Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Bilancio dello Stato
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: (D18 - DOC. LVII, n. 5-bis) Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012
Riferimenti:
DOC LVII, N. 5-BIS     
Serie: Documenti e ricerche    Numero: 18
Data: 27/09/2012
Descrittori:
ECONOMIA NAZIONALE   FINANZA PUBBLICA

XVI legislatura

 

 

 

 

Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2012

(Doc. LVII, n. 5-bis)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Settembre 2012

n. 18

 


DOCUMENTAZIONE DI FINANZA PUBBLICA

 

 

 

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Il presente dossier è destinato alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari.

Si declina ogni responsabilità per l’eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

 

 

 


 


INDICE

 

1. Il quadro macroeconomico. 4

1.1 La congiuntura internazionale. 4

1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale. 7

2. Il quadro programmatico. 23

2.1 I saldi strutturali25

2.2 Gli obiettivi in termini di indebitamento netto. 26

2.3 L’evoluzione del debito. 28

3. Il bilancio programmatico dello Stato. 34

4. Il conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente. 48

4.1 La spesa al netto degli interessi48

4.2 Le entrate. 53

5. La spesa per interessi fabbisogno e debito. 60

5.1 La spesa per interessi60

5.2 Il fabbisogno e il debito pubblico. 63

 

 

 

Approfondimenti:

 


1. Avanzo primario strutturale e ciclo economico: l’analisi della fiscal stance..... 37

2. Le misure una tantum........................................................................................ 42

3. Il Patto di stabilità interno e il Patto di convergenza........................................ 56

4. Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano.............. 58

5. La recente evoluzione degli spread sui titoli di Stato e le condizioni di accesso al credito in Italia  70

6. Gli interventi della Bce sul mercato secondario dei titoli di Stato (OMTs)...... 72



Premessa

Il contenuto della Nota di aggiornamento del DEF

Sulla base del calendario previsto nell’ambito del Semestre europeo, la legge di contabilità pubblica n.196/2009 dispone che il processo di programmazione economica inizi il 10 aprile, data di presentazione alle Camere del Documento di Economia e Finanza (DEF), al fine di consentire al Parlamento di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l’invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma (PNR) contenuti nel DEF.

 

Sulla base del PNR e del Patto di Stabilità contenuti nel DEF, il 30 maggio 2012 la Commissione europea ha elaborato le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati. Nel mese di luglio, il Consiglio ECOFIN ha provveduto ad esaminare ed approvare le raccomandazioni della Commissione, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno[1].

 

Anche al fine di tener conto delle raccomandazioni formulate dalle autorità europee, la legge di contabilità prevede la presentazione, entro il 20 settembre di ogni anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza.

Tale nota costituisce uno degli strumenti nei quali si articola il ciclo di bilancio, la cui presentazione è pertanto obbligatoria, in base a quanto dispone l’articolo 7 della sopra richiamata legge di contabilità n.196/2009, posto che la sua presentazione non è più eventuale né connessa al verificarsi di eventuali scostamenti degli andamenti di finanza pubblica.

 

L’articolo 10-bis della legge di contabilità prevede che la Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza contenga:

-        l’eventuale aggiornamento delle previsioni macro-economiche e di finanza pubblica per l’anno in corso e per il periodo di riferimento, nonché le eventuali modifiche e integrazioni al DEF conseguenti alle raccomandazioni del Consiglio europeo relative al Programma di stabilità e al PNR,

-        l’eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici individuati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra lo Stato e le amministrazioni territoriali ovvero di recepire le indicazioni contenute nelle raccomandazioni eventualmente formulate dalla Commissione europea;

-        l’obiettivo di saldo netto da finanziare del bilancio dello Stato e di saldo di cassa del settore statale;

-        il contenuto del Patto di stabilità interno e le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto del Patto medesimo, nonché il contenuto del Patto di convergenza, e le misure volte a realizzare il percorso di convergenza previsto dall'articolo 18 della legge n. 42/2009 di attuazione del federalismo fiscale;

-        l’indicazione di eventuali disegni di legge collegati.

 

In coerenza con quanto previsto per la presentazione del DEF[2], qualora si renda necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, il Governo è tenuto ad inviare, entro il 10 settembre, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi. Le linee guida sono altresì trasmesse, entro il 10 settembre, alle Camere, cui è in seguito trasmesso anche il parere espresso su di esse dalla Conferenza.

Alla Nota di aggiornamento del DEF sono allegate, sulla base dell’articolo 10-bis della legge di contabilità, le relazioni programmatiche sulle spese di investimento per ciascuna missione di spesa del bilancio dello Stato e le relazioni sullo stato di attuazione delle relative leggi pluriennali (Doc. LVII n.5-bis – Allegato I, vol. 1 e 2).

Si ricorda che in allegato alle predette relazioni, il Ministro dell'economia e finanze è tenuto a presentare un quadro riassuntivo di tutte le leggi di spesa a carattere pluriennale, con indicazione, per ciascuna legge, degli eventuali rinnovi e della relativa scadenza e delle somme complessivamente autorizzate, indicando quelle effettivamente erogate e i relativi residui di ciascun anno, nonché quelle che restano ancora da erogare;

In apposita sezione del suddetto quadro riassuntivo, deve essere altresì esposta la ricognizione puntuale di tutti i contributi pluriennali iscritti nel bilancio dello Stato, con specifica indicazione di quelli attivati e delle eventuali ulteriori risorse, anche non statali, che concorrono al finanziamento dell'opera, nonché dell’ammontare utilizzato.

 

Si segnala, altresì, che in allegato alla Nota dovrebbe pervenire il Programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge obiettivo - le cui linee guida sono già state presentate in allegato al Documento di economia e finanze di aprile 2012 - predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Si osserva, al riguardo, che l’articolo 10 della legge di contabilità nazionale prevede che il programma delle infrastrutture strategiche di cui alla legge obiettivo sia presentato in allegato al DEF.

 

Con riferimento alla Nota di aggiornamento del DEF 2012, si ricorda che, a seguito dell’avvio del programma di spending review, attuato con il D.L. 7 maggio 2012, n. 52, nell’ambito della risoluzione parlamentare di approvazione della Nota medesima dovrebbero anno essere indicati i disegni di legge collegati mediante cui attuare il predetto programma.

La Nota illustra come l’attività ordinaria di revisione della spesa delle Amministrazioni centrali dello Stato, condotta dai Ministeri con il coordinamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze[3], sia stata rafforzata con l’entrata in vigore delle misure adottate con il decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, che, secondo quanto illustrato nella Nota, determinano la riduzione netta della spesa delle Amministrazioni pubbliche di circa 4 miliardi nel 2012, 6,8 miliardi nel 2013 e, in termini cumulati, 10,3 miliardi a partire dal 2014.


1. Il quadro macroeconomico

La Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza 2012 presenta una revisione al ribasso delle stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso e per gli anni successivi, in considerazione del deterioramento dello scenario macroeconomico manifestatosi nel corso dell’anno, rispetto alle previsioni formulate ad aprile, a seguito dell’acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano e per effetto dell’incertezza che ha caratterizzato il contesto dell’area dell’euro.

1.1 La congiuntura internazionale

La Nota evidenzia come, negli ultimi mesi, lo scenario macroeconomico internazionale abbia subito un deterioramento.

Nel secondo trimestre dell’anno, infatti, il commercio e la produzione mondiale hanno registrato un rallentamento rispetto al ritmo di espansione del primo trimestre.

L’attività economica mondiale, in realtà, anche nel primo trimestre ha comunque manifestato un ritmo moderato, frenato dalla stagnazione in Europa e dal rallentamento negli Stati Uniti.

La debolezza della domanda dei paesi avanzati ha, inoltre, provocato un rallentamento anche nelle principali economie emergenti[4].

 

L’indebolimento congiunturale dell’economia nel 2012 delle principali aree sviluppate è stato oggetto di esame da parte dell’OCSE, nell’Interim Assessment del 6 settembre 2012. L’OCSE rileva, in particolare, come i recenti indicatori mostrino un rallentamento della crescita economica mondiale e del commercio nel corso della prima parte dell’anno, come riflesso della debolezza della domanda nella gran parte delle economie avanzate, specialmente nell’Area dell’euro. A tale riguardo, l’OCSE rileva come l’assestamento economico finanziario dell’area euro sia tuttavia lento e costoso; pertanto, la perdita di slancio dell’economia è stimata persistere.

In particolare, per ciò che attiene ai dati congiunturali, l’OCSE indica una crescita del PIL dei paesi G7 pari, nel secondo trimestre, allo 0,9 per cento e inferiore di circa 1 punto percentuale rispetto al trimestre precedente (+1,8 per cento). Per gli Stati Uniti, la cui crescita nel secondo trimestre 2012 ha subito un rallentamento (+1,7 per cento, a fronte di +2,0 per cento del primo trimestre), l’Istituto ipotizza una ripresa nell’ultima parte dell’anno (in media del 2,2 per cento). Per il Giappone, che ha subito anch’esso un rallentamento nel secondo trimestre dell’anno (+1,4 per cento rispetto al +5,5 per cento del primo trimestre), si ipotizza nell’ultima parte dell’anno una forte contrazione della crescita (-2,3 per cento nel terzo trimestre e 0 nel quarto).

Per i paesi europei, i dati relativi alla prima parte dell’anno 2012 si attestano su valori più negativi. In particolare, Italia, Francia e Regno Unito hanno registrato una contrazione della crescita nei primi due trimestri, che, secondo i dati congiunturali dell’OCSE, andrebbe attenuandosi soltanto verso la fine dell’anno. Per l’Italia, tuttavia, si stimano ancora nel quarto trimestre dell’anno valori negativi. Soltanto la Germania, nella prima parte dell’anno ha registrato valori di crescita positivi (+2,0 per cento nel primo trimestre e +1,1 per cento nel secondo); tuttavia, anche per essa l’OCSE prefigura una contrazione del prodotto interno lordo nell’ultima parte dell’anno (-0,5 e -0,8 per cento, rispettivamente, nel terzo e quarto trimestre).

 

Secondo le ultime proiezioni del Fondo monetario internazionale (FMI), diffuse nel World Economic Outlook Update del 16 luglio 2012, il PIL mondiale è previsto crescere all’incirca del 3,5 per cento nel 2012 e del 3,9 per cento nel 2013, circa mezzo punto in meno rispetto a quanto previsto in primavera.

 

Tabella 1.1

Andamento del PIL e del commercio mondiale                                                    (variazioni percentuali)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

PIL mondiale
(dati FMI)

5,3

3,9

3,5

3,9

 

 

Prezzo del petrolio
(Drent FOB dollari/Barile)

80,2

111,3

113,2

115,4

115,4

115,4

Commercio mondiale

12,8

5,9

3,3

5,1

6,1

6,4

Cambio dollaro/euro

1,327

1,392

1,272

1,242

1,242

1,242

Fonte:PIL mondiale: FMI, World Economic Outlook (Update, luglio 2012); prezzo del petrolio, commercio mondiale e cambio dollaro/euro: Nota di aggiornamento del DEF 2012 (settembre 2012).

 

 

La Nota evidenzia come, secondo le principali organizzazioni internazionali, il rallentamento diffuso sia dovuto, da un lato, alle criticità legate alla gestione della crisi dei debiti sovrani dei paesi dell’area dell’euro, dall’altro, ai timori legati alle imminenti decisioni di politica fiscale negli Stati Uniti.

A tale ultimo riguardo, la Banca Centrale europea, nel Monthly Bullettin di settembre 2012, afferma che il cd. fiscal cliff[5](o inasprimento fiscale) rappresenta un rischio per le prospettive di crescita degli Stati Uniti. La stima dell’impatto economico del fiscal cliff è complicata dall’incertezza riguardo all’entità dei moltiplicatori di bilancio; tuttavia, la normativa americana attualmente vigente farebbe prevedere un inasprimento fiscale corrispondente a circa 4,1 per cento del PIL nel 2013[6]. Quest’ultimo rischio potrebbe materializzarsi a partire dal prossimo gennaio, quando, in assenza di accordo su un piano di consolidamento fiscale a medio termine, scadrebbero simultaneamente numerosi sgravi fiscali e scatterebbero i tagli automatici alla spesa pubblica concordati nell’agosto del 2011.

 

In effetti, il riemergere, da aprile, delle tensioni sui mercati finanziari, e, in particolare, delle criticità nella gestione del debito sovrano da parte dei paesi dell’area dell’euro - con un nuovo allargamento dei differenziali tra i rendimenti delle obbligazioni emesse da alcuni Stati europei rispetto ai bund tedeschi – ha determinato, nel complesso, un deterioramento delle prospettive di crescita dell’economia europea.

Nel secondo trimestre del 2012, infatti, il PIL dell’area dell’euro è diminuito dello 0,2 per cento rispetto all’andamento già “piatto” del trimestre precedente.

La riduzione del PIL è stata registrata, negli stessi termini percentuali, per l’intera Unione europea[7].

 

Sulla base dei risultati congiunturali forniti da Eurostat, la Banca Centrale Europea, nel Monthly Bullettin di settembre 2012, ha rivisto al ribasso le prospettive di crescita dell’area euro, stimando una contrazione dell’economia dell’area nel 2012 compresa tra -0,6 e -0,2 per cento (rispetto all’intervallo da -0,5 a +0,3 per cento del mese di giugno) e nel 2013 tra -0,4 e +1,4 per cento (rispetto allo 0,0 e 2,0 di giugno), in considerazione delle tensioni in diversi mercati finanziari dell’area e alla loro potenziale propagazione all’economia reale.

 

L’influenza negativa dei recenti sviluppi della recessione nell’area euro sull’economia globale è stata sottolinea dall’OCSE, nell’Interim Assessment del 6 settembre prima citato, che mette in rilievo come essa si sia propagata su tutte le economie interne e esterne all’OCSE attraverso i canali del commercio e della fiducia.

Secondo l’OCSE, la crisi dell’area euro rappresenta ancora il più importante fattore di rischio nell’economia globale, che necessita di ulteriori azioni politiche volte ad infondere maggiore fiducia nell’Unione monetaria europea.

 

A tale riguardo, la Nota mette in rilievo come, dall’inizio dell’estate, per salvaguardare la stabilità economica dell’area, le autorità europee abbiano lavorato per introdurre nuovi strumenti atti a contrastare le pressioni sui debiti sovrani dell’area e ristabilire il corretto funzionamento dei mercati (ricapitalizzazione delle banche spagnole attraverso l’EFSF/ESM; dichiarazione della Banca Centrale Europea in merito alla possibilità di procedere all’acquisto illimitato di titoli a breve termine degli Stati membri, in particolare di quelli con scadenze inferiori ai tre anni).

 

La tabella che segue indica le stime di crescita aggiornate elaborate dall’OCSE per i principali paesi europei nel 2012, nonché per USA e Giappone.

 

Tabella 1.2

Analisi del PIL mondiale 2011-2012                                       (variazioni percentuali)

 

2011

2012

Stati Uniti

1,8

2,3

Giappone

-0,8

2,2

Germania

3,1

0,8

Francia

1,7

0,1

Italia

0,5

-2,4

Regno Unito

0,8

-0,7

                         Fonte: Ocse, Interim Assessment, 6 settembre 2012

1.2 Lo scenario macroeconomico nazionale

Per quanto concerne l’Italia, la Nota di aggiornamento rivede il quadro macroeconomico per l’anno in corso e per il triennio 2013-2015, evidenziando un andamento dell’economia italiana meno favorevole rispetto alle previsioni formulate nel DEF presentato ad aprile 2012.

 

In particolare, per il 2012 la contrazione del PIL italiano è stimata pari al 2,4 per cento rispetto all’1,2 per cento precedentemente indicato.

 

Secondo i conti economici trimestrali diffusi dall’ISTAT, nel secondo trimestre del 2012 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,8%, rispetto al trimestre precedente, e del 2,6% nei confronti del secondo trimestre del 2011.

La variazione acquisita per il 2012 è pari a -2,1%.

Rispetto al trimestre precedente, i principali aggregati della domanda interna risultano in diminuzione in misura significativa, con un calo dello 0,7% per i consumi finali nazionali e del 2,3% per gli investimenti fissi lordi. Anche le importazioni hanno subito una flessione dello 0,4%. Soltanto le esportazioni continuano a manifestare un andamento positivo, con un aumento dello 0,2%.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto un punto percentuale alla crescita del PIL (-0,6 i consumi delle famiglie e -0,4 gli investimenti fissi lordi), mentre il contributo della domanda estera netta è stato positivo per 0,2 punti percentuali.

In tale quadro, tutti e tre i grandi comparti di attività economica registrano una diminuzione congiunturale del valore aggiunto (-1,9% per l’agricoltura, -1,6% per l’industria e -0,5% per i servizi) (Fonte: Comunicato ISTAT del 10 settembre 2012).

 

Una contrazione è attesa anche per il 2013, anno in cui il PIL è previsto ridursi dello 0,2 per cento, principalmente per l’effetto di trascinamento del calo registrato l’anno precedente. Secondo la Nota, al netto del trascinamento negativo ereditato dall’anno precedente, la crescita propria dell’anno sarebbe, infatti, positiva, pari a +0,4 per cento, con un andamento del PIL in crescita già a partire dal primo trimestre.

 

Negli anni successivi l’attività economica tornerebbe a crescere, dell’1,1 per cento nel 2014 e dell’1,3 per cento nel 2015, beneficiando soprattutto del miglioramento della domanda mondiale.

Secondo la Nota, a partire dal 2014 comincerebbero, inoltre, ad emergere gli effetti positivi determinati dai recenti provvedimenti varati dal Governo.

 

Tabella 1.3

Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF sulle previsioni di crescita del PIL

                                                                                                                                    (variazioni percentuali)

 

DEF 2012
aprile 2012

Nota agg. DEF 2012
settembre 2012

 

2012

2013

2014

2015

2012

2013

2014

2015

PIL

-1,2

0,5

1,0

1,2

-2,4

-0,2

1,1

1,3

 

 

Il rallentamento dell’economia italiana nell’anno in corso è imputato all’effetto congiunto di fattori esogeni – come il generale indebolimento della crescita economica mondiale – e fattori interni, quali le manovre di consolidamento dei conti pubblici adottate finora dal Governo anche per contrastare le tensioni sui titoli di Stato nazionali.

