Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Le società a partecipazione pubblica
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 337
Data: 04/04/2012
Descrittori:
PARTECIPAZIONI PUBBLICHE IN IMPRESE     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Le società a partecipazione pubblica

 

 

 

 

 

 

 

n. 337

 

 

 

4 aprile 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

 

 

.

 

 

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File: BI0506.doc

 


INDICE

Disciplina generale

1. La diffusione delle società partecipate da enti pubblici......................... 3

2. Interventi di regolazione del regime giuridico e di contenimento della spesa delle società pubbliche........................................................................................................... 8

2.1 I limiti alla costituzione e al mantenimento di partecipazioni........................ 9

2.2 La nomina degli amministratori................................................................... 14

2.3 Composizione degli organi sociali e deleghe operative.............................. 15

2.4 I limiti ai compensi degli amministratori...................................................... 19

2.5 Limiti alle spese delle società partecipate: acquisti e prestazioni di servizi23

2.6 La responsabilità degli enti con compiti di direzione di società.................. 27

3. Il controllo della Corte dei conti sulle società partecipate dallo Stato29

4. Società non quotate controllate o interamente detenute dallo Stato. 33

 


Disciplina generale


1. La diffusione delle società partecipate da enti pubblici

L’economia italiana è caratterizzata da una presenza diffusa, di dimensioni particolarmente rilevanti anche nel confronto internazionale, di società partecipate da soggetti pubblici.

Per tali società, il quadro giuridico di riferimento è composto da una congerie di disposizioni speciali che si intrecciano con la disciplina codicistica di carattere generale.

 

Alle società partecipate da enti pubblici che producono beni e servizi operanti in regime di mercato ed aventi forma e sostanza privatistica, si affiancano, infatti, sempre più spesso, soggetti che - pur avendo una veste giuridica privatistica - perseguono interessi generali, svolgendo compiti e funzioni di natura pubblicistica tali da configurarli come veri e propri apparati pubblici – enti pubblici in forma societaria - o “organismi di diritto pubblico”, secondo la definizione della direttiva 2004/18/CE, soggetti a particolari e penetranti regole di gestione e controllo pubblico. Tali soggetti rientrano dunque in un concetto di pubblica amministrazione flessibile, “a geometrie variabili”[1].

 

Nell’ultimo decennio il fenomeno si è amplificato anche grazie all'aumento del numero delle società controllate da amministrazioni regionali, provinciali e locali.

La proliferazione delle società a partecipazione locale è stata peraltro oggetto di una indagine della Corte dei Conti[2]. Nel giugno 2010, la Sezione autonomie della Corte ne ha pubblicato i risultati in una relazione trasmessa al Parlamento.

Dall’analisi sono risultati 5.860 organismi partecipati da 5.928 enti (comuni e province). Si tratta in particolare di 3.787 organismi con forma giuridica societaria (società per azioni, società a responsabilità limitata, società consortili e società cooperative) e 2.073 organismi con forma giuridica diversa (consorzi, fondazioni, istituzioni, azienda speciali).

Dal punto di vista dell’attività svolta, il 34,67% degli organismi partecipati si occupa di servizi pubblici locali: Il 65,33% degli organismi partecipati svolge attività riconducibili ad altro: in particolare, attività culturali sportive e di sviluppo turistico, supporto alle imprese, scientifiche e tecniche, agricoltura silvicoltura e pesca, sanità e assistenza sociale, farmacie.

 

Con riferimento ai risultati economici delle società partecipate nel triennio 2005-2007, dall’indagine risulta che 568 società, corrispondenti al 22,35% del totale, sono sempre in perdita. L’area di attività prevalente per le società sempre in perdita è quella dei servizi diversi dai servizi pubblici locali (con il 63,32% delle società sempre in perdita).

 

La Corte afferma che la costituzione e la partecipazione in società da parte degli enti locali risulta essere spesso utilizzata quale strumento per forzare le regole poste a tutela della concorrenza e sovente finalizzato ad eludere i vincoli di finanza pubblica imposti agli enti locali.

A tale fenomeno distorsivo il legislatore ha ritenuto di dover porre rimedio attraverso l’adozione di specifici divieti alla costituzione e al mantenimento di società da parte dei Comuni piccoli e medio piccoli, che sono a livello locale i maggiori detentori di partecipazioni azionarie[3].

 

Per ciò che attiene allo Stato e agli enti pubblici non territoriali, di recente, nell’ottica di un miglioramento dei conti pubblici, sono stati adottati interventi legislativi volti a prevedere in generale l’adozione, entro il 31 dicembre 2013, di uno o più programmi per la dismissione delle partecipazioni azionarie da essi detenute[4].

 

La trasformazione in via legislativa di enti pubblici in società per azioni è stata operata sin dagli anni 90 sia al fine di ammodernare il tessuto economico produttivo nazionale alle regole della concorrenza in un contesto di integrazione comunitaria e globale, sia al fine di riorganizzare i moduli dell’azione amministrativa, nel senso di una maggiore efficienza ed efficacia, da realizzarsi anche con il raggiungimento di obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica.

Si ricorda in proposito la legge 15 marzo 1997, n. 59 (cd. legge Bassanini), la quale - nell’ambito del complessivo disegno di riorganizzazione della pubblica amministrazione – ha previsto una delega al Governo per il riordino degli enti pubblici nazionali operanti nei settori della assistenza e previdenza, delle istituzioni di diritto privato e delle società per azioni, controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, operanti nell’ambito della promozione e sostegno pubblico al sistema produttivo nazionale(art. 11, comma 1, lettera b)). In attuazione di tale delega, sono stati adottati decreti legislativi delegati diriordino,trasformazionein fondazione oin società per azionidi numerosi enti[5].

Tra gli interventi più rilevanti, si ricordano:

-          il decreto legislativo 21 aprile 1999, n. 116, con il quale è stato riordinato l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato ai fini della sua trasformazione in società per azioni, poi avvenuta con delibera CIPE n. 59 del 2 agosto 2002 (adottata ai sensi del citato articolo 18 del decreto-legge n. 333/92);

-          il decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 141, di trasformazione in società per azioni dell’Ente autonomo acquedotto pugliese;

-          il decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 304, di trasformazione in società per azioni dell’Ente autonomo esposizione universale di Roma;

-          il decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1, con il quale è stato effettuato il riordino degli enti e delle società di promozione operanti nel Mezzogiorno, ed è stata istituita la Società Sviluppo Italia S.p.A., ora Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A., detenuta interamente dal Ministero dell’economia[6].

Sempre nel corso degli anni 90, talune disposizioni legislative hanno previsto l’istituzione di società, per lo svolgimento di specifiche attività, riservate allo Stato e individuate con regolamento Ministeriale. Si ricorda anche, in proposito, l’istituzione della Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A., istituita in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 414 del 1997[7].

La preferenza per forme giuridiche disciplinate dal diritto privato, ed in particolare della società per azioni, anche al fine dello svolgimento di attività di interesse pubblico e di sostegno al tessuto economico nazionale, ha trovato conferma nell’adozione anche nell’ultimo decennio di norme primarie che hanno disciplinato direttamente la trasformazione in società per azionidi importanti enti pubblici.

Si ricordano, a questo proposito:

-        l'articolo 7 del decreto-legge 8 luglio 2002 n. 138[8], che ha disposto la trasformazione in società per azioni dell’ANAS[9];

-        gli articoli 5 e 6 del decreto-legge 30 settembre 2003 n. 269[10], che hanno previsto, rispettivamente, la trasformazione in società per azioni della Cassa Depositi e Prestiti[11] e della SACE[12].

Nel corso del decennio scorso ulteriori interventi normativi hanno previsto l’istituzione di società per azioni, ovvero hanno autorizzato soggetti pubblici a costituire società per azioni. Tra le società costituite ex lege nell’ultimo decennio si ricordano altresì:

-        la società Patrimonio dello Stato S.p.A., istituita in base all’articolo 7 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63[13], e incaricata di operare nel settore della gestione del patrimonio dello Stato.A decorrere dal 16 ottobre 2006, la totalità delle azioni sono state cedute dal Ministero dell’economia a Fintecna S.p.A., società integralmente posseduta dal medesimo Ministero.

-        la società Infrastrutture S.p.A., la cui istituzione è stata demandata a Cassa depositi e prestiti (a quel tempo non ancora S.p.A.) dall’articolo 8 del decreto-legge 15 aprile 2002, n. 63. Tale società è stata successivamente posta in liquidazione e si è proceduto all’accollo da parte dello Stato del relativo debito[14].

 

Quali ulteriori esempi di società costituite ex lege nell’ultimo decennio ed esercenti attività strumentali all’esercizio di funzioni di interesse pubblico, si ricordano:

-        la società CONI Servizi S.p.A. istituita dall’articolo 8 del citato decreto-legge n. 138/2002, nell’ambito del complessivo riassetto del Comitato olimpico nazionale italiano (CONI)[15];

-        la “Società per lo sviluppo dell’arte, della cultura e dello spettacolo ARCUS S.p.A.”, istituita ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 291/2003[16].

-        la società Riscossione S.p.A., oggi denominata Equitalia S.p.A., la cui istituzione è stata prevista dall’articolo 3 del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203[17] nell’ambito del complessivo riassetto del sistema della riscossionee demandataall’Agenzia delle entrate[18].

Tra i casi più recenti di costituzione ex lege di società finalizzate all’esercizio di attività strumentali a quelle statali, si ricorda, infine, la società Difesa servizi S.p.A., prevista dall’articolo 535 del decreto legislativo n. 66 del 2010 (codice dell’ordinamento militare)[19]. La società Difesa ha ad oggetto la prestazione di servizi e l’espletamento di attività strumentali e di supporto tecnico-amministrativo in favore dell’Amministrazione della difesa per lo svolgimento di compiti istituzionali di quest’ultima. L’oggetto sociale riguarda anche l’attività negoziale diretta all’acquisizione di beni mobili, servizi e connesse prestazioni, e di valorizzazione degli immobili militari (esclusa l’alienazione), ed è strettamente correlato allo svolgimento dei compiti istituzionali dell’Amministrazione della difesa, con esclusione delle attività direttamente correlate alle funzioni operative delle Forze armate. La società è inoltre autorizzata a svolgere le funzioni di centrale di committenza[20]. La partecipazione azionaria spetta interamente al Ministero della Difesa che esercita i diritti dell'azionista, e ne definisce con decreto gli indirizzi strategici e i programmi, di concerto con il Ministero dell'Economia.

Il Ministro della difesa di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ha approvato, con il decreto 10 febbraio 2011, lo Statuto della società “Difesa Servizi Spa”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 2011.

La società è divenuta operativa con la prima riunione dell’assemblea ordinaria, che si è tenuta l’8 marzo 2011, presieduta dal generale Armando Novelli, presso il Ministero della Difesa[21].


2. Interventi di regolazione del regime giuridico e di contenimento della spesa delle società pubbliche

Il quadro normativo che disciplina a livello nazionale le società a partecipazione pubblica è assai eterogeneo.

