Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Modifiche alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, in materia di ordinamento della professione di giornalista - A.C. 2393 Schede di lettura e riferimenti normativi
Riferimenti:
AC N. 2393/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 239
Data: 04/11/2009
Descrittori:
COLLEGI E ORDINI PROFESSIONALI   GIORNALISTI
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Modifiche alla legge 3 febbraio 1963, n. 69, in materia di ordinamento della professione di giornalista

A.C. 2393

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

 

 

 

n. 239

 

 

 

4 novembre 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Cultura

( 066760-3255 – * st_cultura@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

 

 

 

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File: CU0166.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Premessa  3

§      Accesso alla professione di giornalista (artt. 1, 3 e 9)5

§      Iscrizione nell’elenco dei pubblicisti (art. 2)11

§      Consigli dell’ordine (artt. 4, 7 e 8)13

§      Responsabilità disciplinare e correttezza dell’informazione (artt. 5 e 6)15

Normativa nazionale

§      Costituzione della Repubblica Italiana (art. 21)21

§      L. 3 febbraio 1963, n. 69. Ordinamento della professione di giornalista  22

§      D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115. Regolamento per l'esecuzione della L. 3 febbraio 1963, n. 69, sull'ordinamento della professione di giornalista (artt. 1, 20-ter, 34-52)44

Normativa comunitaria

§      Trattato 25 marzo 1957. Trattato che istituisce la Comunità europea (artt. 47 e 49)61

§      Dir. 7 settembre 2005, n. 2005/36/CE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (punti 13 e 14 dei considerando, artt. 12-15)64

Giurisprudenza

§      Corte Costituzionale. Sentenza 21 marzo 1968, n. 11  71

Documentazione

§      Consiglio Nazionale Ordine dei Giornalisti. Documento di indirizzo per la riforma dell’ordine dei giornalisti (ottobre 2008)85

 

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Premessa

La proposta di legge in esame mira a riformare diversi aspetti della legge n. 69 del 1963[1], istitutiva dell’Ordine dei giornalisti. La relazione introduttiva evidenzia, infatti, che mentre le impostazioni di principio della legge suddetta sono ancora valide, alcune questioni strutturali e organizzative richiedono una riforma, alla luce dei cambiamenti intervenuti nell’informazione giornalistica e della conseguente necessità di governo efficace. Gli aspetti sui quali intervenire sono rappresentati dalle regole per l’accesso alla professione, dalla ridefinizione dei meccanismi di selezione della rappresentanza, dalla formazione permanente e dalla necessità di una rapida applicazione dei principi deontologici.

La stessa relazione evidenzia che con la proposta di legge si recepisce l’impianto suggerito dall’Ordine dei giornalisti con il documento di indirizzo per la riforma, approvato nel 2008[2].

Per meglio inquadrare la questione, di seguito si fornisce un quadro normativo complessivo. Per gli aspetti specifici, la ricostruzione normativa è presente nelle successive sezioni del presente dossier.

 

La normativa vigente in materia di ordinamento della professione di giornalista è dettata, in via principale, dalla legge n. 69 del 1963 e dal relativo regolamento di esecuzione, emanato con il D.P.R. n. 115 del 1965[3].

Ai sensi della legge n. 69 del 1963, all’Ordine appartengono i giornalisti professionisti, che esercitano in modo esclusivo e continuativo la professione di giornalista, e i pubblicisti, che svolgono attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o impieghi (art. 1).

Le funzioni relative alla tenuta dell’albo e quelle relative alla disciplina degli iscritti sono esercitate, per ciascuna regione o gruppi di regioni, da un Consiglio dell’Ordine (art. 1). A ciascun albo – ripartito in due elenchi distinti, uno per i professionisti, l’altro per i pubblicisti – sono iscritti i giornalisti che hanno la loro residenza nel territorio compreso nella circoscrizione del Consiglio (art. 26)[4].

Il Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, istituito con sede presso il Ministero della giustizia, è composto da 2 professionisti e un pubblicista per ogni ordine regionale o interregionale (art. 16). La disposizione, inoltre, consente agli ordini decentrati di aumentare il numero dei propri rappresentanti in seno al Consiglio nazionale in proporzione all’elevato numero di iscritti.

Tra le attribuzioni esercitate dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti si ricordano (art. 20):

§       la decisione, in via amministrativa, sui ricorsi avverso le deliberazioni dei Consigli degli ordini in materia di iscrizione e cancellazione dagli elenchi dell’albo e dal registro, sui ricorsi in materia disciplinare e su quelli relativi alle elezioni dei Consigli dei ordini e dei Collegi dei revisori;

§       il coordinamento e la promozione delle attività culturali dei Consigli degli ordini per favorire le iniziative intese al miglioramento ed al perfezionamento professionale;

§       l’elaborazione di pareri, quando sia richiesto dal Ministro della giustizia, sui progetti di legge e di regolamento che riguardano la professione di giornalista.


