Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda - A.C. 2298 - Elementi per l'istruttoria legislativa | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 236 | ||||
Data: | 28/10/2009 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VII-Cultura, scienza e istruzione |
SIWEB
28 ottobre 2009 |
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n. 236/0 |
Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte VendaA.C. 2298Elementi per l’istruttoria legislativa |
Numero del progetto di legge |
2298 |
Titolo |
Istituzione di un Fondo per il restauro, il recupero e la valorizzazione culturale, religiosa, turistica e sociale del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda |
Iniziativa |
Parlamentare |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
4 |
Date: |
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presentazione alla Camera |
16 marzo 2009 |
assegnazione |
23 marzo 2009 |
Commissione competente |
VII (Cultura) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I (Affari Costituzionali), V (Bilancio), VIII (Ambiente), XII (Affari sociali), XIII (Agricoltura) e Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La proposta di legge in esame concerne la predisposizione e il finanziamento di un progetto per la realizzazione di interventi di recupero, restauro e valorizzazione del patrimonio storico, architettonico, artistico, culturale e religioso del complesso monastico di San Giovanni Battista del Monte Venda[1].
Ai sensi dell’articolo 1, il progetto, da attuarsi entro il 2014, è volto al conseguimento dei seguenti obiettivi:
§ recupero architettonico del complesso monastico; recupero di tratti dell’antico tracciato indicante gli insediamenti pre-romani; restauro dei manufatti d’interesse storico-culturale esistenti nella zona (c. 1, lett. a), b) e g));
§ inventario del materiale documentario e librario già appartenente all’antica biblioteca del monastero, attualmente custodito negli archivi di Stato di Padova e di Venezia; costituzione di un museo e di una biblioteca storica aperta al pubblico, con una sezione specializzata per i libri in forma digitale destinati ai portatori di handicap visivo (c. 1, lett. c), d) ed e));
§ costituzione di laboratori dedicati:
· alla formazione nel campo del restauro di mobili, oggetti e arredi sacri e dell’arte del ricamo dei tessuti (c. 1, lett. f));
· allo studio delle tradizioni monastiche per la preparazione di medicamenti erboristici e alla coltivazione del vitigno dell’”uva schiava” (c. 1, lett. h));
· alla preparazione di prodotti dell’apicoltura, con connessa costituzione di un alveare (c. 1, lett. i));
§ allestimento di spazi interattivi mirati a progetti scolastici didattico-formativi (c. 1, lett. l)).
Per la realizzazione del progetto, si prevede la costituzione di un Fondo nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali, con una dotazione complessiva di 24 milioni di euro per il quinquennio 2009-2013, da trasferire direttamente alla Fondazione Monte Venda ONLUS[2], in cinque annualità (articolo 2).
L’articolo 3 stabilisce che
La
relazione illustrativa della proposta di legge ripercorre la storia del Monte Venda, da antica meta di eremiti a
luogo di culto. In particolare, ricorda l’edificazione della chiesa nel 1209 e le
successive vicende del monastero, abbandonato dai monaci nel
Tra gli obiettivi non richiamati dall’articolato della pdl, ma illustrati nella relazione, si evidenziano, in particolare:
- la ripresa della vita monastica di una comunità benedettina olivetana[4];
- la costruzione di una foresteria per l’accoglienza di pellegrini e visitatori.
La proposta di legge è corredata della relazione illustrativa.
L'utilizzazione dello strumento legislativo appare necessaria per il fatto che si dispongono nuove spese a carico del bilancio dello Stato, prevedendo l’istituzione di un Fondo nello stato di previsione del Ministero per i beni e le attività culturali.
La disciplina recata dalla proposta di legge può essere ricondotta in parte alla “tutela”, in parte alla “valorizzazione” dei beni culturali.
In particolare, sulla base delle indicazioni recate dagli artt. 3 e 6 del Codice dei beni culturali e del paesaggio[5], le finalità di cui alle lettere a), b) e g) dell’art. 1, c. 1, sembrano attenere alla tutela, mentre le finalità di cui alle lettere c), d), e), f), h), i) e l) dell’art. 1, c. 1, sembrano presentare aspetti attinenti alla valorizzazione.