 

Al regime generale delineato dal codice civile nel libro V, Titolo V, Capo V, relativo alle società per azioni, Sezione XIII, relativa alle società con partecipazione dello Stato o di enti pubblici (articolo 2449 c.c.) - si sovrappongono una serie di disposizioni di carattere speciale, introdotte attraverso una serie di interventi legislativi susseguitisi nel tempo.

 

La disciplina delle società pubbliche è composta oggi da una congerie di disposizioni, a volte riferite ad un'unica società (le c.d. società di diritto singolare[22]), a volte riferite a gruppi di società (ad esempio, le società di gestione di servizi pubblici locali), a volte ad intere categorie (ad esempio, le società in partecipazione totalitaria o in partecipazione mista, maggioritaria o minoritaria).

In particolare negli ultimi anni, la disciplina delle società pubbliche è stata oggetto di una serie di interventi che ne hanno accentuato i profili di specialità[23].

 

Sulla base degli interventi legislativi più recenti si è assistito ad una sottoposizione delle società pubbliche a misure di contenimento della spesa, a regole di trasparenza, a vincoli sull’organizzazione, nella misura in cui esse costituiscono l’esercizio di funzioni pubblicistiche sotto forma privatistica.

 

Si può altresì osservare come l’applicazione di una crescente normazione speciale inerente le società pubbliche sia stata esclusa, in via generale, per le società quotate in mercati regolamentati per le quali per le quali opera interamente un regime di mercato.

 

Il complessivo assetto normativo che è venuto delineandosi non ha tuttavia assunto, sinora, le caratteristiche di un sistema organico e stabile: la disciplina speciale dettata per le società pubbliche continua ad apparire come un insieme di deroghe alla disciplina generale, soggette talvolta a frequenti ripensamenti, come può evincersi dalla ricostruzione che segue degli interventi normativi in materia.

2.1 I limiti alla costituzione e al mantenimento di partecipazioni

Per le amministrazioni pubbliche[24] vige il divietodicostituire di società aventi ad oggetto la produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero di assumere o mantenere - direttamente –partecipazioni, anche di minoranza, in tali società[25].

È sempre ammessa la costituzione e l’assunzione di partecipazioni di società che producono servizi di interesse generale (articolo 3, comma 27, legge n. 244/2007, legge finanziaria 2008).

 

Relativamente all’applicabilità di tale disposizione agli enti locali e al concetto per essi di “finalità istituzionali”, l’ANCI ha adottato la Circolare 3 novembre 2010[26]. In tale circolare si afferma che, relativamente al concetto di funzioni istituzionali dei Comuni si possa far riferimento al quinto comma dell’art. 3 del T.U.E.L. (D.lgs. n. 267/2000, relativo alle funzioni proprie e alle funzioni conferite con legge statale o regionale e all’art. 2, comma 4, lettera b), della legge 5 giugno 2003, n. 131. La norma, inoltre, afferma l’ANCI, fa riferimento alle partecipazioni detenute in via diretta dai comuni, non alle partecipazioni indirette, le quali dunque non soggiacciono ai vincoli di cui all’articolo 3, comma 27 della legge finanziaria 2008.

 

L’assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento dei pacchetti azionari detenuti devono essere autorizzati dall’organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti sopra richiamati, la quale deve essere trasmessa alla sezione competente della Corte dei conti (articolo 3, comma 28, legge n. 244/2007).

Sempre relativamente agli enti locali, l’ANCI, nella citata Circolare 3 novembre 2010 afferma che l’organo competente per gli enti locali è l’organo consiliare, il quale adempie agli obblighi di cui sopra con apposita delibera.

 

Per quanto riguarda le amministrazioni statali, l’autorizzazione all’assunzione di nuove partecipazioni o al mantenimento di quelle detenute è data con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, di concerto con il Ministro dell’economia (articolo 3, comma 28-bis, legge n. 244/2007).

Per lo Stato, in caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero dell’economia e finanze, il quale esercita i diritti dell’azionista, di concerto con i Ministeri competenti per materia (articolo 3, comma 27-bis, legge n. 244/2007).

 

E’ stato da ultimo fissato al 1° gennaio 2011 il termine entro il quale le partecipazioni vietate dall’ordinamento devono essere cedute a terzi, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica; per le società a partecipazione statale, rimane ferma la disciplina prevista dall’ordinamento in materia di alienazione di partecipazioni (articolo 3, comma 29, legge n. 244/2007[27]).

Nell’ipotesi di costituzione di società “autorizzate” ovvero di assunzione di partecipazioni “autorizzate” da parte delle amministrazioni pubbliche, anche in virtù di processi di riorganizzazione e trasformazione, sono previsti specifici obblighi di rideterminazione delle dotazioni organiche da parte delle amministrazioni coinvolte (articolo 3, commi 30-32, legge n. 244/2007).

 

La disciplina descritta non si applica per le partecipazioni in società quotate nei mercati regolamentati (articolo 3, comma 32-ter, legge n. 244/2007).

 

Per quanto riguarda le amministrazioni territoriali, fermi i vincoli generali sopra descritti, operano ulteriori specifici divieti.

 

Le società interamente pubbliche o miste, costituite o partecipateda amministrazioni pubbliche regionali e locali non per l’esercizio dell’attività di impresa, bensì per lo svolgimento di attività strumentali all’ente ovvero per lo svolgimento esternalizzato delle funzioni amministrative dell’ente (fatta eccezione per i servizi pubblici locali e i servizi e centrali di committenza[28]), a decorrere dal 4 gennaio 2010, devono operare esclusivamente a favore degli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale.

A decorrere dalla data del 4 gennaio 2010, le società sono infatti obbligate a cessare le attività non consentite, le quali possono essere cedute a terzi (nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica) ovvero scorporate, anche costituendo una separata società. I contratti relativi alle attività vietate non cedute o scorporate sono nulli (articolo 13 del decreto legge n. 223/2006[29], come da ultimo modificato dal decreto legge n. 207/2008).

Come rilevato dalla Corte costituzionale, con tale norma non è negata né limitata la libertà d’iniziativa economica degli enti territoriali e locali, ma è imposto loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni prettamente amministrative, per non beneficiare dei privilegi dei quali possono godere in quanto pubbliche amministrazioni, rimediando così a una frequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva della concorrenza (Corte Costituzionale n. 326/2008).

La finalità esplicite perseguite dal legislatore sono infatti quelle di preservare la concorrenza e il mercato dal rischio di alterazioni e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale.

Relativamente alle società partecipate dagli enti locali, la circolare ANCI del 3 novembre 2010, sopra citata, ha chiarito che l’ambito applicativo della norma è diverso rispetto a quello dell'articolo 27, comma 3 della legge n. 244/2007.

Infatti, mentre l'articolo 13 del decreto legge n. 223/2006 riduce ex lege la capacità di agire di una società-veicolo, imponendo una esclusività dell'attività svolta in favore dell'ente o enti di riferimento, l'articolo 3, comma 27, della l. n. 244 del 2007 delimita la capacità di agire dell'ente titolare della partecipazione sociale a quelli che dovrebbero essere i suoi propri confini istituzionali (TAR Lazio, Sez. III-ter, 6/11/2009 n. 10891).

La giurisprudenza ha chiarito che possono definirsi strumentali all'attività di regioni ed enti locali tutti quei beni e servizi erogati da società a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica di cui resta titolare l'ente di riferimento, e con i quali l'ente provvede al perseguimento dei suoi fini istituzionali.

 

Recentemente, il legislatore è intervenuto ulteriormente sul fenomeno della proliferazione delle società a partecipazione locale, con l’intento di rimediare alle distorsioni del fenomeno: alterazione della concorrenza ed aggiramento dei vincoli di finanza pubblica in capo agli enti territoriali[30]; in alcuni casi introducendo specifici divieti, in altri introducendo norme volte ad incentivare il fenomeno della dismissione di partecipazioni azionarie da parte dei soggetti istituzionali locali.

 

In particolare, ai comuni con meno di 30.000 abitanti è fatto divieto di costituire società.

Essi sono tenuti, entro il 31 dicembre 2012, a mettere in liquidazione le società già costituite al 31 maggio 2010, ovvero a cederne le partecipazioni (decreto legge n. 78/2010, articolo 14, comma 32, alinea, come modificata da ultimo dall’articolo 16, comma 27 del decreto legge n. 138/2011[31]).

Spetta al Prefetto accertare che gli enti locali interessati adempiano al divieto di costituire società. Nel caso in cui sia rilevata la mancata attuazione del divieto, il prefetto assegna agli enti inadempienti un termine per provvedere e, laddove questi non provvedano, opera in via sostitutiva il Governo (articolo 16, comma 27 D.L. n. 138/2011[32]).

 

L’obbligo di liquidazione non si applica se le società già costituite:

a)      abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;

b)      non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;

c)      non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune abbia l'obbligo di procedere al ripiano delle perdite (decreto legge n. 78/2010, articolo 14, comma 32, lett. da a) a c), da ultimo modificate dall’articolo 16, comma 27 del decreto legge n. 138/2011).

 

Parimenti, non rientrano nel divieto e nell’obbligo di liquidazione sopra descritto le società costituite da più comuni, la cui popolazione complessiva supera i 30.000 abitanti e la cui partecipazione sia paritaria ovvero proporzionale al numero degli stessi[33].

 

I comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società, e hanno dovuto mettere in liquidazione le altre entro il 31 dicembre 2011.

 

Ulteriori misure sono poi finalizzate ad incidere sul fenomeno delle partecipazioni locali, introducendo strumenti volti ad incentivarne la dismissione, anche con l’obiettivo di procedere ad una maggiore liberalizzazione del settore dei servizi pubblici locali.

Si ricorda, al riguardo, che – secondo la disciplina del patto di stabilità interno - costituisce parametro di virtuosità dell’ente, a decorrere dall’anno 2013, il compimento di operazioni di dismissione di partecipazioni societarie, effettuate nel rispetto della normativa vigente (articolo 20, comma 2, lettera l), decreto legge n. 98/2011, convertito in legge n. 111/2011).

 

Inoltre, ai Comuni che cedono proprie partecipazioni in società esercenti servizi pubblici locali di rilevanza economica (diversi dal servizio idrico), è destinata una quota del Fondo infrastrutture - complessivamente non superiore a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014 - da destinarsi ad investimenti infrastrutturali nei territori dei medesimi Comuni.

La cessione di partecipazioni deve avvenire, rispettivamente, entro il termine del 31 dicembre 2012 e del 31 dicembre 2013, ai fini dell’accesso alla fruizione della somma.

La quota assegnata a ciascun ente non può essere superiore ai proventi della dismissione effettuata e tali spese sono escluse dai vincoli del patto di stabilità (articolo 5, decreto legge n. 138/2011, convertito con modificazioni in legge n. 148/2011).

2.2 La nomina degli amministratori

I poteri di nomina da parte dell’azionista pubblico degli amministratori delle società partecipate sono disciplinati – a livello generale – dal codice civile, recentemente modificato ai fini di un suo adeguamento alla disciplina comunitaria; nonché da una serie di ulteriori norme, introdotte - quale lex specialis nell’ordinamento.

 

In primo luogo, la disciplina generale (art. 2449 c.c.[34]) prevede che se lo Stato o gli enti pubblici hanno partecipazioni in una società per azioni che non fa ricorso al mercato del capitale di rischio, lo statuto può ad essi attribuire la facoltà di nominare amministratori, sindaci, o componenti del consiglio di sorveglianza, in numero proporzionale alla partecipazione al capitale sociale.

Gli amministratori e i sindaci o i componenti del consiglio di sorveglianza nominati dallo Stato e dagli enti pubblici possono essere revocati solo dagli enti che li hanno nominati ed hanno i diritti e gli obblighi dei membri nominati dall'assemblea.

Gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo all'ultimo esercizio della loro carica.

I sindaci, ovvero i componenti del consiglio di sorveglianza, restano in carica per tre esercizi e scadono alla data dell'assemblea convocata per l'approvazione del bilancio relativo al terzo esercizio della loro carica.

Alle società che fanno ricorso al mercato azionario è prevista la possibilità di riservare allo Stato o agli enti partecipanti azioni fornite di diritti patrimoniali o anche di diritti amministrativi, ma non del voto nell'assemblea generale degli azionisti (cioè si applica quanto previsto dall’ultimo comma dell'articolo 2346 c.c., in materia di emissione di azioni).

 

Si ricorda, infine, che non può essere nominato amministratore di ente, istituzione, azienda pubblica, società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, ha chiuso in perdita tre esercizi consecutivi (articolo 1, comma 734, legge n. 296/2006).

Per “perdita” si deve intendere un “progressivo peggioramento dei conti” registrato per tre esercizi consecutivi per ragioni riferibili a scelte gestionali “non necessitate” (articolo 3, comma 32-bis, introdotto dall’articolo 71, comma 1, lett. f), della legge n. 69/2009).

La Corte costituzionale, con sentenza n. 159/2008[35], ha dichiarato l’illegittimità Costituzionale di questo divieto nella parte in cui esso si riferisce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

In particolare, la Corte ha rilevato che è competenza del legislatore statale l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali, nonché l’ordinamento civile della Repubblica (art. 117, secondo comma, lettera g) ed l), Cost.); mentre, per ciò che concerne i profili di autonomia organizzativa delle Regioni e delle Province autonome, il legislatore statale non dispone in materia di una propria competenza, la quale appartiene, invece, alle stesse Regioni e Province autonome.

 

Per quanto riguarda, in particolare, le società partecipate dagli enti locali, la nuova disciplina sui servizi pubblici locali (articolo 4 del D.L. n. 138/2011) fa divieto di nominare amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto la carica di amministratore negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società. Ciò in una logica di netta separazione tra i soggetti controllanti e soggetti controllati.

Tale divieto opera per le nomine e gli incarichi da conferire successivamente alla data del 13 agosto 2011 (data di entrata in vigore del decreto n. 138/2011).

2.3 Composizione degli organi sociali e deleghe operative

Numerosi interventi legislativi hanno introdotto una serie di disposizioni speciali rispetto alla disciplina del codice civile, secondo la quale spetta all’atto costitutivo o all’assemblea dei soci stabilire il numero degli amministratori delle società per azioni e determinare i relativi compensi (artt. 2328, 2380-bis e 2389, primo comma c.c.).

In particolare, per le società non quotatecontrollate direttamente o indirettamente dalle amministrazionistatali (articolo 3, commi 12 e 16, legge n. 244/2007, come sostituito dalla legge n. 69/2009 e modificato dal decreto legge n. 78/2009[36]):

§      il numero massimo dei componenti gli organi di amministrazione è stato ridotto a cinque o a sette: cinque, se lo statuto in vigore alla data del 1° gennaio 2008 prevedeva un numero massimo di componenti superiore; sette, se lo statuto alla medesima data prevedeva un numero massimo di componenti superiore (articolo 3, comma 12, lettera a), legge n. 244/2007);

§      l’organo di amministrazione - previa delibera dell’assemblea dei soci - può attribuire deleghe operative al presidente sulle materie delegabili e fissarne in concreto contenuto e compenso ai sensi dell'articolo 2389, comma 3, del codice civile[37] (articolo 3, comma 12, lettera b), legge n. 244/2007). Si rileva peraltro al riguardo che è stata di recente introdotta la previsione di tetti ai compensi degli amministratori con deleghe delle società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze (cfr. infra, articolo 23-bis deldecreto legge n. 201/2011)[38];

§      l’organo di amministrazione può delegare proprie attribuzioni ad un solo componente, al quale, unitamente al presidente, nell’ipotesi in cui ad esso siano state attribuite deleghe operative, possono essere riconosciuti compensi secondo quanto previsto dal citato articolo 2389, comma 3, del codice civile (articolo 3, comma 12, lettera d), legge n. 244/2007);

§      la carica di vice presidente è soppressa, ovvero si deve specificare che essa permane solo in modo da individuare il sostituto del presidente in caso di sua assenza o impedimento, senza compensi aggiuntivi (articolo 3, comma 12, lettera c), legge n. 244/2007);

§      l’organo di amministrazione può conferire deleghe per singoli atti anche ad altri membri dell’organo, senza però compensi aggiuntivi (articolo 3, comma 12, lettera e), legge n. 244/2007);

§      la funzione di controllo interno deve riferire all’organo di amministrazione ovvero ad un comitato apposito costituito al suo interno (articolo 3, comma 12, lettera f), legge n. 244/2007).

 

I vincoli suddetti devono essere osservati da parte della società attraverso l’introduzione di apposite modifiche statutarie e decorrono – fatta salvo quanto previsto per le deleghe al presidente e la delega di attribuzioni ad uno solo dei componenti del Cda – dal primo rinnovo degli organi societari successivo alle modifiche statutarie (articolo 3, comma 13, legge n. 244/2007).

 

La disciplina delle deleghe operative al presidente e la delega di attribuzioni ad uno solo dei componenti del Cda ha trovato applicazione a decorrere dal 5 luglio 2009 (articolo 3, comma 12, lettere b) e d) come da ultimo modificate dal decreto legge n. 78/2009, articolo 19, commi 7, 8 e 8-bis).

Essa è stata peraltro oggetto di numerose modifiche che hanno in taluni casi allentato i vincoli e i limiti di carattere pubblicistico originariamente introdotti nei confronti delle società partecipate.

Si pensi, a titolo esemplificativo, alla disciplina delle deleghe di attribuzioni al presidente e dei relativi compensi (articolo 3, comma 12, lettere b) e d) legge n. 244/2007), la cui attuale formulazione è il punto di approdo di ripetuti interventi legislativi.

In origine, la legge finanziaria 2008 aveva introdotto una previsione specifica per i consigli di amministrazione o di gestione costituiti da tre componenti, disponendo che al presidente di tali consigli dovessero essere attribuite, senza alcun compenso aggiuntivo, anche le funzioni di amministratore delegato. L’articolo 71 della legge n. 69/2009 ha poi sostituito questa previsione con una di carattere più generale: l’attribuzione di deleghe operative al presidente deve avvenire direttamente con delibera dell’assemblea dei soci, non disponendo alcunché in merito al compenso. Tale articolo ha poi introdotto la possibilità, per l’organo di amministrazione, di delegare proprie attribuzioni a un solo componente, al quale soltanto possono essere riconosciuti compensi ai sensi dell’articolo 2389, terzo comma, c.c.

Il decreto legge n. 78/2009, articolo 19, comma 7, ha introdotto l’attuale formulazione: è l’organo di amministrazione che - previa delibera dell’assemblea dei soci - può attribuire deleghe operativeal presidente sulle materie delegabili e fissarne in concreto contenuto e compenso ex art. 2389, comma terzo, c.c.[39]; ed è lo stesso organo di amministrazione che può delegare le proprie attribuzioni a un solo componente, al quale possono essere riconosciuti compensi, unitamente al Presidente.

 

Ulteriore divieto è quello di nominare, nei consigli d’amministrazione o gestione di società non quotate indirettamente controllate dalle amministrazioni statali, amministratori della società controllante.

Il divieto non operase agli amministratori della controllante nominati nella controllata sono attribuite deleghe gestionali a carattere permanente e continuativo, ovvero laddove la nomina è finalizzata a mettere a disposizione della società controllata “particolari e comprovate competenze tecniche degli amministratori della società controllante”. In tali casi, gli emolumenti legati alla partecipazione agli organi della società controllata sono comunque “riversati alla società controllante” (articolo 3, comma 14, legge n. 244/2007).

Si osserva che - per quanto specificamente attiene alle società non quotate partecipate dal Ministero dell’economia e finanze - prima ancora dell’introduzione dei citati divieti applicabili a tutte le società controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni statali, il medesimo Ministero è stato chiamato ad adottare un proprio atto di indirizzo, volto, ove necessario, al contenimento del numero dei componenti dei consigli di amministrazione delle società dallo stesso partecipate al fine di rendere la composizione dei predetti consigli coerente con l'oggetto sociale delle società. (articolo 1, commi 465-466 della legge n. 296/2006).

 

Anche per le società partecipate totalmente dagli enti locali e a partecipazione mista con enti locali vi sono limitazioni sul numero dei componenti del consiglio di amministrazione nominati dagli enti stessi (articolo 3, comma 17, legge n. 244/2007, che conferma il limite contenuto nell’articolo 1, comma 729, della legge n. 296/2006).

Per ciò che specificamente riguarda le società totalmente partecipate, anche in via diretta, dagli enti locali, vi è il limite numerico di tre componenti per i relativi consigli di amministrazione.

Tale limite sale a cinque per le società il cui capitale, interamente versato, raggiunga o superi un determinato importo, il cui ammontare – 2 milioni di euro - è stato fissato con D.P.C.M. 26 giugno 2007.

 

Per tutte le società miste, partecipate cioè anche da altri soggetti pubblici o privati, il numero massimo dei componenti il consiglio di amministrazione designati dai soci pubblici locali (inclusi, se presenti, quelli di nomina regionale) non deve essere superiore a cinque (articolo 1, comma 729, della legge n. 296/2006).

 

Si rileva infine che, nel corso del 2010, sono entrate in vigore ulteriore misure volte alla riduzione dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo, nonché del collegio dei revisori di tutti gli organismi pubblici, anche con personalità giuridica di diritto privato.

In particolare, tali organismi devono adeguare i rispettivi statuti per assicurare - a decorrere dal primo rinnovo successivo alla data del 31 maggio 2010 - che gli organi di amministrazione e gli organi di controllo, ove non già monocratici, nonché il collegio dei revisori, siano costituiti da un numero non superiore, rispettivamente, a cinque e a tre componenti. Il mancato adeguamento degli statuti nei termini indicati determina responsabilità erariale e tutti gli atti adottati dagli organi degli organismi pubblici interessati sono nulli (articolo 6, comma 5 del decreto legge n. 78/2010[40]).

