Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento cultura | ||||
Titolo: | Disposizioni per il sostegno dello sport femminile - A.C. 1286 - Elementi per l'istruttoria legislativa | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 134 | ||||
Data: | 16/03/2009 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: |
VII-Cultura, scienza e istruzione
XI-Lavoro pubblico e privato |
SIWEB
16 marzo 2009 |
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n. 134/0 |
Disposizioni per il sostegno dello sport femminileA.C. 1286Elementi per l’istruttoria legislativa |
Numero del progetto di legge |
1286 |
Titolo |
Disposizioni per il sostegno dello sport femminile e per la tutela della maternità delle atlete che praticano attività sportiva agonistica dilettantistica |
Iniziativa |
Parlamentare |
Iter al Senato |
No |
Numero di articoli |
3 |
Date: |
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presentazione alla Camera |
11 giugno 2008 |
assegnazione |
1° dicembre 2008 |
Commissione competente |
VII (Cultura) e XI (Lavoro) |
Sede |
Referente |
Pareri previsti |
I (Affari costituzionali); V (Bilancio); XII (Affari sociali); Commissione parlamentare per le questioni regionali |
La proposta di legge si compone di tre articoli.
L’art. 1 reca principi generali.
In particolare, il comma 1affida allo Stato la tutela delle pari opportunità nella pratica sportiva, il riconoscimento della parità di valore allo sport praticato dai due sessi, la promozione di azioni finalizzate al superamento delle diversità e delle difficoltà presenti nello sport femminile.
Al riguardo, la relazione illustrativa evidenzia che scopo precipuo della proposta è quello di estendere alle atlete che praticano attività sportiva agonistica a livello dilettantistico la normativa in materia di tutela della maternità prevista dal d.lgs. n. 151 del 2001 (si veda infra, art. 2) e spiega che, attualmente, la legge n. 91 del 1981 riconosce la tutela sanitaria, previdenziale e antinfortunistica solo agli atleti che praticano gli sport qualificati come professionisti. Evidenzia, inoltre, il fatto che può accadere che, all’interno della singola disciplina sportiva, gli atleti siano qualificati come professionisti, mentre le atlete siano considerate dilettanti.
Di seguito si opera una breve ricostruzione normativa relativa allo sport professionistico e dilettantistico, alla qualificazione agonistica, e alla promozione delle pari opportunità.
Con riferimento al primo aspetto, si ricorda che la legge n. 91 del 1981[1] stabilisce che l’esercizio dell’attività sportiva, sia essa svolta in forma professionistica o dilettantistica, è libero. Prevede, quindi, che sono sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle Federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle Federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica[2].
I criteri
per la distinzione dell’attività sportiva dilettantistica da quella
professionistica sono stati adottati con deliberazione
del Consiglio nazionale del CONI n. 469 del 2 marzo 1988. La delibera
evidenzia che è attività sportiva professionistica quella definita o inquadrata
come tale nelle norme statutarie delle Federazioni sportive nazionali,
approvate dal CONI, in armonia con l’ordinamento delle rispettive Federazioni
sportive internazionali. Sancisce, quindi, che, su tale base, l’attività
professionistica è svolta nella Federazione ciclistica italiana, nella
Federazione italiana golf, nella Federazione italiana gioco calcio, nella
Federazione motociclistica italiana e nella Federazione pugilistica italiana. A
tali Federazioni, con deliberazione del
Consiglio nazionale del CONI n. 707 del 27 luglio 1994 è stata aggiunta
Nelle restanti Federazioni riconosciute dal CONI – che, allo stato, sono 45 – non si svolge, quindi, attività professionistica.
Con riferimento al secondo aspetto, si ricorda che, ai sensi dell’art. 1, secondo comma, del DM 18 febbraio 1982[3], la qualificazione agonistica a chi svolge attività sportiva è demandata alle Federazioni sportive nazionali o agli enti sportivi riconosciuti.
Per quanto concerne la tutela della maternità e le pari opportunità, merita ricordare, anzitutto, che, al punto 29 dell’all. 2 della deliberazione CONI n. 1352 del 28 febbraio 2007, è previsto che gli statuti delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate devono garantire la tutela della posizione sportiva delle atlete madri in attività per tutto il periodo della maternità fino al loro rientro all’attività agonistica.
In ambito europeo, si ricorda l’adozione da parte del Parlamento europeo della risoluzione 5 giugno 2003 su “donne e sport” (2002/2280(INI) che chiede agli Stati membri e all’UE di assicurare alle donne e agli uomini pari condizioni di accesso alla pratica sportiva, chiede alla Commissione di sostenere la promozione dello sport femminile nei programmi e nelle azioni comunitarie e propone di inserire nella strategia quadro comunitaria in materia di parità fra donne e uomini 2006-2010 un obiettivo operativo dedicato alla partecipazione delle donne alla pratica sportiva. La risoluzione sollecita, inoltre, gli Stati membri e il movimento sportivo a sopprimere la distinzione fra pratiche maschili e femminili nelle procedure di riconoscimento delle discipline di alto livello; alle Federazioni nazionali, chiede di garantire gli stessi diritti in termini di reddito, di condizioni di supporto e allenamento, di accesso alle competizioni, di protezione sociale e di formazione professionale, nonché di reinserimento sociale attivo al termine delle carriere sportive. Infine, agli Stati membri e alle autorità di tutela la risoluzione chiede di condizionare la propria autorizzazione e il sovvenzionamento delle associazioni sportive a disposizioni statutarie che garantiscano una rappresentanza equilibrata delle donne e degli uomini a tutti i livelli e per tutte le cariche decisionali.
Le esortazioni enunciate sono state riprese anche nella relazione del Parlamento europeo sul ruolo dello sport nell’educazione 2007/2086(INI).
Nell’ordinamento italiano, si ricorda che la competenza statale in materia di pari opportunità nei rapporti di lavoro e di azioni positive è stata attribuita al Presidente del Consiglio dei Ministri con d.l. n. 181 del 2006. Con DPCM 15 giugno 2006 e, poi, con DPCM 13 giugno 2008, tali funzioni sono state, quindi, delegate al Ministro per le pari opportunità. In particolare, il Ministro è stato delegato ad esercitare le funzioni di programmazione, indirizzo e coordinamento di tutte le iniziative, anche normative, in materia di pari opportunità e di parità di trattamento.
Si ricorda, altresì, che con d.lgs. 11 aprile 2006, n.198 è stato adottato il Codice delle pari opportunità, entrato in vigore il 15 giugno 2006.
Il comma 2 prevede che le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province e i comuni, d’intesa con il CONI, con le Federazioni sportive nazionali, con gli enti di promozione e con le associazioni sportive, istituiscono una rete di supporto allo sport femminile con l’obiettivo di aiutare le atlete a conciliare lo sport con la maternità e con il tempo da dedicare alla famiglia.
Può essere opportuno evidenziare che una dichiarazione di impegno formale a promuovere l’attivazione di una rete fra referenti istituzionali e istituzioni dello sport, al fine di favorire l’adozione dei provvedimenti e delle iniziative che migliorino l’attenzione alle politiche di genere, con particolare riferimento al sostegno della maternità e alla conciliazione fra tempi di vita e attività sportiva, è stata adottata il 24 gennaio 2007 dalla provincia di Torino, unitamente alla regione Piemonte e al Comune di Torino[4], in occasione delle Universiadi 2007 e del 2007 Anno europeo per le pari opportunità.
L'articolo 2 introduce l’articolo 65-bis al Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (di cui al D.lgs 151 del 2001), volto a prevedere una speciale forma di tutela della maternità delle atlete che esercitano attività sportiva in forma esclusiva ma non professionistica.
In particolare, il comma 1 dispone che alle atlete che esercitano attività sportiva dilettantistica a livello agonistico in ambito nazionale o internazionale da almeno un anno sia corrisposta un'indennità giornaliera di maternità, per gli otto mesi antecedenti la data del parto e per i quattro mesi successivi alla stessa.
Il comma 2 prevede che l’indennità di maternità sia corrisposta secondo le modalità stabilite per le lavoratrici autonome dal capo XI del D.lgs. 151/2001.