 

Accesso alla professione di giornalista (artt. 1, 3 e 9)

Gli articoli 1, 3 e 9 della proposta di legge in esame concernono la disciplina per l’accesso alla professione di giornalista.

In particolare, l’articolo 1, aggiungendo un comma all’art. 29 della L. n. 69 del 1963, introduce tra i requisiti per l’accesso alla prova di idoneità professionale – necessaria per l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti – il conseguimento della laurea[5][6] e il compimento della pratica giornalistica in uno dei seguenti ambiti:

a)        laurea specialistica o magistrale il cui percorso formativo biennale sia costituito almeno per il 50 per cento da attività pratica orientata alla professione di giornalista e disciplinata sulla base di convenzioni tra l’università e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che verifica anche l’effettivo tirocinio professionale svolto;

b)        master universitario[7] biennale il cui percorso formativo sia disciplinato sulla base di convenzioni tra l’università e il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che verifica anche l’effettivo tirocinio professionale svolto;

c)        corsi biennali svolti presso istituti di formazione al giornalismo riconosciuti con deliberazione del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti.

 

Relativamente al requisito del titolo di studio, la proposta di legge indica una laurea in qualsiasi disciplina o classe.

Si ricorda che nel nuovo ordinamento universitario i corsi di studio dello stesso livello, comunque denominati dagli atenei, aventi gli stessi obiettivi formativi qualificanti e le conseguenti attività formative indispensabili, sono raggruppati in classi di appartenenza, individuate da uno o più decreti ministeriali (art. 4, DM n. 270 del 2004)[8].

Per ambito disciplinare si intende, invece, l’insieme di settori scientifico-disciplinari culturalmente e professionalmente affini (art. 1, DM 270/2004).

 

Alla luce delle indicazioni normative sopra ricordate, si valuti l’opportunità di eliminare dal capoverso il termine “disciplina”, risultando sufficientemente indicativo della volontà legislativa l’utilizzo dei termini “classe di laurea”. Alla lettera c) si segnala, inoltre, un refuso (“istituiti” invece di “istituti”).

 

Attualmente, la normativa in materia di accesso alla professione di giornalista non prevede un titolo di studio minimo. Infatti, per l’iscrizione nell’elenco dei giornalisti professionisti (art. 29, L. 69/1963) sono richiesti:

a)       un’età non inferiore agli anni 21;

b)      l’iscrizione nel registro dei praticanti;

c)       l’esercizio continuativo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi;

d)       il superamento della prova di idoneità professionale[9].

 

Con riferimento al requisito sub b): nel registro dei praticanti – istituito presso ogni Ordine regionale o interregionale – possono essere iscritti coloro che hanno superato un esame di cultura generale, diretto ad accertare l’attitudine all’esercizio della professione. L’esame non deve essere sostenuto dai praticanti in possesso di titolo di studio non inferiore al diploma di scuola secondaria di secondo grado. Ulteriori requisiti per l’iscrizione sono un’età minima di 18 anni e una dichiarazione del direttore responsabile di un organo di stampa comprovante l’effettivo inizio della pratica giornalistica (art. 33, L. 69/1963)[10].

 

Con riferimento al requisito sub c): la pratica giornalistica deve essere svolta presso un quotidiano o presso il servizio giornalistico della radio o della televisione, o presso un’agenzia quotidiana di stampa a diffusione nazionale e con almeno 4 giornalisti professionisti redattori ordinari, o presso un periodico a diffusione nazionale e con almeno 6 giornalisti professionisti redattori ordinari. Dopo 18 mesi, a richiesta del praticante, il direttore responsabile della pubblicazione rilascia una dichiarazione motivata sull’attività giornalistica svolta, ai fini dell’iscrizione nell’elenco dei professionisti (art. 34, L. 69/1963)[11].

 

Con riferimento al requisito sub d): l’idoneità professionale è accertata attraverso lo svolgimento di una prova scritta e orale di tecnica e pratica del giornalismo, integrata dalla conoscenza delle norme giuridiche che hanno attinenza con la materia, da espletarsi in almeno due sessioni annuali (art. 32, L. 69/1963)[12].

