Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del MIBAC - A.C. 2302 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2302/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 367
Data: 07/07/2010
Descrittori:
FONDALI MARINI   ISTITUZIONE DI ENTI
LAGHI STAGNI LAGUNE   MARE
TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione

SIWEB

7 luglio 2010

 

n. 367/0

 

Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del patrimonio storico-culturale sommerso nell’ambito del MIBAC

A.C. 2302

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del progetto di legge

2302

Titolo

Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del settore del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

12

Date:

 

presentazione alla Camera

18 marzo 2009

assegnazione

21 aprile 2009

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

Referente

Pareri previsti

I, III, V, VI (ex art. 73, c. 1-bis, RC per gli aspetti attinenti la materia tributaria), VIII, IX, XI, Commissione parlamentare per le questioni regionali


Contenuto

La proposta di legge, composta di 12 articoli, prevede, sull’esempio di altri paesi europei, nonché della Soprintendenza del mare istituita nel 2004 in Sicilia[1], l’istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne nell’ambito del Ministero per i beni e le attività culturali.

In particolare, l’art. 1 prevede che nell’ambito del Ministero indicato, e alle dirette dipendenze del relativo Segretariato generale, è organizzato il settore del patrimonio storico-culturale sommerso, al fine di tutelare, valorizzare e rendere ampiamente fruibile il patrimonio del mare territoriale, dei paesaggi culturali costieri, delle acque interne e, quindi, di dare attuazione a quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004).

Al riguardo si ricorda che con l’art. 2 del d.lgs. n. 63/2008, - che ha modificato l’art. 131 del d.lgs. 42/2004 - la definizione di paesaggio si è fatta più articolata per renderla più convergente non solo con la Convenzione europea del paesaggio, ratificata con L. 14/2006, ma anche con le indicazioni recate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 367/2007, relative, in particolare, alla ripartizione delle competenze tra Stato e regioni rispetto alla tutela del paesaggio. Quest’ultima è volta a riconoscere, salvaguardare e recuperare i valori culturali che il paesaggio esprime, mentre la valorizzazione concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. Ai sensi dell’art. 142, tra le aree tutelate per legge, in quanto facenti parte dei beni paesaggistici, sono indicati anche i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, nonché i parchi e le riserve nazionali o regionali e le zone di interesse archeologico. Con riferimento alla valorizzazione, l’art. 6 del d.lgs.42/2004 specifica che essa si sostanzia nelle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del medesimo, anche da parte delle persone diversamente abili.

Ai sensi dell’art. 2, nell’ambito del settore è istituita la Soprintendenza del mare e delle acque interne, dalla quale dipendono due centri tecnici operativi, quello di Venezia e quello di Orbetello, per ciascuno dei quali è individuato l’ambito territoriale di competenza. La Soprintendenza è autonomasi avvale di finanziamenti propri e di personale tecnico-scientifico. Ai sensi dell’art. 9, essa è organizzata in servizi, unità operative e uffici: la disciplina della struttura, del funzionamento e dell’organico è definita con regolamento del Ministro per i beni e le attività culturali da adottare entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Attualmente, le competenze relative al patrimonio archeologico sommerso sono esercitate dalle Soprintendenze, organi periferici del Ministero (v. infra). Ai sensi dell’art. 8 del D.lgs.368/1998 – con il quale è statoistituito il Ministero - con decreti ministeriali, adottati ai sensi dell'art. 17, c. 4-bis, lett. e), della L. 400/1988, le Soprintendenze possono essere trasformate in Soprintendenze dotate di autonomia scientifica, finanziaria, organizzativa e contabile qualora abbiano competenza su complessi di beni distinti da eccezionale valore.

L’art. 3 individua le competenze specifiche della Soprintendenza, che si affiancano a quelle previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio.Esse attengono a:

- organizzazione ed attuazione di ricerche archeologiche subacquee, per individuare, salvare ed eventualmente trasportare a terra o musealizzare in loco beni storico-culturali sommersi (lett. a)[2], nonché di ricerche relative alle attività economiche e di difesa delle zone costiere e dei contesti paesaggistici determinati da tali attività (lett. b); le ricerche subacquee possono anche essere in Paesi terzi, nell’ambito della cooperazione internazionale prevista dai trattati (lett. i);

Viene in rilievo, a tale proposito, la Convenzione dell’UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, approvata il 2.11.2001 e ratificata con L. 23.10.2009, n. 157.

