Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Esito dei pareri al Governo - Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149 (artt. 2, 17 e 26, legge n. 42/2009) Schede di lettura
Serie: Atti del Governo    Numero: 312    Progressivo: 1
Data: 08/11/2011
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Esito dei pareri al Governo

Meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni

D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149

(artt. 2, 17 e 26, legge n. 42/2009)

 

 

 

 

 

 

n. 312/1

 

 

8 novembre 2011

 


Servizio responsabileServizio Studi:

Dipartimento Bilancio

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File: BI0410a.doc


INDICE

Schede di lettura

Articolo 1 (Relazione di fine legislatura regionale).............................................. 3

Articolo 2 (Responsabilità politica del Presidente della Giunta regionale)........ 10

Articolo 3 (Decadenza automatica e interdizione dei funzionari regionali e dei revisori dei conti)26

Articolo 4 (Relazione di fine mandato provinciale e comunale)........................ 32

Articolo 5 (Regolarità della gestione amministrativo-contabile)........................ 36

Articolo 6 (Responsabilità politica del Presidente di Provincia e del Sindaco). 38

Articolo 7 (Mancato rispetto del patto di stabilità interno)................................. 45

Articolo 8 (Ulteriori disposizioni concernenti il patto di stabilità interno)........... 56

Articolo 9 (Ulteriori meccanismi premiali)......................................................... 58

Articolo 10 (Contrasto all’evasione fiscale)....................................................... 62

Articolo 11 (Collaborazione nella gestione organica dei tributi)........................ 65

Articolo 12 (Ulteriori forme premiali per l’azione di contrasto all’evasione fiscale)69

Articolo 13 (Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano)............................................................................................................ 71

Articolo 14 (Fabbisogni standard delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e responsabilità politica dei Ministri)............................................................................................ 73

Articolo 15 (Riordino dei termini per la trasmissione dei dati degli enti territoriali)75

Articolo 16 (Interventi del settore creditizio a favore del pagamento delle imprese creditrici degli enti territoriali)........................................................................................................... 76

Testo a fronte tra lo schema di decreto legislativo (Atto n. 365) e il decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 (Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 219/2011)................................................................................ 81

Adempimenti................................................................................................. 107

 

 


Schede di lettura


Articolo 1
(Relazione di fine legislatura regionale)

 


1. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Regioni sono tenute a redigere una relazione di fine legislatura.

2. La relazione di fine legislatura è sottoscritta dal Presidente della Giunta regionale non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza della legislatura. Entro e non oltre dieci giorni dopo la sottoscrizione della relazione, essa deve risultare certificata dagli organi di controllo interno regionale e, nello stesso termine, trasmessa al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e regionali. Il Tavolo tecnico interistituzionale verifica, per quanto di propria competenza, la conformità di quanto esposto nella relazione di fine legislatura con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni fatte pervenire dalle Regioni alla banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ed invia, entro venti giorni, apposito rapporto al Presidente della Giunta regionale. Per quanto attiene al settore sanitario e, in particolare, per i contenuti di cui al comma 4, lettere c), per la parte relativa agli enti del servizio sanitario regionale, d), e) ed f), la verifica è effettuata, entro il medesimo termine di venti giorni, dai Tavoli tecnici che, ai sensi delle vigenti disposizioni, sono deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro, ivi compresa la struttura tecnica di monitoraggio prevista dall'articolo 3 dell'intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012, sulla base delle risultanze emerse in sede di verifica dei medesimi Piani ovvero, per le regioni non sottoposte al piano di rientro, sulla base della verifica degli adempimenti annuali di cui all'articolo 2, comma 68, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono pubblicati sul sito istituzionale della regione entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto del citato Tavolo tecnico interistituzionale da parte del Presidente della Giunta regionale. Entrambi i documenti sono inoltre trasmessi dal Presidente della Giunta regionale alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

3. In caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro quindici giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Il Tavolo tecnico interistituzionale invia quindi al Presidente della Giunta regionale il rapporto di cui al comma 2 entro quindici giorni. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono infine pubblicati sul sito istituzionale della Regione entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto da parte del citato Tavolo tecnico interistituzionale.

4. La relazione di fine legislatura contiene la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante la legislatura, con specifico riferimento a:

a) sistema ed esiti dei controlli interni;

b) eventuali rilievi della Corte dei conti;

c) eventuali carenze riscontrate nella gestione degli enti comunque sottoposti al controllo della regione, nonché degli enti del servizio sanitario regionale, con indicazione delle azioni intraprese per porvi rimedio;

d) eventuali azioni intraprese per contenere la spesa, con particolare riguardo a quella sanitaria, e stato del percorso di convergenza ai costi standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

e) situazione economica e finanziaria, in particolare del settore sanitario, quantificazione certificata della misura del relativo indebitamento regionale;

f) la individuazione di eventuali specifici atti legislativi, regolamentari o amministrativi cui sono riconducibili effetti di spesa incompatibili con gli obiettivi e i vincoli di bilancio;

g) stato certificato del bilancio regionale.

5. Con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine legislatura, differenziandolo eventualmente per le Regioni non assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria.

6. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine legislatura il Presidente della Giunta regionale è tenuto a darne notizia, motivandone le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente.


 

 

L’articolo in esame istituisce una relazione di fine legislatura, obbligatoria per tutte le Regioni, contenente la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante la legislatura.

 

Si ricorda che nella versione originaria dello schema di decreto legislativo presentato alle Camere per il parere, l’articolo prevedeva un “inventario” di fine legislatura, obbligatorio solo per le regioni “che nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto o in una successiva sono assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria”.

Al riguardo, la Corte del Conti nell’audizione presso la Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale del 15 giugno 2011 rileva che “Dello stesso termine «inventario» si potrebbe discutere, perché esso ha una risonanza quasi aziendalistica. Se ne potrebbero trovare altre. La sua stessa natura giuridica può essere discussa, perché trattasi di atto meramente giuridico, che ha innanzitutto questa funzione dichiarativa ed è sostanzialmente volto a garantire trasparenza. Esso comunque pone un obbligo di rendicontazione da parte di chi lascia una carica, e quindi pone in capo allo stesso l'accertamento - per dirlo con termine del tutto non preciso - la fissazione del momento in cui si lascia un'amministrazione. Questo potrebbe coinvolgere il problema, che poi potrebbe venire in rilievo anche negli ulteriori istituti previsti dal provvedimento, questo della responsabilità politica, del fallimento, circa la successione dei soggetti in una determinata carica. (…) Tale atto quindi nasce ed è in capo a chi ha retto particolari regioni. Le regioni sono assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria, comunque l'ultimo inciso prevede che lo stesso inventario di fine legislatura possa essere istituito anche dalle altre regioni. È un invito ed è quindi importante nella nostra ottica, specie perché tutto questo è previsto ai fini di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica della Repubblica e il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, tutti valori - come dicevo prima - ai quali la nostra Corte è particolarmente votata e di cui ritiene di poter essere custode”.

 

In particolare, al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Regioni sono obbligate a redigere una relazione di fine legislatura. (comma 1).

La relazione di fine legislatura è sottoscritta dal Presidente della Giunta regionale non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza della legislatura. Entro e non oltre dieci giorni dalla sottoscrizione la relazione deve essere sottoposta a certificazione dagli organi di controllo interno regionale e, nello stesso termine, trasmessa al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica[1], composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e regionali.

Il Tavolo tecnico interistituzionale confronta i dati finanziari dell'inventario con quelli in proprio possesso e con quelli della Banca dati delle amministrazioni pubbliche[2] ed invia, entro venti giorni, un rapporto al Presidente della Giunta regionale.

Per quanto attiene al settore sanitario, specificatamente, sulle azioni intraprese dalla Regione, nella gestione degli enti del servizio sanitario regionale (ASL e Aziende Ospedaliere), nel contenimento della spesa sanitaria e per la convergenza ai costi standard, per la situazione economica e finanziaria del settore e nella certificazione del bilancio regionale, per la parte relativa alla spesa sanitaria, la verifica è effettuata dai Tavoli tecnici deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro, e dalla struttura tecnica di monitoraggio prevista dall'articolo 3 dell'intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012[3] (vedi infra).

In particolare, per le regioni con piano di rientro, la verifica dei dati del settore sanitario è effettuata sulla base delle risultanze emerse in sede di verifica dei medesimi Piani.

Per le regioni non sottoposte al piano di rientro, la suddetta verifica è compiuta sulla base degli adempimenti annuali previsti per legge[4].

 

Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono pubblicati sul sito istituzionale della Regione entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto del citato Tavolo tecnico interistituzionale da parte del Presidente della Giunta regionale e da questi trasmessi alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (comma 2)

In caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro quindici giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Il rapporto deve essere inviato dal Tavolo tecnico interistituzionale al Presidente della Giunta regionale entro quindici giorni. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono infine pubblicati sul sito istituzionale della Regione entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto da parte del citato Tavolo tecnico interistituzionale (comma 3).

 

La relazione di fine legislatura deve indicare, dettagliatamente, le principali norme regionali e gli atti amministrativi riguardanti:

a)  sistema ed esiti dei controlli interni;

b)  eventuali rilievi della Corte dei Conti;

c)  eventuali carenze riscontrate nella gestione degli enti comunque sottoposti al controllo della Regione, nonché degli enti del servizio sanitario regionale, con indicazione delle azioni intraprese per porvi rimedio;

d)  eventuali azioni intraprese per contenere la spesa, con particolare riguardo a quella sanitaria e stato del percorso di convergenza ai costi standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi[5];

e)  situazione economica e finanziaria, in particolare del settore sanitario, quantificazione certificata della misura del relativo indebitamento regionale;

f)   individuazione di eventuali specifici atti legislativi, regolamentari o amministrativi cui sono riconducibili effetti di spesa incompatibili con gli obiettivi e i vincoli di bilancio;

g)  stato certificato del bilancio regionale[6] (comma 4).

Lo schema tipo per la redazione della relazione di fine legislatura, differenziandolo eventualmente per le regioni non assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria, è adottato con atto di natura non regolamentare, adottato d’intesa con la Conferenza Stato Regioni, dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (comma 5).

 

Il governo delle risorse, per assicurare i Livelli essenziali di Assistenza sanitaria ai cittadini sul territorio nazionale, ha necessariamente portato i due livelli di governo coinvolti - Stato e Regioni – il primo, deputato ad assicurare l’erogazione dei LEA previsti, il secondo, ad organizzare le prestazione sanitarie, secondo criteri di efficienza, qualità ed economia, alla conclusione, dal 2001 (Accordo 8 agosto 2001) fino al recente Nuovo Patto della Salute 2010-2012, di una serie di Intese, in sede di Conferenza Stato – Regioni, in cui stabilire, il livello di finanziamento, le quote premiali e gli strumenti di controllo della spesa sanitaria.

Nell’Intesa del 23 marzo 2005 sono previsti adempimenti di natura “premiale” per le Regioni ottemperanti, finalizzati al maggior finanziamento della sanità regionale rispetto al livello dell’esercizio precedente. Tali adempimenti sono elencati in un Allegato 1 e riguardano, tra l’altro, il conferimento dei dati sulle prestazioni sanitarie, i soggetti prescrittori e le strutture erogatrici, al Sistema informativo sanitario (NSIS), allo scopo di monitorare la spesa sanitaria o, come stabilito dall’articolo 6, relativamente all’obbligo di garantire l’equilibrio economico – finanziario del servizio sanitario regionale nel suo complesso, con riferimento agli enti sanitari gestiti dalla Regione, il quale, se non mantenuto, determina l’adozione automatica di “sanzioni”, relative alla decadenza dei direttori generali delle ASL, al blocco delle assunzioni e all’affidamento esterno di incarichi. In particolare, le Regioni provvedono alla verifica trimestrale e annuale dell’equilibrio economico – finanziario della gestione, in attuazione dell’art. 1, commi 173 e 174 della legge 311/2004 (finanziaria 2005).

Con un atto conseguente agli obiettivi dell’Intesa previsto dall’articolo 8, specificatamente, al fine di raggiungere l’equilibrio economico e ottenere la riattribuzione del maggior finanziamento, le regioni interessate possono sottoscrivere un Accordo con lo Stato (art. 1, comma 180, legge 311/2004), che prevede tra l’altro per le regioni in forte difficoltà l’affiancamento del Governo. In tal senso, l’Intesa ha previsto un Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA (art. 9), che deve valutare la congruità tra prestazioni erogate e risorse a disposizione, e un Tavolo di verifica degli adempimenti (art. 12), che valuta i risultati di gestione della Regione che ha stipulato l’Accordo.

Successivamente, con l’Intesa del 5 ottobre 2006, Patto della Salute 2007-2009, la quota di finanziamento condizionata alla verifica degli adempimenti previsti nella misura del 3 per cento delle somme dovute a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario, al netto delle entrate proprie per le regioni a statuto ordinario. Sostanzialmente, con l’intesa in esame gli anticipi delle somme riguardanti il finanziamento ordinario passa dal 95 per cento stabilito nella precedente Intesa del 23 marzo 2005 al 97 per cento.

Il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti individua le Regioni con un disavanzo pari o superiore al 7 per cento nell'anno precedente e/o nelle quali sia entrata in vigore la massimizzazione dell'aliquota di addizionale Irpef e della maggiorazione Irap, alle quali, per tutto il triennio 2007-2009, è destinato un Fondo transitorio di 1000 milioni di euro per l'anno 2007, di 850 milioni di euro per l'anno 2008 e di 700 milioni di euro per l'anno 2009, il cui accesso resta tuttavia subordinato alla sottoscrizione dell'Accordo, comprensivo di un Piano di rientro triennale, contenente: misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, misure necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, obblighi e procedure previste dall'art. 8 dell'Intesa del 23 marzo 2005.

Da ultimo, con l’Intesa del 3 dicembre 2009, il Nuovo Patto della salute 2010-2012, si avvia un sistema di monitoraggio dei fattori di spesa sanitaria, individuando gli indicatori di efficienza ed appropriatezza di determinati settori strategici (art. 2). Per lo svolgimento del monitoraggio, viene istituita la Struttura tecnica di monitoraggio paritetica, che si avvale per lo svolgimento delle proprie funzioni del supporto dell'AGENAS e dell'AIFA. L’intesa conferma le funzioni, previste dall'ordinamento vigente, del Tavolo di verifica degli adempimenti e del Comitato permanente per la verifica dei Livelli essenziali di assistenza di cui rispettivamente agli articoli 12 e 9 dell'Intesa del 23 marzo 2005, in materia delle verifiche trimestrali e annuali degli adempimenti regionali e dell'attuazione dei Piani di rientro (art. 3).

L’articolo 4 elenca gli adempimenti per l'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale, ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale, tra i quali rilevano:

a)  gli adempimenti regionali previsti dalla legislazione vigente;

b)  gli adempimenti derivanti dagli Accordi e dalle Intese intervenute fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ivi compresi quelli rilevanti ai fini della garanzia dell'equilibrio economico-finanziario e della verifica dell'erogazione dei Livelli essenziali di assistenza indicati annualmente dal Comitato permanente per la verifica dei LEA e dal Tavolo di verifica degli adempimenti, di cui rispettivamente agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 (Comitato LEA e Tavolo di verifica).

Rientrano in tale ambito, gli adempimenti previsti dall’Intesa, riguardanti: la razionalizzazione della rete ospedaliera e l’incremento dell'appropriatezza nel ricorso ai ricoveri ospedalieri (art. 6), la razionalizzazione dell'assistenza ai pazienti anziani e agli altri soggetti non autosufficienti (art. 9), l’accertamento della qualità dei dati contabili, di struttura e di attività (art. 11), il contenimento della spesa per il personale (art. 12).

Infine, per quanto riguarda il livello delle anticipazioni del finanziamento ordinario del SSN, lo stesso rimane fermo al 97 per cento per tutte le regioni. Per le regioni che risultano adempienti nell'ultimo triennio il livello medesimo è fissato al 98 per cento, ulteriormente elevato compatibilmente con gli obblighi di finanza pubblica.

La quota di finanziamento condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali (quota premiale) è confermata nella misura del 3 per cento delle somme dovute a titolo di finanziamento della quota indistinta del fabbisogno sanitario. Per le regioni che risultano adempienti nell'ultimo triennio, tale quota premiale è determinata nella misura del 2 per cento.

 

Il Presidente della Giunta regionale è tenuto a dare notizia, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente, del caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine legislatura, motivandone le ragioni (comma 6).


 

Articolo 2
(Responsabilità politica del Presidente della Giunta regionale)

 


1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si verifica in una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiuntamente delle seguenti condizioni:

a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso;

b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della citata legge n. 191 del 2009, il mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento;

c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.

2. Il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 costituisce grave violazione di legge e in tal caso con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonché la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della regione, ove sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 e la loro riconduzione alla diretta responsabilità, con dolo o colpa grave del Presidente della Giunta regionale. Il decreto del Presidente della Repubblica è adottato previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere conforme della Commissione parlamentare per le questioni regionali espresso a maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessato.

3. Il Presidente rimosso ai sensi del comma 2 è incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni. Il Presidente rimosso non può essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni.

4. Qualora si verifichino una o entrambe le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, il Governo, in attuazione dell'articolo 2, comma 84, della citata legge n. 191 del 2009, nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 120 della Costituzione, nomina un commissario ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, che sostituisce il Presidente della Giunta regionale nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009.

5. Nelle more dell'insediamento del nuovo Presidente della Giunta regionale, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, nomina un nuovo commissario ad acta per l'esercizio delle competenze del Presidente della Giunta regionale concernenti l'ordinaria amministrazione e gli atti improrogabili.

6. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, primo periodo, del citato decreto legislativo n. 68 del 2011.

7. Con riguardo a settori ed attività regionali diversi dalla sanità, ove una regione dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonché dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, non provveda alla attuazione dei citati livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Presidente della Giunta regionale è nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 131 del 2003, per l'esercizio dei poteri sostitutivi.


 

 

L’articolo 2 illustra le condizioni al cui verificarsi congiunto viene a determinarsi la fattispecie di grave dissesto finanziario di cui all’articolo 17, comma 1, lettera e), ultimo periodo della legge delega 42/2009[7]. L’articolo in commento tuttavia definisce esclusivamente, salvo quanto previsto dal comma 7 per i settori diversi dalla sanità, la fattispecie di grave dissesto finanziario, riferita al disavanzo sanitario.

 

Il citato articolo 17, comma 1, lettera e) della L. 42/2009, reca i criteri per la definizione di un sistema premiale o sanzionatorio da applicarsi nei confronti degli enti locali e delle regioni che risultano virtuosi o meno rispetto al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica ad essi imposti. In particolare, ai sensi dell’ultimo periodo della lettera e), il sistema sanzionatorio comporta l’attivazione di meccanismi automatici nei confronti degli organi di governo e amministrativi, con individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario[8] . Il sistema sanzionatorio prevede che le attività che abbiano causato un grave dissesto nelle finanze regionali rientrino tra i casi di grave violazione di legge di cui all’articolo 126, primo comma Costituzione, con conseguente scioglimento del Consiglio regionale e rimozione del Presidente della Giunta.

Casella di testo: Regioni sottoposte a piani di rientro e commissariate

Il processo di riequilibrio dei conti sanitari nelle regioni in disavanzo sanitario, è stato avviato nel 2007 con la procedura di affiancamento da parte dei Ministeri della salute e dell’economia, alle regioni Liguria, Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Sicilia e Sardegna e la sottoscrizione dei Piani di rientro. Nel dicembre 2009 è stato sottoscritto il piano di rientro della regione Calabria, di cui è stata avviata l’attuazione nel 2010, mentre sono stati sottoscritti nel luglio e nel novembre 2010  due ulteriori piani di rientro, rispettivamente, dal Piemonte e dalla Puglia. 
Tra le regioni sottoposte a piani di rientro, risultano commissariate le regioni Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio e Molise.
La regione Liguria è l’unica, per la quale, sia con la verifica annuale per l'anno 2009 che con quella per l’anno 2010, è stato accertato il rispetto degli obiettivi di risanamento.

Meccanismi di controllo del disavanzo gestionale
in ambito sanitario

In ambito sanitario, la legislazione vigente prevede meccanismi di controllo della spesa sanitaria con verifiche periodiche e un regime di incentivi e penalizzazioni, strettamente connesso con tali procedure. Un sistema, come rilevato dalla Corte dei Conti, “fondato su un meccanismo di monitoraggio attento sia a garantire la copertura dei disavanzi, che a prevedere interventi in grado di contrastare l’emergere di squilibri strutturali (piani di rientro)”[9].

Successivi interventi normativi[10], in ultimo sistematizzati nell’articolo 2, commi 76 e seguenti della legge 191/2009[11], hanno messo a punto un complesso sistema procedurale da attivare in caso di riconosciuto disavanzo gestionale in ambito sanitario. Ai sensi dell’articolo 2, comma 77, della L. 191/2009, una regione è obbligatoriamente assoggettata a piano di rientro in una situazione di disavanzo sanitario tale che comporti, rispetto al finanziamento sanitario ordinario e alle maggiori entrate proprie sanitarie, uno squilibrio economico pari o superiore al 5%, se coperto dalla regione e, qualora la regione non possa farvi fronte, inferiore al 5%. In tal caso, la regione interessata è tenuta a presentare un piano di rientro di durata non superiore al triennio, elaborato con l’ausilio dell’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS). Il piano deve contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, sia le misure per garantire l’equilibrio di bilancio sanitario in ciascuno degli anni compresi nel piano stesso. In caso di riscontro positivo, il piano è approvato dal Consiglio dei ministri ed è immediatamente efficace ed esecutivo per la regione. Su tale base, la regione in disavanzo stipula con i Ministri della salute e dell’economia un apposito Accordo che individua gli interventi necessari a un programma di riqualificazione e di riorganizzazione del servizio sanitario regionale interessato. In caso di riscontro negativo, ovvero in caso di mancata presentazione del piano, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell’ articolo 120 della Costituzione, nomina il Presidente della regione Commissario ad acta per la predisposizione del piano di rientro e per la sua attuazione per l’intera durata del piano stesso (articolo 2, comma 79, della L. 191/2009)[12]. L’articolo 120 della Costituzione è espressamente richiamato dalla L. 191/2009 a sottolineare che la sostituzione in via amministrativa di organi della Regione viene operata a tutela dell’unità economica e in particolare a tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali[13]. La procedura sopra descritta, prevede la partecipazione attiva dell’amministrazione centrale, chiamata a valutare il piano di rientro presentato dalla regione e successivamente a verificarne l’attuazione nel rispetto delle modalità e dei tempi previsti dall’articolo 2, comma 81, della L. 191/2009[14]. La verifica dell’attuazione del piano di rientro avviene con periodicità trimestrale e annuale, ferma restando la possibilità di procedere a verifiche ulteriori previste dal piano stesso o straordinarie ove ritenute necessarie da una delle parti[15]. Qualora dall’esito delle verifiche, trimestrali o annuali, emerga l’inadempienza della regione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, la Struttura tecnica di monitoraggio – STEM e la Conferenza Stato-Regioni, diffida la regione interessata ad attuare il piano, adottando altresì tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi in esso previsti. In caso di perdurante inadempienza, accertata dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e dal Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, in attuazione dell’ articolo 120 della Costituzione, nomina il presidente della regione Commissario ad acta per l’intera durata del piano di rientro. Il Commissario adotta tutte le misure indicate nel piano, nonché gli ulteriori atti e provvedimenti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali da esso implicati in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del piano (articolo 2, comma 83, della L. 191/2009). La nomina del Commissario ad acta, sia ai sensi del comma 79, ovvero per mancata presentazione del piano di rientro da parte della regione, sia ai sensi del comma 83, ovvero a seguito delle verifiche trimestrali ed annuali dell’attuazione del piano di rientro, comporta la sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, e la decadenza, in via automatica dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell’assessorato regionale competente. Si dispone inoltre, con riferimento all’esercizio in corso alla data della delibera di nomina del Commissario, l’incremento in via automatica, delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all’IRPEF rispettivamente di 0,15 e di 0,30 punti percentuali oltre il livello delle aliquote vigenti (articolo 2, comma 86, della L. 191/2009)[16]. E’ inoltre previsto il blocco del turn over e il divieto di effettuare spese non obbligatorie per i due esercizi successivi. Il comma 84 ha previsto che, qualora il Presidente della regione, in qualità di Commissario ad acta, non adempia in tutto o in parte all’obbligo di redazione del piano o agli obblighi, anche temporali, derivanti dal piano stesso, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell’ articolo 120 della Costituzione, adotti tutti gli atti necessari ai fini della predisposizione del piano di rientro e della sua attuazione. Nei casi di riscontrata difficoltà in sede di verifica e monitoraggio nell'attuazione del piano, nei tempi o nella dimensione finanziaria, il Consiglio dei ministri, in attuazione dell'articolo 120 della Costituzione, sentita la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l’adozione e l’attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati.

Il grave dissesto finanziario (comma 1)

Il comma 1, lega la fattispecie di grave dissesto finanziario, riferita al disavanzo sanitario e da accertarsi nelle regioni sottoposte a piano di rientro e commissariate, al verificarsi congiunto di tre condizioni:

a)   inadempienza, in tutto o in parte, del Presidente della Giunta regionale, in qualità di Commissario ad acta, a seguito della nomina intervenuta ai sensi dell’articolo 2, commi 79 e 83, della L. 191/2009 (v.supra), all’obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso;

b)   mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro, come accertato in sede di verifica annuale, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita o con ulteriore aggravamento;

c)   adozione per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all’articolo 2, comma 86, della L.191/2009, di un ulteriore incremento dell’aliquota dell’addizionale regionale all’IRPEF al livello massimo previsto dall’articolo 6 del D.Lgs. 68/2011[17].

 

Il D.Lgs. 68/2011, come modificato dall’articolo 1, comma 10 del D. L. 138/2011[18], ha introdotto disposizioni in materia di addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), in particolare disciplinando il potere delle regioni a statuto ordinario di apportarvi modifiche nell’ambito dell’autonomia ad esse riconosciuta.

In sintesi, l’articolo 6, comma 1 - cui si riferisce la norma in esame - fissa l’aliquota di base dell’addizionale nella misura dello 0,9%[19], misura vigente sino alla successiva rideterminazione, da effettuarsi mediante DPCM. A decorrere dall’anno 2012 le regioni a statuto ordinario possono con propria legge modificare la misura dell’aliquota di base.

In caso di maggiorazione, l’incremento non può essere superiore:

a)  allo 0,5 per cento, per gli anni 2012 e 2013;

b)  all’1,1 per cento, per l’anno 2014;

c)  al 2,1 per cento, a decorrere dall’anno 2015.

Per quanto concerne le regioni con deficit finanziario nel settore sanitario, l’articolo 6, comma 10 del D. Lgs. 68/2011 ha disposto la conferma degli automatismi fiscali previsti dalla vigente legislazione nel settore sanitario nei casi di squilibrio economico, nonché le disposizioni in materia di applicazioni di incrementi delle aliquote fiscali per le regioni sottoposte ai piani di rientro dai deficit sanitari (cfr. supra). Alcune disposizioni introdotte nel tempo hanno infatti consentito alle suddette regioni di applicare misure superiori delle aliquote d’imposta[20].