2.4 I limiti ai compensi degli amministratori

Per quanto attiene i compensi degli organi sociali di società non quotate controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni statali, il legislatore ha via via introdotto, a partire dall’anno 2008, una serie di vincoli.

In particolare:

§      il divieto dicorrispondere gettoni di presenza per i componenti gli organi sociali (articolo 3, comma 12, lettera g), legge n. 244/2007);

§      per le società già operanti alla data del 1° gennaio 2008, è stata operata una riduzione dei compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo del 25 per centorispetto ai compensi precedentemente deliberati per ciascun componente dell’organo di amministrazione (articolo 3, comma 12, lettera a), ultimo periodo, legge n. 244/2007).

Alla predetta riduzione si è, successivamente, aggiunto un ulteriore taglio del 10 per cento al compenso degli amministratori e sindaci. Tale taglio è stato in via generale disposto per le società pubbliche non quotate inserite nel conto economico della pubblica amministrazione; nonché per le società interamente possedute, alla data del 31 maggio 2010, dalle pubbliche amministrazioni (articolo 6, comma 5 del D.L. n. 78/2010)[41]. Esso dunque opera anche per le società statali non quotate aventi i predetti requisiti;

§      la carica di “sostituto” del presidente deve essere senza compensi aggiuntivi (articolo 3, comma 12, lettera c), legge n. 244/2007);

§      hanno compenso le deleghe operative attribuite al presidente e le deleghe attribuite, eventualmente unitamente al presidente, ad un solo altro componente del CDA. Tale compenso è fissato dall’organo di amministrazione, ex art. 2389, comma 3 c.c. (articolo 3, comma 12, lettera b), legge n. 244/2007)

Recentemente per gli amministratori con deleghe[42] delle società non quotate controllate[43] dal Ministero dell’economia e finanze è stata introdotta la previsione di fasce massime ai compensi da questi percepite, da fissarsi, con decreto Ministeriale, sulla base degli indicatori dimensionali e qualitativi delle predette società (articolo 23-bis, D.L. n. 201/2011[44], come da ultimo modificato dall’articolo 23, comma 1-bis del decreto legge n. 216/2011[45]).

In particolare, il citato decreto ministeriale, che deve essere emanato entro il 31 maggio 2012, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, e da sottoporre alla registrazione della Corte dei Conti, deve individuare le fasce alle quali riportare le società non quotate, direttamente controllate dal Ministero dell’economia e delle finanze, e determinare, per ogni fascia, il compenso massimo al quale i consigli di amministrazione di dette società devono fare riferimento, per la determinazione degli emolumenti da corrispondere agli amministratori investiti di particolari cariche. La classificazione, come la misura del compenso, sarà oggetto di periodica revisione [46].

Inoltre, gli emolumenti potranno includere una componente variabile che non potrà esse inferiore al 30 per cento della componente fissa[47].

Il limite ai compensi opera anche per le società non quotate controllate dalle società direttamente controllate dal MEF, in quanto i Consigli di amministrazione di tali società, nella determinazione degli emolumenti degli amministratori investiti di particolari cariche non potranno superare il limite massimo sancito per le società controllanti;

§      è ridotta la remunerazione dei membri di comitati con funzioni consultive o di proposta, che comunque possono costituirsi solo in casi strettamente necessari (articolo 3, comma 12-bis, legge n. 244/2007).

La costituzione di comitati con funzioni consultive o di proposta da parte delle società controllate da amministrazioni statali è comunque limitata a casi strettamente necessari, e comunque, la remunerazione che può essere riconosciuta a ciascuno dei componenti non deve superare il 30 per cento del compenso spettante alla carica di componente dell’organo amministrativo (articolo 3, comma 12-bis, legge n. 244/2007).

 

Tra gli altri vincoli, il più rilevante è il tetto ai compensi. Tale limite si applica al trattamento economico onnicomprensivo:

§         che le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate conferiscono a soggetti con i quali essi hanno rapporti di lavoro dipendente o autonomo;

§         dei presidenti e componenti di collegi e organi di governo e di controllo di società non quotate (art. 3, comma 44, legge n. 244/2007).

 

Tale trattamento non può essere superiore a quello del primo presidente di Corte di Cassazione.

Inoltre, coloro che sono legati da un rapporto di lavoro con società a partecipazione pubblica o loro partecipate, collegate e controllate, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo dell’organismo o società con cui è instaurato un rapporto di lavoro, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza.

Per quanto riguarda gli impiegati statali che partecipano all'amministrazione o ai collegi sindacali di società o enti cui lo Stato partecipa o comunque contribuisce, operano specifiche disposizioni, che prevedono la devoluzione dei compensi afferenti tale partecipazione all’amministrazione di appartenenza (articolo 62, D.P.R. n. 3/1957, come da ultimo modificato dall’articolo 6, comma 4 del decreto legge n. 78/2010, cfr. più diffusamente, infra).

 

In caso di violazione del tetto retributivo, l’amministratore che ha disposto il pagamento e il destinatario della retribuzione sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l’ammontare eccedente la cifra consentita.

La deroga al tetto vi può essere solo per motivate esigenze di carattere eccezionale e per un periodo di tempo non superiore a tre anni. Inoltre, le società sono obbligate a comunicarlo preventivamente alla Corte dei conti.

Vi sono poi obblighi di trasparenza: nessun atto che comporta la corresponsione di una retribuzione può essere attuato, se non viene previamente reso noto, con l’indicazione dei destinatari e dell’ammontare del compenso, attraverso la pubblicazione sul sito web della società, nonché deve essere comunicato al Governo e al Parlamento (art. 3, comma 44, legge n. 244/2007).

L’applicazione dei suddetti vincoli è stata nel 2008 subordinata all’adozione di un regolamento governativo attuativo (articolo 3, comma 52-bis, legge n. 244/2007, introdotto dell’articolo 4-quater del decreto legge n. 97/2008[48], e successivamente modificato dall’articolo 21 della legge n. 69/09) il quale è stato adottato con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 5 ottobre 2010.

 

Inoltre, per ciò che concerne i compensi degli amministratori delle società partecipate dal MEF, vige lo specifico divieto di inserire clausole nel rapporto contrattuale di amministrazione, che prevedano per gli amministratori, al momento della cessazione dell'incarico, benefici economici superiori ad una annualità di indennità (art. 1, comma 466 legge n. 296/2006, modificato dall’articolo 3, comma 51, della legge n. 244/2007) .

Come accennato, una disciplina specifica è prevista nel caso di partecipazione di impiegati statali all'amministrazione o ai collegi sindacali in società o enti ai quali lo Stato partecipi o comunque contribuisca.

Qualora il dipendente sia autorizzato a tale partecipazione (con deliberazione del Consiglio dei Ministri) l'incarico si intende svolto nell'interesse dell'amministrazione di appartenenza del dipendente ed i compensi dovuti dalla società o dall'ente sono corrisposti direttamente alla predetta amministrazione per confluire nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza o del personale non dirigenziale (articolo 62 del D.P.R. n. 3/1957, da ultimo modificato dall’articolo 6, comma 4 del decreto legge n. 78/2010).

Compensi agli amministratori delle società partecipate dagli enti locali

Per gli amministratori di società partecipate dagli enti territoriali vigono specifici vincoli.

 

Nelle società totalmente partecipate da comuni o province, e nelle società da queste controllate, il compenso lordo annuale, onnicomprensivo, del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione, non può essere superiore per il presidente al 70 per cento e per i componenti al 60 per cento delle indennità spettanti, rispettivamente, al sindaco e al presidente della provincia[49] (articolo 1, commi 725, 726 e 727 legge n. 296/2006, come modificati dall’articolo 61 del D.L. n. 112/2008[50][51]).

 

Il presidente e i componenti del consiglio di amministrazione delle società totalmente partecipate dagli enti locali hanno il diritto al rimborso delle spese di viaggio e l’indennità di missione previste per gli amministratori locali dall'art. 84 del TUEL- testo unico sugli enti locali (articolo 1, comma 727, legge n. 296/2006).

 

Nelle società a partecipazione mista di enti locali, i compensi possono essere elevati in proporzione alla partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali, secondo specifici criteri (articolo 1, comma 728, legge n. 296/2006)[52].

Infine, sebbene non sia chiara la portata applicativa della norma, si osserva che tra le misure recentemente introdotte vi è la previsione del carattere onorifico della partecipazione agli organi collegiali degli “enti che comunque ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche”. Tale partecipazione può dar luogo soltanto al rimborso delle spese sostenute e qualora siano previsti i gettoni di presenza, questi non possono superare l’importo di 30 euro a seduta giornaliera (articolo 6, comma 2 del decreto legge n. 78/2010).

2.5 Limiti alle spese delle società partecipate: acquisti e prestazioni di servizi

Si richiama in primo luogo il tetto ai compensi che le società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica e le loro controllate conferiscono a soggetti con i quali essi hanno rapporti di lavoro dipendente o autonomo (art. 3, comma 44, legge n. 244/2007), sopra richiamato[53].

 

Le società non quotate, controllate direttamente o indirettamente da amministrazioni statali, sono inoltre tenute ad adottare, per la fornitura di beni e servizi, parametri di qualità e di prezzo rapportati a quelli messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni da CONSIP S.p.A. (articolo 3, comma 15, legge n. 244/2007).

 

Le “società” inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione sono tenute a conformarsi ai principi di riduzione di spesa per studi e consulenze, per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni, prevista per le “pubbliche amministrazioni” inserite nel conto della P.A[54].

Pertanto, in sede di rinnovo dei contratti di servizio, i relativi corrispettivi sono corrispondentemente ridotti. I soggetti che esercitano i poteri dell’azionista garantiscono che, all’atto dell’approvazione del bilancio, sia comunque distribuito, ove possibile, un dividendo corrispondente al relativo risparmio di spesa. In ogni caso l'inerenza della spesa effettuata per relazioni pubbliche, convegni, mostre e pubblicità, nonché per sponsorizzazioni, è attestata con apposita relazione sottoposta al controllo del collegio sindacale (articolo 6, comma 11, D.L. n. 78/2010[55]).

Sussistono, infine, limiti al reclutamento del personale delle società pubbliche non quotate.