Si ricorda che l’art. 117, secondo comma, lett. s), Cost. ha annoverato la “tutela dei beni culturali” tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (prevedendo, altresì, la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, ai sensi dell’art. 116, terzo comma, Cost.), mentre l’art. 117, terzo comma, Cost., ha incluso la “valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali” tra le materie di legislazione concorrente. Ciò significa che in tali materie lo Stato può emanare solo disposizioni legislative di principio, la cui attuazione è affidata alle regioni. Inoltre, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare “forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali” tra Stato e regioni.
Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato,
occorre, innanzitutto, segnalare alcune sentenze costituzionali riguardanti in
generale lo sviluppo della cultura (sent.
nn. 478 del 2002 e 307 del 2004). A tale riguardo,
Nella sentenza n. 9
del 2004
Successivamente all’adozione del già citato Codice dei beni
culturali e del paesaggio,
L’art. 9 della Costituzione
stabilisce che
Con riferimento agli interventi di restauro, si ricorda che il dovere di conservazione del patrimonio culturale è richiamato tra i principi del Codice dei beni culturali e del paesaggio[6].
In particolare, l’art. 1 del Codice prevede che:
§ lo Stato, le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione;
§ gli altri soggetti pubblici assicurano la conservazione e la pubblica fruizione del loro patrimonio culturale;
§ i privati proprietari, possessori o detentori di beni appartenenti al patrimonio culturale, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, sono tenuti a garantirne la conservazione.
Gli articoli da
Preliminarmente si ritiene utile ricordare che sono definiti beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, ad altri enti pubblici territoriali, nonché ad enti pubblici e a persone giuridiche private senza fine di lucro che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico (art. 10, c. 1, del Codice)[7]. Per i beni opera di autore non più vivente, la cui esecuzione risale ad oltre cinquanta anni, la verifica dell’interesse culturale è effettuata, d’ufficio o su richiesta dei soggetti cui le cose appartengono, da parte dei competenti organi del Ministero per i beni e le attività culturali[8].
Gli articoli del Codice sopra indicati (30-40) operano una distinzione tra beni appartenenti allo Stato – ovvero a regioni, altri enti pubblici territoriali e entipubblici – e beni di proprietà di privati, quale è quello in esame. Relativamente a quest’ultima categoria, il Codice distingue tra interventi conservativi volontari e imposti e detta la specifica procedura di esecuzione.
Gli interventi conservativi volontari, decisi su iniziativa del proprietario, sono subordinati ad autorizzazione del Soprintendente ed eseguiti dal proprietario (art. 31).
Gli interventi conservativi imposti, ordinati dal Ministero attraverso la Soprintendenza[9], sono eseguiti dal proprietario, previa approvazione del progetto da parte della stessa Soprintendenza; tuttavia, in caso di inadempimento, ovvero in caso di urgenza, vi provvede direttamente lo Stato (art. 32).
Entrambe le tipologie di intervento (volontario o imposto) sono accomunate da una serie di disposizioni.
In particolare[10]:
§ gli oneri dell’intervento sono a carico del proprietario;
§ il proprietario può fruire di un contributo statale fino a totale concorrenza della relativa spesa per interventi di particolare rilevanza o eseguiti su beni in uso o godimento pubblico. Nel caso di interventi conservativi volontari, a richiesta dell’interessato, il soprintendente si pronuncia, in sede di autorizzazione, anche sull’ammissibilità dell’intervento al contributo finanziario statale;
§ il contributo è concesso dal Ministero a lavori ultimati e collaudati sulla spesa effettivamente sostenuta, ovvero possono essere erogati acconti sulla base degli stati di avanzamento dei lavori regolarmente certificati;
§ per gli interventi autorizzati sono, inoltre, previsti contributi in conto interessi sui mutui o altre forme di finanziamento accordati da istituti di credito ai proprietari;
§ i beni restaurati o sottoposti ad interventi conservativi con il concorso totale o parziale dello Stato nella spesa, o per i quali siano stati concessi contributi in conto interessi, sono resi accessibili al pubblico secondo modalità fissate, caso per caso, da appositi accordi o convenzioni da stipularsi fra il Ministero ed i singoli proprietari11.
Rispetto alla situazione normativa descritta, la proposta di legge sembrerebbe, quindi, delineare, per il caso specifico, una procedura alternativa con riferimento, in particolare, all’intervento finanziario dello Stato e alle modalità di erogazione del contributo.
Non risultano lavori legislativi in corso sulla materia.
La relazione introduttiva alla proposta di legge dà conto – come già accennato – dell’approvazione, da parte della competente Soprintendenza, del progetto redatto dalla Fondazione Monte Venda ONLUS. Per tale ragione, all’art. 1sembrerebbe opportuno individuare come oggetto della medesima proposta di legge non tanto la predisposizione del progetto – di fatto già ultimata – quanto, direttamente, gli obiettivi del progetto medesimo.
Con riferimento all’art. 3, si ricorda che con l’espressione “relazione giurata” il nostro ordinamento intende un atto redatto da un esperto nominato dal Tribunale, ovvero iscritto in albi speciali. In particolare, il codice civile (si veda, ad esempio, l’art. 2343 c.c.) richiama la relazione giurata nell’ambito della disciplina delle società e utilizza questo strumento ogni qual volta sia necessario procedere alla stima di beni o di crediti.
Più in generale, l’ordinamento usa l’espressione “perizia giurata” per designare un atto redatto da un professionista abilitato e regolarmente iscritto all’albo che certifica uno stato di fatto. La perizia è giurata in quanto sottoscrittadinanzi ad un cancelliere ed accompagnata da un “verbale di giuramento della perizia”12.
Alla luce di quanto ricostruito, si valuti, quindi, se si intende effettivamente prevedere una relazione, ovvero una perizia giurata.
Inoltre, nel caso si opti per la perizia giurata, si valuti l’opportunità di specificare i requisiti che deve possedere il professionista chiamato a predisporla. Nel caso di specie, essa potrebbe essere redatta dal direttore dei lavori, il quale, ai sensi dell'art. 64 del DPR 380/2001 (TU dell'edilizia), ha la responsabilità della rispondenza dell'opera al progetto, dell'osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto, dellaqualità dei materiali impiegati, nonché, per quanto riguarda gli elementi prefabbricati, della posa in opera.
Infine, si segnala che la proposta di legge non definisce le modalità di copertura dell’onere finanziario recato.
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11 Tali accordi stabiliscono i limiti temporali dell'obbligo di apertura al pubblico, tenendo conto della tipologia degli interventi, del valore artistico e storico degli immobili e dei beni in essi esistenti.
12 Nel verbale della perizia è riportato il seguente giuramento: “Giuro di avere bene e fedelmente adempiuto le funzioni affidatemi al solo scopo di far conoscere la verità”.
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File: CU0111a
[1] Il Monte Venda, situato nel comune
di Galzignano (Padova), con i suoi
[2]
[4]Congregazione Benedettina di Santa Maria di Monte Oliveto.
[5] D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della L. 6 luglio 2002, 137.
[6]Ai sensi dell’art. 29 del Codice, la conservazione è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro, intendendo per restauro l'intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all'integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali.
[7] A norma del Codice sono ancora considerati beni culturali, qualora sia intervenuta la dichiarazione dell’interesse culturale (di cui all’art. 13):
§ le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico e etnoantropologico particolarmente importante, appartenenti a soggetti diversi da quelli indicati al c. 1 dell’art. 10 (art. 10, c. 3, lett. a);
§ le cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose (art. 10, c. 3, lett. d).
[8]In attesa della verifica, i beni sono comunque soggetti, in via provvisoria, alla disciplina di tutela prevista dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 12, c. 1, D.Lgs. 42/2004).
[9] A tal fine, il soprintendente redige una relazione tecnica e dichiara la necessità degli interventi da eseguire.
[10] Artt. 31, 34-38, D.Lgs. n. 42 del 2004.