La rimozione del Presidente della giunta regionale (comma 2)

Al verificarsi del grave dissesto finanziario illustrato nel comma 1, conseguono alcune misure sanzionatorie previste dai commi 2 e 3 dell’articolo in esame.

La prima di queste misure consiste nello scioglimento del consiglio regionale e nella rimozione del Presidente della giunta regionale ai sensi dell’art. 126 Cost. “per responsabilità politica del proprio mandato di amministratore della Regione” (comma 2).

 

La disposizione in esame, come quella del comma 3, si inserisce nel quadro dei principi di delega di cui alla lettera z) dell’art. 2 della legge 42/2009 che dispone la “previsione di meccanismi automatici sanzionatori degli organi di governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alla regione e agli enti locali”.

 

L’art. 126 Cost., come modificato dalla legge costituzionale 1/1999, concerne la rimozione del Presidente della giunta e lo scioglimento del consiglio regionale. In particolare, il 1° comma disciplina lo scioglimento c.d. eteronomo, ossia disposto da organi esterni alla regione, mentre i commi 2° e 3° riguardano lo scioglimento autonomo.

Ai sensi del 1° comma, con il quale si attua un controllo statale su organi regionali, lo scioglimento del consiglio regionale e la rimozione del Presidente della giunta sono disposti con decreto (motivato) del Presidente della Repubblica nei seguenti casi:

§       commissione di atti contrari alla Costituzione;

§       gravi violazioni di legge;

§       commissione di atti che pongono in pericolo la sicurezza nazionale.

 

Allo stato, l’art. 126, primo comma, non ha mai trovato applicazione, in quanto nessun Consiglio regionale è finora stato sciolto con provvedimento statale. Per quanto attiene all’individuazione delle “gravi violazioni di legge”, in Assemblea costituente era emersa la necessità di violazioni intenzionali e ripetute oppure anche di una singola violazione gravissima. La dottrina ha ribadito la necessità che i comportamenti illegittimi abbiano un certo grado di frequenza e di intensità, come – d’altra parte – si desume dalla formula costituzionale e dalle corrispondenti formule degli statuti speciali (che parlano di “reiterate e gravi violazioni di legge”).

 

In attuazione della disposizione di delega recata dall’articolo 17, comma 1, lett. e)[21], il comma 2 dell’articolo in esame stabilisce che il grave dissesto finanziario derivante dal disavanzo sanitario, si consideri quale grave violazione di legge e, pertanto, sanzionabile con la rimozione del presidente della giunta regionale.

Unitamente alla rimozione del presidente della giunta, si dispone lo scioglimento del consiglio regionale, come del resto prevede l’art. 126 Cost. terzo comma (ove si dispone che la rimozione comporta, al pari degli eventi indicati, le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio). Conseguentemente vengono introdotte disposizioni per assicurare l’ordinaria amministrazione regionale, mediante la nomina di un commissario ad acta (vedi oltre, al successivo comma 5).

 

Per quanto riguarda quest’ultimo punto giova ricordare la giurisprudenza costituzionale che ritiene che, in caso o di rimozione, “esiste, dunque, la necessità di un immediato allontanamento dalla carica di chi si sia reso responsabile di gravi illeciti o risulti pericoloso per la sicurezza nazionale” (sent. 12/2006), “trattandosi di un intervento repressivo statale (non più previsto per la semplice impossibilità di funzionamento, come accadeva nel vecchio testo dell'art. 126 Cost., ma solo a seguito di violazioni della Costituzione o delle leggi, o per ragioni di sicurezza nazionale), è logico che le conseguenze, anche in ordine all'esercizio delle funzioni fino all'elezione dei nuovi organi, siano disciplinate dalla legge statale, cui si deve ritenere che l'art. 126, primo comma, della Costituzione implicitamente rinvii nonostante l'avvenuta soppressione del vecchio art. 126, quinto comma: non potendosi supporre che resti nella disponibilità della Regione disporre la proroga dei poteri di organi sciolti o dimessi a seguito di gravi illeciti, o la cui permanenza in carica rappresenti un pericolo per la sicurezza nazionale.” Pertanto, “in tema di disciplina dell'esercizio dei poteri degli organi regionali dopo la loro scadenza o scioglimento o rimozione, o dopo l'annullamento della elezione, la legge regionale è priva di competenza, almeno fino a quando lo statuto, o rispettivamente la legge statale, abbiano fissato i principi e le regole fondamentali” (sent. 196/2003).

 

Da un punto di vista procedurale, il comma 2 in esame prevede, innanzitutto, che la Corte dei conti accerti, da un lato, la sussistenza del grave dissesto finanziario, attraverso la verifica della presenza delle condizioni che lo determinano ai sensi del comma1, e, dall’altro, che il dissesto sia da ricondurre alla diretta responsabilità, con dolo o colpa grave del Presidente della giunta.

A seguito dell’esito positivo dell’accertamento, spetta al Presidente del Consiglio presentare la proposta di rimozione al Presidente della Repubblica, con il parere conforme della Commissione parlamentare per le questioni regionali e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Questo procedimento si innesta su quello contemplato dall’art. 126 Cost. che prevede che la rimozione è stabilita con decreto del Presidente della Repubblica. Il decreto deve essere motivato e deve essere adottato previo parere della Commissione per le questioni regionali.

Da rilevare che l’articolo 6 del provvedimento in esame, relativo al fallimento politico del presidente di provincia e del sindaco, tra le sanzioni previste non contempla la loro rimozione (pure prevista dall’art. 142 del testo unico degli enti locali per le stesse cause di cui all’art. 126 Cost.).

L’incandidabilità del Presidente rimosso (comma 3)

Alla rimozione consegue, ai sensi del comma 3, una ulteriore sanzione consistente nell’incandidabilità a tutte le cariche elettive (a livello locale, regionale, nazionale ed europeo) per 10 anni. Inoltre, è posto il divieto al Presidente rimosso di ricoprire qualsiasi carica di governo sempre per 10 anni.

Si rileva che nel testo dello schema di decreto presentato per il parere parlamentare (Atto del Governo n. 365), la sanzione ivi prevista, consistente nell’interdizione del Presidente da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per 10 anni successivi alla rimozione, doveva essere irrogata con un decreto del Presidente del Consiglio, previa deliberazione del Consiglio ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni.

L’incandidabilità è automatica, ossia si applica automaticamente al Presidente rimosso senza necessità di una deliberazione ad hoc.

 

Occorre, in via preliminare, definire il concetto di incandidabilità, in particolare in confronto con quello affine di ineleggibilità.

Le cosiddette cause di ineleggibilità comportano un impedimento giuridico a divenire soggetto passivo del rapporto elettorale e costituiscono quindi fattispecie limitative del diritto di elettorato passivo.

Mentre le cause di incandidabilità incidono sulla capacità elettorale passiva, condizionando la stessa possibilità del cittadino di candidarsi, le cause di ineleggibilità non escludono (anzi presuppongono) la capacità elettorale del cittadino impedendogli tuttavia di divenire soggetto passivo del rapporto elettorale.

La ratio prevalente delle norme sulle ineleggibilità è quella di impedire che alcuni candidati, in virtù della carica ricoperta o dell’attività esercitata al momento dell’elezione, possano godere nella pratica di una posizione privilegiata nel corso della campagna elettorale ed esercitare pressioni in grado di condizionare la libera scelta degli elettori.

Le cause di incandidabilità, previste dalla sola disciplina delle elezioni regionali ed amministrative, hanno l’obiettivo di vietare l’accesso alle cariche pubbliche di soggetti condannati in via definitiva per gravi reati – compresi, in particolare, quelli contro la pubblica amministrazione – o sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive.

Da ciò discende una importante differenza tra i due istituti: mentre generalmente le cause di ineleggibilità possono essere rimosse entro un termine predefinito, le cause di incandidabilità precludono definitivamente la possibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo.

Per quanto riguarda l’incandidabilità parlamentare si tratta di un istituto nuovo, non contemplato dalla normativa vigente la quale prevede esclusivamente cause di ineleggibilità e di incompatibilità alla carica di deputato e senatore. Infatti, l’art. 65 della Costituzione rinvia alla legge ordinaria la determinazione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità (1° comma) e fissa, direttamente, una causa di incompatibilità, stabilendo che nessuno può appartenere contemporaneamente ad entrambe le Camere (2° comma).

In realtà, implicitamente, la Costituzione fissa anche alcuni casi di incandidabilità, ossia di condizioni la cui presenza rende impossibile la candidatura alle elezioni politiche. Tali condizioni si ricavano a contrario esaminando i requisiti richiesti per l’elettorato passivo di cui all’art. 56 e art. 58 Cost. e cioè:

§       la condizione di elettore (diritto all’elettorato attivo);

§       l’aver raggiunto una determinata età anagrafica (25 anni per la Camera e 40 per il Senato).

Da tale disposizione si ricava che non sono candidabili coloro che non sono nella condizione di elettore e non hanno raggiunto l’età anagrafica consentita.

Per quanto riguarda l’elettorato attivo, esso è disciplinato dall’art. 48 Cost. che fissa in generale i requisiti per il suo esercizio validi per tutti i tipi di consultazione elettorale. Essi sono:

§       il possesso della cittadinanza italiana;

§       il raggiungimento della maggiore età;

§       l’assenza di alcune condizioni, indicate dalla legge, determinate da alcune cause tassativamente indicate in costituzione: incapacità civile, condanna penale irrevocabile e indegnità morale.

L’art. 48, dunque, permette di individuare, anche qui a contrario, altre cause di incandidabilità, ossia il possesso della (sola) cittadinanza straniera o l’apolidia e l’essere stato escluso dall’elettorato attivo per le cause di cui sopra.

Il meccanismo costituzionale sopra sintetizzato sembra costituire un sistema “chiuso”, per cui l’introduzione di ulteriori cause di incandidabilità comporterebbe necessariamente una modifica costituzionale.

Ad una diversa conclusione si giunge se si riconosce la incandidabilità come una sottospecie di incompatibilità con la conseguenza che la legge ordinaria potrebbe introdurre cause di incandidabilità ai sensi del citato art. 65 Cost.

Effettivamente, nell’ordinamento esistono almeno altre due cause di incandidabilità introdotte con legge ordinaria: si tratta di quella derivante dall’obbligo di residenza per la presentazione della candidatura nella circoscrizione Estero e quella, prevista, in via transitoria, per l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia per assicurare le c.d. “quote rosa”.

La legge per il voto dei cittadini all’estero prevede che possano candidarsi per l’elezione dei senatori e dei deputati da eleggere all’estero esclusivamente i cittadini che siano residenti ed elettori in una delle ripartizioni della circoscrizione Estero (L. 459/2001, art. 8, comma 1, lett. b).

L’articolo 56 del citato Codice delle pari opportunità, reca una norma, di attuazione dell’art. 51 Cost., volta a promuovere l’accesso delle donne alla carica di membro del Parlamento europeo, allo scopo di incrementare il tasso di partecipazione femminile alla vita politica e istituzionale del Paese.

La disposizione sulle quote rosa è stata introdotta nell’ordinamento dall’art. 3 della L. 90/2004, che ha modificato in più punti la disciplina concernente l’elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia, ed è stata in seguito trasfusa nel Codice delle pari opportunità (D.Lgs. 198/2006). La norma stabilisce che, nelle liste di candidati presentate per dette elezioni, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati presenti nella lista. La misura ha trovato applicazione limitatamente alle prime due elezioni del Parlamento europeo successive alla data di entrata in vigore della L. 90/2004: ossia quelle del 2004 e del 2009. Anche a livello regionale, a seguito della modifica degli articoli 122 e 123 della Costituzione(L.Cost. 1/1999) che ha dato avvio al processo di elaborazione di nuovi statuti regionali e di leggi per l’elezione dei consigli nelle regioni a statuto ordinario, si registrano disposizioni volte a favorire l’accesso femminile alle candidature.

Tuttavia, alla base di entrambi gli istituti di cui sopra vi sono precise disposizioni che sembrerebbero assicurarne la “copertura” costituzionale: l’art. 56 e l’art. 57 Cost. prevedono l’elezione di 12 deputati e di 6 senatori nella circoscrizione Estero e l’art. 48 Cost. affida alla legge la definizione di stabilire le modalità per assicurare l’effettività del diritto di voto all’estero. L’art. 51 Cost., modificato nel 2003, stabilisce la promozione, con appositi provvedimenti, delle pari opportunità tra donne e uomini nel’accesso alle cariche elettive.

Si ricorda che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, le condizioni di ineleggibilità alle cariche elettive – rappresentando una deroga al diritto di elettorato passivo – devono essere espressamente determinate dalla legge e sono da interpretarsi in senso restrittivo. Tale assunto è stato recentemente ribadito nella sent. n. 25 del 2008, dove viene ricordato che l’art. 51 Cost. assicura, in via generale, il diritto di elettorato passivo senza porre discriminazioni sostanziali tra cittadini (cfr. sen. 288/2007 e 235/1988). Pertanto, le restrizioni del contenuto di tale diritto sono ammissibili solo in presenza di situazioni peculiari ed in ogni caso per motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale. Di conseguenza, le cause di ineleggibilità sono di stretta interpretazione e devono essere contenute entro i limiti rigorosamente necessari al soddisfacimento delle esigenze di pubblico interesse, connesse alla funzione elettorale, cui sono di volta in volta preordinate (cfr. sen. 306/ 2003 e 132/2001).

La questione dell’incandidabilità è stata esaminata approfonditamente dalla Camera dei deputati nel corso dell'esame dell'A.C. 1451 che ha avuto luogo nella scorsa legislatura presso la Commissione affari costituzionali. In data 8 gennaio 2008 si svolse un audizione di esperti in materia di diritto costituzionale avente ad oggetto esattamente questa problematica (cfr. resoconto stenografico dell'indagine conoscitiva nell'ambito della proposta di legge C. 1451 e abbinate, recanti disposizioni in materia di ineleggibilità e incandidabilità).

E' stato osservato che la Corte costituzionale ha in più occasioni affermato che l'incandidabilità costituisce una particolarissima causa di ineleggibilità (sentenze nn. 407 del 1992 e 141 del 1996). E' stato però anche obiettato che l'incandidabilità differisce dalla ineleggibilità, in quanto mentre le cause di ineleggibilità possono essere sempre rimosse dallo stesso interessato, ciò non può accadere per quanto concerne le cause di incandidabilità attualmente previste dalla legge, che quindi potrebbero più correttamente essere equiparate a circostanze che incidono sulla capacità elettorale.

Inoltre, la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 141 del 1996, ha affermato che le restrizioni del contenuto di un diritto inviolabile - quale è il diritto di elettorato passivo, secondo la giurisprudenza della stessa Corte - sono ammissibili solo nei limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di rango costituzionale in base alla regola della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tale limitazione.

Si deve dunque accertare se la non candidabilità:

§       sia indispensabile per assicurare la salvaguardia dei valori cui è preordinata (che, con riferimento alle cause di incandidabilità attualmente previste, sono il buon andamento e la trasparenza della pubblica amministrazione, l'ordine e la sicurezza, la libera determinazione degli organi elettivi);

§       sia misura proporzionata al fine perseguito;

§       non alteri i meccanismi di partecipazione dei cittadini alla vita politica, delineati dal Titolo IV, parte I, della Carta costituzionale, comprimendo un diritto inviolabile senza adeguata giustificazione di rilievo costituzionale.

Nel compiere tale verifica, non bisogna dimenticare che "l'eleggibilità è la regola e l'ineleggibilità l'eccezione": le norme che derogano al principio della generalità del diritto elettorale passivo sono di stretta interpretazione e devono contenersi entro i limiti di quanto è necessario a soddisfare le esigenze di pubblico interesse cui sono preordinate.

A differenza dell’incandidabilità parlamentare, istituto completamente nuovo, l’ordinamento vigente già prevede alcune cause ostative alla candidatura negli enti locali derivanti da condanna definitiva, per le quali si rinvia alla scheda di lettura dell’articolo 6, comma 1, del presente dossier.

L'incandidabilità era originariamente disciplinata congiuntamente per le elezioni regionali e locali dall'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 552, come modificato dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16. Tuttavia, l'art. 274 del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ha abrogato il suddetto art. 15 "salvo per quanto riguarda gli amministratori e i componenti degli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri regionali". Una disciplina analoga è stata inserita, come si è detto sopra negli artt. 58 e 59 dello stesso TUEL. L'incandidabilità ha dunque oggi due fonti normative diverse, a seconda che si tratti di elezioni regionali o di elezioni locali, anche se la portata è analoga

L’art. 15 riguarda la non candidatura alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e il divieto a ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni, amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

L’incandidabilità e il divieto di cui sopra scatta per coloro che hanno riportato una sentenza definitiva per gli stessi delitti indicati dal’art. 58 TUEL, sopra esaminato.

L'art. 122, primo comma, Cost. (come sostituito dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1) stabilisce che i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi.

La legge 2 luglio 2004, n. 165, recante le disposizioni di attuazione del suddetto art. 122, primo comma, Cost., fa salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione (art. 2).

La nomina del commissario ad acta (commi 4 e 5)

I commi 4 e 5 disciplinano la fase successiva alla rimozione del Presidente della Giunta regionale e la sua sostituzione con la figura del commissario ad acta.

In particolare, il comma 4 prevede che, nel caso di inadempienza, da parte del Presidente in qualità di commissario ad acta (nominato ai sensi dell’art. 2, co. 79 e 83 della legge191/2009), all’obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi derivanti dal piano o di mancato raggiungimento degli obiettivi del piano stesso (si tratta delle ipotesi di cui alle lettere a) e b) del comma1) viene nominato un nuovo commissario, in sostituzione del Presidente della regione – commissario ad acta, ai sensi dell’art. 8 della legge 131/2003.

Ciò in attuazione dell’articolo 2, comma 84, della legge 191/2009.

 

L’articolo 120, 2° comma, della Costituzione, come modificato dalla riforma del Titolo V del 2001, prevede un potere sostitutivo del Governo nei confronti di regioni ed enti locali in gravi casi di inadempienza (mancato rispetto di norme internazionali o comunitarie) oppure qualora sia in pericolo la sicurezza pubblica, od ancora quando, in generale, lo richiedano la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica del Paese. In quest’ultima ipotesi rientra anche la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili.

Il dettato costituzionale è stato attuato dall’articolo 8 della legge 131/2003 che disciplina l’esercizio del potere sostitutivo del Governo. Questo, nei casi di cui sopra, in primo luogo assegna all’ente inadempiente un congruo termine per adottare i provvedimenti necessari e, decorso inutilmente tale termine, può scegliere tra due opzioni: adotta direttamente i provvedimenti necessari, oppure nomina un apposito commissario ad acta. La procedura di decisione, identica nei due casi, prevede la deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Il meccanismo delineato dal comma 4 in esame è simile a quello di al sopradetto comma 84, della legge 191/2009 che prevede la nomina di un commissario ad acta di comprovata esperienza in campo sanitario in caso di inadempienza. Con la sostanziale differenza che tale norma prevede, in analogia alla legge 131, prima l’intervento diretto del Governo e, solamente in un caso di difficoltà riscontrate, la nomina del commissario, mentre il comma in esame stabilisce direttamente la nomina del commissario, saltando la fase dell’intervento sostitutivo diretto del Governo. Quindi, la norma in esame più che attuare, sembrerebbe innovare il disposto della legge 191.

 

Il successivo comma 5 prevede anch’esso la nomina di un commissario ad acta. Si dispone, infatti, che, nelle more dell’insediamento del nuovo Presidente della Giunta, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, nomini un nuovo Commissario ad acta per la gestione dell’ordinaria amministrazione e degli atti improrogabili.

Non viene specificato il rapporto tra il commissario ad acta di cui al comma 5 e quello previsto dal comma 4. Tuttavia, le differenti funzioni che le disposizioni assegnano alle due figure lascerebbero supporre che debbano essere nominati due commissari ad acta: uno ai fini dell’attuazione del piano di rientro (comma 4) e l’altro per l’ordinaria amministrazione (comma 5).

Inoltre, dal momento che il commissario di cui al comma 4 è nominato nei casi di cui alle lettere a) e b) del comma 1, e non anche in quello di cui alla lettera c), sembrerebbe che in quest’ultimo caso (ossia doppio esercizio in presenza di mancato rientro e di incremento delle aliquote fiscali) si debba nominare un commissario ai sensi del comma 5.

Quote premiali in ambito sanitario

Il comma 6 conferma quanto previsto dall’articolo 3, comma 2, primo periodo, del D.Lgs. 68/2011 in materia di:

§      erogabilità delle quote premiali in ambito sanitario di cui all’articolo 2, comma 68, lettera c) della L. 191/2009;

 

Meccanismi premiali applicati alla spesa sanitaria

In particolare, l’articolo 2, comma 68, della L. 191/2009, fissa al 97% il livello delle anticipazioni di tesoreria per il finanziamento della spesa sanitaria corrente. Tale livello è elevato al 98% per le regioni risultate adempienti nell’ultimo triennio. La misura delle anticipazioni è riferita allo stanziamento risultante dai maggiori finanziamenti previsti dal Nuovo patto per la salute 2010-2012, (articolo 2, comma 67), ed è condizionata al rispetto delle misure disposte per il contenimento della spesa sanitaria, che riguardano, l’adozione di misure che consentono la riduzione del personale sanitario (commi 71-74) e, in generale, il rispetto degli altri adempimenti previsti per il mantenimento dell’equilibrio economico del settore sanitario (commi 92-97) nonché, per le regioni in disavanzo, l’adozione delle misure che garantiscono il ripristino dell’equilibrio finanziario della gestione (commi 75-91).

La lettera c) del citato comma 68 prevede un ulteriore livello di verifica per la determinazione della misura delle anticipazioni previste del 97 per cento e del 98 per cento. In particolare, è stabilita una decurtazione dei due livelli di anticipazioni, rispettivamente, del 3 per cento e del 2 per cento (cosiddette quote premiali), quale misura cautelare in corso di verifica. La quota trattenuta è erogata all’esito positivo della verifica o, in caso negativo, quando la regione abbia attuato le misure correttive richiamate dai commi 71-74 (misure di riduzione del personale sanitario) e dai commi 92-97 (inadempimenti sugli altri vincoli di spesa).

§      disposizioni in materia di realizzazione degli obiettivi di carattere prioritario, di rilievo nazionale e di relativa erogabilità delle corrispondenti risorse ai sensi dell’art. 1, commi 34 e 34-bis, della L. 662/1996[22].

Il comma 34 dell’articolo 1 della L. 662/1996, prevede la possibilità di vincolare quote del Fondo sanitario nazionale per la realizzazione di specifici obiettivi del Piano sanitario nazionale. Il successivo comma 34-bis, ha introdotto, a decorrere dall’anno 2009, un nuovo criterio di assegnazione di tali risorse alle regioni. In particolare, il Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), su proposta del Ministro della salute, d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni, ripartisce tra le regioni tali quote vincolate in concomitanza all’adozione della propria delibera di ripartizione delle somme spettanti alle regioni a titolo di finanziamento della quota indistinta di Fondo sanitario nazionale di parte corrente. Le quote vincolate non vengono erogate integralmente, il Ministero dell’economia e delle finanze provvede infatti ad erogare, a titolo di acconto, il 70 per cento dell’importo complessivo annuo del fabbisogno sanitario vincolato, spettante a ciascuna regione. L’erogazione del restante 30 per cento è subordinata all’approvazione da parte della Conferenza Stato-Regioni, su proposta del Ministro della salute, dei progetti presentati dalle regioni. Le mancate presentazione ed approvazione dei progetti comportano, nell’anno di riferimento, la mancata erogazione della quota residua del 30 per cento ed il recupero, anche a carico delle somme a qualsiasi titolo spettanti nell’anno successivo, dell’anticipazione del 70 per cento già erogata.

§      norme in materia di fondo di garanzia e di recuperi, di cui all’articolo 13 del D.Lgs. 56/2000[23], rispettivamente per minori ovvero maggiori gettiti fiscali effettivi rispetto a quelli stimati ai fini della copertura del fabbisogno sanitario standard regionale.

In particolare, l’articolo 13 del citato decreto legislativo n. 56 del 2000 ha istituito, nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze un fondo di garanzia (capitolo 2701) per compensare le regioni a statuto ordinario delle eventuali minori entrate dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF. Nel caso di un gettito complessivo dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF superiore a quello previsto, si provvede al recupero delle eventuali maggiori entrate.

Disposizioni per i settori regionali non sanitari (comma 7)

Il comma 7 prevede la nomina del Presidente della regione a commissario ad acta per l’esercizio dei poteri sostitutivi (per i quali si veda sopra il comma 4) nel caso di inadempienza in settori ed attività regionali diversi dalla sanità.

In particolare, la disposizione si applica qualora una regione - dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonché dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio - non provveda alla attuazione di tali livelli e al raggiungimento degli obiettivi di servizio in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

Tale articolo introduce l'istituto denominato “Patto di convergenza” volto a garantire un “coordinamento dinamico” della finanza pubblica finalizzato ad agevolare, tra l’altro, il riallineamento dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo.

Ai sensi di tale disposizione il Governo è tenuto a proporre, in sede di manovra finanziaria annuale, norme di coordinamento dinamico della finanza pubblica finalizzate a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo. In tale sede esso propone anche norme dirette a delineare un percorso di convergenza degli obiettivi di servizio ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e alle funzioni fondamentali delle autonomie territoriali.

Qualora l’attività di monitoraggio del patto di convergenza rilevi che uno o più enti non abbiano raggiunto gli obiettivi loro assegnati, lo Stato è chiamato ad attivare, previa intesa in sede di Conferenza unificata e limitatamente agli enti che presentano i maggiori scostamenti nei costi per abitante, un procedimento denominato “Piano per il conseguimento degli obiettivi di convergenza”. Tale Piano è volto ad accertare le cause degli scostamenti (calcolati in termini di costo medio per abitante) e a stabilire le azioni correttive che devono essere intraprese per ridurre ed eliminare gli scostamenti.


 

Articolo 3
(Decadenza automatica e interdizione dei funzionari regionali
e dei revisori dei conti)

 


1. Il verificarsi del grave dissesto finanziario di cui all'articolo 2 determina l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 79, lettera a), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, in materia di decadenza automatica dei direttori generali e, previa verifica delle rispettive responsabilità del dissesto, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale, del dirigente responsabile dell'assessorato regionale competente, nonché dei componenti del collegio dei revisori dei conti.

2. Agli stessi soggetti di cui al comma 1 si applica altresì l'interdizione da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo di dieci anni. La sanzione dell'interdizione è irrogata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. Il giudizio sulla relativa impugnazione è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

3. Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori delle Regioni, ove costituito, e degli enti alle medesime riconducibili, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori delle regioni, degli enti locali e di altri enti pubblici per un periodo fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l'esito dell'accertamento anche all'ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari.