Alcuni di questi rivestono carattere generale, altri sono di carattere speciale e relativi a talune tipologie di società a partecipazione locale. In particolare:

§       le società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi, criteri e modalità rispettosi dei principi, anche comunitari, di trasparenza, pubblicità e imparzialità (articolo 18, comma 2, D.L. n. 112/2008);

§       le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica, per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi devono poi specificamente conformarsi ai principi previsti dall’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001, che regola il reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche (articolo 18, comma 1, D.L. n. 112/2008);

§      alle società a partecipazione locale, totale o di controllo, titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni di interesse generale non aventi carattere industriale e commerciale, ovvero che svolgono attività di supporto delle funzioni amministrative della pubblica amministrazione, inserite nel conto economico della P.A, si applicano le disposizioni del D.Lgs. n. 165/2001 che stabiliscono a carico della pubblica amministrazione divieti o limitazioni alle assunzioni di personale. Inoltre, queste società si adeguano alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze (articolo 18, comma 2-bis, D.L. n. 112/2008, come introdotto dall’articolo 19, comma 1, del D.L. n. 78/2009);

§      le società sopra richiamate e le società affidatarie in house di servizi pubblici locali sono altresì assoggettate – con modalità definite con decreto Ministeriale[56] – ai vincoli del patto di stabilità interno (articolo 18, comma 2-bis, D.L. n. 112/2008 e articolo 3-bis D.L. n. 18/2011).

 

Inoltre, fermo restando quanto sopra detto, le società non quotate a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali sono tenute ad adottare, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi (previsti dall’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001) che regolano il reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche.

Fino all'adozione dei citati provvedimenti, è fatto divieto di procedere al reclutamento di personale ovvero di conferire incarichi (articolo 4, comma 17, D.L. n. 138/2011).

Le società in house e le società a partecipazione mista pubblica e privata affidatarie di servizi pubblici locali sono tenute all'acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui Codice degli appalti (articolo 4, comma 15, D.L. n. 138/2011).

Inoltre, anche le società in house sono tenute ad adottare, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi (previsti dall’articolo 35, comma 3, del D.Lgs. n. 165/2001) che regolano il reclutamento del personale nelle amministrazioni pubbliche e nel rispetto delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali limiti alle assunzioni di personale, il contenimento degli oneri contrattuali, retributivi e limiti alle consulenze anche degli amministratori.

 

Relativamente al personale dipendente delle società non quotate controllate direttamente o indirettamente dalle amministrazioni statali e inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, si applicano poi le politiche assunzionali di contenimento pubbliche (articolo 9, comma 29 del decreto legge n. 78/2010 , come prorogato dall’articolo 2, comma 1 del D.L. n. 138/2011). Pertanto dal 2015, le assunzioni di personale a tempo indeterminato, previo svolgimento delle procedure di mobilità, non possono comportare una spesa superiore a quella relativa al personale cessato nell’anno precedente. In ogni caso il numero delle unità di personale da assumere non può eccedere quello delle unità cessate nell’anno precedente (articolo 9, comma 8 del decreto legge n. 78/2010).

 

Vi sono poi specifici vincoli nella gestione finanziaria e nel ricorso all’indebitamento per le società non quotate totalmente possedute dallo Stato, direttamente o indirettamente (articolo 18, D.L. n. 78/2009). Per tali società il ricorso a forme di indebitamento viene subordinato alla assenza di risorse sui relativi conti di tesoreria.

Le stesse società possono inoltre essere obbligate a detenere tutte le proprie disponibilità finanziarie in appositi conti correnti presso la Tesoreria dello Stato - in luogo, ad esempio, dei conti correnti bancari o postali eventualmente utilizzati[57].

Gli adempimenti per l’utilizzo delle disponibilità esistenti sui conti di Tesoreria dello Stato sono stati dettagliatamente previsti dal Decreto del Ministro dell’economia e finanze 25 febbraio 2010[58].

In particolare, le citate Società:

§      prelevano i fondi a propria disposizione sui conti di Tesoreria solo in assenza di disponibilità sui propri conti e per effettive esigenze di spesa, , limitandone poi la giacenza sui propri conti bancari o postali a tempi strettamente necessari alle attività da compiere;

§      sono tenute a comunicare al Ministero dell’economia e finanze una serie di informazioni circa la giacenza media giornaliera, il saldo di fine periodo, nonché, per ciò che attiene specificamente alle somme che derivano dal bilancio dello Stato, i giorni di giacenza e l’importo medio. Con riguardo al ricorso all’indebitamento, deve essere data indicazione del tasso applicato, della durata e dell’esigenza di spesa che ha determinato il ricorso. Le informazioni raccolte sono poi integrate ed elaborate unitamente a quelle presenti nel SIOPE (Sistema Informativo delle Operazioni degli Enti pubblici).

 

In ultimo, al fine di perseguire una maggiore efficienza delle società pubbliche, sono stati introdotti alcuni limiti al finanziamento in caso di bilanci in perdita.

In particolare, salvo quanto previsto nel caso di riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale (articolo 2447 del codice civile), le amministrazioni pubbliche non possono effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, rilascio di garanzie a favore di società partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre anni consecutivi, perdite di esercizio oppure che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti effettuati a fronte di convenzioni, contratti di servizio o di programma relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse oppure alla realizzazione di investimenti.

Al fine di salvaguardare la continuità nella prestazione di servizi di pubblico interesse, sono ammesse alcune deroghe al divieto qualora sussistano gravi pericoli per la sicurezza pubblica, l’ordine pubblico o la sanità. In questi casi su richiesta dell’amministrazione interessata, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, soggetto a registrazione presso la Corte dei Conti, è possibile autorizzare a favore di tali società specifici interventi finanziari (articolo 6, comma 19del decreto legge n. 78/2010).

 

Infine, si ricorda, per ciò che riguarda le società a partecipazione di enti pubblici che una norma di carattere generale è stata recentemente introdotta dall’articolo 8 del D.L. n. 98/2011[59], il quale prevede che – entro il 6 ottobre 2011 - tutti gli enti e gli organismi pubblici provvedano ad inserire sul proprio sito istituzionale curandone altresì il periodico aggiornamento, l'elenco delle società di cui detengono, direttamente o indirettamente, quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l'entità e sono altresì tenuti ad indicare se, nell'ultimo triennio dalla pubblicazione, le singole società hanno raggiunto il pareggio di bilancio[60].

2.6 La responsabilità degli enti con compiti di direzione di società

Il legislatore ha recentemente introdotto un’interpretazione autenticadell’articolo 2497, primo comma, del codice civile, il qualeprevede che lesocietà o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell'interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all'integrità del patrimonio della società.

Secondo l’interpretazione autentica introdotta dal legislatore per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell'ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria (articolo 19, comma 6, del D.L. n. 78/2009).


3. Il controllo della Corte dei conti sulle società partecipate dallo Stato

La Corte dei Conti, nell’ambito delle funzioni di controllo ad essa delegate dall’articolo 100 Cost., partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti, pubblici o privati - ovvero, aventi forma privatistica - a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, ai sensi e secondo le modalità stabilite dallalegge 21 marzo 1958 n. 259[61].

In particolare, ai sensi della legge n. 259[62], la Corte dei conti controlla:

§      gli enti che godono di contribuzione periodica[63] a carico dello Stato e gli enti che si finanziano con imposte, contributi, tasse che sono autorizzati ad imporre o che siano ad essi devolute (articolo 2). I rappresentanti dei collegi sindacali o di revisione degli enti sono tenuti a fornire alla Corte ogni informazione utile ai fini dell’espletamento del suo controllo;

§      gli enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni ovvero mediante concessione di garanzia. In questo caso, è previsto specificamente che il controllo venga esercitato da un magistrato della Corte dei conti, nominato dal Presidente della Corte stessa, che assiste alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione (articolo 12).

 

Si ricorda che, in virtù della sentenza della Corte costituzionale 28 dicembre 1993 n. 466, il potere di controllo della Corte dei Conti è esercitato sulle società per azioni derivanti dalla trasformazione degli enti pubblici economici, fino a quando permanga la partecipazione maggioritaria dello Stato o degli altri pubblici poteri al capitale sociale delle società e fin quando permanga inalterato, nella sostanza, l’apporto finanziario dello Stato[64].

 

Tra le principali società pubbliche sottoposte al controllo della Corte dei Conti ai sensi della legge n. 259/1958, si ricordano Ferrovie dello Stato S.p.A., RAI-radiotelevisione italiana S.p.A., ANAS S.p.A. e Poste Italiane S.p.a.

 

La legge n. 259/58 ha provveduto ad una prima indicazione degli enti sottoposti a controllo, rispettivamente ai sensi dell’articolo 2 e dell’articolo 12 della medesima legge. Successivamente, ha demandato – per gli enti cui lo Stato contribuisce in via periodica – l’individuazione degli stessi ad un decreto del Presidente della Repubblica, da adottarsi su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto col Ministro dell’economia e col Ministro competente. Talvolta il decreto governativo è adottato su segnalazione della stessa Corte dei Conti.

Specifiche norme primarie istitutive degli enti stessi prevedono poi direttamente il controllo della Corte dei Conti (articolo 12).

Al rendiconto generale dello Stato è allegato un elenco completo degli enti sottoposti al controllo ai sensi della n. 259/58 (articolo 10).

 

Il controllo esercitato dalla Corte su tali enti è un controllo referente: la Corte, oltre a riferire annualmente al Parlamento, formula, in qualsiasi altro momento, se accerti irregolarità nella gestione di un ente e, comunque, quando lo ritenga opportuno, i suoi rilievi al Ministro dell’economia ed al Ministro competente (articolo 8)[65].Ciò allo scopo di fornire indicazioni per la riqualificazione della spesa pubblica e di riflesso per la migliore ripartizione delle risorse finanziarie complessive[66].

 

Per ciò che attiene al controllo sull’operato degli amministratori e dipendenti delle società a partecipazione pubblica, si ricorda che a livello giurisprudenziale la Corte di Cassazione ha in un primo tempo ritenuto gli amministratori e i dipendenti delle società a partecipazione pubblica sottoponibili al regime di responsabilità amministrativa tipico delle pubbliche amministrazioni, e conseguentemente passibili di essere sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti[67].

In controtendenza rispetto all’orientamento estensivo degli anni scorsi, invece, la più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha invece escluso l’adozione di un concetto ampio di ente pubblico ai fini della configurabilità del danno erariale degli amministratori e dei dipendenti di dette società innanzi alla Corte dei Conti.

In particolare, è stata affermata la giurisdizione del giudice ordinario nel caso di responsabilità degli amministratori di società di diritto privato partecipate da un ente pubblico, atteso che tali società non perdono la loro natura di enti privati per il solo fatto che il loro capitale sia alimentato anche da conferimenti pubblici.

La possibilità per il procuratore contabile di agire nei confronti dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico è dunque limitata all’ipotesi in cui il medesimo ente pubblico sia stato direttamente danneggiato da un comportamento illegittimo del proprio amministratore[68].

Il danno mediato che l’ente pubblico socio riceve dalla ripercussione nella sua sfera giuridica del danno patito dalla società privata non è infatti sufficiente a configurare un danno erariale (Sentenza delle SS.UU. n. 26806 del 19 dicembre 2009 e n. 519 del 15 gennaio 2010)[69].

