Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Altri Autori: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Allegati al Documento di economia e finanza 2012 - Stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra (Parte terza) | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 342 | ||||
Data: | 24/04/2012 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
24 aprile 2012 |
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n. 342/0/8 parte terza |
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Allegati al Documento di economia e finanza 2012Stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra |
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Il Documento, predisposto dal Ministro dell’ambiente ai sensi dell’art. 10, comma 9, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, come modificato dalla legge 7 aprile 2011, n. 39:
a) sintetizza gli ultimi sviluppi del dibattito in materia di cambiamenti climatici nelle sedi internazionali e comunitarie;
b) presenta la situazione delle emissioni di gas serra al 2011 e le stime preliminari per il 2012 indicando le azioni da intraprendere per colmare il gap che separa l’Italia dal raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto;
c) valuta gli scenari delle emissioni con orizzonte temporale al 2020 idonei al raggiungimento dell’obiettivo previsto per i settori “non ETS”[1] dalla Decisione 406/2009 del 23 aprile 2009 (“effort sharing”) e indica le azioni da attuare prioritariamente per porre il Paese sul giusto percorso rispetto a tale obiettivo.
Il Documento ricorda che a
conclusione della COP17 di Durban (28
novembre - 9 dicembre 2011),
Lo stesso Documento segnala
che il 14 marzo 2011
Il Protocollo di Kyoto prevede, a livello globale, di ridurre del 5,2%, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas a effetto serra del pianeta entro il 2012. L’onere del 5,2% è stato ripartito fra i Paesi in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito e dei livelli di efficienza energetica. In particolare, per l’UE è stato previsto un taglio delle emissioni dell’8%, a sua volta ripartito tra gli Stati membri dell’Unione (con la decisione politica nota come “Accordo sulla ripartizione degli oneri”, adottata nel Consiglio Ambiente del giugno 1998).
In seguito a tale ripartizione l’obiettivo di riduzione per l’Italia è stato fissato al 6,5%. Tale impegno implica che le emissioni nazionali di gas ad effetto serra non potranno superare le 483,3 milioni di tonnellate di CO2 equivalente (MtCO2eq) all’anno nel periodo 2008-2012.
Il gap medio annuo nel periodo 2008-2012 è quantificato in circa 25 MtCO2eq.
Si rammenta che nel Documento dell’anno scorso, tale gap era stato quantificato in 33,5 MtCO2eq.
In proposito, nel Documento si segnala che il Ministero dell'ambiente presenterà al CIPE, entro il 30 novembre 2013 (è presumibile che si tratti del 30 novembre 2012), sulla base dell’inventario nazionale delle emissioni di gas serra per l’anno 2011 e della stima aggiornata delle emissioni per l’anno 2012, l’aggiornamento della distanza dall’obiettivo di Kyoto, una proposta del portfolio di AAUs e CERs/ERUs[2] da acquistare sul mercato internazionale del carbonio per colmare tale distanza e la relativa stima delle risorse necessarie.
Si ricorda che nell’Allegato dell’anno scorso veniva giudicato inevitabile il ricorso all’acquisto delle quote necessarie a colmare il gap emissivo, per una spesa stimabile tra i 271 e i 335 Meuro annui [3].
Il documento
sottolinea che il contributo emissivo dei settori ETS al totale nazionale (che
è pari a 201,6 MtCO2/anno, ossia pari al numero totale di quote assegnate
attraverso
Il Documento ricorda che, in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo, oltre alle sanzioni previste nell’ambito del Protocollo stesso (consistenti in una riduzione delle unità assegnate per un quantitativo pari all’ammontare di quote in eccesso aumentato del 30%, nonché nell’obbligo di adottare un piano nazionale “correttivo” e nella sospensione della possibilità di trasferire le unità di riduzione generate attraverso i meccanismi flessibili del Protocollo), poiché il Protocollo è stato sottoscritto anche dall’UE (con la decisione 2002/358/CE), qualora l’Italia non rispettasse il proprio obiettivo di riduzione sarebbe oggetto di una procedura di infrazione per mancato adempimento di obblighi comunitari.
La decisione effort sharing stabilisce per ogni Stato membro della UE un obiettivo obbligatorio di riduzione delle emissioni di gas serra da raggiungere nel 2020 nei settori non regolati dalla direttiva 2009/29/CE (cosiddetti settori non ETS, identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti e civile). Per l’Italia l’obiettivo di riduzione al 2020 è del 13% rispetto ai livelli del 2005.
Tale impegno fa seguito a
quanto stabilito dalla Conclusioni del Consiglio Europeo del marzo 2007 con cui
Il Documento evidenzia
che al momento
Il Documento propone una stima delle emissioni “non ETS” che tiene conto degli effetti:
§ delle misure attuate e adottate fino al dicembre 2010 (scenario “tendenziale”) ed elencate nell’Allegato 2 (3° e 4° conto energia, POR-POIN, certificati bianchi, eco-design, 55%, alta velocità e ferrovie metropolitane, biocarburanti, ecc.);
§ delle misure adottate in attuazione degli impegni assunti in materia di efficienza energetica e fonti rinnovabili di cui alle Conclusioni del Consiglio Europeo dell’8-9 marzo 2007 (scenario “con misure”) ed elencate nell’Allegato 3 (misure previste dal PAN[5] 2010, dal PAEE[6] 2011 e Fondo rotativo Kyoto).