 

 

L’articolo 3, al comma 1, prescrive la sanzione della decadenza automatica disposta dalla legge finanziaria per il 2010, in caso di mancata presentazione del piano di rientro o di verifica negativa del medesimo e previa verifica delle rispettive responsabilità del dissesto, per i direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, del dirigente responsabile dell’assessorato regionale competente nonché dei componenti del collegio dei revisori dei conti.

La disposizione è riconducibile alla “previsione di meccanismi automatici sanzionatori degli organi di governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alla regione e agli enti locali” di cui alla lettera z) dell’art. 17 della legge di delega.

Merita segnalare come la disposizione, nel testo presentato per il parere parlamentare, non recasse alcun riferimento ai componenti del collegio dei revisori dei conti, organo apicale investito di notevole responsabilità rappresentando, insieme al direttore generale, l’altra figura principale della struttura direttiva delle ASL.

 

E’ da notare che la sanzione richiamata dalla citata legge finanziaria per il 2010 è costituita dalla decadenza disposta automaticamente. Nella disposizione in esame, invece, la decadenza dei direttori amministrativi e sanitari, pur essendo definita “automatica”, come nella norma che si richiama, è però subordinata alla “previa verifica delle rispettive responsabilità del dissesto”, ai fini della quale non è indicato il soggetto titolare del relativo potere. In ogni caso, il riferimento alla previa verifica, in mancanza di disciplina di tipo transitorio, sembra diretto a consentire l’individuazione delle singole posizioni dei funzionari in relazione al momento in cui ha avuto inizio il dissesto finanziario ai fini dell’applicazione delle misure previste dal provvedimento.

 

Avuto riguardo al richiamo operato dal comma 1, si ricorda che la legge finanziaria 2010, all’art. 2, commi da 78 a 82, regola le nuove procedure per la predisposizione e l'approvazione del Piano di rientro da parte delle regioni. In particolare, si segnala che il Piano, approvato dalla Regione, deve essere valutato dall’apposita struttura tecnica di monitoraggio istituita con l’intesa Stato-Regioni per il triennio 2010-2012[24] e dalla Conferenza Stato-Regioni nel termine perentorio, rispettivamente, di 30 e di 45 giorni dall’approvazione (comma 78). Nell’esprimere il parere la Conferenza Stato-Regioni tiene conto di quello della citata struttura, ove espresso. Decorsi i predetti termini, il Consiglio dei Ministri, valuta il piano anche in assenza dei pareri dei suddetti organi e, in caso di riscontro positivo, ne dispone l’approvazione rendendolo immediatamente esecutivo per la Regione.

L’eventuale riscontro negativo o la mancata presentazione del Piano comporta la nomina, da parte del Consiglio dei Ministri, del Presidente della regione quale commissario ad acta per la presentazione, entro i successivi trenta giorni, del piano di rientro e per la sua attuazione. La nomina del Commissario ad acta comporta, oltre alle disposizioni previste dalla normativa vigente[25], l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie nei confronti della Regione (sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del SSN e dell’assessorato regionale competente), (comma 79).

Sembra, altresì, opportuno segnalare che i commi 83-85 disciplinano già le misure destinate alle inadempienze delle Regioni e dei presidenti delle stesse in qualità di commissari ad acta.

Più in dettaglio il comma 83 prevede, nei confronti della regione inadempiente, la diffida, da parte del Consiglio dei ministri[26] - sentita, la struttura tecnica di monitoraggio e la Conferenza Stato-Regioni -, ad attuare il piano, adottando altresì tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali atti a garantire il conseguimento degli obiettivi in esso previsti. In caso di perdurante accertata inadempienza - accertata dal Tavolo di verifica degli adempimenti regionali e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza di cui agli articoli 12 e 9 dell’Intesa del 23 marzo 2005 -, il Consiglio dei Ministri, nomina il Presidente della regione quale commissario ad acta per l'intera durata del Piano di rientro. Il commissario adotta tutte le misure indicate nel piano e tutti gli atti necessari alla completa attuazione dello stesso. Inoltre, a seguito della deliberazione di nomina del commissario sono automaticamente sospesi i trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, decadono in via automatica i direttori generali, amministrativi e sanitari.

 

In sintesi, con l’introduzione delle ipotesi previste dall’articolo in esame si avrebbero, oltre a quelle già previste ex lege, le nuove fattispecie di decadenza automatica dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, del dirigente responsabile dell’assessorato regionale competente e dei componenti del collegio dei revisori dei conti:

§      quella prevista dal comma 79 dell’art. 2 della L. 191/2009 conseguente alla deliberazione di nomina di commissario ad acta per mancata predisposizione di piano di rientro o riscontro negativo del medesimo;

§      quella prevista dal comma 83 dell’art. 2 della L. 191/2009 conseguente alla deliberazione di nomina di commissario ad acta a seguito di inadempimento del piano di rientro a seguito di diffida;

§      quelle previste dall’articolo in esame che, a differenza delle precedenti, non è senz’altro automatica in quanto presuppone una previa verifica delle responsabilità. Il presupposto di tale fattispecie, definito grave dissesto finanziario con riferimento al disavanzo sanitario, richiede il verificarsi congiunto delle tre condizioni indicate dall’art. 2.

 

Il comma 2, nei confronti dei medesimi soggetti, dispone, oltre alla declaratoria di decadenza, l’interdizione, per un periodo di tempo di dieci anni, da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici, da irrogare a cura del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per le regioni e la coesione territoriale, con un proprio decreto direttamente impugnabile avanti il Tar competente in sede di giurisdizione esclusiva.

La disposizione ricorre al nomen iuris interdizione che è generalmente utilizzato nell’ordinamento, quando rileva a fini sanzionatori, per definire istituti connessi all’accertamento di responsabilità in sede giudiziaria. Anche l’interdizione in esame sembra avere carattere consequenziale ed accessorio, in tal caso rispetto alla decadenza automatica; si nota che, mentre la prima è “irrogata”, la seconda è “applicata” (senza indicazione, a differenza dell’altra, dell’ atto che la dispone ).

 

La norma in commento presuppone l’esatta individuazione delle figure ritenute precipuamente responsabili di uno squilibrio finanziario atto a giustificare l’applicazione della decadenza automatica unita all’interdizione di cui al comma 2.

In prima battuta si ricorda che il vertice di un’azienda ASL è costituito da due organi principali: il direttore generale e il collegio dei revisori (C.d.R.). Al direttore generale (art. 3, comma 6, D.Lgs. 502/1992[27]) competono tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'unità sanitaria locale e, anche attraverso l'istituzione dell'apposito servizio di controllo interno, il compito di verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa. L'autonomia della ASL diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale. Il direttore amministrativo coadiuva il direttore generale insieme al direttore sanitario, al consiglio dei sanitari e al coordinatore dei servizi sociali.

In tema di responsabilità dirigenziale (o manageriale), il D.Lgs. 502/1992 ha optato per un collegamento esclusivo non soltanto ai singoli eventi illeciti apprezzabili ai fini di una responsabilità penale, amministrativa e patrimoniale ma anche ad un giudizio complessivo sulla capacità o meno di orientare il proprio operato verso il raggiungimento di obiettivi fissati in sede di negoziazione budget o verso lo sviluppo delle competenze. È sulla base di questi principi che avviene la valutazione dell’operato della dirigenza per la quale sono previste:

§       una valutazione annuale per la verifica del raggiungimento degli obiettivi generali ed individuali e per la verifica delle competenze, anche al fine dell’attribuzione della retribuzione di risultato;

§       verifiche periodiche e di fine incarico come previsto dalla vigente normativa (art. 15-ter D.Lgs. 229/1999 e art. 19 D.Lgs. 29/1993).

È in questo senso, dunque, che le misure sanzionatorie della responsabilità manageriale non sono le stesse previste per il personale del comparto in quanto non si riferiscono a singoli comportamenti disciplinarmente rilevanti ma attengono al mancato raggiungimento dei risultati attesi; a tal proposito si possono agevolmente riscontrare le sanzioni già previste:

§       per il direttore generale: dall’art.3-bis, commi 6 e 7 del D.Lgs. 502/1992 e dal conseguente contratto di lavoro autonomo che viene sottoscritto con la regione[28];

§       per i direttori amministrativi e sanitari: dall’art. 3-bis, comma 8 del D.Lgs. 502/1992 e dal conseguente contratto di lavoro autonomo sottoscritto con il direttore generale;

§       per i dirigenti del ruolo sanitario: dall’art. 15-ter, comma 3, del D.Lgs. 502/1992 e dal conseguente contratto di lavoro sottoscritto con il direttore generale nonché dal contratto nazionale di lavoro;

§       per tutti gli altri dirigenti: dalle norme previste dal D.Lgs. 165/2001 e dal contratto nazionale di lavoro.

 

Dal punto di vista dei soggetti che concorrono nel quadro di responsabilità cui si riferiscono le disposizioni in commento, occorre ricordare che, a seguito dell’Intesa del 23 marzo 2005 i cui contenuti sono stati trasfusi nella normativa vigente in tema di disavanzi sanitari (cfr. supra art. 2) anche i responsabili delle istituzioni ministeriali sono coinvolti a pieno titolo nella filiera dei controlli.

 

Il comma 3, non presente nel testo presentato dal Governo alle Camere, stabilisce che, qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori delle Regioni, ove costituito, e degli enti alle medesime riconducibili, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori delle regioni, degli enti locali e di altri enti pubblici per un periodo fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata.

La Corte dei conti è, poi, tenuta a trasmettere l'esito dell'accertamento anche all'ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari.

 

Si ricorda che l’art. 14 del D.L. n. 138/2011 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo) reca una serie di parametri cui le regioni devono adeguare la propria normativa, al fine della collocazione di ciascun ente nella classe di enti più virtuosi in relazione all'applicazione del patto di stabilità. Fermi restando i criteri già previsti dall'art. 20 del decreto-legge 98/2011, concernente i parametri di virtuosità del nuovo patto di stabilità interno, il comma 1 dell'articolo in esame elenca ulteriori misure che le regioni dovranno adottare per accedere ai benefici – in termini di non applicazione o applicazione parziale del patto di stabilità - attribuiti agli enti più virtuosi.

Tali misure riguardano la riduzione del numero dei consiglieri e degli assessori regionali; la riduzione degli emolumenti percepiti dagli stessi, la commisurazione del trattamento economico all'effettiva partecipazione alle sedute del consiglio, il passaggio al sistema previdenziale contributivo per i consiglieri regionali; l'istituzione del Collegio dei revisori dei conti quale organo di vigilanza del Consiglio regionale. Più specificamente, la misura indicata dalla lettera e) concerne l'istituzione - a decorrere dal 1° gennaio 2012 - di un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell’ente. Il Collegio dei revisori, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, dovrà operare in raccordo con le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ed affida alla Corte stessa l'individuazione dei criteri per determinare la specifica qualificazione professionale in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria degli enti territoriali, richiesta per l'iscrizione all'elenco dal quale sono estratti i componenti. Oltre a tale qualificazione, per l'iscrizione sono richiesto anche i requisiti previsti dai principi contabili internazionali e la qualifica di revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39[29].


 

Articolo 4
(Relazione di fine mandato provinciale e comunale)

 


1. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di fine mandato.

2. La relazione di fine mandato è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato. Entro e non oltre dieci giorni dopo la sottoscrizione della relazione, essa deve risultare certificata dall'organo di revisione dell'ente locale e, nello stesso termine, trasmessa al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e degli enti locali. Il Tavolo tecnico interistituzionale verifica, per quanto di propria competenza, la conformità di quanto esposto nella relazione di fine mandato con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni fatte pervenire dagli enti locali alla banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ed invia, entro venti giorni, apposito rapporto al presidente della provincia o al sindaco. Il rapporto e la relazione di fine mandato sono pubblicati sul sito istituzionale della provincia o del comune entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto del citato Tavolo tecnico interistituzionale da parte del presidente della provincia o del sindaco. Entrambi i documenti sono inoltre trasmessi dal presidente della provincia o dal sindaco alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

3. In caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale o provinciale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro quindici giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Il Tavolo tecnico interistituzionale invia quindi al presidente della provincia o al sindaco il rapporto di cui al comma 2 entro quindici giorni. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono pubblicati in fine sul sito istituzionale della provincia o del comune entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto da parte del citato Tavolo tecnico interistituzionale.

4. La relazione di fine mandato contiene la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante il mandato, con specifico riferimento a:

a) sistema ed esiti dei controlli interni;

b) eventuali rilievi della Corte dei conti;

c) azioni intraprese per il rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati e stato del percorso di convergenza verso i fabbisogni standard;

d) situazione finanziaria e patrimoniale, anche evidenziando le carenze riscontrate nella gestione degli enti controllati dal comune o dalla provincia ai sensi dei numeri 1 e 2 del comma primo dell'articolo 2359 del codice civile, ed indicando azioni intraprese per porvi rimedio;

e) azioni intraprese per contenere la spesa e stato del percorso di convergenza ai fabbisogni standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

f) quantificazione della misura dell'indebitamento provinciale o comunale.

5. Con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine mandato, nonché una forma semplificata del medesimo schema per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

6. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine mandato, il presidente della provincia o il sindaco sono tenuti a darne notizia, motivandone le ragioni nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente.


 

 

Analogamente a quanto previsto per le regioni dall’articolo 1, l’articolo 4, dispone l’obbligo per tutte le province e i comuni di redazione della relazione di fine mandato (comma 1).

Si ricorda che nella versione originaria dello schema di decreto legislativo presentato alle Camere per il parere, l’articolo prevedeva un “inventario” di fine mandato, obbligatorio solo per le province e i comuni “che durante il mandato consiliare in corso o in uno successivo si trovino in una situazione di dissesto finanziario ai sensi dell’articolo 244 del decreto legislativo n. 267 del 2000”.

Valgono, a riguardo, le considerazioni della Corte dei Conti, richiamate nel commento all’articolo 1.

 

La relazione di fine mandato deve essere sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco, non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato. La stessa deve essere certificata dall'organo di revisione dell'ente locale entro e non oltre dieci giorni dalla sottoscrizione e deve essere trasmessa al Tavolo tecnico interistituzionale, istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, entro il medesimo termine.

Si ricorda che la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, prevista dall’articolo 5 della legge n. 42/2009, è stata di recente istituita dal D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68[30].

Il Tavolo tecnico, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e degli enti locali, ha il compito di verificare, per quanto di propria competenza, la conformità dei dati della relazione di fine mandato con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni contenute nella Banca dati delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 della legge di contabilità (legge n.196/2009).

L’articolo 13 della legge di contabilità nazionale ha previsto l’istituzione, presso il Ministero dell’economia e finanze, di una Banca dati unitaria, nella quale le amministrazioni pubbliche provvedono ad inserire i dati relativi ai bilanci di previsione, alle relative variazioni, ai conti consuntivi, nonché alle operazioni gestionali.

Una apposita sezione della banca dati contiene tutti i dati necessari a dare attuazione al federalismo fiscale. Le informazioni sono messe a disposizione della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, a supporto tecnico dell’espletamento delle funzioni loro proprie (articolo 38, D.lgs. n. 68/2011)[31].

A tal fine, la Conferenza permanente concorre con il Ministero dell’economia, alla individuazione dei contenuti della predetta sezione.

A supporto della sua attività, la Conferenza si avvale della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, la quale, prevista dall’articolo 4 della legge n.42/2009, è stata istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze con D.P.C.M. 3 luglio 2009 e svolge il ruolo di segreteria tecnica per lo svolgimento delle attività istruttorie e di supporto necessarie alla Conferenza.

Ad oggi, sono in corso le attività operative e strumentali propedeutiche alla realizzazione della Banca dati.

 

Il Tavolo tecnico invia apposito rapporto, circa l’espletamento dell’attività di verifica, al Presidente della provincia o del Sindaco, entro venti giorni.

Con riferimento al termine di venti giorni previsto per l’invio del rapporto da parte del Tavolo tecnico non è ben chiaro il dies a quo da cui decorre il termine in questione (se dall’invio della relazione, ovvero dal momento in cui il Tavolo tecnico ha terminato la verifica dei dati in essa contenuti).

 

La relazione e il rapporto sono pubblicati sul sito istituzionale della provincia o del comune entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto del citato Tavolo tecnico interistituzionale da parte del presidente della provincia o del sindaco. Questi ultimi sono incaricati di trasmettere i suddetti documenti alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, di cui all'articolo 4 della legge n. 42/2009 (comma 2).

 

In caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale o provinciale, è specificamente regolata (comma 3) la tempistica dei tempi di sottoscrizione e certificazione della relazione (quindici giorno dal provvedimento di indizione delle elezioni), quella dell’invio del rapporto da parte del Tavolo tecnico (entro quindici giorni) nonché quella della pubblicazione della relazione e del rapporto sul sito istituzionale dell’ente (giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto dal parte del Tavolo tecnico).

Con riguardo alla pubblicazione, il comma 3, terzo periodo, il riferimento alla relazione di fine legislatura, dovendosi presumibilmente intendere la relazione di fine mandato.

 

I contenuti della relazione di fine mandato consistono nella descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante la consiliatura, ed in particolare nell’indicazione di:

a)      sistema ed esiti dei controlli interni;

b)      eventuali rilievi della Corte dei Conti;

c)      azioni intraprese per il rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati e lo stato del percorso di convergenza verso i fabbisogni standard;

d)      situazione finanziaria e patrimoniale, anche evidenziando le carenze riscontrate nella gestione degli enti e società controllate dal Comune o dalla Provincia, con l’indicazione delle azioni intraprese per porvi rimedio;

e)      azioni di contenimento della spesa e stato del percorso di convergenza ai fabbisogni standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, e delle caratteristiche dei destinatari di ciascun servizio offerto anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

f)        quantificazione della misura dell'indebitamento provinciale o comunale (comma 4).

Ad un atto di natura non regolamentare del Ministro dell’Interno - adottato d’intesa con la Conferenza Stato, Città e autonomie locali, di concerto con il Ministro dell'Economia e Finanze entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto - è rimessa la definizione di uno schema tipo per la redazione della relazione di fine mandato. E’ previsto che per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti sia adottato uno schema semplificato (comma 5).

E’ infine specificato che Il presidente della provincia e il sindaco sono tenuti a dare notizia, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente, del caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine mandato, motivandone le ragioni. (comma 6).


 

Articolo 5
(Regolarità della gestione amministrativo-contabile)

 


1. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lettera d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

2. Le modalità di attuazione del comma 1 sono definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e prevedono anche adeguate forme di contraddittorio fra il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e gli enti sottoposti alle verifiche di cui al comma 1. L'attività di verifica sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile attivata sulla base degli indicatori di cui al comma 1 è eseguita prioritariamente nei confronti dei comuni capoluogo di provincia.


 

 

L’articolo 5 consente al Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato – di attivare, ai sensi della disciplina sui poteri di monitoraggio attribuiti alla RGS dalla legge di contabilità nazionale (articolo 14, comma 1, lettera d), legge n. 196/2009), verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, qualora un ente, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, evidenzi situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

a)      ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

b)      disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

c)      anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi (comma 1).

 

Si ricorda che l’articolo 14 della legge di contabilità nazionale definisce alcune funzioni della Ragioneria Generale dello Stato finalizzate al monitoraggio e alla valutazione della spesa pubblica. Tra esse, vi rientra la verifica della regolarità della gestione amministrativo-contabile delle amministrazioni pubbliche, ad eccezione delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano[32].

Per gli enti territoriali la Ragioneria compie verifiche finalizzate ad accertare eventuali scostamenti dagli obiettivi di finanza pubblica, nonché per l’eventuale esercizio dei poteri sostitutivi del Governo[33]. I referti di tali verifiche sono inviati alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica affinché possa valutare l’opportunità di attivare il Piano per il conseguimento degli obiettivi di convergenza di cui all’articolo 18 della legge delega per l’attuazione del federalismo fiscale[34] (comma 1, lettera d)).

Le modalità di attuazione della previsione in esame sono demandate ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (per la cui adozione la norma non stabilisce un termine), da adottarsi di concerto con i Ministri dell'interno e per i rapporti con le regioni, previa intesa, sulla base della disciplina dettata dall’articolo 3 del D.Lgs. 281/1997, con la Conferenza unificata (comma 2).

Si rammenta che la Conferenza unificata è stata istituita dall’articolo 8 del citato D.Lgs. 281/1997, quale sede congiunta delle conferenze Stato-regioni e Stato-città ed autonomie locali. Per quanto concerne la disciplina recata dall’articolo 3 del medesimo decreto legislativo, questa dispone che l’intesa debba raggiungersi entro trenta giorni dalla prima seduta in cui la relativa deliberazione viene posta all’ordine del giorno della Conferenza.

Lo stesso comma 2 dispone inoltre che:

§       le modalità di attuazione del comma 1 debbano comunque prevedere anche forme di contraddittorio tra il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e gli enti sottoposti alle verifiche;

§       le verifiche in esame debbano eseguirsi prioritariamente nei confronti dei comuni capoluogo di provincia.


 

Articolo 6
(Responsabilità politica del Presidente di Provincia e del Sindaco)

 


1. Il comma 5 dell'articolo 248 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente: «5. Fermo restando quanto previsto dall'artico­lo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comuni­cazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del colle­gio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l'esito dell'accertamento anche all'ordine professionale di apparte­nenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari.».

2. Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito delle verifiche svolte ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto e dell'articolo 14, comma 1, lettera d), secondo periodo, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Nei casi previsti dal periodo precedente, ove sia accertato, entro trenta giorni dalla predetta trasmissione, da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, il perdurare dell'inadempimento da parte dell'ente locale delle citate misure correttive e la sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 244 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la delibera­zione del dissesto. Decorso infruttuosa­mente il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.


 

 

L’articolo 6, comma 1, in analogia a quanto previsto per i presidenti delle giunte regionali, prevede la responsabilità politica per i Sindaci e i Presidenti di provincia che siano ritenuti responsabili di una situazione di dissesto finanziario, ai sensi degli articoli 244 ss. del TUEL.

 

La disposizione costituisce attuazione del criterio di delega previsto dell’articolo 17, lett. e), della L. 42/2009, ai sensi del quale il sistema sanzionatorio nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica comporta, tra l’altro, l’attivazione di meccanismi automatici sanzionatori nei confronti degli organi di governo e amministrativi, responsabili del mancato rispetto degli equilibri di bilancio e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alla regione e agli enti locali, con individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario (ai sensi dell’art. 244 del TUEL), oltre che dei casi di interdizione dalle cariche in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. In realtà, la disposizione di cui all’articolo 6, co. 1, individua nuovi casi di incandidabilità, rafforza le incompatibilità già previste e ne introduce ulteriori.

 

Le sanzioni previste a carico degli amministratori locali sono introdotte mediante novella dell’articolo 248, comma 5, del TUEL che pone la disciplina delle conseguenze del dissesto finanziario degli enti locali.

 

In particolare, i commi da 1 a 4 dell’articolo 248 del TUEL disciplinano le conseguenze immediate della dichiarazione di dissesto, che sono la sospensione dei termini per la deliberazione del bilancio di previsione, il blocco delle procedure esecutive nei confronti dell’ente dissestato e la sospensione della produzione di interessi passivi per l’ente. Il successivo comma 5 inibisce ai soggetti ritenuti responsabili della situazione di dissesto di assumere determinati incarichi pubblici.

 

In dettaglio, il comma 5 prevede che coloro che sono stati amministratori degli enti locali dissestati nei cinque anni precedenti il dissesto e che la Corte dei Conti abbia riconosciuto, anche solo in primo grado, responsabili di danni prodotti all’ente con dolo o colpa grave, non possono ricoprire incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati. Affinché scatti la sanzione è necessario che la Corte abbia accertato che il dissesto costituisce una diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile.

Con la novella introdotta dall’articolo 6 del d.lgs. 149, innanzitutto, viene estesa la durata, da cinque a dieci anni, delle incompatibilità (successive) già previste dal Testo unico nella formulazione vigente.

Inoltre, l’articolo in esame aggiunge la sanzione della incandidabilità per coloro che sono stati riconosciuti dalla Corte di conti come aventi responsabilità nel dissesto del rispettivo ente. Tale nuova sanzione trova fondamento nel medesimo titolo di responsabilità - ossia l’accertamento da parte della Corte dei Conti - ma si applica solo al vertice dell’esecutivo (non a tutti gli amministratori locali), ossia al sindaco e al presidente della provincia.

 

In proposito si rileva che nel testo dello schema di decreto presentato dal Governo alle Camere era prevista la ineleggibilità, anche se l’ipotesi prevista sembrava presentare piuttosto affinità sia con la ratio, sia con la disciplina propria dei casi di incandidabilità. Il testo definitivo, pertanto, è stato modificato in tale direzione. Infatti, la ratio prevalente delle norme sulle ineleggibilità è quella di impedire che alcuni candidati, in virtù della carica ricoperta o dell’attività esercitata al momento dell’elezione, possano godere nella pratica di una posizione privilegiata nel corso della campagna elettorale ed esercitare pressioni in grado di condizionare la libera scelta degli elettori. Le cause di incandidabilità, invece, hanno l’obiettivo di vietare l’accesso alle cariche pubbliche di soggetti condannati in via definitiva per gravi reati – compresi, in particolare, quelli contro la pubblica amministrazione – o sottoposti a misure di prevenzione divenute definitive. Da ciò discende una importante differenza tra i due istituti: mentre generalmente le cause di ineleggibilità possono essere rimosse entro un termine predefinito, le cause di incandidabilità precludono definitivamente la possibilità di esercitare il diritto di elettorato passivo.

 

In particolare, il nuovo comma 5 dell’art. 248 prevede per il Sindaco ed il Presidente di provincia la incandidabilità, per un periodo di dieci anni, a tutte le cariche pubbliche elettive (sindaco, presidente di provincia, presidente di regione, nonché membro di consiglio comunale, di consiglio provinciale, delle assemblee e dei consigli regionali, membro del Parlamento e del Parlamento europeo).

 

L’incandidabilità è un istituto comparso nel diritto positivo in epoca relativamente recente e con afferenza alla sola disciplina delle elezioni regionali ed amministrative.

A livello locale, la materia è regolata in gran parte dal d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL), che stabilisce i casi di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità alle cariche pubbliche negli enti locali, conformemente all’articolo 117, co. 2, lett. p), della Costituzione che riserva alla legge statale la disciplina elettorale e degli organi di governo degli enti locali.

L’art. 58 del TUEL (D.Lgs. 267/2000) individua una serie di cause ostative alla candidatura alle elezioni locali per coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per alcuni reati tassativamente indicati. Nel dettaglio, non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali, e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'art. 114 TU, presidente e componente degli organi delle comunità montane coloro che hanno riportato una condanna definitiva per uno dei seguenti delitti:

§       associazione di tipo mafioso o associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti; delitto concernente l’importazione, l’esportazione, la produzione, la vendita di armi; delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a tali reati;

§       peculato, malversazione a danno dello Stato, concussione, corruzione per un atto d’ufficio, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari, corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio;

§       delitti, diversi da quelli di cui al punto precedente, commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio per i quali sia stata comminata definitivamente la pena della reclusione non inferiore a sei mesi;

§       delitti non colposi per i quali sai stata inflitta una pena della reclusione non inferiore a due anni.

