Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni | ||
Titolo: | Adeguamento delle strutture di Governo - D.L. 85/2008 - A.C. 1250 - Schede di lettura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 12 | ||
Data: | 16/06/2008 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni | ||
Altri riferimenti: |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Progetti di legge |
Adeguamento delle strutture di Governo D.L. 85/2008 - A.C. 1250 |
Schede di lettura |
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n. 12 |
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16 giugno 2008 |
DIPARTIMENTO istituzioni
SIWEB
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File: D08085.doc
INDICE
§ Il numero dei ministeri, dal D.Lgs. 300/1999 alla legge finanziaria 2008
§ L’art. 1, commi 376-377, della legge finanziaria 2008
§ Premessa
§ Denominazione e competenze dei Ministeri (art. 1, co. 1-3, 5-7 e 9-12)
§ Gli adeguamenti organizzativi e di personale (art. 1, co. 8, 16 e 18-20)
§ Gli uffici di diretta collaborazione (art. 1, co. 17, 22 e 22-bis)
§ Le competenze della Presidenza del Consiglio (art. 1, co. 4 e 13-15)
§ I servizi di informazione per la sicurezza della Repubblica (art. 1, co. 21 e 21-bis)
Nel 1997 – nel quadro di un ampio progetto di riordino amministrativo mirante, tra l’altro, alla semplificazione degli apparati e delle procedure ed alla riallocazione delle competenze amministrative presso i vari livelli territoriali di governo – la così detta “legge Bassanini 1” (L. 59/1997[1]) conferiva tra le altre una delega legislativa per la riforma dell’organizzazione del Governo, espressamente intesa a razionalizzare l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, anche attraverso il riordino, la soppressione e la fusione di Ministeri, nonché di amministrazioni centrali anche ad ordinamento autonomo.
Tra i princìpi e criteri direttivi della delega vi erano i seguenti: procedere alla razionalizzazione e redistribuzione delle competenze tra i Ministeri, in ogni caso riducendone il numero, anche con decorrenza differita all’inizio della nuova legislatura; eliminare le duplicazioni organizzative e funzionali, sia all’interno di ciascuna amministrazione, sia fra di esse, sia tra organi amministrativi e organi tecnici, con eventuale trasferimento, riallocazione o unificazione delle funzioni e degli uffici esistenti, e ridisegnare le strutture di primo livello, anche mediante istituzione di dipartimenti o di amministrazioni ad ordinamento autonomo o di agenzie e aziende, anche risultanti dalla aggregazione di uffici di diverse amministrazioni, sulla base di criteri di omogeneità, di complementarietà e di organicità (cfr art. 12, co. 1, lett. f) e g), della L. 59/1997).
La menzionata delega diede origine al D.Lgs. 300/1999[2]. Quest’ultimo prevedeva, tra l’altro, una riduzione a dodici del numero complessivo dei ministeri e definiva, per ciascuno, gli ambiti di competenza e le linee generali dell’organizzazione interna.
I dodici ministeri previsti erano i seguenti:
§ Ministero degli affari esteri;
§ Ministero dell’interno;
§ Ministero della giustizia;
§ Ministero della difesa;
§ Ministero dell’economia e delle finanze;
§ Ministero delle attività produttive;
§ Ministero delle politiche agricole e forestali;
§ Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;
§ Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
§ Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
§ Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
§ Ministero per i beni e le attività culturali.
Tale previsione, tuttavia, non ha mai avuto applicazione nella sua formulazione originaria. Essa infatti avrebbe dovuto essere applicata a partire dalla XIV legislatura, allorché però fu emanato il D.L. 217/2001[3]. Il decreto-legge, modificando il testo originario del D.Lgs. 300/1999, portò a quattordici il numero dei Ministeri, re-istituendo il Ministero delle comunicazioni e il Ministero della salute (già della sanità), le competenze dei quali scorporava rispettivamente da quelle del Ministero delle attività produttive e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Una ulteriore riforma è stata posta in essere all’inizio della XV legislatura, attraverso il D.L. 181/2006[4] (vedi il paragrafo seguente), che ha portato a diciotto il numero dei ministeri.
Sono da ultimo intervenuti i commi 376 e 377 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008[5] (vedi infra), che hanno modificato ulteriormente la composizione del Governo, riportando a dodici il numero dei ministeri e fissando un tetto, pari a sessanta unità, al numero complessivo dei componenti l’esecutivo (inclusi i ministri senza portafoglio, i vice ministri e i sottosegretari).
I menzionati commi disponevano peraltro che la nuova disciplina acquistasse efficacia “a partire dal Governo successivo a quello in carica” alla data di entrata in vigore della legge finanziaria.
All’inizio della XV legislatura, in una fase sostanzialmente contestuale alla formazione del nuovo Governo, è intervenuto il D.L. 181/2006[6] (poi ampiamente modificato e integrato nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione). Il decreto-legge – come già avvenuto con il precedente, citato D.L. 217/2001 – ha modificato l’organizzazione del Governo stabilita dal D.Lgs. 300/1999:
§ innanzitutto incidendo sull’articolazione in ministeri, il cui numero risulta, come si è detto, innalzato da 14 a 18;
§ modificando inoltre il riparto di competenze tra i ministeri, e tra la Presidenza del Consiglio e i ministeri stessi (con un significativo passaggio di competenze in favore della Presidenza del Consiglio, pur accompagnato da alcune riattribuzioni di competenze da questa a singoli ministeri).
La redistribuzione delle competenze è risultata in parte consequenziale alla scelta stessa di creare nuovi ministeri, in parte innovativa anche per altri profili rispetto al quadro delineato dalla riforma del 1999 (come già modificata dal citato D.L. 217/2001).
In particolare:
§ vengono istituiti il Ministero dello sviluppo economico – che sostituisce il Ministero delle attività produttive – ed il Ministero del commercio internazionale, al quale sono assegnate le funzioni in materia di commercio con l’estero (in precedenza attribuite al Ministero delle attività produttive);
§ vengono nuovamente distinte le competenze in materia di infrastrutture e di trasporti, con la creazione di due distinti Ministeri (in sostituzione del preesistente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti);
§ al neoistituito Ministero della solidarietà sociale sono attribuite le funzioni intestate al Ministero del lavoro e delle politiche sociali in materia di politiche sociali, di lavoratori extracomunitari, nonché quelle concernenti le politiche antidroga e il Servizio civile nazionale, in precedenza attribuite alla Presidenza del Consiglio;
§ le funzioni in materia di istruzione, università e ricerca, prima facenti capo ad un unico ministero, sono ripartite tra Ministero della pubblica istruzione e Ministero dell’università e della ricerca.
Ulteriori aspetti della redistribuzione di funzioni non hanno determinato la creazione di nuovi ministeri.
Tra questi si ricordano:
§ l’attribuzione di nuove competenze al Ministero delle politiche agricole e forestali, tra cui quelle sui generi alimentari trasformati industrialmente (già del Ministero delle attività produttive); il Ministero è conseguentemente ridenominato Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;
§ il trasferimento al Ministero dello sviluppo economico delle funzioni in materia di politiche di coesione (funzioni originariamente proprie del Ministero dell’economia, attribuite al Presidente del Consiglio dei ministri – o ad un ministro da lui delegato – dal D.L. 63/2005);
§ il trasferimento al Ministero degli affari esteri delle funzioni in materia di politiche per gli italiani nel mondo (già attribuite alla Presidenza del Consiglio);
§ la ridenominazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio in Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
§ l’attribuzione alla Presidenza del Consiglio delle competenze in materia di:
- sport;
- indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili;
- indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia, nonché interventi per il sostegno alla famiglia;
- vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali (che si occupa del relativo albo), nonché sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale;
- iniziativa legislativa in materia di allocazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione;
- promozione e coordinamento relativamente all’attuazione dell’art. 118, primo e secondo comma, Cost. (i quali definiscono i criteri per l’attribuzione delle competenze amministrative ai diversi livelli territoriali di governo, in particolare in base al principio di sussidiarietà).
Mentre le prime tre aree di competenza erano in precedenza proprie del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, le successive afferivano ad un ambito di intervento (enti locali) prevalentemente riconducibile al Ministero dell’interno.
Con specifico riferimento alla materia del turismo, le relative funzioni, già proprie del Ministero delle attività produttive, vengono attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri; si è disposto peraltro il trasferimento al Ministero per i beni e le attività culturali delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della preesistente Direzione del turismo, prevedendo contestualmente l’istituzione presso il Ministero per i beni e le attività culturali di una nuova struttura per il turismo, della quale si avvale il Presidente del Consiglio per lo svolgimento delle relative funzioni.
Alla Presidenza del Consiglio è altresì trasferita la segreteria del CIPE (Comitato interministeriale per la programmazione economica); nonché alcune funzioni relative alle pari opportunità in materia di lavoro nell’attività di impresa già spettanti al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ulteriori dettagliate disposizioni disciplinano l’adeguamento degli assetti organizzativi e del personale alle disposizioni recate dal decreto, mirando in particolare a garantire in tale processo l’invarianza dell’onere finanziario (co. 25). Appare significativo, tra gli altri, il co. 25-ter, che prevede la sottoposizione a parere delle Commissioni parlamentari di tutti gli schemi di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri attuativi del riordino previsto dal decreto[7].
Il co. 10 dispone che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato d’intesa con il ministro dell’economia e delle finanze e sentiti i ministri interessati, si proceda alla ricognizione delle strutture trasferite in relazione alla modifica delle funzioni ministeriali, nonché alla determinazione in via provvisoria, del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione. In attuazione di tale disposizione, sono stati emanati i seguenti D.P.C.M.:
§ 5 luglio 2006 (Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti);
§ 14 luglio 2006 (Ministeri dell'istruzione e dell'università e della ricerca);
§ 12 gennaio 2007 (Ministeri dello sviluppo economico e del commercio internazionale);
§ 31 gennaio 2007 (Ministero dell'economia e delle finanze e Presidenza del Consiglio dei ministri);
§ 30 marzo 2007 (Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale);
§ 5 aprile 2007 (Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti);
§ 4 maggio 2007 (Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti);
§ 4 maggio 2007 (Ministero per i beni e le attività culturali e Presidenza del Consiglio);
§ 28 giugno 2007 (Ministeri dell'economia e delle finanze e dello sviluppo economico);
§ 22 ottobre 2007 (Ministero dello sviluppo economico e Presidenza del Consiglio);
§ 9 novembre 2007 (Presidenza del Consiglio e Ministero della solidarietà sociale);
§ 23 novembre 2007 (Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale).
I commi 2, 3 e 4 dell’art. 1 del disegno di legge di conversione recano, infine, una delega al Governo finalizzata all’adozione di uno o più decreti legislativi per il coordinamento delle disposizioni in materia di funzioni e organizzazione della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei ministeri con le disposizioni del decreto-legge. Il termine per l’esercizio della delega – fissato in 24 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione – scadrà il 18 luglio 2008.
Ulteriori, specifiche misure sono sopravvenute ad opera del successivo D.L. 262/2006[8]:
§ i co. 94-99 dell’art. 2 hanno ridisciplinato l’ordinamento del Ministero per i beni e le attività culturali (già modificato dall’art. 1, co. 19-ter, del D.L. 181/2006) ripristinando la figura del segretario generale, ed incardinano presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo;
§ il successivo co. 157 ha istituito presso la Presidenza del Consiglio (Dipartimento per l’attuazione del programma di Governo) una struttura interdisciplinare per il monitoraggio del rispetto dei principi di invarianza e contenimento degli oneri connessi alla riforma dei ministeri operata con il D.L. 181/2006.
Si ricorda inoltre, per completezza di esposizione, che i commi da 404 a 416 della legge finanziaria 2007[9] hanno delineato un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri con finalità di contenimento della spesa, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione ex art. 17, co. 4-bis, della L. 400/1988[10].
La disciplina in oggetto ha trovato sin qui attuazione con l’emanazione delle previste linee guida, adottate con D.P.C.M. 13 aprile 2007, e di dieci regolamenti di riorganizzazione riferiti ad altrettanti ministeri.
I commi 376 e 377 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2008[11] hanno modificato la composizione del Governo, riducendo il numero dei ministeri e fissando un tetto al numero complessivo dei componenti.
La nuova disciplina, che innova (senza tuttavia novellarla) quella recata dal D.Lgs. 300/1999, ha efficacia “a partire dal Governo successivo a quello in carica” alla data di entrata in vigore della legge finanziaria; essa ha dunque trovato applicazione in occasione della formazione del primo Governo della XVI legislatura.
I due commi non individuano peraltro esplicitamente il numero, né la denominazione, né le competenze dei ministeri risultanti dalla sua applicazione, lasciando che tali elementi siano desunti in via interpretativa.
Il primo periodo del comma 376 ridefinisce indirettamente il numero dei ministeri, mediante un richiamo alle relative disposizioni del D.Lgs. 300/1999 nella sua formulazione originaria, cioè in quella pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 203 del 30 agosto 1999, antecedente alle modifiche apportate dal D.L. 217/2001 e dal successivo D.L. 181/2006 (vedi supra).
In altre parole, la disposizione in esame fa sostanzialmente rivivere – limitatamente a questo solo aspetto (numero dei ministeri) – la disciplina dell’organizzazione del Governo di cui al testo originario del D.Lgs. 300/1999, ove si istituivano e disciplinavano dodici ministeri.
Il secondo periodo del comma 376 pone un limite (questa volta esplicito) anche al numero complessivo dei componenti del Governo “a qualsiasi titolo”, comprendendo in tale nozione allargata di componente del Governo i ministri senza portafoglio, i viceministri e i sottosegretari. Tale numero non potrà essere superiore a sessanta.
Considerando la carica di Presidente del Consiglio dei ministri e quella dei titolari dei dodici ministeri, se ne desume che il Governo non può contare più di quarantasette tra vicepresidenti del Consiglio (che non siano al contempo titolari di ministero), ministri senza portafoglio, viceministri ed altri sottosegretari di Stato.
Una deroga a tale disposizione è stata introdotta dall’art. 1, co. 2, del recente D.L. 90/2008[12], in corso di conversione, ove si dispone che un sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei ministri sia preposto alla soluzione dell’“emergenza rifiuti” nella regione Campania e consente a che tale incarico sia attribuito al Capo del Dipartimento della protezione civile.
Ai sensi del medesimo comma 376, il contingente governativo dovrà inoltre essere configurato “in coerenza” con il principio di cui all’articolo 51, primo comma, secondo periodo, della Costituzione, a mente del quale la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ai fini dell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Come si ricava da quanto sin qui detto, il testo in esame ripristina solo il numero, ma non anche la denominazione e la ripartizione delle attribuzioni fra i ministeri di cui all’originario D.Lgs. 300/1999. Il comma 376 non indica infatti quali degli esistenti ministeri devono intendersi soppressi e quali altri dovranno esercitarne le competenze.
Soccorre a tale riguardo il successivo comma 377, ove si prevede che, a decorrere dalla reviviscenza (ai sensi e nei limiti di cui al comma precedente) del testo originario del D.Lgs. 300/1999[13], sono abrogate tutte le disposizioni non compatibili con la riduzione del numero dei ministeri, ivi comprese quelle recate dal D.L. 217/2001 e dal D.L. 181/2006 (i quali, come si è innanzi ricordato, hanno modificato il decreto legislativo istituendo nuovi ministeri e modificando l’assetto delle competenze).
Sembra dover intendersi che l’abrogazione ha ad oggetto le disposizioni, introdotte successivamente al D.Lgs. 300/1999, che hanno disposto l’istituzione di nuovi ministeri, ma non necessariamente quelle che ne hanno modificato la denominazione o le competenze, salvo che tali modifiche risultino incompatibili con la prevista riduzione numerica.
L’individuazione dell’esatta portata abrogativa del comma 377 deve altresì tener conto dell’ultimo inciso del comma, il quale fa comunque salve svariate disposizioni del D.L. 181/2006.
Si tratta dei seguenti commi dell’art. 1 del decreto-legge:
§ commi 2, 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies, che attribuiscono al Ministero dello sviluppo economico le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione già attribuite dal D.Lgs. 300/1999 (art. 24, co. 1, lett. c)) al Ministero dell’economia e delle finanze e successivamente trasferite dal D.L. 63/2005[14] (art. 1) alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con particolare riferimento alle aree depresse, incluse le funzioni in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari, la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate e i relativi interventi[15];
§ commi 10-bis e 10-ter, che hanno disposto, in sede di prima applicazione del D.L. 181/2006 e al fine di garantire il funzionamento delle strutture trasferite, il mantenimento presso le singole amministrazioni, nell’ambito delle strutture trasferite, degli incarichi dirigenziali conferiti ad esterni, anche in deroga ai limiti numerici fissati dall’art. 19 del D.Lgs. 165/2001 (co. 5-bis e 6);
§ commi 12 e 13-bis, che mutano rispettivamente in “Ministero dello sviluppo economico” la denominazione del Ministero delle attività produttive e in “Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare” la denominazione del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio;
§ comma 19, lettera a), e 22, lettera a), che attribuiscono al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di sport già attribuite al Ministero per i beni e le attività culturali dagli artt. 52, co. 1, e 53 del D.Lgs. 300/1999[16]; e trasferiscono alla Presidenza del Consiglio le inerenti strutture organizzative del Ministero per i beni e le attività culturali, con le relative risorse finanziarie, umane e strumentali;
§ commi 19-bis e 19-quater, che attribuiscono alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza statale in materia di turismo (in precedenza attribuite al Ministero delle attività produttive dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999), istituiscono presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, e dispongono il trasferimento delle inerenti risorse;
§ comma 22-bis (più volte modificato da successivi interventi normativi) che tra l’altro sopprime la Commissione di supporto al ministro per la funzione pubblica istituita presso il relativo Dipartimento dall’art. 3, co. 6-duodecies-6-quaterdecies, del D.L. 35/2005[17], prevedendo in suo luogo la costituzione con D.P.C.M., presso la Presidenza del Consiglio, di una Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione[18], e dispone che, con D.P.C.M., si provveda a riordinare le funzioni e le strutture della Presidenza del Consiglio in materia di semplificazione e qualità della regolazione;
§ comma 22-ter, che novella l’art. 9, co. 2, della L. 400/1988[19] in materia di attribuzione di compiti specifici a ministri senza portafoglio;
§ comma 25-bis, ove si precisa che il riordino operato non comporta alcuna revisione dei trattamenti economici dei dipendenti, che si rifletta in maggiori oneri per il bilancio dello Stato.
La formula abrogativa innominata alla quale ricorre il comma 377 rimette pressoché interamente all’interprete l’individuazione delle disposizioni recate dai due decreti-legge (e di quelle contenute in altre, non precisate, disposizioni legislative) che debbano intendersi abrogate: si tratta di un’operazione inevitabilmente caratterizzata da un margine di incertezza, oltre che da grande delicatezza in ragione della materia trattata, di diretta attuazione costituzionale (l’art. 95, co. 3°, Cost. rimette infatti alla legge la determinazione del numero, delle attribuzioni e dell’organizzazione dei ministeri).
Nei medesimi D.L. 217/2001 e 181/2006 l’istituzione di nuovi ministeri si è necessariamente accompagnata a una riassegnazione delle competenze tra ciascun ministero di nuova istituzione ed altri ministeri, nonché tra questi e la Presidenza del Consiglio dei ministri; la concreta determinazione dell’efficacia abrogativa del comma in esame dovrebbe pertanto implicare anche una ricostruzione “a ritroso” dell’assetto delle competenze, operazione interpretativa anch’essa non agevole.
Inoltre, i due commi non recano specifiche disposizioni volte a regolare la ricognizione delle strutture amministrative trasferite in esito alla ridefinizione del numero e delle attribuzioni dei ministeri, e il conseguente trasferimento delle risorse strumentali e finanziarie e del personale; né dispongono in ordine al – presumibilmente necessario – riassetto dell’organizzazione interna dei ministeri coinvolti dal riordino.
Finalità del decreto-legge in esame, chiaramente evidenziata in premessa al medesimo e nella relazione illustrativa che accompagna il disegno di legge di conversione, è quella di dare attuazione al nuovo assetto strutturale del Governo, come ridefinito dall’art. 1, co. 376 e 377, della legge finanziaria 2008 (per l’illustrazione dei quali si rinvia alla precedente scheda di lettura), “anche per risolvere” (così la premessa) le “gravi incertezze interpretative in ordine alla successione di leggi nel tempo” che la sintetica formulazione dei due commi potrebbe, ad avviso del Governo, ingenerare.
L’articolo 1, nel quale è concentrata la parte precettiva del decreto-legge (l’articolo 2 dispone unicamente in ordine alla sua entrata in vigore il giorno stesso della pubblicazione), si compone – nel testo approvato, con limitate integrazioni, dal Senato – di 24 commi.
Alcuni di essi individuano i dodici ministeri risultanti dalle disposizioni di cui ai sopra citati commi della legge finanziaria, ed esplicitano gli accorpamenti e i trasferimenti di competenze che ne conseguono; altri recano disposizioni volte a definire specifici abiti di competenza della Presidenza del Consiglio dei ministri; altri ancora recano norme in materia di adeguamenti organizzativi e di personale, conseguenti al nuovo assetto delle competenze.
Due commi (21 e 21-bis, il primo modificato, il secondo introdotto dal Senato) novellano infine la recente legge di riforma dei servizi di informazione per la sicurezza (L. 124/2007) con riguardo alle funzioni dell’Autorità delegata, alla composizione del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) e all’organizzazione dell’Ufficio della Corte dei conti distaccato presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS).
Il comma 1 novella l’art. 1, co. 2, del D.Lgs. 300/1999, che reca l’elencazione dei ministeri, con ciò definendo esplicitamente la nuova struttura del Governo.
In conformità a quanto disposto dalla legge finanziaria 2008, il numero dei Ministeri risulta pari a 12.
La tabella che segue pone a confronto le diverse composizioni del Governo secondo le formulazioni del D.Lgs. 300/1999 succedutesi nel tempo. L’ultima colonna reca l’elencazione risultante dalla novella operata dal comma 1 in commento. Il carattere neretto evidenzia le differenze rispetto al testo originario.
Art. 2, co. 1, del D.Lgs. 300/1999 |
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Testo originario |
Testo
modificato |
Testo ulteriormente modificato dal D.L. 181/2006 |
Testo ulteriormente modificato dal D.L. 85/2008 |
1. A decorrere dalla prossima legislatura, i ministeri sono i seguenti: |
1. I ministeri sono i seguenti: |
1. I ministeri sono i seguenti: |
1. I ministeri sono i seguenti: |
1) Ministero degli affari esteri |
1) Ministero degli affari esteri; |
1) Ministero degli affari esteri; |
1) Ministero degli affari esteri; |
2) Ministero dell’interno |
2) Ministero dell’interno; |
2) Ministero dell’interno; |
2) Ministero dell’interno; |
3) Ministero della giustizia |
3) Ministero della giustizia; |
3) Ministero della giustizia; |
3) Ministero della giustizia; |
4) Ministero della difesa |
4) Ministero della difesa; |
4) Ministero della difesa; |
4) Ministero della difesa; |
5) Ministero dell’economia e delle finanze |
5) Ministero dell’economia e delle finanze; |
5) Ministero dell’economia e delle finanze; |
5) Ministero dell’economia e delle finanze; |
6) Ministero delle attività produttive |
6) Ministero delle attività produttive; |
6) Ministero dello sviluppo economico; |
6) Ministero dello sviluppo economico; |
|
7) Ministero del commercio internazionale; |
|
|
|
7) Ministero delle comunicazioni; |
8) Ministero delle comunicazioni; |
|
7) Ministero delle politiche agricole e forestali |
8) Ministero delle politiche agricole e forestali; |
9) Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; |
7) Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali; |
8) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio |
9) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio; |
10) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; |
8) Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; |
9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti |
10) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; |
11) Ministero delle infrastrutture; |
9) Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; |
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12) Ministero dei trasporti; |
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10) Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali |
11) Ministero del lavoro e delle politiche sociali; |
13) Ministero del lavoro e della previdenza sociale; |
10) Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali; |
|
12) Ministero della salute; |
14) Ministero della salute; |
|
11) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca |
13) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; |
15) Ministero della pubblica istruzione; |
11) Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca; |
|
|
16) Ministero dell’università e della ricerca; |
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12) Ministero per i beni e le attività culturali. |
14) Ministero per i beni e le attività culturali. |
17) Ministero per i beni e le attività culturali; |
12) Ministero per i beni e le attività culturali. |
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18) Ministero della solidarietà sociale. |
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Otto tra i dodici ministeri risultanti dalla nuova elencazione corrispondono, senza modifiche nella denominazione, a quelli elencati dall’originario D.Lgs. 300/1999 e non interessati dal riassetto operato dal D.L. 217/2001 e dal D.L. 181/2006, e a quelli dei quali il D.L. 181/2006 ha modificato esclusivamente la denominazione o talune specifiche competenze.
Si tratta dei Ministeri:
§ degli affari esteri;
§ dell’interno;
§ della giustizia;
§ della difesa;
§ dell’economia e delle finanze;
§ per i beni e le attività culturali;
§ delle politiche agricole alimentari e forestali;
§ dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Tre ministeri riacquistano la denominazione in origine prevista dal D.Lgs. 300/2007 e le competenze risultanti – come si desume dai commi successivi – dal “riaccorpamento” dei residui ministeri già in essere, consequenziale all’abrogazione innominata di cui al citato co. 377 dell’art. 1 della legge finanziaria 2008.
In particolare,
§ il Ministero delle infrastrutture è rinominato Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (comma 10) e ad esso sono trasferite anche le competenze del Ministero dei trasporti (comma 3), unitamente alle risorse finanziarie, strumentali e di personale;
§ il Ministero della pubblica istruzione, rinominato Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca (comma 11) riaccorpa le competenze che il D.L. 181/2006 aveva ripartito con il Ministero dell’università e della ricerca (comma 5);
§ il Ministero del lavoro e della previdenza sociale è rinominato Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (comma 12) ed acquista anche le competenze del Ministero della salute (comma 6) nonché quelle del Ministero della solidarietà sociale (comma 4), ivi inclusi i compiti di vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori esteri non comunitari e neo comunitari, nonché i compiti di coordinamento delle politiche per l'integrazione degli stranieri immigrati, spettanti in precedenza al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e trasferiti al Ministero della solidarietà sociale ad opera del D.L. 181/2006. Fanno eccezione alcune funzioni che vengono trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri: si tratta dei compiti in materia di politiche antidroga e di quelli concernenti il Servizio civile nazionale; sono inoltre rimessi in esclusiva al Presidente del Consiglio le funzioni di indirizzo e vigilanza sull’Agenzia nazionale italiana per i giovani del programma comunitario “Gioventù in azione”, e si prevede che la Presidenza del Consiglio possa prendere parte alle attività del Forum nazionale dei giovani (su tali aspetti, si rinvia al successivo paragrafo Competenze della Presidenza del Consiglio).
Al Ministero dello sviluppo economico, infine, che pur conserva la denominazione introdotta dal D.L. 181/2006, sono trasferite anche le competenze del Ministero del commercio internazionale (comma 2) e del Ministero delle comunicazioni (comma 7).
Non si è proceduto, in quest’ultimo caso, al ripristino dell’originaria denominazione del ministero risultante (Ministero delle attività produttive), poiché il co. 377 dell’art. 1 della legge finanziaria 2008 (come si è innanzi accennato) ha mantenuto espressamente in vigore l’art. 1, co. 12, del D.L. 181/2006, che ha introdotto la nuova denominazione di “Ministero dello sviluppo economico”.
Il comma 9, che adegua a quella vigente, ovunque ricorra, la denominazione del Ministero delle politiche agricole e forestali, ha mere finalità di coordinamento normativo.
Il comma 8 reca una disposizione analoga a quella contenuta nell’art. 1, co. 10, del D.L. 181/2006[20], prevedendo che con decreto del Presidente del Consiglio si proceda ad una immediata ricognizione in via amministrativa delle strutture trasferite in relazione alla modifica delle funzioni ministeriali. Il decreto è adottato d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione[21], sentiti i Ministri interessati.
Come i decreti previsti dall’art. 1, co. 10, del D.L. 181/2006, il decreto previsto dalla disposizione in esame, che fa espresso riferimento ad un intervento “in via amministrativa”, ha carattere non regolamentare, ma provvedimentale, come confermato dallo strumento e dalla procedura delineati dalla norma, che si differenziano da quelli previsti in generale per la emanazione di regolamenti.
Il carattere ricognitivo del provvedimento sembra sostanziare una semplice esplicitazione in concreto di un effetto già prodotto (il trasferimento) dal decreto-legge in esame.
Con riferimento alla procedura per l’adozione dei decreti si segnala che – diversamente da quanto fu stabilito in occasione del riordino ministeriale operato dal D.L. 181/2006[22] – non è espressamente previsto un esame parlamentare degli schemi dei decreti.
Per quanto attiene ai profili di carattere finanziario, l’ultimo periodo del comma 8 demanda a decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dei Ministri competenti, il compito di apportare le variazioni di bilancio occorrenti per l’adeguamento del bilancio dello Stato alla nuova struttura del Governo delineata dal decreto in esame.
Tale previsione, che nella sua formulazione ha apparentemente un carattere generale, pare doversi riferire alle sole modifiche previste dal comma in esame, anche in considerazione della circostanza che una identica autorizzazione ad apportare le variazioni di bilancio conseguenti al nuovo assetto ministeriale è contenuta nell’ultimo periodo dell’art. 1, co. 20, del decreto. Al riguardo, potrebbe, comunque essere opportuno chiarire la portata delle due disposizioni e il rapporto esistente tra loro.
Al fine di dareattuazione alle disposizioni introdotte dal decreto-legge in esame, il comma 16 rimette a regolamenti di organizzazione delegificante, una nuova definizione degli assetti organizzativi e del numero massimo delle strutture di primo livello delle Amministrazioni per le quali è previsto il trasferimento delle funzioni.
Tali regolamenti sono adottati ai sensi dell’art. 4 del D.Lgs. 300/1999, che prevede che nei singoli ministeri l’organizzazione, la dotazione organica, l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l’individuazione dei dipartimenti e la definizione dei rispettivi compiti siano disciplinati con regolamenti o decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis della L. 400/1988. In base a tale disposizione, inserita dalla L. 59/1997 (c.d. legge Bassanini), i regolamenti sono adottati su proposta del Ministro competente d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal D.Lgs. 29/1993, nonché nel rispetto di ulteriori criteri[23]. Gli schemi di regolamento di delegificazione di cui al comma 4-bis, sono trasmessi al Consiglio di Stato, ai sensi dello stesso art. 17, co. 2, della L. 400/1988, e alle Camere, ai sensi dell’art. 13, co. 2, della L. 59/1997, perché su di essi sia espresso il parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia entro 30 giorni dalla data della loro trasmissione. Decorso il termine senza che i pareri siano stati espressi, il Governo adotta comunque i regolamenti. Nella misura in cui dette disposizioni regolamentari presentino riflessi sull’organizzazione del lavoro o sullo stato giuridico dei pubblici dipendenti sono sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
Con riferimento alle “strutture di primo livello” dei Ministeri, si ricorda che il D.Lgs. 300/1999 conteneva un’elencazione dei ministeri organizzati per dipartimenti e di quelli articolati per direzioni generali (art. 3), evidenziando una preferenza per la “dipartimentalizzazione”; tale scelta era stata considerata funzionale ad un maggior coordinamento e ad una razionalizzazione di funzioni ed organizzazione.
Con il D.Lgs. 287/2002[24], che si fonda sulla L. 137/2002, e che ha apportato modifiche alla disciplina generale relativa alla struttura organizzativa dei ministeri[25], è stato stabilito in via generale che nei ministeri costituiscono strutture di primo livello, alternativamente, i dipartimenti e le direzioni generali.
Mentre nei ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da direzioni generali può essere istituito l’ufficio del segretario generale, il quale, ove previsto, opera alle dirette dipendenze del ministro[26], tale possibilità è stata esclusa per i Ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da dipartimenti[27].
Sostanzialmente, è stata quindi data alle singole amministrazioni l’opportunità di scegliere la propria struttura organizzativa, decidendo tra i dipartimenti e le direzioni generali e, in questo secondo caso, scegliendo tra l’avere o meno il Segretario generale.
In attuazione della L. 137/2002, che di fatto, realizzava una “riapertura dei termini” della L. 59/97, sono stati emanati nove decreti legislativi “correttivi” del D.Lgs. 300/1999, relativi alle seguenti amministrazioni: ambiente, attività produttive, beni culturali, comunicazioni, economia, infrastrutture, interno e “welfare”[28].
Il termine previsto dalla L. 137 per l’adozione dei decreti legislativi di riforma dell’organizzazione di ministeri ed enti è scaduto il 23 gennaio 2004. Con la L. 186/2004[29], si è stabilita, tra l’altro, una “riapertura del termine”, il quale è comunque scaduto il 31 dicembre 2005.
Ai decreti legislativi, che hanno ridefinito le funzioni dei dicasteri, individuando il modello organizzativo (con specificazione del numero massimo di dipartimenti o direzioni generali), sono poi seguiti i relativi regolamenti di organizzazione dei singoli Ministeri (adottati ai sensi dell’art. 17, co. 4-bis, della L. 400/88), cui è demandata l’individuazione analitica delle funzioni di dipartimenti e direzioni generali (mentre l’ulteriore specificazione dei compiti dei singoli uffici dirigenziali e l’assegnazione delle relative risorse è rimessa al successivo decreto ministeriale).
Nell’attuazione complessiva della disciplina avvenuta nella XIV legislatura è emersa una preferenza per il modello di organizzazione per direzioni generali rispetto a quella per dipartimenti[30], in parte disattesa nel corso della passata legislatura, quando l’art. 1, comma 8-bis, del D.L. 181/2006 ha previsto che i dipartimenti costituiscano la struttura di primo livello dei Ministeri dello sviluppo economico, delle infrastrutture, dei trasporti e della pubblica istruzione, mentre le direzioni generali costituiscono le strutture di primo livello del Ministero della solidarietà sociale e del Ministero del commercio internazionale.
La ridefinizione è sottoposta ad un vincolo finanziario, in quanto la disposizione richiede che – fermi restando i processi di riallocazione e mobilità del personale – al termine del processo di riorganizzazione nelle nuove strutture sia ridotta almeno del 20 per cento la somma delle spese strumentali e di funzionamento previste per i Ministeri di origine e i Ministeri di destinazione.
Con riferimento alla portata di tale previsione, si segnala che il sottosegretario di Stato per l’economia e le finanze, nel rispondere ad una richiesta di chiarimento formulata nel corso dell’esame del provvedimento da parte della Commissione Bilancio del Senato, ha evidenziato[31] che gli obiettivi di riduzione della spesa imposti dal decreto-legge in esame sono da considerarsi aggiuntivi rispetto a quelli fissati dalla legislazione vigente e, in particolare, dall’articolo 1, co. 404 e seguenti, della legge finanziaria 2007[32].
Il comma 18 rimette ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, sentiti i Ministri interessati, previa consultazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, la determinazione dei criteri e delle modalità per l’individuazione delle risorse umane relative alle funzioni trasferite.
Il comma 19 reca una norma di invarianza finanziaria riferita al riordino delle competenze dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri e agli accorpamenti previsti dal decreto, stabilendo che il riassetto non determina variazioni del trattamento economico complessivo spettante ai dipendenti trasferiti e a quelli dell’amministrazione di destinazione che si riflettano in maggiori oneri per il bilancio dello Stato[33].
Il comma 20 prevede una disciplina transitoria riferita agli uffici “funzionali, strumentali e di diretta collaborazione con le autorità di Governo”[34] dei Ministeriche siano interessati dagli accorpamenti previsti dal decreto in esame.
Al riguardo si prevede che nelle more dell’adozione dei regolamenti di organizzazione che tengano conto delle nuove attribuzioni di funzioni[35], e comunque per non più di 6 mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, gli uffici siano regolati – nel rispetto della legislazione vigente – con decreto del Presidente del Consiglio adottato su proposta del Ministro interessato, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze.
Nelle more dell’entrata in vigore di questa regolamentazione provvisoria, trovano applicazione in via transitoria i provvedimenti organizzativi vigenti, purché resti ferma l’unicità degli uffici di diretta collaborazione di vertice.
Con riferimento ai profili finanziari della disposizione, l’ultimo periodo del comma 20 prevede che le variazioni di bilancio occorrenti per l’adeguamento del bilancio di previsione dello Stato alla nuova struttura del Governo siano apportate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta dei Ministri competenti.
Come segnalato, la disposizione, è identica a quella contenuta nell’ultimo periodo dell’art. 1, co. 8, del presente decreto e, al di là della sua formulazione apparentemente generale, dovrebbe pertanto riferirsi alle sole modifiche previste dal comma in esame.
Il decreto-legge reca, ai commi 17 e 22, 22-bis, disposizioni in materia di uffici di diretta collaborazione.
L’introduzione di una specifica disciplina degli uffici di diretta collaborazione (comunemente indicati anche come uffici di staff) si colloca nel quadro del più complessivo procedimento di riforma del pubblico impiego e della dirigenza e della precisazione della separazione tra politica e amministrazione che ha caratterizzato la pubblica amministrazione italiana a partire dagli anni ‘90 del secolo, prendendo le mosse dalla L. 142/1990, per arrivare – attraverso il D.Lgs. 29/1993 – al più compiuto assetto della materia ora confluito nel D.Lgs. 165/2001[36]. Il principio di separazione tra politica e amministrazione viene poi declinato nel diverso principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione dall’altro, per le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza politica (art. 4, co. 4, D.Lgs. 165/2001).
La più precisa attribuzione agli organi di governo del compito di esercitare le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, nonché di verificare la rispondenza agli indirizzi impartiti dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione (art. 4, co. 1, D.Lgs. 165/2001) ha infatti determinato un adeguamento del ruolo e della disciplina degli uffici destinati a svolgere attività di supporto agli organi di direzione politica. In questo contesto. l’art. 14 del D.Lgs. 29/1993 (ora art. 14 del D. Lgs. 165/2001) e l’art. 7 del D.Lgs. 300/1999 dispongono che per l’esercizio delle funzioni di indirizzo politico il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze di supporto e di raccordo con l’amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi del comma 4-bis dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (regolamento di organizzazione delegificante)[37]. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni, con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
Agli uffici di diretta collaborazione sono assegnati, nei limiti stabiliti dai menzionati regolamenti:
§ dipendenti pubblici anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando;
§ collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle norme di diritto privato;
§ esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
L’art. 14 prevede inoltre che con decreto adottato dal Ministro competente, di concerto con il Ministro dell’economia, sia determinato senza aggravi di spesa e, per il personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
I regolamenti relativi agli uffici di diretta collaborazionedei vari Ministeri presentano una impostazione sostanzialmente similare (pur con le inevitabili differenze di dettaglio dovute anche alle diverse caratteristiche dei Ministeri). Essi dispongono relativamente all’articolazione degli uffici di diretta collaborazione, alle funzioni di tali uffici, ai responsabili e al personale di tali uffici (di cui viene fissato un contingente massimo), al trattamento economico di tale personale, alle modalità di gestione. Alcune specifiche disposizioni disciplinano il personale delle segreterie dei sottosegretari di Stato e dell’ufficio e delle segreterie dei vice Ministri (ove presenti). Generalmente si prevede un limite percentuale (rispetto al contingente complessivo di personale) entro cui è possibile avvalersi di collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, esperti e consulenti per specifiche aree di attività e per particolari professionalità e specializzazioni, anche con incarichi di collaborazione coordinata e continuativa.
Il D.L. 181/2006, che ha inoltre introdotto un periodo all’art. 14, comma 2, del D.Lgs. 165/2001, prevedendo che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro. In base a tale disposizione, che sembra aver disposto una sorta di “spoils system” per il personale degli uffici di diretta collaborazione, nel caso di formazione di un nuovo Governo si avrebbe la cessazione di tutte le forme di utilizzazione del personale previste dall’art. 14, comma 2 disposte dal precedente Governo, ove non intervenga un provvedimento di espressa conferma da parte del nuovo Ministro.
Il comma 17 reca una disposizione di contenimento della spesa analoga a quella prevista dal comma 16 con riferimento alla ridefinizione degli assetti organizzativi e del numero massimo delle strutture di primo livello dei Ministeri interessati dal decreto in esame.
In particolare, si prevede che gli oneri per i contingenti di personale assegnati agli uffici di diretta collaborazione di Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari di Stato presenti nelle strutture che abbiano subito modificazioni per effetto del decreto in esame debbano essere ridotti in misura pari ad almeno il 20 per cento del limite di spesa complessivo riferito all’assetto vigente alla data di entrata in vigore del decreto.
Il comma 22 reca, invece, due modifiche testuali alla disciplina in tema di uffici di diretta collaborazione contenuta nel ricordato art. 13 del D.L. 217/2001.
L’art. 13 del D.L. 217/2001[38], nel ribadire che gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio[39], possono essere attribuiti anche a dipendenti di ogni ordine, grado e qualifica delle amministrazioni di cui al D.Lgs. 165/2001, nel rispetto dell’autonomia statutaria degli enti territoriali e di quelli dotati di autonomia funzionale, ha introdotto una specifica disciplina per il collocamento in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita dei dipendenti di enti territoriali o ad ordinamento autonomo, dei magistrati e avvocati dello Stato, nonché del personale di livello dirigenziale o apicale delle regioni e degli enti locali. In particolare, si prevede che
§ i dipendenti incaricati, su richiesta degli organi interessati, sono collocati, con il loro consenso, in posizione di fuori ruolo o di aspettativa retribuita, per l’intera durata dell’incarico, anche in deroga ai limiti di carattere temporale previsti dai rispettivi ordinamenti di appartenenza e in ogni caso non oltre il limite di cinque anni consecutivi, senza oneri a carico degli enti di appartenenza qualora non si tratti di amministrazioni dello Stato;
§ i contingenti numerici eventualmente previsti dagli ordinamenti di appartenenza dei soggetti interessati che ostino al loro collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita sono aumentati fino al 30 per cento e, comunque, non oltre il massimo di trenta unità aggiuntive per ciascun ordinamento;
§ per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e per gli avvocati e procuratori dello Stato, nonché per il personale di livello dirigenziale o comunque apicale delle regioni, delle province, delle città metropolitane e dei comuni, gli organi competenti deliberano il collocamento fuori ruolo o in aspettativa retribuita, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare motivate ragioni ostative.
Il comma 22 in esame:
§ estende al Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Segretario del Consiglio dei ministri la disciplina prevista dall’art. 13 per l’attribuzione di incarichi di diretta collaborazione a dipendenti di amministrazioni pubbliche; come anticipato, nella precedente formulazione l’art. 13 richiamava esclusivamente gli incarichi di diretta collaborazione con il Presidente del Consiglio dei Ministri o con i singoli Ministri, anche senza portafoglio;
§ richiede una motivazione più puntuale per il diniego da parte dell’amministrazione di appartenenza del collocamento fuori ruolo o in aspettativa di alcune tipologie di dipendenti pubblici (magistrati ordinari, amministrativi e contabili, avvocati dello Stato, dirigenti e personale apicale di regioni ed enti locali) chiamati a far parte degli uffici di diretta collaborazione; in base alla nuova formulazione della disposizione, le ragioni ostative all’accoglimento della richiesta di collocamento fuori ruolo o in aspettativa devono, infatti, essere “specifiche”, oltre che motivate.
Il comma 22 ribadisce inoltre l’applicabilità anche ai magistrati amministrativi, ordinari e contabili, nonché agli avvocati dello Stato, delle disposizioni dell’art. 13 del D.L. 217/2001.
Al riguardo la relazione illustrativa allegata al disegno di legge di conversione sottolinea come tale previsione costituisce una mera riaffermazione di quanto previsto nella legislazione vigente ed è stata inserita “per evitare incertezze interpretative derivanti dal susseguirsi di interventi sul tema”.
Come evidenziato dalla medesima relazione illustrativa[40], peraltro, non pare possano sussistere incertezze interpretative con riferimento all’ambito di applicabilità della disposizione richiamata, che espressamente fa riferimento, al comma 3, proprio ai magistrati ordinari, amministrativi e contabili ed agli avvocati e procuratori dello Stato.
Il successivo comma 22-bis, introdottonel corso dell’esame presso il Senato, reca una clausola di invarianza finanziaria, prevedendo – in conformità ad una condizione ai sensi dell’art. 81 Cost. contenuta nel parere della Commissione Bilancio di quel ramo del Parlamento[41] – che dall’attuazione del comma 22 non debbano derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio statale.
Come si è in precedenza accennato, il comma 4 dell’art. 1 del D.L. in esame, nel trasferire al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali le funzioni già attribuite al Ministero della solidarietà sociale, fa eccezione per i compiti in materia di politiche antidroga e per quelli concernenti il Servizio civile nazionale, che vengono trasferiti alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Entrambi gli ambiti di competenza erano stati trasferiti dalla Presidenza del Consiglio al Ministero della solidarietà sociale ad opera dell’art. 1, co. 6, del D.L. 181/2006.
Tale comma ha disposto anche l’abrogazione dell’art. 6-bis del D.Lgs. 303/1999[42]in base al quale era stato costituito, presso la Presidenza del Consiglio, un apposito Dipartimento nazionale per le politiche antidroga cui spettava il coordinamento delle politiche per prevenire, monitorare e contrastare il diffondersi delle tossicodipendenze e delle alcooldipendenze correlate, di cui al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti[43]. Il personale in servizio presso il soppresso Dipartimento nazionale per le politiche antidroga è assegnato presso le altre strutture della Presidenza del Consiglio.
Il D.Lgs. 77/2002[44], dando attuazionealla delega recata dalla L. 64/2001[45], ha disciplinato il Servizio civile nazionale, definendo in particolare:
§ gli organi competenti in materia,
§ i requisiti e le modalità di accesso e di svolgimento del servizio,
§ la programmazione e gestione delle risorse finanziarie,
§ la natura del rapporto di servizio civile ed il relativo trattamento economico e giuridico,
§ la formazione dei giovani assegnati al servizio civile,
§ la valorizzazione del servizio prestato ai fini dello sviluppo formativo e dell’inserimento nel mondo del lavoro,
§ la disciplina del periodo transitorio.
In correlazione con tale disciplina, l’art. 3 della L. 3/2003[46], di poco successiva, ha soppresso l’Agenzia per il servizio civile (prevista dall’art. 10, co. 7-9, del D.Lgs. 303/1999[47], ma di fatto mai istituita), con ciò confermando il mantenimento dei compiti di organizzazione, attuazione e svolgimento del Servizio civile in capo all’Ufficio nazionale per il servizio civile, istituito dall’art. 8 della L. 230/1998[48] presso la Presidenza del Consiglio. I D.P.C.M. 31 luglio 2003 e 12 dicembre 2003 hanno provveduto in seguito alla riorganizzazione di tale ufficio.
In attuazione del D.L. 181/2006, con D.P.C.M. 9 novembre 2007 si è provveduto alla ricognizione delle strutture e delle risorse finanziarie ed umane trasferite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Ministero della solidarietà sociale. Tale decreto ha disposto tra l’altro che il Ministero della solidarietà sociale:
§ per l’esercizio delle funzioni ad esso trasferite in materia di Servizio civile nazionale, si avvalga dell'Ufficio nazionale per il servizio civile con le risorse finanziarie, umane e strumentali ad esso assegnate;
§ per l'esercizio dei compiti in materia di politiche antidroga, si avvalga, fino al completamento delle procedure per la previste copertura dei posti di organico, del personale già in servizio presso il soppresso Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza dal Consiglio, che è posto in posizione di dipendenza funzionale dal Ministero.
Il comma 14 attribuisce alla Presidenza del Consiglio dei ministri una serie di competenze in materia di politiche giovanili, per la famiglia e per le pari opportunità, riprendendo con talune modifiche e integrazioni il contenuto delle lettere d), e), f) e g) dell’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006, che aveva previsto un analogo conferimento di funzioni.
La formulazione utilizzata dalla disposizione (secondo la quale le funzioni indicate “sono, in ogni caso, attribuite al Presidente del Consiglio”) sembra doversi intendere nel senso che l’elenco riportato, il quale non ha evidentemente carattere tassativo, abbia prevalentemente lo scopo di eliminare possibili incertezze interpretative.
Al riguardo, si ricorda che la legge finanziaria 2008[49], nel ridefinire la composizione dei futuri governi, ha abrogato tutte le disposizioni non compatibili con la riduzione dei Ministeri e, in particolare, quelle del D.L. 181/2006, del quale vengono fatte tuttavia salve alcune norme (tra le quali non rientrano peraltro le lettere d),e), f) e g) dell’art. 1, co. 19).
Margini di incertezza interpretativa potrebbero peraltro manifestarsi con riferimento a talune competenze che il D.L. 181/2006 attribuiva alla Presidenza del Consiglio, che non sono oggetto né della riserva contenuta nella legge finanziaria 2008, né delle disposizioni del presente decreto-legge.
Si tratta, in particolare, delle funzioni di vigilanza sull’Agenzia dei segretari comunali e provinciali e sulla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale (co. 19, lett. b)) e di iniziativa legislativa in materia di individuazione e allocazione delle funzioni fondamentali degli enti locali (co. 19, lett. c)).
La lettera a) del comma 14 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche giovanili.
In particolare, alla Presidenza del Consiglio sono attribuite:
§ le funzioni di competenza statale in materia di coordinamento dellepolitiche per le giovani generazioni.
Le competenze in materia di politiche giovanili sono state inizialmente attribuite, ai sensi dell’articolo 46, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 300 del 1999, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Successivamente, il comma 19, lettera d) dell’articolo 1 del D.L. 181/2006 come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha trasferito le suddette funzioni alla Presidenza del Consiglio[50];
§ le funzioni già attribuite al Ministero del lavoro e della previdenza sociale dall’articolo 1, commi 72, 73 e 74, della legge 24 dicembre 2007, n. 247[51], in tema di finanziamenti agevolati per sopperire alle esigenze derivanti dalla peculiare attività lavorativa svolta ovvero per sviluppare attività innovative e imprenditoriali.
I commi da 72 a 74 dell’articolo 1 della L. 247/2007 recano disposizioni volte a favorire l’accesso dei giovani al credito.
In particolare, al fine di consentire ai soggetti di età inferiore a 25 anni (ovvero 29 se laureati) di accedere a finanziamenti agevolati per sopperire alle esigenze scaturenti dalle peculiari caratteristiche del lavoro svolto, ovvero per sviluppare attività innovative ed imprenditoriali, a decorrere dal 1° gennaio 2008 è stata prevista l’istituzione, presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di tre specifici fondi, e precisamente:
- Fondo credito per il sostegno dell’attività intermittente dei lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata presso l’INPS di cui all’articolo 2, comma 26, della L. 335/1995 e che non risultino assicurati presso altre forme di previdenza obbligatorie. Tale fondo è finalizzato a consentire in via esclusiva a tali lavoratori di poter fruire, in assenza di un rapporto di lavoro, di un credito fino a 600 euro mensili per 12 mesi con restituzione posticipata a 24 o 36 mesi, utile a compensare la discontinuità dei compensi di natura lavorativa derivante dallo svolgimento di attività intermittenti;
- Fondo microcredito per il sostegno all’attività dei giovani, al fine di incentivarne le attività innovative, con priorità per le donne;
- Fondo per il credito ai giovani lavoratori autonomi, per sostenere le necessità finanziarie legate al trasferimento generazionale delle piccole imprese, dell’artigianato, del commercio e del turismo, dell’agricoltura e della cooperazione e l’avvio di nuove attività in tali settori.
La complessiva dotazione iniziale dei fondi ammonta a 150 milioni di euro per l’anno 2008.
Infine, l’individuazione delle modalità operative di funzionamento dei fondi è affidata ad un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con altri Ministri, da emanarsi entro centoottanta giorni dall’entrata in vigore della L. 247/2007, sentita la Conferenza Unificata[52];
§ le funzioni in tema di contrasto e trattamento della devianza e del disagio giovanile.
Inoltre, come già ricordato, il comma 4 dell’articolo 1 del decreto-legge in esame prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri eserciti altresì in via esclusiva le funzioni di indirizzo e vigilanza sull’Agenzia nazionale italiana per i giovani del programma comunitario: Gioventù in azione di cui all’articolo 5 del decreto-legge 27 dicembre 2006, n. 297[53].
L’articolo 5 del citato decreto-legge n. 297 del 2006 stabilisce, infatti, che le funzioni di indirizzo e vigilanza sulla suddetta Agenzia sono esercitate congiuntamente dal Presidente del Consiglio dei Ministri o dal Ministro delegato per le politiche giovanili e dal Ministro della solidarietà sociale, come successivamente ribadito dal citato comma 19, lettera d) dell’articolo 1 del decreto-legge n. 181 del 2006.
Lo stesso comma 4 stabilisce altresì che la Presidenza del Consiglio dei ministri può prendere parte alle attività del Forum nazionale dei giovani.
Si ricorda che la suddetta Agenzia nazionale italiana[54] ha il compito di realizzare il programma d’azione comunitaria: Gioventù in azione 2007 – 2013, istituito con la decisione n. 1719 del 15 novembre 2006. Il programma ha lo scopo di continuare e rafforzare l’azione e la cooperazione dell’UE nel quadro del programma " Gioventù" per il periodo 2000-2006 e del programma del 2004-2006 per la promozione di organismi attivi nel settore dei giovani.
Allo scopo di associare attivamente i giovani alla società in qualità di cittadini, tale programma si prefigge di rafforzare il loro sentimento di appartenenza all’Europa (per un maggiore approfondimento vedi il sito www.gioventuinazione.it).
Per quanto riguarda il Forum nazionale dei giovani si tratta di una associazione costituita a Roma nel 2004, in rappresentanza di 44 associazioni, anche a carattere regionale e locale, e finanziata con la legge finanziaria per il 2005[55].
L’obiettivo principale di tale associazione è fornire alle istituzioni nazionali pareri e proposte al fine di migliorare gli interventi riguardanti le politiche giovanili.
Il Forum nazionale dei giovani ha rapporti con il Forum europeo della gioventù (Youth Forum) e con il CNEL.
Per quanto riguarda l’esercizio delle funzioni previste dalla lettera a) del comma in esame, viene stabilito che la Presidenza del Consiglio dei ministri si avvalga anche:
§ delle relative risorse finanziarie, umane e strumentali, ivi compresi l’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle dipendenze ed il relativo Fondo nazionale per le comunità giovanili previsto dalla legge finanziaria per il 2006[56];
§ delle risorse già trasferite al Ministero della solidarietà sociale dall’articolo 1, comma 6, del citato decreto-legge n. 181 del 2006;
§ delle ulteriori risorse inerenti alle medesime funzioni attualmente attribuite ad altre amministrazioni.
Come accennato, il comma 6 dell’articolo 1 del citato decreto-legge n. 181 del 2006 ha trasferito, tra l’altro, al Ministero della solidarietà sociale le competenze in materia di politiche antidroghe, precedentemente attribuite alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
In particolare, al Ministero della solidarietà sociale è stato trasferito l’Osservatorio per il disagio giovanile legato alle dipendenze. L’Osservatorio, istituito con la legge finanziaria per il 2006[57] presso il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, unitamente al Fondo nazionale per le comunità giovanili, ha assunto tale denominazione per effetto dell’articolo 1, comma 1293, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
Per quanto riguarda le ulteriori risorse a disposizione per le politiche giovanili si ricorda l’istituzione presso la Presidenza del consiglio dei ministri del Fondo per le politiche giovanili[58].
Le lettere b) e c) del comma 14, riprendono nella sostanza – con talune integrazioni – le disposizioni recate dall’articolo 1, comma 19, lett. e), del D.L. 181/2006.
In particolare con la lettera b) si attribuiscono al Presidente del Consiglio dei ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche per la famiglia nelle sue componenti e problematiche generazionali nonché le funzioni di competenza statale attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai sensi dell’art. 46, comma 1, lett. c) del D.Lgs. 300/1999 per quanto concerne:
§ il coordinamento delle politiche a favore della famiglia[59];
§ gli interventi a sostegno della maternità e della paternità e di conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia;
§ le misure di sostegno alla famiglia, alla genitorialità e alla natalità, nonché quelle concernenti l’Osservatorio nazionale sulla famiglia.
Per quanto riguarda specificamente l’Osservatorio nazionale sulla famiglia, costituito nel 2007[60], ne fanno parte – accanto ad esperti e rappresentanti delle amministrazioni centrali – esponenti delle istituzioni regionali, locali e dell’associazionismo.
L’Osservatorio svolge attività di analisi sulle politiche familiari nelle diverse aree territoriali del Paese e sui mutamenti socio demografici delle famiglie.
Sono inoltre affidate alla Presidenza del Consiglio dei ministri le funzioni di competenza del Governo per l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e la gestione delle risorse finanziarie destinate alle politiche della famiglia, con particolare riferimento alle risorse destinate al Fondo per le politiche della Famiglia ed al Piano straordinario per i servizi socio educativi[61].
Ai sensi del D.P.R. 14 maggio 2007 n. 103 [62], l’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza ha il compito di predisporre:
§ ogni due anni il Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva e rafforzare la cooperazione per lo sviluppo dell’infanzia nel mondo[63];
§ la Relazione sulla condizione dell’infanzia e l’adolescenza in Italia e sull’attuazione dei relativi diritti;
§ ogni cinque anni lo schema del Rapporto del Governo all’ONU sull’applicazione della Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo del 1989, previsto dall’art.44 della Convenzione medesima.
Il Regolamento medesimo prevede che l’Osservatorio si avvalga del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, che ha tra i suoi compiti la raccolta di documenti, normative, dati statistici, pubblicazioni scientifiche; la realizzazione di una mappa, aggiornata annualmente, dei servizi e delle risorse destinate all’infanzia; l’analisi delle condizioni relative all’infanzia; la formulazione di proposte per l’elaborazione di progetti-pilota intesi a migliorare le condizioni di vita dei soggetti in età evolutiva. Per lo svolgimento delle funzioni del Centro, è stata stipulata una convenzione con l’istituto degli Innocenti di Firenze.
La lettera c) attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri le funzioni concernenti il Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia e l’adolescenza di cui all’articolo 3 del D.P.R. 14 maggio 2007, n. 103 (vedi supra), nonché l’espressione del concerto in sede di esercizio delle funzioni di competenza statale già attribuite al Ministero del lavoro e della previdenza sociale relative al Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori di cura non retribuiti derivanti da responsabilità familiari, di cui al D.Lgs. 16 settembre 1996, n. 565.
L’articolo 1 del richiamato D.Lgs. 565/1996, in attuazione della delega conferita dall’articolo 2, comma 33, della L. 335/1995, ha disposto l’armonizzazione con le disposizioni dettate dalla legge di riforma pensionistica della disciplina della gestione "Mutualità pensioni", istituita in seno all’INPS dalla L. 5 marzo 1963, n. 389, a tal fine conferendo alla medesima gestione, a decorrere dal 1° gennaio 1997, la denominazione "Fondo di previdenza per le persone che svolgono lavori non retribuiti derivanti da responsabilità familiari".
Possono iscriversi al richiamato Fondo, tra gli altri, i soggetti già iscritti nella gestione "Mutualità pensioni", utilizzando come premio unico d’ingresso i contributi versati nella gestione medesima, e, su base volontaria, i soggetti che svolgono, senza vincolo di subordinazione, lavori non retribuiti in relazione a responsabilità familiari, purché non prestino attività autonoma o subordinata e non siano titolari di pensione diretta.
A corredo di tali disposizioni è posto il comma 13, che fa venir meno, nelle previsioni legislative vigenti, la figura del “Ministro per le politiche della famiglia”, e sostituisce tale denominazione con quella di “Presidente del Consiglio dei ministri”.
La lettera d) – riprendendo quanto disposto dalla lett. f) dell’art. 1, co. 19, del D.L. 181/2006 – attribuisce al Presidente del Consiglio dei Ministri l’espressione del concerto in sede di esercizio delle funzioni di competenza statale già attribuite al Ministero del lavoro e delle politiche sociali dagli articoli da 8 a 11, da 18 a 20 e da 43 a 48 del D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna.
Il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, emanato in attuazione dell’articolo 6 della L. 246/2005[64], provvede ad un riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità. Nell’ambito delle disposizioni relative alle pari opportunità tra uomo e donna nei rapporti economici, il provvedimento tra l’altro provvede al riassetto della disciplina relativa alle pari opportunità nel lavoro (con riferimento anche alla relativa tutela giurisdizionale) e alle azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro.
Gli articoli da 8 a 11 del D.Lgs. 198/2006 riguardano la costituzione, il funzionamento e i compiti del Comitato nazionale per l’attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, istituito per promuovere la rimozione dei comportamenti discriminatori in base al sesso e di ogni altro ostacolo che limiti di fatto l’uguaglianza fra uomo e donna nell’accesso al lavoro e sul lavoro.
I successivi articoli da 18 a 20 disciplinano il Fondo nazionale per le attività delle consigliere e dei consiglieri di parità[65] (destinato appunto a finanziare le attività di tali soggetti), la rete nazionale delle consigliere e consiglieri di parità (volta a rafforzare le funzioni di tali soggetti e ad accrescere l’efficacia delle loro azioni), nonché la relazione che il Ministro del lavoro è tenuto a presentare al Parlamento almeno ogni due anni in materia di parità e pari opportunità nel lavoro.
Gli articoli da 43 a 48, infine, disciplinano le azioni positive volte alla rimozione degli ostacoli alle pari opportunità, dirette a favorire l’occupazione femminile ed a realizzare l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne nel lavoro, in particolare per quanto attiene alla loro promozione, finanziamento ed attuazione, nonché al monitoraggio della situazione presente nel personale delle aziende pubbliche e private in ordine alle pari opportunità e della situazione delle richiamate azioni positive nell’ambito delle pubbliche amministrazioni.
La lettera e) conferma l’attribuzione[66] alla Presidenza del Consiglio delle funzioni in materia di agevolazioni all’imprenditoria femminile attribuite al Ministero delle attività produttive dalla L. 215/1992[67] e dagli articoli 52-55 del Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, nonché quelle già attribuite dagli articoli 21 e 22 dello stesso Codice.
Al riguardo, si segnala che – come lascia intuire la stessa formulazione della disposizione (che parla di funzioni “già attribuite”) – gli articoli 21 e 22 del Codice sono stati abrogati dall’art. 4 del D.P.R. 101/2007[68], che ha disciplinato il riordino del Comitato per l’imprenditoria femminile.
Si osserva, inoltre, che la 215/1992, già ampiamente modificata e integrata dal D.P.R. 314/2000[69], recante disposizioni di semplificazione, è stata abrogata, ad eccezione degli artt. 10, co. 6, 12 e 13, dall’art. 57 del Codice delle pari opportunità, nel quale sono confluite varie disposizioni della legge stessa. L’art. 10, co. 6, è successivamente stato abrogato dal D.P.R. 101/2007. Le disposizioni tuttora vigenti non riguardano peraltro l’attribuzione di funzioni al Ministero delle attività produttive.
La L. 215/1992 è stata adottata al fine di favorire la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminilein tutti i settori produttivi (artigianato, commercio, industria, agricoltura e servizi), attraverso l’incentivazione, la crescita e la qualificazione delle donne imprenditrici. L’incentivazione consiste in agevolazioni che ai sensi dell’art. 72 della legge finanziaria 2003 sono concesse per il 50% sotto forma di contributo in conto capitale e per il restante 50% sotto forma di finanziamento agevolato. Beneficiarie delle agevolazioni sono le piccole imprese (individuali, cooperative, società di persone e di capitali) gestite in misura prevalente da donne, per iniziative relative all’avvio di nuove attività, all’acquisizione di attività preesistenti, alla realizzazione di progetti innovativi e all’acquisizione di servizi reali. Le imprese possono optare per il regime “de minimis”
Il citato regolamento di delegificazione n. 314/2000 – come accennato – ha sottoposto ad una revisione sostanziale la disciplina degli interventi in favore dell’imprenditoria femminile, attraverso disposizioni semplificative e innovative. Dal punto di vista procedurale, oltre all’introduzione di un termine certo entro cui deve concludersi la procedura, l’innovazione più significativa introdotta dal D.P.R. è rappresentata dal coinvolgimento delle regioni nel finanziamento e nella gestione degli interventi in favore delle imprese femminili, tramite l’integrazione facoltativa delle risorse nazionali, e, in tal caso, l’affidamento ad esse di tutto l’iter procedurale della concessione delle agevolazioni. Un simile potenziamento del ruolo delle regioni si realizza anche negli interventi per le iniziative formative e di assistenza. Il regolamento ha previsto l’integrazione di tali interventi all’interno di programmi regionali di portata generale, al cui cofinanziamento è destinato il contributo statale.
Come anticipato, nei richiamati articoli del Codice delle pari opportunità sono confluiti alcuni articoli della L. 215/1992. L’art. 52 fissa i princìpi generali cui si ispirano le disposizioni del capo II del Codice per promuovere l’uguaglianza e le pari opportunità tra uomini e donne nell’ambito dell’attività economica, riproducendo le disposizioni dell’art. 1, co. 1 e 2, della L. 215/1992. L’art. 53 individua i soggetti cui si rivolgono i principi in materia di azioni a favore dell’imprenditoria femminile, come previsto dall’art. 2, co. 1, della L. 215/1992: società, imprese, consorzi, associazioni, enti, centri di formazione etc. costituiti da donne o a cui le donne partecipano in varia misura. L’art. 54 riproduce le disposizioni della legge sull’imprenditoria femminile che prevedono l’istituzione di un Fondo nazionale per lo sviluppo dell’imprenditoria (art. 3, co. 1, L. 215/1992). Infine, l’art. 55 prevede l’invio da parte del Ministero delle attività produttive di una relazione annuale al Parlamento per la verifica dello stato di attuazione dei principi del Capo II del codice.
Gli artt. 21-22 del Codice disciplinavano, rispettivamente, la composizione e l’attività del Comitato per l’imprenditoria femminile istituito, con compiti di indirizzo e di programmazione generale, presso il Ministero delle attività produttive, ai sensi dell’art. 10 della L. 215/1992, che i suddetti articoli riproducevano pressoché integralmente. Dette disposizioni sono state – come si è detto – abrogate dal D.P.R. 101/2007, che ha previsto un riordino del Comitato, prevedendo in particolare che esso operi presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità e sia presieduto Ministro per i diritti e le pari opportunità.
Il comma 15 del decreto in esame attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro da questi delegato, competente per la semplificazione normativa[70] il compito di esercitare il coordinamento unitario delle funzioni di semplificazione normativa.
Nella precedente organizzazione ministeriale le funzioni in materia erano state attribuite dal Presidente del Consiglio al Ministro senza portafoglio per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione[71].
In particolare, la disposizione richiama le attribuzioni previste:
§ dall’articolo 1, comma 22-bis, del D.L. 181/2006, con riferimento all’ Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione;
§ dai commi 12, 14 e 15 dell’articolo 14 della L. 246/2005, con riferimento al meccanismo “taglia leggi”;
L’articolo 1, comma 22-bis, del D.L. 181/2006 ha previsto la costituzione con D.P.C.M., presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, di una Unità per la semplificazione e la qualità della regolazione.
L’Unità per la semplificazione eredita le competenze della Commissione istituita presso il Dipartimento della funzione pubblica dall’art. 3, comma 6-duodecies-6-quaterdecies, del D.L. 35/2005[72]. La struttura opera in posizione di autonomia funzionale e svolge, tra l’altro, compiti di supporto tecnico di elevata qualificazione per il Comitato interministeriale per l’indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione previsto dal D.L. 4/2006 (sul quale v. infra).
L’Unità è dotata – come la Commissione soppressa – di una segreteria tecnica, che viene definita quale struttura di missione della Presidenza del Consiglio[73]. Diversamente dalla Commissione soppressa, non è previsto un termine finale per l’operatività della nuova struttura.
Dell’Unità fa parte il capo del Dipartimento degli affari giuridici e legislativi (DAGL) della Presidenza del Consiglio. Gli altri componenti, il cui numero non è precisato dalla legge, sono scelti tra “professori universitari, magistrati amministrativi, contabili ed ordinari, avvocati dello Stato, funzionari parlamentari, avvocati del libero foro con almeno quindici anni di iscrizione all’albo professionale, dirigenti delle amministrazioni pubbliche ed esperti di elevata professionalità”.
Agli oneri di funzionamento si fa fronte con lo stanziamento disposto per la soppressa Commissione dall’art. 3, co. 6-quaterdecies, del D.L. 35/2005 (pari nel massimo a 750.000 euro per l’anno 2005, a 1.500.000 euro per l’anno 2006 ed a 1.500.000 euro per l’anno 2007), che viene ridotto del 25 per cento.
L’Unità si è costituita con il D.P.C.M. 12 settembre 2006[74], il quale ha precisato, tra l’altro, che essa è presieduta dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Segretario del Consiglio dei Ministri, che può delegare le proprie funzioni al Segretario generale della Presidenza del Consiglio, ed è composta da non più di venti esperti. Al è il Capo del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi è attribuito un ruolo di coordinamento dell’Unità, nel quale è coadiuvato dal Capo Ufficio legislativo del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione.
Il comma 22-bis prevede inoltre che con D.P.C.M. si provveda a riordinare le funzioni e le strutture della Presidenza del Consiglio dei ministri in materia di semplificazione e qualità della regolazione, ed a riallocare le relative risorse, disponendo l’abrogazione dell’art. 11, co. 2, della L. 137/2002[75] a decorrere dalla data di entrata in vigore del suddetto D.P.C.M. L’art. 11 della L. 137/2002 ha previsto (co. 1 e 2) l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica (in luogo del preesistente e soppresso Nucleo per la semplificazione delle norme e delle procedure) di un ufficio dirigenziale di livello generale (Ufficio per l’attività normativa ed amministrativa di semplificazione delle norme e delle procedure), stabilendo altresì che, presso il medesimo Dipartimento, siano istituiti non più di due servizi, con il compito di provvedere all’applicazione dell’analisi dell’impatto della regolamentazione (AIR). I compiti dell’Ufficio sono stati definiti dall’art. 13 del decreto del 5 novembre 2004 di organizzazione del Dipartimento della funzione pubblica. Ai sensi di tale disposizione, l’Ufficio tra l’altro coadiuva il ministro per la funzione pubblica nell’attività nell’ambito del Comitato di indirizzo per la guida strategica della sperimentazione dell’analisi dell’impatto della regolamentazione; presta supporto agli altri uffici del Dipartimento in ordine al corretto uso delle fonti, alla qualità della regolazione e degli atti normativi ed alla relativa istruttoria, nonché all’analisi dell’impatto della regolamentazione. L’Ufficio è articolato nel Servizio per la semplificazione normativa e amministrativa, per il riassetto normativo e per la qualità della regolazione.
Il dispositivo “taglia leggi” previsto dall’articolo 14, commi 12-24, della L. 246/2005[76], che ha istituito nel contempo una Commissione bicamerale per la semplificazione normativa, reca una duplice, concorrente delega legislativa, avente ad oggetto:
§ l’individuazione delle disposizioni legislative statali (anteriori al 1970) delle quali si ritenga indispensabile la permanenza in vigore, così sottraendole all’abrogazione automatica e generalizzata, disposta dal medesimo articolo;
§ la semplificazione e il riassetto delle materiedi volta in volta considerate.
Quanto al procedimento disegnato dalla citata L. 246, esso si articola in tre fasi, la prima delle quali si è di recente conclusa:
§ l’individuazione entro il 16 dicembre 2007 delle disposizioni statali vigenti per settori legislativi e delle loro incongruenze o antinomie, da parte del Governo che ne trasmette relazione al Parlamento[77];
§ l’individuazione con decreti legislativi (entro il 16 dicembre 2009) delle disposizioni legislative statali (anteriori al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi) ritenute indispensabili, da sottrarre pertanto all’effetto di abrogazione generalizzata statuito dal medesimo articolo 14 (effetto al quale sono sottratte, inoltre, alcune disposizioni direttamente indicate dalla medesima L. 246). Con i predetti decreti legislativi (emanati previo parere della Commissione bicamerale per la semplificazione della legislazione) si provvede altresì "alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto";
§ l’adozione di disposizioni integrative o correttive dei decreti legislativi sopra rammentati, entro due anni successivi alla data di loro entrata in vigore.