Ai sensi della Convenzione – che è entrata in vigore il 2.1.2009 –, il patrimonio in questione è costituito da tutte le tracce di esistenza umana che abbiano carattere culturale, storico o archeologico, e che siano state parzialmente o totalmente sommerse da almeno cento anni. La definizione di patrimonio culturale subacqueo include, dunque, siti, strutture, edifici, resti umani, navi affondate e il loro carico, oggetti preistorici. La Convenzione fissa alcuni standard comuni per la protezione di tale patrimonio, prevedendo misure di prevenzione contro la possibilità che venga saccheggiato o distrutto, e impegna gli Stati ad adottare, secondo modalità stabilite, azioni congiunte. Il presupposto giuridico per queste azioni è principalmente la competenza su base territoriale, ma nel rispetto della “provenienza” del patrimonio sulla base della nazionalità ed anche dei legami storici con la nazione di origine. In particolare, il regime della cooperazione internazionale nelle operazioni di protezione, con riguardo ai settori dello studio, della ricerca e della conservazione, è dettato dall’art. 19 della Convenzione.

La relazione illustrativa della pdl evidenzia che la Soprintendenza avrà competenza per una profondità almeno analoga a quella stabilità dal codice dei beni culturali e del paesaggio (v. ante).Al riguardo, si ricorda anche che l’art. 94 del medesimo codice  prevede che gli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei fondali della zona di mare estesa dodici miglia marine a partire dal limite esterno del mare territoriale sono tutelati ai sensi delle «regole relative agli interventi sul patrimonio culturale subacqueo», allegate alla Convenzione UNESCO: l’art. 3 di quest’ultima, a sua volta, stabilisce che quando la zona indicata dall’art. 94 del codice si sovrappone con un’analoga zona di un altro Stato e non è ancora intervenuto un accordo di delimitazione, le competenze esercitate dall’Italia non si estendono oltre la linea mediana di cui all’art. 1, c. 3, della legge n. 61/2006[3];

- adozione di misure di fruizione dei beni storico-culturali sommersi nelle acque territoriali (lett. c);

- organizzazione di attività volte a far conoscere il patrimonio storico-culturale sommerso: in particolare, elaborazione di pubblicazioni scientifiche e divulgative e di materiale didattico (lett. d), organizzazione di archivi videofotografici, di disegni e di carte tematici (lett. e), allestimento museale e di mostre di reperti, di preesistenze storico-archeologiche legate alla cultura del mare e di testimonianze della storia economica e culturale delle zone costiere (lett. f), istituzione e gestione di una biblioteca (lett. h);

- redazione annuale di indicazioni topografiche riservate riguardanti la presenza di beni storico-culturali sommersi da trasmettere alle Forze dell’ordine e alle Capitanerie di Porto[4], ai fini della predisposizione dei servizi di controllo attivo, anche con riferimento agli strumenti di pianificazione paesaggistica e al sistema di vincoli (lett. g)[5][6];

- indirizzo e alta sorveglianza per la gestione di aree protette e di parchi marini (lett. l)[7];

- indirizzo e coordinamento, in collaborazione con comuni, province, regioni, autorità portuali, capitanerie di porto, responsabili delle aree protette, delle questioni relative alla pubblica fruizione delle coste, con particolare riferimento alla regolamentazione degli accessi a mare e ad acque (lett. m);

- ricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio storico-archeologico-monumentale e paesaggistico inerente il mare e le acque interne rinvenuto in scavi a terra anche in aree non sommerse o di scarsa umidità (lett. n);

- instaurazione di rapporti internazionali transfrontalieri relativi alla comune cultura del mare e, in particolare, alle rotte storiche che hanno determinato scambi economici e confronti culturali fra popoli (lett. o)[8].

Ai sensi dell’art. 4, la Soprintendenza assicura, attraverso periodiche conferenze di servizi con i soggetti prima indicati, il coordinamento delle attività di vigilanza sulle aree marine di interesse storico-archeologico, ferma restando l’attività di prevenzione e repressione svolta da parte delle Forze dell’ordine e degli enti preposti.

