'ICI. È in sostanza un capitolo che gira: si tolgono e si rimettono stanziamenti, con il risultato finale che alla fine vengono varati provvedimenti che non hanno la copertura necessaria. Non ce lo dicono, ma il buco finanziario c'è!

 

Questa maggioranza, invece di cercare «risorse fresche» per far sì che davvero possano divenire realtà le promesse fatte un tempo ai cittadini italiani - come nel caso del «vi toglieremo l'ICI» - e le promesse fatte giusto ieri ai cittadini georgiani, libanesi, iracheni e kosovari, quali «vi aiuteremo a rialzarvi dopo anni di guerra», e di rispondere agli obblighi che la legano, sposta i soldi da un capitolo di spesa all'altro e ne lascia alla fine, per forza di cose, uno scoperto, privo di risorse.

 

Certo, quando ho sollevato il problema, a nome del Gruppo Italia dei Valori, in Commissione affari esteri e difesa, mi è stato risposto che è una prassi, è legale spostare soldi da una parte all'altra, ma mi chiedo e vi chiedo se ciò sia morale. Non può esserlo. È corretto nei confronti dei Comuni che si aspettano di vedersi restituiti i soldi che mancheranno nelle loro casse a seguito dell'abolizione dell'ICI? O forse sono io a non aver capito cosa significa spostare i soldi in un capitolo di spesa a parte; certo è una facoltà di cui dispone per legge il Governo, ma cosa diciamo ai sindaci?

 

È trasparente quello che viene fatto nei confronti di un'opinione pubblica che si aspetta di vedere trasformate in legge le promesse elettorali? È democratico? Noi dell'Italia dei Valori non pensiamo che tutto ciò che le leggi in teoria consentono divenga automaticamente lecito e giusto, soprattutto quando si tratta della gestione dei soldi che appartengono a tutti i contribuenti o quando questa creativa gestione delle finanze - e dicendo creativa intendo piuttosto spericolata, per non usare un termine forte - viene messa in opera tramite rimandi normativi poco chiari, che cercano di evitare il dibattito parlamentare e pubblico.

 

Ritengo, infatti, che la logica che sospinge la maggioranza di governo nei suoi traffici con le finanze pubbliche sia la medesima attuata dalle banche con le finanze private, quelle banche che hanno speculato, che hanno intrecciato subprime e operazioni azzardate in borsa, che hanno costruito delle bolle economiche, con il tragico finale al quale stiamo tutti assistendo e del quale tutti pagano le spese!

 

Adesso il Governo vuole costruire delle bolle legislative, rischiando di far crollare tutti i castelli di carta, vale a dire che o i nostri soldati rimangono senza le risorse necessarie a garantire la loro sicurezza - e non solo i soldati considerato che, nella missione in Georgia, vi sono anche 4 civili fra i 40 osservatori inviati - o che i Comuni rimangono senza soldi per fornire i servizi essenziali o ancora che i cittadini vengono alla fine ritassati senza neppure saperlo.

 

Così, da una parte, si osserva la faccia pubblica del Governo, con il Presidente del Consiglio che si mostra preoccupato per la crisi finanziaria e vola a Bruxelles per varare piani di salvataggio dell'economia privata, stipula accordi in sei punti con gli altri Governi europei, istituisce fondi speciali a garanzia degli investitori e stabilisce maggiori controlli su banche e manager spericolati; dall'altra, contemporaneamente, si osserva la faccia più oscura ed inquietante, quella con cui nel silenzio delle stanze governative poi si riallocano i fondi ogni volta su provvedimenti diversi - lo ripeto - per non mostrare che i veri buchi stanno proprio nell'economia pubblica!

 

Onorevoli colleghi, alla luce di quanto sin qui detto si legge con più chiarezza la generale linea che questa maggioranza sta tenendo nella sua gestione della politica estera e della politica in generale. Si tratta di una linea che potremmo definire "la privatizzazione del pubblico"!

 

Noi dell'Italia dei Valori lo abbiamo denunciato a proposito dell'accordo firmato dal presidente del Consiglio Berlusconi con il leader libico Gheddafi, quando nel question time in Aula al ministro Frattini abbiamo chiesto di riferire e di chiarire su un patto, su di un placet, il cui contenuto rimane tuttora segreto, ossia privato!

 

Lo abbiamo ricordato - in particolare lo ha fatto il nostro Capogruppo - anche nella discussione nelle Commissioni riunite relativa al decreto-legge n. 150 del 2008, quando abbiamo rilevato che, nonostante il provvedimento rechi proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali, in realtà, non di mera proroga si tratta, ma di una disposizione che, relativamente alle missioni in Afghanistan e in Kosovo, non prevede una semplice proroga delle stesse fino al 31 dicembre, ma un aumento di stanziamenti finalizzato ad accrescere il personale previsto e gli scopi preposti.

 

Voglio ricordare anche oggi, in Aula, che in particolare è previsto, nel decreto-legge n. 150 del 2008, l'invio di 16 carabinieri per lo svolgimento di attività di addestramento a favore della polizia nazionale irachena, l'impiego di 40 carabinieri per l'addestramento della forza di polizia afgana, e, in modo poco chiaro, l'invio di 18 unità in Kosovo.

 

Chiediamo, allora, ancora una volta di riferire con maggiore dovizia i particolari sulla tipologia delle missioni (dovevate farlo, anche in Commissione!), nonché sul contesto politico e sulle relazioni fra l'Italia, l'Europa ed i Governi di Afghanistan, Kosovo e Iraq, in quanto un aumento di personale e una diversificazione degli obiettivi dei contingenti impegnati (sia questo in relazione alle esigenze sopravvenute o sia in relazione all'assunzione da parte dell'Italia del comando della missione NATO in Kosovo, come si legge nel testo del provvedimento) dovevano essere oggetto di approfondito dibattito in Parlamento per valutare la necessità e le modalità di attuazione.

 

Signor Presidente, questo Governo sembra ignorare la basilare separazione dei poteri e continua a gestire, anche la politica estera, a forza di decreti-legge e di accordi segreti, come quello con Gheddafi. Questo Governo lavora così: insinua emergenze; crea panico nei cittadini e poi si arroga poteri straordinari, mancanti dei requisiti fissati dall'articolo 77 della Costituzione che regola la produzione legislativa in via straordinaria; modifica le emergenze inserendo, ad esempio, la concessione di profitto agli imprenditori Alitalia a spese dei contribuenti o la concessione di immunità al Presidente del Consiglio per il quale uno dei processi che lo vede imputato, il cosiddetto Mediaset-Mills, sta volgendo al termine. Come abbiamo denunciato all'inizio, sposta i soldi da un'emergenza all'altra, lasciando alla fine un buco che prima o poi investirà lo Stato italiano!

 

Allora, onorevoli colleghi, come fate a criticarci quando parliamo di piazza Navona: ben venga la manifestazione di piazza Navona che per noi è indice di trasparenza e di legalità. Dobbiamo dire ai cittadini che cosa si è sottolineato a piazza Navona, anche a proposito dell'ICI: non sono fesserie perché resterà un buco e bisogna denunciarlo!

 

Alla luce di quanto sin qui detto ed anche delle considerazioni più generali di gestione degli affari internazionali, che il Presidente del Consiglio tratta tramite le sue amicizie private invece che attraverso i canali regolari della diplomazia ufficiale fra Capi di Governo (escludendo tutti, Ministri e Sottosegretari), sottolineo che noi dell'Italia dei Valori esprimeremo un voto favorevole perché il nostro è un partito responsabile, che vuole arrivare fino in fondo; nello stesso tempo, però, vogliamo denunciare i fatti e non nasconderli.

 

Consci che sulla sicurezza dei soldati non possono esistere divisioni partitiche, anticipo che ci esprimeremo con un voto favorevole per garantire il finanziamento della missione in Georgia ed il rifinanziamento delle missioni internazionali, in quanto lasciare le stesse missioni senza la copertura necessaria a garantire che vengano prese tutte le misure cautelative del caso costituirebbe un atto non degno di un'opposizione responsabile. Quella del Gruppo Italia dei Valori è responsabile e sa quando opporsi con fermezza; sa quando bisogna scendere in piazza e quando collaborare con spirito bipartisan per il raggiungimento di obiettivi di interesse generale.

 

Ma lo ripeto, noi voteremo positivamente e convintamente alla conversione dei decreti-legge nn. 147 e 150 solo per l'incolumità dei nostri soldati. La responsabilità deve manifestarsi però anche da parte del Governo che deve esplicitare perché questi soldi vengono spostati, nell'arco di breve tempo, da un intervento all'altro solo per propaganda. Alla fine uno resterà fregato, vediamo a chi toccherà. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Di Giovan Paolo. Ne ha facoltà.

 

 

*DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, il mio intervento sarà diviso in due parti molto brevi. La prima riguarda l'Europa e l'importanza che ha soprattutto la missione in Georgia. Mi soffermerò su tale tema.

 

Veniamo da una storia abbastanza complessa dell'impegno, soprattutto nel campo della difesa e della sicurezza. Tengo a sottolineare tale aspetto perché l'Unione europea ha sempre parlato di difesa e sicurezza, tenendo assieme i due concetti in tempi in cui della sicurezza non si parlava, né nell'Unione europea né nel nostro Paese. Credo che sarebbe importante tenere conto del fatto che la missione in Georgia è la conclusione di una scelta politica concorde che giunge dopo alcune decisioni che così non sono state. Penso alla prima e alla seconda missione in Iraq e alle divisioni tra la vecchia e la nuova Europa, che sono state fatte quando qualcuno si domandava quale fosse il numero di telefono e il prefisso della Comunità europea; penso alle difficoltà sul Kosovo.

 

Ritengo inoltre che dovremmo ragionare sull'ingerenza umanitaria, che è stata introdotta con un pensiero alto da Giovanni Paolo II e che spesso si è nutrita solamente dello strumento militare, che è l'estrema ratio di una scelta del genere. Penso alle difficoltà dell'intervento in Macedonia e all'impegno che l'Unione europea ha avuto in quei Paesi, con una scelta di confronto con gli Stati Uniti e con una presidenza Clinton che, non a caso, si è posta come riferimento rispetto al confronto con cui l'Unione europea è cresciuta.

 

Da questo punto di vista quella sulla Georgia è certamente e finalmente una scelta condivisa, nella quale spero che l'Europa si ritrovi, così come mi auguro che si ritrovi su altre posizioni che dovrà assumere. Il problema non è infatti solamente il rapporto con Putin e con la Russia, che è uno dei problemi. L'Europa è complessa e forse, sì, anche un pochino vecchia: old fashioned avrebbero detto al dipartimento di Stato americano. È necessario capire che questa complessità è parte del ragionamento sulla sicurezza in Europa.

 

Caro Sottosegretario, vorrei porle una seconda questione, e so che lei ha anche la cultura politica per poterla comprendere. È giusto che un Paese come il nostro, una media potenza, abbia una presenza all'estero assieme al resto dell'Unione europea. Tale presenza è complessa, fatta dei nostri militari, della nostra intelligence, che sul campo prepara la presenza dei militari; è fatta di cooperanti, di persone che fanno attività di relazioni economiche, degli istituti di cultura all'estero e di insegnanti che insegnano la nostra lingua.

 

Mi permetto di sottolineare che l'aspetto grave è che tutti questi tipi di presenza, che illustrano il nostro Paese, debbono purtroppo mettere mano nella stessa tasca che, alla fine, rischia quasi sempre di essere la tasca della legge n. 49 del 1987 sulla cooperazione internazionale. Lo faccio presente a lei, signor Sottosegretario, perché lei conosce bene questa situazione e le scelte che sono state positive per noi e per l'Unione europea, perché su questo è cresciuta anche una coscienza della cooperazione

 

Tutti i nostri militari impegnati nei teatri di guerra sanno benissimo che la presenza della cooperazione in quei terreni permette loro di svolgere una funzione che viene apprezzata maggiormente rispetto ad altre truppe presenti negli stessi teatri di guerra.

 

Allora, mi chiedo se tutti insieme i membri dei due rami del Parlamento - mi rivolgo quindi ai senatori presenti in quest'Aula, maggioranza e opposizione - non possano porsi per il futuro la questione di dedicare un capitolo specifico per le numerose missioni italiane (siamo tra i primi in Europa e nel mondo) e un altro capitolo specifico da preservare per la cooperazione allo sviluppo, settore in cui si sono registrati quest'anno tagli del 56 per cento: i fondi destinati a interventi di cooperazione internazionale registrano nella manovra economica di quest'anno, già approvati dalla Camera, 411 milioni di euro di tagli rispetto a quanto era stato previsto nella finanziaria per il 2008. Ciò che residua dai tagli sono 9 milioni di euro per tutto l'anno: non è questo il modo per affrontare un'attività nella quale tutti si trovano nello stesso campo.

 

Su questo punto chiedo che sia avviata una riflessione seria, senza che sia messo in dubbio il nostro impegno europeo o il modo in cui siamo presenti, caro Presidente, ma non si deve nemmeno dubitare di come anche altre modalità di intervento, legate alla nostra presenza di italiani ed europei nel mondo, cooperino per la difesa e per la sicurezza. (Applausi dal Gruppo PD e della senatrice Giai. Congratulazioni).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cabras. Ne ha facoltà.

 

 

CABRAS (PD). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, la posizione politica di favore che il nostro Gruppo ha assunto fin dall'esame in Commissione dei due provvedimenti al nostro esame ci consente, in fase di discussione in Aula, di non limitarci a sottolineare il merito dei provvedimenti in sé che - com'è stato ricordato dai colleghi del mio Gruppo, ma anche dai colleghi della maggioranza, in maniera molto efficace - dispongono la proroga delle missioni italiane (sette più una) fino al 31 dicembre di quest'anno con alcune variazioni di minore portata rispetto alla situazione precedente e la partecipazione alla missione in Georgia.

 

Proprio perché i provvedimenti si trovano ad essere esaminati in un contesto politico di sostanziale convergenza, penso che dobbiamo cogliere questa opportunità per mettere in evidenza alcuni punti sui quali stiamo discutendo nelle ultime settimane e che riguardano i cambiamenti sostanziali intervenuti nei tre scenari interessati dalla proroga delle missioni.

 

Il primo è la crisi del Caucaso che, per la verità, ha colto di sorpresa molti, in quanto in pochi avevano previsto sin dalle prime dichiarazioni del presidente Putin - rese in occasione di alcuni vertici nel corso del 2007 e poi reiterate nel 2008 - il cambiamento profondo e radicale della linea della Federazione russa in materia di politica estera.

 

Il secondo elemento di novità che considero anch'esso di grande rilievo è la presa d'atto anche da parte degli americani - come attesta l'ultimo rapporto della CIA - che in Afghanistan, procedendo nel modo in cui si è fatto finora, non si concluderà niente.

 

Il terzo cambiamento abbastanza rilevante riguarda il superamento della crisi politica in Libano con la formazione del nuovo Governo che presenta una differenza di grande rilievo rispetto al precedente, elemento che, secondo la mia opinione, non è stato ancora sufficientemente messo a fuoco: il cosiddetto diritto di minoranza di blocco che è stato assegnato agli Hezbollah, in base al quale - come sappiamo - possono con il ritiro dei loro Ministri far cadere il Governo, e che fa parte sostanziale dell'accordo che è stato stipulato.

 

Perché considero questi elementi di cambiamento così importanti? Il primo, che concerne il grande cambiamento che la linea di politica estera della Federazione russa sta introducendo nello scenario internazionale, non deve essere affrontato solamente con la preoccupazione se i rapporti di amicizia intrattenuti dal nostro Capo di Governo possono contribuire o meno a risolvere il problema. Penso che l'approccio corretto sia quello di appellarsi agli storici e tradizionali rapporti di forte dialogo tra l'Italia e l'Unione Sovietica ieri e la Federazione russa oggi, perché in questo dialogo siano affrontati i temi che sono stati proposti, anche drammaticamente, dalla crisi del Caucaso. Soprattutto è importante che ci si confronti con i russi alla luce dei timori che in quel Paese si stanno determinando e che sono pari evidentemente alle preoccupazioni diffuse negli altri Paesi di confine, in particolare la Georgia e l'Ucraina, rispetto alla quale si è aperta una crisi politica strettamente collegata a questo aspetto.

 

Per quanto riguarda l'Afghanistan, il tema è ormai assolutamente all'ordine del giorno. Ritengo che la proroga fino al 31 dicembre 2008 debba essere un'occasione perché, rifinanziando un'eventuale presenza - della quale dovremmo essere tutti d'accordo discutendone magari i dettagli, il merito e i contenuti - si apra una fase profondamente diversa, anche alla luce della presa d'atto intervenuta da parte di tutti gli alleati impegnati in quel contesto che continuando così non si arriva da nessuna parte.

 

Occorre mettere in campo un'iniziativa sul piano politico e soprattutto negoziale, chiamando al tavolo del negoziato le parti oggi belligeranti. Fu Fassino, qualche tempo fa, a dire, seguendo l'idea di Karzai, che occorreva aprire un dialogo con i talebani, suscitando grandissimo sconcerto nel dibattito politico italiano. Oggi anche gli americani dicono che bisogna sedersi al tavolo con i talebani; meglio tardi che mai! Tuttavia ritengo che, alla luce dei cambiamenti che si sono determinati, dovremo essere un po' più lungimiranti perché il clima tra maggioranza e opposizione è più vicino rispetto al passato nell'impostazione della politica multilaterale. C'è anche una maggiore attenzione al ruolo importante che l'Europa può svolgere, e la soluzione adottata in materia di mercati finanziari ne è la testimonianza.

 

Oggi dicono che finalmente l'Europa si è impegnata e infatti, nella fotografia dei quattro Paesi più importanti che hanno dato avvio alla soluzione della crisi con alcuni provvedimenti che hanno provocato le prime risposte positive nei mercati finanziari, c'era anche il Capo del nostro Governo. Quindi, l'Europa diventa non soltanto la realtà minima indispensabile, ma forse, anche per la maggioranza, la massima possibile o quella che dobbiamo impegnare più di quanto non abbiamo fatto finora.

 

Vorrei concludere sottolineando gli aspetti di novità presenti nello scenario sottoposto alla nostra attenzione. Dobbiamo considerare l'occasione del voto favorevole da parte di noi tutti alla proroga delle missioni militari e alla conferma della presenza degli osservatori nella crisi della Georgia un contesto utile e favorevole ad aprire una discussione più approfondita rispetto al modo in cui l'Italia, da ora in avanti, svolgerà il suo ruolo e la sua funzione nelle sedi multilaterali, dall'ONU alla NATO e nella stessa Europa, affinché queste novità e questi cambiamenti possano consolidare il ruolo importante svolto dal nostro Paese.

 

È stato ricordato che in Georgia siamo il secondo contribuente, dopo la Francia, per gli interventi di presenza, stabilizzazione e interposizione. Ciò vale non solo per la Georgia; se guardiamo il contributo dell'Italia alle Nazioni Unite e alle altre missioni militari, constatiamo che il nostro Paese fornisce un contributo importantissimo per quanto concerne la stabilizzazione delle aree di crisi nel mondo. A ciò deve corrispondere un'iniziativa politica assolutamente adeguata e forte. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. Colleghi, volevo informarvi che intorno alle ore 18,25 la seduta verrà sospesa; vi comunicherò successivamente se riprenderà o se invece sarà tolta e rinviata a domani.

 

È iscritto a parlare il senatore Marcenaro. Ne ha facoltà.

 

 

MARCENARO (PD). Signor Presidente, per fortuna ci penserà il nostro sistema dell'informazione ad impedire che i soldati italiani impegnati nelle missioni internazionali vengono a conoscenza che questa discussione si svolge in assenza del Ministro della difesa o di rappresentanti di quel Ministero e con una presenza della maggioranza oscillante, fino ad ora, fra i sette e i dieci senatori. (Applausi dal Gruppo PD). Lo dico perché fa parte della politica anche l'impegno che si manifesta su questioni di tale rilievo.

 

I colleghi del mio Gruppo, per primo il senatore Del Vecchio e poi altri dopo di lui, sono già intervenuti ampiamente. Per quanto mi riguarda mi limiterò solo a tre punti: il primo - ne ha parlato adesso il senatore Cabras - è che la discussione avviene in un quadro totalmente nuovo rispetto a quello nel quale abbiamo discusso solo poco tempo fa.

 

La crisi internazionale, per come si delinea, mette ogni giorno di più in evidenza che il bisogno di fare dei passi significativi in avanti nella costruzione di una governance internazionale che consenta di addivenire a decisioni che corrispondano al livello globale dei problemi e, al tempo stesso, abbiano un fondamento di legittimità democratica, è un problema sempre più urgente.

 

Io penso che sia una responsabilità del Governo ed una nostra responsabilità in quanto Parlamento fare di questo un grande tema di discussione. Da questo punto di vista, il fatto che la Commissione esteri del Senato abbia deciso nei giorni scorsi l'avvio di un'indagine conoscitiva sulla governance mondiale, anche in previsione ed in vista della Presidenza italiana del G8, costituisce un fatto significativo.

 

Una cosa poi voglio dire sulla questione della Georgia, rispetto alla quale si sono affrontati molti aspetti. Tra non molto tempo, noi saremo protagonisti, come molti colleghi hanno ricordato, della Conferenza dei donatori. Io voglio qui ricordare che vi è una necessità, ovvero che l'Italia, nell'ambito europeo, alla Conferenza dei donatori dica e spenda una parola sulla questione dei profughi.

 

L'ho già detto intervenendo nel dibattito generale sulla politica estera italiana. La questione dei profughi non è solo una grande questione umanitaria - come sapete, ai profughi recenti si aggiungono quelli che si sono registrati dopo il conflitto del '91-'92 - ma è una questione che riguarda il futuro. Il ritorno dei profughi vuol dire riaprire una prospettiva di Stati che non abbiano una base puramente di omogeneità etnica. Questo è il disastro che si prepara in quell'area.

 

Se noi vogliamo dare al Caucaso e a quel mondo una prospettiva in cui la parola democrazia abbia un senso, abbiamo bisogno di ricostruire le condizioni di Stati basati sulla cittadinanza e non sull'omogeneità etnica e il ritorno dei profughi è, da questo punto di vista, una questione essenziale. Lo ha detto il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa al ritorno dalla Georgia. È bene che noi sosteniamo questo punto.

 

Infine, l'ultimo punto che voglio affrontare, di cui ha parlato in modo convincente ed approfondito il collega Del Vecchio e forse non dovrei aggiungere null'altro, è a proposito dell'Afghanistan e del bisogno che la politica ritorni al primo posto in tutti i suoi aspetti.

 

Voglio solo ricordare una questione: guardate che siamo di fronte ad un pericolo come non avevamo mai avuto in passato. Noi siamo di fronte al fatto che è cominciata la guerra civile in Pakistan. In nessun altro modo si possono leggere gli avvenimenti e gli attentati di questi giorni. Ciascuno di noi può valutare cosa significhi la guerra civile in un Paese che ha l'arma atomica; un Paese che ha l'arma nucleare. Siamo cioè di fronte ad una questione che solleva problemi di natura diversa rispetto a quelli che noi avevamo considerato fino ad oggi. Ed oggi stabilizzazione dell'Afghanistan e del Pakistan sono due facce dello stesso problema. Naturalmente la questione dell'Afghanistan ha tante altre dimensioni ricordate, ma c'è questo punto su cui si giocano molte decisioni importanti per il futuro. Naturalmente, il presidente Berlusconi può andare a Washington e dire che la presidenza Bush è stata una grande presidenza, purtroppo è una Presidenza che ci ha portato a questo punto e noi aspettiamo con impazienza e con fiducia che una svolta apra, anche sotto questo profilo, una frase nuova. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

 

PRESIDENTE. Interverrà ora il senatore Compagna, dopodiché la seduta sarà sospesa per riprendere probabilmente intorno alle ore 19,30, ma soltanto per alcune comunicazioni all'Assemblea. La discussione dei disegni di legge riprenderà domani con l'intervento del senatore Sircana.

 

È iscritto a parlare il senatore Compagna. Ne ha facoltà.

 

 

COMPAGNA (PdL). Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, mi sembra che qualche minuto fa il collega Cabras, a proposito dello scenario del Libano e del Medio Oriente, evocasse come centrale un dato di novità rispetto alle condizioni nelle quali prese avvio la missione italiana: la costituzione di un diritto di minoranza di blocco riconosciuto agli Hezbollah. In qualche modo, sia pure in termini più sfumati, meno espliciti e decisivi di quelli adoperati dal collega Cabras, ne avevamo già parlato qui in Senato nel giugno scorso con il ministro Frattini.

 

Evidentemente, questo conferisce alla missione italiana un carattere che originariamente non aveva. Anzi, in un certo senso fu una sorta di processo alle intenzioni quello che portò in quest'Aula il presidente Pera a dissociarsi dall'orientamento bipartisan che nel 2006 portò al varo della missione. Allora da questo punto di vista, anche se non è presente il Ministro della difesa, io non posso perdere questa occasione per segnalare un dato gravissimo che non giova al prestigio del nostro Paese.

 

Alla metà del luglio scorso, alcuni soldati italiani, nel momento dello scambio di prigionieri fra Israele e Libano, furono immortalati in alcune immagini fotografiche tremende: si vedeva il contigente di pace delle Nazioni Unite rendere omaggio ad un ritratto di Imad Mughniyeh, leader di Hezbollah, il cui pedigree di delitti odiosi (famosa l'immagine con il cranio della bambina) venne diffuso dalla stampa. Il suddetto leader di Hezbollah viene solitamente rubricato fra i più atroci e feroci terroristi di tutti i tempi.

 

In quell'occasione, eravamo alla metà di luglio, l'ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite Dan Gillerman chiese l'immediato rimpatrio dei militari italiani e devo dare atto al Ministro della difesa di aver adeguatamente criticato, a mezzo stampa, le frasi infelici di quel portavoce militare di UNIFIL, il quale cercò di far risalire l'atteggiamento dei militari italiani ad una tradizione rispettosa di tutti i caduti in guerra e alla cosiddetta equidistanza; ecco il termine veramente obliquo ed ambiguo delle forze di pace in Libano.

 

Prima di quel voto dell'Aula del Senato nel 2006, vi fu poi (ed anche in quel caso fu usata la parola equidistanza) una scabrosissima passeggiata del predecessore del ministro Frattini per le strade di Beirut. Che cosa voglio dire? Quello che dicemmo insieme al ministro Frattini e che spero il senatore Cabras condivida: la genesi di partiti politici da organizzazioni non militari ma terroristiche, come Hamas sul fronte palestinese ed Hezbollah (Stato nello Stato rispetto al Libano, ma nel senso che lo Stato è o la Siria o l'Iran o tutte e due), è ragione che deve portare a presidiare attentamente il carattere della missione italiana. Non vi può essere e non è ammissibile l'equidistanza fra eserciti regolari e terroristi, e i caschi blu italiani in quella zona debbono rifiutare di accreditare tali immagini.

 

Da questo punto di vista mi rendo conto del vero vuoto nella situazione politica internazionale. Un commentatore penetrante come Sergio Romano parla del vuoto americano, ma c'è un vuoto nelle organizzazioni internazionali che dura da molti anni ed è quello delle Nazioni Unite: un riferimento inesistente, non fragile, ma proprio opaco, insussistente, anche nella vicenda della Georgia. Sulla vicenda della Georgia Sergio Romano domenica scorsa ha scritto - cito testualmente - che «Washington incoraggia i topi a ruggire (è il caso della Georgia), ma non è in grado di liberarli dalla trappola in cui si sono cacciati».

 

Invito a confrontare con questo lessico quello dell'onorevole Paolo Guzzanti o quello, molto crudo, del Presidente del Consiglio che, secondo alcune agenzie, avrebbe parlato di "saddamismo" del presidente Saakashvili. In ogni caso, ciò vuol dire che, al di là di quelle che sono le responsabilità diciamo così di primo colpo, che verranno accertate e ricostruite, quella tra Georgia e Russia è una crisi più che annunciata da almeno 16 anni, da quando si consentì che Mosca intervenisse nell'Ossezia del Sud, nell'Abkhazia, ma anche nella Transnistria, in veste di peacemaker.

 

Il compito di peacekeeper la Russia se lo attribuì da sola: le servi per accreditare la sua presenza come una spada di Damocle poggiata sul Caucaso, che continuava a considerare la propria riserva di caccia. La comunità internazionale e le sue fragili organizzazioni erano impegnate nei Balcani e quindi consentirono fin troppo, perché puntavano sulle garanzie e sulla soprintendenza di quella grande organizzazione regionale delle Nazioni Unite che è l'OSCE, considerando che essa è istituzione direttamente impegnata sul terreno del Caucaso, che ne fanno parte sia la Russia sia la Georgia e che gli Stati Uniti non hanno nei suoi confronti quella pregiudiziale che hanno nei confronti delle Nazioni Unite.

 

Da questo punto di vista, non credo che abbia ragione l'amico onorevole Guzzanti nell'evocare i fantasmi del ritorno alla sovranità limitata brezneviana. Ma ciò non significa che non abbia ragione il più felpato linguaggio diplomatico dell'ambasciatore Lenzi che sulla «Rivista di studi diplomatici» (Lenzi è stato a lungo capo della missione italiana all'OSCE di Vienna) ha parlato addirittura di un complesso di accerchiamento buono per tutte le stagioni, che serve a Putin per farsi forte addirittura dell'ombra della grande Caterina di Russia.

 

Da questo punto di vista, allora, con riguardo alla missione europea, un ruolo meno tecnico-monitorante e più politico dell'OSCE può essere la strada per arrivare ad una condizione del Caucaso nel quale nessuno possa atteggiarsi ad Iraq e nessuno possa sentirsi Kuwait. Questo è stato lo spirito dei sei punti di Sarkozy, dal quale ha preso le mosse il decreto al quale, mi auguro, non mancherà nella giornata di domani l'approvazione del Senato.

 

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché è in corso la riunione congiunta dei Presidenti dei Gruppi parlamentari del Senato e della Camera, sospendo la seduta.

 

 

 

 


Allegato B

 

 

Integrazione all'intervento della senatrice Allegrini nella discussione generale congiunta dei disegni di legge nn. 1038 e 1061

 

«La delegazione italiana non accetta» - abbiamo detto a Toronto - «non può accettare il ritorno all'uso della forza bellica in Europa come mezzo di risoluzione dei conflitti tra gli Stati. Siamo contro le guerre, anche contro le «guerre fredde».

 

Riteniamo plausibile la tesi che la crisi georgiana sia il frutto, la somma di tre escalation, tre azioni sproporzionate e illegittime nell'uso della forza.

 

Una Commissione indipendente di indagine accerterà meglio la dinamica dei fatti e le responsabilità relative e siamo convinti che questo lavoro debba essere sostenuto senza ambiguità dalle parti in conflitto, e debba avere il massimo sostegno dell'OSCE che può svolgere in tal senso un rilevante ruolo.

 

Noi siamo ben convinti che il muro di Berlino è effettivamente e finalmente caduto nel 1989 e che non vi sia alcuna ragione per rialzare «muri psicologici» contro la Federazione Russa, ripetendo l'espressione usata dal collega Kozlovskij nella Sessione OSCE del luglio scorso ad Astana. In tal senso non può sussistere alcuna sindrome di accerchiamento.

 

Riprendendo la visione di Adenauer, De Gasperi, Monnet, Schuman noi riteniamo che il processo di pace e di progresso vada sviluppato mediante una crescente integrazione tra i popoli e gli Stati, e che l'interesse generale imponga il rafforzamento della cooperazione tra UE e Russia.

 

Come la Comunità europea del carbone e dell'acciaio fu il motore dell'integrazione politica democratica dell'Europa, così oggi si può pensare a una nuova Comunità, tra UE e Russia, in materia di energia, tecnologia, capitali e cultura d'impresa.

 

L'Europa allargata deve inoltre sviluppare, in un positivo e cooperativo rapporto con la Federazione Russa, le proprie politiche di vicinato con un'area assai estesa di Paesi.

 

Riconosciamo dunque la possibilità e la necessità di nuove politiche in una governance multipolare e auspichiamo che si riprenda presto la collaborazione tra la NATO e la Russia.

 

Ugualmente riteniamo che questo processo debba svolgersi nella chiarezza, nel costante rispetto del diritto internazionale, dei diritti umani e dello sviluppo della democrazia.

 

Per questo non possiamo condividere l'uso sproporzionato della forza militare condotta dalla Russia e la sua profonda incursione nel territorio della Georgia e riaffermiamo il principio dell'inviolabilità e dell'integrità dei confini nazionali degli Stati. Analogamente riaffermiamo il principio dell'illegittimità, in via generale e in ogni caso, di ogni azione tesa a rovesciare con la forza il governo di un paese democratico.

 

E ribadiamo, inoltre, il principio secondo cui nessun paese terzo può opporsi alla decisione sovrana di un altro Stato di aderire liberamente a un'organizzazione o alleanza internazionale.

 

Sono principi irrinunciabili e spetta alla saggezza politica farli vivere e rendere compatibili con la storia.

 

Gli errori possono essere riconosciuti e le politiche possono essere corrette.

 

Un'occasione di riflessione, per tutti, verrà dalla prossima discussione presso l'ONU della mozione della Serbia sul Kosovo, dove il tema del riconoscimento unilaterale e parziale della sovranità degli Stati sarà oggetto di nuova valutazione.

 

In un mondo che è già attraversato da molte e difficili sfide, dal global warming alla lotta al terrorismo, dal governo delle crisi finanziarie a quello delle migrazioni e delle povertà, occorre guardare con fiducia alle sedi internazionali di risoluzione delle controversie e ai valori irrinunciabili della democrazia e della pace.

 

L'Italia ritiene che l'OSCE debba sostenere con forza l'intesa sui sei punti proposta dalla UE e sottoscritta dal Presidente Sarkozy, dal Presidente Saakashvili il 15 agosto e il 16 agosto dal Presidente Medvedev, e pretenderne il rispetto e l'attuazione per realizzare un processo di stabilizzazione e di ricostruzione in Georgia.

 

Il ritiro completo delle forze russe e georgiane nelle posizioni previste deve essere attuato pienamente, come stabilito nell'accordo integrativo raggiunto con il Presidente Medvedev, l'8 settembre, da parte della missione Sarkozy-Barroso-Solana.

 

I negoziati internazionali, previsti dal punto 6 dell'accordo, a partire dal 15 ottobre a Ginevra, devono essere adeguatamente preparati con l'obiettivo del successo della Conferenza del Caucaso e l'azione per incrementare i «fondi per la ricostruzione» in Georgia deve essere più intensa.

 

L'Italia ha fiducia in questo percorso.

 

Chiediamo a tutti di avere fiducia e per questo chiediamo con chiarezza che non siano posti ostacoli all'azione di garanzia degli osservatori indipendenti, che sia a loro consentito l'accesso anche nei territori dell'Ossezia del Sud e dell'Abkhazia.

 

Il tempo della pace e del progresso si costruisce con la fiducia tra i popoli e nel rispetto convinto del diritto internazionale».

 

Questo l'intervento della delegazione italiana presso l'OSCE il 19 settembre scorso. Cosa dire ancora?

 

Da venerdì 10 ottobre i russi si sono ritirati da Gori ma da Tiblisi fanno sapere che le truppe del Cremlino devono lasciare anche la valle di Kodory e la zona di Akhalgori, ossia quelle porzioni di Ossezia ed Abkhazia che fino ad agosto scorso erano proprio sotto il controllo della Georgia. L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite ha costruito proprio a Gori, città natale di Stalin, uno dei campi più importanti, ma in quella regione ce ne sono altri 32. Comincia ora l'esodo massiccio dei profughi: alcuni troveranno la loro casa, altri non più. Al ministro degli esteri francese Bernard Kouchner, per la Presidenza di turno dell'Unione, il difficile compito di valutare gli sviluppi del ritiro russo e le sue implicazioni sulla diplomazia e gli sfollati.

 

Il prestigio internazionale, il rispetto degli accordi, l'adesione ai trattati, sono argomenti decisivi per una valutazione positiva della missione italiana in Georgia. Le relazioni commerciali ed industriali, la valenza strategica di quei territori, corridoio di approvvigionamento di energia e materie prime delle quali l'Italia ha assoluto bisogno, sono argomenti altrettanto convincenti. Non credo si possa omettere poi di considerare come la Georgia sia ormai lo scenario nel quale Russia e Stati Uniti si scontrano frontalmente, o ignorare che questo confronto non è poi così lontano dai nostri confini.

 

Ma l'argomento che mi convince di più ad un appassionato sì è ciò che ho visto: è quel senso di ingiustizia che ho provato, quel deficit nemmeno troppo palese di democrazia e libertà, intese in senso pieno, che affligge popolazioni che più che mai hanno bisogno di aiuti concreti e interventi costruttivi di pace, è quel senso di umana solidarietà che impone a tutti noi di rendere loro quel sogno di progresso sociale ed economico nel quale sembrano nemmeno credere più e che prima e ancor oggi è stato loro negato.

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

73a seduta pubblica:

 

 

Mercoledì15 ottobre 2008


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza della vice presidente MAURO

(omissis)

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

 

(1038) Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (Relazione orale)

 

(1061) Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (Relazione orale) (ore 9,37)

 

 

Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 1038, con il seguente titolo: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia

 

 

PRESIDENTE.L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 1038 e 1061.

 

Ricordo che nella seduta di ieri i relatori hanno svolto la relazione orale ed ha avuto inizio la discussione generale congiunta.

 

È iscritto a parlare il senatore Sircana. Ne ha facoltà.

 

 

SIRCANA (PD). Signora Presidente, onorevoli Sottosegretari, onorevoli senatori, i miei colleghi nella giornata di ieri hanno parlato a lungo degli aspetti più tecnici e specifici di queste missioni. Mi permetto quindi di svolgere oggi qualche considerazione di natura generale.

 

Partiamo da un'osservazione veramente generale ma soprattutto di carattere etico e morale: le cronache ci hanno ormai abituato a convivere con le decine di guerre che, dall'Africa al Medio Oriente e fino ai Balcani, insanguinano i nostri giorni. Ci hanno vaccinato, o peggio, ci hanno narcotizzato, affievolendo la nostra capacità individuale di indignarci e di reagire: ci hanno reso quasi indifferenti. Che una gran parte dell'umanità sia ancora sottoposta agli orrori delle guerre è una realtà di cui prendiamo atto veramente soltanto quando gli organismi internazionali o i nostri Governi ci coinvolgono in una di esse per farci portatori di pace, o meglio, per chiamare le cose con il loro nome, per farci garanti di fragili tregue. Lo dico per ricordarmi, e ricordarci, che le missioni di cui si parla oggi riguardano solo una parte della cura complessiva - chiamiamola così - di cui il mondo oggi avrebbe bisogno.

 

Questo quadro, che vede i Paesi del blocco occidentale - e l'Italia tra questi - impegnati su diversi fronti e sotto diverse bandiere (della NATO, dell'ONU, dell'OSCE, dell'Unione europea) ma sempre, che piaccia o no, con una forte leadership da parte degli Stati Uniti, rischia però di mutare profondamente. La crisi dei mercati che stiamo vivendo in queste ore denuncia - lo dicono gran parte degli analisti - un forte ridimensionamento della leadership statunitense in campo economico ed è inutile ricordare che la perdita di tale posizione in economia porta invariabilmente alla perdita di altre forme di leadership.

 

La domanda che ne discende è ovvia: se non sarà più la Casa Bianca a dettare l'agenda in politica estera, o meglio, se la Casa Bianca avrà bisogno di alleati sempre più paritetici, sempre più autorevoli, lasciatemi dire sempre più forti, è l'Europa - e in Europa l'Italia - pronta ad assumersi questo ruolo? Il Trattato di Lisbona, che quest'Aula ha ratificato prima dell'estate, con l'istituzione dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza (Alto rappresentante che, tra l'altro, sarà anche Vice presidente della Commissione), costituisce una buona premessa perché l'Europa possa svolgere questo ruolo. Il problema sta solo nella volontà politica dei singoli Stati membri, che dovrebbero dimostrare capacità di visione e senso di responsabilità, rinunciando a futili pretese egemoniche e lavorando per costruire una posizione solida e coesa dell'Unione.

 

Francamente, il comportamento tenuto dai singoli Stati nell'affrontare la crisi dei mercati finanziari, se letto in maniera superficiale, potrebbe indurre al pessimismo. Di fronte ad un'emergenza di tale portata ci si è mossi inizialmente in ordine sparso, salvo poi riuscire a trovare - con una certa fatica - una linea comune, un minimo comun denominatore.

 

A ben vedere, o a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, qualche segnale positivo la gestione di questa crisi lo ha inviato: sembra maturare la consapevolezza che l'Europa non può più permettersi politiche di rimessa e attendiste. L'Europa non può più stare alla finestra. Il Governo e il Parlamento italiani devono farsi parte diligente nello spingere questo processo su un percorso virtuoso affinché l'Europa, e l'Italia con essa e in essa, siano portatrici di proposte forti.

 

La crisi georgiana, della quale oggi parliamo, è da questo punto di vista emblematica. L'Europa ha saputo, in questo caso, farsi carico di una missione delicata e difficile. Si tratta, infatti, di una missione che va ad incidere in una regione della quale l'Ossezia del Sud è solo minima parte. La verità è che in gran parte degli Stati dell'ex Unione Sovietica sta maturando una decisa revisione della politica delle alleanze. Probabilmente, proprio in ragione dell'indebolirsi della leadership statunitense, Paesi come l'Ucraina o l'Azerbaigian, che fino ad oggi hanno tenuto posizioni decisamente filoamericane, stanno mettendo in forte discussione la politica estera dei rispettivi Governi e stanno guardando con rinnovato interesse alla Russia e alla Cina. Solo pochi giorni fa, ad esempio, il Governo di Baku ha deciso di far passare parte del suo petrolio per la Russia e per l'Iran.

 

I conflitti, non solo le guerre guerreggiate ma anche i conflitti economici, nascono sempre da decisioni di questo genere. È per questo motivo che un'Europa forte, che sappia far sentire la sua voce - un'unica voce - e la sua ragione - un'unica ragione - è la sola risposta che possiamo e dobbiamo dare alla crisi internazionale in atto. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Negri. Ne ha facoltà.

 

 

NEGRI (PD). Signori Sottosegretari, già nell'audizione dell'11 giugno 2008 davanti alle Commissioni affari esteri e difesa riunite il ministro La Russa aveva anticipato la richiesta, che sarebbe venuta da Gran Bretagna e Germania, di un rafforzamento della componente aerea della nostra presenza in Afghanistan «per conferire un maggior livello di efficacia e protezione al contingente già schierato». Si sono ora materializzati (e noi naturalmente voteremo) i quattro Tornado, quando invece l'11 giugno il ministro La Russa aveva detto: «Non modificheremo assolutamente nulla della qualità di impiego dei nostri soldati». Ancora il ministro La Russa ha confermato, in un'intervista su «Il Sole 24 ORE», che nulla di più ci sarebbe stato chiesto.

 

Chiedo allora ai Sottosegretari presenti se dobbiamo considerare solo come una gratuita licenza giornalistica, se non letteraria, quanto si legge ieri sul «Corriere della Sera» nell'articolo di Massimo Franco, cioè che il presidente Bush avrebbe ottenuto dal presidente Berlusconi, seppur in linea di principio, di «modificare le restrizioni sui luoghi» (cioè i caveat) «dove possono operare le forze italiane in Afghanistan». Se così non è, si aspetta una smentita governativa (le rassegne stampa ancora non la riportano) sulla valutazione, considerando che, dopo il vertice di Bucarest dell'aprile scorso, è sostanzialmente cambiato e - giustamente - rafforzato l'intervento della coalizione in Afghanistan. Nel contempo, però, si sono determinate escalation in termini di violenza, di attacchi terroristici e di guerriglia che richiedono un'accurata gestione politica, anche attraverso un dibattito parlamentare, della crisi afgana.

 

Per quanto concerne invece l'Ossezia, naturalmente concordo con quanto affermato nel corso della seduta di ieri dal senatore Livi Bacci circa il fatto che la nostra delegazione, i nostri 40 uomini che fanno parte di un qualificato contingente civile di 200, dovranno avere cento, mille occhi per controllare, vedere, verificare ed adempiere all'importante compito di stabilizzare il conflitto e di garantire il rispetto dei confini e dell'accordo dei sei punti gestiti da Sarkozy e dall'Unione europea.

 

Si parla di «conflitto congelato» ma non lo è, come non lo è stato nei quindici anni scorsi. Ora per risolverlo politicamente l'Unione europea deve sostenere unita, con determinazione, il ripristino dell'integrità territoriale della Georgia e mantenere, nel contempo, un dialogo con la Russia rispettando i suoi interessi nel vicinato comune.

 

Non potrei dire meglio ciò che ha affermato Graham Watson, capogruppo dell'ALDE al Parlamento europeo, quando ha detto che Saakashvili - spero di tradurre bene dall'inglese - non poteva credere che l'intervento della Georgia anche ai confini non avrebbe provocato una risposta della Russia di questa profondità, di questa qualità; ma - ha aggiunto Watson - non riusciremo a dissuadere l'orso russo costringendo Medvedev in un cantone.

 

Qual è la questione, quindi? Per la prima volta, dopo la fine dell'URSS, Mosca ha condotto un'azione militare fuori dai propri confini e ha mostrato una recuperata capacità bellica. Il Cremlino, forse, in via militare ha intrapreso una modifica dei confini. Siamo di fronte ad un cambiamento della linea geopolitica che la Russia ha sempre sostenuto di fatto dopo la Seconda guerra mondiale, dopo la consunzione stessa dell'URSS. Possiamo dirlo?

 

Se è così, il processo con il quale si dovrà realizzare la conferenza transcaucasica che l'Unione europa ha detto di voler approntare deve essere accelerato. Noi naturalmente ci auguriamo non sia così. Ma il problema che il nostro Governo dovrà affrontare, che la Comunità europea e internazionale dovranno affrontare - forse continuando questo dibattito in un'altra sede, in una sede più allargata - è quello relativo alla governance globale della zona caucasica e non solo, dopo che la Federazione russa si è rafforzata, si è ricostituita come grande potenza strategica continentale ed è sopravvissuta alla crisi dell'URSS. Ecco perché noi pensiamo che debbano essere rafforzate le alleanze transatlantiche, all'interno però di una strategia di difesa nuova.

 

Parliamo di difesa, in questo caso di una missione civile, che naturalmente implica compiti di osservazione che avranno ricadute nella difesa.

 

Poc'anzi il senatore Sircana ha fatto riferimento alle decisioni assunte in occasione del dibattito relativo alla ratifica del Trattato di Lisbona, ma è fuor di dubbio che esiste anche una questione politica delicata relativa al modo in cui la piccola NATO si è estesa nei Paesi ex sovietici, nel silenzio delle cancellerie europee, come è fuor di dubbio che l'installazione dei missili in Polonia, nella Repubblica cecoslovacca, puntati sull'Iran (ma non troppo lontani da Mosca), hanno esasperato le condizioni geopolitiche di quest'area.

 

Dunque, è una complicatissima questione che attiene alle alleanze transatlantiche e al rapporto, al confronto, anche duro, con la Federazione russa, ma anche alla gestione della difesa europea e alle proposte che al riguardo verranno dal Governo italiano nei prossimi mesi e che i mille occhi di questa piccola delegazione, spero, ci consegneranno con attenzione e verità. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Tonini. Ne ha facoltà.

 

 

TONINI (PD). Signora Presidente, signori Sottosegretari, colleghi senatori, nel corso della discussione che si è tenuta la scorsa settimana nelle Commissioni affari esteri e difesa ho invano chiesto al rappresentante del Governo di chiarire la posizione dell'Esecutivo in merito alla crisi georgiana; un teatro che è eufemistico definire turbolento e nel quale stiamo decidendo di inviare osservatori italiani nell'ambito di una missione dell'Unione europea. Mi vedo costretto a reiterare la richiesta, confidando nella personale cortesia del sottosegretario Scotti, convinto come sono che non si tratti di una questione di secondaria importanza.

 

Domenica 5 ottobre scorso, prendendo la parola nel corso della cena di chiusura della festa nazionale del PdL, il Presidente del Consiglio ha attribuito per intero la responsabilità della crisi georgiana al governo di Tbilisi, assolvendo da qualunque addebito la Russia di Vladimir Putin. «Tra donne sgozzate e violentate e gravissimi fatti di violenza» - ha detto l'onorevole Berlusconi - «Putin si era trovato in una situazione tremenda. Il Presidente georgiano, approfittando delle Olimpiadi, aveva preso l'assurda decisione di svolgere un attacco inusitato. La reazione di Putin è stata logica, andando a Tbilisi contro un Presidente che si è macchiato di questi gravissimi fatti di sangue. L'esercito russo si è fermato a 15 chilometri dalla capitale georgiana, evitando così di tornare a prima dellaguerra fredda». Affermazioni ancor più sbilanciate in senso filo-russo e anti-georgiano - secondo quanto riferito dall'onorevole Paolo Guzzanti - sono state ripetute dallo stesso presidente Berlusconi la scorsa settimana durante un'assemblea del Gruppo PdL alla Camera.

 

È evidente, signora Presidente, signori Sottosegretari, colleghi senatori, che le parole del Presidente del Consiglio sollevano due gravi interrogativi.

 

Il primo riguarda il ruolo dell'Italia nella crisi georgiana. Fino ad ora il Ministro degli esteri si era sforzato di presentarlo come un ruolo di mediazione equidistante tra le due parti in conflitto, anche se, fin dalla prima audizione in Parlamento, a fine agosto, avevano colpito molti di noi, molti esponenti sia dell'opposizione che della maggioranza, i toni più che concilianti usati nei riguardi di Mosca da parte del ministro Frattini. In ogni caso - come è evidente - la posizione assunta dal Presidente del Consiglio con il discorso alla festa del PdL cambia radicalmente la linea dell'Italia, che sembra schierarsi decisamente con una delle parti in causa. Questa impressione, come è stato riferito dagli organi di stampa, è stata del resto condivisa dal Governo georgiano, che l'8 ottobre ha trasmesso, per il tramite della sua ambasciata a Roma, una nota di protesta. Penso che il Senato della Repubblica, tanto più in un momento come questo in cui decide l'invio di una missione italiana in quel contesto, abbia il diritto e - lo sottolineo - il dovere di chiedere al Governo se e quali chiarimenti abbia fornito alle autorità georgiane e se ritenga, sulla base dei contatti con Tbilisi, che permangano le condizioni di terzietà dell'Italia, indispensabili alla credibilità e alla sostenibilità della nostra missione sotto l'egida dell'Unione europea.

 

Il secondo, ancora più grave, interrogativo riguarda più complessivamente la linea di politica estera dell'Italia. Sono tra quanti da sempre auspicano una condivisione bipartisan delle linee di fondo della nostra politica estera, che non possono dipendere dal mutare dei cicli elettorali dell'alternanza bipolare. Ma se la linea di politica estera del Governo Berlusconi dovesse essere quella tracciata dal Presidente del Consiglio alla festa di Milano e al Gruppo del PdL, saremmo in presenza di un evidente e preoccupante slittamento del tradizionale asse euro-atlantico, che dai tempi di De Gasperi connota la nostra politica estera, verso un inedito asse Roma-Mosca, magari propiziato dall'ormai imminente uscita di scena del presidente George W. Bush. Se così fosse, signor Presidente, signori Sottosegretari, colleghi senatori, sarà inevitabile che si apra un nuovo fronte polemico tra maggioranza e opposizione. Anche noi, infatti, guardiamo con favore ad una strategia di engagement nei riguardi della Russia, l'unica possibile e realistica. Ma pensiamo che l'engagement possa non trasformarsi in un appeasement ambiguo e subalterno solo se portato avanti non in solitudine dall'Italia, ma in modo sintonico dall'Unione europea nel suo complesso, quindi includendo in modo forte e chiaro i nuovi Paesi membri (quelli dell'Est) nel quadro dell'alleanza storica e strategica tra l'Europa e gli Stati Uniti d'America. Così come siamo convinti che l'abbandono definitivo da parte di Washington della via senza uscita dell'unilateralismo, che ha connotato in modo particolare il primo mandato dell'Amministrazione Bush, in favore di un nuovo multilateralismo efficace, potrà creare le condizioni per una nuova stagione di iniziativa americana ed europea per la pace e il progresso dei popoli.

 

Questa, signora Presidente, è la linea di politica estera che vorremmo fosse patrimonio di tutto il Paese e di tutto il Parlamento. Ci aspettiamo dal Governo di essere rassicurati in tal senso, nel momento in cui esprimiamo un voto che riguarda missioni doverose e rischiose per i nostri soldati e per il nostro Paese. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Caforio. Ne ha facoltà.

 

 

CAFORIO (IdV). Signora Presidente, signor Sottosegretario, onorevoli colleghi, il Gruppo Italia dei Valori è intimamente convinto della necessità delle missioni internazionali in cui sono attualmente impegnati i nostri militari, dell'efficace svolgersi delle loro ruolo e della validità del risultato della loro missione. Riteniamo, inoltre, che la sicurezza dei nostri soldati non possa essere oggetto di divergenze politiche o partitiche. L'Italia dei Valori, infatti, lo ha sempre dimostrato, anche nelle scorse legislature.

 

Alla luce di questa riflessione esprimeremo un voto favorevole sul disegno di legge n. 1061. Mi sia però consentito manifestare alcune perplessità che lo stesso provvedimento non ha mancato di suscitare in noi.

 

Fino a prova contraria i compiti da assolvere nelle missioni internazionali di pace stabilite dall'Italia in ambito comunitario, in sede NATO e OSCE, sono le azioni di stabilizzazione, normalizzazione e confidence building. Perciò, se il nostro contributo deve essere solo quello di ridurre le tensioni, allora ci sono aspetti del decreto che non ci tornano.

 

Innanzitutto, vorrei commentare le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 5, 6 e 7, del decreto-legge n. 150, da cui si evince che l'aumento di stanziamenti per le missioni in Iraq, in Afghanistan e nei Balcani non è finalizzato alla semplice proroga fino al 31 dicembre 2008, bensì anche ad accrescerne il personale.

 

Nel caso particolare della missione italiana in Afghanistan è previsto anche l'impiego di ulteriori mezzi militari. L'Italia ha già inviato, infatti, quattro aerei Tornado e il relativo supporto tecnico e di personale per rispondere alle reiterate richieste provenienti dai partner NATO al fine di monitorare il territorio afgano. Il Governo ci ha spiegato, attraverso le dichiarazioni del ministro La Russa, che gli aerei verranno offerti alla NATO in relazione esclusivamente a compiti di ricognizione e sorveglianza. L'Italia dei Valori si chiede, a questo punto, quale sia il ruolo dei militari schierati dall'Italia: solo quello di osservatori e guardiani della pace o qualcosa in più, dato che si è scelto di inviare quattro mezzi Tornado della versione PA 200 IDS, velivoli con caratteristiche di cacciabombardieri? La versione IDS è pensata per attacchi al suolo, questo tipo di Tornado è stato progettato per attaccare a bassa quota e con grande precisione bersagli situati dietro il campo di battaglia: concentramenti di truppe ed equipaggiamenti, linee di rifornimento, depositi, aeroporti, centri di comando. Perché non inviare, invece, più semplici ma efficienti mezzi di ricognizione teleguidati come i Predator? Occorre considerare che un rafforzamento della presenza militare incrementa la possibilità di conflitto e di conseguenza il mancato rispetto del mandato di pace della missione.

 

Volendo comunque prendere per certe ed incontrovertibili le parole del ministro La Russa circa lo scopo esclusivamente ricognitore che avranno questi mezzi, dalla stampa emerge un ulteriore possibile pericolo: il loro raggio d'azione, infatti, non coinciderà col perimetro invalicabile delle zone in cui i contingenti italiani sono già impegnati, ma andranno a sorvolare l'intero territorio afgano. Ci tengo a precisare che non sono l'unico scettico al riguardo: lo stesso capo di stato maggiore della difesa, il generale Camporini, non ha esitato a manifestare le sue preoccupazioni circa gli aspetti operativi di questo implemento di mezzi e, primo fra tutti, la scelta dell'aeroporto in cui faranno base. Ritengo, insomma, che l'intervento militare nella missione in Afghanistan, inquadrandosi in un contesto politico-territoriale di grande delicatezza e in uno scenario estremamente problematico, necessitava di un approfondimento dell'analisi del contesto politico afgano, approfondimento che lo strumento del decreto-legge certamente non ci concede.