 

Il principio della responsabilità contabile dell’amministratore o del componente di organi di controllo esclusivamente per “danno diretto” è stato affermato dalla Corte di cassazione all’indomani dell’introduzione nell’ordinamento delle società a partecipazione pubblica di una norma (articolo 16-bis, D.L. n. 248/2007[70]) che prevede che la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti delle società quotate con partecipazione pubblica anche indiretta inferiore al 50 e delle società da queste controllate è regolata diritto civile e le relative controversie sono devolute esclusivamente alla giurisdizione del giudice ordinario (cfr. sul punto il punto 3.5 della citata sentenza delle Sezione Unite n. 26806/2009).

 

Si osserva, comunque, che i recenti interventi legislativi in materia di contenimento delle spese delle società a partecipazione pubblica, in più di un caso, prevedono esplicitamente la responsabilità per danno erariale degli amministratori o dei dipendenti delle medesime società che non le osservano. Si rammenta, al riguardo, la citata disciplina dei tetti retributivi (art. 3, comma 44, legge n. 244/2007).


4. Società non quotate controllate o interamente detenute dallo Stato

L’elenco delle società per azioni partecipate da amministrazioni statali è contenuto nel Rendiconto generale dello Stato, nel conto del patrimonio (appendice 4). Si segnala che il Rendiconto riporta i dati relativi alle società a partecipazione statale aggiornati all’anno precedente. Dunque, il Rendiconto 2010 (l’ultimo disponibile) riporta i dati relativi alle partecipazioni statali del 2009.

In taluni casi, informazioni aggiornate sono disponibili sui siti del Ministeri interessati, primo tra tutti, il Ministero dell’economia e finanze, il principale azionista statale[71].

Società partecipate dal Ministero dell’economia e finanze (partecipazione diretta di maggioranza/controllo)

Per il Ministero dell’economia e finanze, l’elenco delle società da esso partecipate – con partecipazione diretta di maggioranza/controllo – è periodicamente aggiornato e disponibile sul sito del Ministero[72].

Si riportano dunque di seguito i dati da Rendiconto aggiornati sulla base del l’ultimo elenco disponibile sul sito web del MEF (alla data del 3 aprile 2012):

 

Società per settore

Partecipazione del
Ministero 
(%)

Assicurativo

 

CONSAP - Concessionaria Servizi Assicurativi Pubblici S.p.A.

100

SACE S.p.A.

100

Bancario e Servizi finanziari

 

Cassa depositi e prestiti CDP S.p.A.

70

Difesa e Aerospazio

 

Finmeccanica S.p.A.

30,20

Editoriale e culturale

 

ARCUS S.p.A.

100

Energetico

 

ENEL S.p.A.

31,24

ENI S.p.A.

(Cassa depositi e prestiti detiene una partecipazione del 26,40%)

3,93

Gestore dei servizi elettrici (GSE S.p.A.)

100

Società Gestione Impianti Nucleari (SOGIN S.p.A.)

100

Holding di partecipazione

 

Fintecna S.p.A.

100

RAI S.p.A.

99,56

Cinecittà Luce S.p.A.

100

STMicroelectronics Holding N.V

50

Mezzogiorno e sviluppo territoriale

 

SOGESID - Società per la Gestione degli Impianti Idrici S.p.A.

100

Agenzia Attraz. Invest. Svil. Impresa (ex Sviluppo Italia S.p.A.)

100

Studiare Sviluppo S.r.l.

100

Occupazione e previdenza

 

Italia Lavoro S.p.A.

100

Società per lo sviluppo del Mercato dei fondi pensione S.p.A. (MEFOP S.p.A.)

56,01

Postale

 

Poste Italiane S.p.A.

100

Servizi vari

 

Coni Servizi S.p.A.

100

CONSIP - Concessionaria Servizi Informativi Pubblici S.p.A.

100

EUR S.p.A.

90

Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato

100

Sistemi di consulenza per il Tesoro (SICOT S.r.l.)

100

Società generale d’informatica - SOGEI S.p.A.

100

Società per gli studi di settore - SOSE s.p.a

(Banca d’Italia detiene la restante partecipazione del 12%)

88%

Infrastrutture e Trasporti

 

Alitalia in a.s.

49,90

ENAV S.p.A.

100

Ferrovie dello Stato S.p.A.

100

ANAS S.p.A.

100

Rete Autostrade mediterranee S.p.A.

100

Expo 2015 S.p.A.

40

 

Infine, si ricorda che le seguenti società: Istituto per lo Sviluppo Economico dell'Italia Meridionale – ISVEIMER  Spa, Italtrade s.p.a e Lam.for s.p.a., indicate nel Rendiconto 2010 come controllate del Ministero dell’Economia e finanze, sono sottoposte a procedura liquidatoria da vari anni.

Società controllate da altri Ministeri

I dati che seguono, relativi alle società controllate dagli altri Ministeri, sono quelli contenuti nell’ultimo Rendiconto generale dello Stato (Rendiconto 2010), aggiornati sulla base delle informazioni disponibili sui siti istituzionali delle società in questione e delle informazioni fornite dalle medesime società.

 

Ministero dello sviluppo economico

 

Società

Partecipazione del
Ministero  (%)

SIMEST -  Società Italiana per le Imprese all'Estero - S.p.A.

76,0

Cooperazione finanza impresa  – CFI S.coop.a[73].

98,49

Società finanziaria per la cooperazione di produzione e lavoro – SO.FI.COOP.

99,64

 

 

Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali

 

Società

Partecipazione del
Ministero 
(%)

Buonitalia S.p.a

70

Istituto Sviluppo Agroalimentare - ISA S.p.a

100

Agenzia di Pollenzo S.p.a[74]          

3,90

 

 

Ministero per i beni e le attività culturali

 

Società

Partecipazione del
Ministero
(%)

Ales Arte, Lavoro e Servizi S.p.a

100

 

 

Ministero della difesa

 

Relativamente a tale Ministero, si ricorda la società Difesa servizi S.p.a., da esso interamente partecipata. La società, istituita dalla legge finanziaria 2010, non figura nel Rendiconto 2010, visto che i dati da questo riportati riguardano l’anno 2009.


 



[1]     Si veda sul punto, in dottrina, F. Caringella “Manuale di diritto amministrativo”, ed. Dike, 2012, pg. 594.

[2]     Cfr. CORTE dei CONTI, Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di comuni e province - Relazione conclusiva approvata nell’adunanza del 22 giugno 2010. L’indagine, riferita all’arco temporale dal 2005 al 2008, con analisi finanziarie fino al 2009, ha interessato 5.928 enti locali, pari al 72,22% del totale dei comuni e delle province.

[3]     In particolare, nel triennio 2005-2007 le società partecipate dai Comuni con abitanti fino a 30.000 sono 2.584, quelle partecipate dai Comuni tra 30.000 e 50.000 sono 488, quelle partecipate dai Comuni superiori a 50.000 sono 930. Per un’analisi delle norme in materia di dismissioni azionarie da parte degli enti locali si rinvia al paragrafo 2.1.

[4]     In particolare, si ricorda in proposito che l’articolo 29, comma 1-ter del decreto-legge n. 98/2011 prevede che entro il 31 dicembre 2013 il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere del Comitato di consulenza globale e di garanzia per le privatizzazioni, approvi, su conforme deliberazione del Consiglio dei Ministri, uno o più programmi per la dismissione di partecipazioni azionarie dello Stato e di enti pubblici non territoriali; i programmi di dismissione, dopo l'approvazione, sono immediatamente trasmessi al Parlamento. Le modalità di alienazione sono stabilite, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, nel rispetto del principio di trasparenza e di non discriminazione. Il Ministro riferisce al Parlamento entro il 30 giugno di ogni anno sullo stato di attuazione del piano.

[5]     Si ricorda, tra gli altri, il decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 419, che ha previsto tra le misure per la razionalizzazione di una serie di enti pubblici nazionali senza scopo di lucro la privatizzazione dei medesimi (artt. 2 e 3).

[6]     Sviluppo Italia S.p.A. è stata oggetto di un complessivo riassetto con la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, commi 460-464 della legge n. 296/2006), la quale ne ha mutato la denominazione in Agenzia per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.. Inoltre, il proprietario dell’intero pacchetto azionario è divenuto il Ministero dell’economia e finanze.

[7]     CONSIP Concessionaria servizi informatici pubblici - CONSIP S.p.A. - la società con capitale interamente posseduto dal Ministero dell’economia e finanze, che oltre a gestire le attività informatiche dell'Amministrazione statale in materia finanziaria e contabile è stata configurata come la struttura di servizio per agli acquisti centralizzati di beni e servizi della P.A., in virtù dei compiti ad essa conferiti dal combinato disposto di una serie di norme quale l’art. 26 della legge n. 488/1999.

[8]     Convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178.

[9]     L'ANAS è la società gestore della rete stradale ed autostradale italiana di interesse nazionale. È una società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell'Economia ed è sottoposta al controllo ed alla vigilanza tecnica ed operativa del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

[10]    Convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326.

[11]    Cassa depositi e prestiti Cassa depositi e prestiti (CDP) è controllata dallo Stato, che possiede il 70% del capitale, mentre il restante 30% è posseduto da 66 Fondazioni di origine bancaria. CDP esercita in primo luogo compiti di finanziamento del settore pubblico e del settore privato per investimenti pubblici, opere infrastrutturali destinate alla fornitura dei servizi pubblici, grandi opere di interesse nazionale, altri interventi di interesse pubblico. La fonte principale delle risorse utilizzate da parte di CDP è il risparmio postale.

[12]    La SACE è una società per azioni, partecipata al 100% dal Ministero dell’economia e delle finanze, che opera nel settore dell’assicurazione dei crediti all'esportazione. I suoi compiti sono stati recentemente estesi alle attività di agevolazione nella riscossione dei crediti da parte delle imprese verso la P.A., e all’attività di sostegno finanziario all’internazionalizzazione, cd. “Export-banca”, attraverso l’intervento integrato di Cassa depositi e prestiti.

[13]    D.L. n. 63/2002 “Disposizioni finanziarie e fiscali urgenti in materia di riscossione, razionalizzazione del sistema di formazione del costo dei prodotti farmaceutici, adempimenti ed adeguamenti comunitari, cartolarizzazioni, valorizzazione del patrimonio e finanziamento delle infrastrutture”, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002 n. 112.

[14]    Infrastrutture S.p.A. è stata fusa per incorporazione in Cassa depositi e prestiti S.p.A. (art. 1, commi 79-83, legge n. 266/2005). A CDP S.p.A. è stato demandato il compito di promuovere le operazioni per la liquidazione del patrimonio separato della stessa società. Sono stati dunque fissati i criteri e le modalità (D.M. 27 dicembre 2007) con le quali è stato successivamente operato l'accollo a carico del bilancio dello Stato del debito già contratto da Infrastrutture S.p.A..

[15]    Di tale società, totalmente detenuta dal MEF, il CONI si avvale per lo svolgimento delle proprie attività.

