Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Dichiarazione di monumento nazionale e contributo per i restauri della Basilica di San Petronio in Bologna - A.C. 2955 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2955/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 265
Data: 17/12/2009
Descrittori:
BOLOGNA, BOLOGNA - Prov, EMILIA ROMAGNA   CHIESE ED EDIFICI DI CULTO
MONUMENTI   RESTAURI
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione

 

SIWEB

17 dicembre 2009

 

n. 265/0

 

Dichiarazione di monumento nazionale e contributo per i restauri della Basilica di San Petronio in Bologna

A.C. 2955

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

2955

Titolo

Dichiarazione di monumento nazionale e contributo per l'esecuzione dei restauri interni ed esterni della Basilica di San Petronio in Bologna

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

2

Date:

 

presentazione alla Camera

18 novembre 2009

assegnazione

25 novembre 2009

Commissione competente

VII (Cultura)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari Costituzionali), V (Bilancio), VIII (Ambiente)

 


Contenuto

La proposta di legge in esame è volta al riconoscimento quale monumento nazionale della Basilica di San Petronio in Bologna[1] (articolo 1), e alla concessione di un contributo di 7.429.000 euro destinato al restauro – interno ed esterno – dell’edificio (articolo 2).

 

La Basilica è diventata di proprietà della diocesi dopo i Patti Lateranensi[2].

 

La relazione illustrativa evidenzia che la proposta di legge intende concorrere alla conservazione e valorizzazione della Basilica in occasione del trecentocinquantesimo anniversario del compimento dei lavori della sua costruzione (1663).

Secondo la medesima relazione, il riconoscimento quale monumento nazionale della Basilica “non è motivato soltanto dal valore architettonico dell’edificio e dai tesori d’arte conservati al suo interno, ma considera anche il significato e la rilevanza degli eventi la cui memoria rimane ad esso legata”[3].

 

Preliminarmente, si ricorda che la normativa vigente non prevede una specifica procedura da porre in essere per la dichiarazione di monumento nazionale.

Al contempo, il Codice dei beni culturali e del paesaggio, emanato con D.Lgs. n. 42 del 2004[4], come da ultimo modificato con D.Lgs. 62 del 2008, definisce inalienabili i beni del demanio culturale[5] “dichiarati monumenti nazionali a termini della normativa all’epoca vigente” (art. 54), e fa salve – tra le altre – le leggi aventi specificamente ad oggetto monumenti nazionali (art. 129)[6].

 

L’articolo 2 della pdl, ai commi 1 e 2, prevede che i lavori di restauro della Basilica siano eseguiti tra il 2010 ed il 2012, sulla base di un programma degli interventi, integrato da uno specifico piano finanziario e dai relativi progetti esecutivi presentati dal Capitolo[7] della Basilica e approvati dalla competente soprintendenza.

 

Si ricorda che per gli appalti di lavori pubblici concernenti i beni mobili e immobili e gli interventi sugli elementi architettonici e sulle superfici decorate di beni del patrimonio culturale tutelati dal D.lgs. n. 42/2004, si applicano le disposizioni della Parte seconda, Titolo IV, Capo II artt. 197-205, del D.lgs. n. 163/2006 (cd. Codice appalti).

Pertanto, ai sensi dell’art. 203, l'affidamento dei lavori è disposto, di regola, sulla base del progetto definitivo, integrato dal capitolato speciale e dallo schema di contratto.

L'esecuzione dei lavori può prescindere dall'avvenuta redazione del progetto esecutivo, che, ove sia stata ritenuta necessaria in relazione alle caratteristiche dell'intervento e non venga effettuata dalla stazione appaltante, è effettuata dall'appaltatore ed è approvata entro i termini stabiliti con il bando di gara o con lettera di invito.

Per i lavori relativi a beni mobili e superfici decorate di beni architettonici e scavi archeologici sottoposti alle disposizioni di tutela di beni culturali, il contratto di appalto che prevede l'affidamento sulla base di un progetto preliminare o definitivo può comprendere, oltre all'attività di esecuzione, quella di progettazione successiva al livello previsto a base dell'affidamento laddove ciò venga richiesto da particolari complessità, avendo riguardo alle risultanze delle indagini svolte.

Inoltre, per ogni intervento, il responsabile del procedimento, nella fase di progettazione preliminare, stabilisce il successivo livello progettuale da porre a base di gara e valuta motivatamente, esclusivamente sulla base della natura e delle caratteristiche del bene e dell'intervento conservativo, la possibilità di ridurre i livelli di definizione progettuale ed i relativi contenuti dei vari livelli progettuali, salvaguardandone la qualità.

La progettazione esecutiva può essere omessa unicamente nelle seguenti ipotesi:

a) per i lavori su beni mobili e superfici architettoniche decorate che non presentino complessità realizzative;

b) negli altri casi, qualora il responsabile del procedimento accerti che la natura e le caratteristiche del bene, ovvero il suo stato di conservazione, siano tali da non consentire l'esecuzione di analisi e rilievi esaustivi; in tali casi, il responsabile del procedimento dispone che la progettazione esecutiva sia redatta in corso d'opera, per stralci successivi, sulla base dell'esperienza delle precedenti fasi di progettazione e di cantiere.

Si ricorda, infine, che ai sensi dell’art. 128, comma 9, dello stesso Codice appalti, un autonomo piano finanziario viene richiesto qualora un lavoro non sia inserito nell'elenco annuale dei progetti relativi alla programmazione dei lavori pubblici degli enti locali e a patto che non utilizzi risorse già previste tra i mezzi finanziari dell'amministrazione al momento della formazione dell'elenco stesso.

 

Il contributo statale è versato direttamente al Capitolo della Basilica con le seguenti modalità (comma 3):

§   una prima rata, dell’importo di 429.000 euro, è corrisposta prima dell’inizio dei lavori e contabilizzata nella liquidazione finale dell’ultimo esercizio;

§   sei rate semestrali (per un importo complessivo non superiore a 2.500.000 euro annui), versate sulla base dello stato di avanzamento dei lavori e delle spese, documentate e certificate dalla competente soprintendenza, relativi al semestre precedente.

Il comma 4 dispone che all’onere derivante si provveda mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell’ambito del programma Fondi di riserva e speciali della Missione Fondi da ripartire dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero. In particolare, viene specificata la seguente ripartizione:

(euro)

2010

2011

2012

2013

1.679.000

2.500.000

2.500.000

750.000

Con il comma 5 si autorizza il Ministro dell’economia e delle finanze ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Relazioni allegate

La proposta di legge è corredata della relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Con riferimento alla dichiarazione di monumento nazionale (art. 1), si ricorda che, per quanto la normativa vigente non preveda una specifica procedura da porre in essere per tale riconoscimento, nei casi analoghi più recenti si è provveduto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali[8].

Relativamente alle disposizioni recate dall’art. 2, benché la normativa vigente preveda una diversa procedura (si veda l’apposito paragrafo), l'utilizzo dello strumento legislativo appare necessario per il fatto che si dispongono nuove spese a carico del bilancio dello Stato.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Sulla base delle indicazioni recate dagli artt. 3 e 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la disciplina recata dalla proposta di legge può essere ricondotta sia alla “tutela” che alla “valorizzazione” dei beni culturali.

In proposito, si ricorda che l’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. ha annoverato la “tutela dei beni culturali” tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l’art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” tra le materie di legislazione concorrente[9]. Inoltre, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare “forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali” tra Stato e regioni.

Nella sentenza n. 9 del 2004la Corte individua una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela “è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale”; la valorizzazione “è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest’ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa”.

Successivamente all’adozione del già citato Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza n. 232 del 2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l’esigenza dell’esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, c. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, c. 3) . Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall’art. 118, terzo comma, Cost.

Rapporto con altri princìpi costituzionali

L’art. 9 della Costituzione prevede che la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Con riferimento agli interventi di restauro, si ricorda preliminarmente che il dovere di conservazione del patrimonio culturale è richiamato tra i principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio[10]. In particolare, l’art. 1 del Codice prevede, tra l’altro, che privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione.

L’art. 9 del Codice dispone, poi, che per i beni culturali appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per quanto di competenza, le regioni, provvedono, relativamente alle esigenze di culto, d’accordo con le rispettive autorità. Si osservano, altresì, le disposizioni stabilite dalle intese concluse ai sensi dell’art. 12 dell’Accordo di modificazione del Concordato lateranense11, ovvero dalle leggi emanate sulla base delle intese sottoscritte con le confessioni diverse dalla cattolica.

L’intesa con la Chiesa cattolica in materia di tutela dei beni culturali di interesse religioso appartenenti a enti e istituzioni ecclesiastiche è stata siglata il 26 gennaio 2005 ed è stata adottata e resa esecutiva con DPR 4 febbraio 2005, n. 78.

L’intesa delinea specifiche modalità di collaborazione tra gli organi del Ministero ed i rappresentanti della CEI; in particolare, per la programmazione degli interventi e dei relativi piani di spesa, l’amministrazione statale indice apposite riunioni con gli organi ecclesiastici dai quali acquisisce proposte ed informazioni sui progetti in corso di adozione (articolo 1, commi 4-6). Sono previsti, inoltre, accordi per realizzare iniziative congiunte con la partecipazione organizzativa e finanziaria dello Stato, di enti e istituzioni ecclesiastiche, nonché, eventualmente, di altri soggetti (articolo 3).

Gli interventi di conservazione da effettuare in edifici aperti al culto sono programmati ed eseguiti nel rispetto della normativa statale vigente (articolo 2).

Si stabilisce, infine, che il vescovo diocesano presenta ai soprintendenti, valutandone congruità e priorità, le proposte per la programmazione di interventi di conservazione e le richieste di rilascio delle autorizzazioni concernenti beni culturali di proprietà di enti soggetti alla sua giurisdizione (articolo 5).

Rispetto alla situazione normativa descritta, nel caso specifico si delinea una procedura alternativa, intervenendo con legge.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non risultano lavori legislativi in corso sulla materia.

Formulazione del testo

Con riferimento all’articolo 2, comma 3, si evidenzia che la previsione secondo cui il versamento del contributo deve essere “complessivamente non superiore a 2,5 milioni di euro annui” non appare del tutto coerente con quanto previsto dal successivo comma 4 in ordine agli oneri annuali determinati per ciascuno degli anni dal 2010 al 2013 (si veda ante). Inoltre, non appare corretta la previsione secondo cui l’importo da versare a titolo di anticipo al Capitolo prima dell'inizio dei lavori venga conteggiato nella liquidazione finale dell'ultimo esercizio (anno 2013), posto che tale importo sarà versato nel 2010.

Con riferimento allo stesso articolo 2, comma 4, si segnala che la norma di copertura non appare idonea, sia perché l’accantonamento relativo al Ministero dell’economia iscritto nel fondo speciale di conto capitale di cui alla Tabella B del disegno di legge finanziaria per il 2010 (A.C. 2936-A, attualmente all’esame della Camera), non presenta le sufficienti disponibilità per gli anni 2010 e 2011, sia perché gli oneri da coprire riguardano anche il 2013, mentre gli stanziamenti iscritti nella tabella B hanno durata  triennale

Infine, al comma 1 del medesimo articolo 2 si valuti l’opportunità di riformulare l’autorizzazione di spesa precisando che il contributo di € 7,429 milioni costituisce l’importo complessivamente autorizzato e specificando, eventualmente, anche la distribuzione nel quadriennio 2010-2013 del contributo medesimo.

 

 

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11   Firmato il 18 febbraio 1984, ratificato e reso esecutivo con legge 25 marzo 1985, n. 121.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Cultura                                                                                                                    ( 3255 - *st_cultura]@camera.it

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File: CU0181a.doc



[1]    La relazione illustrativa della pdl ricorda i tratti che caratterizzano la Basilica di San Petronio: la facciata, rimasta incompiuta, è divisa in due fasce orizzontali; l’interno si sviluppa su tre ampie navate; sul pavimento della navata sinistra è tracciata una famosa meridiana, risalente al 1655, considerata la più grande al mondo in un luogo chiuso.

