Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Documento di economia e finanza 2012 - (Doc. LVII, n. 5) - Quadro di sintesi
Riferimenti:
DOC LVII, N. 5     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 342
Data: 23/04/2012
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Documento di economia e finanza 2012

(Doc. LVII, n. 5)

Quadro di sintesi

 

 

 

 

 

 

n. 342

 

 

 

23 aprile 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

Il capitolo 1 sul DEF nel nuovo sistema di governance economica dell’UE è stato curato dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

Le restanti parti sono state curate dal Servizio Studi.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: BI0512.doc

 


INDICE

Quadro di sintesi.............................................................................................. 1

1. Il DEF nel nuovo sistema di governance economica dell’UE................. 7

2. L’evoluzione del sistema delle decisioni di bilancio............................. 13

2.1 La nuova articolazione del ciclo di bilancio............................................ 13

2.2 Le regole fiscali e il pareggio di bilancio................................................. 17

3. Il quadro macroeconomico........................................................................ 27

3.1 La congiuntura internazionale................................................................ 27

3.2 Lo scenario macroeconomico nazionale............................................... 30

3.3 Confronti internazionali........................................................................... 39

3.4 Analisi degli squilibri macroeconomici................................................... 41

4. La finanza pubblica..................................................................................... 45

4.1 Gli interventi per il consolidamento fiscale e per la crescita.................. 46

4.2 Il quadro di finanza pubblica................................................................... 56

5. Il Programma nazionale di Riforma........................................................... 67

5.1 Quadro di sintesi del contenuto del PNR............................................... 67

 

 


Quadro di sintesi

Il Documento di economia e finanza (DEF) costituisce il principale documento di programmazione della politica economica nazionale, che traccia, in una prospettiva di medio-lungo termine, gli impegni, sul piano del consolidamento delle finanze pubbliche, e gli indirizzi, sul versante delle diverse politiche pubbliche, adottati dall’Italia per il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita europeo e il conseguimento degli obiettivi di crescita intelligente, sostenibile e solidale definiti nella Strategia Europa 2020.

Il DEF enuncia, pertanto, le modalità e la tempistica attraverso le quali l’Italia intende conseguire il risanamento strutturale dei conti pubblici e centrare, entro il 2020, gli obiettivi in materia di occupazione, innovazione, istruzione, integrazione sociale, energia e sostenibilità ambientale definiti nell’ambito dell’Unione europea.

 

Il documento, che s’inquadra al centro del nuovo processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE - il cd. Semestre europeo -è articolato in tre sezioni.

 

La prima sezione espone il Programma di Stabilità, indicando il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica e degli obiettivi per l’anno in corso e il triennio successivo, con l’enunciazione degli effetti finanziari dei provvedimenti adottati, mentre la seconda sezione reca un’analisi dettagliata sulle tendenze della finanza pubblica, i risultati e le previsioni dei conti dei principali settori, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche.

 

In tale ambito, il DEF provvede anzitutto ad aggiornare le previsioni di crescita del prodotto alla luce del complessivo indebolimento del ciclo economico emerso nell’ultima fase dello scorso anno - in cui il PIL è cresciuto dello 0,4 per cento - rivedendo al ribasso di 0,8 punti percentuali le stime sull’andamento dell’economia italiana per il 2012, anno in cui si prevede una contrazione del PIL dell’1,2 per cento, a fronte del -0,4 per cento indicato nella Relazione al Parlamento presentata nel dicembre scorso.

 

L’andamento congiunturale è atteso permanere debole per tutto il primo semestre del 2012,in ragione della debolezza della domanda interna e degli effetti di trasmissione delle tensioni sul mercato del credito, mentre un graduale miglioramento è atteso nella seconda parte dell’anno.

Una crescita ancora modesta è indicata per gli anni successivi. In particolare, nel 2013 il PIL è previsto crescere a un ritmo pari allo 0,5%, per poi accelerare a partire dal 2014, con una crescita dell’1% e dell’1,2% nel 2015.

 

Confronto previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

 

Relazione al Parlamento 2011
dicembre 2011

DEF 2012
aprile 2012

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2015

PIL

-0,4

0,3

1,0

-1,2

0,5

1,0

1,2

 

Per quanto concerne la finanza pubblica, nel corso del 2011 l’Italia ha compiuto un consistente sforzo di risanamento dei conti, contemperando l’esigenza di consolidamento della finanza pubblica con interventi a favore della crescita economica.

L’azione di riequilibrio dei conti pubblici in vista in vista del raggiungimento del pareggio di bilancio è stata sviluppata in fasi successive e ha richiesto l’adozione di tre distinte manovre correttive, anche a fronte del peggioramento delle prospettive di crescita economica e della riaccendersi delle turbolenze sui mercati finanziari e delle tensioni sui debiti sovrani.

 

Il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2012-2015 contenuto nel DEF evidenzia come le misure adottate nella seconda metà del 2011- dapprima il D.L. n. 98/2011 di luglio, volto a realizzare il pareggio di bilancio fissato nel DEF 2011 al 2014, poi il D.L. n. 138/2011 di agosto, finalizzato all’anticipo del pareggio già nel 2013 e, infine, il D.L. n. 201/2011, varato dal nuovo Governo a dicembre in presenza di un ulteriore indebolimento del quadro macroeconomico – consentano di confermare sostanzialmente il percorso di risanamento finanziariotracciato nella Relazione al Parlamento del dicembre scorso e dunque di raggiungere, nel 2013, il pareggio di bilancio in termini strutturali, in conformità con l’obiettivo concordato in sede europea.

In particolare, nel 2012 l’indebitamento netto scenderebbe al -1,7 per cento, al di sotto dunque del valore di riferimento del 3%, riducendosi poi progressivamente negli anni successivi fino al stabilizzarsi su una situazione di pareggio nel 2015. In termini strutturali, tuttavia, ossia al netto degli effetti del ciclo economico e delle misure una tantum, il pareggio di bilanciosi realizzagiànel 2013, anno in cui dovrebbe registrarsi un surplus strutturale pari allo 0,6% del PIL, che oltrepassa, con ampio margine, l’obiettivo di bilancio di medio periodo (MTO) previsto dal Patto di Stabilità. Negli anni successivi il saldo strutturale continua a mantenersi al di sopra dell’MTO.

Il progressivo miglioramento del saldo strutturale e la ricostruzione di un consistente avanzo primario - previsto in aumento dal 3,6 per cento del PIL per l’anno in corso al 5,7 per cento nel 2015 - consentiranno inoltre la riattivazione, dal 2013, del percorso di discesa del debito pubblico in rapporto al PIL.

 

 

Quadro tendenziale aggiornato

 

2012

2013

2014

2015

Indebitamento netto

-1,7

-0,5

-0,1

0,0

Indebitamento netto strutturale

-0,4

0,6

0,6

0,4

Interessi

5,3

5,4

5,6

5,8

Avanzo primario

3,6

4,9

5,5

5,7

Debito pubblico

123,4

121,5

118,5

114,4

 

Il DEF reca una valutazione dell’impatto macroeconomico derivante dalle manovre di correzione dei conti pubblici adottate nel 2011, evidenziando come l’insieme degli interventi adottati produca effetti negativi sul livello di attività economica, con un impatto recessivo sul PIL nei tre anni considerati (2012-2014), pari a -2,6 punti percentuali (sulla base della simulazione effettuata utilizzando il modello econometrico del Tesoro - ITEM) ovvero a -2,1 punti percentuali (utilizzando il modello QUEST sviluppato dalla Commissione europea e adattato all’economia italiana).

 

Al contempo, il documento segnala come l’azione di riequilibrio finanziario sia stata accompagnata dall’adozione di riforme, finalizzate a rimuovere alcuni dei vincoli che comprimono il potenziale di crescita dell’Italia - quali i provvedimenti di “liberalizzazione” e “semplificazione” di cui ai decreti-legge n.1/2012 e n. 5/2012 – che in base alle simulazioni effettuate dovrebbero, invece, produrre un risultato positivo sulla crescita pari a +2,4 punti percentuali in un arco temporale di nove anni (2012-2020).

 

Di tali interventi si da conto nel Programma Nazionale di Riforma (PNR),contenuto nella Sezione III del Documento, il quale – oltre all’analisidelle principali criticità dell’economia italiana - fornisce un quadro dettagliato delle riforme effettuate o avviate nel corso dell’ultimo anno in risposta alle raccomandazioni delle istituzioni europee, offrendo al contempo un panorama delle azioni avviate e delle riforme ancora “in cantiere”necessarie, nel quadro di un rafforzamento della sostenibilità delle finanze pubbliche, per potenziare la competitività del Paese, stimolare la concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi, migliorare le condizioni del mercato del lavoro e conseguire i target nazionali fissati nella Strategia Europa 2020.

 

Per quanto attiene all’analisi delle criticità e dei fattori che sono di ostacolo alla competitività e alla crescita del Paese, il PNR individua, tra le debolezze di fondo del sistema economico nazionale, la progressiva riduzione della produttività totale dei fattori, accompagnata da un alto costo unitario del lavoro rispetto agli altri paesi UE.

Tra fattori che frenano lo sviluppo e che determinano la vulnerabilità italiana, sono indicati:

§       l’elevato debito pubblico, accumulato in decenni, seppur controbilanciato dal livello del patrimonio pubblico e dalla ricchezza netta delle famiglie e delle imprese;

§       l’economia sommersa e l’evasione fiscale;

§       l’eccesso di regole ed oneri amministrativi che gravano sulle imprese, che costituiscono limiti alla concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi, da contrastare attraverso interventi normativi di liberalizzazione volti a perseguire anche una maggiore efficienza amministrativa;

§       l’attuale sistema fiscale, che deve essere semplificato e reso più flessibile, innovativo e capace di dare incentivi agli investimenti;

§       le problematiche strutturali del mercato del lavoro italiano, che mostra una performance notevolmente inferiore a quella europea;

§       i divari territoriali nella qualità dei servizi pubblici;

§       i ritardi in termini di efficienza delle infrastrutture di trasporto, in particolare ferroviario, nonché delle infrastrutture di trasporto energetico;

§       il ridotto uso in Italia, rispetto all’Europa, dell’economia digitale e della rete internet anche per i rapporti con la pubblica amministrazione;

§       la ridotta propensione in Italia, rispetto alla media europea, degli investimenti in ricerca ed innovazione;

§       il rischio di povertà relativa ed esclusione sociale relativa presente in Italia.

 

Per quanto concerne le riforme, il PNR reca, in primo luogo, un’analisi delle misure adottate ed in corso di adozione volte a dare risposta alle Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea nel luglio 2011 sul PNR dello scorso anno, descritte con riferimento alle specifiche criticità del sistema economico.

In secondo luogo, descrive le iniziative che il Governo intende proporre per proseguire una sequenza coerente di riforme che avvicini l’Italia agli obiettivi che si è data nel quadro della Strategia Europa 2020.L’agenda di riforme s’iscrive nel solco degli impegni presi nell’ambito del Patto Euro Plus e degli orientamenti fissati dall’Analisi Annuale della Crescita 2012, confluiti nelle conclusioni del Consiglio europeo di marzo 2012, e indica cinque grandi priorità fissate in sede europea:

§       portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita. Sul tema il Governo afferma che proseguirà nella strategia di consolidamento del debito pubblico attraverso: l’adozione della riforma costituzionale volta all’introduzione del principio del pareggio di bilancio, in corso di promulgazione, la proposta di riforma del sistema fiscale, attraverso un disegno di legge di delega, il processo di analisi e razionalizzazione delle tendenze della spesa pubblica per migliorarne l’efficacia, la qualità e l’allocazione delle risorse tra i vari programmi (spending review);

§       ripristinare la normale erogazione del credito all'economia, anche per rimuovere i fattori che hanno finora contribuito alla persistenza di problematiche riguardanti l’accesso al credito delle PMI;

§       promuovere la crescita e la competitività del sistema produttivo.

 

In tale settore il Governo preannuncia:

-        un disegno di legge con l’obiettivo di rafforzare gli incentivi per riconoscere e premiare il merito in diversi ambiti, dalla Pubblica Amministrazione alla ricerca, dalla sanità al fisco;

-        la revisione degli strumenti nazionali esistenti per l’incentivazione delle attività imprenditoriali;

-        sul problema dei debiti commerciali accumulati dalle Pubbliche Amministrazioni verso le imprese, di voler anticipare l’adozione delle misure nazionali di recepimento della direttiva europea sui ritardi di pagamento, rispetto alla scadenza di aprile 2013;

-        di dare piena attuazione, entro il prossimo anno, al Tribunale delle Imprese e alla riorganizzazione geografica degli uffici giudiziari,

-        di rafforzare gli investimenti nelle opere infrastrutturali, al fine di realizzare un sistema di infrastrutture di trasporto esteso ed efficiente;

-        di dare attuazione agli obiettivi di sviluppo definiti nell’Agenda Digitale per l’Europa;

-        azioni volte alla conquista di maggiori spazi di mercati all’estero, anche attraverso politiche di attrazione degli investimenti esteri in Italia;

-        l’attuazione della nuova disciplina sulla golden share;

§       lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi.

In questa sede il Governo sottolinea la presentazione del disegno di legge di riforma che interviene ad ampio raggio su tutti i principali fattori di debolezza del mercato del lavoro e preannuncia taluni interventi finalizzati ad avere particolare impatto sulla disoccupazione giovanile e sulla tutela della famiglia e delle pari opportunità;

§       modernizzare la pubblica amministrazione.

Il tale ambito, il Governo preannuncia un nuovo programma di riduzione degli oneri amministrativi nei confronti delle imprese, da realizzarsi nel 2012-2015; il rafforzamento dell’azione di pianificazione e valutazione delle performance delle pubbliche amministrazioni; l’attuazione una strategia integrata di prevenzione e contrasto dei fenomeni di corruzione, anche attraverso la nuova disciplina dei reati contro la Pubblica Amministrazione.

 

Le principali misure indicate nel Programma Nazionale di Riforma sono state sinteticamente riportate in un prospetto, allegato alla terza sezione del DEF, che si compone di diverse voci che hanno lo scopo di descrivere le riforme, quantificarne l’impatto sul bilancio pubblico ed evidenziarne la loro funzionalità rispetto agli obiettivi comunitari.

 

Le azioni di riforma si presentano raggruppate nelle seguenti macro-aree d’intervento:

§      contenimento della spesa pubblica;

§      energia e ambiente;

§      federalismo;

§      infrastrutture e sviluppo;

§      innovazione e capitale umano;

§      lavoro e pensioni;

§      mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa;

§      sostegno alle imprese;

§      sistema finanziario.

 

Il DEF reca, infine, l’aggiornamento dei valori relativi all’impatto macroeconomico previsto nel PNR dello scorso anno, in base al quale complessivamente il totale dell’impatto medio annuo per il PIL è di +0,4 punti percentuali sia nel periodo 2012-2014 che in quello successivo, mentre aumenta a 0,6 punti percentuali nel periodo 2018-2020, quando si dispiegheranno compiutamente tutti gli effetti di medio-lungo periodo delle riforme.


1. Il DEF nel nuovo sistema di governance economica dell’UE

La presentazione del Documento di economia e finanza (DEF) si inserisce nel processo di coordinamento ex ante delle politiche economiche degli Stati membri dell’UE, il cd. semestre europeo.

Il semestre europeo

L’introduzione del semestre europeo è stata concordata dal Consiglio ECOFIN del 7 settembre 2010, in coerenza con le conclusioni del Consiglio europeo di giugno 2010 ed accogliendo le indicazioni contenute nella comunicazione della Commissione europea “Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche per la stabilità, la crescita ed i posti di lavoro - Strumenti per una governance economica più forte in ambito UE".

Alcune delle scadenze e degli adempimenti connessi al semestre sono stati trasfusi in modifiche al Codice di condotta sull'attuazione del Patto di stabilità e crescita approvatedal Consiglio ECOFIN del 7 settembre 2010.

In particolare, la nuova procedura di sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali si articola nelle seguenti fasi:

§      gennaio: presentazione da parte della Commissione dell’indagine annuale sulla crescita;

§      febbraio/marzo: il Consiglio europeo elabora le linee guida di politica economica e di bilancio a livello UE e a livello di Stati membri;

§      metà aprile: gli Stati membri sottopongono contestualmente i Piani nazionali di riforma (PNR, elaborati nell’ambito della nuova Strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020) ed i Piani di stabilità e convergenza (PSC, elaborati nell’ambito del Patto di stabilità e crescita), tenendo conto delle linee guida dettate dal Consiglio europeo;

§      inizio giugno: sulla base dei PNR e dei PSC, la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati membri;

§      giugno: il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, approvano le raccomandazioni della Commissione europea, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno;

§      seconda metà dell’anno: gli Stati membri approvano le rispettive leggi di bilancio, tenendo conto delle raccomandazioni ricevute. Nell’indagine annuale sulla crescita dell’anno successivo, la Commissione dà conto dei progressi conseguiti dai Paesi membri nell’attuazione delle raccomandazioni stesse.

Il regolamento (UE) n. 1175/2011

Il regolamento (UE) n. 1175/2011 (parte integrante di un pacchetto complessivo di sei atti legislativi, il c.d. six pack[1]) modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche, introducendo norme dettagliate sulla disciplina del semestre europeo.

In particolare, l’art 2-bis del regolamento riconduce al semestre europeo, pur non indicando la precisa cadenza temporale stabilita dal Consiglio (ad eccezione dei termini di presentazione dei programmi di stabilità), gli strumenti di coordinamento e sorveglianza multilaterale sulle politiche economiche previsti dal Trattato sul funzionamento dell’UE:

§       l'elaborazione e il controllo di attuazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione in conformità dell'articolo 121, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’UE[2] (TFUE);

§       la formulazione e l'esame dell'attuazione degli orientamenti per le politiche in materia di occupazione di cui gli Stati membri devono tenere conto in conformità dell'articolo 148, paragrafo 2, del TFUE[3];

§      la presentazione (il cui termine viene fissato al 30 aprile) e la valutazione dei programmi di stabilità o di convergenza degli Stati membri;

§      la presentazione e la valutazione dei programmi nazionali di riforma degli Stati membri a supporto della strategia dell'Unione per la crescita e l'occupazione, definiti in base alle linee guida di cui alle precedenti lettere a) e b) e alle indicazioni generali fornite agli Stati membri dalla Commissione e dal Consiglio europeo all'inizio del ciclo annuale di sorveglianza;

§       la sorveglianza di bilancio volta a prevenire e correggere gli squilibri macroeconomici eccessivi.

Il paragrafo 3 dell’art. 2-bis del regolamento stabilisce che nel corso del semestre:

§      gli Stati membri tengono debitamente conto delle indicazioni loro rivolte dal Consiglio nello sviluppare le proprie politiche economiche, occupazionali e di bilancio e prima di adottare decisioni aventi una notevole incidenza sui propri bilanci per gli anni successivi;

§      la mancata adozione da parte di uno Stato di interventi conformi alle indicazioni ricevute dal Consiglio, secondo gli strumenti sopra indicati, può dar luogo a: 1) ulteriori raccomandazioni ad adottare misure specifiche; 2) un avvertimento della Commissione ai sensi dell’articolo 121, paragrafo 4, del TFUE[4]; 3) misure sulla prevenzione e la correzione dei disavanzi o degli squilibri macroeconomici, quando ne ricorrano le condizioni.

Anche negli altri regolamenti del six pack sono contenute disposizioni espressamente o implicitamente riconducibili all’attuazione del semestre europeo (cfr., tra le altre l’indicazione nel programma di stabilità di dati sulla coerenza con il programma di riforma, e l’espressa riconduzione al semestre europeo del regolamento sulla prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici).

L'attuazione delle misure previste nell’ambito del semestre è soggetta ad un monitoraggio rafforzato da parte della Commissione, anche attraverso missioni di sorveglianza negli Stati membri.

Proposte di modifica del Patto di stabilità: il “two pack”

Il 23 novembre 2011 la Commissione europea ha presentato le seguenti due proposte (cd. “two pack”) che mirano a completare e rafforzareil six pack, rendendo più efficaci sia la procedura del semestre europeo per il coordinamento ex ante delle politiche economiche sia la parte preventiva e correttiva del Patto di stabilità e crescita:

§       una proposta di regolamento sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che affrontano o sono minacciati da serie difficoltà per la propria stabilità finanziaria nell’eurozona (COM(2011)819);

§       una proposta di regolamento recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell’eurozona (COM(2011)821).

 

In particolare, in base alla proposta (COM(2011)821) gli Stati dell’eurozona dovrebbero annualmente:

pubblicare i propri programmi di bilancio a medio-termine, basati su previsioni macroeconomiche fornite da un organismo indipendente;

presentare entro il 15 ottobre il progetto di bilancio per l’anno successivo;

approvare la legge di bilancio annuale non più tardi del 31 dicembre;

istituire un ente di controllo del bilancio indipendente per il monitoraggio degli andamenti di bilancio.

La Commissione, qualora ritenesse il progetto di bilancio di uno Stato membro non conforme agli obblighi imposti dal Patto di stabilità e crescita, potrebbe chiedere, entro due settimane dalla ricezione del progetto, la presentazione di un progetto di bilancio rivisto. Al termine dell’esame del progetto di bilancio, al più tardi entro il 30 novembre di ogni anno, la Commissione adotterebbe, se necessario, un parere sul progetto stesso, da sottoporre alla valutazione dell’Eurogruppo.

La proposta di regolamento (COM (2011)819) definisce invece una procedura per la vigilanza rafforzata sugli Stati membri che affrontano o rischiano di affrontare gravi difficoltà economico-finanziarie, con potenziale effetto di contagio in tutta l’eurozona, o che ricevono assistenza finanziaria[5], al fine di assicurare un rapido ritorno alle condizioni normalità.

In particolare, lo Stato membro sottoposto a vigilanza rafforzata dovrebbe:

comunicare, su richiesta, alla Commissione europea, alla Banca centrale europea (BCE) e all’Autorità europea per il sistema bancario (EBA) informazioni disaggregate sulla situazione finanziaria degli enti che sono soggetti alla vigilanza delle competenti autorità nazionali;

condurre stress test sul sistema bancario, sotto la supervisione dell’EBA;

essere oggetto di valutazioni periodiche delle sue capacità di vigilanza sul settore bancario, sulla base dei criteri di revisione tra pari (peer review) dell’EBA;

ricevere le missioni periodiche di funzionari della Commissione europea, in collaborazione con funzionari della BCE, con il compito di redigere un rapporto di valutazione.

Qualora tale rapporto stabilisca che lo Stato membro interessato deve assumere misure aggiuntive per uscire dalla situazione di instabilità finanziaria, il Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione europea, può raccomandare allo Stato membro di richiedere assistenza finanziaria e di predisporre un programma di aggiustamento macroeconomico finalizzato a ripristinare una situazione finanziaria sostenibile e ad assicurare la capacità di finanziarsi presso i mercati.

