Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Definizione della classe delle lauree magistrali a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali - Schema di Decreto n. 296 (art. 17, comma 95, L. 127/1997) Elementi per l'istruttoria normativa
Riferimenti:
SCH.DEC 296/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 262
Data: 02/12/2010
Descrittori:
CORSI DI LAUREA   RESTAURI
TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione
Altri riferimenti:
L N. 127 DEL 15-MAG-97     

 

1° dicembre 2010

 

n. 262/0

 

 

Definizione della classe delle lauree magistrali a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali

Schema di Decreto n. 296
(art. 17, comma 95, L. 127/1997)

Elementi per l’istruttoria normativa

 

Numero dello schema di decreto

296

Titolo

Schema di decreto ministeriale recante la definizione della classe delle lauree magistrali a ciclo unico in conservazione e restauro dei beni culturali

Ministro competente

Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali

Norma di riferimento

L. 15 maggio 1997, n. 127, art. 17, comma 95

Numero di articoli

7

Date:

 

presentazione

11 novembre 2010

assegnazione

23 novembre 2010

termine per l’espressione del parere

13 dicembre 2010

Commissione competente

VII (Cultura)

 


Presupposti normativi

Il DM 509/1999,emanato in attuazionedell'art. 17, c. 95, della L. 127/1997 e recante norme sull’autonomia didattica degli atenei, ha previsto che le università rilasciano titoli di primo e di secondo livello, ossia laurea e laurea specialistica (c.d. “modello 3+2”). I corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative sono raggruppati in classi di appartenenza, individuate attraverso decreti ministeriali. Il medesimo DM ha introdotto i crediti formativi universitari (CFU), funzionali ad assicurare una maggiore mobilità internazionale degli studenti. I CFU misurano la quantità di impegno complessivo di apprendimento richiesta allo studente, comprensivo dello studio individuale e della partecipazione a lezioni, esercitazioni, tirocini e attività di orientamento. A ciascun CFU corrispondono, di norma, 25 ore di lavoro. Il lavoro di un anno corrisponde convenzionalmente a 60 crediti. Lo studente deve acquisire 180 crediti per conseguire la laurea e ulteriori 120 crediti per conseguire la laurea specialistica (ora, magistrale).

In attuazione dei criteri dettati dal DM 509/1999, sono state definite le classi delle lauree e delle lauree specialistiche (DM 4 agosto 2000 e DM 28 novembre 2000).

In seguito, il DM 270/2004 ha sostituito la denominazione di laurea specialistica con quella di laurea magistrale ed ha previsto una deroga al modello 3+2, oltre che per i corsi regolati da normative dell'UE che non prevedano titoli universitari di primo livello, per i corsi di studio finalizzati all’accesso alle professioni legali, per i quali ha consentito di istituire una classe di laurea magistrale a ciclo unico[1]. Inoltre, ha previsto che gli atenei possano attivare corsi di studio subordinatamente al loro inserimento nella banca dati dell’offerta formativa tenuta dal MIUR (art. 9, c. 3).

Le ulteriori modifiche apportate dal DM 270/2004 all’architettura dei percorsi universitari hanno poi comportato l’adozione, il 16 marzo 2007, di due nuovi DM concernenti le classi delle lauree e delle lauree magistrali[2].

 

Formazione dei restauratori

L’art. 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.lgs. 42/2004) definisce le misure di conservazione dei beni culturali (c. 1-5) e dispone che gli interventi di manutenzione e restauro su beni mobili e superfici decorate di beni architettonici sono eseguiti in via esclusiva da restauratori di beni culturali (c. 6). Esso demanda a regolamenti ministeriali, ai sensi dell’art. 17, c. 3, della L. 400/1988, la definizione dei profili di competenza dei restauratori e degli altri operatori addetti ad attività complementari al restauro, nonché dei criteri e dei livelli di qualità cui si adegua l’insegnamento del restauro. Prevede, in particolare, che l’insegnamento è impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell’art. 9 del D.lgs. 368/1998[3], dai centri costituiti mediante accordi fra il MIBAC e le regioni, anche con il concorso delle università e di altri soggetti pubblici e privati - presso i quali possono essere istituite, ove accreditate, Scuole di alta formazione -, nonché da altri soggetti pubblici e privati accreditati. I regolamenti individuano I requisiti organizzativi e di funzionamento degli enti e soggetti indicati, le caratteristiche dei docenti, le modalità di accreditamento e di vigilanza e quelledell’esame finale, abilitante all’attività, nonchéil titolo accademico rilasciato, equiparato al diploma di laurea specialistica o magistrale (c. 7, 8, 9).

L’art. 29 stabilisce, infine, che, dalla data di entrata in vigore dei regolamenti, le qualifiche di restauratore e di collaboratore di restauratore di beni culturali sono acquisite esclusivamente in applicazione delle predette disposizioni (c. 9-bis).

In attesa dell’emanazione dei regolamenti previsti dall’art. 29, c. 8 e 9, l’art. 182, c. 2, del Codice - come sostituito dall’art. 4, c. 1, del D.lgs. 156/2006 - ha poi autorizzato la Fondazione “Centro per la conservazione ed il restauro dei beni culturali La Venaria Reale” ad istituire ed attivare, in via sperimentale, per un ciclo formativo, un corso di laurea magistrale a ciclo unico per la formazione di restauratori, in convenzione con l’Università e il Politecnico di Torino.

In attuazione delle disposizioni recate dai c. da 7 a 9 dell’art. 29 del Codice sono stati, quindi, emanati i D.M. 26 maggio 2009, nn. 86 e 87, concernenti, rispettivamente, i profili di competenza dei restauratori e i livelli di qualità cui si adegua l’insegnamento del restauro, nonché i criteri di accreditamento dei soggetti che lo impartiscono.

In particolare, il DM n. 87/2009 ha disciplinato l’insegnamento del restauro da parte dei soggetti indicati nel c. 9 dell’art. 29 del Codice (v. ante) - ad eccezione delle università - affidando ad un decreto del MIUR, di concerto con il MIBAC, la definizione della classe di laurea magistrale abilitante alla professione, “coerentemente con quanto indicato all’allegato C” (del medesimo DM) (art. 1, c. 4).

Per completezza, si segnala che i commi da 1 a 1-quater dell’art. 182 del Codice recano una disciplina transitoria relativa all’acquisizione della qualifica di restauratore di beni culturali[4].

Ai sensi del c. 1, la qualifica si acquisisce direttamente con il possesso dei requisiti ivi indicati (c.d. “conseguimento ope legis)[5].

Il comma 1-bis individua, invece, le ipotesi in cui per il conseguimento della qualifica è necessario superare una prova di idoneità[6].

Contenuto

Con l’art. 1 dello schema di decreto (che non è corredato da una relazione illustrativa)si definisce – in attuazione della regola generale sancita dall’art. 4 del DM 270/2004 e della previsione specifica recata dall’art. 1, c. 4, del DM 87/2009 – la classe delle lauree magistrali a ciclo unico in Conservazione e restauro dei beni culturali, di cui all’allegato dello stesso schema (c. 1). I corsi di laurea – di durata pari a 5 anni (si prevede, infatti, l’acquisizione di 300 crediti formativi e il superamento di 30 esami: v. infra) –sono finalizzati a formare laureati magistrali con il profilo corrispondente alla qualifica professionale di restauratore di beni culturali di cui all’art. 29 del d.lgs. 42/2004 e, pertanto, la denominazione dei corsi stessideve essere corrispondente a quella della qualifica (c. 2 e 3). Non si possono prevedere denominazioni differenti, che facciano riferimento a curricula, indirizzi, orientamenti o altre articolazioni interne (art. 6, c. 1).

Essi devono essere istituiti - previo parere favorevole della Commissione interministeriale costituita ai sensi dell’art. 5 del DM 87/2009[7] (c. 6) - con le modalità previste dall’art. 11, c. 1, della L. 341/1990, che dispone che ogni ateneo si dota di un regolamento didattico di ateneo per disciplinare l’ordinamento degli studie individua la procedura di emanazione (c. 2). Le modifiche ai regolamenti didattici di ateneo ai fini dell’inserimento dei corsi in questione devono essere approvate in tempo utile per consentire l’avvio dei corsi all’inizio dell’anno accademico[8] (c. 7).