Le modalità di svolgimento dell’esame, ivi incluse disposizioni specifiche relative all’ammissione dei candidati, sono dettate dagli artt. 44 e ss. del DPR n. 115 del 1965[13]. In particolare, l’art. 46 del regolamento stabilisce che siano ammessi a sostenere la prova i candidati che documentano di essere iscritti nel registro dei praticanti da almeno 18 mesi e di aver compiuto presso una o più testate la pratica giornalistica[14].

 

Sembrerebbe opportuno chiarire se le nuove modalità di svolgimento della pratica giornalistica indicate dalla proposta di legge sostituiscano quelle previste dall’art. 34 della legge n. 69 del 1963, come sembrerebbe evincersi dalla lettura del successivo art. 3[15]. In caso positivo, si dovrebbe procedere all’abrogazione dello stesso articolo 34 e si dovrebbero apportare le modifiche conseguenti alle norme vigenti in materia[16].

 

A fini di chiarezza normativa, si valuti, inoltre, l’opportunità di inserire il nuovo comma nell’ambito dell’articolo 32 (Prova di idoneità professionale) della legge, anziché dell’articolo 29 (Iscrizione nell’elenco dei professionisti), e di sostituire la rubrica dell’art. 1 della proposta di legge (Requisiti per l’accesso alla professione di giornalista) con la seguente: (Requisiti per l’accesso alla prova di idoneità professionale).

 

L’articolo 3 della proposta di legge – che, secondo la relazione introduttiva tenta di dare una risposta anche alla questione dei “pubblicisti di necessità”[17] – introduce l’art. 32-bis alla L. 69/1963.

Esso reca norme transitorie in materia di ammissione alla prova di idoneità professionale di coloro che non sono in possesso dei requisiti introdotti dalla medesima proposta.

In particolare, il comma 1 del nuovo articolo – che, a differenza dei commi 2 e 3, non reca un termine finale di applicazione delle relative disposizioni – prevede che siano ammessi coloro che alla data di entrata in vigore dell’articolo:

a)      hanno svolto il periodo di pratica previsto dall’ordinamento vigente prima della medesima data;

b)      sono iscritti nel registro dei praticanti. L’ammissione è prevista al compimento del periodo di pratica previsto dall’ordinamento vigente prima della medesima data.

 

A fini di chiarezza normativa, alle lett. a) e b) si valuti l’opportunità di sostituire le parole “previsto dall’ordinamento vigente prima della medesima data” con le parole “previsto dall’art. 34” (a meno che l’art. 34 non debba essere abrogato). Alla lettera b), inoltre, sembrerebbe opportuno inserire una virgola dopo le parole “registro dei praticanti”.

 

Il comma 2 prevede che, fino alle sessioni dell’anno 2015, siano ammessi alla prova di idoneità professionale anche coloro che, non in possesso della laurea:

a)        svolgono attività redazionale giornalistica da almeno due anni consecutivi, purché abbiano seguito, anche per via informatica,corsi di formazione teorica e di aggiornamento.

L’attività giornalistica, attestata secondo parametri fissati dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che ne assicura l’applicazione, deve essere svolta presso organi di informazione, quali quotidiani, telegiornali, giornali radio, periodici, agenzie di stampa o giornali telematici regolarmente registrati.

I corsi di formazione teorica e di aggiornamento, della durata di almeno trecento ore complessive, devono concernere l’area disciplinare Tecnica e pratica del giornalismo[18] e devono essere tenuti presso strutture abilitate mediante la stipula di una convenzione con il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti;

b)        esercitano la professione giornalistica a tempo pieno e in modo continuativo da almeno cinque anni, purché abbiano seguito, anche per via informatica, i corsi di formazione teorica e di aggiornamento già descritti al punto a), alle medesime condizioni ivi indicate.

L’attività giornalistica deve essere comprovata con la presentazione di un congruo numero di articoli firmati o di altra documentazione che dimostri l’effettivo e regolare inserimento nella produzione giornalistica di una o più testate, secondo parametri fissati dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, che ne assicura l’applicazione, e dalla documentazione del rapporto contrattuale giornalistico esistente, ovvero dalla documentazione degli avvenuti pagamenti.

 

Relativamente al requisito indicato al punto a), si evidenzia che né la L. n. 69 del 1963, né il DPR n. 115 del 1965, recano una definizione di “attività redazionale giornalistica”. Si valuti, pertanto, l’opportunità di precisare il significato delle parole “attività redazionale”, così da distinguerla chiaramente dalla attività giornalistica di cui alla lett. b).

Alle lett. a) e b), sembrerebbe, poi, opportuno sostituire le parole: “in possesso del titolo di studio previsto dall’ordinamento vigente prima della data di entrata in vigore del presente articolo” con le parole: “non in possesso della laurea”, dal momento che, come già evidenziato, la normativa vigente non prevede tra i requisiti alcun titolo di studio.

Alla lett. b) sembrerebbe, inoltre, opportuno chiarire a quali pagamenti si faccia riferimento.

Infine, poiché alla medesima lett. b) verosimilmente non si intende fare riferimento alla possibilità, per i giornalisti professionisti non in possesso del diploma di laurea, di sostenere nuovamente la prova di idoneità professionale, si valuti l’opportunità di sostituire, le parole “esercitano la professione giornalistica a tempo pieno” con le parole “esercitano l’attività giornalistica a tempo pieno”.

 

Il comma 3 prevede, infine, che, fino alle sessioni dell’anno 2013, l’ammissione alla prova di idoneità professionale sia consentita ai laureati che:

a)      hanno svolto presso aziende editoriali il periodo di pratica previsto dall’ordinamento vigente prima della data di entrata in vigore dell’articolo;

b)      sono iscritti nel registro dei praticanti. L’ammissione è prevista al compimento del periodo di pratica previsto dall’ordinamento vigente prima della medesima data.

 

Valgono le osservazioni già formulate con riferimento alle lett. a) e b) del comma 1.

 

In termini generali si consideri, infine, l’opportunità di collocare il contenuto della norma nell’ambito del titolo V della legge n. 69 del 1963 (Disposizioni finali e transitorie) e, ai commi 1 e 3, di sostituire le parole “ alla data di entrata in vigore del presente articolo” con le parole “alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.

 

L’articolo 9 della proposta di legge stabilisce che i candidati alla prova di idoneità professionale possono presentare, per ciascun anno solare, solo due domande di ammissione.

E’ affidato al Governo il compito di apportare le necessarie modifiche all’art. 46 del DPR n. 115 del 1965, al fine di adeguarne il contenuto alle disposizioni introdotte.

 

Come già ricordato, lo svolgimento in almeno due sessioni annuali della prova di idoneità professionale è previsto dall’art. 32 della L. n. 69 del 1963.

L’art. 45 del DPR n. 115 del 1965 ha successivamente stabilito che il Consiglio nazionale dell’Ordine, entro il mese di febbraio e di agosto di ciascun anno, provvede ad indire le due sessioni[19], fissando per ciascuna il giorno della prova scritta e il termine di presentazione delle domande di ammissione. Il Consiglio nazionale, ove ne ravvisi l’opportunità, può indire altre sessioni di esame.


 

Iscrizione nell’elenco dei pubblicisti (art. 2)

L’articolo 2della proposta di legge, aggiungendo un comma all’art. 35 della legge n. 69 del 1963 – e fermi restando, quindi, i requisiti già previsti – subordina l’iscrizione nell’elenco dei pubblicistiall’effettuazione di un colloquio, da svolgersi presso il consiglio regionale dell’Ordine cui viene presentata la domanda. La domanda di iscrizione resta sospesa fino all’esito positivo del colloquio.

Il colloquio concerne le seguenti materie, indicate dall’art. 44, secondo comma, lett. d) ed e), del DPR n. 115 del 1965:

§      norme giuridiche attinenti al giornalismo: elementi di diritto pubblico; ordinamento giuridico della professione di giornalista e norme contrattuali e previdenziali; norme amministrative e penali concernenti la stampa; elementi di legislazione sul diritto di autore;

§      etica professionale.

 

Il colloquio può essere sostituito dalla frequenza di corsi formativi, della durata di almeno quarantacinque ore, organizzati dai consigli regionali o dal Consiglio nazionale dell’Ordine.

Si segnala che la relazione illustrativa, nel prevedere i corsi formativi, prevede comunque, al termine, una prova conclusiva sulle materie studiate.

 

L’art. 35 della L. n. 69 del 1963 indica quale requisito per l’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti un’attività pubblicistica regolarmente svolta da almeno due anni. Al riguardo, la norma stabilisce, in particolare, che la domanda di iscrizione deve essere corredata dai giornali e periodici contenenti scritti a firma del richiedente e da certificati dei direttori delle pubblicazioni che comprovano l’attività pubblicistica regolarmente retribuita[20].

 

A fini di semplificazione normativa, si valuti l’opportunità di sostituire i termini “effettuazione di un colloquio” con i termini “superamento di un colloquio”, sopprimendo conseguentemente la locuzione “La domanda resta sospesa fino all’esito positivo del colloquio”.

Inoltre, si valuti l’opportunità di sostituire la rubrica: (Status di pubblicista) con la seguente: (Iscrizione nell’elenco dei pubblicisti).


 

Consigli dell’ordine (artt. 4, 7 e 8)

Gli articoli 4 e 7 della proposta di legge apportano limitate modifiche alla disciplina del Consiglio nazionale dell’ordine contenuta nella legge n. 69 del 1963. L’art. 8 reca una disposizione procedurale riferibile anche ai Consigli regionali.

 

In particolare, l’articolo 4, sostituendo l’art. 16 della legge, attribuisce al potere regolamentare del Governo (Ministero della giustizia) il compito di disciplinare la composizione del Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti e di definirne le modalità di elezione. Viene meno l’esplicita indicazione della sede presso il Ministero di giustizia.

 

Si ricorda che attualmente l'elezione avviene – analogamente e quanto previsto per gli ordini regionali – attraverso la convocazione di un’apposita assemblea che procede a scrutinio segreto ed a maggioranza assoluta (artt. 3-6 della legge n. 69).

 

La proposta di legge intende dunque svincolare le modalità di elezione del Consiglio nazionale da quelle previste dalla legge istitutiva per i consigli decentrati (artt. 4 e seguenti): la composizione e le modalità di elezione del primo vengono infatti rimesse al regolamento ministeriale, mentre per i secondi continueranno ad applicarsi le disposizioni della legge istitutiva dell’ordine.

La relazione introduttiva evidenzia che la modifica si rende necessaria perché i consiglieri nazionali, che negli anni 60 erano 45, oggi superano il numero di 130, il che determina oneri eccessivi e prolungamento dei tempi.

 

L’articolo 7 interviene, invece, sulle modalità di convocazione del Consiglio nazionale dell’ordine, prevedendo che la convocazione possa essere inviata anche per posta prioritaria.

 

Attualmente, tale materia è disciplinata dal decreto del Ministro della giustizia del 18 luglio 2003 che, all’art. 24, dispone che «Il Consiglio nazionale è convocato dal presidente con notificazione a mezzo raccomandata o, previa autorizzazione scritta dei consiglieri, per fax o posta elettronica, con procedura di avvenuta ricezione, inviata almeno 15 giorni prima di quello stabilito per la riunione. Nei casi di urgenza il termine è ridotto a 5 giorni e la convocazione deve avvenire telegraficamente o per fax o per posta elettronica, con procedura di avvenuta ricezione».

 

Con riferimento a tale disposizione, occorre valutare la necessità di un intervento con fonte di rango primario. Sembrerebbe, infatti, più opportuno rimettere al regolamento di cui all’art. 4 anche le modalità di convocazione del Consiglio nazionale dell’Ordine. Inoltre, occorre valutare la correttezza dell’uso del termine “notificazione”, posto che lo strumento indicato (posta prioritaria) non prevede forme di ricezione della comunicazione.

 

Con riferimento al Consiglio nazionale, la proposta di legge non interviene sugli ulteriori articoli della legge n. 69 del 1963 e dunque conferma la disciplina degli articoli 17 (in base al quale i componenti del Consiglio nazionale dell'Ordine restano in carica 3 anni, e possono essere rieletti), 18 (relativo al regime delle incompatibilità), 19 (che individua in un presidente, un vicepresidente, un segretario ed un tesoriere le cariche interne e che prevede un comitato esecutivo e revisori dei conti), oltre che delle successive disposizioni in tema di compiti del Consiglio nazionale e dei suoi organi.

 

Una disposizione di natura procedurale che riguarda esclusivamente l’elezione dei Consigli dell’ordine regionali (e non anche del Consiglio nazionale, le cui modalità di elezione, in virtù dell’articolo 4, devono essere definite dal regolamento ministeriale) è contenuta nell’articolo 8 della proposta di legge che novella l’art. 4 della legge n. 69 del 1963, stabilendo che tra la prima e la seconda convocazione dell’assemblea elettorale devono intercorrere 48 ore (in luogo degli attuali 8 giorni).

 

Attualmente l’articolo 4 prevede che l’assemblea per l'elezione dei membri del Consiglio debba essere convocata almeno 20 giorni prima della scadenza del Consiglio in carica (comma 1). L’avviso di convocazione dell’assemblea – tanto in prima quanto in seconda convocazione - deve contenere l'indicazione dell'oggetto dell'adunanza e indicarne luogo, giorno e ora. La seconda convocazione deve essere stabilita a distanza di 8 giorni dalla prima (comma 2). In prima convocazione l’assemblea è valida quando intervenga almeno la metà degli iscritti; in seconda convocazione qualunque sia il numero degli intervenuti (comma 3).