La Commissione, in collaborazione con la BCE, vigilerebbe sull’attuazione di tale programma.

Entrambe le proposte verranno esaminate secondo la procedura legislativa ordinaria (ex procedura di codecisione). L’esame del Parlamento europeo è atteso per la sessione del 12 giugno 2012.

La strategia per la crescita e l'occupazione UE 2020

La Strategia Europa 2020, definita dal Consiglio europeo nelle riunioni di marzo e giugno 2010, delinea gli obiettivi e gli strumenti dell’Unione europea e degli Stati membri in materia di crescita e occupazione per il decennio 2011-2020.

In particolare, gli Stati membri devono stabilire le misure per il conseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020 all’interno dei programmi nazionali di riforma da presentare nell’ambito della procedura del semestre europeo.

La Strategia 2020 si articola intorno a cinque obiettivi principali:

§      portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva.

Secondo gli ultimi dati Eurostat, diffusi il 29 marzo 2012 e riferiti al 2010, il tasso di occupazione ha raggiunto il 68,6% nell’UE a 27; il 68,4% nell’Eurozona; i Paesi con le migliori performances risultano essere la Svezia (78,7%), i Paesi Bassi (76,8%) e la Danimarca (76,1%), e; tra i Paesi di maggiori dimensioni economiche e demografiche, nel Regno Unito si è registrato un tasso del 73,6% di occupati, in Germania il 74,9%, in Francia il 69,1%, in Spagna il 62,5%, in Italia il 61,1% (soltanto Ungheria e Malta registrano una percentuale più bassa);

§      migliorare le condizioni per la ricerca e lo sviluppo, in particolare allo scopo di portare al 3% del PIL la spesa per investimenti pubblici e privati combinati in tale settore.

Il 4 aprile 2012 Eurostat ha reso noti i dati relativi alla quota di PIL investita nel settore ricerca e sviluppo tecnologico, a livello dell’UE e dei singoli Stati membri, nel 2010: nell’UE a 27 tale quota è pari al 2% del PIL, (-0,01% rispetto al 2009). In Italia la quota in termini percentuali del PIL risulta pari all’1,26%(stabile rispetto al 2009). Gli investimenti più consistenti in R&S in percentuale del PIL sono state registrati in Finlandia (3,87%), in Svezia (3,42% del PIL), Danimarca (3,06%), Germania (2,82%) e Austria (2,76%), mentre quelle più basse sono state rilevate in Lettonia e in Bulgaria (0,6%), in Slovacchia e a Malta (0,63 %), a Cipro (0,5%). Si segnalano inoltre i dati di Francia, (2,26%), Regno Unito (1,77%) e Spagna (1,39%);

§      ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% - rispetto ai livelli del 1990 - o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni, ovvero nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012, a condizione che altri Paesi si impegnino ad analoghe riduzioni delle emissioni; contestualmente, si intende portare al 20% la quota delle fonti di energia rinnovabile e migliorare del 20% l'efficienza energetica (obiettivo già previsto nel pacchetto clima-energia approvato nel 2009).

Secondo i dati Eurostat, l’UE-27 nel 2009 avrebbe ridotto del 17% le emissioni rispetto al 1990; l’Italia ha conseguito una diminuzione del 5%; la Francia ha ridotto dell’8%; la Germania -26% (riduzione superiore all’obiettivo richiesto); il Regno Unito -27%; la Spagna ha registrato un aumento del 30%. Per quanto concerne la quota di energie rinnovabili sul totale del fabbisogno, l’Italia nel 2009 ha registrato una percentuale dell’8,9%, a fronte del dato complessivo dell’UE-27 pari all’11,7% (Germania: 9,8%; Francia: 12,3%; Regno Unito: 2,9%; Spagna: 13,3%);

§      migliorare i livelli d'istruzione, in particolare riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10% e aumentando la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente almeno al 40%. Il Consiglio europeo ha ribadito la competenza degli Stati membri a definire e attuare obiettivi quantitativi nel settore dell'istruzione.

Secondo i dati diffusi da Eurostat il 29 marzo 2012, il tasso di dispersione scolastica dei ragazzi di età compresa tra i 18 e i 24 anni è stato, nel 2010, pari al 14,1% nell’UE-27; al 18,8% in Italia, al 12,6% in Francia, all’11,9% in Germania, al 14,9% nel Regno Unito, al 28,4% in Spagna. Sempre secondo dati Eurostat, nel 2010 la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria o equivalente risulta invece pari al 33,6% nell’UE a-27; al 19,8% in Italia; 43,5% in Francia; 29,8% in Germania; 43% in Regno Unito; 40,6% in Spagna;

§      promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione.

Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, la quota di popolazione che nel 2010 risultava a rischio di povertà o esclusione sociale: nell’UE-27, il 23,04%; in Italia il 24,3%; in Francia il 18,08%; in Germania il 19,52%; nel Regno unito il 22,75%; in Spagna il 25,29%.


2. L’evoluzione del sistema delle decisioni di bilancio

A seguito dell’introduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali ed operativi tesi a favorire, nell’ambito del cosiddetto “Semestre europeo”, un più intenso coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della UE ed una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico, lo scorso anno, con la legge 7 aprile 2011, n. 39[6] sono state introdotte modifiche sostanziali e procedurali alla normativa contabile nazionale[7], volte, in via generale, ad assicurare la coerenza della programmazione finanziaria nazionale con le procedure e i criteri stabiliti in sede europea.

2.1 La nuova articolazione del ciclo di bilancio

Per quanto concerne il ciclo di bilancio, la attuale legge di contabilità, allineandosi con il nuovo calendario stabilito in sede europea, ha fissato al 10 aprile la data di presentazione alle Camere, per le conseguenti deliberazioni parlamentari, del Documento di Economia e Finanza (DEF), che costituisce il principale strumento di programmazione economica e finanziaria.

La presentazione del DEF nella prima metà del mese di aprile consente alle Camere di esprimersi sugli obiettivi programmatici in tempo utile per l’invio, entro il 30 aprile, al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea, del Programma di Stabilità e del Programma Nazionale di Riforma (PNR) contenuti, rispettivamente, nella prima e nella terza sezione del documento.

Il PNR potrà, inoltre, tener conto delle indicazioni fornite nell’Analisi annuale della crescita, predisposta all’inizio di ciascun anno dalla Commissione europea[8].

 

Al fine di garantire una partecipazione degli enti territoriali al processo di programmazione economico-finanziaria, entro il medesimo termine del 10 aprile il DEF è altresì inviato alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica[9], affinché essa esprima il proprio parere in tempo utile per le deliberazioni parlamentari.

 

Per assicurare, nel corso del Semestre europeo, un pieno e tempestivo coinvolgimento del Parlamento, i progetti, gli atti e i documenti elaborati dalle istituzioni dell’Unione europea nell’ambito del Semestre, contestualmente alla loro ricezione, sono trasmessi dal Governo alle Camere ai fini dell'esame e dell’esercizio delle attività di controllo parlamentare. Nella medesima prospettiva si prevede, inoltre, che entro quindici giorni dalla trasmissione delle linee guida di politica economica e di bilancio a livello dell'UE elaborate dal Consiglio europeo, il Ministro dell'economia riferisca alle competenti Commissioni parlamentari, fornendo una valutazione dei dati e delle misure prospettate dalle linee guida, nonché delle loro implicazioni per l'Italia, anche ai fini della predisposizione del Programma di stabilità e del Programma nazionale di riforma.

 

Sulla base del PNR e del Patto di Stabilità, nel mese di giugno la Commissione europea elabora le raccomandazioni di politica economica e di bilancio rivolte ai singoli Stati. Successivamente, entro il mese di luglio, il Consiglio ECOFIN e, per la parte che gli compete, il Consiglio Occupazione e affari sociali, provvedono ad esaminare ed approvare le raccomandazioni della Commissione, anche sulla base degli orientamenti espressi dal Consiglio europeo di giugno.

 

Una volta completato il processo di coordinamento delle politiche economiche nell’ambito del Semestre europeo, e al fine di tener conto delle eventuali raccomandazioni formulate dalle autorità europee,è quindi prevista la presentazione, entro il 20 settembre di ciascun anno, di una Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza. La Nota consente di tener conto d’informazioni e dati più dettagliati rispetto a quelli disponibili nel mese di aprile e di procedere all'eventuale aggiornamento degli obiettivi programmatici fissati dal DEF, al fine di prevedere una loro diversa ripartizione tra i diversi sottosettori del conto economico della pubblica amministrazione lo Stato, nonché di recepire le raccomandazioni approvate dal Consiglio europeo nel corso del primo semestre dell’anno.

Qualora sia necessario procedere a una modifica degli obiettivi di finanza pubblica, il Governo è tenuto ad inviare, entro il 10 settembre, alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, per il preventivo parere, da esprimere entro il 15 settembre, le linee guida per la ripartizione degli obiettivi. Le linee guida sono altresì trasmesse, entro il 10 settembre, alle Camere, cui è in seguito trasmesso anche il parere espresso su di esse dalla Conferenza.

 

Quale norma di chiusura, la legge di contabilità prevede, infine, che il Governo, qualora per le medesime finalità di aggiornamento previste per la presentazione della Nota, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, intenda aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi, sia tenuto a trasmettere una relazione al Parlamento, recante le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l’indicazione degli interventi correttivi che si intendono adottare.

 

Si ricorda, infine, che la legge di contabilità prevede che entro il 30 giugno di ciascun anno il DEF sia integratodaun apposito allegato – che il Ministro dell'economia è tenuto a trasmettere alle Camere - in cui sono riportati i risultati del monitoraggio degli effetti sui saldi di finanza pubblica, sia per le entrate sia per le spese, derivanti dalle misure contenute nelle manovre di bilancio adottate anche in corso d'anno, con indicazione degli scostamenti rispetto alle valutazioni originarie e le relative motivazioni.

 

La fase di attuazione degli obiettivi programmatici contenuti nel DEF (o nella Nota di aggiornamento) dovrà essere realizzata in autunno, attraverso la presentazione alle Camere, entro il 15 ottobre di ciascun anno, del disegno di legge di stabilità e del disegno di legge del bilancio dello Stato, che compongono la manovra di finanza pubblica su base triennale.

Entro il successivo mese di gennaio dovranno essere presentati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, che sono stati a loro volta precedentemente indicati nel DEF ovvero nella Nota di aggiornamento del medesimo.

Nella tabella che segue sono indicati gli strumenti della programmazione previsti dalla legge n. 196/2009 con i relativi termini di presentazione al Parlamento.

 

Il ciclo di bilancio

10 aprile

Documento di Economia e Finanza (DEF)

30 giugno

Allegato al DEF
sul monitoraggio degli effetti delle manovre adottate anche in corso d'anno

20 settembre

Nota di aggiornamento del DEF

15 ottobre

Disegno di legge di stabilità

15 ottobre

Disegno di legge del bilancio dello Stato

30 giugno

Disegno di legge di assestamento

gennaio

Disegni di legge collegati

 

La struttura del Documento di Economia e Finanza

I contenuti del Documento di economia e finanza (DEF) sono articolati in tre sezioni.

 

La prima sezione espone lo schema del Programma di stabilità, che dovrà contenere tutti gli elementi e le informazioni richiesti dai regolamenti dell'Unione europea e, in particolare, dal nuovo Codice di condotta sull'attuazione del patto di stabilità e crescita, con specifico riferimento agli obiettivi di politica economica da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico.

La sezione contiene gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica almeno per il triennio successivo; l’indicazione degli obiettivi programmatici per l'indebitamento netto, per il saldo di cassa e per il debito delle PA, articolati per i sottosettori della PA, accompagnata anche da un'indicazione di massima delle misure attraverso le quali si prevede di raggiungere gli obiettivi. La sezione deve, inoltre, contenere le previsioni di finanza pubblica di lungo periodo e gli interventi che si intende adottare per garantirne la sostenibilità, nonché le diverse ipotesi di evoluzione dell'indebitamento netto e del debito rispetto a scenari di previsione alternativi riferiti al tasso di crescita del prodotto interno lordo, della struttura dei tassi di interesse e del saldo primario.

Nella seconda sezione sono indicate le regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di individuare forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica, anche attraverso la fissazione di tetti di spesa.

La sezione reca, tra l’altro, un'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo, le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio. All’interno della sezione deve inoltre essere dato conto anche delle risorse destinate allo sviluppo delle aree sottoutilizzate, con evidenziazione dei fondi nazionali addizionali.

In allegato alla sezione è riportata una nota metodologica che espone analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali.

La terza sezione reca, infine, lo schema del Programma Nazionale di riforma (PNR), che, in coerenza con il Programma di Stabilità, definisce gli interventi da adottare per il raggiungimento degli obiettivi nazionali di crescita, produttività, occupazione e sostenibilità delineati dalla nuovaStrategia “Europa 2020”. In tale ambito sono indicati:

§       lo stato di avanzamento delle riforme avviate, con indicazione dell'eventuale scostamento tra i risultati previsti e quelli conseguiti;

§       gli squilibri macroeconomici nazionali e i fattori di natura macroeconomica che incidono sulla competitività;

§       le priorità del Paese, con le principali riforme da attuare, i tempi previsti per la loro attuazione e la compatibilità con gli obiettivi programmatici indicati nel Programma di stabilità;

§       i prevedibili effetti delle riforme proposte in termini di crescita dell'economia, di rafforzamento della competitività del sistema economico e di aumento dell'occupazione.

 

Come già ricordato, in allegato al DEF – ovvero alla Nota di aggiornamento del medesimo – sono indicati gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica, da presentarsi alle Camere entro il mese di gennaio di ogni anno.

 

In base alla legge di contabilità nazionale, in allegato al DEF sono riportate una serie di informazioni supplementari:

a)   una relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui risultati conseguiti, in cui è evidenziato il contributo dei fondi nazionali addizionali, con particolare riguardo alla coesione sociale, alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi;

b)   il Programma delle infrastrutture strategiche previsto dalla legge obiettivo, nonché lo stato di avanzamento del medesimo programma relativo all'anno precedente, predisposto dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;

c)   un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente, relativo allo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra derivanti dagli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi;

d)   un documento recante l’esposizione, con riferimento agli ultimi dati di consuntivo disponibili, delle risorse del bilancio dello Stato destinate alle singole regioni, con separata evidenza delle categorie economiche relative ai trasferimenti correnti e in conto capitale agli enti locali e alle province autonome di Trento e di Bolzano;

e)   il rapporto sullo stato di attuazione della legge di contabilità e finanza pubblicae sullo stato di attuazione delle norme finalizzate all’armonizzazione delle regole contabili degli enti territoriali, prevista dalla legge sul federalismo.

2.2 Le regole fiscali e il pareggio di bilancio

La qualità delle norme e delle procedure interne di bilancio costituisce una condizione indispensabile per il successo delle politiche di consolidamento fiscale e per questo motivo le istituzioni internazionali guardano con attenzione alle modifiche legislative volte a rendere più efficienti i meccanismi di programmazione e decisionali, a rafforzare la disciplina fiscale e a migliorare l’intero sistema di governance a livello nazionale, raccordandolo con quello europeo.

 

In questo quadro assumono particolare rilievo le regole di bilancio o regole fiscali (c.d. fiscal rules), che si configurano come norme permanenti espresse attraverso indicatori sintetici di performance fiscale, aventi lo scopo di rendere evidente – anche mediante l’obbligo del rispetto di limiti numerici per determinati indicatori di finanza pubblica – ai soggetti internazionali e agli operatori dei mercati la sostenibilità, anche di lungo periodo, delle scelte di politica fiscale di un Paese.

 

In seguito all’acuirsi della crisi economica e finanziaria nell’area dell’euro è emersa l’esigenza, nell’ambito della predisposizione del nuovo quadro di governance economica dell’UE, che gli Stati membri introducano nei propri ordinamenti nazionali regole più stringenti volte ad assicurare il rispetto dei parametri fissati dall’Unione relativi ai disavanzi e al debito.

 

In questa prospettiva, nel dicembre del 2011 è entrato in vigore il pacchetto di sei provvedimenti legislativi comunitari (c.d. Six pack), volti all’istituzionalizzazione, a livello europeo, di un nuovo sistema di governance economica, le cui linee fondamentali prevedono:

§       il rafforzamento del Patto di Stabilità e Crescita, con riferimento sia alla parte preventiva che a quella correttiva;

§       l’istituzione di un meccanismo di coordinamento ex ante delle politiche economiche comunitarie;

§       la creazione di meccanismi rafforzati di controllo e di sorveglianza sugli squilibri macroeconomici e finanziari degli Stati membri;

§       la fissazione di regole per l’adozione dei quadri di bilancio nazionali finalizzate a garantire l'osservanza da parte degli Stati membri dell'obbligo di evitare disavanzi pubblici eccessivi;

§       l’introduzione di un benchmark sulla spesa;

§       l’attribuzione di una maggiore rilevanza all’evoluzione del debito pubblico, con l’individuazione di un parametro numerico di riferimento per la sua convergenza entro il 60% del PIL.

 

Il 23 novembre 2011 la Commissione europea ha adottato due nuove proposte di regolamento - COM (2011) 819 e COM (2011) 821, che costituiscono il c.d. “Two pack”, per il rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per la propria stabilità finanziaria e sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati Membri della zona euro.

 

Un successivo passo in avanti nella direzione del rafforzamento della governance economica e di bilancio dell’Unione, è rappresentato dal "patto di bilancio" previsto nel nuovo Trattato intergovernativo sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria (cd. Fiscal compact), il cui testo è stato approvato dal Consiglio europeo straordinario del 30 gennaio e firmato il 2 marzo 2012[10].

 

In particolare, per quanto concerne il rafforzamento della disciplina di bilancio, in base al Trattato (art.3) - che in linea con il diritto dell’Unione riprende talune disposizioni del Six pack concernenti, tra l’altro, le regole sul debito e il disavanzo - le parti contraenti (ossia tutti i paesi dell’UE, ad eccezione del Regno Unito e Repubblica Ceca), si sono impegnate a introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del Trattato, norme vincolanti e a carattere permanente, preferibilmente di rango costituzionale, volte a garantire:

a)   una posizione di bilancio della PA in pareggio o in avanzo, considerando rispettata la regola se il saldo strutturale annuo della PA – ossia il saldo di bilancio corretto per il ciclo al netto delle misure una tantum e temporanee – risulta pari all'obiettivo di medio termine (di seguito MTO) specifico per il paese, quale definito nel nuovo Patto di Stabilità e Crescita, e comunque con un limite inferiore di disavanzo strutturale dello 0,5% del PIL, elevabile all’1% solo qualora il rapporto debito/PIL risulti significativamente inferiore al 60% e i rischi sul piano della sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche siano bassi;

b)   l’attivazione automatica, qualora si constatino deviazioni significative dall'MTO o dal percorso di avvicinamento a tale obiettivo, di un meccanismo di correzione, che include l'obbligo per il paese interessato di attuare misure per correggere le deviazioni in un periodo di tempo definito, nel rispetto delle prerogative dei Parlamenti nazionali.

 

I singoli paesi possono deviare temporaneamente dal loro rispettivo MTO o dal percorso di aggiustamento, solo in caso di circostanze eccezionali, ossia di eventi inconsueti non soggetti al controllo che abbiano rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria della PA oppure periodi di grave recessione economica ai sensi del Patto di stabilità e crescita, purché la deviazione temporanea non comprometta la sostenibilità del bilancio a medio termine del paese interessato.

 

Qualora emergano deviazioni significative dall’MTO deve essere prevista l’attivazione automatica del suddetto meccanismo di correzione, il quale deve essere istituito a livello nazionale sulla base di principi comuni proposti dalla Commissione europea, riguardanti in particolare la natura, la portata e il quadro temporale dell'azione correttiva da intraprendere, anche in presenza di circostanze eccezionali, e il ruolo e l'indipendenza delle istituzioni responsabili sul piano nazionale per il controllo dell'osservanza delle regole di bilancio.

 

Per quanto attiene il rapporto debito/PIL, il nuovo Trattato (art.4), in linea con la riforma del Patto di Stabilità e Crescita, ha disciplinato una regola per la riduzione dell’eccedenza di debito pubblico, in base alla quale quando il suddetto rapporto supera il valore di riferimento del 60%, il paese interessato è chiamato a ridurlo a un ritmo medio di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60%, come previsto dall'articolo 2 del Regolamento (CE) n. 1467/97, modificato dal regolamento (UE) n. 1177/2011.

 

In particolare, il citato Regolamento (UE) n. 1177/2011, nel disciplinare un criterio numerico per valutare la riduzione del rapporto debito/PIL di un paese, prevede, affinché la riduzione sia considerata “adeguata’”, che la distanza del rapporto debito/PIL dalla soglia del 60% debba ridursi di un ventesimo all’anno calcolato con riferimento alla media ponderata dei tre anni antecedenti la valutazione. Per non interferire con i piani di consolidamento fiscale già approvati, il nuovo regolamento prevede tuttavia che la regola del debito entri in funzione dopo un periodo transitorio di 3 anni a partire dalla chiusura delle attuali procedure per disavanzi eccessivi in corso; per l’Italia la chiusura della procedura in corso è prevista nel 2012 per cui il periodo transitorio terminerà nel 2015.

Inoltre, per evitare che gli Stati membri rimandino interamente l’aggiustamento indebolendo quindi la credibilità del processo, ogni Stato membro anche durante il periodo transitorio dovrà esibire dei progressi sufficienti, giudicati in base a un sentiero minimo di aggiustamento lineare. Inoltre, a regime, nell’applicazione della regola anche nel caso in cui il rapporto debito/PIL risulti più elevato del benchmark si tengono comunque in considerazione due aspetti, ossia: a) se, sulla base di previsioni a politiche invariate della Commissione è prevista una correzione nei due anni successivi; b) se vi sono effetti attribuibili al ciclo economico. Infine, qualora il rapporto debito/PIL fosse più alto del benchmark anche dopo l’aggiustamento per il ciclo, la Commissione sarà chiamata a redigere un rapporto ex art. 126 TFUE nel quale al benchmark numerico si aggiungono valutazioni relative a un certo insieme di “altri fattori rilevanti’”, la cui analisi è necessaria al fine di avviare una procedura per disavanzi eccessivi a causa di mancata riduzione del debito ad un “ritmo adeguato”. Tra gli altri fattori rilevanti sono inclusi gli andamenti della posizione debitoria a medio termine del paese, le passività connesse con l’invecchiamento demografico e il livello del debito privato nella misura in cui esso rappresenti una passività implicita potenziale per il settore pubblico.

 

Con riferimento alla regola del debito introdotta nel Patto di stabilità e crescita con il Six Pack, il Programma di Stabilità contenuto nella prima sezione del DEF evidenzia come la prima valutazione della Commissione e del Consiglio Europeo sulla conformità alla suddetta regola avverrà nel 2016, ossia tre anni dopo la chiusura della procedura del deficit eccessivo prevista per l’Italia nel 2012.