 

Credo poi sia superfluo sottolineare che questi Tornado e la manutenzione che comportano hanno un costo nettamente superiore rispetto all'eventuale impiego di altri mezzi, andando a pesare ulteriormente sull'onere economico da affrontare. Questo implemento di mezzi e personale, infatti, costerà ai contribuenti italiani, a occhio e croce, più di 60 milioni di euro l'anno. Abbiamo la netta sensazione che si stiano mettendo le mani su stanziamenti già assegnati ad altri fondi, con diverse finalità altrettanto meritevoli di attuazione, e non attinenti a tematiche di politica estera e difesa, in nome di vecchie alleanze del premier Berlusconi con l'ancora per poco presidente degli Stati Uniti, Bush. Sappiamo bene che lo scorso giugno, durante il suo soggiorno a Roma, il presidente Bush ha chiesto a Berlusconi l'aumento dei contributi italiani alla missione in Afghanistan, come già chiesto a Bucarest a tutti i membri NATO. Il Premier aveva dato la disponibilità dell'Italia a essere più presente nelle missioni all'estero. Quindi aveva detto sì all'invio di più uomini in Iraq per l'addestramento della polizia locale; sì alla revisione dei caveat, le regole di ingaggio, limiti e mansioni delle nostre truppe in Afghanistan, che sono divenute «più flessibili»; sì alla presenza delle truppe italiane dove è necessario, dal Libano al Kosovo. Ecco, quindi, colleghi, spiegato, secondo l'Italia dei Valori, il ricorso alla decretazione d'urgenza e l'impiego dei Tornado.

 

L'Italia dei Valori preferirebbe un atteggiamento leale, ma non prono, quale quello mostrato da questo Governo, nei confronti degli Stati Uniti. È quantomeno discutibile, come indicato nell'articolo 2 del decreto-legge n. 150, che si continuino a rastrellare gli accantonamenti dei diversi Ministeri, togliendo, ad esempio 3 milioni e mezzo di euro al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, proprio mentre tale Ministero sta subendo ulteriori tagli e sempre tramite la decretazione d'urgenza. Ancor peggio, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d), dello stesso decreto, si vanno a tagliare perfino i fondi previsti per coprire provvedimenti d'urgenza precedenti di questo stesso Governo, quale il famoso decreto-legge n. 93 recante «disposizioni urgenti per salvaguardare il potere d'acquisto delle famiglie», il famigerato decreto ICI.

 

Questo Governo, insomma, continua a decretare e a promettere di risolvere ogni problema; peccato che di decreto in decreto i soldi comincino ad esaurirsi e che i vari decreti comincino a escludersi a vicenda mano a mano che il Governo prende altre iniziative d'urgenza.

 

Cosa ancora più grave è che si affronti questa spesa gravosa senza neppure aver concesso il tempo adeguato per un dibattito parlamentare attraverso cui rimeditare le linee di politica estera dell'Italia, anche in vista del prossimo confronto con la futura presidenza statunitense e alla luce del fatto che gli interventi italiani nelle missioni internazionali andrebbero inquadrati in un contesto europeo.

 

In base all'approvazione unanime che questo Parlamento ha riservato al Trattato di Lisbona, prossimo alla sua efficacia, e che si propone di incoraggiare la cooperazione rafforzata in materia di PESD, si dovrebbe procedere favorendo un ruolo significativo dell'Unione nello scenario internazionale, evitando, dunque, che i singoli Stati membri decidano per iniziative disomogenee e non coordinate fra loro. Questo è infatti, colleghi, il rischio in cui incorre il nostro Paese se continua a gestire la politica estera e di difesa a forza di decreti-legge, pur mancando il presupposto dell'urgenza e quindi privando il Parlamento dei tempi necessari per analizzare adeguatamente ciò che potrebbe benissimo essere presentato con un disegno di legge del Governo.

 

L'Italia dei Valori, quindi, comprendendo l'importanza di salvaguardare la sicurezza dei nostri soldati e il prestigio dell'Italia a livello internazionale, voterà favorevolmente, nonostante non condivida affatto le linee di politica estera e di difesa di questo Governo, da cui ci aspettiamo risposte chiare e rassicuranti. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Mura. Ne ha facoltà.

 

 

MURA (LNP). Signora Presidente, onorevoli colleghi e gentili membri del Governo, oggi siamo chiamati ad esprimerci sulla conversione in legge di due decreti che hanno sicuramente un'importanza notevole dal punto di vista della nostra politica internazionale.

 

La missione deliberata dal Consiglio europeo il 15 settembre scorso e sulla quale ha riferito il ministro degli esteri Franco Frattini, intervenendo nei giorni scorsi in quest'Aula, è la conseguenza materiale del conflitto che è scoppiato in agosto tra la Georgia e la Federazione russa e dei successivi accordi raggiunti dal presidente di turno dell'Unione europea, Nicolas Sarkozy, con le massime autorità di Mosca. L'intervento europeo è stato concepito per verificare il rispetto da parte russa del ritiro delle forze militari inviate dal Cremlino nella cosiddetta fascia di sicurezza creata intorno alle frontiere politico amministrative dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud. In buona sostanza, in base all'intesa raggiunta da Sarkozy e Medvedev, i soldati europei, e tra loro i nostri soldati italiani, non potranno avventurarsi all'interno delle province separatiste. Conformemente alla procedura delineata agli inizi del 2001 dalla cosiddetta risoluzione Ruffino, prima di emanare il decreto il Governo ha sondato il Parlamento riferendo i propri orientamenti sia nelle sedute delle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, che si sono svolte il 26 agosto scorso, sia durante le comunicazioni rese dal ministro Frattini a Palazzo Madama lo scorso 17 settembre.

 

La Lega Nord ha condiviso in entrambe le circostanze la linea prudente e sostanzialmente non antirussa adottata sia dalla Farnesina sia da Palazzo Chigi, così come tutte le iniziative diplomatiche messe in atto per facilitare la composizione della crisi. Ci riteniamo pertanto soddisfatti dei progressi che si stanno registrando sul piano del ritiro delle truppe russe e crediamo di dover precisare oggi in quest'Aula che la Lega non ritiene assolutamente, al contrario di come forse qualcuno vorrebbe far credere, che esista una deriva filorussa della politica italiana; crediamo invece che sia oggettivamente vero che la Russia rappresenta un partner fondamentale per gli equilibri europei. Questo mi pare sia innegabile: basti pensare ai rifornimenti di gas e di petrolio che garantiscono gli approvvigionamenti per tutta l'Europa.

 

Venendo al secondo decreto, quello che autorizza la proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali per il 2008, tra gli interventi in questione la Lega Nord a suo tempo si espresse sfavorevolmente - lo ricordiamo - per quello in Libano, a causa del mandato incerto che era stato dato all'UNIFIL e del rifiuto di utilizzare apertamente la forza di pace per disarmare Hezbollah. Vorrei ricordare che già in passato, in una stagione politica che ormai possiamo considerare lontana, vennero sollevate dalla Lega Nord obiezioni anche nei confronti di alcuni interventi nei Balcani, in particolare di quello in Kosovo, dove però ora il senso della nostra presenza militare è profondamente cambiato, al punto che forse lo possiamo considerare una tutela per i serbi locali.

 

Naturalmente riteniamo estremamente importante la prosecuzione della missione della Guardia di finanza in Libia, che anzi vorremmo vedere ulteriormente potenziata in quanto la consideriamo parte integrante degli sforzi nazionali volti a contrastare i flussi migratori illegali.

 

La Lega è poi sempre stata favorevole a tutte le scelte fatte per rafforzare il contingente italiano in Afghanistan. A tal proposito ricordiamo che negli ultimi sette anni abbiamo sempre richiesto con coerenza che venissero adottate tutte le misure necessarie per poter migliorare la capacità dei nostri soldati di difendersi con la massima efficacia in quell'ambiente ostile. Proprio per quanto riguarda l'Afghanistan vorrei sottolineare un aspetto che riteniamo molto importante. In quel Paese, infatti, vengono prodotte enormi quantità di oppio, la cui vendita genera ingenti risorse economiche utilizzate per finanziare le attività terroristiche dei talebani. Non dimentichiamo, inoltre, che attraverso lo sbocco naturale della Turchia e dei Balcani la droga invade tutti i mercati europei, tra cui anche l'Italia. L'impegno del nostro Paese, grazie alla presenza dei nostri soldati e non solo - vedremo le possibili iniziative di tipo politico - deve tener conto della necessità di contrastare il terrorismo anche attraverso la lotta alla coltivazione dell'oppio, con azioni che possono portare ad una conversione verso altri tipi di coltivazione. Questo deve essere l'impegno comune di tutte le Nazioni che partecipano alla missione in Afghanistan.

 

In conclusione, spesso assistiamo in Parlamento allo scontro tra maggioranza e opposizione; ritengo che mai come oggi si debba dimostrare in modo tangibile in quest'Aula la nostra vicinanza ai tanti nostri soldati che rischiano costantemente la loro vita in terreni ostili come quelli in cui operano in questa fase. (Applausi dal Gruppo LNP e della senatrice De Feo).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Scanu. Ne ha facoltà.

 

 

SCANU (PD). Signora Presidente, signori Sottosegretari, onorevoli colleghi, sono molto d'accordo con la conclusione dell'intervento che ha appena svolto il collega Mura; l'ho ascoltato con attenzione e, per l'appunto, lo condivido, tant'è che mi soffermerò, in conclusione di queste mie considerazioni, a rendere note quelle che nella realtà, e non nelle dichiarazioni parlamentari, sono effettivamente le posizioni del Governo italiano.

 

Vorrei però preliminarmente richiamare l'attenzione dei presenti su quella che già altri colleghi del Partito Democratico hanno definito come una «significativa inversione di tendenza» negli atteggiamenti del Governo italiano rispetto alla politica estera e alla cosiddetta politica di difesa. È accaduto non più tardi della giornata di avantieri, nel corso di quella generosa corrispondenza di amorosi sensi, di baci e abbracci, di cui ci compiaciamo, tra il presidente Berlusconi e il presidente Bush, di sentire quest'ultimo affermare in maniera testuale: «Ti ringrazio, caro amico Silvio, per aver permesso la modifica dell'atteggiamento del Governo italiano rispetto all'Afghanistan». Questa citazione, che già altri colleghi hanno voluto proporre all'attenzione dell'Assemblea, merita l'attenzione anche dei due Sottosegretari, che forse farebbero bene ad ascoltare i rappresentanti dell'opposizione e merita di essere approfondita. Allora chiediamo esplicitamente al Governo di dare una risposta su questa materia: chiediamo di sapere, perché è un diritto-dovere del Parlamento, che cosa abbia significato quella affermazione. Se cioè, nel momento in cui Bush ha ringraziato Berlusconi per aver modificato l'atteggiamento del Governo italiano riguardo alla guerra in Afghanistan e alla presenza dell'Italia in quel Paese, abbia ritenuto di doverlo ringraziare per aver spostato i soldati italiani nel sud dell'Afghanistan, in una zona in cui abbiamo detto che non saremmo mai andati; oppure perché, conformemente a quanto qualche settimana fa ha sostenuto Dick Cheney, siamo in presenza di una omologazione tra l'ISAF e «Enduring Freedom». Su questo chiediamo chiarezza, chiediamo una parola esplicita da parte del Governo magari a partire dalla giornata odierna.

 

Nel momento in cui anche il nostro partito si accinge ad esprimere il voto favorevole alla conversione di questi due decreti-legge deve essere chiaro all'Assemblea, all'intero Paese e agli altri interlocutori politici che noi, a nostra volta, non intendiamo farci omologare da quello che appare quasi un ineluttabile slittamento verso una modificazione delle condizioni di azione delle Forze armate italiane nei teatri internazionali. Non ci rassegniamo a quella che viene presentata come un'inevitabile manifestazione di irrigidimento della nostra presenza, non smetteremo di sostenere con forza il bisogno e la necessità inevitabili che la partecipazione di peacekeeping rimanga tale dall'inizio fino alla fine.

 

E forse, in questo caso, andrebbero riprese le parole ricordate ieri dal senatore Cabras, citando anche l'onorevole Fassino, allorché destando l'irrisione anche di certi esponenti politici richiamava la necessità di trattare la questione afgana con un atteggiamento politico e diplomatico piuttosto che con una inutile esibizione muscolare. E noi ribadiamo oggi la necessità che l'opzione sia quella di aprire il dialogo, di ammettere alla discussione ed al negoziato tutti quegli attori che possano dare un significativo contributo per la ripresa di un confronto che non si sviluppi attraverso l'uso delle armi, senza mai rinunciare pervicacemente all'obbligo etico, direi di carattere costituzionale, che abbiamo di cercare la pace e di aborrire la guerra.

 

Lo stesso discorso si applica anche alla situazione caucasica. Già il collega Tonini poco fa ha ricordato quanto siano state improvvide, fuori luogo, sbagliate -starei quasi per dire manifestate a titolo personale, in quanto spurie rispetto alla volontà del Parlamento - le affermazioni del Premier il quale, da una parte ha sostenuto insieme agli altri attori internazionali la necessità di dover procedere per il tramite di una Commissione d'inchiesta internazionale all'individuazione delle responsabilità riguardo alla genesi dello scontro nel Caucaso, dall'altra sentenzia e pontifica dicendo che la colpa è assolutamente da attribuire alla Georgia; quindi, l'amico Putin può tranquillamente incassare un punto di consenso ed anche in questo caso si confermano le affinità elettive già espresse sul versante americano. Non ci prestiamo all'interpretazione day by day o alla logica dell'applicazione della regola delle pacche sulle spalle su una materia terribilmente delicata, qual è la politica estera.

 

Chiediamo quindi che in sede di conversione del decreto-legge riguardante la Georgia queste cose siano chiarite, come deve essere chiaro il riconoscimento tributato all'attività svolta dall'Unione europea, la quale finalmente è riuscita a ricollocare sul versante del multilateralismo un confronto che sembrava doversi appassire e mortificare nell'unilateralismo di George W. Bush, affinché la stessa Europa, di cui sono state decantate le lodi in questa specifica circostanza, non venga poi messa nel cassetto, mortificata, abbandonata e magari allontanata dallo scenario delle nostre azioni di politica quotidiana sulla spinta e sull'onda dello scetticismo. Crediamo che in questa circostanza l'Europa abbia confermato la sua insostituibilità e chiediamo concretamente al Governo di essere coerente rispetto a questa verità che ormai possiamo considerare rivelata.

 

Infine, sottosegretario Crosetto - se posso permettermi di chiamarla in prima persona - sarebbe il caso di parlare di "radio fante", operante in ambiente militare, che sostiene che lei non sarebbe stato molto contento riguardo alle conclusioni dei lavori del Consiglio supremo di difesa, allorché sono state decise o comunque affermate esigenze che stravolgerebbero completamente l'attuale assetto portando da 190.000 a 141.000 unità l'attuale modello di difesa. Visto che stiamo parlando di missioni internazionali, vorrei leggere all'Assemblea ciò che i deputati, ma che anche i senatori e per fortuna gli italiani, possono leggere nella Nota preliminare allo Stato di previsione di spesa per il 2009, quindi un documento ufficiale predisposto dal Governo. Ad un certo punto, si dice che gli effetti dei tagli sulle spese di esercizio sono andati molto al di là di un razionale e sostenibile contenimento, incidendo gravemente e pericolosamente sulla vera e propria prontezza operativa e quindi mettendo in gioco l'efficacia del modello.

 

Collega Mura, conosco la sua onestà intellettuale e so bene che quando lei parla della necessità di essere vicini alle donne ed agli uomini impiegati sul teatro internazionale dice ciò che pensa, ma delle due l'una: se si mandano persone all'estero bisogna garantire anche la loro sicurezza e non è possibile lasciar cadere nel nulla affermazioni così gravi, laddove è detto che anche ai fini dell'impegno dell'Italia riguardo all'assunzione di obblighi internazionali ci sono dubbi sull'efficacia. In un altro punto si afferma che la differenza tra input finanziario e output richiesto allo strumento militare rischia di compromettere irrimediabilmente le capacità produttive dell'organizzazione.

 

Ecco, signora Presidente, signori Sottosegretari e colleghi, accingiamoci allora ad esprimere il nostro voto favorevole riguardo a questi provvedimenti, ma non facciamolo a cuor leggero. Chiediamo e pretendiamo risposte e fra queste non può mancare quella relativa all'efficacia, alla tranquillità, alla tutela delle donne e degli uomini, che con grande onore, grande orgoglio e capacità portano per il mondo il nostro messaggio di pace. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Li Gotti e Giai).

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Galioto. Ne ha facoltà.

 

 

GALIOTO (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, la conversione in legge del decreto sulla partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia è diretta conseguenza dei recenti fatti accaduti in quei territori. La questione dei rapporti fra la Russia e la Georgia va inquadrata infatti sotto molteplici punti di vista, che partono molto da lontano e che sono anche insiti nella collocazione politica e geografica della Georgia. Bisogna infatti considerare e ricordare la sua posizione geografica: la Georgia ospita sul suo suolo il passaggio di gasdotti antagonisti a quelli della Russia.

 

Per quanto riguarda poi la posizione politica, con le elezioni dello scorso 21 maggio la popolazione ha assegnato il 59 per cento circa dei voti al partito del presidente Saakashvili, da molti riconosciuto come vicino alle idee europee ed americane piuttosto che a quelle russe. Occorre poi considerare l'indiscusso valore strategico-militare del territorio georgiano (basti pensare anche alla vicinanza geografica con la Polonia ed all'interesse americano al cosiddetto scudo missilistico) e la chiara intenzione separatista manifestata da tempo dall'Ossezia del Sud, dove è importante la presenza quantitativa di popolazioni russe.

 

Tornando quindi ai fatti che hanno determinato la scintilla che ha fatto scaturire le tensioni tra Russia e Georgia, voglio ribadire che non è importante assegnare ad ogni costo delle colpe, stabilire chi ha lanciato la prima pietra, anche perché probabilmente non ne verremmo a capo. Il nostro obiettivo deve essere quello di far cessare le azioni militari, ripristinare la pace, far sedere i protagonisti di tale vicenda attorno ad un tavolo ed aiutare la stabilizzazione di un'area così difficile e nello stesso tempo così importante dal punto di vista etnico, politico ed economico.

 

Questa stabilizzazione non può che conseguire ad un'azione comune dei Paesi dell'Unione Europea, considerando anche la nostra vicinanza e la nostra neutralità nei fatti accaduti. Ottima appare quindi a mio giudizio la mediazione del presidente francese Sarkozy, presidente di turno dell'Unione europea, che è riuscito a far sottoscrivere un piano di pace ad entrambi i Paesi in questione; però, come sappiamo, la non osservanza della Russia di questi sei punti del piano fa sì che nella zona continuino delle fibrillazioni.

 

Ormai tutta la comunità internazionale concorda in maniera più o meno unanime nello stabilire che le truppe resse debbano ritirarsi totalmente dai territori dell'Ossezia del Sud e della Abkhazia, cedendo magari le loro posizioni a contingenti internazionali. Concordo anche sulla necessità che la Russia debba rispettare tutti i sei punti dell'accordo firmato, affinché la situazione non rischi di degenerare ulteriormente.

 

Alla luce di quanto detto, è inevitabile allora che si presenti dinanzi alla decisione dell'Unione europea la necessità di impegnarsi non solo con la diplomazia, ma anche sul terreno georgiano, che di fatto è ancora occupato da milizie russe. La Comunità europea ha quindi deciso di incrementare la cooperazione anche con nuovi strumenti di partenariato con la Georgia (che da tempo invia segnali all'Europa di amicizia e collaborazione e mostra la chiara intenzione di voler entrare a far parte della NATO) ed ha predisposto contemporaneamente in quei territori l'invio di una missione PESD, una missione di vigilanza composta da 200 osservatori europei, con l'obiettivo di garantire il rispetto totale di questo accordo imprescindibile per qualunque altra mediazione. In questa ottica, l'intervento dell'Unione europea non solo è auspicabile, ma è necessario proprio perché l'Unione europea è l'unico organismo internazionale in grado di garantire imparzialità nella vicenda.