II Documento sottolinea che la piena attuazione delle misure indicate consentirà al Paese di ottenere riduzioni di emissione superiori a quelle necessarie per adempiere agli obiettivi effort sharing. In caso contrario le emissioni effettive potrebbero discostarsi sensibilmente da quelle previste.
Il documento evidenzia inoltre che al fine di porre il Paese su un percorso emissivo idoneo a rispettare gli obiettivi annuali vincolanti della decisione n. 406/2009/CE e compatibile con l’obiettivo di de-carbonizzazione dell’economia al 2050, ferma restando la necessità di assicurare l’attuazione delle misure sopra indicate, il Ministero dell’ambiente propone di:
§ confermare fino al 2020 le detrazioni d’imposta di cui all’articolo 4 del D.L. 201/2011; tale disposizione, tra l’altro, disciplina la detrazione fiscale del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici(prevista fino al 31 dicembre 2012);
§ riformare i titoli di efficienza energetica al fine di estendere il sistema al periodo 2013-2020 ed ampliarne il campo di applicazione al fine di rafforzare l’incentivazione del risparmio energetico nei processi produttivi industriali, nell'ambito dei trasporti ferroviari, aerei e marittimi e attraverso la diffusione della trigenerazione e della generazione distribuita da fonti rinnovabili associata all’utilizzo di smart grid;
§ istituire presso il Ministero dell’ambiente il Catalogo delle tecnologie, dei sistemi e dei prodotti per la de-carbonizzazione dell’economia italiana (da aggiornare annualmente a partire dal 2014);
§ utilizzare almeno il 50% dei proventi dell’asta delle quote di CO2 per le finalità di cui all’art. 10, par. 3 della direttiva 2003/87/CE (riduzione emissioni gas-serra, sviluppo energie rinnovabili, cattura/stoccaggio geologico di CO2, ecc…);
§ rafforzare il coinvolgimento degli enti locali nel percorso verso la sostenibilità energetica e ambientale attraverso la prosecuzione della positiva esperienza del “Patto dei Sindaci”[7].
L’art. 7 della decisione 406/2009 (“effort sharing”) prevede, per il mancato rispetto degli obblighi imposti ai settori “non ETS”, le seguenti sanzioni (analoghe a quelle previste dal Protocollo di Kyoto) in capo allo Stato membro inadempiente: una riduzione dell’assegnazione di emissioni dell’anno successivo pari all’ammontare delle emissioni in eccesso moltiplicate per un fattore di mitigazione di 1,08; l’obbligo di predisporre un piano d’azione correttivo e la sospensione temporanea della possibilità di trasferire parte dell’assegnazione di emissioni dello Stato membro e dei suoi diritti JI/CDM[8].
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File: Am0286c
[1] I settori “non ETS (Emission Trading System)” sono quelli non regolati dalla direttiva 2009/29/CE e sono identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti e civile.
[2] AAUs sta per Assigned Amount Units (Unità di ammontare assegnato), ossia la quantità di emissioni che un Paese può emettere gratuitamente nel periodo 2008-2012. CERs indica le Certified Emissions Reductions (Riduzioni di emissioni certificate), mentre le ERUs sono le Emissions Reduction Units (Unità di riduzione di emissioni), ossia i crediti di emissione che sono generati dalla realizzazione di un progetto finalizzato alla riduzione di emissioni rispettivamente o in un Paese in via di sviluppo o in un Paese con economia in transizione. Il Documento ricorda che mentre l’acquisto di AAUs non è soggetto a limitazioni quantitative, la quantità massima di CERs/ERUs acquistabili dal Governo è di circa 13 MtCO2eq/anno.
[3] L’importo era ottenuto moltiplicando il gap di 33,5 MtCO2eq per il prezzo unitario delle quote, che oscillava tra 8 e 10 euro/tCO2.
[4] L’invariabilità deriva dal fatto che se le emissioni dei settori ETS risultassero inferiori alle quote a essi assegnate, i gestori degli impianti potrebbero vendere le quote in eccesso sul mercato comunitario con un beneficio economico per l’impresa e quindi non contribuirebbero ulteriormente al raggiungimento dell’obiettivo di riduzione dell’Italia. Analogamente nel caso in cui i settori emettessero in misura superiore alle quote a essi assegnate, i gestori degli impianti dovrebbero acquistare quote di emissione sul mercato comunitario senza che l’aumento delle emissioni comporti un aggravio del gap dell’Italia.
[5] Piano d’Azione Nazionale per le energie rinnovabili.
[6] Piano d’azione per l’efficienza energetica.
[8] JI (Joint Implementation - attuazione congiunta degli obblighi individuali) e CDM (Clean Development Mechanisms - meccanismi per lo sviluppo pulito) sono, insieme all’emission trading (ET), i tre meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto.