Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare qualità ed efficienza del sistema universitario Legge 30 dicembre 2010, n. 240 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 3687/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 387    Progressivo: 3
Data: 08/02/2011
Descrittori:
ASSUNZIONE AL LAVORO   ORGANIZZAZIONE DELL' ISTRUZIONE UNIVERSITARIA
PERSONALE DELL' UNIVERSITA'     
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione
Altri riferimenti:
L N. 240 DEL 30-DIC-10     
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

Progetti di legge

 

 

Le leggi

Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare qualità ed efficienza del sistema universitario

Legge 30 dicembre 2010, n. 240

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 387/3

 

 

 

8 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Cultura

( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Lavoro

( 066760-4884 – * st_lavoro@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

 

 

 

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File: CU0231d.doc

 


INDICE

Premessa  3

Schede di lettura

Titolo I - Organizzazione del sistema universitario

§      Articolo 1 (Princìpi ispiratori della riforma)9

§      Articolo 2 (Organi e articolazione interna delle università)13

§      Articolo 3 (Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa)35

Titolo II - Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario

§      Articolo 4 (Fondo per il merito)39

§      Articolo 5 (Delega in materia di interventi per la qualità e l’efficienza del sistema universitario)43

§      Articolo 6 (Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)57

§      Articolo 7 (Norme in materia di mobilità dei professori e dei ricercatori)69

§      Articolo 8 (Revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari)75

§      Articolo 9 (Fondo per la premialità)81

§      Articolo 10 (Competenza disciplinare)83

§      Articolo 11 (Interventi perequativi per le università statali)87

§      Articolo 12 (Università non statali legalmente riconosciute)91

§      Articolo 13 (Misure per la qualità del sistema universitario)97

§      Articolo 14 (Disciplina di riconoscimento dei crediti)99

Titolo III - Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento

§      Articolo 15 (Settori concorsuali e settori scientifico-disciplinari)103

§      Articoli 16 e 18 (Istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale e chiamata dei professori)105

§      Articolo 17 (Equipollenze)119

§      Articolo 19 (Disposizioni in materia di dottorato di ricerca)123

§      Articolo 20 (Valutazione fra pari per la selezione dei progetti di ricerca)127

§      Articolo 21 (Comitato nazionale dei garanti per la ricerca)135

§      Articolo 22 (Assegni di ricerca)139

§      Articolo 23 (Contratti per attività di insegnamento)147

§      Articolo 24 (Ricercatori a tempo determinato)153

§      Articolo 25 (Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori)159

§      Articolo 26 (Lettori di scambio)161

§      Articolo 27 (Anagrafe degli studenti)165

§      Articolo 28 (Istituzione di un Fondo per la formazione e l’aggiornamento della dirigenza presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca)167

§      Articolo 29 (Norme transitorie e finali)171

Comunicato del Presidente Napolitano relativo alla legge di riforma dell'università, 30 dicembre 2010 (http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=1115)0

Tabelle degli adempimenti normativi

§      Adempimenti normativi per i quali è indicato il termine di adozione  187

§      Adempimenti normativi per i quali non è indicato il termine di adozione  190

 

 


SIWEB

Premessa

La legge 30 dicembre 2010, n. 240 è stata pubblicata nel Supplemento ordinario n. 11 della Gazzetta ufficiale n. 10 del 14 gennaio 2011. Conseguentemente, ai sensi dell’art. 73 della Costituzione, è entrata in vigore il 29 gennaio 2011.

Essa risulta dalla approvazione definitiva, il 23 dicembre 2010, dell’A.S. 1905-b, identico al testo licenziato dalla Camera il 30 novembre 2010.

In particolare, l’approvazione in prima lettura, il 29 luglio 2010, dell’A.S. 1905, presentato dal Governo il 25 novembre 2009 e modificato durante l’esame, ha determinato l’assorbimento degli A.A.S. 591, 874, 970, 1387, 1579.

L’approvazione del testo da parte della Camera (A.C. 3687, modificato durante l’esame), ha determinato l’assorbimento degli A.A.C.591, 1143, 1154, 1276, 1397, 1578, 1828, 1841, 2218, 2220, 2250, 2330, 2458, 2460, 2726, 2748, 2841 e 3408.

 

La legge consta di 29 articoli, organizzati in 3 Titoli.

Il Titolo I (artt. 1-3) riguarda l’organizzazione del sistema universitario.

Il Titolo II (artt. 4-14) riguarda norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario.

Il Titolo III (artt. 15-29) reca norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento. Esso include anche le disposizioni finali e transitorie, nonché disposizioni, inserite durante l’esame parlamentare, inerenti altri argomenti (in particolare, art. 17, concernente equipollenze fra titoli di studio; art. 19, concernente il dottorato di ricerca; articoli 20 e 21 concernenti, rispettivamente, valutazione fra pari per la selezione di progetti di ricerca e istituzione del Comitato nazionale dei garanti per la ricerca; art. 27, concernente l’Anagrafe degli studenti universitari; art. 28, concernente l’istituzione di un Fondo per la formazione della dirigenza presso il MIUR; art. 29, comma 21, concernente la possibilità di contemporanea iscrizione a corsi universitari e corsi presso le Istituzioni dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica).

 

Nelle schede a seguire si opera il commento della nuova legge. Il dossier è corredato anche del comunicato emanato dalla Presidenza della Repubblica all’atto della promulgazione e da due tabelle che riportano gli adempimenti normativi previsti dalla legge.

 


Schede di lettura

 

 


Titolo I -
Organizzazione del sistema universitario

 


Articolo 1
(Princìpi ispiratori della riforma
)

L’articolo 1 indica i principi ispiratori della riforma che, come indicato dalle Linee guida per l’università del novembre 2008[1], fanno riferimento ai concetti di:

-          autonomia e responsabilità;

-          valorizzazione del merito;

-          combinazione di didattica e ricerca.

 

Si dispone, quindi, che le università sono sede primaria di libera ricerca e di libera formazione e sono luogo di apprendimento ed elaborazione critica delle conoscenze; esse, combinando in modo organico ricerca e didattica, operano per il progresso culturale, civile ed economico della Repubblica (comma 1).

 

Al riguardo, le citate Linee guida, ricordato che l’Europa, attraverso la strategia di Lisbona, ha posto il traguardo di una società basata sulla conoscenza, evidenziano che “l’università e la ricerca, binomio inscindibile, sono una ricchezza fondamentale per l’Italia. Per tornare ad essere uno strumento davvero efficace di crescita e di promozione sociale e personale in un Paese avanzato, l’università deve cogliere con coraggio la richiesta di rinnovarsi, rendersi trasparente nella condotta e nei risultati, dimostrare con la forza dei fatti di saper progettare un futuro ambizioso”.

 

Ogni università opera ispirandosi ai principi di autonomia e di responsabilità (sull’autonomia, si veda infra, commento art. 2): al riguardo, si fa riferimento all’art. 33 della Costituzione e al Titolo V della parte II della Costituzione[2].

Inoltre, si stabilisce che le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio e risultati di livello elevato nel campo della didattica e della ricerca possono sperimentare propri modelli organizzativi e funzionali, comprese modalità di costituzione e composizione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica diverseda quelle indicate dal successivo articolo 2 (che riguarda, esplicitamente, nei commi 1 e 2, le università statali[3], mentre il comma 3 riguarda gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale per i quali, come si vedrà, si prevedono già proprie modalità di organizzazione, sia pure nel rispetto di alcuni principi indicati per le università statali): ciò, sulla base di accordi di programma con il MIUR (sugli accordi di programma una ulteriore disposizione è recata dal comma 5), che con decreto di natura non regolamentare (per la cui emanazione non è previsto un termine) stabilisce i criteri per l’ammissione alla sperimentazione e le modalità di verifica periodica dei risultati conseguiti.

Sul punto, si veda anche l’art. 2, comma 2, lett. e), che prevede la possibilità di una articolazione organizzativa interna semplificata per le università con un organico inferiore a 500 unità.

 

Al MIUR fa capo la definizione di obiettivi e indirizzi strategici per il sistema - nel rispetto della libertà di insegnamento e dell’autonomia - e, tramite l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario (ANVUR) per quanto di sua competenza, di conseguente verifica e valutazione dei risultati, secondo criteri di qualità, trasparenza e promozione del merito, anche sulla base delle migliori esperienze internazionali.

La distribuzione delle risorse pubbliche sarà coerente con gli obiettivi e gli indirizzi indicati e con l’attività svolta da ogni ateneo, nel rispetto del principio della coesione nazionale, nonché con la valutazione dei risultati (commi 2, 4 e 5[4]).

Si ricorda, preliminarmente, che già l’art. 1, comma 1, della legge n. 230 del 2005[5] ha affidato all’università il compito di coniugare in modo organico ricerca e didattica, stabilendo, altresì, che la gestione delle università si ispira ai princìpi di autonomia e di responsabilità nel quadro degli indirizzi fissati con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

 

Con riferimento all’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario, si ricorda che essa è stata istituita sulla base dell’art. 2, c. 138-142, del D.L. 262/2006[6], chele ha attribuito tre funzioni:

a)         valutazione della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell’università e della ricerca;

b)        indirizzo e coordinamento delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca;

c)         valutazione dell’efficienza e dell’efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione.

Le medesime disposizioni hanno previsto che i risultati dell’attività valutativa costituiscono criterio di riferimento per l’assegnazione dei finanziamenti statali e hanno rimesso le modalità di funzionamento dell’organismo a regolamenti di delegificazione.

Con il DPR 64 del 2008 è stato adottato il regolamento didelegificazione recante organizzazione, funzionamento e organi di gestione dell’ANVUR che,tuttavia, ha demandato (art. 13) ad un ulteriore regolamento di delegificazione la determinazione della dotazione organica del personale di livello dirigenziale generale e non, nonché l'entità e la ripartizione del personale delle aree funzionali, non consentendo, quindi, l’effettiva operatività dell’Agenzia. Il DPR 64/2008 è stato, poi, sostituito e abrogato dal DPR 76 del 2010.

 

 

 

Ai sensi dell’art. 2 di quest’ultimo, l'Agenzia opera in coerenza con le migliori prassi di valutazione dei risultati a livello internazionale. Sulla base dell’art. 3, essa valuta la qualità dei processi, i risultati e i prodotti delle attività di gestione, formazione e ricerca, compreso il trasferimento tecnologico[7]. L’Agenzia svolge, inoltre, funzioni di indirizzo dell’attività dei nuclei di

valutazione degli atenei, ad eccezione di quelle loro affidate dalle istituzioni di appartenenza,e predispone procedure uniformi per la rilevazione della valutazione dei corsi da parte degli studenti; elabora i criteri per la valutazione delle strutture e dei corsi di studio ai fini dell’accreditamento periodico, i requisiti per l’istituzione di nuove università o nuove sedi, e per l’attivazione dei corsi di studio, i parametri per l’allocazione dei finanziamenti statali – inclusa la determinazione dei livelli essenziali di prestazione e dei costi unitari riferiti a specifiche tipologie di servizi -; valuta l’efficienza dei programmi pubblici di finanziamento e i risultati degli accordi di programma. Ai sensi dell’art. 4, gli esiti della valutazione – che sono resi pubblici - costituiscono criterio di riferimento per l’assegnazione, da parte del Ministro, dei finanziamenti statali e di specifici fondi premiali a strutture che hanno conseguito risultati particolarmente significativi.

L'Agenzia ha personalità giuridica di diritto pubblico, è dotata di autonomia organizzativa, amministrativa e contabile, ed è sottoposta alla vigilanza del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e al controllo sulla gestione da parte della Corte dei conti.

A decorrere dalla data di insediamento del Consiglio direttivo e della nomina del Presidente dell’Agenzia sono soppressi il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca ed i Comitati di valutazione di ASI e CNR[8].

 

Inoltre, il MIUR, nel rispetto delle competenze regionali, deve valorizzare il merito, rimuovere gli ostacoli all’istruzione universitaria e garantire l’effettiva realizzazione del diritto allo studio, ponendo in essere interventi per gli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, che vogliano iscriversi all’università (comma 3). Sul diritto allo studio, si ricorda che l’art. 5 prevede una specifica delega.

 

Il comma 6 prevede la definizione di accordi di programma[9] tra le singole università o aggregazioni delle stesse ed il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, volti a favorire la competitività delle università.

Lo scopo degli accordi è il miglioramento della qualità dei risultati, tenuto conto degli indicatori di contesto relativi alle condizioni di sviluppo regionale.

 

In relazione all’obiettivo degli accordi di programma in esame, vale a dire favorire la competitività delle università, appare opportuno ricordare che, in base al Quadro strategico nazionale 2007-2013 che dispone la programmazione dell’allocazione delle risorse comunitarie cofinanziate a livello nazionale, è stato definito il Programma operativo nazionale (c.d. PON) Ricerca e Competitività 2007-2013, finanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale per le regioni dell’obiettivo Convergenza (Campania, Puglia, Calabria e Sicilia). Detto programma rappresenta uno strumento grazie al quale il sistema degli enti della ricerca può sviluppare la competitività, migliorando le condizioni socioeconomiche delle regioni interessate. L’ammontare complessivo delle risorse finanziarie del PON Ricerca e Competitività 2007-2013 è di 6.205 milioni di euro, di cui 3.102 assicurati dal finanziamento comunitario. L’obiettivo previsto dal comma 6 sembra, quindi, affiancarsi agli obiettivi definiti per l’attuazione del PON Ricerca e Competitività 2007-2013.

Esso, come si è detto ante, è attuato tenendo conto degli indicatori di contesto relativi alle condizioni di sviluppo regionale.

Tali indicatori vengono elaborati dall’Istat nell'ambito del progetto "Informazione statistica territoriale e settoriale per le politiche strutturali 2001-2008", al fine di supportare l'attività di monitoraggio e valutazione del Quadro comunitario di sostegno - QCS 2000-2006, attraverso la costruzione e l'aggiornamento di una base dati di indicatori socio-economici regionali. Nel dettaglio, la banca dati contiene circa 160 indicatori regionali (indicatori di contesto chiave e variabili “di rottura”), disponibili per tutte le regioni e per macroarea, articolati secondo assi di intervento ed ambiti prioritari[10].

 


Articolo 2
(Organi e articolazione interna delle università
)

L’articolo 2 dispone in materia di organi e di articolazione interna delle università statali, dettando vincoli e criteri direttivi per la modifica degli statuti (ferme restando, ai sensi dell’art. 1, comma 2, la possibilità per le università di sperimentare modelli organizzativi propri in presenza di specifiche condizioni, nonché, per gli istituti ad ordinamento speciale, e pur nel rispetto dei parametri indicati, l’adozione di autonome modalità di organizzazione, ai sensi dell’art. 2, comma 3).

In particolare, esso: prevede un limite al mandato del rettore, passibile, inoltre, di mozione di sfiducia; distingue le funzioni attribuite al Senato accademico (scientifiche) e al Consiglio di amministrazione (gestionali); sostituisce la figura del direttore amministrativo con quella del direttore generale; stabilisce che i componenti del nucleo di valutazione devono essere in prevalenza esterni all’ateneo; dispone la semplificazione dell’articolazione interna, attribuendo un ruolo pregnante ai dipartimenti.

Ai sensi dell’articolo in commento, gli statuti devono essere modificati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge (quindi, poiché la legge è stata pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 14 gennaio 2011 e si applica il termine generale di entrata in vigore pari a 15 giorni dalla data di pubblicazione, stabilito dall’art. 73, terzo comma, della Costituzione, gli statuti devono essere modificati entro il 29 luglio 2011) secondo principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, trasparenza dell’attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all’ateneo.

Ai sensi del comma 12, il rispetto dei principi di semplificazione, efficienza ed efficacia, unitamente a quello di razionale dimensionamento delle strutture, rientra tra i criteri di valutazione delle università valevoli ai fini dell’allocazione delle risorse, definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è indicato un termine), su proposta dell’ANVUR.

La modifica degli statuti è inquadrata, fatto salvo il rispetto dei principi di autonomia di cui all’art. 33 della Costituzione e ai sensi dell’art. 6 della L. n. 168 del 1989[11], nel complessivo processo di riordino della pubblica amministrazione, nell’ambito della quale si collocano le università ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001.

 

Di seguito, si riporta, anzitutto, un sintetico quadro di riferimento normativo generale, che meglio consente di inquadrare la problematica del governo delle università.

 

La prima riforma complessiva dell’Università fu varata con R.D. 30 settembre 1923, n. 2102, e prese il nome dal Ministro proponente, Giovanni Gentile. Essa disegnò l’organizzazione dell’ente e le modalità di scelta dei soggetti preposti agli organi di governo[12].

Il contenuto del regio decreto del 1923 fu poi ripreso in gran parte dal Testo unico dell’istruzione superiore approvato con R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, il cui articolo 1, terzo comma, ha attribuito alle Università personalità giuridica e autonomia amministrativa, didattica e disciplinare, nei limiti stabiliti dal Testo unico e sotto la vigilanza dello Stato, esercitata dal Ministro dell'educazione nazionale. Tale vigilanza si esplicava, fra l’altro, nel potere di nomina di tutti gli organi di governo[13], nel potere di scioglimento del Consiglio di amministrazione per gravi motivi, con conseguente nomina di un commissario straordinario, nell’approvazione ed emanazione dello Statuto, nell’approvazione preventiva dei principali atti di gestione.

 

E’, poi, intervenuta la Costituzione, il cui art. 33, sesto comma, ha fissato il principio di autonomia universitaria, stabilendo che “le istituzioni di alta cultura, università e accademie hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato”[14].

Quindi, la Costituzione ha rimesso al legislatore ordinario il compito di individuare tempi e modi per disciplinare i limiti dell’autonomia delle istituzioni universitarie.

Il processo di attuazione del disposto costituzionale è stato avviato con la già citata legge n. 168 del 1989, che:

§       ha affidato al Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il compito di dare “attuazione all'indirizzo ed al coordinamento nei confronti delle università e degli enti di ricerca, nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall'articolo 33 della Costituzione” (art. 1, comma 2). La stessa legge ha individuato, fra le funzioni di indirizzo e di coordinamento, quelle relative alla programmazione del sistema universitario, alla definizione di criteri oggettivi per la ripartizione delle risorse, al controllo di statuti e regolamenti di ateneo;

§       ha definito i profili dell’autonomia: in particolare, l’art. 6 ha sancito l’autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile delle università, disponendo che queste si danno ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti. Si precisa, inoltre, che le università sono disciplinate, oltre che dai rispettivi statuti e regolamenti, esclusivamente da norme legislative che vi operino espresso riferimento, escludendo in maniera esplicita l’applicabilità di disposizioni emanate con circolare. Esse svolgono attività didattica e sono sedi primarie di ricerca scientifica e organizzano le relative strutture nel rispetto della libertà di insegnamento e della libertà di ricerca dei docenti e dei ricercatori, trattandone anche gli aspetti amministrativi, finanziari e di gestione;

§       ha rimesso ad una successiva legge l’attuazione dei principi di autonomia enunciati, quanto a termini e limiti (art. 6, comma 8), e ha stabilito (art. 16, comma 2) che, decorso un anno, in mancanza di tale legge, gli statuti delle università fossero emanati con decreto del rettore nel rispetto dei principi di autonomia dettati dall’art. 6 e con le  procedure e le modalità ivi previste. In particolare, ha stabilito una particolare composizione dell’organo chiamato a realizzare, con la deliberazione del primo statuto, l’autonomia.

Questa via alternativa, in mancanza della legge di attuazione dei principi di autonomia, è stata quella che, poi, si è in effetti realizzata[15].

La struttura organizzativa delle università, compresi gli organi di governo e le loro attribuzioni, è stata pertanto disciplinata dagli Statuti, deliberati dalle stessa università, previo controllo da parte del Ministro.

Lo stesso art. 16 della legge 168 del 1989 ha stabilito i contenuti essenziali degli statuti. Essi devono prevedere:

§       l’elettività del rettore;

§       una composizione del senato accademico rappresentativa delle facoltà istituite nell’ateneo;

§       criteri organizzativi che assicurino l’individuazione delle responsabilità e l’efficienza dei servizi[16];

§       l’osservanza delle norme sullo stato giuridico del personale docente, ricercatore e non docente;

§       l’adozione di curricula didattici coerenti ed adeguati al valore legale dei titoli di studio rilasciati dall’università[17];

§       una composizione del consiglio di amministrazione che assicuri la rappresentanza delle diverse componenti di personale previste dalla normativa vigente;

§       la compatibilità tra le soluzioni organizzative e le disponibilità finanziarie[18].

In seguito, il D.L. n. 120 del 1995[19], all’art. 6,ha stabilito che gli statuti definiscono la composizione degli organi collegiali assicurando la rappresentanza degli studenti in misura non inferiore al 15 per cento[20].

 

1.         Organi delle università statali (commi 1 e 13)

 

Il comma 1 riguarda gli organi che devono essere previsti negli statuti, che la lettera a) individua, quale primo criterio direttivo, in:

§         rettore;

§         senato accademico;

§         consiglio di amministrazione;

§         collegio dei revisori dei conti;

§         nucleo di valutazione;

§         direttore generale.

Gli ulteriori vincoli e criteri direttivi sono indicati nelle lettere da b) ad s).

1.1.    Rettore (comma 1, lett. b), c), d))

Gli statuti attribuiscono al rettore (lett. b)):

§         la rappresentanza legale dell'università e le funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche;

§         la responsabilità del perseguimento delle finalità dell'università secondo criteri di qualità e nel rispetto dei principi di efficacia, efficienza, trasparenza e promozione del merito;

§         la funzione di proposta del documento di programmazione triennale di ateneo di cui all’art. 1-ter del D.L. 7 del 2005 – tenuto anche conto delle proposte e dei pareri del senato accademico – nonché di proposta del bilancio di previsione annuale e triennale e del conto consuntivo;

§         la funzione di proposta del direttore generale, nonché di iniziativa dei procedimenti disciplinari di cui all’art. 10 (per entrambi gli aspetti, si veda infra);

§         ogni altra funzione non espressamente attribuita ad altri organi.

 

La programmazione triennale – e la valutazione – del sistema universitario è disciplinata, a partire dal 2006, dall’art. 1-ter del D.L. n. 7 del 2005[21], che hasostituito la disciplina previgente recata dal DPR 25 del 1998[22].

Le università predispongono entro il 30 giugno di ogni anno piani triennali coerenti con le linee generali di indirizzo definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti la Conferenza dei rettori (CRUI), il Consiglio universitario nazionale (CUN) e il Consiglio nazionale degli studenti universitari (CNSU), e tenendo conto delle risorse acquisibili autonomamente.

I programmi individuano:

§       i corsi di studio da istituire e da attivare, nel rispetto dei requisiti minimi essenziali in termini di risorse strutturali ed umane, nonché quelli da sopprimere;

§       il programma di sviluppo della ricerca scientifica;

§       le azioni per il sostegno ed il potenziamento dei servizi e degli interventi a favore degli studenti;

§       i programmi di internazionalizzazione (per i quali si veda infra);

§       il fabbisogno di personale docente e non docente a tempo determinato e indeterminato, ivi compreso il ricorso alla mobilità.

I programmi delle università, ad eccezione del profilo relativo al fabbisogno di personale, sono sottoposti alla valutazione del MIUR e periodicamente monitorati sulla base di parametri indicati dal Ministro con il supporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), e previo parere della CRUI.

Sui risultati della valutazione il Ministro riferisce al Parlamento al termine di ciascun triennio.

Dei programmi delle università si tiene conto nella ripartizione del fondo per il finanziamento ordinario (FFO).

 

Le linee generali di indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2007-2009 sono state definite con DM 3 luglio 2007, n. 362, la cui premessa chiarisce che, in virtù dell’art. 1, comma 2, della legge n. 168 del 1989, che prevede che il Ministero “dà attuazione all'indirizzo e al coordinamento nei confronti delle Università... nel rispetto dei principi di autonomia stabiliti dall'art. 33 della Costituzione”, la valutazione dei programmi universitari non può che essere effettuata ex post, mediante il monitoraggio e la valutazione dei risultati dell'attuazione dei medesimi, e non ex ante (ai fini della approvazione degli stessi).

L’art. 4 del DM stabilisce, poi, che i parametri e i criteri per il monitoraggio e la valutazione sono definiti mediante indicatori quali-quantitativi: al riguardo, è intervenuto il DM 18 ottobre 2007, n. 506[23].

Le risorse sono allocate sul cap. 1690 del bilancio del MIUR.

 

I risultati dell’attuazione dei programmi al termine del triennio 2007- 2009 sono stati resi noti con    nota  prot.  146 del 16  luglio  2009[24],  mentre  con  Decreto  Direttoriale  8  luglio  2009,  prot. n.

 

82/2009[25]sono state ripartire le risorse per il 2009, pari a € 63.578.634,00. La relazione sui risultati dell’attuazione dei programmi al termine del triennio 2007-2009 è stata trasmessa al Parlamento con lettera del 27 luglio 2010 (doc. CCXXXIV, n. 1[26]).

Con nota del 27 gennaio 2010, prot. 17, sono state fornite indicazioni operative relative alla programmazione per il triennio 2010-2012, per l’anno 2010: nelle more dell’adozione delle linee generali per il triennio indicato, trovano applicazione le linee generali che hanno disciplinato la programmazione 2007-2009.

Lo schema del Decreto ministeriale relativo alle linee generali di indirizzo per la programmazione 2010-2012 è stato trasmesso a CRUI, CUN e CNSU, per il previsto parere, con nota n. 105 del 27 ottobre 2010[27]. In seguito, il 28 gennaio 2011, è stata pubblicata la nota n. 7, concernente Attuazione DM 22 settembre 2010, n. 17. Indicazioni operative su offerta formativa 2011-2012[28], che al suo interno cita il DM 23 dicembre 2010, n. 50, relativo alle linee generali d'indirizzo della programmazione 2010-2012[29].

 

L’intervento normativo è, quindi, caratterizzato dalla ridefinizione del ruolo del rettore[30], che, come evidenziava la relazione illustrativa dell’A.S. 1905, è “organo propulsore delle attività scientifiche e didattiche e dello sviluppo strategico dell’ateneo nel suo complesso”. Ciò, sempre secondo la relazione illustrativa indicata, “in modo tale che possa assumere la piena responsabilità nel perseguimento di tutte le finalità istituzionali dello stesso”.

La medesima relazione illustrativa, infatti, chiariva che l’intervento attuato tramite l’articolo 2 mira al bilanciamento dei poteri, nonché ad una più precisa definizione delle responsabilità.

Sempre gli statuti determinano le modalità di elezione del rettore tra i professori ordinari in servizio presso le università italiane[31]. Se risulta eletto un professore appartenente ad un altro ateneo, l’elezione si configura anche come chiamata e comporta il trasferimento nell’organico dei professori nella nuova sede e lo spostamento della quota di finanziamento ordinario relativa agli oneri stipendiali in godimento presso la sede di provenienza del professore. Si dispone anche sul posto che in tal modo si rende vacante: esso può essere coperto solo in attuazione delle disposizioni vigenti in materia di assunzioni (si veda infra, commento artt. 16 e 18) (lett. c)).

Infine, il rettore dura in carica per un unico mandato di sei anni, non rinnovabile (lett. d))[32].

1.2.    Senato accademico (commi 1, lett. e), f), g), e 13, lett. a))

Gli statuti attribuiscono al senato accademico la competenza (lett. e)):

§           a formulare proposte e pareri obbligatori in materia di didattica, di ricerca, e di servizi agli studenti, anche con riferimento al documento di programmazione triennale di ateneo, nonché di attivazione, modifica o soppressione di corsi, sedi, dipartimenti, strutture di raccordo (con riferimento all’attivazione o soppressione di corsi di studio - e non anche alla modifica -, il comma 2, lett. c), prevede anche la proposta delle strutture di raccordo fra i dipartimenti, mentre la lett. g) del medesimo comma prevede il parere della commissione paritetica docenti-studenti);

§           ad approvare il regolamento di ateneo;

§           ad approvare, previo parere favorevole del consiglio di amministrazione, il codice etico (si veda infra) e i regolamenti in materia di didattica e di ricerca, compresi quelli di competenza dei dipartimenti e delle strutture di raccordo fra gli stessi;

§           a svolgere funzioni di coordinamento e di raccordo con i dipartimenti[33] e con le strutture di coordinamento;

§           a proporre una mozione di sfiducia al rettore – con una maggioranza di almeno i 2/3 dei suoi componenti –, non prima che siano trascorsi 2 anni dall'inizio del mandato del rettore[34];

§           ad esprimere parere obbligatorio sul bilancio di previsione annuale e triennale e sul conto consuntivo dell'università.

Il senato accademico è costituito su base elettiva. Il numero di membri – proporzionato alle dimensioni dell'ateneo – non deve superare 35 unità (incluso il rettore e una rappresentanza elettiva degli studenti), di cui almeno 2/3 terzi docenti di ruolo (e, in questo ambito, almeno 1/3 deve essere costituito da direttori di dipartimento), eletti in modo da rispettare le diverse aree scientifico-disciplinari dell'ateneo (lett. f)).

La durata in carica del senato accademico è fissata in un massimo di quattro anni e il relativo mandato è rinnovabile per una sola volta (lett. g))[35].

In materia, il comma 13, lett. a), dell’articolo 2 in commento dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie adottate dall’ateneo, perdono efficacia le disposizioni di cui all’art. 16, comma 4, lett. b), della L. n. 168 del 1989,  concernenti la composizione del senato accademico rappresentativa delle facoltà istituite nell’ateneo.

1.3.    Consiglio di amministrazione (commi 1, lett. h), i), l), m), e 13, lett. a))

Gli statuti attribuiscono al consiglio di amministrazione (lett. h)):

§         funzioni di indirizzo strategico;

§         la competenza ad approvare la programmazione finanziaria annuale e triennale (si tratta di uno strumento previsto dall’art. 5, comma 4, lett. b))e del personale, nonché la competenza a vigilare sulla sostenibilità finanziaria delle attività;

§         la competenza a deliberare l'attivazione o soppressione di corsi e sedi, previo parere del senato accademico (parere che - si ricorda - ai sensi della precedente lett. e), è obbligatorio);

§         la competenza ad adottare il regolamento di amministrazione e contabilità, nonché, su proposta del rettore e previo parere del senato accademico per gli aspetti di sua competenza, ad approvare il bilancio di previsione annuale e triennale, il conto consuntivo e il documento di programmazione triennale;

§         il dovere di trasmettere ai Ministeri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dell’economia e delle finanze il bilancio di previsione annuale e triennale e il conto consuntivo;

§         la competenza a conferire l'incarico di direttore generale;

§         la competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori universitari, ai sensi dell’art. 10;

§         la competenza ad approvare la proposta di chiamata dei professori e dei ricercatori a tempo determinato da parte del dipartimento.

 

Considerando, quindi, nell’insieme senato accademico e consiglio di amministrazione, si evidenzia una netta distinzione delle funzioni dei due organi, con l’attribuzione al primo di funzioni scientifiche e, al secondo, di funzioni gestionali.

 

Ai sensi delle lett. i) ed l), l’organo è composto da un numero massimo di 11 membri, inclusi il rettore – componente di diritto – ed una rappresentanza elettiva degli studenti (si evidenzia che, ai sensi del comma 1, lett. o), alle sedute del consiglio di amministrazione partecipa, senza diritto di voto, il direttore generale).

La scelta o la designazione degli altri componenti avviene con modalità definite dagli statuti, anche mediante avvisi pubblici, tra personalità italiane o straniere in possesso di comprovata competenza in campo gestionale, ovvero di un’esperienza professionale di alto livello, con attenzione alla qualificazione scientifica culturale. Nella nomina dei componenti, occorre garantire il principio costituzionale (art. 51 Cost.) delle pari opportunità fra uomini e donne nell’accesso agli uffici pubblici.

Al contempo, si stabilisce che non deve appartenere ai ruoli dell’ateneo – per tutta la durata dell’incarico, e a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione – un numero di consiglieri:

§      non inferiore a 3, se il Cda è composto da 11 membri;

§      non inferiore a 2, se i componenti del Cda sono meno di 11.

Fra i membri non appartenenti ai ruoli dell’ateneo non devono essere computati i rappresentanti degli studenti iscritti all’ateneo medesimo.

Gli statuti devono prevedere, altresì, che il presidente del consiglio di amministrazione sia il rettore o uno dei consiglieri esterni ai ruoli dell’ateneo, eletto dallo stesso consiglio.

Inoltre, al fine di garantire un rinnovo graduale dell’intero consiglio di amministrazione, è possibile prevedere il rinnovo non contestuale dei diversi membri.

La durata massima del consiglio di amministrazione è di 4 anni; anche la durata massima del mandato dei componenti è fissata in 4 anni, ad eccezione dei rappresentanti degli studenti, il cui mandato è, invece, biennale. In tutti i casi, il mandato è rinnovabile per una sola volta (lett. m))[36].

In materia, il comma 13, lett. a), dell’articolo 2 in commento dispone che, a decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie adottate dall’ateneo, perdono efficacia le disposizioni di cui all’art. 16, comma 4, lett. f), della L. n. 168 del 1989, ai sensi delle quali la composizione del consiglio di amministrazione deve assicurare la rappresentanza delle diverse componenti (ordinari, associati, ricercatori, personale tecnico amministrativo, studenti).

 

In proposito si ricorda che l’art. 6, comma 5, del D.L. n. 78 del 2010[37] prevede che “tutti gli enti pubblici, anche economici, e gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato, provvedono all’adeguamento dei rispettivi statuti al fine di assicurare che, a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, gli organi di amministrazione e quelli di controllo, ove non già costituiti in forma monocratica, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti. (…). La mancata adozione dei provvedimenti di adeguamento statutario o di organizzazione previsti dal presente comma nei termini indicati determina responsabilità erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli enti e degli organismi pubblici interessati sono nulli”. Da tale previsione, a differenza di altre fattispecie disciplinate dallo stesso decreto (ad esempio, art. 6, commi 2, 7 e 8) non risultano esplicitamente escluse le università.

1.4.    Direttore generale (commi 1, lett. n) ed o), e 13, lett. b))

Ai sensi della lett. n), l’incarico di direttore generale – che sostituisce il direttore amministrativo[38] – è conferito dal consiglio di amministrazione, su proposta del rettore, che lo sceglie tra personalità di elevata qualificazione professionale e comprovata esperienza pluriennale con funzioni dirigenziali.

L’incarico – regolato con contratto di lavoro di diritto privato – è a tempo determinato di durata non superiore a 4 anni, rinnovabile.

La definizione di criteri e parametri per la determinazione del trattamento economico spettante al direttore generale è demandata ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (non è indicato il termine di emanazione).

In caso di conferimento dell’incarico a un dipendente pubblico, gli statuti devono prevedere il collocamento in aspettativa senza assegni, per tutta la durata del contratto.

 

La lett. o) stabilisce che il direttore generale partecipa alle sedute del consiglio di amministrazione, senza diritto di voto. A lui, sulla base degli indirizzi forniti dal medesimo Cda, sono affidati:

§      la complessiva gestione e organizzazione dei servizi, delle risorse strumentali e del personale tecnico-amministrativo dell’ateneo;

§      i compiti, in quanto compatibili, affidati ai dirigenti di uffici dirigenziali generalidall'art. 16 del già citato D.lgs. n. 165 del 2001[39].

 

In materia, il comma 13, lett. b), dell’articolo 2 in commento dispone che – a decorrere dalla data di entrata in vigore delle modifiche statutarie adottate dall’ateneo, perdono efficacia le disposizioni di cui all’art. 17, comma 110, della L. n. 127 del 1997, che stabiliscono che il contratto di lavoro del direttore amministrativo è a tempo determinato, di durata non superiore a 5 anni, rinnovabile.

1.5.    Collegio dei revisori dei conti (comma 1, lett. p))

Il collegio dei revisori dei conti ha tre componenti effettivi e due supplenti, di cui:

§      un membro effettivo, con funzioni di presidente, scelto tra i magistrati amministrativi e contabili e tra gli avvocati dello Stato;

§      un membro effettivo e uno supplente, designati dal Ministero dell'economia e delle finanze;

§      un membro effettivo e uno supplente, scelti dal MIUR tra i dirigenti e funzionari del Ministero stesso.

Si stabilisce, inoltre, che almeno due componenti devono essere iscritti al Registro dei revisori contabili[40].

L’incarico – conferito con decreto rettorale – dura al massimo quattro anni, è rinnovabile una sola volta, e non può essere conferito a personale dipendente della medesima università[41].

 

Delle disposizioni relative al numero dei membri dei collegi dei revisori dei conti recate dal D.L. 78 del 2010 si è già detto ante.

1.6.    Nucleo di valutazione (comma 1, lett. q) ed r))

Gli statuti prevedono che il nucleo di valutazione è composto, ai sensi della già citata L. n. 370 del 1999, da soggetti di elevata qualificazione professionale, in prevalenza esterni all’ateneo; il coordinatore può essere individuato tra i professori di ruolo dell’ateneo (lett. q)).

Ai sensi del comma 2, lett. h), del nucleo fa parte anche una rappresentanza degli studenti. Si tratta di una novità rispetto alla legislazione vigente,in base alla quale il Nucleo acquisiva periodicamente, mantenendone l'anonimato, solo le opinioni degli studenti frequentanti sulle attività didattiche.

Il nucleo ha funzioni di (lett. r)):

§         verifica della qualità e dell’efficacia dell’offerta didattica, sulla base degli indicatori individuati dalle commissioni paritetiche docenti-studenti di cui al comma 2, lettera g), dell’articolo in commento;

§         verifica dell'attività di ricerca svolta dai dipartimenti;

§         verifica della congruità del curriculum scientifico o professionale degli esperti titolari dei contratti di insegnamento di cui all'art. 23, comma 1.

Il nucleo svolge anche, in raccordo con l’attività dell’ANVUR, le funzioni dell’organismo di valutazione della performance di cui all’art. 14 del d.lgs. 150 del 2009[42], relative alle procedure di valutazione delle strutture e del personale, al fine di promuovere il merito e il miglioramento della performance organizzativa e individuale[43].

 

Ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 150 del 2009, l’organismo di valutazione della performance costituito all’interno di ogni amministrazione – che dura in carica 3 anni - svolge, fra l’altro, le seguenti funzioni: monitora il funzionamento complessivo del sistema della valutazione ed elabora una relazione annuale sullo stato dello stesso, comunica le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo ed amministrazione, nonché alla Corte dei conti, all'Ispettorato per la funzione pubblica e alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche; valida la Relazione sulla performance[44] e ne assicura la visibilità attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale dell'amministrazione; garantisce la correttezza dei processi di misurazione e valutazione, nonché dell'utilizzo dei premi; verifica i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità.

 

 

1.7.    Incompatibilità delle cariche (comma 1, lett. s))

Sono stabilite norme in materia di incompatibilità delle cariche per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione.

In particolare, sussiste il divieto di:

§         ricoprire altre cariche accademiche, fatta eccezione, limitatamente al senato accademico e al consiglio di amministrazione, per il rettore e, limitatamente al senato accademico, per i direttori di dipartimento[45];

§         essere componente di altri organi dell’università, salvo che del consiglio di dipartimento;

§         ricoprire il ruolo di direttore o presidente o membro del consiglio di amministrazione delle scuole di specializzazione;

§         rivestire, per la durata del mandato, incarichi di natura politica;

§         nell’ambito di altre università italiane statali, non statali o telematiche, ricoprire la carica di rettore o far parte del consiglio di amministrazione o del senato accademico, del nucleo di valutazione o del collegio dei revisori dei conti;

§         svolgere, nell’ambito del MIUR o dell'ANVUR, funzioni inerenti la programmazione, il finanziamento e la valutazione delle attività universitarie.

La norma, infine, stabilisce la decadenza per i componenti del senato accademico e del consiglio di amministrazione che non partecipano con continuità alle sedute dell'organo di appartenenza. Con riguardo alla locuzione “che non partecipino con continuità alle sedute”, si presume che la specificazione del principio sia rimessa ai singoli statuti.

2.         Articolazione interna delle università statali (comma 2)

I vincoli e i criteri direttivi cui attenersi nelle modifiche statutarie riferite all’articolazione interna – che devono essere adottate sempre entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge – sono individuati dal comma 2.

Essi riguardano:

§         semplificazione dell’articolazione interna con attribuzione al dipartimento delle funzioni finalizzate allo svolgimento della ricerca scientifica, delle attività didattiche e formative, nonché delle attività rivolte all’esterno ad esse correlate o accessorie (lett. a). La relazione illustrativa al disegno di legge A.S. 1905 evidenziava che l’obiettivo di tale disposizione è quello di integrare maggiormente la gestione della didattica e della ricerca, attribuendo al dipartimento anche le attività didattiche e formative attualmente svolte dalle facoltà;

§         riorganizzazione dei dipartimenti, con la determinazione di un numero minimo di professori, ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato appartenenti a settori scientifico-disciplinari omogenei che deve afferire a ciascun dipartimento: il numero minimo è fissato in trentacinque unità, ovvero quaranta nelle università con oltre mille tra professori e ricercatori di ruolo e a tempo determinato (lett. b)). Sempre la relazione illustrativa al ddl A.S. 1905 evidenziava che questa previsione è tesa ad ampliare le maglie dell’attuale assetto organizzativo, al fine di favorire il coordinamento fra i settori scientifico-disciplinari omogenei e di creare una base più ampia per la costituzione delle commissioni giudicatrici;

§         previsione di istituire strutture di raccordo, comunque denominate, fra più dipartimenti, raggruppati secondo criteri di affinità disciplinare (lett. c)). A tali strutture sono attribuite le funzioni di:

·         coordinare e razionalizzare le attività didattiche, compresa la proposta di attivazione o soppressione di corsi di studio;

·         gestire i servizi comuni;

·         garantire l'inscindibilità delle funzioni assistenziali, di insegnamento e di ricerca dei docenti di materie cliniche – secondo modalità e nei limiti concertati con la regione di ubicazione –, ove alle funzioni didattiche e di ricerca dei dipartimenti si affianchino, nell'ambito delle disposizioni statali in materia, funzioni assistenziali.

Si ricorda in proposito che l’articolo 5, comma 2, del D.lgs. 517/1999[46] ha stabilito che le attività assistenziali svolte dai professori e dai ricercatori universitari si integrano con quelle di didattica e ricerca. In seguito, l’articolo 1, comma 2, della già citata legge 230/2005 ha previsto che i professori di materie cliniche esercitano funzioni assistenziali inscindibili da quelle di insegnamento e ricerca.

§         numero complessivo delle strutture di raccordo, comunque non superiore a dodici, proporzionale alle dimensioni dell’ateneo e connesso alla tipologia scientifico-disciplinare dello stesso (lett. d));

§         istituzione di un organo deliberante delle strutture di raccordo, del quale fanno parte i direttori dei dipartimenti in esse raggruppati, una rappresentanza elettiva degli studenti e, in misura complessivamente non superiore al 10% dei componenti dei consigli degli stessi dipartimenti, da docenti scelti tra i componenti delle giunte dei dipartimenti, ovvero tra i coordinatori di corsi di studio o di dottorato o tra i responsabili delle attività assistenziali di competenza della struttura. Le modalità di questa scelta sono individuate dagli statuti. Le funzioni di presidente sono attribuite ad un professore ordinario afferente alla struttura, eletto dall’organo stesso ovvero nominato secondo modalità determinate dallo statuto. L’incarico ha durata triennale, è rinnovabile una sola volta ed è incompatibile con le funzioni di direttore di dipartimento e coordinatore di corso di studio, di area didattica o di dottorato. La partecipazione all’organo non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese (lett. f));

§         possibilità, per le università con un organico di professori, di ricercatori di ruolo e ricercatori a tempo determinato inferiore a cinquecento unità, di darsi un’articolazione organizzativa interna semplificata, alla quale vengono attribuite unitariamente le funzioni assegnate, negli altri casi, ai dipartimenti e alle strutture di raccordo (lett. e)); sul punto, si veda anche l’art. 1, comma 2;

§         istituzione in ogni dipartimento, ovvero in ogni struttura di raccordo, ovvero ancora in ogni struttura semplificata di cui alla lettera e), senza maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di una commissione paritetica docenti-studenti (lett. g)). La commissione è competente a:

·         svolgere attività di monitoraggio dell'offerta formativa, della qualità della didattica e dell’attività di servizio agli studenti da parte di professori e ricercatori, e individuare indicatori per la valutazione dei risultati delle stesse;

·         formulare pareri sull'attivazione e la soppressione di corsi di studio.

La partecipazione alla commissione non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.

 

Per quanto concerne la rappresentanza degli studenti (lett. h) e i)), si prevede, che:

§         è garantita la loro rappresentanza elettiva, in conformità a quanto previsto dal D.L. n. 120 del 1995 – ovvero, come già ricordato, in misura non inferiore al 15 per cento - nel senato accademico, nel consiglio di amministrazione, nel nucleo di valutazione, nell’organo deliberante delle strutture di raccordo, nella commissione paritetica docenti-studenti;

§         l’elettorato passivo è attribuito agli iscritti per la prima volta (e non oltre il primo anno fuori corso)[47] ai corsi di laurea, laurea magistrale e dottorato di ricerca dell’università;

§         ogni mandato è di durata biennale ed è rinnovabile una sola volta;

§         essa è tutelata con l’introduzione di apposite misure, compresa la possibilità di accesso ai dati necessari per l’esplicazione dei compiti attribuiti, nel rispetto della normativa vigente[48].

Infine, si prevede:

§           il rafforzamento dell’internazionalizzazione, anche attraverso una maggiore mobilità dei docenti e degli studenti, programmi integrati di studio, iniziative di cooperazione universitaria per attività di studio e di ricerca, attivazione di corsi di studio, insegnamenti e forme di selezione svolti in lingua straniera (lett. l))[49];

§           l’introduzione di sanzioni da irrogare in caso di violazioni del codice etico (lett. m) (quanto alla competenza sull’irrogazione, si veda il comma 4).

 

Si ricorda che la costituzione dei dipartimenti da parte delle università è regolata, anzitutto, dagli artt. 83 e ss. del DPR n. 382 del 1980. I dipartimenti – intesi come organizzazione di uno o più settori di ricerca omogenei per fini o per metodo e dei relativi insegnamenti anche afferenti a più facoltà o a più corsi di laurea della stessa facoltà – hanno il compito di promuovere e coordinare le attività di ricerca. Al dipartimento afferiscono i professori e i ricercatori del settore di ricerca, degli insegnamenti e delle attività connesse al dipartimento stesso, oltre al personale amministrativo, tecnico, bibliotecario e ausiliario.

Sono organi del dipartimento il direttore, il consiglio e la giunta.

Il direttore ha la rappresentanza del dipartimento, presiede il consiglio e la giunta e cura l’esecuzione delle rispettive deliberazioni; con la collaborazione della giunta promuove le attività del dipartimento, vigila sull’osservanza nell’ambito del dipartimento delle leggi, dello statuto e dei regolamenti; tiene i rapporti con gli organi accademici, esercita tutte le altre attribuzioni che gli sono devolute dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti. A tale carica possono essere eletti unicamente i professori di prima fascia (ordinari e straordinari). Il direttore resta in carica tre anni e non può essere rieletto consecutivamente più di una volta. L’elettorato attivo spetta ai professori di ruolo e ai ricercatori, i quali scelgono il direttore a maggioranza assoluta dei votanti nella prima votazione e a maggioranza relativa nelle successive.

Ai sensi dell’art. 84 del medesimo DPR 382/1980, fanno parte del consiglio di dipartimento – oltre a una rappresentanza del personale non docente e degli studenti iscritti al dottorato di ricerca – i professori ufficiali, gli assistenti del ruolo ad esaurimento ed i ricercatori. Il consiglio di dipartimento può inoltre decidere la partecipazione al consiglio stesso, limitatamente alla organizzazione dell’attività didattica, di una rappresentanza elettiva degli studenti.

Un ulteriore intervento normativo è stato operato con l’art. 4, comma 2, secondo periodo, del D.L. n. 8 del 2002[50] che ha esteso ai professori di seconda fascia, nel caso vi sia indisponibilità di professori di ruolo di prima fascia, l’elettorato passivo per la carica di direttore di dipartimento.

Da ultimo, l’art. 8 della L. 183 del 2010[51] ha ampliato le ipotesi in cui i professori di seconda fascia godono dell’elettorato passivo per la carica di direttore di dipartimento nelle università, includendovi il caso in cui il quorum previsto per l’elezione non venga raggiunto per due votazioni.


 

3.         Istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale (comma 3)

Ai sensi del comma 3, gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale adottano, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, proprie modalità organizzative, nel rispetto dei principi di semplificazione, efficienza, efficacia, trasparenza dell’attività amministrativa e accessibilità delle informazioni relative all’ateneo previsti per le università statali e fatto salvo il controllo di legittimità e di merito degli statuti e dei regolamenti di ateneo, da parte del Ministro, entro il termine perentorio di 60 giorni dalla trasmissione, ai sensi dell’art. 6, comma 9, della L. 169 del 1989. Non è indicato se tale previsione implica comunque il rifacimento degli statuti esistenti. Inoltre, non è indicato se il comma in esame - che, a differenza dei  commi 1 e 2, che si riferiscono esplicitamente alle università statali, non reca tale specifica - si applica anche ad un istituto di istruzione universitaria ad ordinamento speciale non statale (si veda infra).

 

Gli Istituti universitari a ordinamento speciale sono stati disciplinati dal Titolo II del T.U. n. 1592 del 1933. Degli istituti previsti dal predetto T.U. restano ancora come tali, per quanto riguarda “l’Alta formazione”, la Scuola Normale Superiore di Pisa, nonché l’Università per stranieri di Perugia[52].

Successivamente, sono stati istituiti la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (S.I.S.S.A.) di Trieste (D.P.R. 6 marzo 1978, n. 102), la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento “S. Anna” di Pisa (legge 14 febbraio 1987, n. 41), l’Università per stranieri di Siena (L. n. 204 del 1992, quale trasformazione della Scuola di lingua e cultura italiana per stranieri di Siena riconosciuta con L. n. 359 del 1976).

In seguito, in attuazione di quanto previsto dal D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25 (art. 2), sono stati istituiti, nell’ambito della programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006 (di cui al DM 5 agosto 2004):

§       Istituto Universitario di Studi Superiori (I.U.S.S.) di Pavia (D.M. 8 luglio 2005);

§       Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca (D.M. 18 novembre 2005);

§       Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze (D.M. 18 novembre 2005).

 

Da ultimo, si ricorda l’istituzione dell’Università per stranieri “Dante Alighieri” non statale legalmente riconosciuta, con sede a Reggio Calabria, quale istituto di istruzione universitaria con ordinamento speciale (D.M. 17 ottobre 2007, n. 504[53]).

 

Gli Istituti Universitari ad ordinamento speciale, al pari di tutte le Università, sono dotati di autonomia amministrativa, didattica e disciplinare e svolgono attività didattiche e di ricerca[54].

4.         Codice etico (comma 4)

Il comma 4 prevede l’adozione – da parte delle università che ne fossero prive –, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un codice etico della comunità universitaria, formata da professori, ricercatori, personale tecnico-amministrativo e studenti.

Il codice determina i valori fondamentali della comunità, promuove il riconoscimento e il rispetto dei diritti individuali e l’accettazione di doveri e responsabilità, detta le regole di condotta. Le norme sono finalizzate a evitare ogni forma di discriminazione e di abuso e a regolare i casi di conflitto di interessi o di proprietà intellettuale.

In caso di violazioni del codice, qualora esse non ricadano nella competenza del collegio di disciplina, decide il senato accademico, su proposta del rettore.

5.         Adozione degli statuti in fase di prima applicazione(commi da 5 a 7)

I commi da 5 a 7 concernono l’adozione dello statuto in fase di prima applicazione.

In particolare, il comma 5 prevede che, in prima applicazione, lo statuto è predisposto da un apposito organo – istituito con decreto rettorale, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – composto da quindici membri:

§         il rettore, con funzioni di presidente;

§         due rappresentanti degli studenti;

§         sei membri designati dal senato accademico;

§         sei membri designati dal consiglio di amministrazione.

La partecipazione all'organo non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.

Circa l’incompatibilità delle cariche, si dispone che – ad eccezione del rettore e dei rappresentanti degli studenti – i componenti dell’organo non possono far parte del senato accademico e del consiglio di amministrazione.

Lo statuto è adottato con delibera del senato accademico e previo parere favorevole del consiglio di amministrazione.

Il comma 6 stabilisce che in caso di mancato rispetto del termine – fissato dal comma 1 in sei mesi –, il MIUR assegna all’università un ulteriore termine di tre mesi (si arriverebbe, quindi, alla 29 ottobre 2011) decorso inutilmente il quale il Ministro provvede a costituire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una commissione incaricata di predisporre le necessarie modifiche statutarie (adempimento per il quale non viene stabilito un termine).

La commissione è composta da tre membri, compreso il presidente, in possesso di adeguata professionalità.

Il comma 7 stabilisce che lo statuto adottato ai sensi dei commi 5 e 6 è trasmesso al MIUR, che esercita il controllo di cui all’art. 6 della L. 168 del 1989, ma entro 120 giorni dalla ricezione dello stesso (invece che entro 60). Trattandosi di una disciplina relativa alla fase di prima applicazione, si potrebbe ritenere che il comma 7, con riferimento al termine temporale previsto, opera come una deroga una tantum alla disciplina ordinaria[55].

Ai sensi dell’art. 6, commi 9 e 10, della L. 168/1989, gli statuti e i regolamenti di ateneo – deliberati dagli organi competenti dell'università a maggioranza assoluta dei componenti – sono trasmessi al Ministro, il quale, entro il termine perentorio di sessanta giorni, esercita il controllo di legittimità e di merito nella forma della richiesta motivata di riesame. In assenza di rilievi, statuti e regolamenti di ateneo sono emanati dal rettore[56].

Al Ministro spetta il potere di rinviare – per una sola volta, con proprio decreto – gli statuti e i regolamenti all'università proponente, indicando le norme illegittime e quelle da riesaminare nel merito. Gli organi competenti dell'università possono non conformarsi ai rilievi di legittimità con deliberazione adottata dalla maggioranza dei tre quinti dei suoi componenti, ovvero ai rilievi di merito con deliberazione adottata dalla maggioranza assoluta. In tal caso il Ministro può ricorrere contro l'atto emanato dal rettore, in sede di giurisdizione amministrativa per i soli vizi di legittimità. Quando la maggioranza qualificata non sia stata raggiunta, le norme contestate non possono essere emanate.

6.    Avvicendamento e prorogatio degli organi (commi da 8 a 11)

I commi da 8 a 11 concernono la disciplina di avvicendamento e il regime di prorogatio degli organi universitari.

 

Ai sensi del comma 8, i competenti organi universitari, entro 30 giorni dalla data di pubblicazione dei nuovi statuti nella Gazzetta Ufficiale, avviano le procedure per la costituzione dei nuovi organi statutari. Non è previsto un termine finale.

Il comma 9 reca disposizioni distinte per gli organi collegiali e per il rettore.

Gli organi collegiali decadono al momento della costituzione di quelli previsti dal nuovo statuto. Gli organi il cui mandato scade entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge restano in carica fino alla costituzione dei nuovi organi.

Per il mandato dei rettori sono disciplinate tre fattispecie:

§         Il mandato dei rettori che alla data di entrata in vigore della legge sono stati eletti o stanno espletando il primo mandato è prorogato di due anni (si intenderebbe che gli stessi decorrano dalla data indicata) e non è rinnovabile;

§         Il mandato dei rettori in carica al momento dell’adozione del nuovo statuto (si intenderebbe che non stiano espletando il primo mandato) è prorogato fino al termine dell’anno accademico successivo;

§         Se il mandato dei rettori in carica al momento dell’adozione del nuovo statuto scade dopo il termine dell’anno accademico successivo, esso arriva alla scadenza naturale.

 

Il comma 10 stabilisce che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni sui limiti di durata del mandato o delle cariche riferite al rettore, al senato accademicoe al consiglio di amministrazione, vengono considerati anche i periodi già espletati nell’ateneo alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti.

In sede applicativa si potrà chiarire se il comma 10 rappresenta una clausola di salvaguardia (nel senso che gli organi in carica al momento dell’adozione dei nuovi statuti - o, in uno dei casi riferiti ai rettori, alla data di entrata in vigore della legge - sono prorogati sino ai momenti per ciascuna situazione previsti dal comma 9, sempre che non si superino i limiti di durata previsti al comma 1, lettere d), g) ed m)), ovvero se esso si riferisce alla prima circostanza di costituzione dei nuovi organi dopo la scadenza delle proroghe previste al comma 9.

 

Il comma 11, infine, stabilisce che l’elettorato passivo per le cariche accademiche è riservato ai docenti che assicurano un numero di anni di servizio almeno pari alla durata del mandato prima della data di collocamento a riposo.

 

In conseguenza della nuova disciplina, l’art. 29, comma 11, lett. a), abroga l’art. 14, quinto comma, della L. 311 del 1958, ai sensi del quale i professori collocati fuori ruolo potevano essere eletti o rieletti all'ufficio di rettore o di preside, dal quale cessavano all'atto del collocamento a riposo, se si trattava della carica di preside, mentre, per l'ufficio di rettore, il professore che lo ricopriva, all'atto del collocamento a riposo per limiti di età poteva continuare fino alla scadenza del triennio per il quale era stato eletto.

 


Articolo 3
(Federazione e fusione di atenei e razionalizzazione dell’offerta formativa
)

L’art. 3, nell’ottica della razionalizzazione dell’offerta formativa - intesa nel senso ampio di qualità, efficienza ed efficacia dell’attività didattica, di ricerca e gestionale, e di distribuzione e utilizzazione ottimale delle sedi, delle strutture e  delle risorse – disciplina la possibilità per le università di federarsi, anche limitatamente ad alcuni settori di attività o strutture, o di fondersi. La federazioneè possibile anche tra università ed enti o istituti operanti nel campo della ricerca e dell’alta formazione (senza specifica limitazione a quelli di carattere pubblico), nonché tra università e istituti tecnici superiori[57], sulla base di progetti coerenti con le caratteristiche dei partecipanti (commi 1 e 2).

 

La federazione o la fusione avvengono sulla base di un progetto analitico concernente anche la governance - l’accesso alle cui strutture è comunque riservato ai componenti delle strutture di governo delle istituzioni che si federano -  deliberato dai competenti organi delle istituzioni interessate. Esso è approvato entro tre mesi dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, previa valutazione dell’ANVUR e dei rispettivi comitati regionali di coordinamento.

I risparmi derivanti dalla federazione o dalla fusione possono restare nelle disponibilità degli atenei che li hanno prodotti, purché indicati nel progetto (commi 3 e 4).

 

I comitati regionali di coordinamento sono disciplinati dall’art. 3 del DPR n. 25 del 1998. Essi sono costituiti dai rettori delle università aventi sede nella stessa regione, dal presidente della giunta regionale o da un suo delegato, nonché da rappresentanti degli studenti[58]. Essi provvedono al coordinamento delle iniziative in materia di programmazione degli accessi all'istruzione universitaria, di orientamento, di diritto allo studio, di alta formazione professionale e di formazione continua e ricorrente, di utilizzazione delle strutture universitarie, nonché al coordinamento con il sistema scolastico, con le istituzioni formative regionali, con le istanze economiche e sociali del territorio.

 

Il 4 settembre 2010 è stata data notizia di un protocollo di intesa per la federazione degli atenei di Puglia, Basilicata e Molise[59][60].

I commi 5 e 6 dispongono in merito a procedure di mobilità e di trasferimento.

 

In particolare, il comma 5 prevede che il progetto di federazione o fusione dispone anche in merito ad eventuali procedure di mobilità di professori, ricercatori e personale tecnico-amministrativo. Tali procedure per i professori e i ricercatori avvengono ad istanza degli interessati. Se esse hanno esito negativo, il Ministro può provvedere a trasferire con proprio decreto il personale interessato, disponendo in ordine alla concessione di incentivi economici a carico del FFO, sentito il Ministero dell’economia e delle finanze.

Ai sensi del comma 6, lo stesso meccanismo di mobilità e di trasferimento si applica a seguito dei processi di razionalizzazione dell’offerta formativa, con conseguente disattivazione di corsi di studio, facoltà e sedi decentrate, da attuarsi sulla base della programmazione triennale di cui all’art. 1-ter del D.L. n. 7 del 2005 (si veda ante, commento art. 2).

Sul punto, si veda, anche, l’art. 29, comma 10, che fa salva, esclusivamente per i ricercatori a tempo indeterminato, la disciplina dei trasferimenti di cui all’art. 3 della L. 210 del 1998.

Si veda, infine, l’art. 7, comma 5, che prevede l’intervento di un decreto ministeriale recante criteri per favorire la mobilità interregionale dei professori (e non anche dei ricercatori) che hanno prestato servizio presso corsi di laurea o sedi soppresse a seguito di procedure di razionalizzazione dell’offerta didattica.

 


Titolo II -
Norme e delega legislativa in materia di qualità ed efficienza del sistema universitario

 


Articolo 4
(Fondo per il merito)

Il comma 1 istituisce presso il MIUR un nuovo fondo, destinato alla promozione dell’eccellenza e del merito fra gli studenti universitari dei corsi di laurea e di laurea magistrale. Nell’alinea di questo comma non è citata la laurea specialistica, invece citata nella successiva lettera b).

 

Il fondo è destinato a:

§         erogare premi di studio, anche per esperienze di formazione presso università e centri di ricerca di altri Paesi;

§         fornire buoni studio; una quota del buono – determinata in relazione ai risultati accademici conseguiti – è restituita, a partire dal termine degli studi, secondo tempi parametrati al reddito percepito. Nei limiti delle risorse disponibili del fondo, sono esclusi dall’obbligo di restituzione gli studenti che hanno conseguito la laurea o la laurea specialistica o magistrale con il massimo dei voti ed entro il termine di durata normale del corso[61];

§         garantire finanziamenti, sempre per le finalità sopra indicate. In altre parole – anche alla luce di quanto indicato successivamente – le disponibilità del fondo servono a garantire la solvibilità dei finanziamenti concessi dagli istituti (appositamente individuati, ai sensi del successivo comma 3, lettera n)) agli studenti. A fronte della garanzia fornita dallo Stato, l’articolo in esame reca alcune disposizioni dirette a disciplinare la individuazione delle modalità e dei soggetti autorizzati ad effettuare il finanziamento[62].

 

I beneficiari delle provvidenze sono individuati:

§      mediante prove nazionali standard per gli iscritti al primo anno per la prima volta[63];

§      mediante criteri nazionali standard di valutazione per gli iscritti agli anni successivi al primo.

 

Gli interventi previsti sono cumulabili con le borse di studio assegnate ai sensi dell’art. 8 della L. n. 390 del 1991[64], cioè con le borse di studio annualmente assegnate dalle regioni (comma 2).

 

Il comma 3 demanda la definizione della disciplina di attuazione a decreti interministeriali di natura non regolamentare, emanati dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-regioni(non è indicato un termine di emanazione).

In particolare, detti decreti stabiliscono:

§      i criteri di accesso alle prove nazionali standard e i criteri nazionali standard di valutazione (lett. a)). Dalla lettera della disposizione si deduce, quindi, che la Conferenza Stato-regioni si esprime in merito ai criteri di valutazione per gli iscritti agli anni successivi al primo, mentre per gli iscritti al primo anno si esprime solo sui criteri di accesso alle prove. Il comma 4, peraltro, stabilisce già che l’ammissione ai collegi universitari legalmente riconosciuti, ovvero ai collegi gestiti da fondazioni, enti morali ed enti ecclesiastici ad essi equiparati (si veda infra, commento art. 5) costituisce un titolo valutabile;

§      i requisiti di merito che gli studenti devono rispettare nel corso degli studi per mantenere il diritto a premi, buoni e finanziamenti garantiti (lett. f));

§      le caratteristiche dei premi e dei buoni, inclusi il relativo ammontare, nonché criteri e modalità (lett. b), c), d), g)):

·           di attribuzione e utilizzo dei premi e dei buoni;

·           per la loro eventuale differenziazione;

·           di restituzione della quota dei buoni studio, prevedendo una graduazione della stessa in base al reddito percepito nell’attività lavorativa;

§      le caratteristiche dei finanziamenti garantiti, inclusi modalità di accesso e di utilizzo. In particolare, i finanziamenti prevedono un contributo a carico degli istituti finanziatori, fissato in misura pari all’1 per cento delle somme erogate e allo 0,1 per cento delle rate rimborsate dai debitori (lett. b), f), g), h));

§      l’ammontare massimo garantito per ciascuno studente in ogni anno, anche in ragione delle diverse categorie di studenti. L’utilizzo del termine “garantito” farebbe pensare che ci si riferisca solo all’ammontare massimo dei finanziamenti (lett. e);

§      i criteri e le modalità di utilizzo del fondo e la sua ripartizione tra le varie destinazioni (premi, buoni e finanziamenti garantiti) (lett. i));

§      la predisposizione di idonee iniziative di divulgazione e informazione, nonché di assistenza a studenti e università, in merito alle modalità di accesso agli interventi (lett. l));

§      le modalità per monitorare, con idonei strumenti informatici, l’utilizzo delle risorse finanziarie del fondo, in termini di concessione di premi, buoni e finanziamenti erogati, di rimborso degli stessi, nonché di esposizione del fondo per quanto concerne le garanzie fornite per i finanziamenti concessi (lett. m);

§      le modalità di selezione con procedura competitiva dell’istituto o degli istituti finanziari fornitori delle provviste finanziarie (lett. n);

§      la previsione di riservare una quota del 10 per cento agli studenti iscritti nelle università della regione in cui risultano residenti (lett. o). Letteralmente, peraltro, in questa parte, si citano le borse di studio e non le tipologie di strumenti di intervento introdotti dall’articolo in commento. Si ricorda che si tratta di uno dei punti sui quali il Presidente della Repubblica, nella lettera al Presidente del Consiglio che ha accompagnato la promulgazione[65], ha richiamato l’attenzione, evidenziando che [l’articolo 4]appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell'appartenenza territoriale”.

 

In sede applicativa si potrà chiarire perché alla lett. o) del comma 3 - che disciplina le modalità per l’attuazione del fondo per il merito - si faccia riferimento alle borse di studio – disciplinate da altra fonte, citata nel comma 2 - e non agli strumenti di intervento previsti nell’ambito dello stesso fondo.

 

Ai sensi del comma 5, il coordinamento operativo della somministrazione delle prove nazionali, da effettuare secondo i migliori standard tecnologici e di sicurezza, è svolto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, secondo modalità indicate con decreto di natura non regolamentare del Ministro, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (per la cui emanazione non è previsto un termine). Il decreto disciplina anche le modalità di predisposizione e svolgimento delle prove nazionali e il contributo massimo richiesto agli studenti per la partecipazione alle prove, con l’esenzione per gli studenti privi di mezzi.

Gli oneri di gestione e le spese di funzionamento degli interventi del fondo sono a carico delle risorse finanziarie del medesimo fondo (comma 6).

Il Ministero dell’economia e delle finanze, con propri decreti, determina, secondo criteri di mercato, il corrispettivo per la garanzia dello Stato, da imputare ai finanziamenti erogati. I corrispettivi asserviti all’esercizio della garanzia dello Stato sono depositati su un apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria statale(comma 7).Non è peraltro indicato esplicitamente il soggetto tenuto al pagamento del corrispettivo.

 

Il comma 8 stabilisce che il fondo, che è gestito dal MIUR, di concerto con il MEF, è alimentato con:

§         versamenti effettuati da privati, società, enti e fondazioni (anche vincolati a specifici usi, nel rispetto delle finalità del fondo), a titolo spontaneo e solidale;

§         eventuali trasferimenti pubblici,previsti da specifiche disposizioni, destinati esclusivamente ai premi di studio;

§         corrispettivi per la garanzia dello Stato – di cui al comma 7 –, destinati esclusivamente ai finanziamenti;

§         contributi a carico degli istituti finanziari – di cui al comma 3, lett. h) – e contributi versati dagli studenti per la partecipazione alle prove nazionali, da utilizzare esclusivamente a copertura degli oneri di gestione e delle spese di funzionamento del fondo.

Il MIUR, di concerto con il MEF, promuove il concorso dei privati, anche con apposite convenzioni, e disciplina, con proprio decreto di natura non regolamentare, le modalità con cui i soggetti donatori possono partecipare allo sviluppo del fondo, anche costituendo un comitato consultivo – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica –, formato da rappresentanti dei Ministeri, dei donatori e degli studenti. Questi ultimi sono designati dal Consiglio nazionale degli studenti universitari fra i propri componenti (comma 9).

 

Il comma 10 introduce un beneficio fiscale in favore delle persone fisiche che effettuano erogazioni liberali in denaro in favore del fondo per il merito

In particolare, si interviene sull’art. 10 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) al fine di includere tra gli oneri deducibili dal reddito imponibile ai fini IRPEF anche le somme versate nel predetto fondo.

 


Articolo 5
(Delega in materia di interventi per
la qualità e l’efficienza del sistema universitario)

L’articolo 5 reca una delega al Governo per l’adozione – nel termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge – di uno o più decreti legislativi, finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema universitario.

La finalità complessiva è individuata dalla rubrica nel rilancio della qualità e dell’efficienza del sistema universitario, cui sono collegati 4 obiettivi.

 

In particolare, il primo obiettivo (comma 1, lett. a)) si articola in quattro sub-obiettivi, proponendosi:

§                la valorizzazione della qualità e dell’efficienza delle università (sullaqualità del sistema universitario interviene anche l’art. 13);

§                la valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti;

§                la valorizzazione dei ricercatori;

§                la realizzazione di opportunità uniformi, su tutto il territorio nazionale, di accesso e scelta dei percorsi formativi.

Ai sensi dell’alinea del comma 3, nell’esercizio di questa delega il Governo deve attenersi, oltre che ai principi di riordino di cui all’art. 20 della L. n. 59 del 1997[66], ad altri principi e criteri direttivi specificamente indicati che, per consentire una migliore lettura, sono di seguito indicati con riferimento ai primi tre subobiettivi. Infatti, per il quarto subobiettivo non sono indicati specifici principi e criteri direttivi.


 

a1) Valorizzazione della qualità e dell’efficienza delle università (comma 1, lett. a), e comma 3, lett. a), b), c), d), e))

 

I principi e criteri direttivi specifici per l’intervento volto a valorizzare la qualità e l’efficienza delle università sono così individuati (comma 3):

§      introduzione di un sistema di accreditamento delle sedi e dei corsi di studio basato sull’utilizzo di specifici indicatori (definiti ex-ante dall’ANVUR) per la verifica del possesso, da parte degli atenei, di idonei requisiti didattici, strutturali, organizzativi, di qualificazione dei docenti e delle attività di ricerca, nonché di sostenibilità economico-finanziaria[67] (lett. a)). Il provvedimento richiama esplicitamente l’art. 3 del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270 che dispone che le università rilasciano i seguenti titoli: laurea (L); laurea magistrale (LM); diploma di specializzazione (DS); dottorato di ricerca (DR). L’accreditamento dei corsi di dottorato di ricerca è, peraltro, disciplinato nell’art. 19 della legge in commento, che affida ad un decreto ministeriale, su proposta dell’ANVUR, l’individuazione delle relative modalità, disponendo però già che l’accreditamento medesimo avviene su conforme parere della stessa ANVUR.

Il concetto di accreditamento periodico è presente nel DPR n. 76 del 2010 – di cui si è già dato conto nel commento relativo all’art. 1 – il cui art. 3, comma 1, lett. b), stabilisce che l’ANVUR definisce criteri e metodologie per la valutazione, in base a parametri oggettivi e certificabili, delle strutture delle università e degli enti di ricerca, e dei corsi di studio universitari, ivi compresi i dottorati di ricerca, i master universitari e le scuole di specializzazione, ai fini dell'accreditamento periodico degli stessi da parte del Ministro, prevedendo comunque il contributo delle procedure di auto-valutazione[68].

§                introduzione di un sistema di valutazione periodica, basato su criteri e indicatori stabiliti ex-ante, da parte dell’ANVUR, dell’efficienza e dei risultati conseguiti nell’ambito della didattica e della ricerca dalle singole università e dalle loro articolazioni interne (lett. b)). Peraltro, l’art. 29, comma 14, dispone che fino a quando non verranno definiti i criteri e gli indicatori previsti dalla disposizione in commento, si continueranno ad applicare le disposizioni vigenti[69];

§                potenziamento del sistema di autovalutazione, da parte delle università, della qualità e dell’efficacia delle proprie attività, anche tramite i nuclei di valutazione e le commissioni paritetiche docenti-studenti (di cui all’art. 2, co. 2, lett. g)) (lett. c));

§                   definizione del sistema di valutazione e di assicurazione della qualità degli atenei in coerenza con quanto concordato a livello europeo e, in particolare, secondo le linee guida adottate dai Ministri dell’istruzione superiore dei Paesi aderenti all’area europea dell’istruzione superiore (lett. d);

Nel Comunicato di Berlino del 19 settembre 2003 i Ministri dei Paesi che avevano partecipato al Processo di Bologna invitarono l’ENQA (European Network for Quality Assurance in Higher Education) a sviluppare un insieme condiviso di standards, procedure e linee guida per assicurare la qualità e ad esplorare il modo di assicurare un adeguato sistema di peer review delle agenzie di garanzia della qualità, riferendo nel gruppo di Follow up del 2005.

Il documento richiesto è stato presentato nel febbraio 2005[70] e sottoscritto dai Ministri a Bergen nella riunione del 19 e 20 maggio 2005. Esso consiste di 3 parti: principi relativi al sistema interno di certificazione della qualità; norme per la valutazione esterna; norme applicabili alle agenzie di certificazione[71][72].

§                previsione di meccanismi premiali nella distribuzione delle risorse pubbliche, sulla base di criteri definiti ex-ante (comma 1, lett. a))e, in particolare, di meccanismivolti a garantire incentivi correlati al conseguimento dei risultati relativi alla didattica e alla ricerca, a valere sul fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO), nell’ambito delle risorse allo scopo annualmente predeterminate (lett. e)) (per una illustrazione relativa al FFO si veda la scheda relativa all’art. 11).

 

 

a2) Valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti (comma 1, lett. a), e comma 3, lett. f))

 

Il comma 1, lettera a), evidenzia che la valorizzazione riguarda anche i collegi storici. Ai sensi del comma 3, lettera f), i collegi universitari legalmente riconosciuti sono qualificati strutture a carattere residenziale, di rilevanza nazionale, di elevata qualificazione culturale, che assicurano agli studenti servizi educativi, di orientamento e di integrazione dell’offerta formativa degli atenei.

I principi e criteri direttivi per garantirne la valorizzazione sono così individuati:

§      previsione di requisiti e standard minimi – a carattere istituzionale, logistico e funzionale – necessari per il riconoscimento da parte del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca;

§      successivo accreditamento riservato ai collegi legalmente riconosciuti da almeno cinque anni;

§      accesso ai finanziamenti statali riservato ai collegi accreditati[73].

Infine, si stabilisce che il decreto legislativo in materia contenga il rinvio ad un decreto ministeriale (per la cui emanazione non è previsto un termine) che definirà la disciplina delle procedure di iscrizione (termine che sembrerebbe riferirsi alla predisposizione di un elenco), delle modalità di verifica del permanere dei requisiti richiesti e delle modalità di accesso ai finanziamenti statali riservati ai collegi accreditati.

Conclusivamente, quindi, si introduce il sistema di accreditamento per i collegi universitari, subordinando a quest’ultimo l’assegnazione dei finanziamenti statali.

 

I collegi universitari legalmente riconosciuti[74] sono 14 e gestiscono complessivamente 45 residenze in 14città. Sono istituzioni private, che esercitano funzioni di interesse pubblico, contribuendo ad ampliare l'offerta formativa universitaria mediante la realizzazione di progetti educativi destinati alla crescita intellettuale, professionale e umana degli studenti. Le attività sono prevalentemente svolte nell'ambito di strutture a carattere residenziale, nelle quali sono anche assicurati servizi tesi a facilitare il raggiungimento del titolo di studio universitario nei tempi previsti. Essi garantiscono, inoltre, sostegno agli studenti bisognosi e meritevoli, ampliando in tal modo le possibilità di accesso agli studi superiori. I Collegi realizzano attività didattiche, scientifiche, di orientamento e di tutorato e, sulla base di un'apposita intesa con la Conferenza permanente dei rettori (CRUI), stipulano convenzioni con le Università per il riconoscimento di alcune attività didattiche, alle quali vengono riconosciuti crediti accademici. Un apposito organismo, la Conferenza permanente dei Collegi Universitari legalmente riconosciuti (C.C.U.), svolge funzioni di rappresentanza e di coordinamento dei vari istituti[75].

Il fondamento giuridico del riconoscimento dei collegi è costituito dall’art. 191 del R.D. 31 agosto 1933, n. 1592, che stabiliva che “le Opere e le fondazioni che hanno per fine l'incremento degli studi superiori e l'assistenza nelle sue varie forme agli studi nelle Università e negli Istituti di istruzione superiore, sono sottoposte alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione”. In altri termini, la vigilanza del Ministero veniva prevista proprio in virtù delle finalità istituzionali dei collegi universitari.

In seguito, l'art. 25, comma 3, della L. 390 del 1991 ha fatto salve le allora “vigenti disposizioni concernenti i collegi universitari legalmente riconosciuti e posti sotto la vigilanza del Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica” (nel frattempo subentrato al Ministero della Pubblica Istruzione).

La L. n. 338 del 2000[76] ha, poi, inserito i collegi universitari legalmente riconosciuti tra i soggetti destinatari di interventi di cofinanziamento statale per la realizzazione di strutture adeguate alla più ampia attuazione del diritto allo studio universitario[77].

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, comma 603, della L. 296/2006 (Legge finanziaria 2007) equipara ai collegi universitari legalmente riconosciuti tutti i collegi universitari gestiti da fondazioni, enti morali, nonché enti ecclesiastici che abbiano le finalità di cui all’art. 1, comma 4, primo periodo, della L. 338/2000 (ossia, ospitare studenti universitari, nonché offrire anche agli altri iscritti alle università servizi di supporto alla didattica e alla ricerca e attività culturali e ricreative). Unica condizione per l’equiparazione di tali collegi è l’iscrizione nei registri delle prefetture. L’equiparazione consente di usufruire dei finanziamenti per interventi per alloggi e residenze degli studenti universitari previsti dalla citata L. 338/2000[78].

 

 

a3) Valorizzazione della figura dei ricercatori (comma 1, lett. a), e comma 3, lett. g))

 

In relazione all’obiettivo di valorizzazione della figura dei ricercatori, il comma 3, lett. g), prevede la revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività[79].

Ai sensi dell’articolo 29, comma 22, primo periodo, all’onere derivante si provvede, nel limite massimo di 11 milioni di euro per il 2011, mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al cofinanziamento di assegni di ricerca, di cui all’art. 5, comma 1, della già citata L. n. 370 del 1999.

Sull’argomento, si ricorda che l’art. 8 demanda la revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori a uno o più regolamenti di delegificazione, quindi ad un differente strumento normativo.

 

b) Revisione della disciplina di contabilità degli atenei (comma 1, lett. b), e comma 4)

 

Il secondo obiettivo è finalizzato a:

§           garantire la coerenza della contabilità degli atenei con la programmazione triennale;

§           garantire alla contabilità di ateneo maggiore trasparenza e omogeneità;

§           consentire l’individuazione della esatta condizione patrimoniale e dell’andamento della gestione dell’ateneo;

§           prevedere il commissariamento dell’ateneo in caso di dissesto finanziario.

 

I principi e criteri direttivi per l’esercizio di questa delega sono così individuati (comma 4):

§           introduzione di un sistema di contabilità economico-patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio consolidato di ateneo sulla base di principi contabili e schemi di bilancio stabiliti e aggiornati dal MIUR, di concerto con il MEF, sentita la CRUI,garantendo al tempo stesso, al fine del consolidamento e del monitoraggio dei conti delle amministrazioni pubbliche, la predisposizione di un bilancio preventivo e di un rendiconto in contabilità finanziaria, in conformità con i principi e criteri direttivi stabiliti dall’art. 2, comma 2, della L. n. 196 del 2009[80] (lett. a)).

Si ricorda che i principi e criteri direttivi stabiliti dall’articolo 2, comma 2, della legge n. 196 del 2009 sono volti all’armonizzazione dei sistemi contabili delle amministrazioni pubbliche (ad esclusione di regioni ed enti locali), in funzione delle esigenze di programmazione, gestione e rendicontazione della finanza pubblica. La lett. d), in particolare, prevede l’affiancamento, ai fini conoscitivi, al sistema di contabilità finanziaria di un sistema e di schemi di contabilità economico-patrimoniale basati su comuni criteri di contabilizzazione. Il medesimo principio è peraltro ribadito all’articolo 40, comma 2, lett. n), per l’attuazione, mediante uno o più decreti legislativi, del completamento della riforma della struttura del bilancio dello Stato.

L’introduzione di un sistema di contabilità analitica presuppone che il sistema contabile di riferimento sia fondato sulle rilevazioni analitiche per centri di costo o per servizi, vale a dire in base ad unità organizzative individuate in coerenza con il centro di responsabilità amministrativa al quale appartengono. Ad ogni centro di costo è attribuita, mediante lo strumento del budget, la responsabilità di gestione di risorse assegnate in base a obiettivi programmati, dalla quale si generano costi oggetto di rilevazione della contabilità economica. Quest’ultima consente inoltre di effettuare verifiche a consuntivo per la misurazione delle risorse impiegate confrontata a standard di riferimento e ai risultati attesi rispetto ad obiettivi predefiniti[81].

Con riferimento al sistema di contabilità vigente per le università, inoltre, occorre sottolineare che, in base all'art. 7, comma 7, della legge n. 168/1989, tali enti godono di una piena autonomia finanziaria e regolamentare che consente loro di “adottare un regolamento di ateneo per l'amministrazione, la finanza e la contabilità, anche in deroga alle norme dell'ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi”.Le università possono pertanto optare tra un bilancio redatto in termini di competenza e un bilancio redatto in termini di cassa[82]. La citata normaconsentirebbe agli atenei di scegliere tra l'adozione di un sistema di contabilità finanziaria, che rappresenta tuttora quello prevalente, ovvero di contabilità economico-patrimoniale[83]. Secondo la più recente dottrina in materia[84], la contabilità economico-patrimoniale consente di accelerare il passaggio da una responsabilizzazione legale sui comportamenti di spesa ad una responsabilità gestionale sui risultati, facendo in tal modo fronte ai cambiamenti istituzionali ed organizzativi delle università italiane. Attualmente, tuttavia, solo pochi atenei adottano la contabilità economico-patrimoniale e redigono i propri bilanci secondo i principi economici, mantenendo un sistema economico integrato con la contabilità finanziaria[85]. Si ricorda infine che già le Linee guida per l’università formulate nel novembre 2008, nel tracciare le priorità del sistema universitario, avevano sottolineato la necessità di incentivare l’adozione della contabilità economico-patrimoniale quale strumento conoscitivo essenziale per gli atenei, finalizzata altresì all’individuazione di costi standard correlati al raggiungimento di precisi parametri qualitativi.

Con riferimento al bilancio consolidato di Ateneo, infine, si devono ricordare le norme contenute nel D.M. 5 dicembre 2000 che detta disposizioni sui criteri per la redazione dei conti consuntivi delle università, secondo le quali i conti di consuntivo, pur nell’autonomia che le singole università hanno di definire i propri bilanci, devono seguire uno standard che renda possibile l'analisi e la riclassificazione della spesa finale, nonchè il consolidamento dei conti del settore pubblico, garantendo l’omogeneità della redazione dei consuntivi delle diverse università[86]. Il citato decreto ministeriale, tuttavia, non prevede alcun obbligo di uniformità dei bilanci delle Università al piano dei conti proposto dal Ministero e non qualifica i bilanci universitari in termini di competenza o di cassa. Il documento, infatti, richiede solo che i conti degli Atenei vengano consolidati, integrando quindi i dati del bilancio universitario con quelli dei singoli dipartimenti;

§           adozione di un piano economico-finanziario triennale, al fine di garantire la sostenibilità di tutte le attività dell’ateneo (lett. b)).

La ratio dell’introduzione del piano economico-finanziario triennale, che si affianca al documento del bilancio, appare quella di garantire l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche ed il rispetto del principio di programmazione economico-finanziaria, almeno triennale, che viene sancito dall’articolo 40, comma 2, lett. g), della richiamata legge n. 196/2009 di riforma della contabilità generale con riferimento alle amministrazioni dello Stato cui sono attribuite risorse per il raggiungimento di determinati obiettivi verificabili secondo parametri di efficacia, efficienza ed economicità;

§           comunicazione al Ministero dell’economia e delle finanze, con cadenza annuale, dei risultati della programmazione triennale riferiti al sistema universitario nel suo complesso, ai fini del monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica. Si dispone inoltre che gli effetti derivanti dalle misure conseguenti al provvedimento in esame vengano compensati in modo adeguato nei piani triennali previsti alla successiva lett. d), volti, tra l’altro, a garantire la piena sostenibilità del riequilibrio dei rapporti di consistenza del personale (lett. c)).

La ratio di quest’ultima disposizione appare quella di garantire, mediante un piano triennale, la copertura di eventuali effetti finanziari negativi derivanti dall’attuazione delle norme contenute nella riforma;

§           predisposizione di un piano triennale diretto a riequilibrare – entro intervalli di percentuali definiti dal Ministero, e secondo criteri di piena sostenibilità finanziaria – i rapporti di consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, ed il numero dei professori e ricercatori nominati per chiamata diretta; previsione che la mancata adozione,parziale o totale, del piano triennale comporti la non erogazione delle quote del finanziamento ordinario relative alle unità di personale che eccedono i limiti previsti (lett. d));

§           determinazione di un limite massimo all’incidenza complessiva delle spese per l’indebitamento e delle spese per il personale di ruolo e a tempo determinato, inclusi gli oneri per la contrattazione integrativa, sulle entrate complessive dell’ateneo, al netto di quelle a destinazione vincolata (lett. e));

§           introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso – calcolato secondo indici commisurati alle diverse tipologie dei corsi di studio e ai differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l’Università – cui collegare l’attribuzione all’università di una percentuale della parte di Fondo per il finanziamento ordinario non assegnata ai sensi dell’art. 2 del D.L. n. 180/2008 (cioè, della parte non legata ai risultati di qualità) e individuazione degli indici da utilizzare per la quantificazione di tale costo, sentita l’ANVUR (lett. f)).

Si ricorda che il costo standard unitario rappresenta il valore medio della spesa che un’amministrazione deve sostenere con riferimento ad una singola unità prodotta. Nella fattispecie considerata dalla lett. f), la singola unità prodotta è rappresentata dalla formazione di ciascuno studente in corso. Nella più comune accezione, il costo standard è una quantificazione degli oneri che configurano la spesa finalizzata all’acquisizione di fattori da impiegare per l’offerta di una determinata prestazione o di un servizio. Il costo è parametrato in base ad uno standard di efficienza che l’intera organizzazione (o un suo singolo centro di responsabilità) intende raggiungere. Il costo standard viene pertanto determinato in base ad un impiego programmato di risorse produttive necessarie al raggiungimento di determinati obiettivi. I costi standard presuppongono la verificabilità ex post mediante la comparazione degli stessi con i costi effettivamente sostenuti per l’offerta di una determinata prestazione.

§           previsione della declaratoria di dissesto finanziario nell’ipotesi in cui l’università non possa garantire l’assolvimento delle proprie funzioni indispensabili ovvero non possa fare fronte ai debiti liquidi ed esigibili nei confronti dei terzi (lett. g));

§           disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario, con previsione dell’inoltro da parte del MIUR di preventiva diffida e sollecitazione a predisporre – entro un termine non superiore a centottanta giorni – un piano di rientro (da sottoporre all’approvazione dello stesso MIUR, di concerto con il MEF), da attuare nel limite massimo di un quinquennio, e previsione delle modalità di controllo periodico della sua attuazione (lett. h));

§           previsione del commissariamento dell’ateneo nei casi di mancata predisposizione, mancata approvazione ovvero omessa o incompleta attuazione del piano di rientro, nonché disciplina delle modalità di assunzione da parte del Governo (su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze) della relativa delibera e di nomina di uno o più commissari, ad esclusione del rettore, con il compito di provvedere alla predisposizione ovvero all’attuazione del piano di rientro (lett. i));

§           previsione di un apposito fondo di rotazione – distinto ed aggiuntivo rispetto alle risorse destinate al FFO – a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei(lett. l)).

Si ricorda che i Fondi di rotazione costituiscono una speciale forma di gestione fuori bilancio, in base alla quale le acquisizioni di entrate e l’effettuazione di spese da parte dell’amministrazione dello Stato non rientrano nelle procedure proprie del bilancio e quindi non sono soggette alle normali procedure giuridico-amministrative di esecuzione dello stesso[87]. La legge n. 559/1993 prevede, in particolare, per le gestioni fuori bilancio attuate con i Fondi di rotazione, l’obbligo di rendicontazione e il controllo della Ragioneria generale e della Corte dei Conti. Il Ministro dell’economia e delle finanze ha facoltà di disporre accertamenti nel corso della gestione.

In merito alle gestioni fuori bilancio, si ricorda che l’articolo 93, comma 8, della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289/2002) ne ha disposto la soppressione - al fine di ricondurre unitariamente al bilancio dello Stato le gestioni che comunque interessano la finanza statale - fatta eccezione per quelle che mantengono le caratteristiche dei Fondi di rotazione, prevedendo a tal fine, in capo alle amministrazioni statali, l’obbligo di individuare espressamente le singole gestioni fuori bilancio per le quali permangono tali caratteristiche[88];

§           previsione che gli eventuali maggiori oneri derivanti dall'attuazione del suddetto Fondo di rotazione siano quantificati e coperti secondo quanto disposto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 196/2009 (lett. m)) (si veda infra).


 

c) Introduzione, sentita l’ANVUR, di un sistema di valutazione ex-post delle politiche di reclutamento degli atenei, sulla base di criteri definiti ex-ante (comma 1, lett. c), e comma 5)

Per il conseguimento di questo terzo obiettivo è previsto un solo principio e criterio direttivo (comma 5), consistente nell’attribuzione di una quota non superiore al 10 per cento del FFO correlata alla valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei.

La valutazione avviene in base a meccanismi elaborati dall’ANVUR, basati su:

§      produzione scientifica dei professori e dei ricercatori successiva alla loro presa di servizio ovvero al passaggio a diverso ruolo o fascia nell’ateneo;

§      percentuale di ricercatori a tempo determinato in servizio che non hanno trascorso l’intero percorso di dottorato e di postdottorato, ovvero, nel caso delle facoltà di medicina e chirurgia, di scuola di specializzazione, nella medesima università;

§      percentuale dei professori reclutati da altri atenei;

§      percentuale dei professori e ricercatori in servizio responsabili scientifici di progetti di ricerca internazionali e comunitari;

§      grado di internazionalizzazione del corpo docente.

 

A sua volta, l’art. 29, comma 14, stabilisce che, fino a quando non verranno definiti i criteri in base alla disposizione in commento, continueranno ad applicarsi le disposizioni vigenti in materia[89].

 

d) Revisione – in attuazione del titolo V della Parte II della Costituzione – della normativa in materia di diritto allo studio e definizione dei livelli essenziali delle prestazioni (LEP) (comma 1, lett. d), e comma 6)

 

La relazione illustrativa al disegno di legge governativo (A.S. 1905) specificava che la revisione della normativa in materia di diritto allo studio si rende necessaria alla luce della riforma del titolo V della Costituzione che ha attribuito allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, secondo comma, lett. m), Cost.), tra i quali – evidenziava la relazione – deve essere annoverato il diritto allo studio, incluso quello universitario. Sempre la relazione illustrativa evidenziava che nella sentenza n. 282 del 26 luglio 2002[90]la Corte costituzionale ha precisato che i LEP concernenti i diritti civili e sociali non rappresentano una “materia” in senso stretto, ma “una competenza del legislatore statale idonea ad investire tutte le materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come contenuto essenziale di tali diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condizionarle”.

 

Ai fini dell’esercizio di questa quarta delega, i principi e criteri direttivi sono i seguenti (comma 6):

§           definire i LEP (il comma 1, lettera d), precisa che si tratta dei livelli essenziali delle prestazioni erogate dalle università statali), anche con riferimento ai requisiti di merito ed economici, in modo da assicurare gli strumenti ed i servizi per il conseguimento del pieno successo formativo degli studenti dell’istruzione superiore e rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e personale che limitano l’accesso ed il conseguimento dei più alti gradi di istruzione superiore agli studenti capaci e meritevoli, ma privi di mezzi. Per quanto concerne gli strumenti e i servizi, si citano esplicitamente borse di studio, trasporti, assistenza sanitaria, ristorazione, accesso alla cultura, alloggi, già disponibili a legislazione vigente (lett. a));

§           garantire agli studenti la più ampia libertà di scelta in relazione alla fruizione dei servizi per il diritto allo studio universitario (lett. b));

§           definire i criteri per l’attribuzione alle regioni e alle province autonomedi Trento e di Bolzano del Fondo integrativo per la concessione di prestiti d’onore e di borse di studio[91] (lett. c));

§           favorire il raccordo tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le università e le diverse istituzioni che concorrono al successo formativo degli studenti, al fine di potenziare la gamma dei servizi e degli interventi posti in essere dalle predette istituzioni, nell’ambito della propria autonomia statutaria (lett. d));

§           prevedere la stipula di specifici accordi con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, per la sperimentazione di nuovi modelli nella gestione e nell’erogazione degli interventi (lett. e));

§           definire le tipologie di strutture residenziali destinate agli studentiuniversitari e le caratteristiche peculiari delle stesse (lett. f)).

 

*********************************

 

Il comma 2 stabilisce che dall’attuazione delle deleghe relative al rilancio della qualità e dell’efficienza dell’università, alla revisione della disciplina in materia di contabilità e al sistema di valutazione ex-post delle politiche di reclutamento degli atenei non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ad eccezione dell’istituzione del Fondo di rotazione a garanzia del riequilibrio finanziario degli atenei e della revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato.

Per quanto concerne la delega per la revisione del diritto allo studio, si stabilisce che gli eventuali maggiori oneri devono essere quantificati e coperti ai sensi dell’art. 17, comma 2, della L. n. 196 del 2009 (si veda infra).

In materia, interviene, peraltro, anche il comma 8 che, in relazione alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi previsti dal comma 1 dispone, in attuazione di quanto stabilito dalla nuova legge di contabilità in merito alla copertura degli oneri recati dall’attuazione di deleghe legislative (art. 17, comma 2, legge n. 196/2009), che - essendo nell'impossibilità di procedere alla determinazione degli effetti finanziari dagli stessi derivanti in considerazione della complessità della materia da essi trattata - la quantificazione di tali oneri viene effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi. I decreti legislativi dai quali dovessero derivare nuovi o maggiori oneri saranno emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.

A tal fine, il comma prevede che ciascuno schema di decreto legislativo sia provvisto di una relazione tecnica, predisposta ai sensi della legge di contabilità, che dia conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

 

Va segnalato che il rinvio contenuto nell’ultimo periodo del comma 8 alla legge di contabilità deve intendersi riferito al comma 3 - e non al comma 5 - dell’articolo 17 della legge n. 196/2009[92].

 

Premesso che, come ante evidenziato, il comma 2 indica espressamente quali siano le disposizioni di delega in attuazione delle quali possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si può ritenere che, indipendentemente dalla onerosità o meno dei decreti legislativi attuativi dei singoli obiettivi della riforma, il dispositivo introdotto dal comma 8, garantendo che ciascuno schema di decreto legislativo attuativo della riforma sia corredato di una specifica relazione tecnica, permette di dar conto, per ciascuno di essi, della effettiva neutralità finanziaria ovvero degli eventuali nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura. (Sull’argomento, si veda, peraltro, l’ultimo periodo del comma 22 dell’art. 29 della legge).

 

In sostanza, il dispositivo previsto dal comma 8 assume la medesima impostazione metodologica prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge di contabilità, che reca specifiche disposizioni relative alla copertura degli oneri recati dall’attuazione di deleghe legislative.

In particolare, nel richiamato art. 17, comma 2, è espressamente sancito il principio in base al quale le leggi di delega comportanti oneri devono recare i mezzi di copertura finanziaria necessari per l’adozione dei relativi decreti legislativi prevede, in via generale, che le leggi di delega comportanti oneri i mezzi di copertura necessari per l'adozione dei relativi decreti legislativi. Qualora tuttavia, in sede di conferimento della delega, per la complessità della materia trattata, non sia possibile procedere alla determinazione degli effetti finanziari derivanti dai decreti legislativi, la quantificazione degli stessi è effettuata al momento dell'adozione dei singoli decreti legislativi.

I decreti legislativi dai quali derivano nuovi o maggiori oneri sono emanati solo successivamente all'entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanziano le occorrenti risorse finanziarie. A ciascuno schema di decreto legislativo è allegata una relazione tecnica, predisposta ai sensi del comma 3, che dà conto della neutralità finanziaria del medesimo decreto ovvero dei nuovi o maggiori oneri da esso derivanti e dei corrispondenti mezzi di copertura.

In particolare, il comma 3 stabilisce che i disegni di legge, gli schemi di decreto legislativo, gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie devono essere corredati di una relazione tecnica, predisposta dalle amministrazioni competenti e verificata dal Ministero dell'economia e delle finanze, sulla quantificazione delle entrate e degli oneri recati da ciascuna disposizione, nonché delle relative coperture, con la specificazione, per la spesa corrente e per le minori entrate, degli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme e, per le spese in conto capitale, della modulazione relativa agli anni compresi nel bilancio pluriennale e dell'onere complessivo in relazione agli obiettivi fisici previsti.

 

Il comma 7 prevede che gli schemi dei decreti legislativi sono adottati, su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, e, con riferimento alle disposizioni di cui al comma 6 (revisione della normativa in materia di diritto allo studio e definizione dei LEP), di concerto con il Ministro della gioventù.

Sugli schemi, prima della trasmissione alle Camere, deve essere raggiunta l’intesa in sede di Conferenza permanente Stato-regioni, ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo n. 281 del 1997, che dispone, fra l’altro, chequando un'intesa espressamente prevista dalla legge non è raggiunta entro trenta giorni dalla prima seduta della Conferenza in cui l'oggetto è posto all'ordine del giorno, il Consiglio dei Ministri provvede con deliberazione motivata[93].

Gli schemi sono, quindi,sono trasmessi alle Camere per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, le quali si esprimono entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti sono adottati anche in mancanza del parere.

Qualora il termine per l’espressione del parere parlamentare cade nei trenta giorni che precedono il termine per l’adozione dei decreti legislativi o successivamente a tale scadenza, quest’ultimo termine (fissato dal comma 1 in dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge) è prorogato di sessanta giorni.

In base al comma 9, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi, il Governo può adottare eventuali disposizioni integrative e correttive, con le medesime modalità e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi.

 


Articolo 6
(Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)

Per una migliore illustrazione dell’art. 6, si ritiene utile premettere la ricognizione normativa.

 

L’art. 3 del D.lgs.165/2001[94] - relativo al personale in regime di diritto pubblico - ha disposto, al comma 2, che il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in attesa della specifica disciplina che lo regoli in modo organico ed in conformità ai princìpi della autonomia universitaria.

Attualmente, pertanto, lo stato giuridico e il trattamento economico della docenza universitaria sono definiti dal già citato DPR 382/1980 e dalle norme intervenute successivamente, tra le quali la altrettanto citata L. 210 del 1998.

In particolare, il DPR citato ha articolato il ruolo dei professori universitari in due fasce, quella dei professori straordinari e ordinari[95], e quella dei professori associati - con compiti e responsabilità distinti, ma nell’unitarietà della funzione docente - e ha istituito il ruolo dei ricercatori universitari[96].

Professori universitari

I professori di prima fascia all'atto della nomina conseguono la qualifica di straordinario per la durata di tre anni accademici (art. 6 del DPR 382/1980), al termine dei quali sono sottoposti al giudizio di apposita Commissione per la nomina ad ordinario[97]; in seguito, sono tenuti a presentare ogni tre anni, al consiglio della facoltà di appartenenza, una relazione sul lavoro scientifico svolto, corredata della relativa documentazione, della quale si tiene conto per l’assegnazione di fondi per la ricerca (art.18).

I professori associati, dopo un triennio dall'immissione in ruolo, sono sottoposti ad un giudizio di conferma basato sull'attività didattica e scientifica ed espresso da commissioni nazionali composte da tre docenti di ruolo, nominati dal Ministro su designazione, mediante sorteggio, del C.U.N., per ciascun raggruppamento disciplinare (art. 23)[98].

 

Entrambe le categorie di docenti hanno obblighi inerenti l’attività didattica e partecipano agli organi di gestione delle università. Lo stato giuridico dei professori associati è, infatti, disciplinato dalle norme relative ai professori ordinari, salvo che non sia altrimenti disposto (art. 22): ad esempio, alcune cariche accademiche sono riservate ai soli ordinari[99].

Alle due fasce della docenza è, inoltre, garantita libertà didattica e inamovibilità (artt. 7 e 8), fatta eccezione per le richieste di trasferimento.

 

I doveri didattici dei professoriordinarisono disciplinati dall’art. 10 del DPR 382/1980: essi devono assicurare la loro presenza per lo svolgimento di attività didattiche, compresa la partecipazione alle commissioni di esame e di laurea - nonché, ai sensi del quarto comma, i servizi di orientamento per gli studenti, con particolare riferimento alla predisposizione dei piani di studio - per non meno di 250 ore l’anno[100]. I professori a tempo pieno devono anche garantire la loro presenza per non meno di altre 100 ore annuali per lo svolgimento dell’insegnamento, di compiti di orientamento per gli studenti e di compiti organizzativi interni. Tutti i professori ordinari, inoltre, devono assicurare il loro impegno per la partecipazione agli organi collegiali e di governo dell’ateneo.

Ai sensi dell’art. 11, l’impegno dei professori ordinari è a tempo pieno o a tempo definito.

La scelta va esercitata con domanda da presentare al rettore almeno 6 mesi prima dell’inizio di ogni anno accademico e obbliga al rispetto dell’impegno assunto per almeno un biennio[101]. L’opzione può essere esercitata non oltre l’inizio del biennio precedente il collocamento fuori ruolo, salvo che dal regime di impegno a tempo pieno si opti per quello a tempo definito.

Il regime di impegno a tempo definito:

§         è incompatibile con le funzioni di rettore, preside, membro elettivo del consiglio di amministrazione, direttore di dipartimento e direttore dei corsi di dottorato di ricerca;

§         è compatibile con lo svolgimento di attività professionali e di attività di consulenza anche continuative esterne e con l’assunzione di incarichi retribuiti, ma non con l’esercizio del commercio e dell’industria.

Il regime di impegno a tempo pieno:

§         è incompatibile con lo svolgimento di qualsiasi attività professionale e di consulenza esterna, con l’assunzione di qualsiasi incarico retribuito e con l’esercizio del commercio e dell’industria. Sono fatte salve le perizie giudiziarie e la partecipazione ad organi di consulenza tecnico-scientifica dello Stato, degli enti pubblici territoriali e degli enti di ricerca, nonché le attività comunque svolte per conto dello Stato o di enti pubblici o di organismi a prevalente partecipazione statale purché prestate in quanto esperti e sempre che siano compatibili con lo svolgimento dei compiti istituzionali;

§         è compatibile con lo svolgimento di attività scientifiche e pubblicistiche, espletate al di fuori di compiti istituzionali, e didattiche, comprese quelle di partecipazione a corsi di aggiornamento, purché non corrispondano a nessun esercizio professionale[102].

Occorre peraltro ricordare che, in ordine allo svolgimento di attività extra-istituzionali da parte di pubblici dipendenti è, poi, intervenuto l’art. 53 del già citato d.lgs. 165 del 2001, che ha stabilito che tali dipendenti non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione[103]. Lo stesso art. 53 ha anche previsto che le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi[104].

Tutta la normativa autorizzatoria non riguarda i docenti a tempo definito (né i ricercatori).

 

Il regime di impegno a tempo pieno o definito è stato confermato dalla già citata L. 230 del 2005 (art. 1, comma 16) che ha correlato il trattamento economico, secondo la struttura retributiva vigente, all’espletamento di attività didattiche per non meno di 350 ore annue (di cui, 120 di didattica frontale) per il rapporto a tempo pieno, e per non meno di 250 ore annue (di cui, 80 di didattica frontale) per il rapporto a tempo definito[105].

 

Sulla normativa in materia di congedi per attività di ricerca, si rinvia alla scheda sull’art. 7.

Ricercatori universitari

Come si è detto ante, il ruolo dei ricercatori universitari è stato istituito dall’art. 1 del D.P.R. 382/1980.

Anche i ricercatori sono soggetti alla conferma in ruolo tre anni dopo l’immissione, previa valutazione dell’attività scientifica e didattica da parte di una commissione nazionale composta, per ogni raggruppamento disciplinare, da tre professori di ruolo estratti su un numero triplo di docenti designati dal C.U.N. (art. 31). La Commissione si basa anche su una motivata relazione del Consiglio di facoltà o del dipartimento. Se il giudizio è favorevole, il ricercatore è immesso nella fascia dei ricercatori confermati[106].

Le attribuzioni riservate ai ricercatori nell’ambito della didattica sono state inizialmente indicate dall’art. 32 del D.P.R. come “compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali”: tra tali compiti sono comprese, in base alla disposizione citata,  esercitazioni, collaborazione all’attività di ricerca degli studenti finalizzata alla stesura della tesi, sperimentazione di nuove modalità di insegnamento, attività di tutorato[107]. Lo stesso articolo stabilisce, inoltre, che, dopo la conferma in ruolo, i ricercatori possono partecipare a commissioni d’esame (come “cultori della materia”); possono svolgere seminari e cicli di lezioni all’interno di un corso già attivato, concordandoli con i titolari del corso; prendono parte ai programmi di ricerca delle proprie università accedendo direttamente a fondi nazionali o locali per la ricerca scientifica. I consigli di facoltà determinano all’inizio dell’anno accademico le modalità di esercizio delle funzioni didattiche e scientifiche. L’impegno complessivo per l’attività didattica è fissato in non più di 250 ore annue, alle quali si affianca l’eventuale impegno per le attività di organi collegiali, ove investito della relativa rappresentanza.

Con l’art. 1 del D.L. 57 del 1987[108], come modificato durante la conversione, è stata, poi prevista anche per i ricercatori confermati l’opzione fra il regime a tempo pieno e il regime a tempo definito[109] e il limite massimo di impegno previsto dall’art. 32 del DPR 382/1980 è stato portato, rispettivamente, a 350 e a 200 ore.

La disposizione citata ha, inoltre, disposto che:

§         l'ufficio di ricercatore è incompatibile con l'esercizio del commercio, dell'industria, o comunque di attività imprenditoriali e con altri rapporti di impiego pubblici e privati;

§         i ricercatori non possono svolgere, fino al superamento del giudizio di conferma, attività libero-professionali connesse alla iscrizione ad albi professionali, esterne alle attività proprie o convenzionate della struttura di appartenenza;

§         si applicano ai ricercatori le norme sulle situazioni di incompatibilità e sul collocamento in aspettativa obbligatoria previste dall'articolo 13 del DPR 382 del 1980.

In seguito, l’art. 12 della già citata L. 341 del 1990 - come modificato dall’art. 1, comma 11, della L. 4 del 1999[110] - ha superato il principio di affidamento ai ricercatori solo di attività integrativa: ha, infatti, disposto che i ricercatori – anche non confermati – adempiono ai compiti didattici in tutti i corsi di studio; guidano il processo di formazione culturale dello studente; possono essere componenti di commissioni di esame per i corsi di laurea, diploma, specializzazione, e sono relatori di tesi. Inoltre:

§         ha disposto che, ferma restando per i professori la responsabilità didattica di un corso relativo ad un insegnamento, le strutture didattiche attribuiscono ai professori e ai ricercatori,con il consenso dell'interessato, l'affidamento e la supplenza di ulteriori corsi o moduli;

§         ha sostituito il primo comma dell’art. 114 del DPR 382 del 1980, stabilendo che gli affidamenti e le supplenze possono essere conferiti esclusivamente a professori di ruolo e a ricercatori del medesimo settore scientifico-disciplinare o di settore affine, appartenenti alla stessa facoltà o, in mancanza, a professori di ruolo e a ricercatori di altra facoltà della stessa o di altra università[111].

Ancora dopo, l’art. 11-quater del già citato D.L. n. 120 del 1995 ha disposto che il primo comma dell’art. 114 del DPR 382/1980, come modificato dall’art. 12, comma 5, della L. 341/1990, va interpretato nel senso che le università, compatibilmente con le risorse disponibili nei propri bilanci, possono conferire affidamenti e supplenze retribuite ai ricercatori confermati, qualora l'impegno didattico conseguente superi quello stabilito nell'articolo 32 del medesimo DPR 382 del 1980.

Si è così, indirettamente, superato il principio che l’impegno orario richiesto ai ricercatori costituisca un massimo.

 

Da ultimo, l’art. 1, comma 11, della già citata legge 230/2005 ha stabilito che ai ricercatori (oltre che agli assistenti del ruolo ad esaurimento[112] e ai tecnici laureati) che hanno svolto tre anni di insegnamento ai sensi dell’art. 12 della L. 341 del 1990, (nonché ai professori incaricati stabilizzati[113]) sono affidati, con il loro consenso e fermo restando il rispettivo inquadramento e trattamento giuridico ed economico, corsi e moduli curriculari compatibilmente con la programmazione didattica definita dai competenti organi accademici, nonché compiti di tutorato e di didattica integrativa. Per la durata dell’incarico è attribuito il titolo di professore aggregato[114].

 

Si ricorda, infine, che, analogamente a quanto previsto per gli associati, i ricercatori confermati sono sottoposti a verifica triennale dell’attività scientifica e didattica (art. 33 DPR 382/1980); il giudizio è affidato al consiglio di facoltà e formulato sulla base di una relazione dell’interessato e dei pareri espressi dai consigli di corso di laurea per l’attività didattica e dai dipartimenti o dai consigli degli istituti nei quali egli ha operato per il lavoro scientifico. La presentazione di risultati scientifici originali e documentati è condizione per continuare ad accedere direttamente ai fondi per la ricerca.

 

Per il trattamento economico di professori e ricercatori universitari, si rinvia alla scheda relativa all’art. 8.

 

Il comma 1 dell’art. 6conferma – rispetto all’assetto normativo vigente – che il regime di impegno dei professori e dei ricercatori di ruolo è a tempo pieno o a tempo definito.

Definisce, inoltre un impegno orario complessivo che, per entrambe le categorie, è pari a 1500 ore nel caso del tempo pieno, e a 750 ore nel caso del tempo definito: tale impegno orario comprende la quantificazione figurativa delle attività di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi compiti preparatori, di verifica e organizzativi.

Ai sensi del comma 6, l’opzione fra i due regimi è esercitata su domanda dell’interessato all’atto della presa di servizio o, nel caso di passaggio dall’uno all’altro regime, con domanda da presentare al rettore almeno 6 mesi prima dell’inizio dell’anno accademico dal quale far decorrere l’opzione. Il regime prescelto deve essere mantenuto per almeno un anno accademico (a fronte del previgente biennio).

 

I commi 2 e 3 definiscono, rispettivamente, le attività che svolgono i professori e i ricercatori di ruolo e l’impegno orario che deve essere riservato per le attività didattiche e connesse alla didattica.

Per quanto concerne le attività, per entrambe le categorie si prevedono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico.

Inoltre, entrambe le categorie, sulla base di criteri e modalità stabiliti con il regolamento di ateneo, devono riservare annualmente un determinato numero di ore a compiti di didattica (nel caso dei ricercatori, didattica integrativa) e di servizio agli studenti - inclusi l’orientamento e il tutorato - , nonché ad attività di verifica dell’apprendimento.

Per i professori, si tratta di un limite minimo, quantificato in non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito: si conferma, quindi, l’impegno previsto dalla L. 230 del 2005.

Per i ricercatori si tratta, invece, di un limite massimo, quantificato in 350 ore nel regime di tempo pieno e in 200 ore in regime di tempo definito: si conferma, quindi, quanto previsto dal D.L. 57 del 1987.

 

Il comma 4 interviene sulla materia finora disciplinata dal comma 11 dell’art. 1 della legge 230 del 2005 (si veda ante) che, conseguentemente, viene abrogato dall’articolo 29, comma 11, lett. c).

Rispetto alla disposizione citata, il comma 4 in commento si riferisce, per quanto concerne i ricercatori, esclusivamente a quelli a tempo indeterminato. Ulteriore novità è costituita dalla previsione che il titolo di professore aggregato - che, si ricorda, è attribuito per l’anno accademico in cui i ricercatori in questione, gli assistenti del ruolo ad esaurimento e i tecnici laureati che hanno svolto 3 anni di insegnamento, nonché i professori incaricati stabilizzati, hanno svolto corsi e moduli curriculari – è altresì conservato, esclusivamente per i ricercatori, nei periodi di congedo straordinario per motivi di studio di cui essi usufruiscono nell’anno successivo a quello in cui hanno svolto gli stessi corsi e moduli.

Infine, si dispone che ogni università, nei limiti delle disponibilità di bilancio e sulla base di criteri e modalità stabiliti con proprio regolamento, determina la retribuzione aggiuntiva dei ricercatori di ruolo ai quali sono affidati gli stessi corsi e moduli.

 

Il comma 5 ripete, sostanzialmente, parte di quanto già inserito nel comma 4 intervenendo, da un punto di vista formale, come novella del comma 11 dell’art. 1 della legge 230 del 2005 che, come sopra si è detto, è abrogato dall’art. 29. E, infatti, nella lettera che ha accompagnato la promulgazione, il Presidente della Repubblica ha sottolineato “Per quel che riguarda l'articolo 6, concernente il titolo di professore aggregato - pur non lasciando la norma, da un punto di vista sostanziale, spazio a dubbi interpretativi della reale volontà del legislatore - si attende che ai fini di un auspicabile migliore coordinamento formale, il governo adempia senza indugio all'impegno assunto dal Ministro Gelmini nella seduta del 21 dicembre in Senato, eventualmente attraverso la soppressione del comma 5 dell'articolo”[115].

 

Il comma 7, primo periodo, introduce l’autocertificazione e la verifica dell’effettivo svolgimento delle attività didattiche e di servizio agli studenti, rimettendo la definizione della relative modalitàal regolamento di ateneo. Il regolamento prevede anche la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento e in relazione al fatto che il docente abbia specifici incarichi di responsabilità gestionale o di ricerca.

Il secondo periodo rimette alle università la competenza esclusiva a valutare le attività dei singoli docenti e ricercatori, utilizzando però, per quanto concerne la verifica dei risultati della attività di ricerca, criteri oggettivi definiti dall’ANVUR.

 

Ai sensi del comma 8, qualora la valutazione delle attività da parte delle università sia negativa, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.

Sul punto, si ricorda che l’art. 3-ter, comma 4, del D.L. 180 del 2008 dispone che i professori di I e II fascia e i ricercatori che nel precedente triennio non hanno effettuato pubblicazioni scientifiche sono esclusi dalla partecipazione alle commissioni di valutazione comparativa (che, in base alla nuova normativa, non ci saranno più) per il reclutamento rispettivamente di professori di I e II fascia e di ricercatori.

 

Il comma 9 disciplina le incompatibilità.

Si conferma che la posizione di professore e ricercatore è incompatibile con l’esercizio del commercio e dell’industria: però, è fatta salva la possibilità di costituire società con caratteristiche di spin off o di start up universitari, ai sensi degli artt. 2 e 3 del D.lgs. 297/1999, anche assumendo in tale ambito responsabilità formali, nel rispetto di criteri da definire con decreto ministeriale (per la cui emanazione non è previsto un termine).

 

Si ricorda che il D.lgs. n. 297/1999[116] ha disciplinato gli interventi di sostegno alla ricerca industriale, alla connessa formazione e alla diffusione delle tecnologie derivanti dalle medesime attività. Ai fini dell'ammissione agli interventi di sostegno previsti, la ricerca industriale[117] può prevedere anche attività non preponderanti di sviluppo precompetitivo[118] per la validazione dei risultati.

L’articolo 2 elenca i soggetti ammissibili a tali interventi di sostegno, che devono avere stabile organizzazione sul territorio nazionale, tra i quali sono compresi (lett. e) società finalizzate all'utilizzazione industriale dei risultati della ricerca, per le attività di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo, con la partecipazione azionaria, il concorso, o comunque con il relativo impegno di soggetti quali professori e ricercatori universitari, personale di ricerca dipendente da enti di ricerca, ENEA e ASI, nonché dottorandi di ricerca e titolari di assegni di ricerca. Sono, inoltre, compresi università, enti di ricerca anche a carattere regionale, ENEA ed ASI (lett. f), e i parchi scientifici e tecnologici istituiti con legge regionale (lett. f-bis).

L’articolo 3 riguarda le attività finanziabili per varie tipologie di interventi di sostegno, che possono essere:

§         sostegno su progetti o programmi di ricerca industriale e sviluppo precompetitivo;

§         sostegno all'occupazione nella ricerca industriale;

§         sostegno ad infrastrutture, strutture e servizi per la ricerca industriale.

In generale, con il termine spin off[119] si intende la costituzione di una nuova entità giuridica (società di capitali o a responsabilità limitata), a partire dalle risorse di una società preesistente o da altre imprese.

Obiettivo principale degli spin off è proprio quello di favorire il contatto tra le strutture di ricerca universitarie, il mondo produttivo e le istituzioni del territorio, per sostenere la ricerca e diffondere nuove tecnologie con ricadute positive sulla produzione industriale e il benessere sociale del territorio.

Le modalità di costituzione di uno spin off e il regime di autorizzazioni del personale dell'ateneo seguono i regolamenti interni delle università.

Per start up, solitamente, si indica in generale la fase di avvio d’impresa.

 

Il medesimo comma 9 specifica che l’attività a tempo pieno è incompatibile con l’esercizio di attività libero-professionale.

Restano in ogni caso ferme le disposizioni degli articoli 13, 14 e 15 del DPR 382 del 1980 in materia di aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità, di aspettativa dei professori che passano ad altra amministrazione e di conseguenze derivanti dall’inosservanza del regime delle incompatibilità, fatto però salvo quanto stabilito dalle convenzioni di cui al comma 13 in materia di attività sanitarie.

 

In particolare, l’art. 13 del DPR 382 del 1980stabilisce che il professore ordinario è collocato d’ufficio in aspettativa nei casi di elezione al Parlamento nazionale o europeo, nonché di nomina ad incarichi di Governo, a componente delle istituzioni dell’Unione europea, a componente di organi e istituzioni specializzate delle Nazioni Unite che comporti un impegno incompatibile, a presidente o vicepresidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, in organi regionali o provinciali (per le posizioni specificamente indicate), alle cariche di presidente e di amministratore delegato di enti  pubblici, anche economici, e di società a partecipazione pubblica[120], a direttore, condirettore e vicedirettore di giornale quotidiano o a posizione corrispondente nell’informazione radio-televisiva, a presidente o segretario nazionale di partiti rappresentati in Parlamento, agli incarichi dirigenziali a tempo determinato.

Il medesimo articolo stabilisce, inoltre, che hanno diritto a chiedere una limitazione dell’attività didattica i professori di ruolo che ricoprono la carica di rettore, prorettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento, di presidente di consiglio di corso di laurea, di componente del CUN[121], e definisce il regime applicabile, da un punto di vista giuridico ed economico, per i periodi di aspettativa.

L’art. 14 dispone che il professore universitario che assume un nuovo impiego  con altra amministrazione statale o pubblica è collocato in aspettativa per tutto il periodo di prova richiesto per la conferma in ruolo. Al termine di tale periodo, egli può riassumere servizio presso l’università entro i successivi 30 giorni. Ove ciò non avvenga, decade dall’ufficio di professore[122]. Le stesse disposizioni si applicano agli assistenti del ruolo ad esaurimento.

L’art. 15 stabilisce che nel caso si assuma un nuovo impiego pubblico si cessa di diritto dall’ufficio di professore, salvo quanto indicato nell’art. 14. Nel caso di cumulo con impieghi privati, il rettore diffida l’interessato a cessare dalla situazione di incompatibilità. Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che l’incompatibilità sia cessata, il professore decade dall’ufficio. La decadenza è disposta con decreto del Ministro su proposta del rettore, sentito il CUN. Peraltro, la circostanza che il professore abbia ottemperato alla diffida non preclude l’azione disciplinare.

 

I commi da 10 a 12 disciplinano le attività consentite ai professori e ai ricercatori (i primi due commi con riferimento al regime di tempo pieno, l’ultimo con riferimento al regime di tempo definito).

In particolare, il comma 10 stabilisce che i professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto degli obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche ricevendone retribuzione:

Previa autorizzazione del rettore, essi possono svolgere anche funzioni didattiche e di ricerca, nonché compiti istituzionali e gestionali senza vincolo di subordinazione presso enti pubblici e privati senza scopo di lucro, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse con l’università di appartenenza e a condizione che l’attività non comporti detrimento delle attività didattiche, scientifiche e gestionali affidate dall’università di appartenenza.

 

Il comma 11 prevede che i professori e i ricercatori a tempo pieno possono svolgere attività didattica e di ricerca anche presso un ateneo diverso da quello di appartenenza sulla base di una convenzione fra i due atenei. I criteri per l’attivazione delle convenzioni sono stabiliti entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge con decreto del Ministro. In ogni caso, la convenzione, che è finalizzata al conseguimento di obiettivi di comune interesse, stabilisce, con l’accordo dell’interessato, le modalità di ripartizione fra i due atenei dell’impegno annuo dello stesso interessato, degli oneri stipendiali e delle modalità di valutazione. Per un periodo complessivamente non superiore a 5 anni, l’impegno può essere svolto totalmente presso il secondo ateneo, che corrisponde gli oneri stipendiali. In questa ipotesi, l’interessato esercita il diritto di elettorato attivo e passivo presso il secondo ateneo.

Si dispone, infine, che ai fini della valutazione delle attività di ricerca (di cui al comma 7) e delle politiche di reclutamento degli atenei (di cui all’art. 5, comma 1, lett. c)), l’apporto dell’interessato è ripartito in proporzione alla durata e alla quantità dell’impegno in ciascuno degli atenei.

Il comma 12 stabilisce che i professori e i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività libero professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non si determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all’ateneo di appartenenza.

Previa autorizzazione del rettore, che valuta la compatibilità con l’adempimento degli obblighi istituzionali, possono anche svolgere attività didattica e di ricerca presso università o enti di ricerca esteri. In tal caso, ai fini della valutazione delle attività di ricerca e delle politiche di reclutamento degli atenei, l’apporto dell’interessato è considerato in proporzione alla durata e alla quantità dell’impegno reso nell’ateneo di appartenenza.

Si stabilisce, infine, che la condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l’esercizio di cariche accademiche. Il regime di incompatibilità è disciplinato dagli statuti. 

 

Il comma 13 stabilisce che entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, il MIUR, di concerto con il Ministero della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sentita infine la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia riguardo alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale (trasformazione di scoperte fondamentali in applicazioni cliniche) necessarie per la formazione nei corsi di laurea di aerea sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE, predispone lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del Servizio sanitario nazionale.

 

La direttiva europea 2005/36/CE, recepita in Italia con il D.lgs. 206/2007[123], sostituisce le quindici direttive che precedentemente hanno disciplinato il riconoscimento delle qualifiche professionali riguardanti le professioni d'infermiere professionale, odontoiatra, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico.

Nel quadro della disciplina concernente il riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea ai fini dell'esercizio in Italia delle relative attività professionali, il D.lgs. 206/2007 ha dettato specifiche norme in materia di formazione e di riconoscimento dei titoli relativi alle professioni sanitarie.

 

Rapporti tra Servizio sanitario nazionale e università

 

Il D.lgs. 517/1999[124] ha dettato norme per la regolamentazione dell’apporto delle Facoltà di Medicina e Chirurgia alle attività assistenziali del Servizio Sanitario Nazionale, da attuarsi attraverso protocolli d’intesa fra università e regioni  per il perseguimento degli obiettivi di:

§   rafforzamento dei processi di integrazione tra Università e Servizio sanitario, sviluppando  metodi e strumenti di collaborazione tali da rispecchiare la comune volontà di perseguire obiettivi di qualità, efficienza e competitività rispetto alle esigenze assistenziali, alla formazione del personale medico e sanitario ed al potenziamento della ricerca biomedica e clinica;

 

 

§       definizione del volume ottimale di attività e del numero massimo di posti letto e di strutture assistenziali anche in rapporto al numero degli studenti iscritti ai corsi di laurea della facoltà di medicina e chirurgia ed alle esigenze della ricerca, prevedendo inoltre i criteri e le modalità per il progressivo adeguamento agli standard fissati e la contestuale riduzione dei posti letto, anche in attuazione del Piano sanitario regionale;

§       programmazione congiunta delle attività assistenziali da attuarsi attraverso le Aziende Ospedaliere integrate con l'Università, di cui deve essere assicurato il rispetto dell'autonomia organizzativa e gestionale;

§       definizione dei processi formativi sulla base del fabbisogno di personale sanitario in relazione ai modelli organizzativi dei servizi;

§       rispetto dello stato giuridico del personale dei rispettivi ordinamenti e delle funzioni istituzionali, nei rispettivi Enti convenzionati.

 

 

Il comma 14 dispone che i professori e i ricercatori sono tenuti a presentare una relazione triennale sul complesso delle attività svolte (didattiche, di ricerca e gestionali), unitamente alla richiesta di attribuzione dello scatto stipendiale previsto dagli articoli 36 (per i professori) e 38 (per i ricercatori) del DPR 382 del 1980 (si veda la scheda relativa all’art. 8). Resta comunque fermo quanto disposto dall’art. 9, comma 21 (non esplicitamente citato), del decreto-legge 78 del 2010, che dispone che i meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 e non danno comunque luogo a successivi recuperi. I medesimi anni non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio.

Il comma 14 stabilisce, altresì, che la valutazione dell’impegno didattico, di ricerca e gestionale complessiva ai fini dell’attribuzione dello scatto triennale di cui all’art. 8 è di competenza delle singole università, secondo quanto stabilito nei regolamenti di ateneo (si ricorda che il precedente comma 7 esplicita la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori).

In caso di valutazione negativa, la richiesta di attribuzione dello scatto può essere rinnovata dopo che sia trascorso almeno un anno accademico.

Nel caso di mancata attribuzione dello scatto, la somma corrispondente è conferita al Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori, disciplinato dall’art. 9.

 


Articolo 7
(Norme in materia di mobilità dei professori e dei ricercator
i)

L’articolo 7si riferisce alla mobilità sia dei professori che dei ricercatori universitari, introducendo un istituto che si affianca a quello previsto, per i professori ordinari e i professori associati confermati, dall’art. 17 del DPR 382 del 1980[125].

 

Il comma 1 dispone che i professori e i ricercatori universitari, a domanda, possono essere collocati in aspettativa senza assegni per un periodo massimo di cinque anni, anche consecutivi, per lo svolgimento di attività presso soggetti pubblici e privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al trattamento economico e previdenziale (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2, il collocamento in aspettativa è disposto dal rettore, sentite le strutture cui il docente afferisce, e ad esso si applicano le disposizioni recate dai commi quarto, quinto e sesto dell’art. 13 del DPR 382 del 1980.

 

I commi richiamati si collocano nell’ambito dell’articolo - illustrato nella precedente scheda sullo stato giuridico - che disciplina l’aspettativa obbligatoria per situazioni di incompatibilità.

Il quarto comma stabilisce che il periodo di aspettativa, anche quando quest’ultimo è senza assegni, è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza, nonché della maturazione dello straordinariato.

Il quinto comma stabilisce che quando l’incarico per il quale è corrisposta l’aspettativa senza assegni non comporta, da parte dell’ente, la corresponsione di una indennità di carica, si applicano, dal momento in cui è cominciata a decorrere l’aspettativa stessa, le disposizioni in materia di posizione e trattamento dei dipendenti dello Stato e degli enti pubblici, eletti a cariche presso enti autonomi territoriali, recate dalla legge n. 1078 del 1966.

Il sesto comma stabilisce che i professori collocati in aspettativa:

 

Lo stesso comma 2 ammette la ricongiunzione dei periodi contributivi relativi alle attività in precedenza richiamate, a domanda del soggetto interessato.

Nel caso in cui l’incarico sia espletato presso organismi operanti in sede internazionale, la ricongiunzione dei periodi contributivi è a carico dell’interessato, salvo che l’ordinamento dell’amministrazione di destinazione non disponga altrimenti.

 

L’istituto della ricongiunzione, disciplinato dalla L. 29/1979, si configura nell’unificazione dei periodi di assicurazione maturati dal lavoratore in diversi settori di attività. Lo scopo è quello di ottenere un'unica pensione, generalmente di importo più elevato di quello che risulterebbe dalla somma delle pensioni nelle singole gestioni, calcolata su tutti i contributi versati. La ricongiunzione può essere chiesta dai lavoratori dipendenti pubblici e privati e dai lavoratori autonomi che hanno contributi in diversi settori di attività, o dai loro superstiti.

La legge ha razionalizzato e generalizzato il criterio della ricongiunzione, ponendo in taluni casi l’onere del trasferimento a carico del lavoratore.

Con la riunificazione dei periodi l’interessato può:

§      far confluire nell’Assicurazione Generale Obbligatoria tutti i periodi di assicurazione e chiedere la pensione in tale assicurazione. L’operazione in questo caso è totalmente gratuita;

§      unificare i diversi periodi nell’Ente previdenziale in cui è iscritto al momento della domanda di ricongiunzione. In questo caso la ricongiunzione è generalmente a titolo oneroso;

§      far confluire i periodi in un terzo Ente, dove è stato iscritto in passato. In questo caso, il lavoratore deve possedere, nell’Ente cui vuol fare confluire i periodi, almeno 8 anni di contribuzione. Anche in questo caso la ricongiunzione è generalmente a titolo oneroso.

La ricongiunzione può essere chiesta, in linea di massima, una sola volta. Può essere chiesta una seconda volta se il lavoratore può far valere, successivamente alla prima ricongiunzione, 10 anni di contributi di cui almeno 5 di lavoro effettivo, altrimenti al momentodel pensionamento e solo presso la gestione nella quale era stata effettuata la precedente ricongiunzione.

La L. 5 marzo 1990, n. 45 ha introdotto la possibilità di ricongiungere le posizioni assicurative esistenti all'INPS, o in forme di previdenza sostitutive, con quelle costituite presso le varie Casse di previdenza dei liberi professionisti.

Destinatari della legge, fra gli altri, sono:

dipendenti, pubblici o privati, nonché lavoratori autonomi che siano stati iscritti ad una Cassa professionale;

liberi professionisti che siano stati iscritti a forme obbligatorie di previdenza per lavoratori dipendenti, pubblici o privati, o per lavoratori autonomi;

liberi professionisti che abbiano periodi di contribuzione presso diverse Casse professionali;

liberi professionisti che godano già dell'erogazione di una pensione;

superstiti entro 2 anni dal decesso dell'iscritto.

La ricongiunzione può avvenire sia presso l'Ente dove l'interessato è assicurato come lavoratore dipendente o autonomo, sia presso la Cassa professionale, sempre dove l'interessato è iscritto all'atto della domanda.

L'operazione è sempre a titolo oneroso. Il costo si basa sull'aumento di pensione che il soggetto ricava dalla ricongiunzione, tenendo conto di fattori quali l'età della persona, il sesso (le donne pagano un importo maggiore perché vanno in pensione prima), il reddito professionale e l'anzianità contributiva raggiunta.

In base all'art. 10, comma 1, lett. e), del D.P.R. 917/1986, gli importi versati dall'iscritto ai fini della ricongiunzione dei periodi assicurativi sono fiscalmente deducibili.

Con la sentenza della Corte costituzionale n. 61/1999 è stato stabilito che la riduzione del 50% prevista per i lavoratori dipendenti e autonomi dalla L. 29/1979 non può essere estesa ai professionisti a causa della diversità delle regole che disciplinano i rispettivi fondi.

La legge 45 non ha previsto, infine, (artt. 1 e 2) una norma che tuteli il lavoratore che in nessuno dei fondi dove ha versato raggiunge i requisiti minimi per la pensione. In questo caso, se la ricongiunzione è particolarmente costosa, deve scattare il meccanismo della totalizzazione (vedi infra), al fine di assicurare che sommando i diversi periodi di contribuzione il lavoratore possa comunque maturare il diritto alla prestazione, fermo restando che ogni Ente erogherà la sua quota di pensione in base ai versamenti ricevuti. Lo stesso sistema, detto del "pro-rata", viene già utilizzato per le pensioni maturate con i contributi esteri e per quelle dei lavoratori autonomi con versamenti di lavoro dipendente.

Da ultimo, l’articolo 12, commi da 12-septies a 12-undecies del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, è intervenuto sulla disciplina della ricongiunzione, al fine di armonizzare le norme previste in materia nei diversi regimi pensionistici.

In particolare, il comma 12-septies ha disposto, a decorrere dal 1° luglio 2010, l’applicazione alle ricongiunzioni effettuate da lavoratori dipendenti, pubblici o privati, che siano o siano stati iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive, esclusive od esonerative dell'A.G.O., delle disposizioni di cui all'articolo 2, commi 3, 4 e 5, della stessa L. 29/1979. L'onere da porre a carico dei richiedenti[127] è pari al 50% della somma risultante dalla differenza tra la riserva matematica, determinata in base a specifici criteri e tabelle, necessaria per la copertura assicurativa relativa al periodo utile considerato,

e le somme versate dalla gestione o dalle gestioni assicurative, ed è determinato in base agli specifici criteri fissati dall'articolo 2, commi da 3 a 5, del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184[128].

Merita infine ricordare che in seguito alla nuova disciplina della totalizzazione, introdotta dal D.lgs. n. 42/2006, emanato in attuazione della delega contenuta nell'articolo 1, commi 1, lettera d), 2, lettera o), e 46, della legge 23 agosto 2004, n. 243, dal 1° gennaio 2006 è stata estesa a tutti i lavoratori la totalizzazione gratuita dei periodi assicurativi, cioè la possibilità di cumulare tutta la contribuzione versata in diverse gestioni pensionistiche. La riforma rende possibile la totalizzazione sia alle pensioni di vecchiaia sia a quelle di anzianità[129].

 

Il comma 3 reca due tipologie di misure volte ad incentivare la mobilità interuniversitaria.

In primo luogo, dispone che possono essere attribuiti incentivi finanziari, a carico del Fondo di finanziamento ordinario, ai professori e ai ricercatori che prendono servizio in atenei con sede in altra regione rispetto a quella della sede di provenienza, o nella stessa regione se previsto da un accordo di programma approvato dal Ministero, ovvero, a seguito di procedure di fusione o federazione fra atenei, in sede diversa da quella di appartenenza. Si ricorda che gli incentivi per quest’ultima fattispecie sono già previsti - e non in termini di possibilità - dall’art. 3, comma 5 (che richiede il parere del MEF).

In secondo luogo, prevede che il trasferimento di professori e ricercatori possa avvenire attraverso lo scambio contestuale di docenti in possesso della stessa qualifica fra due sedi universitarie consenzienti.

 

Il comma 4 stabilisce che, in caso di cambiamento di sede, i professori e i ricercatori (sia di ruolo che a tempo determinato) responsabili di progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall’università di appartenenza conservano la titolarità dei progetti e dei relativi finanziamenti, a condizione che ciò sia scientificamente possibile e che ci sia l’accordo del committente della ricerca.

 

Il comma 5, infine, prevede l’intervento di un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è previsto un termine) che stabilisca criteri e modalità per favorire, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la mobilità interregionale dei professori che hanno prestato servizio presso corsi di laurea o sedi soppressi a seguito di procedure di razionalizzazione dell’offerta.

Sul punto, si ricorda che l’art. 3, comma 6, già dispone, riferendosi sia ai professori che ai ricercatori, meccanismi di mobilità e di trasferimento conseguenti alla disattivazione di corsi di studio o di facoltà e sedi decentrate, accompagnati dalla concessione di incentivi finanziari.

 

 


Articolo 8
(Revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari)

Per una migliore illustrazione dell’articolo 8, si ritiene utile premettere la ricognizione normativa.

Il trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari

L’art. 36 del DPR 382/1980 aggancia il trattamento dei professori universitari a quello della dirigenza statale[130]; in particolare, dispone che ai professori appartenenti alla I fascia all’atto del conseguimento della nomina ad ordinario è attribuita la classe di stipendio corrispondente al 48,6% della retribuzione di dirigente generale di I fascia dello Stato, comprensiva dell’eventuale indennità di funzione. Fino al conseguimento della nomina ad ordinario (ovvero, durante i tre anni di straordinariato), lo stipendio è pari al 92% di quello attribuito agli ordinari[131].

La progressione economica si sviluppa in sei classi biennali di stipendio pari ciascuna all’8% della classe attribuita all’atto della nomina ad ordinario ovvero del giudizio di conferma ad associato ed in successivi scatti biennali del 2,50 per cento calcolati sulla classe di stipendio finale.

In base al medesimo articolo 36, lo stipendio spettante ai professori appartenenti alla II fascia è pari al 70 per cento di quello spettante, a parità di posizione, ai professori di I fascia.

La misura del trattamento economico previsto dalle precedenti disposizioni è poi maggiorata del 40% a favore dei professori universitari che abbiano optato per il regime di impegno a tempo pieno.

Ulteriori assegni o incrementi, con particolare riguardo ai professori che optano per il tempo pieno, sono stati attribuiti dall’art. 39 (Assegno aggiuntivo) del DPR 382/1980[132] e dall’art. 8 della legge 79/1984[133].

L’art. 38 del DPR 382/1980 dispone che al ricercatore universitario all'atto dell'immissione in ruolo e fino al conseguimento del giudizio favorevole per l’immissione nella fascia dei ricercatori confermati è attribuito lo stipendio corrispondente al parametro 300 e gli aumenti biennali del 2,50 per cento calcolati su tale parametro. Dispone, inoltre, che la progressione economica dei ricercatori universitari confermati si sviluppa in sette classi biennali di stipendio, pari ciascuna all'8% del parametro 330 ed in successivi scatti biennali del 2,50%, calcolati sulla classe finale. Ogni punto parametrale corrisponde a 18.000 lire annue lorde.

 

In seguito, l’art. 1, comma 2, del già citato D.L. 7/2005 ha disposto che, dopo il primo anno di effettivo servizio e fino al giudizio di conferma, il trattamento economico dei ricercatori è pari al 70 per cento di quello dei  professori di seconda fascia a tempo pieno di pari anzianità.

 

Occorre peraltro ricordare ulteriori interventi normativi.

Anzitutto, l’art. 24 della legge 448/1998[134] (collegata alla manovra finanziaria 1999) ha introdotto un meccanismo di adeguamento automatico annuale del complesso della retribuzione (stipendio, indennità integrativa speciale ed assegni fissi e continuativi) dei docenti e dei ricercatori universitari (oltre che di altre categorie di personale non contrattualizzato) in ragione degli incrementi medi, calcolati dall'ISTAT, conseguiti nell'anno precedente dalle categorie di pubblici dipendenti contrattualizzati sulle voci retributive, ivi compresa l'indennità integrativa speciale, utilizzate dal medesimo Istituto per l'elaborazione degli indici delle retribuzioni contrattuali.

La percentuale di adeguamento è determinata entro il 30 aprile di ciascun anno con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica[135] (sul punto, si vedano, infra, le disposizioni recate dal D.L. 78 del 2010).

 

In seguito, nell’ottica del contenimento della spesa pubblica, l’articolo 69 del D.L. n. 112/2008[136] ha differito una tantum di 12 mesi - con effetto dal 1° gennaio 2009 - la maturazione dell’aumento biennale o della classe di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti per tutte le categorie di personale in regime di diritto pubblico di cui all’articolo 3 del D.lgs. 165/2001, limitatamente alla misura del 2,5%. Il periodo di differimento è utile anche ai fini della maturazione degli ulteriori successivi aumenti biennali o classi di stipendio[137].

 

Ancora in seguito, l’art. 3-ter del D.L. 180/2008 ha subordinato, a partire dal 1° gennaio 2011, gli scatti biennali spettanti a docenti e ricercatori ai sensi degli artt. 36 e 38 del D.P.R. 382/1980 all’accertamento da parte dell’autorità accademica della effettuazione, nel biennio precedente,di pubblicazioni scientifiche[138]; in assenza di queste, ai sensi del comma 3 - di cui l’art. 8 in commento dispone l’abrogazione - l’entità dello scatto viene dimezzata[139].

 

Da ultimo, l’art. 9, comma 21, del D.L. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla L.122/2010, ha disposto che per gli anni 2011, 2012 e 2013 non si applicano al personale in regime di diritto pubblico ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 165 del 2001 i meccanismi di adeguamento retributivi previsti dall’art. 24 della L. 448 del 1998. Per tale personale, gli anni indicati non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio. Sempre per gli stessi anni, le progressioni di carriera, comunque denominate, eventualmente disposte, hanno effetto esclusivamente a fini giuridici. Tale ultima previsione vale anche, per gli anni indicati, per il personale contrattualizzato.

La ricostruzione di carriera

L’art. 103 del DPR 382 del 1980 stabilisce che la ricostruzione di carriera è attivabile sulla base di domanda da presentare entro un anno dalla conferma in ruolo.

Ai professori di ruolo, all’atto della nomina ad ordinario, è riconosciuto, ai fini della carriera:

Ai professori associati, all’atto della conferma in ruolo o della nomina in ruolo, è riconosciuto, ai fini della carriera:

 

Ai ricercatori universitari, all’atto della immissione nella fascia dei ricercatori confermati, è riconosciuto, ai fini della carriera:

Per tutte le categorie indicate, i servizi svolti contemporaneamente non sono fra loro cumulabili e, in ogni caso, i riconoscimenti non possono superare complessivamente il limite massimo di 8 anni.

Valgono anche i servizi prestati presso università non statali; i periodi trascorsi all’estero, ovvero presso l’Istituto universitario europeo di Firenze, per incarichi di insegnamento universitario o per ricerche presso centri qualificati, sono equiparati al servizio prestato come professore incaricato o, per le attività di ricerca, come ricercatore universitario. Sono equiparati al servizio prestato come ricercatore universitario anche i periodi di attività di ricerca svolta presso gli enti pubblici di ricerca.

 

L’art. 8 prevede l’adozione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, di due regolamenti di delegificazione per la revisione del trattamento economico dei professori e dei ricercatori universitari (si ricorda che su un aspetto del trattamento economico dei ricercatori interviene anche l’art. 5, comma 3, lett. f), prevedendo l’intervento di un decreto legislativo, quindi di una diversa fonte normativa).

I regolamenti sono adottati su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il Ministro dell’economia e delle finanze (comma 4).

 

Ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, come modificato dall’art. 5 della legge n. 69 del 2009[143], i regolamenti di delegificazione sono adottati con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti con effetto dalla data di entrata in vigore delle norme regolamentari.

Il primo regolamento riguarda il trattamento economico dei professori e dei ricercatori già in servizio e di quelli vincitori dei concorsi indetti fino alla data di entrata in vigore della legge (comma 1).

Le norme generali regolatrici della materia sono così individuate:

§              trasformazione della attuale progressione biennale per classi e scatti di stipendio in progressione triennale;

§              invarianza complessiva della progressione;

§              decorrenza della trasformazione dal primo scatto successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge.

Si specifica, inoltre, che il regolamento deve essere adottato anche tenendo conto delle disposizioni recate dal D.L. 78 del 2010 (ossia, si intende, del già citato art. 9, comma 21).

 

Il secondo regolamento riguarda il trattamento economico dei professori e dei ricercatori assunti sulla base delle nuove regole. In particolare, si dispone la rimodulazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, della progressione economica e dei relativi importi, che potrà anche essere su base premiale (comma 3).

Le norme generali regolatrici della materia sono così individuate:

§              per i professori di prima fascia, abolizione del periodo di straordinariato (che – si ricorda – ai sensi dell’art. 6, primo comma, del DPR 382 del 1980 corrisponde ai primi 3 anni di attività);

§              per i professori di seconda fascia, abolizione della conferma (di cui all’art. 23 del DPR 382 del 1980);

§              eliminazione delle procedure di ricostruzione di carriera (di cui all’art. 103 del DPR 382 del 1980) e conseguente rivalutazione del trattamento iniziale (sull’argomento, si veda, però, anche l’art. 29, comma 20);

§              previsione della possibilità, per i professori e i ricercatori nominati secondo il regime previgente (ossia, quelli cui è dedicato il comma 1) di optare per questo nuovo regime.

 

Il comma 2 dispone l’abrogazione del comma 3 dell’art. 3-ter del D.L. 180 del 2008, ai sensi del quale la mancata effettuazione di pubblicazioni scientifiche nel biennio precedente comporta il dimezzamento dello scatto biennale.

Rimane fermo il comma 1 del medesimo art. 3-ter, ai sensi del quale gli scatti biennali sono disposti previo accertamento da parte della autorità accademica della effettuazione nel biennio precedente di pubblicazioni scientifiche.

 


Articolo 9
(Fondo per la premialità)

L’art. 9, richiamando l’art. 1, comma 16, della legge n. 230 del 2005, istituisce un Fondo di ateneo per la premialità di professori e ricercatori, nonché, per alcune ipotesi, del personale tecnico-ammministrativo.

In particolare, si prevedono due differenti meccanismi premiali, uno connesso alla attività di professori e ricercatori e uno, eventuale, connesso alla acquisizione di commesse o di finanziamenti privati anche da parte del personale tecnico-amministrativo.

 

Il Fondo è alimentato con le somme relative agli scatti stipendiali non attribuite a causa di valutazione negativa, di cui all’art. 6, comma 14.

Sono previsti anche altri possibili canali per alimentare il Fondo.

A livello centrale, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con decreto, può attribuire ulteriori somme ad ogni università, in proporzione alla valutazione dei risultati effettuata dall’ANVUR.

A livello locale, ogni ateneo può integrare il Fondo con una quota dei proventi delle attività svolte in conto terzi o con finanziamenti pubblici o privati.

In questo secondo caso, l’ateneo, con proprio regolamento, può prevedere compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all’acquisizione di commesse conto terzi o di finanziamenti privati, nei limiti delle risorse che non derivano da finanziamenti pubblici.

 

Il comma 16 dell’art. 1 della legge n. 230 del 2005 – cui si è già accennato nella scheda relativa allo stato giuridico - conferma il trattamento economico dei professori universitari articolato a seconda che sia scelto il regime a tempo pieno o a tempo definito e specifica che il trattamento stesso è correlato all'espletamento delle attività scientifiche e all'impegno per le altre attività, fissato per il rapporto a tempo pieno in non meno di 350 ore annue di didattica, di cui 120 di didattica frontale, e per il rapporto a tempo definito in non meno di 250 ore annue di didattica, di cui 80 di didattica frontale (primo e secondo periodo). Le ore di didattica frontale possono variare sulla base dell'organizzazione didattica e della specificità e della diversità dei settori scientifico-disciplinari e del rapporto docenti-studenti, sulla base di parametri definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca (terzo periodo). Il quarto periodo prevede, altresì, che ai professori a tempo pieno è attribuita una eventuale retribuzione aggiuntiva nei limiti delle disponibilità di bilancio, in relazione agli impegni ulteriori di attività di ricerca, didattica e gestionale, oggetto di specifico incarico, nonché in relazione ai risultati conseguiti, secondo i criteri e le modalità definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro per la funzione pubblica. Il quinto periodo stabilisce, infine, che per il personale medico universitario, in caso di svolgimento delle attività assistenziali per conto del Servizio sanitario nazionale, resta fermo lo speciale trattamento aggiuntivo previsto dalle vigenti disposizioni.

 

Quindi, il riferimento al comma 16 dell’art. 1 della legge n. 230 del 2005, contenuto nell’art. 9 in commento, è al quarto periodo dello stesso. Inoltre, rispetto a tale disposizione, le novità sembrano così enucleabili:

§         La platea dei destinatari comprende anche i professori a tempo definito, nonché i ricercatori;

§         Sono introdotti compensi aggiuntivi – che in questo caso possono riguardare anche il personale tecnico amministrativo – collegati all’acquisizione di commesse o di finanziamenti privati.

 


Articolo 10
(Competenza disciplinare)

L’articolo 10 ridefinisce l’assetto delle competenze in materia di sanzioni disciplinari. In particolare, stabilisce che presso ciascuna università è costituito un collegio di disciplina,finora istituito a livello nazionale, nell’ambito del CUN. Inoltre, prevede che le sanzioni sono irrogate dal Consiglio di amministrazione di ciascun ateneo e non più dal rettore.

Conseguentemente, si abroga l’articolo 3 della L. n. 18 del 2006[144] (comma 6).

 

In materia di sanzioni disciplinari, il R.D. n. 1592 del 1933 – come modificato, in particolare, dalla L. n. 18 del 2006 –ha disposto che ai professori di ruolo possono essere inflitte, secondo la gravità delle mancanze, le seguenti punizioni disciplinari (art. 87):

§         la censura[145];

§         la sospensione dall'ufficio e dallo stipendio fino ad un anno[146];

§         la revocazione;

§         la destituzione senza perdita del diritto a pensione o ad assegni;

§         la destituzione con perdita del diritto a pensione o ad assegni.

In seguito, l’art. 12 della L. n. 311 del 1958[147] ha stabilito che ai professori universitari di ruolo si applicano, in quanto non contrastanti con le disposizioni di cui al Testo unico sull’istruzione, anche alcune disposizioni recate dal Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato (DPR 10 gennaio 1957, n. 3). Si tratta degli articoli 85 - Destituzione di diritto -, 91 - Sospensione cautelare obbligatoria -, 96 - Computo della sospensione cautelare -, 97 - Revoca della sospensione - e 98 -Sospensione dalla qualifica a seguito di condanna penale[148].

Ancora successivamente, la L. n. 424 del 1966 [149] ha abrogato tutte le disposizioni che prevedevano, a seguito di condanna penale o di provvedimento disciplinare, la riduzione o la sospensione del diritto del dipendente dello Stato o di altro Ente pubblico al conseguimento e al godimento della pensione e di ogni altro assegno od indennità da liquidarsi in conseguenza della cessazionedel rapporto di dipendenza[150].

 

Novità sono intervenute anche per quanto concerne l’autorità competente ad adottare i relativi provvedimenti. Occorre, infatti, ricordare che gli artt. 88 e 89 del Testo unico delle leggi sull’istruzione superiore facevano esplicito riferimento al Ministro. In particolare, essi prevedevano che la censura era inflitta per iscritto dal Ministro o dal rettore dell'Università o direttore dell'Istituto, udite le giustificazioni del professore. Ai rettori e direttori essa era inflitta esclusivamente dal Ministro. Le punizioni diverse dalla censura erano inflitte dal Ministro su conforme parere di una Corte di disciplina.

Successivamente, la legge 24 dicembre 1993, n. 537, ha disposto, all’art. 5, comma 9, che le funzioni del Ministero relative allo stato giuridico ed economico dei professori universitari e dei ricercatori sono attribuite alle università di appartenenza, che le esercitano nelle forme stabilite dallo statuto. Ciò ha comportato, quindi, che il potere di attivare procedimenti sanzionatori ed adottare i conseguenti provvedimenti è passato dal Ministro al rettore. Qualora, per la gravità dei fatti, si proponga una sanzione superiore alla censura, l’atto è comunque adottato dal rettore, ma è necessario il parere conforme di una Corte di disciplina[151], oggi rappresentata dal Collegio di disciplina nell’ambito del CUN.

L’art. 3 della L. n. 18 del 2006[152], infatti, ha disposto che il procedimento disciplinare nei confronti dei professori e dei ricercatori universitari è effettuato da un Collegio di disciplina eletto dal CUN al suo interno. Il Collegio è composto da cinque membri effettivi ed altrettanti membri supplenti, di cui, in entrambi i casi, tre professori ordinari, uno associato e un ricercatore[153]. Il Collegio di disciplina è presieduto dal Presidente del CUN, che fa parte del collegio quale membro effettivo, e delibera con la maggioranza dei voti dei componenti. In caso di parità di voti prevale il voto del presidente. Il procedimento disciplinare si svolge nel rispetto del principio del contraddittorio.

Ai sensi del medesimo articolo, per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura tra quelle previste dall’art. 87 del Testo unico delle leggi sull’istruzione superiore, l’azione disciplinare innanzi al collegio spetta al rettore competente, entro 30 giorni dalla notizia dei fatti, senza pregiudizio per il ricorso ad altre sedi di giudizio civile e penale.

La sanzione è inflitta dal rettore, su conforme parere del collegio, entro 30 giorni dalla ricezione del parere.

Il procedimento disciplinare si estingue ove non intervenga la pronuncia del collegio di disciplina entro 180 giorni dalla data di ricezione degli atti trasmessi dal rettore. Tale termine è sospeso fino alla ricostituzione dell’organo disciplinare, nel caso incui siano in corso operazioni di rinnovo del CUN che ne impediscano il regolare funzionamento. Il termine è altresì sospeso (per non più di due volte e per un periodo non superiore a 60 giorni relativamente a ciascuna sospensione) ove il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o elementi per motivi istruttori. Il rettore è tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie.

Il rettore sospende cautelarmente dall’ufficio e dallo stipendio la persona sottoposta a procedimento disciplinare, anche su richiesta del collegio, in qualunque momento del procedimento, in relazione alla gravità dei fatti contestati e alla verosimiglianza della contestazione.

 

Il comma 1 dell’articolo in commento stabilisce che presso ciascuna università è costituito un collegio di disciplina composto – secondo modalità definite dagli statuti – esclusivamente da professori universitari e ricercatori a tempo indeterminato in regime di tempo pieno, competente a svolgere la fase istruttoria dei procedimenti disciplinari e ad esprimere parere conclusivo. La partecipazione al collegio non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.

Il collegio di disciplina opera secondo il principio del giudizio fra pari, nel rispetto del contraddittorio.

 

In accordo con quanto disposto all’art. 2, comma 1, lett. b), il comma 2 prevede che l’avvio del procedimento disciplinare spetta al rettore. Questi, per ogni fatto che possa dar luogo all’irrogazione di una sanzione più grave della censura, tra quelle previste dall’art. 87 del R.D. n. 1592 del 1933, trasmette al collegio di disciplina gli atti entro 30 giorni dalla conoscenza dei fatti, formulando proposta motivata.

Sulla proposta del rettore, il collegio di disciplina esprime il proprio parere entro 30 giorni – sia in relazione alla rilevanza dei fatti sul piano disciplinare, sia in relazione al tipo di sanzione da irrogare –, uditi il rettore o un suo delegato, nonché il professore o il ricercatore sottoposto ad azione disciplinare, eventualmente assistito da un difensore di fiducia.

Il collegio, quindi, trasmette gli atti al Consiglio di amministrazione per l’assunzione (in accordo con l’art. 2, comma 1, lett. h)) delle conseguenti deliberazioni. Il procedimento davanti al collegio resta disciplinato dalla normativa vigente (comma 3).

 

Non appare chiaro a quali disposizioni si sia inteso fare riferimento per la disciplina del procedimento davanti al collegio.

 

Entro 30 giorni dalla ricezione del parere del collegio di disciplina e uniformandosi ad esso, il consiglio di amministrazione, senza la rappresentanza degli studenti, infligge la sanzione, ovvero dispone l’archiviazione del procedimento (comma 4).

 

Il comma 5 dispone che il procedimento si estingue ove la decisione del consiglio di amministrazione non intervenga entro 180 giorni dalla trasmissione degli atti (nulla è invece disposto nel caso di superamento del termine fissato per il collegio di disciplina). Tale termine è sospeso fino alla ricostituzione del collegio di disciplina ovvero del consiglio di amministrazione, nel caso in cui le operazioni volte alla formazione dell’organo siano in corso e ne impediscano il regolare funzionamento.

Il termine è, altresì, sospeso – per non più di due volte, ciascuna per un periodo non superiore a 60 giorni – nel caso in cui, per motivi istruttori, il collegio ritenga di dover acquisire ulteriori atti o documenti.Il rettore è tenuto a dare esecuzione alle richieste istruttorie avanzate dal collegio.


Articolo 11
(Interventi perequativi per le università statali)

L’art. 11 prevede che a decorrere dal 2011 una quota pari almeno all’1,5 per cento del FFO e delle risorse eventualmente assegnate per il funzionamento del sistema universitario (il riferimento sembra essere a risorse assegnate una tantum) è ripartita fra le università che, sulla base delle differenze percentuali del valore del FFO consolidato del 2010, presentino un situazione di sottofinanziamento superiore al 5 per cento rispetto al modello per la ripartizione teorica del medesimo FFO elaborato dagli organi di valutazione del sistema universitario. L’intervento perequativo è ridotto proporzionalmente laddove la situazione di sottofinanziamento deriva dall’applicazione delle misure di valutazione della qualità previste dall’art. 5 della legge e dall’art. 2 del D.L. 180 del 2008 (sul quale interviene l’art. 13 della legge). Si dispone, inoltre, che il calcolo degli squilibri finanziari dei singoli atenei può tenere conto della specificità delle università che siano sede di facoltà di medicina e chirurgia collegate ad aziende ospedaliere nate da ex policlinici a gestione diretta,con esclusione di ogni intervento per il ripiano di eventuali disavanzi: al riguardo, si fa riferimento all’art. 5, lettere da g) ad m) della legge.

Il fine della disposizione è quello di accelerare il processo di riequilibrio delle università statali, tenuto conto della esigenza di assicurare la copertura delle spese fisse del personale di ruolo (comma 1).

 

Si ricorda, al riguardo, che l’art. 5, comma 4, lett. e), indica fra i criteri direttivi per l’esercizio della delega concernente la contabilità universitaria la determinazione di un limite massimo all’incidenza complessiva delle spese per il personale di ruolo e a tempo determinato sulle entrate complessive dell’ateneo (per la ricognizione normativa relativa ai limiti posti alla spesa per il personale degli atenei si veda la scheda riferita agli artt. 16 e 18).

 

Con riguardo alle università sedi di facoltà di medicina e chirurgia, si ricorda che il già citato D.lgs. n. 517 del 1999, all’articolo 2, commi 1 e 2, prevede che la collaborazione fra Servizio sanitario nazionale e università si realizzi prevalentemente attraverso aziende ospedaliero-universitarie, aventi autonoma personalità giuridica, con compiti finalizzati alla didattica, ricerca e assistenza. Per un periodo transitorio di quattro anni (vale a dire fino al 2004), le aziende ospedaliero-universitarie si sono articolate, in via sperimentale, in due tipologie organizzative: aziende ospedaliere costituite in seguito alla trasformazione dei policlinici universitari a gestione diretta, denominate aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale (AOU); aziende ospedaliere costituite mediante trasformazione dei presidi ospedalieri nei quali insiste la prevalenza del corso di laurea in medicina e chirurgia, anche operanti in strutture di pertinenza dell'università, denominate aziende ospedaliere integrate con l'università. Al termine del quadriennio di sperimentazione è stata stabilita l’applicazione a tali aziende della disciplina prevista dal D.lgs. 517/1999 per pervenire al modello aziendale unico di azienda ospedaliero – universitaria. E’ stato anche previsto che, qualora nell’azienda di riferimento non siano disponibili specifiche strutture essenziali per l’attività didattica, l’università concorda con la regione, nell’ambito dei protocolli di intesa, l’utilizzazione di altre strutture pubbliche e private accreditate. L’adeguamento al dettato del D.lgs. 517/1999 è in molti casi recente e in alcuni casi non ancora iniziato.

Si ricorda, infine, che a norma dell’articolo 2 del decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, del 16 novembre 2005[154], per il concorso alla copertura dei disavanzi degli IRCCS e per il concorso alla copertura dei maggiori costi di produzione dei policlinici universitari, si è provveduto ad accantonare la somma di 550 milioni di euro, di cui 380 milioni per gli IRCCS e 170 milioni per i policlinici universitari, rinviando il relativo riparto e la definizione di criteri e modalità concessive ad un successivo provvedimento, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni. Al proposito si segnala la recente Intesa sullo schema di decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, concernente l'assegnazione di ulteriori 85,201 milioni di euro alle Regioni ospitanti ex policlinici universitari a gestione diretta di diritto pubblico ai sensi del decreto 16 novembre 2005, del 16 dicembre 2010.

 

Ai sensi del comma 2, la ripartizione della percentuale indicata nel comma 1 è effettuata con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

 

Si ricorda che l’art. 5 della già citata L. 537 del 1993 ha previsto che a decorrere dal 1994 i mezzi finanziari destinati dallo Stato alle università sono iscritti in tre distinti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica:

§                fondo per il finanziamento ordinario delle università, relativo alla quota a carico del bilancio statale delle spese per il funzionamento e le attività istituzionali delle università, ivi comprese le spese per il personale docente, ricercatore e non docente, per l'ordinaria manutenzione delle strutture universitarie e per la ricerca scientifica, ad eccezione della quota destinata ai progetti di ricerca di interesse nazionale[155] e della spesa per le attività sportive universitarie;

§                fondo per l'edilizia universitaria e per le grandi attrezzature scientifiche, relativo alla quota a carico del bilancio statale per la realizzazione di investimenti per le università in infrastrutture edilizie e in grandi attrezzature scientifiche, ivi compresi i fondi destinati alla costruzione di impianti sportivi;

§                fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario, relativo al finanziamento di specifiche iniziative, attività e progetti, ivi compreso il finanziamento di nuove iniziative didattiche.

La disposizione ha previsto che nel FFO sono comprese una quota base, da ripartirsi tra le università in misura proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo Stato per ciascuna università nell'esercizio 1993, e una quota di riequilibrio, da ripartirsi sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentito il CUN e la CRUI, relativi a standard dei costi di produzione per studente, al minore valore percentuale della quota relativa alla spesa per il personale di ruolo sul FFO e agli obiettivi di qualificazione della ricerca. Ha, altresì, stabilito che, a partire dal 1995, la quota base è progressivamente ridotta e la quota di riequilibrio è aumentata almeno di pari importo[156][157].

La quota di riequilibrio concorre al finanziamento a regime delle iniziative realizzate in conformità ai piani di sviluppo. Il riparto della quota di riequilibrio è finalizzato anche alla riduzione dei differenziali nei costi standard di produzione nelle diverse aree disciplinari ed al riallineamento delle risorse erogate tra le aree disciplinari, tenendo conto delle diverse specificità e degli standard europei.

L’importo del FFO, allocato sul cap. 1694[158], è stato determinato annualmente, fino al 2010, in tabella C della legge finanziaria. A partire dalla legge di bilancio e dalla legge di stabilità per il 2011, esso non è più presente nella tab. C, dalla quale, ai sensi dell’art. 52 della nuova legge di contabilità (L. 196/2009), sono state espunte le spese obbligatorie[159].

Il riparto del FFO fra gli atenei è effettuato con decreto ministeriale.

Dal 2004 al 2009 per il riparto annuale del FFOè stato adottato, con DM 24 luglio 2004, n. 246[160], un modello teorico predisposto dal Comitato per la valutazione del sistema universitario[161], con alcune integrazioni e precisazioni richieste dalla CRUI. In sintesi, il modello teneva conto dei seguenti elementi:

§        30%: domanda da soddisfare (numero di iscritti);

§        30%: risultati di processi formativi (CFU acquisiti dagli studenti);

§        30%: risultati della ricerca scientifica; il “potenziale di ricerca” è calcolato in base al numero di docenti, ricercatori, borsisti, assegnisti, ecc., opportunamente pesati secondo la categoria di appartenenza e ulteriormente ponderati per indicatori di partecipazione e di successo nella richiesta di fondi PRIN nel triennio precedente, cui si aggiunge il numero di ricercatori “virtuali” calcolato in base ai fondi esterni ottenuti dall’ateneo per attività di ricerca;

§        10%: incentivi speciali.

Occorre, tuttavia, aggiungere che, a causa della situazione di crescente squilibrio finanziario delle università, il FFO è stato allocato, nonostante il modello CNVSU, quasi esclusivamente sulla base delle quote storiche di spesa. A questo riguardo, nel documento curato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica (CTFP)[162], “Misure per il risanamento finanziario e l’incentivazione dell’efficacia e dell’efficienza del sistema universitario”, pubblicato il 31 luglio 2007 dal Ministero dell’economia e delle finanze, p. 8[163], si evidenzia che ciò ha determinato Università finanziate in eccesso (fino al 36%) e Università finanziate per difetto (fino al 43,1%)[164].

Dal 2009, una quota del FFO è stata ripartita, ai sensi dell’art. 2 del D.L. 180 del 2008, in base ai risultati qualitativi degli atenei (si veda, più ampiamente, commento art. 13).

Il DM di riparto del FFO per il 2010[165] evidenzia che si è ritenuto opportuno adottare un modello unico di finanziamento, all'interno del quale confluiscano gli elementi distintivi del modello di finanziamento teorico di cui al documento (Doc 1/04) del Comitato per la valutazione del sistema universitario e i criteri utilizzati per l'assegnazione del fondo di cui al predetto art. 2 del D.L. 180 del 2008[166]. Quanto a quest’ultimo, l’allegato 1 del DM dispone che i 720 milioni di euro disponibili (di cui all’art. 4) sono ripartiti per il 34% (244,80 mlnl €) sulla base degli indicatori A1 – A4 (relativi alla didattica) e per il restante 66% (475,20 mln €) sulla base degli indicatori B1 – B4 (relativi alla ricerca).

Per completezza, e rinviando per una disamina più ampia alla scheda riferita all’art. 1, si ricorda che, ai sensi dell’art. 3 del DPR 76 del 2010, attualmente il compito di elaborare, su richiesta del Ministro, i parametri per l’allocazione dei finanziamenti statali è affidata all’ANVUR.

 


Articolo 12
(Università non statali legalmente riconosciute)

L’articolo 12, comma 1, al fine di incentivare la qualità delle attività didattiche e di ricerca delle università non statali, stabilisce che una quota non inferiore al 20% dei contributi di cui alla L. n. 243 del 1991[167], da incrementare progressivamente, è ripartita sulla base di criteri determinati con decreto del MIUR, sentita l’ANVUR, tenuto conto degli indicatori previsti, per le medesime finalità, per le università statali dall’art. 2 del D.L. 180 del 2008 (che viene novellato dall’art. 13 della legge).

Poiché la legge è entrata in vigore il 29 gennaio 2011, si presume che il primo anno di contributi da considerare sia il 2011 e che da questo anno in poi si considerino gli incrementi progressivi.

 

Il comma 2 stabilisce che gli incrementi sono disposti annualmente con decreto del MIUR, in misura compresa fra il 2 per cento e il 4 per cento. La misura dell’incremento è determinata tenendo conto delle risorse complessivamente disponibili e dei risultati conseguiti nel miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse. Si tratta degli stessi fattori previsti, per le università statali, dall’art. 13, comma 1, lett. b).

 

Si ricorda che le università non statali - previste originariamente con la dizione di “università libere” dal R.D. n. 1592 del 1933 - sono disciplinate essenzialmente dalla già citata L. n. 243 del 1991 e dal D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25[168].

In particolare, la L. n. 243/1991 ha chiarito, all’art. 1, che anche le università non statali “operano nell’ambito delle norme dell’articolo 33, ultimo comma, della Costituzione e delle leggi che le riguardano, nonché dei principi generali della legislazione in materia universitaria in quanto compatibili“.

In tal modo sono state estese a questa categoria di atenei le norme sull’autonomia statutaria e regolamentare introdotte a partire dalla L. n. 168/1989. Al pari delle università statali, le università non statali sono sottoposte “all’indirizzo e al coordinamento” del Ministero, possono essere soppresse (secondo quanto previsto dall’art. 2, comma 5, del D.P.R. n. 25/1998 e dall’art. 212 del R.D. n. 1592 del 1933) ove l’attività svolta non sia coerente con quanto richiesto dall’ordinamento, e sono ricomprese nell’ambito della programmazione del sistema universitario[169].

Le modalità di istituzione degli atenei sono ora disciplinate dall’art. 2, comma 5, lett. c), del D.P.R. n. 25/1998 che prevede che questa, nonché l’autorizzazione al rilascio di titoli aventi valore legale, è disposta con decreto del Ministro, contestualmente all’approvazione dello statuto e del regolamento didattico di ateneo, di cui alla L. n. 341/1990.

Con riferimento al triennio 2007-2009, le linee generali di indirizzo, come si è visto in altra scheda, sono state definite con il D.M. 3 luglio 2007, n. 362. Il medesimo decreto, all’art. 5 - Istituzione di nuove Università non statali, stabilisce che soggetti pubblici o privati possono presentare proposte concernenti l'istituzione di nuove Università non statali legalmente riconosciute autorizzate a rilasciare titoli di studio aventi valore legale che prevedano corsi di laurea e di laurea magistrale, in aree disciplinari di particolare interesse nazionale e comunitario relative a classi di corsi di studio appositamente individuate con successivo decreto del Ministro da inviare alla Corte dei conti, il quale definisce anche le modalità e il termine di presentazione delle proposte stesse, nonché, avvalendosi del CNVSU, i parametri e i criteri per la loro valutazione.

Quest’ultimo non è stato adottato, mentre con nota MIUR n. 91 del 5 maggio 2009[170] sono stati definiti i requisiti necessari per le università non statali.

La già citata L. n. 243/1991 ha anche previsto – agli articoli 2 e 3 – l’assegnazione di contributi statali alle università e agli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti che abbiano ottenuto l’autorizzazione a rilasciare titoli di studio universitario aventi valore legale, ai sensi dell’art. 6 della L. 7 agosto 1990, n. 245 (poi abrogato dall’art. 4 del DPR 25 del 1998).

Relativamente alle modalità di concessione dei contributi statali, l’ateneo interessato presenta annualmente al Ministro i bilanci e la specifica documentazione relativa alla struttura e al funzionamento dell’università (numero di studenti, facoltà, scuole, patrimonio immobiliare, ecc.). Il contributo è assegnato secondo criteri oggettivi e il Ministro può chiedere chiarimenti sui dati forniti e disporre ispezioni per accertare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla legge.

Successivamente, con riferimento all’istituzione di nuove università non statali legalmente riconosciute, l’art. 9, comma 4, del D.M. 5 agosto 2004, n. 262[171] ha stabilito che i contributi previsti dalla L. n. 243 del 1991 – nonché dall’art. 5, comma 1, lett. c), della L. n. 537 del 1993[172] – possono essere concessi alle università soltanto dopo la positiva valutazione del CNVSU al termine del quinto anno di attività.

Ai sensi della norma citata, infatti, il Comitato provvede ad effettuare una valutazione dei risultati conseguiti al termine del terzo, quinto e settimo anno accademico di attività delle università.

Con DM 16 settembre 2010, n. 426[173]sono stati definiti i criteri per la ripartizione delle risorse destinate alle università non statali per il 2010 ( 89,1 mln). Nella premessa del DM si richiama il “D.M. 152 del 2008 registrato alla Corte dei Conti, reg. 5 foglio 2005, in data 16/9/2008 - che prevede per l'ulteriore triennio 2008-2010 l'applicazione, per una quota di risorse, del modello per la ripartizione teorica del fondo di finanziamento ordinario alle università, predisposto dal Comitato Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario (Doc 1/04), e successive modifiche, che risulta applicabile anche per le Università non statali con finalità di riequilibrio”.

 

Il comma 3 dispone che le previsioni recate dai commi precedenti non si applicano alle università telematiche, tranne quelle - individuate con decreto del Ministro, sentita l’ANVUR e, nelle more della sua costituzione, il CNVSU - che rispettano i criteri indicati al comma 1.

La seconda parte del comma 3, in apparente contrasto con la prima parte, sembra chiarire che le università telematiche che rispettano i criteri di qualità indicati al comma 1 hanno diritto all’attribuzione di una parte dei contributi secondo le indicazioni dello stesso comma 1.

 

L’istituzione delle università telematiche è stata regolamentata con il Decreto Interministeriale 17 aprile 2003[174], emanato in attuazione dell’art. 26, comma 5, della L. n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003). Quest’ultimo ha previsto, infatti, che con decreto interministeriale fossero determinati i criteri e le procedure di accreditamento dei corsi universitari a distanza e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici, senza oneri a carico del bilancio dello Stato, stabilendo che, ai fini dell'acquisizione dell'autorizzazione al rilascio dei titoli accademici, le istituzioni devono disporre di adeguate risorse organizzative e gestionali[175].

Successivamente, l’art. 4 del D.L. n. 35 del 2005 – come modificato dalla legge di conversione (L. n. 80 del 2005) – ha modificato la norma stabilendo l’applicabilità a tali fattispecie delle norme relative alla concessione dei contributi statali, di cui alla L. n. 243 del 1991, ossia dei contributi relativi alle università non statali legalmente riconosciute.

 

Il D.I. del 2003, ritenuta la necessità e l’urgenza di definire – nell'ambito delle sperimentazioni in atto di formazione a distanza attuate presso le Università ed i Consorzi universitari di settore – la disciplina per assicurare la qualità della formazione attraverso l'utilizzo delle più moderne tecnologie di e-learning, determina i criteri e le procedure di accreditamento[176] dei corsi universitari a distanza (presso le università convenzionali) e delle istituzioni universitarie promosse da soggetti pubblici e privati e riconosciute secondo i criteri e le procedure ivi definiti. In base all’art. 2 del medesimo decreto, queste ultime istituzioni assumono la denominazione di “Università telematiche[177]”.

Il decreto aveva previsto originariamente la costituzione di un apposito Comitato di esperti per la valutazione delle istanze di accreditamento dei corsi di studio universitari a distanza. Con le modifiche apportate dal successivo D.M. 15 aprile 2005, il Comitato di esperti è stato sostituito dal CNVSU, cui è stato attribuito, tra l’altro, il compito di esprimere pareri motivati in ordine alle istanze per l’accreditamento dei corsi di studio a distanza.

Il D.M. del 2005 aveva anche introdotto la possibilità di attivare la procedura per l’accreditamento dei corsi di studio a distanza preordinati al rilascio delle lauree per le professioni sanitarie, opportunità successivamente revocata con il Decreto interministeriale 14 luglio 2006.

Successivamente, l’art. 2, comma 148, del D.L. n. 262 del 2006[178] ha sospeso l’istituzione di nuove università telematiche fino alla data di entrata in vigore del regolamento – previsto dal medesimo comma 148 –, da emanarsi secondo i principi già enunciati nell’art. 26, comma 5, della legge finanziaria 2003, nonché prevedendo appositi interventi di valutazione da parte del CNVSU sull’attività svolta dalle università[179]. Tale regolamento non risulta emanato.

Attualmente, secondo i dati riportati dal Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario (CNVSU) nel documento Analisi della situazione delle Università Telematiche[180] sono attive 11 università telematiche: Università Telematica “Leonardo Da Vinci”, Torrevecchia Teatina (CH); Università Telematica “TELMA”, Roma; Università Telematica “Guglielmo Marconi”, Roma; Università Telematica Internazionale “Uninettuno”, Roma; Università Telematica “Universitas Mercatorum”, Roma; Università Telematica Internazionale “UNITEL”, Milano; Università Telematica UNISU ”Niccolò Cusano”, Roma; Università Telematica “Italian University Line” - IUL, Firenze; Università Telematica “Giustino Fortunato”, Benevento; Università Telematica “Pegaso”, Napoli; Università Telematica E-Campus, Noverate (CO)[181].

 

In base alla ricostruzione normativa effettuata, le 11 università telematiche sopra elencate rientrano, quindi, tra le università non statali legalmente riconosciute che hanno diritto ai contributi statali di cui alla L. n. 243 del 1991, e che rilasciano titoli di studio aventi valore legale.

Peraltro, nessuna di esse ha maturato ancora il diritto a ricevere i contributi in base alle regole vigenti, ante ricordate (art. 9, c. 4, D.M. 5 agosto 2004, n. 262). Come evidenzia l’analisi effettuata dal CNVSU, infatti, il Comitato ha quasi ultimato il ciclo delle valutazioni al termine del primo triennio di attività[182]. I documenti di verifica dei risultati sono stati pubblicati nel corso del 2009 (8 università[183]) e nel 2010 (2 università[184]).

 


Articolo 13
(Misure per
la qualità del sistema universitario)

L’articolo 13 novella l’art. 2 del D.L. 180 del 2008, recante identica rubrica.

E’ utile, pertanto, ricordare preliminarmente che la norma di cui si propone la novella prevede, al comma 1, che, a decorrere dal 2009, una quota non inferiore al 7 per cento del Fondo di finanziamento ordinario delle università (FFO) e del fondo straordinario di cui all’art. 2, comma 428, della legge finanziaria 2008[185], destinata ad incrementarsi progressivamente negli anni successivi, sia ripartita fra le università in base alla qualità dell’offerta formativa e dei risultati dei processi formativi (lett. a), alla qualità della ricerca scientifica (lett. b), alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattiche (lett. c). Ai sensi del comma 2,le modalità di ripartizione delle risorse di cui al comma 1 sono definite con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, la cui adozione era prevista, in sede di prima applicazione, entro il 31 marzo 2009, sentiti il Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR) e il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU)[186]. Il medesimo comma prevede, inoltre, che il fattore di valutazione riferito alla sedi didattiche non si considera in sede di prima applicazione.

Alla ripartizione della quota relativa al 2009 si è proceduto con il D.M. 23 settembre 2009 n. 45, recante i criteri di ripartizione del FFO per l'anno 2009. Alle finalità di cui all’art. 2, comma 1, del D.L. 180/2008 sono stati destinati 523,50 milioni di euro, ripartiti secondo i criteri indicati nell’allegato 1[187].

Alla ripartizione della quota relativa al 2010 si è proceduto con D.M. 21 dicembre 2010, n. 655, recante i criteri di ripartizione del FFO per l’anno 2010. Alle finalità di cui all’art. 2 del D.L. 180 del 2008 sono stati destinati 720 milioni di euro - pari a circa il 10% del totale delle risorse disponibili - di cui 649 provenienti dal FFO e 71 provenienti dal Fondo da destinare all'incremento dell'efficienza e dell'efficacia del sistema universitario nazionale.

La prima novella (lett. a) riguarda la lett. c) del comma 1 dell’art. 2 del D.L. 180/2008 e precisa che con riferimento alla qualità, efficacia ed efficienza delle sedi didattichesono presi in considerazione:

 

La seconda novella (lett. b) inserisce nell’art. 2 del D.L. 180/2008 il comma 1-bis, che prevede che gli incrementi della quota indicata nel comma 1 sono disposti annualmente con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in misura compresa fra lo 0,5 per cento e il 2 per cento del FFO. La misura dell’incremento è determinata tenendo conto delle risorse complessivamente disponibili e dei risultati conseguiti nel miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza nell’utilizzo delle risorse.

 

Per completezza di ricorda che l’art. 5 della legge prevede una delega volta a valorizzare, fra l’altro, la qualità e l’efficienza delle università, anche attraverso un sistema di valutazione periodica dei risultati conseguiti nella didattica e nella ricerca, alla quale sono correlati incentivi.

 

 


Articolo 14
(Disciplina di riconoscimento dei crediti)

L’articolo 14 interviene sui crediti formativi riferiti alle conoscenze e alle abilità professionali, certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché alle altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario, riducendo da 60 a 12 il relativo numero e stabilendo che il riconoscimento deve essere operato esclusivamente sulla base delle competenze dimostrate da ogni studente, escludendo forme di riconoscimento attribuite collettivamente. Si dispone, inoltre, che le università possono riconoscere quali crediti formativi, nel limite complessivo sopra indicato, il conseguimento di alcuni traguardi sportivi: si tratta di medaglia olimpica o paralimpica o titolo di campione mondiale, europeo o italiano assoluto nelle discipline riconosciute dal CONI o dal Comitato italiano paralimpico.

A tal fine, il comma 1 novella l’art. 2, comma 147, del D.L. n. 262 del 2006[188] (si veda infra).

 

La disciplina generale sul riconoscimento dei crediti è attualmente recata dall’art. 1, comma 1, lett. l), e dall’art. 5 del DM 270 del 2004.

Ai sensi di tali disposizioni, per credito formativo universitario (CFU) si intende la misura del volume di lavoro di apprendimento, compreso lo studio individuale, richiesto ad uno studente[189]. Al CFU corrispondono, di norma, 25 ore di impegno complessivo per studente[190]. La quantità media di impegno complessivo di apprendimento svolto in un anno da uno studente a tempo pieno è convenzionalmente fissata in 60 crediti[191][192]. Le università possono riconoscere come CFU, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello postsecondario alla cui progettazione e realizzazione l'università abbia concorso.

 

Il comma 2 affida ad un decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, adottato ai sensi dell’art. 17, comma 3, della L. 400 del 1988[193] (non è previsto un termine di adozione), sentiti i Ministri competenti, la definizione delle modalità attuative e delle eventuali deroghe alle disposizioni di cui al comma 1, che devono essere adeguatamente motivate. Queste ultime possono riferirsi anche al limite massimo di crediti riconoscibili per le attività formative svolte nei cicli di studio presso gli istituti di formazione della pubblica amministrazione, nonché alle altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario, alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso.

 

E’ utile ricordare, al riguardo, che l’art. 22, comma 13, della L. n. 448 del 2001 (legge finanziaria 2002) ha riconosciuto al personale delle amministrazioni pubbliche che abbia superato il previsto ciclo di studi presso le rispettive scuole di formazione, ivi compresi gli istituti di formazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e delle Forze armate, l'Istituto di perfezionamento della Polizia di Stato, la Scuola di polizia tributaria della Guardia di finanza e la Scuola superiore dell'economia e delle finanze, un credito formativo per il conseguimento dei titoli di studio universitari, stabilendo che le modalità di riconoscimento siano individuate con apposite convenzioni stipulate tra le amministrazioni interessate e le università.

In seguito, l’art. 2, comma 147, del D.L. 262 del 2006, novellando tale disposizione, ha trasformato questa previsione in possibilità. Il medesimo comma 147, inoltre, al di fuori della novella, e quindi con previsione di carattere generale, ha stabilito che le conoscenze e le abilità professionali, nonché le altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello post-secondario da riconoscere quali crediti formativi siano disciplinate dalle università nel proprio regolamento didattico e ne ha fissato in ogni caso il numero - come sopra detto -, in un massimo di 60.

 

Ai sensi del comma 3, infine,il decreto di cui al comma 2 definisce anche i criteri per il riconoscimento dei crediti acquisiti dallo studente a conclusione dei percorsi realizzati dagli Istituti tecnici superiori nell’ambito dei progetti attuati con le università attraverso le federazioni di cui all’art. 3 della legge.

 


Titolo III -
Norme in materia di personale accademico e riordino della disciplina concernente il reclutamento

 


Articolo 15
(Settori concorsuali e settori scientifico-disciplinari)

L’art. 15 introduce nell’ordinamento universitario i settori concorsuali, nell’ambito dei quali vengono ricondotti gli attuali settori scientifico-disciplinari.

 

In particolare, il comma 1 prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentito il CUN[194], sono definiti i settori concorsuali per il conseguimento dell’abilitazione disciplinata dall’art. 16.

I settori concorsuali sono raggruppati in macrosettori concorsuali. Inoltre, ogni settore concorsuale può essere articolato in settori scientifico-disciplinari, che sono utilizzati esclusivamente per la chiamata dei professori, per il conferimento di assegni di ricerca, per la stipula di contratti per attività di insegnamento, ovvero di contratti di ricerca a tempo determinato, e per la definizione degli ordinamenti didattici[195].

Il comma 2 prevede una consistenza minima per i settori concorsuali: infatti, a ciascuno di essi afferiscono almeno 50 professori di prima fascia in sede di prima applicazione e almeno 30 a regime.

Il comma 3 stabilisce che il decreto di cui al comma 1 definisce le modalità di revisione dei settori concorsuali e dei settori scientifico-disciplinari, da attuarsi almeno ogni 5 anni.

 

Attualmente i settori scientifico-disciplinari sono raggruppamenti degli insegnamenti universitari, effettuati sulla base di criteri di omogeneità scientifica e didattica. Essi sono utilizzati per il reclutamento ed i trasferimenti dei professori e dei ricercatori e per la composizione delle commissioni di valutazione; per l’attribuzione dei crediti formativi universitari; per la valutazione della ricerca scientifica.

L’aggregazione degli insegnamenti in settori, disposta originariamente dall'art. 14 della già citata L. 341/90, è stata effettuata una prima volta con il D.P.R. 12 aprile 1994, integrato dal DPR 6 maggio 1994, e più volte ridefinita. In particolare, la legge 127/1997,contestualmente all’avvio dellariforma universitaria ed alla ridefinizione dei corsi di laurea (c.d. “3+2”)ha previsto (art. 17, comma 99) che, con uno o più decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, su proposta del Consiglio universitario nazionale, si provvedesse, secondo criteri di affinità scientifica e didattica, all'accorpamento e al successivo aggiornamento dei settori scientifico-disciplinari, anche al fine di stabilire la pertinenza della titolarità ai medesimi settori, nonché i raggruppamenti concorsuali.

Ai sensi di tale disposizione sono stati adottati una serie di decreti ministeriali. Quello che ancora ad oggi costituisce la base alla quale sono riferite le modifiche intervenute fino al 2005 è il D.M. 4 ottobre 2000, n. 175[196]. Esso ha identificato 14 aree[197] nell’ambito delle quali sono raggruppati i settori (oltre 200); per ciascuno di essi (allegato B) viene fornita una declaratoria (ovvero l’esplicitazione degli studi compresi nel settore medesimo) ed una tavola delle corrispondenze ed affinità (allegati C e D[198]).

Si ricorda, infine, che, ai sensi dell’art. 1, c. 1, lett. i), del DM 270/2004, gli ambiti disciplinari sono insiemi di settori scientifico-disciplinari culturalmente e professionalmente affini.

 


Articoli 16 e 18
(Istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale e chiamata dei professori)

Gli articoli 16 e 18 prevedono l’istituzione dell’abilitazione scientifica nazionale quale requisito per l’accesso alla prima e alla seconda fascia del ruolo dei professori e disciplinano la chiamata degli stessi. Per la connessione esistente, se ne opererà, quindi, un commento congiunto, preceduto dalla ricognizione normativa di riferimento.

La programmazione universitaria in materia di reclutamento e i limiti al turn over

L’art. 1, comma 105, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 ha previsto che, a decorrere dall'anno 2005, le università adottano programmi triennali del fabbisogno di personale docente, ricercatore e tecnico-amministrativo, a tempo determinato e indeterminato, tenuto conto delle risorse a tal fine stanziate nei rispettivi bilanci. I programmi sono valutati dal MIUR ai fini della coerenza con le risorse stanziate nel fondo di finanziamento ordinario, fermo restando che la spesa per il personale di ciascun ateneo non deve superare il limite del 90% della quota del FFO, già fissato dall’art. 51, comma 4, della legge n. 449 del 1997[199].

L’art. 1, commi 1 e 2, del D.L. 180/2008 ha poi stabilito che le università statali che alla data del 31 dicembre di ogni anno abbiano superato il livello massimo di spesa per il personale di ruolo non possonoprocedere all’indizione di procedure concorsuali e di valutazione comparativa, né all’assunzione di personale.

Sono fatte salve, tuttavia:

§         le disposizioni che escludono dal computo del 90% gli incrementi retributivi derivanti da adeguamenti disposti a favore del personale non contrattualizzato (docenti e ricercatori) e dall’applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro del personale tecnico e amministrativo, nonché un terzo dei costi del personale docente e non docente impiegato in funzioni assistenziali in convenzione con il Servizio sanitario nazionale[200]; la validità di tali esclusioni, poi, è stata prorogata al 31 dicembre 2009 (art. 1, comma 1-bis, del D.L.) e, da ultimo, al 31 dicembre 2010[201];

§         le assunzioni relative alle procedure concorsuali per ricercatore - espletate o in corso di espletamento per il 2007 e per il 2008[202] - tra le quali, in particolare, quelle finanziate con gli stanziamenti disposti dall’art. 1, c. 650, della L. finanziaria 2007.

Sempre al fine di contenimento della spesa, sono state introdotte limitazioni al turn over nelle università.

L’art. 66, comma 13, primo periodo, del già citato D.L. n. 112/2008 (come modificato dall’art. 1, comma 3, del D.L. 180/2008) ha previsto che - fermi restando i limiti in materia di programmazione triennale di cui all’art. 1, c. 105, della L. finanziaria per il 2005 - per il triennio 2009-2011 le università possono procedere, per ogni anno, ad assunzioni di personale nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50 per cento di quella relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente[203]. Tale quota è destinata per una quota non inferiore al 60% all’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato e di contrattisti (il riferimento ai contrattisti è stato poi soppresso dall’art. 9 della L. 183 del 2010), e per una quota non superiore al 10% all’assunzione di professori ordinari[204]. Si tratta di disposizione sulla quale interviene l’art. 29, comma 18, della legge in commento, che modifica le percentuali indicate rispettivamente in 50% e 20%[205].

Il medesimo comma 13 ha previsto, inoltre, che per il 2012 nei confronti delle università si applica quanto previsto dal comma 9 – la cui applicabilità, originariamente prevista a decorrere dal 2012, è stata posticipata al 2014 dell’art. 9, comma 7, del D.L. 78 del 2010 – ai sensi del quale, previo esperimento delle procedure di mobilità, si può procedere ad assunzioni a tempo indeterminato nel limite di un contingente corrispondente ad una spesa pari al 50% di quella relativa al personale cessato nell’anno precedente, fermo restando, in ogni caso, che il numero delle unità ad assumere non può eccedere il 50% delle unità cessate nell’anno precedente.

 

Da ultimo, il D.L. n. 225 del 2010[206], attualmente in corso di esame, ha prorogato il termine per procedere alle assunzioni di personale delle università statali relative all’anno 2010 in riferimento alle cessazioni verificatesi nel 2009, di cui all’art. 66, comma 13, del D.L. 112 del 2008, in relazione al fatto che - come evidenzia la relazione illustrativa – gli adempimenti connessi alla riduzione degli assetti organizzativi delle pubbliche amministrazioni non hanno consentito di procedere nei tempi previsti alle assunzioni programmate per il 2010.

 

Per quanto specificamente concerne i ricercatori, occorre anche ricordare le disposizioni recate dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006).

L’art. 1, commi 647-650, infatti, ha stabilito che, in attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari, il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto (da emanare entro il 31 marzo 2007), disciplinasse nuove modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore (comma 647) e che il medesimo provvedimento definisse un numero aggiuntivo di posti di ricercatore da coprire con concorsi banditi entro il 30 giugno 2008 (comma 648). A tal fine, il comma 650 ha autorizzato la spesa nel limite di 20 milioni di euro per l'anno 2007, di 40 milioni di euro per l'anno 2008 e di 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009.

In relazione alla mancata adozione del decreto ministeriale previsto, successive disposizioni[207] hanno disposto la disapplicazione, rispettivamente per il 2007 e il 2008, dell’art. 1, comma 648, della L. finanziaria 2007 e, per consentire comunque l’assunzione di ricercatori, hanno finalizzato le risorse già stanziate per il 2007 e per il 2008 al reclutamento di ricercatori secondo le norme vigenti[208].

Le risorse stanziate per il 2009 (80 milioni di euro, dei quali 40 per nuove assunzioni e 40 per continuare a coprire l’onere recato dalle assunzioni disposte nel 2007 e nel 2008), essendosi verificata, nel frattempo, la condizione richiesta dall’art. 1, comma 648, della legge finanziaria 2007, ovvero la modifica dei meccanismi concorsuali (si veda infra), sono state ripartite tra gli atenei con DM 24 novembre 2009 prot. n. 212/2009[209], ferma restando l’esclusione delle università che ogni anno abbiano superato il livello massimo di spesa per il personale di ruolo.

Le modalità di reclutamento dei professori ordinari e associati

Come già si è evidenziato nella scheda riferita allo stato giuridico, il ruolo dei professori universitari è stato articolato dal DPR 382 del 1980 in due fasce, quella dei professori ordinari e straordinari, e quella dei professori associati.

 

Lagià citata L. 210 del 1998 ha attributo alle università l’espletamento delle procedure per la copertura dei posti vacanti di professori ordinari, di professori associati e di ricercatori, sulla base di un regolamento, emanato con DPR 117/2000[210].

Il meccanismo ivi delineato ha autorizzato le singole università all’indizione dei bandi, nell’ambito delle disponibilità di bilancio, e ha previsto la valutazione comparativa dei candidati. Quest’ultima si basava sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni - nonché, per i professori associati, su una prova didattica e sulla discussione dei titoli, mentre, per i professori ordinari, su una prova didattica (qualora non provengano dalla fascia degli associati) - e sulla valutazione dell’attività didattica e dei servizi prestati nelle università e negli enti di ricerca in Italia e all’estero.

 

Successivamente, la già citata L. n. 230 del 2005 ha previsto un nuovo sistema di reclutamento, articolato in due stadi (conseguimento della c.d. idoneità scientifica nazionale, successivo superamento di una valutazione comparativa indetta dai singoli atenei)[211] e nuove modalità di costituzione delle commissioni giudicatrici[212] ed ha conferito al Governo una delega per la completa definizione delle procedure, disponendo l’abrogazione degli artt. 1 e 2 della L. n. 210 del 1998, relativamente ai docenti di prima e seconda fascia, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi.

In attesa della completa attuazione - dopo l’emanazione del d.lgs. 164/2006 - della legge 230/2005 (attesa che ha determinato per circa due anni un sostanziale blocco dell’accesso ai ruoli di professore universitario[213]), sono intervenute alcune disposizioni (art. 12, comma 2, del D.L. n. 248 del 2007 eart. 4-bis, c. 16, del D.L. n. 97 del 2008, già citati) che hanno previsto la possibilità di riattivare le procedure di valutazione comparativa per professori ordinari e associati applicando i meccanismi della L. n. 210 del 1998 e del relativo regolamento di attuazione fino al 31 dicembre 2009 e consentendo agli atenei di emanare i bandi entro il 30 novembre 2008.

 

Si è disposto, inoltre (art. 4-bis, comma 16, del citato D.L. 97/2008), che per i concorsi indetti dopo il 30 giugno 2008 si applica l’art. 1, comma 2-bis, del decreto-legge n. 7 del 2005, ai sensi del quale la proposta della commissione giudicatrice è limitata ad un solo idoneo per ogni posto bandito. Viceversa, per i concorsi indetti entro il 30 giugno 2008, i relativi bandi potevano prevedere l’assegnazione di due idoneità (ai sensidell’art. 2, c. 1, lett. f), della L. 210/1998).

Per completezza, si ricorda che l’art. 11 della già citata L. 183 del 2010 ha disposto l’abrogazione di alcune disposizioni della L. 210/1998 e del regolamento applicativo (DPR 117/2000). Si tratta:

§           dell’art. 2, comma 1, lett. d), della L. 210/1998 e dell’art. 2, comma 6, del DPR 117/2000 che consentono ai regolamenti di ateneo di fissare un limite al numero di pubblicazioni scientifiche presentabili per la partecipazione a ciascuna procedura di valutazione comparativa, sia con riguardo ai docenti che ai ricercatori;

§           dell’art. 2, comma 1, lett. l), della L. 210/1998 e dell’art. 2, comma 10, del DPR 117/2000 che prescrivono ai medesimi regolamenti di limitare il numero di domande di partecipazione a valutazioni comparative i cui bandi abbiano termini di scadenza nello stesso anno solare[214].

Le modalità di reclutamento dei ricercatori

Per quanto concerne la procedura di reclutamento dei ricercatori universitari, l’art. 2 della L. n. 210 del 1998 ha stabilito che, oltre alla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni, sono previste due prove scritte (una delle quali sostituibile con una prova pratica) e un colloquio. Ai fini della valutazione comparativa, il regolamento emanato con DPR n. 117 del 2000 ha precisato i criteri per la valutazione delle pubblicazioni scientifiche e del curriculum complessivo del candidato e i titoli da valutare.

Successivamente l’art. 1, comma 7, della L. n. 230/2005 ha previsto che le modalità indicate dalla L. 210 del 1998 sono applicate al reclutamento dei ricercatori fino al 30 settembre 2013. Ha, inoltre, stabilito che in tali procedure sono valutati come titoli preferenziali il dottorato di ricerca e le attività svolte in qualità di assegnisti e contrattisti ai sensi dell'art. 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997, di borsisti post dottorato ai sensi della legge n. 398 del 1989, nonché di contrattisti reclutati ai sensi del comma 14 del medesimo art. 1.

Un ulteriore intervento sulle procedure concorsuali è stato effettuato dall’art. 1, comma 7, del D.L. n. 180 del 2008. Esso ha previsto che per le procedure bandite successivamente alla data della sua entrata in vigore (10 novembre 2008) la valutazione è effettuata sulla base dei titoli, illustrati e discussi davanti alla commissione, e delle pubblicazioni dei candidati, ivi inclusa la tesi di dottorato, utilizzando parametri, riconosciuti anche in ambito internazionale, individuati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.A sua volta, l’art. 9, comma 2, della L. 183 del 2010 prevede che la discussione pubblica con la commissione abbia ad oggetto titoli e pubblicazioni dei candidati.

In attuazione del D.L. 180 del 2008 è intervenuto il DM 28 luglio 2009, n. 89, che ha precisato gli elementi da utilizzare per la valutazione dei titoli – confermando, peraltro, i titoli preferenziali già individuati dall’art. 1, comma 7, della legge n. 230/2005, nonché i criteri per la valutazione delle pubblicazioni[215].Il medesimo decreto ha anche stabilito che le commissioni giudicatrici prendono in considerazione esclusivamente pubblicazioni o testi accettati per la pubblicazione secondo le norme vigenti, nonché saggi inseriti in opere collettanee e articoli editi su riviste in formato cartaceo o digitale, con l'esclusione di note interne o rapporti dipartimentali, e che le medesime commissioni sono chiamate a valutare la consistenza complessiva della produzione scientifica del candidato, l’intensità e la continuità temporale della stessa.

Commissioni giudicatrici

Ai sensi della L. n. 210 del 1998 e del DPR n. 117 del 2000, le commissioni giudicatrici per le valutazioni comparative per la copertura di posti di professore ordinario o associato sono costituite da cinque membri: uno designato dalla facoltà che ha richiesto il bando, gli altri eletti dai docenti del corrispondente settore scientifico-disciplinare.

Il componente designato viene scelto prima dello svolgimento delle elezioni, con deliberazione del consiglio di facoltà, nei termini seguenti:

§          per le valutazioni comparative concernenti posti di professore ordinario, il consiglio di facoltà, nella composizione ristretta ai soli professori ordinari, designa un professore ordinario;

§          per le valutazioni concernenti posti di professore associato, il consiglio di facoltà, nella composizione ristretta ai professori ordinari e associati, designa un professore ordinario o associato.

I professori designati, anche se appartenenti ad altre facoltà o università, devono afferire al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando ovvero, in mancanza di designabili, ai settori affini preventivamente determinati con decreto del Ministro, su proposta del CUN.

I membri elettivi della Commissione sono così individuati:

§         quattro professori ordinari, per le valutazioni comparative concernenti posti di professore ordinario;

§         due professori ordinari e due professori associati, per le valutazioni comparative concernenti posti di professore associato.

L’elettorato passivo spetta ai professori ordinari e associati, appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, non in servizio presso l’ateneo che ha indetto la procedura di valutazione comparativa (c.d. membri esterni).

L’elettorato attivo è attribuito, per la corrispondente fascia o ruolo, ai professori ordinari e associati appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando.

Ogni elettore può esprimere una sola preferenza. Risultano eletti i professori che hanno ottenuto più voti, secondo distinte graduatorie per fascia. A parità di voti, prevale il più anziano nel ruolo di appartenenza. A parità di anzianità di ruolo, prevale il più anziano di età[216].

Con riferimento alle procedure di valutazione comparativa della prima e della seconda sessione 2008, il D.L. 180/2008 ha poi dettato una disciplina transitoria.

In particolare, l’art. 1, comma 4, tenendo fermo il numero dei membri, ha previsto che le commissioni di concorso relative alle procedure indicate siano composte da:

§         un professore ordinario nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando (su questo punto non si registrano novità rispetto alla L. 210/1998);

§         quattro professori ordinari che non appartengano alla facoltà che ha richiesto il bando, sorteggiati in una lista di commissari eletti fra i professori ordinari afferenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del medesimo bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione.

L’elettorato attivo,sia per i posti di professore ordinario, che per quelli di professore associato,è attribuito ai soli professori ordinari e straordinari appartenenti al medesimo settore scientifico-disciplinare. L’elettorato passivo spetta ai soli professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando.

Il comma 4 dell’art. 1 del D.L. 180/2008 disciplina, inoltre, due specifiche ipotesi.

In primo luogo, qualora il settore scientifico-disciplinare sia costituito da un numero di professori ordinari pari o inferiore al necessario, la lista è costituita da tutti gli appartenenti al settore ed è eventualmente integrata (per il numero di commissari necessario) mediante l’elezione di membri appartenenti a settori affini. Qualora poi il numero dei professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando, come integrato dai professori ordinari appartenenti ai settori affini, risulti comunque inferiore al numero necessario, si procede direttamente al sorteggio. In entrambi i casi, si prevede che il sorteggio sia effettuato in modo da garantire, ove possibile, che almeno due dei commissari sorteggiati appartengano al settore disciplinare oggetto del bando (sull’argomento interviene, infine, con ulteriore modifica, l’art. 29, comma 3, della legge in commento, disponendo che si procede direttamente al sorteggio anche nell’ipotesi in cui il numero dei professori ordinari appartenenti al settore scientifico disciplinare oggetto del bando è inferiore a quattro).

Infine, si prevede che, ove possibile, ciascun commissario partecipi, per ogni fascia e per ogni settore, ad una sola commissione per ciascuna sessione.

 

Ai sensi della L. n. 210 del 1998 e del DPR n. 117 del 2000, le commissioni giudicatrici per il reclutamento di ricercatori sono costituite mediante designazione di un professore di ruolo, ordinario o associato, da parte della facoltà che ha richiesto il bando e mediante elezione dei restanti componenti.

Il componente designato viene scelto prima dello svolgimento delle elezioni, con deliberazione del consiglio di facoltà, nella composizione comprendente i professori ordinari e associati e i ricercatori[217].

I membri elettivi della Commissione sono costituiti da un professore ordinario (se la facoltà ha designato un professore associato) o da un professore associato (se la facoltà ha designato un professore ordinario), nonché da un ricercatore confermato.

L’elettorato attivo è attribuito, per la corrispondente fascia o ruolo, ai professori e ai ricercatori confermati appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando.

La commissione può indicare un solo vincitore per ciascun posto di ricercatore.

L’art. 1, comma 5, del D.L. 180/2008, in attesa del riordino delle procedure di reclutamento dei ricercatori, ha quindi previsto che fino al 31 dicembre 2009termine poiprorogato al 31 dicembre 2010[218] - le commissioni per il reclutamento di ricercatori sono composte da:

§         un professore ordinario o un professore associato nominato dalla facoltà che ha richiesto il bando;

§         due professori ordinari non appartenenti alla facoltà che ha richiesto il bando, sorteggiati in una lista di commissari eletti fra i professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare oggetto del medesimo bando, in numero triplo rispetto al numero dei commissari complessivamente necessari nella sessione.

L’elettorato attivo è costituito dai professori ordinari e straordinari appartenenti al medesimo settore scientifico-disciplinare. Il sorteggio è effettuato in modo da assicurare, ove possibile, che almeno uno dei commissari sorteggiati appartenga al settore disciplinare oggetto del bando.

Pertanto, rispetto alla normativa pregressa, le modifiche principali recate dal D.L. 180 del 2008 hanno riguardato:

§         l’introduzione del meccanismo del sorteggio per la scelta dei due membri esterni della commissione, sulla base di una lista di eletti;

§         il fatto che i membri esterni sono necessariamente professori ordinari (in base alla disciplina pregressa, è previsto un professore ordinario o un professore associato);

§         l’attribuzione dell’elettorato attivo per la scelta dei membri esterni ai soli professori ordinari e straordinari (mentre la disciplina pregressa lo attribuisce ai professori e ai ricercatori confermati).

Ai sensi del comma 6-bis dell'articolo 1 del medesimo D.L. n. 180 del 2008, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 20 febbraio 2009[219]è stata nominata una commissione nazionale, composta da sette professori ordinari designati dal CUN nel proprio seno[220], chiamata a sovrintendere allo svolgimento delle operazioni di votazione e di sorteggio per la formazione delle commissioni per le valutazioni comparative di professori e ricercatori.

Per entrambe le tipologie di valutazione comparativa, le modalità di svolgimento delle elezioni e le modalità del sorteggio sono state poi specificate, ai sensi dell’art. 1, comma 6, del D.L. 180/2008, con un decreto di natura non regolamentare, adottato il 27/3/2009.

Per completezza, si evidenzia che ulteriori disposizioni del D.L. 180/2008 prevedono:

§         l’esercizio dell’elettorato attivo e passivo da parte di professori (I e II fascia) chenon usufruiscono del periodo di trattenimento in servizio previsto dall’art. 16 del d.lgs. 503/1992 (si veda infra, commento art. 25) fino al 1° novembre successivo al compimento del 72° anno[221] (art. 1, comma 8-bis);

§         l’esclusione dall’elettorato passivo nelle commissioni di valutazione comparativa per professori e ricercatoriche nel precedente triennio non abbiano effettuato pubblicazioni scientifiche valutabili secondo parametri ministeriali (art. 3-ter, c. 4)[222].

 

Ai sensi dell’art. 16, comma 1, l’abilitazione scientifica nazionale attesta la qualificazione scientifica necessaria per l’accesso alla prima e alla seconda fascia del ruolo dei professori, ha durata quadriennale e richiede requisiti differenti per le due fasce. Nel comma 4 si ribadisce che il conseguimento dell’abilitazione non costituisce titolo di idoneità, né dà alcun diritto per il reclutamento in ruolo o per promozioni se non nell’ambito delle procedure previste dall’art. 18.

 

Le modalità di espletamento delle procedure finalizzate al conseguimento dell’abilitazione sono disciplinate entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge con uno o più regolamenti di delegificazione (ex art. 17, comma 2, della L. 400/1988) adottati su proposta del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione (comma 2). I regolamenti sono adottati nel rispetto dei criteri (rectius: norme generali regolatrici della materia) indicati nel comma 3.

Le norme generali regolatrici della materia cui i regolamenti di delegificazione devono attenersi riguardano:

§         l’indizione obbligatoria con frequenza annuale di procedure di abilitazione distinte per settori concorsuali, da concludersi entro 5 mesi, attraverso l’individuazione, a tal fine, di idonee modalità, anche informatiche (lett. d) ed e));

§         l’attribuzione dell’abilitazione con un giudizio motivato fondato sulla valutazione dei titoli e delle pubblicazioni scientifiche. Il giudizio contiene anche una sintetica descrizione del contributo individuale alle attività di ricerca e sviluppo svolte ed è espresso sulla base di criteri e parametri definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per l’adozione del quale non è previsto un termine), distinti per funzioni e per area disciplinare (lett. a),la cui adeguatezza e congruità deve essere verificata ogni 5 anni, con conseguente revisione (lett. c).

Il decreto previsto alla lettera a) puòprescrivere un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare ai fini del conseguimento dell’abilitazione, anche differenziato per fascia e per area disciplinare. Tale numero non può essere, comunque, inferiore a 12 (lett. b)[223].

Aisensi della lettera h), i criteri e i parametri individuati per la valutazione dei candidati costituiscono riferimento anche per la valutazione del curriculum dei professori ordinari che chiedano di far parte delle commissioni giudicatrici.Inoltre, ai sensi della lett. i), la commissione può acquisire pareri scritti pro veritate sull’attività scientifica dei candidati da parte di esperti revisori che abbiano le stesse caratteristiche dei professori ordinari che fanno parte delle commissioni giudicatrici;

§         la preclusione, in caso di mancato conseguimento dell’abilitazione, a partecipare alle procedure indette nei due anni successivi per l’abilitazione alla stessa funzione o a quella superiore (lett. m);

§         la valutazione dell’abilitazione come titolo preferenziale per l’attribuzione dei contratti di insegnamento di cui all’art. 23, comma 2 (lett. n);

§         la garanzia della pubblicità degli atti (inclusi i pareri pro veritate di cui alla lett. i) e dei giudizi espressi dalle commissioni giudicatrici (lett. e);

§         l’istituzione per ogni settore concorsuale di un’unica commissione nazionale di durata biennale (lett. f), h), i))) per le procedure di abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei[224]. Ogni commissione è formata da 5 membri, di cui:

·       4 sorteggiati all’interno di una lista di professori ordinari appartenenti allo stesso settore concorsuale che abbiano presentato domanda, corredata della documentazione relativa alla propria attività scientifica, in particolare riferita all’ultimo quinquennio, siano stati valutati positivamente ai sensi dell’art. 6, comma 5, e abbiano un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a) dell’art. 16. Il sorteggio assicura che della commissione faccia parte almeno un commissario per ogni settore scientifico-disciplinare, compreso nel settore concorsuale, al quale afferiscano almeno 30 professori ordinari;

·       1 sorteggiato all’interno di una lista di studiosi ed esperti di pari livello operanti presso università di un paese aderente all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), curata dall’ANVUR. Al riguardo, peraltro, l’art. 29, comma 17, stabilisce che, qualora nella prima tornata delle procedure abilitative la lista non sia pronta in tempo utile, la commissione nazionale relativa al settore concorsuale per il quale essa manca è composta integralmente daprofessorisorteggiati all’interno di una lista di professori ordinari;

§         il divieto che della commissione faccia parte più di un commissario della stessa università e la possibilità che i commissari in servizio presso università italiane siano parzialmente esentati, ove lo richiedano, dalla attività didattica (lett. g);

§         la determinazione con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (per la cui adozione non è fissato un termine), del compenso spettante ai commissari in servizio all’estero (lett. g). Si tratta di una deroga rispetto a quanto prevede la lett. f), ultimo periodo, ai sensi della quale la partecipazione alla commissione non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti e indennità;

§         il divieto per i commissari di far parte contemporaneamente di più di una commissione di abilitazione, nonché il divieto di partecipare nuovamente ad una commissione, qualunque sia il settore concorsuale, prima che sia trascorso un triennio dalla conclusione del mandato (lett. l);

§         lo svolgimento delle procedure presso università dotate di strutture idonee e l’individuazione delle modalità per la scelta delle stesse. Le università in questione assicurano le strutture e il supporto di segreteria nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili e sostengono gli oneri relativi al funzionamento delle commissioni: di tali oneri si tiene conto nella ripartizione del fondo di finanziamento ordinario (lett. o).

Conseguentemente, ai sensi dell’art. 29, comma 12, della legge, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei regolamenti è abrogato il già citato d.lgs. n. 164 del 2006.

 

Il Consiglio dei Ministri ha proceduto all’esame preliminare dello schema di regolamento relativo al  conseguimento dell’abilitazione il 21 gennaio 2011. Nel comunicato stampa conseguentemente diramato[225] si legge, fra l’altro, che “Le procedure di abilitazione saranno bandite inderogabilmente ogni anno nel mese di ottobre per concludersi cinque mesi dopo; attribuzione dell’abilitazione, a numero aperto, sulla base di rigorosi criteri di qualità stabiliti con Decreto Ministeriale, sulla base di pareri dell’ANVUR e del CUN; due successivi Decreti ministeriali completeranno il quadro delle misure necessarie per mettere a regime il nuovo sistema di reclutamento”.

 

Ai sensi dell’art. 18, comma 1, le università disciplinano la chiamata dei professori di prima e seconda fascia con proprio regolamento, nel rispetto del codice etico, dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori[226] e dei criteri specifici enunciati nello stesso comma 1.

Questi ultimi sono così individuati:

§         pubblicità del procedimento sui siti dell’ateneo, del MIUR e dell’Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente mediante indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari; informazioni dettagliate su funzioni, diritti, doveri, trattamento economico e previdenziale (lett. a);

§         ammissione al procedimento di (lett. b):

·       studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore concorsuale e per le funzioni previste dal procedimento, ovvero per funzioni superiori, purché non siano già titolari delle medesime[227];

·       professori di prima e di seconda fascia già in servizio alla data di entrata in vigore della legge[228];

·       studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario in posizioni di livello pari a quelle oggetto del bando, sulla base di tabelle di corrispondenza definite dal Ministro (non è indicato con che tipologia di atto), sentito il CUN, e aggiornate ogni tre anni.

Inoltre, ai sensi dell’art. 29, comma 8, della legge, richiamato dall’art. 18, comma 2, lett. b), ai fini dei procedimenti di chiamata, l’idoneità conseguita ai sensi della legge n. 210 del 1998 è equiparata all’abilitazione di cui all’art. 2, comma 1, lett. g), della medesima legge, nonché dell’art. 1, comma 6, della legge 230 del 2005, limitatamente al periodo di durata della stessa (ossia, rispettivamente, 3 anni, decorrenti dalla data del provvedimento di accertamento della regolarità formale degli atti della commissione che li ha proposti e 5 anni decorrenti dal conseguimento dell’idoneità).

Al riguardo, si ricorda che il secondo periodo del comma 6 dell’art. 1 della L. 230 del 2005 ha fatto salve, comunque non oltre il 30 giugno 2006, le procedure di valutazione comparativa per posti di professore e ricercatore già bandite alla data di entrata in vigore del decreto legislativo che, ai sensi del comma 5, doveva disciplinare le nuove modalità di reclutamento. Al contempo, il terzo periodo ha previsto che i candidati giudicati idonei, e non chiamati a seguito di procedure già espletate, ovvero i cui atti sono approvati, conservano l’idoneità per un periodo di 5 anni dal suo conseguimento.

Sull’argomento, si veda anche quanto dispone l’art. 29, comma 4.

In ogni caso, non possono partecipare ai procedimenti di chiamata coloro che hanno un grado di parentela o di affinità, fino al quarto grado compreso, con un professore appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, o con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo (lett. b). Lo stesso divieto vale in relazione al conferimento di assegni di ricerca e alla stipulazione di contratti a qualsiasi titolo erogati dall’ateneo, inclusi i contratti di ricerca a tempo determinato (lett. c).

Si dispone, quindi, un divieto in capo ai concorrenti, che si affianca al dovere in capo alle Commissioni esaminatrici di concorsi per l’accesso al pubblico impiego, disposto dall’art. 11 del DPR 487 del 1994[229].

L’art. 11 del DPR 487 del 1994 dispone che i componenti della Commissione esaminatrice, presa visione dell'elenco dei partecipanti, sottoscrivono la dichiarazione che non sussistono situazioni di incompatibilità tra essi ed i concorrenti, ai sensi degli articoli 51 e 52 del codice di procedura civile. In particolare, ai sensi dell’art. 51, il giudice ha l'obbligo di astenersi se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa. Ai sensi dell’art. 52, nei casi in cui è fatto obbligo al giudice di astenersi, ciascuna delle parti può proporre la ricusazione mediante ricorso contenente i motivi specifici e i mezzi di prova.

§           valutazione delle pubblicazioni scientifiche, del curriculum e dell’attività didattica degli studiosi di cui alla lettera b). Le università possono stabilire il numero massimo delle pubblicazioni, in conformità a quanto previsto dal decreto citato all’art. 16, comma 3, lett. b): si reintroduce, così, quanto disponeva l’art. 2, comma 1, lett. d) della L. 210 del 1998, abrogata dalla L. 183 del 2010. Inoltre, le università possono accertare anche le competenze linguistiche del candidato necessarie in relazione alle caratteristiche plurilingue dell’ateneo o alle esigenze didattiche dei corsi in lingua estera (lett. d);

§           formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima fascia per la chiamata di professori di prima fascia e dei professori di seconda fascia per la chiamata di professori di seconda fascia. Come già indicato nell’art. 2, comma 1, lett. h), la proposta è approvata con delibera del consiglio di amministrazione (lett. e).

 

Ai sensi del comma 2, i procedimenti di chiamata dei professori di prima e seconda fascia, nonché quelli per l’attribuzione dei contratti per ricercatori a tempo determinato di cui all’art. 24, sono effettuati sulla base della programmazione triennale prevista dalle disposizioni vigenti (si veda ante), nonché della previsione, recata dall’art. 5, comma 4, lett. d), di predisposizione di un piano triennale diretto a riequilibrare i rapporti di consistenza del personale docente, ricercatore e tecnico amministrativo, e il numero dei professori e ricercatori che abbiano fruito della chiamata diretta di cui all’art. 1, comma 9, della L. 230 del 2005. La programmazione assicura la sostenibilità nel tempo di tutti gli oneri stipendiali, nonché la copertura finanziaria degli oneri derivanti dall’inquadramento nel ruolo dei professori associati dei ricercatori a tempo determinato che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ove valutati positivamente, ai sensi dell’art. 24, comma 5, nel terzo anno di contratto.

Gli oneri derivanti dalla chiamata dei professori e dall’attribuzione dei contratti per ricercatore a tempo determinato di cui all’art. 24 possono essere a totale carico di altri soggetti pubblici e di soggetti privati. A tal fine, è necessaria la previa stipula di una convenzione di durata almeno pari a 15 anni per i professori e per i ricercatori titolari del secondo contratto di cui all’art. 24, comma 5 (il riferimento sembra essere al contratto di cui al comma 3, lett. b)), oppure di durata almeno pari a quella del contratto per i ricercatori (il riferimento sembra essere al contratto di cui allo stesso art. 24, comma 3, lett. a)) (comma 3).

 

Il comma 4 reca disposizioni finalizzate a consentire l’accesso ai ruoli di professore a soggetti esterni all’ateneo. In particolare,stabilisce che ogni università statale, nell’ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca o iscritti a corsi universitari nella stessa università. 

 

Il comma 5 disciplina la partecipazione e lo svolgimento di attività di ricerca presso le università. Le stesse, qualunque ne sia l’ente finanziatore, sono riservate a:

§         professori e ricercatori universitari, anche a tempo determinato (al riguardo, si vedano anche le disposizioni di cui all’art. 6, comma 11 - possibilità, per i professori e i ricercatori a tempo pieno, di svolgere la ricerca anche presso un altro ateneo - , e all’art. 7, comma 4 - mantenimento, per professori e ricercatori, della titolarità dei progetti di ricerca finanziati da soggetti diversi dall’università di appartenenza in caso di cambiamento di sede, ove si determinino le condizioni indicate -);

§         titolari di assegni di ricerca;

§         studenti dei corsi di dottorato di ricerca e, nell’ambito di specifiche attività formative, studenti di corsi di laurea magistrale;

§         professori a contratto;

§         personale tecnico amministrativo in servizio a tempo indeterminato presso le università, purché abbia specifiche competenze nel campo della ricerca;

§         dipendenti di altre amministrazioni pubbliche, di enti pubblici o privati, di imprese, o titolari di borse di studio o di ricerca bandite dai soggetti indicati, sulla base di apposite convenzioni. In tal caso, sull’università non devono gravare oneri finanziari, ad eccezione dei costi diretti relativi allo svolgimento dell’attività di ricerca e degli eventuali oneri assicurativi.

 

Il comma 6 stabilisce che alla partecipazione ai progetti di ricerca finanziati dall’Unione europea o da altre istituzioni straniere e allo svolgimento delle relative attività si applicano le norme previste dai relativi bandi.

 

In conseguenza della nuova disciplina recata dall’art. 18, l’art. 29, comma 11, lett. c), abroga il comma 8 dell’art. 1 della L. 230 del 2005. Non viene, invece, abrogato il comma 5 dello stesso art. 1 della L. 230 del 2005 che, comunque, è superato dalla nuova disciplina recata dall’art. 16 della legge in commento.


Articolo 17
(Equipollenze)

L’art. 17 sancisce l’equipollenza dei diplomi delle scuole dirette a fini speciali istituite ai sensi del DPR 162 del 1982, riconosciuti al termine di un corso di durata triennale, e dei diplomi universitari triennali rilasciati ai sensi della L. 341 del 1990, con le lauree del nuovo ordinamento (comma 1). Nel caso di diplomi di durata inferiore a tre anni, gli studi compiuti sono valutati in crediti e sono riconosciuti dalle università per il conseguimento della laurea (comma 3).

 

La costituzione delle scuole dirette a fini speciali presso le università è stata disposta dall’art. 1 del DPR 162 del 1982 per il conseguimento di diplomi post-secondari per l'esercizio di uffici o professioni, per i quali non fosse necessario il diploma di laurea, ma fosse richiesta ugualmente una formazione culturale e professionale nell'ambito universitario. L’art. 5 ha previsto che i corsi di studio delle scuole dirette a fini speciali avessero durata biennale o triennale e si concludessero con il rilascio di un diploma previo superamento di un esame di Stato. Infine, l’art. 10 ha stabilito che ai diplomati delle scuole dirette a fini speciali che si iscrivevano a corsi di laurea si applicavano le disposizioni che disciplinavano le iscrizioni ai corsi di laurea di coloro che erano già forniti di una laurea o di un diploma, con il limite, in ogni caso, di abbreviazione del corso non superiore ad un anno.

La L. 341 del 1990 ha poi previsto che le università rilasciassero i seguenti titoli:
§         diploma universitario (DU);
§         diploma di laurea (DL);
§         diploma di specializzazione (DS);
§         dottorato di ricerca (DR).
Ai sensi dell’art. 2 della legge, il corso di diploma universitario si svolgeva nelle facoltà, aveva una durata non inferiore a due anni e non superiore a tre, ed aveva il fine di fornire agli studenti adeguata conoscenza di metodi e contenuti culturali e scientifici orientata al conseguimento del livello formativo richiesto da specifiche aree professionali.

Alle facoltà era rimesso il riconoscimento totale o parziale degli studi compiuti nello svolgimento dei curricula previsti per i corsi di diploma universitario e per quelli di laurea ai fini del proseguimento degli studi per il conseguimento, rispettivamente, delle lauree e dei diplomi universitari affini.

Inoltre, all’art. 7, la L. 341 ha disposto che entro un anno dalla pubblicazione dei decreti relativi all’ordinamento dei corsi di diploma universitario, di laurea, e di specializzazione, le università deliberassero la soppressione delle scuole dirette a fini speciali, ovvero ne prevedessero nello statuto la trasformazione in corsi di diploma universitario o la conferma secondo il loro specifico ordinamento, sanzionando l’inadempimento di questo passaggio con la soppressione delle scuole.

Appositi finanziamenti sono quindi stati destinati dal Piano di sviluppo delle università per il triennio 1991-1993 (DPR 28 ottobre 1991) alla trasformazione delle scuole dirette a fini speciali e all’istituzione dei corsi di diploma universitario[230].

 

Con il DM 31 gennaio 1992 varie scuole dirette a fini speciali si sono quindi trasformate in corsi di diploma universitario.

 
A seguito del processo di Bologna del 1999, nel corso del quale i Ministri dell’istruzione di 29 paesi europei sottoscrissero una dichiarazione congiunta con la costituzione di uno Spazio europeo dell’istruzione superiore, si è poi pervenuti ad una diversa articolazione dei titoli rilasciati dalle università che, nel sistema delineato dal DM 509 del 1999, come sostituito dall’attuale DM 270 del 2004, sono costituiti da: 
§         Laurea (di durata triennale);
§         Laurea magistrale (di durata biennale)[231];
§         Diploma di specializzazione; 
§         Dottorato di ricerca. 
E’ utile ricordare che l’art. 13, comma 6, del DM 270 del 2004 ha disposto che gli studi compiuti per conseguire i diplomi universitari in base ai previgenti ordinamenti didattici sono valutati in crediti e riconosciuti dalle università per il conseguimento della laurea. La stessa norma si applica agli studi compiuti per conseguire i diplomi delle scuole dirette a fini speciali istituite presso le università, qualunque ne sia la durata.
 
Per completezza si evidenzia, infine, che la L. 136 del 2002 ha disposto l’equiparazione tra il diploma in educazione fisica (triennale[232]) e la laurea in scienze delle attività motorie e sportive e che alla prova di ammissione ai corsi di laurea specialistica/magistrale delle professioni sanitarie sono ammessi, fra gli altri, i soggetti in possesso di diploma universitario abilitante all'esercizio di una delle professioni sanitarie ricomprese nella classe di laurea specialistica/magistrale di interesse, nonché, prescindendo dalla prova di ammissione, coloro che risultino in possesso del titolo rilasciato dalle scuole dirette a fini speciali per dirigenti e docenti dell'assistenza infermieristica ai sensi del DPR 162/1982 e siano titolari, da almeno due anni, dell'incarico di direttore o di coordinatore dei corsi di laurea in infermieristica attribuito con atto formale di data certa[233]. 
Si ricorda, altresì, che con DM 27 luglio 2000 una serie di specifici diplomi conseguiti presso le scuole dirette a fini speciali sono stati riconosciuti equipollenti al diploma universitario di logopedista, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione post-base.

 

Il comma 2 stabilisce che ai diplomati il cui titolo sia equipollente, ai sensi del comma 1, alla laurea del nuovo ordinamento, compete la qualifica accademica di “dottore”.

 

Il comma 4, infine, dispone che entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca emana un decreto che definisce la classe di appartenenza della laurea a cui fanno riferimento i diplomi rilasciati dalle scuole dirette a fini speciali e i diplomi universitari previsti dalla L. 341 del 1990.

In sede applicativa potrà essere chiarito se il concetto cui si intendeva fare riferimento è quello di individuazione della “corrispondenza” dei diplomi universitari ex L. 341 del 1990 e dei diplomi rilasciati dalle scuole dirette a fini speciali con le lauree incluse in una o più delle classi individuate, da ultimo, dal DM 16 marzo 2007 e, per i corsi di laurea per le professioni sanitari, dal DM 19 febbraio 2009.

 

 

Articolo 19
(Disposizioni in materia di dottorato di ricerca)

L’art. 19 novella l’art. 4 della L. 210 del 1998 e l’art. 2 della L. 476 del 1984.

 

Fermo restando che i corsi per il conseguimento del dottorato di ricerca forniscono le competenze necessarie per esercitare, presso università, enti pubblici o soggetti privati, attività di ricerca di alta qualificazione (art. 4 citato, comma 1)[234], la nuova normativa modifica, al comma 1, le modalità di istituzione e gestione di tali corsi.

 

In particolare, con la lett. a), novellando il comma 2 dell’art. 4 citato, si introduce, per l’istituzione dei corsi di dottorato, il previo accreditamento da parte del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, su parere conforme dell’ANVUR.

Inoltre, i corsi possono essere istituiti, oltre che da università - inclusi gli istituti di istruzione universitaria ad ordinamento speciale, qui espressamente citati - e da consorzi fra università, anche da qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate, nonché da consorzi fra università ed enti di ricerca pubblici e privati di alta qualificazione. In quest’ultimo caso (e non anche in quello in cui il corso sia attivato da qualificate istituzioni di formazione e ricerca) il titolo accademico è comunque rilasciato dalle università.

Rimane ferma - in quanto non modificata - la possibilità - prevista dal comma 4 dell’art. 4 della L. 210 del 1998 - che le università attivino corsi mediante convenzione con (altri) soggetti pubblici e privati in possesso di requisiti di elevata qualificazione culturale e scientifica e di personale, strutture e attrezzature idonei.

Le modalità di accreditamento e le condizioni di eventuale revoca dello stesso, nonché le modalità di individuazione delle qualificate istituzioni italiane di formazione e ricerca avanzate sono disciplinate con decreto del MIUR (per la cui emanazione non è previsto un termine), su proposta dell’ANVUR.

Per i corsi di dottorato, quindi, l’ANVUR interviene sia per la definizione degli aspetti generali relativi all’accreditamento, formulando una proposta al Ministro, sia sugli specifici accreditamenti, esprimendo al Ministro un parere vincolante. Sul punto si ricorda che l’art. 5 affida, invece, ad un decreto legislativo l’introduzione del sistema di accreditamento dei corsi di studio di cui all’art. 3 del DM 270 del 2004, fra i quali è compreso il dottorato di ricerca.

Con lo stesso decreto del MIUR sono definiti i criteri e i parametri sulla base dei quali i soggetti accreditati disciplinano, con proprio regolamento, l’istituzione dei corsi, le modalità di accesso[235] e di conseguimento del titolo, gli obiettivi formativi e il programma di studi, la durata, il contributo per l’accesso e la frequenza, il numero, le modalità di conferimento e l’importo delle borse di studio, nonché le convenzioni con soggetti pubblici e privati di cui ante si è detto. Su questi aspetti, rispetto alla situazione normativa previgente, non è più previsto il parere delle competenti Commissioni parlamentari e del CUN.

 

In relazione alle determinazioni annuali dei rettori, disciplinate dal comma 5 dell’art. 4 novellato, si confermano quelle relative al numero di laureati da ammettere ad ogni corso e al numero dei dottorandi esonerati dai contributi per l’accesso e la frequenza, nonché al numero e all’ammontare delle borse di studio da assegnare. Con riferimento a queste ultime, però, viene meno (lett. b) la previsione che il numero deve essere, in ogni caso, non inferiore alla metà dei dottorandi[236][237]. Tale disposizione, ai sensi del comma 2, acquista efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto previsto alla lettera a) del comma 1.

Inoltre, sempre la lett. b) del comma 1 dispone che il decreto rettorale annuale determina anche il numero e l’ammontare dei contratti di apprendistato da stipulare.

 

Il riferimento è all’art. 50 del D.lgs. 276 del 2003[238] che dispone, anzitutto, che possono essere assunti, in tutti i settori di attività, con contratto di apprendistato per il conseguimento di un titolo di studio di livello secondario, di titoli di studio universitari e della alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, nonché per la specializzazione tecnica superiore, i soggetti di età compresa tra i diciotto anni e i ventinove anni. Dispone, altresì, che la regolamentazione e la durata dell'apprendistato per l'acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione è rimessa alle regioni, per i soli profili che attengono alla formazione, in accordo con le associazioni territoriali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro, le università e le altre istituzioni formative. In assenza di regolamentazioni regionali l'attivazione dell'apprendistato di alta formazione è rimessa ad apposite convenzioni stipulate dai datori di lavoro con le Università e le altre istituzioni formative.

 

La lett. c), inserendo il comma 6-bis) nell’art. 4 della L. 210 del 1998, prevede che è consentita la frequenza congiunta del corso di specializzazione medica e del corso di dottorato di ricerca. In tal caso, la durata del corso di dottorato – fissata in almeno 3 anni dall’art. 6 D.M. 224 del 1999 - viene ridotta, fermo restando un limite di durata di almeno 2 anni.

Si può ipotizzare che l’impossibilità di frequenza congiunta finora sia derivata dall’art. 142 del R.D. 1592 del 1933, che stabilisce che “è vietata l'iscrizione contemporanea a diverse Università e a diversi Istituti di istruzione superiore, a diverse Facoltà o Scuole della stessa Università o dello stesso Istituto e a diversi corsi di laurea o di diploma della stessa Facoltà o Scuola” (sul punto, si veda anche, infra, l’art. 29, comma 21).

Nulla si dispone in ordine al possibile cumulo tra la borsa di studio eventualmente assegnata per la frequenza del dottorato e il trattamento economico spettante per la frequenza del corso di specializzazione (si veda, invece, per un confronto, l’art. 22, comma 3, circa l’incompatibilità fra la titolarità dell’assegno di ricerca e la partecipazione a corsi di dottorato di ricerca con borsa).

 

Con riguardo ai corsi di specializzazione post laurea dell’area medica, si ricorda, infatti, che il D.lgs. 368/1999[239], oggetto di successive modifiche, nell’ottica di garantire il reciproco riconoscimento dei titoli e la libera circolazione dei medici, ha recepito alcune direttive comunitarie volte ad uniformare i percorsi di formazione universitaria e quelli di specializzazione. In particolare, l’art. 20 del d.lgs. prevede che la formazione specialistica, relativa ad una serie di settori indicati in allegato al provvedimento (All. C), si svolge a tempo pieno, ha una durata minima prefissata, oscillante tra i tre e i cinque anni, è effettuata in un ateneo universitario, in una azienda ospedaliera, o in un istituto accreditato dalle autorità competenti, è caratterizzata insegnamenti teorici e pratici[240].

Ai sensi dell’art. 35, il numero globale degli specialisti da formare annualmente per ciascuna tipologia di specializzazione viene determinato, con cadenza triennale, da un decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell’università e il Ministro del tesoro[241].

Ai sensi dell’art. 37, all’atto dell'iscrizione il medico stipula con l’ateneo sede del corso e con la regione sede delle aziende sanitarie di riferimento uno specifico contratto annuale di formazione specialistica, finalizzato esclusivamente all'acquisizione delle capacità professionali inerenti al titolo di specialista, mediante la frequenza delle attività didattiche formali e lo svolgimento di attività assistenziali funzionali alla progressiva acquisizione delle competenze previste dall'ordinamento didattico. Infine, per tutta la durata legale del corso, è corrisposto un trattamento economico annuo onnicomprensivo.

 

Con riguardo al dottorato di ricerca, si ricorda che già l’art. 1 della L. n. 398 del 1989 aveva previsto che le università e gli istituti di istruzione universitaria conferiscono borse di studio per la frequenza, fra gli altri, di corsi di dottorato di ricerca. Tale previsione è stata confermata dall’art. 4, comma 5, lett. c), della L. 210 del 1998 (si veda ante)[242].

 

La lett. d), introducendo un’ulteriore novella nell’art. 4 della L. 210 del 1998, prevede che il titolo di dottore di ricerca è abbreviato con le diciture “Dott. Ric.” o “Ph.D” (cioè: Doctor of Philosophy, dal latino Philosophiæ Doctor). E’ presumibile che ciò sia teso a consentire una riconoscibilità del titolo a livello internazionale.

 

Al riguardo si ricorda che i Ministri dell’istruzione superiore dei Paesi europei partecipanti al Processo di Bologna hanno deciso nel 2005 di realizzare il Quadro dei titoli per lo Spazio europeo dell’istruzione superiore (Qualifications Framework for the European Higher Education Area - QF for the EHEA), al fine di favorire una più corretta comprensione e comparabilità dei titoli dei differenti sistemi nazionali di istruzione. Il Quadro si articola nei tre cicli principali dell’istruzione superiore, come definiti dal Processo di Bologna e presenta tutti i titoli rilasciati per ciascun ciclo, con riferimento al numero dei crediti Ects e ai risultati di apprendimento (Descrittori di Dublino).

Ogni Paese si è quindi impegnato a realizzare un proprio Quadro nazionale dei titoliche, per quanto riguarda l’istruzione superiore, é impostato sugli standard del Quadro dei titoli per lo Spazio europeo dell’istruzione superiore.

Il quadro dei Titoli italiani è stato presentato nell’ottobre 2010[243].

 

Il comma 3 modifica l’art. 2, comma 1, della L.476/1984, che disciplina il congedo straordinario dei dipendenti pubblici che siano stati ammessi a corsi di dottorato di ricerca.

Anzitutto, si prevede che alla domanda di congedo straordinario per motivi di studio senza assegni avanzata dal dipendente è dato seguito compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione (lett. a). Resta fermo che in tale periodo il dipendente usufruisce della borsa di studio ove ricorrano le condizioni richieste. Resta altresì fermo che in caso di ammissione a corsi di dottorato di ricerca senza borsa di studio, o di rinuncia alla stessa, il dipendente in aspettativa conserva il trattamento economico, previdenziale e di quiescenza in godimento[244].

L’ulteriore novità (lett. b) è costituita dal fatto che non hanno diritto al congedo straordinario i dipendenti pubblici che hanno già conseguito il titolo di dottore di ricerca, né i pubblici dipendenti che sono già stati iscritti a corsi di dottorato per almeno un anno accademico, beneficiando di tale congedo. Sono fatti salvi i congedi in corso alla data di entrata in vigore della legge.

 


Articolo 20
(Valutazione fra pari per
la selezione dei progetti di ricerca)

L’art. 20 dispone la sperimentazione triennale della tecnica di valutazione fra pari per la selezione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale e delFondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).

In particolare (comma 1), si prevede che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge sia emanato un DPCM, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e con il Ministro della salute, per l’applicazione della tecnica di valutazione fra pari ai progetti di ricerca indicati, a valere sulle risorse finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente.

La valutazione deve essere svolta da comitati composti per almeno un terzo da studiosi operanti all’estero (nominati dal Comitato di cui all’art. 21). Non ci sono indicazioni sul numero complessivo di membri di ciascun comitato e - almeno esplicitamente - sul relativo ambito di competenza e/o sui criteri di scelta (presenti, invece, in alcune delle disposizioni già vigenti fatte salve dall’art. 20).

Si stabilisce che restino fermi:

§         la possibilità di una disciplina particolare in relazione al Fondo per le agevolazioni alla ricerca;

§         le disposizioni in materia di progetti di ricerca e di ricerca sanitaria svolti da ricercatori di età inferiore a 40 anni recate dalle leggi finanziarie per il 2007 e per il 2008 (che - si ricorda - già prevedono il meccanismo della valutazione fra pari - si veda infra);

§         i vincoli già previsti di destinazione di quote dei suddetti stanziamenti in favore di determinati settori, ambiti di soggetti o finalità, nel rispetto, ove possibile, del principio della tecnica di valutazione fra pari.

 

Il comma 2, novellando il comma 313 dell’art. 2 della L. finanziaria 2008, prevede che i membri del comitato chiamato a valutare i progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore a 40 anni devono essere “in maggioranza” di età inferiore a 40 anni.

 

Di seguito si procede ad una ricognizione normativa dei progetti di ricerca menzionati nel testo dell’articolo.

 

 

 

Il FIRST

Il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) è stato istituito dall’articolo 1, commi 870–874, della legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca.

Al FIRST confluiscono le risorse:

§         del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR).

 

Il FAR è stato istituito nello stato di previsione del MURST ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. 27 luglio 1999, n. 297 che ha provveduto al riordino e alla razionalizzazione dell’intera attività del Ministero dell’università e della ricerca scientifica, ed è stato reso operativo con il DM n. 593 del 2000[245]. IlFAR - che a partire dal 2000 ha sostituito il Fondo speciale rotativo per la ricerca applicata (FRA) di cui all'articolo 4 della legge 25 ottobre 1968, n. 1089 - è un fondo a carattere rotativo che opera con le modalità contabili di cui al soppresso FRA. La gestione del Fondo è articolata in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse. Con il decreto 15 febbraio 2010[246]si è provveduto alla ripartizione per l’anno 2009 delle risorse del Fondo, che ammontano a € 1.068.980.607,51;

 

§       del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB).

Il FIRB, di cui all'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è stato istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica a decorrere dall'esercizio 2001, al fine di favorire l'accrescimento delle competenze scientifiche del Paese e di potenziarne la capacità competitiva a livello internazionale. Il FIRB finanzia, in particolare: a) progetti di potenziamento delle grandi infrastrutture di ricerca pubbliche o pubblico-private; b) progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico o tecnologico, anche a valenza internazionale, proposti da università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, gruppi di ricercatori delle stesse strutture; c) progetti strategici di sviluppo di tecnologie pervasive e multisettoriali; d) costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, pubblici o privati, anche su scala internazionale. Con il DM 8 marzo 2001 sono stati definiti Criteri e modalità procedurali per l’assegnazione delle risorse finanziarie del Fondo per gli Investimenti della Ricerca di Base. In seguito è poi intervenuto il DM 26 marzo 2004, che ha dettato nuovi criteri e modalità procedurali[247];

 

§       del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), per quanto di competenza del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Il Fondo - inizialmente di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze - è stato istituito a decorrere dal 2003 dall’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) con finalità di riequilibrio economico e sociale. Il rapporto CIPE del 2009, predisposto sulla base della relazione semestrale del MIUR, con dati aggiornati al 28 febbraio 2009, sugli interventi nel settore della ricerca finanziati con risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate, analizza l’effettiva utilizzazione dei fondi assegnati dal Comitato al settore della ricerca dal 2002 al 2006[248] e identifica le procedure istruttorie e di monitoraggio per i finanziamenti

 

relativi al periodo di programmazione 2007-2013. Nel periodo dal 2002 al 2006, il CIPE ha assegnato risorse alla ricerca per un importo complessivo pari a 2.066,4 milioni di euro.

Si segnala, infine, che le risorse del Fondo destinate alla ricerca sono esposte nella tabella E della legge di stabilità 2011 (L. 13 dicembre 2010, n. 220), ai capp. 7308 e 7320 dello stato di previsione del MIUR (tabella 7), per complessivi 90 milioni di euro relativi al solo 2011;

 

§       le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN).

Il MIUR cofinanzia ogni anno programmi di ricerca d'interesse nazionale, attraverso la pubblicazione di un bando a ricerca libera.

Si tratta di un nuovo meccanismo di assegnazione di fondi, basato su precisi punti qualificanti: il cofinanziamento, il lavoro di ricerca di gruppo e il principio della valutazione dei progetti di ricerca. I Programmi di ricerca di rilevante interesse nazionale prevedono proposte di ricerca libere e autonome, nell’ambito delle 14 aree disciplinari di cui al DM n. 175 del 4 ottobre 2000[249], e privilegiano le proposte che integrano varie competenze e apporti provenienti da Università diverse.

 

Il decreto ministeriale 19 marzo 2010, n. 51 ha fissato le Procedure per il finanziamento dei Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale (Bando PRIN 2009). In particolare, l’art. 1 del DM prevede che “la selezione delle proposte è curata dal Ministero che si avvale di una Commissione di garanzia che ha la responsabilità della valutazione dei progetti e funzione di garanzia nei confronti della comunità scientifica e del Ministero e che si avvale, per lo svolgimento dei suoi compiti, dell'opera di revisori anche stranieri, selezionati dalla Commissione tra gli esperti appartenenti alla banca dati del Ministero, utilizzando le parole chiave indicate nei progetti e secondo il criterio della "peer review"[250].

 

Si ricorda, peraltro, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 758, della legge finanziaria 2007 il FIRST è finanziato a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del trattamento di fine rapporto (TFR) istituito presso l’INPS. Il comma 758 prevede, infatti, che le risorse del Fondo, al netto delle risorse necessarie per le finalità previdenziali, sono destinate al finanziamento degli specifici interventi per lo sviluppo indicati nell’elenco 1 allegato alla medesima legge nei limiti degli importi stabiliti dal medesimo elenco[251].

 

Il Fondo è alimentato in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del citato Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).

La ripartizione delle risorse del Fondo avviene con decreto interministeriale emanato dal MIUR, di concerto con il MEF, in attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo n. 204 del 1998[252].

La definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo e gestione del Fondo è rimessa a un successivo regolamento ministeriale.

Per la fase di avvio del Fondo e per consentire un impatto più incisivo degli interventi in attuazione del Piano nazionale della ricerca, tenendo conto delle linee strategiche per la competitività e lo sviluppo economico, è stata assegnata al FIRST una dotazione aggiuntiva di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni di euro per l'anno 2009(comma 874 della L. finanziaria 2007).

 

Successivamente, la disciplina del FIRST è stata novellata dall’articolo 13, comma 1, del decreto-legge n. 159/2007[253].

In particolare, la novella ha disposto - introducendo un periodo aggiuntivo all’art. 1, comma 873, della legge finanziaria per il 2007 - che per il triennio 2008-2010 si provvede all’attuazione del medesimo comma con un decreto del Ministro dell’università e della ricerca di natura non regolamentare da emanarsi entro il 30 novembre 2007. Al contempo, è sopravvissuto il periodo del comma 873 che disponeva che fino all’intervento del regolamento trovassero applicazione le disposizioni vigenti per l'utilizzo delle risorse[254].

Infatti, rispondendo all’interrogazione 5-02131 Sull'operatività del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST)” nella seduta del 19 gennaio 2010 presso la VII Commissione permanente (Cultura, scienza e istruzione) della Camera, il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricercaha precisato che in attesa dell'emanazione del suddetto decreto il FIRST è stato utilizzato negli anni 2007, 2008 e 2009 ripartendo le risorse annuali con decreti ministeriali sulla base della normativa previgente.

Tra i decreti annuali di riparto del FIRST (citati e illustrati nella risposta all’interrogazione) si segnala, in particolare, il DM 18 novembre 2009 - pubblicato in Gazzetta nel maggio 2010[255] - con il quale il Ministero ha provveduto al ripartoper l’anno 2009 dellerisorse disponibili del Fondo - pari a € 369.867.985,00 - destinando:

§         € 106.000.000,00 per interventi del PRIN;

§         € 173.867.985,00 per interventi del FAR, di cui un importo non inferiore a € 100.000.000,00 da destinare al cofinanziamento (non superiore al 25% dell'intervento totale) di iniziative afferenti la ricerca industriale, selezionate nell'ambito dei bandi PON, Ricerca e Competitività  2007/2013 per consentire il finanziamento delle attività svolte al di fuori delle regioni della Convergenza;

§         € 90.000.000,00 per interventi del FIRB di cui:

-      € 40.000.000,00 destinati ad accordi di cui all'art. 7 del DM. 378/2004;

-      € 50.000.000,00 destinati ad iniziative in favore di giovani ricercatori.

 

Come risulta dal decreto 21 dicembre 2010, recanteRipartizione in capitoli delle Unità di voto parlamentare relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2011 e per il triennio 2011-2013(GU n. 303 del 29 dicembre 2010, SO n. 288), le risorse assegnate al FIRST per il 2010 sono ripartite nell’ambito del cap. 7320 del programma “Ricerca scientifica e tecnologica applicata” (101,1 milioni di euro ) e del cap. 7245 appartenente al programma “Ricerca scientifica e tecnologica di base” (83,8 milioni di euro) dello stato di previsione del MIUR (tabella 7).

 

 

I progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo Sanitario Nazionale

 

L’art. 12 del d.lgs. n. 502 del 1992[256] ha previsto che una quota pari all'1% del Fondo sanitario nazionale complessivo, da trasferire in appositi capitoli dello stato di previsione del Ministero della sanità, è utilizzata per il finanziamento, fra l’altro, di:

§         attività di ricerca corrente e finalizzata svolta da:

•      Istituto superiore di sanità;

•      Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro;

•      Istituti di ricovero e cura di diritto pubblico e privato il cui carattere scientifico sia riconosciuto a norma delle leggi vigenti;

•      Istituti zooprofilattici sperimentali per le problematiche relative all'igiene e sanità pubblica veterinaria;

§         iniziative previste da leggi nazionali o dal Piano sanitario nazionale riguardanti programmi speciali di interesse e rilievo interregionale o nazionale per ricerche o sperimentazioni attinenti gli aspetti gestionali, la valutazione dei servizi, le tematiche della comunicazione e dei rapporti con i cittadini, le tecnologie e biotecnologie sanitarie e le attività del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo.

La medesima disposizione ha previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 1995, la quota in questione è rideterminata dalla legge finanziaria.

Per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione del complesso dei programmi di ricerca, il Ministero della salute si avvale della Commissione nazionale della ricerca sanitaria, istituita nel 1997.

L’attuale Commissione, ricostituita con decreto 13 dicembre 2010[257] ed insediata il 25 gennaio presso il  Ministero  della  salute, è  composta  da 30  membri,  di cui  15 nominati  dal  Ministero  e  15  dalla

Conferenza Stato Regioni. E’ presieduta dal Ministro della salute e si articola in un Comitato di presidenza, una Assemblea Generale e in un Ufficio di Segreteria. La Commissione ha tra i suoi compiti l’elaborazione del programma di ricerca sanitaria e le iniziative da inserire nella programmazione della ricerca scientifica nazionale e nei programmi di ricerca internazionali e comunitari nonché la definizione dei criteri di selezione dei progetti di ricerca che dovranno essere successivamente valutati da esperti italiani e stranieri. La Commissione esprime, inoltre, pareri su progetti di ricerca finalizzati che vengono proposti direttamente dal Presidente in merito ad argomenti di particolare rilevanza riferiti all’attuazione del Piano Sanitario Nazionale e promuove infine iniziative volte a garantire sinergie con soggetti pubblici e privati che finanziano la ricerca biomedica e sanitaria in Italia.

 

 

I progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore a 40 anni

 

L’art. 1, comma 814, della L finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) - come modificato dall’art. 2, comma 317, della L. finanziaria per il 2008 - ha stabilito che, a decorrere dal 2007, nell'ambito delle risorse del Fondo sanitario nazionale (si veda ante), una quota non inferiore al 5% relativamente al 2007 e al 10% a partire dal 2008 è destinata ai progetti di ricerca sanitaria svolta dai soggetti di cui all’art. 12-bis (regioni, Istituto superiore di sanità, Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, Agenzia per i servizi sanitari regionali, Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati, Istituti zooprofilattici sperimentali, nonché, sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni, Università, CNR e altri enti di ricerca pubblici e privati, nonché imprese pubbliche e private), presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni e previamente valutati, secondo la tecnica di valutazione tra pari, da un comitato. Il comitato è composto da ricercatori, di nazionalità italiana o straniera, di età inferiore ai quaranta anni, operanti, almeno per la metà, presso istituzioni ed enti di ricerca non italiani e riconosciuti di livello eccellente sulla base di indici bibliometrici, quali l'impact factor ed il citation index. L'attuazione è stata demandata ad un DPCM da adottarsi di concerto con il Ministro della salute ed il Ministro dell'università e della ricerca (DPCM 27 luglio 2007).

Il comma 815 ha quantificato l’onere derivante dall'istituzione e dal funzionamento del comitato di cui al comma 814 nel limite massimo di 100.000 euro annui.

 

L’art. 2, comma 313, della L. finanziaria per il 2008 (L. 244/2007) ha previsto che, a decorrere dal 2008, una quota non inferiore al 10 per cento dello stanziamento complessivo del FIRST è destinata ai progetti di ricerca di base presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni operanti a qualunque titolo in attività di ricerca e previamente valutati, secondo il metodo della valutazione tra pari, da un comitato. Il comitato è composto da ricercatori, di nazionalità italiana o straniera, di età inferiore ai quaranta anni e riconosciuti di livello eccellente sulla base di indici bibliometrici, quali l’impact factor ed il citation index, e operanti presso istituzioni ed enti di ricerca, almeno per la metà non italiani, che svolgono attività nei settori disciplinari relativi alla ricerca scientifica e tecnologica.

Il comma 314 ha demandato l’attuazione delle disposizioni recate dal comma 313 ad un decreto del Ministro dell’università e della ricerca, mentre il comma 315 ha quantificato l’onere derivante dall’istituzione e dal funzionamento del comitato di cui al comma 313 nel limite massimo di 100.000 euro annui, stabilendo che alla sua  copertura si provvede  mediante incremento delle aliquote di base

per il calcolo dell’imposta sui tabacchi lavorati destinati alla vendita al pubblico nel territorio soggetto a monopolio.

 

In relazione agli indici bibliometrici citati dalle due disposizioni, entrambi di tipo quantitativo, si ricorda che l'impact factor (IF) è un sistema di misurazione che determina la frequenza attraverso cui un articolo è citato in un anno o periodo determinato ed è calcolato dividendo il numero di citazioni dell’anno corrente per il numero di articoli pubblicati in un periodo di tempo anteriore[258]. L'IF è uno dei più utilizzati indicatori bibliometrici per valutare la produzione scientifica, pur essendo un criterio meramente quantitativo, poiché non permette di distinguere se un articolo abbia ricevuto citazioni positive o negative: dal punto di vista del fattore di impatto è, infatti, sufficiente che un articolo sia citato. Il citation index indica quante volte un articolo di un autore è citato da un altro autore; il numero di citazioni successive di un lavoro è indice della sua importanza.

 

 


Articolo 21
(Comitato nazionale dei garanti per la ricerca)

L’articolo 21 istituisce il Comitato nazionale dei garanti per la ricerca (CNGR), al fine di promuovere la qualità della ricerca e assicurare il buon funzionamento delle procedure di valutazione tra pari previste dall’art. 20, riferite, come ante si è visto, ai progetti di ricerca finanziati a carico del FIRST e del Fondo sanitario nazionale. Esso subentra alla commissione istituita per la valutazione delle domande per l'accesso al FIRB[259], nonché alla commissione di garanzia prevista per la selezione dei programmi di ricerca di interesse nazionale (PRIN)[260]. Tali organismi sono, pertanto, soppressi a decorrere dalla data in cui sono nominati i componenti del CNGR (comma 2). Nulla è, invece, disposto in merito alla Commissione nazionale della ricerca sanitaria che, quindi, continuerà a procedere alla valutazione dei progetti di ricerca finanziati a carico del Fondo sanitario nazionale.

 

Ai sensi del comma 1, il Comitato è composto da sette studiosi, italiani o stranieri, di elevata qualificazione scientifica internazionale, appartenenti a varie aree disciplinari, di cui almeno 2 donne e 2 uomini. Essi sono nominati dal Ministro nell’ambito di un elenco, composto da non meno di 10 e non più di 15 persone, definito da un comitato di selezione. Quest’ultimo è composto di cinque membri di alta qualificazione, designati, rispettivamente, dal Ministro, dal presidente del Consiglio direttivo dell'ANVUR, dal vice presidente del Comitato di esperti per la politica della ricerca (CEPR)[261], dal presidente dell'European Research Council, dal presidente dell'European Science Foundation.

Non è indicato un termine per la conclusione di queste operazioni.

 

Il comma 2, oltre a quanto già detto ante, definisce le attività del CNGR, che:

§         indica criteri generali per le attività di valutazione dei risultati, tenendo in considerazione le raccomandazioni approvate da organismi internazionali cui l’Italia aderisce.

Al riguardo, si ricorda che l’art. 2, comma 2, del DPR 76 del 2010 prevede che l’ANVUR sovraintende al sistema pubblico nazionale di valutazione della qualità delle università e degli enti di ricerca e, sulla base di un programma almeno annuale approvato dal Ministro, cura la valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici. Essa, inoltre, ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b), valuta la qualità dei prodotti della ricerca, principalmente tramite procedimenti di valutazione tra pari. Ai sensi del comma 4 dello stesso art. 3, le attività di valutazione sono svolte, su richiesta del Ministro, anche nei confronti dei centri e consorzi interuniversitari e dei consorzi per la ricerca universitaria, nonché di altre strutture universitarie e di ricerca.

§      nomina gli studiosi membri dei comitati di selezione di cui all’art. 20, comma 1, e ne coordina le attività;

§      può procedere alla selezione di progetti o programmi di ricerca attivati da enti pubblici o privati, sulla base di specifici accordi di programma dotati di copertura degli oneri da essi derivanti.

Sulla base del comma 1, che fa riferimento all’art. 20, sembrerebbe che ci si riferisca sempre alla selezione di programmi di ricerca finanziati a carico del FIRST e del Fondo sanitario nazionale.

Nell’esercizio delle sue funzioni il Comitato si avvale delle risorse umane, strumentali e finanziarie del MIUR.

 

Disposizioni specifiche sulla spesa per il funzionamento del Comitato e per i compensi relativi alle procedure di selezione e valutazione dei progetti di ricerca sono poi dettate dal comma 3, che dispone che la spesa stessa è compresa nell’ambito dei fondi riguardanti il finanziamento dei programmi di ricerca (anche in tal caso, si presume che ci si riferisca ai programmi finanziati a carico del FIRST e del Fondo sanitario nazionale) per un importo non superiore al 3% degli stessi fondi.

Lo stesso comma prevede che con Decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è indicato un termine) sono determinate le indennità spettanti ai suoi componenti.

 

Il comma 4 disponein materia di organizzazione e funzionamento del Comitato, che definisce le relative regole ed elegge al proprio interno il Presidente, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti. I componenti che siano dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa per la durata del mandato. Tutti i componenti cessano automaticamente dalla carica al compimento del settantesimo anno di età. Essi sono nominati per un triennio e non possono essere nuovamente nominati prima che siano trascorsi almeno 5 anni. Se uno dei componenti cessa prima della scadenza del mandato, il componente nominato in sostituzione resta in carica per la durata residua del mandato ed è scelto nell’elenco previsto al comma 1.

 

Disposizioni transitorie sono dettate dal comma 5, primo periodo: si prevede, infatti, che, in sede di prima applicazione, sono individuati mediante sorteggio due componenti che durano in carica due anni e tre componenti che durano in carica tre anni.

Il secondo periodo prevede cheil Comitato predispone rapporti sull'attività svolta e una relazione annuale in materia di valutazione della ricerca e li trasmette al Ministro che ne cura pubblicazione e diffusione.

Questa relazione si affianca, quindi, al Rapporto biennale sullo stato della ricerca (oltre che dell’università) che l’ANVUR, ai sensi dell’art. 4, comma 3, del DPR 76 del 2010 redige ogni due anni e presenta al Ministro, che lo trasmette al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Comitato interministeriale per la programmazione economica ed al Parlamento.


Articolo 22
(Assegni di ricerca)

L’articolo 22 reca una nuova disciplina per il conferimento degli assegni di ricerca, modificando, tra l’altro, i requisiti per l’accesso e la durata degli assegni e applicando le disposizioni vigenti in materia di astensione obbligatoria per maternità e in materia di congedo per malattia.

Conseguentemente, l’art. 29, comma 11, lettera d), abroga l’art. 51, comma 6, della L. n. 449 del 1997.

 

L’art. 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997[262] ha previsto che, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio e assicurando adeguate procedure di valutazione comparativa e la pubblicità degli atti, le università, gli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano, l’ENEA, l’ASI, gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca[263], nonché il Corpo forestale dello Stato, possono conferire assegni per la collaborazione ad attività di ricerca.

Possibili destinatari sono dottori di ricerca o laureati – con esclusione del personale di ruolo delle istituzioni indicate – in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo per lo svolgimento di attività di ricerca.

Gli assegni hanno durata non superiore a quattro anni e possono essere rinnovati nel limite massimo di otto anni con lo stesso soggetto, ridotti a quattro se il titolare ha usufruito della borsa per il dottorato di ricerca.

Non è ammesso il cumulo con borse di studio, tranne quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca. Al contempo, il titolare di assegni può frequentare corsi di dottorato di ricerca[264]. Il titolare in servizio presso amministrazioni pubbliche può essere collocato in aspettativa senza assegni.

I titolari degli assegni godono di particolari agevolazioni fiscali e previdenziali[265]. Gli assegni – nonché i contratti che possono essere stipulati per specifiche prestazioni previste da programmi di ricerca – non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti che conferiscono gli incarichi.

L’importo degli assegni di ricerca è determinato con decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica[266].

 

Oltre agli assegni di ricerca finanziati autonomamente da università o istituzioni di ricerca, l’art. 5, comma 1, della già citata L. n. 370 del 1999 ha autorizzato, a decorrere dal 2001, la spesa di 51,5 miliardi di lire annui (pari a circa 26,6 milioni di euro) per il cofinanziamento di stanziamenti destinati dagli atenei per l'attivazione di assegni di ricerca, ai sensi dell'art. 51, comma 6, della L. 449/1997[267]. L'importo è ripartito secondo criteri determinati con decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, tenendo conto delle esigenze di potenziamento dell'attività diricerca delle università. I medesimi decreti prevedono altresì le modalità di controllo sistematico e di verifica dell'effettiva attivazione degli assegni.

Alla scadenza del termine di durata dell'assegno, apposite commissioni istituite dagli atenei formulano un giudizio sull'attività di ricerca svolta dal titolare, anche ai fini del rinnovo.

 

Il comma 1 dell’articolo 22 stabilisce che, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono conferire assegni per lo svolgimento di attività di ricerca:

 

Sempre ai sensi del comma 1, i bandi per il conferimento degli assegni contengono informazioni dettagliate sulle specifiche funzioni, sui diritti e i doveri relativi alla posizione, e sul trattamento economico e previdenziale spettante, e sono resi pubblici anche per via telematica sui siti dell’ateneo, del MIUR e dell’Unione europea.

 

Per quanto concerne i requisiti soggettivi, il comma 2 prevede che possono essere destinatari degli assegni studiosi – e non più, quindi, esplicitamente dottori di ricerca o laureati – in possesso di curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca. Tuttavia, è facoltà dei soggetti che conferiscono gli assegni introdurre nel bando, quale requisito obbligatorio per l’ammissione, il possesso del titolo di dottore di ricerca (o di un titolo equivalente conseguito all’estero) ovvero, per i settori pertinenti, di un titolo di specializzazione di area medica, corredato di adeguata produzione scientifica. Se i bandi non dispongono in tal senso, i titoli indicati costituiscono titolo di preferenza ai fini dallaattribuzione degli assegni. Si conferma, invece, che non possono essere destinatari degli assegni di ricerca i dipendenti di ruolo delle istituzioni che emanano i bandi.

 

La durata degli assegni viene ridotta e resa flessibile: gli assegni possono avere una durata compresa fra 1 e 3 anni (la normativa previgente non prevedeva un limite minimo) e sono rinnovabili fino ad un limite massimo complessivo di 4 anni (in luogo degli 8, ridotti a 4 se il titolare ha usufruito della borsa per il dottorato di ricerca, fissati dalla normativa previgente). Dal computo totale è escluso il periodo di fruizione dell’assegno coincidente con la frequenza del dottorato di ricerca – senza borsa di studio[272] –, nel limite massimo della durata legale del relativo corso (comma 3).

 

Con riferimento alle situazioni di incompatibilità, il medesimo comma 3 conferma la non cumulabilità degli assegni con borse di studio a qualsiasi titolo conferite, ad eccezione di quelle concesse da istituzioni nazionali o straniere utili ad integrare, con soggiorni all'estero, l'attività di ricerca dei titolari di assegni. Si precisa, inoltre, che la titolarità dell’assegno non è compatibile con la partecipazione – sia in Italia che all’estero – a corsi di laurea, laurea specialistica o magistrale, dottorato di ricerca con borsa di studio e specializzazione medica, e che essa comporta (necessariamente) il collocamento in aspettativa senza assegni del dipendente in servizio presso amministrazioni pubbliche.

Il comma 4 stabilisce che le modalità di conferimento degli assegni sono rimesse ai singoli soggetti di cui al comma 1, che le disciplinano con apposito regolamento, prevedendo la possibilità di attribuire gli stessi attraverso:

§         pubblicazione di un unico bando relativo a tutte le aree scientifiche di proprio interesse. In tale fattispecie, i progetti di ricercaproposti direttamente dai candidati e corredati di titoli e pubblicazioni – sono valutati da un’unica commissione che può avvalersi, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, di esperti revisori di elevata qualificazione, italiani o stranieri, esterni al medesimo soggetto. La commissione, sulla base dei punteggi attribuiti, predispone una graduatoria per ciascuna area scientifica;

§         pubblicazione di differenti bandi (secondo procedure stabilite dall’ateneo), relativi a specifici programmi di ricerca dotati di propri finanziamenti.

 

Ai sensi del comma 5, inoltre,sempre con proprio regolamento, i soggetti che conferiscono assegni possono riservare una quota degli assegni a studiosi italiani o stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca, o un titolo equivalente, all’estero, ovvero a studiosi stranieri che hanno conseguito il dottorato di ricerca in Italia.

 

Con riguardo al trattamento fiscale e previdenziale applicabile agli assegni di ricerca, il comma 6conferma l’esenzione dei richiamati assegni dall’ILOR e dall’IRPEF – con regime analogo, quindi, a quello previsto per le borse di studio – mentre, sotto il profilo previdenziale, si ribadisce l’obbligo di iscrizione dei percettori degli assegni alla Gestione separata INPS, di cui all’articolo 2, commi 26-33, della L. 335/1995[273].

Si ricorda che i commi 26-33 dell’articolo 2 della L. 335/1995 hanno previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale, istituendo, dal 1° gennaio 1996, una apposita Gestione separata, presso l’INPS, cui sono tenute ad iscriversi specifiche categorie di lavoratori, con conseguente obbligo di versamento contributivo[274]. La contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore del D.lgs. 38/2000.

Inoltre, il medesimo comma 6 dispone l’applicabilità, a decorrere dal 2011, del D.M. 12 luglio 2007, in materia di astensione obbligatoria per maternità, e dell'art. 1, comma 788, della legge n. 296 del 2006 (L. finanziaria 2007), in materia di congedo per malattia.

Viene comunque precisato che nel periodo di astensione obbligatoria per maternità l’indennità corrisposta dall’INPS (si veda infra) è integrata dall’università fino a concorrenza dell’intero importo dell’assegno di ricerca.

Come evidenziato nella relazione tecnica aggiornata del 13 ottobre 2010[275], tale precisazione risponde alla necessità, in considerazione di quanto disposto dal comma 9 (che stabilisce che, ai fini della durata degli ivi richiamati rapporti lavorativi, non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute, con la conseguenza che la durata dell’assegno di ricerca è automaticamente prorogata in misura pari al periodo di astensione obbligatoria per maternità), di evitare un doppio sostegno economico nel periodo di riferimento, consistente nell’erogazione dell’indennità e dell’assegno, avente “carattere asistematico rispetto alla generale normativa posta a tutela della maternità”.

 

L’articolo 1, comma 788, della L. 296/2006 ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, ai lavoratori a progetto e categorie assimilate iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della L. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, è corrisposta un'indennità giornaliera di malattia a carico dell'INPS entro il limite massimo di giorni pari a un sesto della durata complessiva del rapporto di lavoro e comunque non inferiore a venti giorni nell'arco dell'anno solare, con esclusione degli eventi morbosi di durata inferiore a quattro giorni[276]. La misura della predetta prestazione è pari al 50% dell'importo corrisposto a titolo di indennità per degenza ospedaliera previsto dalla normativa vigente per tale categoria di lavoratori. Resta fermo, in caso di degenza ospedaliera, il limite massimo indennizzabile di centottanta giorni nell'arco dell'anno solare[277]. Le prestazioni sono finanziate a valere sul contributo previsto dall'articolo 84 del D.lgs. 151/2001[278].

Il comma 791 del medesimo articolo 1 della legge 296/2006 – modificando l’art. 64 del D.lgs. 151/2001 – ha, altresì, stabilito che con decreto ministeriale fosse disciplinata l’applicazione alle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. 335/1995, delle norme a tutela e sostegno della maternità e paternità.

In attuazione di tale disposizione è intervenuto il D.M. 12 luglio 2007. In particolare, il decreto ha esteso il divieto, da parte dei datori di lavoro, di adibire al lavoro specifiche categorie di lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS per il periodo di astensione obbligatoria dal lavoro a seguito di gravidanza, stabilito dall’articolo 16 del D.lgs. 151 del 2001 (2 mesi antecedenti il parto e 3 mesi successivi, salvo la facoltà di astenersi un mese prima e 4 mesi dopo il parto).

Lo stesso provvedimento, inoltre, ha previsto la corresponsione alle lavoratrici richiamate, da parte dell’INPS, di un’indennità di maternità, autofinanziata con uno specifico contributo dello 0,22% in aggiunta allo specifico contributo dello 0,5% previsto dall’articolo 59, comma 16, della L. 449/1997.

 

La copertura finanziaria dell’onere recato dal comma 6 dell’art. 22, valutato in 3,5 milioni di euro annui a decorrere dal 2011, è indicata nell’art. 29, comma 22, secondo periodo, che dispone la riduzione dell’autorizzazione di spesa per il cofinanziamento degli assegni di ricerca, di cui all’art. 5, comma 1, della L. 370 del 1999.

 

L’importo degli assegni viene determinato direttamente dal soggetto che li conferisce, anche se sulla base di un importo minimo stabilito con decreto del Ministro (comma 7).

Come già disposto dalla normativa previgente, si conferma che gli assegni non danno luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli dei soggetti che li conferiscono (comma 8).

Il comma 9 prevede che la durata complessiva dei rapporti instaurati con il medesimo soggetto, in quanto titolare di assegni di ricerca e di contratti a tempo determinato – di cui all’art. 24 –, non può essere superiore a 12 anni, anche se i rapporti sono stati non continuativi o sono intercorsi con soggetti differenti (atenei statali, non statali o telematici, ovvero enti indicati al comma 1). Ai fini del calcolo complessivo non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute.

 


Articolo 23
(Contratti per attività di insegnamento)

L’articolo 23 disciplina tre tipologie di contratti per attività di insegnamento che - ai sensi del comma 4 - non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli universitari.

Conseguentemente, l’art. 29, comma 11, lettera c), abroga l’art. 1, comma 10, della L. n. 230 del 2005.

 

L’art. 1, comma 10, della L. n. 230 del 2005 stabilisce che le università, sulla base delle proprie esigenze didattiche e nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, previo espletamento di procedure che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti, possono conferire nei corsi di studio incarichi di insegnamento, anche pluriennali, gratuiti o retribuiti, a soggetti italiani e stranieri in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali e a soggetti incaricati all’interno di strutture universitarie che abbiano svolto adeguata attività di ricerca debitamente documentata (ad esclusione del personale tecnico amministrativo delle università), sulla base di criteri e modalità definiti dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca con proprio decreto, sentiti la CRUI e il CUN. Il trattamento economico è determinato da ciascuna università nei limiti delle compatibilità di bilancio sulla base di parametri stabiliti con decreto interministeriale[279].

 

La figura dei professori a contratto era già prevista dal DPR n. 382 del 1980 (artt. 7, 25 e 100), che ha disciplinato la procedura di conferimento degli incarichi. In particolare, si prevedeva che il consiglio di facoltà, nel quadro del coordinamento delle attività didattiche, affidasse a professori a contratto lo svolgimento di corsi integrativi di quelli ufficiali, finalizzati all'acquisizione di significative esperienze teorico-pratiche di tipo specialistico provenienti dal mondo extrauniversitario ovvero di risultati di particolari ricerche, o studi di alta qualificazione scientifica o professionale (art. 7). Le facoltà, d’intesa con i consigli di corso di laurea, determinavano i corsi integrativi da attivare in misura non superiore a un decimo degli insegnamenti ufficiali impartiti in ciascuna facoltà, designando lo studioso o l’esperto al quale affidare l’insegnamento e fissandone, altresì, le prestazioni ed il compenso da corrispondere[280]. Un decreto ministeriale, sentito il CUN, stabiliva la ripartizione annuale dei finanziamenti destinati a consentire la nomina di professore a contratto per l'attivazione  dei corsi

integrativi. In virtù di convenzioni con enti pubblici, le funzioni del professore a contratto potevano essere attribuite, su proposta dei consigli di facoltà, anche in soprannumero e senza oneri per l’università, ad esperti appartenenti agli stessi enti (art. 25).

Successivamente, in attuazione dell’art. 17, comma 96, della legge n. 127 del 1997[281], il D.M. 21 maggio 1998, n. 242[282] – disponendo, tra l’altro, la disapplicazione degli artt. 25 e 100, comma 1, lett. d)[283], del DPR n. 382 del 1980 – ha stabilito che le università, per sopperire a particolari e motivate esigenze didattiche e nei limiti degli appositi stanziamenti di bilancio, potessero stipulare con studiosi od esperti anche di cittadinanza straniera di comprovata qualificazione professionale e scientifica, non dipendenti da università italiane, contratti di diritto privato per l’insegnamento nei corsi, ovvero per lo svolgimento di attività didattiche integrative.

A tali fini le università determinavano una specifica procedura di selezione, anche con appositi bandi, assicurando la pubblicità degli atti, la valutazione comparativa dei candidati e, in caso di rinnovo, la valutazione delle attività didattiche svolte dal docente. La qualificazione degli studiosi od esperti era comprovata dal possesso di titoli scientifici e professionali.

I contratti erano stipulati dal rettore, avevano durata annuale ed erano rinnovabili per non più di sei anni.

 

Ai sensi del comma 1, le università possono stipulare contratti per attività di insegnamento, della durata di un anno accademico e rinnovabili ogni anno per un periodo massimo di 5 anni,a titolo gratuito o oneroso – con esperti altamente qualificati in possesso di un significativo curriculum scientifico o professionale che siano dipendenti da altre amministrazioni, enti o imprese, ovvero pensionati, ovvero lavoratori autonomi, in possesso di un reddito annuo non inferiore a 40.000 euro lordi (primo periodo).

Il terzo periodo dispone, peraltro, che i contratti a titolo gratuito possono essere stipulati esclusivamente con soggetti in possesso di un reddito da lavoro autonomo o dipendente, fermi restando i requisiti richiesti. Si tratta di una specifica che non sembra aver più significato, a seguito dell’introduzione, durante l’esame parlamentare, nel primo periodo, del requisito reddituale minimo riferito ad entrambe le tipologie di contratto.

Al riguardo, si ricorda che il Presidente della Repubblica, nella lettera al Presidente del Consiglio che ha accompagnato la promulgazione, ha sottolineato che “l'art. 23, nel disciplinare i contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale”.

Sempre il comma 1 precisa che i contratti – che possono essere conclusi anche sulla base di apposite convenzioni con gli enti pubblici e le istituzioni di ricerca di cui all’art. 8 del DPCM n. 593 del 1993 – vengono stipulati dal rettore, su proposta dei competenti organi accademici. Con riferimento a quest’ultimo aspetto si evidenzia che all’art. 2 - a differenza di quanto accade per la chiamata dei professori e per la stipula dei contratti a tempo determinato - non è specificato l’organo competente a proporre la stipula dei contratti. Il comma 1, lett. r), di tale articolo, infatti,attribuisce al Nucleo di valutazione unicamente la funzione di verifica della congruità del curriculum scientifico o professionale dei titolari dei contratti di insegnamento.

Infine, il comma 1 dispone che i contratti a titolo gratuito, ad eccezione di quelli stipulati nell’ambito di convenzioni con enti pubblici, non possono superare il 5% dell’organico dei professori e dei ricercatori di ruolo in servizio nell’ateneo nell’anno accademico di riferimento.

A differenza di quanto si vedrà nei commi 2 e 3, nel comma 1 non è definita la procedura per la determinazione del trattamento economico spettante ai titolari dei contratti a titolo oneroso, né è esplicitato se la stipula di tali contratti è vincolata all’effettiva disponibilità di bilancio della singola università.

Si evidenzia, infine, che il riferimento all’art. 8 del DPCM n. 593 del 1993 appare superato dal CCNQ sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva siglato l’111 giugno 2007, che per il comparto degli enti di ricerca prevede un elenco differente[284].

 

Il comma 2 prevede che le università possono anche stipulare contratti a solo titolo oneroso, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio, con soggetti in possesso di adeguati requisiti scientifici e professionali, per fare fronte a specifiche esigenze didattiche, anche integrative.

A differenza della tipologia contrattuale prevista al comma 1, per questa seconda tipologia non sono previsti limiti di durata. Una ulteriore differenza è individuabile nel fatto che i contratti disciplinati dal comma 2 sono attribuiti previo espletamento di procedure, disciplinate con propri regolamenti e nel rispetto del codice etico, che assicurino la valutazione comparativa dei candidati e la pubblicità degli atti. Il possesso del titolo di dottore di ricerca, della specializzazione medica, dell’abilitazione scientifica nazionale di cui all’art. 16, ovvero di titoli equivalenti conseguiti all’estero, costituisce titolo preferenziale.

Il trattamento economico spettante è determinato, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

Il medesimo comma 2 fa esplicitamente salvo l’affidamento di incarichi di insegnamento – a titolo oneroso o gratuito – al personale docente e ricercatore universitario.

 

Il DPR n. 382 del 1980, all’art. 9, prevede che al professore ordinario può essere temporaneamente affidato, con il suo consenso, lo svolgimento, in sostituzione dell'insegnamento di cui è titolare, di un corso di insegnamento in materia diversa purché compresa nello stesso raggruppamento concorsuale o in altri raggruppamenti riconosciuti affini dal CUN, ovvero lo svolgimento di attività didattiche aggiuntive rispetto a quelle dei corsi di insegnamento previsti per il conseguimento del diploma di laurea, incluse le attività relative ai corsi nelle scuole dirette a fini speciali, di specializzazione e di perfezionamento e le attività relative agli studi per il conseguimento del dottorato di ricerca.

I consigli delle facoltà o scuole possono affidare, altresì, a titolo gratuito, ai professori ordinari, con il loro consenso ovvero su loro richiesta e nell'ambito della stessa facoltà, lo svolgimento di un secondo insegnamento per materia affine.

L’art. 100, comma 1, lett. b), del DPR stabilisce, inoltre, che, per le facoltà o i corsi di laurea di nuova istituzione, il consiglio di facoltà o il comitato ordinatore[285] provvede all’attribuzione degli insegnamenti – ove non sia possibile attivare tutti gli insegnamenti con l'utilizzazione sostitutiva di cui alla lett. a) del medesimo articolo[286] – mediante l'affidamento, per non più di un triennio dall'attivazione dei corsi, di insegnamenti ai professori universitari di ruolo, anche di altre facoltà o università, purché titolari di discipline comprese nel medesimo raggruppamento concorsuale.

L’art. 114, comma 1, del DPR – come modificato dall’art. 12 della L. n. 341 del 1990 – ha precisato che gli affidamenti e le supplenze possono essere conferiti esclusivamente a professori di ruolo e a ricercatori del medesimo settore scientifico-disciplinare o di settore affine, appartenenti alla stessa facoltà; in mancanza, con motivata deliberazione, a professori di ruolo e a ricercatori di altra facoltà della stessa università ovvero di altra università[287].

 

Per le disposizioni successive relative all’affidamento di incarichi di insegnamento, si rinvia alla scheda relativa all’art. 6.

 

Il comma 3, al fine di favorire l’internazionalizzazione, prevede la possibilità che le università attribuiscano insegnamenti a contratto a docenti, studiosi o professionisti stranieri di chiara fama, nell’ambito delle proprie disponibilità di bilancio o utilizzando fondi appositamente donati da privati, imprese o fondazioni.

La proposta dell’incarico è formulata al consiglio di amministrazione dal rettore, previo parere del senato accademico e pubblicizzazione del curriculum del candidato sul sito internet dell’università. A differenza della tipologia contrattuale prevista al comma 1, quindi, in questo caso il rettore ha solo un potere di proposta. Competente a conferire l’incarico è, invece, il consiglio di amministrazione, al pari di quanto previsto per l’approvazione delle proposte di chiamata da parte dei dipartimenti di cui agli articoli 18 e 24 ma, in questo caso, previo parere del senato accademico.

Il trattamento economico è stabilito dal consiglio di amministrazione sulla base di un confronto con incarichi simili attribuiti in altre università europee.

 

Al riguardo, si evidenzia che la possibilità disciplinata dal comma 3 si affianca a quella prevista dall’art. 1, comma 9, della L. n. 230 del 2005 – successivamente modificato dall’art. 1-bis del D.L. n. 180 del 2008 – che ha sancito a livello legislativo la chiamata diretta di studiosi italiani impegnati all’estero, prevedendo, altresì, che nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, le università possono procedere alla copertura dei posti di professore ordinario mediante chiamata diretta di studiosi di chiara fama.

In particolare, la norma citata prevede che le università, nell’ambito delle relative disponibilità di bilancio, possono procedere alla copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta:

§         di studiosi impegnati all’estero da almeno un triennio in attività di ricerca o insegnamento universitario, che ricoprano una posizione accademica equipollente in istituzioni universitarie estere;

§         di studiosi che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, nell’ambito del “programma di rientro dei cervelli” (si veda infra, commento art. 29, comma 20), un periodo di almeno 3 anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata.

Ai fini sopra indicati, le università formulano specifiche proposte al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, che concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere del Consiglio universitario nazionale (CUN).

Per quanto concerne la copertura di posti mediante chiamata di studiosi di chiara fama, la disposizione prevede che le università formulano specifiche proposte al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il quale concede o rifiuta il nulla osta alla nomina, previo parere di una commissione, nominata dal CUN, composta da tre professori ordinari appartenenti al settore scientifico disciplinare in riferimento al quale è proposta al chiamata.

Sull’argomento si evidenzia, peraltro, che alcune modifiche sono introdotte dall’art. 29, comma 7, della legge in commento.

 


Articolo 24
(Ricercatori a tempo determinato)

L’art. 24 disciplina la stipula di contratti di lavoro subordinato a tempo determinato da parte delle università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, al fine di svolgere attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti. Le modalità di svolgimento delle attività indicate sono indicate nel contratto (comma 1).

Conseguentemente, l’art. 29, comma 11, lett. c), prevede l’abrogazione del comma 14 dell’art. 1 della legge n. 230 del 2005.

 

L’art. 1, comma 14, della legge n. 230/2005 ha previsto che per svolgere attività di ricerca e di didattica integrativa le università, previo espletamento di procedure che assicurino la valutazione comparativa dei candidati, possono instaurare rapporti di lavoro subordinato tramite la stipula di contratti di diritto privato a tempo determinato. I contratti possono essere instaurati con soggetti in possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, conseguito in Italia o all’estero, o del diploma di specializzazione medica, o con possessori di laurea specialistica o magistrale o altri studiosi che abbiano comunque una elevata qualificazione scientifica, valutata secondo procedure stabilite dalle università. I contratti hanno una durata massima triennale e possono essere rinnovati per una durata complessiva di sei anni. Il trattamento economico, rapportato a quello dei ricercatori confermati, è determinato da ogni università nei limiti delle compatibilità di bilancio e tenuto conto dei criteri generali definiti con decreto interministeriale. Il possesso del titolo di dottore di ricerca o del diploma di specializzazione, o l’espletamento di un insegnamento universitario costituisce titolo di preferenza. Inoltre, l’attività svolta sulla base dei contratti a tempo determinato costituisce titolo di preferenza da valutare obbligatoriamente nei concorsi che prevedono la valutazione di titoli. I contratti non sono cumulabili con gli assegni di ricerca.

I criteri per la stipula di contratti di diritto privato a tempo determinato per lo svolgimento di attività di ricerca e didattica integrativa sono stati definiti con DM 16 settembre 2009[288].

 

Rispetto alla disciplina recata dall’art. 1, comma 14, della L. 230 del 2005, quindi, si prevede un’estensione delle attività espletabili sulla base dei contratti di lavoro subordinato a tempo determinato, che includono ora anche attività didattiche e attività di servizio agli studenti.

 

Ai sensi del comma 2, i destinatari sono scelti mediante procedure pubbliche di selezione disciplinate dalle università con proprio regolamento, nel rispetto dei principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori (si veda ante, scheda artt. 16 e 18) e dei criteri specifici enunciati nello stesso comma 2, ossia:

§         pubblicità dei bandi sui siti dell’ateneo, del MIUR e dell’Unione europea; specificazione del settore concorsuale e di un eventuale profilo esclusivamente mediante indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari; informazioni dettagliate su funzioni, diritti, doveri, trattamento economico e previdenziale; previsione di modalità di trasmissione telematica delle candidature e, per quanto possibile, di titoli e pubblicazioni (lett. a);

§         per quanto concerne l’ammissione al procedimento, si stabiliscono requisiti minimi (più elevati degli attuali),conferendo, al contempo, al regolamento di ateneo la possibilità di prevederne ulteriori: il requisito previsto dalla legge è costituito dal possesso del titolo di dottore di ricerca o di titolo equivalente (si veda ante, scheda sugli assegni di ricerca), ovvero del diploma di specializzazione medica. Sono esclusi i soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori di prima o seconda fascia o come ricercatori, anche se cessati dal servizio (lett. b).

In via transitoria, fino al 2015, ai sensi di quanto dispone l’art. 29, comma 13, può partecipare alle procedure di selezione anche chi possiede una laurea magistrale o equivalente e un curriculum scientifico professionale idoneo allo svolgimento di attività di ricerca;

§         articolazione del procedimento in due stadi, tranne nel caso in cui il numero dei candidati è pari o inferiore a sei. Quando il numero è superiore, si procede con:

·         valutazione preliminare, attraverso motivato giudizio analitico su titoli, curriculum e produzione scientifica, compresa la tesi di dottorato. I criteri di valutazione, che devono essere riconosciuti in ambito internazionale, sono individuati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti l’ANVUR e il CUN (non è indicato un termine per l’emanazione del DM). Nelle more dell’emanazione del decreto, si applicano i parametri e i criteri previsti dal DM 28 luglio 2009, n. 89 (si veda ante, scheda riferita agli artt. 16 e 18). Conseguente ammissione al seguito del procedimento dei candidati comparativamente più meritevoli, in misura compresa – si intende, a discrezione delle università – fra il 10 e il 20 per cento del loro numero, e comunque in misura non inferiore a sei;

·         discussione pubblica con la commissione dei titoli e della produzione scientifica, con attribuzione di un punteggio ai titoli e a ciascuna delle pubblicazioni. Le università possono prevedere un numero massimo di pubblicazioni che ciascun candidato può presentare, che non può comunque essere inferiore a 12 (si tratta di una indicazione analoga a quella prevista per l’abilitazione e per la chiamata dei professori). Non si possono prevedere prove scritte e orali, ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l’adeguata conoscenza di una lingua straniera, che si svolge contestualmente alla discussione di titoli e pubblicazioni. L’università può specificare nel bando la lingua straniera di cui è richiesta la conoscenza o per il profilo plurilingue dell’ateneo, o per le esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera. Quest’ultima previsione sembra doversi leggere nel senso che nel bando viene specificato di quale lingua straniera è richiesta la conoscenza (lett. c);

§         formulazione della proposta di chiamata da parte del dipartimento con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di prima e di seconda fascia. Come già indicato nell’art. 2, comma 1, lett. h), la proposta è approvata con delibera del consiglio di amministrazione (lett. d).

Rispetto alla disciplina recata dall’art. 1, comma 14, della L. n. 230 del 2005, quindi, non sarà più possibile stipulare contratti a tempo determinato con possessori di laurea specialistica o magistrale - salvo fino al 2015 - o altri studiosi in possesso di elevata qualificazione scientifica.

Con riferimento alla lettera b), in sede applicativa occorrerà chiarire se con la locuzione “titolo equivalente” si intenda fare riferimento ai riconoscimenti e alle equipollenze disciplinati dall’art. 74 del DPR 382 del 1980 (cui fa riferimento l’art. 22, comma 1).

Con riferimento alla lettera c), occorrerà chiarire se la prova orale di lingua straniera debba essere prevista comunque, oppure se il suo svolgimento sia collegato all’eventuale profilo plurilingue dell’ateneo o all’eventuale presenza di corsi in lingua straniera.

 

Il comma 3 individua due tipologie di contratti.

 

La prima (lett. a) consiste in contratti di durata triennale, prorogabili per due anni (3+2), per una sola volta, previa positiva valutazione delle attività didattiche e di ricerca svolte, effettuata sulla base di modalità e criteri definiti con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è previsto un termine). I contratti possono essere stipulati con lo stesso soggetto anche in sedi diverse[289]. Ai sensi del comma 4, questi contratti possono prevedere il regime di tempo pieno o di tempo definito, con un impegno annuo complessivo per lo svolgimento di attività di didattica, didattica integrativa e servizio agli studenti pari, rispettivamente, a 350 e a 200 ore.

La seconda (lett. b) è riservata a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), oppure, per almeno tre anni anche non consecutivi, di assegni di ricerca o di borse post-dottorato, oppure di contratti, assegni o borse analoghi in università straniere - nonché, ai sensi dell’art. 29, comma 5, a candidati che hanno usufruito per almeno 3 anni di contratti a tempo determinato stipulati ai sensi dell’art. 1, c. 14, della L. 230 del 2005 - e consiste in contratti triennali non rinnovabili. Ai sensi del comma 4, questi contratti sono stipulati esclusivamente in regime di tempo pieno.

Nel terzo anno di questa seconda tipologia di contratto l’università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, valuta il titolare del contratto che abbia conseguito l’abilitazione scientifica nazionale, ai fini della chiamata nel ruolo di professore associato, dando pubblicità alla procedura sul proprio sito. La valutazione si svolge in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati con un apposito regolamento di ateneo, nell’ambito di criteri fissati con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (per la cui emanazione non è previsto un termine). Se la valutazione ha esito positivo, il titolare del contratto, alla scadenza dello stesso, è inquadrato come professore associato (comma 5).

 

Il comma 6 prevede che fino al 31 dicembre del sesto anno successivo alla data di entrata in vigore della legge, e sempre nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, la procedura di cui al comma 5 può essere utilizzata per la chiamata nel ruolo di professore di prima e seconda fascia di professori di seconda fascia e di ricercatori a tempo indeterminato in servizio nell’università, che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica. A questo fine le università possono utilizzare fino alla metà delle risorse equivalenti a quelle necessarie per coprire i posti disponibili di professore di ruolo. Si tratta, dunque, di una disposizione transitoria.

A decorrere dal settimo anno, l’università può utilizzare le risorse corrispondenti fino alla metà dei posti disponibili di professore di ruolo per le chiamate a professore associato dei ricercatori di cui al comma 3, lettera b), valutati positivamente ai sensi del comma 5.

 

Il comma 7 ribadisce quanto già enunciato nell’art. 22, comma 9, ai sensi del quale la durata complessiva dei rapporti instaurati con il medesimo soggetto, titolare degli assegni di ricerca e dei contratti a tempo determinato, intercorsi anche con atenei diversi, statali, non statali o telematici, nonché con gli altri soggetti indicati nel comma 1 dell’art. 22, non può essere superiore a 12 anni. (Si ricorda, peraltro, che il comma 9 dell’art. 22 richiamato precisa che, ai fini del calcolo complessivo, non rilevano i periodi trascorsi in aspettativa per maternità o per motivi di salute).

 

Il comma 8 disciplina il trattamento economico.

Per i titolari dei contratti di cui al comma 3, lettera a), esso è pari al trattamento iniziale spettante al ricercatore confermato, ovviamente diverso a seconda del regime di impegno (si veda ante, scheda sul trattamento economico).

Per i titolari dei contratti di cui al comma 3, lett. b), il trattamento annuo lordo onnicomprensivo è pari al trattamento iniziale del ricercatore confermato a tempo pieno elevato fino ad un massimo del 30 per cento.

Rispetto alla disciplina recata dall’art. 1, comma 14, della L. n. 230 del 2005, quindi, si specifica esattamente la misura del trattamento economico.

 

Al riguardo, può essere utile ricordare che l’art. 2 del già citato DM 16 settembre 2009 ha previsto che il trattamento economico minimo dei contratti di lavoro subordinato di diritto privato a tempo determinato di cui all’art. 1, comma 14, della L. 230 del 2005 è stabilito nella misura del 120% del trattamento economico iniziale dei ricercatori universitari confermati a tempo pieno e che il corrispondente impegno orario dei titolari dei contratti è fissato in 1500 ore di lavoro annue, di cui al massimo 350 dedicate ad attività didattiche integrative. Ha altresì stabilito che il trattamento economico minimo, in base agli impegni richiesti all'interessato, può essere rivalutato, nei limiti delle relative compatibilità di bilancio, sino ad un massimo del 30% dell'importo. La predetta rivalutazione è determinata in relazione agli specifici obiettivi, anche di durata pluriennale, che vengono individualmente ed espressamente attribuiti per attività di ricerca di particolare complessità e di didattica integrativa, tenendo conto dell'eventuale impegno aggiuntivo, che non potrà comunque eccedere le 1800 ore lavorative complessive annue. La rivalutazione del predetto trattamento è commisurata anche ai risultati della ricerca ed a quelli della didattica, rilevati da parte di apposita Commissione, composta anche da soggetti esterni all'Ateneo, in base a specifici indicatori qualitativi e quantitativi evidenziati espressamente nel contratto.

 

Il comma 9, infine, precisa che i contratti a tempo determinato non danno luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli. Essicostituiscono titolo di preferenza nei concorsi per l’accesso alle pubbliche amministrazioni.

Con riferimento all’ultimo periodo del comma 9, occorrerà specificare in quale ordine si pone il titolo di preferenza costituito dall’espletamento del contratto, rispetto i titoli di preferenza previsti dall’art. 5, commi 4 e 5, del DPR 487 del 1994[290].

 


Articolo 25
(Collocamento a riposo dei professori e dei ricercatori)

L’articolo 25 esclude l’applicabilità delle disposizioni sulla prosecuzione del rapporto di lavoro recate dall’art. 16 del d.lgs. 503 del 1992[291] ai professori e ai ricercatori universitari; dispone, inoltre, la decadenza, dalla data di entrata in vigore della legge, dei provvedimenti già adottati in proposito dalle università, ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i loro effetti.

 

L’art. 16 del d.lgs. 503 del 1992 attribuisce ai dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici la facoltà di permanere in servizio per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo.

In base alla modifica introdotta dall’art. 72, comma 7, del già citato D.L. 112 del 2008, è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di accogliere la richiesta in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal richiedente ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi[292]. Disposizioni transitorie sono poi state dettate dai commi da 8 a 10 dello stesso art. 72[293].

 

Si ricorda anche che l’art. 1, comma 17, della legge 230 del 2005 - del quale, nel testo licenziato in prima lettura dal Senato era stata prevista l’abrogazione, poi eliminata nel corso dell’esame alla Camera - stabilisce che per i professori ordinari e associati nominati sulla base della nuove procedure di reclutamento da essa recateil limite massimo di età per il collocamento a riposo è determinato al termine dell'anno accademico nel quale si è compiuto il 70° anno di età, con specifica che in tale termine è compreso il biennio di cui all’art. 16 del d.lgs. 503 del 1992, mentre è abolito il collocamento fuori ruolo per limiti di età.

 

 

 


Articolo 26
(Lettori di scambio)

Preliminarmente si evidenzia che l’art. 26 riguarda non solo i lettori di scambio, ma anche i collaboratori esperti linguistici.

I commi 1 e 2 prevedono che, in esecuzione di accordi culturali internazionali che prevedono l’utilizzo reciproco di lettori, le università possono conferire a studiosi stranieri qualificati e di comprovata professionalità incarichi annuali rinnovabili per lo svolgimento di attività finalizzate alla diffusione della lingua e della cultura del Paese di origine e alla cooperazione internazionale. Gli incarichi sono conferiti con decreto del rettore, previa delibera degli organi accademici competenti.

Al riguardo si evidenzia – come già osservato con riferimento all’art. 23, comma 1, – che all’art. 2 non è specificato l’organo competente a deliberare il conferimento di tali incarichi; peraltro, nel caso dei lettori di scambio, a differenza di quanto avviene per i titolari di contratti di insegnamento (di cui all’art. 23, comma 1) – il cui curriculum scientifico o professionale è verificato, quanto a congruità, dal Nucleo di valutazione (art. 2, comma 1, lett. r)) –, l’art. 2 non individua neanche il soggetto cui spetta valutarne la professionalità. Se ne deduce, quindi, che entrambe le competenze verranno definite dalle singole università.

Le modalità per il conferimento degli incarichi, compreso il trattamento economico a carico degli accordi internazionali, sono definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro degli affari esteri e il Ministro dell’economia e delle finanze (per la cui emanazione non è previsto un termine).

Si ricorda che la relazione illustrativa all’A.S. 1905 evidenziava che con tale intervento si intende colmare il vuoto normativo determinato dall’abrogazione della L. n. 62 del 1967[294] – disposta dall’art. 24 e dall’allegato A al già citato D.L. n. 112 del 2008 – che, peraltro, risultava superata dall’evoluzione normativa, in particolare sotto il profilo dell’assimilazione del lettore di scambio agli assistenti universitari, figura professionale ad esaurimento[295].

 

La disciplina della figura dei c.d. lettori di scambio era recata dall’art. 24 della L. n. 62/1967, che prevedeva la possibilità di conferire, in esecuzione di accordi culturali ratificati, incarichi annuali rinnovabili, in corrispondenza di posti di lettore di ruolo, a cittadini stranieri. L’incarico era conferito con decreto del rettore, previa deliberazione della Facoltà, su proposta del professore della materia, che sceglieva fra una terna designata dalle competenti autorità del paese di origine[296]. Ai lettori nominati ai sensi dell’art. 24 della L. 62/1967 era corrisposto un assegno pari allo stipendio iniziale dell’assistente universitario incaricato.

A seguito dell’abrogazione dell’art. 24 della L. 62/1967 la CRUI ha inviato una nota[297] ai Ministri dell’istruzione, dell’università e della ricerca e degli affari esteri, con la quale – in subordine all’azione volta a far salva la vigenza della disposizione – si sollecitava (attraverso la stipula di specifici accordi con i Paesi interessati) una soluzione della questione mediante assunzione degli oneri da parte delle Autorità diplomatiche del paese di provenienza del lettore, ovvero da parte del MAE, in regime di scambio. La nota evidenziava, altresì, che in quel periodo risultavano in servizio presso le università italiane 125 lettori di scambio stranieri, a fronte di 175 lettori italiani all’estero, e che in alcune Università già operavano lettori interamente pagati dai paesi di provenienza.

Nel verbale della Giunta esecutiva del Convegno permanente dei direttori amministrativi e dirigenti delle università italiane del 9 luglio 2009[298] si legge che “con nota del 17-06 il Capo Dipartimento del Ministero Dott. Masia ha espresso l’avviso che la figura di cui trattasi possa essere assimilata a quella del collaboratore linguistico a tempo determinato, confermando nel contempo la validità della procedura, delineata d’intesa tra MIUR e MAE, disciplinante l’iter e le modalità per il mantenimento in servizio dei lettori di scambio”.

 

Il comma 3 reca interpretazione autentica dell’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 2/2004[299], con il quale è stata rideterminata la retribuzione dei collaboratori esperti linguistici di sei atenei italiani in esecuzione della sentenzadella Corte di Giustizia europea del 26 giugno 2001 (causa C212/99)[300], e stabilisce, contestualmente, l’estinzione del contenzioso in corso.

 

Al riguardo occorre preliminarmente ricordare che l’art. 28 del DPR n. 382 del 1980 aveva previsto la possibilità per le Università di assumere – con contratto di diritto privato, rinnovabile per un massimo di cinque anni consecutivi –, in relazione ad effettive esigenze di esercitazioni degli studenti di corsi di lingua, e anche al di fuori di specifici accordi internazionali, lettori di madre lingua straniera di qualificata e riconosciuta competenza, accertata dalla facoltà, in numero non superiore al rapporto di uno a centocinquanta tra il lettore e gli studenti effettivamente frequentanti il corso. I relativi oneri erano coperti con finanziamenti a tal scopo predisposti per ciascuna università con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il CUN[301].

Successivamente – come ricordava la stessa relazione illustrativa all’A.S. 1905 – a seguito dell’attuazione dell’autonomia finanziaria degli ateneiai sensi dell’art. 5 della L. 537/1993, i relativi oneri sono stati rimessi a carico dei bilanci dei singoli atenei. Di conseguenza, l’art. 4 del già citato D.L. n. 120 del 1995 ha abrogato le disposizioni dell’art. 28 del DPR 382/1980, prevedendo al contempo che, a decorrere dal 1° gennaio 1994, le università potevano assumere, compatibilmente con le risorse disponibili nei propri bilanci, per esigenze di apprendimento delle lingue e di supporto alle attività didattiche, anche mediante apposite strutture d'ateneo, istituite secondo i propri ordinamenti, collaboratori ed esperti linguistici di lingua madre (CEL) – in possesso di laurea o titolo universitario straniero adeguato alle funzioni da svolgere e di idonea qualificazione e competenza – con contratto di lavoro subordinato di diritto privato a tempoindeterminato ovvero, per esigenze temporanee, a tempo determinato. L'assunzione avveniva per selezione pubblica, le cui modalità erano disciplinate dalle università, secondo i rispettivi ordinamenti[302].

Inoltre, le università avevano l'obbligo di assumere prioritariamente i titolari dei contratti di cui all'art. 28 del DPR 382/1980, in servizio nell'anno accademico 1993-1994, nonché quelli cessati dal servizio per scadenza del termine dell'incarico, salvo che la mancata rinnovazione fosse dipesa da inidoneità o da soppressione del posto. Il personale così assunto conservava i diritti acquisiti in relazione ai precedenti rapporti.

 

La richiamata sentenza della Corte di giustizia europea del 26 giugno 2001 ha stabilito che l’Italia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell'articolo 39 del Trattato CE “con riferimento alla prassi amministrativa e contrattuale posta in essere da alcune università pubbliche, prassi che si traduce nel mancato riconoscimento dei diritti quesiti degli ex lettori di lingua straniera, riconoscimento invece garantito alla generalità dei lavoratori nazionali”, in quanto “ai collaboratori linguistici non è stata riconosciuta, in termini di trattamento economico e previdenziale, l'anzianità di servizio che avevano acquisito come lettori di lingua straniera prima dell'entrata in vigore della L. 236/1995, di conversione del D.L. 120/1995”.

Sulla base delle contestazioni avanzate in sede europea è stato adottato il richiamato D.L. 2/2004, il cui articolo 1, comma 1, ha attribuito agli ex lettori di madre lingua straniera, assunti come collaboratori esperti linguistici di lingua madre presso alcune università[303] un trattamento economico, proporzionalmente all'impegno orario assolto - tenendo conto che l'impegno pieno corrisponde a 500 ore - corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, con effetto dalla data di prima assunzione, fatti salvi eventuali trattamenti più favorevoli. La richiamata equiparazione è stata disposta ai soli fini economici, con esclusione dell’esercizio da parte dei collaboratori linguistici, ex lettori di madre lingua straniera, di qualsiasi funzione docente.

Successivamente, la Commissione europea non ha ritenuto sufficienti le disposizioni di cui al D.L. 2/2004 al fine di dare esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia. Tale insufficienza derivava da due ordini di fattori. In primo luogo, la scelta della categoria dei ricercatori a tempo definito quale categoria di riferimento ai fini dell’equiparazione comportava conseguenze negative per gli ex lettori, sia in termini di retribuzione arretrata, sia in termini di diritti pensionistici acquisiti, in quanto, anche tenendo conto della giurisprudenza costituzionale italiana[304], un ex lettore di lingua straniera a tempo pieno dovrebbe ricevere un trattamento equivalente a quello di un ricercatore confermato a tempo pieno. Inoltre, sempre secondo la Commissione, nel D.L. 2/2004 era stato aggiunto un ulteriore elemento discriminante, cioè il riferimento a 500 ore annuali di attività didattiche per il posto di ex lettore a tempo pieno. Nel caso in cui il contratto avesse previsto un numero di ore inferiore, l’importo totale della retribuzione arretrata e i diritti pensionistici sarebbero stati ridotti in maniera proporzionale. In particolare, la Commissione ha ritenuto che anziché far riferimento alle 500 ore, la ricostruzione dei diritti quesiti dei soggetti interessati si sarebbe dovuta basare sui termini effettivi dei precedenti contratti collettivi o, ove non possibile, sul contratto collettivo di ciascuna università.

In sostanza, nella sentenza del 26 giugno 2001 la Corte di Giustizia europea ha dichiarato che “se i lavoratori beneficiano, in forza della legge n. 236/1995, della ricostruzione della loro carriera per quanto riguarda aumenti salariali, anzianità e versamento, da parte del datore di lavoro, dei contributi previdenziali fin dalla data della loro prima assunzione, gli ex lettori di lingua straniera, divenuti collaboratori linguistici, devono altresì beneficiare di una ricostruzione analoga con effetti a decorrere dalla data della loro prima assunzione”. Secondo la Commissione, l’Italia non ha fornito sufficienti spiegazioni che potessero giustificare un ampio trattamento differenziato in termini di retribuzione arretrata e diritti pensionistici acquisiti, e quindi la sentenza del giugno 2001 non appare eseguita.

 

In esecuzione della sentenza della Corte di Giustizia europea del 26 giugno 2001, il comma 3 chiarisce che l’art. 1, comma 1, del D.L. 2/2004 si interpreta nel senso che ai collaboratori esperti linguistici, assunti dalle università interessate quali lettori di madrelingua straniera, il trattamento economico corrispondente a quello del ricercatore confermato a tempo definito, in misura proporzionata all'impegno orario effettivamente assolto, deve essere attribuito con effetto dalla data di prima assunzione quali lettori di madrelingua straniera a norma dell'art. 28 del D.P.R. 382/1980, sino alla data di instaurazione del nuovo rapporto quali collaboratori esperti linguistici, a norma dell'art. 4 del D.L. 120/1995.

Inoltre, a decorrere da quest'ultima data, a tutela dei diritti maturati nel rapporto di lavoro precedente, i collaboratori esperti linguistici hanno diritto a conservare, quale trattamento retributivo individuale, l'importo corrispondente alla differenza tra l'ultima retribuzione percepita come lettori di madrelingua straniera, computata secondo i criteri dettati dal D.L. 2/2004, e, ove inferiore, la retribuzione complessiva loro spettante secondo le previsioni della contrattazione collettiva di comparto e decentrata applicabile a norma del D.L. 120/1995[305]. Sono infine estinti i giudizi in materia, in corso alla data di entrata in vigore della legge.

Quindi, il comma 3 prevede l’equiparazione delle posizioni dei lettori di madrelingua ai soli fini retributivi e non anche a quelli previdenziali.

Al riguardo, si ricorda che il Presidente della Repubblica, nella lettera al Presidente del Consiglio che ha accompagnato la promulgazione, ha sottolineato l’opportunità che l’articolo 26, “nel prevedere l'interpretazione autentica dell'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2004 sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale”, la quale ha sempre riconosciuto, nel settore pubblico, il diritto alla ricongiunzione di tutti i servizi prestati ai fini della definizione dei diritti pensionistici[306].

 

 


Articolo 27
(Anagrafe degli studenti)

L’art. 27, novellando l’art. 1-bis, comma 1, alinea, del D.L. n. 105 del 2003[307] attraverso la soppressione della locuzione “in particolare”, indica in maniera tassativa gli obiettivi dell’Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università disciplinata dalla stessa disposizione.

L’art. 1-bis del D.L. n. 105 del 2003 ha previsto l’istituzione presso il MIUR dell'Anagrafe nazionale degli studenti e dei laureati delle università[308], avente, in particolare, i seguenti obiettivi:

§         valutare l'efficacia e l'efficienza dei processi formativi attraverso il monitoraggio tempestivo delle carriere degli iscritti ai vari corsi di studio;

§         promuovere la mobilità nazionale e internazionale degli studenti agevolando le procedure connesse ai riconoscimenti dei crediti formativi acquisiti;

§         fornire elementi di orientamento alle scelte attraverso un quadro informativo sugli esiti occupazionali dei laureati e sui fabbisogni formativi del sistema produttivo e dei servizi;

§         individuare idonei interventi di incentivazione per sollecitare la domanda e lo sviluppo di servizi agli studenti;

§         supportare i processi di accreditamento dell'offerta formativa del sistema nazionale delle istituzioni universitarie;

§         monitorare e sostenere le esperienze formative in àmbito lavorativo degli studenti iscritti, anche ai fini del riconoscimento dei periodi di alternanza studio-lavoro come crediti formativi[309].

L’anagrafe è consultabile all’indirizzo http://anagrafe.miur.it/index.php.


Articolo 28
(Istituzione di un Fondo per la formazione e l’aggiornamento della dirigenza presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca)

L’articolo 28, sulla base di quanto indicato dalla rubrica, prevede l’istituzione di un Fondo per la formazione e l’aggiornamento della dirigenza presso il MIUR.

Ai sensi del comma 1, la finalità principale, ma non esclusiva, del Fondo consiste, appunto, nella formazione e nell’aggiornamento dei funzionari pubblici, con particolare riguardo ad iniziative mirate nei confronti del personale degli enti locali, aventi ad oggetto le nuove responsabilità connesse al federalismo fiscale. Oltre a ciò, il Fondo può servire a finanziare iniziative di studio, ricerca e formazione sviluppate da università pubbliche in collaborazione con le regioni e gli enti locali.

 

Attualmente l’aggiornamento e la formazione permanente dei funzionari pubblici sono affidati a numerose scuole di pubblica amministrazione.

In particolare, la formazione dei dirigenti pubblici delle amministrazioni centrali è organizzata secondo un modello consolidato, rappresentato da una Scuola superiore generalista (la SSPA[310]) e da numerose scuole settoriali: Scuola superiore dell’Amministrazione dell’Interno[311]; Scuola superiore dell’economia e delle finanze[312], Istituto diplomatico[313], Scuola Superiore di Specializzazione in Telecomunicazioni, Istituto Guglielmo Tagliacarne, Istituto Superiore di Studi Penitenziari (ISSP), Scuola di formazione e perfezionamento del personale civile della Difesa (CIVILSCUOLADIFE), Formez P.A..[314]).

Per quanto riguarda formazione, riqualificazione professionale ed aggiornamento della dirigenza e del personale regionale, nonché di quello degli enti locali, il sistema degli enti territoriali si è andato progressivamente organizzando in modo autonomo[315].

In particolare, si ricorda che legge n. 127 del 1997[316] ha istituito la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale (SSPAL). Come previsto dall’articolo 104 del d.lgs. 267 del 2000[317], la Scuola, da ultimo riordinata con D.P.R. 27 del 2008[318], cura:

§         la formazione professionale dei segretari comunali e provinciali ai fini del rilascio dell’abilitazione all’iscrizione al relativo albo, nonché la progressione in carriera, il perfezionamento e l’aggiornamento professionale;

§         la formazione d’accesso alla qualifica dirigenziale, l’aggiornamento professionale e il perfezionamento dei dirigenti e del personale della Pubblica Amministrazione locale che svolga funzioni dirigenziali e direttive;

§         lo svolgimento di percorsi formativi per gli amministratori locali;

§         l’assistenza tecnica al sistema delle Autonomie locali, nonché l’elaborazione di studi e ricerche a sostegno della funzione di governo delle Comunità locali per la piena valorizzazione del principio costituzionale di sussidiarietà.

Lo stesso regolamento prevede che per la realizzazione degli interventi formativi di aggiornamento e di specializzazione, nonché di assistenza tecnica formativa, anche in sede decentrata, la Scuola possa stipulare convenzioni con le scuole centrali, con le università, nonché con associazioni senza fini di lucro ed altri istituti, enti e società di formazione e di ricerca, pubblici e privati, che presentino i necessari requisiti di organizzazione e qualificazione professionale.

 

In relazione alle risorse per la formazione dei funzionari pubblici, si ricorda che nell’ambito delle politiche di bilancio adottate per far fronte alla recente crisi economico-finanziaria, il decreto legge n. 78/2010[319] prevede anche, all’art. 6, comma 13, che “a decorrere dall’anno 2011 la spesa annua sostenuta dalle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, incluse le autorità indipendenti, per attività esclusivamente di formazione deve essere non superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nell’anno 2009”. Si stabilisce altresì che le attività di formazione devono essere prioritariamente svolte tramite la Scuola superiore della pubblica amministrazione ovvero tramite i propri organismi di formazione. Una successiva circolare del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione[320], a cui compete il ruolo di “indirizzo, coordinamento e programmazione in materia di formazione, aggiornamento professionale e sviluppo del personale delle pubbliche amministrazioni”, ha fornito le indicazioni per l’applicazione della disposizione richiamata, specificando che tali indicazioni costituiscono, per gli enti territoriali, linee guida finalizzate a garantire un miglior utilizzo delle risorse finanziarie assegnate alla formazione dei pubblici dipendenti, in ossequio al principio di coordinamento della finanza pubblica, che rientra nella competenza concorrente ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, Cost., nonché a quello di leale collaborazione di cui al successivo articolo 118.

 

Possono accedere alle risorse del Fondo università pubbliche e private, nonché fondazioni tra università ed enti locali, appositamente costituite nel numero massimo di  due su tutto il territorio nazionale, di cui una con sede in una delle Regioni dell’obiettivo 1 ai fini della programmazione dei fondi strutturali (comma 2).

 

Si ricorda che l’art. 59 della l. finanziaria per il 2001 (l. n. 388/2000) ha stabilito la possibilità per una o più università di costituire fondazioni di diritto privato, con la partecipazione di enti ed amministrazioni pubbliche e soggetti privati, per lo svolgimento delle attività strumentali e di supporto alla didattica e alla ricerca. Tali fondazioni sono state disciplinate da un regolamento adottato con successivo D.P.R. n. 254/2001. Con tale innovazione si è inteso consentire agli atenei di essere affiancati da una struttura di supporto, presso la quale fosse possibile trasferire tutta una serie di attività strumentali, da svolgere anche con l'apporto finanziario di privati, lasciando alle università le attività istituzionali relative alla didattica e alla ricerca[321].

 

In ogni caso, dovrà essere emanato un decreto del MIUR, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della legge, a cui è demandata la definizione dei criteri e delle modalità di attuazione e l’individuazione dei soggetti destinatari dei finanziamenti (comma 3).

Il successivo comma 4 autorizza la spesa di 2 milioni di euro annui per gli anni dal 2012 fino al 2017, a valere sul Fondo per interventi strutturali di politica economica (comma 5).

Conseguentemente, si autorizza il Ministro dell'economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 6).

 

Il Fondo per gli interventi strutturali di politica economica (ISPE) è stato istituito dal comma 5 dell’articolo 10 del D.L. n. 282 del 2004 (legge n. 307/2004), nello stato di previsione del Ministero dell’economia e finanze (missione “Politiche economico-finanziarie e di bilancio”, programma “Analisi, monitoraggio e controllo della finanza pubblica e politiche di bilancio”, cap. 3075) al fine di agevolare il perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, anche mediante interventi volti alla riduzione della pressione fiscale. Il Fondo viene utilizzato in modo flessibile ai fini del reperimento delle risorse occorrenti a copertura di interventi legislativi recanti oneri finanziari.

La legge di bilancio 2011[322] reca una dotazione del Fondo pari a 6,4 milioni di euro per il 2011, a 200,1 milioni per il 2012 e a 65,3 milioni per il 2013, contabilizzando gli effetti della legge di stabilità 2011[323].


Articolo 29
(Norme transitorie e finali)

L’articolo 29 reca norme finali sui temi trattati negli articoli precedenti, incluse alcune abrogazioni, norme transitorie sempre in relazione ai temi precedentemente trattati, e norme su ulteriori argomenti.

 

I commi da 1 a 5 dettano disposizioni in materia di reclutamento e di assunzioni.

 

In particolare, il comma 1 dispone che, fermo restando quanto previsto dal comma 2, a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge, le università per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, di ricercatore e di assegnista di ricerca possono avviare esclusivamente le procedure da essa previste nel Titolo III (artt. da 15 a 29).

Il comma 2 dispone, però, che le università continuano ad avvalersi delle disposizioni in materia di assunzione in servizio vigenti alla data di entrata in vigore della legge fino a che non siano adottati i regolamenti sulla chiamata dei professori previsti dall’art. 18, comma 1.

Dal combinato disposto dei commi 1 e 2 si dedurrebbe, quindi, che per le procedure relative agli assegni di ricerca ed ai contratti di ricercatore a tempo determinato si applicheranno immediatamente le nuove disposizioni, mentre per la copertura dei posti di professore continueranno a restare in vigore, fino all’adozione dei nuovi regolamenti di cui all’art. 18, comma 1, le disposizioni vigenti.

 

Il comma 3 riguarda la disciplina transitoria per la costituzione delle commissioni di concorso per le procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori universitari di I e II fascia della prima edella seconda sessione 2008: in particolare, esso,modificando il D.L. 180/2008, introduce una ulteriore ipotesi in cui, per la costituzione della commissione, si procede direttamente al sorteggio, ossia quando il numero dei professori ordinari appartenenti al settore scientifico disciplinare oggetto del bando è inferiore a 4 (si veda la ricognizione normativa presente nella scheda relativa agli articoli 16 e 18).

 

Il comma 4 dispone, anzitutto, nel primo periodo, che chi ha conseguito l’idoneità per i posti di professore associato e ordinario può essere ancora destinatario di chiamata ai sensi della L. 210 del 1998 fino alla scadenza della durata della propria idoneità, fissata dall’art. 1, comma 6, della L. 230 del 2005 in 5 anni dal conseguimento (si veda anche quanto dispone il comma 8 dell’articolo in commento).

Fissa, inoltre, un termine per l’adozione del decreto di nomina e la presa di servizio dell’idoneo, applicabile sia per la chiamata disciplinata nel primo periodo, sia per l’idoneità conseguita a seguito delle procedure di valutazione comparativa bandite ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D.L. 248 del 2007 e dell’art. 4-bis, comma 16, del D.L. 97 del 2008 (con le quali – si ricorda - è stata prevista la possibilità di riattivare le procedure di valutazione comparativa per professori ordinari e associati applicando i meccanismi della L. 210 del 1998 e del relativo regolamento di attuazione fino al 31 dicembre 2009 e consentendo agli atenei di emanare i bandi entro il 30 novembre 2008).

In particolare, entro 90 giorni dalla deliberazione, da parte dell’università che ha indetto il bando, di voler effettuare la chiamata, devono intervenire il decreto di nomina e la presa di servizio da parte dell’idoneo. In mancanza, l’idoneo può essere chiamato da altre università, anche se resta ferma la possibilità per l’università che ha indetto il bando di ripetere la chiamata.

Si potrebbe ritenere che quest’ultima disposizione sia volta ad evitare che, nell’impossibilità, per l’università che ha emesso il bando e proceduto alla chiamata dell’idoneo, di poterlo assumere, per vincoli di ordine finanziario o di turn-over previsti da norme intervenute successivamente all’emanazione del bando, sia preclusa anche alle altre università la possibilità di chiamare il soggetto. 

 

Il comma 5 è già stato illustrato nella scheda relativa all’art. 24.

 

Il comma 6 riguarda il numero dei posti disponibili nei corsi di laurea (magistrale) in medicina e chirurgia e, in particolare, stabilisce che entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ridetermina il numero di tali posti e li ripartisce su base regionale anche al fine di riequilibrare l’offerta formativa in relazione al fabbisogno di personale medico del bacino territoriale di riferimento.

 

Al riguardo si ricorda che l’art. 1, c. 1, lett. a), della L. n. 264 del 1999[324] prevede che sono programmati a livello nazionale, fra gli altri, gli accessi ai corsi di laurea in medicina e chirurgia. Ai sensi dell’art. 3, c. 1, lett. a) e b), il numero dei posti a livello nazionale è determinato annualmente con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sentitigli altri Ministri interessati, sulla base della valutazione dell'offerta potenziale del sistema universitario, tenendo anche conto del fabbisogno di professionalità del sistema sociale e produttivo; i posti sono ripartiti tra le università con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, tenendo conto dell'offerta potenziale comunicata da ciascun ateneo e dell'esigenza di equilibrata attivazione dell'offerta formativa sul territorio.

Per l’anno accademico 2010-2011 il DM 2 luglio 2010[325] ha determinato in 8.755 il numero di posti disponibili per le immatricolazioni ai corsi di laurea magistrale in medicina e chirurgia destinati agli studenti comunitari e non comunitari residenti in Italia, cui si aggiungono quelli riservati agli studenti stranieri[326][327]. Con DM 21 ottobre 2010[328] vi èstato, poi, un ampliamento di tale numero a 9.527 unità in considerazione del fatto che la programmazione effettuata non soddisfaceva il fabbisogno professionale del medico chirurgo emergente dalla rilevazione effettuata dal Ministero della Salute ai sensi dell'art.6-ter del D.lgs. n.502/1992, trasmessa in data 1 giugno 2010 alla Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome in vista dell'Accordo formale.

 

Sulla base della ricognizione normativa effettuata, le novità sembrano, quindi, essere costituite dal fatto che si prevede una ripartizione del numero dei posti su base regionale (e non fra le università) e dal fatto che si rafforza il ruolo del Ministro della salute, prevedendo il suo concerto ai fini della adozione del decreto. Non è, peraltro, chiaro se la previsione di una “rideterminazione del numero di posti entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge” si riferisca a quanto già deliberato per l’a.a. 2010/2011.

 

Il comma 7 riguarda la copertura di posti mediante chiamata diretta, disciplinata dall’art. 1, comma 9, della L. 230 del 2005 - come di recente modificato dall’art. 1-bis del D.L. 180 del 2008 - che a tal fine viene novellato.

In particolare, per la copertura di posti di professore ordinario e associato e di ricercatore mediante chiamata diretta di studiosi stabilmente impegnati all’estero in attività di ricerca o insegnamento a livello universitario da almeno un triennio, si fa riferimento, per la posizione accademica equipollente, oltre che alle istituzioni universitarie estere, anche a quelle di ricerca.

Al riguardo si ricorda che una delle novità derivanti dall’art. 1-bis del D.L. 180 del 2008 è stata costituita dall’estensione della possibilità di chiamata diretta ai ricercatori e dal conseguente riferimento all’attività di ricerca.

 

Inoltre, si introduce una quarta ipotesi di chiamata diretta. Al riguardo è, quindi, preliminarmente utile ricordare cheil comma 9 dell’art. 1 della L. 230/2005 fa anche riferimento a coloro che abbiano già svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR nell’ambito del programma di rientro dei cervelli (si veda infra, comma 20) un periodo di almeno 3 anni di ricerca e di docenza nelle università italiane e conseguito risultati scientifici congrui rispetto al posto per il quale ne viene proposta la chiamata, nonché agli studiosi di chiara fama.

Con la legge in esame si estende la chiamata diretta anche a studiosi che siano risultati vincitori nell’ambito di specifici programmi di ricerca di alta qualificazione, identificati con decreto del MIUR (per la cui emanazione non è indicato un termine), sentiti ANVUR e CUN, finanziati dall’Unione europea o dallo stesso MIUR.

 

Si ricorda che le chiamate dirette avvengono nell’ambito delle disponibilità di bilancio delle università.

Una ulteriore modifica riguarda la procedura. Finora per la chiamata diretta di studiosi stabilmente impegnati all’estero e di studiosi che avevano operato nell’ambito del programma di rientro dei cervelli era prevista la formulazione di proposte da parte delle università al Ministro, il quale concedeva o rifiutava il nulla osta alla nomina previo parere del CUN, mentre per la chiamata di studiosi di chiara fama era previsto che il parere al Ministro fosse espresso da una Commissione, nominata dal CUN, composta da 3 professori ordinari appartenenti al settore scientifico-disciplinare in riferimento al quale era proposta la chiamata.

Il comma 7 dell’art. 29 prevede che a tutte le ipotesi di chiamata diretta si applichi questa seconda procedura.

 

Si ricorda, per completezza, che la nomina è disposta con decreto del rettore che determina la relativa classe di stipendio sulla base della eventuale anzianità di servizio e di valutazioni di merito.

 

Il comma 8 è già stato illustrato nella scheda riferita agli articoli 16 e 18.

 

Il comma 9 riserva una quota delle risorse (aggiuntive) destinate dalla legge di stabilità 2011 al FFO (800 milioni di euro per il 2011 e 500 dal 2012) alla chiamata di professori associati secondo le procedure di cui agli articoli 18 e 24, comma 6 (quest’ultimo riferito ai ricercatori a tempo indeterminato in servizio nella stessa università che abbiano conseguito l’abilitazione scientifica di cui all’art. 16).

In particolare, al fine indicato è riservata una quota non superiore a:

§         13 milioni di euro per il 2011;

§         93 milioni di euro per il 2012;

§         173 milioni di euro a decorrere dal 2013.

L’utilizzo delle risorse è disposto con decreto del MIUR, di concerto con il MEF, previo parere vincolante delle Commissioni parlamentari. Nel testo in commento non è indicato un termine per l’adozione del decreto.

 

E’ utile ricordare che sull’argomento è intervenuto anche l’art. 1, comma 24, della legge di stabilità 2011, disponendo che, a valere su quota parte (in quella sede non quantificata) delle risorse aggiuntive stanziate per il FFO (si veda ante) entro il 31 gennaio di ogni anno sia emanato un decreto interministeriale[329] per l’approvazione di un piano straordinario per la chiamata di professori associati per ciascuno degli anni 2011-2016 (specificanon presentenel testo in commento) per la qualenon si applicano le disposizioni sulla limitazione del turn-over nelle università recate dall’art. 66, comma 13, del D.L. 112 del 2008(si veda ante, scheda riferita agli articoli 16 e 18).

La formulazione della disposizione sembra far riferimento agli anni solari che, quindi, sono 6, e non agli anni accademici (che sarebbero 5).

 

Lo stanziamento per il FFO previsto per il triennio 2011-2013 (cap. 1694) è il seguente:

 (milioni di euro)

2011

6.935,5[330]

2012

6.552,3

2013

6.514,3

 

Il comma 10 dispone che la disciplina sui trasferimenti recata dall’art. 3 della L. 210 del 1998 si applica solo ai ricercatori a tempo indeterminato.

 

La disposizione richiamata stabilisce che i regolamenti universitari disciplinano i trasferimenti, assicurando la valutazione comparativa dei candidati secondo criteri generali predeterminati e adeguate forme di pubblicità della procedura, nonché l'effettuazione dei medesimi esclusivamente a domanda degli interessati e dopo tre anni accademici di loro permanenza in una sede universitaria, anche se in aspettativa.

Si ricorda che la competenza in materia di trasferimenti è stata confermata in capo alle università dall’art. 13 del D.lgs. 164 del 2006, abrogato dal comma 12 dell’articolo in commento.

Sull’argomento, si veda anche quanto dispongono l’art. 3, commi 5 e 6, per i trasferimenti derivanti da federazioni o fusioni, ovvero da operazioni di revisione e razionalizzazione dell’offerta formativa, e l’art. 18, comma 1, lett. b), relativamente alla partecipazione ai procedimenti di chiamata di professori universitari già in servizio.

 

I commi 11 e 12 dispongono abrogazioni di cui si è per la maggior parte dei casi dato conto nelle schede relative agli articoli dalle cui novità esse discendono.

 

Una ulteriore abrogazione, disposta dalla lett. b) del comma 11, è riferita all’art. 4 della L. n. 398 del 1989[331], concernente le borse di studio post-dottorato.

 

L’articolo 4 indicato dispone che le università possono conferire borse di studio ai laureati in possesso del titolo di dottore di ricerca conseguito in Italia o all'estero per lo svolgimento di attività di ricerca post-dottorato. Il conferimento avviene per programmi correlati alle esigenze delle attività di ricerca svolte nelle strutture dell'ateneo. Le modalità di conferimento e conferma delle borse e i limiti di età per poterne usufruire sono stabiliti con decreto del rettore, previa deliberazione del senato accademico[332]. Le borse di studio hanno durata biennale, sono sottoposte a conferma allo scadere del primo anno e non sono rinnovabili[333].

Occorre, peraltro, ricordare che è l’art. 1 della L. 398 del 1989 a disporre le tipologie di borse di studio che le università conferiscono, includendovi anche quelle per lo svolgimento di attività di ricerca post-dottorato.

 

Del comma 13 si è già parlato nella scheda riferita all’art. 24 (ricercatori a tempo determinato), mentre del comma 14 si è parlato nella scheda riferita all’art. 5 (deleghe per la qualità e l’efficienza del sistema universitario).

 

Il comma 15 stabilisce che le disposizioni in materia di limitazione della spesa per missioni a decorrere dal 2011 recate dall’art. 6, comma 12, del D.L. 78 del 2010 non si applicano alla spesa effettuata dalle università e dagli enti di ricerca con risorse derivanti da finanziamenti dell’Unione europea o di soggetti privati.

L’art. 6, comma 12, del D.L. 78 del 2010, per la parte che qui interessa, dispone che, a decorrere dal 2011, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, incluse le autorità indipendenti, non possono effettuare spese per missioni – con alcune esclusioni esplicitamente individuate – per un ammontare superiore al 50 per cento della spesa sostenuta nel 2009. Gli atti e i contratti posti in essere in violazione di tale previsione costituiscono illecito disciplinare e determinato responsabilità erariale. Il limite di spesa può essere superato in casi eccezionali, purché si determinino le condizioni esplicitamente indicate.

 

Il comma 16 dispone che per la carica di Presidente o di componente dell’organo direttivo (ora, Consiglio direttivo) dell’ANVUR, ferma restando l’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di collocamento a riposo, può essere ricoperta fino al compimento del settantesimo anno di età. A tal fine, novella l’art. 2, comma 140, lett. b), del D.L. 262 del 2006 che, come già ricordato nel commento relativo all’art. 1, ha previsto l’intervento di un regolamento di delegificazione per la disciplina dell’organizzazione dell’ANVUR (DPR 76/2010).

 

L’articolo 6 del DPR 76 del 2010 prevede che il Presidente ed i componenti del Consiglio direttivo, nonché del collegio dei revisori dei conti, restano in carica quattro anni e non possono essere nuovamente nominati. Però, in sede di prima applicazione del regolamento, previo sorteggio, sono individuati due componenti del Consiglio direttivo che durano in carica tre anni, e tre componenti che durano in carica quattro anni. Gli altri componenti, tra cui il Presidente, durano in carica cinque anni.

 

Si rende ora necessaria la modifica dell’art. 6 del DPR 76/2010 al fine di recepire la novità.

 

Dei commi 17 e 18 si è già parlato nella scheda riferita agli articoli 16 e 18.

 

Il comma 19, fermo restando il blocco degli scatti economici per anzianità nel triennio 2011-2013 disposto dall’art. 9, comma 21, del D.L. 78 del 2010, autorizza la spesa di 18 milioni di euro per il 2011 e di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013 per l’attribuzione di scatti economici su base meritocratica a professori e ricercatori universitari.

I criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse fra gli atenei e per la selezione dei  destinatari degli interventi secondo criteri di merito scientifico e accademico sono adottati con decreto del MIUR, di concerto con il MEF, da adottare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Alla copertura dell’onere si provvede, per quanto concerne il 2011, mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per l'attuazione dei piani di sviluppo dell'università[334], di cui all’art. 17 della L. 245 del 1990 e, per quanto concerne il 2012 e il 2013 mediante riduzione delle proiezioni, per il 2012, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del MEF, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al MIUR.

 

Il comma 20 riguarda la ricostruzione di carriera degli studiosi impegnati all’estero che abbiano svolto per chiamata diretta autorizzata dal MIUR nell’ambito del programma di rientro dei cervelli un periodo di docenza e ricerca nelle università italiane. Il servizio prestato è riconosciuto (automaticamente) per due terzi ai fini della carriera e per intero, sulla base di domanda e con onere a carico del richiedente, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza. Alla copertura dell’onere, valutato in 340.000 euro annui, si provvede attraverso corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa destinata al cofinanziamento degli assegni di ricerca autorizzata dall’art. 5, comma 1, della L. 370 del 1999.

 

Il programma c.d. “Rientro dei cervelli” è stato avviato dal D.M. 26 gennaio 2001, n. 13[335], emanato dal Ministero dell’Università e della Ricerca al fine di incentivare la mobilità di studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero[336].

In particolare, l’art. 1 del DM aveva stabilito, a partire dall’esercizio finanziario 2001 e a valere sul fondo di finanziamento ordinario (FFO):

§         uno stanziamento di 20 miliardi di lire annui per la stipula di contratti di diritto privato (di durata fino a tre anni accademici) con studiosi ed esperti italiani e stranieri stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e scientifica;

§         un ulteriore stanziamento di 20 miliardi di lire annui per sostenere specifici programmi di ricerca da affidare ai titolari dei contratti suddetti.

L’art. 2 aveva, altresì, destinato – sempre a valere sul FFO e a partire dal 2001 – la somma di 10 miliardi di lire per sostenere ed incentivare le chiamate nel ruolo della docenza di prima fascia di professori stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero in attività didattiche o di ricerca nell’ultimo triennio[337].

Successivamente, prima con il D.M. 20 marzo 2003, n. 501[338] e poi con il D.M. 1° febbraio 2005, n. 18[339], si è previsto che ogni anno un’apposita quota del Fondo di finanziamento ordinario delle università fosse destinata – nell’ambito del decreto di ripartizione del FFO – alla stipula di contratti da parte delle università statali con studiosi ed esperti stranieri o italiani stabilmente impegnati all’estero da almeno un triennio in attività didattica e di ricerca. Il programma si rivolgeva a studiosi di ogni disciplina e nazionalità, purché in possesso almeno del titolo di dottore di ricerca o equivalente al momento della presentazione della domanda[340].

I contratti avevano durata minima di 2 anni continuativi e massima di 4[341] e richiedevano sia un impegno didattico compreso fra un minimo di 30 e un massimo di 60 ore per anno accademico, sia l’espletamento di un programma di ricerca definito. Il titolare del contratto si impegnava ad una attività continuativa, esclusiva e a tempo pieno presso l’università ospitante, fatti salvi occasionali impegni fuori sede.

Il MIUR provvedeva alla copertura del compenso per l’attività degli studiosi[342] e al finanziamento del 90 per cento del costo ritenuto ammissibile per il programma di ricerca. L’università si impegnava a fornire adeguate strutture di accoglienza e di supporto dell’attività del titolare del contratto ed a cofinanziare per il 10 per cento il costo del programma di ricerca proposto.

La selezione delle domande (presentate dalle università) era affidata al Comitato preposto alla gestione del programma[343], composto dai presidenti del CUN e della CRUI, nonché da tre eminenti personalità di rinomata qualificazione scientifica in ambito internazionale. Il Comitato proponeva al Ministro le proposte da finanziare in relazione allo stanziamento disponibile.

In materia è poi intervenuto, come si è già detto, l’art. 1, comma 9, della L. n. 230 del 2005 – successivamente modificato dall’art. 1-bis del D.L. n. 180 del 2008 – che ha sancito a livello legislativo la chiamata diretta di studiosi italiani impegnati all’estero.

 

Il comma 21 prevede cheentro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge il MIUR emana un decreto, previo parere del CUN e del CNAM (Consiglio nazionale per l’alta formazione artistica e musicale) che disciplina le modalità organizzative per consentire la contemporanea iscrizione a corsi di studio universitari e a corsi di studio presso i conservatori di musica, gli istituti musicali pareggiati e l’Accademia nazionale di danza.

Al riguardo si ricorda, preliminarmente, che l’art. 2 della L. 508 del 1999[344] ha disposto che le Accademie di belle arti, l'Accademia nazionale di arte drammatica e gli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), nonché i Conservatori di musica, l'Accademia nazionale di danza e gli Istituti musicali pareggiati costituiscono il sistema dell'alta formazione e specializzazione artistica e musicale (AFAM) le cui istituzioni sono dotate di personalità giuridica e godono di autonomia statutaria, didattica, scientifica, amministrativa, finanziaria e contabile.

Ha, inoltre, disposto la trasformazione dei Conservatori di musica, dell'Accademia nazionale di danza e degli Istituti musicali pareggiati in Istituti superiori di studi musicali e coreutici.

Le istituzioni AFAM istituiscono e attivano corsi di formazione ai quali si accede con il possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado, nonché corsi di perfezionamento e di specializzazione e rilasciano diplomi accademici di primo e secondo livello, nonché diplomi di perfezionamento, di specializzazione e di formazione alla ricerca in campo artistico e musicale[345].

Con DPR 132 del 2003 e DPR 212 del 2005 sono stati, poi, dettati i criteri per l'autonomia statutaria, regolamentare e organizzativa e la disciplina per la definizione degli ordinamenti didattici.

L’art. 3-quinquies del D.L. 180 del 2008 ha, poi, previsto l’intervento di decreti ministeriali per la determinazione dei settori artistico disciplinari e degli obiettivi formativi delle IstituzioniAFAM, così come avvenuto per i corsi di laurea e di laurea magistrale[346].

 

Quanto alla possibilità di contemporanea iscrizione a più corsi di studio superiori, con nota 1788 del 13 novembre 2009 la Direzione generale per il personale scolastico, richiamando la nota 2234 del 26 ottobre 2009 della Direzione generale per l’università, lo studente e il diritto allo studio, ha ribadito che “è tuttora vigente l’art. 142 del T.U. n. 1592/1933, che non consente la contemporanea iscrizione a due corsi universitari[347] e il conseguimento di due titoli accademici. E’ ammessa esclusivamente la contemporanea frequenza di un corso di studi universitario ed un corso di perfezionamento di impegno inferiore a 1500 ore per complessivi 60 crediti”.

Già prima, con nota. 3633 del 19 febbraio 2004[348], confermata dalla nota 3676 del 17 marzo 2004[349],la Direzione generale per l’alta formazione artistica, musicale e coreutica aveva precisato che l’iscrizione al biennio specialistico in Discipline musicali, autorizzato dal DM 8 gennaio 2004, n. 1, comporta l’incompatibilità con l’iscrizione ai corsi di corrispondente livello, che va considerata sia con riferimento ai corsi attivati nell’ambito dell’alta formazione artistica e musicale, sia con riferimento ai corsi universitari di primo e di secondo livello.

 

Alla luce della ricostruzione normativa effettuata, il comma 21 interviene, quindi, per rimuovere, con riferimento alle fattispecie citate, l’incompatibilità derivante dall’art. 142 del R.D. 1592 del 1933.

 

Il comma 22 reca disposizioni di copertura finanziaria.

In particolare, il primo periodo riguarda la copertura relativa alla revisione del trattamento economico dei ricercatori non confermati a tempo indeterminato, nel primo anno di attività, di cui si è già parlato nella scheda riferita all’art. 5.

Il secondo periodo riguarda la copertura relativa alle agevolazioni riconosciute ai titolari degli assegni di ricerca dall’art. 22, comma 6, di cui si è già parlato nella relativa scheda.

 

L’ultimo periodo reca, infine, la clausola di invarianza finanziaria, disponendo che dalle rimanenti disposizioni della legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.


Comunicato del Presidente Napolitano relativo alla legge di riforma dell'università,
30 dicembre 2010

(http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=1115)0

 


Il Presidente Napolitano ha promulgato la legge di riforma dell'università e inviato una lettera al Presidente del Consiglio

 

 

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha oggi promulgato la legge recante "Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonchè delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario".

 

C o m u n i c a t o

 

Il Capo dello Stato ha contestualmente indirizzato la seguente lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri:

 

"Promulgo la legge, ai sensi dell'art. 87 della Costituzione, non avendo ravvisato nel testo motivi evidenti e gravi per chiedere una nuova deliberazione alle Camere, correttiva della legge approvata a conclusione di un lungo e faticoso iter parlamentare.

L'attuazione della legge è del resto demandata a un elevato numero di provvedimenti, a mezzo di delega legislativa, di regolamenti governativi e di decreti ministeriali; quel che sta per avviarsi è dunque un processo di riforma, nel corso del quale saranno concretamente definiti gli indirizzi indicati nel testo legislativo e potranno essere anche affrontate talune criticità, riscontrabili in particolare negli articoli 4, 23 e 26.

 

Per quel che riguarda l'articolo 6, concernente il titolo di professore aggregato - pur non lasciando la norma, da un punto di vista sostanziale, spazio a dubbi interpretativi della reale volontà del legislatore - si attende che ai fini di un auspicabile migliore coordinamento formale, il governo adempia senza indugio all'impegno assunto dal Ministro Gelmini nella seduta del 21 dicembre in Senato, eventualmente attraverso la soppressione del comma 5 dell'articolo.

 

Per quanto concerne l'art. 4 relativo alla concessione di borse di studio agli studenti, appare non pienamente coerente con il criterio del merito nella parte in cui prevede una riserva basata anche sul criterio dell'appartenenza territoriale.

 

Inoltre l'art. 23, nel disciplinare i contratti per attività di insegnamento, appare di dubbia ragionevolezza nella parte in cui aggiunge una limitazione oggettiva riferita al reddito ai requisiti soggettivi di carattere scientifico e professionale.

 

Infine è opportuno che l'art. 26, nel prevedere l'interpretazione autentica dell'art. 1, comma 1, del decreto legge n. 2 del 2004 sia formulato in termini non equivoci e corrispondenti al consolidato indirizzo giurisprudenziale della Corte Costituzionale.

Al di là del possibile superamento - nel corso del processo di attuazione della legge - delle criticità relative agli articoli menzionati, resta importante l'iniziativa che spetta al governo in esecuzione degli ordini del giorno Valditara e altri G 28.100, Rusconi ed altri G24.301, accolti nella seduta del 21 dicembre in Senato, contenenti precise indicazioni anche integrative - sul piano dei contenuti e delle risorse - delle scelte compiute con la legge successivamente approvata dall'Assemblea.

 

Auspico infine che su tutti gli impegni assunti con l'accoglimento degli ordini del giorno e sugli sviluppi della complessa fase attuativa del provvedimento, il governo ricerchi un costruttivo confronto con tutte le parti interessate".

 

Roma, 30 dicembre 2010

 


Tabelle degli adempimenti normativi

 


 




[1]    http://www.miur.it/Miur/UserFiles/Universita%20Linee%20Guida%20definitive.pdf.

[2]    Per quanto concerne il riferimento al Titolo V della parte II della Costituzione, si ricorda che l’art. 117 non cita espressamente la materia “università”: soccorre, peraltro, l’art. 33 della stessa Costituzione.

[3]    Si ricorda che l’art. 1 della L. n. 243 del 1991 stabilisce che le università e gli istituti superiori non statali legalmente riconosciuti operano nell'ambito delle norme dell'articolo 33, ultimo comma, della Costituzione e delle leggi che li riguardano, nonché dei principi generali della legislazione in materia universitaria in quanto compatibili.

[4]    Il comma 5 sostanzialmente ripete un concetto già presente nel comma 4.

[5]    Legge 4 novembre 2005, n. 230, Nuove disposizioni concernenti i professori e i ricercatori universitari e delega al Governo per il riordino del reclutamento dei professori universitari.

[6]    Decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286.

[7]    A tal fine, sono oggetto di misurazione, tra l’altro, efficienza ed efficacia della didattica, anche con riferimento agli esiti dell’apprendimento ed al successivo inserimento lavorativo degli studenti; qualità dei prodotti della ricerca, valutati tramite procedimenti tra pari; capacità di attrazione di finanziamenti esterni e di attivazione di collaborazioni e scambio di ricercatori; adeguatezza della comunicazione pubblica relativa ad offerta formativa, servizi per gli studenti, risultati della valutazione.

[8]    Il 21 gennaio 2011 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare le proposte di nomina dei componenti del Consiglio Direttivo dell’ANVUR: http://www.istruzione.it/web/ministero/cs210111_bis. Il 24 gennaio 2011 è stata trasmessa la richiesta di parere parlamentare sulle proposte (Atti 100, 101, 102, 103, 104, 105, 106).

[9]    L’accordo come strumento per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune da parte delle pubbliche amministrazioni è previsto dall’art. 15 della legge n. 241 del 1990. Inoltre, come strumento amministrativo per la promozione di intese tra comuni, province, regioni, amministrazioni statali e altri soggetti pubblici, finalizzate al raggiungimento di specifici obiettivi, esso – specificamente definito “accordo di programma” - è disciplinato dall’articolo 34 del D.lgs. n. 267 del 2000 (TUEL). In ambito universitario, lo strumento dell’accordo di programma è previsto dall’art. 5, comma 6, della L. 537 del 1993, per l'attribuzione delle risorse finanziarie (fondo di finanziamento ordinario, fondo per l’edilizia universitaria, fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario) per la gestione del complesso delle attività ovvero di iniziative e attività specifiche.

[10]   http://www.istat.it/ambiente/contesto/infoterr/azioneB.html.

 

[11]   L. 9 maggio 1989, n. 168, Istituzione del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica.

[12]In particolare, ai sensi dell’art. 6, il governo delle università e degli istituti superiori apparteneva alle seguenti autorità:

§       rettore delle università e direttore degli istituti superiori;

§       corpo accademico (composto di tutti i professori di ruolo dell'Università o Istituto superiore e presieduto dal professore più anziano);

§       senato accademico;

§       Consiglio d'amministrazione;

§       presidi delle Facoltà e delle Scuole;

§       Consigli delle Facoltà e delle Scuole.

Al Consiglio d'amministrazione spettavano il governo amministrativo e la gestione economica e patrimoniale dell'Università o dell'Istituto; alle altre autorità, ciascuna nell'ambito della propria competenza, le attribuzioni di ordine scientifico, didattico e disciplinare.

[13]   Rettore (tramite regio decreto); presidi (e, pertanto, indirettamente, Senato accademico), Consiglio di amministrazione.

[14]   Con la sentenza n. 1017 del 9 novembre 1988, la Corte costituzionale ha ribadito che il diritto sancito dall’art. 33 della Costituzione di darsi ordinamenti autonomi è riconosciuto alle "istituzioni di alta cultura, università ed accademie" non in modo pieno ed assoluto, ma "nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato". Si tratta, cioè, di un'autonomia che "lo Stato può accordare in termini più o meno larghi, sulla base di un suo apprezzamento discrezionale", sempre che quest'ultimo "non sia irrazionale".

http://www.cortecostituzionale.it/giurisprudenza/pronunce/schedaDec.asp?Comando=RIC&bVar=true&TrmD=&TrmDF=&TrmDD=&TrmM=&iPagEl=1&iPag=1

[15]   La governance delle università, Universitas Quaderni 24, 2009, pubblicazione Cimea della Fondazione Rui (Cimea è un centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche che opera in convenzione con il MIUR): “A decorrere dai primi anni 90 tutti gli Statuti si sono rapidamente trasformati da mero mezzo di pubblicità dell’offerta formativa – approvato ed emanato dal Governo con d.p.r – nello strumento normativo a disposizione degli Atenei – emanato con decreto del Rettore – per disciplinare la propria governance interna” (pag. 44). La medesima pubblicazione reca una ricognizione molto ampia e dettagliata dell’evoluzione normativa in Italia, nonché capitoli su Francia, Germania, Regno Unito, Spagna. http://www.cimea.it/Default.aspx?IDC=2165.

[16]   Su questo aspetto è successivamente intervenuto l’art. 3 del D.lgs. n. 29 del 1993, sostituito prima dall'art. 2 del D.lgs. n. 470 del 1993, poi dall'art. 3 del D.lgs. n. 80 del 1998, successivamente modificato dall'art. 1 del D.lgs. n. 387 del 1998, e da ultimo dall’art. 4 del D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, che ha introdotto il principio della separazione tra organi di indirizzo e controllo, da un lato, e organi di gestione dall'altro.

[17]   Con l’art. 11, comma 1, della L. 19 novembre 1990, n. 341, Riforma degli ordinamenti didattici universitari, è stato successivamente previsto che gli ordinamenti didattici dei corsi di studio vengono disciplinati in un apposito regolamento, denominato regolamento didattico d’ateneo. Il regolamento è deliberato dal senato accademico, su proposta delle strutture didattiche, ed è inviato al Ministero per l’approvazione. Il Ministro, sentito il CUN, approva il regolamento entro 180 giorni dal ricevimento, decorsi i quali senza che il Ministro si sia pronunciato, il regolamento si intende approvato. Il regolamento è emanato con decreto del rettore.

[18]    L’art. 6 della L. n. 341 del 1990 ha stabilito che gli statuti delle università devono anche disciplinare:

§       corsi di orientamento degli studenti gestiti dalle università per l’iscrizione agli studi universitari e per l’elaborazione dei piani di studio, nonché per l’iscrizione ai corsi post-laurea;

§       corsi di aggiornamento del proprio personale tecnico e amministrativo;

§       attività formative autogestite dagli studenti nei settori della cultura e degli scambi culturali, dello sport, del tempo libero.

[19]   D.L. 21 aprile 1995, n. 120, Disposizioni urgenti per il funzionamento delle università, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236.

[20]    Il medesimo art. 6 ha, altresì, fissato il termine per l’emanazione di statuti e regolamenti, ai sensi della L. n. 168 del 1989, “nel rispetto delle norme di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, all’articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e al presente decreto, inderogabilmente entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, decorso il quale non possono accedere ai finanziamenti oggetto degli accordi di programma di cui alla citata legge n. 537 del 1993 e al decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26”. L’art. 18 della L. 17 maggio 1999, n. 144, Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali, ha fornito l’interpretazione autentica dell’art. 6 sopra richiamato, precisando che le università possono accedere ai finanziamenti oggetto degli accordi di programma, a condizione che siano entrati in vigore gli statuti di autonomia adottati ai sensi della L. n. 168 del 1989.

[21]   Decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, Disposizioni urgenti per l'università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti, convertito in legge, con modificazioni dall'art. 1, L. 31 marzo 2005, n. 43.

[22]   DPR 24 gennaio 1998, n. 25, Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell'articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[23]   http://attiministeriali.miur.it/anno-2007/ottobre/dm-18102007-n-506.aspx.

[24]    http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/luglio/nota-16072009.aspx.

[25]   http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/luglio/dd-08072009-n-82.aspx.

[26]   http://www.intra.camera.it/_dati/leg16/lavori/documentiparlamentari/indiceetesti/234/elenco.htm.

[27]   Si veda, per la citazione della nota 105/2010, non disponibile sul sito del MIUR: http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/dicembre/nota-20122010.aspx.

[28]   http://attiministeriali.miur.it/anno-2011/gennaio/nota-28012011.aspx.

[29]   Quest’ultimo, alla data di chiusura del presente dossier, non è ancora disponibile sul sito del MIUR.

[30]Nella legislazione nazionale il rettore, ai sensi dell’art. 6 del R.D. n. 674 del 1924, Approvazione del regolamento generale universitario, rappresentava l'università; aveva l'alta vigilanza sulle biblioteche e sugli stabilimenti dell'università; esercitava l'autorità disciplinare sul personale di ogni categoria addetto all'università; provvedeva all'esecuzione delle deliberazioni del senato accademico e del consiglio di amministrazione; curava l'osservanza di tutte le norme concernenti l'ordinamento universitario e dava esecuzione ai provvedimenti presi dal Ministro; riferiva al Ministro, con relazione annuale, sul funzionamento dell'università; esercitava tutte le altre attribuzioni demandategli dalle norme generali e speciali concernenti l'ordinamento universitario. Si ricorda che le disposizioni di questo provvedimento, delle quali l'art. 2 del D.L. n. 200 del 2008, convertito dalla L. n. 9 del 2009, aveva previsto l’abrogazione a decorrere dal 16 dicembre 2009, sono state sottratte allo stesso effetto abrogativo, permanendo quindi in vigore, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 1 del D.lgs. 179 del 2009.

Al rettore, inoltre, spettava presiedere il Senato accademico ed il Consiglio di amministrazione (artt. 9 e 10, R.D. n. 1592 del 1933) e adottare provvedimenti disciplinarinei confronti del personale tecnico ed amministrativo appartenente alle varie qualifiche funzionali (art. 16, comma 8, L. 168/1989). Ulteriori funzioni sono state poi affidate al rettore anche dal DPR 382/1980 (artt. 82, 83, 86, commi 4 e 6, 88, commi 2 e 7).

[31]Ai sensi degli artt. 11 e 97 del DPR 382 del 1980, il rettore era eletto tra i professori ordinari e straordinari a tempo pieno della stessa università. Il regime d'impegno a tempo definito era, infatti, incompatibile con le funzioni di rettore. In proposito si ricorda che il ruolo dei professori universitari è stato articolato in due fasce di carattere funzionale – professori ordinari e straordinari e professori associati – dall’art. 1 del medesimo DPR. All’atto della nomina, i professori di prima fascia assumono la qualifica di straordinario; dopo 3 anni di servizio il professore straordinario è sottoposto al giudizio di apposita commissione per la nomina ad ordinario.Per quanto concerne l’elezione, l’art. 97 stabiliva che l’elettorato attivo spettava a ordinari, straordinari ed associati della stessa Università, nonché ai rappresentanti dei ricercatori nei consigli di facoltà, i quali sceglievano il rettore a maggioranza assoluta dei votanti nelle prime tre votazioni e, in caso di mancata elezione, con il sistema del ballottaggio tra i due candidati che nell’ultima votazione avessero riportato il maggior numero dei voti. Il decano dei professori ordinari indiceva le elezioni sei mesi prima della scadenza dei mandati. Il decano provvedeva, altresì alla costituzione del seggio elettorale e alla designazione del presidente del seggio tra i professori ordinari. Il segretario del seggio era scelto dal presidente tra i docenti di ruolo.

[32]   Ai sensi dell’art. 2 del D.lgs.lgt. n. 264 del 1944 (Modificazioni al vigente ordinamento universitario. Le disposizioni del provvedimento, delle quali l'art. 2 del già citato D.L. n. 200 del 2008 aveva previsto l’abrogazione a decorrere dal 16 dicembre 2009, sono state sottratte allo stesso effetto abrogativo, permanendo quindi in vigore, ai sensi di quanto disposto dal comma 2 dell’art. 1 del D.lgs. n. 179 del 2009) i rettori duravano in carica un triennio e potevano essere rieletti.

[33]   Per i dipartimenti, si veda infra, commento al comma 2 dell’articolo.

[34]   In proposito, si ricorda che l’art. 2 del D.lgs.lgt. n. 264 del 1944 stabiliva che il Ministro può, per gravi motivi, sentito il Consiglio dei Ministri, revocare il rettore, invitando gli organi competenti a procedere ad una nuova elezione.

[35]Ai sensi dell’art. 9 del R.D. n. 1592 del 1933, il senato accademico era composto dal rettore dell’università, che lo presiedeva, edai presidi delle Facoltà o Scuole dell’Università che rilasciavano lauree valide per l’ammissione agli esami di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale. Alle relative adunanze partecipava anche il direttore amministrativo, che esercitava le funzioni di segretario e aveva voto consultivo.

Ai sensi dell’art. 11 della L. n. 341 del 1990, il senato accademico deliberava sul regolamento didattico di ateneo ed esercitava funzioni consultive per deliberazioni di competenza del rettore o del consiglio di amministrazione (si trattava, tra gli altri: del regolamento di ateneo per l'amministrazione, la finanza e la contabilità, emanato con decreto del rettore, previa deliberazione del consiglio di amministrazione, sentiti il senato accademico, le facoltà e i dipartimenti (art. 7, comma 9, L. n. 168 del 1989); del regolamento di gestione e di funzionamento dell'istituto, emanato dal rettore, sentito il senato accademico e il consiglio di amministrazione (art. 88, DPR n. 382 del 1980); della creazione di centri per la ricerca interdipartimentale deliberata dal consiglio di amministrazione, su proposta della commissione di ateneo, sentito il senato accademico (art. 89, DPR n. 382 del 1980)). La normativa nazionale non prevedeva un limite di durata del senato accademico.

[36]Nell’ambito della legislazione nazionale, il R.D. n. 1592 del 1933 aveva previsto che al consiglio d'amministrazione spettasse il governo amministrativo e la gestione economica e patrimoniale dell'università (art. 6). L’art. 58 del medesimo provvedimento, infatti, aveva attribuito a tale organo la delibera del bilancio preventivo e del conto consuntivo.

Successivamente, lo schema-tipo di regolamento per l'amministrazione e la contabilità generale delle Università, approvato con il D.P.R. n. 371 del 1982, aveva stabilito che il bilancio annuale di previsione fosse predisposto, sulla base delle linee programmatiche indicate dalle autorità accademiche, dal direttore amministrativo, coadiuvato dal direttore della ragioneria, e fosse presentato dal rettore, con apposita relazione illustrativa, al consiglio di amministrazione per l’approvazione. Anche il conto consuntivo era accompagnato da una relazione illustrativa del rettore.

Tra le funzioni dell’organo si ricordano anche le delibere del regolamento di ateneo per l'amministrazione, la finanza e la contabilità (art. 7, comma 9, L. n. 168 del 1989).

Sempre ai sensi della legislazione nazionale antecedente la L. 168 del 1989, facevano parte del Consiglio di amministrazione (per effetto del combinato disposto dell’art. 2 del R.D.L. 439/1937, dell’art. 9 del D.L. n. 580 del 1973, e dell’art. 96 del DPR n. 382 del 1980): il rettore, che lo presiedeva;il prorettore; due rappresentanti del Governo; il direttore amministrativo, che esercitava le funzioni di segretario del Consiglio; tre rappresentanti di enti locali; un membro designato dalla regione in cui aveva sede l'università; due membri nominati dal Governo, suterne proposte dal CNEL, uno appartenente alla categoria dei lavoratori, uno a quella degli imprenditori; un membro nominato dal Governo, su terna proposta dal CNR; quattro rappresentanti dei professori di ruolo e tre rappresentanti dei professori associati; due rappresentanti del personale non insegnante; sei rappresentanti degli studenti. Gli enti e i privati avevano diritto alla designazione di un proprio rappresentante in seno al consiglio, qualora versassero all'Ateneo un contributo annuo non inferiore a 100 milioni di lire (art. 115 DPR 382/1980). L’art. 2 del R.D.L. 439/1937 stabiliva che i componenti del Consiglio d’amministrazione durassero in carica un biennio e potessero essere riconfermati.

[37]   Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n.122.

[38]Nell’ambito della legislazione nazionale, l’art. 139 del R.D. 1592 del 1933 aveva previsto che presso ciascuna Università fosse destinato un direttore amministrativo che sovrintendeva, in conformità alle disposizioni del rettore o direttore e delle autorità accademiche, a tutti i servizi amministrativi ed era responsabile dell'osservanza delle norme legislative e regolamentari. Con riferimento alle norme che avevano delineato competenze e responsabilità del direttore amministrativo, il D.P.R. n. 371 del 1982oltre alla già ricordata predisposizione del bilancio annuale di previsione (si veda ante) – aveva attribuito al direttore amministrativo, tra l’altro, il potere di firmare, congiuntamente al Rettore, le reversali di incasso (art. 12); di vigilare, nei limiti delle sue attribuzioni e sotto la sua personale responsabilità, sull’accertamento, riscossione e versamento delle entrate (art. 13); di assumere, su delega del CdA e nel rispetto dei limiti prestabiliti, gli impegni di spesa a carico dei singoli capitoli di bilancio (art. 14); di effettuare, sempre su delega del CdA ed entro limiti prestabiliti, spese in economia (art. 22) e di numerare e vidimare le scritture contabili (art. 24).

In seguito, l’art. 5 della L. n. 23 del 1986 aveva previsto un regolamento – di fatto, mai emanato – che disciplinasse (in conformità ai principi contenuti nel DPR n. 748 del 1972) le attribuzioni, le funzioni e le connesse responsabilità dei dirigenti superiori con funzioni di direttore amministrativo delle Università e degli istituti di istruzione universitaria. L’art. 11 della medesima legge aveva previsto che alla copertura dei posti vacanti di dirigente superiore con funzioni di direttore amministrativo si provvedesse, di norma, previo trasferimento, a domanda, di funzionari di pari qualifica e funzionida altre sedi universitarie, che avessero maturato tre anni di servizio nella sede di provenienza, ovvero mediante concorso. L’art. 8, comma 1, della L. n. 370 del 1999 aveva poi previsto che il trattamento economico dei direttori amministrativi delle università fosse determinato in conformità a criteri e parametri individuati con decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica. A tale disposizione è stata data attuazione con D.M. 23 maggio 2001.

[39]  Tra i compiti dei dirigenti degli uffici dirigenziali generali rientrano i seguenti:

-     formulare proposte ed esprimere pareri al Ministro nelle materie di competenza;

-     curare l'attuazione dei piani, programmi e direttive generali definiti dal Ministro e attribuire ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di specifici progetti e gestioni; definire gli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e attribuire le conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali;

-     adottare gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale;

-     dirigere, coordinare e controllare l'attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia;

-     svolgere le attività di organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro.

[40]Si ricorda che l’art. 37 del D.lgs. n. 39 del 2010, di recepimento della direttiva 2006/43/CE, ha introdotto la figura del “revisore legale” in sostituzione del precedente “revisore contabile”, stabilendo che l’attività può essere svolta dalle persone fisiche e dalle società iscritte nel Registro dei revisori legali, o dai collegi sindacali, quali organi incaricati della revisione legale, nei casi previsti dal codice civile. La terminologia utilizzata nel testo in commento non tiene conto di questa innovazione.

[41]L’art. 98 del D.P.R. n. 371 del 1982 ha previsto che nelle università il collegio dei revisori dei conti provvede al riscontro degli anni di gestione, accerta la regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione, le eventuali variazioni ad esso, ed il conto consuntivo redigendo apposite relazioni ed effettua verifiche di cassa; in particolare, redige apposite relazioni sul bilancio preventivo da allegare alla relazione rettorale, nonché la relazione illustrativa sullo schema di conto consuntivo contenente la attestazione circa la corrispondenza delle risultanze di bilancio con le scritture contabili e considerazioni in ordine alla regolarità della gestione.

La norma stabiliva anche che il collegio fosse nominato con decreto del Ministro della pubblica istruzione (ora MIUR), durasse in carica tre anni e potesse essere riconfermato. Esso era composto da: un magistrato della Corte dei conti che ne assumeva la presidenza, designato dal Presidente della Corte dei conti; due funzionari effettivi ed uno supplente del Ministero del tesoro - Ragioneria generale dello Stato; due funzionari effettivi ed uno supplente del Ministero della pubblica istruzione, dei quali almeno uno appartenente ai ruoli di ragioneria, scelti in casi motivati anche tra personale collocato a riposo di specifiche capacità.

I revisori dei conti potevano assistere alle riunioni del consiglio di amministrazione. I regolamenti delle singole Università potevano prevedere la obbligatorietà della presenza dei revisori alle riunioni del consiglio di amministrazione.

Successivamente, l’art. 1 del D.lgs. n. 286 del 1999 ha stabilito che le pubbliche amministrazioni, nell'ambito della rispettiva autonomia, si dotano di strumenti adeguati a garantire la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione amministrativa (controllo di regolarità amministrativa e contabile). A tali controlli provvedono gli organi appositamente previsti dalle disposizioni vigenti nei diversi comparti della pubblica amministrazione, e, in particolare, gli organi di revisione, gli uffici di ragioneria, i servizi ispettivi. I membri dei collegi di revisione degli enti pubblici sono in proporzione almeno maggioritaria nominati tra gli iscritti all'albo dei revisori contabili.

[42]   D.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni.

[43] I nuclei di valutazione interna degli atenei sono stati istituiti, secondo le prescrizioni dell’art. 5, comma 22, della L. n. 537 del 1993, con il compito di verificare, mediante analisi comparative dei costi e dei rendimenti, la corretta gestione delle risorse pubbliche, la produttività della ricerca e della didattica, nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa.

Il ruolo e le funzioni di tali organismi sono stati successivamente rafforzati con le disposizioni della L. n. 370 del 1999, il cui art. 1 ha previsto che il nucleo di valutazione di ateneo esplica funzioni di valutazione interna della gestione amministrativa, delle attività didattiche e di ricerca, degli interventi di sostegno al diritto allo studio, verificando, anche mediante analisi comparative dei costi e dei rendimenti, il corretto utilizzo delle risorse pubbliche, la produttività della ricerca e della didattica, nonché l'imparzialità e il buon andamento dell'azione amministrativa. Il medesimo articolo ha demandato allo statuto delle università la disciplina dell’organo, stabilendo che esso è composto da un minimo di cinque ad un massimo di nove membri, di cui almeno due nominati tra studiosi ed esperti nel campo della valutazione anche in ambito non accademico. Non è previsto, a livello di legislazione nazionale, un termine di durata dell’organo.

[44]Ai sensi dell’art. 10, le pubbliche amministrazioni devono adottare, entro il 31 gennaio di ogni anno, un documento programmatico triennale, denominato Piano della performance: il Piano, che deve essere coerente con i contenuti e il ciclo della programmazione finanziaria e di bilancio, individua gli indirizzi e gli obiettivi strategici ed operativi e definisce, con riferimento agli obiettivi finali ed intermedi ed alle risorse, gli indicatori per la misurazione e la valutazione della performance dell'amministrazione, nonché gli obiettivi assegnati al personale dirigenziale ed i relativi indicatori. Entro il 30 giugno deve, poi, essere adottata la Relazione sulla performance che evidenzia, a consuntivo, con riferimento all'anno precedente, i risultati organizzativi e individuali raggiunti rispetto ai singoli obiettivi programmati ed alle risorse, con rilevazione degli eventuali scostamenti, e il bilancio di genere realizzato.

[45]   La disposizione reca l’inciso “qualora risultino eletti a farne parte” che appare ultronea, dal momento che la lett. f) prevede che almeno un terzo dei docenti di ruolo membri del senato accademico è costituita da direttori di dipartimento.

[46]   D.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419.

[47]   Ai sensi dell’art. 14 del R.D. 4 giugno 1938, n. 1269, Approvazione del regolamento sugli studenti, i titoli accademici, gli esami di Stato e l'assistenza scolastica nelle università e negli istituti superiori, coloro i quali abbiano seguito il corso di studi, cui sono iscritti, per l'intera sua durata, senza aver preso l'iscrizione a tutti gli insegnamenti prescritti per l'ammissione all'esame di laurea o diploma o senza averne ottenuto le relative attestazioni di frequenza, debbono iscriversi come ripetenti per gli insegnamenti mancanti di iscrizione o di frequenza.

      Il successivo art. 15 considera, invece, fuori corso:

·      gli studenti che, avendo seguito il proprio corso universitario per l'intera sua durata e avendone frequentato con regolare iscrizione tutti gli insegnamenti prescritti per l'ammissione all'esame di laurea o diploma, non abbiano superato tutti i relativi esami speciali o l'esame di laurea o diploma, fino a che non conseguano il titolo accademico;

·      gli studenti che, essendo stati iscritti ad un anno del proprio corso di studi ed essendo in possesso dei requisiti necessari per potersi iscrivere all'anno successivo, non abbiano chiesto o ottenuto tale iscrizione, per tutta la durata dell'interruzione degli studi;

·      gli studenti che, essendo stati iscritti ad un anno del proprio corso di studi ed avendo frequentato i relativi insegnamenti, non abbiano superato gli esami obbligatoriamente richiesti per il passaggio all'anno di corso successivo, fino a che non superino detti esami.

[48]La disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi è contenuta nel capo V della L. n. 241 del 1990, ampiamente modificata dalla L. n. 15 del 2005 (artt. 15-18).

[49]Come si è già visto, l’art. 1-ter del D.L. n. 7 del 2005 ha esteso l’ambito della programmazione includendovi anche i programmi di internazionalizzazione. Le linee di indirizzo per la programmazione delle università relativa al triennio 2007-2009 definite con D.M. 3 luglio 2007 n. 362 considerano l’internazionalizzazione obiettivo strategico da perseguire in coerenza con gli impegni assunti nella dichiarazione di  Bologna e con gli indirizzi della Commissione europea. Pertanto, si specifica che gli  Atenei dovrebbero mirare a:

·       rendere attrattiva la loro offerta formativa per gli studenti stranieri, nonché stimolare la ricerca scientifica secondo modelli che prevedano il partenariato di Università di altri Paesi in regime di reciprocità;

·       sostenere la mobilità degli studenti italiani verso Atenei di altri Paesi e le  misure di accoglienza di studenti stranieri, anche nell’ambito del Programma Erasmus e Erasmus Mundus.

      Con riguardo all’internazionalizzazione della ricerca, le linee di indirizzo invitano gli atenei a:

·       incrementare il numero di contratti ottenuti in sede internazionale, in particolare europea;

·       sostenere i programmi di collaborazione internazionale promossi autonomamente nell’ambito di accordi governativi;

·       favorire scambi di ricercatori a livello internazionale;

·       sostenere programmi di cooperazione con Paesi in via di sviluppo.

[50]   Decreto-legge 7 febbraio 2002, n. 8, Proroga di disposizioni relative ai medici a tempo definito, farmaci, formazione sanitaria, ordinamenti didattici universitari e organi amministrativi della Croce Rossa, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 L. 4 aprile 2002, n. 56.

[51]   Legge 4 novembre 2010, n. 183, Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.

[52]    Già Regia Università per stranieri di Perugia (art. 258, R.D. n. 1592 del 1933). Con riferimento alla denominazione di Istituto superiore statale ad ordinamento speciale dell’Università per stranieri di Perugia, si veda anche l’art. 1 della L. n. 204 del 1992.

[53]   GU n. 265 del 14 novembre 2007, S.O. n. 232.

[54]   Ai sensi dell’art. 56, comma 5, della legge finanziaria 2001 (L. 388/2000), il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica determina annualmente, con proprio decreto, sentito il Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, le risorse da assegnare a ciascuna Scuola sul fondo di finanziamento ordinario, sul fondo per l'edilizia universitaria e sul fondo per la programmazione. Lo stesso comma faceva riferimento, con riguardo all’erogazione di finanziamenti, anche alle Scuole di Catania, Lecce e Pavia “in via di costituzione”. Delle tre strutture, una è divenuta l’Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia (vedi supra), mentre le altre due costituiscono Scuole superiori incardinate nell’ambito degli atenei e disciplinate dagli statuti dei medesimi; esse non fruiscono, pertanto, di stanziamenti assegnati alle Scuole superiori a ordinamento speciale.

 

[55]   Il Comitato per la legislazione aveva invitato la VII Commissione della Camera a chiarire questo aspetto: si veda il parere del 29 settembre 2010.

[56]   Gli statuti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale; i regolamenti nel Bollettino ufficiale del Ministero.

[57]Gli istituti tecnici superiori sono stati disciplinati, in attuazione dell’art. 1, c. 631, della L. finanziaria 2007 e dell’art. 13, c. 2, del D.L. 7/2007, con il DPCM 25 gennaio 2008. Gli ITS possono essere costituiti se previsti nei piani territoriali adottati ogni triennio dalle regioni nell’ambito della programmazione dell’offerta formativa di loro competenza, con riferimento agli indirizzi della programmazione nazionale in materia di sviluppo economico e rilancio della competitività. Essi realizzano percorsi di durata biennale volti a far conseguire un diploma di tecnico superiore riferito alle aree tecnologiche considerate prioritarie dagli indirizzi nazionali di programmazione economica, con riferimento al quadro strategico dell’Ue (si tratta di efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie della vita, nuove tecnologie per il made in Italy, tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Sono configurati secondo il modello della fondazione di partecipazione e acquistano la personalità giuridica mediante l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito presso le prefetture. Gli istituti tecnici e professionali ne costituiscono gli enti di riferimento, pur conservando la distinta e autonoma soggettività giuridica rispetto all’istituto tecnico superiore.

[58]   Un rappresentante degli studenti se nella regione hanno sede fino a due atenei, due se hanno sede fino a tre atenei e tre per un numero di atenei nella regione superiore a tre, eletti dalla componente studentesca dei senati accademici e dei consigli di amministrazione delle università della regione, riunita in seduta comune.

[59]   http://www.universita.it/atenei-federazione-sud-riunione-rettori/.

[60]   Si evidenzia, inoltre, che la formula della federazione di atenei è stata prevista dallo statuto dell’università La Sapienza approvato nel 1999. Con decreto rettorale 31 ottobre 2005 sono stati quindi costituiti cinque atenei federati (http://www.uniroma1.it/documenti/federato/attivazione.pdf).

 

 

[61]   L’art. 8, comma 2, del DM 270/2004 stabilisce che la durata normale dei corsi di laurea è di tre anni; la durata normale dei corsi di laurea magistrale è di ulteriori due anni dopo la laurea. Per i corsi di laurea in medicina e chirurgia, la durata è determinata in 6 anni dall’allegato al Decreto ministeriale 16 marzo 2007 relativo alla classe LM 41.

[62]   In particolare, il comma 3 (si veda, più dettagliatamente, infra)stabilisce che con i decreti ministeriali di attuazione dovranno essere individuate le modalità di selezione degli istituti autorizzati ad effettuare i finanziamenti garantiti dal fondo (lettera n)) nonché le caratteristiche dei finanziamenti medesimi, per i quali la lettera h) prevede l’applicazione di un contributo a carico degli istituti.

[63]   Si veda ante, commento art. 2.

[64]   L. 2 dicembre 1991, n. 390, Norme sul diritto agli studi universitari.

[65]   http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Comunicato&key=11150

 

[66]   L. 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. In particolare, l’art. 20 interviene in materia di semplificazione e di riassetto normativo. Tra i principi e criteri direttivi indicati vi sono quelli di codificazione della normativa primaria, di determinazione dei principi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente, di indicazione esplicita delle norme abrogate, di coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, di indicazione dei principi generali che regolano i procedimenti amministrativi; di determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato, di semplificazione dei procedimenti amministrativi e di riduzione dei termini per la conclusione dei procedimenti, di regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse amministrazioni o presso diversi uffici della medesima amministrazione, di semplificazione e accelerazione delle procedure di spesa e contabili, di aggiornamento delle procedure con una più estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, di conformazione ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza nella ripartizione delle attribuzioni e competenze tra i diversi soggetti istituzionali, di avvalimento di uffici e strutture tecniche e amministrative pubbliche da parte di altre pubbliche amministrazioni, sulla base di accordi, di  individuazione delle responsabilità e delle procedure di verifica e controllo, di soppressione dei procedimenti che risultino non più rispondenti alle finalità e agli obiettivi fondamentali definiti dalla legislazione di settore o in contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico nazionale o comunitario, o che comportino costi più elevati dei benefici conseguibili.

[67]  Attualmente, i requisiti necessari dei corsi di studio sono indicati dal DM 22 settembre 2010, n. 17 (http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/settembre/dm-22092010.aspx) che sostituisce il DM 544 del 2007 e che, secondo la nota MIUR n. 130 del 20 dicembre 2010 (http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/dicembre/nota-20122010.aspx), si applicano a decorrere dall’a.a. 2011/2012.

[68]   In termini pressoché simili, il concetto era peraltro già contenuto nell’art. 4, comma 5, del DPR 64/2008, abrogato dal DPR 76/2010.

[69]   I criteri e i parametri per il monitoraggio e la valutazione ex post dei risultati dell’attuazione dei programmi delle università sono attualmente dettati dal già citato DM 18 ottobre 2007, n. 506, emanato in attuazione dell’art. 1-ter-, comma 2, del D.L. n. 7/2005: http://attiministeriali.miur.it/anno-2007/ottobre/dm-18102007-n-506.aspx.

 

[70]   http://www.enqa.eu/files/ESG_3edition%20(2).pdf.

[71]   http://www.unipr.it/arpa/setprog/nva/pdf_doc/Bergen_2005.pdf.

[72]  Il Parlamento europeo e il Consiglio hanno adottato due raccomandazioni al fine di promuovere una cultura della certificazione della qualità nell’istruzione superiore. La prima (Racc. 98/561/CE del 24/9/1998) invitava a sostenere e, ove necessario, a creare sistemi di certificazione della qualità trasparenti. Invitava, inoltre, a basare i sistemi di certificazione della qualità su una serie di caratteristiche essenziali, quali la valutazione interna, le revisioni esterne, la partecipazione degli studenti, la pubblicazione dei risultati. La seconda (Racc. 2006/143/CE, del 15/2/2006) ha come oggetto il rafforzamento della cooperazione europea in materia. Il suo obiettivo è di incoraggiare le istituzioni formative superiori a introdurre o sviluppare sistemi interni di certificazione della qualità, e le Agenzie di certificazione della qualità ad applicare le norme e gli indirizzi europei. La stessa raccomandazione sollecita la collaborazione fra Agenzie di certificazione della qualità e invita la Commissione a presentare relazioni triennali sullo sviluppo dei sistemi di certificazione della qualità.

La prima relazione triennale è stata presentata il 21/9/2009: essa evidenzia le dinamiche positive che hanno interessato la certificazione della qualità nell’istruzione superiore – e, per quanto qui interessa, evidenzia come l’emergere di nuove Agenzie e reti di certificazione della qualità rappresenta lo sviluppo più significativo, nonostante esse siano piuttosto eterogenee - ed avanza proposte, anche al fine del perfezionamento delle norme e degli indirizzi europei.

[73]  Lo stanziamento per i collegi universitari legalmente riconosciuti è allocato nel cap. 1696 dello stato di previsione del MIUR.

[74]   http://www.collegiuniversitari.it

[75]   Il rapporto 2006/2007 è disponibile all’indirizzo http://www.collegiuniversitari.it/Rapporto_CCU_2007.pdf

[76]   L. 23 dicembre 2000, n. 338, Disposizioni in materia di alloggi e residenze per studenti universitari.

[77]   Il D.M. 9 maggio 2001, volto a definire i criteri di riparto del contributo ai collegi universitari, nelle sue premesse riconosce l'espletamento di un servizio di pubblico interesse da parte di tali istituzioni. A ulteriore conferma del valore formativo dei collegi universitari legalmente riconosciuti, il 15 maggio 2002 è stato firmato il protocollo d'intesa tra la CRUI e la C.C.U., per il riconoscimento in crediti formativi universitari delle conoscenze acquisite dagli studenti anche all'esterno degli Atenei e, in particolare, di alcune delle attività formative offerte dai Collegi, ritenute qualificate e idonee a soddisfare le crescenti e differenziate esigenze degli studenti universitari.

[78]   Inoltre, il successivo comma 604 prevede l’esenzione dal pagamento dell’IVA per i collegi universitari di cui al comma 603 (ai sensi dell’art. 10, c. 1, numero 20), del D.P.R. n. 633/1972).

[79]   Per il trattamento economico dei ricercatori si veda la scheda relativa all’art. 8.

[80]   L. 31 dicembre 2009, n. 196, Legge di contabilità e finanza pubblica.

[81]   L’introduzione del sistema di obiettivi, del budget e della contabilità analitica configura una maggiore responsabilizzazione e trasparenza nell’uso delle risorse da parte di più soggetti responsabili attraverso il passaggio dall’assegnazione di risorse alla richiesta delle stesse, preceduta da una necessaria programmazione delle attività da svolgere in linea con le strategie di ogni singolo ateneo.

[82]   L'articolo 7, comma 8, della citata legge 168/89 prevede esplicitamente che il Regolamento per l'amministrazione, la finanza e la contabilità di ciascuna università possa consentire ai dipartimenti "anche la tenuta di conti di sola cassa".

[83]   Si sottolinea, in particolare, che i due sistemi si distinguono per numerosi aspetti, tra i quali principalmente il fatto che la contabilità finanziaria ha una funzione prevalentemente autorizzatoria e di responsabilizzazione formale ed è finalizzata al controllo della legittimità formale degli atti amministrativi. La contabilità economico-patrimoniale, invece, è finalizzata alla rilevazione del risultato economico della gestione secondo il principio della competenza, mediante tecniche contabili di derivazione civilistica e strumenti quali il conto economico, lo stato patrimoniale e la nota integrativa. La contabilità economico-patrimoniale consente inoltre un costante monitoraggio dell’azione amministrativa, mediante il sistema di rilevazione delle componenti positive (ricavi) e negative (costi) di reddito, a differenza della contabilità finanziaria che misura esclusivamente i movimenti finanziari, vale a dire gli esborsi sostenuti (le spese) e gli introiti realizzati (le entrate).

[84]   Si veda l’articolo di Gaboardi F., “La contabilità delle università” del 23 aprile 2010 in www.contabilita-pubblica.it.

[85]   Con riferimento ai principi e alle regole contabili che le amministrazioni pubbliche sono chiamate ad attuare, occorre ricordare che l’articolo 1, comma 61, della legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) prevede espressamente “l’introduzione in tutte le amministrazioni pubbliche di criteri di contabilità economica”. Al riguardo, la terza edizione del Manuale dei principi e Regole Contabili del Sistema unico di contabilità economica del marzo 2008, approvato con il D.M. del 7 maggio 2008, evidenzia che, per le amministrazioni pubbliche, il sistema di contabilità economica è uno strumento che, in funzione degli obiettivi da perseguire, in primo luogo consente un costante e concomitante monitoraggio dei costi di gestione di ciascuna amministrazione; permette inoltre un dialogo permanente con il Ministero dell’economia e delle finanze, ai fini delle valutazioni connesse con la programmazione finanziaria e con la predisposizione del bilancio annuale di previsione; e, infine, rappresenta un riferimento comune per l’adozione, nell’ambito dell’autonomia riconosciuta a ciascun ente, degli strumenti di rilevazione, verifica e controllo, come indicato dalla L. n. 59 del 1997 e dal D.lgs. n. 286 del 1999, che hanno disciplinato il sistema dei controlli interni di cui ogni amministrazione è chiamata a dotarsi.

[86]   Il consolidamento inoltre acquisisce importanza per il controllo interno sull’efficienza e sui risultati di gestione complessiva dell’università, nonché sui singoli centri di spesa, ed è utilizzato soprattutto da enti con strutture organizzative periferiche dotate di autonomia amministrativo-contabile e con bilancio separato. Il consolidamento dei dati di bilancio permette di analizzare l’entità finanziaria unitaria dell’intero ente, superando l’articolazione organizzativa di più soggetti operanti nell’ente medesimo.

[87]    Si ricorda che la disciplina organica delle gestioni fuori bilancio è prevista dalla legge n. 1041/1971 - e dal relativo regolamento approvato con DPR n. 689/1977 - la quale in particolare prevede che ciascuna gestione fuori bilancio sia autorizzata con apposita norma legislativa.

[88]    Pertanto, a decorrere dal 1° luglio 2003 le altre gestioni fuori bilancio diverse da quelle attuate tramite i fondi di rotazione, ad eccezione di quelle previste dagli articoli da 1 a 20 della legge n. 559 del 1993, sono state ricondotte al bilancio dello Stato. L'elenco delle gestioni fuori bilancio ancora esistenti presso le amministrazioni dello Stato dopo le operazioni previste dal citato art. 93, co. 8, della legge finanziaria 2003, è allegato allo stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze. I criteri per l’individuazione delle gestioni attuate con i fondi di rotazione sono stati forniti con la Nota di indirizzo allegata alla direttiva del Ragioniere generale dello Stato del 24 marzo 2003, che ha indicato: 1) la natura pubblicistica dei fondi, in quanto le risorse finanziarie di tali fondi devono provenire dallo Stato o da altre pubbliche amministrazioni, incluse le istituzioni sovranazionali;  2) l’autoalimentazione e vincolo di destinazione: i "rientri" di risorse al Fondo costituiscono fonte di autoalimentazione e sono vincolati al perseguimento delle finalità del fondo; 3) la natura dei rientri, i quali devono provenire dai beneficiari dei provvedimenti, a titolo di parziale o totale restituzione; 4) l’eventuale rotatività parziale: nel caso in cui i fondi siano misti, la parte rotativa è considerata esclusivamente per la quota delle erogazioni per le quali è previsto il rientro delle risorse.

[89]   DM 18 ottobre 2007, n. 506, già ante citato.

[90]   http://www.giurcost.org/decisioni/2002/0282s-02.html

[91]   Si veda l’art. 16, comma 4, della L. n. 390 del 1991.

[92]   Il comma 3, infatti, disciplina le modalità di presentazione e il contenuto delle relazioni tecniche da presentare a corredo di disegni di legge, di schemi di decreto legislativo, nonché di emendamenti di iniziativa governativa che comportino conseguenze finanziarie, laddove il comma 5 disciplina la possibilità per le Commissioni parlamentari competenti di richiedere al Governo la relazione tecnica di cui al comma 3 anche per le proposte legislative e gli emendamenti al loro esame.

[93]   Il medesimo articolo stabilisce che in caso di motivata urgenza il Consiglio dei Ministri può provvedere senza l'osservanza delle disposizioni da esso recate. I provvedimenti adottati sono sottoposti all'esame della Conferenza Stato-regioni nei successivi quindici giorni. Il Consiglio dei Ministri è tenuto ad esaminare le osservazioni della Conferenza Stato-regioni ai fini di eventuali deliberazioni successive.

[94]   D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[95]   Già, comunque, previste dalla L. 18 marzo 1958, n. 311, Norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universitari.

[96]   La cui istituzione era peraltro già stata prevista dall’art. 7 della L. 21 febbraio 1980, n. 28, Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica.

[97]  Tale modalità è prevista dall’art. 3 della L. 311 del 1958, cui fanno sostanzialmente rinvio i commi terzo e quarto dell’art. 6 del DPR 382/1980, laddove dispongono che “Restano ferme le vigenti disposizioni per la nomina ad ordinario. Restano altresì ferme le disposizioni relative alla verifica dell'attività scientifica e all'attività didattica necessarie per la nomina ad ordinario”.

[98]   In caso di giudizio sfavorevole, gli associati possono essere mantenuti in servizio per un altro biennio, al termine del quale sono sottoposti ad una nuova valutazione. Ove non sia concessa la proroga, ovvero qualora anche il giudizio della nuova commissione sia sfavorevole, i professori associati sono dispensati dal servizio.

[99]   L’art. 16 del D.P.R. 382/1980 ha riservato agli ordinari la carica di rettore, preside di facoltà, direttore di dipartimento, presidente di consiglio di corso di laurea, nonché le funzioni di coordinamento dei corsi di dottorato di ricerca. Come si è già visto nella scheda riferita agli organi, peraltro, alcune funzioni sono poi state estese ai professori di seconda fascia con il D.L. 8/2002 e con la L. 183/2010.

[100]La ripartizione delle attività è determinata all’inizio dell’anno accademico d’intesa fra i consigli di corso di laurea e di facoltà, con il consenso dell’interessato.

[101]L’art. 1, terzo comma, della legge 11 ottobre 1982, n. 725, ha poi stabilito che per tutti i professori di ruolo, ordinari e associati, di prima nomina, l'opzione fra il regime a tempo pieno e a tempo definito è esercitata all'atto della domanda di chiamata o di inquadramento.

[102]Inoltre, dà titolo preferenziale per la partecipazione alle attività relative alle consulenze e alle ricerche affidate alle università con convenzioni o contratti da altre amministrazioni pubbliche, enti o privati.

[103]In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.

[104]L'autorizzazione deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45 giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata.

[105]Il comma 16 ha anche stabilito che le ore di didattica frontale possono variare sulla base dell'organizzazione didattica e della specificità e della diversità dei settori scientifico-disciplinari e del rapporto docenti-studenti, sulla base di parametri definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

[106]Se il giudizio è sfavorevole, può essere ripetuto dopo un biennio. Se anche il secondo giudizio è sfavorevole, il ricercatore cessa di appartenere al ruolo.

[107]  Il tutorato è stato poi disciplinato dall’art. 14 della L. 341/1990 che ne affida l’istituzione alle singole università ai fini dell’orientamento didattico e dell’assistenza agli studenti.

[108]D.L. 2 marzo 1987, n. 57, Disposizioni urgenti per i ricercatori universitari e per l'attuazione del disposto di cui all'articolo 29, comma 2, della L. 29 gennaio 1986, n. 23, nonché in materia di conferimento di supplenze al personale non docente della scuola, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 aprile 1987, n. 158.

[109]La scelta va esercitata con domanda da presentare al rettore almeno due mesi prima dell'inizio di ogni anno accademico. L'opzione obbliga al rispetto dell'impegno assunto per almeno un biennio.

[110]L. 14 gennaio 1999, n. 4, Disposizioni riguardanti il settore universitario e della ricerca scientifica, nonché il servizio di mensa nelle scuole.

[111]Peraltro, si ricorda che il comma 22 dell’art. 1 della L. n. 230 del 2005 ha disposto l’abrogazione dell’art. 12 della L. 341/1990, a decorrere dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 5 del medesimo articolo. (In attuazione di tale delega si ricorda che è stato emanato solo il D.lgs. n. 164 del 2006). Successivamente, l’art. 1-sexies del D.L. n. 173 del 2006 (L.228/2006) ha disposto che, al fine di garantire la copertura degli insegnamenti mediante affidamento e supplenze, le università continuano ad applicare, fino al termine dell'anno accademico 2006-2007, le disposizioni di cui all'art. 12 della L. 341/1990 e successive modificazioni. L’art. 11, comma 2, del D.L. n. 81 del 2007 (L.127/2007) ha stabilito, inoltre, che, al fine di consentire la razionalizzazione della spesa universitaria, l’art. 12 della L. 341/1990, nel testo vigente il giorno antecedente la data di entrata in vigore del D.lgs. n. 164 del 2006, continuano ad applicarsi anche per l’anno accademico 2007-2008.

[112]L’art. 129 del R.D. 1592/1933 ha previsto che presso gli istituti di istruzione superiore prestano servizio, in relazione alle esigenze delle Facoltà e Scuole che li costituiscono, aiuti, assistenti e lettori, le cui retribuzioni sono a carico dell’università ed il cui stato giuridico ed economico è determinato nel regolamento interno.

L’art. 1 del D.lgs. 1172/1948 ha poi istituito presso il Ministero della pubblica istruzione i ruoli organici degli assistenti e lettori ordinari, del personale tecnico e del personale subalterno delle Università e degli Istituti d'istruzione universitaria. Il medesimo D.lgs. ha stabilito che gli assistenti, reclutati tra laureati con pubblico concorso bandito dal rettore, coadiuvano il professore nella ricerca scientifica e possono essere chiamati a coadiuvarlo anche nell'attività didattica, limitatamente alle esercitazioni. Si prevede, infine, che con decreto del rettore, su proposta del professore ufficiale della materia, possano essere nominati, in numero limitato, assistenti volontari.

La legge349/1958(recante norme sullo stato giuridico ed economico degli assistenti universitari) ha ulteriormente specificato che il personale assistente addetto alle Facoltà e Scuole delle Università ed Istituti di istruzione universitaria statali si distingue in: a) assistenti ordinari, nominati dal Ministro per la pubblica istruzione in seguito a pubblico concorso per titoli ed esami; b) assistenti incaricati, nominati dal Ministro per la pubblica istruzione in temporanea sostituzione degli assistenti ordinari; c) assistenti straordinari, nominati dal Consiglio di amministrazione dell'Università o Istituto; d) assistenti volontari, nominati dal Rettore; e) lettori di lingue e letterature straniere e italiana. La tabella B allegata alla legge ha determinato le classi di stipendio del personale menzionato.

L’art. 3 del D.L. 580/1973 ha poi previsto che il ruolo degli assistenti fosse trasformato in ruolo ad esaurimento al termine del quarto anno accademico successivo all'entrata in vigore del provvedimento e che fossero poste a concorso, nel frattempo, eventuali cattedre resesi disponibili.

Definitiva sistemazione del personale del ruolo ad esaurimento è stata poi disposta dagli artt. 50-52 del DPR 382/1980 che ne hanno previsto l’inquadramento nel ruolo dei professori associati, previo superamento di un giudizio di idoneità scientifico-didattica espresso da apposite commissioni nazionali. In caso di diniego a sottoporsi al giudizio o di mancato conseguimento dell’idoneità, è consentito agli interessati il mantenimento del proprio status giuridico ed economico. Da un interrogazione della banca dati MIUR-Cineca, al 26 gennaio 2011 gli assistenti del ruolo ad esaurimento risultano nel numero di 177. http://cercauniversita.cineca.it/php5/docenti/vis_docenti.php?qualifica=AS&conferma=2&cognome=&nome=&radiogroup=E&universita=00&facolta=00&settore=0000&area=0000&situazione_al=0&vai=Invio

[113]La figura del professore incaricato è stata istituita con l’art. 62 del R.D. 1592/1933. L’art. 1 della L. 377 del 1963 ha poi stabilito che coloro ai quali è conferito un incarico di insegnamento presso le università, quando non ricoprono un ufficio con retribuzione a carico del bilancio dello Stato, o ente pubblico o privato, o, comunque, non fruiscono di redditi di lavoro subordinato, sono considerati incaricati esterni. Successivamente, l’art. 4 del D.L. 580 del 1973 - il cui primo comma è stato in seguito abrogato - ha previsto che i professori incaricati in servizio alla data di entrata in vigore della legge e in possesso di 3 anni di anzianità di insegnamento, conseguivano il diritto a conservare l’incarico a domanda, assumendo la denominazione di “incaricati stabilizzati”.

L’art. 5 della legge n. 28/1980, recante delega al Governo per il riordino della docenza universitaria, ha poi consentito ai professori incaricati stabilizzati, in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni sulla docenza, l’inquadramento nel ruolo dei professori associati previo superamento di un giudizio di idoneità. I docenti avrebbero potuto partecipare alla prima o alla seconda tornata dei giudizi idoneativi, ripetendo la prova sostenuta nella prima tornata in caso di esito negativo e conservando i diritti e il trattamento economico fino al compiuto espletamento della seconda tornata. Si disponeva tuttavia la decadenza dall’incarico in caso di mancata partecipazione alla seconda tornata dei giudizi o in caso di esito negativo della prova. Il DPR 382/1980, nel prevedere l’inquadramento dei professori di ruolo in due fasce ha quindi consentito a tale categoria la possibilità di partecipare alle prime tornate di giudizi di idoneità per professore associato disponendo la cessazione dall’incarico o la possibilità di passaggio ad altra amministrazione in caso di mancato superamento o di mancata partecipazione alla prova (artt. 50-53, 117, 120). Le due ipotesi citate, tuttavia, non hanno trovato, presumibilmente, compiuta attuazione.

Successivamente, a seguito dell’emanazione del D.L. 57/1987, che nel disciplinare le competenze economiche di docenti e ricercatori non ha menzionato i professori incaricati, quest’ultimi sono stati inclusi nell’ambito della contrattazione periodica relativa al personale non docente delle università (con la IX qualifica funzionale). A partire dalla privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici, disposta dal D.lgs. 29/1993, i docenti incaricati non sono stati più menzionati nel contratto di comparto, in quanto contratto relativo a tutto il personale dipendente dalle università, ad eccezione dei professori e dei ricercatori. Tale impostazione è stata mantenuta fino alla stipula del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per tutto il personale delle università, fatta eccezione per i professori e i ricercatori, del 27 gennaio 2005, relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003, dove i professori incaricati figurano all’art. 31. Il successivo CCNL 16 ottobre 2008, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007, disciplina il trattamento economico dei docenti incaricati all’articolo 67.

[114]Per completezza si ricorda che il D.L. n. 7 del 2005 aveva previsto la riduzione ad un anno per la conferma in ruolo. La disposizione è stata, però, modificata in sede di conversione, e sostituita con altra di carattere esclusivamente economico.

[115]Signor Presidente, il Governo, alla luce delle questioni di coordinamento sollevate dall'opposizione in merito ai reciproci rapporti fra i commi 4 e 5 dell'articolo 6 e l'articolo 29, si impegna a risolvere tali problemi in sede di conversione del decreto-legge di proroga termini che il Consiglio dei ministri approverà nella mattinata di domani”. http://www.senato.intranet/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=518375.

[116]D.lgs. 27 luglio 1999, n. 297, Riordino della disciplina e snellimento delle procedure per il sostegno della ricerca scientifica e tecnologica, per la diffusione delle tecnologie, per la mobilità dei ricercatori. Le modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni disposte da tale decreto legislativo sono state emanate dal MIUR con il Decreto Ministeriale 8 agosto 2000 n. 593.

[117]Per «ricerca industriale» si intende la ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un notevole miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti.

[118]Lo sviluppo precompetitivo rappresenta in pratica la concretizzazione dei risultati della ricerca industriale in un piano, un progetto o un disegno per prodotti, processi produttivi o servizi nuovi, modificati o migliorati, compresa la creazione di un primo prototipo non idoneo a fini commerciali.

[119]La definizione è tratta da www.ricercaitaliana.it, portale promosso dal Ministero dell'Università e della Ricerca (MIUR), Enti di Ricerca e Università.

[120]Restano in ogni caso escluse le cariche comunque direttive di enti a carattere prevalentemente culturale o scientifico e la presidenza, sempre che non sia remunerata, di case editrici di pubblicazioni a carattere scientifico.

[121]La limitazione è concessa con provvedimento del Ministro e non dispensa dall’obbligo di svolgere il corso ufficiale.

[122]Il periodo di aspettativa non è computabile né a fini economici, né a fini giuridici.

[123]D.lgs. 9 novembre 2007, n. 206, Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonchè della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.

[124]D.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517, Disciplina dei rapporti fra Servizio sanitario nazionale ed università, a norma dell'articolo 6 della L. 30 novembre 1998, n. 419.

[125]L’art. 17 del DPR 382 del 1980 stabilisce che, al fine di favorire piena commutabilità fra insegnamento e ricerca, il rettore con proprio decreto può autorizzare i professori ordinari, ovvero i professori associati confermati, a domanda, secondo un criterio di rotazione, e sentito il consiglio della facoltà interessata, a dedicarsi periodicamente ad esclusive attività di ricerca scientifica in istituzioni di ricerca italiane, estere o internazionali, complessivamente per non più di due anni accademici in un decennio (Peraltro, per eccezionali e giustificate ragioni di studio o di ricerca scientifica che richiedano la sua permanenza all’estero, il professore universitario può essere collocato in congedo per la durata di un intero anno solare, ai sensi dell’art. 10, primo comma, della legge n. 311 del 1958, esplicitamente richiamata dall’art. 17 del DPR 382/1980). Tali periodi sono validi ai fini della carriera e del trattamento economico, nonché per il conseguimento del triennio di straordinariato.

L’art. 17 fa peraltro salve le disposizioni che concernono il collocamento a disposizione del Ministero degli affari esteri per incarichi di insegnamento o altri incarichi all’estero dei professori di ruolo e stabilisce che i professori che insegnino o svolgano attività scientifica nelle università dei paesi UE, o presso centri internazionali di ricerca, possono essere soggetti, in quanto compatibile, alla normativa che disciplina l’attività di docenti e ricercatori in quelle istituzioni, se più favorevole. In tali casi, i professori possono essere collocati fuori ruolo con decreto del Ministro della pubblica istruzione, di concerto con i Ministri del tesoro e degli affari esteri, che disciplinerà anche il regime giuridico ed economico del periodo di attività all’estero. In ogni caso, il docente ha diritto a riassumere il proprio ufficio quando cessa il rapporto con l’università o l’ente estero.

In materia, si ricorda anche l’art. 1, comma 4, della L. 230 del 2005, ai sensi del quale durante il periodo di ricerca all’estero di cui all’art. 17 del DPR 382 del 1980 l’interessato è abilitato senza restrizione alcuna alla presentazione di richieste e all'utilizzo dei fondi per lo svolgimento delle attività.

 

[126]Fatte salve le situazioni di incompatibilità che si verifichino successivamente alla nomina dei componenti delle commissioni.

[127]Si ricorda che nella normativa previgente la ricongiunzione presso l’INPS era gratuita nel caso di ricongiunzione da lavoro dipendente e a carico dell'interessato nel caso di ricongiunzione da lavoro autonomo. Presso un’altra Cassa o Istituto previdenziale rimane invece a carico dell’interessato.

[128]In base ai richiamati terzo, quarto e quinto commi dell’articolo 2 della L. 29/1979, oltre a quanto già riportato, il pagamento della richiamata somma può essere effettuato, su domanda, in un numero di rate mensili non superiore alla metà delle mensilità corrispondenti ai periodi ricongiunti, con la maggiorazione di interesse annuo composto pari al 4,50%. Infine, il debito residuo al momento della decorrenza della pensione può essere recuperato ratealmente sulla pensione stessa, fino al raggiungimento del numero di rate indicato in precedenza. È comunque fatto salvo il trattamento previsto per la pensione minima erogata dall'INPS.

L’articolo 2, commi da 3 a 5, del D.Lgs. 184/1997 reca disposizioni in materia di riscatto dei corsi universitari di studi, disponendo che il relativo onere sia determinato con le norme che disciplinano la liquidazione della pensione con il sistema retributivo o con quello contributivo, tenuto conto della collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto. Inoltre, si prevede l’applicazione di specifici coefficienti ai fini del calcolo dell'onere per i periodi oggetto di riscatto, in relazione ai quali trova applicazione il sistema retributivo, nonché particolari modalità di versamento per gli oneri per periodi in relazione ai quali trova applicazione il sistema retributivo ovvero contributivo. Per il calcolo dell’onere da valutare con il sistema contributivo, infine, si applicano le aliquote contributive di finanziamento vigenti nel regime ove il riscatto opera alla data di presentazione della domanda.

[129]Destinatari delle disposizioni in esame sono i soggetti, che non siano già titolari di trattamento pensionistico autonomo, iscritti a due o più forme di assicurazione presso le seguenti gestioni previdenziali:

§       assicurazione obbligatoria per invalidità, vecchiaia e superstiti (A.G.O.) presso l’INPS, nonché alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima;

§       enti previdenziali privati, disciplinati dal D.lgs. 30 giugno 1994, n. 509, e dal D.lgs. 10 febbraio 1996, n. 103. Si ricorda che il D.lgs. n. 509/94 ha previsto la privatizzazione degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza per i liberi professionisti;

§       gestione separata, istituita presso l’INPS ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 335/1995;

§       fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni diverse da quella cattolica.

[130]Si ricorda sinteticamente  che il  trattamento economico dei dirigenti (art. 24 del D.lgs. 165/2001, come modificato dall’art. 45 del D.lgs.150/2009) è determinato dai contratti collettivi per le aree dirigenziali ed è costituito da una parte fissa e da una parte accessoria correlata alle funzioni, alle connesse responsabilità ed ai risultati conseguiti.

      La graduazione delle funzioni e delle responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita (sempre ai sensi dell’art. 24 del D.lgs.165/2001) con decreto ministeriale, per le amministrazioni dello Stato, e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti. La retribuzione complessiva del dirigente, al netto della retribuzione individuale di anzianità e degli incarichi aggiuntivi soggetti al regime dell’onnicomprensività, deve essere costituita almeno per il 30 per cento dal trattamento accessorio, collegato ai risultati (fanno eccezione i dirigenti del servizio sanitario nazionale). A tal fine i contratti collettivi nazionali incrementano progressivamente la componente legata al risultato, in modo da adeguarsi alla disciplina richiamata entro la tornata contrattuale successiva  a  quella decorrente dal 1° gennaio 2010. Per incentivare l’operatività del sistema premiale e di valutazione, si vieta di corrispondere l’indennità di risultato al dirigente responsabile qualora l’amministrazione di appartenenza non abbia attivato in tempi utili il sistema di valutazione previsto dal D.lgs.150/2009.

[131]Ferma restando la possibilità dell’aumento biennale del 2,50%.

[132]Quest’ultimo modifica l’art. 12 del D.L. 580/1973 (L. 766/1973).

[133]L. 17 aprile 1984, n. 79, Adeguamento provvisorio del trattamento economico dei dirigenti dell'Amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e del personale ad esso collegato. Adeguamentodel trattamento economico dei professori universitari a tempo pieno all'ultima classe di stipendio.

[134]L. 23 dicembre 1998, n. 448, Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo.

[135]Da ultimo, con DPCM 30 aprile 2010, pubblicato nella GU n. 173 del 27 luglio 2010,tale incremento percentuale è stato determinato, dal 1 gennaio 2010, nel 3,09%.

[136]D.L. 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 L. 6 agosto 2008, n. 133.

[137]L’articolo citato reca inoltre disposizioni specifiche per il personale che, nel periodo citato, effettua passaggi di qualifica comportanti valutazione economica di anzianità pregressa o cessa dal servizio. Inoltre, il comma 5 dispone che in relazione ai risparmi lordi relativi al sistema universitario, valutati in 13,5 milioni di euro per l’anno 2009, in 27 milioni di euro per l’anno 2010 e in 13,5 milioni di euro per l’anno 2011, il MIUR, tenuto conto dell’articolazione del sistema universitario e della distribuzione del personale interessato, definisce, d’intesa con il MEF, le modalità di versamento, da parte delle singole università, delle relative risorse con imputazione al capo X, capitolo 2368, dello stato di previsione delle entrate del bilancio dello Stato, assicurando le necessarie attività di monitoraggio.

[138]Per i criteri di identificazione del carattere scientifico delle pubblicazioni il D.L. rinvia ad apposito decreto del Ministro su proposta del CUN e previo parere del Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca. Il CUN ha formulato la proposta il 24 febbraio 2010 http://www.cun.it/media/104572/ps_2010_02_24_001.pdf.

[139]In assenza di pubblicazioni scientifiche nel precedente triennio, si vieta agli interessati di esercitare l’elettorato passivo per le commissioni di valutazione comparativa. Merita, inoltre, segnalare che, nell’ottica della pubblicizzazione della produzione scientifica, l’art. 3-bis del medesimo D.L. 180/2008 ha disposto, a decorrere dall'anno 2009, la costituzione e l’aggiornamento annuale di una Anagrafe nazionale dei professori e dei ricercatori, corredata per ciascun soggetto dall'elenco delle pubblicazioni scientifiche. L’indicazione delle modalità per la realizzazione di tale anagrafe è affidata ad un decreto ministeriale. Il 24 febbraio 2010 il CUN ha espresso il parere sullo schema di decreto: http://www.cun.it/media/104575/ps_2010_02_24_002.pdf.

[140]Si tratta di: titolare di contratto di cui all’art. 5 del d.l. 580/1973, di titolare di assegni biennali di formazione scientifica e didattica di cui all’art. 6 del DL 580/1973, di borsista laureato vincitore di concorso pubblico bandito dal CNR e da altri enti pubblici di ricerca di cui alla Tab. VI della L. n. 70/1975, nonché dell’Accademia nazionale dei Lincei e dalla Domus Galileiana di Pisa, dei perfezionandi della Scuola Normale e della Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento di Pisa, del titolare di borse o assegni di formazione o addestramento scientifico e didattico comunque denominati, purché finalizzati agli scopi predetti, istituiti sui fondi destinati da consigli di amministrazione sui bilanci universitari, assegnati con decreto rettorale a seguito di concorso pubblico, di assistente incaricato supplente, di professore incaricato supplente, di lettore assunto con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del CdA che abbia svolto tale attività per almeno 2 anni, di medico interno universitario assunto con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del CdA. Inoltre, il settimo comma dell’art. 103 dispone che i servizi prestati nella scuola secondaria sono assimilati ai fini della ricostruzione di carriera al servizio in una delle figure di cui all’art. 7 della L. 28/1980. La Corte costituzionale, però, con sentenza 26 giugno-7 luglio 1995, n. 305 (GU 12 luglio 1995, n. 29 - Serie speciale), ha dichiarato: l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, primo e settimo comma, nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera dei professori di ruolo, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria, assimilandoli al servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7, L. 21 febbraio 1980, n. 28; in applicazione dell'art. 27, L. 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale dell'art. 103, secondo e terzo comma, nella parte in cui, ai fini della ricostruzione di carriera, rispettivamente, dei professori associati e dei ricercatori confermati, rende valutabili i servizi prestati nella scuola secondaria assimilandoli al servizio prestato in una delle figure di cui all'art. 7, L. 21 febbraio 1980, n. 28.

[141]Inoltre, ai soli fini del trattamento di quiescenza e previdenza è riconosciuto, a domanda e con onere a carico del richiedente, il periodo corrispondente alla frequenza di corsi di dottorato di ricerca.

[142]Con sentenza n. 191 del 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del comma terzo dell’art. 103, nella parte in cui non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività prestata nelle università come tecnici laureati con almeno 3 anni di attività di ricerca.

[143]Legge 18 giugno 2009, n. 69, Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile.

[144]L. 16 gennaio 2006, n. 18, Riordino del Consiglio universitario nazionale.

[145]La censura è una dichiarazione di biasimo per mancanze ai doveri d'ufficio o per irregolare condotta, che non costituiscano grave insubordinazione e che non siano tali da ledere la dignità e l'onore del professore (art. 88, RD 1592/1933).

[146]La suddetta punizione comporta, oltre alla perdita degli emolumenti, l'esonero dall'insegnamento, dalle funzioni accademiche e da quelle ad esse connesse, e la perdita ad ogni effetto dell'anzianità per tutto il tempo della sua durata. Il professore che sia incorso nella punizione medesima non può per 10 anni solari essere nominato rettore di Università o direttore di Istituzione universitaria. Le punizioni diverse dalla censura si applicano secondo i casi e le circostanze, per le seguenti mancanze: grave insubordinazione; abituale mancanza ai doveri di ufficio; abituale irregolarità di condotta; atti in genere, che comunque ledano la dignità o l'onore del professore (art. 89, RD 1592/1933)

[147]L. 18 maggio 1958, n. 311, Norme sullo stato giuridico ed economico dei professori universitari.

[148]Al riguardo, la Corte costituzionale, con sentenza n. 1128 del 1988, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo comma dell’art. 12 della citata L. 311/1958, nella parte in cui non richiama, ai fini della sua applicazione ai professori universitari di ruolo, anche l’art. 120 del DPR 3/1957, concernente l’estinzione del procedimento disciplinare quando siano decorsi novanta giorni dall'ultimo atto senza che nessun ulteriore atto sia stato compiuto. In sede giurisdizionale, poi, il Consiglio di Stato (Sez. VI, 3 agosto 1989, n. 922) si è pronunciato affermando che nei procedimenti disciplinari nei confronti dei professori universitari trovano applicazione i termini di decadenza stabiliti, oltre che dall’art. 120, anche dall’art. 97 del T.U. n. 3 del 1957, peraltro richiamato dal medesimo art. 12 della L. 311/1958.

[149]L. 8 giugno 1966, n. 424, Abrogazione di norme che prevedono la perdita, la riduzione o la sospensione delle pensioni a carico dello Stato o di altro Ente pubblico.

[150]Pertanto, come evidenziato dalla dottrina (si veda: F.S. Vingiani – I. Santoro, L’ordinamento universitario, Bari, 1998, Cacucci Editore), la revocazione e la destituzione con perdita del diritto a pensione o ad assegni non sono più irrogabili.

[151]L’art. 89 del Testo unico sull’istruzione prevedeva che la Corte di disciplina – costituita con decreto reale, su proposta del Ministro – era composta dal Sottosegretario di Stato dell'educazione nazionale, che la presiedeva, e da otto membri eletti nel proprio seno dalla prima sezione del Consiglio superiore, i quali duravano in carica un biennio e potevano essere confermati.

[152]Il cui articolo 5 ha abrogato il comma 9 dell’art. 10 della legge n. 341 del 1990, il quale, a sua volta, aveva abrogato l’art. 2 della legge n. 31 del 1979.

[153]Ai fini della elezione del collegio, l’elettorato passivo è attribuito ai professori e ricercatori, mentre l’elettorato attivo è attribuito a tutti i componenti del CUN.

[154]Riparto dei fondi destinati alla copertura dei disavanzi del SSN per gli anni 2001, 2002 e 2003, ai sensi dell'art.1, comma 164, della legge 30 dicembre 2004, n . 311.

[155]Destinata a confluire, ai sensi dell’art. 1, c. 870, della legge n. 296 del 2006, nel Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica- FIRST.

[156]In prima applicazione è stato adottato un modello predisposto dalla Commissione Tecnica Spesa Pubblica (Ministero del Tesoro); nel 1998 è stato predisposto dall’Osservatorio nazionale per la valutazione del sistema universitario un nuovo modello (Doc 3/98), che è stato applicato dal Ministero fino al 2003.

[157]Il documento curato dalla CTFP, di cui si parlerà infra nel testo, evidenzia che la quota di riequilibrio è cresciuta dall’1,5% nel 1995 al 9,5% nel 2003.

[158]Per l’esercizio 2011 il Fondo reca uno stanziamento di 6.935,5 milioni di euro (cap. 1964/P dello stato di previsione del MIUR).

[159]Ai sensi dell’art. 21, comma 6, della L. 196/2009 sono obbligatorie le spese relative al pagamento di stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse, le spese per interessi passivi, quelle derivanti da obblighi comunitari e internazionali, le spese per ammortamento di mutui, nonché quelle così identificate per espressa disposizione normativa.

[160]http://attiministeriali.miur.it/anno-2004/luglio/dm-28072004-n-146.aspx.

[161]Doc 1/04: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11146.

[162]La legge finanziaria per il 2007 ha istituito la Commissione tecnica per la finanza pubblica (Ctfp), con compiti di studio su questioni di finanza pubblica riguardanti in particolare:

1.       riforma, armonizzazione e riclassificazione dei bilanci pubblici;

2.       principi generali di coordinamento della finanza pubblica nei rapporti finanziari Stato/autonomie;

3.       monitoraggio dei flussi di spesa e affidabilità e completezza dell'informazione statistica in tema di finanza pubblica;

4.       programma di revisione della spesa, che implica analisi e valutazione dei programmi delle amministrazioni centrali, individuando criticità e opzioni di riallocazione delle risorse.

La Ctfp è stata istituita il 16 marzo 2007.

[163]http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Servizio-s/Studi-per-1/Lavori-del/Misure.pdf

[164]Il dettaglio è recato dalla Tabella 4 del documento.

[165]La ripartizione del FFO per il 2010 (€ 6.256,3 mln, cui si sono aggiunti € 400 mln ai sensi dell’artt. 2, comma 250, della legge finanziaria 2010) è stata effettuata con DM n. 655 del 21 dicembre 2010.

[166]Una illustrazione del modello applicato ai fini del riparto del FFO 2010 è stata resa alla 7a Commissione del Senato dal rappresentante del Governo il 19 gennaio 2011: http://www.senato.intranet/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=SommComm&leg=16&id=518985.

 

[167]Legge 29 luglio 1991, n. 243, Università non statali legalmente riconosciute.

[168]D.P.R. 27 gennaio 1998, n. 25, Regolamento recante disciplina dei procedimenti relativi allo sviluppo ed alla programmazione del sistema universitario, nonché ai comitati regionali di coordinamento, a norma dell’articolo 20, comma 8, lettere a) e b), della L. 15 marzo 1997, n. 59. Per completezza, si ricorda che le disposizioni del D.P.R. n. 25/1998 sono state abrogate, ad eccezione dell’art. 2, c. 5, lett. a), b), c) e d), 6 e 7, nonché degli artt. 3 e 4, dall’art. 1-ter del D.L. 31 gennaio 2005, n. 7 (L. 43/2005).

[169]Il processo di integrazione nell’ambito del sistema universitario è stato confermato anche dall’art. 3 della L. 370/1999, che ha esteso alle università non statali le disposizioni concernenti l’obbligo di dotarsi di sistemi di valutazione della didattica, della ricerca e della gestione amministrativa. Inoltre, l’art. 10, c. 1, del D.L. 580/1973 (L.766/1973), ha disposto che “le denominazioni di Università, Ateneo, Politecnico, Istituto d’istruzione universitaria, possono essere usate soltanto dalla Università statali e da quelle non statali riconosciute per rilasciare titoli aventi valore legale a norma delle disposizioni di legge”.

[170] http://attiministeriali.miur.it/UserFiles/3051.pdf.

[171]Programmazione del sistema universitario per il triennio 2004-2006.

[172]Fondo per la programmazione dello sviluppo del sistema universitario.

[173]http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/dicembre/dm-21122010.aspx.

 

[174]Criteri e procedure di accreditamento dei corsi di studio a distanza delle università statali e non statali e delle istituzioni universitarie abilitate a rilasciare titoli accademici di cui all’art. 3 del decreto 3 novembre 1999, n. 509. Il decreto è stato emanato dal Ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro per l’innovazione e le tecnologie. Nella premessa si richiamano la risoluzione del Consiglio d’Europa del luglio 2001 (2001/C 204/02) relativa al piano di azione e-learning “Pensare all’istruzione di domani” e la proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio recante l’adozione di un programma pluriennale (2004-2006) per l’effettiva integrazione delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC) nei sistemi di istruzione e formazione in Europa. Entrambi gli atti comunitari sono preordinati ad incoraggiare lo sviluppo di nuovi modelli organizzativi per le università virtuali europee, nel solco delle opportunità e degli obiettivi di garanzia della qualità, del trasferimento dei crediti e del sostegno alla mobilità. Inoltre, nel testo, si riconosce che la diffusione dell’e-learning nel settore universitario può migliorare l’accesso alle risorse di apprendimento e soddisfare specifiche ed ulteriori esigenze quali quelle dei disabili e della formazione nei luoghi di lavoro.

[175]In particolare, le istituzioni devono:

a)       presentare un'architettura di sistema flessibile e capace di utilizzare in modo mirato le diverse tecnologie per la gestione dell'interattività, salvaguardando il principio della loro usabilità;

b)       favorire l'integrazione coerente e didatticamente valida della gamma di servizi di supporto alla didattica distribuita;

c)       garantire la selezione, progettazione e redazione di adeguate risorse di apprendimento per ciascun courseware;

d)       garantire adeguati contesti di interazione per la somministrazione e la gestione del flusso dei contenuti di apprendimento, anche attraverso l'offerta di un articolato servizio di teletutoring;

e)       garantire adeguate procedure di accertamento delle conoscenze in funzione della certificazione delle competenze acquisite; provvedere alla ricerca e allo sviluppo di architetture innovative di sistemi e-learning in grado di supportare il flusso di dati multimediali relativi alla gamma di prodotti di apprendimento offerti.

[176]Il CNVSU – nell’ambito del documento di Analisi della situazione delle università telematiche (si veda infra nel testo) – ha evidenziato l’inadeguatezza del termine accreditamento senza una sua qualificazione, in quanto l’accreditamento rappresenta un processo di valutazione che, in genere, fa riferimento ad un corso di studio o ad una istituzione già funzionanti”. Nel caso in specie si trattava piuttosto di una “autorizzazione alla istituzione di corsi telematici e/o di Università telematiche basata su di un progetto”.

[177]L’allegato tecnico del citato decreto fissa nel dettaglio: i requisiti del processo formativo, le modalità di identificazione e verifica dei risultati formativi, le modalità di tutoraggio previste per i corsi a distanza, le caratteristiche della piattaforma di erogazione e di gestione dei contenuti.

[178]Decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286.

[179]Con atto d’indirizzo del 1° giugno 2006, l’allora Ministro Mussi aveva già sospesola procedura per l’accreditamento di nuove Università telematiche – compreso l’esame delle istanze presentate ma non ancora definite –, fino all’adozione di un decreto ministeriale che dettasse nuove disposizioni per l’istituzione di università non statali legalmente riconosciute, autorizzate a rilasciare titoli aventi valore legale, ivi comprese le università telematiche. Cfr. CNVSU, Doc. 04/10, pagg. 4-5.

[180]Doc. 04/2010, gennaio 2010: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?ID=11682

[181] Il CNSVU evidenzia che nell’a.a. 2008/09 le 11 università registrano complessivamente poco più di 17.000 iscritti (pari a meno dell’1% di tutti gli iscritti al sistema universitario italiano), con un numero di immatricolati sostanzialmente costanti o in diminuzione, salvo in alcuni casi. Soltanto 3 università risultano con più di 2.000 iscritti. La maggior parte degli iscritti delle 11 università hanno più di 25 anni, sono persone già in passato iscritte alle università convenzionali e persone che già lavorano. Il personale docente di ruolo (ordinari, associati e ricercatori) presente è costituito da 42 unità. Il Comitato riferisce anche che, a fronte di questa situazione, vi sono 164 posti banditi per concorso e per trasferimento ma che in passato per molti concorsi svolti non sono state effettuate le chiamate dei vincitori. Evidenzia, infine, che nell’a.a. 2009/10 le 11 università telematiche hanno attivato 74 corsi di studio, di cui 49 corsi di laurea triennale, 18 corsi di laurea magistrale e 7 corsi quinquennali a ciclo unico. I 74 corsi si riferiscono a 32 classi di corsi di studio del D.M. 270/04 (di cui 16 di primo livello) e 19 classi (di cui 16 di primo livello) del D.M. 509/991.

[182]Con riferimento all’università E-Campus la visita istituzionale del CNVSU era prevista entro fine anno 2010.

[183]Si tratta delle università telematiche:

·    “Leonardo Da Vinci”, Doc. 08/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11661;

·    “TELMA”, Doc. 09/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11662;

·    “Guglielmo Marconi”, Doc. 11/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11663;

·    “Uninettuno”, Doc. 12/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11664;

·    “Universitas Mercatorum”, Doc. 17/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11672;

·    UNITEL”, Doc. 18/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11673;

·    UNISU “Niccolò Cusano”, Doc. 19/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11678

·    “Italian University Line” IUL, Doc. 20/2009: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11677;

[184]Si tratta delle università telematiche:

·    Giustino Fortunato”, Doc. 06/2010: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11680;

·    Pegaso”, Doc. 07/2010: http://www.cnvsu.it/_library/downloadfile.asp?id=11679;

[185]L’art. 2, c. 428, della legge n. 244 del 2007,ai fini del concorso dello Stato agli oneri per gli adeguamenti retributivi per il personale docente e per i rinnovi contrattuali del restante personale delle università, nonché in vista degli interventi da adottare in materia di diritto allo studio, di edilizia universitaria e per altre iniziative inerenti il sistema universitario, ha istituito un fondo con una dotazione finanziaria di 550 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2008 al 2010, destinata ad incrementare il Fondo di finanziamento ordinario. Il successivo c. 429 ha peraltro subordinato l’assegnazione delle risorse indicate all’adozione entro gennaio 2008 di un piano programmatico, approvato con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la CRUI, e volto, fra l’altro, a:

a)            elevare la qualità del sistema universitario e il livello di efficienza degli atenei;

b)            rafforzare i meccanismi di incentivazione per un uso appropriato ed efficace delle risorse, con contenimento dei costi di personale a vantaggio della ricerca e della didattica;

c)            accelerare il riequilibrio finanziario tra gli atenei sulla base di parametri vincolanti. Al riguardo, è stata ribadita la necessità di adozione di disposizioni che, in caso di superamento del limite del 90 per cento della spesa per il personale, rendano effettivo il vincolo delle assunzioni.

Il piano programmatico è stato adottato con D.I. 30 aprile 2008 per il riparto del fondo straordinario per l’esercizio finanziario 2008 (http://attiministeriali.miur.it/anno-2008/aprile/di-30042008.aspx), con D.I. 23 settembre 2009 per il riparto del fondo straordinario per l’esercizio finanziario 2009 (http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/settembre/di-23092009.aspx) e con D.I. 25 ottobre 2010 (http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/ottobre/di-25102010.aspx) per il riparto del fondo straordinario per l’esercizio finanziario 2010.

[186]I pareri sono stati resi dal CNVSU in data 23/3/2009 e dal CIVR in data 8/4/2009.

[187]http://attiministeriali.miur.it/UserFiles/3146.pdf.

 

[188]Decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito, con modificazioni, dall’art. 1 L. 24 novembre 2006, n. 286.

[189]I regolamenti didattici di ateneo determinano, altresì, per ciascun corso di studio la frazione dell'impegno orario complessivo che deve essere riservata allo studio personale o ad altre attività formative di tipo individuale.

[190]Con decreto ministeriale si possono motivatamente determinare variazioni in aumento o in diminuzione delle predette ore per singole classi, entro il limite del 20 per cento.

[191]Pertanto, per il conseguimento della laurea sono richiesti 180 CFU e per il conseguimento della laurea magistrale sono richiesti 120 CFU.

[192]I crediti corrispondenti a ciascuna attività formativa sono acquisiti dallo studente con il superamento dell'esame o di altra forma di verifica del profitto. I regolamenti didattici di ateneo possono prevedere forme di verifica periodica dei crediti acquisiti, al fine di valutarne la non obsolescenza dei contenuti conoscitivi, e il numero minimo di crediti da acquisire da parte dello studente in tempi determinati, diversificato per studenti impegnati a tempo pieno negli studi universitari o contestualmente impegnati in attività lavorative.

[193]Il comma 3 dell’art. 17 della L. 400 del 1988 prevede che con decreto ministeriale possono essere adottati regolamenti nelle materie di competenza del Ministro o di autorità sottordinate al Ministro, quando la legge espressamente conferisca tale potere. Tali regolamenti, per materie di competenza di più Ministri, possono essere adottati con decreti interministeriali, ferma restando la necessità di apposita autorizzazione da parte della legge. I regolamenti ministeriali ed interministeriali non possono dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo. Essi debbono essere comunicati al Presidente del Consiglio dei ministri prima della loro emanazione.

[194]Sulla base di una richiesta del MIUR precedente la presentazione dell’A.S. 1905, il C.U.N. aveva già elaborato una proposta di revisione e riduzione dei settori scientifico-disciplinari. In particolare, in Informa CUN, Bollettino dell’attività del CUN, Luglio 2009 (http://www.cun.it/media/102882/informacun_2009_07_23_047.pdf), si evidenzia che sulla base di un documento introduttivo di indirizzo, “il CUN ha portato a termine la proposta di revisione e accorpamento dei SSD approvando le tabelle delle singole aree e raggiungendo una numerosità complessiva di 89 Macrosettori (termine che ha sostituito l’originaria definizione di “ambito”) e 196 SSD. A settembre il CUN completerà il lavoro relativo alle declaratorie dei nuovi SSD”. Nell’adunanza del 4 novembre 2009, il CUN ha inviato al Ministro il parere generale n. 7, contenente revisione dei settori scientifico disciplinari: http://www.bda.unict.it/Public/Uploads/article/parereintroduzionenovembre.pdf.

[195]E’ utile ricordare che l’art. 43 del DPR 382 del 1980 aveva previsto che i concorsi per l’accesso alla fascia dei professori associati fossero banditi per raggruppamenti di discipline, caratterizzati, rispetto a quelli definiti per i concorsi a posti di professore ordinario, da criteri di maggiore ampiezza e flessibilità, e stabiliti con decreto del Ministro della pubblica istruzione, su parere vincolante del CUN. In attuazione, era intervenuto il DM 6 agosto 1983 (GU n. 313 del 15 novembre 1983). L’art. 43 è stato poi abrogato a seguito dell’intervento della L. 210/1998.

[196]Modificato dal D.M. 9 gennaio 2001 (GU 25 gennaio 2001, n. 20), dal D.M. 1° febbraio 2001 (GU 16 febbraio 2001, n. 39), dal D.M. 20 marzo 2001 (GU 10 aprile 2001, n. 84), dal D.M. 27 settembre 2001 (GU 12 ottobre 2001, n. 238), dal D.M. 22 ottobre 2001 (GU 15 novembre 2001, n. 266), dal D.M. 19 novembre 2001 (GU 11 dicembre 2001, n. 287), dal D.M. 19 novembre 2001 (GU 12 dicembre 2001, n. 288), dal D.M. 15 maggio 2002 (GU 3 giugno 2002, n. 128), dal D.M. 2 settembre 2002 (GU 1° ottobre 2002, n. 230) e dal D.M. 18 marzo 2005 (GU 5 aprile 2005, n. 78), corretto con Comunicato 17 maggio 2005 (GU 17 maggio 2005, n. 113).

[197]Area 01 - Scienze matematiche e informatiche; Area 02 - Scienze fisiche; Area 03 - Scienze chimiche; Area 04 - Scienze della terra; Area 05 - Scienze biologiche; Area 06 - Scienze mediche; Area 07 - Scienze agrarie e veterinarie; Area 08 - Ingegneria civile e Architettura; Area 09 - Ingegneria industriale e dell'informazione; Area 10 - Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche; Area 11 - Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche; Area 12 - Scienze giuridiche;  Area 13 - Scienze economiche e statistiche; Area 14 - Scienze politiche e sociali.

[198]L’allegato D è stato modificato con DM 13 luglio 2010, GU n. 173 del 27 luglio 2010.

[199]L. 27 dicembre 1997, n. 449, Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[200]Tali esclusioni sono state introdotte dall’articolo 5 del D.L. 7 aprile 2004, n. 97 (L. 143/2004). La validità di tali esclusioni, originariamente limitata al 2004, è stata poi confermata, di anno in anno, nell’ambito di decreti-legge di proroga termini, l’ultimo dei quali l’aveva estesa fino al 31 dicembre 2008 (art. 12, c. 1, D.L. 248/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge 31/2008).

[201]Art. 7, comma 5-quinquies, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 2010, n. 25.

[202]Si fa riferimento alle procedure avviate ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.L. n. 147 del 2007 (L. 176/2007) e dell’art. 4-bis, comma 17, del D.L. n. 97 del 2008 (L.129/2008), per le quali si veda infra, nel testo.

[203]L’originario primo periodo del comma 13 dell’art. 66 del d.l. n. 112/2008 prevedeva che per il triennio 2009-2011 le assunzioni delle atenei fossero soggette al limite del 20% della spesa relativa al personale cessato nell’anno precedente, e che, in ogni caso, il numero delle unità assunte non poteva eccedere, ogni anno, il 20% delle unità cessate l’anno precedente.

[204]L’art. 7, c. 4-bis, del D.L. 194/2009 ha previsto che l’art. 66, c. 13, non si applica a 3 istituti universitari ad ordinamento speciale, ossia all’Istituto universitario di studi superiori di Pavia, all’Istituto italiano di scienze umane di Firenze e alla Scuola IMT (Istituzioni, Mercati, Tecnologie) Alti Studi di Lucca. A sua volta, l’art. 10 della L. 183/2010 stabilisce che agliistituti universitari ad ordinamento speciale non si applicano le disposizioni che prevedono che la somma disponibile per le assunzioni nelle università statali – pari, per ciascun anno, al 50% della spesa relativa al personale a tempo indeterminato cessato dal servizio nell’anno precedente - è destinata, per una quota non inferiore al 60%, all’assunzione di ricercatori a tempo indeterminato e di contrattisti. Ai sensi di tale disposizione rimane, invece, fermo anche per gli istituti universitari ad ordinamento speciale il menzionato limite del 50%.

[205]L’art. 1 del D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle famiglie e alle imprese, in corso di esame, dispone la proroga del termine per procedere alle assunzioni di personale delle università statali relative all’anno 2010 in riferimento alle cessazioni verificatesi nell’anno 2009. La proroga è disposta, ai sensi del comma 1, fino al 31 marzo 2011. Ai sensi del comma 2, peraltro, con uno o più Decreti del Presidente del Consiglio può essere disposta l’ulteriore proroga fino al 31 dicembre 2011.

[206]Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie.

[207]Art. 3, c. 1, del D.L. 147/2007 (L. 176/2007), e art. 4-bis, c. 17, del D.L. 97/2008 (L. 129/2008).

[208]I criteri per la ripartizione degli stanziamenti per il 2007 ed il 2008 sono stati definiti, rispettivamente, con il DM 14 novembre 2007, n.565 http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/6596Criter_cf2.htm, e il DM 10 novembre 2008, n. 298 http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7439Criter_cf2.htm.

[209]Criteri per la ripartizione tra le Università statali delle risorse destinate a garantire una più ampia assunzione di ricercatori - anno 2009. http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/8122Criter_cf2.htm.

[210]D.P.R. 23 marzo 2000, n. 117, Regolamento recante modifiche al D.P.R. 19 ottobre 1998, n. 390, concernente le modalità di espletamento delle procedure per il reclutamento dei professori universitari di ruolo e dei ricercatori a norma dell'articolo 1 della L. 3 luglio 1998, n. 210.

[211]L’idoneità scientifica nazionale, di durata non superiore a quattro anni, si consegue sulla base di procedure bandite annualmente, entro il 30 giugno, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, distintamente per ciascuna fascia (ordinari e associati) e per settori scientifico-disciplinari. Il conseguimento dell’idoneità scientifica nazionale non comporta il diritto all’accesso al ruolo dei professori universitari, bensì costituisce requisito necessario per partecipare alle procedure selettive per la copertura dei posti di professore ordinario e associato, bandite dai singoli atenei. Infatti, il secondo stadio della disciplina concorsuale consiste in una procedura di valutazione comparativa che ciascuna università svolge, sulla base di propri regolamenti autonomi, per selezionare le persone da chiamare a coprire i posti banditi dall’ateneo. In attuazione della L. n. 230/2005 è stato successivamente emanato il D.lgs. n. 164 del 2006, che ha ulteriormente specificato i principi e criteri ivi stabiliti per quanto concerne le procedure per il conseguimento dell’idoneità scientifica nazionale ai fini del reclutamento nel ruolo dei professori universitari.

[212]L’art. 1, c. 5, lett. a), punti 2 e 3, della L. n. 230 del 2005, indica fra i principi e criteri direttivi cui il Governo deve attenersi nell’esercizio della delega conferita anche l’eleggibilità, ogni due anni, da parte di ciascun settore scientifico-disciplinare, di una lista di commissari nazionali, con opportune regole di non immediata rieleggibilità, e la formazione della commissione di ciascuna valutazione comparativa mediante sorteggio di cinque commissari nazionali. L’art. 6 del d.lgs. n. 164 del 2006 definisce a chi spetti l’elettorato attivo e passivo, affida al Ministero la definizione degli elenchi dell’elettorato medesimo e definisce in quindici il numero dei commissari di cui è costituita ogni lista.

[213]Tale blocco è stato determinato dalla mancata adozione degli ulteriori necessari provvedimenti volti a dare attuazione alle disposizioni contenute nella L. n. 230/2005 e nel d.lgs. n. 164/2006.

[214]L’art. 2, comma 10, del DPR 117/2000 precisa, al riguardo, che un candidato può presentare al massimo 5 domande di partecipazione, elevate a 15 qualora la partecipazione riguardi esclusivamente procedure per il reclutamento di ricercatori.

[215]http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/luglio/dm-28072009-n-89.aspx. Con riferimento alla valutazione dei titoli, ai sensi dell’art. 2, comma 1, del decreto, le commissioni si basano sui seguenti elementi debitamente documentati:

a)    possesso del titolo di dottore di ricerca o equivalente, conseguito in Italia o all’estero;

b)    svolgimento di attività didattica a livello universitario in Italia o all’estero;

c)     prestazione di servizi di formazione e ricerca, anche con rapporto di lavoro a tempo determinato, presso istituti pubblici italiani o all’estero;

d)    svolgimento di attività di ricerca, formalizzata da rapporti istituzionali, presso soggetti pubblici e privati italiani e stranieri;

e)    svolgimento di attività in campo clinico relativamente a quei settori scientifico-disciplinari in cui sono richieste tali specifiche competenze;

f)      realizzazione di attività progettuale relativamente a quei settori scientifico-disciplinari nei quali è prevista;

g)    organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca nazionali e internazionali;

h)    titolarità di brevetti relativamente a quei settori scientifico-disciplinari nei quali è prevista;

i)      partecipazione in qualità di relatore a congressi e convegni nazionali e internazionali;

j)      conseguimento di premi e riconoscimenti nazionali e internazionali per attività di ricerca.

L’art. 3, comma 2, del decreto stabilisce, invece, che la valutazione delle pubblicazioni è effettuata sulla base dei seguenti criteri:

a)    originalità, innovatività e importanza di ciascuna pubblicazione scientifica;

b)       congruenza di ciascuna pubblicazione con il settore scientifico-disciplinare per il quale è bandita la procedura, ovvero con tematiche interdisciplinari ad esso correlate;

c)     rilevanza scientifica della collocazione editoriale di ciascuna pubblicazione e sua diffusione all’interno della comunità scientifica;

d)    determinazione analitica, anche sulla base di criteri riconosciuti nella comunità scientifica di riferimento, dell’apporto individuale del candidato nel caso di partecipazione del medesimo a lavori in collaborazione.

[216]Il Ministero, con la collaborazione delle università, definisce gli elenchi dell’elettorato attivo e passivo, assicurandone la pubblicità per via telematica. Lo svolgimento delle elezioni, disciplinato con decreto del rettore, avviene con procedure telematiche unificate e validate a livello nazionale, sentita la CRUI. Tali procedure assicurano l’accertamento dell’identità dell’elettore e la segretezza del voto. Il rettore rende pubblici i risultati delle elezioni. Per consentire un rapido espletamento delle procedure di costituzione delle commissioni, le università, previe opportune intese a livello nazionale, sentita la CRUI, concordano le date di svolgimento delle elezioni.

[217]I professori designati, anche se appartenenti ad altre facoltà o università, devono afferire al settore scientifico-disciplinare oggetto del bando ovvero, in mancanza di designabili, ai settori affini preventivamente determinati con decreto del Ministro, su proposta del CUN.

[218]Art. 7, comma 2, del già citato D.L. 30 dicembre 2009, n. 194.

[219]Il DM è menzionato nella premessa alla nota MIUR 14 settembre 2009, concernente le elezioni delle commissioni giudicatrici per le procedure di valutazione comparativa per posti di professore di I e II fascia e di ricercatore universitario – Indizione della I sessione 2008-   http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/7965Elezio_cf2.htm.

[220]Ai sensi dell’art. 1, c. 1, lett. a), della legge 16 gennaio 2006, n. 18, Riordino del Consiglio universitario nazionale, il CUN, per quanto concerne la sua componente docente, è composto da professori e ricercatori eletti in rappresentanza di aree di settori scientifico-disciplinari determinate, in numero non superiore a quattordici, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Per ciascuna area sono eletti un professore ordinario, un professore associato e un ricercatore.

[221]Secondo informazioni assunte presso il Ministero, una volta perfezionata la nomina nelle commissioni di valutazione comparativa il professore ordinario o associato (presente nelle commissioni se designato dagli atenei)  ne continua a far parte anche dopo la data indicata.

La disposizione comunque si applica alle procedure di valutazione delle sessioni del 2008.

[222]Dal momento che il D.L. detta per le valutazioni comparative una disciplina transitoria, la disposizione si riferisce, presumibilmente, al ripristino delle procedure di cui alla L. 210/1998 ed al regolamento 117/2000 che prevedono la presenza nelle commissioni sia di associati che di ricercatori.

[223]Si è già evidenziato ante che l’art. 11 della L. 183 del 2010 ha abrogato l’art. 2, comma 1, lett. d), della L. 210/1998 e l’art. 2, comma 6, del DPR 117/2000 che consentivano ai regolamenti di ateneo di fissare un limite al numero di pubblicazioni scientifiche presentabili per la partecipazione a ciascuna procedura di valutazione comparativa, sia con riguardo ai docenti che ai ricercatori.

 

[224]Sulla base della successiva lett. o), l’inciso “e a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei” sembra doversi leggere non nel senso di assenza di oneri anche per gli atenei - come letteralmente sembrerebbe - ma nel senso che gli oneri sono a carico delle disponibilità di bilancio degli atenei.

[225]http://www.istruzione.it/web/ministero/cs210111.

[226]La Carta, allegata alla raccomandazione n. 2005/251/CE della Commissione, dell'11 marzo 2005, reca una serie di princìpi generali e di requisiti che specificano i ruoli, le responsabilità ed i diritti dei ricercatori, nonché dei loro datori di lavoro e/o finanziatori. Scopo della Carta è garantire che la natura dei rapporti tra ricercatori e datori di lavoro favorisca esiti positivi per quanto riguarda la produzione, il trasferimento, la condivisione e la diffusione delle conoscenze e dello sviluppo tecnologico, e promuova lo sviluppo professionale dei ricercatori. La Carta, che disciplina tutti i campi di ricerca nel settore pubblico e privato, riconosce, tra l’altro, il valore di tutte le forme di mobilità come strumento per migliorare lo sviluppo professionale dei ricercatori. Tra i principi generali applicabili ai ricercatori, che la Carta declina, si ricordano, in particolare: la libertà di ricerca; la responsabilità professionale; la diffusione e valorizzazione dei risultati; l’impegno verso l’opinione pubblica; lo sviluppo professionale continuo. http://ec.europa.eu/eracareers/pdf/eur_21620_en-it.pdf.

 

[227]Un esempio potrebbe essere costituito da uno studioso in possesso dell’abilitazione per la I fascia che, purchè non sia già titolare della relativa cattedra, può partecipare ad un procedimento di chiamata per la II fascia.

[228]Sostanzialmente, quindi, sembrerebbe che la chiamata sostituisca il trasferimento di cui all’art. 3 della L. 210 del 1998.

[229]DPR 9 maggio 1994, n. 487, Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi.

[230]15 milioni di lire per il 1992 e 50 milioni di lire per il 1993.

[231]Nell’articolazione dei percorsi formativi prevista dal DM n. 509/1999, il secondo livello di formazione era rappresentato dalla c.d. laurea specialistica.

[232]Art. 24 della L. 7 febbraio 1958, n. 88, Provvedimenti per l’educazione fisica.

[233]Si veda il DM 21 maggio 2010, Definizione modalità e contenuti prove di ammissione ai corsi di laurea Specialistica/Magistrale delle Professioni sanitarie anno accademico 2010/2011 http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/maggio/dm-21052010.aspx.

[234]Il regolamento in materia di dottorato di ricerca è stato adottato con D.M. 30 aprile 1999, n. 224.

[235]E’ utile ricordare che l’art. 3, c. 8, del DM n. 270 del 2004 ha confermato l’applicabilità ai corsi di dottorato di ricerca delle disposizioni contenute all’art. 4 della L. 210/1998, fatto salvo quanto previsto dall'art. 6, c. 5 e 6, del medesimo DM, concernenti le modalità di accesso ai corsi. In particolare, l’art. 6, comma 5, stabilisce che per essere ammessi ad un corso di dottorato di ricerca occorre essere in possesso della laurea magistrale ovvero di altro titolo di studio conseguito all'estero e riconosciuto idoneo. Il comma 6 del medesimo articolo prevede che il riconoscimento dell'idoneità dei titoli di studio conseguiti all'estero ai soli fini dell'ammissione a corsi di studio e di dottorato di ricerca è deliberata dall'università interessata, nel rispetto degli accordi internazionali vigenti.

 

 

[236]Rimane, invece, fermo che le borse di studio sono attribuite previa valutazione comparativa del merito e che in caso di parità di merito prevale la valutazione della situazione economica.

[237]Cade, conseguentemente, l’analoga previsione recata dall’art. 7, comma 1, lett. e), del D.M. 224 del 1999.

[238]D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30.

[239]D.lgs. 17 agosto 1999, n. 368, Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE.

[240]Con decreto 1° agosto 2005 il Ministro dell'istruzione ha adeguato gli ordinamenti didattici delle scuole di specializzazione dell’area sanitaria alla riforma generale degli studi universitari di cui al decreto ministeriale n. 270/2004. In particolare, l’art. 3, comma 7, di quest’ultimo stabilisce che corsi di specializzazione – con l’obiettivo di fornire allo studente conoscenze e abilità per funzioni richieste nell’esercizio di particolari attività professionali – possono essere istituiti esclusivamente in applicazione di specifiche norme di legge o di direttive dell’Unione europea. Attualmente i corsi di specializzazione interessano principalmente le aree degli studi sanitari, i settori della tutela, gestione e valorizzazione del patrimonio culturale (art. 6, L. n. 29 del 2001) e della preparazione alle professioni legali (art. 16, D.lgs. n. 398 del 1997). Con riferimento all’area sanitaria, il DM 1 agosto 2005, sopra citato, ha riaffermato che tali scuole di specializzazione hanno sede presso le Università, afferendo, in particolare, alle facoltà di medicina e chirurgia. L’art. 3 del DM prevede anche che le scuole di specializzazione di area sanitaria possano essere attivate anche con il concorso di altre facoltà, fatta salva la classe delle specializzazioni in farmaceutica che afferisce alle facoltà di farmacia. Il decreto classifica, altresì, le diverse scuole, suddividendole in tre grandi aree (medica, chirurgica e dei servizi clinici).

Si ricorda, infine, che con Decreto direttoriale 21/7/2009 è stato definito il procedimento di verifica e controllo dei requisiti minimi delle scuole di specializzazione mediche (http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/luglio/dd-21072009.aspx) econ Decreto direttoriale 29/7/2009 sono state definite le modalità per l’attuazione dei risultati della qualità della formazione nelle scuole di specializzazione mediche (http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/luglio/dd-29072009.aspx).

[241]Con Decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 6 marzo 2006, n. 172 sono stati determinati i criteri per l'ammissione alle scuole di specializzazione, i contenuti e le modalità delle prove.

[242]Con riferimento all’ammontare della borsa di studio, il D.M. 18 giugno 2008 ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2008, l’importo annuo è rideterminato in euro 13.638,47, al lordo degli oneri previdenziali a carico del percepente. Tale importo è elevato del 50 per cento in proporzione e in relazione ai periodi di permanenza all’estero presso università o istituti di ricerca.

[243]http://www.istruzione.it/web/universita/il-quadro-dei-titoli-italiani.

[244]Qualora, nei due anni successivi al conseguimento del dottorato di ricerca, il rapporto di lavoro con l’amministrazione pubblica cessi per volontà del dipendente, egli deve ripetere gli importi corrisposti.

[245]DM 8 agosto 2000, n. 593, Modalità procedurali per la concessione delle agevolazioni previste dal decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297.

[246]GU n. 83 del 10 aprile 2010.

[247]I bandi attivi sono disponibili all’indirizzo http://www.istruzione.it/web/ricerca/normativa/bandi-attivi. Sullo stato dell’arte relativo al bando FIRB 2009, si veda la risposta del Governo all’interrogazione 5-02787, svolta in VII Commissione l’8 giugno 2010: http://leg16.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/framedinam.asp?sedpag=../bollet/201006/0608/HTML/07/frame.htm

[248]Interventi nel settore della ricerca finanziati con risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate nel periodo 2002-2006, giugno 2009

http://www.cipecomitato.it/it/documenti/Relazione_finanziamenti_FAS_alla_Ricerca_2002_2006.pdf

[249]Si veda ante, scheda art. 15.

[250]Dati sui PRIN possono essere estratti dal sito http://prin.miur.it/. In particolare, l’elenco dei progetti ammessi al finanziamento 2008, di cui al Decreto Ministeriale 20 gennaio 2010, n. 3 /Ric., sono disponibili all’indirizzo http://attiministeriali.miur.it/UserFiles/3255.pdf, mentre il bando PRIN 2009, di cui al Decreto Ministeriale 19 marzo 2010, n. 51, è disponibile all’indirizzo http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/marzo/dm-19032010-n-51.aspx. Si segnala, inoltre, che al fine di consentire il completamento delle attività previste con D.D. n.2727/Ric del 22 dicembre 2010 è stata autorizzata la proroga di 6 mesi (22 settembre 2012) rispetto alla scadenza originaria dei progetti finanziati Prin 2008.

[251]L’autorizzazione di spesa era stata inizialmente stata accantonata - come tutte le altre alimentate dal Fondo - in attesa della decisione delle autorità statistiche comunitarie circa la compatibilità delle norme relative al trattamento contabile del Fondo e al suo utilizzo. Il decreto-legge n. 81/07, Disposizioni urgenti in materia finanziaria (L. 127/2007), all’art. 13 ha successivamente disposto lo sblocco delle risorse vincolate sul TFR, prevedendo la concessione di anticipazioni di tesoreria nella misura del 30% delle somme relative alle autorizzazioni di spesa di cui al citato comma 758. Lo stesso comma è stato successivamente novellato dal D.L.159/2007 che all’art. 3, comma 1, lettera a),autorizza l’utilizzo di una parte delle quote accantonate per ciascun intervento, nel limite di importi corrispondenti a effetti in termini di indebitamento netto pari all’ottanta per cento di quelli indicati nell’elenco 1 per l’anno 2007, e al settanta per cento per gli anni 2008 e 2009.

[252]  Il D.lgs. 5 giugno 1998, n. 204, Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59, prevede che il Programma nazionale per la ricerca - di durata triennale - sia predisposto, approvato e annualmente aggiornato sulla base degli indirizzi del DPEF (ora sostituito, ai sensi della L. 196/2009, dalla Decisione di Finanza Pubblica - DFP), di direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei piani e dei programmi di competenza delle amministrazioni dello Stato, di osservazioni e proposte delle predette amministrazioni.

[253]D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 novembre 2007, n. 222.

[254]Verosimilmente, la disposizione è stata finalizzata a rendere immediatamente operativo il sostegno finanziario ai progetti di ricerca mediante il FIRST, nelle more dell’adozione del regolamento ministeriale di cui al comma 873. A tal fine, è stato stabilito un cambiamento della fonte normativa tale da consentire una maggiore speditezza. Infatti, a differenza dei regolamenti, per i decreti ministeriali di natura non regolamentare non sono richiesti il parere del Consiglio di Stato e il controllo della Corte dei conti. Merita peraltro segnalare che il DM in questione non risulta fin qui emanato.

[255]Decreto ministeriale 18 novembre 2009, Ripartizione delle risorse del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST), anno 2009 (GU n. 124 del 29 maggio 2010).

[256]D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[257]Pubblicato nella Gazzetta ufficiale del 3 febbraio 2011.

[258]  Lo Science Citation Index nasce nei primi anni Sessanta ad opera di Eugene Garfield, che ha visto nel sistema della citazione degli articoli scientifici le basi per la costruzione di una gigantesca rete della conoscenza, creando uno strumento bibliografico in grado di costruire una cartografia delle citazioni facendo uso del "fattore d'impatto", una forma di misura standardizzata introdotta dall'Institute of Scientific Information (ISI) che rende possibile valutare l'impatto di un articolo su successive pubblicazioni.

[259]La Commissione, prevista dall’art. 3, comma 1, del DM n. 378 del 26 marzo 2004, Criteri e modalità procedurali per l'assegnazione delle risorse finanziarie del Fondo per gli investimenti della ricerca di base, è stata nominata una prima volta con DM 17 maggio 2004 n. 623/Ric., ed è stata rinnovata con DM 7 settembre 2007, n. 1132/Ric. e, da ultimo, con DM 5 novembre 2010, n. 727/Ric.

[260]La Commissione di garanzia prevista dal DM 19 marzo 2010, n. 51/Ric., relativo al cofinanziamento dei progetti di ricerca di interesse nazionale 2009, è stata nominata con DM 566/Ric del 15 settembre 2010. Con DM del 5 novembre 2010, n. 726/Ric., sono state poi operate alcune sostituzioni. 

[261]Il CEPR è stato istituito presso il MURST dall’art. 3 del d.lgs. 204 del 1998, poi modificato dall'art. 11, comma 2, del d.lgs. 381 del 1999. In base alla disposizione indicata, esso è composto dal Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, che lo presiede, nonché da non più di 9 membri, nominati dal Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, scelti tra personalità di alta qualificazione del mondo scientifico, tecnologico, culturale, produttivo e delle parti sociali. Con decreto 24 novembre 1999, il MURST ha definito le norme generali di funzionamento del comitato, la durata del mandato dei singoli componenti, nonché le indennità loro spettanti. La composizione è stata rinnovata, da ultimo, con DPCM 11 gennaio 2010: http://www.uniud.it/ricerca/avvisi/decreto-cepr.pdf.

[262]L. 27 dicembre 1997, n. 449, Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[263]Il comma 7 del medesimo articolo 51 specifica che, ai fini dell'applicazione del provvedimento, per enti di ricerca o per enti pubblici di ricerca si intendono i soggetti di cui all’art. 8 del D.P.C.M. 30 dicembre 1993, n. 593. In particolare, tale norma ricomprende nel comparto di contrattazione collettiva del personale delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione (art. 2, comma 1, lettera F), del medesimo DPCM) il personale dipendente:

-   dall'Istituto superiore di sanità (ISS);

-   dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

-   dall'Istituto italiano di medicina sociale;

-   dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT);

-   dagli istituti di ricerca e sperimentazione agraria e talassografici;

-   dalle stazioni sperimentali per l'industria;

-   dal Centro ricerche esperienze studi applicazioni militari (CRESAM);

-   dall'Istituto per le telecomunicazioni e l'elettronica della marina militare «Giancarlo Vallauri» (Marinateleradar);

-   dall'Area di ricerca di Trieste;

-   dai seguenti enti scientifici di ricerca e di sperimentazione (tab. VI, allegata alla L. n. 70 del 1975): Istituto di studi e analisi economica (ISAE); Istituto nazionale di geofisica; Istituto nazionale di fisica nucleare; Istituto elettrotecnico nazionale “Galileo Ferraris” di Torino; Istituto nazionale di studi ed esperienze di architettura navale (vasca navale); Comitato nazionale per l'energia nucleare (CNEN); Istituto nazionale della nutrizione; Istituto nazionale economia agraria (INEA); Consiglio nazionale delle ricerche (CNR); Istituto nazionale di ottica di Firenze; Istituto nazionale di alta matematica “Francesco Severi”; Stazione zoologica “Antonio Dohrn”.

[264]La disposizione prevede anche che questa partecipazione possa essere in deroga al numero determinato per ciascuna università, ai sensi dell’art. 70 del DPR 382/1980, fermo restando il superamento delle prove di ammissione. Si ricorda, però, che l’art. 70 indicato è stato abrogato dall’art. 8 del DM 224 del 1999 che, sulla base dell’art. 4 della L. 210 del 1998, ha rimesso la definizione dei posti disponibili per i dottorati di ricerca alle singole università.

[265]Si tratta, in particolare: in materia fiscale, dell’esenzione dall’ILOR (imposta locale sui redditi) e dall’IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche), di cui all’art. 4 della L. n. 476 del 1984; in materia previdenziale, il riferimento è alledisposizioni di cui all’art. 2, commi 26 e ss., della L. 335 del 1995, relative all’obbligo di iscrizione alla Gestione separata INPS. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, si veda la circolare INPS n. 133 del 21 luglio 2003, consultabile all’indirizzo: http://www.inps.it/bussola/VisualizzaDoc.aspx?sVirtualURL=%2fCircolari%2fCircolare%20numero%20133%20del%2021-7-2003.htm.

[266]Una prima determinazione dell’importo degli assegni di ricerca e delle modalità di selezione degli aspiranti è stata effettuata con DM 11 febbraio 1998 (pubblicato nella GU n. 84 del 10 aprile 1998), che ha fissato l’importo lordo annuo degli assegni di ricerca in una sommacompresa fra un minimo di 25 mln di lire e un massimo di 30 mln di lire, comprensivo di tutti gli oneri a carico dell’amministrazione erogante. Il medesimo decreto ha, altresì, fissato i criteri cui devono attenersi i soggetti per il conferimento degli assegni mediante procedure di valutazione comparativa. Essi riguardano: la pubblicazione di un apposito bando con l’indicazione, tra l’altro, dei criteri di valutazione e dell’area scientifica in cui deve essere svolta l’attività di collaborazione alla ricerca; la previsione dell’esame dei titoli dei candidati e di un colloquio ai fini della valutazione comparativa; l’indicazione di alcuni dei titoli valutabili (dottorato di ricerca, diplomi di specializzazione, attestati di frequenza di corsi di perfezionamento post-laurea, documentata attività di ricerca con contratti, borse di studio o incarichi); pubblicità dei giudizi espressi dalla Commissione; erogazione dell’assegno ai candidati che hanno superato la valutazione comparativa con stipula di un apposito contratto; previsione di strumenti di controllo e valutazione dell’attività svolta dai titolari dell’assegno.

Il 12 marzo 1998 è stata poi emanata la nota esplicativa prot. n. 523 (http://www.miur.it/0006Menu_C/0012Docume/0015Atti_M/1118Rappor.htm) che ha specificato che l’attività di ricerca deve presentare le seguenti caratteristiche:

-       carattere continuativo e non meramente occasionale, ed in rapporto di coordinamento con la complessiva attività del committente;

-       stretto legame con la realizzazione di un programma di ricerca;

-       svolgimento in condizione di autonomia, senza orario di lavoro predeterminato.

In seguito, con DM 26 febbraio 2004, prot. n. 45 (http://attiministeriali.miur.it/anno-2004/febbraio/dm-26022004-n-45.aspx) (non pubblicato nella Gazzetta Ufficiale), l’importo lordo annuo degli assegni è stato fissato, a far data dal 1 gennaio 2004, in una somma compresa tra un minimo di 16.138 euro ed un massimo di 19.367 euro, al netto degli oneri a carico dell’amministrazione erogante. Il decreto ha, inoltre, confermato i criteri indicati dal DM del 1998.

[267]Somma confermata, relativamente all’anno finanziario 2011, sul capitolo 1713 (Fondo per il sostegno dei giovani e per favorire la mobilità degli studenti e contributo alla scuola di ateneo per la formazione europea Jean Monnet), piano gestionale 2 – Assegni di ricerca, dello stato di previsione del MIUR.

[268]Il Contratto collettivo nazionale sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva, siglato l’11 giugno 2007, prevede che il comparto delle istituzioni e degli enti di ricerca e sperimentazione comprende il personale dipendente:

-   dagli enti scientifici di ricerca e di sperimentazione di cui alla tabella VI allegata alla L. n. 70 del 1975 e successive modificazioni ed integrazioni (si veda nota ante);

-   dall'Istituto superiore di sanità (ISS);

-   dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);

-   dall'Istituto italiano di medicina sociale (IIMS);

-   dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT);

-   dal Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CRA);

-   dall'Istituto per le telecomunicazioni e l'elettronica «Giancarlo Vallauri» (MARITELERADAR) di Livorno, sino alla data di costituzione del Centro di supporto e sperimentazione navale (CSSN) del Ministero della difesa, ai sensi del DM 20 gennaio 1998, fatte salve le norme di raccordo, in caso di cambiamento di comparto;

-   dal Consorzio per l'area di ricerca scientifica e tecnologica di Trieste (AREA Science Park);

-   dall'Istituto nazionale di astrofisica (INAF);

-   dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT);

-   dall'Ente italiano montagna (EIM) istituito dall'art. 1, comma 1279, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e dall'Istituto nazionale della montagna (IMONT) ivi confluito, sino alla data della sua soppressione ai sensi dell'art. 1, comma 1280, della medesima legge;

-   dall'Istituto di studi ed analisi economica (ISAE);

-   dall'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale (OGS);

-   dall'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV);

-   dal Centro per la formazione in economia e politica dello sviluppo rurale;

-   dall'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM);

-   dal Museo storico della fisica e centro di studi e ricerche «Enrico Fermi»;

-   dall'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA);

-   dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI);

-   dall'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica istituita dall'art. 1, comma 610, della L. n. 296 del 2006, e dall'Istituto nazionale di documentazione per l'innovazione e la ricerca educativa (INDIRE), cui l'Agenzia subentra, sino alla data della sua soppressione ai sensi dell'art. 1, comma 611, della medesima legge.

[269]L'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) (http://www.enea.it/) è stata istituita, sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo economico, dall'art. 37 della L. n. 99 del 2009. L’Agenzia è un ente di diritto pubblico finalizzato alla ricerca ed alla innovazione tecnologica nonché alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell'energia, con particolare riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile.

L’Agenzia svolge le funzioni ad essa assegnate con le risorse finanziarie, strumentali e di personale dell'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA), di cui al D.lgs. n. 257 del 2003, soppresso a decorrere dalla data di insediamento dei commissari e subcommissari, cui il comma 5 del medesimo art. 37, L. 99/2009, ha affidato l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali, fino all'effettivo avvio del funzionamento dell'Agenzia. A seguito del decreto del Ministro dello sviluppo economico 11 settembre 2009 tale insediamento è avvenuto il 15 settembre 2009. Il processo di definizione e di organizzazione dell’Agenzia verrà concluso con un apposito decreto ministeriale che ne determinerà specifiche funzioni, organi di amministrazione e controllo, sede, modalità di costituzione e di funzionamento, procedure per la definizione e l'attuazione dei programmi per l'assunzione e l'utilizzo del personale, nonché per l'erogazione delle risorse dell'Agenzia.

Per completezza, si ricorda che l’art. 1, comma 23-octiesdecies, lett. e), del D.L. n. 194 del 2009 (L. n. 25 del 2010) ha stabilito che, al fine di garantire il controllo sulla ordinaria amministrazione e sullo svolgimento delle attività istituzionali, il collegio dei revisori dei conti già operante in seno al soppresso ENEA continui a esercitare le sue funzioni fino alla nomina del nuovo organo di controllo dell'Agenzia, e comunque fino al 31 dicembre 2010.

[270]L’Agenzia spaziale italiana (ASI) (http://www.asi.it/it) riordinata con D.lgs. n. 128 del 2003 – è un ente di diritto pubblico, posto sotto la vigilanza del MIUR, cui è affidato il compito di promuovere, sviluppare e diffondere la ricerca scientifica e tecnologica applicata al campo spaziale e aerospaziale, con esclusione della ricerca aeronautica e lo sviluppo di servizi innovativi, perseguendo obiettivi di eccellenza, coordinando e gestendo i progetti nazionali e la partecipazione italiana a progetti europei ed internazionali. Anche all’ASI si applicano le disposizioni da ultimo recate dal d.lgs. 213 del 2009, con il quale si è proceduto al riordino di tutti gli enti di ricerca vigilati dal MIUR.

[271]L’art. 74, quarto comma, del DPR 382 del 1980prevede che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca possono essere stabilite eventuali equipollenze con il titolo di dottore di ricerca dei diplomi di perfezionamento scientifico rilasciati dall'Istituto universitario europeo, dalla Scuola normale superiore di Pisa, dalla Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento di Pisa, dalla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste e da altre scuole italiane di livello post-universitario e che siano assimilabili ai corsi di dottorato di ricerca per strutture, ordinamento, attività di studio e di ricerca e numero limitato di titoli annualmente rilasciati. La disciplina per il rilascio dei provvedimenti di equipollenza è stata emanata con D.M. 6 agosto 1998 (http://attiministeriali.miur.it/anno-1998/agosto/dm-06081998.aspx). Inoltre, il primo comma del medesimo art. 74prevede che coloro che hanno conseguito il titolo di dottore di ricerca o analoga certificazione accademica presso università non italiane possono chiederne il riconoscimento, operato con decreto del Ministro della pubblica istruzione, su conforme parere del CUN.

[272]In quanto, come dispone lo stesso comma 3 (si veda infra), l’assegno di ricerca è incompatibile con la frequenza del dottorato di ricerca con borsa di studio.

[273]L. 8 agosto 1995, n. 335, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare.

[274]  Le aliquote contributive dovute alla Gestione separata attualmente sono così fissate:

·      26,72% (26,00% per aliquota I.V.S. più 0,72% di aliquota aggiuntiva per maternità, assegni per nucleo familiare, degenza ospedaliera e, per alcune categorie, malattia) per tutti i soggetti che non sono assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria;

·      17,00%, per i soggetti titolari di pensione (diretta o indiretta) e per gli iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria.

[275]http://leg16.intra.camera.it/_dati/leg16/lavori/bollet/frsmcdin_wai.asp?percboll=/_dati/leg16/lavori/bollet/201010/1013/html/05/&pagpro=129n1&all=on&commis=05.

[276]Per la predetta prestazione si applicano i requisiti contributivi e reddituali previsti per la corresponsione dell'indennità di degenza ospedaliera a favore dei lavoratori iscritti alla gestione separata.

[277]Per la certificazione e l'attestazione dello stato di malattia che dia diritto alla predetta indennità si applicano le disposizioni di cui all'art. 2 del D.L. n. 663 del 1979 (L. 33/1980).

[278]D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53.

[279]Decreto emanato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro per la funzione pubblica.

[280]Il titolare del contratto – la cui alta qualificazione scientifica o professionale era comprovata da pubblicazioni scientifiche o dalle posizioni ricoperte nella vita professionale, economica ed amministrativa – non doveva già insegnare in università italiane mentre poteva essere un dipendente di amministrazioni dello Stato o di enti pubblici di ricerca o un docente di università estere. Il contratto – stipulato dal Rettore, in esecuzione di delibera della facoltà – poteva avere una durata massima di un anno accademico e non poteva essere rinnovato per più di due volte in un quinquennio nella stessa università. In casi particolari, deroghe a tale limite potevano essere concesse con decreto ministeriale, su proposta del CUN (art. 25).

[281]L. 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo. In particolare, la norma richiamata disponeva che, con decreti ministeriali ispirati a criteri di semplificazione delle procedure, venisse ridefinita, tra le altre, la disciplina dei docenti a contratto.

[282]D.M. 21 maggio 1998, n. 242, Regolamento recante norme per la disciplina dei professori a contratto.

[283]La norma citata prevedeva l’attribuzione degli insegnamenti nelle facoltà o corsi di laurea di nuova istituzione, ove impossibile provvedere attraverso le modalità di cui alle lettere da a) a c) del medesimo articolo, all'attivazione degli insegnamenti necessari al funzionamento dei singoli anni di corso, mediante contratti di diritto privato a tempo determinato, secondo le modalità di cui all’art. 25 del medesimo DPR, previo nulla osta del Ministro.

[284]Si veda ante, scheda art. 22.

[285]Per il caso di istituzione di nuove facoltà ovvero per il caso in cui il numero dei professori ordinari di una facoltà sia inferiore a tre, con la partecipazione in tale ultimo caso anche di tutti i professori che hanno titolo a partecipare al consiglio di facoltà.

[286]Utilizzazione a domanda dei componenti del comitato ordinatore per lo svolgimento di un insegnamento in sostituzione di quello di titolarità, purché ricompreso nei limiti di affinità di cui al precedente articolo 9.

[287]L’art. 11-quater del D.L. 21 aprile 1995, n. 120 (L. 236/1995) ha successivamente precisato che l’art. 114 del DPR 382/1980 va interpretato nel senso che le università, compatibilmente con le risorse disponibili nei propri bilanci, possono conferire affidamenti e supplenze retribuite ai ricercatori confermati, qualora l'impegno didattico conseguentesuperi quello stabilito nell'articolo 32 del medesimo DPR (250 ore annue).

[288]http://attiministeriali.miur.it/anno-2009/settembre/di-16092009-n-94.aspx

 

[289]Durante l’esame parlamentare non è stato chiarito se con l’espressione “sedi diverse” si intende fare riferimento a sedi differenti dello stesso ateneo (come si presupporrebbe, poiché si tratta di una proroga), ovvero a diversi atenei.

[290]DPR 9 maggio 1994, n. 487, Regolamento recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi

[291]D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, Norme per il riordinamento del sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici, a norma dell'articolo 3 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[292]In precedenza, invece, il trattenimento in servizio era totalmente demandato alla volontà dei dipendenti. La domanda di trattenimento va presentata all'amministrazione di appartenenza dai ventiquattro ai dodici mesi precedenti il compimento del limite di età per il collocamento a riposo previsto dal proprio ordinamento.

[293]I commi da 8 a 10 recano disposizioni procedurali e transitorie. In particolare:

·       il comma 8 fa salvi i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del decreto-legge, nonché quelli già disposti con riferimento alle domande di trattenimento presentate nei 6 mesi successivi alla data di entrata in vigore del medesimo;

·       il comma 9 prescrive alle amministrazioni interessate di riconsiderare, con provvedimento motivato, alla luce della nuova disciplina, i provvedimenti di trattenimento in servizio già adottati con decorrenza dal 1° gennaio al 31 dicembre 2009;

·       il comma 10 dispone la decadenza dei trattenimenti in servizio già autorizzati con effetto a decorrere dal 1° gennaio 2010, prevedendo contestualmente l’obbligo, per i dipendenti interessati, della presentazione di una nuova istanza.

[294]L. 24 febbraio 1967 n. 62, Istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di assistente universitario, e nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario e degli assistenti volontari.

[295]Per la figura dell’assistente, si veda la scheda riferita allo stato giuridico.

[296]Con le stesse modalità, sempre in esecuzione di accordi culturali ratificati, ma previa autorizzazione del Ministro, potevano essere conferiti a cittadini stranieri speciali incarichi di lettore di lingua e letteratura straniera anche in aggiunta ai posti di lettore di ruolo.

[297]Nota 13 marzo 2009, Prot. 334-09/P/rg, consultabile all’indirizzo: http://www.bda.unict.it/Public/Uploads/article/234_Lettori%20di%20scambio.pdf

[298]http://www.codau.it/verbali/file_verbali/141//VERBALE_DI_GIUNTA_DEL_9_LUGLIO_2009.pdf.

[299]Decreto-legge 14 gennaio 2004, n. 2, Disposizioni urgenti relative al trattamento economico dei collaboratori linguistici presso talune Università ed in materia di titoli equipollenti, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 5 marzo 2004, n. 63.

[300]Tra l’altro, si segnala che la sentenza della Corte di Cassazione n. 17759 del 5 settembre 2005 ha affermato, in riferimento ai contratti di lavoro dei lettori di lingua straniera presso le Università, stipulati ai sensi dell'art. 28 del D.P.R. 382/1980, che dalla sentenza della Corte di Giustizia n. 212/99 del 26 giugno 2001 e dal D.L. 2/2004, “risulta imposta la qualificazione del rapporto di lavoro come subordinato a tempo indeterminato, che è presupposto indefettibile del trattamento economico riconosciuto ai suddetti lavoratori; qualificazione che non può essere negata dall'autonomia delle parti contraenti”.

[301]Precedentemente, ai sensi dell’art. 6 della L. n. 349 del 1958, alle cattedre di lingue e letterature potevano essere addetti lettori – per i quali si prescindeva dal requisito della cittadinanza italiana –, i quali avevano lo stesso stato giuridico ed economico e lo stesso sviluppo di carriera degli assistenti. I lettori straordinari di lingua straniera e di nazionalità diversa da quella italiana erano, di regola, a carico dello Stato estero che li inviava nell’Università italiana.

[302]La stessa disposizione ha previsto che le università procedono annualmente, sulla base di criteri predeterminati dagli organi competenti, alla verifica dell'attività svolta. La continuità del rapporto di lavoro è subordinata al giudizio sulla verifica dell'attività svolta con riguardo agli obblighi contrattuali.

[303]Basilicata, Milano, Palermo, Pisa, Roma “La Sapienza” e Napoli “l’Orientale”.

[304]V. ad es. le sentenze della Corte costituzionale 284/1984 e, soprattutto, 496/2002, con le quali la Corte ha ammesso l’esistenza di una sostanziale analogia tra le funzioni esercitate nelle università dagli ex lettori di lingua straniera e dai ricercatori confermati.

[305]Il trattamento economico è ora determinato dall’art. 68 del CCNL per il personale del comparto Università siglato il 16 ottobre 2008, quadriennio giuridico 2006-2009, secondo biennio economico 2008-2009.

[306]Ad es., v. le sentenze della Corte costituzionale 305/1995, 496/2002 ( in precedenza ricordata) e 191/2008.

[307]D.L. 9 maggio 2003 n. 105, Disposizioni urgenti per le università e gli enti di ricerca nonché in materia di abilitazione all'esercizio di attività professionali, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 11 luglio 2003, n. 170.

[308]Occorre peraltro ricordare che l’istituzione dell'Anagrafe nazionale degli studenti universitari era stata già prevista, in attuazione dell’art. 11, comma 9, del DM 509 del 1999 (che stabilisce che «per l'elaborazione di valutazioni statistiche omogenee sulle carriere degli studenti universitari, il Ministro, con propri decreti, individua i dati essenziali che devono essere presenti nei sistemi informativi sulle carriere degli studenti di tutte le università»), con nota ministeriale del 28 luglio 2000, prot. n. 62/V http://attiministeriali.miur.it/anno-2000/luglio/nota-28072000-(2).aspx

. La nota specifica che la realizzazione dell’Anagrafe è stata programmata nell’ambito del piano triennale di informatizzazione della pubblica amministrazione per il triennio 2000-2002 e recentemente avviata in collaborazione con la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane. I dati essenziali sulle carriere degli studenti e per il rilascio del certificato di supplemento al diploma sono stati quindi individuati con DM 30 maggio 2001.  

[309]L’art. 1-bis ha anche previsto che il Ministro individuasse con propri decreti, da emanare entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, sentiti CRUI, CUN, CNVSU, CNSU, i dati che devono essere presenti nei sistemi informativi delle università e da trasmettere periodicamente, con modalità telematiche, all'Anagrafe nazionale di cui al comma 1.

[310]La Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione (SSPA), riordinata con il decreto legislativo 178 del 2009, è un’Istituzione di alta formazione e ricerca e, nell’ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri, svolge, tra i principali compiti istituzionali: a) attività di formazione, selezione e reclutamento dei dirigenti e funzionari dello Stato in base alla legislazione vigente; b) organizzazione della formazione dei dirigenti delle Amministrazioni pubbliche all’estero; c) attività di formazione ed aggiornamento, in base a convenzioni e con tutti gli oneri a carico dei committenti, di dipendenti di Amministrazioni pubbliche diverse da quelle statali, di soggetti gestori di servizi pubblici e di Istituzioni ed imprese private; d) attività di ricerca, analisi e documentazione finalizzata al perseguimento dell’eccellenza nell’attività di formazione legata ai processi di riforma ed innovazione della Pubblica Amministrazione che coinvolga la dirigenza e su altri temi funzionali, in relazione ai suoi effetti sull’economia e la società, anche in collaborazione con Università e Istituti di ricerca pubblici e privati, italiani e stranieri, Amministrazioni pubbliche e Istituzioni e società private.

[311]La Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno (SSAI), istituita con decreto interministeriale nel 1980, è una struttura complessa didattico-residenziale con sede in Roma. Essa provvede a formazione, qualificazione, aggiornamento didattico e culturale del personale del Ministero dell’interno e di altre Amministrazioni pubbliche nazionali ed estere. L’attività formativa è rivolta ai funzionari della carriera prefettizia, ai dirigenti ed ai dipendenti contrattualizzati del Ministero dell’interno, ai segretari generali delle Comunità montane, agli amministratori locali e a funzionari di Paesi europei. La Scuola coordina, altresì, le iniziative di formazione decentrata svolte dalle prefetture per i propri dipendenti, che affrontano temi più legati alle realtà ed esigenze locali.

[312]La Scuola Superiore dell’Economia e delle Finanze (SSEF) è la Scuola nazionale per la formazione del personale dell’Amministrazione economica e finanziaria. L’attività della Scuola, secondo la normativa vigente, è finalizzata a: a) formare, specializzare e aggiornare il personale dell’Amministrazione economica e finanziaria, delle Agenzie fiscali e degli Enti che operano nel settore della fiscalità e dell’economia; b) redigere studi e ricerche su temi di interesse del Ministero dell’economia e delle finanze; c) svolgere attività formative, divulgative e di ricerca anche per soggetti esterni all’Amministrazione sia italiani che esteri.

[313]L’Istituto Diplomatico Mario Toscano è un’unità che opera nell’ambito della Direzione generale per le risorse umane e l’organizzazione del Ministero degli affari esteri. I compiti che la normativa attribuisce all’Istituto Diplomatico sono: provvedere alla formazione ed al perfezionamento professionale del personale del Ministero degli affari esteri; attendere alla preparazione degli aspiranti alla carriera diplomatica; curare la preparazione del personale di altre Amministrazioni dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali, in vista di compiti o funzioni da svolgere all’estero, nonché degli aspiranti al servizio presso le Organizzazioni internazionali. Presso l’Istituto Diplomatico possono altresì essere applicati per periodi di formazione o di aggiornamento professionale funzionari diplomatici di Paesi stranieri, anche in regime di reciprocità e secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro.

[314]Il Formez è un’associazione con personalità giuridica che: a) opera trasversalmente presso tutti i livelli di Governo come “agente della competitività nella Pubblica Amministrazione” attraverso la costante qualificazione del personale; b) fornisce assistenza tecnico-formativa per la realizzazione di politiche pubbliche efficaci; c) favorisce la coesione e lo scambio di esperienze tra le Amministrazioni; d) facilita i processi di cambiamento nello sviluppo di nuovi sistemi di governance interistituzionale; e) supporta l’introduzione delle innovazioni organizzative ed amministrative; f) aumenta efficacia ed efficienza dei servizi per il cittadino e per le imprese. Da ultimo riordinata con d.lgs. 25 gennaio 2010, n. 6, che ha modificato la denominazione in Formez PA - centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle P.A. – l’associazione è sottoposta al controllo, alla vigilanza, ai poteri ispettivi della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica. Le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni, le unioni di comuni e le comunità montane possono far parte dell'associazione.

[315]Si v. in proposito il crescente numero di strutture stabili regionali con compiti di formazione in ambito regionale in SSPA, 13° Rapporto sulla formazione nella pubblica amministrazione 2009, Roma, 2010.

[316]L. 15 maggio 1997, n. 127, Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo (v. art. 17, commi 67-84).

[317]D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

[318]D.P.R. 28 gennaio 2008, n. 27, Regolamento recante disciplina dell'organizzazione, del funzionamento e dell'ordinamento contabile della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della Pubblica amministrazione locale e delle Scuole regionali ed interregionali.

[319]D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, da L. 30 luglio 2010, n. 122.

[320]Circ. 30 luglio 2010, n. 10/2010, Programmazione della formazione delle amministrazioni pubbliche, emanata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica.

[321]Per un approfondimento, cfr. D. Marchetta, Le nuove fondazioni universitarie, in Giornale di diritto amministrativo, 2001, pp. 764-774.

[322]  Legge n. 221 del 13 dicembre 2010 e D.M. 21 dicembre 2010 di ripartizione in capitoli delle unità di voto del bilancio di previsione per il 2011 e per il triennio 2011-2013.

[323]L. 13 dicembre 2010, n. 220, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011).

[324]L. 2 agosto 1999, n. 264, Norme in materia di accessi ai corsi universitari.

[325]http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/luglio/dm-02072010.aspx.

[326]Indicati, distinti per ateneo, alla pagina http://offertaformativa.miur.it/php5/elenco_studenti2010/cerca_corsi.php. Si ricorda che, ai sensi dell’art. 39 del D.lgs. 286 del 1998, l’accesso alle università italiane degli studenti stranieri residenti all’estero viene contingentato nei limiti del numero massimo di visti d’ingresso e permessi di soggiorno determinato annualmente, sulla base delle disponibilità comunicate dalle università, con decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro dell’interno; sul relativo schema le competenti Commissioni parlamentari esprimono il proprio parere. Il parere è espresso entro 30 giorni dalla trasmissione.

[327]Nel Sole 24 Ore del 13 settembre 2010, “L’irresistibile fascino del dott. House”, si leggeva che per l’anno accademico 2010/2011 i posti disponibili per le lauree in medicina erano stati inferiori di 1247 unità alle richieste delle regioni.

[328]http://attiministeriali.miur.it/anno-2010/ottobre/dm-21102010.aspx.

[329]  Decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

[330]Per il 2011, sul capitolo 1694 sono presenti anche i 5,2 milioni di euro per gli istituti universitari ad ordinamento speciale previsti dall’art. 1, comma 85, della legge di stabilità.

[331]L. 30 novembre 1989, n. 398, Norme in materia di borse di studio universitarie.

[332]Le commissioni giudicatrici devono essere composte da professori straordinari, ordinari ed associati e presiedute da un professore ordinario. Di tali commissioni possono far parte i ricercatori confermati.

[333]I borsisti possono partecipare, previa autorizzazione, a progetti di ricerca svolti anche all'estero presso enti di ricerca ed università.

[334]Cap. 1694 dello stato di previsione del MIUR.

[335]http://attiministeriali.miur.it/anno-2001/gennaio/dm-26012001.aspx

[336]In precedenza, l’art. 17, comma 112, della legge n. 127 del 1997, in attesa del riordino della disciplina relativa allo stato giuridico dei professori universitari e del relativo reclutamento, aveva affidato al Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, con proprio decreto, la definizione di criteri per la chiamata diretta, da parte delle facoltà, di eminenti studiosi, non solo italiani, che occupassero analoga posizione in università straniere o che fossero insigniti di alti riconoscimenti scientifici in ambito internazionale. I criteri erano stati, quindi, approvati con DM 25 luglio 1997, successivamente modificato con DM 2 agosto 1999, che richiedeva il possesso di uno dei seguenti requisiti: a) occupare, da almeno un triennio, analoga posizione in università straniere; b) essere stati insigniti di alti riconoscimenti scientifici in ambito internazionale; c) aver ricoperto per almeno un triennio incarichi direttivi in qualificati istituti di ricerca internazionali.

[337]Per ciascuna chiamata si stabiliva un contributo annuo all’Ateneo di 150 milioni di lire.

[338]http://attiministeriali.miur.it/anno-2003/marzo/dm-20032003.aspx

[339]http://attiministeriali.miur.it/anno-2005/febbraio/dm-01022005-n-18.aspx

[340]Entrambi i decreti ministeriali chiarivano, inoltre, che veniva considerata la correlazione fra età anagrafica e posizione accademica ricoperta, ferma restando la preferenza per i candidati più giovani.

[341]Nel caso di candidati senior di particolare rilevanza per l’università ospitante, poteva essere presentata domanda per contratti della durata di un anno.

[342]Ai sensi del D.M. n. 18 del 2005, nella misura massima annua di 35.000 euro per figure assimilabili ai ricercatori, di 55.000 euro per figure assimilabili ai professori di II fascia, e di 75.000 euro per figure assimilabili ai professori di I fascia.

[343]Previsto già dall’art. 5 del D.M. 26 gennaio 2001, n. 13.

[344]Legge 21 dicembre 1999, n. 508, Riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.

[345]La disposizione prevede anche che con DPCM, adottato su proposta del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, previo parere del CNAM), sono dichiarate le equipollenze tra i titoli di studio rilasciati dalle istituzioni AFAM e i titoli di studio universitari al fine esclusivo dell'ammissione ai pubblici concorsi.

[346]       Quanto al primo obiettivo, sono finora intervenuti il D.M. 3.7.2009, n. 89 per le Accademie di Belle Arti, il D.M. 3.7.2009, n. 90 per i Conservatori di musica, il D.M. 30.9.2009, n. 125 per l' Accademia Nazionale di Danza, il D.M. 30.9.2009, n. 126   per l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica, il D.M. 30.9.2009, n. 127 per gli istituti Superiori per le Industrie Artistiche.

Quanto al secondo obiettivo, con riferimento, per ora, agli ordinamenti didattici dei corsi di studio per il conseguimento dei diplomi accademici di primo livello, sono intervenuti il D.M. 30 settembre 2009, n. 123 per le Accademie di Belle Arti, il D.M. 30 settembre 2009, n. 124 per i Conservatori di Musica (per questi ultimi, inoltre, il 5 marzo 2010 il MIUR ha emanato le Linee guida per la formulazione del regolamento didattico dei corsi di diploma accademico di primo livello delle Istituzioni musicali AFAM ), il D.M. 3 febbraio 2010, n. 17 per gli Istituti Superiori per le Industrie Artistiche, il D.M. 3 febbraio 2010, n. 22 per l'Accademia Nazionale di Arte Drammatica, il D.M. 3 febbraio 2010, n. 16 , integrato dal D.M.25 giugno 2010, n.109 , per l'Accademia Nazionale di Danza.

[347]Testualmente, l’art. 142 del R.D. 1592 del 1933 stabilisce che “è vietata l'iscrizione contemporanea a diverse Università e a diversi Istituti di istruzione superiore, a diverse Facoltà o Scuole della stessa Università o dello stesso Istituto e a diversi corsi di laurea o di diploma della stessa Facoltà o Scuola”.

[348]http://attiministeriali.miur.it/anno-2004/febbraio/nota-19022004.aspx.

[349]http://attiministeriali.miur.it/anno-2004/marzo/nota-17032004.aspx.