Ai sensi dell’art. 5, ogni attività di ricerca, scavo, tutela di beni storico-culturali sommersi è effettuata esclusivamente sotto la supervisione di archeologi che possano partecipare direttamente alle attività subacquee; inoltre, ai sensi dell’art. 6, le attività di ricerca e recupero sono soggette alla preventiva autorizzazione della Soprintendenza.

Attualmente, ai sensi degli artt. 88 e 89 del Codice, le ricerche archeologiche in qualunque parte del territorio nazionale sono riservate al Ministero, che può darle in concessione[9]a soggetti pubblici o privati fissando una serie di prescrizioni. Eventuali inadempienze, o anche solo la volontà del Ministero di sostituirsi al concessionario, possono determinare la revoca dell’atto. Tali previsioni sono assistite da un apparato sanzionatorio (art. 175).

L’art. 7 dispone che per i progetti di ricerca e recupero di beni storico-culturali sommersi che implicano rilevanti problemi di scavo, recupero, conservazione, restauro, la Soprintendenza può avvalersi della collaborazione degli uffici periferici degli istituti centrali del MIBAC.

L’art. 8 intende sistematizzare l’apporto del volontariato alle attività di ricerca, vigilanza e tutela dei beni storico-culturali sommersi e, a tal fine, prevede l’istituzione, presso la Soprintendenza, di un albo dei volontari subacquei, singoli o riuniti in organizzazioni. Costituiscono requisito di iscrizione il possesso del certificato di idoneità psico-fisica, di un brevetto subacqueo e di un curriculum che attesti lo svolgimento di attività di volontariato subacqueo.

Con riferimento al certificato di idoneità psico-fisica, si ricorda che l’art. 37 del D.L. 112/2008 ha previsto la riduzione degli adempimenti meramente formali connessi a pratiche sanitarie obsolete - ferme restando, comunque, le disposizioni vigenti in tema di sicurezza sul lavoro-, da attuarsi con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. Il decreto non risulta ancora adottato.

L’art. 10 prevede chela Soprintendenza, entro 3 mesi dalla sua istituzione, definisce specifici criteri operativi per garantire la sicurezza delle attività di immersione effettuate dal personale.

L’art. 11 dispone il trasferimento alla Soprintendenza delle competenze relative alla ricerca, tutela e valorizzazione dei beni storico-culturali sommersi oggi attribuite alle sopraintendenze competenti per materia.

L’articolo 12 quantifica l’onere in 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 e prevede che alla copertura dello stesso si provvede attraverso le maggiori entrate derivanti dall’aumento, a decorrere dal 1° gennaio 2009, dell’aliquota delle accise sulla birra, sui prodotti alcolici intermedi e sull’alcol etilico (di cui all’allegato annesso al Testo Unico sulle accise, d.lgs. 504/1995).

 Relazioni allegate

La pdl è corredata di relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Si rammenta che l’art. 17, c. 4-bis, della L. 400/1988 stabilisce che l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, su proposta del Ministro competente, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro del tesoro.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Rileva, anzitutto, la materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, affidata alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. g), Cost). Quanto alle finalità, la disciplina recata dalla pdl può essere ricondotta alla materia della “tutela dell’ambiente e dei beni culturali” e della “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”. La tutela rientra tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.); occorre, altresì, ricordare che l’art. 116, terzo comma, Cost. prevede la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia), mentre la valorizzazione rientra tra le materie di legislazione concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.). Ciò significa che in tali materie lo Stato può emanare solo disposizioni legislative di principio, la cui attuazione è affidata alle regioni. Inoltre, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare “forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali” tra Stato e regioni.

Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato – per la parte relativa ai beni culturali - con sentenza n. 9/2004 la Corte Costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela “è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale”; la valorizzazione “è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest’ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa”. Successivamente all’adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza n. 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l’esigenza dell’esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, c. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, c. 3) . Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall’art. 118, terzo comma, Cost.