 

Responsabilità disciplinare e correttezza dell’informazione (artt. 5 e 6)

L’articolo 5 della proposta di legge istituisce la Commissione deontologica nazionale con il compito di accertare in secondo grado la responsabilità disciplinare degli iscritti all’ordine.

 

Si ricorda che il procedimento disciplinare è regolamentato dal titolo III della legge n. 69/1963 (artt. 48-59), mentre il giudizio disciplinare di secondo grado, di competenza del Consiglio nazionale dell’ordine, è disciplinato dal titolo IV (artt. 60-65), unitamente alle ipotesi di ricorso al giudice ordinario.

Il procedimento disciplinare si svolge in primo grado dinanzi al Consiglio dell'Ordine (regionale o interregionale) presso il quale è iscritto l'incolpato e può portare – previo contraddittorio - all’irrogazione delle seguenti sanzioni:

-          avvertimento. Consiste nel rilievo della mancanza commessa e nel richiamo del giornalista all'osservanza dei suoi doveri;

-          censura. Consiste nel biasimo formale per la trasgressione accertata;

-          sospensione dall'esercizio della professione (min. 2 mesi, max un anno);

-          radiazione dall'albo. Il giornalista radiato potrà chiedere di essere riammesso, trascorsi 5 anni dal giorno della radiazione.

L’azione disciplinare si prescrive entro 5 anni dal fatto.

Per quanto riguarda il giudizio di secondo grado, l’art. 60 dispone che le deliberazioni del Consiglio dell'Ordine relative alla iscrizione o cancellazione dall'albo, dagli elenchi o dal registro e quelle pronunciate in materia disciplinare possono essere impugnate dall'interessato e dal pubblico ministero competente con ricorso al Consiglio nazionale dell'Ordine nel termine di 30 giorni. Ai sensi dell’art. 61, prima della deliberazione sui ricorsi in materia disciplinare, il Consiglio nazionale deve sempre sentire il pubblico ministero che presenterà per iscritto le sue conclusioni.

La decisione del Consiglio nazionale dovrà essere motivata e potrà essere impugnata dall’interessato dinanzi al tribunale del capoluogo del distretto in cui ha sede il Consiglio regionale o interregionale presso cui il giornalista è iscritto. Avverso la sentenza del tribunale è possibile il ricorso alla Corte d'appello[21] e poi alla Corte di cassazione.

 

La proposta di legge, senza modificare queste disposizioni, inserisce nella legge n. 69 del 1963 l’art. 59-bis con il quale istituisce la Commissione deontologica nazionale, competente per le decisioni sui reclami contro le deliberazioni dei consigli regionali in materia disciplinare, prevedendo che ad esse si applichino le disposizioni del titolo IV della legge (comma 1).

La relazione introduttiva specifica che la modifica si rende necessaria perché il ricorso al Consiglio nazionale nella sua interezza determina problemi di funzionamento.

 

Si segnala la necessità di coordinare il nuovo articolo 59-bis con la disciplina sopra richiamata del giudizio disciplinare di secondo grado contenuta negli articoli 60 ss. della legge n. 69.

 

I commi 2 e 3 dell’art. 59-bis specificano che:

§         laddove la sanzione disciplinare irrogata dalla Commissione consista nell’avvertimento o nella censura, la decisione assunta avrà carattere definitivo e potrà essere impugnata davanti all’autorità giudiziaria (artt. 63 e ss);

§         laddove la sanzione sia più grave (sospensione o radiazione dall’albo), sarà necessaria una ratifica della decisione della Commissione da parte del Consiglio nazionale dell’ordine, prima di poter adire l’autorità giudiziaria. La proposta demanda a un regolamento del Ministro della giustizia la specificazione delle modalità di intervento in sede di ratifica del Consiglio nazionale.

Infine, l’articolo 5 autorizza il Governo a modificare l’art. 20-ter del D.P.R. n. 115 del 1965, così da adeguare le norme ivi contenute alla nuova previsione della Commissione deontologica.

Viene, quindi, integralmente rimessa al Governo anche la definizione della composizione della Commissione (la relazione illustrativa, invece, fa esplicito riferimento a tale profilo, ipotizzando che la Commissione deontologica sia composta da nove membri espressione del Consiglio nazionale).

 

L’articolo 6 della proposta di legge istituisce, presso ogni distretto di Corte d’appello, il Giurì per la correttezza dell’informazione.