In base all’applicazione della formula di calcolo concordata a livello europeo, il benchmark del debito risulta essere pari al 112,3 per cento del PIL nel 2016, 109,6 per cento nel 2017 e 107,0 per cento del PIL nel 2018.

 

Sulla scorta delle ipotesi di finanza pubblica indicate nel DEF, le proiezioni del rapporto debito/PIL indicano dei valori in netta discesa e comunque inferiori al parametro di riferimento; l’Italia risulterebbe dunque in grado di rispettare il benchmark imposto dalla regola nel corso del periodo 2016-2018.

La nuova regola comunitaria della spesa

Oltre alle regole sui disavanzi e la riduzione dell’eccedenza del debito, il DEF segnala come il nuovo Patto di Stabilità e Crescita introduca, sul versante della spesa, il concetto di spesa di riferimento (expenditure benchmark) per valutare i progressi degli Stati membri verso l’obiettivo di medio termine (MTO), ossia, per l’Italia, il pareggio di bilancio in termini strutturali già nel 2013.

 

Com’è noto, in base alla disciplina comunitaria il percorso verso l’MTO deve procedere tramite riduzioni del saldo strutturale di bilancio pari ad almeno 0,5 punti percentuali ogni anno. Al fine di rafforzare tale vincolo e qualificare ulteriormente la convergenza verso l’obiettivo di medio periodo, la nuova regola di spesa introdotta in sede europea prevede, per ciascun paese, la definizione di un aggregato di spesa di riferimento.

 

Tale aggregato è dato, in ciascun anno, dal totale delle spese della P.A. a politiche invariate, al netto della spesa per interessi, delle spese finanziate con fondi comunitari e della variazione delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione, tenendo altresì conto della variazione della spesa per investimenti rispetto a un aggregato medio.

 

Per i paesi che hanno conseguito il proprio MTO, l’aggregato di spesa di riferimento, espresso in termini reali, può evolversi in linea con il tasso di crescita di medio periodo del PIL potenziale.

 

Per i paesi lontani dall’MTO, la crescita dell’aggregato di spesa deve essere invece ridotta rispetto al tasso di crescita potenziale di medio termine di un ammontare che, comunque, garantisca una riduzione del saldo strutturale di bilancio di almeno 0,5 punti percentuali ogni anno. La regola prevede, altresì, che eventuali sforamenti nella crescita dell’aggregato di spesa rispetto al tasso di riferimento del prodotto potenziale debbano essere prontamente compensati da aumenti delle entrate discrezionali di uguale ammontare.

 

Il limite massimo per la crescita dell’aggregato di spesa che si applica all’Italia per il prossimo triennio, definito in sede europea, è pari, rispettivamente, a -0,8 per cento l’anno nel caso di non raggiungimento dell’MTO e di 0,3 per cento nel caso di conseguimento dello stesso.

 

Sulla base di questi parametri, il DEF evidenzia come il quadro di finanza pubblica nazionale risulti in linea con le disposizioni della regola di spesa.

 

Nel 2013 l’Italia dovrebbe oltrepassare con un ampio margine l’obiettivo di medio termine, registrando un surplus strutturale pari allo 0,6 del prodotto, e il livello della spesa nei due anni successivi dovrebbe essere in linea con la media del tasso di crescita del PIL potenziale (0,3%). Il DEF rileva, tuttavia, che il rispetto della regola della spesa negli anni a venire è significativamente subordinato al permanere di condizioni di finanza pubblica stringenti che prevedano il mantenimento di saldi strutturali ambiziosi e almeno in linea con l’obiettivo di medio termine nel periodo finale di previsione.

 

Applicazione della regola di spesa

 



 

2011

2012

2013

2014

2015

milioni di euro

1.Totale spesa

790.794

801.422

807.370

821.925

840.313

2.Maggiori spese a politica invariata

 

 

 

 

4.000

3.Spese finanziate da UE

3.508

3.900

4.100

4.300

4.500

4.Sussidi di disoccupazione : variazione non discrezionale

95

475

-886

15

-66

5.Interessi

78.021

84.217

88.456

93.832

99.249

6.Investimenti fissi lordi

32.030

29.953

29.491

29.813

30.172

7.Investimenti fissi lordi - media sugli ultimi 4 anni (1)

34.453

33.135

30.923

30.322

29.857

8.Aggregato di spesa di riferimento (1+2-3-4-5-6+7)

711.593

716.012

717.132

724.287

740.315

9.Aggregato di spesa in termini reali

641.978

634.678

623.639

618.399

620.278

10.Tasso di crescita dell'aggregato di spesa in termini reali

-1,4

-1,1

-1,7

-0,8

0,3

11.Benchmark di riferimento (limite massimo alla crescita dell’aggregato di spesa)

-0,8

-0,8

-0,8

0,3

0,3

Fonte: DEF 2012.

Il benchmark di riferimento è stato calcolato ipotizzando il raggiungimento dell’MTO nel 2013 e il mantenimento dello stesso nel 2014 e nel 2015. L'aggregato di spesa di riferimento viene ottenuto sulla base dei valori presentati nel conto della P.A., sottraendo al totale delle spese a politiche invariate l’ammontare della spesa per interessi, delle spese finanziate con fondi UE la variazione delle spese non discrezionali per indennità di disoccupazione e considerando la variazione della spesa per investimenti rispetto a un aggregato medio (da t a t-3). L'aggregato di spesa di riferimento viene deflazionato per mezzo del deflatore del PIL. Il tasso di crescita dell'aggregato di riferimento viene successivamente derivato.

Le nuove regole nazionali per la stabilizzazione finanziaria

L’Italia, in concomitanza con l’avvio della definizione del nuovo sistema di governance economica dell’UE, ha introdotto rilevanti modifiche al proprio ordinamento contabile, che oltre a incidere, come si è visto, sul complessivo processo di programmazione economica di medio termine, prefigurano anche nuovi criteri di prudenzialità della gestione finanziaria, finalizzati ad agevolare il controllo degli andamenti di finanza pubblica ed il perseguimento dei relativi obiettivi fissati in sede europea.

 

In questa logica di prudenza fiscale si collocano, ad esempio, le modifiche apportate alla legge di contabilità e finanza pubblica nel 2011, in base alle quali l’utilizzo del risparmio pubblico a copertura degli oneri correnti della legge di stabilità è ora consentito unicamente per finanziare riduzioni entrata e solo a condizione che sia assicurato un valore positivo del risparmio pubblico[11].

 

In coerenza con le richieste dell’Unione europea di destinare alla riduzione del deficit e del debito le eventuali maggiori entrate non previste a legislazione vigente, s’inscrive, inoltre, il nuovo comma 1-bis dell’articolo 17 della legge di contabilità, il quale ha introdotto reca il divieto di utilizzare le maggiori entrate rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente per la copertura finanziaria di nuove o maggiori spese o riduzioni di entrate, con l’espressa previsione che l’eventuale “extra gettito” debba essere finalizzato al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.

 

Un’altra innovazione, volta a rafforzare la disciplina fiscale in conformità a uno schema di programmazione e di bilancio ispirato a procedure e regole di tipo “top down”, consiste nella previsione, introdotta nell’ambito della delega al Governo per il completamento della riforma del bilancio dello Stato – non ancora esercitata, di cui all’art. 40, comma 2, lett. h), della legge n.196/09 - di un principio direttivo volto a definire criteri e modalità per la fissazione di limiti per le spese del bilancio dello Stato, ossia “tetti” di spesa riferiti all’intero aggregato delle risorse iscritte nel bilancio, ivi comprese pertanto anche le spese non rimodulabili (per stipendi, pensioni, oneri contrattuali, ecc…), in relazione alle quali la norma specifica che occorrerà comunque tenere conto della loro peculiarità. Tali limiti, in base a quanto disposto dalla delega, dovranno essere individuati in via di massima nel DEF e adottati con la successiva legge di bilancio, in coerenza con la programmazione triennale delle risorse.

 

Con riferimento ai limiti di spesa, va altresì segnalato come nell’ambito della legge di riformache ha costituzionalizzato il principio del pareggio di bilancio, sia stato disposto che con una legge quadro di contabilità da approvare entro il 28 febbraio 2013, sia disciplinata, per il complesso delle pubbliche amministrazioni, l’introduzione di regole sulla spesa volte a conseguire la duplice finalità di salvaguardare gli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica (per il contenuto della riforma cfr. oltre).

 

Da ultimo, si rileva come il DEF contenga, nella sezione relativa al Programma di Stabilità, un capitolo dedicato alle regole di bilancio (Cap. VII), nell’ambito del quale il Governo, nel richiamare le recenti innovazioni alla disciplina contabile, sottolinea come nel quadro di fiscal governance italiano le principali regole fiscali a garanzia della disciplina di bilancio siano rinvenibili:

§       nel Patto di stabilità interno, finalizzato a individuare le modalità attraverso cui gli Enti locali e le Regioni concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, attraverso la definizione di vincoli specifici che gli enti sono tenuti a rispettare congiuntamente a obblighi di informazione, comunicazione e certificazione nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, e a un sistema sanzionatorio in caso di inadempienza. Il Patto dispone, in particolare, una regola definita in termini di saldo di bilancio per i Comuni e le Province e un vincolo alla crescita nominale della spesa finale per le Regioni;

§       nel Patto per la salute, volto a conseguire una corretta programmazione della spesa sanitaria pubblica, esclusa dalla disciplina del Patto di stabilità interno, attraverso la fissazione a monte dell’ammontare delle risorse statali da destinare al Servizio sanitario nazionale e la definizione di regole per migliorare la qualità dei servizi e delle prestazioni, sulla base di un modello di “governo condiviso” tra amministrazione centrale e locale;

§       nella previsione di meccanismi di controllo (“tetti”) della crescita della spesa farmaceutica rispetto alla spesa sanitaria.

 

Si segnala, infine, che una recente disposizione volta alla fissazione di regole all’evoluzione della spesa è contenuta nell’art.1, comma 01, del D.L. n.138 del 2011[12], il quale ha disciplinato un meccanismo in base al quale nei limiti delle risorse che si rendano disponibili in base all’avvio di un programma di revisione integrale della spesa pubblica – contemplato dall'articolo 01 del medesimo decreto - si prevede, tra l’altro, che la spesa primaria del bilancio dello Stato per il triennio 2014-2016 possa aumentare in termini nominali, in ciascun anno, rispetto alla spesa corrispondente registrata nel rendiconto dell'anno precedente, di una percentuale non superiore al 50 per cento dell'incremento del PIL previsto dal DEF, come approvato nella apposita risoluzione parlamentare. Al fine di consentire alle amministrazioni centrali il conseguimento dei diversi obiettivi di riduzione della spesa fissati dal citato comma 01, si prevede, inoltre, limitatamente al quinquennio 2012-2016, una estensione dei margini di flessibilità nella gestione delle risorse iscritte a bilancio, stabilendosi che le dotazioni finanziarie di ciascuno stato di previsione possano essere, entro determinati limiti, rimodulate anche con riferimento alle spese derivanti da fattore legislativo e a quelle non rimodulabili ai sensi della vigente disciplina contabile.

Il pareggio di bilancio in Costituzione

L’esigenza di costituzionalizzare la “regola aurea” del pareggio di bilancio negli ordinamenti nazionali, formulata in origine quale impegno non giuridicamente vincolante nell’ambito del Patto euro plus, è contenuta anche nel citato Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’Unione economica e monetaria, il cui iter di ratifica è iniziato presso il Senato.

Analogamente a quanto previsto o a quanto si accingono a fare altri ordinamenti europei, anche l’Italia, oltre a ridisegnare, come accennato, la propria disciplina contabile ordinaria - attraverso la legge n.196/09 e successive modificazioni – ha inteso introdurre nella Carta costituzionale il principio del pareggio di bilancio, correlandolo a un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo.

 

In particolare, la riforma, disposta con la legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, novella gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost., incidendo sulla disciplina di bilancio dell’intero aggregato delle pubbliche amministrazioni, compresi gli enti territoriali.

 

Le novelle all’art. 81 della Costituzione, che detta regole sulla finanza pubblica e sulla formazione del bilancio, sanciscono il principio del "pareggio di bilancio", in base al quale lo Stato assicura l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle diverse fasi - avverse o favorevoli - del ciclo economico.

Alla regola generale del pareggio di bilancio è possibile derogare, facendo dunque ricorso all’indebitamento, solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e al verificarsi di eventi eccezionali, che possono consistere in gravi recessioni economiche; crisi finanziarie e gravi calamità naturali.

 

Per circoscrivere e rendere effettivamente straordinario il ricorso all'indebitamento connesso a eventi eccezionali, si prevede che esso sia autorizzato con deliberazioni conformi delle due Camere sulla base di una procedura aggravata, che prevede un voto a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti.

 

La definizione del contenuto della legge di bilancio, delle norme fondamentali e dei criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni sono demandati a una apposita “legge quadro di contabilità”, che nel rispetto dei principi definiti con la legge costituzionale dovrà essere approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera entro il termine del 28 febbraio 2013.

 

La riforma conferma la disciplina dei rapporti costituzionali fra Governo e Parlamento e le loro relative attribuzioni in ordine alla decisione di bilancio, ribadendo i principi della annualità del bilancio e della sua decisione parlamentare, dell'obbligo di rendicontazione, della unità ed unitarietà del bilancio, nonché il principio della esclusività della competenza del Governo in relazione alla predisposizione ed alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio.

L'obbligo di assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico viene esteso, con apposita novella all'art. 97 della Costituzione, a tutte le amministrazioni pubbliche, in conformità con l’ordinamento dell'Unione Europea, cui la norma costituzionale espressamente rinvia.

 

Per quanto concerne la disciplina di bilancio degli enti territoriali, viene modificato l'articolo 119 della Costituzione, al fine di specificare che l'autonomia finanziaria di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, è assicurata nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci; viene inoltre costituzionalizzato il principio del concorso di tali enti all’adempimento dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, nonché precisato che il ricorso all'indebitamento - che la disciplina vigente consente esclusivamente per finanziare spese di investimento - è subordinato alla contestuale definizione di piani di ammortamento e alla condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio.

 

Ulteriori disposizioni del testo della riforma costituzionale dettano i principi cui dovrà attenersi la suddetta "legge quadro di contabilità" oggetto di approvazione a maggioranza qualificata, la quale dovrà disciplinare, tra l'altro:

§       l’introduzione di verifiche preventive e consuntive sugli andamenti di finanza pubblica;

§       l’adozione di misure correttive in caso di scostamento negativo dalle previsioni;

§       la definizione puntuale degli eventi eccezionali (gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali), al verificarsi dei quali sono consentiti il ricorso all’indebitamento per il bilancio dello Stato;

§       l’introduzione di regole fiscali sulla spesa a salvaguardia degli equilibri di bilancio e per assicurare la riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel lungo periodo;

§       l'istituzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia costituzionale, di un organismo indipendente, al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio.

 

Si prevede, infine, che alle Camere siaaffidata la funzione di controllo sulla finanza pubblica - con particolare riferimento all'equilibrio tra entrate e spese, nonché alla qualità e all’efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni - da esercitare secondo modalità da definire con i rispettivi regolamenti.

 

Le nuove disposizioni costituzionali troveranno applicazione a decorrere dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.


3. Il quadro macroeconomico

3.1 La congiuntura internazionale

Dopo la crisi che ha investito l’economia mondiale negli anni 2008 e 2009 e il recupero manifestato nel 2010, l’economia mondiale ha registrato un rallentamento nella crescita nel corso della seconda metà del 2011.

Il DEF, nella prima sezione relativa al Programma di Stabilità, evidenza come il PIL mondiale sia cresciuto nel 2011 ad un tasso del 3,6 per cento e il commercio del 6,1 per cento, a livelli inferiori rispetto al 2010.

Nel complesso, si conferma un differenziale dei tassi di crescita tra i paesi avanzati e quelli emergenti o ancora all’inizio del loro ciclo di sviluppo - questi ultimi contraddistinti da una crescita sensibilmente più elevata e da più intense pressioni inflazionistiche - così come permane un certo grado di asimmetria tra le aree più industrializzate.

I segnali di rallentamento emersi nell’ultima fase dello scorso anno si sono riflessi, in parte, anche nei primi mesi dell’anno in corso; pertanto, le previsioni di crescita dell’economia globale per il 2012 si riducono ulteriormente al 3,1 per cento e quelle del commercio mondiale al 3,4 per cento.

Pur in presenza di segnali di stabilizzazione del contesto internazionale, continuano a persistere elementi di incertezza per il futuro.

Nei paesi sviluppati gli elementi di criticità sonoconnessi agli effetti su un orizzonte di medio periodo delle politiche fiscali restrittive necessarie per contenere gli ampi livelli d’indebitamento raggiunti a seguito della crisi finanziaria. Le stesse economie avanzate potrebbero altresì risentire di una minore crescita dei paesi emergenti.

Inoltre, l’andamento dei prezzi delle materie prime – energetiche, alimentari e industriali – permane su livelli elevati e segnali di indebolimento della ripresa economica potrebbero manifestarsi qualora le tensioni geopolitiche presenti in varie aree del mondo inneschino ulteriori aumenti dei prezzi.

 

La debolezza del commercio mondiale

(variazioni percentuali)

 

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Commercio internazionale

12,9

6,1

3,4

5,2

6,3

6,7

Prezzo del petrolio
(Brent FOB dollari/barile)

80,2

111,3

119,5

119,7

119,7

119,7

Cambio dollaro/euro

1,3

1,4

1,3

1,3

1,3

1,3

 

PIL mondiale (*)

5,3

3,9

3,5

4,1

4,4

4,5

Fonte: DEF 2012, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab. I.1-1.

(*) I dati sul PIL mondiale sono tratti da FMI, World Economic Outlook, aprile 2012.

 

Con riferimento alle principali economie avanzate, mentre negli Stati Uniti il quadro congiunturale nel corso dell’anno 2011 è andato progressivamente migliorando,specialmente sul versante del mercato del lavoro,in Giappone la ripresa economica avviata nella seconda parte dell’anno ha subito una battuta d’arresto a seguito del rallentamento dell’economia mondiale.

 

Per quanto concerne, in particolare, gli Stati uniti, il mercato del lavoro ha visto scendere il tasso di disoccupazione e l’inflazione rimane, in prospettiva, sotto controllo. Continuano tuttavia a permanere le difficoltà sul mercato immobiliare. Il recupero dell’economia del paese già a partire dall’ultimo trimestre 2011 è confermato anche nell’ultimo Bollettino mensile della Banca Centrale europea, pubblicato ad aprile 2012, evidenzia come il PIL nel IV trimestre 2011 sia cresciuto dello 0,7 per cento rispetto al terzo trimestre. Le statistiche relative al primo trimestre 2012 mostrano che l’economia statunitense continua a migliorare.

Nel Bollettino la BCE conferma, inoltre, come l’attività economica del Giappone continui a evidenziare segnali incerti e contrastanti di ripresa dopo la temporanea stagnazione alla fine del 2011. In particolare, a febbraio 2012, la produzione industriale ha subito un calo inaspettato dopo due mesi di crescita positiva. Le esportazioni e le importazioni di beni in termini reali continuano a presentare un andamento contenuto.

I consumi privati continuano, invece, a rafforzarsi, grazie, almeno in parte, all’impatto positivo fornito dagli incentivi per l’acquisto di autoveicoli. La Banca Centrale nipponica ha deciso di porsi come obiettivo nell’immediato futuro un tasso di inflazione dell’1,0 per cento.

 

Nei paesi emergenti, i cui tassi di crescita più intensi rispetto alle economie avanzate forniscono un rilevante contributo all’andamento dell’economia globale, alla fine dello scorso anno si è registrato un lieve indebolimento dell’attività.

Nel Bollettino di aprile 2012, la BCE punta in particolare l’attenzione sulla Cina, evidenziando come in base agli indicatori disponibili anche nei primi due mesi dell’anno si sia registrata una decelerazione della crescita economica. In presenza di condizioni esterne meno favorevoli e di un rallentamento della domanda interna, sia le esportazioni che le importazioni si sono indebolite. Anche la produzione industriale ha rallentato negli ultimi mesi. Le autorità statali cinesi hanno fissato l’obiettivo di crescita del PIL nel 2012 al 7,5 per cento, inferiore rispetto all’8 per cento dello scorso anno.

 

L’area dell’euro nel corso del 2011 ha registrato un complessivo indebolimento del ciclo economico, sino a registrare, nell’ultimo trimestre dell’anno, una variazione congiunturale negativa del prodotto.

Secondo i dati recentemente diffusi da Eurostat, il PIL del 2011 è risultato pari all’1,5 per cento, rispetto all’1,9 per cento del 2010.

 

In particolare, nel quarto trimestre del 2011 il PIL dell’area euro è diminuito, in termini reali, dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente (in cui il PIL aveva registrato un tasso di crescita dello 0,1 per cento)[13].

Per quanto riguarda l’andamento del primo trimestre 2012, il Bollettino BCE di aprile 2012 evidenzia una persistente mancanza di dinamismo della spesa per consumi ed un modesto miglioramento dell’attività di investimento, in un contesto tuttavia di perdurante debolezza. Per quanto riguarda i flussi commerciali, la diminuzione registrata dalle importazioni e dalle esportazioni nel quarto trimestre del 2011 (rispettivamente dell’1,4 e dello 0,4 per cento) rende le prospettive a breve termine moderate e sostanzialmente in linea con quelle dell’attività economica dell’area.

Nonostante tali segnali, la BCE afferma che è attesa una ripresa graduale dell’economia dell’area nel corso dell’anno 2012, che dovrebbe essere favorita dalla domanda estera, dal livello molto basso dei tassi di interesse a breve termine e dall’insieme delle misure intraprese per assicurare per fronteggiare la crisi.

Le perduranti tensioni nei mercati del debito sovrano dell’area e il loro impatto sulle condizioni creditizie, il processo di risanamento dei bilanci nel settore finanziario e in quello non finanziario, nonché l’elevata disoccupazione in alcuni paesi dell’area dovrebbero, tuttavia, continuare a frenare la dinamica di fondo della crescita. Per le prospettive economiche dell’Area prevalgono, nel complesso, rischi al ribasso, legati anche alla possibilità di ulteriori incrementi nel prezzo delle materie prime.

Al fine di fronteggiare la situazione economico-finanziaria, il DEF ricorda che i Paesi europei hanno deciso di anticipare alla prima metà del 2012 l’entrata in vigore del Meccanismo di Stabilità Europeo (ESM), mentre la Banca Centrale Europea ha contribuito a ridurre le tensioni sui mercati finanziari portando il tasso di politica monetaria all’1,0 per cento, implementando due operazioni di rifinanziamento a 3 anni del sistema bancario, nonché allargando significativamente l’ambito delle attività finanziarie accettate come collaterale per le operazioni di finanziamento presso medesima banca.


3.2 Lo scenario macroeconomico nazionale

Il DEF espone l’analisi del quadro macroeconomico italiano nel 2011 e le previsioni per l’anno in corso e il triennio 2013-2015, che riflettono gli elementi di incertezza che caratterizzano le prospettive di crescita globali.

 

A fronte di una moderata ripresa dell’economia italiana registrata nella prima parte del 2011, fattori esterni - quali il rallentamento del ciclo economico mondiale e il contestuale inasprimento delle tensioni sui debiti sovrani dell’area dell’euro - e interni - quali la debolezza della domanda interna, che ha risentito del clima d’incertezza e del peso dell’aggiustamento fiscale, e la restrizione del credito all’economia - hanno indotto un’inversione del ciclo nel corso degli ultimi due trimestri.

 

Nel complesso, la crescita del PIL nel 2011 si è attestata allo 0,4 per cento, circa 1,4 punti percentuali in meno rispetto al risultato raggiunto nel 2010 e 0,2 punti in meno della stima elaborata nella Relazione presentata al Parlamento nel dicembre 2011[14].

 

Quanto all’attuale fase congiunturale, il DEF rivede al ribasso di 0,8 punti percentuali le stime sull’andamento dell’economia italiana per l’anno in corso, prevedendo per il 2012 una contrazione del PIL dell’1,2 per cento, a fronte del -0,4 per cento indicato a dicembre.

Tale scenario negativo riflette i segnali di rallentamento della crescita emersi nell’ultima fase dell’anno 2011, in cui il prodotto ha registrato una recessione negli ultimi due trimestri.

 

L’andamento congiunturale è atteso permanere debole per tutto il primo semestre del 2012,in ragione della debolezza della domanda interna e degli effetti di trasmissione delle tensioni sul mercato del credito, che appaiono tuttavia in graduale miglioramento.

 

Una crescita ancora modesta è indicata per gli anni successivi.

In particolare, nel 2013 il PIL è previsto crescere a un ritmo pari allo 0,5 per cento, lievemente al di sopra della stima formulata a dicembre, per poi accelerare a partire dal 2014, con una crescita dell’1,0 per cento - invariata rispetto alla stima precedente - e dell’1,2 per cento nel 2015.

Confronto previsioni di crescita del PIL

(variazioni percentuali)

 

 

Relazione al Parlamento 2011
dicembre 2011

DEF 2012
aprile 2012

 

2012

2013

2014

2012

2013

2014

2015

PIL

-0,4

0,3

1,0

-1,2

0,5

1,0

1,2

 

 

I risultati nel 2011

 

Con riferimento al consuntivo 2011[15] - che evidenzia una contrazione della crescita dell’economia italiana di circa 1,4 punti percentuali in meno rispetto all’anno precedente, il Governo rileva come tale risultato sia ascrivibile alla recessione registrata negli ultimi due trimestri dell’anno, con un calo dello 0,2 per cento nel terzo trimestre e dello 0,7 per cento nell’ultimo trimestre rispetto a quelli precedenti, come certificato dall’ISTAT nei Comunicati del 21 dicembre 2011 e del 12 marzo 2012[16].

 

Tra i fattori esterni che hanno contribuito a raffreddare la moderata ripresa dell’economia italiana in atto nella prima parte del 2011 il DEF annovera, oltre al generale deterioramento della congiuntura internazionale, l’inasprimento delle tensioni sul mercato dei debiti sovrani dell’area dell’euro. Le turbolenze finanziarie hanno comportato un sensibile rialzo del differenziale di rendimento tra i titoli di Stato decennali italiani e quelli tedeschi, fino a raggiungere i massimi dall’introduzione dell’euro ad oltre 5,5 punti percentuali. In seguito, il differenziale è sceso significativamente al di sotto dei 3,0 punti percentuali, per risalire poi nuovamente nelle ultime settimane.


 

Il grafico che segue mostra l’andamento dello “spread” Italia-Germania sui titoli di Stato decennali nel corso dell’ultimo anno (maggio 2011-aprile 2012).

Dal punto di vista interno, ha inciso negativamente la debolezza della domanda interna, che oltre a risentire del peggioramento delle aspettative , ha subito gli effetti delle manovre di consolidamento dei conti pubblici e dei fenomeni di restrizione del credito.

 

La dinamica del prodotto è stata sostenuta principalmente dalla domanda estera netta (+1,4%); i consumi finali nazionali sono risultati stazionari, mentre gli investimenti fissi lordi e la variazione delle scorte hanno fornito un contributo negativo, rispettivamente, di 0,4 e 0,5 punti percentuali.

 

In particolare, nel 2011, dopo una lieve ripresa registrata nell’anno precedente, si è verificata nuovamente una flessione degli investimenti fissi lordi dell’1,9%, risultata più intensa nel settore delle costruzioni (-2,8 per cento), dove è in corso un processo di aggiustamento. Il calo riscontrato nel comparto delle macchine e attrezzature (-1,5 per cento) è stato attenuato dall’aumento degli investimenti in mezzi di trasporto (+1,5 per cento).

La crescita della spesa delle famiglie residenti è stata modesta (0,2 per cento), risentendo della compressione del reddito disponibile e dell’accelerazione dell’inflazione. In tale ambito, si è osservata una ricomposizione della spesa delle famiglie italiane a favore dei servizi (1,6 per cento) e una riduzione del consumo di beni (-0,9 per cento).

La spesa pubblica, per effetto delle misure di correzione fiscale, si è invece ridotta dello 0,9 per cento.

Quanto al mercato del lavoro, il DEF rileva come nel complesso del 2011 si siano manifestati segnali contrastanti. L’occupazione ha ripreso a crescere, seppur modestamente, dopo due anni di contrazione a seguito della crisi, atteso che le unità di lavoro, ULA, sono aumentate dello 0,1 per cento, con andamenti più dinamici nell’industria in senso stretto e nei servizi privati, a fronte del calo nelle costruzioni e nella pubblica amministrazione. Il tasso di disoccupazione è rimasto invece invariato rispetto al 2010, attestandosi in media all’8,4 per cento.

Negativo è stato l’andamento del costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), salito dell’1% rispetto al 2010 in ragione del deterioramento della produttività, con incrementi settoriali più pronunciati nell’industria in senso stretto e nelle costruzioni.

Con riferimento all’evoluzione dei prezzi, ildeflatore del PIL nel 2011 è cresciuto in media dell’1,3 per cento, mentre l’indice dei prezzi al consumo (NIC) del’2,7 per cento, riflettendo l’incremento dei prezzi dei beni e servizi importati. Quanto all’indice armonizzato dei prezzi al consumo, la crescita è stata pari al 2,9 per cento con un differenziale di 0,2 punti percentuali rispetto all’indice medio registrato dall’area dell’euro (2,7 per cento), ricollegabile essenzialmente, secondo quanto precisato nel DEF, alla diversa tempistica con cui gli aumenti di prezzo delle componenti più volatili (energia e alimentari freschi) riflettono l’andamento delle quotazioni internazionali.

Particolarmente brillante la dinamica delle esportazioni, cheevidenziauna crescita del 5,6 per cento avvenuta nonostante l’apprezzamento dell’euro, mentre il rallentamento della domanda interna nella seconda metà dell’anno ha inciso fortemente sull’andamento delle importazioni, cresciute dello0,4 per cento a fronte del +12, 7 per cento registrato nell’anno precedente.

Per quanto concerne, in particolare, il commercio con l’estero, il DEF evidenzia la prosecuzione nel 2011 dell’andamento positivo dell’Italia già iniziato nel 2010, che conferma il Paese come il settimo esportatore mondiale. Nel complesso, il saldo commerciale è risultato negativo per circa 24,6 miliardi (1,7 per cento del PIL), in miglioramento rispetto al disavanzo di 30,0 miliardi rilevato nell’anno precedente, per effetto della crescita più vivace delle esportazioni rispetto alle importazioni. Nel 2011, entrambi i flussi commerciali hanno registrato un massimo storico, maggiore di quello già rilevato nel 2008. Sul piano geografico, entrambi i flussi sono risultati più dinamici verso i paesi extra-europei rispetto a quelli con i paesi europei.

La quota di mercato dell’Italia espressa sulle esportazioni mondiali a prezzi correnti nel primo semestre del 2011 è risultata invariata rispetto allo stesso periodo del 2010 (al 3,0 per cento). L’Italia non ha tuttavia ancora riconquistato la quota precedente alla crisi finanziaria del 2008, registrando una riduzione di 0,6 punti percentuali.

Infine, un dato positivo è rinvenibile nell’andamento degli investimenti diretti esteri in entrata in Italia, pari nel 2011 a 25,4 miliardi, in aumento rispetto al 2010 di 18,4 miliardi.


Le prospettive dell’economia italiana

 

Il DEF sottolinea come le prospettive economiche per l’Italia siano influenzate in primo luogo dall’evoluzione dello scenario globale e in particolare europeo, che presenta, come sopra accennato, rischi al ribasso - imputabili in primo luogo a una possibile recrudescenza della crisi del debito sovrano, al rallentamento delle economie emergenti e alle tensioni sui prezzi delle materie prime anche per ragioni geopolitiche -, ma anche potenzialità espansive, che potrebbero derivare da una più solida ripresa dell’economia statunitense e, nell’area dell’euro, dagli effetti delle riforme strutturali attuate e in via di elaborazione.

 

Sul piano interno, il PNR evidenzia, invece, in modo dettagliato, i problemi strutturali alla base del progressivo indebolimento della capacità di crescita dell’economia italiana. Problemi che hanno influenzato la bassa crescita nel 2011 e che si rifletterebbero in parte anche sulla crescita dei prossimi anni, tra i quali vi è soprattutto la scarsa dinamica della produttività, il cui andamento in Italia è stato comparativamente più debole rispetto a quello pur registrato nell’area dell’euro ed è entrato in territorio negativo nell’ultimo decennio.

 

La minore crescita della produttività si è tradotta in una perdita di competitività sui mercati internazionali tramite l’aumento del costo unitario del lavoro, che ha determinato saldi commerciali negativi e una perdita di quote di mercato sui mercati globali.

 

Sempre in base a quanto affermato nel PNR, la riduzione della produttività italiana riflette una serie di fattori, tra cui: a) la diminuzione del peso relativo del settore manifatturiero e l’aumento di quello dei servizi, caratterizzato da un più elevato impiego del fattore lavoro, da livelli di efficienza inferiori e da una minore esposizione alla concorrenza internazionale: b) un modello di sviluppo basato prevalentemente sulle PMI manifatturiere, che mostrano una minore capacità di assorbimento di nuove tecnologie e di penetrazione sui mercati internazionali, in particolare su quelli dei paesi emergenti; c) una minore qualificazione del capitale umano.

In linea generale, il PNR afferma come il problema della produttività sia largamente dovuto a una ridotta crescita della produttività totale dei fattori (TFP) e, in misura inferiore, al basso contributo del capital deepening[17].

 

Per un’analisi dettagliata degli squilibri macroeconomici, e in particolare della perdita di competitività dell’economia italiana, evidenziati dall’Alert Mechanism Report, si rinvia al Par.3.4 del presente dossier.

Per quanto concerne le previsioni contenute nel quadro macroeconomico, in linea con l’andamento registrato nella seconda parte dello scorso anno, nel primo semestre del 2012 si stima il permanere di un livello debole di attività economica, ascrivibile, sul piano congiunturale, alla contenuta dinamica della domanda interna e gli effetti di trasmissione delle passate tensioni sul mercato del credito, che verrebbero solo parzialmente compensati dal contributo della domanda estera netta.

Ferma restando per l’anno in corso la previsione di una contrazione complessiva del prodotto dell’1,2 per cento, è atteso un graduale miglioramento delle condizioni economiche e una più accentata ripresa a partire dal secondo semestre.

Il prodotto tornerebbe invece a crescere a un ritmo moderato, pari allo 0,5 per cento, nel 2013, per poi accelerare nel 2014 (1,0%) e nel 2015 (1,2%).

 

La tabella seguente riporta i principali indicatori macroeconomici esposti nel DEF.

Quadro macroeconomico
(variazioni percentuali)

 

Consuntivi

Previsioni

2010

2011

2012

2013

2014

2015

PIL

1,8

0,4

-1,2

0,5

1,0

1,2

Importazioni

12,7

0,4

-2,3

2,2

3,6

3,9

Consumi finali nazionali

0,7

0,0

-1,5

-0,1

0,3

0,5

- spesa delle famiglie

1,2

0,2

-1,7

0,2

0,5

0,7

- spesa delle P.A. e I.S.P.

-0,6

-0,9

-0,8

-1,1

-0,3

0,2

Investimenti fissi lordi

2,1

-1,9

-3,5

1,7

2,5

2,8

- macchinari, attrezzature e vari

10,4

-0,9

-5,5

2,6

4,0

4,3

- costruzioni

-4,8

-2,8

-1,6

0,8

1,0

1,2

Esportazioni

11,6

5,6

1,2

2,6

4,2

4,6

Occupazione (ULA)

-0,9

0,1

-0,6

0,1

0,4

0,6

Tasso di disoccupazione

8,4

8,4

9,3

9,2

8,9

8,6

Deflatore PIL

0,4

1,3

1,8

1,9

1,9

1,9

Inflazione programmata

1,5

2,0

1,5

1,5

1,5

1,5

       Fonte: DEF 2012, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab. I.1-1.

 

Come si evince dalla tabella, rispetto ai risultati raggiunti nel 2011, tutte le variabili del quadro macroeconomico manifestano un rallentamento nell’anno in corso.

 

In particolare, il quadro evidenzia la debolezza della domanda interna.

 

I consumi delle famiglie si riducononel 2012 dell’1,7 per cento, per poi riprendere a crescere gradualmente nel periodo 2013-2015, a un ritmo molto modesto (rispettivamente, dello 0,2, 0,5 e 0,7 per cento). Sulla ripresa dei consumi privati pesa comunque l’indebolimento del mercato del lavoro.

La spesa pubblica dovrebbe continuare a contrarsi fino al 2014, per poi registrare un live aumento nell’ultimo anno del quadro previsivo.

Anche gli investimenti fissi lordi rifletterebbero la debolezza della domanda nell’anno in corso, registrando un’ulteriore diminuzione del 3,5 per cento, in conseguenza soprattutto della dinamica negativa degli investimenti in macchinari e attrezzature (-5,5 per cento), cui si somma una contrazione degli investimenti in costruzioni dell’1,6 per cento, meno intensa di quella registrata nel 2011. Gli investimenti fissi dovrebbero tornare a espandersi nel triennio successivo, sino a giungere a un valore positivo del 2,8 per cento nel 2015. In particolare, gli investimenti in macchinari sono previsti crescere in media del 3,6 per cento, mentre quelli in costruzioni tornerebbero a crescere a partire dal 2013, in media nel triennio dell’1,0 per cento.

Anche le importazioni presenterebbero un andamento negativo, come riflesso dell’indebolimento della domanda interna, registrando un calo del 2,3 per cento nel 2012, per poi recuperare negli anni successivi, fino al 3,9 per cento nel 2015.

Le esportazioni – che hanno costituito il traino della crescita economica nel 2010 e nel 2011 - continuerebbero invece a manifestare un andamento positivo anche nell’anno 2012 (1,2 per cento) , sebbene assai meno brillante di quello registrato nel biennio precedente. Le esportazioni sono attese in crescita anche nel triennio successivo a un livello medio del 3,6 per cento.

Per quanto concerne la bilancia dei pagamenti, il saldo corrente è stimato migliorare sensibilmente, passando dal -3,1 per cento nel 2011 al -1,3 per cento nel 2015.

 

Si segnala che l’andamento delle esportazioni e della bilancia commerciale è specificamente analizzato nell’ambito della terza sezione del DEF, dedicata allo schema di PNR, nella parte relativa all’Analisi degli squilibri macroeconomici.

 

 

Grafico 1.1

Conto economico delle risorse e degli impieghi                     (variazioni % a prezzi costanti)

 

 

Per ciò che concerne il mercato del lavoro, il DEF evidenzia come nell’anno 2012 è attesa una contrazione dell’occupazione misurata in unità di lavoro standard dello0,6 per cento.

Il tasso di disoccupazione si attesterebbe invece al 9,3 per cento, in aumento di 0,9 punti percentuali rispetto al biennio precedente.

Una ripresa occupazionale è attesa realizzarsi soltanto a partire dal 2013, anno in cui l’occupazione, in termini di ULA, segnerebbe un valore positivo, fino a giungere allo 0,6 percento nel 2015.

Il tasso di disoccupazione, pur collocandosi su un sentiero progressivamente decrescente, si manterrebbe al di sotto del livello registrato nel biennio 2010-2011 per tutto il periodo, attestandosi all’8,6 per cento nel 2015.

 

 

Il grafico che segue mostra l’andamento del tasso di disoccupazione nell’ultimo decennio e le previsioni per gli anni 2012-2013 per i principali paesi della UE e per gli Stati Uniti, tratte dal recente rapporto del Fondo monetario internazionale (Word Economic Outlook, aprile 2012).


Grafico 1.2

Andamento del tasso di disoccupazione                                      (variazione percentuale)


Fonte:    Per i consuntivi 2005-2011, per i paesi della UE, dati della Commissione Europea, per USA, dati FMI. Per le previsioni 2011-2012, FMI, Word Economic Outlook (aprile 2012)

 

 

Con riferimento al costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP), misurato in termini di rapporto sul PIL, esso è previsto crescere ancora nell’anno 2012 dell’1,7 percento del PIL, registrando un ulteriore deterioramento della produttività.

Per gli anni 2013-2015 e successivi il CLUP si attesterebbe su livelli più moderati, pari in media allo 0,8 per cento nel triennio considerato.

 

Indicatori del lavoro
(variazioni percentuali)

 

Consuntivi

Previsioni

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Occupazione (ULA)

-0,9

0,1

-0,6

0,1

0,4

0,6

Tasso di disoccupazione

8,4

8,4

9,3

9,2

8,9

8,6

Tasso di occupazione

56,9

56,9

56,7

56,9

57,3

57,6

CLUP (misurato su PIL)

-0,4

1,0

1,7

0,7

0,9

0,7

Produttività(misurata su PIL)

2,7

0,3

-0,6

0,4

0,5

0,6

Costo del lavoro

2,3

1,4

1,1

1,1

1,4

1,3

       Fonte: DEF 2012, Sezione II: Analisi e tendenze di Finanza pubblica, Tab. I.1-1.

 

In relazione al mercato del lavoro, il PNR evidenzia come in Italia esso mostri una performance notevolmente inferiore a quella europea.

In base ai dati 2007-2011, il differenziale rispetto alla media comunitaria nel tasso di occupazione della popolazione in età 20-64 anni è pari a 7,5 punti percentuali. Il tasso di disoccupazione è invece inferiore di 1,1 punti rispetto alla media UE-27, anche se tale risultato è influenzato da un livello di partecipazione complessivo al mercato del lavoro decisamente al di sotto degli standard europei. A questa situazione si somma l’insufficienza della spesa pubblica a sostegno del lavoro, soprattutto in termini di servizi per la promozione dell’occupazione (politiche attive per il lavoro). La spesa per politiche passive (sussidi ai disoccupati/sottoccupati) è invece in linea con la media comunitaria, ma non riesce a fornire adeguato sostegno economico a tutta la platea di potenziali beneficiari. Il PNR afferma, inoltre, come il mercato del lavoro italiano sia caratterizzato da molteplici problematiche strutturali, tra le quali si annoverano la difficile transizione dei giovani nel mercato del lavoro, il basso livello di partecipazione e occupazione femminile, la sotto-occupazione dei lavoratori con bassa qualifica, la persistenza di marcati divari territoriali, una performance negativa in termini di produttività del lavoro.

 

L’andamento del CLUP e del tasso di disoccupazione sono oggetto di esame da parte del Governo in sede di Analisi degli squilibri macroeconomici, nel contesto degli indicatori valutati ai fini della misurazione del livello di competitività.

 

Quanto all’andamento dei prezzi, il deflatore del PIL è stimato in crescita nell’anno in corso all’1,8 per cento e al 1,9 per cento nel restante periodo.

L’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), valutato al netto dei prodotti energetici, è stimato attestarsi al 2 per cento nel 2012 (rispetto al 2,3 per cento del 2011).

3.3 Confronti internazionali

Le stime di crescita per l’anno 2012 e le previsioni per l’anno 2013 dell’economa italiana, esposte nel DEF, risultano in linea con le previsioni aggiornate presentate dalla Commissione europea nell’Interim forecast (febbraio 2011).

Nel più recente rapporto del Fondo Monetario Internazionale (Word economic outlook – aprile 2011) le previsioni per l’economia italiana risultano invece più negative.

 

In particolare, nell’interim forecast di febbraio, la Commissione ha aggiornato le stime di crescita dei paesi europei per l’anno in corso in ragione del deterioramento della situazione economica nell’Unione europea nell’ultima fase del 2011, confermando un quadro di elevata incertezza con sviluppi irregolari nei vari paesi europei.

 

La Commissione ha operato una revisione al ribasso delle previsioni per l’anno 2012, rispetto a quanto indicato nell’Autumn forecast, per tutti i paesi dell’Area euro. In tale ambito, le revisioni più significative hanno riguardato l’Italia e la Spagna, paesi per i quali - a fronte di una previsione di crescita, rispettivamente, dello 0,1 e dello 0,7 per cento del PIL - la Commissione europea ha indicato una contrazione del PIL dell’1,3 per cento per l’Italia e dell’1,0 per cento per la Spagna.

Relativamente all’Area euro, si prevede ora una decrescita nel 2012 pari allo 0,3 per cento. Le revisioni hanno riguardato, seppure limitatamente, la Germania e la Francia, per le quale è stato previsto un ridimensionamento della crescita nel 2012 di circa 0,2 punti percentuali.

 

Anche il Fondo Monetario Internazionale, nel più recente rapporto di aprile 2012, presenta stime di crescita al ribasso per l’anno in corso che, per l’Italia, prevedono una contrazione del PIL, nel 2012, superiore a quella indicata nel DEF, che si protrae inoltre anche nel 2013.

 

 

PIL

2012

2013

Commissione UE
Interim forecast
febbraio ‘12

FMI
WEO - aprile ‘12

FMI
WEO - aprile ‘12

Italia

-1,3

-1,9

-0,3

Francia

0,4

0,5

1,0

Germania

0,6

0,6

1,5

Spagna

-1,0

-1,8

0,1

area euro

-0,3

-0,3

0,9

Regno Unito

0,6

0,8

2,0

Usa

-

2,1

2,4

Giappone

-

2,0

1,7

 

Secondo quanto riportato nel World Economic Outlook, il rallentamento dell’attività economica in Europa nell’ultimo trimestre 2011, che ha riguardato molte economie, è stato determinato da un acutizzarsi dei rischi percepiti in ordine alle prospettive di crescita, alla competitività, alla solvibilità dei debiti sovrani dei paesi periferici colpiti dalla crisi e, in particolare, del debito sovrano dell’Italia.

 

 

Il grafico che segue mostra l’andamento del PIL dei maggiori Stati dell’Unione europea e degli Stati Uniti per gli anni 2005-2011 (a consuntivo) e 2012-2014 (dati previsionali FMI).

 

Grafico 1.3

Prodotto interno lordo - Confronti internazionali                               (variazioni percentuali)

 

In merito alle previsioni elaborate dalla Commissione europea, si sottolinea che nel nuovo quadro di interventi volti al rafforzamento della governance economica europea, nell’ambito delle misure finalizzate al rafforzamento della disciplina del Patto di stabilità e crescita, è prevista una maggiore vincolatività delle previsioni formulate dalla Commissione europea.

In particolare, la direttiva 2011/85/UE del Consiglio dell’8 novembre 2011 sui Quadri di bilancio prevede che leprevisioni macroeconomiche e di bilancio siano preparate dagli Stati membri confrontandole con le previsioni della Commissione più aggiornate e, se del caso, con quelle di altri organismi indipendenti. Le differenze significative tra lo scenario macrofinanziario scelto e le previsioni della Commissione sono descritte e argomentate, in particolare se il livello o l'aumento delle variabili nelle ipotesi esterne si discostano in modo significativo dai valori indicati nelle previsioni della Commissione (articolo 4, par. 1).

Nella stessa direttiva, inoltre, si prevede che gli Stati Membri rendono pubbliche le previsioni macroeconomiche e di bilancio ufficiali preparate per la programmazione di bilancio, comprese le metodologie, le ipotesi e i parametri pertinenti alla base di tali previsioni. Gli Stati membri e la Commissione avviano, con cadenza almeno annuale, un dialogo tecnico sulle ipotesi alla base dell'elaborazione delle previsioni macroeconomiche e di bilancio (articolo 4, par. 4).

3.4 Analisi degli squilibri macroeconomici

Conformemente a quanto previsto dalla disciplina di contabilità nazionale (articolo 10, comma 5, lettera b), legge n. 196/2009), nello schema di Piano Nazionale di Riforma è contenuta l’analisi degli squilibri macroeconomici che incidono sulla competitività del paese.

Per tali motivi, sulla base di due regolamenti[18] approvati nell’ambito di un sistema complessivo composto da sei atti legislativi sulla governance economica europea (il c.d. six pack) si prevede una valutazione periodica da parte della Commissione europea dei rischi derivanti dagli squilibri macroeconomici in ciascuno Stato membro, effettuata sulla base di un quadro di riferimento costituito da dieci indicatori economici (scoreboard). Il riscontro di “gravi squilibri” tali da mettere in rischio il funzionamento dell’unione economica e monetaria, può determinare l’attivazione di una procedura correttiva, comprendente anche elementi sanzionatori, volta a condurre lo Stato interessato ad adottare le misure correttive necessarie.

La valutazione in questione è stata per la prima volta attivata nel 2012, con il rilascio da parte della Commissione del primo Rapporto di Allerta (COM (2012) 68)[19].

Gli indicatori sono distinti tra quelli che monitorano gli squilibri esterni e quelli riferiti agli squilibri interni, come evidenzia la seguente tabella. Per ciascuno di essi sono stabilite delle soglie di allerta, che possono individuare sia livelli eccessivamente alti che eccessivamente bassi della variabile.

 

 

Squilibri esterni

indicatore

Media su tre anni del saldo delle partite correnti in % del PIL

Posizione patrimoniale netta sull’estero in % del PIL

Variazione in % (su tre anni) del tasso di cambio effettivo reale, con deflatori IACP rispetto a 35 paesi industrializzati

Variazione in % (su 5 anni) delle quote del mercato delle esportazioni

Variazione in % (su tre anni) del costo nominale del lavoro per unità di prodotto (CLUP)

Squilibri interni

indicatore

Variazione in % su base annua dei prezzi delle abitazioni al netto dell’inflazione

Flussi di credito al settore privato in % del PIL)

Debito del settore privato in % del PIL

Debito pubblico in % del PIL

Tasso di disoccupazione

Media su tre anni

 

 

Nell’Alert Mecanism Report dello scorso febbraio la Commissione Europea evidenzia come l’Italia, con riferimento ai risultati 2010, abbia superato i valori soglia di due indicatori, costituiti dalla quote di mercato delle esportazioni e dal debito pubblico. In relazione a ciò, ma più in generale in relazione anche ad altri elementi dell’analisi economica concernente l’insieme degli indicatori, la Commissione produrrà una analisi specifica per l’Italia ed altri 15 paesi dell’Unione Europea che sono risultati vulnerabili a squilibri macroeconomici.

Nel DEF–PNR viene rilevato come per gli altri indicatori il Paese non evidenzi altri segnali di allarme, atteso che, ad esempio, i livelli in percentuale del Pil del debito privato e dei flussi credito al settore privato sono entro le rispettive soglie di allerta e sono simili a quelli della Germania e della Francia; anche le quotazioni delle abitazioni hanno registrato una diminuzione soltanto modesta, in quanto la moderata dinamica del credito bancario ha contenuto la bolla immobiliare rispetto ad altri Paesi europei; anche il tasso di disoccupazione, attestatosi nel 2010 a 7,6 punti percentuali, è simile a quello registrato in altri Paesi, e comunque inferiore alla soglia di allarme dei 10 punti.

E’ tuttavia indubbio, precisa il Documento, come la perdita di quote sul mercato delle esportazioni sia un indice significativo della più generale perdita di competitività dell’Italia, che trova riscontro anche in un andamento non positivo del saldo della bilancia delle partite correnti, passato dal -0,5 per cento nel 2000 al -3,5 per cento del 2010[20].

Le cause della nostra diminuzione di competitività – che peraltro avviene in un contesto europeo di generale perdita di competitività – vanno ricercate nella diminuita produttività sia di prezzo (tasso di cambio effettivo reale) sia di costo unitario del lavoro. Tali andamenti sono riconducibili non solo alle caratteristiche delle imprese esportatrici italiane, di ridotte dimensioni e con notevole inerzia nella specializzazione settoriale e geografica dei prodotti, ma anche al contesto istituzionale e macroeconomico nazionale: preminenza di settori in declino (tessile) scarsa capacità di formazione ed utilizzazione di lavoratori con qualificazioni elevate, declino della produttività totale dei fattori-TFP, in dipendenza di variabili riconducibili alla dotazione di infrastrutture, alla concorrenza (che incide poco sui servizi), innovazione. Ciò è alla base della crescita eccessiva del CLUP (costo del lavoro per unità di prodotto), che determina effetti sfavorevoli sulla capacità di competere con i concorrenti esteri sul fronte dei corsi.

Il Documento evidenzia in proposito come risultino avviate azioni correttive su tali squilibri, con riguardo in particolare[21]:

§      al costo del lavoro: sgravi fiscali sulla retribuzione legata alla produttività, semplificazioni in materia di lavoro, sgravi Irap e credito d’imposta per l’occupazione stabile nel Mezzogiorno (articolo 2 del D.L. 201/2011, articolo 59 del D.L. n.5/2912;

§      alla competitività delle imprese: introduzione dell’aiuto alla crescita economica- ACE, deduzione fiscale per il 2012 del costo del lavoro per donne e giovani con meno di 35 anni, introduzione di una maggiore concorrenza nei settori della distribuzione del gas e dei servizi professionali, introduzione delle Srl con procedure semplificate e costi ridotti per i giovani, istituzione del Tribunale delle imprese per accelerare le controversie relative all’attività d’impresa ed altro.

.


4. La finanza pubblica

Il Documento di economia e finanza espone il quadro aggiornato di finanza pubblica per il periodo 2012-2015, elaborato sulla base delle risultanze dell’anno 2011, del nuovo quadro macroeconomico e degli effetti finanziari associati a tutti i provvedimenti legislativi approvati a tutto marzo 2012.

Secondo quanto riportato nel Documento - Sezione I: Programma di stabilità dell’Italia – nel 2011 l’azione di riequilibrio dei conti pubblici in vista del raggiungimento del pareggio di bilancio è stata portata avanti con determinazione e ha richiesto l’adozione di successive manovre correttive, anche a fronte del peggioramento delle prospettive di crescita economica e della ripresa delle tensioni sui mercati finanziari.

 

Nel complesso, le misure adottate nella seconda metà del 2011 - dapprima il D.L. n. 98/2011 di luglio, volto a realizzare il pareggio di bilancio fissato nel Documento di Economia e Finanza 2011 al 2014, poi il D.L. n. 138/2011 di agosto, finalizzato all’anticipo del pareggio già nel 2013 e al mantenimento di questo negli anni successivi, e infine il D.L. n. 201/2011, varato dal nuovo Governo a dicembre in presenza di un ulteriore indebolimento del quadro macroeconomico e di un drastico peggioramento della crisi dei debiti sovrani in Europa – consentirebbero di confermare sostanzialmente il percorso di risanamento finanziario tracciato nel precedente documento presentato al parlamento a dicembre 2011, contestualmente alla presentazione del D.L. n. 201/2011.

Quadro di Finanza pubblica

(in % PIL)

2010

2011

2012

2013

2014

2015

Consuntivi

Previsioni

Quadro programmatico aggiornato

Indebitamento netto

-4,6

-3,9

-1,7

-0,5

-0,1

0,0

Indebitamento netto strutturale (1)

-3,6

-3,6

-0,4

0,6

0,6

0,4

Debito pubblico

118,6

120,1

123,4

121,5

118,5

114,4

Debito pubblico (netto sostegni) (2)

118,3

119,2

120,3

117,9

114,5

110,8

MEMO – Relazione al Parlamento (3)

Indebitamento netto

-4,6

-3,8

-1,2

0,1

0,4

 

Indebitamento netto strutturale (1)

-3,5

-3,2

-0,1

1,1

1,0

 

Debito pubblico (2)

118,4

119,8

120,1

117,5

113,9

 

(1)   Al netto delle una tantum e della componente ciclica. Stime elaborate sulla base dei dati di contabilità nazionale disponibili a dicembre 2011.

(2)   Al netto dei prestiti diretti alla Grecia, della quota di pertinenza Italia EFSF e del programma ESM per gli anni dal 2010 al 2015.

(3)   I dati programmatici non sono stati pubblicati.

Fonte: DEF 2012, Sez. I: Programma di stabilità dell’Italia, Cap. 1

Secondo le indicazione del DEF, l’indebitamento netto tornerebbe al di sotto del valore di riferimento del 3,0 per cento nel 2012, a -1,7 per cento, riducendosi poi progressivamente negli anni successivi fino al stabilizzarsi su una situazione di pareggio nel 2015.

In termini strutturali, tuttavia, come riportato nella tabella precedente, il pareggio di bilancio sarebbe raggiunto giànel 2013, quando l’indebitamento netto strutturale dovrebbe presentare un avanzo pari allo 0,6 per cento del PIL, oltrepassando dunque, con un ampio margine, l’obiettivo di bilancio di medio periodo (MTO). Negli anni successivi il saldo strutturale continua a mantenersi al di sopra dell’MTO.

 

Il DEF ricorda, infine, come l’azione di riequilibrio finanziario sia stata accompagnata dall’adozione di vari pacchetti di riforme[22] finalizzati a rimuovere i principali vincoli che hanno compresso il potenziale di crescita dell’Italia.

Di tali interventi si da conto nel Piano Nazionale di Riforma che è presentato nella Sezione III del Documento (cfr capitolo 5).

4.1 Gli interventi per il consolidamento fiscale e per la crescita

Nel corso del 2011 l’Italia ha compiuto un consistente sforzo di risanamento dei conti, contemperando l’esigenza di consolidamento della finanza pubblica con interventi a favore della crescita economica e dell’equità.

 

L’azione di riequilibrio dei conti pubblici in vista in vista del raggiungimento del pareggio di bilancio è stata sviluppata in fasi successive e ha richiesto l’adozione di tre distinte manovre correttive, anche a fronte del peggioramento delle prospettive di crescita economica e della riaccendersi delle turbolenze sui mercati finanziari e delle tensioni sui debiti sovrani.

Lo sforzo fiscale per il risanamento

Come riportato nel DEF, l’insieme delle manovre adottate nel 2011 con i decreti-legge n. 98/2011, n.138/2011, n. 201/2011 e con la Legge di stabilità 2012-2014, ha determinato un effetto di correzione dell’indebitamento netto, pari, in termini cumulati, a 81,3 miliardi di euro al 2014, che consentirà di raggiungere, nonostante l’avvenuto deterioramento del quadro macroeconomico, il pareggio di bilancio in termini strutturali già nell’anno 2013.

Il progressivo miglioramento del saldo strutturale e la costituzione di un consistente avanzo primario, consentiranno, dal 2013, la ripresa del percorso di discesa del debito pubblico in rapporto al PIL.

 

Tavola 1. Effetti cumulati delle manovre 2011 sull’indebitamento netto

(dati in milioni di euro)

 

2011

2012

2013

2014

D.L. n. 98/2011

2.108

5.578

24.406

47.973

D.L. n. 138/2011

732

22.700

29.861

11.824

L. n.183/2011 (legge stabilità 2012)

0

391

162

102

D.L. n. 201/2011

0

20.246

21.321

21.431

Totale manovra

%Pil

2.840

0,2

48.914

3,1

75.749

4,7

81.329

4,9

 

 

Gli interventi correttivi poggiano prevalentemente sul lato delle entrate -il cui incremento netto per il triennio 2012-2014 ammonta, in termini cumulati, a 40,2 miliardi per il primo anno, 52,1 miliardi nel 2013 e 53,7 miliardi nel 2014 -, mentre l’apporto alla manovra sul versante delle spese è stimato in 8,7 miliardi nel primo anno, per poi salire a 23,6 miliardi nel 2013 e a 27,7 miliardi nel 2014.

 

Tavola 2. La distribuzione entrate/spese della manovra correttiva

(dati in miliardi di euro ed in % manovra complessiva)

 

2012

2013

2014

Correzione netta entrate

40,2

(82,2%)

52,1

(68,8%)

53,7

(66%)

Correzione netta spese

8,7

(17,8%)

23,6

(31,2%)

27,7

(34%)

Totale manovra

48,9

75,7

81,4

 

Come si evince dalla tabella e come precisato nel DEF, l’apporto alla correzione netta dal lato delle entrate, inizialmente prevalente, si riduce progressivamente nel corso degli anni, con l’entrata a regime delle misure di contenimento concernenti gli stanziamenti di bilancio dei Ministeri, il comparto della sanità, la revisione del Patto di stabilità interno e, in particolare, la materia previdenziale, nella quale è stato operato un intervento di riforma strutturale i cui effetti sono destinati ad aumentare anche negli esercizi successivi al 2014.

 

In rapporto al PIL le maggiori entrate nette risultano pari a 2,4 punti percentuali nel 2012 e 3,0 nel 2013 e 2014, a fronte di una riduzione netta della spesa (operante prevalentemente, per circa il 70% della correzione complessiva, sulle uscite correnti) pari rispettivamente a 0,6 punti percentuali nel 2012, 1,6 nel 2013 e 1,9 nel 2014.

Il DEF evidenzia, al riguardo, come la riduzione della spesa, grazie ai processi di analisi e revisione in corso, dovrà farsi più pronunciata negli anni seguenti per consentire una graduale riduzione della pressione fiscale che ha già raggiunto livelli molto elevati, atteso che essa è stimata al 45,1% nel 2012, 45,4% nel 2013, 45,3, nel 2014 e 44,9 nel 2015.

 

Per concerne i sottosettori della PA, le misure di contenimento incidono in larga parte sulle Amministrazioni centrali, sulle quali sono prevalentemente imputati gli incrementi di entrata, anche se significativo, soprattutto nel 2013 e nel 2014, risulta altresì il contributo delle Amministrazioni locali e degli enti di previdenza, con interventi che operano in misura maggiore dal lato della spesa.

 

Quadro di sintesi delle misure adottate nel 2011
per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo

 

Le maggiori entrate

In linea generale, il complesso degli interventi adottati nel 2011 sul versante delle entrate con finalità di correzione degli andamenti tendenziali ha operato, dal punto di vista della politica tributaria, nel senso di spostare il prelievo dal reddito al patrimonio e ai consumi e di intensificare le attività di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale.

In particolare, tra gli interventi principali sul regime fiscale si segnalano:

§       l’anticipazione, in via sperimentale, dal 2014 al 2012 dell’imposta municipale propria (IMU), che viene estesa anche alle abitazioni principali, e l’aumento delle rendite catastali ai fini di un primo adeguamento dei valori immobiliari ai valori di mercato;

§       l’aumento dell’aliquota IVA dal 20 al 21 per cento e, ove non compensato da altre misure, dal mese di ottobre 2012 un incremento aggiuntivo di due punti percentuali delle aliquote IVA del 10 e del 21 per cento e un ulteriore incremento di mezzo punto percentuale a decorrere dal 2014, con destinazione di parte di queste maggiori entrate a sostituzione degli introiti previsti dalla riforma delle agevolazioni fiscali e dei regimi assistenziali;

§       l’incremento delle accise sui prodotti energetici e sul tabacco;

§       l’aumento delle aliquote IRAP per le banche e le imprese assicurative;

§       la revisione dei coefficienti di ammortamento per i beni delle società;

§       la previsione di un’addizionale IRES per le imprese operanti nel settore energetico;

§       l’istituzione, a partire dal 2013, del tributo comunale sui rifiuti e sui servizi;

§       l’incremento dell’addizionale regionale IRPEF dallo 0.9% all'1,3%;

§              un prelievo straordinario sulle attività che sono state oggetto in passato di “scudo fiscale” e sulle attività finanziarie e immobiliari detenute all’estero;

§       la revisione dell’imposta di bollo su titoli, strumenti e prodotti finanziari e una nuova disciplina dell’imposta di bollo sugli estratti conto bancari; postali e libretti di risparmio;

§       l’armonizzazione delle aliquote sulle rendite finanziarie al 20 per cento, con esclusione dei titoli di Stato ed equiparati, i buoni fruttiferi postali, i titoli emessi da altri Stati, i titoli di risparmio per l’economia meridionale e le forme di previdenza complementare;

§              misure di tassazione per i beni di lusso, quali le auto di grossa cilindrata, le barche e gli aerei privati.

Ulteriori interventi da cui derivano maggiori entrate concernono la materia dei giochi e l’imposta sostitutiva per il riallineamento delle partecipazioni.

Una parte rilevante degli interventi sulle entrate riguarda misure per il contrasto all’evasione fiscale, che il DEF, tuttavia, per ragioni prudenziali, non include nel computo della manovra. Tra queste ultime, si ricordano: a) l’ampliamento degli obblighi di comunicazione degli operatori finanziari all’anagrafe tributaria delle movimentazioni dei rapporti intrattenuti con la clientela, al fine di favorire la selezione dei contribuenti da sottoporre a controllo fiscale; b) la riduzione del limite per la tracciabilità dei pagamenti e l’utilizzo del contante fino a 1.000 euro; c) l’obbligo per la PA di pagamenti telematici; d) la disciplina sanzionatoria per le dichiarazioni mendaci e la trasmissione di documenti falsi all’amministrazione finanziaria; e) l’introduzione di un regime tributario premiale per i soggetti che instaurino rapporti trasparenti con il fisco e siano in linea con gli studi di settore. Nell’ambito delle manovre sono state infine introdotte misure per il rafforzamento della riscossione.

 

Le minori spese

Dal lato della spesa, le misure di contenimento intervengono nei diversi comparti della PA e interessano principalmente le spese dei Ministeri, il pubblico impiego, i trasferimenti agli enti territoriali e i settore della previdenza e della sanità, cui si aggiungono interventi di riduzione dei costi di funzionamento degli enti pubblici e degli apparati istituzionali.

In particolare, per il bilancio dello Stato si prevede in primo luogo una riduzione delle dotazioni finanziarie dei Ministeri, attraverso l’assegnazione di un target di spesa a ciascuna Amministrazione e la richiesta agli stessi Ministeri di indicare le misure da adottare ai fini del conseguimento dell’ obiettivo di risparmio. In tal modo, sottolinea il DEF, si mira a superare il criterio dei tagli lineari e a responsabilizzare al contempo le Amministrazioni nella programmazione delle risorse loro disponibili.

In materia di pubblico impiego sono previste disposizioni limitative delle assunzioni – il c.d. blocco del turn-over - e di contenimento dei trattamenti economici.

Per quanto concerne gli enti territoriali, si prevede un inasprimento del Patto di stabilità interno per Regioni ed Enti locali: nel complesso, gli enti territoriali contribuiscono alla riduzione delle spese tramite gli effetti delle regole del Patto per un importo complessivo pari a 7,0 miliardi nel 2012 e 9,2 miliardi a decorrere dal 2013.

Le novità più significative per gli enti locali riguardano l’introduzione di un meccanismo di riparto dell’ammontare del concorso agli obiettivi di finanza pubblica tra singoli enti basato su criteri di virtuosità e l’estensione dei vincoli del Patto ad una platea più ampia di enti.

In materia previdenziale è stata attuata una riforma strutturale del sistema pensionistico che comporterà risparmi di spesa che ammontano complessivamente a circa 3,2 miliardi nel 2012, 8,5 miliardi nel 2013 e 10,5 miliardi nel 2014. Ulteriori e crescenti risparmi sono attesi negli anni successivi con l’entrata a regime della manovra. In tale ambito, le economie derivano da una serie di interventi, quali:

a)    il congelamento dell’indicizzazione delle pensioni superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS nel 2012 e nel 2013;

b)    la revisione complessiva dei requisiti e dei criteri per l’accesso al pensionamento;

c)    l’estensione alla generalità dei lavoratori del metodo di calcolo contributivo della pensione su base pro-rata;

d)    l’incremento delle aliquote contributive a carico dei lavoratori autonomi.

In particolare, quanto alle pensioni di vecchiaia, viene accelerato l’allineamento del requisito anagrafico per le lavoratrici del settore privato, che dal 2018 sarà pari a 66 anni per tutti i lavoratori. In ordine alle pensioni di anzianità, viene abolito il sistema delle quote e innalzata la soglia di contribuzione per l’accesso al pensionamento, che sarà pari, nel 2012, a 41 anni e un mese per le donne e 42 anni e un mese per gli uomini; si dispone, inoltre, una penalizzazione per i pensionamenti prima dei 62 anni. Inoltre, dal 2019, l’adeguamento dei requisiti anagrafici e contributivi all’evoluzione della longevità.

Dal settore della sanità sono attesi risparmi di spesa pari a 2,5 miliardi nel 2013 e a 5,0 miliardi nel 2014. Gli interventi prevedono che con un’intesa Stato-Regioni, da stipulare entro il 30 aprile 2012, siano indicate le modalità per conseguire un’evoluzione della spesa coerente con l’incremento del finanziamento del servizio sanitario nazionale dello 0,5 per cento nel 2013 e dell’1,4 per cento nel 2014. Con l’intesa è definita la quota di risparmio da realizzarsi su diverse aree di spesa (beni e servizi, farmaceutica, dispositivi medici, compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria); qualora l’intesa non sia raggiunta entro il predetto termine verranno applicate le quote di risparmio secondo le percentuali indicate.