Con riferimento alla tutela dell’ambiente, con la sentenza n. 196/2004 la Corte ha confermato la tesi già radicata in dottrina secondo la quale il paesaggio è “forma del territorio e dell’ambiente”, la cui tutela rappresenta valore costituzionale primario, che la stessa giurisprudenza costituzionale ha esplicitamente definito come “insuscettibilità di subordinazione ad ogni altro valore costituzionalmente tutelato, ivi compresi quelli economici”. In successive sentenze (ad es., nn. 182/2006 e 367/2007), la Corte ha riconosciuto alla legislazione regionale la facoltà di assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale o paesaggistica, purché siano rispettate le regole uniformi fissate dallo Stato. Le più recenti sentenze del 2008 e del 2009 ribadiscono tali limiti regionali.Da ultimo, con la sentenza n. 316/2009 la Corte ha ribadito la competenza esclusiva statale in materia di ZPS (zone di protezione speciale) e ZSC (zone speciali di conservazione).

Limitatamente all’art. 8, rileva anche la materia “tutela della salute”, che rientra nella competenza legislativa concorrente.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’art. 9 prevede l’intervento di un regolamento del Ministro per i beni e le attività culturali (v. ante).

Coordinamento con la normativa vigente

L’attuale organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, quale derivante dal DPR 233/200710,come di recente modificatodalDPR 91/200911, prevede, a livello centrale - per quanto qui interessa - 1 Segretariato generale e 8 uffici dirigenziali generali centrali e, a livello periferico, sempre per quanto qui interessa, le soprintendenze per i beni archeologici, per i beni architettonici e paesaggistici e per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, coordinate da 17 Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici. Ai sensi dell’art. 6 del DPR 233/2007,la Direzione generale per le antichità (così denominata dal DPR 91/2009) svolge le funzioni e i compiti, non attribuiti alle Direzioni regionali ed ai soprintendenti di settore ai sensi delle disposizioni in materia, relativi alla tutela di aree e beni di interesse archeologico, anche subacquei12. Per l’esercizio dell’attività di valorizzazione l’art. 6 fa riferimento alla Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, istituita dal DPR 91/200913.

Per quanto concerne il Segretario generale, l’art. 2 del DPR 233/2007, come modificato dal DPR 91/2009, gli attribuisce funzioni di coordinamento: quest’ultimo è riferito, tra l’altro, all'azione amministrativa, agli uffici di livello dirigenziale generale, alle iniziative in materia di sicurezza del patrimonio culturale, alle attività di tutela, alle attività internazionali, ivi comprese quelle relative alle convenzioni UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale, ad alcuni Istituti centrali (Opificio delle pietre dure, Ist. Superiore per il restauro, Ist. Centrale per restauro e conservazione del patrimonio archivistico e librario, Ist. Centrale per il catalogo e la documentazione)14.

Rispetto al quadro normativo così sintetizzato, la pdl propone l’istituzione di una struttura denominata, come altre, Soprintendenza, ma, a differenza delle altre, non facente parte della rete periferica del Mibac, bensì riferita, a livello centrale, al Segretariato generale. Altra peculiarità è costituita dalla competenza trasversale, con riferimento all’intero territorio nazionale, per quanto attiene all’archeologia subacquea e alle aree costiere. La relazione illustrativa evidenzia, al riguardo, che l’idea di realizzare un nucleo di archeologia subacquea in ogni Soprintendenza per i beni archeologici è stata accantonata a causa dell’elevato costo, di difficoltà logistiche e del carattere multidisciplinare della materia.

Collegamento con lavori legislativi in corso

La XI Commissione sta esaminando il TU delle pdl 344 e abb., “Disciplina delle attività subacquee e iperbariche”. Allo stato, peraltro, il TU non contiene disposizioni attinenti all’attività subacquea rivolta a ricerca, vigilanza e tutela dei beni storico-culturali sommersi.

Formulazione del testo

All’art. 1, è opportuno chiarire se con l’espressione “settore” si intenda la costituzione di un nuovo ufficio dirigenziale di livello non generale, secondo il modulo organizzativo attualmente presente nell’ambito del Segretariato generale.