E’ anche previsto il rispetto dell’art. 9 del DM 270/2004 (c. 4) che dispone, tra l’altro, che i corsi sono istituiti nel rispetto delle disposizioni sulla programmazione del sistema universitario e dei requisiti strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti determinati con decreto del Ministro. Inoltre, il c. 5 dell’art. 1 dello schema, richiamando il “pieno e integrale rispetto di tutti i requisiti previsti dagli articoli 2, 3 e 4 del DM 87/2009” - relativi, rispettivamente, a criteri e livelli di qualità del percorso formativo[9], caratteristiche del corpo docente e requisiti per l’accreditamento - affida ad un ulteriore decreto del MIUR, di concerto con il MIBAC, sentita la Commissione interministeriale già citata, la definizione dei requisiti necessari per i corsi di laurea magistrale.

L’ultimo comma dell’art. 1 (c. 8), modificando implicitamente l’art. 1, c. 2, del DM 87/2009, contiene disposizioni relative ai corsi organizzati dalle Accademie di belle arti, dalle Scuole di alta formazione e di studio degli istituti centrali del MIBAC e dai centri costituiti a seguito di accordi fra il MIUR e le regioni, per i qualistabilisce che si applicail c. 6 (istituzione e attivazione previoparere favorevole della Commissione interministeriale). Per l’attivazione di corsi da parte di altri soggetti pubblici e privati rimane, invece, ferma la necessità di accreditamento, ai sensi degli artt. 4 e 5 del DM 87/2009.

 

Gli artt. 2, 3 e 4 riguardano la definizione degli ordinamenti didattici e degli insegnamenti, la disciplina del riconoscimento dei crediti e la verifica della preparazione ai fini dell’accesso ai corsi.

Per quanto riguarda il primo aspetto, si dispone che le università specificano gli obiettivi formativi con riferimento ai profili di competenza dei restauratori definiti dal DM n. 86/2009 (art. 2, c. 1). Infatti, al termine del percorso, i laureati devono possedere le competenze professionali previste dal suddetto DM (art. 2, c. 2).

Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea magistrale devono assicurare agli studenti una solida preparazione sia nelle discipline di base che in quelle caratterizzanti evitando, peraltro, la dispersione dell’impegno conseguente ad un eccessivo numero di insegnamenti. Va, inoltre, garantita agli studenti la possibilità di svolgere le attività formative di cui all’art. 10, c. 5, del DM 270/2004 (art. 2, c. 3) (v. anche infra).

Si tratta di: attività formative scelte autonomamente, purché coerenti con il progetto formativo o appartenenti ad ambiti disciplinari affini o integrativi rispetto alle attività di base o caratterizzanti; attività formative connesse alla preparazione della prova finale; attività volte ad acquisire ulteriori competenze linguistiche, informatiche, relazionali, o utili per l'inserimento nel mondo del lavoro (compresi tirocini lavorativi e di orientamento).

Conseguentemente, l’elenco degli insegnamenti e delle altre attività formative, determinato con il regolamento didattico del corso di laurea, deve essere strettamente funzionale agli obiettivi formativi specifici del corso (art. 3, c. 1).

Con riferimento a tale aspetto, l’allegato dello schema di DM declina gli obiettivi formativi qualificanti della classe di laurea magistrale. In particolare, il corso di laurea è articolato in 6 percorsi formativi professionalizzanti, ossia:

1

Materiali lapidei e derivati; superfici decorate dell’architettura

2

Manufatti dipinti su supporto ligneo e tessile; Manufatti scolpiti in legno, Arredi e strutture lignee; Manufatti in materiali sintetici lavorati, assemblati e/o dipinti

3

Materiali e manufatti tessili e pelle

4

Materiali e manufatti ceramici e vitrei; Materiali e manufatti in metallo e leghe

5

Materiale librario e archivistico; Manufatti cartacei; Materiale fotografico, cinematografico e digitale

6

Strumenti musicali; Strumentazioni e strumenti scientifici e tecnici

Con riferimento a tali percorsi – corrispondenti a quelli individuati dall’all. B delDM 87/2009 –, l’allegato dello schema in esame specifica che a ciascuno devono essere attribuiti non meno di 90 CFU. Inoltre, riserva 50 CFU alle attività formative di base (dei quali, 24 per l’ambito disciplinare “Formazione scientifica” e 26 per l’ambito disciplinare “Formazione storica e storico-artistica”) e 58 CFU alle attività formative caratterizzanti (dei quali, 8 per “Metodologie per la conservazione e il restauro”, 24 per “Scienze e tecnologie per la conservazione e il restauro”, 14 per “Beni culturali” e 12 per “Formazione giuridica, economica e gestionale”), per un totale, quindi, di 108 CFU.

La disciplina è analoga a quella prevista dall’all. C del DM 87/2009, salvo talune differenze riguardanti i settori scientifico-disciplinari[10].

Con riguardo alla disciplina del riconoscimento dei crediti, si conferma che ciascun CFU corrisponde a 25 ore di impegno (art. 4, c. 1). Per ogni corso di laurea magistrale, i regolamenti didattici di ateneo determinano il numero intero di crediti assegnati ad ogni attività formativa (art. 2, c. 5 e art. 4, c. 2). Il numero massimo degli esami è 30 (art. 3, c. 2)[11]. Inoltre:

- per le attività formative scelte autonomamente coerenti con il progetto formativoo appartenenti ad ambiti disciplinari affini o integrativi (v. ante), gli ordinamenti didattici devono assicurare un numero minimo di crediti pari, rispettivamente, a 8 e 12 (art. 2, c. 3)[12];

- per le attività formative scelte autonomamente coerenti con il progetto formativo(v. ante), i regolamenti didattici assicurano allo studente la libertà di scelta fra tutti gli insegnamenti attivati, consentendo anche l’acquisizione di ulteriori crediti in discipline di base e caratterizzanti (art. 2, c. 4);

- in caso di trasferimento degli studenti da un'università ad un'altra o da un corso di laurea magistrale ad un altro, deve essere riconosciuto il maggior numero possibile dei crediti già maturati, secondo criteri e modalità definiti dai regolamenti didattici dei corsi di destinazione, utilizzando eventualmente anche i colloqui per la verifica delle conoscenze acquisite. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere motivato. Solo nel caso in cui il trasferimento dello studente è effettuato tra corsi di laurea magistrale appartenenti alla stessa classe di cui allo schema, la quota di crediti relativi al medesimo settore scientifico-disciplinare direttamente riconosciuti allo studente non può essere inferiore al 50% di quelli maturati (art. 2, c. 6 e 7. V. anche, infra, l’art. 7, c. 2);

- le università possono riconoscere, ai sensi dell’art. 5, c. 7, del DM 270/2004, le conoscenze e le abilità professionali certificate individualmente, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso. Il numero massimo di CFU riconoscibili è fissato, per ogni corso di laurea magistrale, nel proprio ordinamento didattico e non può essere superiore ai limiti previsti dalla normativa vigente[13] (art. 3, c. 3);

- la frazione dell’impegno orario complessivo riservata allo studio personale non può essere superiore al 30%, in considerazione dell’elevato contenuto pratico delle attività formative e di tirocinio applicativo (art. 4, c. 2).

 

In materia, l’art. 2, c. 6 del DM 87/2009 dispone che i corsi ivi disciplinati prevedono il riconoscimento dei crediti formativi maturati presso le università, le scuole di alta formazione e di studio degli istituti centrali del MIBAC, e le istituzioni AFAM.

 

Le modalità di verifica della preparazione ai fini dell’accesso ai corsi sono fissate dal regolamento didattico di ateneo (art. 4, c. 3), come dispone l’art. 6, c. 2, del DM 270/2004 per i corsi di laurea magistrale per i quali non sia previsto il numero programmato.

Ai sensi dell’art. 2, c. 1, del DM 87/2009, l’accesso ai corsiavviene attraverso una selezione preliminare con prove attitudinali di contenuto tecnico e prove teoriche, secondo le indicazioni recate dal suo allegato A.

 

L’art. 5 disciplina la prova finale dei corsi di laurea magistrale, che ha valore di esame di Stato abilitante all’esercizio della professione (c. 1).

Analogo valore abilitante del titolo di studio - già previsto dall’art. 1, c. 3, del D.M. n. 87/2009, in attuazione dell’art. 29, c. 9, del D.lgs. n. 42/2004 - è presente nell’ordinamento per le professioni sanitarie14, nonché per la laurea in scienze della formazione primaria15.

 

Per quanto concerne le modalità organizzative della prova finale, il c. 2 prevede 2 sessioni, in periodi definiti a livello nazionale con decreto MIUR-MIBAC, e l’articolazione dell’esame in 2 prove, di cui una a carattere applicativo (intervento pratico laboratoriale) e una a carattere teorico-metodologico (discussione di un elaborato scritto)16. Se la prima prova non è superata, l’esame può essere ripetuto nella sessione successiva.