 

La presenza dei 40 osservatori italiani è perfettamente in linea con questo spirito, così come lo è stato per tutte le altre missioni umanitarie svolte dal nostro Paese, dove tradizionalmente la nostra partecipazione è sempre stata motivo d'orgoglio in quanto noi italiani ci distinguiamo ovunque per la nostra professionalità, l'integrazione con la popolazione e la capacità di mediazione ai problemi. Non va dimenticato, infatti, che non si tratta soltanto della contrapposizione tra Nazioni e potenze, ma si tratta di salvaguardare le popolazioni che sono, loro malgrado, coinvolte in questa vicenda. L'Italia riveste senz'altro un ruolo di grande equilibrio nelle varie posizioni. In un terreno geograficamente così vicino il nostro contributo alla stabilità, all'affermazione della democrazia dei Paesi e dei diritti fondamentali per le loro popolazioni è giusto, doveroso e molto importante per l'equilibrio di tutto il continente.

 

Nell'attuale difficile quadro di politica estera si inseriscono anche le altre missioni alle quali le nostre Forze armate partecipano attivamente. La situazione internazionale richiede una costante attenzione da parte dell'Italia e una continuità nelle azioni, così come ci viene chiesto non solo dall'Unione europea e dalle Nazioni Unite, ma anche e soprattutto dai Paesi interessati. Mi riferisco, ad esempio, all'Afghanistan, all'Iraq, alla Bosnia, al Libano e anche all'Africa, Paesi in cui atti di violenza tesi a interrompere il dialogo in corso con l'opposizione, con l'obiettivo di rendere più difficili i processi di riconciliazione, sono all'ordine del giorno e si contano sempre più vittime tra le popolazioni, ormai, purtroppo, assolutamente incapaci di mantenere la pace o di ristabilire un sistema di giustizia con le loro forze. L'Italia in questi territori si impegna in prima linea nel sostenere processi di stabilizzazione democratica interni ai singoli Paesi, perché ritiene importante che atti di violenza non debbano cancellare la volontà di continuare il dialogo tra le parti e che si prosegua nella ricerca di una soluzione che porti pace e sicurezza nel mondo. Il nostro Paese ha un ruolo importante a ogni livello nello svolgere il compito di primo piano che abbiamo in tale teatro internazionale, ruolo sia militare che politico con importanti comandi e importanti nomine, e che ci è da tutti riconosciuto per professionalità e impegno. Non possiamo, quindi, non aderire alla richiesta di proroga e alla partecipazione del nostro personale delle Forze armate e di polizia alle missioni internazionali.

 

Alla luce di queste considerazioni, signora Presidente, onorevoli colleghi, ritengo che siano utili e necessari la partecipazione italiana alla missione di vigilanza e di pace in Georgia e anche la proroga e il rifinanziamento delle missioni internazionali.

 

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale congiunta.

 

Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Bettamio.

 

 

BETTAMIO, relatore. Signora Presidente, constato che con qualche distinguo, che sottolinea soprattutto l'attenzione a quello che avverrà dopo l'approvazione e la partenza di queste nostre missioni, il nostro Senato ha dato un parere favorevole. Anche il relatore è favorevole a questo e, quindi, sollecita la conversione dei due decreti. Questo permetterà di essere adempienti ai nostri obblighi internazionali e salverà anche le preoccupazioni dell'opposizione che invitano a porre la massima l'attenzione affinché queste missioni corrispondano effettivamente alle direttive che noi stiamo dando in questo momento.

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il relatore, senatore Ramponi.

 

 

RAMPONI, relatore. Signora Presidente, non ho nulla da aggiungere.

 

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario per gli affari esteri, professor Scotti.

 

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signora Presidente, onorevoli senatori, credo di non dover aggiungere molto alle relazioni, puntuali e complete. Do soltanto alcune ulteriori informazioni al Senato. I due decreti-legge riguardano la copertura dei costi esclusivamente fino al 31 dicembre ed il Governo presenterà un provvedimento riguardante l'insieme di tutte le missioni per il prossimo anno. In quella sede il Governo intende anche apportare alcune correzioni e modificazioni sulla base del mutare degli scenari in cui le missioni sono impegnate. Quella sarà pertanto l'occasione per svolgere una riflessione articolata da parte del Senato.

 

Per quanto riguarda la Georgia, nella gestione di questa crisi l'Unione europea ha assunto un preminente profilo. È infatti intervenuta tempestivamente elaborando, grazie anche all'impulso dato dalla parte italiana, le grandi linee di una strategia di stabilizzazione che è stata formalmente sancita dal Consiglio europeo straordinario del 1° settembre. L'Italia resta ferma su quella linea e continua a svilupparla. Il decreto sulla missione riguarda l'attuazione del punto 5 dell'accordo tra Sarkozy e i due Presidenti russo e georgiano, nel quale si fa riferimento al ritiro delle forze russe alle posizioni precedenti il conflitto ed alla possibilità per le forze di interposizione russe di adottare misure supplementari di sicurezza in attesa del dispiegamento di un meccanismo internazionale. Il dispiegamento del meccanismo internazionale è quello che noi stiamo finanziando per la parte italiana.

 

Nel contempo, però, l'azione non si ferma al punto 5 suddetto, ma riguarda anche il punto 6, che promuove l'inizio di discussioni internazionali sulle modalità di sicurezza e stabilità in Abkhazia e Ossezia del Sud. Proprio oggi a Ginevra inizia la Conferenza sulla Georgia che rappresenta, pertanto, un passo in avanti. La data di svolgimento della Conferenza sul Caucaso è stata invece posposta in attesa dei risultati che scaturiranno dalla Conferenza di Ginevra.

 

Il Consiglio degli affari generali europeo si è riunito lunedì scorso per discutere della crisi georgiana e ha concentrato la sua attività sull'avvio a Ginevra del negoziato (oggi, ripeto) e, soprattutto, sulla possibile ripresa del negoziato con Mosca sul nuovo accordo di partenariato e cooperazione, il cui round negoziale di settembre era stato rinviato. Quanto alla ripresa del negoziato per il nuovo accordo, si è preso atto del sostanziale ritiro delle truppe russe nelle zone adiacenti il confine amministrativo di Abkhazia e Ossezia del Sud. Rimangono interpretazioni in parte diverse su due aree, la valle di Akhalgori e quella di Kodori, che pur rientrando amministrativamente nel territorio delle due regioni secessioniste, fino al 7 agosto erano sotto il controllo georgiano mentre ora vi sono le truppe russe.

 

In questo contesto il ministro Frattini ha ripetuto a Bruxelles, e di recente in quest'Aula, che l'Italia mantiene un atteggiamento volto a favorire il coinvolgimento della Russia in un processo costruttivo, ritenendo necessario riprendere il negoziato per il nuovo accordo quadro con l'Unione europea sapendo, soprattutto, che la Russia è membro permanente del Consiglio di sicurezza dell'ONU e che, quindi, ogni iniziativa che investe il Consiglio di sicurezza ha bisogno di essere negoziata con la Russia.

 

Per quanto riguarda le voci e le discussioni intorno alle origini della crisi georgiana, non c'è nessun atto formale del Governo georgiano nei nostri confronti. (Brusìo). C'è stato solo un comunicato stampa dell'ambasciata di Georgia a Roma...

 

 

PRESIDENTE. Mi scusi, professor Scotti: c'è un brusìo veramente incredibile. Pregherei i colleghi di consentire al Governo di intervenire in un rispettoso silenzio.

 

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. C'è stato solo un comunicato dell'ambasciata georgiana a Roma, nel quale si sottolinea la necessità di una Commissione internazionale per l'accertamento dei fatti.

 

Sulle conseguenze dei rapporti interatlantici tra l'Italia e gli Stati Uniti, niente è mutato, come conferma il risultato della visita del Presidente del Consiglio al Presidente degli Stati Uniti. Avere opinioni particolari su dati di fatto non significa avere diversità di posizioni politiche.

 

Per quanto riguarda il decreto-legge n. 150, relativo ad altre missioni internazionali, voglio sottolineare soltanto due aspetti. Per la missione in Afghanistan non c'è nessuna modificazione del mandato del nostro contingente, quindi rimane immutata la natura della missione. Desidero però sottolineare che l'adozione di una Costituzione afgana ed il graduale ristabilimento di un sistema di giustizia segnano il rafforzamento delle istituzioni nazionali e marcano i progressi conseguiti negli ultimi sei anni. L'Afghanistan continua però a fronteggiare l'azione di gruppi collegati al terrorismo, spesso finanziati dal traffico della droga. Tali gruppi prendono di mira non solo la presenza straniera ma, soprattutto, le istituzioni afgane e le stesse popolazioni civili. L'obiettivo dei terroristi è di rendere più difficile il processo di riconciliazione nazionale. La comunità internazionale deve quindi intensificare gli sforzi a sostegno della riconciliazione e ricostruzione dell'Afghanistan, tenendo saldo il principio dell'ownership, cioè della responsabilità afgana sul governo del Paese.

 

L'Italia vuole svolgere un ruolo di primo piano: tutti ci riconoscono la qualità, e non solo la quantità, del nostro contributo: un prestigio ed una credibilità che vanno mantenuti ed incrementati grazie ad una nostra significativa presenza in Afghanistan. Non a caso i diplomatici italiani ricoprono ruoli preminenti: il consigliere Gentilini è stato nominato rappresentante civile della NATO in Afghanistan e il ministro Sequi rappresentante speciale dell'Unione europea.

 

Quindi, le politiche dell'institution building sono fondamentali. Ma è evidente che il nostro contributo porta anche a consolidare la presenza in Afghanistan sotto il profilo della sua dimensione militare. L'Italia è, tra l'altro, il secondo contributore della missione europea EUPOL. La sfera politica, la collaborazione civile, l'impegno militare e la cooperazione regionale sono tutti aspetti indispensabili e interconnessi.

 

Per quanto riguarda il Libano, vi sono preoccupazioni crescenti per il ritorno della violenza, con l'uccisione, il 10 settembre, di Saleh Aridi e il grave attentato terroristico contro le forze armate, il 29 settembre, a Tripoli.

 

In tale contesto, riteniamo che la missione UNIFIL continui a svolgere un ruolo determinante per la stabilità del Libano e dell'intera regione. Per la prima volta in trent'anni, infatti, le autorità libanesi hanno esteso il loro controllo alla parte meridionale del Paese e, salvo alcuni incidenti minori, non si sono verificati attacchi contro Israele nei due anni dal dispiegamento della missione.

 

Signora Presidente, onorevoli senatori, queste sono alcune considerazioni integrative, ma come ho detto all'inizio la discussione generale sulle missioni potrà avvenire in occasione della presentazione del provvedimento di rifinanziamento di tutte le missioni all'inizio del prossimo anno. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

 

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario per la difesa, onorevole Crosetto.

 

 

CROSETTO, sottosegretario di Stato per la difesa. Signora Presidente, mi pare che il collega Scotti abbia riassunto tutte le risposte alle richieste emerse. Ne rimangono alcune, in riferimento agli aspetti più tecnici della presenza delle nostre missioni.

 

Alcuni colleghi hanno chiesto se la missione in Afghanistan avrebbe subito dei cambiamenti nei contenuti operativi. La risposta è negativa, non esistono cambi della nostra missione, come precisato più volte in questa settimana. Anche l'impegno dei Tornado non avrà alcun effetto e non cambierà nulla dei caveat secondo i quali i nostri soldati si muovono. Non vi sono problemi, come prima richiamato, da parte del Capo di Stato maggiore della Difesa sugli aeroporti, tanto più che la dislocazione degli aerei è competenza del Capo di Stato maggiore e sicuramente non del Ministro. Non so quindi a cosa si riferisse il collega.

 

Per quanto riguarda alcuni interventi di colleghi in relazione all'evoluzione del modello delle Forze armate e al Consiglio supremo di difesa, secondo quanto riportato da una "radio" che non conosco e richiamata dal collega, non penso che sia questa la sede adatta. Il Ministro si è impegnato a chiedere di realizzare una riforma partendo dalle Camere, quindi presentando alle Camere un disegno di legge con cui chiedere una delega per la riforma. Spetterà però a Camera e Senato fissare i paletti all'interno dei quali questa riforma dovrà procedere. Ricordo che il Consiglio supremo di difesa non ha alcun potere di indicare alcuna linea alle Camere. Esso è un organo nel quale il Ministro della difesa riferisce quali sono le prospettive e le linee e in un verbale si prende atto di quanto da egli riferito. Non è un organo ove si decida alcunché, non è deputato a decidere ma solo a informare il Capo supremo delle Forze armate e gli altri Ministri sull'andamento della difesa. Quindi non è una sede di decisione, perché la sede di decisione in questo Paese sono la Camera dei deputati e il Senato e, in fase applicativa, il Governo.

 

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 5a Commissione permanente.

 

 

MONGIELLO, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli emendamenti trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta sull'emendamento 3.1, in quanto recepisce la condizione, posta ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, dal parere recato sul testo».

 

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato il disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere non ostativo sul testo.

 

Esaminato l'emendamento 1.0.100, trasmesso dall'Assemblea, relativo al disegno di legge in titolo, esprime, per quanto di propria competenza, parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione».

 

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti 2.0.800 e x1.1, trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di propria competenza, parere di nulla osta».

 

 

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 del disegno di legge n. 1038.

 

Avverto che gli emendamenti si intendono riferiti agli articoli del decreto-legge da convertire.

 

Procediamo all'esame dell'emendamento volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 1 del decreto-legge, che si dà per illustrato e su cui invito il relatore ed il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

 

 

BETTAMIO, relatore. Signora Presidente, poiché il parere della 5a Commissione sull'emendamento 1.0.100 è ostativo, invito i presentatori a ritirarlo. In caso contrario, esprimo parere negativo.

 

 

CROSETTO, sottosegretario di Stato per la difesa. Invito al ritiro dell'emendamento in esame, altrimenti esprimo parere contrario, visto il parere della 5a Commissione.

 

 

PRESIDENTE. Senatore Saltamartini, intende accogliere l'invito al ritiro?

 

 

SALTAMARTINI (PdL). Signora Presidente, prendo atto della posizione assunta dalla Commissione bilancio e dal Governo.

 

Faccio notare, comunque, che il problema esiste e dunque questa decurtazione, che appare assolutamente inopportuna e incongrua, determinerà un contenzioso con lo Stato a livello giurisdizionale che potrebbe comportare dei costi notevolmente maggiori.

 

Tuttavia, accetto l'invito e ritiro l'emendamento 1.0.100.

 

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

 

Poiché all'articolo 2 del decreto-legge non sono riferiti emendamenti, passiamo all'esame dell'emendamento volto ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 2 del decreto-legge, che si intende illustrato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.0.800, presentato dai relatori.

 

È approvato.

 

 

Risulta pertanto assorbito l'emendamento 3.1.

 

Passiamo all'esame dell'emendamento presentato all'articolo 1 del disegno di legge di conversione, che si intende illustrato.

 

Metto ai voti l'emendamento x1.1, presentato dai relatori.

 

È approvato.

 

Passiamo alla votazione finale.

 

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

D'ALIA (UDC-SVP-Aut). Signora Presidente, preannuncio il voto favorevole del nostro Gruppo parlamentare ad entrambi i disegni di legge di conversione dei decreti-legge nn. 147 e 150, sia che si votino separatamente, sia che si votino - come ci sembra accadrà - congiuntamente. Lo faremo perché è interesse nazionale proseguire le missioni internazionali e perché condividiamo l'esigenza che l'Italia svolga un ruolo attivo nel contesto europeo, nella delicata vicenda georgiana.

 

Restano però ferme, signora Presidente, le perplessità da noi già manifestate nel corso dell'audizione e del confronto con il ministro Frattini in quest'Aula rispetto all'atteggiamento e al ruolo della Russia nella vicenda georgiana e all'interferenza politica (e non solo politica) nei rapporti con gli Stati che con la Russia confinano, rispetto alla quale il loro ruolo geopolitico è strategico, anche per ciò che riguarda il delicato equilibrio dei rapporti tra Unione europea e Russia.

 

Le questioni e le perplessità che abbiamo sollevato in quest'Aula qualche settimana fa, anche rispetto ad un atteggiamento eccessivamente morbido del nostro Governo al riguardo, restano tutte in piedi nonostante non si possa che cogliere con favore la circostanza che la Russia abbia ritirato le sue truppe dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia. Dal momento però che l'accordo di pace che dovrebbe portare a ristabilire rapporti normali tra i Paesi di quell'area si compone di sei punti e fino ad oggi di quei punti la Russia ne ha rispettati solo due, riteniamo che il nostro Paese debba proseguire su quella strada garantendo l'impegno a che la Russia rispetti tutti gli impegni internazionali assunti e lo faccia nel quadro di una ripresa del rapporto con l'Unione europea che oggi in questa circostanza fa bene a mantenere un atteggiamento molto prudente, a tratti critico.

 

Non vi possono essere tentennamenti e, soprattutto, non vi possono essere politiche internazionali dei due forni. Giustamente, a fronte della grave crisi dei mercati finanziari che si sta verificando, garantiamo sostegno e solidarietà agli Stati Uniti, ma non possiamo contemporaneamente mantenere un atteggiamento troppo tenero nei confronti di un Paese che critica aspramente gli Stati Uniti d'America e che, rispetto alle politiche di equilibrio create dopo la caduta del Muro di Berlino, tenta d'imporre nuove forme di neocolonialismo, come sta avvenendo in quell'area del mondo.

 

Queste sono le ragioni per le quali, da un lato, sosteniamo le proposte del Governo e quindi interventi come la missione in Georgia, dall'altro, però, chiediamo che questa situazione venga costantemente monitorata. Ciò al fine di verificare che vi siano le condizioni affinché la Russia rispetti gli impegni internazionali assunti ed il Governo italiano si faccia carico di garantire il mantenimento di tali impegni. Infatti, non si tratta di una normale operazione di peacekeeping. In quel teatro la nostra funzione e il nostro ruolo sono diversi rispetto alle missioni in Afghanistan o in Iraq. Andiamo lì come forza tesa sostanzialmente a far rispettare un accordo e a prevenire ulteriori conflitti. Dobbiamo fare tutto ciò con forza e determinazione e non con «pacche sulle spalle».

 

Dobbiamo, inoltre, porci il problema di come aggiornare, al di là della proroga delle missioni internazionali che stiamo per approvare, il calendario della nostra presenza sia in Afghanistan che in Iraq. Lo dobbiamo fare, tenuto conto che la situazione in quei territori è cambiata, che lo scenario della crisi si è aggravato e che i conflitti sociali ed etnici si sono acuiti. Vi è quindi la necessità assoluta che anche l'Italia, che si trova in quei luoghi a supporto di missioni di pace, dia maggiore sicurezza e serenità ai suoi militari e a coloro i quali sono impegnati in queste missioni; tutto ciò in maniera sinergica soprattutto con gli Stati Uniti.

 

Per queste ragioni, confermiamo il nostro voto favorevole e auspichiamo che il Governo torni in Parlamento per aggiornarci sullo sviluppo della crisi georgiana e su quanto di positivo ci auguriamo avverrà nelle prossime settimane. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-Aut e PD. Congratulazioni).

 

 

PEDICA (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

PEDICA (IdV). Come anticipato nel mio intervento di ieri in discussione generale, il Gruppo dell'Italia dei Valori voterà a favore dei disegni di legge nn. 1038 e 1061. La ragione che induce me e il Gruppo dell'Italia dei Valori nel suo complesso a sostenere i due provvedimenti è legata, come affermato in quella sede, a motivazioni che si sottraggono alla stretta contingenza dei provvedimenti in esame. Questi, infatti, contengono numerosi punti manchevoli e sono sintomatici di una gestione della politica estera da parte di questa maggioranza che manca in trasparenza, in informazione e in progettualità.

 

I motivi del sì alla conversione dei due decreti-legge sono esclusivamente legati al senso di responsabilità che nutro e che l'Italia dei Valori nutre nei confronti dell'alta missione a cui i nostri militari sono chiamati, e cioè, per quanto attiene al decreto-legge n. 147, la risistemazione degli sfollati interni, la riabilitazione delle strutture sociali ed il recupero economico della Georgia, che sono gli obiettivi da conseguire nell'ambito della missione di vigilanza degli osservatori dell'Unione europea. Relativamente al decreto-legge n. 150, invece, gli scopi altissimi delle missioni internazionali alle quali partecipa il contingente italiano sono rappresentati dalla stabilizzazione, dalla normalizzazione e dall'instaurazione di un clima di fiducia a favore di una soluzione politica durevole in Libano, Bosnia, Ciad, Iraq, Afghanistan, Kosovo, Libia e Haiti.

 

Siamo consci che la sicurezza e l'incolumità dei soldati dipendono anche dalla disponibilità delle risorse necessarie a garantire le massime misure cautelative nei confronti degli stessi e che il successo delle operazioni che svolgono non può prescindere da mezzi operativi adeguati. Dunque, in nome del prestigio dell'Italia e del rispetto degli impegni che sono stati assunti nei confronti degli altri Governi europei, nonché nei confronti delle popolazioni civili dei Paesi sconvolti dai conflitti, con il fine di non fallare nell'approntare le massime garanzie per chi opera in contesti difficili, annuncio il voto favorevole - ripeto - dell'Italia dei Valori su entrambi i disegni di legge.

 

Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, rimango però dell'idea, già espressa, che la politica estera del Governo in carica sia poco chiara (si pensi al Trattato con la Libia il cui contenuto rimane ancora segreto), pochissimo di interesse nazionale (sembra piuttosto che sia l'interesse dei rapporti personali con i vari leader a guidare le scelte del Governo) e per niente democratica. In particolare, entrando nel merito del ruolo svolto dal Governo italiano nella gestione diplomatica del conflitto russo-georgiano, si deve sottolineare come, a più riprese, la conduzione delle trattative da parte del Presidente del Consiglio sia stata caratterizzata, invece che dal perseguimento degli interessi di sicurezza della regione caucasica e dello spazio europeo in generale, molto più verosimilmente dalla ricerca dei cosiddetti interessi economici.

 

Mentre la tendenza globale è di affidare la politica estera ai Governi e, ancor di più, alle organizzazioni internazionali, come il Consiglio europeo, la NATO, l'ONU, con l'intervento attivo (come si è osservato) di Sarkozy, in qualità di Presidente di turno del Consiglio europeo, purtroppo in Italia, con questo Governo, si assiste all'opposto: la politica estera viene privatizzata e portata avanti dal solo Presidente del Consiglio, attraverso metodi improvvisati.

 

Si spera in una felice conclusione delle trattative, che conduca al ritiro completo delle truppe russe dalle due Repubbliche indipendentiste. Doveva accadere oggi, ma si assiste ad un rallentamento. È di poco fa l'ultima agenzia di stampa che riporta la notizia di un tavolo tecnico: doveva esserci una riunione a Ginevra con i rappresentanti di Russia, Georgia ed Unione europea, ma quello che doveva essere un inizio di negoziato di pace è diventato invece un incontro tecnico; infatti, signor Sottosegretario, la Russia voleva che anche Abkhazia ed Ossezia partecipassero, ma la Georgia non ha voluto. Pertanto, restano gli attriti.

 

Allora, il ruolo italiano deve ritornare ad essere quello che l'Italia può e deve esercitare. Non possiamo accettare che, nei giorni intensi in cui il conflitto poteva sfociare in una guerra dalle ampie dimensioni, con un effetto domino sulle altre Repubbliche caucasiche i cui Governi sono caratterizzati da una estrema debolezza, il presidente Berlusconi si sia proposto all'opinione pubblica come solutore della crisi georgiana grazie ad unilaterali colloqui con «l'amico Putin» e «l'amico Cheney»; che affermi di avere scongiurato «la possibilità che si tornasse ai tempi della guerra fredda», in virtù dei suoi rapporti personali con il Premier russo e con il Vice Presidente USA.

 

Signora Presidente, onorevoli colleghi, se anche il Presidente del Consiglio fosse in grado - come non lo è stato - di risolvere un potenziale detonatore di tutta una crisi nell'area euroasiatica tramite una telefonata o l'offerta di una cena, anche in questo caso ci sarebbe qualcosa di profondamente sbagliato. Infatti, come ha ricordato il Presidente della Repubblica, le relazioni estere si tessono esclusivamente parlando da Capo di Governo a Capo di Governo, con l'ausilio dei tecnici competenti e della diplomazia; questi due rami, invece, sono stati totalmente esclusi. Si deve sottolineare il fatto che l'Italia, forse anche in relazione ai rapporti personali del Premier, non ha affermato con forza che l'indipendenza dell'Abkhazia e dell'Ossezia del Sud non è espressione del principio di autodeterminazione dei popoli, come sancito dall'articolo 1, paragrafo 2, e dagli articoli 55 e 56 della Carta dell'ONU, ma è una eterodeterminazione, giocata fra le relazioni di forza entro Russia e Stati Uniti: è circoscritta soltanto lì!

 

Nel merito dei due provvedimenti in esame, poi, ricordo al Governo che, in sede di discussione in Commissione, sono state richieste dal sottoscritto e a nome dell'Italia dei Valori delucidazioni sulle misure di sicurezza che dovrebbero essere approntate dal Governo per tutelare i nostri quattro inviati civili in Georgia. Assicuro che anche in Commissione si avverte la seguente perplessità: i 30.000 euro a disposizione dei quattro civili non vengono utilizzati per l'acquisto di giubbetti antiproiettile, ma forse per telefonini o altro. Il Governo dovrebbe fornire una risposta anche a tale riguardo: io non ho ancora avuto risposta nel merito, ma molte persone che hanno lavorato come civili hanno assicurato che quei 30.000 euro non vengono utilizzati per l'acquisto di giubbetti antiproiettile o quant'altro, sia a livello di particolari attrezzature che di formazione e training, tramite programmi appositi che non sembrano essere previsti stabilmente a livello italiano. Ma tali domande legittime, in quanto accorte e preoccupate per l'incolumità dei civili, non hanno trovato, lo ripeto, da parte del Governo, esauriente risposta.

 

A riguardo del decreto n. 150, poi, si è già mostrato in sede di discussione generale come i finanziamenti indicati all'articolo 2 del testo che il Governo ha reperito per coprire finanziariamente il provvedimento provengano da settori delicati, concernenti misure economiche di aiuto ai cittadini - lo ripeto di nuovo anche ai colleghi del centrosinistra - sull'ICI, i mutui e gli straordinari, che rimarranno scoperti e quindi inattuati. A tale proposito il Governo non ha detto una parola sulla mia richiesta di ieri. Di questi capitoli che trasmigrano da un punto all'altro ne resterà sempre uno vuoto. Questa è la preoccupazione dell'Italia dei Valori, perché con il provvedimento sull'ICI si tolgono soldi ai sindaci e i sindaci ne dovranno rispondere quando sarà il momento. Noi dell'Italia dei Valori abbiamo sempre denunciato che misure propagandistiche e populiste come l'abolizione dell'ICI trovavano nel vincolo di bilancio il limite all'attuabilità, e questa ne è la riprova.

 

Insomma: il Governo non può eludere la prevenzione di possibili situazioni rischiose per i nostri soldati e per i nostri civili, non può lasciare i cittadini, soprattutto in questo momento di grande insicurezza finanziaria, senza il sostegno dei provvedimenti promessi, e non può aprire vertiginosi buchi nel debito pubblico già pesantemente gravato, sulla cui entità pesa il rispetto del Patto di stabilità europeo. Cosa si può fare allora? Forse, iniziare a parlare chiaramente ai cittadini, forse smettere di illudere con falsi specchietti la pubblica opinione. Noi vogliamo denunciare questo imbroglio, perché di imbroglio si tratta. Noi vogliamo tutelare i cittadini con i soldi veri. Ho paura che questi capitoli vengano poi trasferiti in un altro capitolo ancora, sempre, ripeto, per un'altra pubblicità. Per questo motivo, signora Presidente e onorevole rappresentante del Governo, denuncio l'atto grave di non avere risposto alla domanda sulla possibilità, come dicono loro, di trasferire i capitoli in modo legale, perché è illegale invece, come è illegale come è nato questo Governo.

 

Con questo auspicio e con senso di responsabilità verso i nostri soldati, il Gruppo dell'Italia dei Valori si appresta a votare favorevolmente alla conversione dei decreti-legge nn. 147 e 150, ma con questo senso di responsabilità ribadiamo la denuncia dei sindaci, credo anche a nome del centrosinistra, perché non bisogna solo chiedere ma anche denunciare questi fatti, amici e colleghi. Dov'è l'ICI? Dove l'avete trasferita e perché? Dovete dirlo, perché se la spostate da un capitolo all'altro domani la potete togliere anche ai nostri civili, e questo non lo permetteremo né al Senato, né alla Camera, né nelle piazze. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

 

TORRI (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

TORRI (LNP). Signora Presidente, onorevoli membri del Governo, colleghi, il Senato è chiamato ad esprimersi in merito alla conversione in legge di due decreti di grande importanza politica emanati da questo Governo.

 

Con il primo provvedimento che stiamo esaminando, il Governo ha disposto la partecipazione italiana alla missione promossa dall'Unione europea in Georgia per verificare il rispetto degli accordi stretti tra il presidente francese Nicolas Sarkozy ed il capo dello Stato russo Medvedev, sul ripiegamento delle truppe del Cremlino dalle zone di territorio georgiano occupate ad agosto e situate al di fuori dei confini delle province separatiste di Abkhazia ed Ossezia del Sud. Siamo assolutamente favorevoli alla partecipazione italiana a questo intervento, sia perché espressione di una volontà dell'Europa di prendere nelle proprie mani il suo destino, sia perché si configura come un'operazione assolutamente imparziale, e siamo lieti dei progressi che si stanno registrando sul piano dell'attuazione del ritiro delle forze russe. Respingiamo invece alcune letture tendenziose che sono state fatte dell'impegno diplomatico italiano in questo frangente. Come è stato precisato dal ministro degli esteri Frattini in tutte le sue più recenti dichiarazioni a questo riguardo, non esiste infatti alcuna deriva della politica italiana in senso filorusso: non almeno una linea politica che si differenzi sostanzialmente da quella perseguita negli ultimi dieci anni da tutti i Governi della Repubblica italiana, di qualsiasi colore essi fossero.

 

Da più settori è stato polemicamente affermato, invece, che ormai destra e sinistra nel nostro Paese hanno identificato rispettivamente nella Russia e negli Stati Uniti i propri riferimenti internazionali. Sono le stesse voci che hanno criticato appena pochi mesi fa le modalità con le quali il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi aveva ricevuto a Roma il presidente Bush e che oggi fingono di ignorare l'accoglienza riservata dal presidente Bush al nostro Premier. Qualcosa evidentemente non collima, colleghi. Così come non collima con le aperture fatte da Romano Prodi verso la Federazione russa quando si trovava a Palazzo Chigi: aperture che poggiavano sulla salda convinzione dell'ex Presidente che fosse opportuno scommettere su una trasformazione in senso multipolare del mondo, favorendo il ridimensionamento dell'influenza americana sul pianeta a tutto vantaggio della Russia, ma anche della Cina e dell'India. È storia recente, colleghi senatori, non parliamo di un passato molto lontano. Rispediamo quindi al mittente le accuse fatte. È vero invece che l'Italia riconosce nella Federazione russa un partner essenziale nella gestione degli equilibri europei. Chi può negare che lo sia, stante l'entità dei rifornimenti di gas e petrolio che assicura all'Europa continentale? In Georgia siamo andati comunque con l'idea di garantire l'equilibrio della missione di monitoraggio europeo, senza in alcun modo dar segno di voler pregiudicare gli interessi di Tbilisi e del suo Governo, nell'intento puro e semplice di contribuire, per quanto possibile, a stabilizzare il Caucaso, che è un'area di rilevanza strategica, non fosse altro che per i gasdotti e gli oleodotti che vi transitano.

 

Diciamo sì anche al più complesso decreto che concerne la proroga degli interventi in corso in Libano, per quanto le caratteristiche, come ha già accennato il mio collega Mura, non ci abbiano mai entusiasmato, nonché di quelli in atto nei Balcani ed in Africa.

 

Appoggiamo ovviamente con convinzione anche la prosecuzione della missione della Guardia di finanza in Libia, che anzi vorremmo vedere più solida ed incisiva, in quanto volta al contrasto dei flussi migratori illegali, che a noi hanno dato sempre molto fastidio.

 

Sosteniamo altresì la decisione, contenuta nel provvedimento che ne dispone la conversione in legge, di rafforzare il nostro contingente in Afghanistan, anche per coerenza rispetto a quanto abbiamo detto durante i trascorsi sette anni. La Lega è stata sempre in prima fila nel chiedere di adottare tutte le misure che potessero migliorare le capacità dei nostri soldati di difendere se stessi in quell'ambiente così ostile. Vogliamo approfittare della circostanza per ricordare anche che si tratta di una scelta che permette all'Italia di dimostrare ancora una volta con i fatti la propria solidarietà con gli alleati della NATO e gli Stati Uniti.

 

Dal nostro lato del sistema politico, con il Governo, ci sono coloro che hanno ridotto i cosiddetti caveat, cioè le limitazioni geografiche e caratteristiche imposte all'impiego dei nostri soldati in teatro, esattamente come ci chiedevano l'Alleanza Atlantica e Washington. Dall'altro, sui banchi dell'opposizione, cari colleghi, si trovano invece coloro che decisero di abbandonare gli Stati Uniti, ritirandosi precipitosamente dall'Iraq nel 2006 e continuando a criticare le decisioni dell'amministrazione quando era perfettamente inutile farlo, e lo sapete tutti.

 

Tra l'altro, proprio la scheda illustrativa allegata all'Atto Senato n. 1061 rivela un fatto cui in passato non era stata data davvero grande pubblicità: per proteggere l'Unità civile di sostegno alla ricostruzione (USR) inviata nei dintorni di Nasiriya, e lì rimasta anche dopo il rimpatrio di «Antica Babilonia» - ricordiamo anche questo - il precedente Governo Prodi stipulò un contratto con una società di sicurezza privata che, avvicinandosi alla sua naturale scadenza, vede noi oggi costretti a prorogarlo fino alla prossima primavera. Ritirando i nostri militari e servendosi di una società privata, Prodi, Parisi e la maggioranza di allora decisero di fare un'operazione secondo noi non proprio limpida, tanto più che si sono rivolti a queste bistrattate società di «mercenari». Bisognerebbe che non dimenticassimo quanto venne detto in occasione del caso Quattrocchi. A tal proposito è davvero singolare quanto affermato dall'onorevole Scanu riguardo al fatto che non bisogna omologarsi a certe cose. Ebbene, sicuramente Prodi e Parisi in quell'occasione non lo hanno fatto. Tengo a precisare, caro collega Scanu, che a "radio fante" - l'ascoltiamo anche noi - si dice che non è stato accettato molto volentieri quanto è accaduto a Nasiriya con questo avvicendamento. È davvero singolare che adesso tutto questo venga dimenticato, anche se forse dovremmo ammettere che il Partito Democratico ritiene che tutto sia possibile, perché, come si dice, il motto caro al presidente Veltroni è «Yes, we can». Tutto è possibile. Secondo noi questo non era molto possibile.

 

Naturalmente, nel votare a favore del decreto in esame, non possiamo non esprimere l'auspicio che le recenti aperture negoziali per giungere ad una soluzione politica soddisfacente del conflitto afgano, di cui si legge in questi giorni, trovino conferma nei mesi che verranno e sfocino infine in una pace giusta e durevole. Si è personalmente impegnato, pare, il monarca saudita. Sia tuttavia chiaro che, per quanto ci riguarda, nessuna pace in Afghanistan può essere una pace giusta e durevole, una buona pace cioè, se per raggiungerla verranno fatte concessioni al terrorismo internazionale e ai suoi fiancheggiatori. Speriamo, siamo anzi certi di questo, che tale sia anche la linea del Governo che sosteniamo.

 

Non dovremmo comunque mai dimenticare come all'avvio del negoziato in Arabia Saudita abbiano dato un contributo decisivo anche le truppe occidentali, dimostrando con i loro sacrifici e la loro determinazione anche ai leader dell'insurrezione neotalebana l'impossibilità di prevalere nella prova di forza che hanno ingaggiato con l'intero mondo libero. Alcuni di loro, proprio per questo motivo, chiedono oggi a Karzai di allontanare dall'Afghanistan la NATO.

 

L'invio dei nostri Tornado, cari colleghi, che il provvedimento oggi in esame autorizza, rientra proprio tra le misure volute per dimostrare la nostra compattezza e la volontà di giungere ad una soluzione diversa da quella che auspicano il mullah Omar ed i suoi sodali. Cogliamo quindi l'occasione per chiedere stanziamenti adeguati a permettere la prosecuzione di questi interventi, perché li giudichiamo necessari ed indispensabili alla nostra sicurezza.

 

Vi sarebbe un motto che a noi della Lega è tanto caro. Qualcuno ha detto: «Resistere! Resistere!». Io mi voglio permettere di dire ai nostri militari: «Grazie! Grazie! Grazie!». Infatti, loro si sono impegnati a gestire la pace in vari territori del mondo, lontani da casa, e lo hanno sempre fatto con un'altissima professionalità e questo non lo dobbiamo dimenticare, perché i militari sono un patrimonio comune di tutti.

 

Apprezziamo anche che per la prima volta, dal 2001 ad oggi, in questo Parlamento si è discusso in maniera concreta su un decreto-legge di rifinanziamento delle missioni di pace nel mondo, senza mettere in campo polemiche stupide e inutili e soprattutto senza scontri. Di questo do atto alla minoranza, così come bisogna dare atto che in tal senso noi iniziammo bene sulla mozione per la messa al bando delle bombe a grappolo, da tutti condivisa, per la quale è stato approvato all'unanimità un ordine del giorno.