All’art. 2, c. 1, si valutil’opportunità di non specificare la sede fisica della Soprintendenza, al fine di evitare la necessità di un nuovo ricorso alla legge in caso di variazione della stessa.Al c. 2, è opportuno chiarire se con l’espressione “adeguato personale tecnico scientifico” si intende fare riferimento al numero o alle competenze del medesimo.Inoltre, è opportuno chiarire, dato il riferimento a “finanziamenti propri”, se si tratta di una Soprintendenza dotata di autonomia speciale al pari delle Soprintendenze di cui all’art.15 del DPR 233/2007.

All’art. 3, c. 1, lett. d), si potrebbe far riferimento una sola volta al concetto di divulgazione. Alla lett. o), si valuti l’opportunità di fare ricorso, invece che alla locuzione “instaurazione di rapporti internazionali transfrontalieri” ad una espressione - ripresa dal lessico della cooperazione territoriale comunitaria - come “realizzazione di progetti di cooperazione transfrontaliera, anche in ambito internazionale”.

All’art. 7, occorre chiarire il riferimento agli “uffici periferici degli uffici centrali del Ministero”. Infatti, con l’espressione “uffici centrali” l’art. 15 del DPR 233/2007 individua 7 Istituti15 che non sembrano avere attinenza con le attività che si intende attribuire alla nuova Soprintendenza. Si valuti, dunque, se il riferimento non debba essere agli organi periferici del MIBAC, tra i quali, peraltro, sono comprese le Soprintendenze.

All’art. 8 la previsione di possesso di un curriculum che attesti lo svolgimento di attività di volontariato subacqueo lascerebbe intendere che possa iscriversi all’albo solo chi già ha svolto tali attività e non anche chi intenda cominciare a svolgerle.

All’art. 11 non è chiara la locuzione “individuati ai sensi dell’art. 2, comma 1, lettere a) e b)”, poiché si sta parlando di trasferimento di competenze da strutture esistenti alla nuova Soprintendenza (e, invece, le lettere citate individuano due centri tecnici operativi di cui si prevede l’istituzione e che dipenderanno dalla Soprintendenza).

Con riferimento all’art. 12, si rileva, anzitutto, che esso andrebbe riformulato facendo riferimento al triennio 2010-2012. Più in generale, si evidenzia che il provvedimento, recando l’istituzione di una Soprintendenza, sembrerebbe comportare un onere di carattere permanente.

Si rileva, infine, che la disposizione andrebbe riformulata alla luce della nuova disciplina contabile, ed in particolare dell’articolo 17, commi 1 e 12, della legge 196/2009, il quale prevede, nell’ipotesi di un’autorizzazione legislativa recante una previsione dispesa, la necessità di una specifica clausola di salvaguardia finanziaria.

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10   Emanato in attuazione dell’art. 1, c. 404, della L. finanziaria 2007, cheha previsto un generale riordino dei Ministeri disponendo, tra l’altro, la riduzione degli uffici di livello dirigenziale generale e non generale e la eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti. Il c. 1133 ha poi specificato che per gli uffici di livello dirigenziale generale del MIBAC occorre tener conto di quanto già disposto dall’art. 2, c. 94, del D.L. 262/2006, che ha reintrodotto un’articolazione basata su Segretariato generale e Direzioni generali in sostituzione dei Dipartimenti.

11  Emanato in attuazione dell’art. 74 del D.L. 112/2008, che ha previsto una ulteriore riduzione degli assetti organizzativi.

12  Presso il Servizio II-Tutela del patrimonio archeologico opera la Sezione Tecnica per l' Archeologia Subacquea – STAS.

13  Sulla base del finanziamento di € 7,5 milioni per il 2003 e 2004 per censire i beni archeologici sommersi nei fondali marini delle coste di Campania, Basilicata, Puglia e Calabria, disposto dall’art. 13 della L. 264/2002, il MIBAC ha dato avvio, il 1 aprile 2004, al progetto Archeomar, che fino al 2007 ha censito 316 siti, e nel cui ambito sono stati costruiti una banca dati e un atlante multimediale (http://www.archeologia.beniculturali.it/pages/subacquea/prodotti.html). Nel 2009 è stato avviato il progetto Archeomar 2 per il censimento dei beni sommersi delle regioni Lazio e Toscana: http://www.archeologia.beniculturali.it/pages/subacquea/Sos_patrimonio_sommerso_2009.html.