[2]   Essa non rientra nel novero degli edifici ecclesiastici di proprietà del Fondo edifici di culto. Al riguardo si ricorda che, a seguito dei nuovi Accordi Concordatari, stipulati nel 1985 tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, il Fondo Edifici di culto, ente dotato di personalità giuridica, è subentrato nei rapporti patrimoniali al preesistente Fondo Culto (L. n. 222 del 1985). Esso ha il compito di provvedere alla conservazione, tutela e valorizzazione del proprio patrimonio, costituito principalmente dagli edifici di culto trasferiti allo Stato dopo la soppressione delle Corporazioni religiose. Il Fondo è amministrato dal Ministero dell’interno. http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/sezioni/ministero/dipartimenti/dip_immigrazione/dc_fec/. .

[3]    La relazionesottolinea l’importanza che la Basilica – dedicata al patrono di Bologna – riveste tuttora per la città e ripercorre la storia dell’edificio a partire dall’avvio della sua costruzione (1390). Peraltro, si rammenta che lo stesso Carducci dedicò alla Basilica un componimento poetico (Nella piazza di San Petronio) e che numerosi furono gli avvenimenti che la medesima ebbe occasione di ospitare (tra i quali, incoronazione imperiale di Carlo V, nel 1530; sessioni IX e X del Concilio di Trento, nel 1547).

[4]    D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137.

[5]    Al concetto di demanio culturale il Codice dei beni culturali riconduce i beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni e agli altri enti pubblici territoriali che rientrino nelle tipologie indicate all’art. 822 del Codice civile. I beni del demanio culturale non possono essere alienati, né formare oggetto di diritti a favore di terzi, se non nei limiti e con le modalità previsti dal medesimo Codice dei beni culturali (art. 53). Ai sensi dell’art. 822 c.c. fanno parte del demanio storico, artistico, archivistico e bibliografico gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico ed artistico, le raccolte dei musei, degli archivi, delle biblioteche e delle pinacoteche.

[6]    A tal proposito, in altra circostanza, il Ministero per i beni e le attività culturaliha evidenziato (Cfr. nota Ufficio legislativo, prot. 9206 del 6 marzo 2006)  come non sia casuale la scelta del Codice di “menzionare i monumenti nazionali in sede di disciplina della circolazione, piuttosto che nell’ambito delle disposizioni concernenti i modi di individuazione dell’oggetto della tutela. Tale scelta connota la considerazione del monumento nazionale non come distinta tipologia di ‘cosa’ suscettibile di essere riconosciuta ‘bene culturale’,. Si evidenzia, infatti, come significativamente già la legge di tutela n. 1089 del 1939, “in luogo della definizione di monumento nazionale si preoccupava invece di introdurre nel sistema la nozione di interesse storico-relazionale attraverso la previsione della ordinaria procedura di ‘notifica’ per le cose immobili che presentassero un interesse particolarmente importante ‘a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere’. Tale scelta è stata riconfermata dal Codice nel quale, mentre si è provveduto ad assicurare ai monumenti nazionali, riconosciuti tali nelle forme giuridiche consone all’ordinamento dell’epoca (legge o decreto), la tutela rafforzata tipica dei beni culturali di maggiore rilevanza, si è però confermata l’incongruenza del ricorso a tale nozione per l’accertamento della sussistenza del grado di interesse storico-artistico richiesto dalla legge per la operatività degli istituti della tutela”. Peraltro, si evidenzia che quanto detto “non esclude che il legislatore possa riconoscere valore storico o culturale ad un immobile, al limite, anche qualificandolo monumento nazionale[6].

[7]    Il collegio dei canonici addetti ad una stessa chiesa (Cfr. G. Devoto-G.C. Oli, Vocabolario della lingua italiana 2008, Edumond Le Monnier s.p.a., Milano 2007).

[8]    Si tratta, in particolare, del DPR 2 ottobre 2003, Dichiarazione di monumento nazionale per il cimitero delle vittime del Vajont, in Longarone, nonché dei due DPR, entrambi del 18 marzo 2008, recanti, rispettivamente, Dichiarazione di “Monumento nazionale” dell’antica area di San Pietro Infine, e Dichiarazione di “Monumento nazionale” dell’isola di Santo Stefano.

[9]    Ciò significa che in tali materie lo Stato può emanare solo disposizioni legislative di principio, la cui attuazione è affidata alle regioni.

[10]   Ai sensi dell’art. 29 del Codice, la conservazione è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro, intendendo per restauro l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.