Le medesime condizioni di non candidabilità sussistono anche per coloro nei confronti dei quali sia stata applicata, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una associazione di stampo mafioso. L'eventuale elezione di coloro che si trovano nelle condizioni descritte è nulla. L'organo che ha convalidato l'elezione è tenuto a revocarla non appena viene a conoscenza della loro esistenza.

In caso di sentenza non definitiva si applica la sospensione dalle carica e con il passaggio in giudicato della sentenza di condanna è prevista la decadenza di diritto (art. 59 TUEL).

Originariamente, l'incandidabilità era disciplinata congiuntamente per le elezioni regionali e locali dall'art. 15 della legge 19 marzo 1990, n. 552, come modificato dalla legge 18 gennaio 1992, n. 16. Tuttavia, l'art. 274 del Testo unico degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 ha abrogato il suddetto art. 15 "salvo per quanto riguarda gli amministratori e i componenti degli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, i consiglieri regionali". Una disciplina analoga è stata inserita, negli artt. 58 e 59 dello stesso TUEL. L'incandidabilità ha dunque oggi due fonti normative diverse, a seconda che si tratti di elezioni regionali o di elezioni locali, anche se la portata è analoga.

L’art. 15 riguarda la non candidatura alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e il divieto a ricoprire le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni, amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

L’incandidabilità e il divieto di cui sopra scatta per coloro che hanno riportato una sentenza definitiva per gli stessi delitti indicati dal’art. 58 TUEL, sopra esaminato.

L'art. 122, primo comma, Cost. (come sostituito dalla legge costituzionale 22 novembre 1999, n. 1) stabilisce che i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che stabilisce anche la durata degli organi elettivi. La legge 2 luglio 2004, n. 165, recante le disposizioni di attuazione del suddetto art. 122, primo comma, Cost., fa salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione (art. 2).

Per quanto riguarda l’incandidabilità parlamentare, prevista dal nuovo comma 5, si rinvia, supra, al commento dell’articolo 2, co. 3.

 

Il terzo periodo della novella al comma 5 prevede, sempre a carico del sindaco e del presidente di provincia di cui sia accertata la responsabilità del dissesto, un’ulteriore ipotesi di incompatibilità successiva, che consiste in un’inibitoria a svolgere per un periodo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale, né qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

 

Infine, il sistema sanzionatorio è completato dalla norma che dispone una sanzione per i componenti del collegio dei revisori di cui la Corte dei conti abbia accertato gravi responsabilità nello svolgimento dell’attività del collegio stesso, o ritardata o mancata comunicazione delle informazioni in base alla normativa vigente. Questi, infatti, non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e di enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, da graduarsi a seconda della gravità accertata. L’esito dell’accertamento viene trasmesso, a cura della Corte dei conti, all’ordine professionale di appartenenza dei revisori al fine di eventuali procedimenti disciplinari.

 

Si ricorda che la disciplina del’organo di revisione economico-finanziaria degli enti locali è disciplinato dagli articoli 234-241del TUEL.

Il collegio dei revisori è composto da tre membri[35] eletti, con voto limitato a due componenti, dai consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane. Questi devono essere scelti, uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, con funzioni di presidente del collegio; uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti ed uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri (art. 234).

Il collegio dei revisori è titolare di una seri ampia di poteri e funzioni, a cui si collega una specifica responsabilità. In particolare, l’organo di revisione svolge le seguenti funzioni (art. 239):

a)    attività di collaborazione con l’organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamenti;

b)    pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio, esprimendo un giudizio di congruità, coerenza attendibilità contabile;

c)    vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione;

d)    relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto;

e)    referto all’organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si configurino ipotesi di responsabilità;

f)      verifiche di cassa.

L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni ed i suoi componenti sono rieleggibili per una sola volta. Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine di legge (art. 235).

La normativa vigente contempla alcune ipotesi di incompatibilità (art. 236): oltre a quelle previste dalla disciplina civilistica dei membri del collegio sindacale delle società (art. 2399, c.c.), i componenti degli organi di revisione contabile degli enti locali non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso. Sono, infine, previsti alcuni limiti agli incarichi: in particolare si richiede che ciascun revisore non può assumere complessivamente più di otto incarichi (art. 238).

 

Il comma 2 dell’articolo 6 del decreto prevede, all’esito di una specifica procedura, la sanzione per l’ente locale che – a seguito della pronuncia della sezione regionale di controllo della Corte dei Conti attestante comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria e atti tali da determinare il dissesto finanziario[36] - non ha adottato le necessarie misure correttive nel termine assegnato dalla Corte medesima. In particolare si prevede che:

§       i comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, le violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e le irregolarità contabili o gli squilibri strutturali del bilancio tali da provocarne il dissesto economico devono emergere dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei Conti, anche a seguito delle verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile che la Ragioneria generale dello Stato effettua in virtù delle competenze ad essa attribuitegli dalla legge di contabilità (legge n. 196/2009) e dall’articolo 5 del decreto legislativo in esame, il quale prevede specifici “indicatori di squilibrio finanziario” in presenza dei quali attivare l’attività di verifica e controllo;

§       qualora l’ente locale interessato non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive ai sensi dell’articolo 1, comma 168 della legge n. 266/2005, (che attribuisce alla magistratura contabile la competenza a vigilare sull'adozione da parte dell'ente locale delle misure correttive) la competente sezione regionale della Corte medesima, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto ed alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica[37];

§       ove la sezione regionale della Corte dei conti accerti, entro 30 giorni dalla suddetta trasmissione, il perdurare dell’inadempimento e la sussistenza delle condizioni del dissesto, il Prefetto assegna al Consiglio dell’ente un termine non superiore a 20 giorni per la deliberazione del dissesto medesimo;

§       decorso infruttuosamente tale ultimo periodo temporale, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto, e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente, ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267[38].

 

La norma, nell’introdurre una nuova regolamentazione per l’avvio della procedura di dissesto nel caso di omissione della stessa da parte dell’ente locale interessato, non fa riferimento, se del caso anche per sancirne l’abrogazione, alla previgente disciplina della materia dettata dall’articolo 247 del TUEL (D.Lgs. 267/2000)[39]. Potrebbe comunque ritenersi che il comma in esame venga in sostanza a sostituire tale disciplina, atteso che la stessa era incentrata sull’attività di un organo – il comitato regionale di controllo, CO.RE.CO. - abrogato dalla riforma del titolo V della Costituzione (legge costituzionale n. 3/2001).


 

Articolo 7
(Mancato rispetto del patto di stabilità interno)

 


1. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno la Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a) è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilità interno, l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilità interno è riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza. In caso di mancato versamento si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente;

b) non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;

c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione;

e) è tenuta a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

2. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a) è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato e comunque per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo. In caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente;

b) non può impegnare spese correnti in misura superiore all'importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;

c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;

e) è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza indicati nell'articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

3. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere ridefinite con legge sulla base delle proposte avanzate dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti.

5. L'articolo 1, comma 122, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, è sostituito dal seguente: «122. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con apposito decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'interno e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, autorizza la riduzione degli obiettivi annuali degli enti di cui al comma 87 in base ai criteri definiti con il medesimo decreto. L'importo della riduzione complessiva per comuni e province è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'applicazione della sanzione operata a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio e sul fondo perequativo, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno. Lo schema di decreto di cui al primo periodo è trasmesso alle Camere corredato di relazione tecnica che ne evidenzi gli effetti finanziari.».


 

 

L’articolo 7 disciplina i meccanismi sanzionatori da applicare nei confronti delle regioni e degli enti locali in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti.

 

Si ricorda, in merito, che l’articolo 17, lettera e), della legge n. 42/2009 prevede, tra i principi di delega inerenti il coordinamento e la disciplina fiscale dei diversi livelli di governo, l’introduzione, nei confronti degli enti meno virtuosi rispetto agli obiettivi di finanza pubblica, di un sistema sanzionatorio che, fino alla dimostrazione della messa in atto di provvedimenti atti a raggiungere gli obiettivi, determini il divieto di procedere alla copertura di posti di ruolo vacanti nelle piante organiche e di iscrivere in bilancio spese per attività discrezionali, fatte salve quelle afferenti al cofinanziamento regionale o dell’ente locale per l’attuazione delle politiche comunitarie.

Tra i provvedimenti che possono essere attivati, al fine di riportare l’ente in linea con gli obiettivi di finanza pubblica, la lettera e) indica, in particolare, anche l'alienazione di beni mobiliari e immobiliari rientranti nel patrimonio disponibile dell'ente nonché l'attivazione nella misura massima dell'autonomia impositiva.

 

Le sanzioni individuate per le regioni e per gli enti locali, rispettivamente, ai commi 1 e 2 dell’articolo in esame, sono analoghe.

Esse corrispondono, sostanzialmente, a quelle già previste dalla vigente disciplina del patto di stabilità interno per gli anni 2011-2013, recata dalla legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010), fatta eccezione per alcune novità, relative, in particolare, alla estensione alle regioni della sanzione, attualmente prevista per i soli enti locali, della riduzione del 30% delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta regionale.

Tuttavia, come si osserva più avanti, talune – pur limitate - differenze rispetto alla disciplina sanzionatoria prevista dalla legge di stabilità 2011 pongono alcune questioni di coordinamento tra le due normative.

Si ricorda, brevemente, che il Patto di stabilità interno rappresenta lo strumento attraverso il quale le regioni e gli enti locali concorrono al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica assunti in sede europea, con l’adesione al Patto europeo di stabilità e crescita.

Per gli anni 2011-2013, il Patto di stabilità interno prevede il contributo della finanza regionale e locale al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, quantificato dall’articolo 14, comma 1, del D.L. n. 78/2010, in termini di fabbisogno e indebitamento netto, nei seguenti importi:

§       4.000 milioni nel 2011 e 4.500 milioni a decorrere dal 2012, per le regioni a statuto ordinario;

§       300 milioni per il 2011 e in 500 milioni a decorrere dall’anno 2012 per le province,

§       1.500 milioni per l’anno 2011 e 2.500 milioni a decorrere dall’anno 2012 per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti.

Va sottolineato che i risparmi sopra indicati sono stati già garantiti attraverso una riduzione dei trasferimenti erariali spettanti alle regioni, alle province e ai comuni di pari importo, ai sensi del comma 2 dell’articolo 14 del medesimo D.L. 78/2010.

Le regole del patto per il triennio 2011-2013 sono definite dalla legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010), in modo differenziato per le regioni (articolo 1, commi 125-150[40]) e per gli enti locali (articolo 1, commi 87-124).

Per quanto riguarda le regioni a statuto ordinario, l’obiettivo del Patto consiste nel controllo della spesa finale (corrente e in conto capitale). In particolare, la disciplina prevede che per ciascun anno del triennio, il complesso delle spese di competenza e di cassa delle regioni non debba superare la media del triennio 2007-2009 ridotta di determinate percentuali.

Per gli enti locali l’obiettivo del Patto di stabilità consiste, invece, nel raggiungimento, in ciascuno degli anni 2011, 2012 e 2013, di un determinato livello di saldo finanziario (calcolato quale differenza tra entrate e spese, con l’eccezione di alcune voci), non inferiore al valore determinato applicando alla spesa corrente media sostenuta nel periodo 2006-2008, determinate percentuali, fissate per ogni anno del triennio in maniera differenziata per le province e i comuni.

La disciplina del Patto di stabilità interno per gli enti locali per gli anni 2011-2013 è illustrata dalla Circolare del Ministero dell’economia e finanze n. 11 del 6 aprile 2011.

Nell'ambito della manovra di risanamento dei conti pubblici varata nell’estate 2011 con il D.L. n. 98/2011ed il D.L. n. 138/2011, è stato imposto alle autonomie territoriali, a partire dal 2012, un ulteriore concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica[41], nella seguente misura, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto:

§       per le regioni statuto ordinario: 1.600 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012;

§       per le regioni a statuto speciale e province autonome: 2.000 milioni a decorrere dal 2012;

§       per le province: 700 milioni per l’anno 2012 e 800 milioni a decorrere dall’anno 2013;

§       per i comuni (con popolazione superiore a 5.000 abitanti): 1.700 milioni di euro per l’anno 2012 e 2.000 milioni a decorrere dall’anno 2013.

 

Il comma 1 concerne le regioni e le province autonome. La norma disciplina le misure sanzionatorie in caso di mancato rispetto del patto di stabilità, misure applicabili in caso di mancato rispetto del patto medesimo per gli anni 2010 e seguenti, come stabilito dal comma 4 dell'articolo in esame.

Si ricorda che la disciplina del patto di stabilità, comprendente anche le sanzioni per il mancato rispetto, è dettata, di norma, per un periodo di tre anni nell'ambito della manovra finanziaria annuale (prima legge finanziaria, ora legge di stabilità). Con riguardo alle regioni, la disciplina per il triennio 2011-2013 è dettata dall'articolo 1, commi da 125 a 150 della legge 220/2010 (legge di stabilità per il 2011), modificata e integrata dall'articolo 2, comma 33 del decreto legge 225/2010 (recante proroga di termini e interventi urgenti in materia tributaria, convertito con modificazioni con legge 10/2011) e dall'art. 40, comma 3 del D.Lgs. 68/2011 recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

Per quanto concerne le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano, la disciplina sopra citata, prevede la necessità della definizione di una intesa – con il Ministero dell’economia - sulla misura e sulle modalità del concorso di ciascun ente agli obiettivi di finanza pubblica. Per la regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e di Bolzano, la disciplina del Patto di stabilità, a decorrere dal 2010, è contenuta nell'articolo 79 del DPR 670/1972 (statuto della regione) come ultimamente modificato dalla legge finanziaria 2010 (legge 191 del 2009) che ai commi 106-125 dell'articolo 2 ha revisionato l'ordinamento finanziario della regione autonoma al fine di recepire i principi del federalismo fiscale. Anche per la Regione Friuli Venezia Giulia sono state emanate disposizioni specifiche – anche se non inserite nello statuto – dall'articolo 1, commi 154 – 155 della legga di stabilità 2011, nell'ambito – come nel caso del Trentino-Alto Adige - di una revisione dell'ordinamento finanziario al fine di recepire alcuni dei principi del federalismo fiscale.

Più in generale per l'applicabilità delle disposizioni recate dal presente schema di decreto legislativo alle regioni a statuto speciale si rinvia all'articolo 13 dello stesso.

 

Le sanzioni previste dal comma 1 – tranne che per quella prevista alla lettera e) - sono in buona parte analoghe a quelle già previste nella disciplina del patto di stabilità per gli anni 2011-2013, che resta tuttavia vigente pur in presenza della nuova disciplina dettata dal comma in esame, che fa anche essa riferimento agli anni 2011 e successivi. In proposito si rinvia a quanto osservato in commento del successivo comma 2.

Nell'anno successivo a quello dell'inadempienza, la regione:

a)   è tenuta a versare all’entrata del bilancio statale l’importo corrispondente allo scostamento tra il risultato e l’obiettivo prefissato. Questa sanzione, disciplinata nel medesimo dettaglio di tempi e modalità, è già prevista in caso di mancato rispetto del patto di stabilità “relativo agli anni 2010 e successivi” dall'articolo 14, comma 4 del decreto legge 78/2010 (in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito con modificazioni con legge 122/2010). Sull'applicabilità della sanzione (ultimo periodo della lettera a)) è successivamente intervenuta la norma inserita nella disciplina generale del patto (L. 220/2010 art. 1, commi 147 e 148), secondo la quale la sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio 2007-2009;

b)   non può impegnare spese correnti – sempre al netto delle spese sanitarie - in misura superiore all’importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio (L. 220/2010 art. 1, comma 147, lett. a));

c)   non può contrarre debiti per gli investimenti. Mutui e prestiti obbligazionari dovranno essere corredati da una certificazione di attestazione dell’osservanza del Patto di stabilità per l’anno precedente (L. 220/2010 art. 1, comma 147, lett. b))

d)   non può procedere ad assunzione di personale a qualsiasi titolo, con qualsiasi tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (L. 220/2010 art. 1, comma 147, lett. c));

e)   è tenuta a ridurre del 30% rispetto all'ammontare risultante al 30 giugno 2010, le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta regionale: sanzione analoga era già prevista – ma con riferimento all’ammontare relativo al 30 giugno 2008 - per gli enti locali (L. 220/2010 art. 1 comma 120) ma non anche per le regioni.

La determinazione delle indennità di funzione spettanti ai componenti degli organi elettivi (consigli) e degli organi esecutivi delle regioni, è rimessa all’autonomia statutaria delle stesse, sancita dall'articolo 123 della Costituzione. Gli statuti, nella maggioranza dei casi, rinviano alla legge regionale[42]. L'applicazione della norma in esame è condizionata – perciò – all'emanazione di disposizioni normative da parte di ciascuna regione interessata.

La disposizione in esame andrebbe considerata alla luce della giurisprudenza costituzionale in riferimento agli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione, con particolare riguardo alla definizione – e delimitazione – di ciò che può essere considerato espressione del principio fondamentale di «coordinamento della finanza pubblica»; ovvero quanto la limitazione o riduzione di spesa sia o meno espressione di tale principio e dunque sia o meno lesiva dell'autonomia finanziaria regionale[43].

In via generale, sono state disposte riduzioni percentuali delle indennità di funzione e ogni altro emolumento corrisposto agli organi collegiali dalle pubbliche amministrazioni, da ultimo, si veda la riduzione del 10% disposta dall'articolo 6, comma 3 del decreto-legge 78/2010 (convertito con modificazioni con legge 122/2010). Quella riduzione, tuttavia, non si applica direttamente alle regioni e alle province autonome: Il comma 20 del citato articolo 6 dispone infatti sull’applicazione delle disposizioni recanti norme di risparmio degli apparati amministrativi contenute nell’articolo stesso, ne esclude l’applicazione diretta a regioni, province autonome ed agli enti del Servizio sanitario nazionale e, contemporaneamente, quelle norme vengono qualificate come disposizioni di principio. Si ricorda infine che la norma contenuta nella legge finanziaria 2006 (L. 266/2005, art. 1, co. 54) che disponeva la riduzione del 10% della indennità di funzione e ogni altro emolumento spettante ai sindaci, ai presidenti delle province e delle regioni (…) ai componenti degli organi esecutivi e degli uffici di presidenza dei consigli degli enti stessi, è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzione con sentenza n. 157 del 2007[44], nella parte in cui «prevede la riduzione percentuale delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali».

Si segnala infine che la seconda parte del citato articolo 6, comma 20, del decreto legge 78/2010, dispone misure 'premiali' per quelle regioni che diano applicazione, tra l'altro, alle misure di contenimento della spesa recate dallo stesso articolo 6. Disposizione che viene ora integrata dall'articolo 9 comma 1 del presente decreto legislativo che specifica il criterio secondo il quale considerare 'adempiente' la regione.

 

Il comma 2 reca le misure di carattere sanzionatorio applicabili nei confronti degli enti locali in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti.

Come già ricordato, le misure sanzionatorie per gli enti locali recate dal comma in esame sono in buona parte analoghe a quelle già previste dalla vigente disciplina del patto di stabilità interno per gli anni 2011-2013, contenute all’articolo 1, commi 119-121 della legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010)[45]; disciplina che resta tuttavia vigente e che, come già segnalato per il comma 1 che precede, concerne il medesimo periodo (anni 2011 e successivi) su cui interviene il comma in esame.

Deve sul punto rilevarsi come, in assenza di espresse indicazioni - negli aspetti che concernono gli effetti della successione delle norme nel tempo (soppressione, integrazione/modifica ed altro) - circa il necessario coordinamento tra la disciplina sanzionatoria recata dalle norme vigenti e quella ora introdotta, non risulta chiaro se le nuove disposizioni debbano intendersi come sostitutive o meno di quelle dettate dalla legge n. 220/2010. Ciò potrebbe dar luogo a problematiche applicative, poiché, pur sostanzialmente simili, le due discipline sanzionatori in alcuni aspetti – pur limitati – si differenziano.

Va osservato come tale questione non si poneva rispetto al testo dello schema di decreto presentato alle Camere (atto n. 365). Ciò in quanto esso disponeva che le nuove disposizioni si applicassero dal 2014, vale a dire dopo la vigenza dell’attuale disciplina sanzionatoria, valida fino al 2013, mentre nel testo del decreto legislativo l’applicazione è dal 2011, a norma del comma 4 dell’articolo (nel quale si dispone, come ricordato, che le disposizioni in esame si applicano “in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti”).

In particolare, il comma dispone che per gli enti inadempienti è previsto, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a)   l’assoggettamento ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo[46] in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato, e comunque per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell’ultimo consuntivo. In caso di in capienza dei predetti fondi, gli enti interessati dovranno versare le somme residue all’entrata del bilancio dello Stato. Conformemente con quanto indicato nel principio di delega di cui all’articolo 17, lettera e), della legge n. 42, la norma precisa che la sanzione in questione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente.

Nella sostanza la suddetta sanzione corrisponde a quella già introdotta dall’articolo 14, comma 3, del D.L. n. 78/2010, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e successivi, e poi confermata dal comma 119, alinea, della legge di stabilità per il 2011, consistente nella riduzione dei trasferimenti erariali agli enti locali in misura pari allo scostamento da essi registrato rispetto all’obiettivo. La riformulazione della sanzione, riferita ora ai due fondi istituiti dal D.Lgs. n. 23/2011 prima citati, consegue al fatto che i provvedimenti attuativi della legge delega n. 42/2009 sul federalismo fiscale hanno determinato la soppressione dei trasferimenti erariali e la loro sostituzione con entrate proprie ai fini del finanziamento delle funzioni degli enti locali (tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e addizionali a tributi erariali e regionali)[47].

Si ricorda, peraltro, che in tal senso è già intervenuto il D.L. 6 luglio 2011, n. 98[48], che all’articolo 20, comma 16, ha esteso alle risorse di carattere perequativo (la norma fa specifico riferimento alle risorse del Fondo sperimentale di riequilibrio e del Fondo perequativo) la riferibilità delle disposizioni che prevedono, a vario titolo, la riduzione dei trasferimenti erariali agli enti locali. L’operatività di tale disposizione è fissata a decorrere dalla data di entrata in vigore delle disposizioni soppressive dei trasferimenti statali in favore degli enti locali, adottate in attuazione delle legge sul federalismo fiscale (legge n. 42/2009). La norma medesima prevede, inoltre, in caso di incapienza dei predetti Fondi, che gli enti locali siano comunque tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue.

b)   il divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all’importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell’ultimo triennio.

Tale misura corrisponde a quella disciplinata dall’articolo 1, comma 119, lettera a) della legge n. 220/2011. Ai fini dell’applicazione della suddetta sanzione, la Circolare del Ministero dell’economia e finanze del 6 aprile 2011, n. 11, esplicativa del Patto di stabilità interno per i comuni e le province per il triennio 2011-2013, precisa che i limiti agli impegni si applicano alle spese correnti identificate dal Titolo I della spesa, senza alcuna esclusione;

c)   il divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti. Per quanto concerne la contrazione di mutui e di prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti, si precisa, in linea con la normativa vigente, che essi devono essere corredati da apposita attestazione, da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l’anno precedente. In assenza della predetta attestazione, l’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito.

Anche tale previsione corrisponde alla sanzione già prevista dalla legge di stabilità per il 2011, articolo 1, comma 119, lettera b) e comma 121. La Circolare n. 11/2011 precisa in merito che, ai fini dell’applicazione della sanzione, il divieto non opera nei riguardi delle devoluzioni di mutui già in carico all’ente locale contratti in anni precedenti. Non rientrano, inoltre, nel divieto le operazioni che non configurano un nuovo debito, quali i mutui e le emissioni obbligazionari, il cui ricavato è destinato all’estinzione anticipata di precedenti operazioni di indebitamento, che consentono una riduzione del valore finanziario delle passività, né le sottoscrizioni di mutui la cui rata di ammortamento è a carico di un’altra amministrazione pubblica;

d)   il divieto di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento a processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della sanzione

Tali misure corrispondono a quelle disciplinate dall’articolo 1, comma 119, lettera c) della legge n. 220/2011. In relazione a tale disposizione, la Circolare n. 11/2011 precisa che devono considerarsi riconducibili alla spesa di personale degli enti locali le spese sostenute da tutti gli organismi variamente denominati (istituzioni, aziende, fondazioni, ecc.) che non abbiano indicatori finanziari e strutturali tali da attestare una sostanziale posizione di effettiva autonomia rispetto all’amministrazione controllante;

e)   l’obbligo di procedere ad una rideterminazione delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, indicati nell'articolo 82 del TUEL (D.Lgs. n. 267/2000), apportando una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

Tale misura sanzionatoria è stata introdotta per la prima volta dalla legge di stabilità per il 2011 (articolo 1, comma 120, legge n. 220/2010) che stabilisce la riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008.

I componenti degli organi esecutivi degli enti locali (sindaci, presidenti di provincia, assessori ecc.) e i presidenti dei consigli (comunali e provinciali) percepiscono una indennità di funzione (art. 82, co. 1 TUEL), mentre i componenti degli organi elettivi (consiglieri comunali e consiglieri provinciali) hanno diritto ad un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni (art. 82, co. 2 TUEL).

La misura dell’indennità e dei gettoni è determinata dal decreto del Ministro dell’interno 119/2000.

Negli ultimi anni, nel quadro delle misure per il contenimento della spesa pubblica, sono stati adottati diversi interventi volti alla riduzione degli importi di indennità e gettoni; si segnala, da ultimo, l’art. 5, comma 5 e seguenti, del D.L. 78/2011 (L. 122/2010).

 

Il comma 3 prevede la possibilità che le sanzioni previste per le regioni e gli enti locali, rispettivamente, ai commi 1 e 2 dell’articolo in esame, possano essere ridefinite con legge sulla base delle proposte avanzate dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

 

Il comma 4 dispone l’applicazione delle misure sanzionatorie disciplinate dall’articolo in esame in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti.

 

Il comma 5, infine, adegua la formulazione del sistema di premialità per gli enti virtuosi previsto all’articolo 1, comma 120, della legge finanziaria per il 2011 (L. 220/2010) al nuovo assetto della fiscalità locale delineato dal decreto legislativo n. 23/2011, con particolare riferimento ai fondi di riequilibrio e perequativo istituiti dagli articoli 2 e 13 dello stesso.

In particolare si dispone che l’importo della riduzione complessiva degli obiettivi annuali per gli enti (province e comuni superiori ai 5.000 abitanti) virtuosi – nella legge n. 220/2010 pari alla differenza registrata nell’anno precedente tra l’obiettivo programmatico ed il saldo conseguito dagli enti locali inadempienti – sia ora commisurato agli effetti finanziari determinati dalle riduzioni sui fondi di riequilibrio e perequativo nei confronti degli enti locali che non rispettano il patto di stabilità interno. Il comma 5 dispone inoltre che lo schema di decreto del Ministro dell’economia e delle finanze che dispone la riduzione in esame sia trasmesso alle Camere, corredato della relazione tecnica.