 

Per questi motivi, cari colleghi, la Lega Nord Padania voterà a favore della conversione in legge dei due decreti in titolo. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

 

 

PINOTTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

PINOTTI (PD). Signora Presidente, come è stato detto in molti interventi, sia in discussione generale che in dichiarazione di voto, i provvedimenti che stiamo per votare contengono alcuni elementi formali, relativamente ad alcune missioni collegate a decisioni ONU o dell'Unione europea, le quali si concludevano a settembre, ma poi se ne è decisa una proroga e quindi vengono prorogate; contengono altresì una significativa novità, di cui si è parlato, che è la missione in Georgia, ed anche, come abbiamo detto e sottolineato, la previsione di una maggiore spesa per la missione in Afghanistan, collegata all'invio di quattro Tornado.

 

Com'è emerso sia in Commissione che in Aula in discussione generale, abbiamo su questi provvedimenti una visione concorde. (Brusìo). È abbastanza difficile, signora Presidente, parlare con questo brusìo.

 

 

PRESIDENTE. Per cortesia, colleghi senatori, chi non è interessato alla discussione può abbassare la voce oppure tranquillamente accomodarsi fuori.

 

 

PINOTTI (PD). Questo ci permette di fare una discussione più approfondita - dato che gli emendamenti presentati sono di fatto tecnici - sulla direzione che sta prendendo l'Italia in termini di politica estera, di difesa e di sicurezza. È indubbio che le missioni internazionali - è riconosciuto da tutti e se ne è parlato anche nel Consiglio supremo di difesa - sono oggi lo strumento essenziale con cui gli Stati intervengono ed hanno un ruolo nella politica estera.

 

Riscontriamo tuttavia che il Governo sta portando avanti in politica estera in alcune occasioni - e lo hanno sottolineato alcuni interventi in discussione generale - una sorta di doppio registro. Da un lato, abbiamo gli interventi del ministro Frattini, lineari, di buonsenso, a volte forse un po' troppo tecnici, di cui non si percepiscono bene animo ed obiettivi; dall'altro, gli interventi del Presidente del Consiglio, adesso minimizzati rispetto alle reazioni internazionali, rispetto alla Georgia e recentemente all'Afghanistan. Abbiamo quindi una linea ufficiale, quella della diplomazia che l'Italia porta avanti. A tale proposito, mi permetto di leggere quanto contenuto nella relazione del sottosegretario Crosetto alle Commissioni riunite perché mi ha colpito: «Il Governo ha salutato con soddisfazione l'apertura di un dialogo tra Hezbollah e la "Corrente del futuro" di Saad Hariri». Questo mi colpisce, dato che, come ieri ha ricordato il senatore Cabras, qualche tempo fa l'onorevole Fassino aveva detto, a proposito della situazione afgana, di tenere conto che i talebani non sono tutti uguali, non sono tutti «qaedistici», ma ci sono diverse fasce e quindi si può pensare anche di dialogare con loro. Oggi questa iniziativa è di dominio pubblico: lo dice non soltanto Karzai, ma anche la CIA, oltre ai generali inglesi. Vorrei ricordare che quando l'allora ministro degli esteri D'Alema era intervenuto in Libano ed aveva ritenuto importante un dialogo con gli Hezbollah fu additato come il peggiore dei nemici. Lo voglio ricordare perché, rispetto alle contraddizioni, riteniamo importante aprire questo dialogo, lo sosteniamo e non lo contraddiciamo. Vogliamo solo sottolineare la differenza del comportamento politico tra quello che avveniva allora quando governavamo noi e quello che avviene oggi.

 

Fatte queste considerazioni un po' a latere, ritorno al ruolo dell'Italia: quasi 9.000 uomini sono impegnati in missioni internazionali; un impegno consistente - e su questo tornerò alla fine del mio intervento - che non so se potremo continuare a mantenere come tale, stante i tagli previsti. Oggi questo impegno c'è, e c'è ancora, ma mi chiedo quanto sta agendo la politica estera per farlo pesare. In Libano, ad esempio, dove siamo stati i primi a mettere in moto un meccanismo importante che ha fermato una guerra, dove è stato riconosciuto il nostro rilevante ruolo, al di là del contingente militare, c'è oggi una presenza significativa dell'Italia o è tornato tutto in mano ai francesi? Credo che sia importante ed utile che rimanga una presenza significativa dell'Italia. Lo domando perché, sottosegretario Scotti, lei diceva giustamente che questo è un provvedimento-ponte, che arriva fino a dicembre, ma che ridiscuteremo in Aula complessivamente della politica delle missioni; sarei interessata a capire, al di là delle informazioni sullo scenario, l'opera del nostro Governo.

 

Anche sulla Georgia, è positiva l'iniziativa illustrata dal ministro Frattini e la spinta che abbiamo dato all'Europa. È stato detto da molti colleghi e quindi non ci torno: vi sono dichiarazioni estemporanee fatte in un altro contesto; forse non hanno creato una crisi internazionale, però rendono, a mio giudizio, meno credibile la capacità dell'Italia di muoversi su questo terreno, dove anche il parlare senza uscire dalle linee ufficiali è un elemento importante.

 

Vorrei soffermarmi soprattutto sull'ultima visita di Berlusconi negli Stati Uniti e su quanto il sottosegretario Scotti ha assicurato - che non si è capito molto bene - e cioè che in realtà nulla cambia rispetto alle linee definite dai Ministri degli esteri e della difesa. È però emersa una sorta di disponibilità da parte del Presidente del Consiglio. In un colloquio con Bush, secondo indiscrezioni giornalistiche, sembra si sia detto che siamo disponibili a rimuovere limitazioni che possono rendere meno operativi i nostri soldati. Sapete che questa discussione l'abbiamo già fatta in occasione della revisione dei caveat. Ma, colleghi, il presidente Berlusconi ha salutato Bush come un grande che entrerà nella storia; sono convinta che Bush entrerà nella storia, ma non che ci entrerà come un grande. Sono convinta che la scelta di intervenire in Iraq, oggi criticata da tutti e due i candidati alla Casa Bianca, anche se con accenti diversi, sia uno degli elementi che ha portato oggi ad una situazione in Afghanistan che rischia di andare fuori controllo.

 

Si ricorda come un errore compiuto dal Governo Prodi quello di ritirarsi - non precipitosamente, caro collega Torri, ma con molta serietà - affidando ai governatori della provincia irachena un'area di fatto pacificata: è stata invece una decisione giusta. Quello infatti è stato un momento in cui la lotta al terrorismo internazionale, che vedeva un intervento internazionale unito e forte, ha spaccato l'Europa e anche obiettivi che dovevano rimanere centrali.

 

Oggi la situazione non solo dell'Afghanistan preoccupa moltissimo, ma, come ricordava il collega Marcenaro, anche il Pakistan è sull'orlo di un guerra civile. Rispetto a tale situazione, oggi l'Italia, che mantiene in Afghanistan un contingente molto numeroso, con i suoi militari in una situazione di rischio e pericolo, cosa deve dire a Bush? Il problema è oggi la strategia militare e ridurre ancora i caveat? È questo che l'Italia deve dire oggi sull'Afghanistan? O non deve piuttosto evidenziare, proprio perché fedele alleata, ma non amica da pacca sulle spalle, un problema riscontrabile? La strategia militare da sola non basta, ormai lo dicono tutti. In Afghanistan, da un lato, vi è la missione ISAF, che vuole stabilizzare il territorio e rendere amica la popolazione, dall'altro la missione «Enduring freedom», che lotta contro il terrorismo e però bombarda e uccide dei civili; sono due linee che se non trovano una sintesi danno messaggi contraddittori e sono un elemento che non aiuta.

 

Vorrei allora che l'Italia, impegnata così tanto, per il bene che vuole ai propri soldati impegnati in quelle terre pericolose, agisse con la propria capacità. A Herat, la provincia di cui siamo responsabili, la coltivazione dell'oppio è diminuita in modo esponenziale e al nostro contingente è stata conferita la cittadinanza onoraria; non è accaduto a nessun altro. Quando si va in Afghanistan e si parla con i contingenti questo problema di discrepanza fra come si combatte nella missione «Enduring freedom» e come si combatte nella missione ISAF emerge; i militari lo raccontano e dicono che difficilmente riescono a conquistare i cuori costruendo ponti e allacciando rapporti con la popolazione ed i capi tribù se poi, qualche decina di chilometri più in là, qualcuno bombarda perché forse ci sono dei talebani ma ci sono anche tanti bambini.

 

Rispetto a tale situazione credo allora che, proprio per l'impegno che ancora abbiamo, sia nostro dovere far sentire una voce più forte. Sarebbe svilente per il Parlamento mettersi a discutere sulla questione tecnica se ci vogliano i Tornado o no; non facciamolo, spetta a responsabili militari dirlo e se questi ci diranno che servono e sono richiesti dagli alleati per noi andrà bene. Non è questa la discussione che deve compiere il livello politico: rispetto a questo nostro impegno, il livello politico deve invece valutare come incidere per evitare una situazione che rischia di chiudersi negativamente.

 

Concludo, signora Presidente, citando un dato che ho accennato nella parte iniziale del mio intervento e che anche il senatore Scanu ha richiamato. Io vorrei un'altra cosa: con gli impegni di spesa che si stanno assumendo in tema di difesa non siamo in grado di mantenere questo livello di ambizione e di impegno dell'Italia. Questo lo dobbiamo sapere, non possiamo fingere. Quando parliamo di nuovo modello di difesa, se questa proposta arriverà, dobbiamo sapere che negli ultimi mesi abbiamo assistito a un balletto di cifre con il Ministro della difesa, che prima ha detto che voleva portare il bilancio ben sopra l'1 per cento e poi ha negato che i tagli avrebbero inciso perché la dismissione degli immobili poteva colmarli. Oggi siamo al rendez-vous: di fatto questi tagli, già oggi problematici perché, riducendo le esercitazioni, mettono in condizioni di minore sicurezza i nostri uomini che operano all'estero, non ci consentono di reggere gli obiettivi che abbiamo dato alle nostre Forze armate. Quindi, al di fuori della tanta retorica che spesso qui sentiamo (tutte le volte diciamo che siamo vicini ai militari italiani, e ci mancherebbe!), il modo serio in cui chi fa politica e in cui chi siede in queste Aule può stare vicino ai militari non è ricordandoli con parole alate, ma dando loro gli strumenti per poter operare in modo coordinato e coerente con gli obiettivi fissati. I tagli apportati non consentono di mantenere l'impegno che finora l'Italia ha assunto.

 

Noi siamo disponibili a discutere con serietà se, per favore, però, ci dite qual è il disegno che state attuando e se non vi saranno nuovi cambiamenti e tentennamenti di cui non si capisce la ratio. Il Ministro della difesa dice: forse dobbiamo ritirarci dalla Bosnia. In realtà noi riproponiamo ALTHEA, che è una missione internazionale. Non possiamo assumere unilateralmente simili decisioni. A fronte, però, del fatto che probabilmente - perchè questo ci dicono le cifre - dovremo ridurre i nostri obiettivi, credo che sarebbe serio scoprire le carte e fare una discussione davvero all'altezza del tema per capire dove vuole andare il nostro Paese relativamente al sistema di sicurezza, di difesa e alla politica estera. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Congratulazioni).

 

 

CANTONI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

 

CANTONI (PdL). Signora Presidente, signori rappresentanti del Governo, colleghi senatori, gli eventi dello scorso agosto in Georgia ripropongono nel cuore dell'Europa uno scenario di conflitto armato tra gli Stati e fra entità separatiste su base etnica che si sperava fosse nel nostro continente una pagina archiviata dopo le tragiche vicende dei conflitti in Bosnia-Erzegovina e in Kosovo negli anni Novanta.

 

La reazione della comunità internazionale, e segnatamente dell'Unione europea, per una volta efficace e tempestiva, sembra aver riportato la crisi sotto controllo, anche se - dobbiamo ricordarlo - la situazione è piena di incognite. Vi sono ovviamente motivi di grande inquietudine. Intanto, inquietudine e dolore per le tragiche conseguenze che il conflitto ha già prodotto sulla vita di decine di migliaia di persone, che hanno perso, quando non la vita stessa dei loro congiunti, tutti i loro averi o sono state costrette ad abbandonare, per non si sa quanto tempo ancora, le loro case. Ma vi è apprensione ovviamente anche per le prospettive di mantenimento del dialogo e della cooperazione con la Federazione russa, dimensione essenziale per far fronte con efficacia alle molteplici minacce alla pace e alla sicurezza internazionale: basti pensare al contrasto del terrorismo internazionale e alla stessa conduzione delle operazioni militari in Afghanistan, senza dimenticare ovviamente la gestione di dossier come quelli del nucleare iraniano e della pace in Medio Oriente, le cui prospettive di positiva evoluzione sarebbero largamente compromesse dal venire meno del clima di fiducia con la Russia.

 

In tale contesto è motivo di sollievo, intanto, apprendere, come riportato nel comunicato stampa del Consiglio affari generali del 13 ottobre, che qui leggo, che «a seguito del dispiegamento degli osservatori della missione UEMM dell'Unione Europea, le truppe russe si sono ritirate fuori dalle zone adiacenti all'Ossezia del Sud e all'Abkhazia». Si tratta di un primo, importante passo nell'attuazione degli accordi del 12 agosto e dell'8 settembre. L'avvio previsto per oggi, 15 ottobre, a Ginevra dei colloqui diretti fra le parti è destinato ad essere dominato dalle schermaglie procedurali, ma intanto è già importante che ci sia una ripresa di contatto. Un contributo rilevante all'instaurazione di un clima positivo potrà poi giungere dalla Conferenza dei donatori, che - ricordo - si aprirà il prossimo 22 ottobre a Bruxelles.

 

Come già indicato in ambito di Consiglio europeo dal ministro Frattini, da parte nostra si ritiene necessario riprendere il negoziato con la Russia per il nuovo accordo di partenariato con l'Unione europea. Il ministro Frattini ha infatti affermato che con la Russia abbiamo un interesse condiviso che si incentra sulla sicurezza del continente e che si deve pertanto porre l'accento sui fattori di collaborazione e di interdipendenza.

 

Registriamo quindi con soddisfazione - non disgiunta, ovviamente, dall'apprensione per gli esiti finali - i primi risultati dell'azione dell'Unione europea, un'azione rispondente al ruolo di equilibrio che l'Unione ha scelto di adottare fra le parti. Scelta, questa, che è prevalsa per merito - ricordo - della Presidenza di turno francese, ma con il supporto decisivo - desidero sottolinearlo - del Governo italiano e, segnatamente, del ministro Frattini su altre opzioni che pure erano già state avanzate nel mese di agosto, sia a livello europeo che a livello NATO.

 

Vi è stato in una prima fase in quei consessi internazionali un clima che potremmo definire concitato, caratterizzato da un'eccessiva facilità nel prospettare sanzioni nei confronti di Mosca. Di questo clima sono stato in qualche misura personalmente testimone, avendo partecipato il 20 agosto alla riunione a Bruxelles della Commissione affari esteri del Parlamento europeo, convocata in via straordinaria per discutere della crisi in Georgia, alla quale erano stati invitati i Presidenti delle Commissioni difesa e affari esteri dei Parlamenti degli Stati membri dell'Unione europea. Fortunatamente è prevalsa, come sappiamo, una linea di maggiore prudenza che sta dando i primi frutti e che, alla fine, potrebbe risultare molto più produttiva anche in funzione della salvaguardia dei diritti della Georgia in ordine alla propria integrità territoriale.

 

Vi è stato, purtroppo, il riconoscimento da parte della Russia dell'indipendenza dichiarata unilateralmente dall'Ossezia del Sud e dall'Abkhazia, il che di certo non agevola il compito dei negoziatori che, alla stregua dell'accordo in sei punti tra il presidente russo Medvedev, il premierPutin e il presidente francese Sarkozy, presidente di turno dell'Unione europea, dovranno definire il futuro status di tale aree.

 

 

Presidenza del vice presidente CHITI (ore 11,33)

 

 

(Segue CANTONI). Sul punto la posizione dell'Europa è stata di netta riaffermazione del diritto all'integrità territoriale della Georgia, principio ribadito a chiare lettere dal ministro Frattini pochi giorni dopo lo scoppio del conflitto davanti alle Commissioni esteri di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta il 26 agosto.

 

L'esperienza del conflitto nei Balcani dimostra comunque che per dirimere i nodi della sovranità territoriale è estremamente importante poter assicurare alle parti una prospettiva di crescente inserimento nel contesto dell'Unione europea. In tale prospettiva potranno evidentemente essere attivate molteplici forme di cooperazione nel quadro dell'Accordo di partenariato tra l'Unione europea e la Georgia, secondo le priorità e i tempi definiti dal Piano di azione UE-Georgia, approvato dal Consiglio di cooperazione UE-Georgia il 14 novembre 2006.

 

Il Governo italiano, come è noto, si è offerto di ospitare a Roma nel mese di novembre - ma probabilmente si dovrà attendere di più - una Conferenza internazionale di dialogo e di riconciliazione per la regione del Caucaso. Anche da questo ricaviamo il senso di un grande dinamismo e di una grande capacità di tessitura del nostro Governo, che ha ricevuto parole di apprezzamento sia da parte del Governo di Mosca che da parte del ministro degli esteri della Georgia, la signora Eka Tkeshelashvili.

 

Quanto alla questione dell'adesione della Georgia alla NATO, si tratta di una prospettiva certamente da preservare, sulla scorta delle indicazioni del Vertice NATO di Bucarest dell'aprile scorso, e bene ha fatto il Consiglio del Nord Atlantico a dare un segnale a Tbilisi, con la creazione della Commissione NATOGeorgia, della volontà di tenere aperto un canale di dialogo permanente. Il vertice di dicembre della NATO costituirà l'occasione per valutare la questione dei tempi per l'accesso della Georgia al Membership Action Plan, ma non si può dare torto, credo, ai molti osservatori che si domandano cosa sarebbe accaduto - soprattutto, direi, in termini di credibilità della NATO per il futuro - se le forti pressioni perché fosse accordato sin dal Vertice NATO dello scorso aprile tale status alla Georgia avessero avuto successo.

 

Il contributo nazionale della missione EUMM - il secondo in termini numerici, insieme a quello della Germania, dopo quello della Francia, che detiene la Presidenza di turno dell'Unione europea ed è gravata perciò da speciali e serie responsabilità - è di 40 unità, con 36 osservatori militari e 4 funzionari del Ministero degli affari esteri.Ancora una volta l'Italia si assume responsabilità primarie in sede alla comunità internazionale per contribuire all'affermazione di una prospettiva di pace e di sicurezza nel mondo, confermandosi, con oltre 8.300 militari ripartiti in 30 missioni (sono dati aggiornati allo scorso 1° luglio), fra i Paesi maggiormente impegnati all'estero. Si tratta di un indirizzo ormai consolidato della nostra politica estera, che riflette la consapevolezza di quanto sia essenziale oggi, per una presenza significativa del Paese nel contesto internazionale, la disponibilità all'impiego di contingenti militari sui teatri di crisi nel quadro delle missioni di pace.

 

Di qui il nostro convinto appoggio e voto favorevole anche al decreto-legge che autorizza la prosecuzione delle altre missioni.

 

Su questo provvedimento faccio solo un breve accenno alla scelta di schierare i quattro aerei Tornado con compiti di ricognizione, scelta che ci consente di venire incontro alle richieste da tempo formulate dagli alleati che operano nel quadro della missione ISAF.

 

Gli impegni contemplati dai due decretilegge sono con ogni evidenza molto gravosi per le nostre Forze armate e gli uomini che vi operano, che vi fanno fronte con grandissima professionalità - oggetto di generale riconoscimento a livello internazionale - e grande dedizione al dovere.

 

Le Forze armate hanno assicurato nel corso degli anni la possibilità di garantire la continuità delle missioni, malgrado i ricorrenti tagli al bilancio della Difesa, con grande spirito di adattamento, nell'intento di preservare comunque l'operatività delle missioni, e dunque sacrificando fino al limite del possibile, e anche oltre, le risorse per l'esercizio, dall'addestramento al carburante, alle scorte. È accaduto, come sappiamo, quasi tutti gli anni, con Governi sia di centrodestra che di centrosinistra, perché la situazione dei nostri conti pubblici è quella che è.

 

Ora la situazione di bilancio si è fatta critica, in termini di continuità operativa, per le nostre Forze armate. Lo sapevamo già dalle audizioni svolte in Commissione difesa e dai contatti informali con i vertici delle Forze armate, ma lo ufficializza il Ministro della difesa nella "Nota preliminare allo stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'esercizio finanziario 2009". In tale documento, al paragrafo 5 («Gli output generabili ed i rischi di insolvenza organizzativa»), si evidenzia con gravità che «il differenziale tra input finanziario ed output richiesti allo strumento (espresso in termini di compiti/impegni stabiliti nell'ambito del quadro politico istituzionale vigente), se non opportunamente bilanciato e stabilizzato nel tempo, rischia di compromettere irrimediabilmente le capacità produttive dell'organizzazione». In particolare, con riferimento al settore delle spese di esercizio, cui prima accennavo, nella Nota preliminare si afferma (pagine 11 e 12) che «le proiezioni su base triennale 2009-2011 evidenziano il rischio di un progressivo decadimento operativo dello strumento militare». Mi sembra che queste affermazioni debbano indurre a riconsiderare il volume delle risorse disponibili per il settore della difesa.

 

Mi rendo conto di quanto sia difficile, dato lo stato dei conti pubblici e considerando anche lo tsunami che sta investendo i mercati finanziari, reperire altre disponibilità finanziarie in un momento di stagnazione, se non di recessione, della nostra economia. Uno sforzo aggiuntivo, però, va fatto.

 

È con queste considerazioni - di apprezzamento per l'opera svolta dal Governo italiano nel contesto della crisi in Georgia e per il lavoro delle nostre Forze armate in quello e negli altri teatri di missione, oltre che di preoccupazione per gli aspetti di bilancio appena richiamati - che esprimo il voto favorevole a nome del mio Gruppo alla conversione in legge dei decreti-legge n. 147 sulla missione in Georgia e n. 150 sulla proroga delle altre missioni. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

 

*DI GIOVAN PAOLO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal mio Gruppo.

 

 

PRESIDENTE. Ne prendo atto e le do la parola.

 

 

DI GIOVAN PAOLO (PD). Signor Presidente, ringrazio lei e anche la Presidenza del mio Gruppo, che mi permette di manifestare liberamente un pensiero leggermente differente. Il mio non è un voto in dissenso. Non parteciperò, infatti, al voto sulla missione in Georgia: ma non per motivi ideologici quanto pratici e politici.

 

Certo, lo ammetto, io sono stato un obiettore di coscienza (quindi, un affermatore di coscienza oggi), ma di quelli contenti di fare otto mesi in più per testimoniare la veridicità della propria scelta e anche il rispetto per la patria, così come statuiva la sentenza n. 196 del 1987 della Corte costituzionale.

 

Pertanto, per me i nostri ragazzi, quando sono in missione di pace all'estero, sono i nostri ragazzi; anche quelli in armi: non vi è differenza. Sono, però, i nostri ragazzi, cari colleghi, anche i cooperanti, anche coloro che insegnano la lingua italiana negli istituti «Dante Alighieri» all'estero, anche coloro che operano negli istituti di cultura.

 

Per questo motivo, e do atto al Sottosegretario Scotti di averlo detto nel suo intervento, abbiamo bisogno per il futuro - è solo un piccolo segnale - di avere un capitolo di bilancio specifico per le nostre missioni all'estero, che permetta ai nostri militari di non dovere fare i conti con altri capitoli di bilancio. Allo steso modo, la nostra cooperazione non può essere utilizzata, nella legge n. 49 del 1987, per utilizzi diversi da quelli della cooperazione.

 

Ci prepariamo ad un taglio del 56 per cento; ci prepariamo all'assenza di una legge sulla cooperazione e, signor Sottosegretario, è un peccato non avere un Vice Ministro delegato alla cooperazione. Lo dico qui perché non è presente ma, ad esempio, il senatore Mantica è personalità rispettata da tutto l'arco costituzionale e dal mondo della cooperazione. Noi avremmo preferito che fosse così. (Brusìo).

 

Pertanto, non parteciperò al voto ma lo faccio non come testimonianza, ma come atto politico foriero di scelte future poiché, come molti di voi sanno, provengo da una cultura politica che, non a caso, ha scelto l'obiezione di coscienza sulla base di quanto fece un senatore illustre come il senatore Marcora, prima militare devoto alla patria e partigiano poi, non a caso, primo firmatario della legge sull'obiezione di coscienza. (Applausi dal Gruppo PD).

 

 

PRESIDENTE. Senatore Cutrufo, per rispetto minimo alla Presidenza, le dispiacerebbe cercare di guardarci? Esistono regole che prescindono dalla politica e vengono prima. A volte in questo Senato non si praticano, ma cerchiamo tutti insieme di fare uno sforzo per praticarle.

 

Procediamo alla votazione.

 

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

 

PRESIDENTE. Invito il senatore segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

 

(La richiesta risulta appoggiata).

 

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

 

PRESIDENTE. Indíco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge n. 1038, composto del solo articolo 1, nel testo emendato, con il seguente titolo: «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia», con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari.

 

Dichiaro aperta la votazione.

 

(Segue la votazione).

 

 

Proclamo il risultato della votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico:

 

Senatori presenti

 262

 

Senatori votanti

 261

 

Maggioranza

 131

 

Favorevoli

 261

 

Contrari

 0

 

 

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi).

 

 

Ha chiesto di parlare il sottosegretario Scotti. Ne ha facoltà.

 

 

SCOTTI, sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.0.800 e della conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, il Governo ritiene di non dover insistere per l'approvazione del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150.

 

 

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

 

 

 

 

 


 

Allegato A

 

Allegato A

 

 

DISEGNO DI LEGGE

 

Conversione in legge del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (1038)

 

(V. nuovo titolo)

 

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia (1038)

 

(Nuovo titolo)

 

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE (*)

 

Art. 1.

 

    1. È convertito in legge il decreto-legge 22 settembre 2008, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare la partecipazione italiana alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia.

 

    2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

________________

 

(*) Approvato con un emendamento, e con modificazioni al testo del decreto-legge, il disegno di legge composto del solo articolo 1.

 

A seguito dell'approvazione del disegno di legge n. 1038 il Governo non insiste per l'approvazione del disegno di legge n. 1061, di conversione in legge del decreto-legge n. 150 del 2008, di contenuto identico all'em. 2.0.800 riferito al disegno di legge n. 1038.

 

 

 

ARTICOLO 1 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 1.

 

(Partecipazione di personale delle Forze armate)

 

        1. È autorizzata, a decorrere dal 21 settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 2.058.424 per la partecipazione di personale, mezzi e materiali delle Forze armate alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/ PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008.

 

        2. Alla missione di cui al comma 1 si applicano l'articolo 4, commi 1, lettera a), 2, 4, 6 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n.  45.

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1

 

1.0.100

 

SALTAMARTINI, CARRARA, LICASTRO SCARDINO, CONTINI, FLERES, DE ANGELIS, PISCITELLI, DEL VECCHIO

 

Ritirato

 

Dopo l'articolo 1,aggiungere il seguente:

 

«Art. 1-bis.

 

(Norma di interpretazione autentica in materia di trattamento economico del personale militare in missione)

 

        1. L'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si interpreta, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tale decreto, nel senso che la riduzione del 20 per cento si applica esclusivamente al personale inviato in missione per un periodo non superiore a 180 giorni ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941.

 

        2. Al personale di cui alla legge 8 luglio 1961, n. 642, concernente «Trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali», al quale siano stati riconosciuti adeguamenti della indennità speciale dopo il 4 luglio 2006 non spetta il completo ristoro delle somme già decurtate ma soltanto la parte che risulti non eccedente il totale della retribuzione mensile netta percepita alla medesima data del 4 luglio 2006».

 

 

ARTICOLO 2 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 2.

 

(Partecipazione di personale civile)

 

        1. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 86.955 per la partecipazione di personale civile alla missione di vigilanza dell'Unione europea in Georgia, denominata: «EUMM Georgia», di cui all'azione comune 2008/736/PESC del Consiglio, del 15 settembre 2008.

 

        2. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 30.000 per l'acquisto di equipaggiamenti e strumenti di comunicazione per il personale civile che partecipa alla missione di cui al comma 1.

 

        3. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 28.325 per la partecipazione di un funzionario diplomatico italiano presso l'Ufficio del rappresentante speciale dell'Unione europea in Georgia, il cui trattamento economico è stabilito sulla base dei criteri di cui all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

 

        4. È autorizzata la spesa di euro 1.600.000, per l'anno 2008, per la partecipazione italiana alle iniziative umanitarie nell'ambito della Conferenza internazionale dei donatori.

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 2

 

2.0.800

 

I RELATORI

 

Approvato

 

Dopo l'articolo 2, inserire il seguente:

 

«Art. 2-bis.

 

(Partecipazione italiana a missioni internazionali)

 

        1. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 112.542.774 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano denominata United Nations lnterim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale European Maritime Force (EUROMARFOR), di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        2. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 9.668.523 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata lntegrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        3. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 8.310.451 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR Tchad/RCA, di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettere a) e d), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008 e la diaria è calcolata, per l'intero anno 2008, con riferimento a quella prevista per la Repubblica democratica del Congo.

 

        4. È autorizzata, a decorrere dalla settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 99.999 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        5. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 417.102 per la partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        6. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 12.373.484 per la partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominate lnternational Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        7. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 1.384.978 per la partecipazione italiana alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        8. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.516.046 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, siglato in data 29 dicembre 2007, di cui all'articolo 3, comma 20, del decreto-legge n.  8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        9. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 121.387 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui all'articolo 3, comma 24, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        10. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 1.300.000 per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

 

        11. Si applicano l'articolò 4, commi da 4 a 8 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        12. All'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, dopo le parole «Arma dei carabinieri» sono inserite le seguenti: «e del Corpo della guardia di finanza».

 

        Conseguentemente all'articolo 3:

 

            a) al comma 1:

 

                1) all'alinea, sostituire le parole «pari complessivamente a euro 3.803.704» con le seguenti: «escluso l'articolo 2-bis, comma 12, pari complessivamente a euro 151.538.448»;

 

                2) sostituire la lettera b) con la seguente:

 

            «b) quanto a euro 89.984.391, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;»;

 

                3) dopo la lettera c), inserire le seguenti:

 

            «c-bis) quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

            c-ter) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

            c-quater) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

            c-quinquies) quanto a euro 20.634.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

 

        Ministero dell'economia e delle finanze   1.155.000;

 

        Ministero della giustizia  706.000;

 

        Ministero degli affari esteri  11.478.000;

 

        Ministero della pubblica istruzione  2.457.000;

 

        Ministero dell'interno  815.000;

 

        Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali  130.000

 

        Ministero per i beni e le attività culturali  1.618.000;

 

        Ministero della salute  449.000;

 

        Ministero dei trasporti  841.000;

 

        Ministero dell'università e della ricerca  985.000.

 

            b) dopo il comma 1, inserire i seguenti:

 

        «1-bis. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 2-bis, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

        1-ter. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 1-bis, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti corretti vi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative».

 

        Conseguentemente al titolo, dopo la parola: «Georgia» aggiungere le seguenti: «, nonché la proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008».

 

 

ARTICOLO 3 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 3.

 

(Copertura finanziaria)

 

        1. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, pari complessivamente a euro 3.803.704 per l'anno 2008, si provvede:

 

            a) quanto a euro 86.955, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

            b) quanto a euro 2.116.749, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

 

            c) quanto a euro 1.600.000, a valere sull'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45.

 

        2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

EMENDAMENTO

 

3.1

 

LE COMMISSIONI RIUNITE

 

Assorbito

 

Al comma 1, lettera b), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.».

 

 

ARTICOLO 4 DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 4.

 

(Entrata in vigore)

 

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

EMENDAMENTO ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

 

x1.1

 

I RELATORI

 

Approvato

 

All'articolo 1, dopo il comma 1, inserire il seguente:

 

        «1-bis. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150.».

 

 

TESTO DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1061, SULLA CUI APPROVAZIONE IL GOVERNO NON INSISTE A SEGUITO DELL'APPROVAZIONE DEL DISEGNO DI LEGGE N. 1038, ED EMENDAMENTO

 

Conversione in legge del decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008 (1061)

 

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

 

Art. 1.

 

    1. È convertito in legge il decreto-legge 29 settembre 2008, n. 150, recante proroga della partecipazione italiana a missioni internazionali per l'anno 2008.

 

    2. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE

 

Articolo 1.

 

(Partecipazione italiana a missioni internazionali)

 

        1. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 112.542.774 per la proroga della partecipazione del contingente militare italiano alla missione delle Nazioni Unite in Libano denominata United Nations Interim Force in Lebanon (UNIFIL), compreso l'impiego del gruppo navale European Maritime Force (EUROMARFOR), di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        2. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 9.668.523 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea in Bosnia-Erzegovina, denominata ALTHEA, nel cui ambito opera la missione denominata Integrated Police Unit (IPU), di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        3. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 8.310.451 per la proroga della partecipazione di personale militare alla missione dell'Unione europea nella Repubblica del Chad e nella Repubblica Centrafricana, denominata EUFOR Tchad/RCA, di cui all'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettere a) e d), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008 e la diaria è calcolata, per l'intero anno 2008, con riferimento a quella prevista per la Repubblica democratica del Congo.

 

        4. È autorizzata, a decorrere dal 1º settembre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 99.999 per la partecipazione di personale militare alla missione di osservatori militari dell'OSCE in Georgia. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        5. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 417.102 per la partecipazione di personale militare impiegato in Iraq in attività di consulenza, formazione e addestramento delle Forze armate e di polizia irachene, di cui all'articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        6. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 12.373.484 per la partecipazione di personale militare alle missioni in Afghanistan, denominateInternational Security Assistance Force (ISAF) ed EUPOL AFGHANISTAN, di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        7. È autorizzata, per l'anno 2008, l'ulteriore spesa di euro 1.384.978 per la partecipazione italiana alle missioni nei Balcani, di cui all'articolo 3, comma 4, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        8. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 1.516.046 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione in Libia, in esecuzione dell'accordo di cooperazione tra il Governo italiano e il Governo libico per fronteggiare il fenomeno dell'immigrazione clandestina e della tratta degli esseri umani, siglato in data 29 dicembre 2007, di cui all'articolo 3, comma 20, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        9. È autorizzata, a decorrere dal 1º ottobre 2008 e fino al 31 dicembre 2008, la spesa di euro 121.387 per la proroga della partecipazione di personale del Corpo della guardia di finanza alla missione delle Nazioni Unite in Haiti, denominata United Nations Stabilization Mission in Haiti (MINUSTAH), di cui all'articolo 3, comma 24, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008. Al personale si applica l'articolo 4, commi 1, lettera a), e 2, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        10. È autorizzata, per l'anno 2008, la spesa di euro 1.300.000 per interventi di sicurezza e di tutela del personale italiano operante in Iraq presso l'Unità di sostegno alla ricostruzione a Nassiriya.

 

        11. Si applicano l'articolo 4, commi da 4 a 8 e 10, e gli articoli 5 e 6 del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008.

 

        12. All'articolo 4, comma 9, del decreto-legge n. 8 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 45 del 2008, dopo le parole «Arma dei carabinieri» sono inserite le seguenti: «e del Corpo della guardia di finanza».

 

Articolo 2.

 

(Copertura finanziaria)

 

        1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni del presente decreto, escluso l'articolo 1, comma 12, pari complessivamente a euro 147.734.744 per l'anno 2008, si provvede:

 

            a) quanto a euro 5.176.102, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 31 gennaio 2008, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 marzo 2008, n. 45;

 

            b) quanto a euro 87.867.642, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

            c) quanto a euro 13.257.000, mediante utilizzo del Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;

 

            d) quanto a euro 20.800.000, mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

 

            e) quanto a euro 20.634.000, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando i seguenti accantonamenti:

 

Ministero dell'economia e delle finanze

 1.155.000;

 

Ministero della giustizia

 706.000;

 

Ministero degli affari esteri

 11.478.000;

 

Ministero della pubblica istruzione

 2.457.000;

 

Ministero dell'interno

 815.000;

 

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

 130.000;

 

Ministero per i beni e le attività culturali

 1.618.000;

 

Ministero della salute

 449.000;

 

Ministero dei trasporti

 841.000;

 

Ministero dell'università e della ricerca

 985.000.

 

 

        2. All'onere derivante dall'attuazione dell'articolo 1, comma 12, valutato in euro 15.358 per l'anno 2008, in euro 15.014 per l'anno 2009 ed in euro 37.508 a decorrere dall'anno 2010, si provvede, per l'anno 2008, mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, come rifinanziata dall'articolo 63, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e, a decorrere dall'anno 2009, mediante corrispondente riduzione della dotazione organica del fondo per gli interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, come integrato dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

 

        3. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui al comma 2, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della medesima legge. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell'articolo 7, secondo comma, numero 2), della legge n. 468 del 1978, prima dell'entrata in vigore dei provvedimenti o delle misure di cui al periodo precedente, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

 

        4. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Articolo 3.

 

(Entrata in vigore)

 

        1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1

 

1.0.100

 

SALTAMARTINI, CARRARA, LICASTRO SCARDINO, CONTINI, FLERES, DE ANGELIS, PISCITELLI, DEL VECCHIO

 

Dopo l'articolo 1,aggiungere il seguente:

 

«Art. 1-bis.

 

(Norma di interpretazione autentica in materia di trattamento economico del personale militare in missione)

 

        1. L'articolo 28, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, si interpreta, a decorrere dalla data di entrata in vigore di tale decreto, nel senso che la riduzione del 20 per cento si applica esclusivamente al personale inviato in missione per un periodo non superiore a 180 giorni ai sensi del regio decreto 3 giugno 1926, n. 941.

 

        2. Al personale di cui alla legge 8 luglio 1961, n. 642, concernente «Trattamento economico del personale dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica destinato isolatamente all'estero presso Delegazioni o Rappresentanze militari ovvero presso enti, comandi od organismi internazionali», al quale siano stati riconosciuti adeguamenti della indennità speciale dopo il 4 luglio 2006 non spetta il completo ristoro delle somme già decurtate ma soltanto la parte che risulti non eccedente il totale della retribuzione mensile netta percepita alla medesima data del 4 luglio 2006» .