Tali organismi vengono inseriti nel titolo IV della legge n. 69 del 1963 attraverso il nuovo art. 65-bis, e saranno composti da 5 membri (che resteranno in carica per 5 anni non prorogabili), così individuati (comma 1):

§         2 membri nominati dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

§         2 membri nominati dal consiglio regionale dell'Ordine dei giornalisti;

§         un membro, con funzioni di presidente, nominato tra i magistrati di corte di appello.

Ai membri del giurì si applicano le cause di incompatibilità previste per i componenti dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

 

Si ricorda che l’art. 4, comma 5, della legge n. 249 del 1997[22] prevede che ai componenti dell’Autorità si applicano alcune disposizioni previste dalla legge n. 481 del 1995, concernente l’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Fra le disposizioni applicabili vi è l’art. 2, comma 8, che prevede che i membri della stessa Autorità non possono esercitare, direttamente o indirettamente, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza della medesima Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico.

 

La proposta demanda ad un regolamento del Ministro della giustizia – da emanarsi d’intesa con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e il Consiglio nazionale dell’ordine – la definizione dell’organizzazione interna e del funzionamento del nuovo organismo, nonché la definizione delle «procedure e dei termini per l’espletamento del tentativo di conciliazione» (comma 3).

 

Sembra necessario definire in generale le funzioni dei giurì per la correttezza dell’informazione, nonché esplicitare il riferimento al tentativo di conciliazione, non desumibile dalla lettera della proposta di legge, anche per chiarire quali siano le potenziali “parti in causa”.

 




[1]    Legge 3 febbraio 1963, n. 69, Ordinamento della professione di giornalista.

[3]    D.P.R. 4 febbraio 1965, n. 115, Regolamento per l’esecuzione della L. 3 febbraio 1963, n. 69, sull’ordinamento della professione di giornalista.

[4]    I giornalisti che hanno la loro abituale residenza fuori del territorio della Repubblica sono iscritti nell’albo di Roma (art. 26). All’albo sono anche annessi gli elenchi – c.d. speciali – dei giornalisti di nazionalità straniera, e di coloro che, pur non esercitando l’attività di giornalista, assumono la qualifica di direttori responsabili di periodici o riviste a carattere tecnico, professionale o scientifico, esclusi quelli sportivi e cinematografici (art. 28).

[5]    La ridefinizione degli ordinamenti didattici universitari introdotta dall’art. 17, c. 95, della legge n. 127 del 1997 e dal DM 3 novembre 1999, n. 509 – successivamente modificato dal DM 22 ottobre 2004, n. 270 – ha previsto che le università rilascino titoli di primo e di secondo livello: la laurea, conseguita al termine di un percorso di studi di durata triennale, e la laurea specialistica (ora, magistrale, ai sensi del citato DM 270/2004), conseguita al termine di un percorso di ulteriori due anni.

[6]    La proposta è supportata dalla constatazione, riportata nella relazione illustrativa, che “nell’ultimo decennio più di tre su quattro delle persone che sostengono l’esame per diventare giornalisti professionisti hanno una laurea”.

[7]     L’art. 3, c. 9, del DM n. 270 del 2004 affida alle università la possibilità di attivare, disciplinandoli nei regolamenti didattici di ateneo, corsi di perfezionamento scientifico e di alta formazione permanente e ricorrente, successivi al conseguimento della laurea o della laurea magistrale, alla conclusione dei quali sono rilasciati i master universitari di primo e di secondo livello.

[8]    Si vedano i decreti ministeriali attuativi del 16 marzo 2007 per le classi di lauree e per le classi di laurea magistrale, del 19 febbraio 2009 per le classi dei corsi di laurea per le professioni sanitarie, e dell’8 gennaio 2009 per le classi di lauree magistrali delle professioni sanitarie.

[9]    Per completezza, si ricorda che l’art. 31 della legge n. 69 del 1963 stabilisce che non possono essere iscritti all’albo coloro che abbiano riportato condanna penale che importi interdizione dai pubblici uffici, per tutta la durata dell’interdizione, salvo che sia intervenuta riabilitazione. Nel caso di condanna che non importi interdizione dai pubblici uffici, o se questa è cessata, il Consiglio dell’Ordine può concedere l’iscrizione solo se, vagliate tutte le circostanze e specialmente la condotta del richiedente successivamente alla condanna, ritenga che il medesimo sia meritevole dell’iscrizione.