 

Articolo 8
(Ulteriori disposizioni concernenti il patto di stabilità interno)

 


1. Dopo la lettera g-bis) dell'articolo 1, comma 129, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, sono aggiunte le seguenti: «g-ter) a decorrere dall'anno 2011, delle spese conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, nei limiti dei maggiori incassi di entrate derivanti dai provvedimenti di cui all'articolo 5, comma 5-quater, della citata legge n. 225 del 1992, acquisiti in apposito capitolo di bilancio; g-quater) a decorrere dall'anno 2011, delle spese in conto capitale, nei limiti delle somme effettivamente incassate entro il 30 novembre di ciascun anno, relative al gettito derivante dall'attività di recupero fiscale ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, acquisite in apposito capitolo di bilancio.».


 

 

L’articolo 8 modifica il comma 129 della legge finanziaria 2011 (L. n. 220/2010), introducendo due ulteriori tipologie di spese da escludere dal computo delle spese complessive ai fini dell’applicazione del patto di stabilità per le regioni a statuto ordinario.

Le spese regionali che il comma 129 esclude ai fini dell’applicazione del patto di stabilità sono le seguenti:

§       le spese per la sanità, soggette a disciplina specifica;

§       le spese per la concessione di crediti;

§       le spese correnti e in conto capitale per interventi cofinanziati dall’Unione europea, relativamente ai finanziamenti comunitari. L’esclusione riguarda la sola parte di finanziamento europeo, restano pertanto computate nella base di calcolo e nei risultati del Patto di stabilità interno le spese relative alle quote di finanziamento statale e regionale[49];

§       i pagamenti effettuati a valere sui residui passivi di parte corrente, a fronte di corrispondenti residui attivi degli enti locali.

§       le spese relative ai beni trasferiti alle regioni e a fondi immobiliari ricevuti dallo Stato in attuazione del D.Lgs. 85/2010 sul federalismo demaniale;

§       le spese concernenti il 15° Censimento generale della popolazione e il 9° delle abitazioni, previsti da censimento generale dell'industria e dei servizi ed il censimento delle istituzioni non-profit, previsti dal D.Lgs. 78/2010;

 

Le due nuove tipologie di spese aggiunte al comma 129 in questione, a decorrere dal 2011, sono le seguenti:

§      le spese conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza per calamità naturali di cui alla legge n.225 del 1992[50], nei limiti dei maggiori incassi acquisiti dalla regione interessata a norma dell’articolo 5, comma 5-quater della legge 225 medesima: si tratta degli incrementi, eventualmente deliberati dal Presidente della regione (nei limiti consentiti dalla legislazione vigente), dei tributi, delle aliquote, delle addizionali e dell’ imposta sulla benzina per autotrazione;

§      le spese in conto capitale, nei limiti del gettito derivante dall’attività regionale di contrasto all’evasione fiscale prevista dall’articolo 9 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n.68[51]


 

Articolo 9
(Ulteriori meccanismi premiali)

 


1. Dopo il secondo periodo del comma 20 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente: «Ai fini ed agli effetti di cui al periodo precedente, si considerano adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno e che hanno rispettato il patto di stabilità interno.».

2. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 67, è aggiunto il seguente: «67-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 novembre 2011, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite forme premiali a valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le regioni che istituiscano una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un importo determinato con il medesimo decreto e per quelle che introducano misure idonee a garantire, in materia di equilibrio di bilancio, la piena applicazione per gli erogatori pubblici di quanto previsto dall'articolo 4, commi 8 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione. L'accertamento delle condizioni per l'accesso regionale alle predette forme premiali è effettuato nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.».


 

 

L'articolo 9 disciplina misure premiali a favore delle regioni che adottino determinati interventi di contenimento e razionalizzazione della spesa.

Il comma 1 riguarda un 'meccanismo premiale' per le regioni che diano applicazione a determinate misure di contenimento della spesa recate dall'articolo 6 del decreto legge 78/2010. Il meccanismo premiale, disciplinato dal secondo periodo del comma 20 del citato articolo 6, consiste in una redistribuzione tra le regioni a statuto ordinario del 10% dei trasferimenti per il c.d. “federalismo amministrativo”, a vantaggio delle regioni che abbiano contenuto i compensi dei consiglieri regionali e che abbiano applicato “volontariamente” le misure di contenimento della spesa recate dallo stesso articolo 6. La norma viene ora integrata dalla disposizione in esame, in ordine al criterio secondo il quale considerare 'adempiente' la regione.

 

L'articolo 6 del decreto-legge 78/2010, dispone – al primo periodo - sull’applicazione delle disposizioni recanti norme di risparmio degli apparati amministrativi contenute nell’articolo stesso. In primo luogo ne viene esclusa l’applicazione diretta a regioni, province autonome ed agli enti del Servizio sanitario nazionale e, contemporaneamente, vengono qualificate come disposizioni di principio.

Il secondo periodo del comma 20 dispone l’accantonamento, a decorrere dal 2011, del 10 per cento dei trasferimenti erariali destinati all’esercizio delle funzioni trasferite alle regioni dai decreti attuativi della legge 59 del 1997 – tra cui trasposto pubblico locale, mercato del lavoro, incentivi alle imprese, agricoltura, viabilità, opere pubbliche, ambiente, salute umana[52]. Dell’importo così accantonato si prevede il successivo svincolo (dalla destinazione iniziale) ai fini della re-distribuzione alle regioni a statuto ordinario, che rispondono alle seguenti condizioni:

§       definiscano gli emolumenti spettanti ai consiglieri regionali nell’ambito del “tetto” stabilito dall’art. 3 del decreto legge 25 gennaio 2010, n. 2 convertito con legge 26 marzo 2010, n. 42 (il complesso degli emolumenti e delle utilità, comunque denominati, ivi compresi l'indennità di funzione, l'indennità di carica, la diaria, il rimborso spese, a qualunque titolo percepiti dai consiglieri regionali non devono eccedere, in alcun caso, l'indennità massima spettante ai membri del Parlamento).

§       aderiscano volontariamentealle norme di riduzione dei costi degli apparati amministrativi contemplate nell'articolo 6[53].

Per definire modalità, tempi e criteri attuativi, il medesimo comma 20, al terzo periodo, indica quale atto normativo un decreto “di natura non regolamentare" del Ministro dell’economia e delle finanze sentita la Conferenza Stato Regioni integrata, in questa occasione, da due rappresentanti delle Assemblee legislative regionali designati dalla Conferenza dei Presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni e delle Province autonome, organismo collegiale di rappresentanza dei ‘parlamenti’ regionali[54].

 

Il comma 1 in esame, dispone che la regione venga considerata 'adempiente' - e possa quindi essere destinataria delle risorse accantonate - nel caso in cui registri:

§      il rapporto fra spesa di personale da una parte e spesa corrente dall'altra (al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità) sia uguale o inferiore alla media nazionale;

§      il rispetto del patto di stabilità interno.

 

Il comma 2 è volto a diffondere, da parte delle regioni, l’istituzione delle Centrali per gli acquisti e l’introduzione di misure idonee per garantire il pareggio di bilancio da parte di Asl e Aziende ospedaliere, attraverso l’attribuzione di quote di finanziamento premiali del SSN. In particolare, si prevede l’introduzione del comma 67-bis all’art. 2 della legge n. 191/2009, in base al quale spetterà ad un decreto interministeriale - da adottare entro il 30 novembre 2011 e previa intesa in sede di Conferenza Stato – regioni - determinare la quota premiale, da attribuire, a decorrere dal 2012, alle regioni che istituiscono una Centrale Regionale per gli Acquisti e per l’aggiudicazione di procedure di gara per l’approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un importo che dovrà essere determinato dallo stesso decreto. e per quelle che introducano misure idonee a garantire, in materia di equilibrio di bilancio, la piena applicazione per gli erogatori pubblici sanitari di quanto previsto dall'articolo 4, commi 8 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[55], e successive modificazioni, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione.

 

L'articolo 4, commi 8 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, stabilisce che le aziende ospedaliere e i presidi ospedalieri delle Asl devono chiudere il proprio bilancio in pareggio. L'eventuale avanzo di amministrazione è utilizzato per gli investimenti in conto capitale, per oneri di parte corrente e per eventuali forme di incentivazione al personale da definire in sede di contrattazione. Il verificarsi di ingiustificati disavanzi di gestione o la perdita delle caratteristiche strutturali e di attività prescritte, fatta salva l'autonomia dell'università, comportano rispettivamente il commissariamento da parte della regione e la revoca dell'autonomia aziendale.

 

Il comma precisa inoltre che tali forme premiali saranno individuate a valere sulle risorse ordinarie già previste a legislazione vigente per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale e, pertanto, non comporteranno oneri aggiuntivi per la finanza pubblica.

Viene, infine, previsto che l’accertamento delle condizioni per l’accesso da parte delle regioni alle quote premiali venga effettuato dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e dal Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, istituiti dagli artt. 9 e 12 dell’intesa del 23 marzo 2005.

 

La possibilità di costituire, da parte delle regioni, centrali di acquisto, al fine di contenere e razionalizzare la spesa pubblica, è stata introdotta dall’art. 1, comma 455, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006). Esse operano quindi quali centrali di committenza in favore delle amministrazioni ed enti regionali, degli enti locali, degli enti del Servizio sanitario nazionale e delle altre p.a. aventi sede nel medesimo territorio. E’ proprio, infatti, la tipologia degli acquisti centralizzati a concretizzare il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica; ciò in quanto, attraverso tale modalità di acquisto, è reso più facile il controllo della spesa non realizzabile attraverso la frammentazione degli acquisti. A seguito della previsione della legge finanziaria diverse sono state le iniziative affermatesi a livello regionale: le centrali di acquisto della Lombardia (Lombardia Informatica S.p.A.), del Piemonte (S.C.R.), del Friuli Venezia Giulia (Centro Servizi Condivisi “CSC”), del Trentino-Alto Adige (Informatica Trentina), dell’Emilia Romagna (Intercent-ER), della Toscana (ESTAV Centro, Nord-Ovest, Sud-Est), del Lazio (LA.i.t.), del Molise (ASREM), della Campania (SO.RE.SA.), della Puglia (EMPULIA) e della Sardegna (C.A.T.)[56].

Da ultimo si ricorda che con l’approvazione del D.P.R. n. 207/2010, recante il Regolamento di attuazione del Codice dei contratti pubblici, è stato completato l’ambito dei compiti affidati alle Centrali di acquisto. In particolare, l’art. 312, comma 5, conferisce alle Centrali di acquisto la possibilità, nella fase esecutiva del contratto, di effettuare attività di supervisione e controllo finalizzate ad accertare la corretta esecuzione della prestazione contrattuale, fino alla possibilità di disporre la risoluzione del contratto/convenzione/accordo stipulato con l’affidatario procedendo, al tempo stesso, ad una nuova aggiudicazione al concorrente che segue in graduatoria.


 

Articolo 10
(Contrasto all’evasione fiscale)

 


1. Per potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, la partecipazione delle province all'accertamento fiscale è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell'intervento della provincia che abbia contribuito all'accertamento stesso, anche attraverso la segnalazione all'Agenzia delle entrate ed alla Guardia di finanza di elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti per la determinazione di maggiori imponibili fiscali.

2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono individuati i tributi su cui calcolare la quota pari al 50 per cento spettante alle province che abbiano contribuito all'accertamento, ai sensi del comma 1, nonché le relative modalità di attribuzione.

3. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e sentita DigitPA per quanto di rispettiva competenza, sono stabilite le modalità tecniche di accesso per le province alle banche dati e, sulla base di motivata richiesta, di fruizione e tracciabilità delle informazioni reddituali relative ai contribuenti in esse residenti, nonché quelle della partecipazione delle province all'accertamento fiscale di cui al comma 1. Per le attività di supporto all'esercizio di detta funzione di competenza provinciale, le province possono avvalersi delle società e degli enti partecipati dalle province stesse ovvero degli affidatari delle entrate provinciali i quali, pertanto, devono garantire alle province l'accesso alle banche dati utilizzate.


 

 

L’articolo 10 reca disposizioni in materia di contrasto dell’evasione fiscale da parte delle province.

In particolare, il comma 1 dispone l’attribuzione alle province di una quota del gettito derivante dalla partecipazione di detti enti locali all’accertamento dei tributi, nella misura del 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo.

Tra le modalità di partecipazione delle province all’accertamento dei tributi la norma indica la segnalazione all'Agenzia delle entrate ed alla Guardia di finanza di elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti per la determinazione di maggiori imponibili fiscali.

 

Le disposizioni in commento sostanzialmente completano il quadro dei meccanismi premiali che il legislatore ha introdotto per incentivare la partecipazione degli enti territoriali all’attività di accertamento dei tributi e, più in generale, del recupero fiscale.

Con riferimento all’attività di recupero fiscale svolta dai comuni, si ricorda che l’articolo 2, comma 10, lettera b) del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23[57], tra le norme dirette a potenziare l’attività di gestione delle entrate comunali e l’attività di accertamento da parte dei comuni, dispone l’elevazione al 50%. (dall’originario 33%[58]) della quota del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento del comune nell’attività di accertamento riconosciuta agli enti locali ai sensi dell’art. 1, comma 1, D.L. 203/2005[59]. Nonostante la norma richiamata sia riferita alle somme relative a tributi statali “riscosse a titolo definitivo” nonché delle sanzioni civili applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo definitivo, le disposizioni in materia di federalismo municipale hanno attribuito ai comuni - in via provvisoria - anche una pari quota delle somme “riscosse a titolo non definitivo”, fermo restando il recupero delle stesse qualora siano rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo. Le modalità di recupero delle suddette somme saranno disciplinate con decreto del MEF da emanare sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, non ancora emanato.

Si ricorda, da ultimo, che il D.L. 138 del 2011[60] ha attribuito ai comuni, per il triennio 2012-2014, l’intero ammontare del maggior gettito ottenuto a seguito dell'intervento degli stessi nell’attività di accertamento.

Dall’altro lato, l’articolo 9, comma 1 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68[61] dispone il riversamento diretto alle regioni dell’intero gettito derivante dall’attività di recupero fiscale riferita ai tributi propri derivati, nonché alle addizionali IRPEF e IVA come introdotte dal decreto medesimo.

Il successivo comma 2 attribuisce inoltre alle regioni, in relazione ai principi di territorialità, una quota del gettito riferibile al concorso della regione nella attività di recupero fiscale in materia di IVA, commisurata all'aliquota di compartecipazione attribuita.

Infine, il comma 3 reca il generale principio di riversamento alle regioni di una quota del gettito riferibile al concorso dell’ente nella attività di recupero fiscale, relativa ad ulteriori forme di compartecipazione al gettito dei tributi erariali eventualmente attribuite.

 

Il comma 2 affida a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l’individuazione dei tributi su cui calcolare la predetta quota del 50 per cento e le relative modalità di attribuzione.

 

Si ricorda che l’articolo 10, comma 7, del citato D.Lgs. n. 68/2011, relativo alle modalità di gestione dei tributi regionali, prevede che per la gestione dei tributi il cui gettito sia ripartito tra gli enti di diverso livello di governo, con specifico atto convenzionale sia istituito presso ciascuna sede regionale dell'Agenzia delle Entrate un Comitato regionale di indirizzo, di cui stabilisce la composizione con rappresentanti designati dal direttore dell'Agenzia delle entrate, dalla regione e dagli enti locali. La citata gestione dei tributi è svolta sulla base di linee guida concordate nell'ambito della Conferenza Stato-Regioni, con l'Agenzia delle entrate, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Infine, il comma 3 demanda a un provvedimento del direttore dell'Agenzia delle Entrate, anch’esso da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del provvedimento e anch’esso d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e sentita DigitPA per quanto di rispettiva competenza, l’individuazione delle modalità tecniche di accesso per le province alle banche dati e, sulla base di motivata richiesta, di fruizione e tracciabilità delle informazioni reddituali relative ai contribuenti in esse residenti, nonché quelle della partecipazione delle province all'accertamento fiscale.

 

Il DigitPA è l’organo competente della pubblica amministrazione nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. Esso ha la finalità di contribuire alla creazione di valore per cittadini e imprese da parte della pubblica amministrazione attraverso la realizzazione dell’amministrazione digitale. In particolare, il DigitPA svolge funzioni di natura progettuale, tecnica e operativa. Tali funzioni sono esercitate nel rispetto delle direttive del Presidente del Consiglio o del ministro delegato.

Il DigitPA è stato istituito dal decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 177 che ha riordinato la disciplina del Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) mutandone la denominazione.

 

Per le attività di supporto all'esercizio di detta funzione di competenza provinciale, le province possono avvalersi delle società e degli enti partecipati dalle province stesse ovvero degli affidatari delle entrate provinciali i quali, pertanto, devono garantire alle province l'accesso alle banche dati utilizzate.


 

Articolo 11
(Collaborazione nella gestione organica dei tributi)

 


1. I criteri generali per la gestione organica dei tributi e delle compartecipazioni sono definiti dalle province con l'Agenzia delle entrate, che per l'attuazione si avvale delle proprie Direzioni Regionali.

2. Le province possono stipulare con l'Agenzia delle entrate convenzioni finalizzate ad instaurare adeguate forme di collaborazione e a garantire una gestione organica dei tributi propri derivati. Con lo stesso provvedimento sono definiti i termini e le modalità per la corresponsione del rimborso spese.

3. Nel rispetto della propria autonomia organizzativa le province possono definire con specifica convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze le modalità gestionali e operative di ripartizione degli introiti derivanti dall'attività di recupero dell'evasione.


 

 

L’articolo 11 stabilisce le forme di collaborazione nella gestione organica dei tributi tra le province e l’Agenzia delle entrate, in particolare attraverso le Direzioni regionali delle entrate.

La ripartizione degli introiti derivanti dall’attività di recupero dell’evasione è effettuata sulla base di modalità gestionali e operative definite con specifiche convenzioni che le Province possono stipulare con il Ministero dell’economia e delle finanze.

La legge delega sul federalismo fiscale (legge n. 42/2009) all’articolo 25 fissa i principi e i criteri direttivi relativi alla gestione dei tributi e delle compartecipazioni, ferma restando l’autonomia organizzativa di regioni ed enti locali nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione.

Ai sensi del citato articolo 25, nell’esercizio della delega devono essere previste adeguate forme di collaborazione delle regioni e degli enti locali con il Ministero dell’economia e delle finanze e con l’Agenzia delle entrate, al fine di utilizzare le direzioni regionali delle entrate per la gestione organica dei tributi erariali, regionali e degli enti locali. E’ prescritta la definizione, con apposita e specifica convenzione fra il Ministero dell’economia e delle finanze, le singole regioni e gli enti locali, delle modalità gestionali, operative, di ripartizione degli oneri, degli introiti di attività di recupero dell’evasione.

In sintesi si ricorda che, ai sensi del D. Lgs. n. 68 del 2011, a partire dal 2012 le province saranno finanziate:

§      dall’imposta sulle assicurazioni per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei motori (RC auto) (art. 17);

§      dall’imposta provinciale di trascrizione per gli atti soggetti ad IVA (art. 17);

§      da una compartecipazione all’IRPEF (art. 18);

§      dagli altri tributi propri derivati (riconosciuti alle province nei termini previsti dalla legislazione vigente) (art. 20).

A partire dal 2013 è prevista inoltre una compartecipazione provinciale al gettito della tassa automobilistica regionale (art. 19, co. 2).

 

Il comma 1 dell’articolo 11 attribuisce il compito di definire i criteri generali per la gestione organica dei tributi e delle compartecipazioni alla provincia con l’Agenzia delle entrate, la quale si avvale per l’attuazione delle proprie Direzioni regionali.

Si ricorda che in materia di gestione dei tributi regionali l’articolo 10, comma 2, del D.Lgs. n. 68/2011 dispone, in ossequio ai criteri di delega, la salvaguardia del “rispetto dell’autonomia organizzativa delle regioni nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione”.

Si segnala che, per quanto riguarda la gestione dei tributi regionali, l’articolo 10, comma 4, del D.Lgs. n. 68/2011 ha specificato che competono all’Agenzia delle entrate le attività di controllo, di rettifica della dichiarazione, di accertamento e di contenzioso dell’IRAP e dell’addizionale regionale all’IRPEF, mentre le modalità di gestione delle stesse imposte, nonché il relativo rimborso spese, sono disciplinati sulla base di convenzioni tra l’Agenzia delle entrate e le regioni.

 

Il comma 2 attribuisce alle province la possibilità di stipulare con l’Agenzia delle entrate convenzioni volte ad instaurare adeguate forme di collaborazione e a garantire una gestione organica dei tributi propri derivati.

I tributi propri derivati delle province sono definiti dall’articolo 20 del D.Lgs. n. 68/2011 come i “tributi ad esse riconosciuti, nei termini previsti dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto” (27 maggio 2011), salvo quanto previsto dagli articoli 17 e 18 dello stesso provvedimento (i quali contemplano i tributi e le compartecipazioni provinciali sopra descritti).

 

Principali entrate tributarie delle province

Fra le principali entrate tributarie delle province si possono attualmente annoverare:

-        l'imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore, esclusi i ciclomotori, il cui gettito è attribuito dall’articolo 60, comma 1, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446. Ai sensi dell’articolo 13 del D. Lgs. 68/2011, tale imposta costituirà, a decorrere dal 2012, tributo proprio derivato delle province;

-        l'imposta provinciale di trascrizione (IPT), che è l'imposta dovuta alla provincia per la maggior parte delle richieste presentate al Pubblico Registro Automobilistico (PRA), il cui importo base è stabilito con Decreto del Ministero delle Finanze. Le Province possono deliberare di aumentare l'importo stabilito dal Ministero fino ad un massimo del 30 per cento. Nel dettaglio, l’articolo 56 del D.Lgs. n. 446/1997 ha stabilito che le province possono istituire l'imposta provinciale sulle formalità di trascrizione, iscrizione ed annotazione dei veicoli richieste al pubblico registro automobilistico, avente competenza nel proprio territorio. L'imposta è applicata sulla base di apposita tariffa, le cui misure potranno essere aumentate, anche con successiva deliberazione, fino ad un massimo del 30%, ed è dovuta per ciascun veicolo al momento della richiesta di formalità;

-        l'addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica sui consumi di qualsiasi uso effettuato in locali e luoghi diversi dalle abitazioni, per tutte le utenze con potenza disponibile non superiore a 200 kw e fino limite massimo di 200.000 Kwh di consumo al mese, che è stata istituita ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del D.L. 28 novembre 1988, n. 511 (legge n. 20/1989). La Provincia ha la facoltà di incrementare la misura dell'addizionale provinciale da € 9,30 fino a € 11,40 per ogni mille Kwh. Le province devono deliberare la misura dell'addizionale entro i termini di approvazione del bilancio di previsione L'addizionale è versata direttamente alla provincia nell'ambito del cui territorio è ubicata l'utenza. Si ricorda che tale addizionale viene soppressa a decorrere dal 2012 dall’articolo 14, comma 5, del D. Lgs. 68/2011;

-        il tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi, istituito e disciplinato dall'articolo 3, commi 24-41, della legge n. 549/1995. Presupposto dell'imposta è il deposito in discarica dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili. Soggetto passivo dell'imposta è il gestore dell'impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento;

-        la compartecipazione provinciale al gettito IRPEF, istituita a decorrere dall’anno 2003 dall’articolo 31, comma 8, della legge n. 289/2002, che è stata via via confermata negli anni successivi, da ultimo, per il 2010, dall’articolo 4, comma 3, del D.L. n. 2/2010 (legge n. 42/2010). La compartecipazione è fissata nella misura dell’1 per cento del riscosso in conto competenza che affluisce al bilancio dello Stato, con riferimento all’esercizio finanziario 2002, quali entrate derivanti dall’attività ordinaria di gestione. In base a tale disciplina, alle province viene attribuito ogni anno, a titolo di compartecipazione, lo stesso ammontare riconosciuto negli anni precedenti, con corrispondente riduzione dei trasferimenti erariali ad esse spettanti. Si ricorda che ai sensi dell’articolo 14 del D. Lgs. n. 68/2011, dal 2012 l’aliquota di compartecipazione sarà stabilita con D.P.C.M. in misura tale da compensare i trasferimenti erariali soppressi nonché il venir meno dell’addizionale provinciale all’accisa sull’energia elettrica, soppressa a partire dall’anno 2012;

-        il tributo cosiddetto ambientale. Si ricorda che il D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 ha riordinato la legislazione in materia ambientale e ha introdotto nella parte IV nuove norme che concernono la gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati. Fra le tante novità presenti nel decreto si registra l'articolo 264, comma 1, lett. i), ed n), che prevedono rispettivamente: l'abrogazione della "legge Ronchi" di cui al D.Lgs. n. 22/1997, le cui disposizioni continuano tuttavia ad applicarsi fino all'entrata in vigore dei corrispondenti provvedimenti attuativi previsti dalla parte quarta stessa (art. 264, c. 1, lett. i) del D.Lgs. n.. 152/2006; l'abrogazione del tributo per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell'ambiente a favore delle Province di cui all'articolo 19 del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (art. 264, c. 1, lett. n) del D.Lgs. n. 152/2006;

-        il canone occupazione di spazi ed aree pubbliche, dovuto dal titolare dell'atto di concessione o dall'occupante (anche abusivo) in proporzione della superficie sottratta all'uso pubblico per le occupazioni effettuate nelle strade, aree e comunque sui beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile della Provincia (articolo 63 del D.Lgs. n. 446 del 1997).

Si ricordano, infine, la tassa per l’ammissione ai concorsi, di cui all’articolo 1 del R.D. 21 ottobre 1923, n. 2361, e i diritti di segreteria, disciplinati dall’articolo 40 della legge 8 giugno 1962, n. 604.

 

Nelle convenzioni sono definiti i termini e le modalità per la corresponsione del rimborso delle spese.

 

Il comma 3 consente alle province, nel rispetto della loro autonomia organizzativa, di definire con specifica convenzione con il Ministero dell’economia e delle finanze come gestire, anche operativamente, la ripartizione degli introiti derivanti dall’attività di recupero dell’evasione.

Per la partecipazione delle province all’azione di contrasto all’evasione fiscale, si rinvia alla scheda del citato articolo 10 del presente provvedimento.


 

Articolo 12
(Ulteriori forme premiali per l’azione di contrasto all’evasione fiscale)

 


1. Con accordo fra Governo, Regioni, province e comuni, conseguito in sede di Conferenza unificata, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, sono stabilite annualmente le modalità per la ricognizione delle capacità fiscali effettive e potenziali dei singoli territori, tenendo conto del rapporto tra i dati fiscali dichiarati e i dati elaborati dall'Istituto Nazionale di Statistica.

2. Con il medesimo accordo di cui al comma 1 sono altresì definiti:

a) un programma pluriennale di attività di contrasto dell'evasione fiscale finalizzato alla convergenza della capacità fiscale effettiva alla capacità fiscale potenziale mediante la definizione delle modalità di concorso dei singoli enti dei vari livelli di governo;

b) gli obiettivi intermedi che debbono essere raggiunti da ciascun ente nell'ambito delle attività previste dal programma di cui alla lettera a);

c) le misure premiali o sanzionatorie in relazione al raggiungimento degli obiettivi di cui alla lettera b).

3. Ove l'accordo di cui al comma 1 non sia raggiunto entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata.


 

 

L’articolo 12 affida a un accordo fra Governo, Regioni, province e comuni, conseguito in sede di Conferenza unificata, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, la determinazione annuale delle modalità per la ricognizione delle capacità fiscali effettive e potenziali dei singoli territori.

La ricognizione delle capacità fiscali effettive e potenziali dei singoli territori dovrà avvenire tenendo conto tra i dati fiscali dichiarati e i dati elaborati dall'Istituto Nazionale di Statistica - ISTAT.

 

Il comma 2 prevede che con il medesimo accordo siano inoltre definiti:

a)  un programma pluriennale di attività di contrasto dell'evasione fiscale finalizzato alla convergenza della capacità fiscale effettiva alla capacità fiscale potenziale mediante la definizione delle modalità di concorso dei singoli enti dei vari livelli di governo;

b)  gli obiettivi intermedi che debbono essere raggiunti da ciascun ente nell'ambito delle attività previste dal programma di cui alla lettera a);

c)  le misure premiali o sanzionatorie in relazione al raggiungimento degli obiettivi di cui alla lettera b).

 

Il comma 3 stabilisce che, nel caso che l'accordo sulla determinazione annuale delle modalità per la ricognizione delle capacità fiscali effettive e potenziali dei singoli territori non sia raggiunto entro il termine del 5 ottobre 2012 (un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame), le misure di cui ai commi 1 e 2 sono fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata.


 

Articolo 13
(Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano)

 


1. La decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome, sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni. Qualora entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente decreto trovano immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.


 

 

L'articolo 13 concerne il rapporto della normativa recata dallo schema di decreto legislativo in esame con l'ordinamento delle regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.

In analogia con quanto stabilito in via generale dalla legge delega e dagli altri decreti legislativi attuativi della legge 42/2009, la norma stabilisce che l'applicazione delle disposizioni recate dallo schema di decreto legislativo in esame alle regioni suddette ed agli enti locali dei rispettivi territori, deve avvenire nelle procedure e nei tempi stabiliti dall'articolo 27 della legge delega, in sintesi, in maniera concordata con ciascuna autonomia.

Il secondo periodo[62], dispone tuttavia, l'applicazione «immediata e diretta» delle norme contenute nel decreto legislativo in esame qualora, entro sei mesi dall'entrata in vigore del decreto stesso, non si siano concluse le procedure attuative specifiche per le regioni a statuto speciale e le province autonome.

 

Si rileva come l’articolo 13 in esame, nel ribadire al primo periodo il principio –previsto nella legge delega - della necessità dell'attuazione “concordata” con la singola regione a statuto speciale e provincia autonoma, pone poi al secondo periodo una deroga al principio medesimo. In ordine a tale deroga va tuttavia considerato, in sede di applicazione concreta della norma, che le procedure attuative prevedono il coinvolgimento non solo della singola regione o provincia autonoma ma anche del Governo (sia ad esempio in sede di Tavolo paritetico, sia nell'eventualità di modifiche da apportare all'ordinamento finanziario dell'ente): per tale ragione potrebbe non risultare interamente nella disponibilità della singola regione o provincia autonoma l'osservanza del termine temporale posto dalla norma.

 

Si ricorda che l'articolo 27 della legge n. 42/2009 adatta alle specialità il procedimento di attuazione del federalismo fiscale in quegli ordinamenti ed elenca i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi. In particolare:

§       le modifiche all’ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome dovranno essere introdotte con la procedura delle norme di attuazione degli statuti speciali, negli stessi termini temporali previsti dalla delega conferita per l’emanazione dei decreti delegati relativi alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali (comma 1);

§       ferme le prerogative statutarie previste per ciascuna regione e provincia autonoma, la nuova disciplina deve comunque essere informata ai principi fondamentali del federalismo fiscale; nella specie il rispetto e l’assolvimento degli obblighi posti dall’ordinamento comunitario e i principi di perequazione e di solidarietà e i diritti ed i doveri che da essi derivano (commi 2 e 3).

§       sono previste, inoltre, specifiche norme procedurali per l’attuazione della delega, quali il principio della partecipazione dei Presidenti delle regioni e delle province autonome alle riunioni del Consiglio dei ministri in cui si esaminano gli schemi delle rispettive norme di attuazione (comma 5); la delimitazione ad una attività “meramente ricognitiva” delle funzioni che è chiamata a svolgere la Commissione tecnica paritetica per l’emanazione delle norme di attuazione; inoltre, quando tratta delle nome di attuazione, la commissione è integrata da un rappresentante tecnico della singola regione o provincia autonoma interessata (comma 6); l'istituzione dei tavoli paritetici tra ciascuna regione e Governo (comma 7).

 

Si ricorda inoltre che tutte le regioni a statuto speciale hanno competenza legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, secondo quanto disposto dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione[63].

 

Si segnala infine che norme recanti disposizioni di attuazione del federalismo fiscale per le regioni a statuto speciale sono state emanate per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige e per le Province autonome di Trento e di Bolzano con la legge finanziaria 2010 (legge n. 191/2009, art. 2, commi 106-125) e per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e la Regione autonoma Valle d'Aosta dalla legge di stabilità 2011 (legge n. 220/2010, art. 1, rispettivamente, commi 151-159 e commi 160-164). In particolare le disposizioni citate quantificano il contributo di ciascuna regione per l'attuazione dei principi di perequazione e solidarietà del federalismo fiscale, recano disposizioni sulla disciplina del patto di stabilità e norme generali per il coordinamento delle norme che provvederanno ad attuare il federalismo fiscale (i decreti legislativi attuativi della legge n. 42 del 2009) e l'ordinamento finanziario della regione.


 

Articolo 14
(Fabbisogni standard delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e responsabilità politica dei Ministri)

 

 


1. Il presente articolo, al fine di rendere effettivo il superamento del criterio della spesa storica attraverso la definizione dei fabbisogni per i programmi di spesa delle amministrazioni centrali e dei fabbisogni standard per le amministrazioni periferiche dello Stato, disciplina le modalità di rendicontazione alle Camere del grado di convergenza della spesa ai fabbisogni definiti ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

2. Gli esiti del raffronto tra i fabbisogni dei programmi di spesa e quelli delle amministrazioni periferiche dello Stato, come determinati ai sensi del comma 1, e le spese effettivamente sostenute come risultanti dal bilancio consuntivo dello Stato, sono trasmessi ogni anno dal Governo alle Camere, affinché possano essere adottate, nelle forme e nei tempi previsti dai rispettivi regolamenti, le iniziative e le determinazioni ivi previste, incluse quelle di cui all'articolo 94 della Costituzione.


 

 

Il comma 1 si limita ad enunciare l’oggetto e le finalità dell’articolo in esame (il cui contenuto normativo è recato dal successivo comma 2), affermando che l’articolo stesso disciplina le modalità di rendicontazione alle Camere del percorso di convergenza della spesa delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato ai fabbisogni standard, come definiti dall’articolo 9 del decreto-legge n. 98/2011.

Tale articolo introduce, a decorrere dall’anno 2012, l'avvio di un ciclo di analisi e valutazione della spesa (c.d. “spending review”) mirato alla definizione dei fabbisogni standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, al fine di razionalizzare la spesa stessa delle amministrazioni e superare il criterio della spesa storica (comma 1). La realizzazione della spending review è affidata al Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, sulla base di un atto di indirizzo del Ministro dell’economia e delle finanze emanato d’intesa con i Ministeri interessati. L'analisi condotta è finalizzata, tra l'altro, ad individuare:

§       eventuali criticità nella produzione ed erogazione dei servizi pubblici;

§       possibili duplicazioni di strutture;

§       possibili strategie di miglioramento dei risultati ottenibili con le risorse disponibili.

Per le amministrazioni periferiche dello Stato, si prevede la proposizione di specifiche metodologie per quantificarne i fabbisogni standard.

Gli esiti delle attività di analisi e valutazione sono illustrati nel Rapporto sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, elaborato ai sensi dell’articolo 41 della legge n. 196 del 2009, che va presentato al Parlamento con cadenza triennale, a partire dall’anno successivo a quello di realizzazione della banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni prevista dall’articolo 13 della legge di contabilità n.196/2009.

 

Il comma 2 dispone che gli esiti del raffronto tra i fabbisogni dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali ed i fabbisogni delle amministrazioni periferiche e le spese effettivamente sostenute “come risultanti dal bilancio consuntivo dello Stato” sono trasmessi ogni anno dal Governo alle Camere per eventuali determinazioni delle stesse, ivi incluse quelle attinenti il rapporto fiduciario previste dall’articolo 94 della Costituzione.

Per quanto concerne la formulazione del testo deve segnalarsi che la norma fa riferimento solo ai “programmi di spesa”, senza specificare a quali amministrazioni debbano imputarsi: poiché tuttavia nel comma 1 si citano espressamente i “programmi di spesa delle amministrazioni centrali”, sembra plausibile, come si è ritenuto nell’illustrare la norma in esame, che anche nel comma 2 i “programmi di spesa” non possano che riferirsi alle amministrazioni centrali medesime.


 

Articolo 15
(Riordino dei termini per la trasmissione dei dati degli enti territoriali)

 


1. Ai fini di garantire il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, anche ai sensi dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede al riordino della disciplina vigente in materia di oneri e obblighi informativi a carico di comuni, province, città metropolitane nei confronti delle pubbliche amministrazioni statali, riducendo e unificando i termini e le comunicazioni attualmente previsti per la trasmissione dei dati, ferma restando la disciplina sanzionatoria in vigore.


 

 

L’articolo 15 dispone che decreto del Presidente del Consiglio dei ministri si provveda al riordino della normativa in materi di obblighi informativi delle amministrazioni locali (comuni, province e città metropolitane) nei confronti delle amministrazioni statali, unificando i termini e le comunicazioni attualmente previsti per la trasmissione dei dati. La finalità di tale norma, precisata nel primo periodo dell’articolo, è quella di garantire il coordinamento statistico ed informatico dei dati della amministrazioni pubbliche, anche ai fini della funzionalità della banca dati prevista dall’articolo 13 della legge di contabilità n.196/2009.

L’articolo 13 della legge n.196/2009 prevede che al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, le amministrazioni pubbliche provvedono a inserire in una banca dati unitaria istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, accessibile all'ISTAT e alle stesse amministrazioni pubbliche (secondo modalità da stabilire con appositi decreti del Ministro dell'economia), i dati concernenti i bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali, nonché tutte le ulteriori informazioni necessarie. Le modalità di accesso a tale banca da parte degli enti territoriali sono stabiliti con apposita intesa in sede di Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

L'acquisizione dei dati dovrà avvenire sulla base di schemi, tempi e modalità definiti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentiti l'ISTAT, il CNIPA e la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica relativamente agli enti territoriali.


 

Articolo 16
(Interventi del settore creditizio a favore del pagamento delle imprese creditrici degli enti territoriali)

 


1. Il Ministero dell'economia e delle finanze, un rappresentante delle regioni e un rappresentante delle autonomie locali designati, rispettivamente, dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, dall'ANCI e dall'UPI, e l'Associazione bancaria italiana, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, istituiscono un tavolo tecnico per il perseguimento dei seguenti obiettivi, da realizzare anche attraverso apposita convenzione, aperta all'adesione delle banche e degli intermediari finanziari ai sensi dell'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385:

a) formulare soluzioni finalizzate a sopperire alla mancanza di liquidità delle imprese determinata dai ritardi dei pagamenti degli enti territoriali;

b) valutare forme di compensazione all'interno del patto di stabilità a livello regionale previsto dalla normativa vigente, anche in considerazione delle diverse fasce dimensionali degli enti territoriali;

c) valutare la definizione di nuove modalità ed agevolazioni per la cessione pro soluto dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati dalle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

d) stabilire criteri per la certificazione dei crediti delle pubbliche amministrazioni, secondo le modalità definite dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 157 del 9 luglio 2009;

e) definire i casi in cui la stipulazione, da parte degli enti locali, di un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto la realizzazione e la successiva concessione in locazione finanziaria di un bene immobile non costituisce forma elusiva delle regole del patto di stabilità interno, in considerazione della convenienza economica per l'amministrazione contraente.


 

 

L’articolo 16 persegue lo scopo di migliorare la tempistica dei rapporti finanziari, ivi inclusi i pagamenti, tra gli enti territoriali e le imprese creditrici degli stessi.

A tal fine esso dispone l’istituzione, entro 60 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (vale a dire entro li 19 novembre 2011)[64] di un tavolo tecnico composto da rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, degli enti territoriali e dell’Associazione bancaria italiana. Il tavolo, anche attraverso una apposita convenzione cui possono aderire le banche e gli intermediari finanziari[65], persegue i seguenti obiettivi:

§      formulare soluzioni in ordine alla mancanza di liquidità delle imprese causata dai ritardi dei pagamenti degli enti territoriali, valutando altresì forme di compensazione all’interno del patto di stabilità regionale;

§      definire nuove modalità ed agevolazioni per la cessione pro soluto[66] dei crediti maturati dalle imprese nei confronti delle amministrazioni pubbliche;

§      stabilire criteri per la certificazione dei crediti delle pubbliche amministrazioni, secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente;

In proposito l’articolo 9, comma 3-bis, del decreto legge n.185/2008[67] prevede che su istanza del creditore di somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti, le regioni, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, possono certificare, entro il termine di venti giorni, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire al creditore la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente;

§      definire i casi in cui la stipulazione da parte degli enti locali di un contratto di locazione finanziaria relativa a beni immobili non costituisca forma elusiva del patto di stabilità interno.


Testo a fronte

tra lo Schema di decreto legislativo (Atto n. 365) e il D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149(*)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(*) Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 20 settembre 2011, n. 129


 

Atto 365

D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 149

 

 

CAPO I
MECCANISMI SANZIONATORI

CAPO I
MECCANISMI SANZIONATORI

 

 

Articolo 1
(Inventario di fine legislatura regionale)

Articolo 1
(Relazione di fine legislatura regionale)

1. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Regioni che nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto o in una successiva sono assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria, sono tenute a redigere un inventario di fine legislatura. Lo stesso inventario di fine legislatura può essere istituito anche dalle altre Regioni.

1. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Regioni sono tenute a redigere una relazione di fine legislatura.

2. L'inventario di fine legislatura è sottoscritto dal Presidente della Giunta regionale. Entro e non oltre venti giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni esso deve risultare certificato dagli organi di controllo interno regionale e, nello stesso termine, trasmesso al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e regionali. II Tavolo tecnico interistituzionale verifica, per quanto di propria competenza, la conformità di quanto esposto nell'inventario di fine legislatura con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni fatte pervenire dalle Regioni alla Banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ed invia, entro sessanta giorni, apposita relazione al Presidente della Giunta regionale. Per quanto attiene al settore sanitario e, in particolare, per i contenuti di cui al comma 3, lettere c), per la parte relativa agli enti del servizio sanitario regionale, d), e) ed f), la verifica è effettuata dai Tavoli tecnici che ai sensi delle vigenti disposizioni sono deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro, ivi compresa la struttura tecnica di monitoraggio prevista dall'articolo 3 dell'intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012, sulla base delle risultanze emerse in sede di verifica dei medesimi Piani ovvero, per le regioni non sottoposte al piano di rientro, sulla base della verifica degli adempimenti annuali di cui all'articolo 2, comma 68, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. La relazione e l'inventario di fine legislatura sono pubblicati sul sito istituzionale della Regione almeno dieci giorni prima delle elezioni. Entrambi i documenti sono inoltre trasmessi dal Presidente della Giunta regionale alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale di cui all'articolo 4 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

2. La relazione di fine legislatura è sottoscritta dal Presidente della Giunta regionale non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza della legislatura. Entro e non oltre dieci giorni dopo la sottoscrizione della relazione, essa deve risultare certificata dagli organi di controllo interno regionale e, nello stesso termine, trasmessa al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e regionali. Il Tavolo tecnico interistituzionale verifica, per quanto di propria competenza, la conformità di quanto esposto nella relazione di fine legislatura con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni fatte pervenire dalle Regioni alla banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ed invia, entro venti giorni, apposito rapporto al Presidente della Giunta regionale. Per quanto attiene al settore sanitario e, in particolare, per i contenuti di cui al comma 4, lettere c), per la parte relativa agli enti del servizio sanitario regionale, d), e) ed f), la verifica è effettuata, entro il medesimo termine di venti giorni, dai Tavoli tecnici che, ai sensi delle vigenti disposizioni, sono deputati alla verifica dell'attuazione dei Piani di rientro, ivi compresa la struttura tecnica di monitoraggio prevista dall'articolo 3 dell'intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012, sulla base delle risultanze emerse in sede di verifica dei medesimi Piani ovvero, per le regioni non sottoposte al piano di rientro, sulla base della verifica degli adempimenti annuali di cui all'articolo 2, comma 68, della legge 23 dicembre 2009, n. 191. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono pubblicati sul sito istituzionale della regione entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto del citato Tavolo tecnico interistituzionale da parte del Presidente della Giunta regionale. Entrambi i documenti sono inoltre trasmessi dal Presidente della Giunta regionale alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

 

3. In caso di scioglimento anticipato del Consiglio regionale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro quindici giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Il Tavolo tecnico interistituzionale invia quindi al Presidente della Giunta regionale il rapporto di cui al comma 2 entro quindici giorni. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono infine pubblicati sul sito istituzionale della Regione entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto da parte del citato Tavolo tecnico interistituzionale.

3. L’inventario di fine legislatura contiene la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante la legislatura, con specifico riferimento a:

4. La relazione di fine legislatura contiene la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante la legislatura, con specifico riferimento a:

a) sistema e esiti dei controlli interni;

a) sistema ed esiti dei controlli interni;

b) eventuali rilievi della Corte dei Conti;

b) eventuali rilievi della Corte dei conti;

c) carenze riscontrate nella gestione degli enti comunque sottoposti al controllo della Regione, nonché degli enti del servizio sanitario regionale, con indicazione delle azioni intraprese per porvi rimedio;

c) eventuali carenze riscontrate nella gestione degli enti comunque sottoposti al controllo della regione, nonché degli enti del servizio sanitario regionale, con indicazione delle azioni intraprese per porvi rimedio;

d) azioni intraprese per contenere la spesa sanitaria e stato del percorso di convergenza ai costi standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

d) eventuali azioni intraprese per contenere la spesa, con particolare riguardo a quella sanitaria, e stato del percorso di convergenza ai costi standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

e) situazione economica e finanziaria del settore sanitario, quantificazione certificata della misura del relativo indebitamento regionale;

e) situazione economica e finanziaria, in particolare del settore sanitario, quantificazione certificata della misura del relativo indebitamento regionale;

 

f) la individuazione di eventuali specifici atti legislativi, regolamentari o amministrativi cui sono riconducibili effetti di spesa incompatibili con gli obiettivi e i vincoli di bilancio;

f) stato certificato del bilancio regionale per la parte relativa alla spesa sanitaria.

g) stato certificato del bilancio regionale.

4. Con atto di natura non regolamentare, sentita la Conferenza Stato Regioni, il Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema tipo per la redazione dell'inventario di fine legislatura differenziandolo eventualmente per le regioni non assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria.

5. Con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro della salute, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine legislatura, differenziandolo eventualmente per le Regioni non assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria.

 

6. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine legislatura il Presidente della Giunta regionale è tenuto a darne notizia, motivan­done le ragioni, nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente.

 

 

Articolo 2
(Fallimento politico del Presidente della giunta regionale)

Articolo 2
(Responsabilità politica del Presidente della giunta regionale)

1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si verifica in una Regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiunta­mente delle seguenti condizioni:

1. La fattispecie di grave dissesto finanziario, con riferimento al disavanzo sanitario, si verifica in una regione assoggettata a piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 77, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, al verificarsi congiunta­mente delle seguenti condizioni:

a) il Presidente della Giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, comma 83, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, non abbia adempiuto immotivatamente, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso;

a) il presidente della giunta regionale, nominato Commissario ad acta ai sensi dell'articolo 2, rispettivamente commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009, non abbia adempiuto, in tutto o in parte, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso;

b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, il mancato raggiungi­mento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento;

b) si riscontri, in sede di verifica annuale, ai sensi dell'articolo 2, comma 81, della citata legge n. 191 del 2009, il mancato raggiungi­mento degli obiettivi del piano di rientro, con conseguente perdurare del disavanzo sanitario oltre la misura consentita dal piano medesimo o suo aggravamento;

c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiun­gimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all’articolo 2, comma 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all’Irpef al livello massimo previsto dall'art. 6, comma 1 del decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario, delle città metropolitane e delle province, di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, nonché di istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

c) sia stato adottato per due esercizi consecutivi, in presenza del mancato raggiun­gimento degli obiettivi del piano di rientro e del conseguente incremento delle aliquote fiscali di cui all'articolo 2, comma 86, della citata legge n. 191 del 2009, un ulteriore incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'Irpef al livello massimo previsto dall'articolo 6 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.

2. Il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 del presente articolo è considerato grave violazione di legge e in tal caso il Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali e previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, propone al Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo, della Costituzione, la rimozione del Presidente della Giunta regionale per fallimento nel proprio mandato di amministrazione dell'ente Regione.

2. Il grave dissesto finanziario di cui al comma 1 costituisce grave violazione di legge e in tal caso con decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 126, comma primo, della Costituzione, sono disposti lo scioglimento del Consiglio regionale nonché la rimozione del Presidente della Giunta regionale per responsabilità politica nel proprio mandato di amministrazione della regione, ove sia accertata dalla Corte dei conti la sussistenza delle condizioni di cui al comma 1 e la loro riconduzione alla diretta responsabilità, con dolo o colpa grave del Presidente della Giunta regionale. Il decreto del Presidente della Repub­blica è adottato previa deliberazione del Con­siglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previo parere conforme della Commissione parlamentare per le que­stioni regionali espresso a maggioranza di due terzi dei componenti. Alla riunione del Consiglio dei Ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale interessato.

3. Il Presidente rimosso è interdetto da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo di dieci anni. La sanzione è irrogata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni. II giudizio sulla relativa impugna­zione è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

3. Il Presidente rimosso ai sensi del comma 2 è incandidabile alle cariche elettive a livello locale, regionale, nazionale ed europeo per un periodo di tempo di dieci anni. Il Presidente rimosso non può essere nominato quale componente di alcun organo o carica di governo degli enti locali, delle Regioni, dello Stato e dell'Unione europea per un periodo di tempo di dieci anni.

4. II rimborso in relazione alle spese elettorali sostenute per la campagna per il rinnovo del consiglio regionale spettante, ai sensi della legge 3 giugno 1999, n. 157, è decurtato del 30% per il partito politico, la lista o la coalizione che presentino nuovamente la candidatura del Presidente rimosso a qualsiasi altra carica pubblica elettiva prima che siano decorsi dieci anni dalla rimozione.

Soppresso

 

4. Qualora si verifichino una o entrambe le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, il Governo, in attuazione dell'articolo 2, comma 84, della citata legge n. 191 del 2009, nell'esercizio del potere sostitutivo di cui all'articolo 120 della Costituzione, nomina un commissario ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, che sostituisce il Presidente della Giunta regionale nominato commis­sario ad acta ai sensi dell'articolo 2, commi 79 e 83, della citata legge n. 191 del 2009.

5. Nelle more dell'insediamento del nuovo presidente della giunta regionale, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, nomina un nuovo commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro ai sensi dell'articolo 2, comma 84, della legge 23 dicembre 2009, n. 191.

5. Nelle more dell'insediamento del nuovo Presidente della Giunta regionale, il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, nomina un nuovo commissario ad acta per l'esercizio delle competenze del Presidente della Giunta regionale concernen­ti l'ordinaria amministrazione e gli atti improrogabili.

6. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario, delle città metropolitane e delle province, di determina­zione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, nonché di istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

6. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, primo periodo, del citato decreto legislativo n. 68 del 2011.

 

7. Con riguardo a settori ed attività regionali diversi dalla sanità, ove una regione dopo la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonché dei relativi costi standard e la definizione degli obiettivi di servizio, non provveda alla attuazione dei citati livelli e al raggiun­gimento degli obiettivi di servizio in coerenza con le previsioni di cui all'articolo 18 della legge 5 maggio 2009, n. 42, il Presidente della Giunta regionale è nominato commissario ad acta ai sensi dell'articolo 8 della citata legge n. 131 del 2003, per l'esercizio dei poteri sostitutivi.

 

 

Articolo 3
(Decadenza automatica e interdizione dei funzionari regionali)

Articolo 3
(Decadenza automatica e interdizione dei funzionari regionali e dei revisori dei conti)

1. Il verificarsi del grave dissesto finanziario di cui all'articolo 2 determina l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 79, lettera a), della legge 23 dicembre 2009,. n. 191, in materia di decadenza automatica dei direttori generali, amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale, nonché dell'asses­sorato regionale competente, previa verifica delle rispettive responsabilità del dissesto.

1. Il verificarsi del grave dissesto finanziario di cui all'articolo 2 determina l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 79, lettera a), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, in materia di decadenza automatica dei direttori generali e, previa verifica delle rispettive responsabilità del dissesto, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del Servizio sanitario regionale, del dirigente responsabile dell'assessorato regionale competente, nonché dei componenti del collegio dei revisori dei conti.

2. Agli stessi soggetti di cui al comma 1 si applica altresì l'interdizione dei medesimi da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo da sette a dieci anni. La sanzione dell'interdizione è irrogata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le Regioni. Il giudizio sulla relativa impugnazione è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

2. Agli stessi soggetti di cui al comma 1 si applica altresì l'interdizione da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per un periodo di tempo di dieci anni. La sanzione dell'interdizione è irrogata con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. Il giudizio sulla relativa impugnazione è devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministra­tivo.

 

3. Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori delle Regioni, ove costituito, e degli enti alle medesime riconducibili, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori delle regioni, degli enti locali e di altri enti pubblici per un periodo fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l'esito dell'accertamento anche all'ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari.

 

 

Articolo 4
(Inventario di fine mandato
provinciale e comunale)

Articolo 4
(Relazione di fine mandato
provinciale e comunale)

1. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le Province e i Comuni che durante il mandato consiliare in corso o in uno successivo si trovino in situazione di dissesto finanziario ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo n. 267 del 2000, sono tenuti a redigere un inventario di fine mandato. Lo stesso inventario di fine mandato può essere istituito anche dagli altri Comuni e Province.

1. Al fine di garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell'unità economica e giuridica della Repubblica, il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, le province e i comuni sono tenuti a redigere una relazione di fine mandato.

2. L'inventario di fine mandato è sottoscritto dal Presidente della Provincia o dal Sindaco. Entro e non oltre venti giorni dal provve­dimento di indizione delle elezioni esso deve risultare certificato dall'organo di revisione dell'ente locale e, nello stesso termine, trasmesso al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e degli enti locali. Il Tavolo tecnico interistituzionale verifica, per quanto di propria competenza, la conformità di quanto esposto nell'inventario di fine mandato con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni fatte pervenire dagli enti locali alla Banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 ed invia, entro sessanta giorni, apposita relazione al Presidente della Provincia o del Sindaco. La relazione e l’inventario di fine mandato sono pubblicati sul sito istituzionale della Provincia o del Comune almeno dieci giorni prima delle elezioni. Entrambi i documenti sono inoltre trasmessi dal Presidente della Provincia e dal Sindaco alla Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale di cui all'articolo 4 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

2. La relazione di fine mandato è sottoscritta dal presidente della provincia o dal sindaco non oltre il novantesimo giorno antecedente la data di scadenza del mandato. Entro e non oltre dieci giorni dopo la sottoscrizione della relazione, essa deve risultare certificata dall'organo di revisione dell'ente locale e, nello stesso termine, trasmessa al Tavolo tecnico interistituzionale istituito presso la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, composto pariteticamente da rappresentanti ministeriali e degli enti locali. Il Tavolo tecnico interistituzionale verifica, per quanto di propria competenza, la conformità di quanto esposto nella relazione di fine mandato con i dati finanziari in proprio possesso e con le informazioni fatte pervenire dagli enti locali alla banca dati di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ed invia, entro venti giorni, apposito rapporto al presidente della provincia o al sindaco. Il rapporto e la relazione di fine mandato sono pubblicati sul sito istituzionale della provincia o del comune entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto del citato Tavolo tecnico interistituzionale da parte del presidente della provincia o del sindaco. Entrambi i documenti sono inoltre trasmessi dal presidente della provincia o dal sindaco alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

 

3. In caso di scioglimento anticipato del Consiglio comunale o provinciale, la sottoscrizione della relazione e la certificazione da parte degli organi di controllo interno avvengono entro quindici giorni dal provvedimento di indizione delle elezioni. Il Tavolo tecnico interistituzionale invia quindi al presidente della provincia o al sindaco il rapporto di cui al comma 2 entro quindici giorni. Il rapporto e la relazione di fine legislatura sono pubblicati in fine sul sito istituzionale della provincia o del comune entro il giorno successivo alla data di ricevimento del rapporto da parte del citato Tavolo tecnico interistituzionale.

3. L'inventario di fine mandato contiene la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante la consiliatura, con specifico riferimento a:

4. La relazione di fine mandato contiene la descrizione dettagliata delle principali attività normative e amministrative svolte durante il mandato, con specifico riferimento a:

 

a) sistema ed esiti dei controlli interni;

a) eventuali rilievi della Corte dei Conti;

b) eventuali rilievi della Corte dei conti;

b) azioni intraprese per il rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati e stato del percorso di convergenza verso i fabbisogni standard;

c) azioni intraprese per il rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati e stato del percorso di convergenza verso i fabbisogni standard;

c) situazione finanziaria e patrimoniale, anche evidenziando le carenze riscontrate nella gestione degli enti controllati dal Comune o dalla Provincia ai sensi dei numeri 1 e 2 del comma 1 dell'art. 2359 del Codice Civile, ed indicando azioni intraprese per porvi rimedio;

d) situazione finanziaria e patrimoniale, anche evidenziando le carenze riscontrate nella gestione degli enti controllati dal comune o dalla provincia ai sensi dei numeri 1 e 2 del comma primo dell'articolo 2359 del codice civile, ed indicando azioni intraprese per porvi rimedio;

d) azioni intraprese per contenere la spesa e stato del percorso di convergenza ai fabbisogni standard, misurato attraverso un adeguato monitoraggio degli output e delle caratteristiche dei destinatari relativi a ciascun servizio offerto;

e) azioni intraprese per contenere la spesa e stato del percorso di convergenza ai fabbisogni standard, affiancato da indicatori quantitativi e qualitativi relativi agli output dei servizi resi, anche utilizzando come parametro di riferimento realtà rappresentative dell'offerta di prestazioni con il miglior rapporto qualità-costi;

e) quantificazione della misura dell'indebitamento provinciale o comunale.

f) quantificazione della misura dell'indebitamento provinciale o comunale.

4. Con atto di natura non regolamentare, sentita la Conferenza Stato, Città e autonomie locali, il Ministro dell'Interno, di concerto con il Ministro dell'Economia e Finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema tipo per la redazione dell'inventario di fine mandato.

5. Con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine mandato, nonché una forma semplificata del medesimo schema per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

 

6. In caso di mancato adempimento dell'obbligo di redazione della relazione di fine mandato, il presidente della provincia o il sindaco sono tenuti a darne notizia, motivandone le ragioni nella pagina principale del sito istituzionale dell'ente.

 

 

Articolo 5
(Regolarità della gestione
amministrativo-contabile)

Articolo 5
(Regolarità della gestione
amministrativo-contabile)

1. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lett. d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un Ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

1. Il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, può attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, lett. d), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, oltre che negli altri casi previsti dalla legge, qualora un Ente evidenzi, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, situazioni di squilibrio finanziario riferibili ai seguenti indicatori:

a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

a) ripetuto utilizzo dell'anticipazione di tesoreria;

b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

b) disequilibrio consolidato della parte corrente del bilancio;

c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

c) anomale modalità di gestione dei servizi per conto di terzi.

2. Le modalità di attuazione del comma 1 sono definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per i rapporti con le regioni, d'intesa con la Conferenza Unificata.

2. Le modalità di attuazione del comma 1 sono definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e prevedono anche adeguate forme di contraddittorio fra il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato e gli enti sottoposti alle verifiche di cui al comma 1. L'attività di verifica sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile attivata sulla base degli indicatori di cui al comma 1 è eseguita prioritariamente nei confronti dei comuni capoluogo di provincia.

 

 

Articolo 6
(Fallimento politico del presidente di provincia e del sindaco)

Articolo 6
(Responsabilità politica del presidente di provincia e del sindaco)

1. Al comma 5 dell'articolo 248 del decreto legislativo n. 267 del 2000 è aggiunto il seguente periodo: "I Sindaci e i Presidenti di Provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono eleggibili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di Sindaco, di Presidente di Provincia, di Presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Gli stessi sono altresì interdetti per un periodo di tempo di dieci anni da qualsiasi carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei Conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a 10 anni, in funzione della gravità accertata.

1. Il comma 5 dell'articolo 248 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente: «5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni cagionati con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile. I sindaci e i presidenti di provincia ritenuti responsabili ai sensi del periodo precedente, inoltre, non sono candidabili, per un periodo di dieci anni, alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Non possono altresì ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici. Qualora, a seguito della dichiarazione di dissesto, la Corte dei conti accerti gravi responsabilità nello svolgimento dell'attività del collegio dei revisori, o ritardata o mancata comunicazione, secondo le normative vigenti, delle informazioni, i componenti del collegio riconosciuti responsabili in sede di giudizio della predetta Corte non possono essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili fino a dieci anni, in funzione della gravità accertata. La Corte dei conti trasmette l'esito dell'accertamento anche all'ordine professionale di appartenenza dei revisori per valutazioni inerenti all'eventuale avvio di procedimenti disciplinari.».

2. Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito delle verifiche svolte ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto e dell'articolo 14, comma 1, lettera d), secondo periodo, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto economico e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto ai fini della deliberazione dello stato di dissesto e della procedura per lo scioglimento del Consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Nei casi previsti dal periodo precedente, ove sia accertata la sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un Commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

2. Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano, anche a seguito delle verifiche svolte ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto e dell'articolo 14, comma 1, lettera d), secondo periodo, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocarne il dissesto finanziario e lo stesso ente non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte dei conti, le necessarie misure correttive previste dall'articolo 1, comma 168, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto e alla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica. Nei casi previsti dal periodo precedente, ove sia accertato, entro trenta giorni dalla predetta trasmissione, da parte della competente sezione regionale della Corte dei conti, il perdurare dell'inadempimento da parte dell'ente locale delle citate misure correttive e la sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 244 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto. Decorso infruttuosamente il termine di cui al precedente periodo, il Prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'articolo 141 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000.

 

 

Articolo 7
(Mancato rispetto del patto di stabilità interno)

Articolo 7
(Mancato rispetto del patto di stabilità interno)

1. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno la Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

1. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno la Regione o la Provincia autonoma inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a) è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro 60 giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilità, l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilità è riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza. In caso di mancato versamento si procede, nei 60 giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente;

a) è tenuta a versare all'entrata del bilancio statale, entro sessanta giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilità interno, l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo programmatico predeterminato. Per gli enti per i quali il patto di stabilità interno è riferito al livello della spesa, si assume quale differenza il maggiore degli scostamenti registrati in termini di cassa o di competenza. In caso di mancato versamento si procede, nei sessanta giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente

b) non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;

b) non può impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio

c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attesta zio­ne da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno prece­dente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie e finanziarie per il finanziamento degli investimenti devono essere corredati da apposita attesta zio­ne da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno preceden­te. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresì divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione;

d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto di stipulare contratti di servizio che si configurino come elusivi della presente disposizione;

e) è tenuta a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

e) è tenuta a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza del Presidente e dei componenti della Giunta con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

2. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

2. In caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno, l'ente locale inadempiente, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

a) è tenuto a versare all'entrata del bilancio statale entro 60 giorni dal termine stabilito per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del patto di stabilità, l'importo corrispondente alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo program­matico predeterminato. In caso di mancato versamento, si procede, nei 60 giorni successivi, al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate nei conti aperti presso la tesoreria statale. Trascorso inutilmente il termine perentorio stabilito dalla normativa vigente per la trasmissione della certificazione da parte dell'ente territoriale, si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non viene acquisita. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente;

a) è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo perequativo in misura pari alla differenza tra il risultato registrato e l'obiettivo program­matico predeterminato e comunque per un importo non superiore al 3 per cento delle entrate correnti registrate nell'ultimo consuntivo. In caso di incapienza dei predetti fondi gli enti locali sono tenuti a versare all'entrata del bilancio dello Stato le somme residue. La sanzione non si applica nel caso in cui il superamento degli obiettivi del patto di stabilità interno sia determinato dalla maggiore spesa per interventi realizzati con la quota di finanziamento nazionale e correlati ai finanziamenti dell'Unione Europea rispetto alla media della corrispondente spesa del triennio precedente;

b) non può impegnare spese correnti in misura superiore all'importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;

b) non può impegnare spese correnti in misura superiore all'importo annuale medio dei corrispondenti impegni effettuati nell'ultimo triennio;

c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investi­menti, devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

c) non può ricorrere all'indebitamento per gli investimenti; i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investi­menti, devono essere corredati da apposita attestazione da cui risulti il conseguimento degli obiettivi del patto di stabilità interno per l'anno precedente. L'istituto finanziatore o l'intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione;

d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E' fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;

d) non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione;

e) è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza indicati nell'articolo 82 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

e) è tenuto a rideterminare le indennità di funzione ed i gettoni di presenza indicati nell'articolo 82 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, e successive modificazioni, con una riduzione del 30 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2010.

3. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere ridefinite con legge sulla base delle proposte avanzate dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

3. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 possono essere ridefinite con legge sulla base delle proposte avanzate dalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dall'anno 2014.

4. Le disposizioni del presente articolo si applicano in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno relativo agli anni 2010 e seguenti.

 

5. L'articolo 1, comma 122, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, è sostituito dal seguente: «122. Il Ministro dell'economia e delle finanze, con apposito decreto, emanato di concerto con il Ministro dell'interno e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, autorizza la riduzione degli obiettivi annuali degli enti di cui al comma 87 in base ai criteri definiti con il medesimo decreto. L'importo della riduzione comples­siva per comuni e province è commisurato agli effetti finanziari determinati dall'appli­cazione della sanzione operata a valere sul fondo sperimentale di riequilibrio e sul fondo perequativo, in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno. Lo schema di decreto di cui al primo periodo è trasmesso alle Camere corredato di relazione tecnica che ne evidenzi gli effetti finanziari.».

 

 

CAPO II
MECCANISMI PREMIALI

CAPO II
MECCANISMI PREMIALI

 

 

Articolo 8
(Patto di stabilità interno)

Soppresso

1. Qualora venga conseguito l'obiettivo programmatico assegnato al comparto di appartenenza, gli enti virtuosi che hanno rispettato il patto di stabilità interno possono, nell'anno successivo a quello di riferimento, ridurre l'obiettivo del patto stesso di un importo determinato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42. La virtuosità degli enti è determinata attraverso la valutazione della posizione di ciascun ente rispetto a un insieme di indicatori economico-strutturali di cui al comma 2. L'assegnazione a ciascun ente dell'importo da escludere è determinata mediante una funzione lineare della distanza ponderata di ciascun ente virtuoso dal valore medio degli indicatori. E' virtuoso l'ente che, relativamente a tutti gli indicatori, presenta valori migliori rispetto al valore medio. Il valore medio degli indicatori è individuato distintamente per le Regioni a statuto ordinario e per le autonomie speciali. Il valore medio degli indicatori per gli enti locali è individuato sulla base delle seguenti classi demografiche e dovrà tenere conto anche delle aree geografiche da individuare con il decreto di cui al comma 4:

 

a) per le province:

 

1) province con popolazione fino a 400.000 abitanti;

 

2) province con popolazione superiore a 400.000 abitanti;

 

b) per i comuni:

 

1) comuni con popolazione superiore a 5.000 e fino a 50.000 abitanti;

 

2) comuni con popolazione superiore a 50.000 e fino a 100.000 abitanti;

 

3) comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti.

 

2. Gli indicatori di cui al comma precedente sono finalizzati a misurare:

 

a) il grado di rigidità strutturale dei bilanci con particolare riguardo alla: I) incidenza della spesa per personale su entrate correnti; II) incidenza della spesa per rimborso prestiti su spesa corrente; III) incidenza dello stock di debito non assistito su spese correnti; IV) misura del ricorso alle anticipazioni del proprio tesoriere e valutazione del fenomeno delle mancate estinzioni a chiusura d'esercizio;

 

b) il grado di autonomia finanziaria con particolare riguardo alla: I) incidenza degli incassi tributari ed extratributari sugli incassi correnti; II) incidenza degli incassi tributari ed extratributari sulle analoghe entrate considerate in termini di accertamenti; III) incidenza degli accertamenti delle entrate correnti tributarie ed extratributarie sugli impegni di spesa corrente; IV) incidenza delle entrate correnti accertate sugli impegni di spesa corrente; V) incidenza per età dei residui attivi;

 

c) l'effetto dell'attività finanziaria con particolare riguardo a: I) consistenza del risultato di amministrazione; lI) composizione del risultato di amministrazione; III) incidenza dei residui passivi di parte corrente sui relativi impegni; IV) incidenza dell'ammontare del debito sull'ammontare della quota capitale rimborsata;

 

d) il livello dei servizi e della pressione fiscale e gli altri indicatori di cui alla lettera e) dell'articolo 17, comma 1, della legge 5 maggio 2009, n. 42.

 

3. Gli indicatori di cui al comma 2 possono essere ridefiniti con legge sulla base delle proposte avanzate dalla Conferenza permanen­te per il coordinamento della finanza pubblica.

 

4. Le modalità di attuazione dei commi 1 e 2, per quanto concerne gli Enti locali, sono definite con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, ai sensi del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e, per quanto concerne le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per i rapporti con le Regioni, previa intesa, ai sensi del medesimo decreto legislativo, con la Conferenza Stato-regioni.

 

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dall'anno 2014.

 

 

 

 

Articolo 8
(Ulteriori disposizioni concernenti il patto di stabilità interno)

 

1. Dopo la lettera g-bis) dell'articolo 1, comma 129, della legge 13 dicembre 2010, n. 220, sono aggiunte le seguenti: «g-ter) a decorrere dall'anno 2011, delle spese conseguenti alla dichiarazione dello stato di emergenza di cui alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive modificazioni, nei limiti dei maggiori incassi di entrate derivanti dai provvedimenti di cui all'articolo 5, comma 5-quater, della citata legge n. 225 del 1992, acquisiti in apposito capitolo di bilancio; g-quater) a decorrere dall'anno 2011, delle spese in conto capitale, nei limiti delle somme effettivamente incassate entro il 30 novembre di ciascun anno, relative al gettito derivante dall'attività di recupero fiscale ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, acquisite in apposito capitolo di bilancio.».

 

 

Articolo 9
(Ulteriori meccanismi premiali)

Articolo 9
(Ulteriori meccanismi premiali)

1. Dopo il secondo periodo del comma 20 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è aggiunto il seguente: "Ai fini degli effetti di cui al periodo precedente, si considerano adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità e che hanno rispettato il patto di stabilità interno.".

1. Dopo il secondo periodo del comma 20 dell'articolo 6 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente: «Ai fini ed agli effetti di cui al periodo precedente, si considerano adempienti le Regioni a statuto ordinario che hanno registrato un rapporto uguale o inferiore alla media nazionale fra spesa di personale e spesa corrente al netto delle spese per i ripiani dei disavanzi sanitari e del surplus di spesa rispetto agli obiettivi programmati dal patto di stabilità interno e che hanno rispettato il patto di stabilità interno.».

2. Nelle more del perfezionamento delle attività concernenti la determinazione annuale di costi standardizzati per tipo di servizio e fornitura da parte dell'Osservatorio dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e anche al fine di potenziare le attività delle Centrali regionali per gli acquisti di cui al comma 3, il citato Osservatorio, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, attraverso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici di cui all'articolo 44 del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235, fornisce alle regioni un'elaborazione dei prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza dei beni, delle prestazioni e dei servizi sanitari e non sanitari individuati dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266, tra quelli di maggiore impatto in termini di costo a carico del Servizio sanitario nazionale. Ciò, al fine di mettere a disposizione delle regioni strumenti operativi di controllo e razionalizzazione della spesa. Qualora gli acquisti effettuati si discostino dai prezzi di riferimento, il legale rappresentante dell'Ente che ha disposto gli acquisti, dovrà farne segnalazione alla Corte dei Conti.

Soppresso

3. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n 191, dopo il comma 67, è aggiunto il seguente:«67-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, sono stabilite forme premiali a valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le regioni che istituiscano una Centrale Regionale per gli Acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un importo determinato con il medesimo decreto. L'accertamento delle condizioni per l'accesso regionale alle predette forme premiali è effettuato nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005 ».

2. All'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, dopo il comma 67, è aggiunto il seguente: «67-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi entro il 30 novembre 2011, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite forme premiali a valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le regioni che istituiscano una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi per un volume annuo non inferiore ad un importo determinato con il medesimo decreto e per quelle che introducano misure idonee a garantire, in materia di equilibrio di bilancio, la piena applicazione per gli erogatori pubblici di quanto previsto dall'articolo 4, commi 8 e 9, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, nel rispetto del principio della remunerazione a prestazione. L'accertamento delle condizioni per l'accesso regionale alle predette forme premiali è effettuato nell'ambito del Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza e del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, di cui agli articoli 9 e 12 dell'Intesa 23 marzo 2005, sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, pubblicata nel supplemento ordinario n. 83 alla Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2005.».

 

 

Articolo 10
(Contrasto all'evasione fiscale)

Articolo 10
(Contrasto all'evasione fiscale)

1. Per potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, la partecipazione delle Province all'accertamento fiscale è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell'intervento della Provincia che abbia contribuito all'accertamento stesso.

1. Per potenziare l'azione di contrasto all'evasione fiscale, la partecipazione delle province all'accertamento fiscale è incentivata mediante il riconoscimento di una quota pari al 50 per cento delle maggiori somme relative a tributi statali riscosse a titolo definitivo, a seguito dell'intervento della provincia che abbia contribuito all'accertamento stesso, anche attraverso la segnalazione all'Agenzia delle entrate ed alla Guardia di finanza di elementi utili ad integrare i dati contenuti nelle dichiarazioni presentate dai contribuenti per la determinazione di maggiori imponibili fiscali.

2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, adottato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono individuati i tributi su cui calcolare la quota pari al 50 per cento spettanti alle Province che abbiano contribuito all'accertamento, ai sensi del comma precedente, nonché le relative modalità di attribuzione, prevedendo forme di incentivazione finalizzate alla collaborazione delle Regioni, delle Province e dei Comuni all'accerta-mento fiscale.

2. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono individuati i tributi su cui calcolare la quota pari al 50 per cento spettante alle province che abbiano contribuito all'accertamento, ai sensi del comma 1, nonché le relative modalità di attribuzione.

3. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e sentita Digit PA per quanto di rispettiva competenza, sono stabilite le modalità tecniche di accesso alle banche dati e di trasmissione alle Province, anche in via telematica, delle informazioni reddituali relative ai contribuenti in esse residenti, nonché quelle della partecipazione delle Province all'accerta­mento fiscale di cui al comma 1. Per le attività di supporto all'esercizio di detta funzione di competenza provinciale, le Province possono avvalersi delle società e degli enti partecipati dalle Province stesse ovvero degli affidatari delle entrate provinciali i quali, pertanto, devono garantire alle Province l'accesso alle banche dati utilizzate.

3. Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, adottato entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e sentita DigitPA per quanto di rispettiva competenza, sono stabilite le modalità tecniche di accesso per le province alle banche dati e, sulla base di motivata richiesta, di fruizione e tracciabilità delle informazioni reddituali relative ai contribuenti in esse residenti, nonché quelle della partecipazione delle province all'accertamento fiscale di cui al comma 1. Per le attività di supporto all'esercizio di detta funzione di competenza provinciale, le province possono avvalersi delle società e degli enti partecipati dalle province stesse ovvero degli affidatari delle entrate provinciali i quali, pertanto, devono garantire alle province l'accesso alle banche dati utilizzate.

 

 

Articolo 11
(Collaborazione nella
gestione organica dei tributi)

Articolo 11
(Collaborazione nella
gestione organica dei tributi)

1. I criteri generali per la gestione organica dei tributi e delle compartecipazioni sono definiti dalle Province con l'Agenzia delle Entrate, che per l'attuazione si avvale delle proprie Direzioni Regionali.

1. I criteri generali per la gestione organica dei tributi e delle compartecipazioni sono definiti dalle province con l'Agenzia delle entrate, che per l'attuazione si avvale delle proprie Direzioni Regionali.

2. Le Province possono stipulare con l'Agenzia delle Entrate convenzioni finalizzate ad instaurare adeguate forme di collaborazione e a garantire una gestione organica dei tributi propri derivati. Con lo stesso provvedimento sono definiti i termini e le modalità per la corresponsione del rimborso spese.

2. Le province possono stipulare con l'Agenzia delle entrate convenzioni finalizzate ad instaurare adeguate forme di collaborazione e a garantire una gestione organica dei tributi propri derivati. Con lo stesso provvedimento sono definiti i termini e le modalità per la corresponsione del rimborso spese.

3. Nel rispetto della propria autonomia organizzativa le Province possono definire con specifica convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze le modalità gestionali e operative di ripartizione degli introiti derivanti dall'attività di recupero dell'evasione.

3. Nel rispetto della propria autonomia organizzativa le province possono definire con specifica convenzione con il Ministero dell'economia e delle finanze le modalità gestionali e operative di ripartizione degli introiti derivanti dall'attività di recupero dell'evasione.

 

 

Articolo 12
(Ulteriori forme premiali per l'azione di contrasto dell'evasione fiscale)

Articolo 12
(Ulteriori forme premiali per l'azione di contrasto dell'evasione fiscale)

1. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 5 della legge 5 maggio 2009, n. 42, sono stabilite annualmente le modalità per la determinazione del livello di evasione fiscale relativo ad ogni singola Regione, tenendo conto del rapporto tra i dati fiscali dichiarati e i dati elaborati dall'Istituto Nazionale di Statistica, così come previsto dal Regolamento (CE) 25 giugno 1996, n. 2223, resi omogenei per quanto riguarda definizioni e classificazioni, e integrati da eventuali ulteriori indicatori statistici di fonte istituzionale.

1. Con accordo fra Governo, Regioni, province e comuni, conseguito in sede di Conferenza unificata, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, sono stabilite annualmente le modalità per la ricognizione delle capacità fiscali effettive e potenziali dei singoli territori, tenendo conto del rapporto tra i dati fiscali dichiarati e i dati elaborati dall'Istituto Nazionale di Statistica.

 

2. Con il medesimo accordo di cui al comma 1 sono altresì definiti:

 

a) un programma pluriennale di attività di contrasto dell'evasione fiscale finalizzato alla convergenza della capacità fiscale effettiva alla capacità fiscale potenziale mediante la definizione delle modalità di concorso dei singoli enti dei vari livelli di governo;

 

b) gli obiettivi intermedi che debbono essere raggiunti da ciascun ente nell'ambito delle attività previste dal programma di cui alla lettera a);

 

c) le misure premiali o sanzionatorie in relazione al raggiungimento degli obiettivi di cui alla lettera b).

 

3. Ove l'accordo di cui al comma 1 non sia raggiunto entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, le misure di cui ai commi 1 e 2 sono fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata.

2. Il decreto di cui al comma precedente disciplina le modalità di accesso al fondo perequativo di cui all'articolo 15 del decreto legislativo in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario,·delle città metropolitane e delle province, di determina­zione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, nonché di istituzione della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, tenendo conto, nel rispetto dell'autonomia organizzativa delle Regioni nella scelta delle forme di organizzazione delle attività di gestione e di riscossione, dei risultati conseguiti in termini di maggior gettito derivante dall'azione di contrasto dell'evasione fiscale.

Soppresso

 

 

CAPO III
(DISPOSIZIONI FINALI)

CAPO III
(DISPOSIZIONI FINALI)

 

 

Articolo 13
(Applicazione alle regioni speciali)

Articolo 13
(Disposizioni concernenti le Regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano)

1. Le disposizioni di cui al capo I e II del presente decreto legislativo si applicano alle Regioni a statuto speciale ed agli Enti locali appartenenti ai rispettivi territori in base alle procedure e ai tempi stabiliti dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42.

1. La decorrenza e le modalità di applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto legislativo nei confronti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, nonché nei confronti degli enti locali ubicati nelle medesime Regioni a statuto speciale e Province autonome, sono stabilite, in conformità con i relativi statuti, con le procedure previste dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, e successive modificazioni. Qualora entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo non risultino concluse le procedure di cui al primo periodo, sino al completamento delle procedure medesime, le disposizioni di cui al presente decreto trovano immediata e diretta applicazione nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

 

Articolo 14
(Fabbisogni standard delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato e responsabilità politica dei Ministri)

 

1. Il presente articolo, al fine di rendere effettivo il superamento del criterio della spesa storica attraverso la definizione dei fabbisogni per i programmi di spesa delle amministrazioni centrali e dei fabbisogni standard per le amministrazioni periferiche dello Stato, disciplina le modalità di rendicontazione alle Camere del grado di convergenza della spesa ai fabbisogni definiti ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111

 

2. Gli esiti del raffronto tra i fabbisogni dei programmi di spesa e quelli delle amministrazioni periferiche dello Stato, come determinati ai sensi del comma 1, e le spese effettivamente sostenute come risultanti dal bilancio consuntivo dello Stato, sono trasmessi ogni anno dal Governo alle Camere, affinché possano essere adottate, nelle forme e nei tempi previsti dai rispettivi regolamenti, le iniziative e le determinazioni ivi previste, incluse quelle di cui all'articolo 94 della Costituzione.

 

 

 

Articolo 15
(Riordino dei termini per la trasmissione dei dati degli enti territoriali)

 

1. Ai fini di garantire il coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione, anche ai sensi dell'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede al riordino della disciplina vigente in materia di oneri e obblighi informativi a carico di comuni, province, città metropolitane nei confronti delle pubbliche amministrazioni statali, riducendo e unificando i termini e le comunicazioni attualmente previsti per la trasmissione dei dati, ferma restando la disciplina sanzionatoria in vigore.

 

 

 

Articolo 16
(
Interventi del settore creditizio a favore del pagamento delle imprese creditrici degli enti territoriali)

 

1. Il Ministero dell'economia e delle finanze, un rappresentante delle regioni e un rappresentante delle autonomie locali designati, rispettivamente, dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, dall'ANCI e dall'UPI, e l'Associazione bancaria italiana, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, istituiscono un tavolo tecnico per il persegui­mento dei seguenti obiettivi, da realizzare anche attraverso apposita convenzione, aperta all'adesione delle banche e degli intermediari finanziari ai sensi dell'articolo 106 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385:

 

a) formulare soluzioni finalizzate a sopperire alla mancanza di liquidità delle imprese determinata dai ritardi dei pagamenti degli enti territoriali;

 

b) valutare forme di compensazione all'interno del patto di stabilità a livello regionale previsto dalla normativa vigente, anche in considerazione delle diverse fasce dimensionali degli enti territoriali;

 

c) valutare la definizione di nuove modalità ed agevolazioni per la cessione pro soluto dei crediti certi, liquidi ed esigibili maturati dalle imprese nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

 

d) stabilire criteri per la certificazione dei crediti delle pubbliche amministrazioni, secondo le modalità definite dall'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 19 maggio 2009, pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 157 del 9 luglio 2009;

 

e) definire i casi in cui la stipulazione, da parte degli enti locali, di un contratto di locazione finanziaria avente ad oggetto la realizzazione e la successiva concessione in locazione finanziaria di un bene immobile non costituisce forma elusiva delle regole del patto di stabilità interno, in considera­zione della convenienza economica per l'amministrazione contraente.

 


Adempimenti


 

Norma

Oggetto

Termine adozione

 

 

 

Art. 1,
co. 5

Con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per le riforme per il federalismo e con il Ministro della salute, adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine legislatura, differenziandolo eventualmente per le Regioni non assoggettate a un piano di rientro della spesa sanitaria

4 dicembre 2011
(60 giorni)

Art. 1,
co. 5

Con atto di natura non regolamentare, adottato d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, il Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, adotta uno schema tipo per la redazione della relazione di fine mandato, nonché una forma semplificata del medesimo schema per i comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.

3 gennaio 2012
(90 giorni)

Art. 5,
co. 2

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno e con il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza Unificata, sono definite le modalità di verifica sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile da parte del Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

 

Art. 9,
co. 2

Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, sono stabilite forme premiali a valere sulle risorse ordinarie previste dalla vigente legislazione per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale, applicabili a decorrere dall'anno 2012, per le regioni che istituiscano una Centrale regionale per gli acquisti e l'aggiudicazione di procedure di gara per l'approvvigionamento di beni e servizi.

entro il
30 novembre 2011

Art. 10,
co. 2

Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali,, sono individuati i tributi su cui calcolare la quota pari al 50 per cento spettante alle province che abbiano contribuito all'accertamento, nonché le relative modalità di attribuzione.

3 gennaio 2012
(90 giorni)

Art. 10,
co. 3

Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, sentito il Garante per la protezione dei dati personali e sentita DigitPA, sono stabilite le modalità tecniche di accesso per le Province alle banche dati e, sulla base di motivata richiesta, di fruizione e tracciabilità delle informazioni reddituali relative ai contribuenti in esse residenti, nonché quelle della partecipazione delle province all'accertamento fiscale.

3 gennaio 2012
(90 giorni)

Art. 12,
co. 1 e 3

Con accordo fra Governo, Regioni, province e comuni, conseguito in sede di Conferenza unificata, sentita la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, sono stabilite annualmente le modalità per la ricognizione delle capacità fiscali effettive e potenziali dei singoli territori, tenendo conto del rapporto tra i dati fiscali dichiarati e i dati elaborati dall'Istituto Nazionale di Statistica.

Qualora l’accordo non sia raggiunto entro 1 anno (5 ottobre 2012) si provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa valutazione congiunta in sede di Conferenza unificata.

Annualmente

Art. 15,
co. 1

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si provvede al riordino della disciplina vigente in materia di oneri e obblighi informativi a carico di comuni, province, città metropolitane nei confronti delle pubbliche amministrazioni statali.

 

Art. 16,
co. 1

Istituzione di un tavolo tecnico composto da Ministero dell'economia e delle finanze, un rappresentante delle regioni e un rappresentante delle autonomie locali, e l'Associazione bancaria italiana, per interventi del settore creditizio a favore del pagamento delle imprese creditrici degli enti territoriali.

4 dicembre 2011
(60 giorni)

 


 



[1]     L’art. 5 della legge 5 maggio 2009 n. 42, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, istituisce, nell’ambito della Conferenza unificata, la Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, al fine generale di coordinare la finanza pubblica, composta di diversi livelli istituzionali di governo, la cui disciplina, funzionamento e composizione, secondo specifici principi e criteri direttivi, sono stabiliti dagli artt. 33-37 del D.Lgs. 6 maggio 2011 n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. In particolare, gli articoli summenzionati regolano l’oggetto, la composizione, le modalità di funzionamento, le funzioni e il supporto tecnico della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica.

[2]     Istituita dall’art. 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), al fine di assicurare un efficace controllo e monitoraggio degli andamenti della finanza pubblica, nonché per la ricognizione delle amministrazioni pubbliche interessate (vedi il Comunicato dell’ISTAT del 24 luglio 2010 che elenca le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 3 della citata legge 196/2009), e per dare attuazione e stabilità al federalismo fiscale, la Banca dati delle amministrazioni pubbliche è istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze e contiene i dati di bilanci di previsione, le relative variazioni, i conti consuntivi, quelli relativi alle operazioni gestionali. Tali dati sono a disposizione della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale e della Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica per l'espletamento delle attività, istituite, rispettivamente, dagli articoli 4 e 5 della citata legge 42/2009.

[3]     Provvedimento 3 dicembre 2009.

[4]     Ai sensi dell'articolo 2, comma 68, lettera c) della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), la quota di finanziamento, cosiddetta “premiale”, condizionata alla verifica positiva degli adempimenti regionali per l’equilibrio economico del settore sanitario, è fissata nelle misure del 3 per cento e del 2 per cento delle somme previste, rispettivamente, per le regioni che accedono all’erogazione nella misura del 97 per cento e per quelle che accedono all’erogazione nella misura del 98 per cento (per le regioni adempienti nel triennio precedente), ovvero in misura superiore, delle somme dovute a titolo di finanziamento ordinario della quota indistinta. All’erogazione di detta quota si provvede a seguito dell’esito positivo della verifica degli adempimenti previsti dalla normativa vigente e dalla presente legge.

[5]     Sulla determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard e sulla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard regionali, vedi gli articoli 26 e 27 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68 recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (dossier n. 446 del Servizio Studi – Area finanza pubblica).

[6]     Con il D.M. 18 gennaio 2011 è stata avviata la valutazione straordinaria dello stato delle procedure amministrativo-contabili necessarie ai fini della certificazione dei bilanci di tutti gli enti del SSN, ivi compresi i policlinici universitari. In particolare l'art. 11 del Patto per la salute per il triennio 2010-2012, prevede, tra l'altro, che le regioni e le province autonome si impegnano, anche in relazione all'attuazione del federalismo fiscale, ad avviare le procedure per perseguire la certificabilità dei bilanci e che le medesime regioni effettuano una valutazione straordinaria dello stato delle procedure amministrativo contabili, con conseguente certificazione della qualità dei dati contabili delle aziende e del consolidato regionale relativi all'anno 2008 e che a tale adempimento provvedano le regioni sottoposte ai Piani di rientro entro il 31 ottobre 2010 e le altre regioni entro il 30 giugno 2011. Tale atto costituisce adempimento delle regioni ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale, come stabilito dall'art. 4 del Patto medesimo. Le risultanze della valutazione straordinaria verranno esaminate, entro il 31 marzo 2011, dai tavoli congiunti di verifica dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) e degli adempimenti, di cui rispettivamente agli articoli 9 e 12 dell'Intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005 per le regioni sottoposte ai Piani di rientro; le stesse risultanze verranno esaminate, entro il 31 luglio 2011, dal Tavolo di verifica adempimenti, di cui all'art. 12 della predetta intesa del 23 marzo 2005, per le altre regioni non sottoposte ai Piani di rientro.

      Per approfondire il tema della certificazione dei bilanci regionali per il settore sanitario, vedi anche il dossier n. 403 del Servizio Studi – Dipartimento Bilancio – sullo schema di decreto legislativo n. 339, recante disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni, degli enti locali e dei loro enti e organismi.

[7]     L. 5 maggio 2009, n. 42, Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.

[8]     Per la definizione di dissesto finanziario, l’articolo 17, comma 1, lettera e) rinvia all’articolo 244 del Testo unico degli enti locali, secondo il quale esso si verifica quando l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero se esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità ordinarie (di cui agli artt. 193 e 194 del TUEL).

[9]     Corte dei Conti, - Sezioni riunite in sede di controllo, Rapporto 2011 sul coordinamento della finanza pubblica, maggio 2011.

[10]    Norme sanzionatorie sono tra l’altro recate dall’articolo 1, comma 174 della legge n. 311/2004 per le regioni che non hanno sottoscritto il piano di rientro e dall’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2006 per quelle che invece lo hanno sottoscritto.

[11]    L. 23 dicembre 2009, n. 191, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010).

[12]    Sulla figura del Commissario ad acta in ambito sanitario si rinvia alle sentenze della Corte costituzionale n. 78/2011, 361/2010 e 2/2010.

[13]    Sul punto, Corte costituzionale, sentenza n. 78/2011:”L’operato del commissario ad acta, incaricato dell’attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario previamente concordato tra lo Stato e la Regione interessata, sopraggiunge all’esito di una persistente inerzia degli organi regionali, essendosi questi ultimi sottratti (…) ad un’attività che pure è imposta dalle esigenze della finanza pubblica. È, dunque, proprio tale dato – in uno con la constatazione che l’esercizio del potere sostitutivo è, nella specie, imposto dalla necessità di assicurare la tutela dell’unità economica della Repubblica, oltre che dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti un diritto fondamentale (art. 32 Cost.), qual è quello alla salute – a legittimare la conclusione secondo cui le funzioni amministrative del commissario, ovviamente fino all’esaurimento dei suoi compiti di attuazione del piano di rientro, devono essere poste al riparo da ogni interferenza degli organi regionali, senza che possa essere evocato il rischio di fare di esso l’unico soggetto cui spetti di provvedere per il superamento della situazione di emergenza sanitaria in ambito regionale”.

[14]    Gli organismi di controllo previsti sono essenzialmente tre: il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali, il Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (di cui rispettivamente all’art. 12 e all’art. 9 dell’intesa 23 marzo 2005) e la nuova Struttura tecnica di monitoraggio paritetica (STEM) prevista dall’articolo 3, comma 2, del Patto per la salute 2010-2012. Lo scadenziario temporale che regola la redazione, la sottoscrizione e le varie fasi di verifica è molto articolato e i termini previsti sono perentori.

[15]    Nell’ambito dell’attività di affiancamento di propria competenza nei confronti delle regioni sottoposte al piano di rientro dai disavanzi, le procedure di leale collaborazione e il complessivo sistema delle autonomie regionali, vengono garantite dal fatto che il Ministero della salute, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, esprime un parere preventivo esclusivamente sui provvedimenti indicati nel piano di rientro.

[16]    Per l’anno 2010 le regioni Lazio, Campania, Molise e Calabria hanno dovuto applicare le maggiorazioni dell’aliquota IRAP (+0,15 punti percentuali) e dell’addizionale regionale all’IRPEF (+0,30 punti percentuali) rispetto al livello delle aliquote vigenti elevando, pertanto, all’1,7% la misura dell’aliquota ordinaria dell’addizionale regionale IRPEF.

[17]    D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[18]    Recante ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo -delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari e convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

[19]    La misura dell’aliquota di base indicata dalla norma in esame coincide con quella vigente fissata dall’articolo 50, comma 3, del decreto legislativo n. 446/1997 istitutivo dell’addizionale regionale IRPEF.

[20]    E’ da presumersi dunque che la norma in commento, con riferimento all’”ulteriore incremento dell’aliquota […] al livello massimo” si riferisca a tali disposizioni.

[21]    In cui si stabilisce che le attività che hanno causato un grave dissesto finanziario rientrano tra i casi di grave violazione di legge.

[22]    Legge 23 dicembre 1996, n. 662, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.

[23]    Decreto Legislativo 18 febbraio 2000, n. 56, Disposizioni in materia di federalismo fiscale, a norma dell'articolo 10 della L. 13 maggio 1999, n. 133.

[24]    L’articolo 3, comma 2 dell’Intesa istituisce, quale struttura tecnica di supporto della Conferenza Stato-Regioni, la Struttura tecnica di monitoraggio paritetica, composta da sei rappresentanti del Ministero dell’economia e delle finanze, del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e del Dipartimento per gli Affari regionali; sei rappresentanti delle regioni di cui tre di competenza di tipo economico e tre di competenza sanitaria; un rappresentante della Segreteria della Conferenza delle Regioni e Province autonome ed un rappresentante della Segreteria della Conferenza Stato-Regioni. Essa è poi presieduta da un ulteriore componente, scelto d’intesa fra lo Stato e le Regioni e si avvale per lo svolgimento delle proprie funzioni del supporto dell’AGENAS e dell’AIFA. L’attività ed il funzionamento sono disciplinati da regolamenti approvati in sede di Conferenza Stato-Regioni.

[25]    Cfr. le disposizioni recate l'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

[26]    Il provvedimento di diffida è adottato su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto col Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e sentito il Ministro per i rapporti con le regioni, il Consiglio dei Ministri, sentite la Struttura tecnica di monitoraggio di cui all'articolo 3, comma 2 della citata Intesa Stato-Regioni in materia sanitaria per il triennio 2010-2012 e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che esprimono il proprio parere entro il termine perentorio, rispettivamente, di 10 e 20 giorni dalla richiesta.

[27]    D.Lgs. 30-12-1992 n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[28]    D.P.C.M. 19-7-1995 n. 502, Regolamento recante norme sul contratto del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, modificato, da ultimo, dal D.P.C.M. 31-5-2001 n. 319.

[29]    Il decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39 reca ‟Attuazione della direttiva 2006/43/CE, relativa alle revisioni legali dei conti annuali e dei conti consolidati, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE, e che abroga la direttiva 84/253/CEE." Il registro dei revisori legali è previsto nel Capo III.

[30]    Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[31]    Con riferimento alle banche dati a supporto dell’attività della Conferenza, si ricorda che l’articolo 5, comma 1 lettera g) della legge n. 42/2009 prevede l’istituzione di una banca dati comprendente indicatori di costo, di copertura e di qualità dei servizi, utilizzati per definire i costi e i fabbisogni standard e gli obiettivi di servizio, nonché per valutare il grado di raggiungimento degli obiettivi di servizio.

Posto che il decreto legislativo in esame – nell’ambito della disciplina relativa al supporto tecnico della Conferenza - non reca disposizioni circa l’attuazione della banca dati di cui all’articolo 5, comma 1, lett. g), è presumibile che le relative informazioni confluiranno nel patrimonio informativo finalizzato all’attuazione del federalismo fiscale che sarà contenuto nella seconda sezione della banca dati unitaria delle pubbliche amministrazioni, di cui al citato all’articolo 13 della legge di contabilità.

[32]    Con accessibilità dei referti delle verifiche, su richiesta delle amministrazioni, nei limiti e con le modalità della legge in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (legge 7 agosto 1990, n. 241).

[33]    Mediante attivazione della procedura di cui all’articolo 8 della Legge n. 131/2003, di attuazione dell’art. 120 della Costituzione.

[34]    Legge n. 42/2009.

[35]    Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore.

[36]    Ai sensi dell’articolo 244 del D.Lgs. n. 267/2000 si ha stato di dissesto finanziario qualora l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili, ovvero esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità ordinarie di cui all'articolo 193 per la salvaguardia degli equilibri di bilancio, nonché con le modalità di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste (Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio).

[37]    Organo previsto dall’articolo 5 della legge n.42/2009 ed istituita dagli articoli 32 e seguenti del Decreto legislativo 6 maggio 2011, n.68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni e delle province, nonché di determinazione dei costi e fabbisogni standard del settore sanitario.

[38]    Tale norma disciplina lo scioglimento dei Consigli comunali, prevedendo che questo avvenga con D.P.R. su proposta del Ministro dell’interno, e che il rinnovo del Consiglio debba coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.

[39]    La specifica fattispecie dello scioglimento dei consigli comunali per omessa deliberazione di dissesto è disciplinata dall’articolo 247, comma 4, del Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.Lgs. n. 267 del 2000. In particolare, tale l’articolo prevede che ove l’organo regionale di controllo (CO.RE.CO.) venga a conoscenza - dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte - dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e una motivata relazione all'organo di revisione contabile assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni. Qualora sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario ad acta, all’amministrazione inadempiente per la deliberazione dello stato di dissesto. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto, che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio.

[40]    Come modificati dall'art. 2 comma 33, del D.L. 225/2010 (legge n. 10/2011).

[41]    Per ridurre gli effetti dell’inasprimento della manovra a carico degli territoriali prevista dai citati provvedimenti, è stata introdotta la possibilità che l’importo complessivo della manovra possa essere ridotto nel 2012 attraverso l’utilizzo delle maggiori entrate derivanti dalle modifiche alla disciplina dell’addizionale IRES per i soggetti operanti nel settore energetico (c.d. “Robin Tax”), operata dall’articolo 7, comma 6, del D.L. n. 138/2011

[42]    La legge regionale disciplina, in genere il trattamento economico dei membri del consiglio regionale, l'eventuale indennità di carica del Presidente della Regione e dei componenti della Giunta ed estende ai componenti della Giunta, che non siano consiglieri, il trattamento economico – oltre che le altre prerogative – di questi ultimi.

[43]    Si veda, oltre alle sentenze 417 del 2005 e 237 del 2009, da ultimo, la sentenza n. 52 del 2010.

[44]    «Il censurato comma 54, nel fissare la riduzione delle indennità corrisposte ai titolari degli organi politici regionali «nella misura del 10 per cento rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 settembre 2005, pone un precetto specifico e puntuale, comprimendo l'autonomia finanziaria regionale ed eccedendo dall'ambito dei poteri statali in materia di coordinamento della finanza pubblica (sentenza n. 417 del 2005). La legge statale può prescrivere criteri e obiettivi (ad esempio, il contenimento della spesa pubblica), non imporre alle Regioni minutamente gli strumenti concreti da utilizzare per raggiungere quegli obiettivi. Ciò si risolve «in un'indebita invasione dell'area riservata dall'art. 119 Cost. alle autonomie regionali» (si vedano, tra le molte, le sentenze n. 88 del 2006 e n. 449 del 2005).» da Sentenza Corte costituzionale n. 157 del 2007, considerato in diritto, punto 5.2.

[45]    In particolare, i citati commi 119 e 120 dell’articolo 1 della legge n. 220/2010, che recano le misure di carattere sanzionatorio applicabili, a regime, agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità, dispongono, per gli enti inadempienti, nell'anno successivo a quello dell'inadempienza:

§       il divieto di impegnare spese di parte corrente in misura superiore all’importo annuale medio degli impegni effettuati nell’ultimo triennio (co. 119, lett. a);

§       il divieto di ricorrere all’indebitamento per finanziare gli investimenti (co. 119, lett. b);

§       il divieto di procede ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione (co. 119, lett. c);

§       la riduzione del 30% delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza, indicati nell'articolo 82 del TUEL , rispetto all'ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008 (co. 120).

Alle suddette misure sanzionatorie si aggiunge, inoltre, quanto già disposto dall’articolo 14, comma 3, del D.L. n. 78/2010, che ha previsto, nelle ipotesi di mancato rispetto dei vincoli del patto di stabilità interno per gli anni 2010 e successivi, che a tali enti si applichi una sanzione consistente nella riduzione dei trasferimenti erariali in misura pari allo scostamento da essi registrato rispetto all’obiettivo (comma 121).

[46]    Tali due fondi sono stati istituiti rispettivamente dall’articolo 2, comma 3 e dall’articolo 13 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n 23, recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale. Il primo fondo, di durata triennale, è finalizzato a realizzare “in forma progressiva e territorialmente equilibrata” la devoluzione ai comuni della fiscalità immobiliare (disciplinata dal medesimo articolo 2). Il secondo fondo è destinato al finanziamento delle spese dei comuni e delle province successivamente alla determinazione dei fabbisogni standard.

[47]    In particolare, i trasferimenti erariali in favore dei comuni sono stati soppressi, a decorrere dal 2011, dall’articolo 1, comma 8, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, recante “Disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale”; i trasferimenti erariali in favore delle province sono stati soppressi, a decorrere dal 2012, dall’articolo 18 del D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, recante “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario”.

[48]    Recante “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”.

[49]    Per entrambe le categorie, spese in conto capitale (investimenti) e spese in conto corrente (ad esempio quelle del Fondo Sociale Europeo che finanzia buona parte delle attività di formazione professionale) la legge precisa che nel caso in cui l’UE riconosca importi inferiori di cofinanziamento, l’importo corrispondente alle spese non riconosciute è incluso nelle spese del Patto di stabilità relativo all’anno della comunicazione del mancato riconoscimento. Nel caso di comunicazione nell’ultimo quadrimestre, il recupero può essere effettuato anche nell’anno successivo.

[50]    Recante istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

[51]    Recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regini e delle province, nonché di determinazione dei costi e fabbisogni standard del settore sanitario”.

[52]    Il complesso di questi trasferimenti è quantificato dal Governo (allegato 1 alla Relazione tecnica al Disegno di legge di conversione del DL 78/2010 - AS 2228) in complessivi 3.186 milioni di euro. Si ricorda inoltre che il comma 2 dell’articolo 14 dello stesso DL 78/2010 dispone la riduzione delle risorse spettanti alle regioni – a qualsiasi titolo - di 4.000 milioni di euro per l’anno 2011 e i decreti legge n. 98 e n. 138 del 2011,dispongono un ulteriore riduzione delle entrate, quantificata per le regioni statuto ordinario in 1.600 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.

[53]    L'articolo 6 prevede una serie di disposizioni volte al contenimento della spesa degli apparati amministrativi, in particolare delle pubbliche amministrazioni ai commi da 1 a 14. I commi da 1 a 5 sono volti alla riduzione dei costi degli organi collegiali: rendendo onorifica la partecipazione a determinati organi collegiali e a quelli degli enti che ricevono contributi a carico delle finanze pubbliche (commi 1 e 2); riducendo del 10% i compensi dei componenti degli organi di indirizzo, direzione e controllo, consigli di amministrazione e organi collegiali comunque denominati di tutte le pubbliche amministrazione comunque denominate (comma 3); prevedendo che i compensi dovuti al dipendente pubblico che sia autorizzato a partecipare all'amministrazione o a fare parte di collegi sindacali di società o enti siano corrisposti non all'impiegato stesso ma all'amministrazione di cui egli fa parte (comma 4); ponendo un limite al numero di componenti degli organi di amministrazione e controllo di tutti gli enti pubblici, anche economici (comma 5). Il comma 6 dispone la riduzione del 10% del compenso degli organi di amministrazione e controllo di società non quotate del conto della P.A. e di società totalmente possedute dalle amministrazioni pubbliche. I commi da 7 a 14 dispongono limiti per le amministrazioni pubbliche del conto P.A., incluse le autorità indipendenti, alle spese per studi, incarichi di consulenza, relazioni pubbliche,convegni, mostre, pubblicità, missioni, formazione e per autovetture.

[54]    Il regolamento non risulta al momento ancora adottato, né all'ordine del giorno della Conferenza Stato Regioni.

[55]    Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[56]    Da un’indagine svolta dall’AVCP nel corso del 2009 sull’attività contrattuale di 13 Centrali di committenza regionali, emerge che: sono state bandite gare, nel periodo luglio 2006-dicembre 2008, pari a dieci miliardi di euro, corrispondente a poco meno del 10% del totale nazionale, concentrate per l’87% nel settore sanitario e nel centro nord; sono state espletate 2.761 procedure di gara ed ottenuti ribassi medi di circa il 22%, un valore superiore di circa il 40% del corrispondente dato nazionale rilevato dall’AVCP nel 2008, a conferma del positivo effetto generato dal processo di aggregazione della domanda.

[57]    Recante disposizioni in materia di federalismo fiscale municipale.

[58]    Soglia così elevata dall’articolo 18, comma 5, lettera a),del D.L. n. 78 del 2010.

[59]    Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria.

[60]    D.L. 13 agosto 2011, n. 138, recante Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148.

[61]    D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario.

[62]    Introdotto durante l'esame parlamentare.

[63]    Valle d’Aosta L. Cost. 4/1948 art. 2 e D.Lgs. 431/1989; Trentino-Alto Adige D.P.R. 670/1972 artt. 4 e 80, D.P.R. 473/1975 e D.Lgs. 268/1992; Friuli-Venezia Giulia L. Cost. 1/1963 art. 4, D.P.R. 114/1965 art. 8 e D.Lgs. 9/1997; Sicilia R.D.Lgs. 455/1946 art. 14; Sardegna L.Cost. 3/1948 art. 3.

[64]    Il decreto legislativo in esame è stato pubblicato sulla G.U. n 149 del 20 settembre 2011.

[65]    Di cui all’articolo 106 del T.U. n.385/1993 in materia bancaria e creditizia, nel quale si dispone che l'esercizio nei confronti del pubblico dell'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediari finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d'Italia.

[66]    Com’è noto, ai sensi dell’articolo 1260 e seguenti del codice civile, nel caso della cessione pro soluto obbligazione del cedente è quella di garantire l’esistenza del credito al momento della cessione, senza assunzione di responsabilità per l’eventuale inadempimento del debitore ceduto.

[67]    Decreto legge 29 novembre 2008, n.185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n,2 recante “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale”.