Come riportato nella Nota, infatti, la congiuntura economica italiana, già penalizzata nel breve periodo dalle necessarie misure di consolidamento fiscale, è stata ulteriormente colpita dalle tensioni sui mercati finanziari e sul credito, che hanno comportato, oltre all’ampliamento dei divari tra i rendimenti dei titoli di Stato italiani e di quelli tedeschi, una elevata volatilità degli spread che ha scoraggiato gli investitori internazionali a detenere titoli italiani.

Il grafico che segue mostra l’andamento dello “spread” Italia-Germania sui titoli di Stato decennali nel corso dell’ultimo anno.

 

Grafico 1.1

Andamento del differenziale Italia-Germania sui titoli di Stato decennali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Fonte: Bloomberg, settembre 2012.

 

 

Della situazione hanno sofferto gli istituti di credito operanti sul mercato interno, che hanno visto aumentare in maniera rilevante i propri costi di approvvigionamento, con una conseguente traslazione sui tassi di finanziamento alle famiglie e alle imprese.

Inoltre, la crescita dell’offerta di credito al settore privato è gradualmente rallentata fino a dare alcuni segnali di contrazione.

 

Il grafico che segue illustra l’andamento dei prestiti ai residenti in Italia negli ultimi anni.

 

 

Grafico 1.2

Prestiti bancari ai residenti in Italia                                                  (variazione percentuale sui 12 mesi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Banca d’Italia, settembre 2012 – Supplemento al Bollettino Statistico “Moneta e banche”).

 

 

L’economia reale italiana, dunque, già appesantita da un ciclo economico internazionale che si è andato indebolendo e da un deterioramento della fiducia delle famiglie e degli operatori economici, ne è risultata, conclude la Nota, ulteriormente penalizzata.

 

I grafici che seguono evidenziano, per l’Italia, l’andamento della consistenza dei titoli di Stato per categorie di investitori e i relativi rendimenti (Fonte: Banca d’Italia, L’economia in breve, settembre 2012).

 

Grafico 1.3

Consistenze dei titoli di Stato                                                                                         (valori percentuali)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Grafico 1.4

Titoli di Stato benchmark                                                                            (valori medi)        

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


La Nota, infine, rileva come il peggioramento del quadro macroeconomico per il 2012 per l’Italia e la revisione al ribasso delle proiezioni di crescita per gli anni 2013-2015 determinino una riduzione del profilo di crescita del prodotto potenziale[8] rispetto alle stime riportate nel DEF 2012, anche per effetto delle metodologie di calcolo adottate in sede europea.

Rispetto alle stime riportate nel DEF 2012, l’output gap risulta essere negativo e più ampio lungo tutto l’orizzonte di previsione.

 

Tabella 1.4

Confronto tra DEF e Nota di aggiornamento del DEF del tasso di crescita del PIL potenziale (variazione percentuale) e dell’output gap (in percentuale del PIL).

                                                                                                                                                                               

 

2011

DEF 2012
aprile 2012

Nota agg. DEF 2012
settembre 2012

2012

2013

2014

2015

2012

2013

2014

2015

PIL potenziale

  0,0

-0,3

0,0

0,2

0,4

-0,6

-0,2

0,0

0,2

Output gap

-2,0

-3,0

-2,6

-1,8

-1,0

-3,7

-3,8

-2,7

-1,7

Fonte: DEF 2012: Tavola III.8 – La finanza pubblica corretta per il ciclo. Nota di aggiornamento del DEF 2012. Tavola 5 – La finanza pubblica corretta per il ciclo.

 

Analisi delle componenti del quadro macroeconomico italiano

 

Nella tabella che segue è riportato il quadro macroeconomico complessivo esposto nella Nota, posto a raffronto con le previsioni elaborate ad aprile nel Documento di economia e finanza 2012.

 

Tabella 1.5

Il quadro macroeconomico                                                                           (variazioni percentuali)

 

DEF 2012
aprile 2012

Nota agg. DEF 2012
settembre 2012

 

2012

2013

2014

2015

2012

2013

2014

2015

PIL

-1,2

0,5

1,0

1,2

-2,4

-0,2

1,1

1,3

Importazioni

-2,3

2,2

3,6

3,9

-6,9

1,7

3,5

3,9

Consumi finali nazionali

-1,5

-0,1

0,3

0,5

-2,6

-0,7

0,3

0,6

- spesa delle famiglie

-1,7

0,2

0,5

0,7

-3,3

-0,5

0,6

0,8

Investimenti fissi lordi

-3,5

1,7

2,5

2,8

-8,3

0,1

2,6

2,8

- macchinari, attrezzature, vari

-5,5

2,6

4,0

4,3

-10,6

0,9

4,2

4,4

- costruzioni

-1,6

0,8

1,0

1,2

-6,1

-0,6

1,0

1,2

Esportazioni

1,2

2,6

4,2

4,6

1,2

2,4

3,9

4,2

Occupazione (ULA)

-0,6

0,1

0,4

0,6

-1,2

-0,3

0,4

0,6

Tasso di disoccupazione

9,3

9,2

8,9

8,6

10,8

11,4

11,3

10,9

Deflatore PIL

1,8

1,9

1,9

1,9

1,4

1,4

1,9

1,9

Deflatore dei consumi

2,8

2,1

1,9

1,9

2,6

2,0

1,9

1,9

Inflazione programmata

1,5

1,5

1,5

1,5

1,5

1,5

1,5

1,5

 

 

Come si evince dalla tabella, rispetto alle previsioni contenute nel DEF 2012, tutte le variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento. La recessione si prolunga nel tempo, investendo anche il 2013, anche per effetto del trascinamento negativo ereditato nel 2012, e la ripresa è rinviata alla primavera prossima.

 

Il grafico seguente mostra l’andamento delle principali variabili del quadro macroeconomico dal 2008 sino alla fine del periodo di previsione indicato nella Nota.

 

Grafico 1.5

Conto economico delle risorse e degli impieghi                                     (variazioni % a prezzi costanti)

Consumi finali nazionali

Per quanto concerne il dettaglio delle proiezioni sulla crescita del PIL, la Nota stima i consumi finali nazionali in rallentamento rispetto alle previsioni di aprile.

In particolare, nell’anno in corso, la domanda interna risulterebbe particolarmente debole. I consumi finali si ridurrebbero del -2,6 per cento nel 2012 – ben più del -1,5 stimato nel DEF - e continuerebbero a contrarsi anche nell’anno successivo, attestandosi a -0,7 per cento.

Soltanto a partire dal 2014 i consumi tornerebbero su valori positivi, pari a +0,3 per cento nel 2014 e +0,6 per cento nel 2015, in linea con quanto ipotizzato ad aprile.

In tale ambito, la spesa delle famiglie residenti scenderebbe del -3,3 per cento nel 2012, mantenendosi negativa anche nell’anno successivo. Nel biennio 2014-2015 si ipotizza una lenta ripresa. Sulle decisioni di spesa delle famiglie – osserva la Nota - inciderebbero l’andamento del mercato del lavoro e quello del reddito disponibile, in un contesto di fiducia attualmente ai minimi storici.

 

A tale ultimo riguardo, si evidenza come i dati ISTAT confermino gli andamenti sfavorevoli del clima di fiducia degli operatori già registrati nei mesi precedenti, rivelando un ulteriore calo sia della fiducia dei settori produttivi, sia di quella dei consumatori.

 

Grafico 1.6

Clima di fiducia dei consumatori

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Banca d’Italia, Bollettino economico n. 69, luglio 2012.

 

Per ciò che concerne, in particolare, l’indice del clima di fiducia dei consumatori, nei più recenti dati ISTAT del settembre 2012, si evidenzia un indice di fiducia che passa da 86,1 a 86,2. Crescono leggermente sia la componente riferita al clima economico generale (da 69,5 a 71,0) sia, in misura più limitata, quella relativa al clima personale (da 92,0 a 92,3). L'indicatore del clima corrente è stabile a 94,0, quello riferito alla situazione futura aumenta lievemente (da 76,7 a 76,9).

I giudizi sulla situazione economica dell'Italia risultano in lieve peggioramento (il saldo passa da -134 a -136), mentre le aspettative future migliorano in misura significativa (da -66 a -56). Le attese sulla disoccupazione sono in aumento (da 112 a 114 il saldo). Le opinioni sulla situazione economica della famiglia peggiorano (da -65 a -75 il saldo), mentre le attese restano stabili (-36) (Comunicato ISTAT 25 settembre 2012).

Anche per ciò che attiene all'indice composito del clima di fiducia delle imprese italiane (economic sentiment indicator) le informazioni diffuse dall’Istituto di statistica segnano un segno meno: ad agosto, tale indicatore è passato da 82,0 a 78,5.

La riduzione dell'indice complessivo è determinata in larga parte dal calo della fiducia rilevato nelle imprese dei servizi, del commercio e delle costruzioni, a fronte di una sostanziale stabilità di quella del settore manifatturiero (Comunicato ISTAT, Clima di fiducia delle imprese, 30 agosto 2012).

 

 

Investimenti

Nell’anno in corso gli investimenti fissi lordi sono attesi in netta riduzione, -8,3 per cento rispetto al -3,5 per cento stimato ad aprile.

Negli anni successivi, gli investimenti fissi lordi si attesterebbero allo 0,1 per cento nel 2013 (rispetto all’ 1,7 per cento previsto per il 2013 nel DEF), per poi risalire al 2,6 per cento nel 2014 e al 2,8 per cento nel 2015.

La revisione al ribasso delle previsioni è ascrivibile soprattutto alla dinamica negativa degli investimenti in macchinari e attrezzature (-10,6 per cento), particolarmente sensibili alla congiuntura. La ripresa per essi comincia, tuttavia, a manifestarsi già a partire dal 2013, per poi consolidarsi negli anni successivi.

Il settore delle costruzioni continua a manifestareuna forte debolezza, più ampia rispetto a quanto ipotizzato nel DEF di aprile.

Gli investimenti in costruzioni, infatti, continuano ancora, nel biennio 2012-2013 a risentire della crisi immobiliare, risultando in diminuzione del -6,1 per cento nel 2012 (rispetto al -1,6 per cento stimato nel DEF) e del -0,6 per cento nel 2013 (anno in cui il DEF prevedeva un inversione di tendenza del settore, stimando una crescita dello 0,8 per cento). Un lieve recupero è ora previsto soltanto a partire dal 2014 (+1,0 per cento).

In relazione al settore, gli indicatori più recenti mostrano, in particolare, un indebolimento sia della produzione, sia delle transazioni nel comparto residenziale. Un lieve recupero è previsto per il biennio 2014-2015.

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT a luglio 2012, l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è diminuito, rispetto a giugno 2012, del 2,2%. Nella media del trimestre maggio-luglio l’indice ha registrato una flessione dell’1,4% rispetto al trimestre precedente. L’indice corretto per gli effetti di calendario a luglio 2012 è diminuito in termini tendenziali del 14,2%. Nella media dei primi sette mesi dell’anno la produzione si è ridotta del 13,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (ISTAT, Produzione nelle costruzioni, 30 agosto 2012). Più recenti dati dell’Istituto di statistica segnalano, inoltre, come nel primo trimestre 2012, le compravendite di unità immobiliari sono diminuite del 16,9% su base annua. In particolare, le compravendite di immobili ad uso residenziale sono scese del 17,2% e dell’11,8% quelle ad uso economico (Comunicato ISTAT del 25 settembre 2012).

Per quanto concerne la produzione industriale, secondo i dati ISTAT a luglio 2012 l'indice destagionalizzato della produzione industriale è diminuito dello 0,2% rispetto a giugno. Nella media del trimestre maggio-luglio l'indice ha registrato una flessione dell'1,2% rispetto al trimestre precedente.

Corretto per gli effetti di calendario, a luglio l'indice è diminuito in termini tendenziali del 7,3%. Nella media dei primi sette mesi dell'anno, la produzione è diminuita del 7,0% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.

Per quanto concerne invece fatturato e ordinativi dell’industria, sempre secondo i dati ISTAT, a luglio 2011 il fatturato dell'industria è cresciuto, al netto della stagionalità, dell'1,2% rispetto a giugno, con una crescita dello 0,3% sul mercato interno e del 3,0% su quello estero. Nella media degli ultimi tre mesi, l'indice totale scende del 2,4% rispetto ai tre mesi precedenti. Corretto per gli effetti di calendario il fatturato totale diminuisce in termini tendenziali del 5,3%, con un calo del 9,1% sul mercato interno ed un aumento del 2,6% su quello estero.

Per quel che riguarda gli ordinativi totali, si registra una crescita congiunturale del 2,9%, sintesi di aumenti del 2,3% degli ordinativi interni e del 3,7% di quelli esteri. Nella media degli ultimi tre mesi gli ordinativi totali aumentano dell'1,1% rispetto al trimestre precedente. Nel confronto con il mese di luglio 2011, l'indice grezzo degli ordinativi segna un calo del 4,9%.(Fonte: Comunicato ISTAT 20 settembre 2012).

 

Il grafico che segue mostra l’andamento della produzione industriale in Italia negli ultimi anni.

 

Grafico 1.7

Produzione industriale e tendenza degli ordini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Banca d’Italia, L’economia italiana in breve, settembre 2012

 

 

 

Commercio estero

Per ciò che concerne gli scambi con l’estero, le esportazioni nette, sebbene frenate nel breve periodo dal rallentamento del commercio mondiale, si mantengono positive in tutto l’orizzonte di previsione.

Il contributo alla crescita del PIL delle esportazioni nette si mantiene ampio, pari al 2,3 per cento nel 2012 e allo 0,2 per cento in tutto il periodo successivo, come conseguenza di una domanda interna ancora molto debole che riduce in modo rilevante le importazioni nel 2012 e le mantiene basse nel 2013.

 

In particolare, le esportazioni sono previste crescere nell’anno in corso dell’1,2 per cento in linea con quanto previsto nel DEF, fornendo in tal modo un contributo positivo alla crescita.

Un rallentamento, rispetto alla previsione di aprile, si registrerebbe negli anni successivi, in cui la crescita delle esportazioni si attesterebbe a un livello medio del 3,5 per cento rispetto al 3,8 per cento ipotizzato nel DEF.

 

Le importazioni sono invece stimate contrarsi fortemente nell’anno in corso, attestandosi al -6,9 per cento, un risultato più negativo rispetto a quello prospettato nel DEF di aprile. Per gli anni successivi è prevista una graduale ripresa.

 

Il disavanzo corrente della bilancia dei pagamenti registrerebbe, nel periodo di previsione, un lento miglioramento, grazie all’andamento degli scambi commerciali (da -1,4 per cento del PIL nel 2012 al -1,0 per cento nel 2015).

 

Per quanto concerne il commercio estero, secondo i dati ISTAT, a luglio 2012 si rileva un aumento congiunturale per entrambi i flussi commerciali, più accentuato per l'import (+2,9%) rispetto all'export (+0,3%).

L'aumento congiunturale dell'export è spiegato dalla crescita delle vendite verso i paesi UE (+0,8%), mentre l'export verso l'area extra UE è in lieve diminuzione (-0,3%).

A luglio l'aumento tendenziale del valore delle esportazioni (+4,3%) deriva da incrementi sia dei valori medi unitari (+3,8%) sia, in misura più contenuta, dei volumi (+0,5%). La riduzione tendenziale del valore delle importazioni (-4,3%) è determinata da una significativa flessione dei volumi (-7,0%), mentre i valori medi unitari registrano un incremento del 2,9%.

Il saldo commerciale di luglio è pari a +4,5 miliardi, con avanzi sia con i paesi UE (+2,7 miliardi) sia con quelli extra UE (+1,8 miliardi)(Fonte: Comunicato ISTAT 17 settembre 2012).

Mercato del lavoro

Per quanto concerne il mercato del lavoro, la Nota di aggiornamento espone gli ultimi dati congiunturali disponibili sull’andamento del tasso di disoccupazione, rilevando come esso, nel mese di luglio, abbia raggiunto il 10,7 per cento (dato destagionalizzato), in aumento di 2,5 punti rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Tale vistoso incremento sarebbe essenzialmente da attribuire all’aumento dell’offerta di lavoro. Infatti, rileva la Nota, contrariamente alla crisi del 2008-2009, la ricerca di lavoro si è intensificata negli ultimi mesi. A tale incremento avrebbe inoltre contribuito anche il rinvio dei pensionamenti, indotto dalle riforme previdenziali adottate.

Secondo i dati congiunturali diffusi dall’ISTAT, nel secondo trimestre 2012 le persone in cerca di occupazione sarebbero aumentate del 6,1% rispetto al trimestre precedente. L’incremento del secondo trimestre 2012 – rapportato al corrispondente periodo dell’anno precedente – risulterebbe pari al 38,9 % (ISTAT, Comunicato “Occupati e disoccupati” del 31 agosto 2012).

Tale incremento - che fa seguito ad un analogo incremento nel primo trimestre dell’anno (+30,0) - sembrerebbe evidenziare il manifestarsi di un generale aumento della partecipazione al mercato del lavoro, come risultato di una intensificazione degli sforzi tesi alla ricerca di occupazione, a causa delle maggiori difficoltà economiche e del peggioramento dei bilanci familiari. Nella attuale fase recessiva tale aumento sembra tuttavia tradursi, almeno nel breve periodo, in una maggiore disoccupazione.

 

Di conseguenza, sulla base degli andamenti congiunturali, la Nota rivede in senso peggiorativo le stime del tasso di disoccupazione, il quale si attesterebbe nel 2012 al 10,8 per cento (un valore più alto di circa 1,5 punti percentuali rispetto alle previsioni di aprile) e registrerebbe una ulteriore crescita nel 2013, raggiungendo l’11,4 per cento.

Nel biennio successivo il tasso dovrebbe tornare a ridursi, fino al 10,9 per cento nel 2015.

 

Gli occupati, misurati in unità standard di lavoro (ULA), sono previsti ridursi nel 2012 di -1,2 per cento, in peggioramento di 0,6 punti percentuali rispetto alla stima di aprile.

Nel triennio 2013-2015, l’occupazione (ULA) mostrerebbe segnali di ripresa. In particolare, nel 2013, l’occupazione, pur rimanendo negativa, si attesterebbe su un valore pari a -0,3 per cento.

Nel biennio successivo, essa tornerebbe, invece, a crescere, raggiungendo +0,4 per cento nel 2014 e +0,6 per cento nel 2015 –attestandosi così, nell’ultimo biennio dell’arco previsionale, sugli stessi valori già previsti dal Governo ad aprile.