L'articolo 3 reca la copertura
finanziaria degli oneri, valutati in 5
milioni di euro annui a decorrere dall'anno
La pdl è corredata dalla relazione illustrativa.
L’intervento con legge si rende necessario in quanto, all’art. 2, si dispone l’integrazione di un provvedimento normativo di rango primario.
I profili che vengono in evidenza nella pdl attengono alle materie “ordinamento sportivo” – affidata alla competenza concorrente di Stato e regioni dall’art. 117, terzo comma, Cost - e “previdenza sociale”, affidata alla competenza esclusiva dello Stato dall’art. 117, secondo comma, lett. o), Cost.
Non si ravvisano problemi per alcuno dei profili.
L’art. 3 Cost. prevede che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’art. 117, settimo comma, Cost. prevede che le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica.
Con riferimento all’art. 1, la pdl si pone in linea con gli indirizzi comunitari di cui si è dato conto nel paragrafo relativo al contenuto. Occorre, peraltro, ricordare che i trattati vigenti non contengono una specifica base giuridica per l’intervento della Unione europea in materia di sport. Lo sport, infatti, è considerato, in linea di principio, alla stregua di ogni altra attività economica e sociale e, in particolare, è soggetto alle regole di concorrenza e a quelle in materia di libera prestazione dei servizi e di libera circolazione dei lavoratori. La base giuridica è stata introdotta solo dal Trattato di Lisbona, firmato il 13 dicembre 2007, che entrerà in vigore al completamento del processo di ratifica da parte di tutti gli Stati membri. Il Trattato attribuisce all’Unione la competenza a svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati membri, senza, quindi, sostituirsi alla loro competenza.
Non si ravvisano profili problematici, in quanto, sebbene l’ordinamento sportivo sia caratterizzato da autonomia statutaria e regolamentare, è un ordinamento pur sempre derivato e non sovrano[5] e, pertanto, ambiti quali quelli presi in esame dalla pdl non possono che essere regolamentati dalla disciplina statale e regionale, a ragione del rafforzamento della tutela del cittadino.
Non risultano problemi di coordinamento. In particolare, all’articolo 2 il coordinamento con la normativa vigente è efficacemente assicurato dal ricorso alla tecnica della novella del Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, di cui al D.lgs 151 del 2001.
Non risultano lavori legislativi in corso sulla materia.
All’art. 1, potrebbe essere opportuno chiarire se con l’espressione “associazioni sportive” si intenda fare riferimento anche alle associazioni sportive dilettantistiche e alle discipline sportive associate.
All’art. 2, appare opportuno specificare se la nuova disciplina per le atlete che praticano attività sportiva agonistica dilettantistica in modo esclusivo sia da intendersi quale disciplina speciale rispetto a quella applicabile, alla medesime atlete, in qualità di titolari di un rapporto di lavoro dipendente (e, in particolare, in quanto appartenenti a corpi militari o assimilati).
All’art. 3, comma 1, si segnala che la norma di copertura deve essere aggiornata in modo da far decorrere il finanziamento delle spese dall’anno 2009, facendo, altresì, riferimento al Fondo speciale di parte corrente del MEF iscritto nel bilancio triennale 2009-2011.
Servizio Studi – Dipartimento Cultura Servizio Studi – Dipartimento Lavoro |
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera
sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli
organi parlamentari e dei parlamentari. |
File: CU0065a
[1] Legge 23 marzo 1981, n. 91, Norme in materia di rapporti fra società e sportivi professionisti.
[2] L’art. 3, primo comma, della legge prevede, quindi, che la prestazione a titolo oneroso costituisce oggetto di contratto di lavoro subordinato. Se, tuttavia, ricorre uno dei requisiti previsti dal secondo comma, si è in presenza di un contratto di lavoro autonomo.
[3] DM 18 febbraio 1982, Norme per la tutela sanitaria dell'attività sportiva agonistica.
[4] Il testo della dichiarazione di impegno è disponibile all’indirizzo http://www.consiglieraparitatorino.it/documents/Impegno-firme.pdf.
[5] Così, B. Marchetti, Lo sport, in Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Diritto amministrativo speciale, I, Milano, Giuffrè, pp. 925 e ss.