La Commissione esaminatrice è composta da 11 membri, di cui: 7 nominati dal Rettore, su proposta del Consiglio di corso di laurea; 2 designati dal MIBAC tra i restauratori che esercitino attività professionale da almeno 10 anni(infase di prima applicazione, i membri sono scelti tra i soggetti in possesso di un diploma conseguito presso una scuola di restauro statale, purché iscritti ai relativi corsi prima del 31 gennaio 200617); 2 designati dal MIUR.

 

L’art. 6, c. 2, del D.M. 87/2009 prevede che la Commissione per l’esame finale è composta da 7 membri nominati dai direttori delle istituzioni formative, di cui almeno 2 designati dal MIBAC tra gli iscritti nel registro dei restauratori da almeno 5 anni, e 2 docenti universitari designati dal MIUR.

 

Il c. 2 dell’art. 6 dello schemadisciplina il rilascio, come supplemento al diploma, di un certificato, redatto anche in lingua inglese, recante le principali informazioni relative alla carriera universitaria dello studente.

Il Diploma Supplement – sviluppato per iniziativa della Commissione Europea, del Consiglio d'Europa e dell'Unesco/Cepes – mira a superare gli ostacoli che non permettono l'adeguata spendibilità e il riconoscimento dei titoli di studio18.

 

L’art. 7, c. 1, dispone, ai fini delle immatricolazioni a decorrere dall’a.a. 2011/2012, che entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore del DM, con altro DM, sentito il CUN, si procede alla revisione delle attuali classi di laurea attinenti restauro e conservazione dei beni culturali (L-43 Classe delle lauree in Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali, e LM-11 Classe delle lauree magistrali in Conservazione e restauro dei beni culturali). Al riguardo si richiamano l’art. 7, c. 2 e l’art. 8, c. 2, dei DDM 16.3.2007, ai sensi dei quali, nel primo triennio di applicazione dei medesimi decreti, le modifiche tecniche alle tabelle delle attività formative indispensabili sono adottate con DM, sentito il CUN.

Il c. 2 consente l’iscrizione al nuovo corso di laurea magistrale agli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale attinenti il restauro già esistenti19, secondo modalità definite dagli atenei. Sono riconosciutialmeno i crediti già acquisiti nei SSDpresenti nell’ordinamento didattico di provenienza, fermo restando l’obbligo di acquisizione e/o di riconoscimento dei 90 CFU relativi ad attività di laboratorio necessari per conseguire il diploma di laurea magistrale a ciclo unico (v. anche art. 2, c. 6 e 7).

Il c. 3 dispone che, nel primo triennio di applicazione, eventuali modifiche alla classe di laurea magistralesono apportate con decreto MIUR-MIBAC, sentito il CUN (art. 4, c. 2, DM 270/2004).

Osservazioni

Nella premessa, quinto capoverso, non è corretto - nei termini generali utilizzati - il riferimento all’art. 182, c. 2, del Codice, che riguarda solo l’attivazione di un corso di laurea magistrale a ciclo unico in via sperimentale (v. ante).

Si valuti l’opportunità di corredare gli articoli di rubrica.

All’art. 1: non è indicato il numero che identifica la classe di laurea magistrale; al c. 5, è opportuno chiarire il richiamo al “rispetto pieno ed integrale” dell’art. 4 del DM 87/2009, che disciplina i requisiti per l’accreditamento, al quale le università non sono assoggettate; inoltre, con riferimento al rispetto dei requisiti di cui agli artt. 2 e 3 dello stesso DM, si valuti se non debba essere previsto “per quanto compatibile” (in particolare, per i requisiti relativi alla docenza); si valuti una migliore formulazione del c. 7, che sembrerebbe introdurre un concetto di periodicità annuale per le modifichedel regolamento didattico di ateneo; con riferimento al c. 8, si valuti la collocazione di una disposizione che riguarda le Accademie di belle arti (per le quali, peraltro, non è ancora definito l’ordinamento dei corsi di II livello) e le Scuole di alta formazione degli Istituti centrali del MIBAC in un testo che riguarda la classe di laurea magistrale nelle università.

All’art. 2, c. 2, poiché ci si riferisce al “profilo in uscita”, sembrerebbe necessario utilizzare l’espressione “aver acquisito”, oppure “possedere”.

All’art. 3, c. 3, è opportuno chiarire perché si faccia riferimento ai limiti previsti dalla normativa vigente “per i corsi di laurea magistrale a ciclo unico”. Infatti, l’art. 5, c. 7, del DM 270/2004, l’art. 2, c. 147, del D.L. 262/2006, e l’art. 14 del DDL A.C. 3687-A riguardano i corsi di laurea in generale.

All’art. 5, c. 1, occorre sostituire il riferimento all’art. 182, c. 2, del d.lgs. n. 42/2004 con quello all’art. 29, c. 9, del medesimo d.lgs (v. ante); al c. 2, si rende necessario chiarire il soggetto cui spetta nominare i membri della Commissione per la prova finale designati dal MIUR e dal MIBAC.

Si valuti l’opportunità di riportare il contenuto dell’art. 6, c. 1, nell’art. 1, c. 3, per omogeneità di materia.

All’art. 7, c. 1, si rifletta sul richiamo delle disposizioni citate, che, come ante si è visto, concernono la possibilità di apportare modifiche tecniche alle tabelle delle attività formative indispensabili, nel primo triennio di applicazione dei decreti. In particolare, si valuti se non sia più corretto riferirsi all’art. 4, c. 2, del DM 270/2004, peraltro richiamato al c. 3.

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14  Art. 6, c. 3, D.lgs. n. 502/1992, e art. 7, DM 19 febbraio 2009.

15   Da ultimo, art. 6 D.L. 137/2008 (L. 169/2008).

16    Così, anche l’art. 6, c. 1, DM 87/2009.

17    Requisito previsto dall’art.182, c. 1, lett. a), D.lgs. 42/2004.

18    DM 270/2004 (art. 11, c. 8), DM 9/2004 e DM 49/2005.

19    Si tratta dei corsi di laurea delle classi relative a Tecnologie per la conservazione e il restauro dei beni culturali L-41 (DM 4.8.2000) e L-43 (DM 16.3.2007), e delle classi di laurea specialistica 12/S (Conservazione e restauro del patrimonio storico artistico - DM 28.11.2000) e magistrale LM-11 (Conservazione e restauro dei beni culturali - DM 16.3.2007).

 


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File: CU0286a.doc



[1]    Lo schema di regolamento relativo alla formazione iniziale degli insegnanti (Atto n. 205) prevede l’istituzione di un ulteriore corso di laurea magistrale a ciclo unico (LM 85-bis) per l’insegnamento nella scuola dell’infanzia e in quella primaria. Il corso di laurea si conclude con la discussione della tesi e della relazione finale del tirocinio che costituiscono esame avente anche valore abilitante all’insegnamento.

[2]    Cui si aggiungono, per le professioni sanitarie, il D.I. 19 febbraio 2009 per le classi dei corsi di laurea, e il DM 8 gennaio 2009 per le classi delle lauree magistrali. Da ultimo, con DM 22.9.2010, n. 17, sono stati definiti i requisiti necessari dei corsi di laurea e di laurea magistrale nelle classi di cui ai DM 16.3.2007, al D.I. 19.2.2009 e al DM 8.1.2009.

[3]    Si tratta delle Scuole di alta formazione e studio operanti presso alcuni istituti centrali del MIBAC: Istituto centrale del restauro, ora, “Istituto superiore per la conservazione ed il restauro” di Roma, dotato di autonomia speciale ai sensi dell’art. 15, c. 3, lett. g), del DPR 233/2007; Opificio delle pietre dure di Firenze;Istituto centrale per la patologia del libro, ora, ai sensi dell’art. 15 c. 1, lett. e), del DPR 233/2007, ”Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario”, che assorbe anche il Centro fotoriproduzione, legatoria e restauro degli archivi di Stato. I primi due Istituti sono stati disciplinati, a suo tempo, dai DPR 16 luglio 1997, nn. 399 e 294, a differenza dell’Istituto per la patologia del libro, per il cui funzionamento non risulta adottato un provvedimento specifico. Per tutti e tre gli istituti sono, peraltro, intervenuti i DM 7ottobre 2008 (di riordino, non regolamentari e non pubblicati in GU), che menzionano, all’art. 2, le rispettive Scuole.