 

Secondo i dati diffusi dall’ISTAT, nel secondo trimestre 2012 il numero degli occupati diminuisce in termini tendenziali dello 0,2 per cento. L'aumento dell'occupazione più adulta (di almeno 50 anni), soprattutto a tempo indeterminato, si contrappone al persistente calo su base annua di quella più giovane e dei 35-49enni.

Prosegue la dinamica negativa degli occupati a tempo pieno (-2,3 per cento). La caduta tendenziale, particolarmente accentuata nelle costruzioni e nei servizi alle imprese, interessa sia l'occupazione dipendente a carattere permanente sia quella autonoma full-time. Gli occupati a tempo parziale continuano a crescere in misura ancora sostenuta (+10,9 per cento), e si tratta in gran parte di part-time involontario.

L'industria in senso stretto accentua la flessione, con un calo tendenziale del 2,2%, concentrato nelle imprese medio - grandi. Non si arresta la riduzione degli occupati nelle costruzioni (-5,1 per cento). Il terziario registra una variazione positiva (+0,6 per cento) dovuta alla crescita delle posizioni lavorative dipendenti e alla diminuzione di quelle autonome.

Il numero dei disoccupati manifesta un ulteriore forte aumento su base tendenziale (+38,9 per cento). Circa la metà dell'aumento della disoccupazione è alimentato dalle persone con almeno 35 anni. La crescita interessa tutto il territorio ed è dovuta in sei ogni dieci casi a quanti hanno perso la precedente occupazione.

Il tasso di disoccupazione (dati grezzi) è pari al 10,5 per cento, in crescita di 2,7 punti percentuali rispetto a un anno prima. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale dal 27,4 per cento del secondo trimestre 2011 al 33,9 per cento, con un picco del 48 per cento per le giovani donne del Mezzogiorno. Si riduce la popolazione inattiva (-4,9 per cento)

 

Il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) è atteso crescere del 2,3 per cento nel 2012, per poi ridursi fino allo 0,5 per cento nel 2015.

La Nota rileva, al riguardo, che, pur in un contesto di dinamica salariale moderata, il calo dell’occupazione risulterebbe inferiore a quello del valore aggiunto, determinando una contrazione della produttività.

Nel medio termine, contenimento salariale e graduale recupero della produttività dovrebbero comportare un deciso rallentamento dell’evoluzione del costo del lavoro per unità di prodotto.

 

Per quanto concerne l’andamento del costo del lavoro, secondo i dati ISTAT nel secondo trimestre 2012 l'indice destagionalizzato delle retribuzioni lorde per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA), al netto della cassa integrazione guadagni (CIG), registra, nel complesso dell'industria e dei servizi, un incremento congiunturale dello 0,3 per cento(+ 0,3 per cento nell'industria e + 0,2 per cento nei servizi).

La crescita rispetto al secondo trimestre del 2011, misurata sull'indice grezzo, è pari allo 0,8 per cento. Nel primo semestre del 2012 l'indice grezzo è risultato superiore dell' 1,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2011.

L'indice destagionalizzato degli oneri sociali aumenta dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente. L'indice grezzo cresce dello 0,3 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2011.

L'indice del costo del lavoro segna un aumento congiunturale dello 0,3 per cento. In termini tendenziali, la crescita dell'indice grezzo è pari allo 0,7 per cento.

Nel confronto con lo stesso trimestre dell'anno precedente, l'incremento delle retribuzioni è dell'1,1 per cento nel settore industriale e dello 0,5 per cento nei servizi.(Fonte: Comunicato ISTAT 13 settembre 2012).

 

 

Il grafico che segue illustra l’andamento del tasso di disoccupazione dell’Italia posto a raffronto con l’euro zona, con le previsioni relative agli anni 2012-2013, elaborate dal Centro Studi Confindustria.

 

Grafico 1.8

Andamento del tasso di disoccupazione in Italia                                            (variazione percentuale)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonte: Confindustria, Le sfide della politica economica, Scenari economici n. 15, settembre 2012.

Inflazione

La Nota di aggiornamento, rispetto alle stime del DEF, registra una minore pressione inflativa nell’anno in corso.

 

Pur permanendo i rischi di pressioni inflazionistiche esterne legate al contesto geopolitico, il deflatore dei consumi privati per l’anno in corso, rispetto al DEF, è rivisto al ribasso, attestandosi al 2,6 per cento.

Tale revisione sarebbe determinata dallo slittamento dell’incremento delle aliquote IVA da ottobre 2012 a luglio 2013. Il deflatore dovrebbe decelerare al 2 per cento nel 2013 e all’1,9 per cento nel biennio successivo.

 

Anche il deflatore del PIL è ora previsto in ribasso all’1,4 per cento nel 2012 (rispetto all’1,8 stimato nel DEF), mentre dovrebbe attestarsi all’1,9 per cento nel 2014 e nel 2015.

 

L’inflazione programmata rimane stabile all’1,5 per cento per tutto il periodo previsionale.

 

Grafico 1.9

Indice dei prezzi al consumo e alla produzione                                                 (variazioni percentuali)

 

Fonte: Banca d’Italia, L’economia italiana in breve, settembre 2012

 

Per quanto concerne i prezzi al consumo, l’ISTAT evidenzia, sulla base dei aggiornati ad agosto 2012,  che l'inflazione acquisita per il 2012 è pari al 3,0 per cento.

L'inflazione di fondo, calcolata al netto dei beni energetici, evidenzia un tasso di crescita tendenziale dell'indice dei prezzi al consumo pari al 2,2% (+2,3% nel mese di luglio).

Rispetto a un anno prima, il tasso di crescita dei prezzi dei beni sale al 3,9%, dal 3,8% del mese precedente, e quello dei prezzi dei servizi si porta al 2,3% (era +2,0% a luglio).

Ad agosto, l'accelerazione dell'inflazione è dovuta all'aumento congiunturale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati (+3,3%) che determina una forte accelerazione del loro tasso tendenziale di crescita (13,2% dal 10,5% di luglio). Il rialzo congiunturale dei prezzi dei beni energetici non regolamentati è principalmente spiegato dall'aumento dei prezzi di tutti i carburanti.

I prezzi dei prodotti acquistati con maggiore frequenza dai consumatori aumentano su base mensile dello 0,3% e il tasso di crescita su base annua sale al 4,2% (+4,0% a luglio).

L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA) registra una variazione nulla rispetto al mese precedente e un aumento del 3,3% su quello corrispondente del 2011 (la stima preliminare era +3,5%), con una decelerazione di tre decimi di punto percentuale rispetto a luglio 2012 (+3,6%).

L'indice IPCA a tassazione costante (IPCA-TC) risulta invariato sul piano congiunturale e in aumento del 2,4% su quello tendenziale.

L'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, aumenta dello 0,5% su base mensile e del 3,1% su base annua(Fonte: Comunicato ISTAT, 13 settembre 2012).


2. Il quadro programmatico

La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2012 aggiorna il quadro programmatico di finanza pubblica per il quadriennio 2012-2015 rispetto a quello contenuto nel Documento di Economia e Finanza (DEF) dello scorso aprile.

Nel DEF presentato al Parlamento, in coerenza con l'Obiettivo di Medio Termine (OMT) dell'Italia, il Governo oltre a prevedere il pareggio di bilancio delle Pubbliche Amministrazioni, per il 2013 fissava un saldo strutturale positivo pari allo 0,6 per cento. A seguito della revisione delle previsioni di crescita la Nota di Aggiornamento corregge al ribasso la stima, ma conferma il pareggio di bilancio strutturale nel 2013.

 

Oltre alle misure adottate in luglio, rispetto al Documento di aprile la Nota in esame sconta una revisione negativa delle stime di crescita per il biennio 2012-2013, alla luce della evoluzione della economia domestica e del rallentamento dell'economia mondiale. Le revisioni delle stime per gli anni 2014 e 2015 mostrano, invece, un lieve incremento rispetto alle precedenti (rispettivamente dall'1 all'1,1 per cento per il 2014 e dall'1,2 all'1,3 per cento per il 2015).

 

Il DEF e la relativa Nota di Aggiornamento ruotano intorno ad un set di variabili che dipende dalle regole europee e si articola nelle variabili rilevanti per la decisione di politica fiscale. La fissazione degli obiettivi di saldo strutturale, ossia corretti per il ciclo economico e per le misure una-tantum, riflette l’impegno del paese al raggiungimento dell'Obiettivo di Medio Termine (OMT) concordato in sede europea; tale obiettivo si affianca alla riduzione programmatica del debito pubblico. Dati gli obiettivi strutturali e considerata la posizione dell'economia rispetto al ciclo, ne deriva l’obiettivo di indebitamento netto della PA (in termini nominali), cioè quel valore di saldo che consente di realizzare il percorso di consolidamento desiderato. Tale schema logico è illustrato nella tabella 2.1.

 

Tabella 2.1

Saldi programmatici nominali e strutturali

Fonte: Elaborazione Nota di aggiornamento DEF 2012 e DEF 2012

 

Da evidenziare l'andamento delle misure una tantum che, rispetto alle previsioni di aprile, risultano inferiori per l'intero periodo.

 

La tabella 2.2 mette a confronto gli obiettivi programmatici 2012-2015 per i principali saldi di finanza pubblica in rapporto al PIL (saldo strutturale, avanzo primario, indebitamento netto, debito) della Nota di aggiornamento con quelli del DEF.

 

 

Tabella 2.2

Quadro programmatico DEF e Nota di Aggiornamento

In relazione alla voce debito pubblico, per sostegni si intendono i prestiti diretti alla Grecia, e la quota di pertinenza Italia EFSF e del capitale ESM per gli anni dal 2010-2015.

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2012 e DEF 2012

2.1 I saldi strutturali

Gli obiettivi del saldo strutturale indicati nella Nota di aggiornamento confermano l'impegno di realizzare il pareggio di bilancio nel 2013 assunto in sede europea e riconosciuto dal Consiglio Ecofin nelle raccomandazioni rivolte all'Italia nel luglio 2012 (cfr. riquadro 2.1).

 

Negli anni 2012-2013 il disavanzo strutturale programmatico passa da -0,9 per cento nel 2012 al pareggio nel 2013. Negli anni successivi il saldo evidenzia un lieve peggioramento, attestandosi a -0,2 e -0,4 per cento rispettivamente nel 2014 e nel 2015.

I saldi strutturali programmatici della Nota di Aggiornamento risultano peggiori rispetto a quanto previsto dal DEF (cfr. grafico 2.1). Rispetto ad aprile, si registra, infatti, una revisione dell'obiettivo strutturale nell'intero periodo analizzato, con uno scostamento pari a -0,5 e -0,6 punti percentuali, rispettivamente, negli anni 2012 e 2013 e di -0,8 punti nel biennio 2014-2015.

La Nota di aggiornamento presenta, altresì, il quadro di finanza pubblica a legislazione vigente, nel quale viene evidenziata una differenza tra valori strutturali, programmatici e tendenziali, nel 2013 e 2015 (pari a +0,2 e -0,4 rispettivamente).

 

In relazione all'esercizio 2013, a fronte di un obiettivo strutturale pari a zero, il valore corrispondente a legislazione vigente è pari a +0,2 punti percentuali di PIL. Tale differenza sembrerebbe riflettere l'intenzione di utilizzare, nella prossima decisione di bilancio, l'avanzo strutturale disponibile. Sarebbe opportuno acquisire dal Governo indicazioni al riguardo.

Il saldo strutturale programmatico per il 2015 (-0,4) evidenzia un miglioramento rispetto a quello tendenziale (-0,5), pari a 0,1 punti percentuali di PIL. La Nota non menziona interventi da operare nel 2015 che abbiano un impatto sul saldo strutturale. Occorre peraltro segnalare che la spesa per interessi presenta valori differenziati tra tendenziale (6,3 punti di PIL) e programmatico (6,1). Occorre valutare se l'operazione di abbattimento del debito attraverso la valorizzazione e dismissione del patrimonio dello Stato possa essere la causa della riduzione della voce di spesa e quindi del saldo programmatico. Sarebbe utile acquisire indicazioni dal Governo al riguardo.

L'indicata evoluzione dei saldi (programmatici e tendenziali) é condizionata dalle ipotesi relative alla crescita dell'economia e all'evoluzione dei rendimenti di titoli di Stato. Data l'elevata incertezza delle stime di tali variabili nell'attuale contesto interno ed internazionale, sarebbe opportuno valutare l'utilità di disporre di scenari alternativi rispetto a quello base contenuto nella Nota.

Sarebbe infine utile acquisire indicazioni dal Governo sulla compatibilità dei saldi strutturali programmatici indicati per il 2014 e 2015 con le regole comunitarie, in relazione alla definizione di obiettivo di medio termine di ciascuno stato membro.

 

L'output-gap, che misura il differenziale tra PIL effettivo e potenziale, rimane negativo durante il quadriennio 2012-2015, pur registrando un andamento sostanzialmente stabile per il biennio 2012-2013 e un progressivo miglioramento negli anni seguenti passando dal -3,8 per cento del 2013 al -1,7 per cento nel 2015. Rispetto al DEF, la stance del documento in esame è decisamente più negativa, evidenziando un output gap in media di 0,9 punti percentuali più ampio, a causa di una revisione al ribasso delle previsioni del PIL potenziale e di quello effettivo.

 

Grafico 2.1

Saldi strutturali del DEF e della Nota di Aggiornamento

Il segno meno indica un avanzo strutturale

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2012 e DEF 2012

2.2 Gli obiettivi in termini di indebitamento netto

Nel 2012 la Nota prevede un indebitamento netto pari -2,6 per cento del PIL; la realizzazione di tale previsione confermerebbe, quindi, la chiusura della procedura di disavanzo eccessivo aperta nei confronti dell'Italia nel 2009.

Rispetto agli obiettivi di aprile, la flessione del saldo strutturale combinata con il peggioramento dell'output-gap implica obiettivi nominali meno ambiziosi per l'intero periodo di riferimento. La Nota, infatti, fissa un obiettivo programmatico per l'indebitamento netto pari a -1,8 per cento nel 2013 (contro -0,5 nel DEF) per poi indicare valori leggermente decrescenti fino al -1,3 per cento del 2015 (a fronte del pareggio nominale previsto dal DEF nello stesso anno).

 

Nel quadriennio 2012-2015 l'avanzo primario passa dal 2,9 per cento del 2012 al 4,8 per cento del 2014. Rispetto alle previsioni di aprile si registra un significativo peggioramento pari, in media, a 1 punto di PIL annuo.

La Nota di Aggiornamento prevede un peggioramento del trend della spesa per interessi riportato dal DEF: Nel periodo in esame il rapporto sul PIL passa, in media, dal 5,5 per cento del DEF al 5,8 per cento della Nota.

 

La differenza di 0,2 punti percentuali nel 2013 tra l'indebitamento netto programmato (-1,8) e quello tendenziale (-1,6) corrisponde alla differenza tra il saldo strutturale programmatico e tendenziale già evidenziata nel precedente commento.

 

 

Si segnala, altresì, che la dinamica dei saldi tendenziali sconta l'evoluzione delle entrate e delle spese a legislazione vigente. Si ricorda al riguardo che il DEF[9] indicava maggiori spese a politiche invariate pari a 4 miliardi nel 2015: ove tale importo fosse confermato, il rispetto degli obiettivi programmatici comporterebbe, relativamente a tale esercizio, una ricomposizione interna delle voci del conto economico a legislazione vigente contenuto nella Nota.

 

 

La Nota in esame non reca una nuova articolazione degli obiettivi di indebitamento netto per sottosettore. Sarebbe opportuno acquisire indicazioni dal Governo al riguardo.

 

 

 

 

 

 

 

 

Riquadro 2.1. Le raccomandazioni Consiglio europeo

 

Il Consiglio Europeo nel giugno 2012 ha approvato le raccomandazioni sul programma nazionale di riforma 2012 dell'Italia con il relativo parere sul programma di stabilità per gli anni 2012-2015. Il Consiglio, valutando positivamente le azioni di governo volte al risanamento delle finanze pubbliche e all'apertura al mercato di diversi settori, fissa alcuni punti fondamentali per il prosieguo di tale percorso.

Il Consiglio raccomanda di attuare la strategia di bilancio prevista dai documenti di finanza pubblica e di garantire che il disavanzo eccessivo sia corretto nel 2012 sostenendo un percorso contraddistinto da avanzi primari strutturali positivi e tale da riportare il rapporto debito /Pil su un trend decrescente già dal 2013. Le raccomandazioni intendono spingere verso un miglioramento duraturo dell'efficienza e della qualità della spesa pubblica mediante le previste procedure di spending review e verso l'adozione di un programma di rientro graduale dal debito.

Prioritari sono il mercato del lavoro e la disoccupazione giovanile. Le raccomandazioni incoraggiano il Governo all'adozione di misure idonee a ridurre il tasso di disoccupazione giovanile, riformare il mercato del lavoro e gli ammortizzatori sociali. Viene rilevata la necessità di adottare ulteriori provvedimenti volti a migliorare l'accesso nel mercato del lavoro alle donne, programmando servizi sufficienti per l'infanzia e per l'assistenza agli anziani.

Il Consiglio si sofferma sullo stato di attuazione ed implementazione delle riforme già adottate dal Governo. In particolare, si rilevano ulteriori possibili miglioramenti per liberalizzare settori strategici come quello dei servizi e favorire la semplificazione burocratica e la capacità amministrativa. A fronte dell'introduzione del pareggio di bilancio nella carta costituzionale si sottolinea la necessità di chiarire le caratteristiche chiave della norma nel rispetto del quadro normativo dell'Unione Europea.

2.3 L’evoluzione del debito

La Nota rivede al rialzo gli andamenti programmatici del rapporto debito/PIL per il quadriennio, pur confermandone il profilo decrescente (tabella 2.3). Al lordo dei prestiti diretti alla Grecia e delle quote di partecipazione all'ESFS e all'ESM, il debito è previsto ridursi in rapporto al PIL dal 126,4 per cento del 2012 al 122,9 per cento del 2015. Al netto delle suddette operazioni finanziarie straordinarie, il rapporto è previsto variare dal 123,3 per cento del 2012 al 116,1 per cento del 2015.

 

Gli andamenti programmatici del rapporto debito pubblico/PIL contenute nella Nota evidenziano una differenza pari ad un punto percentuale annuo rispetto agli andamenti a legislazione vigente. Tale differenza è dovuta alle misure di dismissione e valorizzazione patrimoniale previste dal Governo per il periodo 2012-2015.

 

Le stime tendenziali della Nota riflettono una revisione al rialzo rispetto alle previsioni di aprile. La Nota riconduce il peggioramento, rispetto al DEF, delle stime essenzialmente a tre determinanti: le revisioni statistiche operate sul consuntivo del 2010 e 2011, soprattutto relativamente ai debiti commerciali delle Amministrazioni pubbliche ceduti con clausola pro-soluto ad istituzioni finanziarie non bancarie i quali, in base a una recente decisione Eurostat[10], devono essere classificati come debito; il deterioramento del quadro macroeconomico; la revisione, in aumento, delle stime di fabbisogno di cassa della PA. A questi elementi - secondo la Nota - va contrapposta la privatizzazione di Sace, Fintecna e Simest, il cui impatto è stimato pari a 0,6 punti di PIL.

 

 

Tabella 2.3

Andamenti programmatici del rapporto debito pubblico/PIL

 

Al fine di comprendere l'evoluzione del debito, la tabella 2.4 riporta, per ciascuno degli anni compresi nel periodo 2012-2015, il rapporto tra il debito pubblico/PIL e la sua variazione percentuale annua, affiancando le previsioni tendenziali e quelle programmatiche. La variazione percentuale annua viene inoltre suddivisa in tre componenti: il saldo primario, lo snow-ball effect e lo stock flow adjustment. In particolare, il saldo primario riflette le scelte di finanza pubblica, lo snow-ball effect rappresenta l'effetto combinato di vari fattori come il volume di debito accumulato, i tassi d'interesse e la crescita del PIL nominale, e lo stock-flow adjustment misura l’effetto di operazioni finanziarie, come le privatizzazioni, che hanno un impatto una tantum sull'andamento del debito pubblico.

 

Tabella 2.4

Scomposizione del tasso di variazione del rapporto debito pubblico/PIL

 

 

Rispetto all'andamento previsto a legislazione vigente, la riduzione del debito prevista nel quadro programmatico per il quadriennio 2012-2015 è da attribuirsi sia agli elevati e crescenti avanzi primari (4 per cento medio) che allo stock-flow adjustment (0,5 per cento medio). Quest'ultimo, in particolare, sconta l'attuazione delle misure di valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio pubblico recentemente previsti dal Governo[11], per i quali sono previsti proventi pari circa a 1 punto percentuale di PIL in ciascuno degli anni compresi nel triennio 2013-2015.

 

La Nota non indica l'articolazione degli obiettivi di debito per sottosettore. Sarebbe opportuno acquisire indicazioni dal Governo al riguardo, soprattutto in relazione alle ipotesi di ripartizione tra i sottosettori delle previste misure di valorizzazione e dismissione del debito pubblico.


Tavola 2.5a

 Conto della P.A. a legislazione vigente

(milioni di euro)

 


Tavola 2.5b

 Conto della P.A. a legislazione vigente

(in % PIL)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

SPESE

 

 

 

 

 

 

Redditi da lavoro dipendente

11,1

10,8

10,7

10,5

10,2

9,9

Consumi intermedi

8,8

8,6

8,6

8,2

7,9

7,8

Prestazioni sociali

19,2

19,3

19,9

20,2

20,2

20,2

di cui:     Pensioni

15,3

15,5

16,0

16,1

16,1

16,0

Altre prestazioni sociali

3,9

3,9

3,9

4,1

4,1

4,1

Altre spese correnti

4,1

3,9

3,8

3,7

3,5

3,5

Totale spese correnti al netto interessi

43,2

42,6

43,0

42,6

41,9

41,3

Interessi passivi

4,6

4,9

5,5

5,6

6,0

6,3

Totale spese correnti

47,7

47,5

48,5

48,3

47,8

47,6

di cui:     Spesa sanitaria

7,3

7,1

7,3

7,1

7,0

6,9

Totale spese in conto capitale

3,5

3,0

3,0

2,9

2,8

2,7

Investimenti fissi lordi

2,1

2,0

1,9

1,8

1,8

1,7

Contributi in c/capitale

1,3

1,1

1,0

1,0

0,9

0,9

Altri trasferimenti

0,1

-0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

Totale spese finali al netto di interessi

46,6

45,6

46,0

45,5

44,7

44,0

Totale spese finali

51,2

50,5

51,5

51,2

50,6

50,3

ENTRATE

 

 

 

 

 

 

Totale entrate tributarie

28,8

28,8

30,8

31,3

30,9

30,7

Imposte dirette

14,6

14,3

15,5

15,2

15,1

15,0

Imposte indirette

14,0

14,1

15,1

16,0

15,7

15,6

Imposte in c/capitale

0,2

0,4

0,1

0,0

0,0

0,0

Contributi sociali

13,7

13,7

13,9

14,0

13,9

13,9

Contributi effettivi

13,5

13,4

13,7

13,7

13,6

13,6

Contributi figurativi

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

0,3

Altre entrate correnti

3,8

3,9

3,9

4,0

3,9

3,9

Totale entrate correnti

46,1

45,9

48,5

49,2

48,7

48,5

Entrate in c/capitale non tributarie

0,2

0,2

0,3

0,3

0,3

0,4

Totale entrate finali

46,6

46,6

48,9

49,6

49,1

48,9

p.m. Pressione fiscale

42,6

42,5

44,7

45,3

44,8

44,6

SALDI

 

 

 

 

 

 

Saldo primario

0,0

1,0

2,9

4,0

4,4

4,8

Saldo di parte corrente

-1,6

-1,6

0,0

0,9

0,9

0,9

Indebitamento netto

-4,6

-3,9

-2,6

-1,6

-1,5

-1,4

 

 


Tavola 2.5c

 Conto della P.A. a legislazione vigente

(variazioni %)

 


3. Il bilancio programmatico dello Stato

In ottemperanza alla legge di contabilità, la Nota di aggiornamento riporta, in valore assoluto e in percentuale del PIL, gli obiettivi programmatici del saldo netto da finanziare e degli altri saldi del bilancio dello Stato. La Tabella 3.1 mostra, per il quadriennio 2012-2015, gli andamenti di entrate, spese e saldi del bilancio dello Stato coerenti con gli obiettivi di indebitamento netto della PA. Le voci di spesa e di entrata sono esposti al netto delle regolazioni contabili, debitorie e dei rimborsi IVA.

 

Il saldo netto da finanziare (differenza tra entrate e uscite finali) e l'avanzo primario (differenza tra entrate finali e spese finali al netto della spesa per interessi) mostrano un peggioramento nel 2013 rispetto al 2012 e un successivo, progressivo, miglioramento nel 2014 e nel 2015. In particolare, il saldo netto da finanziare peggiora da un avanzo di 3,5 miliardi nel 2012 a un disavanzo di quasi 7 miliardi nel 2013, per poi migliorare parzialmente nel biennio successivo. Tale dinamica è riconducibile a quella dell'avanzo primario, il quale diminuisce di quasi 5 miliardi tra il 2012 e il 2013 per poi tornare a crescere fino a 103 miliardi nel 2015. Il risparmio pubblico (differenza tra entrate e uscite correnti), pur positivo su tutto il periodo di programmazione, decresce sensibilmente nel 2013 (da 40 miliardi del 2012 a 35 miliardi) per poi rimanere costante negli esercizi successivi.

 

Le entrate finali mostrano un valore assoluto crescente per il quadriennio considerato, con un tasso di variazione medio pari all'1,7 per cento dovuto principalmente alle entrate tributarie che presentano un tasso di variazione medio dell'1,8 per cento, mentre le altre entrate risultano sostanzialmente stabili. Data la dinamica accentuata prevista per il PIL, tuttavia, il valore percentuale in rapporto al PIL delle entrate tributarie e di quelle finali risulta in diminuzione nel quadriennio.

 

Le spese finali presentano una crescita media, in valore assoluto, dell'1,1 per cento nel quadriennio, passando da 499 miliardi nel 2012 a 523 miliardi nel 2014. Tale dinamica è riconducibile prevalentemente a quella della spesa per interessi, prevista in aumento da 87 miliardi nel 2012 a 104 miliardi nel 2015 (corrispondenti a una variazione media del 6,3 per cento), solo in parte controbilanciata dalla riduzione delle spese in conto capitale (-7,9 per cento in media). Per le spese correnti al netto degli interessi si prevede un aumento dello 0,8 per cento che contribuisce all'andamento crescente delle spese finali.

 

Le informazioni disponibili non consentono di identificare il rapporto che intercorre tra il conto economico a legislazione vigente della PA e il bilancio programmatico dello Stato. Sarebbe utile che il governo esplicitasse le ipotesi adottate ai fini dei raccordi (tra sottosettori, comparti e criteri contabili) necessari per evidenziare la coerenza dei due aggregati di riferimento.

 

Tabella 3.1

Il bilancio programmatico dello Stato


Approfondimento

1. Avanzo primario strutturale e ciclo economico: l’analisi della fiscal stance

 

Il confronto tra l’andamento dell’avanzo primario strutturale (cioè il saldo primario corretto per il ciclo e al netto delle una tantum) e l’output gap, che evidenzia la distanza tra il PIL effettivo ed il potenziale di crescita dell’economia, consente un’analisi della fiscal stance: questa misura l’indirizzo espansivo o restrittivo della politica fiscale a fronte dell’andamento macroeconomico.

 

Le variabili utilizzate per l’analisi della finanza pubblica corretta per il ciclo: alcuni elementi definitori

Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche. Esso esprime, pertanto, i fondamentali dell’economia e la componente strutturale della crescita, cui si confronta l’andamento registrato in un determinato momento del ciclo economico. Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma risulta, secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri per il calcolo degli indicatori strutturali richiesti dal Programmi di stabilità, dalla stima statistica prodotta utilizzando sia i valori effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore del PIL atteso nel periodo di previsione. Da ciò derivano due conseguenze: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere appieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti di cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche riguardanti i dati di consuntivo (conseguenti anche a revisioni contabili) determinano una revisione del PIL potenziale, e quindi dell’output gap, anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa). A parità di parametro relativo alla sensibilità del bilancio al ciclo e di valore nominale dell’indebitamento netto o del saldo primario effettivo (o atteso), si verifica pertanto una variazione nel saldo strutturale.

La deviazione del PIL effettivo rispetto al valore potenziale è rappresentato dall’output gap (pari alla differenza in livello tra PIL effettivo e PIL potenziale, rapportata al PIL potenziale).

Il prodotto tra l’output gap e la stima della sensibilità al ciclo delle entrate e delle spese correnti costituisce la componente ciclica del saldo di bilancio. La sensibilità del saldo di bilancio all’andamento del PIL è un parametro, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato in sede europea; esso è attualmente pari per l’Italia a 0,5, quale somma delle elasticità delle entrate e delle spese.

Per ottenere il saldo strutturale (l’indebitamento netto o il saldo primario), occorre in primo luogo depurare il saldo nominale dalla sua componente ciclica: se negativa, tale componente migliora il saldo in termini strutturali; viceversa in caso di componente ciclica positiva.

Il saldo corretto per il ciclo va poi depurato delle misure una tantum (cfr infra), sottraendo sia le entrate che le spese identificate come straordinarie: in caso di prevalenza delle prime sulle seconde il saldo strutturale risulterà peggiore del saldo corretto per il solo ciclo, viceversa in caso di prevalenza delle spese sulle entrate.

 

 

Si ricorda che a differenza dei precedenti documenti programmatici, le variabili prese in considerazione dalla Nota di aggiornamento nella tavola 5 relativa alla finanza pubblica corretta per il ciclo (utilizzate nella presente analisi) sono prese dal quadro a legislazione vigente e non dal quadro programmatico[12].

 

Le variabili utilizzate nell’analisi grafica sono riportate nella seguente Tabella.

 

Tabella 1

Output gap e avanzo primario corretto per il ciclo al netto delle una tantum

(% PIL)

 

2012

2013

2014

2015

Output gap

-3,7

-3,8

-2,7

-1,7

variazioni output gap

-1,7

-0,1

1,1

1

 

 

 

 

 

Avanzo primario corretto per il ciclo e al netto una tantum

4,6

5,9

5,7

5,7

Variazione avanzo primario corretto per il ciclo e al netto una tantum

3,3

1,3

-0,2

0

Fonte: Nota di aggiornamento DEF 2012, Tavola 5

 

Il Grafico 1 confronta la variazione dell’avanzo primario strutturale con l’output gap nel periodo 2011-2015. Esso si compone di quattro quadranti. Quello in alto a sinistra contiene i punti che rappresentano situazioni di restrizione fiscale e di ciclo economico negativo. In basso a sinistra, si posizionano le combinazioni di manovre espansive e ciclo economico negativo. I due quadranti a destra, corrispondenti a situazioni economiche favorevoli, illustrano, quello in alto, una politica fiscale restrittiva, quello in basso, una politica fiscale espansiva.

Secondo la teoria economica, la politica fiscale dovrebbe svolgere una funzione di stabilizzazione e avere pertanto un carattere anticiclico, attraverso l’adozione di misure di consolidamento fiscale nella fasi positive del ciclo e viceversa nelle fasi recessive.

In base alle regole europee[13], invece, solo gli Stati membri che abbiano già raggiunto l’obiettivo di medio termine e che presentino pertanto un bilancio pubblico in sostanziale pareggio possono lasciare operare liberamente gli stabilizzatori automatici (in termini del Grafico 1, ciò implica che tali Paesi si trovino sull’asse orizzontale che rappresenta una stance neutrale), o eventualmente adottare misure discrezionali per contenere le fluttuazioni cicliche, nei limiti del rispetto del loro obiettivo di medio termine (OMT).

Ai Paesi che non abbiano raggiunto il pareggio di bilancio sono richiesti, invece, aggiustamenti annui in termini di aumento dell’avanzo primario strutturale pari o superiori allo 0,5 per cento. Essi dovrebbero pertanto trovarsi in punti situati nei due quadranti superiori del Grafico, corrispondenti a politiche fiscali restrittive.

Per l’Italia, come evidenziato nell’aggiornamento del Programma di stabilità 2012-2015 oggetto della raccomandazione del Consiglio europeo dello scorso mese di luglio, l’obiettivo di medio termine (OMT) è fissato nel pareggio di bilancio in termini strutturali, da raggiungere entro il 2013.

 

Grafico 1

Fiscal stance e output gap, Nota di aggiornamento DEF 2012

 

 

Il Grafico 1 evidenzia come, nel 2012 e nel 2013, la politica fiscale abbia un’impronta restrittiva: in presenza di un output gap negativo, l’avanzo primario tende ad aumentare, sia pure con ritmi annui diversi (rispettivamente, + 3,3 punti di PIL nel primo anno e +1,3% nel secondo), consentendo di raggiungere il pareggio di bilancio in termini strutturali. Dopo una variazione negativa (-0,2) nel 2014, esso si stabilizza nel 2015 (+0,1): in termini del Grafico 1, situarsi sull’asse orizzontale evidenzia una stance neutrale e comporta che il Paese lasci operare liberamente gli stabilizzatori automatici.

 

Un secondo metodo per valutare la fiscal stance mette in relazione le variazioni dell'output gap, con le variazioni dell'avanzo primario strutturale. Un simile approccio permette di porre maggiore enfasi sulla dinamica del ciclo economico e di cogliere in modo più puntuale i cambiamenti della politica fiscale.

 

Grafico 2

Fiscal stance e variazione dell’output gap, Nota di aggiornamento DEF 2012

 

Nel Grafico 2 si nota come, all’inizio del periodo in esame (2012), la restrizione fiscale si collochi in una fase di forte peggioramento del ciclo (l’output gap aumenta il proprio valore negativo di 1,7 punti di PIL). Nel 2013 il consolidamento fiscale (indicato da variazioni positive, anche se più contenute, dell’avanzo primario) prosegue in presenza di un output gap sostanzialmente invariato. Nel biennio successivo, caratterizzato da un output gap ancora negativo ma che tende a chiudersi[14] e da un livello elevato di avanzo primario (5,7% del PIL), la politica fiscale diviene neutrale.


Tabella 2


Approfondimento

2. Le misure una tantum

 

La Nota aggiorna il quadro delle misure una tantum che hanno inciso sul saldo dell’indebitamento netto nel periodo 2010-2011 e le corrispondenti previsioni per il periodo 2012-2015.

 

Rispetto all’analisi contenuta nel DEF 2012, l’incidenza complessiva sul PIL di tali misure risulta rettificata al ribasso di un decimo di punto di PIL per tutto l’arco di previsione. In particolare, nel 2012, le misure una tantum risentono:

- della riduzione delle stime di gettito delle imposte sostitutive, precedentemente più volte riviste al rialzo;

- dell’aumento delle spese che si prevede di erogare a titolo di una tantum per la ricostruzione in Abruzzo. La Nota di aggiornamento rivede altresì al rialzo i dati di consuntivo relativi alle erogazioni effettive in favore dell’Abruzzo per gli esercizi 2010 (+ 496 mln) e 2011 (+ 390 mln): per effetto dell’arrotondamento al primo decimale, tali revisioni non risultano peraltro di ammontare sufficiente a modificare l’incidenza percentuale delle misure una tantum di tali esercizi rispetto al PIL.

Per gli esercizi 2013-2015 la revisione delle stime risente di un moderato incremento delle erogazioni previste in favore dell’Abruzzo, cui si aggiungono le erogazioni in favore delle zone dell’Emilia colpite dagli eventi sismici del 2012.

 

L’intero ammontare delle descritte revisioni incide sul comparto amministrativo delle Amministrazioni centrali, mentre le una tantum che incidono sugli altri comparti amministrativi risultano sostanzialmente invariate.

 

Di seguito si riportano i dati complessivi delle una tantum come indicati nella Nota di aggiornamento, evidenziando successivamente l’ammontare delle variazioni apportate rispetto al DEF 2012.

 

Tabella 1

Le misure una tantum nella Nota di Aggiornamento al DEF 2012

                                                                                                                                                  (milioni di euro)

 

 Consuntivo

Previsioni

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

 

 

 

 

 

 

 

Totale One-Offs

3.093

10.706

1.602

411

1.103

-1.080

 In % del Pil

0,2

0,7

0,1

0,0

0,1

-0,1

 

 

 

 

 

 

 

- a ) Entrate

4.103

6.755

1.443

1.141

2.103

120

 In % del Pil

0,3

0,4

0,1

0,1

0,1

0,0

 

 

 

 

 

 

 

Imposte sostitutive varie

3.388

6.709

1.413

1.121

2.093

120

Rientro dei capitali/scudo fiscale ter

656

5

0

0

0

0

Condono edilizio

59

41

30

20

10

0

Contributo U.E. per sisma Abruzzo

0

0

0

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

- b) Spese

-2.206

2.800

-1.271

-2.180

-2.300

-2.500

 In % del Pil

-0,1

0,2

-0,1

-0,1

-0,1

-0,1

 

 

 

 

 

 

 

- IVA auto aziendali

-77

-37

-15

0

0

0

- Bonus incapienti DL 185/'08

0

0

0

0

0

0

- Terremoto dell'Abruzzo

-1.953

-841

-981

-315

-200

-400

- Terremoto Emilia 2012

0

0

0

-1.800

-2.100

-2.100

- Dividendi in uscita

-176

-149

-100

0

0

0

- Riacquisto immobili e danno SCIP2

0

0

0

0

0

0

 - Compensazioni emittenti

0

0

-175

-65

0

0

- Asta frequenze

0

3.827

0

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

- c ) Dismissioni immobiliari

1.196

1.151

1.430

1.450

1.300

1300

 In % del Pil

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

0,1

 

 

 

 

 

 

 

Ripartizione per Sottosettori

 

 

 

 

 

 

 - Amministrazioni Centrali

1.661

9.501

208

-873

-110

-2.234

 - Amministrazione Locali

1.279

983

943

834

763

704

 - Enti di previdenza

153

222

451

450

450

450

 

 

 

 

 

 

 

Pil (x 1.000)

1.553

1.580

1.563

1.581

1.628

1.679

Fonte: tavola 6, riportata a pag. 14 della Nota di aggiornamento al DEF 2012.


 

Tavola 1

Misure una tantum :Differenze tra la Nota di Aggiornamento e il DEF 2012

 

 

Previsioni

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

 

 

 

 

 

 

 

Totale One-Offs

-494

-355

-908

-1.815

-2.250

-2.450

 In % del Pil

0,0

0,0

-0,1

-0,1

-0,1

-0,1

 

 

 

 

 

 

 

- a ) Entrate

0

1

-327

0

0

0

 In % del Pil

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

 

 

 

 

 

 

 

Imposte sostitutive varie

0

0

-327

0

0

0

Rientro dei capitali/scudo fiscale ter

0

1

0

0

0

0

Condono edilizio

0

0

0

0

0

0

Contributo U.E. per sisma Abruzzo

0

0

0

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

- b) Spese

-494

-356

-581

-1.815

-2.250

-2.450

 In % del Pil

0,0

0,0

0,0

-0,1

-0,1

-0,1

 

 

 

 

 

 

 

- IVA auto aziendali

0

0

0

0

0

0

- Bonus incapienti DL 185/'08

0

0

0

0

0

0

- Terremoto dell'Abruzzo

-494

-356

-581

-15

-150

-350

- Terremoto Emilia 2012

0

0

0

-1.800

-2.100

-2.100

- Dividendi in uscita

0

0

0

0

0

0

- Riacquisto immobili e danno SCIP2

0

0

0

0

0

0

 - Compensazioni emittenti

0

0

0

0

0

0

- Asta frequenze

0

0

0

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

- c ) Dismissioni immobiliari

0

0

0

0

0

0

 In % del Pil

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

 

 

 

 

 

 

 

Ripartizione per Sottosettori

 

 

 

 

 

 

 - Amministrazioni Centrali

-493

-356

-899

-1815

-2.250

-2.450

 - Amministrazione Locali

0

0

-10

0

0

0

 - Enti di previdenza

-1

1

1

0

0

0

 

 

 

 

 

 

 

Revisione del Pil (x 1.000)

0

0

-25,7

-45,9

-44,8

-46,5

Fonte: differenze tra la tavola 6, riportata a pag. 14 della Nota di aggiornamento al DEF 2012, e la tavola n. II:2-9, riportata a pag 23 del DEF 2012.

Si segnala che, come di consueto, la tavola ricognitiva delle misure una tantum riportata dalla Nota di aggiornamento al DEF 2012 non è corredata di un’analisi illustrativa delle singole misure e dei fattori alla base delle variazioni riscontrate a consuntivo o apportate alle previsioni rispetto ai precedenti documenti di finanza pubblica. L’analisi di seguito operata necessiterebbe pertanto di conferma da parte del Governo.

 

Rinviando ai dossier relativi ai precedenti documenti di finanza pubblica[15] sia per la definizione metodologica delle misure una tantum, sia per un’analisi di dettaglio delle singole misure considerate nelle tavole sopra riportate, si esaminano in questa sede unicamente le variazioni apportate dalla Nota di aggiornamento rispetto al DEF 2012.

 

Sul lato dell’entrata, i dati di consuntivo evidenziano variazioni significative con riferimento al gettito delle imposte sostitutive[16], per le quali i dati del monitoraggio 2012 sembrano evidenziare un miglior risultato rispetto alle previsioni del DEF.

 

Al riguardo si segnala che, ai fini di una migliore trasparenza e completezza delle informazioni fornite, risulterebbe opportuno che l’aggiornamento del dato complessivo delle imposte sostitutive fosse corredato dall’indicazione delle sottovoci che hanno concorso a determinare la variazione apportata.

 

Sul lato della spesa risultano apportate significative modifiche alle spese inerenti gli interventi per calamità naturali.

Con riferimento agli interventi per il terremoto in Abruzzo, la Nota opera una rettifica al rialzo degli importi erogati nel 2010 e nel 2011 e opera un’analoga revisione al rialzo delle previsioni di spesa per il periodo 2012-2015. L’ammontare cumulato della revisione della stima per l’intero periodo 2010-2015 ammonta a quasi 2 mld di euro (1.946 mln).

Si ricorda che nei precedenti dossier di analisi dei documenti di finanza pubblica si era segnalata una significativa revisione al ribasso delle stime di spesa per il terremoto in Abruzzo rispetto a quanto originariamente previsto[17]. La revisione al rialzo operata dal documento attualmente in esame compensa in larga misura le precedenti riduzioni.

La Nota non indica a quali fattori siano ascrivibili le revisioni operate. Le predette revisioni potrebbero essere attribuite alla disponibilità di informazioni di dettaglio sull’ammontare dei mutui attivati presso la Cassa depositi e prestiti a fronte di finanziamenti con rimborso a carico dello Stato, mediante riconoscimento di un credito d’imposta di importo pari alla rata di rimborso dei mutui[18].

Al riguardo, andrebbe in primo luogo acquisita specifica indicazione dei fattori alla base della revisione della stima di spesa per gli interventi di ricostruzione in Abruzzo.

Nel caso sia confermato che si tratti di importi relativi ai finanziamenti agevolati mediante concessione di crediti di imposta, andrebbe chiarito, sotto il profilo metodologico, secondo quali criteri i relativi importi siano stati imputati sui saldi di competenza economica, sia nominali che strutturali.

Qualora si tratti di mutui concessi nei confronti di amministrazioni pubbliche (enti locali o altre istituzioni), l’incidenza sui saldi dovrebbe riguardare l’intero importo delle spese sostenute a valere sulle risorse attivate tramite i mutui. Nel caso in cui, invece, si tratti di mutui concessi a fronte di interventi attuati da privati, l’incidenza sui saldi di competenza economica dovrebbe riguardare l’ammontare dei crediti di imposta concessi per il rimborso delle rate del mutuo (crediti di imposta classificati come  trasferimenti in conto capitale a famiglie o a imprese).

 

Con riferimento agli interventi per i territori dell’Emilia colpiti dal sisma del 2012, intervenuto successivamente rispetto alla pubblicazione del DEF 2012, la Nota di aggiornamento indica una spesa precedentemente non prevista di importo complessivamente pari a 6 mld nel triennio 2013-2015.

Al riguardo si segnala che il DL n. 74/2012 prevedeva una dotazione di risorse al Fondo per la ricostruzione delle aree colpite dal sisma del 20-29 maggio 2012 già a partire dall’esercizio in corso. Andrebbe pertanto chiarito se l’assenza di oneri a tale titolo nelle una tantum per il 2012 sconti l’ipotesi che le risorse stanziate non possano trovare, nemmeno in parte, effettiva erogazione entro la fine dell’anno.

Andrebbero inoltre chiarite le determinanti alla base della quantificazione operata, indicando le distinte tipologie di intervento (investimenti diretti, mutui agevolati, trasferimenti ecc) e chiarendo con quali modalità le spese previste si coordinino con gli stanziamenti disposti dagli appositi interventi normativi.

La Nota di aggiornamento non imputa variazioni di importo né alla voce riguardante gli incassi per l’assegnazione di diritti d’uso di frequenze radioelettriche, né a quella relativa alle dismissioni immobiliari.

In merito al primo aspetto, si osserva che, dopo la pubblicazione del DEF è stata approvata una disposizione[19] riguardante la valorizzazione economica dello spettro radio e la revoca del c.d. “beauty contest”, suscettibile di generare entrate di carattere una tantum. Andrebbe pertanto chiarito se sussistano stime sul maggior gettito conseguibile a tale titolo e sul presumibile effetto sui saldi sia delle entrate stesse, sia del relativo utilizzo (è previsto che esse siano destinate al Fondo speciale rotativo per l’innovazione tecnologica).

In merito alle dismissioni immobiliari si segnala che la Nota dedica un’apposita sezione al piano pluriennale di valorizzazione del patrimonio pubblico, al quale sono attribuiti effetti di riduzione del debito, precedentemente non previsti, pari a 1 punto percentuale di PIL all’anno, che si cumula nell’arco del triennio 2013-2015. Andrebbe quindi chiarito se la mancata previsione a tale titolo di maggiori entrate da dismissione immobiliari, incluse per loro natura tra le una tantum, sconti l’ipotesi che il processo di valorizzazione riguardi esclusivamente partite di carattere finanziario e non dia luogo, invece, a maggiori dismissioni di cespiti immobiliari.

 


4. Il conto economico delle amministrazioni pubbliche a legislazione vigente

4.1 La spesa al netto degli interessi

All’andamento dei saldi nel periodo in esame contribuisce una dinamica contenuta della spesa al netto degli interessi: dopo una riduzione in valore assoluto nel 2012 (-0,1 per cento) e un lieve aumento (+0,1 per cento) nel 2013, essa cresce nel biennio successivo a ritmi inferiori al PIL nominale (+1 per cento nel 2014 e +1,7 per cento nel 2015). Si conferma pertanto la riduzione dell’incidenza della spesa sul prodotto, che passa dal 46 per cento nel 2012 al 44 a fine periodo[20].

Della complessiva riduzione (2 punti percentuali), l’1,7 punti sono spiegati dalla evoluzione della spesa corrente e 0,3 da quella in conto capitale.

Rispetto alle precedenti stime contenute nel Documento di economia e finanza, la Nota evidenzia una riduzione dell’aggregato pari a complessivamente a 5,2 miliardi nell’esercizio in corso che salgono a 5,4 miliardi nel 2013, a 7,3 miliardi nel 2014 e a 8,2 miliardi nel 2015, in parte riconducibili alle misure adottate nei mesi successivi alla presentazione del DEF, ed in particolare al D.L. 95/2012 (Spending review) e alla riforma del mercato del lavoro.

La Nota, nel ricostruire puntualmente gli effetti del D.L. 95/2012 in termini di indebitamento netto, ripartendoli tra maggiori e minori entrate/spese, non contiene elementi esplicativi circa l’attribuzione delle misure alle differenti voci del conto delle pubbliche amministrazioni, o le ipotesi alla base delle nuove previsioni. Pertanto non è possibile distinguere per ciascuna voce quanta parte della variazione delle stime, rispetto al DEF, sia riconducibile a questo o ad altri provvedimenti intervenuti, e quanto invece ad una revisione dei tendenziali, anche alla luce del monitoraggio e del nuovo quadro macroeconomico.

Appare pertanto necessario che il Governo fornisca gli elementi alla base delle nuove previsioni, evidenziandone le cause delle principali variazioni.

Si ricorda infine che il quadro a legislazione vigente della Nota non attribuisce effetti, nel 2015, alla sentenza della Corte costituzionale del luglio scorso relativa al concorso degli enti territoriali agli obiettivi di finanza pubblica (Cfr. in proposito l’approfondimento n. 3).

 

 

Nell’ambito della spesa primaria, la componente di parte corrente, che resta stazionaria nel 2012 ed evidenzia un lieve aumento nel 2013 (+0,2 per cento), presenta una variazione in aumento di oltre l’1 per cento nel biennio successivo (+1,2% nel 2014 e +1,8% nel 2015), inferiore tuttavia a quella del PIL nominale.

La spesa pertanto riduce la sua incidenza sul prodotto, passando dal 43 per cento del 2012 al 42,6 per cento nel 2013 per poi scendere al 41,3 per cento del 2015(-1,7 punti percentuali[21]). Contribuiscono a tale evoluzione i redditi da lavoro dipendente (-0,8 per cento di incidenza sul PIL), i consumi intermedi (-0,8 per cento) e le altre spese correnti (-0,3 per cento). Crescono, invece lievemente le pensioni e prestazioni in denaro (+0,2 punti di PIL).

 

In particolare, per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente, dopo una contrazione in valore assoluto tra il 2012 e il 2014 (-0,9 per cento medio annuo), essi evidenziano un lieve aumento a fine periodo (+ 0,4 per cento nel 2015).

L’aggregato riduce pertanto l’incidenza sul prodotto, passando dal 10,7 per cento nel 2012 al 9,9 per cento nel 2015.

Rispetto alle stime contenute nel DEF, nell’esercizio in corso si evidenzia una minore spesa pari a 2.036 milioni di euro. Tale miglioramento si attenua nel 2013 attestandosi sull’importo di 1.753 milioni, per tornare a crescere a 2.532 milioni nel 2014 e a 2.789 milioni nel 2015.

Solo parte di tale variazione (circa 252 milioni per il 2012, 561 milioni per il 2013, 891 per il 2014 e 1.163 milioni per il 2015) è ascrivibile alle disposizioni intervenute successivamente alla presentazione del DEF con l’approvazione del decreto-legge n. 95/2012[22]. La variazione risultante dalla Nota di aggiornamento sembrerebbe, pertanto, conseguenza principalmente di una revisione delle stime effettuata sulla base delle risultanze dell’attività di monitoraggio svolta dal Ministero dell’Economia.

 

Per quanto riguarda le prestazioni sociali in denaro, la Nota evidenzia un tasso di crescita nel periodo 2012-2015 pari al 2,6 per cento medio annuo, che porta l’aggregato al 20,2 per cento del prodotto a fine periodo.

Rispetto alle stime del DEF, nell’esercizio in corso non si registrano variazioni nelle due componenti dell’aggregato (la spesa per pensioni e la spesa per altre prestazioni sociali[23]). Viceversa, per gli anni successivi si registrano differenze anche sensibili, tutte ascrivibili a modifiche normative introdotte dopo la pubblicazione del DEF.

In particolare, la spesa per pensioni registra un aumento (limitato) per il 2014 e il 2015 (rispettivamente, di 226 milioni e di 645 milioni), in gran parte ascrivibile alle disposizioni recate dall’articolo 22 del decreto-legge n. 95/2012 che ha disposto un ampliamento dei soggetti a cui si applica la disciplina pensionistica previgente la riforma recata dal decreto-legge n. 201/2011 (riforma Fornero).

E’ la spesa per altre prestazioni sociali in denaro che evidenzia un forte aumento già a decorrere dal 2013 (2.544 milioni di euro nel 2013, 3.185 milioni di euro nel 2014 e 2.960 milioni di euro nel 2015), ascrivibile all’entrata in vigore delle modifiche al sistema degli ammortizzatori sociali di cui alla legge n. 92/2012[24].

 

Per quanto riguarda i consumi intermedi, la Nota evidenzia una riduzione in valore assoluto negli anni 2012-2014 (in media circa -1,7 per cento l’anno). Solo nel 2015 si registra un aumento dell’1,5 per cento. L’aggregato vede pertanto ridurre la propria incidenza sul PIL dall’8,6 per cento dell’esercizio in corso al 7,8 per cento di fine periodo.

Su tale evoluzione pesano le manovre di contenimento degli anni scorsi, cui si aggiungono le riduzioni conseguenti alle misure oggetto del D.L. 95/2012.

Rispetto alle previsioni contenute nel DEF, le nuove stime scontano una riduzione crescente della spesa, che supera i 6,7 miliardi a fine periodo[25].

 

Come si è detto, la Nota non contiene elementi esplicativi circa le ipotesi alla base delle nuove previsioni. Pertanto, non è possibile chiarire quanta parte delle variazioni rispetto al DEF dipenda dal D.L. 95/2012 o da altri provvedimenti intervenuti e quanto, invece, da una revisione dei tendenziali.

In particolare, con riferimento ai consumi intermedi va rilevato che, oltre ai risparmi ascrivibili direttamente alla riduzione di spese di acquisti per beni e servizi (141 milioni nel 2012 e 615 milioni a decorrere dal 2013), si traducono in un contenimento di tale voce quelli relativi alla spesa sanitaria (cfr infra). Viceversa le misure riguardanti i Ministeri (riduzioni per complessivi 1.528 milioni nel 2012, 1.574 milioni nel 2014 e 1.649 nel 2015) come pure i risparmi ascrivibili a regioni, province e comuni (2,3 miliardi nel 20012, 5,2 miliardi nel 2013, 5,5 miliardi nel 2014 e 5,8 miliardi a decorrere dal 2015), potranno tradursi ex post in minori spese sia di parte corrente che in conto capitale. Spetta infatti ai Ministeri, nell’ambito della prevista attività di revisione della spesa, proporre variazioni della stessa a fronte degli obiettivi complessivi di riduzione; così come spetta agli enti territoriali stabilire, nella loro autonomia, come far fronte ai minori trasferimenti statali, dati i vincoli derivanti dal patto di stabilità interno, se cioè ridurre le spese correnti e/o capitali o reperire ulteriori risorse attivando la leva fiscale.

 

La Nota evidenzia separatamente, all’interno della spesa corrente primaria, la voce relativa alla sanità. L’aggregato, dopo una crescita dell’1,4 per cento nell’esercizio in corso, presenta una variazione negativa nel 2013 (-0,6 per cento), per poi tornare a crescere nel biennio successivo (+0,4 per cento nel 2014 e +2,7 nel 2015).Tale dinamica, inferiore a quella del PIL nominale, consente di ridurre l’incidenza sul prodotto di oltre 3 decimi di punto (dal 7,26 per cento nel 2012 al 6,9 per cento a fine periodo).

Le variazioni nelle stime contenute nella Nota rispetto alle precedenti previsioni indicano una minore spesa di 900 milioni nel 2012, 1,8 miliardi nel 2013, 2 miliardi nel 2014 e 2,1 miliardi a decorrere dal 2015. Esse sono ascrivibili interamente al decreto legge n. 95/2012, che introduce misure di riduzione della spesa (acquisto di beni e servizi, farmaceutica, dispositivi medici, convenzioni con privati accreditati) e dispone una corrispondente riduzione del livello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale.

 

Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, la Nota evidenzia una riduzione dell’aggregato tra il 2012 e il 2014 (da 46,8 miliardi a 45,6 miliardi, -1,2 miliardi), ed un lieve aumento nel 2015 (45,7 miliardi). Conseguentemente, l’incidenza sul PIL si riduce di 0,3 punti (dal 3 per cento nel 2012 al 2,7 per cento di fine periodo).

Rispetto al DEF la spesa registra una riduzione degli investimenti fissi e dei contributi in conto capitale pari complessivamente a 1,1 miliardi nel 2012, 2 miliardi nel 2013, 1,7 miliardi nel 2014 e 1,8 miliardi nel 2015. Non si registrano, invece, variazioni per la voce “altri trasferimenti” che, si attesta su 1,8 miliardi a fine periodo

Su tale evoluzione incidono le misure contenute da ultimo nel D.L. 95/2012. Come si è detto, tra le voci maggiormente significative, si ricordano la riduzione delle spese e della dotazione dei Ministeri e la modifica del patto di stabilità interno per gli enti territoriali, la cui effettiva ripartizione tra parte corrente e parte in conto capitale e tra categorie economiche non è al momento disponibile.

 


4.2 Le entrate

L’aggiornamento delle stime relative alle entrate evidenzia una evoluzione meno favorevole rispetto alle previsioni contenute nel Documento di Economia e Finanza di aprile.

 

Le entrate finali delle amministrazioni pubbliche per il 2012 sono stimate pari a 764.498 milioni, in aumento del +3,8 per cento rispetto all’anno precedente (nel DEF la stima di crescita era pari al +6,2 per cento). L’evoluzione delle entrate tributarie (+5,7 per cento rispetto al +9 per cento stimato nel DEF) è riconducibile ad una variazione più contenuta, rispetto a quella del DEF, dell'andamento del gettito relativo alle imposte dirette (+7,6 per cento rispetto al +9,1 per cento) e indirette (+6,6 per cento rispetto al +11,5 per cento); sconta inoltre la riduzione delle stime delle imposte in conto capitale.

 

Il Bollettino delle entrate tributarie del Ministero dell'Economia e Finanze relativo al periodo gennaio-luglio 2012 evidenzia una crescita tendenziale del gettito tributario pari al +4,7 per cento, attribuendo il risultato registrato alla variazione positiva del +5 per cento delle imposte dirette e alla crescita del +4,2 per cento delle imposte indirette.

 

La variazione delle previsioni tiene conto del rallentamento economico (evidenziato dalla revisione al ribasso delle stime di crescita, in particolare di quelle su PIL e consumi) e della modifica introdotta in materia di aliquote IVA dal D.L. 95/2012.

 

La relazione tecnica allegata al citato decreto ha attribuito all’art. 21, che ha rimodulato gli incrementi delle aliquote già disposti nella normativa previgente,[26]con effetti di minor gettito tributari stimati in 3.280 milioni nel 2012, 6.560 milioni nel 2013 e 9.840 milioni dal 2014.

 

Anche la stima delle entrate contributive è rivista al ribasso, in relazione agli effetti che il rallentamento economico produce sul mercato del lavoro. Inciderebbe anche la diminuzione degli incassi contributivi ascrivibili all'Inpdap, risultati in consistente calo per effetto di un andamento delle retribuzioni del settore del pubblico impiego, più contenuto di quello ipotizzato in sede di DEF (fonte: Rapporto sulle Entrate di Luglio del Dipartimento delle Finanze).

Le nuove previsioni di entrata confermano l'aumento della pressione fiscale atteso per l’anno in corso rispetto al valore del 2011 (44,7 per cento nel 2012 rispetto al 42,5% per cento nel 2011).

 

Nel triennio 2013-2015, le entrate finali delle PA confermano una dinamica positiva (+2,6 per cento nel 2013, +2 per cento nel 2014 e +2,7 per cento nel 2015), anche se più attenuata rispetto alle previsioni del DEF negli anni 2013 e 2014. Nel triennio considerato, le entrate tributarie si evolvono ad un tasso di crescita medio pari a +2,3 per cento, a fronte di una crescita media del PIL pari a +0,7 per cento. Il trend positivo è riferito a tutte le tipologie d'entrata. Infatti, si registra un incremento delle imposte dirette (tasso di crescita medio pari a 1,3 per cento) e delle indirette (tasso di crescita medio pari a 3,5 per cento). Dinamiche più moderate si registrano per i contributi sociali (tasso di crescita medio pari a 2,3 per cento) e per le altre entrate correnti (tasso di crescita medio pari a 2,7 per cento).

Le stime relative al 2015 evidenziano, in particolare, un incremento superiore rispetto a quelle indicate nel DEF, tenuto conto che in valore assoluto le entrate previste nella Nota (821 miliardi) sono inferiori a quelle del DEF (846 miliardi), la variazione appare imputabile alla minore crescita scontata negli anni precedenti (nel 2015 le entrate finali registrano un incremento del 2,68 per cento rispetto alle previsioni di aprile pari a 2,38 per cento).

Tali variazioni incorporano, come si è detto, gli effetti di minor gettito ascritti alla norma contenuta nel D.L. n. 95/2012 che ha rimodulato gli aumenti delle aliquote IVA (pari a circa -3 mld nel 2012, a circa -6,5 mld nel 2013 e quasi -10 miliardi a decorrere dal 2014).

 

In merito alle cause che determinano la riduzione della stima delle entrate, sarebbe utile una precisazione da parte del Governo, volta a chiarire quale sia la componente imputabile al ciclo economico e quale possa essere considerata strutturale.

 

 

 

 



Approfondimento

3. Il patto di stabilità interno e il patto di convergenza

 

Nella sezione relativa al patto di stabilità interno e al patto di convergenza, la Nota di aggiornamento al DEF 2012 si limita, in conformità con quanto previsto dalla legge di contabilità e finanza pubblica, a richiamare il contenuto della normativa vigente.

In particolare la Nota ricorda gli obiettivi di finanza pubblica assegnati alle amministrazioni locali dalle manovre approvate nell’estate 2011, richiamando gli importi delle misure già indicati nella Nota di aggiornamento al DEF 2011.

Si segnala che gli obiettivi di finanza pubblica assegnati ai singoli comparti, richiamati dalla Nota in esame, devono intendersi riferibili unicamente allo strumento del patto di stabilità intern,. mentre non considerano l’effetto di altri provvedimenti che hanno incrementato il concorso degli enti territoriali mediante altri strumenti normativi (come l’aumento della leva fiscale e il taglio ai fondi destinati alla perequazione degli enti locali[27] o le misure di contenimento della spesa sanitaria).

 

Tabella 1

Concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica (D.L. 98 e 138 del 2011)

 (milioni di euro)

 

2012

2013

2014 e ss.

Regioni a statuto ordinario

840

1.600

1.600

Regioni a statuto speciale e Prov. Autonome

1.630

2.000

2.000

Province

550

800

800

Comuni > 5.000 abitanti

1.180

2.000

2.000

Totale complessivo

4.200

6.400

6.400

Fonte: Note di aggiornamento al DEF 2011 e al DEF 2012. Gli importi sono al netto delle riduzioni concesse per il 2012 a valere sul gettito derivante dall’aumento del’addizionale IRES per le imprese operanti nel settore energetico.

 

Si ricorda inoltre che gli importi, sopra riportati non includono gli effetti delle misure contenute nel DL n. 78/2010, riguardante il patto di stabilità interno, i cui effetti si aggiungono a quelli derivanti dalle disposizioni dell’estate 2011 e risultano parimenti considerati negli andamenti tendenziali.

Al riguardo la Nota ricorda che nel luglio scorso è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale[28] che ha disposto l’illegittimità costituzionale dell’articolo 20, commi 4 e 5, del Dl 98/2011, nella parte in cui dispone che le misure previste dall’art. 14, comma 1 del DL n. 78/2010 e dallo stesso articolo 20, comma 5 (concorso degli enti territoriali alla manovra di finanza pubblica) siano applicabili per gli anni 2014 e successivi anziché fino al solo 2014.

Gli effetti positivi sui saldi della PA. delle disposizioni oggetto di censura da parte della Corte costituzionale ammontano complessivamente a 14,9 miliardi annui a decorrere dal 2015 (di cui 8,5 miliardi relativi alle misure di cui all’articolo 14 del D.L. 78/2010 e 6,4 miliardi previsti dal D.L. 95/2012). Gli andamenti tendenziali a legislazione vigente, esposti dalla Nota di aggiornamento, non registrano il venir meno dei suddetti effetti positivi sui saldi, presumibilmente nel presupposto che, come previsto dalla legge di contabilità con riferimento alle sentenze recanti effetti finanziari, verranno reperiti idonei mezzi di copertura, ancorché attualmente non previsti dalla normativa vigente.

Al riguardo andrebbero forniti chiarimenti sulle modalità con le quali si intenda garantire che dalla sentenza della Corte non discendano effetti negativi sui saldi. Andrebbe in particolare chiarito se la compensazione degli effetti graverà sul medesimo comparto amministrativo inciso dalle disposizioni censurate (enti territoriali). La sentenza sembra, infatti, inibire la possibilità che, con normativa ordinaria, vengano disposte misure restrittive di carattere permanente, suscettibili di incidere sull’autonomia finanziaria delle amministrazioni locali.

 


Approfondimento

4. Tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico italiano

La Nota di aggiornamento al DEF dedica un apposito approfondimento all’illustrazione dell’andamento della spesa pubblica per pensioni in rapporto al PIL fino al 2060, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 5, della legge n. 335/1995.

Per quanto riguarda il quadro demografico, le previsioni recepiscono le ipotesi di fecondità, mortalità e flusso migratorio netto sottostanti lo scenario centrale elaborato dall’ISTAT con base 2011[29], e scontano il quadro macroeconomico aggiornato, per il periodo 2012-2015, con le ipotesi di crescita coerenti con quelle delineate dalla Nota di aggiornamento. Per il periodo successivo, il tasso di crescita del PIL è stimato intorno all’1,5 per cento medio annuo, mentre il tasso di occupazione aumenta di 9-10 punti percentuali nella fascia di età 15-64 anni, rispetto al valore del 2010. Per quanto riguarda la cornice normativa, le previsioni incorporano gli effetti delle misure recate dagli interventi di riforma adottati nel corso del 2011, nonché l’adeguamento su base triennale (biennale dal 2021) dei coefficienti di trasformazione e dei requisiti di accesso al pensionamento in base alla speranza di vita[30].

Sulla base di tali premesse, il rapporto fra spesa pensionistica e PIL, cresciuto nel triennio 2008-2010 a causa della recessione, continua a risentire negativamente della bassa crescita economica (in particolare, della contrazione attesa per il 2012), parzialmente compensata, negli anni 2013-2014, anche dagli effetti di contenimento conseguenti all’elevazione dei requisiti di accesso al pensionamento.

A partire dal 2015 e per circa quindici anni, il rapporto tra spesa pensionistica e PIL decresce in modo significativo, attestandosi intorno al 14,6 per cento intorno al 2030, per l’effetto di contenimento dovuto all’innalzamento dei requisiti di accesso al pensionamento e all’introduzione del sistema di calcolo contributivo, in presenza di un andamento di crescita dell’economia più favorevole. Tali effetti compensano significativamente quelli negativi indotti dalla transizione demografica.

Nel periodo successivo, tali ultimi effetti della transizione demografica uniti a quelli, altrettanto negativi, dei maggiori importi di pensione conseguenti al posticipo del pensionamento comportano la crescita del rapporto fra spesa pensionistica e PIL che si protrae fino al triennio 2045-2047, quando raggiunge il picco massimo del 15,6 per cento.

Nella parte finale del periodo di previsione, il rapporto decresce significativamente, fino ad attestarsi al 13,9 per cento nel 2060. Tale andamento è da ascriversi essenzialmente al completamento del passaggio dal sistema di calcolo misto a quello interamente contributivo, che determina un’attenuazione della dinamica degli importi di pensione di nuova liquidazione (anche per effetto della revisione dei coefficienti di trasformazione), ed alla progressiva eliminazione dei pensionati nati negli anni del baby boom.

In sintesi, a seguito delle modifiche normative introdotte nel sistema a partire dal 2004, l’Italia presenta una variazione della spesa pensionistica in rapporto al PIL migliore rispetto alla media dei paesi UE, nonostante una dinamica demografica meno favorevole.

In particolare, mentre per l’insieme dei paesi dell’area UE la spesa pensionistica in rapporto al PIL cresce in media di 1,6 punti percentuali nel periodo 2010-2016, nel caso dell’Italia, il rapporto scende di 0,9 punti percentuali[31].


5. La spesa per interessi fabbisogno e debito

5.1 La spesa per interessi

Per gli anni 2012-2015 le stime odierne collocano la spesa per interessi su livelli superiori rispetto alle previsioni di aprile 2012: in valori assoluti la spesa per l’esercizio in corso risulta pari a 86.119 milioni, a fronte di un valore pari a 84.217 milioni indicato nelle previsioni di aprile 2012. A fine periodo, la spesa risulta più elevata di oltre 6 miliardi. In percentuale del PIL, essa passa dal 5,5 per cento del 2012 al 6,3 per cento del 2015 (il DEF 2012 indicava un valore per il 2015 pari al 5,8 per cento).

Tale evoluzione si determina per effetto sia della contrazione del PIL nominale prevista per il 2012 e delle ridotte prospettive di crescita degli anni successivi, sia, come ricordato dallo stesso documento in esame, dell’intensificarsi delle  tensioni sui mercati finanziari a partire dal mese di aprile, in seguito attenuatesi e delle relative ripercussioni sulla struttura dei tassi di interesse dei titoli del debito pubblico.

Si segnala che, con decorrenza dall’11 luglio 2012, il Consiglio direttivo della BCE ha deliberato una riduzione di 25 punti base del tasso minimo sulle operazioni di rifinanziamento principali, portandolo allo 0,75 per cento[32].

Con riferimento alle stime sull’andamento della spesa per gli interessi andrebbero fornite precisazioni in merito alle ipotesi adottate con particolare riferimento alla composizione e alla durata dei titoli di Stato e al valore dello spread atteso. Va infatti rilevato che a fronte delle ripercussioni sull’intera curva dei tassi determinate dalle tensioni sui mercati finanziari in linea generale il rendimento dei titoli a breve termine è inferiore a quello offerto sui titoli a medio e lungo termine e che la durata della vita residua media ponderata dei titoli di Stato in circolazione si è ridotta negli ultimi mesi.

 

Le tensioni sui mercati e le incertezze finanziarie del periodo hanno, come si è detto, contribuito alla riduzione della vita residua media ponderata. In presenza di elevato stock di debito permane, infatti, la necessità di reperire sul mercato ingenti ammontari di finanziamenti[33]. A fine agosto 2012, la vita residua media ponderata dei titoli di Stato si è attestata ad un valore inferiore a sette anni (6,65[34]) confermando l’andamento decrescente iniziato nel 2010 quando si era attestato, con riferimento alla data del 31 dicembre, ad un valore pari a 7,2 anni.

Dopo aver raggiunto un valore pari a 6,99 anni a fine 2011, nell’esercizio in corso tale parametro è risultato pari a 6,83 anni con riferimento al 31 marzo 2012 e 6,71 anni con riferimento al 30 giugno 2012[35].

In base ai dati aggiornati al 31 agosto 2012, i titoli di debito pubblico in circolazione con scadenze comprese tra il 1° ottobre e il 31 dicembre 2012 ammontano a circa 120 miliardi. I titoli in circolazione in scadenza nel 2013 ammontano a oltre 240 miliardi[36]. A tale aggregato occorre aggiungere il finanziamento del fabbisogno annuo ed il rimborso dei titoli a breve emessi nei prossimi mesi per garantire la necessaria flessibilità di cassa.

 

Si segnala, infine, che nelle aste di metà settembre, in cui sono stati offerti BTP a 15 anni, BTP a 15 anni non più in corso, con vita residua di 5 anni, BTP a 3 anni, non si sono presentate criticità in termini di raccolta e i diversi titoli sono stati collocati con rendimenti lordi compresi tra il 2,75 ed il 5,32 per cento[37] .

Tabella 5.1

Spesa per interessi: confronto tra Nota di aggiornamento e Documento di economia e finanza 2012

                   (milioni di euro - % PIL)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

 

 

 

 

 

 

 

Nota di aggiornamento DEF 2012

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

71.112

78.021

86.119

89.243

96.971

105.394

Variazione assoluta

704

6.909

8.098

3.124

7.728

8.423

Variazione percentuale

0,4

9,7

10,4

3,6

8,7

8,7

in % del PIL

4,6

4,9

5,5

5,6

6,0

6,3

PIL nominale

1.553,2

1.580,2

1.564,4

1.582,4

1.629,1

1.680,4

 

 

 

 

 

 

 

DEF 2012

 

 

 

 

 

 

Spesa per interessi

71.112

78.021

84.217

88.456

93.832

99.249

Variazione assoluta

249

6.909

9.196

4.239

5.376

5.417

Variazione percentuale

0,4

9,7

7,9

5,0

6,1

5,8

in % del PIL

4,6

4,9

5,3

5,4

5,6

5,8

PIL nominale

1.553,2

1.580,2

1.588,7

1.626,9

1.672,8

1.725,5

 

Fonte: Elaborazioni su dati MEF


5.2Il fabbisogno e il debito pubblico

La Nota di aggiornamento presenta le nuove stime dell’andamento del fabbisogno del settore statale e del settore pubblico in termini di PIL a confronto con quelle formulate nel DEF.

 

Tabella 5.2

Fabbisogno del settore statale e del settore pubblico

(valori in percentuale del PIL)

 

2012

2013

2014

2015

 

DEF 2012

Nota Agg.

DEF 2012

Nota Agg.

DEF 2012

Nota Agg.

DEF 2012

Nota Agg.

Saldo settore statale

-1,7

-2,9

-0,3

-1,5

0,3

-1,3

0,7

-1,2

Saldo settore pubblico

-1,7

-2,9

-0,2

-1,5

0,3

-1,2

0,5

-1,3

 

 

Le stime dei due saldi in termini di PIL registrano, già a decorrere dall’anno in corso, un peggioramento rispetto alle previsioni di aprile. Si ricorda che in base a tali previsioni, il fabbisogno del settore statale era previsto per il 2012 in 26.981 milioni di euro, mentre il fabbisogno del settore pubblico era previsto in 26.262 milioni di euro.

 

I dati pubblicati mensilmente sul sito del Ministero dell’economia e delle finanze attestano che, nei primi otto mesi dell’anno in corso, si è realizzato complessivamente un fabbisogno statale di 33.500 milioni.

 

Anche negli anni successivi le previsioni permangono in area negativa, diversamente dalla precedenti stime che prevedevano per entrambi i saldi una situazione di avanzo a decorrere dal 2014.

 

Con riferimento al peggioramento delle stime di fabbisogno per il 2012, andrebbe chiarito se le nuove stime considerino l’effetto positivo della dismissione delle partecipazioni azionarie di Fintecna, Sace e Simest. La Nota indica infatti che da tale dismissione deriveranno effetti positivi sul debito nel 2012 in misura pari a 0,6 punti di PIL, ma non evidenzia che un analogo effetto sia iscritto anche sul saldo di fabbisogno. Nel caso in cui la dismissione in questione sia comunque stata registrata sul predetto saldo, il peggioramento dello stesso al netto dell’operazione straordinaria in questione ammonterebbe a 1,8 punti di PIL (contro gli 1,2 indicati nella Nota)[38]. Viceversa, laddove il dato di fabbisogno indicato dalla Nota per il 2012 non includa l’effetto delle dismissioni in questione, andrebbe chiarito per quale ragione tale posta non sia stata considerata.

 

Con riguardo al debito delle amministrazioni pubbliche, il documento in esame fornisce le nuove stime relative al rapporto del debito/PIL confrontandole con le previsioni indicate nel DEF 2012.

Il confronto è effettuato, distinguendo l’ammontare del debito al lordo e al netto dei prestiti diretti alla Grecia, della quota di pertinenza Italia EFSF e del programma ESM per gli anni dal 2010 al 2015; non sono compresi gli aiuti previsti per la ricapitalizzazione del settore bancario spagnolo.

Tabella 5.3

Il debito delle Pubbliche amministrazioni

 (valori in percentuale del PIL)

 

2012

2013

2014

2015

 

DEF 2012

Nota Agg.

DEF 2012

Nota Agg.

DEF 2012

Nota Agg.

DEF 2012

Nota Agg.

Al lordo sostegni

123,4

126,4

121,5

127,1

118,2

125,1

114,4

122,9

Al netto sostegni

120,3

123,3

117,9

123,3

114,5

121,3

110,8

119,1

 

 

Il confronto evidenzia la revisione al rialzo del rapporto debito/PIL sin dall’anno in corso; inoltre, rispetto alle stime DEF ed in riferimento al rapporto calcolato al netto dei sostegni, la prevista riduzione del rapporto debito/PIL è stimata a decorrere dal 2014 in luogo del 2013.

Secondo la Nota, i fattori che spiegano la revisione della stime sono:

1) le revisioni dei consuntivi 2010 e 2011 operate dalla Banca d’Italia. Tale revisione determina un peggioramento complessivamente pari a 0,6 punti percentuali di PIL per ciascun anno. Tale valore è imputabile ad ordinari accertamenti statistici (0,1 punti) e alle riclassificazioni effettuate per tenere conto della decisione Eurostat del 31 luglio 2012 con la quale si è stabilito che i debiti commerciali della PA ceduti con clausole pro-soluto ad istituzioni diverse dalle banche devono essere inclusi nel debito degli Stati membri (0,5 punti di PIL);

2) gli effetti recati dall’andamento del quadro macroeconomico, meno favorevole rispetto al DEF. Il rallentamento del ciclo economico rispetto a quello di 6 mesi fa determina una rettifica del rapporto debito/PIL stimato in 2 punti percentuali nel 2012, in 3,5 punti percentuali nel 2013 e poco oltre i 3 punti percentuali nel 2014 e 2015;

3) gli effetti (cumulati) del ciclo economico sul fabbisogno delle Pubbliche Amministrazioni. Tale aspetto determina un rialzo della stima del debito pari a circa 1,2 punti percentuali di PIL negli anni 2012 e 2013, un incremento di 1,5 punti percentuali di PIL nel 2014 e un incremento di 1,7 punti nel 2015;

4) l’operazione di privatizzazione delle società SACE, FINTECNA e SIMEST che determinano un miglioramento del rapporto debito/PIL stimato, per l’anno 2012, in misura corrispondente a circa 0,6 punti di PIL.

 

La valutazione degli effetti sopra riportata, indicata dalla Nota, è espressa in termini di punti percentuali riferiti a diversi fattori. La somma di tali fattori, separatamente quantificati dalla Nota, non coincide con il dato complessivo di incremento del debito fornito dalla Nota stessa.

 

La somma dei singoli fattori è infatti pari a 3,2 punti nel 2012, 5,9 nel 2013, 6,9 nel 2014 e 8,6 nel 2015, mentre l’incremento del rapporto debito/PIL al netto dei sostegni è pari a 3 punti nel 2012, 5,4 punti nel 2013, 6,8 punti nel 2014 e 8,3 punti nel 2015.

 

Andrebbe pertanto chiarito se i singoli fattori considerati per spiegare le variazioni del rapporto Debito/Pil siano in parte sovrapponibili tra di loro.

 

In particolare, oltre alla possibile sovrapposizione tra variazione del fabbisogno ed effetto delle dismissioni di partecipazioni azionarie sopra ricordato, potrebbe sussistere una parziale sovrapposizione tra la variazione del fabbisogno (che modifica il numeratore nel rapporto Debito/Pil a parità di denominatore) e l’effetto ascritto alla variazione del ciclo (che riduce il denominatore del rapporto Debito/Pil a parità di numeratore).

 

 Si rileva inoltre che la variazione del fabbisogno ascrivibile al ciclo secondo la Nota coincide sostanzialmente con la variazione complessiva dell’aggregato indicata nella Tavola 4, che dovrebbe riflettere, invece, sia il peggioramento dovuto alla congiuntura economica sia il fattore di carattere strutturale.

Infine, con riferimento all’effetto ascritto alla dismissione delle partecipazioni azionarie, appare opportuno che sia chiarito se il relativo gettito sarà integralmente destinato alla riduzione del debito o se in parte esso sarà destinato alle altre finalità previste dalla disposizione[39]. In tale caso andrebbe chiarito se l’effetto stimato sul debito dell’operazione sconti l’effetto di tali possibili destinazioni alternative.

 

Le stime tendenziali del debito pubblico non tengono conto degli interventi previsti per la riduzione del debito contenuti nel decreto legge n. 87/2012 confluito nella legge di conversione del decreto legge n. 95/2012 (c.d. spending review). Si tratta, in particolare, di strumenti creati per procedere alla valorizzazione e successiva dismissione del patrimonio dello Stato, sia degli immobili sia di partecipazioni pubbliche.

Gli effetti finanziari di tali operazioni, cumulati negli anni, sono valutati in circa 1 punto percentuale all’anno e sono considerati ai fini della stima del rapporto debito/PIL programmatico.

 

 

La Nota fornisce la disaggregazione degli andamenti tendenzialidel debito complessivo della PA per sottosettori, sia al lordo che al netto delle misure di sostegno finanziario per i paesi dell’area Euro. Di seguito si riportano i dati presentati nella Nota, sia in valore assoluto che in termini di incidenza percentuale sul PIL, questi ultimi anche mediante rappresentazione grafica.

 

Tabella 5.4.a

Il debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore

 (milioni di euro)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Livello al netto dei sostegni finanziari euro Euro (1)

 

 

 

 

 

Amministrazioni Pubbliche

1.847.309

1.894.630

1.928.404

1.951.746

1.975.661

2.002.123

Amministrazioni Centrali

1.737.722

1.785.216

1.819.727

1.843.676

1.867.843

1.894.007

Amministrazioni Locali

116.118

117.359

116.621

116.015

115.763

116.060

Enti di Previd. e Assist.

108

135

135

135

135

135

Livello al lordo dei sostegni finanziari euro Euro (1)

 

 

 

 

 

Amministrazioni Pubbliche

1.851.218

1.907.748

1.976.622

2.010.744

2.038.610

2.065.072

Amministrazioni Centrali

1.741.631

1.798.333

1.867.946

1.902.673

1.930.792

1.956.956

Amministrazioni Locali

116.118

117.359

116.621

116.015

115.763

116.060

Enti di Previd. e Assist.

108

135

135

135

135

135

Pil (x 1.000)

1.553

1.580

1.563

1.581

1.628

1.679

 

Tabella 5.4.b

Il debito delle amministrazioni pubbliche per sottosettore

(percentuale sul PIL)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Livello al netto dei sostegni finanziari euro Euro (1)

 

 

 

 

 

Amministrazioni Pubbliche

118,9

119,9

123,4

123,5

121,4

119,2

Amministrazioni Centrali

111,9

113,0

116,4

116,6

114,7

112,8

Amministrazioni Locali

7,5

7,4

7,5

7,3

7,1

6,9

Enti di Previd. e Assist.

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Livello al lordo dei sostegni finanziari euro Euro (1)

 

 

 

 

 

Amministrazioni Pubbliche

119,2

120,7

126,5

127,2

125,2

123,0

Amministrazioni Centrali

112,1

113,8

119,5

120,3

118,6

116,6

Amministrazioni Locali

7,5

7,4

7,5

7,3

7,1

6,9

Enti di Previd. e Assist.

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

0,0

Fonte: tavola 7 di pag. 15 della Nota di aggiornamento al DEF 2012. I dati sono al netto e al lordo prestiti diretti alla Grecia, della quota di pertinenza Italia ESFS[40] e del programma ESM per gli anni dal 2010 al 2015[41]. I dati relativi ai sottosettori sono al lordo degli interessi non consolidati.

 

 

Grafico 5.1

Il debito delle Amministrazioni pubbliche per sottosettore in percentuale sul PIL


Fonte: elaborazione sui dati dalla tavola 7 di pag. 15 della Nota di aggiornamento al DEF 2012 al netto delle misure di sostegno ai paesi dell’area Euro. La componente del debito relativa agli enti previdenziali, espressa in termini di incidenza sul PIL, è prossima allo zero[42] e pertanto non risulta visibile nella rappresentazione grafica.

 

I dati mostrano che l’andamento complessivo del debito della PA risulta determinato pressoché integralmente dalla componente delle amministrazioni centrali.

Quest’ultima registra una crescita annua in termini assoluti per l’intero periodo considerato, mentre, in termini di incidenza sul PIL, dal 2014 subentra una lieve flessione.

La componente delle amministrazioni locali è sostanzialmente stabile in termini di incidenza sul PIL per il periodo 2010-2012 su valori comunque modesti, attorno al 7,5% del PIL, mentre declina leggermente nel triennio successivo, portandosi nel 2015 su un valore del 6,9%. Anche in termini assoluti tale componente registra una costante flessione a partire dal 2011, con una lieve ripresa nel 2015.

La componente relativa agli enti previdenziali risulta scarsamente significativa (non visibile nel grafico) e comunque costante in termini assoluti e con variazioni minimali in termini di incidenza percentuale sul PIL.

A livello consolidato, il debito complessivo della PA risulta inferiore di circa 8 miliardi all’anno rispetto alla somma delle componenti dei sottosettori: tale fattore evidenzia la presenza di significative posizioni debitorie e creditorie reciproche tra i diversi comparti amministrativi della PA, non consolidate a livello dei singoli comparti.

Al riguardo andrebbe chiarito se una possibile determinante di tale fenomeno possa risiedere, da un lato, nella legislazione riguardante il patto di stabilità interno che impone, in molti casi, l’esposizione da parte delle amministrazioni locali di avanzi di gestione; dall’altro nella legislazione riguardante l’obbligo di riversamento nella tesoreria centrale delle giacenze esistenti presso le tesorerie locali[43].

Il DEF 2012 non recava la tavola relativa alla disaggregazione del debito per sottosettori, corrispondente a quella riportata nella Nota attualmente in esame. Non risulta pertanto possibile individuare in modo puntuale in quale misura ciascun sottosettore sia stato interessato dalle revisioni apportate nelle stime complessive del debito.

Infine, la disaggregazione del debito per sottosettore riportata nella Nota di aggiornamento riguarda i dati relativi agli andamenti tendenziali. Non viene invece fornita indicazione della misura in cui il piano straordinario di valorizzazione del patrimonio e corrispondente riduzione del debito, previsto negli andamenti programmatici – che dovrebbe assicurare la riduzione cumulata del debito in misura pari a un punto percentuale di PIL annuo per il triennio 2013-2015 –, inciderà sul debito dei diversi settori amministrativi.

 

 

 


Approfondimento

5. La recente evoluzione degli spread sui titoli di Stato e le condizioni di accesso al credito in Italia

 

L’incertezza che ha caratterizzato l’area euro nell’ultimo periodo ha portato, nella scorsa primavera, ad un riacuirsi delle tensioni sui mercati finanziari, con un nuovo allargamento dei differenziali tra i rendimenti registrati in alcuni paesi europei rispetto ai bund tedeschi.

Con riferimento all’Italia, l’andamento dello spread sui titoli di Stato negli ultimi sei mesi è stato caratterizzato da importanti oscillazioni, che risentono degli effetti negativi dovuti alle tensioni sui mercati del debito sovrano e all’incertezza in termini di stabilità finanziaria che ha interessato l’area dell’euro. Nonostante la presenza di tali oscillazioni, un’analisi del periodo giugno-settembre evidenzia una complessiva tendenza alla riduzione dello spread tra BPT decennali e Bund tedeschi (in data 8 giugno lo spread era pari a 445 punti base, rispetto al valore di chiusura del 24 settembre pari a 349 punti base).

La Nota evidenzia che negli ultimi giorni è stato registrato un miglioramento nei mercati finanziari, che si considerano collegati allo scioglimento di alcuni processi istituzionali europei[44]. Tali sviluppi, ove confermati, dovrebbero consentire una riduzione del grado di incertezza che fino ad ora ha contribuito a deprimere la ripresa dell’economia.

 

La sensibilità dello spread agli eventi internazionali ha determinato continue variazioni al ribasso e al rialzo del valore dello stesso. Tra le altre, una importante riduzione è stata registrata nei primi giorni di luglio quando, dopo il vertice a Bruxelles del 28 e 29 giugno, l’Eurogruppo ha annunciato di essere favorevole ad un possibile intervento della BCE sui mercati finanziari (rispetto ad un valore pari a 468 del 28 giugno, lo spread era sceso a 422 in data 2 luglio). Il prolungarsi dei tempi, e l’intervenuto declassamento del debito sovrano italiano operato dalla Moody’s ha determinato una inversione dell’andamento dello spread che, il 23 luglio, ha raggiunto il valore massimo del periodo considerato pari a 537 punti base.

Particolarmente rilevante è risultata la dichiarazione del Presidente Draghi effettuata il 6 settembre circa la disponibilità da parte della BCE ad effettuare acquisti illimitati di titoli di Stato con scadenza fino a 3 anni senza alcun tetto ai rendimenti (in data 6 settembre lo spread BTP-Bund è risultato pari a 372 punti base). Lo spread ha confermato, nei giorni successivi, una generale tendenza alla riduzione che, in data 24 settembre, ha registrato un valore pari a 349 punti base.

 

La situazione di incertezza finanziaria che ha caratterizzato l’ultimo periodo e le tensioni presenti sui mercati, determinando una elevata volatilità degli spread, hanno di fatto scoraggiato gli investitori internazionali a detenere i titoli italiani. Conseguentemente, sono aumentati i costi di approvvigionamento a carico degli istituti di credito operanti sul mercato interno, con un effetto di traslazione di tali maggiori oneri sui tassi di finanziamento alle imprese e alle famiglie. Parallelamente, l’offerta di credito al settore privato ha visto ridurre la propria crescita fino a dare alcuni segnali di contrazione.

Per quanto riguarda il costo del credito, la Nota sottolinea che le difficoltà dal lato della provvista e le incertezze sulla solidità del portafoglio crediti hanno generato un inasprimento delle politiche creditizie con innalzamenti dei tassi creditori delle banche. In particolare, si evidenzia che in luglio il costo dei nuovi prestiti alle imprese italiane da uno a cinque anni, fino a un milione di euro, è risultato pari al 6,2 per cento rispetto al 4 per cento registratosi per le imprese tedesche. Questo in parte riflette, come ricordato dallo stesso documento in esame, la frammentazione dei mercati finanziari dell’area euro e la non uniforme trasmissione dei meccanismi di politica monetaria nei diversi paesi.

I dati forniti dalla Banca d’Italia[45] evidenziano una riduzione del ricorso al credito da parte delle imprese. Infatti, il tasso di variazione dei prestiti bancari in favore delle imprese non finanziarie rilevato in maggio considerando i 12 mesi precedenti, risulta pari al -2,8 per cento; tuttavia, poiché prendendo in considerazione i soli 3 mesi precedenti si otterrebbe, su base annua, una variazione pari al -1,2 per cento, la tendenza alla riduzione del ricorso al credito mostra un andamento più contenuto negli ultimi mesi considerati.

Secondo l’Istituto, il calo recente dei prestiti bancari riflette non solo i criteri restrittivi di erogazione del credito da parte delle banche, anche se quest’ultimi appaiono in attenuazione rispetto alla fine del 2011, ma anche l’indebolimento dell’attività produttiva.

Il Bollettino segnala, inoltre, che secondo il sondaggio trimestrale Banca d’Italia - Il Sole 24 Ore, in giugno la percentuale netta di imprese manifatturiere che riportavano un deterioramento delle condizioni di accesso al credito è risultata pari al 30,9 per cento, dal 30,2 in marzo. Ciò viene attribuito al nuovo acuirsi delle tensioni sui mercati del debito sovrano osservato negli ultimi mesi.

Con riferimento al settore delle famiglie, la Nota afferma che, nel secondo trimestre, le condizioni dell’offerta di credito sono risultate stabili per i mutui immobiliari e in lieve restrizione nel segmento del credito al consumo. La domanda risulta in lieve contrazione in entrambi i comparti.