14  Il Segretariato generale si articola in sei uffici dirigenziali di livello non generale, compresi il Servizio ispettivo, cui sono assegnati quattordici dirigenti con funzioni ispettive, gli Istituti centrali e l'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro.

15  Istituto centrale per il catalogo e la documentazione; Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche; Opificio delle pietre dure; Istituto centrale per la demoetnoantropologia (di nuova istituzione); Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario; Istituto centrale per gli archivi; Istituto centrale per i beni sonori ed audiovisivi.

 


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[1] http://www.regione.sicilia.it/beniculturali/archeologiasottomarina/presentazione.htm (art. 28 L. finanziaria regionale del 2004).

[2]   L’art. 91 del codice stabilisce che i beni culturali ritrovati sui fondali marini appartengono allo Stato.

[3]   Si tratta della linea ciascun punto della quale è equidistante dai punti più vicini delle linee di base del mare territoriale italiano e di quello dello Stato interessato.

[4]   La collaborazione del corpo della Capitaneria di porto con il MIBAC si è avviata con il DM 12 luglio 1989: in particolare, l’art. 2 ha previsto la possibile frequenza presso il MIBAC, da parte del personale delle Capitanerie, di corsi di archeologia subacquea, per acquisire la conoscenza degli strumenti giuridici di tutela e di intervento conservativo del patrimonio sommerso. Ai sensi dell’art. 5, tale personale deve segnalare comportamenti anche solo potenzialmente causa di danni al medesimo patrimonio.

[5]   La procedura per la pianificazione paesaggistica è contenuta negli artt. 143-145 del codice. Il piano deve comprendere, fra l’altro, la ricognizione delle aree di cui al c. 1 dell'art. 142 (v. ante), e la determinazione di prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione, nonché l’individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela. I piani possono essere elaborati congiuntamente dalle regioni e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

[6]   Si ricorda che il d.lgs. n. 32/2010, in attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea, è volto alla realizzazione di una infrastruttura nazionale per l’informazione territoriale quale parte di INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe). A tal fine, il decreto stabilisce norme generali per la condivisione, l'accesso e l'utilizzazione, in maniera integrata con le realtà regionali e locali, dei dati necessari per gli scopi delle politiche ambientali e delle politiche/attività che possono ripercuotersi sull'ambiente.

[7]   La disciplina base sull’istituzione delle aree marine protette si può rinvenire prevalentemente nel titolo V (artt. 25-32) della L. 979/1982 e negli artt. 18-21 della legge 349/1991. Esse vengono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente, che reca la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi e la disciplina di tutela a cui è finalizzata la protezione, e sono generalmente suddivise al loro interno in diverse tipologie di zone denominate A, B e C, con diversi livelli di protezione. La gestione delle aree marine protette, ai sensi dell’art. 2, c. 37, della L. 426/1998, è affidata ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziati tra di loro. L’affidamento avviene anch’esso con decreto del Ministro dell'ambiente, sentiti la regione e gli enti locali territorialmente interessati. La maggior parte delle aree marine protette è comunque gestita dai comuni interessati: http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=1026.

[8]   A tale riguardo, in ambito UE, il quadro normativo di riferimento è costituito dalla Cooperazione territoriale europea, uno degli obiettivi della programmazione comunitaria 2007-2013, finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR). Nell’ambito della Cooperazione territoriale europea sono già operanti il Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Slovenia (che coinvolge Friuli-Venezia Giulia, Veneto ed Emilia-Romagna), tra i cui assi prioritari figura la fruizione del patrimonio culturale e l’accrescimento degli scambi culturali, ed il Programma di cooperazione transfrontaliera Italia-Francia “Marittimo” (che vede la partecipazione di Liguria, Toscana e Sardegna), che ha tra le sue priorità la protezione, la gestione e la valorizzazione congiunta delle risorse naturali e culturali.

[9]    In dottrina, l’atto autorizzatorio viene considerato l’eliminazione di un limite posto al libero esercizio di un diritto al fine di salvaguardare un pubblico interesse, mentre l’atto di concessione è considerato un provvedimento con cui la P.A. attribuisce all’amministrato un diritto del quale è privo (Diritto amministrativo, acura di L. Mazzarolli ed altri, vol. II, cap. III, Bologna 1993).