Al riguardo, dovrebbe valutarsi se sia necessario richiamare le funzioni di cui al comma 12 dell’articolo 14 della L. 246/2005, dal momento che detta disposizione disciplinava una fase della procedura del meccanismo “taglia leggi” che sembra doversi considerare esaurita con la trasmissione della relazione, avvenuta il 14 dicembre 2007.
In relazione al trasferimento delle competenze in materia di semplificazione, l’ultimo periodo del comma 15 prevede – con una novella all’art. 1, co. 1, del D.L. 4/2006[78] – che il Comitato interministeriale di indirizzo preposto alle attività di indirizzo e alla guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione sia presieduto dal Presidente del Consiglio o da un ministro da lui delegato, che non dovrà più necessariamente essere il ministro per la funzione pubblica, come fino ad ora richiesto. Anche il potere di proporre i nominativi dei componenti Comitato ai fini della loro nomina con D.P.C.M. è trasferito dal ministro per la funzione pubblica al ministro eventualmente delegato.
Al riguardo, si segnala peraltro che, a seguito delle modifiche introdotte, il secondo periodo della disposizione novellata fa riferimento genericamente al “ministro” e, pertanto, andrebbe valutata l’opportunità di specificare ulteriormente che si intende fare riferimento al Ministro delegato dal Presidente del consiglio.
In ogni caso, si segnala che l’art. 9, co. 2, della L. 400/1988, come da ultimo novellato dal D.L. 181/2006, prevede che in tutti i casi nei quali una fonte normativa assegni, anche in via delegata, compiti specifici ad un ministro senza portafoglio o a specifici uffici o dipartimenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, gli stessi si intendono comunque attribuiti, rispettivamente, al Presidente del Consiglio dei Ministri, che può delegarli rispettivamente a un ministro o a un sottosegretario, e alla Presidenza del Consiglio.
Il D.L. 4/2006 ha previsto l’istituzione di un apposito Comitato interministeriale al quale sono attribuite “l’attività di indirizzo e la guida strategica delle politiche di semplificazione e di qualità della regolazione, anche ai sensi della legge 28 novembre 2005, n. 246”.
Quanto alla composizione del Comitato, l’articolo dispone che esso è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal ministro per la funzione pubblica da lui delegato, mentre per l’individuazione dei componenti del Comitato si prevede l’intervento di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro per la funzione pubblica[79]. Possono poi essere invitati a partecipare a riunioni del Comitato, secondo l’oggetto della discussione, altri componenti del Governo, esponenti di autorità regionali e locali e delle associazioni di categoria.
Con riferimento alle funzioni del Comitato, si prevede che esso sia tenuto a predisporre, entro il 31 marzo di ogni anno, un piano di azione per il perseguimento degli obiettivi del Governo in tema di semplificazione, di riassetto e di qualità della regolazione per l’anno successivo. Tale piano è approvato – sentito il Consiglio di Stato – dal Consiglio dei ministri, e viene quindi trasmesso alle Camere. Il Comitato verifica, durante l’anno, lo stato di realizzazione degli obiettivi, che viene reso pubblico ogni sei mesi, e svolge funzioni di indirizzo, di coordinamento e, ove necessario, di impulso delle amministrazioni dello Stato nelle politiche della semplificazione, del riassetto e della qualità della regolazione.
Il comma 21 dell’articolo 1, novellando la recente legge di riforma dei servizi di informazione per la sicurezza[80], sopprime il divieto previsto per il sottosegretario di Stato o il ministro senza portafoglio titolare delle deleghe in materia di servizi di sicurezza (la c.d. “Autorità delegata”) di esercitare “funzioni di governo ulteriori” rispetto a quelle che formano oggetto della delega.
A seguito dell’innovazione, è pertanto possibile delegare un ministro senza portafoglio o di un sottosegretario che sia titolare anche di altre deleghe. Rimane tuttora preclusa[81] l’attribuzione di deleghe ad un ministro che sia titolare di un dicastero.
Resta inoltre immutata la disciplina dei rapporti fra Presidente del Consiglio e Autorità delegata, in base alla quale:
§ l’Autorità è tenuta a informare costantemente il Presidente del Consiglio sulle modalità di esercizio delle funzioni delegate;
§ al Presidente del Consiglio spetta un potere di direttiva (può dunque vincolare l’Autorità quanto al perseguimento di determinati risultati);
§ al Presidente del Consiglio è riconosciuto il potere di avocare a sé in qualsiasi momento, totalmente o parzialmente, le funzioni delegate.
Con riferimento alla ratio della disposizione, si segnala che nel corso dell’esame presso l’altro ramo del Parlamento[82] il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ha sottolineato come l’innovazione debba essere letta alla luce dell’introduzione, da parte della legge finanziaria per il 2008, di un vincolo quantitativo per il numero dei componenti del Governo, e dell’esigenza di assicurare in ogni caso l’efficienza della struttura del Governo[83].
In attuazione del comma in esame, è stato di recente adottato il D.P.C.M. 22 maggio 2008[84], con il quale sono delegate al Sottosegretario di Stato, dott. Gianni Letta, tutte le funzioni attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri non in via esclusiva dalla legge 3 agosto 2007, n. 124.
Al riguardo, l’art. 1, co 4, del D.P.C.M. – innovando rispetto alla formulazione adottata in sede di prima applicazione della riforma[85] – reca un’elencazione (da ritenersi di carattere non tassativo) della funzioni che restano comunque riservate al Presidente del Consiglio dei Ministri:
§ l’alta direzione, la responsabilità politica e generale ed il coordinamento della politica informativa e di sicurezza;
§ la nomina e la revoca del segretario generale e del vice segretario generale del CESIS
§ la nomina e la revoca dei capi reparto del CESIS;
§ la nomina e la revoca del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS);
§ la nomina e la revoca del direttori dei due servizi di informazione per la sicurezza (AISE e AISI);
§ la nomina e la revoca del dirigente preposto all’Ufficio centrale per la segretezza (UCSe);
§ gli atti relativi alla conferma del segreto di Stato;
§ la determinazione, su proposta dell’organo competente, delle somme da assegnare per le spese della segreteria generale del CESIS, del SISMI, del SISDE, dell’AISE, del DIS e del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR).
Il D.P.C.M. specifica inoltre (art. 1, co. 1, lett. b)) quali funzioni sono delegate al Sottosegretario fino al completamento della riforma dei servizi di informazione, precisando altresì (art. 1, co. 2) che la delega comprende anche l’attività di predisposizione di testi normativi di riforma o di esecuzione della riforma anche attraverso l’utilizzo di apposite commissioni di studio a tale fine costituite.
Nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea del Senato, è stata introdotta[86] una ulteriore modifica alla recente legge di riforma dei servizi segreti, prevedendo che il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR) sia composto – oltre che dai Ministri dell’interno, degli affari esteri, della difesa, della giustizia, e dell’ economia – anche dal Ministro dello sviluppo economico.
Al riguardo si ricorda che l’articolo 5 della L. 124/2007 ha previsto l’istituzione del Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), che sostituisce il Comitato interministeriale per le informazioni e la sicurezza (CIIS), previsto dall’art. 2 della L. 801/1977.
I cinque ministri che fanno parte della vigente composizione del CISR sono sostanzialmente corrispondenti ai sei che erano previsti dalla L. 801/1977. La presidenza spetta al Presidente del Consiglio dei ministri; ne fa parte altresì l’Autorità delegata – ove istituita – e il direttore generale del DIS in qualità di segretario.
La composizione può peraltro essere integrata su invito del Presidente del Consiglio, secondo le questioni da trattare, da:
§ altri componenti il Consiglio dei ministri;
§ i direttori dei servizi di informazione per la sicurezza;
§ altre autorità civili e militari,
i quali tutti partecipano senza diritto di voto.
Alle funzioniconsultive e di proposta, già previste dalla L. 801/1977, sono affiancate funzioni deliberative. In particolare, il CISR:
§ elabora gli indirizzi generali e gli obiettivi fondamentali da perseguire nel quadro della politica dell’informazione per la sicurezza (tale competenza va coordinata con i già menzionati compiti di alta direzione e responsabilità generale della politica informativa e della sicurezza spettanti al Presidente del Consiglio);
§ delibera sulla ripartizione delle risorse finanziarie tra il DIS e i servizi di informazione per la sicurezza e sui relativi bilanci preventivi e consuntivi.
Con riferimento alle modifiche introdotte dalla disposizione in esame, nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea del Senato il relatore sul provvedimento ha evidenziato come l’integrazione del Comitato sia da porsi in relazione alle accresciute competenze del Ministro dello sviluppo economico[87].
Il comma 21-bis, inserito nel corso dell’esame da parte dell’Assemblea dell’altro ramo dei Parlamento[88], introduce[89] una puntuale disciplina delle modalità di organizzazione dell’Ufficio della Corte dei conti distaccato presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), competente per il controllo di legittimità e regolarità della gestione.
In proposito, si dispone che l’Ufficio sia organizzato sulla base di un regolamento adottato dal Presidente della Corte dei Conti anche in deroga alle attribuzioni spettanti in materia al Consiglio di Presidenza della Corte dei conti[90] per effetto delle disposizioni richiamate dall’articolo 10, co. 10, della L. 117/1988[91].
In particolare, l’articolo 10, co. 10, della L. 117/1988 ha previsto che, a seguito dell’istituzione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti e fino all’entrata in vigore della legge di riforma della Corte dei conti, trovino applicazione, in quanto compatibili alcune delle disposizioni della L. 186/1982[92] che regolano il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa.
Le disposizioni della L. 186/1982 richiamate riguardano tutte il Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa e, in particolare:
§ la sua composizione (art. 7, co. 1, 4, 5, e 7);
§ le modalità di elezione e i requisiti di eleggibilità(art. 8, art- 9, commi 4 e 5, e art. 10);
§ le modalità per il suo scioglimento (art. 11);
§ i requisiti necessari per la validità delle deliberazioni e convocazioni (art. 12);
§ le competenze del Consiglio di presidenza (art. 13, co. 1, nn 1), 2), 3), e co. 2, nn 1), 2), 3), 4), 8), 9)).
La disposizione in esame sembra voler derogare in particolare a queste ultime disposizioni in quanto essa pare avere carattere innovativo per quanto riguarda la competenza ad adottare le disposizioni organizzative. il comma in esame sembra infatti ripristinare, limitatamente alla disciplina dell’ufficio della Corte dei Conti presso il DIS, l’assetto competenziale in materia regolamentare antecedente alle riforme dell’ordinamento della Corte dei conti degli anni ‘90 del secolo scorso[93], nel quale il potere organizzativo era attribuito al Presidente della Corte stessa, in attuazione dell’art. 98 del T.U. sulla Corte dei conti[94], il quale demandava al Presidente il compito di provvedere con regolamento “alla disciplina ed al servizio interno degli uffici e della segreteria della Corte, al personale subalterno, alle spese d’ufficio” e ad ogni altra disposizione esecutiva del testo unico.
A legislazione vigente, infatti, il regolamento di organizzazione delle funzioni di controllo e le sue successive modificazioni[95], il regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento degli uffici della Corte[96] ed il regolamento sull’autonomia finanziaria dell’Istituto[97] sono stati adottati dalle sezioni riunite della Corte, sentiti il Consiglio di Presidenza ed il Consiglio di Amministrazione.
Diversamente, l’art. 3, co. 62, della legge finanziaria 2008[98] prevedeva che alla riorganizzazione degli uffici della Corte dei conti finalizzata a coordinare le nuove funzioni istituzionali attribuite in materia di controlli dai commi 43-66 del medesimo articolo 3 con quelle già svolte e a rafforzare le attività della Corte riferite alla relazione annuale sul rendiconto generale dello Stato, ai controlli sulla gestione e al perseguimento delle priorità indicate dal Parlamento ai sensi dell’art. 3, co. 4, della L. 20/1994 si provvedesse con regolamenti di organizzazione adottati dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti[99], su proposta del Presidente della Corte stessa, il quale a sua volta formula le proposte con il parere del segretario generale, definendo obiettivi e programmi da adottare.
Il comma in esame attribuisce inoltre all’Ufficio della Corte dei conti distaccato presso il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS) la competenza a svolgere l’istruttoria relativa al controllo preventivo di legittimità effettuato dalla Corte dei conti ai sensi dell’art. 3 della L. 20/1994[100].
L’esercizio del controllo preventivo di legittimità da parte della Corte dei conti, in conformità all’articolo 100. secondo co., Cost. è teso ad accertare la conformità degli atti dell’Esecutivo alla legge, con particolare riferimento alle disposizioni di carattere finanziario.
Le categorie di atti sottoposti a controllo preventivo sono state nel tempo oggetto di un’opera di ridimensionamento, che ha portato (art. 3, co. 1, L. 20/1994) a limitare il controllo alle tipologie di atti aventi carattere non legislativo[101]:
§ provvedimenti emanati a seguito della deliberazione del Consiglio dei ministri;
§ atti del Presidente del Consiglio dei ministri e atti dei ministri aventi ad oggetto la dotazione delle piante organiche, il conferimento di incarichi di funzioni dirigenziali, le direttive generali per l’indirizzo e lo svolgimento dell’azione amministrativa;
§ atti normativi a rilevanza esterna, atti di programmazione comportanti spese ed atti generali attuativi di norme comunitarie;
§ provvedimenti di comitati interministeriali concernenti il riparto o l’assegnazione di fondi ed altre deliberazioni emanate nelle materie di cui sopra;
§ provvedimenti di disposizione del demanio e del patrimonio immobiliare;
§ decreti che approvano tutti i contratti attivi delle amministrazioni dello Stato, escluse le aziende autonome, e i contratti passivi superiori a sogli fissate dalla legge;
§ decreti di variazione del bilancio dello Stato, di accertamento dei residui e di assenso preventivo del Ministero del tesoro all’impegno di spese a carico degli esercizi successivi;
§ atti per il cui corso sia stato impartito l’ordine scritto del Ministro[102];
§ atti che il Presidente del consiglio richieda di sottoporre temporaneamente a controllo preventivo o che la Corte dei conti deliberi di assoggettare, per un periodo determinato, a controllo preventivo, in relazione a situazioni di continua e diffusa irregolarità rilevate in sede di controllo successivo.
Per quanto attiene al procedimento di controllo, esso nelle sue linee essenziali è tuttora disciplinato dal T.U. delle leggi sulla Corte dei conti del 1934, il quale a sua volta ricalcava, con taluni adattamenti, la disciplina vigente sin dal 1862. Il procedimento inizia con l’invio dell’atto sottoposto a controllo all’ufficio della Corte dei conti competente in ragione dell’amministrazione di provenienza dell’atto. Detto ufficio svolge l’esame istruttorio sull’atto e può formulare richieste e rilievi istruttori alle ammissioni interessate. Al termine di questa fase istruttoria, qualora l’atto sia ritenuto legittimo, la Corte lo ammette al visto e alla registrazione.
Qualora invece l’Ufficio dubiti della legittimità dell’atto, lo deferisce, formulando specifici rilievi al collegio della competente Sezione di controllo, che delibera sui rilievi formulati dall’Ufficio e, in questi limiti, sulla legittimità dell’atto, ammettendolo alla registrazione e disponendo l’apposizione del visto, ovvero – qualora concluda per l’illegittimità – adottando una deliberazione motivata di rifiuto della registrazione relativa all’atto nel suo complesso o a singole disposizioni.
Quanto ai tempi del procedimento, la L. 20/1994 (art. 3, co. 2) prevede che i provvedimenti sottoposti al controllo preventivo acquistino efficacia decorsi 30 giorni dalla ricezione da parte del competente ufficio di controllo, qualora l’ufficio non ne rimetta l’esame alla sezione del controllo. Il termine di 30 giorni è interrotto se l’ufficio richiede chiarimenti o elementi integrativi di giudizio. Decorsi 30 giorni dal ricevimento delle controdeduzioni dell’amministrazione, il provvedimento acquista efficacia se l’ufficio non ne rimetta l’esame alla sezione del controllo. La sezione del controllo si pronuncia entro 30 giorni dalla data di deferimento dei provvedimenti o dalla data di arrivo degli elementi richiesti con ordinanza istruttoria. Decorso questo termine i provvedimenti divengono esecutivi. Sulla materia, al fine di rendere più celere l’azione amministrativa, è successivamente intervenuta la legge di semplificazione per il 1999[103], che ha previsto che gli atti trasmessi per il controllo preventivo divengono in ogni caso esecutivi trascorsi 60 giorni dalla loro ricezione da parte della Corte dei conti, senza che sia intervenuta una pronuncia della Sezione del controllo, salvo che la Corte abbia sollevato entro detto termine una questione di legittimità costituzionale, per violazione dell’articolo 81 della Costituzione[104], delle norme che costituiscono il presupposto dell’atto, ovvero abbia sollevato, in relazione all’atto, conflitto di attribuzione. Il termine è inoltre sospeso per un periodo non superiore a 30 giorni intercorrente tra le eventuali richieste istruttorie e le risposte delle amministrazioni o del Governo.
Qualora il controllo riguardi un atto governativo, il Governo può non attenersi alla deliberazione negativa della Corte dei conti e - ai sensi dell’art. 25 del T.U. del 1934 – può comunque ordinare, previa deliberazione del Consiglio dei ministri sulla base di una motivata richiesta del Ministro competente la registrazione dell’atto.
La Corte dei conti si pronuncia sulla richiesta a Sezioni riunite e riesamina l’atto, concludendo l’esame con la registrazione c.d. semplice dell’atto, qualora ritenga superati i rilievi in precedenza, ovvero con la registrazione “con riserva”, quando mantenga le riserva che erano alla base del rifiuto di registrazione. L’atto registrato con riserva acquista piena efficacia, sulla base di una assunzione di responsabilità politica del Governo, sottoposta a verifica da parte del Parlamento cui è inviato periodicamente l’elenco degli atti registrati con riserva.
Con riferimento alla disposizione in esame, inserita nel corso dell’esame del provvedimento da parte del Senato, si segnala che essa – pur ricollegandosi alla disposizione di cui al comma 21 – non appare direttamente riconducibile ad agli interventi di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri previsti dal decreto-legge in esame.
Quanto alla formulazione normativa, potrebbe essere opportuno
§ verificare la congruità della collocazione: la disposizione è infatti attualmente inserita tra i princìpi direttivi per l’adozione del regolamento di contabilità del DIS e dei servizi di informazione per la sicurezza (art. 29, co. 3, lett. c), della L. 124/2007);
§ precisare con maggiore chiarezza la portata dei compiti istruttori affidati, nell’ambito del procedimento di controllo preventivo, all’ufficio della Corte dei conti presso il DIS. Il richiamo all’art. 3, co. 2, contenuto nella disposizione può in proposito far ritenere che all’ufficio presso il DIS spetti la valutazione in prima battuta degli atti sottoposti a controllo e, in caso rinvenga elementi che facciano dubitare della legittimità dell’atto, la decisione sulla remissione della questione alla sezione di controllo.
[1] Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa, art. 11, co. 1, lett. a).
[2] D. Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[3] D.L. 12 giugno 2001, n. 217, Modificazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla legge 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2001, n. 317.
[4] D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
[5] L. 24 dicembre 2007, n. 244.
[6] D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
[7] Tra le ulteriori disposizioni recate dal provvedimento, si segnalano quelle che riguardano:
§ l’organizzazione ed il personale dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio, in particolare con la revisione della disciplina del personale degli uffici di diretta collaborazione (commi 24-bis e 24-ter). Si prevede tra l’altro che tutte le assegnazioni di personale a tali uffici, “compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale e le consulenze e i contratti, anche a termine”, cessano automaticamente se non confermati entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro; si ridisciplina inoltre l’assegnazione del personale destinato alle segreterie dei viceministri;
§ i consorzi agrari, che il comma 9-bis riconduce alla disciplina generale delle società cooperative, intervenendo altresì sulle gestioni commissariali in corso;
§ la Commissione per le adozioni internazionali, la composizione e i compiti della quale sono ridefiniti ad opera di un regolamento di delegificazione;
§ i direttori generali delle aziende sanitarie locali (ASL), escludendosi che l’espletamento del mandato di deputato, senatore o consigliere regionale possa essere equiparato agli altri titoli necessari per l’accesso alla carica di direttore generale delle ASL.
[8] D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, conv. con mod. dalla L. 24 novembre 2006, n. 286.
[9] L. 27 dicembre 2006, n. 296.
[10] L. 23 agosto 1988 n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[11] L. 24 dicembre 2007, n. 244.
[12] D.L. 23 maggio 2008, n. 90, Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile.
[13] Cioè (è da ritenere) a decorrere dalla data del decreto di nomina del Presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri.
[14] D.L. 26 aprile 2005, n. 63, Disposizioni urgenti per lo sviluppo e la coesione territoriale, nonché per la tutela del diritto d'autore, e altre misure urgenti, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 2005, n. 109.
[15] Il comma 2 citato trasferisce inoltre alla Presidenza del Consiglio la segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), il Nucleo di consulenza per l’attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e l’Unità tecnica - finanza di progetto (UTPF) di cui all’art. 7 della L. 17 maggio 1999, n. 144, già operanti presso il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell’economia e delle finanze.
[16] Il combinato disposto degli articoli richiamati attribuiva al Ministero per i beni e le attività culturali le competenze spettanti allo Stato in materia di sport, fatta eccezione per quelle spettanti ad altre amministrazioni statali ai sensi dello stesso D.Lgs. 300/1999 e per quelle spettanti alle regioni e agli enti locali.
[17] D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, conv. con mod. dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.
[18] L’Unità è stata costituita con D.P.C.M. 12 settembre 2006.
[19] Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
[20] L’art. 1, co. 10, del D.L. 181/2006 disponeva che con D.P.C.M. adottato d’intesa con il ministro dell’economia e delle finanze e sentiti i ministri interessati, si procedesse alla ricognizione delle strutture trasferite in relazione alla nuova definizione delle funzioni dei Ministeri, nonché alla determinazione in via provvisoria, del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione. In attuazione di tale disposizione, sono stati emanati i seguenti D.P.C.M.:
§ 5 luglio 2006 (Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti);
§ 14 luglio 2006 (Ministeri dell’istruzione e dell’università e della ricerca);
§ 12 gennaio 2007 (Ministeri dello sviluppo economico e del commercio internazionale);
§ 31 gennaio 2007 (Ministero dell’economia e delle finanze e Presidenza del Consiglio dei ministri);
§ 30 marzo 2007 (Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale);
§ 5 aprile 2007 (Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti);
§ 4 maggio 2007 (Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti);
§ 4 maggio 2007 (Ministero per i beni e le attività culturali e Presidenza del Consiglio);
§ 28 giugno 2007 (Ministeri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico);
§ 22 ottobre 2007 (Ministero dello sviluppo economico e Presidenza del Consiglio);
§ 9 novembre 2007 (Presidenza del Consiglio e Ministero della solidarietà sociale);
§ 23 novembre 2007 (Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della solidarietà sociale).
[21] L’intesa con il Ministro per la pubblica amministrazione non era prevista nella procedura delineata dal D.L. 181/2006.
[22] Al riguardo, si ricorda che – con una disposizione di carattere generale – l’ art. 1, co. 25-bis, disponeva che gli schemi dei D.P.C.M., attuativi del riordino dei Ministeri e della Presidenza del Consiglio dei ministri previsti dal decreto, fossero corredati da relazione tecnica e sottoposti per il parere alle Commissioni parlamentari competenti per materia e alle Commissioni bilancio del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati per i profili di carattere finanziario. Decorsi trenta giorni dalla trasmissione della richiesta, i decreti avrebbero potuto comunque essere adottati.
[23] La disposizione richiama, in particolare, la necessità di assicurare:
a) il riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato, stabilendo che tali uffici hanno esclusive competenze di supporto dell’organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l’amministrazione;
b) l’individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale, centrali e periferici, mediante diversificazione tra strutture con funzioni finali e con funzioni strumentali e loro organizzazione per funzioni omogenee e secondo criteri di flessibilità eliminando le duplicazioni funzionali;
c) la previsione di strumenti di verifica periodica dell’organizzazione e dei risultati;
d) l’indicazione e la revisione periodica della consistenza delle piante organiche;
e) la previsione di decreti ministeriali di natura non regolamentare per la definizione dei compiti delle unità dirigenziali nell’ambito degli uffici dirigenziali generali.
[24] D.Lgs. 6 dicembre 2002, n. 287, Modifiche al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, concernente le strutture organizzative dei Ministeri, nonché i compiti e le funzioni del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.
[25] In particolare con l’art. 1, che modifica l’art. 3 del D.Lgs. 300/1999.
[26] Art. 2, che modifica l’art. 6 del D.Lgs. 300/1999.
[27] Nei Ministeri organizzati in dipartimenti l’ufficio del segretario generale, ove previsto da precedenti disposizioni di legge o regolamento, e’ soppresso. I compiti attribuiti a tale ufficio sono distribuiti tra i capi dipartimento.
[28] Il nono riguarda gli Uffici territoriali del Governo.
[29] L. 27 luglio 2004, n. 186, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136, recante disposizioni urgenti per garantire la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione. Disposizioni per la rideterminazione di deleghe legislative e altre disposizioni connesse.
[30] In tal senso si possono indicare le riforme del Ministero dell’ambiente, del Ministero del lavoro e del Ministero delle attività produttive, che vanno ad aggiungersi al Ministero degli affari esteri, a quello della difesa ed a quello delle comunicazioni. Come eccezione a tale trend si può indicare il Ministero dei beni culturali, per il quale, con il D.Lgs. 3/2004, sono stati istituiti quattro dipartimenti.
[31] Senato della Repubblica. 5ª Commissione permanente – Resoconto sommario della seduta n. 4 (pomeridiana) del 4 giugno 2008.
[32] L’art. 1, commi 404-415, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) ha previsto un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, entro il 30 aprile 2007, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della legge n. 400/1988.
In attuazione di dette disposizioni sono stati emanati sinora dieci regolamenti di riorganizzazione. Si tratta dei seguenti:
§ D.P.R. 14 novembre 2007, n. 225 (Ministero dello sviluppo economico);
§ D.P.R. 14 novembre 2007, n. 253 (Ministero del commercio internazionale);
§ D.P.R. 19 novembre 2007, n. 254 (Ministero delle infrastrutture);
§ D.P.R. 19 novembre 2007, n. 264 (Ministero dell’università e della ricerca);
§ D.P.R. 26 novembre 2007, n. 233 (Ministero per i beni e le attività culturali);
§ D.P.R. 8 dicembre 2007, n. 271 (Ministero dei trasporti);
§ D.P.R. 19 dicembre 2007, n. 258 (Ministero degli affari esteri);
§ D.P.R. 21 dicembre 2007, n. 260 (Ministero della pubblica istruzione);
§ D.P.R. 9 gennaio 2008, n. 18 (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali);
§ D.P.R. 30 gennaio 2008, n. 43 (Ministero dell’economia e delle finanze).
[33] Una disposizione di analogo contenuto era recata dall’art. 1, co. 25-bis, del più volte richiamato D.L. 181/2006 con riferimento ai processi di riordino ivi previsti.
[34] L’espressione utilizzata dalla disposizione, di uso non comune nella legislazione vigente, sembra da intendersi riferita all’organizzazione della struttura ministeriale nel suo complesso, comprendendo sia gli uffici di line che quelli di staff.
[35] Il comma 16 del presente articolo (v. supra) prevede l’adozione di regolamenti per la ridefinizione dell’organizzazione e del numero massimo delle strutture di primo livello nei ministeri interessati dal trasferimento delle funzioni.
[36] D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
[37] In base a tale disposizione, inserita dalla L. 59/1997 (c.d. legge Bassanini) i regolamenti sono adottati su proposta del Ministro competente d’intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e con il Ministro del tesoro, nel rispetto dei princìpi posti dal D.Lgs. 29/1993. Con specifico riferimento agli uffici di diretta collaborazione, la lettera a) del comma 4-bis dell’art. 17 dispone che il riordino degli uffici di diretta collaborazione con i Ministri ed i Sottosegretari di Stato debba realizzarsi in modo da limitare le competenze di tali uffici a funzioni di supporto dell’organo di direzione politica e di raccordo tra questo e l’amministrazione. Più dettagliatamente, l’art. 7 del D.Lgs. 300/1999 ha precisato che iregolamenti devono attenersi anche ad ulteriori princìpi e criteri direttivi:
- attribuzione dei compiti di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l’efficace e funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione;
- assolvimento dei compiti di supporto per l’assegnazione e la ripartizione delle risorse ai dirigenti preposti ai centri di responsabilità, anche ai fini della verifica della gestione effettuata dagli appositi uffici, nonché del compito di promozione e sviluppo dei sistemi informativi;
- organizzazione degli uffici preposti al controllo interno, secondo le disposizioni del D.Lgs. 286/1999, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge, anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali;
- organizzazione del settore giuridico-legislativo che assicuri: il raccordo permanente con l’attività normativa del Parlamento e l’elaborazione di testi normativi del Governo che consentano la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l’applicabilità delle norme introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità indipendenti e con il Consiglio di Stato;
- attribuzione dell’incarico di Capo degli uffici di diretta collaborazione ad esperti, anche estranei all’amministrazione, dotati di elevata professionalità.
[38] D.L. 12 giugno 2001, n. 217, Modificazioni al D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, nonché alla L. 23 agosto 1988, n. 400, in materia di organizzazione del Governo, convertito, con modificazioni dalla L. 3 agosto 2001, n. 317.
[39] Tale ultima specificazione è stata introdotta dall’art. 1, comma 24, del più volte ricordato decreto D.L. 181/2006.
[40] Secondo la quale “appare indubitabile che il predetto articolo, nel testo vigente, si applichi ai magistrati amministrativi, ordinari e contabili e agli avvocati dello Stato”.
[41] Senato della Repubblica, 5ª Commissione permanente – Resoconto sommario della seduta n. 4 (pomeridiana) del 4 giugno 2008.
[42] D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[43] D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza.
[44] D.Lgs. 5 aprile 2002, n. 77, Disciplina del Servizio civile nazionale a norma dell’articolo 2 della legge 6 marzo 2001, n. 64.
[45] La L. 6 marzo 2001, n. 64 ha delegato il Governo alla istituzione del Servizio civile nazionale, da prestarsi esclusivamente su base volontaria a decorrere dalla data di sospensione del servizio militare di leva disposta dalla L. 331/2000 (originariamente fissata al 2007, poi anticipata al 2005 – v. infra), nella prospettiva della realizzazione di una riforma parallela a quella istitutiva del servizio militare professionale e volontario prevista dalla legge ora menzionata. Si ricorda che anteriormente – sempre nella XIII legislatura – era intervenuta la legge di riforma dell’istituto dell’obiezione di coscienza (L. 230/1998) che ha organicamente disciplinato tale istituto, abrogando contestualmente la normativa risalente al 1972.
[46] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[47] D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303, Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
[48] L. 8 luglio 1998, n. 230, Nuove norme in materia di obiezione di coscienza.
[49] Art. 1, co. 377, L. 244/2007.
[50] Con il D.P.C.M. 15 giugno 2006 è stata conferita la delega relativa alle funzioni di indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative in questo settore al Ministro senza portafoglio per le politiche giovanili e le attività sportive.
[51] Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.
[52] Alla data di redazione del presente dossier tale decreto non risulta ancora emanato.
[53] Disposizioni urgenti per il recepimento delle direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE e per l’adeguamento a decisioni in ambito comunitario relative all’assistenza a terra negli aeroporti, all’Agenzia nazionale per i giovani e al prelievo venatorio. Il suddetto decreto-legge è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2007, n. 15.
[54] Lo statuto dell’Agenzia nazionale per i giovani è stato emanato con D.P.R. 27 luglio 2007, n. 156. La dotazione organica dell’Agenzia è stata stabilita dal comma 4-bis dell’articolo 28 del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), convertito con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n. 222.
[55] L’articolo 1, comma 154 della legge 30 dicembre 2004n. 311 prevede che il 70 per cento della quota del Fondo speciale previsto al comma 153, a carico del Fondo nazionale per le politiche sociali, è destinato al finanziamento dei programmi e dei progetti del Forum nazionale dei giovani, con sede in Roma. Il restante 30 per cento è ripartito tra i Forum dei giovani regionali e locali proporzionalmente alla presenza di associazioni e di giovani sul territorio.La Corte costituzionale, con la sentenza n. 118 del 2006, ha dichiarato l’illegittimità del comma 153 perché lesiva dell’autonomia finanziaria delle Regioni, in quanto poneva vincoli per risorse in materia non riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
[56] Cfr. il comma 556 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come modificato dal comma 1293 dell’articolo1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).
[57] Cfr. l’articolo 1, comma 556, della legge 2 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006).
[58] Cfr. l’art. 19 del citato decreto-legge n. 223 del 2006 (Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
[59] Ai sensi della disposizione citata le funzioni in materia di politiche sociali e di assistenza, riguardano:
§i princìpi e gli obiettivi della politica sociale, nonché i criteri generali per la programmazione della rete degli interventi di integrazione sociale;
§gli standard organizzativi delle strutture interessate;
§gli standard dei servizi sociali essenziali;
§i criteri di ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali;
§la politica di tutela abitativa in favore delle fasce sociali deboli ed emarginate;
§l’assistenza tecnica, a richiesta degli enti locali e territoriali;
§i rapporti con gli organismi internazionali ed il coordinamento dei rapporti con gli organismi comunitari;
§i requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori sociali e per la relativa formazione;
§il controllo e la vigilanza amministrativa e tecnico-finanziaria sugli enti di previdenza e assistenza obbligatoria, sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e sui patronati.
[60] Cfr. il D.M. 30 ottobre 2007 n. 242, Regolamento recante «Istituzione e funzionamento dell’Osservatorio nazionale sulla famiglia.
[61] Cfr. in particolare l’articolo 1, commi 1250-1259 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) e successive modificazioni.
[62] Regolamento recante riordino dell’Osservatorio nazionale per l’infanzia e l’adolescenza e del Centro nazionale di documentazione e di analisi per l’infanzia, a norma dell’articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.
[63] Il Piano nazionale di azione per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva, per il biennio 2000-2001, è stato approvato con D.P.R. 13 giugno 2000, mentre il piano per il 2002-2004 con D.P.R. 2 luglio 2003.
[64] L. 28 novembre 2005, n. 246, Legge di semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005.
[65] Le consigliere ed i consiglieri di parità svolgono compiti di promozione e di controllo dell’attuazione dei principi di pari opportunità e di non discriminazione tra donne e uomini nel lavoro.
[66] L’attribuzione era stata prevista dall’art. 1, comma 19, lett. g) del D.L. 181/2006.
[67] L. 25 febbraio 1992, n. 215, Azioni positive per l’imprenditoria femminile.
[68] D.P.R. 14 maggio 2007, n. 101, Regolamento per il riordino della Commissione per l’imprenditoria femminile, operante presso il Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, a norma dell’articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.
[69] D.P.R. 28 luglio 2000, n. 314, Regolamento per la semplificazione del procedimento recante la disciplina del procedimento relativo agli interventi a favore dell’imprenditoria femminile (n. 54, allegato 1 della legge 59/1997.
[70] In proposito si ricorda che con il D.P.C.M. 8 maggio 2008, Conferimento di incarichi ai Ministri senza portafoglio, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 108 del 9 maggio 2008, al sen. dott. Roberto Calderoli è stato conferito l’incarico per la semplificazione normativa.
[71] L’art. 1, secondo co., lett. h) del D.P.C.M. 15 giugno 2006, Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione al Ministro senza portafoglio prof. Luigi Nicolais, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 158 del 10 luglio 2006, delegava il Ministro al coordinamento dell’attività amministrativa di semplificazione delle strutture e dei procedimenti, nonché della riorganizzazione consentita dal codice dell’amministrazione digitale, prevedendo altresì il suo concorso con il Presidente del Consiglio dei Ministri nella definizione del quadro normativo in materia di riordino e semplificazione.
[72] D.L. 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti nell’àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.
[73] In base all’art. 7, co. 4, del D.Lgs. 303/1999, le strutture di missione sono organismi amministrativi di durata determinata e finalizzati all’adempimento di specifici mandati assegnati dal Presidente del Consiglio.
[74] DPCM 12 settembre 2006, Costituzione dell’Unita’ per la semplificazione e la qualità della regolazione, di cui all’articolo 1, commi 22-bis e 22-ter, del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, denominata «Unita». Si veda anche il DPCM 5 dicembre 2006, Modifica dell’articolo 2 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 12 settembre 2006, riguardante la costituzione dell’Unita’ per la semplificazione e la qualità della regolazione, di cui all’articolo 1, commi 22-bis e 22-ter del decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233, denominata «Unita».
[75] L. 6 luglio 2002, n. 137, Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonché di enti pubblici.
[76] L. 28 novembre 2005, n. 246, Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005.
[77] In attuazione di tale previsione, il 14 dicembre 2007 il Governo ha trasmesso al Parlamento la relazione ivi prevista (Doc. XXVII, n. 7).
[78] D.L. 10 gennaio 2006, n. 4, Misure urgenti in materia di organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 marzo 2006, n. 80.
[79] Il Comitato è stato istituito con il D.P.C.M. 12 settembre 2006, il quale ha previsto (art. 2, co. 2) che esso sia composto dal Ministro per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, dal Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, dal Ministro per le politiche europee, dal Ministro per l’attuazione del programma di Governo, dal Ministro dell’interno, dal Ministro dell’economia e delle finanze, dal Ministro dello sviluppo economico e dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Segretario del Consiglio dei Ministri.
[80] Viene soppresso l’art. 1, co. 2, della L. 3 agosto 2007, n. 124, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.
[81] Art. 3, co. 1, L. 124/2007.
[82] Senato della Repubblica 1ª Commissione permanente - Resoconto sommario della seduta n. 2 (pomeridiana) del 27 maggio 2008.
[83] Considerazioni analoghe sono state svolte anche dal Ministro per i rapporti con il Parlamento nel corso dell’esame nell’Assemblea del Senato (v. Senato della Repubblica – Resoconto stenografico della 14a seduta (antimeridiana) del 5 maggio 2008). in quella sede, il rappresentante del Governo ha inoltre evidenziato come il Governo ha ritenuto, nell’affidare la delega ad una figura particolare, quale il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, abbia comunque voluto, nei fatti, rispettare lo spirito e la sostanza dell’esclusività della delega prevista dalla riforma dei Servizi.
[84] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 maggio 2008, Delega di funzioni al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretario del Consiglio medesimo, dott. Gianni Letta, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 4 giugno 2008.
[85] Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 ottobre 2007, Istituzione dell’ «Autorità delegata» per la sicurezza della Repubblica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 19 novembre 2007. Le funzioni di «Autorità delegata»vennero in quell’occasione attribuite dall’on. Enrico Micheli, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
[86] Con l’approvazione dell’emendamento 1.101, di iniziativa governativa.
[87] Senato della Repubblica – Resoconto stenografico della 14a seduta (antimeridiana) del 5 maggio 2008.
[88] Con l’approvazione dell’emendamento 1.100, di iniziativa governativa.
[89] Attraverso una novella all’art. 29, co. 3, lett. c), della L. 129/2007.
[90] Il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti è stato istituito dall’art. 10 della L. 117/1988. Modifiche alla sua composizione sono state apportate, dall’art. 18 della L. 205/2000 e dall’art. 1 del D.Lgs. 62/2006. Il Consiglio, cui la legge ha attribuito la competenza per i giudizi disciplinari e per i provvedimenti attinenti e conseguenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte dei conti, è composto dal Presidente della Corte (che lo presiede), dal procuratore generale della Corte dei conti, dal presidente aggiunto dalla Corte dei conti o, in sua assenza, dal presidente di sezione più anziano, da 4 componenti nominati dai Presidenti delle due Camere, di intesa tra loro, tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche o gli avvocati con 15 anni di esercizio professionale e da 10 magistrati. Con Deliberazione n. 8/08/2008 del 16 gennaio 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 6 febbraio 2008, n. 31, il Consiglio di Presidenza ha approvato un nuovo regolamento interno per il proprio funzionamento.
[91] L. 13 aprile 1988, n. 117, Risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati.
[92] L. 27 aprile 1982, n. 186, Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali.
[93] V. in particolare l’art. 4 della L. 20/1994 e l’art. 3, co. 2, del D.Lgs. 286/1999.
[94] R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, Approvazione del testo unico delle leggi sulla Corte dei conti.
[95] Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti. (Deliberazione n. 14/DEL/2000), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 156 del 6 luglio 2000, successivamente modificato dalla Deliberazione n. 2/DEL/2003 e dalla Deliberazione n. 1/DEL/2004.
[96] Regolamento per l’organizzazione ed il funzionamento degli uffici amministrativi e degli altri uffici con compiti strumentali e di supporto alle attribuzioni della Corte dei conti (Deliberazione n. 22/01/DEL).
[97] Regolamento concernente la disciplina dell’autonomia finanziaria della Corte dei conti. (Deliberazione n. 1/DEL/2001).
[98] L. 24 dicembre 2007, n. 244, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).
[99] Il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti è stato istituito dal ricordato art. 10 della L. 117/1988. Modifiche alla sua composizione sono state apportate, dall’art. 18 della L. 205/2000 e dall’art. 1 del D.Lgs. 62/2006. Il Consiglio, cui la legge ha attribuito la competenza per i giudizi disciplinari e per i provvedimenti attinenti e conseguenti che riguardano le funzioni dei magistrati della Corte dei conti, è composto dal Presidente della Corte (che lo presiede), dal procuratore generale della Corte dei conti, dal presidente aggiunto dalla Corte dei conti o, in sua assenza, dal presidente di sezione più anziano, da 4 componenti nominati dai Presidenti delle due Camere, di intesa tra loro, tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche o gli avvocati con 15 anni di esercizio professionale e da 10 magistrati. Con Deliberazione n. 8/08/2008 del 16 gennaio 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 6 febbraio 2008, n. 31, il Consiglio di Presidenza ha approvato un nuovo regolamento interno per il proprio funzionamento.
[100]L. 14 gennaio 1994, n. 20, Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti.
[101]Già l’art. 16, co. 1, della L. 400/1988 aveva previsto l’esclusione dal controllo preventivo di dei decreti del Presidente della Repubblica, adottati su deliberazione del Consiglio dei ministri, ai sensi degli articoli 76 e 77 della Costituzione. Il comma 13 dell’art. 3 della L. 20/1994 esclude inoltre dal controllo gli atti ed i provvedimenti emanati nelle materie monetaria, creditizia, mobiliare e valutaria.
[102]La fattispecie è da ritenersi superata a seguito dell’approvazione del D.Lgs. 430/1997, che ha fatto venir meno gli effetti impeditivi dei controlli effettuati dagli uffici del Ministero del tesoro presso i Ministeri.
[103] Art. 27 della L. 24 novembre 2000, n. 340, Disposizioni per la delegificazione di norme e per la semplificazione di procedimenti amministrativi - Legge di semplificazione 1999.
[104]La Corte costituzionale, con la sentenza n. 226/1976, ha riconosciuto alla Corte dei conti, nell’esercizio delle funzioni di controllo preventivo, il potere di sollevare in via incidentale eccezioni di legittimità costituzionale, assimilando sostanzialmente il procedimento di controllo ad un procedimento di natura giurisdizionale, sulla base della considerazione che la Corte dei conti “si trova come qualunque altro giudice a dover raffrontare i fatti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono”.