[4]    La qualifica è attribuita, previa verifica del possesso dei requisiti ovvero superamento della prova di idoneità, con provvedimenti del MIBAC che danno luogo all’inserimento in un apposito elenco.

[5]    Si tratta di coloro che: a) abbiano conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale, purché iscritti ai corsi prima del 31.1.2006; b) alla data di entrata in vigore del DM 420 del 2001 abbiano conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a 2 anni e abbiano svolto per un periodo comunque non inferiore a 2 anni attività di restauro; c) sempre alla data di entrata in vigore del DM citato, abbiano svolto attività di restauro per almeno 8 anni.

[6]    Esso si riferisce, oltre che ai soggetti che hanno maturato esperienza professionale regolarmente attestata per almeno 4 anni entro il 31.7. 2009,ai seguenti altri: a) i diplomati in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché iscritti prima del 31.1.2006; b) i diplomati presso scuole di restauro statali o regionali di durata non inferiore a due anni, purché iscritti prima del 31.1.2006; c) coloro che hanno conseguito un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché iscritti prima del 31.1.2006; d) coloro che hanno acquisito la qualifica di collaboratore restauratore di beni culturali e dimostrino di aver svolto entro il 30.6.2007 attività di restauro per almeno 3 anni. Le modalità per lo svolgimento della prova di idoneità sono state stabilite con DM 30.3.2009, n. 53. Nella G.U. – Serie Concorsi – n. 75 del 29.11.2009 è stato pubblicato il Bando di selezione pubblica per il conseguimento delle qualifiche professionali di restauratore e collaboratore restauratore di beni culturali. Con successivi avvisi, i termini di scadenza per la presentazione delle domande di partecipazione e delle attestazioni di pratica professionale (31.12.2009 e 31.3.2010) sono stati fissati, da ultimo, nel 30.11.2010 e 31.1.2011 (GU - Serie Concorsi - n. 81 del 12.10.2010). Il 30.11.2010, però, è stato pubblicato nella G.U - Serie concorsi – n. 95, l’avviso di sospensione della procedura in considerazione del fatto che, a seguito dell’approvazione di due risoluzioni da parte delle Camere, con le quali si impegnava il Governo a riverdere la disciplina dei requisiti, è stata elaborata e sottoposta all’attenzione del Ministro una nuova bozza dell’art. 182 del Codice.

[7]    La Commissione ha funzioni istruttorie ai fini dell’accreditamento dei corsi ed esercita la vigilanza sulla permanenza dei presupposti e sul rispetto delle condizioni stabilite all’atto dell’accreditamento.

[8]    Il c. 7 prevede l’inserimento dei corsi nel RAD: in base al DM n. 15/2005, si tratta di una delle due sezioni della banca dati dell’offerta formativa relativa agli ordinamenti didattici dei corsi di studio. Per ogni a.a., le proposte di istituzione di nuovi corsi devono essere inserite nel RAD, con “chiusura” da parte del Rettore, entro il 31 gennaio. Il procedimento di esame delle proposte da parte del Consiglio universitario nazionale deve essere “chiuso” entro il 15 marzo.

[9]    Nel quale è previsto l’obbligo di frequenza.

[10]   In particolare, conriferimento alle attività formative di base, lo schema prevede il settore CHIM/08 – Chimica farmaceutica, non previsto nell’all. C del DM 87/2009; con riferimento alle attività caratterizzanti, prevede il settore IUS/19 – Storia del diritto medioevale e moderno, mentre l’all. C del DM 87/2009 prevede IUS/18 – Storia del diritto.

[11]   Si tratta della previsione già recata, per le lauree magistrali a ciclo unico strutturate su 5 anni, dall’art. 4, c. 3, del DM 16.3.2007.

[12]   Si tratta dello stesso numero di CFU previsti nello schema di DM recante modifiche al DM 25 novembre 2005, relativo alla classe del corso di laurea magistrale in giurisprudenza (Schema n. 227).

[13]   Si ricorda che l’art. 14 del DDL in materia di organizzazione delle università (A.C. 3687-A), intervenendo sull’art. 2, c. 147, del D.L. 262/2006, riduce il numero di CFU riconoscibili per le conoscenze e le abilità professionali certificate, nonché per le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario, da 60 a 12, salvo eventuali deroghe definite con DM.