In base a quanto affermato dalla Banca d’Italia[46], secondo l’Indagine sul credito bancario[47] di aprile, per quanto riguarda le famiglie, il grado di restrizione dell’offerta di credito sarebbe diminuito marcatamente nel primo trimestre dell’anno, beneficiando dell’allentamento delle tensioni sul costo della provvista e sui vincoli di bilancio, che si sarebbe tradotto in condizioni di costo meno sfavorevoli per la clientela.

 


Approfondimento

6. Gli interventi della Bce sul mercato secondario dei titoli di Stato (Outright monetary transactions)

 

In un contesto caratterizzato da spreads sui rendimenti dei titoli di Stato elevati e volatili e da significativi divari nelle condizioni di liquidità e accesso al credito, il 6 settembre scorso, la Bce ha dichiarato il proprio obiettivo di ripristinare i corretti meccanismi di trasmissione della politica monetaria, superando la frammentazione che di fatto si é venuta a creare nell’area e assicurando una corretta trasmissione della stance monetaria all’economia reale in tutti i paesi.

Lo strumento è quello delle Operazioni monetarie dirette (Outright monetary transactions – OMT), cioè acquisti potenzialmente illimitati, sul mercato secondario, di titoli di Stato con scadenza da uno a tre anni. I Paesi che ne facciano richiesta dovranno sottoporsi ad una stretta condizionalità e sottoscrivere un memorandum di intesa.

Come specificato nel corso della Conferenza stampa del Presidente della Banca centrale, gli acquisti riguarderanno titoli con durata residua fino tre anni. L’effetto immediato sarà quello di abbassare i rendimenti a breve; lo spostamento della domanda sulle scadenze più lunghe indurrà tuttavia una riduzione anche dei rendimenti a medio e lungo termine, con un abbassamento quindi di tutta la curva. Secondo la Bce, il rischio che gli Stati si spostino sulle emissioni di titoli a breve (che per primi risentirebbero degli effetti positivi delle OMT) appare limitato, in quanto tale comportamento, giudicato negativo dalla Banca, comporterebbe un accorciamento della vita media del debito e causerebbe difficoltà di collocamento negli anni successivi.

Per scoraggiare ogni tipo di attacco speculativo, non sono previsti limiti quantitativi ex ante agli acquisti dei titoli. La scelta di intervenire non si baserà solo sui livelli dei rendimenti o su un valore massimo degli spread , ma piuttosto su un set di indicatori, che guardi anche alla volatilità dei tassi e alle condizioni di liquidità del mercato.

Essi, inoltre, saranno sterilizzati: come già avvenuto in occasione delle precedenti operazioni non convenzionali di acquisto di titoli di Stato (Smp), la quantità di moneta immessa sarà infatti drenata dal sistema per non creare inflazione. A differenza delle Smp, sarà assicurata tuttavia piena trasparenza sui quantitativi acquistati e i relativi prezzi. La Bce rinuncerà, inoltre, alla seniority, alle condizioni cioè di privilegio rispetto agli altri creditori[48].

L’intervento della Bce é legato ad una stretta condizionalità, che gli Stati assistiti dovranno rispettare sotto il monitoraggio della Commissione Ue, della Bce ed eventualmente del Fondo monetario internazionale.

La Bce non interverrà, infatti, se non dopo che la richiesta di aiuto si sarà concretizzata con la sigla di un memorandum di intesa con l’EFSF o, successivamente con l’ESM, che preveda un programma di aggiustamento macroeconomico o un programma precauzionale sul modello delle Linee di credito a condizioni rafforzate - ECCL (Enhanced Conditions Credit Lines).

Al riguardo è stata sottolineata dal Presidente della Bce l’importanza che l’intervento della banca centrale si accompagni ad una efficace e severa politica di risanamento fiscale: solo così, infatti, è possibile superare l’attuale situazione di “cattivo equilibrio” del mercato e spezzare delle aspettative che si “auto avverano” generando scenari avversi non solo verso uno specifico paese, ma verso tutta l’area euro. Se gli attacchi speculativi rendono in parte inefficace le politiche di risanamento fiscale e di rientro dal debito pubblico determinando un elevato onere per interessi, le sole operazioni di mercato aperto si rivelerebbero inefficaci a contenere gli spread in modo durevole.

La Bce auspica il coinvolgimento del FMI, oltre che della Commissione Ue, nelle procedure di sorveglianza: sia ex ante, nella definizione delle condizioni oggetto del protocollo di intesa, sia ex post, come già avviene nel caso di aiuti concessi dal Fondo salva Stati[49].Qualora gli Stati che hanno fatto richiesta di aiuto non rispettassero le suddette condizioni, la Bce sospenderebbe gli acquisti di titoli pubblici.

 



[1]    Vedasi la Raccomandazione del Consiglio del 10 luglio 2012 sul programma nazionale di riforma 2012 dell’Italia e che formula un parere del Consiglio sul programma di stabilità dell’Italia 2012-2015, pubblicata in G.U.U.E. del 24/7/2012 (C219/46).

[2]    Si veda l’articolo 7, comma 3, della legge n. 196/2009.

[3]    In merito all’attività ordinaria di valutazione della spesa statale, si rinvia al Rapporto sulla spesa delle Amministrazioni centrali dello Stato, Stato, pubblicato il 5 settembre 2012 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (Doc. CCXLVIII, n. 1).

[4]    Sull’analisi della situazione congiunturale internazionale, vedasi Banca d’Italia  “Bollettino economico”, luglio 2012.

[5]    Come riportato nel Bollettino della BCE, l’inasprimento fiscale o fiscal cliff, costituisce l’effetto congiunto della concomitante scadenza di una serie di precedenti sgravi fiscali e sussidi di disoccupazione di emergenza e della riduzione automatica della spesa pubblica statunitense.

[6]    La Banca centrale europea richiama peraltro lo Spillover Report 2012 dell’FMI il quale colloca la perdita di prodotto statunitense derivante dal fiscal cliff tra 2,0 e 4,8 punti percentuali nel 2013, anche se la fascia superiore di questo intervallo tiene altresì conto di effetti negativi sulla fiducia che accrescono l’inasprimento fiscale. Il CBO statunitense, in particolare, stima che nel quarto trimestre 2013 il fiscal cliff possa ridurre il PIL statunitense di 3,9 punti percentuali rispetto al livello di base in assenza di inasprimento di bilancio, con un ampio intervallo attorno a tale stima, dovuto dall’incertezza riguardo i moltiplicatori di bilancio. La BCE esprime comunque dubbi che il fiscal cliff possa avere una piena attuazione,vista la probabilità di proroga di taluni incentivi fiscali.

[7]    Fonte: Eurostat. Comunicato stampa n. 119 del 14 agosto 2012.

[8]    Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un Paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche. L’output gap rappresenta la deviazione del PIL effettivo rispetto al PIL potenziale:esso è pari alla differenza tra PIL effettivo e PIL potenziale, rapportata a quest’ultimo.

[9]    DEF 2012, sezione I, Programma di stabilità, capitolo III.3, box relativo all'applicazione della regola di spesa.

[10] Decisione Eurostat del 31 luglio 2012, "The statistical recording of some operations related to trade credits incurred by government units".

[11]   Si veda il D.L. n. 87/2012, confluito nella legge n. 135/2012.

[12]   Cfr Tavola 1 della Nota di aggiornamento.

[13]   Regolamento (CE) n. 1466/97 come modificato dal regolamento (UE) n. 1175/2011 del 16 novembre 2011 e Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governante nell’Unione economica e monetaria (c.d. Fiscal compact).

[14]   Secondo la Nota di aggiornamento, nel biennio 2012-2013 il tasso di variazione del PIL potenziale è previsto negativo per poi crescere di appena due decimi di punto a fine periodo. Rispetto a tale evoluzione, aumenti pur contenuti del PIL effettivo (che sconta gli effetti delle manovre restrittive adottate negli ultimi anni) consentono una tendenziale chiusura dell’output gap, collocando l’economia in una posizione ciclica relativamente più favorevole.

     

[15]   Cfr. in particolare i dossier relativi alla Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica 2010, alla Decisione di finanza pubblica 2010, al DEF 2011 e alla relativa Nota di aggiornamento e al DEF 2012 (rispettivamente i Dossier nn. 9 del maggio 2010, 10 dell’ottobre 2010, 11 dell’aprile 2011, 14 del settembre 2011, e 17 del 2012 a cura dei Servizi Studi e Bilancio dello Stato della Camera e del Servizio Bilancio del Senato).

[16]   Sono classificabili tra tali misure le imposte connesse all’esercizio di opzioni da parte dei contribuenti, quali la rivalutazione volontaria dei cespiti dell’attivo patrimoniale (immobili, terreni e beni d’impresa), e il riallineamento dei valori di bilancio ai principi IAS (Cfr. l’art. 15 del DL n. 185/2008), nonché i tributi richiesti per singoli esercizi (come l’imposta sostitutiva delle imposte ipotecaria e catastale sui contratti di locazione finanziaria di immobili in essere al 1° gennaio 2011, di cui all’art. 1, co. 15 e 16 della L. n. 220/2010).

[17]    Dapprima il DEF 2011 aveva operato una riduzione di spesa pari a oltre 1 mld per il complessivo arco di previsione 2011-2014; successivamente la Nota di aggiornamento al DEF11, aveva ulteriormente ridotto le stime di spesa per un importo cumulato aggiuntivo di circa 1,7 mld.

[18]    I mutui in questione, pure essendo stati comunque considerati, anche in precedenza, nell’ambito dei saldi complessivi della PA, non sarebbero stati inclusi nel novero delle una tantum. Si ricorda in proposito che la Nota di aggiornamento al DEF 2011 iscriveva a tale titolo tra le una tantum un importo pari a 2 mln per il 2010 e a 50 mln annui dal 2011, mentre il DEF 2012 aveva ridotto tale stima a 2 mln per il 2010 e a 34 mln per il solo 2011.

[19]     Cfr. il DL n. 16/2012, nel testo risultante dalla legge di conversione.

[20]   A causa della riduzione del PIL in termini assoluti nell’esercizio in corso, il profilo della spesa risulta più elevato rispetto a quello indicato nel DEF, secondo cui l’incidenza della spesa al netto degli interessi sul PIL passava dal 45,6% nel 2012 al 43,4% nel 2015.

[21]   Gli arrotondamenti alla prima cifra decimale possono determinare incongruenze tra i valori richiamati.

[22] Il decreto legge n. 95/2012 ha disposto:

·         la limitazione del turn over dei vigili del fuoco e delle forze di polizia (articolo 14, comma 2) che determina risparmi pari a circa 107 milioni per il 2012, 319 milioni per 2013, 527 milioni per il 2014 e 694 milioni per il 2015;

·         la limitazione del turn over nelle università e negli enti di ricerca (articolo14, commi 3 e 4) che generano minori spese per retribuzioni pari a circa 24 milioni per il 2012, 107 milioni per 2013, 227 milioni per il 2014 e 329 milioni per il 2015;

·         il transito del personale docente permanentemente inidoneo all’insegnamento nei ruoli del personale ATA (articolo 14, comma 13) che comporta risparmi pari a circa 39 milioni per il 2012, 114 milioni per 2013, 110 milioni per il 2014 e 106 milioni per il 2015;

·         la riduzione del personale MIUR in servizio presso le scuole all’estero (articolo 14, comma 11) che consente risparmi pari a circa 2 milioni per il 2012, 9 milioni per 2013, 15 milioni per il 2014 e 21 milioni per il 2015;

·         la riduzione della spesa per il personale del Ministero degli affari esteri in servizio all’estero (articolo 14, commi 25 e 26) che comporta una minor spesa di circa 12 milioni di euro per il solo 2012;

·         il taglio del finanziamento annuale destinato a consentire la professionalizzazione delle Forze armate (articolo 7, comma 5) che determina risparmi per circa 56 milioni di euro per il 2012;

·         l’abrogazione delle norme che prevedevano l’istituzione della vice dirigenza (articolo 5, comma 13) che implicano una minore spesa di circa 12 milioni di euro a decorrere dal 2012.

I dati sono calcolati al lordo degli effetti indotti.

 

[23]Come specificato nella nota metodologica allegata al DEF, la spesa per prestazioni sociali in denaro ingloba la spesa per pensioni e quella per altre prestazioni sociali in denaro. La prima componente è riconducibile alla spesa pensionistica, costituita dal complessivo sistema pensionistico obbligatorio cui si aggiunge la spesa per pensioni sociali o assegni sociali per i cittadini con età pari o superiore a 65 anni; la spesa per altre prestazioni sociali in denaro include: le rendite infortunistiche, le liquidazioni per fine rapporto a carico di Istituzioni pubbliche, le prestazioni di maternità, malattia ed infortuni, le prestazioni di integrazione salariale (cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga), le prestazioni di sussidio al reddito nei casi di disoccupazione (indennità di disoccupazione, indennità di mobilità, ecc.), i trattamenti di famiglia, le pensioni di guerra, le prestazioni per invalidi civili, ciechi e sordomuti e, in via residuale, gli altri assegni a carattere previdenziale ed assistenziale.

[24]   Si segnala che per il 2014 e il 2015 la previsione tiene conto anche del risparmio in termini di liquidazione della buonuscita recato dall’articolo 2, comma 10, del decreto-legge n. 95/2012, per un ammontare pari a 138 milioni di euro nel 2014 e 35 milioni di euro nel 2015.

[25]   Rispetto al DEF, la Nota evidenzia una riduzione della spesa per consumi intermedi pari a 1,4 miliardi nel 2012, 4,7 miliardi nel 2013, 5,6 miliardi nel 2014 e 6,7 miliardi nel 2015.

[26] La rimodulazione prevede lo slittamento dal 1° ottobre 2012 al 1° luglio 2013 dell’incremento di due punti percentuali delle aliquote del 10% e del 21% (che diventano, quindi, del 12% e del 23%). Inoltre ha disposto che l’incremento già previsto dal 1° gennaio 2014 di 2,5 punti percentuali (rispetto al 10% e al 21%) viene ridotto a 1 punto percentuale (per cui le aliquote saranno, rispettivamente, dell’11% e del 22%).

[27]    Cfr., ad esempio, l’art. 28 del DL n. 201/2011.

[28]    Sentenza n. 193 del 17-19 luglio 2012.

[29] Si precisa, a questo proposito, che le previsioni assumono: un aumento della speranza di vita, al 2060, di 6,7 anni per gli uomini e di 6,5 anni per le donne, rispetto ai valori del 2011; un tassi di fecondità che converge gradualmente a 1,6; un flusso netto di immigrati che passa da un valore medio annuo di circa 280.000 unità, nel primo decennio di previsione, ad un valore annuo di circa 180.000 unità alla fine del periodo di previsione.

[30] L’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento, con decorrenza dal 2013, è stato adottato con decreto direttoriale del 6 dicembre 2011 e quello dei coefficienti di trasformazione, con la medesima decorrenza, con decreto direttoriale del 15 maggio 2012.

[31] A tale proposito, la Nota di aggiornamento rinvia a Economic Policy Committee-European Commission (2012), “The 2012 Ageing Report Economic and Budgetary Projections for the EU-27 Member Staes (2010-2060)”.

[32]   Banca Centrale Europea, Comunicato stampa del 5 luglio 2012.

[33]   L’ammontare dei titoli di Stato in circolazione rappresenta una parte del debito complessivo pubblico. Quest’ultimo, infatti, è costituito da biglietti, monete, depositi, titoli diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti. Al 31 dicembre 2011 l’84% del debito pubblico era rappresentato da titoli di Stato.

[34] Sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Composizione dei titoli di Stato, dati aggiornati al 31 agosto 2012.

[35] Tali valori sono desunti dal sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Bollettino statistico trimestrale.

[36]   Gli ammontari sono desunti dal sito del MEF, Dipartimento del Tesoro, Debito pubblico, Titoli di Stato in circolazione suddivisi per anno di scadenza, dati aggiornati al 31 agosto 2012.

[37]   Sito MEF, Dipartimento del tesoro, Risultati delle aste in data 13-14 settembre 2012.

[38]    Pari alla differenza tra -1,7 punti indicati nel DEF e -3,5 punti  (pari a -2,9 indicato nella Nota  depurato dell’effetto di 0,6 dell’effetto positivo delle dismissioni di partecipazioni azionarie).

[39]    Cfr. l’art. 23-bis del DL n. 95/2012.

[40]    Non comprende gli aiuti previsti per la ricapitalizzazione del settore bancario spagnolo.

[41]   La Nota evidenzia che per il 2010 e il 2011 l'ammontare dei prestiti diretti alla Grecia è pari, rispettivamente a 3.909 e a 6.098 mln e la quota EFSF 2011 è pari a 3110. Inoltre i valori del 2010 e 2011 includono la riclassificazione effettuata da Banca d'Italia in base alla decisione Eurostat del 31 luglio 2012 relativamente ai debiti commerciali delle Amministrazioni Pubbliche ceduti con clausola pro-soluto al settore finanziario non bancario.

[42]    Tale componente assume valori positivi al terzo decimale.

[43]    Cfr. in proposito l’art. 35, commi 8-10 e 13, del D.L. n. 1/2012, che, nel prevedere il riversamento in contabilità speciali delle giacenze di tesoreria degli enti pubblici, stimava effetti di riduzione del fabbisogno di 8,6 mld per il 2012.

[44]   Cfr. Approfondimento n.6 Gli interventi della BCE sul mercato secondario dei titoli di Stato.

[45] Bollettino economico n. 69, Luglio 2012.

[46] Bollettino economico n. 69, Luglio 2012.

[47] La Bank Lending Surve.

[48]   Se la Bce mantenesse lo status di creditore privilegiato, i titoli di Stato perderebbero valore: gli investitori saprebbero che in caso di default esisterebbe un creditore (la Bce) rimborsabile totalmente, mentre gli altri lo sarebbero solo in parte. Tuttavia, in caso di default o di ristrutturazione del debito, le perdite sui titoli acquistati potrebbero costituire una forma di aiuto diretto agli Stati, proibito dallo statuto della banca centrale.

[49]   Come specificato nel corso della Conferenza stampa, gli Stati membri attualmente sottoposti ad programma di aggiustamento macroeconomico, come Portogallo e Irlanda, potrebbero chiedere l’intervento della Bce al momento in cui decidessero di procedere nuovamente alla collocazione di titoli di Stato sul mercato.