[16]    La società, interamente partecipata dal Ministero dell’economia ed il Ministero per i beni e le attività culturali, esercita i diritti dell'azionista d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, per quanto riguarda i profili patrimoniali e finanziari. Essa è preposta alla promozione ed al sostegno finanziario, tecnico-economico ed organizzativo di interventi per la conservazione e la tutela dei beni culturali nonché di iniziative a favore delle attività culturali e dello spettacolo.

[17]    Decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203, recante Misure di contrasto all’evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[18]    La quale attraverso tale sua controllata esercita le funzioni relative alla riscossione nazionale.

[19]    L’istituzione della Società Difesa servizi S.P.A. è stata prevista dai commi 27-36 dell’articolo 2 della legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria 2010), abrogati a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo n. 66 del 2010 il cui articolo 535 ne ha recepito integralmente il contenuto.

[20]    Nell’interrogazione a risposta immediata 5-02541 Rugghia, il Sottosegretario di Stato alla Difesa Guido Corsetto ha sottolineato che la finalità con le quali è stata costituita Difesa servizi S.p.A. è quella di “fatturare”, cioè offrire al mercato, in cambio di corrispettivo, servizi già attualmente erogati dalla Difesa il più delle volte gratuitamente o non a condizioni di mercato, ricordando in proposito il servizio cartografico della marina militare o il servizio meteorologico dell’aeronautica. Tali servizi sono prestati senza ricevere in cambio alcun corrispettivo in quanto a causa dei vincoli derivanti dalla disciplina contabile impongono l’assegnazione degli introiti direttamente all’erario.

[21]    All'assemblea ha partecipato il ministro della Difesa che ha indicato l'ing. Lino Girometta quale amministratore delegato e ha dettato le linee guida per il funzionamento della società.

[22]    Sulle quali v. P. Pizza, Le società per azioni di diritto singolare tra partecipazioni e nuovi modelli organizzativi, Milano, 2007.

[23]    Così L.Torchia, nella citata Relazione al Convegno su “Le società pubbliche tra Stato e mercato: alcune proposte di razionalizzazione della disciplina”, Roma, Luiss, 2009.

[24]    Si tratta delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001. L’articolo 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 definisce amministrazioni pubbliche tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo di riforma dell’organizzazione del Governo, D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300.

[25]    È inoltre sempre ammessa la costituzione di societàche forniscono servizi di committenza o di centrali di committenza a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture (D.Lgs. n. 163/2006), e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni pubbliche, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza.

Secondo consolidato orientamento “la categoria dei servizi di interesse generale coincide con quella dei servizi pubblici locali”. Cfr. sul punto, Corte dei Conti, Sezione di controllo Lombardia, Parere n. 124/2011.

Per un commento circa l’applicabilità del divieto di cui all’articolo 3, comma 27 agli enti locali, vedi “Scelte societarie, prova d’appello agli enti”, in Focus Utilities, Giuda agli enti locali, n. 31/2011, pag. X; nonché, supra, la Circolare Anci n. 3/2010.

[26]    Circolare relativa agli adempimenti sulla costituzione o il mantenimento di società a partecipazione comunale, ai sensi dei commi 27 e ss., dell’articolo 3, della legge 24 dicembre 2007 n. 244, ed alla dismissione delle partecipazioni vietate.

[27]    Comma modificato dalla lettera e) del comma 1 dell’articolo 71 della legge 18 giugno 2009, n. 69. Il comma era stato, inoltre, modificato dalla lettera b) del comma 2 dell’art. 19, D.L. 1 luglio 2009, n. 78, soppressa dalla relativa legge di conversione.

      In particolare, il termine per la cessione delle partecipazioni vietate era stato inizialmente fissato dalla legge finanziaria per il 2008 a diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa (30 giugno 2009).

      Successivamente, la lettera b) del comma 2 dell’art. 19, D.L. n. 78/2009 aveva fissato il termine per la cessione al 30 settembre 2009, ma tale previsione è stata soppressa dalla relativa legge di conversione del decreto.

      In costanza di conversione del decreto legge n. 78 è infatti entrata in vigore lettera e) del comma 1 dell’articolo 71 della legge 18 giugno 2009, n. 69, che, da ultimo, ha fissato il termine per la cessione al 1° gennaio 2011 (cioè, 36 mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008).

[28]    Sono in particolare esclusi i servizi pubblici locali e i servizi di committenza o le centrali di committenza regionali a supporto di enti senza scopo di lucro e le amministrazioni aggiudicatrici di lavori pubblici. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico bancario (T.U.B. n. 385/1993) sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti.

[29]    D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.

[30]    Cfr. sul punto, Corte dei Conti, Indagine sul fenomeno delle partecipazioni in società ed altri organismi da parte di comuni e province, analizzata nel Capitolo 1.

[31]    D.L. n. 138/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 148/2011.

La formulazione originaria dell’articolo 14, comma 32 del D.L. n. 78/2010, prevedeva che l’obbligo di messa in liquidazione delle società già costituite al 31 maggio 2010 dovesse essere adempiuto entro il 31 dicembre 2011.

Su tale data è successivamente intervenuto il D.L. n. 225/2010 (legge n. 10/2011), il quale, all’articolo2, comma 43, ha posticipato al 31 dicembre 2013 il suddetto termine. Ancora dopo, l’articolo 16, comma 27 del D.L. n. 138/2011 (legge n. 144/2011), ha anticipato di un anno tale termine, al 31 dicembre 2012. Si segnala che l’articolo 29, comma 11-bis dell’A.C. 4865-A (conversione in legge del D.L. n. 216/2011) differisce ulteriormente tale termine di nove mesi, al 31 settembre 2013.

[32]    Sebbene i poteri di accertamento del prefetto siano riferiti al solo primo periodo del comma 32 dell’articolo 14 - che impone il divieto ai comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti di costituire società - sembra che tali poteri – per il tenore letterale dall’articolo 16, comma 27 del D.L. n. 138/2011 - siano relativi anche all’adempimento dell’obbligo di dismissione delle società già possedute, previsto nel secondo periodo del comma 32.

[33]    La formulazione originaria dell’articolo 14, comma 32 prevedeva tra le esclusioni solo le società costituite da più comuni con popolazione complessiva superiore a 30.000 abitanti, demandando ad un successivo decreto del Ministro per i rapporti con le regioni – da adottare di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e per le riforme per il federalismo entro il 29 ottobre 2010 – la determinazione delle modalità attuative della disciplina di cui al comma 32, nonché ulteriori ipotesi di esclusione dall’ambito di applicazione.

E’ stata la legge finanziaria 2011 (legge n. 220/2010), articolo 1, comma 117, che, in un primo tempo, ha introdotto la lettera a), e cioè ha previsto che fossero escluse dalla liquidazione le società con bilancio in utile negli ultimi tre esercizi.

      Successivamente, è intervenuto il decreto legge n. 225/2010 (legge n. 10/2011), articolo 2, comma 43, che da un lato ha portato al 31 dicembre 2013 i termini per la liquidazione delle società, dall’altro ha confermato che oggetto di esclusione sono le società con bilancio in utile alla data del 31 dicembre 2013, e infine ha introdotto le due ulteriori esclusioni.

      Il D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (Legge n. 111/2011) all’articolo 20, comma 13, ha poi soppresso la previsione nel comma 32 che demandava ad un decreto del Ministro per i rapporti con le regioni la determinazione delle modalità attuative della disciplina e le ipotesi di esclusione.

[34]    Art. 2449 cc., riformulato da ultimo con la legge comunitaria 2007, art.13, L. 25 febbraio 2008, n. 34.

      Si ricorda, a questo proposito, che proprio per rendere conforme la disciplina nazionale a quella comunitaria, l’articolo 3, comma 1 del decreto legge 10/2007 convertito in legge n. 46/2007 ha abrogato l’art. 2450 del codice civile che estendeva la possibilità di attribuire in via generale per statuto allo Stato ed agli enti pubblici poteri speciali di nomina e revoca di amministratori, sindaci e componenti del consiglio di sorveglianza di società dai primi partecipate.

[35]    Con sentenza n. 159/2008 la Corte Costituzionale si è pronunciata – su ricorso promosso dalla regione Veneto e dalla provincia autonoma di Bolzano - sull’articolo 1, comma 734 della legge n. 296/2006, il quale stabilisce che non può essere nominato amministratore di una società a totale o parziale capitale pubblico chi, avendo ricoperto nei cinque anni precedenti incarichi analoghi, abbia chiuso in perdita tre esercizi consecutivi. La Corte ha dichiarato l'illegittimità di tale norma, nella parte in cui si riferisce alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.

[36]    Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102.

[37]    L’articolo 2389, comma 3 c.c. prevede che la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale. Se lo statuto lo prevede, l'assemblea può determinare un importo complessivo per la remunerazione di tutti gli amministratori, inclusi quelli investiti di particolari cariche.

[38]    D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 214/2012.

[39]    Si osservi peraltro che sulla materia si è verificato, proprio nel luglio 2009, un certo “caos” normativo: il decreto legge n. 78 del 1 luglio 2009 è in realtà entrato in vigore tre giorni prima dell’entrata in vigore del citato art. 71 della legge n. 69/2009.

      Pertanto, in sede di conversione è stato specificato che l’articolo 19 del decreto legge 78/2009 modifica le lettere b) e d) dell’articolo 3, comma 12 della legge finanziaria 2008, come sostituite dalla legge n. 71/2009.

[40]    Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito, con modificazioni, in legge n. 122/2010.

[41]    La riduzione di applica a decorrere dalla prima scadenza del consiglio o del collegio.

[42]    L’articolo 2389 c.c. disciplina i compensi degli amministratori delle società. In particolare, il terzo comma dell’articolo prevede che la remunerazione degli amministratori investiti di particolari cariche in conformità dello statuto è stabilita dal consiglio di amministrazione, sentito il parere del collegio sindacale.

      Come sopra detto, sulla possibilità di deleghe operative agli amministratori di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato, remunerate ai sensi del citato articolo 2389 cc., è intervenuto l’articolo 3, co. 12 della legge n. 244/2007, come sostituito dalla legge n. 69/2009 e modificato dal D.L. n. 78/2009.

      Tale disposizione prevede che abbiano compenso ai sensi dell’art. 2389, comma 3 c.c. le deleghe operative attribuite al presidente (lettera b), e le deleghe, attribuite, eventualmente unitamente al presidente, ad un solo altro componente del CDA (lettera d).

[43]    Per società direttamente controllate si intende quelle ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, n. 1) c.c. e dunque le società in cui si dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria.

[44]    Convertito con modificazioni in legge n. 214/2011.

[45]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14/2012.

[46]    La rideterminazione avviene con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, tenuto conto dei mutamenti di mercato e in relazione al tasso di inflazione programmato, nel rispetto degli obiettivi di contenimento della spesa pubblica.

[47]    Il Consiglio di amministrazione riferisce all'assemblea ordinaria dei soci in merito alla politica adottata in materia di retribuzione degli amministratori con deleghe, anche in termini di conseguimento degli obiettivi agli stessi affidati con riferimento alla parte variabile della stessa retribuzione.

[48]    Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129.

[49]    Resta ferma la possibilità di prevedere indennità di risultato solo nel caso di produzione di utili e in misura comunque non superiore al doppio del compenso onnicomprensivo.

      Nelle società a totale partecipazione di una pluralità di enti locali, il compenso del presidente e dei componenti del CDA, va calcolato in percentuale della indennità spettante al rappresentante del socio pubblico con la maggiore quota di partecipazione e, in caso di parità di quote, a quella di maggiore importo tra le indennità spettanti ai rappresentanti dei soci pubblici (art.1, comma 726, legge n. 296/2006)

[50]    Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

[51]    La Corte costituzionale, con sentenza 7-20 maggio 2008, n. 159 ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità costituzionale dei commi da 725 a 728, nella parte trovano applicazione per gli enti locali delle Province autonome di Trento e di Bolzano.

[52]    In particolare, i compensi possono essere elevati nella misura di un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale, e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale.

[53]    Il limite non si applica alle attività di natura professionale e ai contratti d’opera, che non possono in alcun caso essere stipulati con chi ad altro titolo percepisce emolumenti o retribuzioni da parte della stessa società, aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza.

[54]    Il decreto legge n. 78/2010, all’articolo 6, commi 7, 8 e 9 riduce:

-        a decorrere dal 2011, la spesa annua effettuata per studi ed incarichi di consulenza, compresi gli studi ed incarichi conferiti a pubblici dipendenti, disponendo che essa non potrà essere superiore al 20% di quella sostenuta nell'anno 2009. L'affidamento di incarichi in assenza dei presupposti di cui al comma in esame costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale (comma 7);

-        a decorrere dal 2011, la spesa annua per relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza. Tale spesa non potrà essere superiore al 20% della spesa sostenuta nell'anno 2009 per le medesime finalità;

-        il divieto di effettuare spese per sponsorizzazioni (comma 9).

[55]    Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

[56]    Il D.M. non risulta ancora emanato.

[57]    La citata norma si applica oltre che alle società non quotate possedute interamente dallo Stato, direttamente o indirettamente, anche agli enti pubblici nazionali inseriti nel conto economico consolidato della P.A. (cioè nell’Elenco redatto annualmente dall’ISTAT ricognitivo di tali enti).

[58]    In particolare, l’articolo 18 citato demandata a decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze la definizione dei criteri e della tempistica per l’utilizzo delle disponibilità esistenti sui conti di Tesoreria dello Stato, assicurando ogni caso che il ricorso a qualsiasi forma di indebitamento possa essere effettuato solo in assenza di disponibilità sui conti di tesoreria e per effettive esigenze di spesa; la facoltà – e non l’obbligo – di stabilire che i predetti soggetti debbano detenere le proprie disponibilità finanziarie in appositi conti correnti presso la Tesoreria dello Stato; in tal caso, con i medesimi decreti è stabilito l’eventuale tasso di interesse da corrispondere sulla quota delle giacenze dei conti non proveniente dal bilancio dello Stato, il quale non potrà comunque essere superiore a quello riconosciuto sul “conto di disponibilità del Tesoro”, ossia al tasso medio dei BOT emessi nel semestre precedente; la fissazione dei criteri per l’integrazione dei flussi informativi dei conti accesi presso la Tesoreria dello Stato, al fine di ottimizzare i flussi di cassa in entrata e in uscita e ridurre i costi di gestione.

      Il D.M. 25 febbraio 2010, attuativo della predetta normativa, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale 1 aprile 2010, n. 76.

[59]    D.L. n. 98 del 6 luglio 2011 “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, convertito in legge n. 111/2011.

[60]    Tali informazioni si aggiungono a quelle già fornite nel conto del patrimonio degli enti locali, ai sensi di quanto previsto dal D.P.R. n. 194/1996 (Regolamento di approvazione dei modelli – di cui all’articolo 160 del D.Lgs. n. 267/2000 - relativi all'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali). In particolare, nel conto del patrimonio, la voce “partecipazioni” è articolata nelle seguenti voci: imprese controllate, imprese collegate, altre imprese.

 

[61]    Tale controllo è esercitato dalla Corte dei conti - “Sezione del controllo Enti ”, istituita ai sensi dell’art. 9 della legge 21 marzo 1958 n. 259. Con tale tipo di controllo si evidenziano gli esiti della gestione, in una valutazione complessiva dell’azione e dell’efficacia della attività monitorata, di una sua efficiente ed economica realizzazione, attraverso la verifica di documenti economico finanziari, oltre che contabili, quali sono i bilanci d’esercizio ed i conti consuntivi. La Corte dei conti vigila affinché gli enti che gestiscono ingenti quote di risorse pubbliche, si attengano a parametri di legittimità ed improntino la loro gestione a criteri di efficacia ed economicità. Si veda, sul punto, Vittorio Raeli “Il controllo sugli enti pubblici sovvenzionati dallo Stato ed il controllo sulle società private per le quali lo Stato partecipa al capitale”, del 6 febbraio 2009.

      Si osserva che la suddetta legge n. 259 non si applica alle Regioni, alle Province, ai Comuni, alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, nonché ed agli Istituti di credito sottoposti a vigilanza dell'Ispettorato del credito. Si rimanda in proposito alla disciplina generale dei controlli della Corte dei conti di cui alla legge n. 20/1994.

[62]    L’articolo 3, comma 7 della legge n. 20/1994 di riforma dell’attività di controllo della Corte dei Conti, ha mantenuto fermo il controllo sulla gestione degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria disciplinato dalla citata legge 21 marzo 1958, n. 259, stabilendo che le relazioni della Corte contengono anche valutazioni sul funzionamento dei controlli interni.

[63]    Per contribuzione ordinaria, la legge n. 259 intende i contributi che, con qualsiasi denominazione, una Pubblica Amministrazione o un'azienda autonoma statale abbia assunto a proprio carico, con carattere di periodicità, per la gestione finanziaria di un ente, o che da oltre un biennio siano iscritti nel suo bilancio (articolo 2).

[64]    In particolare, nella sentenza citata, risolutiva di un conflitto di attribuzioni sollevato dalla Corte dei Conti nei confronti del Governo, la Corte Costituzionale ha dichiarato che spetta alla Corte dei conti esercitare nei confronti delle società per azioni costituite a seguito della trasformazione del- l'I.R.I., dell'E.N.I., dell'I.N.A. e dell'E.N.E.L. disposta dall'art. 15 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, il potere di controllo di cui all'art. 12 della legge 21 marzo 1958, n. 259: controllo da esercitare, nelle forme e nei limiti in precedenza applicati, fino a quando permanga una partecipazione esclusiva o maggioritaria dello Stato al capitale azionario di tali società.

      La Corte costituzionale in tale sentenza ha ritenuto che “non è….. la veste formale dell’organismo di diritto pubblico (s.p.a.) che può escludere il controllo della Corte dei conti, ai sensi dell’art. 100 della Costituzione, giacché è la natura sostanziale dell’organismo che deve essere analizzata ed i modi di contribuzione da parte dello Stato alla sua gestione” e che”…Il controllo in questione verrà, invece, a perdere la propria ragione d'essere, legata alla sua specifica funzione, nel momento di (..) "dismissione" delle quote azionarie in mano pubblica, avrà assunto connotati sostanziali, tali da de terminare l'uscita delle società derivate dalla sfera della finanza pubblica.

[65]    Tale articolo era stato abrogato dal primo comma dell’articolo 3 del D.Lgs. 30 luglio 1999 n. 286 “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle amministrazioni pubbliche, a norma dell'articolo 11 della l. 15 marzo 1997, n. 59”, ma la Corte costituzionale, con sentenza n. 139 del 17 maggio 2001, ha accolto il ricorso della Corte dei conti dichiarando l’annullamento dell’articolo 3 comma 1 del D.Lgs. n. 286/1999.

[66]    Ai fini dell’espletamento del controllo della Corte, è previsto che gli enti debbono far pervenire alla Corte dei conti i conti consuntivi ed i bilanci di esercizio col relativo conto dei profitti e delle perdite corredati dalle relazioni dei rispettivi organi amministrativi e di revisione, non oltre quindici giorni dalla loro approvazione e, in ogni caso, non oltre sei mesi e quindici giorni dalla chiusura dell'esercizio finanziario al quale si riferiscono.

      Egualmente sono trasmesse alla Corte dei conti le relazioni degli organi di revisione che vengano presentate in corso di esercizio.

[67]    In particolare, la Corte di Cassazione, (Sentenza Sezioni Unite, n. 3899 del 26 febbraio 2004, che dà seguito all’orientamento, già inaugurato con la sentenza 19667/2003), ha affermato la giurisdizione della Corte dei Conti anche nei confronti delle società partecipate. Si veda anche sul punto, l’efficace ricostruzione elaborata dall’Assonime “Principi di riordino del quadro giuridico delle società pubbliche”, settembre 2008.

[68]    La Corte di Cassazione ha affermato, in particolare, che il danno inferto dagli organi della società al patrimonio sociale, che nel sistema del codice civile può dar vita all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, non è idoneo a configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti: perché non implica alcun danno erariale, bensì unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la società), riferibile al patrimonio appartenente soltanto a quel soggetto e non certo ai singoli soci –pubblici o privati- i quali sono unicamente titolari delle rispettive quote di partecipazione ed i cui originari conferimento restano confusi ed assorbiti nell’unico patrimonio sociale”.

La Corte dei conti è invece competente a giudicare nel caso dell’eventuale danno diretto causato all’ente pubblico da atti illegittimi posti in essere dagli organi della società partecipata, che non si identifichi con il mero riflesso di un pregiudizio arrecato al patrimonio sociale. Tipico esempio di questa situazione è il danno all’immagine dell’ente pubblico.

[69]    In dottrina, cfr. sul punto, F. Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Dike ed., pag. 588 e ss..

[70]    Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31 (Gazz. Uff. 29 febbraio 2008, n. 51, S.O.), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

[71]    Si ricorda peraltro che, con la legge finanziaria 2008, si è stabilito che per lo Stato, in caso di costituzione di società che producono servizi di interesse generale e di assunzione di partecipazioni in tali società, le relative partecipazioni sono attribuite al Ministero dell’economia e finanze, il quale esercita i diritti dell’azionista, di concerto con i Ministeri competenti per materia (articolo 3, comma 27-bis, legge n. 244/2007).

[72]    http://www.dt.mef.gov.it/it/finanza_privatizzazioni/partecipazioni/

[73]    Nel rendiconto 2010 CFI S.c.a. non figura come società controllata, vista la peculiarità del trattamento giuridico delle società cooperative.

[74]    Nel rendiconto 2010 Agenzia di Pollenzo s.p.a. è inclusa nell’elenco delle società finanziarie non quotate controllate.