Sempre nell’ambito delle riduzioni di spesa, risparmi sono attesi, inoltre, dalla soppressione di enti e organismi e dalla riduzione dei costi di funzionamento della PA. In tale ambito si prevede, tra l’altro, la riduzione a metà del numero dei componenti Autorità, Agenzie, consorzi, enti ed agenzie statali. Sono, inoltre, abolite alcune strutture amministrative, come l’Agenzia nucleare e l’Agenzia per il settore postale. Per tutti i manager della pubblica amministrazione è infine fissato un tetto alle retribuzioni il cui parametro di riferimento sarà il trattamento economico del primo Presidente della Corte di Cassazione.

Margini di risparmi potranno, inoltre, derivare dal processo di analisi e revisione della spesa pubblica, la c.d. spending review, condotta da un comitato guidato dal Ministero per i Rapporti con il Parlamento, a cui partecipano i ministeri per la Pubblica amministrazione e l’Economia. Oltre all’operazione di riordino della spesa in corso alla Presidenza del Consiglio, l’attività di analisi e riqualificazione della spesa interessa ad oggi i ministeri degli Interni, dell’Istruzione e degli Affari Regionali; le prossime amministrazioni coinvolte saranno Giustizia, Difesa ed Esteri. La spending review è considerata uno dei pilastri portanti dell'attività del Governo, finalizzato a consentire il superare il meccanismo dei “tagli lineari” e il criterio della “spesa storica”.

 

Gli interventi per lo sviluppo - (minori entrate e maggiori spese)

I due decreti-legge di manovra adottati l’estate scorsa (n.98/2011 e n.138/2011), la Legge di stabilità 2012-2014 e il decreto legge di fine anno (n.201/2011), hanno utilizzato parte delle risorse reperite con le misure sopra sinteticamente richiamate, al fine di finanziare interventi a sostegno della crescita, delle imprese e dell’occupazione.

In particolare, sul versante delle entrate, si ricordano:

§       la proroga della detassazione dei salari di produttività;

§       l’introduzione di sgravi per la contribuzione sui contratti di apprendistato;

§       l’introduzione di un meccanismo fiscale finalizzato a favorire una maggiore capitalizzazione delle imprese attraverso la deducibilità del nuovo capitale proprio;

§       la deducibilità integrale dall’IRES e dall’IRPEF dell’IRAP relativa alla quota imponibile riferita al costo del lavoro e ’incremento delle deduzioni IRAP per favorire l’assunzione a tempo indeterminato di donne e giovani di età inferiore a 35 anni;

§       l’estensione della possibilità per gli istituti creditizi e finanziari di trasformare le attività iscritte in bilancio per imposte anticipate (Deferred Tax Asset, DTA) in crediti di imposta, al fine di favorire l’offerta di credito alle imprese;

§       la previsione, a favore degli under 35, della possibilità di attivare la “società semplificata a responsabilità limitata”, avente un regime agevolato sia per quanto riguarda l’ammontare del capitale che le formalità di costituzione.

Nel pacchetto di misure fiscali per la crescita si provvede altresì a stabilizzare nel tempo gli incentivi fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per il risparmio energetico, estendendoli alle aree colpite da calamità naturali.

Ai fini del rafforzamento del sistema finanziario e per la stabilità del sistema creditizio, sono introdotte misure di sostegno alle banche, in base alle quali il Ministro dell'economia, fino al 30 giugno 2012, è autorizzato a concedere la garanzia dello Stato sulle passività delle banche italiane.

Sul versante della spesa - che oltre a specifiche misure per lo sviluppo contempla anche il finanziamento di interventi relativi a esigenze indifferibili – si ricordano:

§       le misure compensative degli aumenti del costo del carburante per il settore dell’autotrasporto;

§       gli interventi sul trasporto pubblico locale;

§       l’istituzione di un Fondo per le opere ferroviarie e stradali,

§       il finanziamento dei contratti di manutenzione delle Ferrovie dello Stato e per il finanziamento del settore universitario;

§       la costituzione di un fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento dell’occupazione giovanile e delle donne;

§       il finanziamento del Fondo sociale per l’occupazione;

§       il rifinanziamento del Fondo di garanzia per le PMI;

§       le misure per l’accelerazione dei pagamenti della PA.

 

L’impatto macroeconomico delle manovre correttive

Nel DEF è stata operata una valutazione dell’impatto macroeconomico derivante dall’insieme degli interventi correttivi sopra illustrati.

A tal fine si è utilizzato il modello econometrico del Tesoro (ITEM), stimando il livello tendenziale del Pil che si otterrebbe in assenza degli interventi, per poi modificare il quadro delle variabili che determinano l’andamento del Pil medesimo incorporando le misure adottate nel modello medesimo e simulando il nuovo scenario.

Le simulazioni effettuate evidenziano come l’insieme delle manovre di risanamento dei conti pubblici produca effetti negativi sul livello di attività economica.

L’impatto complessivo sul PIL nei tre anni considerati (2012-2014), calcolato come differenza cumulata rispetto alla simulazione base tra i tassi di variazione, risulta pari a -2,6 punti percentuali.

Tale dato deriva da un differenziale negativo sui consumi privati pari a 3,5 punti, sugli investimenti fissi lordi per 4,7 punti e sull’occupazione pari a 1,9 punti (con un andamento, quanto a quest’ultima, che tende ad aumentare nell’anno terminale, con l’accentuarsi degli effetti generati dalla caduta della domanda interna).

L’effetto recessivo determinato dalle manovre deriva, oltre che dalla domanda interna tramite la riduzione della spesa pubblica, dalla variazione del reddito disponibile delle famiglie e degli utili delle imprese; inoltre, l’aumento dell’aliquota IVA e di altre imposte indirette determina un rialzo dell’inflazione nel 2012 che si riassorbe parzialmente nei due anni successivi a motivo della minore domanda interna.

La valutazione in esame viene ripetuta anche attraverso un diverso strumento, il modello QUEST(sviluppato dalla Commissione Europea ed adattato all’economia italiana), che a differenza di ITEM tiene conto di alcuni meccanismi in grado di generare possibili effetti positivi sulla spesa privata a seguito di politiche credibili di risanamento della finanza pubblica. Riguardo agli effetti della manovra sul prodotto, le simulazioni con il modello QUEST individuano per il periodo un impatto recessivo meno pronunciato (-2,1 punti percentuali) rispetto alla simulazione su modello ITEM, come evidenzia la tavola che segue. Viene tuttavia evidenziato che in tale modello gli effetti recessivi sull’occupazione risultano più elevati che nel sistema ITEM (1,9 per cento), risultando pari, nel periodo, al 2,5 per cento.

 

Tavola 3. L’impatto macroeconomico delle manovre correttive

(differenze rispetto ai tassi di variazione del Pil senza intervento di manovra)

 

2012

2013

2014

Modello ITEM

-1%

-1%

-0,6%

Modello QUEST

-0,7%

-1%

-0,4%

 

I provvedimenti per la crescita: le misure in materia di liberalizzazione e semplificazione

Negli primi mesi del 2012, a fronte del persistere delle difficoltà del quadro congiunturale e delle tensioni emerse sul debito sovrano, sono stati introdotti nell’ordinamento ulteriori interventi legislativi, volti a:

§       promuovere la semplificazione e lo snellimento burocratico nei rapporti tra imprese, cittadini e pubblica amministrazione;

§       favorire lo sviluppo e la competitività del sistema economico, attraverso interventi di apertura e liberalizzazione dei mercati, incentivi fiscali selettivi a favore delle imprese e il rilancio delle opere infrastrutturali.

Per realizzare i suddetti obiettivi sono stati adottati, nell’ordine, i seguenti provvedimenti d’urgenza:

§       decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1, in materia di concorrenza, sviluppo delle infrastrutture e competitività (c.d. “Cresci Italia”, convertito con L. n.24 marzo 2012, n27);

§       decreto-legge n. 9 febbraio 2012, n.5 in materia di semplificazione e di sviluppo (convertito con L. n. 4 aprile 2012, n.35)

§       decreto-legge 2 marzo 2012, n.16, in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento, in corso di conversione.

 

I provvedimenti per la crescita

Il decreto-legge n. 1/2012, reca un complesso di interventi che mediante l’introduzione di misure volte alla liberalizzazione dell’attività economica mira a consentire una migliore concorrenza dei mercati e a rimuovere l’ostacolo alla crescita costituito dall’inadeguatezza delle infrastrutture.

Il decreto reca un’ampia e dettagliata serie di disposizioni - che in questa sede ci si limita ad elencare - ad iniziare da una nuova procedura per l’abrogazione delle norme che pongono limiti all’avvio delle attività economiche, cui seguono norme a tutela della correttezza nei mercati tra cui anche una tutela amministrativa contro le clausole vessatorie.

Specifiche norme intervengono poi in materia di energia, di gas naturale, nonché in materia di regolazione della distribuzione dei carburanti. Vengono introdotte regole di maggior trasparenza e tutela dei rapporti con la clientela nei settori bancario ed assicurativo e, a favore delle imprese, norme volte a favorire l’afflusso di capitale di rischio verso le medesime. Di rilievo anche gli interventi in materia di contratti pubblici, quali la disciplina delle emissioni di obbligazioni da parte delle società di progetto (project bond) e del contratto di disponibilità; oltre alla previsione del project financing per la realizzazione delle infrastrutture carcerarie. Altre disposizioni riguardano il settore dei trasporti (Istituzione dell’Autorità di regolazione dei trasporti, nuova disciplina in materia di diritti aeroportuali). Sono poi rafforzati alcuni profili della disciplina dei servizi pubblici locali salvaguardando l’impianto complessivo della riforma già introdotta e rafforzando gli elementi volti a introdurre la concorrenza nel mercato dei relativi servizi. Si prevede infine l'istituzione del "Tribunale delle imprese",s’introduce la società semplificata a responsabilità limitata e, riguardo alle professioni regolamentate, si dispone l’abrogazione del sistema tariffario delle professioni ordinistiche.

Da ultimo, vengono stabiliti nuovi criteri per l’apertura e l’assegnazione delle farmacie, aumentandone il numero; e introdotti interventi finalizzati all’estinzione dei debiti pregressi dei Ministeri.

Il decreto-legge 5/2012, reca disposizioni in tema di semplificazione e sviluppo: Esso, oltre ad inserirsi nel solco già tracciato dai decreti-legge n. 112 e 200 del 2008, che hanno perseguito il duplice obiettivo della semplificazione normativa ed amministrativa, si affianca, ed in qualche caso si intreccia, con il decreto-legge n. 1 del 2012, che, come sopra illustrato, riguarda il tema contiguo delle liberalizzazioni.

Il provvedimento incide su un ampio spettro di settori normativi e reca misure orientate: a) a favorire la semplificazione in favore dei cittadini e per le imprese, ad esempio mediante l’introduzione di disposizioni finalizzate a ridurre gli adempimenti necessari all’attività delle imprese stesse (intervenendo sia sulle materie delle autorizzazioni, dei controlli e delle procedure pubbliche di appalto, sia sulle materie del lavoro e dell’ambiente), ovvero finalizzate a snellire procedimenti amministrativi, a migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione e ad incentivare la digitalizzazione di documenti da conservare o produrre; b) a fornire sostegno ed impulso allo sviluppo del sistema economico, attraverso disposizioni che incidono sulla materia dell’innovazione tecnologica, dell’università, dell’istruzione, delle strutture energetiche e del turismo. Il provvedimento ha carattere essenzialmente ordinamentale e demanda la sua attuazione a numerosi adempimenti (regolamenti di attuazione e di delegificazione, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, decreti interministeriali, decreti ministeriali; altre disposizioni prevedono la stipula di convenzioni, l’adozione di linee guida e di provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Dogane).

Con il decreto legge n. 16/2012, vengono introdotte disposizioni in materia tributaria li cui obiettivo è quello di semplificare le norme vigenti, facilitando il rapporto tra fisco e contribuente, di incrementare l’efficacia dell’amministrazione finanziaria, nelle sue diverse articolazioni, nonché di disciplinare alcuni dei comparti di interesse fiscale, come il catasto, la fiscalità locale, il settore dei giochi.

Tra le numerose disposizioni in tema di rapporto fisco-contribuente possono segnalarsi la previsione che in caso di decadenza dalla rateazione il contribuente, ricevuta la cartella di iscrizione a ruolo, possa comunque accedere all’istituto della rateazione per difficoltà economica, anche con la possibilità di chiedere rate di ammortamento crescenti e non costanti. Si dispone inoltre che in caso di inosservanza di adempimenti meramente formali, la remissione in bonis possa consentire agli interessati di fruire di particolari benefici tributari anche a termini scaduti. Sul piano della facilitazione dell’attività economica ed amministrativa si prevede che per gli acquisti di beni e le prestazioni di servizi legati al turismo non trovino applicazione le disposizioni in materia di limiti all’uso del contante; in tema di pignorabilità di retribuzioni relative a rapporti di impiego, vengono introdotti specifici tetti massimi di pignorabilità, disponendosi poi che – per evidenti motivi di economicità dell’azione amministrativa - la soglia di esigibilità di un credito tributario salga dagli attuali 16 a 30 euro.

Numerose disposizioni recano misure di contrasto all’evasione, mediante la previsione di specifiche disposizioni introdotte per colpire con nuove sanzioni pecuniarie l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, per contrastare più efficacemente la compilazione non corretta della modulistica degli studi di settore per rafforzare le garanzie dei crediti erariali, per ottimizzare il procedimento di controllo delle partite IVA inattive, per favorire l’acceso finalizzato alle verifiche nei confronti dei soggetti che utilizzano la veste giuridica degli enti non commerciali per mascherare attività d’impresa (sopprimendo inoltre l’Agenzia per le ONLUS, le cui funzioni sono attribuite al Ministero del lavoro), ed, infine, per potenziare l’accertamento in materia doganale. Numerose nuove disposizioni – di cui non si dà qui conto -sono state introdotte nel corso dell’esame parlamentare, al momento in corso in seconda lettura al Senato.

 

L’impatto macroeconomico delle manovre per la crescita

Nel DEF è riportata una stima dei possibili effetti economici positivi determinati dai provvedimenti di liberalizzazione e semplificazione sopra illustrati, con riferimento, in particolare alle disposizioni immesse nell’ordinamento ad opera dei decreti-legge n.1/2012 e n. 5/2012, atteso che il terzo dei suddetti provvedimenti, (D.L. n.16/2012) in tema di semplificazioni tributarie, è al momento ancora in fase di esame presso le Camere.

A tale scopo le misure previste nei due provvedimenti citati sono state aggregate in tre macro-aree omogenee, stimandosene per ciascuna gli effetti su Pil, consumi, investimenti e occupazione, secondo la tabella che segue, elaborata nel DEF utilizzando il sistema QUEST sopra richiamato.

 

Tavola 4. L’impatto macroeconomico settoriale delle manovre per la crescita

(differenze rispetto ai tassi di variazione senza intervento di manovra)

 

Misura

Indicatori su cui incide la misura

2012

2013

2014

2015

2020


Misure volte a favorire la concorrenza e l’apertura dei mercati

PIL

0,0

0,1

0,3

0,4

1,2

Consumi

-0,6

-1,0

-1,0

-0,9

-0,5

Investimenti

0,7

1,5

2,1

2,6

4,2

Occupazione

0,0

0,0

0,0

0,1

0,3

Riduzione delle limitazioni all’attività e miglioramento dell’ambiente imprenditoriale, semplificazione amministrativa

PIL

0,1

0,2

0,2

0,3

0,7

Consumi

0,4

0,7

0,7

0,8

1,0

Investimenti

-0,2

-0,4

-0,5

-0,6

-0,5

Occupazione

0,1

0,1

0,1

0,0

-0,1

Riduzione degli oneri amministrativi, semplificazione amministrativa

PIL

0,1

0,1

0,2

0,2

0,5

Consumi

0,3

0,4

0,4

0,5

0,6

Investimenti

0,0

0,0

0,0

0,0

0,2

Occupazione

0,1

0,1

0,1

0,0

-0,1

 

Nel loro complesso, gli effetti determinati dalle singole aree di riforma producono un risultato positivo sulla crescita pari a 2,4 punti percentuali in un arco temporale di nove anni (2012[23]-2020), vale a dire con un impatto medio annuo di circa 0,3 punti percentuali, più accentuato nella prima fase, come evidenzia la seguente tabella.

Tavola 5. L’impatto macroeconomico complessivo delle manovre per la crescita

(differenze rispetto ai tassi di variazione senza intervento di manovra)

 

Indicatori su cui incidono le misure

2012

2013

2014

2015

2020

PIL

0,2

0,4

0,7

0,9

2,4

Consumi

0,1

0,1

0,2

0,3

1,1

Investimenti

0,5

1,1

1,6

2,0

3,9

Occupazione

0,2

0,2

0,2

0,1

0,1


4.2 Il quadro di finanza pubblica

Con riferimento all’andamento degli altri saldi di finanza pubblica e alle principali voci del Conto economico della PA, il DEF 2012 fornisce - nella Sezione II: Analisi e tendenze della finanza pubblica - i consuntivi 2011 e le previsioni aggiornate dei nuovi tendenziali a legislazione vigente per gli anni 2012-2015.

 

Conto economico delle P.A. anni 2011-2015

(dati in milioni di euro e in % del PIL)

 

Consuntivo

Tendenziale aggiornato

 

2011

2012

2013

2014

2015

Entrate correnti

725.712

775.508

800.193

821.358

840.929

 

45,9

48,8

49,2

49,1

48,7

- Entrate tributarie

455.303

496.332

514.230

528.306

538.998

 

28,8

31,2

31,6

31,6

31,2

- Contributi sociali

216.340

219.895

223.624

229.014

236.170

 

13,7

13,8

13,7

13,7

13,7

Entrate finali

736.202

781.855

805.599

827.102

846.811

 

46,6

49,2

49,5

49,4

49,1

Spese correnti

750.648

761.059

766.181

781.541

799.864

 

47,5

47,9

47,1

46,7

46,4

         - Di cui: spesa sanitaria

112.039

114.497

114.727

115.421

118.497

 

7,1

7,2

7,1

6,9

6,9

Spese correnti netto interessi

672.627

676.842

677.725

687.709

700.615

 

42,6

42,6

41,7

41,1

40,6

di cui:
- Redditi da lavoro dipendente

170.052

169.116

168.243

168.017

168.937

 

10,8

10,6

10,3

10,0

9,8

- Consumi intermedi (*)

136.126

136.104

134.310

134.896

137.953

 

8,6

8,6

8,3

8,1

8,0

- Prestazioni sociali in denaro

305.122

311.720

317.120

326.400

335.080

 

19,3

19,6

19,5

19,5

19,4

                - Di cui: pensioni

244.243

249.930

255.070

262.310

268.960

 

15,5

15,7

15,7

15,7

15,6

- Interessi passivi

78.021

84.217

88.456

93.832

99.249

 

4,9

5,3

5,4

5,6

5,8

Spese c/capitale

47.917

47.970

47.999

47.341

47.554

 

3,0

3,0

3,0

2,8

2,8

Spese finali

798.565

809.029

814.180

828.882

847.418

 

50,5

50,9

50,0

49,6

49,1

Saldo corrente

-24.936

14.449

34.012

39.817

41.065

 

-1,6

0,9

2,1

2,4

2,4

Avanzo primario

15.658

57.043

79.875

92.052

98.642

 

1,0

3,6

4,9

5,5

5,7

Indebitamento netto

-62.363

-27.174

-8.581

-1.780

-607

 

-3,9

-1,7

-0,5

-0,1

0,0

Pressione fiscale

42,5

45,1

45,4

45,3

44,9

PIL nominale (mld. di euro)

1.580.220

1.588.662

1.626.858

1.672.782

1.725.526

(*) I consumi intermedi sono comprensivi delle prestazioni sociali in natura

Fonte: DEF 2012 – Sezione II: Analisi e tendenze di finanza pubblica – Tab. II. 2-1 e 2.2

I risultati 2011

Come risulta dalla tabella che precede, per il 2011 l’indebitamento netto delle Pubbliche Amministrazioni è stato pari a -3,9 per cento del PIL (circa 9,1 miliardi di euro), in riduzione, per il secondo anno consecutivo, rispetto al -5,4 per cento del 2009 e al -4,6 per cento del 2010.

Il valore risulta in linea con le previsioni contenute nel Documento di Economia e Finanza 2011, presentato nel mese di aprile 2011, confermate nella Nota di Aggiornamento del DEF 2011 e, da ultimo, riviste in miglioramento di 0,1 punti percentuali nella Relazione al Parlamento 2011.

 

L’avanzo primario, nullo nell’anno precedente, registra un risultato positivo, attestandosi all’ 1 per cento del PIL.

 

Poiché le entrate totali sono rimaste, in termini di rapporto al PIL, allo stesso livello dell’anno precedente (con un lieve aumento dell’incidenza delle entrate di conto capitale che ha sostanzialmente compensato la riduzione di quelle correnti), il miglioramento dei saldi è da ascriversi alla diminuzione della spesa - che ha complessivamente raggiunto un valore del 50,5 del PIL - ridottasi di 0,7 punti percentuali di PIL rispetto al 2010.

 

In particolare, la spesa primaria nel 2011 sono risultate pari al 42,6 per cento del PIL, con una diminuzione dello 0,6 per cento rispetto allo scorso anno.

La riduzione della incidenza della spesa primaria è ascrivibile principalmente alla diminuzione (2 miliardi circa) dei redditi da lavoro dipendente delle amministrazioni pubbliche, anche per effetto degli interventi correttivi della spesa nel settore pubblico disposti nelle recenti manovre, nonché alla diminuzione delle prestazioni sociali in denaro, riferibili principalmente alla spesa sanitaria, diminuita rispetto al 2010 sia in termini nominali (700 milioni) che come incidenza sul PIL (meno 0,2 punti percentuali)[24].

Sono invece aumentate le spese per prestazioni sociali in denaro, cresciute del 2,2 per cento, la cui incidenza sul PIL sale di 0,1 punti percentuali nel 2011 (dal 19,2 al 19,3 per cento). Nell’ambito di tale aggregato, in particolare, cresce del 2,9 per centola spesa per pensioni (che si situa al 15,5 per cento del PIL, con un incremento di 0,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente). Tale spesa, precisa peraltro il DEF, ha presentato nel biennio 2009-2010 un tasso di variazione medio annuo (2,3 per cento) consistentemente inferiore a quello del precedente biennio 2008-2009 (5,0 per cento), quando, nell’anno 2008, la relativa incidenza sul PIL era apprezzabilmente inferiore, pari al 14,1 per cento[25].

 

La riduzione della spesa ha riguardato anche le spese in conto capitale, confermandosi, dunque, una dinamica evolutiva decrescente di tale comparto di spesa orami da alcuni anni. In particolare, nel 2011 le spese in conto capitale si sono attestate al 3,0 per cento del PIL nel 2011, registrando una contrazione vicina allo 0,5 per cento, anche per effetto della contabilizzazione nell’anno 2011 degli introiti derivanti dall’asta delle frequenze digitali (3.827 milioni, pari a 0,24 punti percentuali di PIL), che secondo le regole di contabilità nazionale, vengono portati in riduzione delle spese in conto capitale.

 

La spesa per interessi è aumentata nel 2011 di circa 0,3 punti di PIL rispetto, assestandosi al 4,9 per cento del PIL in relazione ad una dinamica dei tassi meno favorevole rispetto alle previsioni a causa, anche della crisi dei debiti sovrani.

 

Infine, per quanto attiene al rapporto debito pubblico/PIL, il risultato per il 2011 è pari al 120,1 per cento, in aumento rispetto al risultato raggiunto nel 2010 (118,6 per cento).

Con riferimento al complesso dei due anni il DEF 2012 ricorda come la dinamica del debito risulti influenzata dai prestiti erogati dall’Italia alla Grecia e, attraverso il veicolo EFSF (European Financial Stability Facility), all’Irlanda e Portogallo nella misura di 3,9 miliardi nel 2010 (0,25 per cento di PIL) e 6,2 miliardi nel 2011 (0,58 per cento di PIL).


Le previsioni per il 2012-2015

Il quadro tendenziale dei conti di finanza pubblica prospetta per il 2012 un indebitamento netto pari a -1,7 per cento del PIL, in miglioramento di 2,2 punti percentuali rispetto al livello di deficit raggiunto nel 2011, che conferma sostanzialmente l’andamento previsto nella Relazione di dicembre 2011.

Secondo quanto riportato nel DEF, l’insieme delle misure adottate nel corso del 2011 e del 2012 consentono di contenere in misura significativa la dinamica evolutiva della spesa e di ricondurre l’andamento dei conti pubblici su di un sentiero di graduale rientro del debito pubblico nei parametri comunitari.

Nel 2013 l’indebitamento è previsto ridursi a -0,5 per cento, per poi stabilizzarsi verso il pareggio di bilancio nel biennio 2014-2015.

 

I saldi delle P.A. per gli anni 2012-2015

(valori in % del PIL)

 

Tendenziale aggiornato

 

2012

2013

2014

2015

Indebitamento netto

-1,7

-0,5

-0,1

0,0

Indebitamento netto strutturale

-0,4

0,6

0,6

0,4

Interessi

5,3

5,4

5,6

5,8

Avanzo primario

3,6

4,9

5,5

5,7

Debito pubblico

123,4

121,5

118,5

114,4

 

Il Documento sottolinea che le nuove previsioni tendenziali di finanza pubblica per l’anno 2013 presentano un leggero scostamento rispetto a quanto comunicato nella Relazione presentata dal Governo al Parlamento a dicembre scorso, in cui si affermava che la manovra adottata con il D.L. n. 201/2011 era idonea a conseguire il pareggio di bilancio nel 2013.

Tale affermazione viene comunque confermata nel DEF 2012, in quanto si considera che il deficit nominale previsto per lo stesso anno, pari allo 0,5 per cento del PIL, è tale da assicurare il pareggio di bilancio in termini strutturali.

 

L’avanzo primario è previsto in progressivo aumento dal 3,6 per cento del PIL stimato per l’anno in corso al 5,7 per cento nel 2015.

 

Mentre per il 2012 la riduzione dell’indebitamento netto è da riconnettersi principalmente ad un consistente incremento delle entrate finali, l’andamento dell’indebitamento netto tendenziale previsto per gli anni 2013-2015 sarebbe sostanzialmente legato, secondo quanto riportato nel Documento, ad un andamento delle spese in graduale riduzione in rapporto al PIL.

 

Il quadro di previsione di finanza pubblica esposto nel DEF evidenzia, infatti, per quanto concerne le entrate finali, dopo un consistente aumento nel primo anno di previsione rispetto all’anno precedente (pari a 2,6 per cento punti percentuali di incidenza sul Pil, dal 46,6 al 49,2 per cento) un andamento sostanzialmente stabile negli anni successivi, posizionandosi al 49,1 per cento del PIL nel 2015. Analogo andamento presentano le entrate tributarie, che passano dal 28,8 per cento del PIL del 2011 al 31,2 per cento nel 2012 e, dopo un incremento annuo dello 0,4 per cento nel 2013, si prevede che tornino su valore pari al 48,7 per cento nell’anno terminale del periodo. Viene precisato che l’aumento 2012 delle entrate tributarie deriva dalle misure contenute nelle manovre adottate nel 2011, mentre per gli anni successivi la crescita risulta correlata all’aumento delle entrate Irpef ed Iva derivanti dal miglioramento del quadro macroeconomico.

La pressione fiscale, anche essa in aumento nel primo anno rispetto al 2011 (dal 42,5 al 45,1 per cento del PIL) cresce lievemente nel successivo biennio, per poi attestarsi al 44,9 per cento nel 2015.

 

Per quanto concerne la spesa, il quadro previsionale ne evidenzia un complessivo percorso di riduzione, con le spese finali che prevedono diminuire la loro incidenza sul PIL di circa 1,8 punti percentuali, dal 50,9 per cento del 2012 al 49,1 del 2015, per effetto principalmente di una riduzione delle spesa corrente al netto interessi, che diminuisce, nel periodo, di 2 punti percentuali di PIL, nonché delle spese in conto capitale, pur con una riduzione molto più contenuta, dello 0,2 per cento (dal 3 per cento di Pil nel 2012 al 2,8 per cento nel 2015).

In ordine a tale ultima categoria di spesa il DEF evidenzia come la minor diminuzione rispetto a quella primaria sia dovuta alla necessità di realizzare un miglioramento della finanza pubblica che consenta di destinare nel tempo più risorse alla spesa per lo sviluppo.

 

Per quanto concerne la spesa per interessi, essa, già aumentata di 0,4 punti percentuali di PIL nel 2012 rispetto al 2011, continua ad aumentare anche negli anni successivi, fino alla quota percentuale di PIL del 5,8 per cento, a causa delle note tensioni connesse alle difficoltà sui debiti sovrani.

 

In ordine alle principali categorie di spesa corrente, il Documento rileva che:

§      le spese di personale vedono ridurre la loro incidenza sul PIL dal 10,6 del 2012 al 9,8 del 2015, per effetto soprattutto degli interventi contenuti nei decreti-legge n. 78/2010 e n. 98/2011, con una diminuzione che nei primi tre anni è anche in termini nominali;

§      analogo andamento, dall’8,6 all’8 per cento di PIL dal 2012 al 2015, mostrerebbe la spesa per consumi intermedi, in riduzione anche in termini assoluti nel primo biennio del periodo;

§      le prestazioni sociali in denaro, dopo un aumento di 0,3 punti percentuali di PIL nel 2012 rispetto all’anno precedente, espongono un andamento stabile in termini percentuali di PIL, con un lieve andamento decrescente ( dal 19,6 per cento al 19,4 nel 2015). In tale ambito, la spesa pensionistica, che ne rappresenta la componente più significativa, dopo l’incremento che si prevede nel 2012, con un incremento del 2,3 per cento rispetto all’anno precedente ed una correlata crescita di 0,2 punti percentuali di PIL, si mantiene stabile negli anni successivi, passando al 15,7 al 15,6 per cento del PIL nel 2015: ciò in virtù di una variazione media, in tali anni, del 2,4 per cento, in presenza di una prevista variazione del PIL nominale del 2,8 per cento;

§      la componente di spesa sanitaria, in incremento del 2,2% nel 2012 rispetto all’anno precedente, passando dal 7,1 al 7,2 per cento del Pil, evidenzia anch’essa, a partire dal 2013, una previsione di crescita inferiore a quella del Pil nominale, attestandosi nel 2015 al 6,9 per cento del PIL.

 

In linea con quanto previsto dalla legge di contabilità, i quadri tendenziali di finanza pubblica sono esposti anche con riferimento ai singoli sottosettori della pubblica amministrazione.

 

Nella tabella che segue è riportata l’articolazione per settori della P.A. dei saldi tendenziali di finanza pubblica.

          

Quadro di finanza pubblica articolato per sottosettori

(valori in % del PIL)

Indebitamento netto

2011

2012

2013

2014

2015

P.A., di cui

-3,9

-1,7

-0,5

-0,1

0,0

- Amministrazioni centrali

-3, 8

-1, 6

-0,5

0,0

0,1

- Amministrazioni locali

-0,3

-0,3

-0,2

-0,3

-0,4

- Enti di previdenza e assistenza

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

Avanzo primario

 

 

 

 

 

P.A., di cui

1,0

3, 6

4,9

5,5

5,7

- Amministrazioni centrali

0,9

3,5

4, 8

5,4

5,7

- Amministrazioni locali

0,0

-0,1

0,0

-0,1

-0,1

- Enti di previdenza e assistenza

0,2

0,2

0,2

0,2

0,2

         Fonte: DEF 2012 – Sezione II: Analisi e tendenze di finanza pubblica – Tab. II. 2-2, 2-4, 2-6, 2-8.

 

Il rapporto debito/PIL

Per quanto concerne, infine, il rapporto debito pubblico/PIL, il nuovo quadro di finanza pubblica indica un’evoluzione ancora crescente per il primo anno di previsione.

In particolare, per il 2012 il rapporto debito/PIL dovrebbe attestarsi al 123,4 per cento, un dato di circa 3,9 punti superiore alla previsione riportata nel DEF dello scorso anno, che vedeva il 2012 come primo anno di inversione del trend[26].

In merito il DEF 2012 sottolinea come la dinamica del debito risulti influenzata, oltre che dall’andamento del fabbisogno e dal rallentamento della dinamica del PIL nominale, anche dai prestiti erogati dall’Italiaai paesi dell’area euro.

In particolare, il Documento riporta che l’ammontare previsto delle emissioni di debito EFSF, per la quota italiana, sarà pari a circa 29,5 miliardi di euro, cui vanno aggiunte le tranche di pagamento per la costituzione del capitale dell’organismo permanente ESM (European Stability Mechanism), pari a circa 5,6 miliardi per il 2012. Si tratta di interventi non previsti nella stima dello scorso anno, che rappresentano circa il 2,2 per cento del PIL, vale a dire 2,0 punti percentuali in più rispetto alla stima dello scorso anno.

Le stime per il 2014 e il 2015, che vedono il debito in rapporto al PIL attestarsi rispettivamente al 118,5 e al 114,4 per cento, evidenzia una riduzione significativa, essenzialmente conseguente all’entità dell’aggiustamento derivante dalle manovre di finanza pubblica approvate nel 2011.

 

 

 

 

 

            Fonte: DEF 2012 - Sezione I: Programma di stabilità.

 

 

Con riferimento alla regola del debito introdotta nel Patto di stabilità e crescita con il c.d. Six Pack – che prevede la riduzione del debito a un ritmo medio di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60% in rapporto al PIL - il DEF segnala come sulla base delle ipotesi di finanza pubblica indicate l’Italia risulterebbe in grado di rispettare il benchmark imposto dalla regola nel corso del periodo 2016-2018.

 

Confronti internazionali

 

Operando un confronto tra l’andamento dell’indebitamento netto dell’Italia con quello dei principali paesi europei, è possibile evincere come esso attualmente si collochi su livelli inferiori alla media dell’Area euro.

 

 

Indebitamento netto
delle P.A.
(valori in % del PIL)

Consuntivo

FMI
aprile 2012

2005

2006

2007

2008

2009

2010

2011

2012

2013

Italia

-4,4

-3,4

-1,6

-2,7

-5,4

-4,6

-3,9

-2,4

-1,5

Francia

-2,9

-2,3

-2,7

-3,3

-7,5

-7,1

-5,8*

-4,6

-3,9

Germania

-3,3

-1,6

+0,2

-0,1

-3,2

-4,3

-1,3*

-0,8

-0,6

Spagna

+1,3

+2,4

+1,9

-4,5

-11,2

-9,3

-6,6*

-6,0

-5,7

AREA EURO

-2,5

-1,4

-0,7

-2,1

-6,4

-6,2

-4,1*

-3,2

-2,7

Regno Unito

-3,4

-2,7

-2,7

-5,0

-11,5

-10,3

-9,4*

-8,0

-6,6

UE – 27

-2,5

-1,5

-0,9

-2,4

-6,9

-6,6

-4,7*

-3,8

-3,1

Usa

-3,2

-2,0

-2,7

-6,7

-13,0

-10,5

-9,6

-8,1

-6,3

Giappone

-4,8

-3,7

-2,1

-4,1

-10,4

-9,4

-10,1

-10,0

-8,7

Fonte:   Consuntivi 2005-2011 dei paesi europei, Commissione UE, Statistical Annex of European Economy – Autumn 2011 (novembre 2011). Per il 2011, dati ancora previsionali.

             Per l’Italia, dati di consuntivo ISTAT.

            I consuntivi di USA e Giappone e le previsioni per tutti i paesi, sono tratti da FMI, World Economic outlook, April 2012.

 

Relativamente alle previsioni recentemente elaborate dall’FMI nel World Economic Outlook di aprile, si osserva che tale Istituto stima per l’Italia l’indebitamento netto nel 2012 pari a -2,4 per cento del PIL, su un valore dunque più alto rispetto alla stima dell’indebitamento, per il medesimo anno, fornita dal Governo nel DEF (pari a -1,7 per cento del PIL). Tale maggior valore sembrerebbe da correlarsi, nell’ambito dei fattori considerati dal Fondo, anche ad un quadro di previsione macro economico per l’Italia che l’FMI prospetta al ribasso rispetto a quello stimato dal Governo nel DEF: Va tenuto presente al riguardo che la stima del Fondo monetario sul Pil dell’Italia è pari a -1,9 nel 2012 e a -0,3 nel 2013, rispetto a stime DEF pari a -1,2 e 0,5 nei medesimi anni.

La strategia di finanza pubblica per il triennio 2013-2015

 

Secondo quanto riportato nella prima sezione del DEF – recante il Programma di Stabilità dell’Italia - la strategia di politica economica del Governo per il triennio 2013-2015 è incentrata sulla conferma del rigore finanziario, considerato un presupposto ineludibile, benché gravoso per i cittadini, le famiglie e le imprese, per preservare la sicurezza economica del Paese.

 

Il processo di riduzione del debito – che, si ricorda, in base alle nuove regole europee dovrà procedere, dopo il 2015, a un ritmo di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto al valore soglia del 60% in rapporto al PIL – dovrà avere una natura strutturale, recare un impatto minore possibile sulla crescita di breve periodo ed essere affiancato da misure a sostegno dello sviluppo.

 

Oltre ad assumere una natura strutturale, il processo di riduzione del debito dovrà , in base a quanto affermato nel PNR, essere altresì sottratto alla variabilità delle scelte di diverse stagioni politiche. Quanto al primo profilo, il PNR richiama il carattere strutturale della recente riforma pensionistica – che conduce l’Italia ad avere l’età effettiva di pensionamento più alta d’Europa – e la decisione di non stimare tra le entrate i proventi attesi dalla lotta all’evasione fiscale. Quanto alla secondo aspetto, si richiama la recente riforma costituzionale che introduce i principi del pareggio di bilancio e della sostenibilità del debito delle pubbliche amministrazioni.

 

Il DEF evidenzia, inoltre, come il peso fiscale del risanamento debba essere distribuito con equità. A tal fine, il Governo conferma l’impegno di contrastare il livello inaccettabile raggiunto in Italia dell’evasione e dell’elusione fiscale, che è fonte di fenomeni di concorrenza sleale tra imprese e di iniqua e inefficiente redistribuzione di risorse tra i cittadini, nonché causa di una pressione fiscale più elevata, che si attesta intorno al 45% del PIL.

 

Sulla scorta di tali considerazioni, il Governo afferma, nel PNR, che in futuro i proventi della lotta all’evasione fiscale dovranno essere utilizzati anche per ridurre le aliquote fiscali.

 

Per quanto concerne gli obiettivi generali di politica fiscale e di gestione tributaria, il DEF indica le seguenti aree prioritarie:

i)          consolidare il percorso del risanamento finanziario e supportare la ricognizione del patrimonio immobiliare delle Amministrazioni pubbliche;

ii)         confermare l’approccio di prudente utilizzo della leva fiscale e completare l’attuazione della legge delega in materia di federalismo fiscale;

iii)       rafforzare ulteriormente la lotta all’evasione e all’elusione fiscale e al gioco illecito; migliorare il livello di trasparenza fiscale e lo scambio di informazioni tra Stati; potenziare l’attività di riscossione; mantenere una politica rigorosa delle concessioni di giochi;

iv)       adottare le riforme strutturali per contribuire a rafforzare il governo economico dell’Unione Europea.

 

Quale strategia di medio termine, diretta non solo a ridurre il complesso della spesa, in particolare di quella corrente, ma anche a favorire una maggiore qualità della stessa in settori chiave e una riallocazione più efficiente delle risorse, il Governo indica l’esercizio delle attività di analisi e revisione della spesa, la c.d. spending review[27].

 

Il processo di analisi e revisione della spesa – che a seguito di recenti modifiche legislative contempla ora anche la definizione dei costi e dei fabbisogni dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali e degli uffici periferici dello Stato[28] - è considerato uno dei pilastri portanti dell'attività del Governo, finalizzato a migliorare l’allocazione delle risorse superando sia la logica dei ‘tagli lineari’, sia il criterio della “spesa storica”.

 

La spending review è in questo momento condotta da un comitato guidato dal Ministero per i Rapporti con il Parlamento, cui partecipano i Ministeri per la Pubblica amministrazione e l’Economia. Oltre all’operazione di riordino della spesa in corso alla Presidenza del Consiglio, l’attività di analisi e riqualificazione della spesa interessa ad oggi i Ministeri degli Interni, dell’Istruzione e degli Affari Regionali; le prossime amministrazioni coinvolte saranno Giustizia, Difesa ed Esteri. Entro il mese di aprile dovrebbe essere presentata al Consiglio dei Ministri una valutazione delle criticità rilevata sul complesso dei programmi di spesa di ciascun dicastero.

 

Da ultimo, il DEF indica quale impegno nel triennio 2013-2015 l’adozione di azioni concrete per un avviare un graduale riallineamento dell’Italia agli standard internazionali concernenti la cooperazione per l’aiuto allo sviluppo dei paesi più poveri, con l’obiettivo di migliorare la qualità e la quantità dell’Aiuto Pubblico allo Sviluppo (APS).

 

In tale ambito, si prevede, tra l’altro, la revisione delle priorità relative agli stanziamenti per banche e fondi di sviluppo, con l’individuazione di meccanismi appropriati per permettere il rispetto degli obblighi internazionali assunti (gli importi in scadenza nel triennio 2013-2015 sono stimati in circa 1 miliardo), nonché il progressivo incremento, su base annuale, pari ad almeno il 10 per cento degli stanziamenti previsti dalla legge 49 del 1987, utilizzando come anno iniziale di riferimento il 2011. Alla strategia del riallineamento graduale si affiancherà un’azione tesa a riformare la disciplina legislativa che regola la cooperazione basata sui principi di unitarietà dell’azione e operatività, in sinergia con il Parlamento.

 


5. Il Programma nazionale di Riforma

Il Programma Nazionale di Riforma 2012, contenuto nella Sezione III del DEF, il secondo presentato dall’Italia nel quadro del Semestre europeo ha, da un lato, la funzione di verificare – in termini di effetti e portata e conformità con gli obiettivi europei - le riforme messe in campo dopo l’approvazione del PNR dello scorso anno, e, dall’altro, costituisce un’agenda di interventi per il prossimo anno funzionali al conseguimento degli obiettivi della Strategia Europa 2020 e all’attuazione degli indirizzi di policy che le istituzioni comunitarie, in un contesto di “sorveglianza rafforzata”, hanno diretto all’Italia.

 

Tali indirizzi delle istituzioni comunitarie giocano oggi un ruolo molto più forte che in passato nell’orientare le scelte di politica economica nazionale.

Il DEF ricorda, in proposito, che la Commissione Europea ha presentato all’Eurogruppo il 29 novembre 2011, un Rapporto su “L’Italia e la sfida dell’alto debito/bassa crescita”, nel quale s’incoraggia il Paese a proseguire sulla strada della riduzione del debito e a porre in atto un pacchetto di riforme capaci di ripristinare la fiducia e dare impulso alla crescita.

Il PNR 2012 costituisce, dunque, un tappa importante per valutare il percorso compiuto sulla strada delle riforme sollecitate dalle istituzioni europee.

 

Sulla base delle Raccomandazioni specifiche adottate dal Consiglio dell’Unione europea nel luglio 2011 sul Programma nazionale di riforma 2011, il PNR 2012 – oltre all’analisidelle principali criticità dell’economia italiana - fornisce un quadro dettagliato delle riforme effettuate o iniziate nel corso dell’ultimo anno in risposta alle sollecitazioni dell’Unione, offrendo altresì un panorama delle azioni avviate e delle riforme ancora ‘in cantiere’ necessarie per potenziare la competitività del Paese, stimolare la concorrenza nel mercato dei prodotti, migliorare le condizioni del mercato del lavoro, nel quadro di un maggiore rafforzamento della sostenibilità delle finanze pubbliche e per il raggiungimento dei target nazionali fissati nella Strategia Europa 2020.

5.1 Quadro di sintesi del contenuto del PNR

Dal punto di vista dei contenuti, il PNR procede, in primo luogo (Capitolo II, Sez. III), all’analisi delle criticità e dei fattori che sono di ostacolo alla competitività e alla crescita del Paese, analizzandone le dinamiche di medio e lungo termine.

Ne emerge un quadro che identifica una serie di debolezze di fondo del sistema economico nazionale e segnala nella progressiva riduzione della produttività totale dei fattori,accompagnata da un alto costo unitario del lavoro rispetto agli altri paesi UE, una delle principali ragioni della bassa crescita italiana.

Tra i fattori che frenano lo sviluppo e che determinano la vulnerabilità italiana, sono indicati:

§      l’elevato debito pubblico, accumulato in decenni, seppur controbilanciato dal livello del patrimonio pubblico e dalla ricchezza netta delle famiglie e delle imprese;

§      l’economia sommersa e l’evasione fiscale;

§      l’eccesso di regole ed oneri amministrativi che gravano sulle imprese, che costituiscono limiti alla concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi, da contrastare attraverso interventi normativi di liberalizzazione volti a perseguire anche una maggiore efficienza amministrativa;

§      l’attuale sistema fiscale, che deve essere semplificato e reso più flessibile, innovativo e capace di fornire incentivi agli investimenti;

§      le problematiche strutturali del mercato del lavoro italiano, il quale mostra una performance notevolmente inferiore a quella europea;

§      i divari territoriali nella qualità dei servizi pubblici;

§      i ritardi in termini di efficienza delle infrastrutture di trasporto, in particolare ferroviario, che riveste un ruolo rilevante nel recupero di competitività del settore produttivo, nonché delle infrastrutture di trasporto energetico, in particolar modo quelle di trasporto e stoccaggio del gas naturale;

§      il ridotto uso in Italia, rispetto all’Europa, dell’economia digitale e della rete internet anche per i rapporti con la PA, da attribuirsi anche ad un gap infrastrutturale;

§      la ridotta propensione in Italia, rispetto alla media europea, degli investimenti in ricerca ed innovazione;

§      il rischio di povertà relativa ed esclusione sociale relativa presente in Italia e i divari territoriali e infrastrutturali.

Le debolezze dell’economia italiana sono, inoltre, analizzate in una specifica sezione facendo riferimento agli indicatori alla base del nuovo meccanismo di prevenzione degli squilibri macroeconomici, introdotto alla fine del 2011 nell’ambito della nuova governance economica europea, di cui si è detto nel §3.4.

 

Per quanto concerne le riforme, il PNR procede ad una analisi delle misureadottate ed in corso di adozione volte a dare risposta alle Raccomandazioni del Consiglio dell’Unione europea nel luglio 2011 sul PNR dello scorso anno, descritte con riferimento alle specifiche criticità del sistema economico (bottleneck).

Al riguardo, il PNR indica le problematiche relative:

a)   al consolidamento fiscale e debito pubblico (bottleneck n. 1), sottolineando, tra gli interventi adottati nel corso del 2011, le manovre finanziarie per la riduzione del deficit e del debito pubblico e l’anticipazione al 2013 del pareggio di bilancio in termini strutturali, nonché l’intervento di riforma del sistema pensionistico, l’adozione anticipata dell’IMU e l’avvio di un processo di spending review. In tale ambito, si sottolinea la necessità di proseguire nell’attuazione della delega relativa al federalismo fiscale e di avviare la revisione dello strumento militare nazionale;

b)   alla competitività, salari e produttività (bottleneck n. 2) e al mercato del Lavoro (bottleneck n. 3), in relazione al quale - oltre a ricordare le misure già adottate di contrasto al lavoro sommerso, di promozione dell’occupazione, specie giovanile e femminile, e di semplificazione - il PNR sottolinea la presentazione al Parlamento nell’aprile 2012 di un disegno di legge di riforma organica del mercato del lavoro;

c)   al mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa (bottleneck n. 4) e al completamento delle infrastrutture (bottleneck n. 7). In particolare, per il rafforzamento della concorrenza nel mercato dei prodotti e dei servizi, il PNR sottolinea il programma di liberalizzazioni che si è realizzato principalmente nel c.d. Decreto ‘Cresci Italia’ (D.L. n. 1/2012); per quanto concerne il sostegno alle imprese, il Documento richiama le misure per facilitare l’accesso al credito da parte delle imprese, per dare soluzione al problema dei ritardi dei pagamenti nei rapporti tra imprese e Pubblica Amministrazione, per la semplificazione amministrativa e per l’ammodernamento delle infrastrutture;

d)   all’innovazione, ricerca e sviluppo (bottleneck n. 5). Su tali aspetti, una prima direttrice ha riguardato misure per accrescere l’efficacia dei finanziamenti pubblici alla ricerca nel quadro degli orientamenti strategici fissati con il Programma Nazionale di Ricerca 2011-2012, mentre una seconda ha riguardato la spesa privata per la ricerca, con interventi sia dal lato dell’offerta che della domanda;

e)   alla riduzione delle disparità regionali (bottleneck n. 6), soprattutto attraverso misure volte ad accelerare l’uso dei fondi strutturali europei, basate sulla fissazione di obiettivi anticipati di impegno e spesa dei fondi per tutti i programmi.

 

In secondo luogo, il PNR descrive le iniziative che il Governo intende proporre per proseguire una sequenza coerente di riforme e avvicinare l’Italia agli obiettivi che si è data nel quadro della Strategia Europa 2020.

L’agenda di riforme s’iscrive nel solco degli impegni presi nell’ambito del Patto Euro Plus e degli orientamenti fissati dall’Analisi Annuale della Crescita 2012, confluiti nelle conclusioni del Consiglio europeo di marzo 2012.

 

Le misure per l’attuazione dell’agenda di riforme sono esposte secondo le cinque grandi priorità fissate in sede europea:

§       portare avanti un risanamento di bilancio differenziato e favorevole alla crescita.

Sul tema, il Governo afferma che proseguirà nella strategia di consolidamento del debito pubblico, cui concorre: l’adozione della riforma costituzionale volta all’introduzione del principio del pareggio di bilancio, in corso di promulgazione, la proposta di riformadel sistema fiscale, attraverso un disegno di legge di delega, il cui obiettivo è quello di operare un intervento organico e strutturale che incida su alcuni punti critici del sistema tributario italiano, il processo di analisi e razionalizzazione della spesa pubblica per migliorarne l’efficacia, la qualità e l’allocazione delle risorse tra i vari programmi (spending review).

§       ripristinare la normale erogazione del credito all'economia.

Il PNR conferma la linea di azione già intrapresa, volta a favorire l’afflusso di capitale di credito verso le imprese e rimuovere i fattori che hanno finora contribuito alla persistenza di problematiche riguardanti l’accesso al credito delle PMI;

§       promuovere la crescita e la competitività del sistema produttivo.

In tale settore il Governo preannuncia:

-       un disegno di legge con l’obiettivo di rafforzare gli incentivi per riconoscere e premiare il merito in diversi ambiti, dalla Pubblica Amministrazione alla ricerca, dalla sanità al fisco;

-       la revisione deglistrumenti nazionali esistenti per l’incentivazione delle attività imprenditoriali;

-       sul problema dei debiti commerciali accumulati dalle Pubbliche Amministrazioni verso le imprese, di voler anticipare l’adozione delle misure nazionali di recepimento della direttiva europea sui ritardi di pagamento, rispetto alla scadenza di aprile 2013;

-       di dare piena attuazione, entro il prossimo anno, al Tribunale delle Imprese e alla riorganizzazione geografica degli uffici giudiziari,

-       di rafforzare gli investimenti infrastrutturali, al fine di realizzare un sistema di infrastrutture di trasporto esteso ed efficiente per sostenere la competitività;

-       di dare attuazione agli obiettivi di sviluppo definiti nell’Agenda Digitale per l’Europa;

-       di intraprendere azioni volte alla conquista di maggiori spazi di mercati all’estero, nonchépolitiche di attrazione degli investimenti esteri in Italia;

-       l’attuazione della nuova disciplina sulla golden share;

§       lottare contro la disoccupazione e le conseguenze sociali della crisi.

In questa sede, il Governo sottolinea la presentazione del disegno di legge diriforma che interviene ad ampio raggio su tutti i principali fattori di debolezza del mercato del lavoro e preannuncia taluni interventi finalizzati ad avere particolare impatto sulla disoccupazione giovanile e sulla tutela della famiglia e delle pari opportunità;

§       modernizzare la PA.

Il Governo annuncia un nuovo programma di riduzione degli oneri amministrativi nei confronti delle imprese, da realizzarsi nel 2012-2015; il rafforzamento dell’azione di pianificazione e valutazione delle performance delle pubbliche amministrazioni; l’attuazione una strategia integrata di prevenzione e contrasto dei fenomeni di corruzione, anche attraverso la nuova disciplina dei reati contro la PA.

 

Le principali misure nel Programma Nazionale di Riforma sono state sinteticamente riportate in un prospetto, allegato alla terza sezione del DEF, che si compone di diverse voci che hanno lo scopo di descrivere le riforme, quantificarne l’impatto sul bilancio pubblico ed evidenziarne la loro funzionalità rispetto agli obiettivi comunitari.

 

Le azioni di riforma si presentano raggruppate nelle seguenti macro-aree d’intervento:

§      contenimento della spesa pubblica;

§      energia e ambiente;

§      federalismo;

§      infrastrutture e sviluppo;

§      innovazione e capitale umano;

§      lavoro e pensioni;

§      mercato dei prodotti, concorrenza ed efficienza amministrativa;

§      sostegno alle imprese;

§      sistema finanziario.

 

Per ciascuna misura viene individuato il riferimento normativo, cui segue una breve descrizione della misura stessa e l’indicazione dello stato di implementazione e avanzamento, con specifiche indicazioni anche in ordine alla tempistica di attuazione. Per ciascuna misura si valuta, laddove possibile, l’impatto sulla finanza pubblica, in termini di maggiori-minori spese o maggiori-minori entrate.

Ogni misura viene, inoltre, classificata con riferimento alle specifiche criticità del sistema economico che intende affrontare (bottleneck), in base agli obiettivi della “Strategia Europa 2020” che intende raggiungere (target), secondo le priorità fissate nell’Analisi Annuale della crescita e, infine, rapportata alle specifiche Raccomandazioni avanzate dal Consiglio europeo nel luglio 2011.

L’impatto finanziario delle misure del Programma Nazionale di Riforma

Nel PNR sono individuate le aree di politica economica cui sono associate le relative misure di intervento, con una elencazione, per le principali di queste, delle disponibilità finanziarie nazionali – ad esclusione delle risorse di cofinanziamento dei fondi comunitari - attualmente stanziate a legislazione vigente nonché, ove presenti, gli effetti di variazione di entrata o di spese derivanti dalle medesime, come riportato nella tabella che segue.

 

(in milioni di euro)

tavola III.7: IMPATTO FINANZIARIO DELLE MISURE DEL PNR1 (in milioni di euro)

 

2011

2012

2013

2014

Contenimento della spesa pubblica

Maggiori entrate

 

 

 

700,0

21.467,6

33.224,6

35.181,9

Minori spese

 

 

 

26,2

7.537,0

8.535,9

10.459,7

Maggiori spese

 

 

 

107,0

104,5

2,5

2,5

Federalismo 

Maggiori entrate

 

 

 

0,0

9.032,4

9.167,4

9.167,4

Minori spese

 

 

 

0,0

1.627,4

2.762,4

3.162,4

Maggiori spese

 

 

 

5,0

5,0

5,0

0,0

Mercato dei prodotti, concorrenza e efficienza amministrativa

Maggiori entrate

 

 

 

0,0

0,0

68,0

0,0

Minori spese

 

 

 

0,0

0,0

16,2

16,2

Minori entrate

 

 

 

45,0

90,0

90,0

34,0

Maggiori spese

 

 

 

636,1

648,1

637,1

401,1



Lavoro e pensioni

Maggiori entrate

 

 

 

0,0

1.471,0

1.830,0

2.110,0

Minori spese

 

 

 

0,0

2.643,0

8.433,0

10.432,0

Minori entrate

 

 

 

0,0

3.333,2

5.939,1

5.055,5

Maggiori spese

 

 

 

1.053,0

1.260,0

300,0

300,0

Innovazione e capitale umano


Maggiori entrate

 

 

 

0,0

285,4

285,4

285,4

Minori entrate

 

 

 

90,0

90,0

90,0

0,0

Maggiori spese

 

 

 

110,0

991,8

560,2

404,0


Sostegno alle imprese

Maggiori entrate

 

 

 

0,0

0,0

82,8

100,1

Minori entrate

 

 

 

14,0

985,7

1.487,3

2.944,0

Maggiori spese

 

 

 

0,0

3.935,0

235,0

235,0


Energia e ambiente

Maggiori entrate

 

 

 

0,0

125,6

411,5

8,2

Maggiori spese

 

 

 

18,7

4,0

15,8

20,9


Sistema finanziario

Minori entrate

 

 

 

0,0

14,3

26,5

21,3

Maggiori spese

 

 

 

0,0

287,6

325,1

321,7

1. Sono escluse le risorse comunitarie, in particolare quelle del QSN 2007-2013. Non sono incluse le misure relative al DL Fiscale in corso di conversione.

Fonte: elaborazioni RGS su dati allegati 3 delle Relazioni tecniche e delle informazioni fornite dai Ministeri competenti per materia.

Fonte: DEF 2012 – Sezione III: Programma Nazionale di Riforma – Tav. II.8.

 

Il Documento procede altresì all’aggiornamento dei valori relativi all’impatto macroeconomico previsto nel PNR dello scorso anno, rilevando che alcune misure in esso contenute non sono state implementate nel corso dell’anno passato, ovvero sono state adottate con modalità diverse.

 

La tabella che segue aggiorna l’impatto macroeconomico delle riforme del PNR 2012 e fornisce le stime riguardanti l’impatto del PNR 2012 sulle principali variabili macroeconomiche.

 

 

2012-2014

2015-2017

2018-2020

 

PNR
2011

Rev.
PNR 2011

PNR
2012

Totale

PNR
2011

Rev.
PNR 2011

PNR
2012

Totale

PNR
2011

Rev.
PNR 2011

PNR
2012

Totale

Pil

0,4

-0,2

0,2

0,4

0,3

-0,2

0,3

0,4

0,2

0,1

0,3

0,6

Consumi

0,3

-0,2

0,1

0,2

0,2

-0,2

0,2

0,2

0,3

-0,2

0,2

0,3

Investimenti

0,3

-0,2

0,5

0,6

0,3

-0,4

0,4

0,3

0,7

-0,4

0,4

0,7

occupazione

0,3

-0,1

0,1

0,3

0,2

0,0

0,0

0,2

0,1

0,2

0,0

0,3

Fonte: Elaborazioni con QUEST III – Italia (Commissione Europea)

 

Complessivamente, il totale dell’impatto medio annuo per il PIL è di 0,4 punti percentuali sia nel periodo 2012-2014, sia in quello successivo, mentre aumenta a 0,6 punti percentuali nel periodo 2018-2010, quando si dispiegheranno compiutamente tutti gli effetti di medio lungo periodo delle riforme.



[1]     Si tratta di sei atti legislativi che, da un lato, rafforzano il Patto di stabilità e crescita, dall’altro rafforzano le norme relative ai quadri di bilancio nazionali e la sorveglianza in materia di squilibri macroeconomici. In particolare, il pacchetto comprende:

-        Regolamento (UE) n. 1173/2011 relativo all’effettiva esecuzione della sorveglianza di bilancio nella zona euro;

-        Regolamento (UE) n. 1174/2011 sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro;

-        Regolamento (UE) n. 1175/2011 che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche;

-        Regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici;

-        Regolamento (UE) n. 1177/2011 che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l’accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi;

-        Direttiva 2011/85/UE relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri.

[2]     Art. 121, par. 2, stabilisce che “il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, elabora un progetto di indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione, e ne riferisce le risultanze al Consiglio europeo. Il Consiglio europeo, deliberando sulla base di detta relazione del Consiglio, dibatte delle conclusioni in merito agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e dell'Unione. Sulla base di dette conclusioni, il Consiglio adotta una raccomandazione che definisce i suddetti indirizzi di massima. Il Consiglio informa il Parlamento europeo in merito a tale raccomandazione.”

[3]     L’art. 148 par. 2, prevede che “sulla base delle conclusioni del Consiglio europeo, il Consiglio, su proposta della Commissione, previa consultazione del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale, del Comitato delle regioni e del comitato per l'occupazione di cui all'articolo 150, elabora annualmente degli orientamenti di cui devono tener conto gli Stati membri nelle rispettive politiche in materia di occupazione.”

[4]     L’art. 121, par. 4 del TFUE prevede che “qualora si accerti che le politiche economiche di uno Stato membro non sono coerenti con gli indirizzi di massima o rischiano di compromettere il buon funzionamento dell'unione economica e monetaria, la Commissione può rivolgere un avvertimento allo Stato membro in questione. Il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, può rivolgere allo Stato membro in questione le necessarie raccomandazioni. Il Consiglio, su proposta della Commissione, può decidere di rendere pubbliche le proprie raccomandazioni.”

[5]     Dal Fondo europeo di stabilizzazione dell’eurozona (FESF), dal Fondo monetario internazionale (FMI), o da altre istituzioni finanziarie internazionali.

[6]     Recante “Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall’Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri” (Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 84 del 12 aprile 2011).

[7]     Legge 31 dicembre 2009, n. 196, legge di contabilità e finanza pubblica.

[8]     L’Analisi annuale della crescita per il 2012 è stata presentata dalla Commissione europea il 23 novembre 2011 – COM(2011)815 def.).

[9]     La Conferenza, che si configura quale organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica tra i diversi livelli di governo, è stata istituita dal Decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. Al momento la Conferenza non è ancora operativa.

[10]    Il relativo disegno di legge di ratifica è stato presentato presso il Senato (A.S. 3239).

[11]    Cfr. l’articolo 3 della legge n. 39/2011, che ha modificato l’art. 11, comma 6, della legge n. 196 del 2009.

[12]    Convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 14 settembre 2011, n. 148.

[13]    Cfr., Comunicato Eurostat 26/12 del 15 febbraio 2012, disponibile al seguente indirizzo: http://epp.eurostat.ec.europa.eu/cache/ITY_PUBLIC/2-15022012-AP/EN/2-15022012-AP-EN.PDF

[14]    “Relazione concernente gli effetti di correzione degli obiettivi della manovra finanziaria per il triennio 2012-2014” (Doc. LVII, n. 4-ter,) presentata il 7 dicembre 2011, recante l’aggiornamento del quadro macroeconomico per gli anni 2011-2014 rispetto al DEF 2011 e alla Nota di aggiornamento di settembre 2011.

[15]    Per quanto concerne i risultati del 2011, si veda il Comunicato ISTAT, Comunicato “PIL E INDEBITAMENTO AP – Anni 2009-2011”, del 2 marzo 2012.

[16]    Cfr. i Comunicati ISTAT “Conti economici trimestrali” relativi al III trimestre del 21 dicembre 2011 e al IV trimestre del 12 marzo 2012. In particolare, nel quarto trimestre del 2011 tutte le componenti della domanda interna sono risultate in diminuzione su base congiunturale.

Le importazioni si sono ridotte del 2,5% e le esportazioni sono rimaste stazionarie.

La domanda nazionale al netto delle scorte ha sottratto un punto percentuale alla crescita del PIL, mentre il contributo della domanda estera netta è stato positivo per 0,7 punti percentuali. Dal lato della domanda, in particolare, gli investimenti fissi lordi sono diminuiti del 2,4% e i consumi finali nazionali sono scesi dello 0,7%. Il calo registrato dal PIL nell’ultimo trimestre 2011 in Italia è maggiore rispetto alla media europea, risultata negativa dello 0,3%. Nei principali paesi europei, nel quarto trimestre 2011, il PIL è diminuito, in termini congiunturali, dello 0,2% in Germania e nel Regno Unito, mentre è aumentato dello 0,2% in Francia.

[17]    Il concetto di produttività totale dei fattori indica i miglioramenti di contesto nel modo in cui il fattore lavoro e quello capitale vengono integrati per produrre la crescita del prodotto PIL, tendendo a descrivere aspetti quali l’avanzamento tecnologico e i progressi nell’organizzazione del processo produttivo. Con il concetto di capital deepening s’intende invece descrivere la relazione che intercorre tra lavoratore e capitale impiegato in impresa, ossia ad esempio il numero di macchinari a disposizione per ogni lavoratore.

[18]    Regolamento (UE) n.1174/2011 sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri economici eccessivi nella zona euro e Regolamento (UE) n.1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici. I due Regolamenti sono entrati in vigore il 13 dicembre 2011.

[19]    La Relazione della Commissione Europea sul Rapporto di Allerta (Alert Mechanism Report) è stata esaminata dalla V^ Commissione Bilancio della Camera nella seduta del 22 marzo 2012.

[20]    Su dati più recenti (primo semestre 2011) il DEF segnala come non risulti ancora riconquistata la quota precedente la crisi finanziaria del 2008, rispetto alla quale si evidenzia una riduzione di 0,6 punti percentuali.

[21]    Per l’individuazione delle singole misure si rinvia a quanto riporta più avanti nel presente dossier il paragrafo concernente “Gli interventi fiscali per il consolidamento e per la crescita”.

[22]    D.L. n.201/2011, convertito dalla L. n 214/2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”; D.L. n.1/2012, convertito dalla L. n. 27/2012, recante “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, e D.L. n. 5/2012, convertito dalla L. n. 35/2012, recante Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo.

[23]    Per tale anno viene ipotizzato che le riforme siano operative dal terzo trimestre.

[24]    Per un approfondimento dell’andamento della spesa per la sanità nel 2011, si veda, nella Sez. II “Analisi e tendenze della finanza pubblica”, il capitolo III.3

[25]    Per un approfondimento dell’andamento della spesa per pensioni nel 2011, si veda, nella Sez. II “Analisi e tendenze della finanza pubblica”, il capitolo III.2

[26]    Si ricorda, infatti, che il DEF 2011 prevedeva, per il 2011 un rapporto debito/PIL al 119,2 per cento, in ascesa rispetto all’anno precedente, mentre per gli anni successivi ipotizzava una riduzione progressiva del rapporto debito/PIL, pari al 116,9 per cento nel 2013 e al 112,8 per cento nel 2014.

[27]    Avviato in via sperimentale nel 2007 e reso permanente a decorrere dal 2008, il rafforzamento dei meccanismi di controllo quantitativo e qualitativo della spesa pubblica costituisce uno dei cardini della legge di contabilità e finanza pubblica (legge n. 196/2009), la quale ha previsto l’istituzionalizzazione del processo di analisi e valutazione della spesa delle amministrazioni centrali e la graduale estensione del programma a tutte le amministrazioni pubbliche.

In tale ambito, si prevede l’avvio di una collaborazione del Ministero dell’economia con le amministrazioni centrali dello Stato, per il tramite dei Nuclei di analisi e valutazione della spesa, finalizzata alla verifica dei risultati programmatici rispetto agli obiettivi relativi ai saldi di finanza pubblica. La collaborazione consiste nel supporto metodologico del Ministero alla definizione delle previsioni di spesa e dei fabbisogni associati ai programmi, con riferimento alla formulazione del bilancio di previsione e degli indicatori di risultato associati agli obiettivi. La legge di contabilità prevede, inoltre, la presentazione, ogni tre anni, di uno specifico Rapporto sulla spesa delle amministrazioni dello Stato, che illustra la composizione e l’evoluzione della spesa, i risultati conseguiti e quelli relativi al miglioramento del livello di efficienza delle amministrazioni.

[28]    In particolare, l’articolo 01 del D.L. n. 138/2011 prevede l'avvio, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, d’intesa con i Ministeri interessati, a partire dall'anno 2012, di un ciclo di “spending review” mirata alla definizione dei costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato. Per le amministrazioni periferiche dello Stato, invece, sono proposte specifiche metodologie di quantificazione dei costi. Tale previsione è legata ad un programma per la revisione integrale della spesa pubblica, soprattutto primaria (articolo 1, comma 01, D.L. n. 138/2011).