[10]   L’esame di cultura generale propedeutico all’iscrizione è regolato nel dettaglio dagli artt. 35 e ss. del D.P.R. n. 115 del 1965. La prova scritta consiste nello svolgimento di un argomento di interesse attuale scelto dal candidato tra quelli indicati dalla Commissione esaminatrice su materie diverse. La prova orale si svolge con una conversazione su argomenti di cultura generale che presentino carattere di attualità. In particolare, è richiesta la conoscenza di: principi di diritto costituzionale; nozioni di storia del ventesimo secolo; problemi ed orientamenti della politica italiana nel dopoguerra; elementi di geopolitica; il sindacalismo ieri ed oggi; orientamenti della letteratura e dell’arte contemporanee; storia del giornalismo ed ordinamento della professione; fonti di informazione italiane e straniere (agenzie di stampa, giornali, etc.) e principali mezzi bibliografici di consultazione e ricerca; i più importanti avvenimenti che hanno fornito materia ai giornali negli ultimi 12 mesi.

[11]   Norme specifiche sulla pratica giornalistica sono dettate dagli artt. 41 e ss. del DPR n. 115 del 1965.

[12]   L’art. 1, c. 1, della legge 16 gennaio 2008, n. 16, ha stabilito che per lo svolgimento della prova scritta è consentito l’utilizzo di personal computer cui sia inibito l’accesso alla memoria, secondo le modalità tecniche indicate dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, sentito il Ministero della giustizia.

[13]   In base a tale norma, la prova scritta consiste nello svolgimento di una prova di sintesi, di una prova di attualità e di cultura politico-economico-sociale riguardanti l’esercizio della professione e nella redazione di un articolo su argomenti di attualità. La prova orale consta di un colloquio diretto ad accertare la conoscenza dell’etica professionale, delle norme giuridiche attinenti al giornalismo e specificatamente delle tecniche e pratiche inerenti all’esercizio della professione e in una discussione di un argomento di attualità.

[14]   I candidati che compiono la prescritta pratica giornalistica nel periodo compreso tra la data stabilita per la presentazione della domanda e quella fissata per la prova scritta possono produrre la documentazione richiesta prima dell’inizio della prova scritta.

[15]   Nel Documento di indirizzo del Consiglio nazionale dell’Ordine si evidenzia la necessità di sostituire il “tradizionale praticantato” con una “fase specialistica”, non limitata ad una pura dimensione accademica, ma inclusiva di un tirocinio professionale guidato e certificato dall’Ordine stesso.

[16]   Ad esempio, all’art. 29, primo comma, della L. 69/1963, nella parte in cui si richiede per l’iscrizione nell’elenco dei professionisti l’esercizio continuativo della pratica giornalistica per almeno 18 mesi.

[17]   Il Documento di indirizzo del Consiglio nazionale dell’Ordine definisce “pubblicisti di necessità” coloro che risultano iscritti nel relativo elenco pur svolgendo un’attività a tempo pieno e in forma esclusiva, in quanto non possono accedere all’esame professionale sulla base delle norme vigenti in materia di pratica giornalistica. Si ricorda, infatti, che il praticantato “può essere riconosciuto soltanto a chi presti la propria opera giornalistica in redazioni dove lavori un sufficiente numero di professionisti. Di fatto, in molte pubblicazioni a carattere periodico, in siti internet, uffici stampa, emittenti radio e anche tv, accade che nessuno degli addetti sia professionista”.

[18]   Si tratta, più precisamente, di Tecnica e pratica del giornalismo: elementi teorici e tecnici fondamentali; esercitazione di pratica giornalistica, area individuata dall’art. 44, co. 2, lett. c), del DPR 115/1965, tra le materie del colloquio della prova di idoneità professionale.

[19]   Le sessioni si svolgono, rispettivamente, nei mesi di aprile e di ottobre. Le relative deliberazioni sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale.

[20]   L’art. 34 del DPR n. 115 del 1965 ha precisato che coloro che non sono in grado di allegare alla domanda i giornali e i periodici previsti dall’art. 35 della L. 69/1963 (chi esplica la propria attività con corrispondenze o articoli non firmati, i collaboratori dei servizi giornalistici della radio televisione, delle agenzie di stampa e dei cinegiornali, chi svolge attività di tele-cinefoto operatori per organi di informazione attraverso immagini che completano o sostituiscono l’informazione scritta) devono allegare idonea documentazione, ivi inclusa l’attestazione del direttore, atta a dimostrare la concreta ed effettiva attività svolta.

[21]   Il collegio giudicante, tanto dinanzi al tribunale, quanto dinanzi alla Corte d’appello, deve essere integrato da un giornalista e da un pubblicista nominati in numero doppio, ogni quadriennio, all'inizio dell'anno giudiziario dal presidente della Corte di appello su designazione del Consiglio nazionale dell'ordine.

[22]   Legge 31 luglio 1997, n. 249, Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo.